Massarenti -- Armando
Massarenti Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to
search Armando Massarenti a Trento per
il Festival dell'Economia 2010 Armando Massarenti (Eboli, 1961) è un filosofo
ed epistemologo italiano. Dal 12 giugno 2011 è responsabile del supplemento
culturale Il Sole-24 Ore-Domenica, dove si occupa, dal 1986, di storia e
filosofia della scienza, filosofia morale e politica, etica applicata, e dove
tiene la rubrica Filosofia minima.
Indice 1 Biografia
2 Opere
3 Altri
progetti 4 Collegamenti
esterni Biografia Armando Massarenti vive a Milano, dove dirige il supplemento
culturale Domenica de Il Sole 24 Ore.
Nel 1991 ha scritto, con Antonio Da Re, L'etica da applicare. Nel 1996
ha redatto, insieme a Carlo Flamigni, Maurizio Mori e Angelo Maria Petroni, il
Manifesto di bioetica laica, che ha suscitato un vasto dibattito.[senza fonte]
È stato membro dell'Osservatorio di Bioetica della Fondazione Einaudi di Roma e
dal 2012 fa parte del Comitato etico della Fondazione Umberto Veronesi,
presieduto da Giuliano Amato. Dal 1999 è direttore della rivista Etica ed
economia (Nemetria). Ha curato e
introdotto diversi volumi di argomento filosofico-scientifico, come
L'ingranaggio della libertà di David Friedman (Liberilibri, Macerata 1997), la
Storia dell'astronomia di Giacomo Leopardi (La vita felice, Milano 1997),
Rifare la filosofia di John Dewey (Donzelli, Roma 1998). Per Feltrinelli ha curato e introdotto il
volume Laicismo indiano (Milano, 1998), una raccolta di saggi del Premio Nobel
per l'economia 1998 Amartya Sen. Ha
curato il numero monografico della Rivista di Estetica dedicato al dibattito su
"Analitici e continentali" (1998) e, con Vittorio Possenti, il volume
Nichilismo, relativismo, verità. Un dibattito (Rubbettino, Soveria Mannelli,
2001) Per Il Sole 24 ORE ha curato la
collana I Grandi Filosofi (trenta volumi sui protagonisti della storia del
pensiero, da Socrate a Wittgenstein, per i quali ha anche scritto le prefazioni,
2006-2007, confluite ne Il filosofo tascabile). Nel 2012 è in corso di
pubblicazione una serie analoga dedicata ai grandi della scienza. Nel 2006 ha scritto Il lancio del nano e
altri esercizi di filosofia minima per il quale gli sono stati conferiti il
Premio Filosofico Castiglioncello 2007 e il premio di saggistica "Città
delle Rose" 2007. Il lancio del nano è anche oggetto di un esperimento
didattico, promosso dalla Società Filosofica Italiana (Sfi), attraverso il
quale viene proposto un modo nuovo di motivare gli studenti allo studio della
filosofia e alla capacità di argomentare in proprio. Dal libro è stato tratto
anche uno spettacolo teatrale, per la regia di Claudio Longhi (prodotto da
Mimesis). Con Gilberto Corbellini e Pino
Donghi ha curato e in parte scritto il volume Bi(bli)oetica. Istruzioni per
l'uso (Einaudi, 2006), un dizionario di bioetica sui generis, dal quale il
regista Luca Ronconi ha tratto l'omonimo spettacolo teatrale andato in scena a
Torino, per il progetto Domani delle Olimpiadi invernali 2006. Nel 2008 ha scritto Staminalia. le cellule
etiche e i nemici della ricerca, una ricostruzione del dibattito etico e
scientifico sulla ricerca sulle staminali, recensito, tra gli altri, da Elena
Cattaneo sulla rivista Nature. Nel 2009
ha scritto Il filosofo tascabile. Dai presocratici a Wittgenstein. 44 ritratti
per una storia del pensiero in miniatura. In contemporanea è uscito
Stramaledettamente logico. Esercizi filosofici su pellicola (Laterza,
Roma-Bari, 2009) una raccolta di saggi su cinema e filosofia (di Claudia
Bianchi, Roberto Casati, Achille Varzi, Nicla Vassallo) di cui ha scritto
introduzione e saggio conclusivo. Ha
insegnato come professore a contratto nelle università di Bologna, Lugano,
Siena, Milano. Dirige per Mondadori Università la collana "Scienza e
filosofia". Fa parte delle giurie
di due premi per la divulgazione scientifica: il Premio Giovanni Maria Pace,
promosso dalla SISSA di Trieste, il Premio letterario Galileo per la
divulgazione scientifica, legato al Campiello (Padova), e il premio letterario
Merck Serono. È stato anche nella giuria del Premio del Giovedì "Marisa
Rusconi", conferito ogni anno a Milano a un romanzo italiano opera
prima. Per la sua attività giornalistica
e pubblicistica ha vinto diversi premi: nel 1993 il Premio Dondi per la Storia
della Scienza, delle tecniche e dell'Industria (Padova); nel 2000 il Premio
Voltolino per la divulgazione scientifica (Pisa); nel 2007 il Premio Mente e
Cervello (Torino); nel 2011 il premio Capri, il premio Argil e il premio
Capalbio; nel 2015 il Premio Città di Como.
Opere L'etica da applicare. Una morale per prendere decisioni, con
Antonio Da Re, Milano, Il Sole-24 Ore libri, 1991. ISBN 88-7187-087-5. Il
lancio del nano e altri esercizi di filosofia minima, Parma, Guanda, 2006. ISBN
88-8246-950-6. Staminalia. Le cellule Etiche e i nemici della ricerca, Parma,
Guanda, 2008. ISBN 978-88-6088-910-2. Il filosofo tascabile. Dai presocratici a
Wittgenstein. 44 ritratti per una storia del pensiero in miniatura, Parma,
Guanda, 2009. ISBN 978-88-6088-889-1. Dizionario delle idee non comuni, Parma,
Guanda, 2010. ISBN 978-88-6088-851-8. Filosofia, sapere di non sapere. Le
domande che hanno caratterizzato lo sviluppo del pensiero, con Emiliano Di
Marco, con la collaborazione di Maria Amelia Mannella, 3 voll., Firenze,
D'Anna, 2011-2012. Perché pagare le tangenti è razionale ma non vi conviene e
altri saggi di etica politica, Parma, Guanda, 2012. ISBN 978-88-6088-763-4.
Istruzioni per rendersi felici. [Come il pensiero antico salverà gli spiriti
moderni], Milano, Guanda, 2014. ISBN 978-88-235-0479-0. La buona logica.
Imparare a pensare, con Paolo Legrenzi, Milano, Cortina, 2015. ISBN
978-88-6030-785-9. Metti l'amore sopra ogni cosa. Una filosofia per stare bene
con gli altri, Milano, Mondadori, 2017. ISBN 978-88-04-66972-2. Altri progetti
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Il lancio del nano e altri esercizi di filosofia minima, su italialibri.net.
URL consultato il 31 dicembre 2015. Armando Massarenti: tangenti e moralità, su
filosofia.rai.it. URL consultato il 31 dicembre 2015. Controllo di autorità VIAF (EN) 243336370 · ISNI (EN) 0000 0003
9835 0107 · SBN IT\ICCU\CFIV\109741 · LCCN (EN) n93036496 · GND (DE) 133733106
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(EN) lccn-n93036496 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia
Categorie: Filosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloNati
nel 1961Nati a EboliIl Sole 24 Ore[altre]
Mastri -- Opere Disputationes
in octo libros Physicorum Aristotelis, typis Ludovici Grignani, Romae 1637.
Disputationes in Organum Aristotelis, typis Marci Ginami, Venetiis 1639.
Disputationes in libros De celo et Metheoris, typis Marci Ginami, Venetiis
1640. Disputationes in libros De generatione et corruptione, typis Marci
Ginami, Venetiis 1640. Disputationes in Aristotelis Stagiritæ libros De anima,
typis Marci Ginammi, Venetiis 1643. Disputationes in Aristotelis Stagiritæ
libros Physicorum, typis Marci Ginammi, Venetiis 1644 (2ª ediz.). Institutiones
logicæ, quas vulgo summulas, vel logicam parvam, nuncupant, typis Marci
Ginammi, Venetiis 1646. Disputationes in Organum Aristotelis, typis Marci
Ginammi, Venetiis 1646 (2ª ediz.). Disputationes in XII Aristotelis stagiritæ
libros Metaphysicorum, 2 voll., typis Marci Ginammi, Venetiis 1646-47.
Disputationes in libros De coelo et Metheoris, typis Marci Ginammi, Venetiis
[1648ca.]. Scotus et scotistæ Bellutus et Mastrius expurgati a probrosis
querelis ferchianis, apud Franciscum Succium thypographum cameralem, Ferrariæ
1650. Disputationes in libros De generatione et corruptione, typis Marci
Ginammi, Venetiis 1652. Disputationes theologicæ in primum librum Sententiarum,
apud Iohannes Iacobum Hertz, Venetiis 1655. Disputationes theologicæ in
secundum librum Sententiarum, apud Franciscum Stortum, Venetiis 1659.
Disputationes theologicæ in tertium librum Sententiarum, apud Valvasensem,
Venetiis 1661. Disputationes theologicæ in quartum librum Sententiarum, apud
Valvasensem, Venetiis 1664. Theologia moralis ad mentem dd. Seraphici et
Subtilis concinnata, apud Ioannem Iacobum Herz, Venetiis 1671. Disputationes in
Aristotelis Stagiritæ libros De anima, sumptibus Francisci Brogiolli, Venetiis
1671 (2ª ediz.). Bibliografia Theologia
moralis, 1683 Edizioni Theologia
moralis, edizione del 1709 (Milano, Fondazione Mansutti). (LA) Bartolomeo
Mastri, Philosophiae ad mentem Scoti, vol. 1, Venetiis, Nicolò Pezzana, 1708.
URL consultato il 22 aprile 2015. (LA) Bartolomeo Mastri, Philosophiae ad
mentem Scoti, vol. 2, Venetiis, Nicolò Pezzana, 1708. URL consultato il 22
aprile 2015. (LA) Bartolomeo Mastri, Philosophiae ad mentem Scoti, vol. 3,
Venetiis, Nicolò Pezzana, 1708. URL consultato il 22 aprile 2015. (LA)
Bartolomeo Mastri, Philosophiae ad mentem Scoti, vol. 4, Venetiis, Nicolò
Pezzana, 1708. URL consultato il 22 aprile 2015. (LA) Bartolomeo Mastri,
Theologia moralis, Venetiis, Giovanni Giacomo Hertz, 1683. URL consultato il 22
aprile 2015. Studi Bonaventure Crowley, The Life and Works of Bartholomew
Mastrius, O.F.M. Conv. 1602-1673, in Franciscan Studies, vol. 8, n. 2, 1948,
pp. 97-152, JSTOR 41974294. Claus A. Andersen, Metaphysik im Barockscotismus.
Untersuchungen zum Metaphysikwerk des Bartholomaeus Mastrius. Mit Dokumentation
der Metaphysik in der scotistischen Tradition ca. 1620-1750. Benjamins
(Bochumer Studien zur Philosophie 57): Amsterdam / Philadelphia 2016. ISBN
978-90-272-1467-6. Paolo Falzone, Bartolomeo Mastri, in Dizionario biografico
degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 31
luglio 2018. Marco Forlivesi, Scotistarum princeps. Bartolomeo Mastri
(1602-1673) e il suo tempo, Centro Studi Antoniani, Padova 2002. Marco
Forlivesi, Bartolomeo Mastri da Meldola (1602-1673) "riformatore"
dell'Accademia degli Imperfetti, Accademia degli Imperfetti, Meldola 2002.
(PDF). Marco Forlivesi (a cura di), "Rem in seipsa cernere". Saggi
sul pensiero filosofico di Bartolomeo Mastri (1602-1673), Il Poligrafo, Padova
2006. Daniel Heider, Universals in Second Scholasticism. A comparative study
with focus on the theories of Francisco Suárez S.J. (1548-1617), João Poinsot
O.P. (1589-1644) and Bartolomeo Mastri da Meldola O.F.M. Conv.
(1602-1673)/Bonaventura Belluto O.F.M. Conv. (1600-1676), Philadelphia, John
Benjamins, 2014. Tullio Faustino Ossanna, Bartolomeo Mastri (1602-1673) O.F.M.
conv. Teologo dell'incarnazione, Miscellanea Francescana, Roma 2002. Paul
Richard Blum e Olivier Boulnois, La métaphysique comme théologie naturelle:
Bartolomeo Mastri, in Les Études philosophiques, n. 1, 2002, pp. 31-47, JSTOR
20849450. Fondazione Mansutti, Quaderni di sicurtà. Documenti di storia
dell'assicurazione, a cura di M. Bonomelli, schede bibliografiche di C. Di Battista,
note critiche di F. Mansutti. Milano: Electa, 2011, p. 214. Voci correlate
Hermann Busenbaum Bonaventura Belluto Giovanni Duns Scoto Altri progetti
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su Bartolomeo Mastri Collegamenti esterni Bartolomeo Mastrio, su Treccani.it –
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Wikidata (EN) Opere di Bartolomeo Mastri / Bartolomeo Mastri (altra versione),
su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata (EN) Gregory Cleary,
Bartolomeo Mastri, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company. Modifica
su Wikidata V · D · M Francescanesimo Controllo di autorità VIAF
(EN) 90600040 · ISNI (EN) 0000 0001 1684 0467 · LCCN (EN) no00029543 · GND (DE)
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Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Francescani
italianiFilosofi italiani del XVII secoloTeologi italianiNati nel 1602Morti nel
1673Nati il 7 dicembreMorti l'11 gennaioNati a MeldolaMorti a MeldolaStoria
dell'assicurazione[altre]
Massolo -- Arturo Massolo Da
Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Arturo
Massolo (Palermo, 19 agosto 1909 – Pisa, 30 marzo 1966) è stato un filosofo,
storico della filosofia italiano.
Indice 1 Biografia
2 Pensiero
3 Opere
principali 4 Bibliografia
5 Collegamenti
esterni Biografia Dopo aver intrapreso gli studi presso il Liceo Classico
Vittorio Emanuele II, si laurea all’Università di Palermo nel 1934, con una
tesi dal titolo Il problema dell’individuo nella filosofia di Antonio Rosmini,
con Vito Fazio-Allmayer. Giovanissimo, fu autore di alcuni volumi di
poesia. In seguito ad un periodo di
docenza nei licei di Perugia, Catanzaro e Livorno, Arturo Massolo ha insegnato
dal 1945 al 1960 all’Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo" e
dal 1961 al 1966 all'Università di Pisa.
Il suo pensiero, la sua attività e i suoi scritti hanno influenzato
importanti figure del dibattito filosofico del secondo Novecento, come Cesare
Luporini, Nicola Badaloni, Livio Sichirollo, Pasquale Salvucci, Gian Mario Cazzaniga,
Massimo Barale, Remo Bodei, Domenico Losurdo.
Gli scambi epistolari avuti con numerosi intellettuali (tra cui spiccano
i nomi di Giovanni Gentile, Ugo Spirito, Carlo Bo, Franco Fortini, Luigi Russo,
Aldo Capitini, Eric Weil) mostrano l’alta considerazione di cui Massolo godeva
all’interno del panorama culturale del secondo dopoguerra. Nel 1945 partecipò alla fondazione della
rivista Società, entrando tuttavia nel comitato di redazione soltanto nel 1958.
La rivista, nel primo anno della sua uscita, ospitò tre importanti saggi di
Massolo: Esistenzialismo e borghesismo (1945), La hegeliana dialettica della
quantità (1945), L’essere e la qualità in Hegel (1945). Nell’ultimo periodo della sua vita, ideò e
fondò la collana «Socrates» dell’editore Vallecchi, con la quale pubblicò tre
volumi: Filosofia e politica di Eric Weil, Vita di Hegel di Karl Rosenkranz e
Dialettica e speranza di Ernst Bloch.
Arturo Massolo morì improvvisamente a Pisa nel 1966. Pensiero I suoi studi su Hegel, inclini a
valorizzare la filosofia della storia e la dimensione realistica del filosofo
tedesco, contrastano tanto la lettura del neoidealismo italiano (Croce e
Gentile) quanto quella di Galvano Della Volpe. Nell’ambito della sua
riflessione Massolo ha posto le basi teoriche per una nuova ed originale
rilettura del rapporto Hegel-Marx, tanto da essere considerato da alcuni
interpreti l’avviatore dell’hegelo-marxismo in Italia. I suoi interessi teoretici si sono rivolti
principalmente alla filosofia classica tedesca da Kant ad Hegel, della quale ha
studiato, per più di un decennio, i principali momenti storico-teorici. In antitesi all’esegesi del neoidealismo
italiano, che tendeva ad attribuire alle filosofie di Fichte, Schelling ed
Hegel il superamento della finitezza umana che Kant aveva posto a fondamento
della sua filosofia, Massolo ha proceduto alla rilettura della genesi
dell’idealismo tedesco con l’idea che esso abbia storicizzato i dualismi
kantiani in un processo che si compie nella Fenomenologia dello spirito di
Hegel. Nelle fasi più mature della sua
riflessione ha tematizzato in vari saggi la problematica della scissione della
coscienza comune (Filosofia e coscienza comune, oggi, 1953), l’idea della
completa politicizzazione del filosofare (Politicità del filosofo, 1954;
Frammento etico-politico, 1958), ed il problema della storia della filosofia
con particolare riferimento al ruolo della «coscienza riflettente» del
filosofo, nonché al rapporto dialettico tra Pensiero e Realtà nella
«città-storia» (La storia della filosofia come problema, 1955). Nell’ultimo periodo della sua vicenda
intellettuale si è dedicato alla questione della dialettica intesa come
dialogo, ovvero quell’elemento dialettico-razionale mediante il quale è possibile
conciliare le differenti rappresentazioni dell’oggetto storico-sociale e le
contraddizioni all’interno della comunità.
Tramite queste riflessioni, che lo hanno condotto a porsi in diretta
polemica con Nietzsche ed Heidegger, Massolo ha contrastato l’idea del sapere
come visione solitaria del singolo ed ha concettualizzato l’idea del sapere
come processo essenzialmente dialogico e comunicativo (La storia della
filosofia e il suo significato, 1961).
Opere principali Mattutino: versi, con prefazione di Vito Mercadante,
Palermo, A. Trimarchi, 1927 Il libro dell'adolescenza: poema, con introduzione
di Federico De Maria, Palermo, Convivio, 1929 Storicità della metafisica,
Firenze, Le Monnier, 1944 Introduzione alla analitica kantiana, Firenze,
Sansoni, 1946 Fichte e la filosofia, Firenze, Sansoni, 1948 Il primo Schelling,
Firenze, Sansoni, 1953 Prime ricerche di Hegel, («Pubblicazioni dell’Università
di Urbino», serie di Lettere e Filosofia, X), Urbino, 1959 La storia della
filosofia come problema ed altri saggi, Firenze, Vallecchi 1955 Logica hegeliana
e filosofia contemporanea: saggi, a cura di Pasquale Salvucci, Firenze,
Giunti-Bemporad, 1967. Della propedeutica filosofica e altre pagine sparse,
Urbino, Montefeltro (post., 1996). Bibliografia Sergio Landucci, Arturo
Massolo, "Belfagor, 21/5 (settembre 1966), pp. 546-562 Remo Bodei, Arturo
Massolo, "Critica storica", 2 (31 marzo 1967), pp. 181-203 Studi in
onore di Arturo Massolo, a cura di Livio Sichirollo, Urbino, Argalia, 1967
Nicola Badaloni, Ricordo di Arturo Massolo, "Giornale critico della filosofia
italiana", 1967, pp. 129-133 Bibliografia degli scritti di Arturo Massolo,
a cura di Alberto Burgio, Urbino, QuattroVenti, 1986 Il filosofo e la città:
studi su Arturo Massolo, a cura di Nicola De Domenico e Gianni Puglisi,
Venezia, Marsilio, 1988 Collegamenti esterni (EN) Opere di Arturo Massolo, su
Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata Controllo di autorità VIAF (EN) 145362589 · ISNI (EN) 0000 0000
9810 4078 · SBN IT\ICCU\RAVV\040872 · LCCN (EN) n88025043 · BAV (EN) 495/224065
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secoloStorici italiani del XX secoloNati nel 1909Morti nel 1966Nati il 19
agostoMorti il 30 marzoNati a PalermoMorti a Pisa[altre]
Mastrofini -- Marco Mastrofini
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Niente
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aggiungendo citazioni da fonti attendibili secondo le linee guida sull'uso
delle fonti. Marco Mastrofini Marco
Mastrofini (Monte Compatri, 25 aprile 1763 – Roma, 3 marzo 1845) è stato un
filosofo, presbitero, matematico, scrittore e teologo italiano. Indice 1 Biografia
1.1 Opere
2 Riconoscimenti
3 Note
4 Bibliografia
5 Collegamenti
esterni Biografia Si occupò di filosofia, teologia, filologia, matematica
finanziaria: è noto soprattutto per il volume Le discussioni sull'Usura (1831)
in cui sostenne che non è reato far fruttare il danaro e che né la Sacra
Scrittura, né i Vangeli, né la tradizione ecclesiastica vietavano di ottenere
un giusto interesse per danaro dato a prestito. Questo diede luogo a molte
discussioni ma anche apprezzamenti lusinghieri da economisti dell'epoca e
dall'opinione pubblica. In precedenza,
nel 1803, aveva scritto un'opera di economia finanziaria, il Piano per riparare
la moneta erosa relativa all'inflazione nello Stato Pontificio, opera
largamente utilizzata per la riforma finanziaria dello Stato, intrapresa da Pio
VII. L'edificio del Collegio Romano ove
Mastrofini insegnò A 23 anni venne nominato professore di filosofia e
matematica presso il Seminario Tuscolano di Frascati, dopo essere stato
ordinato sacerdote dal Cardinale Stuart Duca di York. Nel 1798/1799, nel pieno
della crisi della Repubblica Romana, si trasferì a Roma dove venne nominato
professore di eloquenza presso il Collegio Romano. Nel 1800 tornò ad insegnare
filosofia e matematica a Frascati. Nel 1814 si trasferì definitivamente a Roma
dove assume la carica di Consultore della "Nuova Congregazione
cardinalizia per gli affari totius orbis".
Nel 1808 produce le traduzioni dei capolavori di Lucio Anneo Giulio
Floro Sulle cose romane e di Lucio Ampelio Sulle cose memorabili del mondo e
degli imperi. Nel 1812 traduce dal greco Le Antichità romane di Dionigi di
Alicarnasso. Nel 1814 venne pubblicato
un suo saggio sull'italiano, in due volumi, Teoria e Prospetto, ossia dipinto
critico dei verbi italiani coniugati, specialmente degli anomali o mal noti
nelle cadenze, opera che portò un grande contributo allo studio dell'italiano,
utilizzata dall'Accademia della Crusca nella revisione del dizionario della
lingua italiana. Nel 1832 pubblicò Della
maniera di misurare le lesioni enormi nei contratti e nel 1834 uno studio sulla
patria potestà e filiazione, che ebbe larga eco nei circoli giuridici romani,
essendo allora in corso una causa di riconoscimento di paternità per
successione tra i Torlonia e i Cesarini.
Piazza di Monte Citorio (1890-1900) Nell'edificio dove abitava e morì,
in piazza di Monte Citorio n. 121, nel 1875 il Comune di Roma appose una lapide
con il seguente ricordo: «Abitò in
questa casa e vi morì il 3 marzo 1845 Marco Mastrofini che dotto in filologia,
teologo e filosofo assai più grande che celebrato fissò le incerte leggi dei
verbi investigò felicemente con l’uso della ragione i misteri della scienza
divina S.P.Q.R.» Venne sepolto a Monte
Compatri presso il Convento di San Silvestro.
Opere Dissertazione filosofica, Roma 1790 Piano per riparare la moneta
erosa, Roma 1803 Ritratti poetici, storici, critici dei personaggi più famosi
nell'antico e nuovo Testamento, 3 vol. Roma, 1807; Traduzione da Lucio Anneo
Floro “Sulle cose romane”, Roma, 1808; Traduzione da Lucio Ampelio “Sulle cose
memorabili del mondo e degli imperi”, Roma, 1808; Traduzione dal greco da
Dionigi di Alicarnasso “Le Antichità romane”, Roma, 1812; Dizionario dei verbi
italiani Roma, 1814; Metaphisica sublimior de Deo triun et uno, Roma, 1816;
Traduzione da Appiano “Storia delle guerre civili dei Romani", Roma, 1826;
Traduzione da Arriano “La Storia”, Roma, 1820; ristampata da Sonzongo con il
titolo “Delle cose d'Italia” nel 1826; Le usure - Libri tre, Roma, 1831.;
Amplissimi frutti da raccogliere sul calendario gregoriano, Roma, 1834; L'anima
umana e i suoi stati, Roma, 1842; Teorica dei nomi, Roma, 1855; Teorica e
prospetto de' verbi italiani conjgeniti, Roma, 1844. Riconoscimenti La città
natale ha dedicato al suo nome la Biblioteca comunale, situata sul colle di
Borgo Ghetto, inaugurata nel 2003[1] e una piazza cittadina. Roma Capitale gli
ha intitolato una via nella zona di Monte Mario.[2] Note ^ Biblioteca Comunale Monte Compatri in
"Sistema bibliotecario. Provincia di Roma". ^ Istituzione del 15
settembre 1956. Sito. Sistema informativo toponomastica di Roma Capitale.
Bibliografia Donato Tamblè, «MASTROFINI, Marco», in Dizionario Biografico degli
Italiani, Volume 72, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2008.
Collegamenti esterni Marco Mastrofini, in Dizionario biografico degli italiani,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Opere di Marco
Mastrofini, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata (EN)
Opere di Marco Mastrofini, su Open Library, Internet Archive. Modifica su
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Biografie Cattolicesimo Portale Cattolicesimo Letteratura Portale Letteratura
Categorie: Filosofi italiani del XVIII secoloFilosofi italiani del XIX
secoloPresbiteri italianiMatematici italiani del XVIII secoloMatematici
italiani del XIX secoloNati nel 1763Morti nel 1845Nati il 25 aprileMorti il 3
marzoNati a Monte CompatriMorti a RomaFilologi italianiScrittori italiani del
XVIII secoloScrittori italiani del XIX secoloTeologi italiani[altre]
Masullo Aldo Masullo Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to
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Circoscrizione Campania
Collegio Napoli
Incarichi parlamentari Componente della Commissione Istruzione e Belle Arti
Componente della Commissione parlamentare per il parere al governo sulle norme
delegate in materia di stato giuridico del personale della scuola Sito
istituzionale Senatore della Repubblica Italiana Legislature VII, XII, XIII Gruppo parlamentare PCI,
Progressisti, DS Circoscrizione Campania
Collegio Napoli
I (VII Legislatura), Boscotrecase-Nola (XII e XIII Leg.) Incarichi parlamentari
Membro della Commissione per la biblioteca (XIII Leg.) Membro della Commissione
Istruzione pubblica e beni culturali (XIII Leg.) Membro della Commissione
parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi
radiotelevisivi (XIII Leg.) Sito istituzionale Dati generali Partito politico PCI
(1972-1991) PDS (1991-1998) DS (1998-2007) Titolo di studio laurea
in Filosofia e Giurisprudenza Professione avvocato
e docente universitario Aldo Masullo (Avellino, 12 aprile 1923 – Napoli, 24
aprile 2020) è stato un filosofo, politico e accademico italiano.
Indice 1 Biografia
2 La
formazione 3 Il
pensiero 4 L'impegno
politico 5 Opere
6 Onorificenze
e Premi 7 Note
8 Altri
progetti 9 Collegamenti
esterni Biografia Laureato in Filosofia e in Giurisprudenza, è stato dal 1955
libero docente e dal 1967 professore ordinario di filosofia teoretica.
Successivamente, ha insegnato filosofia morale presso l'Università di
Napoli. Ha trascorso vari periodi di ricerca e di insegnamento in
Germania. Dal 1984 al 1990 è stato direttore del Dipartimento di
Filosofia dell'Università di Napoli. È stato socio dell'Accademia
Pontaniana, della Società Nazionale di Scienze Lettere ed Arti di Napoli e dell'Accademia
Pugliese delle Scienze. È stato insignito della medaglia d'oro del
Ministero per la Pubblica Istruzione. Candidato nelle liste del Partito
Comunista Italiano prima e in quelle dei Democratici di Sinistra poi, dal 1972
al 1976 ha ricoperto la carica di Deputato, mentre dal 1976 al 1979 e dal 1994
al 2001 è stato Senatore della Repubblica. È scomparso il 24 aprile 2020;
aveva compiuto 97 anni a Pasqua, il 12 dello stesso mese. È stato attivo e
operoso fino all'ultimo, e ha rilasciato la sua ultima intervista il 5 aprile
del 2020.[1] La formazione Trascorre i primi dieci anni della sua vita a
Torino. Nel 1933 si trasferisce con la propria famiglia a Nola (NA), dove
compie gli studi superiori frequentando il liceo classico statale Giosuè Carducci.
Masullo tra il 1940 e il 1944 frequenta il corso di laurea in Filosofia
all'Università di Napoli. Si laurea con Emilia Nobile discutendo una tesi sul
filosofo francese Julien Benda. L'Università di Napoli era dominata
prevalentemente dal pensiero di Benedetto Croce; esistevano comunque altri
personaggi capaci di una riflessione autonoma e originale come fu Antonio
Aliotta che con il suo sperimentalismo offrì importanti stimoli al giovane
Masullo. Masullo tra il 1945 e il 1947 prende una seconda laurea in
Giurisprudenza con una tesi in Filosofia del diritto. Esercita la professione
di avvocato penalista tra il 1947 e il 1951.[2] Nel frattempo studia
l'esistenzialismo che andava diffondendosi in Italia. Nello stesso periodo è
assistente volontario alle cattedre di filosofia e tiene seminari per Emilia
Nobile, Antonio Aliotta, Guido Della Valle. Masullo compie la sua
formazione filosofica a Napoli soprattutto con Cleto Carbonara. Carbonara era
impegnato attraverso i suoi studi di estetica a ripensare l'attualismo
gentiliano. La sua posizione prende il nome di materialismo critico. Tra il
1953 e il 1957, attraverso il confronto con Carbonara, Masullo si addestra al
rigore concettuale e inizia ad elaborare una propria posizione
originale. Nella formazione e nella costruzione della prospettiva
filosofica di Masullo si combinano diverse componenti. Il neoidealismo,
crociano e gentiliano, lo sperimentalismo di Antonio Aliotta, e, tra idealismo
e materialismo, il materialismo critico di Cleto Carbonara. Masullo però,
mosso dalle proprie inquietudini e dalle impressioni suscitate dai tragici
eventi bellici, studia anche l'esistenzialismo e lo spiritualismo. Infine il
bisogno di comprendere l'uomo concreto e le sue reali tribolazioni lo conducono
ad avvicinarsi alla fenomenologia. Il soggiorno di studio a Friburgo del
1957-58 gli consente di approfondire lo studio della fenomenologia e di
conoscere il pensiero del neurologo e filosofo tedesco Viktor von Weizsäcker,
il quale aveva introdotto nel linguaggio filosofico e scientifico il concetto
di «patico». Esistenzialismo, spiritualismo, idealismo e fenomenologia
sono correnti di pensiero variamente intrecciate tra di loro. Ciò che
attraversa trasversalmente questi movimenti di pensiero è la radicale problematizzazione
del rapporto tra pensiero e vita, tra il pensiero e il suo negativo, ciò che
pensiero non è. Il pensiero Intuizione e discorso (1955) è un testo in
cui, avvalendosi degli stimoli che provenivano dalla epistemologia, Masullo si
confronta con l'idealismo attualistico e storicistico per riflettere sul
carattere “difettivo” della coscienza e sul suo rapporto con la
conoscenza. Masullo in Intuizione e discorso sostiene che i poli del
fatto e dell'idea, del senso e della coscienza, della vita e delle forme dello
spirito sono legati da un vincolo dialettico. Voler ridurre l'uno all'altro
conduce ad un idealismo soggettivistico o ad un empirismo cieco alle dimensioni
dello spirito. Bisogna comprendere le modalità del vincolo che lega spirito e
corpo. Il pensiero che voglia essere critico, cioè che non voglia ingannarsi,
deve riconoscere che esso si fonda su processi biologici e fisiologici che gli
sono irriducibili. Nel 1957-58 Masullo approfondisce in Germania lo
studio della fenomenologia, ancora poco diffusa in Italia. A Friburgo frequenta
i circoli husserliani capeggiati dall'allievo di Husserl Eugen Fink e conosce
l'opera del neurologo e filosofo Viktor Von Weizsacker del quale Masullo
svilupperà il concetto di "patico". Masullo stesso, tornato in
Italia, traduce e commenta alcuni testi di Husserl in un piccolo libriccino
ormai introvabile (Logica, psicologia, filosofia. Un'introduzione alla
fenomenologia, Napoli, Il Tripode, 1961) il cui contenuto in parte è poi
confluito nel successivo truttura, soggetto, prassi. Masullo
considera Husserl un grande esploratore della coscienza. Husserl cerca di dare
un fondamento filosofico alle scienze positive indagando il modo in cui la
coscienza costituisce il mondo che la scienza prende ad oggetto delle proprie
particolari ricerche. Masullo però, elaborando gli stimoli dell'antropologia
medica di Weizsacker, lavora al passaggio dalla fenomenologia alla
patosofia. Struttura, soggetto, prassi (1962, 1994) è il testo che
documenta il rinnovamento della ricerca di Masullo. Egli fa riferimento alle
scienze positive per mostrare che la coscienza è qualcosa di vivo e concreto e
non è «intellettualisticamente sofisticata», trasparente a sé stessa, come
vorrebbero le filosofie speculative le quali riducono la vita psichica alla
vita cosciente e non tengono conto o minimizzano il peso della dimensione
psichica inconscia, svalutata come qualcosa di filosoficamente
irrilevante. S. Non è possibile una conoscenza diretta, per
introspezione/riflessione – come vorrebbero le filosofie speculative – di ciò
che pensiero non è. Il pensiero come esperienza intersoggettiva, sociale (lo
Spirito, il Soggetto) può conoscere i suoi prodotti, i pensieri, il pensato, ma
non può conoscersi come processo, esperienza del pensare, atto, tempo, «paticità»
(cioè il pensare come esperienza soggettiva, esistenza). D'altronde il pensiero
come processo non può essere conosciuto neanche per inferenza da parte delle
scienze positivo-sperimentali. Queste possono misurare i processi, ma non
possono misurarne i vissuti. Lo scacco, il limite della conoscenza è
l'apertura alla prassi e all'etica: riconoscere il nesso operativo tra senso e
significato, crisi e ordine, «patico» e cognitivo, corpo e mente. Masullo
poi analizza i grandi modelli idealistici e fenomenologici della soggettività.
In particolare, seguendo un'indicazione di Fichte, sviluppa la tesi secondo la
quale il fondamento dell'uomo, cioè la condizione per la quale l'uomo assume i
caratteri della soggettività (libertà, storia, ricerca, progetto, autodeterminazione)
è l'intersoggettività. Di questo fondamento Masullo analizza le modalità di
funzionamento. Masullo, con i suoi studi sulla «intersoggettività» e il
«fondamento» degli anni sessanta e settanta (Lezioni sull'intersoggettività.
Fichte e Husserl, Napoli, Libreria Scientifica Editrice, 1963; La storia e la
morte, Napoli, Libreria Scientifica Editrice, 1964; La comunità come
fondamento. Fichte, Husserl, Sartre, Napoli, Libreria Scientifica Editrice,
1965; Il senso del fondamento, Napoli, Libreria Scientifica Editrice, 1967,
2007; Antimetafisica del fondamento, Napoli, Guida, 1971), analizza le
«operazioni nascoste» in base alle quali si costituisce l'io e in base alle
quali si costituisce l'oggettività del mondo e individua nella originaria struttura
intersoggettiva il fondamento del mondo umano. Il fondamento è la comunità, ma
essa funzionalmente rimane nascosta all'io per permettergli di istituirsi ed
operare, come ben spiega nell'importante saggio Il fondamento perduto (1984),
in cui rielabora e sviluppa spunti presenti negli ultimi capitoli di Il senso
del fondamento (1967) e raccoglie in modo compiuto i risultati teoretici di due
decenni di ricerche intorno al tema della comunità-intersoggettività come
fondamento. Masullo pubblica inoltre il testo Fichte. L'intersoggettività e
l'originario (1986), in cui riprende e aggiorna il saggio su Fichte contenuto
in La comunità come fondamento. Fichte, Husserl, Sartre (1965). Nel 1980
pubblica Metafisica. Storia di un'idea. Il capitolo finale, Il sentimento
metafisico, è l'indicazione del passaggio a una nuova fase del pensiero di
Masullo, una fase in cui il tema dell'intersoggettività lascia il posto alla
esplorazione delle dimensioni del vissuto del soggetto, quindi lascia il posto
ai temi della paticità, del senso, del tempo. In effetti anche i suoi
corsi universitari di quegli anni rivelano questo momento di
transizione. Negli anni ottanta i corsi universitari di Masullo sono
dedicati in parte ancora al tema dell'intersoggettività (1981/82 e 1985/86) ma
vengono trattati anche i temi caratteristici della seconda stagione della sua
riflessione: nel corso universitario del 1982/83 Masullo tratta della
“difettività del soggetto”; nel corso del 1984/85 invece si occupa di
“comprensione del tempo e interpretazione morale”; fino ad arrivare ai corsi
dei primi anni novanta (Masullo termina il proprio insegnamento alla metà del
1995) definitivamente centrati su “i patemi della ragione e l'inter-esse etico”
(vedi il corso del 1993/94). Nei successivi studi su «tempo», «senso»,
«paticità» (Filosofie del soggetto e diritto del senso, Genova, Marietti, 1990;
Il tempo e la grazia. Per un'etica attiva della salvezza, Roma, Donzelli, 1995;
Paticità e indifferenza, Genova, Il Melangolo, 2003) Masullo sostiene che il pensiero
critico, nella sua incapacità di pensare il passaggio, il processo, la
trasformazione, il cambiamento (come egli aveva sostenuto fin dal 1955 in La
problematica del continuo in Aristotele e Zenone di Elea, seppure solo sul
piano logico) è incapace anche di pensare la soggettività, la quale è una forma
particolare di cambiamento, è tempo, prodursi delle differenze all'interno di
un campo strutturato, fortemente centralizzato, l'organismo umano, portatore
della coscienza di sé. In questi studi degli anni ottanta e novanta
Masullo considera le modalità affettive e psicobiologiche dell'esser soggetto.
Filosofie del soggetto e diritto del senso (1990) raccoglie cinque saggi
pubblicati tra il 1982 e il 1989, nei quali Masullo si confronta con Kant,
Hegel, Dilthey, Heidegger e Merleau-Ponty, i quali storicamente hanno posto il
tema della soggettività non riconoscendo però la differenza tra «significato» e
«senso». Masullo rivendica il «diritto del senso» ad essere riconosciuto nella
sua radicale e irriducibile diversità dal significato. Molto più
rilevante nella costruzione della sua prospettiva filosofica è invece il saggio
intitolato Il tempo e la grazia. Per un'etica attiva della salvezza (1995), nel
quale Masullo illustra la sua concezione della frammentazione della
soggettività a partire da alcune considerazioni sui concetti di esperienza e di
tempo. I lessici delle lingue europee antiche e moderne consentono di
distinguere la dimensione orizzontale dell'esperienza propriamente detta
(έμττεŀρία, experientia, Erfahrung) la quale ha un carattere prevalentemente
cognitivo rispetto alla dimensione verticale dell'esperienza meno propriamente
detta (πάθος, affectio, Erlebnis), cioè il vissuto, il quale ha invece un
carattere affettivo anziché cognitivo. Da una parte abbiamo il giudizio su ciò
che abbiamo provato, dall'altra abbiamo il provare come avvertimento immediato
dell'accadermi di qualcosa. Ciò introduce a un'ulteriore precisazione
filologica che riguarda la differenza tra il cambiamento e il tempo. Il tempo
non è il cambiamento. Il cambiamento è il continuo prodursi delle differenze
nell'organizzazione delle forme della vita. Il tempo è l'avvertimento interiore
di questo cambiamento, cioè l'avvertimento di sé attraverso il
cambiamento. L'uomo, a differenza degli altri viventi, è intrinsecamente
tempo. Egli istituisce il tempo nel senso che mette in relazione i cambiamenti
a dei sistemi oggettivi di riferimento, ma ancor più radicalmente l'uomo è
tempo in quanto avverte i cambiamenti del mondo esterno solo in
relazione al proprio modificarsi. Questo avvertimento, il «senso», è
l'indice della soggettività. L'avvertimento della perdita, il senso del
cambiamento, in una parola il tempo, accende l'allucinazione del sé, scatena il
desiderio di permanenza. Parallelamente alla esplorazione della
soggettività, in Il tempo e la grazia Masullo segue gli sviluppi di
un'emergente epistemologia caratterizzata anch'essa dalla contingenza e
irreversibilità del tempo fisico così come la cosmogenetica ce lo illustra. Il
versante umanistico e quello scientifico convergono nel disegnare
un'antropologia la cui etica non è più la moderna e rassicurante etica reattiva
che salva la società con le sue formulazioni sull'ordine del mondo.
L'etica che Masullo vede in prospettiva scaturire da questo nuovo contesto è
un'etica attiva che salva il tempo, cioè il soggetto, dal vivere la perdita
prodotta dal cambiamento come «disgrazia», mutilazione. La perdita è un momento
necessario nella vita di un essere, l'umano, che non semplicemente cambia, ma
si rinnova e costruisce intenzionalmente il proprio futuro. Una volta
riconosciuto il diritto del senso ad essere inteso nella sua irriducibilità al
cognitivo (1990); una volta esplorato il campo del senso-tempo-patico alla luce
della psicanalisi, della letteratura e della filologia; una volta riconosciute
le epocali trasformazioni degli scenari epistemologici, antropologici ed etici
(1995), Masullo nel testo del 2003, Paticità e indifferenza, si chiede quale
può essere ancora, in questo nuovo contesto, il ruolo della filosofia. La
filosofia è «saper assaporare i sapori della vita, gustare a fondo i sensi
vissuti, … elevare i sensi sensibili a sensi ideali e cogliere nei sensi ideali
la possibilità dei sensibili, è la “sapienza del patico” ovvero, se si ricalca
interamente l'etimo greco, è la “patosofia”». Da un pensiero così
articolato derivano alcune indicazioni e cautele etico-pedagogiche. Essendo
l'uomo intrinsecamente temporale, essendo la temporalità umana irreversibile,
l'uomo non può essere fatto oggetto di conoscenza come un qualsiasi ente.
Masullo distingue la conoscenza dalla cura. Egli inoltre distingue le
esperienze (che sono comunicabili e sono i materiali sui quali si costruisce la
conoscenza) dai vissuti (che sono invece costitutivamente «incomunicativi» in
quanto riguardano l'immediatezza del sentire individuale che non è mai
trasparente neanche all'individuo stesso che li vive). La conoscenza è la
dimensione orizzontale dell'esistenza. Essa guarda alla universalità. Mentre la
cura ne è la dimensione verticale. Essa invece guarda alla unicità-identità, ai
vissuti da assaporare e da sublimare in valori da condividere. Mentre la
ricerca di Masullo prosegue in questi anni curvando verso nuove direzioni,
pubblica alcuni nuovi libri. Nel 2005 scrive Filosofia morale per una collana
di libri che illustrano ciascuno il nucleo delle varie discipline filosofiche.
In effetti Filosofia morale non è un elenco di temi, personaggi, concetti ma un
percorso molto personale all'interno delle questioni e dei nodi fondanti della
disciplina: la specificità della filosofia morale e la distinzione tra morale
ed etica; il bene quale orientamento dell'azione umana; il soggetto della vita
morale, la persona; il dovere, la responsabilità e il vincolo che ci lega agli
altri. Nel 2008 invece scrive, intervistato dal giornalista de Il
Mattino, Claudio Scamardella, Napoli siccome immobile. Scamardella, in uno
degli ennesimi momenti difficili per la città di Napoli, cerca la figura di un
saggio, di un'autorità morale capace di interpretare il presente e prefigurare
il futuro di questa città malata. Trova questa figura in Aldo Masullo, filosofo
ma anche protagonista della vita civile e politica della città con concrete
iniziative quali, nel 2006, gli incontri con i giovani e la popolazione
nell'ambito del “Manifesto per salvare Napoli”. Il libro è un lungo dialogo
sulle tante debolezze della città presente che si conclude con un'analisi delle
risorse che danno speranza nel futuro. Masullo nel 2011 ha pubblicato La
libertà e le occasioni, che sviluppa il tema del suo ultimo seminario
all'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli. L'impegno
politico Negli anni sessanta e settanta la contestazione studentesca segnalava
il bisogno di rinnovamento dell'università italiana. Masullo, per i caratteri
originali del proprio insegnamento, è considerato dagli studenti uno dei
professori progressisti. Egli in quegli anni (1972-1976) fu eletto deputato
come indipendente nelle liste del Partito Comunista Italiano, ed in seguito
(1994-1996, 1996-2001) come senatore, si occupò sempre dei problemi del sistema
scolastico. Inoltre come parlamentare europeo lavorò al fianco di Nilde Iotti
nella Commissione legale. All'inizio degli anni ottanta alcuni importanti
provvedimenti modificano l'organizzazione didattica e gestionale
dell'università (vengono istituiti i dottorati di ricerca, riordinate le scuole
di specializzazione, creati i Dipartimenti). Terminato l'impegno parlamentare
Masullo dirige per due mandati il nuovo Dipartimento di Studi Filosofici
dell'Università di Napoli intitolato ad Antonio Aliotta. Anche attraverso
questo incarico egli incide sulle direzioni della ricerca filosofica a
Napoli. Masullo si mette di nuovo al servizio della politica quando dopo
la crisi politica e sociale degli anni ottanta, agli inizi degli anni novanta
si verifica un generale risveglio della coscienza collettiva. A livello locale
egli dapprima anima per oltre un anno, a partire dal 1991, le “Assise di
Palazzo Marigliano”, un movimento che si opponeva al progetto NeoNapoli
previsto dal preliminare di Piano Regolatore.l, del quale ottenne il rigetto,
suggerendo la demolizione e il rifacimento integrale dei Quartieri Spagnoli.[3]
Forte della popolarità acquistata con questa esperienza è capolista del PDS
nelle elezioni amministrative del giugno 1992 e poi, nel marzo del 1993,
protagonista a Napoli della innovativa esperienza della "giunta del
sindaco". A livello di politica nazionale Masullo dal 1994 al 2001 è
di nuovo impegnato per due legislature al Senato. Egli è membro della
Commissione di vigilanza dei servizi radiotelevisivi e, come negli anni
settanta, della Commissione per l'istruzione pubblica e i beni culturali in
anni nei quali i provvedimenti relativi a istruzione, università e ricerca sono
numerosi e importanti. Amante dei libri e della cultura dei bambini[4], lo
spessore del Maestro filosofo emerge inoltre quando in aula si discutono
disegni di legge relativi a temi quali l'ergastolo o la procreazione
assistita. Opere Intuizione e discorso, Napoli, Libreria scientifica
editrice, 1955. La problematica del continuo nel pensiero di Zenone di Elea e
di Aristotele, Napoli, Libreria scientifica editrice, 1956. Struttura soggetto
prassi, Napoli, Libreria scientifica editrice, 1962; 1964; Napoli, Edizioni
Scientifiche Italiane, 1994. ISBN 978-88-7104-893-2. La comunità come
fondamento, Napoli, Libreria scientifica editrice, 1965; Antimetafisica del
fondamento, Napoli, Guida editori 1971; Fichte. L'intersoggettività e
l'originario, Napoli, Guida editori, 1986; Filosofie del soggetto e diritto del
senso, Genova, Marietti, 1990. ISBN 978-88-2118-663-9. Il tempo e la grazia.
Per un'etica attiva della salvezza, Roma, Donzelli, 1995. ISBN
978-88-7989-120-2. Metafisica. Storia di un'idea, Roma, Donzelli, 1996. ISBN
978-88-7989-250-6. La potenza della scissione. Letture hegeliane, Napoli,
Edizioni Scientifiche Italiane, 1997. ISBN 978-88-8114-501-0. 1799-1999:
geografia e storia dell'idea di libertà, con Michele Cataudella e Aldo
Alessandro Mola, Reggio Calabria, Falzea. ISBN 88-8296-038-2. Paticità e
indifferenza, Genova, Il Nuovo Melangolo, 2003. ISBN 978-88-7018-488-4. Lezioni
sull'intersoggettività. Fichte e Husserl, a cura di Giuseppe Cantillo e Chiara
de Luzenberger, Napoli, Editoriale Scientifica, 2005. ISBN 978-88-89373-68-2.
Filosofia morale, Roma, Editori Riuniti, 2005. ISBN 978-88-359-5651-8. Scienza
e coscienza tra parola e silenzio: atti del convegno (Monte Compatri, 2003), a
cura di Pietro Ciaravolo, Roma, Aracne Editrice, 2006. ISBN 88-548-0406-1. Il
senso del fondamento, Napoli, Libreria scientifica editrice, 1967; a cura di
Giuseppe Cantillo e Chiara de Luzenberger, Napoli, Editoriale scientifica,
2007. ISBN 978-88-95152-23-3. Napoli siccome immobile. Aldo Masullo
intervistato da Claudio Scamardella, Napoli, Guida, 2008. ISBN
978-88-6042-476-1. La libertà e le occasioni, Milano, Jaca Book, 2011. ISBN
978-88-16-41115-9. I linguaggi della follia e i passi della salvezza. Il lavoro
psichiatrico di Sergio Piro, in Sergio Piro. Maestri e allievi, Napoli,
Editoriale Scientifica, 2014. ISBN 978-88-6342-605-2. Onorificenze e Premi
Medaglia d'oro ai benemeriti della scuola, della cultura e dell'arte - nastrino
per uniforme ordinaria Medaglia
d'oro ai benemeriti della scuola, della cultura e dell'arte — Roma, 2 giugno
1986[5] Cittadinanza Onoraria della Città di Napoli - nastrino per uniforme
ordinaria Cittadinanza
Onoraria della Città di Napoli — Napoli, 8 giugno 2018[6] Note ^ PIERLUIGI
PANZA, Morto Aldo Masullo, Napoli perde il filosofo della coscienza, su
Corriere della Sera, 24 aprile 2020. URL consultato il 2 maggio 2020. ^ Addio
Aldo Masullo, la grazia della filosofia e della politica, su rainews.it,
Napoli, 25 aprile 2020. ^ Addio Aldo Masullo, la grazia della filosofia e della
politica, su ansa.it, 25 aprile 2020. ^ Rossella Avella, Morto Aldo Masullo:
chi era il più grande filosofo della seconda metà del ‘900 (VIDEO), su
interris.it, 25 aprile 2020. ^ Presidenza della Repubblica - dettaglio del
conferimento dell'onorificenza ^ Conferimento della Cittadinanza Onoraria della
Città di Napoli ad Aldo Masullo Altri progetti Collabora a Wikiquote Wikiquote
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della Repubblica ItalianaFilosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del
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secoloAccademici italiani del XX secoloAccademici italiani del XXI secoloNati
nel 1923Morti nel 2020Nati il 12 aprileMorti il 24 aprileNati ad AvellinoMorti
a NapoliPolitici del Partito Comunista ItalianoPolitici dei Democratici di
SinistraProfessori dell'Università degli Studi di Napoli Federico IIBenemeriti
della cultura e dell'arte[altre]
Matassi -- Elio Matassi Da
Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Elio Matassi
(San Benedetto del Tronto, 22 settembre 1945 – Roma, 17 ottobre 2013) è stato
un filosofo italiano. Indice 1 Biografia 2 Pensiero
3 Opere
4 Altri
progetti 5 Collegamenti
esterni Biografia Elio Matassi, allievo di Emilio Garroni, è stato professore
ordinario di Filosofia morale, coordinatore scientifico della sezione
Filosofia, Comunicazione, Storia e Scienze del Linguaggio del Dipartimento di
Filosofia, Comunicazione e Spettacolo dell'Università Roma Tre; in precedenza
era stato direttore del Dipartimento di Filosofia (2006-2012). Si è occupato
anche di Estetica musicale. È stato
Presidente della Società Filosofica Romana e ha fatto parte del comitato
direttivo nazionale della SFI (Società Filosofica Italiana). È stato nel comitato d'onore della Fondazione
Amadeus. Presidente dell’Accademia Estetica Internazionale di Rapallo, responsabile
della sezione filosofica del Consiglio scientifico del Centro italo-tedesco di
Villa Sciarra (Roma), membro della giunta del CAFIS dell'Università Roma Tre. È
stato anche membro del Comitato scientifico della Fondazione Résonnance
dell'Università di Losanna. Ha diretto
la collana Musica e Filosofia per la Mimesis Edizioni di Milano e quella su I
Dilemmi dell'Etica per la casa editrice Epos di Palermo. Ha tenuto un blog sul
"Fatto quotidiano" sui temi che legano la filosofia alle dimensioni
del contemporaneo. Ha collaborato con la rubrica Ricercare, dedicata alla
filosofia della musica, al mensile Amadeus e al mensile Stilos. È stato
direttore della collana Italiana per Orthotes Editrice (Napoli). È stato anche
membro del comitato scientifico-direttivo delle seguenti riviste: Colloquium
philosophicum, Paradigmi,Quaderni di estetica e di critica, Bollettino di studi
sartriani, Filosofia e questioni pubbliche, Links, Lettera Internazionale,
Phasis, Itinerari, Prospettiva Persona, Metabolè, Babel online, Civitas et
Humanitas. Annali di cultura etico-politica. Per quanto concerne il settore
estetico-musicale è presente nel comitato direttivo della rivista
internazionale Ad Parnassum. A Journal of Eighteenth-and Nineteenth-Century
Instrumental Music, di Hortus Musicus, Civiltà musicale, Orpheus, Itamar.
Revista de Investigación Musical: Territorios para el Arte. Ha ricoperto la presidenza di giuria per il
Premio Frascati Filosofia dal 2009.
Menzione speciale della giuria all'VIII premio internazionale di
saggistica “Salvatore Valitutti”, ottobre 2001, per Bloch e la musica
(2001) È stato uno dei principali
collezionisti al mondo di incisioni relative alle esecuzioni delle sinfonie e
della liederistica di Gustav Mahler (circa mille tra vinili e compact disc). Pensiero Si è occupato di filosofia tedesca
dell'Ottocento e del Novecento, in particolare del pensiero di Hegel, delle
scuole hegeliane, del Neocriticismo tedesco, del marxismo occidentale e della
scuola di Francoforte. Il suo primo lavoro (1977) è stato dedicato alle
Vorlesungen hegeliane di filosofia del diritto e all'interpretazione fornitane
da Eduard Gans. Nel lavoro successivo, del 1979, si è occupato del pensiero del
giovane György Lukács, in particolare dal 1907 al 1918, utilizzando per la prima
volta il celebre manoscritto "Dostoevskij" si è poi occupato del
filosofo frisone Frans Hemsterhuis, l'autore della celebre Lettera sui
Desideri, tradotta in tedesco da Johann Gottfried Herder e del dialogo Alessio
o dell'età dell'oro, tradotto in tedesco da Friedrich Heinrich Jacobi. Le sue più recenti ricerche hanno riguardato
la filosofia della musica moderna e contemporanea e in particolare su quella di
Ernst Bloch, di Walter Benjamin e di Theodor Adorno, fino ad elaborare
un'originale filosofia dell'ascolto, le cui suggestioni si possono rintracciare
nella teoria musicale moderna di Ernst Kurth, elaborata nei Fondamenti del
contrappunto lineare. In tale prospettiva di ricerca, filosofia della musica e
filosofia dell'ascolto sono strettamente compenetrate, fino a diventare il
paradigma di una rivoluzione formativa che mette al centro del sistema
educativo contemporaneo la musica nella sua declinazione storico-teorica come
in quella pratica. All'interno di tale
prospettiva svolge un ruolo centrale Wolfgang Amadeus Mozart, il "più
ascoltante tra gli ascoltanti" come lo definì Martin Heidegger. Opere Questa voce è da wikificare Questa voce
o sezione sull'argomento filosofi non è ancora formattata secondo gli standard.
Contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni di Wikipedia. Segui i
suggerimenti del progetto di riferimento. Le Vorlesungen-Nachschriften
hegeliane di filosofia del diritto, Roma, Sansoni, 1977 Il giovane Lukàcs.
Saggio e sistema, Napoli, Guida, 1979 Hemsterhuis. Istanza critica e filosofia
della storia, Napoli, Guida, 1983 Eredità hegeliane, Napoli, Morano, 1992
Terra, Natura, Storia, Soveria Mannelli, Rubettino, 1995 Bloch e la musica,
Salerno, Fondazione Filiberto Menna, Marte editore, 2001 Musica, Napoli, Guida,
2004 (traduzione francese in corso) La bellezza (insieme a Walter Pedullà e
Fulcro Pratesi), Soveria Mannelli, Rubettino, 2005 Th. W. Adorno: l'estetica.
L'etica (insieme a Elena Tavani), Donzelli, Roma 2005 L'idea di musica
assoluta, Nietzsche e Benjamin, Rapallo, Il ramo, 2007 Kierkegaard e la
condizione desiderante. Le seduzioni dell'estetico (insieme a Isabella
Adinolfi) Il nuovo melangolo, Genova 2009 Filosofia dell'ascolto, Rapallo, Il
ramo, 2010 Il giovane Lukàcs. Saggio e sistema, ristampa con una nuova
introduzione, Milano, Mimesis Edizioni, 2011. La Pausa del Calcio, Rapallo, Il
ramo 2012. Pensare il calcio, Rapallo, Il Ramo 2013. Escucha y comunidad: desde
el "Fragmento filosofico-politico (W. Benjamin) a la "Investigaciones
filosoficas sobre las situaciones musicales" (G. Anders), ITAMAR, vol. 3,
ISSN 1889-1713 Sur l'échange pervers entre thèodicée et anthropoligie. LA RÈGLE
DU JEU, vol. 39, p. 269-275, ISSN 1148-8700 El espiritu faustiano y la musica.
ITAMAR, ISSN 1889-1713 Kierkegaard, el Don Juan de Mozart y el demoniaco.
ITAMAR, p. 131—138, ISSN 1889-1713 MUSICAL CARPET: PHILOSOPHIE OF THE HISTORY
OF MUSIC CONTRA THE SOCIOLOGY OF MUSIC. AD PARNASSUM, vol. V, N.9 APRILE, ISSN
1722-3954 HESSE UND DIE "NEUPYTAGIRUSCHE MUSIKLEHRE".
HERMANN-HESSE-JAHRBUCH, vol. 3, p. 121-131, ISSN 1614-1423 Adaemonic/Daemonic
Spirit of Music: E.T.A. Hoffmann's Review of Beethoven's Fifth Symphomy and the
Apology of Instrumental Music in W.H. Wackenroder. AD PARNASSUM, vol. II
APRILE, p. 153-163, ISSN 1722-3954 INSTRUMENTAL MUSIC IN W.H. WACKERONDER. AD
PARNASSUM, vol. 2, p. 153-163, ISSN 1722-3954 "Musical
Concepts":Philosophy of the History of Music 'contra' the Sociology of
Music. In: Instrumental Music and the Industrial Revolution. ISBN
978-88-8109-468-4 Ernst Kurth als moderner Klassiker: die Philosophie des
Zuhoerens. In: Klassische Moderne. WÜRZBURG:Koenigshausen & Neumann Georg
Lukàcs und das Jahr 1968 in der italienischen Kultur. In: RUDIGER DANNEMANN A
CURA DI. Lukàcs und 1968. Eine Spurensuche. ISBN 978-3-89528-707-7 Vladimir
Jankélévitch et l'écoute mortelle. In: En dialogue avec Vladimir Jankélévitch.
ISBN 978-2-7116-4363-9 Hesse und die neupythagoreische Musiklehre. In:
Hermann-Hesse-Jahrbuch, Band 3 L'esthétique musical en tant que philosophie, in
AA.VV. In: ELIO MATASSI. Perspectives de l'esthétique musicale entre théorie et
histoire. p. 85-96, PARIS:L'Harmattan, ISBN 978-2-296-03392-4 L'Ineffable et
l'utopique comme dimension de l'écoute: Jankelévitch et Bloch AA.VV., Vladimir
Jankélévitch. L'empreinte du passeur, sous la direction du Francoise Schwab et
Jean-Marc Rovièr. In: ELIO MATASSI. Vladimir Jankélévitch. L'empreinte du
passeur, sous la direction du Francoise Schwab et Jean-Marc Rovièr. p. 119-136,
CERISY-LA SALLE:EDITION LE MANUSCRIT BEAUTY AND TEMPORALITY IN HEMSTERHUIS'S
LETTRE SUR LA SCULPTURE. In: MELICA C. CURATORE. HEMSTERHUIS: A EUROPEAN
PHILOSOPHER REDISCOVERED. p. 143-154, NAPOLI:Vivarium, ISBN 88-85239-98-6 Die
Musikphilosophie bei W. Benjamin und G.ANDERS. In: AA.VV.. Theologie und
Politik a c. di B.Witte. p. 212-222, BERLINO:Eric Schmidt Verlag, ISBN
3-503-07949-1 Sur la peinture Hernéutique: Pier Augusto Breccia, "le
messager d'alterité", in Pier Augusto Breccia "Le langage chiffré
dell'Etre". In: Du Nihilism à l'hermenéutique ÉCOUTE MUSICALE ET PLAISIR
ESTHÉTIQUE CHEZ ERNST BLOCH. In: D'HUBERT DAMISCH. Y VOIR MIEUX, Y REGARDER DE
PLUS PRES. vol. UNICO, p. 153-161, PARIS: Éditions rue d'Ulm; ISBN
978-2-7288-0297-5 Hemsterhuis Franciscus - Lettera sulla scultura; a c. di Elio
Matassi. Palermo: Aesthetica, 1994; ISBN 88-7726-034-3 Trauerspiel und Oper bei
Walter Benjamin. In: Klang und Musik bei Walter Benjamin, hrsg. von Tobias
Robert Klein, Wilhelm Fink, Muenchen 2013, pp. 69–75, ISBN 978-3-7705-5343-3
Funktion der Kunst und absoluter Idealismus bei Hegel, in
"Kunst-Religion-Politik", a cura di Alain Patrick Olivier, Elizabeth
Weisser-Lohmann, Fink, Muenchen, 2013, pp. 73–79. ISBN 978-3-7705-5320-4 Sur la
peinture Hernéutique: Pier Augusto Breccia, “le messager d’alterité”, in Pier
Augusto Breccia “Le langage chiffré dell’Etre”. In: Du Nihilism à
l’hermenéutique Altri progetti Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene
citazioni di o su Elio Matassi Collegamenti esterni Francesca Iannelli, Elio
Matassi über Musik und Philosophie, in "Musik und Aesthetik", 45 (2008),
pp. 111–113 Convegno su "La bellezza", presso il Centro di Studi
Rosminiani di Stresa, 2007 [1] Elio Matassi Musica e Creatività[collegamento
interrotto] Intervista a Rai Notte "La musica assoluta" Inconscio e
Magia Intervento al Teatro dell'Opera di Roma il [2] 5 maggio 2010 Intervento
al seminario di formazione del PD Le parole e le cose dei democratici Pisa,
Palazzo dei Congressi [3][collegamento interrotto] Intervento alla Summer
School della Fondazione Italiani-Europei, sui rapporti tra democrazia e
capitalismo, 5 maggio 2011 [4]. Commento al concerto jazz di Massimo Donà,
"Tutti in gioco", Porto Civitanova, 6 settembre 2009 [5] Bloch e la
musica. Utopia a misura d'uomo. Intervista al prof. Elio Matassi [6] Prefazione
a Ernst Bloch, Ornamenti, Arte, filosofia, letteratura, a cura di Micaela
Latini, Armando, Roma, 2012, pp. 9–14. La pausa del calcio - Elio Matassi su
RAI Filosofia, su filosofia.rai.it. Il Potere e la Gloria. Juventus e Inter -
Elio Matassi su Il Fatto Quotidiano, su ilfattoquotidiano.it. Micaela Latini,
intervista a Elio Matassi su Amare, ieri, di G. Anders, rivista on-line
«SWIF-Recensioni filosofiche», 6 febbraio 2005, link (consultato il
18.02.2014). Micaela Latini, Doppia risonanza sul mondo (a proposito di
"Musica" di Elio Matassi, Napoli 2004), “Il Manifesto”, 28.01.05;
Carlo Serra, Recensione a "Musica", di Elio Matassi, Napoli, 2004 [7]
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(EN) 98040263 · ISNI (EN) 0000 0000 7830 3942 · LCCN (EN) n80092432 · BNF (FR)
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Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XX
secoloFilosofi italiani del XXI secoloNati nel 1945Morti nel 2013Nati il 22
settembreMorti il 17 ottobreNati a San Benedetto del TrontoMorti a Roma[altre]
MateraAlanoDa -- Alano da
Matera Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search
Alano da Matera (Matera, ...) è un filosofo, astronomo e astrologo italiano
vissuto tra il XIII e XIV secolo. Biografia
Alano fu uno dei più grandi studiosi e divulgatori di Astrologia occidentale e
filosofia dell'epoca. Visse nella seconda metà del secolo XIII e insegnò
dapprima a Matera, sua città natale e successivamente occupò la cattedra di
astronomia a Napoli[1]. Visse nel periodo
in cui la Contea materana era dominio degli Angioini e su richiesta del re di
Francia Filippo IV detto "il bello", il re di Napoli Carlo II
d'Angiò, detto "lo zoppo", inviò Alano a Parigi. Lì fu docente presso
l'Università e divenne noto come Dottore universale, profondamente versato in
teologia, filosofia e astrologia.[2][3]. In quegli anni infatti astronomia e
astrologia venivano collegate poiché si credeva che gli astri potessero
esercitare un influsso sulle azioni umane.
Nei periodi di soggiorno a Matera, egli abitava, secondo il cronista
Eustachio Verricelli: «nella contrada di Lo Lapillo tra il castello et il puzzo
dove sorge l’acqua della fontana hera la sua vigna con una casuccia di pietre,
piccola, mal fatta casa propria di filosofo quale oggidì si chiama la vigna et
casa di Alano»; si trattava della collina dove poi fu edificato il Castello
Tramontano. In quella casetta il grande studioso passava intere notti ad
osservare il cielo e gli astri con strumenti rudimentali[4]. Di Alano, secondo il Cassaneo, è il motto
latino presente nel libro “Gloria Mundi” «Gutta cavat lapidem non bis, sede
saepe cadendo, sic tu proficias non bis, sed saepe studendo («La goccia perfora
la pietra non colpendola due volte con forza, bensì colpendola continuamente, così
tu trai profitto studiando non due volte ma continuamente»)[5]. È l'esortazione
con cui invita i giovani a raddoppiare impegno e curiosità sulla strada della
conoscenza. Secondo alcuni, il perfetto
orientamento delle facciate della Cattedrale di Matera e del suo campanile
lungo i punti cardinali si deve alle osservazioni astronomiche di
Alano[6]. A Matera una strada,
trasversale di via Nazionale, tra le vie Salvemini e Di Vittorio, è dedicata ad
Alano. Note ^ Giustino Fortunato, Badie,
feudi e baroni della Valle di Vitalba, Volume 3, ed. P. Lacaita, 1968, p. 178 ^
Personaggi della storia materana, Altrimedia Edizioni 1999, per i Quaderni
della Biblioteca provinciale di Matera ^ Marcello Morelli, Storia di Matera,
ed. F. lli Montemurro, 1963, p.164 ^ Francesco Paolo Volpe, Memorie storiche di
Matera, ed. Atesa, 1818 p.61 ^ AA.VV., 'Dizionario corografico del Reame di
Napoli, ed. Civelli, 1852 p.587 ^ Biografie dei personaggi illustri di Matera,
sassiweb.it. URL consultato il 12 luglio 2012 (archiviato dall'url originale il
7 gennaio 2013). Bibliografia Antonio Giampietro, Personaggi della storia
materana[collegamento interrotto], Matera, Altrimedia Edizioni, 1999, ISBN
88-86820-08-9. Astrologia Portale Astrologia Astronomia Portale Astronomia
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italiani del XIII secoloFilosofi italiani del XIV secoloAstronomi
italianiAstrologi italianiNati a Matera[altre]
Mathieu -- Vittorio Mathieu Da
Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Vittorio
Mathieu (Varazze, 12 dicembre 1923) è un filosofo e politico italiano.
Indice 1 Biografia
2 Pensiero
filosofico 2.1 Filosofia
della scienza 2.2 Storia
della filosofia 2.3 Estetica
2.4 Filosofia
civile 3 Note
4 Bibliografia
5 Voci
correlate 6 Altri
progetti 7 Collegamenti
esterni Biografia Dopo il liceo, si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza di
Torino. Si laureò in filosofia teoretica nel 1946 all'Università di Torino con
Augusto Guzzo, filosofo rappresentante dello spiritualismo cristiano ed autore
di importanti studi su Immanuel Kant (un pensatore che sarebbe stato centrale
nella vita intellettuale di Mathieu). Libero docente nella stessa materia
nel 1956, dal 1958 ne è stato professore incaricato, e dal 1961 professore ordinario
di filosofia teoretica all'Università di Trieste. Primo vincitore del concorso
di Storia della filosofia del 1960, dal 1967 è stato ordinario di filosofia
fino al ruolo di professore emerito di filosofia morale, nell'Università di
Torino. Dal 1972 al 1980 è stato membro del Comitato 08 del CNR. Dal 1976
al 1980 è stato membro e poi vicepresidente del Consiglio esecutivo dell'UNESCO
(Parigi). È stato membro del Comitato Nazionale di Bioetica. Attualmente è
socio dell'Accademia dei Lincei e membro del Comitato Premi della Fondazione
Balzan. Nel 1994 ha fondato con Silvio Berlusconi, Lucio Colletti ed
altri il movimento politico Forza Italia. Nel 1996 si è candidato al Senato
della Repubblica nel collegio di Settimo Torinese: sostenuto dal centrodestra
(ma non dalla Lega Nord), Mathieu ottenne il 33,2% e venne sconfitto dal
rappresentante dell'Ulivo Giancarlo Tapparo. Con il sindaco di Brindisi
Domenico Mennitti ha dato vita alla Fondazione Ideazione, per il cui quotidiano
online ha curato una rubrica fino alla chiusura della testata. Nel luglio 2010
(in connessione con la sua carica di presidente del collegio dei probiviri del
PdL che è chiamato a giudicare l'operato dei finiani di Generazione Italia)
diversi organi di stampa riprendono la voce, già circolante da tempo, di una
sua adesione all'Opus Dei[1]. A tale proposito sono giunte alla redazione del
Corriere della Sera che aveva pubblicato la notizia le smentite sia dell'Opus
Dei[2] che dell'interessato[3]. Pensiero filosofico Mathieu ha offerto contributi
significativi in almeno quattro ambiti della ricerca filosofica: la
filosofia della scienza; la storia della filosofia; l'estetica; la filosofia
civile. Filosofia della scienza Ha indagato i limiti interni ed i limiti
esterni della scienza. Tale indagine ha avuto due filosofi del passato come
suoi principali punti di riferimento: Immanuel Kant e Henri Bergson. Mathieu ha
infatti ripreso e sviluppato le classiche ricerche di Kant sui limiti interni
della scienza e sulla sua fondazione. A tale riguardo, non ancora ventiseienne,
nel 1949, pubblicò il saggio "Limitazione qualitativa della conoscenza
umana" a cui fece seguito, nel 1960, "L'oggettività nella scienza e
nella filosofia moderna e contemporanea". Seguendo Henri Bergson, ha
valorizzato anche altre forme della conoscenza e della espressività umane non
riducibili alle scienze naturali, ma non per questo ad esse opposte. Mathieu ha
infatti sempre ritenuto che la realtà, e segnatamente la realtà umana, non
possa essere esaurita dalla scienza, e richieda invece una costante attività
interpretativa. L'uomo, dunque, è chiamato ad essere scienziato della natura ed
ermeneuta della cultura. Sarebbe però riduttivo non ricordare che i
contributi di Mathieu alla filosofia della scienza riguardano una pluralità
estremamente diversificata di temi. Ad esempio, sono del 1970 due studi
pionieristici sull'applicabilità del teorema di Gödel al diritto. Kurt Gödel
aveva scoperto nel 1931 che non si può dimostrare la coerenza di un sistema
logico all'interno del sistema stesso; Mathieu ritiene che, almeno
analogicamente, la scoperta di Gödel possa applicarsi al problema della
fondazione di un sistema giuridico. Per Mathieu, un'autorità non può
legittimarsi da sola in modo formale e, dunque, anche il diritto richiede
fondamenti esterni: l'efficacia e la giustizia. Storia della filosofia Ha
realizzato alcune traduzioni fondamentali. E forse il contributo maggiore di
Mathieu alla storia della filosofia è consistito proprio in un'opera che
combina traduzione e ricostruzione critica, ovvero l'opus postumum di Kant,
pubblicato nel 1963. Tale opera affronta questioni teoriche tutt'oggi aperte
(soprattutto nella fisica e nella biologia teoriche), come il problema della
forma degli oggetti solidi o il problema del vivente, cioè il problema della
vita in quanto tale e non ridotta a semplice. Mathieu ha curato poi le
edizioni italiane di molte opere di Leibniz: si è trattato di un ampio lavoro
che si è raccolto in quattro principali volumi: "Scritti politici e di diritto
naturale" (1951), "Leibniz e des Bosses" (1960), "Saggi
filosofici e lettere" (1963), "Saggi di teodicea: sulla bontà di Dio,
sulla libertà dell'uomo, sull'origine del male" (1991). Estetica
L'estetica di Mathieu, pur nella varietà dei temi trattati, rimanda ad una
problematica essenzialmente ontologica: lo svelarsi dell'ente. Cioè, l'opera
d'arte è heideggerianamente concepita come il modo attraverso cui gli uomini
possono cogliere il passaggio dal nulla all'essere. Di estetica è anche
l'ultimo libro di Mathieu: "Goethe e il suo diavolo custode", edito
nel 2002 per i tipi di Adelphi. Al centro di questa ricerca vi è la figura di
Mefistofele, analizzata in tutta la sua profondità e capacità
genealogica. Nei suoi volumi sull'estetica della musica sviluppa la
tesi affascinante che ascoltare la musica è un ascoltare il silenzio:
«Grande è la potenza significante di ciò che non significa nulla, perché è il
nulla a far emergere l'essere delle cose. E la musica e la luce si situano
proprio in questo iato insuperabile fra l'essere e il nulla.» Filosofia
civile Entro i molteplici contributi di Mathieu alla filosofia civile, si
staglia netta, per importanza e originalità, una triade di libri dedicati a
quello che potremmo chiamare "stato spirituale dell'Occidente". Si
tratta di tre opere scritte dal 1972 al 1980, in un periodo dunque estremamente
critico per l'Italia, ma che mantengono ancora una grande attualità. Mathieu fa
percepire al lettore il pericolo valoriale in cui è venuto a trovarsi
l'Occidente e pone in essere una critica serrata alle ideologie totalitarie o
nichiliste. In questo senso, vi è un'aria di famiglia con i lavori di quei
filosofi – come ad esempio José Ortega y Gasset e Max Horkheimer – che hanno
prospettato i rischi di un'eclisse dell'individuo nella società tecnologica di
massa. Note ^ un articolo sul Corriere della Sera ^ rettifica sul
Corriere della Sera ^ smentita sul Corriere della Sera Bibliografia Bergson,
Torino, 1954; La filosofia trascendentale e l'Opus postumum di Kant, Torino, 1958;
Leibniz e Des Bosses, Torino, 1960; L'oggettività nella scienza e nella
filosofia contemporanea, Torino, 1960; Il problema dell'esperienza, Trieste,
1963; Dio nel "Libro d'ore" di R. M. Rilke, Olschki, 1968; Dialettica
della libertà, Napoli, 1970; La speranza nella rivoluzione, Milano, 1972;
Vincenzo Filippone-Thaulero, Salerno 1973; Temi e problemi della filosofia
contemporanea, Roma, 1977; (opera frutto di una serie di lezioni alla Radio
Svizzera Italiana) Perché punire, Milano, 1980; Cancro in Occidente, Milano,
1983; La voce, la musica, il demoniaco. Con un saggio sull'interpretazione
musicale, Spirali, 1983; Filosofia del denaro, Roma, 1985; Elzeviri swiftiani,
Spirali, 1986; La mia prospettiva filosofica, Barone Francesco; Mathieu
Vittorio; Melchiorre Virgilio, Gregoriana Libreria Editrice, 1988; Gioco e
lavoro, Spirali, 1989; La speranza nella rivoluzione, Spirali, 1992; Il
problema del nazionalismo, Mathieu Vittorio; Cotta Sergio, Japadre, 1992;
Perché leggere Plotino, Rusconi Libri, 1992; L'opus postumum di Kant,
Bibliopolis, 1992; Tipologia dei sistemi e origine della loro unità, Accademia
dei Lincei, 1994; Orfeo e il suo canto. Scritti (1952-1993), Zamorani, 1996; Il
nulla, la musica, la luce, Spirali, 1996; Il problema della fedeltà
ermeneutica, Mathieu Vittorio; Paoletti Laura, Armando Editore, 1998; Per una
cultura dell'essere, Armando Editore, 1998; L'uomo animale ermeneutico,
Giappichelli, 2001; Le radici classiche dell'Europa, Spirali, 2002; Goethe e il
suo diavolo custode, Adelphi, 2002; Privacy e dignità dell'uomo. Una teoria
della persona, Giappichelli, 2004; Come leggere Plotino, Bompiani, 2004; Perché
punire. Il collasso della giustizia penale, Liberilibri, 2008; Introduzione a
Leibniz, Laterza, 2008; In tre giorni, Mursia, 2010; La filosofia,
Marcovalerio, 2014. Voci correlate Immanuel Kant Henri Bergson Altri progetti
Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Vittorio Mathieu
Collegamenti esterni Rubrica di Vittorio Mathieu sul quotidiano online
Ideazione, su ideazione.com. Articolo del fatto quotidiano, su
ilfattoquotidiano.it. URL consultato il 3 agosto 2010 (archiviato dall'url
originale il 1º agosto 2010). Chiarimento del portavoce dell'Opus Dei sulla non
appartenenza di Vittorio Mathieu alla Prelatura dell'Opus Dei, su archiviostorico.corriere.it.
Controllo di autorità VIAF
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495/72440 · WorldCat Identities (EN) lccn-n79138830 Biografie Portale Biografie
Cattolicesimo Portale Cattolicesimo Filosofia Portale Filosofia Politica
Portale Politica Categorie: Filosofi italiani del XX secoloPolitici italiani
del XX secoloNati nel 1923Nati il 12 dicembreNati a Varazze[altre]
Maturi -- Sebastiano Maturi Da
Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Sebastiano
Maturi (Amorosi, 16 gennaio 1843 – Napoli, 15 febbraio 1917) è stato un
filosofo italiano, docente prima nei licei e poi nell'Università di Napoli. Indice 1 Biografia
2 Opere
3 Note
4 Bibliografia
5 Voci
correlate 6 Altri
progetti 7 Collegamenti
esterni Biografia Dopo i primi studi nella cittadina natale, si trasferì a
Napoli ove conseguì la licenza liceale.[1] La frequentazione di Bertrando
Spaventa e di Augusto Vera, lo introdusse alla filosofia hegeliana [1]
destinata ad esercitare nel suo pensiero un'influenza duratura. Laureatosi in giurisprudenza nel 1866, tre
anni dopo vinse un concorso per uditore giudiziario [1]. Ottenuta l'abilitazione, insegnò filosofia
nei licei di varie città [1]. Nel 1891, conseguita la libera docenza, tenne
corsi di filosofia hegeliana nell'Università di Napoli fino al 1894, quando
ritornò all'insegnamento liceale presso l'istituto Umberto I della città
partenopea [1]. Dal 1898 iniziò una
corrispondenza con Croce e Gentile, i maggiori esponenti dell'idealismo
italiano, ai quali fu legato da un rapporto di amicizia.[1] Opere Soluzione del problema fondamentale
della filosofia (1869) La filosofia di Giordano Bruno (1878) L'ideale del
pensiero umano ossia la esistenza assoluta di Dio (1882) Uno sguardo generale
sulle forme fondamentali della vita (1888) L'idea di Hegel (1891) La filosofia
e la metafisica (1894) Principî di filosofia (1897) Una relazione scolastica
(1907) Note Vedi G.L. Petrone, in
Dizionario Biografico degli Italiani, riferimenti in Collegamenti esterni.
Bibliografia Mario Dal Pra, Il pensiero di Sebastiano Maturi, Milano, Bocca,
1943. Augusto Guzzo, Maturi, Brescia, Morcelliana, 1946. Antonio Gisondi, Forme
dell'Assoluto. Idealismo e filosofia tra Maturi, Croce e Gentile, Soveria
Mannelli, Rubbettino, 2002. Giletta Giovanni, "Filosofia hegeliana e
religione. Osservazioni su Sebastiano Maturi", Benevento, ed. Natan, 2017.
Voci correlate Hegelismo Idealismo Neoidealismo italiano Altri progetti
Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Sebastiano
Maturi Collegamenti esterni Guido Calogero, «MATURI, Sebastiano» in
Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1934. Giuseppe
Landolfi Petrone, «MATURI, Sebastiano» in Dizionario Biografico degli Italiani,
Volume 72, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2008. Controllo di
autorità VIAF (EN) 42080522 ·
ISNI (EN) 0000 0000 8121 1213 · SBN IT\ICCU\CFIV\097458 · LCCN (EN) n79006699 ·
GND (DE) 122096592 · BNF (FR) cb14550514p (data) · BAV (EN) 495/283166 ·
WorldCat Identities (EN) lccn-n79006699 Biografie Portale Biografie Filosofia
Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XIX secoloNati nel 1843Morti
nel 1917Nati il 16 gennaioMorti il 15 febbraioMorti a NapoliIdealistiProfessori
dell'Università degli Studi di Napoli Federico II[altre]
Maturi -- Walter Maturi Da
Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Walter
Maturi Walter Maturi (Napoli, 15 novembre 1902 – Roma, 21 marzo 1961) è stato
uno storico, filosofo e accademico italiano. Indice 1 Biografia 2
Opere 3 Note 4 Bibliografia 5 Voci correlate 6 Collegamenti esterni Biografia
Walter Maturi compì la sua formazione culturale a Napoli dove si laureò con lo
storico Michelangelo Schipa, uno dei firmatari del manifesto degli
intellettuali antifascisti redatto nel 1925 da Benedetto Croce. Del suo
maestro, per la lezione di rigore storico che gli aveva impartito, Maturi
conservò sempre un commosso ricordo ed ebbe modo di esprimere pubblicamente la
sua gratitudine in occasione della morte di Schipa, pronunciandone nel 1939 il
necrologio. Maturi seguì con attenzione ed interesse, ma anche con
spirito critico, le lezioni di Benedetto Croce conseguendo una seconda laurea
in filosofia con Giovanni Gentile con una tesi su Joseph de Maistre.
Impostato sulla lezione crociana è il saggio La crisi della storiografia
politica italiana del 1930 a cui seguì quello dedicato a Gli studi di storia
moderna e contemporanea, inserito nel primo dei due volumi dell'opera del 1950
Cinquant'anni di vita intellettuale italiana in onore di Croce. Il suo
primo lavoro Il concordato del 1818 tra la Santa Sede e le Due Sicilie
pubblicato nel 1929 fu giudicato positivamente dalla critica storica di Adolfo
Omodeo che lo recensì ne La Critica del 1930. Dallo stesso anno Maturi
frequentò la Scuola storica per l'età moderna e contemporanea diretta da
Gioacchino Volpe e dal 1935 al 1941 fu segretario e bibliotecario dell'Istituto
storico per l'età moderna e contemporanea. Fu collaboratore
dell'Enciclopedia italiana per la quale scrisse numerose voci tra le quali
quella dedicata al "Risorgimento"[1] ispirata alle sue idee
liberali. A causa di questo episodio, nonostante il suo disinteresse per
la vita politica attiva, Maturi fu allontanato per il periodo 1936-37
dall'Istituto storico per l'età moderna e contemporanea. Nelle sue opere
di storia politica i suoi punti di riferimento furono Benedetto Croce,
Friedrich Meinecke, Gaetano Salvemini, Gioacchino Volpe. Dapprima come
incaricato di Storia del Risorgimento e poi come ordinario nel 1939 tenne le
sue lezioni all'Università di Pisa dove ebbe modo di scrivere numerose opere
come alcune importanti voci nel IV volume del Dizionario di politica a cura del
Partito nazionale fascista (1940), il saggio Partiti politici e correnti di
pensiero nel Risorgimento (1942), l'accurata biografia Il principe di Canosa
(1944). I corsi di storia della storiografia tenuti a Pisa furono continuati
all'Università degli Studi di Torino nel 1948 quando ebbe la cattedra di Storia
del Risorgimento e quella di Storia delle dottrine politiche che occupò sino
alla sua inaspettata scomparsa. Le sue lezioni di quest'ultimo periodo
furono raccolte nell'opera postuma Interpretazioni del Risorgimento (1962)
considerata di primaria importanza dagli storici.[2] Opere
Interpretazioni del Risorgimento , coll. Biblioteca di cultura storica Einaudi,
1962 pp. 808 Note ^ Vol. XXIX dell'Enciclopedia italiana, 1936 ^ Accademia
delle scienze di Torino Archiviato il 27 settembre 2007 in Internet Archive.
Bibliografia AA.VV., In memoria di Walter Maturi, Istituto per la storia del
Risorgimento italiano, Roma 1962. Voci correlate Interpretazioni storiografiche
del Risorgimento Collegamenti esterni Walter Maturi, in Dizionario di storia,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010. Modifica su Wikidata Walter Maturi,
in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Modifica su Wikidata Controllo di autorità VIAF (EN) 89283766 · ISNI (EN) 0000
0000 6215 8357 · SBN IT\ICCU\RAVV\017311 · GND (DE) 1077215096 · BNF (FR)
cb109690709 (data) · BAV (EN) 495/71653 · WorldCat Identities (EN)
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Storici italiani del XX secoloStorici italiani del XXI secoloFilosofi italiani
del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloAccademici italiani del XX
secoloAccademici italiani del XXI secoloNati nel 1902Morti nel 1961Nati il 15
novembreMorti il 21 marzoNati a NapoliMorti a RomaStudenti dell'Università
degli Studi di Napoli Federico IIProfessori dell'Università di PisaProfessori
dell'Università degli Studi di Torino[altre]
Maurizi -- Marco Maurizi Da
Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Marco
Maurizi (Roma, 28 giugno 1974) è un filosofo italiano. Indice 1 Biografia
2 Pensiero
3 Opere
principali 4 Note
5 Voci
correlate 6 Altri
progetti 7 Collegamenti
esterni Biografia Marco Maurizi si è laureato in filosofia della storia presso
l'Università degli Studi di Roma "Tor Vergata" e ha conseguito il
dottorato di ricerca nella medesima università discutendo una tesi su Cusano e
il concetto di non altro da cui è nato il volume La nostalgia del totalmente
non altro. Cusano e la genesi della modernità (Rubbettino, 2007). Dopo un
periodo di formazione in Germania attualmente svolge la sua attività di ricerca
presso l'Università degli Studi di Bergamo. Ha pubblicato le sue ricerche su
alcune prestigiose riviste come la Rivista di filosofia neo-scolastica, il
Journal of Critical Animal Studies, Dialegesthai, Alfabeta2, Lettera
Internazionale, e collaborando, inoltre, con i quotidiani Liberazione e
L'Osservatore Romano. Ha poi partecipato alla stesura del secondo volume di
L'Altronovecento. Comunismo eretico e pensiero critico (Jaca Book, 2011) ed è
il traduttore e curatore dell'edizione italiana di Georg Lukács, Coscienza di
classe e storia. Codismo e dialettica, Alegre, Roma 2007, di Ralph Acampora,
Fenomenologia della Compassione, Edizioni Sonda, Casale Monferrato, 2010, e ha
tradotto, con G. Dalmasso, J. Derrida, Teoria e prassi. Corso dell'École
Normale Supérieure 1975-1976, Jaca Book, Milano, 2018. Ha contribuito alla
fondazione delle riviste scientifiche "Liberazioni" e Animal Studies.
Rivista italiana di antispecismo. Pensiero Maurizi ha suddiviso i suoi
interessi di ricerca tra la filosofia dialettica (Cusano, Hegel, Marx, Adorno),
la teoria critica della società e le implicazioni politiche di una visione
"sociale" dell'antispecismo a partire da una rielaborazione del
pensiero della scuola di Francoforte. Tanto le sue ricerche su Adorno, quanto
quelle su Cusano si incentrano sul tentativo di porre in evidenza il tema della
storicità dell'umano non in termini di un astratto e formale "essere-nel-tempo",
quanto più propriamente nel vedere nell'essere storico, in tutta la sua
determinatezza, l'irriducibile istanza di verità dell'umano stesso: l'essere
storico è in tal senso irriducibile ad ogni ontologia dell'essere temporale
seppure ciò non porti necessariamente ad un relativismo storicista. Prendendo
spunto dalla lettura critico-negativa di Hegel portata avanti da Adorno,
infatti, Maurizi sostiene la leggibilità e razionalità della storia come segno
del dominio, l'universale storico non come traccia di un positivo che si
farebbe strada attraverso il negativo delle vicende umane, bensì come
questo stesso negativo che informa di sé la civiltà, imprimendo ad essa la
direttrice di un progresso della razionalità strumentale che è l'antitesi della
redenzione. La sua rilettura del pensiero della filosofia di Francoforte ha
così costituito un punto di partenza per una ridefinizione dell'opposizione
natura/cultura e lo ha portato ad estendere la critica ai meccanismi di dominio
anche al controllo e allo sfruttamento del non umano[1], e più in generale
della Natura[2]. Il suo pensiero riguardo alla filosofia antispecista è in
continuità con quello espresso dal sociologo David Nibert ed in netta
opposizione all'utilitarismo di Peter Singer criticato da Maurizi come un
antispecista metafisico[3]. Un punto centrale nell'argomentazione filosofica di
Marco Maurizi, che rende originale il suo lavoro rispetto a quello degli altri
teorici dei diritti animali, riguarda l'interpretazione in termini storico-sociali
dello specismo. Ogni attività intellettuale «antispecista»[4], secondo Maurizi,
consiste quindi essenzialmente nel fare propria questa scelta di campo:
sottolineare come la questione animale sia un aspetto irrinunciabile di ogni
ipotesi di trasformazione dell'esistente. Secondo Maurizi l'antispecismo è
dunque essenzialmente politico [5] e non possiamo affrontare, come fanno Peter
Singer o Tom Regan, la questione animale da una prospettiva astrattamente
morale. All'attività di filosofo, Maurizi ha così affiancato quella di
attivista per i diritti animali[6], intrecciando l'attività speculativa con
quella politica; risultato di questa attività è il libro Al di là della Natura:
gli animali, il capitale e la libertà (Novalogos, 2012)[7]. Maurizi è stato inoltre
fondatore delle riviste di critica antispecista Liberazioni e Animal Studies,
della rivista online Asinus Novus che prende il nome dal suo breve testo Asinus
Novus: lettere dal carcere dell'umanità (Ortica, 2012)[8]. Nel 2012
l'associazione Per Animalia Veritas raccoglie alcuni suoi scritti che
rappresentano un sunto aggiornato del suo pensiero sulla filosofia
antispecista[9]: Cos'è l'antispecismo politico (Per Animalia Veritas, 2012).
Sulla scia delle riflessioni adorniane, Maurizi ha anche lavorato sulla
filosofia della musica e la teoria critica musicale[10]. Le sue teorie
sull'antispecismo politico sono abbondantemente discusse nel libro di Lorenzo
Guadagnucci Restiamo Animali: vivere vegan è una questione di giustizia (Terre
di Mezzo, 2012), da Matthias Rude Antispeziesismus. Die Befreiung von Mensch
und Tier in der Tierrechtsbewegung und der Linken (Schmetterling, Stuttgart
2013) e altri autori della scena antispecista di lingua tedesca. Opere
principali Adorno e il tempo del non-identico, Jaca Book, 2004 La nostalgia del
totalmente non altro. Cusano e la genesi della modernità, Rubettino, 2007 Al di
là della Natura: gli animali, il capitale e la libertà, Novalogos, 2012 Asinus
Novus: lettere dal carcere dell'umanità, Ortica, 2012. Cos'è l'antispecismo
politico, Per animalia veritas, 2012. L'io sospeso. L'immaginario tra
psicanalisi e sociologia, Jaca Book, 2012. Chimere e passaggi. Cinque
attraversamenti del pensiero di Adorno, Mimesis, 2015. con Michael Hardt e
Massimo Filippi, Altra specie di politica, Mimesis 2016. con Baptiste Le Goc,
Musica per il pensiero. Filosofia del progressive italiano, Mincione, 2017. La
vendetta di Dioniso: la musica contemporanea da Schönberg ai Nirvana, Jaca
Book, 2018. Quanto lucente la tua inesistenza. L'Ottobre, il Sessantotto e il
socialismo che viene, Jaca Book, 2018. Note ^ Intervento di M. Maurizi su
questi temi per la Casa della Cultura di Milano:
https://www.youtube.com/watch?v=ZNfJrRx-7fo ^ Intervista a Marco Maurizi su
questo tema a cura del collettivo Tierrechtsgruppe Zürich (Zurigo):
http://www.tierrechtsgruppe-zh.ch/?p=1344 ^ M. Maurizi La genesi dell'ideologia
specista in Liberazioni: http://liberazioni.org/articoli/MauriziM-04.htm
Archiviato il 16 aprile 2012 in Internet Archive. ^ M. Maurizi Per una cultura
antispecista in Asinus Novus: rivista di antispecismo e filosofia: Copia
archiviata, su asinusnovus.wordpress.com. URL consultato il 21 maggio 2012
(archiviato dall'url originale il 31 luglio 2012). ^ Intervento M. Maurizi per
il primo convegno nazionale antispecista:
https://www.youtube.com/watch?v=JwZiW4ngrag ^ Intervista a M. Maurizi e L.
Caffo sulle nuove prospettive dell'animalismo:
https://www.youtube.com/watch?v=2rI70YSXCKI ^ Testo recensito da L. Pigliucci
per la rivista "Lo Straniero" di Aprile 2012: Copia archiviata, su
asinusnovus.wordpress.com. URL consultato il 21 maggio 2012 (archiviato
dall'url originale il 10 maggio 2012). ^ Intervista di F. Pullia sul quotidiano
"Notizie Radicali" del 19/03/2012: Copia archiviata, su notizie.radicali.it.
URL consultato il 21 maggio 2012 (archiviato dall'url originale il 24 febbraio
2015). ^ Una recensione del testo: Copia archiviata, su
asinusnovus.wordpress.com. URL consultato il 27 agosto 2012 (archiviato
dall'url originale il 29 agosto 2012). ^ B. Le Goc - M. Maurizi, Musica per il
pensiero. Filosofia del progressive italiano, Mincione, Roma 2017. Voci
correlate Antispecismo Diritti degli animali Scuola di Francoforte Altri
progetti Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Marco Maurizi
Collegamenti esterni Asinus Novus. Antispecismo e Filosofia, su
asinusnovus.net. Animal Studies. Rivista Italiana di Antispecismo, su
rivistaanimalstudies.wordpress.com. URL consultato l'11 dicembre 2012
(archiviato dall'url originale il 19 ottobre 2012). Controllo di autorità VIAF (EN) 98496552 · ISNI (EN) 0000 0000
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Università Portale Università Categorie: Filosofi italiani del XXI secoloNati
nel 1974Nati il 28 giugnoNati a RomaTeorici dei diritti animali[altre]
Mazzantini -- Carlo Mazzantini
(filosofo) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to
search Abbozzo Questa voce sull'argomento filosofi italiani è solo un abbozzo.
Contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni di Wikipedia. Carlo
Mazzantini (Reconquista, 25 novembre 1895[1] – Torino, 10 agosto 1971[2]) è
stato un filosofo e docente italiano.
Indice 1 Biografia 2 Opere
principali 3 Note
4 Collegamenti
esterni Biografia Nato in Argentina da genitori italiani, fu ufficiale
nell'esercito italiano durante la prima guerra mondiale, subito dopo si laureò
presso l'Università di Torino in giurisprudenza (1919), in lettere (1921, con
una tesi su Edgar Allan Poe) e infine in filosofia (1922), sotto la guida di
Erminio Juvalta e sostenendo una tesi su La speranza dell'immortalità.[3] Insegnò dapprima in scuole cattoliche torinesi,
per poi divenire docente incaricato nel 1937 presso l'ateneo del capoluogo
piemontese[3]; divenuto professore di ruolo di storia della filosofia nel 1942
presso l'Università di Cagliari, dal 1949 insegnò all'Università di Genova, e
dal 1959 fu nuovamente a Torino.[3][4]
Fra i suoi più celebri allievi, Augusto del Noce. Studioso di Martin
Heidegger, dedicò ampi studi al rapporto fra Benedetto Croce e Giovanni
Gentile. Fu socio corrispondente, dal 1953, dell'Accademia delle Scienze di
Torino.[5] Opere principali La speranza
nell'immortalità, Torino, Paravia, 1923. La lotta per l'evidenza. Studi di
metafisica e gnoseologia, Roma, Studium, 1929. Il problema delle verità
necessarie e la sintesi a priori del Kant, Torino, Edizioni de L'erma, 1935.
Filosofia perenne e personalità filosofiche, Padova, Cedam, 1942. Il tempo.
Studio filosofico, Como, E. Cavalleri, 1942. La filosofia nel filosofare umano.
Storia del pensiero antico, Torino; Roma, Marietti, 1949. Filosofia e storia
della filosofia, Firenze, [s.n.], 1955. Il problema filosofico del libero
arbitrio nelle controversie teologiche del secolo XIII, Torino, S. Gheroni,
1962 La filosofia di G. Scoto Eriugena, Corso di storia della filosofia
medioevale, Torino, Tirrenia, 1964. L'etica di Kant e di Schopenhauer, Torino,
Tirrenia, 1965. Il tempo e quattro saggi su Heidegger, Parma, Studium Parmense,
1969. Note ^ Il ragguaglio dell'attività culturale e artistica dei cattolici in
Italia, Libreria Editrice Fiorentina, 1930, p. 380. ^ Carlo Mazzantini, in Filosofia,
vol. 22, Edizioni di "Filosofia", 1971, p. 522. L. Bagetto, Il pensiero della possibilità: la
filosofia torinese come storia della filosofia, Paravia, 1995, p. 152. ^
Giornale di metafisica, vol. 22, Società Editrice Internazionale, 1972, p. 152.
^ Accademia delle Scienze di Torino Collegamenti esterni «Mazzantini, Carlo» in
Dizionario di filosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009.
Prospettive del pluralismo filosofico. Spunti di indagine nel confronto tra
Erminio Juvalta e Carlo Mazzantini di Andrea Paris, 2 febbraio 2006, in Il
giornale di filosofia. Controllo di autorità VIAF
(EN) 8242911 · ISNI (EN) 0000 0001 2119 8202 · SBN IT\ICCU\RAVV\081503 · LCCN
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Categorie: Filosofi italiani del XX secoloInsegnanti italiani del XX secoloNati
nel 1895Morti nel 1971Nati il 25 novembreMorti il 10 agostoNati a
ReconquistaMorti a TorinoTraduttori italianiTraduttori dal greco
all'italianoMembri dell'Accademia delle Scienze di Torino[altre]
Mazzarella -- Eugenio Mazzarella Da Wikipedia,
l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Eugenio Mazzarella
Deputato della Repubblica Italiana Legislature XVI
Circoscrizione XIX
(Campania 1) Incarichi parlamentari Membro della VII Commissione (Cultura,
Scienza e Istruzione) Sito istituzionale Dati generali Partito politico Partito Democratico Professione Ordinario
di Filosofia Teoretica nell’Università di Napoli “Federico II” Eugenio
Mazzarella (Napoli, 26 giugno 1951) è un filosofo, politico e poeta italiano.
Professore ordinario di filosofia teoretica presso l'Università degli Studi di
Napoli Federico II, è tra i principali interpreti italiani del pensiero di
Martin Heidegger. Deputato al Parlamento nella XVI Legislatura per il Partito
Democratico. Indice 1 Biografia 2 Opere
3 Opere
4 Note
5 Altri
progetti 6 Collegamenti
esterni Biografia Dopo essersi laureato presso l'Università degli Studi di
Napoli “Federico II” con Aldo Masullo, inizia la sua attività di ricerca come
borsista DAAD in Germania, e successivamente presso l'Università di Salerno. In
seguito è professore incaricato di Estetica presso l'Università dell'Aquila.
Dopo essere stato professore associato di Filosofia Teoretica presso
l'Università di Catania e di Filosofia della storia presso l'Università di
Napoli “Federico II”, diventa professore straordinario di Storia della filosofia
presso la Facoltà di Magistero dell'Università di Salerno e dal 1993 professore
ordinario di Filosofia Teoretica presso l'Università di Napoli “Federico II”.
Dal 1995 al 2005 dirige il Dottorato di Ricerca in “Scienze Filosofiche”
dell'Università di Napoli “Federico II” e dal 1999 al 2005 cura la
programmazione e le relazioni internazionali per la Facoltà di Lettere e
Filosofia, di cui è Preside dal 2005 al 2008. Nel 2008 viene eletto deputato
del Parlamento italiano, divenendo componente della VII Commissione Cultura
della Camera[1]. Opere In una delle sue
opere principali, Tecnica e Metafisica. Saggio su Heidegger, Mazzarella indaga
i processi decostruttivo-ermeneutici sottintesi all'heideggeriana storia della
metafisica occidentale, fino a formulare un'ipotesi "ecologica"(in
senso originario, come pensiero relativo all'abitare dell'uomo) relativa alle
interpretazioni del "logos" eracliteo e della categoria aristotelica
della "physis" riscontrate nei saggi successivi alla cosiddetta
"svolta" del pensiero di Heidegger.
In Vie d'uscita. L'identità umana come programma stazionario metafisico,
le aporie di una metafisica del fondamento sono affiancate alla dimensione
tecnica della contemporaneità, intesa storicisticamente come epoca del
compimento del nichilismo. Centrale diventa l'idea di un
"essere-alla-vita", categoria che richiama in modo lampante
l'"essere-nel-mondo" di heideggeriana memoria; le questioni
teoretiche vengono così ridotte a questioni etiche riguardanti un'ontologia minima,
ove la filosofia prima si trasformi in filosofia seconda, lasciando il posto ad
un programma metafisico-antropologico di custodia e mantenimento della e nella
propria epoca. L'essere-alla-vita necessita di intendere la cultura come
“endiadi di natura e storia, ma in questa endiadi natura prima ancora che
storia”. Pensare e credere. Tre scritti
cristiani rappresenta un altro orizzonte del pensiero di Mazzarella; il
rapporto tra religione rivelata e filosofia si gioca sullo sfondo di una
prospettiva storicista di matrice diltheyana, sebbene non siano esenti dalla
riflessione Hegel, Schelling e la teologia dialettica contemporanea.
Interessante è la prospettiva di una religione come "integrazione" e
apertura all'amore fraterno, configurato nel concetto di "agape". I suoi scritti sono in ogni caso
contrassegnati, com'è tipico della recente scuola di pensiero napoletana, sorta
sulla scia delle dottrine di Benedetto Croce, da una ripresa di temi propri
dello storicismo (Nietzsche e la storia. Storicità e ontologia della vita). In un dialogo costante con i teologi più
liberali e moderni, quale ad es. Bruno Forte, Mazzarella si è occupato
specificamente dei temi della bioetica, coniugando il tema della tutela della
vita alla ripresa del concetto di sacralità (Sacralità e vita). In Opera media ha inoltre messo in luce un
talento poetico non indifferente, che gli è valso l'apprezzamento della critica
e diversi riconoscimenti. Ha composto quattro raccolte di poesie, e pubblicato
singoli componimenti in diverse antologie. Nel 1974 è stato finalista al Premio
di poesia “Città di Vita”, Firenze, e nel 1999 ha vinto il Premio Speciale “La
finestra” al Premio Nazionale di poesia “Alessandro Tanzi” per il volume Un
mondo ordinato. Opere Tecnica e metafisica.
Saggio su Heidegger, Guida, Napoli, 1981; Nietzsche e la storia. Storicità e
ontologia della vita, Guida, Napoli, 1983, 2ª ed. 2000; Storia metafisica
ontologia. Per una storia della metafisica tra otto e novecento, Morano,
Napoli, 1987; Ermeneutica dell'effettività. Prospettive ontiche dell'ontologia
heideggeriana, Guida, Napoli, 1993, 2ª ed. 2002; Filosofia e teologia di fronte
a Cristo, Cronopio, Napoli, 1996; Sacralità e vita, Quale etica per la
bioetica?, Guida, Napoli, 1998; Heidegger oggi, a cura di E. Mazzarella, Il
Mulino, Bologna, 1998; Pensare e credere. Tre scritti cristiani, Morcelliana,
Brescia, 1999; Vie d'uscita. L'identità umana come programma stazionario
metafisico, Il melangolo, Genova, 2004; Opera media. Poesie, Il melangolo,
Genova, 2004; Lirica e filosofia, Morcelliana, Brescia, 2007; Vita Politica
Valori. Sensibilità individuali e sentire comunitario, Guida, Napoli, 2010;
Anima madre 2004-2013, ArtstudioPaparo, Napoli, 2015. L'uomo che deve rimanere,
Quodlibet, Macerata, 2017. Note ^ S. Venezia (a cura di), Nota bio-bibliografica,
in P. Amato, M. T. Catena, N. Russo (a cura di), L'ethos teoretico. Scritti in
onore di Eugenio Mazzarella, p. 265, Napoli, Guida, 2011. Altri progetti
Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Eugenio Mazzarella
Collegamenti esterni Archivio degli articoli di Eugenio Mazzarella nel sito
"ilsussidario.net". Curriculum vitae, pubblicazioni e attività di
ricerca nel sito dell'Università degli Studi di Napoli Federico II, su
docenti.unina.it. Controllo di autorità VIAF
(EN) 71403764 · ISNI (EN) 0000 0000 5510 0181 · LCCN (EN) n83018001 · BNF (FR)
cb120216880 (data) · WorldCat Identities (EN) lccn-n83018001 Biografie Portale
Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XX
secoloFilosofi italiani del XXI secoloPolitici italiani del XX secoloPolitici
italiani del XXI secoloPoeti italiani del XX secoloPoeti italiani del XXI
secoloNati nel 1951Nati il 26 giugnoNati a NapoliPolitici del Partito
Democratico (Italia)Professori dell'Università degli Studi di Napoli Federico
II[altre]
Mazzei: essential Italian
philosopher. Filippo Mazzei Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to
navigationJump to search Niente fonti! Questa voce o sezione sugli argomenti
filosofi italiani e medici italiani non cita le fonti necessarie o quelle
presenti sono insufficienti. Puoi migliorare questa voce aggiungendo citazioni
da fonti attendibili secondo le linee guida sull'uso delle fonti. David:
Ritratto di Filippo Mazzei Filippo Mazzei, conosciuto anche come Philip Mazzei
e talvolta erroneamente citato con la storpiatura del cognome come Philip
Mazzie (Poggio a Caiano, 25 dicembre 1730 – Pisa, 19 marzo 1816), è stato un
medico, filosofo e saggista italiano. Massone e cadetto di una nobile
famiglia toscana di viticoltori, probabilmente risalente all'XI secolo e ancora
esistente nel XXI secolo, fu personaggio energico ed eclettico, illuminista,
promulgatore delle libertà individuali, dei diritti civili e della tolleranza
religiosa. Visse una vita avventurosa e movimentata, con alterne fortune
economiche. Sebbene sia sconosciuto al grande pubblico, partecipò
attivamente alla guerra d'indipendenza americana come agente mediatore
all'acquisto di armi per la Virginia, ed è ritenuto dagli storici uno dei padri
della Dichiarazione d'Indipendenza americana, in quanto intimo amico dei primi
cinque presidenti statunitensi: George Washington, John Adams, James Madison,
James Monroe e soprattutto Thomas Jefferson, di cui fu ispiratore, vicino di
casa, socio in affari e con cui rimase in contatto epistolare fino alla
morte. Iniziato alla Massoneria[1], fu poi spettatore privilegiato della
rivoluzione francese. La sua figura storica è riemersa alla fine del XX
secolo grazie all'infittirsi degli studi accademici in occasione del bicentenario
della rivoluzione americana, fino ad essere onorato in occasione del 250º
anniversario della sua nascita nel 1980 con un'emissione filatelica congiunta
speciale delle poste italiane e statunitensi. Indice 1 Biografia
1.1 La
gioventù 1.2 La
Rivoluzione americana 1.3 La
Rivoluzione francese e le vicende europee 1.4 Ultimi
anni 2 Opere
di Filippo Mazzei 2.1 In
lingua francese 2.2 In
lingua italiana 2.3 Opere
di suor Margherita Marchione o a cura di 2.3.1 In
lingua italiana 2.3.2 In
lingua inglese 3 Curiosità
4 Note
5 Bibliografia
5.1 In
lingua italiana 5.2 In
lingua inglese 6 Voci
correlate 7 Altri
progetti 8 Collegamenti
esterni Biografia La gioventù Dopo gli studi compiuti tra Prato e Firenze, nel
1752, in seguito a dissapori con il fratello maggiore Jacopo sulla gestione del
patrimonio familiare, si stabilì a Pisa[2] e poi a Livorno, intraprendendo con
successo l'attività di medico. Dopo solo due anni lasciò la città e si trasferì
a Smirne (Turchia) come chirurgo a seguito di un medico locale. Nel 1754
giunse a Londra dove, dopo un iniziale periodo irto di difficoltà economiche
che lo vide arrangiarsi con l'insegnamento dell'italiano, riuscì nel corso dei
tre lustri successivi ad arricchirsi con il commercio dei prodotti
mediterranei, principalmente del vino, inserendosi lentamente nei salotti
dell'alta borghesia londinese. Una breve parentesi italiana si concluse
con un precipitoso ritorno in Inghilterra, a seguito di una denuncia al
tribunale dell’Inquisizione per “importazione di libri proibiti”. L'illuminismo
e le idee di libertà religiosa che animavano il Mazzei, ben tollerate nella
Londra di fine XVIII secolo, erano ancora tabù nella realtà italiana. La
Rivoluzione americana In questi circoli londinesi Filippo Mazzei conobbe
Benjamin Franklin e Thomas Adams, che da lì a pochi anni sarebbero stati tra i
protagonisti della rivoluzione americana. Le colonie americane si
autogovernavano, perlomeno sulle questioni locali, tramite assemblee di
delegati liberamente eletti dai capifamiglia, e l'ordinamento giuridico era
ispirato al meglio della legislazione inglese, che pure in quegli anni era
probabilmente la più avanzata, garantista e liberale che esistesse.
Invitato dagli amici d'oltreoceano, spinto sia dalla curiosità dell'inedita
forma di governo, ma soprattutto dalla disponibilità di terre e quindi dalla
prospettiva di impiantare nel nuovo mondo coltivazioni mediterranee, nel 1773
Mazzei si trasferì in Virginia, con al seguito un gruppo di agricoltori
toscani. A lui si unirono anche una vedova Maria Martin, che egli sposò nel
1778, e l'amico Carlo Bellini che tra il 1779 e il 1803 sarebbe divenuto
il primo insegnante di italiano in un'università americana, il College of
William and Mary in Virginia.[3] Inizialmente diretto in altro sito, Mazzei
si fermò presso la tenuta di Monticello per incontrare Thomas Jefferson, con il
quale già intratteneva rapporti epistolari e vantava amicizie comuni, e fu da
lui convinto a trattenersi in loco, arrivando a cedere circa 0,75 km² della sua
tenuta in favore dell'italiano. Da questa cessione nacque la tenuta di Colle
(il nome deriva da Colle di Val d'Elsa, perché il Mazzei aveva preso ad esempio
la campagna attorno alla città toscana), successivamente ampliata. Lo univa a
Jefferson un sodalizio commerciale, con il primo impianto di una vigna nella
colonia della Virginia, ma soprattutto un sodalizio intellettuale, frutto di
una comune visione politica e di ideali condivisi, che si sarebbe protratto per
oltre 40 anni. Il livello delle frequentazioni americane trascinò velocemente
Mazzei, arrivato con mere intenzioni imprenditoriali, nella vita politica della
ribollente colonia della Virginia. Fu autore di veementi libelli contro
l'opprimente dominazione inglese, inneggianti alla libertà ed all'uguaglianza.
Alcuni di questi scritti furono tradotti in inglese dallo stesso Jefferson, che
rimase influenzato da tali ideali, tanto da ritrovare successivamente alcune
frasi di Mazzei trasposte nella Dichiarazione d'indipendenza degli Stati Uniti
d'America. Eletto speaker dell'assemblea parrocchiale dopo solo sei mesi
dal suo arrivo in Virginia, ebbe modo di esporre le sue idee sulla libertà
religiosa e politica a un vasto oratorio, composto anche di persone umili e
ignoranti, che lo ascoltavano assorte. Un suo scritto, Instructions of the
Freeholders of Albemarle County to their Delegates in Convention, redatto come
istruzioni per i delegati della contea di Albemarle alla convenzione
autoconvocatasi dopo lo scioglimento forzato dell'assemblea della Virginia
imposto dal governatore inglese, fu utilizzato da Jefferson come bozza per il
primo tentativo di scrittura della costituzione dello Stato della
Virginia. La sua affermazione politica seguiva di pari passo i rovesci
economici, perché il clima e il terreno della Virginia non si erano dimostrati
particolarmente graditi a vite e olivo, e nel 1774 un'eccezionale gelata aveva
distrutto buona parte delle stentate coltivazioni impiantate con tanta
fatica. Naturalizzato cittadino della Virginia, volontario delle prime
ore nella guerra d'indipendenza americana, nel 1778 fu inviato in Europa da
Jefferson e Madison per cercare prestiti, acquistare – o meglio, contrabbandare
– armi e ottenere informazioni politiche e militari utili alla nascente
nazione. In questo periodo scrisse articoli, fece interventi pubblici e
cercò di avviare rapporti commerciali e politici tra gli Stati europei e la
Virginia. Per tali servizi fu ufficialmente retribuito dallo Stato dell
Virginia dal 1779 al 1784. Rientrato in Virginia nel 1783, con suo grande
disappunto non fu nominato console. Ricevette I'incarico di amministratore
della contea di Albemarle, ma solo due anni dopo nel 1785 lasciò per l'ultima
volta il suolo americano, mantenendo comunque contatti epistolari con molti di
quelli che sono definiti “padri della patria” statunitensi e in particolare con
Jefferson, che ebbe modo di reincontrare successivamente a Parigi. Sua moglie
rimase fino alla sua morte nel 1788 alla tenuta del Colle, che Mazzei nel 1783
aveva donato alla figliastra, Margherita Maria Martini e al di lei marito, il
francese Justin Pierre Plumard, Comte De Rieux.[3] La Rivoluzione
francese e le vicende europee Targa a Pisa, sulla casa in cui morì
Filippo Mazzei A Parigi, nel 1788 pubblicò una voluminosa opera in quattro
volumi Recherches historiques et politiques sur les États-Unis de l'Amérique
Septentrionale. Si trattava della prima storia della rivoluzione americana
pubblicata in francese. L'opera è tuttora una preziosa fonte di informazioni
sul movimento che innescò la rivoluzione americana.[3] Il successo del
libro e la notorietà delle sue idee, uniti alla costante attività di propaganda
a favore dei neonati Stati Uniti d'America, lo fece venire in contatto con re
Stanislao Augusto di Polonia, illuminato sovrano liberale, di cui divenne prima
consigliere e poi rappresentante a Parigi. Da questa posizione
privilegiata poté seguire la rivoluzione francese, di cui condannò la deriva
giacobina. Preso atto della rovina economica, nel 1791 si trasferì a Varsavia,
assumendo la cittadinanza polacca e contribuendo alla stesura della
costituzione. Dopo un anno passato a Varsavia, a seguito della
spartizione della Polonia nel 1792 rientrò definitivamente in Toscana,
stabilendosi a Pisa. Lì nel 1796 sposò Antonina Tonini, da cui ebbe una figlia,
Elisabetta, nel 1798.[3] Il disincantato Mazzei, nel 1799 oramai
settantenne, fu testimone dell'arrivo delle truppe repubblicane francesi a Pisa
e poi della loro cacciata, e fu coinvolto pur senza danni nei successivi
processi intentati dal bargello ai liberali pisani che si riunivano durante la
breve occupazione al Caffè dell'Ussero sul lungarno. Ultimi anni
Mazzei visse quietamente altri 17 anni, dedicandosi ai propri studi di
orticoltura e limitandosi a frequentare una ristretta cerchia di salotti praticati
da giovani liberali, di cui era ispiratore. Nel 1802, in conseguenza del
dissolvimento della Polonia operata da Russia e Prussia nel 1795, lo zar
Alessandro I si accollò i debiti della corte polacca e Mazzei poté fruire di un
vitalizio. Mazzei rimase sempre nostalgico della Virginia e dei suoi amici
americani, che ne auspicavano il ritorno e con i quali mai interruppe il
contatto epistolare.[3] Nonostante i ripetuti progetti di un viaggio in
America, Mazzei non fu mai capace di affrontare questa nuova avventura. Ebbe
modo di assistere all'ascesa e alla caduta di Napoleone Bonaparte e scrisse le
proprie memorie, pubblicate nel 1848, oltre trent'anni dopo la sua morte a Pisa
nel 1816. Opere di Filippo Mazzei In lingua francese Filippo Mazzei: Recherches
Historiques et Politiques sur les Etats-Unis de l'Amérique Septentrionale,
Paris 1788, 4 volumi. (Ne esiste la traduzione anche in lingua italiana vedere
più sotto) Filippo Mazzei, Stanislao Re di Polonia, Lettres de Philippe Mazzei
et du roi Stanislas-Auguste de Pologne., Roma: Istituto storico italiano per
l'età moderna e contemporanea, 1982 In lingua italiana Filippo Mazzei: Ricerche
storiche e politiche sugli Stati Uniti dell'America Settentrionale, Firenze,
Ponte alle Grazie, 1991, 624 pp. ISBN 8879281704. Filippo Mazzei: Memorie della
vita e delle peregrinazioni del fiorentino Filippo Mazzei, a cura di Gino
Capponi, Lugano, Tip. della Svizzera Italiana, 1845-1846, 2 volumi. Filippo
Mazzei: Del commercio della seta fatto in Inghilterra dalla Compagnia delle
Indie Orientali (manoscritto inedito di Filippo Mazzei – 1769), a cura di
Silvano Gelli, Poggio a Caiano, Comune di Poggio a Caiano, 2001. Filippo
Mazzei. Le istruzioni per i delegati alla convenzione maggio-settembre 1776
(testo in italiano e inglese), Firenze, Morgana, 2001, 64 pp. ISBN 8885698859.
Opere di suor Margherita Marchione o a cura di In lingua italiana Filippo
Mazzei: Scelta di scritti e lettere: Vol. I: 1765-1788. Agente di Virginia
durante la rivoluzione americana; pp. XLVII-582 Vol. II: 1788-1791. Agente del
Re di Polonia durante la Rivoluzione Francese; pp. XVI-703, XVII-633 Vol. III:
1792-1816. Cittadino del Mondo; pp. XVII-633 Prato, 1984, Ediz.del Palazzo per
Cassa di Risparmi e Depositi di Prato. Marchione Margherita: Istruzioni per
essere liberi ed eguali, Cisalpino-Gogliardica, Milan, 1984, 160pp ISBN
8820504812. Marchione Margherita: The Adventurous Life of Philip Mazzei - La
vita avventurosa di Filippo Mazzei (bilingue inglese - italiano), University
Press of America, Lanham, MD, 1995, 235pp. In lingua inglese Philip Mazzei: My
Life and Wanderings, ed. Margherita Marchione American Institute of Italian
Studies, Morristown, NJ, 1980, 437pp. Traduzione in lingua inglese
dell'autobiografia di Mazzei Philip Mazzei: Selected Writings and
Correspondence: Vol. I - Virginia's Agent during the American Revolution,
XLVIII, 585pp.; Vol. II - Agent for the King of Poland during the French
Revolution, 802pp.; Vol. III - World Citizen, 623pp. Cassa di Risparmi e
Depositi, Prato, 1983. Marchione Margherita: Philip Mazzei: Jefferson's
"Zealous Whig", American Institute of Italian Studies, Morristown,
NJ, 1975, 352pp. Marchione Margherita: The Adventurous Life of Philip Mazzei -
La vita avventurosa di Filippo Mazzei (bilingue inglese - italiano), University
Press of America, Lanham, MD, 1995, 235pp. Marchione Margherita:The
Constitutional Society of 1784, Center for Mazzei Studies, Morristown, NJ,
1984, 49pp. Marchione Margherita, Philip Mazzei: World Citizen (Jefferson's
"Zealous Whig"), University Press of America, Lanham, MD, 1994,
158pp. Curiosità Broom icon.svg Questa sezione contiene «curiosità» da
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A inizio degli anni 2000, fra alcuni intellettuali toscani appassionati della
figura di Mazzei, è circolata la speculazione che Mazzei potrebbe aver ispirato
persino la bandiera statunitense, adottata dal Congresso nel 1777, un anno dopo
la Dichiarazione d'Indipendenza. La suggestione nasce dall'importanza che
l'alternanza dei colori rosso e bianco ha nell'araldica toscana e non solo e di
cui un esempio famoso è l'insegna di Ugo di Toscana. Mazzei potrebbe forse aver
discusso anche di araldica con gli altri patrioti americani, ma le radici
storiche della bandiera americana sono, in realtà, nella Grand Union
Flag. In ricordo di Mazzei è stato istituito il premio The Bridge[4]. La
cerimonia è stata istituita dall'American University of Rome, per celebrare un
toscano che insieme ai padri costituenti degli Stati Uniti d'America diede vita
alla stesura della dichiarazione d'indipendenza. Sua era la frase: «Tutti gli
uomini sono per natura liberi ed indipendenti». Note ^ Paolo Russo, Nasce
a Firenze un museo che racconta la massoneria, in La Repubblica, Firenze, 27
febbraio 2017. URL consultato il 28 novembre 2019 (archiviato il 3 marzo
2012)., Riferito al primo museo dedicato alla storia della Massoneria in
Italia. ^ Washington D.C. Italian Genealogy Club, su geocities.com (archiviato
dall'url originale il 1º gennaio 2008). Thomas Jefferson Encyclopedia ^
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(1756-1772), Poggio a Caiano, Comune di Poggio a Caiano, 1997. Bolognesi
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Filippo Mazzei: un illustre toscano del Settecento: medico, agricoltore,
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1993. Di Stadio Luigi, Filippo Mazzei tra pubblico e privato. Raccolta di
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Gaffi, 2008. Gerosa Guido, Il fiorentino che fece l'America. Vita e avventure
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bastimento carico di Roba bestie e uomini in un manoscritto inedito di Filippo
Mazzei, Poggio a Caiano, Comune di Poggio a Caiano, 1991. Gradi Renzo, Parigi:
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Italian American Foundation, 1980. Schiavo, Giovanni Ermenegildo: Philip
Mazzei: one of America's founding fathers, New York: Vigo Press, 1951 Voci
correlate Abolizionismo Rivoluzione americana Rivoluzione francese Benjamin
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Wikidata Thomas Jefferson, Filippo Mazzei e Francis Vigo (video), su
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Filippo Mazzei Pisa, su circolofilippomazzei.net. Filippo Mazzei, chi era
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mltoscana.blogspot.com. Il circolo Filippo Mazzei, su geocities.com (archiviato
dall'url originale il 1º gennaio 2008). Carteggio Thomas Jefferson - Mazzei, su
princeton.edu. URL consultato il 25 giugno 2007 (archiviato dall'url originale
il 22 aprile 2010). I processi contro Filippo Mazzei ed i liberali pisani del
1799, su idr.unipi.it. Monticello the home of Thomas Jefferson, su
monticello.org. URL consultato il 25 giugno 2007 (archiviato dall'url originale
il 23 ottobre 2005). Famous Americans, su famousamericans.net. Philip Mazzei at
the library of Congress, su memory.loc.gov. Another Site about P.Mazzei and
other famous Italian American, su clevelandmemory.org. URL consultato il 25
giugno 2007 (archiviato dall'url originale il 1º settembre 2005). Filippo
Mazzei, Thomas Jefferson e gli scultori carraresi per la costruzione del
Campidoglio degli Stati Uniti (di Nicola Guerra) (PDF) [collegamento
interrotto], su farefuturofondazione.it. Premio Filippo Mazzei, su
premiofilippomazzei.com. Sito dal quale è possibile scaricare il libro Memorie
della vita e delle peregrinazioni del fiorentino Filippo Mazzei in formato
*.pdf, su books.google.com. V · D · M Poggio a Caiano Controllo di autorità VIAF (EN) 14778589 ·
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segreti statunitensiDiplomatici statunitensiMassoniItaliani emigrati negli
Stati Uniti d'AmericaMedici italoamericaniPersonalità della guerra d'indipendenza
americana[altre]
Refs.: Luigi Speranza,
"Grice e Mazzei," per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool
Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
Mazzini Giuseppe Mazzini (Genova, 22 giugno 1805 –
Pisa, 10 marzo 1872) è stato un patriota, politico, filosofo e giornalista[1]
italiano. Esponente di punta del patriottismo[2] risorgimentale, le sue idee e
la sua azione politica contribuirono in maniera decisiva alla nascita dello
Stato unitario italiano; le condanne subite in diversi tribunali d'Italia lo
costrinsero però alla latitanza fino alla morte. Le teorie mazziniane furono di
grande importanza nella definizione dei moderni movimenti europei per
l'affermazione della democrazia attraverso la forma repubblicana dello
Stato.Mazzini nacque a Genova, allora capoluogo dell'omonimo dipartimento
francese costituito il 13 giugno del 1805 da parte del regime di Napoleone
Bonaparte, il 22 giugno del 1805, terzogenito dei quattro figli (tre femmine ed
un maschio). Il padre, Giacomo Mazzini (1767-1848), fu medico e docente
universitario d'anatomia originario di Chiavari, una cittadina del Tigullio
(all'epoca capoluogo del dipartimento francese degli Appennini, successivamente
parte della provincia di Genova), figura politicamente attiva nella scena pubblica
locale, sia durante l'epoca della precedente Repubblica Ligure, sia, in tempi
successivi, dell'Impero napoleonico. Alla madre, Maria Drago (1774-1852), una
fervente giansenista originaria di Pegli (un comune autonomo, accorpato nel
comune di Genova nel 1926), Mazzini fu molto legato per tutta la vita.
Affettuosamente chiamato "Pippo" dalla famiglia[4], una volta
terminati gli studi superiori presso il cittadino Liceo classico Cristoforo
Colombo, a 18 anni si iscrisse alla facoltà di medicina dell'Università degli
Studi di Genova, come voleva suo padre, ma – stando a un racconto della madre –
vi rinunciò dopo essere svenuto al primo esperimento di necroscopia.[4]
La casa di Giuseppe Mazzini a Genova in cui oggi si trovano l'Istituto
Mazziniano e il museo del Risorgimento Si iscrisse allora a giurisprudenza,
dove si segnalò per la sua ribellione ai regolamenti di stampo religioso che
imponevano di andare a messa e di confessarsi; a 25 anni fu arrestato perché,
proprio in chiesa, si rifiutò di lasciare il posto ai cadetti del Collegio
Reale d'Austria.[4] Lo appassionava la letteratura: si innamorò delle letture
di Goethe, Shakespeare e Ugo Foscolo (pur senza condividerne la filosofia
materialista), restando così colpito dalle Ultime lettere di Jacopo Ortis da
volersi vestire sempre di nero, in segno di lutto per la patria
oppressa.[4] La passione per la letteratura, insieme a quella per la
musica (era un abile suonatore di chitarra), la ebbe per tutta la vita: oltre
agli autori citati, lesse Dante, Schiller, Alfieri, i grandi poeti romantici
come Lord Byron, Percy Bysshe Shelley, Keats, Wordsworth, Coleridge[5] e i
narratori come Alexandre Dumas padre e le sorelle Brontë. Nel 1821 ebbe il suo
trauma rivelatore: al passaggio a Genova dei Federati piemontesi reduci dal
loro tentativo di rivolta, nel giovane Mazzini si affacciò per la prima volta
il pensiero «che si poteva, e quindi si doveva, lottare per la libertà della
Patria».[4] Cominciò ad esercitare la professione nello studio di un
avvocato, ma l'attività che lo impegnava era quella di giornalista presso
l'Indicatore genovese, sul quale Mazzini iniziò a pubblicare recensioni di
libri patriottici; la censura lasciò fare per un po', ma poi soppresse il
giornale.[4] Nel 1826 scrisse il primo saggio letterario, Dell'amor patrio di
Dante, pubblicato poi nel 1837. Il 6 aprile del 1827 ottenne la laurea in
diritto civile e in diritto canonico (in utroque iure). Nello stesso anno entrò
nella carboneria, della quale divenne segretario in Valtellina. Attività
cospirativa «Ebbi a lottare con il più grande dei soldati, Napoleone. Giunsi a
mettere d'accordo tra loro imperatori, re e papi. Nessuno mi dette maggiori
fastidi di un brigante italiano: magro, pallido, cencioso, ma eloquente come la
tempesta, ardente come un apostolo, astuto come un ladro, disinvolto come un
commediante, infaticabile come un innamorato, il quale ha nome: Giuseppe
Mazzini.» (Klemens von Metternich, Memorie ed. Bonacci, 1991[6]) La
casa di Mazzini in Laystall Street a Londra, dove abitò per molto tempo Per la
sua attività cospirativa fu arrestato su ordine di Carlo Felice di Savoia e
detenuto a Savona nella Fortezza del Priamar per un breve periodo, tra il
novembre 1830 e il gennaio 1831[7]. Durante la detenzione ideò e formulò il
programma di un nuovo movimento politico chiamato Giovine Italia[8] che, dopo
essere stato liberato per mancanza di prove, presentò e organizzò nel 1831 a
Marsiglia in Francia dove fu costretto a rifugiarsi in esilio.[9] I motti
dell'associazione erano Dio e popolo e Unione, Forza e Libertà e il suo scopo
era l'unione degli stati italiani in un'unica repubblica con un governo
centrale quale sola condizione possibile per la liberazione del popolo italiano
dagli invasori stranieri. Il progetto federalista infatti, secondo Mazzini,
poiché senza unità non c'è forza, avrebbe fatto dell'Italia una nazione debole,
naturalmente destinata a essere soggetta ai potenti stati unitari a lei vicini;
il federalismo inoltre avrebbe reso inefficace il progetto risorgimentale,
facendo rinascere quelle rivalità municipali, ancora vive, che avevano
caratterizzato la peggiore storia dell'Italia medioevale.[10] La
sentenza di condanna a morte del 1833 L'obiettivo repubblicano e unitario
avrebbe dovuto essere raggiunto con un'insurrezione popolare condotta
attraverso una guerra per bande. Durante l'esilio in Francia, Mazzini ebbe una
relazione con la nobildonna mazziniana e repubblicana Giuditta Bellerio Sidoli,
vedova di Giovanni Sidoli, giovane e ricco patriota di Montecchio Emilia che aveva
sposato all'età di 16 anni. Giuditta aveva condiviso con il marito la fede
politica che, portandolo a cospirare contro la corte estense, aveva costretto
la coppia a esiliare in Svizzera. Nel 1829 Giovanni, colpito da una grave
malattia polmonare, morì a Montpellier. Poiché la vedova non aveva
ricevuto alcuna condanna, ritornò a Reggio Emilia presso la famiglia del marito
con i suoi quattro figli: Maria, Elvira, Corinna e Achille. Dopo il fallimento
dei moti del 1831 Giuditta dovette fuggire in Francia dove conobbe Mazzini a
cui si legò sentimentalmente. Nel 1832 nacque Joseph Démosthène Adolphe
Aristide Bellerio Sidoli detto Adolphe (secondo Bruno Gatta, quasi sicuramente
figlio di Mazzini)[11] che, lasciato dalla madre in affidamento, morì a soli
tre anni nel 1835. Dopo il vano tentativo del 1831 di portare dalla parte
liberale il nuovo re Carlo Alberto di Savoia con la celebre lettera firmata
"un italiano", il 26 ottobre 1833, insieme a Pasquale Berghini e
Domenico Barberis, Mazzini fu condannato in contumacia a "morte
ignominiosa" dal Consiglio Divisionario di Guerra, presieduto dal maggior
generale Saluzzo Lamanta. La condanna venne poi revocata nel 1848, quando Carlo
Alberto decise di concedere un'amnistia generale.[12] Notizia
dell'arresto di Giuseppe Mazzini, Gazzetta piemontese del 16 agosto 1870
Rifugiatosi nel 1834 nella cittadina svizzera di Grenchen, nel canton Soletta,
vi rimase sino a quando fu arrestato dalla polizia cantonale che gli ingiunse
di lasciare la Confederazione entro 24 ore. Per impedirne l'allontanamento
l'assemblea dei cittadini di Grenchen conferì al giovane profugo la
cittadinanza con 122 voti a favore e 22 contrari, invalidata però dal governo
cantonale. Mazzini, nascostosi nel frattempo, fu scoperto e dovette lasciare la
Svizzera assieme ad altri esuli, tra i quali Agostino e Giovanni Ruffini.
Nel 1837 cominciò il lungo soggiorno a Londra (che, con alcune interruzioni,
come nel 1849, durò fino al 1868), dove Mazzini raccolse attorno a sé esuli
italiani e persone favorevoli al repubblicanesimo in Italia, dedicandosi, per
vivere, all'attività di insegnante dei figli degli italiani[13]; qui conobbe e
frequentò anche diverse personalità inglesi, tra cui Mary Shelley[14] (vedova
del poeta P.B. Shelley)[15][16], Anne Isabella Milbanke (vedova di Lord Byron,
idolo di gioventù di Mazzini), il filosofo ed economista John Stuart Mill,
Thomas Carlyle e sua moglie Jane Welsh, lo scrittore Charles Dickens, che
finanziò la sua scuola. Il poeta decadente Algernon Swinburne gli dedicò Ode a
Mazzini. Nello stesso quartiere di Mazzini visse anche Karl Marx.[17]
Durante il soggiorno londinese Mazzini ebbe una lunga relazione di amicizia con
la famiglia Craufurd, documentata da copiosa corrispondenza epistolare dal 1850
al 1872.[18] Sempre a Londra ebbe rapporti con la famiglia di William Henry
Ashurst e con il genero di questi, il politico britannico James Stansfeld, la
cui consorte Caroline Ashurst Stansfeld era sostenitrice della società
"Society of the Friends of Italy". Per la causa dell'unificazione
italiana Mazzini collaborò anche con il secolarista George Holyoake[19].
Fondò poi altri movimenti politici per la liberazione e l'unificazione di vari
stati europei: la Giovine Germania, la Giovine Polonia e infine la Giovine
Europa. Quest'ultima, fondata nell'aprile 1834 a Berna in accordo con altri
rivoluzionari stranieri, aveva tra i suoi principi ispiratori la costituzione
degli Stati Uniti d'Europa[20]. In questa occasione Mazzini estese dunque il
desiderio di libertà del popolo italiano (che si sarebbe attuato con la
repubblica) a tutte le nazioni europee. L'associazione rivoluzionaria europea
aveva come scopo specifico l'agire dal basso in modo comune e, usando strumenti
insurrezionali e democratici, realizzare nei singoli stati una coscienza
nazionale e rivoluzionaria. Sulla scia della Giovine Europa Mazzini nel 1866
fonda anche l'Alleanza Repubblicana Universale[21][22]. Il movimento
della Giovine Europa ebbe anche un forte ruolo di promozione dei diritti della
donna, come testimonia l'opera di numerose mazziniane, tra cui la citata
Bellerio Sidoli, ma anche Cristina Trivulzio di Belgiojoso e Giorgina Saffi, la
moglie di Aurelio Saffi, uno dei più stretti collaboratori di Mazzini e suo
erede per quanto riguarda il mazzinianesimo politico. Mazzini continuò a
perseguire il suo obiettivo dall'esilio e tra le avversità con inflessibile
costanza, convinto che questo fosse il destino dell'Italia e che nessuno
avrebbe potuto cambiarlo. Tuttavia, nonostante la sua perseveranza,
l'importanza delle sue azioni fu più ideologica che pratica. Dopo il
fallimento dei moti del 1848, durante i quali Mazzini era stato a capo della
breve Repubblica Romana insieme ad Aurelio Saffi e Carlo Armellini, i
nazionalisti italiani cominciarono a vedere nel re del Regno di Sardegna e nel
suo Primo Ministro Camillo Benso conte di Cavour le guide del movimento di
riunificazione. Ciò volle dire separare l'unificazione dell'Italia dalla
riforma sociale e politica invocata da Mazzini. Cavour fu abile nello stringere
un'alleanza con la Francia e nel condurre una serie di guerre che portarono
alla nascita dello stato italiano tra il 1859 e il 1861, ma la natura politica
della nuova compagine statale era ben lontana dalla repubblica
mazziniana. A Londra, nel 1850, per reagire alla caduta della Repubblica
Romana e in continuità con essa, Mazzini fondò il Comitato Centrale Democratico
Europeo e il Comitato Nazionale Italiano, lanciando il Prestito Nazionale
Italiano, le cui cartelle portavano appunto lo stemma della Repubblica romana
del 1849 e l'intitolazione del prestito «diretto unicamente ad affrettare
l'indipendenza e l'unità d'Italia». A garanzia del prestito le cartelle
recavano la firma degli ex triumviri Mazzini, Saffi e, in assenza
dell'irreperibile Armellini, Mattia Montecchi. La diffusione delle cartelle nel
Lombardo-Veneto ebbe come immediata conseguenza la ripresa dell'attività
cospirativa e rivoluzionaria, soprattutto a Mantova.[23]. Dopo l'Unità e
ultimi anni Il 25 febbraio 1866 Messina fu chiamata al voto per eleggere i suoi
deputati al nuovo parlamento di Firenze. Mazzini era candidato, nel secondo
collegio, ma non poté fare campagna elettorale perché esule a Londra. Pendevano
sul suo capo due condanne a morte: una inflitta dal tribunale di Genova per i
moti del 1857 (il 19 novembre 1857, in primo grado, il 20 marzo 1858 in
appello); un'analoga condanna a morte era stata inflitta dal tribunale di
Parigi per complicità in un attentato contro Napoleone III. Inaspettatamente,
Mazzini vinse con larga messe di voti (446). Il 24 marzo, dopo due giorni di
discussione, la Camera annullava l'elezione in virtù delle condanne
precedenti. Il letto di morte di Mazzini, distrutto dagli aerei
degli Stati Uniti durante il bombardamento di Pisa del 1943 Maschera
mortuaria di Mazzini, gesso, Domus Mazziniana, Pisa Due mesi dopo gli elettori
del secondo collegio di Messina tornarono alle urne: vinse di nuovo Mazzini. La
Camera, dopo una nuova discussione, il 18 giugno riannullò l'elezione. Il 18
novembre Mazzini viene rieletto una terza volta; dalla Camera, questa volta,
arrivò la convalida. Mazzini, tuttavia, anche nel caso fosse giunta un'amnistia
o una grazia, decise di rifiutare la carica per non dover giurare fedeltà allo
Statuto Albertino, la costituzione dei monarchi sabaudi. Egli infatti non
accettò mai la monarchia e continuò a lottare per gli ideali
repubblicani. Nel 1868 lasciò Londra e si stabilì in Svizzera, a Lugano.
Due anni dopo furono amnistiate le due condanne a morte inflitte al tempo del
Regno di Sardegna: Mazzini quindi poté rientrare in Italia e, una volta
tornato, si dedicò subito all'organizzazione di moti popolari in appoggio alla
conquista dello Stato Pontificio. L'11 agosto partì in nave per la Sicilia, ma
il 14, all'arrivo nel porto di Palermo, fu tratto in arresto (la quarta volta
nella sua vita) e recluso nel carcere militare di Gaeta. Nel febbraio
1871, partito da Basilea e in viaggio nel passo del San Gottardo, conobbe in
una carrozza Friedrich Nietzsche, allora poco conosciuto filologo e docente.
Questo incontro sarà testimoniato dallo stesso Nietzsche anni dopo.[24]
Costretto di nuovo all'esilio, riuscì a rientrare in Italia sotto il falso nome
di Giorgio Brown (forse un riferimento a John Brown[25]) a Pisa, il 7 febbraio
del 1872. Qui, malato già da tempo, visse nascosto nell'abitazione di
Pellegrino Rosselli, antenato dei fratelli Rosselli e zio della moglie di
Ernesto Nathan, fino al giorno della sua morte, avvenuta il 10 marzo dello
stesso anno, quando la polizia stava ormai per arrestarlo nuovamente.
Traversie della salma Mazzini morente, Silvestro Lega La notizia della
sua morte si diffuse rapidamente, commuovendo l'Italia; il suo corpo fu
imbalsamato dallo scienziato Paolo Gorini, appositamente fatto accorrere da
Lodi su incarico di Agostino Bertani: Gorini disinfettò la salma per permettere
l'esposizione. Una folla immensa partecipò ai funerali, svoltisi nella città
toscana il pomeriggio del 14 marzo, accompagnando il feretro al treno in
partenza per Genova, dove venne sepolto al Cimitero monumentale di
Staglieno. Le esequie furono accompagnate dalla musica della storica
Filarmonica Sestrese C. Corradi G. Secondo. Successivamente Gorini ricominciò a
lavorare sul corpo di Mazzini, onde pietrificarlo secondo la sua tecnica di
mummificazione; terminò il lavoro qualche anno dopo. Nel 1946 avvenne la
ricognizione della mummia, che fu sistemata ed esposta al pubblico in occasione
della nascita della Repubblica Italiana[26]: da allora riposa nuovamente nel
sarcofago del mausoleo. Mausoleo Benché sia incerta l'affiliazione di
Mazzini alla Massoneria fu l'associazione stessa a commissionare il mausoleo
all'architetto mazziniano Gaetano Vittorino Grasso che lo realizzò in stile
neoclassico adornandolo con alcuni simboli massonici. Il sepolcro reca
all'esterno la scritta "Giuseppe Mazzini" e all'interno sono presenti
numerose bandiere tricolori repubblicane e iscrizioni lasciate da gruppi
mazziniani o da personalità come Carducci,[27]. Sulla lapide è scolpita la
scritta "Giuseppe Mazzini. Un Italiano"[28], che era la firma da lui
apposta nella lettera a Carlo Alberto, e l'epitaffio: «Il corpo a Genova, il
nome ai secoli, l'anima all'umanità» Affiliazione massonica Testimonianze
di alcuni personaggi storici e una corrispondenza dello stesso Mazzini, citati
nell'opera dello studioso Luigi Polo Friz[29] fanno ritenere che verosimilmente
Mazzini, a differenza di altri celebri personaggi dell'epoca, come Garibaldi,
non sia mai stato affiliato alla massoneria, anche se questa ha ripreso molti
degli ideali mazziniani, simili ai suoi. La principale obbedienza
italiana, l'unica attiva all'epoca di Mazzini in Italia, il Grande Oriente
d'Italia, afferma l'impossibilità di provare l'appartenenza di Mazzini, che
pure ebbe influenza nella società, anche se non partecipò mai alla vita
dell'associazione, occupato com'era nella causa della "sua" società
segreta, la Giovine Italia. In effetti Mazzini fu carbonaro, ma la Carboneria
fu presto distinta dalla massoneria.[30] Indro Montanelli afferma invece
che probabilmente Mazzini fu massone[31]. Dello stesso parere è Massimo Della
Campa, che in una "Nota su Mazzini" fa riferimento al libro
dell'ex-Gran Maestro del grande Oriente d'Italia Giordano Gamberini, Mille
volti di massoni (Ed. Erasmo, Roma, 1976), che a p. 119 scrive a proposito di
Mazzini: «Iniziato nel 1834 a Genova , secondo G. Fazzari e F. Borsari (Luce e
concordia, 1° giugno 1886, dispense 3 e 4, pag. 23, colonna III). Ricevette dal
Fr. Passano il 32° grado del R.S.A.A., necessario per corrispondere in
Carboneria al livello di Vendita Suprema, nelle carceri di Savona. Con decreto
del S. C. di Palermo il 18 giugno 1866 ricevette l'aumento di luce al 33° grado
e la qualifica di membro onorario del medesimo Supremo Consiglio. Fu membro
onorario delle LL. Lincoln di Lodi e Stella d'Italia di Genova. Scrivendo a
Logge, Corpi rituali e Fratelli usò sempre i segni massonici. [...] Nessun
contemporaneo mise mai in dubbio l'appartenenza di Mazzini alla
Massoneria.» Mazzini stesso sembrerebbe però smentire la sua partecipazione
all'associazione in una lettera del 12 giugno 1867 al massone Federico
Campanella, Sovrano Gran Commendatore del Supremo Consiglio del Rito scozzese
antico ed accettato di Palermo, in cui, restituendogli le carte che questi gli
aveva fatto recapitare scriveva: «La Massoneria accettando da anni e anni
ogni uomo, senza dichiarazioni d'opinioni politiche, s'è fatta assolutamente
inutile a ogni scopo nazionale. Per farne qualche cosa bisognerebbe prima una
misura d'eliminazione ed una di revisione delle file, poi una formula nazionale
o politica per l'iniziazione... Chi vuol intendere intenda[32].»Pensiero
politico «La patria è la casa dell'uomo, non dello schiavo» (Giuseppe
Mazzini, Ai giovani d'Italia) Per comprendere a pieno la dottrina politica di
Mazzini bisogna rifarsi al pensiero religioso che ispira il periodo della
Restaurazione seguito alla caduta dell'impero napoleonico.[33] Idee
diffuse in Europa all'epoca di Mazzini Nuova concezione romantica della
storia Foto di Giuseppe Mazzini dal Fondo Comandini, Biblioteca
Malatestiana Nasceva allora una nuova concezione della storia[34] che smentiva
quella degli illuministi basata sulla capacità degli uomini di costruire e
guidare la storia con la ragione. Le vicende della Rivoluzione francese e il
periodo napoleonico avevano dimostrato che gli uomini si propongono di
perseguire alti e nobili fini che s'infrangono dinanzi alla realtà storica. Il
secolo dei lumi era infatti tramontato nelle stragi del Terrore e il sogno di
libertà nella tirannide napoleonica che, mirando alla realizzazione di
un'Europa al di sopra delle singole nazioni, aveva determinato invece la
ribellione dei singoli popoli proprio in nome del loro sentimento di
nazionalità.[2] Secondo questa visione romantica dunque la storia non è
guidata dagli uomini ma è Dio che agisce nella storia; esisterebbe dunque una
Provvidenza divina che s'incarica di perseguire fini al di là di quelli che gli
uomini si propongono di conseguire con la loro meschina ragione.[35] Da questa
concezione romantica della storia, intesa come opera della volontà divina si
promanano due visioni contrapposte: una è la prospettiva reazionaria che vede
nell'intervento di Dio nella storia una sorta di avvento di un'apocalisse che
metta fine alla storia degli uomini. Napoleone I è stato, con le sue
continue guerre, l'Anticristo di questa apocalisse: Dio segnerà la fine della
storia malvagia e falsamente progressiva e allora agli uomini non rimarrà che
volgersi al passato per preservare e conservare quanto di buono era stato realizzato.
Si cercherà dunque in ogni modo di cancellare tutto ciò che è accaduto dalla
Rivoluzione a Napoleone restaurando il passato. La concezione reazionaria
contro cui Mazzini combatté strenuamente assume un aspetto politico-religioso
che troviamo nel pensiero di François-René de Chateaubriand che nel Génie du
christianisme (Genio del Cristianesimo) attaccava le dottrine illuministiche
prendendo le difese del cristianesimo e soprattutto nell'ideologia mistica
teocratica di Joseph de Maistre, che arriva nell'opera Du pape (Il papa) (1819)
al punto di auspicare un ritorno dell'alleanza tra il trono e l'altare
riproponendo il modello delle comunità medioevali protette dalla religione
tradizionale contro le insidie del liberalismo e del razionalismo.[36] Un'altra
prospettiva, che nasce paradossalmente dalla stessa concezione della storia
guidata dalla divinità, è quella che potremo definire liberale che vede
nell'azione divina una volontà diretta, nonostante tutto, al bene degli uomini
escludendo che nei tempi nuovi ci sia una sorta di vendetta di Dio che voglia
far espiare agli uomini la loro presunzione di creatori di storia. È questa una
visione provvidenziale, dinamica della storia che troviamo in Saint Simon con
la concezione di un nuovo cristianesimo per una nuova società o in Lamennais
che vede nel cattolicesimo una forza rigeneratrice della vita sociale. Una
concezione progressiva quindi che è presente in Italia nell'opera letteraria di
Alessandro Manzoni e nel pensiero politico di Gioberti con il progetto
neoguelfo e nell'ideologia mazziniana. Concezione mazziniana «Costituire
[...] l'Italia in Nazione Una, Indipendente, Libera, Repubblicana» (G.
Mazzini, Istruzione generale per gli affratellati nella Giovine Italia)
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo
stesso argomento in dettaglio: Mazzinianesimo. Dio e popolo «Noi cademmo come
partito politico. Dobbiamo risorgere come partito religioso. L'elemento
religioso è universale, immortale: universalizza e collega. Ogni grande
rivoluzione ne serba impronta, e lo rivela nella propria origine o nel fine che
si propone. Per esso si fonda l'associazione. Iniziatori d'un nuovo mondo, noi
dobbiamo fondare l'unità morale, il cattolicismo Umanitario[37][38]»
Monumento a Giuseppe Mazzini sull'Aventino a Roma Il pensiero politico
mazziniano deve dunque essere collocato in questa temperie di romanticismo
politico-religioso che dominò in Europa dopo la rivoluzione del 1830 ma che era
già presente nei contrasti al Congresso di Vienna tra gli ideologi che
proponevano un puro e semplice ritorno al passato prerivoluzionario e i
cosiddetti politici che pensavano che bisognasse operare un compromesso con
l'età trascorsa. Alcuni storici hanno fatto risalire la concezione
religiosa di Mazzini all'educazione ricevuta dalla madre fervente giansenista
(almeno fino agli anni '40 fa spesso riferimenti biblici ed evangelici[38]) o
ad una vicinanza ideale col protestantesimo e le chiese riformate ma, secondo
altri, la visione religiosa di Mazzini non coinciderebbe con quella di nessuna
religione rivelata.[39] Il personale concetto mazziniano di Dio, che per
alcuni tratti è avvicinabile al deismo settecentesco, con evidenti influssi
della religiosità civica e preromantica di Rousseau, per altri versi al Dio
panteistico degli stoici, è alla base di una religiosità che tuttavia esige la
laicità dello Stato (questo nonostante la dichiarata contraddizione poiché se,
come egli crede, politica e religione coincidono, non avrebbe senso separare la
sua concezione teologica da quella politica)[40] e l'assenza di intermediari
tra Dio e il popolo: per ciò e per il ruolo avuto nella storia umana e
italiana, Mazzini definì il Papato "la base d'ogni autorità
tirannica".[41] Un altro influsso sulla concezione religiosa
mazziniana è stato visto nella considerazione che egli ebbe per la religione
civile di ispirazione romana e per l'ammirazione verso la "Prima
Roma", antica e pagana, che passando per la Seconda (cristiana e
medievale), avrebbe preparato il campo alla Terza Roma futura; un mito questo,
romantico-neoclassico, che sarà fatto proprio da Carducci e poi dal fascismo,
con il filosofo Berto Ricci (1905-1941), e dalla massoneria con l'esoterista
Arturo Reghini (1878-1946)[42][43][44] e avvicina il mazzinianesimo anche al
culto massonico del Grande Architetto dell'Universo. In realtà Mazzini
rifiuta non solo l'ateismo (è questa una delle divisioni ideologico-teoriche
che egli ebbe con altri repubblicani come Pisacane[45]) e il materialismo
(«...L'ateismo, il materialismo non hanno, sopprimendo Dio, una legge morale
superiore per tutti e sorgente del Dovere per tutti...»[46]), ma anche il
trascendente, in favore dell'immanente: egli crede nella reincarnazione[47],
per poter migliorare di continuo il mondo e migliorare sé stessi. Una
concezione questa tratta probabilmente da Platone o dalle religioni orientali
come l'induismo e il buddismo, religioni alle quali Mazzini si era
interessato.[48] Giuseppe Mazzini e Gioacchino da Fiore Come altri
patrioti, letterati[49], rivoluzionari delle società segrete francesi, inglesi
e italiane Mazzini vide nell'abate calabrese Gioacchino da Fiore (circa
1130-1202), l'autore di una profezia riguardante l'avvento della Terza Età o
Età dello Spirito Santo quando sarebbe sorta la Terza Italia che sarebbe
rinata, libera dalle dominazioni straniere[50], come la nazione che avrebbe
esercitato un primato sulle altre per la presenza della Chiesa cattolica: tema
questo poi ripreso da Vincenzo Gioberti nel suo Primato morale e civile degli
Italiani. Mazzini ebbe grande interesse per Gioacchino tanto da volergli
dedicare un trattato rimasto inedito Joachino, appunti per uno studio storico
sull'abate Gioacchino[51], che considerava un suo precursore per gli ideali
sociali e politici da realizzare tramite un'unità spirituale e storica.
Religione civile La sua è stata anche definita una religione civile dove la
politica svolgeva il ruolo della fede[52] e dove la divinità si incarna in modo
panteista nell'Universo e nell'Umanità stessa, che attua la Legge che nel
Progresso si rivela.[38] Egli afferma di credere «che Dio è Dio, e l'Umanità è
il suo Profeta»[40], che «il Popolo» è «immagine di Dio sulla terra»[40] e vi è
«un Dio solo, autore di quanto esiste, Pensiero vivente, assoluto, del quale il
nostro mondo è raggio e l'Universo una incarnazione».[38] Per lui non conta che
la sua intima credenza sia razionale o no, come il Dio di Voltaire e Newton che
è invocato come la causa prima dell'ordine naturale, poiché «Dio esiste. Noi
non dobbiamo né vogliamo provarvelo: tentarlo, ci sembrerebbe bestemmia, come
negarlo, follia. Dio esiste, perché noi esistiamo» anche se, specifica,
«l'universo lo manifesta con l'ordine, con l'armonia, con l'intelligenza dei
suoi moti e delle sue leggi».[40] Mazzini era altresì convinto che fosse
ormai presente nella storia un nuovo ordinamento divino nel quale la lotta per
raggiungere l'unità nazionale assumeva un significato provvidenziale. «Operare
nel mondo significava per il Mazzini collaborare all'azione che Dio svolgeva,
riconoscere ed accettare la missione che uomini e popoli ricevono da Dio».[53]
Per questo bisogna «mettere al centro della propria vita il dovere, senza
speranza di premio, senza calcoli di utilità».[53] Quello di Mazzini era un
progetto politico, ma mosso da un imperativo religioso che nessuna sconfitta,
nessuna avversità avrebbe potuto indebolire. «Raggiunta questa tensione di
fede, l'ordine logico e comune degli avvenimenti veniva capovolto; la disfatta
non provocava l'abbattimento, il successo degli avversari non si consolidava in
ordine stabile.».[53] La storia dell'umanità dunque sarebbe una
progressiva rivelazione della Provvidenza divina che, di tappa in tappa, si
dirige verso la meta predisposta da Dio. Esaurito il compito del
Cristianesimo, chiusasi l'era della Rivoluzione francese ora occorreva che i
popoli prendessero l'iniziativa per «procedere concordi verso la meta fissata
al progresso umano».[53] Ogni singolo individuo, come la collettività, tutti
devono attuare la missione che Dio ha loro affidato e che attraverso la formazione
ed educazione del popolo stesso, reso consapevole della sua missione, si
realizzerà attraverso due fasi: Patria e Umanità. Patria e umanità
Targa in onore di Mazzini sulla casa londinese Senza una patria libera nessun
popolo può realizzarsi né compiere la missione che Dio gli ha affidato; il
secondo obiettivo sarà l'Umanità che si realizzerà nell'associazione dei liberi
popoli sulla base della comune civiltà europea attraverso quello che Mazzini
chiama il banchetto delle Nazioni sorelle. Un obiettivo dunque ben diverso da
quella confederazione europea immaginata da Napoleone dove la Francia avrebbe
esercitato il suo primato egemonico di Grande Nation. La futura unità
europea non si realizzerà attraverso una gara di nazionalismi ma attraverso una
nobile emulazione dei liberi popoli per costruire una nuova libertà. Il
processo di costruzione europea, secondo Mazzini, doveva svolgersi prima di
tutto attraverso l'affermazione delle nazionalità oppresse, come quelle facenti
parte dell'Impero asburgico, e poi anche di quelle che non avevano ancora
raggiunto la loro unità nazionale. Iniziativa italiana In questo processo
unitario europeo spetta all'Italia un'alta missione: quella di riaprire,
conquistando la sua libertà, la via al processo evolutivo dell'Umanità: la
redenzione nazionale italiana apparirà improvvisa come una creazione divina al
di fuori di ogni inutile e inefficace metodo graduale politico diplomatico di
tipo cavouriano. L'iniziativa italiana che avverrà sulla base della fraternità
tra i popoli e non rivendicando alcuna egemonia, come aveva fatto la Francia,
consisterà quindi nel dare l'esempio per una lotta che porterà alla sconfitta
delle due colonne portanti della reazione, di quella politica dell'Impero
Asburgico e di quella spirituale della Chiesa cattolica. Raggiunti gli
obiettivi primari dell'unità e della Repubblica attraverso l'educazione e
l'insurrezione del popolo, espressi dalla formula di Pensiero ed azione,
l'Italia darà quindi il via a questo processo di unificazione sempre più vasta
per la creazione di una terza civiltà formata dall'associazione di liberi
popoli. Funzione della politica Il mausoleo di Giuseppe Mazzini nel
cimitero monumentale di Staglieno, realizzato dall'architetto mazziniano
Gaetano Vittorino Grasso (1849-1899) La politica è scontro tra libertà e
dispotismo e tra queste due forze non è possibile trovare un compromesso:
si sta svolgendo una guerra di principi che non ammette transazioni; Mazzini
esorta la popolazione a non accontentarsi delle riforme che erano degli
accomodamenti gestiti dall'alto: non radicavano, cioè, nello spirito del tempo
quella libertà e quell'uguaglianza di cui il popolo aveva bisogno. La
logica della politica è logica di democrazia e libertà, non accettabili dalle
forze reazionarie; contro di esse è necessaria una brusca rottura
rivoluzionaria: alla testa del popolo vi dovrà essere la classe colta (che non
può più sopportare il giogo dell'oppressione) e i giovani (che non possono più
accettare le anticaglie dell'antico regime). Questa rivoluzione deve portare
alla Repubblica, la quale garantirà l'istruzione popolare. La
rivoluzione, che è anche pedagogico strumento di formazione di virtù personali
e collettive, deve iniziare per ondate, accendendo focolai di rivolta che
incitino il popolo inconsapevole a prendere le armi. Una volta scoppiata la
rivoluzione si dovrà costituire un potere dittatoriale (inteso come potere
straordinario alla maniera dell'Antica Roma, non come tirannide) che gestisca
temporaneamente la fase post-rivoluzionaria. Il governo verrà restituito al
popolo non appena il fine della rivoluzione verrà raggiunto, il prima
possibile. La Giovane Italia deve educare alla gestione della cosa
pubblica, ad essere buoni cittadini, non è, perciò, esclusivamente uno strumento
di organizzazione rivoluzionaria. Il popolo deve avere diritti e doveri, mentre
la Rivoluzione Francese si è concentrata esclusivamente sui diritti
individuali: fermandosi ai diritti dell'individuo aveva dato vita ad una
società egoista; l'utile per una società non va mai considerato secondo il bene
di un singolo soggetto ma secondo il bene collettivo.[54] Mazzini non crede
nell'eguaglianza predicata dal marxismo e al sogno della proprietà comune
sostituisce il principio dell'associazionismo, che è comunque un superamento
dell'egoismo individuale.Questione sociale Mazzini affrontò la questione
sociale negli scritti più tardi, ad esempio nei Doveri dell'uomo (1860). Egli
rifiuta il marxismo, convinto com'è che per spingere il popolo alla rivoluzione
sia prioritario indicargli l'obiettivo dell'unità, della repubblica e della
democrazia. Mazzini fu tra i primi a considerare la grave questione sociale
presente che era soprattutto in Italia la questione contadina, come gli
indicava Carlo Pisacane,[55] ma egli pensava che questa dovesse essere
affrontata e risolta solo dopo il raggiungimento dell'unità nazionale e non
attraverso lo scontro delle classi, ma con una loro collaborazione
(interclassismo), da raggiungersi però organizzando l'associazionismo e il
mutualismo fra gli operai, il soggetto più debole. Foto di Mazzini
Un programma il suo di solidarietà nazionale che se non contemplava l'autonomia
culturale e politica del proletariato non si rivolse solo al ceto medio
cittadino, agli intellettuali, agli studenti, fra i quali raccolse i consensi
più ampi, ma anche agli artigiani e ai settori più consapevoli dei propri
diritti fra gli operai. Mazzini criticò il marxismo e fu da Karl Marx
biasimato per gli aspetti dottrinali idealistici e per gli atteggiamenti profetici
che egli assumeva nel suo ruolo di educatore religioso e politico del popolo.
Marx, risentito per gli attacchi di Mazzini al comunismo, da lui definito col
termine inglese «dictatorship» (cioè «dittatura»), lo definì in alcuni articoli
«teopompo» (cioè «inviato di Dio») e «papa della chiesa democratica», dandogli
anche sprezzantemente del «vecchio somaro» e paragonandolo a Pietro l'Eremita.
Forte sarà il contrasto tra Marx e l'inviato personale di Mazzini (oltre che
con Garibaldi che ne prese le difese) alla Prima Internazionale.[56][57]
Mazzini criticava i socialisti per il proclamato internazionalismo dei loro
tempi, venato di anarchismo e di forte negazionismo, per l'attenzione da essi
rivolta verso gli interessi di una sola classe: il proletariato. Inoltre egli
definiva arbitrario e impossibile a pretendere l'abolizione della proprietà
privata: così si sarebbe dato un colpo mortale all'economia che non avrebbe
premiato più i migliori. La critica maggiore era rivolta contro il rischio che
le ideologie socialiste estremistiche portassero a un totalitarismo: egli
previde con lungimiranza quello che avverrà con la Rivoluzione d'ottobre del
1917 in Russia, cioè la formazione di una nuova classe di padroni politici e lo
schiacciamento dell'individuo nella macchina industriale del socialismo
reale.[58] Da queste critiche ne venne la valutazione negativa di Mazzini
sulla rivolta che portò alla Comune di Parigi del 1871. Mentre per Marx e
Michail Bakunin quello della Comune era stato un primo tentativo di distruggere
lo stato accentratore borghese realizzando dal basso un nuovo tipo di stato,
Mazzini, legato al concetto di Stato-nazione romantico, invece criticò la
Comune vedendo in essa la fine della nazione, la minaccia di uno smembramento
della Francia. Per salvaguardare l'economia e allo stesso tempo per tutelare i
più poveri, Mazzini punta su una forma di lavoro cooperativo: l'operaio dovrà
guardare oltre una lotta basata solo sul salario ma promuovere spazi via via
crescenti di economia sociale con elementi di «piena responsabilità e proprietà
sull'impresa». Mazzini puntava sul superamento in senso sociale e
democratico del capitalismo imprenditoriale classico, anticipando in questo sia
le teorie distribuzioniste sia le teorie che esaltano il valore dell'associazione
fra i produttori. In Doveri dell'uomo scrisse: «Non bisogna abolire la
proprietà perché oggi è di pochi; bisogna aprire la via perché i molti possano
acquistarla. Bisogna richiamarla al principio che la renda legittima, facendo
sì che solo il lavoro possa produrla.[59]» La sua influenza sulla prima
fase del movimento operaio fu per questo molto importante e anche il fascismo,
in particolare la sua corrente repubblicana e socializzatrice, si ispirerà al
pensiero economico mazziniano come terza via corporativa tra il modello
capitalista e quello marxista. Cospirazioni e fallimento dei moti
mazziniani Mazzini in una fotografia con autografo scattata da Domenico
Lama I moti mazziniani, ispirati ad un'ideologia repubblicana e antimonarchica
furono considerati sovversivi e quindi perseguiti da tutte le monarchie
italiane dell'epoca. Per i governi costituiti i mazziniani altro non erano che
terroristi e come tali furono sempre condannati. «Trovai tutti persuasi
che la Giovine Italia era pazzia; pazzia le sette, pazzie il cospirare, pazzie
le rivoluzioncine fatte sino a quel giorno, senza capo né coda» (Massimo
d'Azeglio, Degli ultimi casi di Romagna) Giovine Italia (1831) «Su queste
classi [...] così fortemente interessate al mantenimento dell'ordine sociale le
dottrine sovversive della Giovine Italia non hanno presa. Perciò ad eccezione
dei giovani presso i quali l'esperienza non ha ancora modificate le dottrine
assorbite nell'atmosfera eccitante della scuola, si può affermare che non
esiste in Italia se non un piccolissimo numero di persone seriamente disposte a
mettere in pratica i principi esaltati di una setta inasprita dalla
sventura.» (Camillo Benso conte di Cavour[60]) Magnifying glass icon
mgx2.svg Lo stesso argomento in
dettaglio: Giovine Italia. Busto di Mazzini a Central Park a New York Nel
1831 Mazzini si trovava a Marsiglia in esilio dopo l'arresto e il processo
subito l'anno prima in Piemonte a causa della sua affiliazione alla Carboneria.
Non potendosi provare la sua colpevolezza infatti la polizia sabauda lo
costrinse a scegliere tra il confino in un paesino del Piemonte e l'esilio.
Mazzini preferì affrontare l'esilio e nel febbraio del 1831 passò in Svizzera,
da qui a Lione e infine a Marsiglia. Qui entrò in contatto con i gruppi di Filippo
Buonarroti e col movimento sainsimoniano allora diffuso in Francia. Con
questi si avviò un'analisi del fallimento dei moti nei ducati e nelle Legazioni
pontificie del 1831. Si concordò sul fatto che le sette carbonare avevano
fallito innanzitutto per la contraddittorietà dei loro programmi e per
l'eterogeneità delle classi che ne facevano parte. Non si era riusciti poi a
mettere in atto un collegamento più ampio delle insurrezioni per le
ristrettezze provinciali dei progetti politici, com'era accaduto nei moti di
Torino del 1821 quand'era fallito ogni tentativo di collegamento con i fratelli
lombardi. Infine bisognava desistere, come nel 1821, dal ricercare l'appoggio
dei principi e, come nei moti del '30-31, dei francesi. Con la fondazione
della Giovine Italia nel 1831 il movimento insurrezionale andava organizzato su
precisi obiettivi politici: indipendenza, unità, libertà. Occorreva poi una
grande mobilitazione popolare poiché la liberazione italiana non si poteva
conseguire attraverso l'azione di pochi settari ma con la partecipazione delle
masse. Rinunciare infine ad ogni concorso esterno per la rivoluzione: «La
Giovine Italia è decisa a giovarsi degli eventi stranieri, ma non a farne
dipendere l'ora e il carattere dell'insurrezione».[61] La bandiera
della Giovine Italia Gli strumenti per raggiungere queste mete erano
l'educazione e l'insurrezione. Quindi bisognava che la Giovane Italia perdesse
il più possibile il carattere di segretezza, conservando quanto necessario a
difendersi dalle polizie, ma acquistasse quello di società di propaganda,
un'«associazione tendente anzitutto a uno scopo di insurrezione, ma
essenzialmente educatrice fino a quel giorno e dopo quel giorno»[62] - anche
attraverso il giornale La Giovine Italia, fondato nel 1832 - del messaggio
politico della indipendenza, dell'unità e della repubblica. Negli anni
1833 e 1834, durante il periodo dei processi in Piemonte e il fallimento della
spedizione di Savoia, l'associazione scomparve per quattro anni, ricomparendo
solo nel 1838 in Inghilterra. Dieci anni dopo, il 5 maggio 1848, l'associazione
fu definitivamente sciolta da Mazzini, che fondò al suo posto l'Associazione
Nazionale Italiana. Fallimento del moto in Savoia (1833) Entusiastiche
adesioni al programma della Giovane Italia si ebbero soprattutto tra i giovani
in Liguria, in Piemonte, in Emilia e in Toscana che si misero subito alla prova
organizzando negli anni 1833 e 1834 una serie di insurrezioni che si conclusero
tutte con arresti, carcere e condanne a morte. Nel 1833 organizza il suo primo
tentativo insurrezionale che aveva come focolai rivoluzionari Chambéry, Torino,
Alessandria e Genova dove contava vaste adesioni nell'ambiente militare.
Prima ancora che l'insurrezione iniziasse la polizia sabauda a causa di una
rissa avvenuta fra i soldati in Savoia, scoprì e arrestò molti dei congiurati,
che furono duramente perseguiti poiché appartenenti a quell'esercito sulla cui
fedeltà Carlo Alberto aveva fondato la sicurezza del suo potere. Fra i
condannati figuravano i fratelli Giovanni e Jacopo Ruffini, amico personale di
Mazzini e capo della Giovine Italia di Genova, l'avvocato Andrea Vochieri e
l'abate torinese Vincenzo Gioberti. Tutti subirono un processo dal tribunale
militare, e dodici furono condannati a morte, fra questi anche il Vochieri,
mentre Jacopo Ruffini pur di non tradire si uccise in carcere mentre altri
riuscirono a salvarsi con la fuga. Tentativo d'invasione della Savoia e
moto di Genova (1834) Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Invasione della Savoia del 3
febbraio 1834. L'incontro di Mazzini con Giuseppe Garibaldi nella sede
della Giovine Italia Il fallimento del primo moto non fermò Mazzini, convinto
che era il momento opportuno e che il popolo lo avrebbe seguito. Si trovava a
Ginevra, quando assieme ad altri italiani e alcuni polacchi, organizzava
un'azione militare contro lo stato dei Savoia. A capo della rivolta aveva messo
il generale Gerolamo Ramorino, che aveva già preso parte ai moti del 1821,
questa scelta però si rivelò un fallimento, perché il Ramorino si era giocato i
soldi raccolti per l'insurrezione e di conseguenza rimandava continuamente la
spedizione, tanto che quando il 2 febbraio 1834, si decise a passare con le sue
truppe il confine con la Savoia, la polizia, ormai allertata da tempo, disperse
i volontari con molta facilità. Nello stesso tempo doveva scoppiare una
rivolta a Genova, sotto la guida di Giuseppe Garibaldi, che si era arruolato
nella marina da guerra sarda per svolgere propaganda rivoluzionaria tra gli
equipaggi. Quando giunse sul luogo dove avrebbe dovuto iniziare l'insurrezione
però, non trovò nessuno, e così rimasto solo, dovette fuggire. Fece appena in
tempo a salvarsi dalla condanna a morte emanata contro di lui, salendo su una
nave in partenza per l'America del Sud dove continuerà a combattere per la
libertà dei popoli. Mazzini, invece, poiché aveva personalmente preso
parte alla spedizione con Ramorino, fu espulso dalla Svizzera e dovette cercare
rifugio in Inghilterra. Lì continuò la propria azione politica attraverso
discorsi pubblici, lettere e scritti su giornali e riviste, aiutando a distanza
gli italiani a mantenere il desiderio di unità e indipendenza. Anche se
l'insuccesso dei moti fu assoluto, dopo questi eventi la linea politica di Carlo
Alberto mutò, temendo che reazioni eccessive potessero diventare pericolose per
la monarchia. Tempesta del dubbio (1836) «La vita mi pesa, ma credo sia
debito di ciascun uomo di non gettarla, se non virilmente o in modo che rechi
testimonianza della propria credenza.» (Giuseppe Mazzini, lettera di
risposta ad Angelo Usiglio, Londra, 1837) Altri tentativi pure falliti si
ebbero a Palermo, in Abruzzo, nella Lombardia austriaca, in Toscana. Il
fallimento di tanti generosi sforzi e l'altissimo prezzo di sangue pagato
fecero attraversare a Mazzini quella che egli chiamò la tempesta del dubbio,
una fase di depressione, in cui, come in gioventù, come ricorda nelle Note
autobiografiche, pensò anche al suicidio, da cui uscì religiosamente convinto
ancora una volta della validità dei propri ideali politici e morali.
Dall'esilio di Londra (1837), dopo essere stato espulso dalla Svizzera, riprese
quindi il suo apostolato insurrezionale. Nello stesso periodo esce il saggio La
filosofia della musica sulla rivista L'italiano pubblicata a Parigi.Fratelli
Bandiera (1844) Magnifying glass icon mgx2.svg Lo
stesso argomento in dettaglio: Fratelli Bandiera. Esecuzione dei fratelli
Bandiera a Cosenza Nobili, figli dell'ammiraglio Francesco Bandiera e, a loro
volta, ufficiali della Marina da guerra austriaca, aderirono alle idee
mazziniane e fondarono una loro società segreta, l'Esperia[63] e con essa
tentarono di effettuare una sollevazione popolare nel Sud Italia. Il 13
giugno 1844, i fratelli Emilio e Attilio Bandiera partirono da Corfù (dove
avevano una base allestita con l'ausilio del barese Vito Infante) alla volta
della Calabria seguiti da 17 compagni, dal brigante calabrese Giuseppe Meluso e
dal corso Pietro Boccheciampe. Il 15 marzo dello stesso anno era loro giunta infatti
la notizia dello scoppio di una rivolta a Cosenza che essi credevano condotta
nel nome di Mazzini. In realtà non solo la ribellione non aveva alcuna
motivazione patriottica ma era già stata domata dall'esercito borbonico.
Il 16 giugno 1844 quando sbarcarono alla foce del fiume Neto, vicino a Crotone,
appresero che la rivolta era già stata repressa nel sangue e al momento non era
in corso alcuna ribellione all'autorità del re. Il Boccheciampe, appresa la
notizia che non c'era alcuna sommossa a cui partecipare, sparì e andò al posto
di polizia di Crotone per denunciare i compagni. I due fratelli vollero lo
stesso continuare l'impresa e partirono per la Sila. Subito iniziarono le
ricerche dei rivoltosi ad opera delle guardie civiche borboniche, aiutate da
comuni cittadini che credevano i mazziniani dei briganti; dopo alcuni scontri a
fuoco, vennero catturati (meno il brigante Giuseppe Meluso, buon conoscitore
dei luoghi, che riuscì a sfuggire alla cattura) e portati a Cosenza, dove i
fratelli Bandiera con altri 7 compagni vennero fucilati nel Vallone di Rovito
il 25 luglio 1844. Il re Ferdinando II ringraziò la popolazione locale
per il grande attaccamento dimostrato alla Corona e la premiò concedendo
medaglie d'oro e d'argento e pensioni generose. «Mazzini, colpito da tanta
fermezza e da tanta sventura, restò commosso da quell'efferata barbarie e
celebrò la memoria di quei martiri in un opuscolo uscito a Parigi nel
1845».[64] Mazzini vedendo nel loro sacrificio la realizzazione dei propri
ideali così scriveva in un opuscolo a loro dedicato: «Il martirio non è sterile
mai. Il martirio per un'Idea è la più alta formula che l'Io umano possa
raggiungere per esprimere la propria missione; e quando un giusto sorge di
mezzo a' suoi fratelli giacenti ed esclama - ecco: questo è il vero, e io,
morendo, l'adoro - uno spirito di nuova vita si trasfonde per tutta l'umanità
[...]. I sagrificati di Cosenza hanno insegnato a noi tutti che l'uomo deve
vivere e morire per le proprie credenze: hanno provato al mondo che gl'Italiani
sanno morire: hanno convalidato per tutta l'Europa l'opinione che una Italia
sarà. [...] Voi potete uccidere pochi uomini, ma non l'Idea. l'Idea è
immortale[65]» Repubblica Romana (1849) Magnifying glass icon mgx2.svg Lo
stesso argomento in dettaglio: Repubblica Romana (1849). Bandiera della
Repubblica Romana Dopo i moti del 1848-49, Mazzini fu a capo, con Aurelio Saffi
e Carlo Armellini della Repubblica Romana, soppressa dalla reazione francese
nel 1849. Fu l'ultima rivolta a cui Mazzini prese parte direttamente.
Moto di Milano (1853) e sollevazione in Valtellina (1854) Magnifying glass icon
mgx2.svg Lo stesso argomento in
dettaglio: Rivolta di Milano (1853). Ispirato al mazzinianesimo e alle
ideologie socialiste fu il moto di Milano del 1853, a cui tuttavia Mazzini non
prese parte, e che fallì; analoga sorte ebbe la rivolta in Valtellina dell'anno
seguente. Nel moto milanese si mise in luce Felice Orsini, che di lì a poco
avrebbe rotto con Mazzini e organizzato l'attentato a Napoleone III, fermamente
condannato dal genovese poiché risoltosi in una strage di cittadini
innocenti. Spedizione di Sapri (1857) Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in
dettaglio: Spedizione di Sapri. Carlo Pisacane Il piano originale,
secondo il metodo insurrezionale mazziniano, prevedeva di accendere un focolaio
di rivolta in Sicilia dove era molto diffuso il malcontento contro i Borboni, e
da lì estenderla a tutto il Mezzogiorno d'Italia. Successivamente invece si
pensò più opportuno partendo dal porto di Genova di sbarcare a Ponza per
liberare alcuni prigionieri politici lì rinchiusi, per rinforzare le file della
spedizione e infine dirigersi a Sapri, che posta al confine tra Campania e
Basilicata, era ritenuta un punto strategico ideale per attendere dei rinforzi
e marciare su Napoli. Il 25 giugno 1857 Carlo Pisacane s'imbarcò con
altri ventiquattro sovversivi, tra cui Giovanni Nicotera e Giovan Battista
Falcone, sul piroscafo di linea Cagliari, della Società Rubattino, diretto a
Tunisi. Il 26 giugno sbarcò a Ponza dove, sventolando il tricolore, riuscì
agevolmente a liberare 323 detenuti, poche decine dei quali per reati politici
per il resto delinquenti comuni, aggregandoli quasi tutti alla spedizione. Il
28, il Cagliari ripartì carico di detenuti comuni e delle armi sottratte al
presidio borbonico. La sera i congiurati sbarcarono a Sapri, ma non trovarono
ad accoglierli quelle masse rivoltose che si attendevano. Anzi furono
affrontati dalle falci dei contadini ai quali le autorità borboniche avevano per
tempo annunziato lo sbarco di una banda di ergastolani evasi dall'isola di
Ponza. Il 1º luglio, a Padula vennero circondati e 25 di loro furono
massacrati dai contadini. Gli altri, per un totale di 150, vennero catturati e
consegnati ai gendarmi. Pisacane, con Nicotera, Falcone e gli ultimi
superstiti, riuscirono a fuggire a Sanza dove furono ancora aggrediti dalla
popolazione: perirono in 83; Pisacane e Falcone si suicidarono con le loro
pistole, mentre quelli scampati all'ira popolare furono poi processati nel
gennaio del 1858. Condannati a morte, furono graziati dal Re, che tramutò la
pena in ergastolo. Senso dell'impresa Pur essendo quella di Sapri
un'impresa tipicamente mazziniana, condotta «senza speranza di premio», in
effetti essa rispondeva alle idee politiche di Pisacane che si era allontanato
dalla dottrina del Maestro per accostarsi a un socialismo libertario espresso
dalla formula "Libertà e associazione". Contrariamente a Mazzini che
riguardo alla questione sociale proponeva una soluzione interclassista solo
dopo aver risolto il problema unitario, Pisacane pensava infatti che per
arrivare ad una rivoluzione patriottica unitaria e nazionale occorresse prima
risolvere la questione contadina che era quella della riforma agraria. Come
lasciò scritto nel suo testamento politico in appendice al Saggio sulla
rivoluzione, «profonda mia convinzione di essere la propaganda dell'idea una
chimera e l'istruzione popolare un'assurdità. Le idee nascono dai fatti e non
questi da quelle, ed il popolo non sarà libero perché sarà istrutto, ma sarà
ben tosto istrutto quando sarà libero». Vicino agli ideali mazziniani era
Pisacane invece quando aggiungeva nello stesso scritto che quand'anche la
rivolta fallisse «ogni mia ricompensa io la troverò nel fondo della mia
coscienza e nell'animo di questi cari e generosi amici... che se il nostro
sacrificio non apporta alcun bene all'Italia, sarà almeno una gloria per essa
aver prodotto figli che vollero immolarsi al suo avvenire»[66]. La spedizione
fallita ebbe in effetti il merito di riproporre all'opinione pubblica italiana
la questione napoletana, la liberazione cioè del Mezzogiorno italiano dal
malgoverno borbonico che il politico inglese William Ewart Gladstone definiva
«negazione di Dio eretta a sistema di governo». Infine il tentativo di Pisacane
sembrava riproporre la possibilità di un'alternativa democratico-popolare come
soluzione al problema italiano: era un segnale d'allarme che costituì per il
governo di Vittorio Emanuele II uno stimolo ad affrettare i tempi dell'azione
per realizzare la soluzione diplomatico militare dell'unità italiana.
Appoggio a Garibaldi e ultimi tentativi Mazzini appoggiò moralmente la
spedizione dei Mille di Giuseppe Garibaldi, che egli considerava una valida
opposizione a Cavour. Dopo l'Unità riprese la lotta repubblicana, ma le
persecuzioni della polizia sabauda e le condizioni di salute limitarono i suoi
ultimi tentativi. Controversie Stampa raffigurante Mazzini con
l'epitaffio della tomba a Staglieno Conflitto con Cavour Giuseppe Mazzini, che
dopo la sua attività cospirativa degli anni 1827-1830 fu esiliato dal governo
piemontese a Ginevra, fu uno strenuo oppositore della guerra di Crimea, che
costò un'ingente perdita di soldati al regno sardo. Egli rivolse un appello ai
militari in partenza per il conflitto: «Quindicimila tra voi stanno per essere
deportati in Crimea. Non uno forse tra voi rivedrà la propria famiglia. Voi non
avrete onore di battaglie. Morrete, senza gloria, senza aureola, di splendidi
fatti da tramandarsi per voi, conforto ultimo ai vostri cari. Morrete per colpa
di governi e capi stranieri. Per servire un falso disegno straniero, l'ossa
vostre biancheggeranno calpestate dal cavallo del cosacco, su terre lontane, né
alcuno dei vostri potrà raccoglierle e piangervi sopra. Per questo io vi
chiamo, col dolore dell'anima, "deportati".» (Giuseppe
Mazzini[67]) Quando nel 1858, Napoleone III scampò all'attentato teso da Felice
Orsini e Giovanni Andrea Pieri, il governo di Torino incolpò Mazzini (Cavour lo
avrebbe definito "il capo di un'orda di fanatici assassini"[68]
oltreché "un nemico pericoloso quanto l'Austria"),[69] poiché i due
attentatori avevano militato nel suo Partito d'Azione. Secondo Denis Mack
Smith, Cavour aveva in passato finanziato i due rivoluzionari a causa della
loro rottura con Mazzini e, dopo l'attentato a Napoleone III e la conseguente
condanna dei due, alla vedova di Orsini fu assicurata una pensione.[70]
Cavour al riguardo fece anche pressioni politiche sulla magistratura per far
giudicare e condannare la stampa radicale.[71] Egli, inoltre, favorì l'agenzia
Stefani con fondi segreti sebbene lo Statuto vietasse privilegi e monopoli ai
privati.[72] Così l'agenzia Stefani, forte delle solide relazioni con Cavour
divenne, secondo il saggista Gigi Di Fiore, un fondamentale strumento
governativo per il controllo mediatico nel Regno di Sardegna.[73] Mazzini,
intanto, oltre ad aver condannato il gesto di Orsini e Pieri, espose un attacco
nei confronti del primo ministro, pubblicato sul giornale Italia del popolo:
«Voi avete inaugurato in Piemonte un fatale dualismo, avete corrotto la nostra
gioventù, sostituendo una politica di menzogne e di artifici alla serena
politica di colui che desidera risorgere. Tra voi e noi, signore, un abisso ci
separa. Noi rappresentiamo l'Italia, voi la vecchia sospettosa ambizione
monarchica. Noi desideriamo soprattutto l'unità nazionale, voi l'ingrandimento
territoriale» (Giuseppe Mazzini[74])Timori di Mazzini per la cessione
della Sardegna Estratto di articolo di giornale inglese Mazzini
temeva che Cavour, dopo la cessione della Savoia e di Nizza, potesse cedere
anche la Sardegna, una delle cosiddette “tre Irlande”,[75][76] sulla base di
altri supposti accordi segreti di Cavour con la Francia, in cambio di una
definitiva unificazione italiana, accordi che preoccupavano anche
l’Inghilterra, la quale era intervenuta presso Cavour per avere rassicurazioni
sul fatto che non sarebbe stato ceduto altro territorio italiano alla Francia:
«Il 22 maggio 1860, Lord John Russell commentava a Sir James Hudson, in Torino,
di dire al Conte di Cavour, che il Governo inglese, informato di un disegno per
la cessione della Sardegna alla Francia, protestava e chiedeva promessa formale
di non cedere territorio italiano. Il dispaccio era comunicato il 26 a
Cavour.» (da Scritti editi e inediti di Giuseppe Mazzini, per cura della
Commissione editrice degli scritti di Giuseppe Mazzini, Roma, 1884, vol.
XIII,[77]) Riguardo alla cessione della Sardegna alla Francia, Mazzini
affermava anche: «[...] [L]'opposizione minacciosa dell’Inghilterra e la
nostra, possono renderlo praticamente impossibile.» (da Scritti editi ed
inediti di Giuseppe Mazzini, per cura della Commissione editrice degli scritti
di Giuseppe Mazzini, Roma, 1884, vol. XIII) Alcune affermazioni di Giovanni
Battista Tuveri, esponente del cattolicesimo federalista, deputato per due
volte al Parlamento Subalpino e amico di Mazzini, confermano la possibilità di
accordi segreti relativi alla cessione della Sardegna alla Francia per una
definitiva unificazione del resto della penisola: «Vicino a Mazzini ed a
Cattaneo, ma con una propria originalità di pensiero, il Tuveri fu sempre
fedele alle sue convinzioni federaliste o, in mancanza di meglio, autonomiste,
né esitò ad impegnarsi nell'azione pratica quando nel 1860-61 circolò
insistente la voce che Cavour, dopo Nizza e la Savoia, intendesse cedere alla
Francia anche la Sardegna.[78]» Anche il giornale britannico "The
Illustrated London News" del 27 luglio 1861 citava l'inopportunità di
cedere la Sardegna alla Francia, commento che aveva suscitato reazioni nella
stampa francese e fatto suggerire altre ipotesi.[79] Ruolo storico di
Mazzini Mazzini nel 1846 Mazzini suscitò «continuamente energie,
affascinò per quarant'anni ogni ondata di gioventù [...] e intanto gli anziani
gli sfuggivano».[80] Quasi tutti i grandi personaggi del Risorgimento aderirono
al mazzinianesimo ma pochi vi restarono. Il contenuto religioso profetico del
pensiero del Maestro, in un certo modo rivelatore di una nuova fede, imbrigliava
l'azione politica. Mazzini infatti non aveva «la duttilità e la mutevolezza
necessaria per dominare e imprigionare razionalmente le forze». Per questo
occorreva una capacità di compromesso politico propria dell'uomo di governo
come fu Cavour; «[i]l compito di Mazzini fu invece quello di creare
l'"animus"». Quando sembrava che il problema italiano non avesse via
d'uscita «ecco per opera sua la gioventù italiana sacrificarsi in una suprema
protesta. I sacrifici parevano sterili», ma invece risvegliavano l'opinione
pubblica italiana e europea. La tragedia della Giovine Italia «impose il
problema italiano a una sempre più vasta sfera d'Italiani: che reagì sì con un
programma più moderato ma infine entrò in azione e quegli stessi ex mazziniani
che avevano rinnegato il Maestro aderendo al moderatismo riformista alla fine
dovettero abbandonare ogni progetto federalista e acconsentire all'entusiasmo
popolare suscitato dalle idee mazziniane di un riordinamento unitario
italiano».[81] Le idee politiche di Mazzini furono alla base della
nascita del Partito Repubblicano Italiano nel 1895. Tramite la Costituzione
della Repubblica Romana, ispirata al mazzinianesimo e considerata un modello
per molto tempo, fu uno dei pensatori le cui idee furono alla base della Costituzione
Italiana del 1948. Inoltre ebbe una grande influenza anche fuori dall'Italia:
politici occidentali come Thomas Woodrow Wilson (con i suoi Quattordici Punti)
e David Lloyd George e molti leader post-coloniali tra i quali Gandhi, Golda
Meir, David Ben-Gurion, Nehru e Sun Yat-sen consideravano Mazzini il proprio
maestro e il testo mazziniano Dei doveri dell'uomo come la propria
"Bibbia" morale, etica e politica.[82] Mazzini conteso tra
fascismo e antifascismo Mazzini sul letto di morte L'eredità ideale e
politica del pensiero di Giuseppe Mazzini è stata a lungo oggetto di dibattito
tra opposte interpretazioni, in particolare durante il Fascismo e la
Resistenza. Già nel settembre 1922, prima dell'avvento del fascismo, il
cinquantenario della sua morte fu celebrato con una serie di francobolli. In
seguito, nel Ventennio fascista Mazzini fu oggetto di citazioni in libri,
articoli, discorsi, fino al punto d'essere considerato una sorta di precursore
del regime di Mussolini.[83]. Secondo un appunto diaristico (intitolato
"Ripresa mazziniana") di Giuseppe Bottai, però, l'utilizzo che ne
fece Mussolini fu sempre strumentale[84]. La popolarità di Mazzini
durante il periodo fascista è dovuta anche ai numerosi repubblicani che
confluirono nei Fasci di combattimento, iniziando il loro percorso di
avvicinamento a Mussolini durante la battaglia interventista, soprattutto nelle
aree dove maggiore era la presenza del PRI, cioè in Romagna e nelle Marche. Nel
1917, sulle pagine de L'Iniziativa, l'organo di stampa del PRI, si guardava a
Mussolini come al «magnifico bardo del nostro interventismo».[85]
Particolare fu il caso di Bologna, città in cui i repubblicani Pietro Nenni,
Guido e Mario Bergamo presero parte attivamente nel 1919 alla fondazione del
primo Fascio di combattimento emiliano per poi abbandonarlo poco dopo
diventando avversari del fascismo. Tra i più famosi repubblicani che aderirono
al fascismo vi furono Italo Balbo (che si era laureato con una tesi su "Il
pensiero economico e sociale di Mazzini" e del quale lo storico Claudio
Segrè ha scritto: «Balbo, prima di aderire al Fascismo nel '21, esitò a
lasciare i repubblicani fino all'ultimo momento e considerò la possibilità di
mantenere la doppia iscrizione»[86]), Curzio Malaparte e Berto Ricci, che nel
fascismo vedeva la perfetta sintesi fra «la Monarchia di Dante e il Concilio di
Mazzini».[87] L'intellettuale mazziniano Delio Cantimori, nella prima
fase del suo percorso politico che lo portò prima ad aderire al fascismo poi al
comunismo, considerava il fascismo «compimento della rivoluzione nazionale
iniziatasi con il Risorgimento, che doveva riuscire dove il processo
risorgimentale e il cinquantennio successivo avevano fallito: nell'inserimento
e nell'integrazione delle masse nello stato nazionale, nella creazione di una
più vera democrazia, ben diversa dal "parlamentarismo" e lontana
dall'"affarismo", dal "particolarismo",
dall'"inerzia" che avevano caratterizzato l'Italia liberale».[88].
Inizialmente la tesi delle origini risorgimentali del fascismo fu fatta propria
anche dai comunisti: nel 1931 Palmiro Togliatti, polemizzando con il movimento
Giustizia e Libertà e il suo fondatore Carlo Rosselli, in un articolo su Lo
Stato operaio criticò il Risorgimento e indicò in Mazzini un precursore del
fascismo[89]: «La tradizione del Risorgimento vive quindi nel fascismo, ed è
stata da esso sviluppata fino all'estremo. Mazzini, se fosse vivo, plaudirebbe
alle dottrine corporative, né ripudierebbe i discorsi di Mussolini su "la
funzione dell'Italia nel mondo". La rivoluzione antifascista non potrà
essere che una rivoluzione "contro il Risorgimento", contro la sua
ideologia, contro la sua politica, contro la soluzione che esso ha dato al
problema della unità dello Stato e a tutti i problemi della vita nazionale[90].»
La stessa posizione fu assunta nel 1933 da Giorgio Amendola, durante il confino
a Ponza, nel primo di due corsi sul Risorgimento tenuti per i confinati, per
poi rivedere tale impostazione nel secondo corso, dopo la svolta unitaria del
1934 (che segnò l'inizio della politica del fronte popolare con la conclusione
di un "patto d'unità d'azione" con i socialisti), allorché insistette
sulle origini risorgimentali del movimento operaio[91]. I fascisti,
inoltre, rivendicavano una continuità con il pensiero mazziniano anche riguardo
l'idea di patria, la concezione spirituale della vita, l'importanza
dell'educazione di massa come strumento per creare un "uomo nuovo" e
una dottrina economica ispirata alla collaborazione tra le classi sociali.[92]
Lo storico Massimo Baioni scrive a proposito della contemporanea celebrazione
nel 1932 del 50º anniversario della morte di Garibaldi e del decennale della
Marcia su Roma: «Le principali manifestazioni del 1932 sembravano confermare il
nesso tra il bisogno di presentare il fascismo come erede delle migliori
tradizioni nazionali e la volontà non meno forte ad enfatizzarne le componenti
moderne, che avrebbero dovuto distinguerlo come originale esperimento politico
e sociale».[93] Negli anni della Resistenza (1944-1945) la situazione si
complica maggiormente: il fascismo della Repubblica Sociale Italiana
"intensificò naturalmente i richiami a Mazzini: ad esempio la data del
giuramento della Guardia nazionale repubblicana venne fissata il 9 febbraio,
giorno della proclamazione, quasi un secolo prima, della Repubblica romana che
aveva avuto alla sua testa il «triumviro» Mazzini",[94][95] ma anche gli
antifascisti, in particolare i partigiani di Giustizia e Libertà di Carlo
Rosselli, iniziano a richiamarsi sempre più apertamente al rivoluzionario
genovese. Proprio Rosselli scrisse nel 1931 ad uno studioso inglese: «Agiamo
nello spirito di Mazzini, e sentiamo profondamente la continuità ideale fra la
lotta dei nostri antenati per la libertà e quella di oggi».[96] A seguito
della caduta del fascismo e dell'armistizio di Cassibile, a partire dal 1943 la
lotta contro il nazifascismo vide la partecipazione dei repubblicani (il cui
partito era stato sciolto dal Regime nel 1926) anche attraverso la formazione
di proprie unità partigiane denominate Brigate Mazzini.[97] Anche un comandante
partigiano, proposto per la medaglia d'oro al valor militare, Manrico
Ducceschi, ispirò la sua azione all'ideologia mazziniana adottando in onore di
Mazzini il nome di battaglia di "Pippo", lo stesso pseudonimo usato
dal patriota genovese.[98] Opere Atto di fratellanza della Giovane Europa
(1834), in Giuseppe Mazzini, Edizione nazionale degli scritti., Imola, s.e.,
1908, vol. 4, pag. 3. Dei doveri dell'uomo Fede ed avvenire Editore Mursia ISBN
9788842541721 Doveri dell'Uomo 2011 Editori Riuniti university press - Roma
ISBN 978-88-6473-039-4 Pensieri sulla democrazia in Europa, trad. a cura di
Salvo Mastellone, Feltrinelli, Milano, 2010, ISBN 978-88-07-82176-9 Andrea
Tugnoli (a cura di), La pittura moderna in Italia, Bologna, CLUEB, 1993, SBN
IT\ICCU\UBO\0069218. Antologia di scritti Dal Risorgimento all'Europa Mursia
ISBN 9788842548447 Periodici diretti da Giuseppe Mazzini L'apostolato popolare
Il nuovo conciliatore L'educatore Le Proscrit. Journal de la République
Universelle Il tribunoNote ^ La Civiltà cattolica, Volume 2; Volume 18, La
Civiltà Cattolica, 1901 p. 264. «La politica acquista pathos religioso, e
sempre più col procedere del secolo... la nazione diventa patria: e la patria
la nuova divinità del mondo moderno. Nuova divinità e come tale sacra.» in F.
Chabod, L'idea di nazione, Laterza, Bari 1967 ^ Da Dei doveri dell'uomo - Fede
e avvenire, a cura di Paolo Rossi, Mursia, Milano 1965-1984 L'uomo nuovo
in Indro Montanelli, L'Italia giacobina e carbonara, Rizzoli, Milano 1972 ^
Susanne Schmid, Michael Rossington, The Reception of P.B. Shelley in Europe ^
Citato nell'Edizione nazionale degli Scritti di Giuseppe Mazzini a cura della
Commissione per l'edizione nazionale degli Scritti di Giuseppe Mazzini, Cooperativa
tipografico-editrice P. Galeati, 1926; per la citazione vedi anche: Memoriale
Mazzini-Domus Mazziniana; Introduzione a Jessie White Mario, Vita di Giuseppe
Mazzini su Castelvecchi Editore; Giuseppe Santonastaso, Edgar Quinet e la
religione della libertà, pag. 156, edizioni Dedalo, 1968; Francesco Felis,
Italia unità o disunità? Interrogativi sul federalismo, Armando editore, 2013,
pag. 7. ^ Comune di Savona ^ Liguria magazine Archiviato il 25 gennaio 2012 in
Internet Archive. ^ Gilles Pécout, Il lungo Risorgimento: la nascita
dell'Italia contemporanea (1770-1922), Pearson Italia S.p.a., 1999 p. 101 ^
Patria, nazione e stato tra unità e federalismo. Mazzini, Cattaneo e Tuveri,
CUEC, University Press-Ricerche storiche, 2007 ISBN 88-8467-381-X ^ La tesi del
figlio sicuramente di Mazzini è sostenuta in Bruno Gatta, Mazzini una vita per
un sogno, Guida Editori, 2002, p. 102. Il dubbio invece che si trattasse
veramente di un figlio di Mazzini è espresso in Luigi Ambrosoli (Giuseppe
Mazzini: una vita per l'unità d'Italia, ed. P. Lacaita, 1993): «Ma proprio il
ritardo con cui venne comunicata a Mazzini la notizia della morte di Adolphe fa
sorgere qualche dubbio sulla supposizione, per le altre ragioni accennate ben
fondata, che si trattasse di suo figlio». Dubbi simili vengono riportati in
Salvo Mastellone, Mazzini e la "Giovine Italia", 1831-1834, Volume 2,
Domus Mazziniana, 1960 («D'altra parte, è da aggiungere che nelle lettere
inedite a Ollivier, che pubblichiamo, Mazzini, pur parlando di Giuditta come della
propria amica, se accenna ad Adolphe come figlio di Giuditta, non allude al
bambino come proprio figlio: ...») ^ Domenico Barberis, in Dizionario
biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. ^ Mazzini
a Londra ^ È l'autrice del romanzo gotico Frankenstein (Frankenstein: or, The
Modern Prometheus), pubblicato nel 1818. Curò le edizioni delle poesie del
marito Percy Bysshe Shelley, poeta romantico e filosofo. Era figlia della
filosofa Mary Wollstonecraft, antesignana del femminismo, e del filosofo e
politico William Godwin. ^ Susanne Schmid, Michael Rossington, The Reception of
P.B. Shelley in Europe ^ Miranda Seymour, Mary Shelley, capitolo 32 ^ Giuseppe
Mazzini, il cospiratore senza segreti ^ Lettere di Mazzini ad Aurelio Saffi e
alla famiglia Crauford - Giuseppe Mazzatinti - Soc. Ed. Dante Alighieri - 1906
- [1] ^ Politica e storia - Filippo Buonarroti e altri studi - di Pia Onnis
Rosa - Edizioni di storia e letteratura - Roma 1971 - pag. 467 [2] ^ Mazzini
«pavese» e l'Unità d'Europa ^ Quando Mazzini scatenò il patatrac sognando la
Repubblica ^ MAZZINI, GIUSEPPE, su pbmstoria.it. URL consultato il 17 luglio
2013 (archiviato dall'url originale il 1º agosto 2013). ^ Legnago a Giuseppe
Mazzini, Grafiche Stella, S. Pietro di Legnago (Verona) 2005, p. 51. ^ Giacomo
Scarpelli, La scimmia, l'uomo e il superuomo. Nietzsche: evoluzioni e
involuzioni ^ Pensiero di Mazzini, brigantaggio.net ^ 1946: la Repubblica nasce
nel nome di Mazzini, su pri.it. URL consultato il 20 giugno 2012 (archiviato
dall'url originale il 7 gennaio 2014). ^ Carducci scrisse una famosa lirica
intitolata Mazzini i cui versi finali sono rimasti nella storia: «E un popol
morto dietro a lui si mise. / Esule antico, al ciel mite e severo / Leva ora il
volto che giammai non rise, / - Tu sol - pensando - o ideal, sei vero». ^ La
stessa semplice scritta volle Giovanni Spadolini, politico e storico
repubblicano, sulla propria tomba a Firenze ^ Luigi Polo Friz, La massoneria
italiana nel decennio post unitario: Lodovico Frapolli, Franco Angeli, 1998
p.151 e sgg. ^ Storia della Massoneria in Italia. L'influenza di Giuseppe
Mazzini nella Massoneria Italiana Archiviato il 7 gennaio 2014 in Internet
Archive. ^ La stanza di Montanelli - L' unità d' Italia e la Massoneria ^
Giuseppe Mazzini massone? ^ A.Desideri, Storia e storiografia,Vol. II, pag.
333, Ed. D'Anna, Messina-Firenze 1997 ^ «Gli sconvolgimenti operati dalla
Rivoluzione francese avevano fatto dubitare a molti uomini della razionalità
della storia, così altamente proclamata nel secolo precedente. L'unica
alternativa allo scetticismo parve allora la fede in una forza arcana operante
provvidenzialmente nella storia» in A. Desideri, Ibidem ^ «S'identificò la
storia della civiltà con la storia della religione, e si scorse una forza
provvidenziale non solo nelle monarchie, ma sin nel carnefice, che non potrebbe
sorgere e operare nella sua sinistra funzione se non lo suscitasse, a tutela
della giustizia, Iddio: tanto è lungi dall'essere operatore e costruttore di
storia l'arbitrio individuale e il raziocino logico». Adolfo Omodeo, L'età del
Risorgimento italiano, pag. 24, Napoli, 1955 ^ «Così il genere umano è in gran
parte naturalmente servo e non può essere tolto da questo stato altro che
soprannaturalmente... senza il cristianesimo, niente libertà generale. e senza
il papa non si dà vero cristianesimo operoso, potente, convertitore,
rigeneratore, conquistatore, perfezionante.» (cfr. J. De Maistre, Il Papa,
trad. di T. Casini, Firenze 1926) ^ G. Mazzini, Fede e avvenire, At the University
Press, 1921 p.51 G. Mazzini, Fede e avvenire ^ «Egli aveva una visione
utopica, romantica e anche sincretistica della religione, che egli considerava
come il contributo, in termini di princìpi universali, delle varie confessioni
e fedi alla storia collettiva.» Senato.it Archiviato il 12 aprile 2008 in
Internet Archive. Doveri dell'uomo, II ^ G. Mazzini, Dei doveri dell'uomo
^ Fusatoshi Fujisawa, La terza Roma. Dal Risorgimento al Fascismo, Tokyo, 2001.
^ Mazzini il patriota scomodo ^ Arturo Reghini a metà strada tra fascismo e
massoneria ^ «Noi dissentivamo su diversi punti: sulle idee religiose, ch'ei
non guardava, errore comune al più, se non attraverso le credenze consunte e
perciò tiranniche dell'oggi; sul cosiddetto socialismo, che riducevasi a una
mera questione di parole dacché i sistemi esclusivi, assurdi, immorali delle
sétte francesi erano ad uno ad uno da lui respinti e sulla vasta idea sociale
fatta oggimai inseparabile in tutte le menti d'Europa dal moto politico io
andava forse più in là di lui: sopra una o due cose delle minori spettanti
all'ordinamento della futura milizia; e talora sul modo d'intendere l'obbligo
che abbiamo tutti di serbar fede al Vero. Ma il differire di tempo in tempo sui
modi d'antivedere l'avvenire non ci toglieva d'essere intesi sulle condizioni
presenti e sulla scelta dei rimedi» (Giuseppe Mazzini su Carlo Pisacane) ^
Lettera a Ernesto Forte Londra 23 gennaio 1867 ^ «Noi crediamo in una serie
infinita di reincarnazioni dell'anima, di vita in vita, di mondo in mondo,
ciascuna delle quali rappresenta un miglioramento ulteriore…» (Mazzini, in E.
Bratina, op. cit., pag. 70); «La vita d'un'anima è sacra, in ogni suo periodo:
nel periodo terreno come negli altri che seguiranno; bensì, ogni periodo
dev'esser preparazione all'altro, ogni sviluppo temporale deve giovare allo
sviluppo continuo ascendente della vita immortale che Dio trasfuse in ciascuno
di noi e nella umanità complessiva che cresce con l'opera di ciascuno di noi»
(Dei doveri dell'uomo, II). ^ Leggeva Dumas e i testi buddisti Il volto
inaspettato di Mazzini ^ Il Foscolo, che scriveva di aver visto da giovinetto a
Venezia un "libercolo" attribuito a Gioacchino, in cui erano indicati
i papi futuri, affermava che la fama dell'abate era "santissima" fin
dalla fine del sec. XVI, tanto che il filosofo francese Montaigne (1533-1592),
desiderava di poter vedere questa "meraviglia": «le livre de Joachim
Abbé Calabrois, qui prédisait tous les papes futurs, leurs noms et formes» ^ G.
da Fiore, Concordia Veteris et Novi testamenti, VI, 16 ^ Bianca Rosa, Gli
appunti manoscritti di Giuseppe Mazzini, Impronta, Torino 1977 ^ Roland Sarti,
Giuseppe Mazzini. La politica come religione civile, con postfazione di Sauro
Mattarelli, Roma-Bari, Laterza, 2000 A.Omodeo, Introduzione a G. Mazzini,
Scritti scelti, Mondadori, Milano 1934 ^ Mattarelli, Sauro, "Duties and
rights in the thought of Giuseppe Mazzini" in Journal of Modern Italian
Studies, 13, no. 4 (December 2008): 480-485. ^ «L'Italia trionferà quando il
contadino cambierà spontaneamente la marra con il fucile». in C. Pisacane,
Saggio sulla rivoluzione, ed. Universale Economica, Milano 1956 ^ Mazzini:
comunismo vuol dire dittatura ^ Il "Manifesto" di Marx? Scritto
contro Mazzini ^ Doveri dell'uomo, capitolo XI, punto 3° ^ G. Mazzini, Doveri
dell'uomo, cap.XI (in Andrea Baravelli, L'Italia liberale, ArchetipoLibri, 2011
p.114 ^ A. Gacino-Canina, Economisti del Risorgimento, Torino, UTET, 1953. ^ G.
Mazzini, Istruzione generale per gli affiliati nella Giovine Italia in Scritti
editi e inediti, II, Imola, 1907. ^ G. Mazzini, op. cit. ^ Nome col quale i
greci indicavano l'Italia antica ^ Luigi Stefanoni, Giuseppe Mazzini: notizie
storiche ..., Presso L'Editore Carlo Barbini, 1863, p. 88 ^ Giuseppe Mazzini,
Ricordi dei fratelli Bandiera e dei loro compagni di martirio in Cosenza il 25
luglio 1844: Documentati colla loro corrispondenza, Dai torchi della Signora
Lacombe, 1845 ^ C. Pisacane op. cit. ^ "Volantino pubblicato su
"Italia del popolo", 25 febbraio 1855 ^ Giancarlo De Cataldo, Chi ha
paura di Mazzini?, in lastampa.it. URL consultato il 17 settembre 2010
(archiviato dall'url originale il 27 settembre 2011). ^ Denis Mack Smith,
Mazzini, Rizzoli, Milano, 1993, pag. 158 ^ Denis Mack Smith, op. cit., pag. 173
^ Denis Mack Smith, op. cit., pag. 174 ^ Gigi Di Fiore, Controstoria dell'unità
d'Italia: fatti e misfatti del Risorgimento, Milano, 2007, pag. 64. ^ Gigi Di
Fiore, op. cit., pag. 62. ^ Alberto Cappa, Cavour, G. Laterza & figli,
1932, pag. 249. ^ definizione di Cavour riportata da The Morning Post nº 26.878
del 9 febbraio 1860 “We have three Irelands, in Sardinia, Genoa and Savoy ^ La
terza Irlanda - Gli scritti sulla Sardegna di Carlo Cattaneo e Giuseppe
Mazzini, Carlo Cattaneo, Giuseppe Mazzini, a cura di Francesco Cheratzu, 1995,
ISBN 978-88-86229-12-8 – pagg. 163-165 e 187-188 ^ Mazzini - La Sardegna – Tip.
A. Debatte - Livorno - 1896 - pagg. 5,6,7 ^ Risorgimento Rassegna - ^ The
Illustrated London News 27 luglio 1861 - nº 1100 pag. 76 ^ In Armando Saitta,
Antologia di critica storica, Volume 3, Laterza, 1964, p. 167 ^ Le citazioni
sono tratte da A. Omodeo, Introduzione a Giuseppe Mazzini, Scritti scelti,
Mondatori, Milano, 1934. ^ Giuseppe Mazzini (a cura di Diego Fusaro) ^ Paolo
Benedetti - “Mazzini in Camicia nera” - edito nel volume XXII 2007 della
Fondazione 'Ugo La Malfa' ^ Dal diario di Giuseppe Bottai alla data del 14
ottobre 1943: «Spesso, all'uscita dei cento e più volumi dell'edizione
nazionale [degli scritti di Mazzini], ho trovato il Duce, a palazzo Venezia,
immerso nelle folte pagine. O meglio, v'immergeva, a ferire di pugnale, il suo
metallico tagliacarte: e ne tirava fuori brandelli di Mazzini. A quando a
quando il brandello antifrancese, anti-illuminista, antinglese, antisocialista,
etc. etc. Brandelli, mai tutt'intero, nella sua viva, molteplice e pur varia
personalità» (p. VII)": Luzzatto, Sergio, Riprese mazziniane, Mestiere di
storico: rivista della Società italiana per lo studio della storia
contemporanea: III, 2, 2011, p. 70 (Roma: Viella, 2011). ^ Paolo Benedetti -
"Mazzini nell'ideologia del fascismo" ^ Giovanni Belardelli,
«Camerata Mazzini, presente!» Gentile, Balbo, Rocco, Bottai: tutti i fascisti
tentarono di arruolarlo, Corriere della Sera, 11 luglio 2008, p. 41. ^
"Manifesto realista" pubblicato sulla rivista L'Universale del 10
gennaio 1933 ^ Cromohs 1997 - Pertici - Mazzinianesimo, fascismo, comunismo:
l'itinerario politico di Delio Cantimori (1919-1943) III Archiviato il 7
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Giuseppe Mazzini, I sistemi e la democrazia. Pensieri - Con una Appendice su La
religione di Mazzini - scelta di pagine dall'Opuscolo Dal Concilio a Dio, a
cura di Vincenzo Gueglio (note al testo, repertorio dei nomi e saggio
introduttivo) Milano, Greco & Greco, 2005; ISBN 88-7980-399-9. Giuseppe
Mazzini - verifiche e incontri - Atti del Convegno Nazionale di Studi, Genova,
gennaio 2006, Gammarò editori ISBN 88-95010-07-8. Tufarulo,G,M.- L'Iniziatore,
l'iniziato, Dio e popolo. La tempesta mazziniana nella rivoluzione del pensiero
ottocentesco. Cultura e Prospettive, 2010, nº6. Filmografia Viva l'Italia di
Roberto Rossellini (1961). Film incentrato sulla spedizione dei Mille. Giuseppe
Mazzini, sceneggiato RAI, regia di Pino Passalacqua (1972). Il generale
(miniserie televisiva), sceneggiato RAI, regia di Luigi Magni (1987). Mazzini è
interpretato da Flavio Bucci. Noi credevamo di Mario Martone (2010). Mazzini è
interpretato da Toni Servillo. Anita Garibaldi, miniserie di Rai 1 (2012);
interpretato da Alessandro Lombardo. L'alba della libertà, cortometraggio,
regia di Emanuela Morozzi (2012). Voci correlate Associazione Mazziniana
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guerra regia del 1848 (1850) Scritti editi e inediti di Giuseppe Mazzini (v. 1)
(1861) Scritti editi e inediti di Giuseppe Mazzini (v. 2) (1862) Scritti editi
e inediti di Giuseppe Mazzini (v. 3) (1862) Scritti editi e inediti di Giuseppe
Mazzini (v. 5) (1863) Scritti editi e inediti di Giuseppe Mazzini (v. 6) (1863)
Celebrazioni mazziniane mazzini2005.it. Predecessore Triumviro della Repubblica Romana Successore Flag
of the Roman Republic (19th century).svg Aurelio Saliceti 29
marzo 1849 – 1º luglio 1849 Aurelio
Saliceti V
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Mazzoni -- Jacopo Mazzoni Da
Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search La pala di Jacopo Mazzoni (Stagionato)
all'Accademia della Crusca Jacopo Mazzoni (Cesena, 27 novembre 1548 – Cesena,
10 aprile 1598) è stato un filosofo, letterato e astronomo italiano. Indice 1 Biografia
2 Opere
2.1 Difesa
della Commedia di Dante 2.2 In
universam Platonis et Aristotelis philosophiam praeludia 3 Note 4 Opere
principali 5 Bibliografia
6 Altri
progetti 7 Collegamenti
esterni Biografia Cesenate di nascita, compì i suoi studi di lettere a Bologna
e quelli di filosofia a Padova. Membro dell'Accademia della Crusca, fu tra i
preferiti del papa Gregorio XIII che lo avrebbe voluto prelato; Mazzoni preferì
proseguire nella carriera universitaria. Dapprima fu all'Università di
Macerata, ed in seguito a Pisa, dove ebbe la cattedra di filosofia dal novembre
1588 al 1597. Nella città della torre pendente, conobbe un giovane insegnante
di matematica, Galileo Galilei, con il quale instaurò ottimi rapporti. Nel 1597
fu invitato ad insegnare all'Università La Sapienza di Roma. Benché avesse da
poco preso questa cattedra, seguì il cardinale Pietro Aldobrandini nei suoi
incarichi a Ferrara ed in seguito a Venezia. Ammalatosi sulla strada del
ritorno, si recò nella sua Cesena, dove si spense il 10 aprile 1598. Opere Difesa della Commedia di Dante Grazie
alla sua preparazione letteraria, giunse alla notorietà per il suo tomo Difesa
della Commedia di Dante, pubblicato a Bologna inizialmente nel 1572 sotto lo
pseudonimo di Donato Roffia e poi l'anno successivo sotto il suo vero nome[1],
in cui criticò aspramente Leonardo Salviati. Nel testo egli risponde ad alcune
contestazioni fatte alle sue elucubrazioni sul sommo poeta Dante Alighieri. Parimenti
nel libro si occupa anche di argomentazioni pertinenti alla filosofia ed alla
poetica. In universam Platonis et
Aristotelis philosophiam praeludia Interessato anche all'astronomia, Mazzoni
espone le sue teorie in quello che risulta il suo testo più importante ovvero
In universam Platonis et Aristotelis philosophiam preludia pubblicato nel 1597.
In questo libro egli sostiene il sistema geocentrico aristotelico contro la
sempre più diffusa e apprezzata teoria copernicana eliocentrica. Questo volume
è divenuto molto noto poiché Galileo Galilei, dopo averlo letto, gli inviò una
lettera, datata 30 maggio 1597, nella quale difendeva Copernico e le sue
teorie. Questa missiva rappresenta la più antica testimonianza dell'adesione
alla teoria eliocentrica di Galileo Galilei.
Note ^ Jacopo Mazzoni, Prefazione, in Mario Rossi (a cura di), Discorso
di Giacopo Mazzoni in difesa della "Commedia" del divino poeta Dante,
S. Lapi, 1898, p. 6. URL consultato il 16 luglio 2018. Opere principali Jacopo
Mazzoni, Discorso de' dittongi, Cesena, appresso Bartolomeo Rauerio, 1572. URL
consultato il 5 luglio 2019. Jacopo Mazzoni, Discorso in difesa della Comedia
del divino. poeta contro il discorso di Ridolfo Castravilla, Cesena, per
Bartolomeo Rauerij, 1573. URL consultato il 5 luglio 2019. (LA) Jacopo Mazzoni,
De triplici hominum vita, activa nempè, contemplativa, et religiosa methodi
tres, quaestionibus quinque millibus, centum et nonagintaseptem distinctae. In
quibus omnes Platonis, et Aristotelis, multae vero aliorum Graecorum, Arabum et
Latinorum in universo scientiarum orbe discordiae componuntur, Caesenae,
Rauerius, 1576. URL consultato il 5 luglio 2019. Jacopo Mazzoni, Della difesa
della Comedia di Dante. Distinta in sette libri, vol. 1, Cesena, appresso
Bartolomeo Rauerij, 1587. URL consultato il 5 luglio 2019. Jacopo Mazzoni,
Della difesa della Comedia di Dante. Distinta in sette libri, vol. 2, Cesena,
Verdoni, 1688. URL consultato il 5 luglio 2019. Discorso intorno alla Risposta
e alle Opposizioni fattegli dal sig. Francesco Patricio, pertenente alla storia
del poema Dafni, o Litiersa di Sositeo poeta della Pleiade, Cesena nel 1587, B.
Raverio. Jacopo Mazzoni, Ragioni delle cose dette, e d'alcune autorità citate
da Iacopo Mazzoni nel Discorso della storia del poema Dafni, o Litiersa di
Sositeo, Cesena, per Bartolomeo Rauerij, 1587. URL consultato il 5 luglio 2019.
(LA) Jacopo Mazzoni, In universam Platonis et Aristotelis philosophiam
praeludia, Venetiis, Guerilius, 1597. URL consultato il 5 luglio 2019.
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Mazzoni, in The Norton Anthology of Theory and Criticism, New York, W. W.
Norton and Company, 2001, pp. 299–302. Altri progetti Collabora a Wikisource
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Mazzoni, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica
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Davide Dalmas, Jacopo Mazzoni, in Dizionario biografico degli italiani,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Jacopo Mazzoni, su
accademicidellacrusca.org, Accademia della Crusca. Modifica su Wikidata Opere
di Jacopo Mazzoni, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata
(EN) Opere di Jacopo Mazzoni, su Open Library, Internet Archive. Modifica su
Wikidata Arnaldo Di Benedetto, Iacopo Mazzoni, in Enciclopedia dantesca,
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(EN) lccn-n83071193 Astronomia Portale Astronomia Biografie Portale Biografie
Filosofia Portale Filosofia Letteratura Portale Letteratura Categorie: Filosofi
italiani del XVI secoloLetterati italianiAstronomi italianiNati nel 1548Morti
nel 1598Nati il 27 novembreMorti il 10 aprileNati a CesenaMorti a
CesenaAccademici della CruscaProfessori dell'Università degli Studi di
Macerata[altre]
Medigo -- Elia del Medigo Da
Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Nota
disambigua.svg Disambiguazione – Se stai cercando il suo discendente, lo
scienziato e filosofo del XVII secolo, vedi Joseph Solomon Delmedigo. Elia del Medigo Elia del Medigo (Candia, 1458
– Candia, 1493), suddito della Serenissima, fu erudito e filosofo ebreo, nato
sotto il nome di Elijah Mi-Qandia o Elijah mi-Qandia ben Moshe del Medigo,
chiamato anche nei manoscritti come Elia Delmedigo o Elia Ben Moshe del Medigo.
Ebbe una disputa con Judah Minz, sostenuto dal talmudista Elijah
Mizrachi[1]. Indice 1 Vita e opere 2 Biografia
3 Nella
cultura di massa 4 Note
5 Bibliografia
6 Voci
correlate 7 Collegamenti
esterni Vita e opere Elia del Medigo fu conosciuto dai suoi contemporanei in
latino come Helias Hebreus Cretensis o in italiano Elia Del Medigo di Candia
(c. 1458 – c. 1493). Secondo Jacob Joshua Ross, "mentre gli studenti non
ebrei di Delmedigo possono averlo classificato come un Averroista, chiaramente
vedeva se stesso come un seguace di Maimonide". Ma, secondo altri
studiosi, Delmedigo era chiaramente un convinto seguace delle dottrine di
Averroè, anche quelle più radicali: unità dell'intelletto, eternità del mondo,
autonomia della ragione dai confini della religione rivelata. Nato a Candia, nell'isola di Creta,
(all'epoca facente parte della Repubblica di Venezia), dove la sua famiglia era
emigrata dalla Germania, ha trascorso dieci anni a Roma e a Padova nel nord
Italia, tornando a Candia alla fine della sua vita. È ricordato per una serie di traduzioni,
commentari su Averroè (Ibn Rushd in arabo) (in particolare un commento di
Substantia Orbis di Averroè del 1485), per la sua influenza su molti
neoplatonici italiani del primo Rinascimento (soprattutto Giovanni Pico della
Mirandola) e per il suo trattato sulla filosofia ebraica, Sefer Beḥinat ha-Dat
(esame della religione), pubblicato molti anni dopo la sua morte, nel
1629. Biografia Del Medigo ha avuto
un'educazione religiosa tradizionale a Candia, dimostrando notevole ampiezza di
vedute. Oltre alla scuola rabbinica, ha studiato filosofia e aveva una buona
conoscenza di italiano, greco, così come latino ed ebraico. È probabile che
abbia studiato medicina, e potrebbe essere stato con quella intenzione che
originariamente si recò a Padova, dove l'Università era il più importante
centro per la filosofia aristotelica tradizionale in Italia. Dal 1480 era a
Venezia, dove scrisse Quaestio utrum mundus sit effectus, e si mantenne
formando classi di filosofia aristotelica, frequentato dai figli di famiglie
ricche e importanti. Si trasferì a
Perugia e insegnato a classi l'"aristotelismo radicale", cioè,
pesantemente interpretati con le idee di Averroè e altri commentatori islamici.
Del Medigo è divenne abbastanza noto come il maggiore "Averroista" in
Italia. Mentre a Perugia, incontrò Pico della Mirandola e scrisse due pamphlet
per lui. Un altro studente importante di
del Medigo di a quel tempo era Domenico Grimani, veneziano, che poi divenne il
cardinale della Basilica di San Marco. Grimani si dimostrò essere un mecenate
generoso e, con il suo incoraggiamento, del Medigo scrisse diversi manoscritti
che ricevettero ampia diffusione tra i filosofi italiani. Rimase in stretto contatto con Pico della
Mirandola, in viaggio verso Firenze, il sito dell'Accademia Platonica di
Marsilio Ficino, per dare lezioni e per tradurre manoscritti dall'ebraico al
latino per Pico, anche se i due filosofi non collaborarono mai su uno specifico
lavoro. Alla fine, però, Del Medigo non
era cabalista, e divenne disinteressato con la direzione sincretica che Pico e
i suoi colleghi stavano prendendo, in una tendenza a combinare i concetti di
magia, ermetismo e la Kabbalah con Platone e il neoplatonismo. Oltre alla sua crescente delusione per Pico,
era un po' screditato dal contraccolpo della prigionia di Pico e
dall'interdizione da parte del Vaticano delle sue 900 tesi. Inoltre erano sorte
tensioni tra del Medigo e la comunità ebraica italiana per i suoi interessi
intellettuali laici e le sue amicizie con studiosi cristiani. Come conseguenza
delle difficoltà finanziarie vissute sulla scia dello sfavore per Pico della
Mirandola, del Medigo decise di lasciare l'Italia per sempre. Tornò a Creta,
dove visse gli ultimi anni della sua vita. Durante questo periodo, del Medigo
tornò al pensiero ebraico, scrivendo il Sefer Bechinat Ha-dath per i suoi
studenti, in cui ha chiarito il suo disaccordo con le teorie magiche e
cabalistiche che hanno ispirato l'Orazione sulla dignità dell'uomo di Pico, ed
esposto la sua convinzione che un essere umano non può aspirare a diventare un
dio, e che l'ebraismo richiede che un uomo deve "lottare per la
razionalità, sobrietà e la realizzazione dei [suoi] limiti umani."[2] Delmedigo argomentò contro l'antichità della
Kabbalah, rilevando che non era nota per i saggi del Talmud, per i Gheonim[3] o
per Rashi. Egli negò anche che Rabbi Shimon bar Yochai sia stato l'autore dello
Zohar, dal momento che l'opera cita chi ha vissuto dopo la morte di Rabbi
Shimon bar Yohai. Inoltre, egli attaccò gli allegoristi esoterici tra filosofi
ebrei. In un'altra sezione del suo lavoro Delmedigo discusse il ragionamento
intellettuale sottostante i comandamenti della Torah (ta'amei ha-mitzvot). Nella cultura di massa Elia del Medigo è
probabile che sia l'ispirazione per il personaggio Giuda del Medigo, nel
"The Secret Book of Grazia dei Rossi" (libro segreto di Grazia dei
Rossi) di Jacqueline Park. Note ^ Joseph
Solomon Delmedigo, Matzref la-Chokmah, p. 3b; idem, Elim, p. 29; Mizrachchi,
Responsa, nr. 56. ^ Stanford Encyclopedia of Philosophy article on del Medigo
-- ^ 'geni', titolo onorifico attribuito ai capi delle accademie ebraiche dal
sesto fino all'undicesimo secolo in Babilonia, Siria e Palestina; brillante
studioso ebreo... Bibliografia (EN) Jewish Encyclopedia, articolo su --
Averroeism (EN) Jacob Ross Stanford Encyclopedia of Philosophy article on del
Medigo -- Elijah Delmedigo (EN) Paul Oskar Kristeller, Eight Philosophers of
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(EN) Sefer Behinat Hadat of Elijah Del-Medigo, (critical edition) with
introduction, notes and commentary by Jacob Joshua Ross, Tel-Aviv: Chaim
Rosenberg School of Jewish Studies, 1984 Giovanni Licata, La via della ragione.
Elia del Medigo e l'averroismo di Spinoza, Eum, Macerata, 2013, pp. 1–422, ISBN
978-88-6056-352-1. Il libro contiene testo in ebraico e traduzione in italiano
del "Sefer Beḥinat ha-Dat" di Elia del Medigo (EN) The Medieval World
- Europe 1100-1350 by Friedrich Heer. (EN) David Geffen: Insights into the Life
and Thought of Elijah Medigo Based on His Published and Unpublished Works. In:
Proceedings of the American Academy for Jewish Research. 41/42 (1973–1974), S.
69-86. (online su Abonnenten) (EN) Jacob S. Levinger: DELMEDIGO, ELIJAH BEN
MOSES ABBA. in: Encyclopaedia Judaica, 2' edizione, Vol 5, Detroit / New York
u.a. 2007, ISBN 978-0-02-865933-6, S. 542–543 Voci correlate Ermeneutica
talmudica Esegesi ebraica Responsa ebraici Storia degli ebrei in Italia Talmud
Eruditi bizantini nel Rinascimento Collegamenti esterni Università di Siena -
sito italiano Ashkenaziti Biografia di Elia del Medigo, sul Dizionario
biografico degli italiani - Enciclopedia Treccani Online Richard Gottheil,
Isaac Broydé (EN) Elia del Medigo, in Jewish Encyclopedia, New York, Funk &
Wagnalls, 1901-1906. - Cfr. rispettivo articolo s.v. "DELMEDIGO, ELIJAH
CRETENSIS BEN MOSES ABBA", con la bibliografia di cui sopra. V · D · M
Ebraismo ortodosso Controllo di autorità VIAF
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Biografie Portale Biografie Ebraismo Portale Ebraismo Filosofia Portale
Filosofia Storia Portale Storia Categorie: Nati nel 1458Morti nel 1493Nati a
CandiaMorti a CandiaFilosofi bizantiniFilosofi italiani del XV secoloEbrei
italianiRabbini greciFilosofi ebreiEbraismo ortodosso[altre]
Meis -- Angelo Camillo De Meis
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Angelo
Camillo Angelo Camillo De Meis.jpg Deputato del Regno di Napoli Durata mandato 1848 – 1849
Circoscrizione Abruzzo
Citra Collegio Chieti
Deputato del Regno d'Italia Durata mandato 1861
– 1867 Legislature VIII,
IX Sito istituzionale Dati generali Titolo di studio Laurea in Medicina e chirurgia
Professione Docente
universitario, Medico chirurgo Angelo Camillo De Meis (Bucchianico, 14 luglio
1817 – Bologna, 6 marzo 1891) è stato un patriota, filosofo e politico
italiano. Indice 1 Biografia 2 Note
3 Bibliografia
4 Altri
progetti 5 Collegamenti
esterni Biografia Figlio di un medico aderente alla carboneria e di ideali
mazziniani, nacque a Bucchianico, dove compì i primi studi: li proseguì presso
il Regio collegio di Chieti e poi a Napoli, dove fu allievo dei letterati
Basilio Puoti e Francesco De Sanctis, del filosofo Bertrando Spaventa e del
medico Pietro Ramaglia. Si laureò in medicina teorico-pratica e nel 1841
divenne socio dell'Accademia degli Aspiranti naturalisti, di cui diventerà
presidente nel 1848; fu poi medico aggiunto dell'Ospedale degli Incurabili e
aprì una scuola privata di grande successo, dove insegnò anatomia, patologia,
fisiologia e scienze naturali. Fu poi rettore del Collegio Medico di
Napoli. Dopo la promulgazione della
costituzione nel Regno di Napoli, venne eletto deputato per la circoscrizione
Abruzzo Citra: sostenne la protesta di Pasquale Stanislao Mancini contro la
repressione operata dalle truppe borboniche contro i manifestanti del 15 maggio
e l'accusa di tradimento al re. Fu
quindi costretto all'esilio: dopo un soggiorno a Genova e a Torino, si stabilì
a Parigi. Esercitò gratuitamente la professione di medico per gli esuli e gli
emigrati italiani; insegnò antropologia all'università ed entrò in contatto con
il mondo scientifico parigino, diventando assistente del fisiologo Claude
Bernard e ottenendo da Armand Trousseau l'incarico di insegnare semeiotica
medica. Strinse anche un proficuo rapporto con il filosofo Victor Cousin.
Rientrò in Italia nel 1853, prima a Torino e poi a Modena, dove insegnò
fisiologia all'Università. Tornò a
Napoli nel 1860 e divenne assistente di Francesco De Sanctis, ministro
dell'istruzione nel governo provvisorio, e venne eletto Membro straordinario
del Consiglio Superiore della Pubblica istruzione. Fu deputato al Parlamento del Regno d'Italia
dal 1861 al 1867, sedendo tra i ministeriali.
Busto di Angelo Camillo De Meis al Pincio (Roma) Non si sa né dove né
quando fu iniziato in Massoneria, è certo tuttavia che nel 1867 fu membro della
Loggia Felsinea di Bologna[1]. Dal 1863
fu professore di Storia della medicina presso l'Università di Bologna, dove
morì nel 1891. Il suo naturalismo lo
spinse a cercare un fondamento filosofico-spirituale alle scienze della natura,
che egli trovò nell'idealismo di Hegel.[2] Fu anche amico intimo e collega del
filosofo Pietro Siciliani, del quale condivise in parte la speculazione intorno
al positivismo. Venne citato, di
passaggio, nel romanzo di Luigi Pirandello Il fu Mattia Pascal.[3] Nel 1936 fu costruito il nuovo palazzo della
Biblioteca provinciale di Chieti, in piazza Tempietti romani, dedicata a De
Meis. Note ^ Vittorio Gnocchini,
L'Italia dei Liberi Muratori, Erasmo ed., Roma, 2005, pp. 100-101. ^ De Meis
Angelo Camillo, su treccani.it. ^ Il protagonista del romanzo infatti ascolta
casualmente, durante un viaggio in treno, una conversazione fra due eruditi, e
dato che è uscita la notizia della sua morte, sceglie come proprio nuovo
cognome "Meis", traendolo da "De Meis". Il nome sarà
"Adriano", udito dal fu Mattia nella stessa conversazione, che
attribuiva a Camillo De Meis la tesi che due statue nella città di Peneade
rappresentassero Cristo e la Veronica (colei che si sostiene abbia asciugato il
viso di Gesù durante il calvario). In queste pagine del romanzo pirandelliano
(capitolo VII), Mattia Pascal prova uno straordinario senso di ebbrezza legato
alla propria libertà. Bibliografia F. Tessitore, «DE MEIS, Angelo Camillo» in
Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 38, Roma, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, 1990. R. Colapietra, Angelo Camillo De Meis
politico “militante”, Napoli, Guida Editori, 1993. Altri progetti Collabora a
Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Angelo Camillo De Meis
Collegamenti esterni Angelo Camillo De Meis, su Treccani.it – Enciclopedie on
line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Angelo Camillo
De Meis, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Modifica su Wikidata Angelo Camillo De Meis, in Dizionario biografico degli
italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Opere di
Angelo Camillo De Meis, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su
Wikidata (EN) Opere di Angelo Camillo De Meis, su Open Library, Internet
Archive. Modifica su Wikidata Angelo Camillo De Meis, su storia.camera.it,
Camera dei deputati. Modifica su Wikidata Angelo Camillo De Meis di Giacomo de
Crecchio, in Biblioteche dei filosofi, Scuola Normale Superiore di Pisa -
Università di Cagliari. «De Meis, Angelo Camillo » in L'Unificazione, Roma,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2011. Controllo di autorità VIAF (EN) 66564190 · ISNI (EN) 0000 0000
6129 4277 · LCCN (EN) n91058916 · GND (DE) 118902008 · BNF (FR) cb124631591
(data) · BAV (EN) 495/92013 · CERL cnp01345568 · WorldCat Identities (EN)
lccn-n91058916 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia
Risorgimento Portale Risorgimento Categorie: Deputati dell'VIII legislatura del
Regno d'ItaliaDeputati della IX legislatura del Regno d'ItaliaPatrioti italiani
del XIX secoloFilosofi italiani del XIX secoloPolitici italiani del XIX
secoloNati nel 1817Morti nel 1891Nati il 14 luglioMorti il 6 marzoNati a
BucchianicoMorti a BolognaPersonalità del RisorgimentoIdealistiMassoni[altre]
Melandri -- Enzo Melandri Da
Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Enzo Melandri in un convegno del 1968.
Melandri è il terzo da destra, seduto tra Michel Foucault e Umberto Eco Enzo
Melandri (Genova, 14 aprile 1926 – Faenza, 25 maggio 1993) è stato un filosofo
italiano. Indice 1 Biografia 2 Pensiero
e metodo 3 Opere
4 Note
5 Bibliografia
6 Altri
progetti 7 Collegamenti
esterni Biografia Laureatosi nel 1958 all'Università di Bologna, è lettore di
italiano sino al 1961 presso l'Università di Kiel in Germania. Ha poi insegnato
filosofia in diversi atenei italiani (Lecce, Trieste e Bologna) tra il 1962 ed
il 1993, anno della sua scomparsa.
Parallelamente all'attività universitaria, ha collaborato a lungo – fin
dalla fine degli anni cinquanta – con la casa editrice Il Mulino e alla rivista
omonima, per le quali ha svolto attività di consulenza, con traduzioni e
curatele di alcuni volumi, pubblicando con essa alcuni dei suoi lavori più
significativi. I suoi volumi più importanti vertono sulla fenomenologia di
Husserl, sul concetto di analogia e sul principio di simmetria. Tra le sue
curatele, anche presso altre case editrici (Cappelli, Faenza, Laterza, Ponte
alle Grazie, Giuffrè, Pitagora ecc.), ci sono studi che vanno dalla scienza
politica di Gerhard Ritter e di Jürgen Habermas, alla fenomenologia di Alfred
Schütz, dalla logica di Irving Marmer Copi e dalla filosofia del linguaggio di
Ernst Hoffmann o dai paradossi di Bernard Bolzano (e poi la storia della logica
di Heinrich Scholz), agli studi di metodologia scientifica di Arthur Pap, a
quelli di psicologia della percezione di Alexius Meinong o di Christian von
Ehrenfels, e dall'estetica di Eduard Trier alla «metaforologia» di Hans
Blumenberg ecc. Nel 1979, ha istituito
un gruppo interdisciplinare di studi su Gottfried Leibniz, in seguito affiliato
col nome di «Sodalitas Leibnitiana» alla Leibniz-Gesellschaft di Hannover. Ha
anche collaborato attivamente, negli anni ottanta, alle attività del «Centro di
studi per la filosofia mitteleuropea» (con sede a Trento); partecipando nel
1982 alla realizzazione di «Topoi», rivista internazionale di filosofia. Sempre
in quegli anni ha dato vita agli «Annali dell'Istituto di discipline
filosofiche dell'Università di Bologna», poi trasformatisi – a partire dal 1991
– nella rivista semestrale «Discipline filosofiche», ancora attiva e di cui è
stato il primo direttore. Tra i suoi
testi, spicca per centralità di pensiero La linea e il circolo, definito da
Giorgio Agamben "un capolavoro della filosofia europea del
Novecento". Pensiero e metodo Il
filo conduttore di tutta la riflessione di Melandri è il rapporto tra pensiero
logico e pensiero analogico. Mentre il primo tende a svilupparsi mediante un
concetto d'identità elementare, legato alla "discontinuità" del
principio di non contraddizione, il secondo si fonda invece sul principio di
continuità, legato alla figura oppositiva della contrarietà, che ammette una
transizione tra gli opposti. Ora, queste due forme di pensiero non sono affatto
inconciliabili, ma complementari, in quanto fondate non su strutture
assiomatiche, ma su una diversa direzione costitutiva dell'esperienza. Questa
diversità prospettica si realizza, secondo Melandri, nella fenomenologia
husserliana, di cui egli tende a evidenziare l'«empirismo radicale» connesso
alle strutture costitutivo-trascendentali della soggettività e ben distinto,
dunque, da quell'idealismo entro cui troppo spesso si è voluto rubricare
l'atteggiamento fenomenologico. In ultima istanza – congiungendo istanze
aristoteliche e husserliane – Melandri assume una concezione dell'essere
fondamentalmente equivoca, nell'ambito della quale l'intenzionalità si
presenta, al tempo stesso, come principio formale logico e funtore operativo
analogico. Inoltre, Melandri espone questi contenuti filosofici attraverso un
metodo d'indagine e d'insegnamento del tutto particolare, che viene così
descritto dal suo maggiore allievo, Stefano Besoli, docente di Filosofia
teoretica all'Università di Bologna: «A lezione, si può dire che Melandri non
parlasse, ma pensasse ad alta voce [...] dando l'illusione, quantomai benefica
ed essenzialmente terapeutica, di pensare insieme con lui. Si aveva
l'impressione di assistere, dunque, a un pensiero in corso d'opera, e più propriamente
ciò che accadeva era un'esperienza di pensiero condivisa, giacché la
condivisione era appunto la condizione stessa della buona riuscita di tale
esperienza»[1]. Opere I paradossi
dell'infinito nell'orizzonte fenomenologico (1960); poi come introduzione a
Bernard Bolzano, I paradossi dell'infinito, Cappelli, Bologna, 1979 Logica ed
esperienza in Husserl (1960) La scienza moderna come criterio storiografico
(1962) Alcune note in margine all'«Organon» aristotelico (1965) Considerazioni
critiche sui «syncategorematica» (1966), in "Lingua e stile", I, 2,
pp. 207–15 Voci Esistenzialismo, Logica e Logistica nell'enciclopedia
Filosofia, a cura di Giulio Preti, Feltrinelli, Milano, 1966 Kurt Lewin: la
psicologia come scienza galileiana (1967), poi in Sette variazioni in tema di
psicologia e scienze sociali (1984) "Michel Foucault: l'epistemologia
delle scienze umane", in «Lingua e stile», II, 1 (1967) pp. 75-96; E
logicamente corretto l'uso dell'analogia nel diritto? (1968) "Zoon
Politikon. Bolk e l'antropogenesi", in «Che Fare», 3 (1968); consultabile
qui: http://www.libercensor.net/contenuti/enzo-melandri-bolk-e-l-antropogenesi
consultabile qui:
http://www.nilalienum.it/Sezioni/Bibliografia/Scienze/MelBolk.html La linea e
il circolo. Studio logico-filosofico sull'analogia, Bologna: il Mulino 1968
rist. Macerata: Quodlibet 2004 (prefazione di Giorgio Agamben, appendice di
Stefano Besoli e Roberto Brigati, bibliografia a cura di Salvatore Limongi)
Nota in margine all'«episteme» di Foucault» (1970), in "Lingua e
stile", V, 1, pp. 145-56 La realtà e l'immagine: introduzione (in Hans
Barth, Verità e ideologia) (1971) Sulla crisi attuale della filosofia (1972),
in "Il Mulino", XXI, 223, pp. 877-89 Pour une analyse des langages
mixtes, in "Versus", gennaio-aprile 1973, pp. 57-77 L'analogia, la
proporzione, la simmetria, Isedi, Milano 1974 I generi letterari e la loro
origine (1980), in "Lingua e stile", XV, 3, pp. 391-431, ora
Quodlibet, Macerata, 2014. L'inconscio e la dialettica, Bologna: Cappelli 1983;
rist. come "Sigmund Freud: L'inconscio e la dialettica", in Id.,Sette
variazioni in tema di psicologia e scienze sociali, Bologna: Pitagora 1984, pp.
299-324; rist. L'inconscio e la dialettica, Macerata: Quodlibet 2018. “Karl
Bühler. La crisi della psicologia come introduzione a una nuova teoria
linguistica”, in Riccardo Morello (cur.), Anima ed esattezza. Letteratura e
scienza nella cultura austriaca tra '800 e '900, Marietti: Casale Monferrato
1983, pp. 166-184. rist. in Id., Sette variazioni in tema di psicologia e
scienze sociali, Bologna: Pitagora 1984, pp. 251-69 Sette variazioni in tema di
psicologia e scienze sociali, Pitagora, Bologna 1984. Appendice. Matematica e
logica in psicologia. Applicazione propria (determinante) o impropria
(analogico-riflettente), in Id., Sette variazioni in tema di psicologia e
scienze sociali, Pitagora, Bologna 1984, pp. 39-47; rist. in Id., L'inconscio e
la dialettica, Macerata: Quodlibet 2018, pp. 59-74. "Per una filologia del
sublime", in "Studi di estetica", XII, I-II, 4-5 (1984), pp.
93-111. La novità degli ultimi tremila anni (1984), in "Il Mulino",
XXXIII, 296, pp. 968-81. "Faenza" (1984), in Id. e Marisa Vescovo,
L’oblio affligge la memoria, consultabile qui:
http://www.sergiomonari.it/apparati-critici/1984-loblio-affligge-la-memoria/ La
comunicazione e la retorica (1987) Contro il simbolico. Dieci lezioni di
filosofia (1989), Quodlibet, Macerata, 2007 (postfazione di Luca Guidetti) Sul
concetto di descrizione nella psicologia fenomenologica, in
"Intersezioni", IX, 2, 1989, pp. 285-303 Su quel che è dato, in
"Il Verri", 1, 1990, pp. 85-99 Le «Ricerche logiche» di Husserl:
introduzione e commento alla prima ricerca (1990), Il Mulino, Bologna, 1990
"Su quel che c'è, e quel che immaginiamo che ci sia (o della principale
equivocazione del termine 'rappresentazione')", in «Discipline
filosofiche», I, 1 (1991), pp. 121-36; consultabile qui:
https://www.carmillaonline.com/2012/09/14/su-quel-che-c-e-quel-che-ci-immaginiamo-che-ci-sia-2/
"Il problema della comunicazione", in «Paradigmi», IX, 26 (1991), pp.
247-60. "Tempo e temporalità nell'orizzonte fenomenologico", in
«Discipline filosofiche», I, 2 (1991), pp. 255–88. "La crisi dei grandi
sistemi e l'avvento della filosofia esistenziale" (1991), in M. Ariati e
I. Negrini, Questo nostro tempo. Studi e riflessioni sull'evolversi della
nostra epoca, Bologna: I martedì 1997, pp. 123–39 "Filosofia come critica
della conoscenza e impegno interdisciplinare" (1979), in
"Tratti", XV, 50 (1999), pp. 92–109. Note ^ S. Besoli, Il percorso
intellettuale di Enzo Melandri, in Studi su Enzo Melandri, Faenza, 1996, p. 153
sg. Bibliografia Agamben, Giorgio, "Archeologia di un'archeologia",
in E. Melandri, La linea e il circolo. Studio logico-filosofico sull'analogia,
Macerata: Quodlibet 2004, pp. XI-XXXV. Agamben, Giorgio, "Al di là dei
generi letterari", in E. Melandri, I generi letterari e la loro origine,
Macerata: Quodlibet 2014, pp. 7–14. Ambrosetti, Massimo, Enzo Melandri sugli
stoici, Roma: Aracne 2016. Ambrosetti, Massimo, "Una lettura melandriana di
Epitteto", in "dianoia", 22 (2016), pp. 13–41. Besoli, Stefano,
"Il percorso fenomenologico di Enzo Melandri", in Federica
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Italia. Autori, scuole, tradizioni, Roma: Inschibboleth 2018, pp. 151–192;
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dell'analogia. Studi sulla filosofia di Enzo Melandri, Roma: Aracne 2016.
Cimatti, Felice, "Postfazione: Psicoanalisi e rivoluzione", in E.
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consultabile qui:
https://www.sinistrainrete.info/cultura/12714-felice-cimatti-psicanalisi-e-rivoluzione.html
Lagna, Marco e Paulo Fernando Lévano, "Contro l’isomorfismo. Il rapporto
soggetto-oggetto secondo Enzo Melandri, in «Philosophy Kitchen», VI, 4 (2017),
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Enzo Melandri sugli stoici, Roma: Aracne 2016, pp. 15–8. Palombini, Lorenzo,
"Dal chiasma ontologico al chiasma trascendentale. Forme di razionalità
nel pensiero di Enzo Melandri", in «Philosophy Kitchen», VI, 4 (2017), pp.
91–103. Possati, Luca M., La ripetizione creatrice. Melandri, Derrida e lo
spazio dell'analogia, Milano-Udine: Mimesis 2013. Sini, Carlo, "Lo
schematismo figurale", in Stefano Besoli e Franco Paris (cur.), Studi su
Enzo Melandri, Faenza: Polaris 2000, pp. 103–111. Solerio, Alessia, "Enzo
Melandri: Through the Looking-Glass", in Attilio Bruzzone e Paolo Vignola
(cur.), Margini della filosofia contemporanea, Napoli-Salerno: Orthotes 2013,
pp. 293–306. Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons
contiene immagini o altri file su Enzo Melandri Collegamenti esterni Le opere
di Enzo Melandri edite da Quodlibet, che ne ha annunciato l'edizione completa.
Discipline Filosofiche, rivista semestrale di filosofia. Controllo di autorità VIAF (EN) 79075431 ·
ISNI (EN) 0000 0000 5889 1580 · SBN IT\ICCU\CFIV\000279 · LCCN (EN) n86055328 ·
GND (DE) 123101956 · BNF (FR) cb121937422 (data) · WorldCat Identities (EN)
lccn-n86055328 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia
Categorie: Filosofi italiani del XX secoloNati nel 1926Morti nel 1993Nati il 14
aprileMorti il 25 maggioNati a GenovaMorti a Faenza[altre]
Melchiorre -- Virgilio
Melchiorre Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to
search Virgilio Guido Dante Melchiorre (Chieti, 18 gennaio 1931) è un filosofo
e accademico italiano. Biografia Dopo essere
stato ammesso al Collegio Augustinianum, inizia a frequentare la Facoltà di
Filosofia all'Università Cattolica del Sacro Cuore, dove si laurea nel
1953. Terminati gli studi, nel medesimo
ateneo ha iniziato la carriera accademica come assistente volontario di
Filosofia della storia, per poi insegnare Filosofia morale presso la Facoltà di
Lettere e Filosofia dell'Università di Venezia.
Richiamato alla Cattolica di Milano, ha ricoperto in qualità di
professore ordinario la cattedra di Filosofia morale, per poi insegnare
Filosofia teoretica. Dal 1967 al 1995 ha diretto, presso la Facoltà di Lettere
e Filosofia dell'Università Cattolica, la Scuola di specializzazione in
Comunicazioni sociali. Nel 2008 è stato
nominato professore emerito dell'Università Cattolica di Milano. È sposato con Clelia Bamfi e ha tre figli,
Luca, Pietro e Giovanna. Opere Arte ed
esistenza, Firenze 1956 Il metodo di Mounier, Milano 1960 Il sapere storico,
Brescia 1963 La coscienza utopica, Milano 1970 L'immaginazione simbolica,
Bologna 1972 Metacritica dell'eros, II ed. Milano 1987 Ideologia, utopia,
religione, Milano 1980 Essere e parola, Milano, IV ed. 1993 Corpo e persona,
Genova 1987 Studi su Kierkegaard, II ed. Genova 1998 Analogia e analisi
trascendentale. Linee per una nuova lettura di Kant, Milano 1991 Figure del
sapere, Milano 1994 La via analogica, Milano 1966 Creazione, creatività,
ermeneutica, Brescia 1997 I segni della storia, Ghezzano La Fontina, 1998 Al di
là dell'ultimo, Milano 1998 Sulla speranza, Brescia 2000 Ethica, Genova 2000
Dialettica del senso. Percorsi di fenomenologia ontologica, Milano 2002
Qohelet, o la serenità del vivere, Brescia 2006 Essere persona, Milano 2007
Breviario di metafisica, Brescia 2011 Il nome indicibile, Milano 2011
Collegamenti esterni Profilo di Virgilio Melchiorre nel sito dell'Università
Cattolica del Sacro Cuore. Recensione del volume Essere persona. Natura e
struttura di Armando Rigobello, in Acta Philosophica, Rivista internazionale di
filosofia. Unità e pluralità del vero: filosofie, religioni, culture. I diversi
volti della verità Relazione del prof. Melchiorre al 65º Convegno del Centro
Studi Filosofici – Gallarate 2010, video integrale nel sito
CattedraRosmini.org. Virgilio Melchiorre, Rai Educational - Enciclopedia
Multimediale delle Scienze Filosofiche. URL consultato il 6 gennaio 2016
(archiviato dall'url originale il 28 giugno 2004). Controllo di autorità VIAF (EN) 44310916 · ISNI (EN) 0000 0001 0857
0057 · SBN IT\ICCU\CFIV\027583 · LCCN (EN) n79058929 · GND (DE) 124280722 · BNF
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(EN) 495/93206 · WorldCat Identities (EN) lccn-n79058929 Biografie Portale
Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XX
secoloAccademici italiani del XX secoloNati nel 1931Nati il 18 gennaioNati a
ChietiStudenti dell'Università Cattolica del Sacro CuoreProfessori
dell'Università Ca' FoscariProfessori dell'Università Cattolica del Sacro
Cuore[altre]
Melli -- Autore:Giuseppe Melli
Jump to navigationJump to search Schede di autorità ISNI: 0000 0000 6138 8345
VIAF: 71768486 WorldCat: viaf-71768486 BAV: 495/224408 Giuseppe Melli (1861 –
1939), professore e filosofo italiano. Collabora a Wikiquote Citazioni su
Wikiquote Nuvola apps xmag.pngCerca citazioni
su Giuseppe Melli... Opere La filosofia
di Schopenauer (Indice) Felice Tocco,
Firenze, 1911 Il professor Felice Tocco, Firenze, 1912 Commemorazione di
Pasquale Villari, letta il 16 giugno 1918, Firenze, 1918 La filosofia greca da
Epicuro ai Neoplatonici, Firenze, 1922 Socrate, Lanciano, 1922 Categorie: Nati
nel 1861Morti nel 1939AutoriAutori del XIX secoloAutori del XX secoloAutori
italiani del XIX secoloAutori italiani del XX
secoloProfessoriFilosofiProfessori del XIX secoloProfessori del XX
secoloFilosofi del XIX secoloFilosofi del XX secoloAutori italianiProfessori
italianiFilosofi italiani
Mercuriale Girolamo Mercuriale Da Wikipedia, l'enciclopedia
libera. Jump to navigationJump to search
Girolamo Mercuriale Girolamo Mercuriale o Mercuriali (Forlì, 30
settembre 1530 – Forlì, 8 novembre 1606) è stato un medico e filosofo italiano,
celebre per avere per primo teorizzato l'uso della ginnastica su base medica.
Suoi sono anche il primo trattato sulle malattie cutanee e un'importante opera,
forse la prima mai scritta, di pediatria.
Indice 1 Biografia 2 Opere
3 Note
4 Bibliografia
5 Voci
correlate 6 Altri
progetti 7 Collegamenti
esterni Biografia Ritratto di Girolamo
Mercuriale raffigurato nella versione in italiano del "De arte
gymnastica" Dopo aver studiato medicina all'Università di Bologna ed aver
conseguito nel 1555 la laurea all'Università di Padova, dove ebbe modo di
conoscere personalmente il medico veneziano Vettor Trincavella, seguì a Roma il
Gran Cardinale Alessandro Farnese. A causa della sua fama, infatti, i forlivesi
lo inviarono come legato presso il papa Pio IV, dove rimase sette anni. Qui
Girolamo Mercuriali pare aver composto il suo celeberrimo trattato sulla
ginnastica. Fu poi professore di
medicina pratica in entrambe le università dove aveva studiato. A Padova, in
particolare, tra il 1569 ed il 1587, trascorse un periodo molto fecondo, in cui
scrisse ben dodici libri, alcuni dei quali basati sugli appunti presi dagli
studenti durante le lezioni. Si recò poi a Pisa, dove divenne primo medico di
Ferdinando I de' Medici e poté godere di una certa fama come clinico. Curò
anche altre importanti personalità del suo tempo, tra cui l'imperatore
Massimiliano II, che lo nominò cavaliere e conte palatino. Merita di essere
citato un famoso episodio che vede Girolamo Mercuriale convocato a Venezia
insieme a molti altri medici illustri, consultati per decifrare una misteriosa
epidemia che colpiva la città[1]. Mercuriale escluse fin dall'inizio un caso di
peste, in quanto solo una minima percentuale della popolazione si era ammalata
e il contagio restava comunque molto limitato. Dopo una settimana però la
malattia ebbe un decorso impressionante, colpendo un terzo della popolazione
veneziana tra cui anche alcuni familiari del medico stesso. Sorprendentemente
però tale evento non ebbe gravi conseguenze sulla carriera di Mercuriale che,
anzi, durante lezioni che tenne nel 1577 a proposito della peste, continuò a
difendere la sua posizione riguardo allo sfortunato caso veneziano[2]. Nel 1598 fece restaurare una cappella
dell'Abbazia di San Mercuriale di Forlì, trasformandola in cappella di
famiglia, da allora nota come "cappella Mercuriali", dove egli stesso
venne sepolto. Ai monaci di San Mercuriale, Girolamo lasciò in eredità la sua
biblioteca, purché essi si impegnassero a tenere tre lezioni settimanali di
fisica e di logica. Ricevuti i libri, i monaci, per custodirli e renderli
fruibili a tutti, aprirono una biblioteca pubblica. Nel 1906, a celebrazione ed a ricordo di
Girolamo Mercuriali, fu murata nella cappella una lapide, tuttora esistente,
con le seguenti parole: Questo marmo ricorda ai posteri che i cattolici
forlivesi il dì XI novembre 1906 commemorando presso la sua tomba GIROLAMO
MERCURIALI riaffermavano il connubio eterno nei secoli tra la scienza e la
fede[3]. Opere Frontespizio del De arte gymnastica De morbis muliebribus Cultore dell'opera
ippocratica (Censura et dispositio operum Hippocratis, 1583, in cui discusse in
modo critico le opere del medico), fu autore di De arte gymnastica (1569), la
prima opera moderna che consideri scientificamente il rapporto tra l'educazione
fisica e la salute, ma anche un testo sulla storia dell'attività ginnica. Oltre
a questo originale argomento scrisse opere di pediatria, di balneoterapia, di
malattie della pelle, di tossicologia. Fra i suoi numerosi discepoli italiani e
stranieri, si segnala lo svizzero Gaspard Bauhin. Alcune altre sue opere sono: De morbis cutaneis, il primo trattato sulle
malattie della pelle De morbis puerorum De compositione medicamentorum De
morbis muliebribus, Venezia, 1601. De venenis et morbis venenosis De
decoratione De morbis ocularum et aurium Nomothelasmus seu ratio lactandi
infantes Note ^ Roy Porter (a cura di), Dizionario Biografico della Storia
della Medicina e delle Scienze Naturali (Liber Amicorum), The Wellcome
Institute for the History of Medicine, London, p. 118 ^ Roy Porter (a cura di),
op. cit., p. 118 ^ Citato in M. Landi, Credere, dubitare, conoscere
Bibliografia (EN) Geronimo Mercuriali, in Catholic Encyclopedia, New York,
Encyclopedia Press, 1913. (LA) De Hieronymi Mercuriale vita et scriptis
Victorius Ciarrocchi, Latinitas - Opus Fundatum in Civitate Vaticana. Sito
ufficiale della Santa Sede Dizionario Biografico della Storia della Medicina e
delle Scienze Naturali (Liber Amicorum), Roy Porter (a cura di), The Wellcome
Institute for the History of Medicine, London Dictionary of medical biography;
Volume 4, M-R, W.F. Bynum and Helen Bynum, Greenwood press, London Questo testo
proviene in parte dalla relativa voce del progetto Mille anni di scienza in
Italia, opera del Museo Galileo. Istituto Museo di Storia della Scienza di
Firenze (home page), pubblicata sotto licenza Creative Commons CC-BY-3.0 Voci
correlate De arte gymnastica Pediatria Dermatologia Altri progetti Collabora a
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su Girolamo Mercuriale Collegamenti esterni Girolamo Mercuriale, su Treccani.it
– Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su
Wikidata Agostino Palmerini, Girolamo Mercuriale, in Enciclopedia Italiana,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Giuseppe Ongaro,
Girolamo Mercuriale, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Opere di Girolamo Mercuriale,
su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata (EN) Opere di
Girolamo Mercuriale / Girolamo Mercuriale (altra versione), su Open Library,
Internet Archive. Modifica su Wikidata (EN) Girolamo Mercuriale, in Catholic
Encyclopedia, Robert Appleton Company. Modifica su Wikidata Controllo di
autorità VIAF
(EN) 22191701 · ISNI (EN) 0000 0001 2099 8152 · SBN IT\ICCU\RAVV\060015 · LCCN
(EN) n85801019 · GND (DE) 120540339 · BNF (FR) cb12215597s (data) · BNE (ES)
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WorldCat Identities (EN) lccn-n85801019 Biografie Portale Biografie Medicina
Portale Medicina Categorie: Medici italianiFilosofi italiani del XVI
secoloFilosofi italiani del XVII secoloNati nel 1530Morti nel 1606Nati il 30
settembreMorti l'8 novembreNati a ForlìMorti a ForlìPersone legate
all'Università degli Studi di Padova[altre]
Merker -- Nicolao Merker Da
Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Nicolao
Merker (Trento, 26 marzo 1931 – Roma, 14 febbraio 2016[1]) è stato un filosofo
e scrittore italiano. Indice 1 Biografia 2 Opere
2.1 Curatele
3 Note
4 Bibliografia
5 Altri
progetti 6 Collegamenti
esterni Biografia Si laurea in Filosofia all'Università di Messina nel 1953.
Trascorse un periodo di ricerche in Germania negli anni 1954-'55. Allievo di
Galvano Della Volpe, diviene libero docente di Storia della Filosofia e docente
incaricato di Storia delle dottrine politiche all'Università di Messina. Dal
1972 è docente ordinario di Storia della Filosofia nello stesso ateneo. Dal
1974 è ordinario all'Università La Sapienza di Roma alla Facoltà di Lettere e
Filosofia, e poi alla facoltà di Filosofia.
Ha curato edizioni italiane di classici dell'età della Riforma,
dell'Illuminismo e dell'idealismo tedeschi, nonché di Marx, Engels e
dell'austromarxismo. Dopo essersi occupato dei problemi lasciati aperti dalla
Seconda guerra mondiale, si è occupato dell'idea di nazione, dell'ideologia
colonialista e infine del fenomeno populista. Da ricordare la sua opera di
divulgazione della storia della filosofia. Inoltre egli ha scritto ben trenta
voci per l'enciclopedia filosofica della Bompiani, fra cui le più importanti
sono su Heinrich Heine, Thomas Mann, Stefan Zweig. Opere Le origini della logica hegeliana.
Hegel a Jena, Milano, Feltrinelli, 1961. L'illuminismo tedesco. Età di Lessing,
Bari, Laterza, 1968. Lessing e il suo tempo, con altri, Cremona, Libreria del
Convegno, 1972. Marxismo e storia delle idee, Roma, Editori Riuniti, 1974.
Storia della filosofia, VIII, La filosofia moderna. Il Settecento, con Paolo
Casini, Milano, Vallardi, 1975. Alle origini dell'ideologia tedesca.
Rivoluzione e utopia nel giacobinismo, Roma-Bari, Laterza, 1977. Storia della
filosofia, diretta da, 3 voll., Roma, Editori Riuniti, 1982; 1984; Storia delle
filosofie, diretta da, 3 voll., Firenze, Giunti Marzocco, 1988. Karl Marx (1818–1883),
Roma, Editori Riuniti, 1983. ISBN 88-359-2597-5. Johann Benjamin Erhard, in
L'albero della Rivoluzione. Le interpretazioni della rivoluzione francese,
Torino, Einaudi, 1989. ISBN 88-06-11562-6. La Germania. Storia di una cultura
da Lutero a Weimar, Roma, Editori Riuniti, 1990 e 2016. ISBN 88-359-3365-X.
Introduzione a Lessing, Roma-Bari, Laterza, 1991. ISBN 88-420-3797-4. Il
socialismo vietato. Miraggi e delusioni da Kautsky agli austromarxisti,
Roma-Bari, Laterza, 1996. ISBN 88-420-5034-2. Storia della filosofia moderna e
contemporanea, a cura di, 2 voll., Roma, Editori Riuniti, 1997. ISBN
88-359-4143-1. Il sangue e la terra. Due secoli di idee sulla nazione, Roma,
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nazionalismo nella Grande Guerra, Roma, Carocci, 2015. ISBN 978-88-430-7512-6.
La Germania. Storia di una cultura da Lutero a Weimar, Roma, Editori Riuniti,
2016. ISBN 978-88-6473-192-6 Curatele Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Estetica,
trad. di Nicolao Merker e Nicola Vaccaro, Milano, Feltrinelli, 1963; Torino,
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Opere I, 1835-1843, a cura di Mario Cingoli e Nicolao Merker, Roma, Editori
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Il dominio della politica, Roma, Editori Riuniti, 1980. Lia Formigari, La
scimmia e le stelle, Roma, Editori Riuniti, 1981. Barnaba Maj, Il mestiere
dell'intellettuale, Roma, Editori Riuniti, 1981. Immanuel Kant, Stato di
diritto e società civile, Roma, Editori Riuniti, 1982 e 2016. ISBN
88-359-0002-6; ISBN 978-88-6473-173-5. Johann Gottlieb Fichte, La missione del
dotto, Roma, Editori Riuniti, 1982. ISBN 88-359-0005-0. Aa. Vv., Marx, un
secolo, Roma, Editori Riuniti, 1983. ISBN 88-359-2562-2. Immanuel Kant, Per la
pace perpetua. Un progetto filosofico e altri scritti, Roma, Editori Riuniti,
1984. Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Detti memorabili di un filosofo, Roma,
Editori Riuniti, 1986. Karl Marx, Friedrich Engels, La sacra famiglia, Roma,
Editori Riuniti, 1986. Karl Marx, Friedrich Engels, La concezione
materialistica della storia, Roma, Editori Riuniti, 1986 e 2016. ISBN
978-88-6473-248-0. Immanuel Kant, Che cos'è l'illuminismo?, Roma, Editori
Riuniti, 1987. Gotthold Ephraim Lessing, La religione dell'umanità, Roma-Bari,
Laterza, 1991. ISBN 88-420-3759-1. Georg Forster, Viaggio intorno al mondo,
Roma-Bari, Laterza, 1991. ISBN 88-420-3809-1. Friedrich Engels, Viandante
socialista, Soveria Mannelli, Rubbettino, 1993. ISBN 88-7284-046-5. Georg
Wilhelm Friedrich Hegel, Dizionario delle idee, Roma, Editori Riuniti, 1996.
ISBN 88-359-4048-6. Richard Osborne, Storia della filosofia a fumetti, Roma,
Editori Riuniti, 1998. ISBN 88-359-4427-9. Otto Bauer, La questione nazionale,
Roma, Editori Riuniti, 1999 e 2016. ISBN 978-88-6473-249-7. Note ^ La discreta
classe delle idee. E’ morto Nicolao Merker, articolo del 18 febbraio 2016 sul
sito di Rifondazione Comunista Bibliografia Il contesto è il filo d'Arianna.
Studi in onore di Nicolao Merker, a cura di Stefano Gensini, Raffaella
Petrilli, Luigi Punzo, Pisa, ETS, 2009. ISBN 978-88-467-2337-6. Tommaso
Valentini, “Ideologia della nazione” e “populismo etnico”. Le riflessioni
storico-filosofiche di Nicolao Merker, in Raffaele Chiarelli (a cura di), Il
populismo tra storia, politica e diritto, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli
2015, pp. 109-137. ISBN 978-88-498-4564-8. Altri progetti Collabora a Wikiquote
Wikiquote contiene citazioni di o su Nicolao Merker Collegamenti esterni
Curriculum vitae (PDF), su uniurb.it. Controllo di autorità VIAF (EN) 266744704 · ISNI (EN) 0000 0001
1469 5550 · SBN IT\ICCU\CFIV\006655 · LCCN (EN) n85043695 · GND (DE) 12717205X
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Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Letteratura Portale
Letteratura Categorie: Filosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI
secoloScrittori italiani del XX secoloScrittori italiani del XXI secoloNati nel
1931Morti nel 2016Nati il 26 marzoMorti il 14 febbraioNati a TrentoMorti a
Roma[altre]
Messere Gregorio Messere Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
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Gregorio Messere Gregorio Messere, indicato anche come Missere o
Messerio (Torre Santa Susanna, 15 novembre 1636 – Napoli, 19 febbraio 1708), è
stato un filosofo, poeta, filologo e grecista italiano. Indice 1 Biografia
2 Gregorio
Messere e il contesto culturale meridionale di fine Seicento 3 Le opere 4 Le
lezioni accademiche 5 Note
6 Bibliografia
Biografia Ricevuti i primi rudimenti del sapere dai chierici locali, i suoi
genitori (Pietro Messere e Teodora Di Leo), sebbene non agiati, decisero di
fargli frequentare il seminario di Oria, assecondando così il suo vivo
desiderio di intraprendere la carriera ecclesiastica, qui dimostrò sin da
subito una profonda passione per lo studio. All'età di 24 anni, fu ordinato
sacerdote per poi ritornare al paese natìo, dove divenne un maestro di grande
dottrina. Da autodidatta si applicò allo studio della filosofia, della
matematica, della storia ecclesiastica e civile, nonché anche alla musica e al
canto. Incolpato dell'omicidio di un giovane chierico, fu messo in prigione
nelle carceri del Vescovo di Oria, dove rimase rinchiuso per sette anni,
tuttavia non si lasciò mai abbattere dallo sconforto; anzi, procuratosi alcuni
libri, il Messere si applicò allo studio della lingua greca, per la quale già
aveva dimostrato una forte predisposizione. Dopo un lungo e dibattuto processo,
la sentenza finale lo dichiarò innocente e assolto da qualsiasi reato. Risentito
con i suoi concittadini per averlo ingiustamente ritenuto reo, dichiarò che il
suo paese mai più lo avrebbe rivisto. Fu così che Gregorio Messere partì per
Napoli, dove rimase fino alla morte. Nella città partenopea ebbe modo di
affinare e approfondire la sua cultura, divenendo un personaggio di rilievo nel
mondo intellettuale napoletano del tempo. La grande conoscenza della lingua
greca gli conferì grande notorietà nonché una cattedra di Lettura Greca, che
mantenne fino all'anno della morte, presso l'Università degli studi di Napoli.
Tale cattedra, soppressa probabilmente nel 1627, era stata nuovamente istituita
nel 1681 a spese di Giuseppe Valletta,[1] filosofo, letterato e giureconsulto
dell'epoca ed amico del Messere. Valletta aveva una profonda stima per il
Messere, il quale fu assiduo frequentatore della sua casa non solo quale
insegnante dei suoi figli e nipoti, ma anche perché divenuta luogo di riunioni
dei più eruditi intellettuali del tempo. Fra i suoi molti allievi che
assistevano alle sue lezioni, ne ebbe alcuni divenuti celebri, si annoverano
Gennaro d’Andrea, Antonio Barra, Gregorio Caloprese, Gianvincenzo Gravina, lo
stesso Giuseppe Valletta, Niccolò Capasso, Andrea Mazzarella da Cerreto, Matteo
Egizio, Tommaso Donzelli ed altri. Morì nel 1708, ai suoi funerali
parteciparono tutti i professori dell'Università e altri illustri personaggi;
fu sepolto nella cappella dove riposano le ceneri del letterato Giovanni
Pontano. Giambattista Vico, noto filosofo suo amico, gli dedicò un breve
madrigale dal titolo Ghirlanda di timo per Argeo Caraconasio. Gregorio Messere e il contesto culturale
meridionale di fine Seicento Il mondo culturale napoletano della seconda metà
del '600 fu caratterizzato da importanti innovazioni a livello filosofico,
scientifico, civile e politico. Tale fervore culturale aprì la strada alla
nascita di un numero notevole di accademie, che divennero luoghi di discussione
aperta e di diffusione di nuove idee filosofiche e scientifiche. A Napoli le
principali accademie del tempo furono soprattutto quella degli Investiganti e
quella di Medinaceli. Che il Messere sia stato membro autorevole di entrambe le
accademie e frequentatore di circoli e salotti letterari napoletani è
testimoniato da non pochi documenti, tra cui manoscritti e altri a stampa
conservati nella Biblioteca Nazionale di Napoli; le sue lezioni ebbero un così
folto seguito di giovani tanto da far suscitare invidie fra i letterati
fanatici dell'erudizione i quali, a furia di schernirlo per la sua ellenofilia,
diffusero in Napoli addirittura la moda letteraria della macchietta dello
pseudogrecista, satireggiata pure dal Vico nella terza Orazione inaugurale. Fu
anche tra i primi membri dell'Arcadia fondata dal Crescimbeni e dal Gravina,
ove gli fu attribuito il nome pastorale greco di Argeo Coraconasio, “dalle
campagne dell'isola Coraconaso”. Nel 1703 fu fondata a Napoli la Colonia
“Sebezia” dell'Arcadia e anche qui il Messere fu tra i primi iscritti. L'aver ripristinato l'insegnamento della
lingua greca in Napoli valse al Messere non solo il titolo di “ristoratore
della greca erudizione”, ma contribuì alla ripresa dello studio di Omero,
influenzandone il pensiero poetico e filosofico del tempo. Notevole fu
l'influenza che egli ebbe sulla formazione del pensiero del Gravina. Essenziale
nella vita culturale di Gregorio Messere fu anche l'amicizia con Giuseppe
Valletta, suo allievo. La conoscenza che Gregorio Messere aveva della filosofia
fu ugualmente vasta tanto che gli valse l'appellativo di “novello Socrate” e
quando si riferivano a lui veniva anche chiamato il “Socrate dei nostri
tempi”[2]. Le opere Gregorio Messere non
fu solo un insigne grecista, ma anche un poeta. Compose infatti circa 60
componimenti, tra distici, tetrastici, serenate, sonetti, madrigali ed
epigrammi sia in italiano che in greco e in latino, utilizzando talvolta uno
stile che il Lombardo definisce “stile mezzano e semplice”, di carattere
pastorale. Molti di questi componimenti sono custoditi in un codice della
Biblioteca Nazionale di Madrid in Spagna. Un suo epigramma è contenuto in una
lettera del 21 gennaio 1681 che Giovanni Canale inviò al Magliabechi. Non mancò
di scrivere componimenti di carattere burlesco e giocoso, in cui contrapponeva
l'immediatezza della satira e del dialetto alla ricercatezza esasperata della
poesia del Seicento. Il Messere, come poeta, si esercitò soprattutto
nell'Accademia di Medinacoeli, dove era uso chiudere la seduta accademica con
la recitazione di componimenti poetici. Compose finanche versi che celebravano
importanti eventi del regno; tra i più salienti, si ricordano quelli, in latino
e greco, contenuti nel volume scritto in occasione della recuperata salute di
Carlo II di Spagna; da ricordare sono anche gli emblemata contenuti nel volume
scritto per i funerali di D. Caterina d'Aragona, e a cui si ispirò Giambattista
Vico nel 1708 in occasione dei funerali di due uomini illustri Tra le tante collaborazioni con letterati del
suo tempo, degna di nota è quella che ebbe con Giambattista Vico per la
pubblicazione del 1705 di un volume in occasione del genetliaco di Filippo v di
Spagna, tre sono i componimenti contenuti in esso, due in greco e uno in
latino. Il Messere fu anche collaboratore di una Miscellanea dal titolo Vari
componimenti in lode dell'eccellentissimo signore d. Francesco Benavides conte
di S. Stefano. Fatta eccezione per alcuni componimenti inseriti in Miscellanee
poetico-celebrative, del Messere non esistono opere a stampa. E a ciò ne dà
spiegazione il Lombardo quando afferma che egli fu uomo umile e schivo tutto dedito
all'educazione dei giovani più che ai propri interessi personali, anzi la sua
modestia fu tale che pensò bene di distruggere i propri scritti. Le lezioni accademiche Le lezioni accademiche
di cui si dispone sono quelle che Gregorio Messere tenne nell'Accademia
istituita a Palazzo Reale dal viceré duca di Medinaceli. I codici delle lezioni
sono conservati attualmente presso la Biblioteca Nazionale di Madrid e in
quella di Napoli. Due di queste lezioni trattano di poesia e furono tenute nel
1699, qui il Messere argomenta sulla funzione e natura della poesia, dei suoi
rapporti con la storia nonché sul problema delle origini della poesia stessa.
Tre altre lezioni sono di carattere storico, esattamente: due sulla vita di
Nerva e una sulla vita di Decio. Il codice napoletano contiene anche un
Discorso vario in cui sono presenti motivi autobiografici e una lezione
sull'origine delle maschere. L'Accademia di Medinaceli non ebbe lunga vita e,
nonostante la sua chiusura avvenuta nel 1701 a causa di rivolgimento politico,
Gregorio Messere continuò ad essere personaggio illustre nel panorama
intellettuale e culturale napoletano, come dimostra il fatto di essere
annoverato tra i primi membri dell'Arcadia sotto la custodia Crescimbeni e
successivamente della colonia napoletana “Sebezia”. Note ^ Storia della litteratura italiana ^
Biografia degli uomini illustri del regno di Napoli Bibliografia Le vite degli
Arcadi illustri scritte da diversi autori, e pubblicate d'ordine delle generale
adunanza da Giovanni Mario Crescimbeni, parte seconda, Roma 1710, pp. 47-59
(biografia scritta da Gaetano Lombardo). Clementina Cantillo, Filosofia, poesia
e vita civile in Gregorio Messere: un contributo alla storia del pensiero
meridionale tra '600 e '700, Morano, Napoli 1996. Angelo De Prezzo, Storia
delle origini di Torre Santa Susanna, Tiemme, Manduria 1997. Imma Ascione,
Seminarium doctrinarum: l'Università di Napoli nei documenti del '700,
1690-1734, Edizioni scientifiche italiane, Napoli 1997. Fabrizio Lomonaco,
Gregorio Messere, la poesia e l'impegno civile tra Gravina e Vico, in
"Diritto e Cultura", VIII (1998), 1, pp. 167-173. Lezioni
dell'Accademia di Palazzo del duca di Medinaceli: Napoli 1698-1701, a cura di
Michele Rak, Napoli, Istituto italiano per gli studi filosofici, 2000-2005, t.
5. Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Letteratura Portale
Letteratura Categorie: Filosofi italiani del XVII secoloPoeti italiani del XVII
secoloFilologi italianiNati nel 1636Morti nel 1708Nati il 15 novembreMorti il
19 febbraioMorti a Napoli[altre]
Micalori Giacomo Micalori Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
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l'avviso. Giacomo Micalori (1570 – 1645) è stato un teologo, filosofo e
astronomo italiano canonico e professore a Urbino.[1] Opere Giacomo Micalori, Della sfera mondiale,
In Urbino, Marco Antonio Mazzantini, 1626. URL consultato il 14 giugno 2015.
Giacomo Micalori, Antapocrisi, In Roma, Francesco Roma Cavalli, 1635. URL
consultato il 14 giugno 2015. Note ^ Micalori, Giacomo Controllo di autorità VIAF (EN) 89230475 ·
ISNI (EN) 0000 0000 7688 8377 · LCCN (EN) no2019018248 · GND (DE) 140625747 ·
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Teologi italianiFilosofi italiani del XVI secoloFilosofi italiani del XVII
secoloAstronomi italianiNati nel 1570Morti nel 1645[altre]
Miccoli Paolo Miccoli Da Wikiquote, aforismi e citazioni in
libertà. Jump to navigationJump to search Paolo Miccoli (–), filosofo,
saggista, storico e professore universitario italiano. Indice 1 La
divertente commedia umana 1.1 Incipit
1.2 Citazioni
1.3 Explicit
2 Introduzione
a "Vita di Gesù" 2.1 Incipit
2.2 Citazioni
La divertente commedia umana Incipit Chi si accinge alla lettura dell' Elogio
della follia di Erasmo farebbe bene a non dimenticare taluni antecedenti
biografici dell'autore che spiegano meglio l'ironia bonaria dell'opuscolo. Li
richiamiamo. Geer Geertsz, latinizzato secondo il costume degli umanisti in
Desiderio Erasmo, nacque a Rotterdam (Olanda) nel 1466 (o, secondo altri, nel 1469),
figlio di illegittimo coniugio. La famiglia paterna, in auge nella borghesia di
Gouda, come apprendiamo dallo stesso Erasmo, si oppose alle nozze riparatrici
del figlio, costringendolo, con inganno, a far intraprendere la carriera
ecclesiastica al malcapitato giovanotto.
Citazioni Come umanista Erasmo si sente apparentato alla società dalla
duttile forza della parola che ne saggia criticamente le valenze in termini di
ironia, sarcasmo, gioco allusivo, bonarietà lungimirante, tolleranza magnanima,
moralismo contenuto. (p. 8) Fin dalla dedica dell'opuscolo a Tommaso Moro si
arguisce che l'autore non vuol propinare sapientia austera e compassata, ma
buon senso brioso che permei di sé la vita quotidiana della gente, fosse anche
dell'imperatore Marco Aurelio che sul letto di morte, lui filosofo, esclama, a
un certo momento: «Sentenzio me cacavi!»... (p. 8) La sapienza dei dotti è
tanto altezzosa quanto sterile, diversamente dal buon senso che cambia in
meglio l'esistenza non sofisticata. (p. 8) Sotto la penna dell'insigne umanista
olandese si fronteggiano al femminile Sapientia e Stultitia: la prima, per
voler essere austera ad ogni costo, diventa stolta; la seconda, in quanto
«forza vitale irrazionale e creatrice», si palesa veramente saggia alla resa
dei conti. (p. 8) L' Elogio della follia conserva un fascino di imperitura
attualità. Lo si desume dall'analisi di Histoire de la Folie, dove Michel
Foucault evidenzia il confine sfumato tra ragione e sragione in epoca di alta
tecnologia, e altresì dalle invettive di Nietzsche contro lo smunto
bibliotecario, lo stitico correttore di bozze, il pallido burocrate
stipendiato, emblemi tutti del moderno «uomo alessandrino». (p. 11) Explicit
Erasmo conosce e cita perfino pagine della Bibbia a riprova della bontà dei doni
che Follia concede ai mortali. Un modo questo, di prendere in giro anzitempo la
presunzione dispotica delle società economicistiche che intendono mantenere
sotto loro tutela il cittadino «minorenne» sempre bisognoso di dande e
mordacchie. Gli autori classici sono, tra l'altro, spiriti lungimiranti. A tali
società alienanti di oggi e di domani William Blake, con spirito erasmiano,
potrebbe ripetere: «esuberanza è bellezza».
[Paolo Miccoli, La divertente commedia umana, introduzione a Erasmo da
Rotterdam, Elogio della Follia, TEN, 2002. ISBN 88-9289-712-5] Introduzione a "Vita di Gesù"
Incipit Il contesto storico culturale della Vita di Gesù La recente edizione
storico-critica delle Opere complete di Hegel consente di far chiarezza sulle
discussioni e congetture che hanno tenuto a lungo il campo nella letteratura
hegeliana a proposito dei cosiddetti «Scritti teologici giovanili», la cui
indole cronologica vengono ora sancite su base filologica e critica più
accorta. Più che ai titoli apposti da Herman Nohl ai vari frammenti e più che
alle congetture sulla data probabile di tali scritti, è più fruttuoso rifarsi
agli anni di formazione filosofica e teologica di Hegel nello Stift di Tubinga
(1788-93) e reperire nel curriculum studiorum le ascendenze prossime che hanno
influenzato maggiormente l'autore in una speculiare lettura dei quattro
Evangelisti, da cui desume Das Leben Jesu (1795). Citazioni Gli interessi culturali di Hegel,
negli anni tubinghesi, sono prevalentemente filosofici, incentivati dalla lettura
di Rousseau, Jacobi, Lessing, Kant, Fichte su temi sociopolitici ed
etico-religiosi. (p. VII) Hegel, studioso di filosofia, si sente chiamato a
lumeggiare «spiritualmente» la situazione storica del suo tempo e a porre le
premesse di carattere razionale per l'avvento di un «ordine uguale di tutti gli
spiriti». (p. X) Il lettore del Leben Jesu si accorge subito di trovarsi di
fronte a una forma di scrittura audace, che desacralizza e sdivinizza la
persona di Gesù, riducendolo a maestro di morale sublime. (XI) [Paolo Miccoli,
introduzione a Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Vita di Gesù (Das Leben Jesu),
traduzione di Anselmo Aportone, TEN 1993.]
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Miccolis Stefano Miccolis Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Jump to navigationJump to search Stefano
Miccolis Stefano Miccolis (Corato, 10 novembre 1945 – Corato, 1º dicembre 2009)
è stato un filosofo e storico italiano, considerato uno dei massimi studiosi di
Antonio Labriola[1]. Indice 1 Biografia
2 Note
3 Opere
principali 4 Bibliografia
Biografia Dal suo paese natio si trasferì a Perugia per gli studi universitari,
laureandosi in filosofia a pieni voti, a soli 21 anni, con una tesi dal titolo
«Il pensiero politico crociano e la genesi del liberalismo». Abilitatosi tre
anni dopo cum laude all'insegnamento di storia e filosofia, professore in vari
licei della provincia, occupò una cattedra stabile presso l'Istituto tecnico
per geometri a Perugia, accostando l'insegnamento di estetica all'Accademia di
belle arti "Pietro Vannucci". Sempre giovanissimo divenne
responsabile del settore culturale del PCI per la regione Umbria; ma, preso
dagli studî e dall'insegnamento, lasciò l'incarico, comunque seguendo sempre le
vicende politiche con attenzione e passione. La sua è stata una formazione
liberale: considerava suoi padri spirituali Antonio Labriola, Benedetto Croce,
Piero Gobetti. Dalla fine degli anni Settanta la sua vita sarà rivolta allo
studio del filosofo cassinese Antonio Labriola, da Miccolis ritenuto «un buon
punto per capire la storia d'Italia»[2]. Nascerà quindi il Carteggio
labrioliano, in cinque volumi, presentato da Claudio Cesa all'Accademia dei
Lincei nel 2006, edito per gli auspici e con il contributo dell'Istituto
italiano per gli studi storici e dell'Università degli Studi di Napoli
"L'Orientale" e favorito dalla consultazione, nel frattempo divenuta
possibile, delle carte Labriola del Fondo Dal Pane, acquistato dalla Società
napoletana di storia patria. Su tale monumentale lavoro è stato scritto: «un
evento letterario, probabilmente l'acquisizione più importante tra le fonti
della cultura italiana postunitaria; e, di più, senza esagerazione, si presenta
come un capolavoro ecdotico, per accuratezza filologica ed esaustività del
commento. Miccolis era certo divenuto col tempo l'esperto più sicuro della
impervia grafia del suo autore, della quale conosceva ogni piega e ogni
anomalia, dei contesti politici e culturali in cui Labriola si muoveva, […]
della spezzettata, dispersa e contorta bibliografia labrioliana, difficile da
padroneggiare: si era anche impadronito, in base a una sensibilità linguistica
non comune, del "vocabolario" dell'Autore in tutte le sue sfumature,
ed era perciò in grado di respingere o di dubitare di attribuzioni di testi,
datazioni improbabili, letture sghembe»[2]. Miccolis scrisse inoltre
sistematicamente per varie riviste (Rivista di storia della filosofia, il
Giornale critico della filosofia italiana, Belfagor, Critica storica, Nuovi
studi politici, etc.); numerosi sono i suoi saggi e notevoli gli ulteriori
apporti documentari alla bibliografia labrioliana. Negli ultimi anni collaborò
intensamente con l'Istituto italiano per gli studi storici e la Fondazione
Biblioteca Benedetto Croce: aveva il compito di revisionare i carteggi
crociani, e sotto il suo controllo passavano i volumi dell'Edizione nazionale
delle opere di Croce. È stato anche uno dei principali animatori dell'Edizione
nazionale delle opere di Labriola, per la quale aveva contribuito a definire il
piano editoriale, i criteri metodologici, e il problema del rapporto tra
l'opera edita di Labriola e il fondo manoscritto della Società napoletana di
storia patria. Note ^ Adnkronos,
Filosofi, E' morto Stefano Miccolis, massimo studioso di Antonio Labriolia, Bari,
3 dicembre 2009 Alessandro SAVORELLI,
Stefano Miccolis, Rivista di storia della filosofia, 2010, fasc. 2. Opere
principali A. Labriola, Il carteggio di Antonio Labriola conservato nel Fondo
Dal Pane, a cura di S. Miccolis, «Archivio storico per le provincie
napoletane», CVIII-CIX (1990-91), pp. 1–409 «Con la Sua calligrafia che mi
ricorda i papiri greci...». La filologia, la guerra, la Crusca nel carteggio di
Croce con Pistelli e Teresa Lodi, a c. di S. Miccolis e A. Savorelli, in Gli
archivi della memoria, Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, 1996, pp.
91–126, (rist. in Gli archivi della memoria e il Carteggio Salvemini-Pistelli,
a c. di R. Pintaudi, Firenze, Biblioteca Medicea Lauenziana, Polistampa, 2004,
pp. 118–126) A. Labriola, La politica italiana nel 1871-1872. Corrispondenze
alle « Basler Nachrichten », a cura di S. Miccolis, Napoli, Bibliopolis, 1998
A. Labriola, Carteggio, 1881-1904, 5 voll., a cura di S. Miccolis, Napoli,
Bibliopolis, 2000-2006 S. Miccolis, Labriola, Antonio, in Dizionario biografico
degli italiani, LXII, 2004, pp. 804–814 A. Labriola, L'università e la libertà
della scienza, a cura di S. Miccolis, Torino, Aragno, 2007. A. Labriola,
Giordano Bruno. Scritti editi ed inediti (1888-1900), a cura di S. Miccolis e
A. Savorelli, Napoli, Bibliopolis, 2008 S. Miccolis, Antonio Labriola. Saggi
per una biografia politica, a cura di A. Savorelli e Stefania Miccolis, Milano,
UNICOPLI, 2010 S. Miccolis, Gli scritti politici di Antonio Labriola editi da
Stefano Miccolis, a cura di A. Savorelli e Stefania Miccolis, Napoli,
Bibliopolis, 2010 Bibliografia G. Bucci, Stefano Miccolis, il ricordo a un anno
dalla morte, "Corato live", 10 dicembre 2010 W. Gianinazzi, M. Prat,
In memoriam Stefano Miccolis (1945-2009), "Mil neuf cent", n° 28,
2010, p. 201. A. Savorelli, Stefano Miccolis, «Rivista di storia della
filosofia», fasc. 2., a. LXV, 2010, pp. 355–359 . A. Meschiari, Stefano
Miccolis studioso di Antonio Labriola, «Rivista di storia della filosofia», II,
2011, pp. 285–289. Controllo di autorità VIAF
(EN) 46892077 · ISNI (EN) 0000 0000 6137 1930 · SBN IT\ICCU\CFIV\078249 · LCCN
(EN) nr90011078 · BNF (FR) cb12945814x (data) · BAV (EN) 495/283357 · WorldCat
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di Wikipedia che trattano di biografie Categorie: Filosofi italiani del XX
secoloStorici italiani del XX secoloNati nel 1945Morti nel 2009Nati il 10
novembreMorti il 1º dicembreNati a CoratoMorti a Corato[altre]
Mieli Mario Mieli Da Wikipedia, l'enciclopedia
libera. Jump to navigationJump to search «Spero che la lettura di questo libro
favorisca la liberazione del desiderio gay presso coloro che lo reprimono e
aiuti quegli omosessuali manifesti, che sono ancora schiavi del sentimento di
colpevolezza indotto dalla persecuzione sociale, a liberarsi della falsa
colpa» (Elementi di critica omosessuale, 1977) Mario Mieli Mario
Mieli (Milano, 21 maggio 1952 – Milano, 12 marzo 1983) è stato un attivista e
scrittore italiano, teorico degli studi di genere. È considerato uno dei
fondatori del movimento omosessuale italiano, nonché uno tra i massimi teorici
del pensiero nell'attivismo omosessuale italiano.[1] Legato al marxismo
rivoluzionario, è noto soprattutto come eponimo del Circolo di cultura
omosessuale Mario Mieli e per il suo saggio Elementi di critica omosessuale
pubblicato nella sua prima edizione da Einaudi nel 1977. Indice 1 Biografia
2 Il
pensiero 2.1 Il
transessualismo universale 2.2 La
liberazione omosessuale in chiave marxista 2.3 Rilettura
della psicanalisi 2.4 Il
tema della pedofilia 2.5 Il
tema dell'alterazione psichica, della follia 3 Opere
4 Teatro
5 Film
su Mario Mieli 6 Note
7 Bibliografia
8 Voci
correlate 9 Altri
progetti 10 Collegamenti
esterni Biografia Mario Mieli nacque a Milano nel 1952, penultimo dei sette
figli di Walter Mieli e di Liderica Salina. Il padre, ebreo e originario di
Alessandria d'Egitto, viveva a Milano dalla metà degli anni venti e aveva
fondato con successo un'azienda di filati, divenuta in seguito una delle più
importanti nella torcitura e nella lavorazione della seta. La madre, milanese,
era insegnante di lingue.[2][3] Sposati dal 1936, durante la seconda
guerra mondiale i coniugi Mieli erano sfollati a Lora, frazione di Como. Mario
crebbe in questa cittadina, pur mantenendo forti legami con Milano dove il
padre continuava a lavorare e a risiedere.[3] Il giovane Mario si stabilì
definitivamente nel capoluogo lombardo quando si iscrisse al liceo classico
Giuseppe Parini, raggiunto due anni dopo dalla sorella minore Paola, alla quale
fu sempre molto legato. Già in questi anni diede dimostrazione della sua viva
intelligenza e dichiarò la propria omosessualità. Secondo quanto testimoniato
dal compagno Milo De Angelis, nel 1969 fondò un circolo di poesia che divenne
anche un luogo di incontro per omosessuali. Fu pienamente coinvolto nella
contestazione ed evocò questo periodo nel suo romanzo autobiografico Il
risveglio dei faraoni.[3] A causa della sua miopia fu esonerato dal
servizio militare e nel 1971, alla fine del liceo, si trasferì a Londra per
perfezionare l'inglese, come già avevano fatto altri suoi familiari.[3] Qui
frequentò il "Gay Liberation Front"[2] venendo a contatto con
l'attivismo omosessuale nella sua fase più intensa, subito dopo i moti di
Stonewall. Tornato in Italia nel 1971, a soli 19 anni fu, insieme ad Angelo
Pezzana, tra i soci fondatori del celebre Fuori! a Torino, prima associazione
italiana del movimento di liberazione omosessuale italiano. Convinto
assertore di una rivoluzione gay in chiave marxista,[4] nel 1974 si allontanò
dal Fuori! insieme a tutta la cellula milanese dell'associazione quando questa
si legò al Partito Radicale. Nello stesso anno fondò a Milano i
Collettivi Omosessuali Milanesi e nel 1976 i Collettivi parteciparono al
Festival del proletariato giovanile di Parco Lambro, dove Mieli lanciò dal
palco lo slogan Lotta dura, Contronatura!. Si laureò in filosofia morale con
una tesi, poi pubblicata con modifiche, da Einaudi nel 1977 con il titolo di
Elementi di critica omosessuale e che divenne un fondamento delle teorie di
genere in Italia e, in misura minore, all'estero, venendo tradotto e pubblicato
in inglese nel 1980 con il titolo Homosexuality and liberation: elements of a
gay critique ed in spagnolo con il titolo Elementos de crítica homosexual nel
1979 dall'editrice Anagrama. Elementi fu uno dei testi base dei collettivi
autonomi gay.[2] Mario Mieli fu uno dei primi a contestare apertamente le
categorie di genere vestendosi quasi sempre con abiti femminili. Nel frattempo
si dedicava al teatro, destando scandalo nella mentalità dell'epoca con opere
come lo spettacolo La Traviata Norma. Ovvero: Vaffanculo... ebbene sì! (1976).
Dava volutamente scandalo anche per il modo in cui si presentava, utilizzò
anche immagini e ruoli per portare avanti la propria battaglia dei diritti
individuali inalienabili. Nel corso della sua esistenza, cercò di superare i
limiti, fece uso di droghe e si dette a pratiche sempre più estreme, inclusa la
coprofagia. Nel 1974, durante un viaggio a Londra, Mieli, vicino già
all'antipsichiatria, iniziò a interessarsi di psicoanalisi; in dicembre fu
nuovamente arrestato, quando, seminudo e in preda a una crisi psichica, fu
fermato nell'aeroporto di Heathrow, in cerca di un poliziotto con cui avere un
rapporto sessuale. Prima venne incarcerato, poi messo nella sezione
psichiatrica del Marlborough Day hospital, assistito dai familiari venuti
dall'Italia in attesa del processo.[5] Venne ricondotto a Milano, dopo la
condanna a pagare una multa, e ricoverato in una clinica psichiatrica per un
mese. Una volta dimesso, su consiglio del suo psicoanalista Giovanni Carlo
Zapparoli, i genitori gli diedero un appartamento autonomo. L'anno seguente
viaggiò ad Amsterdam e di nuovo a Londra e si laureò con lode in filosofia.
Poco dopo lasciò l'appartamento che gli avevano trovato e interruppe la terapia
psichiatrica.[5] Al V congresso del Fuori!, che sancì la sua rottura col
movimento e con Angelo Pezzana, Mieli prese la parola, si dichiarò transessuale
e parlò della sua esperienza di malattia mentale («sono stato definito uno
schizofrenico paranoide, sono stato in ospedale, in manicomio per questo
motivo») e di omosessualità.[6][5] Dopo questo periodo si dedicò alla stesura
degli Elementi di critica omosessuale. Negli ultimi anni di vita si
dedicò all'esoterismo e all'alchimia, abbastanza isolato dal resto del
movimento omosessuale, e lavorando al romanzo Il risveglio dei faraoni,
pubblicato postumo nel 1994.[5] Morì suicida infilando la testa nel forno
della sua abitazione di Milano nel 1983 all'età di soli 30 anni, dopo un lungo
periodo di depressione. Tra i motivi del suo gesto estremo fu l'ostruzionismo
che il padre, influente industriale milanese, aveva fatto per impedire la
pubblicazione della sua ultima opera, Il risveglio dei faraoni, ritenendolo
troppo autobiografico e lesivo dell'onore famigliare.[7][8] A lui è intitolato
il Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli sorto a Roma nello stesso anno
della morte. Il pensiero Il transessualismo universale Il pensiero di
Mario Mieli consiste nel ritenere che ogni persona è potenzialmente
transessuale se non fosse condizionata, fin dall'infanzia, da un certo tipo di
società che, attraverso quella che Mieli chiamava "educastrazione",
costringe a considerare l'eterosessualità come "normalità" e tutto il
resto come perversione. Per transessualità Mieli non intende quello che si
intende oggi nella comune accezione del termine, ma l'innata tendenza polimorfa
e "perversa" dell'uomo, caratterizzata da una pluralità delle tendenze
dell'Eros e da l'ermafroditismo originario e profondo di ogni
individuo.[9] La liberazione omosessuale in chiave marxista Mieli fu tra
i primi studiosi ed attivisti del Movimento di Liberazione Omosessuale
Italiano, accanto a Ferruccio Castellano, Massimo Consoli, Elio Modugno e
Angelo Pezzana. Tutti partivano dalla certezza che la liberazione
dall'ancestrale omofobia dovesse fondarsi sulla consapevolezza della propria
identità, censurata fin dalla nascita dalla cultura dominante, da loro ritenuta
antropologicamente sessuofoba e pervicacemente omofoba. Da queste basi
partivano per abbattere la discriminazione plurisecolare nei confronti di chi
non si identificava nella sessualità assiomaticamente definita come naturale e
normale. Mieli abbracciò immediatamente il marxismo, cercando di rimodularlo
sulle istanze della lotta di liberazione ed emancipazione omosessuale e
ritenendo la società capitalista intrinsecamente omofoba. Rilettura della
psicanalisi Negli Elementi di critica omosessuale, Mieli volle rielaborare alcuni
degli spunti teorici della teoria della sessualità di Freud, attraverso la
lettura che, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, ne aveva fatto Herbert Marcuse.
Marcuse, infatti, in opere come Eros e civiltà (1955) e L'uomo a una dimensione
(1964), aveva voluto fondere marxismo e psicanalisi.[10] Fu proprio Freud,
infatti, a sostenere che l'orientamento sessuale poteva prendere qualsiasi
"direzione", riconducendo "eterosessualità" e
"omosessualità" a semplici varianti della sessualità umana in senso
lato. Una non escluderebbe l'altra, e anzi, in potenza, tutti saremmo
pluri-sessuali, "polimorfi" o, più semplicemente,
bi-sessuali.[10] In base a questa riflessione, Mieli riteneva che si
dovesse denunciare come assurda e inconsistente l'opposizione ideologica
"eterosessuale" vs "omosessuale", essendo viziato il
principio stesso di "mono-sessualità". A questa prospettiva
unilaterale, che riteneva incapace di cogliere la natura ambivalente e dinamica
della dimensione sessuale, Mieli ha preferito opporre un principio di eros
libero, molteplice e polimorfo.[10] Per Mieli era tragicamente ridicola «la
stragrande maggioranza delle persone, nelle loro divise mostruose da maschio o
da "donna" [...]. Se il travestito appare ridicolo a chi lo incontra,
tristemente ridicolissima è per il travestito la nudità di chi gli rida in
faccia». Tim Dean, psicoanalista dell'Università di Buffalo, che redasse
l'appendice dell'edizione Feltrinelli di Elementi di critica omosessuale,
affermava: «Nel processo politico di ristrutturazione della società (...) Mieli
non esita a includere nel suo elenco di esperienze redentive la pedofilia, la
necrofilia e la coprofagia» e «ridefinisce drasticamente il comunismo
descrivendolo come riscoperta dei corpi (...) In questa comunicazione alla
Bataille di forme materiali, la corporeità umana entra liberamente in relazioni
egualitarie multiple con tutti gli esseri della terra, inclusi "i bambini
e i nuovi arrivati di ogni tipo, corpi defunti, animali, piante, cose"
annullando "democraticamente" ogni differenza non solo tra gli esseri
umani ma anche tra le specie». A questa rivoluzione sociale sono di
ostacolo determinati elementi, ritenuti da Mieli come «pregiudizi di certa
canaglia reazionaria» che, trasmessi con l'educazione, hanno la colpa di «trasformare
troppo precocemente il bambino in adulto eterosessuale». Il tema della
pedofilia Da provocatore dei "benpensanti", quale è stato tutta la
breve vita,[5][11] facendo esplicitamente riferimento a Sigmund Freud, Mieli
affrontò a modo suo anche il tema della sessualità infantile, per questo
andando incontro a forti critiche. I bambini, secondo il pensiero di Mieli,
potevano "liberarsi" dai pregiudizi sociali e trovare la
realizzazione della loro "perversità poliforme" grazie ad adulti consapevoli
di quanto sopra asserito: «Noi checche rivoluzionarie sappiamo vedere nel
bambino non tanto l'Edipo, o il futuro Edipo, bensì l'essere umano
potenzialmente libero. Noi, sì, possiamo amare i bambini. Possiamo desiderarli
eroticamente rispondendo alla loro voglia di Eros, possiamo cogliere a viso e a
braccia aperte la sensualità inebriante che profondono, possiamo fare l'amore
con loro. Per questo la pederastia è tanto duramente condannata: essa rivolge
messaggi amorosi al bambino che la società invece, tramite la famiglia,
traumatizza, educastra, nega, calando sul suo erotismo la griglia edipica. La
società repressiva eterosessuale costringe il bambino al periodo di latenza; ma
il periodo di latenza non è che l’introduzione mortifera all’ergastolo di una
«vita» latente. La pederastia, invece, «è una freccia di libidine scagliata
verso il feto» (Francesco Ascoli)» (Elementi di critica omosessuale, pag.
62, 2002) Nella nota 88 si legge: «Per pederastia intendo il desiderio
erotico degli adulti per i bambini (di entrambi i sessi) e i rapporti sessuali
tra adulti e bambini. Pederastia (in senso proprio) e pedofilia vengono
comunemente usati come sinonimi» (Elementi di critica omosessuale, pag. 62,
2002) Il tema dell'alterazione psichica, della follia Mieli faceva uso di sostanze
stupefacenti, attraverso le quali mirava a superare lo stato di normalità in
cui riteneva le persone intrappolate.[11] Riteneva che nevrosi, follia,
paranoia, delirio e, soprattutto, la schizofrenia, al pari dell'omosessualità
fossero caratteristiche latenti in tutti gli esseri umani e, con riferimento a
Jung, che tali condizioni permettessero «la (ri)scoperta di quella parte di noi
che Jung definirebbe “Anima” oppure “Animus”».[5] In riferimento
all'omosessualità, Mieli considerava che potesse essere una porta verso il lato
inesplorato della personalità, in analogia con la follia: «La paura
dell’omosessualità che distingue l’homo normalis è anche terrore della “follia”
(terrore di se stesso, del proprio profondo). Così, la liberazione omosessuale
si pone davvero come ponte verso una dimensione decisamente altra: i francesi,
che chiamano folles le checche, non esagerano».[5] Opere Comune futura,
con Francesco Santini, 1974 (pamphlet) Elementi di critica omosessuale,
Einaudi, Torino, 1977 Elementi di critica omosessuale, a cura di Gianni Rossi
Barilli e Paola Mieli, Feltrinelli, Milano, 2002 Elementi di critica
omosessuale, a cura di Gianni Rossi Barilli e Paola Mieli, Feltrinelli, Milano,
2017[12] Towards a Gay Communism, pubblicazione pirata, Londra, 1980 (pamphlet)
Towards a Gay Communism, Pluto Press, Londra, 2018[13] Il risveglio dei
faraoni, preservato da Marc de' Pasquali e Umberto Pasti, Cooperativa Colibri,
Milano, 1994 Il risveglio dei faraoni, a cura di Alfonso Sarrio Solidago, dR
Edizioni, Milano, 2018[14] Oro, eros e armonia, a cura di Gianpaolo Silvestri e
Antonio Veneziani, Edizioni Croce, 2002 Oro, eros e armonia, a cura di
Gianpaolo Silvestri e Antonio Veneziani, Edizioni Croce, 2012[15] E adesso, a
cura di Silvia De Laude, Edizioni Clichy, 2016[16] Teatro La Traviata Norma.
Ovvero: Vaffanculo... ebbene sì!, 1977 Film su Mario Mieli Gli anni amari,
regia di Andrea Adriatico (2019) Note ^ Tommaso Giartosio, Perché non possiamo
non dirci: letteratura, omosessualità, mondo, Feltrinelli Editore, 2004, ISBN
9788807103681. URL consultato il 19 settembre 2017. Gianni Rossi Barilli,
Il movimento gay in Italia, Feltrinelli Editore, 1999, ISBN 9788807815591. URL
consultato il 19 settembre 2017. Laura Schettini, Mario Mieli, in
Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, 2015. URL consultato il 23 dicembre 2017. ^ Mario Mieli, Ideologia.
Progetto omosessuale rivoluzionario, in Elementi di critica omosessuale
MIELI, Mario di Laura Schettini - Dizionario Biografico degli Italiani, in
Treccani, 2015. URL consultato il 18 settembre 2018. ^ Trascrizione del suo
intervento in 5º congresso nazionale del “Fuori!”, in Fuori!, V, 1976, 16, pp.
16 s. ^ http://www.francobuffoni.it/files/pdf/gp_leonardi_mieli.pdf ^ Mieli,
artista contro la violenza, in La Stampa, 16 marzo 1983. URL consultato il 5
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Mario Mieli, estremo e dimenticato. Storia di un intellettuale provocatore., in
Treccani Il tascabile, 2018. URL consultato il 18 settembre 2018. ^ Mieli,
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URL consultato il 20 settembre 2018. ^ Mario Mieli, Il risveglio dei Faraoni,
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dall'url originale il 20 settembre 2018). ^ Silvestri, Gianpaolo, 1952-,
L'ultimo Mario Mieli : Oro Eros Armonia : contributi di Ivan Cattaneo e Antonio
Veneziani, 2 ed. riveduta e corretta, Libreria Croce, 2012, ISBN 9788864021591,
OCLC 955245519. URL consultato il 20 settembre 2018. ^ De Laude, Silvia,, Mario
Mieli : e adesso, ISBN 9788867991884, OCLC 958364206. URL consultato il 20
settembre 2018. Bibliografia Angelo Pezzana (a cura di). La politica del corpo.
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2008. Voci correlate Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli Fuori! LGBT
Marc de' Pasquali Movimento di liberazione omosessuale Omosessualità Queer
Storia dell'omosessualità in Italia Studi di genere Teoria queer
Transessualismo Altri progetti Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene
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in italiano, su culturagay.it. Chi era Mario Mieli (articolo sul portale
gay.tv), su gay.tv (archiviato dall'url originale il 12 maggio 2009). Circolo
di cultura omosessuale "Mario Mieli", su mariomieli.org. Controllo di
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secoloNati nel 1952Morti nel 1983Nati il 21 maggioMorti il 12 marzoNati a
MilanoMorti a MilanoAttivisti per i diritti delle persone LGBT in ItaliaStudi
di genereTeoria queerMorti per suicidioPedofiliaTrans*PederastiaPersone che
hanno fatto coming outNecrofilia[altre]
Miraglia Luigi Miraglia
(politico) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to
search Luigi Miraglia Senatore del Regno d'Italia Dati generali Professione docente universitario
Luigi Miraglia (31 maggio 1846[1] – Napoli, 23 settembre 1903) è stato un
giurista, filosofo e politico italiano, senatore del Regno nella XXI
Legislatura. Indice 1 Biografia 2 Pubblicazioni
3 Note
4 Bibliografia
5 Voci
correlate 6 Collegamenti
esterni Biografia Si laureò all'Università di Napoli, dopodiché insegnò
filosofia del diritto nella stessa università, ed economia politica alla Scuola
superiore di agricoltura di Portici.
Seguì una corrente di pensiero eclettica, ad esso contemporanea, che mirava
all'integrazione di pratiche giuridiche ed ispirazioni filosofiche. Fu sindaco
di Napoli dal 30 novembre del 1901 fino al giorno della sua scomparsa, avvenuta
due anni dopo. Pubblicazioni Tra le più
famose si ricordano: Condizioni storiche
e scientifiche del diritto di preda (Napoli, 1871); I principî fondamentali dei
diversi sistemi di filosofia del diritto e la dottrina etico-giuridica di G. F.
Hegel (Napoli, 1873); Filosofia del diritto (2ª ed., Napoli, 1893). Note ^
Nella sua biografia ufficiale per la Treccani è nato a Reggio nell'Emilia,
mentre nella sua scheda storico-professionale sul sito del Senato si riporta a
Reggio di Calabria Bibliografia Giuseppe Ermini, MIRAGLIA, Luigi, in
Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1934,
luigi-miraglia. URL consultato il 31 ottobre 2014.Modifica su Wikidata Voci
correlate Luigi Miraglia (latinista) Sindaci di Napoli Senatori della XXI
legislatura del Regno d'Italia Collegamenti esterni Luigi Miraglia, su
Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Modifica su Wikidata Opere di Luigi Miraglia, su openMLOL, Horizons Unlimited
srl. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Luigi Miraglia, su Open Library,
Internet Archive. Modifica su Wikidata Luigi Miraglia, su Senatori d'Italia,
Senato della Repubblica. Modifica su Wikidata Controllo di autorità VIAF (EN) 37295755 · ISNI (EN) 0000 0001
0718 3629 · LCCN (EN) no2002077069 · BAV (EN) 495/231502 · WorldCat Identities
(EN) lccn-no2002077069 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia
Politica Portale Politica Università Portale Università Categorie: Giuristi
italiani del XIX secoloFilosofi italiani del XIX secoloPolitici italiani del
XIX secoloNati nel 1846Morti nel 1903Nati il 31 maggioMorti il 23 settembreMorti
a NapoliInsegnanti italiani del XIX secoloSenatori della XXI legislatura del
Regno d'ItaliaSindaci di Napoli[altre]
Misefari Bruno Misefari Da Wikipedia,
l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Bruno Misèfari al
confino di Ponza, nei primi anni trenta Bruno Misefari conosciuto anche con lo
pseudonimo anagrammatico Furio Sbarnemi (Palizzi, 17 gennaio 1892 – Roma, 12
giugno 1936) è stato un anarchico, filosofo, poeta e ingegnere italiano.
All'anagrafe Bruno Vincenzo Francesco Attilio Misefari[1], era fratello di Enzo
(politico calabrese del P.C.I., storico e poeta), di Ottavio (calciatore
reggino tra i più conosciuti nei primi anni del secolo; giocò nella Reggina e
nel Messina) e di Florindo (biologo, attivista della Lega Sovversiva Studentesca
e del gruppo "Bruno Filippi"). Indice 1 Biografia 1.1 Gioventù 1.2 Anni
venti - Il ritorno in Italia 1.3 Anni
trenta 2 Il
pensiero 2.1 Chi
sono gli anarchici 2.2 Antimilitarismo
2.3 Religione
2.4 La
Donna 2.5 Arte
2.6 Frammenti
3 Opere
complete 4 Note
5 Bibliografia
6 Altri
progetti 7 Collegamenti
esterni Biografia Gioventù Dopo aver frequentato la scuola elementare del
piccolo paese di nascita in provincia di Reggio Calabria, a undici anni si
trasferì con lo zio proprio a Reggio Calabria. Già da adolescente, influenzato
dalle frequentazioni di socialisti e anarchici in casa dello zio, partecipò
attivamente alla fondazione e allo sviluppo di un circolo giovanile socialista
(intitolato ad A. Babel, rivoluzionario tedesco dell'Ottocento)[2]. Iniziò a
collaborare al giornale Il Lavoratore, organo della Camera del Lavoro di Reggio
Calabria, firmando gli articoli come "Lo studente". Collaborò nello
stesso periodo a Il Riscatto, periodico socialista-anarchico stampato a
Messina; e con Il Libertario, stampato a La Spezia e diretto da Pasquale
Binazzi. Il 5 marzo 1912, a causa della sua attività antimilitarista esercitata
all'interno del Circolo contro la Guerra italo-turca, fu arrestato e condannato
a due mesi e mezzo di carcere per «istigazione alla pubblica
disobbedienza»[3]. Fu nei due anni successivi che Bruno si convertì dal
socialismo all'anarchia. Ciò avvenne soprattutto con la frequentazione (già dal
1910) da parte di Giuseppe Berti, suo professore di fisica presso
l'"Istituto Tecnico Raffaele Piria"[3][4]. Nel 1912 si trasferì
a Napoli e si iscrisse al Politecnico, dopo avere studiato fisica e matematica
alle superiori, e anche per non dispiacere al padre, proseguì tali studi[4].
Pesò inoltre su questa decisione il fatto che in quegli anni, dopo la tragica
distruzione della città di Reggio Calabria a causa del terremoto del 1908, il
lavoro che garantiva le maggiori certezze era proprio quello dell'ingegnere[4].
Nondimeno continuò per proprio conto gli studi a lui prediletti: politica,
filosofia, letteratura, come aveva fatto fino ad allora. A Napoli si fece
subito avanti nell'ambiente anarchico[3]. Il movimento a Napoli contava allora
di un centinaio di aderenti[4]. Nel 1915 si rifiutò di partecipare al
corso allievi ufficiali a Benevento e fu condannato a quattro mesi di carcere
militare. Diserterà una seconda volta il 28 settembre 1916, trovando rifugio
nella campagna del beneventano in casa di un contadino. Tornato a Reggio
Calabria, il 5 marzo 1916 interruppe una manifestazione interventista nella
centrale Piazza Garibaldi, salendo sul palco e pronunciando un discorso
antimilitarista[3]. Venne per questo motivo arrestato e condotto presso il
carcere militare di Acireale; sette mesi dopo venne trasferito presso quello di
Benevento[3]. Da lì riuscì ad evadere grazie alla complicità di un amico
secondino[3]. Fu tuttavia intercettato alla frontiera del confine svizzero;
ancora incarcerato, riuscì nuovamente nella fuga nel giugno del 1917[4].
Il 19 giugno 1917 toccò il territorio svizzero, ma i gendarmi lo condussero al
carcere di Lugano[4]. Giunte dalla Calabria le informazioni su di lui, essendo
un uomo politico, dopo quindici giorni fu lasciato libero con la facoltà di
scegliere il luogo di residenza. Indicò subito Zurigo, dove sapeva di potere rintracciare
Francesco Misiano, suo caro amico e noto esponente politico socialista[4],
anche lui accusato di diserzione[3]. A Zurigo trovò ospitalità presso la
famiglia Zanolli, dove si innamorò della giovane Pia, che diventerà sua
compagna di vita. Durante il periodo di esilio in Svizzera, Bruno
svolgeva attività politica tenendo i contatti con Luigi Bertoni e con altri
gruppi anarchici elvetici, collaborando anche al giornale: Il Risveglio
Comunista Anarchico. Svolse una serie di conferenze in varie città della
Svizzera. Bruno si autoannunciava con un suo pseudonimo anagrammatico Furio
Sbarnemi[3][4]. A Zurigo frequenta la Cooperativa socialista di Militaerstrasse
36[3] e la libreria internazionale di Zwinglistrasse gestita dai disertori
Giuseppe Monnanni, Francesco Ghezzi e Enrico Arrigoni; in questi ambienti
conosce anche Angelica Balabanoff[3]. Il 16 maggio 1918 venne arrestato
per un complotto inventato dalla polizia[4]. Fu incolpato innocentemente con
l'accusa di avere fomentato una rivolta nella città[4] e di «aver fabbricato
bombe a scopo rivoluzionario»[3]. Con lui furono arrestati diversi attivisti
politici, tra i quali lo stesso Francesco Misiano (che fu poi rilasciato perché
socialista e non anarchico[4]). Rimase in carcere per sette mesi, e venne poi
espulso dalla Svizzera nel luglio 1919. Grazie ad un regolare passaporto per la
Germania, ottenuto per ragioni di studio[3], si recò a Stoccarda. Lì entrò in
contatto con Clara Zetkin[4] (che gli rilascia una lunga intervista sul
movimento rivoluzionario in Germania[3]) e Vincenzo Ferrer[4]. Nell'ottobre nel
1919 poté rientrare in patria, in seguito all'amnistia promulgata dal governo
Nitti. Nel dicembre del 1919 è a Napoli e poi a Reggio Calabria. Anni
venti - Il ritorno in Italia Il 1920 fu un periodo intenso per la vita
militante di Bruno Misefari. A Napoli partecipò come oratore a molte
manifestazioni, si prodigò a favore dei suoi compagni colpiti dalla
repressione, denunciò le provocazioni della polizia; tenne numerose conferenze
e comizi[4][5]. Con il dentista anarchico Giuseppe Imondi, stampò alcuni numeri
del giornale: L'Anarchia. In autunno fu chiamato a Taranto a svolgere il
compito di segretario propagandista presso la locale Camera del Lavoro
Sindacale. Tra la fine del 1920 e l'inizio del 1921 ebbe stretti contatti con
Errico Malatesta, Camillo Berneri, Pasquale Binazzi, Armando Borghi, Giuseppe
Di Vittorio e altri esponenti dell'anarchismo e del sovversivismo italiano[4].
Nel 1921 si impegnò su più fronti per la campagna a favore degli anarchici
Sacco e Vanzetti[4][5]. Nello stesso periodo (1920-21) fu corrispondente di:
Umanità Nova, settimanale anarchico diretto da Errico Malatesta e collaborò al
periodico: L'Avvenire Anarchico di Pisa. Nel 1922 Bruno Misefari continuò
i suoi studi a Napoli con qualche salto a Reggio Calabria con la sua compagna
Pia Zanolli[6] (che sposò nel 1931). Il 18 agosto 1923 si laureò in ingegneria
presso il Politecnico di Napoli[4][5]. Successivamente si iscrisse anche alla
facoltà di filosofia. Nonostante l'avvento del fascismo, nel 1924 fondò
un giornale libertario, L'Amico del popolo, che però dopo il quarto numero fu
soppresso dalle autorità. Nel primo numero del giornale, Bruno Misefari scrisse
un editoriale dal titolo Chi sono e cosa vogliono gli anarchici.[7] Lo scritto
è l'espressione del suo pensiero libertario: «L'anarchismo è una tendenza
naturale, che si trova nella critica delle organizzazioni gerarchiche e delle
concezioni autoritarie, e nel movimento progressivo dell'umanità e perciò non
può essere una utopia.» (Bruno Misefari - L'Amico del Popolo) Da esperto
di geologia, progettò per primo in Calabria l'industria del vetro e fondò nel
1926 a Villa S.Giovanni, la prima vetreria in Calabria (Società Vetraria
Calabrese). In quegli stessi anni subì però persecuzioni continue da parte del
regime. Fu cancellato dall'Albo di categoria e non poté più firmare
progetti[4]. Gli venne mossa l'accusa di avere «attentato ai poteri dello
Stato, per il proposito di uccidere il re e Mussolini»[4][5]. Fu prosciolto dopo
venticinque giorni di carcere[4][5]. Anni trenta Nel 1931, la polizia
ravvisò in un discorso di commemorazione durante il funerale di un amico (tra
l'altro un industriale fascista, Giuseppe Zagarella) un'ispirazione anarchica e
pertanto lo propose per l'assegnazione al confino. Il 31 marzo 1931 fu
arrestato, in carcere si sposò con Pia Zanolli, in luglio fu inviato per il
confino, prigioniero a Ponza. Tuttavia sembra che tale provvedimento fosse
stato determinato da altri motivi. Misefari, che era ingegnere minerario, si
era attivamente impegnato nello sfruttamento su larga scala di giacimenti di
quarzo, materia prima per l'industria vetraria, che fino a quell'epoca
dipendeva, in gran parte, dai silicati stranieri. Bruno Misèfari
Assunto come direttore tecnico della Società Vetraria Calabrese (di cui era
stato finanziatore e Presidente il succitato Zagarella) egli si era dovuto ben
presto scontrare con l'assenteismo e l'inettitudine del consiglio di
amministrazione che si schierò contro di lui con l'intenzione di eliminarlo in
qualsiasi modo, ricorrendo anche ad espedienti politici[4][8]. Giustizia e
Libertà, in un articolo anonimo datato 21 dicembre 1933 dal titolo «Politica e
affarismo. Il caso di un ingegnere libertario», attribuisce la causa del confino
alle manovre dei suoi ex soci[8]. Durante il confino stringe amicizia con
Domizio Torrigiani, Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia, il quale lo
affilia alla Massoneria[8]. L'amnistia del decennale del fascismo lo
liberò dal confino dopo due anni. Ma tornato in Calabria vide il vuoto
intorno a sé; scrive infatti a sua moglie: "Amnistiato sì, però a quale
prezzo: la salute sconquassata, senza un soldo, senza prospettive per
l'avvenire"[4]. Nel novembre del 1933 gli viene diagnosticata l'esistenza
di un tumore alla testa. Nel 1934 va e viene con la moglie da Zurigo a Reggio
Calabria. Nel 1935 riesce a trovare il capitale necessario per l'impianto di
uno stabilimento per lo sfruttamento della silice a Davoli (in provincia di
Catanzaro)[4]. Nel 1936 le sue condizioni di salute peggiorano a causa
del tumore. Il 12 giugno 1936 perde conoscenza, viene ricoverato in stato
gravissimo nella clinica romana del Senatore Giuseppe Bastianelli, e lì si
spense la sera stessa. Il pensiero Bruno Misefari, ancora ragazzo,
studente, cominciò a ribellarsi contro l'ingiustizia del mondo che lo
circondava: Palizzi Superiore, un paese tra i monti dove il castello feudale
dei signori locali dominava la valle, dove si ammucchiavano piccole e povere
case desolate di contadini. E si ribellò a quel mondo, costruito secondo
quell'immagine topografica che portava impresso nella memoria: sopra, chi
comanda e non lavora, sotto, chi subisce e lavora. E ancora ragazzo cominciò a
sognare un mondo in cui quella gerarchia fosse sovvertita prima, distrutta poi.
Poteva scegliere di ispirarsi al socialismo marxistico o al socialismo
libertario. Del primo apprezzava l'analisi dell'antagonismo tra le classi, ma
mostrava perplessità circa i mezzi proposti dalla diagnosi marxistica per
fronteggiare il pericolo di una rivincita dell'avversario di classe. Inclinò
perciò verso il socialismo libertario. «Nel comunismo libertario io sarò
ancora anarchico? Certo. Ma non di meno sono oggi un amante del comunismo.
L'anarchismo è la tendenza alla perfetta felicità umana. esso dunque è, e sarà
sempre, ideale di rivolta, individuale o collettivo, oggi come domani.»
(Bruno Misefari - Taccuino personale) La scelta della diserzione fu coerente
con il suo obiettivo di combattere non la guerra degli stati, ma a fianco degli
oppressi di tutto il mondo contro il loro nemico, tenendo alta la bandiera
dell'internazionalismo. Pur sottoposto senza tregua alla persecuzione della
polizia e all'inquisizione della magistratura, fu sempre al suo posto accanto a
coloro che lavoravano e soffrivano. Come ogni rivoluzionario sincero e
coerente, pagò col carcere e col confino la sua fede in un ideale. Chi
sono gli anarchici Secondo Bruno Misefari, essere anarchici voleva dire per
prima cosa proclamare, contro ogni violenza, l'inviolabilità della vita umana.
Inoltre significava lottare per l'abolizione della proprietà privata e a favore
della socializzazione dei mezzi di produzione e di scambio. Proprio per questo
gli anarchici sono, di fondo, dei socialisti. A questo esperimento di vita
sociale andava affiancata la lotta contro lo Stato, che ne impediva la
realizzazione. E la lotta contro lo Stato non poteva essere vittoriosa se non
con la rivoluzione. Dunque gli anarchici sono socialisti, antistatali e
rivoluzionari. Elemento fondamentale della lotta, secondo Misefari, era
l'allargamento di essa alla sfera internazionale. È comunque una lotta che non
si fa violenta. Misefari è fortemente pacifista, contrario all'uso della forza
e della violenza armata. L'anarchico è inoltre antireligioso: la religione
infatti è considerata "fattore di abbrutimento per l'umanità".
Antimilitarismo Per Misefari la guerra è pura barbarie, speculazione
capitalistica consumata in nome dello Stato. «L'esistenza del militarismo
è la dimostrazione migliore del grado di ignoranza, di servile sottomissione,
di crudeltà, di barbarie a cui è arrivata la società umana. Quando della gente
può fare l'apoteosi del militarismo e della guerra senza che la collera
popolare si rovesci su di essa, si può affermare con certezza assoluta che la
società è sull'orlo della decadenza e perciò sulla soglia della barbarie, o è
una accolita di belve in veste umana.» Religione La religione è
considerata come un anestetico delle facoltà critiche della mente umana.
Sarebbe proprio la religione a imprigionare le energie morali dell'uomo, a
inebetire lo spirito critico e di riflessione. Perciò i popoli più religiosi
sarebbero i meno progrediti e i più afflitti dalla tirannia, mentre, laddove la
religione sparisce, lì è florida la libertà e il benessere. «È il più
solido puntello del capitalismo e dello Stato, i due tiranni del popolo. Ed è
anche il più temibile alleato dell'ignoranza e del male.» La Donna È
forte nel pensiero di Misefari la volontà di sottolineare l'uguaglianza sociale
tra uomo e donna. In anni difficili e lontani dalle battaglie del femminismo di
metà Novecento, egli afferma che la donna nobilita e abbellisce la condizione
di vita umana. È dovere della donna lottare per risollevarsi da una condizione
di inferiorità, che è tale in virtù di un "delitto sociale" e non
dovuta a leggi di natura. «Donne, in voi e per voi è la vita del mondo:
sorgete, noi siamo uguali!» Arte Misefari vive di sogni, di ideali. Nella
sua concezione non esiste un artista, che sia poeta, filosofo, persino
scienziato, che si sia mai messo al servizio della menzogna. Se tutti potevano
essere vili, un artista non poteva. «Un poeta o uno scrittore, che non
abbia per scopo la ribellione, che lavori per conservare lo status quo della
società, non è un artista: è un morto che parla in poesia o in prosa. L'arte
deve rinnovare la vita e i popoli, perciò deve essere eminentemente
rivoluzionaria.» Poesia composta nel 1912 da Bruno Misefari: FALCO
RIBELLE «Un giovane falco che drizza il libero volo Ne l'alto, ove sono i
fulgori di soli immortali Un giovane falco ribelle o piccoli, io sono. Mi
spinge ne' campi ignorati, un acre desio Di sante ideali battaglie, di luce e
di gloria. Mi splende nell'occhio la speme di certe vittoria, Mi parla nel core
la voce sinfonica, dolce D'un caro sublime Pensiero, ch'è Bene ed Amore. Ho
giovini l'ale e robuste, o venti, o cicloni, O fulmini immani feroci, vi lancio
la sfida. Voi soli potete pugnare col giovine falco, Chè Luce, chè Forza, chè
Vita multanime siete. Ma voi, piccoli, no. Coi vermi guazzate nel fango, Dal
fango mirate del falco il libero volo.» Frammenti «Prima di pensare di
rivoluzionare le masse, bisogna essere sicuri di aver rivoluzionato noi
stessi» «Ogni uomo è figlio dell'educazione e della istruzione che riceve
da fanciullo» «Gli Anarchici non seguono le leggi fatte dagli uomini -
quelle non li riguardano - seguono invece le leggi della natura» «Prima
l'educazione del cuore, poi l'educazione della mente» «Socialismo vuol
dire uguaglianza, vuol dire libertà. Ma l'uguaglianza non può essere senza
libertà; come la libertà non può essere senza l'uguaglianza: dunque socialismo
e anarchia sono due termini dello stesso binomio, sono i due inseparabili
fattori della redenzione proletaria.» «Quando la giustizia non sarà la
durda infame delle tirannidi, quando l'amore non sarà deriso, quando il ferro
non sarà legge e l'oro non sarà dio, quando la libertà sarà religione e sola
nobiltà il lavoro, allora, solo allora, il mio rifiuto della guerra sarà
benedetto.» «M'è questa notte eterna assai men grave del dì che mi mostrò
viltà dei forti e pecorilità di plebi schiave. Lungi da quì il pianto: sto ben
coi morti!» (epitaffio) Opere complete Bruno Misefari, Schiaffi e
carezze, Roma, Morara, 1969. Bruno Misefari, Diario di un disertore, La Nuova
Italia, 1973., Entrambi i testi sono stati pubblicati postumi sotto lo
pseudonimo Furio Sbarnemi. Note ^ Le schede biografiche di alcuni
esponenti anarchici calabresi, A/Rivista Anarchica, febbraio 2011. URL consultato
il 2 marzo 2018. ^ Antonioli, p.190. Antonioli, p.191. E.
Misefari. Antonioli, p.192. ^ Pia Zanolli era nata a Belluno il 21
ottobre 1896. Dopo il matrimonio con Misefari, fu iscritta nell'albo dei
sovversivi pericolosi, venendo poi arrestata col marito a Domodossola nel
dicembre 1919. (cfr.: A/Rivista Anarchica) ^ Chi sono e cosa vogliono gli
anarchici, ed. settembre 2010. Antonioli, p.193. Bibliografia Pia
Zanolli, L'Anarchico di Calabria, Roma, La Nuova Italia, 1972. Bruno Misefari,
Utopia? No, a cura di Pia Zanolli, Roma, ALBA Centro Stampa, 1976. Enzo
Misefari, Bruno, biografia di un fratello, Milano, Zero in condotta, 1989.
Maurizio Antonioli, Gianpietro Berti, Santi Fedele, Pasquale Luso, Dizionario
biografico degli anarchici italiani - Volume 2, Pisa, Biblioteca Franco
Serantini, 2004, ISBN 88-86389-87-6. Bruno Misefari, Schiaffi, Carezze e altro,
a cura di Pino Vermiglio, Laureana di Borrello, Ogginoi, 2009. Furio Sbarnemi,
Diario di un disertore, Camerano (AN), Gwynplaine, 2010, ISBN 978-88-95574-14-1.
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Misefari Collegamenti esterni Bruno Misefari, in Dizionario biografico degli
italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Bruno
Misefari, su siusa.archivi.beniculturali.it, Sistema Informativo Unificato per
le Soprintendenze Archivistiche. Modifica su Wikidata Opere di Bruno Misefari,
su Liber Liber. Modifica su Wikidata Opere di Bruno Misefari, su openMLOL,
Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Bruno Misefari, su
Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata (EN) Archivio Bruno
Misefari presso l'International Institute of Social History di Amsterdam, su
iisg.amsterdam, 04-02-2020. Fondo Bruno Misefari presso la Fondazione Lelio e
Lisli Basso di Roma, su fondazionebasso.it. URL consultato il 04-02-2020. Gli
anarchici contro il fascismo, celebre articolo di Giorgio Sacchetti Controllo
di autorità VIAF
(EN) 235113756 · ISNI (EN) 0000 0003 8539 7424 · LCCN (EN) n2011045969 · WorldCat
Identities (EN) lccn-n2011045969 Anarchia Portale Anarchia Biografie Portale
Biografie Geologia Portale Geologia Ingegneria Portale Ingegneria Letteratura
Portale Letteratura Categorie: Anarchici italianiFilosofi italiani del XX
secoloPoeti italiani del XX secoloNati nel 1892Morti nel 1936Nati il 17
gennaioMorti il 12 giugnoMorti a RomaIngegneri minerari italiani[altre]
Modio Giovanni Battista Modio Da Wikipedia, l'enciclopedia
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l'avviso. Segui i suggerimenti del progetto di riferimento. Abbozzo scrittori
italiani Questa voce sugli argomenti filosofi italiani e scrittori italiani è
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Wikipedia. Segui i suggerimenti del progetto di riferimento. Frontespizio interno della sua opera più
nota, Il Convito overo del peso della moglie. Giovanni Battista Modio (talvolta
anche noto coi nomi Gio. Battista Modio e Giovambattista Modio, nella versione
latinizzata Iohannis Baptista Madius oppure Io. Baptista Madius[1]; Santa
Severina, dopo il 1500 – Roma, 12 settembre 1560) è stato un medico, filosofo,
scrittore, biografo e letterato italiano; fu tra i primi seguaci di Filippo
Neri[1]. Indice 1 Biografia 2 Opere
3 Note
4 Altri
progetti 5 Collegamenti
esterni Biografia Originario di Santa Severina, borgo collinare della Calabria
Ulteriore, fu avviato agli studi di filosofia presso l'Archiginnasio di Napoli;
in seguito passò a Roma, dove si avviò agli studi in medicina divenendo allievo
di Francesco Fusconi[2] fino al 1553, anno della morte di quest'ultimo. In quegli anni Modio iniziò a frequentare gli
ambienti accademici, dove entrò in contatto con alcuni dei maggiori esponenti
di spicco di quell'epoca come Francesco Maria Molza e Claudio Tolomei. Pubblicò la sua prima opera letteraria più
famosa dal titolo Il convito, overo del peso della moglie, un dialogo diegetico
ambientato a Roma durante il carnevale della città capitolina del 1554[3], in
cui viene trattato il tema delle corna durante un convivio presieduto
dall'allora vescovo di Piacenza Catalano Trivulzio e a cui parteciparono anche
Lattanzio Gambara, Jacopo Marmitta, Trifone Benci, Gabriele Selvago, Antonio
Francesco Raineri e Giovanni Paolo Cesario.
Fu altresì grande estimatore degli scritti di Alessandro Piccolomini. Durante la stesura in lingua volgare di un
Operetta de’ Sogni, il Modio si ammalò di febbre altissima; si spense dopo
qualche giorno a Roma il 12 settembre 1560, nella tenuta di palazzo Ricci in
via Giulia. Opere Giovanni Battista
Modio, Il convito, overo del peso della moglie, Roma, per Valerio, e Luigi Dorici
fratelli Bressani, 1554. Giovanni Battista Modio, Il Tevere ... Dove si ragiona
in generale della natura di tutte le acque, et in particolare di quella del
fiume di Roma, Roma, appresso a Vincenzo Luchini, 1556. Giovanni Battista
Modio, Origine del proverbio che si suol dire "anzi corna che croci",
Roma, A. degli Antonii, 1558. Jacopone da Todi, I Cantici del beato Iacopone da
Todi, con diligenza ristampati, con la gionta di alcuni discorsi sopra di essi.
Et con la vita sua nuovamente posta in luce, a cura di Giovanni Battista Modio,
Roma, appresso Hipp. Salviano, 1558. Note
Prospetto autore, su edit16.iccu.sbn.it. URL consultato il 7 dicembre
2018. ^ Modio, Il Tevere, cit., c. 45r ^ Anno di pubblicazione della medesima
opera. Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina
dedicata a Giovanni Battista Modio Collegamenti esterni Gennaro Cassiani,
Giovanni Battista Modio, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Controllo di autorità VIAF (EN) 50221222 · LCCN (EN)
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Letteratura Portale Letteratura Medicina Portale Medicina Categorie: Medici
italianiFilosofi italiani del XVI secoloScrittori italiani del XVI secoloMorti
nel 1560Morti il 12 settembreNati a Santa SeverinaMorti a RomaBiografi
italianiLetterati italianiScrittori in lingua italiana[altre]
Moiso Francesco Moiso Da Wikipedia, l'enciclopedia
libera. Jump to navigationJump to search Francesco Moiso (Torino, 7 luglio 1944
– 9 novembre 2001) è stato un filosofo italiano. Indice 1 Biografia 2 Monografie
3 Altre
opere 4 Bibliografia
5 Collegamenti
esterni Biografia Esperto di storia della filosofia e della scienza di fama
internazionale, ha insegnato nelle Università di Torino, Macerata e Milano
(1991-2001). Le sue ricerche hanno riguardato la filosofia post-kantiana, con
particolare attenzione al pensiero di Salomon Maimon, l'idealismo tedesco, con
ricerche su Kant, Fichte, Schelling e Hegel, Goethe e l'età goethiana, Achim
von Arnim, il concetto di esperienza ed esperimento nel Romanticismo, la
filosofia di Nietzsche nel suo rapporto con le scienze, il pensiero di Ernst
Mach e di Ortega y Gasset. È stato membro della Schelling Kommission per
l'edizione critica delle opere di Friedrich Wilhelm Joseph Schelling. Ha
partecipato alla Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche di Rai
Educational con due interventi sulla La filosofia della natura tedesca e sulla
"Scienza specialistica e visione della natura nell’età goethiana".
Presso l'Università di Udine è stato istituito il CIRM - Centro
Interdipartimentale di Ricerca sulla Morfologia “Francesco Moiso”.
Fondamentali, tra le altre opere, per la ricerca filosofico-scientifica le 210
pagine dedicate a Magnetismus, Elektrizität, Galvanismus, in F.W.J. Schelling,
Historisch-kritische Ausgabe. Ergänzungsband zu Werke Band 5. bis 9.
Wissenschaftshistorischer Bericht zu Schellings naturphilosophischen Schriften
1797-1800, Stuttgart, Frommann-Holzboog, 1994, pp. 165-375 e le oltre 100
pagine dedicate a Preformazione ed epigenesi nell'età goethiana, in Il problema
del vivente tra Settecento e Ottocento. Aspetti filosofici, biologici e medici,
a cura di V Verra, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana (1992), pp.
119-220. Caratteristica degli studi di Moiso è la connessione tra ricerca
storico-filosofica e impianto teoretico, fatto particolarmente evidente nel
volume su Schelling del 1991. Monografie La filosofia di Salomone Maimon,
Milano, Mursia, 1972 Natura e cultura nel primo Fichte, Milano, Mursia, 1979
Vita natura libertà: Schelling, 1795-1809, Milano, Mursia, 1990 Preformazione
ed epigenesi nell'età goethiana, in II problema del vivente tra Settecento e
Ottocento. Aspetti filosofici, biologici e medici, a cura di V Verra, Roma,
Istituto della Enciclopedia Italiana (1992), pp. 119-220. Magnetismus,
Elektrizität, Galvanismus, in F.W.J. Schelling, Historisch-kritische Ausgabe.
Ergänzungsband zu Werke Band 5. bis 9. Wissenschaftshistorischer Bericht zu
Schellings naturphilosophischen Schriften 1797-1800, Stuttgart,
Frommann-Holzboog, 1994, pp. 165-375. Nietzsche e le scienze, Milano, Cuem,
1999. Goethe tra arte e scienza, Milano, Cuem, 2001. Goethe: la natura e le sue
forme, edizione postuma a cura di Cornelia Diekamp, Milano, Mimesis, 2002. La
filosofia della mitologia di F.W.J. Schelling, a cura di Matteo Vincenzo
d'Alfonso, Milano, Mimesis, 2014 (prima edizione 1991). Altre opere Schellings
Elektrizitätslehre 1797-1799, in: Heckmann, Reinhard; Krings, Hermann; Meyer,
Rudolf W. (Hg.): Natur und Subjetivität. Zur Auseinandersetzung mit der
Naturphilosophie des jungen Schelling, Stuttgart 1985, pp. 59-97. Die Hegelsche
Theorie der Physik und der Chemie in ihrer Beziehung zu Schellings
Naturphilosophie, in Hegels Philosophie der Natur, hrsg. von R.-P. Horstmann
und M.J. Petry. Stuttgart 1986, pp. 54-87. Il nulla e l'assoluto. La
Wissenschaftslehre 1805 e Philosophie und Religion, in "Annuario Filosofico",
4(1988), pp. 179-245. Teleologia dopo Kant, In: Giudizio e interpretazione in
Kant. atti del Convegno Internazionale per il II Centenario della Critica del
Giudizio di Immanuel Kant (Macerata, 3-5 ottobre 1990, Genova 1992, pp. 37-94
Idee in Schelling, in IDEA - VI Colloquio Internazionale - Roma, 5-7 gennaio
1989. A cura di M. Fattori e M. Bianchi, Olschki ed, Firenze 1990, pp.329-392.
Friedrich Wilhelm Joseph Schelling, "Ricerche filosofiche sull'essenza
della libertà umana: e gli oggetti che vi sono connessi", Commentario a
cura di A. Pieper e O. Höffe, edizione italiana a cura di F. Moiso e F, Viganò,
Milano, Guerini e Associati, 1995. Introduzione. Le Ricerche: una svolta nel
pensiero di Schelling?, in *Friedrich Wilhelm Joseph Schelling, "Ricerche
filosofiche sull'essenza della libertà umana: e gli oggetti che vi sono
connessi", Commentario a cura di A. Pieper e O. Höffe, edizione italiana a
cura di F. Moiso e F, Viganò, Milano, Guerini e Associati, 1995, pp. 13-27. Dio
come persona, in *Friedrich Wilhelm Joseph Schelling, "Ricerche
filosofiche sull'essenza della libertà umana: e gli oggetti che vi sono
connessi", Commentario a cura di A. Pieper e O. Höffe, edizione italiana a
cura di F. Moiso e F, Viganò, Milano, Guerini e Associati, 1995, pp. 273-299.
De Candolle et Goethe. Botanique et Philosophie de la Nature entre la France et
l'Allemagne, in Sciences et techniques en perspective, 1.1 (1997): 85-123.
Kants naturphilosophisches Erbe bei Schelling und von Arnim, In "Fessellos
durch die Systeme". frühromantisches Naturdenken im Umfeld von Arnim,
Ritter und Schelling, Stuttgart - Bad Cannstatt 1997, pp. 203-274. La
Naturphilosophie e i paradossi dell'infinito, in: "Romanticismo e
modernità", Torino 1997, pp. 143-205. La scoperta dell’osso intermascellare
e la questione del tipo osteologico, in G. Giorello, A. Grieco (eds.), Goethe
scienziato, pp. 298–337. Torino, Einaudi, 1998. Schelling: l'antico nella
filosofia dell'arte, in "Rivista di estetica", Torino, 10(1999), pp.
25-48. Arnims Kraftlehre, in: "Frische Jugend, reich an Hoffen" - Der
junge Arnim. Zernikower Kolloquium der Internationalen Arnim-Gesellschaft,
Tübingen 2000, pp. 85-120 Ortega y Gasset pensatore e narratore
dell'Europa(Milano, 13 - 14 novembre 1998, Gargnano del Garda, 16-18 novembre
1998) Milano: Cisalpino, 2001 (Acme / Quaderni; 48) E ho visto le idee
addirittura con gli occhi, in: Goethe: la natura e le sue forme (Atti del
Convegno Arte, scienza e natura in Goethe; Torino 2000), Milano, Mimesis, 2002,
a cura di Cornelia Diekamp, pp. 9-17. Experientia/experimentum nel
Romanticismo, in M. Veneziani (ed.), Experientia, Firenze: Olschki, 2002, pp.
435-522. L'albero della malattia. Motivi della medicina in età romantica, in
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percezione del fenomeno originario e la sua descrizione, in: Arte, scienza e
natura in Goethe. Torino 2005, pp. 293-310 Bibliografia R. Pettoello, Francesco
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filosofia della natura, in "Annuario Filosofico", N. 19 (2003) Paul
Ziche, "Un terzo più alto, la loro sintesi comune". Teorie della
mediazione in Schelling, In memoria di Francesco Moiso. La filosofia della
natura, in "Annuario Filosofico", N. 19 (2003) Stefano Poggi, Dopo
Schelling, dopo Goethe. Francesco Moiso lettore di Mach, in In memoria di
Francesco Moiso. La filosofia della natura, in "Annuario Filosofico",
N. 19 (2003) Federico Vercellone, Da Goethe a Nietzsche. Francesco Moiso tra
morfologia ed ermeneutica, in In memoria di Francesco Moiso. La filosofia della
natura, in "Annuario Filosofico", N. 19 (2003) P. Giordanetti,
"Francesco Moiso interprete di Kant", in Rivista di storia della
filosofia, n. 2-3, 2004, pp. 559-578. Gian Franco Frigo, Natura della forma e
storicità della sua comprensione, in Francesco Moiso: testimonianze di colleghi
e allievi, Torino, Trauben, 2005, Dietrich von Engelhardt, La responsabilità dell'uomo
per la natura nel pensiero degli scienziati romantici intorno al 1800, in
Francesco Moiso: testimonianze di colleghi e allievi, Torino, Trauben, 2005,
pp. 29-48 Flavio Cuniberto, Corpo e mistero, in Francesco Moiso: testimonianze
di colleghi e allievi, Torino, Trauben, 2005, pp. 49-52 Matteo Vincenzo
d'Alfonso, I corsi di Francesco Moiso: una lezione di ricerca, in Francesco
Moiso: testimonianze di colleghi e allievi, Torino, Trauben, 2005, pp. 53.62
Piero Giordanetti, Francesco Moiso e il kantismo di Nietzsche, in Francesco
Moiso: testimonianze di colleghi e allievi, Torino, Trauben, 2005, pp. 63-68
Luca Guzzardi, Tra filosofia della natura e morfologia dei saperi: un ruolo per
l'enciclopedismo, in Francesco Moiso: testimonianze di colleghi e allievi,
Torino, Trauben, 2005, 69-80. Federica Viganò, Morfologia e filosofia: la
filosofia della natura come "tropica" del reale, in Francesco Moiso:
testimonianze di colleghi e allievi, Torino, Trauben, 2005, pp. 81-94 Andrea
Potestio (Tesi di laurea su Lo Schelling di Heidegger), in Francesco Moiso:
testimonianze di colleghi e allievi, Torino, Trauben, 2005, pp. 95-98.
Alessandro Mainardi (Tesi di laurea su L'estetica pittorica di Caspar David
Friedrich), in Francesco Moiso: testimonianze di colleghi e allievi, Torino,
Trauben, 2005, pp. 99-102. Alessio Cazzaniga (Tesi di laurea su La filosofia
dell'evoluzione di Miguel de Unamuno), in Francesco Moiso: testimonianze di
colleghi e allievi, Torino, Trauben, 2005, pp. 103 ss., La natura osservata e
compresa: saggi in memoria di Francesco Moiso, a cura di Federica Viganò,
Milano, Guerini, 2005 N. Moro, In ricordo di Francesco Moiso, in "Rivista
di Storia della Filosofia", 2 (2013), pp. 391-392. Joerg Jantzen, In
memoriam: Francesco Moiso verstorben In ricordo di Francesco Moiso. Università
degli Studi di Milano, Sala Crociera Alta, 16 novembre 2011 Collegamenti
esterni Francesco Moiso, La rivoluzione di Lavoisier, in Enciclopedia
Multimediale delle Scienze Filosofiche Francesco Moiso, Goethe e la natura, in
Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche Francesco Moiso, Goethe
poeta e scienziato, in Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche
Francesco Moiso, La riculturalizzazione della scienza, in Enciclopedia
Multimediale delle Scienze Filosofiche PHILOSOPHIE – IN DER MITTE EUROPÄISCHER
KULTUR Die Philosophie des Deutschen Idealismus im europäischen Vergleich:
Entstehung, Rezeption, Wechselwirkung und heutige Wege und Ziele der Forschung
Socrates–Erasmus Intensivprogramm 1999 - 2002 Schelling. Edition und Archiv
Scheda biografica sul sito delle edizioni Mimesis Citazioni di opere di
Francesco Moiso su Google Scholar Citazioni di Francesco Moiso su Google
Citazioni di Francesco Moiso sul sito della Bayerische Akademie der
Wissenschaften - Schelling – Edition und Archiv Controllo di autorità VIAF (EN) 41885542 · ISNI (EN) 0000
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Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XX
secoloFilosofi italiani del XXI secoloNati nel 1944Morti nel 2001Nati il 7
luglioMorti il 9 novembreNati a TorinoProfessori dell'Università degli Studi di
Macerata[altre]
Moleschott Jacob
Moleschott Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to
search Jacopo Moleschott Dr. Jacob Moleschott.jpg Senatore del Regno d'Italia
Legislature XIII
Dati generali Università Freiherr-vom-Stein-Gymnasium
Professione fisiologo
e filosofo Jakob Moleschott (Hertogenbosch, 9 agosto 1822 – Roma, 20 maggio
1893) è stato un fisiologo, filosofo e politico olandese naturalizzato
italiano. Fu senatore del regno d'Italia nella XIII legislatura.
Indice 1 Biografia 2 Il
pensiero materialista 3 Opere
4 Note
5 Bibliografia
6 Altri
progetti 7 Collegamenti
esterni Biografia Jacobus Albertus Willebrordus Moleschott nasce a
Hertogenbosch il 9 agosto del 1822, di famiglia agiata e di confessione
cattolica. Moleschott vive la sua infanzia circondato da giardini in cui ama
osservare composizioni floreali di ogni genere, dedicandosi alla lettura
generalmente durante le ore serali. A quattro anni è perfettamente in grado di
leggere, a otto anni il suo cuore di olandese si è già acceso agli interessi
della rivoluzione belga del 1830. Il padre, anch'egli dottore, figlio di un
importante farmacista, è dedito all'attività professionale dedicandosi
all'educazione del figlio nella biblioteca privata di famiglia durante la sera.
Jacob Moleschott si trasferisce a Kleve per frequentare il liceo ginnasio.
Contrariamente a quanto si dice di lui, Moleschott non si considera un ragazzo
prodigio, l'allora quindicenne futuro dottore si dedica incessantemente agli
studi classici e umanistici, approfondendo la conoscenza della lingua latina e
tedesca. Sotto la guida del Prof. Fleischer viene educato soprattutto ai
classici romani; spesso accompagna il professore in lunghe passeggiate che
hanno come scopo di discussione argomenti prettamente filosofici. Colpito
fortemente dalle parole del professore: «Non reputo nessuno al di sopra e al di
sotto di me.»[1] comincia a seguire una dottrina liberale che è ben lontana
dall'insegnamento teologico materno. Dopo la laurea in medicina conseguita ad
Heidelberg nel 1845 egli vi ritorna nel 1847 come docente di fisiologia.
Interessato fin da giovane anche alla filosofia, pubblica nel 1852 l'opera
scientifico-filosofica dal titolo Der Kreislauf des Lebens: Physiologische
Antworten auf Liebig's chemische Briefe (ed. Zabern, Mainz, 1852) tradotto in
italiano con Circolazione della vita: risposte fisiologiche alle lettere sulla
chimica di Liebig e poi semplificato in Il circolo della vita. Costruisce un
rapporto di amicizia con i suoi professori contribuendo a diverse scoperte
importanti, quale l'utilizzo di sostanze organiche della terra da parte delle
piante, oscurando la teoria del dr. Liebig che aveva ipotizzato il contrario.
Sostiene l'esame di abilitazione professionale a Leida e inizia l'esercizio
della professione medica a Utrecht. Nonostante fosse tornato in patria, Moleschott
è dell'idea che i Paesi Bassi avrebbero dovuto cominciare ad affiancarsi
all'idea tedesca d'insegnamento della medicina, cercando di apprendere da essa
i segreti e le meraviglie del sistema di ricerca dell'"oltre Reno".
Non ha mai visto realizzare il suo sogno, disgustato soprattutto dal nepotismo
che nei Paesi Bassi ormai va sviluppandosi sempre di più. Nonostante gli
avessero proposto il ruolo di lettore per la medicina legale decide di
abbandonare i Paesi Bassi, ritenendo: «Questa disciplina non avrebbe mai
potuto attrarmi, neppure se fossi rimasto volentieri a Utrecht. Essa obbliga i
suoi cultori a esercitarla senza dedicarsi ad alcuna investigazione, senz'altre
vedute».[2] Senza indugiare Moleschott si trasferisce nuovamente a
Heidelberg dove gli viene offerta prima la possibilità d'insegnare anatomia
comparata, poi la cattedra di chimica fisiologica. Durante tutto il suo periodo
tedesco Moleschott tende ad accrescere sempre di più la sua conoscenza riguardo
alla filosofia, essendo altresì sicuro che, insieme alla medicina, formano un
bipolo inscindibile; solamente espandendo la conoscenza in entrambi i campi si
può giungere a un miglioramento della conoscenza[3]. L'università di Heidelberg
è ricca di laboratori occupati per la ricerca in altri campi, Moleschott è
solito tenere saltuariamente lezioni di chimica applicata alla fisiologia in
casa sua, dove era riuscito ad allestire un piccolo laboratorio, fornendosi
degli attrezzi necessari a piccole sperimentazioni e dimostrazioni. Durante la sua
permanenza a Heidelberg scrive Le lettere fisiologiche, dove tratta dai temi di
fisiologia e chimica, ai temi sul materialismo. Essendo i temi materialisti di
spiccata crudezza, ripresi nel libro da lui scritto, Circolazioni della vita,
Moleschott fu presto allontanato dall'università con l'accusa di fuorviare le
menti giovani e portarle ad un'accettazione inconfutabile della non esistenza
di Dio. Nonostante le risposte contrarie all'accusa di studenti che seguono
attentamente il corso, con rammarico il "medico materialista" lascia
la Germania e si trasferisce in Svizzera, subentrando al prof. Karl Ludwig come
insegnante di fisiologia presso l'università di Zurigo. L'ormai trentenne
Moleschott sbalordisce il pubblico zurighese con i suoi trattati di fisiologia
meccanica, guadagnandosi un rapporto di amicizia, e di stima incondizionata,
con il professore di lettere Francesco De Sanctis che lo definirà: «...autonomo
e bastante a se stesso, che ha nella natura i suoi fini e i suoi mezzi le leggi
del suo sviluppo, della sua grandezza e della sua decadenza come uomo e come
società»[4]. Non attribuisce a Moleschott la parola materialista; il
medico credeva ciecamente nell'esistenza dello spirito nell'uomo, rimarcando
però un'assenza di nesso tra spirito e Dio. Nel 1860 gli viene offerta la
cattedra di fisiologia all'Università di Torino: egli accetta e si trasferisce
quindi in questa città, dove insegna dal 1861 al 1870. Diventato cittadino
italiano, egli associa all'attività accademica quella politica. Passa poi ad
insegnare all'Università di Roma e diventa senatore del regno nel 1876.
Fu membro della Massoneria[5]. Muore nella capitale nel maggio
1893. Il pensiero materialista Durante tutto il periodo dello sviluppo
industriale, che ha interessato l'Europa intorno ai primi decenni del secondo
Ottocento, Jakob Moleschott è stato considerato il teorico dello sviluppo
tecnologico in ambito scientifico. Molte furono le critiche avanzate al
fisiologo olandese, il quale, secondo Liebig, dopo i primi consensi in ambito
fisiologico, mosse l'accusa di "dilettantismo" a quest'ultimo,
appoggiato da moltissimi prestigiosi ricercatori dell'epoca. Secondo Lange,
l'atteggiamento degli oppositori di Moleschott si riferisce all'attitudine
mentale di quest'ultimo nel campo della ricerca; utilizzando le sue
parole: «Se i risultati della ricerca potessero essere interpretati solo
dagli inventori […] si metterebbe in pericolo il concatenamento sistematico
delle scienze e della cultura superiore dello spirito in generale. […] Colui che
percorre attentamente tutto il dominio delle scienze della natura per farsi
un'idea dell'insieme, apprezzerà spesso l'importanza di un fatto isolato meglio
di colui che lo ha scoperto.»[6] Moleschott venne, dunque, considerato
più un cultore della scienza medica che uno scienziato. Uomo di scienza, medico
e, in particolare, fisiologo, Moleschott possiede anche una
mente filosofica. Egli stesso dirà «La fisiologia, intesa come fisica e
chimica applicate alla biologia, è per se stessa scienza filosofica, atta a
consentire una concezione unitaria della natura» (J. Moleschott, Circolazione
della vita). La materia è dunque scientificamente conosciuta nella sua essenza:
essa è eterna e dotata di forze e questa forza è presente sia in ambito fisico,
che chimico, che biologico. La cosiddetta forza vitale non è assolutamente
immateriale per Moleschott, anzi, egli la considera proprietà della materia, un
prodotto di conversioni tra altre forze materiali. La conversione e
riconversione di tali forme di forza crea dinamicità intrinseca, ovvero la
vita, ed essa è perennemente continua e incessantemente in circolazione.
Differente è nel modo in cui colpisce gli esseri viventi e esseri non viventi:
i primi acquisiscono irritabilità, psichicità, sensazione, movimento, i secondi
invece acquisiscono essenzialmente fisicità e chimismo[7]. Il principio
fondamentale su cui si basa la teoria materialista del celebre fisiologo si
trova nella perenne metamorfosi: ovvero la perenne trasformazione non solo nel
campo della chimica, del magnetismo, dell'elettricità, della cinematica e della
dinamica, ma anche attraverso l'azione della coppia nascita-morte. Nel pensiero
di Moleschott il ricambio organico consiste in un vai e vieni bilanciato tra
nascita e morte, quindi, tra vita e non vita. Vita e morte sono due modi di
essere materiali in continuo e reciproco scambio; «...la vita si rigenera
attraverso la morte, che è garanzia della vita» (J. Moleschott, Circolazione
della vita). Tutto ciò viene spiegato attraverso un semplice processo; in
natura gli organismi in decomposizione fecondano il terreno e questo a sua
volta produce e nutre nuovi organismi. Nonostante la forte tendenza al pensiero
materialista utilizza nei suoi libri un'intonazione tutt'altro che distaccata,
quasi romantica. La natura è il luogo della circolazione della materia e quindi
della vita, entrambe vi circolano animandola, e la loro eterna circolazione è
considerata l'anima del mondo. Elementi triadici sono compresenti nella teoria
del materialismo di Moleschott. La grande triade materialista – forma,
composizione e funzione - e della conoscenza scientifica – chimica, fisica,
morfologia, fisiologia- sono fra loro strettamente integrate. Anima del mondo,
ciclicità, polarità, triadismi, metamorfosi sono tutti moduli operanti del
nucleo teorico del "materialismo scientifico". Opere Kritische
Betrachtung von Liebig's Theorie der Pflanzenernährung, mit besonderer Angabe
der empirisch constatirten Thatsachen, Harlem, Erben F. Bohn, 1845. Die
Physiologie der Nahrungsmittel. Ein Handbuch der Diätetik, Darmstadt, C.W.
Leske, 1850. Physiologie des Stoffwechsels in Pflanzen und Thieren, Erlangen,
F. Enke, 1851. Licht und Leben. Rede beim Antritt des öffentlichen Lehramts zur
Erforschung der Natur des Menschen an der Züricher Hochschule, Frankfurt a. M.,
Meidinger, 1856. Physiologisches Skizzenbuch, Gießen, Roth, 1860. Pathologie
und Physiologie. Vortrag bei der Wiedereröffnung der Vorlesungen über
Physiologie an der Turiner Hochschule am 2. Dezember 1865 gehalten, Gießen,
Roth, 1866. La circolazione della vita, traduzione di Cesare Lombroso, Milano,
G. Brigola, 1869. Dell'alimentazione. Trattato popolare, traduzione di Giuseppe
Bellucci, Milano, Treves, 1871. Untersuchungen zur Naturlehre des Menschen und
der Thiere, Frankfurt a. M., Meidinger, 1857-1892. Per gli amici miei. Ricordi
autobiografici, traduzione di Elsa Patrizi-Moleschott, Palermo, Milano, R.
Sandron, 1902. Note ^ G. Cosmacini, Il medico materialista. Vita e pensiero di
Jakob Moleschott, p. 13. ^ G. Cosmacini, Il medico materialista. Vita e
pensiero di Jakob Moleschott, p. 35. ^ J. Moleschott, Circolazione della vita.
^ G. Cosmacini, Il medico materialista. Vita e pensiero di Jakob Moleschott, p.
61. ^ Aldo A. Mola,Storia della Massoneria in Italia dal 1717 al 2018, Bompiani/Giunti,
Firenze-Milano, 2018, p. 160. ^ A. Lange, Storia del materialismo. ^ G.
Cosmacini, Il medico materialista. Vita e pensiero di Jakob Moleschott, p. 156.
Bibliografia Marcel Desittere, Un carteggio privato della famiglia Moleschott
conservato a Bologna, in «Filologia critica», XXVIII, fasc. 1 (2003), pp.
96-113. Giorgio Cosmacini, Il medico materialista. Vita e pensiero di Jakob
Moleschott, Roma - Bari, Laterza, 2005. Alessandra Gissi, MOLESCHOTT, Jacob, in
Dizionario biografico degli italiani, vol. 75, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, 2011. URL consultato il 2 novembre 2017. Modifica su Wikidata Altri
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Moleschott Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o
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Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
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dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata (IT, DE, FR) Jacob Moleschott,
su hls-dhs-dss.ch, Dizionario storico della Svizzera. Modifica su Wikidata (EN)
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srl. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Jacob Moleschott, su Open Library,
Internet Archive. Modifica su Wikidata Jacob Moleschott, su Senatori d'Italia,
Senato della Repubblica. Modifica su Wikidata Fondo speciale Jacob Moleschott.
Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna, su badigit.comune.bologna.it. Scheda
sul sito dell'Accademia delle Scienze di Torino, su torinoscienza.it
(archiviato dall'url originale il 10 ottobre 2007). Controllo di autorità VIAF (EN)
27109123 · ISNI (EN) 0000 0001 0881 703X · LCCN (EN) n82024668 · GND (DE)
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Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Medicina Portale
Medicina Politica Portale Politica Categorie: Fisiologi olandesiFisiologi
italianiFilosofi olandesiFilosofi italiani del XIX secoloPolitici
olandesiPolitici italiani del XIX secoloNati nel 1822Morti nel 1893Nati il 9
agostoMorti il 20 maggioNati a 's-HertogenboschMorti a RomaSenatori della XIII
legislatura del Regno d'ItaliaMassoni[altre]
Mondin Battista
Mondin Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search
Battista Mondin (Monte di Malo, 29 luglio 1926 – Parma, 29 gennaio 2015[1]) è
stato un filosofo e teologo italiano, dottore di Filosofia e Religione presso
l'Università di Harvard. È stato decano della Facoltà di Filosofia presso la
Pontificia Università Urbaniana di Roma. Indice 1 Biografia 2 Pubblicazioni 2.1 Etica
2.2 Filosofia
2.3 Teologia
2.4 Religione
2.5 Società
3 Note
4 Altri
progetti 5 Collegamenti
esterni Biografia Mondin è stato un membro della Congregazione dei Missionari
Saveriani. Nei suoi studi, le principali figure di riferimento sono state
Tommaso d'Aquino e Paul Tillich, da cui ha tratto l'ideale di un accordo e di
un mutuo sostegno tra filosofia e teologia. Pubblicazioni Etica Etica e
politica Filosofia Antropologia filosofica. Manuale di filosofia sistematica La
Metafisica di S. Tommaso D'Aquino e i suoi interpreti Storia dell'antropologia
filosofica Antropologia filosofica e filosofia della cultura e dell'educazione
Epistemologia e cosmologia Logica, semantica e gnoseologia Ontologia e
metafisica Storia della metafisica (1) Storia della metafisica (2) Storia della
metafisica (3) Ermeneutica, metafisica, analogia in s. Tommaso History of
mediaeval philosophy (A) Storia della filosofia medievale Dizionario
enciclopedico di filosofia, teologia e morale Il sistema filosofico di Tommaso
d'Aquino Corso di storia della filosofia (1) Corso di storia della filosofia
(2) Corso di storia della filosofia (3) L'uomo: chi è? Introduzione alla
filosofia. Problemi, sistemi, filosofi La filosofia dell'essere di S. Tommaso
d'Aquino Teologia Maria madre della Chiesa. Piccolo trattato di mariologia
Battista Mondin, Il ritorno degli angeli : trattato di angelologia, Roma, Pro
Sanctitate, 2008, p. 163, ISBN 887396110X, OCLC 316828128. Ospitato su
archive.is. Dizionario storico e teologico delle missioni Dizionario
enciclopedico del pensiero di san Tommaso d'Aquino (PDF online) Essere
cristiani oggi. Guida al cristianesimo Il problema di Dio. Filosofia della
religione e teologia filosofica La cristologia di san Tommaso d'Aquino.
Origine, dottrine principali, attualità Storia della teologia (1) Storia della
teologia (2) Storia della teologia (3) Storia della teologia (4) Gli abitanti
del cielo Gesù Cristo salvatore dell'uomo La chiesa sacramento d'amore La
trinità mistero d'amore Dizionario dei teologi Introduzione alla teologia Dio:
chi è? Elementi di teologia filosofica Scienze umane e teologia Cultura,
marxismo e cristianesimo I teologi della liberazione Il problema del linguaggio
teologico dalle origini ad oggi Filosofia e cristianesimo I teologi della speranza
I grandi teologi del XX secolo (1) I grandi teologi del XX secolo (2) I teologi
della morte di Dio Dizionario enciclopedico di filosofia, teologia e morale.
Software Filosofia della cultura e dei valori Le realtà ultime e la speranza
cristiana Religione Nuovo dizionario enciclopedico dei papi. Storia e
insegnamenti Commento al Corpus Paulinum (expositio et lectura super epistolas
Pauli apostoli) (2) The Popes of the modern Ages. From Pius IX to John Paul II
La chiesa primizia del regno. Trattato di ecclesiologia Mito e religioni.
Introduzione alla mitologia religiosa e alle nuove religioni L'uomo secondo il
disegno di Dio. Trattato di antropologia teologica Preesistenza, sopravvivenza,
reincarnazione Teologie della prassi L'eresia del nostro secolo Società Storia
dell'antropologia filosofica Antropologia filosofica. L'uomo: un progetto
impossibile? Philosophical anthropology Una nuova cultura per una nuova società
Note ^ In ricordo di padre Battista Mondin. Altri progetti Collabora a
Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Battista Mondin Collegamenti
esterni Un tomista ed "oltre" del XX secolo: Battista Mondin di
Pierino Montini, Congresso tomista internazionale, Roma 2003, nel sito "E-
Aquinas" Studium thomisticum virtuale. Controllo di autorità VIAF
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italianiNati nel 1926Morti nel 2015Nati il 29 luglioMorti il 29 gennaioMorti a
Parma[altre]
Montani – Pietro Montani Da Wikipedia,
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insufficienti. Commento: Mancano fonti terze Puoi migliorare questa voce
aggiungendo citazioni da fonti attendibili secondo le linee guida sull'uso
delle fonti. Segui i suggerimenti del progetto di riferimento. Pietro Montani
(Teramo, 1946) è un filosofo, critico cinematografico e accademico
italiano. Indice 1 Biografia
1.1 Pensiero
1.1.1 Ermeneutica
e filosofia critica 1.1.2 Il
cinema sovietico 1.1.3 Verso
una teoria dell'immaginazione 1.1.4 Tecnica
ed estetica 1.2 Opere
2 Note
Biografia Allievo di Emilio Garroni, è professore ordinario di Estetica alla
Sapienza Università di Roma, è stato Directeur d'Études Associé presso
all'EHESS di Parigi e ha insegnato Estetica al Centro sperimentale di
cinematografia di Roma. La sua ricerca si concentra oggi principalmente sui
temi di filosofia della tecnica. Allievo di Emilio Garroni, per Montani
l'estetica non va considerata come filosofia dell'arte, ma come una teoria
della sensibilità umana, che ha la peculiarità di essere aperta agli stimoli
del mondo esterno[1]. La riflessione di Montani si snoda in diversi passaggi e
attraverso il confronto con alcuni dei protagonisti della filosofia, della
linguistica, della semiotica e della teoria del cinema del Novecento, avendo
sempre come punto di riferimento la filosofia critica di Kant[2].
Pensiero Ermeneutica e filosofia critica Nel 1985 Montani pubblica Il debito
del linguaggio, in cui, partendo dal confronto con le teorie strutturaliste, in
particolare quelle di Roman Jakobson e Jan Mukarovsky, mostra come la questione
del significato del testo poetico non possa essere risolta mediante
l'individuazione del codice linguistico o semiotico di riferimento, ma rimandi
ad una condizione estetica della significazione. Questo tema viene ulteriormente
approfondito da Montani in Estetica ed ermeneutica. In questo testo Montani,
prendendo le mosse dalla filosofia critica kantiana, propone di ripensare la
verità – nel senso heideggeriano della a-letheia, del dis-velamento
dell'essere – come una situazione ermeneutica strettamente legata
all'effettiva esperienza del soggetto, seguendo la rilettura della filosofia di
Heidegger proposta da Hans Georg Gadamer. Il cinema sovietico La
formazione e il pensiero di Montani sono stati segnati dal suo interesse per il
cinema e in particolare per due autori sovietici: Dziga Vertov e Sergej
Michajlovič Ėjzenštejn. Di entrambi ha curato l'edizione italiana degli
scritti[3]. Verso una teoria dell'immaginazione Nel testo L'immaginazione
narrativa (Guerini 1999) Montani coniuga l'interesse per il cinema con quello
più strettamente filosofico per il tema dell'immaginazione. Montani propone di
considerare l'immaginazione nei termini in cui, in Tempo e racconto, Paul
Ricœur parla della narrazione, ovvero come di un processo di “rifigurazione”
dell'esperienza del tempo da parte dell'uomo. Per Ricoeur la narrazione ha il
potere di far fare al lettore esperienza di un tempo propriamente umano.
Montani fa propria la tesi di Ricoeur, applicandola però, all'ambito della narrazione
cinematografica. Montani ritiene che il territorio dell'immaginazione in cui
lavora il cinema sia quello dell'intreccio tra finzione e testimonianza, tra la
costruzione dell'intreccio narrativo e la documentazione del reale. La
trasformazione dell'esperienza del tempo avviene, così, ad un livello più
profondo e creativo. Tecnica ed estetica Con Bioestetica si inaugura la
fase più recente del pensiero di Montani, dedicata all'approfondimento del
rapporto tra tecnica e estetica[4]. Attraverso il paradigma della bioestetica
Montani propone di leggere i fenomeni di biopotere che caratterizzano l'epoca
contemporanea a partire dalla loro natura innanzitutto tecnica ed estetica,
cioè a partire dal fatto che la sensibilità dell'essere umano viene sempre più
orientata ed organizzata tecnicamente. Il biopotere consiste proprio nella
capacità di canalizzare la sensibilità umana[5]. In L'immaginazione
intermediale Montani prende in analisi i modi in cui il cinema risponde alle
forme di anestetizzazione. Prendendo le mosse dalla spettacolarizzazione della
politica emersa in seguito all'attentato delle Torri Gemelle,
Montani introduce il concetto di "autenticazione
dell'immagine"[6], che non consiste nell'accertamento del referente
fattuale dell'immagine (il vero, il reale) ma nella rigenerazione di un
orizzonte di senso condiviso, la capacità di riferimento dell'esperienza e del
linguaggio, in un'epoca caratterizzata da crescenti fenomeni di “indifferenza
referenziale”[7] La riflessione sul rapporto tra estetica e tecnica continua in
Tecnologie della sensibilità, in cui viene teorizzata l'esistenza di una terza
funzione dell'immaginazione: accanto a quella produttiva e riproduttiva vi è
una funzione interattiva[8]. L'immaginazione interattiva diventa il paradigma attraverso
cui leggere l'epoca contemporanea, attraversata profondamente da fenomeni
dell'interattività digitale e dalla proliferazione di ambienti
virtuali[9] Opere 1985 Il debito del linguaggio: il problema
dell'autoriflessività estetica nel segno, nel teesto e nel discorso, Marsilio,
Venezia; 1993 Fuori campo: studi sul cinema e l'estetica, Quattroventi, Urbino;
1996 Estetica ed ermeneutica: senso, contingenza, verità, Laterza, Roma-Bari;
1999 L'immaginazione narrativa: il racconto del cinema oltre i confini dello
spazio letterario, Guerini e associati, Milano; 2002 Arte e verità
dall'antichità alla filosofia contemporanea: un'introduzione all'estetica,con
A. Ardovino e D. Guastini, Laterza, Roma-Bari; 2004 L'estetica contemporanea:
il destino delle arti nella tarda modernità, a cura di P. Montani, Carocci,
Roma; 2005 Lo stato dell'arte: l'esperienza estetica nell'era della tecnica, a
cura di M. Carboni e P. Montani, Laterza, Roma-Bari; 2007 Bioestetica: senso
comune, tecnica e arte nell'età della globalizzazione, Carocci, Roma;
Bioesthétique, [trad. francese di J.-C. Cavallin] Vrin, Paris 2014; 2010
L'immaginazione intermediale: perlustrare, rifigurare, testimoniare il mondo
visibile, Laterza, Roma-Bari; 2014 Tecnologie della sensibilità. Estetica e
immaginazione interattiva, Cortina, Milano. Note ^ P. Montani, Il senso, Rai
Scuola, su raiscuola.rai.it. ^ I percorsi dell'immaginazione. Studi in onore di
Pietro Montani., Pellegrini, 2016. ^ Rinaldo Censi, Cine-occhi e cine-pugni:
due modi di intendere il cinema, su Nazione Indiana, 10 febbraio 2019. URL
consultato il 26 aprile 2019. ^ L'immaginazione estatica. Estetica, tecnica e
biopolitica, su www.giornaledifilosofia.net. URL consultato il 2 luglio 2016. ^
Alessandra Campo, Biopolitica come an-estetizzazione. Il significato estetico
della biopolitica, su sintesidialettica.it. URL consultato il 2 luglio 2016. ^
P. Montani, L'immaginazione intermediale, Laterza, 2010, pp. 7-9. ^ P. Montani,
L'immaginazione intermediale, Laterza, 2010, pp. 21-24. ^ Anna Li Vigni, Gli
occhiali per immaginare, Il Sole 24 Ore. URL consultato il 2 luglio 2016. ^ La
vita immersa nell’estetica del virtuale, su ilmanifesto.it. URL consultato il
26 aprile 2019. Controllo di autorità VIAF
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Wikipedia che trattano di biografie Categorie: Filosofi italiani del XX
secoloFilosofi italiani del XXI secoloCritici cinematografici
italianiAccademici italiani del XX secoloAccademici italiani del XXI secoloNati
nel 1946Nati a TeramoProfessori della Sapienza - Università di RomaStudenti
della Sapienza - Università di Roma[altre]
montinari Mazzino
Montinari Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to
search Karl-Heinz Hahn / Mazzino Montinari: Friedrich Nietzsche: Ecce
Homo, Faksimileausgabe, Lipsia / Wiesbaden 1985. «Nelle istituzioni esistenti,
sostenute da immani forze di produzione e di distruzione, viene assimilata e
mercificata ogni e qualsiasi protesta, persino quella dei Lumpen, ogni
tentativo di lasciare la «nave dei folli». Se il metodo di Nietzsche può ancora
aiutarci, allora l'unica forza che ci è rimasta è quella della cultura, della
ragione.» (Mazzino Montinari[1]) Mazzino Montinari (Lucca, 4 aprile 1928
– Firenze, 24 novembre 1986) è stato un germanista e filosofo italiano. È
considerato uno dei massimi editori e interpreti dell'opera di Friedrich
Nietzsche. Ha definitivamente dimostrato che Nietzsche non ha mai scritto
un'opera dal titolo La volontà di potenza e che le cinque diverse compilazioni
che la sorella del filosofo e altri editori dilettanti hanno pubblicato sotto
questo titolo sono testi del tutto inaffidabili per comprendere il pensiero di
Nietzsche.[2][3][4] Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio:
Elisabeth Förster-Nietzsche § Nietzsche-Archiv. Indice 1 Biografia 2 Opere
2.1 Curatele:
edizioni critiche 3 Note
4 Bibliografia
5 Voci
correlate 6 Altri
progetti 7 Collegamenti
esterni Biografia Si era formato alla Scuola Normale Superiore di Pisa e
all'Università di Pisa, presso la quale si laureò nel 1949 con una tesi di
filosofia della storia sui movimenti ereticali a Lucca. Caduto il
fascismo, divenne un attivista del Partito comunista italiano, presso il quale
si occupava della traduzione di scritti dal tedesco. Nel 1953, mentre visitava
la Germania Est per motivi di ricerca,[5] fu testimone della rivolta del '53.
Successivamente, in seguito alla repressione della Rivoluzione ungherese del
1956, si allontanò dall'ortodossia marxista e dalla carriera nel partito.
Mantenne tuttavia la sua iscrizione al PCI, e rimase fedele agli ideali del
socialismo. Tra il 1950 ed il 1957 collaborò con le Edizioni Rinascita,[6] e
per un anno fu direttore dell'omonima libreria in Roma. Alla fine degli
anni 1950, con Giorgio Colli,[7] iniziò a preparare una traduzione italiana
delle opere di Nietzsche. Dopo averne rivisto la raccolta di opere e
manoscritti in Weimar, Colli e Montinari decisero di iniziarne una nuova
edizione critica. Essa divenne lo standard per gli studiosi, e fu pubblicata in
italiano da Adelphi, in francese da Éditions Gallimard[8] (Parigi), in tedesco da
Walter de Gruyter[9] e in olandese da Sun (tradotta da Michel van Nieuwstadt).
Per questo lavoro fu preziosa l'abilità di Montinari nel decifrare la scrittura
a mano (praticamente incomprensibile) di Nietzsche, fino a quel momento
trascritta solo da "Peter Gast“ (pseudonimo di Heinrich
Köselitz).[10] La prima pagina del manoscritto di Ecce Homo. Nel
1972 fondò la rivista internazionale Nietzsche-Studien[11] di cui fu coeditore
fino alla morte. Attraverso le sue traduzioni ed i suoi commenti di Nietzsche,
Montinari diede un contributo fondamentale alla ricerca storica e filosofica,
inserendo Nietzsche nel contesto del proprio tempo. Opere Che cosa ha
veramente detto Nietzsche, di Mazzino Montinari, Roma, Ubaldini, 1975 ISBN
883400339X, 9788834003398 ripubblicato come Che cosa ha detto Nietzsche, di
Mazzino Montinari, a cura di Giuliano Campioni, Milano, Adelphi, 1999 ISBN
8845914984, 9788845914980 trad. tedesca: Friedrich Nietzsche: eine Einführung.
de Gruyter, Berlin & New York 1991. ISBN 3-11-012213-8. (Darstellung von
Nietzsches Leben und Werk mit Ansätzen zu Deutung und Auseinandersetzung.)
traduzione francese: Friedrich Nietzsche, di Mazzino Montinari, a cura di Paolo
D'Iorio, traduzione di Nathalie Ferrand, Pubblicato da Presses Universitaires
de France, 2001 ISBN 2130505481, 9782130505488 trad. inglese: Reading
Nietzsche, di Mazzino Montinari, tradotto da Greg Whitlock, University of
Illinois Press, 2003 ISBN 0252027981, 9780252027987 trad. spagnola: Lo que dijo
Nietzsche, a cura di G.Campioni, Ediciones Salamandra, Barcelona, 2003, p. 221.
Su Nietzsche, di Mazzino Montinari, Roma, Editori Riuniti, 1981 ISBN
8835922909, 9788835922902 Nietzsche lesen. de Gruyter, Berlin & New York
1982. ISBN 3-11-008667-0 (Sammlung von Aufsätzen zu unterschiedlichen Themen
der Nietzsche-Forschung.) « La volonté de puissance » n'existe pas, choix
d'articles établi et postfacé par Paolo D'Iorio, traduit de l'italien par
Patricia Farazzi et Michel Valensi, Paris, Éditions de l'éclat, 1996, pp. 192.
Disponibile anche all'indirizzo
www.lyber-eclat.net/lyber/montinari/volonte.html. Curatele: edizioni critiche
Johann Wolfgang Goethe, Teoria della Natura, raccolta di testi e trad. a cura
di M. Montinari, Torino, Boringhieri, 1958; Milano, SE, 2020 Friedrich
Nietzsche, Lettere a Erwin Rohde, a cura di M. Montinari, Torino, Boringhieri,
1959 Friedrich Nietzsche, Opere, a cura di M. Montinari, Giorgio Colli, trad.
di M. Montinari, L. Amoroso et all., Milano, Adelphi, 1964-1986 ISBN
8845906183, 9788845906183 Friedrich Nietzsche, Il caso Wagner: Crepuscolo degli
idoli; L'anticristo; Scelta di frammenti postumi, 1887-1888, a cura di Sossio
Giametta, Ferruccio Masini, M. Montinari, Giorgio Colli, Milano, Arnoldo
Mondadori Editore, 1975 Friedrich Nietzsche, Ecce homo; Ditirambi di Dioniso;
Nietzsche contra Wagner; Poesie e scelta di frammenti postumi (1888-1889), a
cura di Roberto Calasso e M. Montinari, Giorgio Colli, Milano, A. Mondadori,
1977 Friedrich Nietzsche, Schopenhauer come educatore, a cura di M. Montinari e
Giorgio Colli, Milano, Adelphi, 1985, ISBN 8845906280, 9788845906282
Epistolario di Friedrich Nietzsche, a cura di María Ludovica Pampaloni Fama,
Milano, Adelphi, 1995, ISBN 8845911721, 9788845911729 [curatela, postumo]
Friedrich Nietzsche, Scritti giovanili (1856-1864), a cura di Giorgio Colli,
Mario Carpitella, M. Montinari, trad. di Mario Carpitella, Milano, Adelphi,
1998, ISBN 8845913589, 9788845913587 Arthur Schopenhauer, La vista e i
colori-Carteggio con Goethe, a cura di M. Montinari, Abscondita, 2002 ISBN
8884160421, 9788884160423 In lingua tedesca Friedrich Nietzsche, Werke:
kritische Gesamtausgabe, a cura di Giorgio Colli, M. Montinari, Wolfgang
Müller-Lauter, Walter de Gruyter, 1972, ISBN 3110041928, 9783110041927
Nietzsche Briefwechsel: Kritische Gesamtausgabe, a cura di Giorgio Colli,
Norbert Miller, M. Montinari, Annemarie Pieper, Renate Müller-Buck,
collaboratore Norbert Miller Annemarie Pieper, Renate Müller-Buck, Walter de
Gruyter, 1998 ISBN 3110151820, 9783110151824 Friedrich Nietzsche, Sämtliche
Werke: Kritische Studienausgabe in 15 Bänden, a cura di Giorgio Colli e M.
Montinari, Walter de Gruyter, 1988, ISBN 3423022280, 9783423022286
Nietzsche-studien: Internationales Jahrbuch Für Die Nietzsche-Forschung, di M.
Montinari, Friedrich Nietzsche, Wolfgang Müller-Lauter, Heinz Wenzel, Walter de
Gruyter, 1974 ISBN 3110179725, 9783110179729 Heinrich Heine, Späte Prosa,
1847-1856: Säkularausgabe, a cura di Hans Böhm, M. Montinari, Helmut Brandt,
Akademie-Verlag, 1988 [Originale disponibile presso la University of California]
ISBN 3050004509, 9783050004501 In lingua slovacca Zarathusztra az Ím ígyen
szólva Zarathusztra előtt, di M. Montinari, Ildikó Várnagy, Gábor Romhányi
Török[12] Note ^ Nota introduttiva a Genealogia della morale (di Friedrich
Nietzsche), pagg. XIX-XX. ^ Mazzino Montinari, "La Volonté de
puissance" n'existe pas, Editions de l'Eclat, 1996 ^ Nietzsche e Van Gogh,
due cardini del pensiero occidentale moderno di Mirko Bettozzi
(Liberaldemocaratici.it), su liberaldemocratici.it. URL consultato il 27 ottobre
2008 (archiviato dall'url originale il 5 marzo 2016). ^ «Tant qu'il ne fut pas
possible aux chercheurs les plus sérieux d'accéder à l'ensemble des manuscrits
de Nietzsche, on savait seulement de façon vague que La Volonté de puissance
n'existait pas comme telle (...) Nous souhaitons que le jour nouveau, apporté
par les inédits, soit celui du retour à Nietzsche.» (Gilles Deleuze) ^ Aveva
infatti ottenuto una borsa di studio della Scuola Normale Superiore a
Francoforte sul Meno. ^ Rinascita OnLine ^ Che era stato il suo maestro negli
anni 1940. ^ Sito ufficiale ^ Walter de Gruyter GmbH & Co. K, su
degruyter.com. URL consultato il 19 ottobre 2008 (archiviato dall'url originale
il 23 agosto 2008). ^ Cenni biografici ^ Nietzsche-Studien ^ Slovak Library Full
Record, Portale di ricerca su cataloghi e raccolte di biblioteche
slovacche[collegamento interrotto] Bibliografia Giuliano Campioni, «MONTINARI,
Mazzino», Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 76 (2012), Istituto
dell'Enciclopedia italiana Treccani Giuliano Campioni, Mazzino Montinari in den
Jahren 1943 bis 1963, in "Nietzsche-Studien", Bd. 17., 1988, pp.
XV-LX Giuliano Campioni,"Die Kunst, gut zu lesen". Mazzino Montinari
und das Handwerk des Philologen, in "Nietzsche-Studien", Bd. 18, 1989
pp. XV-LXXIV Giuliana Lanata, Esercizi di memoria, Bari, Levante Editori, 1989
(notizie su M. M. nell'articolo su Giorgio Colli anche a proposito
dell'Enciclopedia di autori classici, Editore Boringhieri, progettata e diretta
da Colli e a cui M.M.collaborò) Paolo D’Iorio (éd.), Mazzino Montinari. L'arte
di leggere Nietzsche, Firenze, Ponte alle grazie, 1992, pp. 95. Giuliano
Campioni, Leggere Nietzsche. Alle origini dell'edizione critica
Colli-Montinari. Con lettere e testi inediti, Pisa ETS 1992, Mazzino Montinari:
l'arte di leggere Nietzsche a cura di Paolo D'Iorio, Pubblicato da Ponte alle
grazie, 1992 ISBN 8879282263, 9788879282260 Studi germanici — Di Istituto
italiano di studi germanici — Pubblicato da Edizioni dell'Ateneo, 2001,
Originale disponibile presso la l'Università della Virginia — Sezione 1, pag. 7
"Mazzino Montinari, Nietzsche", di Francesca Tuca Giuliano Campioni,
Da Lucca a Weimar: Mazzino Montinari e Nietzsche in Nietzsche. Edizioni e
interpretazioni, a cura di Maria Cristina Fornari, ETS, Pisa 2006 Giuliano
Campioni,Die "ideelle Bibliothek Nietzsches". Von Charles Andler zu
Mazzino Montinari in Zur unterirdischen Wirkung von Dynamit (Nietzsche), a cura
di Michael Knoche, Harrassowitz Verlag, Wiesbaden 2006 Giuliano Campioni,“Der
Karren unserer Arbeit”. Sechzehn Briefe von Mazzino Montinari an Delio
Cantimori, in «Nietzsche-Studien», 36, 2007 Voci correlate Gilles Deleuze
Nietzsche-Archiv Pensiero di Schopenhauer Roberto Roscani Torino#Filosofi Altri
progetti Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Mazzino
Montinari Collegamenti esterni Giuliano Campioni, Mazzino Montinari, in
Dizionario biografico degli italiani, vol. 76, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, 2012. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Mazzino Montinari, su Open
Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata Centro interdipartimentale di
studi Colli-Montinari su Nietzsche e la Cultura Europea — Università di Pisa,
Lecce, Padova e Firenze (Centronietzsche.net), su centronietzsche.net. V · D ·
M Friedrich Nietzsche Controllo di autorità VIAF
(EN) 71395215 · ISNI (EN) 0000 0001 2138 6246 · LCCN (EN) n82142520 · GND (DE)
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495/74149 · WorldCat Identities (EN) lccn-n82142520 Biografie Portale Biografie
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XX secoloNati nel 1928Morti nel 1986Nati il 4 aprileMorti il 24 novembreNati a
LuccaMorti a FirenzeTraduttori dal tedesco all'italianoTraduttori
italianiStudenti della Scuola Normale SuperioreStudenti dell'Università di
PisaFriedrich Nietzsche[altre]
moramarco Michele
Moramarco Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to
search Michele Moramarco Michele Moramarco (Reggio nell'Emilia, 6 ottobre
1953) è un saggista, scrittore e autore musicale, esponente italiano della
Massoneria tradizionale e assertore di una sintesi religiosa tra Mazdeismo e
Cristianesimo. Discende da un'antica famiglia di Altamura, di ascendenze
latino-germaniche[1], cresciuta e ramificatasi durante il dominio dei Farnese
(1542-1731). Indice 1 Biografia
2 Opere
2.1 Saggistica,
narrativa e studi di filosofia 2.2 Musica
3 Note
4 Bibliografia
5 Voci
correlate 6 Altri
progetti 7 Collegamenti
esterni Biografia Studioso di Massoneria[2], ha scritto la Nuova Enciclopedia
Massonica in tre volumi (1989-1995, seconda ed. 1997), importante testo di
ricerca massonologica[3]. Un suo precedente volume, La Massoneria ieri e oggi
(1977), fu tra i primi[4], sull'argomento, pubblicati in Russia dopo il crollo
del regime sovietico, che aveva proscritto le Logge. Iniziato nel Grande
Oriente d'Italia il 10 dicembre 1975, divenne Maestro Venerabile della Loggia
Intelletto e Amore n. 723, e nel 1986 ricevette la decorazione all'Ordine di
Giordano Bruno, conferita a quanti si distinguono nello studio e nella
diffusione degli ideali massonici. Nel 1983 fu il coordinatore
scientifico del Convegno Internazionale 250 anni di Massoneria in Italia, al
quale parteciparono studiosi quali Paolo Ungari, Alessandro Bausani, Aldo A.
Mola, Alberto Basso, Fabio Roversi Monaco, Paolo Ricca. Il convegno fiorentino
costituì la prima risposta pubblica, da parte della Comunione massonica di
Palazzo Giustiniani, alle degenerazioni della P2[5]. Nello stesso anno,
in qualità di Garante d'Amicizia tra il Grande Oriente d'Italia e la Grand
Lodge of South Africa[6], richiese, d'accordo con il Gran Maestro Armando
Corona, che tutte le Logge sudafricane, peraltro già avviate in tale direzione
dal 1977 (quando un gruppo di Liberi Muratori della Massoneria Prince Hall era
stato ammesso nella Loggia "De Goede Hoop" di Cape Town), abrogassero
l'apartheid, scelta che esse fecero, qualificandosi tra le prime associazioni
bianche a superare la segregazione razziale. Nel 1992 uscì dal Grande Oriente
d'Italia, rigettandone il laicismo, per ravvivare i nuclei massonici di
impronta cristiana e spiritualista, che assunsero la denominazione Real Ordine
degli Antichi Liberi e Accettati Muratori (A.D. 926)[7]. Su tale concezione
della Massoneria ha scritto La via massonica. Dal manoscritto Graham al
risveglio noachide e cristiano (2014), un testo dal quale emerge, fra l'altro,
l'importanza della devozione alla Vergine Maria, come madre del Cristo ed
espressione umana della divina Sophia, nella genesi della spiritualità
massonica. Ha ricostruito le vicende della Gran Loggia d'Italia, l'altra
associazione maggioritaria di Liberi Muratori in Italia, nel volume Piazza del
Gesù (1944-1968). Documenti rari e inediti della tradizione massonica italiana (1992),
contribuendo in seguito alla realizzazione di programmi tematici per varie
emittenti televisive, tra le quali Rossija 24 (2014), Reteconomy (2016) e È TV
Rete7. Ha conseguito il 33º grado del Rito scozzese antico ed accettato e
il VII del Rito filosofico italiano[8], che nel secondo decennio del Novecento
vide tra le sue fila i neopitagorici Arturo Reghini e Amedeo Rocco
Armentano. Nel 1986 ha fondato in Italia l'Antico Rito Noachita[9] su
patente ricevuta presso il British Museum dall'ex Maestro Venerabile della
Loggia "Heliopolis" di Londra. Ha realizzato una colonna sonora
per i rituali massonici, dal titolo Masonic Ritual Rhapsody[10]. Il 28
giugno 2003, presso la Loggia "Gottfried Keller" di Zurigo, è stato
ricevuto come membro nell'Independent Order of Odd Fellows. Già attivo
con Joseph L. Gentili (1946-2008), editore del newsletter Brooklyn Universalist
Christian, in un progetto di restaurazione della Chiesa Universalista
d'America, contro la deriva liberal di quel movimento, ha ricevuto il navjote
zoroastriano nel 2003[11]. Nel volume Il Mazdeismo Universale propone una
visione eclettica di tale religione, collegando ad essa elementi del misticismo
ebraico, del dualismo platonico e cristiano, del buddhismo Mahāyāna, e
riconoscendo in Gesù il saoshyant (divino soccorritore, messia) profetizzato
dall'antica religione iranica, in una prospettiva teologica di tipo
mazdeo-cristiano, intorno alla quale si è formata una Fraternità Mazdea
Cristiana[12]. Si è avvicinato alle correnti latitudinaria[13] e mistica
dell'Anglicanesimo e al percorso religioso di Charles Loyson, confluendo in una
comunità religiosa di orientamento eclettico [14], ove ha potuto conservare la
doppia appartenenza, cristiana e zoroastriana. Entro tale gruppo, che nel
gennaio 2019 ha assunto la denominazione Reformed Cloister of the Holy Spirit -
Unione Riformata Universalista, è un oblato di San Pellegrino delle Alpi,
secondo la Regola che, ispirandosi alle tradizioni fiorite intorno alla vita di
quell'eremita del Cristianesimo celtico, contempla almeno un atto quotidiano
"di giustizia, o di soccorso fraterno" anche nei riguardi di animali
e piante. Laureatosi cum laude in Filosofia presso l'Università di
Bologna nel 1977, con una tesi sul pensatore indiano Sri Aurobindo (relatore il
noto indologo e sanscritista Giorgio Renato Franci), nella seconda metà degli
anni Ottanta si è formato in Training autogeno e Psicoterapia con la procedura
immaginativa sotto la guida di Luigi Peresson. Ha trattato dei nessi tra
Zoroastrismo e Cristianesimo nei libri La celeste dottrina noachita (1994) e I
Magi eterni (2013), di fenomenologia del sacro ne L'ultima tappa di Henry
Corbin e di tanatologia in Psicologia del morire (1991). Ha scritto negli anni
1973-1975 sulle esperienze di autogestione dei lavoratori nel mondo e sui
rapporti tra socialismo e religione per Azione nonviolenta, la rivista fondata
da Aldo Capitini. Con il saggio Per una rifondazione del Socialismo partecipò
al simposio "Marxismo e nonviolenza" (Firenze, 1975) nel quale
intervennero, tra gli altri, Norberto Bobbio e Roger Garaudy. Dal 1971 è
un sostenitore della lingua ausiliaria internazionale Esperanto. Ha aderito al
gruppo esperantista bolognese "Achille Tellini 1912". In ambito
narrativo, ha scritto Diario californiano (1981) e Torbida dea (2007). Si
è occupato di storia dello spettacolo, scrivendo I mitici Gufi (2001), sul
celebre quartetto di cabaret degli anni sessanta, e partecipando
all'allestimento del programma Gufologia per Rai Sat (2002); con l'ex
"Gufo" Roberto Brivio ha collaborato sia nella riproposta del
repertorio del gruppo in teatri e circoli culturali, sia nella realizzazione di
un laboratorio teatrale e musicale che vide attivamente coinvolti numerosi
alunni portatori di disabilità, presso l'Istituto medio superiore in cui
insegnò psicologia dal 1994 al 2009. Ha inciso quattro CD,
Allucinazioni amorose (meno due), Gesbitando, Come al crepuscolo l'acacia e
Existenz, che contengono sue canzoni e brevi suites strumentali, ricevendo il
plauso, tra gli altri, di critici come Maurizio Becker, Mario Bonanno (Musica
& Parole) e Salvatore Esposito (Blogfoolk), di autori come Bruno Lauzi,
Ernesto Bassignano, Giorgio Conte e dei jazzisti Giulio Stracciati[15] e
Shinobu Ito[16]. Nel dicembre 2017 è stato chiamato da Luisa Melis,
figlia e continuatrice dell'opera di Ennio Melis, il patron della RCA Italiana,
a far parte della giuria del Premio De André (XVI, XVII e XVIII
edizione). Opere Saggistica, narrativa e studi di filosofia La Massoneria
ieri e oggi (De Vecchi, Milano 1977) La Massoneria oggi. Cronaca, realtà, idee
(De Vecchi, Milano 1981) Per una rifondazione del socialismo, in AA.VV.:
Marxismo e nonviolenza (Lanterna, Genova 1977) La Libera Muratoria, AA.VV.
(SugarCo, Milano 1978). Masonstvo v proshlom i nashtoiashchem (Progress, Moskva
1990) La Massoneria. Il vincolo fraterno che gioca con la storia, a cura di
(seconda ed., Giunti, Firenze 2009) Diario californiano (Bastogi, Foggia 1981)
Grande Dizionario Enciclopedico UTET (quarta ed., Torino 1985) (voci: Antroposofia,
Besant, Cagliostro, Radiestesia, ecc.) L'ultima tappa di Henry Corbin, in
Contributi alla storia dell'Orientalismo, a cura di G.R. Franci (Clueb, Bologna
1985) 250 anni di Massoneria in Italia, a cura di (Bastogi, Foggia 1985) Nuova
Enciclopedia Massonica (Ce.S.A.S., Reggio E. 1989-1995; seconda ed.: Bastogi,
Foggia 1997) Psicologia del morire, in AA.VV. I nuovi ultimi (Francisci, Abano
Terme 1991) Piazza del Gesù (1944-1968). Documenti rari e inediti della
tradizione massonica italiana (Ce.SA.S. Reggio Emllia, 1992) Sette Lodi
Massoniche alla Beata Vergine Maria (Real Ordine A.L.A.M., Reggio Emilia 1992)
La celeste dottrina noachita (Ce.S.A.S, Reggio E. 1994) I mitici Gufi (Edishow,
Reggio Emilia 2001) Torbida dea. Psicostoria d'amore, fantomi & zelosia
(Bastogi, Foggia 2007) Il Mazdeismo Universale. Una chiave esoterica alla
dottrina di Zarathushtra (Bastogi, Foggia 2010) I Magi eterni. Tra Zarathushtra
e Gesù (con Graziano Moramarco) (Om Edizioni, Bologna 2013) La via massonica.
Dal manoscritto Graham al risveglio noachide e cristiano (Om Edizioni, Bologna
2014) Massoneria. Simboli, cultura, storia (consulenza scientifica di M.M.)
(Atlanti del Mistero/Giunti-De Vecchi, Firenze 2020) Introduzione alla Libera
Muratoria (Il Settenario, Bologna 2020) Musica Allucinazioni amorose (meno due)
(cd) (Bastogi Music Italia 2008) Masonic Ritual Rhapsody (cd) (Bastogi Music
Italia 2008) Gesbitando (cd, con Andrea Ascolini) (Bastogi Music Italia 2010)
Come al crepuscolo l'acacia (cd) (Heristal Entertainment, Roma 2013) Existenz
(cd) (Heristal Entertainment, Roma 2017) Note ^ Aplogruppo I-Z63, subclade L
1242 ^ A. A. Mola, Un valido impulso per una Massoneria "à parts
entières", in 250 anni di Massoneria in Italia, pp. 11-13; F. Ferrari, La
Massoneria verso il futuro (una conversazione con Michele Moramarco) (2008) (v.
bibliografia) ^ Una breve rassegna di testi fondamentali sulla Massoneria si
trova sul sito del Cesnur diretto da Massimo Introvigne. Vedi anche le
recensioni di E. Albertoni ne Il Sole 24 Ore, p.1 inserto domenicale, 29 aprile
1990 e di G. Caprile ne La Civiltà Cattolica, 6 ottobre 1990, pp. 97-98. ^ Il
volume fu pubblicato nel 1990, anno della dissoluzione dell'URSS, dalla casa
editrice Progress (v. bibliografia e collegamenti esterni) ^ V. Brunelli, Massoneria:
è finito con la condanna della P2 il tempo delle logge e dei
"fratelli" coperti, in Corriere della sera, 26 giugno 1983, p.5 ^
Grand Lodge of South Africa ^ Il Corriere della Sera dedicò un lungo articolo
allo "scisma" (v. bibliografia). Del Real Ordine A.L.A.M. si è
occupato anche il centro di ricerca Cesnur, diretto dal noto storico e
sociologo delle religioni Massimo Introvigne, v.
http://www.cesnur.org/religioni_italia/a/appendice_02.htm. Il termine Real non
aveva alcun riferimento alla storia italiana, ma si richiamava alla leggenda,
contenuta negli Antichi doveri, secondo cui l'Ordine Massonico ricevé le sue
proto-costituzioni dal re Atelstano d'Inghilterra (Æðelstan) nel 926 d.C.;
recentemente il Real Ordine ha assunto la denominazione di Unione Cristiana dei
Liberi Muratori ^ Rito filosofico italiano ^ Antico Rito Noachita ^ Masonic
Ritual Rhapsody, Bastogi Music Italia, 2008.
https://www.youtube.com/watch?v=rSs04kpA36U. A questa esperienza è collegata la
sua iscrizione alla SIAE come autore musicale ^ Del percorso che lo ha condotto
verso la visione di Zoroastro (Zarathushtra) si è occupata la rivista parsi di
Bombay, Parsiana, così come il quotidiano torinese La Stampa (v. bibliografia).
^ v. https://mazdeanchristian.wordpress.com/ ^ latitudinarismo, in Dizionario
di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009.^ v.
https://riformatiuniversalisti.wordpress.com// In questa comunità si ritrovano,
su vari temi, idee tratte dal Manicheismo, dall'Arianesimo, dal Quaccherismo,
dall'Unitarianismo, dal Giurisdavidismo e dall'universalismo hindu-cristiano
del movimento Navavidhan fondato da Keshab Chandra Sen (1838-1884). Frequenti e
significativi sono altresì i riferimenti al pensiero di Louis Claude de
Saint-Martin (1743-1803) e alla "religione aperta" - o della
"compresenza dei morti e dei viventi" - elaborata da Aldo Capitini
(1899-1968) ^ Giulio Stracciati ^ Shinobu Ito Bibliografia E. Albertoni, Tante
fedi, nessun dogma (recensione della Nuova Enciclopedia Massonica, Il Sole 24
Ore, 29 aprile 1990, p. I, inserto culturale domenicale) M. Chierici,
Nasce la Lega dei Venerabili (Corriere della Sera, 19 gennaio 1993, p. 16) S.
Esposito (a cura di), Dalle radici del Mazdeismo all'Alleanza Mazdea Cristiana
- Intervista con Michele Moramarco (in Secreta Magazine n°3/4 marzo-Aprile
2011, pp. 21–29) S. Esposito (a cura di), Gesbitando: intervista con Michele
Moramarco (Blogfoolk, 4, 2011) F. Ferrari, La Massoneria verso il futuro (una
conversazione con Michele Moramarco) (Bastogi, Foggia 2008) S. Semeraro, Tra la
via Emilia e l'Est. Così parlò Zoroastro (La Stampa, Torino, 21 novembre 2006,
p. 33) S. Sari, Unico e plurimo al contempo, Dio secondo gli Zoroastriani
[intervista a M.M.](Libero, 25 novembre 2006, p. 13) G. Giovacchini, Cultura e
spiritualità della Massoneria italiana nella seconda metà del '900 [prefazione
di Michele Moramarco] (Tiphereth, Acireale-Roma 2017) Voci correlate
Zoroastrismo Universalismo Massoneria Rosacroce Altri progetti Collabora a
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realordine.wordpress.com. Pagina sul sito di Heristal Entertainment, su
heristal.eu. blog degli anglicani latitudinari, su
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Storia Portale Storia Categorie: Saggisti italiani del XX secoloSaggisti
italiani del XXI secoloNati nel 1953Nati il 6 ottobreNati a Reggio
nell'EmiliaMassoniScrittori italiani del XX secoloScrittori italiani del XXI
secoloPersonalità dello zoroastrismo cristianoCompositori italiani del XX
secoloStudenti dell'Università di BolognaFilosofi italiani del XX
secoloFilosofi italiani del XXI secoloEsperantisti italiani[altre]
moravia Sergio Moravia Da Wikipedia,
l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search «Il Nietzsche che
prediligo è il Nietzsche terreno, umano, presente nel tempo. È il Nietzsche
intrepido esploratore del sottosuolo dell'uomo e dei disagi della civiltà. È il
Nietzsche che fertilmente e sofferentemente (non narcisisticamente) vive e
pensa il nichilismo: ma per andare oltre il nichilismo. È soprattutto il
Nietzsche che - neo-illuminista forse malgrado lui - vuole conoscere, capire,
dare un (nuovo) senso alle cose.»
(Sergio Moravia) Sergio Moravia (Bologna, 16 gennaio 1940) è un filosofo
e antropologo italiano. È professore ordinario di Storia della Filosofia
all'Università degli studi di Firenze.
Indice 1 Biografia
2 Opere
principali 3 Alcuni
articoli, saggi e contributi a volumi collettivi 4 Bibliografia 5 Collegamenti esterni
Biografia Allievo di Eugenio Garin, si è formato in ambiente fiorentino
conseguendovi la laurea in filosofia nel 1962 con tesi su Gian Domenico
Romagnosi. Professore incaricato dal 1969, è poi diventato, nel 1975, ordinario
di Storia della Filosofia all'Università di Firenze. Nel corso della sua carriera, si è interessato
particolarmente dell'illuminismo francese e del pensiero del Novecento, della
storia e dell'epistemologia delle scienze umane, con particolare attenzione
all'antropologia, la filosofia della mente e l'esistenzialismo. I suoi studi e
le sue ricerche hanno aperto nuove prospettive interdisciplinari fra pensiero
filosofico e scienze umane. Attualmente,
le sue attenzioni sono rivolte verso l'opera e il pensiero del filosofo tedesco
Friedrich Nietzsche del quale, nel 1976, pubblicò già una celebre antologia dal
titolo La distruzione delle certezze e, nel 1985, una raccolta di saggi
intitolata Itinerario nietzscheano. Proprio un nuovo modo di avvicinarsi e
concepire il pensiero del filosofo tedesco lo hanno reso uno dei suoi
interpreti più originali e più discussi.
Grazie ai suoi studi e contributi filosofici, è stato visiting professor
presso l'Università della California a Berkeley, l'Università del Connecticut a
Storrs e il Center for the Humanities della Wesleyan University. Conferenziere presso altre sedi universitarie
americane (fra le quali, Harvard, UCLA, Boston) ed europee (Francia, Belgio,
Germania), è cofondatore della “Società italiana degli studi sul XVIII secolo”,
nonché membro del Comitato direttivo delle Riviste filosofiche “Iride” e
“Paradigmi”. Collabora ai giornali Corriere della Sera, Quotidiano nazionale,
La Repubblica. Opere principali Il
tramonto dell'Illuminismo. Filosofia e politica nella società francese
(1770-1810), Laterza, Roma-Bari, 1968. La ragione nascosta. Scienza e filosofia
nel pensiero di Claude Lévi-Strauss, G.C. Sansoni, Firenze, 1969. La scienza
dell'uomo nel Settecento, Laterza, Roma-Bari, 1970. Lévi-Strauss e
l'antropologia strutturale, G.C. Sansoni, Firenze, 1973. Introduzione a Sartre,
Laterza, Roma-Bari, 1973. Adorno e la teoria critica della società, G.C.
Sansoni, Firenze, 1974. Il pensiero degli idéologues. Scienza e filosofia in
Francia (1780-1815), La Nuova Italia, Firenze, 1974. La distruzione delle
certezze. Raccolta antologica di scritti nietzschiani, La Nuova Italia,
Firenze, 1976. Linguaggio, storia e società (con T. De Mauro e R.A. Santoni),
Guaraldi, Firenze, 1978. Filosofia e scienze umane nell'età dei Lumi, G.C.
Sansoni, Firenze, 1982. Pensiero e civiltà, 3 voll., Le Monnier, Firenze, 1984.
Il ragazzo selvaggio dell'Aveyron. Pedagogia e psichiatria nei testi di J.
Itard, Ph. Pinel e dell'anonimo della "Décade", Laterza, Roma-Bari,
1984 (prima edizione, 1972). Itinerario nietzscheano, Guida, Napoli, 1985.
Educazione e pensiero, 3 voll., Le Monnier, Firenze, 1986. Filosofia: storia e
testi, 3 voll., Le Monnier, Firenze, 1986. L'enigma della mente. Il mind-body
problem nel pensiero contemporaneo, Laterza, Roma-Bari, 1986. Compendio di
filosofia, 3 voll., Le Monnier, Firenze, 1994-96. L'enigma dell'esistenza.
Soggetto, morale, passioni nell'età del disincanto, Feltrinelli, Milano, 1996.
L'esistenza ferita. Modi d'essere, sofferenze, terapie dell'uomo
nell'inquietudine del mondo, Feltrinelli, Milano, 1999. Adorno. Filosofia
dialettico-negativa e teoria critica della società, Mimesis Edizioni, Milano,
2004. Ragione strutturale e universi di senso. Saggio sul pensiero di Claude
Lévi-Strauss, Le Lettere, Firenze, 2004. La Massoneria. La storia, gli uomini,
le idee (con Z. Ciuffoletti), Mondadori, Milano, 2004. Firenze e il
Neo-Umanesimo. Arte, cultura, comunicazione multimediale all'alba del Terzo
Millennio, Le Lettere, Firenze, 2005. Lo strutturalismo francese, Le Lettere,
Firenze, 2006 (prima edizione, 1975). Sigmund Freud. Filosofia e psicoanalisi,
raccolta antologica di scritti freudiani, UTET, Torino, 2008. Alcuni articoli,
saggi e contributi a volumi collettivi "Il pensiero", in: L'universo
del corpo, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma, 2000, Vol. V, pp. 40–46;
"Filosofia della mente e realtà psichica", in: C. Genovese (a cura
di), La realtà psichica, Edizioni Borla, Roma, 2000, pp. 135–147;
"L'esistenza e il male", in: AA.VV., "Mysterium
iniquitatis", Gregoriana Editrice, Padova, 2000, pp. 17–31; "Il
"Mind-Body Problem" e l'interpretazione personologico-esistenziale
dell'uomo", in: AA.VV., La questione del soggetto tra filosofia e scienze
umane, Le Monnier, Firenze, 2000, pp. 9–34; "Lettura Magistrale" al
VI Convegno Nazionale Dalla riabilitazione psicosociale alla promozione della
salute mentale (Montecatini, novembre 2001), "S.I.R.F. News", 2001,
pp. 1–6; "Mente, soggetto, esperienza nel mondo", in: P.F. Firrao (a
cura di), La filosofia italiana in discussione (Atti del Convegno Verso il
2000. La filosofia italiana in discussione, Società Filosofica Italiana,
Firenze 11-13 novembre 1999), Bruno Mondadori, Milano, 2001, pp. 115– 131;
"Sujet, existence, contexte", in: AA.VV., Le médecin philosophe aux
prises avec la maladie mentale, Etudes de Lettres, Lausanne (CH), 2002, pp.
149–162; "Crisi della cultura e relazioni generazionali nel mondo contemporaneo",
in: AA.VV., Giovani e adulti: prove di ascolto (Atti del Convegno omonimo),
Sansepolcro (AR), 2003, pp. 5-6; "La filosofia degli idéologues. Scienza
dell'uomo e riflessione epistemologica tra Sette e Ottocento", in: G. Santato
(a cura di), Letteratura italiana e cultura europea tra illuminismo e
romanticismo, Atti dell'omonimo Convegno Internazionale di Studi, Dipartimento
di Italianistica, Università di Padova, 2000, Droz, Genève CH), 2003, pp.
65–79; "Libertà, finitudine, impegno. Genesi e significato della
responsabilità nel mondo moderno", in: V. Malagola Anziani (a cura di),
Giustizia e responsabilità (Atti del Convegno omonimo, Firenze, 24 novembre
2001), Dott. A. Giuffré Editore, Milano, 2003, pp. 33–44; "Dal soggetto
alla relazione", Maieutica, Volume II, Anno 2000, pp. 34–49;
"Demitizzazione e devalorizzazione. La crisi della 'forma famiglia' nella
società contemporanea", in: Interazioni, Volume I, Anno 2001, pp. 78–82;
"Illuminismo e modernità", Hiram, Volume 1, Anno 2001, pp. 5–9;
"Prove d'ascolto. Crisi della cultura e relazioni generazionali nel mondo
contemporaneo", Studi sulla formazione, Volume V, Fascicolo 2, Anno 2002,
pp. 104–111; "Considerazioni sulla guerra giusta", Hiram, Volume 4,
Anno 2002, pp. 13–18; "La filosofia, la conoscenza dell'umano, il dialogo
col pensiero religioso", Hiram, Volume 1, Anno 2003, pp. 13–18; "A
filosofia, o conhecimento do humano, o dialogo como pensamento religioso",
Acácia [Brasil], Vol. 75, 2003, pp. 31–34; "Esistenza e felicità",
Hiram, Volume 2, Anno 2003, pp. 63–71; "L'Occidente e la pace. Luci e
ombre all'alba del terzo millennio", Hiram, Volume 4, Anno 2003, pp.
12–16; "La filosofia e il suo 'altro'. La riflessione metafilosofica di
Adorno in 'Dialettica negativa'", Iride, Volume XVII, Anno 2004, pp.
65–75; "L'uomo: una storia infinita", in: AA.VV., Per una scienza
dell'umano, Arezzo, 2004; "Il mind-body problem e l'interpretazione
personologico-esistenziale dell'uomo", in: L. Lenzi (a cura di),
Neurofisiologia e teorie della mente, Vita & Pensiero, Milano, 2005, pp.
257-270. "La scoperta settecentesca dell'inconscio, l'ambiguità del
freudismo e il lavoro della psicoanalisi sull'«animale malato»", Atti del
Convegno "Metapsicologia oggi", tenutosi a Napoli il 24 ottobre 2003,
e pubblicati in: O. Pozzi, S. Thanopulos (a cura di), Metapsicologia oggi, La
Biblioteca Edizioni, Bari, 2005. "Un mondo negato. L'assolutizzazione del
corpo nella psico-umanologia contemporanea", Hermeneutica, fascicolo
speciale intitolato Corpo e persona, Anno 2007, pp. 109–130. "Complessità,
pluralità, confini", in: Dal coordinatore al coordinamento, Atti del III
Seminario sui Coordinatori pedagogici in Emilia-Romagna, Assessorato Servizi
Sociali Provincia Bologna, Bologna, 2007, pp. 33–37. Bibliografia Bruno Maiorca,
Filosofi italiani contemporanei. Parlano i protagonisti, Bari, Nuova biblioteca
Dedalo, 1984, ISBN 9788822060327. Collegamenti esterni Sergio Moravia, su
sapere.it, De Agostini. Modifica su Wikidata (FR) Pubblicazioni di Sergio
Moravia, su Persée, Ministère de l'Enseignement supérieur, de la Recherche et
de l'Innovation. Modifica su Wikidata Registrazioni di Sergio Moravia, su
RadioRadicale.it, Radio Radicale. Modifica su Wikidata Registrazione video
intervista effettuata durante la Gran Loggia 2008 del GOI dal titolo "Tu
sei mio fratello" del 4 aprile 2008., su youtube.com. Registrazione video
della Lectio Magistralis "Al di qua del bene e del male - Nietzsche
esploratore dell'umano" all'Università degli studi di Modena e Reggio
Emilia del 30 novembre 2007, su tv.unimore.it. Registrazione audio della tavola
rotonda del GOI "Pedagogia delle libertà - Libertà civili" del 13
aprile 2007, su radioradicale.it. Registrazione video del convegno del GOI
"La scienza non sia ostacolata dall'ideologia, dalla politica e dalla
religione" del 20 settembre 2001, su radioradicale.it. Registrazione audio
della tavola rotonda della Comunità Oasi "Significato e funzione della
pena, della punizione e della penitenza nella promozione umana e sociale"
del 14 giugno 1998, su radioradicale.it. Registrazione video dell'intervento
"Catturati dall'effimero?" all'interno del "42º Convegno
Giovanile alla Cittadella di Assisi" del 29 dicembre 1987, su arcoiris.tv.
Controllo di autorità VIAF
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Filosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloAntropologi
italianiNati nel 1940Nati il 16 gennaioNati a BolognaProfessori dell'Università
degli Studi di Firenze[altre]
mordacci Roberto
Mordacci Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search
Niente fonti! Questa voce o sezione sull'argomento filosofi italiani non cita
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questa voce aggiungendo citazioni da fonti attendibili secondo le linee guida
sull'uso delle fonti. Roberto Mordacci (Milano, 30 maggio 1965) è un filosofo
italiano. È preside della Facoltà di Filosofia dell'Università Vita-Salute San
Raffaele dove è professore ordinario di Filosofia Morale. È Direttore del
Centro Internazionale di Ricerca per la Cultura e la Politica Europea.
Indice 1 Biografia
2 Temi
di ricerca 3 Riviste
4 Attività
teatrale 5 Pubblicazioni
6 Note
7 Collegamenti
esterni Biografia Laurea in filosofia presso l'Università Cattolica del Sacro
Cuore di Milano; Dottorato in bioetica presso l'Università degli Studi di
Genova. Ha svolto attività di ricerca e insegnamento presso la Scuola di
Medicina e Scienze Umane dell'Istituto Scientifico Ospedale San Raffaele (1990-2000)
Dal 2000 ha insegnato presso l'Università Vita-Salute San Raffaele, prima
presso la Facoltà di Psicologia e dal 2002 presso la Facoltà di Filosofia che
ha contribuito a fondare insieme con Massimo Cacciari, Edoardo Boncinelli,
Michele Di Francesco, Andrea Moro. Ha contribuito a progetti di ricerca ed è
stato membro del Consiglio d'Europa per l'insegnamento della bioetica. Dal 2013
è preside della Facoltà di Filosofia dell'Università Vita-Salute San
Raffaele[1], essendo stato rieletto nel giugno 2016 per il secondo
mandato. Dal 2007 al 2012 è stato membro del Comitato Nazionale per la
Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze per la Vita della Presidenza del
Consiglio dei Ministri.[2] Dal 2012 al 2015 è stato membro del Comitato
Scientifico per EXPO 2015 come delegato del Rettore dell'Università Vita-Salute
San Raffele.[3] Dal 2016 è membro della Commissione per l'Etica della
Ricerca e la Bioetica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR)[4] e del
Consiglio Direttiva della Società Italiana di Filosofia Morale (SIFM)[5].
Nel 2017 ha fondato l'International Research Centre for European Culture and
Politics (IRCECP) del quale è Direttore. Temi di ricerca Si è dedicato in
particolar modo dei temi: "Etica e ragioni morali", "Etica
pubblica e rispetto", "Neuroetica". Attraverso l'indagine delle
"ragioni morali" e dell'"identità personale" e ispirandosi
alla filosofia kantiana, propone una forma di "personalismo
critico"[6] in base alla quale il fondamento dell'esperienza morale viene
individuato nella ricerca, che ognuno compie, delle "buone ragioni"
che danno forma alla propria individualità personale attraverso l'agire.
Riconoscere ogni persona come autrice della propria identità fonda un'etica del
rispetto delle persone in quanto a ogni individuo viene riconosciuto il diritto
e il dovere di esprimere le proprie abilità e costruire la propria
personalità. Si è inoltre occupato di bioetica essendo anche stato
coordinatore del progetto Bioetica della genetica: questioni morali e
giuridiche negli impieghi clinici, biomedici e sociali della genetica umana del
Miur (FIRB,2009-2011). Tra i suoi interessi più recenti, la disciplina
della Film and Philosophy: la riflessione su come i film possono fare filosofia
e se possono argomentare vere e proprie tesi filosofiche. In questo contesto ha
dato vita al Laboratorio di Filosofia e Cinema presso la Facoltà di Filosofia
dell'Università Vita-Salute San Raffaele, conduce il sabato pomeriggio la
rubrica "Al cinema col Filosofo" su TgCom24 (stagioni 2014-2015 e 2015-2016)
e la rubrica "Imparare ad amare i film" all'interno di Cinematografo
Estate (2015) su Rai 1[7]. Riviste È membro del comitato scientifico
dell'Annuario di Etica (ed. Vita e Pensiero), dell'Annuario di Filosofia (ed.
Mimesis) e della rivista online Etica & Politica. Dalla sua
fondazione (febbraio 2016) è membro del Comitato Scientifico[8] della rivista
scientifica The Future of Science and Ethics[9], a cura del Comitato Etico
della Fondazione Umberto Veronesi. Attività teatrale Romeo e Giulietta:
nascita e tragedia dell'io moderno, Eloisa e Abelardo: passione e negazione,
Occidente, o identità fragile: Paul Auster e le Follie di Brooklyn, analisi
filosofiche con letture sceniche, ciclo "Aperitivi con Sophia",
Teatro Franco Parenti, marzo-aprile 2009 La violenza e l'ingiustizia - Gorgia,
ciclo "Filosofi a teatro" Roberto Mordacci, Teatro Franco Parenti,
dicembre 2009 L'individuo, la libertà e il perdono. Hegel legge Dostoevskij,
lettura scenica di Roberto Mordacci e Jean Sorel, ciclo l'Intelligenza e la
Fantasia, Teatro Strehler, maggio 2006 L'isola della verità. Divagazioni
fotografiche e filosofiche, lettura scenica di Roberto Mordacci, Anna Traini e
Maria Grazia Stepparava, Cluster Isole, Mare e Cibo, Padiglione P03-Expo Milano
2015 (Rho-Fiera), 14 liglio 2015[10] Kant e il mare, lettura scenica di Roberto
Mordacci e Francesca Ria, agosto 2015[11] Pubblicazioni Bioetica della
sperimentazione, FrancoAngeli, Milano 1997. Salute e bioetica (con Giorgio
Cosmacini), Einaudi, Milano 2002. Ethics and Genetics. A workbook for
practitioners and students, Bergham Books, New York 2003, con G. de Wert, R.
ter Meulen e M. Tallacchini. Una introduzione alle teorie morali, Feltrinelli,
Milano 2003. La vita etica e le buone ragioni, Bruno Mondadori, Milano 2007.[12]
Ragioni personali. Saggio sulla normatività morale, Carocci, Milano 2008.
Elogio dell'Immoralista, Bruno Mondadori, Milano 2009.[12] Rispetto, Raffaello
Cortina, Milano 2012. Bioetica, Bruno Mondadori, Milano 2013.[13] L'etica è per
le persone, San Paolo, Cinisello Balsamo 2015.[14] Al cinema con il filosofo.
Imparare ad amare i film, Mondadori, Milano 2015.[15] La condizione neomoderna,
Einaudi[collegamento interrotto], Torino, 2017. Ritorno a utopia, Laterza,
Bari, 2020. Note ^ Università Vita-Salute San Raffaele, su www.unisr.it. URL
consultato il 1º agosto 2015 (archiviato dall'url originale il 19 ottobre
2015). ^ Governo.it/bioetica (PDF), su governo.it. ^ Roberto Mordacci, su Le
Università per Expo, 17 ottobre 2013. URL consultato il 14 giugno 2016
(archiviato dall'url originale il 17 giugno 2016). ^ Commissione per l’Etica
della Ricerca e la Bioetica | Consiglio Nazionale delle Ricerche, su
www.cnr.it. URL consultato il 14 giugno 2016. ^ Organi della società | SIFM, su
www.sifm.it. URL consultato il 14 giugno 2016. ^ Intervista a L'accento di
Socrate, su laccentodisocrate.it. ^ Rai 1, Cinematografo estate, su rai.tv. ^
Scienza e etica: in uscita la nuova rivista della Fondazione Veronesi, su
Fondazione Umberto Veronesi. URL consultato il 14 giugno 2016. ^ Chi siamo |
FUTURE OF SCIENCE AND ETHICS, su scienceandethics.fondazioneveronesi.it. URL
consultato il 14 giugno 2016. ^ Feeding the Mind: Expo-Bicocca Conversation
Hour, su www.unimib.it. URL consultato il 14 giugno 2016 (archiviato dall'url
originale il 9 agosto 2016). ^ Lettura scenica de "I Sensi del Mare",
su http://www.elbareport.it. URL consultato il 14 giugno 2016. Pearson -
Imparare sempre [collegamento interrotto], su pearson.it. URL consultato il 1º
agosto 2015. ^ Bioetica - Mordacci Roberto - eBook - Mondadori Bruno - Sai
cos'è? - Filosofia - ePub - IBS, su www.ibs.it. URL consultato il 1º agosto
2015. ^ UNIVERSO FILOSOFIA - L'etica è per le persone - Edizioni San Paolo, su
www.edizionisanpaolo.it. URL consultato il 1º agosto 2015. ^ AL CINEMA CON IL
FILOSOFO. URL consultato il 1º agosto 2015 (archiviato dall'url originale il 21
luglio 2015). Collegamenti esterni Riflessioni sul senso della vita intervista
di Ivo Nardi, sito "Riflessioni.it", settembre 2010. Ci vuole più
rispetto intervista a Roberto Mordacci, Famiglia Cristiana, 9 ottobre 2012. Ma
l'etica non è un'intrusa, intervista a Roberto Mordacci, Avvenire, 6 giugno
2016 Ora smettiamola di parlare inglese, intervista a Roberto Mordacci, Il
Giornale, 27 giugno 2016 Controllo di autorità VIAF
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Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI
secoloNati nel 1965Nati il 30 maggioNati a Milano[altre]
mordecai Isacco ben Mordecai Da Wikipedia,
l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Isacco ben Mordecai,
conosciuto come Maestro Gaio (... – ...), è stato un medico e filosofo
italiano. Fu il primo ebreo ad essere
nominato archiatra papale: fu al servizio di Papa Niccolò IV e/o Papa Bonifacio
VIII, alla fine del XIII secolo. Gaio fu
tenuto in grande considerazione da altri medici suoi contemporanei, come ad
esempio Hillel ben Samuel da Verona. Da Forlì, costui scrisse a Gajo due lunghe
lettere (si veda "Ḥemdah Genuzah," pp. 18–22) sulla disputa relativa
all'accettazione delle dottrine di Mosè Maimonide, per indurlo ad accettarle.
Isacco ben Mordecai in effetti seguì con interesse le nuove idee. Bibliografia Grätz, Geschichte. 3d ed., vii.
160, 165; Vogelstein and Rieger, Geschichte der Juden in Rom, i. 252-254
Collegamenti esterni «Gajo, Maestro (Isaac ben Mordecai)» la scheda nella
Jewish Encyclopedia. Biografie Portale Biografie Medicina Portale Medicina
Categorie: Medici italianiFilosofi italiani del XIV secoloMedici
medievaliFilosofi medievaliStoria dell'ebraismoEbrei italiani[altre]
Communicatum: meaning, the conventional,
common, or standard sense of an expression, construction, or sentence in a
given language, or of a non-linguistic signal or symbol. Literal meaning is the
non-figurative, strict meaning an expression or sentence has in a language by
virtue of the dictionary meaning of its words and the import of its syntactic
constructions. Synonymy is sameness of literal meaning: ‘prestidigitator’ means
‘expert at sleight of hand’. It is said that meaning is what a good translation
preserves, and this may or may not be literal: in French ‘Où sont les neiges
d’antan?’ literally means ‘Where are the snows of yesteryear?’ and figuratively
means ‘nothing lasts’. Signal-types and symbols have non-linguistic
conventional meaning: the white flag means truce; the lion means St. Mark. In
another sense, meaning is what a person intends to communicate by a particular
utterance – utterer’s meaning, as Grice called it, or speaker’s meaning, in
Stephen Schiffer’s term. A speaker’s meaning may or may not coincide with the
literal meaning of what is uttered, and it may be non-linguistic. Non-literal:
in saying “we will soon be in our tropical paradise,” Jane meant that they
would soon be in Antarctica. Literal: in saying “that’s deciduous,” she meant
that the tree loses its leaves every year. Non-linguistic: by shrugging, she
meant that she agreed. The literal meaning of a sentence typically does not
determine exactly what a speaker says in making a literal utterance: the
meaning of ‘she is praising me’ leaves open what John says in uttering it, e.g.
that Jane praises John at 12:00 p.m., Dec. 21, 1991. A not uncommon – but
theoretically loaded – way of accommodating this is to count the
context-specific things that speakers say as propositions, entities that can be
expressed in different languages and that are (on certain theories) the content
of what is said, believed, desired, and so on. On that assumption, a sentence’s
literal meaning is a context-independent rule, or function, that determines a
certain proposition (the content of what the speaker says) given the context of
utterance. David Kaplan has called such a rule or function a sentence’s
“character.” A sentence’s literal meaning also includes its potential for
performing certain illocutionary acts, in J. L. Austin’s term. The meaning of
an imperative sentence determines what orders, requests, and the like can
literally be expressed: ‘sit down there’ can be uttered literally by Jane to
request (or order or urge) John to sit down at 11:59 a.m. on a certain bench in
Santa Monica. Thus a sentence’s literal meaning involves both its character and
a constraint on illocutionary acts: it maps contexts onto illocutionary acts
that have (something like) determinate propositional contents. A context
includes the identity of speaker, hearer, time of utterance, and also aspects
of the speaker’s intentions. In ethics the distinction has flourished between
the expressive or emotive meaning of a word or sentence and its cognitive
meaning. The emotive meaning of an utterance or a term is the attitude it
expresses, the pejorative meaning of ‘chiseler’, say. An emotivist in ethics,
e.g. C. L. Stevenson, cited by Grice in “Meaning” for the Oxford Philosophical
Society, holds that the literal meaning of ‘it is good’ is identical with its
emotive meaning, the positive attitude it expresses. On Hare’s theory, the
literal meaning of ‘ought’ is its prescriptive meaning, the imperative force it
gives to certain sentences that contain it. Such “noncognitivist” theories can
allow that a term like ‘good’ also has non-literal descriptive meaning,
implying nonevaluative properties of an object. By contrast, cognitivists take
the literal meaning of an ethical term to be its cognitive meaning: ‘good’
stands for an objective property, and in asserting “it is good” one literally
expresses, not an attitude, but a true or false judgment. ’Cognitive meaning’
serves as well as any other term to capture what has been central in the theory
of meaning beyond ethics, the “factual” element in meaning that remains when we
abstract from its illocutionary and emotive aspects. It is what is shared by
‘there will be an eclipse tomorrow’ and ‘will there be an eclipse tomorrow?’.
This common element is often identified with a proposition (or a “character”),
but, once again, that is theoretically loaded. Although cognitive meaning has
been the preoccupation of the theory of meaning in the twentieth century, it is
difficult to define precisely in non-theoretical terms. Suppose we say that the
cognitive meaning of a sentence is ‘that aspect of its meaning which is capable
of being true or false’: there are non-truth-conditional theories of meaning
(see below) on which this would not capture the essentials. Suppose we say it
is ‘what is capable of being asserted’: an emotivist might allow that one can
assert that a thing is good. Still many philosophers have taken for granted
that they know cognitive meaning (under that name or not) well enough to
theorize about what it consists in, and it is the focus of what follows. The
oldest theories of meaning in modern philosophy are the
seventeenth-to-nineteenth-century idea theory (also called the ideational
theory) and image theory of meaning, according to which the meaning of words in
public language derives from the ideas or mental images that words are used to
express. As for what constitutes the representational properties of ideas,
Descartes held it to be a basic property of the mind, inexplicable, and Locke a
matter of resemblance (in some sense) between ideas and things. Contemporary
analytic philosophy speaks more of propositional attitudes – thoughts, beliefs,
intentions – than of ideas and images; and it speaks of the contents of such
attitudes: if Jane believes that there are lions in Africa, that belief has as
its content that there are lions in Africa. Virtually all philosophers agree
that propositional attitudes have some crucial connection with meaning. A
fundamental element of a theory of meaning is where it locates the basis of
meaning, in thought, in individual speech, or in social practices. (i) Meaning
may be held to derive entirely from the content of thoughts or propositional
attitudes, that mental content itself being constituted independently of public
linguistic meaning. (‘Constituted independently of’ does not imply ‘unshaped by’.)
(ii) It may be held that the contents of beliefs and communicative intentions
themselves derive in part from the meaning of overt speech, or even from social
practices. Then meaning would be jointly constituted by both individual
psychological and social linguistic facts. Theories of the first sort include
those in the style of Grice, according to which sentences’ meanings are
determined by practices or implicit conventions that govern what speakers mean
when they use the relevant words and constructions. The emissor’s meaning is
explained in terms of certain propositional attitudes, namely the emissor’s
intentions to produce certain effects in his emissee. To mean that it is
raining and that the emissee is to close the door is to utter or to do something
(not necessarily linguistic) with the intention (very roughly) of getting one’s
emissee to believe that it is raining and go and close the door. Theories of
the emissor’s meaning have been elaborated at Oxford by H. P. Grice (originally
in a lecture to the Oxford Philosophical Society, inspired in part by Ogden and
Richards’s The Meaning of Meaning – ‘meaning’ was not considered a curricular
topic in the Lit. Hum. programme he belonge in) and by Schiffer. David Lewis
has proposed that linguistic meaning is constituted by implicit conventions
that systematically associate sentences with speakers’ beliefs rather than with
communicative intentions. The contents of thought might be held to be
constitutive of linguistic meaning independently of communication. Russell, and
Wittgenstein in his early writings, wrote about meaning as if the key thing is
the propositional content of the belief or thought that a sentence (somehow)
expresses; they apparently regarded this as holding on an individual basis and
not essentially as deriving from communication intentions or social practices.
And Chomsky speaks of the point of language as being “the free expression of
thought.” Such views suggest that ‘linguistic meaning’ may stand for two
properties, one involving communication intentions and practices, the other
more intimately related to thinking and conceiving. By contrast, the content of
propositional attitudes and the meaning of overt speech might be regarded as
coordinate facts neither of which can obtain independently: to interpret other
people one must assign both content to their beliefs/intentions and meaning to
their utterances. This is explicit in Davidson’s truth-conditional theory (see
below); perhaps it is present also in the post-Wittgensteinian notion of meaning
as assertability conditions – e.g., in the writings of Dummett. On still other
accounts, linguistic meaning is essentially social. Wittgenstein is interpreted
by Kripke as holding in his later writings that social rules are essential to
meaning, on the grounds that they alone explain the normative aspect of
meaning, explain the fact that an expression’s meaning determines that some
uses are correct or others incorrect. Another way in which meaning may be
essentially social is Putnam’s “division of linguistic labor”: the meanings of
some terms, say in botany or cabinetmaking, are set for the rest of us by
specialists. The point might extend to quite non-technical words, like ‘red’: a
person’s use of it may be socially deferential, in that the rule which determines
what ‘red’ means in his mouth is determined, not by his individual usage, but
by the usage of some social group to which he semantically defers. This has
been argued by Tyler Burge to imply that the contents of thoughts themselves
are in part a matter of social facts. Let us suppose there is a language L that
contains no indexical terms, such as ‘now’, ‘I’, or demonstrative pronouns, but
contains only proper names, common nouns, adjectives, verbs, adverbs, logical
words. (No natural language is like this; but the supposition simplifies what
follows.) Theories of meaning differ considerably in how they would specify the
meaning of a sentence S of L. Here are the main contenders. (i) Specify S’s
truth conditions: S is true if and only if some swans are black. (ii) Specify
the proposition that S expresses: S means (the proposition) that some swans are
black. (iii) Specify S’s assertability conditions: S is assertable if and only
if blackswan-sightings occur or black-swan-reports come in, etc. (iv) Translate
S into that sentence of our language which has the same use as S or the same
conceptual role. Certain theories, especially those that specify meanings in
ways (i) and (ii), take the compositionality of meaning as basic. Here is an
elementary fact: a sentence’s meaning is a function of the meanings of its
component words and constructions, and as a result we can utter and understand
new sentences – old words and constructions, new sentences. Frege’s theory of
Bedeutung or reference, especially his use of the notions of function and
object, is about compositionality. In the Tractatus, Wittgenstein explains
compositionality in his picture theory of meaning and theory of
truth-functions. According to Wittgenstein, a sentence or proposition is a
picture of a (possible) state of affairs; terms correspond to non-linguistic
elements, and those terms’ arrangements in sentences have the same form as
arrangements of elements in the states of affairs the sentences stand for. The
leading truth-conditional theory of meaning is the one advocated by Davidson,
drawing on the work of Tarski. Tarski showed that, for certain formalized
languages, we can construct a finite set of rules that entails, for each
sentence S of the infinitely many sentences of such a language, something of
the form ‘S is true if and only if . . .’. Those finitely statable rules, which
taken together are sometimes called a truth theory of the language, might
entail ‘ “(x) (Rx P Bx)” is true if and only if every raven is black’. They
would do this by having separately assigned interpretations to ‘R’, ‘B’, ‘P’,
and ‘(x)’. Truth conditions are compositionally determined in analogous ways
for sentences, however complex. Davidson proposes that Tarski’s device is
applicable to natural languages and that it explains, moreover, what meaning
is, given the following setting. Interpretation involves a principle of
charity: interpreting a person N means making the best possible sense of N, and
this means assigning meanings so as to maximize the overall truth of N’s
utterances. A systematic interpretation of N’s language can be taken to be a
Tarski-style truth theory that (roughly) maximizes the truth of N’s utterances.
If such a truth theory implies that a sentence S is true in N’s language if and
only if some swans are black, then that tells us the meaning of S in N’s
language. A propositional theory of meaning would accommodate compositionality
thus: a finite set of rules, which govern the terms and constructions of L,
assigns (derivatively) a proposition (putting aside ambiguity) to each sentence
S of L by virtue of S’s terms and constructions. If L contains indexicals, then
such rules assign to each sentence not a fully specific proposition but a
‘character’ in the above sense. Propositions may be conceived in two ways: (a)
as sets of possible circumstances or “worlds” – then ‘Hesperus is hot’ in
English is assigned the set of possible worlds in which Hesperus is hot; and
(b) as structured combinations of elements – then ‘Hesperus is hot’ is assigned
a certain ordered pair of elements ‹M1,M2(. There are two theories about M1 and
M2. They may be the senses of ‘Hesperus’ and ‘(is) hot’, and then the ordered
pair is a “Fregean” proposition. They may be the references of ‘Hesperus’ and
‘(is) hot’, and then the ordered pair is a “Russellian” proposition. This
difference reflects a fundamental dispute in twentieth-century philosophy of
language. The connotation or sense of a term is its “mode of presentation,” the
way it presents its denotation or reference. Terms with the same reference or
denotation may present their references differently and so differ in sense or
connotation. This is unproblematic for complex terms like ‘the capital of
Italy’ and ‘the city on the Tiber’, which refer to Rome via different
connotations. Controversy arises over simple terms, such as proper names and
common nouns. Frege distinguished sense and reference for all expressions; the
proper names ‘Phosphorus’ and ‘Hesperus’ express descriptive senses according
to how we understand them – [that bright starlike object visible before dawn in
the eastern sky . . .], [that bright starlike object visible after sunset in
the western sky . . .]; and they refer to Venus by virtue of those senses.
Russell held that ordinary proper names, such as ‘Romulus’, abbreviate definite
descriptions, and in this respect his view resembles Frege’s. But Russell also
held that, for those simple terms (not ‘Romulus’) into which statements are
analyzable, sense and reference are not distinct, and meanings are “Russellian”
propositions. (But Russell’s view of their constituents differs from
present-day views.) Kripke rejected the “Frege-Russell” view of ordinary proper
names, arguing that the reference of a proper name is determined, not by a
descriptive condition, but typically by a causal chain that links name and
reference – in the case of ‘Hesperus’ a partially perceptual relation perhaps,
in the case of ‘Aristotle’ a causal-historical relation. A proper name is
rather a rigid designator: any sentence of the form ‘Aristotle is . . . ‘
expresses a proposition that is true in a given possible world (or set of
circumstances) if and only if our (actual) Aristotle satisfies, in that world,
the condition ‘ . . . ‘. The “Frege-Russell” view by contrast incorporates in
the proposition, not the actual referent, but a descriptive condition
connotated by ‘Aristotle’ (the author of the Metaphysics, or the like), so that
the name’s reference differs in different worlds even when the descriptive
connotation is constant. (Someone else could have written the Metaphysics.)
Some recent philosophers have taken the rigid designator view to motivate the
stark thesis that meanings are Russellian propositions (or characters that map
contexts onto such propositions): in the above proposition/meaning ‹M1,M2(, M1
is simply the referent – the planet Venus – itself. This would be a referential
theory of meaning, one that equates meaning with reference. But we must
emphasize that the rigid designator view does not directly entail a referential
theory of meaning. What about the meanings of predicates? What sort of entity
is M2 above? Putnam and Kripke also argue an anti-descriptive point about
natural kind terms, predicates like ‘(is) gold’, ‘(is a) tiger’, ‘(is) hot’.
These are not equivalent to descriptions – ’gold’ does not mean ‘metal that is
yellow, malleable, etc.’ – but are rigid designators of underlying natural
kinds whose identities are discovered by science. On a referential theory of
meanings as Russellian propositions, the meaning of ‘gold’ is then a natural
kind. (A complication arises: the property or kind that ‘widow’ stands for
seems a good candidate for being the sense or connotation of ‘widow’, for what
one understands by it. The distinction between Russellian and Fregean
propositions is not then firm at every point.) On the standard sense-theory of
meanings as Fregean propositions, M1 and M2 are pure descriptive senses. But a
certain “neo-Fregean” view, suggested but not held by Gareth Evans, would count
M1 and M2 as object-dependent senses. For example, ‘Hesperus’ and ‘Phosphorus’
would rigidly designate the same object but have distinct senses that cannot be
specified without mention of that object. Note that, if proper names or natural
kind terms have meanings of either sort, their meanings vary from speaker to
speaker. A propositional account of meaning (or the corresponding account of
“character”) may be part of a broader theory of meaning; for example: a
Grice-type theory involving implicit conventions; (b) a theory that meaning
derives from an intimate connection of language and thought; (c) a theory that
invokes a principle of charity or the like in interpreting an individual’s
speech; (d) a social theory on which meaning cannot derive entirely from the
independently constituted contents of individuals’ thoughts or uses. A central
tradition in twentieth-century theory of meaning identifies meaning with
factors other than propositions (in the foregoing senses) and truth-conditions.
The meaning of a sentence is what one understands by it; and understanding a
sentence is knowing how to use it – knowing how to verify it and when to assert
it, or being able to think with it and to use it in inferences and practical
reasoning. There are competing theories here. In the 1930s, proponents of logical
positivism held a verification theory of meaning, whereby a sentence’s or
statement’s meaning consists in the conditions under which it can be verified,
certified as acceptable. This was motivated by the positivists’ empiricism
together with their view of truth as a metaphysical or non-empirical notion. A
descendant of verificationism is the thesis, influenced by the later
Wittgenstein, that the meaning of a sentence consists in its assertability
conditions, the circumstances under which one is justified in asserting the
sentence. If justification and truth can diverge, as they appear to, then a
meaning meaning sentence’s assertability conditions can be distinct from (what
non-verificationists see as) its truth conditions. Dummett has argued that assertability
conditions are the basis of meaning and that truth-conditional semantics rests
on a mistake (and hence also propositional semantics in sense [a] above). A
problem with assertability theories is that, as is generally acknowledged,
compositional theories of the assertability conditions of sentences are not
easily constructed. A conceptual role theory of meaning (also called conceptual
role semantics) typically presupposes that we think in a language of thought
(an idea championed by Fodor), a system of internal states structured like a
language that may or may not be closely related to one’s natural language. The
conceptual role of a term is a matter of how thoughts that contain the term are
dispositionally related to other thoughts, to sensory states, and to behavior.
Hartry Field has pointed out that our Fregean intuitions about ‘Hesperus’ and
‘Phosphorus’ are explained by those terms’ having distinct conceptual roles,
without appeal to Fregean descriptive senses or the like, and that this is
compatible with those terms’ rigidly designating the same object. This
combination can be articulated in two ways. Gilbert Harman proposes that
meaning is “wide” conceptual role, so that conceptual role incorporates not
just inferential factors, etc., but also Kripke-Putnam external reference
relations. But there are also two-factor theories of meaning, as proposed by
Field among others, which recognize two strata of meaning, one corresponding to
how a person understands a term – its narrow conceptual role, the other
involving references, Russellian propositions, or truth-conditions. As the
language-of-thought view indicates, some concerns about meaning have been taken
over by theories of the content of thoughts or propositional attitudes. A
distinction is often made between the narrow content of a thought and its wide
content. If psychological explanation invokes only “what is in the head,” and
if thought contents are essential to psychological explanation, there must be
narrow content. Theories have appealed to the “syntax” or conceptual roles or
“characters” of internal sentences, as well as to images and stereotypes. A
thought’s wide content may then be regarded (as motivated by the Kripke-Putnam
arguments) as a Russellian proposition. The naturalistic reference-relations
that determine the elements of such propositions are the focus of causal,
“informational” and “teleological” theories by Fodor, Dretske, and Ruth
Millikan. Assertability theories and conceptual role theories have been called
use theories of meaning in a broad sense that marks a contrast with
truthconditional theories. On a use theory in this broad sense, understanding
meaning consists in knowing how to use a term or sentence, or being disposed to
use a term or sentence in response to certain external or conceptual factors.
But ‘use theory’ also refers to the doctrine of the later writings of
Wittgenstein, by whom theories of meaning that abstract from the very large
variety of interpersonal uses of language are declared a philosopher’s mistake.
The meanings of terms and sentences are a matter of the language games in which
they play roles; these are too various to have a common structure that can be
captured in a philosopher’s theory of meaning. Conceptual role theories tend
toward meaning holism, the thesis that a term’s meaning cannot be abstracted
from the entirety of its conceptual connections. On a holistic view any belief
or inferential connection involving a term is as much a candidate for
determining its meaning as any other. This could be avoided by affirming the
analytic–synthetic distinction, according to which some of a term’s conceptual
connections are constitutive of its meaning and others only incidental.
(‘Bachelors are unmarried’ versus ‘Bachelors have a tax advantage’.) But many
philosophers follow Quine in his skepticism about that distinction. The
implications of holism are drastic, for it strictly implies that different
people’s words cannot mean the same. In the philosophy of science, meaning
holism has been held to imply the incommensurability of theories, according to
which a scientific theory that replaces an earlier theory cannot be held to
contradict it and hence not to correct or to improve on it – for the two
theories’ apparently common terms would be equivocal. Remedies might include,
again, maintaining some sort of analytic–synthetic distinction for scientific
terms, or holding that conceptual role theories and hence holism itself, as
Field proposes, hold only intrapersonally, while taking interpersonal and
intertheoretic meaning comparisons to be referential and truth-conditional.
Even this, however, leads to difficult questions about the interpretation of
scientific theories. A radical position, associated with Quine, identifies the
meaning of a theory as a whole with its empirical meaning, that is, the set of
actual and possible sensory or perceptual situations that would count as
verifying the theory as a whole. This can be seen as a successor to the
verificationist theory, with theory replacing statement or sentence. Articulations
of meaning internal to a theory would then be spurious, as would virtually all
ordinary intuitions about meaning. This fits well Quine’s skepticism about
meaning, his thesis of the indeterminacy of translation, according to which no
objective facts distinguish a favored translation of another language into ours
from every apparently incorrect translation. Many constructive theories of
meaning may be seen as replies to this and other skepticisms about the
objective status of semantic facts. Refs.: H. P. Grice, “Meaning,” H. P. Grice,
“Utterer’s meaning and intentions,” H. P. Grice, “Utterer’s meaning,
sentence-meaning, and word-meaning,” H. P. Grice, “Meaning revisited.”
H. P. Grice’s postulate of conversational
helpfulness.
H. P. Grice’s postulate of conversational
co-operation. Grice loved to botanise linguistically on ‘desideratum,’
‘objective,’ ‘postulate,’ ‘principle.’ “My favourite seems to be ‘postulate.’”
-- postŭlo , āvi, ātum, 1, v. a. posco, Which Lewis
and Short render as I.to ask, demand, require, request, desire (syn.: posco,
flagito, peto); constr. with aliquid, aliquid ab aliquo, aliquem aliquid, with
ut (ne), de, with inf., or absol. I. In gen.: “incipiunt postulare, poscere,
minari,” Cic. Verr. 2, 3, 34, § 78: “nemo inventus est tam audax, qui posceret,
nemo tam impudens qui postularet ut venderet,” id. ib. 2, 4, 20, § 44; cf. Liv.
2, 45; 3, 19: “tametsi causa postulat, tamen quia postulat, non flagitat,
praeteribo,” Cic. Quint. 3, 13: “postulabat autem magis quam petebat, ut,
etc.,” Curt. 4, 1, 8: “dehinc postulo, sive aequom est, te oro, ut, etc.,” Ter.
And. 1, 2, 19: “ita volo itaque postulo ut fiat,” id. ib. 3, 3, 18; Plaut. Aul.
4, 10, 27: “suom jus postulat,” Ter. Ad. 2, 1, 47; cf.: “aequom postulat, da
veniam,” id. And. 5, 3, 30; and: “quid est? num iniquom postulo?” id. Phorm. 2,
3, 64: “nunc hic dies alios mores postulat,” id. And. 1, 2, 18: “fidem
publicam,” Cic. Att. 2, 24, 2: “istud, quod postulas,” id. Rep. 1, 20, 33; id.
Lael. 2, 9: “ad senatum venire auxilium postulatum,” Caes. B. G. 1, 31:
“deliberandi sibi unum diem postulavit,” Cic. N. D. 1, 22, 60; cf.: “noctem
sibi ad deliberandum postulavit,” id. Sest. 34, 74: “postulo abs te, ut, etc.,”
Plaut. Capt. 5, 1, 18: “postulatur a te jam diu vel flagitatur potius
historia,” Cic. Leg. 1, 5: “quom maxime abs te postulo atque oro, ut, etc.,”
Ter. And. 5, 1, 4; and: “quidvis ab amico postulare,” Cic. Lael. 10, 35; cf. in
pass.: “cum aliquid ab amicis postularetur,” id. ib.: “orationes a me duas
postulas,” id. Att. 2, 7, 1: “quod principes civitatum a me postulassent,” id.
Fam. 3, 8, 5; cf. infra the passages with an object-clause.—With ut (ne):
“quodam modo postulat, ut, etc.,” Cic. Att. 10, 4, 2: “postulatum est, ut
Bibuli sententia divideretur,” id. Fam. 1, 2, 1 (for other examples with ut, v.
supra): “legatos ad Bocchum mittit postulatum, ne sine causā hostis populo
Romano fieret,” Sall. J. 83, 1.—With subj. alone: “qui postularent, eos qui sibi
Galliaeque bellum intulissent, sibi dederent,” Caes. B. G. 4, 16, 3.—With de:
“sapientes homines a senatu de foedere postulaverunt,” Cic. Balb. 15, 34:
“Ariovistus legatos ad eum mittit, quod antea de colloquio postulasset, id per
se fieri licere,” Caes. B. G. 1, 42.—With inf., freq. to be rendered, to wish,
like, want: qui lepide postulat alterum frustrari, Enn. ap. Gell. 18, 2, 7
(Sat. 32 Vahl.): “hic postulat se Romae absolvi, qui, etc.,” Cic. Verr. 2, 3,
60, § 138: “o facinus impudicum! quam liberam esse oporteat, servire
postulare,” Plaut. Rud. 2, 3, 62; id. Men. 2, 3, 88: “me ducere istis dictis
postulas?” Ter. And. 4, 1, 20; id. Eun. 1, 1, 16: “(lupinum) ne spargi quidem
postulat decidens sponte,” Plin. 18, 14, 36, § 135: “si me tibi praemandere postulas,”
Gell. 4, 1, 11.—With a double object: quas (sollicitudines) levare tua te
prudentia postulat, demands of you, Luccei. ap. Cic. Fam. 5, 14, 2. —With nom.
and inf.: “qui postulat deus credi,” Curt. 6, 11, 24.— II. In partic., in
jurid. lang. A. To summon, arraign before a court, to prosecute, accuse,
impeach (syn.: accuso, insimulo); constr. class. usu. with de and abl.,
post-Aug. also with gen.): “Gabinium tres adhuc factiones postulant: L.
Lentulus, qui jam de majestate postulavit,” Cic. Q. Fr. 3, 1, 5, § 15: “aliquem
apud praetorem de pecuniis repetundis,” id. Cornel. Fragm. 1: “aliquem
repetundis,” Tac. A. 3, 38: “aliquem majestatis,” id. ib. 1, 74: “aliquem
repetundarum,” Suet. Caes. 4: aliquem aliquā lege, Cael. ap. Cic. Fam. 8, 12,
3: “aliquem ex aliquā causā reum,” Plin. 33, 2, 8, § 33: “aliquem impietatis
reum,” Plin. Ep. 7, 33, 7: “aliquem injuriarum,” Suet. Aug. 56 fin.: “aliquem
capitis,” Dig. 46, 1, 53: “qui (infames) postulare prohibentur,” Paul. Sent. 1,
2, 1.— B. To demand a writ or leave to prosecute, from the prætor or other
magistrate: “postulare est desiderium suum vel amici sui in jure apud eum qui
jurisdictioni praeest exponere vel alterius desiderio contradicere, etc.,” Dig.
3, 1, 1; cf. “this whole section: De postulando: in aliquem delationem nominis
postulare,” Cic. Div. in Caecil. 20, 64: “postulare servos in quaestionem,” id.
Rosc. Am. 28, 77: “quaestionem,” Liv. 2, 29, 5.— C. For the usual expostulare,
to complain of one: “quom patrem adeas postulatum,” Plaut. Bacch. 3, 3, 38 (but
in id. Mil. 2, 6, 35, the correct read. is expostulare; v. Ritschl ad h. l.).—*
D. Postulare votum (lit. to ask a desire, i. e.), to vow, App. Flor. init.— E.
Of the seller, to demand a price, ask (post-class. for posco): “pro eis
(libris) trecentos Philippeos postulasse,” Lact. 1, 6, 10; cf.: “accipe victori
populus quod postulat aurum,” Juv. 7, 243. — III. Transf., of things. A. To
contain, measure: “jugerum sex modios seminis postulat,” Col. 2, 9, 17.— B. To
need, require: “cepina magis frequenter subactam postulat terram,” Col. 11, 3,
56.—Hence, po-stŭlātum , i, n.; usually in plur.: po-stŭlāta , ōrum, a demand,
request (class.): “intolerabilia postulata,” Cic. Fam. 12, 4, 1; id. Phil. 12,
12, 28: deferre postulata alicujus ad aliquem, Caes. B. C. 1, 9: “cognoscere de
postulatis alicujus,” id. B. G. 4, 11 fin.: “postulata facere,” Nep. Alcib. 8,
4.
Mechanism.
A monster. But on p. 286 of WoW he speaks of mechanism, and psychological
mechanism. Or rather of this or that psychological mechanism to be BENEFICIAL
for a mouse that wants to eat a piece of cheese. He uses it twice, and it’s the
OPERATION of the mechanism which is beneficial. So a psychophysical
correspondence is desirable for the psychological mechanism to operate in a way
that is beneficial for the sentient creature. Later in that essay he now
applies ‘mechanism’ to communication, and he speak of a ‘communication
mechanism’ being beneficial. In particular he is having in mind Davidson’s
transcendental argument for the truth of the transmitted beliefs. “If all our
transfers involved mistaken beliefs, it is not clear that the communication
mechanism would be beneficial for the institution of ‘shared experience.’”
Refs.: H. P. Grice, “My twelve labours.” mechanistic
explanation, a kind of explanation countenanced by views that range from the
extreme position that all natural phenomena can be explained entirely in terms
of masses in motion of the sort postulated in Newtonian mechanics, to little
more than a commitment to naturalistic explanations. Mechanism in its extreme
form is clearly false because numerous physical phenomena of the most ordinary
sort cannot be explained entirely in terms of masses in motion. Mechanics is
only one small part of physics. Historically, explanations were designated as
mechanistic to indicate that they included no reference to final causes or
vital forces. In this weak sense, all present-day scientific explanations are
mechanistic. The adequacy of mechanistic explanation is usually raised in
connection with living creatures, especially those capable of deliberate
action. For example, chromosomes lining up opposite their partners in
preparation for meiosis looks like anything but a purely mechanical process,
and yet the more we discover about the process, the more mechanistic it turns
out to be. The mechanisms responsible for meiosis arose through variation and
selection and cannot be totally understood without reference to the
evolutionary process, but meiosis as it takes place at any one time appears to
be a purely mechanistic physicochemical meaning, conceptual role theory of
mechanistic explanation process. Intentional behavior is the phenomenon that is
most resistant to explanation entirely in physicochemical terms. The problem is
not that we do not know enough about the functioning of the central nervous
system but that no matter how it turns out to work, we will be disinclined to
explain human action entirely in terms of physicochemical processes. The
justification for this disinclination tends to turn on what we mean when we
describe people as behaving intentionally. Even so, we may simply be mistaken
to ascribe more to human action than can be explained in terms of purely
physicochemical processes. Refs.: H. P. Grice, “Mechanism.”
meliorism: the view that the
world is neither completely good nor completely bad, and that incremental
progress or regress depend on human actions. By creative intelligence and
education we can improve the environment and social conditions. The position is
first attributed to George Eliot and William James. Whitehead suggested that
meliorism applies to God, who can both improve the world and draw sustenance
from human efforts to improve the world.
Melissus: Grecian philosopher,
traditionally classified as a member of the Eleatic School. He was also famous
as the victorious commander in a preemptive attack by the Samians on an
Athenian naval force. Like Parmenides – who must have influenced Melissus, even
though there is no evidence the two ever met – Melissus argues that “what-is”
or “the real” cannot come into being out of nothing, cannot perish into
nothing, is homogeneous, and is unchanging. Indeed, he argues explicitly
(whereas Parmenides only implies) that there is only one such entity, that
there is no void, and that even spatial rearrangement (metakosmesis) must be
ruled out. But unlike Parmenides, Melissus deduces that what-is is temporally
infinite (in significant contrast to Parmenides, regardless as to whether the
latter held that what-is exists strictly in the “now” or that it exists
non-temporally). Moreover, Melissus argues that what-is is spatially infinite
(whereas Parmenides spoke of “bounds” and compared what-is to a well-made
ball). Significantly, Melissus repeatedly speaks of “the One.” It is, then, in
Melissus, more than in Parmenides or in Zeno, that we find the emphasis on
monism. In a corollary to his main argument, Melissus argues that “if there
were many things,” each would have to be – per impossibile – exactly like “the
One.” This remark has been interpreted as issuing the challenge that was taken
up by the atomists. But it is more reasonable to read it as a philosophical
strategist’s preemptive strike: Melissus anticipates the move made in the
pluralist systems of the second half of the fifth century, viz., positing a
plurality of eternal and unchanging elements that undergo only spatial
rearrangement.
Grice’s
memory
– Grice on temporary mnemonic state. Grice remembers. Grice reminisces. "someone hears a noise" iff "a
(past) hearing of a nose is an elemnent in a total temporary state which is a
member of a series of total temporary statess such that every member of the
series would, given certain conditions, contain as al element a MEMORY of some
EXPERIENCE which is an element in some previous member OR contains as an
element some experience a memory of which would, given certain conditions,
occur as an element in some subsequent member; there being no subject of
members which is independent from all the rest." The retention of,
or the capacity to retain, past experience or previously acquired information.
There are two main philosophical questions about memory: (1) In what does
memory consist? and (2) What constitutes knowing a fact on the basis of memory?
Not all memory is remembering facts: there is remembering one’s perceiving or
feeling or acting in a certain way – which, while it entails remembering the
fact that one did experience in that way, must be more than that. And not all
remembering of facts is knowledge of facts: an extremely hesitant attempt to remember
an address, if one gets it right, counts as remembering the address even if one
is too uncertain for this to count as knowing it. (1) Answers to the first
question agree on some obvious points: that memory requires (a) a present and
(b) a past state of, or event in, the subject, and (c) the right sort of
internal and causal relations between the two. Also, we must distinguish
between memory states (remembering for many years the name of one’s first-grade
teacher) and memory occurrences (recalling the name when asked). A memory state
is usually taken to be a disposition to display an appropriate memory
occurrence given a suitable stimulus. But philosophers disagree about further
specifics. On one theory (held by many empiricists from Hume to Russell, among
others, but now largely discredited), occurrent memory consists in images of
past experience (which have a special quality marking them as memory images)
and that memory of facts is read off such image memory. This overlooks the
point that people commonly remember facts without remembering when or how they
learned them. A more sophisticated theory of factual memory (popular nowadays)
holds that an occurrent memory of a fact requires, besides a past learning of
it, (i) some sort of present mental representation of it (perhaps a linguistic
one) and (ii) continuous storage between then and now of a representation of
it. But condition (i) may not be conceptually necessary: a disposition to dial
the right number when one wants to call home constitutes remembering the number
(provided it is appropriately linked causally to past learning of the number)
and manifesting that disposition is occurrently remembering the fact as to what
the number is even if one does not in the process mentally represent that fact.
Condition (ii) may also be too strong: it seems at least conceptually possible
that a causal link sufficient for memory should be secured by a relation that
does not involve anything continuous between the relevant past and present
occurrences (in The Analysis of Mind, Russell countenanced this possibility and
called it “mnemic causation”). (2) What must be added to remembering that p to
get a case of knowing it because one remembers it? We saw that one must not be
uncertain that p. Must one also have grounds for trusting one’s memory
impression (its seeming to one that one remembers) that p? How could one have
such grounds except by knowing them on the basis of memory? The facts one can
know not on the basis of memory are limited at most to what one presently
perceives and what one presently finds self-evident. If no memory belief
qualifies as knowledge unless it is supported by memory knowledge of the
reliability of one’s memory, then the process of qualifying as memory knowledge
cannot succeed: there would be an endless chain, or loop, of facts – this
belief is memory knowledge if and only if this other belief is, which is if and
only if this other one is, and so on – which never becomes a set that entails
that any belief is memory knowledge. On the basis of such reasoning a skeptic
might deny the possibility of memory knowledge. We may avoid this consequence
without going to the lax extreme of allowing that any correct memory impression
is knowledge; we can impose the (frequently satisfied) requirement that one not
have reasons specific to the particular case for believing that one’s memory
impression might be unreliable. Finally, remembering that p becomes memory
knowledge that p only if one believes that p because it seems to one that one
remembers it. One might remember that p and confidently believe that p, but if
one has no memory impression of having previously learned it, or one has such
an impression but does not trust it and believes that p only for other reasons
(or no reason), then one should not be counted as knowing that p on the basis
of memory. Refs.: H. P. Grice, “Memory and personal identity.” H. P. Grice,
“Benjamin on Broad on ‘remembering’”
Mentatum -- mens rea versus mens casta –
actus reus versus actus castus -- One of the two main prerequisites, along with
“actus reus” for prima facie liability to criminal punishment in the English
legal systems. To be punishable in such systems, one must not only have
performed a legally prohibited action, such as killing another human being; one
must have done so with a culpable state of mind, or mens rea. Such culpable
mental states are of three kinds: they are either motivational states of
purpose, cognitive states of belief, or the non-mental state of negligence. To
illustrate each of these with respect to the act of killing: a killer may kill
either having another’s death as ultimate purpose, or as mediate purpose on the
way to achieving some further, ultimate end. Alternatively, the killer may act
believing to a practical certainty that his act will result in another’s death,
even though such death is an unwanted side effect, or he may believe that there
is a substantial and unjustified risk that his act will cause another’s death.
The actor may also be only negligent, which is to take an unreasonable risk of
another’s death even if the actor is not aware either of such risk or of the
lack of justification for taking it. Mens rea usually does not have to do with
any awareness by the actor that the act done is either morally wrong or legally
prohibited. Neither does mens rea have to do with any emotional state of guilt
or remorse, either while one is acting or afterward. Sometimes in its older
usages the term is taken to include the absence of excuses as well as the
mental states necessary for prima facie liability; in such a usage, the
requirement is helpfully labeled “general mens rea,” and the requirement above
discussed is labeled “special mens rea.” “Mentalese”
– Grice on ‘modest mentalism’ -- the language of thought (the title of an essay
by Fodor) or of “brain writing” (a term of Dennett’s); specifically, a
languagelike medium of representation in which the contents of mental events
are supposedly expressed or recorded. (The term was probably coined by Wilfrid
Sellars, with whose views it was first associated.) If what one believes are
propositions, then it is tempting to propose that believing something is having
the Mentalese expression of that proposition somehow written in the relevant
place in one’s mind or brain. Thinking a thought, at least on those occasions
when we think “wordlessly” (without formulating our thoughts in sentences or
phrases composed of words of a public language), thus appears to be a matter of
creating a short-lived Mentalese expression in a special arena or work space in
the mind. In a further application of the concept, the process of coming to
understand a sentence of natural language can be viewed as one of translating
the sentence into Mentalese. It has often been argued that this view of
understanding only postpones the difficult questions of meaning, for it leaves
unanswered the question of how Mentalese expressions come to have the meanings
they do. There have been frequent attempts to develop versions of the
hypothesis that mental activity is conducted in Mentalese, and just as frequent
criticisms of these attempts. Some critics deny there is anything properly
called representation in the mind or brain at all; others claim that the system
of representation used by the brain is not enough like a natural language to be
called a language. Even among defenders of Mentalese, it has seldom been
claimed that all brains “speak” the same Mentalese. mentalism: Cfr.
‘psychism,’ animism.’ ‘spiritualism,’ cfr. Grice’s modest mentalism; any theory
that posits explicitly mental events and processes, where ‘mental’ means
exhibiting intentionality, not necessarily being immaterial or non-physical. A
mentalistic theory is couched in terms of belief, desire, thinking, feeling,
hoping, etc. A scrupulously non-mentalistic theory would be couched entirely in
extensional terms: it would refer only to behavior or to neurophysiological
states and events. The attack on mentalism by behaviorists was led by B. F.
Skinner, whose criticisms did not all depend on the assumption that mentalists
were dualists, and the subsequent rise of cognitive science has restored a sort
of mentalism (a “thoroughly modern mentalism,” as Fodor has called it) that is
explicitly materialistic. Refs.: H. P. Grice, “Myro’s modest mentalism. mentatum: Grice
prefers psi-transmission. He knows that ‘mentatum’ sounds too much like ‘mind,’
and the mind is part of the ‘rational soul,’ not even encompassing the rational
pratical soul. If perhaps Grice was unhappy about the artificial flavour to
saying that a word is a sign, Grice surely should have checked with all the
Grecian-Roman cognates of mean, as in his favourite memorative-memorable
distinction, and the many Grecian realisations, or with Old Roman mentire
and mentare. Lewis and Short have “mentĭor,” f. mentire, L and S note, is
prob. from root men-, whence mens and memini, q. v. The original meaning, they
say, is to invent, hence, but alla Umberto Eco with sign, mentire comes
to mean in later use what Grice (if not the Grecians) holds is the opposite of
mean. Short and Lewis render mentire as to lie, cheat, deceive, etc., to
pretend, to declare falsely: mentior nisi or si mentior, a form of
asseveration, I am a liar, if, etc.: But also, animistically (modest
mentalism?) of things, as endowed with a mind. L and S go on: to deceive,
impose upon, to deceive ones self, mistake, to lie or speak falsely about, to
assert falsely, make a false promise about; to feign, counterfeit, imitate a
shape, nature, etc.: to devise a falsehood, to assume falsely, to
promise falsely, to invent, feign, of a poetical fiction: “ita mentitur (sc.
Homerus), Trop., of inanim. grammatical Subjects, as in Semel fac illud,
mentitur tua quod subinde tussis, Do what your cough keeps falsely promising,
i. e. die, Mart. 5, 39, 6. Do what your cough means! =imp. die!; hence,
mentĭens, a fallacy, sophism: quomodo mentientem, quem ψευδόμενον vocant,
dissolvas;” mentītus, imitated, counterfeit, feigned (poet.): “mentita tela;”
For “mentior,” indeed, there is a Griceian implicaturum involving rational
control. The rendition of mentire as to lie stems from a figurative
shift from to be mindful, or inventive, to have second thoughts" to
"to lie, conjure up". But Grice would also have a look at cognate
“memini,” since this is also cognate with “mind,” “mens,” and covers subtler
instances of mean, as in Latinate, “mention,” as in Grices “use-mention”
distinction. mĕmĭni, cognate with "mean" and German
"meinen," to think = Grecian ὑπομένειν, await (cf. Schiffer,
"remnants of meaning," if I think, I hesitate, and therefore re-main,
cf. Grecian μεν- in μένω, Μέντωρ; μαν- in μαίνομαι, μάντις; μνᾶ- in μιμνήσκω,
etc.; cf.: maneo, or manere, as in remain. The idea, as Schiffer well
knows or means, being that if you think, you hesitate, and therefore, wait and
remain], moneo, reminiscor [cf. reminiscence], mens, Minerva, etc. which L and
S render as “to remember, recollect, to think of, be mindful of a
thing; not to have forgotten a person or thing, to bear in
mind (syn.: reminiscor, recordor).” Surely with a relative clause, and to
make mention of, to mention a thing, either in speaking or writing (rare
but class.). Hence. mĕmĭnens, mindful And then Grice would have a look at
moneo, as in adMONish, also cognate is “mŏnĕo,” monere, causative from the root
"men;" whence memini, q. v., mens (mind), mentio (mention); lit. to
cause to think, to re-mind, put in mind of, bring to ones recollection; to
admonish, advise, warn, instruct, teach (syn.: hortor, suadeo, doceo). L
and S are Griceian if not Grecian when they note that ‘monere’ can be used
"without the accessory notion [implicaturum or entanglement, that is] of
reminding or admonishing, in gen., to teach, instruct, tell, inform, point
out; also, to announce, predict, foretell, even if also to
punish, chastise (only in
Tacitus): “puerili verbere moneri.” And surely, since he loved to re-minisced,
Grice would have allowed to just earlier on just minisced. Short and Lewis
indeed have rĕmĭniscor, which, as they point out, features the root men; whence
mens, memini; and which they compare to comminiscere, v. comminiscor, to recall
to mind, recollect, remember (syn. recordor), often used by the Old
Romans with with Grices beloved that-clause, for sure. For what is
the good of reminiscing or comminiscing, if you cannot reminisce that Austin
always reminded Grice that skipping the dictionary was his big mistake! If
Grice uses mention, cognate with mean, he loved commenting Aristotle. And
commentare is, again, cognate with mean. As opposed to the development of the
root in Grecian, or English, in Roman the root for mens is quite represented in
many Latinate cognates. But a Roman, if not a Grecian, would perhaps be puzzled
by a Grice claiming, by intuition, to retrieve the necessary and sufficient
conditions for the use of this or that expression. When the Roman is told that
the Griceian did it for fun, he understands, and joins in the fun! Indeed,
hardly a natural kind in the architecture of the world, but one that fascinated
Grice and the Grecian philosophers before him! Communication.
mereologicum:: The mereological
implicaturum. Grice. "In a burst
of inspiration, Leśniewski coins "mereology" on a Tuesday evening in
March 1927, from the Grecian "μέρος," Polish for "part." From Leśniewski's Journal -- translation
from the Polish by Grice:
"Dear Anne, I have just coined a word. MEREOLOGY. I want to refer to a FORMA, not
informal as in Husserl, which is in German, anyway (his section, "On the
whole and the parts") theory of part-whole. I hope you love it! Love, L. --- "Leśniewski's tutee, another Pole, Alfred Tarski, in his
Appendix E to Woodger oversimplified, out of envey's Leśniewski's
formalism." "But then more loyal tutees (and tutees of tutees) of
Lesniewski elaborated this "Polish mereology." "For a good selection of the literature on
Polish mereology, see Srzednicki and Rickey (1984). For a survey of Polish
mereology, see Simons (1987). Since 1980 or so, however, research on Polish
mereology has been almost entirely historical in nature." Which is just as well. The theory of the
totum and the pars. -- parts. Typically, a mereological theory employs notions
such as the following: “proper part,” “mproper part,” “overlapping” (having a
part in common), disjoint (not overlapping), mereological product (the
“intersection” of overlapping objects), mereological sum (a collection of
parts), mereological difference, the universal sum, mereological complement,
and atom (that which has no proper parts). A formal mereology is an axiomatic
system. Goodman’s “Calculus of Individuals” is compatible with Nominalism,
i.e., no reference is made to sets, properties, or any other abstract entity.
Goodman hopes that his mereology, with its many parallels to set theory, may provide
an alternative to set theory as a foundation for mathematics. Fundamental and
controversial implications of Goodman’s theories include their extensionality
and collectivism. An extensional theory implies that for any individuals, x and
y, x % y provided x and y have the same proper parts. One reason extensionality
is controversial is that it rules out an object’s acquiring or losing a part,
and therefore is inconsistent with commonsense beliefs such as that a car has a
new tire or that a table has lost a sliver of wood. A second reason for
controversy is that extensionality is incompatible with the belief that a
statue and the piece of bronze of which it is made have the same parts and yet
are diverse objects. Collectivism implies that any individuals, no matter how
scattered, have a mereological sum or constitute an object. Moreover, according
to collectivism, assembling or disassembling parts does not affect the
existence of things, i.e., nothing is created or destroyed by assembly or
disassembly, respectively. Thus, collectivism is incompatible with commonsense
beliefs such as that when a watch is disassembled, it is destroyed, or that
when certain parts are assembled, a watch is created. Because the
aforementioned formal theories shun modality, they lack the resources to
express the thesis that a whole has each of its parts necessarily. This thesis
of mereological essentialism has recently been defended by Roderick Chisholm.
meritum, a meritarian is one who asserts
the relevance of individual merit, as an independent justificatory condition,
in attempts to design social structures or distribute goods. ‘Meritarianism’ is
a recently coined term in social and political philosophy, closely related to
‘meritocracy’, and used to identify a range of related concerns that supplement
or oppose egalitarian, utilitarian, and contractarian principles and principles
based on entitlement, right, interest, and need, among others. For example, one
can have a pressing need for an Olympic medal but not merit it; one can have
the money to buy a masterpiece but not be worthy of it; one can have the right to
a certain benefit but not deserve it. Meritarians assert that considerations of
desert are always relevant and sometimes decisive in such cases. What counts as
merit, and how important should it be in moral, social, and political
decisions? Answers to these questions serve to distinguish one meritarian from
another, and sometimes to blur the distinctions between the meritarian position
and others. Merit may refer to any of these: comparative rank, capacities,
abilities, effort, intention, or achievement. Moreover, there is a relevance
condition to be met: to say that highest honors in a race should go to the most
deserving is presumably to say that the honors should go to those with the
relevant sort of merit – speed, e.g., rather than grace. Further, meritarians
may differ about the strength of the merit principle, and how various political
or social structures should be influenced by it.
meritocracy, in ordinary usage, a system
in which advancement is based on ability and achievement, or one in which leadership
roles are held by talented achievers. The term may also refer to an elite group
of talented achievers. In philosophical usage, the term’s meaning is similar: a
meritocracy is a scheme of social organization in which essential offices, and
perhaps careers and jobs of all sorts are (a) open only to those who have the
relevant qualifications for successful performance in them, or (b) awarded only
to the candidates who are likely to perform the best, or (c) managed so that
people advance in and retain their offices and jobs solely on the basis of the
quality of their performance in them, or (d) all of the above.
merton: merton holds a portrait of H. P. Grice. And the
association is closer. Grice was sometime Harmsworth Scholar at Merton. It was
at Merton he got the acquaintance with S. Watson, later historian at St.
John’s. Merton is the see of the Sub-Faculty of Philosophy. What does that
mean? It means that the Lit. Hum. covers more than philosophy. Grice was Lit.
Hum. (Phil.), which means that his focus was on this ‘sub-faculty.’ The faculty
itself is for Lit. Hum. in general, and it is not held anywhere specifically.
Grice loved Ryle’s games with this:: “Oxford is a universale, with St. John’s
being a particulare which can become your sense-datum.’
Mos -- meta-ethics. “philosophia moralis” was te traditional label – until
Nowell-Smith. Hare is professor of moral philosophy, not meta-ethics. Strictly,
‘philosophia practica’ as opposed to ‘philosophia speculativa’. Philosophia speculativa is distinguished
from philosophia
practica; the former is further differentiated into physica,
mathematica, and theologia; the latter into moralis, oeconomica and
politica. Surely the philosophical mode does not change
when he goes into ethics or other disciplines. Philosophy is ENTIRE. Ethics
relates to metaphysics, but this does not mean that the philosopher is a
moralist. In this respect, unlike, say Philippa Foot, Grice remains a
meta-ethicist. Grice is ‘meta-ethically’ an futilitarian, since he provides a
utilitarian backing of Kantian rationalism, within his empiricist, naturalist,
temperament. For Grice it is complicated, since there is an ethical or
practical side even to an eschatological argument. Grice’s views on ethics are
Oxonian. At Oxford, meta-ethics is a generational thing: there’s Grice, and the
palaeo-Gricieans, and the post-Gricieans. There’s Hampshire, and Hare, and
Nowell-Smith, and Warnock. P. H. Nowell Smith felt overwhelmed by Grice’s
cleverness and they would hardly engage in meta-ethical questions. But Nowell
Smith felt that Grice was ‘too clever.’ Grice objected Hare’s use of
descriptivism and Strawsons use of definite descriptor. Grice preferred to say
“the the.”. “Surely Hare is wrong when sticking with his anti-descriptivist
diatribe. Even his dictum is descriptive!” Grice was amused that it all started
with Abbott BEFORE 1879, since Abbott’s first attempt was entitled, “Kant’s
theory of ethics, or practical philosophy” (1873). ”! Grices explorations on
morals are language based. With a substantial knowledge of the classical
languages (that are so good at verb systems and modes like the optative, that
English lacks), Grice explores modals like should, (Hampshire) ought to
(Hare) and, must (Grice ‒ necessity). Grice is well aware of Hares reflections
on the neustic qualifications on the phrastic. The imperative has usually been
one source for the philosophers concern with the language of morals. Grice
attempts to balance this with a similar exploration on good, now regarded as
the value-paradeigmatic notion par excellence. We cannot understand, to
echo Strawson, the concept of a person unless we understand the concept of a
good person, i.e. the philosopher’s conception of a good person.
Morals is very Oxonian. There were in Grices time only three chairs of
philosophy at Oxford: the three W: the Waynflete chair of metaphysical
philosophy, the Wykeham chair of logic (not philosophy, really), and the White
chair of moral philosophy. Later, the Wilde chair of philosophical
psychology was created. Grice was familiar with Austin’s cavalier attitude
to morals as Whites professor of moral philosophy, succeeding Kneale. When
Hare succeeds Austin, Grice knows that it is time to play with the neustic implicaturum! Grices
approach to morals is very meta-ethical and starts with a fastidious (to use
Blackburns characterisation, not mine!) exploration of modes related to
propositional phrases involving should, ought to, and must. For Hampshire,
should is the moral word par excellence. For Hare, it is ought. For
Grice, it is only must that preserves that sort of necessity that, as a Kantian
rationalist, he is looking for. However, Grice hastens to add that whatever
hell say about the buletic, practical or boulomaic must must also apply to the
doxastic must, as in What goes up must come down. That he did not hesitate to
use necessity operators is clear from his axiomatic treatment, undertaken with
Code, on Aristotelian categories of izzing and hazzing. To understand
Grices view on ethics, we should return to the idea of creature construction in
more detail. Suppose we are genitors-demigods-designing living creatures,
creatures Grice calls Ps. To design a type of P is to specify a diagram and
table for that type plus evaluative procedures, if any. The design is implemented
in animal stuff-flesh and bones typically. Let us focus on one type of P-a very
sophisticated type that Grice, borrowing from Locke, calls very intelligent
rational Ps. Let me be a little more explicit, and a great deal more
speculative, about the possible relation to ethics of my programme for
philosophical psychology. I shall suppose that the genitorial programme has
been realized to the point at which we have designed a class of Ps which,
nearly following Locke, I might call very intelligent rational Ps. These Ps
will be capable of putting themselves in the genitorial position, of asking
how, if they were constructing themselves with a view to their own survival,
they would execute this task; and, if we have done our work aright, their
answer will be the same as ours . We might, indeed, envisage the contents of a
highly general practical manual, which these Ps would be in a position to
compile. The contents of the initial manual would have various kinds of
generality which are connected with familiar discussions of universalizability.
The Ps have, so far, been endowed only with the characteristics which belong to
the genitorial justified psychological theory; so the manual will have to be
formulated in terms of that theory, together with the concepts involved in the
very general description of livingconditions which have been used to set up
that theory; the manual will therefore have conceptual generality. There will
be no way of singling out a special subclass of addressees, so the injunctions
of the manual will have to be addressed, indifferently, to any very intelligent
rational P, and will thus have generality of form. And since the manual can be
thought of as being composed by each of the so far indistinguishable Ps, no P
would include in the manual injunctions prescribing a certain line of conduct
in circumstances to which he was not likely to be Subjects; nor indeed could he
do so even if he would. So the circumstances for which conduct is prescribed
could be presumed to be such as to be satisfied, from time to time, by any
addressee; the manual, then, will have generality of application. Such a manual
might, perhaps, without ineptitude be called an immanuel; and the very
intelligent rational Ps, each of whom both composes it and from time to time
heeds it, might indeed be ourselves (in our better moments, of course). Refs.:
Most of Grice’s theorizing on ethics counts as ‘meta-ethic,’ especially in
connection with R. M. Hare, but also with less prescriptivist Oxonian
philosophers such as Nowell-Smith, with his bestseller for Penguin, Austin,
Warnock, and Hampshire. Keywords then are ‘ethic,’ and ‘moral.’ There are many
essays on both Kantotle, i.e. on Aristotle and Kant. The H. P. Grice Papers,
BANC.
object-language/meta-language distinction,
the: Grice: “The use of ‘object’ in ‘object-language’ is utterly inappropriate
and coined by someone who had no idea of philosophy!” – And ‘meta-language’ is
a horrible hybrid.” “Meta-logic,” or “meta-semantic,” may do better, as opposed
to ‘logic’ or ‘seemantic’ simpliciter. meta-language:
versus object-language – where Russell actually means thing-language (German:
meta-sprache und ding-sprache). In formal semantics, a language used to
describe another language (the object language). The object language may be
either a natural language or a formal language. The goal of a formal semantic
theory is to provide an axiomatic or otherwise systematic theory of meaning for
the object language. The metalanguage is used to specify the object language’s
symbols and formation rules, which determine its grammatical sentences or
well-formed formulas, and to assign meanings or interpretations to these
sentences or formulas. For example, in an extensional semantics, the
metalanguage is used to assign denotations to the singular terms, extensions to
the general terms, and truth conditions to sentences. The standard format for
assigning truth conditions, as in Tarski’s formulation of his “semantical
conception of truth,” is a T-sentence, which takes the form ‘S is true if and only
if p.’ Davidson adapted this format to the purposes of his truth-theoretic
account of meaning. Examples of T-sentences, with English as the metalanguage,
are ‘ “La neige est blanche” is true if and only if snow is white’, where the
object langauge is French and the homophonic (Davidson) ‘“Snow is white” is
true if and only if snow is white’, where the object language is English as
well. Although for formal purposes the distinction between metalanguage and
object language must be maintained, in practice one can use a langauge to talk
about expressions in the very same language. One can, in Carnap’s terms, shift
4065m-r.qxd 08/02/1999 7:42 AM Page 560 from the material mode to the formal
mode, e.g. from ‘Every veterinarian is an animal doctor’ to ‘ “Veterinarian”
means “animal doctor”.’ This shift is important in discussions of synonymy and
of the analytic–synthetic distinction. Carnap’s distinction corresponds to the
use–mention distinction. We are speaking in the formal mode – we are mentioning
a linguistic expression – when we ascribe a property to a word or other
expression type, such as its spelling, pronunciation, meaning, or grammatical
category, or when we speak of an expression token as misspelled, mispronounced,
or misused. We are speaking in the material mode when we say “Reims is hard to
find” but in the formal mode when we say “ ‘Reims’ is hard to pronounce.”
trvium – versus quadrivium -- riviality:
Grice: “Austin once confessed that he felt it was unworthy of a philosopher to
spend his time on trivialities, but what was he to do?” –
metaosiosis – cited by Grice, one of his metaphysical routines.
transubstantiation, change of one substance into another. Aristotelian
metaphysics distinguishes between substances and the accidents that inhere in them;
thus, Socrates is a substance and being snub-nosed is one of his accidents. The
Roman Catholic and Eastern Orthodox churches appeal to transubstantiation to
explain how Jesus Christ becomes really present in the Eucharist when the
consecration takes place: the whole substances of the bread and wine are
transformed into the body and blood of Christ, but the accidents of the bread
and wine such as their shape, color, and taste persist after the
transformation. This seems to commit its adherents to holding that these
persisting accidents subsequently either inhere in Christ or do not inhere in
any substance. Luther proposed an alternative explanation in terms of
consubstantiation that avoids this hard choice: the substances of the bread and
wine coexist in the Eucharist with the body and blood of Christ after the
consecration; they are united but each remains unchanged. P.L.Q. transvaluation
of values.
Metaphilosophy: Grice, “I shall
distinguish: philosophy, metaphilosophy, and Austin’s favourite, para-philosophy”
-- the theory of the nature of philosophy, especially its goals, methods, and
fundamental assumptions. First-order philosophical inquiry includes such
disciplines as epistemology, ontology, ethics, and value theory. It thus
constitutes the main activity of philosophers, past and present. The
philosophical study of firstorder philosophical inquiry raises philosophical
inquiry to a higher order. Such higher-order inquiry is metaphilosophy. The
first-order philosophical discipline of (e.g.) epistemology has the nature of
knowledge as its main focus, but that discipline can itself be the focus of
higher-order philosophical inquiry. The latter focus yields a species of
metaphilosophy called metaepistemology. Two other prominent species are
metaethics and metaontology. Each such branch of metaphilosophy studies the
goals, methods, and fundamental assumptions of a first-order philosophical
discipline. Typical metaphilosophical topics include (a) the conditions under
which a claim is philosophical rather than non-philosophical, and (b) the
conditions under which a first-order philosophical claim is either meaningful,
true, or warranted. Metaepistemology, e.g., pursues not the nature of knowledge
directly, but rather the conditions under which claims are genuinely
epistemological and the conditions under which epistemological claims are
either meaningful, or true, or warranted. The distinction between philosophy
and metaphilosophy has an analogue in the familiar distinction between
mathematics and metamathematics. Questions about the autonomy, objectivity,
relativity, and modal status of philosophical claims arise in metaphilosophy.
Questions about autonomy concern the relationship of philosophy to such
disciplines as those constituting the natural and social sciences. For
instance, is philosophy methodologically independent of the natural sciences?
Questions about objectivity and relativity concern the kind of truth and
warrant available to philosophical claims. For instance, are philosophical
truths characteristically, or ever, made true by mind-independent phenomena in
the way that typical claims of the natural sciences supposedly are? Or, are
philosophical truths unavoidably conventional, being fully determined by (and
thus altogether relative to) linguistic conventions? Are they analytic rather
than synthetic truths, and is knowledge of them a priori rather than a
posteriori? Questions about modal status consider whether philosophical claims
are necessary rather than contingent. Are philosophical claims necessarily true
or false, in contrast to the contingent claims of the natural sciences? The
foregoing questions identify major areas of controversy in contemporary
metaphilosophy.
metaphoricum implicaturum: Grice made a
dictionary of figures of rhetoric – from A to Z.
accumulation: Grice, “As its
name implies, this is the utterer accumulating arguments in a concise forceful
manner.”
adnomination: Grice: As the
name implies, this is the repetition of words with the same root word.
alliteration: Grice: “As the
name implies, this is a device, where a series of words in a row have the same
first consonant sound. It was quite used by my ancestors – they called it
‘head-rhyme.’” Example: "She sells sea shells by the sea shore".
Adynaton: Grice: “This is almost
like Hyperbole, as in the ditty, “Every nice girl loves a sailor.” It is an
extreme exaggeration used to make a point. It is like the opposite of
"understatement". Example: "I've told you a million times."
anacoluthon: Grice, as the
name implies, this is a Transposition of clauses to achieve an unnatural (or
non-natural) order in a sentence. “Join them, if you can’t beat’em.”
anadiplosis: Repetition of a
word at the end of a clause and then at the beginning of its succeeding clause.
anaphora: Repetition of the same word or set of words in a paragraph.
anastrophe: Grice: As the name
implies this Changing the object, subject and verb order in a clause, as in “Me
loves she,” as uttered by Tarzan.
anti-climax: It is when a
specific point, expectations are raised, everything is built-up and then
suddenly something boring or disappointing happens. Example: "People,
pets, batteries, ... all are dead."
anthimeria: Transformation of
a word of a certain word class to another word class.
antimetabole: A sentence
consisting of the repetition of words in successive clauses, but in reverse
order.
antirrhesis: Disproving an
opponent's argument. antistrophe: Repetition of the same word or group of words
in a paragraph in the end of sentences. antithesis: Juxtaposition of opposing
or contrasting ideas.
aphorismus: Statement that
calls into question the definition of a word. aposiopesis: Breaking off or
pausing speech for dramatic or emotional effect. apposition: Placing of two
statements side by side, in which the second defines the first. assonance:
Repetition of vowel sounds: "Smooth move!" or "Please
leave!" or "That's the fact Jack!"
asteismus: Mocking answer or
humorous answer that plays on a word.
asterismos: Beginning a
segment of speech with an exclamation of a word. asyndeton: Omission of
conjunctions between related clauses. cacophony: Words producing a harsh sound.
cataphora: Co-reference of one expression with another expression which follows
it, in which the latter defines the first. (example: If you need one, there's a
towel in the top drawer.) classification: Linking a proper noun and a common
noun with an article chiasmus: Two or more clauses are related to each other
through a reversal of structures in order to make a larger point climax: Arrangement
of words in order of descending to ascending order. commoratio: Repetition of
an idea, re-worded conduplicatio: Repetition of a key word conversion (word
formation): An unaltered transformation of a word of one word class into
another word class consonance: Repetition of consonant sounds, most commonly
within a short passage of verse correlative verse: Matching items in two
sequences diacope: Repetition of a word or phrase with one or two intervening
words dubitatio: Expressing doubt and uncertainty about oneself dystmesis: A
synonym for tmesis ellipsis: Omission of words elision: Omission of one or more
letters in speech, making it colloquial enallage: Wording ignoring grammatical
rules or conventions enjambment: Incomplete sentences at the end of lines in
poetry enthymeme: An informal syllogism epanalepsis: Ending sentences with
their beginning. epanodos: Word repetition. epistrophe: (also known as
antistrophe) Repetition of the same word or group of words at the end of
successive clauses. The counterpart of anaphora epizeuxis: Repetition of a
single word, with no other words in between euphony: Opposite of cacophony –
i.e. pleasant-sounding half rhyme: Partially rhyming words hendiadys: Use of
two nouns to express an idea when it normally would consist of an adjective and
a noun hendiatris: Use of three nouns to express one idea homeoptoton: ending
the last parts of words with the same syllable or letter. homographs: Words we
write identically but which have a differing meaning homoioteleuton: Multiple
words with the same ending homonyms: Words that are identical with each other
in pronunciation and spelling, but different in meaning homophones: Words that
are identical with each other in pronunciation, but different in meaning
homeoteleuton: Words with the same ending hypallage: A transferred epithet from
a conventional choice of wording.hyperbaton: Two ordinary associated words are
detached. The term may also be used more generally for all different figures of
speech which transpose natural word order in sentences.[13] hyperbole:
Exaggeration of a statement hypozeuxis: Every clause having its own independent
subject and predicate hysteron proteron: The inversion of the usual temporal or
causal order between two elements isocolon: Use of parallel structures of the
same length in successive clauses internal rhyme: Using two or more rhyming
words in the same sentence kenning: Using a compound word neologism to form a
metonym litotes derived from a Greek word meaning "simple", is a
figure of speech which employs an understatement by using double negatives or,
in other words, positive statement is expressed by negating its opposite
expressions. Examples: "not too bad" for "very good" is an
understatement as well as a double negative statement that confirms a positive
idea by negating the opposite. Similarly, saying "She is not a beauty
queen," means "She is ugly" or saying "I am not as young as
I used to be" in order to avoid saying "I am old". Litotes,
therefore, is an intentional use of understatement that renders an ironical
effect. merism: Referring to a whole by enumerating some of its parts mimesis:
Imitation of a person's speech or writing onomatopoeia: Word that imitates a
real sound (e.g. tick-tock or boom) paradiastole: Repetition of the disjunctive
pair "neither" and "nor" parallelism: The use of similar
structures in two or more clauses paraprosdokian: Unexpected ending or
truncation of a clause paremvolia: Interference of speak by speakingparenthesis:
A parenthetical entry paroemion: Alliteration in which every word in a sentence
or phrase begins with the same letter parrhesia: Speaking openly or boldly, in
a situation where it is unexpected (e.g. politics) pleonasm: The use of more
words than are needed to express meaning polyptoton: Repetition of words
derived from the same root polysyndeton: Close repetition of conjunctions pun:
When a word or phrase is used in two (or more) different senses rhythm: A
synonym for parallelism sibilance: Repetition of letter 's', it is a form of
consonance sine dicendo: An inherently superfluous statement, the truth value
of which can easily be taken for granted. When held under scrutiny, it becomes
readily apparent that the statement has not in fact added any new or useful
information to the conversation (e.g. 'It's always in the last place you
look.') solecism: Trespassing grammatical and syntactical rules spoonerism:
Switching place of syllables within two words in a sentence yielding amusement
superlative: Declaring something the best within its class i.e. the ugliest,
the most precious synathroesmus: Agglomeration of adjectives to describe
something or someone syncope: Omission of parts of a word or phrase symploce:
Simultaneous use of anaphora and epistrophe: the repetition of the same word or
group of words at the beginning and the end of successive clauses synchysis:
Words that are intentionally scattered to create perplexment synesis: Agreement
of words according to the sense, and not the grammatical form synecdoche:
Referring to a part by its whole or vice versa synonymia: Use of two or more
synonyms in the same clause or sentence tautology: Redundancy due to
superfluous qualification; saying the same thing twice tmesis: Insertions of
content within a compound word zeugma: The using of one verb for two or more
actions Tropes accismus: expressing the want of something by denying it[16]
allegory: A metaphoric narrative in which the literal elements indirectly
reveal a parallel story of symbolic or abstract significance.allusion: Covert
reference to another work of literature or art ambiguity: Phrasing which can
have two meanings anacoenosis: Posing a question to an audience, often with the
implication that it shares a common interest with the speaker analogy: A
comparison anapodoton: Leaving a common known saying unfinished antanaclasis: A
form of pun in which a word is repeated in two different senses.[20]
anthimeria: A substitution of one part of speech for another, such as noun for
a verb and vice versa.[21] anthropomorphism: Ascribing human characteristics to
something that is not human, such as an animal or a god (see zoomorphism)
antimetabole: Repetition of words in successive clauses, but in switched order
antiphrasis: A name or a phrase used ironically. antistasis: Repetition of a
word in a different sense. antonomasia: Substitution of a proper name for a
phrase or vice versa a: Briefly phrased, easily memorable statement of a truth
or opinion, an adage apologia: Justifying one's actions aporia: Faked or
sincere puzzled questioning apophasis: (Invoking) an idea by denying its
(invocation) appositive: Insertion of a parenthetical entry apostrophe:
Directing the attention away from the audience to an absent third party, often
in the form of a personified abstraction or inanimate object. archaism: Use of
an obsolete, archaic word (a word used in olden language, e.g. Shakespeare's
language) auxesis: Form of hyperbole, in which a more important-sounding word
is used in place of a more descriptive term bathos: Pompous speech with a
ludicrously mundane worded anti-climax burlesque metaphor: An amusing,
overstated or grotesque comparison or example. catachresis: Blatant misuse of
words or phrases. cataphora: Repetition of a cohesive device at the end
categoria: Candidly revealing an opponent's weakness cliché: Overused phrase or
theme circumlocution: Talking around a topic by substituting or adding words,
as in euphemism or periphrasis congeries: Accumulation of synonymous or
different words or phrases together forming a single message correctio:
Linguistic device used for correcting one's mistakes, a form of which is
epanorthosis dehortatio: discouraging advice given with seeming sagacity
denominatio: Another word for metonymy diatyposis: The act of giving counsel
double negative: Grammar construction that can be used as an expression and it
is the repetition of negative words dirimens copulatio: Balances one statement
with a contrary, qualifying statement[22] distinctio: Defining or specifying
the meaning of a word or phrase you use dysphemism: Substitution of a harsher,
more offensive, or more disagreeable term for another. Opposite of euphemism
dubitatio: Expressing doubt over one's ability to hold speeches, or doubt over
other ability ekphrasis: Lively describing something you see, often a painting
epanorthosis: Immediate and emphatic self-correction, often following a slip of
the tongue encomium: A speech consisting of praise; a eulogy enumeratio: A sort
of amplification and accumulation in which specific aspects are added up to
make a point epicrisis: Mentioning a saying and then commenting on it
epiplexis: Rhetorical question displaying disapproval or debunks epitrope:
Initially pretending to agree with an opposing debater or invite one to do
something erotema: Synonym for rhetorical question erotesis: Rhetorical question
asked in confident expectation of a negative answer euphemism: Substitution of
a less offensive or more agreeable term for another grandiloquence: Pompous
speech exclamation: A loud calling or crying out humour: Provoking laughter and
providing amusement hyperbaton: Words that naturally belong together separated
from each other for emphasis or effect hyperbole: Use of exaggerated terms for
emphasis hypocatastasis: An implication or declaration of resemblance that does
not directly name both terms hypophora: Answering one's own rhetorical question
at length hysteron proteron: Reversal of anticipated order of events; a form of
hyperbaton innuendo: Having a hidden meaning in a sentence that makes sense
whether it is detected or not inversion: A reversal of normal word order,
especially the placement of a verb ahead of the subject (subject-verb
inversion). irony: Use of word in a way that conveys a meaning opposite to its
usual meaning.[23] litotes: Emphasizing the magnitude of a statement by denying
its opposite malapropism: Using a word through confusion with a word that
sounds similar meiosis: Use of understatement, usually to diminish the
importance of something memento verbum: Word at the top of the tongue,
recordabantur merism: Referring to a whole by enumerating some of its parts
metalepsis: Figurative speech is used in a new context metaphor: An implied
comparison between two things, attributing the properties of one thing to
another that it does not literally possess.[24] metonymy: A thing or concept is
called not by its own name but rather by the name of something associated in
meaning with that thing or concept neologism: The use of a word or term that
has recently been created, or has been in use for a short time. Opposite of
archaism non sequitur: Statement that bears no relationship to the context
preceding occupatio see apophasis: Mentioning something by reportedly not
mentioning it onomatopoeia: Words that sound like their meaning oxymoron: Using
two terms together, that normally contradict each other par'hyponoian:
Replacing in a phrase or text a second part, that would have been logically
expected. parable: Extended metaphor told as an anecdote to illustrate or teach
a moral lesson paradiastole: Extenuating a vice in order to flatter or soothe paradox:
Use of apparently contradictory ideas to point out some underlying truth
paraprosdokian: Phrase in which the latter part causes a rethinking or
reframing of the beginning paralipsis: Drawing attention to something while
pretending to pass it over parody: Humouristic imitation paronomasia: Pun, in
which similar-sounding words but words having a different meaning are used
pathetic fallacy: Ascribing human conduct and feelings to nature periphrasis: A
synonym for circumlocution personification/prosopopoeia/anthropomorphism:
Attributing or applying human qualities to inanimate objects, animals, or
natural phenomena pleonasm: The use of more words than is necessary for clear
expression praeteritio: Another word for paralipsis procatalepsis: Refuting anticipated
objections as part of the main argument proslepsis: Extreme form of paralipsis
in which the speaker provides great detail while feigning to pass over a topic
prothesis: Adding a syllable to the beginning of a word proverb: Succinct or
pithy, often metaphorical, expression of wisdom commonly believed to be true
pun: Play on words that will have two meanings rhetorical question: Asking a
question as a way of asserting something. Asking a question which already has
the answer hidden in it. Or asking a question not for the sake of getting an
answer but for asserting something (or as in a poem for creating a poetic
effect) satire: Humoristic criticism of society sensory detail imagery: sight,
sound, taste, touch, smell sesquipedalianism: use of long and obscure words
simile: Comparison between two things using like or as snowclone: Alteration of
cliché or phrasal template style: how information is presented superlative:
Saying that something is the best of something or has the most of some quality,
e.g. the ugliest, the most precious etc. syllepsis: The use of a word in its
figurative and literal sense at the same time or a single word used in relation
to two other parts of a sentence although the word grammatically or logically
applies to only one syncatabasis (condescension, accommodation): adaptation of
style to the level of the audience synchoresis: A concession made for the
purpose of retorting with greater force. synecdoche: Form of metonymy,
referring to a part by its whole, or a whole by its part synesthesia:
Description of one kind of sense impression by using words that normally
describe another. tautology: Superfluous repetition of the same sense in
different words Example: The children gathered in a round circle transferred
epithet: A synonym for hypallage. truism: a self-evident statement tricolon
diminuens: Combination of three elements, each decreasing in size tricolon
crescens: Combination of three elements, each increasing in size verbal
paradox: Paradox specified to language verba ex ore: Taking the words out of
someone’s mouth, speaking of what the interlocutor wanted to say.[14] verbum
volitans: A word that floats in the air, on which everyone is thinking and is
just about to be imposed.[14] zeugma: Use of a single verb to describe two or more
actions zoomorphism: Applying animal characteristics to humans or gods. Refs.
Holdcroft: “Grice on indirect communication,” Journal of Rhetoric.”
Fallacia – Grice compilied a
“Fallaciae: A to Z.” Formal fallacies Main article: Formal fallacy A formal fallacy
is an error in logic that can be seen in the argument's form.[4] All formal
fallacies are specific types of non sequitur. Appeal to probability – a
statement that takes something for granted because it would probably be the
case (or might be the case).[5][6] Argument from fallacy (also known as the
fallacy fallacy) – the assumption that if an argument for some conclusion is
fallacious, then the conclusion is false.[7] Base rate fallacy – making a
probability judgment based on conditional probabilities, without taking into
account the effect of prior probabilities.[8] Conjunction fallacy – the
assumption that an outcome simultaneously satisfying multiple conditions is
more probable than an outcome satisfying a single one of them.[9] Masked-man
fallacy (illicit substitution of identicals) – the substitution of identical
designators in a true statement can lead to a false one.[10] Propositional
fallacies A propositional fallacy is an error in logic that concerns compound
propositions. For a compound proposition to be true, the truth values of its
constituent parts must satisfy the relevant logical connectives that occur in
it (most commonly: [and], [or], [not], [only if], [if and only if]). The
following fallacies involve inferences whose correctness is not guaranteed by
the behavior of those logical connectives and are not logically guaranteed to
yield true conclusions. Types of propositional fallacies: Affirming a
disjunct – concluding that one disjunct of a logical disjunction must be false
because the other disjunct is true; A or B; A, therefore not B.[11] Affirming
the consequent – the antecedent in an indicative conditional is claimed to be
true because the consequent is true; if A, then B; B, therefore A.[11] Denying
the antecedent – the consequent in an indicative conditional is claimed to be
false because the antecedent is false; if A, then B; not A, therefore not
B.[11] Quantification fallacies A quantification fallacy is an error in logic
where the quantifiers of the premises are in contradiction to the quantifier of
the conclusion. Types of quantification fallacies: Existential fallacy –
an argument that has a universal premise and a particular conclusion.[12]
Formal syllogistic fallacies Syllogistic fallacies – logical fallacies that
occur in syllogisms. Affirmative conclusion from a negative premise
(illicit negative) – a categorical syllogism has a positive conclusion, but at
least one negative premise.[12] Fallacy of exclusive premises – a categorical
syllogism that is invalid because both of its premises are negative.[12]
Fallacy of four terms (quaternio terminorum) – a categorical syllogism that has
four terms.[13] Illicit major – a categorical syllogism that is invalid because
its major term is not distributed in the major premise but distributed in the
conclusion.[12] Illicit minor – a categorical syllogism that is invalid because
its minor term is not distributed in the minor premise but distributed in the
conclusion.[12] Negative conclusion from affirmative premises (illicit
affirmative) – a categorical syllogism has a negative conclusion but
affirmative premises.[12] Fallacy of the undistributed middle – the middle term
in a categorical syllogism is not distributed.[14] Modal fallacy – confusing
possibility with necessity. Modal scope fallacy – a degree of unwarranted
necessity is placed in the conclusion. Informal fallacies Main article:
Informal fallacy Informal fallacies – arguments that are logically unsound for
lack of well-grounded premises.[15] Argument to moderation (false compromise,
middle ground, fallacy of the mean, argumentum ad temperantiam) – assuming that
the compromise between two positions is always correct.[16] Continuum fallacy
(fallacy of the beard, line-drawing fallacy, sorites fallacy, fallacy of the
heap, bald man fallacy) – improperly rejecting a claim for being imprecise.[17]
Correlative-based fallacies Suppressed correlative – a correlative is redefined
so that one alternative is made impossible (e.g., "I'm not fat because I'm
thinner than him").[18] Definist fallacy – defining a term used in an
argument in a biased manner. The person making the argument expects the
listener will accept the provided definition, making the argument difficult to
refute.[19] Divine fallacy (argument from incredulity) – arguing that, because
something is so incredible or amazing, it must be the result of superior,
divine, alien or paranormal agency.[20] Double counting – counting events or
occurrences more than once in probabilistic reasoning, which leads to the sum
of the probabilities of all cases exceeding unity. Equivocation – using a term
with more than one meaning in a statement without specifying which meaning is
intended.[21] Ambiguous middle term – using a middle term with multiple
meanings.[22] Definitional retreat – changing the meaning of a word when an
objection is raised.[1] Motte-and-bailey fallacy – conflating two positions
with similar properties, one modest and easy to defend (the "motte")
and one more controversial (the "bailey").[23] The arguer first
states the controversial position, but when challenged, states that they are
advancing the modest position.[24][25] Fallacy of accent – changing the meaning
of a statement by not specifying on which word emphasis falls. Persuasive
definition – purporting to use the "true" or "commonly
accepted" meaning of a term while, in reality, using an uncommon or
altered definition. (cf. the if-by-whiskey fallacy) Ecological fallacy –
inferences about the nature of specific individuals are based solely upon
aggregate statistics collected for the group to which those individuals
belong.[26] Etymological fallacy – reasoning that the original or historical
meaning of a word or phrase is necessarily similar to its actual present-day
usage.[27] Fallacy of composition – assuming that something true of part of a
whole must also be true of the whole.[28] Fallacy of division – assuming that
something true of a thing must also be true of all or some of its parts.[29]
False attribution – an advocate appeals to an irrelevant, unqualified,
unidentified, biased or fabricated source in support of an argument. Fallacy of
quoting out of context (contextotomy, contextomy; quotation mining) – refers to
the selective excerpting of words from their original context in a way that
distorts the source's intended meaning.[30] False authority (single authority)
– using an expert of dubious credentials or using only one opinion to sell a
product or idea. Related to the appeal to authority. False dilemma (false
dichotomy, fallacy of bifurcation, black-or-white fallacy) – two alternative
statements are held to be the only possible options when in reality there are
more.[31] False equivalence – describing two or more statements as virtually
equal when they are not. Feedback fallacy - believing in the objectivity of an evaluation
to be used as the basis for improvement without verifying that the source of
the evaluation is a disinterested party.[32] Historian's fallacy – assuming
that decision makers of the past had identical information as those
subsequently analyzing the decision.[33] This should not to be confused with
presentism, in which present-day ideas and perspectives are anachronistically
projected into the past. Historical fallacy – a set of considerations is
thought to hold good only because a completed process is read into the content
of the process which conditions this completed result.[34] Baconian fallacy -
using pieces of historical evidence without the aid of specific methods,
hypotheses, or theories in an attempt to make a general truth about the past. Commits
historians "to the pursuit of an impossible object by an impracticable
method".[35] Homunculus fallacy – using a "middle-man" for
explanation; this sometimes leads to regressive middle-men. It explains a
concept in terms of the concept itself without explaining its real nature
(e.g.: explaining thought as something produced by a little thinker - a
homunculus - inside the head simply identifies an intermediary actor and does
not explain the product or process of thinking).[36] Inflation of conflict – arguing
that, if experts in a field of knowledge disagree on a certain point within
that field, no conclusion can be reached or that the legitimacy of that field
of knowledge is questionable.[37] If-by-whiskey – an argument that supports
both sides of an issue by using terms that are selectively emotionally
sensitive. Incomplete comparison – insufficient information is provided to make
a complete comparison. Inconsistent comparison – different methods of
comparison are used, leaving a false impression of the whole comparison.
Intentionality fallacy – the insistence that the ultimate meaning of an
expression must be consistent with the intention of the person from whom the
communication originated (e.g. a work of fiction that is widely received as a
blatant allegory must necessarily not be regarded as such if the author
intended it not to be so.)[38] Lump of labour fallacy – the misconception that
there is a fixed amount of work to be done within an economy, which can be
distributed to create more or fewer jobs.[39] Kettle logic – using multiple,
jointly inconsistent arguments to defend a position.[dubious – discuss] Ludic
fallacy – the belief that the outcomes of non-regulated random occurrences can
be encapsulated by a statistic; a failure to take into account that unknown
unknowns have a role in determining the probability of events taking place.[40]
McNamara fallacy (quantitative fallacy) – making a decision based only on
quantitative observations, discounting all other considerations. Mind
projection fallacy – subjective judgments are "projected" to be
inherent properties of an object, rather than being related to personal
perceptions of that object. Moralistic fallacy – inferring factual conclusions
from purely evaluative premises in violation of fact–value distinction. For
instance, inferring is from ought is an instance of moralistic fallacy.
Moralistic fallacy is the inverse of naturalistic fallacy defined below. Moving
the goalposts (raising the bar) – argument in which evidence presented in
response to a specific claim is dismissed and some other (often greater)
evidence is demanded. Nirvana fallacy (perfect-solution fallacy) – solutions to
problems are rejected because they are not perfect. Proof by assertion – a
proposition is repeatedly restated regardless of contradiction; sometimes
confused with argument from repetition (argumentum ad infinitum, argumentum ad
nauseam) Prosecutor's fallacy – a low probability of false matches does not
mean a low probability of some false match being found. Proving too much – an
argument that results in an overly-generalized conclusion (e.g.: arguing that
drinking alcohol is bad because in some instances it has led to spousal or
child abuse). Psychologist's fallacy – an observer presupposes the objectivity
of their own perspective when analyzing a behavioral event. Referential
fallacy[41] – assuming all words refer to existing things and that the meaning
of words reside within the things they refer to, as opposed to words possibly
referring to no real object or that the meaning of words often comes from how
they are used. Reification (concretism, hypostatization, or the fallacy of
misplaced concreteness) – treating an abstract belief or hypothetical construct
as if it were a concrete, real event or physical entity (e.g.: saying that
evolution selects which traits are passed on to future generations; evolution
is not a conscious entity with agency). Retrospective determinism – the
argument that because an event has occurred under some circumstance, the
circumstance must have made its occurrence inevitable. Slippery slope (thin
edge of the wedge, camel's nose) – asserting that a proposed. relatively small,
first action will inevitably lead to a chain of related events resulting in a
significant and negative event and, therefore, should not be permitted.[42]
Special pleading – the arguer attempts to cite something as an exemption to a
generally accepted rule or principle without justifying the exemption (e.g.: a
defendant who murdered his parents asks for leniency because he is now an
orphan). Improper premise Begging the question (petitio principii) – using the
conclusion of the argument in support of itself in a premise (e.g.: saying that
smoking cigarettes is deadly because cigarettes can kill you; something that
kills is deadly).[43][44][45] Loaded label – while not inherently fallacious,
use of evocative terms to support a conclusion is a type of begging the
question fallacy. When fallaciously used, the term's connotations are relied on
to sway the argument towards a particular conclusion. For example, an organic
foods advertisement that says "Organic foods are safe and healthy foods
grown without any pesticides, herbicides, or other unhealthy additives."
Use of the term "unhealthy additives" is used as support for the idea
that the product is safe.[46] Circular reasoning (circulus in demonstrando) –
the reasoner begins with what he or she is trying to end up with (e.g.: all
bachelors are unmarried males). Fallacy of many questions (complex question,
fallacy of presuppositions, loaded question, plurium interrogationum) – someone
asks a question that presupposes something that has not been proven or accepted
by all the people involved. This fallacy is often used rhetorically so that the
question limits direct replies to those that serve the questioner's agenda.
Faulty generalizations Faulty generalization – reach a conclusion from weak
premises. Unlike fallacies of relevance, in fallacies of defective induction,
the premises are related to the conclusions yet only weakly support the
conclusions. A faulty generalization is thus produced. Accident – an
exception to a generalization is ignored.[47] No true Scotsman – makes a
generalization true by changing the generalization to exclude a
counterexample.[48] Cherry picking (suppressed evidence, incomplete evidence) –
act of pointing at individual cases or data that seem to confirm a particular
position, while ignoring a significant portion of related cases or data that
may contradict that position.[49] Survivorship bias – a small number of
successes of a given process are actively promoted while completely ignoring a
large number of failures False analogy – an argument by analogy in which the
analogy is poorly suited.[50] Hasty generalization (fallacy of insufficient
statistics, fallacy of insufficient sample, fallacy of the lonely fact, hasty
induction, secundum quid, converse accident, jumping to conclusions) – basing a
broad conclusion on a small sample or the making of a determination without all
of the information required to do so.[51] Inductive fallacy – A more general
name to some fallacies, such as hasty generalization. It happens when a
conclusion is made of premises that lightly support it. Misleading vividness –
involves describing an occurrence in vivid detail, even if it is an exceptional
occurrence, to convince someone that it is a problem; this also relies on the
appeal to emotion fallacy. Overwhelming exception – an accurate generalization
that comes with qualifications that eliminate so many cases that what remains
is much less impressive than the initial statement might have led one to
assume.[52] Thought-terminating cliché – a commonly used phrase, sometimes
passing as folk wisdom, used to quell cognitive dissonance, conceal lack of
forethought, move on to other topics, etc. – but in any case, to end the debate
with a cliché rather than a point. Questionable cause Questionable cause is a
general type of error with many variants. Its primary basis is the confusion of
association with causation, either by inappropriately deducing (or rejecting)
causation or a broader failure to properly investigate the cause of an observed
effect. Cum hoc ergo propter hoc (Latin for "with this, therefore
because of this"; correlation implies causation; faulty cause/effect, coincidental
correlation, correlation without causation) – a faulty assumption that, because
there is a correlation between two variables, one caused the other.[53] Post
hoc ergo propter hoc (Latin for "after this, therefore because of
this"; temporal sequence implies causation) – X happened, then Y happened;
therefore X caused Y.[54] Wrong direction (reverse causation) – cause and
effect are reversed. The cause is said to be the effect and vice versa.[55] The
consequence of the phenomenon is claimed to be its root cause. Ignoring a
common cause Fallacy of the single cause (causal oversimplification[56]) – it
is assumed that there is one, simple cause of an outcome when in reality it may
have been caused by a number of only jointly sufficient causes. Furtive fallacy
– outcomes are asserted to have been caused by the malfeasance of decision
makers. Gambler's fallacy – the incorrect belief that separate, independent
events can affect the likelihood of another random event. If a fair coin lands
on heads 10 times in a row, the belief that it is "due to the number of
times it had previously landed on tails" is incorrect.[57] Inverse
gambler's fallacy Magical thinking – fallacious attribution of causal
relationships between actions and events. In anthropology, it refers primarily
to cultural beliefs that ritual, prayer, sacrifice, and taboos will produce
specific supernatural consequences. In psychology, it refers to an irrational
belief that thoughts by themselves can affect the world or that thinking
something corresponds with doing it. Regression fallacy – ascribes cause where
none exists. The flaw is failing to account for natural fluctuations. It is
frequently a special kind of post hoc fallacy. Relevance fallacies Appeal to
the stone (argumentum ad lapidem) – dismissing a claim as absurd without
demonstrating proof for its absurdity.[58] Argument from ignorance (appeal to
ignorance, argumentum ad ignorantiam) – assuming that a claim is true because
it has not been or cannot be proven false, or vice versa.[59] Argument from
incredulity (appeal to common sense) – "I cannot imagine how this could be
true; therefore, it must be false."[60] Argument from repetition
(argumentum ad nauseam, argumentum ad infinitum) – repeating an argument until
nobody cares to discuss it any more;[61][62] sometimes confused with proof by
assertion Argument from silence (argumentum ex silentio) – assuming that a
claim is true based on the absence of textual or spoken evidence from an
authoritative source, or vice versa.[63] Ignoratio elenchi (irrelevant conclusion,
missing the point) – an argument that may in itself be valid, but does not
address the issue in question.[64] Red herring fallacies A red herring fallacy,
one of the main subtypes of fallacies of relevance, is an error in logic where
a proposition is, or is intended to be, misleading in order to make irrelevant
or false inferences. In the general case any logical inference based on fake
arguments, intended to replace the lack of real arguments or to replace
implicitly the subject of the discussion.[65][66] Red herring –
introducing a second argument in response to the first argument that is
irrelevant and draws attention away from the original topic (e.g.: saying “If
you want to complain about the dishes I leave in the sink, what about the dirty
clothes you leave in the bathroom?”).[67] See also irrelevant conclusion.
Ad hominem – attacking the arguer instead of the argument. (N.b., "ad
hominem" can also refer to the dialectical strategy of arguing on the
basis of the opponent's own commitments. This type of ad hominem is not a
fallacy.) Circumstantial ad hominem - stating that the arguer's personal
situation or perceived benefit from advancing a conclusion means that their
conclusion is wrong.[68] Poisoning the well – a subtype of ad hominem presenting
adverse information about a target person with the intention of discrediting
everything that the target person says.[69] Appeal to motive – dismissing an
idea by questioning the motives of its proposer. Kafka-trapping – a sophistical
and unfalsifiable form of argument that attempts to overcome an opponent by
inducing a sense of guilt and using the opponent's denial of guilt as further
evidence of guilt.[70] Tone policing – focusing on emotion behind (or resulting
from) a message rather than the message itself as a discrediting tactic.
Traitorous critic fallacy (ergo decedo, 'thus leave') – a critic's perceived
affiliation is portrayed as the underlying reason for the criticism and the
critic is asked to stay away from the issue altogether. Easily confused with
the association fallacy ("guilt by association") below. Appeal to
authority (argument from authority, argumentum ad verecundiam) – an assertion
is deemed true because of the position or authority of the person asserting
it.[71][72] Appeal to accomplishment – an assertion is deemed true or false
based on the accomplishments of the proposer. This may often also have elements
of appeal to emotion (see below). Courtier's reply – a criticism is dismissed
by claiming that the critic lacks sufficient knowledge, credentials, or
training to credibly comment on the subject matter. Appeal to consequences
(argumentum ad consequentiam) – the conclusion is supported by a premise that
asserts positive or negative consequences from some course of action in an attempt
to distract from the initial discussion.[73] Appeal to emotion – an argument is
made due to the manipulation of emotions, rather than the use of valid
reasoning.[74] Appeal to fear – an argument is made by increasing fear and
prejudice towards the opposing side[75] Appeal to flattery – an argument is
made due to the use of flattery to gather support.[76] Appeal to pity
(argumentum ad misericordiam) – an argument attempts to induce pity to sway
opponents.[77] Appeal to ridicule – an argument is made by presenting the
opponent's argument in a way that makes it appear ridiculous (or, arguing or
implying that because it is ridiculous it must be untrue).[78] Appeal to spite
– an argument is made through exploiting people's bitterness or spite towards
an opposing party.[79] Judgmental language – insulting or pejorative language
to influence the audience's judgment. Pooh-pooh – dismissing an argument
perceived unworthy of serious consideration.[80] Wishful thinking – a decision
is made according to what might be pleasing to imagine, rather than according
to evidence or reason.[81] Appeal to nature – judgment is based solely on
whether the subject of judgment is 'natural' or 'unnatural'.[82] (Sometimes
also called the "naturalistic fallacy", but is not to be confused
with the other fallacies by that name.) Appeal to novelty (argumentum
novitatis, argumentum ad antiquitatis) – a proposal is claimed to be superior
or better solely because it is new or modern.[83] Appeal to poverty (argumentum
ad Lazarum) – supporting a conclusion because the arguer is poor (or refuting
because the arguer is wealthy). (Opposite of appeal to wealth.)[84] Appeal to
tradition (argumentum ad antiquitatem) – a conclusion supported solely because
it has long been held to be true.[85] Appeal to wealth (argumentum ad crumenam)
– supporting a conclusion because the arguer is wealthy (or refuting because
the arguer is poor).[86] (Sometimes taken together with the appeal to poverty
as a general appeal to the arguer's financial situation.) Argumentum ad baculum
(appeal to the stick, appeal to force, appeal to threat) – an argument made
through coercion or threats of force to support position.[87] Argumentum ad
populum (appeal to widespread belief, bandwagon argument, appeal to the
majority, appeal to the people) – a proposition is claimed to be true or good
solely because a majority or many people believe it to be so.[88] Association
fallacy (guilt by association and honor by association) – arguing that because
two things share (or are implied to share) some property, they are the
same.[89] Ipse dixit (bare assertion fallacy) – a claim that is presented as
true without support, as self-evidently true, or as dogmatically true. This
fallacy relies on the implied expertise of the speaker or on an unstated
truism.[90][91] Bulverism (psychogenetic fallacy) – inferring why an argument
is being used, associating it to some psychological reason, then assuming it is
invalid as a result. The assumption that if the origin of an idea comes from a
biased mind, then the idea itself must also be a falsehood.[37] Chronological
snobbery – a thesis is deemed incorrect because it was commonly held when
something else, known to be false, was also commonly held.[92][93] Fallacy of
relative privation (also known as "appeal to worse problems" or
"not as bad as") – dismissing an argument or complaint due to what
are perceived to be more important problems. First World problems are a subset
of this fallacy.[94][95] Genetic fallacy – a conclusion is suggested based
solely on something or someone's origin rather than its current meaning or
context.[96] I'm entitled to my opinion – a person discredits any opposition by
claiming that they are entitled to their opinion. Moralistic fallacy –
inferring factual conclusions from evaluative premises, in violation of
fact-value distinction; e.g. making statements about what is, on the basis of
claims about what ought to be. This is the inverse of the naturalistic fallacy.
Naturalistic fallacy – inferring evaluative conclusions from purely factual
premises[97][98] in violation of fact-value distinction. Naturalistic fallacy
(sometimes confused with appeal to nature) is the inverse of moralistic
fallacy. Is–ought fallacy[99] – statements about what is, on the basis of
claims about what ought to be. Naturalistic fallacy fallacy[100]
(anti-naturalistic fallacy)[101] – inferring an impossibility to infer any
instance of ought from is from the general invalidity of is-ought fallacy,
mentioned above. For instance, is {\displaystyle P\lor \neg P}P \lor \neg P
does imply ought {\displaystyle P\lor \neg P}P \lor \neg P for any proposition
{\displaystyle P}P, although the naturalistic fallacy fallacy would falsely
declare such an inference invalid. Naturalistic fallacy fallacy is a type of
argument from fallacy. Straw man fallacy – misrepresenting an opponent's
argument by broadening or narrowing the scope of a premise and refuting a
weaker version (e.g.: saying “You tell us that A is the right thing to do, but
the real reason you want us to do A is that you would personally profit from
it).[102] Texas sharpshooter fallacy – improperly asserting a cause to explain
a cluster of data.[103] Tu quoque ('you too' – appeal to hypocrisy,
whataboutism) – the argument states that a certain position is false or wrong or
should be disregarded because its proponent fails to act consistently in
accordance with that position.[104] Two wrongs make a right – occurs when it is
assumed that if one wrong is committed, another wrong will rectify it.[105]
Vacuous truth – a claim that is technically true but meaningless, in the form
of claiming that no A in B has C, when there is no A in B. For example,
claiming that no mobile phones in the room are on when there are no mobile
phones in the room at all.
metaphorical implicaturum -- Grice,
“You’re the cream in my coffee” – “You’re the salt in my stew” – “You’re the
starch in my collar” – “You’re the lace in my shoe.” metaphor, a figure of
speech (or a trope) in which a word or phrase that literally denotes one thing
is used to denote another, thereby implicitly comparing the two things. In the
normal use of the sentence ‘The Mississippi is a river’, ‘river’ is used
literally – or as some would prefer to say, used in its literal sense. By
contrast, if one assertively uttered “Time is a river,” one would be using
‘river’ metaphorically – or be using it in a metaphorical sense. Metaphor has
been a topic of philosophical discussion since Aristotle; in fact, it has
almost certainly been more discussed by philosophers than all the other tropes
together. Two themes are prominent in the discussions up to the nineteenth
century. One is that metaphors, along with all the other tropes, are
decorations of speech; hence the phrase ‘figures of speech’. Metaphors are
adornments or figurations. They do not contribute to the cognitive meaning of
the discourse; instead they lend it color, vividness, emotional impact, etc.
Thus it was characteristic of the Enlightenment and proto-Enlightenment
philosophers – Hobbes and Locke are good examples – to insist that though
philosophers may sometimes have good reason to communicate their thought with
metaphors, they themselves should do their thinking entirely without metaphors.
The other theme prominent in discussions of metaphor up to the nineteenth
century is that metaphors are, so far as their cognitive force is concerned,
elliptical similes. The cognitive force of ‘Time is a river’, when ‘river’ in
that sentence is used metaphorically, is the same as ‘Time is like a river’.
What characterizes almost all theories of metaphor from the time of the
Romantics up through our own century is the rejection of both these traditional
themes. Metaphors – so it has been argued – are not cognitively dispensable
decorations. They contribute to the cognitive meaning of our discourse; and
they are indispensable, not only to religious discourse, but to ordinary, and
even scientific, discourse, not to mention poetic. Nietzsche, indeed, went so
far as to argue that all speech is metaphorical. And though no consensus has
yet emerged on how and what metaphors contribute to meaning, nor how we
recognize what they contribute, nearconsensus has emerged on the thesis that
they do not work as elliptical similes. Refs.: H. P. Grice, “Why it is not the
case that you’re the cream in my coffee.” H. P. Grice, “One figure of rhetoric
too many.” “Metanonymy.”
Ariskant
-- Aristkantian metaphysical deduction: cf. the transcendental club. or
argument. transcendental argument Metaphysics,
epistemology An argument that starts from some accepted experience or fact to
prove that there must be something which is beyond experience but which is a
necessary condition for making the accepted experience or fact possible. The
goal of a transcendental argument is to establish the transcendental dialectic truth of this precondition.
If there is something X of which Y is a necessary condition, then Y must be
true. This form of argument became prominent in Kant’s Critique of Pure Reason,
where he argued that the existence of some fundamental a priori concepts, namely
the categories, and of space and time as pure forms of sensibility, are
necessary to make experience possible. In contemporary philosophy,
transcendental arguments are widely proposed as a way of refuting skepticism.
Wittgenstein used this form of argument to reject the possibility of a private
language that only the speaker could understand. Peter Strawson employs a
transcendental argument to prove the perception-independent existence of
material particulars and to reject a skeptical attitude toward the existence of
other minds. There is disagreement about the kind of necessity involved in
transcendental arguments, and Barry Stroud has raised important questions about
the possibility of transcendental arguments succeeding. “A transcendental
argument attempts to prove q by proving it is part of any correct explanation
of p, by proving it a precondition of p’s possibility.” Nozick Philosophical
Explanations transcendental deduction Metaphysics, epistemology, ethics,
aesthetics For Kant, the argument to prove that certain a priori concepts are
legitimately, universally, necessarily, and exclusively applicable to objects
of experience. Kant employed this form of argument to establish the legitimacy
of space and time as the forms of intuition, of the claims of the moral law in
the Critique of Practical Reason, and of the claims of the aesthetic judgment
of taste in the Critique of Judgement. However, the most influential example of
this form of argument appeared in the Critique of Pure Reason as the transcendental
deduction of the categories. The metaphysical deduction set out the origin and
character of the categories, and the task of the transcendental deduction was
to demonstrate that these a priori concepts do apply to objects of experience
and hence to prove the objective validity of the categories. The strategy of
the proof is to show that objects can be thought of only by means of the
categories. In sensibility, objects are subject to the forms of space and time.
In understanding, experienced objects
must stand under the conditions of the transcendental unity of apperception.
Because these conditions require the determination of objects by the pure
concepts of the understanding, there can be no experience that is not subject
to the categories. The categories, therefore, are justified in their
application to appearances as conditions of the possibility of experience. In
the second edition of the Critique of Pure Reason (1787), Kant extensively
rewrote the transcendental deduction, although he held that the result remained
the same. The first version emphasized the subjective unity of consciousness,
while the second version stressed the objective character of the unity, and it
is therefore possible to distinguish between a subjective and objective
deduction. The second version was meant to clarify the argument, but remained
extremely difficult to interpret and assess. The presence of the two versions
of this fundamental argument makes interpretation even more demanding.
Generally speaking, European philosophers prefer the subjective version, while
Anglo-American philosophers prefer the objective version. The transcendental
deduction of the categories was a revolutionary development in modern
philosophy. It was the main device by which Kant sought to overcome the errors
and limitations of both rationalism and empiricism and propelled philosophy
into a new phase. “The explanation of the manner in which concepts can thus
relate a priori to objects I entitle their transcendental deduction.” Kant,
Critique of Pure Reason. metaphysical realism, in the widest sense, the view
that (a) there are real objects (usually the view is concerned with
spatiotemporal objects), (b) they exist independently of our experience or our
knowledge of them, and (c) they have properties and enter into relations
independently of the concepts with which we understand them or of the language
with which we describe them. Anti-realism is any view that rejects one or more
of these three theses, though if (a) is rejected the rejection of (b) and (c) follows
trivially. (If it merely denies the existence of material things, then its
traditional name is ‘idealism.’) Metaphysical realism, in all of its three
parts, is shared by common sense, the sciences, and most philosophers. The
chief objection to it is that we can form no conception of real objects, as
understood by it, since any such conception must rest on the concepts we
already have and on our language and experience. To accept the objection seems
to imply that we can have no knowledge of real objects as they are in
themselves, and that truth must not be understood as correspondence to such
objects. But this itself has an even farther reaching consequence: either (i)
we should accept the seemingly absurd view that there are no real objects
(since the objection equally well applies to minds and their states, to
concepts and words, to properties and relations, to experiences, etc.), for we
should hardly believe in the reality of something of which we can form no
conception at all; or (ii) we must face the seemingly hopeless task of a
drastic change in what we mean by ‘reality’, ‘concept’, ‘experience’,
‘knowledge’, ‘truth’, and much else. On the other hand, the objection may be
held to reduce to a mere tautology, amounting to ‘We (can) know reality only as
we (can) know it’, and then it may be argued that no substantive thesis, which
anti-realism claims to be, is derivable from a mere tautology. Yet even if the
objection is a tautology, it serves to force us to avoid a simplistic view of
our cognitive relationship to the world. In discussions of universals,
metaphysical realism is the view that there are universals, and usually is
contrasted with nominalism. But this either precludes a standard third
alternative, namely conceptualism, or simply presupposes that concepts are
general words (adjectives, common nouns, verbs) or uses of such words. If this
presupposition is accepted, then indeed conceptualism would be the same as
nominalism, but this should be argued, not legislated verbally. Traditional
conceptualism holds that concepts are particular mental entities, or at least
mental dispositions, that serve the classificatory function that universals
have been supposed to serve and also explain the classificatory function that
general words undoubtedly also serve. -- metaphysics, most generally, the
philosophical investigation of the nature, constitution, and structure of
reality. It is broader in scope than science, e.g., physics and even cosmology
(the science of the nature, structure, and origin of the universe as a whole),
since one of its traditional concerns is the existence of non-physical
entities, e.g., God. It is also more fundamental, since it investigates
questions science does not address but the answers to which it presupposes. Are
there, for instance, physical objects at all, and does every event have a
cause? So understood, metaphysics was rejected by positivism on the ground that
its statements are “cognitively meaningless” since they are not empirically
verifiable. More recent philosophers, such as Quine, reject metaphysics on the
ground that science alone provides genuine knowledge. In The Metaphysics of
Logical Positivism (1954), Bergmann argued that logical positivism, and any
view such as Quine’s, presupposes a metaphysical theory. And the positivists’
criterion of cognitive meaning was never formulated in a way satisfactory even
to them. A successor of the positivist attitude toward metaphysics is Grice’s
tutee at St. John’s – for his Logic Paper for the PPE -- P. F. Strawson’s
preference (especially in Individuals: an essay in descriptive metaphysics) for
what he calls descriptive metaphysics, which is “content to describe the actual
structure of our thought about the world,” as contrasted with revisionary
metaphysics, which is “concerned to produce a better structure.” The view,
sometimes considered scientific (but an assumption rather than an argued
theory), that all that there is, is spatiotemporal (a part of “nature”) and is
knowable only through the methods of the sciences, is itself a metaphysics,
namely metaphysical naturalism (not to be confused with natural philosophy). It
is not part of science itself. In its most general sense, metaphysics may seem
to coincide with philosophy as a whole, since anything philosophy investigates
is presumably a part of reality, e.g., knowledge, values, and valid reasoning.
But it is useful to reserve the investigation of such more specific topics for
distinct branches of philosophy, e.g., epistemology, ethics, aesthetics, and
logic, since they raise problems peculiar to themselves. Perhaps the most
familiar question in metaphysics is whether there are only material entities –
materialism – or only mental entities, i.e., minds and their states – idealism
– or both – dualism. Here ‘entity’ has its broadest sense: anything real. More
specific questions of metaphysics concern the existence and nature of certain
individuals – also called particulars – (e.g., God), or certain properties
(e.g., are there properties that nothing exemplifies?) or relations (e.g., is
there a relation of causation that is a necessary connection rather than a mere
regular conjunction between events?). The nature of space and time is another
important example of such a more specific topic. Are space and time peculiar
individuals that “contain” ordinary individuals, or are they just systems of
relations between individual things, such as being (spatially) higher or
(temporally) prior. Whatever the answer, space and time are what render a world
out of the totality of entities that are parts of it. Since on any account of
knowledge, our knowledge of the world is extremely limited, concerning both its
spatial and temporal dimensions and its inner constitution, we must allow for
an indefinite number of possible ways the world may be, might have been, or
will be. And this thought gives rise to the idea of an indefinite number of
possible worlds. This idea is useful in making vivid our understanding of the
nature of necessary truth (a necessarily true proposition is one that is true
in all possible worlds) and thus is commonly employed in modal logic. But the
idea can also make possible worlds seem real, a highly controversial doctrine.
The notion of a spatiotemporal world is commonly that employed in discussions
of the socalled issue of realism versus anti-realism, although this issue has
also been raised with respect to universals, values, and numbers, which are not
usually considered spatiotemporal. While there is no clear sense in asserting
that nothing is real, there seems to be a clear sense in asserting that there
is no spatiotemporal world, especially if it is added that there are minds and
their ideas. This was Berkeley’s view. But contemporary philosophers who raise
questions about the reality of the spatiotemporal world are not comfortable
with Berkeleyan minds and ideas and usually just somewhat vaguely speak of
“ourselves” and our “representations.” The latter are themselves often
understood as material (states of our brains), a clearly inconsistent position
for anyone denying the reality of the spatiotemporal world. Usually, the
contemporary anti-realist does not actually deny it but rather adopts a view
resembling Kant’s transcendental idealism. Our only conception of the world,
the anti-realist would argue, rests on our perceptual and conceptual faculties,
including our language. But then what reason do we have to think that this
conception is true, that it corresponds to the world as the world is in itself?
Had our faculties and language been different, surely we would have had very different
conceptions of the world. And very different conceptions of it are possible
even in terms of our present faculties, as seems to be shown by the fact that
very different scientific theories can be supported by exactly the same data.
So far, we do not have anti-realism proper. But it is only a short step to it:
if our conception of an independent spatiotemporal world is necessarily
subjective, then we have no good reason for supposing that there is such a
world, especially since it seems selfcontradictory to speak of a conception
that is independent of our conceptual faculties. It is clear that this
question, like almost all the questions of general metaphysics, is at least in
part epistemological. Metaphysics can also be understood in a more definite
sense, suggested by Aristotle’s notion (in his Metaphysics, the title of which
was given by an early editor of his works, not by Aristotle himself) of “first
philosophy,” namely, the study of being qua being, i.e., of the most general
and necessary characteristics that anything must have in order to count as a
being, an entity (ens). Sometimes ‘ontology’ is used in this sense, but this is
by no means common practice, ‘ontology’ being often used as a synonym of
‘metaphysics’. Examples of criteria (each of which is a major topic in
metaphysics) that anything must meet in order to count as a being, an entity,
are the following. (A) Every entity must be either an individual thing (e.g.,
Socrates and this book), or a property (e.g., Socrates’ color and the shape of
this book), or a relation (e.g., marriage and the distance between two cities),
or an event (e.g., Socrates’ death), or a state of affairs (e.g., Socrates’
having died), or a set (e.g., the set of Greek philosophers). These kinds of
entities are usually called categories, and metaphysics is very much concerned
with the question whether these are the only categories, or whether there are
others, or whether some of them are not ultimate because they are reducible to
others (e.g., events to states of affairs, or individual things to temporal
series of events). (B) The existence, or being, of a thing is what makes it an
entity. (C) Whatever has identity and is distinct from everything else is an
entity. (D) The nature of the “connection” between an entity and its properties
and relations is what makes it an entity. Every entity must have properties and
perhaps must enter into relations with at least some other entities. (E) Every
entity must be logically self-consistent. It is noteworthy that after announcing
his project of first philosophy, Aristotle immediately embarked on a defense of
the law of non-contradiction. Concerning (A) we may ask (i) whether at least
some individual things (particulars) are substances, in the Aristotelian sense,
i.e., enduring through time and changes in their properties and relations, or
whether all individual things are momentary. In that case, the individuals of
common sense (e.g., this book) are really temporal series of momentary
individuals, perhaps events such as the book’s being on a table at a specific
instant. We may also ask (ii) whether any entity has essential properties,
i.e., properties without which it would not exist, or whether all properties
are accidental, in the sense that the entity could exist even if it lost the
property in question. We may ask (iii) whether properties and relations are
particulars or universals, e.g., whether the color of this page and the color
of the next page, which (let us assume) are exactly alike, are two distinct
entities, each with its separate spatial location, or whether they are
identical and thus one entity that is exemplified by, perhaps even located in,
the two pages. Concerning (B), we may ask whether existence is itself a
property. If it is, how is it to be understood, and if it is not, how are we to
understand ‘x exists’ and ‘x does not exist’, which seem crucial to everyday
and scientific discourse, just as the thoughts they express seem crucial to
everyday and scientific thinking? Should we countenance, as Meinong did, objects
having no existence, e.g. golden mountains, even though we can talk and think
about them? We can talk and think about a golden mountain and even claim that
it is true that the mountain is golden, while knowing all along that what we
are thinking and talking about does not exist. If we do not construe
non-existent objects as something, then we are committed to the somewhat
startling view that everything exists. Concerning (C) we may ask how to
construe informative identity statements, such as, to use Frege’s example, ‘The
Evening Star is identical with the Morning Star’. This contrasts with trivial
and perhaps degenerate statements, such as ‘The Evening Star is identical with
the Evening Star’, which are almost never made in ordinary or scientific discourse.
The former are essential to any coherent, systematic cognition (even to
everyday recognition of persons and places). Yet they are puzzling. We cannot
say that they assert of two things that they are one, even though ordinary
language suggests precisely this. Neither can we just say that they assert that
a certain thing is identical with itself, for this view would be obviously
false if the statements are informative. The fact that Frege’s example includes
definite descriptions (‘the Evening Star’, ‘the Morning Star’) is irrelevant,
contrary to Russell’s view. Informative identity statements can also have as
their subject terms proper names and even demonstrative pronouns (e.g.,
‘Hesperus is identical with Phosphorus’ and ‘This [the shape of this page] is identical
with that [the shape of the next page]’), the reference of which is established
not by description but ostensively, perhaps by actual pointing. Concerning (D)
we can ask about the nature of the relationship, usually called instantiation
or exemplification, between an entity and its properties and relations. Surely,
there is such a relationship. But it can hardly be like an ordinary relation
such as marriage that connects things of the same kind. And we can ask what is
the connection between that relation and the entities it relates, e.g., the
individual thing on one hand and its properties and relations on the other.
Raising this question seems to lead to an infinite regress, as Bradley held;
for the supposed connection is yet another relation to be connected with
something else. But how do we avoid the regress? Surely, an individual thing
and its properties and relations are not unrelated items. They have a certain
unity. But what is its character? Moreover, we can hardly identify the
individual thing except by reference to its properties and relations. Yet if we
say, as some have, that it is nothing but a bundle of its properties and
relations, could there not be another bundle of exactly the same properties and
relations, yet distinct from the first one? (This question concerns the
so-called problem of individuation, as well as the principle of the identity of
indiscernibles.) If an individual is something other than its properties and
relations (e.g., what has been called a bare particular), it would seem to be
unobservable and thus perhaps unknowable. Concerning (E), virtually no
philosopher has questioned the law of non-contradiction. But there are
important questions about its status. Is it merely a linguistic convention?
Some have held this, but it seems quite implausible. Is the law of
non-contradiction a deep truth about being qua being? If it is, (E) connects
closely with (B) and (C), for we can think of the concepts of self-consistency,
identity, and existence as the most fundamental metaphysical concepts. They are
also fundamental to logic, but logic, even if ultimately grounded in
metaphysics, has a rich additional subject matter (sometimes merging with that
of mathematics) and therefore is properly regarded as a separate branch of
philosophy. The word ‘metaphysics’ has also been used in at least two other
senses: first, the investigation of entities and states of affairs
“transcending” human experience, in particular, the existence of God, the
immortality of the soul, and the freedom of the will (this was Kant’s
conception of the sort of metaphysics that, according to him, required
“critique”); and second, the investigation of any alleged supernatural or
occult phenomena, such as ghosts and telekinesis. The first sense is properly
philosophical, though seldom occurring today. The second is strictly popular,
since the relevant supernatural phenomena are most questionable on both
philosophical and scientific grounds. They should not be confused with the
subject matter of philosophical theology, which may be thought of as part of
metaphysics in the general philosophical sense, though it was included by
Aristotle in the subject matter of metaphysics in his sense of the study of
being qua being. Refs.: H. P. Grice and P. F. Strawson, “Seminars on Aristotle’s
Categoriae,” Oxford.
metaphysical wisdom: J. London-born philosopher, cited by H. P. Grice in his
third programme lecture on Metaphysics. “Wisdom used to say that metaphysics is
nonsense, but INTERESTING nonsense.” Some more “contemporary” accounts of
“metaphysics” sound, on the face of it at least, very different from either of
these. Consider, for example, from the
OTHER place, John Wisdom's description of a metaphysical, shall we say,
‘statement’ – I prefer ‘utterance’ or pronouncement! Wisdom says that a metaphysical, shall we
say, ‘proposition’ is, characteristically, a sort of illuminating falsehood, a
pointed paradox, which uses what Wisdom calls ‘ordinary language’ in a
disturbing, baffling, and even shocking way, but not otiosely, but in order to
make your tutee aware of a hidden difference or a hidden resemblance between
this thing and that thing – a difference and a resemblance hidden by our
ordinary ways of “talking.” The
metaphysician renders what is clear, obscure.
And the metaphysician MUST retort to some EXTRA-ordinary language, as
Wisdom calls it! Of course, to be fair
to Wisdom and the OTHER place, Wisdom does not claim this to be a complete
characterisation, nor perhaps a literally correct one. Since Wisdom loves a figure of speech and a
figure of thought! Perhaps what Wisdom
claims should *itself* be seen as an illuminating paradox, a meta-meta-physical
one! In any case, its relation to Aristotle's,
or, closer to us, F. H. Bradley's, account of the matter is not obvious, is
it? But perhaps a relation CAN be
established. Certainly not every
metaphysical statement is a paradox serving to call attention to an usually
unnoticed difference or resemblance.
For many a metaphysical statement is so obscure (or unperspicuous, as I
prefer) that it takes long training, usually at Oxford, before the
metaphysician’s meaning can be grasped.
A paradox, such as Socrates’s, must operate with this or that familiar
concept. For the essence of a paradox is
that it administers a shock, and you cannot shock your tutee when he is
standing on such unfamiliar ground that he has no particular expectations. Nevertheless there IS a connection between
“metaphysics” and Wisdom's kind of paradox.
He is not speaking otiosely!
Suppose we consider the paradox:
i. Everyone is really always alone.
Considered by itself, it is no more than an epigram -- rather a flat
one - about the human condition. The implicaturum, via hyperbole, is “I am
being witty.” The pronouncement (i) might be said, at least, to minimise the
difference between “being BY oneself” and “being WITH other people,”
Heidegger’s “Mit-Sein.” But now consider
the pronouncement (i), not simply by itself, but surrounded and supported by a
certain kind of “metaphysical” argument: by a “metaphysical” argument to the
effect that what passes for “knowledge” of the other's mental or psychological
process is, at best, an unverifiable conjecture, since the mind (or soul) and
the body are totally distinct things, and the working of the mind (or soul, as
Aristotle would prefer, ‘psyche’) is always withdrawn behind the screen of its
bodily manifestations, as Witters would have it. (Not in vain Wisdom calls
himself or hisself a disciple of Witters!)
When this solitude-affirming paradox, (i) is seen in the context of a
general theory about the soul and the body and the possibilities and limits of
so-called “knowledge” (as in “Knowledge of other minds,” to use Wisdom’s
fashionable sobriquet), when it is seen as embodying such a “metaphysical”
theory, indeed the paradox BECOMES clearly a “metaphysical” statement. But the fact that the statement or
proposition is most clearly seen as “metaphysical” in such a setting does not
mean that there is no “metaphysics” at all in it when it is deprived of the
setting. (Cf. my “The general theory of context.”). An utterance like (ii) Everyone is alone. invites us to change, for a moment at least
and in one respect, our ordinary way of looking at and talking about things,
and hints (or the metaphysician implicates rather) that the changed view the
tutee gets is the truer, the profounder, view.
Cf. Cook Wilson, “What we know we know,” as delighting this air marshal.
Refs.: H. P. Grice, “Metaphysics,” in D. F. Pears, “The nature of metaphysics:
the Third-Programme Lectures for 1953.”
Totum -- Holos – holism -- Methodus -- methodological
holism, also called metaphysical holism, the thesis that with respect to some
system there is explanatory emergence, i.e., the laws of the more complex
situations in the system are not deducible by way of any composition laws or
laws of coexistence from the laws of the simpler or simplest situation(s).
Explanatory emergence may exist in a system for any of the following reasons:
that at some more complex level a variable interacts that does not do so at
simpler levels, that a property of the “whole” interacts with properties of the
“parts,” that the relevant variables interact by different laws at more complex
levels owing to the complexity of the levels, or (the limiting case) that
strict lawfulness breaks down at some more complex level. Thus, explanatory
emergence does not presuppose descriptive emergence, the thesis that there are
properties of “wholes” (or more complex situations) that cannot be defined
through the properties of the “parts” (or simpler situations). The opposite of
methodological holism is methodological individualism, also called explanatory
reductionism, according to which all laws of the “whole” (or more complex
situations) can be deduced from a combination of the laws of the simpler or
simplest situation(s) and either some composition laws or laws of coexistence
(depending on whether or not there is descriptive emergence). Methodological
individualists need not deny that there may be significant lawful connections
among properties of the “whole,” but must insist that all such properties are
either definable through, or connected by laws of coexistence with, properties
of the “parts.”
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