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Monday, September 21, 2020

IN PLICATVRVM XIV/XX

 

leopardi: Grice: “While there is a philosophical griceianism, seeing that my theories were stolen by non-philosophers, there is ‘leopardismo filosofico,’ seeing that he wasn’t one!” -- essential Italian philosopher, and founder of a whole movement, ‘leopardismo.’  Il conte Giacomo Leopardi, al battesimo Giacomo Taldegardo Francesco di Sales Saverio Pietro Leopardi (Recanati), filosofo.  È ritenuto il maggior poeta dell'Ottocento italiano e una delle più importanti figure della letteratura mondiale, nonché una delle principali del romanticismo letterario; la profondità della sua riflessione sull'esistenza e sulla condizione umanadi ispirazione sensista e materialistane fa anche un filosofo di spessore. La straordinaria qualità lirica della sua poesia lo ha reso un protagonista centrale nel panorama letterario e culturale europeo e internazionale, con ricadute che vanno molto oltre la sua epoca.  Leopardi, intellettuale dalla vastissima cultura, inizialmente sostenitore del classicismo, ispirato alle opere dell'antichità greco-romana, ammirata tramite le letture e le traduzioni di Mosco, Lucrezio, Epitteto, Luciano ed altri, approdò al Romanticismo dopo la scoperta dei poeti romantici europei, quali Byron, Shelley, Chateaubriand, Foscolo, divenendone un esponente principale, pur non volendo mai definirsi romantico. Le sue posizioni materialistederivate principalmente dall'Illuminismosi formarono invece sulla lettura di filosofi come il barone d'Holbach, Pietro Verri e Condillac, a cui egli unisce però il proprio pessimismo, originariamente probabile effetto di una grave patologia che lo affliggeva ma sviluppatesi successivamente in un compiuto sistema filosofico e poetico. Morì nel 1837 poco prima di compiere 39 anni, di edema polmonare o scompenso cardiaco, durante la grande epidemia di colera di Napoli.  Il dibattito sull'opera leopardiana a partire dal Novecento, specialmente in relazione al pensiero esistenzialista fra gli anni trenta e cinquanta, ha portato gli esegeti ad approfondire l'analisi filosofica dei contenuti e significati dei suoi testi. Per quanto resi specialmente nelle opere in prosa, essi trovano precise corrispondenze a livello lirico in una linea unitaria di atteggiamento esistenziale. Riflessione filosofica ed empito poetico fanno sì che Leopardi, al pari di Schopenhauer, Kierkegaard, Nietzsche e più tardi di Kafka, possa essere visto come un esistenzialista o almeno un precursore dell'Esistenzialismo. Giacomo Leopardi nacque nel 1798 a Recanati, nello Stato pontificio (oggi in provincia di Macerata, nelle Marche), da una delle più nobili famiglie del paese, primo di dieci figli. Quelli che arrivarono all'età adulta furono, oltre a Giacomo, Carlo (1799-1878), Paolina (1800-1869), Luigi (1804-1828) e Pierfrancesco (1813-1851). I genitori erano cugini fra di loro. Il padre, il conte Monaldo, figlio del conte Giacomo e della marchesa Virginia Mosca di Pesaro, era uomo amante degli studi e d'idee reazionarie; la madre, la marchesa Adelaide Antici, era una donna energica, molto religiosa fino alla superstizione, legata alle convenzioni sociali e ad un concetto profondo di dignità della famiglia, motivo di sofferenza per il giovane Giacomo che non ricevette tutto l'affetto di cui sentiva il bisogno.  In conseguenza di alcune speculazioni azzardate fatte dal marito, la marchesa prese in mano un patrimonio familiare fortemente indebitato, riuscendo a rimetterlo in sesto solo grazie a una rigida economia domestica. La rigidità della madre, contrastante con la tenerezza del padre, i sacrifici economici e i pregiudizi nobiliari pesarono sul giovane Giacomo.  Fino al termine dell'infanzia Giacomo crebbe comunque allegro, giocando volentieri con i suoi fratelli, soprattutto con Carlo e Paolina che erano più vicini a lui d'età e che amava intrattenere con racconti ricchi di fervida fantasia.  La formazione giovanile  La casa natale Ricevette la prima educazione, come da tradizione familiare, da due precettori ecclesiastici, il gesuita don Giuseppe Torres fino al 1808 e l'abate don Sebastiano Sanchini fino al 1812, che influirono sulla sua prima formazione con metodi improntati alla scuola gesuitica. Tali metodi erano incentrati non solo sullo studio del latino, della teologia e della filosofia, ma anche su una formazione scientifica di buon livello contenutistico e metodologico. Nel Museo leopardiano a Recanati è conservato, infatti, il frontespizio di un trattatello sulla chimica, composto insieme al fratello Carlo. I momenti significativi delle sue attività di studio, che si svolgono all'interno del nucleo familiare, sono da rintracciare nei saggi finali, nei componimenti letterari da donare al padre in occasione delle feste natalizie, la stesura di quaderni molto ordinati ed accurati e qualche composizione di carattere religioso da recitare in occasione della riunione della Congregazione dei nobili.  Il ruolo avuto dai precettori non impedì, comunque, al giovane Leopardi di intraprendere un suo personale percorso di studi avvalendosi della biblioteca paterna molto fornita (oltre ventimila volumi) e di altre biblioteche recanatesi, come quella degli Antici, dei Roberti e probabilmente da quella di Giuseppe Antonio Vogel, esule in Italia in seguito alla Rivoluzione francese e giunto a Recanati tra il 1806 e il 1809 come membro onorario della cattedrale della cittadina. Nel 1809 il giovane Giacomo compone il sonetto intitolato La morte di Ettore che, come lui stesso scrive nell'Indice delle produzioni di me Giacomo Leopardi dall'anno 1809 in poi, è da considerarsi la sua prima composizione poetica. Da questi anni ha inizio la produzione di tutti quegli scritti chiamati "puerili".[25]  La produzione dei "puerili"  Puerili e abbozzi vari Il corpus delle opere cosiddette "puerili"[26] dimostra come il giovane Leopardi sapesse scrivere in latino fin dall'età di nove-dieci anni e padroneggiare i metodi di versificazione italiana in voga nel Settecento, come la metrica barbara di Fantoni, oltre ad avere una passione per le burle in versi dirette al precettore e ai fratelli.[27]  Nel 1810 iniziò lo studio della filosofia e due anni dopo, come sintesi della sua formazione giovanile, scrisse le Dissertazioni filosofiche che riguardano argomenti di logica, filosofia, morale, fisica teorica e sperimentale (astronomia, gravitazione, idrodinamica, teoria dell'elettricità, eccetera). Tra queste è nota la Dissertazione sopra l'anima delle bestie. Nel 1812, con la presentazione pubblica del suo saggio di studi che discusse davanti ad esaminatori di vari ordini religiosi ed al vescovo, si può far concludere il periodo della sua prima formazione che è soprattutto di tipo sei-settecentesco ed evidenzia l'amore per l'erudizione oltre che uno spiccato gusto arcadico[28]. Dal 1809 al 1816 Leopardi si immerse totalmente in uno "studio matto e disperatissimo"[29][30], espressione da lui stesso coniata, che assorbì tutte le sue energie e che recò gravi danni alla sua salute. Apprese perfettamente il latino (sebbene si considerasse sempre "poco inclinato a tradurre" da questa lingua in italiano[31]) e, senza l'aiuto di maestri, il greco. Seppure in modo più sommario apprese anche altre lingue: l'ebraico[32], il francese[33], l'inglese, lo spagnolo e il tedesco (nello Zibaldone si trovano inoltre cenni ad altre lingue antiche, come il sanscrito[34][35]). Nel frattempo, nel 1812 cessa la formazione dell'abate Sanchini, il quale ritenne inutile continuare la formazione del giovane che ne sapeva ormai più di lui. Risalgono a questi anni la Storia dell'astronomia del 1813, il Saggio sopra gli errori popolari degli antichi del 1815, diversi discorsi su scrittori classici, alcune traduzioni poetiche, alcuni versi e tre tragedie, mai rappresentate durante la sua vita, La virtù indiana, Pompeo in Egitto e Maria Antonietta (rimasta incompiuta).[36]  Per quanto riguarda la compilazione della Storia dell'astronomia Leopardi si avvalse di numerose fonti: il testo di base fu sicuramente la Storia dell’astronomia di Bailly, ridotta in compendio dal signor Francesco Milizia, a partire dalle Histoires del celebre astronomo francese Jean Sylvain Bailly.[37] L'opera, pubblicata nel 1791, terminava con la scoperta del pianeta Urano da parte di Herschel. Invece il lavoro di Leopardi presenta ulteriori aggiornamenti, come ad esempio la scoperta di Cerere, Pallade, Giunone e della cometa del 1811.[37]  Per l'elaborazione del suo testo, Leopardi fece uso, anche, dell’Abrégé d’astronomie di Jérôme Lalande (presente nella biblioteca di casa Leopardi nell’edizione del 1775), del Dictionnaire de Physique di Aimé-Henri Paulian[38] e delle storie di matematica inserite nel Tacquet e nel Wolff. Inoltre Leopardi adoperò diverse opere generali come la Storia della letteratura italiana di Girolamo Tiraboschi, gli Scrittori d’Italia di Mazzuchelli e varie raccolte biografiche di alcuni ordini religiosi: Wadding per i francescani, Quétif e Échard per i domenicani e così via. L'elenco di questi testi dimostra l’erudizione raggiunta dal giovane Leopardi.[37]  Nella Storia dell'astronomia Leopardi lasciò anche trasparire i limiti del suo interesse per la matematica. Nulla, probabilmente sapeva a proposito dei logaritmi (ai quali invece il Bailly-Milizia aveva dedicato due pagine illustratrici), e sull'argomento si limitò a scrivere che «Enrico Briggs (...) avendo udita la invenzione de’ logaritmi fatta da Giovanni Neper» aveva pubblicato un’opera al riguardo. Probabilmente infatti Leopardi non studiò mai i logaritmi, così come si arrestò alla geometria cartesiana e al calcolo differenziale.[37]  Iniziò nello stesso periodo anche le prime pubblicazioni e lavorò alle traduzioni dal latino e dal greco, dimostrando sempre di più il suo interesse per l'attività filologica. Sono questi anche gli anni dedicati alle traduzioni dal latino e dal greco, corredate di discorsi introduttivi e di note, tra i quali gli Scherzi epigrammatici, tradotti dal greco del 1814 e pubblicati in occasione delle nozze Santacroce-Torre dalla Tipografia Frattini di Reca 1816, la Batracomiomachia nel 1815 e pubblicata su «Lo Spettatore italiano» il 30 novembre 1816, gli idilli di Mosco, il Saggio di traduzioni dell'Odissea, la Traduzione del libro secondo dell'Eneide, il Moretum (un poemetto pseudo-virgiliano), e la Titanomachia di Esiodo, pubblicata su «Lo Spettatore italiano» il 1º giugno 1817.[39]  La conversione letteraria: dall'erudizione al bello Tra il 1815 e il 1816 si avverte in Leopardi un forte cambiamento, frutto di una profonda crisi spirituale, che lo porterà ad abbandonare l'erudizione per dedicarsi alla poesia. Egli si rivolge, pertanto, ai classici non più come ad arido materiale adatto a considerazioni filologiche, ma come a modelli di poesia da studiare. Seguiranno le letture di autori moderni come Alfieri, Parini,[40] Foscolo e Vincenzo Monti, che serviranno a maturare la sua sensibilità romantica.[41] Ben presto egli legge I dolori del giovane Werther di Goethe, le opere di Chateaubriand, di Byron, di Madame de Staël. In questo modo Leopardi inizia a liberarsi dall'educazione paterna accademica e sterile, a rendersi conto della ristrettezza della cultura recanatese ed a porre le basi per liberarsi dai condizionamenti familiari. Appartengono a questo periodo alcune poesie significative come Le Rimembranze, L'Appressamento della morte e l'Inno a Nettuno, nonché la celebre e non pubblicata Lettera ai compilatori della Biblioteca Italiana, indirizzata nel luglio 1816 ai redattori della rivista milanese, in risposta alla lettera Sulla maniera e utilità delle traduzioni di Madame de Staël, apparsa sul primo numero, nel gennaio dello stesso anno.[42] Destinato dal padre alla carriera ecclesiastica per la sua fragile salute, rifiuterà di intraprendere questa strada.Nel 1815-1816 Leopardi fu colpito da alcuni seri problemi fisici di tipo reumatico e disagi psicologici che egli attribuì almeno in partecome la presunta scoliosiall'eccessivo studio, isolamento ed immobilità in posizioni scomode delle lunghe giornate passate nella biblioteca di Monaldo.[43] La malattia esordì con affezione polmonare e febbre e in seguito gli causò la deviazione della spina dorsale (da cui la doppia "gobba"), con dolore e conseguenti problemi cardiaci, circolatori, gastrointestinali (forse colite ulcerosa o malattia di Crohn) e respiratori (asma e tosse), una crescita stentata, problemi neurologici alle gambe (debolezza, parestesia con freddo intenso[44]), alle braccia ed alla vista, disturbi disparati e stanchezza continua; nel 1816 Leopardi era convinto di essere sul punto di morire.[45]  Il marchese Filippo Solari di Loreto scrive poco dopo a Monaldo Leopardi: «L'ho lasciato sano e dritto, lo trovo dopo cinque anni consunto e scontorto, con avanti e dietro qualcosa di veramente orribile.»  Egli stesso si ispira a questi seri problemi di salute, di cui parlerà anche a Pietro Giordani, per la lunga cantica L'appressamento della morte[46][47][48] e, anni dopo, per Le ricordanze, in cui ripensa a questo e definisce la sua malattia come un "cieco malor", cioè un male di non chiara origine, che gli fa pensare al suicidio assieme all'angusto ambiente: «Mi sedetti colà su la fontana / Pensoso di cessar dentro quell'acque / La speme e il dolor mio. Poscia, per cieco / Malor, condotto della vita in forse, / Piansi la bella giovanezza, e il fiore / De' miei poveri dì, che sì per tempo / Cadeva...[49]»  L'ipotesi più accreditata per lungo tempo (diffusa già nel XIX secolo e sostenuta da medici di Recanati e da Pietro Citati) è che Leopardi soffrisse della malattia di Pott (gli studiosi scartano la diagnosi dell'epoca, più volte riproposta anche nel Novecento, di una normale scoliosi dell'età evolutiva)[50], cioè tubercolosi ossea o spondilite tubercolare[51], oppure dalla spondilite anchilosante giovanile (secondo Erik P. Sganzerla), una sindrome reumatica autoimmune che porta a una progressiva ossificazione dei legamenti vertebrali con deformazione e rigidità del rachide, uniti ad ampi disturbi infiammatori sistemici, oculari e neurologici-compressivi[52] in casi gravi[53][54][55], il tutto unitamente a problemi nervosi. Alcune di queste sindromi hanno predisposizione genetica, derivabile dal matrimonio tra consanguinei dei genitori. Tutti i fratelli Leopardi furono deboli di salute, con l'eccezione di Carlo, forse però sterile, e Paolina, la quale presentava solo una leggera asimmetria del viso.[56] Pietro Citati afferma che avesse anche dei disturbi urinari e di probabile impotenza, e sarebbero stati questi, più che l'aspetto fisico (a cui poteva ovviare essendo un nobile benestante) la causa del suo rapporto difficile con le donne e la sessualità.[57]  Nel decennio seguente l'apparire dei disturbi, alcuni medici fiorentini, come altri medici consultati in gioventù, a parte la deformità fisica asserirannoprobabilmente in maniera erroneache numerosi disturbi del Leopardi erano dovuti a neurastenia di origine psicologica (sempre in questo periodo comincia a soffrire di crisi depressive che taluni attribuiscono all'impatto psicologico della malattia fisica), come lui stesso a tratti sostenne, anche contro il parere di numerosi dottori.[58][59][60][61]  «Ma io non aveva appena vent’anni, quando da quella infermità di nervi e di viscere, che privandomi della mia vita, non mi dà speranza della morte, quel mio solo bene mi fu ridotto a meno che a mezzo; poi, due anni prima dei trenta, mi è stato tolto del tutto, e credo oramai per sempre.»  (Lettera dedicatoria dei Canti, agli amici di Toscana, 1831) Secondo il neurologo Sganzerla, propositore della tesi sulla spondilite al posto della tubercolosi, Leopardi non mostrava invece alcun segno di vera depressione psicotica, sfatando il mito sostenuto da Citati e dai lombrosiani come Patrizi e Sergi.[54]  Queste patologie comunque, se non condizionarono il suo pensiero in maniera diretta (come ribadito spesso da Leopardi), influenzarono comunque il suo pessimismo filosofico e lo spinsero a indagare le cause della sofferenza umana e il significato della vita da una prospettiva originale, divenendo, come affermato dal critico Sebastiano Timpanaro, "un formidabile strumento conoscitivo".  Magnifying glass icon mgx2.svg Pensiero e poetica di Giacomo Leopardi § La malattia come strumento conoscitivo. La conversione filosofica: dal bello al vero Dopo il primo passo verso il distacco dall'ambiente giovanile e con la maturazione di una nuova ideologia e sensibilità che lo portò a scoprire il bello in senso non arcaico, ma neoclassico, si annuncia nel 1819 quel passaggio dalla poesia di immaginazione degli antichi alla poesia sentimentale che il poeta definì l'unica ricca di riflessioni e convincimenti filosofici.[62]  I mutamenti profondi del 1817 e la "teoria del piacere"  Busto di Giacomo Leopardi op. 1 o delle "Rimembranze", uno dei due busti del poeta di Michele Tripisciano, esposto nel museo Tripisciano di Caltanissetta Il 1817 fu per Leopardi, che giunto alle soglie dei diciannove anni aveva avvertito, in tutta la sua intensità, il peso dei suoi mali e della condizione infelice che ne derivava, un anno decisivo che determinò nel suo animo profondi mutamenti. Consapevole ormai del suo desiderio di gloria ed insofferente dell'angusto confine in cui, fino a quel momento, era stato costretto a vivere, sentì l'urgente desiderio di uscire, in qualche modo, dall'ambiente recanatese. Gli avvenimenti seguenti incideranno sulla sua vita e sulla sua attività intellettuale in modo determinante.[63]  In questo periodo è anche la prima formulazione della "teoria del piacere", una concezione filosofica postulata da Leopardi nel corso della sua vita. La maggior parte della teorizzazione di tale concezione è contenuta nello Zibaldone, in cui il poeta cerca di esporre in modo organico la sua visione delle passioni umane. Il lavoro di sviluppo del pensiero leopardiano in questi termini avviene dal 12 al 25 luglio 1820[64]. Sempre nel 1817 egli scrisse al classicista Pietro Giordani che aveva letto la traduzione leopardiana del II libro dell'Eneide e, avendo compreso la grandezza del giovane, lo aveva incoraggiato. Ebbero inizio così una fitta corrispondenza ed un rapporto di amicizia che durerà nel tempo.[65] In una delle prime lettere scritte al nuovo amico, datata 30 aprile 1817, il giovane Leopardi sfogherà il suo malessere non con atteggiamento remissivo, ma polemico ed aggressivo:  «Mi ritengono un ragazzo, e i più ci aggiungono i titoli di saccentuzzo, di filosofo, di eremita, e che so io. Di maniera che s'io m'arrischio di confortare chicchessia a comprare un libro, o mi risponde con una risata, o mi si mette in sul serio e mi dice che non è più quel tempo [...] Unico divertimento in Recanati è lo studio: unico divertimento è quello che mi ammazza: tutto il resto è noia»  Egli vuole uscire da quel "centro dell'inciviltà e dell'ignoranza europea" perché sa che al di fuori c'è quella vita alla quale egli si è preparato ad inserirsi con impegno e con studio profondo.[65]  Nell'estate 1817 fissa le prime osservazioni all'interno di un diario di pensiero che prenderà poi il nome di Zibaldone, in dicembre si innamorerà della cugina, provando per la prima volta il sentimento d'amore. Pietro Giordani riconosce l'abilità di scrittura di Leopardi e lo incita a dedicarsi alla scrittura; inoltre lo presenta all'ambiente del periodico «Biblioteca Italiana» e lo fa partecipare al dibattito culturale tra classicisti e romantici. Leopardi difende la cultura classica e ringrazia Dio di aver incontrato Giordani che reputa l'unica persona che riesce a comprenderlo.[65]  Il primo amore «Oimè, se quest'è amor, com'ei travaglia!»  (Il primo amore, v.3)  Geltrude Cassi Lazzari con i figli, illustrazione di Giuseppe Chiarini per la Vita di Giacomo Leopardi (1905) Nel luglio del 1817 il Leopardi iniziò a compilare lo Zibaldone, nel quale registrerà fino al 1832 le sue riflessioni, le note filologiche e gli spunti di opere. Lesse la vita di Alfieri e compilò il sonetto "Letta la vita scritta da esso" che toccava i temi della gloria e della fama.[66] Alla fine del 1817 un altro avvenimento lo colpì profondamente: l'incontro, nel dicembre dello stesso anno, con Geltrude Cassi Lazzari, una cugina di Monaldo, che fu ospite presso la famiglia per alcuni giorni e per la quale provò un amore inespresso. Scrisse in questa occasione il "Diario del primo amore" e l'"Elegia I" che verrà in seguito inclusa nei "Canti" con il titolo "Il primo amore".[65][67]  Una presa di posizione anti-romantica Fra il 1816 e il 1818 la posizione di Leopardi verso il Romanticismo, che stava suscitando in quegli anni forti polemiche ed aveva ispirato la pubblicazione del Conciliatore, va maturando e se ne possono avvertire le tracce in numerosi passi dello Zibaldone ed in due saggi, la Lettera ai Sigg. compilatori della "Biblioteca italiana", scritta nel 1816 in risposta a quella di Madama la baronessa di Staël, ed il Discorso di un italiano attorno alla poesia romantica, scritto in risposta alle Osservazioni di Di Breme sul Giaurro di Byron[68]. Le due opere mostrano l'avversione, sul piano più strettamente concettuale, al Romanticismo. La posizione di Leopardi rimane fondamentalmente montiana e neoclassica. Tuttavia, come si vedrà, quello che professava sulla pagina critica si rivelerà, poi, profondamente diverso dai risultati ottenuti nella poesia dove i temi e lo spirito saranno, invece, perfettamente in sintonia con la mentalità romantica.[65][69]  Aveva, intanto, scritto le due canzoni ispirate a motivi patriottici All'Italia e Sopra il monumento di Dante che stanno ad attestare il suo spirito liberale e la sua adesione a quel tipo di letteratura di impegno civile che aveva appreso dal Giordani.[65]  Il suo materialismo ateo si pone in contrapposizione al Romanticismo cattolico predominante, dal quale lo separavano notevolmente anche il suo rifiuto di ogni speranza di progresso nella conquista della libertà politica e dell'unità nazionale, la sua mancanza di interesse per una visione storicistica del passato e per le esigenze di popolarità e di realismo nei contenuti e nella lingua.[70]  La prima fase dell'ideologia leopardiana «E il naufragar m'è dolce in questo mare.»  (Giacomo Leopardi, L'infinito, v.15) Nel 1819 si riacutizzarono i problemi agli occhi.[71] Tra il luglio e l'agosto progettò la fuga e cercò di procurarsi un passaporto per il Lombardo-Veneto, da un amico di famiglia, il conte Saverio Broglio d'Ajano, ma il padre lo venne a sapere e il progetto di fuga fallì.[72] Fu nei mesi di depressione che seguirono che il Leopardi elaborò le prime basi della sua filosofia e, riflettendo sulla vanità delle speranze e l'ineluttabilità del dolore, scoprì la nullità delle cose e del dolore stesso. Iniziò intanto la composizione di quei canti che verranno in seguito pubblicati con il titolo di Idilli e scrisse L'infinito, La sera del dì di festa, Alla luna (originariamente, i titoli di queste ultime erano La sera del giorno festivo e La ricordanza), La vita solitaria, Il sogno, Lo spavento notturno. Sono i cosiddetti "primi idilli" o "piccoli idilli". Qui confluirono i rimpianti per la giovinezza perduta e la presa di coscienza dell'impossibilità di essere felici.[73]. Nell'autunno del 1822 ottenne dai genitori il permesso di recarsi a Roma, dove rimase dal novembre all'aprile dell'anno successivo, ospite dello zio materno, Carlo Antici. A Leopardi Roma apparve squallida e modesta[74] al confronto con l'immagine idealizzata che egli si era figurata studiando i classici. Lo colpirono la corruzione della Curia e l'alto numero di prostitute che gli fece abbandonare l'immagine idealizzata della donna, come scrive in una lettera al fratello Carlo del 6 dicembre.[75]  Rimase invece entusiasta della tomba di Torquato Tasso, al quale si sentiva accomunato dall'innata infelicità (verso il Tasso, che renderà protagonista di una delle Operette morali, sarà debitore a livello stilistico e nella scelta di alcuni nomi più famosi dei suoi componimenti, come Nerina e Silvia,[76] tratti dall'Aminta).[77]  Nell'ambiente culturale romano Leopardi visse isolato e frequentò solamente studiosi stranieri, tra cui i filologi Christian Bunsen (poi ministro del regno di Prussia e fondatore dell'Istituto di Archeologia a Roma) e Barthold Niebuhr; quest'ultimo si interessò per farlo entrare nella carriera dell'amministrazione pontificia, ma Leopardi rifiutò. Nell'aprile del 1823 Leopardi ritornò a Recanati dopo aver constatato che il mondo al di fuori di esso non era quello sperato. Tornato a Recanati, Leopardi si dedicò alle canzoni di contenuto filosofico o dottrinale e, tra il gennaio e il novembre del 1824, compose buona parte delle Operette morali.[78]  Lontano da Recanati: Milano, Bologna, Firenze, Pisa Nel 1825 il poeta, invitato dall'editore Antonio Fortunato Stella, si recò a Milano con l'incarico di dirigere l'edizione completa delle opere di Cicerone ed altre edizioni di classici latini e italiani. A Milano, però, egli non rimase a lungo perché il clima gli era dannoso alla salute e l'ambiente culturale, troppo polarizzato intorno al Monti, gli recava noia.[79]   Ritratto di Leopardi a metà degli anni '30, da alcuni indicato come una realistica proto-fotografia, probabilmente una riproduzione in eliografia (o altri tipi) di un'incisione; in alternativa realizzata con la tecnica della camera oscura da artista: tramite bulino oppure immagine fissata secondo il metodo di Joseph Nicéphore Niépce (sali d'argento o bitume e lunga esposizione).[80] Recanati, casa Leopardi. Decise, così, di trasferirsi a Bologna dove visse (al numero 33 di via Santo Stefano), tranne una breve permanenza a Recal'inverno del 1827, sino al giugno di quello stesso anno mantenendosi con l'assegno mensile dello Stella e dando lezioni private. Nell'ambiente bolognese Leopardi conobbe il conte Carlo Pepoli, patriota e letterato, al quale dedicò un'epistola in versi intitolata Al conte Carlo Pepoli che lesse il 28 marzo 1826 nell'Accademia dei Felsinei.[81] Nell'autunno iniziò a compilare, per ordine di Stella, una "Crestomazia", antologia di prosatori italiani dal Trecento al Settecento che venne pubblicata nel 1827 alla quale fece seguito, l'anno successivo, una "Crestomazia" poetica. A Bologna conobbe anche la contessa Teresa Carniani Malvezzi, della quale si innamorò senza essere corrisposto. Leopardi frequentò i Malvezzi per quasi un anno, ma poi la donna lo allontanò spinta anche dal marito, mal tollerante del fatto che il poeta si trattenesse con la moglie fino alla mezzanotte.[82] Leopardi si sfoga in una lettera ad un corrispondente, usando parole molto dure verso di lei.[83] Uscivano intanto presso Stella le sue Operette morali. Frequentò anche la casa del medico Giacomo Tommasini e strinse amicizia con la moglie Antonietta, patriota, e la figlia Adelaide (coniugata Maestri), sue ammiratrici,[84][85] con la famiglia Brighenti e la cantante modenese Rosa Simonazzi Padovani.[86]   Leopardi in un ritratto postumo del 1845 (olio su tavola), commissionato da Antonio Ranieri nel 1842 al giovane pittore Domenico Morelli sulla base della maschera mortuaria[87], del ritratto di Leopardi sul letto di morte di Angelini e delle descrizioni fisiche fatte da Ranieri, da Paolina, sorella di quest'ultimo; Morelli vi lavorò per molto tempo, a causa delle insistenze di Ranieri sui particolari, ma alla fine il quadro venne ritenuto, dal Ranieri stesso e da altri testimoni, come il più fedele e realistico dei ritratti di Leopardi, con l'aspetto che aveva verso la fine della sua vita, soprattutto nei tratti del volto, oltre che il vestiario e l'acconciatura che portava negli anni napoletani; i critici hanno però argomentato che sia un ritratto comunque "idealizzato", in quanto Morelli (quattordicenne nel 1837) non vide mai Leopardi dal vivo, ma solo nella maschera mortuaria in gesso e nei ritratti eseguiti da altri.[88] Nel giugno dello stesso anno si trasferì a Firenze, dove conobbe il gruppo di letterati appartenenti al circolo Vieusseux tra i quali Gino Capponi,[89] Giovanni Battista Niccolini (amico e corrispondente di Ugo Foscolo allora esiliato a Londra[90]), Pietro Colletta, Niccolò Tommaseo ed anche il Manzoni, che si trovava a Firenze per rivedere dal punto di vista linguistico i suoi Promessi Sposi. Divenne amico particolarmente del Colletta, ma fu in buoni rapporti anche con Capponi e Manzoni, sebbene quest'ultimo non condividesse le idee di Leopardi. Fu invece conflittuale il rapporto col Tommaseo, cattolico liberale, ma fortemente avverso al razionalismo ed al materialismo, il quale giunse a provare una forte avversione per Leopardi, attaccandolo ripetutamente su vari giornali (anche se riconosceva l'abilità stilistica nella prosa); Tommaseo arrivò a denigrare Leopardi per il suo aspetto fisico (cosa che farà, però solo in lettere private rivolte ad altri, anche il Capponi stesso irritato per la Palinodia[91]).[77][92] Leopardi risponderà nel 1836 con un epigramma diretto contro Tommaseo, oltre che nell'ottava strofa della detta Palinodia. Al marchese Gino Capponi (1835).[93] [94]  Nel novembre del 1827 si recò a Pisa, dove rimase fino alla metà del 1828. Qui strinse un'affettuosa amicizia con la giovane cognata del padrone del pensionato, Teresa Lucignani (1807-1897), a cui dedicò una breve lirica rimasta a lungo inedita.[95] Grazie all'inverno mite, la sua salute migliorò e Leopardi tornò alla poesia, che taceva dal 1823 (con l'eccezione della poco riuscita epistola in versi Al conte Carlo Pepoli e del Coro di lo studio di Federico Ruysch contenuto nel Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie delle Operette morali); compose la canzonetta in strofe metastasiane Il Risorgimento e il canto A Silvia (figura forse ispirata, secondo i critici che si basano su appunti dello Zibaldone e dichiarazioni del fratello Carlo[96], alla figlia del cocchiere di Monaldo, morta giovane, Teresa Fattorini), inaugurando il periodo creativo detto dei Canti "pisano-recanatesi", chiamati anche "grandi idilli", in cui il poeta si cimenta nella cosiddetta canzone libera o leopardiana, il cui primo sperimentatore era stato Alessandro Guidi, dalla cui lettura ne era venuto a conoscenza.[97] «Vaghe stelle dell'orsa, io non credea tornare ancor per uso a contemplarvi»  (Le ricordanze, vv.1-2) Il periodo di benessere era finito ed il poeta, colpito nuovamente dalle sofferenze e dall'aggravarsi del disturbo agli occhi, fu costretto a sciogliere il contratto con Stella[98] e già durante l'estate del '28 si recò a Firenze nella speranza di riuscire a vivere in modo indipendente. Chiese aiuto ad alcuni amici: Tommasini,il più bello, gli propose una cattedra di Mineralogia e Zoologia a Milano, ma il compenso era troppo basso e la materia poco consona alle conoscenze di Leopardi; Bunsen gli offrì la possibilità di una cattedra a Bonn o Berlino, ma il poeta dovette subito declinare l'invito, poiché il clima tedesco era troppo rigido e freddo per la sua salute malferma. Leopardi allora progettò di mantenersi con un lavoro qualsiasi, ma le sue condizioni di salute non gli permisero nemmeno questo e fu quindi costretto a ritornare a Recanati, dove rimase fino al 1830. In questi «sedici mesi di notte orribile»[99] Leopardi si dedicò nuovamente alla poesia e scrisse alcune delle sue liriche più importanti, tra cui Le ricordanze (la cui ultima parte è dedicata ad una giovane recanatese morta poco prima, Maria Belardinelli, da Leopardi chiamata Nerina), La quiete dopo la tempesta, Il sabato del villaggio, Il passero solitario (forse su un abbozzo giovanile) e il Canto notturno di un pastore errante dell'Asia.[100] Queste poesie, a lungo denominate dai critici "grandi idilli" o anche "secondi idilli", sono ora conosciute, insieme ad A Silvia anche come "canti pisano-recanatesi".[101] In questo periodo l'insofferenza per la sua città natale, da lui definita "natio borgo selvaggio"[102], aumenta, proporzionalmente all'avversione per i recanatesi (gente zotica, vil), che lo ritenevano un intellettuale superbo[103], tanto che anche i ragazzini del paese, secondo testimonianze postume, cantavano in sua presenza canzoncine denigranti del tipo: "Gobbus esto / fammi un canestro, / fammelo cupo / gobbo fottuto".[104]  A Firenze dal 1830 al 1833 «Perì l'inganno estremo, ch'eterno io mi credei.»  (A se stesso, vv.2-3)  Fanny Targioni Tozzetti Intanto, nell'aprile del 1830, il Colletta, al quale il poeta scriveva della sua vita infelice, gli offrì, grazie ad una sottoscrizione degli "amici di Toscana",[105] l'opportunità di tornare a Firenze, dove il 27 dicembre 1831 fu eletto socio dell'Accademia della Crusca[106]. Per mantenersi accettò la sottoscrizione e progettò un giornale che avrebbe curato quasi da solo, Lo spettatore fiorentino, ma che non realizzerà a causa della burocrazia e del timore della censura. Nello stesso 1831 a Firenze curò un'edizione dei "Canti", partecipò ai convegni dei liberali fiorentini e strinse infine una salda amicizia col giovane esule napoletano Antonio Ranieri, futuro senatore del Regno d'Italia, che durerà fino alla morte. Nel 1831, grazie alla fama di personalità liberale, fu eletto deputato dell'assemblea del governo provvisorio di Bologna (sorto dai moti del 1831), su designazione del Pubblico Consiglio di Recanati, ma non fa in tempo ad accettare la nomina (peraltro mai richiesta) che gli austriaci restaurano il governo pontificio. I genitori decidono infine di concedergli un modesto assegno mensile che gli permette di sopravvivere; Leopardi accetta ma, reputandolo umiliante, decide di non tornare mai più a Recanati.[107] Risale sempre a questo periodo la forte passione amorosa per Fanny Targioni Tozzetti (terzo e ultimo amore secondo i biografi, dopo la Cassi Lazzari e la Malvezzi), moglie del medico fiorentino Antonio Targioni Tozzetti e forse amante di Ranieri, conclusasi in una delusione, che gli ispirò il cosiddetto "ciclo di Aspasia", una raccolta di poesie scritte tra il 1831 e il 1835 e che contiene: Il pensiero dominante, Amore e morte, Consalvo (in cui l'amore è visto ancora positivamente), la drammatica e scarna A se stesso e Aspasia. In questa raccolta si manifestò il Leopardi più disilluso e disperato, orfano anche di quella tristezza nostalgica degli Idilli, nella perdita dell'ultima illusione che gli era rimasta, quella dell'amore (l'inganno estremo).[108] Aspasia, seppur piena di rancore e sarcasmo contro Fanny, è considerata l'unica poesia d'amore (seppur per un amore ormai finito) scritta per una donna che egli frequentò realmente e intimamente, anche se solo in maniera romantica e intellettiva (per parte di lui; lei lo descrisse sempre come un amico e dopo la morte come una persona "disgraziata" a cui non voleva dare alcuna illusione); tuttavia nei primi versi, contenenti la descrizione fisica e caratteriale della Targioni, presentata come una "donna fatale", si nota anche una tensione erotica molto rara in Leopardi, il quale ribadisce ripetutamente il fascino esteriore esercitato dalla nobildonna.[109][110][111] L'identificazione della donna con l'Aspasia poetica è data, più che dalle lettere di Leopardi, dalle affermazioni di Ranieri nei Sette anni di sodalizio e da alcune lettere tra lui e la Targioni Tozzetti. Tuttavia, se Aspasia accenna anche a toni polemici e misogini, in cui Leopardi si dice felice di essersi perlomeno liberato della dipendenza affettiva verso l'amica, che descrive quasi come un servilismo morale di cui si vergogna, un "giogo" ormai spezzato[112], in una lettera a Fanny dei primi tempi si scorgono invece le riflessioni sull'amore e la morte del periodo, che trovano l'esatta corrispondenza con alcuni versi di Consalvo e con Amore e morte: «E pure certamente l'amore e la morte sono le sole cose belle che ha il mondo, e le sole solissime degne di essere desiderate. Pensiamo, se l'amore fa l'uomo infelice, che faranno le altre cose che non sono né belle né degne dell'uomo. Ranieri da Bologna mi aveva chiesto più volte le vostre nuove: gli spedii la vostra letterina subito ierlaltro. Addio, bella e graziosa Fanny. Appena ardisco pregarvi di comandarmi, sapendo che non posso nulla. Ma se, come si dice, il desiderio e la volontà danno valore, potete stimarmi attissimo ad ubbidirvi. Ricordatemi alle bambine, e credetemi sempre vostro.»  (Lettera da Roma, 6 agosto 1832) «Due cose belle ha il mondo: / amore e morte. All'una il ciel mi guida / in sul fior dell'età; nell'altro, assai / fortunato mi tengo.»  (Consalvo, vv. 102) Lo spostamento del Consalvo nei Canti molto precedenti al ciclo, avvenuto dall'edizione napoletana, ha fatto pensare che il personaggio di Elvira sia ispirato anche a Teresa Carniani Malvezzi e non solo a Fanny.[113][114] Per circa 4 anni frequenta molto spesso casa Targioni, cercando di avvicinarsi alla padrona di casa procurandole moltissimi autografi di scrittori e personaggi famosi, che lei collezionava. In questo periodo Leopardi diviene amico anche della contessa Carlotta Lenzoni de' Medici di Ottajano, affascinata dalla grandezza intellettuale del poeta e conosciuta nel 1827, ma poi se ne allontanò.[115] Secondo un'opinione minoritaria, la donna descritta negativamente come Aspasia sarebbe stata la Lenzoni.[116]  Nell'autunno del 1831 si recò a Roma con Ranieri per ritornare a Firenze nel 1832 e nel corso di questo anno scrisse i due ultimi dialoghi delle "Operette", Il Dialogo di un venditore d'almanacchi e di un passeggere e il Dialogo di Tristano e di un amico.[117] Continuò a corrispondere epistolarmente per un periodo con la Targioni Tozzetti, seppure in maniera più fredda e distaccata.  Gli anni a Napoli (1833-1837) Quando Ranieri tornò a Napoli, tra i due iniziò una fitta corrispondenza che ha fatto a taluni ritenere che tra Leopardi e Ranieri vi fosse un rapporto amoroso.[118][119][120][121][122][123] Pietro Citati però precisa che si sarebbe trattato di un semplice e intenso affetto "platonico" assai diffuso nel XIX secolo, senza traccia di omosessualità, come quello rivolto a suo tempo al Giordani.[124] In una di queste lettere il poeta scrive a Ranieri:   Antonio Ranieri, tra gli anni '40 e '60 «Ranieri mio, tu non mi abbandonerai però mai, né ti raffredderai nell'amarmi. Io non voglio che tu ti sacrifichi per me, anzi desidero ardentemente che tu provvegga prima d'ogni cosa al tuo benessere; ma qualunque partito tu pigli, tu disporrai le cose in modo che noi viviamo l'uno per l'altro, o almeno io per te, sola ed ultima mia speranza. Addio, anima mia. Ti stringo al mio cuore, che in ogni evento possibile e non possibile, sarà eternamente tuo.[125]»  Nel settembre del 1833 Leopardi, dopo aver ottenuto il modesto assegno dalla famiglia, partì per Napoli con Ranieri sperando che il clima mite di quella città potesse giovare alla sua salute. Sugli anni a Napoli, Antonio Ranieri dichiarò:  «Quivi Leopardi, mentre che io, lasciatone il mio antico letto, dormiva in una camera non mia (cosa che, nelle consuetudini del paese, massime in quei tempi, toccava quasi lo scandalo), per dormire accanto a lui, ebbe, una notte, la strana allucinazione, che la signora di casa avesse fatto disegno sopra una sua cassetta, nella quale egli non riponeva mai altro che non nettissimi arnesi da ravviare i capelli, e le cesoie [...][126]»  Pare infatti che la padrona di casa volesse cacciarli, per timore che Leopardi fosse portatore di tubercolosi polmonare infettiva e lui stesso sosteneva, invece, che la donna volesse rubargli oggetti di sua proprietà, mentre Ranieri credeva che soffrisse di paranoie, e non ci faceva caso.[127]  Nell'aprile 1834 Leopardi ricevette visita da August von Platen, che nel suo diario scrisse:  (DE) «Leopardi ist klein und bucklicht, sein Gesicht bleich und leidend [...] er den Tag zur Nacht macht und umgekehrt [...] führt er allerdings ein trauriges Leben. Bei näherer Bekanntschaft verschwindet jedoch alles [...] die Feinheit seiner klassischen Bildung und das Gemütliche seines Wesens nehmen für ihn ein.[128]» «Leopardi è piccolo e gobbo, il viso ha pallido e sofferente [...] fa del giorno notte e viceversa[129] [...] conduce una delle più miserevoli vite che si possano immaginare. Tuttavia, conoscendolo più da vicino [...] la finezza della sua educazione classica e la cordialità del suo fare dispongon l'animo in suo favore.[130]»   Busto del poeta presente a Villa Doria d'Angri Intanto le Operette morali subirono una nuova censura da parte delle autorità borboniche, a cui seguirà la messa all'Indice dei libri proibiti dopo la censura pontificia, a causa delle idee materialiste esposte in alcuni "dialoghi". Leopardi così ne parlava in una lettera a Luigi De Sinner: «La mia filosofia è dispiaciuta ai preti, i quali e qui e in tutto il mondo, sotto un nome o sotto un altro, possono ancora e potranno eternamente tutto».[131].  Durante gli anni trascorsi a Napoli si dedicò alla stesura dei Pensieri, che raccolse probabilmente tra il 1831 e il 1835 riprendendo molti appunti già scritti nello Zibaldone, e riprese i Paralipomeni della Batracomiomachia che, iniziati nel 1831, aveva interrotto. A quest'ultima opera lavorò, assistito dal Ranieri, fino agli ultimi giorni di vita. Di quest'opera incompiuta, in ottave, ampiamente influenzata sia dallo pseudo Omero della Batracomiomachia, (che già Leopardi aveva tradotta in gioventù, e di cui continua la trama) che dal poema Gli animali parlanti di Giovanni Battista Casti, rimane autografo il solo primo canto. Ranieri affermò sempre che gli altri, di sua mano, furono scritti sotto dettatura del Leopardi. Le ultime ottave sarebbero state dettate da Leopardi morente poco dopo aver terminato l'ultima poesia, Il tramonto della luna. Qualche dubbio può nascere, se si pensa che Ranieri investì soldi dopo la morte del poeta per farli pubblicare come autentici, con poco successo finanziario. Nel 1836, quando a Napoli scoppiò l'epidemia di colera, Leopardi si recò con Ranieri e la sorella di questi, Paolina, nella Villa Ferrigni a Torre del Greco, dove rimase dall'estate di quell'anno al febbraio del 1837 e dove scrisse La ginestra o il fiore del deserto.[132] Paolina Ranieri assisterà, personalmente e con profondo affetto, Leopardi nei suoi ultimi anni, all'aggravamento delle sue condizioni fisiche.[133][134] Paolina (1817-1878) fu «l'unica donna che lo amò, sebbene si trattasse di un amore fraterno».[135]  A Napoli Leopardi lavora incessantemente, nonostante la salute in peggioramento, componendo varie liriche e satire; non segue le raccomandazioni dei medici, e conduce una vita abbastanza sregolata per una persona dalla salute fragile come la sua: dorme di giorno, si alza al pomeriggio e sta sveglio la notte, mangia molti dolci (particolarmente sorbetti e gelati), talvolta frequenta la mensa pubblica (anche durante il periodo del colera) e beve moltissimi caffè.[136][137]  La morte  Leopardi sul letto di morte, 1837, ritratto a matita di Tito Angelini, anch'esso simile alla maschera mortuaria e quindi molto realistico e verosimile In Campania egli compose gli ultimi Canti La ginestra o il fiore del deserto (il suo testamento poetico, nel quale si coglie l'invocazione ad una fraterna solidarietà contro l'oppressione della natura) e Il tramonto della luna (compiuto solo poche ore prima di morire). Progettava anche di tornare a Recanati, per vedere il padre, o partire per la Francia.[138] Leopardi aveva infatti intenzione di riconciliarsi umanamente col padre di persona (il tono delle lettere a Monaldo diventa molto affettuoso negli ultimi tempi, dal formale e nobiliare "signor padre" e al voi delle lettere giovanili passa all'incipit "carissimo papà" e al tu). In questo periodo cominciò ad ignorare le prescrizioni, pensando che non potesse comunque decidere il suo destino. In una lettera al conte Leopardi, una delle ultime di Giacomo, il poeta avverte la morte come imminente e spera che avvenga, non sopportando più i suoi mali.[139]  Nel febbraio del 1837 ritornò a Napoli con Ranieri e la sorella, ma le sue condizioni si aggravarono verso maggio, anche se non in modo tale da far sospettare ai medici o a Ranieri il reale stato di salute.  Il 14 giugno di quell'anno, Leopardi si sentì male al termine di un pranzo (che abitualmente consumava all'inconsueto orario delle 17); quel mattino, aveva mangiato circa un chilo e mezzo di confetti cannellini comprati da Paolina Ranieri in occasione dell'onomastico di Antonio e bevuto una cioccolata, poi una minestra calda e una limonata (o granita fredda) verso sera.[140]  Fu colpito da malore poco prima di partire per Villa Carafa d'Andria Ferrigni, come era stato programmato, e nonostante l'intervento del medico l'asma peggiorò e poche ore dopo il poeta morì.[141] Secondo la testimonianza di Antonio Ranieri, Leopardi si spense alle ore 21 fra le sue braccia. Le sue ultime parole furono "Addio, Totonno, non veggo più luce".[142][143]  La morte fu dichiarata all'ufficio dello stato civile il giorno successivo da Giuseppe e Lucio Ranieri, i quali fecero registrare l'indirizzo del decesso (vico Pero 2, nel territorio della parrocchia della SS. Annunziata a Fonseca) e indicarono che il fatto era avvenuto "alle ore venti".[144]  Tre giorni dopo il decesso, Antonio Ranieri pubblicò un necrologio sul giornale Il Progresso.[145]  La morte del poeta è stata analizzata da studiosi di medicina già a partire dall'inizio del XX secolo. Molte sono state le ipotesi, dalla più accreditata, pericardite acuta con conseguente scompenso, oppure scompenso cardiorespiratorio dovuto a cuore polmonare e cardiomiopatia, seguite a problemi polmonari e reumatici cronici, a quelle più fantasiose[146], fino al colera stesso.[147][148][149] Nessuna delle tesi alternative, tuttavia, è riuscita a smentire il referto ufficiale, diffuso dall'amico Antonio Ranieri: idropisia polmonare ("idropisia di cuore" o idropericardio[150]), il che è comunque verosimile, dati i suoi problemi respiratori, dovuti alla deformazione della colonna vertebrale[151]; è anche possibile che l'edema fosse una delle conseguenze dei problemi cronici di cui soffriva, e che la causa principale fosse un problema cardiaco, forse accelerata da una forma fulminante di colera che avrebbe ucciso il debilitato Leopardi (che notoriamente soffriva di disturbi cronici all'apparato gastrointestinale, i quali potevano mascherare la gastroenterite colerosa) in poche ore.[152][153][154] Leopardi era morto all'età di quasi 39 anni, in un periodo in cui il colera stava colpendo la città di Napoli. Grazie ad Antonio Ranieri, che fece interessare della questione il ministro di Polizia, le sue spogliequesta la versione accettata dalla maggioranza dei biografinon furono gettate in una fossa comune, come le severe norme igieniche richiedevano a causa dell'epidemia, ma inumate nella cripta e poi, dopo una breve riesumazione alla presenza di Ranieri che volle anche aprire la cassa (1844), nell'atrio della chiesa di San Vitale Martire (oggi Chiesa del Buon Pastore), sulla via di Pozzuoli presso Fuorigrotta. La lapide, spostata poi con la tomba, fu dettata da Pietro Giordani:  «Al conte Giacomo Leopardi recanatese filologo ammirato fuori d'Italia scrittore di filosofia e di poesie altissimo da paragonare solamente coi greci che finì di XXXIX anni la vita per continue malattie miserissima fece Antonio Ranieri per sette anni fino all'estrema ora congiunto all'amico adorato MDCCCXXXVII [155]»  Il ministro avrebbe accettato la richiesta del Ranieri solo dopo che un chirurgo, non il medico curante Mannella, ebbe eseguita una sorta di sommaria autopsia per poter dichiarare che la morte non fu dovuta a colera. In realtà fin dall'inizio il racconto di Ranieri era apparso pieno di contraddizioni e molti furono i dubbi che avvolsero quanto egli aveva dichiarato, anche perché le sue versioni furono molte e diverse a seconda dell'interlocutore, facendo sospettare che il corpo del poeta fosse finito nelle fosse comuni del cimitero delle Fontanelle, o in quello dei colerosi (o nell'attiguo cimitero delle 366 Fosse), destinati in quel periodo ai morti per colera o per altre cause, come attesta il registro delle sepolture della chiesa della SS. Annunziata a Fonseca di Napoli (riportante la dicitura "cimitero dei colerosi" e "sepolto id."[156]) o addirittura occultate nella casa di vico Pero[157], e che Ranieri avesse inscenato, per un motivo recondito, un funerale a bara vuota, con la partecipazione dei suoi fratelli, del chirurgo e di un parroco compiacente a cui avrebbe regalato dei pesci freschi.   La lapide originale, traslata nel parco Vergiliano Comunque, Ranieri continuò ad affermare che le ossa erano nell'atrio della chiesa di S. Vitale e che il certificato d'inumazione fosse un falso redatto dal parroco su richiesta del ministro di Polizia, onde aggirare la legge sulle sepolture in tempo di epidemia. Nel 1898 avvenne una prima ricognizione; secondo il senatore Mariotti, smentito da altri, durante i lavori di restauro di alcuni anni prima, un muratore ruppe inavvertitamente la cassa, danneggiata dalla troppa umidità, frantumando le ossa e provocando la perdita di parte dei resti contenuti, forse gettati nell'ossario comune o addirittura con i calcinacci, mescolando i resti con altre ossa.[158][159]   La tomba di Leopardi (Parco Vergiliano a Piedigrotta o Parco della Tomba di Virgilio, Napoli) Il 21 luglio 1900, alla presenza dei rappresentanti regi e del comune di Napoli, venne effettuata la ricognizione ufficiale delle spoglie del recanatese e nella cassa (in realtà un mobile adattato allo scopo clandestino dai fratelli Ranieri), troppo piccola per contenere lo scheletro di un uomo con doppia gibbosità, vennero rinvenuti soltanto frammenti d'ossa (tra cui residui delle costole, delle vertebre recanti segni di deformità, e un femore sinistro intero, forse troppo lungo per una persona di bassa statura, e un altro femore a pezzi), una tavola di legno (con cui gli operai avevano tentato di riparare il danno alla cassa), una scarpa col tacco e alcuni stracci, mentre nessuna traccia vi era del cranio e del resto dello scheletro, per cui in seguito si arrivò anche a formulare la teoria di un suo trafugamento da parte di studiosi lombrosiani di frenologia amici del Ranieri[160][161].  Nonostante i dubbi, la questione venne ben presto chiusa; secondo l'incaricato professor Zuccarelli, era plausibile che quelli fossero parte dei resti di Leopardi. Il medico parla esplicitamente di aver rinvenuto una parte di rachide e una di sterno entrambe deviate. Alcuni, pur pensando ad un'effettiva morte per colera, credettero comunque che Ranieri fosse riuscito davvero nell'intento di salvare il corpo dalla fossa comune corrompendo, se non il ministro, perlomeno dei funzionari incaricati. La scarpa ritrovata, o quello che ne rimaneva, venne poi acquistata dal tenore Beniamino Gigli, concittadino di Leopardi, e donata alla città di Recanati.[158][162][163]  Dopo vari tentativi di traslare i presunti resti a Recanati o a Firenze nella basilica di Santa Croce accanto a quelli di grandi italiani del passato, nel 1939 la cassa, per volontà di Benito Mussolini[163] che esaudì una richiesta dell'Accademia d'Italia, venne con regio decreto di Vittorio Emanuele III che ne stabiliva l'identificazione, riesumata di nuovo e spostata al Parco Vergiliano a Piedigrotta (altrimenti detto Parco della tomba di Virgilio) nel quartiere Mergellinail luogo fu dichiarato monumento nazionaledove tuttora sorge appunto il secondo sepolcro del poeta, eretto quello stesso anno; nei pressi venne traslata anche la lapide originale, mentre parte del monumento venne portata a Recanati. Questa versione è quella sostenuta ufficialmente dal Centro Nazionale Studi Leopardiani.[164]  Nel 2004 venne anche chiesta (da parte dello studioso leonardiano Silvano Vinceti, che si è occupato anche della riesumazione e identificazione dei resti di Caravaggio, Boiardo, Pico della Mirandola e Monna Lisa) la terza riesumazione, onde verificare se quei pochi resti fossero davvero di Leopardi tramite l'esame del DNA e del mtDNA, comparato con quello degli attuali eredi dei conti Leopardi (Vanni Leopardi e la figlia Olimpia, discendenti diretti del fratello minore del poeta Pierfrancesco) e dei marchesi Antici, ma la richiesta fu respinta, sia dalla Soprintendenza sia dalla famiglia Leopardi (tramite la contessa Anna del Pero-Leopardi, vedova del conte Pierfrancesco "Franco" Leopardi e madre di Vanni).[163]  La posizione ufficiale della famiglia Leopardi (esplicitata dal 1898 in poi[158]) e della Fondazione Casa Leopardi da loro presieduta (presidente fino al  conte Vanni Leopardi) è invece che i resti nel parco Vergiliano non siano comunque del poeta e Ranieri abbia mentito, che il corpo si trovi alle Fontanelle e che quindi la riesumazione sia inutile, occorrendo altresì rispettare la tomba-cenotafio lì situata.[165] Un altro membro della famiglia, chiamato anche lui Pierfrancesco, si è invece detto disponibile nel .[159] Tale esame non è stato finora autorizzato. «Cantare il dolore fu per lui rimedio al dolore, cantare la disperazione salvezza dalla disperazione, cantare l'infelicità fu per lui, e non per gioco di parole, l'unica felicità. [...] In quei canti veramente divini il Leopardi trasformò l'angoscia in contemplativa dolcezza, il lamento in musica soave, il rimpianto dei giorni morti in visioni di splendore.»  (Giovanni Papini, Felicità di Giacomo Leopardi (1939)[167]) Il pensiero di Leopardi è caratterizzato, attraverso le fasi del suo pessimismo, dall'ambivalenza tra l'aspetto lirico-ascetico della sua poetica, che lo spinge a credere nelle «illusioni» e lusinghe della natura, e la razionalità speculativo-teorica presente nelle sue riflessioni filosofiche, che invece considera vane quelle illusioni, negando ad esse qualunque contenuto ontologico.[168]  La contraddizione tra anelito alla vita e disillusione, tra sentimento e ragione, tra «filosofia del sì» e «filosofia del no»,[169] era del resto ben presente allo stesso Leopardi, il quale, secondo Karl Vossler,[170] si adoperò costantemente per ricomporle, non rassegnandosi mai allo scetticismo, convinto che la vera filosofia dovesse in ogni caso mantenere i legami con l'immaginazione e la poesia.[171] Come ha rilevato De Sanctis:  «[Leopardi] non crede al progresso, e te lo fa desiderare; non crede alla libertà, e te la fa amare. Chiama illusioni l'amore, la gloria, la virtù, e te ne accende in petto un desiderio inesausto. [...] È scettico e ti fa credente; e mentre non crede possibile un avvenire men triste per la patria comune, ti desta in seno un vivo amore per quella e t'infiamma a nobili fatti.»  (Francesco De Sanctis, Schopenhauer e Leopardi, (1858)[172]) Luoghi leopardiani A Recanati  Targa della piazzuola del Sabato del Villaggio Palazzo Leopardi: è la casa natale del poeta. Tuttora il palazzo è abitato dai discendenti e aperto al pubblico. Esso venne ristrutturato nelle forme attuali dall'architetto Carlo Orazio Leopardi verso la metà del XVIII secolo. L'ambiente più suggestivo è senza dubbio la biblioteca, che custodisce oltre 20.000 volumi, tra cui incunaboli ed antichi volumi, raccolti dal padre del poeta, Monaldo Leopardi. Piazzuola del Sabato del Villaggio: sulla quale si affaccia Palazzo Leopardi. Ivi si trova la casa di Silvia e la chiesa di Santa Maria in Montemorello (XVI secolo), nel cui fonte battesimale fu battezzato Giacomo Leopardi nel 1798. Colle dell'Infinito: è la sommità del Monte Tabor da cui si domina un panorama vastissimo verso le montagne e che ispirò l'omonima poesia composta dal poeta a soli 21 anni. All'interno del parco si trova il Centro Mondiale della Poesia e della Cultura, sede di convegni, seminari, conferenze e manifestazioni culturali. Il Colle dell'Infinito è diventato un Bene del Fai aperto a tutti.  Palazzo Antici-Mattei: casa della madre di Leopardi, Adelaide Antici Mattei, edificio dalle linee semplici ed eleganti con iscrizioni in latino. Torre del Passero Solitario: nel cortile del chiostro di Sant'Agostino è visibile la torre, decapitata da un fulmine e resa celebre dalla poesia Il passero solitario. Chiesa di San Leopardo (XIX secolo): venne fatta edificare dalla famiglia Leopardi insieme e nei pressi della villa affidando la progettazione all'architetto Gaetano Koch. La cripta, a cui si accede esternamente, è la tomba gentilizia della famiglia Leopardi. Chiesa di Santa Maria di Varano (XV secolo): costruita nel 1450 per i Minori Osservanti insieme al Convento annesso, dal 1873, cacciati i frati e abbattuti due lati del convento, l'orto divenne quello che ancora è il civico cimitero di Recanati. Vi si conserva ancora il pozzo di San Giacomo della Marca ed affreschi nelle lunette del portico. All'interno è la tomba di famiglia dei Leopardi ove sono sepolti Monaldo e Paolina[173][174] Altrove Spoleto, Albergo della Posta (corso Garibaldi), 17 novembre 1822. Palazzo Antici Mattei (Roma, via Michelangelo Caetani), dove fu ospite dal 23 novembre 1822 alla fine d'aprile 1823. Roma, tomba del Tasso in Sant'Onofrio al Gianicolo, "uno dei posti più belli della terra, in mezzo agli aranci e ai lecci". Bologna ("ospitalissima"), convento di San Francesco (piazza Malpighi), primo soggiorno bolognese (17-26 luglio 1825). Casa dell'editore Anton Fortunato Stella (1757-1833), vicino al Teatro alla Scala a Milano ("veramente insociale") (30 luglio-26 novembre 1825). Casa Badini (29 settembre-3 novembre 1826), vicino al teatro del Corso (oggi via Santo Stefano, 33) a Bologna ("tutto è bello, e niente magnifico"). Locanda della Pace, via del Corso, a Bologna (26 aprile-20 giugno 1827). Ravenna ("qui si vive quietissimi"), ospite del marchese Antonio Cavalli (agosto 1826). Firenze, "sporchissima e fetidissima città", Locanda della Fonte, nei pressi del mercato del grano e di Palazzo Vecchio (21 giugno 1827 e giorni successivi).  Targa sull'ultimo domicilio di Leopardi a Napoli Casa delle sorelle Busdraghi, via del Fosso (oggi via Verdi), Firenze (giugno-novembre 1827). Palazzo Buondelmonti, abitazione di Giovan Pietro Vieusseux, a Firenze. Pisa ("una beatitudine"), via Fagiuoli (casa Soderini), 9 novembre 1827-8 giugno 1828. Il Lungarno pisano ("spettacolo così ampio, così magnifico, così gaio, così ridente, che innamora"). "Una certa strada deliziosa" da lui battezzata "Via delle Rimembranze", dove va a passeggiare a Pisa (lettera a Paolina Leopardi del 25 febbraio 1828). Levane, Camucia e Perugia, novembre 1828, di passaggio. Roma ("città oziosa, dissipata, senza metodo"), via dei Condotti 81 ("spendo qui un abisso"), con Antonio Ranieri, da ottobre 1831 a marzo 1832. Napoli, piazza Ferdinando; poi Strada nuova di Santa Maria Ognibene (casa Cammarota); poi vico Pero (tre appartamenti affittati con Ranieri e la sorella di lui Paolina). Villa Ferrigni, detta villa delle Ginestre, a Torre del Greco, alle pendici dello "sterminator Vesevo".[175] Opere Magnifying glass icon mgx2.svg Opere di Giacomo Leopardi.  Copertina della prima edizione dello Zibaldone di pensieri Opere in prosa Epistolario Di Giacomo Leopardi ci sono rimaste oltre novecento lettere, composte nell'arco di una vita e indirizzate a circa cento destinatari, tra amici e familiari (soprattutto al padre e al fratello Carlo). L'intero corpus epistolare di Leopardi è raccolto dall'Epistolario, che malgrado le origini si può leggere come un'opera autonoma: questa raccolta di prose private, infatti, costituisce un fondamentale documento non solo per seguire le vicende biografiche del poeta, ma anche per comprendere l'evoluzione del suo pensiero, dei suoi stati d'animo e delle sue riflessioni culturali.[176]  Gli interventi nel dibattito classico-romantico Nel 1816 il giovane Leopardi prese parte all'acceso dibattito culturale innescato dalla pubblicazione del saggio Sulla maniera e utilità delle traduzioni di Madame de Staël: questa polemica vide schierarsi da una parte i difensori del classicismo, quali Pietro Giordani, e dall'altra i sostenitori della nuova poetica romantica.  Leopardi, amico del Giordani, si allineò alle tesi classiciste, mettendo per iscritto il proprio pensiero nella Lettera ai compositori della Biblioteca italiana (1816) e nel Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica, rimasti entrambi inediti sino al 1906. Nella prima Leopardi, pur riconoscendo la bontà dell'intervento dell'autrice ginevrina, assume una posizione contraria alle istanze della lettera, nella quale si invitava il popolo italiano ad aprirsi alle nuove letterature europee. Secondo il poeta di Recanati, infatti, si tratta di un «vanissimo consiglio», essendo la letteratura italiana quella più vicina alle uniche letterature universalmente valide, ovvero quella greca e quella latina. Nel Discorso, invece, Leopardi approfondì la sua riflessione poetica in merito al dibattito, introducendo temi che poi diverranno centrali della poesia leopardiana, come l'opposizione tra i concetti di «natura» e «civilizzazione».[176]  Zibaldone Lo Zibaldone di pensieri è una raccolta di 4526 pagine autografe compilate dal luglio 1817 al dicembre 1832, nelle quali Leopardi depositò ragionamenti e brevi scritti sugli argomenti più vari. Inizialmente l'opera non era dotata dell'organicità di un testo letterario, essendo semplicemente il frutto di una scrittura immediata, di getto: Leopardi iniziò a datare i singoli testi solo a partire dal 1820, così da orientarsi agevolmente nel mare magnum di appunti (da lui definiti un «immenso scartafaccio»), arrivando perfino a stilare due indici (nel 1824 e nel 1827).[176]  Il Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'italiani Il Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'italiani, composto a Recanati tra la primavera e l’estate del 1824 e rimasto inedito fino al 1906, è un breve trattato filosofico dove Leopardi analizza le peculiarità che contraddistinguono la società italiana, e le compara con il carattere, la mentalità e la moralità delle altre nazioni d'Europa. Alla fine dell'opera Leopardi giunge all'amara conclusione che l'Italia, dilaniata da un esasperato individualismo, è troppo poco civile per godere dei benefici del progresso (come in Francia, Germania ed Inghilterra), ma troppo civile per godere dei benefici dello «stato di natura», come accadeva nelle nazioni meno sviluppate, quali Portogallo, Spagna e Russia.[177]  Operette morali  Secondo manoscritto autografo dell'Infinito Le Operette morali, per usare le parole dello stesso poeta, sono un «libro di sogni poetici, d’invenzioni e di capricci malinconici»: è ancora Leopardi a descrivere la propria opera in una lettera del 1826 indirizzata all'editore Stella, sottolineando «quel tuono ironico che regna in esse» e specificando che Timandro ed Eleandro sono «una specie di prefazione, ed un’apologia dell’opera contro i filosofi moderni».[178]  Le Operette, oggi considerate la più alta espressione del pensiero leopardiano, racchiudono l'essenza del pessimismo del poeta, trattando argomenti quali la condizione esistenziale dell'uomo, la tristezza, la gloria, la morte e l'indifferenza della Natura.[178]  Le opere poetiche I Canti I Canti, considerati il capolavoro di Leopardi, racchiudono trentasei liriche composte da Leopardi tra il 1817 e il 1836.[179] Tra i componimenti poetici inclusi nei Canti ricordiamo Sopra il monumento di Dante, l'Ultimo canto di Saffo, Il passero solitario, La sera del dì di festa, Alla luna, A Silvia, il Canto notturno di un pastore errante dell'Asia, Il sabato del villaggio, La ginestra e infine L'infinito, uno dei testi più rappresentativi della poetica leopardiana.  Le ultime opere Durante gli anni napoletani Leopardi scrisse due opere, i Paralipomeni della Batracomiomachia e I nuovi credenti. Il primo è un poemetto in ottave con protagonisti animali: «Paralipomeni», infatti, significa «continuazione» mentre «Batracomiomachia» è «battaglia dei topi e delle rane», ovvero un'opera pseudoomerica che Leopardi aveva tradotto in gioventù. Dietro la finzione comica Leopardi qui stigmatizza il fallimento dei moti rivoluzionari napoletani del 1820-21: i topi infatti, simboleggiano i liberali, generosi ma velleitari, mentre le rane sono i conservatori papalini, che non esitano a chiamare a sé i granchi-austriaci, feroci e stupidi.[179]  I nuovi credenti, invece, sono un capitolo satirico in terza rima composto nel 1835 dove Leopardi esprime una spietata satira contro gli esponenti dello spiritualismo napoletano, dei quali condanna la religiosità di facciata e lo sciocco ottimismo.[179]  Parole d'autore A Giacomo Leopardi si devono numerosi neologismi divenuti patrimonio diffuso (perlomeno in un linguaggio colto e sorvegliato), come "erompere", "fratricida", "improbo", "incombere", risalenti al 1824[180]. Al suo tempo, questa vena creativa di Leopardi non fu apprezzata e fu oggetto degli strali di un atteggiamento purista che opponeva resistenze all'adozione, e all'accoglimento nei lessici, di neologismi d'uso forgiati in epoca successiva all'«aureo Trecento»[180].  In un caso, un frutto della sua creatività, "procombere", gli guadagnò accuse postume mossegli da Niccolò Tommaseo[180], coautore del Dizionario della lingua italiana.  Poesia e musica A sé stesso, romanza, versi di Giacomo Leopardi, musica di Francesco Paolo Frontini, Milano, Edizioni Ricordi, 1885. Coro di morti, versi di G. Leopardi (dal Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie, Operette morali), musica di Goffredo Petrassi, per coro e strumenti, 1940-1941 Tre liriche di Goffredo Petrassi, per baritono e pianoforte, testi di Leopardi, Foscolo e Montale, 1944. Epistolario Magnifying glass icon mgx2.svg Epistolario di Giacomo Leopardi. Leopardi nell'immaginario collettivo Il fatto che l'opera di Leopardi sia stata e sia ogni anno oggetto dello studio di migliaia di studenti ha determinato (come per Dante) che molte locuzioni delle sue opere siano divenute d'uso corrente. Fra le principali:  studio matto e disperatissimo ... (in: lettera a Pietro Giordani del 2 marzo 1818 e Zibaldone di pensieri); passata è la tempesta ... (in: La quiete dopo la tempesta, 1829); che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai ... (in: Canto notturno di un pastore errante dell'Asia, 1829-1930); natio borgo selvaggio ... (in: Le ricordanze, 1829); la donzelletta vien dalla campagna ... (in: Il sabato del villaggio, 1829); godi, fanciullo mio; stato soave ... (in: Il sabato del villaggio , 1829); ...e naufragar m'è dolce in questo mare (in: L'infinito, 1818-1819). T ra il 1994 e il 1998 il pittore e scultore maceratese Valeriano Trubbiani realizzò una serie di 12 pirografie sul tema Viaggi e transiti, dedicata ai viaggi del poeta nelle varie città della penisola: Recanati (2), Macerata (2), Roma, Bologna, Pisa, Firenze, Milano, Napoli (3).  Tali opere[181] sono esposte nel CARTCentro permanente per la Documentazione dell'Arte Contemporanea[182] di Falconara Marittima, che conserva anche altre opere di Trubbiani dedicate a Leopardi:  10 disegni originali realizzati dal 1971 al 1987 sul tema "Leopardi figurativo", 8 incisioni a colori, una scultura del 1990 in rame, bronzo e argento con il Poeta pensoso in osservazione di un gregge di pecore (“Move la greggia oltre pel campo e vede greggi”, ispirata al Canto notturno di un pastore errante dell'Asia, 1829-1930), un'installazione scultorea sulla Batracomiomachia ("battaglia dei topi e delle rane") ispirata ai Paralipomeni della Batracomiomachia leopardiani (19311937). L'ispirazione prodotta in Trubbiani dall'opera leopardiana è raccontata dall'artista nel breve documentario "Le Marche di Leopardi"[183], patrocinato dalla Regione Marche.  Leopardi nella musica pop italiana Leopardi è citato nella Canzone per Piero di Francesco Guccini e in Stai bene lì di Renato Zero; i suoi versi sono citati anche nei titoli di Canto notturno (di un pastore errante dell'aria) e Il cielo capovolto (ultimo canto di Saffo), entrambe di Roberto Vecchioni.  Giorgio Gaber, nella canzone "Benvenuto il luogo dove", contenuto nell'album "Gaber" del 1984, dedicata all'Italia, parla della penisola come il luogo "dove i poeti sono nati tutti a Recanati"[184].  Opere cinematografiche su Leopardi Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggiere[185] (1954), cortometraggio di Ermanno Olmi[186][187]; Pisa, donne e Leopardi (), mediometraggio di Roberto Merlino. Leopardi è interpretato da Orazio Cioffi; Il giovane favoloso (), film di Mario Martone. Leopardi è interpretato da Elio Germano[188]. Vari brani del film sono presenti nel programma televisivo"Leopardi, il rivoluzionario" di Giancarlo Mancini, puntata della rubrica "Il tempo e la storia"[189]; "Le Marche di Leopardi"[183], breve documentario diretto da Alessandro Scilitani, patrocinato dalla Regione Marche. Video in rete su Leopardi "Leopardi, il rivoluzionario" di Giancarlo Mancini, puntata della rubrica televisiva "Il tempo e la storia" con Massimo Bernardini e lo storico Lucio Villari[190]; "Giacomo Leopardi e l`importanza di Recanati", per Rai Storia, vita e opere di Giacomo Leopardi nel commento del critico teatrale Guido Davico Bonino. L’attore Umberto Ceriani legge: L'infinito, La sera del dì di festa, Alla luna, La vita solitaria[191]; "Ecco il vero Colle dell'Infinito descritto da Giacomo Leopardi"[192]: Francesco Guzzini del Centro Studi Leopardiani mostra l'itinerario che il Poeta compiva per recarsi dalla propria abitazione al punto di osservazione del paesaggio che gli ispirò L'infinito; "Marche, le scoprirai all'infinito", spot turistico della Regione Marche con il noto attore statunitense Dustin Hoffman che tenta di recitare in italiano L'infinito. Regia di Giampiero Solari[193]; "A casa di Giacomo Leopardi", intervista di Pippo Baudo alla contessa Olimpia Leopardi all'interno del Palazzo Leopardi di Recanati[194]; "Un Leopardi inedito" raccontato da Novella Bellucci e Franco D'Intino nella puntata di "Visionari" del 15 giugno , programma televisivo condotto da Corrado Augias su Rai 3[195]; "L'arte di essere fragilicome Leopardi può salvarti la vita", intervista allo scrittore Alessandro D'Avenia sul suo omonimo libro e spettacolo teatrale ()[196]. Inoltre, sono pubblicate in rete numerose letture/interpretazioni dei principali canti leopardiani da parte dei più importanti attori italiani. Fra questi si possono ascoltare:  Vittorio Gassman: L'infinito[197], A Silvia[198], La sera del dì di festa[199], Amore e Morte[200], La quiete dopo la tempesta[201], A se stesso[202]; Carmelo Bene: L'infinito[203], Passero solitario[204], La ginestra (o Il fiore del deserto)[205], Alla luna[206], La sera del dì di festa[207], Il sabato del villaggio[208], Le ricordanze[209], Canto notturno di un pastore errante dell'Asia[210], Inno ad Arimane[211][212][213], Amore e Morte[214]; Arnoldo Foà: L'infinito[215], Passero solitario[216], A Silvia[217], Il sabato del villaggio[218], La sera del dì di festa[219], Canto notturno di un pastore errante dell'Asia[220], Le ricordanze[221], La ginestra (o Il fiore del deserto)[222], Il tramonto della luna[223], All'Italia[224], Alla luna[225]; Giorgio Albertazzi: L'infinito[226]; Nando Gazzolo: L'infinito[227]; Gabriele Lavia: L'infinito[228], Lavia dice Leopardi[229]; Alberto Lupo: Ultimo canto di Saffo[230]; Elio Germano, nel film Il giovane favoloso di Mario Martone: L'infinito[231], parte de La ginestra (o Il fiore del deserto)[232], la prima parte de La sera del dì di festa[233], un brano di Amore e Morte[234], l'ultima parte di Aspasia[235]. Leopardi "testimonial" della Regione Marche La Regione Marche, dopo aver più volte utilizzato l'immagine del poeta recanatese per la promozione turistica del proprio territorio ed anche della propria offerta enologica, nel 2009 commissionò una discussa campagna pubblicitaria attraverso un video, per la regia di Giampiero Solari, trasmesso sui principali canali televisivi italiani ed anche esteri, con protagonista il noto attore statunitense Dustin Hoffman[236], già conoscitore delle Marche per aver interpretato nel 1972 ad Ascoli Piceno il film di Pietro Germi "Alfredo, Alfredo", assieme ad una giovane Stefania Sandrelli.  Questa la descrizione della sceneggiatura dello spot per la promozione della stagione turistica :  «Un uomo legge una delle poesie più note della letteratura italiano, l’Infinito di Giacomo Leopardi, la cui emozionalità è strettamente legata alle visioni, alle luci, ai colori della terra marchigiana. L’uomo legge la poesia camminando, cerca di capire e pronunciare bene la lingua non stando fermo, dietro una scrivania, ma immergendosi nella terra che ha visto nascere questo capolavoro; legge, riprova, si arrabbia, vuole assolutamente penetrare la lingua, il sentimento di questa poesia, l’anima di questa terra e riprova e riprova. Nel sottofondo le note sublimi del Tancredi di Rossini, che accompagnano il silenzio di questa meditazione nuova che l’uomo cerca per sé: l’uomo cerca emozioni, vuole fare un’esperienza nuova, e leggere l’Infinito nelle Marche che l’hanno generato è un’esperienza nuova, formidabile, ma difficile e faticosa. Ma ne vale la pena. Provare e alla fine sorridere, la poesia è mia, le Marche sono la mia meta faticosamente conosciuta, capita e raggiunta.»  (dal comunicato stampa della Regione Marche[237]) Nello spot[193][238] Hoffman tenta di recitare i versi dell'Infinito in un italiano "condito" dal suo marcato accento californiano. Un accento tanto forte e straniante da suscitare numerose critiche all'operato della Regione. Tra queste, quella di Mina[239], che nella sua rubrica sulle pagine de "La Stampa" del 3 gennaio [240], ebbe a scrivere:  «Leopardi bisogna meritarselo. Sarebbe andato benissimo anche Oliver Hardy. Al quale, paradossalmente, in questa demoralizzante «performance», mi sembra che assomigli. Non so come l'avrebbe fatta Ollio. Non peggio, credo... Sentire la nostra potente, meravigliosa lingua strapazzata dal pur bravo divo americano mi ha rigettato giù nella nostra condizione di sempiterna colonia ... il mondo della pubblicità è un mondo di matti. A volte geniale, ma più spesso volgare e irrispettoso. Dustin Hoffman, from Los Angeles, sarà pure un nome che tira, ma non li avevamo noi degli attori al suo livello? E che parlano l’italiano? E che conoscono la musica dell’andamento di un’esposizione poetica?»  (Mina Mazzini) Al contrario, l'operazione promozionale fu elogiata da Giorgio De Rienzo, linguista e critico letterario, da Francesco Sabatini e Francesco Erspamer, rispettivamente presidente onorario e presidente emerito dell’Accademia della Crusca; quest'ultimo commentò lo spot con queste parole: «Sprovincializza la lingua italiana»[241].  Comunque sia, lo scopo perseguito fu raggiunto: anche grazie alle polemiche, la versione non definitiva del video della Regione Marche, inserito su YouTube, totalizzò quasi 21.200 visualizzazioni in tutto il mondo solo nella prima settimana[242].  Visto il successo del , Dustin Hoffman fu confermato per la campagna promozionale della stagione turistica . Niente più lettura dei versi leopardiani, ma, come sottolineò Aldo Grasso sul "Corriere della Sera", nella nuova edizione «il volto del testimonial diventa più importante dell’oggetto da reclamizzare. Attraverso gli scatti di Bryan Adams, si snoda un racconto tutto personale: i cinque sensi di Dustin Hoffman dichiarano infinito amore per le suggestioni concrete che la regione riesce a offrire: la gastronomia, l’arte, la musica, i vini e i paesaggi»[243].  Nella campagna promozionale del  Dustin Hoffman fu sostituito dall'attore marchigiano Neri Marcorè[244][245].  Continuò comunque l'utilizzo a scopi promozionali dell'immagine di Leopardi: sull'onda del successo del film "Il giovane favoloso", diretto dal registra Mario Martone e interpretato dall'attore Elio Germano, la Regione mise in campo una serie di iniziative per promuovere la visione del film e di conseguenza del territorio marchigiano che ne aveva ospitato le location, tra cui un "movie-tour", consentito gratuitamente a tutti gli spettatori muniti del biglietto del cinema fino al 31 Dicembre [245].  Nel  la Regione ha patrocinato la realizzazione di un breve documentario, "Le Marche di Leopardi"[183], diretto da Alessandro Scilitani, nel quale l'assessore alla cultura dell'epoca tratteggiava il riepilogo delle iniziative regionali per valorizzare la figura del poeta recanatese. Seguono una breve biografia di Leopardi, con le immagini di Recanati, e gli interventi di vari operatori culturali marchigiani che, rifacendosi a veri o presunti collegamenti con la vita ed il pensiero del Poeta, introducono ad altri importanti personaggi nati o presenti nella Regione (Gioacchino Rossini, Antonio Canova, Terenzio Mamiani, Valeriano Trubbiani, Osvaldo Licini), il tutto "condito" dalle musiche di musicisti marchigiani (Giovan Battista Pergolesi, Gaspare Spontini) e da squarci paesaggistici di varie località della regione.Opere biografiche su Leopardi Giacomo Leopardi, Puerili e abbozzi vari, Bari, G. Laterza & f.i, 1924. 7 marzo . Antonio Ranieri, Sette anni di sodalizio con Leopardi (1880), Milano-Napoli: Ricciardi, 1920; poi Milano: Garzanti, 1979 (con una nota di Alberto Arbasino); Milano: Mursia, 1995 (Raffaella Bertazzoli); Milano: SE, 2005 Mario Picchi, Storie di casa Leopardi, Milano: Camunia, 1986; poi Milano: Rizzoli, 1990 Renato Minore, Leopardi. L'infanzia, le città, gli amori, Milano: Bompiani, 1987 (nuova ed. Vincenzo Guarracino, 1997) Rolando Damiani, Album Leopardi, Milano: Mondadori «I Meridiani», 1993 Attilio Brilli, In viaggio con Leopardi, Bologna: Il Mulino, 2000 Rolando Damiani, All'apparir del vero. Vita di Giacomo Leopardi, Milano: Mondadori «Oscar Saggi» 723, 2002 Marcello D'Orta, All'apparir del vero: il mistero della conversione e della morte di Giacomo Leopardi, Piemme, . Pietro Citati, Leopardi, Milano, Mondadori, . Il Centro Nazionale di Studi Leopardiani Il 1 luglio 1937, nel primo centenario della morte del poeta, fu istituito a Reca Centro Nazionale di Studi Leopardiani.  Esso ha come scopo la promozione di ricerche e studi su Giacomo Leopardi in campo storico, biografico, critico, linguistico, filologico, artistico, filosofico.  Note  secondo Roberto Tanoni risalente invece intorno al 1825-26.  Roberto Tanoni, L'aspetto di Giacomo Leopardi, leopardi.it, 11 febbraio 2005. 20 dicembre  (archiviato il 28 febbraio ).  Effettivamente il titolo di conte con cui Leopardi veniva talvolta appellato, e che egli stesso usava, in quanto primogenito dei conti Leopardi, era un "titolo di cortesia", in quanto il vero titolo nobiliare era ancora in capo a Monaldo, finché fu in vita.  Uno sconosciuto: l'ateo filantropo barone d'Holbach, su elapsus.it. 16 febbraio  2 febbraio ).  Giulio Ferroni, La poesia del dolore: Giacomo Leopardi, su emsf.rai.it. 16 febbraio  3 febbraio ).  Forse la malattia di Pott o la spondilite anchilosante.  Erik Pietro Sganzerla, Malattia e morte di Giacomo Leopardi. Osservazioni critiche e nuova interpretazione diagnostica con documenti inediti, Booktime, : «Questo libretto rende giustizia a un uomo che soffriva di numerosi problemi fisici, che ebbe una vita non felice e una cartella clinica in cui sono posti in evidenza i sintomi e il loro decorso temporale, l’età d’esordio della progressiva deformità spinale e dei problemi visivi e gastrointestinali, l’influenza delle condizioni psichiche e ambientali nell’accentuazione o remissione dei segnali. (...) altamente probabile la diagnosi di Spondilite Anchilopoietica Giovanile»; viene poi sostenuto che Leopardi «affetto da una pneumopatia restrittiva con insufficienza respiratoria cronica, aggravata da episodi infettivi intercorrenti, sia morto per uno scompenso cardiorespiratorio terminale in paziente affetto da cuore polmonare e possibile miocardiopatia». (Introduzione)  Citati32-33.  «Questo io conosco e sento, / Che degli eterni giri, Che dell'esser mio frale, / Qualche bene o contento Avrà fors'altri; a me la vita è male»  (Giacomo Leopardi, Canto notturno di un pastore errante dell'Asia, vv. 100-104)  Citati3-18.  Citati18-20.  Citati4-10.  Renato Minore, Leopardi. L'infanzia, le città, gli amori, Milano, 198722.  Citati3-16.  Renato Minore13.  Lettera di G. Leopardi (Recanati) a Pietro Colletta (Livorno), 16 gennaio 1829: ed atteso ancora che il patrimonio di casa mia, benché sia de' maggiori di queste parti, è sommerso nei debiti.  Emilio Cecchi e Natalino Sapegno, Storia della letteratura italiana. Milano 1969,  VII, L'Ottocento737  Citati18-35.  Zibaldone pag. 106 del ms., appunto del 26 marzo 1820.  Citati19-25.  «Il Chimico italiano», anno XXI n.2, pag. 14.  Citati25-30.  Rossella Lalli, Si spegne la contessa Leopardi, erede e custode della memoria del poeta, newnotizie.it, 13 settembre .  l'11 settembre  (archiviato il 2 gennaio ).  Scritti vari inediti di Giacomo Leopardi dalle carte napoletane, Firenze, successori Le Monnier, 1906, pag. 405 Archiviato il 9 agosto  in ..  Citati30-32.  Pubblicato Maria Corti in «Giacomo Leopardi. Tutti gli scritti inediti, rari e editi 1809-1810», Milano, Bompiani 1972  Citati20-25.  Cecchi, Sapegno, op. cit.,  736-739.  Giuseppe BonghiBiografia di Giacomo Leopardi, su classicitaliani.it. 25 ottobre  (archiviato il 24 dicembre ).  Lettera a Pietro Giordani a Milano, Recanati, 2 marzo 1818 in Epistolario di Giacomo Leopardi con le iscrizioni greche triopee da lui tradotte e lettere di Pietro Giordani e Pietro Colletta all'Autore, raccolto e ordinato da Prospero Viani,  I, Napoli, 1860², pag. 76.  Lettera all'Avv. Pietro Brighenti a Bologna, Recanati, 18 marzo 1825 in Epistolario di Giacomo Leopardi con le iscrizioni ecc. cit.,  I, pag. 245.  il padre Monaldo lo vide parlare, con sorpresa, in questa lingua con un rabbino di Ancona, secondo quanto riportato dallo storico Lucio Villari nella trasmissione RAI Il tempo e la storia di Massimo Bernardini (puntata "Leopardi, il rivoluzionario", 15 ottobre , RaiTre-RaiStoria)  Sarà la lingua utilizzata nelle lettere allo Jacopssen  Il programma delle celebrazioni leopardiane, su giornale.regione.marche.it. 16 febbraio  19 agosto 2007).  Il sanscrito nella teoria linguistica di Giacomo Leopardi, in Leopardi e l'Oriente. Atti del Convegno Internazionale, Recanati 1998, a c. di F. Mignini, Macerata, Provincia di Macerata, 2001, 115-135.  Citati25-35.  M. T. Borgato, L. Pepe, Leopardi e le scienze matematiche,  5-8.  Aimé-Henri Paulian (1722-1801), su data.bnf.fr. 22 gennaio .  Citati30-40.  Un episodio della sua vita farà da spunto a una delle Operette morali, Il Parini ovvero della gloria  Cecchi, Sapegno, op. cit. p. 741.  Citati37-38.  Citati30 e segg.  Spesso nell'epistolario afferma di soffrire il freddo e di coprirsi le gambe con una coperta di lana.  Citati30-31; 33 esegg.  Giuseppe Bortone, Il "morire giovane" in Leopardi, su moscati.it. 16 febbraio  (archiviato il 29 ottobre ).: "frequenti mi occorrono febbri maligne, catarri e sputi di sangue…" scrive nel testo  Alessandro Livi, giacomo leopardi, le malattie ed i misteri sulla morte e sepoltura, alessandrolivistudiomedico.it, 28 novembre . 1º gennaio  (archiviato il 27 agosto ).  Paolo Signore, Giacomo Leopardi: il genio di Recanati favoloso e malato, su Rotari Club Fermo, 23 dicembre . 1º gennaio  (archiviato l'11 giugno ).  «Di contenti, d'angosce e di desio, / Morte chiamai più volte, e lungamente / Mi sedetti colà su la fontana / Pensoso di cessar dentro quell'acque / La speme e il dolor mio. Poscia, per cieco / Malor, condotto della vita in forse, / Piansi la bella giovanezza, e il fiore / De' miei poveri dì, che sì per tempo / Cadeva: e spesso all'ore tarde, assiso / Sul conscio letto, dolorosamente / Alla fioca lucerna poetando, / Lamentai co' silenzi e con la notte / Il fuggitivo spirto, ed a me stesso / In sul languir cantai funereo canto» (Le ricordanze, vv. 104-118)  Il Giacomo Leopardi torrese, su torreomnia.it. 16 febbraio  (archiviato il 14 luglio ).  Giuseppe Sergi e Giovanni Pascoli furono i primi a ipotizzare la malattia, "diagnosi" ripresa poi da Pietro Citati e altri, e considerata probabile causa della deformità fisica e dei problemi di salute di Leopardi anche da una ricerca scientifica condotta nel 2005 da due medici pediatri recanatesi, Edoardo Bartolotta e Sergio Beccacece.  Es. sindrome della cauda equina  Alcuni propongono altre diagnosi: diabete giovanile con retinopatia e neuropatia, tracoma oculare con sindrome di Scheuermann alla schiena e disturbo bipolare, sindrome di Ehlers-Danlos di tipo cifoscoliotico, rachitismo e neuropatia periferica originate da celiachia o malassorbimento, sifilide congenita con tabe dorsale (Antonio Ranieri, negli anni napoletani, arrivò a pensaresalvo poi smentireaffermando che Leopardi morì vergine (cosa dibattuta), a pag. 99 di Sette anni di sodalizio con Giacomo Leopardi che avesse contratto la sifilide o che l'avesse ereditata dal padre. cfr. R. Di Ferdinando, L'amarezza del lauro. Storia clinica di Giacomo Leopardi, Cappelli, Bologna, 1987, pag. 34).  Con un'analisi postuma molto contestata poiché basata sulle teorie pseudoscientifiche dell'antropologia criminale e della frenologia, Cesare Lombroso e i suoi allievi Patrizi e Giuseppe Sergi affermarono che Leopardi aveva l'epilessia, e avesse disturbi ereditari come tutta la sua famiglia. Cfr.: M_L_Patrizi.  Prof. M. L. Patrizi, Saggio psico-antropologico su Giacomo Leopardi e la sua famiglia, Torino, Fratelli Bocca Editori, 1896. 3 maggio .  M_L_Patrizi.  Citati27.  G. Chiarini, Vita di G. Leopardi453.  E. Galavotti, Letterati italiani122.  Lettera di Paolina Leopardi a G.P. Vieusseux, 25 settembre 1829  G. Leopardi, Lettera ad Adelaide Maestri, 29 luglio 1828; Lettera ad Antonietta Tommasini, 5 agosto 1828  Citati45-50.  Citati60-63.  G. Leopardi, Zibaldone, autografo,  165-185.  Citati63 e segg.  Scritti vari inediti di Giacomo Leopardi dalle carte napoletane, cit., pag. 17 Archiviato il 22 febbraio  in ..  Citati121-142.  Un'analisi critica del Discorso, insieme a un saggio sui Paralipomeni alla Batracomiomachia si trova in: Riccardo Bonavita, Leopardi : Descrizione di una battaglia, Nino Aragno Ed., Torino,   Citati142 e segg.  Aldo Giudice, Giovanni Bruni, Problemi e scrittori della letteratura italiana,  3, tomo 1, Paravia, 1978, pag. 341.  Cfr. pag. 118 del ms. dello Zibaldone, con pensiero del 2 luglio 1820: "[...] nel 1819 dove privato dell'uso della vista, e della continua distrazione della lettura, cominciai a sentire la mia  infelicità in un modo assai più tenebroso [...]".  Citati82 e segg.  Citati85-95.; 171-210.  Cecchi, Sapegno803.  «Lasciando da parte lo spirito e la letteratura, di cui vi parlerò altra volta (avendo già conosciuto non pochi letterati di Roma), mi ristringerò solamente alle donne, e alla fortuna che voi forse credete che sia facile di far con esse nelle città grandi. V'assicuro che è propriamente tutto il contrario. Al passeggio, in Chiesa, andando per le strade, non trovate una befana che vi guardi. (...) Trattando, è così difficile il fermare una donna in Roma come a Recanati, anzi molto più, a cagione dell'eccessiva frivolezza e dissipatezza di queste bestie femminine, che oltre di ciò non ispirano un interesse al mondo, sono piene d'ipocrisia, non amano altro che il girare e divertirsi non si sa come, non... (omissis) (credetemi) se non con quelle infinite difficoltà che si provano negli altri paesi. Il tutto si riduce alle donne pubbliche, le quali trovo ora che sono molto più circospette d'una volta, e in ogni modo sono così pericolose come sapete.» Il passo omesso dalla pubblicazione dell'epistolario venne censurato alla prima edizione (1937), ed è stato ripristinato solo in edizioni recenti, come quella dei Meridiani del 2006, poiché troppo esplicito ("non la danno"); cfr. Il senso di Leopardi per la donna di città Archiviato il 27 marzo  in .  Pierluigi Panza, La casa di Silvia (amata da Leopardi) restaurata e aperta, in Corriere della Sera, 29 giugno .  Citati214-225.  Citati222-225.  Citati275-280.  L'eliografia, metodo di riproduzione messo a punto da Joseph Nicéphore Niépce nel 1822, fu da questi usato per la prima fotografia nel 1826 (precedente di 13 anni il dagherrotipo).  Citati280-290.  Giuseppe Bonghi, Biografia di Leopardi, su classicitaliani.it. 16 febbraio   (archiviato il 23 luglio ).  La donna nelle parole di Leopardi, su casatea.com. 16 febbraio  (archiviato il 15 maggio ).  Paolo Ruffilli, Introduzione alle Operette morali, Garzanti  Citati226 e segg.  Bortolo Martinelli , Leopardi oggi: incontri per il bicentenario della nascita del poeta: Brescia, Salò, Orzinuovi, 21 aprile-23 maggio 1998, Vita e Pensiero, 2000174  Fotografia della maschera (JPG), Centro Nazionale di Studi Leopardiani Recanati. 1º gennaio  (archiviato il 1º gennaio ).  Donatella Donati, Leopardi a Napoli, Centro nazionale di studi leopardianiCentro mondiale della poesia e della cultura "G.Leopardi"Recanati Città della poesia, 30 maggio . 1º gennaio  (archiviato il 24 dicembre ).  Per lui scrisse, nel 1835, la celebre Palinodia al marchese Gino Capponi  Niccolini era già stato l'ispiratore del personaggio di Lorenzo Alderani delle Ultime lettere di Jacopo Ortis  «Ora bisogna che io scriva a quel maledetto gobbo, che s'è messo in capo di coglionarmi» (Lettera di Gino Capponi a Gian Pietro Vieusseux)  Una stroncatura per il Leopardi Archiviato il 26 febbraio  in .; mentre fu più meditato e indulgente il giudizio dato dal Capponi stesso, in tarda età, sulla poesia e su Leopardi stesso.  Introduzione alla Palinodia Archiviato il 4 novembre  in .  G. Leopardi, Epigramma contro il Tommaseo, su fregnani.it. 19 febbraio  (archiviato il 24 febbraio ).  Giuseppe Bonghi, Analisi di "A Silvia" , su classicitaliani.it. 16 febbraio  (archiviato il 21 ottobre ).  Carlo Leopardi così ricordava, su ilgiardinodigiacomo.wordpress.com. 16 febbraio  (archiviato il 3 marzo ).  Citati298-308.  Cfr. lettera di G. Leopardi (Recanati) a Pietro Colletta (Livorno), 16 gennaio 1829, in cui dichiara di aver percepito venti scudi romani (diciannove fiorentini) al mese.  Lettera a P. Colletta del 2 aprile 1830, come citato in Marco Moneta, L'officina delle aporie: Leopardi e la riflessione sul male negli anni dello Zibaldone, FrancoAngeli, Milano, 2006, pag. 253 Archiviato il 26 ottobre  in ..  Citati310-327; 328-334.  Luperini, Cataldi, Marchiani, La scrittura e l'interpretazione, Palermo, Palumbo, 1997,  4/21152.  Le ricordanze, v. 30.  [gente] che m'odia e fugge, / per invidia non già, che non mi tiene / maggior di sé, ma perché tale estima / ch'io mi tenga in cor mio, in Le ricordanze, vv. 33-36.  Camillo Antona-Traversi, I genitori di Giacomo Leopardi: scaramucce e battaglie, 2 voll., Recanati, A. Simboli, 1887-91:  1, pag. 180 Archiviato il 26 ottobre  in ..  Cecchi, Sapegno845.  Giacomo Leopardi, in Catalogo degli Accademici, Accademia della Crusca.   Citati310-335.  Citati375-390.  Note ad Aspasia, nei Canti, edizione Garzanti  Donne fatali 2: Giacomo Leopardi e Aspasia"Io non ho mai sentito tanto di vivere quanto amando...", su sulromanzo.it. 22 marzo  (archiviato il 22 marzo ).  "Tu vivi / bella non solo ancor, ma bella tanto, / al parer mio, che tutte l'altre avanzi" (Aspasia, vv.73-75)  Aspasia, vv. 89-103  G. Sarra, Dizionario Biografico degli Italiani, riferimenti e link in .  Giovanni Mèstica, Gli amori di G. Leopardi, in Fanfulla della domenica, 4 aprile 1880. (Fonte DBI). Altri ritengono che il canto alluda piuttosto alla sola Fanny Targioni Tozzetti, tra questi, Giovanni Iorio nel commento ai Canti, edizione Signorelli, Roma 1967.  Leopardi: dama invaghita del poeta non fu ricambiata ma evitata, su adnkronos.com. 16 febbraio  (archiviato il 27 aprile ).  M. de Rubris, Confidenze di Massimo d'Azeglio. Dal carteggio con Teresa Targioni Tozzetti, Milano, Arnoldo Mondadori, 1930,  17-18.  Citati390-392.  Paolo Abbate, La vita erotica di Giacomo Leopardi, C.I. Edizioni, Napoli 2000  Giovanni Dall'Orto, Sempre caro mi fu, pubblicato in "Babilonia" n. 141, febbraio 1996,  68-70  Robert Aldrich e Garry Wotherspoon, Who's who in gay and lesbian history,  1, ad vocem  Leopardi gay? Vietato dirlo, su ricerca.repubblica.it. 16 febbraio  (archiviato il 21 febbraio ).  Simone D'Andrea, Normalmente diverso, su books.google.it. 16 febbraio  (archiviato il 22 febbraio ).  Citati390-393.  Citati71.  Giacomo Leopardi. Epistolario, BrioschiLandi, Sansoni 1998,  II, pag. 1968.  Antonio Ranieri, Sette anni di sodalizio con Giacomo Leopardi, Garzanti, Milano 197955.  D'Orta12.  Die Tagebücher des Grafen August von Platen,  2, Stoccarda, Verlag der J. G. Cotta'sche Buchhandlung Nachfolger GmbH, 1900, pag. 964Archiviato il 23 febbraio  in ..  Cfr. anche la lettera di Stanislao Gatteschi a Monaldo Leopard i della primavera del 1833 in Giacomo Leopardi. Epistolario, BrioschiLandi, Sansoni 1998,  II, pag. 2364: "È stravagantissimo nelle abitudini del vivere. Si leva verso le due pomeridiane, mangia ad orari irregolari, va a letto verso il fare del giorno. La sua vita non può esser longeva per i complicati mali onde è gravato." e Antonio Ranieri, Sette anni di sodalizio con Giacomo Leopardi, Garzanti, 1979, pag. 65: "Durante tutta la sua vita, egli fece, appresso a poco, della notte giorno, e viceversa."  Traduzione in Michele Scherillo, Vita di Giacomo Leopardi, Greco Editori, Milano, 1991, pag. 197 Archiviato il 13 maggio  in .,  88-85387-64-0.  Epistolario, lettera del 22 dicembre 1836  Citati395-405.  Leopardi e le donne una storia tormentata, su ricerca.repubblica.it. 16 febbraio  (archiviato il 21 febbraio ).  Maria Teresa Moro, Ranieri Paola (Paolina), su treccani.it. 2 aprile  (archiviato il 17 settembre ).  D'Orta25.  Leopardi. Il poeta della sofferenza, su archiviostorico.corriere.it. 21 novembre  (archiviato dall'url originale in data pre 1/1/).  Citati395 e segg.  Citati398.  Citati399-400.  Citati413-414.  Teorie alternative sulla morte del conte Giacomo Leopardi sono state trattate e documentate negli studi condotti dal Prof. Gennaro Cesaro (cfr. Sfrondando gli allori della poesia dell'800 e del 900)  Lettera di Antonio Ranieri a Fanny Targioni-Tozzetti, Napoli, 1º luglio 1837 Archiviato il 30 gennaio  in .. Confronta anche Pietro Citati, Leopardi, Mondadori, , Milano, pag. 412-13 Archiviato il 12 maggio  in .,  978-88-04-60325-2.  Citati410-414.  Secondo originale dell'atto di morte di Giacomo Leopardi, su dl.antenati.san.beniculturali.it.  Il Progresso delle Scienze, delle Lettere e delle Arti,  XVII, anno VI (1837), n. 33, maggio, Napoli dalla Tipografia Plautina, pagg. 166 sgg. Archiviato il 19 maggio  in .; cfr. anche Notizia della morte del Conte Giacomo Leopardi Angelo Fregnani Archiviato il 30 ottobre  in ..  Ad esempio cibo avariato, congestione, coma diabetico o indigestione  Cenni storiciFu un'indigestione a causare la morte di Leopardi?, su spaghettitaliani.com. 16 febbraio  17 ottobre ).  Napoli e Leopardi, su ildelsud.org. 16 febbraio  (archiviato il 10 febbraio ).  Ecco i confetti che uccisero Leopardi. Al Suor Orsola la collezione Ruggiero, su corrieredelmezzogiorno.corriere.it. 16 febbraio  (archiviato il 21 febbraio ).  in Lettera di Antonio Ranieri a Fanny Targioni-Tozzetti, Napoli, 1 luglio 1837 Archiviato il 30 gennaio  in .; idem in Lettera di A. R. a Monaldo Leopardi, Napoli, 26 giugno 1837 in Opere inedite di Giacomo Leopardi, G. Cugnoni,  I, Halle, Max Niemeyer Editore, 1878, pag. CXVIII sgg. Archiviato il 20 maggio  in . e Nuovi documenti intorno alla vita e agli scritti di Giacomo Leopardi, G. Piergili, Firenze, Le Monnier, 1892³, pagg. 241 sgg. Archiviato il 10 ottobre  in .; "Idrotorace" in Lettera di A. R. a De Sinner, Napoli, 28 giugno 1837 in ibidem, pagg. 267 sgg. Archiviato il 10 ottobre  in .; "idropisia di petto" dice Paolina Leopardi in una lettera a Marianna Brighenti  Biografia sulla Treccani, su treccani.it. 16 febbraio  (archiviato il 2 febbraio ).  Ware LB, Matthay MA. Acute pulmonary edema. N Engl J Med 2005;353:2788-96. PMID 16382065.  Giovanni Bonsignore, Bellia Vincenzo, Malattie dell'apparato respiratorio terza edizione, Milano, McGraw-Hill, 2006, pag. 487.  Mario Picchi, Storie di casa Leopardi, BUR, 1990,  319-323.  Dalla foto pubblicata qui, su rete.comuni-italiani.it. 16 febbraio  (archiviato il 22 febbraio ). Cfr. anche Effemeridi scientifiche e letterarie per la Sicilia, tomo XXX, anno IX (1840), n° 82 (luglio-agosto-settembre), Luglio 1840, Palermo, dalla tipografia di Filippo Solli, 1840, pag. 63 Archiviato il 13 maggio  in . e Opere di Pietro Giordani,  XIII, Scritti editi e postumi di Pietro Giordani,  VI, pubblicati da Antonio Gussalli, Milano presso Francesco Sanvito, 1858, pag. 248 Archiviato il 12 maggio  in .. Riproduzione, che presenta lieve variazione di testo, sotto forma di disegno in Opere di Giacomo Leopardi, edizione accresciuta, ordinata e corretta secondo l'ultimo intendimento dell'autore, da Antonio Ranieri,  2, Firenze, Successori Le Monnier, 1889, fuori testo Archiviato il 10 ottobre  in ..  Pasquale Stanzione, Giacomo LeopardiUna tomba vuota a Fuorigrotta, pag. 60, su pasqualestanzione.it. 7 maggio  (archiviato il 24 settembre ). Foto del Registro (JPG), su pasqualestanzione.it. 7 maggio  (archiviato il 13 maggio ). Ingrandimento (JPG), su pasqualestanzione.it. URL cons ultato il 7 maggio  (archiviato il 13 maggio ).  Nuove scoperte su Leopardi? Occorre cautela Archiviato il il 5 febbraio  in . da Cronache maceratesi  Luciano Garofano, Giorgio Gruppioni, Silvano VincetiDelitti e misteri del passato: Sei casi da RIS dall'agguato a Giulio Cesare all'omicidio di Pier Paolo Pasolini, Rizzoli, pag. 179.  PIERFRANCESCO LEOPARDI: SONO DISPONIBILE ALLA PROVA DEL DNA, MA I RECANATESI SONO D’ACCORDO?  Loretta Marcon, Un giallo a Napoli. La seconda morte di Giacomo Leopardi, Guida, ,  978-88-6666-142-9.  Ida Palisi, Leopardi, strane ipotesi su morte e sepoltura, “Il Mattino di Napoli”, 19.8.; recensione a: Loretta Marcon, Un giallo a Napoli. La seconda morte di Giacomo Leopardi, Guida,   Mario Picchi, Storie di casa Leopardi, cit.,  14 e seguenti, dove si riporta anche il verbale ufficiale delle persone presenti.  E' vuota la tomba di Leopardi. Guerra sulla riesumazione dei resti, su ricerca.repubblica.it. 16 febbraio  (archiviato il 21 ottobre ).  La Vita 1836-37 Archiviato il 9 giugno  in ., Leopardi.it, sito gestito dal CNSL  Si torna a parlare dei resti di Leopardi, nato comitato per l'esumazione dal sacello del parco Virgiliano di Napoli, su ilcittadinodirecanati.it. 4 febbraio  (archiviato il 5 febbraio ).  Il ritratto della pinacoteca di Recanati, su cdn.studenti.stbm.it. 27 aprile  (archiviato il 29 aprile ).  In Opera Omnia,  IV,  407-408, Milano, Mondadori, 1959.  Cfr. in proposito anche gli studi che il filosofo Giovanni Gentile ha dedicato a Leopardi, in particolare: Manzoni e Leopardi: saggi critici (Milano, Treves, 1928,  31-217); Poesia e filosofia di Giacomo Leopardi (Firenze, Sansoni, 1939).  Paolo Emilio Castagnola, Osservazioni intorno ai Pensieri di Giacomo Leopardi, pag. 26, Tipografia del Mediatore, 1863.  Gino Tellini, Filologia e storiografia. 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Tra virgolette le parole di Leopardi, tratte da sue lettere.  Marta Sambugar, Gabriella Sarà, Visibile parlare, da Leopardi a Ungaretti, Milano, RCS Libri, 7,  978-88-221-7256-3.  Marta Sambugar, Gabriella Sarà, Visibile parlare, da Leopardi a Ungaretti, Milano, RCS Libri, 9,  978-88-221-7256-3.  Operette morali, su internetculturale.it. 19 ottobre  14 giugno ).  Marta Sambugar, Gabriella Sarà, Visibile parlare, da Leopardi a Ungaretti, Milano, RCS Libri, 10,  978-88-221-7256-3.  Fabio Marri, Neologismi Archiviato il 9 settembre  in ., Enciclopedia dell'Italiano (), Istituto dell'Enciclopedia italiana.  Catalogo della mostra "Viaggi e transiti opere leopardiane di Valeriano Trubbiani" realizzata in occasione dell'inaugurazione del Centro culturale "Pergoli" di Falconara Marittima dal 20 dicembre 2004, Comune di Falconara Marittima, Aniballi Grafiche, Ancona, 2005  Vedi la scheda dedicata al CARTCentro permanente per la Documentazione dell'Arte Contemporanea di Falconara Marittima nel sito "La memoria dei luoghi" del Sistema Museale della Provincia di Ancona: CARTCentro permanente per la documentazione dell'Arte contemporanea, su Associazione "Sistema Museale della Provincia di Ancona". 26 aprile  (archiviato il 7 settembre ).  "Le Marche di Leopardi", breve documentario diretto da Alessandro Scilitani, patrocinato dalla Regione Marche: youtube.com/watch?v=Km1EK0MH6Sg  ascolta la canzone nel sito della Fondazione Giorgio Gaber://giorgiogaber.it/discografia-album/benvenuto-il-luogo-dove-testo Archiviato il 6 settembre  in .  vedi il testo dell'Operetta morale in Wikisource: it.wikisource.org/wiki/Operette_morali/Dialogo_di_un_venditore_d%27almanacchi_e_di_un_passeggere Archiviato il 15 settembre  in .  Il cortometraggio di Ermanno Olmi Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggiere: youtube.com/watch?v=hiJOBKJZNaU  Il cortometraggio di Ermanno Olmi Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggiere è inoltre visibile all'interno del programma "Leopardi, il rivoluzionario" di Giancarlo Mancini, puntata della rubrica televisiva di Rai Storia "Il tempo e la storia" con Massimo Bernardini e lo storico Lucio Villari://raistoria.rai.it/articoli/leopardi-il-rivoluzionario/25794/default.aspx Archiviato il 7 settembre  in .  "Leopardi, il rivoluzionario" di Giancarlo Mancini, puntata della rubrica "Il tempo e la storia" con Massimo Bernardini e lo storico Lucio Villari://raistoria.rai.it/articoli/leopardi-il-rivoluzionario/25794/default.aspx Archiviato il 7 settembre  in .  Rai Storia, "Giacomo Leopardi e l`importanza di Recanati"://raiscuola.rai.it/articoli/giacomo-leopardi-parte-prima/3205/default.aspx Archiviato l'8 settembre  in .  Nel sito web de "La Stampa", Francesco Guzzini del Centro Studi Leopardiani mostra l'itinerario che il Poeta compiva per recarsi dalla propria abitazione al punto di osservazione del paesaggio che gli ispirò L'infinito://lastampa.it//07/16/multimedia/societa/viaggi/ecco-il-vero-colle-dellinfinito-descritto-da-giacomo-leopardi-fncjkba7fEJyVoUSrazy1H/pagina.html Archiviato l'8 settembre  in .  Lo spot turistico sulle Marche con Dustin Hoffman con la regia di Giampiero Solari: youtube.com/watch?v=gEndornqlHo Archiviato il 22 agosto  in .  "A casa di Giacomo Leopardi", intervista di Pippo Baudo alla contessa Olimpia Leopardi all'interno del Palazzo Leopardi di Recanati: youtube.com/watch?v=oNlkBu0E  "Un Leopardi inedito" raccontato da Novella Bellucci e Franco D'Intino nella puntata di "Visionari" del 15 giugno , programma televisivo condotto da Corrado Augias su Rai 3: youtube.com/watch?v=KwFnKv0TBaI  Intervista allo scrittore Alessandro D'Avenia sul suo libro e spettacolo teatrale “L'arte di essere fragilicome Leopardi può salvarti la vita” nel sito di RepubblicaTv (): youtube.com/watch?v=oXGh3g6lQsM  Vittorio Gassman interpreta L'infinito, su youtube.com. 15 settembre  (archiviato il 23 maggio ).  Vittorio Gassman interpreta A Silvia: youtube.com/watch?v=7hEbvxBi2ZQ Archiviato il 29 marzo  in .  Vittorio Gassman interpreta La sera del dì di festa: youtube.com/watch?v=TPpCs6tws_U  Vittorio Gassman interpreta Amore e Morte: youtube.com/watch?v=o22AJ5PPdGI  Vittorio Gassman interpreta La quiete dopo la tempesta: youtube.com/watch?v=-8jasZDrV2U Archiviato il 23 ottobre  in .  Vittorio Gassman interpreta A se stesso: youtube.com/watch?v=F0lhF2s_5s4  Carmelo Bene interpreta L'infinito: youtube.com/watch?v=UhsHYRORcyE Archiviato il 3 ottobre  in .  Carmelo Bene interpreta Passero solitario: youtube.com/watch?v=IZzQbnzpaok  Carmelo Bene interpreta La ginestra (o Il fiore del deserto): youtube.com/watch?v=ZqzVXF3Fx4Y  Carmelo Bene interpreta Alla luna: youtube.com/watch?v=v9IriaUNWQk  Carmelo Bene interpreta La sera del dì di festa: youtube.com/watch?v=qydGUiV1wwI  Carmelo Bene interpreta Il sabato del villaggio: youtube.com/watch?v=vI9PJfCtWw4  Carmelo Bene interpreta Le ricordanze: youtube.com/watch?v=jyB0eM9AOoM  Carmelo Bene interpreta Canto notturno di un pastore errante dell'Asia: youtube.com/watch?v=y7PaXzp2Zh8 Archiviato il 26 aprile  in .  Carmelo Bene interpreta Inno ad Arimane: youtube.com/watch?v=f2-QAubKbLE  vedi su Inno ad Arimane: it.wikiversity.org/wiki/Canti_(superiori)#Le_posizioni_contro_l.27ottimismo_progressista Archiviato il 15 settembre  in .  leggi il testo di Inno ad Arimane in Wikisource: it.wikisource.org/wiki/Puerili_(Leopardi)/Ad_Arimane Archiviato il 15 settembre  in .  Carmelo Bene interpreta Amore e Morte: youtube.com/watch?v=epYU4-n2jGw  Arnoldo Foà interpreta L'infinito: youtube.com/watch?v=19VuLCmHocI Archiviato il 23 febbraio  in .  Arnoldo Foà interpreta Passero solitario: youtube.com/watch?v=nOr3Qbceuhg  Arnoldo Foà interpreta A Silvia: youtube.com/watch?v=5qODyZtfvZA Archiviato il 29 febbraio  in .  Arnoldo Foà interpreta Il sabato del villaggio: youtube.com/watch?v=kmk_gd-48XE  Arnoldo Foà interpreta La sera del dì di festa: youtube.com/watch?v=aWOJfMZeCVo  Arnoldo Foà interpreta Canto notturno di un pastore errante dell'Asia: youtube.com/watch?v=9TyHwWkFt70 Archiviato il 14 giugno  in .  Arnoldo Foà interpreta Le ricordanze: youtube.com/watch?v=hL855FC_juA Archiviato l'11 marzo  in .  Arnoldo Foà interpreta La ginestra (o Il fiore del deserto): youtube.com/watch?v=zBnDqu8X5fk  Arnoldo Foà interpreta Il tramonto della luna: youtube.com/watch?v=Au4hXAoKqlw  Arnoldo Foà interpreta All'Italia: youtube.com/watch?v=iNHqhHiIqok  Arnoldo Foà interpreta Alla luna: youtube.com/watch?v=oxzCzwR05WE  Giorgio Albertazzi interpreta L'infinito: youtube.com/watch?v=BLmhOx6IuCw Archiviato il 1º giugno  in .  Nando Gazzolo interpreta L'infinito: youtube.com/watch?v=Te8tyDDsh2A  Gabriele Lavia interpreta L'infinito: youtube.com/watch?v=oSV7eBa-_Ao  Gabriele Lavia discetta sull'opera di Leopardi, prima della "dizione" delle opere di Leopardi: youtube.com/watch?v=g6BDT7K-jCU  Alberto Lupo interpreta Ultimo canto di Saffo: youtube.com/watch?v=o1Q_AcJ1TtA  Elio Germano, nel film Il giovane favoloso di Mario Martone, interpreta L'infinito: youtube.com/watch?v=jIvzQvi75rQ  Elio Germano, nel film Il giovane favoloso di Mario Martone, interpreta La ginestra (o Il fiore del deserto): youtube.com/watch?v=U5e___IGHm4  Elio Germano, nel film Il giovane favoloso di Mario Martone, interpreta la prima parte de La sera del dì di festa: youtube.com/watch?v=NgI8uekF6H4  Elio Germano, nel film Il giovane favoloso di Mario Martone, interpreta un brano di Amore e Morte: youtube.com/watch?v=VD_6V0YXc8I  Elio Germano, nel film Il giovane favoloso di Mario Martone, interpreta l'ultima parte di Aspasia: youtube.com/watch?v=gcoJ3eQ_pr4  Dustin Hoffman legge «L’infinito», su corriere.it, 16 novembre 2009. 6 settembre  (archiviato il 31 marzo ). //turismo.marche.it/Portals/1/Leopardi/Leopardi%20nel%20mondo.pdf  Il backstage dello spot promozionale della Regione Marche con Dustin Hoffman ed il regista Giampiero Solari: youtube.com/watch?v=zi-UJTIBatM  La stroncatura di Mina allo spot della Regione Marche: youtube.com/watch?v=cQVEevM76uo  riportato in: "Il cittadino di Recanati", Anche Mina nella sua rubrica su "La Stampa" affonda lo spot con L'infinito, su ilcittadinodirecanati.it, 3 gennaio . 6 settembre  (archiviato il 6 dicembre ).  "Il Resto del Carlino" Ancona, "Leopardi bisogna meritarselo" Mina critica lo spot della Regione, su ilrestodelcarlino.it, 4 gennaio . 6 settembre  (archiviato il 6 settembre ).  "Il Resto del Carlino" Ancona, Spot di Hoffman, su YouTube 21 mila visualizzazioni, su ilrestodelcarlino.it, 4 gennaio . 6 settembre  (archiviato il 6 settembre ).  Dustin Hoffman ancora sponsor delle Marche. Ma sembra lo spot di se stesso, su blitzquotidiano.it. 6 settembre  (archiviato il 6 settembre ).  vedi la serie di spot "Le Marche non ti abbandonano mai" interpretati dall'attore marchigiano Neri Marcorè, con la regia di Rovero Impiglia e Giacomo Cagnelli: youtube.com/watch?v=5-3qALICR5s Archiviato il 2 luglio  in .  Marco Minnucci, La regione Marche rispedisce Dustin Hoffman in America e pone fine allo stupro di Leopardi, su qelsi.it, 8 novembre . 6 settembre  6 settembre ). Magnifying glass icon mgx2.svg  su Giacomo Leopardi. Edizioni delle opere Giacomo Leopardi, [Opere. Poesia], Bari, G. Laterza, 1921. 7 marzo . Epistolario Epistolario di Giacomo Leopardi, Francesco Moroncini, Firenze: Le Monnier, 1934 (7 volumi) Lettere, Sergio Solmi e Raffaella Solmi, Milano-Napoli: Ricciardi, 1966; poi Torino: Einaudi «Classici Ricciardi» 51, 1977 (2 volumi) (scelta) Il Monarca delle Indie. Corrispondenza tra Giacomo e Monaldo Leopardi, Graziella Pulce, introduzione di Giorgio Manganelli, Milano: Adelphi «Biblioteca» 191, 1988 Franco Brioschi e Patrizia Landi, Torino: Bollati Boringhieri, 1998 Rolando Damiani, Milano: Arnoldo Mondadori Editore «I Meridiani», 2008 Zibaldone Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura, Giosuè Carducci e altri, Firenze: Le Monnier, 1898-1900 (7 volumi) Pensieri di varia filosofia, Ferdinando Santoro, Lanciano: Carabba, 1915 Attraverso lo Zibaldone, Valentino Piccoli, Torino: Utet, 1920-21 (2 volumi) scelto e annotato con introduzione e indice analitico Giuseppe De Robertis, Firenze: Le Monnier, 1921 (2 volumi) Il testamento letterario, pensieri scelti, annotati e ordinati in sei capitoli da «La Ronda», Roma: La Ronda, 1921 con prefazione e note di Flavio Colutta, Milano: Sonzogno, 1937 (scelta) in Opere, volume III: Zibaldone scelto, Giuseppe De Robertis, Milano: Rizzoli, 1937 Francesco Flora, Milano: Mondadori, 1945 in Antologia leopardiana: Canti, Operette morali, Pensieri, Zibaldone ed Epistolario, Giuseppe Morpurgo, Torino: Lattes, 1954 in Opere, Sergio Solmi e Raffaella Solmi, Milano-Napoli: Ricciardi, 1966 (2 volumi), poi parzialmente Torino: Einaudi, «Classici di Ricciardi», 1977 in Tutte le opere, introduzione e cura di Walter Binni, con la collaborazione di Enrico Ghidetti, Firenze: Sansoni, 1969 (2 volumi) scelta Anna Maria Moroni, saggi introduttivi di Sergio Solmi e Giuseppe De Robertis, Milano: Mondadori «Oscar» (2 volumi), 1980, 1992, 2001, 2004 (con uno scritto di Giuseppe Ungaretti) e edizione fotografica dell'autografo con gli indici e lo schedario, Emilio Peruzzi, Pisa: Scuola normale superiore, Il testamento letterario, pensieri dello Zibaldone scelti annotati e ordinati da Vincenzo Cardarelli, con una premessa di Piero Buscaroli, Torino: Fogoli, 1985 Pensieri anarchici scelti Francesco Biondolillo, Napoli: Procaccini, 1988 edizione critica e annotata Giuseppe Pacella, Milano: Garzanti «I Libri della Spiga», 1991 edizione commentata e revisione del testo critico Rolando Damiani, Milano: Mondadori, «I Meridiani», 1997 e 2003 Teoria del piacere, scelta di pensieri con note, introduzione e postfazione di Vincenzo Gueglio, Milano: Greco e Greco, 1998 edizione tematica stabilita sugli indici leopardiani, Fabiana Cacciapuoti, prefazione di Antonio Prete, Roma: Donzelli Editore, 1997-2003 (6 volumi) Lucio Felici, premessa di Emanuele Trevi, indici filologici di Marco Dondero, indice tematico e analitico di Marco Dondero e Wanda Marra, Roma: Newton Compton, «Mammut», 1999 Tutto e nulla, antologia Mario Andrea Rigoni, Milano: Rizzoli «BUR», 1999 edizione critica Fiorenza Ceragioli e Monica Ballerini, Bologna: Zanichelli, 2009 (CD-Rom) Canti con note per cura di Francesco Moroncini, Leopardi, Giacomo, Canti: commentati da lui stesso, Palermo: R. Sandron, 1917 (prima edizione), 1936 (terza edizione notevolmente migliorata e accresciuta). Niccolò Gallo e Cesare Garboli, Torino: Einaudi, 1962, 1993. in Poesie e prose. Poesie, Mario Andrea Rigoni, Milano: Mondadori «I Meridiani», 1987 in Tutte le poesie e tutte le prose, Lucio Felici, Roma: Newton Compton, «Mammut», 1997 Canti e poesie disperse, ed. critica Franco Gavazzeni (con C. AnimosiItalia, M.M. Lombardi, F. Lucchesini, R. Pestarino, S. Rosini), Firenze: Accademia della Crusca, Giacomo Leopardi, Canti, Bari, G. Laterza e Figli, Operette Morali Leopardi, Giacomo, Operette morali; edizione critica di Francesco Moroncini, Bologna: Cappelli, 1929 introduzione cura di Antonio Prete, Milano: Feltrinelli «Universale economica classici», 1976, 1992, 1999 Milano: Mursia, 1982 in Poesie e prose. Prose, Rolando Damiani, Milano: Mondadori «Meridiani», 1988 in Tutte le poesie e tutte le prose, Emanuele Trevi, Roma: Newton Compton, «Mammut», 1997; poi da sole nella collana «GTE», 2007 Giacomo Leopardi, Operette morali, Bari, Laterza, 1928. 7 marzo . Pensieri Giacomo Leopardi, Pensieri, Bari, G. Laterza e Figli Edit. Tip., introduzione cura di Antonio Prete, Milano: Feltrinelli «UEF classici», 1994 Crestomazia italiana Giulio Bollati e Giuseppe Savoca, Torino: Einaudi, «Nuova Universale Einaudi», 1968 (2 volumi) Memorie del primo amore Cesare Galimberti, Milano: Adelphi, Epistolario di Giacomo Leopardi Leopardi (famiglia) Opere di Giacomo Leopardi Pensiero e poetica di Giacomo Leopardi Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Giacomo Leopardi Collabora a Wikiquote Citazionio su Giacomo Leopardi Collabora a Wikibooks Wikibooks contiene testi o manuali su Giacomo Leopardi Collabora a Wikiversità Wikiversità contiene risorse su Giacomo Leopardi Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Giacomo Leopardi  Sito ufficiale, su leopardi.it.  Giacomo Leopardi, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Giacomo Leopardi, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Giacomo Leopardi, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Giacomo Leopardi, su The Encyclopedia of Science Fiction.  Giacomo Leopardi, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Giacomo Leopardi, su accademicidellacrusca.org, Accademia della Crusca.  Giacomo Leopardi, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana.  Opere di Giacomo Leopardi, su Liber Liber.  Opere di Giacomo Leopardi, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Giacomo Leopardi / Giacomo Leopardi (altra versione), . Opere di Giacomo Leopardi, su Progetto Gutenberg. Audiolibri di Giacomo Leopardi, su LibriVox. Giacomo Leopardi, su Goodreads.   italiana di Giacomo Leopardi, su Catalogo Vegetti della letteratura fantastica, Fantascienza.com. Spartiti o libretti di Giacomo Leopardi, su International Music Score Library Project, Project Petrucci LLC.  Centro nazionale di studi leopardianiRecanati, su centrostudileopardiani.it. Opere di Giacomo Leopardi disponibili su Classici Italiani  e opere complete di Giacomo Leopardi, interbooks.eu Lo Zibaldone , su rodoni.ch. I canti di Giacomo Leopardi dai manoscritti autografi della Biblioteca Nazionale di Napoli, su bnnonline.it. Il Pessimismo in Leopardi e Schopenhauer [collegamento interrotto], su gheminga.it. Opere[collegamento interrotto] integrali in più volumi dalla collana digitalizzata "Scrittori d'Italia" Laterza Opere di Giacomo Leopardi, testi con concordanze, lista delle parole e lista di frequenza Leopardi: Dialogo di un Fisico e di un Metafisico. Arte di prolungare la vita o arte della felicità?, su giornaledifilosofia.net. Concordanze delle Lettere [collegamento interrotto], su classicistranieri.com. Autobiografia (Monaldo Leopardi)/Capitolo LXVIII Monaldo Leopardi, la satira a servizio della fede, su totustuus.biz. Nietzsche e Leopardi a confronto , su agenziaimpronta.net. 21 ottobre  23 luglio ). Leopardi ottimista: un mito del Novecento, su cle.ens-lyon.fr 10 gennaio ). Cesare Angelini, "Sereno in Leopardi", su cesareangelini.it. Mario Buonofiglio, "L'inquietudine ritmica dell'in(de)finito", su academia.edu.  Refs.: Luigi Speranza, "Grice e gli usi di Leopardi nella filosofia italiana," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

Leopardi: Monaldo Leopardi, Conte di San Leopardo Stemma TrattamentoEccellenza NascitaPalazzo Leopardi, Recanati, 16 agosto 1776 MorteRecanati, 30 aprile 1847 SepolturaChiesa di Santa Maria in Varano Luogo di sepolturaRecanati DinastiaLeopardi PadreGiacomo MadreVirginia Mosca ConsorteAdelaide Antici FigliGiacomo Paolina Carlo Orazio Pierfrancesco Luigi ReligioneCattolicesimo Il conte Monaldo Leopardi (Recanati) filosofo. Importante esponente del pensiero controrivoluzionario e padre di Leopardi. Leopardi, targa commemorativa apposta sui portici di piazza Leopardi a Recanati Figlio primogenito del conte Giacomo e di Virginia dei marchesi Mosca, nacque in una delle famiglie più preminenti di Recanati. Rimasto a quattro anni orfano del padre, crebbe con la madre (che non volle risposarsi per accudire i quattro figli), gli zii paterni rimasti celibi e i fratelli. Educato in casa dal precettore Giuseppe Torres (1744-1821), padre gesuita fuggito dalla Spagna a seguito della cacciata dell'ordine dal regno, ricevette una formazione improntata agli ideali cristiani, cui rimase fedele per tutto il resto della sua vita. Fu sottoposto alla tutela di un prozio, non potendo amministrare direttamente il patrimonio familiare per disposizione testamentaria. Ottenne tuttavia da papa Pio VI la deroga alla disposizione paterna e, all'età di 18 anni, assunse l'amministrazione della propria eredità (1794).  Dopo un primo progetto di nozze andato a monte, sposò nel 1797 la marchesa Adelaide Antici (1778-1857), sua lontana parente. Il matrimonio fu un matrimonio d'amore strenuamente osteggiato dalla famiglia di Monaldo, in base ad antiche dispute tra casati e per questioni economiche (mancanza di una dote adeguata), che per manifestare la propria contrarietà non partecipò al matrimonio, che venne infatti celebrato nella sala detta "galleria" di palazzo Antici a Recanati. Il patrimonio di famiglia, dalle mani di Monaldo, passò in quelle della moglie, a causa dei debiti del prozio che il conte non riusciva a ripianare. Frutto di questa unione tra opposti caratteri furono numerosi figli: di questi, raggiunsero l'età adulta Giacomo (1798-1837), Carlo (1799-1878), Paolina (1800-1869), Luigi (1804-1828) e Pierfrancesco (1813-1851).  A causa della impossibilità di gestirli (dovuta alla sua indole caritatevole verso i poveri, agli sperperi dei parenti e all'invasione giacobina), l'amministrazione dei beni di famiglia passò nelle mani della consorte, donna energica e severa; Monaldo poté così dedicarsi totalmente alla sua passione, gli studi e le lettere. Tra i suoi molti meriti vi è aver grandemente contribuito alla formazione del nucleo fondamentale (circa 20.000 volumi) della biblioteca di famiglia dei Leopardi, nella quale il giovane Giacomo passò i suoi anni di "studio matto e disperatissimo" (compresi i libri proibiti per i quali il conte ottenne la dispensa della Santa Sede, per metterli a disposizione dei figli) e che Monaldo donò all'intera cittadinanza recanatese a partire dal 1810, come ricorda la lapide apposta nella cosiddetta "prima stanza".  L'impegno civico  Angolo della biblioteca di palazzo Leopardi negli anni Cinquanta, con i ritratti di Monaldo, Adelaide e Giacomo  Il medico e naturalista britannico Edward Jenner La sua opera è rappresentativa del concetto di reazione (per es., la demolizione dell'egualitarismo nel Catechismo sulle rivoluzioni), inoltre gli vanno riconosciuti diversi meriti acquisiti durante lo svolgersi della sua vita politica, indirizzata nei confronti di Recanati, città in cui visse.  Monaldo fu consigliere comunale a diciotto anni, governatore della città nel 1798 e, dal 1800 al 1801, amministratore dell'annona. Fu tra coloro che si mantennero fedeli al papa Pio VI nel periodo dell'occupazione francese. Nel 1797 s'adoperò per mantenere tranquilla la popolazione in tumulto contro le forze dei rivoluzionari francesi e, in accordo con i suoi principî morali e religiosi, rifiutò di assumere incarichi pubblici durante la Repubblica Romana e il primo ed effimero Regno d'Italia (1805-1814).  Dal 1816 al 1819 e dal 1823 al 1826 fu gonfaloniere di Recanati, la massima carica amministrativa, e si occupò della costruzione di strade e di ospedali, dell'illuminazione notturna, del sostegno ai meno abbienti, della riduzione delle tasse, del rilancio degli studi pubblici e delle attività teatrali.  Sebbene fosse preoccupato per le conseguenze della meccanizzazione sull'occupazione, ritenne che le ferrovie e le macchine a vapore fossero tutt'altro che inconciliabili con una società cristiana. Stimolò inoltre il diboscamento del suolo, la messa a coltura dei prati, lo stabilimento di case coloniche e l'applicazione di nuove colture, come il cotone o la patata. Fu anche il primo a introdurre nello Stato Pontificio il vaccino antivaioloso dell'inglese Edward Jenner e lo fece sperimentare sui propri figli; poi, da gonfaloniere, rese obbligatoria la vaccinazione che svolgeva personalmente (in ciò smentendo la raffigurazione caricaturale di "retrogrado" che si attribuì ideologicamente alla sua figura da parte della critica novecentesca). Sostenne anche un progetto per la fondazione di un'università nella sua città natale, che però alla sua morte non ebbe seguito.  Infine, durante la carestia del 1816-1817, fece erogare gratuitamente i medicinali ai più bisognosi e creò occasioni di lavoro, sia maschile, con la costruzione di strade, sia femminile, con la tessitura della canapa. Come scrisse una volta, quelle attività riformatrici non erano in contrasto con le sue idee controrivoluzionarie; infatti dichiarò: «Oggi si pretende di costruire il mondo per una eternità e si soffoca ogni residuo e ogni speranza del bene presente sotto il progetto mostruoso del perfezionamento universale»  Nel 1837 morì il celebre figlio Giacomo: nonostante tra i due i rapporti non fossero distesi, la perdita gli causò grave dolore. Si spense nella città natale il 30 aprile 1847 e fu sepolto nella tomba di famiglia presso la chiesa di Santa Maria in Varano a Recanati.  Opere Dei molti scritti religiosi, storici, letterari, eruditi e filosofici di Monaldo Leopardi, i più famosi sono i Dialoghetti sulle materie correnti nell'anno 1831, usciti nel gennaio 1832 con lo pseudonimo di "1150", MCL in cifre romane, ovvero le iniziali di "Monaldo Conte Leopardi". Ebbero immediatamente un grande successo, ben sei edizioni in cinque mesi, furono tradotti in più lingue e divennero notissimi nelle corti europee. Il figlio Giacomo, da Roma, ne informa il padre in una lettera dell'8 marzo:  «I Dialoghetti, di cui la ringrazio di cuore, continuano qui ad essere ricercatissimi. Io non ne ho più in proprietà se non una copia, la quale però non so quando mi tornerà in mano.»  Per umiltà lasciò i molti guadagni allo stampatore, il Nobili. È probabile che con quest'opera Monaldo volesse contrapporsi alle Operette morali del figlio, che giudicava negativamente e riteneva contrarie alla fede cristiana. In essi, infatti, esprimeva gli ideali della reazione (o anche controrivoluzione). Tra le tesi sostenute, la necessità della restituzione della città di Avignone al papato e del ducato di Parma ai Borbone, la critica a Luigi XVIII di Francia per la concessione della costituzione (che violerebbe il sacro principio dell'autorità dei re che "non viene dai popoli, ma viene addirittura da Dio"), la proposta della suddivisione del territorio francese fra Inghilterra, Spagna, Austria, Russia, Olanda, iera e Piemonte, la difesa della dominazione turca sul popolo greco, in quegli anni impegnato nella lotta per l'indipendenza.  Risalgono sempre al 1832 alcune opere di satira politica: Monaldo era infatti ottimo satirico e disseminava le sue opere di scherzi letterari. Tra esse, il Viaggio di Pulcinella e le Prediche recitate al popolo liberale da don Muso Duro, curato nel paese della Verità e nella contrada della Poca Pazienza (versione digitalizzata). Fu inoltre autore di ricerche erudite, ammonimenti ai fedeli cattolici e articoli su varie riviste, tra cui si segnalano «La Voce della Verità» di Modena e «La Voce della Ragione» di Pesaro, che Leopardi stesso diresse dal 1832 al 1835. La rivista ottenne un buon successo, come dimostrano i 2000 abbonamenti sottoscritti in tutta Italia, tuttavia fu soppressa d'autorità nel 1835.  Rimasero inediti, invece, i suoi Annali recanatesi dalle origini della città all'anno 1800 e la sua Autobiografia, scritta nel 1824 e pubblicata solo postuma nel 1883: in quest'ultima la prosa di Monaldo si arricchisce di leggerezza, ironia e umorismo.  Negli ultimi anni di vita Monaldo visse appartato (non amava allontanarsi da Recanati: la sua più lunga assenza dalla casa paterna consistette in 2 mesi a Roma tra il dicembre 1801 e il gennaio 1802), deluso dalle caute aperture liberali del governo pontificio e degli esordi del regno di papa Pio VII. Dal 1836 al 1838 collaborò al periodico svizzero Il Cattolico, di Lugano, tornando poi, negli ultimi anni, agli studi storici su Recanati, coltivati in gioventù.  Opere digitalizzate Monaldo Leopardi, La Santa Casa di Loreto. Discussioni storiche e critiche, Lugano, presso Francesco Veladini e C., 1841. Monaldo Leopardi, Istoria evangelica scritta in latino con le sole parole dei sacri Evangelisti, spiegata in italiano e dilucidata con annotazioni, Pesaro, pei tipi di A. Nobili, 1832. Monaldo Leopardi, Dialoghetti sulle materie correnti dell'anno 1831, 2ª ed., 1832. Monaldo Leopardi, Prediche recitate al popolo liberale da don Muso Duro, curato nel paese della verità e nella contrada della poca pazienza, s.n., 1832. Rapporto con il figlio  ritratto di Giacomo Leopardi (ca. 1820) Nonostante la vulgata dica il contrario, il rapporto con il figlio illustre appare buono: senz'altro nei primi anni Monaldo dovette essere orgoglioso della precocità del ragazzo, e nelle opere giovanili di Giacomo, ad esempio il Saggio sopra gli errori popolari degli antichi (1815), si avverte ancora l'influenza delle idee del padre. Ben presto, però, i loro spiriti presero strade diametralmente opposte: la crescente autonomia di pensiero di Giacomo preoccupava Monaldo.  La lettura del carteggio fra i due rivela una relazione affettuosa, soprattutto negli ultimi anni. La lettera più sincera scritta da Giacomo al padre è quella che quest'ultimo non lesse mai: si tratta della missiva datata luglio 1819, quando il poeta progettava la fuga, e che non fu mai spedita, perché egli dovette rinunciare ai suoi piani.  «Mio Signor Padre... Per quanto Ella possa aver cattiva opinione di quei pochi talenti che il cielo mi ha conceduti, Ella non potrà negar fede intieramente a quanti uomini stimabili e famosi mi hanno conosciuto, ed hanno portato di me quel giudizio ch'Ella sa, e ch'io non debbo ripetere. [...] Era cosa mirabile come ognuno che avesse avuto anche momentanea cognizione di me, immancabilmente si maravigliasse ch'io vivessi tuttavia in questa città, e com'Ella sola fra tutti, fosse di contraria opinione, e persistesse in quella irremovibilmente. [...] Io so che la felicità dell'uomo consiste nell'esser contento, e però più facilmente potrò esser felice mendicando, che in mezzo a quanti agi corporali possa godere in questo luogo. Odio la vile prudenza che ci agghiaccia e lega e rende incapaci d'ogni grande azione, riducendoci come animali che attendono tranquillamente alla conservazione di questa infelice vita senz'altro pensiero.»  Nel 1825, finalmente, Giacomo lascia Recanati, per farvi ritorno solo saltuariamente. Da lontano, il padre assiste alla crescita della sua fama nel mondo intellettuale italiano, ma non riesce a comprendere la grandezza del figlio: disapprova la pubblicazione delle Operette morali, scrivendogli in una lettera (perduta) le "cose che non andavano bene", suggerimenti che nella risposta Giacomo promette di prendere in considerazione, ma che di fatto non sono mai accolti.  Nel 1832 la pubblicazione dei Dialoghetti di Monaldo è causa di attrito fra padre e figlio. Giacomo Leopardi si trovava a Firenze: nell'ambiente iniziò a circolare la voce che fosse lui l'autore dell'opera, espressione delle tesi reazionarie, cosa che egli fu costretto a smentire seccamente sul giornale Antologia di Giovan Pietro Vieusseux. Si sfogò poi per lettera con l'amico Giuseppe Melchiorri il 15 maggio:  «Non voglio più comparire con questa macchia sul viso. D'aver fatto quell'infame, infamissimo, scelleratissimo libro. Quasi tutti lo credono mio: perché Leopardi n'è l'autore, mio padre è sconosciutissimo, io sono conosciuto, dunque l'autore sono io. Fino il governo m'è divenuto poco amico per causa di quei sozzi, fanatici dialogacci. A Roma io non potevo più nominarmi o essere nominato in nessun luogo, che non sentissi dire: ah, l'autore dei dialoghetti.»  In toni decisamente più miti ne scrive poi a Monaldo il 28:  «Nell'ultimo numero dell'Antologia... nel Diario di Roma, e forse in altri Giornali, Ella vedrà o avrà veduto una mia dichiarazione portante ch'io non sono l'autore dei Dialoghetti. Ella deve sapere che attesa l'identità del nome e della famiglia, e atteso l'esser io conosciuto personalmente da molti, il sapersi che quel libro è di Leopardi l'ha fatto assai generalmente attribuire a me. [...] E dappertutto si parla di questa mia che alcuni chiamano conversione, ed altri apostasia, ec. ec. Io ho esitato 4 mesi, e infine mi son deciso a parlare, per due ragioni. L'una, che mi è parso indegno l'usurpare in certo modo ciò ch'è dovuto ad altri, o massimamente a Lei. Non son io l'uomo che sopporti di farsi bello degli altrui meriti. [...] L'altra, ch'io non voglio né debbo soffrire di passare per convertito, né di essere assomigliato al Monti, ec. ec. Io non sono stato mai né irreligioso, né rivoluzionario di fatto né di massime. Se i miei principii non sono precisamente quelli che si professano ne' Dialoghetti, e ch'io rispetto in Lei, ed in chiunque li professa in buona fede, non sono stati però mai tali, ch'io dovessi né debba né voglia disapprovarli.»  Nelle ultime lettere Giacomo esprime la volontà di rivedere il padre, passando dai toni formali a quelli affettuosi ("carissimo papà" nell'ultima lettera).  Monaldo sopravvisse 10 anni al figlio. L'incompatibilità fra i due rimaneva però ancora evidente nel 1845, otto anni dopo la morte di Giacomo, non accettando lui le idee areligiose del poeta; la sorella di lui, Paolina, scriveva a Marianna Brighenti:  «Di Giacomo poi, della gloria nostra, abbiam dovuto tacere più che mai tutto quello che di lui veniva fatto di sapere, come di quello che non combinava punto col pensiero di papà e colle sue idee. Pertanto, non abbiamo fatto mai parola con lui delle nuove edizioni delle sue opere, e quando le abbiamo comprate le abbiamo tenute nascoste e le teniamo ancora, acciocché per cagion nostra non si rinnovi più acerbo il dolore.»  Su richiesta dell'ultimo amico di Leopardi, Antonio Ranieri, pochi giorni dopo la morte del figlio, Monaldo gli spedì un Memoriale con cenni biografici su Giacomo, con aneddoti e curiosità, in cui si avverte il dolore per la rottura fra i due e l'incapacità del padre di capire la direzione intrapresa dal figlio; il Memoriale si interrompe all'anno 1832: "Tutto ciò che riguarda il tratto successivo è più noto a Lei che a me", scrive infatti. Nonostante ciò, Monaldo piangerà con dolore la perdita di Giacomo, al punto che quando redigerà il proprio testamento nel 1839, alla settima volontà scrisse:  «Voglio che ogni anno in perpetuo si facciano celebrare dieci messe nel giorno anniversario della mia morte, altre dieci il giorno 14 giugno in cui morì il mio diletto figlio Giacomo...»  Note  Dante Manetti, Giacomo Leopardi e la sua famiglia, Bietti, Milano 194081.  La famiglia Leopardi è protagonista del romanzo fantastico di Michele Mari Io venìa pien d'angoscia a rimirarti, del 1998.  Monaldo Leopardi, di Sandro Petrucci  Monaldo In viaggio per Leopardi, 23 novembre   Monaldo Leopardi fu chiamato alla collaborazione a tale rivista dal suo fondatore, il Principe di Canosa Antonio Capece Minutolo.  Giacomo Leopardi, Carissimo Signor Padre. Lettere a Monaldo, Venosa, Osanna ed., Giacomo Leopardi, Il monarca delle Indie. Corrispondenza tra Giacomo e Monaldo Leopardi, Graziella Pulce, introduzione di Giorgio Manganelli, Milano, Adelphi, 1988,  88-459-0273-0 Monaldo Leopardi. La giustizia nei contratti e l'usura. Modena, Soliani, 1834. Monaldo Leopardi, Autobiografia, con un saggio di Giulio Cattaneo, Roma, Dell'Altana ed., Antonio Ranieri, Sette anni di sodalizio con Giacomo Leopardi, Mursia ed.,  (L'ultimo amico del poeta narra di un suo incontro con Monaldo mentre era di passaggio a Recanati, nel 1832). Monaldo Leopardi, Catechismo filosofico e Catechismo sulle rivoluzioni, Fede&Cultura, 2006 Monaldo Leopardi, Dialoghetti sulle materie correnti nell'anno 1831 e Il viaggio di Pulcinella, in , L'Europa giudicata da un reazionario. Un confronto sui Dialoghetti di Monaldo Leopardi, Diabasis, 2004 Nicola Raponi, Due centenari. A proposito dell'autobiografia di Monaldo Leopardi, Quaderni del Bicentenario. Pubblicazione periodica per il bicentenario del trattato di Tolentino,  n. 4, Tolentino, 1999,  31–50. Giuseppe Manitta, Giacomo Leopardi. Percorsi critici e bibliografici (1998-2003), Il Convivio, 2009. Anna Maria Trepaoli, Gubbio, i Leopardi, Recanati: un legame da riscoprire, Perugia, Fabrizio Fabbri editore, Pasquale Tuscano, Monaldo Leopardi. Uomo, politico, scrittore, Lanciano, Casa Editrice Rocco Carabba, , Giacomo Leopardi Leopardi (famiglia) Pierfrancesco Leopardi.  Monaldo Leopardi, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Giovanni Ferretti, Monaldo Leopardi, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Nicola Del Corno, Monaldo Leopardi, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Monaldo Leopardi, su siusa.archivi.beniculturali.it, Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche.  Opere di Monaldo Leopardi, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Monaldo Leopardi, .  Sandro Petrucci, «Monaldo Leopardi» in Dizionario del pensiero forte, IDISIstituto per la Dottrina e l'Informazione Sociale, sito "alleanzacattoliga.org".

 

leucippus: Grecian pre-Socratic philosopher credited with founding atomism, expounded in a work titled The Great World-system. Positing the existence of atoms and the void, he answered Eleatic arguments against change by allowing change of place. The arrangements and rearrangements of groups of atoms could account for macroscopic changes in the world, and indeed for the world itself. Little else is known of Leucippus. It is difficult to distinguish his contributions from those of his prolific follower Democritus.

 

lexical ordering, also called lexicographic ordering, a method, given a finite ordered set of symbols, such as the letters of the alphabet, of ordering all finite sequences of those symbols. All finite sequences of letters, e.g., can be ordered as follows: first list all single letters in alphabetical order; then list all pairs of letters in the order aa, ab, . . . az; ba . . . bz; . . . ; za . . . zz. Here pairs are first grouped and alphabetized according to the first letter of the pair, and then within these groups are alphabetized according to the second letter of the pair. All sequences of three letters, four letters, etc., are then listed in order by an analogous process. In this way every sequence of n letters, for any n, is listed. Lexical ordering differs from alphabetical ordering, although it makes use of it, because all sequences with n letters come before any sequence with n ! 1 letters; thus, zzt will come before aaab. One use of lexical ordering is to show that the set of all finite sequences of symbols, and thus the set of all words, is at most denumerably infinite.

 

Liber vitae -- Arbitriumliber vitae -- book of life, expression found in Hebrew and Christian scriptures signifying a record kept by the Lord of those destined for eternal happiness Exodus 32:32; Psalms 68; Malachi 3:16; Daniel 12:1; Philippians 4:3; Revelation 3:5, 17:8, 20:12, 21:27. Medieval philosophers often referred to the book of life when discussing issues of predestination, divine omniscience, foreknowledge, and free will. Figures like Augustine and Aquinas asked whether it represented God’s unerring foreknowledge or predestination, or whether some names could be added or deleted from it. The term is used by some contemporary philosophers to mean a record of all the events in a person’s life. 

 

Liber, liberum -- liberalismalla Locke“meaning liberalism”“Every man has the liberty to make his words for any idea he pleases.” “every Man has so inviolable a Liberty, to make Words stand for what Ideas he pleases.” Bennett on Locke: An utterer has all the freedom he has to make any of his expressions for any idea he pleases. Constant, BenjaminGrice was a sort of a liberalat least he was familiar with “pinko Oxford” --  in full, Henri-Benjamin Constant de Rebecque, defender of liberalism and passionate analyst of  and European politics. He welcomed the  Revolution but not the Reign of Terror, the violence of which he avoided by accepting a lowly diplomatic post in Braunschweig 1787 94. In 1795 he returned to Paris with Madame de Staël and intervened in parliamentary debates. His pamphlets opposed both extremes, the Jacobin and the Bonapartist. Impressed by Rousseau’s Social Contract, he came to fear that like Napoleon’s dictatorship, the “general will” could threaten civil rights. He had first welcomed Napoleon, but turned against his autocracy. He favored parliamentary democracy, separation of church and state, and a bill of rights. The high point of his political career came with membership in the Tribunat 180002, a consultative chamber appointed by the Senate. His centrist position is evident in the Principes de politique 180610. Had not republican terror been as destructive as the Empire? In chapters 1617, Constant opposes the liberty of the ancients and that of the moderns. He assumes that the Grecian world was given to war, and therefore strengthened “political liberty” that favors the state over the individual the liberty of the ancients. Fundamentally optimistic, he believed that war was a thing of the past, and that the modern world needs to protect “civil liberty,” i.e. the liberty of the individual the liberty of the moderns. The great merit of Constant’s comparison is the analysis of historical forces, the theory that governments must support current needs and do not depend on deterministic factors such as the size of the state, its form of government, geography, climate, and race. Here he contradicts Montesquieu. The opposition between ancient and modern liberty expresses a radical liberalism that did not seem to fit  politics. However, it was the beginning of the liberal tradition, contrasting political liberty in the service of the state with the civil liberty of the citizen cf. Mill’s On Liberty, 1859, and Berlin’s Two Concepts of Liberty, 8. Principes remained in manuscript until 1861; the scholarly editions of Étienne Hofmann 0 are far more recent. Hofmann calls Principes the essential text between Montesquieu and Tocqueville. It was tr. into English as Constant, Political Writings ed. Biancamaria Fontana, 8 and 7. Forced into retirement by Napoleon, Constant wrote his literary masterpieces, Adolphe and the diaries. He completed the Principes, then turned to De la religion 6 vols., which he considered his supreme achievement.  liberalism, a political philosophy first formulated during the Enlightenment in response to the growth of modern nation-states, which centralize governmental functions and claim sole authority to exercise coercive power within their boundaries. One of its central theses has long been that a government’s claim to this authority is justified only if the government can show those who live under it that it secures their liberty. A central thesis of contemporary liberalism is that government must be neutral in debates about the good human life. John Locke, one of the founders of liberalism, tried to show that constitutional monarchy secures liberty by arguing that free and equal persons in a state of nature, concerned to protect their freedom and property, would agree with one another to live under such a regime. Classical liberalism, which attaches great value to economic liberty, traces its ancestry to Locke’s argument that government must safeguard property. Locke’s use of an agreement or social contract laid the basis for the form of liberalism championed by Rousseau and most deeply indebted to Kant. According to Kant, the sort of liberty that should be most highly valued is autonomy. Agents enjoy autonomy, Kant said, when they live according to laws they would give to themselves. Rawls’s A Theory of Justice (1971) set the main themes of the chapter of liberal thought now being written. Rawls asked what principles of justice citizens would agree to in a contract situation he called “the original position.” He argued that they would agree to principles guaranteeing adequate basic liberties and fair equality of opportunity, and requiring that economic inequalities benefit the least advantaged. A government that respects these principles secures the autonomy of its citizens by operating in accord with principles citizens would give themselves in the original position. Because of the conditions of the original position, citizens would not choose principles based on a controversial conception of the good life. Neutrality among such conceptions is therefore built into the foundations of Rawls’s theory. Some critics argue that liberalism’s emphasis on autonomy and neutrality leaves it unable to account for the values of tradition, community, or political participation, and unable to limit individual liberty when limits are needed. Others argue that autonomy is not the notion of freedom needed to explain why common forms of oppression like sexism are wrong. Still others argue that liberalism’s focus on Western democracies leaves it unable to address the most pressing problems of contemporary politics. Recent work in liberal theory has therefore asked whether liberalism can accommodate the political demands of religious and ethnic communities, ground an adequate conception of democracy, capture feminist critiques of extant power structures, or guide nation-building in the face of secessionist, nationalist, and fundamentalist claims. Refs.: H. P. Grice, “Impenetrability: Humpty-Dumpty’s meaning-liberalism,” H. P. Grice, “Davidson and Humpty Dumpty’s glory.”  Arbiter, arbiter liberum -- liberum arbitrium, Latin expression meaning ‘free judgment’, often used to refer to medieval doctrines of free choice or free will. It appears in the title of Augustine’s seminal work De libero arbitrio voluntatis (usually translated ‘On the Free Choice of the Will’) and in many other medieval writings (e.g., Aquinas, in Summa theologiae I, asks “whether man has free choice [liberum arbitrium]”). For medieval thinkers, a judgment (arbitrium) “of the will” was a conclusion of practical reasoning“I will do this” (hence, a choice or decision)in contrast to a judgment “of the intellect” (“This is the case”), which concludes theoretical reasoning.

 

Limitatumde-limitatum -- delimitatum: limiting case, an individual or subclass of a given background class that is maximally remote from “typical” or “paradigm” members of the class with respect to some ordering that is not always explicitly mentioned. The number zero is a limiting case of cardinal number. A triangle is a limiting case of polygon. A square is a limiting case of rectangle when rectangles are ordered by the ratio of length to width. Certainty is a limiting case of belief when beliefs are ordered according to “strength of subjective conviction.” Knowledge is a limiting case of belief when beliefs are ordered according “adequacy of objective grounds.” A limiting case is necessarily a case (member) of the background class; in contrast a li-ch’i limiting case 504 4065h-l.qxd 08/02/1999 7:40 AM Page 504 borderline case need not be a case and a degenerate case may clearly fail to be a case at all.

 

Lingua – Grice: “One good thing that unites Englishmen and Italianmen is that ‘lingua’ and ‘tongue’ are cognate!” Grice: “The Romans thought that ‘lingua’ was cognate with ‘lingare,’ to lick, but it ain’t. – unless it is, but only because of a later confusion. linguaggioglossatongue -- linguistic botany: Ryle preferred to call himself a ‘geographer,’ or cartographercf. Grice on conceptual latitude and conceptual longitude. But then there are plants. Pretentious Austin, mocking continental philosophy called this ‘linguistic phenomenology,’ meaning literally, the ‘language phenomena’ out there. Feeling Byzanthine. Possibly the only occasion when Grice engaged in systematic botany. Like Hare, he would just rather ramble around. It was said of Hare that he was ‘of a different world.’ In the West Country, he would go with his mother to identify wild flowers, and they identied “more than a hundred.” Austin is not clear about ‘botanising.’ Grice helps. Grice was a meta-linguistic botanist. His point was to criticise ordinary-language philosophers criticising philosophers. Say: Plato and Ayer say that episteme is a kind of doxa. The contemporary, if dated, ordinary-language philosopher detects a nuance, and embarks risking collision with the conversational facts or data: rushes ahead to exploit the nuance without clarifying it, with wrong dicta like: What I known to be the case I dont believe to be the case. Surely, a cancellable implicaturum generated by the rational principle of conversational helpfulness is all there is to the nuance. Grice knew that unlike the ordinary-language philosopher, he was not providing a taxonomy or description, but a theoretical explanation. To not all philosophers analysis fits them to a T. It did to Grice. It did not even fit Strawson. Grice had a natural talent for analysis. He could not see philosophy as other than conceptual analysis. “No more, no less.” Obviously, there is an evaluative side to the claim that the province of philosophy is to be identified with conceptual analysis. Listen to a theoretical physicist, and hell keep talking about concepts, and even analysing them! The man in the street may not! So Grice finds himself fighting with at least three enemies: the man in the street (and trying to reconcile with him:  What I do is to help you), the scientists (My conceptual analysis is meta-conceptual), and synthetic philosophers who disagree with Grice that analysis plays a key role in philosophical methodology. Grice sees this as an update to his post-war Oxford philosophy. But we have to remember that back when he read that paper, post-war Oxford philosophy, was just around the corner and very fashionable. By the time he composed the piece on conceptual analysis as overlapping with the province of philosophy, he was aware that, in The New World, anaytic had become, thanks to Quine, a bit of an abusive term, and that Grices natural talent for linguistic botanising (at which post-war Oxford philosophy excelled) was not something he could trust to encounter outside Oxford, and his Play Group! Since his Negation and Personal identity Grice is concerned with reductive analysis. How many angels can dance on a needles point? A needless point? This is Grices update to his Post-war Oxford philosophy. More generally concerned with the province of philosophy in general and conceptual analysis beyond ordinary language. It can become pretty technical. Note the Roman overtone of province. Grice is implicating that the other province is perhaps science, even folk science, and the claims and ta legomena of the man in the street. He also likes to play with the idea that a conceptual enquiry need not be philosophical. Witness the very opening to Logic and conversation, Prolegomena. Surely not all inquiries need be philosophical. In fact, a claim to infame of Grice at the Play Group is having once raised the infamous, most subtle, question: what is it that makes a conceptual enquiry philosophically interesting or important? As a result, Austin and his kindergarten spend three weeks analysing the distinct inappropriate implicatura of adverbial collocations of intensifiers like highly depressed, versus very depressed, or very red, but not highly red, to no avail. Actually the logical form of very is pretty complicated, and Grice seems to minimise the point. Grices moralising implicaturum, by retelling the story, is that he has since realised (as he hoped Austin knew) that there is no way he or any philosopher can dictate to any other philosopher, or himself, what is it that makes a conceptual enquiry philosophically interesting or important. Whether it is fun is all that matters. Refs.: The main references are meta-philosophical, i. e. Grice talking about linguistic botany, rather than practicing it. “Reply to Richards,” and the references under “Oxonianism” below are helpful. For actual practice, under ‘rationality.’ There is a specific essay on linguistic botanising, too. The H. P. Grice Papers, BANC.

 

Signum -- semantic relativity, the thesis that at least some distinctions found in one language are found in no other language (a version of the Sapir-Whorf hypothesis, by Benjamin Lee Whorf, of New England, from the river Wharf, in Yorkshirehe died in Hartford, Conn., New England); more generally, the thesis that different languages utilize different representational systems that are at least in some degree informationally incommensurable and hence non-equivalent. The differences arise from the arbitrary features of languages resulting in each language encoding lexically or grammatically some distinctions not found in other languages. The thesis of linguistic determinism holds that the ways people perceive or think about the world, especially with respect to their classificatory systems, are causally determined or influenced by their linguistic systems or by the structures common to all human languages. Specifically, implicit or explicit linguistic categorization determines or influences aspects of nonlinguistic categorization, memory, perception, or cognition in general. Its strongest form (probably a straw-man position) holds that linguistically unencoded concepts are unthinkable. Weaker forms hold that concepts that are linguistically encoded are more accessible to thought and easier to remember than those that are not. This thesis is independent of that of linguistic relativity. Linguistic determinism plus linguistic relativity as defined here implies the Sapir-Whorf hypothesis.

 

Lettera – litera—gramma -- word – ‘stave’ – OE ‘staff.’ literary theory, a reasoned account of the nature of the literary artifact, its causes, effects, and distinguishing features. So understood, literary theory is part of the systematic study of literature covered by the term ‘criticism’, which also includes interpretation of literary works, philology, literary history, and the evaluation of particular works or bodies of work. Because it attempts to provide the conceptual foundations for practical criticism, literary theory has also been called “critical theory.” However, since the latter term has been appropriated by neo-Marxists affiliated with the Frankfurt School to designate their own kind of social critique, ‘literary theory’ is less open to misunderstanding. Because of its concern with the ways in which literary productions differ from other verbal artifacts and from other works of art, literary theory overlaps extensively with philosophy, psychology, linguistics, and the other human sciences. The first ex professo theory of literature in the West, for centuries taken as normative, was Aristotle’s Poetics. On Aristotle’s view, poetry is a verbal imitation of the forms of human life and action in language made vivid by metaphor. It stimulates its audience to reflect on the human condition, enriches their understanding, and thereby occasions the pleasure that comes from the exercise of the cognitive faculty. The first real paradigm shift in literary theory was introduced by the Romantics of the nineteenth century. The Biographia Literaria of Samuel Taylor Coleridge, recounting the author’s conversion from Humean empiricism to a form of German idealism, defines poetry not as a representation of objective structures, but as the imaginative self-expression of the creative subject. Its emphasis is not on the poem as a source of pleasure but on poetry as a heightened form of spiritual activity. The standard work on the transition from classical (imitation) theory to Romantic (expression) theory is M. H. Abrams’s The Mirror and the Lamp. In the present century theory has assumed a place of prominence in literary studies. In the first half of the century the works of I. A. Richardsfrom his early positivist account of linear order poetry in books like Science and Poetry to his later idealist views in books like The Philosophy of Rhetoricsponsored the practice of the American New Critics. The most influential theorist of the period is Northrop Frye, whose formalist manifesto, Anatomy of Criticism, proposed to make criticism the “science of literature.” The introduction of Continental thought to the English-speaking critical establishment in the 1960s and after spawned a bewildering variety of competing theories of literature: e.g., Russian formalism, structuralism, deconstruction, new historicism, Marxism, Freudianism, feminism, and even the anti-theoretical movement called the “new pragmatism.” The best summary account of these developments is Frank Lentricchia’s After the New Criticism (1980). Given the present near-chaos in criticism, the future of literary theory is unpredictable. But the chaos itself offers ample opportunities for philosophical analysis and calls for the kind of conceptual discrimination such analysis can offer. Conversely, the study of literary theory can provide philosophers with a better understanding of the textuality of philosophy and of the ways in which philosophical content is determined by the literary form of philosophical texts. Lettera gramma wordstab -- lit. hum. (philos.): While Grice would take tutees under different curricula, he preferred Lit. Hum. So how much philosophy did this include. Plato, Aristotle, Locke, Kant, and Mill. And that was mainly it. We are referring to the ‘philosophy’ component. Ayer used to say that he would rather have been a judge. But at Oxford of that generation, having a Lit. Hum. perfectly qualified you as a philosopher. And people like Ayer, who would rather be a juddge, end up being a philosopher after going through the Lit. Hum. Grice himself comes as a “Midlands scholarship boy” straight from Clifton on a classics scholarship, and being from the Midlands, straight to Corpus. The fact that he got on so well with Hardie helped. The fact that his interim at Merton worked was good. The fact that the thing at Rossall did NOT work was good. The fact that he becamse a fellow at St. John’s OBVIOUSLY helped. The fact that he had Strawson as a tutee ALSO helped helped. H. P. Grice, Literae Humaniores (Philosophy), Oxon. Aelfric translated ‘lettera’ as ‘stab.’

 

 

Lettieri: Antonio Catara Lettieri (Messina), filosofo. Professore di diritto naturale ed etica all'Messina, fu presidente della Real Accademia Peloritana dei Pericolanti. Molto apprezzato da Terenzio Mamiani, Vincenzo Gioberti e Pasquale Galluppi, fu sepolto nel famedio del cimitero monumentale di Messina. La città natale ha intitolato al suo nome una via cittadina.  Principali pubblicazioni Sul sensualismo. Dissertazione, Messina, Stamp. T. Capra all'insegna di Maurolico, 1839. La fisiologia calunniata di materialismo, Messina, M. Nobolo, 1842. La potenza del pensiero. Opera composta per la gioventu siciliana, Palermo, Stamp. M. Console, 1849. Scritti varii di etica e di diritto naturale, Messina, Stamp. A. D'Amico, 1858. Sull'intuito. Dialoghi filosofici, Messina, Stamperia ant. D'Amico Arena, 1860. L'omu nun avi l'usu di la ragiuni. Cicalata di lu professuri cav. A. Catara- Lettieri, Messina, Tip. D'Amico, 1869. Introduzione alla filosofia morale e al diritto razionale, Messina, Tip. D'Amico, 1872. Introduzione alla cognizione del dovere. Poche nozioni dirette all'operaio e ad ogni classe di cittadini, Messina, Tip. D'Amico, 1877. Ricordi storici intorno al movimento filosofico nella prima metà del secolo XIX in Sicilia, Messina, Tip. D'Amico, 1881.  Sull'Uomo. Pensieri di Antono Catara-Lettieri, Messina, presso Ignazio D'Amico, 1869. Testo in Google Libri.

 

Lombardia -- Grice: “If William was called Ockham, I should be called Harborne, and Petrus Lombardia!” --  Pietro LombardoHe was born in Novara, in the Piedmont, then reckoned as Lombardia! --  theologian and author of the Book of Sentences Liber sententiarum, a renowned theological sourcebook in the later Middle Ages. Peter was educated at Bologna, Reims, and Paris before teaching in the school of Notre Dame in Paris. He became a canon at Notre Dame in 114445 and was elected bishop of Paris in 1159. His extant works include commentaries on the Psalms written in the mid-1130s and on the epistles of Paul c.113941; a collection of sermons; and his one-volume summary of Christian doctrine, the Sentences completed by 1158. The Sentences consists of four books: Book I, On the Trinity; Book II, On the Creation of Things; Book III, On the Incarnation; and Book IV, “On the Doctrine of Signs or Sacraments.” His discussion is organized around particular questions or issues e.g., “On Knowledge, Foreknowledge, and Providence” Book I, “Is God the Cause of Evil and Sin?” Book II. For a given issue Peter typically presents a brief summary, accompanied by short quotations, of main positions found in Scripture and in the writings of the church fathers and doctors, followed by his own determination or adjudication of the matter. Himself a theological conservative, Peter seems to have intended this sort of compilation of scriptural and ancient doctrinal teaching as a counter to the popularity, fueled by the recent recovery of important parts of Aristotle’s logic, of the application of dialectic to theological matters. The Sentences enjoyed wide circulation and admiration from the beginning, and within a century of its composition it became a standard text in the theology curriculum. From the midthirteenth through the mid-fourteenth century every student of theology was required, as the last stage in obtaining the highest academic degree, to lecture and comment on Peter’s text. Later medieval thinkers often referred to Peter as “the Master” magister, thereby testifying to the Sentences’ preeminence in theological training. In lectures and commentaries, the greatest minds of this period used Peter’s text as a framework in which to develop their own original positions and debate with their contemporaries. As a result the Sentences-commentary tradition is an extraordinarily rich repository of later medieval philosophical and theological thought. Jump to navigationJump to search  Pietro Lombardo rappresentato in una miniatura a decorazione di una littera notabilior di un manoscritto Pietro Lombardo o Pier Lombardo (Lumellogno di Novara, 1100Parigi, 1160 circa) teologo e vescovo italiano. Nacque a Novara o nei dintorni (a Lumellogno esiste una lapide su di una casa che risorda il luogo della nascita) , all'inizio del XII secolo. Ricevette la sua prima formazione teologica a Bologna, dove acquisì una perfetta conoscenza del Decretum Gratiani. Dopo il 1136 si recò a Reims e poi a Parigi, dove fino alla sua elevazione alla sede vescovile di questa città (1159) insegnò teologia. Almeno una volta in questo periodo, tra il 1145 e il 1153, si recò alla corte pontificia, dove venne a conoscenza della traduzione del De fide orthodoxa di Giovanni Damasceno, compiuta da Burgundio Pisano per incarico di Eugenio III. Quasi certamente nel 1147 fu uno dei teologi che nel sinodo parigino presero posizione contro Gilberto Porretano.  Dopo un breve episcopato (1159-1160) morì il 21 o 22 luglio del 1160 (non del 1164). Il suo epitaffio si conservò nella chiesa di Saint Marcel fino alla Rivoluzione francese. Dante lo nomina in Paradiso, X, 106-108.  Oltre ai commenti all'opera di Paolo di Tarso e ai Salmi, la sua opera maggiore rimane il Liber Sententiarum (Libro delle Sentenze), scritta fra il 1150 ed il 1152 e per la quale ottenne l'appellativo di Magister Sententiarum. Sebbene il testo rientri in un genere letterario tipico della teologia medievale, ossia l'esposizione delle sentenze delle autorità di fede (i padri della chiesa ed i riferimenti biblici) l'opera del Lombardo, per l'ampiezza delle fonti e la sua originalità, diverrà il testo di riferimento per la didattica nelle facoltà di teologia e l'elaborazione letteraria nello stesso campo fino alla fine del XVI secolo. Egli infatti attinge ad una vasta letteratura in merito, adottando anche testi che normalmente non erano contemplati in queste composizioni, come Il De fide ortodoxa di Giovanni Damasceno.  Con la sua opera il Lombardo tenta di sistematizzare e armonizzare la disparità e le divergenze che la pluralità delle auctoritates aveva generato, dando luogo ad un certo scompiglio ermeneutico e dottrinale. Riprendendo la classica distinzione agostiniana tra signa e res, Lombardo afferma che il motivo delle divergenze non appartiene alla natura delle cose trattate, bensì alla metodologia esegetica.  Il testo si divide in quattro parti:  la prima tratta di Dio, della sua natura e dei suoi attributi; la seconda delle creazione degli angeli, del mondo e dell'uomo sino al peccato originale; la terza dell'incarnazione cristica e della promessa della Grazia; la quarta dei sacramenti. Anche lo sviluppo del testo mantiene la distinzione tra res (le prime tre parti) e signa (l'ultima) Lo stile del Lombardo snoda l'esposizione delle sentenze coll'eleganza dialettica di tipo anselmiano mantenendosi aderente al rispetto delle varie auctoritates anche riguardo o stile letterario col quale egli opera una volontaria mimesi.  Il testo venne criticato sin dalla sua prima uscita per via del cosiddetto nichilismo cristologico. Lombardo descrive infatti l'incarnazione nei termini di assumptus homo, ossia la persona divina del Cristo avrebbe assunto una natura umana (accessoriamente). Ciò contrastava con la determinazione di origine boeziana per la quale la natura cristologica traeva la sua forma da un sinolo unico di divino ed umano. Note  Per approfondimenti vedere: Nicola Abbagnano, Storia della filosofia,  II, pag.30 e seg. Novara, Istituto Geografico de Agostini, 2006 per Gruppo Editoriale l'Espresso, Roma (I contenuti di questo volume sono tratti da: Nicola Abbagnano, Storia della filosofia  I, II, III, quarta edizione, Torino, Utet, 1993 e Nicola Abbagnano, Dizionario di Filosofia, terza edizione aggiornata ed ampliata da Giovanni Fornero, Torino, Utet 1998)  Nicola Abbagnano, Storia della filosofia,  II, pag. 37 e seg. Novara, Istituto Geografico de Agostini, 2006 per Gruppo Editoriale l'Espresso, Roma (I contenuti di questo volume sono tratti da: Nicola Abbagnano, Storia della filosofia  I, II, III, quarta edizione, Torino, Utet, 1993 e Nicola Abbagnano, Dizionario di Filosofia, terza edizione aggiornata ed ampliata da Giovanni Fornero, Torino, Utet 1998)  Marcia L. Colish, Peter Lombard, Leiden, Brill, 1994 (due volumi). Pietro Lombardo. Atti del XLIII Convegno storico internazionale : Todi, 8-10 ottobre 2006, Spoleto, Fondazione Centro italiano di studi sull'alto Medioevo, 2007.  Minuscule 714il manoscritto del Nuovo Testamento e di "Sententiae". Libri Quattuor Sententiarum Scolastica (filosofia) Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Pietro Lombardo Collabora a Wikiquote Citazionio su Pietro Lombardo Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Pietro Lombardo  Pietro Lombardo, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Francesco Pelster, Pietro Lombardo, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Pietro Lombardo, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.  Francesco Siri, Pietro Lombardo, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Pietro Lombardo / Pietro Lombardo (altra versione) / Pietro Lombardo (altra versione) / Pietro Lombardo (altra versione) / Pietro Lombardo (altra versione) / Pietro Lombardo (altra versione) / Pietro Lombardo (altra versione), su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Pietro Lombardo, .    su Pietro Lombardo, su Les Archives de littérature du Moyen Âge. Pietro Lombardo, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company.  Sofia Vanni Rovighi, Pietro Lombardo, in Enciclopedia dantesca, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1970. Petrus Lombardus, Opera Omnia dal Migne Patrologia Latina con indici analitici.Hugh Chisholm , Peter Lombard, in Enciclopedia Britannica, XI, Cambridge University Press. Refs.: Luigi Speranza, “Philosophical psychology in the commentaries of Pietro Lombardo and Grice,” per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

locke. Grice cites Locke in “Personal identity,” and many more places. He has a premium for Locke. Acceptance, acceptance and certeris paribus condition, acceptance and modals, j-acceptance, moral acceptance, prudential acceptance, v-acceptance, ackrill, Aristotle, Austin, botvinnik , categorical imperative, chicken soul, immortality of, Davidson, descriptivism, descriptivism and ends, aequi-vocality thesis, final cause, frege, happiness, happiness and H-desirables, happiness and I-desirables, happiness as a system of ends, happiness as an end, hardie, hypothetical imperative , hypothetical imperative -- see technical imperatives, isaacson, incontinence, inferential principles, judging, judging and acceptance, Kant, logical theory, meaning, meaning and speech procedures, sentence meaning, what a speaker means, modes, modes and moods, moods, modes and embedding of mode-markers , judicative operator, volitive operator, mood operators, moods morality, myro, nagel, necessity, necessity and provability, necessity and relativized and absolute modalities, principle of total evidence, principles of inference, principles of inference, reasons, and necessity, provability, radical, rationality : as faculty manifested in reasoning, flat and variable, proto-rationality, rational being, and value as value-paradigmatic concept, rationality operator, reasonable, reasoning, reasoning and defeasibility, reasoning defined, rasoning and explanation, reasoning -- first account of, reasoning and good reasoning, reasoning, special status of, reasoning the hard way of, reasoning and incomplete reasoning, reasoning and indeterminacy of, reasoning and intention, reasoning and misreasoning, reasoning, practical, reasoning, probabilistic, reasoning as purposive activity, reasoning, the quick way of , reasoning -- too good to be reasoning, reasons, reasons altheic, reasons: division into practical and alethic, reasons: explanatory, reasons justificatory, reasons: justificatory-explanatory, reasoning and modals, reasoning and necessity, personal, practical and non-practical (alethic) reasons compared, systematizing hypothesis: types of, Russell, satisfactoriness, technical imperatives, value, value paradigmatic concepts, Wright, willing and acceptance, Vitters. Index acceptance 71-2 , 80-7 and certeris paribus condition 77 and modals 91-2 J-acceptance 51 moral 61 , 63 , 87 prudential 97-111 V-acceptance 51 Ackrill, J. L. 119-20 Aristotle 4-5 , 19 , 24-5 , 31 , 32 , 43 , 98-9 , 112-15 , 120 , 125 Austin, J. L. 99 Botvinnik 11 , 12 , 18 Categorical Imperative 4 , 70 chicken soul, immortality of 11-12 Davidson, Donald 45-8 , 68 descriptivism 92 ends 100-10 Equivocality thesis x-xv , 58 , 62 , 66 , 70 , 71 , 80 , 90 final cause 43-4 , 66 , 111 Frege, Gottlob 50 happiness 97-134 and H-desirables 114-18 , 120 and I-desirables 114-18 , 120 , 122 , 128 as a system of ends 131-4 as an end 97 , 113-15 , 119-20 , 123-8 Hardie, W. F. R. 119 hypothetical imperative 97 , see technical imperatives Isaacson, Dan 30n. incontinence 25 , 47 inferential principles 35 judging 51 , see acceptance Kant 4 , 21 , 25 , 31 , 43 , 44-5 , 70 , 77-8 , 86-7 , 90-8 logical theory 61 meaning ix-x and speech procedures 57-8 sentence meaning 68-9 what a speaker means 57-8 , 68 modes 68 , see moods moods xxii-xxiii , 50-6 , 59 , 69 , 71-2 embedding of mode-markers 87-9 judicative operator 50 , 72-3 , 90 volative operator 50 , 73 , 90 mood operators , see moods morality 63 , 98 Myro, George 40 Nagel, Thomas 64n. necessity xii-xiii , xvii-xxiii , 45 , 58-9 and provability 59 , 60-2 and relativized and absolute modalities 56-66 principle of total evidence 47 , 80-7 principles of inference 5 , 7 , 9 , 22-3 , 26 , 35 see also reasons, and necessity  provability 59 , 60-2 radical 50-3 , 58-9 , 72 , 88 rationality : as faculty manifested in reasoning 5 flat and variable 28-36 proto-rationality 33 rational being 4 , 25 , 28-30 and value as value-paradigmatic concept 35 rationality operator xiv-xv , 50-1 reasonable 23-5 reasoning 4-28 and defeasibility 47 , 79 , 92 defined 13-14 , 87-8 and explanation xxix-xxxv , 8 first account of 5-6 , 13-14 , 26-8 good reasoning 6 , 14-16 , 26-7 special status of 35 the hard way of 17 end p.135 incomplete reasoning 8-14 indeterminacy of 12-13 and intention 7 , 16 , 18-25 , 35-6 , 48-9 misreasoning 6-8 , 26 practical 46-50 probabilistic 46-50 as purposive activity 16-19 , 27-8 , 35 the quick way of 17 too good to be reasoning 14-18 reasons 37-66 altheic 44-5 , 49 division into practical and alethic 44 , 68 explanatory 37-9 justificatory 39-40 , 67-8 justificatory-explanatory 40-1 , 67 and modals 45 and necessity 44-5 personal 67 practical and non-practical (alethic) reasons compared xiixiii , 44-50 , 65 , 68 , 73-80 systematizing hypothesis 41-4 types of 37-44 Russell, Bertrand 50 satisfactoriness 60 , 87-9 , 95 technical imperatives 70 , 78 , 90 , 93-6 , 97 value 20 , 35 , 83 , 87-8 value paradigmatic concepts 35-6 von Wright 44 willing 50 , see acceptance Wittengenstein, Ludwig 50 -- English philosopher and proponent of empiricism, famous especially for his Essay concerning Human Understanding (1689) and for his Second Treatise of Government, also published in 1689, though anonymously. He came from a middle-class Puritan family in Somerset, and became acquainted with Scholastic philosophy in his studies at Oxford. Not finding a career in church or university attractive, he trained for a while as a physician, and developed contacts with many members of the newly formed Royal Society; the chemist Robert Boyle and the physicist Isaac Newton were close acquaintances. In 1667 he joined the London households of the then Lord Ashley, later first Earl of Shaftesbury; there he became intimately involved in discussions surrounding the politics of resistance to the Catholic king, Charles II. In 1683 he fled England for the Netherlands, where he wrote out the final draft of his Essay. He returned to England in 1689, a year after the accession to the English throne of the Protestant William of Orange. In his last years he was the most famous intellectual in England, perhaps in Europe generally. Locke was not a university professor immersed in the discussions of the philosophy of “the schools” but was instead intensely engaged in the social and cultural issues of his day; his writings were addressed not to professional philosophers but to the educated public in general. The Essay. The initial impulse for the line of thought that culminated in the Essay occurred early in 1671, in a discussion Locke had with some friends in Lord Shaftesbury’s apartments in London on matters of morality and revealed religion. In his Epistle to the Reader at the beginning of the Essay Locke says that the discussants found themselves quickly at a stand by the difficulties that arose on every side. After we had awhile puzzled ourselves, without coming any nearer a resolution of those doubts which perplexed us, it came into my thoughts that we took a wrong course, and that before we set ourselves upon enquiries of that nature it was necessary to examine our own abilities, and see what objects our understandings were or were not fitted to deal with. Locke was well aware that for a thousand years European humanity had consulted its textual inheritance for the resolution of its moral and religious quandaries; elaborate strategies of interpretation, distinction, etc., had been developed for extracting from those disparate sources a unified, highly complex, body of truth. He was equally well aware that by his time, more than a hundred years after the beginning of the Reformation, the moral and religious tradition of Europe had broken up into warring and contradictory fragments. Accordingly he warns his readers over and over against basing their convictions merely on say-so, on unexamined tradition. As he puts it in a short late book of his, The Conduct of the Understanding, “We should not judge of things by men’s opinions, but of opinions by things.” We should look to “the things themselves,” as he sometimes puts it. But to know how to get at the things themselves it is necessary, so Locke thought, “to examine our own abilities.” Hence the project of the Essay. The Essay comes in four books, Book IV being the culmination. Fundamental to understanding Locke’s thought in Book IV is the realization that knowledge, as he thinks of it, is a fundamentally different phenomenon from belief. Locke holds, indeed, that knowledge is typically accompanied by belief; it is not, though, to be identified with it. Knowledge, as he thinks of it, is direct awareness of some factin his own words, perception of some agreement or disagreement among things. Belief, by contrast, consists of taking some proposition to be truewhether or not one is directly aware of the corresponding fact. The question then arises: Of what sorts of facts do we human beings have direct awareness? Locke’s answer is: Only of facts that consist of relationships among our “ideas.” Exactly what Locke had in mind when he spoke of ideas is a vexed topic; the traditional view, for which there is a great deal to be said, is that he regarded ideas as mental objects. Furthermore, he clearly regarded some ideas as being representations of other entities; his own view was that we can think about nonmental entities only by being aware of mental entities that represent those non-mental realities. Locke argued that knowledge, thus understood, is “short and scanty”much too short and scanty for the living of life. Life requires the formation of beliefs on matters where knowledge is not available. Now what strikes anyone who surveys human beliefs is that many of them are false. What also strikes any perceptive observer of the scene is that often we canor could havedone something about this. We can, to use Locke’s language, “regulate” and “govern” our belief-forming capacities with the goal in mind of getting things right. Locke was persuaded that not only can we thus regulate and govern our belief-forming capacities; we ought to do so. It is a God-given obligation that rests upon all of us. Specifically, for each human being there are some matters of such “concernment,” as Locke calls it, as to place the person under obligation to try his or her best to get things right. For all of us there will be many issues that are not of such concernment; for those cases, it will be acceptable to form our beliefs in whatever way nature or custom has taught us to form them. But for each of us there will be certain practical matters concerning which we are obligated to try our bestthese differing from person to person. And certain matters of ethics and religion are of such concern to everybody that we are all obligated to try our best, on these matters, to get in touch with reality. What does trying our best consist of, when knowledgeperception, awareness, insightis not available? One can think of the practice Locke recommends as having three steps. First one collects whatever evidence one can find for and against the proposition in question. This evidence must consist of things that one knows; otherwise we are just wandering in darkness. And the totality of the evidence must be a reliable indicator of the probability of the proposition that one is considering. Second, one analyzes the evidence to determine the probability of the proposition in question, on that evidence. And last, one places a level of confidence in the proposition that is proportioned to its probability on that satisfactory evidence. If the proposition is highly probable on that evidence, one believes it very firmly; if it only is quite probable, one believes it rather weakly; etc. The main thrust of the latter half of Book IV of the Essay is Locke’s exhortation to his readers to adopt this practice in the forming of beliefs on matters of high concernmentand in particular, on matters of morality and religion. It was his view that the new science being developed by his friends Boyle and Newton and others was using exactly this method. Though Book IV was clearly seen by Locke as the culmination of the Essay, it by no means constitutes the bulk of it. Book I launches a famous attack on innate ideas and innate knowledge; he argues that all our ideas and knowledge can be accounted for by tracing the way in which the mind uses its innate capacities to work on material presented to it by sensation and reflection (i.e., self-awareness). Book II then undertakes to account for all our ideas, on the assumption that the only “input” is ideas of sensation and reflection, and that the mind, which at birth is a tabula rasa (or blank tablet), works on these by such operations as combination, division, generalization, and abstraction. And then in Book III Locke discusses the various ways in which words hinder us in our attempt to get to the things themselves. Along with many other thinkers of the time, Locke distinguished between what he called natural theology and what he called revealed theology. It was his view that a compelling, demonstrative argument could be given for the existence of God, and thus that we could have knowledge of God’s existence; the existence of God is a condition of our own existence. In addition, he believed firmly that God had revealed things to human beings. As he saw the situation, however, we can at most have beliefs, not knowledge, concerning what God has revealed. For we can never just “see” that a certain episode in human affairs is a case of divine revelation. Accordingly, we must apply the practice outlined above, beginning by assembling satisfactory evidence for the conclusion that a certain episode really is a case of divine revelation. In Locke’s view, the occurrence of miracles provides the required evidence. An implication of these theses concerning natural and revealed religion is that it is never right for a human being to believe something about God without having evidence for its truth, with the evidence consisting ultimately of things that one “sees” immediately to be true. Locke held to a divine command theory of moral obligation; to be morally obligated to do something is for God to require of one that one do that. And since a great deal of what Jesus taught, as Locke saw it, was a code of moral obligation, it follows that once we have evidence for the revelatory status of what Jesus said, we automatically have evidence that what Jesus taught as our moral obligation really is that. Locke was firmly persuaded, however, that revelation is not our only mode of access to moral obligation. Most if not all of our moral obligations can also be arrived at by the use of our natural capacities, unaided by revelation. To that part of our moral obligations which can in principle be arrived at by the use of our natural capacities, Locke (in traditional fashion) gave the title of natural law. Locke’s own view was that morality could in principle be established as a deductive science, on analogy to mathematics: one would first argue for God’s existence and for our status as creatures of God; one would then argue that God was good, and cared for the happiness of God’s creatures. Then one would argue that such a good God would lay down commands to his creatures, aimed at their overall happiness. From there, one would proceed to reflect on what does in fact conduce to human happiness. And so forth. Locke never worked out the details of such a deductive system of ethics; late in his life he concluded that it was beyond his capacities. But he never gave up on the ideal. The Second Treatise and other writings. Locke’s theory of natural law entered intimately into the theory of civil obedience that he developed in the Second Treatise of Government. Imagine, he said, a group of human beings living in what he called a state of naturei.e., a condition in which there is no governmental authority and no private property. They would still be under divine obligation; and much (if not all) of that obligation would be accessible to them by the use of their natural capacities. There would be for them a natural law. In this state of nature they would have title to their own persons and labor; natural law tells us that these are inherently our “possessions.” But there would be no possessions beyond that. The physical world would be like a gigantic English commons, given by God to humanity as a whole. Locke then addresses himself to two questions: How can we account for the emergence of political obligation from such a situation, and how can we account for the emergence of private property? As to the former, his answer is that we in effect make a contract with one another to institute a government for the Locke, John Locke, John 508 4065h-l.qxd 08/02/1999 7:40 AM Page 508 elimination of certain deficiencies in the state of nature, and then to obey that government, provided it does what we have contracted with one another it should do and does not exceed that. Among the deficiencies of the state of nature that a government can be expected to correct is the sinful tendency of human beings to transgress on other persons’ properties, and the equally sinful tendency to punish such transgressions more severely than the law of nature allows. As to the emergence of private property, something from the world at large becomes a given person’s property when that person “mixes” his or her labor with it. For though God gave the world as a whole to all of us together, natural law tells us that each person’s labor belongs to that person himself or herselfunless he or she freely contracts it to someone else. Locke’s Second Treatise is thus an articulate statement of the so-called liberal theory of the state; it remains one of the greatest of such, and proved enormously influential. It should be seen as supplemented by the Letters concerning Toleration (1689, 1690, 1692) that Locke wrote on religious toleration, in which he argued that all theists who have not pledged civil allegiance to some foreign power should be granted equal toleration. Some letters that Locke wrote to a friend concerning the education of the friend’s son should also be seen as supplementing the grand vision. If we survey the way in which beliefs are actually formed in human beings, we see that passion, the partisanship of distinct traditions, early training, etc., play important obstructive roles. It is impossible to weed out entirely from one’s life the influence of such factors. When it comes to matters of high “concernment,” however, it is our obligation to do so; it is our obligation to implement the three-step practice outlined above, which Locke defends as doing one’s best. But Locke did not think that the cultural reform he had in mind, represented by the appropriate use of this new practice, could be expected to come about as the result just of writing books and delivering exhortations. Training in the new practice was required; in particular, training of small children, before bad habits had been ingrained. Accordingly, Locke proposes in Some Thoughts concerning Education (1693) an educational program aimed at training children in when and how to collect satisfactory evidence, appraise the probabilities of propositions on such evidence, and place levels of confidence in those propositions proportioned to their probability on that evidence. Refs.: H. P. Grice, “To Locke,” C. McGinn, “Grice and Locke as telementationalists.”

 

IN-PLICATVRVM -- implicaturum: logical consequence, a proposition, sentence, or other piece of information that follows logically from one or more other propositions, sentences, or pieces of information. A proposition C is said to follow logically from, or to be a logical consequence of, propositions P1, P2, . . . , if it must be the case that, on the assumption that P1, P2, . . . , Pn are all true, the proposition C is true as well. For example, the proposition ‘Smith is corrupt’ is a logical consequence of the two propositions ‘All politicians are corrupt’ and ‘Smith is a politician’, since it must be the case that on the assumption that ‘All politicians are corrupt’ and ‘Smith is a politician’ are both true, ‘Smith is corrupt’ is also true. Notice that proposition C can be a logical consequence of propositions P1, P2, . . . , Pn, even if P1, P2, . . . , Pn are not actually all true. Indeed this is the case in our example. ‘All politicians are corrupt’ is not, in fact, true: there are some honest politicians. But if it were true, and if Smith were a politician, then ‘Smith is corrupt’ would have to be true. Because of this, it is said to be a logical consequence of those two propositions. The logical consequence relation is often written using the symbol X, called the double turnstile. Thus to indicate that C is a logical consequence of P1, P2, . . . , Pn, we would write: P1, P2, . . . , Pn X C or: P X C where P stands for the set containing the propositions p1, P2, . . . , Pn. The term ‘logical consequence’ is sometimes reserved for cases in which C follows from P1, P2, . . . , Pn solely in virtue of the meanings of the socalled logical expressions (e.g., ‘some’, ‘all’, ‘or’, ‘and’, ‘not’) contained by these propositions. In this more restricted sense, ‘Smith is not a politician’ is not a logical consequence of the proposition ‘All politicians are corrupt’ and ‘Smith is honest’, since to recognize the consequence relation here we must also understand the specific meanings of the non-logical expressions ‘corrupt’ and ‘honest’.

 

CUM-STANS -- constantin system G -- a symbol, such as the connectives -, 8, /, or S or the quantifiers D or E of elementary quantification theory, that represents logical form. The contrast here is with expressions such as terms, predicates, and function symbols, which are supposed to represent the “content” of a sentence or proposition. Beyond this, there is little consensus on how to understand logical constancy. It is sometimes said, e.g., that a symbol is a logical constant if its interpretation is fixed across admissible valuations, though there is disagreement over exactly how to construe this “fixity” constraint. This account seems to make logical form a mere artifact of one’s choice of a model theory. More generally, it has been questioned whether there are any objective grounds for classifying some expressions as logical and others not, or whether such a distinction is (wholly or in part) conventional. Other philosophers have suggested that logical constancy is less a semantic notion than an epistemic one: roughly, that a is a logical constant if the semantic behavior of certain other expressions together with the semantic contribution of a determine a priori (or in some other epistemically privileged fashion) the extensions of complex expressions in which a occurs. There is also considerable debate over whether particular symbols, such as the identity sign, modal operators, and quantifiers other than D and E, are, or should be treated as, logical constants.

 

Grice’s “logical construction”a phrase he borrowed from Broad via Russell -- something built by logical operations from certain elements. Suppose that any sentence, S, containing terms apparently referring to objects of type F can be paraphrased without any essential loss of content into some (possibly much more complicated) sentence, Sp, containing only terms referring to objects of type G (distinct from F): in this case, objects of type F may be said to be logical constructions out of objects of type G. The notion originates with Russell’s concept of an “incomplete symbol,” which he introduced in connection with his theory of descriptions. According to Russell, a definite descriptioni.e., a descriptive phrase, such as ‘the present king of France’, apparently picking out a unique objectcannot be taken at face value as a genuinely referential term. One reason for this is that the existence of the objects seemingly referred to by such phrases can be meaningfully denied. We can say, “The present king of France does not exist,” and it is hard to see how this could be if ‘the present king of France’, to be meaningful, has to refer to the present king of France. One solution, advocated by Meinong, is to claim that the referents required by what ordinary grammar suggests are singular terms must have some kind of “being,” even though this need not amount to actual existence; but this solution offended Russell’s “robust sense of reality.” According to Peano, Whitehead and Russell, then, ‘The F is G’ is to be understood as equivalent to (something like) ‘One and only one thing Fs and that thing is G’. (The phrase ‘one and only one’ can itself be paraphrased away in terms of quantifiers and identity.) The crucial feature of this analysis is that it does not define the problematic phrases by providing synonyms: rather, it provides a rule, which Russell called “a definition in use,” for paraphrasing whole sentences in which they occur into whole sentences in which they do not. This is why definite descriptions are “incomplete symbols”: we do not specify objects that are their meanings; we lay down a rule that explains the meaning of whole sentences in which they occur. Thus definite descriptions disappear under analysis, and with them the shadowy occupants of Meinong’s realm of being. Russell thought that the kind of analysis represented by the theory of descriptions gives the clue to the proper method for philosophy: solve metaphysical and epistemological problems by reducing ontological commitments. The task of philosophy is to substitute, wherever possible, logical constructions for inferred entities. Thus in the philosophy of mathematics, Russell attempted to eliminate numbers, as a distinct category of objects, by showing how mathematical statements can be translated into (what he took to be) purely logical statements. But what really gave Russell’s program its bite was his thought that we can refer only to objects with which we are directly acquainted. This committed him to holding that all terms apparently referring to objects that cannot be regarded as objects of acquaintance should be given contextual definitions along the lines of the theory of descriptions: i.e., to treating everything beyond the scope of acquaintance as a logical construction (or a “logical fiction”). Most notably, Russell regarded physical objects as logical constructions out of sense-data, taking this to resolve the skeptical problem about our knowledge of the external world. The project of showing how physical objects can be treated as logical constructions out of sense-data was a major concern of analytical philosophers in the interwar period, Carnap’s Der Logische Aufbau der Welt, standing as perhaps its major monument. However, the project was not a success. Even Carnap’s construction involves a system of space-time coordinates that is not analyzed in sense-datum terms and today few, if any, philosophers believe that such ambitious projects can be carried through..

 

IN-FORMATVM -- informatum -- forma: “To inform was originally to mould, to shape,” and so quite different from Grecian ‘eidos.’ But the ‘forma-materia’ distinction stuck. Whhat is obtained from a proposition, a set of propositions, or an argument by abstracting from the matter of its content terms or by regarding the content terms as mere place-holders or blanks in a form. In what Grice (after Bergmann) calls an ideal (versus an ordinary) language the form of a proposition, a set of propositions, or an argument is determined by the ‘matter’ of the sentence, the set of sentences, or the argument-text expressing it. Two sentences, sets of sentences, or argument-texts are said to have the same form, in this way, if a uniform one-toone substitution of content words transforms the one exactly into the other. ‘Abe properly respects every agent who respects himself’ may be regarded as having the same form as the sentence ‘Ben generously assists every patient who assists himself’. Substitutions used to determine sameness of form (isomorphism) cannot involve change of form words such as ‘every’, ‘no’, ‘some’, ‘is’, etc., and they must be category-preserving, i.e., they must put a proper name for a proper name, an adverb for an adverb, a transitive verb for a transitive verb, and so on. Two sentences having the same grammatical form have exactly the same form words distributed in exactly the same pattern; and although they of course need not, and usually do not, have the same content words, they do have logical dependence logical form exactly the same number of content words. The most distinctive feature of form words, which are also called syncategorematic terms or logical terms, is their topic neutrality; the form words in a sentence are entirely independent of and are in no way indicative of its content or topic. Modern formal languages used in formal axiomatizations of mathematical sciences are often taken as examples of logically perfect languages. Pioneering work on logically perfect languages was done by George Boole, Frege, Giuseppe Peano, Russell, and Church. According to the principle of form, an argument is valid or invalid in virtue of form. More explicitly, every two arguments in the same form are both valid or both invalid. Thus, every argument in the same form as a valid argument is valid and every argument in the same form as an invalid argument is invalid. The argument form that a given argument fits (or has) is not determined solely by the logical forms of its constituent propositions; the arrangement of those propositions is critical because the process of interchanging a premise with the conclusion of a valid argument can result in an invalid argument. The principle of logical form, from which formal logic gets its name, is commonly used in establishing invalidity of arguments and consistency of sets of propositions. In order to show that a given argument is invalid it is sufficient to exhibit another argument as being in the same logical form and as having all true premises and a false conclusion. In order to show that a given set of propositions is consistent it is sufficient to exhibit another set of propositions as being in the same logical form and as being composed exclusively of true propositions. The history of these methods traces back through non-Cantorian set theory, non-Euclidean geometry, and medieval logicians (especially Anselm) to Aristotle. These methods must be used with extreme caution in an ordinary languages that fails to be logically perfect as a result of ellipsis, amphiboly, ambiguity, etc. E.g. ‘This is a male dog’ implies ‘This is a dog.’ But ‘This is a brass monkey’ does not strictly implybut implicate -- ‘This is a monkey’, as would be required in a what Bergmann calls an ideal (or perfect, rather than ordinary or imperfect) language. Likewise, of two propositions commonly expressed by the ambiguous sentence ‘Ann and Ben are married’ one does and one does not imply (but at most ‘implicate’) the proposition that Ann is married to Ben. (cf. We are married, but not to each othera New-World ditty.). Grice, Quine and other philosophersnot Strawson! -- are careful to distinguish, in effect, the unique form of a proposition from this or that ‘schematic’ form it may display. The proposition (A) ‘If Abe is Ben, if Ben is wise Abe is wise’ has exactly one form, which it shares with ‘If Carl is Dan, if Dan is kind Carl is kind’, whereas it has all of the following schematic forms: ‘If P, if Q then R;’ ‘If P, Q;’ and ‘P.’ The principle of form for propositions is that every two propositions in the same form are both tautological (logically necessary) or both non-tautological. Thus, although the propositions above are tautological, there are non-tautological propositions that fit this or that the schematic form just mentioned. Failure to distinguish form proper from ‘schematic form’ has led to fallacies. According to the principle of logical form quoted above every argument in the same logical form as an invalid argument is invalid, but it is not the case that every argument sharing a schematic form with an invalid argument is invalid. Contrary to what would be fallaciously thought, the conclusion ‘Abe is Ben’ is logically implied by the following two propositions taken together, ‘If Abe is Ben, Ben is Abe’ and ‘Ben is Abe’, even though the argument shares a schematic form with invalid arguments “committing” the fallacy of affirming the consequent. Refs.: Grice, “Leibniz on ‘lingua perfecta.’”

 

DICATVMIN-DICATVM -- indicatum --  indicator: an expression that provides some help in identifying the conclusion of an argument or the premises offered in support of a conclusion. Common premise indicators include ‘for’, ‘because’, and ‘since’. Common conclusion indicators include ‘so’, ‘it follows that’, ‘hence’, ‘thus’, and ‘therefore’. Since Tom sat in the back of the room, he could not hear the performance clearly. Therefore, he could not write a proper review. ’Since’ makes clear that Tom’s seat location is offered as a reason to explain his inability to hear the performance. ‘Therefore’ indicates that the proposition that Tom could not write a proper review is the conclusion of the argument.

 

TENSUMIN-TENSUMEX-TENSUM -- intensum -- intensio -- comprehension, as applied to a term, the set of attributes implied by a term. The comprehension of ‘square’, e.g., includes being four-sided, having equal sides, and being a plane figure, among other attributes. The comprehension of a term is contrasted with its extension, which is the set of individuals to which the term applies. The distinction between the extension and the comprehension of a term was introduced in the Port-Royal Logic by Arnauld and Pierre Nicole in 1662. Current practice is to use the expression ‘intension’ rather than ‘comprehension’. Both expressions, however, are inherently somewhat vague. 

 

IN-VIRON -- environmental implicaturum: Grice: “The Roman in- prefix becomes en- in French and English!” _- For Grice, two pirots need to share an environment -- environmental philosophy, the critical study of concepts defining relations between human beings and their non-human environment. Environmental ethics, a major component of environmental philosophy, addresses the normative significance of these relations. The relevance of ecological relations to human affairs has been recognized at least since Darwin, but the growing sense of human responsibility for their deterioration, reflected in books such as Rachel Carson’s Silent Spring 2 and Peter Singer’s Animal Liberation 5, has prompted the recent upsurge of interest. Environmental philosophers have adduced a wide variety of human attitudes and practices to account for the perceived deterioration, including religious and scientific attitudes, social institutions, and industrial technology. Proposed remedies typically urge a reorientation or new “ethic” that recognizes “intrinsic value” in the natural world. Examples include the “land ethic” of Aldo Leopold 78, which pictures humans as belonging to, rather than owning, the biotic community “the land”; deep ecology, a stance articulated by the Norwegian philosopher Arne Naess b.2, which advocates forms of identification with the non-human world; and ecofeminism, which rejects prevailing attitudes to the natural world that are perceived as patriarchal. At the heart of environmental ethics lies the attempt to articulate the basis of concern for the natural world. It encompasses global as well as local issues, and considers the longer-term ecological, and even evolutionary, fate of the human and non-human world. Many of its practitioners question the anthropocentric claim that human beings are the exclusive or even central focus of envelope paradox environmental philosophy 268   268 ethical concern. In thus extending both the scope and the grounds of concern, it presents a challenge to the stance of conventional interhuman ethics. It debates how to balance the claims of present and future, human and non-human, sentient and non-sentient, individuals and wholes. It investigates the prospects for a sustainable relationship between economic and ecological systems, and pursues the implications of this relationship with respect to social justice and political institutions. Besides also engaging metaethical questions about, for example, the objectivity and commensurability of values, environmental philosophers are led to consider the nature and significance of environmental change and the ontological status of collective entities such as species and ecosystems. In a more traditional vein, environmental philosophy revives metaphysical debates surrounding the perennial question of “man’s place in nature,” and finds both precedent and inspiration in earlier philosophies and cultures. 

 

NOTATVM: Grice: “Formerly GNOTATUM.” notatum: symbol or communication device designed to achieve unambiguous formulation of principles and inferences in deductive logic. A notation involves some regimentation of words, word order, etc., of language. Some schematization was attempted even in ancient times by Aristotle, the Megarians, the Stoics, Boethius, and the medievals. But Leibniz’s vision of a universal logical language began to be realized only in the past 150 years. The notation is not yet standardized, but the following varieties of logical operators in propositional and predicate calculus may be noted. Given that ‘p’, ‘q’, ‘r’, etc., are propositional variables, or propositions, we find, in the contexts of their application, the following variety of operators (called truth-functional connectives). Negation: ‘-p’, ‘Ýp’, ‘p’, ‘p’ ’. Conjunction: ‘p • q’, ‘p & q’, ‘p 8 q’. Weak or inclusive disjunction: ‘p 7 q’. Strong or exclusive disjunction: ‘p V q’, ‘p ! q’, ‘p W q’. Material conditional (sometimes called material implication): ‘p / q’, ‘p P q’. Material biconditional (sometimes called material equivalence): ‘p S q’, ‘p Q q’. And, given that ‘x’, ‘y’, ‘z’, etc., are individual variables and ‘F’, ‘G’, ‘H’, etc., are predicate letters, we find in the predicate calculus two quantifiers, a universal and an existential quantifier: Universal quantification: ‘(x)Fx’, ‘(Ex)Fx’, ‘8xFx’. Existential quantification: ‘(Ex)Fx’, ‘(Dx)Fx’, ‘7xFx’. The formation principle in all the schemata involving dyadic or binary operators (connectives) is that the logical operator is placed between the propositional variables (or propositional constants) connected by it. But there exists a notation, the so-called Polish notation, based on the formation rule stipulating that all operators, and not only negation and quantifiers, be placed in front of the schemata over which they are ranging. The following representations are the result of application of that rule: Negation: ‘Np’. Conjunction: ‘Kpq’. Weak or inclusive disjunction: ‘Apq’. Strong or exclusive disjunction: ‘Jpq’. Conditional: ‘Cpq’. Biconditional: ‘Epq’. Sheffer stroke: ‘Dpq’. Universal quantification: ‘PxFx’. Existential quantifications: ‘9xFx’. Remembering that ‘K’, ‘A’, ‘J’, ‘C’, ‘E’, and ‘D’ are dyadic functors, we expect them to be followed by two propositional signs, each of which may itself be simple or compound, but no parentheses are needed to prevent ambiguity. Moreover, this notation makes it very perspicuous as to what kind of proposition a given compound proposition is: all we need to do is to look at the leftmost operator. To illustrate, ‘p7 (q & r) is a disjunction of ‘p’ with the conjunction ‘Kqr’, i.e., ‘ApKqr’, while ‘(p 7 q) & r’ is a conjunction of a disjunction ‘Apq’ with ‘r’, i.e., ‘KApqr’. ‘- p P q’ is written as ‘CNpq’, i.e., ‘if Np, then q’, while negation of the whole conditional, ‘-(p P q)’, becomes ‘NCpq’. A logical thesis such as ‘((p & q) P r) P ((s P p) P (s & q) P r))’ is written concisely as ‘CCKpqrCCspCKsqr’. The general proposition ‘(Ex) (Fx P Gx)’ is written as ‘PxCFxGx’, while a truth-function of quantified propositions ‘(Ex)Fx P (Dy)Gy’ is written as ‘CPxFx9yGy’. An equivalence such as ‘(Ex) Fx Q(Dx)Fx’ becomes ‘EPxFxN9xNFx’, etc. Dot notation is way of using dots to construct well-formed formulas that is more thrifty with punctuation marks than the use of parentheses with their progressive strengths of scope. But dot notation is less thrifty than the parenthesis-free Polish notation, which secures well-formed expressions entirely on the basis of the order of logical operators relative to truth-functional compounds. Various dot notations have been devised. The convention most commonly adopted is that punctuation dots always operate away from the connective symbol that they flank. It is best to explain dot punctuation by examples: (1) ‘p 7 (qr)’ becomes ‘p 7 .q Pr’; (2) ‘(p 7 q) Pr’ becomes ‘p 7 q. Pr’; (3) ‘(p P (q Q r)) 7 (p 7 r)’ becomes ‘p P. q Q r: 7. p 7r’; (4) ‘(- pQq)•(rPs)’ becomes ‘-p Q q . r Q s’. logically perfect language logical notation 513 4065h-l.qxd 08/02/1999 7:40 AM Page 513 Note that here the dot is used as conjunction dot and is not flanked by punctuation dots, although in some contexts additional punctuation dots may have to be added, e.g., ‘p.((q . r) P s), which is rewritten as ‘p : q.r. P s’. The scope of a group of n dots extends to the group of n or more dots. (5) ‘- p Q (q.(r P s))’ becomes ‘- p. Q : q.r P s’; (6)‘- pQ((q . r) Ps)’ becomes ‘~p. Q: q.r.Ps’; (7) ‘(- p Q (q . r)) P s’ becomes ‘- p Q. q.r: P s’. The notation for modal propositions made popular by C. I. Lewis consisted of the use of ‘B’ to express the idea of possibility, in terms of which other alethic modal notions were defined. Thus, starting with ‘B p’ for ‘It is possiblethat p’ we get ‘- B p’ for ‘It is not possible that p’ (i.e., ‘It is impossible that p’), ‘- Bp’ for ‘It is not possible that not p’ (i.e., ‘It is necessary that p’), and ‘Bp’ for ‘It is possible that not p’ (i.e., ‘It is contingent that p’ in the sense of ‘It is not necessary that p’, i.e., ‘It is possible that not p’). Given this primitive or undefined notion of possibility, Lewis proceeded to introduce the notion of strict implication, represented by ‘ ’ and defined as follows: ‘p q .% .B (p. -q)’. More recent tradition finds it convenient to use ‘A’, either as a defined or as a primitive symbol of necessity. In the parenthesis-free Polish notation the letter ‘M’ is usually added as the sign of possibility and sometimes the letter ‘L’ is used as the sign of necessity. No inconvenience results from adopting these letters, as long as they do not coincide with any of the existing truthfunctional operators ‘N’, ‘K’, ‘A’, ‘J’, ‘C’, ‘E’, ‘D’. Thus we can express symbolically the sentences ‘If p is necessary, then p is possible’ as ‘CNMNpMp’ or as ‘CLpMp’; ‘It is necessary that whatever is F is G’ as ‘NMNPxCFxGx’ or as ‘LPxCFxGx’; and ‘Whatever is F is necessarily G’ as ‘PxCFxNMNGx’ or as PxCFxLGx; etc.

 

SUB-JAECTUM -- subjectumThe subjectum-praedicatum distinction -- in Aristotelian and traditional (and what Grice calls NEO-traditionalism of Strawson) logic, the common noun, or sometimes the intension or the extension of the common noun, that follows the initial quantifier word (‘every’, ‘some’, ‘no’, etc.) of a sentence, as opposed to the material subject, which is the entire noun phrase including the quantifier and the noun, and in some usages, any modifiers that may apply. The material subject of ‘Every number exceeding zero is positive’ is ‘every number’, or in some usages, ‘every number exceeding zero’, whereas the conceptual or formal subject is ‘number’, or the intension or the extension of ‘number’. Similar distinctions are made between the logical predicate and the grammatical predicate: in the above example, ‘is positive’ is the material predicate, whereas the formal predicate is the adjective ‘positive’, or sometimes the property of being positive or even the extension of ‘positive’. In standard first-order predicate calculus with identity, the formal subject of a sentence under a given interpretation is the entire universe of discourse of the interpretation.

 

Grice on syntactics, semantics, and pramaticssyntactics -- description of the forms of the expressions of a language in virtue of which the expressions stand in logical relations to one another. Implicit in the idea of logical syntax is the assumption that allor at least mostlogical relations hold in virtue of form: e.g., that ‘If snow is white, then snow has color’ and ‘Snow is white’ jointly entail ‘Snow has color’ in virtue of their respective forms, ‘If P, then Q’, ‘P’, and ‘Q’. The form assigned to an expression in logical syntax is its logical form. Logical form may not be immediately apparent from the surface form of an expression. Both (1) ‘Every individual is physical’ and (2) ‘Some individual is physical’ apparently share the subjectpredicate form. But this surface form is not the form in virtue of which these sentences (or the propositions they might be said to express) stand in logical relations to other sentences (or propositions), for if it were, (1) and (2) would have the same logical relations to all sentences (or propositions), but they do not; (1) and (3) ‘Aristotle is an individual’ jointly entail (4) ‘Aristotle is physical’, whereas (2) and (3) do not jointly entail (4). So (1) and (2) differ in logical form. The contemporary logical syntax, devised largely by Frege, assigns very different logical forms to (1) and (2), namely: ‘For every x, if x is an individual, then x is physical’ and ‘For some x, x is an individual and x is physical’, respectively. Another example: (5) ‘The satellite of the moon has water’ seems to entail ‘There is at least one thing that orbits the moon’ and ‘There is no more than one thing that orbits the moon’. In view of this, Russell assigned to (5) the logical form ‘For some x, x orbits the moon, and for every y, if y orbits the moon, then y is identical with x, and for every y, if y orbits the moon, then y has water’. Refs.: H. P. Grice, “Peirce, Mead, and Morris on the semiotic triadand why we don’t study them at Oxford.” GriceseSystem G -- Calculussystem -- logistic system, a formal language together with a set of axioms and rules of inference, or what many today would call a “logic.” The original idea behind the notion of a logistic system is that the language, axioms, rules, and attendant concepts of proof and theorem were to be specified in a mathematically precise fashion, thus enabling one to make the study of deductive reasoning an exact science. One was to begin with an effective specification of the primitive symbols of the language and of which (finite) sequences of symbols were to count as sentences or wellformed formulas. Next, certain sentences were to be singled out effectively as axioms. The rules of inference were also to be given in such a manner that there would be an effective procedure for telling which rules are rules of the system and what inferences they license. A proof was then defined as any finite sequence of sentences, each of which is either an axiom or follows from some earlier line(s) by one of the rules, with a theorem being the last line of a proof. With the subsequent development of logic, the requirement of effectiveness has sometimes been dropped, as has the requirement that sentences and proofs be finite in length. Grice expands on this point by point in the second paragraph of his second William James lecturehe calls the proponents of a system, “formalists,” and later calls them ‘modernists,’ after Whitehead and Russell, and as opposed to the ‘neo-traditionalists,’ or ‘traditionalists, or informalists like Ryle but especially Strawson.

 

LECTUM: logos -- logical product, a conjunction of propositions or predicates. The term ‘product’ derives from an analogy that conjunction bears to arithmetic multiplication, and that appears very explicitly in an algebraic logic such as a Boolean algebra. In the same way, ‘logical sum’ usually means the disjunction of propositions or predicates, and the term ‘sum’ derives from an analogy that disjunction bears with arithmetic addition. In the logical literature of the nineteenth century, e.g. in the works of Peirce, ‘logical product’ and ‘logical sum’ often refer to the relative product and relative sum, respectively. In the work of George Boole, ‘logical sum’ indicates an operation that corresponds not to disjunction but rather to the exclusive ‘or’. The use of ‘logical sum’ in its contemporary sense was introduced by John Venn and then adopted and promulgated by Peirce. ‘Relative product’ was introduced by Augustus De Morgan and also adopted and promulgated by Peirce. LECTUM: logos -- logicum -- logos (plural: logoi) (Grecian, ‘word’, ‘speech’, ‘reason’), term with the following main philosophical usages: rule, principle, law. E.g., in Stoicism the logos is the divine order and in Neoplatonism the intelligible regulating forces displayed in the sensible world. The term came thus to refer, in Christianity, to the Word of God, to the instantiation of his agency in creation, and, in the New Testament, to the person of Christ. (2) Proposition, account, explanation, thesis, argument. E.g., Aristotle presents a logos from first principles. Reason, reasoning, the rational faculty, abstract theory (as opposed to experience), discursive reasoning (as opposed to intuition). E.g., Plato’s Republic uses the term to refer to the intellectual part of the soul. Measure, relation, proportion, ratio. E.g., Aristotle speaks of the logoi of the musical scales. Value, worth. E.g., Heraclitus speaks of the man whose logos is greater than that of others. logicism, the thesis that mathematics, or at least some significant portion thereof, is part of logic. Modifying Carnap’s suggestion (in “The Logicist Foundation for Mathematics,” first published in Erkenntnis), this thesis is the conjunction of two theses: expressibility logicism: mathematical propositions are (or are alternative expressions of) purely logical propositions; and derivational logicism: the axioms and theorems of mathematics can be derived from pure logic. Here is a motivating example from the arithmetic of the natural numbers. Let the cardinality-quantifiers be those expressible in the form ‘there are exactly . . . many xs such that’, which we abbreviate ¢(. . . x),Ü with ‘. . .’ replaced by an Arabic numeral. These quantifiers are expressible with the resources of first-order logic with identity; e.g. ‘(2x)Px’ is equivalent to ‘DxDy(x&y & Ez[Pz S (z%x 7 z%y)])’, the latter involving no numerals or other specifically mathematical vocabulary. Now 2 ! 3 % 5 is surely a mathematical truth. We might take it to express the following: if we take two things and then another three things we have five things, which is a validity of second-order logic involving no mathematical vocabulary: EXEY ([(2x) Xx & (3x)Yx & ÝDx(Xx & Yx)] / (5x) (Xx 7 Yx)). Furthermore, this is provable in any formalized fragment of second-order logic that includes all of first-order logic with identity and secondorder ‘E’-introduction. But what counts as logic? As a derivation? As a derivation from pure logic? Such unclarities keep alive the issue of whether some version or modification of logicism is true. The “classical” presentations of logicism were Frege’s Grundgesetze der Arithmetik and Russell and Whitehead’s Principia Mathematica. Frege took logic to be a formalized fragment of secondorder logic supplemented by an operator forming singular terms from “incomplete” expressions, such a term standing for an extension of the “incomplete” expression standing for a concept of level 1 (i.e. type 1). Axiom 5 of Grundgesetze served as a comprehension-axiom implying the existence of extensions for arbitrary Fregean concepts of level 1. In his famous letter of 1901 Russell showed that axiom to be inconsistent, thus derailing Frege’s original program. Russell and Whitehead took logic to be a formalized fragment of a ramified full finite-order (i.e. type w) logic, with higher-order variables ranging over appropriate propositional functions. The Principia and their other writings left the latter notion somewhat obscure. As a defense of expressibility logicism, Principia had this peculiarity: it postulated typical ambiguity where naive mathematics seemed unambiguous; e.g., each type had its own system of natural numbers two types up. As a defense of derivational logicism, Principia was flawed by virtue of its reliance on three axioms, a version of the Axiom of Choice, and the axioms of Reducibility and Infinity, whose truth was controversial. Reducibility could be avoided by eliminating the ramification of the logic (as suggested by Ramsey). But even then, even the arithmetic of the natural numbers required use of Infinity, which in effect asserted that there are infinitely many individuals (i.e., entities of type 0). Though Infinity was “purely logical,” i.e., contained only logical expressions, in his Introduction to Mathematical Philosophy (p. 141) Russell admits that it “cannot be asserted by logic to be true.” Russell then ( 194–95) forgets this: “If there are still those who do not admit the identity of logic and mathematics, we may challenge them to indicate at what point in the successive definitions and deductions of Principia Mathematica they consider that logic ends and mathematics begins. It will then be obvious that any answer is arbitrary.” The answer, “Section 120, in which Infinity is first assumed!,” is not arbitrary. In Principia Whitehead and Russell jocularly say of Infinity that they “prefer to keep it as a hypothesis.” Perhaps then they did not really take logicism to assert the above identity, but rather a correspondence: to each sentence f of mathematics there corresponds a conditional sentence of logic whose antecedent is the Axiom of Infinity and whose consequent is a purely logical reformulation of f. In spite of the problems with the “classical” versions of logicism, if we count so-called higherorder (at least second-order) logic as logic, and if we reformulate the thesis to read ‘Each area of mathematics is, or is part of, a logic’, logicism remains alive and well. Ayer liked to use ‘logical’ as an adjective. His positivism was not like Comte, it was a “logical” positivism. logical positivism, also called positivism, a philosophical movement inspired by empiricism and verificationism. While there are still philosophers who would identify themselves with some of the logical positivists’ theses, many of the central docrines of the theory have come under considerable attack in the last half of this century. In some ways logical positivism can be seen as a natural outgrowth of radical or British empiricism and logical atomism. The driving force of positivism may well have been adherence to the verifiability criterion for the meaningfulness of cognitive statements. Acceptance of this principle led positivists to reject as problematic many assertions of religion, morality, and the kind of philosophy they described as metaphysics. The verifiability criterion of meaning. The radical empiricists took genuine ideas to be composed of simple ideas traceable to elements in experience. If this is true and if thoughts about the empirical world are “made up” out of ideas, it would seem to follow that all genuine thoughts about the world must have as constituents thoughts that denote items of experience. While not all positivists tied meaning so clearly to the sort of experiences the empiricists had in mind, they were convinced that a genuine contingent assertion about the world must be verifiable through experience or observation. Questions immediately arose concerning the relevant sense of ‘verify’. Extreme versions of the theory interpret verification in terms of experiences or observations that entail the truth of the proposition in question. Thus for my assertion that there is a table before me to be meaningful, it must be in principle possible for me to accumulate evidence or justification that would guarantee the existence of the table, which would make it impossible for the table not to exist. Even this statement of the view is ambiguous, however, for the impossibility of error could be interpreted as logical or conceptual, or something much weaker, say, causal. Either way, extreme verificationism seems vulnerable to objections. Universal statements, such as ‘All metal expands when heated’, are meaningful, but it is doubtful that any observations could ever conclusively verify them. One might modify the criterion to include as meaningful only statements that can be either conclusively confirmed or conclusively disconfirmed. It is doubtful, however, that even ordinary statements about the physical world satisfy the extreme positivist insistence that they admit of conclusive verification or falsification. If the evidence we have for believing what we do about the physical world consists of knowledge of fleeting and subjective sensation, the possibility of hallucination or deception by a malevolent, powerful being seems to preclude the possibility of any finite sequence of sensations conclusively establishing the existence or absence of a physical object. Faced with these difficulties, at least some positivists retreated to a more modest form of verificationism which insisted only that if a proposition is to be meaningful it must be possible to find evidence or justification that bears on the likelihood of the proposition’s being true. It is, of course, much more difficult to find counterexamples to this weaker form of verificationism, but by the same token it is more difficult to see how the principle will do the work the positivists hoped it would do of weeding out allegedly problematic assertions. Necessary truth. Another central tenet of logical positivism is that all meaningful statements fall into two categories: necessary truths that are analytic and knowable a priori, and contingent truths that are synthetic and knowable only a posteriori. If a meaningful statement is not a contingent, empirical statement verifiable through experience, then it is either a formal tautology or is analytic, i.e., reducible to a formal tautology through substitution of synonymous expressions. According to the positivist, tautologies and analytic truths that do not describe the world are made true (if true) or false (if false) by some fact about the rules of language. ‘P or not-P’ is made true by rules we have for the use of the connectives ‘or’ and ‘not’ and for the assignments of the predicates ‘true’ and ‘false’. Again there are notorious problems for logical positivism. It is difficult to reduce the following apparently necessary truths to formal tautologies through the substitution of synonymous expressions: (1) Everything that is blue (all over) is not red (all over). (2) All equilateral triangles are equiangular triangles. (3) No proposition is both true and false. Ironically, the positivists had a great deal of trouble categorizing the very theses that defined their view, such as the claims about meaningfulness and verifiability and the claims about the analytic–synthetic distinction. Reductionism. Most of the logical positivists were committed to a foundationalist epistemology according to which all justified belief rests ultimately on beliefs that are non-inferentially justified. These non-inferentially justified beliefs were sometimes described as basic, and the truths known in such manner were often referred to as self-evident, or as protocol statements. Partly because the positivists disagreed as to how to understand the notion of a basic belief or a protocol statement, and even disagreed as to what would be good examples, positivism was by no means a monolithic movement. Still, the verifiability criterion of meaning, together with certain beliefs about where the foundations of justification lie and beliefs about what constitutes legitimate reasoning, drove many positivists to embrace extreme forms of reductionism. Briefly, most of them implicitly recognized only deduction and (reluctantly) induction as legitimate modes of reasoning. Given such a view, difficult epistemological gaps arise between available evidence and the commonsense conclusions we want to reach about the world around us. The problem was particularly acute for empiricists who recognized as genuine empirical foundations only propositions describing perceptions or subjective sensations. Such philosophers faced an enormous difficulty explaining how what we know about sensations could confirm for us assertions about an objective physical world. Clearly we cannot deduce any truths about the physical world from what we know about sensations (remember the possibility of hallucination). Nor does it seem that we could inductively establish sensation as evidence for the existence of the physical world when all we have to rely on ultimately is our awareness of sensations. Faced with the possibility that all of our commonplace assertions about the physical world might fail the verifiability test for meaningfulness, many of the positivists took the bold step of arguing that statements about the physical world could really be viewed as reducible to (equivalent in meaning to) very complicated statements about sensations. Phenomenalists, as these philosophers were called, thought that asserting that a given table exists is equivalent in meaning to a complex assertion about what sensations or sequences of sensations a subject would have were he to have certain other sensations. The gap between sensation and the physical world is just one of the epistemic gaps threatening the meaningfulness of commonplace assertions about the world. If all we know about the mental states of others is inferred from their physical behavior, we must still explain how such inference is justified. Thus logical positivists who took protocol statements to include ordinary assertions about the physical world were comfortable reducing talk about the mental states of others to talk about their behavior; this is logical behaviorism. Even some of those positivists who thought empirical propositions had to be reduced ultimately to talk about sensations were prepared to translate talk about the mental states of others into talk about their behavior, which, ironically, would in turn get translated right back into talk about sensation. Many of the positivists were primarily concerned with the hypotheses of theoretical physics, which seemed to go far beyond anything that could be observed. In the context of philosophy of science, some positivists seemed to take as unproblematic ordinary statements about the macrophysical world but were still determined either to reduce theoretical statements in science to complex statements about the observable world, or to view theoretical entities as a kind of convenient fiction, description of which lacks any literal truth-value. The limits of a positivist’s willingness to embrace reductionism are tested, however, when he comes to grips with knowledge of the past. It seems that propositions describing memory experiences (if such “experiences” really exist) do not entail any truths about the past, nor does it seem possible to establish memory inductively as a reliable indicator of the past. (How could one establish the past correlations without relying on memory?) The truly hard-core reductionists actually toyed with the possibility of reducing talk about the past to talk about the present and future, but it is perhaps an understatement to suggest that at this point the plausibility of the reductionist program was severely strained.

 

Levi: Alessandro Levi (Venezia), filosofo. Linceo. Figlio di Giacomo Levi, direttore delle Assicurazioni Generali, e di Irene Levi Civita (sorella di Giacomo Levi Civita), si laureò a Padova con una tesi su Delitto e pena nel pensiero dei Greci, pubblicata l'anno successivo a Torino dai Fratelli Bocca, e recensita su La Critica da Georges Sorel.  Di idee democratiche e socialiste, collaborò a Critica Sociale, e dopo l'avvento del fascismo, al gruppo di Giustizia e Libertà. Prestò il giuramento di fedeltà al fascismo, come il cugino Tullio Levi Civita decise di giurare "ma con riserva", ossia scrivendo al rettore che "in alcun modo avrebbe modificato l'indirizzo del proprio insegnamento". A seguito delle Leggi razziali fasciste, fu estromesso dall'insegnamento della Filosofia a Catania. Fu internato e prosciolto.. In seguito espatriò in Svizzera. Dopo la caduta del fascismo tornò a insegnare a Firenze. Fu membro dell'Accademia Nazionale dei Lincei.  Opere principali: “Delitto e pena nel pensiero dei greci, Torino, Fratelli Bocca, Sur le droit naturel dans la philosophie de Spencer, Geneve, H. Kundig, Quelques remarques sur la conception du droit naturel dans la philosophie de Vico, Heidelberg, Winter, La societe et l'ordre juridique, Paris, O. Doin et fils, 1911 Sul concetto di buona fede: appunti intorno ai limiti etici del diritto soggettivo, Genova, Angelo Fortunato Formiggini, 1912 Filosofia del diritto e tecnicismo giuridico, Bologna, Zanichelli, 1920 La filosofia politica di Giuseppe Mazzini, Bologna, Zanichelli, 1922 La filosofia del diritto nel momento presente della scienza e della vita sociale, Torino, UTET, 1922 Filippo Turati, Roma, Formiggini, 1924 Ricordi della vita e dei tempi di Ernesto Nathan, Firenze, F. Le Monnier, 1927 Il positivismo politico di Carlo Cattaneo, Bari, Laterza, Ricordi dei fratelli Rosselli, Firenze, La Nuova Italia, La filosofia critica come problematica del diritto, Milano, Giuffrè Editore, Scritti minori, Padova, CEDAM, Teoria generale del diritto, Padova, CEDAM. Simonetta Fiori, I professori che dissero "NO" al Duce, in La Repubblica, 16 aprile 2000. 18 febbraio .  Sergio Romano, 1931: i professori giurano fedeltà al fascismo. In: Corriere della Sera, 14.2.2006 (p. 39)  Simonetta Carolini , "Pericolosi nelle contingenze belliche". Gli internati dal 1940 al 1943, Roma 1987 (A.N.P.P.I.A.)176  Guido Fassò, Il pensiero e l'opera di Alessandro Levi, Milano, Giuffré, 1953 Norberto Bobbio, Alessandro Levi, "Il giornale dell'Universita", 1-2 (1954) Renato Treves, La rinascita del diritto naturale e l'insegnamento di Alessandro Levi, "Rivista di filosofia", v. 52, 1 (gen. 1961) Giovanni Marino, La filosofia giuridica di Alessandro Levi tra positivismo e idealismo, Napoli, Jovene, 1976 Liliana Aloisi, Alessandro Levi: la crisi del "sottosuolo" positivistico, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 1982. Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Alessandro Levi  Alessandro Levi, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Alessandro Levi, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  (IT, DE, FR) Alessandro Levi, su hls-dhs-dss.ch, Dizionario storico della Svizzera.  Alessandro Levi, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Alessandro Levi, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Alessandro Levi, .  Una sua biografia, su liberalsocialisti.org. Una recensione del suo Ricordi dei fratelli Rosselli, su ebraismi.it.

 

Liberatore: «Ma il difetto molto comune degli Economisti è il mancare di giuste idee filosofiche, e con ciò non ostante voler sovente filosofare» Matteo Liberatore (Salerno), filosofo.  Entrò nel collegio dei gesuiti di Napoli nel 1825 e, non ancora sedicenne, chiese di far parte della Compagnia di Gesù, nella quale iniziò il noviziato il 9 ottobre 1826.  Terminati gli studi ecclesiastici ("con inusuale successo", secondo quanto afferma la Catholic Enciclopedia), insegnò filosofia per undici anni, dal 1837 fino alla rivoluzione del 1848, anno in cui, a causa della stessa rivoluzione, si trasferì a Malta. Al ritorno in Italia ebbe l'incarico di insegnare teologia.  Nel 1841 fondò a Napoli, con il filosofo e teologo Gaetano Sanseverino (1811-1865), il periodico cattolico La Scienza e la Fede, con lo scopo di criticare le nuove idee del razionalismo, dell'idealismo e del liberalismo, dalle pagine del quale veniva sostenuta una strenua battaglia in favore del brigantaggio, interpretato come movimento politico contrario all'unità d'Italia, ovvero: "La cagione del brigantaggio è politica, cioè l'odio al nuovo governo".  Lasciò l'insegnamento nel 1850 per partecipare alla fondazione de La Civiltà Cattolica, una rivista fondata dai gesuiti per difendere la Chiesa cattolica e il papato e per diffondere la dottrina di san Tommaso d'Aquino.  Pensiero Liberatore fu uno degli estensori dell'enciclica Rerum Novarum di Leone XIII insieme al domenicano cardinale Zigliara.  Fu studioso della filosofia scolastica di Tommaso ed iniziatore del cosiddetto neotomismo o neoscolastica: gli storici della teologia cattolica lo considerano come colui che fece rinascere la filosofia scolastica dell'Aquinate. Inaugurò questo movimento nel 1840 con la pubblicazione del Corso di filosofia. Portò avanti questo movimento attraverso l'insegnamento nelle aule, con libri di testo sulla filosofia,con articoli su La Civiltà Cattolica e altri periodici, con altri lavori maggiori, e anche attraverso il suo lavoro di membro dell'Accademia Romana, alla quale fu chiamato da Leone XIII.  Combatté il razionalismo e l'ontologismo, così come le idee del Rosmini.  Con i padri Carlo Maria Curci, Carlo Piccirillo e Raffaele Ballerini sostenne su La Civiltà Cattolica la tesi, per quei tempi revisionista, secondo la quale il brigantaggio fu la legittima resistenza di un popolo a una conquista non solo territoriale, ma soprattutto ideologica.  Carlos Sommervogel s.j. parla di più di quaranta lavori pubblicati dal Liberatore, ed elenca i titoli di più di novecento articoli, includendo le recensioni su La Civiltà Cattolica.  Valutazione La Chiesa cattolica del suo tempo vide in lui per più di mezzo secolo l'infaticabile campione della verità nei campi della filosofia e della teologia.  Fu difensore dei diritti della Chiesa e studioso dei problemi della vita cristiana, delle relazioni tra Chiesa e stato, tra la morale e la vita sociale.  I filosofi della sua scuola mettono in evidenza nei suoi scritti la acutezza dei giudizi, la forza degli argomenti, la sequenza logica del pensiero, la stretta osservazione dei fatti, la conoscenza dell'uomo e del mondo, la semplicità ed eleganza dello stile.  All'inizio Professoreera giudicato da molti nella Chiesa cattolica il più grande filosofo dei suoi tempi. Si riteneva che vivesse santamente, e si scorgeva in lui un profondo spirito religioso.  È considerato uno dei precursori del personalismo economico insieme al gesuita Luigi Taparelli d'Azeglio e a Antonio Rosmini.  Opere Tra i suoi scritti più conosciuti vi sono vari compendi di logica, metafisica, etica e diritto naturale, e in particolare:  Dialoghi filosofici, Napoli 1840; 2. ed. 1851 Institutiones logicae et metaphysicae, Napoli 1840-42; Milano 1846 Theses ex metaphysica selectae quas suscipit propugnandas Franciscus Pirenzio in collegio neapolitano S. J. ab. divi Sebastiani Quinto Napoli 1842 Dialogo sopra l'origine delle idee, Napoli, 1843 Il Panteismo trascendentale, dialogo, Napoli 1844 Il Progresso. Dialogo filosofico, 2. ed., Genova, 1846 Ethicae et juris naturae elementa, Napoli, 1846; Roma, 1857 Elementi di filosofia, Napoli, 1848; 2. ed. 1850; Livorno, 1852;5.ed.Napoli, 1852, Institutiones Philosophicae, Napoli, 1851; 5ª ed., Roma Della Conoscenza intellettuale, Napoli, 1855; Roma, 1857 Compendium logicae et metaphysicae, Roma 1858 Sopra la teoria scolastica della composizione sostanziale dei corpi, Roma 1861 Risposta ad una lettera anonima sopra la teoria scolastica della composizione sostanziale dei corpi, Roma 1861 Dell'uomo, 2 vols., Roma, 1862 La Filosofia della Divina Commedia di Dante Alighieri. (In Omaggio a Dante Aligh. dei Cattolici ital.), Roma,  Ethica et Ius Naturae, Roma, 1866, Typis civilitatis catholicae La Chiesa e lo Stato, Napoli, Real tipografia Giannini, 1872 Della composizione sostanziale dei corpi, Napoli, Real tipografia Giannini, 1878 L'autocrazia dell'ente: Commedia in tre atti, Napoli 1880 Degli universali. Confutazione della filosofia Rosminiana difesa da Mons. Ferre, Roma 1883-4 Principii di Economia Politica, Roma, A. Befani, 1889 Articoli scelti:  La proposta dell'imperatore germanico di un accordo internazionale in favore degli operai, Civiltà Cattolica Le associazioni operaie, Civiltà Cattolica Dell'intervenzione governativa nel regolamento del lavoro, Civiltà Cattolica XIV (9) 1890 L'Enciclica Rerum Novarum del S. Padre Leone XIII, De conditione opificium, Civiltà Cattolica La voce La Civiltà Cattolica spiega nei dettagli il clima di "difesa" in cui la Chiesa si sentiva in quel tempo.  Per il Liberatore il ritorno all'Aquinate doveva essere orientato alle sue dottrine originarie: Liberatore era convinto che dopo di lui ben poco di nuovo aveva prodotto il pensiero umano.  Brigantaggio. Legittima difesa del Sud. Gli articoli della "Civiltà Cattolica"  introduzione di Giovanni Turco, Napoli, Editoriale Il Giglio, 2000  Per l'atteggiamento arroccato in difesa della Chiesa di quel tempo vedi ad esempio Sillabo#La "cupa scia" del Sillabo  Vincenzo Nardini, Manca di verità e si oppone a San Tommaso la soluzione di un alto problema metafisico abbracciata dal... p. Matteo Liberatore ..., Roma, fratelli Pallotta tipografi a S. Ignazio, 1862. Lettere edificanti della provincia napoletana della Compagnia di Gesù, in La Civiltà cattolica, Civiltà cattolica: 1850-1945, antologia Gabriele De Rosa, I-IV, s.l. [ma San Giovanni Valdarno] 1973, ad ind.; Giuseppe Mellinato, Carteggio inedito LiberatoreCornoldi in lotta per la filosofia tomistica durante il secondo Ottocento, Roma 1993; Michele Volpe, I gesuiti nel Napoletano, Napoli 1914, I,  192-206; Paolo Dezza, Alle origini del neotomismo, Milano 1940,  65-73; Aldo Devizzi, La critica di p. Matteo Liberatore all'ontologismo, in Rivista di filosofia neo-scolastica,Tommaso Mirabella, Il pensiero politico del p. Matteo Liberatore ed il suo contributo ai rapporti tra Chiesa e Stato, Milano 1956; M. Scaduto, Il pensiero politico del p. Matteo Liberatore ed il contributo ai rapporti tra la Chiesa e lo Stato, in Archivum historicum Societatis Iesu, Roger Aubert, Aspects divers du néo-thomisme sous le pontificat de Léon XIII, in Aspetti della cultura cattolica nell'età di Leone XIII, Giuseppe Rossini, Roma Gabriele De Rosa, Storia del movimento cattolico in Italia, I-II, Bari 1966, ad ind.; Federico Lombardi, La Civiltà cattolica e la stesura della "Rerum novarum". Nuovi documenti sul contributo del p. Matteo Liberatore, in La Civiltà cattolica, 1982, n. 1,  471-476; Francesco Dante, Storia della "Civiltà cattolica", Roma Nomenclator literarius theologiae catholicae,  Carlos Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, IV, coll. 1774-1803; Grande antologia filosofica, Milano, Carlo Maria Curci Compagnia di Gesù La Civiltà Cattolica Rerum Novarum  Matteo Liberatore, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Pietro Pirri, Matteo Liberatore, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Matteo Liberatore, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.  Salvatore Discepolo, Matteo Liberatore, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Matteo Liberatore, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Matteo Liberatore, . John Harding Fisher, Matteo Liberatore, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company.  Presentazione del libro su La Civiltà Cattolica e il brigantaggio.

 

Liceti: Xilografia di Giovanni Battista Coriolano, Fortunio Liceti (Rapallo), filosofo. Allievo ed erede di Cesare Cremonini. Secondo una leggenda locale Fortunio Liceti nacque prematuro (6 mesi), venendo alla luce su una nave presa da tempesta lungo le coste tra Recco e Rapallo. Sempre secondo la tradizione orale suo padre, che era un medico famoso, lo mise in una scatola di cotone dentro un forno, come si faceva per far schiudere le uova, inventando così il prototipo della moderna incubatrice. Dopo aver compiuto i primi studi letterari nella sua città natale, Rapallo, venne inviato a Bologna per compiere e approfondire gli studi legati alla filosofia e alla medicina.   Frontespizio della terza edizione del De monstruorum natura, caussis, natura, et differentiis libri duo, Amsterdam, Andreas Frisius, 1665. Intorno al 1600, conclusi i corsi scientifici nella città bolognese, si trasferì nella città toscana di Pisa dove insegnò presso l'università dal 1600 al 1609 logica e filosofia.  Il 25 agosto 1609 ottenne la cattedra di filosofia presso l'Padova. Passato all'Bologna, dove dal 1637 occupò la cattedra di filosofia ordinaria, il 28 settembre 1645 fece ritorno a Padova dove gli fu assegnata la cattedra di medicina teorica ordinaria presso l'università. Il 10 aprile 1619 fu ascritto all'Accademia dei Ricovrati (oggi Accademia Galileiana di scienze, lettere ed arti).  «Quando, nel 1618, comparve in cielo una cometa, si riaccese una controversia analoga a quella suscitata dalla stella nova del 1604, ma questa volta le difese della teoria aristotelica furono assunte dal Liceti ed il compito di attaccarla, partito ormai Galileo, fu assunto dal suo successore sulla cattedra di matematica, Giovanni Gloriosi, che se la prese appunto col Liceti. Questi rispose pubblicando un suo De novis astris et cometis, in cui oltre a difendere Aristotele egli criticava i moderni scienziati, tra i quali anche Galileo, ma con espressioni molto rispettose e lusinghiere. A questo scritto Galileo fece rispondere dal suo amico Mario Guiducci col Discorso sulle comete.»  Morì a Padova il 16 giugno 1657 e fu sepolto nella chiesa di Sant'Agostino, rasa al suolo nel 1819 su ordinanza del governo austriaco.  Nella sua vita scrisse numerose opere di filosofia naturale e di medicina, tra le quali i due libri più famosi intitolati De monstruorum causis, natura et differentis, stampati nel 1616, più volte riediti (Padova 1634, con l'aggiunta di numerose illustrazioni, Amsterdam 1665 e Padova 1668, con aggiunte di Gerard Blaes) e tradotti in francese, nei quali riprese le soluzioni aristoteliche sul problema delle anomalie genetiche, e i quattro volumi De spontaneo viventium ortu, nel 1618, nei quali sostenne la generazione spontanea degli animali inferiori.  Altri testi importanti per la ricerca furono i volumi De lucernis antiquorum reconditis, scritto nel 1621 e apprezzato da Claudius Berigardus, e la Silloge Hieroglyphica, sive antiqua schemata gemmarum anularium del 1653. Trattò inoltre la questione dell'anima delle bestie nel De feriis altricis animae del 1631.  Le sue opere furono chiaramente ispirate ad Aristotele, in particolare gli studi sul problema della generazione vivente e sul cosmo, entrando talvolta in contrasto con Galileo Galilei, specialmente per quanto riguarda la struttura dei cieli e della Luna, che Liceti considerava una sfera perfetta e trasparente la cui luminosità non era un riflesso della luce solare, ma veniva generata al suo interno. Al centro di questo dissenso cosmologico, c'era, infatti, il tentativo di spiegare il fenomeno luminescente della pietra di Bologna, che Liceti considerava un frammento di materia lunare. Alcuni scritti del Liceti rimasero inediti a causa delle ampie discussioni riportate sulle novità astronomiche del XVII secolo.  «Nella congerie immensa dei suoi scritti e commenti va notata la difesa della pietas d'Aristotele; quella pietas così vivacemente messa in forse alcuni anni più tardi dal platonicissimo cappuccino Valeriano Magno, che tacciò d'ateismo il sistema dello Stagirita. Il Liceto invece disserta «de gradu pietatis Aristotelis erga Deum et homines», e nell'opera sua «Philosophi sententiae plurimae, fidelium auditui durae, salubribus explicationibus emollitae, ad pias aures accommodantur, illaeso genuino sensu Aristotelis» . E ad epigrafe dell'opera sua si compiace del distico Vulgus Aristotelem gravat impietate, Licetus Doctorem purgat. Numquid uterque pius?»  Nel 1777 la città di Padova ed il nobile genovese Carlo Spinola di Roccaforte resero omaggio al filosofo facendo erigere una statua in marmo scolpita dallo scultore padovano Francesco Rizzi.  A Rapallo, sua città natale, vi è dedicata una via nel centro storico e l'intitolazione dell'Istituto Superiore Tecnico cittadino.  Gli è stato dedicato il cratere Licetus sulla Luna.  Opere principali  De centro et circumferentia, 1640.  Fortunio Liceti, De regulari motu minimaque parallaxi cometarum caelestium disputationes, Vtini, Nicola Schiratti, 1611. 19 giugno . Fortunio Liceti, De monstruorum natura, caussis, natura, et differentiis libri duo, 1616.  Fortunio Liceti, De spontaneo viventium ortu, Vicetiae, Domenico Amadio, Francesco Bolzetta, 1618. 19 giugno .  Fortunio Liceti, Encyclopaedia ad aram mysticam Nonarii Terrigenae, Patauii, Gaspare Crivellari, 1630. 10 febbraio . Fortunio Liceti, De feriis altricis animae nemeseticae disputationes, 1631. Fortunio Liceti, Allegoria peripatetica de generatione, amicitia, et privatione in aristotelicum aenigma elia lelia crispis, 1630. Fortunio Liceti, Ad aram lemniam Dosiadae, poëtae vetustissimi et obscurissimi, encyclopaedia, Parisiis : apud C. Cottard , 1635  Fortunio Liceti, Ad Syringam publilianam encyclopaedia, Patauii, Livio Pasquato, Giacomo Bortolo, 1635. 10 febbraio .  Fortunio Liceti, Ad Epei Securim Encyclopaedia Fortunii Liceti Genuensis philosophi, ac medici, Bononiae, Giacomo Monti, 1637. 10 febbraio .  Fortunio Liceti, De centro et circumferentia, Vtini, Nicola Schiratti, 1640. 19 giugno .  Fortunio Liceti, De luminis natura et efficientia, Vtini, Nicola Schiratti, 1640. 19 giugno .  Fortunio Liceti, Litheosphorus, siue De lapide Bononiensi lucem in se conceptam ab ambiente claro mox in tenebris mire conservante, Vtini, Nicola Schiratti, 1640. 19 giugno .  Fortunio Liceti, Ad alas amoris diuini a Simmia Rhodio compactas, Patavii, Giulio Crivellari, 1640. 10 febbraio .  Fortunio Liceti, De lucidis in sublimi ingenuarum exercitationum liber, Patauii, Giulio Crivellari, 1641. 19 giugno . Fortunio Liceti, De Lunae Subobscura Luce prope coniunctiones, 1641.  Fortunio Liceti, Hieroglyphica, Patavii, Sebastiano Sardi, 1653. 19 giugno .  Fortunio Liceti, Hydrologiae peripateticae disputationes, Vtini, Nicola Schiratti, 1655. 19 giugno .  Fortunio Liceti, Ad syringam a Theocrito Syracusio compactam et inflatam Encyclopaedia, Vtini, Nicola Schiratti, 1655. 10 febbraio . Note  Enrico Berti (1982)538.   Fortunio Liceti, Traité des monstres, de leur causes, de leur nature, & de leur differences, traduzione di Jan Palfijn, Leida, Chez la veve de Bastiaan Schouten, 1708. Nuova traduzione abbreviata “De la nature, des causes, des différences des monstres d'après Fortunio Liceti”, François Houssay, prefazione di Louis Ombrédanne, Parigi 1937.  Fabrizio Baldassarri, La pietra di Bologna da Descartes a Spallanzani. Sviluppo di un modello scientifico tra curiosità, metodo, analogia, esempio e prova empirica, Nel nome di Lazzaro. Saggi di storia della scienza e delle istituzioni scientifiche tra il XVII e il XVIII secolo.  Eugenio Garin, La filosofia,  2, Milano, Vallardi, 194755.  Questo testo proviene in parte dalla relativa voce del progetto Mille anni di scienza in Italia, opera del Museo Galileo. Istituto Museo di Storia della Scienza di Firenze (home page), pubblicata sotto licenza Creative Commons CC-BY-3.0 Caspar Bartholin, Institutiones anatomicae..., Lugduni Batavorum 1645182; Jean Riolan, Opuscula anatomica nova, in Id., Opera anatomica, Lutetiae Parisiorum 1649,  570-574; Thomas Bartholin, Epistolarum medicinalium... centuria I et II, Hafniae 1663,  39-86, 128-132, 143-172, 270-274 (5 lettere al Liceti, 4 del Liceti); Johann Vesling, Observationes anatomicae et epistolae medicae, Hafniae 1664,  135 s., 203-221 (7 lettere al Liceti); Umberto Dallari, I rotuli dei lettori legisti e artisti dello Studio bolognese dal 1384 al 1799, II, Bologna 1889, ad ind.; Edizione nazionale delle opere di Galileo Galilei, Firenze 1890-1909, X, XI, XIII, XIV, XVI, XVII, XVIII, ad indices; Acta nationis Germanicae artistarum (1616-1636), Lucia Rossetti, Padova 1967, ad ind.; (1637-1662), Lucia Rossetti, Antonio Gamba, Padova 1995, ad ind.; Giornale della gloriosissima Accademia Ricovrata, A: verbali delle adunanze..., Antonio Gamba, Lucia Rossetti, Trieste 1999, ad ind.; Jacopo Salomoni, Urbis Patavinae inscriptiones..., Patavii 170176; Jacopo Facciolati, Fasti Gymnasii Patavini, Patavii 1757,  280 s., 284 s., 344 s.; Girolamo Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, VIII, Modena 1780118; Ernest Renan, Averroès et l'averroïsme, Paris 1861413; Cesare Taruffi, Storia della teratologia, I, Bologna 1881,  42, 55, 267, 270, 349 s., 354; II, ibid. 188283; Antonio Favaro, Amici e corrispondenti di Galileo Galilei, IX, Giovanni Camillo Gloriosi, in Atti del R. 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Zum Problem der Genese der Seele um 1600Rudolph Goclenius, Julius Caesar Scaliger, Fortunio Liceti, in Säkularisierung in den Wissenschaften seit der frühen Neuzeit, Lutz Danneberg et al., II, Berlin-New York 2002,  125 s., 143 s.; Paul Oskar Kristeller, Iter Italicum, I-VI, ad indices.  Hiro Hirai, Âme de la Terre, génération spontanée et origine de la vie: Fortunio Liceti critique de Marsile Ficin, in Bruniana & Campanelliana,  12, n. 2, 2006,  451-469, JSTOR 24335240.  Filosofia Medicina Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Fortunio Liceti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Fortunio Liceti  Fortunio Liceti, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Agostino Palmerini, Fortunio Liceti, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Fortunio Liceti, su sapere.it, De Agostini.  Giuseppe Ongaro, Fortunio Liceti, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Fortunio Liceti, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Fortunio Liceti, .  di Fortunio Liceti, su Internet Speculative Fiction Database, Al von Ruff.

 

Liguori. Ritratto. Girolamo de Liguori (Roma), filosofo. Si è dedicato in gioventù anche alla pedagogia, all'impegno politico e al teatro. Ha frequentato il liceo classico presso i padri gesuiti dell’Istituto Massimo di Roma. Studia poi giurisprudenza all'università La Sapienza e durante gli anni universitari si impegna anche in una intensa attività teatrale raccontata nel libro Scherzi della memoria prefatto da Franco Ferrarotti. Nel 1959 è tra i fondatori del CUT (Centro Universitario Teatrale) di Roma, stabilendo contatti con attori e registi quali Giorgio Albertazzi, Anna Proclemer, Vittorio Gassman, Evi Maltagliati e molti altri attori e registi, organizzando nel 1960 un grande convegno nell’aula magna dell’Roma con Gassman e Lucignani su La Messinscena dell'Adelchi di Manzoni. Si laurea nello stesso ateneo nel 1962 con una tesi in Filosofia del diritto sullo scetticismo giuridico. Fresco di laurea viene nominato assistente della disciplina alla cattedra di nuova istituzione presso l’Università degli Studi di Lecce. Sposa Aurora, dalla quale avrà tre figli (Enrico, Eclita e Mario). Vince per concorso la cattedra di storia e filosofia nei Licei e inizia la carriera di docente nel Liceo Classico Calamo di Ostuni. Contemporaneamente si impegna nell'insegnamento nelle scuole secondarie superiori e nell'attività pedagogica, si dedica all'impegno politico e alla ricerca storica del pensiero filosofico, pubblicando saggi, articoli e monografie per importanti editori, stabilendo collaborazioni continuative culturali e scientifiche con specialisti e centri di ricerca. Prende successivamente il titolo di dottore di ricerca in filosofia presso le consorziate Bari, Urbino e Ferrara. Ha ricoperto nel corso della sua carriera diversi incarichi universitari presso l'Trento, del Salento ed ha partecipato come relatore a convegni scientifici internazionali presso le Torino, Firenze, Lecce, Cassino, Napoli, ecc.   Primi anni Sessanta. Aula Magna dell'Università La Sapienza, Roma. G. de Liguori interviene al convegno da lui organizzato insieme al CUT di Roma. Alle sue spalle seduto in primo piano, Vittorio Gassman. Dopo aver vissuto per parecchi anni in Puglia ad Ostuni, nel 1999 si trasferisce a Noceto, dove vive ancor oggi, vedovo dal 2007. Ha messo il suo vissuto culturale a disposizione del Comune di Noceto, per l'ideazione e l'organizzazione di attività, nell'ambito della poesia e del teatro, promosse dall'Assessorato alla Cultura.   Primi anni Sessanta. Aula magna dell'Università La Sapienza, Roma, G. de Liguori (in piedi) con Giorgio Albertazzi, Anna Proclemer (di spalle) ed il regista Amedeo Fago. Studi e ricerche Nella sua intensa attività di ricerca si è occupato di storia del pensiero moderno, storia della filosofia e storia della scienza. Con I baratri della ragione, viene riconosciuto come uno dei massimi studiosi dell'opera di Arturo Graf, importante autore italiano del quale de Liguori ha contribuito per primo a rivalutare il valore storico e culturale; ha scritto di Leopardi, Kant, e Cartesio. Ha trattato il Positivismo italiano di Giuseppe Sergi, Cesare Lombroso, Enrico Morselli e Tito Vignoli; dello scetticismo di Giuseppe Rensi ponendolo in critica relazione tra Leopardi e Pirandello; ha scritto del suo avo S. Alfonso M. de' Liguori e di altri autori noti e meno noti come il gesuita anticartesiano Giovan Battista De Benedictis, detto l'Aletino. Ha collaborato con l'Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani, con la Domus Galileana di Pisa e con l'Istituto Italiano per gli Studi filosofici di Napoli nonché con le più importanti riviste filosofiche, storiche e letterarie nazionali.  Ha pubblicato per Editori quali Laterza, Le Monnier, La città del SoleIstituto italiano per gli Studi Filosofici, Lacaita e molte altre.  Nel corso dei suoi studi ha tenuto diversi rapporti epistolari con eminenti personalità della letteratura, della filosofia e della scienza, quali: Eugenio Garin, Norberto Bobbio, Corrado Augias, Walter Binni, Ambrogio Donini, Franco Ferrarotti e Sebastiano Timpanaro, del quale sono state pubblicate 12 lettere sulla rivista Il "Ponte".  Impegno politico  1967. Comune di Ostuni (BR) Intervento di G. de Liguori al convegno da lui organizzato sul tema del Dialogo tra Maristi e Cattolici. Seduto il Senatore Prof. Ambrogio Donini. Nel 1967 G. de Liguori, insieme ad altri giovani intellettuali, fonda ad Ostuni (BR) il Circolo Culturale “Sic et Non”, cui aderiscono e collaborano note personalità della politica e della cultura quali il Senatore Prof. Ambrogio Donini, il meridionalista letterato Tommaso Fiore, Lucio Lombardo Radice, matematico e fondatore e direttore di “Riforma della scuola” e docenti delle Bari, Roma e Lecce. Il circolo si impegna in complesse battaglie civili come quella per un dialogo tra marxisti e cattolici, ed altre incombenti questioni sociali come la campagna per il divorzio. Stringe intese, oltre che con moti uomini politici e studiosi di chiara fama, con il gruppo dei cattolici del Gallo di Genova e coi fiorentini seguaci di Giorgio La Pira, i quali si riunivano intorno alla rivista “Testimonianze” diretta da padre Ernesto Balducci e Danilo Zolo, nonché con i ragazzi della Scuola di Barbiana, diretta da Don Lorenzo Milani. Manifesto editoriale del "Sic et Non" è la rivista Presenza, da lui diretta, che testimonia questa attività politica allora pionieristica per una piccola provincia del Sud Italia. I sette numeri pubblicati della rivista Presenza, e altra documentazione di tale impegno politico, sono attualmente depositati presso la Biblioteca Comunale di Ostuni (BR) intitolata a Francesco Trinchera e comunque ampiamente documentati nell'unico libro autobiografico dello stesso autore.  Critica e commenti sull'opera di Girolamo de Liguori Carteggio con illustri studiosi Norberto Bobbio: «[…] Il libro mi pare di grande interesse, per l’ampiezza e la serietà della ricerca su un tema, se non sbaglio, mai scandagliato a fondo, eppure importante nell'ambito più vasto della storia della filosofia positiva, della critica letteraria e della cultura torinese (argomento a me particolarmente caro). Sono convinto che si tratta di un lavoro di prim'ordine, che rende giustizia a uno studioso e a uno scrittore (e poeta) che è stato sì, ricordato più volte dai suoi discepoli, ma è stato poi dimenticato dagli storici. Credo che questo libro sia un effettivo contributo alla migliore di quel periodo della nostra storia che la cultura idealistica aveva disdegnato: un contributo di cui soprattutto noi piemontesi dobbiamo essere grati». Sebastiano Timpanaro: «[…] Mi sembra, e non lo dico per adulazione, ma con piena sincerità, un'opera di livello davvero eccezionalmente alto, per la caratterizzazione del protagonista e di tutto il suo ambiente, per tutto ciò che finora ignoto essa porta alla luce. E’ venuto fuori cosi un lavoro che molto di rado accade di leggere». Ambrogio Donini: «[…] Mi pare, ad un primo esame, fondamentale per la conoscenza del periodo ancora poco conosciuto. Apprezzo moltissimo tale metodo di indagine e la serietà della documentazione. Uno studio di questo genere è certamente costato decenni di intensa documentazione». Guido Oldrini: […] ho letto subito il volume su Arturo Graf così ricco e con non poco profitto. Quando l’autore, in un punto se la prende con gli storici della filosofia italiana che trascurano il Arturo Graf, anzi noni menzionano affatto, mi sento in colpa; e tanto più in quanto io, studioso della cultura napoletana, mi son lasciato sfuggire quei nessi di Arturo Graf con Napoli che il volume di de Liguori illustra con tanta passione». Franco Contorbia: «[…] poche volte accade di fare i conti con un libro così fatto, stratificato, totalizzante […]; ad apertura di pagina si avverte l’impegno, il grado di coinvolgimento appassionato con cui lei ha condotto avanti negli anni una così impegnativa ricerca peculiare, quasi il centro della sua esistenza intellettuale, il punto di arrivo (e a un tempo di partenza) di un confronto che è culturale ma anche morale e politico. […] La qualità di un tale lavoro, mi pare, fuori dell’ordinario». Donato Valli: «L’autore ha consegnato alla critica e alla conoscenza uno studio così complesso da poter essere considerato un esaustivo panorama della cultura del secondo Ottocento italiano e non solo italiano […]». Recensioni di illustri studiosi Paolo Rossi, «[…] L'autore… ha fatto emergere un quadro ricco e articolato dove accanto alle ombre brillano alcune luci importanti». Recensione sulla rivista «Panorama […]» riguardante il  di de Liguori Materialismo inquieto, edito da Laterza . Giorgio Cosmacini, «[…] Il lavoro di de Liguori è largamente meritorio oltreché ampiamente documentato». Recensione uscita su «Il Corriere della sera […]» riguardante il  di de Liguori Materialismo inquieto, edito da Laterza. Mario Marti: «Dalle appassionate e diuturne indagini dell’autore su Arturo Graf e il suo tempo è venuto fuori il ponderoso, massiccio volume, che ho ricevuto come caro e preziosissimo dono. Davvero lusinghiera la “presentazione” di un grande Maestro come Eugenio Garin, e accattivante e simpatica l’”Avvertenza”. Tutto il resto è da leggere […]». Recensione al volume di de Liguori su Graf, uscita sul «Giornale storico della letteratura italiana». Corrado Augias: «[…] Quella di De Liguori è infatti una storia meridionale che parte da una finzione narrativa di gusto classico ma così classico da poterla ritrovare in alcuni capolavori tanto celebri che non vale nemmeno la pena di citarli […]». Pubblicazioni (di Girolamo de Liguori) 1966, Trasimaco aveva ragione, «La Rassegna pugliese», I, n 7/8 1966, Giustizia e carità fra filosofia e vita, Ivi, n° 12 1967, Lo scetticismo giuridico di Giuseppe Rensi, «Rivista Internazionale di Filosofia del diritto», a. XLIV, fasc.II 1968, Una moderna enciclopedia del sapere, «La Rassegna pugliese», III, n° ¾ 1971, Efirov e la filosofia italiana, «Problemi», gennaio-aprile, n° 25,  1130-1132 1971, Un Leopardi antiprogressivo, «Dimensioni», a. XV, n°1 1971, In tema di materialismo marxista, Ivi, a. V, n° 2 Vincenzo Gioberti e la filosofia leopardiana. Momenti del conflitto tra l’ideologia cattolico borghese e la protesta leopardiana, «Problemi», n° 28,  1178-1185 1980, Un episodio di solitudine. Rassegna di studi su Arturo Graf Ivi, settembre-dicembre, n° 59,  246-265 1981, Leopardi e i gesuiti. Appunti per la storia della censura leopardiana, «La Rassegna della Letteratura italiana», a. LXXXV, n° 1/2, gennaio-agosto 1981 Quel povero “Diavolo” di Arturo Graf, «Giornale critico della Filosofia italiana», a. LX, fasc. III, sett.-dic. 1982, Le «Scandalose razzie». Scienza, politica, fede in Arturo Graf Ivi, fasc. III, gennaio-aprile,  66-106 1982, Scetticismo e religiosità in una rivista militante: «Pietre» (1926-1928), in, , La filosofia italiana attraverso le riviste, A. Verri, Micella, Lecce,  259-257 1983, La condizione del senso. Per una riconsiderazione della lettura grafiana di Leopardi (1890-1898), «La Rassegna della Lett. It.», Il mito e la storia. Le ragioni dell’irrazionale in Arturo Graf, «Problemi», n° 66,  58-75 1983, Quella «dubitante religiosità». Arturo Graf e il modernismo, «Giornale cr. della fil. It.», fasc. I, genn.-apr.,  91-107 1983, Mattia Doria tra platonismo e riformismo, «GCFI», fasc. II,  226-233 1983, Il sodalizio Labriola-Arturo Graf negli anni della loro formazione (1868-1876), «Studi Piemontesi»,  II 1983, Un anticartesiano di Terra d’Otranto: Giovambattista De Benedictis, in, Miscellanea di Storia Ligure, Univ. di Genova a. V, n° 2, vo lII 1984, Materialismo e positivismo. Questioni di metodo, in, Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Univ. di Bari, voll. XII-XIII 1985, Nota su Benedetto Aletino e le polemiche anticartesiane a Napoli tra i secoli XVII e XVIII, «Rivista di storia della filosofia», n° 2 1986, L’araba fenice: ossia la filosofia nella secondaria, «Idee», n° 1 1986, I baratri della ragione. Arturo Graf e la cultura del secondo Ottocento, Prefazione di E. Garin, Lacaita, Manduria,  463 1986, Le ambiguità della ragione. «Idee», n° 2/3 1986-1988, Per la storia della psicofisica in Italia. Il materialismo psicofisico e il dibattito sulle teorie parallelistiche in Italia tra Ottocento e Novecento: Filppo Masci e Adolfo Faggi, parte I, «Teorie e modelli», n° triplo, 1/2/3,  69-84; parte II, n° 1,  63-83 1987, Di una rinnovata attenzione al materialismo ottocentesco, «Idee», n° 3/6 1987, Mito e scienza nell’antropologia e nella storiografia del positivismo italiano, in, , La filosofia tra tecnica e mito, Atti del Convegno della SFI, Assisi ediz. Porziuncola,  ; poi in «Dimensioni», Livorno, n° 42 1988, Materialismo inquieto. Vicende dello scientismo in Italia nell’età del positivismo (1868-1911), Laterza Bari 1988, Salvatore Tommasi e la filosofia zoologica di Siciliani, in , Rileggere Siciliani, G. Invitto e N. Paparella, Capone, Lecce,  I 1988, Presupposti epistemologici e immagine della scienza in Enrico Morselli e Arturo Graf in , Filosofia e politica a Genova nell’età del positivismo, Atti del Conv. dell’Associazione filosof. Ligure, 14-16 maggio 1987, D. Cofrancesco,  I, Compagnia dei Librai, Genova,  21-40; poi in Materialismo e scienze dell’uomo (v. n° 32 seguente, 1990) 1989, Kant e la religiosità filosofica di Piero Martinetti, in, A partire da Kant. L’eredità della “Critica della ragion pura”, A. Fabris e L. Baccelli. Introduzione di S. Marcucci, Angeli, Milano 1990, Materialismo e scienze dell’uomo. Il dibattito su scienze e filosofia del secondo Ottocento, Lacaita, Manduria 1990, La fondazione razionale della fede in Piero Martinetti, «Dimensioni», Livorno, n° 56/57, dicembre 1991, Darwinismo e teorie dell’evoluzione nella prospettiva monistica di E. Morselli, in.  Il nucleo filosofico della scienza, Guido Cimino, Congedo, Galatina 1992, L’immagine della donna nel paradigma positivistico della “degenerazione”, in. , Salvatore Morelli. Emancipazione e democrazia nell’Ottocento europeo, G. Conti Odorisio, Ed. Scientif. Ital., Napoli 1993, La cultura filosofica nella Torino di fine Ottocento, «Rivista di filosofia»,  XXXIV, n° 3, dic. 1994, Presupposti torinesi della singolarità filosofica di P. Martinetti, «Studi Piemontesi»,  LXXXIV, n° 3, dicembre 1995, E’ possibile la storia dello scetticismo?, «Segni e comprensione», a. IX, n°26 1993-1995, «I filosofi delle bancarelle». Per la critica della storiografia filosofica del Novecento, «Lavoro critico», nuova serie, n° 25/26/27 1995, Il sentiero dei perplessi. Scetticismo, nichilismo e critica della religione in Italia da Nietzsche a Pirandello, La città del Sole, Napoli 1995, La reazione a Cartesio nella Napoli del Seicento. Giovambattista De Benedictis, «GCFI», a. LXXV, fasc.III 1996, La revisione della storiografia sul Mezzogiorno, «Segni e comprensione», a. X, n° 29 1996, Positivismo e letteratura. Antologia di testi, con Introd. e note, Graphis Bari 1997, La lezione scettica di Rensi, «Critica liberale»,  IV, n°33,  101-102 1998, La psicofisica in Italia dal 1860 al 1901, in , La psicologia in Italia, a cira di G. Cimino e N. Dazzi, Led, Milano 1998, Tito Vignoli e la psicologia animale e comparata, Ivi 1998, Pensatori dell’area torinese tra i due secoli, «Percorsi», Quaderni del Centro Frassati, Torino, n°2 1999, Il ritorno di Stratone. Per la collocazione del materialismo leopardiano nel pensiero ottocentesco, in M. Biscuso e F. Gallo, Leopardi antitaliano, Manifesto libri, Roma 1999, Kant e le scienze della natura. Notazioni in margine alle lezioni kantiane di Geografia fisica, in, Annali del Dipartimento di Scienze Storiche, Filosofiche e Geografiche dell’Univ. di Lecce, Lacaita Manduria 2000, C. Cattaneo, Psicologia delle menti associate, G. de L., Editori Riuniti, Roma 2000, Antropologia, psicologia comparata e scienze naturali in Tito Vignoli, «Teorie e modelli», V, n° 1/2 2000, Geymonat, Ludovico, LIII, «voce» in DBI, Treccani. Antropologia e tassonomia in Kant. Da Blumembach a Buffon, Atti del Convegno per il Bicentenario della Geo-fisica kantiana, 1797-1997, Congedo Lecce 2000, Antropologia, psicologia comparata e scienze naturali in Tito Vignoli, «Teorie e modelli»,  V, n. 1-2 2002, Cronache di filosofia del diritto in Italia. Widar Cesarini Sforza e i suoi corrispondenti, in «Quaderni di Storia dell’Torino», a. VII, n°6,  203-334 2002, Per Giuseppe Mucciarelli: positivismo psicologia e storia, «Segni e comprensione», 47,  70-74 2003, Geymonat e il “materialismo verso il basso”, GCFI, fasc. III, sett.-dic.,  484-498 2004, Il materialismo di Timpanaro, «Critica liberale»,  XI, n° 102,  77-78 2004, Lettere di S. Timpanaro a Girolamo de Liguori, in Il Ponte, a.l, nn 10-11, 160-181. 2004-2005, Da Teofrasto a Stratone. L’itinerario filosofico di Giacomo Leopardi, «Quaderni materialisti», n° ¾,  195-223 2005, Antonio Labriola e Arturo Graf. Principio e fine di un sodalizio di vita e di pensiero, in Antonio Labriola e la sua università. Mostra documentaria per settecento anni della “Sapienza” (1383-2003) a cento anni dalla morte di Labriola (1904-2004), Aracne, Roma ,  235-248 2005, A. Arturo Graf, Memorie giovanili (1848-1876), Introduzione, commento e cura , “Gli Arsilli”, Edizioni dell’Orso, Alessandria 2005, Un catalogo per Labriola, «Critica Sociologica», 154-155, estate-autunno,  203-2 2005, Utilità dell’inutile. Dalla elaborazione concettuale alla programmazione e alla costruzione di un catalogo, «Itinerari»,1/2, 141-157. 2005, I Gesuiti e la Cina. Le polemiche sui riti confuciani tra l’Aletino e i missionari domenicani, «Studi filosofici», XXVIII 2006, Le «imbrogliate bestemmie germaniche». Jacopo Moleschott e la medicina materialistica, «Physis», n° 2 2006, La fucina del filosofo. «Segni e comprensione», n. 58. maggio-agosto 2006, Filosofia teologia e fisica di Cartesio nella Difesa della Terza lettera apologetica dell’Aletino (1705), «Il Cannocchiale», n° 2 2006, Alfonso de’Liguori e la filosofia del suo tempo: Spinoza, Bayle, Hobbes e Locke, «Rivista di Storia della Filosofia», n.4,  891916 2006, “Libido Sciendi”. Immagini dell’empietà nell’apologetica cattolica tra Sei e Settecento (dal Magalotti al Valsecchi), GCFI, fasc.II 2008, Scherzi della memoria. Mappa di un itinerario non turistico tra politica e cultura in una provincia del Sud, (1963-1999). Prefazione di Franco Ferrarotti; Postafazione di Nicola Siciliani de Cumis, Salvatore Sciascia editore 2008, Medicina e filosofia in Italia tra evoluzionismo e scientismo. Da Salvatore Tommasi ad Enrico Morselli (1839-1911), «Il cannocchiale»,2-3,  47-70 2009, L’ ”alambicco dell’anima”. Note sul Mind body problem in Italia nell’età del positivismo, in Anima, mente e cervello. Alle origini del problema mente-corpo da Descartes all’Ottocento, Paolo Quintili, Unicopoli,  283-308 2009, L’ateo smascherato. Immagini dell’ateismo e del materialismo nell’apologetica cattolica da Cartesio a Kant, Le Monnier /Università , Le sorelle Vadalà. Quattro storie più una, [Romanzo] con pefazione di Corrado Augias Movimedia, Lecce , Pensatori dell’area torinese tra i due secoli, in Quaderni Augusto Del Noce, Marco editore, Lungro di Cosenza, 13-41 , Ateismo e filosofia. Considerazioni sull’ateismo latente nel pensiero moderno e sul rapporto tra fede e ragione, «Il Cannocchiale», n.1,  1544 , Le metamorfosi del linguaggio nella controversistica e nella pratica missionaria di Alfonso de’ Liguori, in, Le metamorfosi dei linguaggi nel Settecento, Carlo Borghero e Rosamaria Loretelli, Edizioni di Storia e letteratura, Roma, 189-209 , Dannazione e redenzione dell'Eros. Soggetti e figure dell'emarginazione: la donna come oggetto determinante nella invenzione cattolica del “peccato”di lussuria., in «Bollettino della Società filosofica italiana», n.211, gennaio-aprile ,  29-45 , Le cose che non sono, in «Critica Liberale»,  XXI, aprile-giugno,  104 e segg. Cerca altri scritti di Girolamo de Liguori su Cataloghi e Collezioni digitali delle biblioteche italiane. Scherzi della memoria. Mappa di un itinerario non turistico tra politica e cultura in una provincia del Sud, (1963-1999). Prefazione di Franco Ferrarotti; Postafazione di Nicola Siciliani de Cumis., Caltanissetta, Salvatore Sciascia editore, 2008.  Girolamo de Liguori, I baratri della ragione. Arturo Graf e la cultura del secondo Ottocento, Prefazione di E. Garin, Manduria (TA), Bari, Roma, Lacaita, 1988,  463.  Girolamo de Liguori, «voce» Gemoynat Ludovico, LIII, DBI Treccani, 2000.  Lettere di S. Timpanaro a Girolamo de Liguori, in Il Ponte, a.l, nn 10-11, 2004, 160-181.  Carteggio privato (corrispondenza autografa) tra Girolamo de Liguori e i singoli autori citati  Paolo Rossi, Viaggio nel Positivismo, in Panorama, n. 1149, Arnoldo Mondadori Editore, 24 aprile, 1988,  21-22.  Girolamo de Liguori, Materialismo inquieto. Vicende dello scientismo in Italia nell’età del positivismo (1868-1911), Bari, Roma, Laterza, 1988,  238.  Giorgio Cosmacini, Povero medico condannato al materialismo, in Corriere della Sera, 4 sett. 19884.  Mario Marti, Recensione a I baratri della ragione , 1986, in Giornale storico della letteratura italiana, CLXIV, n. 525, 1987,  154-155.  Girolamo de Liguori, Le sorelle Vadalà. Quattro storie più una, [Romanzo], Prefazione di Corrado Augias, Lecce, Movimedia, .

 

Lilla: Vincenzo Lilla (Francavilla Fontana), filosofo.  Formatosi nelle scuole dei Padri Scolopi in Francavilla Fontana sin dall'età giovanile aderì alle idee cattolico liberali divulgate dai pensatori della prima metà dell'Ottocento: Gioberti, Minghetti, Balbo e Antonio Rosmini al quale dedicherà molteplici studi subendone una marcata influenza.  Presi gli ordini minori all'età di diciotto anni e lasciata Francavilla nel 1863 per l'ostentata contrarietà di tutto il clero di Francavilla alle sue idee patriottiche d'ispirazione giobertiana, manifestate apertamente nel "Programma d'insegnamento filosofico" pubblicato sul giornale il "Cittadino leccese", decise di trasferirsi a Napoli ove, frequentando l'università, ebbe modo di confrontarsi con le idee di Francesco De Sanctis, Bertrando Spaventa, Luigi Settembrini, Antonio Tari e Augusto Vera.  Appena laureato ottenne l'insegnamento di filosofia nel Collegio di San Carlo alle Mortelle, nel Collegio del tedesco Liebler e nel Liceo Martineli fondando successivamente, assieme ad altri docenti e assumendone la direzione, il Liceo Rosmini di Napoli. Durante questi anni videro la luce i primi lavori, "La provvidenza e la libertà considerate nella civiltà", "Dio e il mondo", e "La personalità originaria e la personalità derivata" nei quali gettava le premesse degli studi filosofici e giuridici in cui si cimenterà per tutta la vita: la storia della filosofia, la filosofia teoretica e la filosofia del diritto; sviluppando altresì e precorrendo una moderna concezione del rapporto tra "diritti umani e progresso scientifico" sin da La scienza e la vita, titolo paradigmatico della monografia data alle stampe nel 1870.  Successivamente, ordinato sacerdote, divenne professore pareggiato di Enciclopedia giuridica e Filosofia del diritto, all'Napoli e dal 1885 titolare della cattedra di Filosofia del diritto in quella di Messina di cui fu preside dal 1894 fino alla morte. Furono quelli gli anni più fecondi della produzione scientifica volta a perfezionare la sua concezione dello Stato, approfondire le fonti rosminiane, confrontarsi con le teorie evoluzionistiche di Herbert Spencer e contemporaneamente intrattenere contatti epistolari con alcuni fra i maggiori filosofi, giuristi, patrioti e storici dell'epoca quali: Rudolf von Jhering, Johann Caspar Bluntschli, Édouard Le Roy, Niccolò Tommaseo, Gino Capponi e molti altri.  Opere La personalità originaria e la personalità derivata, Napoli, Tip. Rocco, 1868. Kant e Rosmini, Tip. G. Borgarelli, Torino, 1869. La scienza e la vita, Torino, Tip. G. Borgarelli, 1870 La mente dell'Aquinate e la filosofia moderna, Torino, Tip. G. Borgarelli, 1873. Filosofia del diritto, 1880. Critica della dottrina etico-giuridica di J. S. Mill, 1889. Le supreme dottrine filosofiche e giuridiche di G. B. Vico rivendicate, 1894. La pretesa persona giuridica e le funzioni personali degli enti morali , L. Gargiulo, 1895. Della Riforma religiosa civile di Nicola Spedalieri, discorso letto in Messina nel primo centenario della sua morte, tip. d'Amico, 1896. Le fonti del sistema filosofico di Antonio Rosmini, L.F. Cogliati, 1897. Due meravigliose scoperte di Antonio Rosmini: l'essere possibile e l'unità della storia dei sistemi ideologici, L.F. Cogliati, 1897. Il Canonico Annibale Maria Di Francia e la sua Pia Opera di beneficenza, Messina, Tip. Editrice San Giuseppe, 1902. Manuale di filosofia del diritto, Milano, Società editrice libraria, 1903. Pagine estratte. Note  Giorgio Martucci, Vincenzo Lilla e il suo concetto dello stato  Antonio Tarantino, Diritti umani e progresso scientifico: Vincenzo Lilla  Vittorio Polacco, La "Filosofia del diritto" di Vincenzo Lilla: Note ed appunti, G.B. Randi, 1903. G. Sava, , Vincenzo Lilla, Scritti di filosofia storia e diritto, Milano, Giuffré 1983. Antonio Tarantino, La filosofia della giustizia sociale di Vincenzo Lilla, Milano, Giuffré, 1984.  In occasione del conferimento della "Cittadinanza onoraria (di Messina) alla memoria al prof. don Lilla [collegamento interrotto], su nettunopress.it. 9-2-. Antonio Tarantino, Diritti umani e progresso scientifico: Vincenzo Lilla di , su emeroteca.provincia.brindisi.it. 9-2-. Giorgio Martucci, Vincenzo Lilla e il suo concetto dello stato , su emeroteca.provincia.brindisi.it.  l'11-2-. Vincenzo Lilla su Treccani.it, su treccani.it. 9-2-. Lettere di Vincenzo Lilla a Rudolf von Jhering, su books.google.it.

 

Limentani: Ludovico Limentani (Ferrara) filosofo. Di formazione positivista, fu critico verso le sue forme più schematiche e deterministiche. Nella sua formazione, a partire dagli studi universitari a Padova, furono determinanti, oltre l'incontro con Roberto Ardigò quelli con Giovanni Vailati e Giovanni Marchesini.  I frutti maggiori del suo lavoro li diede nell'insegnamento di filosofia morale a Firenze, dove ebbe colleghi come Alessandro Levi e Francesco De Sarlo e allievi importanti quali Kurt Heinrich Wolff, Eugenio Garin e Aurelio Pace storico dell'Africa Contemporanea dell'UNESCO e padre dell'artista Joseph Pace. Fondamentali sono i suoi studi su La previsione dei fatti sociali e La morale di Giordano Bruno. In particolare negli studi su Giordano Bruno aveva dato un deciso rilievo alla biografia del nolano, essendo da questo punto di vista un innovatore, rispetto agli studi di un idealista come Giovanni Gentile che davano principaleper non dire esclusivorisalto alla sua opera scritta.  Limentani fu allontanato dall'insegnamento universitario in quanto ebreo con le leggi razziali fasciste del 1938.  Eugenio Garin, Ludovico Limentani, Tipografia Enrico Ariani, 1941, Firenze  Ludovico Limentani nell'Enciclopedia Treccani  Joseph Pace, Filtranisme: una vita raccontata, intervista di Rogerio Bucci, Quattrocchi Lavinio Arte17 e 18, , Anzio, Italia  Joseph Pace, Filtranisme, Quattrocchi Lavinio Arte, , Anzio, Italia  L'Irremovibilità della Memoria: le filtranisme, Mascia Ferri, Ed. Tibercopia, 2007, Roma  Ludovico Limentani in Dizionario BiograficoTreccani  Piergiorgio Donatelli, «LIMENTANI, Ludovico» in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 65, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2005.  Positivismo Roberto Ardigò Eugenio Garin Kurt Heinrich Wolff. Ludovico Limentani, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Ludovico Limentani, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Ludovico Limentani, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Ludovico Limentani,

 

Limone. «Che cosa è, nel mondo umano, la persona? Tutto. Che cosa è, nel mondo contemporaneo, la persona? Nulla» Persona e memoria, Rubbettino. Giuseppe Limone (Atella di Napoli), filosofo. La sua ricerca filosofica si inserisce nel solco del "personalismo comunitario" tracciato dal filosofo francese Emmanuel Mounier, fondatore della rivista Esprit.  Ha conseguito la laurea in Giurisprudenza all'Università Federico II di Napoli e il dottorato in Filosofia all'Università "La Sapienza" di Roma. Nel 1980 gli è stato conferito il Prix Emmanuel Mounier per una ricerca sul personalismo. Ha studiato a Parigi e a Châtenay-Malabry, sede dell'Association des amis d'Emmanuel Mounier, presso la Comunità dei muri bianchi, cui appartenevano Paul Fraisse, Paul Ricœur, Paulette E. Mounier, Jean-Marie Domenach e altri illustri intellettuali francesi. È Professore presso la Seconda Università degli Studi di Napoli (oggi Università degli Studi della Campania "Luigi Vanvitelli"). Insegna Filosofia della politica e del diritto, Filosofia delle scienze sociali e Filosofia delle forme simboliche. I suoi interessi di ricerca abbracciano aspetti epistemologici, etici, filosofico-pratici e simbolici, congiunti in un approccio transdisciplinare. Al centro della sua attenzione teoretica è il "problema della persona".  Dirige la collana L'era di Antigone per Franco Angeli. Ha fondato e dirige la rivista "Persona, periodico internazionale di studi e dibattito". È tra i fondatori del Centro interuniversitario europeo di studi sulla simbolica, "Symbolicum". Del suo contributo teorico al personalismo europeo ha scritto Virgilio Melchiorre in Essere persona (Fondazione Achille e Giulia Boroli, Milano 2007). È stato insignito del Premio Internazionale di Poesia "Roberto Farina" alla carriera .  Pensiero, idea di persona Il pensiero di Giuseppe Limone sonda in profondità l’idea di persona. Là dove la persona non è né la semplice nobilitazione dell’essere umano in generale, né una singola unità seriale. Della persona, dice Limone, si può dare idea, non concetto, perché l’idea è aperta come la vita, mentre il concetto è chiuso. L’idea di persona, però, non è l’idea di un quid ma di un quis, perché la persona è un chi, non un che; è l’idea di un’essenza che non può essere separata dalla concreta singola esistenza, originalissima e dotata di dignità. In quanto idea di un quis, la persona si presenta come l’altro versante del teorema d’incompletezza di Gödel. Nel pensiero di Limone, il significato della persona si delinea all’interno di una costellazione in cui essa: -è realtà singolare e la sua idea; -è prospettiva ontologica sussistente e la sua verità; -è la parte di un tutto che solo parzialmente è parte, perché per altro verso si presenta come un tutto, in quanto è irriducibile al tutto e indivisibile in sé; -è l’eccezione istituente una regola che riesce, e non riesce, a farsene istituire; -è l’idea di qualcosa che resiste alla possibilità di essere ricondotto a un’idea; -è l’idea di un appartenere che resiste all’idea di appartenere. L’essere della persona richiama, a suo modo, il problema delle antinomie di Russell. Un tale arcipelago di paradossi costituisce, però, una forza virtuosa che interroga ogni sistema. La persona si configura come invenzione teorica, paradosso logico e misura epistemologica, e rappresenta il punto strutturale di base che istituisce la visione filosofica del giuspersonalismo.  Opere Lavori filosofici Tempo della persona e sapienza del possibile: Valori, politica, diritto in Emmanuel Mounier, t. 1, ESI, Napoli 1988. Tempo della persona e sapienza del possibile: Per una teoretica, una critica e una metaforica del personalismo, t. 2, ESI, Napoli 1990. La catastrofe come orizzonte del valore, Monduzzi Editoriale, Milano . Bellezza e persona, su “Aisthema. Philosophy, Theology, Aesthetics” n.1 ()  2,  9-22. La macchina delle regole, la verità della vita. Appunti sul fondamentalismo macchinico nell’era contemporanea, in La macchina delle regole, la verità della vita, L’Era di Antigone, FrancoAngeli, Milano . Che cos’è il giuspersonalismo? Il diritto di esistere come fondamento dell’esistere del diritto, Monduzzi Editoriale, Milano . Ars boni et aequi. Ovvero i paralipòmeni della scienza giuridica, in Ars boni et aequi. Il diritto fra scienza, arte, equità e tecnica, L’Era di Antigone, FrancoAngeli, Milano . Filosofia e poesia come passioni dell’anima civile. La persona fra potere e memoria in Persona n. 1, Artetetra edizioni, Capua . Persona e memoria. Oltre la maschera: il compito del pensare come diritto alla filosofia, Rubbettino, Soveria Mannelli . Poesia Polifonia d’un vento (Salerno-Roma 1986). Dentro il tempo del sole (Salerno-Roma 1987). Ore d’acqua (Salerno-Roma 1988). Incontrando il possibile re (Salerno-Roma 1988). Notte di fine millennio (Bari 2004). Fenicia, sogno di una stella a nord-ovest (Roma 2008). L'angelo sulle città, in onore del figlio (Roma ). Le ceneri di Pasolini (Pasturana [Alessandria] ). Aforismi Aforismi di un impiccato felice (Salerno-Roma 1998). Aforismi del passato duemila: distruzioni per l'uso (Salerno-Roma 1999). Ossi di limone. Aforismi di uno scostumato (Vatolla 2006). Sierra Limone. Dai taccuini fenici di Er Limonèro (Vatolla 2006). Note //emmanuel-mounier.org/qui-est-emmanuel-mounier/biographie/  E. Mounier, Ecrits sur le personnalisme, Points Essais, 2000, Préface de P. Ricoeur, Editions du Seuil.  E. Mounier, Refaire la Renaissance, Points Essais, 2000, Préface de G. Coq, Editions du Seuil.  Copia archiviata, su esprit.presse.fr. 26 gennaio  27 gennaio ).  Copia archiviata, su emmanuel-mounier.org. 26 gennaio  27 gennaio ).  V. Melchiorre, Essere persona, Fondazione A. e G. Boroli, Milano 2007, p.127, 130-132, 134-135.  Copia archiviata, su fondazionerobertofarina.com. 26 gennaio  27 gennaio ).  Sito ufficiale.

 

Lodovici -- samek lodovicione of the two. Emanuele Samek Lodovici  Nota disambigua.svg DisambiguazioneSe stai cercando il senatore italiano della Democrazia Cristiana, vedi Emanuele Samek Lodovici (politico). Emanuele Samek Lodovici (Messina, 28 dicembre 1942Milano, 5 maggio 1981) filosofo e accademico italiano.  Il suo pensiero d'impronta metafisica si oppone al materialismo e al riduzionismo. Esperto della filosofia di Plotino, Sant'Agostino e Marx, si è occupato dello gnosticismo che a suo parere si trova ripresentato in diverse filosofie e ideologie dell'età moderna e contemporanea.   Nacque a Messina, figlio del bibliotecario e bibliografo Sergio Samek Lodovici (1907-1979), nativo di Carrara, che lo chiamò come suo fratello maggiore, noto medico e politico. Rimase in Sicilia per breve tempo per poi vivere sempre a Milano. Emanuele Samek Lodovici scampò a soli cinque anni alla tragedia di Albenga, quando dopo il naufragio di un'imbarcazione carica di bambini era stato inserito nel gruppo delle piccole salme, ma il tempestivo intervento di un medico lo salvò. Il fratello maggiore Renato Samek Lodovici (1939) noto giudice.  Di formazione e cultura cattoliche, studiò a Milano all'Università Cattolica del Sacro Cuore, dove si laureò nel 1966 con una tesi intitolata «Filosofia classica e spiritualità cristiana nel Commento di Sant'Agostino al Vangelo di San Giovanni», molto apprezzata dalla storica della filosofia Sofia Vanni Rovighi che ne fece pubblicare un estratto. Vinta una borsa di studio del Consiglio Nazionale delle Ricerche, lavorò dal 1971 presso il Dipartimento di Scienze Religiose dell'Università Cattolica, e nel frattempo insegnava filosofia e storia nei licei, fra i quali il liceo scientifico statale Alberto Einstein ed il liceo Monforte.  Dal 1974 iniziò la collaborazione con Vittorio Mathieu all'Università degli Studi di Torino, tenendo la docenza dei seminari del suo corso; coordinò per la casa editrice Rusconi la collana I Classici del Pensiero, che editava testi filosofici etico-metafisici a quell'epoca quasi introvabili. Nel 1975 nacque il primogenito Giacomo Samek Lodovici, che seguirà le sue orme di filosofo cattolico e docente. Nel 1979, pubblicò due monografie, una su Agostino (con il contributo del C.N.R.), e l'altra sulla gnosi moderna, che nel 1981, dopo la nascità della figlia Isabella, futuro pubblico ministero, gli valsero la cattedra di Filosofia morale all'Università degli Studi di Trieste.  Ma poco dopo morì a Milano, a 38 anni, per complicazioni postoperatorie dopo un intervento chirurgico ortopedico dovuto a fratture multiple riportate in un incidente stradale. Il venerdì santo 17 aprile si stava recando in automobile sulla tomba del padre al cimitero di Abbiategrasso col fratello (alla guida) e la madre, quando fermi al semaforo vennero violentemente tamponati da un camion. Lui ebbe la peggio, fratturandosi un femore e undici costole, mantenendo comunque lucidità e l'abituale buonumore.  Venne sepolto al Cimitero Maggiore di Milano dove, dopo esumazione, i suoi testi riposano collocati in celletta.  In una lettera inviatagli poco prima della sua morte, Augusto Del Noce si riferiva così a questo ancora giovane pensatore:  «Carissimo Samek, [...] Lei ha ormai la possibilità di diventare un vero maestro. Né minimamente esagero nel dirLe che non ne vedo altri fra coloro che hanno oggi meno di quarant’anni»  (Augusto Del Noce, lettera del 24 gennaio 1981.) Pensiero Dio come relazionalità e non oggettualità Nella prima delle sue due opere fondamentali, Dio e mondo, Samek Lodovici inizia considerando la grave accusa rivolta da Heidegger alla metafisica, ovvero di non aver compreso che cos'è l'«essere» e di aver reificato Dio, di averlo cioè reso una «cosa».  Per Samek Lodovici questa critica può essere legittima nei confronti della metafisica moderna ma non nei riguardi della metafisica neoplatonica nella forma in cui è stata mediata da Agostino. Samek individua il fulcro di tale metafisica nella dottrina della «partecipazione» delle idee col mondo, in forza della quale il rapporto di Dio col mondo è una relazione sostanziale e non oggettualità.  Dalla gnosi il riduzionismo antireligioso, il prometeismo marxista, il relativismo, il femminismo In Metamorfosi della gnosi Samek Lodovici delinea una fenomenologia della cultura contemporanea come influenzata da una mentalità inconsciamente gnostica. Tale mentalità, secondo Samek, ha assunto in sé le fondamentali tesi dello gnosticismo antico, ovvero la sostanziale negatività del mondo, la possibilità di redenzione dalla oscurità del mondo attraverso un sapere salvifico (gnosi) e la possibilità di un redenzione del mondo realizzata, senza bisogno della grazia divina, dalla sola azione dell'uomo tramite la politica e/o la scienza.  Così, in contrapposizione al Cristianesimo, nel pensiero gnostico la finitezza e la creaturalità vengono disprezzate e rifiutate, con l'ambizione di creare l'Uomo Nuovo e la Gerusalemme terrena. Insomma, sintesi del pensiero gnostico moderno (in quello antico le cose sono leggermente diverse) è quella formulazione che trova il proprio culmine nel «rifiuto di non poter essere Dio»; in tal modo nella visione gnostica non è più Dio, ma l'uomo gnostico a identificarsi con l'infinito, sgravato com'è da qualsiasi limite.  Da ciò appaiono evidenti gli obiettivi polemici e critici di ogni metamorfosi dello gnosticismo moderno rappresentato nelle forme del riduzionismo antireligioso, del prometeismo marxista, della filosofia radical-relativista diffusa attraverso i media, della corruzione della memoria storica attuata anche attraverso la corruzione del linguaggio ed infine nella strategia della distruzione della famiglia, che è stata potentemente colpita in particolare con la rivoluzione sessuale e con alcuni tipi di femminismo.  Per quanto riguarda la sua pars construens, Samek Lodovici afferma (e ciò in linea con Del Noce) che proprio a partire dalla post-marxistica crisi del pensiero secolarista (gnostico) si deve delineare non solo la possibilità ma addirittura la necessità di ritornare alla tradizione metafisica occidentale, da lui indicata sulla linea di Platone, Plotino e soprattutto Agostino, ovviamente in dialogo con il pensiero moderno.  La funzione del linguaggio In sintonia con l'ermeneutica contemporanea, e pur evitandone le derive nichilistiche, Samek Lodovici riconosce la struttura storicamente condizionante del linguaggio nei confronti dell'esistenza e della conoscenza, secondo una sua favorita formula per cui «chi non ha le parole non ha le cose», e d'altra parte il filosofo riconosce anche la funzione inversa del linguaggio per cui, oltre che elemento condizionante, esso è anche il mezzo con cui l'uomo storico può trascendere i vincoli della storia e del linguaggio stesso (i baconiani «idola fori» e «idola theatri») ed esprimere le verità eterne.  Il fallimento della ragione illuministica Samek Lodovici spesso rievoca la valenza dell'autocoscienza della ragione e delle sue vastissime potenzialità, sia in bene che in male, e a partire da queste, ne ricorda i limiti, i fallimenti storici e le costitutive incapacità che emergono specialmente nel momento in cui essa viene elevata ad una illuministica idolatria, concretizzandosi nella moderna vita di massa che, secondo Samek Lodovici,  «ha affermato la libertà politica da ogni autorità spirituale, finendo per favorire il potere dell’uomo sull’uomo; […] ha affermato la libertà dell’amore dalla morale per vanificarlo nel sesso; ha affermato di lottare contro ogni religione in quanto superstizione, solo per prepararne una più esiziale, quella della scienza e del successo.»  Piuttosto, per Samek Lodovici, una ragione accorta deve, restando autonoma, interagire con la religione, per corroborarla e giustificarla razionalmente o per cercarvi le risposte prime ed ultime.  La "cultura del ricordo" Tipica poi del pensiero samekiano è la «cultura del ricordo», intesa come cultura non di una memoria archeologica bensì di una memoria che guardando ai fallimenti del passato possa liberare il presente dalle menzogne ideologiche e dai progetti utopistici che, ripetendosi nella storia, hanno generato i totalitarismi del XX secolo, e che oggi producono la dittatura del relativismo e del nichilismo. Così la memoria assume una funzione spirituale nel senso che, con le parole di Samek Lodovici, «mi rende migliore di quello che sono».  La felicità La riflessione di Emanuele Samek Lodovici è dunque nel complesso di carattere etico-sapienzale, consapevole che in ogni agire umano si esplica la ricerca della felicità, una ricerca che, per essere efficace e compiuta, deve però essere immune da qualsiasi utopismo onirico: è alla luce di questa precisazione che Samek può affermare che «non vi è nessuna felicità senza virtù, in altre parole non vi è nessuna felicità senza quell'unica attività che è in grado di rendere l'uomo pienamente umano», perciò «non si può pretendere che l'acquisto della felicità non passi attraverso lo sforzo, la lotta, e in ultima analisi la sofferenza», ed è in tal modo che trovano un senso il limite umano e la sofferenza. Non sfugge al filosofo milanese la coscienza della precarietà della felicità umana, però questa «ben lungi dallo spingerci alla tristezza per l'insaziabilità dell'uomo, va tuttavia vista […] ottimisticamente, come l'indizio che è un'altra la felicità conforme al livello spirituale degli esseri umani», perché «ultima hominis felicitas non est in hac vita».  Opere La presenza di Plotino nel «In Johannis Evangelium» di Sant'Agostino, in  Contributi dell'Istituto di filosofia, I, Vita e Pensiero, 1969 Sull'interpretazione di alcuni testi della “Lettera ai Galati” in Marcione e Tertulliano, in «Aevum», Milano 5-6 (1972),  371-401 Agostino, in  Questioni di storiografia filosofica, La Scuola, Brescia 1974,  445-501 Dieci anni di studi sul processo di Gesù e su Gesù e gli zeloti, Vita e Pensiero, 1972 Marxismo o Cristianesimo, Ares, 1976 Sessualità, matrimonio e concupiscenza in Sant'Agostino, in , Etica sessuale e matrimonio nel cristianesimo delle origini, Pubblicazioni dell'Università Cattolica, 1976 Tra cosmologia e metafisica. Note sul concetto di cosmo, in , Il demoniaco nella musica, Giappichelli, 1976 La felicità e la crisi della cultura radical-illuministica, in  La crisi della coscienza politica contemporanea e il pensiero personalista, Libreria Editrice Gregoniana El modelo gnostico como modelo explicativo del feminismo, in  Etica y teologia ante la crisis contemporanea, Atti del I Simposio Internacional de Teología, Universidad de Navarra, Eunsa, Pamplona 1979,  419-428 Dio e mondo. Relazione, causa e spazio in Sant'Agostino, Edizioni Studium, 1979 Metamorfosi della gnosi. Quadri della dissoluzione contemporanea, Ares, 1979 Dominio dell'istante, dominio della morte. Alla ricerca di uno schema gnostico, in «Archivio di Filosofia», Istituto di studi filosofici, Roma 1981,  469-480 La gnosi e la genesi delle forme, in «Rivista di Biologia», 1-2 (1981),  59-86, Il gusto del sapere, Universitas, 1993 L'arte di non disperare. Una conferenza inedita, Studi Cattolici, 2001 Note  AIB. DBBI20. Samek Lodovici, Sergio, su aib.it. 7 gennaio . //emanuelesameklodovici.it/Per%20Emanuele.%20ESL%20ricordato%20su%20Studi%20cattolici%20(giugno%81).PDF, E. Samek Lodovici non è più con noiPer Emanuele.  Lettera privata di Augusto del Noce (scansione PDF)  Metamorfosi della gnosi  Il gusto del sapere  Estratti di L'arte di non disperare  Marina Picker, Il mio professore di filosofia, Studi Cattolici, 1993. Grazia Maria Alabiso, Emanuele Samek Lodovici e la critica dell'attacco macrostrutturale al cristianesimo, tesi di laurea, Università degli Studi di Catania, Catania 1996. Giacomo Samek Lodovici, Profili. Emanuele Samek Lodovici, Studi Cattolici, 2001. Andrea Sciffo, Le maschere della gnosi contemporanea. Un ritratto del filosofo morto prematuramente nel 1981, in «Avvenire», 28.5.199616. Gaspare Barbiellini Amidei, Il filosofo che insegnò l'arte della speranza. Ricordo di Samek Lodovici, in «Corriere della Sera», 28.06.200137,//archiviostorico.corriere.it/2001/giugno/28/filosofo_che_insegno_arte_della_co_0_01062810775.shtml Giuseppe Feyles, La battaglia di Samek, in «Tempi», 28 (2001)20,//tempi.it/la-battaglia-di-samek#.VSU3yPDUfyQ Sergio Fumagalli, Emanuele Samek Lodovici e Augusto Del Noce: Gnosi e secolarizzazione, tesi di dottorato, Pontificia Università della Santa Croce, Roma 2005,//sergiofumagalli.it/files/tesi.pdf Gianluca Taddeo, Verità e diritto nel pensiero di Emanuele Samek Lodovici, tesi di laurea, Università degli Studi di Trento, Trento 2008. Gianluca Segre, Emanuele Samek Lodovici, una vita per la Verità, «la Bussola Quotidiana», 5.5.,//lanuovabussolaquotidiana.com/it/archivioStoricoArticolo-emanuele-samek-lodoviciuna-vita-per-la-verit-1770.htm[collegamento interrotto] Andrea Galli, Samek Lodovici e il ritorno della gnosi, in «Avvenire», 5.5.. Gabriele De Anna , L'origine e la meta. Studi in memoria di Emanuele Samek Lodovici con un suo inedito, Ares, Milano .  Gnosticismo Cattolicesimo Augusto Del Noce Eric Voegelin Vittorio Mathieu Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Emanuele Samek Lodovici  Sito ufficiale, su emanuelesameklodovici.it.  Emanuele Samek Lodovici, su Santi, beati e testimoni, santiebeati.it.  Estratto da Il gusto del sapere di Emanuele Samek Lodovici da Universitas 14 (1993), n. 4,  18-22. Documentazione interdisciplinare di scienza e fede, sito "disf.org". Gnosi moderna e secolarizzazione nell'analisi di Emanuele Samek Lodovici e Augusto Del Noce di Sergio Fumagalli, Pontificia Università della Santa Croce, facoltà di Filosofia, Roma, 2005. Samek Lodovici: la gnosi come vero avversario della verità di Silvio Restelli, sito "CulturaCattolica.

 

LodoviciGiacomo samek lodovicianother philosopher.

 

Lombardi: Franco Lombardi (Napoli), filosofo. Il padre Giovanni fu avvocato e docente di diritto e procedura penale nell'Napoli, già allievo prediletto di Giovanni Bovio, deputato prima e dopo il fascismo, autore di scritti vari di sociologia. La madre Rosa Pignatari fu nipote di Ettore Ciccotti, nella cui casa era cresciuta; tradusse in gioventù alcuni degli scritti di Karl Marx nelle Opere edite dal Ciccotti. In tarda età Rosa Lombardi traduceva ancora, nel '46, la Storia del movimento operaio di Edouard Dolleans.  Laureato in Legge nel 1928, libero docente in filosofia morale nel 1933, lavorava in filosofia da più di dieci anni quando pubblicò il primo volume maggiore a stampa (Il mondo degli uomini, 1935). Dal 1943 fu professore di Storia della filosofia nell'Roma (facoltà di Magistero). Dal 1956 fu Professore di Filosofia morale nella stessa università (facoltà di Lettere e filosofia). Ivi diresse l'Istituto di filosofia dal 1958 al 1970 e dal 1968 fu preside della facoltà.  Già presidente della Società Filosofica Italiana e (sin dalla fondazione) della Società filosofica romana, diresse il "Centro di Ricerca per le Scienze Morali e Sociali" presso l'Istituto di filosofia della Roma. Dal 1962 è stato direttore della rivista De Homine cui si è affiancato, a partire dal 1968, il Bollettino Bibliografico per le Scienze morali e sociali. Dal 1966 è entrato a far parte dell'Accademia nazionale dei Lincei e dal 1970 dell'Institut International de Philosophie.  Antifascista da sempre, partecipò alla lotta clandestina e prese parte attivamente alla vita politica fino alla scissione del Partito Socialista Italiano nel 1946. Ha viaggiato per studi e conferenze in quasi tutto il mondo e insegnato in culture e lingue diverse. Nel 1963 gli fu conferito il premio nazionale "Benedetto Croce" per la filosofia e nel 1970 il premio nazionale del Presidente della Repubblica per le scienze morali, storiche e filologiche, dall'Accademia dei Lincei e la Laurea honoris causa della Marburgo.  Opere Il mondo degli uomini, Firenze: Le Monnier, 1935, (1 ed.), Volume I:L'esperienza e l'uomo. Fondamenti di una filosofia umanistica, Volume II:Il mondo degli uomini; Il mondo degli uomini,Firenze: G.C.Sansoni Editore, 1967 (2 ed.), Volume I: L'esperienza e l'uomo, Volume II:Il mondo morale; Ludovico Feuerbach, Firenze: La Nuova Italia, 1935,(1 ed.) Feuerbach e Marx, 2 ed. riveduta e accresciuta Soren Kierkegaard, Firenze: La Nuova Italia, 1936, ) 1 ed.) Soren Kierkegaard, Firenze: Sansoni, 1967 (2 ed.) La libertà del volere e l'individuo, Milano: Fratelli Bocca, 1941 La filosofia critica, Roma: Tumminelli, 1944, (1 ed.), Volume I:La formazione del problema kantiano, Volume II:Commento alla Critica della ragion pura Kant vivo, Firenze: Sansoni, 1968 (2 ed.) Senso della pedagogia, Roma: Armando Armando, 1963 (2 ed.); Firenze: Sansoni, 1971 (3 ed.) Nascita del mondo moderno, Firenze: Sansoni, 1967 (2 ed) Concetto e problemi di Storia della filosofia, Asti: Arethusa, 1956 (2 ed.); Firenze: Sansoni, 1970 (3 ed.) Le origini della filosofia europea nel mondo greco, Asti: Arethusa, 1954 Il concetto della libertà, Asti, Arethusa, 1955; Firenze: Sansoni, 1966 (3 ed.) Dopo lo Storicismo, (2 ed.) Firenze: Sansoni, 1970 Ricostruzione filosofica, Asti: Arethusa, 1956 La filosofia italiana negli ultimi 100 anni , Asti: Arethusa, 1956 Il piano del nostro sapere, Asti: Arethusa, 1958; Firenze: Sansoni, 1970 (2 ed.) La posizione dell'uomo nell'universo, Firenze: Sansoni, 1963 Problemi della libertà, Firenze: Sansoni, 1966 Filosofia e civiltà di Europa, cinque tesi per una ricostruzione. Introduzione e Parte Prima, Firenze: Sansoni, 1972 Saggi Manoscritti inediti Scritti vari di filosofia 1932-1943 Sinn und Bedeutung der Italien. Philosophie der Gegenwart Scritti politici Filosofia e Società , Firenze: Sansoni, 1967 Filosofia e Società I e II, Firenze: Sansoni, 1975 (2 ed.) Il senso della storia e altri saggi, Firenze: Sansoni, 1965 Aforismi inattuali sull'arte, Firenze: Sansoni, 1965 Galilei, Calvino, Rousseau: tre antesignani del tempo moderno, Firenze: Sansoni, 1968 Altri scritti Scritti per l'università, Firenze: Sansoni, 1974 Continuità e Rottura, Firenze: Sansoni, 1975 Una svolta di civiltà, n.d.: ERI, 1981 Gaetano Calabrò, Franco Lombardi, Torino: Edizioni di Filosofia, 1961 Atti del Congresso internazionale di Filosofia, Milano: Castellani & C Editori, 1947, Volumew I:Il materialismo storico Atti del XVI Congresso internazionale di Filosofia; Roma: Fratelli Bocca, 1953, Il problema della filosofia oggi Varie Taccuini di viaggio Dodici canzoni napoletane, su versi di Salvatore Di Giacomo, Firenze: Forlivesi, 1940   Franco Lombardi, Torino: Edizioni di Filosofia, 1961  European Philosophy Today: Zubiri, Heidegger, Lombardi, Sartre, Kolakowski, Chicago: Quadrangle, 1965  «Lombardi, Franco», la voce in Enciclopedie on line, sito "Treccani.it L'Enciclopedia italiana". La filosofia di Franco Lombardi. Un contributo significativo per la costruzione della filosofia italiana contemporanea di Francesca Ghione, 13 giugno 2006, Accademia dei Lincei, in Biblioteca di Filosofi, SapienzaRoma. Franco Lombardi: Opere, saggi, biografia in Biblio Media, su bibliomedia.it.

 

LombardiaGrice: “It is strange that he was called Piero da Lombardia; it would be like ‘a lad from shropshire.’ ‘Lombardia,’ unlike Ockham, ain’t a townbut a full regionIt’s different with ‘veneto,’ which is toponymic and metonymic for Venice. But if Milano was the main ever settlement in Lombardia this would be “Peter, the one from Milan.”

 

Lombardo

 

Longano: Francesco Longano (Ripalimosani), filosofo. Figlio di Vito Longano e Dorotea Gentile, fu allievo di  Zurlo, si trasferì a Campobasso dove nel 1751 fu ordinato sacerdote e quindi a Napoli l’anno seguente, dove riprese gli studi e divenne allievo dell'abate Antonio Genovesi. Trasferitosi poi a Cerreto Sannita per qualche tempo, insegnando al locale seminario, quindi tornò a Napoli dove sostituì come insegnante Genovesi.  Fece parte della massoneria ed è considerato un importante esponente dell'illuminismo italiano, fu sostenitore dello stretto rapporto tra anima e corpo e di una visione dell'uomo nella sua interezza.  Propugnò la rinascita dell'Italia meridionale, proponendo un piano di riforme e il superamento del feudalesimo.   Opere Piano di un corpo di filosofia morale, o sia Estratto d'un corso di Etica, di economia e dipolitica, composto dall'abate Francesco Longano, lettore straordinario in dritto naturale nella regia Napoli, Napoli, 1764. Dell'Uomo Naturale. Trattato dell'abate Francesco Longano, Napoli, Giuseppe Raimondi,1767 .Saggio politico sul commercio tradotto dal francese colle annotazioni dell'ab. Longano, Napoli, presso Vincenzo Flauto, 1778 .Raccolta di Saggi economici per gli abitanti delle due Sicilie, Napoli,  I, presso Domenico Sangiacomo,  II, presso Giuseppe Campo, 1779 Dell'uomo e della sua morale naturale Volume 1, Esame fisico, e morale dell'uomo, Napoli, Michele Morelli, 1783 Dell'uomo, e sua morale naturale Volume 2, Della morale naturale, Napoli, Michele Morelli, 1783 Dell'uomo Religioso e cristiano,  I, Dell'uomo religioso, Napoli, 1786, Michele Morelli Logica, o sia arte del ben pensare Viaggio per lo contado di Molise nell'ottobre 1786 ovvero descrizione fisica, economica e politica del medesimo, Napoli, 1788 Viaggio dell'abate Longano per la Capitanata, Napoli, Domenico Sangiacomo, 1790 Il Purgatorio ragionato, Francesco Lepore, postfazione di Sebastiano Martelli, Campobasso, Palladino,  Philosophiae rationalis elementa  I, De arte logica, Neapoli, 1791;  II, De Scientia metaphysica, Neapoli, 1791, apud Vincentium Orsino;  III, DeJure humanae, Neapoli, 1791. Note  Biblioteca provinciale di FoggiaL'anno di Genovesi , su bibliotecaprovinciale.foggia.it.  Gaetano, IL PENSIERO FILOSOFICO DI FRANCESCO LONGANO, su webcache.googleusercontent.com. 5 dicembre .  Anna Maria Rao, L'amaro della feudalità: la devoluzione di Arnone e la questione feudale a Napoli alla fine del '700, Guida Editori, 1984,  9788870422658. 5 dicembre .  Francesco Rizzo, Francesco Longano e la civiltà del Purgatorio: riformismo e anticlericalismo nella provincia molisana del XVIII secolo,  9788862747028 Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Francesco Longano  Stefano Borgna, Francesco Longano su delpt.unina.it Antonio Trampus, Francesco Longano, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.

 

longinus: Grecian literary critic, author of a treatise “Peri hypsous.” The work is ascribed to “Dionysius or Longinus” in the manuscript and is now tentatively dated to the end of the first century A.D. The author argues for five sources of sublimity in literature: (a) grandeur of thought and (b) deep emotion, both products of the writer’s “nature”; (c) figures of speech, (d) nobility and originality in word use, and (e) rhythm and euphony in diction, products of technical artistry. The passage on emotion is missing from the text. The treatise, with Aristotelian but enthusiastic spirit, throws light on the emotional effect of many great passages of Greek literature; noteworthy are its comments on Homer (ch. 9). Its nostalgic plea for an almost romantic independence and greatness of character and imagination in the poet and orator in an age of dictatorial government and somnolent peace is unique and memorable.

 

Losano: Mario Giuseppe Losano (Casale Monferrato), filosofo. Si occupa di filosofia del diritto e informatica giuridica. Laureato in giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Torino nel 1961-62 e libero docente di filosofia del diritto nel 1971, insegnò teoria generale del diritto presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università degli Studi di Milano dal 1969 al 2004. Dal 2002 al 2007 è stato Professore di Introduzione all'Informatica Giuridica e di Filosofia del Diritto presso le Facoltà di Giurisprudenza e di Scienze Matematiche e Fisiche e presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche ed Economiche dell'Università del Piemonte Orientale "Amedeo Avogadro", sede di Alessandria. Dal 2007 è stato Professore di Filosofia del Diritto presso la Facoltà di Giurisprudenza della stessa università, dove ha anche insegnato Introduzione all'Informatica Giuridica. Dal 2009 è professore emerito di Filosofia del Diritto e Informatica Giuridica presso la stessa università. È professore nella Scuola di Dottorato in Diritti e Istituzioni dell'Università degli Studi di Torino e, inoltre, nel Corso di perfezionamento del Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione, Milano Bicocca. È stato professore visitante, in Brasile, presso la Universidade do Estado de Minas Gerais, Belo Horizonte, e "professor visitante permanente" presso la Universidade Federal da Paraíba, João Pessoa, Brasile. È socio corrispondente dell'Accademia delle Scienze di Torino e, in Brasile, della Academia Pernambucana de Letras, Recife, e della Academia Sergipana de Letras, Aracaju.  Assoziierter Wissenschaftler am Max-Planck-Institut für Europäische Rechtsgeschichte, Frankfurt am Main [in italiano?].  Si occupa di storia della filosofia del diritto; teoria generale del diritto; circolazione mondiale delle idee giuridiche e sociali; filosofia politica; diritti umani; geopolitica; informatica giuridica; privacy; e-publishing; edizioni di archivi storici. Ha pubblicato in tre volumi un completo panorama sull'evoluzione della nozione di sistema nel diritto dalle origini ai giorni nostri. Ha curato i tre volumi dei carteggi inediti di Rudolf von Jhering con vari giuristi tedeschi e austriaci, nonché le traduzioni italiane di importanti opere di Rudolf von Jhering e di Hans Kelsen. In tedesco ha curato l'edizione critica delle corrispondenze dal Giappone di Hermann Roesler. In francese ha pubblicato l'inedito corso di filosofia del diritto tenuto a Tokyo nel 1889 da Alessandro Paternostro. Come informatico giuridico, ha pubblicato il primo manuale italiano di informatica giuridica e diritto informatico in tre volumi e un progetto di legge sulla tutela della privacy; presso l'Università degli Studi di Milano è stato presidente del "Centro di calcolo automatico" (1982-1985 e 1985-1988); nel 2001 ha fondato il corso triennale di laurea in informatica giuridica presso l'Università del Piemonte Orientale, primo corso interfacoltà di questo genere in Italia, poiché è inserito tanto nella Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali, quanto nella Facoltà di Giurisprudenza. Come brasilianista, ha studiato il filosofo Tobias Barreto e il maggior movimento sociale del Sud America, il "Movimento Sem-Terra" (MST). Nel 1973 ha tenuto presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'São Paulo il primo corso brasiliano di informatica giuridica. Ha finora pubblicato oltre 50 volumi e 500 saggi originali. Suoi libri e saggi sono tradotti in 12 lingue.  Prima di optare per il tempo pieno all'università, è stato per anni consulente editoriale della Giulio Einaudi Editore di Torino, poi del gruppo editoriale Elemond (Electa-Mondadori di Milano), nonché consulente scientifico per l'informatica dell'amministratore delegato della Siemens Data S.p.A. di Milano (in seguito Unidata e poi Siemens Nixdorf).  Riconoscimenti Nel 1971 gli è stato conferito il Prix International des Hautes Synthèses, Nice (Francia). Nel 1971 gli è stato conferito il Premio Honeywell per il giornalismo scientifico, Milano. Nel 1995 la fondazione tedesca Alexander von Humboldt gli ha conferito il premio per la ricerca Alexander von Humboldt-Forschungspreis. Nel 2002 il Governo brasiliano lo ha nominato Comendador da Ordem Nacional do Cruzeiro do Sul per meriti culturali. Nel 2004 ha ricevuto il titolo di Dottore honoris causa dalla Facoltà di Giurisprudenza dell'Hannover. Nel 2008 ha ricevuto il titolo di Dottore honoris causa dell'Universidad de la República di Montevideo. Nel 2009 ha ricevuto il titolo di Dottore honoris causa dalla Facoltà di Giurisprudenza dell'Universidad Carlos III, Madrid. Nel  il Governo austriaco gli ha conferito la Oesterreichisches Ehrenkreuz für Wissenschaft und Kunst I. Klasse. Nel  ha ricevuto il titolo di Professor honoris causa dalla Universidade Federal de Pernambuco (UFPE), Recife, Brasile. Nel  è nominato Socio Onorario e Paul Harris Fellow dal Rotary Club, Distretto 2032 di Casale Monferrato, Italia. Nel  ha ricevuto la Medaglia d'oro dell'Ordine degli Avvocati, Milano, Italia. Nel  ha ricevuto il titolo di Professor honoris causa dalla Universidade Federal da Paraíba (UFPB), João Pessoa, Brasile. Opere principali Hans Kelsen, La dottrina pura del diritto. Saggio introduttivo e traduzione di Mario G. Losano, Einaudi, Torino 1966, CIII-418  (Nuova Biblioteca Scientifica Einaudi). Hans Kelsen, La dottrina pura del diritto. Mario G. Losano, Einaudi, Torino 1990, LXXXVII-425  (Nuova Universale Einaudi). La teoria di Marx ed Engels sul diritto e sullo stato. Materiali per il seminario di filosofia del diritto, Università Statale di Milano. Anno Accademico 1968-69, Cooperativa Libraria Università Torinese, Torino 1969, V-188  Giuscibernetica. Macchine e modelli cibernetici nel diritto, Einaudi, Torino 1969, 205  Libia 1970. Materiali sui rapporti fra ideologia ed economia nel terzo mondo. Corso di filosofia politica, Milano. Anno Accademico 1969-70, Cooperativa Libraria Università Torinese, Torino 1970, II-159  Libia 1970. Materiali sui rapporti fra ideologia ed economia nel terzo mondo.//daten.digitale-sammlungen.de/db/0010/bsb00105522/images/ . Rudolf von Jhering, Lo scopo nel diritto. Mario G. Losano, Einaudi, Torino 1972, CIII-419  Rudolf von Jhering, Lo scopo nel diritto. Introduzione e cura di Mario G. Losano, Nino Aragno Editore, Torino , 407   978-88-8419-674-3 Corso di informatica giuridica, Cooperativa Universitaria Editrice Milanese, Milano 1971, VI-325  [Trad. in port.: Informática jurídica, São Paulo 1976, XVI-255 ] Corso di informatica giuridica. Seconda edizione ampliata: IL'elaborazione dei dati non numerici, Unicopli, Milano 1981, XXIII-316  IIIl diritto dell'informatica, Unicopli, Milano 1981,  XXV-(317-)543  Corso di informatica giuridica. Terza edizione: IL'elaborazione dei dati non numerici, Unicopli, Milano 1984, XXXI-317  [Trad. spagn.: Curso de informática jurídica, Madrid 1984, 262 ] IIIl diritto dell'informatica, Unicopli, Milano 1984, XXXI– [317-543] + 16  (seconda edizione, 1981) Lições de informática jurídica, Editora Resenha Tributaria, São Paulo 1974, XVI-237  [ed. ital.: Lezioni pauliste di informatica giuridica, Torino 1974, VII-205 ] Stato e automazione. L'esempio giapponese, Etas Kompass, Milano 1974, 245  Babbage: la macchina analitica. Un secolo di calcolo automatico, Etas Kompass, Milano 1974, IX-191  Scheutz: La macchina alle differenze. Un secolo di calcolo automatico, Etas Libri, Milano 1974, 164  Machines arithmétiques. Invenzioni francesi del Settecento. Testi originali con 15 tavole dell'epoca, Bottega d'Erasmo, Torino 1976, VIII-117  I grandi sistemi giuridici. Introduzione ai diritti europei ed extraeuropei, Einaudi, Torino 1978, XXIII-361  [trad. port.: Os grandes sistemas jurídicos, Lisboa 1979, 307 ; trad. spagn.: Los grandes sistemas jurídicos, Madrid 1981, 405 ] I grandi sistemi giuridici. Introduzione ai diritti europei ed extraeuropei, Einaudi, Torino 1988, XXIX-370  (seconda edizione ampliata). I grandi sistemi giuridici. Introduzione ai diritti europei ed extraeuropei, Laterza, RomaBari 2000, XIX-550  (terza edizione ampliata) [Trad. romena: Marile sisteme juridice. Introducere în dreptul european şi extraeuropean, Bucureşti 2005, 640  [trad. in port.: Os grandes sistemas jurídicos. Introdução aos sistemas jurídicos europeus e extra-europeus. Tradução di Marcela Varejão, Martins Fontes, São Paulo 2007, LVII-677 ] L'informatica legislativa regionale. L'esperimento del Consiglio Regionale della Lombardia, Rosenberg & Sellier, Torino 1979, 144  Forma e realtà in Kelsen, Comunità, Milano 1981, 229  (Trad. in spagn.: Teoría pura del derecho. Evolución y puntos cruciales, Bogotá 1992, XVI-267 ) Introducción a la informática jurídica, Universidad de Palma de Mallorca, Palma 1982, 107  Automi arabi del XIII secolo. Dal "Libro sulla conoscenza degli ingegnosi meccanismi", Luigi Maestri Editore, Milano 1982, 94  (con 12 tavole a colori); ristampato con il titolo: Automi d'Oriente. "Ingegnosi meccanismi" arabi del XIII secolo, Milano 2003, 127  Il diritto economico giapponese. Seconda edizione ampliata con un'appendice sul diritto coreano, Unicopli, Milano 1984, 138  (prima edizione: 1982) Der Briefwechsel zwischen Jhering und Gerber, Münchener Universitätsschriften. Juristische Fakultät. Abhandlungen zur rechtswissenschaftlichen Grundlagenforschung, Band 55/1, Teil 1, Verlag Rolf Gremer, Ebelsbach 1984, XXII-693  Studien zu Jhering und Gerber, Münchener Universitätsschriften. Juristische Fakultät. Abhandlungen zur rechtswissenschaftlichen Grundlagenforschung, Band 55/2, Teil 2, Verlag Rolf Gremer, Ebelsbach 1984, XXIII-432  L'ammodernamento giuridico della Turchia (1839-1926), Unicopli, Milano 1980, 150  L'ammodernamento giuridico della Turchia (1839-1926), Unicopli, Milano 1985, 155  (Seconda edizione, ristampata anche nel 1990; prima edizione: 1980) Hermann Roesler, Berichte aus Japan (1879-1880), Herausgegeben von Mario G. Losano, Unicopli, Milano 1984, XXVII-398  Hermann Roesler, Berichte aus Japan (1879-1880),//daten.digitale-sammlungen.de/db/0010/bsb00106246/images/ Corso di informatica giuridica: IInformatica per le scienze sociali, Einaudi, Torino 1985, XXI-547  IIIl diritto privato dell'informatica, Einaudi, Torino 1986, XVIII-298  IIIIl diritto pubblico dell'informatica, Einaudi, Torino 1986, IV-348  Scritto con la luce. Il disco compatto e la nuova editoria elettronica, Unicopli, Milano 1988, 128  Libertad informática y leyes de protección de datos personales, Centro de Estudios Constitucionales, Madrid 1989, 213  L'informatica e l'analisi delle procedure giuridiche, Unicopli, Milano 1989, 388  (prima edizione: 1984) (Trad. spagn.: La informática y el análisis de los procedimientos jurídicos, Madrid 1991, 222 ) Diritto e CD-ROM. Esperienze italiane e tedesche a confronto. Mario G. Losano e Lothar Philipps, Giuffrè, Milano 1990, VIII-117  Storie di automi. Dalla Grecia classica alla Belle Époque, Einaudi, Torino 1990, XXVIII-154  (Trad. in port.: Histórias de autômatos. Da Grécia Antiga à Belle Époque, São Paulo 1992, 147 ) Saggio sui fondamenti tecnologici della democrazia, Quaderni della Fondazione Adriano Olivetti, 1991, 82  Disponibile on line a questo indirizzo//fondazioneadrianolivetti.it/pubblicazioni.php?id_pubblicazioni=124 Informatika juridike. Përkthimi dhe parathënia nga Gjergj Sinani, Istituto per la Documentazione Giuridica, Firenze 1994, 129  (Raccolta di saggi sull'informatica giuridica, già pubblicati in italiano e qui tradotti in albanese). Sonne in der Tasche. Italienische Politik seit 1992. Aus dem Italienischen von Moshe Kahn, Antje Kunstmann Verlag, München 1995, 230  Der Briefwechsel Jherings mit Unger und Glaser, Münchener Universitätsschriften. Juristische Fakultät. Abhandlungen zur rechtswissenschaftlichen Grundlagenforschung, Band 78, Aktiv Verlag, Ebelsbach 1996, XIII-337  Renato Treves, sociologo tra il Vecchio e il Nuovo Mondo. Con il regesto di un archivio ignoto e la  di Renato Treves, Unicopli, Milano 1998, VIII-210  Hans KelsenUmberto Campagnolo, Diritto internazionale e Stato sovrano. Mario G. Losano. Con un inedito di Hans Kelsen e un saggio di Norberto Bobbio, Giuffrè, Milano 1999, XI-402  [trad. in port.: Hans KelsenUmberto Campagnolo, Direito internacional e Estato soberano, São Paulo 2002, XV-209 ; trad. spagn.: Hans KelsenUmberto Campagnolo, Derecho Internacional y Estado Soberano. Un diálogo con Kelsen sobre paz, federalismo y soberanía. Mario G. Losano, Edición y estudio introductorioConsuelo Ramón, Traducción al Castellano, Publicacions Universitat de ValènciaTirant lo Blanc, Valencia 2007, 214 ] Un giurista tropicale. Tobias Barreto fra Brasile reale e Germania ideale, Laterza, RomaBari 2000,  XII-322. Sistema e struttura nel diritto: IDalle origini alla Scuola storica, Giuffrè, Milano 2002, XXIX-373  (prima edizione, 1968); IIIl Novecento, Giuffrè, Milano 2002, XVIII-311 ; IIIDal Novecento alla postmodernità, Giuffrè, Milano 2002, XVIII-371  (trad. in port.: Sistema e estrutura no direito): (trad. in port.: IDas origens à Escola Histórica, Martins Fontes, São Paulo 2008, XLIV-463 ) (trad. in port.: IIO século XX, Martins Fontes, São Paulo , XXV-373 pp) (trad. in port.: III: Do século XX à pós-modernidade, Martins Fontes, São Paulo , XXXV-456 ) Umberto Campagnolo, Verso una costituzione federale per l'Europa. Una proposta inedita del 1943. M. G. Losano, Giuffrè, Milano 2003, XV-229  Mario G. LosanoFrancisco Muñoz Conde (org.), El derecho ante la globalización y el terrorismo. "Cedant arma togae". Actas del Coloquio Internacional Humboldt, Montevideo abril 2003, Tirant lo Blanc, Valencia 2004, 459  Un giudice e due leggi. Pluralismo normativo e conflitti agrari in Sud America. M. G. Losano, Giuffrè, Milano 2004, XIX-271  Función social de la propiedad y latifundios ocupados. Los Sin Tierra de Brasil, Dykinson, Madrid 2006, 219  Il Movimento Sem Terra del Brasile. Funzione sociale della proprietà e latifondi occupati, Diabasis, Reggio Emilia 2007, 280  Hans Kelsen, Scritti autobiografici. Traduzione e cura di Mario G. Losano, Diabasis, Reggio Emilia 2008, 147  Peronismo e giustizialismo: dal Sudamerica all'Italia, e ritorno. Marzia Rosti, Diabasis, Reggio Emilia 2008, 110  La Turchia tra Europa ed Asia: un secolo tra laicismo e Islam. Memoria dell'Accademia delle Scienze di Torino, Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche, Serie V, Volume 33, Accademia delle Scienze, Torino 2009, 50  (Summary in English). <http://accademiadellescienze.it/editoria/memorie/morali/33[collegamento interrotto]> Umberto Campagnolo, Conversazioni con Hans Kelsen. Documenti dell'esilio ginevrino 1933-1940. Mario G. Losano, Giuffrè, Milano , XIX-295  La geopolitica del Novecento. Dai Grandi Spazi delle dittature alla decolonizzazione, Bruno Mondadori, Milano , 336  Solidaridad y derechos humanos en tiempos de crisis, Dykinson, Madrid , 124  Hans KelsenArnaldo Volpicelli, Parlamentarismo, democrazia e corporativismo (1930). Introduzione e cura di Mario G. Losano, Nino Aragno Editore, Torino , 296  Alle origini della filosofia del diritto a Torino: Pietro Luigi Albini (1807-1863). Con due documenti sulla collaborazione di Albini con Mittermaier, Memorie della Accademia delle Scienze di Torino, Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche (Serie V,  37, fasc. 2), Accademia delle Scienze, Torino , 104  [ 978-88-908669-2-0;  1120-1622 (WC ACNP)]. (Summary in English).//accademiadellescienze.it/attivita/editoria/periodici-e-collane/memorie/morali/vol-37-fasc-2- I carteggi di Pietro Luigi Albini con Federico Sclopis e Karl Mittermaier (1839-1856). Alle origini della filosofia del diritto a Torino, Memoria dell'Accademia delle Scienze di Torino, Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche, Serie V, Volume 38, fasc. 3, Accademia delle Scienze, Torino , 304   978-88-99471-01-9. (Summary in English).//accademiadellescienze.it/attivita/editoria/periodici-e-collane/memorie/morali/vol-38-fasc-3- Alle origini della filosofia del diritto in Giappone. Il corso di Alessandro Paternostro a Tokyo nel 1889. In appendice: A. Paternostro, Cours de philosophie du droit, 1889, Lexis, Torino , XI-246  [Cfr. n. 58] [ 978-88-904616-8-2 digitale 9788894206401] Il portoghese Wenceslau de Moraes e il Giappone ottocentesco. Con 25 sue corrispondenze nelle epoche Meiji e Taisho (1902-1913), Lexis, Torino , XXVII-569  [ 978-88-942064-6-3;  digitale 9788894206449] Lo spagnolo Enrique Dupuy e il Giappone ottocentesco. In appendice: Enrique Dupuy, La transformación del Japón en la era Meiji, 1867-1894, Lexis, Torino , XXIII-407  [ 9788894206456 digitale 9788894206449] El valenciano Enrique Dupuy y el Japón del siglo XIX. En apéndice: Enrique Dupuy, La transformación del Japón en la era Meiji, 1867-1894, Servei de Publicacions de la Universitat de València, Valencia , 313  La Rete e lo Stato Islamico. Internet e i diritti delle donne nel fondamentalismo islamico, Mimesis, Milano , 169   978-88-575-3873-0 Norberto Bobbio. Una biografia culturale, Carocci, Roma , 510   978-88-430-9269-7 Hans Kelsen, Due saggi sulla democrazia in difficoltà (1920-1925). Mario G. Losano, Aragno, Torino , XXII-134   9-788884-198914 La libertà d’insegnamento in Brasile e l’elezione del Presidente Bolsonaro, Mimesis, Milano , 221   9788857556147  Sito di Mario G. Losano (con  completa).

 

losurdo: losurdo, Italian philosopher, expert not on Grice, but Nietzsche, “Nietzsche, ribelle aristocratico” -- essential Italian philosopher. Domenico Losurdo (Sannicandro di Bari, 14 novembre 1941Ancona, 28 giugno ) filosofo, saggista e storico italiano.  Losurdo si laureò nel 1963 all'Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo" sotto la guida di Pasquale Salvucci con una tesi su Johann Karl Rodbertus. Direttore dell'Istituto di Scienze filosofiche e pedagogiche "Pasquale Salvucci" all'Urbino, insegnò storia della filosofia nella stessa università presso la facoltà di Scienze della Formazione. Inoltre fu presidente dell'hegeliana Società internazionale Hegel-Marx per il pensiero dialettico (dal 1988), membro della Società di scienze di Leibniz a Berlino (un'associazione di scienziati che si rifà alla settecentesca Accademia Reale Prussiana delle Scienze nella tradizione di Gottfried Wilhelm Leibniz) e direttore dell'associazione politico-culturale Marx XXI sino alla sua morte, sopraggiunta il 28 giugno  all'età di settantasei anni per un cancro alla gola. Dalla militanza comunista alla condanna dell'imperialismo statunitense, fino allo studio della questione afroamericana e di quella dei nativi, Losurdo fu studioso anche partecipe della politica nazionale e internazionale.     Pensiero e opera Di formazione marxista, descritto sia come un «marxista controcorrente» sia come un «marxista eterodosso» e un «comunista militante», la sua produzione spazia dai contributi allo studio della filosofia kantiana (la cosiddetta autocensura di Immanuel Kant e il suo nicodemismo politico), alla rivalutazione dell'idealismo classico tedesco, specie di Georg Wilhelm Friedrich Hegel, nel tentativo di riproporne l'eredità (sulla scia di György Lukács in particolare), alla riaffermazione dell'interpretazione del marxismo tedesco e non (Antonio Gramsci e i fratelli Bertrando e Silvio Spaventa), con incursioni nell'ambito del pensiero nietzscheano (la lettura di un Friedrich Nietzsche radicale aristocratico) e di quello heideggeriano (in particolare la questione dell'adesione al nazismo di Martin Heidegger).  La sua riflessione filosofico-politica, attenta alla contestualizzazione del pensiero filosofico nel proprio tempo storico, muove in particolare dai temi della critica radicale del liberalismo, del capitalismo, del colonialismo e dell'imperialismo, nonché della concezione tradizionale del totalitarismo (Hannah Arendt), nella prospettiva di una difesa della dialettica marxista e del materialismo storico, dedicandosi anche allo studio dell'antirevisionismo in ambito marxista-leninista. Losurdo ha una visione molto critica della tradizione intellettuale europea del liberalismo, in particolare della tradizione classica e delle sue origini, sostenendo che pur pretendendo di enfatizzare l'importanza della libertà individuale in pratica il liberalismo reale è a lungo contrassegnato dalla sua esclusione di persone da questi diritti, con conseguente sfruttamento come razzismo, schiavitù e genocidio. Losurdo afferma che le origini del nazismo si trovano in quelle che considera politiche colonialiste e imperialiste del mondo occidentale. Esaminando le posizioni intellettuali e politiche degli intellettuali sulla modernità, Kant e Hegel furono i più grandi pensatori della modernità mentre Nietzsche fu il suo più grande critico.  I suoi lavori, che lui stesso fa rientrare nell'ambito della storia delle idee, riguardano inoltre l'indagine delle questioni di storia e politica contemporanee, con una attenzione critica costante al revisionismo storico e la polemica contro le interpretazioni di François Furet e Ernst Nolte. In particolare critica una tendenza reazionaria tra gli storici contemporanei revisionisti riconoscibile nel lavoro di autori come Nolte, che traccia l'impeto dietro l'Olocausto agli eccessi della rivoluzione russa; o Furet, che collega le purghe staliniane a una «malattia» originata dalla rivoluzione francese. Secondo Losurdo l'intenzione di questi revisionisti è di sradicare la tradizione rivoluzionaria in quanto le loro vere motivazioni hanno poco a che fare con la ricerca di una maggiore comprensione del passato, ma si trovano nel clima e nei bisogni ideologici delle classi politiche, come è più evidente nel lavoro dei revivalisti imperiali anglofoni Paul Johnson e Niall Ferguson. Fornisce inoltre una nuova prospettiva su rivoluzioni come quella inglese, americana, francese, russa e quelle contro il colonialismo e l'imperialismo. Si discosta anche dalle posizioni elogiative che la maggior parte delle biografie prende nell'analisi di Mahatma Gandhi e la nonviolenza.  Losurdo volge la sua attenzione alla storia politica della filosofia moderna tedesca da Kant a Karl Marx e del dibattito che su di essa si sviluppa in Germania nella seconda metà dell'Ottocento e nel Novecento, per poi procedere a una rilettura della tradizione del liberalismo, in particolare partendo dalla critica e dalle accuse di ipocrisia rivolte a John Locke per la sua partecipazione finanziaria alla tratta degli schiavi. Riprendendo ciò che afferma Arendt nel 1951 in Le origini del totalitarismo, per Losurdo il vero peccato originale del Novecento è nell'impero coloniale di fine Ottocento, dove per la prima volta si manifesta il totalitarismo e l'universo concentrazionario.  Controversia degli storici Losurdo critica il concetto di totalitarismo, sostenendo che fosse un concetto polisemico con origini nella teologia cristiana e che applicarlo alla sfera politica richiedeva un'operazione di schematismo astratto che utilizza elementi isolati della realtà storica per collocare la Germania nazista e altri regimi fascisti e l'Unione Sovietica e l'esperienza del socialismo reale e di altri Stati socialisti nello stesso insieme, servendo così l'anticomunismo degli intellettuali della guerra fredda piuttosto che riflettere la ricerca intellettuale.  Forte critico dell'equiparazione tra nazismo e comunismo (in particolare quello sovietico) fatta da studiosi come François Furet e Ernst Nolte,[25][26] ma anche da Hannah Arendt e Karl Popper,[27] nonché del concetto di «olocausto rosso»,[25] il suo Stalin. Storia e critica di una leggenda nera, libro pubblicato per la prima volta nel 2008, sollevò un dibattito sulla figura di Iosif Stalin, sul quale a suo avviso peserebbe una sorta di leggenda nera costruita per screditare tutto il comunismo. Porta l'esempio che nel lager vi era volontà omicida esplicita in quanto l'ebreo che vi entrava era destinato a non uscire più (vi è una despecificazione naturalistica) mentre nel gulag no (si tratta di despecificazione politico-morale) e nel primo venivano rinchiusi quelli che il nazismo chiamava Untermensch («sottouomini») mentre nel secondo (in cui afferma finissero solo una parte dei dissidenti), pur essendo una pratica da condannare, erano rinchiusi dissidenti da rieducare e non da eliminare. Losurdo afferma che «il detenuto nel Gulag è un potenziale compagno [la guardia stessa era tenuta a chiamarlo in questo modo] e dopo il 1937 [l'inizio del biennio delle grandi purghe che seguono l'assassinio di Sergej Mironovič Kirov] è comunque un cittadino».[25]  Riprendendo anche l'opinione di Primo Levi (internato ad Auschwitz, secondo cui il lager era moralmente più grave del gulag) e contro Aleksandr Isaevič Solženicyn (internato in Siberia e che affermava l'equiparazione della volontà sterminazionistica), Losurdo sostiene che pur essendo grave che un Paese socialista nato per abolire lo sfruttamento usi sistemi imperialisti e capitalisti, il gulag sia analogo a molti campi di concentramento occidentali (i cui governi hanno sostenuto e sostengono di essere paladini della libertà), che per certi versi furono anche più affini al lager in quanto campo di sterminio e non di rieducazione, riprendendo la storia del genocidio indiano. Egli sostiene anche che i campi di concentramento e le colonie penali britanniche erano peggio di qualsiasi gulag, accusando anche politici come Winston Churchill e Harry Truman di essere autori di crimini di guerra e contro l'umanità pari (se non peggiori) di quelli che sono stati poi attribuiti a Stalin.[25] Losurdo ritiene inoltre che i comunisti soffrano di autofobia, cioè paura di se stessi e della propria storia, problema patologico che va affrontato, a differenza dell'autocritica sana.[28]  Despecificazione politico-morale e despecificazione naturalistica La despecificazione è l'esclusione di un individuo o di un gruppo dalla comunità dei civili. Esistono due tipi di despecificazione:  La despecificazione politico-morale (in questo caso l'esclusione è dovuta a fattori politici o morali). La despecificazione naturalistica (in questo caso l'esclusione è dovuta a fattori biologici). Per Losurdo la despecificazione naturalistica è qualitativamente peggiore rispetto a quella politico-morale. Infatti mentre quest'ultima offre almeno una via di scampo mediante il cambio di ideologia, questo non è possibile nel caso in cui sia in atto una despecificazione naturalistica, che è irreversibile in quanto rimanda a fattori biologici che sono di per sé immodificabili.[25][29] Inoltre a differenza di altri pensatori ritiene quindi che l'olocausto degli ebrei non è incomparabile ed è quindi disposto ad ammettere in questo caso una tragica peculiarità. La comparatistica che Losurdo offre a proposito non vuole essere una relativizzazione o uno sminuire, ma semplicemente considerare l'olocausto degli ebrei come incomparabile significa perdere la prospettiva storica e dimenticarsi dell'olocausto nero (l'olocausto dei neri) o dell'olocausto americano (l'olocausto dei nativi indiani d'America ottenuto negli Stati Uniti mediante la continua deportazione sempre più a ovest e la diffusione ad arte del vaiolo), oltre ad altri stermini di massa come il genocidio armeno.  Polemiche riguardanti Stalin Una recensione effettuata nell'aprile del 2009 da Guido Liguori su Liberazione (organo ufficiale del Partito della Rifondazione Comunista) di Stalin. Storia e critica di una leggenda nera, libro in cui Losurdo critica la demonizzazione di Stalin effettuata dalla storiografia maggioritaria e cerca di sottrarlo a quella che definisce «la leggenda nera su di lui», è al centro di una polemica all'interno della redazione del suddetto quotidiano. Venti redattori inviano una lettera di protesta al direttore del giornale in cui si critica sia il tentativo di riabilitazione di Stalin presente nel libro di Losurdo sia la recensione di Liguori (giudicata troppo positiva nei confronti del libro), oltre che la scelta del direttore del giornale di pubblicare tale recensione.[30] Il libro riceve delle recensioni critiche per le sue affermazioni e per la metodologia di lavoro utilizzata.[31][32][33] All'estero, soprattutto in Germania, i critici di Losurdo lo accusano di essere un «neostalinista».[34][35][36][37] Grover Furr, autore di Krusciov mentì e descritto come un «revisionista storico»,[38] un «revisionista in una ricerca lunga una carriera per scagionare Stalin»[39] e un «prezioso contributo alla scuola revisionista storica degli studi sovietici e comunisti»,[40][41][42] elogia il lavoro di Losurdo, in particolare quello su Stalin, iniziando un'amicizia reciproca.[43] Nel  introduce Furr a un editore italiano che pubblica la traduzione italiana di Khruschev mentì, per cui scrive l'introduzione.[43][44] Nel  aveva già scritto l'introduzione e il retrocopertina del libro di Furr sull'assassinio di Sergej Mironovič Kirov che rimane inedito.[43][45]  Negli estratti di un convegno organizzato nel 2003 per rivalutare la figura di Stalin a cinquant'anni dalla morte critica le rivelazioni contenute nel rapporto segreto di Nikita Sergeevič Chruščёv, l'allora segretario generale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica. Secondo Losurdo la cattiva fama di Stalin deriverebbe non dai crimini commessi da quest'ultimo (paragod altri del suo tempo), ma dalle falsità presenti in quel rapporto che Chruščёv lesse nel corso del XX Congresso del febbraio 1956. Nella relazione al convegno dà credito a una delle accuse principali che stavano alla base della sanguinosa repressione staliniana contro gli oppositori, ovvero l'esistenza nell'Unione Sovietica della «realtà corposa della quinta colonna» pronta ad allearsi col nemico.[46] Losurdo ribadisce di non voler riabilitare Stalin, seppur calato nella sua epoca, volendo presentare solo un'analisi dei fatti più neutrale e attuare un revisionismo sull'esperienza generale del socialismo reale ritenuta passata, ma utile da studiare per capire le dinamiche future del socialismo.[25][26][32]     Politica Losurdo apparteneva alla corrente del marxismo-leninismo, ma ammirava anche l'interpretazione che Mao Zedong diede della pluralità della lotta di classe, da collocare nel contesto dell'attenzione che rivolge al processo di emancipazione femminile e dei popoli colonizzati.[47]  Vicino prima al Partito Comunista Italiano, poi al Partito della Rifondazione Comunista e infine al Partito dei Comunisti Italiani, confluito nel Partito Comunista d'Italia () e nel Partito Comunista Italiano (), di cui è stato membro,[48] fu anche direttore dell'associazione politico-culturale Marx XXI.[49]  Critico del liberalismo,[50] della NATO e dell'imperialismo, in particolare quello statunitense, Losurdo contestò l'assegnazione del Premio Nobel per la pace al dissidente cinese Liu Xiaobo, considerato un sostenitore aperto del colonialismo occidentale,[51] in particolare per la sua idealizzazione del mondo occidentale[52] e per aver affermato che ci sarebbe bisogno di «300 anni di colonialismo. In 100 anni di colonialismo Hong Kong è cambiata fino a diventare ciò che è oggi. Data la grandezza della Cina, ovviamente ci vorrebbero 300 anni per trasformarla in quello che Hong Kong è oggi. E ho dei dubbi che 300 anni siano abbastanza».[53][54]  Opere Autocensura e compromesso nel pensiero politico di Kant, Napoli, Bibliopolis, 1983. Hegel. Questione nazionale, restaurazione. Presupposti e sviluppi di una battaglia politica, Urbino, Università degli Studi, 1983. Tra Hegel e Bismarck. La rivoluzione del 1848 e la crisi della cultura tedesca, Roma, Editori Riuniti, 1983.  88-359-2570-3. Gyorgy Lukacs nel centenario della nascita, 1885-1985, e con Pasquale Salvucci e Livio Sichirollo, Urbino, Quattro venti, 1986. Marx e i suoi critici, e con Gian Mario Cazzaniga e Livio Sichirollo, Urbino, Quattro venti, 1987.  88-392-0014-2. La catastrofe della Germania e l'immagine di Hegel, Milano, Guerini, 1987.  88-7802-014-1. Metamorfosi del moderno. Atti del Convegno. Cattolica, 18-20 settembre 1986, e con Gian Mario Cazzaniga e Livio Sichirollo, Urbino, Quattro venti, 1988.  88-392-0071-1. Hegel, Marx e la tradizione liberale. Libertà, uguaglianza, Stato, Roma, Editori Riuniti, 1988.  88-359-3143-6. Tramonto dell'Occidente? Atti del Convegno organizzato dall'Istituto italiano per gli studi filosofici e dalla Biblioteca comunale di Cattolica. Cattolica, 19-21 maggio 1988, e con Gian Mario Cazzaniga e Livio Sichirollo, Urbino, Quattro venti, 1989.  88-392-0128-9. Antropologia, prassi, emancipazione. Problemi del marxismo, e con Georges Labica e Jacques Texier, Urbino, Quattro venti, 1990.  88-392-0166-1. Égalité-inégalité. Atti del Convegno organizzato dall'Istituto italiano per gli studi filosofici e dalla Biblioteca comunale di Cattolica. Cattolica, 13-15 settembre 1989, e con Alberto Burgio e Jacques Texier, Urbino, Quattro venti, 1990. Prassi. Come orientarsi nel mondo. Atti del convegno organizzato dall'Istituto Italiano per gli Studi filosofici e dalla Biblioteca Comunale di Cattolica (Cattolica, 21-23 settembre 1989), e con Gian Mario Cazzaniga e Livio Sichirollo, Urbino, Quattro venti, 1991.  88-392-0214-5. La comunità, la morte, l'Occidente. Heidegger e l'ideologia della guerra, Torino, Bollati Boringhieri, 1991.  88-339-0595-0. Massa folla individuo. Atti del Convegno organizzato dall'Istituto italiano per gli studi filosofici e dalla Biblioteca comunale di Cattolica. Cattolica, 27-29 settembre 1990, e con Alberto Burgio e Gian Mario Cazzaniga, Urbino, Quattro venti, 1992.  88-392-0217-X. Hegel e la libertà dei moderni, Roma, Editori Riuniti, 1992.  88-359-3571-7; Napoli, La scuola di Pitagora, . Rivoluzione francese e filosofia classica tedesca, a cura di, Urbino, Quattro venti, 1993.  88-392-0229-3. Democrazia o bonapartismo. Trionfo e decadenza del suffragio universale, Torino, Bollati Boringhieri, 1993.  88-339-0732-5. Marx e il bilancio storico del Novecento, Gaeta, Bibliotheca, 1993; Napoli, La scuola di Pitagora, 2009.  978-88-89579-38-1. Gramsci e l'Italia. Atti del Convegno internazionale di Urbino, 24-25 gennaio 1992, e con Ruggero Giacomini e Michele Martelli, Napoli, La città del sole, 1994. La seconda Repubblica. Liberismo, federalismo, postfascismo, Torino, Bollati Boringhieri, 1994.  88-339-0873-9. Autore, attore, autorità, e con Alberto Burgio, Urbino, Quattro venti, 1996.  88-392-0359-1. Il revisionismo storico. Problemi e miti, Roma-Bari, Laterza, 1996.  88-420-5095-4. Utopia e stato d'eccezione. Sull'esperienza storica del socialismo reale, Napoli, Laboratorio politico, 1996. Ascesa e declino delle repubbliche, e con Maurizio Viroli, Urbino, Quattro venti, 1997.  88-392-0418-0. Lenin e il Novecento. Atti del Convegno internazionale di Urbino, 13-14-15 gennaio 1994, e con Ruggero Giacomini, Napoli, La città del sole, 1997.  88-86521-41-3. Metafisica. Il mondo Nascosto, con altri, Roma-Bari, Laterza, 1997.  88-420-5146-2. Antonio Gramsci dal liberalismo al «Comunismo critico», Roma, Gamberetti, 1997.  88-7990-023-4. Dai fratelli Spaventa a Gramsci. Per una storia politico-sociale della fortuna di Hegel in Italia, Napoli, La città del sole, 1997.  88-86521-73-1. Hegel e la Germania. Filosofia e questione nazionale tra rivoluzione e reazione, Milano, Guerini, 1997.  88-7802-752-9. Nietzsche. Per una biografia politica, Roma, Manifestolibri, 1997.  88-7285-124-6. Il peccato originale del Novecento, Roma-Bari, Laterza, 1998.  88-420-5660-X. Dal Medio Oriente ai Balcani. L'alba di sangue del secolo americano, Napoli, La città del sole, 1999.  88-8292-012-7. Fondamentalismi. Atti del Convegno organizzato dall'Istituto italiano per gli studi filosofici e dalla Biblioteca comunale di Cattolica. Cattolica 11-12 ottobre 1996, e con Alberto Burgio, Urbino, Quattro venti, 1999.  88-392-0517-9. URSS: bilancio di un'esperienza. Atti del Convegno italo-russo. Urbino, 25-26-27 settembre 1997, e con Ruggero Giacomini, Urbino, Quattro venti, 1999.  88-392-0512-8. L'ebreo, il nero e l'indio nella storia dell'Occidente, Urbino, Quattro venti, 1999. Fuga dalla storia? Il movimento comunista tra autocritica e autofobia, Napoli, La città del sole, 1999.  88-8292-009-7; poi Fuga dalla storia? La rivoluzione russa e la rivoluzione cinese oggi, 2005.  88-8292-275-8. La sinistra, la Cina e l'imperialismo, Napoli, La città del sole, 2000.  88-8292-020-8. Universalismo e etnocentrismo nella storia dell'Occidente, Urbino, Quattro venti, 2000. La comunità, la morte, l'Occidente. Heidegger e l'«ideologia della guerra», Torino, Bollati Boringhieri, 2001.  88-339-0595-0. Nietzsche, il ribelle aristocratico. Biografia intellettuale e bilancio critico, Torino, Bollati Boringhieri, 2002.  88-339-1431-3. Cinquant'anni di storia della repubblica popolare cinese. Un incontro di culture tra Oriente e Occidente. 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lottery paradox, a paradox involving two plausible assumptions about justification which yield the conclusion that a fully rational thinker may justifiably believe a pair of contradictory propositions. The unattractiveness of this conclusion has led philosophers to deny one or the other of the assumptions in question. The paradox, which is due to Henry Kyburg, is generated as follows. Suppose I am contemplating a fair lottery involving n tickets (for some suitably large n), and I justifiably believe that exactly one ticket will win. Assume that if the probability of p, relative to one’s evidence, meets some given high threshold less than 1, then one has justification for believing that p (and not merely justification for believing that p is highly probable). This is sometimes called a rule of detachment for inductive hypotheses. Then supposing that the number n of tickets is large enough, the rule implies that I have justification for believing (T1) that the first ticket will lose (since the probability of T1 (% (n † 1)/n) will exceed the given high threshold if n is large enough). By similar reasoning, I will also have justification for believing (T2) that the second ticket will lose, and similarly for each remaining ticket. Assume that if one has justification for believing that p and justification for believing that q, then one has justification for believing that p and q. This is a consequence of what is sometimes called “deductive closure for justification,” according to which one has justification for believing the deductive consequences of what one justifiably believes. Closure, then, implies that I have justification for believing that T1 and T2 and . . . Tn. But this conjunctive proposition is equivalent to the proposition that no ticket will win, and we began with the assumption that I have justification for believing that exactly one ticket will win.

 

Lottieri: Carlo Lottieri (Brescia), filosofo. Allievo di Alberto Caracciolo, ha studiato a Genova, Ginevra e Parigi, dove ha ottenuto un dottorato di ricerca sotto la guida di Raymond Boudon, discutendo la tesi Idéologie et science dans la sociologie politique de Gaetano Mosca.  Ha collaborato con Václav Bělohradský dell'Trieste. Nel maggio 2003 è divenuto ricercatore in filosofia del diritto alla Facoltà di Giurisprudenza di Siena, dove per molti anni ha insegnato Dottrina dello Stato. Sempre nel 2003, insieme ad Alberto Mingardi e Carlo Stagnaro ha dato vita all'Istituto Bruno Leoni, un istituto che si ispira alla tradizione intellettuale di Luigi Einaudi e Sergio Ricossa, e di cui egli è direttore del dipartimento Teoria Politica. Da anni è collaboratore de Il Giornale.  Ha curato l'edizione di alcune opere di Bruno Leoni in lingua inglese, spagnola, francese e ceca.  Attualmente insegna Filosofia del Diritto a Verona e Filosofia delle scienze sociali alla Facoltà di Teologia di Lugano (Svizzera).  Pensiero La riflessione teorica di Lottieri si sviluppa all'interno del liberalismo classico e, grazie allo studio degli autori elitisti, si delinea quale critica del sistema di dominio iscritto nei regimi democratici rappresentativi e nelle loro proiezioni internazionali. I primi lavori mostrano l'adesione a tale prospettiva, che rapidamente evolve grazie al contatto con il pensiero libertarian, principalmente americano. È esattamente in questo senso che Piero Vernaglione rileva come la filosofia libertaria di Lottieri metta in discussione "la psicologia regolamentativa e anti-innovativa del burocrate", avverso a ogni forma di rischio e cambiamento.  Il volume sulla teoria libertaria, dedicato a Murray N. Rothbard, evidenzia l'adesione ai temi classici del pensiero liberale lockiano e giusnaturalista (difesa della proprietà, del mercato, dell'autonomia negoziale), ma anche il maturare di questioni che sono invece tutte interne al realismo politico europeo: specie nel confronto con autori come Carl Schmitt, Otto Brunner e, in Italia, Gianfranco Miglio.  Mentre il testo sul rapporto tra economia di mercato e ordine sociale/comunitario (Denaro e comunità, del 2000) è una critica della sociologia, a cui è rimproverato di avere frainteso la natura interpersonale della moneta e delle relazioni di mercato, la monografia su Leoni pubblicata nel 2006 muove dal pensatore torinese per delineare una filosofia libertaria anche oltre la lettera stessa dell'autore di Freedom and the Law. In particolare, in questa fase della riflessione Leoni viene individuato come uno studioso in grado di dare una maggiore consapevolezza filosofico-giuridica alla teoria libertaria, fino ad ora elaborata per lo più da economisti e teorici politici.  Libri Denaro e comunità. Relazioni di mercato e ordinamenti giuridici nella società liberale, Napoli, Guida Editori, 2000 Il pensiero libertario contemporaneo. Tesi e controversie sulla filosofia, sul diritto e sul mercato, Macerata, Liberilibri, 2001 Le ragioni del diritto. Libertà individuale e ordine giuridico nel pensiero di Bruno Leoni, TreviglioSoveria Mannelli, FaccoRubbettino Editore, 2006 Come il federalismo fiscale può salvare il Mezzogiorno, scritto con Piercamillo Falasca, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2008 Credere nello Stato? Teologia politica e dissimulazione da Filippo il Bello a WikiLeaks, Soveria Mannelli, Rubbettino,  Liberali e non. Percorsi di storia del pensiero politico, Brescia, La Scuola,  Guglielmo Ferrero in Svizzera. Legittimità, libertà e potere, Roma, Studium,  Every New Right Is A Freedom Lost, Plano TX, Monolateral,  Un'idea elvetica di libertà. Nella crisi della modernità europea, Brescia, La Scuola,  Beni comuni, diritti individuali e ordine evolutivo, Torino, IBL Libri,  Note  Idéologie et science dans la sociologie politique de Gaetano Mosca (Book, 1993) [.org].  Carlo Lottieri Articoli recentiilGiornale.it.  Bruno Leoni, La liberté et le droit, Paris, Les Belles Lettres, 2006; Bruno Leoni, Pravo a svoboda, Praha, Liberalni Institut, 2007; Bruno Leoni, Lecciones de Filosofía del Derecho, Madrid, Union Editorial, 2008; Bruno Leoni, Law, Liberty and the Competitive Market, con una prefazione di Richard A. Epstein, New Brunswick NJ, Transaction, 2008.  Facoltà di Teologia di Lugano Archiviato il 28 maggio  in ..  A questa fase dell'elaborazione teorica appartengono i seguenti scritti: “La catallaxie ou la loi de la jungle? La théorie sociale de Hayek et les critiques des constructivistes”, Journal des Économistes et des Études Humaines, mars 1993,  43-63; "Un élitisme technocratique et libéral. L'autorité et l'État selon Mosca”, L'Année Sociologique, 1994 (ora anche in: Raymond BoudonMohamed CherkaouiJeffrey C. Alexander, eds., The Classical Tradition in Sociology. The European Tradition, II (The Emergence of European Sociology: IIThe Classical Tradition [1880-1920]), London, Sage Publications, 1997,  1123-172; “Élitisme classique (Mosca et Pareto) et élitisme libertarien: analogies et différences”, in: Alban Bouvier, éd., Pareto aujourd'hui, Parigi, Presses Universitaires de France, 1999,  199-219.  Pierre Garello e Nikolay Nenovsky hanno evidenziato come negli scritti di Lottieri sull'unificazione europea, in particolare, è cruciale l'opposizione tra l'armonizzazione spontanea emergente dal basso e l'unificazione coercitiva; si veda: Pierre GarelloNikolay Nenovsky, "Reflections on the Evolution of Institutions in Post-Communist Countries"[collegamento interrotto], working paper13. Un'analisi non dissimile si trova in uno studio di Josef Sima, nel quale lo studioso boemo evidenzia che “Lottieri identifica quattro superstizioni o quattro credenze erronee che sotto alla base dei tentativi di creare un nuovo Stato chiamato ‘Europa': (1) l'idea che la libertà individuale e il policentrismo giuridico causino tensioni e, in definitiva, conflitti; (2) che il mercato derivi dall'ordine giuridico creato dallo Stato; (3) che l'esistenza di una distinta identità europea esiga la costruzione di un singolo Stato continentale; e (4) che un'Europa unificata sarebbe più armoniosa e meglio in grado di sostenere lo sviluppo delle sue componenti più povere, come quelle dell'Europa orientale" (Josef Sima, “From the Bosom of Communism to the Central Control of EU Planners”, Journal of Libertarian Studies,  16, n.1, Winter 200264).  Nel 2000, dopo la pubblicazione di Denaro e comunità, sulle pagine culturali del Corriere della Sera Lottieri sarà individuato come uno degli esponenti di un liberalismo particolarmente radicale e volto a proporre una sorta di fuga dallo Stato: Dario Fertlio, "Libertari 2001: la grande fuga dallo Stato, Corriere della Sera, 30 ottobre 2000. Una disamina molto criticaal limite dell'insulto personaledi tale liberalismo libertarian si ha nella recensione che Ermanno Vitale nel 2002 dedicò al volume su Rothbard scritto a quattro mani da Lottieri assieme a Enrico Diciotti (basato su un confronto assai franco tra prospettive molto diverse): una recensione che, rivolgendosi al solo Diciotti, si chiudeva con l'invito per il futuro “ad occuparsi di un autore più interessante con un autore più interessante” (Ermanno Vitale, “Rothbard, un Trasimaco piccolo piccolo. E una modestissima proposta”, Teoria politica, XVIII, n.3, 2002189).  Piero Vernaglione, Il libertarismo. La teoria, gli autori, le politiche, Soveria Mannelli, Rubbettino, 200356.  Un riferimento garbatamente polemico alle posizioni giusnaturaliste di Lottieri si trova in Dario Antiseri (Laicità. Le sue radici, le sue ragioni, Rubbettino). La stessa contrapposizione è al fondo di una discussione tra i due riguardante proprio i contenuti di quel volume://blog.centrodietica.it/?p=2005.  Secondo Angelo Panebianco,questo libro di Lottieri rappresenta "una presentazione completa e approfondita del pensiero libertario nelle sue diverse varianti" (Angelo Panebianco, Il potere. lo stato, la libertà. La gracile costituzione della società libera, Bologna, il Mulino, 200483), mentre Raimondo Cubeddu evidenzia soprattutto l'"approccio libertario ai problemi ecologici" (Raimondo Cubeddu, Politica e certezza, Napoli, Guida, 2000203).  In un articolo di Lafaille sono espresse alcune riserve nei riguardi delle tesi libertarie e dell'ispirazione "anarchica" della teoria del diritto di Lottieri: Frank Lafaille, "L'anarchisme juridique de Bruno Leoni" Archiviato il 26 marzo  in ., Jus Politicum, 37. Nella sua monografia su Leoni (L'ordine giuridico dei privati, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2008) pure Grondona sviluppa alcune critiche nei riguardi dell'interpretazione dello studioso torinese offerta da Lottieri, mentre in maggiore sintonia con le sue posizioni si trova Andrea Favaro (Bruno Leoni. Dell'irrazionalità della legge per la spontaneità dell'ordinamento, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2009225.  A giudizio di Panebianco, nei suoi scritti sul filosofo torinese “Lottieri mostra che, contrariamente a un'opinione diffusa, le distanze fra la concezione del diritto di Leoni e quella di Hayek sono notevoli. In ogni caso non fu Hayek a influenzare Leoni ma il secondo a influenzare, almeno in parte, il primo” (Angelo Panebianco, “Introduzione” a: Antonio Masala, a cura di, La teoria politica di Bruno Leoni, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2005,  10-11). Per un'equilibrata analisi del volume si veda: Mauro Grondona, "Recensione a Carlo Lottieri, Le ragioni del diritto"[collegamento interrotto], Nuova Giurisprudenza Ligure, n.1, 2007,  55-58. Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Carlo Lottieri Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Carlo Lottieri  Articoli di Carlo Lottieri pubblicati su vari quotidiani e riviste sito dell'Istituto Bruno Leoni.

 

Luca: Roberto Luca (Marostica), filosofo. Dopo aver frequentato il Liceo Ginnasio G.B. Brocchi di Bassano del Grappa, si è laureato in Filosofia nel 1978 presso l'Università degli Studi di Firenze, con una tesi in Filosofia Antica su Platone con relatore Francesco Adorno.  È nipote di Francesco Guidolin. I suoi studi sono stati incentrati inizialmente sulla tematica dell’Eros greco attraverso la traduzione commentata dei dialoghi platonici Simposio e Fedro. Ha mantenuto però una costante apertura alla produzione letteraria, da Omero in poi, nella convinzione che per quanto differenti possano essere i costumi o gli statuti sociali, rimane un elemento per così dire “originario”, intrinsecamente umano, nell’approccio con il desiderio, l’amore, l’amicizia, la sessualità. Nell'ultimo lavoro Labirinti dell’Eros. Da Omero a Platone,pur sviluppandosi la tematica all'interno di un arco di tempo definito, l’intento non è quello di affrontare l’argomento in senso cronologico, ma di esprimere, senza costrizioni di “percorsi prefigurati” una distinzione logico concettuale, attraverso la quale conseguire, almeno, dei punti fermi nell'interpretazione dell’erotica antica.  Negli studi più recenti l'interesse principale riguarda lo sviluppo del pensiero scientifico platonico-pitagorico, sia nelle sue caratteristiche peculiari ed in rapporto alla metafisica platonica, sia nell'accezione più ampia rispetto all'esigenza di dare conto "dei fenomeni" (visibili /udibili). Per questa ragione, l’attenzione principale è orientata alla tarda produzione platonica e al pitagorismo di seconda generazione, che vengono analizzati anche attraverso i risultati più recenti della fisica e della cosmologia contemporanee.  Opere Platone, Simposio, Roberto Luca, La Nuova Italia, Firenze,1985 Platone, Fedro, Roberto Luca, La Nuova Italia, Firenze,1998 Eros & Epos: il lessico d'amore nei poemi omerici, L.S. Gruppo editoriale, Quarto Inferiore (BO), 2001 Platone e la sapienza antica. Matematica, filosofia e armonia, Marsilio Editori, Venezia, Labirinti dell’Eros. Da Omero a Platone, con un saggio di Massimo Cacciari, Marsilio Editori, Venezia,  F

 

lucrezio: possibly the most important Italian philosopher -- lucretius: Roman poet, author of “De rerum natura,” an epic poem in six books. Lucretius’s emphasis, as an orthodox Epicurean, is on the role of even the most technical aspects of physics and philosophy in helping to attain emotional peace and dismiss the terrors of popular religion. Each book studies some aspect of the school’s theories, while purporting to offer elementary instruction to its addressee, Memmius. Each begins with an ornamental proem and ends with a passage of heightened emotional impact; the argumentation is adorned with illustrations from personal observation, frequently of the contemporary Roman and Italian scene. Book 1 demonstrates that nothing exists but an infinity of atoms moving in an infinity of void. Opening with a proem on the love of Venus and Mars (an allegory of the Roman peace), it ends with an image of Epicurus as conqueror, throwing the javelin of war outside the finite universe of the geocentric astronomers. Book 2 proves the mortality of all finite worlds; Book 3, after proving the mortality of the human soul, ends with a hymn on the theme that there is nothing to feel or fear in death. The discussion of sensation and thought in Book 4 leads to a diatribe against the torments of sexual desire. The shape and contents of the visible world are discussed in Book 5, which ends with an account of the origins of civilization. Book 6, about the forces that govern meteorological, seismic, and related phenomena, ends with a frightening picture of the plague of 429 B.C. at Athens. The unexpectedly gloomy end suggests the poem is incomplete (also the absence of two great Epicurean themes, friendship and the gods). Tito Lucrezio Caro (in latino: Titus Lucretius Carus, pronuncia classica o restituta: [ˈtɪtʊs lʊˈkreːtɪ.ʊs ˈkaː.rus] (Pompei), filosofo, seguace dell'epicureismo. Della vita di Lucrezio ci è ignoto quasi tutto: egli non compare mai sulla scena politica romana, né sembra esistere negli scritti dei contemporanei, in cui non viene mai citato, eccezion fatta per la lettera di Cicerone ad Quintum fratrem II 9, contenuta nella sezione Ad familiares, in cui il celebre oratore accenna all'edizione, forse postuma, del poema di Lucrezio, che egli starebbe curando. Ma in scrittori romani successivi egli viene spesso citato: ne parlano Seneca, Frontone, Marco Aurelio, Quintiliano, Ovidio, Vitruvio, Plinio il Vecchio, senza tuttavia fornire nuove informazioni sulla vita. Questo però dimostra che non si tratta di un personaggio inventato. Un'altra fonte che lo cita è San Girolamo nel suo Chronicon o Temporum liber, di cinque secoli dopo, in cui, ispirandosi ad alcuni dubbi passi di Svetonio, ci dice che sarebbe nato  morto suicida. Tale dato non concorda tuttavia con quanto affermato da Elio Donato, maestro di Girolamo stesso, secondo il quale Lucrezio sarebbe morto quando indossò la toga virile, nell'anno in cui erano consoli per la seconda volta Crasso e Pompeo. Questo dato ha fatto propendere a credere che Lucrezio mori  nel 55 a.C., all'età di quarantatré anni. Queste vengono comunemente considerate le uniche notizie biografiche tramandate direttamente dall'antichità.  Ignoto risulta anche il luogo di nascita, che tuttavia taluni hanno creduto essere Ercolano, per la presenza di un Giardino Epicureo in quest'ultima città, in particolare, dall'analisi di numerose epigrafi risalenti all'epoca dell'autore latino, risulta evidente un'ingente presenza del cognome Carus nell'antico territorio campano, secondo la critica recente la suddetta indagine prova fermamente (nei limiti del probabile) le origini campane di Lucrezio. Neppure la sua militanza politica sembra essere ricostruibile: il desiderio di pace accennato prima non sembra affatto ricordare il drammatico rancore dell'aristocratico, per altro solitamente stoico, che vede sgretolarsi la Repubblica e la libertà, ma il desiderio dell'"amico" epicureo, che vede nella pace e nel benessere di tutti la possibilità di fare accoliti e viver serenamente. È tuttavia rilevante il fatto che la sua opera De rerum natura sia dedicata a Memmio, fine letterato e appassionato di cultura greca, ma anche e soprattutto membro di spicco degli optimates.  Tale era, del resto, il suo desiderio di pace da auspicare alla fine del proemio della sua opera una "placida pace" per i Romani. Questo anelito così forte alla pace è peraltro riscontrabile non solo in Lucrezio, ma anche in Catullo, Sallustio, Cicerone, Catone l'Uticense e perfino in Cesare: esso rappresenta il desiderio di un'intera società dilaniata da un secolo di guerre civili e lotte intestine. La scarsità delle fonti sulla sua vita ha portato molti a interrogarsi persino sulla stessa esistenza del filosofo, a volte considerato solo uno pseudonimo sotto il quale si celava un anonimo filosofo per alcuni un amico epicureo di Cicerone, Tito Pomponio Attico, che si suicidò, o persino lo stesso Cicerone.  Secondo lo storico Luciano Canfora, è possibile ricostruire una scarna biografia di Lucrezio: nacque ad Ercolano, dove aveva una villa la famiglia nobiliare di un possibile parente, Marco Lucrezio Frontone)  appartenente quasi sicuramente all'antica famiglia nobile dei Lucretii (qualcuno ne fa invece un liberto della stessa famiglia). Studiò l'epicureismo proprio ad Ercolano, dove si trovava un centro della "filosofia del giardino", diretta da  Filodemo di Gadara, allora ospite nella villa di Lucio Calpurnio Pisone, il ricco suocero di Cesare (la cosiddetta "villa dei papiri").  Avrebbe sofferto di sbalzi d'umore, chiamati oggi disturbo bipolare, ma non sarebbe stato pazzo, ma di questo umore alterno risentì il suo lavoro. In disaccordo con le guerre civili, avrebbe lasciato Roma e non sarebbe morto suicida ma avrebbe viaggiato ad Atene, nei luoghi del maestro Epicuro, e oltre, essendo forse il suo nome conosciuto da Diogene di Enoanda, quindi quasi in Asia minore, nelle cui famose incisioni sotto il portico della sua casa si ricorda un certo "Caro" (nome poco diffuso), romano, e sapiente epicureo.  Non si sa se il poema fosse diffuso nell'oriente, quindi è possibile che Lucrezio si fosse davvero recato in Grecia. Lucrezio, spinto da una delusione d'amore, si sarebbe allontanato lasciando incompiuto il suo poema, affidato forse a Cicerone stesso (che difatti non parla effettivamente di suicidio ma afferma: «Lucretii poemata, ut scribis, ita sunt: multis luminibus ingenii, multae tamen artis» ("le poesie di Lucrezio, come tu mi scrivi, sono dotate di molti lumi di talento, e tuttavia di molta arte"), ma, forse, senza impazzire e morire (che fosse suicidandosi o perché assassinato), esagerazione della fonte di Girolamo o di qualche altro avversario di Lucrezio, e sarebbe stato forse volutamente confuso dallo stesso Girolamo con Lucullo, onde screditare l'epicureismo.  Il destinatario dell'opera, Gaio Memmio, caduto in disgrazia ed espulso dal Senato per condotta immorale, andò ad Atene, causando una nuova delusione a Lucrezio, che, tornato a Roma, sarebbe morto.  La notizia di un "filtro d'amore" velenoso somministratogli da una donna di facili costumi, amante gelosa di Lucrezio, viene riportata anche da Svetonio nei confronti di Caligola e della moglie Milonia Cesonia; in questo caso è apparsa una semplice diceria, e, data l'ispirazione svetoniana (dal perduto De poetis) del passo di Girolamo su Lucrezio, anche lì sembra essere una spiegazione semplicistica, dovuta alla poca conoscenza dei disturbi psichici che si aveva all'epoca (anche per Caligola si parlò, difatti, come per Lucrezio, di epilessia e malattie fisiche misteriose che l'avrebbero fatto impazzire improvvisamente, come, nel caso di studiosi moderni, l'avvelenamento da piombo, oltre che dei detti "filtri").  Se Lucrezio soffrì di un disagio psichico, che lo avrebbe spinto a cercare sollievo nella filosofia, non fu a causa di un veleno, e se il suicidio ci fu (il che potrebbe spiegare l'abbandono improvviso del poema), la causa potrebbe essere stata di natura politica — come sarà più tardi il caso di Catone Uticense —, ovverosia la rovina del suo protettore Memmio e della sua cerchia culturale. Virgilio, che lo rispettava anche se era passato dall'epicureismo, abbracciato in gioventù, alle teorie pitagoriche, parla di lui nelle Georgiche e nelle Bucoliche, definendolo "felix" (ossia "prediletto dalla dea Fortuna") e non "folle". Secondo Guido Della Valle, la V ecloga, che parla della morte di un personaggio chiamato Dafni (a volte identificato con Cesare, a volte con Flacco, il fratello di Virgilio), potrebbe riferirsi invece alla morte dello stesso Lucrezio, definita "immatura e innaturale", cioè avvenuta per cause traumatiche. Il movente politico e morale del gesto potrebbe essere la causa del silenzio attorno ad esso e del fiorire di aneddoti per giustificarlo, dato che non si poteva cancellare la grandezza filosofica di Lucrezio, con una sorta di damnatio memoriae di solito riservata ai nemici politici.  Essi erano spesso vittime delle liste di proscrizione dei vincitori, come quella di Marco Antonio che colpirà Cicerone, e molti si toglievano la vita, in quanto morte onorevole per i costumi romani; Virgilio e Orazio, estimatori di Lucrezio, facevano parte della corte di Augusto, e dovevano quindi allinearsi alla linea culturale dettata dall'imperatore, assertore dell'antica moralità e diffusore della leggenda di Cesare (per cui venivano cancellate le espressioni scomode di dissenso), e dal suo amico Mecenate, in cui l'epicureismo, se non sfumato come in Orazio appuntocosì come ogni opera che non fosse celebrativa del princeps e della grandezza di Roma non trovava spazio, per cui Lucrezio verrà ricordato solo come grande poeta, tralasciandone l'aspetto filosofico.  Secondo Della Valle, quindi, Lucrezio si sarebbe tolto la vita come gesto di protesta contro la classe politica in ascesa, o perché condannato a morte da essa. Lucrezio, per il periodo in cui è vissuto, personaggio scomodo: gli ideali epicurei di cui era profondamente intriso corrodevano le basi del potere di una Roma alla vigilia della congiura di Catilina. In un'epoca di tensioni repubblicane, infatti, isolarsi dalla realtà politica nell'hortus epicureo significa sottrarsi ai negotia politici e uscire di conseguenza anche dalla sfera d'influenza del potere. Le più forti correnti stoiche, ostili all'epicureismo, avevano permeato la classe dirigente romana in quanto più conformi alla tradizione guerriera dell'Urbe. L'epicureismo era invece presente anche attraverso il citato Filodemo e altri in Campania, dove Virgilio avrebbe approfondito la sua conoscenza dell'epicureismo. Orazio non lo nomina, ma è evidente che lo conosce, e ideologicamente gli è più vicino di altri. La natura poetica del De rerum natura fa sì che Lucrezio col suo pessimismo esistenziale avanzi profezie apocalittiche, visioni quasi allucinate, critiche e ambigue espressioni (Grice), che accompagnano il poema. Alcuni teologi come San Girolamo ed altri, hanno dato di lui l'immagine di un ateo psicotico in preda alle forze del male. Appoggiandosi alla psicoanalisi qualcuno ha sostenuto che in certi bruschi cambiamenti di immagine e di pensiero ci fossero i sintomi di una pazzia delirante o di problemi di ordine psichico. In realtà l'ipotizzata pazzia di Lucrezio appare oggi più plausibilmente un tentativo di mistificazione per screditare il poeta, così come la presunta morte per suicidio sarebbe stato l'esito di un modo di pensare perverso, che travia chi lo segue. L'ipotesi dell'epilessia poi, viene avanzata sulla base dell'arcaica credenza che il poeta fosse sempre un invasato; elemento quest'ultimo da collegare alla credenza che gli epilettici fossero sacri ad Apollo e da lui ispirati nelle loro creazioni. Comunque altri scrittori cristiani come Arnobio e Lattanzio affermarono che egli non fosse pazzo e che non si fosse ucciso. L'ipotesi della follia e del suicidio attestata dal Chronicon di Girolamo si fondava su illazioni di Svetonio, peraltro di difficile verifica. Potrebbe anche esserci stata una confusione dovuta all'abbreviazione “Luc.,” impiegata indifferentemente nei codici latini per indicare i nomi di Lucillius, Lucullus e Lucretius. Plutarco scrisse infatti di un certo Licinio Lucullo, politico, generale e cultore dei piaceri, che morì dopo essere impazzito a causa di un filtro d'amore. L'errore di interpretazione dell'abbreviazione “Luc.” potrebbe così aver permesso lo scambio dei due personaggi. A causa dell'impossibilità di ricostruire i momenti salienti della sua vita, dunque, il progetto filosofico che egli volle esprimere è ricostruibile interamente solo dalla sua opera, considerata tra le più vigorose d'ogni età. Bisogna ora individuare le motivazioni che spinsero Lucrezio a scrivere il De rerum natura, che fondamentalmente sono due. La prima è una ragione etico-filosofica, in quanto Lucrezio, affascinato dalla filosofia epicurea, desiderava invitare il lettore alla pratica di tale filosofia, incitandolo a liberarsi dall'angoscia della morte e degli dèi. La seconda motivazione invece è di carattere storico. Lucrezio era conscio che la situazione politica a Roma peggiorasse di giorno in giorno: Roma era quadro ormai di continui scontri bellici e conseguenti dissidi; giustappunto egli, con un evidente positivismo, voleva incoraggiare il cittadino-lettore romano a non perdere la fiducia verso un successivo miglioramento della situazione. Lucrezio si proponeva di rivoluzionare il cammino di Roma, riportandolo all'epicureismo che era stato declinato in favore dello stoicismo. La prima cosa da distruggere era la convinzione provvidenzialistica stoica e più propriamente romana[31]: non c'era un dovere romano di civilizzare "l'orbe terrifero e de le acque", come farà dire Virgilio alla Sibilla Cumana in un colloquio con Enea[32]; non c'è una ragione seminale universale responsabile della vita nel cosmo, destinata a deflagrare per poi ricominciare un nuovo, identico, ciclo esistenziale, come voleva la fisica stoica, ma un mondo che non è unico nell'universo, peraltro infinito, essendo uno dei tanti possibili. Non c'è quindi nessun fine provvidenziale di Roma, essa è una Grande fra le Grandi, ed un giorno perirà nel suo tempo.[31] La religione, considerata come Instrumentum regni, deve essere non distrutta, ma integrata nel contesto del viver civile come utile ma falsa. Egli afferma fin dal libro I del De rerum natura[33]:  «Tanto male poté suggerire la religione. Ma anche tu forse un giorno, vinto dai terribili detti dei vati, forse cercherai di staccarti da noi. Davvero, infatti, quante favole sanno inventare, tali da poter sconvolgere le norme della vita e turbare ogni tuo benessere con vani timori! Giustamente, poiché se gli uomini vedessero la sicura fine dei loro travagli, in qualche modo potrebbero contrastare le superstizioni e insieme le minacce dei vati... Queste tenebre, dunque, e questo terrore dell'animo occorre che non i raggi del sole né i dardi lucenti del giorno disperdano, bensì la realtà naturale e la scienza... E perciò, quando avremo veduto che nulla può nascere dal nulla, allora già più agevolmente di qui potremo scoprire l'oggetto delle nostre ricerche, da cosa abbia vita ogni essenza, e in qual modo ciascuna si compia senza opera alcuna di dèi.[34]»   Epicuro Lucrezio colpiva direttamente la credenza negli dèi latini sostenendo che non c'è preghiera che schiuda le fauci di una tempesta, giacché essa è regolata da leggi fisiche e gli dèi, seppur esistenti e anche loro composti da atomi così sottili che ne assicurano l'immortalità, non si curano del mondo né lo reggono; ma la religione deve essere inglobata nella scoperta e nello studio della natura, che rasserena l'animo e fa comprendere la vera natura delle cose: infatti l'unico principio divino che regge il mondo è la Divina Voluptas, Venere: il piacere, la vita stessa intesa come animazione regge l'universo, ed è l'unica cosa in grado di fermare lo sfacelo che sta portando Roma alla fine: Marte, ovvero la Guerra.[31] Proprio per questo, egli elogia Atene, creatrice di quegli intelletti più grandi che hanno illuminato la natura e quindi l'uomo stesso, ed in ultima istanza Epicuro, sole invitto della conoscenza rasserenatrice. Non solo, egli stesso si sente quasi un poeta rasserenatore delle tempeste umane e proprio per questo si sente profondamente affine ai poeti delle origini, il cui luogo principe è in Empedocle (secondo infatti per elogi solo a Epicuro) ma con una sola grande differenza: egli non è portatore di una verità divina fra le umane genti, ma di una verità affatto umana, universale e per tutti, che attecchirà ben presto per la salvezza di Roma.[31] Epicuro è comunque, per Lucrezio, il più grande uomo mai esistito, come risulta dai tre inni a lui dedicati (chiamati anche "trionfi" o "elogi"):  «E dunque trionfò la vivida forza del suo animo. E si spinse lontano, oltre le mura fiammeggianti del mondo. E percorse con il cuore e la mente l'immenso universo, da cui riporta a noi vittorioso quel che può nascere, quel che non può, e infine per quale ragione ogni cosa ha un potere definito e un termine profondamente connaturato. Perciò a sua volta abbattuta sotto i piedi la religione è calpestata, mentre la vittoria ci eguaglia al cielo.[35]»  Il De rerum natura Magnifying glass icon mgx2.svg De rerum natura.  De rerum natura, 1570 È un poema didascalico in esametri, di genere scientifico-filosofico, suddiviso in sei libri (raccolti in diadi), comprendente un totale di 7415 versi, che illustrano fenomeni di dimensioni progressivamente più ampie: dagli atomi (I-II) si passa al mondo umano (III-IV) per arrivare ai fenomeni cosmici (V-VI).[36] Riproduce il modello prosastico e filosofico epicureo e la struttura del poema Περὶ φύσεως di Empedocle (anche un'opera di Epicuro aveva il medesimo titolo). Secondo i filologi vi sono corrispondenze e simmetrie interne che corrisponderebbero ad un gusto alessandrino. L'opera infatti è suddivisa in tre diadi, che hanno tutte un inizio solare ed una fine tragica. Ogni diade contiene un inno ad Epicuro, mentre il secondo e il terzo libro (in quest'ultimo è presente anche un'esposizione della sua estetica) si aprono entrambi con un inno alla scienza.[36]  Essendo un poema didascalico, ha come modello Esiodo e quindi anche Empedocle, che aveva preso il modello esiodeo come massimo strumento per l'insegnamento della filosofia. Altri modelli potrebbero essere i poeti ellenistici Arato e Nicandro di Colofone, che usavano il poema didascalico come sfoggio di erudizione letteraria.[37]  Il destinatario e i destinatari Il dedicatario dell'opera è la Memmi clara propago (I 42), ovvero il rampollo della famiglia dei Memmi, che solitamente si identifica con Gaio Memmio.[38] Più in generale, si può dire che il destinatario che l'autore si prefigge di conquistare è il giovane aperto ad ogni esperienza, che un giorno prenderà il posto dei politici e attuerà quella rivoluzione propugnata con tanto fervore da Lucrezio.[38] Ma, almeno con Memmio, egli fallì: da adulto divenne un dissoluto, fraintendendo il significato di piacere catastematico epicureo, e fu allontanato dal Senato probri causa, cioè per immoralità. Riparò quindi in Grecia, dove scrisse poesie licenziose e dove ce lo menziona anche Cicerone (nelle Ad Familiares), intenzionato a distruggere la casa e il giardino in cui proprio Epicuro risiedette, per costruirsi un palazzo, suscitando lo sdegno degli epicurei che fecero istanza a Cicerone stesso di intervenire per impedirglielo, senza che però Cicerone ci riuscisse.[38]  Lo stile In un simile progetto Lucrezio scelse di doversi rifare ad un modello di stile arcaico, che vedeva in Livio Andronico, ma soprattutto in Ennio e in Pacuvio i modelli emuli, per motivi fra loro quanto meno vari: l'egestas linguae (povertà della lingua)[39], lo vede costretto a dover arrangiare le lacune terminologiche e tecnicistiche con l'arcaismo, ancora che proprio Lucrezio, insieme a Cicerone, sia uno dei fondatori del lessico astratto e filosofico latino, e a colmare e ancor meglio comprendere l'oscurità del filosofo con la mielosa luce della poesia.[39] Discendendo più in profondità nelle anguste gole del poema, si notano anche altri problemi cui dovette far fronte: primo fra tutti, come tradurre parole di pregnanza filosofica in latino, che ancora non aveva termini confacenti. Finché poté, egli evitò la semplice translitterazione (ad es. "Atomus" per Ατομος) e preferì invece usare altri termini presenti già nella sua lingua magari dandogli altra accezione oppure (come mostrato anche sopra) creando neologismi. Ed è proprio grazie all'arcaismo che Lucrezio riesce a rendere possibile tutto questo: infatti era proprio dello stile arcaico il neologismo "munificenza" ed anche un certo uso (convulso a detta di antichi e moderni) delle figure di suono quali allitterazioni, consonanze, assonanze e omoteleuti.[39] Molto importante è anche il fatto che Lucrezio non si limitò a trasmettere il messaggio di Epicuro con un arido scritto filosofico, ma lo fece attraverso un poema che, a differenza del rigoroso linguaggio razionale della filosofia, parla per squarci imaginifici.[39][40]  Filosofia di Lucrezio Magnifying glass icon mgx2.svg  Epicuro ed Epicureismo. Ontologia Sul piano teorico l'opera di Lucrezio si caratterizza come una puntualizzazione di quella epicurea con alcune esplicazioni che nel suo referente greco non erano abbastanza chiare. Il concetto di parenklisis che Lucrezio tradurrà con clinamen mancava di definizione chiara. Nella Lettera ad Erodoto Epicuro poneva infatti la parenklisis al § 43[41], ma poi al § 61 parlava piuttosto di una deviazione per urto[42].  Il celebre passaggio del libro II del De rerum natura dice:  «Perciò è sempre più necessario che i corpi deviino un poco; ma non più del minimo, affinché non ci sembri di poter immaginare movimenti obliqui che la manifesta realtà smentisce. Infatti è evidente, a portata della nostra vista, che i corpi gravi in se stessi non possono spostarsi di sghembo quando precipitano dall’alto, come è facile constatare. Ma chi può scorgere che essi non compiono affatto alcuna deviazione dalla linea retta del loro percorso?[43]»  Lucrezio precisa poi ulteriormente le modalità del clinamen aggiungendo:  «Infine, se ogni moto è legato sempre ad altri e quello nuovo sorge dal moto precedente in ordine certo, se i germi primordiali con l’inclinarsi non determinano un qualche inizio di movimento che infranga le leggi del fato così che da tempo infinito causa non sussegua a causa, donde ha origine sulla terra per i viventi questo libero arbitrio, donde proviene, io dico, codesta volontà indipendente dai fati, in virtù della quale procediamo dove il piacere ci guida, e deviamo il nostro percorso non in un momento esatto, né in un punto preciso dello spazio, ma quando lo decide la mente? Infatti senza alcun dubbio a ciascuno un proprio volere suggerisce l’inizio di questi moti che da esso si irradiano nelle membra.[44]»  Per quanto riguarda la sfera del vivente Lucrezio la collega direttamente agli atomi nel loro processo creativo[45], scrivendo:  «Così è difficile rescindere da tutto il corpo le nature dell'animo e dell'anima, senza che tutto si dissolva. Con particelle elementari così intrecciate tra loro fin dall’origine, si producono insieme fornite d’una vita di eguale destino: ed è chiaro che ognuna di per sé, senza l’energia dell’altra, le facoltà del corpo e dell’anima separate, non potrebbero aver senso: ma con moti reciprocamente comuni spira dall’una e dall’altra quel senso acceso in noi attraverso gli organi.[46]»  Gnoseologia Magnifying glass icon mgx2.svg  Critiche alla religione.  Lucrezio, incisione di Michael Burghers, 1682 Secondo Lucrezio, che riprende in maniera radicale la tesi già di Epicuro, la religione è la causa dei mali dell'uomo e della sua ignoranza. Egli ritiene che la religione offuschi la ragione impedendo all'uomo di realizzarsi degnamente e, soprattutto, di poter accedere alla felicità, da raggiungere attraverso la liberazione dalla paura della morte.[47] Il poema ha come argomenti principali la lacerante antinomia fra ratio e religio, l'epicureismo e il progresso. La ratio è vista da Lucrezio come quella chiarità folgorante della verità «che squarcia le tenebre dell'oscurità», è il discorso razionale sulla natura del mondo e dell'uomo, quindi la dottrina epicurea, mentre la religio è ottundimento gnoseologico e cieca ignoranza, che lo stesso Lucrezio denomina spesso con il termine "superstitio". Indica l'insieme di credenze e dunque di comportamenti umani "superstiziosi" nei confronti degli dèi e della loro potenza. Poiché la religio non si basa sulla ratio essa è falsa e pericolosa.[37][47]  Lucrezio afferma che sono evidenti le nefaste conseguenze della religione e adduce come esempio il caso di Ifigenia, dicendo poi che il mito è una rappresentazione falsata della realtà, come nell'Evemerismo. La religione è perciò la causa principale dell'ignoranza e dell'infelicità degli uomini.[47]  Lucrezio riprende i temi principali della dottrina epicurea, che sono: l'aggregazione atomistica e la "parenklisis" (che egli ribattezza clinamen), la liberazione dalla paura della morte, la spiegazione dei fenomeni naturali in termini meramente fisici e biologici. Egli opera un completamento di essa in senso naturalistico ed esistenzialistico, introducendo un elemento di pessimismo, assente in Epicuro, probabilmente da attribuirsi a una personalità malinconica.[47]  Da un punto di vista ontologico, secondo Lucrezio, tutte le specie viventi (animali e vegetali) sono state "partorite" dalla Terra grazie al calore e all'umidità originari. Ma egli avanza anche un nuovo criterio evoluzionistico: le specie così prodotte sono infatti mutate nel corso del tempo, perché quelle malformate si sono estinte, mentre quelle dotate degli organi necessari alla conservazione della vita sono riuscite a riprodursi.[48] Tale concezione atea, materialista, antiprovvidenzialista e storica della natura sarà ereditata e rielaborata da molti pensatori materialisti dell'età moderna, in particolare gli illuministi Diderot, d'Holbach e La Mettrie, anch'essi atei dichiarati e a loro volta divulgatori dell'ateismo; Lucrezio sarà inoltre seguito da Ugo Foscolo e Giacomo Leopardi.[37][49] Lucrezio nega ogni sorta di creazione, di provvidenza e di beatitudine originaria e afferma che l'uomo si è affrancato dalla condizione di bisogno tramite la produzione di tecniche, che sono trasposizioni della natura.[47]  Per Lucrezio, però, il progresso non è positivo a priori, ma solo finché libera l'uomo dall'oppressione. Se è invece fonte di degradazione morale, lo condanna duramente.[47]  Anima e Animus Lucrezio introduce nel III libro del De rerum natura una chiarificazione che nel mondo latino era stata trascurata generando non poche confusioni, circa il concetto di animus in rapporto a quello di anima[50]. Egli scrive:  «Vi sono dunque calore e aria vitale nella sostanza stessa del corpo, che abbandona i nostri arti morenti. Perciò, trovata quale sia la natura dell'animo e dell'animaquasi una parte dell'uomo -, rigetta il nome di armonia, recato ai musicisti già dall'alto Elicona, o che essi hanno forse tratto d'altrove e trasferito a una cosa che prima non aveva un suo nome. Tu ascolta le mie parole. Ora affermo che l'anima e l'animo sono tenuti Avvinti tra loro, e formano tra sé una stessa natura. Ma è il capo, per così dire, è il pensiero a dominare tutto il corpo: quello che noi denominiamo animo e mente e che ha stabile sede nella zona centrale del petto. Qui palpitano infatti l'angoscia e il timore, qui intorno le gioie provocano dolcezza; qui è dunque la mente, l’animo. La restante parte dell’anima, diffusa per tutto il corpo, obbedisce e si muove al volere e all’impulso della mente. Questa da sé sola prende conoscenza, e da sé gioisce, quando nessuna cosa stimola l’anima e il corpo.»  ([51]) Lucrezio riprende il concetto ellenico di anima come "soffio vitale che vivifica ed anima il corpo, ciò che i greci chiamavano psyché. Questo soffio pervade tutto il corpo in ogni sua parte e lo abbandona solo “con l'ultimo respiro". L'"animus" invece è identificabile col "noùs" ellenico, traducibile in latino con mens. Dunque animus e mens paiono essere o la stessa cosa o due elementi coniugati dell'unità mentale. L'indicazione della “zona centrale del petto” come sede fa pensare al concetto di “cuore”, ricorrente ancora oggi nel linguaggio comune per indicare la sensibilità umana, centro dell'emozione e del sentimento. Parrebbe allora che l'animus sia insieme e conoscenza e emozione, mentre l'anima è soffio vitale.[47]  L'angoscia esistenziale Il De rerum natura è ricchissimo di elementi tipici dell'esistenzialismo moderno, riscontrabile specialmente in Giacomo Leopardi, che dell'opera di Lucrezio era un profondo conoscitore, anche se in realtà non è noto il lasso di tempo in cui Leopardi lesse Lucrezio.[52] Questi elementi di angoscia hanno indotto alcuni studiosi a sottolineare il pessimismo di fondo che si opporrebbe alla volontà di rinnovare il mondo a partire dalla filosofia epicurea; in altre parole, in Lucrezio ci sarebbero due spinte contrapposte; l'una dominata dalla razionalità e fiduciosa nel riscatto dell'uomo, l'altra ossessionata dalla fragilità intrinseca degli esseri viventi e dal loro destino di dolore e morte. Altri studiosi, però ritengono che l'insistenza di Lucrezio sugli aspetti dolorosi della condizione umana non sia altro che una strategia di propaganda, per fare emergere più fortemente la funzione salvifica della ratio epicurea.[53] Note  S'intende, ciechi alla dottrina di Epicuro.  Sul luogo di nascita: anche se c'è chi afferma fosse nato a Roma, si ritiene quasi all'unanimità che fosse originario della Campania: di Napoli, di Ercolano, o, secondo recenti studi epigrafici, di Pompei, dove il nomen e il cognomen Tito e Lucrezio sono attestati, e la gens Lucretia aveva delle ville cfr: Biografia di Lucrezio; o perlomeno vi avesse abitato a lungo cfr. Enrico Borla, Ennio Foppiani, Bricolage per un naufragio. Alla deriva nella notte del mondo, nota 25, pag. 304; cfr. anche la Lucrezio Caro, Tito su Enciclopedia Treccani  Sulla data di nascita: molti optano per il 98 a.C. o secondo altri 96 a.C.  Secondo alcune fonti: Lucretius testimonia vitae  Luciano Canfora, Vita di Lucrezio, Sellerio, 1993  oppure 55 a.C., o secondo altri 53 a.C., cfr. Paolo Di Sacco, Mauro Serio, "Odi et amoStoria e testi della letteratura latina"  1 "L'età arcaica e la repubblica", Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori, Sezione 2, Modulo. Testimonianze su Lucrezio  Canfora. Lucrezio, De rerum natura, I, 1-43.  Lucrezio, De rerum natura, I, 40.  Enrico Fichera, I "templa serena" e il pessimismo di Lucrezio: echi lucreziani nella letteratura, Roma, Bonanno edizioni, 2001.  G. Lippold, Testo per Arndt-Bruckmann, Griech. u. röm. Porträts, tavv. 1211-1216, Monaco 1942  Enciclopedia dell'arte antica  Cfr. Gerlo 1956.  Benedetto Coccia, Il mondo classico nell'immaginario contemporaneo  Nel romanzo epistolare di Tiziano Colombi, Il segreto di Cicerone, Palermo, Sellerio, 1993.  Nomi romani: glossario  Canfora 199367.  Cicerone, Ep. ad Quintum fratrem, II 9.  Stephen Greenblatt, The Swerve, New York, W.W. Norton & Company, 2009,  53-54.  Lucrezio  Canfora 199331.  Classici: Lucrezio e il De rerum natura  Aldo Oliviero, Il suicidio di Lucrezio, su lafrontieraalta.com. 29 dicembre  13 ottobre ).  Ettore Stampini, Il suicidio di Lucrezio, Messina, Tipografia D'Amico, 1896.  La risposta di Virgilio a Lucrezio  Guido Della Valle (Napoli 1884-1962), pedagogista e docente universitario, autore di Tito Lucrezio Caro e l'epicureismo campano, Napoli, Accademia Pontaniana, 1935.  Lucrezio in Enciclopedia Italiana  Lucrezio: informazioni biografiche  ibidem  La natura delle cose, Milano, Rizzoli, 1990,  62-85.  Eneide, libro VI.  La natura delle cose, cit. supra81.  Lucrezio, La natura delle cose, vv. 101-106 cit.,  81-85.  La natura delle cose, cit. supra77.  Il De rerum natura di Lucrezio  Introduzione a Lucrezio accesso=21 dicembre  , su www2.classics.unibo.it.  Memmio su Enciclopedia Italiana  Lo stile di Lucrezio  C. Craca, Le possibilità della poesia. Lucrezio e la madre frigia in «De rerum natura» II 598-660, Bari, Edipuglia, 200017.  Epicuro, Opere, E. Bignone, Laterza 198445.  Ibid.53.  Lucrezio, La natura delle cose, Biagio Conte, Milano, Rizzoli,  La natura delle cose, cit. supra271.  De rerum natura, III, 329-336  Diego Fusaro , Tito Lucrezio Caro, su filosofico.net. 21 dicembre .  De rerum natura, V, 784-859.  Torquato Tasso segue Lucrezio stilisticamente, non ideologicamente: vedasi la famosa similitudine del proemio del libro IV (vv. 11-17) ripresa nel proemio della Gerusalemme liberata (I, 21-24).  La natura delle cose, cit. supra,  255-257.  De rerum natura, III, vv. 130-146  Mario Pazzaglia, Antologia della letteratura italiana.  Lucrezio, introduzione Edizioni De rerum natura, (Brixiae), Thoma Fer(r)ando auctore, s.d. [ma 1473] (editio princeps) [De rerum natura] libri sex nuper emendati, Venetiis, apud Aldum, 1500 (prima edizione aldina). In Carum Lucretium poetam commentarij a Joanne Baptista Pio editi, Bononiae, in ergasterio Hieronymi Baptistae de Benedictis, 1511 (prima edizione commentata). De rerum natura libri sex a Dionysio Lambino emendati atque restituti & commentariis illustrati, Parisiis, in Gulielmi Rovillij aedibus, 1563 (prima edizione lambiniana). De rerum natura libri VI, Patavii, excudebat Josephus Cominus, 1721 (prima edizione cominiana). De rerum natura libri sex, Revisione del testo, commento e studi introduttivi di Carlo Giussani, 4 voll., Torino, E. Loescher, 1896-98 (importante edizione critica, tuttora fondamentale). De rerum natura, Edizione critica con introduzione e versione Enrico Flores, 3 voll., Napoli, Bibliopolis, 2002-09. Traduzioni italiane Della natura delle cose libri sei tradotti da Alessandro Marchetti, Londra, per G. Pickard, 1717 (prima traduzione italiana). La natura, libri VI tradotti da Mario Rapisardi, Milano, G. Brigola, 1880. Della natura, Armando Fellin, Torino, UTET, 1963. Della natura, Versione, introduzione e note di Enzio Cetrangolo, Firenze, Sansoni, 1969. La natura delle cose, Introduzione di Gian Biagio Conte, Traduzione di Luca Canali, Testo latino e commento Ivano Dionigi, Milano, Rizzoli, 1990. La natura, Introduzione, testo criticamente riveduto, traduzione e commento di Francesco Giancotti, Milano, Garzanti, 1994  (Per la  specifica sul De rerum natura si rimanda a tale voce)  V.E. Alfieri, Lucrezio, Firenze, Le Monnier, 1929. A. Bartalucci, Lucrezio e la retorica, in: Studi classici in onore di Quintino Cataudella, Catania, Edigraf, 1972,  III,  45-83. M. Bollack, La raison de Lucrece. Constitution d'une poetique philosophique avec un essai d'interpretation de la critique lucretienne, Parigi, Les editions de Minuit, 1978. G. Bonelli, I motivi profondi della poesia lucreziana, Bruxelles, Latomus, 1984. P. 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Intervista a Luca Canali su passioni e razionalità in Lucrezio, dall'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche, su conoscenza.rai.it. Analisi critica del pensiero di Lucrezio, su lucrezio.exactpages.com. V D M EpicureismoFilosofia Letteratura  Letteratura Categorie: Poeti romaniFilosofi romani 15 ottobre RomaTito Lucrezio CaroAtomistiEpicureiFilosofi ateiLucretiiStoria dell'evoluzionismoPre-esistenzialistiPersonalità dell'ateismo. Refs.: Lucretius, in The Stanford Encyclopaedia, Luigi Speranza, "Grice, Lucrezio, e la natura delle cose," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

Luporini: Cesare Luporini (Ferrara), filosofo. Nei primi anni trenta si recò prima a Friburgo, dove frequentò attivamente le lezioni di Martin Heidegger, e poi a Berlino, dove poté seguire le lezioni di Nicolai Hartmann. Si laureò successivamente a Firenze. Ha insegnato storia della filosofia nelle Cagliari, Pisa e Firenze. Dopo un iniziale interesse per l'esistenzialismo, aderì al marxismo, iscrivendosi al Partito Comunista Italiano, per il quale fu eletto senatore nella terza legislatura (1958-1963). Tra le altre iniziative parlamentari, fu cofirmatario, insieme ad Ambrogio Donini, di un progetto di legge (n. 359) del 21 gennaio 1959, per un'organica e progressista riforma della scuola, dal titolo "Istituzione della scuola obbligatoria statale dai 6 ai 14 anni", considerata passaggio improrogabile per la democratizzazione della vita civile. Con Ranuccio Bianchi Bandinelli, Romano Bilenchi e Marta Chiesi fu tra i fondatori della rivista Società.  Collaborò, dagli anni sessanta in poi, ai periodici politico-culturali del PCI, Il Contemporaneo, Rinascita, Critica marxista. Durante il dibattito che, a seguito degli eventi del 1989, portò alla trasformazione del PCI in PDS, si schierò decisamente contro la "svolta" di Occhetto, aderendo alla mozione "due" di opposizione interna, in un'orgogliosa difesa e per un rilancio della prospettiva e degli ideali comunisti. Deceduto nel 1993, i suoi resti riposano nella cappella di famiglia al cimitero delle Porte Sante di Firenze.  La filosofia marxista Il marxismo di Luporini è fondato su una critica radicale allo storicismo, sul rifiuto di ogni concezione finalistica dello sviluppo storico: il comunismo, quello marxista in particolare, non è assimilabile con la tematica tipicamente storicista del progresso come traccia dell'evoluzione umana. Egli rifiuta letture dogmatiche del marxismo e le sue deteriori forme di economicismo e meccanicismo, ma, pur apprezzando lo strutturalismo di Althusser con cui cercò di far dialogare tutto il marxismo italiano, non ne condivideva l'anti-umanismo, in quanto il pensiero di Marx conservava per lui un profondo umanesimo, anche negli scritti successivi alla "rottura epistemologica" del 1845, in cui le strutture, cioè i modelli interpretativi della società, non sono astratti ma in funzione degli individui concreti, umani.  Nello stesso ambito marxista, tra i suoi obiettivi polemici vi furono quelle posizioni che proponevano una interpretazione di radicale discontinuità tra Karl Marx e Georg Hegel, cioè quelle di Galvano Della Volpe e della sua scuola. Centrale è infatti per Luporini la nozione di contraddizione, la marxiana "oggettività reale", che lo pone comunque in relazione con Hegel. Il pensiero di Marx deve essere considerato una concezione aperta e complessa, dove materialismo e dialettica compongono una sintesi mai totalizzante (da qui il suo interesse profondo per l'elaborazione di Antonio Gramsci) e parte fondamentale di una più generale teoria dei condizionamenti umani.  Fondamentale è, per Luporini, il concetto di formazione economico-sociale, espressione già utilizzata da Emilio Sereni, ma in senso storicistico e cioè la possibilità per il marxismo di costituire modelli per l'analisi degli specifici modi di produzione delle società capitaliste, nonché per la previsione scientifica delle sue varie forme. La legge generale delle formazioni economico-sociali è tratta dall’Introduzione del 1857 ai Lineamenti fondamentali di critica dell'economia politica di Marx. La struttura economica va indagata secondo logica scientifica e bisogna stabilire un "criterio oggettivo", il momento dominante che condiziona tutti gli altri assetti produttivi.  L'approccio storico-genetico non è un "continuum" evoluzionistico come nella tradizione storicistica, è la fase dell'osservazione e descrizione empirica del fenomeno dalla sua origine ed è secondario rispetto all'approccio genetico-formale, cioè all'indagine che permette di stabilire la categoria dominante di una determinata fase storica della produzione. Il modello de Il Capitale può dunque aspirare all'universalità, ma anche alla flessibilità di applicazione. La formalizzazione di un “modello” attraverso il metodo genetico, individua anche il processo per cui i rapporti di produzione si riflettono in qualcos’altro, la coscienza dei singoli, le relazioni intersoggettive e le radici stesse della vita morale. È palese così il contrasto di Luporini ad ogni disegno provvidenzialista e di ‘filosofia della storia’, e anche in questo si rende chiaro il rapporto dialettico-oppositivo tra Hegel e Marx. Per quanto riguarda Leopardi, secondo Luporini, la sua poesia non è permeata solo di pessimismo, ma ci invita anch'essa alla resistenza attiva. La formazione filosofico-umanistica del poeta infatti, illuminista e materialista, permette di leggere ad esempio, nelle "magnifiche sorti e progressive" de "La Ginestra", una possibilità di rinnovamento politico-sociale non in antitesi con la concezione della 'natura matrigna', un compito storico degli esseri umani altrimenti o comunque destill'infelicità esistenziale.  Scritti Fino al 1979 esiste una completa e accurata  degli scritti di Luporini Patrizia Guarnieri pubblicata in appendice a  Filosofia e politica: scritti dedicati a Cesare Luporini, Firenze, La Nuova Italia, 1981,  419-456. Una  completa e aggiornata, L. Fonnesu, è stata pubblicata nel numero speciale dedicato a Luporini dalla rivista "Il Ponte" in occasione del centenario della nascita: Cesare Luporini, 1909-1993. Firenze, Il Ponte Editore, Il Ponte, N.11, (2009) (cfr.  249-289).  Oltre agli studi sulla storia del pensiero moderno e a un'elaborazione teorica del marxismo incentrata sui temi etici, si ricordano, fra le sue opere principali:  Situazione e libertà nell'esistenza umana, Firenze, Le Monnier (1942), e II edizione, modificata e aumentata, Firenze, Sansoni, (1945); terza edizione in C. Luporini, Situazione e libertà nell'esistenza umana e altri scritti, Roma, Editori Riuniti, 1993. Filosofi vecchi e nuovi, Firenze, Sansoni, (1947) Spazio e materia in Kant, Firenze, Sansoni, (1961) Introduzione a K. Marx-F. Engels, L'ideologia tedesca, Editori Riuniti, Roma, (1967) Dialettica e materialismo, Roma, Editori Riuniti, (1974). Contiene oltre ad un'importante Introduzione (pagg.VII-LXVII), uno scritto inedito del 1962 dal titolo Marxismo e soggettività (pagg.111-151) Il marxismo e la cultura italiana del Novecento, in Storia d'Italia, V, I documenti, Einaudi, (1975) Una raccolta di scritti in lingua spagnola sul concetto di "formazione economico-sociale" in Marx sta in Cesare Luporini-Emilio Sereni, El Concepto de Formación Económico Social, Cuadernos de Pasado y Presente, 39, Ver Curiosidades, 1973 Un'incidenza notevolissima ebbe sugli studi leopardiani il suo saggio Leopardi progressivo (1947).  Riconoscimenti Nel 1954 Luporini è stato insignito di un premio minore nell'ambito del Premio Viareggio  Note  Sulle lezioni di Heidegger e Hartmann seguite da Luporini, vedi l'aneddoto raccontato dal suo allievo Sergio Landucci in Antonio Gnoli, Intervista a Sergio Landucci, "Repubblica", 18 febbraio   E.Sereni, Da Marx a Lenin: la categoria di "formazione economico-sociale", Quaderni di Critica marxista, nr.4, 1970, pag.2973.  C.Luporini, Realtà e storicità: economia e dialettica nel marxismo, in Critica marxista, IV, nr.1, 1966,  56-109  C.Luporini, Per l'interpretazione della categoria 'formazione economico-sociale', in Critica marxista, 1977, XV, 3,  3-26.  C.Luporini, Le “radici” della vita morale, in  Morale e società, Ed.Riuniti, Roma, 1966, pag.58.  vedi il saggio di S.Lanfranchi, Dal Leopardi ottimista della critica fascista al Leopardi progressivo della critica marxista, Laboratoire italien, 12/, anche in laboratoireitalien.revues.org/662  Premio letterario Viareggio-Rèpaci, su premioletterarioviareggiorepaci.it. 9 agosto . Saggi critici su Luporini Eugenio Garin, Esistenza e libertà, in Critica marxista, nr.6, 1986, pagg.5-14. Giorgio Mele, Esistenzialismo e significato della libertà in Cesare Luporini, in Critica Marxista, nr.6, 1986,pagg.105-130. Aldo Zanardo, Un orizzonte filosofico materialistico, in Critica marxista, nr.6, 1986, pagg.15-42. Claudio La Rocca, Esistenzialismo e nichilismo. Luporini e Michelstaedter, «Belfagor», LIV, n. 5, 30 settembre 1999,  521-538. Roberto Mapelli, Cesare Luporini e il suo pensiero, con la prefazione di Fulvio Papi, Milano, ed. Punto Rosso, 2008. Cesare Luporini, 1909-1993. Firenze, Il Ponte Editore, Il Ponte, N.11, (2009). Convegni  Quarant'anni di filosofia in Italia. La ricerca di Cesare Luporini, numero monografico di "Critica marxista", 1986, n.6. Il fascicolo contiene gli atti delle due "giornate di studio" sull'opera di Cesare Luporini organizzate dalla Facoltà di Lettere e filosofia dell'Firenze e dalla fondazione Gramsci di Roma, svoltesi a Firenze il 10 e 11 ottobre 1986.  Il pensiero di Cesare Luporini, Feltrinelli,1996. Nella loro maggior parte i contributi riprendono gli interventi al Convegno promosso dall'Firenze e organizzato dal Dipartimento di Filosofia, svoltosi a Firenze il 13 e 14 maggio 1994.  Cesare Luporini, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Cesare Luporini, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Cesare Luporini, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Cesare Luporini, .   Pubblicazioni di Cesare Luporini, su Persée, Ministère de l'Enseignement supérieur, de la Recherche et de l'Innovation.  Cesare Luporini, su senato.it, Senato della Repubblica.  Sito web italiano per la filosofia -- Swifrassegna Cesare Luporini, su swif.uniba.it. 15 gennaio  13 novembre ). Cesare LuporiniBiblioteche dei Filosofi (SNS), su picus.unica.it. L'ultima lezione di Cesare Luporini (una grande avventura intellettuale attraverso il Novecento), su hyperpolis.it su Academia.edu.

 

Liceo -- lycæum: il peripato al liceo nel lycobetto -- an extensive sanctuary of Apollo just east off Athens (“so my “Athenian dialectic” has to be taken with a pinch of salt!”) -- the site of public athletic (or gymnastic) facilities where Aristotle teaches, a center for philosophy and systematic research in science and history organized there by Aristotle and his associates; it begins as an informal play group, lacking any legal status until Theophrastus, Aristotle’s colleague and principal heir, acquires land and buildings there. By a principle of metonymy common in philosophy (cf. ‘Academy’, ‘Oxford’, ‘Vienna’),‘Lycæum’ comes to refer collectively to members of the school and their methods and ideas, although the school remained relatively non-doctrinaire. Another ancient label for adherents of the school and their ideas, apparently derived from Aristotle’s habit of lecturing in a portico (peripatos) at the Lycæum, is ‘Peripatetic’. The school had its heyday in its first decades, when members include Eudemus, author of lost histories of mathematics; Aristoxenus, a prolific writer, principally on music (large parts of two treatises survive); Dicaearchus, a polymath who ranged from ethics and politics to psychology and geography; Meno, who compiled a history of medicine; and Demetrius of Phaleron, a dashing intellect who writes extensively and ruled Athens on behalf of dynasts. Under Theophrastus and his successor Strato, the Lycæum  produces original work, especially in natural science. But by the midthird century B.C., the Lycæum had lost its initial vigor. To judge from meager evidence, it offered sound education but few new ideas. Some members enjoyed political influence, but for nearly two centuries, rigorous theorizing is displaced by intellectual history and popular moralizing. In the first century B.C., the school enjoyed a modest renaissance when Andronicus oversaw the first methodical edition of Aristotle’s works and began the exegetical tradition that culminated in the monumental commentaries of Alexander of Aphrodisias. Refs.: H. P. Grice, “Oxonian dialectic and Athenian dialectic.”

 

Luzzago: Alessandro Luzzago (Brescia), filosofo. Nato da Girolamo e da Paola Peschiera, in una delle più importanti famiglie del patriziato cittadino i Luzzago. Fin da bambino fu educato alla pratica devota e all'apostolato.  Nel convento di S.Antonio dei gesuiti dal 1570 si impegnò in un corso di filosofia. Proprio in quel luogo dibatté in pubblico 737 argomenti filosofici. Fra il 1578 e il 1582, con l'aiuto del cardinale Carlo Borromeo, partecipò a Milano ai corsi di teologia dei gesuiti di Brera. Soltanto nel 1586 si laureò a Padova in filosofia e teologia.  Luzzago era desideroso di entrare a far parte della Compagnia di Gesù, ma le difficoltà economiche della famiglia, causate da alcune transazioni inopportune del padre, glielo impedirono.  Nel 1595 fu nominato conservatore dei Monti di Pietà, mentre nel 1597 fu eletto protettore della Compagnia delle Dimesse di S. Orsola e di altri due istituti caritativi bresciani: il Soccorso e le Zitelle. Riorganizzò e diede nuovo impulso, inoltre, a un'altra istituzione sorta dopo il Concilio di Trento: la Scuola della dottrina cristiana. Per gli studenti fondò la Congregazione di S. Caterina da Siena. Per far sì che il suo operato continuasse, fondò la Congregazione dello Spirito Santo, che raccolse i membri della classe dirigente cittadina con l'obiettivo di cooperare più efficacemente e concordemente al sostegno di tutte le buone istituzioni e mantenere un clima di concordia; infatti Luzzago intercedeva per la conciliazione delle famiglie nobili bresciane spesso in conflitto.  La sua indole caritativa emerse soprattutto quando, dal 1584, venne a far parte del Consiglio della città, dove seppe armonizzare le strutture governative ed organismi canonici. Nelle opere scritte dal Luzzago vi sono indicazioni per i cavalieri di Malta, sulla carità, ispirati al modello della Compagnia di Gesù. Durante il suo viaggio a Roma esaminò le strutture di beneficenza per poi proporle a Brescia. In quest'occasione ebbe la possibilità di conoscere Filippo Neri. In un'epistola del segretario del cardinale Gianfrancesco Morosini, risalente al 1595, Luzzago venne informato che il papa, Clemente VIII, aveva preso in considerazione il suo nome per la carica di arcivescovo di Milano.  Luzzago morì il 7 maggio 1602 e fu sepolto nella chiesa di S. Barnaba a Brescia. Nel 1878 le spoglie furono trasferite nella chiesa di S. Maria della Pace, ove ancora riposano.  Il culto Nel 1751 fu avviata presso la Congregazione dei riti la causa di beatificazione del Luzzago. Nel 1899 Leone XIII, riconosciute le sue virtù eroiche, gli conferì il titolo di venerabile.  Note  Fonte: M. Rinaldi, Dizionario Biografico degli Italiani, riferimenti in .  Antonio Cottinelli, Vita del venerabile Alessandro Luzzago patrizio bresciano: dedicata ai comitati parrocchiali, Tipografia e libreria Salesiana, 1883. Antonio Cistellini, Alessandro Luzzago. Il movimento cattolico a Brescia, Morcelliana, 1998. Antonio Fappani, Enciclopedia bresciana, Opera San Francesco di Sales, 2007. Marco Rinaldi, «LUZZAGO, Alessandro», in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 66, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2007. Simona Negruzzo, L'allievo santo. Marcantonio Roccio precettore di Alessandro Luzzago, in «Annali di Storia dell'Educazione e delle Istituzioni Scolastiche», 20, ,  55–66. Simona Negruzzo, Dalla scuola dell'ajo al collegio dei gesuiti: il caso del bresciano Alessandro Luzzago, in Dalla virtù al precetto. L'educazione del gentiluomo tra '500 e '700, Brescia, Fondazione Civiltà Bresciana, ,  39–69.  Alessandro Luzzago, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.

 

Luzzato: Mosè Chaim Luzzatto (detto il Ramchal)affresco ad Acri, Israele Mosè Luzzatto (in ebraico משה חיים לוצאטו, Moshe Chaim Luzzatto, ma il nome si trova scritto anche come Moses Chaim o Moses Hayyim), conosciuto anche con l'acronimo ebraico di RaMCHaL (o RaMHaL, רמח"ל), (Padova), filosofo. La sua eredità è associata ai suoi scritti sullo Zohar, anche se viene dai più ricordato per l'aspetto etico del suo insegnamento, in particolare attraverso il trattato Mesillat Yesharim ("Il cammino dei giusti").  Nato nel ghetto di Padova, ricevette un'educazione classica, sia ebraica che italiana, mostrando sin da giovanissimo una predilezione per la letteratura. Egli potrebbe aver frequentato l'Padova e certamente faceva parte di un gruppo di studenti che notoriamente si interessava di misticismo e alchimia. Con la sua vasta conoscenza di studi religiosi, arti e scienze divenne rapidamente la figura dominante di quel gruppo. I suoi scritti dimostrano padronanza del Tanakh, del Talmud, dei commentari rabbinici e dei codici della legge ebraica. Scrisse da ragazzo il dramma allegorico Sansone e i filistei.  Il punto di svolta nella sua vita avvenne all'età di venti anni quando affermò di aver ricevuto istruzioni direttamente da un essere mistico conosciuto come il magghid. Storie simili non erano estranee ai circoli cabalistici ma non se n'era mai sentito parlare da qualcuno in così giovane età. I suoi colleghi erano affascinati dai riassunti scritti di queste divine lezioni, ma le autorità superiori dei rabbini veneziani erano molto scettiche e minacciarono di scomunicarlo.  Questi scritti (o dettati), dei quali solo una piccola parte è sopravvissuta, descrivono la convinzione di Luzzatto secondo la quale lui e i suoi seguaci rappresentassero figure chiave nel dramma messianico che stava per iniziare. Identificando uno dei suoi seguaci come il Messia figlio di Davide, assunse per se stesso il ruolo di Mosè affermando che egli era la sua reincarnazione. Secondo Luzzatto Mosè era collocato al di sopra del Messia ed era il vero catalizzatore per la Redenzione.  Minacciato di scomunica e dopo molte discussioni, Luzzatto alla fine giurò di non trascrivere più le lezioni del magghid, né di insegnare il misticismo. Nel 1735 Luzzatto lasciò l'Italia per Amsterdam, credendo che in un ambiente più liberale sarebbe stato in grado di proseguire i suoi studi. Passando dalla Germania fece appello alle locali autorità rabbiniche perché lo proteggessero dalle minacce dei rabbini italiani. Questi rifiutarono, costringendolo a firmare un documento in cui affermava che tutti gli insegnamenti del magghid erano falsi. Quasi tutti i suoi scritti furono bruciati e solo alcuni sopravvissero. Dagli scritti sullo Zohar, nel 1958, riapparvero i 70 Tiqqunim Hadashim, inaspettatamente conservati nella Biblioteca Bodleiana di Oxford.  Questi Tikounim sono "arrangiamenti" di pensieri ed espongono 70 diversi ed essenziali modi per utilizzare l'ultimo verso del Chumash (Pentateuco). Insegnati parola per parola in aramaico dal magghid del Ramchal, questi affiancano i 70 Tikouney haZohar del Rashbi, i quali espongono le 70 fondamentali interpretazioni del primo verso del Chumash.  Amsterdam Quando finalmente Luzzatto raggiunse Amsterdam fu in grado di continuare i suoi studi di Kabbalah relativamente senza ostacoli. Guadagnandosi da vivere come tagliatore di diamanti, egli continuò a scrivere ma si rifiutò di insegnare. È in questo periodo che scrisse la sua grande opera, la Mesillat Yesharim (1740), essenzialmente un trattato etico con un sottofondo mistico. Il libro, in 26 capitoli, rappresenta un percorso, passo dopo passo, tramite il quale ogni persona ebrea può superare l'inclinazione al peccato e raggiungere la santità. Redatto in un linguaggio rabbinico molto distinto dai suoi precedenti scritti, è possibile che sia stato scritto per trovare il legittimo riconoscimento all'interno della locale comunità ebraica.  Un altro eminente lavoro, Derekh ha-Shem ("La via di Dio"), è un testo filosofico sullo scopo di Dio nella Creazione, nella giustizia e nell'etica e sulle finalità della vita umana. Gli stessi argomenti si ritrovano anche in un'opera più concisa, il Maamar Haikarim ("L'articolo sui princìpi") che come il Mesillat Yesharim è stato recentemente tradotto in italiano. Ambedue le traduzioni sono disponibili in rete.  Il dialogo, definito socratico, Da'at Tevunoth ("La conoscenza delle ragioni") fu scritto nella città olandese quale anello mancante tra razionalità e Cabala, come una conversazione tra l'intelletto e l'anima che riprese la logica della struttura dei dibattiti talmudici come mezzo per capire e accettare il mondo che ci circonda.  Uno fra i principali rabbini suoi contemporanei, che ammirava gli scritti di Luzzatto, fu Eliyahu di Vilna, il Gaon di Vilna (1720-1797), che era considerato il più autorevole saggio della Torah dell'era moderna così come grande cabalista. Egli fu noto per aver detto, dopo aver letto il Mesillat Yesharim che, se Luzzatto fosse stato ancora in vita, avrebbe camminato da Vilna per raggiungerlo e imparare prostrandosi ai suoi piedi. Vilna non è vicina all'Italia, separata da una distanza di circa 2050 km. Egli affermò che, letta l'opera, i primi otto capitoli non contenevano una parola superflua. Anche Dov Ber di Mezeritch lodò il "Chassid di Padova" e mise i suoi lavori tra quelli chassidici.  Luzzatto scrisse anche poesie e drammi molti dei quali laici (anche se molti studiosi identificano anche in questi lavori toni mistici). I suoi scritti sono influenzati fortemente dai poeti ebraici spagnoli e da autori italiani contemporanei.  Il cantore della sinagoga sefardita di Amsterdam, Abraham Caceres, collaborò con Luzzatto per mettere in musica diverse sue poesie.  Acri  Lapide tombaria (Tziyun) del Ramhal a Tiberiade, Israele Frustrato dall'impossibilità di insegnare la Cabala ebraica, Luzzatto lasciò Amsterdam per la Terra Santa nel 1743, stabilendosi a San Giovanni d'Acri. Tre anni dopo (il 26 Iyar 5506) lui e la sua famiglia morirono di peste. Solo cento anni dopo Luzzatto venne riscoperto dal Movimento Mussar, che adottò i suoi lavori etici. Fu il grande etico della Torah, il rabbino Israel Salanter (1810-1883), a mettere il Mesillat Yesharim al centro del Mussar (etico), il curriculum delle principali Yeshivot dell'Europa orientale.  Gli scrittori della Haskalah, l'Illuminismo ebraico, per i suoi scritti laici lo dichiararono fondatore della moderna letteratura ebraica. Anche suo cugino, il poeta Ephraim Luzzatto (1729–1792), esercitò una notevole influenza sugli albori della moderna poesia ebraica.)  Sebbene sia stato stabilito dagli studiosi che la sua tomba si trova a Kfar Yassif, il posto della sua sepoltura è tradizionalmente collocato vicino al saggio del Talmud rabbino Akiva di Tiberiade, nel nord di Israele.  La sinagoga che egli costruì, e nella quale pregò, fu rasa la suolo dal governante beduino della città, Daher el-Omar, nel 1758, che ci costruì sopra una moschea. Al suo posto gli ebrei di Acri ricevettero una piccola costruzione al nord della moschea che funziona tuttora come sinagoga e porta il nome del Ramchal; durante gli ultimi anni la sinagoga è stata restaurata ed è stata aperta al vasto pubblico.  Nel 2007 sono stati celebrati i 300 anni dalla sua nascita.  Opere Queste, probabilmente, sono le maggiori opere di Luzzatto:  Ma'aseh Shimshon ("La storia di Sansone"); Lashon Limudim ("Una lingua per insegnare"); Migdal Oz ("Una Torre di Forza"); Zohar Kohelet ("Lo Zohar al Libro di Ecclesiaste"); Shivim Tikikunim ("Settanta Tikkunim"): in parallelo con i settanta Tikkunei Zohar; Zohar Tinyanah ("Un secondo Zohar"): non esiste più; Klallot Haillan o Klalut Hailan ("Gli elementi principali dell'Albero [della Vita]"): sinopsi dell'opera cabalistica basilare dell'ARI; Ma'amar Hashem ("Un discorso su Dio"); Ma'amar HaMerkava ("Un discorso sul Carro"); Ma'amer Shem Mem-Bet ("Un discorso sulle 42 lettere del Nome [di Dio]"); Ma'amar HaDin ("Un discorso sul Giudizio [Divino]"); Ma'amar HaChochma o Maamar Ha'hokhma ("Un discorso sulla Saggezza"): si concentra su Rosh haShana, Yom Kippur e Pesach da una prospettiva cabalistica; Ma'amar HaGeulah ("Un discorso sulla Redenzione" o "La Grande Redenzione"); Ma'amar HaNevuah ("Un discorso sulla Profezia"); Mishkanei Elyon o Mishkane 'Elyon ("Torri Esaltate"): un'interpretazione cabalstica del Tempio Santo con un'illustrazione della dimensioni del Terzo Tempio; Ain Yisrael ("Il Pozzo d'Israele"); Ain Yaakov ("Il Pozzo di Giacobbe"); Milchamot Hashem ("Le Guerre di Dio"): che difende la Cabala ebraica contro i suoi detrattori; Kinnaot Hashem Tzivakot o Kinat H' Tsevaot ("Difese ardenti per il Signore degli Eserciti"): offre particolari sulla redenzione e sul Messia; Adir Bamarom ("[Dio è] Potente nell'Alto"), commentario della Iddrah Rabbah ("La Grande Camera della Trebbiatura"): sezione dello Zohar; Iggrot Pitchei Chochma v'Da'at o Klale Pit'he 'Hokhma Veda'at ("Lettere [che servono] come Introduzione alla Saggezza e alla Conoscenza"): spiega certi principi eruditi della fede ebraica secondo la Cabala; Sefer Daniel ("Il Libro di Daniele"): commentario esoterico di questa opera biblica; Tiktu Tephilot ("515 Preghiere"): si focalizza sulle preghiere per la rivelazione della sovranità di Dio; Kitzur Kavvanot ("Intenzioni abbreviate"): permette al lettore di avere una panoramica delle preghiere e intendimenti dell'ARI; Ma'amar HaVechuach ("Discorso [che serve come] argomento"): mette a confronto un cabalista con un razionalista, ognuno che cerca di difendere il proprio punto di vista; Klach Pitchei Chochma o Kala'h Pitkhe 'Hokhma ("138 introduzioni alla Saggezza"): una delle opere più importanti del Ramchal, poiché espone il suo pensiero sulla natura simbolica degli scritti dell'ARI e delle rispettive spiegazioni del Ramchal; Areichat Klallot HaEilan ("Dizionario dei Principali Elementi dell'Albero [della Vita]"); Klallim ("Elementi Principali"): serie di brevi presentazioni sui maggiori principi dei sistemi cabalistici; Da'at Tevunot o Da'ath Tevunoth ("Il Cuore conosce" o "Sapere le ragioni"): opera che spiega la dualità del positivo e negativo che esiste a tutti i livelli della realtà, affermando che questa è la base per cui Dio "mostra il Suo Volto o Lo occulta" all'umanità, e la doppia esistenza del bene e del male; Peirush al Midrash Rabbah ("Commentario di Midrash Rabbah"): non tanto cabalistico quanto simbolico; Derech Hashem o Derekh Hashem ("La Via di Dio"): una delle sue opere più rinomate. Un'esposizione succinta delle fondamenta della fede ebraica, che tratta anche degli obblighi dell'umanità su questa terra e le sue relazioni con Dio; Ma'amar al HaAggadot ("Discorso sull'Aggadah"): che spiega che la letteratura aggadica non è letterale ma metaforica; Ma'amar HaIkkurim o Maamar Ha'ikarim ("Discorso sulle Cose Fondamentali"): breve esposizione delle fondamenta della religione ebraica simile a "La Via di Dio" e che concerne certe altre tematiche; Derech Chochma o Sepher Derekh 'Hokhma ("La Via della Saggezza"): che serve come dialogo tra un giovane e un saggio, con quest'ultimo che prepara un corso sulla Torah che duri tutta la vita e culmini con lo studio della Cabala; Vichuach HaChocham V'HaChassid ("L'argomentazione tra il Saggio e il Pio"): che è in verità la prima stesura di Messilat Yesharim recentemente ritrovato; Messilat Yesharim o Mesilat Yesharim ("Il Percorso del Giusto"): la sua opera più famosa che permette ai lettori di arricchirsi gradualmente in devozionescritto quando aveva 33 anni (nel 1740); Sefer HaDikduk ("Il Libro della Grammatica"); Sefer HaHigayon ("Il Libro della Logica"): espone il giusto modo di pensare e analizzare; Ma'amar al HaDrasha ("Un discorso sulle Omelie"): incoraggia lo studio di Cabala e Mussar; Sefer Hamalitza ("Il Libro dello Stile"): offre l'arte di scrivere accuratamente e di esprimersi correttamente; Derech Tevunot ("La Via della Comprensione"): spiega il modo di pensare talmudico; LaYesharim Tehilla ("Sia lode al Giusto"): un'opera drammatica. Note  Yirmeyahu Bindman , Rabbi Moshe Chaim Luzzatto: His Life and Works, Jason Aronson Inc., 1995.  Solamente nel secolo precedente un altro giovane mistico, Sabbatai Zevi (m.1676) aveva scosso il mondo ebraico affermando di essere il Messia. Anche se a un certo punto Zevi aveva convinto quasi tutti i rabbini europei e medio-orientali della sua affermazione, l'episodio si concluse con la sua ritrattazione e successiva conversione all'Islam. L'intera comunità ebraica si stava appena riprendendo da quell'episodio, così le similitudini tra gli scritti di Luzzatto e quelli di Zevi furono visti in maniera particolarmente pericolosa. Come scrive Gershom Scholem: "The heated controversy about the revelations of Moses Hayyim Luzzatto in Padua, which began in 1727, and the messianic tendencies of his group engaged much attention in the following ten years. Although even in their secret writings Luzzatto, Moses David Valle, and their companions repudiated the claims of Shabbetai Zevi and his followers, they were without doubt deeply influenced by some of the paradoxical teachings of Shabbatean Kabbalah, especially those concerning the metaphysical prehistory of the Messiah's soul in the realm of the kelippot. Luzzatto formulated these ideas in a manner which removed the obviously heretical elements but still reflected, even in his polemics against the Shabbateans, much of their spiritual universe. He even tried to find a place for Shabbetai Zevi, though not a messianic one, in his scheme of things." (articolo "SHABTAI ZVI (1626–1676)" in : Encyclopaedia Judaica)  "Rabbi Moses Hayyim Luzzatto", su Jewish Virtual Library, IV paragrafo.  19/06/  Il libro è stato tradotto da Massimo Giuliani presso le edizioni San Paolo, nel 2000.  88-215-4237-8  Tre tappe, distribuite nel primi 12 capitoli, sono vigilanza (zehirut), dedizione (zerizut) e innocenza (neqiut) per diventare giusto (zaddik) e, nei capitoli successivi, altre sei tappe: ascesi (perishut), purezza (taharah), pietà (chasidut), umiltà (ʿanavà), timore del peccato (jirat hachet) e santità (qedushà) per raggiungere Dio e rettificare la Shekhinah.  Secondo il suo impianto Dio ha creato il mondo a servizio dell'uomo, il cui scopo è la comunione (devequt) con il suo Creatore attraverso il compito di aggiustare e migliorare il mondo stesso. Tra buona e cattiva inclinazione, ogni uomo svolge la sua battaglia per raggiungere la via maestra.  Sul sito.  Jonathan Rietti, "Deepening one's relationship with God" , serie di lezioni in formato audio, su Gateways Online.  Moshe Hayyim Luzzatto, The Way of God (ebraico: Derech Hashem) (6ª ed. riveduta 1998), Gerusalemme, Feldheim Publishers15,  978-0-87306-344-9  Google Maps, Maps.google.com, 1º gennaio 1970. 19 giugno .  Questa formula è uno dei maggiori pregi che un saggio può dire nel lodare un altro.  Alfred Sendrey, The music of the Jews in the Diaspora (up to 1800), 1971: "...Moses Hayyim Luzzatto, che visse ad Amsterdam dal 1736 al 1743, scrisse le poesie e Abraham Caceres la musica."  Cfr. anche Journal of synagogue music: 53 Cantors Assembly of America1974: "Nei testi delle poesie composte per questa occasione dai rabbini di Amsterdam, Isaac Aboab da Fonseca (vedi nota su Luzzatto... in seguito messe in musica da Abraham Caceres, appare anche in questo importante manoscritto musicale, sul fol. l5b-l6a..."  Abraham J. Twerski, Lights Along the Way: Timeless Lessons for Today from Rabbi Moshe Chaim Luzzatto's Mesillas Yesharim, Mesorah Publications, 1995, Introd. e s.v. "Poetry and literature".  "La Sinagoga del Ramchal", su I Segreti dell'Antica Acri  Le informazioni bibliografiche provengono principalmente da Ramchal, Torah.org. 19 giugno  10 maggio ).  Moseh Chajijm Luzzatto, Centotrentotto porte di sapienza [estratto], in Mistica ebraica, Giulio Busi, Einaudi, Torino 1995,  591–624. Moseh Chajijm Luzzatto, Il sentiero dei giusti, Massimo Giuliano, San Paolo, Cinisello Balsamo 2000  8821542378 L'epistolario di Mošeh Ḥayyim Luzzatto, Natascia Danieli, Giuntina, Firenze 2006  8880572717 Moshe Chaim Luzzatto, KLaCh Pischey Chokhmah. 138 Aperture di Saggezza, Providence University, 2007  9781897352236 Moshe Chaim Luzzatto, Derech Ha-shem: La Via Di Dio, Providence University, 2007  978-1897352229 Moshè Chayìm Luzzatto, Articolo sui principi: Amsterdam 1743, trad. di Ralph Anzarouth, Morashà, Milano  Gadi LuzzattoMauro Perani (edd.), Ramhal. Pensiero ebraico e kabbalah tra Padova ed Eretz Israel, Esedra, Padova   Cabala lurianica Cinque Mondi Ebraismo in Italia Letteratura mussar Shekhinah Storia degli ebrei in Italia Tzimtzum Altri progetti Collabora a Wikibooks Wikibooks contiene testi o manuali su Mosè Luzzatto Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Mosè Luzzatto Mosè Luzzatto, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.  Mosè Luzzatto, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Mosè Luzzatto, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Mosè Luzzatto, . Biografia di Luzzatto, su jewishvirtuallibrary.org.Lezioni online sul RAMCHAL, su torah.org.Estratti di Derech Etz Chaim del Ramchal, su dafyomireview.com.Video di una lezione sul Ramhal di Dr. Henry Abramson V D M Tree-of-Life Flower-of-Life Stage.svg Cabala ebraica Tree-of-Life Flower-of-Life Stage.svg.

 

machiavelli: possibly Italy’s greateset philosopher -- the Italian political theorist commonly considered the most influential political thinker of the Renaissance. Born in Florence, he was educated in the civic humanist tradition. He was secretary to the second chancery of the republic of Florence, with responsibilities for foreign affairs and the revival of the domestic civic militia. His duties involved numerous diplomatic missions both in and outside Italy. With the fall of the republic, he was dismissed by the returning Medici regime. He lived in enforced retirement, relieved by writing and occasional appointment to minor posts. Machaivelli’s writings fall into two genetically connected categories: chancery writings (reports, memoranda, diplomatic writings) and essays, the chief among them The Prince, the Discourses, the Art of War, Florentine Histories, and the comic drama Mandragola. With Machiavelli a new vision emerges of politics as autonomous activity leading to the creation of free and powerful states. This vision derives its norms from what humans do rather than from what they ought to do. As a result, the problem of evil arises as a central issue: the political actor reserves the right “to enter into evil when necessitated.” The requirement of classical, medieval, and civic humanist political philosophies that politics must be practiced within the bounds of virtue is met by redefining the meaning of virtue itself. Machiavellian virtù is the ability to achieve “effective truth” regardless of moral, philosophical, and theological restraints. He recognizes two limits on virtù:  fortuna, understood as either chance or as a goddess symbolizing the alleged causal powers of the heavenly bodies; and (the agent’s own temperament, bodily humors, and the quality of the times. Thus, a premodern astrological cosmology and the anthropology and cyclical theory of history derived from it underlie his political philosophy. History is seen as the conjoint product of human activity and the alleged activity of the heavens, understood as the “general cause” of all human motions in the sublunar world. There is no room here for the sovereignty of the Good, nor the ruling Mind, nor Providence. Kingdoms, republics, and religions follow a naturalistic pattern of birth, growth, and decline. But, depending on the outcome of the struggle between virtù and fortuna, there is the possibility of political renewal; and Machiavelli saw himself as the philosopher of political renewal. Historically, Machiavelli’s philosophy came to be identified with Machiavellianism), the doctrine that the reason of state recognizes no moral superior and that, in its pursuit, everything is permitted. Although Machiavelli himself does not use the phrase ‘reason of state’, his principles have been and continue to be invoked in its defense. Niccolò di Bernardo dei Machiavelli noto semplicemente come Niccolò Machiavelli (Firenze, 3 maggio 1469Firenze, 21 giugno 1527) è stato uno storico, filosofo, scrittore, drammaturgo, politico e diplomatico italiano, secondo cancelliere della Repubblica Fiorentina dal 1498 al 1512.   Niccolò Machiavelli (stampa primi Ottocento) Considerato, come Leonardo da Vinci, un uomo universale, nonché figura controversa nella Firenze dei Medici, è noto come il fondatore della scienza politica moderna, i cui principi base emergono dalla sua opera più famosa, Il Principe, nella quale è esposto il concetto di ragion di stato e la concezione ciclica della storia. Questa definizione, secondo molti, descrive in maniera compiuta sia l'uomo sia il letterato più del termine machiavellico, entrato peraltro nel linguaggio corrente ad indicare un'intelligenza acuta e sottile, ma anche spregiudicata e, proprio per questa connotazione negativa del termine, negli ambiti letterari viene preferito il termine "machiavelliano".  L'ortografia del cognome è, purtroppo, ambigua: la versione "Macchiavelli", quella della statua a lui dedicata agli Uffizi, in attesa di chiarimenti dell'Ufficio Culturale del museo o dell'Accademia della Crusca, andrebbe considerata ugualmente corretta in lingua italiana. L'analisi della firma del filosofo, riportata qui accanto, farebbe propendere per la "c" singola[senza fonte]. «Nacqui povero, ed imparai prima a stentare che a godere.»  (N. Machiavelli, Lettera a Francesco Vettori.) Niccolò Machiavelli (scritto anche Macchiavelli sulla statua a lui dedicata all'ingresso degli Uffizi) nacque a Firenze, terzo figlio, dopo le sorelle Primavera (1465) e Margherita (1468) e prima del fratello Totto (1475-1522); figlio di Bernardo (1432-1500) e di Bartolomea Nelli (1441-1496). Anticamente originari della Val di Pesa, i Machiavelli sono attestati popolani guelfi residenti almeno dal XIII secolo a Firenze, dove occuparono uffici pubblici ed esercitarono il commercio. Il padre Bernardo era tuttavia di così poca fortuna da esser considerato, non si sa quanto veritieramente, figlio illegittimo: dottore in legge, risparmiatore per carattere o per necessità, ebbe interesse agli studi di umanità, come risulta da un suo Libro di Ricordi che è anche la principale fonte di notizie sull'infanzia di Niccolò. La madre, secondo un suo lontano pronipote, avrebbe composto laude sacre, rimaste peraltro sconosciute, dedicate proprio al figlio Niccolò.  Nel 1476 Niccolò cominciò a studiare latino con un certo Matteo, l'anno dopo si dedicava allo studio della grammatica con Battista da Poppi, all'aritmetica nel 1480 e l'anno seguente affrontava le prove scritte di componimento in latino. Opere in questa lingua esistevano nella biblioteca paterna: la I Deca di Tito Livio e quelle di Flavio Biondo, opere di Cicerone, Macrobio, Prisciano e Marco Giuniano Giustino. Adulto, maneggerà anche Lucrezio e la Historia persecutionis vandalicae di Vittore Uticense. Non conobbe invece il greco antico, ma poté leggere le traduzioni latine di alcuni degli storici più importanti, soprattutto Tucidide, Polibio e Plutarco, da cui trasse importantissimi spunti per la sua riflessione sulla Storia. S'interessò alla politica anche prima di avere degli incarichi istituzionali, come dimostra una sua lettera del 9 marzo 1498, la seconda che di lui ci è pervenutala prima è una richiesta al cardinale Giovanni Lopez, del 2 dicembre 1497, affinché si adoperi a riconoscere alla sua famiglia un terreno contestato dalla famiglia dei Pazziindirizzata probabilmente all'amico Ricciardo Becchi, ambasciatore fiorentino a Roma, nella quale egli si esprime in modo critico contro Girolamo Savonarola.  Due sono le fasi che scandiscono la vita di Niccolò Machiavelli: nella prima parte della sua esistenza egli è impegnato soprattutto negli affari pubblici; nella successiva nella scrittura di testi di portata teorica e speculativa. A partire dal 1512 si apre la seconda fase segnata dal forzato allontanamento dello storico e filosofo toscano dalla politica attiva. «Della persona fu ben proporzionato, di mezzana statura, di corporatura magro, eretto nel portamento con piglio ardito. I capelli ebbe neri, la carnagione bianca ma pendente all'ulivigno; piccolo il capo, il volto ossuto, la fronte alta. Gli occhi vividissimi e la bocca sottile, serrata, parevano sempre un poco ghignare. Di lui più ritratti ci rimangono, di buona fattura, ma soltanto Leonardo, col quale ebbe pur che fare ai suoi prosperi giorni, avrebbe potuto ritradurre in pensiero, col disegno e i colori, quel fine ambiguo sorriso»  (Roberto Ridolfi, Vita di Niccolò Machiavelli22)  Caterina Sforza Riario, ritratta da Lorenzo di Credi. Niccolò aveva già presentato al Consiglio dei Richiesti, il 18 febbraio 1498, la propria candidatura a segretario della Seconda Cancelleria della Repubblica fiorentina, ma gli fu preferito un candidato savonaroliano. Pochi giorni però dopo la fine dell'avventura politica e religiosa del frate ferrarese, il 28 maggio Machiavelli fu nuovamente designato ed eletto il 15 giugno dal Consiglio degli Ottanta, elezione ratificata dal Consiglio maggiore il 19 giugno 1498, probabilmente grazie all'autorevole raccomandazione del Primo segretario della Repubblica, Marcello Virgilio Adriani, che il Giovio asserisce essere stato suo maestro.  Per quanto i compiti delle due Cancellerie siano stati spesso confusi, generalmente alla prima si attribuivano gli affari esterni, e alla seconda quelli interni e la guerra: ma i compiti della seconda Cancelleria, presto unificati con quelli della Cancelleria dei Dieci di libertà e pace, consistevano nel tenere i rapporti con gli ambasciatori della Repubblica, cosicché, essendogli stata affidata, il 14 luglio, anche questa ulteriore responsabilità, Machiavelli finì per doversi occupare di una tale somma di compiti da essere storicamente considerato, senza ulteriori distinzioni, il «Segretario fiorentino».  Era il tempo nel quale, conclusa l'avventura italiana di Carlo VIII, la maggiore preoccupazione di Firenze era volta alla riconquista di Pisaresasi indipendente dopo che Piero de' Medici l'aveva data in pegno al re di Francia- e alleata di Venezia che, intendendo impedire l'espansione fiorentina, aveva invaso il Casentino, occupandolo a nome dei Medici. Il pericolo venne fronteggiato dal capitano di ventura Paolo Vitelli, e la mediazione del duca di Ferrara Ercole I, il 6 aprile 1499, riconsegnò il Casentino a Firenze, autorizzandola altresì a riprendersi Pisa. In marzo venne inviato a Pontedera, dove erano acquartierate le milizie del signore di Piombino, Jacopo d'Appiano, alleato di Firenze.  In maggio scrisse il Discorso della guerra di Pisa per il magistrato dei Dieci: poiché «Pisa bisogna averla o per assedio o per fame o per espugnazione, con andare con artiglieria alle mura», esaminate diverse soluzioni, si esprime favorevole a un assedio di «un quaranta o cinquanta dì ed in questo mezzo trarne tutti gli uomini da guerra potete, e non solamente cavarne chi vuole uscire, ma premiare chi non ne volesse uscire, perché se ne esca. Dipoi, passato detto tempo, fare in un subito quanti fanti si può; fare due batterie, e quanto altro è necessario per accostarsi alle mura; dare libera licenza che se ne esca chiunque vuole, donne, fanciulli, vecchi ed ognuno, perché ognuno a difenderla è buono; e così trovandosi i Pisani voti di difensori dentro, battuti dai tre lati, a tre o quattro assalti sarìa impossibile che reggessero».  Il 16 luglio 1499 si presentò a Forlì alla contessa Caterina Sforza Riario, nipote di Ludovico il Moro e madre di Ottaviano Riario, che era stato al soldo dei fiorentini, per rinnovare l'alleanza e ottenere uomini e munizioni per la guerra pisana. Ottenne solo vaghe promesse dalla contessa che era già impegnata a sostenere lo zio nella difficile difesa del Ducato milanese dalle mire di Luigi XII e dovette ripartire senza aver nulla ottenuto. Era nuovamente a Firenze in agosto, quando le artiglierie fiorentine, provocata una breccia nelle mura pisane, aprivano la via alla conquista della città, ma il Vitelli non seppe sfruttare l'occasione e temporeggiò finché la malaria non ebbe ragione delle sue truppe, costringendolo a togliere l'assedio il 14 settembre. Invano ritentò l'impresa: sospettato di tradimento, quello che «era il più reputato capitano d'Italia» fu decapitato.  Nessuna prova vi era che il Vitelli fosse stato corrotto dai Pisani ma la giustificazione di Machiavelli, a nome della Repubblica, in risposta alle critiche di un cancelliere di Lucca, fu che «o per non havere voluto, sendo corropto, o per non havere potuto, non avendo la compagnia, ne sono nati per sua colpa infiniti mali ad la nostra impresa, et merita l'uno o l'altro errore, o tuct'a due insieme che possono stare, infinito castigo». Conquistato il Ducato di Milano, in risposta alla richieste fiorentine Luigi XII mandò suoi soldati a risolvere l'impresa di Pisa le cui mura furono bensì abbattute nel luglio del 1500 ma né gli svizzeri né i francesi entrarono in città anzi, lamentando che Firenze non li pagasse, levarono l'assedio e sequestrarono il commissario fiorentino Luca degli Albizzi, che fu rilasciato solo dietro riscatto. A Machiavelli, presente ai fatti, non restava che informare la Repubblica, che decise di mandarlo in Francia, insieme con Francesco della Casa, per cercare nuovi accordi che risolvessero finalmente la guerra di Pisa.   Il cardinale di Rouen Georges d'Amboise Il 6 agosto 1500 raggiunsero la corte francese a Nevers, presentando al re e al ministro, cardinale di Rouen, le rimostranze per il cattivo comportamento dei loro soldati; sapendo che Firenze non aveva al momento denari sufficienti a finanziare l'impresa, invitarono Luigi a intervenire direttamente nella guerra, al termine della quale la Repubblica avrebbe ripagato la Francia di tutte le spese. Il rifiuto dei francesiche richiedevano a Firenze il mantenimento degli svizzeri rimasti accampati in Lunigiana e minacciavano la rottura dell'alleanzamise i legati fiorentini, privi di istruzioni dalla Repubblica, in difficoltà, acuite dalla ribellione di Pistoia e dalle iniziative che frattanto aveva preso in Romagna Cesare Borgia, i cui ambiziosi e oscuri piani potevano anche indirizzarsi contro gli interessi fiorentini.  Occorreva, pagando, mantenere buoni rapporti con la Franciascriveva da Tours il 21 novembree guardarsi dalle macchinazioni del papa: così, ottenuto dalla Signoria il denaro richiesto dalla Francia, Machiavelli poteva finalmente ritornare a Firenze il 14 gennaio 1501. Quella lunga permanenza nella corte francese verrà dislocata negli opuscoli (entrambi del 1510) De natura Gallorum, dove i francesi verranno descritti come «humilissimi nella captiva fortuna; nella buona insolenti [ ... ] più cupidi de' danari che del sangue [ ... ] vani et leggieri [ ... ] più tosto tachagni che prudenti», con una bassa opinione degli Italiani, e nel successivo Ritratto delle cose di Francia, dove, spostandosi su un piano d'analisi prettamente politica, finisce col fare della Francia l'esemplare dello stato moderno. Soprattutto egli insiste sul nesso fra la prosperità della monarchia e il raggiunto processo di unificazione nazionale, sentito come la lezione peculiare delle "cose di Francia".  Cesare Borgia «Questo signore è molto splendido e magnifico, e nelle armi è tanto animoso che non è sì gran cosa che non gli paia piccola, e per gloria e per acquistare Stato mai si riposa né conosce fatica o periculo: giugne prima in un luogo che se ne possa intendere la partita donde si lieva; fassi ben volere a' suoi soldati; ha cappati e' migliori uomini d'Italia: le quali cose lo fanno vittorioso e formidabile, aggiunte con una perpetua fortuna»  (Machiavelli, Lettera ai Dieci del 26 giugno 1502) La minaccia del Borgia si fece presto concreta: fermato dalle minacce della Francia quando tentava d'impadronirsi di Bologna, si volse contro Piombino, entrando nel territorio della Repubblica e cercando di imporle tributi, dai quali Firenze fu nuovamente fatta salva dall'intervento di Luigi. Fra una missione a Pistoia e un'altra a Siena, Niccolò ebbe tempo di sposare, nell'autunno del 1501, Marietta Corsini, donna di modesta origine, dalla quale avrà sei figli: Primerana, Bernardo, Lodovico, Guido, Piero e Baccina. Padrone di Piombino il 3 settembre 1501, il Borgia, per mezzo del suo sodale Vitellozzo Vitelli s'impadronì di Arezzo, dove si stabilì Piero de' Medici, poi delle terre di Valdichiana, di Cortona, di Anghiari e di Borgo San Sepolcro e di lì passò a investire Camerino e Urbino, chiedendo nel contempo di intavolare trattative con Firenze che, nel frattempo, vistasi stretta dai due Borgia, padre e figlio, aveva rinnovato gli accordi con la Francia.  Il 22 giugno 1502, lo stesso giorno della caduta della città nelle mani di Cesare, partirono per Urbino Machiavelli e il vescovo di Volterra, Francesco Soderini, fratello di Piero: ricevuti il 24 giugno, si sentirono ordinare di cambiare il governo della Repubblica, pena la sua inimicizia. La crisi fu superata grazie all'intervento delle armi francesi: avvicinandosi queste ad Arezzo, la città fu sgomberata e restituita, insieme con le altre terre, ai Fiorentini. Riferimento a questi casi è il breve scritto dell'anno successivo, Del modo di trattare i popoli della Valdichiana ribellati, nel quale, preso esempio dal comportamento tenuto dagli antichi Romani in caso di ribellioni, rimprovera il governo fiorentino di non aver trattato severamente la ribelle città di Arezzo. Pensa che come i Romani  «fecero giudizio differente per esser differente il peccato di quelli popoli, così dovevi fare voi, trovando ancora nei vostri ribellati differenza di peccati [ ... ] giudico ben giudicato che a Cortona, Castiglione, il Borgo, Foiano, si siano mantenuti i capitoli, siano vezzeggiati e vi siate ingegnati riguadagnarli con i beneficii [ ... ] ma io non approvo che gli Aretini, simili ai Veliterni ed Anziani non siano stati trattati come loro. [ ... ] I Romani pensarono una volta che i popoli ribellati si debbano o beneficare o spegnere e che ogni altra via sia pericolosissima.»  Di fronte a quelli che apparivano tempi nuovi e tempestosi, nei quali occorreva che uomini capaci prendessero pronte risoluzioni, come prima riforma nell'organizzazione dello Stato fiorentino fu resa vitalizia la carica di gonfaloniere, affidata, il 15 settembre 1502, a Pier Soderini, che appariva uomo accetto tanto agli ottimati che ai popolani. La prima missione che egli affidò a Machiavelli fu quella di prendere nuovamente contatto col Borgia il quale, formalmente capitano delle truppe pontificie e finanziato da quello Stato, intendeva tuttavia agire nel proprio interesse e in quello della sua famiglia, stringendo un nuovo patto col Luigi XII e ottenendone libertà d'azione nei suoi piani di espansione, non solo nei confronti di signorotti quali gli Orsini, i Baglioni e il Vitelli, già suoi alleati, ma anche contro lo stesso Bentivoglio di Bologna. Seguendo la tradizionale politica di alleanza con la Francia, Firenzepur diffidando del Valentinointendeva confermargli la sua amicizia, per non essere investita dai suoi aggressivi disegni.  Machiavelli giunse a Imola dal Borgia il 7 ottobre, confidandogli che Firenze non aveva aderito all'offerta di amicizia propostale dagli Orsini e dai Vitelli, congiurati a Magione contro il duca Valentino, e ne ricevette in cambio un'offerta di alleanza, alla quale Niccolò, affascinato dalla figura di Cesare Borgia, guardava con favore più di quanto non facesse il governo fiorentino. Fu al seguito del Valentino per tutta la durata di quei tre mesi di campagna militare e, il 1º gennaio 1503, due ore dopo l'uccisione a tradimento di Vitellozzo e di Oliverotto da Fermo, ne raccolse le parole «savie e affezionatissime» per i Fiorentini, invitati nuovamente a unirsi a lui per avventarsi contro Perugia e Città di Castello. Firenze, a questo punto, decise di mandare presso il Borgia un ambasciatore accreditato, Jacopo Salviati, così che il nostro Segretario il 20 gennaio lasciò il campo di Città della Pieve per fare ritorno a Firenze.   Vitellozzo Vitelli, ritratto da Luca Signorelli. «Vitellozo, Pagolo et duca di Gravina in su muletti ne andorno incontro al duca, accompagnati da pochi cavagli; et Vitellozo disarmato, con una cappa foderata di verde, tucto aflicto se fussi conscio della sua futura morte, dava di sé, conosciuta la virtù dello huomo et la passata sua fortuna, qualche ammiratione [ ... ] Arrivati adunque questi tre davanti al duca, et salutatolo humanamente, furno da quello ricevuti con buono volto [ ... ] Ma, veduto il duca come Liverotto vi mancava [ ... ] adciennò con l'occhio a don Michele, al quale lLeverotto era demandata, che provedessi in modo che Liverotto non schapassi [ ... ] Liverotto havendo facto riverenza, si adcompagnò con gli altri; et entrati in Senigagla, et scavalcati tutti ad lo alloggiamento del duca, et entrati seco in una stanza secreta, furno dal duca fatti prigioni [ ... ] venuta la nocte [ ... ] al duca parve di fare admazare Vitellozzo e Liverotto; et conductogli in uno luogo insieme, gli fe' strangolare [ ... ] Pagolo et el duca di Gravina Orsini furno lasciati vivi per infino che il duca intese che a Roma el papa haveva preso el cardinale Orsino, l'arcivescovo di Firenze et messer Jacopo da Santa Croce; dopo la quale nuova, a dì 18 di giennaio, ad Castel della Pieve furno anchora loro nel medesimo modo strangolati»  (Machiavelli, Descrizione del modo tenuto dal duca Valentino nello ammazzare Vitellozzo Vitelli, Oliverotto da Fermo, il signor Pagolo e il duca di Gravina Orsini, giugno-agosto 1503) La morte di Alessandro VI privò Cesare Borgia delle risorse finanziarie e politiche che gli occorrevano per mantenere il ducato di Romagna, che si dissolse tornando a frammentarsi nelle vecchie signorie, mentre Venezia s'impadronì di Imola e di Rimini. Dopo il brevissimo pontificato di Pio III, Machiavelli fu inviato a Roma il 24 ottobre 1503 per il conclave che il 1º novembre elesse Giulio II. Raccolse le ultime confidenze del Valentino, del quale pronosticò la rovina imminente, e cercò di comprendere le intenzioni politiche del nuovo papa, che egli sperava s'impegnasse contro i Veneziani, le cui mire espansionistiche erano temute da Firenze: «O la sarà una porta che aprirà loro tutta Italia, o fia la rovina loro», scrive il 24 novembre.  A Roma gli giunse la notizia della nascita del secondogenito Bernardo: «Somiglia voi, è bianco come la neve, ma gli ha il capo che pare velluto nero, et è peloso come voi, e da che somiglia voi parmi bello», gli scrive la moglie Marietta il 24 novembre. E Machiavelli, che lungamente in questo scorcio di tempo aveva frequentato la casa del cardinal Soderini, al quale forse prospettò già il suo progetto di costituire una milizia nazionale che sostituisse l'infida soldatesca mercenaria, il 18 dicembre s'avviò per Firenze.  In Francia  Ingresso a Genova di Luigi XII, 1508. Le fortune della Francia in Italia sembrarono declinare dopo la cacciata dal Napoletano ad opera dell'armata spagnola di Gonzalo Fernández de Córdoba. Firenze, alleata di Luigi XII, e timorosa delle prossime iniziative della Spagna, del papa e della nemica tradizionale, la Siena di Pandolfo Petrucci, era interessata a conoscere i progetti del re e a questo scopo alla sua corte mandò Machiavelli «a vedere in viso le provvisioni che si fanno e scrivercene immediate, e aggiungervi la coniettura e iudizio tuo». Il 22 gennaio 1504 Machiavelli era a Milano per conferire con il luogotenente Charles II d'Amboise, che non credeva in un attacco spagnolo in Lombardia e rassicurò Niccolò sull'amicizia francese per Firenze.  Raggiunse la corte e l'ambasciatore Niccolò Valori a Lione il 27 gennaio, ricevendo uguali rassicurazioni dal cardinale di Rouen e da Luigi stesso. In marzo ripartiva per Firenze e di qui si recava per pochi giorni a Piombino da Jacopo d'Appiano, per sondare la posizione di quel signorotto. È di questo tempo la stesura del suo primo Decennale, una storia dei fatti notevoli occorsi degli ultimi dieci anni volta in terzine: Machiavelli non è poeta, anche se invoca Apollo nell'esordio del poemetto, ma a noi interessa il suo giudizio sull'attualità della vicenda politica italiana e su quel che attende Firenze:  «L'imperador, con l'unica sua prole vuol presentarsi al successor di Pietro al Gallo il colpo ricevuto duole; e Spagna che di Puglia tien lo scetro va tendendo a' vicin laccioli e rete, per non tornar con le sue imprese a retro; Marco, pien di paura e pien di sete, fra la pace e la guerra tutto pende; e voi di Pisa troppa voglia avete [ .... ] Onde l'animo mio tutto s'infiamma or di speranza, or di timor si carca tanto che si consuma a dramma a dramma, perché saper vorrebbe dove, carca di tanti incarchi debbe, o in qual porto, con questi venti, andar la vostra barca. Pur si confida nel nocchier accorto ne' remi, nelle vele e nelle sarte; ma sarebbe il cammin facile e corto se voi el tempio riapriste a Marte»  (Decennale primo, vv 529-549) I tentativi d'impadronirsi di Pisa fallirono ancora: battuta a Ponte a Cappellese il 27 marzo 1505, Firenze doveva anche guardarsi dalle manovre dei signori ai loro confini. Machiavelli andò a Perugia l'11 aprile per conferire col Baglioni, ora alleato con gli Orsini, con Lucca e con Siena, poi a Mantova, per cercare invano accordi con il marchese Giovan Francesco Gonzaga e il 17 luglio a Siena. In settembre, fallì un nuovo assalto a Pisa e Machiavelli ne trasse spunto per presentare la proposta della creazione di un esercito cittadino. Rimasti diffidenti i maggiorenti della cittàche temevano che un esercito popolare potesse costituire una minaccia per i loro interessima appoggiato dal Soderini, Machiavelli si mosse per mesi nei borghi toscani a far leva di soldati, istruiti «alla tedesca», e finalmente, il 15 febbraio 1506, Firenze poté vedere la prima parata di una milizia «nazionale» che peraltro non avrà nessun ruolo nella successiva conquista di Pisa e si rivelerà di scarso affidamento nella difesa di Prato del 1512. Con la pace concordata con la Francia nell'ottobre 1505, la Spagna, con Ferdinando II d'Aragona, aveva preso definitivamente possesso del Regno di Napoli. I piccoli stati della penisola attendevano ora le mosse di Giulio II, deciso a imporre la sua egemonia nell'Italia centrale: nel luglio, il papa chiese a Firenze di partecipare alla guerra che egli intendeva muovere al signore di Bologna, Giovanni Bentivoglio, che era alleato, come Firenze, dei francesi, e perciò teoricamente amico, oltre che confinante, dei Fiorentini. Si trattava di temporeggiare, osservando gli sviluppi dell'impresa del papa al quale fu mandato Machiavelli, che lo incontrò a Nepi il 27 agosto 1506.  Giulio II gli dimostrò di godere dell'appoggio della Francia, che aveva promesso di inviare truppe in suo aiuto, cosicché fu agevole a Machiavelli promettere aiuti a sua voltadopo però che fossero arrivati quelli di re Luigie seguì papa Giulio che, con la sua corte curiale e pochi armati se n'andava a Perugia, ottenendo, il 13 settembre, la resa senza combattimento di Giampaolo Baglioni che, con stupore e rimprovero del Machiavelli e, un giorno, anche del Guicciardini, non ebbe il coraggio di opporsi alle poche forze allora a disposizione del Papa. La corte papale, dopo aver atteso a Cesena fino a ottobre l'arrivo dei francesi e, dopo questi, dei Fiorentini di Marcantonio Colonna, entrò trionfante a Bologna l'11 novembre. Machiavelli, tornato a Firenze già alla fine d'ottobre, s'occupò ancora dell'istituzione delle milizie fiorentine: il 6 dicembre furono creati i Nove ufficiali dell'Ordinanza e Milizia fiorentina, eletti dal popolo, responsabili militari della Repubblica.  In Germania  Massimiliano I d'Asburgo Il nuovo anno 1507 si aprì con le minacce del passaggio in Italia del «Re dei Romani» Massimiliano, intenzionato a ribadire le proprie pretese di dominio sulla penisola, a espellere i francesi e a farsi incoronare a Roma «imperatore del Sacro Romano Impero». Si valutò a Firenze la possibilità di finanziargli l'impresa in cambio della sua amicizia e del riconoscimento dell'indipendenza della Repubblica: il 27 giugno fu inviato a questo scopo l'ambasciatore Francesco Vettori e, il 17 dicembre, lo stesso Machiavelli. Giunse a Bolzano, dove Massimiliano teneva corte, l'11 gennaio 1508 e le lunghe trattative sull'esborso preteso da Massimiliano s'interruppero quando i Veneziani, sconfiggendolo più volte, gli fecero comprendere la velleità dei suoi sogni di gloria.  Da questa esperienza Machiavelli trasse tre scritti, il Rapporto delle cose della Magna, composto il 17 giugno 1508, il giorno dopo il suo rientro a Firenze, il Discorso sopra le cose della Magna e sopra l'Imperatore, del settembre 1509, e il più tardo Ritratto delle cose della Magna, del 1512, una rielaborazione del primo Rapporto. Rileva la grande potenza della Germania, che «abunda di uomini, di ricchezze e d'arme»; le popolazioni hanno «da mangiare e bere e ardere per uno anno: e così da lavorare le industrie loro, per potere in una obsidione [assedio] pascere la plebe e quelli che vivono delle braccia, per uno anno intero sanza perdita. In soldati non spendono perché tengono li uomini loro armati ed esercitati; e li giorni delle feste tali uomini, in cambio delli giuochi, chi si esercita collo scoppietto, chi colla picca e chi con una arme e chi con un'altra, giocando tra loro onori et similia, e quali tra loro poi si godono. In salari e in altre cose spendono poco: talmente che ogni comunità si truova ricca in publico».  Importano e consumano poco perché «le loro necessità sono assai minori delle nostre», ma esportano molte merci «di che quasi condiscono tutta la Italia [...] e così si godono questa loro rozza vita e libertà e per questa causa non vogliono ire alla guerra se non sono soprappagati e questo anche non basterebbe loro, se non fussino comandati dalle loro comunità. E però bisogna a uno imperadore molti più denari che a uno altro principe». Tanta forza potenziale, che potrebbe fare la grandezza politica e militare dell'Imperatore, è limitata dalle divisioni delle comunità governate dai singoli principi, una realtà simile a quella italiana: nessun principe tedesco vuole favorire l'imperatore, «perché, qualunque volta in proprietà lui avessi stati o fussi potente, è domerebbe e abbasserebbe e principi e ridurrebbeli a una obedienzia di sorte da potersene valere a posta sua e non quando pare a loro: come fa oggi il re di Francia, e come fece già il re Luigi, quale con l'arme e ammazzarne qualcuno li ridusse a quella obedienzia che ancora oggi si vede».  La conquista di Pisa Decisa a concludere le operazioni militari contro Pisa, Firenze mandò Machiavelli a far leve di soldati: in agosto condusse soldati prelevati da San Miniato e da Pescia all'assedio della città irriducibile. Riunite altre milizie, si incaricò di tagliare i rifornimenti bloccando l'Arno; poi, il 4 marzo del 1509, andò prima a Lucca a intimare a quella Repubblica di cessare ogni aiuto ai Pisani e, il 14, si recò a Piombino, incontrando gli ambasciatori di Pisa per cercare invano un accordo di resa. Raccolte nuove truppe, in maggio era presente all'assedio: Pisa, ormai stremata, trattava finalmente la pace. Machiavelli accompagnò i legati pisani a Firenze dove, il 4 giugno 1509 fu firmata la resa e l'8 giugno poté entrare in Pisa con i commissari Niccolò Capponi, Antonio Filicaia e Alamanno Salviati. Un ben più vasto incendio era intanto divampato nell'Italia settentrionale: stipulata un'alleanza a Cambrai, Francia, Spagna, Impero e papato si avventavano contro la Repubblica veneziana che a maggio cedeva i suoi possedimenti lombardi e romagnoli e, in giugno, anche Verona, Vicenza e Padova, consegnate a Massimiliano. Firenze, da parte sua, doveva finanziare la nuova impresa imperiale: consegnato un primo acconto in ottobre, il 21 novembre Machiavelli era a Verona per consegnare il saldo a Massimiliano, che era stato però costretto alla ritirata dalla controffensiva veneziana, resa possibile dalla rivolta popolare contro i nuovi padroni. E Machiavelli commentava dei «due re, che l'uno può fare la guerra e non vuol farla, l'altro ben vorrebbe farla e non può», riferendosi a Luigi e a Massimiliano che se n'era tornato in Germania a chiedere soldati e denari ai principi tedeschi.  Atteso inutilmente il ritorno dell'Imperatore, il 2 gennaio 1510 Machiavelli se ne tornò a Firenze. Venezia si salvò soprattutto grazie alle divisioni degli alleati: mentre Luigi XII aveva tutto l'interesse di ridurre all'impotenza Venezia per avere le mani libere nella pianura padana, Giulio II la voleva abbastanza forte da opporsi alla Francia senza averne contrasto alle proprie ambizioni di espansione. Per Firenze, amica della Francia ma non nemica del papa, era necessario spiegarsi con il re francese, e Machiavelli fu mandato a Blois, dove Luigi teneva la corte, incontrandolo il 17 giugno 1510.  Machiavelli confermò l'amicizia con la Francia ma disse di dubitare che la Repubblica potesse impegnarsi in una guerra contro Giulio II, in grado di volgere contro Firenze forze troppo superiori: meglio sarebbe stata una mediazione che evitasse il conflitto e sottraesse, oltre tutto, Firenze dalla responsabilità di un impegno nel quale era difficile trarre un guadagno. Dovette tornare a Firenze il 19 ottobre, convinto che la guerra fosse ineluttabile. Le vittorie militari non furono sfruttate da Luigi XII e la sua indizione di un concilio a Pisa, che condannasse il papa, provocò l'interdetto di Giulio II contro Firenze. Il 22 settembre 1511 Machiavelli era ancora in Francia, ottenendo dal re soltanto un breve rinvio del concilio: dalla Francia andò a Pisa e riuscì a ottenere il trasferimento del concilio a Milano.  Il ritorno dei Medici a Firenze Le fortune di Luigi XII volgevano al tramonto: sconfitto dalla nuova coalizione guidata dal papa, era costretto ad abbandonare la Lombardia, lasciando Firenze politicamente isolata e incapace di resistere alle armi spagnole. Il 31 agosto 1512 Pier Soderini fuggì a Siena, i Medici rientrarono a Firenze: disfatto il vecchio governo, il 7 novembre anche Machiavelli venne rimosso dal suo incarico, il successivo 10 novembre fu confinato e multato della grande somma di mille fiorini e il 17 gli fu interdetto l'ingresso a Palazzo Vecchio.   Giuliano de' Medici duca di Nemours Il nuovo regime processò Pietro Paolo Boscoli e Agostino Capponi, accusati di aver complottato contro Giuliano de' Medici, condannandoli a morte. Anche Machiavelli è sospettato: arrestato il 12 febbraio 1513, fu anche torturato (gli fu somministrata la corda o, com'era chiamata allora a Firenze, la "colla"). Scrisse allora a Giuliano di Lorenzo de' Medici duca di Nemours due sonetti, per ricordargli, ma senza averne l'aria e in forma scherzosa, la sua condizione di carcerato:  «Io ho, Giuliano, in gamba un paio di geti e sei tratti di fune in sulle spalle; l'altre miserie mie non vo' contalle, poiché così si trattano i poeti  Menon pidocchi queste parieti grossi e paffuti che paion farfalle, né mai fu tanto puzzo in Roncisvalle o in Sardigna fra quegli arboreti quanto nel mio sì delicato ostello»  Giulio II moriva intanto proprio in quei giorni e dal conclave uscì eletto l'11 marzo il cardinale de' Medici con il nome di Leone X: era la fine dei pericoli di guerra per Firenze e anche il tempo dell'amnistia. Uscito dal carcere, Machiavelli cercò di ottenere favori dai Medici attraverso l'ambasciatore Francesco Vettori e lo stesso Giuliano, ma invano. Si ritirò allora nel suo podere dell'Albergaccio, a Sant'Andrea in Percussina, tra Firenze e San Casciano in Val di Pesa.  L'esilio dalla politica. «Il Principe» Qui, tra le giornate rese lunghe dall'ozio forzato, comincia a scrivere i Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio che, forse nel luglio 1513, interrompe per metter mano al suo libro più famoso, il De Principatibus, dal solenne titolo latino ma scritto in volgare e perciò divenuto ben più noto come Il Principe. Lo dedica dapprima a Giuliano di Lorenzo de' Medici e, dopo la morte di questi nel 1516, a Lorenzo de' Medici, figlio di Piero "fatuo"; ma il libro uscì solo postumo, nel 1532. Certo, non doveva farsi illusioni che un Medici potesse mai essere quel «redentore» atteso dall'Italia contro «questo barbaro dominio», ma da un Medici si attendeva almeno la sua propria «redenzione» dall'inattività cui era stato relegato dal ritorno a Firenze di quella famiglia.  Sperava che l'amico Vettori, ambasciatore a Roma, si facesse interprete del suo «desiderio [...] che questi signori Medici mi cominciasseino adoperare», dal momento «che io sono stato a studio all'arte dello stato [...] e doverrebbe ciascheduno aver caro servirsi d'uno che alle spese d'altri fussi pieno d'esperienza. E della fede mia non si doverrebbe dubitare, perché, avendo sempre osservato la fede, io non debbo imparare ora a romperla; e chi è stato fedele e buono quarantatré anni che io ho, non debbe potere mutare natura; e della fede e bontà mia ne è testimonio la povertà mia». Delle ombre della sua povertà, ma anche delle sue luci, Machiavelli scrive al Vettori in quella che è la più famosa lettera della nostra letteratura:   L'Albergaccio di Machiavelli a Sant'Andrea in Percussina «Venuta la sera, mi ritorno in casa ed entro nel mio scrittoio; e in su l'uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui uomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e che io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e domandargli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro umanità mi rispondono; e non sento per quattro ore di tempo alcuna noia; sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte; tutto mi trasferisco in loro. E perché Dante dice che non fa scienza sanza lo ritenere lo avere inteso, io ho notato quello di che per la loro conversazione ho fatto capitale, e composto uno opuscolo de Principatibus»  (Lettera a Francesco Vettori, 10 dicembre 1513) Ritornato il 3 febbraio 1514 a Firenze, continuò a sperare a lungo che il Vettori, al quale spedì il manoscritto del Principe, lo facesse introdurre in qualche incarico nell'amministrazione cittadina, ma invano. Tutto dipendeva dalla volontà del papa, e Leone non era affatto intenzionato a favorire chi non si era mostrato, a suo tempo, favorevole agli interessi di Casa Medici. Machiavelli, da parte sua, scriveva al Vettori di aver «lasciato i pensieri delle cose grandi e gravi» e di non dilettarsi più di «leggere le cose antiche, né ragionare delle moderne: tutte si sono converse in ragionamenti dolci». Si era infatti innamorato di una «creatura tanto gentile, tanto delicata, tanto nobile e per natura e per accidente, che io non potrei né tanto laudarla né tanto amarla che la non meritasse più».  La guerra, ripresa in Italia dalla discesa del nuovo re di Francia Francesco I, si concluse nel settembre 1515 con la sua grande vittoria a Marignano (oggi Melegnano) contro la vecchia «Lega santa»: Leone X dovette accettare il dominio francese in Lombardia e la stipula a Bologna di un concordato che riconosceva il controllo reale sul clero francese. Si rifece impossessandosi, per conto del nipote Lorenzo, capitano generale dei Fiorentini, del Ducato di Urbino. A quest'ultimo invano dedicava Machiavelli il suo Principe: la sua esclusione dalla gestione degli affari di Firenze continuava. Nel 1516 o 1517 si diede a frequentare gli «Orti Oricellari», latineggiamento che indica i giardini del Palazzo di Cosimo Rucellai, dove si riunivano letterati, giuristi ed eruditi come Luigi Alamanni, Jacopo da Diacceto, Jacopo Nardi, Zanobi Buondelmonti, Antonfrancesco degli Albizi, Filippo de' Nerli e Battista della Palla. Qui vi lesse probabilmente qualche capitolo di quell'Asino, poemetto in terzine che voleva essere una contaminazione fra l'Asino d'oro di Apuleio e la Divina Commedia dantesca, ma che lasciò presto interrotto: e al Rucellai e al Buondelmonti dedicò i Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio, scritti dal 1513 al 1519. Machiavelli si era già cimentato, quando ricopriva l'incarico di segretario della Repubblica, in composizioni teatrali: una imitazione dell'Aulularia di Plauto e una commedia, Le maschere, ispirata a Nebulae di Aristofane, sono tuttavia perdute. Al 1518 risale il suo capolavoro letterario, la commedia Mandragola, nel cui prologo egli inserisce un accenno autobiografico  «scusatelo con questo, che s'ingegna con questi van pensieri fare el suo tristo tempo più suave, perch'altrove non have dove voltare el viso; ché gli è stato interciso mostrar con altre imprese altra virtue, non sendo premio alle fatiche sue.»  Intorno a quest'anno vanno collocate la traduzione dell'Andria di Terenzio e stesura della novella di Belfagor arcidiavolo o Novella del demonio che pigliò moglieil suo titolo preciso è attualmente stabilito in Favolail cui tema di fondo è la visione pessimistica dei rapporti che legano gli esseri umani, tutti intesi al proprio interesse a danno, se necessario, di quello di ciascun altro.  Il ritorno alla vita politica Lorenzo de' Medici morì nel 1519, lasciando il governo di Firenze al cardinale Giulio. Costui, favorevole a Machiavelli, lo incaricò della stesura di una storia della città sotto lauta retribuzione. Machiavelli, galvanizzato dall'incarico, diede alle stampe nel 1521 l’Arte della guerra, dedicandola allo stesso cardinal Giulio. Nello stesso anno fu inviato in missione diplomatica a Carpi presso il governatore Francesco Guicciardini di cui, pur avendo opposte visioni della Storia, divenne buon amico. Nel 1525 cercò di guadagnare il favore di papa Clemente VII offrendogli le Istorie fiorentine. Nel frattempo giunsero la revoca ufficiale dell'interdizione dalla vita pubblica e l'affidamento di missioni militari in Romagna in collaborazione col Guicciardini.  L'ultima interdizione dalla vita pubblica e la morte Nel 1527 i Medici furono cacciati da Firenze e venne instaurata nuovamente la repubblica. Machiavelli si propose come candidato alla carica di segretario della repubblica, ma venne respinto in quanto ritenuto colluso coi Medici e soprattutto con papa Clemente VII. La delusione per Machiavelli fu insopportabile. Ammalatosi repentinamente, cominciò a peggiorare vistosamente fino alla morte, sopraggiunta il 21 giugno 1527. Abbandonato da tutti, fu sepolto nel corso di una modesta cerimonia funebre nella tomba di famiglia nella basilica di Santa Croce. Nel 1787 la città di Firenze fece costruire un monumento nella basilica stessa; esso raffigura la Diplomazia assisa su un sarcofago marmoreo. Sulla lastra frontale sono incise le parole Tanto nomini nullum par elogium (Nessun elogio sarà mai degno di tanto nome).  Pensiero Machiavelli e il Rinascimento Con il termine machiavellico si è spesso indicato un atteggiamento spregiudicato e disinvolto nell'uso del potere: un buon principe deve essere astuto per evitare le trappole tese dagli avversari, capace di usare la forza se ciò si rivela necessario, abile manovratore negli interessi propri e del suo popolo. Ciò si accompagna a un travaglio personale che Machiavelli sentiva nella sua attività quotidiana e di teorico, secondo una tradizione politica che già in Cicerone affermava: "un buon politico deve avere le giuste conoscenze, stringere mani, vestire in modo elegante, tessere amicizie clientelari per avere un'adeguata scorta di voti".  Con Machiavelli l'Italia ha conosciuto il più grande teorico della politica. Secondo Machiavelli la politica è il campo nel quale l'uomo può mostrare nel modo più evidente la propria capacità di iniziativa, il proprio ardimento, la capacità di costruire il proprio destino secondo il classico modello del faber fortunae suae. Nel suo pensiero si risolve il conflitto fra regole morali e ragion di Stato che impone talvolta di sacrificare i propri princìpi in nome del superiore interesse di un popolo. La politica deve essere autonoma da teologia e morale e non ammette ideali, è un gioco di forze finalizzate al bene della collettività e dello stato. La politica, svincolata da dogmatismi e princìpi teorici, guarda alla realtà effettuale, ai "fatti": "Mi è parso più conveniente andare dietro alla verità effettuale della cosa piuttosto che alla immaginazione di essa". Si tratta di una visione antropocentrica che si richiama all'Umanesimo quattrocentesco ed esprime gli ideali del Rinascimento.  Magnifying glass icon mgx2.svgRinascimento italiano. Nel Discorso o dialogo intorno alla nostra lingua, opera di non certa attribuzione e che non fu pubblicata, Machiavelli dà un giudizio severo su Dante Alighieri, col quale inscena un dialogo nell'opera. Dante è rimproverato di negare la matrice fiorentina della lingua della Commedia. Il passo assume i caratteri dell'invettiva contro il poeta concittadino, accusato di aver infangato la reputazione di Firenze:  «[...] Dante il quale in ogni parte mostrò d'esser per ingegno, per dottrina et per giuditio huomo eccellente, eccetto che dove egli hebbe a ragionare della patria sua, la quale, fuori d'ogni humanità et filosofico instituto, perseguitò con ogni spetie d'ingiuria. E non potendo altro fare che infamarla, accusò quella d'ogni vitio, dannò gli uomini, biasimò il sito, disse male de' costumi et delle legge di lei; et questo fece non solo in una parte de la sua cantica, ma in tutta, et diversamente et in diversi modi: tanto l'offese l'ingiuria dell'exilio, tanta vendetta ne desiderava! [...] Ma la Fortuna, per farlo mendace et per ricoprire con la gloria sua la calunnia falsa di quello, l'ha continuamente prosperata et fatta celebre per tutte le province cristiane, et condotta al presente in tanta felicità et sì tranquillo stato, che se Dante la vedessi, o egli accuserebbe sé stesso, o ripercosso dai colpi di quella sua innata invidia, vorrebbe essendo risuscitato di nuovo morire.»  (Niccolò Machiavelli, Discorso o dialogo intorno alla nostra lingua) Poi, durante un altro scambio immaginario con Dante, Machiavelli rimprovera il carattere "goffo", "osceno", addirittura "porco" del registro utilizzato nell'Inferno:  «N. Dante mio, io voglio che tu t'emendi, et che tu consideri meglio il parlare fiorentino et la tua opera; et vedrai che, se alcuno s'harà da vergognare, sarà più tosto Firenze che tu: perché, se considererai bene a quel che tu hai detto, tu vedrai come ne' tuoi versi non hai fuggito il goffo, come è quello:  "Poi ci partimmo et n'andavamo introcque";  non hai fuggito il porco, com'è quello:  "che merda fa di quel che si trangugia";  non hai fuggito l'osceno, com'è:  "le mani alzò con ambedue le fiche";  e non avendo fuggito questo, che disonora tutta l'opera tua, tu non puoi haver fuggito infiniti vocaboli patrii che non s'usano altrove che in quella [...]»  (Niccolò Machiavelli, Discorso o dialogo intorno alla nostra lingua) La concezione della storia  Autografo delle Historiae Fiorentinae Per Machiavelli la storia è il punto di riferimento verso il quale il politico deve sempre orientare la propria azione. La storia fornisce i dati oggettivi su cui basarsi, i modelli da imitare, ma indica anche le strade da non ripercorrere. Machiavelli si basa su una concezione ciclica della storia: "Tutti li tempi tornano, li uomini sono sempre li medesimi". Ma ciò che allontana Machiavelli da una visione deterministica della storia è l'importanza che egli attribuisce alla virtù, ovvero alla capacità dell'uomo di dominare il corso degli eventi utilizzando opportunamente le esperienze degli errori compiuti nel passato, nonché servendosi di tutti i mezzi e di tutte le occasioni per la più alta finalità dello stato, facendo anche violenza, se necessario, alla legge morale.  Non a caso il Principe, nella conclusione, abbandona il suo taglio cinico e pragmatico per esortare i sovrani italiani, con una scrittura più solenne e venata di un certo idealismo, a riconquistare la sovranità perduta e a cacciare l'invasore straniero. Non c'è rassegnazione nel Principe, né tanto meno sfiducia nei confronti dell'uomo. La storia è il prodotto dell'attività politica dell'uomo per finalità terrene esclusivamente pratiche. Lo stato, oggetto di tale attività, nella situazione politica e nel pensiero del tempo si identifica con la persona del principe.  Di conseguenza l'attività politica è riservata solo ai grandi protagonisti, ai pochi capaci di agire, non al "vulgo" incapace di decisione e di coraggio. L'obiettivo è creare o conservare lo stato, una creazione individuale legata alle qualità e alla sorte del suo fondatore: la fine del principe può determinare la fine del suo stato, come capitò ad esempio a Cesare Borgia. Il Machiavelli ha dunque un'importanza fondamentale per la scoperta che la politica è una forma particolare autonoma di attività umana, il cui studio rende possibile la comprensione delle leggi da cui è perennemente retta la storia; da quella scoperta discende, come suo naturale fondamento, una vigorosa concezione della vita, incentrata unicamente sulla volontà e sulla responsabilità dell'uomo. Una errata interpretazione del Novecento fece del Machiavelli un precursore del movimento unitario italiano, ma la parola nazione ha assunto l'attuale significato solo a partire dalla seconda metà del Settecento, mentre il Machiavelli la usò in senso particolaristico e cittadino (es. nazione fiorentina o, nel senso più generico di popolo, moltitudine). Tuttavia, Machiavelli propugnava un principato in grado di reggersi sull'unità etnica [senza fonte] dell'Italia; così facendo, e denunciando in tal modo una chiara coscienza dell'esistenza di una civiltà italiana[senza fonte], Machiavelli predicava la liberazione dell'Italia sotto il patrocinio di un principe, criticando il dominio temporale dei Papi che spezzava in due la penisola.  Ma l'unità d'Italia resta in Machiavelli un problema solo intuito. Non si può dubitare che avesse concepito l'idea dell'unità italiana, ma tale idea restò indeterminata, poiché non trovò appigli concreti nella realtà, restando perciò a livello di utopia, cui solo dava forma la figura ideale del principe nuovo. Machiavelli dunque intraprese un viaggio che identificò come spirituale in giro per il mondo. In seguito, tornato in patria, ebbe una nuova visione sia del "popolo" che della "nazione" (di qui quello che oggi definiamo rinnovamento culturale).  Il principe o De Principatibus Magnifying glass icon mgx2.svgIl Principe.  Niccolò Machiavelli nello studio, Stefano Ussi, 1894 Emblematico è il modo di trattare argomenti delicati, quali le mosse necessarie al Principe per organizzare uno stato ed ottenerne uno stabile e duraturo consenso. Per esempio vi troviamo indicazioni programmatiche, quali l'utilità nello "spegnere" gli stati abituati a vivere liberi di modo da averli sotto il proprio diretto controllo (metodo preferito al creare un'amministrazione locale "filo-principesca" o al recarvisi e stabilirvisi personalmente, metodo però sempre tenuto da conto in modo da avere un occhio sempre presente sulle proprie terre, e stabilire una figura rispettata e conosciuta in loco).  Altro elemento caratteristico del trattato sta nella scelta dell'atteggiamento da tenere nei confronti dei sudditi, culminante nell'annosa questione del "s'elli è meglio essere amato che temuto o e converso" (Cap. XVII[25]). La risposta corretta si concretizzerebbe in un ipotetico principe amato e temuto, ma essendo difficile o quasi impossibile per una persona umana l'essere ambedue le cose, si conclude decretando che la posizione più utile viene ad essere quella del Principe temuto (pur ricordando che mai e poi mai il Principe dovrà rendersi odioso nei confronti del popolo, fatto che porrebbe i prodromi della propria caduta). Qua appare indubbiamente la concezione realistica e la concretezza del Machiavelli, il quale non viene a proporre un ipotetico Principe perfetto, ma irrealizzabile nel concreto, bensì una figura effettivamente possibile e soprattutto "umana".  Ulteriore atteggiamento principesco dovrà l'essere metaforicamente sia "volpe" che "leone", in modo da potersi difendere dalle avversità sia tramite l'astuzia (volpe) che tramite la violenza (leone). Mantenendo un solo atteggiamento dei due non ci si potrà difendere da una minaccia violenta o di astuzia. Spesso alla figura evocata dal Principe di Machiavelli viene associata la figura di un uomo privo di scrupoli, di un cinismo estremo, nemico della libertà. Inoltre gli viene erroneamente associata la frase "il fine giustifica i mezzi", che invece mai enunciò. Questo perché la parola "giustifica" evoca sempre un criterio morale, mentre Machiavelli non vuole "giustificare" nulla, vuole solo valutare, in base ad un altro metro di misura, se i mezzi utilizzati sono adatti a conseguire il fine politico, l'unico fine da perseguire è il mantenimento dello Stato.  Machiavelli nella stesura del Principe si rifà alla reale situazione che gli si presentava attorno, una situazione che necessitava essere risolta con un atto deciso, forte, violento. Machiavelli non vuole proporre dei mezzi giustificati da un fine, egli pone un programma politico che qualunque Principe che voglia portare alla liberazione dell'Italia, da troppo tempo schiava, dovrà seguire. Fuori dai suoi intenti una giustificazione morale dei punti suggeriti: egli stende un vademecum necessariamente utile a quel Principe che finalmente vorrà impugnare le armi. Alle accuse di sola illiberalità od autoritarismo, si può dare una risposta leggendo il capitolo IX, "De Principatu Civili", ritratto di un principe nascente dal e col consenso del popolo, figura ben più solida del Principe nato dal consesso dei "grandi", cioè dei grandi proprietari feudali. Non esiste un unico tipo di principato, ma per ognuno troviamo un'ampia trattazione di pregi e dei difetti.  Controversie sul Principe «Quel grande / che temprando lo scettro a' regnatori gli allor ne sfronda, ed alle genti svela / di che lagrime grondi e di che sangue»  (Ugo Foscolo, Dei sepolcri) La gelida obiettività e un certo cinismo con cui Machiavelli descriveva il comportamento freddo, razionale ed eventualmente spietato che un capo di Stato deve mettere in atto, colpì i critici. Così, da una parte vi è la linea di pensiero tradizionale, secondo la quale "Il Principe" è un trattato di scienza politica destinato al governante, che tramite esso saprà come affrontare i problemi, spesso drammatici, posti dal suo ruolo di garante della stabilità dello stato. Dall'altra, troviamo un'interpretazione secondo cui il trattato di Machiavelli, che era originariamente un repubblicano, ha come vero scopo quello di mettere a nudo, e quindi chiarire, le atrocità compiute dai principi dell'epoca, a vantaggio del popolo, che di conseguenza avrebbe le dovute conoscenze per attuare le precauzioni al fine di stare in guardia e difendersi quando si dimostra necessario. Il principe è visto anche come figura assai drammatica, la quale, per il bene dello stato stesso, non si può permettere di lasciare spazio al proprio carattere, diventando così quasi un uomo-macchina.[26][27] Secondo alcuni, Machiavelli venne in realtà accusato da subito di nicodemismo, e:  «...di non aver mirato ad altro, in quel libro, che a condurre il tiranno a precipitosa rovina, allettandolo con precetti a lui graditi...»  (Attribuita a Niccolò Machiavelli[28]) Magnifying glass icon mgx2.svgMachiavellismo § L'antimachiavellismo e il repubblicanesimo. Gli esponenti di questa seconda interpretazione (la cosiddetta "interpretazione obliqua", diffusa dal XVII secolo, e avanzata per la prima volta da Alberico Gentili nel 1585[29] ispirandosi a Reginald Pole[30], poi ripresa da Traiano Boccalini e in seguito Baruch Spinoza)[31], furono numerosi soprattutto in ambito illuminista (anche se venne rifiutata da Voltaire[32]), che vedeva in Machiavelli un precursore della politica laica e del repubblicanesimo: la sostennero, dal Settecento, Jean-Jacques Rousseau[33], Vittorio Alfieri[34], Giuseppe Baretti[35], Giuseppe Maria Galanti[36], gli enciclopedisti[37] (in primis Denis Diderot[3 Opere Discorso 8] e Jean Baptiste d'Alembert), Ugo Foscolo e Giuseppe Parini[39], e ha avuto diffusione soprattutto nell'Ottocento, prima e durante il Risorgimento[26]; ne è un esempio quello che Foscolo scrive nei "Sepolcri": «Io quando il monumento / vidi ove posa il corpo di quel grande / che temprando lo scettro a' regnatori / gli allor ne sfronda, ed alle genti svela / di che lagrime grondi e di che sangue». Forse alcuni di essiad esempio, per quanto riguarda Foscolo, è un'ipotesi alternativa di Spongano e riportata anche da Mario Pazzagliaritenevano anche che, pur essendo Il principe un'opera fatta per i tiranni e i governanti, fosse utile lo stesso per svelare al popolo gli intrighi del potere, ritenendo valida l'interpretazione obliqua, qualunque fossero le intenzioni di Machiavelli.[40]  In generale, per i sostenitori di questa lettura, Il principe avrebbe, come le satire (ad esempio Una modesta proposta di Jonathan Swift), uno scopo opposto a quello apparente, come avverrà anche per alcuni scritti di epoca romantica (Lettera semiseria di Grisostomo di Giovanni Berchet o alcune Operette Morali di Giacomo Leopardi[41]).  In epoca più recente, tuttavia, nella maggioranza dei critici è prevalsa la prima interpretazione, quella tradizionale, dal quale risalta la libertà e concretezza, anche spregiudicata, del pensiero di Machiavelli, che non descrive mondi utopici, ma il mondo reale della politica dei suoi tempi[42], e la sua concezione anticipatrice del realismo politico e della cosiddetta realpolitik.[43] L'interpretazione obliqua è stata riproposta in modo minoritario, ad esempio in alcuni monologhi del drammaturgo e attore Dario Fo.[44] Il modello linguistico prescelto da Machiavelli è fondato sull'uso vivo più che sui modelli letterari; lo scopo, esplicito soprattutto nel Principe, di scrivere qualcosa di utile e chiaramente espressivo lo induce a scegliere spesso modi di dire proverbiali di immediata evidenza. Il lessico impiegato dall'autore si rifà a quello boccacciano, è ricco di parole comuni e i latinismi, seppure abbondanti, provengono per lo più dal gergo cancelleresco. Nelle sue opere ricoprono un ruolo assai rilevante anche le metafore, i paragoni e le immagini. La concretezza è una delle caratteristiche salienti, l'esempio concreto ed essenziale, tratto dalla storia sia antica che recente, è sempre preferito al concetto astratto.  In generale si parla di uno stile "fresco", come lo ebbe a definire il filosofo Nietzsche in Al di là del bene e del male, con un riferimento particolare all'uso della paratassi, a una certa sentenziosità delle frasi, costruite secondo un criterio di chiarezza a scapito di un maggior rigore logico-sintattico. Machiavelli rende evidenti concetti che, se espressi con un linguaggio più elaborato, sarebbero molto difficili da decifrare, e riesce a esprimere le sue tesi con originale capacità espositiva. Opere Discorso fatto al magistrato de' Dieci sopra le cose di Pisa (1499) Parole da dirle sopra la provvisione del danaio (1503) Descrizione del modo tenuto dal Duca Valentino nello ammazzare Vitellozzo Vitelli, Oliverotto da Fermo, il Signor Pagolo e il duca di Gravina Orsini (1503) De natura Gallorum (1510) Ritratto delle cose di Francia (1510) Ritratto delle cose della Magna (1512) Il Principe (1513)Testo su Wikisource Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio (1513 –1519) Dell'arte della guerra (15191520) La vita di Castruccio Castracani da Lucca (1520) Istorie fiorentine (1525)Riedizione Istorie fiorentine, Venezia, 1546. Discorso o dialogo intorno alla nostra lingua (pubblicato nel 1730) Decennali Mandragola (1518), commedia teatrale Belfagor arcidiavolo (15181527) Epistolario (14971527) L'asino (1517) Edizioni critiche in pubblico dominio:  Legazioni, commissarie, scritti di governo. Fredi Chiappelli. Laterza, Roma-Bari. Drammaturgie minori Clizia (1525) Andria, traduzione-rifacimento dell'Andria di Terenzio Onori Nel 2009 Alitalia gli ha dedicato uno dei suoi Airbus A320-216 (EI-DTI). Nella cultura di massa Il suo nome, modificato in "Makaveli", venne usato dal rapper statunitense Tupac Shakur tra il 1995 e il 1996 per firmare molte sue canzoni e un album uscito postumo. Niccolò Machiavelli viene proposto anche nel videogioco Assassin's Creed 2 e il seguito Assassin's Creed: Brotherhood, in veste di Assassino. Proprio in quest'ultimo assume un ruolo particolarmente importante, insieme ad altri personaggi dell'Italia rinascimentale. Niccolò Machiavelli è, assieme a John Dee, il principale antagonista della serie di romanzi fantasy I segreti di Nicholas Flamel, l'immortale (come capo dei servizi segreti francesi), scritta da Michael Scott. Nella mostra "Il Principe di Niccolò Machiavelli e il suo tempo. 1513-" (Roma, Complesso del Vittoriano, Salone Centrale, 25 aprile-16 giugno ), promossa dall'Istituto dell'Enciclopedia Italiana e dalla sezione italiana di Aspen Institute, la sezione "Machiavelli e il nostro tempo: usi e abusi" presenta, tra altre "opere", Figurine Liebig, pacchetti di sigarette, schede telefoniche, trading card, cartoline, francobolli, giochi da tavolo e videogiochi dedicati a Machiavelli[45] Cinema e televisione Nella serie I Borgia di Neil Jordan è interpretato da Julian Bleach. Machiavel è una band belga, catalogabile sotto il genere progressive rock, attiva dal 1974. Il nome della band è un chiaro omaggio a Niccolò Machiavelli. Nella serie I Medici è interpretato da Vincenzo Crea> Edizione nazionale delle opere Edizione Nazionale delle Opere di Niccolò Machiavelli, Salerno Editrice di Roma:  Il principe, Mario Martelli, corredo filologico Nicoletta Marcelli,  I/1,  536, 2006,  978-88-8402-520-3 Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio, Francesco Bausi, L'arte della guerra. Scritti politici minori, Giorgio Masi, Jean Jacques Marchand, Denis Fachard,  I/3,  XV-726, 2001,  978-88-8402-338-4 Opere storiche, Alessandro Montevecchi, Carlo Varotti,  II, 2 tomi  1052, ,  978-88-8402-675-0 Teatro. Andria-Mandragola-Clizia, Pasquale Stoppelli,  III/1,  XXIX-456, ,  978-88-6973-191-4 Scritti in poesia e in prosa, Antonio Corsaro, Paola Cosentino, Emanuele Cutinelli-Rèndina, Filippo Grazzini, Nicoletta Marcelli, coordinam. di Francesco Bausi,  III/2,  XXXVI-652, ,  978-88-8402-770-2 Legazioni, Commissarie, Scritti di governo (1498-1500), Jean-Jacques Marchand,  V/1,  570, 2002,  978-88-8402-377-7 Legazioni. Commissarie. Scritti di governo (1501-1503),  V/2,  650, 2003,  978-88-8402-408-4 Legazioni. Commissarie. Scritti di governo (1503-1504), Jean-Jacques Marchand, Matteo Melera-Morettini, V/3,  596, 2005,  978-88-8402-504-3 Legazioni. Commissarie. Scritti di governo Denis Fachard, Emanuele Cutinelli-Rèndina,  V/4,  596, 2006,  978-88-8402-509-8 Legazioni. Commissarie. Scritti di governo (1505-1507), Jean-Jacques Marchand, Andrea Guidi, Matteo Melera-Morettini,  V/5,  VIII-596, 2009,  978-88-8402-642-2 Legazioni. Commissarie. Scritti di governo (1507-1510), Denis Fachard, Emanuele Cutinelli-Rèndina,  Legazioni. Commissarie. Scritti di governo (1510-1527), Jean-Jacques Marchand, Andrea Guidi, Matteo Melera-Morettini.  La famosa frase "Il fine giustifica il mezzo" (o "i mezzi"), usata spesso come esempio di machiavellismo, è del critico letterario Francesco de Sanctis, con riferimento ad interpretazioni fuorvianti del pensiero di Machiavelli espresso nel Principe. Il passo di De Sanctis, dal capitolo XV della sua Storia della letteratura italiana, dedicato a Machiavelli, recita: "Ci è un piccolo libro del Machiavelli, tradotto in tutte le lingue, il Principe, che ha gittato nell'ombra le altre sue opere. L'autore è stato giudicato da questo libro, e questo libro è stato giudicato non nel suo valore logico e scientifico, ma nel suo valore morale. E hanno trovato che questo libro è un codice di tirannia, fondato sulla turpe massima che il fine giustifica i mezzi, e il successo loda l'opera. E hanno chiamato machiavellismo questa dottrina. Molte difese sonosi fatte di questo libro ingegnosissime, attribuendosi all'autore questa o quella intenzione più o meno lodevole. Così n'è uscita una discussione limitata e un Machiavelli rimpiccinito".  Celebrazioni per il V centenario del Principe di Machiavelli, Accademia della Crusca, 29 novembre . 1º novembre  (archiviato il 1º novembre ).  Archivio dell'Opera di Santa Maria del Fiore, Libri dei battesimi: A dì 4 di detto maggio 1469 Niccolò Piero e Michele di m. Bernardo Machiavellidi Santa Trinita, nacque a dì 3 a hore 4, battezzato a dì 4  Dal Villani, nella sua Cronica  I Ricordi vanno dal 30 settembre 1474 al 19 agosto 1487  In Discorsi di Architettura del senatore Giovan Battista Nelli, 1753  La sua trascrizione del De rerum natura è nel manoscritto Vaticano Rossiano 884  L. Canfora, Noi e gli antichi, Milano  P. Giovio, Elogia clarorum virorum, 1546, 55v: «Constat [...] a Marcello Virgilio [...] graecae atque latinae linguae flores accepisse»  R. Ridolfi, cit.45  Lettera 11, ottobre 1499.  Riccardo Bruscagli, "Niccolò Machiavelli"(1975).  Il Senato romano fece distruggere Velletri e indebolì Anzio sottraendole la flotta: cfr. Livio, VIII, 13  "La sua vicinanza a Pier Soderini, vexillifer perpetuus dal 1502, si accentua progressivamente in uno sforzo di sottrarre Firenze a un immobilismo indotto dal timore di un potere esecutivo più forte e irrispettoso di una lunga tradizione di libertà repubblicano-oligarchica": Grazzini, Filippo, Ante res perdita, post res perditas : dalle dediche del Decennale primo a quella del Principe, Interpres : rivista di studi quattrocenteschi : XXXIII, 170, Roma : Salerno, .  Lettera dell'8 gennaio 1503  È un'ipotesi del Ridolfi, cit.115  Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio, I, 27: «Giovanpagolo, il quale non stimava essere incesto e publico parricida, non seppe, o, a dir meglio, non ardì, avendone giusta occasione, fare una impresa, dove ciascuno avesse ammirato l'animo suo, e avesse di sé lasciato memoria eterna, sendo il primo che avesse dimostro a' prelati quanto sia poco uno che vive e regna come loro; ed avessi fatto una cosa, la cui grandezza avesse superato ogni infamia, ogni pericolo, che da quella potesse dependere»  Nella sua Storia d'Italia, il Guicciardini esprime lo stesso giudizio di Machiavelli  Ritratto delle cose della Magna, in «Tutte le opere storiche, politiche e letterarie442»  Lettera ai Dieci, 1º dicembre 1509  Il carcere, la tortura e il ritiro all'Albergaccio, su viv-it.org. 16 novembre  (archiviato il 16 novembre ).  Ottenendo un giudizio evasivo: cfr. la lettera del Vettori del 18 gennaio 1514  Lettera a Francesco Vettori, 3 agosto 1514  David Quint, Armi e nobiltà : Machiavelli, Guicciardini e le aristocrazie cittadine, Cadmo, Studi italiani. Anno XXI, N. 1, GEN.-GIU. 2009.  De credulitate et pietate; et an sit melius amari quam timeri, vel e contra.  Il machiavellismo, su dizionariostoria.wordpress.com. 20 novembre  (archiviato il 1º dicembre ).  Machiavellismo, Treccani, su treccani.it. 20 novembre  (archiviato il 1º dicembre ).  Citata in Niccolò Machiavelli, Periodici Mondadori, 1968 p.128  A. Gentili, De legationibus, III, 2  R. Pole, Apologia ad Carolum V Caesarem de Unitate Ecclesiae  che talvolta elogiarono però anche alcuni consigli pragmatici dati al principe, come quello della religione come instrumentum regnii; ad esempio Voltaire, nel capitolo Se sia utile mantenere il popolo nella superstizione, del Trattato sulla tolleranza, afferma l'utilità, entro certi limiti, di una forma di religione razionale per il popolo  La fortuna di Machiavelli nei secoli, su windoweb.it. 16 novembre  (archiviato il 4 marzo ).  «Machiavelli era un uomo giusto e un buon cittadino; ma, essendo legato alla corte dei Medici, non poteva velare il proprio amore per la libertà nell'oppressione che imperava nel suo paese. La scelta di Cesare Borgia come proprio eroe, ben evidenziò il suo intento segreto; e la contraddizione insita negli insegnamenti del Principe e in quelli dei Discorsi e delle Istorie fiorentine ben dimostra quanto questo profondo pensatore politico è stata finora studiato solo dai lettori superficiali o corrotti. La Corte pontificia vietò severamente la diffusione di quest'opera. Ci credo ... in fondo, quanto scritto la ritrae fedelmente. (...) il libro dei repubblicani (...) fingendo di dare lezioni ai re, ne ha date di grandi ai popoli». (Jean Jacques Rousseau, Il contratto sociale, III, 6)  «Dal solo suo libro Del Principe si potrebbero qua e là ricavare alcune massime immorali e tiranniche, e queste dall'autore son messe in luce (a chi ben riflette) molto più per disvelare ai popoli le ambiziose ed avvedute crudeltà dei principi che non certamente per insegnare ai principi a praticarne... all'incontro, il Machiavelli nelle Storie, e nei Discorsi sopra Tito Livio, ad ogni sua parola e pensiero, respira libertà, giustizia, acume, verità, ed altezza d'animo somma, onde chiunque ben legge, e molto sente, e nell'autore s'immedesima, non può riuscire se non un fuocoso entusiasta di libertà, e un illuminatissimo amatore d'ogni politica virtù» (Del principe e delle lettere, II, 9)  «Con quel libro, se la sapessimo tutta, egli si pensò forse di pigliare, come si suol dire, due colombi ad una fava: presentando dall'un lato a' suoi Fiorentini come schietta e naturale una caricata e mostruosa immagine d'un sovrano assoluto, affinché si risolvessero a non averne mai alcuno; e cercando dall'altro di tirare insidiosamente i Medici a governarsi in guisa che s'avessero poi a snodolare il collo, seguendo i fraudolenti precetti da lui con molta adornezza sciorinati in quella sua dannata opera.»  G.M. Galanti, Elogio di N. Machiavelli cittadino e segretario fiorentino  Alessandro Arienzo, Gianfranco Borrelli, Anglo-American Faces of Machiavelli, 2009; pag. 364  Voce "Machiavellismo" dell'Encyclopedie  Franco Ferrucci, Il teatro della fortuna: potere e destino in Machiavelli e Shakespeare, Fazi Editore, 2004; pag. 108  Mario Pazzaglia, Note ai Sepolcri, in Antologia della letteratura italiana, vol I  cfr. l'inizio del Dialogo di Tristano e di un amico.  Introduzione a: Alfredo Oriani, Niccolò Machiavelli //repubblica.it/rubriche/la-parola//06/24/news/realpolitik-37893071/ Archiviato il 2 febbraio  in . Realpolitik  Video di Dario Fo che parla di Machiavelli (trasmissione tv Vieni via con me, su youtube.com. 9 dicembre  (archiviato il 2 dicembre ).  Il Principe di Niccolò Machiavelli e il suo tempo. 1513-, Catalogo della mostra, Roma Istituto dell'Enciclopedia Italiana, ,  470-95 La  su Machiavelli è sterminata. Tentativi di redigerla sono stati realizzati da Achille Norsa, Il principio della forza nel pensiero politico di Niccolò Machiavelli, seguito da un contributo bibliografico [1740‑1935], Milano 1936; Silvia Ruffo Fiore, Niccolò Machiavelli: an annotated bibliography of modern criticism and scholarship [1935‑88], New York‑Westport‑London 1990; Daria Perocco, Rassegna di studi sulle opere letterarie del Machiavelli (1969‑1986), in "Lettere italiane", XXXIX (1987),  544‑579; Emanuele Cutinelli‑Rendina, Rassegna di studi sulle opere politiche e storiche di Niccolò Machiavelli (1969‑1992), in "Lettere italiane", XLVI (1994),  123‑172. Nel  l'Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani ha pubblicato in 3 volumi l'opera Machiavelli: enciclopedia machiavelliana. Di seguito una selezione di studi dal 1970.  Monografie principali (dal 1970) Felix Gilbert, Machiavelli e la vita culturale del suo tempo, Bologna, Il mulino, 1972 Claude Lefort, Le travail de l'oeuvre Machiavel, Paris, Gallimard, 1972 Jean-Jacques Marchand, Niccolò Machiavelli. I primi scritti politici Nascita di un pensiero e di uno stile, Padova, Antenore, 1975 Riccardo Bruscagli, Niccolò Machiavelli, Firenze, La Nuova Italia editrice, 1ª edizione: aprile 1975 Roberto Ridolfi, Vita di Niccolò Machiavelli, Firenze, Sansoni, 1978 (ultima ed.) Federico Chabod, Scritti su Machiavelli, Torino, Einaudi, 1980 (ultima ed.) John Greville Agard Pocock, Il momento machiavelliano: il pensiero politico fiorentino e la tradizione repubblicana anglosassone, Bologna, Il mulino, 1980 Carlo Dionisotti, Machiavellerie, Torino, Einaudi, 1980 Gennaro Sasso, Niccolo Machiavelli,  1: Il pensiero politico;  2: La storiografia, Bologna, Il Mulino, 1993 (1ª ed. Napoli 1958) Giuliano Procacci, Machiavelli nella cultura europea dell'età moderna, Roma-Bari, Laterza, 1995 Gennaro Sasso, Machiavelli e gli antichi e altri saggi, I-IV, Milano-Napoli, Ricciardi, 1987-97 Maurizio Viroli, Il sorriso di Niccolò, storia di Machiavelli, Roma-Bari, Laterza, 1998 Emanuele Cutinelli-Rendina, Chiesa e religione in Machiavelli, Pisa, Istituti editoriali e poligrafici internazionali, 1998 Ugo Dotti, Machiavelli rivoluzionario: vita e opere, Roma, Carocci, 2003 Francesco Bausi, Machiavelli, Roma, Salerno editrice, 2005 Giorgio Inglese, Per Machiavelli. L'arte dello stato, la cognizione delle storie, Roma, Carocci, 2006 Corrado Vivanti, Niccolò Machiavelli: i tempi della politica, Roma, Donzelli, 2008 Andrea Guidi, Un segretario militante. Politica, diplomazia e armi nel Cancelliere Machiavelli, Bologna, il Mulino, 2009 Gabriele Pedullà, Machiavelli in tumulto. Conquista, cittadinanza e conflitto nei 'Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio', Roma, Bulzoni, . William J. Connell, Machiavelli nel Rinascimento italiano, Milano, FrancoAngeli,  Attilio Scuderi, Il libertino in fuga. Machiavelli e la genealogia di un modello culturale, Roma, Donzelli, . Michele Ciliberto, Niccolò Machiavelli. Ragione e pazzia, Roma-Bari, Laterza, . Altri contributi A. Montevecchi, Machiavelli, la vita, il pensiero, i testi esemplari, Milano 1972 E. Janni, Machiavelli, Milano 1989 S. Zen, Veritas ecclesiastica e Machiavelli, in Monarchia della verità. Modelli culturali e pedagogia della Controriforma, Napoli, Vivarium, 2002 (La Ricerca Umanistica, 4),  73–111. Cosimo Scarcella, Machiavelli, Tacito, Grozio: un nesso "ideale" tra libertinismo e previchismo, in "Filosofia", Torino, Mursia, a. XLI, fasc. II, 1990. M. Gattoni, Clemente VII e la geo-politica dello Stato Pontificio  in Collectanea Archivi Vaticani(49), Città del Vaticano 2002 F. Raimondi, Machiavelli, in La politica e gli stati, Roma 2004 Pasquale Stoppelli, La Mandragola: storia e filologia. Roma, Bulzoni, 2005. Maria Cristina Figorilli, Machiavelli moralista. Ricerche su fonti, lessico e fortuna. Napoli, Liguori editore, 2006. A. Capata, Il lessico dell'esclusione. Tipologie di Virtù in Machiavelli', Manziana, 2008. Giuliano F. Commito, IUXTA PROPRIA PRINCIPIALibertà e giustizia nell'assolutismo moderno. Tra realismo e utopia, Aracne, Roma, 2009,  978-88-548-2831-5. Mascia Ferri, L'opinione pubblica e il sovrano in Machiavelli, in «The Lab's Quarterly»,n.2 aprile-giugno, Pisa, 2008,  420–433. Paweł Fiktus, Interpretacje virtu Niccolo Machiavellego w nauce polskiej, (w:) Wrocławskie Studia Erazmiańskie (Studia Erasmiana Wratislaviensia) red. Mirosław Sadowski, Piotr Szymaniec Wrocław 2008 r. Konstanty Grzybowski, Komentarz Niccolo Machiavelli, Książę, Warszawa, 1970 r. Giuseppe Leone, Silone e Machiavelli: una scuola... che non crea prìncipi, Centro Studi Silone, Pescina, 2003 Jan Malarczyk, U źródeł włoskiego realizmu politycznego. Machiavelli i Guicciardini, Lublin 1963 r. Antonina Kłoskowska, Machiavelli jako humanista na tle włoskiego Odrodzenia, Łódź, 1954 r. Marina Marietti, "Machiavelli l'eccezione fiorentina", Fiesole, Cadmo, 2005 Marina Marietti, Machiavel, Paris, Payot et Rivages, 2005 Enzo Sciacca, Principati e repubbliche. Machiavelli, le forme politiche e il pensiero francese del Cinquecento, Tep, Firenze 2005 Frédérique Verrier, Caterina Sforza et Machiavel ou l'origine du monde, Vecchiarelli,Emanuele Cutinelli-Rendina, Introduzione a Machiavelli, Roma-Bari, Laterza,  (5ª ed.)  Lettera a Francesco Vettori Letteratura italiana Francesco Guicciardini Teoria della ragion di Stato Istorie fiorentine Barbara Salutati Machiavellismo Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Niccolò Machiavelli Collabora a Wikiquote Citazionio su Niccolò Machiavelli Collabora a Wikiversità Wikiversità contiene risorse su Niccolò Machiavelli Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Niccolò Machiavelli  Niccolò Machiavelli, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Niccolò Machiavelli, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Niccolò Machiavelli, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, .  Niccolò Machiavelli, su hls-dhs-dss.ch, Dizionario storico della Svizzera. 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Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Machiavelli," per il club anglo-italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

mctaggart: Irish philosopher, the leading British personal idealist. Aside from his childhood and two extended visits to New Zealand, McTaggart lived in Cambridge as a student and fellow of Trinity College. His influence on others at Trinity, including Russell and Moore, was at times great, but he had no permanent disciples. He began formulating and defending his views by critically examining Hegel. In Studies in the Hegelian Dialectic (1896) he argued that Hegel’s dialectic is valid but subjective, since the Absolute Idea Hegel used it to derive contains nothing corresponding to the dialectic. In Studies in Hegelian Cosmology (1901) he applied the dialectic to such topics as sin, punishment, God, and immortality. In his Commentary on Hegel’s Logic (1910) he concluded that the task of philosophy is to rethink the nature of reality using a method resembling Hegel’s dialectic. McTaggart attempted to do this in his major work, The Nature of Existence (two volumes, 1921 and 1927). In the first volume he tried to deduce the nature of reality from self-evident truths using only two empirical premises, that something exists and that it has parts. He argued that substances exist, that they are related to each other, that they have an infinite number of substances as parts, and that each substance has a sufficient description, one that applies only to it and not to any other substance. He then claimed that these conclusions are inconsistent unless the sufficient descriptions of substances entail the descriptions of their parts, a situation that requires substances to stand to their parts in the relation he called determining correspondence. In the second volume he applied these results to the empirical world, arguing that matter is unreal, since its parts cannot be determined by determining correspondence. In the most celebrated part of his philosophy, he argued that time is unreal by claiming that time presupposes a series of positions, each having the incompatible qualities of past, present, and future. He thought that attempts to remove the incompatibility generate a vicious infinite regress. From these and other considerations he concluded that selves are real, since their parts can be determined by determining correspondence, and that reality is a community of eternal, perceiving selves. He denied that there is an inclusive self or God in this community, but he affirmed that love between the selves unites the community producing a satisfaction beyond human understanding.

 

Madera: Romano Màdera (Varese), filosofo. È professore a Milano. Ha insegnato all'Università della Calabria e all'Università Ca' Foscari di Venezia.  È membro dell'Associazione italiana di psicologia analitica (AIPA), dell'International Association for Analytical Psychology (IAAP), del Laboratorio analitico delle immagini (LAI, associazione per lo studio del gioco della sabbia nella pratica analitica), e fa parte della redazione della Rivista di psicologia analitica.  Insieme al filosofo italiano Luigi Vero Tarca ha fondato, alla fine degli anni novanta del XX secolo, i Seminari aperti di pratiche filosofiche di Venezia e di Milano.  È tra i fondatori e i docenti di PhiloPratiche filosofiche a Milano.  Studioso del pensiero di Carl Gustav Jung, ha definito la sua proposta nel campo della ricerca e della cura del senso "analisi biografica a orientamento filosofico", formando nel 2007 la società degli analisti filosofi (SABOF).  Il pensiero Romano Màdera è il fondatore dell'analisi biografica a orientamento filosofico (ABOF), pratica filosofica volta a utilizzare e a trasformare il metodo psicoanalitico, nata agli inizi Professoree oggi praticata in diverse città italiane.  La pratica dell'analista filosofo si rivolge alle dimensioni “sane” ed è volta alla ricerca di senso dell'esistenza dell'analizzante: orientamento filosofico è inteso come ricerca di senso che, a differenza della filosofia come modo di vivere dell’antichità, parte dalla biografia storicamente, culturalmente e socialmente incarnata. Questo è un tentativo di risposta alla crisi, a partire dal XX secolo, delle istituzioni tradizionalmente riconosciute come orientanti l’esistenza; l'analista filosofo si propone di riformulare su base biografica i processi educativi e formativi integrandoli con le psicologie del profondo.  L’aver cura “terapeutica” dell’insieme della personalità e della vita dei gruppi è stato da sempre vocazione della filosofia, riproposta come contenitore di diversi approcci e discipline delle scienze umane, dalla psicoanalisi alla pedagogia. Il senso è inteso come il fattore terapeutico fondamentale.  L'ABOF non si occupa della cura delle psicopatologie, a meno che l'analista filosofo non sia anche uno psicoterapeuta, psicologo o psichiatra.  Essendo l'ABOF una pratica filosofica, sono richiesti all'analista non solo la competenza professionale ma anche l'indirizzo vocazionale della sua vita alla filosofia, dedicandosi agli esercizi filosofici personali e comunitari.  L'ambito di esperienze e teorie da cui deriva riunisce l'eredità delle psicologie del profondo, la filosofia intesa nel suo valore terapeutico e come stile di vita, la pedagogia del corpo e le pratiche di meditazione, la psicologia sistemica, il metodo autobiografico e biografico, la narrazione delle storie di vita in una prospettiva sociologica.  Opere Identità e feticismo, Moizzi, Milano 1977 Dio il Mondo, Coliseum, Milano 1989 L'alchimia ribelle, Palomar, Bari 1997 C.G. Jung. Biografia e teoria, Bruno Mondadori, Milano 1998 L'animale visionario, Il Saggiatore, Milano 1999 “Mia philosophikê askêsê”, in ê sunantêsê, n. 16, 2005 “Ti einai ê philosophika prosanatolismenê biographikê analusê?”, in ê sunantêsê, n. 18, 2005 La filosofia come stile di vita (con L.V.Tarca), Bruno Mondadori, Milano, 2003, tr. inglese Philosophy as Life Path, Ipoc, Milano 2007 Il nudo piacere di vivere, Arnoldo Mondadori, Milano 2006 "Che cosa è l'analisi biografica a orientamento filosofico", in Pratiche filosofiche e cura di sé, Bruno Mondadori, Milano 2006 “C.G. Jung come precursore di una filosofia per l'anima”, in , Il senso di psiche. Una filosofia per l'anima, Rivista di psicologia analitica, novembre 2007, 76/2007, n. s. n. 24 “C.G. Jung: Forerunner of a Philosophy for the Soul”, in European Journal of Psychoanalysis, II, 24, 2009 La carta del senso. Psicologia del profondo e vita filosofica, Raffaello Cortina Editore, Milano, , tr. inglese Approaching the Navel of the Darkened Soul. Depht Psychology and Philosophical Practices, Ipoc,  Una filosofia per l'anima. All'incrocio di psicologia analitica e pratiche filosofiche (Chiara Mirabelli), Ipoc, Milano  “Empirisme ou une philosophie pour l’ame?”, in Recherches Germaniques, Université de Strasbourg, Hors série n. 9,  “The Missing Link: from Jung to Hadot and Vice Versa”, in Eranos. Its Magical Past and Alluring Future: the Spirit of a Wondrous Place, Spring, n. 92,  Carl Gustav Jung. L'opera al rosso, Feltrinelli, Milano  “The Quest for Meaning after God’s Death in an Era of Chaos”, in , Jung’s Red Book for our Time: Searching for Soul under Postmodern Conditions,  2, Chiron Publications, Asheville, NC  Sconfitta e utopia. Identità e feticismo attraverso Marx e Nietzsche, Mimesis, Milano  “Che tipo di sapere potrebbe essere quello della psicoanalisi?”, in Psiche. Rivista di cultura psicoanalitica, n. 2,  Màdera R., “Dalla pseudospeciazione al capro espiatorio", in , Tabula rasa. Neuroscienze e culture, Fondazione Intercultura ,  15,  Màdera R., "The psychic counterpoise to violence towards the human other", in R.R. Papadopoulos (ed. by), Moral Injury and Beyond. Understanding Human Anguish and Heling Traumatic Wounds, Abingdon UK, New York NY: Routledge,   , Pratiche filosofiche e cura di sé, Bruno Mondadori, Milano 2006 , Le pratiche filosofiche nella formazione, Adultità, aprile 2008, Guerini e Associati, Milano Bartolini P., Mirabelli C. , L’analisi filosofica. Avventure del senso e ricerca mito-biografica, Mimesis, Milano-Udine  Campanello L., "L'analisi biografica a orientamento filosofico (ABOF) e le cure palliative”, in Tessere reti per una buona morte, Rivista Italiana di Cure Palliative, ottobre  Campanello L., Sono vivo ed è solo l'inizio, Mursia, Milano  Daddi A. I., Filosofia del profondo, formazione continua, cura di sé. Apologia di una psicoanalisi misconosciuta, Ipoc, Milano,  Daddi A. I., “Principio Misericordia, perfezionismo morale e nuova etica. La proposta màderiana per l'Occidente del terzo millennio”, in I. Pozzoni , Rassegna storiografica decennale, Limina Mentis, Monza,  Diana M., Contaminazioni necessarie. La cura dell'anima tra religioni, psicoterapia, counselling filosofici, Moretti&Vitali, Bergamo 2008 Galimberti U., Nuovo dizionario di psicologia. Psichiatria, psicoanalisi, neuroscienze, voce “Biografico, Metodo”, Feltrinelli, Milano  Gamelli I., Mirabelli C., Non solo a parole. Corpo e narrazione nella formazione e nella cura, Raffaello Cortina, Milano  Janigro N. , La vocazione della psiche, Einaudi, Torino  Janigro N., Psicoanalisi. Un’eredità al futuro, Mimesis, Milano  Malinconico A. , "Dialettica di redazione (ancora in tema di analisi biografica a orientamento filosofico)", in , Il senso di psiche. Una filosofia per l'anima, Rivista di psicologia analitica, novembre 2007, 76/2007, n. s. n. 24 Malinconico A., Psicologia Analitica e mito dell’immagine. Dialogando con Paolo Aite, Biblioteca di Vivarium, Milano  Montanari M., “Hadot e Foucault. Per una filosofia del profondo”, in , Il senso di psiche. Una filosofia per l'anima, Rivista di psicologia analitica, novembre 2007, 76/2007, n. s. n. 24 Montanari M., La filosofia come cura, Mursia, Milano  Montanari M., Vivere la filosofia, Mursia, Milano  Moreni L. , “Intervista a tre analisti filosofi”, in , Il senso di psiche. Una filosofia per l'anima, Rivista di psicologia analitica, Ways to go beyond the nihilistic alienation  Sull’analisi biografica a orientamento filosofico  Analisi biografica e cura di sé  Una nuova formazione alla cura  Psiche e città. La nuova politica nelle parole di analisti e filosofi  Quattordici punti sull’analisi biografica a orientamento filosofico  Dalla pseudospeciazione al capro espiatorio  Romano Màdera et l’analyse biographique à orientation philosophique.

 

Maffetone: Sebastiano Maffettone (Napoli), filosofo. Laureatosi in giurisprudenza all'Università degli studi di Napoli Federico II nel 1971, dal 1975 al 1976 è stato borsista presso l'Oxford e dal 1977 al 1980 ha studiato per conseguire un master presso l'Londra.  Campi di interesse Ha contribuito al dibattito scientifico internazionale sui temi della bioetica e dell'etica dell'economia e della politica. In particolare ha avuto il merito di introdurre in Italia il pensiero di John Rawls, tentando di ricostruire i principi del liberalismo applicandoli al contesto della globalizzazione economica.  Incarichi Ha insegnato in diverse università italiane e internazionali, come Harvard, Columbia, Tufts University, Boston College, University of Pennsylvania, Nuova Delhi, London School of Economics, Sciences-Po (Paris). È direttore del dipartimento di scienze politiche della LUISS Guido Carli, dove insegna filosofia politica.  Dal  è consigliere delegato alla cultura del governatore della Regione Campania Vincenzo De Luca e presidente della Fondazione Ravello.  Opere:  I fondamenti del liberalismo, Laterza, Etica Pubblica, Il Saggiatore, La pensabilità del mondo Il Saggiatore, Rawls: un'introduzione, Laterza, . Rawls, Polity Press, . Un mondo migliore. Giustizia globale tra Leviatano e Cosmopoli, Luiss University Press, . Karl Marx nel XXI secolo, Luiss University Press, . Note  Pagina web di Sebastiano Maffettone  Biografia di Sebastiano Maffettone  Cv del docente Archiviato l'11 novembre  in . Opere di Sebastiano Maffettone, .  Registrazioni di Sebastiano Maffettone, su RadioRadicale.it, Radio Radicale.  Sebastiano MaffettonePubblicazioni, LUISS Guido Carli, . 6 gennaio  (archiviato dall'url originale l'11 novembre ). Sebastiano Maffettone. Rassegna di articoli SWIF Sito web Italiano per la Filosofia. Università degli Studi di Bari.

 

Magalotti – Medaglione nel Museo della Specola, Firenze. Il conte Lorenzo Magalotti (Roma), filosofo. Appartenente ad una famiglia dell'aristocrazia fiorentina, nacque a Roma, dove il padre Orazio era prefetto dei corrieri pontifici, pochi mesi dopo la morte dell'omonimo zio cardinal. La madre si chiamava Francesca Venturi. Studiò nel Collegio Romano, un seminario dei Gesuiti, e successivamente nell'Pisa, dove fu allievo di Viviani e di Malpighi.  Segretario del cardinale Leopoldo de' Medici, fu nominato segretario dell'Accademia del Cimento (fondata dal cardinale). Fece parte anche dell'Accademia della Crusca e dell'Accademia dell'Arcadia col nome di Lindoro Elateo. Dall'esperienza al Cimento nacquero i Saggi di naturali esperienze, ossia le relazioni dell'attività dell'Accademia del Cimento. Passò al servizio di Cosimo III de' Medici, granduca di Toscana, iniziando così un'attività diplomatica che lo portò a una lunga serie di viaggi per tutta l'Europa (raccolse in diverse opere le sue vivaci e brillanti relazioni di viaggio). Ottenne il titolo di conte e la nomina ad ambasciatore residente a Vienna, sede dalla quale venne improvvisamente rimosso per ragioni rimaste  ignote e legate verosimilmente a dissensi di natura politica col granduca. Si ritirò allora a vita privata nei suoi possedimenti e successivamente chiese di entrare a far parte della Confederazione dell'Oratorio di San Filippo Neri; ma si pentì anche di questa decisione, e si ritirò definitivamente nella sua villa di Lonchio. Si dedicò alla filosofia. La sua produzione poetica petrarcheggiante non è ritenuta all'altezza delle sue relazioni scientifiche, tranne forse delle canzonette anacreontiche derivanti da traduzioni dalla lingua greca di testi dello stesso Anacreonte. Tradusse inoltre il Paradiso perduto del Milton e un poemetto georgico di John Philips (The Cyder). Un apporto positivo hanno invece recato i documenti della sua amicizia con Charles de Saint-Évremond. Pubblicò anche vari scritti di divulgazione scientifica, da cui traspare la sua particolare attenzione per la filosofia naturale di Galileo.  Opere:  Frontespizio di Lettere scientifiche ed erudite di Lorenzo Magalotti (Firenze) Canzonette anacreontiche di Lindoro Elateo, pastore arcade, Delle lettere familiari del conte Lorenzo Magalotti e di altri insigni uomini a lui scritte, Firenze,  Diario di Francia, M.L. Doglio, Palermo, Sellerio. La donna immaginaria, canzoniere del conte Lorenzo Magalotti con altre di lui leggiadrissime composizioni inedite, raccolte e pubblicate da Gaetano Cambiagi al nobilissimo signore Vincenzo Maria Alamanni patrizio fiorentino marchese di Trentola, e Barone di Lodano ecc., Lucca. Lettere del conte Lorenzo Magalotti gentiluomo fiorentino dedicate all'Ecc.mo e Clar.mo Sig. Senatore Carlo Ginori Cav. dell'Ordine di S. Stefano, Segretario delle Riformagioni e delle Tratte, Lucca. Lettere contro l'ateismo, Venezia. Lettere odorose, E. Falqui, Milano. Lettere scientifiche. Lettere erudite del conte Lorenzo Magalotti gentiluomo trattenuto, e del Consiglio di Stato dell'Altezza Reale del Serenissimo Granduca di Toscana, Firenze 1727. Opere dei discepoli di Galileo Galilei, ed. naz. G. Abetti e P. Pagnini,  I, dedicato all'Accademia del Cimento, Firenze. Saggi di naturali esperienze fatte nell'Accademia del cimento sotto la protezione del Serenissimo Principe Leopoldo di Toscana e descritte dal Segretario di essa Accademia, Milano. Scritti di corte e di mondo, Enrico Falqui, Roma. Varie operette del conte Lorenzo Magalotti con giunta di otto lettere su le terre odorose d'Europa e d'America dette volgarmente buccheri ora pubblicate per la prima volta, Roma. Cesare Preti e Luigi Matt, Lorenzo Magalotti, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Saggi di naturali esperienze fatte nell'Accademia del Cimento sotto la protezione del serenissimo principe Leopoldo di Toscana e descritte dal segretario di essa Accademia, In Firenze: per Giuseppe Cocchini all'Insegna della Stella, 1666  La donna immaginaria canzoniere del celebre conte Lorenzo Magalotti ora per la prima volta dato alla luce e dedicato alle nobilissime dame italiane, in Firenze: appresso Andrea Bonducci, 1762  Canzonette anacreontiche di Lindoro Elateo pastore arcade, in Firenze : per Gio. Gaetano Tartini, e Santi Franchi, 1723  Il sidro poema in due canti di Giovanni Filips tradotto dall'inglese in toscano dal celebre conte Lorenzo Magalotti ora per la prima volta stampato con altre traduzioni, e componimenti di vari autori, in Firenze: appresso Andrea Bonducci, 1749  Charles de Marguetel de Saint-Denis de Saint-Évremond, Opere slegate : precedute da un carteggio tra Magalotti e Saint-Évremond, tradotte in toscano da Lorenzo Magalotti, edizione critica Luigi De Nardis, Roma: Edizioni dell'Ateneo, 1964  Questo testo proviene in parte dalla relativa voce del progetto Mille anni di scienza in Italia, opera del Museo Galileo. Istituto Museo di Storia della Scienza di Firenze (home page), pubblicata sotto licenza Creative Commons CC-BY-3.0 Elogio storico del conte Lorenzo Magalotti nell'edizione de La donna immaginaria canzoniere del conte Lorenzo Magalotti con altre di lui leggiadrissime composizioni inedite, raccolte e pubblicate da Gaetano Cambiagi, In Lucca: nella stamperia di Gio. Riccomini,  XIII-XLV, 1762 . Felice Del Beccaro, Magalotti, Lorenzo (1637-1712), in Vittore Branca , Dizionario critico della letteratura italiana, Torino, UTET,  Lorenzo Magalotti, Relazioni di viaggio in Inghilterra, Francia e Svezia, Bari, G. Laterza, 1968. 24 febbraio . Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Lorenzo Magalotti Collabora a Wikiquote Citazionio su Lorenzo Magalotti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Lorenzo Magalotti  Lorenzo Magalotti, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Federico Millosevich, Lorenzo Magalotti, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Cesare Preti e Luigi Matt, Lorenzo Magalotti, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Lorenzo Magalotti, su accademicidellacrusca.org, Accademia della Crusca.  Opere di Lorenzo Magalotti, su Liber Liber.  Opere di Lorenzo Magalotti, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Lorenzo Magalotti, .  Testi on-line Relazioni di viaggio in Inghilterra, Francia e Svezia  Lettere scientifiche ed erudite  Comento sui primi cinque canti dell'Inferno di Dante, e quattro lettere del conte Lorenzo Magalotti  Canzonette anacreontiche di Lindoro Elateo pastore arcade  Lettere scientifiche ed erudite  La donna immaginaria  Novelle  (il volume contiene anche opere di altri autori) Gli amori innocenti di Sigismondo conte d'Arco con la Principessa Claudia Felice d'Inspruch.

 

Maggi: Vincenzo Maggi (Pompiano), filosofo. La famiglia aveva possedimenti e anche un negozio di farmacia. Il padre Francesco, uomo di lettere, fu il suo primo maestro.  Studiò filosofia a Padova con Bagolino e frequentò attivamente gli ambienti culturali della città. Si laureò  e divenne professore supplente di filosofia nello Studio di Padova, con uno stipendio iniziale di 47 fiorini. Alla morte di Marcantonio Passeri ottenne la cattedra di filosofia e rimase ad insegnare a Padova.  Membro dell'«Accademia degli Infiammati», strinse amicizia con Daniele Barbaro, Bartolomeo Lombardi, Alessandro Piccolomini, Sperone Speroni, Bernardino Tomitano, Benedetto Varchi, entrò quindi a far parte del circolo di Pietro Bembo, frequentando insigni estimatori di Erasmo da Rotterdam, come Aonio Paleario, Benedetto Lampridio e Emilio degli Emigli. Conobbe il cardinale Reginald Pole, il vescovo Pier Paolo Vergerio, Marcantonio Flaminio e Alvise Priuli. Fu in Germania dove incontrò Erasmo da Rotterdam.  Il dibattito sulla questione della lingua e sui temi estetici legati soprattutto all'interpretazione della Poetica aristotelica condusse alla preparazione di un commento allo scritto di Aristotele che, iniziato da Lombardi. per la prematura morte di questi fu proseguito, concluso e fatto pubblicare da Maggi, con altra sua opera dedicata ad Orazio, a Venezia: le In Aristotelis librum de Poetica communes explanationes: Madii vero in eundem librum propriae annotationes, dedicato al cardinale Cristoforo Madruzzo. Maggi lasciò Padova per entrare al servizio del duca Ercole II d'Este come precettore del figlio Alfonso e, insieme, per insegnare filosofia nell'Ferrara. Si conservano appunti delle sue lezioni sulla Poetica. Anche della vita culturale della città estense Maggi fu protagonista, divenendo  principe dell'«Accademia dei Filareti», che vantava membri come Ercole Bentivoglio, Alfonso Calcagnini, Lilio Gregorio Giraldi e Giovan Battista Giraldi Cinzio, oltre a essere amico degli umanisti Giovan Battista Pigna, Francesco Porto e Bartolomeo Ricci, che gli diede pubblicamente merito di essere stato «il primo interprete della Poetica di Aristotele».  Del 1545 è l'orazione Mulierum praeconium o De mulierum praestantia, dedicata ad Anna d'Este, la figlia di Ercole e di Renata di Francia, che nello stesso anno fu tradotta in volgarenon dal Maggicon il titolo Un brieve trattato dell'eccellentia delle donne. L'edizione di questo scritto comprende anche una anonima Essortatione a gli huomini perché non si lascino superar dalle donne, attribuita a Ortensio Lando, che si pone come corollario dell'orazione del Maggi.  Alla chiusura temporanea dell'Università, il Maggi ritornò a Brescia per motivi familiari e culturali, partecipando alle riunioni dell'Accademia di Rezzato, fondata da Giacomo Chizzola. Abitò nella quadra della cittadella vecchia, in contrada Santo Spirito: dalla polizza d'estimo, presentata al comune di Brescia, sappiamo che era sposato con Francesca, figlia del nobile Paris Rosa, dalla quale ebbe cinque figli.  A Brescia sedeva nel Consiglio Generale e fu incluso nell'elenco dei consiglieri comunali della città destilla reggenza delle podestarie maggiori del territorio. Fu destinato alla Podestaria di Orzinuovi, ma vi rinunciò, come rinunciò anche alla podestaria di Salò, e partecipò alle sedute del Consiglio Generale. Opere: Un brieve trattato dell'eccellentia delle donne, Brescia, Turlini 1545. In Aristotelis librum de Poetica communes explanationes: Madii vero in eundem librum propriae annotationes, Venetiis, Valgrisi, 1550 (con Bartolomeo Lombardi). De ridiculis, in Horatii librum de arte poetica interpretatio, Venetiis, Valgrisi, 1550. Lectiones philosophicae, Firenze, Biblioteca Riccardiana, ms.  Expositio in libros de Coelo et Mundo, Milano, Biblioteca Ambrosiana, ms D. 494. Expositio de Coelo, de Anima, Milano, Biblioteca Ambrosiana, mss G. 69, R. 114. Quaestio de visione, Milano, Biblioteca Ambrosiana, ms P. 71. Espositio super primo Coelo, Piacenza, Biblioteca Passerini-Landi, ms Pollastrelli 98. Mulierum praeconium, Modena, Biblioteca Estense, ms Estensis latinus 174. Oratio de cognitionis praestantia, Ferrariae, apud Franciscum Rubeum de Valentia 1557. Consilia philosophica Vincentii Madii et Jo. Bap. Pignae in favorem serenissimi Ferrariae ducis in ea praecedentia, Archivio di Stato, Casa e Stato,  Modena. Note  In Alessandro Sardi, Estensis latinus 88, Modena, Biblioteca Estense.  Giulio Bertoni, Nota su Vincenzo Maggi, in «Giornale storico della letteratura italiana», Conor Fahy, Un trattato di Vincenzo Maggi sulle donne e un'opera sconosciuta di Ortensio Lando, in «Giornale storico della letteratura italiana»,Francesco Bruni, Sperone Speroni e l'Accademia degli Infiammati, in «Filologia e letteratura», XIII, 1968,  24–71. Bernard Weinberg , Trattati di retorica e poetica, III, Roma-Bari, Laterza, 1974. Anthony J. E. Harmsen, La théorie du ridicule chez Madius et le classicisme néerlandais, in «Acta Conventus neolatini Bononiensis», Binghamton, NY, 1985,  491–499. Enrico Bisanti, Vincenzo Maggi, interprete tridentino della Poetica di Aristotele, Brescia, Geroldi, 1991. Giorgio Tortelli, Quattro Maggi in cerca d'autore, in «Quaderni del Lombardo-Veneto», Padova 1999, n. 48,  18–22. Vincenzo Maggi, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Vincenzo Maggi, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Vincenzo Maggi, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Vincenzo Maggi, su Liber Liber.  Opere di Vincenzo Maggi, su openMLOL, Horizons Unlimited srl.

 

Magi: Gianluca Magi (Pesaro), filosofo. Ha insegnato Storia delle religioni in Cina e Storia della filosofia all'Urbino. È docente di Storia e filosofia della religione indiana alla Facoltà di Sociologia nello stesso ateneo. Si è dedicato alla cultura orientale, e in particolare all'induismo, buddhismo, sufismo, taoismo, tantrismo studiandone, in particolare, gli aspetti psicologici (psicologia transpersonale). È uno degli autori italiani che ha maggiormente contribuito alla elaborazione teorico-pratica e alla diffusione della psicologia transpersonale.  Nel 1996 ha fondato, in convenzione con l'Urbino, la Scuola Superiore di Filosofia Orientale e Comparativa di Rimini, centro di ricerca composto da docenti universitari che si occupano di mediare il pensiero orientale e occidentale in campo filosofico e psicologico. Dal 2005 ne è stato il direttore scientifico e dal  è stato affiancato nella direzione da Franco Battiato.  Nel  lascia la direzione scientifica e le docenze con un asciutto comunicato per fondare a Pesaro Incognita ◦ Advanced Creativity, centro transdisciplinareche amplia gli orizzonti dell'esperienza precedente e concepito come il successore dei Circoli letterari parigini del XVII secolo, del Cabaret Voltaire dadaista di Zurigo e del programma televisivo Bitte, keine Réclame dello stesso Franco Battiatoche dirige sempre con il musicista catanese. La sede di "Incognita" ospita la "AC Mind School", co-diretta dalla studiosa di estetica e orientalista Grazia Marchianò, moglie di Elémire Zolla, Scuola che si propone di fondere l' Immaginazione in una lega con le nuove e accreditate ricerche scientifiche, in chiave cognitiva per il XXI secolo; tesoreggiando ‘l’intelligenza del cuore’ e ciò che si è inteso per ‘principio dell’interiorità’ in Oriente, Occidente e in ciò che sopravvive dei mondi indigeni .  In seguito all'incontro con Franco Battiato, avvenuto nel 2003 a Rimini, in occasione della mostra pittorica "Misticismo d'Oriente e d'Occidente", ha instaurato una collaborazione con il musicista, che scrisse la presentazione de I 36 stratagemmi (Edizioni Il Punto d'Incontro; dal , BestBUR), libro che ottiene un grande successo di pubblico (39 ristampe e tradotto in 32 Paesi) e ampia risonanza mediatica. Nel 2005 partecipa al programma televisivo Bitte, keine Réclame, condotto da Battiato per la Rai, occupandosi di strategia taoista.  Molto rare sono le apparizioni televisive di Magi, che è intervenuto sporadicamente all'interno del canale Sky TG 24.  Il suo libro, Il Gioco dell'Eroe. Le porte della percezione per essere straordinario in un mondo ordinario, con la presentazione di Franco Battiato, uscito nel maggio del , vede un clamoroso successo.  Il suo nuovo libro, I 64 Enigmi. L'antica sapienza cinese per vincere nel mondo contemporaneo, edito da Sperling & Kupfer uscito il 14 aprile , è segnalato da Wuz.it al primo posto dei libri più attesi del . Il giorno stesso della sua uscita balza ai primi posti della classifica dei libri più venduti.  Nel marzo  esce Lo stato intermedio, scritto in coppia con Franco Battiato. Nel libro Magi e Battiato conversano sull'argomento rimosso dei nostri tempi: la morte. La conversazione abbraccia l'orizzonte ampio degli ambiti cari agli autori: filosofia occidentale, filosofia indiana, filosofia cinese, buddhismo, sufismo, mistica, psicologia transpersonale, sciamanesimo, esperienze ai confini della morte.  Il 5 settembre , esce un aggiornamento ampliato del Gioco dell'Eroe con un nuovo sottotitolo La porta dell'Immaginazione e nuova traccia audio dal titolo "Follow the White Rabbit" creata e prodotta da Cristoforo Magi, figlio dell'autore; è segnalato da Wuz.it al primo posto dei libri più attesi del  e ottiene i primi posti della classifica dei libri più venduti . La presentazione dell'opera è sempre a firma di Franco Battiato.  È un vegetariano dichiarato..  Pensiero Si è focalizzato sui modelli di pensiero asiatici per approfondirne, oltre la portata metafisica e autorealizzativa, i concetti di efficacia ed efficienza: nel libro I 36 stratagemmi declina il taoismo nei suoi aspetti di strategia psicologica; nel saggio "Le arti marziali della parola" all'interno della sua curatela del libro di Liang Shiqiu, La nobile arte dell'insulto (Einaudi) evidenzia come l'arte del combattimento diventi arte retorica e dialettica; nei libri Il dito e la luna, La via dell'umorismo e Il tesoro nascosto mostra il rilievo psicopedagogico della comunicazione metaforica e umoristica delle narrazioni buddhiste e sufi. Ha inoltre elaborato e sviluppato la dimensione della psicologia transpersonale all'interno del Gioco dell'Eroe , disciplina da lui creata e imperniata sulla capacità umana dell'immaginazione.  Opere Il dharma del sacrificio del mondo, Panozzo, 1997; La filosofia del linguaggio eterno, Urbino, 1997; Quaderno indiano, Scuola superiore di filosofia orientale e comparativa di Rimini, 2002; Il dito e la luna, Il Punto d'Incontro, 2002 [introduzione di Gabriele Mandel (edizione tedesca: Der verborgene Schatz, Random House Kailash Verlag, 2009); I 36 stratagemmi, Il Punto d'Incontro, 2003 (dal , BestBur; edizione tedesca: 36 Strategeme. Die chinesische Kunst der Strategie, Random House Kailash Verlag, 2009; edizione spagnola: Las 36 estratagemas. El arte secreto de la estrategia china, Obelisco Ediciones, 2009; edizione portoghese: "Os 36 Estratagemas Chineses", Esfera dos Livros, ); Sanjiao. I tre pilastri della sapienza, Il Punto d'Incontro, 2006; Liang Shiqiu, La nobile arte dell'insulto, Einaudi, 2006 [e con il saggio introduttivo di Gianluca Magi "Le arti marziali della parola" e l'introduzione di Michele Serra,  89]; Uscite dal sogno della veglia. Viaggio attraverso le filosofie indiane della Liberazione, Scuola superiore di filosofia orientale e comparativa di Rimini, 2008; La Via dell'umorismo, Il Punto d'Incontro, 2008 (edizione tedesca:Lieber ein intelligenter Feind als ein dummer Freund, Random House Arkana Verlag, 2009); La vita è uno stato mentale. Ovvero La conta dei frutti delle azioni nel mondo evanescente secondo l'insegnamento di Phalu il Kashmiro, Bompiani, 2009. Kauṭilya, Il Codice del Potere (Arthaśāstra). Arte della guerra e della strategia indiana, Edizioni Il Punto d'Incontro,  [traduzione dal sanscrito, commento e introduzione "Lo yoga segreto del perfetto sovrano" di Gianluca Magi]  978-88-8093-707-4. Il Gioco dell'Eroe, Il Punto d'Incontro, . Libro/CD con prefazione di Franco Battiato; I 64 Enigmi, Sperling & Kupfer, . Lo stato intermedio, scritto con Franco Battiato, Arte di Essere, . Il tesoro nascosto. 100 lezioni sufi, Sperling & Kupfer, . Il Gioco dell'Eroe. La porta dell'Immaginazione, Il Punto d'Incontro, . Nuova edizione ampliata con nuova traccia audio. Prefazione di Franco Battiato. 101 burle spirituali, Sperling & Kupfer, . Prefazione di Alejandro Jodorowsky. Contributi a opere enciclopediche Per la seconda edizione, in dodici volumi, dell’Enciclopedia filosofica, promossa dal Centro Studi Filosofici di Gallarate ed edita da Bompiani nel 2006 (poi dal Corriere della Sera nel ), ha scritto le voci di filosofia indiana: Ahimsa; Ājīvika; Āraṇyaka; Brahman; Brāhmaṇa; Buddhismo; Cārvāka; Darśana; Dharma; Hindūismo; India; Jainismo; Karman; Māyā; Mīmāmsā; Mokṣa; Nāgārjuna; Nirvāṇa; Nyāya; Oṃ o aum; Sāṃkhya; Śaṅkara; Śivaismo; Upaniṣad; Vaiśeṣika; Veda; Vedānta; Viṣṇuismo; Yoga. Filosofia indiana in: Virgilio Melchiorre , Filosofie nel mondo, Bompiani, Milano  Al cinema Ha recitato un cameo, nel ruolo di se stesso, nel film Niente è come sembra, 2006 di Franco Battiato, a fianco del regista e scrittore cileno Alejandro Jodorowsky. Jodorowsky ha scritto in seguito la presentazione del libro di Magi La Via dell'umorismo.  Premi e riconoscimenti Premio internazionale Letteratura “ArteSpirito”. Note  Blog di Gianluca Magi 3 marzo . «Nel 1996 fondai a Rimini la “Scuola Superiore di Filosofia Orientale e Comparativa”. Oggi mi congedo dalla Direzione scientifica e dalla docenza dei miei vari Corsi. Le cose belle hanno un inizio e una fine. Ai tanti Allievi di questi ventidue anni, un grato saluto. Non mi ritirerò nel mondo delle idee, che per un platonico può anche apparire una promozione. I tempi sono maturi per l’upgrade: “Incognita” a Pesaro. Per spaziare in temi altissimi con una narrazione transdisciplinare. Attraverso immaginazione, religioni, filosofie, arti e scienze. Sempre in compagnia di Franco Battiato».  Incognita. Advanced Creativity  Il Secolo XIX 18 settembre  (Roberto Onofrio) " 'Incognita' di Pesaro. Diario di viaggio nell'Oltre, un'immersione interiore al di là dello spazio-tempo"31  Il Secolo XIX 26 giugno  (Roberto Onofrio) "Advanced Creativity Mind School. Per capire l'entrata nell'epoca del post-umano"41  Per il titolo del suo album Dieci stratagemmi, Franco Battiato si è ispirato a I 36 stratagemmi di Gianluca Magi. Il sottotitolo dell'album "Attraversare il mare per ingannare il cielo" è il primo stratagemma dei trentasei che compongono che il libro.  ibs.it  Stralcio della quinta puntata (youtube)  Modelli strategici cinesi ed occidentali (youtube)  Corriere della Sera 5 agosto  (Edoardo Camurri)  wuz.it  Panorama.it (Anna Mazzone)  wuz.it  Panorama.it (Oriana Allegri)  Il Secolo XIX 20 dicembre  (Roberto Onofrio) "Aprite le porte all'Immaginazione, c'è un mondo oltre la quotidianità"42  Gianluca Magi, I 64 Enigmi, Sperling & Kupfer, Milano 61: «Diversi anni fa, in un’intervista, mi chiesero perché sono vegetariano. La mia risposta fu molto sintetica (e la penso ancora così): Non mangio animali. Non riesco a digerire l'agonia».  La Repubblica 3 maggio 2006 (Michele Serra); Il Riformista 6 aprile 2006 (Luca Mastrantonio); Il Venerdì di Repubblica 26 maggio 2006 (Brunella Schisa)  Il Gioco dell'Eroe, Il Punto d'Incontro, . Libro/CD con prefazione di Franco Battiato  Il Gioco dell'EroeGianluca Magi  Scena del film ove compaiono Gianluca Magi e Alejandro Jodorowsky (youtube)  La Via dell'umorismo, Il Punto d'Incontro, Vicenza 20089  La Stampa 27 giugno  (Il Premio è stato conferito dalle autorità della Repubblica di San Marino con la motivazione: «Lo scrittore che ha costruitoattraverso la sua produzione e l'attività della Scuola Superiore di Filosofia Orientale e Comparativa di Riminiponti di comunicazione tra le antiche saggezze d'Oriente e d'Occidente, attualizzandone, in teoria e in pratica, il loro messaggio filosofico, psicologico e spirituale per l'uomo contemporaneo»). Gli altri premi sono stati conferiti a: Franco Battiato (Musica), Alejandro Jodorowsky (Teatro), Franco Mussida (Arti visive), Silvano Agosti (Cinema), Massimo Gramellini (Giornalismo), Gabriele La Porta (Televisione).  Induismo Buddhismo Sufismo Taoismo Alchimia Tantrismo Psicologia transpersonale Storia della filosofia occidentale. Sito ufficiale di Gianluca Magi (in cinque lingue) Incognita ◦ Advanced Creativity "Psicologia transpersonale. Che cos'è?" Video Lectio brevis di Gianluca Magi. Riflessioni di Gianluca Magi sul Senso della vita su riflessioni.it

 

Magnani: essential Italian philosopher, not to be confussed with Tenessee Williams’s favourite actress, Anna Magnani --. Lorenzo Magnani (Sannazzaro de' Burgondi), filosofo. Lorenzo Magnani.jpg È Professore di Filosofia della scienza presso la Sezione di Filosofia del Dipartimento di Studi Umanistici dell'Pavia, dove dirige il Computational Philosophy Laboratory. Dedicatosi allo studio della storia e della filosofia della geometria fin dagli studi universitari, i suoi interessi si sono poi rivolti all'analisi della tradizione neopositivista e postpositivista. Si è poi dedicato al tema della scoperta scientifica e del ragionamento creativo: soggiorni in USA presso la Carnegie Mellon University (1992) prima e poi presso la McGill University (1992, 1993) hanno favorito l'approfondimento di alcune tematiche riguardanti il ragionamento diagnostico in medicina in collegamento con il problema dell'abduzione, presto diventato fondamentale nella sua ricerca. A partire dal 1993, inizialmente in collaborazione con Nancy J. Nersessian e Paul Thagard, e grazie a soggiorni ed attività di insegnamento presso il Georgia Institute of Technology (1993, 1995, 1998-2001) di Atlanta e la University of Waterloo in Canada (1993) la sua attenzione si è anche indirizzata verso il cosiddetto model-based reasoning. Con Nancy J. Nersessain e Paul Thagard è stato fondatore coorganizzatore, a partire dal 1998, di una serie di conferenze sul Model-Based Reasoning (MBR). L'attività di Weissman Distinguished visiting professor presso il Baruch College della City University of New York ha favorito l'attenzione per i problemi di filosofia della tecnologia e di etica, recentemente rivolti anche al tema trascurato in filosofia dell'analisi della violenza.  I suoi interessi di ricerca includono dunque la filosofia della scienza, la logica, le scienze cognitive, l'intelligenza artificiale e la filosofia della medicina, nonché i rapporti fra etica e tecnologia e tra etica e violenza. Ha contribuito a diffondere a livello internazionale il problema dell'abduzione con il suo primo libro sul tema dal titolo Abduction in Reason and Science. La sua ricerca storico-scientifica ha riguardato principalmente la geometria e la filosofia della geometria del XIX e XX secolo. È stato (2006-) visiting professor presso la Sun Yat-sen University in Cina. Ha diretto e dirige vari programmi di ricerca accademici internazionali in collaboratione con USA, EU, e Cina. L'Università Ştefan cel Mare di Suceava, Romania ha conferito a Lorenzo Magnani la Laurea honoris causa Lorenzo Magnani dirige la Collana di Libri SAPEREStudies in Applied Philosophy, Epistemology and Rational Ethics, Springer Science+Business Media.. Citazioni e giudizi critici sul suo lavoro sono riportati dalla Stanford Enciclopedia of Philosophy alle voci: Models in Science, Scientific Discovery, Information Technology and Moral Values. Nel  è stato nominato membro della International Academy for the Philosophy of the Sciences (AIPS). Opere (elenco parziale) In italiano Conoscenza come dovere. Moralità distribuita in un mondo tecnologico (2006) Filosofia della violenza () Rispetta gli altri come cose (); In inglese Abduction, Reason, and Science. Processes of Discovery and Explanation (Kluwer Academic/Plenum Publishers, New York, 2001). Edizione cinese 2006;; Philosophy and Geometry. Theoretical and Historical Issues (Kluwer, Dordrecht, 2001); Morality in a Technological World. Knowledge as a Duty (Cambridge University Press, Cambridge, 2007) sviluppa una teoria filosofica dei rapporti fra tecnologia ed etica in una prospettiva naturalistica e cognitiva. Abductive Cognition. The Epistemological and Eco-Cognitive Dimensions of Hypothetical Reasoning (Springer Science+Business Media, Heidelberg/Berlin, 2009); Understanding Violence. The Intertwining of Morality, Religion, and Violence: A Philosophical Stance (Springer Science+Business Media, Heidelberg/Berlin, ). The Abductive Structure of Scientific Creativity. An Essay on the Ecology of Cognition (Springer Science+Business Media, Cham, Switzerland, ). Libri collettivi, numeri speciali di riviste e libri in cinese Ha curato libri in cinese, atti di convegni, libri collettivi e numerosi numeri speciali di riviste accademiche internazionali. In collaborazione con T. Bertolotti ha curato il volume Handbook of Model-Based Science presso l'editore Springer, Switzerland, .  Note  Web Page del Dipartimento di Studi Umanistici  Computational Philosophy Laboratory Web Site  [Cfr. le varie pagine dedicate a questi convegni in//www-3.unipv.it/webphilos_lab/cpl/index.php Computational Philosophy Laboratory], Dipartimento di Studi Umanistici, Sezione di Filosofia, Pavia, Pavia (Italia)]  Sun Yat-sen Award   Cerimonia  Book Series SAPERE Web Page  Copia archiviata, su lesacademies.org. 25 settembre  26 settembre ).  ; Edizione cinese:   Philosophy and Geometry  Morality in a Technological WorldAcademic and Professional BooksCambridge University Press  Abductive Cognition  Understanding Violence  The Abductive Structure of Scientific Creativity  Author Web Page  Handbook of Model-Based Science  Lorenzo Magnani: Logica e possibilità, su RAI Filosofia, su filosofia.rai.it. Lorenzo Magnani: Filosofia della violenza, su RAI Filosofia, su filosofia.rai.it. Refs. Luigi Speranza, "Grice e Magnani," per il Club Anglo-Italiano -- The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

magnitude, extent or size of a thing with respect to some attribute; technically, a quantity or dimension. A quantity is an attribute that admits of several or an infinite number of degrees, in contrast to a quality (e.g., triangularity), which an object either has or does not have. Measurement is assignment of numbers to objects in such a way that these numbers correspond to the degree or amount of some quantity possessed by their objects. The theory of measurement investigates the conditions for, and uniqueness of, such numerical assignments. Let D be a domain of objects (e.g., a set of physical bodies) and L be a relation on this domain; i.e., Lab may mean that if a and b are put on opposite pans of a balance, the pan with a does not rest lower than the other pan. Let ; be the operation of weighing two objects together in the same pan of a balance. We then have an empirical relational system E % ‹ D, L, ; (. One can prove that, if E satisfies specified conditions, then there exists a measurement function mapping D to a set Num of real numbers, in such a way that the L and ; relations between objects in D correspond to the m and ! relations between their numerical values. Such an existence theorem for a measurement function from an empirical relational system E to a numerical relational system, N % ‹ Num, m ! (, is called a representation theorem. Measurement functions are not unique, but a uniqueness theorem characterizes all such functions for a specified kind of empirical relational system and specified type of numerical image. For example, suppose that for any measurement functions f, g for E there exists real number a ( 0 such that for any x in D, f(x) % ag(x). Then it is said that the measurement is on a ratio scale, and the function s(x) % ax, for x in the real numbers, is the scale transformation. For some empirical systems, one can prove that any two measurement functions are related by f % ag ! b, where a ( 0 and b are real numbers. Then the measurement is on an interval scale, with the scale transformation s(x) % ax ! b; e.g., measurement of temperature without an absolute zero is on an interval scale. In addition to ratio and interval scales, other scale types are defined in terms of various scale transformations; many relational systems have been mathematically analyzed for possible applications in the behavioral sciences. Measurement with weak scale types may provide only an ordering of the objects, so quantitative measurement and comparative orderings can be treated by the same general methods. The older literature on measurement often distinguishes extensive from intensive magnitudes. In the former case, there is supposed to be an empirical operation (like ; above) that in some sense directly corresponds to addition on numbers. An intensive magnitude supposedly has no such empirical operation. It is sometimes claimed that genuine quantities must be extensive, whereas an intensive magnitude is a quality. This extensive versus intensive distinction (and its use in distinguishing quantities from qualities) is imprecise and has been supplanted by the theory of scale types sketched above.

 

mansel: philosopher, a prominent defender of Scottish common sense philosophy. Mansel was the Waynflete professor of metaphysical philosophy and ecclesiastical history at Oxford, and the dean of St. Paul’s. Much of his philosophy was derived from Kant as interpreted by Hamilton. In “Prolegomena Logica,” Mansel defines logic as the science of the laws of thought, while in “Metaphysics,” he argues that human faculties are not suited to know the ultimate nature of things. He drew the religious implications of these views in his most influential work, The Limits of Religious Thought, by arguing that God is rationally inconceivable and that the only available conception of God is an analogical one derived from revelation. From this he concluded that religious dogma is immune from rational criticism. In the ensuing controversy Mansel was criticized by Spenser, Thomas Henry Huxley, and J. S. Mill.

 

PLURI-VALUED/UNI-VALUE LOGIC -- many-valued logic, a logic that rejects the principle of bivalence: every proposition is true or false. However, there are two forms of rejection: the truth-functional mode (many-valued logic proper), where propositions may take many values beyond simple truth and falsity, values functionally determined by the values of their components; and the truth-value gap mode, in which the only values are truth and falsity, but propositions may have neither. What value they do or do not have is not determined by the values or lack of values of their constituents. Many-valued logic has its origins in the work of Lukasiewicz and (independently) Post around 1920, in the first development of truth tables and semantic methods. Lukasiewicz’s philosophical motivation for his three-valued calculus was to deal with propositions whose truth-value was open or “possible”e.g., propositions about the future. He proposed they might take a third value. Let 1 represent truth, 0 falsity, and the third value be, say, ½. We take Ý (not) and P (implication) as primitive, letting v(ÝA) % 1 † v(A) and v(A P B) % min(1,1 † v(A)!v(B)). These valuations may be displayed: Lukasiewicz generalized the idea in 1922, to allow first any finite number of values, and finally infinitely, even continuum-many values (between 0 and 1). One can then no longer represent the functionality by a matrix; however, the formulas given above can still be applied. Wajsberg axiomatized Lukasiewicz’s calculus in 1931. In 1953 Lukasiewicz published a four-valued extensional modal logic. In 1921, Post presented an m-valued calculus, with values 0 (truth), . . . , m † 1 (falsity), and matrices defined on Ý and v (or): v(ÝA) % 1 ! v(A) (modulo m) and v(AvB) % min (v(A),v(B)). Translating this for comparison into the same framework as above, we obtain the matrices (with 1 for truth and 0 for falsity): The strange cyclic character of Ý makes Post’s system difficult to interpretthough he did give one in terms of sequences of classical propositions. A different motivation led to a system with three values developed by Bochvar in 1939, namely, to find a solution to the logical paradoxes. (Lukasiewicz had noted that his three-valued system was free of antinomies.) The third value is indeterminate (so arguably Bochvar’s system is actually one of gaps), and any combination of values one of which is indeterminate is indeterminate; otherwise, on the determinate values, the matrices are classical. Thus we obtain for Ý and P, using 1, ½, and 0 as above: In order to develop a logic of many values, one needs to characterize the notion of a thesis, or logical truth. The standard way to do this in manyvalued logic is to separate the values into designated and undesignated. Effectively, this is to reintroduce bivalence, now in the form: Every proposition is either designated or undesignated. Thus in Lukasiewicz’s scheme, 1 (truth) is the only designated value; in Post’s, any initial segment 0, . . . , n † 1, where n‹m (0 as truth). In general, one can think of the various designated values as types of truth, or ways a proposition may be true, and the undesignated ones as ways it can be false. Then a proposition is a thesis if and only if it takes only designated values. For example, p P p is, but p 7 Ýp is not, a Lukasiewicz thesis. However, certain matrices may generate no logical truths by this method, e.g., the Bochvar matrices give ½ for every formula any of whose variables is indeterminate. If both 1 and ½ were designated, all theses of classical logic would be theses; if only 1, no theses result. So the distinction from classical logic is lost. Bochvar’s solution was to add an external assertion and negation. But this in turn runs the risk of undercutting the whole philosophical motivation, if the external negation is used in a Russell-type paradox. One alternative is to concentrate on consequence: A is a consequence of a set of formulas X if for every assignment of values either no member of X is designated or A is. Bochvar’s consequence relation (with only 1 designated) results from restricting classical consequence so that every variable in A occurs in some member of X. There is little technical difficulty in extending many-valued logic to the logic of predicates and quantifiers. For example, in Lukasiewicz’s logic, v(E xA) % min {v(A(a/x)): a 1. D}, where D is, say, some set of constants whose assignments exhaust the domain. This interprets the universal quantifier as an “infinite” conjunction. In 1965, Zadeh introduced the idea of fuzzy sets, whose membership relation allows indeterminacies: it is a function into the unit interval [0,1], where 1 means definitely in, 0 definitely out. One philosophical application is to the sorites paradox, that of the heap. Instead of insisting that there be a sharp cutoff in number of grains between a heap and a non-heap, or between red and, say, yellow, one can introduce a spectrum of indeterminacy, as definite applications of a concept shade off into less clear ones. Nonetheless, many have found the idea of assigning further definite values, beyond truth and falsity, unintuitive, and have instead looked to develop a scheme that encompasses truthvalue gaps. One application of this idea is found in Kleene’s strong and weak matrices of 1938. Kleene’s motivation was to develop a logic of partial functions. For certain arguments, these give no definite value; but the function may later be extended so that in such cases a definite value is given. Kleene’s constraint, therefore, was that the matrices be regular: no combination is given a definite value that might later be changed; moreover, on the definite values the matrices must be classical. The weak matrices are as for Bochvar. The strong matrices yield (1 for truth, 0 for falsity, and u for indeterminacy): An alternative approach to truth-value gaps was presented by Bas van Fraassen in the 1960s. Suppose v(A) is undefined if v(B) is undefined for any subformula B of A. Let a classical extension of a truth-value assignment v be any assignment that matches v on 0 and 1 and assigns either 0 or 1 whenever v assigns no value. Then we can define a supervaluation w over v: w(A) % 1 if the value of A on all classical extensions of v is 1, 0 if it is 0 and undefined otherwise. A is valid if w(A) % 1 for all supervaluations w (over arbitrary valuations). By this method, excluded middle, e.g., comes out valid, since it takes 1 in all classical extensions of any partial valuation. Van Fraassen presented several applications of the supervaluation technique. One is to free logic, logic in which empty terms are admitted. .

 

Magni: Valeriano Magni, soprannominato il Monaco lungo (Milano), filosofo. Appartenente all'ordine dei frati cappuccini, fu missionario apostolico in Europa centrale.  Discendente da una famiglia aristocratica milanese, Valeriano Magni nacque a Milano il 15 ottobre 1586 dal conte Costantino Magni e da Ottavia Carcassola. Nel 1588, la famiglia si trasferì a Praga, dove, nel 1598 nacque suo fratello Francesco.  Entrò nei cappuccini della provincia boema nel 1602 a Praga prendendo il nome di Valeriano da Milano. Dopo l'ordinazione, divenne un famoso predicatore e professore di filosofia entrando, grazie al suo insegnamento, nelle grazie dell'imperatore. Presto fu eletto Provinciale della Provincia austro-boema dell'ordine e divenne apprezzato consigliere dell'imperatore e di altri principi europei. Nel 1616 il re di Polonia Sigismondo III gli affidò la missione cappuccina nel suo paese. Nel 1621 l'imperatore Ferdinando II lo inviò in missione diplomatica in Francia. Tra il 1622 e il 1623 fu uno dei consiglieri del duca Massimiliano I di iera. Dopo la battaglia della Montagna Bianca, sostenne l'arcivescovo di Praga Ernesto Adalberto d'Harrach nella ricattolicizzazione della popolazione e nelle riforme diocesane. Nel 1630 prese parte in nome dell'imperatore ai negoziati con il cardinale Richelieu sulla successione ereditaria al trono di Mantova. Nel 1635 divenne consulente teologico nei negoziati per la pace di Praga e dal 1645 fu missionario apostolico per l'elettorato di Sassonia, Assia, Brandeburgo e Danzica. Nel luglio del 1647 riprodusse a Varsavia di fronte al re e alla corte l'esperimento di Torricelli usando un tubo riempito di mercurio per produrre il vuoto.  Nel 1652 riuscì a convertire il conte Ernesto d'Assia-Rheinfels e sua moglie.  Dopo che l'Praga venne affidata ai Gesuiti nel 1623, entrò in contrasto con i gesuiti, che lo fecero arrestare a Vienna nel 1655. Fu rilasciato dalla prigione per intervento dell'Imperatore e tornò a Salisburgo, dove morì quello stesso anno.  Opere Frutto della sua polemica con i protestanti è l'opera De acatholicorum credendi regula judicium (1628/31), in cui sosteneva che senza l'autorità della Chiesa, la Bibbia da sola non era sufficiente come regola di fede per i cristiani. Trattò lo stesso argomento nel libro Judicium de acatholicorum et catholicorum regula credendi (1641), le cui debolezze argomentative scatenarono la controffensiva dei protestanti. Negli scritti filosofici e nella sua attività di insegnamento, Magni si occupò di metodologia, logica, epistemologia, cosmologia, metafisica, matematica e scienze naturali. Rifiutò i principi aristotelico-scolastici, ispirandosi alle dottrine di Platone, Agostino e Bonaventura.  Opere scelte Apologia contra imposturas Jesuitarum, 1661. Christiana et catholica defensio adversus Societatem Jesu, 1661. Opus philosophicum, 1660 Commentarius de homine infami personato sub titulis Iocosi Severi Medii, 1654. Concussio fundamentorum ecclesiae catholicae, iactata ab Herm. Conringi ..., 1654. Conringiana concussio Sanctissimi in Christo papae catholici retorta ..., 1654. Echo Absurditatum Ulrici de Neufeld Blesa, 1646. Epistola ... de responsione H. Conringii, 1654. Epistola Valeriani Magni Fratris Capucini ..., 1654. Epistola de quaestione utrum Primatus Rom. Pontificis ..., 1653. Principia et specimen philosophiae, 1652. Acta disputationis habitae Rheinfelsae apud S. Goarem, 1652. Organum theologicum, 1643. Methodus convincendi et revocandi haereticos, 1643. De luce mentium, 1642. Judicium de catholicorum ei acatholicorum regula credendi, 1628, 1641. De atheismo Aristotelis ad Mersennum, 1647.  Valeriano Magni, Demonstratio ocularis, loci sine locato: corporis successiuè moti in vacuo..., Bononiae, typis haeredis Victorij Benatij, 1648. 19 giugno . Note  Vedi la voce nella Enciclopedia Italiana, riferimenti in .  David Wootton, The Invention of Science: A New History of the Scientific Revolution, Penguin UK, .  Eugenio Garin, History of Italian Philosophy,  1, Rodopi, 2008652.  (DE) Franz Heinrich Reusch, Magnus, Valerianus, in Allgemeine Deutsche Biographie,  20, Lipsia, Duncker & Humblot, 188492–94. J. Cygan, Valerianus Magni (1586-1661). “Vita prima”, operum recensio et bibliographia, Romae, 1989. J. Cygan, Opera Valeriani Magni velut manuscripta tradita aut typis impressa, «Collectanea Franciscana», 1972 (XLII),  119–178, 309-352. G. Abgottspon Von StaldenriedValerianus Magni Kapuciner (1586-1661). Sein Leben im allgemeinen, seine apostolische Tätigkeit in Böhmen im besonderen. Ein Beitrag zur Geschichte der katholischen Restauration im 17. Jahrhundert, Olten-Freiburg/Br.1939). Stanislav Sousedik, Valerián Magni. 1586-1661. Kapitola z kulturních dějin Čech 17. století, Praha, 1983. (DE) Heinz Haushofer, Valerian Magni, in Neue Deutsche Biographie,  15, Berlino, Duncker & Humblot, 1987,  3-428-00196-6659-661 (online). Alessandro Catalano, La Boemia e la riconquista delle coscienze. Ernst Adalbert von Harrach e la Controriforma in Europa centrale (1620-1667), premessa di Adriano Prosperi, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2005,  88-8498-255-3. Massimo Bucciantini, «La discussione sul vuoto in Italia: il caso di Valeriano Magni», in: Discussioni sul nulla tra Medioevo ed Età moderna, Massimiliano Lenzi e Alfonso Maierù, Firenze, Leo S. Olschki, 2009, 300-301. Alfredo Di Napoli, Valeriano Magni da Milano e la riforma ecclesiastica in Boemia attraverso la corrispondenza della Congregazione de Propaganda Fide (1626-1651), Centro Studi Cappuccini LombardiNuova serie 2, Edizioni Biblioteca Francescana, Milano .  978-88-7962-237-0 Fonti Biographisch-Bibliographisches Kirchenlexikon, su bautz.de. Relatio veridica de pio obitu R.P. Valeriani Magni, Lione 1662; Ludwig von Pastor, Storia dei papi, XIII, trad. it., Roma 1931; Mittheilungen des Vereins für Geschichte der Deutschen in Böhmen, XLVII248; Augustin Maria Ilg, Geist des heiligen Franziskus Seraphikus: dargestellt in Lebensbildern aus der Geschichte des Kapuziner-Ordens, Augusta 1876. Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Valeriano Magni  Valeriano Magni, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Heinrich Kretschmayr, Valeriano Magni, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Valeriano Magni, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Valeriano Magni, . Michael Bihl, Valeriano Magni, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company. Valeriano Magni, in Galileo Project, Rice University. Valeriano Magni (15861661), su imss.fi.it.  Louis Mayeul Chaudon, Magni, (Valerien), in Nouveau dictionnaire historique,  5, Paris, G. Leroy, 1789.

 

Mainardini  -- mainardinimarsilio di padova -- Marsilius of Padua, in Italian, Marsilio dei Mainardini, Italian political theorist. He served as rector of the University of Paris between 1312 and 1313; his anti-papal views forced him to flee Paris (1326) for Nuremberg, where he was political and ecclesiastic adviser of Louis of aria. His major work, Defensor pacis (“Defender of Peace,” 1324), attacks the doctrine of the supremacy of the pope and argues that the authority of a secular ruler elected to represent the people is superior to the authority of the papacy and priesthood in both temporal and spiritual affairs. Three basic claims of Marsilius’s theory are that reason, not instinct or God, allows us to know what is just and conduces to the flourishing of human society; that governments need to enforce obedience to the laws by coercive measures; and that political power ultimately resides in the people. He was influenced by Aristotle’s ideal of the state as necessary to foster human flourishing. His thought is regarded as a major step in the history of political philosophy and one of the first defenses of republicanism. -- marsilio: essential Italian philosopher. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Marsilio," per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

Maistre: Il conte Joseph-Marie de Maistre, filosofo. scrittore, politico e giurista italiano. Citazioni di Joseph de Maistre Bisogna predicare senza sosta ai popoli i benefici dell'autorità, e ai re i benefici della libertà. (da Memoires politiques et correspondance diplomatique) Il faut prêcher sans cesse aux peuples les bienfaits de l'autorité, et aux rois les bienfaits de la liberté. Credi forse che sarei stato maggiormente grato a tua madre se, anziché farmi te e tuo fratello, avesse scritto un bellissimo romanzo? (da una lettera alla figlia; citato nella Prefazione di Alfredo Cattabiani a J. De Maistre, Le Serate di San Pietroburgo, Rusconi Editore) La donna non può essere superiore che come donna, ma dal momento in cui vuole emulare l'uomo, non è che una scimmia. (da una lettera alla figlia; citato in Julius Evola, Ricognizioni. Uomini e problemi, Edizioni Mediterranee, Roma, 1985 (1974)188) Le false opinioni somigliano alle monete false: coniate da qualche malvivente e poi spese da persone oneste, che perpetuano il crimine senza saperlo. (da Correspondance inédite: Lettre à M. l'Amiral Tchitchagof; in Œuvres complètes) Non sono gli uomini che guidano la rivoluzione, è la rivoluzione che guida gli uomini. (da Considération sur la France) Ogni popolo ha il governo che si merita. Toute nation a le gouvernement qu'elle mérite. (da Correspondance diplomatique) Qualsiasi autorità, ma soprattutto quella della Chiesa, deve opporsi alle novità senza lasciarsi spaventare dal pericolo di ritardare la scoperta di qualche verità, inconveniente passeggero e vantaggio del tutto inesistente, paragonato al danno di scuotere le istituzioni e le opinioni correnti. (da Exame de la philosophie de Bacon) Senza il potere temporale de' Papi il mondo politico non poteva camminare, e quanto più siffatto potere sarà attivo, meno guerre vi saranno, giacch'egli è il cui visibile interesse non altro domanda che pace. (da Del papa, Dalla tipografia di Porcelli, seconda versione italiana, Napoli, 1823, libro III94) [Giudizio sui Sardi quale responsabile della cancelleria sabauda] Sono più selvaggi dei selvaggi perché il selvaggio non conosce la luce, il sardo la odia... Razza refrattaria a tutti i sentimenti, a tutti i gusti e a tutti i talenti che onorano l'umanità. Le serate di San Pietroburgo Ad un tal banchetto [eucaristia] gli uomini tutti diventan UNO, satollandosi di un cibo che è uno, e tutto in tutti. All'intendimento di rendere quanto si poteva ad un certo grado sensibile questa trasformazione nella unità, si compiacquero gli antichi Padri di desumere le loro comparazioni dalla spiga, e dal grappolo, i quali sono i materiali del mistero. Poiché in quella guisa stessa che molti grani di frumento, o di uva non altro formano che un pane, ed una bevanda, così quel pane e quel vino mistici che alla sacra mensa ci vengono somministrati, distruggono l'Io, e ci attraggono nella inconcepibile loro unità. (1827, II153) Dove esiste un altare là esiste anche una religione. [Sul boia] È un uomo? Sì: Dio lo accoglie nei suoi templi e gli permette di pregare. Non è un criminale; tuttavia nessuna lingua accetta di affermare, per esempio, che sia un uomo virtuoso, un onesto, che sia degno di stima, ecc. Nessun elogio morale gli può essere tributato, perché ogni elogio morale presuppone un rapporto con gli uomini, mentre egli non ne ha alcuno. E tuttavia ogni grandezza, ogni potere, ogni subordinazione dipendono dal boia: egli è l'orrore e il legame dell'associazione umana. Togliete dal mondo questo agente incomprensibile, e nello stesso istante l'ordine lascia il posto al caos, i troni si inabissano e la società scompare. Dio, autore della sovranità, lo è pure del castigo; fra questi due poli ha gettato la nostra terra: "ché Jehova è il padrone dei cardini della terra, e su di essi fa girare il mondo". Gli uomini quindi non soltanto hanno cominciato con la scienza, ma con una scienza diversa dalla nostra e ad essa superiore, perché partiva da un punto più alto, il che la rendeva anche molto pericolosa. E questo vi spiega come mai la scienza, al suo inizio, fu sempre misteriosa e restò chiusa nell'ambito dei templi, dove infine si spense quando questa fiamma non poté servire ad altro che a bruciare. I simboli greci di Nicea e di Costantinopoli, e quello di sant'Atanasio, non contengono essi forse la mia fede? Io sono della Religione di san Ignazio, di san Giustino, di sant'Atanasio, di san Gregorio Nisseno, di san Cirillo, di san Basilio, di san Gregorio Nazianzeno , di san Epifanio, di tutti quei Santi insomma che sono sui vostri altari e dei quali portate i nomi, e segnatamente di san Giovanni Crisostomo, di cui avete conservata la liturgia. Io ammetto quanto quei grandi e santi personaggi hanno ammesso; mi rammarico di quanto si son essi rammaricati; accolgo inoltre come Vangelo, tutti i concili ecumenici convocati nella Grecia asiatica, o nella Grecia europea. Vi domando ora, si può essere più greco? (1827, I207) In ogni grande divisione della specie umana, la morte ha scelto un certo numero d'animali a cui essa commise di divorare gli altri; così vi sono degl'insetti da preda, dei rettili da preda, dei pesci da preda, degli uccelli da preda, e dei quadrupedi da preda. Non vi ha un istante della di lui durata, in cui l'essere vivente non venga divorato da un altro. Superiormente alle numerose razze d'animali è collocato l'uomo, la cui mano struggitrice nulla risparmia di ciò che vive; esso uccide per nutrirsi, uccide per vestirsi, uccide per ornarsi, uccide per difendersi, uccide per solazzarsi, uccide per uccidere. L'ammirazione sfrenata con cui troppe persone circondano Voltaire è il segno infallibile d'un animo corrotto. Che non ci s'illuda: se qualcuno, percorrendo la propria biblioteca, si sente attratto verso le Œuvres de Ferney, Dio non lo ama affatto. Spesso ci si è presi gioco dell'autorità ecclesiastica che condanna  i libri in odium auctoris; in verità niente è più giusto di ciò: rifiutate gli onori a colui che abusa del suo genio. Se questa legge fosse severamente osservata, si vedrebbero rapidamente sparire i libri avvelenati; ma poiché non dipende da noi promulgarla, guardiamoci almeno dal piombare nell'eccesso ben più reprensibile dell'esaltare senza misura scrittori colpevoli, e, tra questi, soprattutto Voltaire. Egli ha pronunciato contro se stesso, senza accorgersene, una sentenza terribile, affermando che uno spirito corrotto non fu mai sublime. Non c'è nulla di più vero, giacché Voltaire, con i suoi cento volumi, non fu mai più che spiritoso; faccio eccezione delle tragedie, dove la natura dell'opera lo costrinse ad esprimere dei nobili sentimenti estranei al suo carattere; ma anche sul palco, su cui trionfa, egli non riesce ad ingannare gli spettatori più sagaci. Nei suoi pezzi migliori, egli rassomiglia ai suoi due grandi rivali, come il più abile ipocrita rassomiglia ad un santo. (Les Soirées de Saint-Pétersbourg, in Œuvres complètes, Lyon, 18913, tomo IV,  206-210). La spada della giustizia non ha fodero. Le glaive de la justice n'a point de fourreau. (da Les soirées de Saint-Pétersbourg, Paris, 182142) La vera religione ha più che diciotto secoli di vita; essa nacque il giorno in cui nacquero i giorni. [...] quando gli uomini, che sempre pregarono in virtù di una religione rivelata [...], si sono avvicil deismo, che non è nulla e non può nulla, hanno smesso a poco a poco di pregare; e ora li vedete curvi sulla terra, intenti unicamente a leggi e studi fisici, avendo perduto anche il minimo sentimento della loro dignità naturale. La disgrazia di questi uomini è tale che essi non possono nemmeno più desiderare la propria rigenerazione, non solo per la ben nota ragione che «non si può desiderare ciò che non si conosce», ma perché trovano nel loro abbrutimento non so quale terribile fascino che è un castigo spaventoso. (169) Se non esistesse alcun male morale sulla terra, non ci sarebbe, di conseguenza, alcun male fisico. Tutti i dolori sono punizioni, e ogni punizione è inflitta in eguale misura per amore e per giustizia. Saggio sul principio generatore delle costituzioni e delle altre istituzioni umane Uno dei grandi errori di un secolo che li professò tutti [il 1700], fu di credere che una costituzione politica potesse essere scritta e creata a priori, mentre ragione ed esperienza si uniscono per dimostrare che una costituzione è un'opera divina e che proprio ciò che vi è di più fondamentale e di più essenzialmente costituzionale nelle leggi di una nazione non potrebbe mai essere scritto. Si è spesso creduto di fare dello spirito di ottima lega domandando ai francesi in che libro fosse scritta la legge salica; ma Jéróme Bignon rispondeva molto a tono, e forse senza neanche immaginare fino a che punto avesse ragione, che essa era scritta nei cuori dei francesi. L'uomo, poiché agisce, crede di agire da solo; e poiché ha la coscienza della sua libertà, dimentica la sua dipendenza. Nell'ordine fisico intende ragione, e sebbene possa, per esempio, piantare una ghianda, innaffiarla, ecc., è capace tuttavia di convenire che non è lui a fare le querce, poiché vede l'albero crescere e perfezionarsi senza che il potere umano vi abbia parte e poiché, d'altra parte, non è stato lui a fare la ghianda; ma nell'ordine sociale, in cui è presente e operante, si mette a credere di essere realmente l'autore diretto di tutto ciò che si fa per suo mezzo: in un certo senso, è la cazzuola che si crede architetto. Locke ha cercato il carattere della legge nell'espressione delle volontà riunite; bisogna proprio essere fortunati, per trovare cosi il carattere che esclude precisamente l'idea di legge. Se c'è qualcosa di universalmente noto è il paragone di Cicerone a proposito del sistema di Epicuro, che voleva costruire un mondo con gli atomi che cadono a caso nel vuoto. Crederei più facilmentediceva il grande oratoreche un pugno di lettere, gettate in aria, cadendo possano disporsi in modo da formare un poema. Migliaia di bocche hanno ripetuto e celebrato questo pensiero, ma non vedo tuttavia nessuno che abbia pensato a dargli il compimento che gli manca. Supponiamo che un pugno di caratteri tipografici, gettati a piene mani dall'alto di una torre, vengano a formare, caduti al suolo, l'Athalie di Racine. Che ne risulterà? Che un'intelligenza ha presieduto alla caduta e alla disposizione dei caratteri. Il buon senso non concluderà mai diversamente. Se l'educazione non è restituita ai sacerdoti e se la scienza non è collocata ovunque al secondo posto, i mali che ci attendono sono incalcolabili; saremo abbrutiti dalla scienza, ed è l'estremo grado dell'abbrutimento. Quando si pensa che una detestabile coalizione di ministri perversi, di magistrati in delirio e di ignobili settari ha potuto, ai nostri giorni distruggere questa meravigliosa istituzione [i Gesuiti] e farsene un vanto, sembra di vedere quel folle che metteva trionfalmente il piede su un orologio dicendogli: ti saprò ben impedire di far rumore. Ma che dico mai? Un folle non è colpevole! Citazioni su Joseph de Maistre Come dovevano splendere quelle architetture [di San Pietroburgo] al principio del secolo scorso, quando Joseph de Maistre descriveva nella prima delle sue Soirées de Saint-Péters-bourg l'incanto d'una sera estiva sulla Neva. (Mario Praz) Il Conte di Maistre era più veramente un grande scrittore, un ardito pensatore che un diplomatico. Vi aveva nel suo spirito e nel suo cuore tale una soprabbondanza di vita, una sì perfetta tenacità dell'idea che parevagli essere la verità rivelata o dimostrata del raziocinio, ch'egli portavala in trionfo così alto quanto all'umana debolezza è permesso. I mezzani provvedimenti dello spirito di parte, gl'indugi dell'intelletto, le difficoltà di tempo e di luogo, niente faceva ostacolo a questa vigoria del genio che si stendeva sopra tutti i subbietti che trattava, e che in ciascuno di essi lasciava una profonda impressione. (Jacques Crétineau-Joly) Il più grande dei reazionari, Joseph de Maistre, era 'anticapitalista' ben prima, e con più fondato argomentare, di Franco Fortini. (Roberto Calasso) Maestro occulto del romanticismo europeo [...] ispiratore dei reazionari e nello stesso tempo interprete sottile della Tradizione. (Alfredo Cattabiani) Nella radicale polemica contro le tesi di Rousseau — autore di una sconvolgente introduzione di errori — de Maistre non risparmia colpi. Dalla convinzione che il suo avversario rimproverasse ogni giorno il Signore per non averlo fatto nascere nobile e duca lo bolla aspramente chiamandolo più volte plebeo. Ispirarsi oggi a Rousseau può non essere culturalmente — per tanti versi — molto illuminante. Ma nella rigidità del modello di de Maistre proprio non trovo spunti di approvazione. Né mi sembra entusiasmante quello che scrive sulla possibilità teorica di uccidere il tiranno, il quale per il resto è intoccabile totalmente super leges. (Giulio Andreotti) Nella Savoia sono nati i grandi scrittori francesi, come de Maistre. (Pietro Citati)  Joseph de Maistre, Le serate di Pietroburgo, I, Biblioteca cattolica, Napoli, 1827. Joseph de Maistre, Le serate di Pietroburgo, II, Biblioteca cattolica, Napoli, 1827. Joseph de Maistre, Le serate di Pietroburgo o Colloqui sul governo temporale della Provvidenza, Alfredo Cattabiani, trad. it. Lorenzo Fenoglio e Anna Rosso, Nino Aragno Editore, Torino, .

 

Malfitano: Giovanni Malfitano (Siracusa), filosofo italiano. Nacque da Carmelo, commerciante e navigatore, e Santa Veneziano. Era l'ultimo di sette fratelli. Frequentò il Liceo Classico Tommaso Gargallo, dove iniziò a nutrire l'interesse per la materie scientifiche. Già da giovanissimo frequentava assiduamente una nota farmacia del centro storico della città natale acquisendo notevole interesse per la chimica e la biologia. Si iscrisse dunque alla facoltà di chimica dell'Università degli Studi di Catania per frequentare le lezioni del professor Alberto Peratoner. Malfitano continuò gli studi universitari a Palermo, dove si trasferì nel 1892 al seguito di Peratoner e ottenne la laurea nel 1894 nel capoluogo siciliano. Nel 1895 decise di abbandonare la Sicilia per spostarsi a Milano, dove intraprese una breve carriera lavorativa nel campo della chimica industriale agli stabilimenti Pirelli. Contemporaneamente frequentava la scuola di microbiologia dell'Università degli Studi di Pavia, retta all'epoca da Camillo Golgi, futuro Premio Nobel per la medicina nel 1906. Stimolato dall'ambiente favorevole, Malfitano pubblicò nel 1897 il suo primo scritto: Comportamento dei microrganismi sotto l'effetto delle compressioni gassose. Il giovane siracusano iniziava in questo modo a farsi notare da colleghi e professori, sia per la materia dei suoi studi, sia per il carattere disponibile e solare, come ricorda in un suo libro Antonio Pensa, celebre anatomista milanese.  L'incarico a Parigi La carriera del giovane Malfitano prese una svolta definitiva nel 1899, quando, durante un congresso internazionale a Pavia, venne notato dal futuro successore di Louis Pasteur, Emile Duclaux. Il siracusano venne dunque invitato a trasferirsi nel 1900 a Parigi, avendo ricevuto l'offerta di un impiego all'istituto Pasteur. Una volta arrivato nella capitale francese, Malfitano si dedicò in un primo momento alla microbiologia, pubblicando come risultati delle sue ricerche: Protease de l'aspergillus niger (1900), Influence de l'oxygen sur la proteolyse en presence de Clorophorme (1902) e Bactericidie charbonneuse (1904). Dal 1905, invece, lo scienziato italiano, decise di ritornare a studiare la chimica pura, campo d'indagine scientifica che lo rese definitivamente famoso. I suoi studi sulla chimica colloidale, arrivarono a dimostrare la natura elettrochimica delle micelle, e riuscì a misurare con notevole precisione la conducibilità elettrica dei colloidi. In campo pratico, Malfitano mise a punto i cosiddetti ultrafiltri, necessari per gli studi in campo teorico sui colloidi. Nel 1908 lo scienziato siracusano divenne capo di un laboratorio chimico all'Istituto Pasteur, dove mantenne l'incarico fino al 1913.  Gli studi di Giovanni Malfitano si interruppero durante la prima guerra mondiale. Al termine di essa, lo scienziato sposò Vera, una studentessa di nazionalità russa.  Subito dopo il grande conflitto ebbe inizio l'elaborazione della più nota dottrina del chimico siracusano, ovvero la teoria delle complessità crescenti, concetto alla luce del quale Malfitano non indagò solo le micelle, ma l'esistenza in generale. Nel 1927 pubblicò Complexité et micelle, e nel 1934 Les composés micellaires selon la notion de complexité croissant. Le conclusioni di Malfitano non vennero accettate da subito, ma si dovette attendere l'esperimento del premio Nobel Theodor Svedberg che dimostrò l'esattezza delle intuizioni di Malfitano.  La teoria delle Complessità Crescenti Malfitano elaborò negli anni Venti una teoria che tentava di spiegare la materia, attraverso l'esame dei diversi livelli atomici e molecolari che la caratterizzano strutturalmente. La materia, secondo lo scienziato siracusano, è suddivisibile in atomi, molecole, plurimolecole (polimeri e complessi) e micelle. In ognuna delle classi citate si possono distinguere tre tipi di unità materiali: ioniche, polari e ionopolari.  La Filosofia dei quattro Complessi e la Geometria Superiore L'analisi compiuta sulla materia venne estesa in campo sociologico da Malfitano, il quale tentò di ricondurre la complessità socio-antropologica, alla complessità atomica. I quattro ordini di complessi che costituiscono il mondo sono dunque: i complessi materiali (livello atomico e molecolare), i complessi biologici (livello istologico e citologico), complessi sociali (l'essere umano) e al culmine di un'ipotetica piramide i complessi ideologici (ideazione, conoscenza e convinzioni).  L'ultimo passo della speculazione in campo filosofico di Malfitano era il concetto di Geometria Superiore, un'armonia equilibrata e simmetrica che domina gli eventi e la materia, una variabile fondamentale e al tempo stesso fuggevole dell'esistenza, un concetto che rappresenta la libertà. In ultima analisi, il compito dello scienziato era dunque quello di comprendere le leggi dell'armonia ordinatrice del cosmo e di preservarne la bellezza e l'equilibrio.  La malattia e il decesso Lo scienziato siracusano, che soleva spesso tornare in Sicilia seppur per brevi periodi, dovette rinunciare a questa abitudine. L'aggravarsi della sua malattia, una cecità che gradualmente lo privò della vista, e le sue convinzioni antifasciste, non gli permisero di rivedere il paese natale dalla fine degli anni Trenta.  Giovanni Malfitano morì il 6 aprile 1941 nell'alloggio assegnatogli dell'Istituto Pasteur dove aveva trascorso gran parte della sua vita.  Curiosità Giovanni Malfitano pubblicava le sue convinzioni filosofiche servendosi dello pseudonimo "Aporema", termine che indicava l'impossibilità di ottenere una risposta precisa dallo studio di un problema.  Malfitano introdusse per primo a Siracusa la moda di bere il latte acido, quello che abitualmente viene chiamato yogurt, come era già frequente nella capitale francese.  Durante una tempesta patita in mare nel dicembre 1855, Carmelo Malfitano aveva fatto voto a Santa Lucia, patrona siracusana, di sposare un'orfana se fosse riuscito a tornare incolume sulla terraferma. Carmelo sposò per questo motivo il 16 dicembre del 1855 Santa Veneziano, sedicenne orfana di entrambi i genitori. Da tale unione nacque Giovanni.  Note   Ad Repellendam Pestem Storie di Medici e Sanità nella terra di Aretusa, Tyche121.   Ad repellendam Pestem Storie di Medici e Sanità nella terra di Aretusa, Tyche122.  Antonio Pensa, Ricordi di vita universitaria (1892-1970), (Citato nel testo Ad Repellendam Pestem Storie di Medici e di Sanità nella terra di Aretusa p.122), Cisalpino79-80.  Archivio Istituto Pasteur, su webext.pasteur.fr.   Ad repellendam Pestem Storie di Medici e Sanità nella terra di Aretusa, Tyche123.   Ad repellendam Pestem Storie di Medici e Sanità nella terra di Aretusa, Tyche124.   Ad repellendam Pestem Storie di Medici e Sanità nella terra di Aretusa, Tyche126.   Ad repellendam Pestem Storie di Medici e Sanità, Tyche125.   Ad repellendam Pestem. Storie di Medici e Sanità nella terra di Aretusa, Tyche, Siracusa, ,  121-126 Giovanni Malfitano, in Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.   Giovanni Malfitano, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.

 

Malipiero: Troilo Malipiero (Venezia), filosofo. Nacque da Angelo di Troilo e da Emilia Fracassetti. Entrambi i genitori erano patrizi: il padre proveniva dalla storica casata dei Malipiero (ramo "delle Procuratie Vecchie"), mentre la madre apparteneva a una famiglia di mercanti bergamaschi nobilitata nel 1704.  Nel 1808 il Malipiero dichiarava di abitare in un palazzo a Santa Maria Zobenigo (ereditato dal padre dopo l'estinzione di un'altra linea della famiglia), cui si aggiungevano quattro botteghe nei centralissimi quartieri di Rialto e San Moisè; altre cinque case si trovavano tra Santa Margherita, San Gregorio e San Martino.  Il 17 febbraio 1796 esordì in politica con l'elezione a savio agli Ordini. Il 23 gennaio 1797 divenne provveditore alle Pompe, ma non riuscì a prendere possesso della carica a causa della caduta della Repubblica, il 12 maggio successivo. A questo punto, il Malipiero lasciò la vita pubblica per dedicarsi alla scrittura. Fu un autore poliedrico, capace di spaziare dall'attualità politica alla letteratura e alla tragedia di ambito neoclassico.  La prima opera pubblicata è il saggio di matematica Dimostrazione sulla triplicazione e trisezione dell'angolo effettuato colla retta e col cerchio, ma più tardi si cimentò nella filosofia presentando l'opuscolo “Saggio sugli sforzi della passione nell'intelletto e su' di lei effetti nel cuore,” in cui sostiene di moderare il razionalismo perché nell'animo umano esso convivi in armonia con le passioni.  Questa idea, in contrasto con quanto asserito da Jean-Jacques Rousseau, fu ribadita ne La felicità della nazione realizzata dal politico e dal sovrano, uno dei suoi primi scritti politici. In questo lavoro Malipiero prese in esame la tendenza allo sfarzo di una parte della società, analizzando come i governi avessero reagito al fenomeno in epoche diverse. Nell'opera emerge la condanna al lusso sfrenato, ma anche all'appiattimento estremo dettato da rivoluzionari e giacobini.  Lo stesso pensiero moderato è ripreso nel “Trionfo della ragione ossia Confutazione del sistema del contratto sociale di Gian Giacomo Rousseau” (ristampato, senza grosse variazioni, come “Il trionfo della verità nella difesa dei diritti del trono ossia Confutazione del contratto sociale.” Grice: “I find this interesting, since I also oppose contractualism to rationalism!” -- Qui il Malipiero cercò di dimostrare come la migliore forma di governo non fosse la democrazia, ma la monarchia.  La sua linea anti-rivoluzionaria fu affermata anche quando si tenne distante dagli organi della Municipalità istituita sul modello, o ‘sistema’ del contratto. Accolse perciò con favore l'arrivo degli Austriaci, come dimostrano il Testamento della spirata libertà cisalpina e l'annesso sonetto Confronto fra il genio della Romana Repubblica e quello dell'Austria.  Di grande importanza è quanto emerge nella Voce della verità, una memoria autografa inviata al governatore austriaco Mailath von Székhely all'indomani del suo insediamento a Venezia, nel 1801. Nell'opera, divisa in capitoli dedicati ai problemi dell'amministrazione asburgica (polizia, zecca, commercio, diritto ecc.), il Malipiero si chiede quale dovesse essere il criterio di scelta per la nuova classe dirigente veneziana. Dimostrandosi critico nei confronti degli ex funzionari della Repubblica di Venezia (ceto a cui lui stesso apparteneva), nominati non in base ai meriti, ma per favoritismo, auspicava di non concedere spazio a coloro che vivevano nel lusso, poiché entravano in politica solo per il proprio tornaconto, e soprattutto verso i trasformisti che cambiavano opinioni con l'avvicendarsi delle amministrazioni.  Con questo lavoro anticipò le scelte del governo austriaco che, in effetti, estromise il patriziato dalla vita politica e assegnando le cariche amministrative a personalità lombarde o delle province ereditarie.  Si dedicò, con un certo successo, anche alla stesura di tragedie, a tema biblico, storico o mitologico, che potessero presentare allo spettatore esempi da seguire o da evitare. Tra queste “Il sacrifizio di Abramo,” “Camillo,” “Prometeo ossia La prodigiosa civilizzazione delle genti,” “Medea.” Altre opere degne di nota sono La bottega del caffè. Quadro critico morale, Lo scultore e la luce, azione mitologica in apoteosi del cav. Canova, Il conte Ugolino in fondo alla torre di Pisa. Sciolti, Atabiba ed Huascar. Azione tragica di spettacolo; La Verità nello spirito dei tempi e nel nuovo carattere di nostra età (sul congresso di Verona), Zanghira e Lemanza. Quadro poetico nelle nozze MalipieroMartinengo dalle Palle;  Elogio di Giovanni II del mr. co. Martinengo dalle Palle; Descrizione della Montagna ov'è la chiesa della Madonna della Corona nelle alture di Montebello. Fu confermato nobile dell'Impero Austriaco, assieme ai figli Angelo e Angela, nati dal matrimonio con Contarina di Vincenzo Pisani.  Michele Gottardi, MALIPIERO, Troilo, in Dizionario biografico degli italiani,  68, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.

 

Mamiani: Maurizio Mamiani (San Secondo Parmense), filosofo. Linceo. Membro dell'Accademia dei Lincei ha insegnato Storia del pensiero scientifico all'Parma, Udine e Ferrara.  Si è occupato soprattutto di Isaac Newton, del quale ha trascritto un trattato inedito sull'Apocalisse, di Cartesio e dell'origine delle enciclopedie moderne.   Opere principali: “J. M. Guyau Abbozzo di una morale senza obbligazione né sanzione,” Firenze, Le Monnier, Isaac Newton filosofo della natura. Le lezioni di ottica e la genesi del metodo newtoniano, Firenze, La Nuova Italia, 1976 Teorie dello spazio da Descartes a Newton, Milano, FrancoAngeli,  La mappa del sapere. La classificazione delle scienze nella Cyclopaedia di E. Chambers, Milano, FrancoAngeli, Il prisma di Newton, Roma-Bari, Laterza, Introduzione a Newton, Roma-Bari: Laterza, Trattato sull'Apocalisse, Torino, Bollati Boringhieri, Isaac Newton, Firenze, Giunti, Storia della scienza moderna, Roma-Bari, Laterza, Scienza e Sacra scrittura nel XVII Secolo, Napoli, Vivarium.  Isaac Newton, Trattato sull'Apocalisse, Maurizio Mamiani, Torino, Bollati Boringhieri, Scienza e teologia fra Seicento e Ottocento: studi in memoria di Maurizio Mamiani, Chiara Giuntini e Brunello Lotti, Firenze, Olschki, Studi sul pensiero scientifico fra Seicento e Ottocento. Ricordando Maurizio Mamiani, "I castelli di Yale", Saggi n. 2, Il Poligrafo, Padova 2004.  Maurizio Mamiani, La Rivoluzione scientificaI domini della conoscenza: La sintesi newtoniana in Storia della Scienza, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Maurizio Mamiani, Newton e l'Apocalisse.

 

Mancini:  «La filosofia è il passaggio dal senso al significato, attraverso le mediazioni culturali, dottrinali, attraverso la struttura del puro pensare e attraverso le mediazioni della prassi.»  Italo Mancini (Schieti), filosofo.  Dopo aver studiato in Seminario a Fano si laureò in filosofia all'Università Cattolica di Milano nella quale ha successivamente insegnato per dieci anni come assistente e docente di Filosofia della religione. Nel 1965 Carlo Bo lo vuole all'Urbino, dove insegna prima filosofia della religione e storia del cristianesimo, poi filosofia teoretica presso la Facoltà di magistero e, negli ultimi anni filosofia del diritto presso la Facoltà di giurisprudenza. Studioso dei massimi teologi del Novecento, ha curato le edizioni italiane degli scritti di Karl Barth, Rudolf Bultmann e Dietrich Bonhoeffer pubblicando, su quest'ultimo, anche una biografia e un'analisi dottrinale. Ha fondato l'Istituto superiore di scienze religiose di Urbino, oggi intitolato a lui, unico esempio, per molti anni, di "facoltà teologica" in una università laica.  Tra i filosofi, si è dedicato molto a Immanuel Kant, pubblicando (nel 1981 e nel 1988) in due tomi Guida alla Critica della ragion pura, contribuendo notevolmente alla diffusione del suo pensiero in ambito cattolico. In questo senso è ancora più importante "Kant e la teologia", che Italo Mancini pubblicò nel 1975. In quest'opera Mancini tratta la filosofia della religione kantiana, fondata su una concezione morale rigorosa resa possibile dall'Imperativo categorico, che prospetta una trascendenza per l'uomo, attraverso i postulati dell'immortalità dell'anima e dell'esistenza di Dio. Questa filosofia della religione, in cui Kant mette in rapporto la religione razionale con la religione rivelata (e che si contraddistingue per i concetti di Male radicale e di Chiesa invisibile), è considerata da Mancini feconda anche per la teologia cattolica alla luce del Concilio Vaticano II. Negli anni '70 ProfessoreItalo Mancini si è anche confrontato con Marx e il Marxismo, allora dominanti nella cultura filosofica e politica italiana. In Marx, Mancini tiene in grande considerazione il concetto di Alienazione, presente soprattutto nei Manoscritti economico-filosofici del 1844. Questo concetto, che esprime l'estraneazione dell'operaio in rapporto al lavoro salariato, a causa dei modi di produzione capitalistici, capaci di sfruttare il lavoro come fosse una merce, deve essere stimolo per la Dottrina Sociale della Chiesa. Ciò che Mancini critica in Marx è l'ateismo e il materialismo, attraverso l'uso della dialettica hegeliana in una prospettiva materialistica (materialismo storico): questa concezione infatti mette in discussione la libertà dell'uomo, inteso come persona, riducendolo all'insieme dei suoi rapporti economici. Italo Mancini ha inoltre fatto parte della redazione della rivista internazionale di teologia Concilium. È stato autore di numerosi libri di notevole spessore e di grande successo editoriale. Ha fondato nel 1981 la rivista di filosofia e teologia Hermeneutica, che esce per numeri monografici, nota sia a livello nazionale che internazionale ed edita da Morcelliana.  La sua posizione di pensiero verteva su un cristianesimo di matrice liberale e democratica d'impronta sociale, che cercava uno spazio autonomo e libero, dando un'importante risposta da credente alla cultura laicista e marxista di quegli anni sulle orme del Concilio Vaticano II.  Pubblicazioni Ontologia fondamentale, La Scuola, Brescia 1958 Il giovane Rosmini. I. La metafisica inedita, Argalìa, Urbino 1963 Filosofi esistenzialisti (Heidegger, Marcel, Wahl, Gilson, Lotze), Argalìa, Urbino 1964 Linguaggio e salvezza, Vita e Pensiero, Milano 1964 Filosofia della religione, Abete, Roma 1968 Bonhoeffer, Vallecchi, Firenze 1969 Teologia ideologia utopia, Queriniana, Brescia 1974 Kant e la teologia, Cittadella, Assisi 1975 Futuro dell'uomo e spazio per l'invocazione, L'Astrogallo, Ancona 1975 Con quale comunismo? La Locusta, Vicenza, 1976 Con quale cristianesimo, Coines, Roma, 1977 Novecento teologico, Vallecchi, Firenze 1977 Teologia ideologia utopia, Queriniana, Brescia 1978 Fede e cultura, con Giuseppe Ruggeri, Genova, Marietti 1979 Come continuare a credere, Rusconi, Milano 1980 Negativismo giuridico, QuattroVenti, Urbino 1981 Guida alla Critica della ragion pura,  I, QuattroVenti, Urbino 1982 Lettera a un laureando, Urbino, Quattroventi 1982 Il pensiero negativo e la nuova destra, Mondadori, Milano 1983 Il quinto evangelio come violenza ermeneutica, in “Apocalisse e ragione”, testi di Carlo Bo e altri, Urbino, Quattroventi 1983, “Hermeneutica” 3,  29-139 Filosofia della prassi, Morcelliana, Brescia 1986 Tre follie, Camunia, Milano 1986 Guida alla Critica della ragion pura,  II. L'Analitica, QuattroVenti, Urbino 1988 Il male radicale per Kant, in “La ragione e il male. Atti del terzo colloquio su filosofia e religione”, 8-10 maggio 1986; Genova, Marietti 1988,  53-72 De profundis per la dialettica, in “Metafisica e dialettica”, Genova, Tilgher 1988,  153-214 Tornino i volti, Marietti, Genova 1989 Giustizia per il creato, Urbino, Quattroventi 1990, coll. "Il nuovo Leopardi" L'Ethos dell'Occidente. Neoclassicismo etico, profezia cristiana, pensiero critico moderno, Marietti, Genova 1990 Scritti cristiani. Per una teologia del paradosso, Marietti, Genova 1991 Opere postume Diritto e società. Studi e testi, Urbino, Quattroventi 1993 Come leggere Maritain, Brescia, Morcelliana 1993 Ethos e cultura nella cooperazione di credito, Piergiorgio Grassi, Urbino, Associazione per la ricerca religiosa “S. Bernardino”, Quattroventi 1994 Bonhoeffer (postfazione di Piergiorgio Grassi), Morcelliana, Brescia 1995 Frammento su Dio, Andrea Aguti (a cura), prefazione di Graziano Ripanti, Brescia, Morcelliana 2000 Per Aldo Moro. Al di là della politica, Carlo BoMario LuziItalo Mancini, Urbino, Quattroventi 2008 Opere scelte. Voll. 1-3, Brescia, Morcelliana 2007- Onorificenze Grande Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiananastrino per uniforme ordinariaGrande Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiana — Roma, 27 dicembre 1966  su Mancini Giorgio Rognini, Metafisica e sofferenza. Un itinerario critico con Italo Mancini, Verona, Mazziana 1983 Andrea Milano, Rivelazione ed ermeneutica. Karl Barth, Rudolf Bultmann, Italo Mancini, Urbino, Quattroventi 1988, "Biblioteca di Hermeneutica" Piergiorgio Grassi, Intervista a Italo Mancini sulla teologia contemporanea, Urbino, Quattroventi 1992, coll. "Il nuovo Leopardi" Enrico Moroni (a cura), La filosofia politica nel pensiero di Italo Mancini, Urbino, Quattroventi 1994 Francesco D'Agostino, Italo Mancini, filosofo del diritto, Urbino, Quattroventi 1994, coll. "Il nuovo Leopardi" G. RipantiP. Grassi (a cura), Kerigma e prassi, Brescia, Morcelliana, Hermeneutica 1995 Gustavo Pansini (a cura), Studi in memoria di Italo Mancini, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane 1999 Galliano Crinella (a cura), Italo Mancini. Dalla teoresi classica alla modernità come problema, Roma, Edizioni Studium 2000 Antonio Areddu, Cristianesimo e marxismo nel pensiero di Italo Mancini. Una rilettura in memoriam, Pistoia, Petite Plaisance 2001 Italo Mancini tra filosofia e teologia, in "Riv. di teologiaAsprenas", I (2003), A. Pitta (a cura), numero monografico dedicato a Italo Mancini G. RipantiP. Grassi (a cura), Filosofia, teologia, politica. A partire da Italo Mancini, Brescia, Morcelliana, Hermeneutica 2004 Mariangela Petricola, Pensare la differenza. La questione di Dio nell'epoca della disgregazione del senso. Una rilettura con Italo Mancini, in “Dialegesthai. Riv. telematica di filosofia", XII ();//mondodomani.org/dialegesthai/mpet01.htm Mariangela Petricola, Pensare Dio. Il cristianesimo differente di Italo Mancini, Assisi, Cittadella Editrice  Antonio Ascione, Fedele a Dio e alla terra. L'avventura intellettuale di Italo Mancini, Benevento, Passione Educativa  Valeria Sala, Italo Mancini. Filosofo del diritto, Torino, Giappichelli , "Recta Ratio" Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Italo Mancini  Italo Mancini, su sapere.it, De Agostini.  Italo Mancini, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Seminario in memoriam, su pesaronotizie.com. Centro socio culturale "Don Italo Mancini" presso il suo paese natale Schieti, su centroitalomancini.it. 15 gennaio  22 gennaio ). Pagina sul social network Facebook, su facebook.com.  cronologica , su uniurb.it. L'Istituto di Scienze Religiose fondato da Italo Mancini, su uniurb.it. Biblioteca personale "Ca' Fante", su uniurb.it. Rivista "Hermeneutica" fondata da Italo Mancini, su uniurb.it. A. Aguti, Italo Mancini, in Il pensiero filosofico-religioso italiano.org.

 

Mangione: Corrado Mangione (Bagnara Calabra), filosofo. Professore a Milano: «uno dei padri della rinascita degli studi di logica in Italia nella seconda metà del secolo scorso».. Diresse le due collane matematiche della casa editrice Progresso tecnico editoriale di Milano, appendice della Aldo Martello editore, dedicata alla pubblicazione di una serie di opuscoli tascabili di divulgazione scientifica nel campo della matematica e della chimica.  Presso l'editore Boringhieri di Torino ha diretto la serie Testi e manuali della scienza contemporanea. “Serie di logica matematica.”  Ha contribuito alla Storia del pensiero filosofico e scientifico pubblicata da Ludovico Geymonat per Garzanti con specifici contributi sulla storia della logica moderna e contemporanea. Ha successivamente ampliato e sistematizzato tali contributi nella Storia della logica. Da Boole ai nostri giorni (con la collaborazione di Silvio Bozzi): l'opera costituisce un ampio ed esaustivo lavoro di ricognizione e sintesi sugli ambiti di ricerca e sui risultati della logica contemporanea.  Per Franco Muzzio & C. Editore ha diretto la collana editoriale Muzzio scienze.  Insieme a Edoardo Ballo, Silvio Bozzi, Gabriele Lolli e Paolo Pagli, ha curato, per Bollati Boringhieri, l'edizione italiana delle opere di Kurt Gödel.  Pubblicazioni Elementi di logica matematica, Torino, Boringhieri, Rózsa Péter, Giocando con l'infinito: matematica per tutti, traduzione di Giulio Giorello, Milano, Feltrinelli (curatore, con Gabriele Lolli)  Matematica e calcolatore, Le Scienze quaderni, Milano, Scienza e filosofia: saggi in onore di Ludovico Geymonat, Milano, Garzanti (con Silvio Bozzi) Storia della logica, CUEM  (con Silvio Bozzi) Storia della logica. Da Boole ai nostri giorni, Garzanti libri, Gottlob Frege. Logica e aritmetica, scritti raccolti Corrado Mangione con prefazione di Ludovico Geymonat, Torino, Boringhieri. Logic and Philosophy in Italy. Some trends and perspectives. Essays in Honor of Corrado Mangione, Edoardo Ballo e Miriam Franchella, Polimetrica Publisher (raccolta di studi in onore di Corrado Mangione)  Emanuele Vinassa de Regny, «Corrado Mangione: breve storia di una lunga amicizia», in:  Logic and philosophy in Italy: some trends and perspectives. Essays in Honor of Corrado Mangione. Franco Prattico, «Pubblicate tutte le opere del grande logico austriaco» dalla Repubblica, articolo disponibile sul database SWIF dell'Bari.

 

Manfredi.  Liber de homine. Girolamo Manfredi (Bologna), filosofo. Sappiamo che il padre si chiamava Antonio, mentre i suoi fratelli si laurearono in diritto canonico ed ebbero notevoli incarichi. Nel 1453 era "studens in artibus" a Bologna, ma concluse gli studi a Ferrara e si laureò nel 1455. A Ferrara entrò in contatto con circoli umanistici. Insegnò logica a Bologna; entrò negli ordini minori e nel 1459 ebbe la tonsura.  Nel 1466 ottenne il dottorato in medicina all'Parma, continuando a insegnare a Bologna nel 1465–66. Continuò poi a insegnare varie materie a Bologna, fino alla morte. Riceveva un compenso superiore alla media ed è il docente più citato nei Libri partitorum. Esercitò l'astrologia e fu attaccato, fra gli altri, da Giovanni Pico della Mirandola (Disputationes adversus astrologiam divinatricem).  Collaborò con Cola Montano e Galeotto Marzio. Scrisse opere divulgative in volgare. La sua opera Il Perché fu un successo per secoli.  Opere Girolamo Manfredi, Tractato de la pestilentia, Bologna, Johann Schriber, 1478. 14 aprile . Girolamo Manfredi, Prognosticon anni 1490 [ita], Bologna, Bazaliero Bazalieri, 1489. 14 aprile . Girolamo Manfredi, Liber de homine [ita], Impressum Bononiae, Ugo Ruggeri, 1497. 14 aprile .  Girolamo Manfredi, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Girolamo Manfredi, su openMLOL, Horizons Unlimited srl.

 

Manicone: Michelangelo Manicone (Vico del Gargano), filosofo. Manicone è una delle personalità più caratteristiche del suo tempo della Capitanata.  Padre Michelangelo Manicone nacque a Vico del Gargano (Foggia) il 4 marzo 1745, ma la data, le circostanze e le cause della sua morte, fino a qualche anno fa, erano avvolte da una fitta nebbia comedel restomolti periodi della sua vita; tuttavia è stata stabilita come data di morte il 18 aprile 1810 nel convento di San Francesco ad Ischitella.  La  che lo riguarda è scarna e lacunosa, nonostante il fascino della sua persona e delle sue idee. Era definito il “monacello rivoluzionario” (a causa della sua bassa statura, che sembrerebbe di 1,40 m). La sua indole illuministica consisteva in una sete di sapere che non si placava con il dogmatismo, ma con l'esperienza diretta, lo studio approfondito dei fenomeni naturali e della scienza, un'osservazione empirica che poteva fornire una risposta valida e concreta alle varie problematiche e quindi un aiuto pratico all'uomo, al suo benessere e sviluppo, alla sua felicità. Ciò gli costò l'inimicizia di chi, seppur in pieno illuminismo, diffidava e demonizzava la scienza.  Lo sviluppo economico-sociale che teorizzava Padre Manicone consisteva in uno sviluppo connesso e, per certi versi, dipendente dall'ambiente, perché egli riteneva che la natura fosse una fonte primaria di ricchezza e la sua distruzione avrebbe potuto segnare la fine dello sviluppo.  Manicone può essere considerato un profeta dello sviluppo sostenibile, perché in pieno Settecento, quando le industrie erano inesistenti, ebbe un'ampiezza di vedute che gli consentì di prevedere le conseguenze disastrose che avrebbe portato l'uso improprio e scriteriato delle risorse naturali.  Le opere in cui Manicone tratta, tra gli altri, il tema dello sviluppo sostenibile, sono La Fisica Appula (cioè dell'Apulia) e La Fisica Daunica (cioè della Daunia, antico nome della Capitanata). Secondo il “monacello”, uno dei peggiori atti compiuti dall'uomo del suo tempo era la cesinazione selvaggia dei boschi garganici, un tempo rigogliosi, come anche attesto da Orazio nelle Epistole: «Garganum mugire putes nemus».  Manicone riferisce che il disboscamento del promontorio iniziò nel 1764, con il taglio “barbaro” dei pini nel territorio “Difesa” di Vico del Gargano e la cesinazione degli ischi ad Ischitella, talmente “furiosa” che, ad inizio Ottocento, l'Abate Longano denunciò la carenza di legna da ardere per gli ischitellani.  La causa di questo disboscamento fu la volontà di destinare i suoli a coltura, anche quelli non adatti a questo scopo e più utili al pascolo e alla produzione di legname, vista la “rocciosità” della terra sul promontorio del Gargano.  Manicone spiega anche la diminuzione della fauna selvatica nel Gargano, sempre dovuta alla cesinazione, che diminuiva i nascondigli per gli animali selvatici, e li rendeva più vulnerabili.  Ne “La Fisica Appula”, il frate dedica un intero libro al Mefitismo (insalubrità dell'aria) e alle cause che lo generano. Egli sostiene che l'inquinamento può avere cause naturali o accidentali (provocate dall'uomo), può essere anche indigeno (proprio della zona) o esotico (derivante da altre zone). Secondo il Manicone le principali cause accidentali del mefitismo erano:  1. Le condizioni igieniche precarie delle strade e delle abitazioni; 2. L'insana abitudine di depositare gli escrementi nelle strade; 3. La sepoltura dei  centro abitato (consuetudine abolita nel 1804 con l'Editto di Saint-Cloud, ma anticipata nel 1792 a Vico del Gargano da Pietro de Finis, che fece costruire il cimitero monumentale di San Pietro); 4. Il taglio dei boschi (invece gli alberi sono importanti perché emettono ossigeno e assorbono anidride carbonica). Lo studio del frate sul territorio garganico fu talmente minuzioso da fargli notare un mutamento climatico dalla metà del Settecento all'Ottocento; in alcune zone del Gargano, ci furono sbalzi di temperatura che provocarono un sensibile calo di precipitazioni nevose e mitigarono parecchio gli inverni. Secondo il Manicone, la causa è attribuibile al disboscamento iniziato nel 1764: il taglio delle foreste avrebbe consentito al sole di riscaldare prima e maggiormente i suoli e soprattutto non avrebbe bloccato i venti provenienti da Nord e da Sud, quindi le zone meridionali rispetto alle alture garganiche si sarebbero raffreddate a causa dell'arrivo della Tramontana da Nord, mentre nel Gargano settentrionale sarebbero arrivati maggiormente i venti caldi del Sud. Un rimboschimento avrebbe reso più fertili le terre coltivabili, ma Manicone stesso, dopo aver dato questo suggerimento, esprime la consapevolezza di “aver cantato ai sordi”.  Viaggiò molto per l'Europa, studiando Medicina a Vienna e a Berlino, Scienze Fisiche a Londra e Scienze Naturali a Bruxelles.  È noto soprattutto per il suo trattato, La Fisica Appula (1806), un'opera di cinque tomi, in cui analizza le caratteristiche fisiche delle terre di Puglia e soprattutto del Gargano.  Al Manicone è intitolato il Centro Studi e Documentazione del Parco Nazionale del Gargano sito presso il Convento di San Matteo a San Marco in Lamis.  Descrizione di Vico Del Gargano nella Fisica daunica Al tempo di Manicone la popolazione vichese era di 6131 abitanti, circa lo stesso numero di residenti effettivi attuali. L'area abitata era più ristretta e consisteva nel nucleo originario (Casale, Civita e Terra) e i quartieri nuovi di San Marco, Carmine, la Misericordia e Fuoriporta. L'incuria delle istituzioni si manifestava nella scarsa attenzione verso l'igiene delle acque del Casale (quartiere affollatissimo), originariamente buone e dolci ma inquinate dall'incuria generale; anche le strade strette e ombrose della Civita erano soggette ad abbandono e perennemente sporche. Soltanto i quartieri nuovi erano larghi, puliti e soleggiati.  Le Istituzioni mancavano anche laddove era necessario rendere più agevole il lavoro dei contadini e dei pastori vichesi, costruendo strade per diminuire gli ostacoli a cui erano sottoposti quotidianamente questi uomini quando si recavano nelle loro campagne, poste spesso in profonde valli o zone impervie.  La popolazione vichese era laboriosa e onesta e non c'erano grandi disuguaglianze economiche, tuttavia Manicone descrive i suoi compaesani come barbari e incivili, infatti non hanno riguardo per l'ambiente, ad esempio i pastori lasciano distruggere dalle loro bestie le pianticelle fruttifere e le vigne, sono dediti all'alcol e spesso ciò li porta a risse feroci.  Le donne sono laboriose come gli uomini e sempre gentili, il frate però critica fortemente l'usanza vichese, e delle donne dei paesi del Sud in generale, di urlare e strepitare ai funerali, di portare il lutto a vita e di vestire sfarzosamente i defunti; il primo comportamento denota la selvatichezza della popolazione, il secondo uso può essere anti-economico e negativo per la società e il terzo è uno spreco di denaro, dato in pasto ai vermi.  Un difetto presente in tutte le abitazioni vichesi dell'epoca era il forno in casa, che poteva provocare incendi domestici e inquinare l'aria interna.  Dopo il 1764 a Vico molti boschi furono tagliati per lasciare spazio ai campi di grano, ma ciò fu improduttivo economicamente e causò lo smottamento dei terreni in pendenza, non più trattenuti dalle radici delle piante. Nella raccolta dell'ulivo, i vichesi distruggevano gli alberi, picchiando forte con i bastoni per far cadere le olive; questa errata abitudine provocava la mutilazione della pianta e una maggiore esposizione al freddo, e conseguentemente minori raccolti per gli anni successivi.  Per Manicone, il mancato sviluppo del Gargano era da imputare anche alla pigrizia e indolenza dei suoi abitanti, che non erano capaci di valorizzare i loro prodotti (olive, agrumi, vino, fichi, etc.) e talvolta acquistavano prodotti meno pregiati e ad alto prezzo da altre regioni.  Al fine di comprendere come le istituzioni del tempo fossero distanti dalle reali necessità della popolazione, è interessante la situazione che riguardò l'uso delle acque di Canneto, infatti veniva impedito ai vichesi (anche con la forza) di utilizzare l'acqua per l'irrigazione dei campi, perché avrebbero disturbato l'attività di un mulino sito nel territorio di Rodi Garganico. Il giudice diede ragione ai rodiani ma, per fortuna, questa sentenza ingiusta e ingiustificata fu annullata dalla Regia Camera.  Dalla lettura di alcune pagine delle opere di padre Michelangelo Manicone è emerso che, pur cambiando i tempi, gli usi, le risorse a disposizione, le conoscenze e le attività, l'uomo garganico (e non solo) viveva e produceva nell'ottica del profitto immediato, sottovalutando gli effetti che avrebbero potuto causare i suoi comportamenti errati nella vita della futura comunità.  Opere di Michelangelo Manicone.

 

Mannelli: Filippo Amantea Mannelli (Grimaldi), filosofia. Nato nel 1878 in un paese del Cosentino, Grimaldi, frequentò il ginnasio a Cosenza. Successivamente si trasferì con la famiglia prima ad Aosta, dove terminò gli studi liceali, e poi a Roma per intraprendere gli studi di giurisprudenza. Nella capitale s'interessò sempre più al mondo politico e dopo la laurea, conseguita con il massimo dei voti, ritornò a Cosenza e nel 1914 venne eletto Consigliere Provinciale.  Nel 1915, proprio in qualità di membro del consiglio provinciale, si adoperò in prima persona per arricchire e promuovere l'ampliamento della Biblioteca Provinciale di Cosenza  Letterato e poeta prolifico (la cui opera più importante è la poesia Come le nuvole), si dedicò in tempi e con modi diversi all'attività di approfondimento e divulgazione. Nel 1932 firmò una traduzione (in seguito ampiamente citata e riutilizzata) dal tedesco della Xenia di Goethe.  Fu saggista e redattore; negli anni cinquanta Professorefu tra i maggiori contributori della più importante rivista di arti e lettere della regione, la Calabria Letteraria.  Fu per più di una decade, dal 1952 alla sua morte, presidente eletto dell'Accademia Cosentina, l'istituzione accademica calabrese che vanta un'esistenza plurisecolare e che nel XVI secolo ebbe come presidente Bernardino Telesio.  Opere Filippo Amantea Mannelli, Inaugurandosi il monumento al caduti grimaldesi: scultura di Duilio Cambellotti[collegamento interrotto], Reggio Calabria, Editore Il Giornale di Calabria, 1927. Johan Wolfgang Goethe, traduzione metrica: Filippo Amantea Mannelli, Xenien (traduzione in italiano)[collegamento interrotto], Roma [Leipzig], Paravia, 1932 [1871]. Filippo Amantea Mannelli, Le storiche Terme Luigiane : passato-presente-futuro, Cosenza, Cronaca di Calabria, 1960. Filippo Amantea Mannelli, L'Accademia Cosentina nella sua storia secolare e nell'oggi, Cosenza, Tip. Vincenzo Serafino, 1954. Note  Biografia di Filippo Amantea Mannelli in Calabriaonline.com  Michele Chiodo, L'Accademia cosentina e la sua biblioteca. Società e cultura in Calabria.  Xenia Edizione Paravia[collegamento interrotto].  Anna Vincenza Aversa, Dopoguerra calabrese: cultura e stampa, 1945/79, Editore Pellegrini, Catanzaro, 1932.  Accademia Cosentina Biblioteca Civica di Cosenza Goethe  Poesia "Mamma" da "Come le nuvole” su Grimaldi2000 Grimaldesi da ricordare, su digilander.libero.it. Biografia di Filippo Amantea Mannelli in Calabriaonline.com

 

Mantovani: Mauro Mantovani (Moncalieri), filosofo. Consegue il dottorato di ricerca in filosofia, ecclesiastico e civile, ed il dottorato in Teologia presso la Pontificia Università San Tommaso D’Aquino "Angelicum" nel . È Professore di Filosofia Teoretica . Decano della Facoltà di Filosofia della UPS dal 2006 al , dal  al  è stato Decano della Facoltà di Scienze della Comunicazione sociale della UPS, e dal  è Rettore della Università Pontificia Salesiana.  Altre attività Da ottobre  è Presidente della Conferenza dei Rettori delle Università ed Istituzioni Pontificie Romane (CRUIPRO). Dal  è Accademico Ordinario della Pontificia Accademia San Tommaso D’Aquino. È vicepresidente della Società Internazionale Tommaso D’Aquino (S.I.T.A.). Nel  è stato insignito del Premio Mediterraneo “Portatore di Pace”.  Posizioni Gli ambiti delle sue ricerche spaziano sulla Filosofia della Storia, l'Ontologia, la Teologia filosofica, e loro rapporti con la scienza. Ha compiuto studi sulla storia del tomismo, in particolare sulla seconda scolastica spagnola. È uno dei maggiori studiosi e conoscitori del realismo dinamico e delle opere del filosofo Tommaso Demaria.  Opere Fede e ragione: opposizione, composizione? / Mauro Mantovani, Scaria Thuruthiyil, Mario Toso, Roma , LAS, 1999,  8821304124. Quale globalizzazione? : l'uomo planetario alle soglie della mondialità / Mauro Mantovani, Scaria Thuruthiyil, Roma, LAS, 2000,  8821304396. Eleos: l'affanno della ragione: fra compassione e misericordia / Maurizio Marin e Mauro Mantovani, Roma, LAS, 2002,  882130504X. Sulle vie del tempo. Un confronto filosofico sulla storia e sulla libertà, Roma, LAS, 2002,  88-213-0483-3. Paolo VI: fede, cultura, università / Mauro Mantovani e Mario Toso; con la collaborazione di Teresa Greco, Giuseppe R. M. Motta e Oliviero Riggi, Roma, LAS, 2003,  8821305333. An Deus sit (Summa Theologiae I, q. 2). Los comentarios de la «primera Escuela» de Salamanca, Salamanca 2007; Fede, cultura e scienza / Mauro Mantovani e Marilena Amerise; con la collaborazione di Tomasz Trafny , Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2008,  8820978806. Didattica delle scienze: temi, esperienze, prospettive / Cristián Desbouts e Mauro Mantovani, Città del Vaticano: Libreria editrice vaticana, ,  9788820983901. La discussione sull’esistenza di Dio nei teologi domenicani a Salamanca dal 1561 al 1669. Studio sui testi di Sotomayor, Mancio, Medina, Astorga, Báñez e Godoy, RomaSalamanca ,  9788482602554. Oltre la crisi: prospettive per un nuovo modello di sviluppo: il contributo del pensiero realistico dinamico di Tommaso Demaria / Mauro Mantovani, Alberto Pessa, Oliviero Riggi (a cura), Roma, LAS, ,  978-88-213-0808-6. Momenti del logos: ricerche del "progetto LERS" (logos, episteme, ratio, scientia) : in memoria di Marilena Amerise e di Marco Arosio / Flavia Carderi, Mauro Mantovani, Graziano Perillo, Roma, Nuova cultura, ,  9788861347656. Per una finanza responsabile e solidale: problemi e prospettive / Massimo Crosti e Mauro Mantovani, Roma, LAS, ,  9788821308826. Una ricognizione sulla Summa Theologiae di Tommaso d'Aquino / Mauro Mantovani, in Un pensiero per abitare la frontiera: sulle tracce dell'ontologia trinitaria di Klaus Hemmerle / P. Coda, A. Clemenzia, J. Tremblay (edd.), RomaIncisa Valdarno, Città NuovaIstituto universitario Sophia, ,  9788831133920 Traduzioni, curatele e commenti Lorenzo Cretti , La quarta navigazione: realtà storica e metafisica organico-dinamica/Prefazione prof. Mauro Mantovani e Postfazione del prof. Mario Toso, Associazione Nuova Costruttività -Tipografia Novastampa, Verona, 2004. Francisco de Vitoria, Sul matrimonio (Introduzione, traduzione e commento di M. Mantovani), Roma, ,  8854887862. Scritti teologici inediti. Tommaso Demaria; Mauro Mantovani e Roberto Roggero, Roma,Editrice LAS, .  978-88-213-1278-6. Note  Universidad Pontificia de Salamanca, su upsa.es. 2 novembre .  Pontifical University of Saint Thomas Aquinas, su Angelicum. 2 novembre .  AVEPRO, su avepro.glauco.it. 2 novembre .  L’Università Salesiana, un servizio per l’educazione e la comunicazioneLa Stampa, su lastampa.it, 2 marzo . 2 novembre .  Autorità accademiche, su UNISAL. 2 novembre .  «Il nostro impegno per la “civiltà dell’amore”. Come vuole don Bosco»La Stampa, su lastampa.it, 3 settembre . 2 novembre .  CRUIPROConferenza Rettori delle Università e Istituzioni Pontificie Romane, su cruipro.net. 2 novembre .  redazione, Nuovi accordi di cooperazione interuniversitaria, su FarodiRoma, 28 giugno . 2 novembre .  Pontificia Accademia di S. Tommaso D'Aquino, su cultura.va. 2 novembre .  Direttorio, su S.I.T.A.. 2 novembre .  PREMI MEDITERRANEO, su fondazionemediterraneo.org. 2 novembre .  A DON MAURO MANTOVANI IL PREMIO MEDITERRANEO "PORTATORE DI PACE" . 2 novembre .  Young4Young, Mauro Mantovani, “Vita tua, vita mea”: l'insegnamento di Tommaso Demaria è più che mai attuale [collegamento interrotto], su Young4young. 2 novembre .  Fondazione Adriano Olivetti, su fondazioneadrianolivetti.it.

 

Marassi: Massimo Marassi (Cardano al Campo), filosofo. Allievo di Melchiorre, si è laureato a  Milano con una tesi sulla differenza ontologica in Martin Heidegger, sotto la direzione di Melchiorre e con la correlazione di Gustavo Bontadini. Ha discusso una tesi di dottorato dal titolo Il profilo della presenza. Heidegger e il regno della pluralità, elaborata sotto la supervisione di Melchiorre e Grassi. Insegna filosofia a Milano. Ha coordinato l'edizione dell'Enciclopedia filosofica (Bompiani, Milano 2006). Dal  è Direttore del Dipartimento di Filosofia dell'Università Cattolica di Milano. Dal  dirige la Rivista di filosofia neo-scolastica.  Dirige per la casa editrice AlboVersorio la collana Epoche ed è membro del comitato scientifico del festival La Festa della Filosofia.  PSi è occupato di storia dell'umanesimo (Bruni, Alberti, Vico), della neoscolastica tedesca (Rahner, Lotz), di ermeneutica (Schleiermacher, Heidegger, Grassi, Gadamer), di filosofia trascendentale (Kant), del pensiero postmoderno. I temi della sua ricerca ruotano attorno a tre temi principali: la riflessione sui modelli storico-teorici della filosofia della storia, l'interpretazione dell'umanesimo italiano in riferimento alla dimensione storica e morale, l'analisi della fondazione trascendentale del sapere.  Opere principali: “Ermeneutica della differenza. Saggio su Heidegger, Vita e Pensiero, Milano, Edizione italiana di Friedrich D.E. Schleiermacher, Ermeneutica, Rusconi, Milano, Bompiani, Milano; Edizione italiana di Immanuel Kant, Critica del giudizio, Bompiani, Milano 2004, n.e. riveduta e ampliata  Metafisica e metodo trascendentale. Johannes B. Lotz e la struttura dell'esperienza, Vita e Pensiero, Milano;  Metamorfosi della storia. Momus e Alberti, Mimesis, Milano/ Coordinamento generale e direzione redazionale della Enciclopedia filosofica, Bompiani, Milano. Pagina Docente dell'Università Cattolica, su docenti.unicatt.it.

 

Marchesini: Giovanni Marchesini (Noventa Vicentina), filosofo. Esponente del positivismo.  Alievo di Roberto Ardigò, il maggiore esponente del positivismo filosofico italiano , Giovanni Marchesini fu docente all'Padova ove insegnò filosofia morale e pedagogia . Condirettore con Enea Zamorani, dal 1899, della Rivista di Filosofia Pedagogia e Scienze Affini, che nel 1901 mutò il nome in Rivista di Filosofia e Scienze affini, ne divenne poi direttore nel 1904 e proprietario l'anno successivo, fino alla chiusura della pubblicazione nel 1908 . Diresse, anche, un Dizionario delle scienze pedagogiche, edito dalla Società Editrice Libraria di Milano nel 1929 . Tra i suoi numerosi scritti, oltre ad opere di filosofia, psicologia e pedagogia, anche diversi manuali per le scuole. Tradusse, inoltre, un testo del filosofo empirista britannico John Locke Pensieri sull'educazione, edito da Sansoni nel 1922 e più volte ristampato .  Morì a Padova, a circa sessantatré anni, nel 1931.  Opere (selezione) Il problema della vita, Montagnana, Tip. di A. Spighi, 1889. Saggio sulla naturale unità del pensiero, Firenze, Sansoni, 1895. Elementi di psicologia ad uso dei licei tratti dalle opere filosofiche del prof. Roberto Ardigò, Firenze, Sansoni, 1895. Elementi di logica secondo le opere di R. Ardigò, St. Mill, A. Bain ecc., prefazione di Roberto Ardigò, Firenze, Sansoni, 1896. Elementi di morale, ad uso anche dei licei, secondo le opere degli scienziati moderni, prefazione di Roberto Ardigò, Firenze, Sansoni, 1896. La crisi del positivismo e il problema filosofico, Torino, F.lli Bocca, 1898. Le amicizie di collegio (con prefazione di E. Morselli e in collaborazione col Dott. Obici), Roma, Società Ed. "Dante Alighieri ", 1898. Elementi di pedagogia : Con un'appendice di cento scelte citazioni, Firenze, Sansoni, 1899. Doveri e diritti : ad uso delle scuole tecniche e complementari, Milano-Palermo, R. Sandron, 1900. La teoria dell'utile : principi etici fondamentali e applicazioni, Milano-Palermo, R. Sandron, 1900. Il Simbolismo nella conoscenza e nella morale, Torino, Fratelli Bocca Editori, 1901. Il dominio dello spirito, ossia Il problema della personalità e il diritto all'orgoglio, Torino, F.lli Bocca, 1902. Corso sistematico di pedagogia generale , Torino, Paravia, 1907. Il principio della indissolubilità del matrimonio e il divorzio, Padova-Verona, Fratelli Drucker, 1902. Elementi di logica, ed. interamente rifusa, Firenze, Sansoni, 1905. Disegno storico delle dottrine pedagogiche, Roma, Athenaeum, 1913. La dottrina positiva delle idealità, Roma, Athenaeum, 1913. L'educazione morale, Milano, F. Vallardi, 1914. I problemi fondamentali della educazione, 2ª ed. riveduta e ampliata, Torino, Paravia, 1922. I problemi dell'Emilio di G. G. Rousseau, Firenze, R. Bemporad e Figlio, 1925. La finzione dell'educazione o la pedagogia del Come se, Torino, Paravia, 1925. L'educazione del soldato, con 50 problemi per esercitazioni, Firenze, Ed. La Voce, 1925. Il problema della scienza nella storia delle scienze : per i licei scientifici, Milano, Signorelli, 1927. Dizionario delle scienze pedagogiche : opera di consultazione pratica con un indice sistematico, direttore Giovanni Marchesini, collaboratori: Antonio Aliotta, Giuseppe Aliprandi e altri, Milano, Soc. Edit. Libraria, 1929. Note  Vedi Treccani.it L'Enciclopedia Italiana. Riferimenti in .  Vedi il testo di Mariantonella , citato in 20.  Ultima ristampa: Firenze, Sansoni, 1968.  Mariantonella , Giovanni Marchesini e la «Rivista di filosofia e scienze affini». La crisi del positivismo italiano, Collana di filosofia, Franco Angeli, .  Roberto Ardigò Positivismo Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Giovanni Marchesini Collabora a Wikiquote Citazionio su Giovanni Marchesini  Marchesini ‹-ʃ-›, Giovanni la voce nella Treccani.it L'Enciclopedia Italiana. F

 

Marchesini: Roberto Marchesini (Bologna), filosofo. Cardine della sua proposta filosoficariconducibile, seppur con caratteristiche proprie, alla più ampia corrente del Post-humanè lo smascheramento di quell'errore prospettico che pone l'uomo al centro e a misura dei suoi predicati.  «Comincerò il mio viaggio dal prato più bello, quello che l'aria non abbandona un istante, il sole vi si intrappola da splendere pur di notte ed i profumi vergini coesistono con quelli gravidi. È qui che il dio Pan cadde la notte dei tempi, da qui iniziò il suo girovagare incerto, all'unico desiderio d'amare»  (R. Marchesini, Il dio Pan16)  Indice 1 Formazione 2 Ricerche di entomologia ed etologia cognitiva 3 Bioetica e diritti animali 4 Zooantropologia 5 Etologia filosofica 6 Post-human 7 Narrativa 8 Progetti esteri 9 Collaborazioni editoriali 10 Note 11 Opere scelte 11.1 Bioetica, diritti animali, pedagogia e scienze cognitive 11.2 Zooantropologia 11.3 Etologia filosofica 11.4 Posthuman 11.5 Arte 11.6 Narrativa 12 Altri progetti 13 i   Formazione Da sempre affascinato dalla natura e, in particolare, dal regno animale, consegue la laurea in Medicina Veterinaria presso l'Bologna nei primi anni ottanta.  Ricerche di entomologia ed etologia cognitiva Parallelamente agli anni di formazione universitaria, spinto da un forte interesse verso il comportamento animale, stringe una feconda collaborazione e amicizia con l'etologo Giorgio Celli, con il quale inizia a indagare le interazioni sociali degli imenotteri. Per cinque anni conduce ricerche “sul campo” e, con l'ausilio della macrofotografia, è in grado di immortalare quegli attimi di vita animale altrimenti nvisibili all'occhio nudo: rituali di corteggiamento, di accoppiamento e di trofallassi tra gli insetti che diventeranno il viatico per tutta la sua ricerca futura.  Nei suoi studi di entomologia approfondisce l'analisi dei sistemi feromonali che saranno tema di alcune pubblicazioni e della successiva ricerca sul comportamento e sul benessere animale. Nella seconda metà degli anni ottanta, sotto la guida del professor Franco Pezza, dell'Università degli Studi di Milano, studia i metodi di allevamento, i parametri di benessere nelle aziende zootecniche, i fattori di incidenza del rischio in zootecnia, le modalità di individuazione dei sinistri, pubblicando alcuni lavori sulla medicina veterinaria delle assicurazioni.  Inizia così la sua collaborazione con diversi atenei sui temi del comportamento animale, tenendo corsi e master di etologia applicata e medicina comportamentale. Alla metà degli anni novanta entra nel Consiglio Direttivo della Società di Scienze Comportamentali Applicate (SISCA) di cui diverrà Presidente focalizzando la propria attenzione sul comportamento degli animali domestici, sugli stili di relazione interspecifica, sui problemi e sulle patologie comportamentali. Osservando sul campo le espressioni comportamentali e i processi di apprendimento degli animali, inizia a considerare anacronistici e contraddittori i modelli esplicativi tradizionali.  In sintesi, quello che Marchesini propone nel panorama delle scienze cognitive è un superamento dei tre modelli interpretativi al comportamento animalequello behaviorista, quello etologico classico e quello antropomorficoin virtù di un modello mentalistico unitario (un'unità necessaria che la mente, come fenomeno unico, richiede), che valga sia per i processi consapevoli che inconsapevoli e che descriva espressione e apprendimento in termini elaborativi dell'informazione, sistemici o composizionali dellecomponenti, solutivi e non reattivi, evolutivi e relazionali nella realizzazione ontogenetica. Questo porterà alla pubblicazione di tre testi dal forte impatto innovativo: Intelligenze plurime (2008) e Modelli cognit ivi e comportamento animale () ed Etologia cognitiva. Alla ricerca della mente animale ()  Gli assunti di base della proposta di Marchesini sono i seguenti:  il soggetto è immerso in un campo di possibilità filogenetiche che definiscono il tipo di intelligenza propensionale o specie-specificada cui l'idea di pluralità cognitiva dove le diverse intelligenze sono comparabili ma non commensurabili; il processo ontogenetico di costruzione dell'identità si realizza grazie alle dotazioni innate, che ricche di virtualità evolutive, possono essere organizzate in una molteplicità di modida cui l'idea di rapporto dimensionale o direttamente proporzionale di innato e appreso; l'espressione del soggetto è sempre proattiva, mossa cioè da un obiettivo, e quindi frutto di una condizione problematica che il soggetto cerca di risolvere attraverso ricette solutive fino al raggiungimento dell'obiettivoda cui il superamento del concetto di rinforzo. Vi è quindi una ridefinizione della soggettività animale, come possesso del suo qui e ora, e come capacità di mettere in dialogo tutte quelle istanze (ontogenetiche e filogenetiche) che gli appartengono nella sua relazione con il mondo. Bioetica e diritti animali Alla fine degli anni ottanta si iscrive alla facoltà di Lettere e Filosofia dell'Bologna, con l'intento di sondare il rapporto uomo-natura da una prospettiva pedagogico-filosofica.  In questi anni inizia a portare nelle scuole percorsi progettati appositamente a misura di bambini per permettere loro di conoscere la varietà del mondo animale evitando letture antropomorfiche, quelle viziate, ad esempio, dai sedimentati repertori culturali. È in questi anni che avviene uno degli snodi cardine nell'attività di Marchesini: egli si accorge che le potenzialità che è in grado di esprimere il binomio bambinoanimale (o più in generale uomoanimale) è da ricercarsi non nella performatività quanto piuttosto nelle dinamiche che la relazione, unica e irripetibile, è in grado di generare. L'animale coinvolto nelle attività didattiche non è più un oggetto dal quale attingerequasi fosse una fonte miracolosaelementi benefici al percorso formativo del bambino, ma è nel suo essere soggetto e capace di stipulare un patto con il proprio interlocutore che lo fa divenire elemento imprescindibile di ogni percorso formativo.  L'esperienza condotta all'interno delle scuole porta Marchesini alla stesura del volume Natura e pedagogia (1996), inizialmente nato per divenire la sua tesi di laurea, ma pubblicato prima della conclusione degli studi umanistici. Le attività con i bambini lo conducono in tutta Italia portando in evidenza due aspetti:  il divorzio che si è andato realizzando tra l'uomo e le altre specie nella cultura contemporanea, con bambini che non sono in grado di relazionarsi con gli animali e spesso nemmeno conoscono le specie domestiche; la svalutazione degli animali e l'incapacità della società contemporanea di avere consapevolezza dell'importanza della relazione con le altre specie per lo sviluppo della personalità. Per Marchesini la svalutazione operata dalla società contemporanea parte dalla perdita di quel rapporto di convivenza e di ospitalità che viceversa ancora caratterizzava la cultura rurale. Nasce così il Concetto di soglia (1996) che esprime il bisogno di uscire dalla dicotomia novecentesca dell'antropomorfismo e della reificazione dell'eterospecifico. Temi già affrontati in due saggi precedenti, Animali di città (1997), critico verso l'antropomorfizzazione degli animali da compagnia, Oltre il Muro (1993), critico verso la reificazione dei cosiddetti animali da utilità. Sono gli anni in cui riflette sul pensiero animalista e sulla bioetica animale fondando, insieme a colei che diventerà la sua storica collaboratrice, Sabrina Golfetto, la casa editrice Apeiron con lo scopo di creare un luogo dove ospitare riflessioni e dibattiti su tali tematiche. Sono gli anni in cui abbraccia, senza più abbandonarlo, il vegetarianesimo e dà vita assieme a Luisella Battaglia e a Margherita Hack a un'intensa attività convegnistica che confluirà nella collana Quaderni di bioetica di cui sarà direttore. Nel  sostituisce Leonardo Caffo, che ne era stato fondatore e primo direttore, nella direzione di Animal Studies: Rivista Italiana di Antispecismo.  Nel maggio  esce per le Edizioni Sonda Contro i diritti degli animali? Proposta per un antispecismo postumanista. Il saggio affronta il tema dello specismo passando in rassegna le incongruenze e le incoerenze nascoste nelle maglie di un dibattito filosofico e culturale che pretende di sospendere l'antropocentrismo, rimanendo all'interno di una cornice umanistica. Il testo vede i commenti finali di Stefano Rodotà, Boria Sax, Luigi Lombardi Vallauri e Ubaldo Fadini.  Zooantropologia Negli anni novanta, porta la neonata zooantropologia in Italia, disciplina all'interno della quale compie una sistematizzazione sia a livello teorico, accanto alle antropologhe Eleonora Fiorani e Sabrina Tonutti, sia a livello applicativo con la delineazione di protocolli operativi nelle aree educative e assistenziali.  Per ciò che concerne la zooantropologia teorica, l'ipotesi di fondo proposta da Marchesini, e riconducibile alla sua teoria della zootropia, è che gli animali nel corso della storia non abbiano funto solo da produttori di prestazioni o di collezioni di modelli da imitare ma altresì da alterità referenziale nei processi antropopoietici. Marchesini sviluppa il concetto di "referenza animale", inteso come contributo di cambiamento offerto all'uomo dalla relazione con l'eterospecifico.  Per Marchesini, per esempio, gli uccelli non hanno insegnato all'uomo l'arte di volareil modo di realizzare questa attivitàma gli hanno ispirato la dimensione esistenziale del volare. Per Marchesini i predicati umanicome la danza, la musica, la cosmesi, la tecnicavanno considerati come frutti ibridi, esito cioè dell'incontro relazionale con le altre specie. Il motore della cultura umana è quindi per Marchesini rintracciabile nell'incontro con l'alterità animale che, nella forma di una vera e propria epifania, è stato capace di re-direzionare l'uomo lontano dal suo centro filogenetico e dalla sua solipsia di specie dando vita a nuove possibilità esistenziali.  Per ciò che concerne la zooantropologia applicata, opera una trasformazione in alcuni settori delle attività di relazione con gli animali, dalla pet therapy alla pedagogia cinofila, impostando i "protocolli dimensionali", vale a dire individuando nel rapporto delle dimensioni di relazione, ciascuna dotata di specificità sia di ordine relazionale che referenziale. In pet therapy lavorare secondo l'approccio dimensionale significa evitare l'incontro generico tra un paziente e un animale ma individuare le dimensioni di relazione che sono utili al fruitore secondo i suoi bisogni specifici e renderle operative attraverso attività specifiche.  Allo scopo di formare nuovi operatori in grado di lavorare secondo i protocolli dimensionali nel 1997 fonda, sempre assieme a Sabrina Golfetto, SIUA (Scuola di Interazione Uomo-Animale) con sede a Bologna.  Nel 2002 si fa co-promotore di Carta Modena (Carta dei Valori e dei Principi della Pet-Relationship) che riceve il patrocinio del Ministero della Salute. Il documento mira a tutelare, all'interno del panorama della attività assistite dagli animali (A.A.A.) sia il fruitore, il benessere dell'animale coinvolto e il principio relazionale che dal binomio scaturisce.  Etologia filosofica Nel  Roberto Marchesini pubblica Etologia filosofica. Alla ricerca della soggettività animale con il quale inaugura la riflessione ontologica sul carattere di soggettività animale, vale a dire su che cosa differenzia un oggetto da un essere vivente. Nel testo Marchesini rilegge l'ontologia animale in termini di "desiderio". Essere animale significa prima di tutto "essere desiderante", una condizione di non-equilibrio che rende gli animali protagonisti de loro divenire nonché capaci di definire il corso della filogenesi di specie.  L'etologia filosofica diviene ben presto un campo di ricerca entro il quale Roberto Marchesini e altri autori (in modo particolare la filosofa belga Vinciane Despret e l'etologo francese Dominique Lestel) dialogano allo scopo di ridefinire i contorni di ciò che intendiamo con essere animale.  Post-human Sempre negli anni novanta, inizia la ricerca filosofica di Marchesini che va a innestarsi nella costellazione di studi definita come post-human.  È di questo periodo la collaborazione con studiosi come Antonio Caronia e Roberto Terrosi nella direzione di una ridefinizione dell'umano quale entità ibrida, puntualizzato nel dettato di Marchesini che vede l'uomo non più misura del mondo ma nemmeno misura di se stesso. In tale corrente filosofica ci sono per Marchesini le giuste premesse per poter articolare la propria riflessione in quanto il concetto di alterità nel progetto post-human assume un significato molto più vasto, abbracciando di fatto le entità non umane animali e macchiniche.  Collabora con la rivista Virus diretta da Francesca Alfano Miglietti, inaugurando una nuova estetica basata sull'ibrido come manifestazione contemporanea del sublime. In tale luce il Manifesto del Teriomorfismo postulato da Marchesini rappresenta il documento attraverso il quale gli artisti rifiutano il dettato antropocentrico e riconoscono la natura ibrida di ogni processo creativo.  All'interno di tale campo d'indagine Marchesini sancisce il sodalizio con l'artista tedesca Karin Andersen che porterà alla pubblicazione di Animal Appeal (2003) e a una feconda collaborazione che travalica i campi disciplinari e rivela ancora una volta i debiti che la cultura, in questo caso l'arte, ha contratto con le alterità.  Nel 1998 conosce Alfredo Salsano, storico, sociologo ed editor della casa editrice Bollati Boringhieri, che affascinato dal lavoro di Marchesini decide di pubblicare un primo saggio sul rapporto tra bios e techne dal titolo La fabbrica delle chimere (1999), testo che si pone a cavallo tra le precedenti esperienze in zooantropologia e bioetica e la nuova riflessione postumanistica.  Nel 2002 esce Post-human. Verso nuovi modelli di esistenza, testo corposo, concettualmente denso e dalla molteplicità di riferimenti, che ha suscitato un grande dibattito nel mondo accademico portando il suo autore a divenire punto di riferimento per ogni ricognizione che vada ad indagare i rapporti che intercorrono tra vivente (sia esso umano o animale) e tecnica. Sempre nel medesimo anno fonda Il Centro Studi Filosofia Postumanista allo scopo di promuovere e sviluppare in Italia le tematiche legate al post-human da diverse prospettive, arte, letteratura, cinema, new media, formazione.  Innumerevoli saranno poi le pubblicazioni sul pensiero postumanista, che vedranno nel 2009 la pubblicazione del saggio Il tramonto dell'uomo. Inoltre, traduce, cura e scrive la postfazione dell'edizione italiana del testo The Companion Species Manifesto (2003) della filosofa americana Donna Haraway.  Il 30 luglio  esce per Mimesis Epifania animale. L'oltreuomo come rivelazione nel quale Marchesini evidenzia come la cultura non vada pensata in modo antropocentrico come l'esito autarchico di un processo creativo interamente svolto dall'uomo, pur avvalendosi di materiale zoomorfo, ma come una rivelazioneepifaniaispirata dal non umano.  Nel  Roberto Marchesini torna in libreria con un volume interamente dedicato al rapporto tra bios e tecnica, Tecnosfera. Proiezioni per un futuro postumano (Castelvecchi). Il libro rilegge il connubio tra essere umano e tecnologia come una partnership emersa dal corredo filogenetico della specie Sapiens, mettendo in luce le potenzialità ibridatrici e plasmatrici della tecnologia. Da questa prospettiva, ogni invenzione, ogni scoperta, ha un effetto epifanico; apre, cioè, una nuova dimensione di imprevisto e di opportunità che modifica i confini e la percezione di ciò che definiamo umano.  Narrativa Il mondo degli insetti così minuziosamente osservato negli anni ottanta, risulta essere particolarmente evocativo anche da un punto di vista estetico e narrativo tant'è che nel 1988 Marchesini dà alla luce la raccolta di racconti lirici Il dio Pan, frutto in parte anche delle osservazioni compiute tra gli imenotteri.  Nei brevi racconti dedicati al dio agreste della mitologia greca, Marchesini cerca di sfatare il mito di una natura, da un lato meccanicistica (mera esecutrice dei dettami della genetica) e dall'altro lato bucolica e idealizzata che nulla o poco rappresenta ciò che l'autore mira ad affrescare: una natura reale, un mondo del vivente a volte crudele ma in grado di interconnettere profondamente tutti i suoi abitanti: la preda e il predatore, la cavalletta e la mantide. Il testo, recepito positivamente dall'ambiente culturale bolognese, porta Marchesini a stretto contatto con il poeta Roberto Roversi, altra figura che influenzerà profondamente la sua attività futura portandola a spingersi in plurimi territori e a cavallo di numerosi discipline: dalla narrativa alla poesia, passando per la filosofia.  Nel 1998 pubblica il romanzo Uscendo da Lauril mentre nel 2000 la raccolta di racconti Specchio animale che ospita la postfazione del poeta e scrittore Francesco Leonetti. Con la pubblicazione di Uscendo da Lauril in particolare, Marchesini intraprende l'esperimento di trasferire sul piano narrativo le evocazioni postumanistiche partendo dalla poetica cyber-punk. In entrambi i lavori è possibile ritrovare quegli elementi che contraddistinguono la speculazione filosofica di Marchesini: la dialettica tra identità alterità, il rifiuto di qualsiasi mito della purezza originaria e di ogni forma di antropocentrismo.  Il 14 novembre  esce per la casa editrice Mursia Ricordi di animali, l'autobiografia di Marchesini volta a raccogliere la storia di vita dell'etologo osservata tramite la lente dei numerosi animali che ne hanno scandito le tappe fondamentali.  Nel  è invece la volta de La filosofia del giardiniere, pubblicato dalla Graphe edizioni nella collana Parva. Il libro è composto di due parti, nella prima il lettore è condotto dalle parole a passeggiare nel giardino, novello atelier darwiniano, con stupore e riverenza. Nella seconda sono le immagini di alcuni giardini del mondo a far continuare la riflessioni sulla cura, portate avanti da Marchesini.   Roberto Marchesini nel Centro Studi di Galliera (Bologna) Progetti esteri Roberto Marchesini tiene regolarmente conferenze in diversi paesi del mondo tra i quali: Stati Uniti, dove dal  tiene annualmente una lecture presso l'Harvard, Brasile, Messico, Cile, India, Australia, Francia, dove nel 2009 è stato ospite della Sorbona, Spagna, Portogallo.  Il 21 aprile è uscito per la rivista Angelaki: Journal of the Theoretical Humanities il numero "Philosophical Ethology III: Roberto Marchesini" Jeffrey Bussolini, Brett Buchanan e Matthew Chrulew che raccoglie i passaggi più significativi del lavoro di Marchesini tradotti in inglese.  Nel  esce invece per Springer, Over the human. Post-humanism and the concept of animal epiphany, volume che presenta al pubblico anlglofono la proposta postuamista di Roberto Marchesini e, in modo particolare, il concetto di epifania animale.  I suoi lavori sono stati tradotti in inglese, portoghese, spagnolo e francese e tedesco.  Collaborazioni editoriali Roberto Marchesini è autore di oltre quaranta volumi, più di un centinaio di saggi apparsi in opere collettanee e riviste accademiche, scrive inoltre sulle pagine culturali di vari quotidiani nazionali tra cui Il manifesto e La Stampa. Ha avuto infine una lunga collaborazione con Tuttoscienze'. Da ottobre  cura inoltre la rubrica etologia a cadenza settimanale "Gli animali che dunque siamo" per Il Corriere della Sera.  Note  Roberto Marchesini, Intelligenza emotiva versus intelligenza cognitiva, in Pluriverso,  3, La Nuova Italia, R. Marchesini, Introduzione all'edizione italiana di H. Montagner, Il bambino, l'animale, la scuola, Bologna, Perdisa, 2001, VII-XI  R.Marchesini, R. Trespidi, V. Falabella, B. Salvini, G. Cocca, La via vegetariana per un mondo migliore, Vimercate, La spiga vegetariana, 1992  Riferimento a pagina 2://novalogos.it/drive/File/LIBRO%20ANIMAL%20STUDIES%201-.pdf //novalogos.it//drive/File/animalstudies(5).pdf  Rosi Braidotti, The Posthuman, John Wiley & Sons,   R. Marchesini, Teriomorfismo, Bologna, Apeiron,   La rubrica etologica di Roberto Marchesini per Il Corriere della Sera, su corriere.it. Opere scelte Bioetica, diritti animali, pedagogia e scienze cognitive R. Marchesini, Oltre al muro, Torino, Franco Muzzio Editore, R. Marchesini, Natura e pedagogia, Roma, Theoria, 1996. R. Marchesini, Il concetto di soglia, Roma, Theoria, 1996. R. Marchesini, Io e la natura, Forlì-Cesena, Macro Edizioni, 1998. R. Marchesini, La fabbrica delle chimere. Biotecnologie applicate agli animali, Torino, Bollati Boringhieri, R. Marchesini, Bioetica e scienza veterinarie, Edizioni Scientifiche Italiane, R. Marchesini, "Intelligenza emotiva versus intelligenza cognitiva", In Pluriverso, Firenze, La Nuova Italia, R. Marchesini, Bioetica e biotecnologie. Questioni morali nell'era biotech, Bologna, Apeiron, R. Marchesini, Intelligenze plurime. Manuale di scienze cognitive animali, Bologna, Peridsa, 2 R. Marchesini, Il galateo per il cane, Milano, Giunti, R. Marchesini, Modelli cognitivi e comportamento animale. Coordinate di interpretazione e protocolli applicativi, Isernia, Eva,  R. Marchesini, A Cognitive-Relational Approach to Animal Expression: Revisiting Cognitive Paradigms, in Methode. Analytic Perspective, Torino,  R. Marchesini, Contro i diritti degli animali? Proposta per un antispecismo postumanista, Alessandria, Edizioni Sonda,  R. Marchesini, Vivere con il cane. Come migliorare il rapporto fra cani, adulti e bambini, Firenze, De Vecchi,  88-412-0859-7. R. Marchesini, Il bambino e l'animale. Fondamenti per una pedagogia zooantropologica, Roma, Anicia, R. Marchesini, Etologia cognitiva. Alla ricerca della mente animale, Bologna, Apeiron, , R. Marchesini, M. Celentano, Pluriversi cognitivi. Questioni di filosofia ed etologia, Milano, Mimesis, R. Marchesini, Geometrie esistenziali. Le diverse abilità nel mondo animale, Bologna, Apeiron,  Zooantropologia R. Marchesini , Zooantropologia. Animali e umani: analisi di un rapporto, Como, Red, R. Marchesini, Animali in città. Manuale di zooantropologia urbana, Como, Red, R. Marchesini, L. Battaglia, M. Kilani, A. Rivera, Homo Sapiens e mucca pazza. Antropologia del rapporto con il mondo animale, Bari, Dedalo, R. Marchesini, Fondamenti di zooantropologia. Zooantropologia applicata, Bologna, Perdisa, R. Marchesini e S. Tonutti, Manuale di zooantropologia, Roma, Meltemi,  R. Marchesini e S. Tonutti, Il codice degli animali magici, Firenze, De Vecchi, R. Marchesini, L'identità del cane. Storia di un dialogo tra specie (ristampa riveduta e aggiornata), Bologna, Apeiron, ,R. Marchesini, L'identità del gatto. La forza della convivialità, Bologna, Apeiron, , R. Marchesini, Cane & Gatto. Due stili a confronto, Bologna, Apeiron, Etologia filosofica R. Marchesini, Etologia filosofia. Alla ricerca della soggettività animale, Milano, Mimesis,  R. Marchesini, Emancipazione dell'animalità, Milano, Mimesis,  Posthuman R. Marchesini, Posthuman. Verso nuovi modelli di esistenza, Torino, Bollati Boringhieri, R. Marchesini, Il problema del corpo, tra umanesimo e postumanesimo, in Janus,R. Marchesini, Tecnoscienza e approccio postumanistico, in Millepiani, R. Marchesini, Il tramonto dell'uomo. La prospettiva postumanista, Bari, Dedalo, R. Marchesini, Filosofia postumanista e antispecismo, in Liberazioni. Rivista di critica antispecista, 2008. L. Caffo, R. Marchesini, Così parlò il postumano, a cura di. E. Adorni, Aprilia, Novalogos, ,R. Marchesini, Epifania animale. L'oltreuomo come rivelazione, Milano, Mimesis,  R. Marchesini, Ibridazioni e processi evolutivi, in Formazione e post-umanesimo. Sentieri pedagogici nell'età della tecnica, Milano, Raffello Cortina, ,  R. Marchesini, Etologia filosofica. Alla ricerca della soggettività animale, con postfazione di Felice Cimatti, Milano, Mimesis, R. Marchesini, S. Iovino, E. Adorni, Special Issue of Relations. Beyond Anthropocentism " Past the human: narrative ontologies and ontological stories", Milano, Led, . R. Marchesini, Alterità. L'identità come relazione, con prefazione di Ubaldo Fadini, Modena, Mucchi Editore, R. Marchesini, Tecnosfera. Proiezioni per un futuro postumano, Roma, Castelvecchi, , R. Marchesini, Eco-ontologia. L'essere come relazione, Bologna, Apeiron, R. Marchesini, Beyond Anthropocentrism. Thoughts for a post-human philosophy, Milan, Mimesis International , Arte R. Marchesini e Karin Andersen, Animal Appeal. Uno studio sul teriomorfismo, Bologna, Hybris, R. Marchesini, Poetiche postumaniste in Metthew Barney. Polimorfismo, multimodalità, neobarocco, N. Dusi e C. Saba, Silvana Editore, ,  R. Marchesini, "Ontani. Argonauta dell'ibridazione", in Luigi Ontani incontra Giorgio Morandi. Casamondo, Danilo Montanari Editore, . Narrativa R. Marchesini, Il Dio Pan. Racconti lirici, Firenze, Firenze Libri, 1988ora Graphe.it edizioni, Perugia , R. Marchesini, Uscendo da Lauril, Roma, Theoria, R. Marchesini, Specchio animale. Racconti di ibridazione, Roma, Castelvecchi,  R. Marchesini, Ricordi di animali, Milano, Mursia, R. Marchesini, Il cane secondo me. Vi racconto quello che ho imparato dai cani, Alessandria, Sonda,  R. Marchesini, La filosofia del giardiniere. Riflessioni sulla cura, Perugia, Graphe.it edizioni.  Blog ufficiale, su marchesinietologia.it. Opere di Roberto Marchesini, .   italiana di Roberto Marchesini, su Catalogo Vegetti della letteratura fantastica, Fantascienza.com.  Registrazioni di Roberto Marchesini, su RadioRadicale.it, Radio Radicale.  Pagina di Roberto Marchesini su Academia.edu. Sito ufficiale SIUA (Scuola di Interazione Uomo-Animale). Sito ufficiale del Centro Studi Filosofia Postumanista diretto da Roberto Marchesini.

 

Marchetti: Alessandro Marchetti (Empoli), filosofo. Professore di filosofia, poi di matematica all'Pisa, continuò le ricerche di Galileo nel campo della meccanica, come il suo contemporaneo Vincenzo Viviani. Collaborò con il medico Giuseppe Del Papa, lettore di logica e filosofia nell'ateneo pisano.  Oltre che matematico, fu anche poeta — scrisse, infatti, alcune rime religiose, morali ed eroiche —, ma l'opera cui deve la sua fama è la traduzione del De rerum natura di Lucrezio, con il titolo “Della natura delle cose.” Considerata come il manifesto del razionalismo cartesiano, la traduzione di Marchetti influì notevolmente sul gusto arcadico per la purezza della lingua e l'eleganza dello stile.  La diffusione di idee atee e materialiste attirò sul Marchetti l'accusa di empietà. Pur rifugiatosi nella poesia, non riuscì ad evitare le indagini del Sant'Uffizio, ispirate soprattutto dal gesuita lucchese Giovanni Francesco Vanni. Per altre sue opere di successo fu attaccato dagli oppositori di Galileo.  Fece parte di numerose accademie: Accademia dei Disuniti, Accademia dell'Arcadia, Accademia dei Fisiocritici, Accademia dei Risvegliati, Accademia della Crusca e Accademia Fiorentina.  Opere: De resistentia solidorum, Florentiae, typis Vincentij Vangelisti & Petri Matini (opera abbastanza interessante, basata sulla teoria galileiana, cui Marchetti dà una struttura assiomatica rigorosa. Tratta in larga parte il problema dei solidi di uniforme resistenza, precedendo di mezzo secolo l'importante trattato di Luigi Guido Grandi). Exercitationes mechanicae, Pisis, ex typographia Io. Ferretti. Della natura delle comete. Lettera scritta all'illustriss. sig. Francesco Redi, In Firenze, alla Condotta, 1684. Saggio delle rime eroiche morali e sacre dedicato all'altezza reale di Ferdinando principe di Toscana, In Firenze, nella stamperia di Cesare Bindi, Anacreonte tradotto dal testo greco in rime toscane da Alessandro Marchetti accademico della Crusca e da lui dedicato all'altezza reale di Ferdinando principe di Toscana, In Lucca, per Leonardo Venturini. Tito Lucrezio Caro, Della natura delle cose libri sei tradotti da Alessandro Marchetti, Londra, per Giovanni Pickard. Vita e poesie d'Alessandro Marchetti da Pistoja filosofo e matematico all'illustrissimo sig. cavaliere Francesco Feroni marchese di Bellavista patrizio fiorentino e accademico della Crusca, Venezia, appresso Pietro Valvasense (Contiene poesie postume con la Vita scritta dal figlio Francesco).  Gustavo Costa, Epicureismo e pederastia. Il Lucrezio e l'Anacreonte di Alessandro Marchetti secondo il Sant'Uffizio, Firenze, L.S. Olschki, . MARCHETTI, Alessandro, in Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009. Cesare Preti, MARCHETTI, Alessandro, in Dizionario biografico degli italiani,  69, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana,  Mario Saccenti, Lucrezio in Toscana. Studio su Alessandro Marchetti, Firenze, L.S. Olschki, 1966.  De rerum natura Razionalismo Alessandro Marchetti, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Giulio Natali, Alessandro Marchetti, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Alessandro Marchetti, su accademicidellacrusca.org, Accademia della Crusca.  Opere di Alessandro Marchetti, su openMLOL, Horizons Unlimited srl.

 

Marchi: Vittore Arnaldo Marchi (Potenza), filosofo. Generale di corpo d’armata italiano, Medaglia d'oro dei Benemeriti dell'Educazione Nazionale.   Professore dell'Roma “La Sapienza” di Storia della Filosofia e Filosofia della Religione, curò la pubblicazione di diverse riviste in cui si confrontarono alcuni studiosi del primo Novecento italiano come Bernardino Varisco. Tra queste Dio e Popolo e “L'idealismo realistico.” Dio e Popolo, rivista di ispirazione mazziniana, accoglie scritti miranti alla ricostruzione della filosofia religiosa di Giuseppe Mazzini e i rapporti tra religione e stato; nega l'ateismo e persegue l'ideale di “repubblica”. “L'idealismo realistico,” rivista attiva tra gli anni 1924 e 1931 circa, raccoglie saggi e teorie filosofiche di stampo antigentiliano.  A lui è dedicato il Premio tesi di Laurea “Vittore Marchi”, bandito dall'Università degli Studi Roma Tre per i neolaureati che abbiano sostenuto tesi su un argomento concernente il pensiero filosofico antico degne di essere pubblicate; e il parco "Vittore Arnaldo Marchi" a Roma, Municipio IV.  Pubblicazioni principali: “Ricostruzione della filosofia religiosa di Mazzini, in Dio e Popolo, 1911; La missione di Roma nel mondo, Atanòr Ed., 1915; Il concetto e il metodo della storia della filosofia, 1919; Filosofia e religione, La perseveranza Ed., Potenza 1922; La filosofia morale e giuridica di Giovanni Gentile, Stabilimento Tipografico F.lli Marchi, Camerino 1923; Relazione tra la filosofia teoretica e la filosofia pratica, in L'idealismo realistico, Roma 1924; Le prove dell'esistenza di Dio, in L'idealismo realistico, Roma 1924. Riconoscimenti Medaglia d'oro ai Benemeriti dell'Educazione Nazionale Gli è stato dedicato un parco a Roma. Antonio Gramsci (J. A. Buttigiec), Prison notebooks  1, New York, Columbia University Press,  G. De Turris, Fenomenologia dell'individuo assoluto, Roma, Edizioni Mediterranee. //uniroma3.it/news.php?news=603.

 

Marchi: Luigi De Marchi (Brescia, 17 luglio 1927Roma, 24 luglio ) è stato uno psicologo e saggista italiano.  Psicoterapeuta di formazione reichiana, umanista, autore di scritti talvolta controversi perché a scopo provocatorio, si definiva Solista ed amava stare «fuori dall'Accademia».   Psicologo clinico e sociale, politologo e autore di numerosi saggi pubblicati in Europa e in America, è stato protagonista di varie battaglie per i diritti civili e sessuali, riuscendo nel 1971, con una sentenza della Corte Suprema[non chiaro] sulla “Vertenza tra il Presidente del Consiglio dei Ministri, On. Emilio Colombo, e il Prof. Luigi De Marchi”, ad ottenere la revoca dei divieti penali all'informazione e all'assistenza anticoncezionale e ad avviare la realizzazione di una rete di migliaia di consultori sessuologici e familiari pubblici.[senza fonte]  Nei primi anni cinquanta è stato tra i fondatori dell'AIED, guidando per 20 anni l'Associazione in qualità di Segretario Nazionale. De Marchi ha dato per oltre quarant'anni un contributo determinante non solo alla segnalazione della pericolosità dell'esplosione demografica (da lui definita “la madre di tutte le tragedie”) e dei suoi corollari (fame, guerre, genocidi, disastri ambientali, disoccupazione di massa, migrazioni disperate, crisi energetica mondiale) ma anche al chiarimento dei meccanismi psicologici che hanno finora impedito di comprendere e di affrontare questa tragedia planetaria. In particolare, negli anni ‘70, ha dimostrato con alcuni fotoromanzi interpretati da noti attori (Paola Pitagora, Ugo Pagliai, Paola Gassman, Marco Zavattini e Mario Valdemarin) che i messaggi mass-mediatici associati alla psicologia motivazionale sono lo strumento più efficace per indurre le masse alla regolazione delle nascite: una tesi oggi confermata da varie organizzazioni internazionali.  Negli anni dal '60 all'‘80 De Marchi è stato presidente italiano di tre importanti Scuole di Psicoterapia da lui fondate: quella psico-corporea di Wilhelm Reich, quella bioenergetica di Alexander Lowen e quella umanistica di Carl Rogers.  A partire dai primi anni ‘80 De Marchi matura un diverso punto di vista nei confronti degli approcci teorici di Reich, Lowen e Rogers (a suo parere non avevano colto fino in fondo l'importanza della coscienza e dell'angoscia della morte nella genesi delle patologie psichiche umane) e propone nel 1984 una teoria della cultura e della nevrosi in un libro (“Scimmietta ti amo -Psicologia Cultura Esistenza: da Neanderthal agli scenari atomici ” Ed.Longanesi“Lo shock primario”, Ultima Ed. 2002, Rai-Eri) che nell'edizione tedesca viene proclamato “Libro del Mese”. Nel 1986 fonda a Roma l'Istituto di Psicologia Umanistica Esistenziale, oggi diretto dalla dr.ssa Antonella Filastro. Pioniere europeo della ricerca psico-sociale, De Marchi è stato Presidente Onorario della Società Italiana di Psicologia Politica . I suoi contributi in questo campo sono stati: 1) la fondazione della Psicopolitica (un metodo di analisi psicologica dei fenomeni socio-culturali che da trent'anni propone una “lettura” psicologica di tali fenomeni, diversa da quelle di carattere marxista, idealista o istituzionalista finora prevalse, con risultati fallimentari, nelle scienze sociali e politiche tradizionali); 2) l'elaborazione d'una nuova "Psicologia Politica Liberale" . Dai primi anni novanta De Marchi si è interessato anche al teatro e alla televisione, creando programmi di cui Federico Fellini scrisse nel '92: “Ecco una nuova televisione culturale di cui c'è, oggi, bisogno”. E per oltre due anni ha condotto un programma di psicologia su RaiUno ” La chiave d'oro” con l'attore Rodolfo Baldini. Paolo Guzzanti ha scritto di lui: “De Marchi è un felice incrocio tra Bertrand Russell e Woody Allen”.  Attivista per il riconoscimento dei diritti alla contraccezione, al divorzio, all'interruzione di gravidanza e all'eutanasia, ha fondato il CISA (Centro informazioni sterilizzazione aborto) che negli anni settanta anticipò la legge sull'aborto in Italia, e l'AIED (Associazione italiana per l'educazione demografica). Ha costantemente sostenuto l'importanza del problema della crescita demografica e dei problemi economici, ecologici, sociali e psicologici ad essa connessi.  Pur essendo favorevole alla chiusura dei manicomi, ha criticato la legge Basaglia in quanto scaricava sulle famiglie il problema dei malati psichiatrici pericolosi; parlando dei delitti in famiglia, De Marchi evidenziò come il nucleo familiare resti il luogo principale in cui avvengono gli omicidi, a suo giudizio "frutto del fallimento" della legge 180 sulla salute mentale. Egli propose «una riforma radicale e l'apertura di cliniche psichiatriche che non siano i vecchi manicomi ma strutture umanizzate, oltre che di centri per l'attività riabilitativa».  Aderente al Partito Radicale, ha tenuto per tredici anni, dal 1995 al 2008, la rubrica bisettimanale "Controluce" su Radio Radicale, in cui ha trattato temi che venivano altrove trattati con conformismo: il sesso e l'amore, la procreazione e la contraccezione, le malattie e la morte, il lavoro e le rendite, la libertà e l'autoritarismo.  È stato autore della "Teoria liberale della lotta di classe", sviluppata nel 2000 nel volume O noi o loro!.  Istituto di Psicologia Umanistica Esistenziale "LUIGI DE MARCHI"IPUE Modello, Fondatori e Storia della Scuola Questa voce è da wikificare Questa voce o sezione sull'argomento psicologi non è ancora formattata secondo gli standard. Contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni di . Segui i suggerimenti del progetto di riferimento. Luigi De Marchi è mosso dalle radici comuni teoriche ed epistemologiche riconducibili alla fenomenologia e all'esistenzialismo, fondamentali correnti filosofiche del ‘900, e da alcuni autori significativi del movimento della psicologia umanistico-esistenziale americana ed europeain particolare Carl Rogers, Otto Rank, Viktor Frankl, Ludwig Binswanger, Medard Boss, Karl Jaspers, Eugène Minkowski. Eredita la particolare concezione dell'uomo e della vita, che rivendica all'essere umano il diritto e la capacità di scelta.  Consapevole della sovrabbondanza di Scuole Psicologiche esistenti in Italia esitò prima di fondare l'Istituto di Psicologia Umanistica Esistenziale (IPUE).  Per molti anni preferì lavorare nell'ambito di indirizzi già affermati, che sentiva geniali e creativi e nel ventennio 1960-1980 fu l'iniziatore della Scuola Reichiana in Italia Presidente dell'Istituto di Bioenergetica W. Reich di Roma e per 6 anni Presidente dell'Istituto di Psicologia Rogersiana (FDI) e inoltre concorse a riscoprire e valorizzare l'opera pionieristica di Otto Rank con la pubblicazione della sua opera: "Otto Rank pioniere misconosciuto" Melusina Editrice 1992.  Negli anni 80 esperienze personali drammatiche e ricerche in campo clinico e antropologico imposero alla sua attenzione l'importanza dell'angoscia di morte come uno dei più importanti fattori che contribuiscono alla sofferenza psicologica e psicopatologica.  Sentì allora l'esigenza di creare una nuova Scuola che riuscisse a riconoscere la rilevanza di questa angoscia primaria dell'uomo e di sviluppare un approccio originale, pluralista e non dogmatico alla sofferenza umana, fondato sull'integrazione sinergica delle tre dimensioni, di approccio simultaneoall'essere umano in terapia verbale, corporea ed esistenziale.  Si tratta di un modello che nasce sulla scia della filosofia esistenziale, dalla quale eredita la concezione dell'uomo e della vita che rivendica all'essere umano il diritto e la capacità di scelta e, intende:  (1) offrire la possibilità di elaborare e affrontare le tremende tensioni esistenziali di ogni essere umano anche nel percorso di malattia psichica e somatica nel clima di contatto empatico, di solidarietà, convogliando nel processo terapeutico il grande potenziale di crescita e comunicazione del paziente, la sua conoscenza dei propri bisogni, la sua creatività, l'apporto decisivo della sua esperienza.  2) che si presenta multidimensionale, integrato e non dogmatico alla sofferenza umana e psichica e costantemente aperto ad arricchire la propria prospettiva teorica e clinica attraverso un confronto critico e di fertilizzazione con altri approcci psicoterapici, e interviene su 4 dimensioni fondamentali dell'esperienza umana: la dimensione empatico relazionale, che definisce il nostro modo di essere nel mondo con gli altri; la dimensione corporea, che spesso esprime sotto forma di tensioni e dolori muscolari la sofferenza psicologica; la dimensione esistenziale, che riconosce l'importanza del senso che si riesce a dare alla propria esistenza; la dimensione cognitiva, che riconosce la rilevanza sintomatica della sofferenza psicologica e psicopatologica.  Note  Un esempio di testo provocatorio, scritto senza avere alcuna competenza in infettivologia, è il seguente sulla cospirazione dell'AIDS: Luigi De Marchi, AIDS......affare multi Miliardario, su mednat.org. 16 giugno . e Aids, la grande truffa continua (2003) in: L. De Marchi, Il nuovo pensiero forte. Marx è morto, Freud è morto e io mi sento molto meglio (2007); altri scritti di critica, più documentati, hanno riguardato le sue critiche alle prassi della chemioterapia dei tumori e gli effetti collaterali, come in Kaputt tutta la ricerca sul cancro? (1999), sempre in De Marchi, op. cit.  Addio a Luigi De Marchi lo psicologo che inventò l'AiedRepubblica.it  Addio a Luigi De Marchi, lo psicologo che inventò l'Aied  L. De Marchi, Il SolistaAutobiografia d'un italiano fuori dal coro, Edizioni Interculturali (2003)  Luca Bagatin, articolo su Politica Magazine, su lucabagatin.ilcannocchiale.it.  l'8 aprile  (archiviato dall'url originale l'8 ottobre 2009). Opere Sesso e civiltà, Laterza (1960) introduzione: Wilhelm Reich, Teoria dell'orgasmo e altri scritti, Lerici (1961) Sociologia del sesso, Laterza (1963) Repressione sessuale e oppressione sociale, Sugar (1964) Wilhelm ReichBiografia di un'idea, Sugar (1970) Psicopolitica, SugarCo (1975) Vita e opere di Wilhelm Reich (2 volumi), SugarCo (1981) Scimmietta ti amo, Longanesi (1983) Lo shock primario. Le radici del fanatismo da Neandertal alle Torri Gemelle, RAI-ERI (1984; poi 2002)  978-88-397-1208-0 Poesia del desiderio, La Nuova Italia (1992; poi 1998 Seam  978-88-8179-162-0) Perché la Lega, Mondadori (1993) Il Manifesto dei LiberistiLe idee-forza del nuovo Umanesimo Liberale, Seam (1995)  978-88-8179-044-9 Aids. La grande truffa (con Fabio Franchi), Roma, Seam (1996)  978-88-8179-048-7 O noi o loro!Produttori contro Burocrati, ecco la vera lotta di classe della Rivoluzione Liberale, Bietti (2000)  978-88-8248-111-7 Il SolistaAutobiografia d'un italiano fuori dal coro, Edizioni Interculturali (2003)  978-88-88375-14-4 Psicoterapia umanistica. L'anima del corpo: sviluppi europei (con Antonio Lo Iacono, Maria Rita Parsi), Franco Angeli (2006)  978-88-464-7426-1 Wilhelm Reich Una formidabile avventura scientifica e umana (con Vincenzo Valenzi), Macro Edizioni (2007)  978-88-7507-859-1 Il nuovo pensiero forteMarx è morto, Freud è morto e io mi sento molto meglio, Spirali (2007)  978-88-7770-796-3 Svolta a destra? Ovvero non è conservatore chi combatte parassiti, fannulloni e sfruttatori, Armando Curcio Editore (2008)  978-88-95049-43-4 Articoli Luigi De Marchi, La Psicologia Umanistica EsistenzialeRivista delle Psicoterapie, Roma “La Sapienza”,  2, n. 2, 1997   Associazione italiana per l'educazione demografica (AIED) Wilhelm Reich  Blog ufficiale, su luigidemarchi.blogspot.com.  Opere di Luigi De Marchi, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Luigi De Marchi, .  Registrazioni di Luigi De Marchi, su RadioRadicale.it, Radio Radicale.  Istituto di Psicologia Umanistica Esistenziale "Luigi De Marchi"IPUE, su ipue.it. Archivio IPUE, su luigidemarchi.wordpress.com. Archivio della rubrica "Controluce" che Luigi De Marchi teneva su Radio Radicale, su radioradicale.it. Renato Vignati Luigi De Marchi, un pionieredella psicologia italiana in Psychomedia (PM, 8 settembre ) Renato Vignati Lo sguardo sulla persona. Psicologia delle relazioni umane, Libreriauniversitaria.it edizioni, Padova.

 

Marconi: Diego Marconi (Torino), filosofo. Professore a Torino, ha studiato con Luigi Pareyson a Torino e con Nicholas Rescher, Wilfrid Sellars e Richmond H. Thomason a Pittsburgh, dove ha scritto la sua tesi di Ph.D. su Hegel. Grice: “In Italy, it is not considered Italian to get your PhD without – not within – Italy. Similarly, at Oxford, you cannot get your B. A. Lit. Hum.  anywhere else if you want to be regarded as Oxonian. That’s why I never considered B. A. O. Williams an Oxonian!” -- Noto per i suoi contributi sul pensiero di Wittgenstein, tra cui la tesi di laurea, è stato tra i primi in Italia a promuovere la collaborazione dei filosofi con informatici e scienziati cognitivi. In questo campo ha presentato diversi risultati, specie riguardo al problema dell'analisi del linguaggio. Su questi temi ha pubblicato Lexical Competence (MIT Press) e Filosofia e scienza cognitiva (Laterza). Ha curato con Maurizio Ferraris la nuova edizione della Enciclopedia filosofica Garzanti ed è stato presidente della Società Italiana di Filosofia Analitica (SIFA) e membro fondatore della European Society for Analytic Philosophy (ESAP).  Opere: “Il mito del linguaggio scientifico: studio su Wittgenstein, Milano, Mursia,  Dizionari e enciclopedie, Torino, Giappichelli, L'eredità di Wittgenstein, Roma-Bari, Laterza, Lampi di Stampa; Lexical Competence, MIT Press, La competenza lessicale, Roma-Bari, Laterza,  La filosofia del linguaggio. Da Frege ai giorni nostri, Torino, Utet, Filosofia e scienza cognitiva, Roma-Bari, Laterza, Per la verità. Relativismo e la filosofia, Torino, Einaudi, Verità, menzogna (con Roberto Vignolo), Trento, Il Margine, ; Il mestiere di pensare. La filosofia nell'epoca del professionismo, Torino, Einaudi, . Curatele La formalizzazione della dialettica: Hegel, Marx e la logica contemporanea, Torino, Rosenberg & Sellier,  Guida a Wittgenstein: Il «Tractatus», dal «Tractatus» alle «Ricerche», Matematica, Regole e Linguaggio privato, Psicologia, Certezza, Forme di vita. Saggi di M. Andronico, R. CasatiFrascolla, D. Marconi, M. Messeri, L. Perissinotto, A. Voltolini, Roma-Bari, Laterza, Filosofia analitica, Prospettive teoriche e revisioni storiografiche (con Michele Di Francesco e Paolo Parrini), Milano, Guerini e associati, Knowledge and meaning. Topics in Analytic Philosophy, Vercelli, Mercurio, Scritti sulla tolleranza (John Locke), Torino, UTET, Saggi su Marconi Il significato eluso. Saggi in onore di Diego Marconi (Marilena Andronico, Alfredo Paternoster e Alberto Voltolini), numero monografico della «Rivista di estetica», Marconi, Diego, in Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Intervista a Diego Marconi di Michele Herbstritt, Rivista italiana di filosofia analitica, sito dell'Università degli Studi di Milano.

 

Mariano: Raffaele Mariano (Capua), filosofo. Fedelissimo allievo di Vera, si occupò di filosofia e storia delle religioni. Fu docente di Storia della Chiesa presso l'Napoli negli anni tra il 1885 al 1904. La sua indagine fu prevalentemente orientata verso l'interpretazione del pensiero di Hegel con argomentazioni comuni agli esponenti della destra hegeliana ottocentesca.  Mariano filosofo e critico Come filosofo può essere collocato insieme al suo maestro in quella tendenza affermatasi nella seconda metà dell'Ottocento che privilegiava l'interpretazione sistematica e razionale rispetto a quella rivoluzionaria dei testi di Hegel, denominata hegelismo ortodosso. Nelle sue interpretazioni inserì talvolta temi non strettamente legati al pensiero di Hegel affermando tra l'altro che "la filosofia deve essere compiuta dalla religione" (Dall'idealismo nuovo a quello di Hegel, Motivi, risonanze e variazioni sulle dottrine hegeliane), trattando riguardo a "ciò che dell'idealismo di Hegel è morto e di ciò che non può morire", argomento precedentemente trattato da Benedetto Croce, il quale risponde aspramente alle argomentazioni proposte da Mariano sul 6º numero del 1908 de "La critica. Rivista di Letteratura, Storia e Filosofia" diretta dallo stesso Croce:  «il Mariano non ha mai capito nulla di tutto ciò che vi è di più sostanziale in Hegel come non ha meditata seriamente nessuna grande filosofia; e (ora si può aggiungere) non ne ha mai letto le opere. Immaginarsi che il Mariano si afferma hegeliano, mentre sostiene che la conoscenza non è assoluta; che rimane insuperabile il mistero; che dio esiste fuori del mondo e sarebbe dio anche senza il mondo; e che la filosofia deve essere compiuta dalla religione!Insomma, ciò che di Hegel "non può morire" sarebbe ciò che Hegel non ha mai detto perché affatto indegno della sua mente altissima.»  Nel 1864 si schierò a favore del mantenimento della pena di morte in un dibattito sul tema, in accordo con il suo maestro Augusto Vera ( La pena di morte. Considerazioni in appoggio del prof. Vera, 1864, Napoli. ), uno dei più autorevoli difensori del mantenimento di questa pratica. È ancora Croce che commenta con grave disappunto l'argomento:  «Notiamo in ultimo che sempre riecheggiando i vaniloqui del Vera, il Mariano si professa filosofico difensore della pena di morte (p. IX): come se la maggiore o minore opportunità di mettere i delinquenti in segregazione cellulare, o d'impiccarli, ghigliottinarli, garrottarlie impalarli, costituisse una questione filosofica. Ma il Mariano ama tutte le cause generose; e non è da meravigliare se per esse trascenda persino i limiti della filosofia.»  Fu anche saggista con un gusto per la "critica della critica" (cit."Storia Letteraria d'Italia, Volume III, Armando Balduino") sia letteraria che filosofica, non trascurando l'arte che annetteva strettamente alla morale. Rivolse la sua indagine anche al rinascimento con un Saggio biografico critico su Giordano Bruno La vita e l'uomo, 1881 .  Pubblicò anche una monografia "apologetica" del suo maestro Augusto Vera, Augusto Vera, 1886.  Mariano storico La sua produzione fu in un secondo momento soprattutto riferita alla storia, in particolare la storia del cristianesimo e quella delle religioni in genere, argomenti affini anche alla materia insegnata presso l'università napoletana. Non sono presenti particolari innovazioni nella sua ricerca, ma fu uno dei primi a discutere la tesi proposta dal Croce riguardo alla riduzione della storia al concetto generale dell'arte.  Opere: “Lassalle e il suo Eraclito. Saggio sulla filosofia hegeliana,” (Cf. Speranza e ill suo Grice: saggio sulla pragmatica oxoniense”), 1865. “Il Risorgimento italiano secondo i principi della filosofia della storia,”  La philosophie contemporaine en Italie. Essai de philosophie hégélienne, “La libertà di coscienza,” Milano, Hoepli, Strauss e Vera. Saggio critico, Roma, Tip. Civelli, “L'individuo e lo Stato nel rapporto economico e sociale. Saggio, Milano, Treves,  Il Machiavelli del Villari, Roma, Loescher, (cf. “Il Grice dello Speranza”) Un nuovo libro su Leopardi, Roma, Tip. Botta, La pena di morte. Considerazioni in appoggio del prof. Vera, Napoli.  Il p. Carlo Maria Curci, Milano, Vallardi, Augusto Vera. Necrologio, «Annuario Napoli», Dio secondo Platone, Aristotele ed Hegel, «Acc. SMP Napoli. Atti»,  Biografie del Machiavelli, 1Arte e religione,  Il brutto e il male nell'arte. Il brutto e il male nel romanzo moderno, Dall'idealismo nuovo a quello di Hegel, Motivi, risonanze e variazioni sulle dottrine hegeliane, La vita e l'uomo, I rapporti dello Stato con la religione, Firenze, Civelli, Il problema religioso in Italia, Roma, Civelli, La riforma ecclesiastica in Italia, «Il diritto», Cristianesimo, cattolicesimo e civiltà, Papato e socialismo ai giorni nostri. Studio, Roma, Tip. Artero e comp., Buddismo e cristianesimo,La Storia è una scienza o un'arte?, «Fanfulla della Domenica», 1La conversione del mondo pagano al cristianesimo, Il cristianesimo dei primi secoli, 1902. Riconoscimenti La città d'origine del filosofo, Capua, gli ha dedicato una strada, sede, tra l'altro, del Banco di Napoli. La targa riporta il cognome Mariani anziché Mariano, errore che nessuna amministrazione ha ancora provveduto a correggere.   La Critica. Rivista di Letteratura, Storia e Filosofia diretta da Benedetto Croce, 6, 1908. Armando Balduino , Storia letteraria d'ItaliaL'Ottocento,  III, Piccin Nuova Libraria, 1997. Piero di Giovanni , Giovanni Gentile, La filosofia italiana tra idealismo e anti-idealismo, Milano, cf. Luigi Speranza, “La pragmatica conversazionale: tra griceianismo e anti-griceianismo.” FrancoAngeli, Paolo Malerba, Luciano Malusa, , sito della Società filosofica italiana  Guido Calogero, «MARIANO, Raffaele» in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.

 

Marin: Giovanni Marin (Venezia), filosofo. Nato a Venezia dal nobile Rosso Marin, studiò con profitto sotto l'insegnamento dell'umanista Vittorino da Feltre a Venezia, dal quale apprese la lingua greca, latina e la retorica. Frequentò il ginnasio, presso il quale recitò eloquenti orazioni in encomio agli uomini illustri veneziani. Si laureò in diritto all'Università degli studi di Padova. Nel 1440 fu ambasciatore della Repubblica di Venezia presso gli Estensi e quindi presso la Repubblica di Firenze.  Note  Rosmini,  261-265.  Carlo de' Rosmini, Idea dell'ottimo precettore nella vita e disciplina di Vittorino da Feltre e de' suoi discepoli, Rovereto.

 

Marliani: Giovanni Marliani (Milano), filosofo.  Era figlio del patrizio milanese Castello Marliani. Studiò medicina all'Pavia, dove fu allievo del matematico Biagio Pelacani. Divenne medico nel 1440 ed entrò nel Collegio dei fisici milanesi e intraprese una carriera nell'insegnamento passando per diverse cattedre: medicina, fisica, filosofia e astrologia. Nel 1448 era attivo presso lo Studio di Milano e nel 1452 tornò a Pavia.  Con l'ascesa della dinastia degli Sforza a capo del Ducato di Milano, Giovanni, appartenente alla famiglia Marliani tradizionalmente ghibellina, aumentò il proprio prestigio. Il padre Castello nel 1450 razionatore della Camera delle entrate straordinarie. Nel 1466 Giovanni e il fratello Daniele ottennero la concessione in esenzione dei diritti di sfruttamento delle acque del Secchia nei pressi di Moglia, nel Mantovano.  Alla morte del duca Francesco Sforza, nel 1467 Giovanni Marliani scrisse una lettera al nuovo duca Galeazzo Maria Sforza in cui dichiarava di essere stato richiesto da molti Studi in diverse città d'Italia, sperando di poter essere trasferito da Pavia a Milano e di ricevere un aumento di salario, vista anche la sua numerosa famiglia. Il Consiglio segreto di Milano intercedette presso lo Sforza in favore di Giovanni, esaltando la sua fama anche oltre i confini del Ducato. Il duca Galeazzo Maria, dopo alcuni indugi, acconsentì per conferirgli un'assegnazione annua di 1 000 fiorini, il più alto salario riconosciuto a chiunque nel Ducato. Sotto la reggenza di Ludovico il Moro ottenne i dazi di Gallarate e della sua pieve.  I suoi studi di matematica sulle frazioni, di fisica sui problemi di statica, moto e velocità, di meccanica e di termologia, Giovanni Marliani lo portarono ad essere tra i più grandi scienziati dell'epoca e riuscì a mettere in discussione Thomas Bradwardine e Alberto di Sassonia.  Nella sua opera Quaestio de caliditate corporum humanorum tempore hyemis et estati set de antiperistasi (1472), il Marliani distinse la temperatura dell'organismo dalla quantità e dalla produzione del calore naturale del corpo e sostenne che la produzione del calore naturale è più elevata in inverno che in estate.  Nel 1467 si recò a Novara dal conte Gaspare Vimercati, colpito da problemi respiratori e nel 1469 curò Rinaldo d'Este da una gravissima malattia che lo colse durante una visita alla corte milanese. Nel 1482 Giovanni Marliani raggiunse i vertici della propria carriera e prestò le sue doti di medico a Federico I Gonzaga.  Giovanni Marliani morì nel 1483 e fu sepolto nella cappella milanese della Marliani, nella chiesa di Santa Maria delle Grazie.  Le opere del Marliani furono oggetto di studio da parte di Leonardo Da Vinci, che lo cita in diverse occasioni nel suo Codice Atlantico.  Ebbe tre figli: Paolo, Gerolamo e Pietro Antonio, la discendenza del primo dei quali ottenne all'inizio Professoreil titolo di conte di Busto Arsizio. Il nipote Luigi, figlio del fratello Daniele, fu medico e Consigliere segreto di Ludovico il Moro e di Massimiliano Sforza; divenne poi medico personale degli imperatori Massimiliano I e Carlo V d'Asburgo e di Filippo I re di Spagna, per poi diventare vescovo della diocesi di Tui, in Galizia.  Opere Quaestio de caliditate corporum humanorum tempore hyemis et estati set de antiperistasi (1472) Disputatio cum Iohanne Arculano de diversis materiis ad philosophiam et medicinam pertinentibus Quaestio de proportione motuum in velocitate (1464) Algebra Algorismus de minutiis De secta philosophorum Probatio cuiusdam sententiae Calculatoris de motu locali (1460)  Giovanni Marliani, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.

 

Marotta: Gerardo Marotta (Napoli), filosofo. Si è laureato in giurisprudenza con il massimo dei voti all'Università degli Studi di Napoli "Federico II", presentando una tesi in filosofia del diritto dal titolo La concezione dello Stato nel pensiero della filosofia tedesca e nella sinistra hegeliana.  In seguito si è interessato presto di storia, letteratura e filosofia, avvicinandosi dapprima all'Istituto Italiano per gli Studi Storici fondato da Benedetto Croce, poi fondando l'associazione Cultura Nuova che diresse fino al 1953 organizzando manifestazioni e conferenze rivolte ai giovani che richiamarono tutte le più grandi personalità della cultura Italiana.  Nel 1975, incoraggiato dagli auspici dell'allora Presidente dell'Accademia Nazionale dei Lincei Enrico Cerulli, della Sig.ra Elena Croce, figlia del celebre filosofo, del prof. Pietro Piovani e del prof. Giovanni Pugliese Carratelli, fondò a Napoli l'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, del quale è stato Presidente fino alla morte.  Marotta ha donato, all'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, la propria biblioteca personale, con una dotazione di oltre 300.000 volumi frutto di trent'anni di appassionata ricerca.  Il 25 gennaio  è morto a Napoli all'età di 89 anni a causa dell'aggravamento dei problemi respiratori che lo avevano afflitto dopo un ricovero ospedaliero per una caduta.  Premi e riconoscimenti Per i suoi importantissimi apporti al mondo della filosofia e della cultura in generale ha avuto numerosi riconoscimenti da centri di ricerca e di formazione di rilievo internazionale.  Ha vinto la sezione Premio Speciale del Premio Cimitile nel 1999. Gli è stata conferita la laurea ad honorem in Filosofia dall'Bielefeld, dall'Università Erasmus di Rotterdam, dalla Sorbona di Parigi e dalla Seconda Napoli, e in Pedagogia dall'Università degli Studi di Urbino. Ha ricevuto la Medaglia d'oro per i benemeriti della cultura ed il Diploma d'onore del Parlamento europeo per l'opera svolta in favore della cultura europea. All'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici è stato conferito, nell'aula magna dell'Roma, il Prix International pour la Paix. Jacques Mühlethaler per l'attività svolta a favore della pace fra i popoli. "Bidone d'Oro" per la cultura del Movimento artistico culturale "Esasperatismo Logos & Bidone" , il 10 Ottobre 2008. Note  Gaetano Capaldo, È morto Gerardo Marotta, addio al fondatore dell’Istituto Studi Filosofici, su Diario Partenopeo, 26 gennaio . 26 gennaio  26 gennaio ).  Yves Hersant (cur.), Al vero filosofo ogni terreno è patria : Hommage à Gerardo Marotta, Les Belles Lettres, Paris 1996. Claudio Piga (cur.), Per Gerardo Marotta. Scritti editi e inediti raccolti dagli amici di Gerardo Marotta, Arte Tipografica, Napoli 1999. Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Gerardo Marotta Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Gerardo Marotta  Registrazioni di Gerardo Marotta, su RadioRadicale.it, Radio Radicale.  Biografia di Gerardo Marotta in Cinquantamila Giorni de Il Corriere della Sera.

 

Marramao -- marrameo: essential Italian philosopher. Giacomo Marramao (Catanzaro), filosofo. Allievo di Eugenio Garin, nel 1969 si è laureato in Filosofia all'Firenze. Dal 1971 al 1975 ha proseguito gli studi all'Francoforte, lavorando soprattutto intorno ai diversi filoni del marxismo italiano ed europeo. Nel 1971 ha pubblicato Marxismo e revisionismo in Italia, rintracciando in Gentile la chiave di volta filosofica del marxismo italiano. Dal 1976 al 1995 ha insegnato "Filosofia della politica" e "Storia delle dottrine politiche" presso l'Istituto Universitario Orientale di Napoli. Nel 1979 è uscito il suo libro Il politico e le trasformazioni, nel quale ha posto a confronto le tematiche del marxismo europeo degli anni '20-30 con le analisi delle trasformazioni del politico di Carl Schmitt (del cui pensiero egli è stato uno dei primi riscopritori). A partire dal volume Potere e secolarizzazione (1983) è venuto elaborando una teoria simbolica del potere (e del nesso politica-tempo) incentrata sulla ricostruzione ‘archeologica' dei presupposti del razionalismo occidentale.  Fondamentali, nel dibattito politico-culturale e filosofico degli anni Ottanta, le sue collaborazioni a due riviste: Laboratorio politico (1981-1983) diretto da Mario Tronti e il Centauro (1981-1986), diretto da Biagio de Giovanni.  È stato direttore scientifico della Fondazione Basso-Issoco, membro del Collège International de Philosophie di Parigi e professore honoris causa all'Bucarest. Nel 2005 la Presidenza della Repubblica francese gli ha conferito l'onorificenza delle "Palmes Académiques". Nel 2009 ha ricevuto il Premio internazionale di filosofia "Karl-Otto Apel" e nel  il titolo di doctor honoris causa in Filosofia dalla Universidad Nacionál de Córdoba (Argentina).  Ha conseguito altri premi: Premio Pozzale Luigi Russo a Passaggio a Occidente e Premio di filosofia "Viaggio a Siracusa" a La passione del presente.  Insegna filosofia politica e filosofia teoretica presso il Dipartimento di Filosofia, Comunicazione e Spettacolo dell'Università degli Studi Roma Tre.  Nel  è nominato professore emerito.  Pensiero Muovendo dallo studio del marxismo italiano ed europeo (Marxismo e revisionismo in Italia, 1971; Austromarxismo e socialismo di sinistra fra le due guerre, 1977), ha analizzato le categorie politiche della modernità (Potere e secolarizzazione, 1983), proponendone, in dialogo con i francofortesi (Il politico e le trasformazioni, 1979) e con M. Weber (L'ordine disincantato, 1985), una ricostruzione simbolico-genealogica. Secondo questa lettura, che riprende le ipotesi storico-filosofiche di Karl Löwith, nelle forme moderne di organizzazione sociale si depositano significati che derivano da un processo di secolarizzazione dei contenuti religiosi, ossia dalla riproposizione in dimensione mondana dell'orizzonte simbolico cristiano. In particolare, la secolarizzazione ha il suo centro in un processo di «temporalizzazione della storia», in virtù del quale le categorie del tempo (che traducono l'escatologia cristiana in una generica apertura al futuro: progresso, rivoluzione, liberazione, etc.) assumono centralità crescente nelle rappresentazioni politiche della modernità. Su queste considerazioni, riprese anche in Dopo il Leviatano (1995nuova edizione ampliata ), Passaggio a Occidente. Filosofia e globalizzazione (2003nuova edizione 2009), La passione del presente (2008), Contro il potere (), si è innestata via via una tematizzazione esplicita del problema filosofico della temporalità, che per molti aspetti anticipa sia le tesi oggi in voga intorno alla "accelerazione" e al rapporto politica-velocità, sia i temi dello spatial turn, della "svolta spaziale" contemporanea. Contro le concezioni bergsoniana e heideggeriana, che delineano con sfumature diverse una forma pura della temporalità, più originaria rispetto alle sue rappresentazioni/spazializzazioni, Marramao argomenta l'inscindibilità del nesso tempo-spazio e, richiamandosi tra l'altro alla fisica contemporanea, riconduce la struttura del tempo a un profilo aporetico e impuro, rispetto a cui la dimensione dello spazio costituisce il riferimento formale per pensarne i paradossi. (Minima temporalia, 1990nuova edizione 2005e Kairós. Apologia del tempo debito, 1992nuova edizione 2005).  Note  Lectio magistralis del Prof. Giacomo Marramao e consegna emeritato, su filosofiacomunicazionespettacolo.uniroma3.it, Università degli Studi Roma Tre, 11 dicembre .  l'8 marzo  31 marzo ).   Enciclopedia di filosofia, Garzanti libri, Milano, 2004 ( 9788811505150); Benso S., Marramao's Kairós: The Space of “Our” Time in the Time of Cosmic Disorientation, in “Human Studies”, anno 2008, n. 31 A. Baird, History and Kairos, in “History and Theory”,  50, Issue 1,  120–128.  Figure del conflitto. Studi in onore di Giacomo Marramao, a c. di A. Martinengo, Valter Casini Editore, Roma 2006. D. Antiseri, S. Tagliabue, Storia della filosofia,  14: Filosofi italiani contemporanei, Bompiani, Milano 2008,  328–339 ( 9788845264474). Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Giacomo Marramao Opere di Giacomo Marramao, .  Registrazioni di Giacomo Marramao, su RadioRadicale.it, Radio Radicale.   (selezione) , su host.uniroma3.it. Pagina personale nel sito dell'Università degli Studi Roma Tre, su host.uniroma3.it. Video intervista a Giacomo Marramao al Festival della Filosofia 2008, su asia.it.Luigi Speranza, "Grice e Marrameo," The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

martineau: English philosopher of religion and ethical intuitionist. As a minister and a professor, Martineau defended Unitarianism and opposed pantheism. In A Study of Religion Martineau agreed with Kant that reality as we experience it is the work of the mind, but he saw no reason to doubt his intuitive conviction that the phenomenal world corresponds to a real world of enduring, causally related objects. He believed that the only intelligible notion of causation is given by willing and concluded that reality is the expression of a divine will that is also the source of moral authority. In Types of Ethical Theory he claimed that the fundamental fact of ethics is the human tendency to approve and disapprove of the motives leading to voluntary actions, actions in which there are two motives present to consciousness. After freely choosing one of the motives, the agent can determine which action best expresses it. Since Martineau thought that agents intuitively know through conscience which motive is higher, the core of his ethical theory is a ranking of the thirteen principal motives, the highest of which is reverence.

 

materia-forma distinction, the -- forma: ideatumCicero was a bit at a loss when trying to translate the Greek eidos or idea. For ‘eidos’ he had forma, but the Romans seemed to have liked the sound of ‘idea,’ and Martianus Capella even coined ‘ideal,’ which Kant and Grice later used. idea, in the seventeenth and eighteenth centuries, whatever is immediately before the mind when one thinks. The notion of thinking was taken in a very broad sense; it included perception, memory, and imagination, in addition to thinking narrowly construed. In connection with perception, ideas were often (though not alwaysBerkeley is the exception) held to be representational images, i.e., images of something. In other contexts, ideas were taken to be concepts, such as the concept of a horse or of an infinite quantity, though concepts of these sorts certainly do not appear to be images. An innate idea was either a concept or a general truth, such as ‘Equals added to equals yield equals’, that was allegedly not learned but was in some sense always in the mind. Sometimes, as in Descartes, innate ideas were taken to be cognitive capacities rather than concepts or general truths, but these capacities, too, were held to be inborn. An adventitious idea, either an image or a concept, was an idea accompanied by a judgment concerning the non-mental cause of that idea. So, a visual image was an adventitious idea provided one judged of that idea that it was caused by something outside one’s mind, presumably by the object being seen. From Idea Alston coined ‘ideationalism’ to refer to Grice’s theory. “Grice’s is an ideationalist theory of meaning, drawn from Locke.”Alston calls Grice an ideationalist, and Grice takes it as a term of abuse. Grice would occasionally use ‘mental.’ Short and Lewis have "mens.” “terra corpus est, at mentis ignis est;” so too, “istic est de sole sumptus; isque totus mentis est;”  f. from the root ‘men,’ whence ‘memini,’  and ‘comminiscor.’ Lewis and Short render ‘mens’ as ‘the mind, disposition; the heart, soul.’ Lewis and Short have ‘commĭniscor,’ originally conminiscor ), mentus, from ‘miniscor,’ whence also ‘reminiscor,’ stem ‘men,’ whence ‘mens’ and ‘memini,’  cf. Varro, Lingua Latina 6, § 44. Lewis and Short render the verb as, literally, ‘to ponder carefully, to reflect upon;’ ‘hence, as a result of reflection; cf. 1. commentor, II.), to devise something by careful thought, to contrive, invent, feign. Myro is perhaps unaware of the implicatura of ‘mental’ when he qualifies his -ism with ‘modest.’ Grice would seldom use mind (Grecian nous) or mental (Grecian noetikos vs. æsthetikos). His sympathies go for more over-arching Grecian terms like the very Aristotelian soul, the anima, i. e. the psyche and the psychological. Grice discusses G. Myro’s essay, ‘In defence of a modal mentalism,’ with attending commentary by R. Albritton and S. Cavell. Grice himself would hardly use mental, mentalist, or mentalism himself, but perhaps psychologism. Grice would use mental, on occasion, but his Grecianism was deeply rooted, unlike Myro’s. At Clifton and under Hardie (let us recall he came up to Oxford under a classics scholarship to enrol in the Lit. Hum.) he knows that mental translates mentalis translates nous, only ONE part, one third, actually, of the soul, and even then it may not include the ‘practical rational’ one! Cf. below on ‘telementational.’  formalism: Cicero’s translation for ‘idealism,’ or ideism -- the philosophical doctrine that reality is somehow mind-correlative or mind-coordinatedthat the real objects constituting the “external world” are not independent of cognizing minds, but exist only as in some way correlative to mental operations. The doctrine centers on the conception that reality as we understand it reflects the workings of mind. Perhaps its most radical version is the ancient Oriental spiritualistic or panpsychistic idea, renewed in Christian Science, that minds and their thoughts are all there isthat reality is simply the sum total of the visions (or dreams?) of one or more minds. A dispute has long raged within the idealist camp over whether “the mind” at issue in such idealistic formulas was a mind emplaced outside of or behind nature (absolute idealism), or a nature-pervasive power of rationality of some sort (cosmic idealism), or the collective impersonal social mind of people in general (social idealism), or simply the distributive collection of individual minds (personal idealism). Over the years, the less grandiose versions of the theory came increasingly to the fore, and in recent times virtually all idealists have construed “the minds” at issue in their theory as separate individual minds equipped with socially engendered resources. There are certainly versions of idealism short of the spiritualistic position of an ontological idealism that (as Kant puts it at Prolegomena, section 13, n. 2) holds that “there are none but thinking beings.” Idealism need certainly not go so far as to affirm that mind makes or constitutes matter; it is quite enough to maintain (e.g.) that all of the characterizing properties of physical existents resemble phenomenal sensory properties in representing dispositions to affect mind-endowed creatures in a certain sort of way, so that these properties have no standing without reference to minds. Weaker still is an explanatory idealism which merely holds that an adequate explanation of the real always requires some recourse to the operations of mind. Historically, positions of the generally idealistic type have been espoused by numerous thinkers. For example, Berkeley maintained that “to be [real] is to be perceived” (esse est percipi). And while this does not seem particularly plausible because of its inherent commitment to omniscience, it seems more sensible to adopt “to be is to be perceivable” (esse est percipile esse). For Berkeley, of course, this was a distinction without a difference: if something is perceivable at all, then God perceives it. But if we forgo philosophical reliance on God, the matter looks different, and pivots on the question of what is perceivable for perceivers who are physically realizable in “the real world,” so that physical existence could be seennot so implausiblyas tantamount to observability-in-principle. The three positions to the effect that real things just exactly are things as philosophy or as science or as “common sense” takes them to bepositions generally designated as Scholastic, scientific, and naive realism, respectivelyare in fact versions of epistemic idealism exactly because they see reals as inherently knowable and do not contemplate mind-transcendence for the real. Thus, the thesis of naive (“commonsense”) realism that ‘External things exist exactly as we know them’ sounds realistic or idealistic according as one stresses the first three words of the dictum or the last four. Any theory of natural teleology that regards the real as explicable in terms of value could to this extent be counted as idealistic, in that valuing is by nature a mental process. To be sure, the good of a creature or species of creatures (e.g., their well-being or survival) need not be something mind-represented. But nevertheless, goods count as such precisely because if the creatures at issue could think about it, they would adopt them as purposes. It is this circumstance that renders any sort of teleological explanation at least conceptually idealistic in nature. Doctrines of this sort have been the stock-in-trade of philosophy from the days of Plato (think of the Socrates of the Phaedo) to those of Leibniz, with his insistence that the real world must be the best possible. And this line of thought has recently surfaced once more in the controversial “anthropic principle” espoused by some theoretical physicists. Then too it is possible to contemplate a position along the lines envisioned in Fichte’s Wissenschaftslehre (The Science of Knowledge), which sees the ideal as providing the determining factor for the real. On such a view, the real is not characterized by the science we actually have but by the ideal science that is the telos of our scientific efforts. On this approach, which Wilhelm Wundt characterized as “ideal-realism” (Idealrealismus; see his Logik,  1, 2d ed., 1895), the knowledge that achieves adequation to the real idea, clear and distinct idealism (adaequatio ad rem) by adequately characterizing the true facts in scientific matters is not the knowledge actually afforded by present-day science, but only that of an ideal or perfected science. Over the years, many objections to idealism have been advanced. Samuel Johnson thought to refute Berkeley’s phenomenalism by kicking a stone. He conveniently forgot that Berkeley goes to great lengths to provide for stoneseven to the point of invoking the aid of God on their behalf. Moore pointed to the human hand as an undeniably mind-external material object. He overlooked that, gesticulate as he would, he would do no more than induce people to accept the presence of a hand on the basis of the handorientation of their experience. Peirce’s “Harvard Experiment” of letting go of a stone held aloft was supposed to establish Scholastic realism because his audience could not control their expectation of the stone’s falling to earth. But an uncontrollable expectation is still an expectation, and the realism at issue is no more than a realistic thought-exposure. Kant’s famous “Refutation of Idealism” argues that our conception of ourselves as mindendowed beings presupposes material objects because we view our mind-endowed selves as existing in an objective temporal order, and such an order requires the existence of periodic physical processes (clocks, pendula, planetary regularities) for its establishment. At most, however, this argument succeeds in showing that such physical processes have to be assumed by minds, the issue of their actual mind-independent existence remaining unaddressed. (Kantian realism is an intraexperiential “empirical” realism.) It is sometimes said that idealism confuses objects with our knowledge of them and conflates the real with our thought about it. But this charge misses the point. The only reality with which we inquirers can have any cognitive commerce is reality as we conceive it to be. Our only information about reality is via the operation of mindour only cognitive access to reality is through the mediation of mind-devised models of it. Perhaps the most common objection to idealism turns on the supposed mind-independence of the real: “Surely things in nature would remain substantially unchanged if there were no minds.” This is perfectly plausible in one sense, namely the causal onewhich is why causal idealism has its problems. But it is certainly not true conceptually. The objector has to specify just exactly what would remain the same. “Surely roses would smell just as sweet in a minddenuded world!” Well . . . yes and no. To be sure, the absence of minds would not change roses. But roses and rose fragrance and sweetnessand even the size of rosesare all factors whose determination hinges on such mental operations as smelling, scanning, measuring, and the like. Mind-requiring processes are needed for something in the world to be discriminated as a rose and determined to bear certain features. Identification, classification, property attribution are all required and by their very nature are all mental operations. To be sure, the role of mind is here hypothetical. (“If certain interactions with duly constituted observers took place, then certain outcomes would be noted.”) But the fact remains that nothing could be discriminated or characterized as a rose in a context where the prospect of performing suitable mental operations (measuring, smelling, etc.) is not presupposed. Perhaps the strongest argument favoring idealism is that any characterization of the real that we can devise is bound to be a mind-constructed one: our only access to information about what the real is is through the mediation of mind. What seems right about idealism is inherent in the fact that in investigating the real we are clearly constrained to use our own concepts to address our own issuesthat we can learn about the real only in our own terms of reference. But what seems right about realism is that the answers to the questions we put to the real are provided by reality itselfwhatever the answers may be, they are substantially what they are because it is reality itself that determines them to be that way. -- idealism, Critical. . materia et forma. Materia-forma distinction, the: One of Grice’s twelve labours is against Materialism -- Cicero’s translation of hyle, ancient Greek term for matter. Aristotle brought the word into use in philosophy by contrast with the term for form, and as designating one of the four causes. By hyle Aristotle usually means ‘that out of which something has been made’, but he can also mean by it ‘that which has form’. In Aristotelian philosophy hyle is sometimes also identified with potentiality and with substrate. Neoplatonists identified hyle with the receptacle of Plato. Materia-forma distinction, the forma: Grice always found ‘logical form’ redundant (“Surely we are not into ‘matter’that would be cheap!”)“‘materia-forma’ is the unity, as the Grecians well knew.”- hylomorphism, the doctrine, first taught by Aristotle, that concrete substance consists of form in matter (hyle). The details of this theory are explored in the central books of Aristotle’s Metaphysics (Zeta, Eta, and Theta).  Materia-forma distinction, the. Then there’s hylozoism: from Greek hyle, ‘matter’, and zoe, ‘life’), the doctrine that matter is intrinsically alive, or that all bodies, from the world as a whole down to the smallest corpuscle, have some degree or some kind of life. It differs from panpsychism though the distinction is sometimes blurredin upholding the universal presence of life per se, rather than of soul or of psychic attributes. Inasmuch as it may also hold that there are no living entities not constituted of matter, hylozoism is often criticized by theistic philosophers as a form of atheism. The term was introduced polemically by Ralph Cudworth, the seventeenth-century Cambridge Platonist, to help define a position that is significantly in contrast to soul–body dualism (Pythagoras, Plato, Descartes), reductive materialism (Democritus, Hobbes), and Aristotelian hylomorphism. So understood, hylozoism had many advocates in the eighteenth and nineteenth centuries, among both scientists and naturalistically minded philosophers. In the twentieth century, the term has come to be used, rather unhelpfully, to characterize the animistic and naive-vitalist views of the early Greek philosophers, especially Thales, Anaximenes, Heraclitus, and Empedocleswho could hardly count as hylozoists in Cudworth’s sophisticated sense. If anything characterizes ‘analytic’ philosophy, then it is presumably the emphasis placed on analysis. But as history shows, there is a wide range of conceptions of analysis, so such a characterization says nothing that would distinguish analytic philosophy from much of what has either preceded or developed alongside it. Given that the decompositional conception is usually offered as the main conception, it might be thought that it is this that characterizes analytic philosophy, even Oxonian 'informalists' like Strawson.But this conception was prevalent in the early modern period, shared by both the British Empiricists and Leibniz, for example. Given that Kant denied the importance of de-compositional analysis, however, it might be suggested that what characterizes analytic philosophy is the value it places on such analysis. This might be true of G. E. Moore's early work, and of one strand within analytic philosophy; but it is not generally true. What characterizes analytic philosophy as it was founded by Frege and Russell is the role played by logical analysis, which depended on the development of modern logic. Although other and subsequent forms of analysis, such as 'linguistic' analysis, were less wedded to systems of FORMAL logic, the central insight motivating logical analysis remained.  Pappus's account of method in ancient Greek geometry suggests that the regressive conception of analysis was dominant at the time — however much other conceptions may also have been implicitly involved.In the early modern period, the decompositional conception became widespread.What characterizes analytic philosophy—or at least that central strand that originates in the work of Frege and Russell—is the recognition of what was called earlier the transformative or interpretive dimension of analysis.Any analysis presupposes a particular framework of interpretation, and work is done in interpreting what we are seeking to analyze as part of the process of regression and decomposition. This may involve transforming it in some way, in order for the resources of a given theory or conceptual framework to be brought to bear. Euclidean geometry provides a good illustration of this. But it is even more obvious in the case of analytic geometry, where the geometrical problem is first ‘translated’ into the language of algebra and arithmetic in order to solve it more easily.What Descartes and Fermat did for analytic geometry, Frege and Russell did for analytic PHILOSOPHY. Analytic philosophy is ‘analytic’ much more in the way that analytic geometry (as Fermat's and Descartes's) is ‘analytic’ than in the crude decompositional sense that Kant understood it.  The interpretive dimension of philosophical analysis can also be seen as anticipated in medieval scholasticism and it is remarkable just how much of modern concerns with propositions, meaning, reference, and so on, can be found in the medieval literature. Interpretive analysis is also illustrated in the nineteenth century by Bentham's conception of paraphrasis, which he characterized as "that sort of exposition which may be afforded by transmuting into a proposition, having for its subject some real entity, a proposition which has not for its subject any other than a fictitious entity." Bentham, a palaeo-Griceian, applies the idea in ‘analyzing away’ talk of ‘obligations’, and the anticipation that we can see here of Russell's theory of descriptions has been noted by, among others, Wisdom and Quine in ‘Five Milestones of Empiricism.'vide: Wisdom on Bentham as palaeo-Griceian.What was crucial in analytic philosophy, however, was the development of quantificational theory, which provided a far more powerful interpretive system than anything that had hitherto been available. In the case of Frege and Russell, the system into which statements were ‘translated’ was predicate calculus, and the divergence that was thereby opened up between the 'matter' and the logical 'form' meant that the process of 'translation' (or logical construction or deconstruction) itself became an issue of philosophical concern. This induced greater self-consciousness about our use of language and its potential to mislead us (the infamous implicaturums, which are neither matter nor form -- they are IMPLICATED matter, and the philosopher may want to arrive at some IMPLICATED form -- as 'the'), and inevitably raised semantic, epistemological and metaphysical questions about the relationships between language, logic, thought and reality which have been at the core of analytic philosophy ever since.  Both Frege and Russell (after the latter's initial flirtation with then fashionable Hegelian Oxonian idealism -- "We were all Hegelians then") were concerned to show, against Kant, that arithmetic (or number theory, from Greek 'arithmos,' number -- if not geometry) is a system of analytic and not synthetic truths, as Kant misthought. In the Grundlagen, Frege offers a revised conception of analyticity, which arguably endorses and generalizes Kant's logical as opposed to phenomenological criterion, i.e., (ANL) rather than (ANO) (see the supplementary section on Kant):  (AN) A truth is analytic if its proof depends only on general logical laws and definitions. The question of whether arithmetical truths are analytic then comes down to the question of whether they can be derived purely logically. This was the failure of Ramsey's logicist project.Here we already have ‘transformation’, at the theoretical level — involving a reinterpretation of the concept of analyticity.To demonstrate this, Frege realized that he needed to develop logical theory in order to 'FORMALISE' a mathematical statements, which typically involve multiple generality or multiple quantification -- alla "The altogether nice girl loves the one-at-at-a-time sailor"  (e.g., ‘Every natural number has a successor’, i.e. ‘For every natural number x there is another natural number y that is the successor of x’). This development, by extending the use of function-argument analysis in mathematics to logic and providing a notation for quantification, is  essentially the achievement of his Begriffsschrift, where he not only created the first system of predicate calculus but also, using it, succeeded in giving a logical analysis of mathematical induction (see Frege FR, 47-78).  In Die Grundlagen der Arithmetik, Frege goes on to provide a logical analysis of number statements (as in "Mary had two little lambs; therefore she has one little lamb" -- "Mary has a little lamb" -- "Mary has at least one lamb and at most one lamb"). Frege's central idea is that a number statement contains an assertion about a 'concept.'A statement such as Jupiter has four moons.is to be understood NOT as *predicating* of *Jupiter* the property of having four moons, but as predicating of the 'concept' "moon of Jupiter" the second-level property " ... has at least and at most four instances," which can be logically defined. The significance of this construal can be brought out by considering negative existential statements (which are equivalent to number statements involving "0"). Take the following negative existential statement:  Unicorns do not exist. Or Grice's"Pegasus does not exist.""A flying horse does not exist."If we attempt to analyze this decompositionally, taking the 'matter' to leads us to the 'form,' which as philosophers, is all we care for, we find ourselves asking what these unicorns or this flying horse called Pegasus are that have the property of non-existence!Martin, to provoke Quine, called his cat 'Pegasus.'For Quine, x is Pegasus if x Pegasus-ises (Quine, to abbreviate, speaks of 'pegasise,' which is "a solicism, at Oxford."We may then be forced to posit the Meinongian subsistence — as opposed to existence — of a unicorn -- cf. Warnock on 'Tigers exist' in "Metaphysics in Logic" -- just as Meinong (in his ontological jungle, as Grice calls it) and Russell did ('the author of Waverley does not exist -- he was invented by the literary society"), in order for there to be something that is the subject of our statement.  On the Fregean account, however, to deny that something exists is to say that the corresponding concept has no instance -- it is not possible to apply 'substitutional quantification.' (This leads to the paradox of extensionalism, as Grice notes, in that all void predicates refer to the empty set). There is no need to posit any mysterious object, unless like Locke, we proceed empirically with complex ideas (that of a unicorn, or flying horse) as simple ideas (horse, winged). The Fregean analysis of (0a) consists in rephrasing it into (0b), which can then be readily FORMALISED as(0b) The concept unicorn is not instantiated. (0c) ~(x) Fx.  Similarly, to say that God exists is to say that the concept God is (uniquely) instantiated, i.e., to deny that the concept has 0 instances (or 2 or more instances). This is actually Russell's example ("What does it mean that (Ex)God?")But cf. Pears and Thomson, two collaborators with Grice in the reprint of an old Aristotelian symposium, "Is existence a predicate?"On this view, existence is no longer seen as a (first-level) predicate, but instead, existential statements are analyzed in terms of the (second-level) predicate is instantiated, represented by means of the existential quantifier. As Frege notes, this offers a neat diagnosis of what is wrong with the ontological argument, at least in its traditional form (GL, §53). All the problems that arise if we try to apply decompositional analysis (at least straight off) simply drop away, although an account is still needed, of course, of concepts and quantifiers.  The possibilities that this strategy of ‘translating’ 'MATTER' into 'FORM' opens up are enormous.We are no longer forced to treat the 'MATTER' of a statement as a guide to 'FORM', and are provided with a means of representing that form.  This is the value of logical analysis.It allows us to ‘analyze away’ problematic linguistic MATERIAL or matter-expressions and explain what it is going on at the level of the FORM, not the MATTERGrice calls this 'hylemorphism,' granting "it is confusing in that we are talking 'eidos,' not 'morphe'." This strategy was employed, most famously, in Russell's theory of descriptions (on 'the' and 'some') which was a major motivation behind the ideas of Wittgenstein's Tractatus.SeeGrice, "Definite descriptions in Russell and in the vernacular"Although subsequent philosophers were to question the assumption that there could ever be a definitive logical analysis of a given statement, the idea that this or that 'material' expression may be systematically misleading has remained.  To illustrate this, consider the following examples from Ryle's essay ‘Systematically Misleading Expressions’:  (Ua) Unpunctuality is reprehensible.Or from  Grice's and Strawson's seminar on Aristotle's Categories:Smith's disinteresteness and altruism are in the other room.Banbury is an egoism. Egoism is reprehensible Banbury is malevolent. Malevolence is rephrensible. Banbury is an altruism. Altruism and cooperativeness are commendable. In terms of second-order predicate calculus. If Banbury is altruist, Banbury is commendable.  (Ta) Banbury hates (the thought of) going to hospital.  Ray Noble loves the very thought of you. In each case, we might be tempted to make unnecessary 'reification,' or subjectification, as Grice prefers (mocking 'nominalisation' -- a category shift) taking ‘unpunctuality’ and ‘the thought of going to hospital’ as referring to a thing, or more specifically a 'prote ousia,' or spatio-temporal continuant. It is because of this that Ryle describes such expressions as ‘systematically misleading’.  As Ryle later told Grice, "I would have used 'implicaturally misleading,' but you hadn't yet coined the thing!" (Ua) and (Ta) must therefore be rephrased:  (Ub)  Whoever is unpunctual deserves that other people should reprove him for being unpunctual.  Although Grice might say that it is one harmless thing to reprove 'interestedness' and another thing to recommend BANBURY himself, not his disinterestedness. (Tb) Jones feels distressed when he thinks of what he will undergo IF he goes to hospital.  Or in more behaviouristic terms: The dog salivates when he salivates that he will be given food.(Ryle avoided 'thinking' like the rats). In this or that FORM of the MATTER, there is no overt talk at all of ‘unpunctuality’ or ‘thoughts’, and hence nothing to tempt us to posit the existence of any corresponding entities. The problems that otherwise arise have thus been ‘analyzed away’.  At the time that he wrote ‘Systematically Misleading Expressions’, Ryle too, assumed that every statement has a form -- even Sraffa's gesture has a form -- that was to be exhibited correctly.But when he gave up this assumption (and call himself and Strawson 'informalist') he did not give up the motivating idea of conceptual analysis—to show what is wrong with misleading expressions. In The Concept of Mind Ryle sought to explain what he called the ‘category-mistake’ involved in talk of the mind as a kind of ‘Ghost in the Machine’. "I was so fascinated with this idea that when they offered me the editorship of "Mind," on our first board meeting I proposed we changed the name of the publication to "Ghost." They objected, with a smile."Ryle's aim is to “'rectify' the conceptual geography or botany of the knowledge which we already possess," an idea that was to lead to the articulation of connective rather than 'reductive,' alla Grice, if not reductionist, alla Churchland, conceptions of analysis, the emphasis being placed on elucidating the relationships BETWEEN this or that concepts without assuming that there is a privileged set of intrinsically basic or prior concepts (v. Oxford Linguistic Philosophy).  For Grice, surely 'intend' is prior to 'mean,' and 'utterer' is prior to 'expression'. Yet he is no reductionist. In "Negation," introspection and incompatibility are prior to 'not.'In "Personal identity," memory is prior to 'self.'Etc. Vide, Grice, "Conceptual analysis and the defensible province of philosophy."Ryle says, "You might say that if it's knowledge it cannot be rectified, but this is Oxford! Everything is rectifiable!" What these varieties of conceptual analysis suggest, then, is that what characterizes analysis in analytic philosophy is something far richer than the mere ‘de-composition’ of a concept into its ‘constituents’. Although reductive is surely a necessity.The alternative is to take the concept as a 'theoretical' thing introduced by Ramseyfied description in this law of this theory.For things which are a matter of intuition, like all the concepts Grice has philosophical intuitions for, you cannot apply the theory-theory model. You need the 'reductive analysis.' And the analysis NEEDS to be 'reductive' if it's to be analysis at all! But this is not to say that the decompositional conception of analysis plays no role at all. It can be found in Moore, for example.It might also be seen as reflected in the approach to the analysis of concepts that seeks to specify the necessary and sufficient conditions for their correct employment, as  in Grice's infamous account of 'mean' for which he lists Urmson and Strawson as challenging the sufficiency, and himself as challenging the necessity!  Conceptual analysis in this way goes back to the Socrates of Plato's early dialogues -- and Grice thought himself an English Socrates -- and Oxonian dialectic as Athenian dialectic-- "Even if I never saw him bothering people with boring philosophical puzzles."But it arguably reached its heyday with Grice.The definition of ‘knowledge’ as ‘justified true belief’ is perhaps the second most infamous example; and this definition was criticised in Gettier's classic essay -- and again by Grice in the section on the causal theory of 'know' in WoW -- Way of Words.The specification of necessary and sufficient conditions may no longer be seen as the primary aim of conceptual analysis, especially in the case of philosophical concepts such as ‘knowledge’, which are fiercely contested.But consideration of such conditions remains a useful tool in the analytic philosopher's toolbag, along with the implicaturum, what Grice called his "new shining tool" "even if it comes with a new shining skid!"The use of ‘logical form,’ as Grice and Strawson note, tends to be otiose. They sometimes just use ‘form.’ It’s different from the ‘syntactic matter’ of the expression. Matter is strictly what Ammonius uses to translate ‘hyle’ as applied to this case. When Aristotle in Anal. Pr. Uses variable letters that’s the forma or eidos; when he doesn’t (and retreats to ‘homo’, etc.) he is into ‘hyle,’ or ‘materia.’ What other form is there? Grammatical? Surface versus deep structure? God knows. It’s not even clear with Witters! Grice at least has a theory. You draw a skull to communicate there is danger. So you are concerned with the logical form of “there is danger.” An exploration on logical form can start and SHOULD INCLUDE what Grice calls the ‘one-off predicament,” of an open GAIIB.” To use Carruthers’s example and Blackburn: You draw an arrow to have your followers choose one way on the fork of the road. The logical form is that of the communicatum. The emissor means that his follower should follow the left path. What is the logical form of this? It may be said that “p” has a simplex logical form, the A is Bpredicate calculus, or ‘predicative’ calculus, as Starwson more traditionally puts it! Then there is molecular complex logical form with ‘negation,’ ‘and’, ‘or’, and ‘if.’. you can’t put it in symbols, it’s not worth saying. Oh, no, if you can put it in symbols, it’s not worth saying. Grice loved the adage, “quod per litteras demonstrare volumus, universaliter demonstramus.” material adequacy, the property that belongs to a formal definition of a concept when that definition characterizes or “captures” the extension (or material) of the concept. Intuitively, a formal definition of a concept is materially adequate if and only if it is neither too broad nor too narrow. Tarski advanced the state of philosophical semantics by discovering the criterion of material adequacy of truth definitions contained in his convention T. Material adequacy contrasts with analytic adequacy, which belongs to definitions that provide a faithful analysis. Defining an integer to be even if and only if it is the product of two consecutive integers would be materially adequate but not analytically adequate, whereas defining an integer to be even if and only if it is a multiple of 2 would be both materially and analytically adequate.  materia/forma distinction, materia-inmateria distinction --: immaterialism, Materia-forma -- formale/informale distinction: informal logic: Grice preferred ‘material’ logic“What Strawson means by ‘informal logic’ is best expressed by ‘ordinary-language logic,’ drawing on Bergmann’s distinction between the ordinary and the ideal.” Also called practical logic, the use of logic to identify, analyze, and evaluate arguments as they occur in contexts of discourse in everyday conversations. In informal logic, arguments are assessed on a case-by-case basis, relative to how the argument was used in a given context to persuade someone to accept the conclusion, or at least to give some reason relevant to accepting the conclusion. One of Grice’s twelve labours is with Materialism. Immaterialism is the view that objects are best characterized as mere collections of qualities: “a certain colour, taste, smell, figure and consistence having been observed to go together, are accounted one distinct thing, signified by the name apple” (Berkeley, Principles, 1). So construed, immaterialism anticipates by some two hundred years a doctrine defended in the early twentieth century by Russell. The negative side of the doctrine comes in the denial of material substance or matter. Some philosophers had held that ordinary objects are individual material substances in which qualities inhere. The account is mistaken because, according to immaterialism, there is no such thing as material substance, and so qualities do not inhere in it. Immaterialism should not be confused with Berkeley’s idealism. The latter, but not the former, implies that objects and their qualities exist if and only if they are perceived. materia-forma distinction, the: forma: form, in metaphysics, especially Plato’s and Aristotle’s, the structure or essence of a thing as contrasted with its matter. Plato’s theory of Forms is a realistic ontology of universals. In his elenchus, Socrates sought what is common to, e.g., all chairs. Plato believed there must be an essence  or Form  common to everything falling under one concept, which makes anything what it is. A chair is a chair because it “participates in” the Form of Chair. The Forms are ideal “patterns,” unchanging, timeless, and perfect. They exist in a world of their own cf. the Kantian noumenal realm. Plato speaks of them as self-predicating: the Form of Beauty is perfectly beautiful. This led, as he realized, to the Third Man argument that there must be an infinite number of Forms. The only true understanding is of the Forms. This we attain through anamnesis, “recollection.” 2 Aristotle agreed that forms are closely tied to intelligibility, but denied their separate existence. Aristotle explains change and generation through a distinction between the form and matter of substances. A lump of bronze matter becomes a statue through its being molded into a certain shape form. In his earlier metaphysics, Aristotle identified primary substance with the composite of matter and form, e.g. Socrates. Later, he suggests that primary substance is form  what makes Socrates what he is the form here is his soul. This notion of forms as essences has obvious similarities with the Platonic view. They became the “substantial forms” of Scholasticism, accepted until the seventeenth century. Kant saw form as the a priori aspect of experience. We are presented with phenomenological “matter,” which has no meaning until the mind imposes some form upon it. Grice finds the ‘logical’ in ‘logical form’ otiose. “Unless we contrast it with logical matter.” Refs.: Grice, “Form: logical and other.” A formal fallacy is an invalid inference pattern that is described in terms of a formal logic. There are three main cases: 1 an invalid or otherwise unacceptable argument identified solely by its form or structure, with no reference to the content of the premises and conclusion such as equivocation or to other features, generally of a pragmatic character, of the argumentative discourse such as unsuitability of the argument for the purposes for which it is given, failure to satisfy inductive standards for acceptable argument, etc.; the latter conditions of argument evaluation fall into the purview of informal fallacy; 2 a formal rule of inference, or an argument form, that is not valid in the logical system on which the evaluation is made, instances of which are sufficiently frequent, familiar, or deceptive to merit giving a name to the rule or form; ad 3 an argument that is an instance of a fallacious rule of inference or of a fallacious argument form and that is not itself valid. The criterion of satisfactory argument typically taken as relevant in discussing formal fallacies is validity. In this regard, it is important to observe that rules of inference and argument forms that are not valid may have instances which may be another rule or argument form, or may be a specific argument that are valid. Thus, whereas the argument form i P, Q; therefore R a form that every argument, including every valid argument, consisting of two premises shares is not valid, the argument form ii, obtained from i by substituting P&Q for R, is a valid instance of i: ii P, Q; therefore P&Q. Since ii is not invalid, ii is not a formal fallacy though it is an instance of i. Thus, some instances of formally fallacious rules of inference or argument-forms may be valid and therefore not be formal fallacies. Examples of formal fallacies follow below, presented according to the system of logic appropriate to the level of description of the fallacy. There are no standard names for some of the fallacies listed below. Fallacies of sentential propositional logic. Affirming the consequent: If p then q; q / ‘If Richard had his nephews murdered, then Richard was an evil man; Richard was an evil man. Therefore, Richard had his nephews murdered.’ Denying the antecedent: If p then q; not-p / , not-q. ‘If North was found guilty by the courts, then North committed the crimes charged of him; North was not found guilty by the courts. Therefore, North did not commit the crimes charged of him.’ Commutation of conditionals: If p then q / , If q then p. ‘If Reagan was a great leader, then so was Thatcher. Therefore, if Thatcher was a great leader, then so was Reagan.” Improper transposition: If p then q / , If not-p then not-q. ‘If the nations of the Middle East disarm, there will be peace in the region. Therefore, if the nations of the Middle East do not disarm, there will not be peace in the region.’ Improper disjunctive syllogism affirming one disjunct: p or q; p / ,, not-q. ‘Either John is an alderman or a ward committeeman; John is an alderman. Therefore, John is not a ward committeeman.’ This rule of inference would be valid if ‘or’ were interpreted exclusively, where ‘p or EXq’ is true if exactly one constituent is true and is false otherwise. In standard systems of logic, however, ‘or’ is interpreted inclusively. Fallacies of syllogistic logic. Fallacies of distribution where M is the middle term, P is the major term, and S is the minor term. Undistributed middle term: the middle term is not distributed in either premise roughly, nothing is said of all members of the class it designates, as in form, grammatical formal fallacy 316   316 Some P are M ‘Some politicians are crooks. Some M are S Some crooks are thieves. ,Some S are P. ,Some politicians are thieves.’ Illicit major undistributed major term: the major term is distributed in the conclusion but not in the major premise, as in All M are P ‘All radicals are communists. No S are M No socialists are radicals. ,Some S are ,Some socialists are not not P. communists.’ Illicit minor undistributed minor term: the minor term is distributed in the conclusion but not in the minor premise, as in All P are M ‘All neo-Nazis are radicals. All M are S All radicals are terrorists. ,All S are P. ,All terrorists are neoNazis.’ Fallacies of negation. Two negative premises exclusive premises: the syllogism has two negative premises, as in No M are P ‘No racist is just. Some M are not S Some racists are not police. ,Some S are not P. ,Some police are not just. Illicit negative/affirmative: the syllogism has a negative premise conclusion but no negative conclusion premise, as in All M are P ‘All liars are deceivers. Some M are not S Some liars are not aldermen. ,Some S are P. ,Some aldermen are deceivers.’ and All P are M ‘All vampires are monsters. All M are S All monsters are creatures. ,Some S are not P. ,Some creatures are not vampires.’ Fallacy of existential import: the syllogism has two universal premises and a particular conclusion, as in All P are M ‘All horses are animals. No S are M No unicorns are animals. ,Some S are not P. ,Some unicorns are not horses.’ A syllogism can commit more than one fallacy. For example, the syllogism Some P are M Some M are S ,No S are P commits the fallacies of undistributed middle, illicit minor, illicit major, and illicit negative/affirmative. Fallacies of predicate logic. Illicit quantifier shift: inferring from a universally quantified existential proposition to an existentially quantified universal proposition, as in Ex Dy Fxy / , Dy Ex Fxy ‘Everyone is irrational at some time or other /, At some time, everyone is irrational.’ Some are/some are not unwarranted contrast: inferring from ‘Some S are P’ that ‘Some S are not P’ or inferring from ‘Some S are not P’ that ‘Some S are P’, as in Dx Sx & Px / , Dx Sx & -Px ‘Some people are left-handed / , Some people are not left-handed.’ Illicit substitution of identicals: where f is an opaque oblique context and a and b are singular terms, to infer from fa; a = b / , fb, as in ‘The Inspector believes Hyde is Hyde; Hyde is Jekyll / , The Inspector believes Hyde is Jekyll.’  Forma gives rise to formalism (or the formalists), which Grice contrasts with Ryle and Strawson’s informalism (the informalists). Formalism is described by Grice as the the view that mathematics concerns manipulations of symbols according to prescribed structural rules. It is cousin to nominalism, the older and more general metaphysical view that denies the existence of all abstract objects and is often contrasted with Platonism, which takes mathematics to be the study of a special class of non-linguistic, non-mental objects, and intuitionism, which takes it to be the study of certain mental constructions. In sophisticated versions, mathematical activity can comprise the study of possible formal manipulations within a system as well as the manipulations themselves, and the “symbols” need not be regarded as either linguistic or concrete. Formalism is often associated with the mathematician formalism formalism 317   317 David Hilbert. But Hilbert held that the “finitary” part of mathematics, including, for example, simple truths of arithmetic, describes indubitable facts about real objects and that the “ideal” objects that feature elsewhere in mathematics are introduced to facilitate research about the real objects. Hilbert’s formalism is the view that the foundations of mathematics can be secured by proving the consistency of formal systems to which mathematical theories are reduced. Gödel’s two incompleteness theorems establish important limitations on the success of such a project. And then there’s “formalization,” an abstract representation of a theory that must satisfy requirements sharper than those imposed on the structure of theories by the axiomatic-deductive method. That method can be traced back to Euclid’s Elements. The crucial additional requirement is the regimentation of inferential steps in proofs: not only do axioms have to be given in advance, but the rules representing argumentative steps must also be taken from a predetermined list. To avoid a regress in the definition of proof and to achieve intersubjectivity on a minimal basis, the rules are to be “formal” or “mechanical” and must take into account only the form of statements. Thus, to exclude any ambiguity, a precise and effectively described language is needed to formalize particular theories. The general kind of requirements was clear to Aristotle and explicit in Leibniz; but it was only Frege who, in his Begriffsschrift 1879, presented, in addition to an expressively rich language with relations and quantifiers, an adequate logical calculus. Indeed, Frege’s calculus, when restricted to the language of predicate logic, turned out to be semantically complete. He provided for the first time the means to formalize mathematical proofs. Frege pursued a clear philosophical aim, namely, to recognize the “epistemological nature” of theorems. In the introduction to his Grundgesetze der Arithmetik 3, Frege wrote: “By insisting that the chains of inference do not have any gaps we succeed in bringing to light every axiom, assumption, hypothesis or whatever else you want to call it on which a proof rests; in this way we obtain a basis for judging the epistemological nature of the theorem.” The Fregean frame was used in the later development of mathematical logic, in particular, in proof theory. Gödel established through his incompleteness theorems fundamental limits of formalizations of particular theories, like the system of Principia Mathematica or axiomatic set theories. The general notion of formal theory emerged from the subsequent investigations of Church and Turing clarifying the concept of ‘mechanical procedure’ or ‘algorithm.’ Only then was it possible to state and prove the incompleteness theorems for all formal theories satisfying certain very basic representability and derivability conditions. Gödel emphasized repeatedly that these results do not establish “any bounds for the powers of human reason, but rather for the potentialities of pure formalism in mathematics.”  As Grice notes, to ormalize: narrowly construed, to formulate a subject as a theory in first-order predicate logic; broadly construed, to describe the essentials of the subject in some formal language for which a notion of consequence is defined. For Hilbert, formalizing mathematics requires at least that there be finite means of checking purported proofs.  The formalists speak of a ‘formal’ language, “but is it a language?”Grice. formal language: H. P. Grice, “Bergmann on ideal language versus ordinary language,” a language in which an expression’s grammaticality and interpretation if any are determined by precisely defined rules that appeal only to the form or shape of the symbols that constitute it rather than, for example, to the intention of the speaker. It is usually understood that the rules are finite and effective so that there is an algorithm for determining whether an expression is a formula and that the grammatical expressions are uniquely readable, i.e., they are generated by the rules in only one way. A paradigm example is the language of firstorder predicate logic, deriving principally from the Begriffsschrift of Frege. The grammatical formulas of this language can be delineated by an inductive definition: 1 a capital letter ‘F’, ‘G’, or ‘H’, with or without a numerical subscript, folformalism, aesthetic formal language 318   318 lowed by a string of lowercase letters ‘a’, ‘b’, or ‘c’, with or without numerical subscripts, is a formula; 2 if A is a formula, so is -A; 3 if A and B are formulas, so are A & B, A P B, and A 7 B; 4 if A is a formula and v is a lowercase letter ‘x’, ‘y’, or ‘z’, with or without numerical subscripts, then DvA' and EvA' are formulas where A' is obtained by replacing one or more occurrences of some lowercase letter in A together with its subscripts if any by v; 5 nothing is a formula unless it can be shown to be one by finitely many applications of the clauses 14. The definition uses the device of metalinguistic variables: clauses with ‘A’ and ‘B’ are to be regarded as abbreviations of all the clauses that would result by replacing these letters uniformly by names of expressions. It also uses several naming conventions: a string of symbols is named by enclosing it within single quotes and also by replacing each symbol in the string by its name; the symbols ‘7’, ‘‘,’’, ‘&’, ‘P’, ‘-’ are considered names of themselves. The interpretation of predicate logic is spelled out by a similar inductive definition of truth in a model. With appropriate conventions and stipulations, alternative definitions of formulas can be given that make expressions like ‘P 7 Q’ the names of formulas rather than formulas themselves. On this approach, formulas need not be written symbols at all and form cannot be identified with shape in any narrow sense. For Tarski, Carnap, and others a formal language also included rules of “transformation” specifying when one expression can be regarded as a consequence of others. Today it is more common to view the language and its consequence relation as distinct. Formal languages are often contrasted with natural languages, like English or Swahili. Richard Montague, however, has tried to show that English is itself a formal language, whose rules of grammar and interpretation are similar to  though much more complex than  predicate logic.  Then there’s formal learnability theory, the study of human language learning through explicit formal models typically employing artifical languages and simplified learning strategies. The fundamental problem is how a learner is able to arrive at a grammar of a language on the basis of a finite sample of presented sentences and perhaps other kinds of information as well. The seminal work is by E. Gold 7, who showed, roughly, that learnability of certain types of grammars from the Chomsky hierarchy by an unbiased learner required the presentation of ungrammatical strings, identified as such, along with grammatical strings. Recent studies have concentrated on other types of grammar e.g., generative transformational grammars, modes of presentation, and assumptions about learning strategies in an attempt to approximate the actual situation more closely. If Strawson and Ryle are into ‘informal logic,’ Hilbert ’t. Formal logic, versus ‘material logic,’ is the science of correct reasoning, going back to Aristotle’s Prior Analytics, based upon the premise that the validity of an argument is a function of its structure or logical form. The modern embodiment of formal logic is symbolic mathematical logic. This is the study of valid inference in artificial, precisely formulated languages, the grammatical structure of whose sentences or well-formed formulas is intended to mirror, or be a regimentation of, the logical forms of their natural language counterparts. These formal languages can thus be viewed as mathematical models of fragments of natural language. Like models generally, these models are idealizations, typically leaving out of account such phenomena as vagueness, ambiguity, and tense. But the idea underlying symbolic logic is that to the extent that they reflect certain structural features of natural language arguments, the study of valid inference in formal languages can yield insight into the workings of those arguments. The standard course of study for anyone interested in symbolic logic begins with the classical propositional calculus sentential calculus, or PC. Here one constructs a theory of valid inference for a formal language built up from a stock of propositional variables sentence letters and an expressively complete set of connectives. In the propositional calculus, one is therefore concerned with arguments whose validity turns upon the presence of two-valued truth-functional sentence-forming operators on sentences such as classical negation, conjunction, disjunction, and the like. The next step is the predicate calculus lower functional calculus, first-order logic, elementary quantification theory, the study of valid inference in first-order languages. These are languages built up from an expressively complete set of connectives, first-order universal or existential quantifiers, individual variables, names, predicates relational symbols, and perhaps function symbols. Further, and more specialized, work in symbolic logic might involve looking at fragments of the language of the propositional or predicate calculus, changing the semantics that the language is standardly given e.g., by allowing truth-value gaps or more than two truth-values, further embellishing the language e.g., by adding modal or other non-truth-functional connectives, or higher-order quantifiers, or liberalizing the grammar or syntax of the language e.g., by permitting infinitely long well-formed formulas. In some of these cases, of course, symbolic logic remains only marginally connected with natural language arguments as the interest shades off into one in formal languages for their own sake, a mark of the most advanced work being done in formal logic today.  Some philosophers (“me included”Grice) speak of “formal semantics,” as opposed to Austin’s informal linguistic botanising -- the study of the interpretations of formal languages. A formal language can be defined apart from any interpretation of it. This is done by specifying a set of its symbols and a set of formation rules that determine which strings of symbols are grammatical or well formed. When rules of inference transformation rules are added and/or certain sentences are designated as axioms a logical system also known as a logistic system is formed. An interpretation of a formal language is roughly an assignment of meanings to its symbols and truth conditions to its sentences. Typically a distinction is made between a standard interpretation of a formal language and a non-standard interpretation. Consider a formal language in which arithmetic is formulable. In addition to the symbols of logic variables, quantifiers, brackets, and connectives, this language will contain ‘0’, ‘!’, ‘•’, and ‘s’. A standard interpretation of it assigns the set of natural numbers as the domain of discourse, zero to ‘0’, addition to ‘!’, multiplication to ‘•’, and the successor function to ‘s’. Other standard interpretations are isomorphic to the one just given. In particular, standard interpretations are numeral-complete in that they correlate the numerals one-to-one with the domain elements. A result due to Gödel and Rosser is that there are universal quantifications xAx that are not deducible from the Peano axioms if those axioms are consistent even though each An is provable. The Peano axioms if consistent are true on each standard interpretation. Thus each An is true on such an interpretation. Thus xAx is true on such an interpretation since a standard interpretation is numeral-complete. However, there are non-standard interpretations that do not correlate the numerals one-to-one with domain elements. On some of these interpretations each An is true but xAx is false. In constructing and interpreting a formal language we use a language already known to us, say, English. English then becomes our metalanguage, which we use to talk about the formal language, which is our object language. Theorems proven within the object language must be distinguished from those proven in the metalanguage. The latter are metatheorems. One goal of a semantical theory of a formal language is to characterize the consequence relation as expressed in that language and prove semantical metatheorems about that relation. A sentence S is said to be a consequence of a set of sentences K provided S is true on every interpretation on which each sentence in K is true. This notion has to be kept distinct from the notion of deduction. The latter concept can be defined only by reference to a logical system associated with a formal language. Consequence, however, can be characterized independently of a logical system, as was just done. 

 

Materialism: one of the twelve labours of H. P. Grice. d’Holbach, Paul-Henri-Dietrich, Baron, philosopher, a leading materialist and prolific contributor to the Encyclopedia. He dharma d’Holbach, Paul-Henri-Dietrich 231   231 was born in the Rhenish Palatinate, settled in France at an early age, and read law at Leiden. After inheriting an uncle’s wealth and title, he became a solicitor at the Paris “Parlement” and a regular host of philosophical dinners attended by the Encyclopedists and visitors of renown Gibbon, Hume, Smith, Sterne, Priestley, Beccaria, Franklin. Knowledgeable in chemistry and mineralogy and fluent in several languages, he tr. G. scientific works and English anti-Christian pamphlets into . Basically, d’Holbach was a synthetic thinker, powerful though not original, who systematized and radicalized Diderot’s naturalism. Also drawing on Hobbes, Spinoza, Locke, Hume, Buffon, Helvétius, and La Mettrie, his treatises were so irreligious and anticlerical that they were published abroad anonymously or pseudonymously: Christianity Unveiled 1756, The Sacred Contagion 1768, Critical History of Jesus 1770, The Social System 1773, and Universal Moral 1776. His masterpiece, the System of Nature 1770, a “Lucretian” compendium of eighteenth-century materialism, even shocked Voltaire. D’Holbach derived everything from matter and motion, and upheld universal necessity. The self-sustaining laws of nature are normative. Material reality is therefore contrasted to metaphysical delusion, self-interest to alienation, and earthly happiness to otherworldly optimism. More vindictive than Toland’s, d’Holbach’s unmitigated critique of Christianity anticipated Feuerbach, Strauss, Marx, and Nietzsche. He discredited supernatural revelation, theism, deism, and pantheism as mythological, censured Christian virtues as unnatural, branded piety as fanatical, and stigmatized clerical ignorance, immorality, and despotism. Assuming that science liberates man from religious hegemony, he advocated sensory and experimental knowledge. Believing that society and education form man, he unfolded a mechanistic anthropology, a eudaimonistic morality, and a secular, utilitarian social and political program. 

 

maximum: Grice uses ‘maximum’ variously. “Maximally effective exchange of information.” Maximum is used in decision theory and in value theory. Cfr. Kasher on maximin. “Maximally effective exchange of information” (WOW: 28) is the exact phrase Grice uses, allowing it should be generalised. He repeats the idea in “Epilogue.” Things did not change.

 

Mcdougall: Irish philosophical psychologist. He was probably the first to define psychology as the science of behavior (Physiological Psychology, 1905; Psychology: The Science of Behavior, 1912) and he invented hormic (purposive) psychology. By the early twentieth century, as psychology strove to become scientific, purpose had become a suspect concept, but following Stout, McDougall argued that organisms possess an “intrinsic power of self-determination,” making goal seeking the essential and defining feature of behavior. In opposition to mechanistic and intellectualistic psychologies, McDougall, again following Stout, proposed that innate instincts (later, propensities) directly or indirectly motivate all behavior (Introduction to Social Psychology, 1908). Unlike more familiar psychoanalytic instincts, however, many of McDougall’s instincts were social in nature (e.g. gregariousness, deference). Moreover, McDougall never regarded a person as merely an assemblage of unconnected and quarreling motives, since people are “integrated unities” guided by one supreme motive around which others are organized. McDougall’s stress on behavior’s inherent purposiveness influenced the behaviorist E. C. Tolman, but was otherwise roundly rejected by more mechanistic behaviorists and empiricistically inclined sociologists. In his later years, McDougall moved farther from mainstream thought by championing Lamarckism and sponsoring research in parapsychology. Active in social causes, McDougall was an advocate of eugenics (Is America Safe for Democracy?, 1921).

 

low-subjective contraster: in WoW: 140, Grice distinguishes between a subjective contraster (such as “The pillar box seems red,” “I see that the pillar box is red,” “I believe that the pillar box is red” and “I know that the pillar box is red”) and an objective contraster (“The pillar box is red.”) Within these subjective contraster, Grice proposes a sub-division between nonfactive (“low-subjective”) and (“high-subjective”). Low-subjective contrasters are “The pillar box seems red” and “I believe that the pillar box is red,” which do NOT entail the corresponding objective contraster. The high-subjective contraster, being factive or transparent, does. The entailment in the case of the high-subjective contraster is explained via truth-coniditions: “A sees that the pillar box is red” and “A knows that the pillar box is red” are analysed ‘iff’ the respective low-subjective contraster obtains (“The pillar box seems red,” and “A believes that the pillar box is red”), the corresponding objective contraster also obtains (“The pillar box is red”), and a third condition specifying the objective contraster being the CAUSE of the low-subjective contraster. Grice repeats his account of suprasegmental. Whereas in “Further notes about logic and conversation,” he had focused on the accent on the high-subjective contraster (“I KNOW”), he now focuses his attention on the accent on the low subjective contraster. “I BELIEVE that the pillar box is red.” It is the accented version that gives rise to the implicaturum, generated by the utterer’s intention that the addressee’s will perceive some restraint or guardedness on the part of the utterer of ‘going all the way’ to utter a claim to  ‘seeing’ or ‘knowing’, the high-subjective contraster, but stopping short at the low-subjective contraster.

 

martian conversational implicaturum: “Oh, all the difference in the world!” Grice converses with a Martian. About Martian x-s that the pillar box is red. (upper x-ing organ) Martian y-s that the pillar box is red. (lower y-ing organ). Grice: Is x-ing that the pillar box is red LIKE y-ing that the pillar-box is red? Martian: Oh, no; there's all the difference in the world! Analogy x smells sweet. x tastes sweet. Martian x-s the the pillar box is red-x. Martian y-s that the pillar box is red-y. Martian x-s the pillar box is medium red. Martian y-s the pillar box is light red.

 

maximal consistent set, in formal logic, any set of sentences S that is consistenti.e., no contradiction is provable from Sand maximally soi.e., if T is consistent and S 0 T, then S % T. It can be shown that if S is maximally consistent and s is a sentence in the same language, then either s ors (the negation of s) is in S. Thus, a maximally consistent set is complete: it settles every question that can be raised in the language.

 

maximin strategy, a strategy that maximizes an agent’s minimum gain, or equivalently, minimizes his maximum loss. Writers who work in terms of loss thus call such a strategy a minimax strategy. The term ‘security strategy’, which avoids potential confusions, is now widely used. For each action, its security level is its payoff under the worst-case scenario. A security strategy is one with maximal security level. An agent’s security strategy maximizes his expected utility if and only if (1) he is certain that “nature” has his worst interests at heart and (2) he is certain that nature will be certain of his strategy when choosing hers. The first condition is satisfied in the case of a two-person zero-sum game where the payoff structure is commonly known. In this situation, “nature” is the other player, and her gain is equal to the first player’s loss. Obviously, these conditions do not hold for all decision problems.

 

Maxwell’s pataphysics -- hammer: Scots physicist who made pioneering contributions to the theory of electromagnetism, the kinetic theory of gases, and the theory of color vision. His work on electromagnetism is summarized in his Treatise on Electricity and Magnetism (1873). In 1871 he became Cambridge University’s first professor of experimental physics and founded the Cavendish Laboratory, which he directed until his death. Maxwell’s most important achievements were his field theory of electromagnetism and the discovery of the equations that bear his name. The field theory unified the laws of electricity and magnetism, identified light as a transverse vibration of the electromagnetic ether, and predicted the existence of radio waves. The fact that Maxwell’s equations are Lorentz-invariant and contain the speed of light as a constant played a major role in the genesis of the special theory of relativity. He arrived at his theory by searching for a “consistent representation” of the ether, i.e., a model of its inner workings consistent with the laws of mechanics. His search for a consistent representation was unsuccessful, but his papers used mechanical models and analogies to guide his thinking. Like Boltzmann, Maxwell advocated the heuristic value of model building. Maxwell was also a pioneer in statistical physics. His derivation of the laws governing the macroscopic behavior of gases from assumptions about the random collisions of gas molecules led directly to Boltzmann’s transport equation and the statistical analysis of irreversibility. To show that the second law of thermodynamics is probabilistic, Maxwell imagined a “neat-fingered” demon who could cause the entropy of a gas to decrease by separating the faster-moving gas molecules from the slower-moving ones.

 

Marsili: Alessandro Marsili (Siena), filosofo. Si laureò in filosofia a Siena. Fu nominato “lettore” di filosofia nello Studio senese. Conobbe Galileo dopo il processo in casa dell'arcivescovo di Siena Ascanio Piccolomini. Nel 1638 passò alla cattedra di filosofia nello Studio pisano, dove dal 1662 esercitò la carica di Provveditore. Fu membro dell'Accademia del Cimento, ma le sue convinzioni dichiaratamente aristoteliche gli impedirono di coglierne lo spirito innovatore. Propose un esperimento per capire se lo spazio lasciato libero nel tubo barometrico durante l'esperienza torricelliana contenesse esalazioni di mercurio. Museo Galileo, su catalogo.museogalileo.it. Federica Favino, Alessandro Marsili, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.

 

Martelli: Michele Martelli (San Marco in Lamis), filosofo. Ha insegnato filosofia all'Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo" per quasi quarant'anni.   Laureatosi in filosofia, ha partecipato a lungo alla lotta politica in formazioni marxiste nate a cavallo del Sessantotto. Diventato docente nell'Urbino negli anni Settanta, ha insegnato, tra l'altro, Filosofia della storia e Filosofia morale. Ha diretto il master interfacoltà «Management etico e Governance delle Organizzazioni». Collabora con MicroMega (periodico).  Pensiero Nel passato i suoi studi si sono concentrati sul pensiero di Nietzsche, Gramsci, e di numerosi autori del Novecento, affrontando alcune tra le più dibattute vicende e problematiche filosofico-politiche dell'ultimo secolo. Negli ultimi anni si è occupato di temi di forte attualità, elaborando l'idea di una filosofia volta ad una critica radicale del dogmatismo e del fondamentalismo religioso e in generale di ogni forma di assolutismo che minacci la libertà di pensiero, i diritti civili, le istituzioni democratiche e la pace tra i popoli. Il suo attuale impegno di saggista è rivolto in particolare alla difesa della laicità, contro l'interventismo politico delle gerarchie ecclesiastiche e vaticane.  Opere La felicità e i suoi nemici. Apologia dell'agnosticismo, Manifestolibri, .  978-88-7285-871-4 Il laico impertinente. Laicità e democrazia nella crisi italiana, Manifestolibri, La Chiesa è compatibile con la Democrazia?, Manifestolibri, .  88-7285-698-1 Italy, Vatican State, Fazi editore, . Quando Dio entra in politica, Fazi editore, Senza dogmi. L'antifilosofia di Papa Ratzinger, Editori riuniti, Teologia del terrore. Filosofia, religione, politica dopo l'11 settembre, Manifestolibri, 2006 (nuova edizione economica 2008)  88-7285-534-9. Il secolo del male. Riflessioni sul Novecento, Manifestolibri, Etica e storia. Croce e Gramsci a confronto, La città del sole, I filosofi e l'Urss. Per una critica del «Socialismo reale», La città del sole, 1999.  88-8292-018-6 Gramsci filosofo della politica, Unicopli, 1996.  88-400-0418-1 Nietzsche inattuale, Quattroventi, 1989.  88-392-0080-0 Filosofia e società nel giovane Nietzsche, Quattroventi, 1983.  Università degli studi di Urbino "Carlo Bo" Antonio Gramsci Friedrich Nietzsche Laicità  Il laico impertinente: il blog di Michele Martelli, su michelemartelli.blogspot.com.

 

Martinetti: «Di sé soleva dire di essere un neoplatonico trasmigrato troppo presto nel nostro secolo»  (Cesare Goretti)  Piero Martinetti (Pont Canavese), filosofo. Professore di filosofia, in particolare filosofia teoretica e morale; si distinse per essere stato uno dei pochi docenti universitari, nonché l'unico filosofo universitario italiano, che rifiutò di prestare il giuramento di fedeltà al Fascismo.   Pier Federico Giuseppe Celestino Mario Martinetti fu il primo dei quattro figli (tre maschi e una femmina, senza contare una bambina che morì piccolissima) dell'avvocato Francesco Martinetti e di Rosalia Bertogliatti. Studi Dopo aver frequentato il Liceo classico Carlo Botta di Ivrea, si iscrisse all'Università degli Studi di Torino, dove ebbe come insegnanti Giuseppe Allievo, Romualdo Bobba, Pasquale D'Ercole, Giovanni Flechia e Arturo Graf, laureandosi in filosofia nel 1893 all'età di 21 anni, con una tesi su Il Sistema Sankhya. Studio sulla filosofia indiana discussa con Pasquale D'Ercole, docente di filosofia teoretica. La tesi viene pubblicata a Torino da Lattes nel 1896 e, grazie all'interessamento di Giuseppe Allievo, risulta vincitrice del Premio Gautieri.  Dopo la laurea Martinetti fece un soggiorno di due semestri presso l'Lipsia, dove poté venire a conoscenza del fondamentale studio di Richard Garbe sulla filosofia Sāṃkhya da poco pubblicato. Si può dunque "ipotizzare che tra gli scopi del viaggio vi fosse anzitutto quello di approfondire gli studi indianistici, iniziati a Torino con Giovanni Flechia e Pasquale D'Ercole."  L'insegnamento Martinetti insegnò dapprima filosofia nei licei di Avellino, Correggio, Vigevano, Ivrea, e per finire al Liceo Alfieri di Torino (1904-1905).  Nel 1904 pubblicò la monumentale Introduzione alla metafisica. I Teoria della conoscenza, chedopo che ebbe conseguito nel 1905 la libera docenza in Filosofia teoretica all'Torinogli valse di vincere il concorso per le cattedre di filosofia teoretica e morale dell'Accademia scientifico-letteraria di Milano (che nel 1923 diventò Regia Università degli Studî) nella quale insegnò dal novembre del 1906 al novembre del 1931.  Nel 1915 divenne socio corrispondente della classe di Scienze morali dell'Istituto lombardo di scienze e lettere, fondato nel 1797 da Napoleone sul modello dell'Institut de France.  Il rifiuto della politica e la critica della guerra Martinetti fu una singolare figura di intellettuale indipendente, estraneo alla tradizione cattolica come ai contrasti politici che viziarono il suo tempo, non aderì né al Manifesto degli intellettuali fascisti di Gentile né al Manifesto degli intellettuali antifascisti di Croce. Fu uno dei rari intellettuali che criticarono la prima guerra mondiale; scrisse infatti che la guerra è «sovvertitrice degli ordini sociali pratici ed un'inversione di tutti i valori morali [...] dà un primato effettivo alla casta militare che è sia intellettualmente sia moralmente l'ultima di tutte subordinando ad essa le parti migliori della nazione [...] strappa gli uomini ai loro focolari e li getta in mezzo ad una vita fatta di ozio, di violenze e di dissolutezze.»  Nel 1923, in seguito a quelle che qualificò di "circostanze pesantissime" (la marcia su Roma e la successiva nomina di Mussolini a presidente del Consiglio il 31 ottobre 1922), rifiutò la nomina a socio corrispondente della Reale Accademia Nazionale dei Lincei.  La Società di studi filosofici e religiosi Mentre nelle sue lezioni universitarie sviluppava un sistema di filosofia della religione, il 15 gennaio 1920 Martinetti inaugurò a Milano una Società di studi filosofici e religiosi, formata da un gruppo di amici in "piena e perfetta indipendenza da ogni vincolo dogmatico" dove si riunirono autorevoli intellettuali del panorama filosofico e intellettuale italiano dell'epoca e in cui organizzò una serie di conferenze. Le prime conferenze furono tenute da Antonio Banfi e da Luigi Fossati oltre che, naturalmente, da Martinetti, le cui tre relazioni, riunite sotto il titolo comune di Il compito della filosofia nell'ora presente, segneranno la sua rottura con Giovanni Gentile. In seguito ad una denuncia per «vilipendio della eucaristia», presentata da un certo Ricci al rettore Luigi Mangiagalli il 2 febbraio 1926, dovette sottoscrivere un memoriale in difesa dei propri corsi sulla filosofia della religione.  Il Congresso Nazionale di Filosofia del 1926 Nel marzo 1926, incaricato dalla "Società Filosofica Italiana", organizzò e presiedette il "VI Congresso Nazionale di Filosofia".  L'evento fu sospeso dopo solo due giorni dal rettore Luigi Mangiagalli a causa di agitatori politici fascisti e cattolici. Il congresso fu poi chiuso d'imperio dal questore: da un lato incise l'opposizione di P. Agostino Gemelli, fondatore e rettore dell'Università Cattolica, che faceva parte del Comitato organizzatore (quale rappresentante dell'Università Cattolica) ma che, per scelta di Martinetti, non era tra i relatori; dall'altro lato la partecipazione, fortemente voluta da Martinetti, di Ernesto Buonaiuti, scomunicato "expresse vitandus" dal Sant'Uffizio, dette ai filosofi cattolici neoscolastici la scusa per ritirarsi dal congresso[25].  Come scrive Pier Giorgio Zunino:  «Le minute cronache del congresso hanno già messo in luce come Martinetti nell'assolvere al compito di organizzatore dell'incontro, assunto con una apparente riluttanza, operasse assai poco da ingenuo filosofo fuori dal mondo. Al contrario, ricorrendo a una certa qual abile ruse egli mise assieme un programma che costituiva quanto di più ostico potesse risultare ai palati dei cattolici fascisti sia dei filosofi di regime.»  Il 31 marzo del 1926 Martinetti firma con Cesare Goretti (segretario del Congresso) una lettera di protesta al rettore Mangiagalli[26]:  «Compiamo il dovere d'informarla che conforme al suo ordine il congresso si è sciolto senza incidenti. Sciogliendosi ha votato all'unanimità il seguente ordine del giorno di protesta: Il Congresso della Società filosofica italiana riunito in Milano: avuta comunicazione che è stato rivolto alla Presidenza un invito superiore achiudere i lavori del Congresso. Protesta in nome della libertà degli studi e della tradizione italiana contro un atto di violenza che impedisce l'esercizio della discussione filosofica ed invano pretende di vincolare la vita del pensiero.»  La Rivista di filosofia A partire dal 1927 Martinetti fu il direttore della Rivista di filosofia, ma per prudenza il suo nome non vi comparve mai come tale.[27]. Tra i collaboratori della rivista vi furono: Ennio Carando, Maria Venturini, Norberto Bobbio, Ludovico Geymonat, Luigi Fossati (che ufficialmente ne era il direttore responsabile), Gioele Solari, Alessandro Levi, Giulio Grasselli, Cesare Goretti[28].  Il rifiuto del giuramento di fedeltà al Fascismo Nel dicembre 1931, quando il ministro dell'educazione nazionale Balbino Giuliano impose ai professori universitari il Giuramento di fedeltà al Fascismo, Martinetti fu uno dei pochi a rifiutare fin dal primo momento[29]:  La lettera di rifiuto del giuramento 13 dicembre 1931  Eccellenza!  Ieri sono stato chiamato dal Rettore di questa Università che mi ha comunicato le Sue cortesi parole, e vi ha aggiunto, con squisita gentilezza, le considerazioni più persuasive. Sono addolorato di non poter rispondere con un atto di obbedienza. Per prestare il giuramento richiesto dovrei tenere in nessun conto o la lealtà del giuramento o le mie convinzioni morali più profonde: due cose per me egualmente sacre. Ho prestato il giuramento richiesto quattro anni or sono, perché esso vincolava solo la mia condotta di funzionario: non posso prestare quello che oggi mi si chiede, perché esso vincolerebbe e lederebbe la mia coscienza.  Ho sempre diretta la mia attività filosofica secondo le esigenze della mia coscienza, e non ho mai preso in considerazione, neppure per un momento, la possibilità di subordinare queste esigenze a direttive di qualsivoglia altro genere. Così ho sempre insegnato che la sola luce, la sola direzione ed anche il solo conforto che l'uomo può avere nella vita è la propria coscienza; e che il subordinarla a qualsiasi altra considerazione, per quanto elevata essa sia, è un sacrilegio. Ora col giuramento che mi è richiesto io verrei a smentire queste mie convinzioni ed a smentire con esse tutta la mia vita; l'E.V. riconoscerà che questo non è possibile.  Con questo non intendo affatto declinare qualunque eventuale conseguenza della mia decisione: soltanto sono lieto che l'E.V. mi abbia dato la possibilità di mettere in chiaro che essa procede non da una disposizione ribelle e proterva, ma dalla impossibilità morale di andare contro ai principî che hanno retto tutta la mia vita.  Dell'E.V. dev.mo  Dr. Piero Martinetti  In una lettera a Guido Cagnola del 21 dicembre 1931[30] Martinetti scrive:  «Ella ora saprà che io sono uno degli undici (su 1225 professori universitari! ne arrossisco ancora) che hanno rifiutato il giuramento di fedeltà fascista e che perciò sono stati o saranno fra breve espulsi dall'università. Mi consolo d'essere in buona compagnia: Ruffini, Carrara, De Sanctis (lo storico), Levi Della Vida (l'orientalista), Volterra (il matematico), Buonaiuti e qualche altro. Mi rincresce non tanto la cosa, quanto il modo: e mi rincresce che si sia fatto e si faccia rumore intorno al mio nome. Ma come fare? Giurare per me era tanto impossibile quanto una impossibilità fisica: sarei morto d'avvilimento.»  E in un'altra lettera ad Adelchi Baratono del 27 dicembre 1931[31]:  «Io non ho voluto giurare (e così credo molti degli undici) per un motivo religioso, per non subordinare le cose di Dio alle cose della terra: dove sta per andare il rispetto della coscienza? Ciò è triste e annuncia oscuramente un avvenire triste per tutti, anche per i persecutori.»  Come scrive al proposito Fabio Minazzi[32]:  «Martinetti ha infine opposto un netto rifiuto a sottostare al giuramento preteso e voluto dalla dittatura fascista, nel 1931, da tutti i docenti universitari italiani. Giustamente occorre sempre sottrarre, criticamente, questo straordinario gesto martinettiano, invero assai emblematico, da ogni ottundente e vacua retorica antifascista, onde comprenderlo in tutta la sua genesi specifica. Nel caso di Martinetti non può allora essere certamente negato, in sintonia con Franco Alessio, il carattere dichiaratamente religioso di questa sua scelta che, non per nulla, lo ha infine indotto ad essere l'unico filosofo italiano universitario che ha avuto l'incredibile capacità critica di sottrarsi nettamente e senza compromessi all'imposizione del regime fascista. In questa prospettiva Martinetti non ha giurato proprio perché nutriva una particolare percezione critica dello stesso "giuramento" in connessione con i suoi più profondi convincimenti morali che avevano peraltro guidato tutta la sua attività di docente e di filosofo. Tuttavia, nel riconoscere questa precisa matrice religiosa della sua scelta, non deve essere neppure negato il suo specifico valore e il suo preciso significato civile, culturale e anche filosofico.»  Scrive in proposito Amedeo Vigorelli[33]:  «Una certaretorica resistenziale si è impadronita anche di Martinetti, impedendo un approfondimento più serio e radicale dei tratti originali del suo antifascismo […] L'atto di Martinetti non era cioè solo un monito contro l'oppressione totalitaria e antidemocratica, ma contro ogni forma di politica compromissoria e concordataria, contro l'ambiguo connubio fra religione e politica, sintomo di una profonda immaturità religiosa e premessa di forme più o meno larvate di condizionamento della libertà di coscienza, non sempre si ama ricordare che l'avversione di Martinetti al fascismo era innanzi tutto avversione a ogni forma di retorica nazionalistica, ma anche all'esaltazione demagogica delle masse popolari. Prima che della dittatura fascista, Martinetti fu critico altrettanto risoluto del socialismo marxista e della democrazia, di cui colse gli aspetti degenerativi dell'affarismo e dell'ultraparlamentarismo»  Il ritiro In seguito a questo suo rifiuto, Martinetti venne messo in pensione d'autorità[34], e dal 1932 fino alla morte si dedicò unicamente agli studi personali di filosofia[35], ritirandosi nella villa di Spineto, frazione di Castellamonte, vicino al suo paese di nascita.[36] In questo lasso di tempo tradusse i suoi classici preferiti (Kant, Schopenhauer), studiò approfonditamente Spinoza e ultimò la trilogia (iniziata con la Introduzione alla metafisica e continuata nel 1928 con La libertà) scrivendo Gesù Cristo e il Cristianesimo (1934); Il Vangelo è del 1936; Ragione e fede venne completato nel 1942. Martinetti propose come suoi successori Adelchi Baratono per l'insegnamento della filosofia e Antonio Banfi per l'insegnamento della Storia della Filosofia all'Università degli Studi di Milano[37].  L'antifascismo di Martinetti Lontano da ogni forma di impegno politico e critico severo sia nei confronti del socialismo marxista che delle degenerazioni del parlamentarismo, Martinetti, a partire dal 1925, prese ad annotare minuziosamente sul suo diario gli episodi di corruzione e di violenza in cui erano coinvolti esponenti fascisti. così ad esempio il 28 marzo 1928, a fronte di una serie di scandali annotava "è dunque l'associaz[ione] dei malviventi d'Italia!"[38] . Nel 1934 scriveva: "Come persuadersi che uno stato senza leggi, senza traccia di onestà pubblica, sostenuto soltanto dal terrore che desta nel popolo inerme un'organizzazione di ribaldi messa al servizio del despota, odiata da tutte le rette coscienze, disprezzata dagli intelligenti possa resistere, senza condurre il popolo che lo soffre all'estrema rovina?"[39]. Martinetti si scagliava nei suoi appunti contro il dispotismo che accomunava socialismo marxista e fascismo: "Tutto deve servire alla propaganda e alla educazione di stato. Non vi è più libertà di pensiero, non vi è più pensiero" (1937)[40].  A questo proposito Amedeo Vigorelli evidenzia[41]  «il valore pedagogico, di educazione alla libertà, che l'esempio morale di Martinetti ebbe per quella generazione di intellettuali antifacisti, che trovò negli anni Trenta un decisivo punto di riferimento nella “Rivista di filosofia”, da lui informalmente diretta»  L'arresto e il carcere Martinetti fu arrestato in casa di Gioele Solari, dov'era ospite, in seguito a una delazione fatta da Pitigrilli (Dino Segre), agente dell'OVRA (delazione che porterà all'arresto e alla condanna al confino di Franco Antonicelli, Giulio Einaudi, Vittorio Foa, Michele Giua, Carlo Levi, Massimo Mila, Augusto Monti, Cesare Pavese, Carlo Zini e di due studenti, Vindice Cavallera e Alfredo Perelli, e all'ammonizione di Norberto Bobbio), e dal 15 al 20 maggio 1935 fu incarcerato a Torino[42] per sospetta connivenza con gli attivisti antifascisti di Giustizia e Libertà, benché fosse del tutto estraneo alla congiura antifascista degli intellettuali che facevano riferimento alla casa editrice Einaudi.[43] Al momento dell'arresto, a detta della signora Solari, Martinetti disse una frase che aveva già sentito pronunciargli più volte: "Io sono un cittadino europeo, nato per combinazione in Italia".[44].  La morte Il suo declino fisico cominciò nel settembre 1941, in seguito a una trombosi che menomò le sue capacità mentali, consecutiva ad una caduta accidentale da un pero nella tenuta di Spineto[45]. Alla fine del 1942 subì una prima operazione alla prostata. "L'11 gennaio 1943 la sorella Teresa scriveva a Cagnola: "Il Professore è da oltre un mese degente in quest'ospedale, ove venne d'urgenza trasportato ed operato in seguito ad intossicamento urico grave. L'intervento chirurgico avviene in questo caso in due tempi: operazione preliminare alla vescica, per ovviare immediatamente alla causa diretta dell'intossicamento, e susseguente operazione alla prostata che ne è la causa originale. La prima operazione già venne effettuata e con buon esito, e l'operatore non attende che il tempo opportuno per procedere alla seconda."[46]. Martinetti fu ricoverato all'ospedale Molinette di Torino, sfollato a Cuorgnè, dove morì il 23 marzo 1943, dopo aver disposto che nessun prete intervenisse con alcun segno sul suo corpo.[47]  Il funerale e la cremazione Nonostante "l'invito del parroco di Spineto di non dare onore alla salma dell'eretico, ateo e scandaloso anche nella morte perché aveva disposto di essere cremato"[48], una decina di persone seguirono l'autofurgone che portò il corpo di Martinetti alla stazione, da dove partì in treno per Torino, per la cremazione[49].  L'eredità intellettuale In prossimità della morte Martinetti lascia la sua biblioteca privata in legato a Nina Ruffini (nipote di Francesco Ruffini), Gioele Solari e Cesare Goretti[50] . La Biblioteca verrà poi conferita dai rispettivi eredi nel 1955 alla "Fondazione Piero Martinetti per gli studi di storia filosofica e religiosa" di Torino; oggi è posta nel palazzo del Rettorato dell'Torino, presso la Biblioteca della Facoltà di Lettere e Filosofia.[51]  La sua casa di Spineto è attualmente sede della "Fondazione Casa e Archivio Piero Martinetti", che intende promuovere la diffusione del suo pensiero e della sua opera a livello internazionale.  Filosofia La filosofia di Martinetti è un'interpretazione originale dell'idealismo post-kantiano, nella linea dell'idealismo razionalistico trascendente che va da Platone a Kant, nel senso di un dualismo panteista trascendente, un'interpretazione che lo avvicina a quel post-kantiano atipico che fu Africano Spir (1837-1890), il quale (ancor più di Kant, Schopenhauer o Spinoza) fu il filosofo preferito di Martinetti, quello a cui fu più particolarmente legato, sulquale scrisse molti studi e un denso saggio monografico steso verso il 1908-1912 (rimasto inedito e pubblicato postumo nel 1990) e al quale fece consacrare il terzo numero del 1937 della Rivista di filosofia[52], filosofo che fu come lui profondamente inattuale.[53].  Come scrive Emilio Agazzi:  «Il Martinetti professò una altissima stima per l'opera di questo solitario filosofo, tanto da considerarla "immortale": in essa infatti vedeva un tentativo d'un rinnovamento speculativo-religioso di tutta la filosofia.[54]»  Scrive al proposito Franco Alessio[55]:  «Il carattere speculativo dell'interpretazione di P. Martinetti dipese da particolarissime circostanze. La speculazione di A. Spir esercitò sul pensiero suo un influsso profondo sin dagli inizi; e anche nella costruzione dell'idealismo trascendente di P. Martinetti la speculazione di A. Spir rivestì un peso pressoché decisivo. Oltre che in Kant, in Schopenhauer e in Spinoza, le radici e la linfa dell'idealismo di P. Martinetti si trovano nella speculazione di A. Spir. In nessun altro pensatore A. Spir occupò tanto spazio ed ebbe un pari rilievo. D'altra parte, senza perdere la configurazione sua propria, il pensiero di Spir viene trasposto da Martinetti entro la sua propria filosofia, riferito in modo diretto al suo proprio pensiero, così intimamente consonante con quello di Spir e cresciuto, per così dire, anche su di esso. Proprio questo condusse P. Martinetti a penetrare e nell'atto stesso a svolgere in armonia con il proprio il pensiero di A. Spir e questo si trova come penetrato e attraversato da quello di P. Martinetti. In nessun altro pensatore A. Spir fu tanto intimamente valorizzato e, in qualche misura, continuato in ciò che della sua speculazione parve propriamente essenziale.[56]»  Come scrive Amedeo Vigorelli[57]:  «La lettura di Martinetti insiste sul nucleo metafisico del suo [di Spir] pensiero, che gli pare incarnare "la forma pura della visione religiosa". L'affermazione fondamentale, in cui per Martinetti si riassume tutta la filosofia dello Spir, è quella della dualità fondamentale tra il vero esserel'Unità incondizionata, assoluta e trascendente in cui si esprime il divinoe l'essere apparente e molteplice rivelato dal mondo dell'esperienza. L'approccio alla rivelazione di tale realtà dualista mediante la teoria della conoscenza (l'idealismo gnoseologico di Spir) non è che premessa e introduzione all'autentico nucleo metafisico della sua filosofia, consistente in una forma di dualismo acosmista. Il dualismo di realtà e apparenza è in effetti esso stesso apparente: "non è fra due effettive realtà, ma fra un'unica realtà assoluta e l'irrealtà in cui il mondo sprofonda."»  Si può così dire che in Martinetti[58]: «il motivo desunto probabilmente da Spir, il contrasto tra "anormale" (il mondo dell'esperienza empirico e molteplice) e "norma" (il principio d'identità, rivelazione incoativa del divino in noi) si spoglia qui dell'originario aspetto dualista per confluire in una visione coerentemente monista dell'esperienza di coscienza. Monismo coscienzialista, quello martinettiano, che non sfocia però in una forma di panteismo, in quanto il termine finale di questa unificazione formale rimane trascendente. L'unica realtà metafisica assolutasi afferma in conclusioneè l'"Unità formale assoluta", che trascende l'intero processo dell'esperienza, che di tale unità è solo un'espressione simbolica.»  Della filosofia di Spir, Martinetti mantenne sostanzialmente inalterata la morale, di derivazione kantiana, aveva d'altronde dichiarato che dopo Kant "nessun filosofo serio può non essere in Etica "kantiano".  Secondo Augusto Del Noce: "L'intero percorso del pensiero martinettiano parte dal suo anticlericalismo" [59], e aggiunge: "la natura del suo anticlericalismo lo portava a detestare la Massoneria. Ripetutamente mi disse di non essere mai stato massone, di essere anzi assolutamente contrario a questa Chiesa cattolica di segno rovesciato." Questo suo anticlericalismo l'ha, sempre secondo Del Noce, portato ad un antimarxismo, il marxismo essendo "secondo i termini in cui egli si sarebbe espresso, la massima secolarizzazione concepibile della religione"[60]. E Del Noce conclude: "Ora a mio giudizio il pensiero di Martinetti si situa appunto come momento conclusivo del pessimismo religioso e come la sua posizione più coerente e rigorosa [61].  La riflessione religiosa L'antologia Il Vangeloscrive Martinetti«lasciando da parte l'elemento leggendario e dogmatico, cerca di disporre il materiale evangelico nell'ordine logicamente più appropriato. Tutto quello che i vangeli contengono di essenziale per la nostra coscienza religiosa è stato qui conservato.»  Il risultato di questo ordinamento logico è l'espunzionein quanto elaborazione teologica successiva ai lòghia di Gesù o ancora propria all'ebraismo da cui Gesù stesso non è immunedel Vangelo di Giovanni, degli Atti degli Apostoli, delle Lettere (anche le Lettere di Paolo) e dell'Apocalisse. Gesù di Nazaret, e non di Betlemme, è un profeta ebraico, l'ultimo e il più grande dei profeti. Non quindi Figlio di Dio, nemmeno resuscitato dalla morte, né apparso realmente ai suoi, Gesù in quanto Messia annuncia un regno messianico a cui succederebbe escatologicamente il regno dei cieli, quello di Dio. Tuttavia non chiarendo tale avvento escatologico, di fatto Gesù è soprattutto un maestro di dottrina morale che esorta a rinunciare al mondo per unirsi spiritualmente e interiormente a Dio, il bene supremo, amando il prossimo.  Per Martinetti bisogna aspirare ad una "Chiesa invisibile", in cui si possano compendiare i valori moralmente più elevati di tutte le culture religiose, dando vita così ad una società universale fraternamenteunita, egli scrive:  «In tutti i tempi, ma specialmente nelle età come la nostra, la vera Chiesa non risiede in alcuna delle chiese visibili che ci offrono il triste spettacolo dei loro dissensi, ma nell'unione invisibile di tutte le anime sincere che si sono purificate dall'egoismo naturale e nel culto della carità e della giustizia hanno avuto la rivelazione della verità e la promessa della vita eterna.[62]»  Gesù Cristo e il Cristianesimo fu messo sotto sequestro dalla Prefettura non appena stampato (1934)[63], come Martinetti scrive a Guido Cagnola:  «Il mio libro venne terminato di stampare il 2 agosto e in tale giorno furono mandati i 3 es.[emplari] al Prefetto. Il 3 di mattina venne il permesso; alle 17 dello stesso giorno esso era ritirato. Per quali influenze? Io non lo so. Così il libro stette due mesi in sospeso: il 10 ottobre giunse (da Roma) il decreto definitivo di sequestro.»  Con decreto del 3 dicembre 1937 Gesù Cristo e il Cristianesimo, Il Vangelo e Ragione e fede furono messi all'Indice dei libri proibiti della Chiesa cattolica[64].  La rinascita del pensiero filosofico-religioso martinettiano scaturisce alla fine degli anni novanta del secolo scorso in virtù della rinnovata proposta ermeneutica del filosofo Alessandro Di Chiara che cura l'inedito L'Amore, Il Vangelo (Genova 1998) e Pietà verso gli animali (Genova 1999); in particolare l'interpretazione elaborata da Di Chiara mette in luce gli aspetti gnostici della filosofia della religione martinettiana per poi proporne una rilettura in chiave kantiana anche attraverso un confronto con alcune sette separatiste vicine alla tradizione spirituale dei quaccheri.  La nonviolenza Nel 1938 Aldo Capitini rese visita a Martinetti, che a proposito della nonviolenza gli disse: "Forse se discutessi con lei mi convincerei, ma ora come ora le assicuro che se mi fosse detto che con l'uccisione di diecimila persone si estirperebbe il male che c'è in Europa, firmerei la sentenza senza esitazione." [65].  La riflessione sugli animali Negli scritti La psiche degli animali e Pietà verso gli animali, Martinetti sostiene che gli animali, così come gli esseri umani, possiedono intelletto e coscienza, quindi l'etica non deve limitarsi alla regolazione dei rapporti infraumani, ma deve estendersi a ricercare il benessere e la felicità anche per tutte quelle forme di vita senzienti (cioè provviste di un sistema nervoso) che come l'uomo sono in grado di provare gioia e dolore:  «Nella relazione sulla psiche degli animali Martinetti tra l'altro affronta il problema dello scandalo morale suscitato dall'indifferenza delle grandi religioni positive occidentali di fronte all'inaudita sofferenza degli animali provocata dagli uomini: gli animali hanno una forma dell'intelligenza e della ragione, sono esseri affini a noi, possiamo leggere nei loro occhi l'unità profonda che ad essi ci lega.[66]»  Martinetti cita le prove di intelligenza che sanno dare animali come cani e cavalli, ma anche la stupefacente capacità organizzativa delle formiche e di altri piccoli insetti, che l'uomo ha il dovere di rispettare, prestando attenzione a non distruggere ciò che la natura costruisce.  Nel proprio testamento Martinetti dispose che una somma significativa fosse versata alla Società Protettrice degli Animali; egli personalmente nutriva per gli animali una profonda pietà e tale sentimento lo aveva persuaso a darsi al vegetarismo, una scelta che assumeva per lui quasi il carattere di un valore religioso.  Scrive al proposito Amedeo Vigorelli:  «La scelta del vegetarianesimo non era "generica simpatia, e neppure un ideale politico, bensì meditato atteggiamento filosofico", da porsi in relazione sia con la sua profonda conoscenza della filosofia indiana sia con convinzioni radicate in una personale metafisica, sulla "unicità" della sostanza vivente e sul destino di "perennità" dello spirito.[67]»  La scelta della cremazione Martinetti fu un fautore della cremazione[68] e una testimonianza "ci dice come Martinetti portasse sempre con sé, in una busta, le ceneri di sua madre."[69] Secondo Paviolo, "Per i Martinetti la cremazione era una specie di tradizione familiare e la cosa appare strana in quei tempi nei quali, specie nei piccoli centri era pressoché ignota a tutti, e oggetto di scandalo per il gran rumore che, in questi casi, ne facevano i parroci."[70] Non è però da escludere, nel caso preciso di Piero Martinetti, che questa scelta, come quella del vegetarianesimo, avesse anche una relazione con il suo interesse per la filosofia indiana, e dunque un valore filosofico e religioso. I suoi resti sono tumulati nel cimitero di Castellamonte in provincia di Torino.  Opere Una " martinettiana" C. Ferronato si trova nel fascicolo speciale della Rivista di Filosofia Pietro Rossi: Piero Martinetti nel cinquantenario della morte, Dopo questa data, di Martinetti sono stati pubblicati:  Ragione e fede, Italo Sciuto, Gallone, Milano, 1997; Luca Natali, Morcelliana, Brescia, . Il Vangelo, Alessandro Di Chiara, il nuovo melangolo, Genova, 1998. L'amore, Alessandro Di Chiara, Il nuovo melangolo, Genova, 1998. Pietà verso gli animali, Alessandro Di Chiara, Il nuovo melangolo, Genova, 1999. La religione di Spinoza. Quattro saggi, Amedeo Vigorelli, Ghibli, Milano, 2002. La Libertà, Aragno, Torino, 2004. Schopenhauer, Mirko Fontemaggi, Il nuovo Melangolo, Genova, 2005. Breviario spirituale, Anacleto Verrecchia, UTET, Torino, 2006. L'educazione della volontà, Domenico Dario Curtotti, Edizioni clandestine, Marina di Massa, 2006 Sulla teoria della conoscenza in Kant, Luca Natali, Franco Angeli, Milano, 2008 Pier Giorgio Zunino , Piero Martinetti, Lettere (1919-1942), Firenze, Olschki, ,Gesù Cristo e il Cristianesimo, prefazione di Massimo Cacciari, Castelvecchi, Roma, ; edizione critica Luca Natali, introduzione di Giovanni Filoramo, Morcelliana, Brescia, , Il Vangelo: un'interpretazione, Castelvecchi, Roma,  Baruch Spinoza, Etica, esposizione e commento di Piero Martinetti, Castelvecchi, Roma, . Il numero, introduzione di Niccolò Argentieri, Castelvecchi, Roma,  Luca Natali , Le carte di Piero Martinetti, Firenze, Olschki, , Scritti su Spinoza, Francesco Saverio Festa, Castelvecchi, Roma, . Riconoscimenti Nella seduta del Senato Accademico dell’Università degli Studi di Milano del 19 settembre , è stata approvata ufficialmente la decisione del Dipartimento di Filosofia di intitolarsi alla figura di Piero Martinetti[72]. La città di Roma gli ha intitolato una piazza il 27 gennaio , nel Giorno della Memoria[73]. A Milano Piero Martinetti figura "tra i nuovi Giusti che saranno onorati al Monte Stella dal " nel Giardino dei Giusti di tutto il mondo. Cesare Goretti, "Piero Martinetti", Archivio della Cultura Italiana 1943, f. I81.  Simonetta Fiori, I professori che dissero "NO" al Duce, in La Repubblica, 16 aprile 2000. 18 febbraio .  «Ebbe molta influenza sulla scelta che Martinetti fece di iscriversi alla facoltà di Filosofia, fu suo professore, ma non un Maestro. [...] Scrisse di lui Martinetti: "Era un uomo; quando andai a visitarlo l'ultima volta, pochi giorni prima della sua morte, mi disse di avere un'unica certezza, che dopo questa vita non c'è nulla. Le mie idee erano assolutamente opposte alle sue, su questo come su tutti gli altri punti. Ma non potei non ammirare la fermezza delle sue convinzioni"»: Paviolo.  «che morì proprio durante l'iter scolastico di Martinetti ma che ebbe con lui, forse per la comune origine canavesana, un particolare rapporto»: Paviolo 200320.  «Di una reale affinità tra Martinetti e i suoi maestri torinesi si può parlare forse solo in un caso: quello di Arturo Graf, del cui dualismo e pessimismo si può trovare qualche traccia nel pensiero del Nostro e alla cui poesia, piena di dolente (e a tratti cupa) riflessività filosofica, Martinetti tornerà anche negli anni maturi, come a una sorgente di ispirazione e conforto spirituale. Più documentata è l'influenza sul giovane Martinetti di un'altra singolare figura di poeta-filosofo: quel Pietro Ceretti da Intra (noto anche con lo pseudonimo poetico di Alessandro Goreni e con quello di Theophilo Eleuthero), alla cui postuma riscoperta si adoperarono intensamente Pasquale D'Ercole e Vittore Alemanni, nell'ultimo decennio del secolo scorso e ai primi del nostro»: Vigorelli 1998,  46-47.  «Nel breve verbale relativo all'esame di laurea (qui il laureando è indicato come Pietro Martinetti) si dice semplicemente che "il Candidato ha sostenuto durante quaranta minuti innanzi alla commissione la disputa prescritta, sopra la dissertazione da lui presentata e sopra le tesi annesse alla medesima; e ha sostenuto anche la prova pratica assegnatagli dalla Commissione"»: Paviolo 200320.  La tesi ottenne la votazione di 99/110: «Il lavoro di tesi non ebbe, come noto, il riconoscimento che meritavaanche a motivo di certe resistenze accademiche nel settore filologico della Torinoe forse per questo il giovane studioso sentì il bisogno di attingere direttamente alle fonti dell'erudizione tedesca, fuori dal chiuso ambiente provinciale. Del resto l'intento di Martinetti era più filosofico che filologico, e la prima suggestione a interessarsi del Samkhya poté venirgli, piuttosto che dalle lezioni di Flechia, dalla conversazione con Pasquale D'Ercole, docente di Filosofia teoretica [...] Proprio del Samkhya D'Ercole si era interessato alcuni anni primi in una breve Memoria uscita sulla Rivista Italiana di Filosofia diretta da Luigi Ferri»: Vigorelli 1998,  42-44.  Dell'interesse costante di Martinetti per la filosofia indiana testimonia il corso di lezioni tenuto a Milano nel 1920, pubblicato a Milano nel 1981 da Celuc libri: Piero Martinetti, La sapienza indiana. Corredata da un'antologia di testi Indù e Buddhisti.  "Ma è antefatto significativo, giacché lascia intravedere ancora una volta, questa volta sotto il rispetto particolare dei primi contatti di Martinetti coi testi di A. Spir, l'importanza della permanenza a Lipsia (1894-1895) nella formazione filosofica di Martinetti. Nella Lipsia conosciuta da Martinetti sopravviveva Drobitsch, l'antico maestro herbartiano di Spir e dalla Lipsia di Martinetti si diffondevano le edizioni di A. Spir entro il moto allora nascente in Germania dell'interesse per la filosofia sua." Franco Alessio, introduzione a Piero Martinetti, Il pensiero di Africano Spir, Torino, Albert Meynier, 1990IV-V.  Richard Garbe, Die Samkhya-Philosophie, eine Darstellung des indischen Rationalismus nach der Quellen, Leipzig, H. Haessel, 1894.  Vigorelli 199832, nota 4.  Anno che fu per lui particolarmente duro, vedi: Piero Martinetti, "Lettere ai famigliari dalla Siberia dell'Italia meridionale", Fabio Minazzi, Il Protagora, gennaio-giugno,  Lettere ,  18-19, nota 37.  «Prima che della dittatura fascista, Martinetti fu critico altrettanto risoluto del socialismo marxista e della democrazia, di cui colse gli aspetti degenerativi dell'affarismo e dell'ultraparlamentarismo»: Vigorelli 1998292.  "non si vede in chi e in che cosa un uomo come Martinettiche, per sua scelta culturale ma anche per disposizione personale, agiva in modo disgiunto da ogni partito, movimento, gruppoavrebbe pouto trovare un legame per immettersi in un flusso di attivo antifascismo." Pier Giorgio Zunino, "Tra dittatura e inquisizione. Piero Martinetti negli anni del Fascismo", in: Piero Martinetti, Lettere, Firenze, XIX.  Vigorelli 1998167.  «Ringrazio la S.V. Ill.ma della cortese partecipazione e la prego di esprimere la mia profonda gratitudine ai membri di codesta R. Accademia che hanno voluto conferirmi un sì ambito onore. Ma circostanze pesantissime, sulle quali non è il caso di [parola illeggibile] mi vietano nel modo più reciso di poterlo accettare»: Lettera n. 18, Piero Martinetti a Vittorio Scialoja, presidente della Reale Accademia Nazionale dei Lincei, 26 agosto 1923, in: Lettere ,  19.  Vigorelli Vigorelli, Lettera n. 47, Piero Martinetti a Luigi Mangiagalli, 21 marzo 1926, in: Lettere , 51-53.  «Il Congressonon ha altro fine che di essere una manifestazione della filosofia italiana in quanto libera e appartata da ogni contingenza del momento: come deve essere in qualunque tempo la filosofia»: Lettera n. 37, Piero Martinetti a Tommaso Gallarati Scotti, 14 dicembre 1925, in: Lettere , p.42.  Che accusò Martinetti,ricambiato, di disonestà intellettuale nel riguardo della filosofia scolastica, cf. Helmut Goetz, Il giuramento rifiutato. I docenti universitari e il regime fascista, Firenze, 2000192.  Per Martinetti «Padre Gemelli è tutto fuorché un filosofo»: Lettera n. 31, Piero Martinetti a Bernardino Varisco, 29 settembre 1925, in: Lettere 33.  Helmut Goetz, Il giuramento rifiutato. I docenti universitari e il regime fascista, Firenze, 2000, 3.4 Il congresso di filosofia del 1926,  245-263.  «Tutto l'affare è una montatura (come del resto anche il ritiro dei cattolici dal Congresso), la quale ha la sua origine nel fatto che io non ho permesso al P. Gemelli di spadroneggiare nel Congresso e di prepararvi qualcuna delle sue rappresentazioni ciarlatanesche»: Lettera n. 46, Piero Martinetti a Bernardino Varisco, 15 marzo 1926, in:Lettere , 49-50.  Lettera n. 50, Piero Martinetti e Cesare Goretti a Luigi Mangiagalli, 31 marzo 1926, in: Lettere , p.55.  «Quando Martinetti, con il rifiuto del giuramento di fedeltà al fascismo, abbandonò l'insegnamento non rinunciò a quegli incarichi o a quelle adesioni che non erano a tale giuramento connesse: guardò di non compromettere quella sua creatura che era diventata La Rivista di Filosofia e non ne volle la direzione "effettiva", ma continuò l'intensa e puntuale collaborazione redazionale sino a che le sue condizioni di salute glielo permisero»: Vigorelli 199839.  Vigorelli 1998,  299-318.  Lettera n. 104, Piero Martinetti a Balbino Giuliano, 13 dicembre 1931, in: Lettere , 101-103.  Lettera n. 106, Piero Martinetti a Guido Cagnola, 21 dicembre 1931, in: Lettere , 105-107.  Lettera n. 108, Piero Martinetti a Adelchi Baratono, 21 dicembre 1931, in: Lettere , 107-108.  Presentazione a: Davide Assael, Alle origini della Scuola di Milano: Martinetti, Barié, Banfi, Milano, 200918.  Vigorelli «Ella già saprà certamente che io, in seguito all'affare del negato giuramento, sono stato collocato a riposo. Non appartengo quindi più all'Milano e non posso più esserle utile che indirettamente»: Lettera n. 116, Piero Martinetti a Carlo Emilio Gadda, 17 marzo 1932, in: Lettere 114.  «del resto io sono perfettamente sereno come chi ha fatto ciò che doveva fare: e non mi sarà discaro poter d'ora innanzi applicare tutto il mio tempo ai miei studi, cioè agli studi veramente miei, fatti per mè, per la mia personalità e la mia vita»: Lettera n. 110, Piero Martinetti a Vittorio Enzo Alfieri, 4 gennaio 1932, in: Lettere , p.109.  Sulla cui porta fece mettere un'indicazione che diceva: "Piero Martinettiagricoltore": Paviolo 200368.  «Perciò appunto non ho dimenticato i tuoi interessi e sarei lieto che fossi tu a succedermi. In questo senso ho scritto, "richiesto da Castiglioni stesso", che ora è preside, a Castiglioni. Ho consigliato lui e con lui la facoltà ad accaparrarsi te per la F.[ilosofia] e Banfi per la St.[oria] d.[ella] F.[ilosofia]»: Lettera n. 108, Piero Martinetti a Adelchi Baratono, 21 dicembre 1931, in: Lettere , 107-108.  Vigorelli 1998293.  Vigorelli 1998296.  Vigorelli 1998297-298.  Vigorelli 1998299.  "Nel registro di entrata delle Carceri Nuove di Torino egli è l'unico che nella scheda personale si faccia registrare, nell'apposita voce, come "ateo", mentre tutti gli altri non di religione israelitica (ossia Bobbio, Einaudi, Pavese, Antonicelli, Salvatorelli e così via) si dichiarano "cattolici"alcune schede, peraltro, tra cui quella di Mila, sono andate perse (il registro è conservato all'Archivio di Stato di Torino, sezioni riunite, Casa circondariale di Torino, Registro matricole 1935, n. 1559)", in: Lettere.  "Martinetti [...] veniva rinchiuso in una cella sulla cui porta veniva apposto il cartellino "Politico: sorveglianza particolare". Il giorno successivo cominciavano gli interrogatori che si ripetevano finché dopo alcuni giorni d'arresto il Martinetti veniva finalmente scarcerato.", Michelangelo Giorda, Piero Martinetti, Castellamonte, 199314.  Paviolo 200362.  «Devo darle una notizia terrificante, relativamente. Lunedì passato 8 corrente sono caduto malamente da una pianta, per fortuna senza gravi conseguenze di nessuna specie, salvo un leggero tramortimento durato qualche ora»: Lettera n. 241, Piero Martinetti a Nina Ruffini, 16 settembre 1941, in: Lettere 231.  Cit. in: Lettere 245.  «Si può comunque, in base a testimonianze diverse, ritenere che Martinetti sia deceduto all'Ospedale Molinette sfollato a Cuorgnè, ove si tentò inutilmente di salvarlo e che il corpo sia stato immediatamente trasferito (abitudine che rimase in uso per decenni in circostanze analoghe) alla casa d'abitazione, per evitare lungaggini burocratiche e maggiori spese funerarie. [...] L'atto di morte recita: " il giorno 23 del mese di marzo dell'anno 1943 alle ore quattro e minuti zero, nella casa posta in frazione Spineto n. 106 è morto Martinetti Piero, anni 70, residente in Torino, professore pensionato"»: Paviolo 200381.  Paviolo 200382.  "Per ultimo desidero di essere cremato e che le mie ceneri riposino nel Camposanto di Castellamonte", frase finale del testamento di Piero Martinetti, Paviolo. Il testamento di Martinetti, da lui riscritto il 2 novembre 1942, "in una grafia incerta e in una forma in cui non si trova lo stile abituale del nostro filosofo"(Paviolo 2003105) fu considerato da sua sorella Teresa come estorto: "Le opere che al tempo del decesso di Piero erano ancora solo allo stato di manoscritto vennero devolute ai beneficiari della biblioteca, la quale, a dirtelo in assoluta confidenza, cadde in mano a tre estranei alla famiglia, per un testamento fatto fare a nostra insaputa a Piero, a oltre un anno da che era stato colpito da un insulto di trombosi al cervello [...] la preziosa biblioteca, che per volontà recisa, assoluta di Piero a me da Lui ripetutamente espressa alcuni mesi prima che fosse colpito dalla trombosi, doveva andare all'Milano, prese altre vie e e sta presentemente ancora peregrinando in attesa di destinazione definitiva." Lettera del 25 settembre 1947 di Teresa Martinetti al cugino Giuseppe Bertogliatti, in: Paviolo 200397.  Fondazione Casa e Archivio Piero Martinetti  «Allo Spir, un singolare pensatore solitario, al quale mi legano tante affinità e tante simpatie, sarà dedicato il fascic. 3 della "Riv. di Filosofia", che non mancherò di spedirle a suo tempo. Quante dottrine dello Spir, specialmente nel rapporto morale e religioso, sembrano pensate per il nostro tempo! Ma esse passeranno, come passarono, inavvertite. La lucequesto passo del quarto Vangelo lo Spir volle inciso sul suo sepolcrovolle penetrare le tenebre, ma le tenebre non l'accolsero»: Lettera n. 164, Piero Martinetti a Nina Ruffini, 26 gennaio 1937, in: Lettere 155..  «io sono sempre stato un filosofo inattuale»: Lettera n. 258, Piero Martinetti a Giorgio Borsa, 1942, in: Lettere 244.  Emilio Agazzi, La filosofia di Piero Martinetti, Milano, Unicopli, 123.  «Ma è stato Alessio a dimostrare l'importanza e l'anteriorità, rispetto ad altri autori, della lettura di Spir per la maturazione della metafisica martinettiana»: Vigorelli 1998,  66-67.  Franco Alessio, op. cit. II.  Vigorelli Vigorelli  Piero Martinetti, Breviario spirituale, Bresci, Torino, 1972282.  Lettera n. 143, Piero Martinetti a Guido Cagnola, 17 ottobre 1934, in: Lettere. Sulla riflessione religiosa di Martinetti vedi Franco Alessio, L'idealismo religioso di Piero Martinetti, Brescia, Morcelliana, 1950 (Tesi di Pavia: relatore Michele Federico Sciacca)  Paviolo 2003120.  Paviolo 200328.  Amedeo Vigorelli, "Martinetti e Capitini: attualità di un confronto", in: Amedeo Vigorelli, La nostra inquietudine. Martinetti, Banfi, Rebora, Cantoni, Paci, De Martino, Rensi, Untersteiner, Dal Pra, Segre, Capitini, Bruno Mondadori, Milano, 2007174.  "e si conversò a lungo della inumazione e della cremazione (aveva fatto cremare il cadavere della mamma, per avere vicine le sue ceneri)" Aldo Capitini, Antifascismo tra i giovani, Célèbes Trapani, 196657.  Paviolo 200317.  Paviolo 200383.  "L'eretico Martinetti, italiano per caso", Recensione di Raffaele Liucci su Il fatto quotidiano, 6 gennaio  Archiviato il 24 settembre  in . sul sito Liberacittadinanza.it  Il Dipartimento di Filosofia "Piero Martinetti", sul sito dell'Università Statale di Milano  Pierluigi Battista, "Le vie dedicate ai razzisti spettano ai professori eroi che dissero no al fascismo", Corriere della Sera, 24 gennaio 19.  Stefania Chiale, "Dall'attivista curda al pioniere green I nuovi Giusti del Monte Stella", Corriere della Sera, 8 novembre , Cronaca di Milano13.  "Monte Stella I nuovi Giusti in diretta su Facebook", Corriere della Sera, 7 marzo , Cronaca di Milano9.  , Commemorazione di Piero Martinetti, Torino, Accademia delle Scienze, 1973. , Giornata Martinettiana, Torino, Edizioni di "Filosofia", 1964. , "Per il 50° della morte di Piero Martinetti", Rivista di Filosofia, Emilio Agazzi, "La storiografia filosofica nel pensiero di Piero Martinetti", Rivista critica di storia della filosofia, Emilio Agazzi, La filosofia di Piero Martinetti, Sandro Mancini, Amedeo Vigorelli e Marzio Zanantoni, Edizioni Unicopli, Milano, . Franco Alessio, L'idealismo religioso di Piero Martinetti, Brescia, Morcelliana, 1950. Franco Alessio, introduzione a Piero Martinetti, Il pensiero di Africano Spir, Torino, Albert Meynier, 1990,  I-XLIV. Davide Assael, Alle origini della Scuola di Milano: Martinetti, Barié, Banfi, Milano, Guerrini e Associati, 2009. Antonio Banfi, "Piero Martinetti e il razionalismo religioso", in: Filosofi contemporanei, Firenze, Parenti, 1961,  51–66. Guido Bersellini Rivoli, Il fondamento eleatico della filosofia di Piero Martinetti (prefazione di Gustavo Bontadini), Milano, Il Saggiatore, 1972. Guido Bersellini Rivoli, La fede laica di Piero Martinetti. Appunti sul confronto religioso e politico (in Italia e nel villaggio globale), Lecce, Manni, Guido Bersellini Rivoli, Appunti sulla questione ebraica. Da Nello Rosselli a Piero Martinetti, Milano, Franco Angeli, Giorgio Boatti, Preferirei di no, Le storie dei dodici professori che si opposero a Mussolini, Torino, Einaudi,  Brigida Bonghi, La fiaccola sotto il moggio della metafisica kantiana. Il Kant di Piero Martinetti, Milano, Mimesis Editrice, . Brigida Bonghi e Fabio Minazzi, Sulla filosofia italiana del Novecento. Prospettive, figure e problemi, Milano, Franco Angeli, 2008. Franco Bosio, "Pietro Martinetti: l'uomo e l'assoluto", in: , Filosofie "minoritarie" in Italia tra le due guerreCeravolo, Roma, Aracne Editrice, 1986  88-548-0400-2. Remo Cantoni, "L'illuminismo religioso di Piero Martinetti", in: Studi filosofici, 1943, IV,  216–233. Giuseppe Colombo, La filosofia come soteriologia. L'avventura spirituale e intellettuale di Piero Martinetti, Milano, Vita e Pensiero, Eugenio Colorni, La malattia della metafisica. Scritti autobiografici e filosofici, Torino, Einaudi, 2009. 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Studi in onore di Alfredo Marini, R. Lazzari, M. Mezzanzanica, E. S. Storace, Mimesis, Milano, 2008,  409-18. Amedeo Vigorelli, Piero Martinetti. La metafisica civile di un filosofo dimenticato, Milano, Bruno Mondadori, Amedeo Vigorelli, "Nuove pagine di e su Piero Martinetti", Rivista di storia della filosofia, Amedeo Vigorelli, , "Martinetti: l'eredità contestata. Lettere di Antonio Banfi e Gioele Solari", Rivista di storia della filosofia, Amedeo Vigorelli, "Plotino, Spinoza, Spir. La reviviscenza neoplatonica nel razionalismo religioso di Piero Martinetti" (Atti del Convegno “Presenza della tradizione neoplatonica nella filosofia del Novecento”, Vercelli, 7-9 giugno 2004), AnnuarioFilosofico, Mursia, Milano, Amedeo Vigorelli, La nostra inquietudine. Martinetti, Banfi, Rebora, Cantoni, Paci, De Martino, Rensi, Untersteiner, Dal Pra, Segre, Capitini, Bruno Mondadori, Milano 2007. Amedeo Vigorelli, "Martinetti lettore di Spinoza. Il tempo e l'eterno", in: , Spinoza ricerche e prospettive. Per una storia dello spinozismo in Italia (Atti delle Giornate di studio in ricordo di Emilia Giancotti, Urbino, 2-4 ottobre 2002), D. Bostrenghi e C. Santinelli, Bibliopolis, Napoli, 2007,  441-66. Amedeo Vigorelli, "Piero Martinetti (1872-1943): una apologia della religione civile", in: , Le due Torino. Primato della religione o primato della politica?, Gianluca Cuozzo e Giuseppe Riconda, Trauben, Torino, Africano Spir Scuola di Milano Gioele Solari Cesare Goretti Lelio Basso Adelchi Baratono Antonio Banfi Giuramento di fedeltà al fascismo. 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Piero Martinetti, Diego Fusaro sul sito Filosofico.net.  Pierre-Philippe Druet, "Idéalisme et transcendance chez Piero Martinetti" in: Revue philosophique de Louvain,  Giuseppe Colombo, La filosofia come soteriologia, estratti.

 

Martini: Lorenzo Martini (Cambiano), filosofo. Nato in un piccolo centro della provincia torinese, Lorenzo Martini compì studi classici a Chieri e poi, ospitato al Real Collegio delle Province di Torino, si rivolse allo studio delle scienze naturalistiche. Con la laurea in medicina nel 1815, cui seguirà anche quella in filosofia, ottenne l'insegnamento al predetto Istituto, prima di conseguire una brillante carriera nell'ateneo torinese. Qui, infatti, ottenne prima la docenza in fisiologia (1820) e poi quella di medicina legale, cattedra quest'ultima, istituita nel 1832, di cui fu il primo insegnante in assoluto.  Dell'Torino fu anche rettore, negli anni in cui ebbe numerosi riconoscimenti, tra cui l'onorificenza di cavaliere dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro.  Ma non mancarono episodi tragici, allorché, pochi anni dopo le nozze, perse la moglie (figlia del chimico Giovanni Antonio Giobert), dalla quale ancora non aveva avuti igli, né li avrebbe avuti in seguito, visto che non si risposò, per dedicarsi completamente all'insegnamento e alla stesura di saggi e manuali nelle discipline mediche. In questo filone, il più ricco, vanno almeno segnalati gli Elementa physiologiae (1821) e il corso in dodici volumi sulle Lezioni di fisiologia (1835-36), così come i tre volumi dell'Introduzione alla medicina legale (1825), accanto agli Elementa medicinae forensis, politiae medicae et hygienes (1832), cui avrebbe fatto seguito il Manuale di medicina legale (1839).  Il variegato percorso saggistico di Lorenzo Martini non si limitò (e non si esaurì) a studi a carattere medico-fisiologico e medico-legale. Anzi, forte del curriculum studiorum seguito fin da giovanissimo, cercò di approfondire i pensatori classici, come nel caso del compendio dedicato a Platone del 1844, di cui peraltro riuscì a terminare il manoscritto poco prima di morire, arrivando persino a stilare, nel 1840, sia pure non in forma sistematica, una Storia della filosofia.  Risultati migliori li ebbe, tuttavia, nel campo educativo-pedagogico. Questo indirizzo è testimoniato, oltre che dal saggio sulla Riforma della prima educazione del 1834, dai dodici volumi dell'Emilio pubblicati tra il 1821 e il 1823. Qui, facendo leva della sua vasta cultura, tratta emblematicamente di argomenti in cui si fondono, senza soluzione di continuità, il "viver sano" e il "maritaggio", il "governo della famiglia" e la felicità, le "tendenze morali" e la "moderazione nella prosperità", passando per i modi attraverso i quali "sopportare le avversità".  Opere Medicina Elementa physiologiae, Tip. Pica, Torino 1821. Dei vantaggi che la medicina apporta alle nazioni, Tip. Chirio e Mina, Torino 1823. Introduzione alla medicina legale, 3 voll., Tip. Marietti, Torino 1825. La medicina curativa di Leroy, Tip. Marietti, Torino 1825. Prime linee di polizia medica, Tip. Fontana, Milano 1828. Della scienza del cuore, Tip. Fontana, Milano 1829. Della colera indica, Tip. Fodratti, Torino 1831. Elementa medicinae forensis, politiae medicae et hygienes, 4 voll., Tip. Marinetti, Torino 1832 Manuale di polizia medica, Tip. Fontana, Milano 1828. Manuale d'igiene, Tip. Fontana, Milano 1829. Lezioni di fisiologia, 12 voll., Tip. Pomba, Torino 1831. Patologia generale, 2 voll., Tip. Elvetica, Capolago 1834. Invito a' medici piemontesi all'occasione del cholera-morbus, Tip. Cassone e Marzorati, Torino 1835. Storia della fisiologia, 8 voll., Tip Cassone e Marzorati, Torino 1835-1836. Manuale di medicina legale, Tip. Fontana, Milano 1839. Filosofia e Pedagogia Emilio, 12 voll., Tip. Marietti, Torino 1821-1823. Della solitudine, Tip. Marietti, Torino 1824. Narciso o regalo agli sposi, Tip. Marietti, Torino 1824. Guerra e pace dei sensi, Tip. Marietti, Torino 1825. Emilio o sia del governo della vita, Tip. Fontana, Milano 1829. Discorsi filadelfici, ossia fasti dell'ingegno italiano, Tip. Marietti, Torino 1832. Riforma della prima educazione, Tip. Marietti, Torino 1834. Della sapienza dei greci, Tip. Cassone e Marzorati, Torino 1836. Storia della filosofia, 3 voll., Tip. Pirotta, Milano 1840 Platone compendiato e comentato, Tip. Elvetica, Capolago 1844. Biografie Alcune vite di donne celebri, 2 voll., Tip. Fontana, Milano 1829-1830. De clarissimo viro Thoma Tosio ex ordine Oratorum sacrae facultatis professore in regio Taurinensi Athenaeo, Tip. Regia, Torino 1830. Vita del conte Gian-Francesco Napolio, Tip. Bocca, Torino 1836. Vita Francisci Canevarii, Torino 1837. Cenni biografici di Lagrangia, Tip. Cassone e Marzorati, Torino 1840. Curatele A. von Haller, Poesie scelte, Stamp. Reale, Torino 1822. J.L. Alibert, Riflessioni sulla fisiologia delle passioni o nuova dottrina de' sentimenti morali, Tip. Marietti, Torino 1825. F. Redi, Consulti medici, Tip. Elvetica, Capolago 1831. D. Alighieri, La Divina Commedia, 3 voll., Tip. Marietti, Torino 1840. Note  G.L. Gianelli, L'uomo ed i codici nel nuovo Regno d'Italia. Commentario medico-legale, in «Politecnico. Repertorio mensile di studi applicati alla prosperità e cultura sociale»,  IX, Milano 1860643.  G. Corniani, I secoli della letteratura italiana dopo il suo risorgimento, F. Predari,  VIII, Utet, Torino 1856,  222-226.  Si veda S.G.M. Berruti, Saggio sulla vita e sugli scritti del professore cavaliere Lorenzo Martini, s.e., Bologna 1847.  L. Martini, Emilio, 12 voll., Tip. Marietti, Torino 1821-1823.  S.G.M. Berruti, Saggio sulla vita e sugli scritti del professore cavaliere Lorenzo Martini, s.e., Bologna 1847. G. Corniani, I secoli della letteratura italiana dopo il suo risorgimento, F. Predari,  VIII, Utet, Torino 1856. G.B. Gerini, Due medici pedagogisti. Maurizio Bufalini e Lorenzo Martini, Tip. Bona, Torino 1909. G.L. Gianelli, L'uomo ed i codici nel nuovo Regno d'Italia. Commentario medico-legale, in «Politecnico. Repertorio mensile di studi applicati alla prosperità e cultura sociale»,  IX, Milano 1860.  Opere di Lorenzo Martini, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Lorenzo Martini.

 

Martino: Ernesto de Martino (Napoli), filosofo. Dopo la laurea a Napoli con una tesi in Storia delle religioni sui gephyrismi eleusini sotto la direzione di Adolfo Omodeo, si interessa alle discipline etnologiche. Si iscrive ai GUF e alla Milizia Universitaria, collaborando a L'Universale di Berto Ricci e facendo circolare in una cerchia ristretta di collaboratori un Saggio sulla religione civile poi rimasto inedito.  L'ingresso nel circolo crociano «Erano quelli gli anni in cui Hitler sciamanizzava in Germania e in Europa, e ancora lontano era il giorno in cui le rovine del palazzo della Cancelleria avrebbero composto per questo atroce sciamano europeo la bara di fuoco in cui egli tentava di seppellire il genere umano: ed erano anche gli anni in cui una piccola parte della gioventù italiana cercava asilo nelle severe e serene stanze di Palazzo Filomarino per risillabare il discorso elementarmente umano altrove impossibile, persino nella propria famiglia».  Il suo primo libro, Naturalismo e storicismo nell'etnologia (1941), è un tentativo di sottoporre l'etnologia al vaglio critico della filosofia storicista di Benedetto Croce. Secondo de Martino, l'etnologia solo attraverso la filosofia storicista avrebbe potuto riscattarsi dal suo naturalismo (tratto che accomuna, per de Martino, tanto la scuola sociologica francese che gli indirizzi "pseudostorici" tedeschi e viennesi). Fu lo stesso Croce a introdurre il giovane de Martino all'editore Laterza, suggerendo la pubblicazione del libro, in cui, nonostante qualche ingenuità, si può già scorgere in nuce l'idea del successivo lavoro sul "magismo etnologico". Scritto negli anni della seconda guerra mondiale e pubblicato nel 1948, Il mondo magico è il libro nel quale Ernesto de Martino elabora alcune delle idee che rimarranno centrali in tutta la sua opera successiva.  Qui de Martino costruisce la sua interpretazione del magismo come epoca storica nella quale la labilità di una "presenza" non ancora determinatasi, viene padroneggiata attraverso la magia, in una dinamica di crisi e riscatto. In quel periodo, de Martino comincia a militare nei partiti di sinistra. Prima, dal 1945, lavora come segretario di federazione, in Puglia, per il Partito Socialista Italiano; influenzato da Gramsci e da Carlo Levi, cinque anni dopo, entra a far parte del Partito Comunista Italiano. Anche per questa ragione, negli anni che seguono, de Martino comincia a interessarsi sempre di più allo studio etnografico delle società contadine del sud Italia, in contemporanea con le inchieste di Vittorini e l’opera documentaristica di Cesare Zavattini. Di questa fase, talvolta detta "meridionalista", fanno parte le opere più note al grande pubblico: Morte e pianto rituale, Sud e magia, La terra del rimorso.  Innovativo nelle sue ricerche fu l'approccio multidisciplinare, che lo portò a costituire un'équipe di ricerca etnografica. La terra del rimorso è la sintesi delle sue ricerche sul campo (il Salento) affiancato da uno psichiatra (Giovanni Jervis), una psicologa (L. Jervis-Comba), un'antropologa culturale (Amalia Signorelli), un etnomusicologo (Diego Carpitella), un fotografo (Franco Pinna) e dalla consulenza di un medico (S. Bettini). Nello studio del fenomeno del tarantismo vengono utilizzati anche filmati girati tra Copertino, Nardò e Galatina. A queste monografie segue la pubblicazione dell'importante raccolta di saggi Furore Simbolo Valore (1962).  De Martino è stato collaboratore di Raffaele Pettazzoni all'Università "La Sapienza" di Roma, nell'ambito della Scuola romana di Storia delle religioni. Come ordinario di Storia delle religioni e di Etnologia, dal dicembre 1958 fino alla morte ha insegnato all'Cagliari, dove ha avuto uno stuolo di allievi. Con Alberto Mario Cirese, Giovanni Lilliu, Cesare Cases, la sua assistente Clara Gallini, e in seguito altri studiosi, quali Placido Cherchi, Giulio Angioni, Pietro Clemente, e Pier Giorgio Solinas, saranno esponenti di una significativa, sebbene mai formalizzata, scuola antropologica all'Cagliari, della quale de Martino è considerato uno dei fondatori.  È considerato uno dei più importanti antropologi dell’età contemporanea, fondatore in Italia dell’umanesimo etnografico e dell’etnocentrismo critico.  La presenza La presenza in senso antropologico, nella definizione di de Martino è intesa come la capacità di conservare nella coscienza le memorie e le esperienze necessarie per rispondere in modo adeguato ad una determinata situazione storica, partecipandovi attivamente attraverso l'iniziativa personale e andandovi oltre attraverso l'azione. La presenza significa dunque esserci (il "da-sein" heideggeriano) come persone dotate di senso, in un contesto dotato di senso. Il rito aiuta l'uomo a sopportare una sorta di "crisi della presenza" che esso avverte di fronte alla natura, sentendo minacciata la propria stessa vita. I comportamenti stereotipati dei riti offrono rassicuranti modelli da seguire, costruendo quella che viene in seguito definita come "tradizione".   Ernesto de Martino, 11 agosto 1956, spedizione in Lucania Se si vuole rintracciare in de Martino un filo comune e unitario tra l’influenza marxista e gramsciana della “triade meridionalista” (esplicita anche attraverso la sua militanza diretta nel PCI negli anni ‘50) di Morte e pianto rituale (1958), Sud e magia (1959) e La terra del rimorso (1961), e gli appunti e i dossiers preparati per La fine del mondo, in cui è presente un’elaborazione filosofica più marcatamente sui piani ontologico, esistenzialista e fenomenologico e che vedranno la luce solo posteriormente (1ed.1977) dal riordino delle carte ad opera di Angelo Brelich e Clara Gallini, bisogna rendere centrale il nesso tra presenza/crisi/riscatto e il processo di destorificazione del negativo ad opera dell’ethos del trascendimento; l’immaginazione simbolica collettiva è la realizzazione di un’ethos del trascendimento che, come un mito di fondazione per il senso di appartenenza o la sacralizzazione dell’”oggetto” per scopi espiatori, rende possibile il superamento di una crisi, della “presenza” in quanto soggetto che opera nella natura, che rischia di perdersi in essa senza riscatto (escaton). Il soggetto dunque si ricolloca nella storia tramite la cultura, e la crisi si rivela esistenziale nel rapporto tra se’ e il mondo “altro da se’”. Ma la crisi affonda sempre nelle materiali condizioni di vita e nelle modalità concrete di una prassi che deve tendere e tende incessantemente alla trasformazione rivoluzionaria (che è escatologica nelle religioni) come base insopprimibile della costituzione di sè come soggetto:  “Vi è dunque un principio trascendentale che rende intellegibile l’utilizzazione e le altre valorizzazioni, e questo principio è l’ethos trascendentale del trascendimento della vita nel valore: attività dunque, ma ethos, dover-essere-nel-mondo per il valore, per la valorizzante attività che fa mondo il mondo, e lo fonda e lo sostiene.”  Costante, inoltre, nella ricerca sul campo, come nelle analisi ed elaborazioni degli ultimi anni, fu l’indagine sul valore euristico assegnato ai dati psicopapatologici, sempre legato a una riflessione critica sulla trasferibilità delle relative nozioni in contesti culturali diversi e sulle loro implicazioni sul piano antropologico e filosofico più generale: dalla figura dello sciamano come “Cristo magico” ne Il mondo magico, ai fenomeni di dissociazione e possessione (influenzato dalle letture di Shirokogoroff e Pierre Janet) nei riti della taranta, fino alle note sulle “apocalissi psicopatologiche” ne La fine del mondo.  Il folklore progressivo Il concetto di folklore, come concezione del mondo regressiva, secondo le “osservazioni sul folklore” del Quaderno XXVII di Gramsci “un agglomerato indigesto di frammenti di concezioni del mondo (..) e superstiti documenti mutili e contaminati”, ma anche di positiva creatività delle classi subalterne (come i canti popolari), in opposizione alla cultura dotta delle élite dirigenti, fu oggetto di riflessione dell’antropologo partenopeo a partire dal 1949, con il saggio “Intorno ad una storia del mondo popolare subalterno”, pubblicato su Società sul nr.3 di quell’anno, in cui riprende studi e indagini della nuova etnologia sovietica (Tolstov, Hippius, Cicerov, ispirati da V.J. Propp). Nel giugno 1951 in un articolo lo definì come   “proposta consapevole del popolo contro la propria condizione socialmente subalterna, o che commenta, esprime in termini culturali, le lotte per emanciparsene.” Il concetto fu poi ripreso, discusso problematicamente e allargato in particolare da A.M.Cirese (in rapporto a Gramsci) e Luigi M. Lombardi Satriani (il folklore come cultura di contestazione).  I “folkloristi” erano stati oggetto di critica di de Martino già nella sua prima opera del 1941, Naturalismo e storicismo nell’etnologia, in quanto puri descrittori e catalogatori con criterio naturalistico e non storico-culturale: per cui il folklore rimane, pur categorizzato come “progressivo”, come fenomeno di indagine antropologica nei termini più complessivi di cultura popolare.  Crisi della presenza e destorificazione del negativo In quanto alla “crisi della presenza” come spaesamento, ne La fine del mondo, Ernesto de Martino racconta di una volta in Calabria quando, cercando una strada, egli e i suoi collaboratori fecero salire in auto un anziano pastore perché indicasse loro la giusta direzione da seguire, promettendogli di riportarlo poi al posto di partenza. L'uomo salì in auto pieno di diffidenza, che si trasformò via via in una vera e propria angoscia territoriale, non appena dalla visuale del finestrino sparì alla vista il campanile di Marcellinara, il suo paese. Il campanile rappresentava per l'uomo il punto di riferimento del suo circoscritto spazio domestico, senza il quale egli si sentiva realmente spaesato. Quando lo riportarono indietro in fretta l'uomo stava penosamente sporto fuori dal finestrino, scrutando l'orizzonte per veder riapparire il campanile. Solo quando lo rivide, il suo viso finalmente si riappacificò.  In un altro esempio, per esprimere il medesimo concetto, De Martino racconta degli Achilpa, cacciatori e raccoglitori australiani, nomadi da sempre e per sopravvivenza, che avevano però l'usanza di piantare al centro del loro accampamento un palo sacro, intorno al quale celebravano un rito ogni volta che "approdavano" in un luogo nuovo. Il giorno che il palo si spezzò, i membri della tribù si lasciarono morire, sopraffatti dall'angoscia.  Il concetto di spaesamento, come una condizione molto "rischiosa" in cui gli individui temono di perdere i propri riferimenti domestici, che in qualche modo fungono da "indici di senso", viene inserito dunque da de Martino nelle sue categorie di “crisi della presenza” e destorificazione del negativo.  La crisi della presenza caratterizza allora quelle condizioni diverse nelle quali l'individuo, al cospetto di particolari eventi o situazioni (malattia, morte, conflitti morali, migrazione), sperimenta un'incertezza, una crisi radicale del suo essere storico (della "possibilità di esserci in una storia umana", scrive de Martino) in quel dato momento scoprendosi incapace di agire e determinare la propria azione. La destorificazione del negativo permette l'universalizzazione della propria condizione umana in una dimensione mitico-simbolica, mediata dalla religione e presente nel rito. Secondo Amalia Signorelli, antropologa ee collaboratrice della spedizione nel Salento,  "Il dato esistenziale che ha scatenato la crisi (morte, malattia, paura e altro ancora) viene mentalmente astratto dal contesto storico per entro il quale è stato esperito e viene ricondotto a un tempo e a una vicenda mitici".  Se il mito è narrazione, il rito è un comportamento orientato ad uno scopo e ripetuto con parole e gesti di significato altamente simbolico. È così che mito, rito e simbolo diventano un circuito volto alla soluzione della crisi, astraendo dalla storia reale in cui agisce il negativo.  Quando è il negativo a prevalere, e questo accade in fasi particolarmente drammatiche dell’esistenza umana (come la morte di una persona cara), può manifestarsi una crisi radicale, una “funesta miseria esistenziale”, per cui l’ethos del trascendimento non riesce più a risolvere la crisi nel valore e la mancata valorizzazione fa perdere anche l’operabilità sul reale. L’attività etica della valorizzazione è necessaria per impedire la destrutturazione dell”esserci”, in quanto il “vitale” vede per intero invaso il suo spazio, quello dell’intersoggettività e il rapporto con il mondo. Avviene allora che “la presenza abdica senza compenso”.   Ernesto De Martino e Muzi Epifani, 1956, durante una missione in Lucania L'elaborazione del lutto ed il pianto rituale antico Magnifying glass icon mgx2.svg  Morte di Gesù negli studi antropologici e Planctus. Tra il 1952 e il 1956, l’etnologo organizza una serie di spedizioni di ricerca in Lucania, accompagnato da un’equipe interdisciplinare, tra cui Vittoria De Palma, anche lei etnologa e compagna di vita e con l’utilizzo di strumenti quali il magnetofono e la cinepresa, innovativi rispetto all’indagine folklorica classica. Riconnettendosi a Il mondo magico, decide di concentrarsi sul lamento funebre e la “crisi del cordoglio”, ai segni, al simbolismo delle ritualità legate ad una crisi esistenziale tra le più gravi, come quella che segue la perdita di un caro, e il pianto e il dolore collettivi che rappresentano la “crisi della presenza”, della propria e di tutti, minacciata dalla morte. Il pericolo del lutto è dunque quello dell’annullamento totale.  In Morte e pianto rituale. Dal lamento funebre antico al pianto di Maria, 1958, affronta anche il senso della morte di Cristo in rapporto alla condizione esistenziale dell'uomo nel mondo ed al momento traumatico della esperienza della morte dei propri cari. Di fronte alla "crisi del cordoglio" che può portare al crollo esistenziale, emerge la esigenza di elaborare culturalmente il lutto, nella forma socialmente codificata del rito. La consolazione offerta dal credo religioso riconduce a forme sopportabili la carica drammatica del lutto, riferendola simbolicamente alla morte tragica di Cristo sulla croce, forme che consentono di ritrovarsi uguali nel dolore, ma che diventano anche promessa di resurrezione.  «È possibile interpretare la genesi del protocristianesimo come esemplarizzazione di una storica risoluzione del cordoglio che trasforma Gesù morto in Cristo risorto e il morto che torna nel morto-risorto presente nella chiesa e nel banchetto eucaristico. Le apparizioni di Cristo dopo la morte testimoniano la Resurrezione e la presenza di Cristo nella chiesa sino al compimento del piano temporale di salvezza. Dopo l'Ascensione la discesa dello S.S. inaugura l'epoca in cui il morto-risorto è con i credenti sino alla fine, per donare la spinta alla testimonianza missionaria. (291:) "Il Cristianesimo diventa un grande rituale funerario per una morte esemplare risolutiva del vario morire storico e come pedagogia del distacco e del trascendimento rispetto a ciò che muore (il che poteva aver luogo solo in quanto il morto era l'unto dell'Uomo-Dio)". Abbiamo un esempio storico di soluzione della crisi e la garanzia mediante la fede della presenza del Risorto nella comunità. La celebrazione eucaristica rappresenta contemporaneamente l'evento passato di un Cristo al centro del piano temporale di salvezza (mito che garantisce e fonda la salvezza futura) e l'evento futuro della definitiva Parusia.»  De Martino indaga la persistenza, nelle realtà marginalizzate della Lucania, del pianto funebre, come “riplasmazione” del planctus irrelativo, rito antichissimo e diffuso prima del Cristianesimo in tutta l'area mediterranea. La destorificazione dell’evento luttuoso, soggettivamente vissuto, permette di riportarlo ad una dimensione mitico-rituale, e dunque al superamento della crisi.  Su questi temi si è soffermata una sua studentessa e collaboratrice, la scrittrice Muzi Epifani, nella commedia La fuga, scritta a dieci anni dalla sua scomparsa.  Opere Naturalismo e storicismo nell'etnologia, Laterza, Bari, 1941; n. ed. con introduzione e cura di Stefano De Matteis, Argo, Lecce, 1997. Il mondo magico: prolegomeni a una storia del magismo, Einaudi, Torino, 1948; n. ed. Boringhieri, Torino, 1973 (con introduzione di Cesare Cases e in appendice testi di Benedetto Croce, Enzo Paci, Raffaele Pettazzoni e Mircea Eliade) Morte e pianto rituale nel mondo antico: dal lamento pagano al pianto di Maria, Einaudi, Torino, 1958, Premio Viareggio Saggistica; n. ed. Bollati Boringhieri, Torino, 2000 (con introduzione di Clara Gallini) Sud e magia, Feltrinelli, Milano, 1959; n. ed. 2002 (con introduzione di Umberto Galimberti). Sud e magia La terra del rimorso. Contributo a una storia religiosa del Sud, Il Saggiatore, Milano, 1961 Furore, simbolo, valore, Il Saggiatore, Milano, 1962; poi Feltrinelli, Milano, 1980 (con introduzione di Luigi M. Lombardi Satriani) e ivi 2002 (con introduzione di Marcello Massenzio) Magia e civiltà. Un'antologia critica fondamentale per lo studio del concetto di magia nella civiltà occidentale, Garzanti, Milano, 1962 Mondo popolare e magia in Lucania, a cura e con prefazione di Rocco Brienza, Basilicata, Roma-Matera, 1975 La fine del mondo. Contributo all'analisi delle apocalissi culturali, Clara Gallini, con introduzione di Clara Gallini e Marcello Massenzio, Einaudi, Torino, 1977 La collana viola: lettere 1945-1950 (con Cesare Pavese), Pietro Angelini, Bollati Boringhieri, Torino, 1991 Scritti minori su religione, marxismo e psicoanalisi, Roberto Altamura e Patrizia Ferretti, Nuove edizioni romane, Roma, 1993 Compagni e amici: lettere di Ernesto de Martino e Pietro Secchia, Riccardo Di Donato, La nuova Italia, Firenze, 1993 Storia e metastoria: i fondamenti di una teoria del sacro, introduzione e cura di Marcello Massenzio, Argo, Lecce, 1995 Note di campo: spedizione in Lucania, 30 settembre31 ottobre 1952, edizione critica Clara Gallini, Argo, Lecce, 1995 L'opera a cui lavoro: apparato critico e documentario alla Spedizione etnologica in Lucania, Clara Gallini, Argo, Lecce, 1996 Una vicinanza discreta: lettere (con Renato Boccassino), Francesco Pompeo, Oleandro, Roma, 1996 I viaggi nel Sud di Ernesto de Martino, Clara Gallini e Francesco Faeta, fotografie di Arturo Zavattini, Franco Pinna e Ando Gilardi, Bollati Boringhieri, Torino, 1999 Panorami e spedizioni: le trasmissioni radiofoniche del 1953-54, Luigi M. Lombardi Satriani e Letizia Bindi, Bollati Boringhieri, Torino, 2002 Musiche tradizionali del Salento: le registrazioni di Diego Carpitella ed Ernesto de Martino (1959, 1960), a cura e testi di Maurizio Agamennone, Squilibri, Roma, 2005 (con 2 cd) Scritti filosofici, Roberto Pastina, il Mulino, Bologna, 2005 Dal laboratorio del mondo magico: carteggi 1940-1943, Pietro Angelini, Argo, Lecce, 2007 Ricerca sui guaritori e la loro clientela, Adelina Talamonti, Argo, Lecce, 2008 (con introduzione di Clara Gallini) Etnografia del tarantismo pugliese. I materiali della spedizione nel Salento del 1959, Amalia Signorelli e Valerio Panza, Introduzione e commenti di Amalia Signorelli, Argo, Lecce . La fine del mondo. Contributo all'analisi delle apocalissi culturali, nuova edizione Giordana Charuty, Daniel Fabre, Marcello Massenzio, Einaudi, Torino.  E. de Martino, Promesse e minacce dell'etnologia, in Id., Furore Simbolo Valore, Milano,  ERNESTO DE MARTINO, su filosofico.net. 19 luglio .  Giulio Angioni, Una scuola antropologica sarda?, in Giulio Angioni et al. (Luciano Marrocu, Francesco Bachis, Valeria Deplano), La Sardegna contemporanea. 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Stefano De Matteis, Il leone che cancella con la coda le tracce. L'itinerario intellettuale di Ernesto de Martino, Napoli, d'If, Riccardo Di Donato , La Contraddizione felice?: Ernesto De Martino e gli altri, ETS, Pisa, 1990. Muzi Epifani, La fuga. Opera teatrale dedicata a Ernesto de Martino, Roma, 1976, riedita da La mongolfiera edizioni e spettacoli, Doria di Cassano allo Ionio, . Fabrizio M. Ferrari (). Ernesto de Martino on Religion. The Crisis and the Presence[collegamento interrotto]. London and Oakville: Equinox. Clara Gallini e Francesco Faeta , I viaggi nel Sud di Ernesto de Martino, fotografie di Arturo Zavattini, Franco Pinna, e Ando Gilardi, Bollati Boringhieri, collana «Nuova Cultura», Franco La Cecla, Perdersi. L'uomo senza ambiente. Laterza, Bari 2000. Vittorio Lanternari, DE MARTINO, Ernesto, Dizionario Biografico degli ItalianiVolume 38 (1990), Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani Mariannita Lospinoso, DE MARTINO, Ernesto, Enciclopedia ItalianaIV Appendice (1978), Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani Marcello Massenzio, Ernesto De Martino e l'antropologia, in Il Contributo italiano alla storia del PensieroFilosofia (), Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani Arnaldo Momigliano, Recensione a "La terra del rimorso", in Rivista storica italiana (ora in Quarto contributo alla storia degli studi classici e del mondo antico,  Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, 1969) Gennaro Sasso, Ernesto De Martino fra religione e filosofia, Napoli, Bibliopolis, 2001 Paolo Taviani, Ridere un mondo, Roma, Aracne, . Clara Zanardi, Sul filo della presenza. Ernesto De Martino fra filosofia e antropologia. Unicopli edizioni, . 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Aurelio Rigoli, Magia ed etnostoria, Boringhieri, Torino, 1978.  Benedetto Croce Vittorio Lanternari Claude Lévi-Strauss Diego Carpitella Tarantismo Carlo Tullio Altan Alberto Mario Cirese Giulio Angioni Antropologia culturale Placido Cherchi Scuola antropologica di Cagliari Antonio Gramsci Storia delle religioni Etnologia Pizzica Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Ernesto de Martino Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Ernesto de Martino  Ernesto de Martino, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Mariannita Lospinoso, DE MARTINO, Ernesto, in Enciclopedia Italiana, IV Appendice, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1978.  Vittorio Lanternari, DE MARTINO, Ernesto, in Dizionario biografico degli italiani,  38, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1990.  Ernesto de Martino, su siusa.archivi.beniculturali.it, Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche. 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Masci: Deputato del Regno d'Italia LegislatureXIX, XX Senatore del Regno d'Italia LegislatureXXIV Dati generali Titolo di studioLaurea in scienze giuridiche e politiche amministrative ProfessioneDocente universitario, filosofo. Filippo Masci (Francavilla al Mare), filosofo. Senatore del Regno italiano. Nato in una famiglia della borghesia abruzzese, perse il padre Guglielmo all'età di 4 anni. Frequentò il collegio Giambattista Vico di Chieti e, completati gli studi liceali, fu allievo del professor Mola, che gli insegnò filosofia, scienze e matematica. Iniziò nel 1862 gli studi di giurisprudenza all'Napoli, dove si laureò nel 1866, ed in seguito studiò scienze politico-amministrative. Cominciò ad approfondire le sue conoscenze filosofiche grazie alle lezioni tenute da Bertrando Spaventa nella stessa città. Influenzato dalla sua formazione universitaria e dallo stesso Spaventa, al centro dei suoi primi studi c'era il pensiero di Kant e Hegel.  Nel 1875 ottenne la cattedra di professore reggente di filosofia presso il liceo di Chieti, prima dell'abilitazione che gli fu consegnata nel 1879 a Pisa. Inoltre sempre nel 1875 venne nominato vincitore di un concorso della Reale Accademia delle scienze morali e politiche grazie ad un saggio sulla Critica della ragion pura. Nel 1882 divenne libero docente di filosofia teoretica all'Napoli e, l'anno successivo, di storia della filosofia presso l'Pavia. Nel 1883 abbandonò l'insegnamento a Chieti per recarsi a Padova, dove era stato nominato professore straordinario di filosofia morale. All'istituto scolastico lasciò numerosi scritti sulla filosofia antica. Un anno dopo divenne Professore all'Napoli.  Nel 1893 ottenne la carica di rettore dell'Napoli e nel 1894 di consigliere comunale della medesima città. Nel corso della sua carriera politica fu eletto deputato dal collegio di Ortona al Mare per la XIX legislatura (1895-1897) e fu un sostenitore di Gabriele D'Annunzio. Nel 1913 entrò nel Senato del Regno, dove intervenne più volte sul tema dell'istruzione pubblica. Sosteneva la maggiore importanza della formazione classica rispetto a quella tecnica o scientifica nelle scuole secondarie.   Liceo scientifico "Filippo Masci" a Chieti Fu Presidente dell'Accademia di lettere ed arti della Società Reale di Napoli, socio della Regia Accademia dei Lincei, membro del Consiglio superiore dell'Istruzione Pubblica e di altre istituzioni culturali. Nel 1918 presso l'Accademia dei Lincei difese l'importanza di Kant e Fichte in contrasto con le parole di Luigi Luzzati che li aveva criticati per essere filosofi tedeschi. Dopo la morte avvenuta il 7 dicembre 1922, fu eretto un busto commemorativo a Francavilla al Mare e nel 1923 il neonato liceo scientifico di Chieti fu intitolato in suo onore.  Vita privata Nel corso della sua carriera di insegnante conobbe Edoardo Scarfoglio e Gabriele D'Annunzio, che continuò a frequentare negli anni successivi. Inoltre fu tenuto in grande considerazione da Bertrardo Spaventa. Nel 1888 sposò una lontana parente di sua madre, entrambe appartenenti alla famiglia Tattoni di Bellante. Dal matrimonio nacquero tre figli.  Il pensiero Poco prima di morire pubblicò Pensiero e conoscenza, in cui sono racchiusi gli aspetti più importanti del suo pensiero, che oggi è poco studiato. Ebbe molteplici interessi (filosofia, psicologia, sociologia, pedagogia, diritto e storia) ed è considerato uno dei più importanti esponenti italiani del neokantismo, avendo rifiutato sia alcune posizioni filosofiche di Spaventa, sia l'affermato positivismo di Roberto Ardigò, che escludeva ogni possibile principio "a priori" della conoscenza. La ripresa della filosofia di Immanuel Kant fu segnata dalla convinzione che fosse sbagliato ridurre la realtà a pura rappresentazione, ma anche dal tentativo di studiare la genesi psicologica delle categorie di Kant e quindi negare la loro formulazione numericamente rigida. Nel Materialismo psicofisico cercò di dimostrare l'unità tra anima e natura in una concezione psicofisica della realtà, ma i suoi lavori furono criticati da Giovanni Gentile, anche a causa della mancata adesione al neoidealismo.  Opere Le forme dell'intuizione, Del Vecchio, Chieti 1881. Le teorie sulla formazione naturale dell'istinto. Memoria letta alla R. Accademia di Scienze Morali e Politiche della Società Reale di Napoli. Napoli: Tipografia della Regia Università, 1893 Il materialismo psico-fisico e la dottrina del parallelismo in psicologia, “Atti dell'Accademia di Napoli”, Napoli 1901. Intellettualismo e pragmatismo, “Atti della Regia Accademia delle Scienze morali e politiche”, Napoli, 1911. Quantità e misura nei fenomeni psichici. Memoria letta all'Accademia di Scienze Morali e Politiche della Società Reale di Napoli. Napoli: Federico Sangiovanni & Figlio, 1915 Della misura indiretta in psicologia. Conoscenza scientifica e conoscenza matematica. Napoli: Federico Sangiovanni & Figlio, 1916 Credenza e conoscenza, “Atti dell'Accademia di Napoli”, Napoli, 1920. Pensiero e conoscenza, Bocca Editori, Torino 1922. Onorificenze Commendatore dell'Ordine della Corona d'Italianastrino per uniforme ordinariaCommendatore dell'Ordine della Corona d'Italia Ufficiale dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaronastrino per uniforme ordinariaUfficiale dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro Note  Schede di personalità abruzzesi importanti nel campo della filosofia, Regione Abruzzo. 15 luglio  23 agosto ).  Storia del liceo F. Masci e biografia, Liceo F. Masci. 15 luglio  28 settembre 2007).  Discorso di commiato per la morte di Filippo Masci, su notes9.senato.it. 15 luglio .  Alfonso Pietrangeli, Filippo Masci e il suo neocriticismo, Cedam, Padova 1962. Luigi Gentile, Filippo Masci : dal criticismo kantiano al monismo psicofisico, Noubs, Chieti 2003. Giuseppe Landolfi Petrone, MASCI, Filippo, in Dizionario biografico degli italiani,  71, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2008. 26 agosto . Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Filippo Masci  Filippo Masci, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Filippo Masci, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Filippo Masci, su Liber Liber.  Opere di Filippo Masci, su openMLOL, Horizons Unlimited srl.  Filippo Masci, su storia.camera.it, Camera dei deputati.  Filippo Masci, su Senatori d'Italia, Senato della Repubblica.

 

Masi: Giuseppe Masi (Firenze), filosofo. È stato professore incaricato di Storia della filosofia antica presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Bologna. Giuseppe Masi nacque a Firenze il 4 aprile 1915, da Enrico Masi, generale dell'Esercito Italiano, e Leda Nutini. Ha compiuto i suoi studi a Bologna, conseguendo la maturità classica presso il liceo statale L. Galvani. Iscrittosi alla Facoltà di Giurisprudenza dell'Bologna, vi si laureò con lode nel 1937, con una tesi sul diritto di famiglia negli Statuti Bolognesi. Tra il 1937 e il 1938 assolse agli obblighi di leva e nel 1939 fu trattenuto alle armi in base alle disposizioni di emergenza del periodo. Congedato, riprese gli studi iscrivendosi alla Facoltà di Filosofia dell'Bologna, dove conseguì, nel 1941, la laurea con lode, discutendo col prof. Felice Battaglia la tesi: Individuo, società, famiglia nel pensiero di Antonio Rosmini. La tesi gli valse l'ammissione, con borsa di studio, al corso biennale di perfezionamento in Filosofia scolastica all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Dopo il primo anno, fu richiamato alle armi nel periodo bellico, dall'8 ottobre del 1942 fino all'armistizio dell'8 settembre 1943. Ottenuto il congedo definitivo, fu nominato assistente volontario alla cattedra di Filosofia morale dell'Bologna, dal 1945 al 1957, svolgendo numerosi corsi di letture e di esercitazioni per gli studenti, soprattutto su argomenti di filosofia moderna e contemporanea. Nel 1954 si è sposato con Anna Bergamini, con cui rimarrà insieme fino alla sua scomparsa nel 1998. Nel 1955 ha conseguito la libera docenza in Filosofia teoretica. Dal 1956 al 1962 è nominato e riconfermato professore incaricato di Storia della filosofia presso la Facoltà di Magistero dell'Bologna. Nel 1964 è nominato professore incaricato di Storia della filosofia antica presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Bologna. A partire dall'anno accademico 1972-73 è professore incaricato stabilizzato di Storia della filosofia antica. Ivi svolse, negli anni seguenti, corsi monografici su Aristotele, accompagnati da corsi istituzionali e seminariali di storia della filosofia greca in generale. Manterrà questa nomina per oltre un ventennio, fino al pensionamento. È stato anche per numerosi anni Professore di Storia e Filosofia in diversi licei di Bologna e provincia.  Interessi La sua vita è stata caratterizzata da molteplici pubblicazioni sia di materia scientifica che letteraria, nonché da collaborazioni a numerose riviste filosofiche (Rivista di filosofia neo-scolastica, Giornale di Metafisica), volumi collettivi, riviste di novelle (Zenith, Excelsior). In particolare, i suoi romanzi, le sue novelle scritte fin dall'età giovanile e le sue raccolte di poesie sono stati pubblicati con lo pseudonimo Alfredo Grimaldi. Ha partecipato ai principali convegni e congressi, come quelli del Centro Studi Filosofici di Gallarate, come attesta la sua collaborazione alla Enciclopedia filosofica quel Centro. Si è occupato anche di estetica cinematografica in una serie di saggi, pubblicati nella rivista Bianco e Nero, del Centro Sperimentale di Cinematografia.  Tra le numerose passioni e interessi che hanno caratterizzato la sua vita vanno inoltre ricordati:  La passione per l'arte e la storia dell'arte, che lo hanno condotto nel corso della sua vita a collezionare numerose opere d'arte, oggi presenti nella donazione alla Pinacoteca comunale di Pieve di Cento  I numerosi viaggi, che lo hanno portato in quasi tutto il mondo, con particolare interesse per l'Egitto e la sua storia antica.  Giudizi sulle opere "L'interesse storiografico che muove il Masi alla ricostruzione del pensiero di Kierkegaard da un profondo e originale impegno teoretico, volto ad approfondire il concetto metafisico di "analogia", cui il discorso di Kierkegaard, come l'A. si propone di illustrare nel suo saggio, risulta fortemente legato. Sotto un profilo strettamente storiografico, il Masi approda, attraverso un'attenta rilettura delle "opere edificanti" di Kierkegaard, ad un'interpretazione che ridimensiona questo pensatore, scoraggiando molti luoghi comuni della critica.." (A. BABOLIN).  "Nel linguaggio filosofico contemporaneo l'aggettivo "platonico", riferito a una qualsiasi entità, vuole denotare l'immobilità astorica, il suo permanere in un'assoluta identità con sé medesima al di sopra delle alterne vicende del divenire. Ciò deriva da una tradizione ermeneutica del pensiero platonico. Uno degli aspetti più rilevanti del volume del Masi risiede appunto nello sforzo operato a demitizzare una tale ermeneutica... questa ricerca del Masi costituisce un lucido esempio di come oggi una filosofia, che si presenta spiritualistica e umanistica, sappia ripiegarsi a cogliere con consapevolezza trasparente e spregiudicata, le proprie radici alle fonti più vive della tradizione culturale dell'Occidente" (A. BABOLIN).  "Le zitelle è un libro divertente, curioso, strano. Il pregio maggiore di questo libro è di essere tutto su di uno stesso tema musicale" (Fabio Tombari)  Opere Saggistica Ha scritto numerosi saggi di filosofia:  La determinazione della possibilità dell'esistenza in Kierkegaard (1949), Bologna La ricerca della verità in Karl Jasper (1953), Bologna La libertà in Heidegger (1961), Bologna M. Heidegger, Introduzione alla metafisica, trad. it. dal tedesco di G.Masi (1968), Milano J, Wahl, Verso la fine dell'ontologia, trad. it. dal francese con introduzione e note di G. Masi (1971), Milano Disperazione e speranza. Saggio sulle categorie kierkegaardiane (1971), Padova Il potere della ragione. Eraclito, Platone, Hegel (1971), Padova Il problema aristotelico, 2 voll. (1974), Bologna L'esistenzialismo tedesco in “Grande antologia filosofica. Il pensiero contemporaneo” (1976), Milano Il pensiero ellenistico (1981), Bologna L'uni-equivocità dell'essere in Aristotele (1989), Genova: Casa Editrice Tilgher Lo spiritualismo egiziano antico. Il pensiero religioso egiziano classico (1994), Bologna: CLUEB Lo spiritualismo ellenistico. La grande svolta del pensiero occidentale (1995), Bologna: CLUEB Lo spiritualismo cristiano antico. Dalle origini a Calcedonia (1996), Bologna: CLUEB Origène o della riconciliazione universale (1997), Bologna Lo spiritualismo indiano. Dalle Upanishad al Buddha (1998), Bologna: CLUEB Lo spirito magico. Saggi sul pensiero primitivo (1999), Bologna: CLUEB Studi sul pensiero antico e dintorni (2000), Bologna L'idea barocca. Lezioni sul pensiero del Seicento (2000), Bologna: CLUEB Il concetto di cultura (2001), Bologna: CLUEB Platone, Il Timeo, riduzione, traduzione, introduzione e commento Giuseppe Masi (2001), Bologna: CLUEB Dell'eternità, e altri argomenti (2002), Bologna: CLUEB Narrativa Penombre (1940), Torino: Casa Editrice A.B.C. Scritti con lo pseudonimo Sirio Stella:  L'esile ombra (1938), Torino: Casa Editrice A.B.C. Scritti con lo pseudonimo Alfredo Grimaldi:  Le zitelle (1972), Milano: Todariana Editrice Il cane cinese (1982), Roma: Vincenzo Lo Faro Editore Il gatto siamese (1984), Roma: Vincenzo Lo Faro Editore Il figlio dell'ufficiale (1985) Marta (1985) L'ultima estate (1987), Firenze: Firenze Libri La carriera di un libertino (1987) La dea bambina (1991), Firenze: Firenze Libri Oltre le dune (1992), Firenze: Firenze Libri Le donne (1999), Roma: Gabrieli Editore L'ignoto. Il sogno (2001), Firenze: L'Autore Libri Tra le quinte del liceo. L'orologio a Pendolo (2002), Firenze: L'Autore Libri Il palloncino rosso e altri racconti (2002), Firenze: L'Autore Libri La partenza (2003), Firenze: L'Autore Libri Il sogno (2004), Roma: Gabrieli Editore Angelina e altri racconti (2004), Firenze: L'Autore Libri La croce di Sant'Elpidio. Il cane cinese, Firenze Il lupo di Sestola (2005), Firenze: L'Autore Libri Poesia Apollo e Dafne (1968), Padova: L'Edicola Le stagioni e i giorni (1969), Padova: L'Edicola Poesie con lo pseudonimo Alfredo Grimaldi:  La tomba d'erba (1969), Padova: L'Edicola Maremma tu (1970), Milano: Todariana EditricePremio Montediana di poesia, 1971  A. BABOLIN, rec. a Disperazione e speranza, in "Riv. di Fil. Neosc.",  A. BABOLIN, rec. a il potere della ragione, in: "Riv. di Fil. Neosc.", F. TOMBARI, rec. a Le zitelle, 1972, Milano: Todariana Editrice  Nunzio Incardona.

 

Massarenti: Armando Massarenti (Eboli), filosofo.  Dal 12 giugno  è responsabile del supplemento culturale Il Sole-24 Ore-Domenica, dove si occupa, dal 1986, di storia e filosofia della scienza, filosofia morale e politica, etica applicata, e dove tiene la rubrica Filosofia minima.   Armando Massarenti vive a Milano, dove dirige il supplemento culturale Domenica de Il Sole 24 Ore.  Nel 1991 ha scritto, con Antonio Da Re, L'etica da applicare. Nel 1996 ha redatto, insieme a Carlo Flamigni, Maurizio Mori e Angelo Maria Petroni, il Manifesto di bioetica laica, che ha suscitato un vasto dibattito.[senza fonte] È stato membro dell'Osservatorio di Bioetica della Fondazione Einaudi di Roma e dal  fa parte del Comitato etico della Fondazione Umberto Veronesi, presieduto da Giuliano Amato. Dal 1999 è direttore della rivista Etica ed economia (Nemetria).  Ha curato e introdotto diversi volumi di argomento filosofico-scientifico, come L'ingranaggio della libertà di David Friedman (Liberilibri, Macerata 1997), la Storia dell'astronomia di Giacomo Leopardi (La vita felice, Milano 1997), Rifare la filosofia di John Dewey (Donzelli, Roma 1998).  Per Feltrinelli ha curato e introdotto il volume Laicismo indiano (Milano, 1998), una raccolta di saggi del Premio Nobel per l'economia 1998 Amartya Sen.  Ha curato il numero monografico della Rivista di Estetica dedicato al dibattito su "Analitici e continentali" (1998) e, con Vittorio Possenti, il volume Nichilismo, relativismo, verità. Un dibattito (Rubbettino, Soveria Mannelli, 2001)  Per Il Sole 24 ORE ha curato la collana I Grandi Filosofi (trenta volumi sui protagonisti della storia del pensiero, da Socrate a Wittgenstein, per i quali ha anche scritto le prefazioni, 2006-2007, confluite ne Il filosofo tascabile). Nel  è in corso di pubblicazione una serie analoga dedicata ai grandi della scienza.  Nel 2006 ha scritto Il lancio del nano e altri esercizi di filosofia minima per il quale gli sono stati conferiti il Premio Filosofico Castiglioncello 2007 e il premio di saggistica "Città delle Rose" 2007. Il lancio del nano è anche oggetto di un esperimento didattico, promosso dalla Società Filosofica Italiana (Sfi), attraverso il quale viene proposto un modo nuovo di motivare gli studenti allo studio della filosofia e alla capacità di argomentare in proprio. Dal libro è stato tratto anche uno spettacolo teatrale, per la regia di Claudio Longhi (prodotto da Mimesis).  Con Gilberto Corbellini e Pino Donghi ha curato e in parte scritto il volume Bi(bli)oetica. Istruzioni per l'uso (Einaudi, 2006), un dizionario di bioetica sui generis, dal quale il regista Luca Ronconi ha tratto l'omonimo spettacolo teatrale andato in scena a Torino, per il progetto Domani delle Olimpiadi invernali 2006.  Nel 2008 ha scritto Staminalia. le cellule etiche e i nemici della ricerca, una ricostruzione del dibattito etico e scientifico sulla ricerca sulle staminali, recensito, tra gli altri, da Elena Cattaneo sulla rivista Nature.  Nel 2009 ha scritto Il filosofo tascabile. Dai presocratici a Wittgenstein. 44 ritratti per una storia del pensiero in miniatura. In contemporanea è uscito Stramaledettamente logico. Esercizi filosofici su pellicola (Laterza, Roma-Bari, 2009) una raccolta di saggi su cinema e filosofia (di Claudia Bianchi, Roberto Casati, Achille Varzi, Nicla Vassallo) di cui ha scritto introduzione e saggio conclusivo.  Ha insegnato come professore a contratto nelle Bologna, Lugano, Siena, Milano. Dirige per Mondadori Università la collana "Scienza e filosofia".  Fa parte delle giurie di due premi per la divulgazione scientifica: il Premio Giovanni Maria Pace, promosso dalla SISSA di Trieste, il Premio letterario Galileo per la divulgazione scientifica, legato al Campiello (Padova), e il premio letterario Merck Serono. È stato anche nella giuria del Premio del Giovedì "Marisa Rusconi", conferito ogni anno a Milano a un romanzo italiano opera prima.  Per la sua attività giornalistica e pubblicistica ha vinto diversi premi: nel 1993 il Premio Dondi per la Storia della Scienza, delle tecniche e dell'Industria (Padova); nel 2000 il Premio Voltolino per la divulgazione scientifica (Pisa); nel 2007 il Premio Mente e Cervello (Torino); nel  il premio Capri, il premio Argil e il premio Capalbio; nel  il Premio Città di Como.  Opere L'etica da applicare. Una morale per prendere decisioni, con Antonio Da Re, Milano, Il Sole-24 Ore libri, 1991.  88-7187-087-5. Il lancio del nano e altri esercizi di filosofia minima, Parma, Guanda, 2006.  88-8246-950-6. Staminalia. Le cellule Etiche e i nemici della ricerca, Parma, Guanda, 2008.  978-88-6088-910-2. Il filosofo tascabile. Dai presocratici a Wittgenstein. 44 ritratti per una storia del pensiero in miniatura, Parma, Guanda, 2009.  978-88-6088-889-1. Dizionario delle idee non comuni, Parma, Guanda, .  978-88-6088-851-8. Filosofia, sapere di non sapere. Le domande che hanno caratterizzato lo sviluppo del pensiero, con Emiliano Di Marco, con la collaborazione di Maria Amelia Mannella, 3 voll., Firenze, D'Anna, -. Perché pagare le tangenti è razionale ma non vi conviene e altri saggi di etica politica, Parma, Guanda, .  978-88-6088-763-4. Istruzioni per rendersi felici. [Come il pensiero antico salverà gli spiriti moderni], Milano, Guanda, .  978-88-235-0479-0. La buona logica. Imparare a pensare, con Paolo Legrenzi, Milano, Cortina, .  978-88-6030-785-9. Metti l'amore sopra ogni cosa. Una filosofia per stare bene con gli altri, Milano, Mondadori, .  978-88-04-66972-2. Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Armando Massarenti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Armando Massarenti  Armando Massarenti, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Armando Massarenti / Armando Massarenti (altra versione), su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Armando Massarenti, .  Registrazioni di Armando Massarenti, su RadioRadicale.it, Radio Radicale.  Il lancio del nano e altri esercizi di filosofia minima, su italialibri.net. 31 dicembre . Armando Massarenti: tangenti e moralità, su filosofia.rai.it.

 

Mastri – Opere: Disputationes in octo libros Physicorum Aristotelis, typis Ludovici Grignani, Romae. Disputationes in Organum Aristotelis, typis Marci Ginami, Venetiis 1639. Disputationes in libros De celo et Metheoris, typis Marci Ginami, Venetiis 1640. Disputationes in libros De generatione et corruptione, typis Marci Ginami, Venetiis 1640. Disputationes in Aristotelis Stagiritæ libros De anima, typis Marci Ginammi, Venetiis 1643. Disputationes in Aristotelis Stagiritæ libros Physicorum, typis Marci Ginammi, Venetiis 1644 (2ª ediz.). Institutiones logicæ, quas vulgo summulas, vel logicam parvam, nuncupant, typis Marci Ginammi, Venetiis 1646. Disputationes in Organum Aristotelis, typis Marci Ginammi, Venetiis 1646 (2ª ediz.). Disputationes in XII Aristotelis stagiritæ libros Metaphysicorum, 2 voll., typis Marci Ginammi, Venetiis 1646-47. Disputationes in libros De coelo et Metheoris, typis Marci Ginammi, Venetiis [1648ca.]. Scotus et scotistæ Bellutus et Mastrius expurgati a probrosis querelis ferchianis, apud Franciscum Succium thypographum cameralem, Ferrariæ 1650. Disputationes in libros De generatione et corruptione, typis Marci Ginammi, Venetiis 1652. Disputationes theologicæ in primum librum Sententiarum, apud Iohannes Iacobum Hertz, Venetiis 1655. Disputationes theologicæ in secundum librum Sententiarum, apud Franciscum Stortum, Venetiis 1659. Disputationes theologicæ in tertium librum Sententiarum, apud Valvasensem, Venetiis 1661. Disputationes theologicæ in quartum librum Sententiarum, apud Valvasensem, Venetiis 1664. Theologia moralis ad mentem dd. Seraphici et Subtilis concinnata, apud Ioannem Iacobum Herz, Venetiis 1671. Disputationes in Aristotelis Stagiritæ libros De anima, sumptibus Francisci Brogiolli, Venetiis 1671 (2ª ediz.).   Theologia moralis, 1683 Edizioni  Theologia moralis, edizione del 1709 (Milano, Fondazione Mansutti).  Bartolomeo Mastri, Philosophiae ad mentem Scoti,  1, Venetiis, Nicolò Pezzana, 1708. 22 aprile .  Bartolomeo Mastri, Philosophiae ad mentem Scoti,  2, Venetiis, Nicolò Pezzana, 1708. 22 aprile .  Bartolomeo Mastri, Philosophiae ad mentem Scoti,  3, Venetiis, Nicolò Pezzana, 1708. 22 aprile .  Bartolomeo Mastri, Philosophiae ad mentem Scoti,  4, Venetiis, Nicolò Pezzana, 1708. 22 aprile .  Bartolomeo Mastri, Theologia moralis, Venetiis, Giovanni Giacomo Hertz, 1683. 22 aprile . Studi Bonaventure Crowley, The Life and Works of Bartholomew Mastrius, O.F.M. Conv. 1602-1673, in Franciscan Studies,  8, n. 2, 1948,  97-152, JSTOR 41974294. Claus A. Andersen, Metaphysik im Barockscotismus. Untersuchungen zum Metaphysikwerk des Bartholomaeus Mastrius. Mit Dokumentation der Metaphysik in der scotistischen Tradition ca. 1620-1750. Benjamins (Bochumer Studien zur Philosophie 57): Amsterdam / Philadelphia .  978-90-272-1467-6. Paolo Falzone, Bartolomeo Mastri, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. 31 luglio . Marco Forlivesi, Scotistarum princeps. Bartolomeo Mastri (1602-1673) e il suo tempo, Centro Studi Antoniani, Padova 2002. Marco Forlivesi, Bartolomeo Mastri da Meldola (1602-1673) "riformatore" dell'Accademia degli Imperfetti, Accademia degli Imperfetti, Meldola 2002. . Marco Forlivesi , "Rem in seipsa cernere". Saggi sul pensiero filosofico di Bartolomeo Mastri (1602-1673), Il Poligrafo, Padova 2006. Daniel Heider, Universals in Second Scholasticism. A comparative study with focus on the theories of Francisco Suárez S.J. (1548-1617), João Poinsot O.P. (1589-1644) and Bartolomeo Mastri da Meldola O.F.M. Conv. (1602-1673)/Bonaventura Belluto O.F.M. Conv. (1600-1676), Philadelphia, John Benjamins, . Tullio Faustino Ossanna, Bartolomeo Mastri (1602-1673) O.F.M. conv. Teologo dell'incarnazione, Miscellanea Francescana, Roma 2002. Paul Richard Blum e Olivier Boulnois, La métaphysique comme théologie naturelle: Bartolomeo Mastri, in Les Études philosophiques, n. 1, 2002,  31-47, JSTOR 20849450. Fondazione Mansutti, Quaderni di sicurtà. Documenti di storia dell'assicurazione, M. Bonomelli, schede bibliografiche di C. Di Battista, note critiche di F. Mansutti. Milano: Electa, 214.  Hermann Busenbaum Bonaventura Belluto Giovanni Duns Scoto Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Bartolomeo Mastri  Bartolomeo Mastrio, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Bartolomeo Mastri, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Bartolomeo Mastri / Bartolomeo Mastri (altra versione), . Gregory Cleary, Bartolomeo Mastri, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company.

 

Massolo: Arturo Massolo (Palermo), filosofo. Dopo aver intrapreso gli studi presso il Liceo Classico Vittorio Emanuele II, si laurea all’Palermo nel 1934, con una tesi dal titolo Il problema dell’individuo nella filosofia di Antonio Rosmini, con Vito Fazio-Allmayer. Giovanissimo, fu autore di alcuni volumi di poesia.  In seguito ad un periodo di docenza nei licei di Perugia, Catanzaro e Livorno, Arturo Massolo ha insegnato dal 1945 al 1960 all’Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo" e dal 1961 al 1966 all'Pisa.  Il suo pensiero, la sua attività e i suoi scritti hanno influenzato importanti figure del dibattito filosofico del secondo Novecento, come Cesare Luporini, Nicola Badaloni, Livio Sichirollo, Pasquale Salvucci, Gian Mario Cazzaniga, Massimo Barale, Remo Bodei, Domenico Losurdo.  Gli scambi epistolari avuti con numerosi intellettuali (tra cui spiccano i nomi di Giovanni Gentile, Ugo Spirito, Carlo Bo, Franco Fortini, Luigi Russo, Aldo Capitini, Eric Weil) mostrano l’alta considerazione di cui Massolo godeva all’interno del panorama culturale del secondo dopoguerra.  Nel 1945 partecipò alla fondazione della rivista Società, entrando tuttavia nel comitato di redazione soltanto nel 1958. La rivista, nel primo anno della sua uscita, ospitò tre importanti saggi di Massolo: Esistenzialismo e borghesismo (1945), La hegeliana dialettica della quantità (1945), L’essere e la qualità in Hegel (1945).  Nell’ultimo periodo della sua vita, ideò e fondò la collana «Socrates» dell’editore Vallecchi, con la quale pubblicò tre volumi: Filosofia e politica di Eric Weil, Vita di Hegel di Karl Rosenkranz e Dialettica e speranza di Ernst Bloch.  Arturo Massolo morì improvvisamente a Pisa nel 1966.  Pensiero I suoi studi su Hegel, inclini a valorizzare la filosofia della storia e la dimensione realistica del filosofo tedesco, contrastano tanto la lettura del neoidealismo italiano (Croce e Gentile) quanto quella di Galvano Della Volpe. Nell’ambito della sua riflessione Massolo ha posto le basi teoriche per una nuova ed originale rilettura del rapporto Hegel-Marx, tanto da essere considerato da alcuni interpreti l’avviatore dell’hegelo-marxismo in Italia.  I suoi interessi teoretici si sono rivolti principalmente alla filosofia classica tedesca da Kant ad Hegel, della quale ha studiato, per più di un decennio, i principali momenti storico-teorici.  In antitesi all’esegesi del neoidealismo italiano, che tendeva ad attribuire alle filosofie di Fichte, Schelling ed Hegel il superamento della finitezza umana che Kant aveva posto a fondamento della sua filosofia, Massolo ha proceduto alla rilettura della genesi dell’idealismo tedesco con l’idea che esso abbia storicizzato i dualismi kantiani in un processo che si compie nella Fenomenologia dello spirito di Hegel.  Nelle fasi più mature della sua riflessione ha tematizzato in vari saggi la problematica della scissione della coscienza comune (Filosofia e coscienza comune, oggi, 1953), l’idea della completa politicizzazione del filosofare (Politicità del filosofo, 1954; Frammento etico-politico, 1958), ed il problema della storia della filosofia con particolare riferimento al ruolo della «coscienza riflettente» del filosofo, nonché al rapporto dialettico tra Pensiero e Realtà nella «città-storia» (La storia della filosofia come problema, 1955).  Nell’ultimo periodo della sua vicenda intellettuale si è dedicato alla questione della dialettica intesa come dialogo, ovvero quell’elemento dialettico-razionale mediante il quale è possibile conciliare le differenti rappresentazioni dell’oggetto storico-sociale e le contraddizioni all’interno della comunità.  Tramite queste riflessioni, che lo hanno condotto a porsi in diretta polemica con Nietzsche ed Heidegger, Massolo ha contrastato l’idea del sapere come visione solitaria del singolo ed ha concettualizzato l’idea del sapere come processo essenzialmente dialogico e comunicativo (La storia della filosofia e il suo significato, 1961).  Opere principali Mattutino: versi, con prefazione di Vito Mercadante, Palermo, A. Trimarchi, 1927 Il libro dell'adolescenza: poema, con introduzione di Federico De Maria, Palermo, Convivio, 1929 Storicità della metafisica, Firenze, Le Monnier, 1944 Introduzione alla analitica kantiana, Firenze, Sansoni, 1946 Fichte e la filosofia, Firenze, Sansoni, 1948 Il primo Schelling, Firenze, Sansoni, 1953 Prime ricerche di Hegel, («Pubblicazioni dell’Urbino», serie di Lettere e Filosofia, X), Urbino, 1959 La storia della filosofia come problema ed altri saggi, Firenze, Vallecchi 1955 Logica hegeliana e filosofia contemporanea: saggi, Pasquale Salvucci, Firenze, Giunti-Bemporad, 1967. Della propedeutica filosofica e altre pagine sparse, Urbino, Montefeltro (post., 1996).  Sergio Landucci, Arturo Massolo, "Belfagor, 21/5 (settembre 1966),  546-562 Remo Bodei, Arturo Massolo, "Critica storica", 2 (31 marzo 1967),  181-203 Studi in onore di Arturo Massolo, Livio Sichirollo, Urbino, Argalia, 1967 Nicola Badaloni, Ricordo di Arturo Massolo, "Giornale critico della filosofia italiana", degli scritti di Arturo Massolo, Alberto Burgio, Urbino, QuattroVenti, 1986 Il filosofo e la città: studi su Arturo Massolo, Nicola De Domenico e Gianni Puglisi, Venezia, Marsilio, 1988 Opere di Arturo Massolo.

 

Mastrofini: Marco Mastrofini (Monte Compatri), filosofo. Si occupò di filosofia, teologia, filologia, matematica finanziaria: è noto soprattutto per il volume Le discussioni sull'Usura (1831) in cui sostenne che non è reato far fruttare il danaro e che né la Sacra Scrittura, né i Vangeli, né la tradizione ecclesiastica vietavano di ottenere un giusto interesse per danaro dato a prestito. Questo diede luogo a molte discussioni ma anche apprezzamenti lusinghieri da economisti dell'epoca e dall'opinione pubblica.  In precedenza, nel 1803, aveva scritto un'opera di economia finanziaria, il Piano per riparare la moneta erosa relativa all'inflazione nello Stato Pontificio, opera largamente utilizzata per la riforma finanziaria dello Stato, intrapresa da Pio VII.   L'edificio del Collegio Romano ove Mastrofini insegnò A 23 anni venne nominato professore di filosofia e matematica presso il Seminario Tuscolano di Frascati, dopo essere stato ordinato sacerdote dal Cardinale Stuart Duca di York. Nel 1798/1799, nel pieno della crisi della Repubblica Romana, si trasferì a Roma dove venne nominato professore di eloquenza presso il Collegio Romano. Nel 1800 tornò ad insegnare filosofia e matematica a Frascati. Nel 1814 si trasferì definitivamente a Roma dove assume la carica di Consultore della "Nuova Congregazione cardinalizia per gli affari totius orbis".  Nel 1808 produce le traduzioni dei capolavori di Lucio Anneo Giulio Floro Sulle cose romane e di Lucio Ampelio Sulle cose memorabili del mondo e degli imperi. Nel 1812 traduce dal greco Le Antichità romane di Dionigi di Alicarnasso.  Nel 1814 venne pubblicato un suo saggio sull'italiano, in due volumi, Teoria e Prospetto, ossia dipinto critico dei verbi italiani coniugati, specialmente degli anomali o mal noti nelle cadenze, opera che portò un grande contributo allo studio dell'italiano, utilizzata dall'Accademia della Crusca nella revisione del dizionario della lingua italiana.  Nel 1832 pubblicò Della maniera di misurare le lesioni enormi nei contratti e nel 1834 uno studio sulla patria potestà e filiazione, che ebbe larga eco nei circoli giuridici romani, essendo allora in corso una causa di riconoscimento di paternità per successione tra i Torlonia e i Cesarini.   Piazza di Monte Citorio (1890-1900) Nell'edificio dove abitava e morì, in piazza di Monte Citorio n. 121, nel 1875 il Comune di Roma appose una lapide con il seguente ricordo:  «Abitò in questa casa e vi morì il 3 marzo 1845 Marco Mastrofini che dotto in filologia, teologo e filosofo assai più grande che celebrato fissò le incerte leggi dei verbi investigò felicemente con l’uso della ragione i misteri della scienza divina S.P.Q.R.»  Venne sepolto a Monte Compatri presso il Convento di San Silvestro.  Opere Dissertazione filosofica, Roma 1790 Piano per riparare la moneta erosa, Roma 1803 Ritratti poetici, storici, critici dei personaggi più famosi nell'antico e nuovo Testamento, 3  Roma, 1807; Traduzione da Lucio Anneo Floro “Sulle cose romane”, Roma, 1808; Traduzione da Lucio Ampelio “Sulle cose memorabili del mondo e degli imperi”, Roma, 1808; Traduzione dal greco da Dionigi di Alicarnasso “Le Antichità romane”, Roma, 1812; Dizionario dei verbi italiani Roma, 1814; Metaphisica sublimior de Deo triun et uno, Roma, 1816; Traduzione da Appiano “Storia delle guerre civili dei Romani", Roma, 1826; Traduzione da Arriano “La Storia”, Roma, 1820; ristampata da Sonzongo con il titolo “Delle cose d'Italia” nel 1826; Le usureLibri tre, Roma, 1831.; Amplissimi frutti da raccogliere sul calendario gregoriano, Roma, 1834; L'anima umana e i suoi stati, Roma, 1842; Teorica dei nomi, Roma, 1855; Teorica e prospetto de' verbi italiani conjgeniti, Roma, 1844. Riconoscimenti La città natale ha dedicato al suo nome la Biblioteca comunale, situata sul colle di Borgo Ghetto, inaugurata nel 2003 e una piazza cittadina. Roma Capitale gli ha intitolato una via nella zona di Monte Mario.  Note  Biblioteca Comunale Monte Compatri in "Sistema bibliotecario. Provincia di Roma".  Istituzione del 15 settembre 1956. Sito. Sistema informativo toponomastica di Roma Capitale.  Donato Tamblè, «MASTROFINI, Marco», in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 72, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2008.  Marco Mastrofini, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Marco Mastrofini, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Marco Mastrofini.

 

Masullo: Deputato della Repubblica Italiana Legislature VI Gruppo parlamentare MistoCircoscrizione Campania CollegioNapoli Incarichi parlamentari Componente della Commissione Istruzione e Belle Arti Componente della Commissione parlamentare per il parere al governo sulle norme delegate in materia di stato giuridico del personale della scuola Sito istituzionale Senatore della Repubblica Italiana LegislatureVII, XII, XIII Gruppo parlamentarePCI, Progressisti, DS CircoscrizioneCampania CollegioNapoli I (VII Legislatura), Boscotrecase-Nola (XII e XIII Leg.) Incarichi parlamentari Membro della Commissione per la biblioteca (XIII Leg.) Membro della Commissione Istruzione pubblica e beni culturali (XIII Leg.) Membro della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi (XIII Leg.) Sito istituzionale Dati generali Partito politicoPCI (1972-1991) PDS Titolo di studio laurea in Filosofia e Giurisprudenza Professioneavvocato e docente universitario. Aldo Masullo (Avellino), filosofo. Laureato in Filosofia e in Giurisprudenza, è stato dal 1955 libero docente e dal 1967 Professore di filosofia teoretica. Successivamente, ha insegnato filosofia morale presso l'Napoli.  Ha trascorso vari periodi di ricerca e di insegnamento in Germania.  Dal 1984 al 1990 è stato direttore del Dipartimento di Filosofia dell'Napoli.  È stato socio dell'Accademia Pontaniana, della Società Nazionale di Scienze Lettere ed Arti di Napoli e dell'Accademia Pugliese delle Scienze.  È stato insignito della medaglia d'oro del Ministero per la Pubblica Istruzione.  Candidato nelle liste del Partito Comunista Italiano prima e in quelle dei Democratici di Sinistra poi, dal 1972 al 1976 ha ricoperto la carica di Deputato, mentre dal 1976 al 1979 e dal 1994 al 2001 è stato Senatore della Repubblica.  È scomparso il 24 aprile ; aveva compiuto 97 anni a Pasqua, il 12 dello stesso mese. È stato attivo e operoso fino all'ultimo, e ha rilasciato la sua ultima intervista il 5 aprile del .  La formazione Trascorre i primi dieci anni della sua vita a Torino. Nel 1933 si trasferisce con la propria famiglia a Nola (NA), dove compie gli studi superiori frequentando il liceo classico statale Giosuè Carducci.  Masullo tra il 1940 e il 1944 frequenta il corso di laurea in Filosofia all'Napoli. Si laurea con Emilia Nobile discutendo una tesi sul filosofo francese Julien Benda. L'Napoli era dominata prevalentemente dal pensiero di Benedetto Croce; esistevano comunque altri personaggi capaci di una riflessione autonoma e originale come fu Antonio Aliotta che con il suo sperimentalismo offrì importanti stimoli al giovane Masullo.  Masullo tra il 1945 e il 1947 prende una seconda laurea in Giurisprudenza con una tesi in Filosofia del diritto. Esercita la professione di avvocato penalista tra il 1947 e il 1951. Nel frattempo studia l'esistenzialismo che andava diffondendosi in Italia. Nello stesso periodo è assistente volontario alle cattedre di filosofia e tiene seminari per Emilia Nobile, Antonio Aliotta, Guido Della Valle.  Masullo compie la sua formazione filosofica a Napoli soprattutto con Cleto Carbonara. Carbonara era impegnato attraverso i suoi studi di estetica a ripensare l'attualismo gentiliano. La sua posizione prende il nome di materialismo critico. Tra il 1953 e il 1957, attraverso il confronto con Carbonara, Masullo si addestra al rigore concettuale e inizia ad elaborare una propria posizione originale.  Nella formazione e nella costruzione della prospettiva filosofica di Masullo si combinano diverse componenti. Il neoidealismo, crociano e gentiliano, lo sperimentalismo di Antonio Aliotta, e, tra idealismo e materialismo, il materialismo critico di Cleto Carbonara.  Masullo però, mosso dalle proprie inquietudini e dalle impressioni suscitate dai tragici eventi bellici, studia anche l'esistenzialismo e lo spiritualismo. Infine il bisogno di comprendere l'uomo concreto e le sue reali tribolazioni lo conducono ad avvicinarsi alla fenomenologia.  Il soggiorno di studio a Friburgo del 1957-58 gli consente di approfondire lo studio della fenomenologia e di conoscere il pensiero del neurologo e filosofo tedesco Viktor von Weizsäcker, il quale aveva introdotto nel linguaggio filosofico e scientifico il concetto di «patico».  Esistenzialismo, spiritualismo, idealismo e fenomenologia sono correnti di pensiero variamente intrecciate tra di loro. Ciò che attraversa trasversalmente questi movimenti di pensiero è la radicale problematizzazione del rapporto tra pensiero e vita, tra il pensiero e il suo negativo, ciò che pensiero non è.  Il pensiero Intuizione e discorso (1955) è un testo in cui, avvalendosi degli stimoli che provenivano dalla epistemologia, Masullo si confronta con l'idealismo attualistico e storicistico per riflettere sul carattere “difettivo” della coscienza e sul suo rapporto con la conoscenza.  Masullo in Intuizione e discorso sostiene che i poli del fatto e dell'idea, del senso e della coscienza, della vita e delle forme dello spirito sono legati da un vincolo dialettico. Voler ridurre l'uno all'altro conduce ad un idealismo soggettivistico o ad un empirismo cieco alle dimensioni dello spirito. Bisogna comprendere le modalità del vincolo che lega spirito e corpo. Il pensiero che voglia essere critico, cioè che non voglia ingannarsi, deve riconoscere che esso si fonda su processi biologici e fisiologici che gli sono irriducibili.  Nel 1957-58 Masullo approfondisce in Germania lo studio della fenomenologia, ancora poco diffusa in Italia. A Friburgo frequenta i circoli husserliani capeggiati dall'allievo di Husserl Eugen Fink e conosce l'opera del neurologo e filosofo Viktor Von Weizsacker del quale Masullo svilupperà il concetto di "patico". Masullo stesso, tornato in Italia, traduce e commenta alcuni testi di Husserl in un piccolo libriccino ormai introvabile (Logica, psicologia, filosofia. Un'introduzione alla fenomenologia, Napoli, Il Tripode, 1961) il cui contenuto in parte è poi confluito nel successivo truttura, soggetto, prassi.  Masullo considera Husserl un grande esploratore della coscienza. Husserl cerca di dare un fondamento filosofico alle scienze positive indagando il modo in cui la coscienza costituisce il mondo che la scienza prende ad oggetto delle proprie particolari ricerche. Masullo però, elaborando gli stimoli dell'antropologia medica di Weizsacker, lavora al passaggio dalla fenomenologia alla patosofia.  Struttura, soggetto, prassi (1962, 1994) è il testo che documenta il rinnovamento della ricerca di Masullo. Egli fa riferimento alle scienze positive per mostrare che la coscienza è qualcosa di vivo e concreto e non è «intellettualisticamente sofisticata», trasparente a sé stessa, come vorrebbero le filosofie speculative le quali riducono la vita psichica alla vita cosciente e non tengono conto o minimizzano il peso della dimensione psichica inconscia, svalutata come qualcosa di filosoficamente irrilevante.  S. Non è possibile una conoscenza diretta, per introspezione/riflessionecome vorrebbero le filosofie speculativedi ciò che pensiero non è. Il pensiero come esperienza intersoggettiva, sociale (lo Spirito, il Soggetto) può conoscere i suoi prodotti, i pensieri, il pensato, ma non può conoscersi come processo, esperienza del pensare, atto, tempo, «paticità» (cioè il pensare come esperienza soggettiva, esistenza). D'altronde il pensiero come processo non può essere conosciuto neanche per inferenza da parte delle scienze positivo-sperimentali. Queste possono misurare i processi, ma non possono misurarne i vissuti.  Lo scacco, il limite della conoscenza è l'apertura alla prassi e all'etica: riconoscere il nesso operativo tra senso e significato, crisi e ordine, «patico» e cognitivo, corpo e mente.  Masullo poi analizza i grandi modelli idealistici e fenomenologici della soggettività. In particolare, seguendo un'indicazione di Fichte, sviluppa la tesi secondo la quale il fondamento dell'uomo, cioè la condizione per la quale l'uomo assume i caratteri della soggettività (libertà, storia, ricerca, progetto, autodeterminazione) è l'intersoggettività. Di questo fondamento Masullo analizza le modalità di funzionamento.  Masullo, con i suoi studi sulla «intersoggettività» e il «fondamento» degli anni sessanta e settanta (Lezioni sull'intersoggettività. Fichte e Husserl, Napoli, Libreria Scientifica Editrice, 1963; La storia e la morte, Napoli, Libreria Scientifica Editrice, 1964; La comunità come fondamento. Fichte, Husserl, Sartre, Napoli, Libreria Scientifica Editrice, 1965; Il senso del fondamento, Napoli, Libreria Scientifica Editrice, 1967, 2007; Antimetafisica del fondamento, Napoli, Guida, 1971), analizza le «operazioni nascoste» in base alle quali si costituisce l'io e in base alle quali si costituisce l'oggettività del mondo e individua nella originaria struttura intersoggettiva il fondamento del mondo umano. Il fondamento è la comunità, ma essa funzionalmente rimane nascosta all'io per permettergli di istituirsi ed operare, come ben spiega nell'importante saggio Il fondamento perduto (1984), in cui rielabora e sviluppa spunti presenti negli ultimi capitoli di Il senso del fondamento (1967) e raccoglie in modo compiuto i risultati teoretici di due decenni di ricerche intorno al tema della comunità-intersoggettività come fondamento. Masullo pubblica inoltre il testo Fichte. L'intersoggettività e l'originario (1986), in cui riprende e aggiorna il saggio su Fichte contenuto in La comunità come fondamento. Fichte, Husserl, Sartre (1965).  Nel 1980 pubblica Metafisica. Storia di un'idea. Il capitolo finale, Il sentimento metafisico, è l'indicazione del passaggio a una nuova fase del pensiero di Masullo, una fase in cui il tema dell'intersoggettività lascia il posto alla esplorazione delle dimensioni del vissuto del soggetto, quindi lascia il posto ai temi della paticità, del senso, del tempo.  In effetti anche i suoi corsi universitari di quegli anni rivelano questo momento di transizione. Negli anni ottanta i corsi universitari di Masullo sono dedicati in parte ancora al tema dell'intersoggettività (1981/82 e 1985/86) ma vengono trattati anche i temi caratteristici della seconda stagione della sua riflessione: nel corso universitario del 1982/83 Masullo tratta della “difettività del soggetto”; nel corso del 1984/85 invece si occupa di “comprensione del tempo e interpretazione morale”; fino ad arrivare ai corsi dei primi anni novanta (Masullo termina il proprio insegnamento alla metà del 1995) definitivamente centrati su “i patemi della ragione e l'inter-esse etico” (vedi il corso del 1993/94).  Nei successivi studi su «tempo», «senso», «paticità» (Filosofie del soggetto e diritto del senso, Genova, Marietti, 1990; Il tempo e la grazia. Per un'etica attiva della salvezza, Roma, Donzelli, 1995; Paticità e indifferenza, Genova, Il Melangolo, 2003) Masullo sostiene che il pensiero critico, nella sua incapacità di pensare il passaggio, il processo, la trasformazione, il cambiamento (come egli aveva sostenuto fin dal 1955 in La problematica del continuo in Aristotele e Zenone di Elea, seppure solo sul piano logico) è incapace anche di pensare la soggettività, la quale è una forma particolare di cambiamento, è tempo, prodursi delle differenze all'interno di un campo strutturato, fortemente centralizzato, l'organismo umano, portatore della coscienza di sé.  In questi studi degli anni ottanta e novanta Masullo considera le modalità affettive e psicobiologiche dell'esser soggetto. Filosofie del soggetto e diritto del senso (1990) raccoglie cinque saggi pubblicati tra il 1982 e il 1989, nei quali Masullo si confronta con Kant, Hegel, Dilthey, Heidegger e Merleau-Ponty, i quali storicamente hanno posto il tema della soggettività non riconoscendo però la differenza tra «significato» e «senso». Masullo rivendica il «diritto del senso» ad essere riconosciuto nella sua radicale e irriducibile diversità dal significato.  Molto più rilevante nella costruzione della sua prospettiva filosofica è invece il saggio intitolato Il tempo e la grazia. Per un'etica attiva della salvezza (1995), nel quale Masullo illustra la sua concezione della frammentazione della soggettività a partire da alcune considerazioni sui concetti di esperienza e di tempo. I lessici delle lingue europee antiche e moderne consentono di distinguere la dimensione orizzontale dell'esperienza propriamente detta (έμττεŀρία, experientia, Erfahrung) la quale ha un carattere prevalentemente cognitivo rispetto alla dimensione verticale dell'esperienza meno propriamente detta (πάθος, affectio, Erlebnis), cioè il vissuto, il quale ha invece un carattere affettivo anziché cognitivo. Da una parte abbiamo il giudizio su ciò che abbiamo provato, dall'altra abbiamo il provare come avvertimento immediato dell'accadermi di qualcosa.  Ciò introduce a un'ulteriore precisazione filologica che riguarda la differenza tra il cambiamento e il tempo. Il tempo non è il cambiamento. Il cambiamento è il continuo prodursi delle differenze nell'organizzazione delle forme della vita. Il tempo è l'avvertimento interiore di questo cambiamento, cioè l'avvertimento di sé attraverso il cambiamento.  L'uomo, a differenza degli altri viventi, è intrinsecamente tempo. Egli istituisce il tempo nel senso che mette in relazione i cambiamenti a dei sistemi oggettivi di riferimento, ma ancor più radicalmente l'uomo è tempo in quanto avverte i cambiamenti del mondo esterno solo in relazione al proprio modificarsi. Questo avvertimento, il «senso», è l'indice della soggettività. L'avvertimento della perdita, il senso del cambiamento, in una parola il tempo, accende l'allucinazione del sé, scatena il desiderio di permanenza.  Parallelamente alla esplorazione della soggettività, in Il tempo e la grazia Masullo segue gli sviluppi di un'emergente epistemologia caratterizzata anch'essa dalla contingenza e irreversibilità del tempo fisico così come la cosmogenetica ce lo illustra. Il versante umanistico e quello scientifico convergono nel disegnare un'antropologia la cui etica non è più la moderna e rassicurante etica reattiva che salva la società con le sue formulazioni sull'ordine del mondo.  L'etica che Masullo vede in prospettiva scaturire da questo nuovo contesto è un'etica attiva che salva il tempo, cioè il soggetto, dal vivere la perdita prodotta dal cambiamento come «disgrazia», mutilazione. La perdita è un momento necessario nella vita di un essere, l'umano, che non semplicemente cambia, ma si rinnova e costruisce intenzionalmente il proprio futuro.  Una volta riconosciuto il diritto del senso ad essere inteso nella sua irriducibilità al cognitivo (1990); una volta esplorato il campo del senso-tempo-patico alla luce della psicanalisi, della letteratura e della filologia; una volta riconosciute le epocali trasformazioni degli scenari epistemologici, antropologici ed etici (1995), Masullo nel testo del 2003, Paticità e indifferenza, si chiede quale può essere ancora, in questo nuovo contesto, il ruolo della filosofia. La filosofia è «saper assaporare i sapori della vita, gustare a fondo i sensi vissuti, … elevare i sensi sensibili a sensi ideali e cogliere nei sensi ideali la possibilità dei sensibili, è la “sapienza del patico” ovvero, se si ricalca interamente l'etimo greco, è la “patosofia”».  Da un pensiero così articolato derivano alcune indicazioni e cautele etico-pedagogiche. Essendo l'uomo intrinsecamente temporale, essendo la temporalità umana irreversibile, l'uomo non può essere fatto oggetto di conoscenza come un qualsiasi ente. Masullo distingue la conoscenza dalla cura. Egli inoltre distingue le esperienze (che sono comunicabili e sono i materiali sui quali si costruisce la conoscenza) dai vissuti (che sono invece costitutivamente «incomunicativi» in quanto riguardano l'immediatezza del sentire individuale che non è mai trasparente neanche all'individuo stesso che li vive). La conoscenza è la dimensione orizzontale dell'esistenza. Essa guarda alla universalità. Mentre la cura ne è la dimensione verticale. Essa invece guarda alla unicità-identità, ai vissuti da assaporare e da sublimare in valori da condividere.  Mentre la ricerca di Masullo prosegue in questi anni curvando verso nuove direzioni, pubblica alcuni nuovi libri. Nel 2005 scrive Filosofia morale per una collana di libri che illustrano ciascuno il nucleo delle varie discipline filosofiche. In effetti Filosofia morale non è un elenco di temi, personaggi, concetti ma un percorso molto personale all'interno delle questioni e dei nodi fondanti della disciplina: la specificità della filosofia morale e la distinzione tra morale ed etica; il bene quale orientamento dell'azione umana; il soggetto della vita morale, la persona; il dovere, la responsabilità e il vincolo che ci lega agli altri.  Nel 2008 invece scrive, intervistato dal giornalista de Il Mattino, Claudio Scamardella, Napoli siccome immobile. Scamardella, in uno degli ennesimi momenti difficili per la città di Napoli, cerca la figura di un saggio, di un'autorità morale capace di interpretare il presente e prefigurare il futuro di questa città malata. Trova questa figura in Aldo Masullo, filosofo ma anche protagonista della vita civile e politica della città con concrete iniziative quali, nel 2006, gli incontri con i giovani e la popolazione nell'ambito del “Manifesto per salvare Napoli”. Il libro è un lungo dialogo sulle tante debolezze della città presente che si conclude con un'analisi delle risorse che danno speranza nel futuro.  Masullo nel  ha pubblicato La libertà e le occasioni, che sviluppa il tema del suo ultimo seminario all'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli.  L'impegno politico Negli anni sessanta e settanta la contestazione studentesca segnalava il bisogno di rinnovamento dell'università italiana. Masullo, per i caratteri originali del proprio insegnamento, è considerato dagli studenti uno dei professori progressisti. Egli in quegli anni (1972-1976) fu eletto deputato come indipendente nelle liste del Partito Comunista Italiano, ed in seguito  come senatore, si occupò sempre dei problemi del sistema scolastico. Inoltre come parlamentare europeo lavorò al fianco di Nilde Iotti nella Commissione legale.  All'inizio degli anni ottanta alcuni importanti provvedimenti modificano l'organizzazione didattica e gestionale dell'università (vengono istituiti i dottorati di ricerca, riordinate le scuole di specializzazione, creati i Dipartimenti). Terminato l'impegno parlamentare Masullo dirige per due mandati il nuovo Dipartimento di Studi Filosofici dell'Napoli intitolato ad Antonio Aliotta. Anche attraverso questo incarico egli incide sulle direzioni della ricerca filosofica a Napoli.  Masullo si mette di nuovo al servizio della politica quando dopo la crisi politica e sociale degli anni ottanta, agli inizi degli anni novanta si verifica un generale risveglio della coscienza collettiva. A livello locale egli dapprima anima per oltre un anno, a partire dal 1991, le “Assise di Palazzo Marigliano”, un movimento che si opponeva al progetto NeoNapoli previsto dal preliminare di Piano Regolatore.l, del quale ottenne il rigetto, suggerendo la demolizione e il rifacimento integrale dei Quartieri Spagnoli. Forte della popolarità acquistata con questa esperienza è capolista del PDS nelle elezioni amministrative del giugno 1992 e poi, nel marzo del 1993, protagonista a Napoli della innovativa esperienza della "giunta del sindaco".  A livello di politica nazionale Masullo dal 1994 al 2001 è di nuovo impegnato per due legislature al Senato. Egli è membro della Commissione di vigilanza dei servizi radiotelevisivi e, come negli anni settanta, della Commissione per l'istruzione pubblica e i beni culturali in anni nei quali i provvedimenti relativi a istruzione, università e ricerca sono numerosi e importanti. Amante dei libri e della cultura dei bambini, lo spessore del Maestro filosofo emerge inoltre quando in aula si discutono disegni di legge relativi a temi quali l'ergastolo o la procreazione assistita.  Opere Intuizione e discorso, Napoli, Libreria scientifica editrice, 1955. La problematica del continuo nel pensiero di Zenone di Elea e di Aristotele, Napoli, Libreria scientifica editrice, 1956. Struttura soggetto prassi, Napoli, Libreria scientifica editrice, 1962; 1964; Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, La comunità come fondamento, Napoli, Libreria scientifica editrice, 1965; Antimetafisica del fondamento, Napoli, Guida editori 1971; Fichte. L'intersoggettività e l'originario, Napoli, Guida editori, 1986; Filosofie del soggetto e diritto del senso, Genova, Marietti,  Il tempo e la grazia. Per un'etica attiva della salvezza, Roma, Donzelli, Metafisica. Storia di un'idea, Roma, Donzelli, La potenza della scissione. Letture hegeliane, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, geografia e storia dell'idea di libertà, con Michele Cataudella e Aldo Alessandro Mola, Reggio Calabria, Falzea. Paticità e indifferenza, Genova, Il Nuovo Melangolo, 2003.  978-88-7018-488-4. Lezioni sull'intersoggettività. Fichte e Husserl, Giuseppe Cantillo e Chiara de Luzenberger, Napoli, Editoriale Scientifica,  Filosofia morale, Roma, Editori Riuniti, Scienza e coscienza tra parola e silenzio: atti del convegno (Monte Compatri, 2003), Pietro Ciaravolo, Roma, Aracne Editrice, Il senso del fondamento, Napoli, Libreria scientifica editrice, 1967; Giuseppe Cantillo e Chiara de Luzenberger, Napoli, Editoriale scientifica, Napoli siccome immobile. Aldo Masullo intervistato da Claudio Scamardella, Napoli, Guida,  La libertà e le occasioni, Milano, Jaca Book,  I linguaggi della follia e i passi della salvezza. Il lavoro psichiatrico di Sergio Piro, in Sergio Piro. Maestri e allievi, Napoli, Editoriale Scientifica, . Medaglia d'oro ai benemeriti della scuola, della cultura e dell'artenastrino per uniforme ordinariaMedaglia d'oro ai benemeriti della scuola, della cultura e dell'arte — Roma, 2 giugno 1986 Cittadinanza Onoraria della Città di Napolinastrino per uniforme ordinariaCittadinanza Onoraria della Città di Napoli — Napoli, 8 giugno  Note  PIERLUIGI PANZA, Morto Aldo Masullo, Napoli perde il filosofo della coscienza, su Corriere della Sera, 24 aprile . 2 maggio .  Addio Aldo Masullo, la grazia della filosofia e della politica, su rainews.it, Napoli, 25 aprile .  Addio Aldo Masullo, la grazia della filosofia e della politica, su ansa.it, 25 aprile .  Rossella Avella, Morto Aldo Masullo: chi era il più grande filosofo della seconda metà del ‘900 (VIDEO), su interris.it, 25 aprile .  Presidenza della Repubblicadettaglio del conferimento dell'onorificenza  Conferimento della Cittadinanza Onoraria della Città di Napoli ad Aldo Masullo Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Aldo Masullo Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Aldo Masullo  Sito ufficiale, su aldomasullo.com 1º maggio ).  Aldo Masullo, su storia.camera.it, Camera dei deputati.  Aldo Masullo / Aldo Masullo (altra versione) / Aldo Masullo (altra versione), su senato.it, Senato della Repubblica.  Registrazioni di Aldo Masullo, su RadioRadicale.it, Radio Radicale.  Intervista al filosofo Aldo Masullo di Aniello Fioccola, Web Magazine dell'Università degli Studi di Napoli l'Orientale.

 

Matassi: Elio Matassi (San Benedetto del Tronto), filosofo. Allievo di Garroni, è stato Professore di Filosofia morale, coordinatore scientifico della sezione Filosofia, Comunicazione, Storia e Scienze del Linguaggio del Dipartimento di Filosofia, Comunicazione e Spettacolo dell'Università Roma Tre; in precedenza era stato direttore del Dipartimento di Filosofia (2006-). Si è occupato anche di Estetica musicale.  È stato Presidente della Società Filosofica Romana e ha fatto parte del comitato direttivo nazionale della SFI (Società Filosofica Italiana).  È stato nel comitato d'onore della Fondazione Amadeus. Presidente dell’Accademia Estetica Internazionale di Rapallo, responsabile della sezione filosofica del Consiglio scientifico del Centro italo-tedesco di Villa Sciarra (Roma), membro della giunta del CAFIS dell'Università Roma Tre. È stato anche membro del Comitato scientifico della Fondazione Résonnance dell'Losanna.  Ha diretto la collana Musica e Filosofia per la Mimesis Edizioni di Milano e quella su I Dilemmi dell'Etica per la casa editrice Epos di Palermo. Ha tenuto un blog sul "Fatto quotidiano" sui temi che legano la filosofia alle dimensioni del contemporaneo. Ha collaborato con la rubrica Ricercare, dedicata alla filosofia della musica, al mensile Amadeus e al mensile Stilos. È stato direttore della collana Italiana per Orthotes Editrice (Napoli). È stato anche membro del comitato scientifico-direttivo delle seguenti riviste: Colloquium philosophicum, Paradigmi,Quaderni di estetica e di critica, Bollettino di studi sartriani, Filosofia e questioni pubbliche, Links, Lettera Internazionale, Phasis, Itinerari, Prospettiva Persona, Metabolè, Babel online, Civitas et Humanitas. Annali di cultura etico-politica. Per quanto concerne il settore estetico-musicale è presente nel comitato direttivo della rivista internazionale Ad Parnassum. A Journal of Eighteenth-and Nineteenth-Century Instrumental Music, di Hortus Musicus, Civiltà musicale, Orpheus, Itamar. Revista de Investigación Musical: Territorios para el Arte.  Ha ricoperto la presidenza di giuria per il Premio Frascati Filosofia dal 2009.  Menzione speciale della giuria all'VIII premio internazionale di saggistica “Salvatore Valitutti”, ottobre 2001, per Bloch e la musica (2001)  È stato uno dei principali collezionisti al mondo di incisioni relative alle esecuzioni delle sinfonie e della liederistica di Gustav Mahler (circa mille tra vinili e compact disc).  Pensiero Si è occupato di filosofia tedesca dell'Ottocento e del Novecento, in particolare del pensiero di Hegel, delle scuole hegeliane, del Neocriticismo tedesco, del marxismo occidentale e della scuola di Francoforte. Il suo primo lavoro (1977) è stato dedicato alle Vorlesungen hegeliane di filosofia del diritto e all'interpretazione fornitane da Eduard Gans. Nel lavoro successivo, del 1979, si è occupato del pensiero del giovane György Lukács, in particolare dal 1907 al 1918, utilizzando per la prima volta il celebre manoscritto "Dostoevskij" si è poi occupato del filosofo frisone Frans Hemsterhuis, l'autore della celebre Lettera sui Desideri, tradotta in tedesco da Johann Gottfried Herder e del dialogo Alessio o dell'età dell'oro, tradotto in tedesco da Friedrich Heinrich Jacobi.  Le sue più recenti ricerche hanno riguardato la filosofia della musica moderna e contemporanea e in particolare su quella di Ernst Bloch, di Walter Benjamin e di Theodor Adorno, fino ad elaborare un'originale filosofia dell'ascolto, le cui suggestioni si possono rintracciare nella teoria musicale moderna di Ernst Kurth, elaborata nei Fondamenti del contrappunto lineare. In tale prospettiva di ricerca, filosofia della musica e filosofia dell'ascolto sono strettamente compenetrate, fino a diventare il paradigma di una rivoluzione formativa che mette al centro del sistema educativo contemporaneo la musica nella sua declinazione storico-teorica come in quella pratica.  All'interno di tale prospettiva svolge un ruolo centrale Wolfgang Amadeus Mozart, il "più ascoltante tra gli ascoltanti" come lo definì Martin Heidegger.  Opere Questa voce è da wikificare Questa voce o sezione sull'argomento filosofi non è ancora formattata secondo gli standard. Contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni di . Segui i suggerimenti del progetto di riferimento. Le Vorlesungen-Nachschriften hegeliane di filosofia del diritto, Roma, Sansoni, 1977 Il giovane Lukàcs. Saggio e sistema, Napoli, Guida, 1979 Hemsterhuis. Istanza critica e filosofia della storia, Napoli, Guida, 1983 Eredità hegeliane, Napoli, Morano, 1992 Terra, Natura, Storia, Soveria Mannelli, Rubettino, 1995 Bloch e la musica, Salerno, Fondazione Filiberto Menna, Marte editore, 2001 Musica, Napoli, Guida, 2004 (traduzione francese in corso) La bellezza (insieme a Walter Pedullà e Fulcro Pratesi), Soveria Mannelli, Rubettino, 2005 Th. W. Adorno: l'estetica. L'etica (insieme a Elena Tavani), Donzelli, Roma 2005 L'idea di musica assoluta, Nietzsche e Benjamin, Rapallo, Il ramo, 2007 Kierkegaard e la condizione desiderante. Le seduzioni dell'estetico (insieme a Isabella Adinolfi) Il nuovo melangolo, Genova 2009 Filosofia dell'ascolto, Rapallo, Il ramo,  Il giovane Lukàcs. Saggio e sistema, ristampa con una nuova introduzione, Milano, Mimesis Edizioni, . La Pausa del Calcio, Rapallo, Il ramo . Pensare il calcio, Rapallo, Il Ramo . Escucha y comunidad: desde el "Fragmento filosofico-politico (W. Benjamin) a la "Investigaciones filosoficas sobre las situaciones musicales" (G. Anders), ITAMAR,  3,  1889-1713 Sur l'échange pervers entre thèodicée et anthropoligie. LA RÈGLE DU JEU, El espiritu faustiano y la musica. ITAMAR,  1889-1713 Kierkegaard, el Don Juan de Mozart y el demoniaco. MUSICAL CARPET: PHILOSOPHIE OF THE HISTORY OF MUSIC CONTRA THE SOCIOLOGY OF MUSIC. AD PARNASSUM, HESSE UND DIE "NEUPYTAGIRUSCHE MUSIKLEHRE". HERMANN-HESSE-JAHRBUCH,   Adaemonic/Daemonic Spirit of Music: E.T.A. Hoffmann's Review of Beethoven's Fifth Symphomy and the Apology of Instrumental Music in W.H. Wackenroder. AD PARNASSUM,  II APRILE153-163,  1722-3954 INSTRUMENTAL MUSIC IN W.H. WACKERONDER. AD PARNASSUM,  "Musical Concepts":Philosophy of the History of Music 'contra' the Sociology of Music. In: Instrumental Music and the Industrial Revolution.  978-88-8109-468-4 Ernst Kurth als moderner Klassiker: die Philosophie des Zuhoerens. In: Klassische Moderne. WÜRZBURG:Koenigshausen & Neumann Georg Lukàcs und das Jahr 1968 in der italienischen Kultur. In: RUDIGER DANNEMANN A CURA DI. Lukàcs und 1968. Eine Spurensuche.  978-3-89528-707-7 Vladimir Jankélévitch et l'écoute mortelle. In: En dialogue avec Vladimir Jankélévitch.  978-2-7116-4363-9 Hesse und die neupythagoreische Musiklehre. In: Hermann-Hesse-Jahrbuch, Band 3 L'esthétique musical en tant que philosophie, in  In: ELIO MATASSI. Perspectives de l'esthétique musicale entre théorie et histoire. p. 85-96, PARIS:L'Harmattan,  978-2-296-03392-4 L'Ineffable et l'utopique comme dimension de l'écoute: Jankelévitch et Bloch  Vladimir Jankélévitch. L'empreinte du passeur, sous la direction du Francoise Schwab et Jean-Marc Rovièr. In: ELIO MATASSI. Vladimir Jankélévitch. L'empreinte du passeur, sous la direction du Francoise Schwab et Jean-Marc Rovièr. p. 119-136, CERISY-LA SALLE:EDITION LE MANUSCRIT BEAUTY AND TEMPORALITY IN HEMSTERHUIS'S LETTRE SUR LA SCULPTURE. In: MELICA C. CURATORE. HEMSTERHUIS: A EUROPEAN PHILOSOPHER REDISCOVERED. p. 143-154, NAPOLI:Vivarium, Die Musikphilosophie bei W. Benjamin und G.ANDERS. In: . Theologie und Politik a c. di B.Witte. BERLINO:Eric Schmidt Verlag,  Sur la peinture Hernéutique: Pier Augusto Breccia, "le messager d'alterité", in Pier Augusto Breccia "Le langage chiffré dell'Etre". In: Du Nihilism à l'hermenéutique ÉCOUTE MUSICALE ET PLAISIR ESTHÉTIQUE CHEZ ERNST BLOCH. In: D'HUBERT DAMISCH. Y VOIR MIEUX, Y REGARDER DE PLUS PRES.  UNICO153-161, PARIS: Éditions rue d'Ulm;  Hemsterhuis FranciscusLettera sulla scultura; a c. di Elio Matassi. Palermo: Aesthetica, 1994;  88-7726-034-3 Trauerspiel und Oper bei Walter Benjamin. In: Klang und Musik bei Walter Benjamin, hrsg. von Tobias Robert Klein, Wilhelm Fink, Muenchen , Funktion der Kunst und absoluter Idealismus bei Hegel, in "Kunst-Religion-Politik", Alain Patrick Olivier, Elizabeth Weisser-Lohmann, Fink, Muenchen, Sur la peinture Hernéutique: Pier Augusto Breccia, “le messager d’alterité”, in Pier Augusto Breccia “Le langage chiffré dell’Etre”. In: Du Nihilism à l’hermenéutique Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Elio Matassi  Francesca Iannelli, Elio Matassi über Musik und Philosophie, in "Musik und Aesthetik", Convegno su "La bellezza", presso il Centro di Studi Rosminiani di Stresa, Elio Matassi Musica e Creatività[collegamento interrotto] Intervista a Rai Notte "La musica assoluta" Inconscio e Magia Intervento al Teatro dell'Opera di Roma il  5 maggio  Intervento al seminario di formazione del PD Le parole e le cose dei democratici Pisa, Palazzo dei Congressi [collegamento interrotto] Intervento alla Summer School della Fondazione Italiani-Europei, sui rapporti tra democrazia e capitalismo, 5 maggio  . Commento al concerto jazz di Massimo Donà, "Tutti in gioco", Porto Civitanova, 6 settembre 2009  Bloch e la musica. Utopia a misura d'uomo. Intervista al prof. Elio Matassi  Prefazione a Ernst Bloch, Ornamenti, Arte, filosofia, letteratura, Micaela Latini, Armando, Roma, ,  9–14. La pausa del calcioElio Matassi su RAI Filosofia, su filosofia.rai.it. Il Potere e la Gloria. Juventus e InterElio Matassi su Il Fatto Quotidiano, su ilfattoquotidiano.it. Micaela Latini, intervista a Elio Matassi su Amare, ieri, di G. Anders, rivista on-line «SWIF-Recensioni filosofiche», 6 febbraio 2005, link (consultato il 18.02.). Micaela Latini, Doppia risonanza sul mondo (a proposito di "Musica" di Elio Matassi, Napoli 2004), “Il Manifesto”, 28.01.05; Carlo Serra, Recensione a "Musica", di Elio Matassi, Napoli, Filosofia Filosofo del XX secoloFilosofi italiani Professore1945  22 settembre 17 ottobre San Benedetto del Tronto Roma

 

Matera: Alano da Matera (Matera), filosofo. Alano fu uno dei più grandi studiosi e divulgatori di Astrologia occidentale e filosofia dell'epoca. Visse nella seconda metà del secolo XIII e insegnò dapprima a Matera, sua città natale e successivamente occupò la cattedra di astronomia a Napoli.  Visse nel periodo in cui la Contea materana era dominio degli Angioini e su richiesta del re di Francia Filippo IV detto "il bello", il re di Napoli Carlo II d'Angiò, detto "lo zoppo", inviò Alano a Parigi. Lì fu docente presso l'Università e divenne noto come Dottore universale, profondamente versato in teologia, filosofia e astrologia.. In quegli anni infatti astronomia e astrologia venivano collegate poiché si credeva che gli astri potessero esercitare un influsso sulle azioni umane.  Nei periodi di soggiorno a Matera, egli abitava, secondo il cronista Eustachio Verricelli: «nella contrada di Lo Lapillo tra il castello et il puzzo dove sorge l’acqua della fontana hera la sua vigna con una casuccia di pietre, piccola, mal fatta casa propria di filosofo quale oggidì si chiama la vigna et casa di Alano»; si trattava della collina dove poi fu edificato il Castello Tramontano. In quella casetta il grande studioso passava intere notti ad osservare il cielo e gli astri con strumenti rudimentali.  Di Alano, secondo il Cassaneo, è il motto latino presente nel libro “Gloria Mundi” «Gutta cavat lapidem non bis, sede saepe cadendo, sic tu proficias non bis, sed saepe studendo («La goccia perfora la pietra non colpendola due volte con forza, bensì colpendola continuamente, così tu trai profitto studiando non due volte ma continuamente»). È l'esortazione con cui invita i giovani a raddoppiare impegno e curiosità sulla strada della conoscenza.  Secondo alcuni, il perfetto orientamento delle facciate della Cattedrale di Matera e del suo campanile lungo i punti cardinali si deve alle osservazioni astronomiche di Alano.  A Matera una strada, trasversale di via Nazionale, tra le vie Salvemini e Di Vittorio, è dedicata ad Alano.  Note  Giustino Fortunato, Badie, feudi e baroni della Valle di Vitalba, Volume 3, ed. P. Lacaita, 1968178  Personaggi della storia materana, Altrimedia Edizioni 1999, per i Quaderni della Biblioteca provinciale di Matera  Marcello Morelli, Storia di Matera, ed. F. lli Montemurro, 1963, p.164  Francesco Paolo Volpe, Memorie storiche di Matera, ed. Atesa, 1818 p.61   'Dizionario corografico del Reame di Napoli, ed. Civelli, 1852 p.587  Biografie dei personaggi illustri di Matera, sassiweb.it. 12 luglio  7 gennaio ).  Antonio Giampietro, Personaggi della storia materana[collegamento interrotto], Matera, Altrimedia Edizioni.

 

Mathieu: Vittorio Mathieu (Varazze), filosofo. Dopo il liceo, si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza di Torino. Si laureò in filosofia teoretica nel 1946 all'Torino con Augusto Guzzo, filosofo rappresentante dello spiritualismo cristiano ed autore di importanti studi su Immanuel Kant (un pensatore che sarebbe stato centrale nella vita intellettuale di Mathieu).  Libero docente nella stessa materia nel 1956, dal 1958 ne è stato professore incaricato, e dal 1961 Professore di filosofia teoretica all'Trieste. Primo vincitore del concorso di Storia della filosofia del 1960, dal 1967 è stato ordinario di filosofia fino al ruolo di professore emerito di filosofia morale, nell'Torino.  Dal 1972 al 1980 è stato membro del Comitato 08 del CNR. Dal 1976 al 1980 è stato membro e poi vicepresidente del Consiglio esecutivo dell'UNESCO (Parigi). È stato membro del Comitato Nazionale di Bioetica. Attualmente è socio dell'Accademia dei Lincei e membro del Comitato Premi della Fondazione Balzan.  Nel 1994 ha fondato con Silvio Berlusconi, Lucio Colletti ed altri il movimento politico Forza Italia. Nel 1996 si è candidato al Senato della Repubblica nel collegio di Settimo Torinese: sostenuto dal centrodestra (ma non dalla Lega Nord), Mathieu ottenne il 33,2% e venne sconfitto dal rappresentante dell'Ulivo Giancarlo Tapparo.  Con il sindaco di Brindisi Domenico Mennitti ha dato vita alla Fondazione Ideazione, per il cui quotidiano online ha curato una rubrica fino alla chiusura della testata. Nel luglio  (in connessione con la sua carica di presidente del collegio dei probiviri del PdL che è chiamato a giudicare l'operato dei finiani di Generazione Italia) diversi organi di stampa riprendono la voce, già circolante da tempo, di una sua adesione all'Opus Dei. A tale proposito sono giunte alla redazione del Corriere della Sera che aveva pubblicato la notizia le smentite sia dell'Opus Dei che dell'interessato.  Pensiero filosofico Mathieu ha offerto contributi significativi in almeno quattro ambiti della ricerca filosofica:  la filosofia della scienza; la storia della filosofia; l'estetica; la filosofia civile. Filosofia della scienza Ha indagato i limiti interni ed i limiti esterni della scienza. Tale indagine ha avuto due filosofi del passato come suoi principali punti di riferimento: Immanuel Kant e Henri Bergson. Mathieu ha infatti ripreso e sviluppato le classiche ricerche di Kant sui limiti interni della scienza e sulla sua fondazione. A tale riguardo, non ancora ventiseienne, nel 1949, pubblicò il saggio "Limitazione qualitativa della conoscenza umana" a cui fece seguito, nel 1960, "L'oggettività nella scienza e nella filosofia moderna e contemporanea".  Seguendo Henri Bergson, ha valorizzato anche altre forme della conoscenza e della espressività umane non riducibili alle scienze naturali, ma non per questo ad esse opposte. Mathieu ha infatti sempre ritenuto che la realtà, e segnatamente la realtà umana, non possa essere esaurita dalla scienza, e richieda invece una costante attività interpretativa. L'uomo, dunque, è chiamato ad essere scienziato della natura ed ermeneuta della cultura.  Sarebbe però riduttivo non ricordare che i contributi di Mathieu alla filosofia della scienza riguardano una pluralità estremamente diversificata di temi. Ad esempio, sono del 1970 due studi pionieristici sull'applicabilità del teorema di Gödel al diritto. Kurt Gödel aveva scoperto nel 1931 che non si può dimostrare la coerenza di un sistema logico all'interno del sistema stesso; Mathieu ritiene che, almeno analogicamente, la scoperta di Gödel possa applicarsi al problema della fondazione di un sistema giuridico. Per Mathieu, un'autorità non può legittimarsi da sola in modo formale e, dunque, anche il diritto richiede fondamenti esterni: l'efficacia e la giustizia.  Storia della filosofia Ha realizzato alcune traduzioni fondamentali. E forse il contributo maggiore di Mathieu alla storia della filosofia è consistito proprio in un'opera che combina traduzione e ricostruzione critica, ovvero l'opus postumum di Kant, pubblicato nel 1963. Tale opera affronta questioni teoriche tutt'oggi aperte (soprattutto nella fisica e nella biologia teoriche), come il problema della forma degli oggetti solidi o il problema del vivente, cioè il problema della vita in quanto tale e non ridotta a semplice.  Mathieu ha curato poi le edizioni italiane di molte opere di Leibniz: si è trattato di un ampio lavoro che si è raccolto in quattro principali volumi: "Scritti politici e di diritto naturale" (1951), "Leibniz e des Bosses" (1960), "Saggi filosofici e lettere" (1963), "Saggi di teodicea: sulla bontà di Dio, sulla libertà dell'uomo, sull'origine del male" (1991).  Estetica L'estetica di Mathieu, pur nella varietà dei temi trattati, rimanda ad una problematica essenzialmente ontologica: lo svelarsi dell'ente. Cioè, l'opera d'arte è heideggerianamente concepita come il modo attraverso cui gli uomini possono cogliere il passaggio dal nulla all'essere.  Di estetica è anche l'ultimo libro di Mathieu: "Goethe e il suo diavolo custode", edito nel 2002 per i tipi di Adelphi. Al centro di questa ricerca vi è la figura di Mefistofele, analizzata in tutta la sua profondità e capacità genealogica.  Nei suoi volumi sull'estetica della musica sviluppa la tesi affascinante che ascoltare la musica è un ascoltare il silenzio:  «Grande è la potenza significante di ciò che non significa nulla, perché è il nulla a far emergere l'essere delle cose. E la musica e la luce si situano proprio in questo iato insuperabile fra l'essere e il nulla.»  Filosofia civile Entro i molteplici contributi di Mathieu alla filosofia civile, si staglia netta, per importanza e originalità, una triade di libri dedicati a quello che potremmo chiamare "stato spirituale dell'Occidente". Si tratta di tre opere scritte dal 1972 al 1980, in un periodo dunque estremamente critico per l'Italia, ma che mantengono ancora una grande attualità. Mathieu fa percepire al lettore il pericolo valoriale in cui è venuto a trovarsi l'Occidente e pone in essere una critica serrata alle ideologie totalitarie o nichiliste. In questo senso, vi è un'aria di famiglia con i lavori di quei filosoficome ad esempio José Ortega y Gasset e Max Horkheimerche hanno prospettato i rischi di un'eclisse dell'individuo nella società tecnologica di massa.  Note  un articolo sul Corriere della Sera  rettifica sul Corriere della Sera  smentita sul Corriere della Sera  Bergson, Torino, 1954; La filosofia trascendentale e l'Opus postumum di Kant, Torino, 1958; Leibniz e Des Bosses, Torino, 1960; L'oggettività nella scienza e nella filosofia contemporanea, Torino, 1960; Il problema dell'esperienza, Trieste, 1963; Dio nel "Libro d'ore" di R. M. Rilke, Olschki, 1968; Dialettica della libertà, Napoli, 1970; La speranza nella rivoluzione, Milano, 1972; Vincenzo Filippone-Thaulero, Salerno 1973; Temi e problemi della filosofia contemporanea, Roma, 1977; (opera frutto di una serie di lezioni alla Radio Svizzera Italiana) Perché punire, Milano, 1980; Cancro in Occidente, Milano, 1983; La voce, la musica, il demoniaco. Con un saggio sull'interpretazione musicale, Spirali, 1983; Filosofia del denaro, Roma, 1985; Elzeviri swiftiani, Spirali, 1986; La mia prospettiva filosofica, Barone Francesco; Mathieu Vittorio; Melchiorre Virgilio, Gregoriana Libreria Editrice, 1988; Gioco e lavoro, Spirali, 1989; La speranza nella rivoluzione, Spirali, 1992; Il problema del nazionalismo, Mathieu Vittorio; Cotta Sergio, Japadre, 1992; Perché leggere Plotino, Rusconi Libri, 1992; L'opus postumum di Kant, Bibliopolis, 1992; Tipologia dei sistemi e origine della loro unità, Accademia dei Lincei, 1994; Orfeo e il suo canto. Scritti (1952-1993), Zamorani, 1996; Il nulla, la musica, la luce, Spirali, 1996; Il problema della fedeltà ermeneutica, Mathieu Vittorio; Paoletti Laura, Armando Editore, 1998; Per una cultura dell'essere, Armando Editore, 1998; L'uomo animale ermeneutico, Giappichelli, 2001; Le radici classiche dell'Europa, Spirali, 2002; Goethe e il suo diavolo custode, Adelphi, 2002; Privacy e dignità dell'uomo. Una teoria della persona, Giappichelli, 2004; Come leggere Plotino, Bompiani, 2004; Perché punire. Il collasso della giustizia penale, Liberilibri, 2008; Introduzione a Leibniz, Laterza, 2008; In tre giorni, Mursia, ; La filosofia, Marcovalerio, .  Immanuel Kant Henri Bergson Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Vittorio Mathieu  Rubrica di Vittorio Mathieu sul quotidiano online Ideazione, su ideazione.com. Articolo del fatto quotidiano, su ilfattoquotidiano.it. 3 agosto  1º agosto ). Chiarimento del portavoce dell'Opus Dei sulla non appartenenza di Vittorio Mathieu alla Prelatura dell'Opus Dei, su archiviostorico.corriere.it.

 

Maturi: Sebastiano Maturi (Amorosi), filosofo. Docente prima nei licei e poi nell'Napoli. Dopo i primi studi nella cittadina natale, si trasferì a Napoli ove conseguì la licenza liceale. La frequentazione di Bertrando Spaventa e di Augusto Vera, lo introdusse alla filosofia hegeliana  destinata ad esercitare nel suo pensiero un'influenza duratura.  Laureatosi in giurisprudenza nel 1866, tre anni dopo vinse un concorso per uditore giudiziario .  Ottenuta l'abilitazione, insegnò filosofia nei licei di varie città . Nel 1891, conseguita la libera docenza, tenne corsi di filosofia hegeliana nell'Napoli fino al 1894, quando ritornò all'insegnamento liceale presso l'istituto Umberto I della città partenopea .  Dal 1898 iniziò una corrispondenza con Croce e Gentile, i maggiori esponenti dell'idealismo italiano, ai quali fu legato da un rapporto di amicizia.  Opere Soluzione del problema fondamentale della filosofia (1869) La filosofia di Giordano Bruno (1878) L'ideale del pensiero umano ossia la esistenza assoluta di Dio (1882) Uno sguardo generale sulle forme fondamentali della vita (1888) L'idea di Hegel (1891) La filosofia e la metafisica (1894) Principî di filosofia (1897) Una relazione scolastica (1907) Note  Vedi G.L. Petrone, in Dizionario Biografico degli Italiani, riferimenti in .  Mario Dal Pra, Il pensiero di Sebastiano Maturi, Milano, Bocca, 1943. Augusto Guzzo, Maturi, Brescia, Morcelliana, 1946. Antonio Gisondi, Forme dell'Assoluto. Idealismo e filosofia tra Maturi, Croce e Gentile, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2002. Giletta Giovanni, "Filosofia hegeliana e religione. Osservazioni su Sebastiano Maturi", Benevento, ed. Natan, .  Hegelismo Idealismo Neoidealismo italiano Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Sebastiano Maturi  Guido Calogero, «MATURI, Sebastiano» in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1934. Giuseppe Landolfi Petrone, «MATURI, Sebastiano» in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 72, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.

 

Maturi: Walter Maturi (Napoli), filosofo. Compì la sua formazione culturale a Napoli dove si laureò con lo storico Michelangelo Schipa, uno dei firmatari del manifesto degli intellettuali antifascisti redatto nel 1925 da Benedetto Croce. Del suo maestro, per la lezione di rigore storico che gli aveva impartito, Maturi conservò sempre un commosso ricordo ed ebbe modo di esprimere pubblicamente la sua gratitudine in occasione della morte di Schipa, pronunciandone nel 1939 il necrologio.  Maturi seguì con attenzione ed interesse, ma anche con spirito critico, le lezioni di Benedetto Croce conseguendo una seconda laurea in filosofia con Giovanni Gentile con una tesi su Joseph de Maistre.  Impostato sulla lezione crociana è il saggio La crisi della storiografia politica italiana del 1930 a cui seguì quello dedicato a Gli studi di storia moderna e contemporanea, inserito nel primo dei due volumi dell'opera del 1950 Cinquant'anni di vita intellettuale italiana in onore di Croce.  Il suo primo lavoro Il concordato del 1818 tra la Santa Sede e le Due Sicilie pubblicato nel 1929 fu giudicato positivamente dalla critica storica di Adolfo Omodeo che lo recensì ne La Critica del 1930.  Dallo stesso anno Maturi frequentò la Scuola storica per l'età moderna e contemporanea diretta da Gioacchino Volpe e dal 1935 al 1941 fu segretario e bibliotecario dell'Istituto storico per l'età moderna e contemporanea.  Fu collaboratore dell'Enciclopedia italiana per la quale scrisse numerose voci tra le quali quella dedicata al "Risorgimento" ispirata alle sue idee liberali.  A causa di questo episodio, nonostante il suo disinteresse per la vita politica attiva, Maturi fu allontanato per il periodo 1936-37 dall'Istituto storico per l'età moderna e contemporanea.  Nelle sue opere di storia politica i suoi punti di riferimento furono Benedetto Croce, Friedrich Meinecke, Gaetano Salvemini, Gioacchino Volpe.  Dapprima come incaricato di Storia del Risorgimento e poi come ordinario nel 1939 tenne le sue lezioni all'Pisa dove ebbe modo di scrivere numerose opere come alcune importanti voci nel IV volume del Dizionario di politica a cura del Partito nazionale fascista (1940), il saggio Partiti politici e correnti di pensiero nel Risorgimento (1942), l'accurata biografia Il principe di Canosa (1944).  I corsi di storia della storiografia tenuti a Pisa furono continuati all'Università degli Studi di Torino nel 1948 quando ebbe la cattedra di Storia del Risorgimento e quella di Storia delle dottrine politiche che occupò sino alla sua inaspettata scomparsa.  Le sue lezioni di quest'ultimo periodo furono raccolte nell'opera postuma Interpretazioni del Risorgimento (1962) considerata di primaria importanza dagli storici.  Opere Interpretazioni del Risorgimento , coll. Biblioteca di cultura storica Einaudi, 1962  808 Note   XXIX dell'Enciclopedia italiana, 1936  Accademia delle scienze di Torino Archiviato il 27 settembre 2007 in .   In memoria di Walter Maturi, Istituto per la storia del Risorgimento italiano, Roma 1962.  Interpretazioni storiografiche del Risorgimento  Walter Maturi, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, .  Walter Maturi, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.

 

Maurizi: Marco Maurizi (Roma), filosofo. Si è laureato in filosofia della storia presso l'Università degli Studi di Roma "Tor Vergata" e ha conseguito il dottorato di ricerca nella medesima università discutendo una tesi su Cusano e il concetto di non altro da cui è nato il volume La nostalgia del totalmente non altro. Cusano e la genesi della modernità (Rubbettino, 2007). Dopo un periodo di formazione in Germania attualmente svolge la sua attività di ricerca presso l'Università degli Studi di Bergamo. Ha pubblicato le sue ricerche su alcune prestigiose riviste come la Rivista di filosofia neo-scolastica, il Journal of Critical Animal Studies, Dialegesthai, Alfabeta2, Lettera Internazionale, e collaborando, inoltre, con i quotidiani Liberazione e L'Osservatore Romano. Ha poi partecipato alla stesura del secondo volume di L'Altronovecento. Comunismo eretico e pensiero critico (Jaca Book, ) ed è il traduttore e curatore dell'edizione italiana di Georg Lukács, Coscienza di classe e storia. Codismo e dialettica, Alegre, Roma 2007, di Ralph Acampora, Fenomenologia della Compassione, Edizioni Sonda, Casale Monferrato, , e ha tradotto, con G. Dalmasso, J. Derrida, Teoria e prassi. Corso dell'École Normale Supérieure 1975-1976, Jaca Book, Milano, . Ha contribuito alla fondazione delle riviste scientifiche "Liberazioni" e Animal Studies. Rivista italiana di antispecismo.  Pensiero Maurizi ha suddiviso i suoi interessi di ricerca tra la filosofia dialettica (Cusano, Hegel, Marx, Adorno), la teoria critica della società e le implicazioni politiche di una visione "sociale" dell'antispecismo a partire da una rielaborazione del pensiero della scuola di Francoforte. Tanto le sue ricerche su Adorno, quanto quelle su Cusano si incentrano sul tentativo di porre in evidenza il tema della storicità dell'umano non in termini di un astratto e formale "essere-nel-tempo", quanto più propriamente nel vedere nell'essere storico, in tutta la sua determinatezza, l'irriducibile istanza di verità dell'umano stesso: l'essere storico è in tal senso irriducibile ad ogni ontologia dell'essere temporale seppure ciò non porti necessariamente ad un relativismo storicista. Prendendo spunto dalla lettura critico-negativa di Hegel portata avanti da Adorno, infatti, Maurizi sostiene la leggibilità e razionalità della storia come segno del dominio, l'universale storico non come traccia di un positivo che si farebbe strada attraverso il negativo delle vicende umane, bensì come questo stesso negativo che informa di sé la civiltà, imprimendo ad essa la direttrice di un progresso della razionalità strumentale che è l'antitesi della redenzione. La sua rilettura del pensiero della filosofia di Francoforte ha così costituito un punto di partenza per una ridefinizione dell'opposizione natura/cultura e lo ha portato ad estendere la critica ai meccanismi di dominio anche al controllo e allo sfruttamento del non umano, e più in generale della Natura. Il suo pensiero riguardo alla filosofia antispecista è in continuità con quello espresso dal sociologo David Nibert ed in netta opposizione all'utilitarismo di Peter Singer criticato da Maurizi come un antispecista metafisico. Un punto centrale nell'argomentazione filosofica di Marco Maurizi, che rende originale il suo lavoro rispetto a quello degli altri teorici dei diritti animali, riguarda l'interpretazione in termini storico-sociali dello specismo. Ogni attività intellettuale «antispecista», secondo Maurizi, consiste quindi essenzialmente nel fare propria questa scelta di campo: sottolineare come la questione animale sia un aspetto irrinunciabile di ogni ipotesi di trasformazione dell'esistente. Secondo Maurizi l'antispecismo è dunque essenzialmente politico  e non possiamo affrontare, come fanno Peter Singer o Tom Regan, la questione animale da una prospettiva astrattamente morale. All'attività di filosofo, Maurizi ha così affiancato quella di attivista per i diritti animali, intrecciando l'attività speculativa con quella politica; risultato di questa attività è il libro Al di là della Natura: gli animali, il capitale e la libertà (Novalogos, ). Maurizi è stato inoltre fondatore delle riviste di critica antispecista Liberazioni e Animal Studies, della rivista online Asinus Novus che prende il nome dal suo breve testo Asinus Novus: lettere dal carcere dell'umanità (Ortica, ). Nel  l'associazione Per Animalia Veritas raccoglie alcuni suoi scritti che rappresentano un sunto aggiornato del suo pensiero sulla filosofia antispecista: Cos'è l'antispecismo politico (Per Animalia Veritas, ). Sulla scia delle riflessioni adorniane, Maurizi ha anche lavorato sulla filosofia della musica e la teoria critica musicale. Le sue teorie sull'antispecismo politico sono abbondantemente discusse nel libro di Lorenzo Guadagnucci Restiamo Animali: vivere vegan è una questione di giustizia (Terre di Mezzo, ), da Matthias Rude Antispeziesismus. Die Befreiung von Mensch und Tier in der Tierrechtsbewegung und der Linken (Schmetterling, Stuttgart ) e altri autori della scena antispecista di lingua tedesca.  Opere principali Adorno e il tempo del non-identico, Jaca Book, 2004 La nostalgia del totalmente non altro. Cusano e la genesi della modernità, Rubettino, 2007 Al di là della Natura: gli animali, il capitale e la libertà, Novalogos,  Asinus Novus: lettere dal carcere dell'umanità, Ortica, . Cos'è l'antispecismo politico, Per animalia veritas, . L'io sospeso. L'immaginario tra psicanalisi e sociologia, Jaca Book, . Chimere e passaggi. Cinque attraversamenti del pensiero di Adorno, Mimesis, . con Michael Hardt e Massimo Filippi, Altra specie di politica, Mimesis . con Baptiste Le Goc, Musica per il pensiero. Filosofia del progressive italiano, Mincione, . La vendetta di Dioniso: la musica contemporanea da Schönberg ai Nirvana, Jaca Book, . Quanto lucente la tua inesistenza. L'Ottobre, il Sessantotto e il socialismo che viene, Jaca Book, . Note  Intervento di M. Maurizi su questi temi per la Casa della Cultura di Milano: youtube.com/watch?v=ZNfJrRx-7fo  Intervista a Marco Maurizi su questo tema a cura del collettivo Tierrechtsgruppe Zürich (Zurigo)://tierrechtsgruppe-zh.ch/?p=1344  M. Maurizi La genesi dell'ideologia specista in Liberazioni://liberazioni.org/articoli/MauriziM-04.htm Archiviato il 16 aprile  in .  M. Maurizi Per una cultura antispecista in Asinus Novus: rivista di antispecismo e filosofia: Copia archiviata, su asinusnovus.wordpress.com. 21 maggio  31 luglio ).  Intervento M. Maurizi per il primo convegno nazionale antispecista: youtube.com/watch?v=JwZiW4ngrag  Intervista a M. Maurizi e L. Caffo sulle nuove prospettive dell'animalismo: youtube.com/watch?v=2rI70YSXCKI  Testo recensito da L. Pigliucci per la rivista "Lo Straniero" di Aprile : Copia archiviata, su asinusnovus.wordpress.com. 21 maggio  10 maggio ).  Intervista di F. Pullia sul quotidiano "Notizie Radicali" del 19/03/: Copia archiviata, su notizie.radicali.it. 21 maggio  24 febbraio ).  Una recensione del testo: Copia archiviata, su asinusnovus.wordpress.com. 27 agosto  29 agosto ).  B. Le GocM. Maurizi, Musica per il pensiero. Filosofia del progressive italiano, Mincione, Roma .  Antispecismo Diritti degli animali Scuola di Francoforte Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Marco Maurizi  Asinus Novus. Antispecismo e Filosofia, su asinusnovus.net. Animal Studies. Rivista Italiana di Antispecismo, su rivistaanimalstudies.wordpress.com.

 

Mazzantini: Carlo Mazzantini (Reconquista) filosofo. Nato in Argentina da genitori italiani, fu ufficiale nell'esercito italiano durante la prima guerra mondiale, subito dopo si laureò a'Torino in filosofia, sotto la guida del conte Juvalta e sostenendo una tesi su  “La speranza dell'immortalità.” Insegnò dapprima in scuole cattoliche torinesi, per poi divenire docente incaricato nel 1937 presso l'ateneo del capoluogo piemontese; divenuto professore di ruolo di storia della filosofia nel 1942 presso l'Cagliari, dal 1949 insegnò all'Genova, e dal 1959 fu nuovamente a Torino.  Fra i suoi più celebri allievi, Augusto del Noce. Studioso di Martin Heidegger, dedicò ampi studi al rapporto fra Benedetto Croce e Giovanni Gentile. Fu socio corrispondente, dal 1953, dell'Accademia delle Scienze di Torino.  Opere principali La speranza nell'immortalità, Torino, Paravia, 1923. La lotta per l'evidenza. Studi di metafisica e gnoseologia, Roma, Studium, 1929. Il problema delle verità necessarie e la sintesi a priori del Kant, Torino, Edizioni de L'erma, 1935. Filosofia perenne e personalità filosofiche, Padova, Cedam, 1942. Il tempo. Studio filosofico, Como, E. Cavalleri, 1942. La filosofia nel filosofare umano. Storia del pensiero antico, Torino; Roma, Marietti, 1949. Filosofia e storia della filosofia, Firenze, [s.n.], 1955. Il problema filosofico del libero arbitrio nelle controversie teologiche del secolo XIII, Torino, S. Gheroni, 1962 La filosofia di G. Scoto Eriugena, Corso di storia della filosofia medioevale, Torino, Tirrenia, 1964. L'etica di Kant e di Schopenhauer, Torino, Tirrenia, 1965. Il tempo e quattro saggi su Heidegger, Parma, Studium Parmense, 1969. Note  Il ragguaglio dell'attività culturale e artistica dei cattolici in Italia, Libreria Editrice Fiorentina, 1930380.  Carlo Mazzantini, in Filosofia,  22, Edizioni di "Filosofia", 1971522.  L. Bagetto, Il pensiero della possibilità: la filosofia torinese come storia della filosofia, Paravia, 1995152.  Giornale di metafisica,  22, Società Editrice Internazionale, 1972152.  Accademia delle Scienze di Torino  «Mazzantini, Carlo» in Dizionario di filosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009. Prospettive del pluralismo filosofico. Spunti di indagine nel confronto tra Erminio Juvalta e Carlo Mazzantini di Andrea Paris, 2 febbraio 2006, in Il giornale di filosofia.

 

Mazzarella: Deputato della Repubblica Italiana LegislatureXVI CircoscrizioneXIX (Campania 1) Incarichi parlamentari Membro della VII Commissione (Cultura, Scienza e Istruzione) Sito istituzionale Dati generali Partito politicoPartito Democratico ProfessioneOrdinario di Filosofia Teoretica nell’Napoli “Federico II”. Eugenio Mazzarella (Napoli), filosofo. Professore di filosofia teoretica presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II, è tra i principali interpreti italiani del pensiero di Martin Heidegger. Deputato al Parlamento nella XVI Legislatura per il Partito Democratico.  Dopo essersi laureato presso l'Università degli Studi di Napoli “Federico II” con Aldo Masullo, inizia la sua attività di ricerca come borsista DAAD in Germania, e successivamente presso l'Salerno. In seguito è professore incaricato di Estetica presso l'Università dell'Aquila. Dopo essere stato professore associato di Filosofia Teoretica presso l'Catania e di Filosofia della storia presso l'Napoli “Federico II”, diventa professore straordinario di Storia della filosofia presso la Facoltà di Magistero dell'Salerno e dal 1993 Professore di Filosofia Teoretica presso l'Napoli “Federico II”. Dal 1995 al 2005 dirige il Dottorato di Ricerca in “Scienze Filosofiche” dell'Napoli “Federico II” e dal 1999 al 2005 cura la programmazione e le relazioni internazionali per la Facoltà di Lettere e Filosofia, di cui è Preside dal 2005 al 2008. Nel 2008 viene eletto deputato del Parlamento italiano, divenendo componente della VII Commissione Cultura della Camera.  Opere In una delle sue opere principali, Tecnica e Metafisica. Saggio su Heidegger, Mazzarella indaga i processi decostruttivo-ermeneutici sottintesi all'heideggeriana storia della metafisica occidentale, fino a formulare un'ipotesi "ecologica"(in senso originario, come pensiero relativo all'abitare dell'uomo) relativa alle interpretazioni del "logos" eracliteo e della categoria aristotelica della "physis" riscontrate nei saggi successivi alla cosiddetta "svolta" del pensiero di Heidegger.  In Vie d'uscita. L'identità umana come programma stazionario metafisico, le aporie di una metafisica del fondamento sono affiancate alla dimensione tecnica della contemporaneità, intesa storicisticamente come epoca del compimento del nichilismo. Centrale diventa l'idea di un "essere-alla-vita", categoria che richiama in modo lampante l'"essere-nel-mondo" di heideggeriana memoria; le questioni teoretiche vengono così ridotte a questioni etiche riguardanti un'ontologia minima, ove la filosofia prima si trasformi in filosofia seconda, lasciando il posto ad un programma metafisico-antropologico di custodia e mantenimento della e nella propria epoca. L'essere-alla-vita necessita di intendere la cultura come “endiadi di natura e storia, ma in questa endiadi natura prima ancora che storia”.  Pensare e credere. Tre scritti cristiani rappresenta un altro orizzonte del pensiero di Mazzarella; il rapporto tra religione rivelata e filosofia si gioca sullo sfondo di una prospettiva storicista di matrice diltheyana, sebbene non siano esenti dalla riflessione Hegel, Schelling e la teologia dialettica contemporanea. Interessante è la prospettiva di una religione come "integrazione" e apertura all'amore fraterno, configurato nel concetto di "agape".  I suoi scritti sono in ogni caso contrassegnati, com'è tipico della recente scuola di pensiero napoletana, sorta sulla scia delle dottrine di Benedetto Croce, da una ripresa di temi propri dello storicismo (Nietzsche e la storia. Storicità e ontologia della vita).  In un dialogo costante con i teologi più liberali e moderni, quale ad es. Bruno Forte, Mazzarella si è occupato specificamente dei temi della bioetica, coniugando il tema della tutela della vita alla ripresa del concetto di sacralità (Sacralità e vita).  In Opera media ha inoltre messo in luce un talento poetico non indifferente, che gli è valso l'apprezzamento della critica e diversi riconoscimenti. Ha composto quattro raccolte di poesie, e pubblicato singoli componimenti in diverse antologie. Nel 1974 è stato finalista al Premio di poesia “Città di Vita”, Firenze, e nel 1999 ha vinto il Premio Speciale “La finestra” al Premio Nazionale di poesia “Alessandro Tanzi” per il volume Un mondo ordinato.  Opere Tecnica e metafisica. Saggio su Heidegger, Guida, Napoli, 1981; Nietzsche e la storia. Storicità e ontologia della vita, Guida, Napoli, 1983, 2ª ed. 2000; Storia metafisica ontologia. Per una storia della metafisica tra otto e novecento, Morano, Napoli, 1987; Ermeneutica dell'effettività. Prospettive ontiche dell'ontologia heideggeriana, Guida, Napoli, 1993, 2ª ed. 2002; Filosofia e teologia di fronte a Cristo, Cronopio, Napoli, 1996; Sacralità e vita, Quale etica per la bioetica?, Guida, Napoli, 1998; Heidegger oggi, E. Mazzarella, Il Mulino, Bologna, 1998; Pensare e credere. Tre scritti cristiani, Morcelliana, Brescia, 1999; Vie d'uscita. L'identità umana come programma stazionario metafisico, Il melangolo, Genova, 2004; Opera media. Poesie, Il melangolo, Genova, 2004; Lirica e filosofia, Morcelliana, Brescia, 2007; Vita Politica Valori. Sensibilità individuali e sentire comunitario, Guida, Napoli, ; Anima madre 2004-, ArtstudioPaparo, Napoli, . L'uomo che deve rimanere, Quodlibet, Macerata, . Note  S. Venezia , Nota bio-bibliografica, in P. Amato, M. T. Catena, N. Russo , L'ethos teoretico. Scritti in onore di Eugenio Mazzarella265, Napoli, Guida, . Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Eugenio Mazzarella  Archivio degli articoli di Eugenio Mazzarella nel sito "ilsussidario.net". Curriculum vitae, pubblicazioni e attività di ricerca nel sito dell'Università degli Studi di Napoli Federico II, su docenti.unina.it.

 

Mazzei: essential Italian philosopher. Ritratto. Filippo Mazzei, conosciuto anche come Philip Mazzei e talvolta erroneamente citato con la storpiatura del cognome come Philip Mazzie (Poggio a Caiano), filosofo. Massone e cadetto di una nobile famiglia toscana di viticoltori, probabilmente risalente all'XI secolo e ancora esistente nel XXI secolo, fu personaggio energico ed eclettico, illuminista, promulgatore delle libertà individuali, dei diritti civili e della tolleranza religiosa. Visse una vita avventurosa e movimentata, con alterne fortune economiche.  Sebbene sia sconosciuto al grande pubblico, partecipò attivamente alla guerra d'indipendenza americana come agente mediatore all'acquisto di armi per la Virginia, ed è ritenuto dagli storici uno dei padri della Dichiarazione d'Indipendenza americana, in quanto intimo amico dei primi cinque presidenti statunitensi: George Washington, John Adams, James Madison, James Monroe e soprattutto Thomas Jefferson, di cui fu ispiratore, vicino di casa, socio in affari e con cui rimase in contatto epistolare fino alla morte.  Iniziato alla Massoneria, fu poi spettatore privilegiato della rivoluzione francese.  La sua figura storica è riemersa alla fine Professoregrazie all'infittirsi degli studi accademici in occasione del bicentenario della rivoluzione americana, fino ad essere onorato in occasione del 250º anniversario della sua nascita nel 1980 con un'emissione filatelica congiunta speciale delle poste italiane e statunitensi.   Dopo gli studi compiuti tra Prato e Firenze, nel 1752, in seguito a dissapori con il fratello maggiore Jacopo sulla gestione del patrimonio familiare, si stabilì a Pisa e poi a Livorno, intraprendendo con successo l'attività di medico. Dopo solo due anni lasciò la città e si trasferì a Smirne (Turchia) come chirurgo a seguito di un medico locale.  Nel 1754 giunse a Londra dove, dopo un iniziale periodo irto di difficoltà economiche che lo vide arrangiarsi con l'insegnamento dell'italiano, riuscì nel corso dei tre lustri successivi ad arricchirsi con il commercio dei prodotti mediterranei, principalmente del vino, inserendosi lentamente nei salotti dell'alta borghesia londinese.  Una breve parentesi italiana si concluse con un precipitoso ritorno in Inghilterra, a seguito di una denuncia al tribunale dell’Inquisizione per “importazione di libri proibiti”. L'illuminismo e le idee di libertà religiosa che animavano il Mazzei, ben tollerate nella Londra di fine XVIII secolo, erano ancora tabù nella realtà italiana.  La Rivoluzione americana In questi circoli londinesi Filippo Mazzei conobbe Benjamin Franklin e Thomas Adams, che da lì a pochi anni sarebbero stati tra i protagonisti della rivoluzione americana.  Le colonie americane si autogovernavano, perlomeno sulle questioni locali, tramite assemblee di delegati liberamente eletti dai capifamiglia, e l'ordinamento giuridico era ispirato al meglio della legislazione inglese, che pure in quegli anni era probabilmente la più avanzata, garantista e liberale che esistesse.  Invitato dagli amici d'oltreoceano, spinto sia dalla curiosità dell'inedita forma di governo, ma soprattutto dalla disponibilità di terre e quindi dalla prospettiva di impiantare nel nuovo mondo coltivazioni mediterranee, nel 1773 Mazzei si trasferì in Virginia, con al seguito un gruppo di agricoltori toscani. A lui si unirono anche una vedova Maria Martin, che egli sposò nel 1778, e l'amico Carlo Bellini che tra il 1779 e il 1803 sarebbe divenuto il primo insegnante di italiano in un'università americana, il College of William and Mary in Virginia.  Inizialmente diretto in altro sito, Mazzei si fermò presso la tenuta di Monticello per incontrare Thomas Jefferson, con il quale già intratteneva rapporti epistolari e vantava amicizie comuni, e fu da lui convinto a trattenersi in loco, arrivando a cedere circa 0,75 km² della sua tenuta in favore dell'italiano. Da questa cessione nacque la tenuta di Colle (il nome deriva da Colle di Val d'Elsa, perché il Mazzei aveva preso ad esempio la campagna attorno alla città toscana), successivamente ampliata. Lo univa a Jefferson un sodalizio commerciale, con il primo impianto di una vigna nella colonia della Virginia, ma soprattutto un sodalizio intellettuale, frutto di una comune visione politica e di ideali condivisi, che si sarebbe protratto per oltre 40 anni.  Il livello delle frequentazioni americane trascinò velocemente Mazzei, arrivato con mere intenzioni imprenditoriali, nella vita politica della ribollente colonia della Virginia. Fu autore di veementi libelli contro l'opprimente dominazione inglese, inneggianti alla libertà ed all'uguaglianza. Alcuni di questi scritti furono tradotti in inglese dallo stesso Jefferson, che rimase influenzato da tali ideali, tanto da ritrovare successivamente alcune frasi di Mazzei trasposte nella Dichiarazione d'indipendenza degli Stati Uniti d'America.  Eletto speaker dell'assemblea parrocchiale dopo solo sei mesi dal suo arrivo in Virginia, ebbe modo di esporre le sue idee sulla libertà religiosa e politica a un vasto oratorio, composto anche di persone umili e ignoranti, che lo ascoltavano assorte. Un suo scritto, Instructions of the Freeholders of Albemarle County to their Delegates in Convention, redatto come istruzioni per i delegati della contea di Albemarle alla convenzione autoconvocatasi dopo lo scioglimento forzato dell'assemblea della Virginia imposto dal governatore inglese, fu utilizzato da Jefferson come bozza per il primo tentativo di scrittura della costituzione dello Stato della Virginia.  La sua affermazione politica seguiva di pari passo i rovesci economici, perché il clima e il terreno della Virginia non si erano dimostrati particolarmente graditi a vite e olivo, e nel 1774 un'eccezionale gelata aveva distrutto buona parte delle stentate coltivazioni impiantate con tanta fatica.  Naturalizzato cittadino della Virginia, volontario delle prime ore nella guerra d'indipendenza americana, nel 1778 fu inviato in Europa da Jefferson e Madison per cercare prestiti, acquistareo meglio, contrabbandarearmi e ottenere informazioni politiche e militari utili alla nascente nazione.  In questo periodo scrisse articoli, fece interventi pubblici e cercò di avviare rapporti commerciali e politici tra gli Stati europei e la Virginia. Per tali servizi fu ufficialmente retribuito dallo Stato dell Virginia dal 1779 al 1784.  Rientrato in Virginia nel 1783, con suo grande disappunto non fu nominato console. Ricevette I'incarico di amministratore della contea di Albemarle, ma solo due anni dopo nel 1785 lasciò per l'ultima volta il suolo americano, mantenendo comunque contatti epistolari con molti di quelli che sono definiti “padri della patria” statunitensi e in particolare con Jefferson, che ebbe modo di reincontrare successivamente a Parigi. Sua moglie rimase fino alla sua morte nel 1788 alla tenuta del Colle, che Mazzei nel 1783 aveva donato alla figliastra, Margherita Maria Martini e al di lei marito, il francese Justin Pierre Plumard, Comte De Rieux.  La Rivoluzione francese e le vicende europee  Targa a Pisa, sulla casa in cui morì Filippo Mazzei A Parigi, nel 1788 pubblicò una voluminosa opera in quattro volumi Recherches historiques et politiques sur les États-Unis de l'Amérique Septentrionale. Si trattava della prima storia della rivoluzione americana pubblicata in francese. L'opera è tuttora una preziosa fonte di informazioni sul movimento che innescò la rivoluzione americana.  Il successo del libro e la notorietà delle sue idee, uniti alla costante attività di propaganda a favore dei neonati Stati Uniti d'America, lo fece venire in contatto con re Stanislao Augusto di Polonia, illuminato sovrano liberale, di cui divenne prima consigliere e poi rappresentante a Parigi.  Da questa posizione privilegiata poté seguire la rivoluzione francese, di cui condannò la deriva giacobina. Preso atto della rovina economica, nel 1791 si trasferì a Varsavia, assumendo la cittadinanza polacca e contribuendo alla stesura della costituzione.  Dopo un anno passato a Varsavia, a seguito della spartizione della Polonia nel 1792 rientrò definitivamente in Toscana, stabilendosi a Pisa. Lì nel 1796 sposò Antonina Tonini, da cui ebbe una figlia, Elisabetta, nel 1798.  Il disincantato Mazzei, nel 1799 oramai settantenne, fu testimone dell'arrivo delle truppe repubblicane francesi a Pisa e poi della loro cacciata, e fu coinvolto pur senza danni nei successivi processi intentati dal bargello ai liberali pisani che si riunivano durante la breve occupazione al Caffè dell'Ussero sul lungarno.  Ultimi anni Mazzei visse quietamente altri 17 anni, dedicandosi ai propri studi di orticoltura e limitandosi a frequentare una ristretta cerchia di salotti praticati da giovani liberali, di cui era ispiratore. Nel 1802, in conseguenza del dissolvimento della Polonia operata da Russia e Prussia nel 1795, lo zar Alessandro I si accollò i debiti della corte polacca e Mazzei poté fruire di un vitalizio. Mazzei rimase sempre nostalgico della Virginia e dei suoi amici americani, che ne auspicavano il ritorno e con i quali mai interruppe il contatto epistolare. Nonostante i ripetuti progetti di un viaggio in America, Mazzei non fu mai capace di affrontare questa nuova avventura. Ebbe modo di assistere all'ascesa e alla caduta di Napoleone Bonaparte e scrisse le proprie memorie, pubblicate nel 1848, oltre trent'anni dopo la sua morte a Pisa nel 1816.  Opere di Filippo Mazzei In lingua francese Filippo Mazzei: Recherches Historiques et Politiques sur les Etats-Unis de l'Amérique Septentrionale, Paris 1788, 4 volumi. (Ne esiste la traduzione anche in lingua italiana vedere più sotto) Filippo Mazzei, Stanislao Re di Polonia, Lettres de Philippe Mazzei et du roi Stanislas-Auguste de Pologne., Roma: Istituto storico italiano per l'età moderna e contemporanea, 1982 In lingua italiana Filippo Mazzei: Ricerche storiche e politiche sugli Stati Uniti dell'America Settentrionale, Firenze, Ponte alle Grazie, 1991, 624   8879281704. Filippo Mazzei: Memorie della vita e delle peregrinazioni del fiorentino Filippo Mazzei, Gino Capponi, Lugano, Tip. della Svizzera Italiana, 1845-1846, 2 volumi. Filippo Mazzei: Del commercio della seta fatto in Inghilterra dalla Compagnia delle Indie Orientali (manoscritto inedito di Filippo Mazzei1769), Silvano Gelli, Poggio a Caiano, Comune di Poggio a Caiano, 2001. Filippo Mazzei. Le istruzioni per i delegati alla convenzione maggio-settembre 1776 (testo in italiano e inglese), Firenze, Morgana, 2001, 64   8885698859. Opere di suor Margherita Marchione o In lingua italiana Filippo Mazzei: Scelta di scritti e lettere:  I: 1765-1788. Agente di Virginia durante la rivoluzione americana;  XLVII-582  II: 1788-1791. Agente del Re di Polonia durante la Rivoluzione Francese;  XVI-703, XVII-633  III: 1792-1816. Cittadino del Mondo;  XVII-633 Prato, 1984, Ediz.del Palazzo per Cassa di Risparmi e Depositi di Prato. Marchione Margherita: Istruzioni per essere liberi ed eguali, Cisalpino-Gogliardica, Milan, 1984, 160pp  8820504812. Marchione Margherita: The Adventurous Life of Philip MazzeiLa vita avventurosa di Filippo Mazzei (bilingue ingleseitaliano), University Press of America, Lanham, MD, 1995, 235 In lingua inglese Philip Mazzei: My Life and Wanderings, ed. Margherita Marchione American Institute of Italian Studies, Morristown, NJ, 1980, 437 Traduzione in lingua inglese dell'autobiografia di Mazzei Philip Mazzei: Selected Writings and Correspondence:  IVirginia's Agent during the American Revolution, XLVIII, 585;  IIAgent for the King of Poland during the French Revolution, 802;  IIIWorld Citizen, 623 Cassa di Risparmi e Depositi, Prato, 1983. Marchione Margherita: Philip Mazzei: Jefferson's "Zealous Whig", American Institute of Italian Studies, Morristown, NJ, 1975, 352 Marchione Margherita: The Adventurous Life of Philip MazzeiLa vita avventurosa di Filippo Mazzei (bilingue ingleseitaliano), University Press of America, Lanham, MD, 1995, 235 Marchione Margherita:The Constitutional Society of 1784, Center for Mazzei Studies, Morristown, NJ, 1984, 49 Marchione Margherita, Philip Mazzei: World Citizen (Jefferson's "Zealous Whig"), University Press of America, Lanham, MD, 1994, 158 Curiosità Broom icon.svg Questa sezione contiene «curiosità» da riorganizzare. Contribuisci a migliorarla integrando se possibile le informazioni all'interno dei paragrafi della voce e rimuovendo quelle inappropriate. A inizio degli anni 2000, fra alcuni intellettuali toscani appassionati della figura di Mazzei, è circolata la speculazione che Mazzei potrebbe aver ispirato persino la bandiera statunitense, adottata dal Congresso nel 1777, un anno dopo la Dichiarazione d'Indipendenza. La suggestione nasce dall'importanza che l'alternanza dei colori rosso e bianco ha nell'araldica toscana e non solo e di cui un esempio famoso è l'insegna di Ugo di Toscana. Mazzei potrebbe forse aver discusso anche di araldica con gli altri patrioti americani, ma le radici storiche della bandiera americana sono, in realtà, nella Grand Union Flag.  In ricordo di Mazzei è stato istituito il premio The Bridge. La cerimonia è stata istituita dall'American University of Rome, per celebrare un toscano che insieme ai padri costituenti degli Stati Uniti d'America diede vita alla stesura della dichiarazione d'indipendenza. Sua era la frase: «Tutti gli uomini sono per natura liberi ed indipendenti».  Note  Paolo Russo, Nasce a Firenze un museo che racconta la massoneria, in La Repubblica, Firenze, 27 febbraio . 28 novembre  (archiviato il 3 marzo )., Riferito al primo museo dedicato alla storia della Massoneria in Italia.  Washington D.C. Italian Genealogy Club, su geocities.com 1º gennaio 2008).  Thomas Jefferson Encyclopedia  Premio Filippo Mazzei.  In lingua italiana , Dalla Toscana all'America: il contributo di Filippo Mazzei, Poggio a Caiano, Comune di Poggio a Caiano, 2004. Becattini Massimo, Filippo Mazzei mercante italiano a Londra (1756-1772), Poggio a Caiano, Comune di Poggio a Caiano, 1997. Bolognesi Andrea, Corsetti Luigi, Di Stadio Luigi: Filippo Mazzei mostra di cimeli e scritti, catalogo della mostra a cura di, Poggio a Caiano, palazzo Comunale, 3-25 luglio 1996, Comune di Poggio a Caiano, 1996. 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Filippo Mazzei, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.  Filippo Mazzei, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Filippo Mazzei, su siusa.archivi.beniculturali.it, Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche.  Opere di Filippo Mazzei, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Filippo Mazzei, .   Pubblicazioni di Filippo Mazzei, su Persée, Ministère de l'Enseignement supérieur, de la Recherche et de l'Innovation.  Thomas Jefferson, Filippo Mazzei e Francis Vigo (video), su youtube.com. Thomas Jefferson Encyclopedia, su monticello.org. Il circolo Filippo Mazzei Pisa, su circolofilippomazzei.net. Filippo Mazzei, chi era costui?, su mltoscana.blogspot.com. Clan Libertario Toscano Filippo Mazzei, su mltoscana.blogspot.com. Il circolo Filippo Mazzei, su geocities.com 1º gennaio 2008). Carteggio Thomas JeffersonMazzei, su princeton.edu. 25 giugno 2007 22 aprile ). 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Mazzini: Giuseppe Mazzini (Genova), filosofo. Esponente di punta del patriottismo risorgimentale, le sue idee e la sua azione politica contribuirono in maniera decisiva alla nascita dello Stato unitario italiano; le condanne subite in diversi tribunali d'Italia lo costrinsero però alla latitanza fino alla morte. Le teorie mazziniane furono di grande importanza nella definizione dei moderni movimenti europei per l'affermazione della democrazia attraverso la forma repubblicana dello Stato.Mazzini nacque a Genova, allora capoluogo dell'omonimo dipartimento francese costituito il 13 giugno del 1805 da parte del regime di Napoleone Bonaparte, il 22 giugno del 1805, terzogenito dei quattro figli (tre femmine ed un maschio). Il padre, Giacomo Mazzini (1767-1848), fu medico e docente universitario d'anatomia originario di Chiavari, una cittadina del Tigullio (all'epoca capoluogo del dipartimento francese degli Appennini, successivamente parte della provincia di Genova), figura politicamente attiva nella scena pubblica locale, sia durante l'epoca della precedente Repubblica Ligure, sia, in tempi successivi, dell'Impero napoleonico. Alla madre, Maria Drago (1774-1852), una fervente giansenista originaria di Pegli (un comune autonomo, accorpato nel comune di Genova nel 1926), Mazzini fu molto legato per tutta la vita. Affettuosamente chiamato "Pippo" dalla famiglia, una volta terminati gli studi superiori presso il cittadino Liceo classico Cristoforo Colombo, a 18 anni si iscrisse alla facoltà di medicina dell'Università degli Studi di Genova, come voleva suo padre, mastando a un racconto della madrevi rinunciò dopo essere svenuto al primo esperimento di necroscopia.   La casa di Giuseppe Mazzini a Genova in cui oggi si trovano l'Istituto Mazziniano e il museo del Risorgimento Si iscrisse allora a giurisprudenza, dove si segnalò per la sua ribellione ai regolamenti di stampo religioso che imponevano di andare a messa e di confessarsi; a 25 anni fu arrestato perché, proprio in chiesa, si rifiutò di lasciare il posto ai cadetti del Collegio Reale d'Austria. Lo appassionava la letteratura: si innamorò delle letture di Goethe, Shakespeare e Ugo Foscolo (pur senza condividerne la filosofia materialista), restando così colpito dalle Ultime lettere di Jacopo Ortis da volersi vestire sempre di nero, in segno di lutto per la patria oppressa.  La passione per la letteratura, insieme a quella per la musica (era un abile suonatore di chitarra), la ebbe per tutta la vita: oltre agli autori citati, lesse Dante, Schiller, Alfieri, i grandi poeti romantici come Lord Byron, Percy Bysshe Shelley, Keats, Wordsworth, Coleridge e i narratori come Alexandre Dumas padre e le sorelle Brontë. Nel 1821 ebbe il suo trauma rivelatore: al passaggio a Genova dei Federati piemontesi reduci dal loro tentativo di rivolta, nel giovane Mazzini si affacciò per la prima volta il pensiero «che si poteva, e quindi si doveva, lottare per la libertà della Patria».  Cominciò ad esercitare la professione nello studio di un avvocato, ma l'attività che lo impegnava era quella di giornalista presso l'Indicatore genovese, sul quale Mazzini iniziò a pubblicare recensioni di libri patriottici; la censura lasciò fare per un po', ma poi soppresse il giornale. Nel 1826 scrisse il primo saggio letterario, Dell'amor patrio di Dante, pubblicato poi nel 1837. Il 6 aprile del 1827 ottenne la laurea in diritto civile e in diritto canonico (in utroque iure). Nello stesso anno entrò nella carboneria, della quale divenne segretario in Valtellina.  Attività cospirativa «Ebbi a lottare con il più grande dei soldati, Napoleone. Giunsi a mettere d'accordo tra loro imperatori, re e papi. Nessuno mi dette maggiori fastidi di un brigante italiano: magro, pallido, cencioso, ma eloquente come la tempesta, ardente come un apostolo, astuto come un ladro, disinvolto come un commediante, infaticabile come un innamorato, il quale ha nome: Giuseppe Mazzini.»  (Klemens von Metternich, Memorie ed. Bonacci, 1991)  La casa di Mazzini in Laystall Street a Londra, dove abitò per molto tempo Per la sua attività cospirativa fu arrestato su ordine di Carlo Felice di Savoia e detenuto a Savona nella Fortezza del Priamar per un breve periodo, tra il novembre 1830 e il gennaio 1831. Durante la detenzione ideò e formulò il programma di un nuovo movimento politico chiamato Giovine Italia che, dopo essere stato liberato per mancanza di prove, presentò e organizzò nel 1831 a Marsiglia in Francia dove fu costretto a rifugiarsi in esilio.  I motti dell'associazione erano Dio e popolo e Unione, Forza e Libertà e il suo scopo era l'unione degli stati italiani in un'unica repubblica con un governo centrale quale sola condizione possibile per la liberazione del popolo italiano dagli invasori stranieri. Il progetto federalista infatti, secondo Mazzini, poiché senza unità non c'è forza, avrebbe fatto dell'Italia una nazione debole, naturalmente destinata a essere soggetta ai potenti stati unitari a lei vicini; il federalismo inoltre avrebbe reso inefficace il progetto risorgimentale, facendo rinascere quelle rivalità municipali, ancora vive, che avevano caratterizzato la peggiore storia dell'Italia medioevale.   La sentenza di condanna a morte del 1833 L'obiettivo repubblicano e unitario avrebbe dovuto essere raggiunto con un'insurrezione popolare condotta attraverso una guerra per bande. Durante l'esilio in Francia, Mazzini ebbe una relazione con la nobildonna mazziniana e repubblicana Giuditta Bellerio Sidoli, vedova di Giovanni Sidoli, giovane e ricco patriota di Montecchio Emilia che aveva sposato all'età di 16 anni. Giuditta aveva condiviso con il marito la fede politica che, portandolo a cospirare contro la corte estense, aveva costretto la coppia a esiliare in Svizzera. Nel 1829 Giovanni, colpito da una grave malattia polmonare, morì a Montpellier.  Poiché la vedova non aveva ricevuto alcuna condanna, ritornò a Reggio Emilia presso la famiglia del marito con i suoi quattro figli: Maria, Elvira, Corinna e Achille. Dopo il fallimento dei moti del 1831 Giuditta dovette fuggire in Francia dove conobbe Mazzini a cui si legò sentimentalmente. Nel 1832 nacque Joseph Démosthène Adolphe Aristide Bellerio Sidoli detto Adolphe (secondo Bruno Gatta, quasi sicuramente figlio di Mazzini) che, lasciato dalla madre in affidamento, morì a soli tre anni nel 1835.  Dopo il vano tentativo del 1831 di portare dalla parte liberale il nuovo re Carlo Alberto di Savoia con la celebre lettera firmata "un italiano", il 26 ottobre 1833, insieme a Pasquale Berghini e Domenico Barberis, Mazzini fu condannato in contumacia a "morte ignominiosa" dal Consiglio Divisionario di Guerra, presieduto dal maggior generale Saluzzo Lamanta. La condanna venne poi revocata nel 1848, quando Carlo Alberto decise di concedere un'amnistia generale.   Notizia dell'arresto di Giuseppe Mazzini, Gazzetta piemontese del 16 agosto 1870 Rifugiatosi nel 1834 nella cittadina svizzera di Grenchen, nel canton Soletta, vi rimase sino a quando fu arrestato dalla polizia cantonale che gli ingiunse di lasciare la Confederazione entro 24 ore. Per impedirne l'allontanamento l'assemblea dei cittadini di Grenchen conferì al giovane profugo la cittadinanza con 122 voti a favore e 22 contrari, invalidata però dal governo cantonale. Mazzini, nascostosi nel frattempo, fu scoperto e dovette lasciare la Svizzera assieme ad altri esuli, tra i quali Agostino e Giovanni Ruffini.  Nel 1837 cominciò il lungo soggiorno a Londra (che, con alcune interruzioni, come nel 1849, durò fino al 1868), dove Mazzini raccolse attorno a sé esuli italiani e persone favorevoli al repubblicanesimo in Italia, dedicandosi, per vivere, all'attività di insegnante dei figli degli italiani; qui conobbe e frequentò anche diverse personalità inglesi, tra cui Mary Shelley (vedova del poeta P.B. Shelley), Anne Isabella Milbanke (vedova di Lord Byron, idolo di gioventù di Mazzini), il filosofo ed economista John Stuart Mill, Thomas Carlyle e sua moglie Jane Welsh, lo scrittore Charles Dickens, che finanziò la sua scuola. Il poeta decadente Algernon Swinburne gli dedicò Ode a Mazzini. Nello stesso quartiere di Mazzini visse anche Karl Marx.  Durante il soggiorno londinese Mazzini ebbe una lunga relazione di amicizia con la famiglia Craufurd, documentata da copiosa corrispondenza epistolare dal 1850 al 1872. Sempre a Londra ebbe rapporti con la famiglia di William Henry Ashurst e con il genero di questi, il politico britannico James Stansfeld, la cui consorte Caroline Ashurst Stansfeld era sostenitrice della società "Society of the Friends of Italy". Per la causa dell'unificazione italiana Mazzini collaborò anche con il secolarista George Holyoake.  Fondò poi altri movimenti politici per la liberazione e l'unificazione di vari stati europei: la Giovine Germania, la Giovine Polonia e infine la Giovine Europa. Quest'ultima, fondata nell'aprile 1834 a Berna in accordo con altri rivoluzionari stranieri, aveva tra i suoi principi ispiratori la costituzione degli Stati Uniti d'Europa. In questa occasione Mazzini estese dunque il desiderio di libertà del popolo italiano (che si sarebbe attuato con la repubblica) a tutte le nazioni europee. L'associazione rivoluzionaria europea aveva come scopo specifico l'agire dal basso in modo comune e, usando strumenti insurrezionali e democratici, realizzare nei singoli stati una coscienza nazionale e rivoluzionaria. Sulla scia della Giovine Europa Mazzini nel 1866 fonda anche l'Alleanza Repubblicana Universale.  Il movimento della Giovine Europa ebbe anche un forte ruolo di promozione dei diritti della donna, come testimonia l'opera di numerose mazziniane, tra cui la citata Bellerio Sidoli, ma anche Cristina Trivulzio di Belgiojoso e Giorgina Saffi, la moglie di Aurelio Saffi, uno dei più stretti collaboratori di Mazzini e suo erede per quanto riguarda il mazzinianesimo politico. Mazzini continuò a perseguire il suo obiettivo dall'esilio e tra le avversità con inflessibile costanza, convinto che questo fosse il destino dell'Italia e che nessuno avrebbe potuto cambiarlo. Tuttavia, nonostante la sua perseveranza, l'importanza delle sue azioni fu più ideologica che pratica.  Dopo il fallimento dei moti del 1848, durante i quali Mazzini era stato a capo della breve Repubblica Romana insieme ad Aurelio Saffi e Carlo Armellini, i nazionalisti italiani cominciarono a vedere nel re del Regno di Sardegna e nel suo Primo Ministro Camillo Benso conte di Cavour le guide del movimento di riunificazione. Ciò volle dire separare l'unificazione dell'Italia dalla riforma sociale e politica invocata da Mazzini. Cavour fu abile nello stringere un'alleanza con la Francia e nel condurre una serie di guerre che portarono alla nascita dello stato italiano tra il 1859 e il 1861, ma la natura politica della nuova compagine statale era ben lontana dalla repubblica mazziniana.  A Londra, nel 1850, per reagire alla caduta della Repubblica Romana e in continuità con essa, Mazzini fondò il Comitato Centrale Democratico Europeo e il Comitato Nazionale Italiano, lanciando il Prestito Nazionale Italiano, le cui cartelle portavano appunto lo stemma della Repubblica romana del 1849 e l'intitolazione del prestito «diretto unicamente ad affrettare l'indipendenza e l'unità d'Italia». A garanzia del prestito le cartelle recavano la firma degli ex triumviri Mazzini, Saffi e, in assenza dell'irreperibile Armellini, Mattia Montecchi. La diffusione delle cartelle nel Lombardo-Veneto ebbe come immediata conseguenza la ripresa dell'attività cospirativa e rivoluzionaria, soprattutto a Mantova..  Dopo l'Unità e ultimi anni Il 25 febbraio 1866 Messina fu chiamata al voto per eleggere i suoi deputati al nuovo parlamento di Firenze. Mazzini era candidato, nel secondo collegio, ma non poté fare campagna elettorale perché esule a Londra. Pendevano sul suo capo due condanne a morte: una inflitta dal tribunale di Genova per i moti del 1857 (il 19 novembre 1857, in primo grado, il 20 marzo 1858 in appello); un'analoga condanna a morte era stata inflitta dal tribunale di Parigi per complicità in un attentato contro Napoleone III. Inaspettatamente, Mazzini vinse con larga messe di voti (446). Il 24 marzo, dopo due giorni di discussione, la Camera annullava l'elezione in virtù delle condanne precedenti.   Il letto di morte di Mazzini, distrutto dagli aerei degli Stati Uniti durante il bombardamento di Pisa del 1943  Maschera mortuaria di Mazzini, gesso, Domus Mazziniana, Pisa Due mesi dopo gli elettori del secondo collegio di Messina tornarono alle urne: vinse di nuovo Mazzini. La Camera, dopo una nuova discussione, il 18 giugno riannullò l'elezione. Il 18 novembre Mazzini viene rieletto una terza volta; dalla Camera, questa volta, arrivò la convalida. Mazzini, tuttavia, anche nel caso fosse giunta un'amnistia o una grazia, decise di rifiutare la carica per non dover giurare fedeltà allo Statuto Albertino, la costituzione dei monarchi sabaudi. Egli infatti non accettò mai la monarchia e continuò a lottare per gli ideali repubblicani.  Nel 1868 lasciò Londra e si stabilì in Svizzera, a Lugano. Due anni dopo furono amnistiate le due condanne a morte inflitte al tempo del Regno di Sardegna: Mazzini quindi poté rientrare in Italia e, una volta tornato, si dedicò subito all'organizzazione di moti popolari in appoggio alla conquista dello Stato Pontificio. L'11 agosto partì in nave per la Sicilia, ma il 14, all'arrivo nel porto di Palermo, fu tratto in arresto (la quarta volta nella sua vita) e recluso nel carcere militare di Gaeta.  Nel febbraio 1871, partito da Basilea e in viaggio nel passo del San Gottardo, conobbe in una carrozza Friedrich Nietzsche, allora poco conosciuto filologo e docente. Questo incontro sarà testimoniato dallo stesso Nietzsche anni dopo.  Costretto di nuovo all'esilio, riuscì a rientrare in Italia sotto il falso nome di Giorgio Brown (forse un riferimento a John Brown[25]) a Pisa, il 7 febbraio del 1872. Qui, malato già da tempo, visse nascosto nell'abitazione di Pellegrino Rosselli, antenato dei fratelli Rosselli e zio della moglie di Ernesto Nathan, fino al giorno della sua morte, avvenuta il 10 marzo dello stesso anno, quando la polizia stava ormai per arrestarlo nuovamente.  Traversie della salma  Mazzini morente, Silvestro Lega La notizia della sua morte si diffuse rapidamente, commuovendo l'Italia; il suo corpo fu imbalsamato dallo scienziato Paolo Gorini, appositamente fatto accorrere da Lodi su incarico di Agostino Bertani: Gorini disinfettò la salma per permettere l'esposizione. Una folla immensa partecipò ai funerali, svoltisi nella città toscana il pomeriggio del 14 marzo, accompagnando il feretro al treno in partenza per Genova, dove venne sepolto al Cimitero monumentale di Staglieno.  Le esequie furono accompagnate dalla musica della storica Filarmonica Sestrese C. Corradi G. Secondo. Successivamente Gorini ricominciò a lavorare sul corpo di Mazzini, onde pietrificarlo secondo la sua tecnica di mummificazione; terminò il lavoro qualche anno dopo. Nel 1946 avvenne la ricognizione della mummia, che fu sistemata ed esposta al pubblico in occasione della nascita della Repubblica Italiana[26]: da allora riposa nuovamente nel sarcofago del mausoleo.  Mausoleo Benché sia incerta l'affiliazione di Mazzini alla Massoneria fu l'associazione stessa a commissionare il mausoleo all'architetto mazziniano Gaetano Vittorino Grasso che lo realizzò in stile neoclassico adornandolo con alcuni simboli massonici.  Il sepolcro reca all'esterno la scritta "Giuseppe Mazzini" e all'interno sono presenti numerose bandiere tricolori repubblicane e iscrizioni lasciate da gruppi mazziniani o da personalità come Carducci,[27]. Sulla lapide è scolpita la scritta "Giuseppe Mazzini. Un Italiano"[28], che era la firma da lui apposta nella lettera a Carlo Alberto, e l'epitaffio: «Il corpo a Genova, il nome ai secoli, l'anima all'umanità»  Affiliazione massonica Testimonianze di alcuni personaggi storici e una corrispondenza dello stesso Mazzini, citati nell'opera dello studioso Luigi Polo Friz[29] fanno ritenere che verosimilmente Mazzini, a differenza di altri celebri personaggi dell'epoca, come Garibaldi, non sia mai stato affiliato alla massoneria, anche se questa ha ripreso molti degli ideali mazziniani, simili ai suoi.  La principale obbedienza italiana, l'unica attiva all'epoca di Mazzini in Italia, il Grande Oriente d'Italia, afferma l'impossibilità di provare l'appartenenza di Mazzini, che pure ebbe influenza nella società, anche se non partecipò mai alla vita dell'associazione, occupato com'era nella causa della "sua" società segreta, la Giovine Italia. In effetti Mazzini fu carbonaro, ma la Carboneria fu presto distinta dalla massoneria.[30]  Indro Montanelli afferma invece che probabilmente Mazzini fu massone[31]. Dello stesso parere è Massimo Della Campa, che in una "Nota su Mazzini" fa riferimento al libro dell'ex-Gran Maestro del grande Oriente d'Italia Giordano Gamberini, Mille volti di massoni (Ed. Erasmo, Roma, 1976), che a p. 119 scrive a proposito di Mazzini: «Iniziato nel 1834 a Genova , secondo G. Fazzari e F. Borsari (Luce e concordia, 1° giugno 1886, dispense 3 e 4, pag. 23, colonna III). Ricevette dal Fr. Passano il 32° grado del R.S.A.A., necessario per corrispondere in Carboneria al livello di Vendita Suprema, nelle carceri di Savona. Con decreto del S. C. di Palermo il 18 giugno 1866 ricevette l'aumento di luce al 33° grado e la qualifica di membro onorario del medesimo Supremo Consiglio. Fu membro onorario delle LL. Lincoln di Lodi e Stella d'Italia di Genova. Scrivendo a Logge, Corpi rituali e Fratelli usò sempre i segni massonici. [...] Nessun contemporaneo mise mai in dubbio l'appartenenza di Mazzini alla Massoneria.»  Mazzini stesso sembrerebbe però smentire la sua partecipazione all'associazione in una lettera del 12 giugno 1867 al massone Federico Campanella, Sovrano Gran Commendatore del Supremo Consiglio del Rito scozzese antico ed accettato di Palermo, in cui, restituendogli le carte che questi gli aveva fatto recapitare scriveva:  «La Massoneria accettando da anni e anni ogni uomo, senza dichiarazioni d'opinioni politiche, s'è fatta assolutamente inutile a ogni scopo nazionale. Per farne qualche cosa bisognerebbe prima una misura d'eliminazione ed una di revisione delle file, poi una formula nazionale o politica per l'iniziazione... Chi vuol intendere intenda[32].»Pensiero politico «La patria è la casa dell'uomo, non dello schiavo»  (Giuseppe Mazzini, Ai giovani d'Italia) Per comprendere a pieno la dottrina politica di Mazzini bisogna rifarsi al pensiero religioso che ispira il periodo della Restaurazione seguito alla caduta dell'impero napoleonico.[33]  Idee diffuse in Europa all'epoca di Mazzini Nuova concezione romantica della storia  Foto di Giuseppe Mazzini dal Fondo Comandini, Biblioteca Malatestiana Nasceva allora una nuova concezione della storia[34] che smentiva quella degli illuministi basata sulla capacità degli uomini di costruire e guidare la storia con la ragione. Le vicende della Rivoluzione francese e il periodo napoleonico avevano dimostrato che gli uomini si propongono di perseguire alti e nobili fini che s'infrangono dinanzi alla realtà storica. Il secolo dei lumi era infatti tramontato nelle stragi del Terrore e il sogno di libertà nella tirannide napoleonica che, mirando alla realizzazione di un'Europa al di sopra delle singole nazioni, aveva determinato invece la ribellione dei singoli popoli proprio in nome del loro sentimento di nazionalità.  Secondo questa visione romantica dunque la storia non è guidata dagli uomini ma è Dio che agisce nella storia; esisterebbe dunque una Provvidenza divina che s'incarica di perseguire fini al di là di quelli che gli uomini si propongono di conseguire con la loro meschina ragione.[35] Da questa concezione romantica della storia, intesa come opera della volontà divina si promanano due visioni contrapposte: una è la prospettiva reazionaria che vede nell'intervento di Dio nella storia una sorta di avvento di un'apocalisse che metta fine alla storia degli uomini.  Napoleone I è stato, con le sue continue guerre, l'Anticristo di questa apocalisse: Dio segnerà la fine della storia malvagia e falsamente progressiva e allora agli uomini non rimarrà che volgersi al passato per preservare e conservare quanto di buono era stato realizzato. Si cercherà dunque in ogni modo di cancellare tutto ciò che è accaduto dalla Rivoluzione a Napoleone restaurando il passato.  La concezione reazionaria contro cui Mazzini combatté strenuamente assume un aspetto politico-religioso che troviamo nel pensiero di François-René de Chateaubriand che nel Génie du christianisme (Genio del Cristianesimo) attaccava le dottrine illuministiche prendendo le difese del cristianesimo e soprattutto nell'ideologia mistica teocratica di Joseph de Maistre, che arriva nell'opera Du pape (Il papa) (1819) al punto di auspicare un ritorno dell'alleanza tra il trono e l'altare riproponendo il modello delle comunità medioevali protette dalla religione tradizionale contro le insidie del liberalismo e del razionalismo.[36]  Un'altra prospettiva, che nasce paradossalmente dalla stessa concezione della storia guidata dalla divinità, è quella che potremo definire liberale che vede nell'azione divina una volontà diretta, nonostante tutto, al bene degli uomini escludendo che nei tempi nuovi ci sia una sorta di vendetta di Dio che voglia far espiare agli uomini la loro presunzione di creatori di storia. È questa una visione provvidenziale, dinamica della storia che troviamo in Saint Simon con la concezione di un nuovo cristianesimo per una nuova società o in Lamennais che vede nel cattolicesimo una forza rigeneratrice della vita sociale. Una concezione progressiva quindi che è presente in Italia nell'opera letteraria di Alessandro Manzoni e nel pensiero politico di Gioberti con il progetto neoguelfo e nell'ideologia mazziniana.  Concezione mazziniana «Costituire [...] l'Italia in Nazione Una, Indipendente, Libera, Repubblicana»  (G. Mazzini, Istruzione generale per gli affratellati nella Giovine Italia) Magnifying glass icon mgx2.svgMazzinianesimo. Dio e popolo «Noi cademmo come partito politico. Dobbiamo risorgere come partito religioso. L'elemento religioso è universale, immortale: universalizza e collega. Ogni grande rivoluzione ne serba impronta, e lo rivela nella propria origine o nel fine che si propone. Per esso si fonda l'associazione. Iniziatori d'un nuovo mondo, noi dobbiamo fondare l'unità morale, il cattolicismo Umanitario[37][38]»   Monumento a Giuseppe Mazzini sull'Aventino a Roma Il pensiero politico mazziniano deve dunque essere collocato in questa temperie di romanticismo politico-religioso che dominò in Europa dopo la rivoluzione del 1830 ma che era già presente nei contrasti al Congresso di Vienna tra gli ideologi che proponevano un puro e semplice ritorno al passato prerivoluzionario e i cosiddetti politici che pensavano che bisognasse operare un compromesso con l'età trascorsa.  Alcuni storici hanno fatto risalire la concezione religiosa di Mazzini all'educazione ricevuta dalla madre fervente giansenista (almeno fino agli anni '40 fa spesso riferimenti biblici ed evangelici[38]) o ad una vicinanza ideale col protestantesimo e le chiese riformate ma, secondo altri, la visione religiosa di Mazzini non coinciderebbe con quella di nessuna religione rivelata.[39]  Il personale concetto mazziniano di Dio, che per alcuni tratti è avvicinabile al deismo settecentesco, con evidenti influssi della religiosità civica e preromantica di Rousseau, per altri versi al Dio panteistico degli stoici, è alla base di una religiosità che tuttavia esige la laicità dello Stato (questo nonostante la dichiarata contraddizione poiché se, come egli crede, politica e religione coincidono, non avrebbe senso separare la sua concezione teologica da quella politica)[40] e l'assenza di intermediari tra Dio e il popolo: per ciò e per il ruolo avuto nella storia umana e italiana, Mazzini definì il Papato "la base d'ogni autorità tirannica".[41]  Un altro influsso sulla concezione religiosa mazziniana è stato visto nella considerazione che egli ebbe per la religione civile di ispirazione romana e per l'ammirazione verso la "Prima Roma", antica e pagana, che passando per la Seconda (cristiana e medievale), avrebbe preparato il campo alla Terza Roma futura; un mito questo, romantico-neoclassico, che sarà fatto proprio da Carducci e poi dal fascismo, con il filosofo Berto Ricci (1905-1941), e dalla massoneria con l'esoterista Arturo Reghini (1878-1946)[42][43][44] e avvicina il mazzinianesimo anche al culto massonico del Grande Architetto dell'Universo.  In realtà Mazzini rifiuta non solo l'ateismo (è questa una delle divisioni ideologico-teoriche che egli ebbe con altri repubblicani come Pisacane[45]) e il materialismo («...L'ateismo, il materialismo non hanno, sopprimendo Dio, una legge morale superiore per tutti e sorgente del Dovere per tutti...»[46]), ma anche il trascendente, in favore dell'immanente: egli crede nella reincarnazione[47], per poter migliorare di continuo il mondo e migliorare sé stessi. Una concezione questa tratta probabilmente da Platone o dalle religioni orientali come l'induismo e il buddismo, religioni alle quali Mazzini si era interessato.[48]  Giuseppe Mazzini e Gioacchino da Fiore Come altri patrioti, letterati[49], rivoluzionari delle società segrete francesi, inglesi e italiane Mazzini vide nell'abate calabrese Gioacchino da Fiore (circa 1130-1202), l'autore di una profezia riguardante l'avvento della Terza Età o Età dello Spirito Santo quando sarebbe sorta la Terza Italia che sarebbe rinata, libera dalle dominazioni straniere[50], come la nazione che avrebbe esercitato un primato sulle altre per la presenza della Chiesa cattolica: tema questo poi ripreso da Vincenzo Gioberti nel suo Primato morale e civile degli Italiani.  Mazzini ebbe grande interesse per Gioacchino tanto da volergli dedicare un trattato rimasto inedito Joachino, appunti per uno studio storico sull'abate Gioacchino[51], che considerava un suo precursore per gli ideali sociali e politici da realizzare tramite un'unità spirituale e storica.  Religione civile La sua è stata anche definita una religione civile dove la politica svolgeva il ruolo della fede[52] e dove la divinità si incarna in modo panteista nell'Universo e nell'Umanità stessa, che attua la Legge che nel Progresso si rivela.[38] Egli afferma di credere «che Dio è Dio, e l'Umanità è il suo Profeta»[40], che «il Popolo» è «immagine di Dio sulla terra»[40] e vi è «un Dio solo, autore di quanto esiste, Pensiero vivente, assoluto, del quale il nostro mondo è raggio e l'Universo una incarnazione».[38] Per lui non conta che la sua intima credenza sia razionale o no, come il Dio di Voltaire e Newton che è invocato come la causa prima dell'ordine naturale, poiché «Dio esiste. Noi non dobbiamo né vogliamo provarvelo: tentarlo, ci sembrerebbe bestemmia, come negarlo, follia. Dio esiste, perché noi esistiamo» anche se, specifica, «l'universo lo manifesta con l'ordine, con l'armonia, con l'intelligenza dei suoi moti e delle sue leggi».[40]  Mazzini era altresì convinto che fosse ormai presente nella storia un nuovo ordinamento divino nel quale la lotta per raggiungere l'unità nazionale assumeva un significato provvidenziale. «Operare nel mondo significava per il Mazzini collaborare all'azione che Dio svolgeva, riconoscere ed accettare la missione che uomini e popoli ricevono da Dio».[53] Per questo bisogna «mettere al centro della propria vita il dovere, senza speranza di premio, senza calcoli di utilità».[53] Quello di Mazzini era un progetto politico, ma mosso da un imperativo religioso che nessuna sconfitta, nessuna avversità avrebbe potuto indebolire. «Raggiunta questa tensione di fede, l'ordine logico e comune degli avvenimenti veniva capovolto; la disfatta non provocava l'abbattimento, il successo degli avversari non si consolidava in ordine stabile.».[53]  La storia dell'umanità dunque sarebbe una progressiva rivelazione della Provvidenza divina che, di tappa in tappa, si dirige verso la meta predisposta da Dio.  Esaurito il compito del Cristianesimo, chiusasi l'era della Rivoluzione francese ora occorreva che i popoli prendessero l'iniziativa per «procedere concordi verso la meta fissata al progresso umano».[53] Ogni singolo individuo, come la collettività, tutti devono attuare la missione che Dio ha loro affidato e che attraverso la formazione ed educazione del popolo stesso, reso consapevole della sua missione, si realizzerà attraverso due fasi: Patria e Umanità.  Patria e umanità  Targa in onore di Mazzini sulla casa londinese Senza una patria libera nessun popolo può realizzarsi né compiere la missione che Dio gli ha affidato; il secondo obiettivo sarà l'Umanità che si realizzerà nell'associazione dei liberi popoli sulla base della comune civiltà europea attraverso quello che Mazzini chiama il banchetto delle Nazioni sorelle. Un obiettivo dunque ben diverso da quella confederazione europea immaginata da Napoleone dove la Francia avrebbe esercitato il suo primato egemonico di Grande Nation.  La futura unità europea non si realizzerà attraverso una gara di nazionalismi ma attraverso una nobile emulazione dei liberi popoli per costruire una nuova libertà. Il processo di costruzione europea, secondo Mazzini, doveva svolgersi prima di tutto attraverso l'affermazione delle nazionalità oppresse, come quelle facenti parte dell'Impero asburgico, e poi anche di quelle che non avevano ancora raggiunto la loro unità nazionale.  Iniziativa italiana In questo processo unitario europeo spetta all'Italia un'alta missione: quella di riaprire, conquistando la sua libertà, la via al processo evolutivo dell'Umanità: la redenzione nazionale italiana apparirà improvvisa come una creazione divina al di fuori di ogni inutile e inefficace metodo graduale politico diplomatico di tipo cavouriano. L'iniziativa italiana che avverrà sulla base della fraternità tra i popoli e non rivendicando alcuna egemonia, come aveva fatto la Francia, consisterà quindi nel dare l'esempio per una lotta che porterà alla sconfitta delle due colonne portanti della reazione, di quella politica dell'Impero Asburgico e di quella spirituale della Chiesa cattolica. Raggiunti gli obiettivi primari dell'unità e della Repubblica attraverso l'educazione e l'insurrezione del popolo, espressi dalla formula di Pensiero ed azione, l'Italia darà quindi il via a questo processo di unificazione sempre più vasta per la creazione di una terza civiltà formata dall'associazione di liberi popoli.  Funzione della politica  Il mausoleo di Giuseppe Mazzini nel cimitero monumentale di Staglieno, realizzato dall'architetto mazziniano Gaetano Vittorino Grasso (1849-1899) La politica è scontro tra libertà e dispotismo e tra queste due forze non è possibile trovare un compromesso: si sta svolgendo una guerra di principi che non ammette transazioni; Mazzini esorta la popolazione a non accontentarsi delle riforme che erano degli accomodamenti gestiti dall'alto: non radicavano, cioè, nello spirito del tempo quella libertà e quell'uguaglianza di cui il popolo aveva bisogno.  La logica della politica è logica di democrazia e libertà, non accettabili dalle forze reazionarie; contro di esse è necessaria una brusca rottura rivoluzionaria: alla testa del popolo vi dovrà essere la classe colta (che non può più sopportare il giogo dell'oppressione) e i giovani (che non possono più accettare le anticaglie dell'antico regime). Questa rivoluzione deve portare alla Repubblica, la quale garantirà l'istruzione popolare.  La rivoluzione, che è anche pedagogico strumento di formazione di virtù personali e collettive, deve iniziare per ondate, accendendo focolai di rivolta che incitino il popolo inconsapevole a prendere le armi. Una volta scoppiata la rivoluzione si dovrà costituire un potere dittatoriale (inteso come potere straordinario alla maniera dell'Antica Roma, non come tirannide) che gestisca temporaneamente la fase post-rivoluzionaria. Il governo verrà restituito al popolo non appena il fine della rivoluzione verrà raggiunto, il prima possibile.  La Giovane Italia deve educare alla gestione della cosa pubblica, ad essere buoni cittadini, non è, perciò, esclusivamente uno strumento di organizzazione rivoluzionaria. Il popolo deve avere diritti e doveri, mentre la Rivoluzione Francese si è concentrata esclusivamente sui diritti individuali: fermandosi ai diritti dell'individuo aveva dato vita ad una società egoista; l'utile per una società non va mai considerato secondo il bene di un singolo soggetto ma secondo il bene collettivo.[54] Mazzini non crede nell'eguaglianza predicata dal marxismo e al sogno della proprietà comune sostituisce il principio dell'associazionismo, che è comunque un superamento dell'egoismo individuale.Questione sociale Mazzini affrontò la questione sociale negli scritti più tardi, ad esempio nei Doveri dell'uomo (1860). Egli rifiuta il marxismo, convinto com'è che per spingere il popolo alla rivoluzione sia prioritario indicargli l'obiettivo dell'unità, della repubblica e della democrazia. Mazzini fu tra i primi a considerare la grave questione sociale presente che era soprattutto in Italia la questione contadina, come gli indicava Carlo Pisacane,[55] ma egli pensava che questa dovesse essere affrontata e risolta solo dopo il raggiungimento dell'unità nazionale e non attraverso lo scontro delle classi, ma con una loro collaborazione (interclassismo), da raggiungersi però organizzando l'associazionismo e il mutualismo fra gli operai, il soggetto più debole.   Foto di Mazzini Un programma il suo di solidarietà nazionale che se non contemplava l'autonomia culturale e politica del proletariato non si rivolse solo al ceto medio cittadino, agli intellettuali, agli studenti, fra i quali raccolse i consensi più ampi, ma anche agli artigiani e ai settori più consapevoli dei propri diritti fra gli operai.  Mazzini criticò il marxismo e fu da Karl Marx biasimato per gli aspetti dottrinali idealistici e per gli atteggiamenti profetici che egli assumeva nel suo ruolo di educatore religioso e politico del popolo. Marx, risentito per gli attacchi di Mazzini al comunismo, da lui definito col termine inglese «dictatorship» (cioè «dittatura»), lo definì in alcuni articoli «teopompo» (cioè «inviato di Dio») e «papa della chiesa democratica», dandogli anche sprezzantemente del «vecchio somaro» e paragonandolo a Pietro l'Eremita. Forte sarà il contrasto tra Marx e l'inviato personale di Mazzini (oltre che con Garibaldi che ne prese le difese) alla Prima Internazionale.[56][57]  Mazzini criticava i socialisti per il proclamato internazionalismo dei loro tempi, venato di anarchismo e di forte negazionismo, per l'attenzione da essi rivolta verso gli interessi di una sola classe: il proletariato. Inoltre egli definiva arbitrario e impossibile a pretendere l'abolizione della proprietà privata: così si sarebbe dato un colpo mortale all'economia che non avrebbe premiato più i migliori. La critica maggiore era rivolta contro il rischio che le ideologie socialiste estremistiche portassero a un totalitarismo: egli previde con lungimiranza quello che avverrà con la Rivoluzione d'ottobre del 1917 in Russia, cioè la formazione di una nuova classe di padroni politici e lo schiacciamento dell'individuo nella macchina industriale del socialismo reale.[58]  Da queste critiche ne venne la valutazione negativa di Mazzini sulla rivolta che portò alla Comune di Parigi del 1871. Mentre per Marx e Michail Bakunin quello della Comune era stato un primo tentativo di distruggere lo stato accentratore borghese realizzando dal basso un nuovo tipo di stato, Mazzini, legato al concetto di Stato-nazione romantico, invece criticò la Comune vedendo in essa la fine della nazione, la minaccia di uno smembramento della Francia. Per salvaguardare l'economia e allo stesso tempo per tutelare i più poveri, Mazzini punta su una forma di lavoro cooperativo: l'operaio dovrà guardare oltre una lotta basata solo sul salario ma promuovere spazi via via crescenti di economia sociale con elementi di «piena responsabilità e proprietà sull'impresa».  Mazzini puntava sul superamento in senso sociale e democratico del capitalismo imprenditoriale classico, anticipando in questo sia le teorie distribuzioniste sia le teorie che esaltano il valore dell'associazione fra i produttori. In Doveri dell'uomo scrisse: «Non bisogna abolire la proprietà perché oggi è di pochi; bisogna aprire la via perché i molti possano acquistarla. Bisogna richiamarla al principio che la renda legittima, facendo sì che solo il lavoro possa produrla.[59]»  La sua influenza sulla prima fase del movimento operaio fu per questo molto importante e anche il fascismo, in particolare la sua corrente repubblicana e socializzatrice, si ispirerà al pensiero economico mazziniano come terza via corporativa tra il modello capitalista e quello marxista.  Cospirazioni e fallimento dei moti mazziniani  Mazzini in una fotografia con autografo scattata da Domenico Lama I moti mazziniani, ispirati ad un'ideologia repubblicana e antimonarchica furono considerati sovversivi e quindi perseguiti da tutte le monarchie italiane dell'epoca. Per i governi costituiti i mazziniani altro non erano che terroristi e come tali furono sempre condannati.  «Trovai tutti persuasi che la Giovine Italia era pazzia; pazzia le sette, pazzie il cospirare, pazzie le rivoluzioncine fatte sino a quel giorno, senza capo né coda»  (Massimo d'Azeglio, Degli ultimi casi di Romagna) Giovine Italia (1831) «Su queste classi [...] così fortemente interessate al mantenimento dell'ordine sociale le dottrine sovversive della Giovine Italia non hanno presa. Perciò ad eccezione dei giovani presso i quali l'esperienza non ha ancora modificate le dottrine assorbite nell'atmosfera eccitante della scuola, si può affermare che non esiste in Italia se non un piccolissimo numero di persone seriamente disposte a mettere in pratica i principi esaltati di una setta inasprita dalla sventura.»  (Camillo Benso conte di Cavour[60]) Magnifying glass icon mgx2.svg Giovine Italia.  Busto di Mazzini a Central Park a New York Nel 1831 Mazzini si trovava a Marsiglia in esilio dopo l'arresto e il processo subito l'anno prima in Piemonte a causa della sua affiliazione alla Carboneria. Non potendosi provare la sua colpevolezza infatti la polizia sabauda lo costrinse a scegliere tra il confino in un paesino del Piemonte e l'esilio. Mazzini preferì affrontare l'esilio e nel febbraio del 1831 passò in Svizzera, da qui a Lione e infine a Marsiglia. Qui entrò in contatto con i gruppi di Filippo Buonarroti e col movimento sainsimoniano allora diffuso in Francia.  Con questi si avviò un'analisi del fallimento dei moti nei ducati e nelle Legazioni pontificie del 1831. Si concordò sul fatto che le sette carbonare avevano fallito innanzitutto per la contraddittorietà dei loro programmi e per l'eterogeneità delle classi che ne facevano parte. Non si era riusciti poi a mettere in atto un collegamento più ampio delle insurrezioni per le ristrettezze provinciali dei progetti politici, com'era accaduto nei moti di Torino del 1821 quand'era fallito ogni tentativo di collegamento con i fratelli lombardi. Infine bisognava desistere, come nel 1821, dal ricercare l'appoggio dei principi e, come nei moti del '30-31, dei francesi.  Con la fondazione della Giovine Italia nel 1831 il movimento insurrezionale andava organizzato su precisi obiettivi politici: indipendenza, unità, libertà. Occorreva poi una grande mobilitazione popolare poiché la liberazione italiana non si poteva conseguire attraverso l'azione di pochi settari ma con la partecipazione delle masse. Rinunciare infine ad ogni concorso esterno per la rivoluzione: «La Giovine Italia è decisa a giovarsi degli eventi stranieri, ma non a farne dipendere l'ora e il carattere dell'insurrezione».[61]   La bandiera della Giovine Italia Gli strumenti per raggiungere queste mete erano l'educazione e l'insurrezione. Quindi bisognava che la Giovane Italia perdesse il più possibile il carattere di segretezza, conservando quanto necessario a difendersi dalle polizie, ma acquistasse quello di società di propaganda, un'«associazione tendente anzitutto a uno scopo di insurrezione, ma essenzialmente educatrice fino a quel giorno e dopo quel giorno»[62]anche attraverso il giornale La Giovine Italia, fondato nel 1832del messaggio politico della indipendenza, dell'unità e della repubblica.  Negli anni 1833 e 1834, durante il periodo dei processi in Piemonte e il fallimento della spedizione di Savoia, l'associazione scomparve per quattro anni, ricomparendo solo nel 1838 in Inghilterra. Dieci anni dopo, il 5 maggio 1848, l'associazione fu definitivamente sciolta da Mazzini, che fondò al suo posto l'Associazione Nazionale Italiana.  Fallimento del moto in Savoia (1833) Entusiastiche adesioni al programma della Giovane Italia si ebbero soprattutto tra i giovani in Liguria, in Piemonte, in Emilia e in Toscana che si misero subito alla prova organizzando negli anni 1833 e 1834 una serie di insurrezioni che si conclusero tutte con arresti, carcere e condanne a morte. Nel 1833 organizza il suo primo tentativo insurrezionale che aveva come focolai rivoluzionari Chambéry, Torino, Alessandria e Genova dove contava vaste adesioni nell'ambiente militare.  Prima ancora che l'insurrezione iniziasse la polizia sabauda a causa di una rissa avvenuta fra i soldati in Savoia, scoprì e arrestò molti dei congiurati, che furono duramente perseguiti poiché appartenenti a quell'esercito sulla cui fedeltà Carlo Alberto aveva fondato la sicurezza del suo potere. Fra i condannati figuravano i fratelli Giovanni e Jacopo Ruffini, amico personale di Mazzini e capo della Giovine Italia di Genova, l'avvocato Andrea Vochieri e l'abate torinese Vincenzo Gioberti. Tutti subirono un processo dal tribunale militare, e dodici furono condan morte, fra questi anche il Vochieri, mentre Jacopo Ruffini pur di non tradire si uccise in carcere mentre altri riuscirono a salvarsi con la fuga.  Tentativo d'invasione della Savoia e moto di Genova (1834) Magnifying glass icon mgx2.svgInvasione della Savoia del 3 febbraio 1834.  L'incontro di Mazzini con Giuseppe Garibaldi nella sede della Giovine Italia Il fallimento del primo moto non fermò Mazzini, convinto che era il momento opportuno e che il popolo lo avrebbe seguito. Si trovava a Ginevra, quando assieme ad altri italiani e alcuni polacchi, organizzava un'azione militare contro lo stato dei Savoia. A capo della rivolta aveva messo il generale Gerolamo Ramorino, che aveva già preso parte ai moti del 1821, questa scelta però si rivelò un fallimento, perché il Ramorino si era giocato i soldi raccolti per l'insurrezione e di conseguenza rimandava continuamente la spedizione, tanto che quando il 2 febbraio 1834, si decise a passare con le sue truppe il confine con la Savoia, la polizia, ormai allertata da tempo, disperse i volontari con molta facilità.  Nello stesso tempo doveva scoppiare una rivolta a Genova, sotto la guida di Giuseppe Garibaldi, che si era arruolato nella marina da guerra sarda per svolgere propaganda rivoluzionaria tra gli equipaggi. Quando giunse sul luogo dove avrebbe dovuto iniziare l'insurrezione però, non trovò nessuno, e così rimasto solo, dovette fuggire. Fece appena in tempo a salvarsi dalla condanna a morte emanata contro di lui, salendo su una nave in partenza per l'America del Sud dove continuerà a combattere per la libertà dei popoli.  Mazzini, invece, poiché aveva personalmente preso parte alla spedizione con Ramorino, fu espulso dalla Svizzera e dovette cercare rifugio in Inghilterra. Lì continuò la propria azione politica attraverso discorsi pubblici, lettere e scritti su giornali e riviste, aiutando a distanza gli italiani a mantenere il desiderio di unità e indipendenza. Anche se l'insuccesso dei moti fu assoluto, dopo questi eventi la linea politica di Carlo Alberto mutò, temendo che reazioni eccessive potessero diventare pericolose per la monarchia.  Tempesta del dubbio (1836) «La vita mi pesa, ma credo sia debito di ciascun uomo di non gettarla, se non virilmente o in modo che rechi testimonianza della propria credenza.»  (Giuseppe Mazzini, lettera di risposta ad Angelo Usiglio, Londra, 1837) Altri tentativi pure falliti si ebbero a Palermo, in Abruzzo, nella Lombardia austriaca, in Toscana. Il fallimento di tanti generosi sforzi e l'altissimo prezzo di sangue pagato fecero attraversare a Mazzini quella che egli chiamò la tempesta del dubbio, una fase di depressione, in cui, come in gioventù, come ricorda nelle Note autobiografiche, pensò anche al suicidio, da cui uscì religiosamente convinto ancora una volta della validità dei propri ideali politici e morali. Dall'esilio di Londra (1837), dopo essere stato espulso dalla Svizzera, riprese quindi il suo apostolato insurrezionale. Nello stesso periodo esce il saggio La filosofia della musica sulla rivista L'italiano pubblicata a Parigi.Fratelli Bandiera (1844) Magnifying glass icon mgx2.svgFratelli Bandiera.  Esecuzione dei fratelli Bandiera a Cosenza Nobili, figli dell'ammiraglio Francesco Bandiera e, a loro volta, ufficiali della Marina da guerra austriaca, aderirono alle idee mazziniane e fondarono una loro società segreta, l'Esperia[63] e con essa tentarono di effettuare una sollevazione popolare nel Sud Italia.  Il 13 giugno 1844, i fratelli Emilio e Attilio Bandiera partirono da Corfù (dove avevano una base allestita con l'ausilio del barese Vito Infante) alla volta della Calabria seguiti da 17 compagni, dal brigante calabrese Giuseppe Meluso e dal corso Pietro Boccheciampe. Il 15 marzo dello stesso anno era loro giunta infatti la notizia dello scoppio di una rivolta a Cosenza che essi credevano condotta nel nome di Mazzini. In realtà non solo la ribellione non aveva alcuna motivazione patriottica ma era già stata domata dall'esercito borbonico.  Il 16 giugno 1844 quando sbarcarono alla foce del fiume Neto, vicino a Crotone, appresero che la rivolta era già stata repressa nel sangue e al momento non era in corso alcuna ribellione all'autorità del re. Il Boccheciampe, appresa la notizia che non c'era alcuna sommossa a cui partecipare, sparì e andò al posto di polizia di Crotone per denunciare i compagni. I due fratelli vollero lo stesso continuare l'impresa e partirono per la Sila.  Subito iniziarono le ricerche dei rivoltosi ad opera delle guardie civiche borboniche, aiutate da comuni cittadini che credevano i mazziniani dei briganti; dopo alcuni scontri a fuoco, vennero catturati (meno il brigante Giuseppe Meluso, buon conoscitore dei luoghi, che riuscì a sfuggire alla cattura) e portati a Cosenza, dove i fratelli Bandiera con altri 7 compagni vennero fucilati nel Vallone di Rovito il 25 luglio 1844.  Il re Ferdinando II ringraziò la popolazione locale per il grande attaccamento dimostrato alla Corona e la premiò concedendo medaglie d'oro e d'argento e pensioni generose. «Mazzini, colpito da tanta fermezza e da tanta sventura, restò commosso da quell'efferata barbarie e celebrò la memoria di quei martiri in un opuscolo uscito a Parigi nel 1845».[64] Mazzini vedendo nel loro sacrificio la realizzazione dei propri ideali così scriveva in un opuscolo a loro dedicato: «Il martirio non è sterile mai. Il martirio per un'Idea è la più alta formula che l'Io umano possa raggiungere per esprimere la propria missione; e quando un giusto sorge di mezzo a' suoi fratelli giacenti ed esclamaecco: questo è il vero, e io, morendo, l'adorouno spirito di nuova vita si trasfonde per tutta l'umanità [...]. I sagrificati di Cosenza hanno insegnato a noi tutti che l'uomo deve vivere e morire per le proprie credenze: hanno provato al mondo che gl'Italiani sanno morire: hanno convalidato per tutta l'Europa l'opinione che una Italia sarà. [...] Voi potete uccidere pochi uomini, ma non l'Idea. l'Idea è immortale[65]»  Repubblica Romana (1849) Magnifying glass icon mgx2.svgRepubblica Romana (1849).  Bandiera della Repubblica Romana Dopo i moti del 1848-49, Mazzini fu a capo, con Aurelio Saffi e Carlo Armellini della Repubblica Romana, soppressa dalla reazione francese nel 1849. Fu l'ultima rivolta a cui Mazzini prese parte direttamente.  Moto di Milano (1853) e sollevazione in Valtellina (1854) Magnifying glass icon mgx2.svgRivolta di Milano (1853). Ispirato al mazzinianesimo e alle ideologie socialiste fu il moto di Milano del 1853, a cui tuttavia Mazzini non prese parte, e che fallì; analoga sorte ebbe la rivolta in Valtellina dell'anno seguente. Nel moto milanese si mise in luce Felice Orsini, che di lì a poco avrebbe rotto con Mazzini e organizzato l'attentato a Napoleone III, fermamente condannato dal genovese poiché risoltosi in una strage di cittadini innocenti.  Spedizione di Sapri (1857) Magnifying glass icon mgx2.svgSpedizione di Sapri.  Carlo Pisacane Il piano originale, secondo il metodo insurrezionale mazziniano, prevedeva di accendere un focolaio di rivolta in Sicilia dove era molto diffuso il malcontento contro i Borboni, e da lì estenderla a tutto il Mezzogiorno d'Italia. Successivamente invece si pensò più opportuno partendo dal porto di Genova di sbarcare a Ponza per liberare alcuni prigionieri politici lì rinchiusi, per rinforzare le file della spedizione e infine dirigersi a Sapri, che posta al confine tra Campania e Basilicata, era ritenuta un punto strategico ideale per attendere dei rinforzi e marciare su Napoli.  Il 25 giugno 1857 Carlo Pisacane s'imbarcò con altri ventiquattro sovversivi, tra cui Giovanni Nicotera e Giovan Battista Falcone, sul piroscafo di linea Cagliari, della Società Rubattino, diretto a Tunisi. Il 26 giugno sbarcò a Ponza dove, sventolando il tricolore, riuscì agevolmente a liberare 323 detenuti, poche decine dei quali per reati politici per il resto delinquenti comuni, aggregandoli quasi tutti alla spedizione. Il 28, il Cagliari ripartì carico di detenuti comuni e delle armi sottratte al presidio borbonico. La sera i congiurati sbarcarono a Sapri, ma non trovarono ad accoglierli quelle masse rivoltose che si attendevano. Anzi furono affrontati dalle falci dei contadini ai quali le autorità borboniche avevano per tempo annunziato lo sbarco di una banda di ergastolani evasi dall'isola di Ponza.  Il 1º luglio, a Padula vennero circondati e 25 di loro furono massacrati dai contadini. Gli altri, per un totale di 150, vennero catturati e consegi gendarmi. Pisacane, con Nicotera, Falcone e gli ultimi superstiti, riuscirono a fuggire a Sanza dove furono ancora aggrediti dalla popolazione: perirono in 83; Pisacane e Falcone si suicidarono con le loro pistole, mentre quelli scampati all'ira popolare furono poi processati nel gennaio del 1858. Condan morte, furono graziati dal Re, che tramutò la pena in ergastolo.  Senso dell'impresa Pur essendo quella di Sapri un'impresa tipicamente mazziniana, condotta «senza speranza di premio», in effetti essa rispondeva alle idee politiche di Pisacane che si era allontanato dalla dottrina del Maestro per accostarsi a un socialismo libertario espresso dalla formula "Libertà e associazione". Contrariamente a Mazzini che riguardo alla questione sociale proponeva una soluzione interclassista solo dopo aver risolto il problema unitario, Pisacane pensava infatti che per arrivare ad una rivoluzione patriottica unitaria e nazionale occorresse prima risolvere la questione contadina che era quella della riforma agraria. Come lasciò scritto nel suo testamento politico in appendice al Saggio sulla rivoluzione, «profonda mia convinzione di essere la propaganda dell'idea una chimera e l'istruzione popolare un'assurdità. Le idee nascono dai fatti e non questi da quelle, ed il popolo non sarà libero perché sarà istrutto, ma sarà ben tosto istrutto quando sarà libero».  Vicino agli ideali mazziniani era Pisacane invece quando aggiungeva nello stesso scritto che quand'anche la rivolta fallisse «ogni mia ricompensa io la troverò nel fondo della mia coscienza e nell'animo di questi cari e generosi amici... che se il nostro sacrificio non apporta alcun bene all'Italia, sarà almeno una gloria per essa aver prodotto figli che vollero immolarsi al suo avvenire»[66]. La spedizione fallita ebbe in effetti il merito di riproporre all'opinione pubblica italiana la questione napoletana, la liberazione cioè del Mezzogiorno italiano dal malgoverno borbonico che il politico inglese William Ewart Gladstone definiva «negazione di Dio eretta a sistema di governo». Infine il tentativo di Pisacane sembrava riproporre la possibilità di un'alternativa democratico-popolare come soluzione al problema italiano: era un segnale d'allarme che costituì per il governo di Vittorio Emanuele II uno stimolo ad affrettare i tempi dell'azione per realizzare la soluzione diplomatico militare dell'unità italiana.  Appoggio a Garibaldi e ultimi tentativi Mazzini appoggiò moralmente la spedizione dei Mille di Giuseppe Garibaldi, che egli considerava una valida opposizione a Cavour. Dopo l'Unità riprese la lotta repubblicana, ma le persecuzioni della polizia sabauda e le condizioni di salute limitarono i suoi ultimi tentativi.  Controversie  Stampa raffigurante Mazzini con l'epitaffio della tomba a Staglieno Conflitto con Cavour Giuseppe Mazzini, che dopo la sua attività cospirativa degli anni 1827-1830 fu esiliato dal governo piemontese a Ginevra, fu uno strenuo oppositore della guerra di Crimea, che costò un'ingente perdita di soldati al regno sardo. Egli rivolse un appello ai militari in partenza per il conflitto: «Quindicimila tra voi stanno per essere deportati in Crimea. Non uno forse tra voi rivedrà la propria famiglia. Voi non avrete onore di battaglie. Morrete, senza gloria, senza aureola, di splendidi fatti da tramandarsi per voi, conforto ultimo ai vostri cari. Morrete per colpa di governi e capi stranieri. Per servire un falso disegno straniero, l'ossa vostre biancheggeranno calpestate dal cavallo del cosacco, su terre lontane, né alcuno dei vostri potrà raccoglierle e piangervi sopra. Per questo io vi chiamo, col dolore dell'anima, "deportati".»  (Giuseppe Mazzini[67]) Quando nel 1858, Napoleone III scampò all'attentato teso da Felice Orsini e Giovanni Andrea Pieri, il governo di Torino incolpò Mazzini (Cavour lo avrebbe definito "il capo di un'orda di fanatici assassini"[68] oltreché "un nemico pericoloso quanto l'Austria"),[69] poiché i due attentatori avevano militato nel suo Partito d'Azione. Secondo Denis Mack Smith, Cavour aveva in passato finanziato i due rivoluzionari a causa della loro rottura con Mazzini e, dopo l'attentato a Napoleone III e la conseguente condanna dei due, alla vedova di Orsini fu assicurata una pensione.[70]  Cavour al riguardo fece anche pressioni politiche sulla magistratura per far giudicare e condannare la stampa radicale.[71] Egli, inoltre, favorì l'agenzia Stefani con fondi segreti sebbene lo Statuto vietasse privilegi e monopoli ai privati.[72] Così l'agenzia Stefani, forte delle solide relazioni con Cavour divenne, secondo il saggista Gigi Di Fiore, un fondamentale strumento governativo per il controllo mediatico nel Regno di Sardegna.[73] Mazzini, intanto, oltre ad aver condannato il gesto di Orsini e Pieri, espose un attacco nei confronti del primo ministro, pubblicato sul giornale Italia del popolo: «Voi avete inaugurato in Piemonte un fatale dualismo, avete corrotto la nostra gioventù, sostituendo una politica di menzogne e di artifici alla serena politica di colui che desidera risorgere. Tra voi e noi, signore, un abisso ci separa. Noi rappresentiamo l'Italia, voi la vecchia sospettosa ambizione monarchica. Noi desideriamo soprattutto l'unità nazionale, voi l'ingrandimento territoriale»  (Giuseppe Mazzini[74])Timori di Mazzini per la cessione della Sardegna  Estratto di articolo di giornale inglese Mazzini temeva che Cavour, dopo la cessione della Savoia e di Nizza, potesse cedere anche la Sardegna, una delle cosiddette “tre Irlande”,[75][76] sulla base di altri supposti accordi segreti di Cavour con la Francia, in cambio di una definitiva unificazione italiana, accordi che preoccupavano anche l’Inghilterra, la quale era intervenuta presso Cavour per avere rassicurazioni sul fatto che non sarebbe stato ceduto altro territorio italiano alla Francia: «Il 22 maggio 1860, Lord John Russell commentava a Sir James Hudson, in Torino, di dire al Conte di Cavour, che il Governo inglese, informato di un disegno per la cessione della Sardegna alla Francia, protestava e chiedeva promessa formale di non cedere territorio italiano. Il dispaccio era comunicato il 26 a Cavour.»  (da Scritti editi e inediti di Giuseppe Mazzini, per cura della Commissione editrice degli scritti di Giuseppe Mazzini, Roma, 1884,  XIII,[77]) Riguardo alla cessione della Sardegna alla Francia, Mazzini affermava anche: «[...] [L]'opposizione minacciosa dell’Inghilterra e la nostra, possono renderlo praticamente impossibile.»  (da Scritti editi ed inediti di Giuseppe Mazzini, per cura della Commissione editrice degli scritti di Giuseppe Mazzini, Roma, 1884,  XIII) Alcune affermazioni di Giovanni Battista Tuveri, esponente del cattolicesimo federalista, deputato per due volte al Parlamento Subalpino e amico di Mazzini, confermano la possibilità di accordi segreti relativi alla cessione della Sardegna alla Francia per una definitiva unificazione del resto della penisola: «Vicino a Mazzini ed a Cattaneo, ma con una propria originalità di pensiero, il Tuveri fu sempre fedele alle sue convinzioni federaliste o, in mancanza di meglio, autonomiste, né esitò ad impegnarsi nell'azione pratica quando nel 1860-61 circolò insistente la voce che Cavour, dopo Nizza e la Savoia, intendesse cedere alla Francia anche la Sardegna.[78]»  Anche il giornale britannico "The Illustrated London News" del 27 luglio 1861 citava l'inopportunità di cedere la Sardegna alla Francia, commento che aveva suscitato reazioni nella stampa francese e fatto suggerire altre ipotesi.[79]  Ruolo storico di Mazzini  Mazzini nel 1846 Mazzini suscitò «continuamente energie, affascinò per quarant'anni ogni ondata di gioventù [...] e intanto gli anziani gli sfuggivano».[80] Quasi tutti i grandi personaggi del Risorgimento aderirono al mazzinianesimo ma pochi vi restarono. Il contenuto religioso profetico del pensiero del Maestro, in un certo modo rivelatore di una nuova fede, imbrigliava l'azione politica. Mazzini infatti non aveva «la duttilità e la mutevolezza necessaria per dominare e imprigionare razionalmente le forze». Per questo occorreva una capacità di compromesso politico propria dell'uomo di governo come fu Cavour; «[i]l compito di Mazzini fu invece quello di creare l'"animus"». Quando sembrava che il problema italiano non avesse via d'uscita «ecco per opera sua la gioventù italiana sacrificarsi in una suprema protesta. I sacrifici parevano sterili», ma invece risvegliavano l'opinione pubblica italiana e europea. La tragedia della Giovine Italia «impose il problema italiano a una sempre più vasta sfera d'Italiani: che reagì sì con un programma più moderato ma infine entrò in azione e quegli stessi ex mazziniani che avevano rinnegato il Maestro aderendo al moderatismo riformista alla fine dovettero abbandonare ogni progetto federalista e acconsentire all'entusiasmo popolare suscitato dalle idee mazziniane di un riordinamento unitario italiano».[81]  Le idee politiche di Mazzini furono alla base della nascita del Partito Repubblicano Italiano nel 1895. Tramite la Costituzione della Repubblica Romana, ispirata al mazzinianesimo e considerata un modello per molto tempo, fu uno dei pensatori le cui idee furono alla base della Costituzione Italiana del 1948. Inoltre ebbe una grande influenza anche fuori dall'Italia: politici occidentali come Thomas Woodrow Wilson (con i suoi Quattordici Punti) e David Lloyd George e molti leader post-coloniali tra i quali Gandhi, Golda Meir, David Ben-Gurion, Nehru e Sun Yat-sen consideravano Mazzini il proprio maestro e il testo mazziniano Dei doveri dell'uomo come la propria "Bibbia" morale, etica e politica.[82]  Mazzini conteso tra fascismo e antifascismo  Mazzini sul letto di morte L'eredità ideale e politica del pensiero di Giuseppe Mazzini è stata a lungo oggetto di dibattito tra opposte interpretazioni, in particolare durante il Fascismo e la Resistenza. Già nel settembre 1922, prima dell'avvento del fascismo, il cinquantenario della sua morte fu celebrato con una serie di francobolli. In seguito, nel Ventennio fascista Mazzini fu oggetto di citazioni in libri, articoli, discorsi, fino al punto d'essere considerato una sorta di precursore del regime di Mussolini.[83]. Secondo un appunto diaristico (intitolato "Ripresa mazziniana") di Giuseppe Bottai, però, l'utilizzo che ne fece Mussolini fu sempre strumentale[84].  La popolarità di Mazzini durante il periodo fascista è dovuta anche ai numerosi repubblicani che confluirono nei Fasci di combattimento, iniziando il loro percorso di avvicinamento a Mussolini durante la battaglia interventista, soprattutto nelle aree dove maggiore era la presenza del PRI, cioè in Romagna e nelle Marche. Nel 1917, sulle pagine de L'Iniziativa, l'organo di stampa del PRI, si guardava a Mussolini come al «magnifico bardo del nostro interventismo».[85]  Particolare fu il caso di Bologna, città in cui i repubblicani Pietro Nenni, Guido e Mario Bergamo presero parte attivamente nel 1919 alla fondazione del primo Fascio di combattimento emiliano per poi abbandonarlo poco dopo diventando avversari del fascismo. Tra i più famosi repubblicani che aderirono al fascismo vi furono Italo Balbo (che si era laureato con una tesi su "Il pensiero economico e sociale di Mazzini" e del quale lo storico Claudio Segrè ha scritto: «Balbo, prima di aderire al Fascismo nel '21, esitò a lasciare i repubblicani fino all'ultimo momento e considerò la possibilità di mantenere la doppia iscrizione»[86]), Curzio Malaparte e Berto Ricci, che nel fascismo vedeva la perfetta sintesi fra «la Monarchia di Dante e il Concilio di Mazzini».[87]  L'intellettuale mazziniano Delio Cantimori, nella prima fase del suo percorso politico che lo portò prima ad aderire al fascismo poi al comunismo, considerava il fascismo «compimento della rivoluzione nazionale iniziatasi con il Risorgimento, che doveva riuscire dove il processo risorgimentale e il cinquantennio successivo avevano fallito: nell'inserimento e nell'integrazione delle masse nello stato nazionale, nella creazione di una più vera democrazia, ben diversa dal "parlamentarismo" e lontana dall'"affarismo", dal "particolarismo", dall'"inerzia" che avevano caratterizzato l'Italia liberale».[88]. Inizialmente la tesi delle origini risorgimentali del fascismo fu fatta propria anche dai comunisti: nel 1931 Palmiro Togliatti, polemizzando con il movimento Giustizia e Libertà e il suo fondatore Carlo Rosselli, in un articolo su Lo Stato operaio criticò il Risorgimento e indicò in Mazzini un precursore del fascismo[89]: «La tradizione del Risorgimento vive quindi nel fascismo, ed è stata da esso sviluppata fino all'estremo. Mazzini, se fosse vivo, plaudirebbe alle dottrine corporative, né ripudierebbe i discorsi di Mussolini su "la funzione dell'Italia nel mondo". La rivoluzione antifascista non potrà essere che una rivoluzione "contro il Risorgimento", contro la sua ideologia, contro la sua politica, contro la soluzione che esso ha dato al problema della unità dello Stato e a tutti i problemi della vita nazionale[90].»  La stessa posizione fu assunta nel 1933 da Giorgio Amendola, durante il confino a Ponza, nel primo di due corsi sul Risorgimento tenuti per i confinati, per poi rivedere tale impostazione nel secondo corso, dopo la svolta unitaria del 1934 (che segnò l'inizio della politica del fronte popolare con la conclusione di un "patto d'unità d'azione" con i socialisti), allorché insistette sulle origini risorgimentali del movimento operaio[91].  I fascisti, inoltre, rivendicavano una continuità con il pensiero mazziniano anche riguardo l'idea di patria, la concezione spirituale della vita, l'importanza dell'educazione di massa come strumento per creare un "uomo nuovo" e una dottrina economica ispirata alla collaborazione tra le classi sociali.[92] Lo storico Massimo Baioni scrive a proposito della contemporanea celebrazione nel 1932 del 50º anniversario della morte di Garibaldi e del decennale della Marcia su Roma: «Le principali manifestazioni del 1932 sembravano confermare il nesso tra il bisogno di presentare il fascismo come erede delle migliori tradizioni nazionali e la volontà non meno forte ad enfatizzarne le componenti moderne, che avrebbero dovuto distinguerlo come originale esperimento politico e sociale».[93]  Negli anni della Resistenza (1944-1945) la situazione si complica maggiormente: il fascismo della Repubblica Sociale Italiana "intensificò naturalmente i richiami a Mazzini: ad esempio la data del giuramento della Guardia nazionale repubblicana venne fissata il 9 febbraio, giorno della proclamazione, quasi un secolo prima, della Repubblica romana che aveva avuto alla sua testa il «triumviro» Mazzini",[94][95] ma anche gli antifascisti, in particolare i partigiani di Giustizia e Libertà di Carlo Rosselli, iniziano a richiamarsi sempre più apertamente al rivoluzionario genovese. Proprio Rosselli scrisse nel 1931 ad uno studioso inglese: «Agiamo nello spirito di Mazzini, e sentiamo profondamente la continuità ideale fra la lotta dei nostri antenati per la libertà e quella di oggi».[96]  A seguito della caduta del fascismo e dell'armistizio di Cassibile, a partire dal 1943 la lotta contro il nazifascismo vide la partecipazione dei repubblicani (il cui partito era stato sciolto dal Regime nel 1926) anche attraverso la formazione di proprie unità partigiane denominate Brigate Mazzini.[97] Anche un comandante partigiano, proposto per la medaglia d'oro al valor militare, Manrico Ducceschi, ispirò la sua azione all'ideologia mazziniana adottando in onore di Mazzini il nome di battaglia di "Pippo", lo stesso pseudonimo usato dal patriota genovese.[98]  Opere Atto di fratellanza della Giovane Europa (1834), in Giuseppe Mazzini, Edizione nazionale degli scritti., Imola, s.e., 1908,  4, pag. 3. Dei doveri dell'uomo Fede ed avvenire Editore Mursia  Doveri dell'Uomo  Editori Riuniti university pressRoma  978-88-6473-039-4 Pensieri sulla democrazia in Europa, trad. Salvo Mastellone, Feltrinelli, Milano, ,  978-88-07-82176-9 Andrea Tugnoli , La pittura moderna in Italia, Bologna, CLUEB, Antologia di scritti Dal Risorgimento all'Europa Mursia  9788842548447 Periodici diretti da Giuseppe Mazzini L'apostolato popolare Il nuovo conciliatore L'educatore Le Proscrit. Journal de la République Universelle Il tribunoNote  La Civiltà cattolica, Volume 2; Volume 18, La Civiltà Cattolica, 1901 p. 264.  «La politica acquista pathos religioso, e sempre più col procedere del secolo... la nazione diventa patria: e la patria la nuova divinità del mondo moderno. Nuova divinità e come tale sacra.» in F. Chabod, L'idea di nazione, Laterza, Bari 1967  Da Dei doveri dell'uomoFede e avvenire, Paolo Rossi, Mursia, Milano 1965-1984  L'uomo nuovo in Indro Montanelli, L'Italia giacobina e carbonara, Rizzoli, Milano 1972  Susanne Schmid, Michael Rossington, The Reception of P.B. Shelley in Europe  Citato nell'Edizione nazionale degli Scritti di Giuseppe Mazzini a cura della Commissione per l'edizione nazionale degli Scritti di Giuseppe Mazzini, Cooperativa tipografico-editrice P. Galeati, 1926; per la citazione vedi anche: Memoriale Mazzini-Domus Mazziniana; Introduzione a Jessie White Mario, Vita di Giuseppe Mazzini su Castelvecchi Editore; Giuseppe Santonastaso, Edgar Quinet e la religione della libertà, pag. 156, edizioni Dedalo, 1968; Francesco Felis, Italia unità o disunità? Interrogativi sul federalismo, Armando editore, , pag. 7.  Comune di Savona  Liguria magazine Archiviato il 25 gennaio  in .  Gilles Pécout, Il lungo Risorgimento: la nascita dell'Italia contemporanea (1770-1922), Pearson Italia S.p.a., 1999 p. 101  Patria, nazione e stato tra unità e federalismo. Mazzini, Cattaneo e Tuveri, CUEC, University Press-Ricerche storiche, 2007  88-8467-381-X  La tesi del figlio sicuramente di Mazzini è sostenuta in Bruno Gatta, Mazzini una vita per un sogno, Guida Editori, Il dubbio invece che si trattasse veramente di un figlio di Mazzini è espresso in Luigi Ambrosoli (Giuseppe Mazzini: una vita per l'unità d'Italia, ed. P. Lacaita, 1993): «Ma proprio il ritardo con cui venne comunicata a Mazzini la notizia della morte di Adolphe fa sorgere qualche dubbio sulla supposizione, per le altre ragioni accennate ben fondata, che si trattasse di suo figlio». Dubbi simili vengono riportati in Salvo Mastellone, Mazzini e la "Giovine Italia", 1831-1834, Volume 2, Domus Mazziniana, 1960 («D'altra parte, è da aggiungere che nelle lettere inedite a Ollivier, che pubblichiamo, Mazzini, pur parlando di Giuditta come della propria amica, se accenna ad Adolphe come figlio di Giuditta, non allude al bambino come proprio figlio: ...»)  Domenico Barberis, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Mazzini a Londra  È l'autrice del romanzo gotico Frankenstein (Frankenstein: or, The Modern Prometheus), pubblicato nel 1818. Curò le edizioni delle poesie del marito Percy Bysshe Shelley, poeta romantico e filosofo. Era figlia della filosofa Mary Wollstonecraft, antesignana del femminismo, e del filosofo e politico William Godwin.  Susanne Schmid, Michael Rossington, The Reception of P.B. Shelley in Europe  Miranda Seymour, Mary Shelley, capitolo 32  Giuseppe Mazzini, il cospiratore senza segreti  Lettere di Mazzini ad Aurelio Saffi e alla famiglia CraufordGiuseppe MazzatintiSoc. Ed. Dante Alighieri1906  Politica e storiaFilippo Buonarroti e altri studidi Pia Onnis RosaEdizioni di storia e letteraturaRoma 1971pag. 467   Mazzini «pavese» e l'Unità d'Europa  Quando Mazzini scatenò il patatrac sognando la Repubblica  MAZZINI, GIUSEPPE, su pbmstoria.it. 17 luglio  1º agosto ).  Legnago a Giuseppe Mazzini, Grafiche Stella, S. Pietro di Legnago (Verona) 200551.  Giacomo Scarpelli, La scimmia, l'uomo e il superuomo. Nietzsche: evoluzioni e involuzioni  Pensiero di Mazzini, brigantaggio.net  1946: la Repubblica nasce nel nome di Mazzini, su pri.it. 20 giugno  7 gennaio ).  Carducci scrisse una famosa lirica intitolata Mazzini i cui versi finali sono rimasti nella storia: «E un popol morto dietro a lui si mise. / Esule antico, al ciel mite e severo / Leva ora il volto che giammai non rise, /Tu solpensandoo ideal, sei vero».  La stessa semplice scritta volle Giovanni Spadolini, politico e storico repubblicano, sulla propria tomba a Firenze  Luigi Polo Friz, La massoneria italiana nel decennio post unitario: Lodovico Frapolli, Franco Angeli, 1998 p.151 e sgg.  Storia della Massoneria in Italia. L'influenza di Giuseppe Mazzini nella Massoneria Italiana Archiviato il 7 gennaio  in .  La stanza di MontanelliL' unità d' Italia e la Massoneria  Giuseppe Mazzini massone?  A.Desideri, Storia e storiografia, II, pag. 333, Ed. D'Anna, Messina-Firenze 1997  «Gli sconvolgimenti operati dalla Rivoluzione francese avevano fatto dubitare a molti uomini della razionalità della storia, così altamente proclamata nel secolo precedente. L'unica alternativa allo scetticismo parve allora la fede in una forza arcana operante provvidenzialmente nella storia» in A. Desideri, Ibidem  «S'identificò la storia della civiltà con la storia della religione, e si scorse una forza provvidenziale non solo nelle monarchie, ma sin nel carnefice, che non potrebbe sorgere e operare nella sua sinistra funzione se non lo suscitasse, a tutela della giustizia, Iddio: tanto è lungi dall'essere operatore e costruttore di storia l'arbitrio individuale e il raziocino logico». Adolfo Omodeo, L'età del Risorgimento italiano, pag. 24, Napoli, 1955  «Così il genere umano è in gran parte naturalmente servo e non può essere tolto da questo stato altro che soprannaturalmente... senza il cristianesimo, niente libertà generale. e senza il papa non si dà vero cristianesimo operoso, potente, convertitore, rigeneratore, conquistatore, perfezionante.» (cfr. J. De Maistre, Il Papa, trad. di T. Casini, Firenze 1926)  G. Mazzini, Fede e avvenire, At the University Press, 1921 p.51  G. Mazzini, Fede e avvenire  «Egli aveva una visione utopica, romantica e anche sincretistica della religione, che egli considerava come il contributo, in termini di princìpi universali, delle varie confessioni e fedi alla storia collettiva.» Senato.it Archiviato il 12 aprile 2008 in .  Doveri dell'uomo, II  G. Mazzini, Dei doveri dell'uomo  Fusatoshi Fujisawa, La terza Roma. Dal Risorgimento al Fascismo, Tokyo, 2001.  Mazzini il patriota scomodo  Arturo Reghini a metà strada tra fascismo e massoneria  «Noi dissentivamo su diversi punti: sulle idee religiose, ch'ei non guardava, errore comune al più, se non attraverso le credenze consunte e perciò tiranniche dell'oggi; sul cosiddetto socialismo, che riducevasi a una mera questione di parole dacché i sistemi esclusivi, assurdi, immorali delle sétte francesi erano ad uno ad uno da lui respinti e sulla vasta idea sociale fatta oggimai inseparabile in tutte le menti d'Europa dal moto politico io andava forse più in là di lui: sopra una o due cose delle minori spettanti all'ordinamento della futura milizia; e talora sul modo d'intendere l'obbligo che abbiamo tutti di serbar fede al Vero. Ma il differire di tempo in tempo sui modi d'antivedere l'avvenire non ci toglieva d'essere intesi sulle condizioni presenti e sulla scelta dei rimedi» (Giuseppe Mazzini su Carlo Pisacane)  Lettera a Ernesto Forte Londra 23 gennaio 1867  «Noi crediamo in una serie infinita di reincarnazioni dell'anima, di vita in vita, di mondo in mondo, ciascuna delle quali rappresenta un miglioramento ulteriore…» (Mazzini, in E. Bratina, op. cit., pag. 70); «La vita d'un'anima è sacra, in ogni suo periodo: nel periodo terreno come negli altri che seguiranno; bensì, ogni periodo dev'esser preparazione all'altro, ogni sviluppo temporale deve giovare allo sviluppo continuo ascendente della vita immortale che Dio trasfuse in ciascuno di noi e nella umanità complessiva che cresce con l'opera di ciascuno di noi» (Dei doveri dell'uomo, II).  Leggeva Dumas e i testi buddisti Il volto inaspettato di Mazzini  Il Foscolo, che scriveva di aver visto da giovinetto a Venezia un "libercolo" attribuito a Gioacchino, in cui erano indicati i papi futuri, affermava che la fama dell'abate era "santissima" fin dalla fine del sec. XVI, tanto che il filosofo francese Montaigne, desiderava di poter vedere questa "meraviglia": «le livre de Joachim Abbé Calabrois, qui prédisait tous les papes futurs, leurs noms et formes»  G. da Fiore, Concordia Veteris et Novi testamenti, VI, 16  Bianca Rosa, Gli appunti manoscritti di Giuseppe Mazzini, Impronta, Torino 1977  Roland Sarti, Giuseppe Mazzini. La politica come religione civile, con postfazione di Sauro Mattarelli, Roma-Bari, Laterza, 2000  A.Omodeo, Introduzione a G. Mazzini, Scritti scelti, Mondadori, Milano 1934  Mattarelli, Sauro, "Duties and rights in the thought of Giuseppe Mazzini" in Journal of Modern Italian Studies, 13, no. 4 (December 2008): 480-485.  «L'Italia trionferà quando il contadino cambierà spontaneamente la marra con il fucile». in C. Pisacane, Saggio sulla rivoluzione, ed. Universale Economica, Milano 1956  Mazzini: comunismo vuol dire dittatura  Il "Manifesto" di Marx? Scritto contro Mazzini  Doveri dell'uomo, capitolo XI, punto 3°  G. Mazzini, Doveri dell'uomo, cap.XI (in Andrea Baravelli, L'Italia liberale, ArchetipoLibri,  p.114  A. Gacino-Canina, Economisti del Risorgimento, Torino, UTET, 1953.  G. Mazzini, Istruzione generale per gli affiliati nella Giovine Italia in Scritti editi e inediti, II, Imola, 1907.  G. Mazzini, op. cit.  Nome col quale i greci indicavano l'Italia antica  Luigi Stefanoni, Giuseppe Mazzini: notizie storiche ..., Presso L'Editore Carlo Barbini, 186388  Giuseppe Mazzini, Ricordi dei fratelli Bandiera e dei loro compagni di martirio in Cosenza il 25 luglio 1844: Documentati colla loro corrispondenza, Dai torchi della Signora Lacombe, 1845  C. Pisacane op. cit.  "Volantino pubblicato su "Italia del popolo", 25 febbraio 1855  Giancarlo De Cataldo, Chi ha paura di Mazzini?, in lastampa.it. 17 settembre  27 settembre ).  Denis Mack Smith, Mazzini, Rizzoli, Milano, 1993, pag. 158  Denis Mack Smith, op. cit., pag. 173  Denis Mack Smith, Gigi Di Fiore, Controstoria dell'unità d'Italia: fatti e misfatti del Risorgimento, Milano, Gigi Di Fiore, op. cit., pag. 62.  Alberto Cappa, Cavour, G. Laterza & figli, 1932, pag. 249.  definizione di Cavour riportata da The Morning Post nº 26.878 del 9 febbraio 1860 “We have three Irelands, in Sardinia, Genoa and Savoy  La terza IrlandaGli scritti sulla Sardegna di Carlo Cattaneo e Giuseppe Mazzini, Carlo Cattaneo, Giuseppe Mazzini, Francesco Cheratzu, 8pagg. MazziniLa SardegnaTip. A. DebatteLivorno1896pagg. 5,6,7  Risorgimento Rassegna The Illustrated London News 27 luglio 1861nº 1100 pag. 76  In Armando Saitta, Antologia di critica storica, Volume 3, Laterza, 1964167  Le citazioni sono tratte da A. Omodeo, Introduzione a Giuseppe Mazzini, Scritti scelti, Mondatori, Milano, 1934.  Giuseppe Mazzini (Diego Fusaro)  Paolo Benedetti“Mazzini in Camicia nera”edito nel volume XXII 2007 della Fondazione 'Ugo La Malfa'  Dal diario di Giuseppe Bottai alla data del 14 ottobre 1943: «Spesso, all'uscita dei cento e più volumi dell'edizione nazionale [degli scritti di Mazzini], ho trovato il Duce, a palazzo Venezia, immerso nelle folte pagine. O meglio, v'immergeva, a ferire di pugnale, il suo metallico tagliacarte: e ne tirava fuori brandelli di Mazzini. A quando a quando il brandello antifrancese, anti-illuminista, antinglese, antisocialista, etc. etc. Brandelli, mai tutt'intero, nella sua viva, molteplice e pur varia personalità» (p. VII)": Luzzatto, Sergio, Riprese mazziniane, Mestiere di storico: rivista della Società italiana per lo studio della storia contemporanea: III, 2, 70 (Roma: Viella, ).  Paolo Benedetti"Mazzini nell'ideologia del fascismo"  Giovanni Belardelli, «Camerata Mazzini, presente!» Gentile, Balbo, Rocco, Bottai: tutti i fascisti tentarono di arruolarlo, Corriere della Sera, 11 luglio 200841.  "Manifesto realista" pubblicato sulla rivista L'Universale del 10 gennaio 1933  Cromohs 1997PerticiMazzinianesimo, fascismo, comunismo: l'itinerario politico di Delio Cantimori (1919-1943) III Archiviato il 7 gennaio  in . Roberto Pertici, Mazzinianesimo, Fascismo, Comunismo: L'itinerario politico di Delio Cantimori (1919-1943), Cromohs, n. 2-1997.  La memoria e le interpretazioni del Risorgimento, Guerra e fascism  da 150anni.it.  Palmiro Togliatti, Sul movimento di «Giustizia e Libertà», in Lo Stato operaio 1927-1939, antologia F. 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L'alba della libertà, cortometraggio, regia di Emanuela Morozzi ().  Associazione Mazziniana Italiana Domus Mazziniana Doveri dell'uomo Mazzinianesimo Monumento a Giuseppe Mazzini (Firenze) Museo del Risorgimento e istituto mazziniano Pensieri sulla democrazia in Europa Risorgimento.  Giuseppe Mazzini, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Giuseppe Mazzini, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Giuseppe Mazzini, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, .  Giuseppe Mazzini, su sapere.it, De Agostini.  (IT, DE, FR) Giuseppe Mazzini, su hls-dhs-dss.ch, Dizionario storico della Svizzera. 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Mazzoni -- Jacopo Mazzoni   La pala di Jacopo Mazzoni (Stagionato) all'Accademia della Crusca Jacopo Mazzoni (Cesena), filosofo. Cesenate di nascita, compì i suoi studi di lettere a Bologna e quelli di filosofia a Padova. Membro dell'Accademia della Crusca, fu tra i preferiti del papa Gregorio XIII che lo avrebbe voluto prelato; Mazzoni preferì proseguire nella carriera universitaria. Dapprima fu all'Macerata, ed in seguito a Pisa, dove ebbe la cattedra di filosofia dal novembre 1588 al 1597. Nella città della torre pendente, conobbe un giovane insegnante di matematica, Galileo Galilei, con il quale instaurò ottimi rapporti. Nel 1597 fu invitato ad insegnare all'Università La Sapienza di Roma. Benché avesse da poco preso questa cattedra, seguì il cardinale Pietro Aldobrandini nei suoi incarichi a Ferrara ed in seguito a Venezia. Ammalatosi sulla strada del ritorno, si recò nella sua Cesena, dove si spense il 10 aprile 1598.  Opere Difesa della Commedia di Dante Grazie alla sua preparazione letteraria, giunse alla notorietà per il suo tomo Difesa della Commedia di Dante, pubblicato a Bologna inizialmente nel 1572 sotto lo pseudonimo di Donato Roffia e poi l'anno successivo sotto il suo vero nome, in cui criticò aspramente Leonardo Salviati. Nel testo egli risponde ad alcune contestazioni fatte alle sue elucubrazioni sul sommo poeta Dante Alighieri. Parimenti nel libro si occupa anche di argomentazioni pertinenti alla filosofia ed alla poetica.  In universam Platonis et Aristotelis philosophiam praeludia Interessato anche all'astronomia, Mazzoni espone le sue teorie in quello che risulta il suo testo più importante ovvero In universam Platonis et Aristotelis philosophiam preludia pubblicato nel 1597. In questo libro egli sostiene il sistema geocentrico aristotelico contro la sempre più diffusa e apprezzata teoria copernicana eliocentrica. Questo volume è divenuto molto noto poiché Galileo Galilei, dopo averlo letto, gli inviò una lettera, datata 30 maggio 1597, nella quale difendeva Copernico e le sue teorie. Questa missiva rappresenta la più antica testimonianza dell'adesione alla teoria eliocentrica di Galileo Galilei.  Note  Jacopo Mazzoni, Prefazione, in Mario Rossi , Discorso di Giacopo Mazzoni in difesa della "Commedia" del divino poeta Dante, S. Lapi, 18986. 16 luglio . Opere principali Jacopo Mazzoni, Discorso de' dittongi, Cesena, appresso Bartolomeo Rauerio, 1572. 5 luglio . Jacopo Mazzoni, Discorso in difesa della Comedia del divino. poeta contro il discorso di Ridolfo Castravilla, Cesena, per Bartolomeo Rauerij, 1573. 5 luglio .  Jacopo Mazzoni, De triplici hominum vita, activa nempè, contemplativa, et religiosa methodi tres, quaestionibus quinque millibus, centum et nonagintaseptem distinctae. In quibus omnes Platonis, et Aristotelis, multae vero aliorum Graecorum, Arabum et Latinorum in universo scientiarum orbe discordiae componuntur, Caesenae, Rauerius, 1576. 5 luglio . Jacopo Mazzoni, Della difesa della Comedia di Dante. Distinta in sette libri,  1, Cesena, appresso Bartolomeo Rauerij, 1587. 5 luglio . Jacopo Mazzoni, Della difesa della Comedia di Dante. Distinta in sette libri,  2, Cesena, Verdoni, 1688. 5 luglio . Discorso intorno alla Risposta e alle Opposizioni fattegli dal sig. Francesco Patricio, pertenente alla storia del poema Dafni, o Litiersa di Sositeo poeta della Pleiade, Cesena nel 1587, B. Raverio. Jacopo Mazzoni, Ragioni delle cose dette, e d'alcune autorità citate da Iacopo Mazzoni nel Discorso della storia del poema Dafni, o Litiersa di Sositeo, Cesena, per Bartolomeo Rauerij, 1587. 5 luglio .  Jacopo Mazzoni, In universam Platonis et Aristotelis philosophiam praeludia, Venetiis, Guerilius, 1597. 5 luglio . Bernard Weinberg, A History of Literary Criticism in the Italian Renaissance, Toronto, University of Toronto Press, 1961.Allan H. Gilbert, Literary Criticism: Plato to Dryden, Detroit, Wayne State University Press, 1962.Baxter Hathaway, Marvels and Commonplaces: Renaissance Literary Criticism, New York, Random House, 1968.Hazard Adams, Critical Theory Since Plato, New York, Harcourt Brace Jovanovich, Inc., 1971.Giacopo Mazzoni, On the Defense of the Comedy of Dante: Introduction and summary, traduzione di Robert L. Montgomery, Tallahassee, University Presses of Florida, 1983.Vincent B. Leitch , From On the Defense of the Comedy of Dante, in The Norton Anthology of Theory and Criticism, New York, W. W. Norton and Company, 2001,  302–323.Vincent B. Leitch , Giacopo Mazzoni, in The Norton Anthology of Theory and Criticism, New York, W. W. Norton and Company, 2001,  299–302. Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Jacopo Mazzoni  Jacopo Mazzoni, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Giuseppe Toffanin, Jacopo Mazzoni, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Jacopo Mazzoni, su sapere.it, De Agostini.  Davide Dalmas, Jacopo Mazzoni, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Jacopo Mazzoni, su accademicidellacrusca.org, Accademia della Crusca.  Opere di Jacopo Mazzoni, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Jacopo Mazzoni, .  Arnaldo Di Benedetto, Iacopo Mazzoni, in Enciclopedia dantesca, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1970.Hugh Chisholm , Mazzoni, Giacomo, in Enciclopedia Britannica, XI, Cambridge University Press, 1911. (RU) Dizionario Enciclopedico Brockhaus ed Efron, Маццони, Джакомо.

 

Medigo: Elia del Medigo (Candia), filosofo. Nato sotto il nome di Elijah Mi-Qandia o Elijah mi-Qandia ben Moshe del Medigo, chiamato anche nei manoscritti come Elia Delmedigo o Elia Ben Moshe del Medigo. Ebbe una disputa con Judah Minz, sostenuto dal talmudista Elijah Mizrachi.  Elia del Medigo fu conosciuto dai suoi contemporanei in latino come Helias Hebreus Cretensis o in italiano Elia Del Medigo di Candia (c. 1458c. 1493). Secondo Jacob Joshua Ross, "mentre gli studenti non ebrei di Delmedigo possono averlo classificato come un Averroista, chiaramente vedeva se stesso come un seguace di Maimonide". Ma, secondo altri studiosi, Delmedigo era chiaramente un convinto seguace delle dottrine di Averroè, anche quelle più radicali: unità dell'intelletto, eternità del mondo, autonomia della ragione dai confini della religione rivelata.  Nato a Candia, nell'isola di Creta, (all'epoca facente parte della Repubblica di Venezia), dove la sua famiglia era emigrata dalla Germania, ha trascorso dieci anni a Roma e a Padova nel nord Italia, tornando a Candia alla fine della sua vita.  È ricordato per una serie di traduzioni, commentari su Averroè (Ibn Rushd in arabo) (in particolare un commento di Substantia Orbis di Averroè del 1485), per la sua influenza su molti neoplatonici italiani del primo Rinascimento (soprattutto Giovanni Pico della Mirandola) e per il suo trattato sulla filosofia ebraica, Sefer Beḥinat ha-Dat (esame della religione), pubblicato molti anni dopo la sua morte, nel 1629.  Biografia Del Medigo ha avuto un'educazione religiosa tradizionale a Candia, dimostrando notevole ampiezza di vedute. Oltre alla scuola rabbinica, ha studiato filosofia e aveva una buona conoscenza di italiano, greco, così come latino ed ebraico. È probabile che abbia studiato medicina, e potrebbe essere stato con quella intenzione che originariamente si recò a Padova, dove l'Università era il più importante centro per la filosofia aristotelica tradizionale in Italia. Dal 1480 era a Venezia, dove scrisse Quaestio utrum mundus sit effectus, e si mantenne formando classi di filosofia aristotelica, frequentato dai figli di famiglie ricche e importanti.  Si trasferì a Perugia e insegnato a classi l'"aristotelismo radicale", cioè, pesantemente interpretati con le idee di Averroè e altri commentatori islamici. Del Medigo è divenne abbastanza noto come il maggiore "Averroista" in Italia. Mentre a Perugia, incontrò Pico della Mirandola e scrisse due pamphlet per lui.  Un altro studente importante di del Medigo di a quel tempo era Domenico Grimani, veneziano, che poi divenne il cardinale della Basilica di San Marco. Grimani si dimostrò essere un mecenate generoso e, con il suo incoraggiamento, del Medigo scrisse diversi manoscritti che ricevettero ampia diffusione tra i filosofi italiani.  Rimase in stretto contatto con Pico della Mirandola, in viaggio verso Firenze, il sito dell'Accademia Platonica di Marsilio Ficino, per dare lezioni e per tradurre manoscritti dall'ebraico al latino per Pico, anche se i due filosofi non collaborarono mai su uno specifico lavoro.  Alla fine, però, Del Medigo non era cabalista, e divenne disinteressato con la direzione sincretica che Pico e i suoi colleghi stavano prendendo, in una tendenza a combinare i concetti di magia, ermetismo e la Kabbalah con Platone e il neoplatonismo.  Oltre alla sua crescente delusione per Pico, era un po' screditato dal contraccolpo della prigionia di Pico e dall'interdizione da parte del Vaticano delle sue 900 tesi. Inoltre erano sorte tensioni tra del Medigo e la comunità ebraica italiana per i suoi interessi intellettuali laici e le sue amicizie con studiosi cristiani. Come conseguenza delle difficoltà finanziarie vissute sulla scia dello sfavore per Pico della Mirandola, del Medigo decise di lasciare l'Italia per sempre. Tornò a Creta, dove visse gli ultimi anni della sua vita. Durante questo periodo, del Medigo tornò al pensiero ebraico, scrivendo il Sefer Bechinat Ha-dath per i suoi studenti, in cui ha chiarito il suo disaccordo con le teorie magiche e cabalistiche che hanno ispirato l'Orazione sulla dignità dell'uomo di Pico, ed esposto la sua convinzione che un essere umano non può aspirare a diventare un dio, e che l'ebraismo richiede che un uomo deve "lottare per la razionalità, sobrietà e la realizzazione dei [suoi] limiti umani."  Delmedigo argomentò contro l'antichità della Kabbalah, rilevando che non era nota per i saggi del Talmud, per i Gheonim o per Rashi. Egli negò anche che Rabbi Shimon bar Yochai sia stato l'autore dello Zohar, dal momento che l'opera cita chi ha vissuto dopo la morte di Rabbi Shimon bar Yohai. Inoltre, egli attaccò gli allegoristi esoterici tra filosofi ebrei. In un'altra sezione del suo lavoro Delmedigo discusse il ragionamento intellettuale sottostante i comandamenti della Torah (ta'amei ha-mitzvot).  Nella cultura di massa Elia del Medigo è probabile che sia l'ispirazione per il personaggio Giuda del Medigo, nel "The Secret Book of Grazia dei Rossi" (libro segreto di Grazia dei Rossi) di Jacqueline Park.  Note  Joseph Solomon Delmedigo, Matzref la-Chokmah3b; idem, Elim29; Mizrachchi, Responsa, nr. 56.  Stanford Encyclopedia of Philosophy article on del Medigo --  'geni', titolo onorifico attribuito ai capi delle accademie ebraiche dal sesto fino all'undicesimo secolo in Babilonia, Siria e Palestina; brillante studioso ebreo... Jewish Encyclopedia, articolo su -- AverroeismJacob Ross Stanford Encyclopedia of Philosophy article on del Medigo -- Elijah DelmedigoPaul Oskar Kristeller, Eight Philosophers of the Italian Renaissance. Stanford University Press (Stanford California, 1964.)Sefer Behinat Hadat of Elijah Del-Medigo, (critical edition) with introduction, notes and commentary by Jacob Joshua Ross, Tel-Aviv: Chaim Rosenberg School of Jewish Studies, 1984 Giovanni Licata, La via della ragione. Elia del Medigo e l'averroismo di Spinoza, Eum, Macerata, ,  1–422,  978-88-6056-352-1. Il libro contiene testo in ebraico e traduzione in italiano del "Sefer Beḥinat ha-Dat" di Elia del MedigoThe Medieval WorldEurope 1100-1350 by Friedrich Heer.David Geffen: Insights into the Life and Thought of Elijah Medigo Based on His Published and Unpublished Works. In: Proceedings of the American Academy for Jewish Research. 41/42 (1973–1974), S. 69-86. (online su Abonnenten)Jacob S. Levinger: DELMEDIGO, ELIJAH BEN MOSES ABBA. in: Encyclopaedia Judaica, 2' edizione, Vol 5, Detroit / New York u.a. 2007,  978-0-02-865933-6, S. 542–543  Ermeneutica talmudica Esegesi ebraica Responsa ebraici Storia degli ebrei in Italia Talmud Eruditi bizantini nel Rinascimento  Sienasito italiano Ashkenaziti Biografia di Elia del Medigo, sul Dizionario biografico degli italianiEnciclopedia Treccani Online Richard Gottheil, Isaac BroydéElia del Medigo, in Jewish Encyclopedia, New York, Funk & Wagnalls, 1901-1906.Cfr. rispettivo articolo s.v. "DELMEDIGO, ELIJAH CRETENSIS BEN MOSES ABBA", con la  di cui sopra.

 

Meis: Deputato del Regno di Napoli Durata mandato18481849 CircoscrizioneAbruzzo Citra Collegio Chieti Deputato del Regno d'Italia Durata mandato18611867 LegislatureVIII, IX Sito istituzionale Dati generali Titolo di studioLaurea in Medicina e chirurgia ProfessioneDocente universitario, Medico chirurgo. Angelo Camillo De Meis (Bucchianico), filosofo. Figlio di un medico aderente alla carboneria e di ideali mazziniani, nacque a Bucchianico, dove compì i primi studi: li proseguì presso il Regio collegio di Chieti e poi a Napoli, dove fu allievo dei letterati Basilio Puoti e Francesco De Sanctis, del filosofo Bertrando Spaventa e del medico Pietro Ramaglia. Si laureò in medicina teorico-pratica e nel 1841 divenne socio dell'Accademia degli Aspiranti naturalisti, di cui diventerà presidente nel 1848; fu poi medico aggiunto dell'Ospedale degli Incurabili e aprì una scuola privata di grande successo, dove insegnò anatomia, patologia, fisiologia e scienze naturali. Fu poi rettore del Collegio Medico di Napoli.  Dopo la promulgazione della costituzione nel Regno di Napoli, venne eletto deputato per la circoscrizione Abruzzo Citra: sostenne la protesta di Pasquale Stanislao Mancini contro la repressione operata dalle truppe borboniche contro i manifestanti del 15 maggio e l'accusa di tradimento al re.  Fu quindi costretto all'esilio: dopo un soggiorno a Genova e a Torino, si stabilì a Parigi. Esercitò gratuitamente la professione di medico per gli esuli e gli emigrati italiani; insegnò antropologia all'università ed entrò in contatto con il mondo scientifico parigino, diventando assistente del fisiologo Claude Bernard e ottenendo da Armand Trousseau l'incarico di insegnare semeiotica medica. Strinse anche un proficuo rapporto con il filosofo Victor Cousin. Rientrò in Italia nel 1853, prima a Torino e poi a Modena, dove insegnò fisiologia all'Università.  Tornò a Napoli nel 1860 e divenne assistente di Francesco De Sanctis, ministro dell'istruzione nel governo provvisorio, e venne eletto Membro straordinario del Consiglio Superiore della Pubblica istruzione.  Fu deputato al Parlamento del Regno d'Italia dal 1861 al 1867, sedendo tra i ministeriali.   Busto di Angelo Camillo De Meis al Pincio (Roma) Non si sa né dove né quando fu iniziato in Massoneria, è certo tuttavia che nel 1867 fu membro della Loggia Felsinea di Bologna.  Dal 1863 fu professore di Storia della medicina presso l'Bologna, dove morì nel 1891.  Il suo naturalismo lo spinse a cercare un fondamento filosofico-spirituale alle scienze della natura, che egli trovò nell'idealismo di Hegel. Fu anche amico intimo e collega del filosofo Pietro Siciliani, del quale condivise in parte la speculazione intorno al positivismo.  Venne citato, di passaggio, nel romanzo di Luigi Pirandello Il fu Mattia Pascal.  Nel 1936 fu costruito il nuovo palazzo della Biblioteca provinciale di Chieti, in piazza Tempietti romani, dedicata a De Meis.  Note  Vittorio Gnocchini, L'Italia dei Liberi Muratori, Erasmo ed., Roma, 2005,  100-101.  De Meis Angelo Camillo, su treccani.it.  Il protagonista del romanzo infatti ascolta casualmente, durante un viaggio in treno, una conversazione fra due eruditi, e dato che è uscita la notizia della sua morte, sceglie come proprio nuovo cognome "Meis", traendolo da "De Meis". Il nome sarà "Adriano", udito dal fu Mattia nella stessa conversazione, che attribuiva a Camillo De Meis la tesi che due statue nella città di Peneade rappresentassero Cristo e la Veronica (colei che si sostiene abbia asciugato il viso di Gesù durante il calvario). In queste pagine del romanzo pirandelliano (capitolo VII), Mattia Pascal prova uno straordinario senso di ebbrezza legato alla propria libertà.  F. Tessitore, «DE MEIS, Angelo Camillo» in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 38, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1990. R. Colapietra, Angelo Camillo De Meis politico “militante”, Napoli, Guida Editori, 1993. Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Angelo Camillo De Meis  Angelo Camillo De Meis, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Angelo Camillo De Meis, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Angelo Camillo De Meis, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Angelo Camillo De Meis, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Angelo Camillo De Meis, .  Angelo Camillo De Meis, su storia.camera.it, Camera dei deputati.  Angelo Camillo De Meis di Giacomo de Crecchio, in Biblioteche dei filosofi, Scuola Normale Superiore di PisaCagliari. «De Meis, Angelo Camillo » in L'Unificazione, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.

 

Melandri: Enzo Melandri (Genova), filosofo. Laureatosi a 'Bologna, è lettore a Kiel in Germania. Ha poi insegnato filosofia in diversi atenei italiani (Lecce, Trieste e Bologna). Parallelamente all'attività universitaria, ha collaborato a lungofin dalla fine degli anni cinquantacon la casa editrice Il Mulino e alla rivista omonima, per le quali ha svolto attività di consulenza, con traduzioni e curatele di alcuni volumi, pubblicando con essa alcuni dei suoi lavori più significativi. I suoi volumi più importanti vertono sulla fenomenologia di Husserl, sul concetto di analogia e sul principio di simmetria. Tra le sue curatele, anche presso altre case editrici (Cappelli, Faenza, Laterza, Ponte alle Grazie, Giuffrè, Pitagora ecc.), ci sono studi che vanno dalla scienza politica di Gerhard Ritter e di Jürgen Habermas, alla fenomenologia di Alfred Schütz, dalla logica di Irving Marmer Copilowski e dalla filosofia del linguaggio di Ernst Hoffmann o dai paradossi di Bernard Bolzano (e poi la storia della logica di Heinrich Scholz), agli studi di metodologia scientifica di Arthur Pap, a quelli di psicologia della percezione di Alexius Meinong o di Christian von Ehrenfels, e dall'estetica di Eduard Trier alla «metaforologia» di Hans Blumenberg ecc.  Ha istituito un gruppo interdisciplinare di studi su Gottfried Leibniz, in seguito affiliato col nome di «Sodalitas Leibnitiana» alla Leibniz-Gesellschaft di Hannover. Ha anche collaborato attivamente alle attività del «Centro di studi per la filosofia mitteleuropea» (con sede a Trento); partecipando  alla realizzazione di «Topoi», rivista internazionale di filosofia. Sempre in quegli anni ha dato vita agli «Annali dell'Istituto di discipline filosofiche dell'Bologna», poi trasformatisia nella rivista semestrale «Discipline filosofiche», ancora attiva e di cui è stato il primo direttore.  Tra i suoi testi, spicca per centralità di pensiero “La linea e il circolo,” definito da Giorgio Agamben "un capolavoro della filosofia europea del Novecento".  Il filo conduttore di tutta la riflessione di Melandri è il rapporto tra pensiero logico e pensiero analogico. Mentre il primo tende a svilupparsi mediante un concetto d'identità elementare, legato alla "discontinuità" del principio di non contraddizione, il secondo si fonda invece sul principio di continuità, legato alla figura oppositiva della contrarietà, che ammette una transizione tra gli opposti. Ora, queste due forme di pensiero non sono affatto inconciliabili, ma complementari, in quanto fondate non su strutture assiomatiche, ma su una diversa direzione costitutiva dell'esperienza. Questa diversità prospettica si realizza, secondo Melandri, nella fenomenologia husserliana, di cui egli tende a evidenziare l'«empirismo radicale» connesso alle strutture costitutivo-trascendentali della soggettività e ben distinto, dunque, da quell'idealismo entro cui troppo spesso si è voluto rubricare l'atteggiamento fenomenologico. In ultima istanzacongiungendo istanze aristoteliche e husserlianeMelandri assume una concezione dell'essere fondamentalmente equivoca, nell'ambito della quale l'intenzionalità si presenta, al tempo stesso, come principio formale logico e funtore operativo analogico. Inoltre, Melandri espone questi contenuti filosofici attraverso un metodo d'indagine e d'insegnamento del tutto particolare, che viene così descritto dal suo  allievo, Stefano Besoli, filosofo a Bologna: «A lezione, si può dire che Melandri non parlasse, ma pensasse ad alta voce [...] dando l'illusione, quantomai benefica ed essenzialmente terapeutica, di pensare insieme con lui. Si aveva l'impressione di assistere, dunque, a un pensiero in corso d'opera, e più propriamente ciò che accadeva era un'esperienza di pensiero condivisa, giacché la condivisione era appunto la condizione stessa della buona riuscita di tale esperienza».  Opere: “I paradossi dell'infinito nell'orizzonte fenomenologico,” poi come introduzione a Bernard Bolzano, I paradossi dell'infinito, Cappelli, Bologna. Logica ed esperienza in Husserl , “La scienza moderna come criterio storiografico,” “Alcune note in margine all'«Organon» aristotelico; “Considerazioni critiche sui «syncategorematica»,” n "Lingua e stile", Voci: Esistenzialismo, Logica e Logistica nell'enciclopedia “Filosofia,” Giulio Preti, Feltrinelli, Milano. Kurt Lewin: la psicologia come scienza galileiana,  poi in Sette variazioni in tema di psicologia e scienze sociali; "Michel Foucault: l'epistemologia delle scienze umane", in «Lingua e stile». “E logicamente corretto l'uso dell'analogia nel diritto? ("Zoon Politikon. Bolk e l'antropogenesi", in «Che Fare»,  consultabile qui://libercensor.net/contenuti/enzo-melandri-bolk-e-l-antropogenesi consultabile qui://nilalienum.it/Sezioni//Scienze/MelBolk.html; “La linea e il circol: studio logico-filosofico sull'analogia,” Bologna: il Mulino  rist. Macerata: Quodlibet, (prefazione di Giorgio Agamben, appendice di Stefano Besoli e Roberto Brigati,  Salvatore Limongi. Nota in margine all'«episteme» di Foucault» in "Lingua e stile", La realtà e l'immagine: introduzione (in Hans Barth, Verità e ideologia); Sulla crisi attuale della filosofia, in "Il Mulino", Pour une analyse des langages mixtes, in "Versus", L'analogia, la proporzione, la simmetria, Isedi, Milano. I generi letterari e la loro origine, in "Lingua e stile", ora Quodlibet, Macerata, . L'inconscio e la dialettica, Bologna: Cappelli, rist. come "Sigmund Freud: L'inconscio e la dialettica", in Id.,Sette variazioni in tema di psicologia e scienze sociali, Bologna: Pitagora;  rist. L'inconscio e la dialettica, Macerata: Quodlibet . “Karl Bühler. La crisi della psicologia come introduzione a una nuova teoria linguistica”, in Riccardo Morello (cur.), Anima ed esattezza. Letteratura e scienza nella cultura austriaca tra '800 e '900, Marietti: Casale Monferrato, rist. in Id., Sette variazioni in tema di psicologia e scienze sociali, Bologna: Pitagora, Sette variazioni in tema di psicologia e scienze sociali, Pitagora, BolognaAppendice. Matematica e logica in psicologia. Applicazione propria (determinante) o impropria (analogico-riflettente), -- APPLICAZIONE DETERMINANTE vs. APPLICAZIONE ANALOGICO-RIFLETTENTE --.  (Claudio Muti). in Sette variazioni in tema di psicologia e scienze sociali, Pitagora, Bologna, rist. in Id., L'inconscio e la dialettica, Macerata: Quodlibet, "Per una filologia del sublime", in "Studi di estetica", La novità degli ultimi tremila anni, in "Il Mulino", "Faenza" e Marisa Vescovo, L’oblio affligge la memoria, consultabile qui://sergiomonari.it/apparati-critici/1984-loblio-affligge-la-memoria/ La comunicazione e la retorica, Contro il simbolico. Dieci lezioni di filosofia, Quodlibet, Macerata, postfazione di Luca Guidetti) Sul concetto di descrizione nella psicologia fenomenologica, in "Intersezioni", Su quel che è dato, in "Il Verri", Le «Ricerche logiche» di Husserl: introduzione e commento alla prima ricerca,  Il Mulino, Bologna,  "Su quel che c'è, e quel che immaginiamo che ci sia (o della principale equivocazione del termine 'rappresentazione')", in «Discipline filosofiche», Iconsultabile qui: carmillaonline.com//09/14/su-quel-che-c-e-quel-che-ci-immaginiamo-che-ci-sia-2/ "Il problema della comunicazione", in «Paradigmi», "Tempo e temporalità nell'orizzonte fenomenologico", in «Discipline filosofiche», . "La crisi dei grandi sistemi e l'avvento della filosofia esistenziale"  in M. Ariati e I. Negrini, Questo nostro tempo. Studi e riflessioni sull'evolversi della nostra epoca, Bologna:  "Filosofia come critica della conoscenza e impegno interdisciplinare" (1979), in "Tratti".  S. Besoli, Il percorso intellettuale di Enzo Melandri, in Studi su Enzo Melandri, Faenza, Agamben, Giorgio, "Archeologia di un'archeologia", in E. Melandri, La linea e il circolo. Studio logico-filosofico sull'analogia, Macerata: Quodlibet, Agamben, Giorgio, "Al di là dei generi letterari", in E. Melandri, I generi letterari e la loro origine, Macerata: Quodlibet ,  7–14. Ambrosetti, Massimo, Enzo Melandri sugli stoici, Roma: Aracne . Ambrosetti, Massimo, "Una lettura melandriana di Epitteto", in "dianoia", Besoli, Stefano, "Il percorso fenomenologico di Enzo Melandri", in Federica Buongiorno, Vincenzo Costa, Roberta Lanfredini (cur.), La fenomenologia in Italia. Autori, scuole, tradizioni, Roma: Inschibboleth , trad. en. "The Phenomenological Path of Enzo Melandri", in Federica Buongiorno, Vincenzo Costa, Roberta Lanfredini (eds), Phenomenology in Italy. Contributions to Phenomenology, Cham: Springer ,  Besoli, Stefano e Franco Paris (cur.), Studi su Enzo Melandri. Atti della giornata di studi. Faenza, 22 maggio 1996, Faenza: Polaris 2000. Bonfanti, Angelo, Le forme dell'analogia. Studi sulla filosofia di Enzo Melandri, Roma: Aracne . Cimatti, Felice, "Postfazione: Psicoanalisi e rivoluzione", in E. Melandri, L'inconscio e la dialettica, Macerata: Quodlibet  sinistrainrete.info/cultura/12714-felice-cimatti-psicanalisi-e-rivoluzione.html Lagna, Marco e Paulo Fernando Lévano, "Contro l’isomorfismo. Il rapporto soggetto-oggetto secondo Enzo Melandri, in «Philosophy Kitchen», VI, 4 (),  104–16. Matteuzzi, Maurizio, "Prefazione", in Massimo Ambrosetti, Enzo Melandri sugli stoici, Roma: Aracne ,  Palombini, Lorenzo, "Dal chiasma ontologico al chiasma trascendentale. Forme di razionalità nel pensiero di Enzo Melandri", in «Philosophy Kitchen», Possati, Luca M., La ripetizione creatrice. Melandri, Derrida e lo spazio dell'analogia, Milano-Udine: Mimesis . Sini, Carlo, "Lo schematismo figurale", in Stefano Besoli e Franco Paris (cur.), Studi su Enzo Melandri, Faenza: Polaris   Solerio, Alessia, "Enzo Melandri: Through the Looking-Glass", in Attilio Bruzzone e Paolo Vignola (cur.), Margini della filosofia contemporanea, Napoli-Salerno: Orthotes. Le opere di Enzo Melandri edite da Quodlibet, che ne ha annunciato l'edizione completa. Discipline Filosofiche, rivista semestrale di filosofia. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Melandri,” The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria.

 

Melchiorre: Virgilio Guido Dante Melchiorre (Chieti), filosofo. Dopo essere stato ammesso al Collegio Augustinianum, inizia a frequentare la Facoltà di Filosofia all'Università Cattolica del Sacro Cuore, dove si laurea nel 1953.  Terminati gli studi, nel medesimo ateneo ha iniziato la carriera accademica come assistente volontario di Filosofia della storia, per poi insegnare Filosofia morale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Venezia.  Richiamato alla Cattolica di Milano, ha ricoperto in qualità di Professore la cattedra di Filosofia morale, per poi insegnare Filosofia teoretica. Dal 1967 al 1995 ha diretto, presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università Cattolica, la Scuola di specializzazione in Comunicazioni sociali.  Nel 2008 è stato nominato professore emerito dell'Università Cattolica di Milano.  È sposato con Clelia Bamfi e ha tre figli, Luca, Pietro e Giovanna.  Opere Arte ed esistenza, Firenze 1956 Il metodo di Mounier, Milano 1960 Il sapere storico, Brescia 1963 La coscienza utopica, Milano 1970 L'immaginazione simbolica, Bologna 1972 Metacritica dell'eros, II ed. Milano 1987 Ideologia, utopia, religione, Milano 1980 Essere e parola, Milano, IV ed. 1993 Corpo e persona, Genova 1987 Studi su Kierkegaard, II ed. Genova 1998 Analogia e analisi trascendentale. Linee per una nuova lettura di Kant, Milano 1991 Figure del sapere, Milano 1994 La via analogica, Milano 1966 Creazione, creatività, ermeneutica, Brescia 1997 I segni della storia, Ghezzano La Fontina, 1998 Al di là dell'ultimo, Milano 1998 Sulla speranza, Brescia 2000 Ethica, Genova 2000 Dialettica del senso. Percorsi di fenomenologia ontologica, Milano 2002 Qohelet, o la serenità del vivere, Brescia 2006 Essere persona, Milano 2007 Breviario di metafisica, Brescia  Il nome indicibile, Milano   Profilo di Virgilio Melchiorre nel sito dell'Università Cattolica del Sacro Cuore. Recensione del volume Essere persona. Natura e struttura di Armando Rigobello, in Acta Philosophica, Rivista internazionale di filosofia. Unità e pluralità del vero: filosofie, religioni, culture. I diversi volti della verità Relazione del prof. Melchiorre al 65º Convegno del Centro Studi FilosoficiGallarate , video integrale nel sito CattedraRosmini.org. Virgilio Melchiorre, Rai EducationalEnciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche.

 

Melli -- Autore:Giuseppe Melli Jump to navigationJump to search Schede di autorità I: 0000 0000 6138 8345 : 71768486 : -71768486 : 495/224408 Giuseppe Melli (18611939), professore e filosofo italiano. Collabora a Wikiquote Citazioni su Wikiquote  Nuvola apps xmag.pngCerca citazioni su Giuseppe Melli... Opere  La filosofia di Schopenauer (Indice)  Felice Tocco, Firenze, 1911 Il professor Felice Tocco, Firenze, 1912 Commemorazione di Pasquale Villari, letta il 16 giugno 1918, Firenze, 1918 La filosofia greca da Epicuro ai Neoplatonici, Firenze, 1922 Socrate, Lanciano, 1922 Categorie:  1861 1939AutoriAutori del XIX secoloAutori del XX secoloAutori italiani del XIX secoloAutori italiani del XX secoloProfessoriFilosofiProfessori del XIX secoloProfessori del XX secoloFilosofi del XIX secoloFilosofi del XX secoloAutori italianiProfessori italianiFilosofi italiani

 

Mercuriale: Girolamo Mercuriale o Mercuriali (Forlì), filosofo. Celebre per avere per primo teorizzato l'uso della ginnastica su base medica. Suoi sono anche il primo trattato sulle malattie cutanee e un'importante opera, forse la prima mai scritta, di pediatria.  Ritratto di Girolamo Mercuriale raffigurato nella versione in italiano del "De arte gymnastica" Dopo aver studiato medicina all'Bologna ed aver conseguito nel 1555 la laurea all'Padova, dove ebbe modo di conoscere personalmente il medico veneziano Vettor Trincavella, seguì a Roma il Gran Cardinale Alessandro Farnese. A causa della sua fama, infatti, i forlivesi lo inviarono come legato presso il papa Pio IV, dove rimase sette anni. Qui Girolamo Mercuriali pare aver composto il suo celeberrimo trattato sulla ginnastica.  Fu poi professore di medicina pratica in entrambe le università dove aveva studiato. A Padova, in particolare, tra il 1569 ed il 1587, trascorse un periodo molto fecondo, in cui scrisse ben dodici libri, alcuni dei quali basati sugli appunti presi dagli studenti durante le lezioni. Si recò poi a Pisa, dove divenne primo medico di Ferdinando I de' Medici e poté godere di una certa fama come clinico. Curò anche altre importanti personalità del suo tempo, tra cui l'imperatore Massimiliano II, che lo nominò cavaliere e conte palatino. Merita di essere citato un famoso episodio che vede Girolamo Mercuriale convocato a Venezia insieme a molti altri medici illustri, consultati per decifrare una misteriosa epidemia che colpiva la città. Mercuriale escluse fin dall'inizio un caso di peste, in quanto solo una minima percentuale della popolazione si era ammalata e il contagio restava comunque molto limitato. Dopo una settimana però la malattia ebbe un decorso impressionante, colpendo un terzo della popolazione veneziana tra cui anche alcuni familiari del medico stesso. Sorprendentemente però tale evento non ebbe gravi conseguenze sulla carriera di Mercuriale che, anzi, durante lezioni che tenne nel 1577 a proposito della peste, continuò a difendere la sua posizione riguardo allo sfortunato caso veneziano.  Nel 1598 fece restaurare una cappella dell'Abbazia di San Mercuriale di Forlì, trasformandola in cappella di famiglia, da allora nota come "cappella Mercuriali", dove egli stesso venne sepolto. Ai monaci di San Mercuriale, Girolamo lasciò in eredità la sua biblioteca, purché essi si impegnassero a tenere tre lezioni settimanali di fisica e di logica. Ricevuti i libri, i monaci, per custodirli e renderli fruibili a tutti, aprirono una biblioteca pubblica.  Nel 1906, a celebrazione ed a ricordo di Girolamo Mercuriali, fu murata nella cappella una lapide, tuttora esistente, con le seguenti parole: Questo marmo ricorda ai posteri che i cattolici forlivesi il dì XI novembre 1906 commemorando presso la sua tomba GIROLAMO MERCURIALI riaffermavano il connubio eterno nei secoli tra la scienza e la fede.  Opere  Frontespizio del De arte gymnastica  De morbis muliebribus Cultore dell'opera ippocratica (Censura et dispositio operum Hippocratis, 1583, in cui discusse in modo critico le opere del medico), fu autore di De arte gymnastica (1569), la prima opera moderna che consideri scientificamente il rapporto tra l'educazione fisica e la salute, ma anche un testo sulla storia dell'attività ginnica. Oltre a questo originale argomento scrisse opere di pediatria, di balneoterapia, di malattie della pelle, di tossicologia. Fra i suoi numerosi discepoli italiani e stranieri, si segnala lo svizzero Gaspard Bauhin.  Alcune altre sue opere sono:  De morbis cutaneis, il primo trattato sulle malattie della pelle De morbis puerorum De compositione medicamentorum De morbis muliebribus, Venezia, 1601. De venenis et morbis venenosis De decoratione De morbis ocularum et aurium Nomothelasmus seu ratio lactandi infantes Note  Roy Porter , Dizionario Biografico della Storia della Medicina e delle Scienze Naturali (Liber Amicorum), The Wellcome Institute for the History of Medicine, London118  Roy Porter 118  Citato in M. Landi, Credere, dubitare, conoscere Geronimo Mercuriali, in Catholic Encyclopedia, New York, Encyclopedia Press, 1913.  De Hieronymi Mercuriale vita et scriptis Victorius Ciarrocchi, LatinitasOpus Fundatum in Civitate Vaticana. Sito ufficiale della Santa Sede Dizionario Biografico della Storia della Medicina e delle Scienze Naturali (Liber Amicorum), Roy Porter , The Wellcome Institute for the History of Medicine, London Dictionary of medical biography; Volume 4, M-R, W.F. Bynum and Helen Bynum, Greenwood press, London Questo testo proviene in parte dalla relativa voce del progetto Mille anni di scienza in Italia, opera del Museo Galileo. Istituto Museo di Storia della Scienza di Firenze (home page), pubblicata sotto licenza Creative Commons CC-BY-3.0  De arte gymnastica Pediatria Dermatologia Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Girolamo Mercuriale Collabora a Wikiquote Citazionio su Girolamo Mercuriale Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Girolamo Mercuriale  Girolamo Mercuriale, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Agostino Palmerini, Girolamo Mercuriale, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Giuseppe Ongaro, Girolamo Mercuriale, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Girolamo Mercuriale, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Girolamo Mercuriale / Girolamo Mercuriale (altra versione), . Girolamo Mercuriale, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company.

 

Merker: Nicolao Merker (Trento), filosofo. Si laurea in Filosofia all'Messina. Trascorse un periodo di ricerche in Germania negli anni 1954-'55. Allievo di Galvano Della Volpe, diviene libero docente di Storia della Filosofia e docente incaricato di Storia delle dottrine politiche all'Messina. Dal 1972 è docente ordinario di Storia della Filosofia nello stesso ateneo. Dal 1974 è ordinario all'Università La Sapienza di Roma alla Facoltà di Lettere e Filosofia, e poi alla facoltà di Filosofia.  Ha curato edizioni italiane di classici dell'età della Riforma, dell'Illuminismo e dell'idealismo tedeschi, nonché di Marx, Engels e dell'austromarxismo. Dopo essersi occupato dei problemi lasciati aperti dalla Seconda guerra mondiale, si è occupato dell'idea di nazione, dell'ideologia colonialista e infine del fenomeno populista. Da ricordare la sua opera di divulgazione della storia della filosofia. Inoltre egli ha scritto ben trenta voci per l'enciclopedia filosofica della Bompiani, fra cui le più importanti sono su Heinrich Heine, Thomas Mann, Stefan Zweig.  Opere Le origini della logica hegeliana. Hegel a Jena, Milano, Feltrinelli, 1961. L'illuminismo tedesco. Età di Lessing, Bari, Laterza, 1968. Lessing e il suo tempo, con altri, Cremona, Libreria del Convegno, 1972. Marxismo e storia delle idee, Roma, Editori Riuniti, 1974. Storia della filosofia, VIII, La filosofia moderna. Il Settecento, con Paolo Casini, Milano, Vallardi, 1975. Alle origini dell'ideologia tedesca. Rivoluzione e utopia nel giacobinismo, Roma-Bari, Laterza, 1977. Storia della filosofia, diretta da, 3 voll., Roma, Editori Riuniti, 1982; 1984; Storia delle filosofie, diretta da, 3 voll., Firenze, Giunti Marzocco, 1988. Karl Marx (1818–1883), Roma, Editori Riuniti, 1983.  88-359-2597-5. Johann Benjamin Erhard, in L'albero della Rivoluzione. Le interpretazioni della rivoluzione francese, Torino, Einaudi, 1989.  88-06-11562-6. La Germania. Storia di una cultura da Lutero a Weimar, Roma, Editori Riuniti,  Introduzione a Lessing, Roma-Bari, Laterza, 1991.  88-420-3797-4. Il socialismo vietato. Miraggi e delusioni da Kautsky agli austromarxisti, Roma-Bari, Laterza, 1996.  88-420-5034-2. Storia della filosofia moderna e contemporanea, a cura di, 2 voll., Roma, Editori Riuniti, 1997.  88-359-4143-1. Il sangue e la terra. Due secoli di idee sulla nazione, Roma, Editori Riuniti, 2001.  88-359-4918-1. Atlante storico della filosofia, Roma, Editori Riuniti,  Europa oltre i mari. Il mito della missione di civiltà, Roma, Editori Riuniti, 2006.  88-359-5732-X. Filosofie del populismo, Roma-Bari, Laterza, 2009.  978-88-420-8918-6. Karl Marx. Vita e opere, Roma-Bari, Laterza, .  978-88-420-9377-0. Il nazionalsocialismo. Storia di un'ideologia, Roma, Carocci, .  978-88-430-6787-9. La guerra di Dio. Religione e nazionalismo nella Grande Guerra, Roma, Carocci, .  978-88-430-7512-6. La Germania. Storia di una cultura da Lutero a Weimar, Roma, Editori Riuniti, .  978-88-6473-192-6 Curatele Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Estetica, trad. di Nicolao Merker e Nicola Vaccaro, Milano, Feltrinelli, 1963; Torino, Einaudi, 1967. Immanuel Kant, La metafisica dei costumi, Bari, Laterza, 1970. Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Rapporto dello scetticismo con la filosofia, Bari, Laterza, 1970. Paracelso, Scritti etico-politici, Bari, Laterza, 1971. György Lukács, Scritti politici giovanili, 1919-1928, Trad. Paolo Manganaro e Nicolao Merker, Bari, Laterza, 1972. Johann Gottfried Herder, James Burnett, Lord Monboddo, Linguaggio e società, Nicolao Merker e Lia Formigari, Roma-Bari, Laterza, 1973. Gotthold Ephraim Lessing, Religione, storia e società, Messina, La Libra, 1973. Immanuel Kant, Lo Stato di diritto, Roma, Editori Riuniti, 1973 e . Georg Forster, Rivoluzione borghese ed emancipazione umana, Roma, Editori Riuniti, 1974. Wilhelm von Humboldt, Stato, società e storia, Roma, Editori Riuniti, 1974. Karl Marx, Friedrich Engels, Opere I, 1835-1843, Mario Cingoli e Nicolao Merker, Roma, Editori Riuniti, 1980. III, 1843-1844, Roma, Editori Riuniti, 1976. XXIX, Scritti economici di Karl Marx. Luglio 1857-febbraio 1858, Roma, Editori Riuniti, 1986. XXX, Scritti economici di Karl Marx. Marzo 1858-marzo 1859, Roma, Editori Riuniti, 1986. Johann Gottlieb Fichte, Lo Stato di tutto il popolo, Roma, Editori Riuniti, 1978 e .  978-88-6473-175-9. Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Il dominio della politica, Roma, Editori Riuniti, 1980. Lia Formigari, La scimmia e le stelle, Roma, Editori Riuniti, 1981. Barnaba Maj, Il mestiere dell'intellettuale, Roma, Editori Riuniti, 1981. Immanuel Kant, Stato di diritto e società civile, Roma, Editori Riuniti, 1982 e .  88-359-0002-6;  978-88-6473-173-5. Johann Gottlieb Fichte, La missione del dotto, Roma, Editori Riuniti, 1982.  88-359-0005-0. , Marx, un secolo, Roma, Editori Riuniti, 1983.  88-359-2562-2. Immanuel Kant, Per la pace perpetua. Un progetto filosofico e altri scritti, Roma, Editori Riuniti, 1984. Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Detti memorabili di un filosofo, Roma, Editori Riuniti, 1986. Karl Marx, Friedrich Engels, La sacra famiglia, Roma, Editori Riuniti, 1986. Karl Marx, Friedrich Engels, La concezione materialistica della storia, Roma, Editori Riuniti, 1986 e .  978-88-6473-248-0. Immanuel Kant, Che cos'è l'illuminismo?, Roma, Editori Riuniti, 1987. Gotthold Ephraim Lessing, La religione dell'umanità, Roma-Bari, Laterza, 1991.  88-420-3759-1. Georg Forster, Viaggio intorno al mondo, Roma-Bari, Laterza, 1991.  88-420-3809-1. Friedrich Engels, Viandante socialista, Soveria Mannelli, Rubbettino, 1993.  88-7284-046-5. Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Dizionario delle idee, Roma, Editori Riuniti, 1996.  88-359-4048-6. Richard Osborne, Storia della filosofia a fumetti, Roma, Editori Riuniti, 1998.  88-359-4427-9. Otto Bauer, La questione nazionale, Roma, Editori Riuniti, 1999 e .  978-88-6473-249-7. Note  La discreta classe delle idee. E’ morto Nicolao Merker, articolo del 18 febbraio  sul sito di Rifondazione Comunista  Il contesto è il filo d'Arianna. Studi in onore di Nicolao Merker, Stefano Gensini, Raffaella Petrilli, Luigi Punzo, Pisa, ETS, 2009.  978-88-467-2337-6. Tommaso Valentini, “Ideologia della nazione” e “populismo etnico”. Le riflessioni storico-filosofiche di Nicolao Merker, in Raffaele Chiarelli , Il populismo tra storia, politica e diritto, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli , Curriculum vitae , su uniurb.it.

 

Messere: Gregorio Messere, indicato anche come Missere o Messerio (Torre Santa Susanna), filosofo. Ricevuti i primi rudimenti del sapere dai chierici locali, i suoi genitori (Pietro Messere e Teodora Di Leo), sebbene non agiati, decisero di fargli frequentare il seminario di Oria, assecondando così il suo vivo desiderio di intraprendere la carriera ecclesiastica, qui dimostrò sin da subito una profonda passione per lo studio. All'età di 24 anni, fu ordinato sacerdote per poi ritornare al paese natìo, dove divenne un maestro di grande dottrina. Da autodidatta si applicò allo studio della filosofia, della matematica, della storia ecclesiastica e civile, nonché anche alla musica e al canto. Incolpato dell'omicidio di un giovane chierico, fu messo in prigione nelle carceri del Vescovo di Oria, dove rimase rinchiuso per sette anni, tuttavia non si lasciò mai abbattere dallo sconforto; anzi, procuratosi alcuni libri, il Messere si applicò allo studio della lingua greca, per la quale già aveva dimostrato una forte predisposizione. Dopo un lungo e dibattuto processo, la sentenza finale lo dichiarò innocente e assolto da qualsiasi reato. Risentito con i suoi concittadini per averlo ingiustamente ritenuto reo, dichiarò che il suo paese mai più lo avrebbe rivisto. Fu così che Gregorio Messere partì per Napoli, dove rimase fino alla morte. Nella città partenopea ebbe modo di affinare e approfondire la sua cultura, divenendo un personaggio di rilievo nel mondo intellettuale napoletano del tempo. La grande conoscenza della lingua greca gli conferì grande notorietà nonché una cattedra di Lettura Greca, che mantenne fino all'anno della morte, presso l'Università degli studi di Napoli. Tale cattedra, soppressa probabilmente nel 1627, era stata nuovamente istituita nel 1681 a spese di Giuseppe Valletta, filosofo, letterato e giureconsulto dell'epoca ed amico del Messere. Valletta aveva una profonda stima per il Messere, il quale fu assiduo frequentatore della sua casa non solo quale insegnante dei suoi figli e nipoti, ma anche perché divenuta luogo di riunioni dei più eruditi intellettuali del tempo. Fra i suoi molti allievi che assistevano alle sue lezioni, ne ebbe alcuni divenuti celebri, si annoverano Gennaro d’Andrea, Antonio Barra, Gregorio Caloprese, Gianvincenzo Gravina, lo stesso Giuseppe Valletta, Niccolò Capasso, Andrea Mazzarella da Cerreto, Matteo Egizio, Tommaso Donzelli ed altri. Morì nel 1708, ai suoi funerali parteciparono tutti i professori dell'Università e altri illustri personaggi; fu sepolto nella cappella dove riposano le ceneri del letterato Giovanni Pontano. Giambattista Vico, noto filosofo suo amico, gli dedicò un breve madrigale dal titolo Ghirlanda di timo per Argeo Caraconasio.  Gregorio Messere e il contesto culturale meridionale di fine Seicento Il mondo culturale napoletano della seconda metà del '600 fu caratterizzato da importanti innovazioni a livello filosofico, scientifico, civile e politico. Tale fervore culturale aprì la strada alla nascita di un numero notevole di accademie, che divennero luoghi di discussione aperta e di diffusione di nuove idee filosofiche e scientifiche. A Napoli le principali accademie del tempo furono soprattutto quella degli Investiganti e quella di Medinaceli. Che il Messere sia stato membro autorevole di entrambe le accademie e frequentatore di circoli e salotti letterari napoletani è testimoniato da non pochi documenti, tra cui manoscritti e altri a stampa conservati nella Biblioteca Nazionale di Napoli; le sue lezioni ebbero un così folto seguito di giovani tanto da far suscitare invidie fra i letterati fanatici dell'erudizione i quali, a furia di schernirlo per la sua ellenofilia, diffusero in Napoli addirittura la moda letteraria della macchietta dello pseudogrecista, satireggiata pure dal Vico nella terza Orazione inaugurale. Fu anche tra i primi membri dell'Arcadia fondata dal Crescimbeni e dal Gravina, ove gli fu attribuito il nome pastorale greco di Argeo Coraconasio, “dalle campagne dell'isola Coraconaso”. Nel 1703 fu fondata a Napoli la Colonia “Sebezia” dell'Arcadia e anche qui il Messere fu tra i primi iscritti.  L'aver ripristinato l'insegnamento della lingua greca in Napoli valse al Messere non solo il titolo di “ristoratore della greca erudizione”, ma contribuì alla ripresa dello studio di Omero, influenzandone il pensiero poetico e filosofico del tempo. Notevole fu l'influenza che egli ebbe sulla formazione del pensiero del Gravina. Essenziale nella vita culturale di Gregorio Messere fu anche l'amicizia con Giuseppe Valletta, suo allievo. La conoscenza che Gregorio Messere aveva della filosofia fu ugualmente vasta tanto che gli valse l'appellativo di “novello Socrate” e quando si riferivano a lui veniva anche chiamato il “Socrate dei nostri tempi”.  Le opere Gregorio Messere non fu solo un insigne grecista, ma anche un poeta. Compose infatti circa 60 componimenti, tra distici, tetrastici, serenate, sonetti, madrigali ed epigrammi sia in italiano che in greco e in latino, utilizzando talvolta uno stile che il Lombardo definisce “stile mezzano e semplice”, di carattere pastorale. Molti di questi componimenti sono custoditi in un codice della Biblioteca Nazionale di Madrid in Spagna. Un suo epigramma è contenuto in una lettera del 21 gennaio 1681 che Giovanni Canale inviò al Magliabechi. Non mancò di scrivere componimenti di carattere burlesco e giocoso, in cui contrapponeva l'immediatezza della satira e del dialetto alla ricercatezza esasperata della poesia del Seicento. Il Messere, come poeta, si esercitò soprattutto nell'Accademia di Medinacoeli, dove era uso chiudere la seduta accademica con la recitazione di componimenti poetici. Compose finanche versi che celebravano importanti eventi del regno; tra i più salienti, si ricordano quelli, in latino e greco, contenuti nel volume scritto in occasione della recuperata salute di Carlo II di Spagna; da ricordare sono anche gli emblemata contenuti nel volume scritto per i funerali di D. Caterina d'Aragona, e a cui si ispirò Giambattista Vico nel 1708 in occasione dei funerali di due uomini illustri  Tra le tante collaborazioni con letterati del suo tempo, degna di nota è quella che ebbe con Giambattista Vico per la pubblicazione del 1705 di un volume in occasione del genetliaco di Filippo v di Spagna, tre sono i componimenti contenuti in esso, due in greco e uno in latino. Il Messere fu anche collaboratore di una Miscellanea dal titolo Vari componimenti in lode dell'eccellentissimo signore d. Francesco Benavides conte di S. Stefano. Fatta eccezione per alcuni componimenti inseriti in Miscellanee poetico-celebrative, del Messere non esistono opere a stampa. E a ciò ne dà spiegazione il Lombardo quando afferma che egli fu uomo umile e schivo tutto dedito all'educazione dei giovani più che ai propri interessi personali, anzi la sua modestia fu tale che pensò bene di distruggere i propri scritti.  Le lezioni accademiche Le lezioni accademiche di cui si dispone sono quelle che Gregorio Messere tenne nell'Accademia istituita a Palazzo Reale dal viceré duca di Medinaceli. I codici delle lezioni sono conservati attualmente presso la Biblioteca Nazionale di Madrid e in quella di Napoli. Due di queste lezioni trattano di poesia e furono tenute nel 1699, qui il Messere argomenta sulla funzione e natura della poesia, dei suoi rapporti con la storia nonché sul problema delle origini della poesia stessa. Tre altre lezioni sono di carattere storico, esattamente: due sulla vita di Nerva e una sulla vita di Decio. Il codice napoletano contiene anche un Discorso vario in cui sono presenti motivi autobiografici e una lezione sull'origine delle maschere. L'Accademia di Medinaceli non ebbe lunga vita e, nonostante la sua chiusura avvenuta nel 1701 a causa di rivolgimento politico, Gregorio Messere continuò ad essere personaggio illustre nel panorama intellettuale e culturale napoletano, come dimostra il fatto di essere annoverato tra i primi membri dell'Arcadia sotto la custodia Crescimbeni e successivamente della colonia napoletana “Sebezia”.  Note  Storia della litteratura italiana  Biografia degli uomini illustri del regno di Napoli  Le vite degli Arcadi illustri scritte da diversi autori, e pubblicate d'ordine delle generale adunanza da Giovanni Mario Crescimbeni, parte seconda, Roma 1710,  47-59 (biografia scritta da Gaetano Lombardo). Clementina Cantillo, Filosofia, poesia e vita civile in Gregorio Messere: un contributo alla storia del pensiero meridionale tra '600 e '700, Morano, Napoli 1996. Angelo De Prezzo, Storia delle origini di Torre Santa Susanna, Tiemme, Manduria 1997. Imma Ascione, Seminarium doctrinarum: l'Napoli nei documenti del '700, 1690-1734, Edizioni scientifiche italiane, Napoli 1997. Fabrizio Lomonaco, Gregorio Messere, la poesia e l'impegno civile tra Gravina e Vico, in "Diritto e Cultura", VIII (1998), 1,  167-173. Lezioni dell'Accademia di Palazzo del duca di Medinaceli: Napoli 1698-1701, Michele Rak, Napoli, Istituto italiano per gli studi filosofici.

 

Micalori: Della sfera mondiale , 1626 Questa voce è orfana Questa voce sull'argomento teologi è orfana, ovvero priva di collegamenti in entrata da altre voci. Inseriscine almeno uno pertinente e non generico e rimuovi l'avviso. Giacomo Micalori, filosofo. Professore a Urbino.  Opere Giacomo Micalori, Della sfera mondiale, In Urbino, Marco Antonio Mazzantini, 1626. 14 giugno . Giacomo Micalori, Antapocrisi, In Roma, Francesco Roma Cavalli, 1635.

 

Miccoli: Paolo Miccoli, filosofo. La divertente commedia umana Incipit Chi si accinge alla lettura dell' Elogio della follia di Erasmo farebbe bene a non dimenticare taluni antecedenti biografici dell'autore che spiegano meglio l'ironia bonaria dell'opuscolo. Li richiamiamo. Geer Geertsz, latinizzato secondo il costume degli umanisti in Desiderio Erasmo, nacque a Rotterdam (Olanda) nel 1466 (o, secondo altri, nel 1469), figlio di illegittimo coniugio. La famiglia paterna, in auge nella borghesia di Gouda, come apprendiamo dallo stesso Erasmo, si oppose alle nozze riparatrici del figlio, costringendolo, con inganno, a far intraprendere la carriera ecclesiastica al malcapitato giovanotto.  Citazioni Come umanista Erasmo si sente apparentato alla società dalla duttile forza della parola che ne saggia criticamente le valenze in termini di ironia, sarcasmo, gioco allusivo, bonarietà lungimirante, tolleranza magnanima, moralismo contenuto. (p. 8) Fin dalla dedica dell'opuscolo a Tommaso Moro si arguisce che l'autore non vuol propinare sapientia austera e compassata, ma buon senso brioso che permei di sé la vita quotidiana della gente, fosse anche dell'imperatore Marco Aurelio che sul letto di morte, lui filosofo, esclama, a un certo momento: «Sentenzio me cacavi!»... (p. 8) La sapienza dei dotti è tanto altezzosa quanto sterile, diversamente dal buon senso che cambia in meglio l'esistenza non sofisticata. (p. 8) Sotto la penna dell'insigne umanista olandese si fronteggiano al femminile Sapientia e Stultitia: la prima, per voler essere austera ad ogni costo, diventa stolta; la seconda, in quanto «forza vitale irrazionale e creatrice», si palesa veramente saggia alla resa dei conti. (p. 8) L' Elogio della follia conserva un fascino di imperitura attualità. Lo si desume dall'analisi di Histoire de la Folie, dove Michel Foucault evidenzia il confine sfumato tra ragione e sragione in epoca di alta tecnologia, e altresì dalle invettive di Nietzsche contro lo smunto bibliotecario, lo stitico correttore di bozze, il pallido burocrate stipendiato, emblemi tutti del moderno «uomo alessandrino». (p. 11) Explicit Erasmo conosce e cita perfino pagine della Bibbia a riprova della bontà dei doni che Follia concede ai mortali. Un modo questo, di prendere in giro anzitempo la presunzione dispotica delle società economicistiche che intendono mantenere sotto loro tutela il cittadino «minorenne» sempre bisognoso di dande e mordacchie. Gli autori classici sono, tra l'altro, spiriti lungimiranti. A tali società alienanti di oggi e di domani William Blake, con spirito erasmiano, potrebbe ripetere: «esuberanza è bellezza».  [Paolo Miccoli, La divertente commedia umana, introduzione a Erasmo da Rotterdam, Elogio della Follia, TEN, 2002.  88-9289-712-5]  Introduzione a "Vita di Gesù" Incipit Il contesto storico culturale della Vita di Gesù La recente edizione storico-critica delle Opere complete di Hegel consente di far chiarezza sulle discussioni e congetture che hanno tenuto a lungo il campo nella letteratura hegeliana a proposito dei cosiddetti «Scritti teologici giovanili», la cui indole cronologica vengono ora sancite su base filologica e critica più accorta. Più che ai titoli apposti da Herman Nohl ai vari frammenti e più che alle congetture sulla data probabile di tali scritti, è più fruttuoso rifarsi agli anni di formazione filosofica e teologica di Hegel nello Stift di Tubinga (1788-93) e reperire nel curriculum studiorum le ascendenze prossime che hanno influenzato maggiormente l'autore in una speculiare lettura dei quattro Evangelisti, da cui desume Das Leben Jesu (1795).  Citazioni Gli interessi culturali di Hegel, negli anni tubinghesi, sono prevalentemente filosofici, incentivati dalla lettura di Rousseau, Jacobi, Lessing, Kant, Fichte su temi sociopolitici ed etico-religiosi. (p. VII) Hegel, studioso di filosofia, si sente chiamato a lumeggiare «spiritualmente» la situazione storica del suo tempo e a porre le premesse di carattere razionale per l'avvento di un «ordine uguale di tutti gli spiriti». (p. X) Il lettore del Leben Jesu si accorge subito di trovarsi di fronte a una forma di scrittura audace, che desacralizza e sdivinizza la persona di Gesù, riducendolo a maestro di morale sublime. (XI) [Paolo Miccoli, introduzione a Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Vita di Gesù (Das Leben Jesu), traduzione di Anselmo Aportone, TEN 1993

 

Miccolis: Stefano Miccolis (Corato), filosofo. Considerato uno dei massimi studiosi di Antonio Labriola.  Dal suo paese natio si trasferì a Perugia per gli studi universitari, laureandosi in filosofia a pieni voti, a soli 21 anni, con una tesi dal titolo «Il pensiero politico crociano e la genesi del liberalismo». Abilitatosi tre anni dopo cum laude all'insegnamento di storia e filosofia, professore in vari licei della provincia, occupò una cattedra stabile presso l'Istituto tecnico per geometri a Perugia, accostando l'insegnamento di estetica all'Accademia di belle arti "Pietro Vannucci". Sempre giovanissimo divenne responsabile del settore culturale del PCI per la regione Umbria; ma, preso dagli studî e dall'insegnamento, lasciò l'incarico, comunque seguendo sempre le vicende politiche con attenzione e passione. La sua è stata una formazione liberale: considerava suoi padri spirituali Antonio Labriola, Benedetto Croce, Piero Gobetti. Dalla fine degli anni Settanta la sua vita sarà rivolta allo studio del filosofo cassinese Antonio Labriola, da Miccolis ritenuto «un buon punto per capire la storia d'Italia». Nascerà quindi il Carteggio labrioliano, in cinque volumi, presentato da Claudio Cesa all'Accademia dei Lincei nel 2006, edito per gli auspici e con il contributo dell'Istituto italiano per gli studi storici e dell'Università degli Studi di Napoli "L'Orientale" e favorito dalla consultazione, nel frattempo divenuta possibile, delle carte Labriola del Fondo Dal Pane, acquistato dalla Società napoletana di storia patria. Su tale monumentale lavoro è stato scritto: «un evento letterario, probabilmente l'acquisizione più importante tra le fonti della cultura italiana postunitaria; e, di più, senza esagerazione, si presenta come un capolavoro ecdotico, per accuratezza filologica ed esaustività del commento. Miccolis era certo divenuto col tempo l'esperto più sicuro della impervia grafia del suo autore, della quale conosceva ogni piega e ogni anomalia, dei contesti politici e culturali in cui Labriola si muoveva, […] della spezzettata, dispersa e contorta  labrioliana, difficile da padroneggiare: si era anche impadronito, in base a una sensibilità linguistica non comune, del "vocabolario" dell'Autore in tutte le sue sfumature, ed era perciò in grado di respingere o di dubitare di attribuzioni di testi, datazioni improbabili, letture sghembe». Miccolis scrisse inoltre sistematicamente per varie riviste (Rivista di storia della filosofia, il Giornale critico della filosofia italiana, Belfagor, Critica storica, Nuovi studi politici, etc.); numerosi sono i suoi saggi e notevoli gli ulteriori apporti documentari alla  labrioliana. Negli ultimi anni collaborò intensamente con l'Istituto italiano per gli studi storici e la Fondazione Biblioteca Benedetto Croce: aveva il compito di revisionare i carteggi crociani, e sotto il suo controllo passavano i volumi dell'Edizione nazionale delle opere di Croce. È stato anche uno dei principali animatori dell'Edizione nazionale delle opere di Labriola, per la quale aveva contribuito a definire il piano editoriale, i criteri metodologici, e il problema del rapporto tra l'opera edita di Labriola e il fondo manoscritto della Società napoletana di storia patria.  Note  Adnkronos, Filosofi, E' morto Stefano Miccolis, massimo studioso di Antonio Labriolia, Bari, Alessandro SAVORELLI, Stefano Miccolis, Rivista di storia della filosofia, , fasc. 2. Opere principali A. Labriola, Il carteggio di Antonio Labriola conservato nel Fondo Dal Pane, S. Miccolis, «Archivio storico per le provincie napoletane»,  «Con la Sua calligrafia che mi ricorda i papiri greci...». La filologia, la guerra, la Crusca nel carteggio di Croce con Pistelli e Teresa Lodi, a c. di S. Miccolis e A. Savorelli, in Gli archivi della memoria, Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, 1996,  91–126, (rist. in Gli archivi della memoria e il Carteggio Salvemini-Pistelli, a c. di R. Pintaudi, Firenze, Biblioteca Medicea Lauenziana, Polistampa, 2004,  118–126) A. Labriola, La politica italiana nel 1871-1872. Corrispondenze alle « Basler Nachrichten », S. Miccolis, Napoli, Bibliopolis, 1998 A. Labriola, Carteggio, S. Miccolis, Napoli, Bibliopolis, 2000-2006 S. Miccolis, Labriola, Antonio, in Dizionario biografico degli italiani, A. Labriola, L'università e la libertà della scienza, S. Miccolis, Torino, Aragno, 2007. A. Labriola, Giordano Bruno. Scritti editi ed inediti (1888-1900), S. Miccolis e A. Savorelli, Napoli, Bibliopolis, 2008 S. Miccolis, Antonio Labriola. Saggi per una biografia politica, A. Savorelli e Stefania Miccolis, Milano, UNICOPLI,  S. Miccolis, Gli scritti politici di Antonio Labriola editi da Stefano Miccolis, A. Savorelli e Stefania Miccolis, Napoli, Bibliopolis,   G. Bucci, Stefano Miccolis, il ricordo a un anno dalla morte, "Corato live", 10 dicembre  W. Gianinazzi, M. Prat, In memoriam Stefano Miccolis (1945-2009), "Mil neuf cent", n° 28, 201. A. Savorelli, Stefano Miccolis, «Rivista di storia della filosofia», fasc. 2., a. LXV, ,  355–359 . A. Meschiari, Stefano Miccolis studioso di Antonio Labriola, «Rivista di storia della filosofia».

 

Mieli.  «Spero che la lettura di questo libro favorisca la liberazione del desiderio gay presso coloro che lo reprimono e aiuti quegli omosessuali manifesti, che sono ancora schiavi del sentimento di colpevolezza indotto dalla persecuzione sociale, a liberarsi della falsa colpa»  (Elementi di critica omosessuale, 1977). Mario Mieli (Milano), filosofo. Attivista e scrittore italiano, teorico degli studi di genere. È considerato uno dei fondatori del movimento omosessuale italiano, nonché uno tra i massimi teorici del pensiero nell'attivismo omosessuale italiano. Legato al marxismo rivoluzionario, è noto soprattutto come eponimo del Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli e per il suo saggio Elementi di critica omosessuale pubblicato nella sua prima edizione da Einaudi nel 1977.  Mario Mieli nacque a Milano nel 1952, penultimo dei sette figli di Walter Mieli e di Liderica Salina. Il padre, ebreo e originario di Alessandria d'Egitto, viveva a Milano dalla metà degli anni venti e aveva fondato con successo un'azienda di filati, divenuta in seguito una delle più importanti nella torcitura e nella lavorazione della seta. La madre, milanese, era insegnante di lingue.  Sposati dal 1936, durante la seconda guerra mondiale i coniugi Mieli erano sfollati a Lora, frazione di Como. Mario crebbe in questa cittadina, pur mantenendo forti legami con Milano dove il padre continuava a lavorare e a risiedere.  Il giovane Mario si stabilì definitivamente nel capoluogo lombardo quando si iscrisse al liceo classico Giuseppe Parini, raggiunto due anni dopo dalla sorella minore Paola, alla quale fu sempre molto legato. Già in questi anni diede dimostrazione della sua viva intelligenza e dichiarò la propria omosessualità. Secondo quanto testimoniato dal compagno Milo De Angelis, nel 1969 fondò un circolo di poesia che divenne anche un luogo di incontro per omosessuali. Fu pienamente coinvolto nella contestazione ed evocò questo periodo nel suo romanzo autobiografico Il risveglio dei faraoni.  A causa della sua miopia fu esonerato dal servizio militare e nel 1971, alla fine del liceo, si trasferì a Londra per perfezionare l'inglese, come già avevano fatto altri suoi familiari. Qui frequentò il "Gay Liberation Front" venendo a contatto con l'attivismo omosessuale nella sua fase più intensa, subito dopo i moti di Stonewall. Tornato in Italia nel 1971, a soli 19 anni fu, insieme ad Angelo Pezzana, tra i soci fondatori del celebre Fuori! a Torino, prima associazione italiana del movimento di liberazione omosessuale italiano.  Convinto assertore di una rivoluzione gay in chiave marxista, nel 1974 si allontanò dal Fuori! insieme a tutta la cellula milanese dell'associazione quando questa si legò al Partito Radicale.  Nello stesso anno fondò a Milano i Collettivi Omosessuali Milanesi e nel 1976 i Collettivi parteciparono al Festival del proletariato giovanile di Parco Lambro, dove Mieli lanciò dal palco lo slogan Lotta dura, Contronatura!. Si laureò in filosofia morale con una tesi, poi pubblicata con modifiche, da Einaudi nel 1977 con il titolo di Elementi di critica omosessuale e che divenne un fondamento delle teorie di genere in Italia e, in misura minore, all'estero, venendo tradotto e pubblicato in inglese nel 1980 con il titolo Homosexuality and liberation: elements of a gay critique ed in spagnolo con il titolo Elementos de crítica homosexual nel 1979 dall'editrice Anagrama. Elementi fu uno dei testi base dei collettivi autonomi gay.  Mario Mieli fu uno dei primi a contestare apertamente le categorie di genere vestendosi quasi sempre con abiti femminili. Nel frattempo si dedicava al teatro, destando scandalo nella mentalità dell'epoca con opere come lo spettacolo La Traviata Norma. Ovvero: Vaffanculo... ebbene sì! (1976). Dava volutamente scandalo anche per il modo in cui si presentava, utilizzò anche immagini e ruoli per portare avanti la propria battaglia dei diritti individuali inalienabili. Nel corso della sua esistenza, cercò di superare i limiti, fece uso di droghe e si dette a pratiche sempre più estreme, inclusa la coprofagia.  Nel 1974, durante un viaggio a Londra, Mieli, vicino già all'antipsichiatria, iniziò a interessarsi di psicoanalisi; in dicembre fu nuovamente arrestato, quando, seminudo e in preda a una crisi psichica, fu fermato nell'aeroporto di Heathrow, in cerca di un poliziotto con cui avere un rapporto sessuale. Prima venne incarcerato, poi messo nella sezione psichiatrica del Marlborough Day hospital, assistito dai familiari venuti dall'Italia in attesa del processo.  Venne ricondotto a Milano, dopo la condanna a pagare una multa, e ricoverato in una clinica psichiatrica per un mese. Una volta dimesso, su consiglio del suo psicoanalista Giovanni Carlo Zapparoli, i genitori gli diedero un appartamento autonomo. L'anno seguente viaggiò ad Amsterdam e di nuovo a Londra e si laureò con lode in filosofia. Poco dopo lasciò l'appartamento che gli avevano trovato e interruppe la terapia psichiatrica.  Al V congresso del Fuori!, che sancì la sua rottura col movimento e con Angelo Pezzana, Mieli prese la parola, si dichiarò transessuale e parlò della sua esperienza di malattia mentale («sono stato definito uno schizofrenico paranoide, sono stato in ospedale, in manicomio per questo motivo») e di omosessualità. Dopo questo periodo si dedicò alla stesura degli Elementi di critica omosessuale.  Negli ultimi anni di vita si dedicò all'esoterismo e all'alchimia, abbastanza isolato dal resto del movimento omosessuale, e lavorando al romanzo Il risveglio dei faraoni, pubblicato postumo nel 1994.  Morì suicida infilando la testa nel forno della sua abitazione di Milano nel 1983 all'età di soli 30 anni, dopo un lungo periodo di depressione. Tra i motivi del suo gesto estremo fu l'ostruzionismo che il padre, influente industriale milanese, aveva fatto per impedire la pubblicazione della sua ultima opera, Il risveglio dei faraoni, ritenendolo troppo autobiografico e lesivo dell'onore famigliare. A lui è intitolato il Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli sorto a Roma nello stesso anno della morte.  Il pensiero Il transessualismo universale Il pensiero di Mario Mieli consiste nel ritenere che ogni persona è potenzialmente transessuale se non fosse condizionata, fin dall'infanzia, da un certo tipo di società che, attraverso quella che Mieli chiamava "educastrazione", costringe a considerare l'eterosessualità come "normalità" e tutto il resto come perversione. Per transessualità Mieli non intende quello che si intende oggi nella comune accezione del termine, ma l'innata tendenza polimorfa e "perversa" dell'uomo, caratterizzata da una pluralità delle tendenze dell'Eros e da l'ermafroditismo originario e profondo di ogni individuo.  La liberazione omosessuale in chiave marxista Mieli fu tra i primi studiosi ed attivisti del Movimento di Liberazione Omosessuale Italiano, accanto a Ferruccio Castellano, Massimo Consoli, Elio Modugno e Angelo Pezzana. Tutti partivano dalla certezza che la liberazione dall'ancestrale omofobia dovesse fondarsi sulla consapevolezza della propria identità, censurata fin dalla nascita dalla cultura dominante, da loro ritenuta antropologicamente sessuofoba e pervicacemente omofoba.  Da queste basi partivano per abbattere la discriminazione plurisecolare nei confronti di chi non si identificava nella sessualità assiomaticamente definita come naturale e normale. Mieli abbracciò immediatamente il marxismo, cercando di rimodularlo sulle istanze della lotta di liberazione ed emancipazione omosessuale e ritenendo la società capitalista intrinsecamente omofoba. Rilettura della psicanalisi Negli Elementi di critica omosessuale, Mieli volle rielaborare alcuni degli spunti teorici della teoria della sessualità di Freud, attraverso la lettura che, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, ne aveva fatto Herbert Marcuse. Marcuse, infatti, in opere come Eros e civiltà (1955) e L'uomo a una dimensione (1964), aveva voluto fondere marxismo e psicanalisi. Fu proprio Freud, infatti, a sostenere che l'orientamento sessuale poteva prendere qualsiasi "direzione", riconducendo "eterosessualità" e "omosessualità" a semplici varianti della sessualità umana in senso lato. Una non escluderebbe l'altra, e anzi, in potenza, tutti saremmo pluri-sessuali, "polimorfi" o, più semplicemente, bi-sessuali.  In base a questa riflessione, Mieli riteneva che si dovesse denunciare come assurda e inconsistente l'opposizione ideologica "eterosessuale" vs "omosessuale", essendo viziato il principio stesso di "mono-sessualità". A questa prospettiva unilaterale, che riteneva incapace di cogliere la natura ambivalente e dinamica della dimensione sessuale, Mieli ha preferito opporre un principio di eros libero, molteplice e polimorfo. Per Mieli era tragicamente ridicola «la stragrande maggioranza delle persone, nelle loro divise mostruose da maschio o da "donna" [...]. Se il travestito appare ridicolo a chi lo incontra, tristemente ridicolissima è per il travestito la nudità di chi gli rida in faccia».  Tim Dean, psicoanalista dell'Buffalo, che redasse l'appendice dell'edizione Feltrinelli di Elementi di critica omosessuale, affermava: «Nel processo politico di ristrutturazione della società (...) Mieli non esita a includere nel suo elenco di esperienze redentive la pedofilia, la necrofilia e la coprofagia» e «ridefinisce drasticamente il comunismo descrivendolo come riscoperta dei corpi (...) In questa comunicazione alla Bataille di forme materiali, la corporeità umana entra liberamente in relazioni egualitarie multiple con tutti gli esseri della terra, inclusi "i bambini e i nuovi arrivati di ogni tipo, corpi defunti, animali, piante, cose" annullando "democraticamente" ogni differenza non solo tra gli esseri umani ma anche tra le specie».  A questa rivoluzione sociale sono di ostacolo determinati elementi, ritenuti da Mieli come «pregiudizi di certa canaglia reazionaria» che, trasmessi con l'educazione, hanno la colpa di «trasformare troppo precocemente il bambino in adulto eterosessuale».  Il tema della pedofilia Da provocatore dei "benpensanti", quale è stato tutta la breve vita, facendo esplicitamente riferimento a Sigmund Freud, Mieli affrontò a modo suo anche il tema della sessualità infantile, per questo andando incontro a forti critiche. I bambini, secondo il pensiero di Mieli, potevano "liberarsi" dai pregiudizi sociali e trovare la realizzazione della loro "perversità poliforme" grazie ad adulti consapevoli di quanto sopra asserito: «Noi checche rivoluzionarie sappiamo vedere nel bambino non tanto l'Edipo, o il futuro Edipo, bensì l'essere umano potenzialmente libero. Noi, sì, possiamo amare i bambini. Possiamo desiderarli eroticamente rispondendo alla loro voglia di Eros, possiamo cogliere a viso e a braccia aperte la sensualità inebriante che profondono, possiamo fare l'amore con loro. Per questo la pederastia è tanto duramente condannata: essa rivolge messaggi amorosi al bambino che la società invece, tramite la famiglia, traumatizza, educastra, nega, calando sul suo erotismo la griglia edipica. La società repressiva eterosessuale costringe il bambino al periodo di latenza; ma il periodo di latenza non è che l’introduzione mortifera all’ergastolo di una «vita» latente. La pederastia, invece, «è una freccia di libidine scagliata verso il feto» (Francesco Ascoli)»  (Elementi di critica omosessuale, pag. 62, 2002) Nella nota 88 si legge:  «Per pederastia intendo il desiderio erotico degli adulti per i bambini (di entrambi i sessi) e i rapporti sessuali tra adulti e bambini. Pederastia (in senso proprio) e pedofilia vengono comunemente usati come sinonimi» (Elementi di critica omosessuale, pag. 62, 2002) Il tema dell'alterazione psichica, della follia Mieli faceva uso di sostanze stupefacenti, attraverso le quali mirava a superare lo stato di normalità in cui riteneva le persone intrappolate. Riteneva che nevrosi, follia, paranoia, delirio e, soprattutto, la schizofrenia, al pari dell'omosessualità fossero caratteristiche latenti in tutti gli esseri umani e, con riferimento a Jung, che tali condizioni permettessero «la (ri)scoperta di quella parte di noi che Jung definirebbe “Anima” oppure “Animus”». In riferimento all'omosessualità, Mieli considerava che potesse essere una porta verso il lato inesplorato della personalità, in analogia con la follia: «La paura dell’omosessualità che distingue l’homo normalis è anche terrore della “follia” (terrore di se stesso, del proprio profondo). Così, la liberazione omosessuale si pone davvero come ponte verso una dimensione decisamente altra: i francesi, che chiamano folles le checche, non esagerano».  Opere Comune futura, con Francesco Santini, 1974 (pamphlet) Elementi di critica omosessuale, Einaudi, Torino, 1977 Elementi di critica omosessuale, Gianni Rossi Barilli e Paola Mieli, Feltrinelli, Milano, 2002 Elementi di critica omosessuale, Gianni Rossi Barilli e Paola Mieli, Feltrinelli, Milano,  Towards a Gay Communism, pubblicazione pirata, Londra, 1980 (pamphlet) Towards a Gay Communism, Pluto Press, Londra,  Il risveglio dei faraoni, preservato da Marc de' Pasquali e Umberto Pasti, Cooperativa Colibri, Milano, 1994 Il risveglio dei faraoni, Alfonso Sarrio Solidago, dR Edizioni, Milano,  Oro, eros e armonia, Gianpaolo Silvestri e Antonio Veneziani, Edizioni Croce, 2002 Oro, eros e armonia, Gianpaolo Silvestri e Antonio Veneziani, Edizioni Croce,  E adesso, Silvia De Laude, Edizioni Clichy,  Teatro La Traviata Norma. Ovvero: Vaffanculo... ebbene sì!, 1977 Film su Mario Mieli Gli anni amari, regia di Andrea Adriatico () Note  Tommaso Giartosio, Perché non possiamo non dirci: letteratura, omosessualità, mondo, Feltrinelli Editore, 2004,  9788807103681. 19 settembre .  Gianni Rossi Barilli, Il movimento gay in Italia, Feltrinelli Editore, 1999,  9788807815591. 19 settembre .  Laura Schettini, Mario Mieli, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . 23 dicembre .  Mario Mieli, Ideologia. Progetto omosessuale rivoluzionario, in Elementi di critica omosessuale  MIELI, Mario di Laura SchettiniDizionario Biografico degli Italiani, in Treccani, . 18 settembre .  Trascrizione del suo intervento in 5º congresso nazionale del “Fuori!”, in Fuori!, V, 1976, 16,  16 s. //francobuffoni.it/files/pdf/gp_leonardi_mieli.pdf  Mieli, artista contro la violenza, in La Stampa, 16 marzo 1983. 5 marzo .  Mario Mieli, Elementi di critica omosessuale, Einaudi, 1977  Mario Mieli. Elementi di critica omosessuale. Milano, Einaudi, 1977.  Mario Mieli, estremo e dimenticato. Storia di un intellettuale provocatore., in Treccani Il tascabile, . 18 settembre .  Mieli, Mario., Mieli, Paola. e Rossi Barilli, Gianni., Elementi di critica omosessuale, ,  9788807890307,  1035454798. 20 settembre .  Mieli, Mario,, Towards a gay communism elements of a homosexual critique, Pluto Press, ,  9781786800534,  1036773076. 20 settembre .  Mario Mieli, Il risveglio dei Faraoni, in Alfonso Sarrio Solidago , PRIDE, Milano, dR Edizioni, ,  302,  978-1717985057. 20 settembre  20 settembre ).  Silvestri, Gianpaolo, 1952-, L'ultimo Mario Mieli : Oro Eros Armonia : contributi di Ivan Cattaneo e Antonio Veneziani, 2 ed. riveduta e corretta, Libreria Croce, ,  9788864021591,  955245519. 20 settembre .  De Laude, Silvia,, Mario Mieli : e adesso,  9788867991884,  958364206. 20 settembre .  Angelo Pezzana . La politica del corpo. Roma, Savelli, 1976. Elio Modugno. La mistificazione eterosessuale. Milano, Kaos. Stefano Casi. L'omosessualità e il suo doppio: il teatro di Mario Mieli. Rivista di sessuologia (numero speciale L'omosessualità fra identità e desiderio, XVI, 2, aprile-giugno 1992. Francesco Gnerre. L'eroe negato. Milano, Baldini e Castoldi, 2000. Marco Philopat, Lumi di punk: la scena italiana raccontata dai protagonisti, Milano, Agenzia X, 2006. Concetta D'Angeli, Teatro Talento Tenacia... Mario Mieli, in "Atti&Sipari" n. 3, ottobre 2008.  Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli Fuori! LGBT Marc de' Pasquali Movimento di liberazione omosessuale Omosessualità Queer Storia dell'omosessualità in Italia Studi di genere Teoria queer Transessualismo Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Mario Mieli Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Mario Mieli  Biografia, in italiano, su culturagay.it. Chi era Mario Mieli (articolo sul  gay.tv), su gay.tv 12 maggio 2009). Circolo di cultura omosessuale "Mario Mieli", su mariomieli.org. 22386233 Biografie  Biografie LGBT  LGBT Letteratura  Letteratura Categorie: Attivisti italianiScrittori italiani Professore1952 1983 21 maggio 12 marzo Milano MilanoAttivisti per i diritti delle persone LGBT in ItaliaStudi di genereTeoria queerMorti per suicidioPedofiliaTrans*PederastiaPersone che hanno fatto coming outNecrofilia

 

Miraglia  Senatore del Regno d'Italia Dati generali Professione docente universitario.. Luigi Miraglia (Reggio), filosofo. Senatore del Regno nella XXI Legislatura.  Si laureò all'Napoli, dopodiché insegnò filosofia del diritto nella stessa università, ed economia politica alla Scuola superiore di agricoltura di Portici.  Seguì una corrente di pensiero eclettica, ad esso contemporanea, che mirava all'integrazione di pratiche giuridiche ed ispirazioni filosofiche. Fu sindaco di Napoli dal 30 novembre del 1901 fino al giorno della sua scomparsa, avvenuta due anni dopo.  Pubblicazioni Tra le più famose si ricordano:  Condizioni storiche e scientifiche del diritto di preda (Napoli, 1871); I principî fondamentali dei diversi sistemi di filosofia del diritto e la dottrina etico-giuridica di G. F. Hegel (Napoli, 1873); Filosofia del diritto (2ª ed., Napoli, 1893). Note  Nella sua biografia ufficiale per la Treccani è nato a Reggio nell'Emilia, mentre nella sua scheda storico-professionale sul sito del Senato si riporta a Reggio di Calabria  Giuseppe Ermini, MIRAGLIA, Luigi, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1934, luigi-miraglia. 31 ottobre .  Luigi Miraglia (latinista) Sindaci di Napoli Senatori della XXI legislatura del Regno d'Italia  Luigi Miraglia, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Luigi Miraglia, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Luigi Miraglia, .  Luigi Miraglia, su Senatori d'Italia, Senato della Repubblica.

 

Misefari Bruno Misefari   Bruno Misèfari al confino di Ponza, nei primi anni trenta Bruno Misefari conosciuto anche con lo pseudonimo anagrammatico Furio Sbarnemi (Palizzi), filosofo. All'anagrafe Bruno Vincenzo Francesco Attilio Misefari, era fratello di Enzo (politico calabrese del P.C.I., storico e poeta), di Ottavio (calciatore reggino tra i più conosciuti nei primi anni del secolo; giocò nella Reggina e nel Messina) e di Florindo (biologo, attivista della Lega Sovversiva Studentesca e del gruppo "Bruno Filippi").  Dopo aver frequentato la scuola elementare del piccolo paese di nascita in provincia di Reggio Calabria, a undici anni si trasferì con lo zio proprio a Reggio Calabria. Già da adolescente, influenzato dalle frequentazioni di socialisti e anarchici in casa dello zio, partecipò attivamente alla fondazione e allo sviluppo di un circolo giovanile socialista (intitolato ad A. Babel, rivoluzionario tedesco dell'Ottocento). Iniziò a collaborare al giornale Il Lavoratore, organo della Camera del Lavoro di Reggio Calabria, firmando gli articoli come "Lo studente". Collaborò nello stesso periodo a Il Riscatto, periodico socialista-anarchico stampato a Messina; e con Il Libertario, stampato a La Spezia e diretto da Pasquale Binazzi. Il 5 marzo 1912, a causa della sua attività antimilitarista esercitata all'interno del Circolo contro la Guerra italo-turca, fu arrestato e condannato a due mesi e mezzo di carcere per «istigazione alla pubblica disobbedienza».  Fu nei due anni successivi che Bruno si convertì dal socialismo all'anarchia. Ciò avvenne soprattutto con la frequentazione (già dal 1910) da parte di Giuseppe Berti, suo professore di fisica presso l'"Istituto Tecnico Raffaele Piria".  Nel 1912 si trasferì a Napoli e si iscrisse al Politecnico, dopo avere studiato fisica e matematica alle superiori, e anche per non dispiacere al padre, proseguì tali studi. Pesò inoltre su questa decisione il fatto che in quegli anni, dopo la tragica distruzione della città di Reggio Calabria a causa del terremoto del 1908, il lavoro che garantiva le maggiori certezze era proprio quello dell'ingegnere. Nondimeno continuò per proprio conto gli studi a lui prediletti: politica, filosofia, letteratura, come aveva fatto fino ad allora. A Napoli si fece subito avanti nell'ambiente anarchico. Il movimento a Napoli contava allora di un centinaio di aderenti.  Nel 1915 si rifiutò di partecipare al corso allievi ufficiali a Benevento e fu condannato a quattro mesi di carcere militare. Diserterà una seconda volta il 28 settembre 1916, trovando rifugio nella campagna del beneventano in casa di un contadino. Tornato a Reggio Calabria, il 5 marzo 1916 interruppe una manifestazione interventista nella centrale Piazza Garibaldi, salendo sul palco e pronunciando un discorso antimilitarista. Venne per questo motivo arrestato e condotto presso il carcere militare di Acireale; sette mesi dopo venne trasferito presso quello di Benevento. Da lì riuscì ad evadere grazie alla complicità di un amico secondino. Fu tuttavia intercettato alla frontiera del confine svizzero; ancora incarcerato, riuscì nuovamente nella fuga nel giugno del 1917.  Il 19 giugno 1917 toccò il territorio svizzero, ma i gendarmi lo condussero al carcere di Lugano. Giunte dalla Calabria le informazioni su di lui, essendo un uomo politico, dopo quindici giorni fu lasciato libero con la facoltà di scegliere il luogo di residenza. Indicò subito Zurigo, dove sapeva di potere rintracciare Francesco Misiano, suo caro amico e noto esponente politico socialista, anche lui accusato di diserzione. A Zurigo trovò ospitalità presso la famiglia Zanolli, dove si innamorò della giovane Pia, che diventerà sua compagna di vita.  Durante il periodo di esilio in Svizzera, Bruno svolgeva attività politica tenendo i contatti con Luigi Bertoni e con altri gruppi anarchici elvetici, collaborando anche al giornale: Il Risveglio Comunista Anarchico. Svolse una serie di conferenze in varie città della Svizzera. Bruno si autoannunciava con un suo pseudonimo anagrammatico Furio Sbarnemi. A Zurigo frequenta la Cooperativa socialista di Militaerstrasse 36 e la libreria internazionale di Zwinglistrasse gestita dai disertori Giuseppe Monnanni, Francesco Ghezzi e Enrico Arrigoni; in questi ambienti conosce anche Angelica Balabanoff.  Il 16 maggio 1918 venne arrestato per un complotto inventato dalla polizia. Fu incolpato innocentemente con l'accusa di avere fomentato una rivolta nella città e di «aver fabbricato bombe a scopo rivoluzionario». Con lui furono arrestati diversi attivisti politici, tra i quali lo stesso Francesco Misiano (che fu poi rilasciato perché socialista e non anarchico). Rimase in carcere per sette mesi, e venne poi espulso dalla Svizzera nel luglio 1919. Grazie ad un regolare passaporto per la Germania, ottenuto per ragioni di studio, si recò a Stoccarda. Lì entrò in contatto con Clara Zetkin (che gli rilascia una lunga intervista sul movimento rivoluzionario in Germania) e Vincenzo Ferrer. Nell'ottobre nel 1919 poté rientrare in patria, in seguito all'amnistia promulgata dal governo Nitti. Nel dicembre del 1919 è a Napoli e poi a Reggio Calabria.  Anni ventiIl ritorno in Italia Il 1920 fu un periodo intenso per la vita militante di Bruno Misefari. A Napoli partecipò come oratore a molte manifestazioni, si prodigò a favore dei suoi compagni colpiti dalla repressione, denunciò le provocazioni della polizia; tenne numerose conferenze e comizi. Con il dentista anarchico Giuseppe Imondi, stampò alcuni numeri del giornale: L'Anarchia. In autunno fu chiamato a Taranto a svolgere il compito di segretario propagandista presso la locale Camera del Lavoro Sindacale. Tra la fine del 1920 e l'inizio del 1921 ebbe stretti contatti con Errico Malatesta, Camillo Berneri, Pasquale Binazzi, Armando Borghi, Giuseppe Di Vittorio e altri esponenti dell'anarchismo e del sovversivismo italiano. Nel 1921 si impegnò su più fronti per la campagna a favore degli anarchici Sacco e Vanzetti. Nello stesso periodo (1920-21) fu corrispondente di: Umanità Nova, settimanale anarchico diretto da Errico Malatesta e collaborò al periodico: L'Avvenire Anarchico di Pisa.  Nel 1922 Bruno Misefari continuò i suoi studi a Napoli con qualche salto a Reggio Calabria con la sua compagna Pia Zanolli (che sposò nel 1931). Il 18 agosto 1923 si laureò in ingegneria presso il Politecnico di Napoli. Successivamente si iscrisse anche alla facoltà di filosofia.  Nonostante l'avvento del fascismo, nel 1924 fondò un giornale libertario, L'Amico del popolo, che però dopo il quarto numero fu soppresso dalle autorità. Nel primo numero del giornale, Bruno Misefari scrisse un editoriale dal titolo Chi sono e cosa vogliono gli anarchici. Lo scritto è l'espressione del suo pensiero libertario:  «L'anarchismo è una tendenza naturale, che si trova nella critica delle organizzazioni gerarchiche e delle concezioni autoritarie, e nel movimento progressivo dell'umanità e perciò non può essere una utopia.»  (Bruno MisefariL'Amico del Popolo) Da esperto di geologia, progettò per primo in Calabria l'industria del vetro e fondò nel 1926 a Villa S.Giovanni, la prima vetreria in Calabria (Società Vetraria Calabrese). In quegli stessi anni subì però persecuzioni continue da parte del regime. Fu cancellato dall'Albo di categoria e non poté più firmare progetti. Gli venne mossa l'accusa di avere «attentato ai poteri dello Stato, per il proposito di uccidere il re e Mussolini». Fu prosciolto dopo venticinque giorni di carcere.  Anni trenta Nel 1931, la polizia ravvisò in un discorso di commemorazione durante il funerale di un amico (tra l'altro un industriale fascista, Giuseppe Zagarella) un'ispirazione anarchica e pertanto lo propose per l'assegnazione al confino. Il 31 marzo 1931 fu arrestato, in carcere si sposò con Pia Zanolli, in luglio fu inviato per il confino, prigioniero a Ponza. Tuttavia sembra che tale provvedimento fosse stato determinato da altri motivi. Misefari, che era ingegnere minerario, si era attivamente impegnato nello sfruttamento su larga scala di giacimenti di quarzo, materia prima per l'industria vetraria, che fino a quell'epoca dipendeva, in gran parte, dai silicati stranieri.   Bruno Misèfari Assunto come direttore tecnico della Società Vetraria Calabrese (di cui era stato finanziatore e Presidente il succitato Zagarella) egli si era dovuto ben presto scontrare con l'assenteismo e l'inettitudine del consiglio di amministrazione che si schierò contro di lui con l'intenzione di eliminarlo in qualsiasi modo, ricorrendo anche ad espedienti politici. Giustizia e Libertà, in un articolo anonimo datato 21 dicembre 1933 dal titolo «Politica e affarismo. Il caso di un ingegnere libertario», attribuisce la causa del confino alle manovre dei suoi ex soci. Durante il confino stringe amicizia con Domizio Torrigiani, Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia, il quale lo affilia alla Massoneria.  L'amnistia del decennale del fascismo lo liberò dal confino dopo due anni. Ma tornato in Calabria vide il vuoto intorno a sé; scrive infatti a sua moglie: "Amnistiato sì, però a quale prezzo: la salute sconquassata, senza un soldo, senza prospettive per l'avvenire". Nel novembre del 1933 gli viene diagnosticata l'esistenza di un tumore alla testa. Nel 1934 va e viene con la moglie da Zurigo a Reggio Calabria. Nel 1935 riesce a trovare il capitale necessario per l'impianto di uno stabilimento per lo sfruttamento della silice a Davoli (in provincia di Catanzaro).  Nel 1936 le sue condizioni di salute peggiorano a causa del tumore. Il 12 giugno 1936 perde conoscenza, viene ricoverato in stato gravissimo nella clinica romana del Senatore Giuseppe Bastianelli, e lì si spense la sera stessa.  Il pensiero Bruno Misefari, ancora ragazzo, studente, cominciò a ribellarsi contro l'ingiustizia del mondo che lo circondava: Palizzi Superiore, un paese tra i monti dove il castello feudale dei signori locali dominava la valle, dove si ammucchiavano piccole e povere case desolate di contadini. E si ribellò a quel mondo, costruito secondo quell'immagine topografica che portava impresso nella memoria: sopra, chi comanda e non lavora, sotto, chi subisce e lavora. E ancora ragazzo cominciò a sognare un mondo in cui quella gerarchia fosse sovvertita prima, distrutta poi. Poteva scegliere di ispirarsi al socialismo marxistico o al socialismo libertario. Del primo apprezzava l'analisi dell'antagonismo tra le classi, ma mostrava perplessità circa i mezzi proposti dalla diagnosi marxistica per fronteggiare il pericolo di una rivincita dell'avversario di classe. Inclinò perciò verso il socialismo libertario.  «Nel comunismo libertario io sarò ancora anarchico? Certo. Ma non di meno sono oggi un amante del comunismo. L'anarchismo è la tendenza alla perfetta felicità umana. esso dunque è, e sarà sempre, ideale di rivolta, individuale o collettivo, oggi come domani.»  (Bruno MisefariTaccuino personale) La scelta della diserzione fu coerente con il suo obiettivo di combattere non la guerra degli stati, ma a fianco degli oppressi di tutto il mondo contro il loro nemico, tenendo alta la bandiera dell'internazionalismo. Pur sottoposto senza tregua alla persecuzione della polizia e all'inquisizione della magistratura, fu sempre al suo posto accanto a coloro che lavoravano e soffrivano. Come ogni rivoluzionario sincero e coerente, pagò col carcere e col confino la sua fede in un ideale.  Chi sono gli anarchici Secondo Bruno Misefari, essere anarchici voleva dire per prima cosa proclamare, contro ogni violenza, l'inviolabilità della vita umana. Inoltre significava lottare per l'abolizione della proprietà privata e a favore della socializzazione dei mezzi di produzione e di scambio. Proprio per questo gli anarchici sono, di fondo, dei socialisti. A questo esperimento di vita sociale andava affiancata la lotta contro lo Stato, che ne impediva la realizzazione. E la lotta contro lo Stato non poteva essere vittoriosa se non con la rivoluzione. Dunque gli anarchici sono socialisti, antistatali e rivoluzionari. Elemento fondamentale della lotta, secondo Misefari, era l'allargamento di essa alla sfera internazionale. È comunque una lotta che non si fa violenta. Misefari è fortemente pacifista, contrario all'uso della forza e della violenza armata. L'anarchico è inoltre antireligioso: la religione infatti è considerata "fattore di abbrutimento per l'umanità".  Antimilitarismo Per Misefari la guerra è pura barbarie, speculazione capitalistica consumata in nome dello Stato.  «L'esistenza del militarismo è la dimostrazione migliore del grado di ignoranza, di servile sottomissione, di crudeltà, di barbarie a cui è arrivata la società umana. Quando della gente può fare l'apoteosi del militarismo e della guerra senza che la collera popolare si rovesci su di essa, si può affermare con certezza assoluta che la società è sull'orlo della decadenza e perciò sulla soglia della barbarie, o è una accolita di belve in veste umana.»  Religione La religione è considerata come un anestetico delle facoltà critiche della mente umana. Sarebbe proprio la religione a imprigionare le energie morali dell'uomo, a inebetire lo spirito critico e di riflessione. Perciò i popoli più religiosi sarebbero i meno progrediti e i più afflitti dalla tirannia, mentre, laddove la religione sparisce, lì è florida la libertà e il benessere.  «È il più solido puntello del capitalismo e dello Stato, i due tiranni del popolo. Ed è anche il più temibile alleato dell'ignoranza e del male.»  La Donna È forte nel pensiero di Misefari la volontà di sottolineare l'uguaglianza sociale tra uomo e donna. In anni difficili e lontani dalle battaglie del femminismo di metà Novecento, egli afferma che la donna nobilita e abbellisce la condizione di vita umana. È dovere della donna lottare per risollevarsi da una condizione di inferiorità, che è tale in virtù di un "delitto sociale" e non dovuta a leggi di natura.  «Donne, in voi e per voi è la vita del mondo: sorgete, noi siamo uguali!»  Arte Misefari vive di sogni, di ideali. Nella sua concezione non esiste un artista, che sia poeta, filosofo, persino scienziato, che si sia mai messo al servizio della menzogna. Se tutti potevano essere vili, un artista non poteva.  «Un poeta o uno scrittore, che non abbia per scopo la ribellione, che lavori per conservare lo status quo della società, non è un artista: è un morto che parla in poesia o in prosa. L'arte deve rinnovare la vita e i popoli, perciò deve essere eminentemente rivoluzionaria.»  Poesia composta nel 1912 da Bruno Misefari:  FALCO RIBELLE  «Un giovane falco che drizza il libero volo Ne l'alto, ove sono i fulgori di soli immortali Un giovane falco ribelle o piccoli, io sono. Mi spinge ne' campi ignorati, un acre desio Di sante ideali battaglie, di luce e di gloria. Mi splende nell'occhio la speme di certe vittoria, Mi parla nel core la voce sinfonica, dolce D'un caro sublime Pensiero, ch'è Bene ed Amore. Ho giovini l'ale e robuste, o venti, o cicloni, O fulmini immani feroci, vi lancio la sfida. Voi soli potete pugnare col giovine falco, Chè Luce, chè Forza, chè Vita multanime siete. Ma voi, piccoli, no. Coi vermi guazzate nel fango, Dal fango mirate del falco il libero volo.»  Frammenti «Prima di pensare di rivoluzionare le masse, bisogna essere sicuri di aver rivoluzionato noi stessi»  «Ogni uomo è figlio dell'educazione e della istruzione che riceve da fanciullo»  «Gli Anarchici non seguono le leggi fatte dagli uominiquelle non li riguardanoseguono invece le leggi della natura»  «Prima l'educazione del cuore, poi l'educazione della mente»  «Socialismo vuol dire uguaglianza, vuol dire libertà. Ma l'uguaglianza non può essere senza libertà; come la libertà non può essere senza l'uguaglianza: dunque socialismo e anarchia sono due termini dello stesso binomio, sono i due inseparabili fattori della redenzione proletaria.»  «Quando la giustizia non sarà la durda infame delle tirannidi, quando l'amore non sarà deriso, quando il ferro non sarà legge e l'oro non sarà dio, quando la libertà sarà religione e sola nobiltà il lavoro, allora, solo allora, il mio rifiuto della guerra sarà benedetto.»  «M'è questa notte eterna assai men grave del dì che mi mostrò viltà dei forti e pecorilità di plebi schiave. Lungi da quì il pianto: sto ben coi morti!»  (epitaffio) Opere complete Bruno Misefari, Schiaffi e carezze, Roma, Morara, 1969. Bruno Misefari, Diario di un disertore, La Nuova Italia, 1973., Entrambi i testi sono stati pubblicati postumi sotto lo pseudonimo Furio Sbarnemi.  Note  Le schede biografiche di alcuni esponenti anarchici calabresi, A/Rivista Anarchica, febbraio . 2 marzo .  Antonioli, p.190.  Antonioli, p.191.  E. Misefari.  Antonioli, p.192.  Pia Zanolli era nata a Belluno il 21 ottobre 1896. Dopo il matrimonio con Misefari, fu iscritta nell'albo dei sovversivi pericolosi, venendo poi arrestata col marito a Domodossola nel dicembre 1919. (cfr.: A/Rivista Anarchica)  Chi sono e cosa vogliono gli anarchici, ed. settembre .  Antonioli, p.193.  Pia Zanolli, L'Anarchico di Calabria, Roma, La Nuova Italia, 1972. Bruno Misefari, Utopia? No, Pia Zanolli, Roma, ALBA Centro Stampa, 1976. Enzo Misefari, Bruno, biografia di un fratello, Milano, Zero in condotta, 1989. Maurizio Antonioli, Gianpietro Berti, Santi Fedele, Pasquale Luso, Dizionario biografico degli anarchici italianiVolume 2, Pisa, Biblioteca Franco Serantini, 2004,  88-86389-87-6. Bruno Misefari, Schiaffi, Carezze e altro, Pino Vermiglio, Laureana di Borrello, Ogginoi, 2009. Furio Sbarnemi, Diario di un disertore, Camerano (AN), Gwynplaine, ,  978-88-95574-14-1. Bruno Misefari, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Bruno Misefari, su siusa.archivi.beniculturali.it, Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche.  Opere di Bruno Misefari, su Liber Liber.  Opere di Bruno Misefari, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Bruno Misefari, . Archivio Bruno Misefari presso l'International Institute of Social History di Amsterdam, su iisg.amsterdam, 04-02-. Fondo Bruno Misefari presso la Fondazione Lelio e Lisli Basso di Roma, su fondazionebasso.it. 04-02-. Gli anarchici contro il fascismo, celebre articolo di Giorgio Sacchetti.

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