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Tuesday, February 8, 2022

GRICE E PARISIO -- implicatura retorica

  PARISIO, Giovan Paolo (Parrasio, Aulo Giano). – Nacque a Cosenza il 28 dicembre 1470 da Tommaso, giureconsulto e consigliere del Senato napoletano, e Pellegrina Poerio.   Ebbe come primo maestro Giovanni Crasso Pedacio, che lo avviò alla conoscenza del latino. Verso il 1883 si trasferì a Lecce, dove il padre era stato nominato governatore, e intraprese lo studio del greco sotto la guida di Sergio Stiso. Fra il 1488 e il 1489 si recò Corfù per frequentare la scuola di Giovanni Mosco, dove perfezionò la conoscenza del greco.   Rientrato a Cosenza, frequentò le lezioni dell’umanista marchigiano Tideo Acciarini. Ebbe certamente una formazione giuridica, sollecitata dal padre, di cui resta traccia nel Vocabularium legale (Napoli, Biblioteca nazionale, III.B.25), un elenco alfabetico di quesiti giuridici tratti dai giureconsulti antichi. Ma l’interesse per il diritto e le istituzioni politiche antiche derivò a Parisio anche dalla frequentazione di Francesco Pucci, già allievo di Poliziano a Firenze, attivo a Napoli a partire dal 1483. Parisio si trasferì a Napoli nel 1492, ma i suoi contatti con Pucci e con l’ambiente culturale napoletano risalivano a qualche anno prima. Nel 1991 era stato invitato a tenere lezioni sulle Silvae di Stazio e nell’occasione pronunciò l’orazione Ad patricios neapolitanos (Lo Parco, 1899, pp. 119-123), nella quale elogia Giovanni Pontano. Alla frequentazione dell’ambiente pontaniano risale probabilmente l’adozione del nome latino Aulus Ianus Parrhasius.   Nel 1493 fu nominato da Ferdinando I d’Aragona maestro di camera e ricoprì incarichi nella cittadina calabrese di Taverna e a Lecce. Era in rapporti di amicizia con Ferdinando II (Ferrandino), come evidenziano una lettera a lui indirizzata (Lo Parco, 1899, pp. 127-130) e l’epicedio in versi per la morte della madre, Ippolita Maria Sforza (edito da Klein, 1987). È probabile che Parisio abbia seguito Ferrandino nella fuga da Napoli occupata da Carlo VIII (febbraio 1495) e poi nella riconquista del Regno. Dopo la morte di Ferrandino (6 ottobre 1496) e la salita al trono di Federico I si trovò coinvolto in intrighi di corte e preferì abbandonare Napoli per trasferirsi a Roma e intraprendere la carriera di insegnante.   Arrivato a Roma alla fine del 1497, seguì le ultime lezioni di Pomponio Leto e si legò a Tommaso Fedra Inghirami, che gli fece assegnare l’insegnamento di oratoria nello Studio romano. All’inizio del 1499, in seguito all’uccisione di due suoi allievi, implicati nelle trame che accompagnarono il pontificato di Alessandro VI, decise di abbandonare Roma e di trasferirsi a Milano.   Nella città lombarda Parisio trovò alloggio e occupazione nella scuola del retore e tipografo Alessandro Minuziano. Collaborò ad alcune edizioni date alle stampe da Minuziano e scrisse epigrammi contro due suoi avversari, Giulio Emilio Ferrari, docente di eloquenza nella scuola milanese, e il precettore corso Damiano Nauta (editi da Iannelli 1844, pp. 188-194). Dopo qualche mese Parisio si trasferì presso un allievo, Catulliano Cotta, che gli dette l’opportunità di aprire una scuola propria e che formò con lui un sodalizio editoriale. L’allontanamento da Minuziano provocò polemiche e scambi d’accuse, di cui danno testimonianza le tre orazioni di Parisio in Alexandrum Minutianum(Lo Parco, 1899, pp. 131-136, 140-145). Nel 1504 sposò Teodora Calcondila, figlia dell’ateniese Demetrio, che insegnava greco a Milano dal 1491. Furono allievi di Parisio a Milano, oltre a Cotta, anche il figlio di Demetrio, Teofilo, Andrea Alciato, Paolo Giovio (che scrisse una biografia di Parisio nei suoi Elogia) e il figlio di Etienne Poncher, vescovo parigino all’epoca presidente del Senato milanese. Fu grazie a Poncher che Parisio ottenne nel 1501 la cattedra di eloquenza lasciata vacante da Ferrari, fuggito da Milano dopo la caduta di Ludovico il Moro.   La polemica con Minuziano, dopo una temporanea riconciliazione, si riaccese nel 1505, in un contesto politico meno favorevole a Parisio, in seguito alla sostituzione del Poncher con Jeffroy Charles. A quest’ultimo Minuziano dedicò l’edizione liviana data alle stampe nel 1505, per la quale Parisio accusò l’avversario di aver plagiato le proprie lezioni su questo autore. La polemica degenerò in una campagna denigratoria nella quale Minuziano fu affiancato da Ferrari (rientrato a Milano), Nauta e Rolandino Panato da Lodi. Parisio replicò sotto lo pseudonimo di Furius Vallus Echinate, in un opuscolo stampato nel 1505 (tip. Giovanni Giacomo da Legnano) assieme con la riedizione del commento a Claudiano. Oggetto anche di un’aggressione fisica, nel 1507 egli accettò l’offerta di Giangiorgio Trissino, allievo di Calcondila, e si trasferì a Vicenza per insegnare grammatica e retorica.   Negli anni milanesi Parisio pubblicò numerosi lavori: nel 1501 il commento al De raptu Prosperpinae di Claudiano; nel 1502 i carmi di Prudenzio e il Carmen Paschale di Sedulio (ambedue nella tipografia di Guillaume la Signere e con il contributo della famiglia Cotta); ancora nel 1502, presso Scinzenzeler e con una prefazione di Catelliano Cotta, il De viris illustribus urbis Romae (una delle compilazioni tardoantiche trasmesse sotto il nome di Aurelio Vittore), che attribuì a Cornelio Nepote (nello stesso anno Minuziano pubblicò lo stesso testo fra le opere di Svetonio); nel 1503 il Libellus de regionibus urbis Romae (tip. Scinzenzeler), una versione interpolata della Notitia regionum urbis Romae che Parisio attribuì a un inesistente Publio Vittore. Le iniziative editoriali erano accompagnate dalla ricerca di codici antichi: nell’edizione di Sedulio egli dichiara di aver utilizzato un antico codice scoperto in un monastero. A un codice di Parisio fa riferimento Teofilo Calcondila nell’edizione di Valerio Massimo stampata nel 1506 (tip. Giovanni Giacomo da Legnano) con commenti dello stesso Parisio e di altri. Riuscì a impadronirsi anche di alcuni dei manoscritti bobbiesi scoperti da Giorgio Merula nel 1493 (Ferrari, 1970, pp. 153-162) e attualmente nella Biblioteca nazionale di Napoli: i codici Lat. 1 e 2 utilizzati per le edizioni di testi grammaticali (di Probo e altri autori) pubblicate a Milano nel 1504 (tip. Scinzenzeler) e Vicenza nel 1509 (E. e G.M. Ca’ Zeno), e il IV.A.8 contenente l’Ars grammatica di Carisio, pubblicata dall’allievo Piero Ciminio nel 1532 (Napoli, G. Sultzbach); i tre codici sono attualmente custoditi nella Biblioteca nazionale di Napoli. L’attività editoriale proseguì a Vicenza, con la collaborazione della tipografia dei Ca’ Zeno: nel 1508 pubblicò una raccolta di clausule ciceroniane tratte dalle Familiari, nel 1509 un manuale di retorica e la citata raccolta grammaticale. Parisio non fece in tempo a pubblicare il De rebus per epistolam quaesitis, una raccolta di notazioni filologiche in forma epistolare a cui aveva incominciato a lavorare già a Milano e a cui dette forma editoriale a Vicenza. Il nome di Parisio si legge anche nell’edizione di Lattanzio stampata a Venezia nel 1509 da Giovanni Tacuino, ma non è chiaro se egli abbia realmente contributo a questa edizione. Note di Parisio ai primi due libri dell’Eneide sono inclusi nell’edizione virgiliana stampata nel 1515 a Milano da Scinzenzeler.   Arrivato a Vicenza verso la fine del 1507, assieme con l’allievo calabrese Giovanni Antonio Cesario, pronunciò in gennaio Ad municipium Vicentinum (Lo Parco, 1899, pp. 166-171) e tenne corsi fino all’anno successivo. Nel maggio 1509 era ad Abano, per curare la podagra di cui soffriva. In seguito alle vicende seguite alla sconfitta di Venezia ad Agnadello (1509) si trasferì dapprima a Padova e poi Venezia, ospite dall’allievo Ludovico Michiel. Nell’estate 1510 vagliò la proposta di insegnamento offertagli dalla città di Lucca, ma qualche mese dopo preferì abbandonare Venezia per la Calabria, dove arrivò nel giugno 1511 dopo una sosta di alcuni mesi a Napoli, dove fu accolto dall’amico Antonio Seripando e da altri sodali dell’Accademia Pontaniana. All’attività svolta nei mesi successivi a Cosenza viene fatta risalire quella che in seguito verrà denominata l’Accademia cosentina. Nell’anno successivo insegnò ad Aiello, quale precettore dei figli del conte Antonino Siscari; fra il 1513 e il 1514 nella scuola di Taverna tenne corsi su Plauto e sui grammatici. Nel settembre 1514 era a Pietramala (odierna Cleto), dove apprese dal cognato Basilio Calcondila che Leone X gli assegnava un incarico di insegnamento presso lo Studio romano (oltre a Calcondila, l’incarico era stato raccomandato al pontefice da Fedra Inghirami e Giano Lascari).   Arrivato a Roma all’inizio del 1515, tenne i corsi fino al 1417. Nell’aprile 1518 ottenne da Leone X la dispensa dall’insegnamento e una pensione. Nel 1519 progettò di trasferirsi a Napoli, grazie a un legato del cardinale Luigi d’Aragona, ma le precarie condizioni di salute lo indussero a raggiungere Cosenza.   A Cosenza Parisio morì nei primi giorni del dicembre 1521.   Oltre all’edizione carisiana di Piero Ciminio, anche altri allievi pubblicarono inediti di Parisio. Nel 1523 Giovanni Antonio Cesario (o suo figlio Giovanni Paolo) dette alle stampe a Napoli le lettere inviategli dal maestro, ma la stampa è attualmente irreperibile (ne resta una copia manoscritta nel codice XXVIII.1.62 della Biblioteca dei girolamini di Napoli). Nel 1531 il cosentino Bernardino Martirano pubblicò a Napoli (G. Sultzbach) il commento di Parisio all’Ars poetica di Orazio. Il De rebus per epistolam quaesitis venne pubblicato nel 1540 a Parigi da Henri Estienne II, che nella prefazione presentò Parisio come il maggiore umanista della recente generazione (un giudizio ripetuto ancora da Sabbadini, 1905, p. 159). Nel corso del XVI secolo vennero date alle stampe anche esegesi di Parisio alle Heroides(Venezia, G. Tacuino, 1522) e alle Metamorfosi di Ovidio ([nota 6] 1527) e alla Pro Milone di Cicerone ([nota 7] 1567).   Poco prima della morte Parisio lasciò in eredità ad Antonio Seripando l’ingente biblioteca raccolta negli anni precedenti: essa contava, nell’inventario redatto dopo la morte, 567 fra codici e libri, molti con annotazioni dell’umanista. Seripando li lasciò in eredità al fratello, il cardinale Girolamo. La biblioteca passò poi al convento napoletano di S. Giovanni in Carbonara, subendo perdite e dispersioni. Il nucleo più consistente è conservato nella Biblioteca nazionale di Napoli. Parte degli inediti parisiani (lettere, orazioni, prolusioni) sono stati pubblicato da Iannelli, 1844, Lo Parco 1899, e in studi più recenti; il De rebus per epistolam quaesitis, a cura di L. Ferreri, Roma 2012.   Fonti e Bibl.: C. Iannelli, De vita et scriptis Auli Iani Parrhasii Commentarius, Napoli 1844; F. Lo Parco, Aulo Giano Parrasio. Studio biografico-critico, Vasto 1899; L. Delaruelle, Le séjour à Milan d’Aulo Giano Parrasio, in Archivio storico lombardo, XXXII (1905), pp. 152-171; R. Sabbadini, Le scoperte dei codici latini e greci ne’ secoli XIV e XV, Firenze 1905, passim; F. Lo Parco, Aulo Giano Parrasio e Andrea Alciato, in Archivio storico lombardo, XXXIV (1907), pp. 169-197; Id., Due orazioni nuziali inedite di A. G. Parrasio, Messina 1907; U. Lepore, Per la biografia di Aulo Giano Parrasio (1470-1521), in Biblion, I (1959), pp. 26-44; M. Ferrari, Le scoperte a Bobbio nel 1493, in Italia medievale e umanistica, XIII (1970), pp. 139-180; B. Richardson, Pucci, Parrasio and Catullus, in Italia medievale e umanistca, XIX (1976), pp. 277-289; M. Manfredini, L’inventario della biblioteca del Parrasio, in Rendiconti dell’Accademia di Architettura, lettere e belle arti di Napoli, LX (1985-86), pp. 133-201, 192-197; T. Klein, Parrasios Epikedion auf Ippolita Sforza, Paderborn 1987; C. Tristano, La biblioteca di un umanista calabrese, Manziana s.d. [1988]; M. Lauletta, Un inedito di Aulo Giano Parrasio: la Praefatio in Flaccum, in AION, Sezione filologico letteraria, XVII (1995), pp. 235-250; L. Munzi, Prassi didattica e critica del testo in alcune prolusioni inedite del Parrasio, in Studi umanistici piceni, XIX (1999), pp. 115-128; Parrhasiana, I, a cura di L. Gualdo Rosa et al., Napoli 2000; Parrhasiana, II, a cura di G. Abbamonte et al., in AION, Sezione filologico letteraria, XXIV (2002); M. Paladini, Appunti su Parrasio maestro, in Vichiana, V (2003), pp. 269-308; VI (2004), pp. 253-286; Parrhasiana, III, a cura di G. Abbamonte et al., in AION, Sezione filologico letteraria, XXVII (2005); D. Pattini, Preliminari per un’edizione del commento di A. G. Parrasio alla Poetica di Orazio(1531), in Filologia e critica, XXX (2005), pp. 113-146; L. Ferreri, L’influenza di Francesco Pucci nella formazione di Aulo Giano Parrasio, in Valla a Napoli, a cura di M. Santoro, Pisa-Roma 2007, pp. 187-221.

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