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Wednesday, February 23, 2022

SOCRATE E GENTILE

  Gentile e Socrate 55  Quando, in una decina di pagine di forte intensità, entrò all’interno di questo meccanismo, e cercò di spiegare con più precisione il passag-gio che si era consumato dal formalismo di Socrate alla metafisica di Platone, Gentile non mancò di osservare che la «soluzione» che la dot-trina delle idee aveva dato al «problema» di Socrate (ibid., 227), unifi-cando ciò che nel maestro si conservava diviso, era in fondo fallimen-tare, perché metteva capo a un nuovo e più duro dualismo, quello che si apriva tra eraclitismo ed eleatismo:  due anime – scrisse – inconciliabili: né Platone riuscì più a mettere una a tacere, come in qualche modo erano riusciti a fare Parmenide ed Era-clito e lo stesso Socrate.  [ … ]  Il poderoso sforzo da lui tentato di strin-gere insieme le due opposte esigenze pur nella forza indomabile dell’energia con cui esse reciprocamente si escludono, non potrà non fallire (ibid., 226-7).  La vicenda post-socratica delineava dunque la storia di un falli-mento; e di un fallimento, bisogna aggiungere, che aveva un prezzo elevato per la filosofia: perché l’idea di Platone altro non era che l’es-sere di Parmenide («dire idea – scriveva – è lo stesso che dire essere»; ibid., 220) e il dialogo, che Socrate aveva coltivato come ricerca sogget-tiva della verità, si irretiva nella dialettica oggettiva delle idee trascen-denti, dell’essere, nella «dialettica consistente nella relazione che hanno le idee in se stesse», in «dialettica oggettiva, che è norma e fine della soggettiva» (ibid., 221). Gentile parlava bensì di conquista del pensiero platonico, di progresso, ma in tutta la sua pagina circolava l’impressione del regresso e della decadenza, del passo indietro, della chiusura metafisica. Impressione che si fece nitida nel brano in cui, mettendo a diretto confronto i due filosofi, Socrate e Platone, affermò che il primo, di fronte all’antico naturalismo, aveva scoperto il pen-siero come «relazione», «soggetto, predicato e loro relazione», mentre l’altro quella relazione aveva ricondotta «in un’idea suprema», unica e universale, e perciò l’aveva annientata e assorbita nell’ordine ogget-tivo dell’essere che nega e dissolve il pensiero: «quest’idea – spiegava – pel fatto stesso che totalizza la relazione, l’annienta; perché l’idea delle idee, essendo unica, è irrelativa». E dunque metteva capo all’«unità massiccia, immota, morta, che è tutto un blocco, da prendere    56 L A BANDIERA DI  S OCRATE   o lasciare. Proprio come l’Essere eleatico. Pare pensiero, e non è» (ibid., 222-3). Che era una critica della metafisica platonica e, al tempo stesso, il più alto riconoscimento a Socrate: il quale restava, così, al centro di questa storia, come una possibilità inesplosa dell’antico, che solo il pensiero moderno, dopo il cristianesimo, avrebbe ripreso e realizzato.  Nota bibliografica  B ERTINI  ,   G IOVANNI  M ARIA  , “Considerazioni sulla dottrina di Socrate.”   Memorie della Reale Accademia delle Scienze di Torino  , serie II, 16 (1857): 1-35. -   Opere varie . Biella: Amosso, 1903. C ERASUOLO  ,   S ALVATORE  , “Il “Socrate” di Antonio Labriola.” In  La cul-tura classica a Napoli nell’Ottocento  , 559-69. Napoli: Pubblicazioni del Dipartimento di Filologia Classica dell’Università degli Studi di Napoli, 1987. B ROCHARD  ,   V ICTOR  C HARLES  L OUIS  ,  Études de philosophie ancienne et de  philosophie moderne . Paris: Alcan, 1912. 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