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Sunday, February 27, 2022

GRICE E MELLI

  I primi contatti tra Roma e i filosofi greci non fu- rono amichevoli. Abbiamo già accennato al senatocon- sulto del 161, nel quale, essendosi parlato in senato dei filosofi e dei retori ch'erano in Italia, si dava incarico al pretore Marco Pomponio di provvedere uti Romae ne essent. Pare che i primi semi della filosofia fossero sparsi dagli esuli achei, tra i quali era anche Polibio, venuti dopo la guerra macedonica nel 168 a. C. Pochi anni dopo, nel 156 ci fu l'ambasciata della quale faceva parte Car- neade, e anche questa volta vedemmo come il vecchio Catone s' impensierisse dell' efficacia rovinosa che quegli abili parlatori potevano esercitare sull'educazione nazio- nale. Ma ebbero, come sappiamo, un grande successo e 1' infiltrazione delle idee greche era già cominciata con la letteratura, specialmente dopo la conquista delle città della Magna Grecia. Nelle tragedie tradotte o imitate, e Biblioteca Comunale "Giuseppe Melli" - San Pietro Vernotico (Br)   LA FILOSOFIA PRIMA DI CICERONE 201 anche nelle commedie, i Romani sentivano parlare sul teatro di filosofia e di filosofi. (Ricordo il motto che si trova in un frammento di Ennio, nel Neottolemo di Euri- pide: Philosophari mihi necesse est, sed degustali- dum de ea, non ingurgitandum in eam). Col progredire della cultura, con lo svilupparsi dell'elo- quenza, nasce il bisogno d'istruirsi presso i filosofi. Alcuni grandi personaggi, come Scipione Emiliano, il suo amico Lelio, diventano protettori dei filosofi, li ammettono nella loro familiarità. I giureconsulti trovano un'utile disci- plina nella dialettica stoica; le riforme dei Gracchi sono ispirate da idee filosofiche: quello che i Romani domanda- vano alla filosofia era 1' orientazione nelle quistioni pratiche e una cultura necessaria o utile agli oratori, ai giurecon- sulti, agli uomini di Stato. Cominciano ad essere conosciute le diverse scuole. Una delle prime ad essere trattata in latino dev' essere stata la dottrina di Epicuro, perchè sono nominati un Amafinio e un Rabirio come espositori della filosofia epicurea, ma pare con poca arte; e più tardi, ai tempi di Cicerone, è pure epicureo un certo Catius, levis quidem, sed non inineundus tamen auctor, secondo Quintiliano. Ma non ne sappiamo nulla. Il grande interprete dell' Epicureismo presso i Ro- mani è Lucrezio. Altri scrittori di filosofià, furono M. Bruto, l'uccisore di Cesare, che scrisse della virtù e dei doveri, e il dottissimo Varrone, che insieme con Bruto aveva sen- tito Antioco in Atene, e in psicologia e in teologia se- guiva, pare, più gli Stoici che l'Accademia. Ma tutte queste sono semplici notizie. Il gran nome che oscura, tutti gli altri ed è per noi il vero rappresentante e inter- prete della filosofia presso i Romani è M. Tullio Cicerone.

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