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Is Grice the greatest philosopher that ever lived?

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Monday, February 28, 2022

GRICE E MASTROFINI

 IlprimofondatorediRoma,edell'imperofuRo. molo,generatodaMarte,edaRea Silvia(1).Tanto nellasuagravidanzaconfessavadi sèquesta sacerdotes sa:nèlafamanednbitòquando poco appressoilfan. ciullo gettato con Remo suo fratello nella corrente per a n . cennodiAmulio,non potèsoffocarsi.Imperocchèil padre Tevere ritirò dal lido le acque : ed una lupa , la sciati isuoi parti , e seguendo il suono de'vagiti , in boccò li sue mamelle a'fanciulli , presentando in se stes sa una madre . Cosi trovatili un regio pastore presso di un'arbore , e portatili in casa (2 gli educò . Di que' giorni Alba , opera di Giulo , era capitale nel Lazio : chè avea quegli dispregiata Lavinia , città del suo p a dre(3).Amulio,già quarta decima generazione da vitàdiCristosecondol'eracomune.Soprattuttosembra inc sattol'intervallodaAugustofinoaTrajano Eglilocrededi anni duecento ; laddove è di anni cento due a!l'incircd . M a forse vi è sbaglio nel testo e dee leggersi cento in lungo di duecento (1) Rea Silvia figliuola di Numitore presedeva al sacerdo ziodiVesta QuindièdettaSacerdotessa. (2) Nel testo in casam : questa voce può sign'ficare capan Tuttavia par verisimile che l'abituro di un regio pasto re fosse alquanto migliore di una capanna . L'espressione ita liana comprende ogni abitazione fosse capanna o no . av. Cr  1 776 av. R. 26. na • (3) Enea dopo finita la guerra con Turno foudo la città cui chiamò Lavinia dal nome della moglie . Ascanio , ossia Giulo,peròdi luifigliuolo dopolamortediEneafabbricò A!. ba Lunga la quale tu capitale del regno per trecento anni   Ani. dik . 3.av. Cr. essi viregnava,avendonecacciatoilgermanosuoNu mitore , dalla cui figlia Romolo era n..to . Adunque co stui nel primi bollore degli anni caccia Imulio suo Zio dalprincipato,el'avoloviripone. Intantoegliaman tedelfiume ede’monti,vicinoa'qualierastatoeduca to,meditavalemuradiunanuovacitt).Ma l'unoe l'altro essendo gemelli; p acque loro consultare gl'ld dj , qual de’due le fondasse e vi dominasse . Pertanto RemoandossenealmonteAventino,elaltroalPalati no . Colui pel primo vide sci avoitoj : posteriormente videne l'altro , ma dodici :evincitore negliaugurjinal Area fin quì fatto un'abozzo di citta , piuttosto che unacittà;mancandole gliabitanti.Ma siccome riina nealevicinounbosco;eg! 2feceunasilo;edisubia tovisiadund moltitudineprodigiosadiuomini,Lati n i , e T o s c a o i p a s t o r i , e G o a n c o t r a s m a r i n i , sia d e ' F r i gj venuti con Enca , sia degli Arcadi con Evan tro . Cosi quasida varj eleinenti , ne trasse un corpo solo ; e fu per lui creato il popolo Romano . Vi quel pop lo di uomini era cosa di una sola generazione . Si chiesero dunque de’matrimonj da'confinanti; e sccome non si otteneano;furonoconlaforzaespugnati. Imperocchè finti de'giuochi equestri ,le vergini accorse per lo spets 747. incirca.FinalinenteRomoloinalzòRomachediverrebbeca.  C o . zaunacittàpienodisperanza,cheguerriera diverreb be ; tanto ripromettendogli quegli uccelli , consueti a 7 LIBio sangue e prede .Sembrava che in difesa della puova cit tá basterebbe un vallo ; se non che deridendo Reno le angustie di questo , anzi condannandole con saltarle , fu trucidato ;è dubbio se per comando del fratello ; ma c e r t o e i n e fu l a p r i m a d e l l e v i t t i m e ; e c o n s a c r ò c o l s a n gue suo le fortificazioni della nuova città . > . Av. Cr. R.2 so 52 7 > ro dell'Italia e del mondo ,   PRIMO 13 (+) Spoglie opine eran quelle che un comandante toglieva all'imperadore o supremo comandante nemico uccidendolo di suamano.Questefuronocosìrare;chesenecontano ap pena tre . Le prime le riportò Romolo contro di Acrone : le seconde Cornelio Cosso contro di Tolunnio , e le terza Marco Marcello su Viridomaro . Giove poi fu detto Feretrie o perchè a lui ferebantur si portavano le spoglie opime , o perchè ferisce col fulmine ; o perchè nell'acquistare le spoglie opime un capitano feriva l'altro con la spada . (5) Era questo un bel mantenere le promesse ! intendere di dare alla donzella gli scudi perchè gli scudi le vibravano opprimendola . Questo metodo di mantenere le promesse , ras somiglia a quello usato dalla fanciulla per consegnare una porta creduta da Floro senza inganno o cone noi abbiamo tradotto , senza malizia , perchè non chiedeva danaro , ma gli scudi o li braccialetti . Potrà inai persuadere questa ragio ne?LaVergine,chequisiaddita,secondo ValerioMassi. mo 9.6.I.erafigliuoladiSpur.Tarpejoilqualeatempidi Romolo presedeva alla fortezza:c coleiera uscitaper pren. derc acqua pe’santi riti,  tacolo , furon preda , e cagione immediata di guerre . FuronoiVejentirespintiefugati:lacittàdi Ceninafu presaediroccata:inoltrelostessomonarca neriportò con le sue mani aGirve Feretrio lespoglie ooiine del r e (4 ) . M a le n o s t r e p o r t e f u r o n d a t e a S a b i n i p ë r u n a donzella ; nè già con malizia : ma chiesto avendone la fanciulla in ricompensa ciocchè essi portavano alle sini stre ,gli scudi forse o li braccialetti ; coloro e per m a n tenere a leila promessa e per vendicarsene la oppresse rocongliscudi(5. Ricevutiintalmodofralemurai nemici ne sorse nel foro medesim »un'atroce battaglia ; tanto che Romolo prego Giove che arrestasse la fuga vi tuperosa de'suoi . Quindi ebbe origine il tempio , e Giove Statore . Finalmente le donzelle in lacere chiome s'intrammiseroadessiche infierivano.Cosìfulapace riordinata , e stabilita l'alleanza con Fazio . Donde ne . .   diR. Cr. bandonati i lor domicilj , sen passarono alla nuova cit tà , consociando co'nuovi generi loro gliaviti beni per dote . Accresciute in poco tempo le forze diede il sapien tissimo re quest: forma alla Repubblica . Fu la gioven. tù divisa in tribà con cavalli ed armi perchè sorgesse nelle subire guerre : fosse il consiglio su pubblici affari n e ' s e n i o r i , i q u a l i si c h i a m a v a n o P a d r i arringando dinanzi la città presso la palude della ca pra , fu di repente levato di vista . Alcuni pensano che i senatori lo trucidassero per la ferocia dell'indole di lui: (1) Dopo la morte di Romoln il trono restò privo di sovrano per un'anno, comandandointantoa vicendaiSenatoridicin que incinquegiorni.QuellospaziofuchiamatoInterreono Il magistrato a forma d'interregno ebbe luogo ancora ne'se. coli posteriori quando iconsoli occupati in lontane azioni non potevano intervenire ai coinızj;o quando erano costretti a depor.  14 LIBRO dir. seguitò,ciocchèèportentosoadire,cheinemiciab 7.av. Cr. diR. 38. l'autorità , ma perlaetaS.nuto.Ordinate intalmodo lecose,egli 743 SI CONDO Tav. 37 av 713 so non che latempesta e l'oscurarsi del sole presentaro ncincidleimnaginiconediunasantaoperazione: alla nuale poco appresso diè credito Giulio Proculo coll'offermare ; che Ronolo si era a lui dato a vedere Cr 743. informa piùaugustadellaconsueta;echeimponeva che per Dio se lo prendessero . Piacere a'Numi che egli sichiamiVirinoinsulcielo.ContalmezoRoma con quisterebbe le genti .E'naturadelVerbodiesprimerel'afermazioneelanegazione.E siccome Essere e non essere esprimono appunto per se stessi l'affer mazione e la negazione; ne seguita che il verbo Essere preso nuda mente, o preceduto dalla particella non,è verbo per natura e per ec cellenza. Comunemente la voce essore è nota col nome di verbo so slantivo, perchè esprime l'esistere, o l'essere di sostanza. 2.Lequalitàche siaffermanoonegano possonoaversidistinte o no, dall'affermazione,o negazione.Nel primo caso l'affermazione o negazione si addita col verbo essere,come si è detto:ma nel secon docaso risulta un nuovo ordine di verbi più composti; appunto per chè in essi è riunita l'affermazione o negazione colle qualità chesi a f f e r m a n o o n e g a n o : t a l i s o n o a m a r e , g o d e r e , o d i a r e , p i a n g e r e & c. c h e significano essere nell'amore, nel gaudio, tra l'odio, o tra 'l pianto. Questo secondogenere di verbi ha servito incredibilmente a variare e fecondare il discorso, in somma alla dolcezza della Eloquenza, e del la Poesia. 3. Chi afferma e nega, o afferma e nega dise stesso,che sichia ma persona prima, o di altri a cui parla, che si chiama persona se conda, o di soggetto a cui non si parla,e si chiama persona terza. Per altro questepersone possono essere una, o più, cioè possono ri guardarsi in singolare o plurale. E 'naturale che tanto nella nostra q u a n to nella più parte delle lingue s'introducesse l'uso di finire il verbo diversamente secondo ladiversità dellepersone,e del numero.E quin di abbiamo amo ami ama,amiamo amate amano. 4. E potendo il discorso riguardare cose presenti, cose comincia te enon finite,cosepassate,piùchepassate,efuture;fubenevaria 5. Anzi siccome le proprietà si affermano o negano assolutamen te, o sottocerti rapporti e condizioni; cosi li verbidivennero parole terminate diversamente secondo la persona, il numero , i tempi, e i modi di affermazioni e negazioni assolute o relative.  S. 1. re il verbo secondo la persona,il numero, e i tempi. a I   6. Questi modisono cinque:Indicativo, Imperativo, Ottativo, Con giuntivo,ed Infinito.L'indicativo dimostra assolutamente cheuna co sa è, fu, sard; e perd vien detto ancora assoluto e dimostrativo. Cosi Pietroaña amòameràlescienze,formetuttedell'Indicativo,dichia. rano che Pietro amo ama ed amerà, assolutamente, 7. L'Imperativo esprime comando, preghiera,avviso, consiglio, esor tazione di far qualche cosa, e con una sola voce si vuol esprimere il c o m a n d o , p r e g h i e r a & c , e l ' a z i o n e c h e d e v e f a r s i. T a l e s a r e b b e a m a t u , amerai til, ameremo noi & c. Pertanto si esprime l'azione ed il modo col quale si fa, cioè per comando, preghiera & c; laddove nell'Indica tivo mancano questi rapporti. 8. L'Ottaliyo esprime desiderio di fare una cosa, giusta i varj tem pi; e per questo è detto ancora desiderativo, e tale sarebbe: Oh se amassi,ioamerei, Oh avessi amato,lo avreiamato &c. 9. Il Congiuntivo è così detto perché si adopera quando si vuo le congiungere il discorso con altre cose precedenti, e perd siegue le particole sebbene,quantunque,conciossiacosache&c.Tále èqueldiPetr. Italia mia, benchè il parlar sia indarno & c. E talequel diBocc.6.7.n.2.perl'amorediDio,comechèilfattosia& c. Tra i Greci l'Ottativo ha le sue desinenze tutte diverse dal congiun tivo: ma nella lingua latina e nella nostra l'ottativo adopera le stesse voci del congiuntivo, se ben si rifletta. 10. Il verbo si dice di modo finito o deterininato finchè si conce pisceindicativo,imperativo,ottativo,congiuntivo.Ma talvoltaesprime indeterminatamente qualcheproprietàsenz'additarenepersona,nènu mero,comeamare, leggere&c,ed allora si chiama di modo infinito cioè indefinito ossia non determinato. 11. La varia desinenza di un verbo secondo le persone, il nume ro, i tempi, ed i modi si chiama Conjugazione. Ed i verbi si dicono di una conjugazione medesima o diversa, secondo che rassomigliano o no nel complesso di queste desinenze.E siccome queste sidiversi ficano secondo la diversità dell'infinito; e l'infinito pud terminare in are, in ere lungo e breve, ed in ire; cosi tre sono le conjugazioni del. la nostra lingua. Tutti gli infinititerminati in are si dicono della pri ma conjugazione come amare, balzare, danzare: tutti quelli terminati in ere sichiamano della seconda,o l'infinito sia lungo o breve, co me temère,cadère,giacère&c,e come credere, discendere, volgere&c. I latini di queste due desinenze ne faceano due conjugazioni diver se, come docère e legere. Nè mancato è purtra gl'Italianichi abbia concepite diverse le conjugazioni secondo l'infinitolungo o breve. Ma siccome, tolta la pronunzia lunga e breve dell' infinito, non vi sono altri divari, parlando regolarmente; e siccome la pronunzia concerne ilmododisignificarloinvoce,non laformadelverbo;cosìpiùra gionevoli sonoquelliche rinnisconoinuna conjugazionegl'infinitiin ere lunghi o brevi. Spettano alla terza tutti i verbi terminati in ire, come sentire,uscire&c.  2 canz. 29   12. Chi si propone per iscopo di presentare il prospetto de'verbi Italiani dee porre sott'occhio le varie desinenze di essi giusta i m o di, itempi, il numero, e le persone nelle varie conjugazioni. E cið ė propriamente che noi cercheremo di eseguire. Per vedere però più da presso il suggetto, anzi fin dalle origini, ed in tutta l'ampiezza sua, divideremo quesť opera in due parti:la prima sarà tutta di Teoria e diProspettogenerale;ed esporremoinessa 1.come leconjugazioni latine siansi trasformate e sitrasformino nellepresenti d'Italia:2.la di pendenza comune de'nostri verbi dall'infinito, e 3. per ogni conjuga zioneilprospettodiqualcheverbocheservadinormain tuttiisi mili e regolari: come del verbo amare per la prima,de'verbi temere e credere per la seconda, e de'verbi sentire ed aborrire per la terza. Anteporremo per altro a tutti il verbo essere come principio di ogni verbo, e quindi il verbo avere che prossimo gli succede, esprimendo la sostanza, che passa ad ottenere in generale delle proprietà. E ciò tanto più dee farsi; che senza questi due verbi, però detti Ausiliari, non possono formarsi le tre conjugazioni divisate degli altri verbi. D a to cosi principio e norma al prospetto di tutti i verbi regolari; ver remo alla seconda parte ed esporremo ad uno ad uno per ordine al fabetico i principali tra'verbi Anomali cioè quelli che in qualche tem po escono dalla legge consueta, ed i quali servono spesso di regola per altri anomali non dissimili. 13. Il prospetto sarà distinto in quattro colonne: nella prima si avranno levoci corrette,nella seconda le antiche,nella terza le poe tiche, e nella quarta lenon ben certe,gl'idiotismi e gli errori: si avverta che non tutte le antiche sono affatto dismesse, anzi talvolta usate a tempo adornano la scrittura: come pur le poetiche non tutte sono così della poesiache non seryano talora alla prosa. Il che si conosceràdalle note.Glierrorison sempre errori.Gl'idiotismipoi sono vociusate nel parlare e nello scrivere familiare, non perd nelle belle scritture,sebbene talvolta vi scorrano per incuria e per arbitrio degli scrittori che le decidon per buone, o vogliono nobilitarle con la fama già da essi acquistata. 14. Per compimento dell'opera spesso porremo in fine del pro spettoil participio ed il gerundio.Il primo é propriamente un nome tratto dal verbo; dicesi participio perchè partecipa del nome e del ver bo: e come nome si declina,e come tratto dal verbo esprime un qual che significato di questo: tali sarebbono amante, amato.Tra’Latini si aveano participj presenti, passati, futuri amans,amatus, amaturus.Pres. so noi non si hanno che li presenti, e li passati che sono amante, amato,temente, temuto.Tra’nostri antichi furono ideati anche i futuri come fatturo,perituro&c,ma non ebbero buon successo,nè più vi si pensa.Il participio passato sarà descritto per lo più nella formazione de'tempi più che passati:laddove il participio presente si troverà nel finede'prospetti.Un talparticipiopuò esseremessoinformadiag giunto e di attributo come se io dicessi:la virtù possente,e la virtù a2  3   ,: ilparticipio si riguarda anzi come adjettivo, che qualparticipio. Per chè sia participio con ogni proprietà, dee, quando si risolva, signifi care come i participj latini: come se dicesi canto possente a diletta re: schiere seguenti le altre & c. E ciò rileva conoscere perchè non di raro si anno gli esempj anzi di adjettivi che di participi , e noi pur he useremo in mancanza di participi, tali per ogni rispetto. 4 15. Gerundio tra noi e tra' latini è una voce tratta dal verbo, la qual significa le affezioni di questo, ma la quale non si declina come il nome, nel che differisce dal participio: come amando,credená do,temendo,sentendo.Da'qualiesempjrisultache ilGerundiodelle prime conjugazioni finisce in ando e delle altre in endo. L'uso di tali gerundi è frequentissimo nell'italiano in luogo ancora de'partici pj presenti.Ma veniamo all'argomento, C o m e le Congiugazioni Latine siansi trasformate e si trasformina nelle Conjugazioni presenti d'Italia. REGOLA PRIMA. Tutte le vocali latine, finali di parole intere, nè seguite da consonanti, si conservano. Così in amo amare si conserva l'O di amo, e l'E di amare. REGOLA SECONDA.Tutteleconsonantifinalisitralascianoomutano: leconsonantisonoM,S,T,NT,ST.NelcasodiNT sicambiailTin O,eperònonsilasciacheilTamant amano,amarunt amarono: m a talvolta tutto l'N T si muta in R O : amassent amassero: sebbe ne in questo e simili casi può sempre rimanere la regola di mutare il solo T in o dicendosi ancora amassono. Vedi ilprospetto di amare. REGOLA Terza.Tutti gli U finali seguiti da M o da S si cam bianoin0:possumposso:amamusamiamo:ma segliUsono segui ti da N T si cambiano in o nei presenti e nei passati, ma nei fu turi in A N .Così da legunt si trae leggono, e da amabunt ameranno. REGOLA QUARTA.Tutti gli A ovverogli E precedenti immedia tamente l'S finale si mutano in I amas ami, times temi: e cosi da timeas abbiamo tu temi,e da legas tu legghi.Il che basta a conser. vare la regola,ma ora si dice anche tutema, e tu legga. Tutti gli E,ogl'I precedentigliA,oppure gliO finali,silascianoaffatto.Timea temo,timeam icma.Sentio sento:sentiam io senta,  4 è possente: il fuoco bruciante, e il fuoco è bruciante: ma in tal caso NOZIONI ARCHEOLOGICHE. 1. Non dee sperar di comprendere il trattato che qui soggiungo se non chi conosce per le gli altri ne differiscano la lettura. sue regole l'idioma Latino e l'Italiano: 3. non si $. II.   REGOLA QUINTA .Tuttigl'Iprecedenti gliSfinali in singolare si conservano assumendo nel futuro un A precedente: legis leggi:a m a bisamerai,edinpluralesimutanoinE: legitisleggele. REGOLA Sesta.Tuttigl'IseguitidalsoloTfinalesubisconoun cambiamento secondo itempi.Ne'presentisicambiano inE,ene'fu turiinA accentatolegiilegge,creditcrede:amabitameră,timebio temerà. Per i preteriti perfetti ne diremo più innanzi. REGOLASETTIMA.TuttiiB avantil'afinalenegl'imperfettisi cambianoinV consonante,ed avanti l'O,l'I,o l'U finaledelfuturo, li B. caratteristichi della conjugazione del tempo si cambiano in R. Quindi si trae amerò da amabo,ma da belabo si forma belerò senza mutarne il primo B;perchè questo è proprio del verbo, e non della formazione del futuro. 2. Queste regole sono ordinarie. Vediamolo. LATINO amatis est amamo reg.3. e 2, ora amianio sono sono Ed eccone la maniera.Dalle regole 3. e 2. è chiaro che la prima persona debba essere so e l'ultima sono.Ora dee sapersi che appunto tra gli antichi si trova non poche volte so per sono in pri ma persona.B. Jacop.Poes.Spirit.Venez. 1617. lib.4. cant.28. stanz. 12. sei  amamus es еè sumus somo este credit & c. ama reg. 2 credi reg. 2. amas sentit & c. Amo reg.i. Vedo reg.4. vedireg.4. vede reg. 2. senti reg.2: Amo amat amant amano reg. 2. Dicasi altrettanto di Video vides videt & c. credo ITALIANO ami reg. 4. e 2. 3. Applichiamo queste regole al presente del verbo sostantivo : Sum amate reg. 5. e 2, sente reg.6. credis credo So e finalmente Sono i 5 se, estis semo siamo sunt sete siete sentio sentis crede reg. 6. sento reg. 4. lo so nulla: ho peccalo: Mi exalto quantoposso. e cant. 3. st. 2. del lib, stes.   A pinger laer so dato. E GIUSTO de Conti nella bella mano pag. 39. La seconda persona es fu trasposta e non altro , facendo prece dere l'S. Quindi gli antichi dicevano comunissimamente se anche senz'apostrofo per seconda persona: come Petrarca,Boccacci,Albertano, edaltri:ALBERTAN.ediz.diFir.1610.cap.23.Selegaloamoglie? non domandare di scioglierti. Se sciolto da moglie? non domandar di legarti.E piùsotto:esìselenuloditantoamarlamoglie.PETRARC. canz. 26. v. 77. ediz.Comminiana Spirto beato,quale  6 Se,quando altruifaitale? e altrove più e più volte. IlDecamerone secondo la ediz.1718. col la data di Asterdam ne è pieno.Senza questa origine che fa cono scerechesepersecondapersonaèvoce interaenonaccorciata,non s'intenderebbe, perchè gli antichi spesso non l'apostrofassero.Tutta viaperdistinguerla a prima vista da se pronome,econdizionale,con venne in qualche modo contrassegnarla,e si fece uso dell'apostrofo: e servendo questo a notare le voci scorciate; si riguardo se persona seconda,come scorciata,quando nonera:eperchè tutteleseconde persone singolari presenti dell'indicativo terminano inIReg.4.ese guendo le leggi generali,tal personanelverbo sostantivoavrebbe do vuto essere u n I; così poco a poco si ricongiunse se ed i in sei, ed ora si crede questa la voce intera di tal persona.E cid supposto quan do si scrive se per indicarla, si apostrofa, quasi fosse uno scorciodi Signornonè giovato Mostrarmi cortesia: Tanto so slato ingrato ! e altrove spessissimo.E GUIDO Guinzelli Rime antic. appresso la bel la mano ediz. di Firenz. 1715. Come io so avvolto nel Lenace visco; e se ne hanno esempj ancora nelle letterediS.CATERINA,inFr.Gi. ROLAMO daSienanel1.Tom.delledeliziedeglieruditiToscani,ed in altri:vedi vocab.diS.CATER.allavoce essere:ma so trovasipari mente persona del verbo sapere,nata da sapio sapo sao so:ovvero da scio regola 5. scosso so: la prima derivazione è di Menagio: a m e piacerebbelaseconda.Ma torniamoall'intento:siccomesoeravoce ancora del verbo sapere, e siccome il saper vero è di tanto posteriore all'essere; così per togliere ogni equivoco, sivolle piuttosto ridurre ilso del verbo essere in sono che lasciarlo indistinto col so del verbo sa pere. Chi dunque considera che ilprimo verbo Italiano essere ha la vocesonoperesprimerelaprimasingolaree laterzaplurale,sappia chequesto è stato un maledi origine, voglio dire è provenutodalla figliolanza della Italiana dalla lingualatina,in forza delle leggiuni versali,che per tanta combinazione dicircostanze cooperaronoatras mutare l'una nell'altra .   s e i : n è c h i p r o c e d e c o n t a l v e d u t a p u ò r i p r e n d e r s i: m a i n o r i g i n e n o n vi era bisogno, e più che apostrofarsi, avrebbe dovuto accentarsi. sero eepere.ALBERTAN.Giud.cap.51.Dalsaviouomo eeda temere lo nimico. Or cid fecesi per distinguere e del verbo,dalla congiunzione e, come pure dal pronomeei solitoadapostofrarsi,edallacongiunzione e seguitadall'articoloplurale iliqualiduee iriunitisirendeanopere:ma coltempo,la varietà dell'apostrofe e dell'accento pote contrassegnare e diversificareabbastanza l’edelverbodagliedi altrovalore:vediesseren.3. Trovasi ancora fra gli antichi este per è m a rarissime volte: vedi G r a di di S.GIROLAM .ediz.Fir.1729. in finealla voce este; finchè preval sero le regole generali anzidette. Da sumus uscirebbe sumo o somo,e non semo:ma siccome tut te le prime persone plurali dell'indicativo presente nelle seconde con jugazioni presero la desinenza in emo come avemo,tememo&c.,cosìda sumus fu tratto semo:ovvero siccome tutte le persone prime plurali ora pe'rincontri della forma loro anno rapporto con laseconda per. sona singolare tanto che sono un composto di questa con qualche a g giunta, come amiamo da ami ed amo,temiamo da temi ed amo & c;e siccome tal seconda singolare era se nel presente indicativo di essere, quindineuscisemoepoisiamo.Chi conoscegliantichisaquanto è familiare l'uso di semo.Ne allego un esempio dalla vitanuova di Dante pag.13. perchè semo noi venuti a queste donne ? E Fra Jacop. lib.1.sat,5. Uomo pensa di che semo. Di che fummo,et a che gimo. Vedi ilprospettodelverbo Essere 2.4. In forza delle regole generali la seconda plurale sarebbe estes. ma trasponendol'savantil'Ecomenelsingolareperuniformitàmag giore con sono, sei, siamo; sen'ebbe sele, e questa appunto è la vo cedegliantichi:siconsulti ilverboesserenot.5.finalmentesiag. giunse un I per dolcezza o per distinguere tal voce da alcuni so stantivi e sen ebbe siete, che ora è la voce più propria di questa per sona. Apparisce dunque per quali gradi e per quali mutamenti siasi formato il presente come ora si usa del verbo essere, La terza persona si esprime con la voce e, che appunto ri sponde all'estlatino lasciatene le consonantisecondo la regola 2. ma gli antichi,prima che la lingua si modellasse in tutto,non di raro dis  7 Preferiti Imperfetti 意 4 Amabam amabas amabat amabamus amabatis amabant Amaya reg.2.7. amavireg.2.4.7. amava reg.2.7. amavamo reg.7.3. 2. amavate reg.7.5.2. amayano reg.7. 2.   Temeva &c. legebam leggeva e e da sentiebam lasciatone l’I che è quel di sentio reg. 4. si ha sen leva c o m e era nelle origini prime,nelle quali, tutto risentiva di conjugazione seconda tra gl'italiani ne' verbi provenienti dalla quarta de'latini:non è raro che senteva si oda anche ora tra' contadini più corrotti che sono gli ultimi a correggersi: e finalmente fu detto sen tiya sentivi & c.lasciando l'E per l'I. 5. Perqueste regole e questi progressi apparisce che la prima persona dell'imperfetto doveva terminare in A amava temeva legge va sentiva. Al presente i Filosofi ed i gramatici si meravigliano,per chè la prima e terza persona singolare combinino, e perchè la prima non siasi terminata inO. Ma la meraviglia cessa, seriflettasi che al cambiarsi del latino nell'italiano, si prendevano di netto ivocaboli an tichi, nè si aveano di mira che certe regole, come le indicate di so pra,per contornarlidi nuovo.E siccome tutte le prime singolari degli imperfetti levatane la terminazione latina inM ;restavano amaba lege ba ec; cosi mutato il B in V non poté farsi a meno d'incorrere nel lo scoglio anzidetto: molto più che in que'tempi non faceasi poco, se le parole non sapevano di latino. 6. Veduto come siasi introdotto l'equivoco, ora tocca ai Filosofi di emendarlo: tanto più che non siamo poi scarsissimi di esempj an tichi pe'qualisi compionoin o le persone primesingolari dell'inper fetto:de'quali mi piace allegarne qui alcuniriserbandone altri ailor verbinelprospetto.Petrar.Vit.dePontef.edImperadori: vitadiCa ligola, lo pregavo ogni giorno che Tiberio morissi. Così pure leggiamo inFr. Jacop.1.4.can.38.Lacagiondelmalfuggivo.Cavalc.Epist.di S. Girol. ad Eusloch. cap. 3. ediz. Rom . 1764. E vedendomi io venir meno quasi ogni rimedio ed esser privato di ogni ajuto, gittavomi a' piedidiCristo&c.... iratoamemedesimoerigido,solomimet tevo per li diserti, e dove io trovavo più oscure e aspre e profonde valli, e aspri monti o scogli pungenti o luoghi più aspri e spinosi; ivi mi ponevo in orazione. Pulci.Morg.c.3.62. lo mi posavo in queste selve strane.  Da Timebam così pure si ebbe C.XI.83. Talch'io pensavo d'aver acquistato. 8 ec.16.44 Per Dio,cugin,ch'i'sognavo alpresente, Che un gran lion mi veniva assalire. Onď io gridavo, echiamavo altra gente E però E con Frusberta il volevo ferire. e altrove più volte. Letter.San.CATER.di Sien. ediz.di Aldo pag. 14. a tergo. Dicevo: Signor mio io ti priego & c. e pag. 20. vi aggiunsi anzi che io volevo in voi la perfezione della carità pag.92.   desideravodivedervi:anzitalvoce'desideravosileggemolte volte inquelle lettere.Vita B. COLOMBIN.ediz. di Roma pag.9.lo gode voévoinonmilasciatestare,epag.96.adirviilveroioandavo a posarmi;pag.167.0 figliuoli,efratellimiei io non meritavo di es ser padre di ianla buona gente;pag. 174. E questa la compagnia che iodalesperavo,epag.299.pensavochequantoèmaggiorelasog gezione e l'unità ; lanto si vien piuttosto ad aver libertà : Vedi ero n.6. verbo essere:e n.6. avere. Eram Erant Erate reg. 5. e 2. e quindi Eravate avevano reg.7. 2. Imperocchè ben è facilissimo concepire, che se cambiavasi in questo tempo in V il B precedente l'A finale, potevasi cambiare in V pa rimente anche l'altro B:anzi parea tropporagionevole,perchè non si notassetanto divariodi usiinparole medesime,esifamiliari.E'poi noto, che tutto il verbo avere si scrivea ne'principi, e si scrisse a n cor dopo per lunghissimo tempo con l'H precedente: ed ora per un progresso, non saprei quanto considerato,si tralascia ancora nelle vo ci,che forse ne abbisognano.  7. Ma giova esaminare ancora come siansi trasformati gl'imper fettide'verbi ausiliari:Eccolo 9. Si possono da tutto ciò comprendere le cause de'cambiamenti prodotti nel presente di habco:seguiamoli via via, che'non sarà inu tilela ricerca Lasciato l'E dihabeo reg. 4,e le altre consonanti,e cambiatele giusta le altre regole, risulta 9 Era reg. 2. Eramo ed erale presentano Erano reg. 2. levocicome sitraevanodallatinoinot. tima forma. Ma il va inserito eramus ed eratis Eras Era reg. 2. in eravamo,ed eravate negli altri verbi, mentre in suppongono il B cambiatoinV,come dunquedivainera questa consonante. Tale aggiunta affatto manca la origine, nè fu, che una intrusione vamo ed eravate è contro per di altri verbi,che usciva , nato dal sentire le voci consimili isbaglio amayate &c. Il peggio no in quel modo,come amavamo , non dandosi quell'aggiunta fu che si anche alle voci era tolse la uniformità tirannodelle lingue, autorizza erano & c. Nondimeno l'uso, quel ,piùche lesemplicienaturali vamoederavale essere,n.6.Ma diciamo si trovino pur queste. Vedi que risultasse. Eccone la maniera fetto di avere, è come Haveva 8. Habebam habebas Habeva habevi era eramo erate, quantun dell'imper Aveva reg.7. 2. habebamus aveva reg. 7. 2. habebat habeva habevamo habevate habevano haveva havevamo avevamo reg.7.3.2. avevate reg. 7. 5. 2. habebatis habebant havevate havevano Erat Eramus Eratis Eri reg. 4. e 2. Eramo reg.3. e 2.e quindi Eravamo havevi avevireg.7. 4. 2. b   abbemo abbiamo &c. Forseil B fu raddoppiato per compensare la perdita dell'E nell'ha beo.Sia comunque,abbosi legge ancora in Dante Infer. 25. E quanto io l'abbo ingrado mentre io viva: E negliAMMAESTRAMENTI degli Antichi pag.97. certamente abbo provato; e più sotto:ripensola seraa quello che iolo di abbo detto.E nelle Vite de'SS.PP.ediz.Man.Fir,1731.,nellaVITA DI GIOSAFATTE ediz.Rom.1734,e nelleNoyelle anticheFir,1572l'usodi abbo èco mune .Abbi è rimaso nel Congiuntivo.E 'poi noto, che gli Antichi usa vano la seconda singolare presente dell'Indicativo ancora nel Congiun tivo, come resta tuttora in molti verbi,Così ami serve in tutti due i tempi alle due seconde persone singolari,e cosi temi può servire ancora, sebbene ora vi siano dei divarj.Sopravvanza nell'uso comune abbiamo; e siccome gliAntichi finivanole voci per tali persone in eino, cosi non vi è dubbio che ne'principj sidicesse abbemo,quantunque negli scritti forse non si trovi,per la rapidità di altri cambiamenti succeduti. 10. Certamente l'uso di scambiare tutti iB nell'imperfetto di ha bere,di buon pra scorse in alcune,o in tutte le voci del presente, e si trasse da Habo Avo habi ave avemo avete habono avono ave resta tuttora tra'poeti, e fu non meno della prosa. Vedi questa voce nel prospetto di avere. Avemo é comunissima tra gli Antichi. Avete rimane per ogni scrittura;le altre tre voci presto furono cam biate: perchè siccome l'V consonante ha un suono come di vi, o di un i sibiloso; così specialmente se l'V sia doppio, l'avo,oppure avvo per abbo, fe sentire nella pronunzia questo I quasi doppio.E quindi è che il B. JACOPONE lib. 1. satir. 9. scrive Nè ferma fede per esempio ch'aja; Franc.BARBERINI edizion.Roman.pag.189. Nonveggio ancor chi contento ajail core. E Francesco SACCHBTTI disse ajolo per lo ajo,cioè per lohu.S'insinud tal cambiamento nella seconda persona avi,é mutato l'V in I, se ne  habet abbi 1 habemus habe habemo habete abbe avi da Habeo Abbo habes Ch'io n'ajo una si dura e più sotto: ajo portato in_core & c ,ed altrove più volte:anzi usa aja per abbia:lib.1.sat.12.3. 10 Illuminato mostromi fore, E ch'aja umilitate nel core. DÁN.Parad,17.   fece huii, e col tempo hai. E questa è la causa, per la quale ora ci troviamo con hai, seconda persona del presente dell'Indicativo, senza che volgarmente se ne intenda la origine.Può notarsi però che in forza della provenienza di hai l’i finale è risultato da un doppio i; e quindi seguendo le origini, avrebbe dovuto scriversi haj: e ciò sa rebbe statoopportunissimope' giorninostri,ne'quali vuolsi lasciare an che l'h precedente. Imperciocchè chiarissimamente si distinguerebbe che aj è del verbo,senza pericolo alcuno che si confondesse con l'ar ticolo plurale ai. 1. La mutazione del doppio B in V ed inIdoppio o lungo,al meno quanto al suono, porto l'altro cambiamento in aggio,aggi, ag giamo,aggia,aggiano: essendonoto che l'J lungo si cambia spessis simointalmodo:equestaè lacausaparimente,percuisidiceveg go veggiamo & c. Imperciocchè nelle prime origini si disse ancora vejo vej veje per vedo vedivede: si consulti il prospetto di vedere. Quindi 'Imperador Feder.Rim.ant. 114. Rispondimi Signor ch'altro non chiejo. Da crejo è propriamente quello scorcio, che pur si usd tra'poeti di cre' per credo, quasi crejo fosse cre io. Vedi il prospetto di credere. Ant.Pucci nelsuo Centiloquio can.XI.terz.27. scrive: Gli comandò che giù sedesse al piano. L'ultimo verso assai dimostra, che sie fu detto per siedi: E siccome inDan.Inf.27.53.sitrovasie'persiede;parchiarocheambedue de rivino da sejo. Allego un esempio di trajamo: Boc. g.8. n.5. lo vo glio che noi gli trajamo quelle brache del tutto:da ciò ben apparisce la origine ditraggiamo &c. 12. Ridotto havi ad hai;dovea sembrare che fosse di netto stato levato l'V consonante , quando erasi inviscerato nell'j: e cið compa rendo,era facile di lasciarlo pure nella terza persona have, e formar ne hae come si trova in Fr. Jacop.,in Guid.Giud.,in ALBERTANO,  Di voi,chiaritaspera. Rim .Allac. 408 Ciulo dal Camo Cose da non parlare. anzi avverto, che tra gli Antichi si trova ancora crejo, chiejo, sejo, trajamo,dondesonocreggio,chieggio,seggo,lraggiamo&c,enon dalla mutazione del D inG comesitiene,forsemenopropriamente daiGram matici.Cosi Fr. Jac.lib.5. c.3.12. secondo che io crejo:e nelleno te vi si legge: crejo,creggio,credo, e lib.5. can.25. 12. II E vejo li sembjanti Quando ci passo e vejoti. F. Jac. lib. sat. 3.9. la sera il vei seccato. lib. 6. can. 45. 4. Che vee con vista acuda disse l'anziano: Sie giù a pena di cento fiorini: E volendo pagare a mano a mano, E l'anziano a pena di dugento b2   12 e generalmente negli Antichi.Cost Albertan. al càp. 12. L'avar7 semprehaelemanidistesepertorre...ivil'avaronon haesicura vita.I Grammatici han creduto,che quell'E sia stato sopraggiunto all'ha per genio della lingua,chenon amava finirele parolein accento: ma questosarebbevero,quando la parola originale della terza persona fosseha,ciòcheèfalso;essendoquestahabet,habe,have.Hae dun que non èche have,toltone ”v per simiglianza di quanto era ac caduto in hai, ed in hajo. 13. A questo proposito avverte, che non di raro fra gli Antichi si legge dae,fae, slae per dà,fa, sta, come leggesi trae, e come hne per ha. Anche gli E di dae, fae,stae, si credono aggiunti per la ra gione medesima: ma egli è falso ugualmente; perchè dai ruderi an tichi della lingua può concludersi ta esistenza degl'infiniti, daire,fai re, staire, come esiste traire. Ora da quegl' infiniti daire & c. sorge n a turalissimamentedae,fae,stae,cometrae,cheancorcirimane da trai re:vedi S. III. di questa Prima Parte sotto il titolo Dipendenza delle conjugazioniitalianedall'infiniton.2.E quindi puresono levoci dai, fai,stai,come trai,che altronde sono inesplicabili.A dichiarare quanto dico sappiasi,che Fr. Jacop. lib.6.c.10.st.20.scrive A chi gli dice villania & c. Fra duo ladri allo staia. e lib. 4. c. 1o. E che al povero dala. elib.6.c.43.5. Ch'eglièildaenteetiilricevitore: e lib.7. c.9. II.  Staendo in quest'altura dello mare: Vita S.MariaMad.É cosistaendolapoverettasìperl'amorechegid ave v a c o n c e l t o d i G e s ù C r i s t o ,si p e r l a d o g l i a ; c o m i n c i ò a p i a n g e r e . P a r i m e n t e inFr.Guitt.sileggepiùvolte faiteallapag.36,efaieallapag.54.Enel TESORETTO:ponelemente al beneche faiteperusaggio:e Franc.BARBE RINOpag.17.Faesseleidiquelpregiodegnare.NeiGRADI diS.Girolamo allavoceFailenell'indicesidichiara,chel’idifaiteè un aggiunto,e non più:ma faie,faesse,elevocislaca,daia &c.ne'verbi similipalesano il contrario:e Traire si legge in Fr. Guit.lett.2. pag.9, ma traers spiega ugualmente la originedi trae, come fae sorgerebbe ancora da faere, delquale fece uso Franc. BARBERINO nel verso allegato. Per tanto gli E di dae, fae, stae non sono aggiunti,come si pensa, m a sono naturali;ed ora non si è cessato diaggiungerli, ma sono stati tolti. 14. Tornando alle voci hai ed hae, siccome in queste era perito \'u consonante; così poco a poco si tento,ma non riusci,di farlo pe rire nelle vociavemo, avete: e non è infrequente di udire aemo, aele; e nel futuro dell'Indicativo, e negl'imperfetti dell'Ottativo trovasi scritto arò,arai,arei,aresti'&c.come vedremo.Non prevalendo pero quel tentativo,siriserbarono le voci avemo,avete,etalvoltaaviamo, aviate, aggiamo,aggiate. Essendosi creduto, che l’E di hae fosse ag giunto; presto fu stabilita ha per terza persona; talchè le prime tre fossero ho,hai,ha.La terza plurale divenne harno;perchè dall'ha   bent sifece haveno, haeno, hano, hanno,ed esistono ancora'esempi di dano,fano & c.per danno e fanno, voci similissime nella origine,com me è chiaro:vedi S. III. 12. 15. Ma passiamo ad esaminare come dai perfetti de'verbi latini si traessero quelli presenti d'Italia. Potrà ciò conoscersi ne'verbi co muni ad ambe le lingue,ma terminati secondo i metodi di ciascuna: E noi su questi rifletteremo. ILatini sincopizzavano il perfetto in più voci, togliendone il VI,o ilVe.Per avere dai perfetti latini lita lianocorrispondente,silasciilVI,oVe intutte lepersoneperquan to si può senza contradire alle regole generali del s. I. Quindi nel la persona prima singolare dee lasciarsi ilsolo V , non potendosi to gliere l'I finale, secondo la regola prima. Si noti, che la terza singo lare risulterebbe simile ad alcuna voce del presente, e quindi nelle origini si accentava: ma ora se la voce finisce in A, simuta in O accentato.La prima plurale sarebbe amamo come nel presente,e quin di I'M si è raddoppiato. Del resto in Gio. VILLANI nella edizione fatta procurare da Remigio Fiorentino in Venezia si vede gran quan tità di persone prime plurali dei perfetti,scritte con un semplice M : come tememo per tememmo.Altrettantosiosserva in Fazzo degli Uber ti,nel Cavaliere Jacopo SALVIATI Tom . 18. Delizie degli eruditi To scani, nella Cronica delPitti,ed in altriAntichi;indizioche pertali vie si passava dal latino all'italiano in questo t e m p o . A n z i Celso C I T T A D I ninellesueOriginidellaToscanafavellaosservaalcap.6.che iSanesiin tali personenon davanoasentire che unM ,quasipronunziandoface mo,dicemo &c,ed eglicon pari ortografia scrisse tali voci.Ma Giro lamo Gigli nel suo Vocabolario di S. Caterina noto alla lettera M , che a'suoi tempi (vuol dire un secolo dopo ilCittadini,) quell'uso era perduto. Serbate dunque anche le regole generali del n .primo, avre di Ama(v)i ama (viisti ama(vit) ama(vi)mus ama(vi)stis ama (verunt Amai amasti amd amamo amammo amaste amarono 16. Dai Latini si disse ancora amávere: toltone il ve,si ebbe Vita Lano amare, e perché non si confondesse con l'Infinito, si muto l'E i n o , e si e b b e a m a r o p e r a l t r a t e r z a p e r s o n a p l u r a l e . I G r a m m a t i c i h a n ereduto, che amaro sia precisamente una sincope di amarono, toltone il no.Á me perd sembra,che amaro siavoce interain sestessa, e provenuta altronde, come ho dichiarato. E questa è la ragione, per cui amaro può troncarsi ancora,e dirsi amàr per amaro, laddove le troncature delle troncature non sono consuete, almeno nella lingua, come ora si trova.  13 mo 17. II P. Bartoli nella sua Ortografia riguarda come un incan to, che le terze plurali del Perfetto indicativo scorciate tre volte s e m   14 pre significhinolo stessocon quadrupla desinenza:amarono,amaron, amaro,amàr.Ma l'incanto,se ben siconsideri, non è che un caro abbagliodiun animo,chealvederprimosiappaga,stancodellemo lestiedi riflettere.Imperocchè da amarono sitragge amaron,e qui cesserebbe la troncatura:ma perchè levato anche l'N ci troviamo da amaron in amaro , desinenza ancor buona ; si è creduto, che tal b o n tà risulti in forza di uno scorcio:laddoveamaro già eralegittima de sinenza in se stessa: e perchè tale,ammettevasi; non perchè nata da amaron,levatone l'N. A parlar dunque propriamente si hanno due desinenze,amaro,ed amarono,edognuna ammetteuno scorcio,ama rono porgendo amaron,ed amaro la voce amar,colvago incidente, che se da amaron si spicca l'N finale;ci troviamo alladesinenza se conda, la quale è amaro. E siccome amaro è desinenza intera in sestessa;di qui nasce, che gli scrittori del buon secolo, ed alcuni ancora del cinquecento, come il DAVANZATI ne fecero tanto uso: laddove le altre sincopi amar ed amaron sono assai più rare,spacialmente in prosa. Anzi si noti, che nelle NOVELLE 'ANTICHE la desinenza in aro è quasi la comune, lad dove l'altra in arono vi è scarsa, e meno pregiata. 18. Ma proseguiamo l'esame de perfetti:eprima nella terza con jugazione. Audi(vi audi(ve)runt Audii audisti audi audimmo audirono udiste udiro. proviene udiro dall'audivere,come amaro dall'amavere.E'poinoto, che nelle origini della lingua si disse in Italiano anche audire finchè l'au si chiuse in o,cone nelle voci aurum, tesaurus,dalle quali si trasse oro, tesoro &c, e se n’ebbe udii, udisti &c.Vedi questo verbo nel prospetto. Debui debuimus debuerunt Devei , . Pertanto abbiamo da dové doveste  udisti audi(vi)t udi audi(vi)mus u d i m m o audi(vi)stis 19. Riguardo alle seconde conjugazioni, avanti l'I finale vi è l'U vocale, e non consonante,quindi regolarmente parlando tutto l'UI o l'UE si muta .in E semplice,avvertendo, che l'1 finale nella prima persona dee conservarsi secondo i canonigenerali debuisti Dovei deve, audiro devemmo, deveste, deverono, audi(vi)sti audi(vere) debuit debuistis debuere doverono dovero. audiste devesti, dovesti devero, Siccomel'U fu cambiato in E(dovei)gravatodi accento,quindinella terza persona non potea non dirsi se non dovè seguendo leregole ge Udii udirono dovemmo   nerali, o dovèt, trascurando la regola sulle consonanti finali; e da que. sto nacque che per istrascico di pronunzia fu detto ancora dovette, come dalla voce Giudit PETRARC. Trionf.fam . c. 2. v. 119. Non fia Guiditlavedovellaardita,sièfattoGiuditta,ecome daJosafat,DANTE Infer.10.v.8.Quando daJosafat qui torneranno,sièprodottoGiosafalte comunemente.Fattosi dovei,dovė,o davèt,fecesi quindi per coerenza do veltero e dovelti: e cosi questi preteriti ebbero doppia desinenza: e si disse temci e temetti, teme e temette, temerono e temettero. 20. E' poi tanto vero, che questa è la origine di temetti, tèmel te & c , che siccome lo stesso argomento vale per le terze conjuga zioni; così talvolta si scontra ancor questa desinenza applicata alle medesime. Ond'è che trovasifuggi,fuggi & c; e nelle Vire de SS.PP. ediz.Man.tom.1.pag.20.fuggitte,e nellapag.125 salitlepersa li: una nolle,essendo questi ito,alla casa di una vergine Cristiana o per rubare,o per altromalfare,salitte con certi ingegni il tetto della casa. Anzi questa ragione è sì certa che spessissimo le desinenze in ilte come salitle & c.furono modellate affatto a norma delle altre in elle, cioè di temelle,credette & c. Quindi è che nel medesimo tom . 1. delleVit.deSS.PP.se inalcuniesemplarisileggefuggitte,inal tri,sihafuggelte:allapag.101 ediz.citat.vièfuggettiperfuggii: nella 62 ,uscite per uscì, nella 71 irrigidelle per irrigidi, nella 73 finette per fini, ed Antonio Pucci versificatore famoso del trecento nel suo Centiloquio al can. 2. st. 69 ha sentelle per senti; ed Oito impe rador che ciò sentette, e così altre se ne veggono in altre pagine ed opere.Simileterminazionenon potevaaver luogonellaprima conjuga zione,perchè l'amavit,secondol'usodi cavarneilvolgare,cessadove èilsecondo a,dicendosi amo,e non cessanell'I con farsentire un amavit: il che direttamente gli avrebbe causato la uniformità, che'mai non ottenne:ora la desinenza in illi ed etti & c.è del tutto abolita per l e t e r z e c o n j u g a z i o n i: r i m a n e a n c o r a l a c a d e n z a i n e t t i e d e t t e & c . p e r l e seconde conjugazioni;ma forse,almenoin piùverbi,è men cara che nelle origini della lingua, come potrà rilevarsi dal prospetto de' verbi, che soggiungeremo. 21. E giacchè consideriamoilrapporto fraledesinenze delleter, zepersonede'preteritidell'indicativo,piacemi dilatare ancor più la serie delle riflessioni,picciole sì,ma pur necessarie per chi brami co noscere intimamente la lingua,e suoi movimenti. Ho detto di sopra, che dall'amavit,debuit,audivitsitragge amò,dove,udi,abolendoin tutto,quel vit finale:ma questa è piuttostola regola,che ora predo, mina.Del resto quando la linguapendeva incerta sul fissare le sue desinenze, talvolta tentò rendere queste, tutte simili alla cadenza del. la primaconjugazione, e tal altra a quella della seconda.E certo quell'amavit ebbe talorauna desinenza come amao:di che produco un esempio luminoso di FR.Jacop.lib. 2.can.2. Quando che in prima l'uomo peccdo Si guastò l'ordin lullo dell'amore:  / 15   E questa è la causa, per la quale oradiciamo amarono, lassaro no, e non amorono, lassorono & c. vuol dire questa è la causa, per la quale la sillaba antipenultima è un a, e non un o. Tutte le ter ze plurali nascono nel preterito con aggiungere alla terzasingolare un rono,o un semplice ro, ne'perfettianomali, o simili aglianoma li. Così diciamo senti rono,temè rono,crede rono,sparse ro, videro & c. Pardunquela originalterza personaquellade'contadiniamà,las sà & c. e quindi sen ebbe ama rono, lassarono, e non amorono, las sorono &c.desinenza che leggesi in molti Antichi: Così nelle Vite de'PonteficidiPETRARCAvisileggeandorono,seccorono,esimili or dinariamente.Il Venturi traduttore di Dionigi di Alicarnasso è pie no di tali cadenze.Forse a dire amarono,lassarono &c.vi contribui pur la dolcezza per non avere insieme tre o finali amorono, lasso rono & c. Nel modo poi che il vit era supplito da un o nella prima con jugazione; lo fi pure nelleseconde e nelle terze: e quindi sono le voci temeo,credeo,poteo, aprio,finio, udio, e simili,tanto frequenti ne gli Scrittori. Ora queste desinenze, per le prime conjugazioni sono spente in tutto: m a nelle altre conjugazioni rimangono tuttavia per li poeti, e l'uso moderato può riuscire utile non meno che dilettevole. Chi non bene conosceleprimizie della lingua,meravigliasiche imo di poteo,lemeo,udio&c.fossero comunissimi.IGrammatici dissero,che l'o finale si aggiunse per licenza poetica: ma cið non ispiega perchè voci di questoconio abbiansi frequentissime ne'vecchi prosatori, come nelleStorie dei Villani,nelDavanzati,ed in altri.Dir finalmente che l’osi accresceva per non finireinaccento,era un luogo comune,un parlardiabitudine,enullapiù. Sidovevaavvertire,chequest'ori ceveasi da tutte le conjugazioni nelle terze persone singolari de'pre  16 Nell'amor proprio tanto l'abbracciao ; Che n'antepose se al creatore. E la Giustizia tanto s'indignao; Che la spogliò di tutto suo onore: Ciascheduna virtù l'abbandonao, Gli fu il demonio dato possessore: Nel tom.12degliScrittor.Ital.delMURATORI trovasi inserita laMemoria di Messer Lodovico di Buon Conto Monaldesti su la coronazione del P e trarca:costui,che lavidediperse,cosìscrive:Poi comparve lo Sena tore in mezzo a muti (molti)cittadini, e portao allo capo soio (suo) na corona di lauro,ese assettao alla sedia, e poi s'inginocchiaoallo senatore & c. Si vede in questi esempi, che si accento l a preceden te il vit,e questo vit fu supplito con un o.Più volteho notato,che presso alcuni contadini appunto ne'dintorni di Roma dicesi difforme mente amà ,lassà,&c.per amò,lasciò come ora è laregola:Toccaal filologo accorto di rintracciarne le provenienze:esse non sono che per lo scorcio naturale,che si faceva della lingua parlata sotto questo cie lo da'nostri antenati.   teriti , e la uniformità medesima avrebbe fatto conoscere , che era un supplemento del vil, risecato dalle voci latinecorrispondenti , o pure una proprietàdi cadenza;e con cið sarebbesi dichiarato perchégliAn tichiusassero temeo,udio,e simili,promiscuamente in ogni scrittura, senzascrupolodiriprensioni.E'poitantomanifestochequell'O non si aggiungeva per non finire in accento , che nel Dittamondo si tro va unito anche alle prime persone della terza conjugazione,leggen dovisi nel 3 lib. cap. 15 udio per udii : 22. Tornando al nostro principio , apparisce dal fin qui detto che sitento chiudere in tutte le conjugazioni con desinenza simile allaprima:ma perchè l'uso non eraancora ben fissoe comune, si tento per eguale maniera terminare tutte le terze singolari d e' prete ritiinE,comeinEfiniscelaterzasingolarenellaseconda conju gazione.Quindièchetroviamoamoe,teme,finie,esimilicon tan ta abbondanza di esempj.Faz.Dittam.lib.4 cap.20 23.Lachiusadelle terzepersone tutteinO,ovverotutteinE,de riyavadallevoci corrispondenti latine,finite tutte in un modoamavil, timuit,audivit.Era difficileabbandonareognisomiglianzanell'italiano, с  17 Passato poi Suasina , io udio & c. e cap. 16 Secondo ch'io udio , e'l nome prese e cosi nel lib. 4 cap. 4 vi si legge sentiu per io sentii, e nella Vin LadiGiosaf.pag.31 uno essemplo tidicochel'udiodirea unomol to savio uomo :e pag. 34 lo ritornerò nella mia casa onde io uscio. Novell.ANTIC. Firenz.1572 novel. 20 lo poi che mi partio,abbo avuto moglie efigliuoli. Etic.di Arist. compend. da Ser BRUNET.ediz. Lion.1568 pag.100quandoioudioleloroparole,nonmidolea&c. Gli o dunque di udio ,finio , lemeo & c. in terza persona , non sono licenze di poeti,non aggiunteper iscansare gliaccenti,ma regole o modi di terminazione , e risultati di una lingua , che in altra si trasmutava,come or ora meglio dichiareremo. Che amoe si;che'lsipuò dir percerto. e cap. 20. Che rifutoe l'onor di tanta manna . V i t . d e S S . P P . T o m . 1. p a g . 2 i n c i a m p o e i n u n a p i e t r a , e f e c e a l c u no strepito: pag.10 con molte lagrime cantoe salmi, e pag.6 ľani male si levoe a corsa, e fuggie:pag. 43 per la sele l'uno morie,e pag.47 udie una voce che gli disse & c.'Or questa uniformità fa vede re,come dianzi ho pur detto,una proprietà di cadenza nelle terze persone singolari del preterito in su le origini della lingua, e quin di è che se ne abbiatanta copia ancora ne'prosatori;e tanto èlun gi che l'E si aggiungesse perevitare l'accento,che ci è facile tro yare temè,ma non temee;se non forse per la rima.Cosl Dante dis sePurg.3212 senzalavistaalquantoessermifee permife,voce interain sestessa,come vedremo nella seconda parte al num.6 del verbo Fare .   dopo che le altre persone omologhe del preterito si erano concordate nella desinenza.Così tutte le prime escono in I,amai, temei,udii, tuttelesecondeinsti,amasti,temesti,udisti:e tuttelepluralihan pari concordia di finale. Or come poteasi tralasciare quesť armonia nelle sole terze del singolare? Questa è la origine vera degli O e d e gli E che si aggiungevano, e non le sognate fra le minuzie di una grammatica, che inaridisce. Col progressodel tempo sivolle trascurare quellaparitàdicadenza,elevocisichiuseroin0,in E,inI,ac centandole finalmente, sebbene quellechiuse in O si trovino spesso tra gli Antichi senz'accento comeinFazio degliUBERTI,enelle No VELLE ANTICHE.Ed oranoi,lucidiesseridi unsecolointelligente,go diamo su la idea dolcissima di una lingua perfezionata. M a i gravis simiAntichi,colle mire ch'essi aveano,questi Antichi io dico, risor gendo,ne sarebbero in tutto persuasi? 24. E cid su le terze persone singolari de'preteriti: ora torniamo al verbo temere o dovere, dalle considerazioni del quale siamo qui per venuti. Si noti che doverono e temerono ammettono le tre solite scor ciature Lemeron,temero,temer,come amaron,amaro,amàr,perchè da lemeron ci troviamo all'altra desinenza intera temèro prodotta da ti muere,come dovèrodadebuere:laddovedovellerononsopportacheuna scorciatura appena,potendosi faredovetter,ma non proceder più oltre; perchè le nuove scorciature non ci fanno casualmente trovare in altra desinenza compiuta in se stessa.Tanto è vero quelloche siadditonel 3. 17. 25. E'certo che ne'perfetti delle seconde conjugazioni italianeso no le irregolarità più grandi: ma non ho veduto che altri notasse in esse un incontro curioso: cioè la irregolarità non concerne mai se non la prima persona singolare,e le dueterze singolare e plurale,mentre tutte le altre persone si trovan sempre comela regola chiederebbe. Cosi nel preterito rompere abbiamo ruppi, ruppe, ruppero anomale; e le altrevocisono rompesti,rompemmo,rompeste,come vorrebbe la indo le di un perfetto italiano regolare rompei , rompè & c. Tal cosa è so vente osservata e confermata con esempj nel prospetto. E m m i più vol. te nato il prurito d'indovinare onde sia talearcano di lingua. A me ne sembra la origine dall'avere le terze persone plurali una seconda desinenza derivatadal latino,per esempio rupere ond'èruppero,enon daruperuntond'èrupperono,oromperonoBo'i reg.2,chepursitro ya negli Antichi: vedi ilprospetto di questo verbo. Romperono ha l'ac cento,che riposa in su l’E: e quindila terza singolare non può es. sereche rompe,elaprimarompei;laddoverupperohal'accentonell'U, restandobrevelaE.Quindi perleggedicorrispondenzalaterzasin golaredee tenere l'accento anch'essa nella vocaleprecedente, e non nella finale; altrettanto dee succedere nella prima singolare: e p e r ciddeemancarel'E diEInelladesinenza,giacchèl'E diEIintutte leconjugazionisecondeègravatodiaccento;efinalmentedee cavar seneruppi,ruppe,ruppero.Ma rompesti,rompeste,rompemmo non pos.  18 già   26.Ma diciamoqualchecosade'perfettide'verbiausiliari.Nascono fuit fusti fosti C2  sono non avere l'accento sull'E in forza dellaformazione loro,essen do in esse la E seguitata dalla doppia consonante S T , M M . Quindi non possono non esser tali come romperono , quantunque poco o nulla usate, come avviene in molti se provenissero da rompei, rompe, verbi irregolari. E per cið l'anomalia de'preteriti non può concer nere se non la prima singolare , e le due terze persone singolare e plurale de'perfetti. Questo discorso vale eziandio ne'verbi ano mali di terza conjugazione ; dicendo dell'I quanto si è detto dell'E. Potremo da ciðtantomeglio persuadersi,cheamaro,temero,&c. sono desinenze piene in se stesse , e non sincopi di amarono merono & c. fuisti Fui da Fui fuistis fuerunt fuere fummo fuste foste furono 19 fuimus furo Questo tempo somiglia in tutto al preterito debui o timui della se conda conjugazione latina,alla quale appartiene ilverbo esse,o pure essere secondo che leggesi in Plauto. Pure esso nelle persone non ha subito la legge di mutare l'UI:ma ciò non è stato senza una ragio ne: Imperocchè dando luogo a tal mutazione, sarebbe risultato fei, fe sti,fe & c, e questo è il preterito appunto del verbo fare: purtroppo si osservano tra gli Antichi talvolta le voci del preterito del verbo sostantivo piegate in quelle del verbo fare: Cosi Fazio degli UBERTI nelsuoDitcam.1.4c.8 dissefoperfu.Perildiluviochefositene broso:Filip.Vil,nelprologo allesueStorie:con lostilechealuifopos sibile:e Faz.nelDitlam.lib.3cap.22 infinescrivefonno perfurono,e Fr.Guitt.let.12,scrivefoe per fu:eFra Jacop.1.2can.172 scrive fom per fummo.Per nonconfondere dunque una cosa con lealtre,non doveasi praticarela legge anzidetta: nei tempi debui,debuisti periva in. tuttele personel'UI,eccettol'Ifinalenellaprima perfareil cambiamen toindicato.Infuisti,fuimus&c.sièritenuto l'U,edèperitol'I:edin fuerunt è peritol'E. Si noti cheil fuit dagli Antichi si rendeva,e nesonopieniilibri,perfue.IGrammaticihancredutol'Edifue come una giunta per non terminare quell'E non è che la E nella quale dovea mutarsi l'UI, supplita in questo luogo per dare alla terza singolare del perfetto la desinenza in E,comune a tutte le persone simili di altri verbi di questa con jugazione, dicendosi lemè, iemelte, crede, ruppe & c. Tanto siam dunque lontani che l'e di fue siasi una giunta, che anzi era lettera distinti va della persona, ed una conseguenza dellamutazione, che aveasi a faredelUI inE,comepiùsipoteva.Equandosparìquell'E,sitol fue fu in accento la semplicefu:mą   serealmente,non si cesso di aggiungerla.Ed ora ci rimane il sem plice fu, voce cheesce affatto da ogni regola di terminazione. da Habui E le voci avesti, aveste, avemmo sono comunissime: delle altre avei, avè, averono, se pur furono in uso, non ho presente nemmeno un e s e m pio;e solamente mi ricordo che in Fr. Jacop.si legge avi per ebbi, ed avvero per ebbero. Di buon ora s'introdusse la irregolarità, la qua le concerne, come ho detto, la sola prima singolare, e le due terze singolare e plurale, e si fece ebbi, ebbe, ebbero; presa la occasione c o m e s'intende pel S. 17 dal habuere: perché se ne dovea cavare ha . bero,con lapenultima breve,donde ne seguitava habe per terza sin golare, ed habi per prima; e somigliando queste due voci ad altre d e l l ' a n t i c o p r e s e n t e a b b o , a b b i & c , n o n p o t è n o n c a m b i a r s i l ’ A in E , condirsiebi,ebe,ebero,ebbi,ebbe ebbero.IPoetitalvoltaco me PETRARCA Trionfo Fam.cap. : ora investighiamo, come da’pre teriti più che perfetti latini ne derivassero gl'italiani, che tanto sem brano differenti. E certamente i Latini esprimevano col tempo la qua lità che si affermava, ossia la cosa che siera fatta: e tali erano a m a yeram,fueram,habueram.Ma negliitaliani sidecomposero gliattri buti, e si disse io aveva amato,io aveva avuto,io era stato.Possiamo però conoscere che tra'Latini medesimi si aveano i semi di simili riso. luzioni. Cosi Cic. nel 15 Fam . 20 disse , quantum ex tuis litteris h a beo cognitum per cognovi:od in Verr.7 63 hodie sic homines ha bent persuasum:cosìnel 4 Ac. comprehensum animo habere atque perceptum; ed altrove assai volte. Pertanto nel passare da'preteriti piùcheperfettilatiniagliitaliani,nonsifeceche ampliareciocchè giàsi usavadai Latinimedesimi.Abbiamopiù voltenotato,che  20 per la rima scrivo. no ebe con un b solo:qualche Antico ciò praticava quasi per abitu dine, come può vedersi nel Dittamondo di Fazio degli UBERTI l'uso finalmente ha stabilito ebbi , ebbe : ma ,ebbero:vociche varianonel principio e nel fine come appunto i preteriti greci. 28.Ma bastisu'preteritisemplici avesti ayè avemmo aveste averono avero. 27.Seguendo le leggi descritte dovea nascere ancora Habuisti Habuit Habuimus Habuistis Habuerunt Habuere I Ayei v.92, li che incominciano ad imparare il latino quel lo scordano,facilmente ,o che per disusoin parte esprimono le azioni trapassate col verbo habe re,e col participiopassato latino. va linguagl'Italiani erano Or siccome nelle originidella in rispetto della lingua latina nuo puntochiprincipiaadapprenderla come ap , o chi per disuso l'ha quasi di   menticata;cosìl'analogiaelavogliadiesprimersiinqualche modo gl'indusseadecomporre,edireioavevaamato,io avevaavuto.&c; lasciando in amalus ed habitus gli S finali, e mutando gli U in 0 secondoleleggidelş ireg:2e3,dallequaliappuntorisultaamalo ed ayuto con i cambiamenti suggeriti appresso dall'uso. 29. Quanto al verbo essere:il più che perfetto latino è fu -eram , fu-eras,fu-erat&c:talivocisonocompostedi eram,eras,erat,e fuo fuit: quasi dicasi io erafu:tu eri fu &c.Seguendo pertanto l'indole del tempo aveasi ad indicare tal nozione che spontanea si presenta: cioè dovevasi indicare che questo era spettante alfueram; non era indeterminato,e pendente come chiamano i Grammaticil'imperfetto, ma era piuttosto di un tempo definito e certo.E'noto che i Latini appuntocon la voce status, stata, statum upita al giorno o tempo accennavano i giorni e tempi definiti. Cic.Offic. : 37 status diessit cum hoste:o comePliniodissestatotempore.Quindiin tempo che la lingua degenerava o si decomponeva si disse io era stato,cioè in tempogiàfisso,giàpassato,e non pendente:tueristalo,cioèintempo f i s s o & c, e g l i e r a s t a t o & c . L a v o c e s t a t o f u d u n q u e c o m e u n a g i u n ta o segnodi cosa passata,e non altro:ed in seguito si aggiunse a tutti itempi,che lo richiedevano nel verbo essere.I Grammatici han creduto, che stato sia il participio del verbo stare applicato al verbo essere. M a non dee presumersi che la formazione del verbo stare pre ceda quella di essere, che èil primo de’verbi,e verbo per essenza: edaggiungo che sto,stas tra'Latini,da'quali derivava in gran parte la lingua,se non è privo diparticipio, certamente ne somministrava un uso ben raro, come può intendersi, consultando il Forcellini sul verbo sto sta.Per taliriflessièda concepire,cheilverbo esserenon abbia participio se non quello dedotto da stalus, stala & c. usato in principio come segno e non più, di cose precedenti e consumate. 30. E da ciònacque, che a poco a poco si tentò creare un par ticipio proprio di essere,facendosi essuto,issulo, o suto. Quindi A l BERTAN.Giud.cap.44pag.100 ediz.Fir.1610maggioronoreglisareb be essuto s'egli se ne fosse rimaso. AmmAESTRAM . degli Antic.pag.93 Nella Grecia la Filosofia non sarebbe stata in tanto onore s'ellanon fosse essuta invigorita per contenzione. Collaz. Ab. Isac. pag. 59 E se l'uomo avesseconosciuto lasua infermilate nelprincipio e avessela veduta ; non sarebbe essuto negligente. Questo participio pareva il più naturale: pur si disse anche issuto; ma più di raro: AMMAESTRAM.de gli Antic. pag. 303 la nuora il seguente di che è issuta menata, di. manda &c.Ma più di tutti fu in uso ilparticipio sutopiùanalogo a sono,sei &c,e molti nesonogliesempj in Boccaccio,nelle Croniche diLionardo MORELLI,nelMorgante delPulci,nell'ARIOSTO,edinaltri: ne allego un solo tratto da' FIORETTI di S. Francesco cap. 38 a.me si è suto rivelato che tu & c. A fronte di tali sforzi non irragionevoli lavocestato,laqualenonera che unsegno,divenneilparticipio legittimo, esclusone ogni altro, 21    Ed eccone gli esempj.Fra JACOP. Poes, Spirit.lib.1satir.i averanno reg.2, 3,7 perchè se nell'habebo si cambiavano i due B in Vrisultava havevo e quindi havevi,haveva &c.come nell'imperfetto:nonvolendosi dun que ritenere il secondo B, fu necessità cambiarlo in altra consonante, e fu questa la R , e se n'ebbe averò, averai, averà & c. in forza delle regolegeneralicitate:mapresto sitolseanchel'Eintermedio,esi fece Ayrd Avremo ayrai  22 Sempre serai in tenebria Ditlamon.lib.icap,25 eris erit erimus eritis erunt avrete ayrà avranno serai sera seremo Serete seranno. LATINO habebis AveròS.Ireg.7 31. Venendo ai futuri dirò prima come derivassero quelli de’ver bi ausiliari. Nel verbo essere è il futuro Ben serai crudo se gli occhi non bagni. FBA Guit, let. 3_pag. 13,e anche sera di molti. Dittamon. 1.2 c.31 L'ITALIANO nelle origini Sero Le cose quivi ne seran più conte. Novell,ANTIC,99 serannoquestelenovellecheioporterò.Chileg. gegliAntichitrovaquesteésimilivocinon infrequenti.Manifesta mente dunque derivano dalle latine con la giunta di un S in prin cipio per uniformarle con sono, sei, siamo & c. Del resto eris,erit, giusta le regole, danno erai, erà,S. 1, e quindi serai, serà. Presso al cuni popoli ancora si ode ladesinenza serimo, serile, che presto fu ridotta in seremo, serețe & c. Al presente si trova cangiato anche il pri mo E,dicendosisarò,sarai.Questo cambiamento è1'usuale,ma non forse il migliore, secondo le regole. Vedi il verbo essere n. 13. Q u a n to al futuro di avere era il habebit averaiS.Ireg.5,e7 averemo reg.2, 3 habebitis LATINO Ero Habebo habebimus avera S. i reg 6, 7 averete reg. 2,5, 7 habebunt L'ITALIA NO   e talvolta a simiglianza delle mutazioni occorse nel presente si tolse anche l'V,esen'ebbe Aremo arai arete arà E stabilita una volta la cadenza de'futuri ne’primi verbiessereed avere inserò, sarò,arò per continuadiscendenza dallatino;qualmeravi. glia che siestendesseposcia ai futuri di ogni verbo, esi dicesse amar),amerò,temerò&c. 32. Può nondimeno assegnarsi altra origine dei nostri futuri, sem-" plice al paro che universale. Nel nascere della lingua si scrisse raggioper amarò,faraggio perfaròcomeleggonelB.Jacop.lib.2c.15, elio faraggio questaconvenenza:ediceraggioperdiròcome lostesso autore scriye lib. 2.c. 25 or m 'udite in cortesia Però crudele,villano,e nemico Sarabbo,amor,sempre ver te se vale &c. In alcuni villaggi d'intorno a Roma si ode anch'oggi la desinenza in ajo, come farajo, amerajo & c. A ben riflettervi tali voci non senoncheamar-aggio,dicer-aggio,far-aggio &c:vuoldireaggioa fare,aggio a dire,aggio adamare:formole intutto del futuro:per chè colui,il quale ha afare, non ha fatto, nè fa, ma riserbasia fare: cioè dichiara l'azione sua come futura. E perché in luogo di aggio si disse ancora ajo; quindi è che si hanno pur le cadenze amerajo , farajo&c.Ma siccomeinprogressoabbo,aggio,ajodegenerarononelle più semplici ho, hai, ha, avemo, ayete, e per sincope aemo, aele, han no;cosìda ultimosifeceaver-ho,aver-hai,aver-ha,enelpluraleaver emo,aver-ele, lasciato l'a del dittongo in aemo, ed aete, e finalmente aver-hanno:edepostol'hoziosonelmezzo ditalicomposizioni,sieb be aver-o,aver-ai&c.Ma perchèho,ha,come monosillabe han suono tutto raccolto in esse,e grave come per accento; quindi è che poco apocosimiseancorl'accentonelleprimee terzesingolari,dicendo si averò, averà & c. Pari è la origine di serò, serai, serà & c.voci del futuro del verbo sostantivo, quali usarono da principio per sarò, sarai, sarà & c. Risultavano dall'infinito essere,troncatene le due prime let tereES,come insono,sei&c,tantocheseneavessesere,equindi  aranno, come si scorge ne'libri degli Antichi: Così Lell. 5 tra quelle del B. GIOVANNI delle Celle: solo tanto l'arò a immutare, e nella letter. XI a Guido, arai Dio teco, e più sotto, dove arai a stare in eterno , e lett. 13, che mai non arannofine. FR. JACOP. lib. 2. cant. 3 pianto harete é dolore: tali yoci si hanno pure ne' GRADI di S. Girolamo nell'Eneida di Annibal Ca'Ro , e nel Cavalca, e comunissimamente nell'Orlando del BERNI. Diceraggiovi via via. FraGuit.ediz.Rom.1745lett,3 lamoremioparteraggio,elett.16 folle acquisto far mi guarderaggio: e tal volta ne'scuri principj della lingua s'incontra la desinenzain abbo,farabbo,amerabbo & c.per il futuro. GUITTON. d'Arez.Son. ame 23 Ard sono   ser-ho, ser-lai, ser-ha, ser-emo, ser-ete, ser-hanno:e finalmente sarò, sa rai,sarà&c.Siapplichi lateoriadichiarataancheaglialtriverbi, ed avremo amar-ò,amar-ai,amar-à,amar-emo,amar-ele,amai-anno, comesidisse originalmente:leLetteredi $.Caterina di Siena ediz. di Aldo son piene di questa desinenza,ed ilVarchi,egregio maestro di lingua,ne fa uso ben grande nelle opere sue.Ora l'A precedente l'R fina. lesicambia inE,non sapreiperqual vezzoirragionevole(vediama re nel futuro del prospetto:) e siè prodotto amer-ò,amer-ai,amer-à, amer-emo &c. Dicasi cid proporzionatamente di temerò,temer-ai,sentir-ò,sentir-ai & c. 33. Si noti, che la terza singolare del presente di avere era have, hae,ha.Spessoinluogodiadoperarehanelcomporre ilfuturo,fu adoperata la voce hae,con dire aver-lae, aver-ae, amer-hae , amer -ae , far-hae,far-ae.Questadesinenzaèfrequentissimain alcuniantichi Scrittori.I nostriGrammatici han creduto che l'Ediaverae,farae &c. fosse un aggiunta, per genio della lingua, che non soffriva di termi nareinaccento:ma essanonèchelaE dihave,hae;etantoèlun gichefosseun'aggiunta,che anzidicendosiora averà,amerà,non già si è cessato di aggiungerla,ma si è tolta propriamente laE spet tante all'have,hae.Siapplichi quanto ho detto alla desinenzaameroe per amerò lemeroe,per temerò & c. E'difficile trovar parola italiana terminata in anno,la quale si scorci,eccetto le terze persone hanno,danno,fanno, stanno,vanno , formate tutte a simiglianza di hanno. Quindi le terze plurali avran no, ameranno &c.non si dovrebbero troncare;ma perchèson esseun composto di aver-hanno,amar-hanno;cosi queste voci non han po tuto perdere lo scorciamento particolare di hanno, e degli altri dan no,fanno & c. foggiati a simiglianza di esso, come si vedrà nel trat tare partitamente de'verbi.Anzi aggiungo,che hanno,fanno, slan no &c.intanto si scorciano perchè nelle origini si diceva fano,stano, e così forse hano:voci idonee tutte agli scorci,restando han, fan, dan:e siccome pur queste sirinvengono mozzando hanno,fanno&c, perciò sono ricevute. Chi volesse notomizzare più sottilmente questa materia, potrebbe trovareforseletraccedelfuturo delpresentenelfuturo del congiuntivo. Cosilasciatodaamavero,celavero&c.ilvepersimiglianza di quan to si pratico nel fissare la derivazione dei preteriti, si avrebbe ed accentandoli celaro  24 54. Riguardando a tal seconda spiegazione,i nostri futuri non sa rebbero quei de'Latini trasmutati:ma solo deriverebbero quanto ne derivano gl'infiniti de'verbi,ed il presente del verbo ave re, che ne sono gli elementi componenti. dal latino da Ama(ve)ro cela(ve)ro amaro & c. 55. Quanto agl'imperativi ognun vede che l'amato , il timelo, il legito,el'auditode'Latini,altrononèche l'amatu,temitu,leggi Amaro   lu,odi lu degl'Italiani.Le altre voci italiane sono pur le latine tra dotte:ma perchèquestesono lestessedei presenti,partedelcongiuntivo, eparte dell'indicativo,overo del futuro dell'indicativo;cosìnon bi sogna se non investigare come que'tempi si diramino dal latino,cioc chè si è fatto, e si farà tuttavia. 36. Eccomi pertanto ad esaminare il congiuntivo de'Latini,dal quale hanno origine tutte le voci del nostro ottativo e congiuntivo. Ames Amet Amemus Ametis Ament Nelle voci amemus, ametis l’E si volge in IA, perchè nel tradurle si riguardanotalivocicomedipendenti dallasecondasingolareconlagiun t a d i a m o o d i a t e , a m i - a m o , a m i -a l e . D e l r e s t o s e b b e n e l ’ E f i n a l e avanti la S dovea mutarsi in I; e la E di amem o di amet dovea secondo leregole conservarsi; pure ne'principj non erano questi limiti ab bastanza riconosciuti: e diceasi promiscuamente io ame,tu ame, que gliame:desinenza era questa originale,perchè meno distante dalla latina, taciutene le consonanti in fine, e resta tuttavia tra’Poeti, spe cialmente per la rima:nondimeno si crede che questa sia termina zione di licenza , e non primitiva e spontanea. Tale è ilprogresso delle cose,c h e dimentichiamo gli usi più naturali, sostituendone altri men proprj ,che poscia il tempo caratterizza come legittimi!Vedi amare num. 14. Nelle altre conjugazioni, lasciate o mutate le consonanti finali se condo le regole S. 1 , e lasciato l'E, o l'I precedente l’A finale, S. I reg.4,risulta dal LATINO Timeas Timeat Timeamus Timeatis Timeant Tema Temi, e poi tema Tema Temiamo Temiate Creda  d 25 1 Timeam ITALIANO Ame,ed ora ami L'ITALIANO LATINO Amem Credam Temano Credi, e poi creda Creda Crediamo Crediate Credano Credas Credat Credamus Credatis Credant Ami Reg. 4 e 2 Ame,ed ora ami Amiamo Amiate Amino.   E ne verbi ausiliari. Nel qual mutamento l'EdiHabeam & c.èdivenuta per eccezione o dolcez. za un I, ed ilB siè raddoppiato, osservate ancora le regole generali. Quanto alsim,sis,sit,simus,sitis,sint,siccomeilverbo essereèdi seconda conjugazione, e tutte le seconde conjugazioni anno il presen te del congiuntivo terminato in A nel singolare, almeno nella prima eterzapersona;quindièchesifeceiosia,tusia,o sii,quegli sia, noi siamo, siate, siano. 37. Ma perchè nelle origini della lingua non era ben decisa la terminazione, con cui chiudere levocidel presente nel congiunti vo, si tento talvolta, o si dubito modificarle in tutte le conjugazioni, come nella prima. E siccome la prima era terminata in io ame ovvero 38. Così pure essendosi terminata la prima conjugazione in I nel presente del congiuntivo,siterminarono talvoltain Ipurlevoci delle altre: e si trova abbi per abbia, giunghi per giunga, vadi per vada &c,in terzapersona:Lett.S.Cat.pag.31.Deh!nonsirendipiù il cuor nostro ambiguo,cieco, e negligente.E quindi è che tra'Cin quecentisti generalmente le terze plurali abbiano,temano,leggano fu Abbia  Habeam 26 tu ame Ilabeas Habeat Habeamus Habeatis Habeant Abbi ed abbia Abbia Abbiamo Abbiate Abbiano io ami quegli ame quindi èche si quegli ami; trovano anche i verbi di altreconjugazioni figurati. Così AB.Isac. Collaz.cap.2. cosi con scrive,abbie preziosa operazione: e cap. 12 abbie paura della superbia, ed ALBERTANO Giudice l'uno de Scrittori più antichi assegnato all' anno 1260 in circa, scrive vece diabbia al principio del cap. in 6 tu abbie: e si dice abbie cari tade e fa ciò che tu vuoi, e cap.9 dci render lo beneficio all'amico con usura se puoi:e se no; abbie spesso lo beneficio a te dato memoria: e cosi nel cap. 3 usa in pieper diche per dichi, enel 5 in finesap sappi: e nel cap. 9 sie per sia. Sie largo di dar mangiare Tuoi conti ecari amici,e nel alli cap• 38 de'tuoi beni e dello stato che Dio l'ha dato ţi stie contento.Tali formole parrebbono a chi non guarda alle origini, tutte licenziose, laddove ri naturali,quando erano modi primitivi e la lingua pendeva ancora indecisa circa la desinen za.Ora eccettosie efie,le quali pur vogliono gran parsimonia piùnon siuserebbono talivoci.Vediesserenot.17. , avverto che tali voci abbie Del resto io non all'imperativo ,sie&c.spettano alcongiuntivo come . tu ami   r o n o a b b i n o , t e m i n o , l e g g h i n o & c ., c h e p o i l ' u s o r a g i o n e v o l m e n t e 27 ha ri pudiate, perchè rimanesse un divario tra le cadenze , onde riconoscer ne le conjugazioni. ec.1491. Are ( avrebbe ) quelcolpo gillatigiù mille. E qual sare'colei che nol facessi? In questo esempio il primo sare sta per sarei, e l'altro per sarebbe . Eguali manieresiscontranoancora,ma più rare assai,nell'Orlanda del BERNI:così nel c.5.16  39. Quanto all'imperfetto amarem ,amares,amaret; taciutene le consonanti finali risultava amare , voce non distinta dall'infinito: si aggiunse per cið un I finale, e si fece amerei:e siccome il per fetto dell'indicativo termina in I, dicendosi amai, temei, sentii, e da questa si ebbe per seconda persona amasti, temesli, sentisti; cosi fu con progresso consimile terminata la seconda di questo tempo, dicen dosiameresti,temeresti,sentirestiaggiunto un TI ad amares,timeres, sentires,il quale in origine non era che un lu, e perciò trovasi tal volta ameres-tu, vederes-tu per amaresti, vederesti &c.Cosi PASSAVAN ti nel suoSpecchio di Penitenza pag.107.Avrestuoffeso intaleolal cosa?&c.Laterzaamaret,gittatoilT,divenneamare nuovamente, e per distinguerla si fece amerie,ovvero ameria per essere ne' prin cipii non ben precisa la vocale distintiva da aggiungersi. Quindi in FRA Jacop.lib.4 cantic.30 silegge fariemiconsumare,permifaria consumare;e nellib.5can.27 si ha vorrielo perlo vorria,eDan.Par. 29: 49 usa giungeriesi per sigiungeria. Nel Morgante del Pulci s’in contra un uso speciale, ma certo molto analogo a dimostrare la ori gine di questa persona.Egli più volte in vece di modificare diver samente la voce, o desinenza amare, aggiunge un apostrofe ,e scrive amere',sare',potre'perameria,saria,potria.Vedi c.12,13,c.13, 13 e 38. E son qui per provarquelchel'hodetto. 'Amaremus diede ameremo mutatol'us in mo secondo le regole generali: ma perchè ameremo è pur del futuro , si aggiunse un'M , facendosiameremmo:amaretisdiedeamereste,come daamarespro viene ameresti; o come da amasti proviene amaste. amerieno da amerie; ovvero mutato il T di amarent in secondo le regole,siccomerisultaamereno;cosi coll'inserirviun'I,sen'ebbe amerieno.Amerie,ovveroameria,ecostamerienosonodunque desi nenze originali:e questa è laragione, per cui ne'Prosatori antichi, come ne'Poeti, si trova tante volte la cadenza inieno,amarieno,te merieno,farieno: la quale ora è mutata in iano , ameriano , temeria AO & c.da ameria, cemeria, che prevalse sopra di amerie, temerie E disse sare'io,ch'era pursaggia, Che a cosi degno amante non piacessi, Purchè mai tempo e luogo accaggia; Ancormi dare il cord'uscirne nello, ipo d2   chissimo usate fin da principio.I Poeti,sovrani conoscitoridella dol cezza degl'idiomi, ritengono tuttora, usandola amplissimamente ,la terminazione in ia ed iano. I Prosatori l'hanno quasi dismessa: nè io credo che ciò seguisse con piena ragione: giacchè si allontanarono davoci,lequalipresentanolaoriginelorodallalingualatina che ne era lamadre:e potevano variare con ogni dolcezza ildiscorso. Inluogo di ameria,ameriano sottentraronole altre amerebbe,ame rebbero, ovvero amerebbono. Queste voci a somiglianza di quelle del futuro sono composte ancor esse, ma dall'infinito e dalle terze del perfetto diavere,amar-ebbe,amar-ebbero,ovvero amar-ebbono.Può no tarsilamarciaincostantedegli uomini:mentre sonostatiesclusi tantiB dagl'imperfetti, e dai futuri,qui ne sono stati riprodotti con usura: la desinenza è divenuta più lunga , e talvolta quasi indistinta, essen dovi alcune terze 40. Resta a dire qualche cosa intorno la desinenza amassi,temes si&c.laqualeesprimeilpresentedell'ottativo,e l'imperfetto del congiuntivo. E 'manisesto che questo tempo è tratto dalle voci sinco p i z z a t e d e l p i ù c h e p e r f e t t o d e ' L a t i n i n e l c o n g i u n t i v o , t o l t o n e il v i come nel perfetto dell'indicativo, e serbate leregole generiche delle vocali finali, lasciato l'M , e mutata l'E in I & c. Amassi Amasse Amassimo Amaste Amasseno .  del perfetto, che somigliano , come creb be,increbbe,bebbe&c.E pocovedocosaabbiaafareebbeedebbero, vocidel perfetto,convocidelsoggiuntivo,lequalihannodell'imperfet persone to, cioè che resta da fare. Possono osservarsi al verbo amare , dove trattasi della desinenza in ia , ed iano, altre incongruenze. M a l'uso ha già prevaluto,e chi parla dee parlare conl'uso. T a l e appunto sorse la terza plurale: ed ancora n e restano degli esempj FraGuit.let.Ipag.8se'reiabitasseno,elett.2ev'entrassenoalcore. PETRAR.son.154 che andassen sempre lei sola cantando&c.Ma po şteriormente di amasseno si feceamassono,edoradicesi amassero co munissimamente.Si noti che la seconda plurale amaste involge una mancanza di lingua: perchè non più vi resta il ssi o sse, caratteristi co di questo tempo, e perché amaste è voce plurale ancora nel per fetto dell'indicativo: ed è certo un difetto con unavoce stessa espri meretempi,emoditantodifferenti.Forseènatodaciòchetalvolta s'in contra voi avessi per voi aveste, come in Antonio Pucci Centiloquio cant.69 terz.58. Se voi in qua non m'avessi menato. Anzi ho notato che MACCHIAVELLI tanto conoscitore della sua lin Amassi nel suo 28 Ama (vi)ssem Ama (vi)sses Ama (vi)sset Ama (vi)ssemus Ama (vi)ssetis Ama (vi)ssent   Ma primach'iosentissetalruina&c. FRA JACOP.lib.6 c. 18. 28. 42. E siccome questo tempo nell'italiano esprime il presente dell'ottativo, e l'imperfetto del congiuntivo, i quali non E cosìnella Gerus.8.24. : "Quel partissi addita azione già fatta.  29 gua , spesso in tal tempo usa la seconda singolare per la plurale con premettervi il pronome.Cosi nell'Arle della guerra ediz. Co smopolipag.42 Farestevoidifferenzadiqualartevoiliscegliessi,e pag.63 iodcsiderereichevoivenissiaqualcheesempio,pag.233.so lovorrei che voimi solvessiquesti dubbj,e 236 vorrei chemi dices si&c.Un talescriveresidirebbeartifiziosoonegligente?Glieru diti decideranno se forse era meno male così scrivere. Certo se repli chiamo nel singolare io amassi, tu amassi,perchè non farlo nel plurale? Amassetesarebbestata,parmi,lavoce idoneae conseguente:ma sealtri la dicesse ora , sarebbe uno sgraziato, un imperito . Tanta è la prepon deranza degli abusi,resi venerandi per vecchiezza. 41. L'origine di questo tempo è similissima in tutti gli altri v e r b i . C o s ì d a t i m u i s s e m è t e m e s s i , d a l e g i s s e m è l e g g e s s i, d a a u d i v i s s e m udissi&c.e nezliausiliaridafuissemfossi,dahabuissem avessi,mu tato al solito il B in V , e ľ U I in É come in timuissem , timui & c. e tutti soggiaccionoall'inconveniente anzidetto.Del resto ne'principj della lingua pendette incerto alcun poco se avesse a farsi amassio amasse di amassem , e così sentissi o sentisse di sensissem . Quindi Fazio nel Dittam. lib. 1 c.29. loro discordano,ma provienedal latino,che eraun più che passa to; così le di lui voci medesime scorrono a significare cose passate non senza un pocodi confusione:ma eglièmalediorigine,esivuol condonare:peress.SEGNERI Predic.358.10Visovviend'altroreo,che maitollerasseunaopiùtragicao piùtirannicaformaditribunale? E'chiaro che quel collerasseesprime cosa passata:tale è pur quello nelleVit.De'SS.PP.tom.1pag.83.E alloraconosceretechefuil meglio per m e ch' io m i partissi molto fra D'amarli e di servir,quant'io potesse. Franc.BARBER. pag. 2 ch'io gli mandasse a quello. Stor.Giosafat pag. 18 ed io non sarei savio se io tale cosa manifestasse. Novell. ANTIC.37 s'iovolesse dire una mia novella&c.Nel primo tom.delle DeliziedegliErudiliToscanipag.CL.sinotanoaltriesempj disi mili desinenze. E se piaciuto pur fosse là sopra Ch'iovi morissi,ilmeritai coll'opra. 43. Quanto agli altri tempi amaverim , amavero & c. sono decom posti negl'italiani,che io abbia amato, o io avrò amato & c. Sicchè non vi resta presso a poco da osservare, se non quanto si disse in torno di habueram,fueram &c.   DIPENDENZA Delle Conjugazioni Italiane dall'Infinito, e loro somiglianza generalissima. Conjugareiverbiitalianinonèchevariarediversamentel'in finito,secondoimodi,itempi,lepersone,inumeri,come altrove si è detto.Or volendo conoscere queste variazioni e somiglianzaloro generale,si avverta:Ogni infinito termina in RE amare,lemere, cre dere, sentire; e quasi tutte le variazioni succedono appunto in questo RE finale:solamente talvolta subisce de cambiamenti anche la vocale precedenteilRE.Cos)per avere iparticipj presenti,il RE si muta inNTE nelle primeeseconde conjugazioni,amante,credente &c.E nelle terze tutto l'IRE, per ess. di sent-ire si muta in ente, sentente; ovveroilREsimuta inENTE;obedi-re,obedi-ente.Per avereilpar ticipio passato,aparlar generalmente,basta nella prima e terza con jugazionemutareilRE inTO ama-re,ama-to,senti-re,senti-lo.nelle altreconjugazionisicambiatuttol'EREinUTO lem-ere,tem-ulo, cred-ere, cred-uto. 2. Quanto ai tempi per avere il presente singolare si lascia il RE dell'infinito,e lavocale precedente il RE simuta in 0 per le primepersone,edovebisognainIperleseconde;ma perle ter ze persone,toltoilRE,I'lsicambiainE nelleterzeconiugazioni: nelle altre non bisogna variazione ulteriore. Ama-re teme-re Crede-re a m a teme crede senti Ne'pluraliilRE dell'infinitosimutainMO,TE,NO,perleprime seconde,e terze persone. Ama-mo Teme-mo Crede-mo ama-te teme-te crede-te senti-te a m a -n o teme-no crede-no Senti-mo  30 E cosi trovansi presso gli Antichi terminate le prime e terze plurali. Vedi questiverbi ne'prospetti e nel S.II.2.E per dare qui un qual ch'esempio su le terze plurali ,Baldassar CASTIGLIONE nel suo per fetto Cortigiano usd commoveno, rivesteno, discerneno , occorreno , ca deno,moveno,serveno,ed altremoltissime.NelVarchisihagiaceno, soggiaceno,ed altre.Ma ora l'uso porta che anche le vocali prece denti il RE abbiano subito de'cambiamenti ,dicendosi tutte le prime personeamiamo,temiamo,crediamo,sentiamo:enelleultimedue con jugazioni terminandosi le terze persone plurali in ono , temono , cre sente -n o 1 S. III. 1. amo temo credo sento ami temi credi Senti-re sente   3. Quanto ai verbi della terza conjugazione, ne'qualivi è la doppia cadenzacome abborroeabborrisco(vediquestoverboinfine della prima parte ) sappiasi che la cadenza in isco esce di regola nei pre senti dell'indicativo, imperativo,e congiuntivo. Tutto il divario è che in questi presenti le persone, prima, seconda , e terza singolare, si formano come prima secondo le regole, e che poi alla vocale fi nale si antepone la sillaba ISC in ognuna di queste solamente, on de si abbia: la terza plurale si trae dalla prima così mutata,aggiuntole ilN O , segno della pluralità ne'verbi: abborrisco-no.Ossia all'infinito abborri re, tolto il R E si congiunge sco, sci, sce, scono , abborri-sco , abbor ri-sci, abborri-sce,abborri-scono. 4. Il Re dell'infinito si muta in VA VI VA pel singolare a m a -re teme-re crede-re senti-re ama-va teme-va crede-va sentiva N e plurali alla prima , o terza di ciascun singolare si aggiungono le distintive dette di sopra MO,TE,NO. amaya-mo temeva-mo sentiva-mo amava -te temeva-te credeva-te credeva-no sentiva.no Perfetti dell'Indicativo Perlaterzapersonal'ultimoA diamasimutainOaccentato:nelle altre conjugazioni si accentuano la E o l'I; masiaggiunge MMO  31 dono,sentono &c ,come se aggiungasi ilNO alle prime persone, temo,temono,credo,credono,sento,sentono,laddove essendole terze pluraliun multiplo diterza e non diprima persona singolare,non doveasiaggiungereilNO,segnodipluralità,senonallaterza sin golare, come dicesi ama, amano, e non amono. amava-no temeya -no STE 1) sentiva -te ama-vi ama -va t e m e -vi teme-ya senti-va crede -vi senti-vi Imperfetti dell'Indicativo 2 ) personeplurali, RONO 3 crede-va c r e d e v a -m o abborr (isco abborr(isc)i abborr(isc)e 5.ToltoilRe dell'infinitosiaggiungeIperlaprima,eSTIper laseconda persona: per le   senti-sti senti ama-mmo teme-mmo crede-mmo senti.mmo amo teme crede ama-ste teme.ste crede-ste a m a -rono teme-rono 6.Ma nelle seconde conjugazioni,come in temere e credere, ol tre la legge universale,il RE dell'infinito spesso si muta per le pri m e in singolari in T T I; per le terze singolari in T T E , e per le ter ze pluraliin TTERO ovvero in TTONO dicendosi Temei temetti Credei credetti Temė Futuri dell'Indicativo 7. Il solo E finale dell'infinito si muta, o cresce in O accentato 1 ) A I nelle amar-o temer-6 sentire amar-ete creder-emo sentir-emo Presenti dell'Ottativo 8.IIRE simuta in senti-ste crede-rono senti-rono creder-o  33 ama-re t e m e - r e c r e d e -r e ama-sti teme-sti crede-sti amar-emo temer-emo temer-ete creder -ete sentir-ete amar-anno temer-anno I SSI SSI SSIMO SSE . STE SSERO SSONO sentir-à senti i amar-ai temer-ai creder-ai sentir-ó amar-a temer-à creder-à sentir-ai ama-i teme-i crede-i amar-e temer-e creder-e Credé Temerono temettero temettono Crederono credettero credettono 2 ) del singolare A accentato 3 EMO ETE nelle2) delplur. ANNO 3) temette credette Si noti che ora si volge in E anche l'ultimo A di amare , almeno dagli Scrittori, non senza equivoco. Vedi amare nel prospetto not.9. creder-anno sentir-anno senti-re   ama-re teme-re crede-re a m a -sse teme-sse crede-sse crede-ssimo ama-ste teme-ste senti-ssi serti-ssimocic. BBERO 3 ) solamente nella prima conjugazione si è presoilcostume ( forse non ragionevole)dicambiare 1A precedenteilRE dell'infinitoinE. sentire sentire-i credere-sti credere -bbe credere-mmo sentire-mmo credere-ste sentire -ste credere-bbero sentire-bbero credere-bbono sentire-bbono Si noti che le aggiunte che qui si fanno per le due prime per sone singolari eplurali sonole stesse dei perfettie che quelle che si fanno per le terze sono , direi , le terze del perfetto di avere, ebbe, ebbero,ciocchè facilita di molto la formazione di questo tempo, Presente del Congiuntivo AMO ATE credere credere -i sentire-sti sentire-bbe  ama-ssi a m a -ssi teme-ssi teme-ssi crede-ssi crede-ssi senti-re senti-ssi ama-ssimo teme-ssimo Amare Io ami Imperfetto dell'Ottativo Conjugazione 1." 10.SitoglieilREdell'infinito,elavocaleprecedenteilRE si muta in I, enel plurale siaggiunge 3 1 senti-sse crede-ste ama-sseroamassono teme-ssero teme-ssono crede-ssero crede-ssono 33 I alla 1) S T I 2 ) del singolare BBE 3) MMO I) STE 2)delplurale amare amere-i amere-sti amere-bbe amere-m m o amere-ste amere-bbero amere -bbono 9. L'infinito resta immutabile e si aggiungono Tu ami Colui ami Ami-amo Ami-ate Ami-no temere temere -i temere-sti temere -bbe temere-m m o temere-ste temere -bbero temere-bbono NO 2 person .   La vocale precedente il re dell'infinito si muta in a in tutto il sin. golare, e nella terza plurale. Il resto è come nella prima :anzilla secondasingolarepuòterminare comenellaprimaconjugazione;i che sarà considerato ne verbi rispettivi. Credere Creda Creda o Credi Creda Credi-amo Credi-ate Creda -no Queste sono le variazioni : gli altri tempi composti risultano da alcuno de' tempi già esposti , presi da'verbi essere ed avere , e dal participio passato del verbo particolare, il quale si usa ; e però non occorrono nuovi cambiamenti nell'infinito .Quindi si dovranno cer care nel prospetto. Intanto si potranno raccogliere alcune regole, e sono: 11. Tutte le prime persone singolari dell'indicativo eccetto il perfetto e l'imperfetto finisconoin 0 :tutte leseconde in I in ogni tempo: tutte le prime plurali in ogni tempo e modo in mo,e le seconde in Te,eleterzeinNo oRoinalcunitempi.Maintutteleprime plurali dei presentidi ogni modo,degl'imperfetti,e futuri dell'in dicativolaMè semplice:amiamoamassimoamavamo ameremo,le miamo temessimo temevamo temeremo &c.Ma ne'perfetti dell'indi cativo e negl'imperfetti dell'Ottativo la M è doppia amammo ame remmo , temeremmo crederemmo & c. e cosi le seconde pluraliin que stid u e tempi ed anche nel presente dell' ottativo anno la S avanti ilTe finaledicendosiamásleamereste&c.!,lealtreannoilsempli ce Te.Parimente questi tre tempi possono finire in No ed in Ro nelle terze plurali:amaro amarono , amerebbero amerebbono, amas, ranno,amino. gli

GRICE E MAZZONI -- IL CONVITO DI PLATONE

 OPERE DEL MAZZONI SΤ Α Μ Ρ Α Τ Ε. I. Discorso de' Dittonghi di Giacopo Mazzoni all'Illu strissimo Signor ilSignorFrancescoMaria de Marchesi del Monte . In Cesena Appresso Bartolomeo Raverio 1572. in 8. Questo Discorso sitrova altresì inserito nella celebre Raccolta degliAutoridelbelParlare,impressanellaSa licata Tomo III. pag.1015. e segg. II.Discorso diGiacopo Mazzoni indifesa della Comme dia del divino Poeta Dante. In Cesena per Bartolomeo R a verii1573.in4.LadedicaèAlMoltoMag.mioSig. Osservandissimo il Sig. Tranquillo Venturelli . D a Cesena alli 15. di Giugno 1573. D e ' motivi, che indussero l’autore a scrivere questo dotto ed ingegnoso Discor so , se ne ragiona qui addietro a cart.19. e segg. III. Jacobi Mazonii Oratio in funere. Guidiubaldi Fel trii de Ruvere Urbinatium Ducis .Pisauri apud Hierony mum Concordiam1574. in4. IV.JacobiMazonii Cæsenatis deTriplici HominumVi. ta ,Activa nempe , Contemplativa , ei Religiosa Methodi tres,Qyestionibusquinque millibus centum etnonagintase ptem distincta . In quibus omnes Platonis et Aristotelis , m u l tæveroaliorumGræcorum,Arabuin,etLatinorum inuni verso Scientiarum Orbe discordiæ componuntur. Quaomnia publice disputanda Roma proposuitAnno salutis M.D.LXXVI. Ad Philippum Boncompagnum S.R.E. Cardinalem amplissi mum .CæsenaBartholomæusRaveriusexcudebatM.D.LXXVI. in 4. Questo volume contiene le celebri Conclusioni di quasituttelescienze,cheilMazzonidifesepub blicamente nell'età di 27. anni con meraviglia di tutta  S2 . 1 DEL MAZZONI. 139 Ita   1T Della Difesa della Commedia di Dante ec. Parte Pri ma ,che contiene liprimi tre libri,pubblicata a beneficio delMondo letterato.Studioe SpesadiD.Mauro Verdoni, « D. Domenico Buccioli Sacerdoti di Cesena , e da essi dedi cata all'Illustriss. eReverendiss.Monsignore Sante Pilastri Patrizio Cesenate dell'una e dell'altra Segnatura Referen dario , Abbreviatore de Curia , e della Santità di N. S. In nocenzioXI.eSua Cam. Apost.CommissarioGenerale.In Cesena Per Severo Verdoni M.DC.LXXXVIII. in  140 VI A e V. DellaDifesa dellaCommedia diDante distintainseta te libri ; nella quale si risponde alle opposizioni fatte al D i s corso di M. Jacopo Mazzoni , e sitratta pienamente dello arte Poetica , e di molt altre cose pertenenti alla Filosofia, e alle belle Lettere . Parte prima ; che contiene i primi tre libri.Con due Tavolecopiosissime.AllIllustrissimo eRe verendissimo Sig.ilSig. D. Ferdinando de'Medici Cardinale di Santa Chiesa . In Cesena Appresso Bartolomeo Raverii l'Anno MDLXXXVII. in4. . Italia . N o n seguì però questa famosa Disputa in R o ma nel 1576., com ' egli avea disegnato di fare, ma bensìinBologna nelFebbrajo dell'anno seguente; on degliconvennemutare ilfrontispizio alsuolibro, e porvi: Quæ omnia publice disputanda Bononia proposuic Anno SalutisM.D.LXXVII. Veggasi qui addietro dalla pag.35. sino a43. ove sitrattaampiamente disìfatta disputa,e delmeritodiquestolibro. ΤΑ e 1 . DellaDifesa dellaCommedia diDantedistinta insette libri , nella quale si risponde alte opposizioni fatte al Disa corsodiM.JacopoMazzoni, esitrattapienamentedell' Arte Poetica , e di molte altre cose pertinenti alla Filosofia , ed alle belle lettere. Parte Seconda Postuma , che contiene gliultimi quattro libri nonpiù stampati; edora pubblicata 4.   DELMAZZONI. 14.1 a > incuisitrova,cosìpergloriadelMazzoni,come p e r l e i n s i g n i q u a l i t à d e l P r e l a t o , c h e v i si r i l e v a n o , c r e d o ben fattodiriportarlainquestoluogo,edèlaseguente.  a beneficio delMondo letterato. Studio eSpesa diD. Mait ro Verdoni,eD. Domenico Buccioli Sacerdoti diCesena,. da essi dedicata All Illustriss. e Reverendiss. Sig. Monsig. Rinaldo degl Albizzidell'una e dell'altra SegnaturaRe ferendario , Giudice della Sacra Congregazione di Propagan da , ePrelato domestico di N. S. Papa Innoc.XI. in Cese na per Severo Verdoni 1688. in 4. Nell'occasione , che D. Mauro Verdoni , illustre letterato di Cesena , ebbe ri soluto di pubblicare questa seconda parte della Difesa di Dante , vedendo che la prima era di già divenuta assai rara , si determinò d i dover ristampare anche questa , siccome fece , dedicandola a Monsig. Sante P i laseri Prelato Cesenate per dottrina e per esemplarità di costumi riguardevolissimo, il quale aveva prestato a tal effetto al Verdoni ed ajuto e favore . M a essendo Monsig.Pilastripassatoamigliorvitaintempo cheap pena n'eraterminata lastampa, convenne aglieditori > procacciarsi un nuovo Mecenate , cui subito ritrova rono senza uscire dellalorpatria nelladegnissima per sona di Monsig.Muzio Dandini Vescovo diSinigaglia, Prelato anch'esso digran nome ; onde è avvenuto che quasi tutti gliesemplari siveggono con nuova dedica indirizzati a questo secondo , ede'primi non m'è riu. scito discontrarne cheuno,ilquale siconserva pres so dime unitamente all'altro dedicatoaMonsig.Dan dini. La dedica a Monsig.Pilastri è in data de 10. Settembre 1688.9, e quella a Mopsig.Dandino è de'17. dello stessomese edanno.Epoichèquestaprimade dica merita assolutamente d'essere tratta dall'oblivio > . ne Illuge   142 VITA 'animo fatociperultimare que sta grande impresá frastornataci da tanti ostacoli) abbia mo stimato convenientissimo debito presentarla a V. S. Illu striss. per una particella di dovuta restituzione , eriman dar(comesidice)questoFiumealsuoMare.Nepunto erriamo,sesottonone diMare ricopriamolavastità delsa pere , la profondità della prudenza , i tesori delle Cristiane virtù,cheadornano l'anima di V. S. Illustris.Avvenga che, se sirifletta con quanta carità dispensa ella a'Poveri isussidjdellavita, a'suviConcittadinilegrazie, con quan ta magnanimità , emulando la pietà de'suoi Avi, eregga agliEroidelParadisogli Altari;sovvengaleCongregazioni del Taumaturgo Fiorentino , ed in specie questa della Pa che con tanta esemplarità dal Porporato , che ci regge, ècomunemente protetta,e progredisce ne dettami delpiosuo  > Illustriss. eReverendi ss.Monsig. Comparisce sulla scena delMondo alla seconda lucelaPri. ma Parte di cotestaDifesa fregiata del pregiatissimo nome di V.S. Illustriss.per contestare, che volume si prezioso meritò sempre ne'suoi natali uscire ornato in fronte del no me d'uno d'e primi Personaggi, che venerasse il Secolo. Ed invero,sesiconsiderinoledignità,merito,virtù,e l'altre venerabili doti, che adornano l'animo di V. S. III., puossi senza veruna nota concludere, che sia sempre stato secondato da segnalatissimi favori nelli suoi ingegnosi parti ilnostroMazzoni; mentre questi sono stati sempre genero samente accolti, edalle prime Cattedre, eda'primiSavj del mondo, leggendosi sino da’Chinesi iportenti di questo grandeingegno. Ondenoiinconsiderazione dellegrazietan tevoltecompartiteci,e dell tria , ' Fondatore , non potiamo, nè dobbiamo concludere altro della religiosa prodigalità della sua mano , se non quello, che della mano dispensiera di Probo cantò Claudiano: Præ 1   DEL MA ZZONI. 143 Præceps illamanus Auvios superabatIberos,  zioni,eprove dell'amore che V. S. Illustriss. le porta ed in udire tutto giorno i religiosiattestati della sua pietà a risplendere o ne' Tempii, o negli Altari , non le consacri tuttose stesso in olocausto ? Se nontemessimo tormentar quivi la sua modestia , proseguiressimo a mostrar con mille prove la sua gran dilezione verso la Patria , e noi tutti ; giac chivisonopochi,chenonrammentino legrazie,ifavori, eisovvegni conseguitidallabontà diV. S.Illustriss., ch'e Aurea dona voinens . A questoMareadunque,ladicuigentilissimaaurahacci sovvenuto a condurre alporto un Opera contrastataci da im. petuosi aquiloni di mille infortunj, abbiamo noi presentato nella tavola de nostri voti questo eruditissimo libro, col solofinedi rimostrare all'universale Repubblica diDotti, che se la nostra Patria ha saputoprodurre iMazzoni , i > Chiaramonti , i Dandini , e gli Uberti , preseduti alle pri me CattedrediRoma,diParigi,diBologna,ediPisa, ha ancora nelmedemo tempo avuto nobilissimiFigli, chegli hannogenerosamenteaccolti,favoritiegraziati. Egiacche questa Difesa per se stessa rende immune da qualsisia di fesa l'Autore , che ha saputo mettersi in tal quadraturii coll' altissimo suo sapere , che non paventa veruna offesa ; resta perciò liberaaV.S. Illustrissima lasola difesa epro tezione di noi, che abbiamo volentieri registratoin questo Libro lossequiosissiino e riverentissimo tributo della nostra divozione al di leigran Nome ; che non potrà mai ricor darsi e da noi , e dalla Patria tutta senza rassegnargliene con un eccessivo ossequio un tenerissimo affetto. Perciocchè chi è , che nella Patria in vedere le affettuose dimostra f > mula di quelGrande , neque negavit quidquam peten tibus; et ut quæ vellent, peterent, ultrò adhortatus est .   Cesena 10. Settemb.1688. Sacerdoti Cesenati, VJ. Discorso di Jacopo Mazzoni intorno alla Risposta ed alle opposizioni fatregli dal Sig. Francesco Patricio , per  144 V I T A. est . M a vaglia per tutti, e sia ne' fasti dell eternità a caratterid'oro registrata la grande restituzione , che ha fat to alla Patria del suo gloriosissimo , e primo seguace del Redentore,MartireePastored'EvoraS.Mancio ladi cuimemoria quasi quiestintaèstata dalla dileiPietàrav vivata ; le di cui Sante Reliquie , fatte portare dalle ultime regioni del Tago , siccome hanno impietositi gli Altari , così ancora hanno indotta tal venerazione del di leiNome , che ingegnosamente si dice , meritar ella corona più preziosa di quella , che da'Romani donavasi a chi rendeva i suoi Cit tadini a Roina;ovvero che solamente lapietà diMonsig. Sante ha saputo accrescereifigliSanti allaPatria;eche sopra questo fortissimo Pilastrosivede ogni giorno più sta bilita la divozione verso gli Eroi del Paradiso in Cesena . V i v a d u n q u e i l n o m e d i V . S . I l l u s t r i s s. , e f i n o c h e i n o s t r i celebratissimi Rubicone e Savio tributeranno i loro liquidi argentiall'Adriatico,restiimpressa neglianimidituttila memoria di si gran Benefattore. Vivaquesto Cesenate Ti moteo , a cui non Atene , m a Cesena , che è pur l'Atene della Romagna,ergapertrofeounacoronadicuori. Mentrenoi. restringendocia supplicarladigradire quest'attestato delno stro umilissimo ossequio , riverentemente inchinati, la sup plichiamo anon isdegnarsidipermetterci,checipubblichid mo per sempre Di V.S.Illustriss.eReverendiss. Vmiliss.eReverentiss. Servi Obblig. D. Mauro Verdoni , e D. Domenico Buccioli > te   DEL MAZZONI. 145 tenente alla Storia del Poema Dafni , oLitiersa di Sositeo Foeta dellaPlejade. InCesena appressoBartolomeoRaverii l'annoMDLXXXVII.in4. VII. Ragioni delle cose dette , ed'alcune autorità citate da Jacopo Mazzoni nel Discorso della Storia del Poema Dafni oLitiersa di Sositeo . In Cesena per Bartolomeo R a verii 1587. in4. Del merito diquesti dueOpuscoli, e della cagione , che indusse l'autore a scriverli , si vegga acart.78.e segg.,eacart.84. e85. IX. Jacobi Mazonii Cæsenatis , in almo Gymnasio Pisano Aristotelem ordinarie,Platonemveroextraordinem profiten tis, in universam Platonis etAristotelis Philosophiam Pre ludia , sive de comparatione. Platonis et Aristotelis . Liber Primus.AdIllustrissimumetReverendissimumCarolumAn sonium Pureum Archiepiscopum Pisanum .VenetiisM.D.XCVII. Apud Joannem Guerilium in fol. Questo volume , che dal Mazzoni era,forse non senza ragione, riputato il suo capo d'opera , si vede al presente giacere quasi in una totale dimenticanza , colpa de' nuovi sistemi di Filosofia , che di poi si sono introdotti . Ad ogni m o d o è o p e r a d o t t i s s i m a , e q u a n t o m a i s i p o s s a d i -. re ingegnosa , e nel suo genere affatto singolare ; con tenendo quasituttiisistemidegliantichiFilosofiesa  1 Februarii anno CIDIO XXCIIX . In Exequiis Catherina M e dices Francorum Regine. Florentia apud Philippum Jun ctam M.D LXXXIX. in 4. L'Autore dedica questa sua . VIII. Jacobi Mazonii Oratio habita Florentia VIII. Idus Orazione a Don Virginio Orsino Duca di Bracciano per 1 ! i molti favori , che avea ricevuti da questo m a gnanimo eliberalissimoSignore;dallacuigentilepro pensione verso di sè dice , che sisentiva tratto a scri vere, epresentargli un giorno cose molto maggiori . . mi . T   minati ed illustrati in una maniera sorprendente. X. Lettere . Una lettera del Mazzoni scritta a Belisa rio Bulgarini si trova impressa a cart. 121. delle Consi derazioni del medesimo. Bulgarini sopra il Discorso di esso Mazzoni in difesa della Commedia di Dante . In Siena appresso Luca Bonetti 1583. in 4. Tre altre scrit teparimente alBulgarini sileggono a cart.218.219. e 222. delle Annotazioni , ovvero Chiose Marginali dello stesso Bulgarini sopra la prima parte della Difesa di Dante del Mazzoni . In Siena appresso Luca Bonetti 1608 . io4. Eduna indiritta aSperonSperoni staacart.355. del volume quinto di tutte l’Opere di esso Speroni dell'ultima edizione di Venezia . ΟΡΕRΕΙΝΕDITΕ. XI.Dialoghi in difesa della nuova Poesia dell'Ariosto. Di questi Dialoghi fa menzione ilMazzoni medesimo allapag.20. delsuoDiscorsode'Dittonghi;edicech'era presto,aDio piacendo,periscamparli,ilchepoinon fece, forse per essersi ricreduto sovra tale materia ; giacchè allora, che fu l'ango 1571. , era molto gio XII. ConsiderazionisopralaPoeticadelCastelvetro.Que ste furono mandate dalMazzoni alBarone Sfondrato, che ne dà ilsuo giudizio inuna letterascrittaall'auto r e t r a q u e l l e d e l V a n n o z z i V o l . I. p a g . 8 2 .  146 V Ι.ΤΑ . vane . . XIII.Commentarj sopratuttiiDialoghi diPlatone.Prea se ilMazzoni a scrivere questi Commentarj per soddis fazione diFrancescoMariaII,dellaRovereDuca d'Ur bino , ed egli medesimo ne fa menzione in una lettera scritta a Giulio Veterani Ministro del Duca , come pu . re   a reinaltraaBelisarioBulgarini, cheleggesi acart.213. delle Annotazioni ovvero Chiose marginali ec. di esso Bul garini.IlMazzonimedesimo poiacart.727.della DifesadiDante nomina isuoiCommentarj soprailFedone, X I V . Libri de Rebus Philosophicis , fatti ad imitazion di Varrone .Compose ilMazzoni quest'opera inunasua villetta sulla riva del Savio , e nel Novembre del 1590. disse a Roberto Titi che pensava di pubblicarla prima della seconda parte della Difesa di Dante . Veggasi q u a n todamesenediceacart.44.e98.delpresentevo lume . X V . Censura del primo Tomo degli Annali del Cardinal Baronio . Il celebre Riccardo Simon in una lettera a M o n s i g . M u z i o D a n d i n i , c h e si l e g g e a c a r t . 9 . d e l v o l .4 . della sua Biblioteca Critica , afferma d'aver inteso da questo Prelato , che ilMazzoni avea scritto contro il primo tomo del Baronio , tosto che questo uscì in luce , il che fu l'anno 1587 , e che il manoscritto di quest'operasiconservavanellalibreria delGranDuca.  1 i 9 1 DEL MAZZONI. 147 XVI.Discorso d'una breveNavigazione, chesi puòfare da Portugallo nell'Etiopia , e nel Paese del Prete Janni . All Il.ed Ecc. Sig. Giacomo Buoncompagni General di S.Chiesa,eMarchese diVignola.Questositrovainuna Miscellanea della Biblioteca Vaticana . XVII.Discorso sopraleComete.Anche questoDiscor so,lodatissimodalSig.Guidubaldo de'Marchesidel Monte celebre Astronomo , dovrebbe ritrovarsi nella Libreria Vaticana tra'Codici Urbinati; ma per diligen zefattenon sièpotutorinvenirealnum.513.,alle. gato dal Conte Vincenzo Masini nelle Annotazioni al primo libro del suo Poema del Zolfo, e dietro a lui dal P. Muccioli a cart.116. del suo bel Catalogo della Bi . T 2 1   Biblioteca Malatestiana . Veggasi ciò , che del pregio di quest'operetta si è da noi detto alla pag. 101. XVIII. La Fisica , e i Dieci Libri dell'Etica d'Aristo tile . Il Tadini scrive , che il manoscritto originale di quest'opera , mancante però e imperfetto , si conser vava alquanti anni sono presso ilSig. Gio:Antonio Al merici Nobile Cesenate . Il medesimo si afferma dal fu Dottore Giovanni Ceccaroni in alcune memorie mano scritte, comunicateci dal Ch.Sig.Arcidiacono Chia ramonti , dalle quali si apprende , che lo stesso Cecca roni avea fatta copia dell'originale inedito dell' Etica sino dal 1719.; ma sento che questa copia ancora sia andata insinistro,epiù non siritrovi. XIX.InuniversamPlatonisRempublicam Commentaria. Della Rupubblica di Platone da sé commentata fa ri cordo ilMazzoni medesimo nella lettera di ZQ  / 148 ν Ι Τ Α > gataalSig.GiulioVeterani;dicendo,che quantopri ma pensava di mandarla , o di recarla esso medesimo al Sig.Duca d'Urbino . alle La X X . Orazioni . Di varie Orazioni dal nostro autore composte in diverse occasioni , e non mai pubblicate , si è fatto memoria nel decorso di quest'opera , prima viene accennata a cart.89. , detta in Pisa nell' aprimento degli Studi in lode della Filosofia . La se conda scrittada luieloquentissimamenteper movere il Pontefice Clemente VIII. a ribenedire ilRe Arrigo IV. di Francia a cart. 99. La terza detta ne' funerali del celebrePierAngeliodaBargaacart.100. El'ultimafinal mente recitatanell'Archiginnasio Romano , facendo una comparazione tra l'antica Roma e la moderna ; . della quale sifavella acart.112. X X I ., L e z i o n i . Q u a t t r o L e z i o n i a l t r e s ì s c r i s s e i l M a z sopra   DEL MAZZONI. 149 zoni , che mai non videro la luce . Elle furono reci. tate in Firenze , due nell'Accademia Fiorentina per ri schiaramento di due luoghi di Dante ; e l'altre in quella della Crusca sopra iBrindisi ,e le feste Vinali degli Anti chi.Veggasi acart.77.94.95.e97. XXII. Lettere. Di alquante lettere del Mazzoni si conservano gli originaliin Pesaro nella libreriaGior dani , delle quali lach.me.del dottissimoSig.Annibale degliAbatiOlivierisicompiacque giàmandarmi copia; esono trescrittealCardinaleGiuliodellaRovere,una al Duca d'Urbino , due a Giulio Veterani, ed una a Piermatteo Giordani.Altre parimente originali scrittea Belisario Bulgarini si trovano in alcuni Codici esistenti nella Libreria dell'Università di Siena . Oltre aquest'opere ilTadini afferma,essercime moria , che dal Mazzoni sieno state scritte anche le seguenti , cioè I. In Homerum Paraphrasis. II. Numi smatumGræcorumInterpretatio.III.InLullum Commenta ria.IV.NaturalisPhilosophieArcana.V. Secretoperco noscere da'Bigari e Quadrigati , denari Romani , qual fa zione restassevittoriosa ne'Giuochi Circensi, se la Veneta o Prasing Rossa o Bianca . VI. Tractatus de Somniis . L'originale di questo trattato de'Sogni dice, che fu venduto molti anni sono da certuno al Sig.Pier Girolamo Fattiboni Gentiluomo Cesenate ; ma che avea incontrata la stessa disgrazia degli altri, non si essendo più tro vato . Forse tutti questi mss.dovettero essere in quelle dieci casse di libri del Mazzoni, che rimasero dopo la di lui morte presso Girolamo Mercuriali in Pisa , c o me ilDottor Ceccaroni nell'accennate Memorie afferma apparire daun pubblicoDocumento rogato li2.Mag gio 598.  ) . . , . Per   Per ultimo il sopralodato Sig. Arcidiacono Chiara monti mi assicura , esservi anche al presente chi sostie. ne doversi attribuire al Mazzoni , così la Canzone c o m postainlodedelTorneamentofattoinCesenanelCar novale dell'anno 1587. , la quale incomincia Mostra l'alterafronte,come ladifesadellamedesima,chefu pubblicata sotto nome del Bidello dell'Accademia con questo titolo; Risposta di Matteo Bidello delloStudio di Cesena al Parere d'incognito Oppositore fatto sopra la C a n zoneMostra l'altera fronte.InCesena conlicenza de Su perioriPer BartolomeoRaverii1587.in8.;machenon avea avuto modo di verificare veruna di queste voci. lo per altro non averei difficoltà di credere, che così laCanzone,come ladifesapotesseresserefatturadel nostro autore , essendo la Canzone assai bella ; e la difesa molto dotta e giudiziosa , e degna assolutamente del nostro grande e celebratissimo MAZZONI .