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Thursday, September 3, 2020

IMPLICATVRA -- XXVI -- XX

plebe: Armando Plebe Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search «Seguo il verso di Orazio “Odio la massa e me ne tengo lontano”. Solo in questo sono uomo di destra»  (Armando Plebe[1]) Armando Plebe Armando Plebe.jpg Senatore della Repubblica Italiana Legislature                                  VI e VII Gruppo parlamentare                                      MSI-DN (fino al 31 gennaio 1977), DN-CD (dal 1º febbraio 1977) Circoscrizione               Piemonte Incarichi parlamentari Commissione parlamentare per il parere al Governo sulle norme delegate in materia di stato giuridico del personale della scuola (VI legisl) 2ª Commissione permanente (Giustizia) (VI, VII legisl) 7ª Commissione permanente (Istruzione pubblica) (VII legisl) Rappresentanza italiana al Parlamento europeo (VII legisl) Dati generali Partito politico                                    Movimento Sociale Italiano - Destra Nazionale poi Democrazia Nazionale - Costituente di Destra Titolo di studio             Laurea in filosofia Università                                        Università degli Studi di Torino Professione                               Docente universitario Armando Plebe (Alessandria, 12 settembre 1927 – Roma, 17 marzo 2017) è stato un filosofo, accademico e politico italiano.   Indice 1                                          Biografia 1.1                                           Attività politica 1.2                                                Gli ultimi anni 2                                          Opere 3                                             Note 4                                             Collegamenti esterni Biografia Si è laureato all'Università di Torino in Filosofia, poi in Filologia classica nello stesso ateneo e infine di nuovo in Filosofia all'Università di Innsbruck[2]. Testimone di nozze dell'editore Vito Laterza[3], grazie alla sua intercessione conobbe Benedetto Croce che lo convinse a pubblicare i suoi scritti e ne sponsorizzò l'opera[2][3]. Nel 1959 cominciò la sua carriera universitaria: dopo aver iniziato a Perugia come professore incaricato di Storia della Filosofia, nel 1961 passò all'Università di Palermo dove è stato docente ordinario di storia della filosofia[4] e direttore dell'Istituto alla Facoltà di Lettere e Filosofia. Tra il 1970 e il 1973 insegnò anche all'Istituto ticinese di alti studi a Lugano.  Attività politica Filosofo inizialmente marxista, nei primi anni settanta ha una clamorosa rottura con il pensiero del filosofo tedesco (dovuta anche alla sua contestazione del Sessantotto[3]) e viene annoverato fra i sostenitori dell'anticomunismo politico-culturale di quel periodo; dopo una militanza di due anni con i socialdemocratici di Giuseppe Saragat, aderisce al Movimento Sociale Italiano[3]. Giorgio Almirante lo nomina prima presidente del Fronte Universitario d'Azione Nazionale e poi responsabile del settore cultura dell'MSI-DN[5]. Successivamente Plebe fu eletto senatore della Repubblica nel 1972 nelle file del MSI-DN in Piemonte[6] e rieletto nel 1976; in quell'anno il leader missino lo include nella Rappresentanza italiana al Parlamento europeo.  Nel gennaio 1977 rompe anche con il MSI, aderendo al gruppo parlamentare scissionista Democrazia Nazionale (ma restò indipendente dal partito DN)[7]. Non rieletto con DN nel 1979, lascia la competizione politica attiva. Nel 1977 aveva chiesto anche l'iscrizione al Partito Radicale, ma dopo un'accesa votazione il partito gli negò la tessera[8].  Gli ultimi anni Terminata l'esperienza parlamentare tornò a insegnare all'Università di Palermo. Storico della filosofia, in particolare del pensiero greco e di Aristotele[9].  Riavvicinatosi negli anni Novanta al marxismo[senza fonte], negli anni 2000 Plebe è editorialista del quotidiano Libero[10]. Pur sposato e padre di tre figli, in un'intervista concessa a Giampaolo Pansa ha dichiarato d'aver avuto esperienze omosessuali negli anni Settanta[1][3]. Si definiva come un illuminista scettico sostenitore d'un anarchismo intellettuale[2]. Fra gli studiosi con cui ha collaborato, egli riconosce come propri allievi Gianni Puglisi, Pietro Emanuele e Piero De Giovanni [3].  Opere Hegel. Filosofo della storia, Torino, Edizioni di Filosofia, 1949. La teoria del comico. Da Aristotele a Plutarco, Torino, Giappichelli, 1952. Gli hegeliani d'Italia. Vera, Spaventa, Jaja, Maturi, Gentile, a cura di e con Augusto Guzzo, Torino, SEI, 1953. Spaventa e Vera, Torino, Edizioni di filosofia, 1954. La nascita del comico. Nella vita e nell'arte degli antichi greci, Bari, Laterza, 1956. Filodemo e la musica, Torino, Edizioni di filosofia, 1957. Processo all'estetica, Firenze, La Nuova Italia, 1959. Heidegger e il problema kantiano, Torino, Edizioni di filosofia, 1960. Breve storia della retorica antica, Milano, Nuova Accademia, 1961. La dodecafonia. Documenti e pagine critiche, Bari, Laterza, 1962. Introduzione alla logica formale. Attraverso una lettura logistica di Aristotele, Bari, Laterza, 1964. Discorso semiserio sul romanzo, Bari, Laterza, 1965. Estetica, a cura di, Firenze, Sansoni, 1965. Storia della filosofia. Per il liceo classico, 3 voll., Messina-Firenze, D'Anna, 1966. Termini della filosofia contemporanea, Roma, Armando, 1966. La filosofia dei greci nel suo sviluppo storico, II, Da Socrate ad Aristotele, 6.3, Aristotele e i Peripatetici più antichi, a cura di, Firenze, La Nuova Italia, 1966. Che cosa è l'Illuminismo, Roma, Ubaldini, 1967. Che cosa ha veramente detto Marx, Roma, Ubaldini, 1967. Che cosa ha veramente detto Hegel, Roma, Ubaldini, 1968. Atlante concettuale delle nuove filosofie. [Termini di denunzia, categorie dell'anticonformismo, formule di moda, vecchi concetti in nuove filosofie], Roma, Armando, 1968. L'estetica italiana dopo Croce, Padova, RADAR, 1968. Che cosa è l'estetica sovietica, Roma, Ubaldini, 1969. Che cosa è l'espressionismo, Roma, Ubaldini, 1969. Dizionario filosofico, Padova, RADAR, 1969. Storia del pensiero, 3 voll., Roma, Ubaldini, 1970. Filosofia della reazione, Milano, Rusconi, 1971. Quel che non ha capito Carlo Marx, Milano, Rusconi, 1972. Il libretto della Destra, Milano, Edizioni del Borghese, 1972. A che serve la filosofia?, Palermo, Flaccovio, 1974. Un laico contro il divorzio, Roma, INSPE, 1974. La civiltà del postcomunismo, Roma, CEN, 1975. Storia della filosofia, III, La filosofia greca dal VI al IV secolo, con Gabriele Giannantoni e Pierluigi Donini, Milano, Vallardi, 1975. Il materialismo oggi. Fisica, biologia e filosofia oltre l'ideologia, Roma, Armando, 1980. Semiotica ed estetica, a cura di, Roma-Baden Baden, Il libro-Field educational Italia-Agis, 1981. Leggere Kant, Roma, Armando, 1982. Logica della poesia, Palermo, Ila Palma, 1982. Storia della filosofia, 2 voll., Palermo-Sao Paulo, Ila Palma, 1984. Comprende: Da Talete a Spinoza; Da Locke ad Adorno. Manuale di estetica, con Pietro Emanuele, Roma, Armando, 1987. Manuale di retorica, con Pietro Emanuele, Roma-Bari, Laterza, 1988. ISBN 88-420-3296-4. Storia del pensiero occidentale, 3 voll., con Pietro Emanuele, Roma, Armando, 1989. Contro l'ermeneutica, con Pietro Emanuele, Roma-Bari, Laterza, 1990. ISBN 88-420-3531-9. L'euristica. Come nasce una filosofia, con Pietro Emanuele, Roma-Bari, Laterza, 1991. ISBN 88-420-3865-2. I filosofi e il quotidiano, con Pietro Emanuele, Roma-Bari, Laterza, 1992. ISBN 88-420-4030-4. Dimenticare Marx?, Milano, Rusconi, 1993. ISBN 88-18-01096-4. Dieci lezioni di politica, Milano, Rusconi, 1994. ISBN 88-18-12124-3. Filosofi senza filosofia, con Pietro Emanuele, Roma-Bari, Laterza, 1994. ISBN 88-420-4523-3. Tornerà il comunismo?, Casale Monferrato, Piemme, 1994. ISBN 88-384-2264-8. Manuale dell'intellettuale di successo, con Piero Violante, Roma, Armando, 2005. Il quinto libro del capitale. Marx contro i marxisti, Milano, Biblioteca di via Senato, 2005. ISBN 88-87945-80-2. Il nuovo illuminista. Obiettivo libertà, Milano, Biblioteca di via Senato, 2006. ISBN 88-87945-86-1. Memorie di sinistra e memorie di destra. Un filosofo negli anni ruggenti, Palermo, Qanat, 2012. ISBN: 88-96414-72-9 Note  Armando Plebe, biografia su cinquantamilagiorni.it (Corriere della Sera), 1º luglio 2014  Dario Antiseri e Silvano Tagliagambe, Storia della filosofia: Filosofi italiani contemporanei, volume 13, Bompiani, Milano, 2008  Gli 80 anni di Plebe, il filosofo trasgressivo Archiviato il 18 maggio 2015 in Internet Archive., cinemagay.it, 12 settembre 2007 ^ Sesso, politica e frecciate di un bastian contrario, La Repubblica.It ^ Con Armando Plebe la destra fece un brutto “affare”, Secolo d'Italia ^ Senato.it. Scheda di attività di Armando Plebe - VI Legislatura ^ Senato.it. Scheda di attività di Armando Plebe - VII Legislatura ^ Radicali.it ^ cinquantamila.it ^ Patrimonio sos: in difesa dei beni culturali e ambientali Collegamenti esterni «Plebe, Armando», la voce in Dizionario di filosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009. Controllo di autorità                           VIAF (EN) 27077445 · ISNI (EN) 0000 0001 0881 4752 · SBN IT\ICCU\CFIV\050293 · LCCN (EN) n83137887 · GND (DE) 171583779 · BNF (FR) cb12018460j (data) · BNE (ES) XX1073097 (data) · BAV (EN) 495/279791 · WorldCat Identities (EN) lccn-n83137887 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Politica Portale Politica Categorie: Filosofi italiani del XX secoloAccademici italiani del XX secoloPolitici italiani del XX secoloNati nel 1927Morti nel 2017Nati il 12 settembreMorti il 17 marzoNati ad AlessandriaMorti a RomaPolitici di Democrazia NazionalePolitici del Movimento Sociale Italiano - Destra NazionaleProfessori dell'Università degli Studi di PalermoSenatori della VI legislatura della Repubblica ItalianaSenatori della VII legislatura della Repubblica ItalianaStudenti dell'Università degli Studi di Torino[altre]

plotino: Greco-Roman Neoplatonist philosopher. Born in Egypt, though doubtless of Grecian ancestry, and thus “more of a Roman than a ‘gypsy’”– Grice – Plotinus studied Platonic philosophy in Alexandria with Ammonius Saccas 23243; then, after a brief adventure on the staff of the Emperor Gordian III on an unsuccessful expedition against the Persians, he came to Rome in 244 and continued teaching philosophy there until his death. He enjoyed the support of many prominent people, including even the Emperor Gallienus and his wife. His chief pupils were Amelius and Porphyry, the latter of whom collected and edited his philosophical essays, the Enneads so called because arranged by Porphyry in six groups of nine. The first three groups concern the physical world and our relation to it, the fourth concerns Soul, the fifth Intelligence, and the sixth the One. Porphyry’s arrangement is generally followed today, though a chronological sequence of tractates, which he also provides in his introductory Life of Plotinus, is perhaps preferable. The most important treatises are I.1; I.2; I.6; II.4; II.8; III.23; III.6; III.7; IV.34; V.1; V.3; VI.45; VI.7; VI.8; VI.9; and the group III.8, V.8, V.5, and II.9 a single treatise, split up by Porphyry, that is a wide-ranging account of Plotinus’s philosophical position, culminating in an attack on gnosticism. Plotinus saw himself as a faithful exponent of Plato see especially Enneads V.1, but he is far more than that. Platonism had developed considerably in the five centuries that separate Plato from Plotinus, taking on much from both Aristotelianism and Stoicism, and Plotinus is the heir to this process. He also adds much himself.  Grice was fascinated by Plotinus’s use of ‘hyper,’ or supra. If God is hyper-good, that does mean that he is not good? For Grice, Plotinus means ‘hyper’ implicaturally. So, if God is hypergood, this does  not yield the negation that God is good. Only that if Plotinus KNOWS that God is hyper-good he is right in thus saying, but he would never reprimand his co-conversationalists were he to say that God is good.

pluralism: -- versus singularism, dualigm, bi-dualism, and monism – the one and the many --  a philosophical perspective on the world that emphasizes diversity rather than homogeneity, multiplicity rather than unity, difference rather than sameness. The philosophical consequences of pluralism were addressed by Grecian antiquity in its preoccupation with the problem of the one and the many. The proponents of pluralism, represented principally by Empedocles, Anaxagoras, and the Atomists Leucippus and Democritus, maintained that reality was made up of a multiplicity of entities. Adherence to this doctrine set them in opposition to the monism of the Eleatic School Parmenides, which taught that reality was an impermeable unity and an unbroken solidarity. It was thus that pluralism came to be defined as a philosophical alternative to monism. In the development of Occidental thought, pluralism came to be contrasted not only with monism but also with dualism, the philosophical doctrine that there are two, and only two, kinds of existents. Descartes, with his doctrine of two distinct substances  extended non-thinking substance versus non-extended thinking substance  is commonly regarded as having provided the clearest example of philosophical dualism. Pluralism thus needs to be understood as marking out philosophical alternatives to both monism and dualism. Pluralism as a metaphysical doctrine requires that we distinguish substantival from attributive pluralism. Substantival pluralism views the world as containing a multiplicity of substances that remain irreducible to each other. Attributive pluralism finds the multiplicity of kinds not among the furniture of substances that make up the world but rather among a diversity of attributes and distinguishing properties. However, pluralism came to be defined not only as a metaphysical doctrine but also as a regulative principle of explanation that calls upon differing explanatory principles and conceptual schemes to account for the manifold events of nature and the varieties of human experience. Recent philosophical thought has witnessed a resurgence of interest in pluralism. This was evident in the development of  pragmatism, where pluralism received piquant expression in James’s A Pluralistic Universe 9. More recently pluralism was given a voice in the thought of the later Vitters, with its heavy accent on the plurality of language games displayed in our ordinary discourse. Also, in the current developments of philosophical postmodernism Jean-François Lyotard, one finds an explicit pluralistic orientation. Here the emphasis falls on the multiplicity of signifiers, phrase regimens, genres of discourse, and narrational strategies. The alleged unities and totalities of thought, discourse, and action are subverted in the interests of reclaiming the diversified and heterogeneous world of human experience. Pluralism in contemporary thought initiates a move into a postmetaphysical age. It is less concerned with traditional metaphysical and epistemological issues, seeking answers to questions about the nature and kinds of substances and attributes; and it is more attuned to the diversity of social practices and the multiple roles of language, discourse, and narrative in the panoply of human affairs. 

singular-dual-bidual-plural quartet, the: pluralitive logic, also called pleonetetic logic, the logic of ‘many’, ‘most’, ‘few’, and similar terms including ‘four out of five’, ‘over 45 percent’ and so on. Consider 1 ‘Almost all F are G’ 2 ‘Almost all F are not G’ 3 ‘Most F are G’ 4 ‘Most F are not G’ 5 ‘Many F are G’ 6 ‘Many F are not G’ 1 i.e., ‘Few F are not G’ and 6 are contradictory, as are 2 and 5 and 3 and 4. 1 and 2 cannot be true together i.e., they are contraries, nor can 3 and 4, while 5 and 6 cannot be false together i.e., they are subcontraries. Moreover, 1 entails 3 which entails 5, and 2 entails 4 which entails 6. Thus 16 form a generalized “square of opposition” fitting inside the standard one. Sometimes 3 is said to be true if more than half the F’s are G, but this makes ‘most’ unnecessarily precise, for ‘most’ does not literally mean ‘more than half’. Although many pluralitive terms are vague, their interrelations are logically precise. Again, one might define ‘many’ as ‘There are at least n’, for some fixed n, at least relative to context. But this not only erodes the vagueness, it also fails to work for arbitrarily large and infinite domains. ‘Few’, ‘most’, and ‘many’ are binary quantifiers, a type of generalized quantifier. A unary quantifier, such as the standard quantifiers ‘some’ and ‘all’, connotes a second-level property, e.g., ‘Something is F’ means ‘F has an instance’, and ‘All F’s are G’ means ‘F and not G has no instance’. A generalized quantifier connotes a second-level relation. ‘Most F’s are G’ connotes a binary relation between F and G, one that cannot be reduced to any property of a truth-functional compound of F and G. In fact, none of the standard pluralitive terms can be defined in first-order logic. Grice lists (x) and (Ex) as “all” and “the,” and of course (Ex), “some (at least one).” So his approach welcomes the pluralitive logic – o pleonetetic. There may be a scale, as Urmson calls it, involving ‘few’ and ‘most.’ ‘Many’ may bring many a trick. Quine deals with numerical quantifiers, in “The logical form of ‘The apostles were twelve.” – In Grice, this is a clear case of what he calls the principle of conversational fortitude: in a scale (alla Urmson) involving a and b, the conversationalist’s preference for one item in the ordered pair yields that the utterer implicates the negation of the other item. These implicatura are defeasible. Refs.: Luigi Speranza, “Grice and Altham on Geach’s pleoretetics, with and without implicatura.”

Causans – causaturum -- Causatum: plurality of causes, as used by Mill, more than one cause of a single effect; i.e., tokens of different event types causing different tokens of the same event type. Plurality of causes is distinct from overdetermination of an event by more than one actual or potential token cause. For example, an animal’s death has a plurality of causes: it may die of starvation, of bleeding, of a blow to the head, and so on. Mill thought these cases were important because he saw that the existence of a plurality of causes creates problems for his four methods for determining causes. Mill’s method of agreement is specifically vulnerable to the problem: the method fails to reveal the cause of an event when the event has more than one type of cause, because the method presumes that causes are necessary for their effects. Actually, plurality of causes is a commonplace fact about the world because very few causes are necessary for their effects. Unless the background conditions are specified in great detail, or the identity of the effect type is defined very narrowly, almost all cases involve a plurality of causes. For example, flipping the light switch is a necessary cause of the light’s going on, only if one assumes that there will be no short circuit across the switch, that the wiring will remain as it is, and so on, or if one assumes that by ‘the light’s going on’ one means the light’s going on in the normal way. 

Poggi Alfredo Poggi Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search  Alfredo Poggi Alfredo Poggi (Sarzana, 4 maggio 1881 – Genova, 13 gennaio 1974) è stato un filosofo, politico e antifascista italiano.   Indice 1      Biografia 2                                            Pubblicazioni principali 3                                      Note 4                                             Bibliografia 5                                           Voci correlate 6                                            Altri progetti 7                                           Collegamenti esterni Biografia Alfredo Poggi nacque a Sarzana il 4 maggio 1881 da una famiglia di piccoli commercianti. Ancora adolescente, rimase colpito dalla violenza usata nei confronti del popolo durante le giornate milanesi del 1898, e dal temporaneo esilio che dovettero subire alcuni socialisti amici di famiglia. Questo lo portò a simpatizzare per quel partito che stava nascendo e al quale si iscrisse nel 1900. Nel 1904 si laureò in Lettere e Filosofia all'Università degli Studi di Palermo, dove si era temporaneamente trasferito dopo la morte del padre, discutendo una tesi su Kant e il socialismo, pubblicata l'anno successivo con il titolo La questione morale nel socialismo: Kant e il socialismo. Tornato a Sarzana si immerse nell'attività politica che lo portò ad essere eletto nel consiglio comunale cittadino per il partito socialista.[1]   Karl Kautsky, teorico del marxismo Nell'estate del 1905 si recò a Lipsia alla scuola di Wilhelm Wundt, fondatore della psicologia sperimentale, dove lavorò al giornale Leipziger Volkszeitung e dove strinse rapporti di amicizia e legami politici con i maggiori esponenti della socialdemocrazia di quel Paese. Fra questi in primo luogo con August Bebel, Karl Kautsky e Rosa Luxemburg, personaggi che segnarono profondamente la storia del socialismo europeo, e con i quali mantenne rapporti epistolari.[2]  Tornato in Italia, si trasferisce nel 1907 a Genova per iscriversi a quella facoltà di Giurisprudenza che gli darà una seconda laurea e dove inizierà a collaborare a Il Lavoro di Canepa, all'Avanti!, al Tempo di Claudio Treves, alla turatiana Critica Sociale sulla quale scriverà per oltre cinquant'anni. Sue collaborazioni apparvero successivamente anche su La Rivoluzione liberale di Piero Gobetti. È in questo periodo che la polizia comincia ad interessarsi alla sua attività politica e lo inserisce nello schedario dei sovversivi.  Inizia intanto ad insegnare nel 1908 nelle scuole superiori di molte città dell'Italia centro settentrionale sempre inseguito dall'attenzione della polizia. Nel 1914 sposa la sarzanese marchesina Ollandini e nello stesso anno partecipa come delegato al XIV Congresso socialista di Ancona, nel corso del quale ebbe un duro scontro con il massimalista Benito Mussolini sul problema della compatibilità o meno del socialismo con la massoneria. L'assemblea diede in quell'occasione una larga maggioranza alla tesi mussoliniana dell'incompatibilità.[3] Nel 1921 è capogruppo socialista nel consiglio comunale di Sarzana, retto da una giunta socialista, che nella giornata divenuta famosa del 21 luglio 1921 di quell'anno dovette far fronte all'aggressione armata di 500 fascisti, capitanati da Amerigo Dumini, decisi a sottomettere la città "rossa".[4]  Come è noto i fascisti furono umiliati e cacciati, lasciando una dozzina di cadaveri sul terreno, dall'unione della forza pubblica e del popolo in armi, sotto l'egida dell'amministrazione comunale. Dopo la marcia su Roma, Poggi, e con lui tutti gli antifascisti messisi in evidenza, dovettero trovare rifugio all'estero o migrare in altre città. Durante il ventennio Poggi fu privato per un certo periodo dell'insegnamento e negli anni trenta, quando sedeva su una cattedra di filosofia dell'Università degli Studi di Genova, fu denunciato al Tribunale speciale per la sua attività cospirativa praticata con altri colleghi antifascisti.  Amico di Giuseppe Rensi e della consorte Laura Perucchi, era solito recarsi nelle domeniche d'inverno al palazzo genovese di via Palestro dove i Rensi animavano un vero e proprio salotto, arricchito dalla presenza di illustri personalità quali il poeta e romanziere Carlo Pastorino, il teologo Ernesto Buonaiuti, il poeta Emanuele Sella o il politico Paolo Rossi, accomunati dall'opposizione al regime.[5]  In quell'occasione Poggi evitò una dura condanna perché probabilmente Mussolini si ricordò di quel suo leale tenace avversario e lo fece liberare, come attesta una registrazione esistente nel suo fascicolo personale presso l'Archivio Centrale dello Stato: “scarcerato e rilasciato in libertà dal Tribunale speciale per la sicurezza dello Stato per atto di clemenza di S.E. il Capo del Governo”.[6] Non cessò però la persecuzione nei suoi confronti da parte del fascismo ligure, soprattutto dopo la nascita della Repubblica Sociale Italiana per cui, impedito nell'esercizio della professione e perduto l'insegnamento, dovette adattarsi ad insegnare in scuole private. Alla caduta del fascismo venne eletto segretario regionale del partito socialista, ma nell'ottobre del 1944 fu nuovamente arrestato col figlio e condannato a morte, pena poi commutata nella deportazione a Mauthausen. In realtà, a causa delle distruzioni della guerra, Poggi, ormai separato dal figlio, fu internato a Bolzano-Gries, fino a quando riuscì a fuggire, in coincidenza con gli ultimi bombardamenti e la fine della guerra, ritrovando ancora vivo suo figlio.[7]  Nel dopoguerra, dopo la scissione socialista del 1947 aderì al Partito Socialdemocratico per poi tornare nel 1957, dopo il distacco dai comunisti, in quello Socialista. Nel 1959 venne eletto con i voti dei due partiti socialisti come membro laico della prima consigliatura del Consiglio superiore della magistratura, e successivamente, prima illuso e poi deluso per la mancata riunificazione dei due tronconi socialisti lasciò la politica attiva.[8] Alfredo Poggi morì a Genova il 13 gennaio 1974 all'età di 93 anni.  Pubblicazioni principali Stato Chiesa Scuola, Firenze, Bemporad, 1924 Cultura e Socialismo, Torino, Gobetti, 1925 Gesuiti contro lo Stato Liberale, Milano, Unitas, 1925 Filosofia dell'azione. Saggi critici, Roma, Ed. Dante Alighieri, 1930 Concetto del Diritto e dello Stato. Saggi critici, Padova, Ed. Cedam, 1933 Piero Martinetti (1872-1943), Vicenza, Collezione del Palladio, 1943, ora Riedizione a cura di Cosimo Scarcella e Introduzione di Enrico De Mas, Milano, Marzorati, 1990 ISBN 88-280-0092-9. La preghiera dell'uomo, Milano, Bocca, 1944 Note ^ Giuseppe Meneghini, Alfredo Poggi, in AA.VV., Socialismo Spezzino 1892-1945 – appunti per una storia, Massa 2011, p. 311 ^ G. Meneghini, op. cit. ^ G. Meneghini, op. cit., p. 317 ^ Sui luttuosi fatti del luglio 1921, v. Giuseppe Meneghini, La Caporetto del fascismo – Sarzana 21 luglio 1921, Mursia Editore Milano, 2011 ^ P. Pastorino, Mio padre Carlo Pastorino, Genova 1981, p. 39 ^ G. Meneghini, op. cit., pp.326-327 ^ G. Meneghini, Alfredo Poggi, op. cit., p. 330 ^ G. Meneghini, Alfredo Poggi, op. cit, p. 331 Bibliografia Piero Pastorino, Mio padre Carlo Pastorino, Genova, Liguria Edizioni Sabatelli, 1981, pp. 39 e 129. Giuseppe P. Meneghini, "Alfredo Poggi" in Maria Beghi et al., Socialismo spezzino 1892-1945. Appunti per una storia, Massa, Centro Studi Agostino Bronzi, 2011. Voci correlate Antifascismo Fatti di Sarzana Socialdemocrazia Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Alfredo Poggi Collegamenti esterni Alfredo Poggi. Antifascista e uomo di cultura, da Testimoni del tempo e della storia di Isa Sivori Carabelli. Sito istituzionale della Città di Sarzana. Alfredo Poggi nel sito dell'ANPI - Associazione Nazionale Partigiani d'Italia, su anpi.it. Controllo di autorità                          VIAF (EN) 34827304 · ISNI (EN) 0000 0001 0676 822X · SBN IT\ICCU\CFIV\112207 · LCCN (EN) n87149404 · BNF (FR) cb12924208p (data) · WorldCat Identities (EN) lccn-n87149404 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Politica Portale Politica Categorie: Filosofi italiani del XIX secoloFilosofi italiani del XX secoloPolitici italiani del XIX secoloPolitici italiani del XX secoloAntifascisti italianiNati nel 1881Morti nel 1974Nati il 4 maggioMorti il 13 gennaioNati a SarzanaMorti a GenovaPolitici del Partito Socialista ItalianoDeportati politici italiani[altre]



poiesis Grecian, ‘production’, behavior aimed at an external end. In Aristotle, poiesis is opposed to praxis action. It is characteristic of crafts  e.g. building, the end of which is houses. It is thus a kinesis process. For Aristotle, exercising the virtues, since it must be undertaken for its own sake, cannot be poiesis. The knowledge involved in virtue is therefore not the same as that involved in crafts. R.C. Grice, who liked opera, was fascinated by the history of the Bardi camerata, and their idea of the ‘melopea,’ or music making.

Pojero Giuseppe Amato Pojero Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Giuseppe Amato Pojero (Palermo, 4 gennaio 1863 – Palermo, 30 settembre 1940) è stato un filosofo italiano.  Studiò dapprima legge e medicina a Napoli, quindi matematica e fisica a Pisa, dove si laureò. Impossibilitato a compiere grandi viaggi perché malato di angina pectoris, si stabilì a Palermo. La villa Amato ai Giardini Inglesi divenne così luogo di incontro di scienziati e intellettuali. Fu collaboratore della Società per gli studi filosofici di Palermo e fondò una biblioteca filosofica che fu per circa un trentennio punto di incontro di grandi intellettuali italiani e stranieri, come Giovanni Gentile, Giovanni Vailati, Franz Brentano, Agostino Gemelli e altri.[1] Alla morte di Amato la biblioteca divenne parte dell'Accademia di Scienze Lettere e Arti. Di lui restano molti quaderni di appunti, in cui si evince la sua posizione filosofica critica verso il razionalismo, accusato di essere incapace di comprendere adeguatamente la metafisica e la religione; tutte le scienze, al contrario, avrebbero dovuto contribuire alla dimostrazione dell'esistenza di Dio e dell'immortalità dell'anima.[2]  Note ^ Giuseppe Amato Pojero - Archivio biografico comunale - Comune di Palermo, su comune.palermo.it. URL consultato il 15 agosto 2012 (archiviato dall'url originale l'8 gennaio 2009). ^ Amato Pojero, Giuseppe - Dizionario biografico degli italiani, vol. 2, su treccani.it. URL consultato il 15 agosto 2012. Collegamenti esterni Giuseppe Amato Pojero, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Controllo di autorità                                              VIAF (EN) 22243541 · ISNI (EN) 0000 0000 4845 9145 · SBN IT\ICCU\BVEV\015186 · LCCN (EN) nr95026481 · GND (DE) 119343614 · BNF (FR) cb12483802d (data) · WorldCat Identities (EN) lccn-nr95026481 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XIX secoloFilosofi italiani del XX secoloNati nel 1863Morti nel 1940Nati il 4 gennaioMorti il 30 settembreNati a PalermoMorti a Palermo[altre]



polarity, the relation between distinct phenomena, terms, or concepts such that each inextricably requires, though it is opposed to, the other, as in the relation between the north and south poles of a magnet. In application to terms or concepts, polarity entails that the meaning of one involves the meaning of the other. This is conceptual polarity. Terms are existentially polar provided an instance of one cannot exist unless there exists an instance of the other. The second sense implies the first. Supply and demand and good and evil are instances of conceptual polarity. North and south and buying and selling are instances of existential polarity. Some polar concepts are opposites, such as truth and falsity. Some are correlative, such as question and answer: an answer is always an answer to a question; a question calls for an answer, but a question can be an answer, and an answer can be a question. The concept is not restricted to pairs and can be extended to generate mutual interdependence, multipolarity.

Poli Baldassarre Poli Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search  Baldassare Poli Baldassare Poli (Cremona, 14 settembre 1795 – Milano, 6 settembre 1883) è stato un filosofo e accademico italiano.   Indice 1                     Biografia 2                                            Bibliografia 2.1                                          Opere 2.2                                            Studi 3                                            Voci correlate 4                                            Altri progetti 5                                           Collegamenti esterni Biografia Laureato in giurisprudenza a Bologna, dal 1820 al 1837 insegnò filosofia nel liceo milanese attualmente intitolato a Giuseppe Parini. Nel 1828 pubblicò il Saggio di filosofia elementare, un eclettico sistema di empirismo e razionalismo.  Dal 1837 al 1853 insegnò nell'Università di Padova, di cui fu anche magnifico rettore.  In seguito fu nominato direttore generale dei ginnasi veneti e consigliere scolastico.  Membro dell'Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, ne fu presidente dal 1854 al 1857.  I suoi Saggi di scienza politico-legali, pubblicati nel 1848, considerano il diritto un insieme di scienza – in quanto trattano dei principi – e di arte – in quanto applicazione dei principi giuridici nella valutazione dei singoli casi. Ritiene che il diritto sia un'espressione provvidenziale e lo distingue in naturale e in positivo.  Combatté il positivismo negli Studii di filosofia contemporanea, rivendicando la superiorità dello spirito sulla materia.  Bibliografia Opere Saggio filosofico sopra la scuola dei moderni filosofi naturalisti, coll'analisi dell'organologia, della craniologia, della fisiognomia, della psicologia comparata, e con una teoria delle idee e de' sentimenti, Milano, 1826 Primi elementi di filosofia, Napoli, 1835 Elementi di filosofia teoretica e morale, Padova, 1837 La filosofia elementare, Milano, 1841 Saggi di scienza politico-legale, Milano, 1845-1846 Saggio di filosofia americana, «Istituto Lombardo. Rendiconti», 1866 Studii di filosofia contemporanea, «Istituto Lombardo. Rendiconti», 1879 Cenni sull'opera di Simone Corleo: il sistema della filosofia universale, ovvero la filosofia dell'identità, «Istituto Lombardo. Rendiconti», 1880 La filosofia dell'incosciente, «Istituto Lombardo. Memorie», 1882 Studi C. Cantoni, Studio della vita e delle opere di Baldassarre Poli, Milano, 1885 Voci correlate Filosofia Istituto veneto di scienze, lettere ed arti Altri progetti Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Baldassarre Poli Collegamenti esterni (DE) Baldassarre Poli (XML), in Dizionario biografico austriaco 1815-1950. Modifica su Wikidata Controllo di autorità VIAF (EN) 84722034 · ISNI (EN) 0000 0000 8160 6637 · SBN IT\ICCU\VEAV\001758 · LCCN (EN) n2016190079 · GND (DE) 102638012X · BNF (FR) cb104113693 (data) · BAV (EN) 495/180400 · CERL cnp02060362 · WorldCat Identities (EN) lccn-n2016190079 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XIX secoloAccademici italiani del XIX secoloNati nel 1795Morti nel 1883Nati il 14 settembreMorti il 6 settembreNati a CremonaMorti a MilanoProfessori dell'Università degli Studi di PadovaMembri dell'Istituto veneto di scienze, lettere ed artiRettori dell'Università degli Studi di Padova[altre]

Politeo Giorgio Politeo Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search  Giorgio Politeo insegnante al Liceo Santa Caterina di Venezia (1882) - È seduto nella seconda fila dal basso con un bastone in mano Giorgio Politeo (Spalato, 15 aprile 1827 – Venezia, 26 dicembre 1913[1]) è stato un filosofo e educatore italiano.   Indice 1                    Biografia 2                                            Opere 3                                             Note 4                                             Bibliografia 5                                           Voci correlate 6                                            Altri progetti 7                                           Collegamenti esterni Biografia Frequentò nella natìa Spalato il locale seminario (che fungeva anche da liceo per i non seminaristi, col nome di Ginnasio Liceo Imperiale di Spalato), ricordando in seguito che sugli stessi banchi aveva studiato l'amato Ugo Foscolo. Proveniva da un'antica e stimata famiglia spalatina, ma un rovescio finanziario lo costrinse a cercare un impiego come supplente nello stesso seminario/liceo, continuando quindi gli studi da autodidatta.  Fra il 1850 e il 1852 è quindi supplente di latino, storia e geografia a Spalato, poi nel 1853 è a Vienna per partecipare all'esame a cattedre per insegnamento letterario nei Ginnasi del Regno Lombardo-Veneto, e dalla memoria inviata alla commissione per la valutazione conosciamo le sue ampie letture: Tacito, Machiavelli, Vico, Guizot, Gibbon, Schlegel, Kant, Hegel, De Maistre, Schelling, Michelet. In tale occasione, presenta un lavoro sul poema cavalleresco: "Che cosa l'Ariosto abbiasi più specialmente proposto col Furioso", che viene positivamente segnalato dalla commissione. Il Politeo viene quindi approvato per l'insegnamento per tutte le otto classi ginnasiali: primo esempio, fino ad allora, nelle province italiane dell'Impero Austroungarico.  Nel 1854 è supplente alla cattedra di storia universale ed austriaca presso l'Università di Padova, ove frequenta il gruppo di studenti e docenti dalmati, uso a riunirsi presso la casa della contessa Cattani Borelli di Vrana: una delle famiglie più in vista nella Dalmazia austriaca. In attesa di una prevista nomina presso un'università austriaca, ottiene una supplenza presso il Liceo/Convitto di Santa Caterina a Venezia (dal 1867 Liceo Ginnasio Marco Foscarini). Richiamato a Vienna, inutilmente attende per quasi tre anni (1857-1859) la promessa cattedra universitaria ed infine - su sua richiesta - viene nuovamente inviato al Liceo Santa Caterina di Venezia.  Già negli anni precedenti indagato per la sua adesione ai principi liberali, a Venezia subisce un processo con l'accusa di "poca ortodossia religiosa". Nonostante il parere dell'allora Patriarca di Venezia Jacopo Monico, secondo il quale bisognava "augurare (...) all'insegnamento uomini di così alta coscienza come il Politeo", questi viene per punizione destinato a Mantova (allora ancora sotto la sovranità austriaca, a differenza del resto della Lombardia).  Qui riprende gli studi, ed in particolare un saggio di "Storia dell'Ideale Umano", per il quale termina e pubblica l'introduzione nel 1862, col titolo "Genesi naturale di un'idea". Il clero mantovano lo accusa di ateismo e di panteismo, mentre di converso qualche positivista del tempo lo accusa di misticismo. La polizia quindi continua a vigilarlo, ma in un rapporto del 23 marzo 1864 si legge che "Legato di amicizia con persone note per la loro avversione al Governo, quali Grossi, Benzoni, Dalla Rosa e alle famiglie D'Arco e Martinelli, egli serba condotta politica irreprensibile ed è esemplare il suo contegno sociale e morale". Collega del Politeo era al tempo il filosofo e pedagogista Roberto Ardigò.  In seguito alle guerre d'indipendenza, la provincia di Mantova e il Veneto vengono annessi al Regno d'Italia ed il Politeo nel 1867 ritorna ad insegnare a Venezia, prima presso il Liceo Marco Polo e infine di nuovo - nel 1870 - al Liceo Foscarini e all'istituto tecnico Paolo Sarpi. In quest'ultimo anno sposa una giovane mantovana, Maria Guadagni. Nel 1873 alla coppia nascerà una figlia, prematuramente scomparsa a soli cinque anni.  Negli anni successivi Politeo lavora continuamente alla sua opera, manifestando sempre più un tratto di fortissima autocritica che lo porterà a distruggere più volte i testi già completati: a causa di questo impegno rifiuta l'offerta di una candidatura al Parlamento. Su insistenza di Luigi Luzzatti nel 1879 partecipa al concorso per la cattedra di filosofia morale presso l'Università di Padova, ma l'amico Giuseppe Guerzoni lo mette sull'avviso: le prove sono già decise e faranno di tutto per metterlo in cattiva luce. Così accade: l'esame pubblico si chiude con un battibecco e la candidatura di Politeo viene scartata.  La sua vita da quel momento scorse senza grandi sussulti, fra l'insegnameno e lo studio, nonché col contatto con alcuni filosofi e pensatori del tempo, quali John Addington Symonds, Émile de Laveleye, Ernest Renan.  Muore a Venezia il 26 dicembre 1913.  Opere Durante la sua vita il Politeo pubblicò solamente la "Genesi naturale di un'idea", mentre nel 1919 una parte dei suoi scritti venne data alle stampe da Zanichelli.  Il periodare del Politeo è caratterizzato dal rifiuto di ogni schematismo, da frammentarietà e da continue divagazioni al limite dell'erudizione spinta: tutto ciò ne rende assai complessa la lettura, così come una categorizzazione.  In linea generale, si può dire che il Politeo propende verso una sorta d'irrazionalismo sentimentale, che sgorga in lui da una sincera religiosità: in questo si può collegare con alcuni pensatori tedeschi quali Herder, Jacobi, Hamann, pur essendo la sua scaturigine di diversa natura.  Sebbene il pensiero di Politeo sembri procedere nella concezione della natura sulle vie dello spinozismo idealistico, pure egli si salva da questo che considera un "paradosso mostruoso" mediante l'accettazione del Dio personale del cristianesimo, nel quale egli fermamente crede. "Il suo Dio, pur restando il principio plastico dell'universo, non è più il Dio astratto di Spinoza né quello di Schelling, che si disperde nel mondo ed esce da sé con atto incomprensibile, per ritrovarsi attraverso il processo della natura e della storia; ma il Dio degli umili che parla al cuore con tutto il fascino della bontà e la poesia del sacrifizio (...). Se nella "Critica della ragione pratica" (di Kant) l'uomo si affranca dall'ordine naturale, perché si autodetermina come fonte delle categorie, e avendo coscienza di sé come soggetto universale, si sente vincolato a una legge che non tiene conto della connessione necessaria delle cose; per Politeo, al contrario, il principio morale non è una legge di ragione, ma un principio, che avendo solidarietà con tutti gli altri elementi della vita, scaturisce dalle profondità del sentimento, come lo scopo dell'essere umano; e le forze intellettive e volitive non hanno altra funzione che d'interpretare e di attuare questo impulso interiore, questo sentimento del bene (...), il cui meccanismo e la cui origine sono inaccessibili alla ragione" (I.Tacconi).  In anni più recenti le maggiori riflessioni sull'opera dello spalatino Giorgio Politeo sono giunte da parte di alcuni studiosi croati. Nel tentativo di croatizzarlo, egli però viene presentato come "Juraj Politeo"[2].  Note ^ La voce della Enciclopedia Italiana, riferimenti in Collegamenti esterni, indica la data del 25 dicembre 1913. ^ Copia archiviata, su mzos.hr. URL consultato il 29 novembre 2008 (archiviato dall'url originale il 9 giugno 2007). Tre articoli della studiosa Heda Festini su Juraj Politeo. Bibliografia Giorgio Politeo. Scritti filosofici e letterari, con introduzione di Luigi Luzzatti, Bologna, Zanichelli, 1919. Giovanni Bordiga, Giorgio Politeo - Commemorazione, Venezia, 1927. A. Faggi, Per un filosofo dalmata, Marzocco, 1920. Giovanni Gentile, Giorgio Politeo in Critica, 20 novembre 1919. A. Renda, Un pensatore dalmata in Nuovo Convito, novembre 1919. F. Tacconi, Un filosofo dalmata in Rivista dalmatica, gennaio 1926. Ildebrando Tacconi, Giorgio Politeo, in Istria e Dalmazia. Uomini e Tempi. Dalmazia, Udine, Del Bianco, 1992. Erminio Troilo, Un filosofo dalmata in Bilychnis, novembre 1927. Voci correlate Dalmati italiani Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Giorgio Politeo Collegamenti esterni P.Zenoni-Politeo, «Giorgio Politeo (1827-1913)» in Ateneo Veneto, Anno CXXXIII, Gennaio-Marzo 1942, Vol. 129. AA. VV., «POLITEO, Giorgio» in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1935. Controllo di autorità              VIAF (EN) 12583287 · ISNI (EN) 0000 0000 2037 2478 · LCCN (EN) n78041414 · GND (DE) 131966006 · BNF (FR) cb15016791k (data) · CERL cnp01388231 · WorldCat Identities (EN) lccn-n78041414 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Venezia Giulia e Dalmazia Portale Venezia Giulia e Dalmazia Categorie: Filosofi italiani del XIX secoloEducatori italianiNati nel 1827Morti nel 1913Nati il 15 aprileMorti il 26 dicembreNati a SpalatoMorti a VeneziaDalmati[altre]

Pollastri Neri Pollastri Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Neri Pollastri (Firenze, 18 aprile 1959) è un filosofo e accademico italiano.   Indice 1                                          Biografia 2                                            Pensiero 3                                            Opere 4                                             Articoli 5                                             Note 6                                             Bibliografia 7                                           Voci correlate 8                                            Collegamenti esterni Biografia Nato a Firenze nel 1959 e laureato in filosofia nel 1990 con una tesi sulla filosofia della natura di Hegel, dal 1998 si occupa in particolare di filosofare con le persone, campo nel quale dal 2000 svolge la libera professione, sia privatamente che in collaborazione con amministrazioni pubbliche. Nel 2003-2004 ha avuto uno sportello di consulenza presso il quartiere 4 di Firenze e dal 2010 al 2015 ha lavorato presso un Centro di Salute Mentale della ASL.  Su questa attività ha pubblicato l’editore Apogeo Il pensiero e la vita (2004)[1], Consulente filosofico cercasi (2007)[2], Il filosofo in azienda (2010, con Paolo Cervari)[3] e per le edizioni Di Girolamo L’uomo è ciò che pensa (2008, con Davide Miccione)[4]. Ha inoltre scritto diversi articoli, alcuni dei quali in lingua inglese.  Tra i fondatori di Phronesis – Associazione Italiana per la Consulenza Filosofica, ne è stato a lungo Presidente, e continua a dirigere (assieme a Davide Miccione) l’omonima rivista, edita da IPOC. È stato anche coordinatore della collana “Pratiche Filosofiche” diretta da Umberto Galimberti per Apogeo e (con D. Miccione e Stefano Zampieri) cura la collana “Dialogos”, sempre per l’editore IPOC.  Ha insegnato consulenza filosofica in numerose Università Italiane ed è stato relatore in quattro International Conferences on Philosophical Practice (Copenaghen, Siviglia, Carloforte, Leusden). Ha inoltre all’attivo ricerche in campo tradizionalmente filosofico come L’assoluto eternamente in sé cangiante. Interpretazione olistica del sistema hegeliano (2001, La Città del Sole)[5], alcuni articoli di filosofia politica e altri di filosofia dell’improvvisazione.  Accanto al suo impegno nella filosofia, si occupa di commenti alla musica, in particolare nel campo del jazz, collaborando con “Musica Jazz”, “Il Giornale della Musica” e “All About Jazz Italia”. Nel 2016 ha pubblicato la biografia artistica di Riccardo Tesi, Una vita a bottoni, uscita per l’editore Squilibri.[6]  Attivo anche in campo teatrale, come amatore ha esperienze di attore (recitando in lavori di E. Ionesco, A. Nicolaj, G. Feydeau, N. Simon) e regista (ha diretto Sorelle Materassi di F. Storelli dal libro di A. Palazzeschi, La tettonica dei sentimenti di Éric-Emmanuel Schmitt e Siamo momentaneamente assenti di Luigi Squarzina).  Pensiero Davide Miccione, in La Consulenza Filosofica (2007, Xenia)[7], definisce la teoria della consulenza filosofica di Pollastri tutt'uno, come in Achenbach, con una più generale concezione della filosofia e del filosofare. È all’interno di questa idea generale, che comprende una visione della società contemporanea, degli orizzonti attuali, dei destini della filosofia e il ruolo che il filosofo deve svolgere, che può essere inserita la visione della consulenza filosofica dello studioso fiorentino. Il punto di partenza potrebbe essere posto in un’analisi della società e nel ruolo che in essa giocano le psicoterapie e, più largamente il linguaggio e la cultura psicoterapeutica. L’idea di Pollastri sembra essere quella di chi vede in corso un processo di trasformazione del dolore del male in una patologia psicologicamente rilevabile e curabile:  «Oggi , tanto i manuali psicopatologici come DSM IV, quanto la cultura diffusa, da rotocalco (sovente però confortata da medici e psicologi che sui rotocalchi scrivono), tendono a far credere che ogni qualvolta si stia “male” ipso facto si sia “malati”e che, di conseguenza, sia necessario un “terapeuta” che ci guarisca.»  (Pollastri, Il pensiero e la vita: guida alla consulenza e alle pratiche filosofiche, 2004, p.91) Ciò ovviamente porterebbe ad un estremo impoverimento nella capacità umana di comprendere e affrontare la vita. In un mondo in cui ogni dolore è sintomo e l’unica cosa che sembra avere importanza è che esso venga eliminato, la filosofia e la consulenza filosofica (che secondo Pollastri sembrano più essere due momenti di un'unica disciplina piuttosto che due cose diverse) non possono e non devono presentarsi come pensiero strategico e risolutivo. Prendere decisioni e risolvere problemi sono due modi attraverso cui si banalizza la complessità e anche il fascino di ogni esperienza vitale umana[7]. Come giustamente sottolinea,  «se c’è qualcosa di davvero originale e inattuale che la filosofia ha da offrire all’uomo del terzo millennio , ciò è giustappunto una prospettiva che vada oltre l’agire tecnico finalizzato, l’intervento manipolativo sulla realtà e, dunque, l’idea stessa di efficacia.»  (ivi, p. 103) Con questa impostazione non stupirà dunque che Pollastri veda in modo estremamente critico la presenza del concetto di aiuto nella consulenza filosofica. Per Pollastri chi si concentra sull’aiutare il consulente rischia di fare semplicemente una psicoterapia mascherata e poco efficace[7]. Concentrarsi sull’ausilio e la soluzione dei problemi posti dal consultante  «può disperdere la realtà e originale potenzialità della filosofia nel campo della considerazione dei problemi degli individui e della loro vita; può annullare la capacità di ri-orientare il pensiero e l’agire che la ri-flessione filosofica porta con sé come sua assoluta specificità; può, infine, privare gli individui e la società di quella che è forse oggi rimasta l’ultima branca del sapere svincolata dallo strabordante e acritico dominio del produrre, del finalizzare, e della tecnica.»  (ivi, p. 124) L’onnipresenza del paradigma terapeutico non deve fare sì che si dimentichi anche il rapporto sano che la filosofia può mantenere con la psicologia rettamente intesa. La psicologia cioè come ricerca di ciò che è proprio del comportamento umano che, ci ricorda Pollastri, tutti i grandi filosofi da Platone ad Aristotele, da Montaigne a Kant, hanno sempre coltivato. Come studio sull’uomo, e al pari di altre scienze umane che cercano di coglierne altre limitate ma fondamentali dimensioni (si pensi all’antropologia o alla sociologia)[7], la psicologia va tenuta in considerazione dallo sguardo del consulente:  «Per tutti i filosofi, la psicologia è stata nient’altro che una conoscenza tra le molte che la filosofia doveva comprendere, criticare, porre nel giusto posto che a essa spettava entro una comprensione filosofica del mondo. E se i “grandi filosofi” non hanno disdegnato di occuparsi anche di psicologia , perché oggi il filosofo consulente dovrebbe temere oltremisura di fare riferimento anche a essa?”»  (ivi p. 101) Posta in un orizzonte conoscitivo e non terapeutico la psicologia non è evitata, al pari di ogni altra disciplina, al consulente filosofico. Lo spazio entro cui Pollastri colloca la sua azione e la sua riflessione implica, ancor più radicalmente di Achenbach, una lettura della filosofia come del tutto connessa con la vita di ogni singolo uomo. Difficile cogliere la cesura tra questi e il filosofo. Se questa differenziazione ha sicuramente un valore indicativo, convenzionale, utile per distinguere chi ha fatto della riflessione il centro della vita, è difficile invece trovare una differenza essenziale tra costui e l’uomo comune[7]. L’uomo è necessariamente filosofo:  «le ragioni di questa necessità sono connesse con nell’essenza fragile, limitata, mortale dell’uomo, […] è da questa necessità che deriva l’urgenza dell’uomo a porsi domande, cercare senso, aspirare alla conoscenza,-essere, cioè philo-sophos, amante del sapere.»  (ivi p.3) Ma se l’uomo è perennemente filosofo è anche perché è propria della filosofia l’incapacità di arrestarsi a un dato, a un risultato che non sia ulteriormente indagabile[7]. La disciplina in questione così si mostra propriamente nella sua attività più che nel suo corpus di conoscenze:“  «Anche la filosofia pratica, dunque, si conclude là dove produce qualcosa di pratico per diventare altro: morale, politica, diritto.»  (ivi p. 11) Da questa visione se ne deduce la inapplicabilità della filosofia in generale e più specificatamente l’impossibilità di concepire la consulenza filosofica come una sorta di filosofia applicata alla vita[7].  «Il fatto è che la filosofia non si applica, oppure è sempre applicata: essendo amore per il sapere, è infatti qualcosa di perennemente in movimento- è un agire, un fare. E non c’è fare che non sia fare qualcosa. Quello della filosofia è il filosofare, vale a dire il cercare e ri-cercare, il ri-tornare sempre di nuovo sul problema, inappagati dall’apparente soluzione, il ri-flettere incessantemente per mettere a prova le nostre capacità di comprensione. Questo agire, che è pura e semplice filosofia, non può essere applicato perché lo è già sempre , non potendo avvenire senza un argomento, un tema, un problema e senza individui pensanti sui quali esso agisce, produce, come tutte le attività , effetti pratici concreti.»  (ibidem) Opere L' assoluto eternamente in sé cangiante. Interpretazione olistica del sistema hegeliano, in Studi sul pensiero di Hegel, La Città del Sole, 2001, ISBN 978-8882921231. Il pensiero e la vita. Guida alla consulenza e alle pratiche filosofiche, Apogeo Education, 2004, ISBN 9788838788055 Consulente filosofico cercasi, Milano, Apogeo, 2007, ISBN 9788850326396. L’uomo è ciò che pensa. Sull’avvenire della pratica filosofica [con Davide Miccione], Di Girolamo, Trapani, 2008, ISBN 9788887778250. Il filosofo in azienda. Pratiche filosofiche per le organizzazioni [con Paolo Cervari], Apogeo, Milano, 2010, ISBN 9788850327355 Riccardo Tesi. Una vita a bottoni, in A viva voce, Squilibri, 2016, ISBN 978-8889009918 Articoli La consulenza filosofica. Breve storia di una disciplina atipica, in Intersezioni, 1, 2001 Gerd Achenbach e la fondazione della pratica filosofica, in Maieusis, 1, 2001 La consulenza filosofica tra saggezza e metodo, in“Intersezioni, 1, 2003 Razionalità del sentimento e affettività della ragione. Appunti sulle condizioni di possibilità della consulenza filosofica, in DisciplineFilosofiche, XV, I, 2005 Teoria pratica” e palle di biliardo. La consulenza filosofica come mappatura dell’esistenza, in WalterBernardi eDomenicoMassaro(acuradi), La cura degli altri. La filosofia come terapia dell’anima, Universitàdegli studidi Siena, 2005 From Hegel to Improvisation. On the Method Issue in Philosophical Consultation, in José BarrientosRastrojo(ed.), Entre Historia y Orientaciòn Filosofica, II vol., Sevilla, 2006 Il consulente filosofico di quartiere, in Autaut, 332, settembre-dicembre 2006 Analisi di Pier Aldo Rovatti, La filosofia può curare?, in Phronesis,8, aprile, 2007 Prospettive politiche della pratica filosofica, in Humana.mente, 7, 2008 Improvvisare la verità. Musica jazz e discorso filosofico, in Itinera, 10, 2015 Note ^ Neri Pollastri, Il pensiero e la vita, Apogeo Education, 2004, ISBN 9788838788055. ^ Neri Pollastri, Consulente filosofico cercasi, Apogeo, 2007, ISBN 9788850326396. ^ Neri Pollastri e Paolo Cervari, Il filosofo in azienda. Pratiche filosofiche nelle organizzazioni, Apogeo, 2010, ISBN 9788850327355. ^ Neri Pollastri e Davide Miccione, L'uomo è ciò che pensa: sull'avvenire della pratica filosofica, Di Girolamo, 2008, ISBN 9788887778250. ^ Neri Pollastri, L'assoluto eternamente in sé cangiante. Interpretazione olistica del sistema hegeliano, in Studi sul pensiero di Hegel, La Città del Sole, 2001, ISBN 978-8882921231. ^ Neri Pollastri, Riccardo Tesi. Una vita a bottoni, in A viva voce, Squilibri, 2016, ISBN 978-8889009918. ^ Davide Miccione, La consulenza Filosofica, Xenia, 2007, ISBN 978-8882921231. Bibliografia Davide Miccione, La consulenza Filosofica, Xenia, 2007. ISBN 978-8882921231 Voci correlate Consulenza filosofica Collegamenti esterni Sito internet di Neri Pollastri, su neripollastri.it. Associazione Italiana per la Consulenza Filosofica, su phronesis-cf.com. Controllo di autorità                                         VIAF (EN) 69865771 · SBN IT\ICCU\PARV\144472 · WorldCat Identities (EN) lccn-no2004123942 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloAccademici italiani del XX secoloAccademici italiani del XXI secoloNati nel 1959Nati il 18 aprileNati a Firenze[altre]

civis -- political philosophy, the study of the nature and justification of coercive institutions. Coercive institutions range in size from the family to the nation-state and world organizations like the United Nations. They are institutions that at least sometimes employ force or the threat of force to control the behavior of their members. Justifying such coercive institutions requires showing that the authorities within them have a right to be obeyed and that their members have a corresponding obligation to obey them, i.e., that these institutions have legitimate political authority over their members. Classical political philosophers, like Plato and Aristotle, were primarily interested in providing a justification for city-states like Athens or Sparta. But historically, as larger coercive institutions became possible and desirable, political philosophers sought to justify them. After the seventeenth century, most political philosophers focused on providing a justification for nationstates whose claim to legitimate authority is restricted by both geography and nationality. But from time to time, and more frequently in the nineteenth and twentieth centuries, some political philosophers have sought to provide a justification for various forms of world government with even more extensive powers than those presently exercised by the United Nations. And quite recently, feminist political philosophers have raised important challenges to the authority of the family as it is presently constituted. Anarchism from Grecian an archos, ‘no government’ rejects this central task of political philosophy. It maintains that no coercive institutions are justified. Proudhon, the first self-described anarchist, believed that coercive institutions should be replaced by social and economic organizations based on voluntary contractual agreement, and he advocated peaceful change toward anarchism. Others, notably Blanqui and Bakunin, advocated the use of violence to destroy the power of coercive institutions. Anarchism inspired the anarcho-syndicalist movement, Makhno and his followers during the Russian Civil War, the  anarchists during the  Civil War, and the anarchist gauchistes during the 8 “May Events” in France. Most political philosophers, however, have sought to justify coercive institutions; they have simply disagreed over what sort of coercive institutions are justified. Liberalism, which derives from the work of Locke, is the view that coercive institutions are justified when they promote liberty. For Locke, liberty requires a constitutional monarchy with parliamentary government. Over time, however, the ideal of liberty became subject to at least two interpretations. The view that seems closest to Locke’s is classical liberalism, which is now more frequently called political libertarianism. This form of liberalism interprets constraints on liberty as positive acts i.e., acts of commission that prevent people from doing what they otherwise could do. According to this view, failing to help people in need does not restrict their liberty. Libertarians maintain that when liberty is so interpreted only a minimal or night-watchman state that protects against force, theft, and fraud can be justified. In contrast, in welfare liberalism, a form of liberalism that derives from the work of T. H. Green, constraints on liberty are interpreted to include, in addition, negative acts i.e., acts of omission that prevent people from doing what they otherwise could do. According to this view, failing to help people in need does restrict their liberty. Welfare liberals maintain that when liberty is interpreted in this fashion, coercive institutions of a welfare state requiring a guaranteed social minimum and equal opportunity are justified. While no one denies that when liberty is given a welfare liberal interpretation some form of welfare state is required, there is considerable debate over whether a minimal state is required when liberty is given a libertarian interpretation. At issue is whether the liberty of the poor is constrained when they are prevented from taking from the surplus possessions of the rich what they need for survival. If such prevention does constrain the liberty of the poor, it could be argued that their liberty should have priority over the liberty of the rich not to be interfered with when using their surplus possessions for luxury purposes. In this way, it could be shown that even when the ideal of liberty is given a libertarian interpretation, a welfare state, rather than a minimal state, is justified. Both libertarianism and welfare liberalism are committed to individualism. This view takes the rights of individuals to be basic and justifies the actions of coercive institutions as promoting those rights. Communitarianism, which derives from the writings of Hegel, rejects individualism. It maintains that rights of individuals are not basic and that the collective can have rights that are independent of and even opposed to what liberals claim are the rights of individuals. According to communitarians, individuals are constituted by the institutions and practices of which they are a part, and their rights and obligations derive from those same institutions and practices. Fascism is an extreme form of communitarianism that advocates an authoritarian state with limited rights for individuals. In its National Socialism Nazi variety, fascism was also antiSemitic and militarist. In contrast to liberalism and communitarianism, socialism takes equality to be the basic ideal and justifies coercive institutions insofar as they promote equality. In capitalist societies where the means of production are owned and controlled by a relatively small number of people and used primarily for their benefit, socialists favor taking control of the means of production and redirecting their use to the general welfare. According to Marx, the principle of distribution for a socialist society is: from each according to ability, to each according to needs. Socialists disagree among themselves, however, over who should control the means of production in a socialist society. In the version of socialism favored by Lenin, those who control the means of production are to be an elite seemingly differing only in their ends from the capitalist elite they replaced. In other forms of socialism, the means of production are to be controlled democratically. In advanced capitalist societies, national defense, police and fire protection, income redistribution, and environmental protection are already under democratic control. Democracy or “government by the people” is thought to apply in these areas, and to require some form of representation. Socialists simply propose to extend the domain of democratic control to include control of the means of production, on the ground that the very same arguments that support democratic control in these recognized areas also support democratic control of the means of production. In addition, according to Marx, socialism will transform itself into communism when most of the work that people perform in society becomes its own reward, making differential monetary reward generally unnecessary. Then distribution in society can proceed according to the principle, from each according to ability, to each according to needs. It so happens that all of the above political views have been interpreted in ways that deny that women have the same basic rights as men. By contrast, feminism, almost by definition, is the political view that women and men have the same basic rights. In recent years, most political philosophers have come to endorse equal basic rights for women and men, but rarely do they address questions that feminists consider of the utmost importance, e.g., how responsibilities and duties are to be assigned in family structures. Each of these political views must be evaluated both internally and externally by comparison with the other views. Once this is done, their practical recommendations may not be so different. For example, if welfare liberals recognize that the basic rights of their view extend to distant peoples and future generations, they may end up endorsing the same degree of equality socialists defend. Whatever their practical requirements, each of these political views justifies civil disobedience, even revolution, when certain of those requirements have not been met. Civil disobedience is an illegal action undertaken to draw attention to a failure by the relevant authorities to meet basic moral requirements, e.g., the refusal of Rosa Parks to give up her seat in a bus to a white man in accord with the local ordinance in Montgomery, Alabama, in 5. Civil disobedience is justified when illegal action of this sort is the best way to get the relevant authorities to bring the law into better correspondence with basic moral requirements. By contrast, revolutionary action is justified when it is the only way to correct a radical failure of the relevant authorities to meet basic moral requirements. When revolutionary action is justified, people no longer have a political obligation to obey the relevant authorities; that is, they are no longer morally required to obey them, although they may still continue to do so, e.g. out of habit or fear. Recent contemporary political philosophy has focused on the communitarianliberal debate. In defense of the communitarian view, Alasdair MacIntyre has argued that virtually all forms of liberalism attempt to separate rules defining right action from conceptions of the human good. On this account, he contends, these forms of liberalism must fail because the rules defining right action cannot be adequately grounded apart from a conception of the good. Responding to this type of criticism, some liberals have openly conceded that their view is not grounded independently of some conception of the good. Rawls, e.g., has recently made clear that his liberalism requires a conception of the political good, although not a comprehensive conception of the good. It would seem, therefore, that the debate between communitarians and liberals must turn on a comparative evaluation of their competing conceptions of the good. Unfortunately, contemporary communitarians have not yet been very forthcoming about what particular conception of the good their view requires. 

res publica: -- political theory, reflection concerning the empirical, normative, and conceptual dimensions of political life. There are no topics that all political theorists do or ought to address, no required procedures, no doctrines acknowledged to be authoritative. The meaning of ‘political theory’ resides in its fluctuating uses, not in any essential property. It is nevertheless possible to identify concerted tendencies among those who have practiced this activity over twenty-five centuries. Since approximately the seventeenth century, a primary question has been how best to justify the political rule of some people over others. This question subordinated the issue that had directed and organized most previous political theory, namely, what constitutes the best form of political regime. Assuming political association to be a divinely ordained or naturally necessary feature of the human estate, earlier thinkers had asked what mode of political association contributes most to realizing the good for humankind. Signaling the variable but intimate relationship between political theory and political practice, the change in question reflected and helped to consolidate acceptance of the postulate of natural human equality, the denial of divinely or naturally given authority of some human beings over others. Only a small minority of postseventeenth-century thinkers have entertained the possibility, perhaps suggested by this postulate, that no form of rule can be justified, but the shift in question altered the political theory agenda. Issues concerning consent, individual liberties and rights, various forms of equality as integral to justice, democratic and other controls on the authority and power of government  none of which were among the first concerns of ancient or medieval political thinkers  moved to the center of political theory. Recurrent tendencies and tensions in political theory may also be discerned along dimensions that cross-cut historical divisions. In its most celebrated representations, political theory is integral to philosophy. Systematic thinkers such as Plato and Aristotle, Augustine and Aquinas, Hobbes and Hegel, present their political thoughts as supporting and supported by their ethics and theology, metaphysics and epistemology. Political argumentation must satisfy the same criteria of logic, truth, and justification as any other; a political doctrine must be grounded in the nature of reality. Other political theorists align themselves with empirical science rather than philosophy. Often focusing on questions of power, they aim to give accurate accounts and factually grounded assessments of government and politics in particular times and places. Books IVVI of Aristotle’s Politics inaugurate this conception of political theory; it is represented by Montesquieu, Marx, and much of utilitarianism, and it is the numerically predominant form of academic political theorizing in the twentieth century. Yet others, e.g., Socrates, Machiavelli, Rousseau, and twentieth-century thinkers such as Rawls, mix the previously mentioned modes but understand themselves as primarily pursuing the practical objective of improving their owpolitical societies. Grice: “I always wonder how Cicero felt happy about his translation into Roman of Grecian ‘politeia.’  Indeed, the Romans preferred to use Lat. civitas as a literal transliteration of ‘politeia,” in geographical sense, SIG888.118 (Scaptopara, iii A. D.), Mitteis Chr.78.6 (iv A. D.), etc. Indeed, The Romans used ‘res publica,’  also as one word, respublica, the common weala commonwealthstaterepublic (cf. civitas); also, civil affairsadministration, or power, etc.: qui pro republicā, non pro suā obsonat, Cato ap. Ruf. 18, p. 210; cf.: “erat tuae virtutisin minimis tuas res ponerede re publicā vehementius laborare,” Cic. Fam. 4, 9, 3: “dummodo ista privata sit calamitas et a rei publicae periculis sejungatur,” id. Cat. 1, 9; cf.: “si re publicā non possis fruistultum est nolle privatā,” id. Fam. 4, 9, 4: “egestates tot egentissimorum hominum nec privatas posse res nec rem publicam sustinere,” id. Att. 9, 7, 5 (v. publicus); Cato ap. Gell. 10, 14, 3: auguratum est, rem Romanam publicam summam fore, Att. ap. Cic. Div. 1, 22, 45: “quo utiliores rebus suis publicis essent,” Cic. Off. 1, 44, 155: “commutata ratio est rei totius publicae,” id. Att. 1, 8, 4: pro republicā niti, Cato ap. Charis. p. 196 fin.: “merere de republicā,” Plaut. Am. prol. 40: “de re publicā disputatio . . . dubitationem ad rem publicam adeundi tollereetc.,” Cic. Rep. 1, 7, 12: “oppugnare rem publicam,” id. Cael. 1, 1id. Har. Resp. 8, 15id. Sest. 23, 52: “paene victā re publicā,” id. Fam. 12, 13, 1: “delere rem publicam,” id. Sest. 15, 33Lact. 6, 18, 28.—Esp. in the phrase e re publicā, for the good of the Statefor the public benefit: “senatūs consultis bene et e re publicā factis,” Cic. Phil. 3, 12, 30: “ea si dicam non esse e re publicā dividi,” id. Fam. 13, 8, 2id. Mil. 5, 14Liv. 8, 4, 1225, 7, 434, 34, 9Suet. Rhet. 1 init.—Post-class. and rare, also ex republicā, Gell. 6, 3, 4711, 9, 1; “but exque is used for euphony (class.): id eum recte atque ordine exque re publicā fecisse,” Cic. Phil. 3, 15, 385, 13, 3610, 11, 26.— In plur.: “eae nationes respublicas suas amiseruntCGracchapFestshvp. 286 Müll.: hoc loquor de tribus his generibus rerum publicarum,” Cic. Rep. 1, 28, 44: “circuitus in rebus publicis commutationum,” id. ib. 1, 29, 45 et saep.— At times, Grice preferred to stick with the more literal, ‘civitas.’ cīvĭtas , ātis ( I.gen. plur. civitatium, Cic. Rep. 1, 34, 51; id. Leg. 2, 4, 9; Caes. B. G. 4, 3; 5, 22; Sall. C. 40, 2; Liv. 1, 17, 4; 2, 6, 5; 33, 20, 11 Drak.; 42, 30, 6; 42, 44, 1; 45, 34, 1; Vell. 2, 42, 2; Quint. 2, 16, 4 N. cr.; Suet. Tit. 8 Oud.; Cornut. ap. Charis. p. 100 P.; cf. Varr. L. L. 8, § 66; Prisc. p. 771 P.; Neue, Formenl. 1, 268), f. civis. I. Abstr., the condition or privileges of a (Roman) citizen, citizenship, freedom of the city (upon its conditions, v. Zimmern, Rechtsgesch. 2, § 123 sq.; “Dict. of Antiq. p. 260 sqq.): Cato, cum esset Tusculi natus, in populi romani civitatem susceptus est: ita, cum ortu Tusculanus esset, civitate Romanus, etc.,” Cic. Leg. 2, 2, 5: “donare aliquem civitate,” id. Balb. 13, 20; Suet. Caes. 24; 42; 76; id. Aug. 47; id. Tib. 51; id. Ner. 24: “dare civitatem alicui,” Cic. Arch. 4, 7; 5, 10; Liv. 1, 28, 7; 8, 14, 8; Suet. Aug. 40; id. Galb. 14: accipere aliquem in civitatem, Cic. Off. 1, 11, 35: “adsciscere in civitatem,” Liv. 6, 40, 4: “ascribere aliquem in civitatem,” Cic. Arch. 4, 6: “aliquem foederatis civitatibus ascribere,” id. ib. 4, 7: “in aliis civitatibus ascriptus,” id. ib. 5, 10: “assequi,” Tac. A. 11, 23: “consequi,” Cic. Balb. 13, 31: “deponere,” id. Caecin. 34, 100: “decedere de civitate,” id. Balb. 5, 11: “dicare se civitati,” id. ib. 11, 28: “in civitatem,” id. ib. 12, 30: “eripere,” id. Caecin. 34, 99: “habere,” id. Balb. 13, 31: “impertiri civitatem,” id. Arch. 5, 10: “furari civitatem,” id. Balb. 2, 5: “petere,” Suet. Caes. 8: “Romanam assequi,” Tac. A. 11, 23: “adipisci,” Suet. Aug. 40: “Romanam usurpare,” id. Calig. 38; id. Claud. 25: “amittere civitatem,” Cic. Caecin. 34, 98: “adimere,” id. ib.; Suet. Caes. 28: “petere,” id. ib. 8: “negare,” id. Aug. 40: “jus civitatis,” Cic. Caecin. 34, 98; id. Arch. 5, 11: “recipere aliquem in civitatem,” id. Caecin. 34, 100; id. Arch. 10,22; id. Balb. 13, 31: “relinquere,” id. Caecin. 34, 100: “retinere civitatem,” id. Balb. 12, 30: “retinere aliquem in civitate,” id. Lig. 11, 33: “ademptio civitatis,” id. Dom. 30, 78: “commemoratio,” Cic. Verr. 2, 5, 62, § 162: “nomen,” id. ib.: “ereptor,” id. Dom. 30, 81.— B. Trop.: “ut oratio Romana plane videatur, non civitate donata,” Quint. 8, 1, 3; cf.: “civitate Romanā donare agricolationem,” Col. 1, 1, 12: “verbum hoc a te civitate donatum,” naturalized, Gell. 19, 3, 3; Sen. Ep. 120, 4; id. Q. N. 5, 16, 4.—More freq., II. Concr., the citizens united in a community, the body - politic, the state, and as this consists of one city and its territory, or of several cities, it differs from urbs, i.e. the compass of the dwellings of the collected citizens; “but sometimes meton., = urbs, v. B.: concilia coetusque hominum jure sociati, quae civitates appellantur,” Cic. Rep. 6, 13, 13: “tum conventicula hominum, quae postea civitates nominatae sunt, tum domicilia conjuncta, quas urbes dicimus, etc.,” id. Sest. 42, 91; cf.: omnis populus, qui est talis coetus multitudinis, qualem exposui; omnis civitas, quae est constitutio populi; “omnis res publica, quae populi res est, etc.,” id. Rep. 1, 26, 41: “quia sapiens non sum, nec haec urbs nec in eā civitas ... non dubitavisset, quin et Roma urbs (esset), et eam civitas incoleret,” id. Ac. 2, 45, 137: “aucta civitate magnitudine urbis,” Liv. 1, 45, 1: “Orgetorix civitati persuasit, ut de finibus suis cum omnibus copiis exirent,” Caes. B. G. 1, 2 Oud.; so id. ib. 1, 4; 1, 19; 1, 31; cf. Sisenn. ap. Non. p. 429, 15: “civitates aut nationes devictae,” Cic. Off. 1, 11, 35; Sall. C. 31, 1; Liv. 21, 1, 2: “io triumphe non semel dicemus civitas omnis,” Hor. C. 4, 2, 51; cf. id. Epod. 16, 36 and 18: “cum civitas in foro exspectatione erecta staret,” Liv. 3, 47, 1; so id. 2, 37, 5; 26, 18, 6; 34, 41, 1; Tac. A. 3, 11; Suet. Calig. 6; id. Tib. 17; 42: “civitates aut condere novas aut conservare jam conditas,” Cic. Rep. 1, 7, 12; id. Sull. 9, 28; id. Rep. 1, 8, 13; 1, 3, 5: “omnis civitas Helvetia in quattuor pagos divisa est,” Caes. B. G. 1, 12: “quae pars civitatis Helvetiae, etc.,” id. ib.: “non longe a Tolosatium finibus, quae civitas est in provinciā,” id. ib. 1, 10: “Ubii, quorum fuit civitas ampla atque florens,” id. ib. 4, 3: “Rhodiorum civitas, magna atque magnifica,” Sall. C. 51, 5; cf. id. J. 69, 3: “Heraclea quae est civitas aequissimo jure ac foedere,” Cic. Arch. 4, 6 et saep.: “administrare civitatem,” id. Off. 1, 25, 88: “mutari civitatum status,” id. Leg. 3, 14, 32; so, “civitatis status,” Quint. 6, 1, 16; 11, 1, 85: “(legibus) solutis stare ipsa (civitas) non possit,” id. 11, 1, 85: “lege civitatis,” id. 12, 10, 26; cf. id. 5, 10, 25: “mos civitatis,” id. 10, 1, 107; 12, 3, 7; 1, 2, 2.—Of Plato's ideal republic: “si in illā commenticiā Platonis civitate res ageretur,” Cic. de Or. 1, 53, 230.— 2. Trop.: “civitas caelitum,” Plaut. Rud. prol. 2: “ut jam universus hic mundus una civitas sit communis deorum atque hominum existimanda,” Cic. Leg. 1, 7, 23.— B. Meton., = urbs, a city (rare and mostly post-Aug.; not in Cic. or Cæs.): civitatem incendere, Enn. ap. Non. p. 429, 5 (Trag. 382 Vahl.): “cum errarem per totam civitatem,” Petr. 8, 2; cf. id. 8, 141 fin.: “Lingonum,” Tac. H. 1, 54; 1, 64: “ab excidio civitatis,” id. ib. 1, 63; “1, 69: circumjectae civitates,” id. ib. 3, 43: “muri civitatis,” id. ib. 4, 65; id. A. 6, 42: “pererrata nocturnis conversationibus,” Sen. Ben. 6, 32, 1: “expugnare civitatem,” Quint. 8, 3, 67; cf.: “expugnandae civitates,” id. 12, 9, 2: “plurimas per totum orbem civitates, terrae motu aut incendio afflictas restituit in melius,” Suet. Vesp. 17; cf. id. Tit. 8; id. Tib. 84 fin.; Lact. 2, 7, 19.— 2. Esp., the city, i. e. Rome and its inhabitants, Tac. H. 1, 19; 2, 92; 4, 2.

pro-epi distinction, the: polysyllogism: a series of syllogisms connected by the fact that the conclusion of one syllogism becomes a premise of another. The syllogism whose conclusion is used as a premise in another syllogism within the chain is called the pro-syllogism; the syllogism is which the conclusion of another syllogism within the chain is used as a premise is called the epi-syllogism. To illustrate, take the standard form of the simplest polysyllogism: “All  B is A,”All C is B, “All C is A,” “All C is A,” “ All D is C,” “All D is A. The first member of this polysyllogism is the pro-syllogism, since its conclusion occurs as a premise in the epi-syllogism. Grice: “Part of the charm of my conversations with Strawson was that they were polysyllogistical, my episyllogism invariably following his prosyllogism.””Part of the charm of my conversations with Strawson was that they were polysyllogistical, my episyllogism explicating at what his prosyllogism merely hinted.” Refs.: Grice, “Robbing peter to pay paul.”

Pomis David de Pomis Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search David de Pomis (Spoleto, 1524 – Venezia, 1594) è stato un linguista, medico e filosofo italiano, di origine ebraica.   Indice 1                                                Biografia 2                                          Opere (parziale) 3                                          Note 4                                             Bibliografia 5                                         Collegamenti esterni Biografia David de Pomis nasce a Spoleto nel 1524.[1] Apparteneva ad un'antica famiglia ebraica romana che affermava di essere giunta in Italia alla fine del primo secolo condottavi da Tito dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme. Da Roma la famiglia si era trasferita a Spoleto dopo il 1260 a causa della tragica fine del rabbino Elia de' Pomis, condannata al rogo dall'Inquisizione.  David ebbe la sua prima educazione dal padre che lo avrebbe voluto coinvolto nella propria attività di banchiere. Ricevette quindi i primi elementi di medicina e filosofia dai suoi zii Rabbi Jehiel (Vitale) e Moses Alatino a Todi, dove si era andato a vivere con la famiglia nel 1532. Nel 1545 si trasferì a Perugia dove per sei anni studiò medicina e filosofia, fino alla laurea conseguita il 27 novembre 1551 davanti ad una commissione presieduta da Pietro Vermiglioni e Francesco Colombo.[2]  Fu rabbino e medico a Magliano Sabino vicino a Roma, ma per l'editto di Papa Paolo IV che proibiva nel 1555 ai medici ebrei di frequentare i cristiani, si trasferì da una città all'altra in Italia. Fu dapprima accolto dal conte Niccolò Orsini che per cinque anni gli permise di esercitare la professione medica a Pitigliano, Sorano e Sovana. Poi per tre anni fu al servizio della famiglia Sforza a Santa Fiora. Pomis decise quindi nel 1565 di appellarsi direttamente al papa Pio IV (1559-65) perché gli fosse concesso di rientrare a Roma ed avere pazienti cristiani. Il permesso gli fu accordato ma subito revocato dal successore Pio V (1565-72). Pomis si trasferì allora ad Ancona e infine nel 1969 a Venezia dove divenne il medico personale del doge Alvise I Mocenigo e poté operare anche presso la popolazione cristiana. Pomis rimase a Venezia anche quando Papa Sisto V (1585-90) revocò il bando dei suoi predecessori, ed è a Venezia che egli pubblicò la maggior parte delle sue opere.  Il primo lavoro ad essere pubblicato fu nel 1571 una traduzione in lingua italiana dell'Ecclesiaste (L’Ecclesiaste di Salomone), cui fece seguito l'anno seguente un commentario al libro stesso in forma di trattato morale (Discorso intorno a l’humana miseria e sopr’al modo di fuggirla).  Seguirono altre opere rimaste in forma manoscritta nella quale si affrontano argomenti legati all'attualità politica, alla guerra con l'Impero Ottomano e al sogno di Pomis di veder aperta per gli ebrei la possibilità di un ritorno in Palestina.  Dopo alcuni trattati di medicina (Brevi discorsi, 1577; Enarratio brevis, de senum affectibus, 1588), Pomis diede alle stampe le sue opere più famose, a cominciare dallo Tzemach David (1587), dizionario trilingue ebraico, latino e italiano (Venezia, 1587). L'opera, dedicata a Papa Sisto V, rappresenta un'assoluta novità nel panorama della letteratura ebraica. L'intento dell'autore (cui erano egualmente familiare la cultura classica e quella ebraica) era quello di aiutare gli studiosi ebrei allo studio dell'ebraico e e quelli cristiani allo studio dell'ebraico, e creare così occasioni di incontro e di confronto.[3] Per ogni lemma è offerta una spiegazione in ebraico e latino, con note esplicative in italiano che contengono aneddoti e informazioni varie, storiche e scientifiche, sulla storia dell'ebraismo.[4] Nella prefazione sono incluse la genealogia e l'autobiografia dell'autore.  Nel suo libretto De medico hebraeo enarratio apologetica (Venezia, 1588) David de' Pomis confuta le accuse mosse contro gli ebrei e i medici ebrei, in particolare da una bolla del 1581 di Gregorio XIII (1572-85).[5] Egli sottolinea che secondo la Bibbia e gli scritti rabbinici un medico ebreo deve dare aiuto a ogni sofferente e cita numerosi casi di medici ebrei che si erano distinti per il loro lavoro e la loro lealtà. L'autore offre una selezione amplissima di fonti sia ebraiche che cristiane; e in appendice presenta una traduzione latino di alcune parti del Pirke Abot.  Di altre opere del De Pomis, citate nei suoi scritti, restano purtroppo solo i titoli, essendo andate perdute.  Nel 1593 Pomis fu in trattative con il Duca di Toscana Ferdinando I de' Medici per un possibile trasferimento a Pisa come insegnante di medicina o ebraico, ma la cosa non ebbe seguito. Pomis rimase a Venezia, dove morì nel 1594.  Opere (parziale) L’Ecclesiaste di Salomone (Venetia: apresso Giordano Ziletti, 1571) Discorso intorno a l’humana miseria e sopr’al modo di fuggirla (Venetia, appresso Giordano Ziletti e compagni, 1572) Breve discorso nel quale se dimostra la maestà divina haver particolar cura e custodia della republica Venetiana e che li oderni di essa sono nel publico governo alle divine Mosaice constitutioni conformi (Modena, Biblioteca Estense, Fondo estense, Italiano 981) Discorso meraviglioso di David de Pomis, fisico ebreo, sopra la guerra promossa da Selim, imperator de’ Turchi (Bologna, Biblioteca dell’Archiginnasio, ms. A 428). Espositione sopra Daniele (in ebraico) (Budapest, Accademia magiara delle Scienze, ms. Kaufmann 556, cc. 43-97) Brevi discorsi (Venetia: appresso Gratioso Perchacino, 1577) Zemach David (Venetiis: apud Ioannem de Gara,, 1587) De Medico Hebræo Enarratio Apologica (Venetiis: apud Ioannem Variscum, 1588) Enarratio brevis, de senum affectibus (Venetiis: apud Ioannem Variscum, 1588) Note ^ La data 1525, riportata in molte fonte, si basa su un calcolo errato della corrispondenza tra calendario ebraico e calendario giuliano. In una lettera conservata all'Archivio di Stato di Firenze (Mediceo del Principato, vol. 840, f. 882r) lo stesso Pomis afferma esplicitamente di essere "nasciuto nel 24". ^ O. Scalvanti, "Lauree in Medicina di studenti israeliti a Perugia nel secolo XVI", Annali della facoltà di giurisprudenza 8 (1910), pp. 34-37). ^ Moses A. Shulvass, The Jews in the World of Renaissance, Leiden: Brill, 1973. ^ A. D. Berns, The Bible and natural philosophy in Renaissance Italy, Cambridge, 2014, pp. 109-193. ^ David De Pomis, Rabbini italiani. Bibliografia Shimeon Brisman, A History and Guide to Judaic Dictionaries and Concordances, KTAV, 2000, I:60. Heinrich Graetz, History of the Jews: From the Rise of the Kabbala (1270 C. E.) to the Permanent Settlement of the Marranos in Holland (1618 C), 1891-1898 (rist. Philadelphia: Jewish Publication Society of America, 1956). John Watkins, An Universal Biographical and Historical Dictionary, R. Phillips, 1800. Collegamenti esterni David de Pomis, Jewish Virtual Library David de Pomis, in Dizionario biografico degli italiani, Treccani.it David de Pomis, Jewish Encyclopedia David de Pomis, Rabbini italiani. David de Pomis, in Encyclopedia of Renaissance Philosophy Controllo di autorità                              VIAF (EN) 88944812 · ISNI (EN) 0000 0001 1577 2378 · LCCN (EN) nr2006019563 · GND (DE) 137678851 · CERL cnp01169513 · WorldCat Identities (EN) lccn-nr2006019563 Biografie Portale Biografie Ebraismo Portale Ebraismo Categorie: Linguisti italianiMedici italianiFilosofi italiani del XVI secoloNati nel 1524Morti nel 1594Nati a SpoletoMorti a VeneziaRabbini italiani[altre]


pomponazzi: important Italian philosopher. an Aristotelian who taught at the universities of Padua and Bologna. In De incantationibus “On Incantations,” 1556, he regards the world as a system of natural causes that can explain apparently miraculous phenomena. Human beings are subject to the natural order of the world, yet divine predestination and human freedom are compatible De fato, “On Fate,” 1567. Furthermore, he distinguishes between what is proved by natural reason and what is accepted by faith, and claims that, since there are arguments for and against the immortality of the human individual soul, this belief is to be accepted solely on the basis of faith De immortalitate animae, “On the Immortality of the Soul,” He defended his view of immortality in the Apologia 1518 and in the Defensorium 1519. These three works were reprinted as Tractatus acutissimi 1525. Pomponazzi’s work was influential until the seventeenth century, when Aristotelianism ceased to be the main philosophy taught at the universities. The eighteenth-century freethinkers showed new interest in his distinction between natural reason and faith. P.Gar. pons asinorum Latin, ‘asses’ bridge’, a methodological device based upon Aristotle’s description of the ways in which one finds a suitable middle term to demonstrate categorical propositions. Thus, to prove the universal affirmative, one should consider the characters that entail the predicate P and the characters entailed by the subject S. If we find in the two groups of characters a common member, we can use it as a middle term in the syllogistic proof of say ‘All S are P’. Take ‘All men are mortal’ as the contemplated conclusion. We find that ‘organism’ is among the characters entailing the predicate ‘mortal’ and is also found in the group of characters entailed by the subject ‘men’, and thus it may be used in a syllogistic proof of ‘All men are mortal’. To prove negative propositions we must, in addition, consider characters incompatible with the predicate, or incompatible with the subject. Finally, proofs of particular propositions require considering characters that entail the subject. Pietro Pomponazzi Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search  Pietro Pomponazzi Pietro Pomponazzi, noto anche col soprannome di Peretto Mantovano (Mantova, 16 settembre 1462 – Bologna, 18 maggio 1525), è stato un filosofo e umanista italiano.   Indice 1La vita e l'opera 2Il De immortalitate animae 3La critica dei miracoli 4Il destino dell'uomo 5Conclusioni 6Note 7Bibliografia 8Altri progetti 9Collegamenti esterni La vita e l'opera Di famiglia agiata, nasce a Mantova nel 1462. A ventidue anni si iscrive (1484) all'Università di Padova, dove frequenta le lezioni di metafisica del domenicano Francesco Securo da Nardò, le lezioni di medicina di Pietro Riccobonella e quelle di filosofia naturale di Pietro Trapolino, laureandosi come Magister artium nel 1487. Dal 1488 al 1496 è professore di filosofia nello stesso ateneo e ottiene la cattedra di filosofia naturale dopo la morte del suo maestro Nicoletto Vernia (1420-1499), massimo esponente dell'averroismo locale, di spirito laico e spregiudicato sino alla miscredenza.  A Padova pubblica il trattato De maximo et minimo, in polemica con le teorie di Guglielmo Heytesbury. Passa poi a Carpi (nel 1496) per insegnare logica alla corte di Alberto III Pio, principe di Carpi, seguendolo nel 1498 nel suo esilio a Ferrara e restandovi fino al 1499. Nel frattempo, nel 1497, sposa a Mantova Cornelia Dondi, dalla quale ha due figlie.  Morto Vernia, e succeduto a lui nel 1499, il Pomponazzi rimane poi vedovo nel 1507 e si risposa con Ludovica di Montagnana. Chiude lo studio di Padova nel 1509 e si trasferisce a Ferrara dove redige un commento al De anima aristotelico. Questo avviene in seguito all'occupazione di Padova nel giugno 1509 da parte della Lega di Cambrai nella guerra con la Repubblica veneziana. Quando Venezia rioccupa la città il mese dopo, le lezioni universitarie vengono sospese ed egli, con altri insegnanti, lascia la città trasferendosi, come si è visto, a Ferrara su invito di Alfonso I d'Este per insegnare nella locale università. Chiusa anche questa nel 1510, si trasferisce fino al 1511 a Mantova e dal 1512 all'università di Bologna. Nuovamente vedovo, si risposa con Adriana della Scrofa.  A Bologna scrive le opere maggiori, il Tractatus de immortalitate animae, il De fato e il De incantationibus, oltre a commenti delle opere di Aristotele, conservati grazie agli appunti dei suoi studenti.  Il Tractatus de immortalitate animae, del 1516, in cui sostiene che l'immortalità dell'anima non può essere dimostrata razionalmente, fece scandalo: attaccato da più parti, il libro è pubblicamente bruciato a Venezia. Denunciato dall'agostiniano Ambrogio Fiandino per eresia, la difesa del cardinale Pietro Bembo gli permette di evitare terribili conseguenze ma nel 1518 è condannato da papa Leone X a ritrattare le sue tesi. Pomponazzi non ritratta ma si difende con la sua Apologia del 1518 e con il Defensorium adversus Augustinum Niphum del 1519, una risposta al De immortalitate animae libellus di Agostino Nifo, in cui sostiene la distinzione tra verità di fede e verità di ragione, idea ripresa dal filosofo Roberto Ardigò.  Queste controversie gli impediscono di pubblicare due opere che aveva completato nel 1520: il De naturalium effectuum causis sive de incantationibus e i Libri quinque de fato, de libero arbitrio et de praedestinatione, pubblicati postumi rispettivamente nel 1556 e 1557, con alcune modifiche, a Basilea, da Guglielmo Grataroli. Evita ogni problema teologico pubblicando nel 1521 il De nutritione et augmentatione, il De partibus animalium nel 1521 e il De sensu nel 1524.  Malato di calcoli renali, stende il proprio testamento nel 1524 e muore l'anno dopo. Secondo i suoi allievi Antonio Brocardo ed Ercole Strozzi (1473-1508) egli si sarebbe suicidato.  Il De immortalitate animae  Aristotele nella Scuola di Atene di Raffaello Per Aristotele l'anima è l'atto (entelechia) primo di un corpo che ha la vita in potenza, è la sostanza che realizza le funzioni vitali del corpo. Tre sono le funzioni dell'anima: la funzione vegetativa per la quale gli esseri vegetali, animali e umani si nutrono e si riproducono; la funzione sensitiva per la quale gli esseri animali e umani hanno sensazioni e immagini; la funzione intellettiva, per la quale gli esseri umani comprendono.  L'intelletto è la capacità di giudicare le immagini fornite dai sensi. L'atto dell'intendere si identifica con l'oggetto intelligibile, cioè con la sostanza dell'oggetto, ossia con la verità.  Aristotele distingue l'intelletto potenziale o possibile o passivo, che è la capacità umana di intendere, dall'intelletto attuale o attivo o agente, che è la luce intellettuale. Quest'ultimo contiene in atto tutti gli intelligibili, e agisce sull'intelletto potenziale come - l'esempio è di Aristotele - la luce mostra, mette in atto i colori che al buio non sono visibili ma pure esistono e dunque sono in potenza: l'intelletto agente mette in atto le verità che nell'intelletto potenziale sono soltanto in potenza. L'intelletto agente è separato, non composto, impassibile, per sua essenza atto…separato, esso è solo quel che è realmente, e questo solo è immortale ed eterno.  Che ne è dunque dell'anima? Nella Metafisica Aristotele dice solo che "Bisogna esaminare se la forma esista anche dopo la dissoluzione del composto; per alcune cose nulla lo impedisce, come, ad esempio nel caso dell'anima, ma non dell'anima nella sua interezza, bensì dell'intelletto, poiché è forse impossibile l'esistenza separata dell'anima intera".[1]  L'aristotelismo a Padova si era diviso in due correnti fondamentali, gli averroisti e gli alessandrini, seguaci questi delle interpretazioni aristoteliche di Alessandro di Afrodisia.  Averroè, secondo una concezione influenzata dal platonismo, sosteneva l'unicità e la trascendenza non solo dell'intelletto agente, ma anche dell'intelletto potenziale, che per lui non appartiene ai singoli uomini ma è unico e comune all'intera specie umana. .  La dottrina di Alessandro mantiene l'unicità dell'intelletto agente, che egli fa coincidere con Dio, ma attribuisce a ciascun uomo un intelletto potenziale individuale, mortale insieme con il corpo.   Tommaso d'Aquino ritratto dal Beato Angelico Infine, va ricordato che per Tommaso d'Aquino nell'uomo è presente un'unica anima per sua natura (simpliciter) immortale, ma per un certo aspetto (secundum quid) mortale, in quanto anche legata alle funzioni più materiali dell'essere umano.  Il Trattato dell'immortalità dell'anima, terminato il 24 settembre 1516 ed edito a Bologna il 6 novembre 1516, trae spunto da una discussione con il domenicano Girolamo Raguseo il quale, avendo il Pomponazzi sostenuto che la teoria di Tommaso sull'anima non si accorda con quella aristotelica, lo aveva pregato di provare le sue affermazioni mediante prove puramente razionali.  "Fecero bene gli antichi a porre l'uomo tra le cose eterne e quelle temporali, cosicché egli, né puramente eterno né semplicemente temporale, partecipa delle due nature e stando a metà fra loro, può vivere quella che vuole. Così, alcuni uomini sembrano dei perché, dominando il proprio essere vegetativo e sensitivo, sono quasi completamente razionali. Altri, sommersi nei sensi, sembrano bestie. Altri ancora, uomini nel vero senso della parola, vivono mediamente secondo la virtù, senza concedersi completamente né all'intelletto e né ai piaceri del corpo."[2]  L'uomo dunque, "è di natura non semplice ma molteplice, non determinata ma bifronte (ancipitis), media fra il mortale e l'immortale"ref>Pietro Pomponazzi, Trattato sull'immortalità dell'anima, Capitolo I, 5. e questa medietà non è il provvisorio incontro di due nature, una corporea e l'altra spirituale, che si divideranno con la morte, ma è la dimostrazione della reale unità dell'uomo: "La natura procede per gradi: i vegetali hanno un poco di anima, gli animali hanno i sensi e una certa immaginazione…alcuni animali arrivano a costruirsi case e a organizzarsi civilmente tanto che molti uomini sembrano avere un'intelligenza molto inferiore alla loro…vi sono animali intermedi fra la pianta e la bestia, come la spugna…della scimmia non sai se sia uomo o bruto, analogamente l'anima intellettiva è media fra il temporale e l'eterno."[3]  Polemizza con Averroè che ha scisso dalla naturale unità umana il principio razionale da quello sensitivo e con Tommaso d'Aquino, rilevando che l'anima, essendo unica, non può avere due modi di intendere, uno dipendente e un altro indipendente dalle funzioni del corpo; la dipendenza dell'intelligenza dalla fantasia, che dipende a sua volta dai sensi, lega l'anima indissolubilmente al corpo e ne fa seguire lo stesso destino di morte. È capovolta la tesi fondamentale di Tommaso: per Pomponazzi l'anima è per sé mortale e secundum quid, in un certo senso, immortale, e non il contrario, perché "nobilissima fra le cose materiali e al confine con le immateriali, profuma di immortalità ma non in senso assoluto" (aliquid immortalitatis odorat, sed non simpliciter).[4]E ricorda che per Aristotele l'anima non è creata da Dio, "Un uomo infatti è generato da un uomo e anche dal sole".[5]  Riguardo al problema del rapporto fra ragione e fede, per Pomponazzi solo la fede, non le ragioni naturali, può affermare l'immortalità dell'anima e "coloro che camminano per le vie dei credenti sono fermi e saldi",[6] mentre per quanto attiene i problemi etici che la mortalità dell'anima potrebbe suscitare, afferma che per comportarsi virtuosamente non è affatto necessario credere all'immortalità dell'anima e alle ricompense ultraterrene, perché la virtù è premio a sé stessa e chi afferma che l'anima è mortale salva il principio della virtù meglio di chi la considera immortale, perché la speranza di un premio e il terrore della pena provoca comportamenti servili contrari alla virtù.  Il Tractatus provocò clamore e polemiche alle quale rispose nel 1518, ribadendo le sue tesi con l'Apologia, dove nel primo libro risponde alle critiche amichevoli del suo allievo e futuro cardinale Gaspare Contarini e negli altri due al domenicano Vincenzo Colzade e all'agostiniano Ambrogio Fiandino. Nel 1519 replica con il Defensorium adversus Agostinum Niphum alle critiche di Agostino Nifo, professore di filosofia nell'università di Padova. La critica dei miracoli Nel 1520 il medico mantovano Ludovico Panizza avrebbe chiesto a Pomponazzi se possono esserci cause soprannaturali di eventi naturali, in contrasto con le affermazioni di Aristotele, e se si debba ammettere l'esistenza di demoni, come sostiene la Chiesa, anche per spiegare molti fenomeni che si sono verificati.  Per Pomponazzi "dobbiamo spiegare questi fenomeni con cause naturali, senza ricorrere ai demoni…è ridicolo lasciare l'evidenza per cercare quello che non è né evidente né credibile". D'altra parte, poiché l'intelletto percepisce dati sensibili, un puro spirito non potrebbe esercitare un'azione qualunque su qualcosa di materiale: gli spiriti non possono entrare in contatto con il nostro mondo; "in realtà vi sono uomini che, pur agendo per mezzo della scienza, hanno prodotto effetti che, mal compresi, li hanno fatti ritenere opera di santi o di maghi, com'è successo con Pietro d'Abano o con Cecco d'Ascoli…altri, ritenuti santi dal volgo che pensava avessero rapporti con gli angeli…erano magari dei mascalzoni…io credo che facessero tutto questo per ingannare il prossimo".  Ma, a parte casi di incomprensione o di malafede, è possibile che fenomeni mirabolanti abbiano la loro causa nell'influsso degli astri: "È assurdo che i corpi celesti, che reggono tutto l'universo…non possano produrre effetti che di per sé sono nulla considerando l'insieme dell'universo". Cause naturali, comunque, secondo la scienza del tempo: il determinismo astrologico governa anche le religioni: "al tempo degli idoli non c'era maggior vergogna della croce, nell'età successiva non c'è nulla di più venerato...ora si curano i languori con un segno di croce nel nome di Gesù, mentre un tempo ciò non accadeva perché non era giunta la Sua ora".  Ogni religione ha i suoi miracoli "quali quelli che si leggono e si ricordano nella legge di Cristo ed è logico, perché non ci possono essere profonde trasformazioni senza grandi miracoli. Ma non sono miracoli perché contrari all'ordine dei corpi celesti ma perché sono inconsueti e rarissimi".  Nessun fenomeno ha dunque cause non naturali: l'astrologo che abbia colto la natura delle forze celesti, può spiegare tanto le cause di fenomeni che sembrano soprannaturali che realizzare opere straordinarie che il popolino considererà miracolose solo perché incapace di individuarne la causa. L'ignoranza del volgo è del resto sfruttata da politici e da sacerdoti per tenerlo in soggezione, presentandosi ad esso come personaggi straordinari o addirittura inviati da Dio stesso.  Inoltre Pomponazzi sostiene la sua tesi conducendo un discorso di questo tipo:"se Dio ha creato l'universo ponendo su di esso leggi fisiche precise, sarebbe paradossale che egli stesso agisse contro queste leggi utilizzando eventi sovrannaturali come i miracoli". Per Pomponazzi appunto l'universo è controllato e determinato dall'agire degli astri e Dio agisce indirettamente muovendo questi ultimi; Pomponazzi sviluppa quindi una concezione dell'universo deterministica.  Il destino dell'uomo Se tali sono le forze che governano il mondo, se anche i fenomeni soprannaturali hanno una spiegazione nell'esistenza di forze naturali così potenti, esiste ancora una libertà nelle scelte individuali dell'uomo? In Dio, conoscenza e causa delle cose coincidono e dunque egli è veramente libero; l'uomo si esprime invece in un mondo dove tutto è già determinato. Rifiutato il contingentismo di Alessandro di Afrodisia, che salva la libertà umana criticando gli stoici per i quali non esiste né contingenza né libertà umana, Pomponazzi è costretto dalla sua concezione strettamente deterministica, ove tutto è regolato da forze naturali superiori all'uomo, a propendere per l'impossibilità del libero arbitrio:"...l'argomento è per me difficilissimo. Gli stoici sfuggono facilmente alle difficoltà facendo dipendere da Dio l'atto di volontà. Per questo l'opinione stoica appare molto probabile".  Nel cristianesimo c'è maggiore difficoltà a risolvere il problema del libero arbitrio e della predestinazione: "Se Dio odia ab aeterno i peccatori e li condanna, è impossibile che non li odi e non li condanni; e questi, così odiati e reietti, è impossibile che non pecchino e non si perdano. Che rimane, allora, se non una somma crudeltà e ingiustizia divina, e odio e bestemmia contro Dio? E questa è una posizione molto peggiore di quella stoica. Gli stoici dicono infatti che Dio si comporta così perché la necessità e la natura lo impongono. Secondo il cristianesimo il fato dipende invece dalla cattiveria di Dio, che potrebbe fare diversamente ma non vuole, mentre secondo gli stoici Dio fa così perché non può fare altrimenti".  Conclusioni  Lo scrittore Matteo Bandello Chiamato anche Peretto per la piccola statura, secondo Matteo Bandello (Novelle, III, 38) Pietro Pomponazzi "era un omicciolo molto piccolo, con un viso che nel vero aveva più del giudeo che del cristiano e vestiva anco ad una certa foggia che teneva più del rabbi che del filosofo, e andava sempre raso e toso; parlava anche in certo modo che parea un giudeo tedesco che volesse imparar a parlar italiano". Ma lo storico Paolo Giovio dirà che egli "esponeva Aristotele e Averroè con voce dolce e limpidissima; il suo discorso era preciso e pacato nella trattazione, mobile e concitato nella polemica; quando poi giungeva a definire e a trarre le conclusioni, era così grave e posato che gli studenti dai loro posti potevano annotarsi le spiegazioni".  Per nulla tenero con gli uomini di chiesa, "isti fratres truffaldini, domenichini, franceschini, vel diabolini" riassumeva il suo spirito ironico e motteggiante consigliando "alla filosofia credete fin dove vi detta la ragione, alla teologia credete quel che vogliono i teologi e i prelati con tutta la chiesa romana, perché altrimenti farete la fine delle castagne" ma fu serio e senza compromessi nelle sue convinzioni scrivendo nel De fato che "Prometeo è il filosofo che, nello sforzo di scoprire i segreti divini, è continuamente tormentato da pensieri affannosi, non ha sete, non ha fame, non dorme, non mangia, non spurga, deriso, dileggiato, insultato, perseguitato dagli inquisitori, ludibrio del volgo. Questo è il guadagno dei filosofi, questa la loro ricompensa". Epperò i filosofi sono per lui "come Dei terreni, tanto lontani dagli altri come gli uomini veri lo sono dalle figure dipinte" e lui sarebbe pronto, per amore della verità, anche a "ritrattare quel che ho detto. Chi dice che polemizzo per il gusto di contrastare, mente. In filosofia, chi vuol trovare la verità, dev'essere eretico".  Note ^ Aristotele, Metafisica, XII, 1070a, 2-27. ^ Pietro Pomponazzi, Trattato sull'immortalità dell'anima, Capitolo I, 3-4. ^ Pietro Pomponazzi, Trattato sull'immortalità dell'anima, Capitolo IX. ^ Pietro Pomponazzi, Trattato sull'immortalità dell'anima, Capitolo IX, 20. ^ Aristotele, Fisica, II, 194b 11-15; Pietro Pomponazzi, Trattato sull'immortalità dell'anima, Capitolo VII. ^ Pietro Pomponazzi, Trattato sull'immortalità dell'anima, Capitolo XV. Bibliografia Testi De naturalium effectuum causis sive de incantationibus, trad. Innocenti, Firenze, La Nuova Italia, 1996. Trattato sull'immortalità dell'anima, a cura di Vittoria Perrone Compagni, Firenze, Olschki, 1999. Il fato, il libero arbitrio e la predestinazione in cinque libri, a cura di Vittoria Perrone Compagni, Torino, Aragno, 2004. Tutti i trattati peripatetici, a cura di F.P. Raimondi e J.M.G. Valverde, Milano, Bompiani, 2013. Studi Giovanni Di Napoli, L'immortalità dell'anima nel Rinascimento, Torino, S. E. I., 1963. Bruno Nardi, Studi su Pietro Pomponazzi, Firenze, Le Monnier, 1965. Nicola Badaloni, Cultura e vita civile tra Riforma e Controriforma, Bari, Laterza, 1973. Giancarlo Zannier, Ricerche sulla diffusione e fortuna del «De Incantationibus» di Pomponazzi, Firenze, La Nuova Italia, 1975. Eugenio Garin, Aristotelismo veneto e scienza moderna, Padova, Antenore, 1981. Paola Zambelli, L'ambigua natura della magia, Milano, Il Saggiatore, 1991. Cuttini Elisa, Unità e pluralità nella tradizione europea della filosofia pratica di Aristotele. 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Modifica su Wikidata (EN) Pietro Pomponazzi, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Modifica su Wikidata Pietro Pomponazzi, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata (EN) Pietro Pomponazzi, su Mathematics Genealogy Project, North Dakota State University. Modifica su Wikidata Opere di Pietro Pomponazzi, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Pietro Pomponazzi, su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata (EN) Pietro Pomponazzi, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company. Modifica su Wikidata Pomponazzi, Pietro (latinizz. Petrus Pomponatius), in Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009. Vittoria Perrone Compagni, Pomponazzi, Pietro, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2012. (EN) Craig Martin, Pietro Pomponazzi, in Edward N. 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Pontara Giuliano Pontara Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Giuliano Pontara (Cles, 7 settembre 1932) è un filosofo italiano. È filosofo della politica e uno dei massimi studiosi della nonviolenza a livello internazionale.  In seguito a forti dubbi sulla eticità del servizio militare, alla fine del 1952 lascia l'Italia per la Svezia dove poi ha sempre vissuto. Ha insegnato Filosofia pratica per oltre trent'anni all'Istituto di filosofia dell'Università di Stoccolma. Negli anni ottanta e novanta Pontara ha anche insegnato come professore a contratto in varie università italiane tra cui Torino, Siena, Cagliari, Padova, Bologna, Imperia, Trento.  Pontara è uno dei fondatori della International University of Peoples' Institutions for Peace (Iupip) - Università Internazionale delle Istituzioni dei Popoli per la Pace (Unip), con sede a Rovereto (Tn). È membro del Tribunale permanente dei popoli fondato da Lelio Basso e in tale qualità è stato membro della giuria nelle sessioni del Tribunale sulla violazione dei diritti in Tibet (Strasburgo 1992), sul diritto di asilo in Europa (Berlino 1994), e sui crimini di guerra nella ex Jugoslavia (sessioni di Berna, 1995, come presidente della giuria, e sessione di Barcellona, 1996).  Pontara ha pubblicato libri e saggi su una molteplicità di temi di etica pratica e teorica, metaetica e filosofia politica. È stato uno dei primi ad introdurre in Italia la "Peace Research" e la conoscenza sistematica del pensiero etico-politico del Mahatma Gandhi.  Ha pubblicato in italiano, inglese e svedese, e alcuni dei suoi lavori sono stati tradotti in spagnolo e francese.  Opere Etik, politik, revolution: en inledning och ett stallningstagande (Etica, politica, rivoluzione: un'introduzione e una presa di posizione), in G. Pontara (a cura di), Etik, Politik, Revolution, Bo Cavefors Forlag, Staffanstorp 1971, 2 voll., vol. I, pp. 11-70; Se il fine giustifichi i mezzi, Il Mulino, Bologna 1974; The Concept of Violence, Journal of Peace Research, XV, 1, 1978, pp. 19-32; Voci Gandhismo, Nonviolenza, Pace (ricerca scientifica sulla), Utilitarismo, in Dizionario di politica, seconda edizione, Utet, Torino 1983 (poi anche Tea, Milano 1990, 1992); Neocontrattualismo, socialismo e giustizia internazionale, in N. Bobbio, G. Pontara, S. Veca, Crisi della democrazia e neocontrattualismo, Editori Riuniti, Roma 1984, pp. 55-102; International Charity or International Justice?, in Democracy State and Justice, ed. by. D. Sainsbury, Almqvist & Wiksell International, Stockholm 1988, pp. 179-93; Filosofia pratica, Il Saggiatore, Milano 1988; Antigone o Creonte. Etica e politica nell'Era Atomica, Editori Riuniti, Roma 1990; Etica e generazioni future, Laterza, Bari 1995; La personalità nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996; Guerre, disobbedienza civile, nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996; Breviario per un'etica quotidiana, Pratiche, Milano 1998; Il pragmatico e il persuaso, Il Ponte, LIV, n. 10, ottobre 1998, pp. 35–49. Il pensiero etico-politico di Gandhi, introduzione a Gandhi, Moandas K. Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, nuova edizione, Torino 1996, pp. IX-CLXI". Collegamenti esterni Registrazioni di Giuliano Pontara, su RadioRadicale.it, Radio Radicale. Modifica su Wikidata Controllo di autorità  VIAF (EN) 76348630 · ISNI (EN) 0000 0000 5394 8189 · SBN IT\ICCU\CFIV\039105 · LCCN (EN) n79033052 · BNF (FR) cb12117686q (data) · WorldCat Identities (EN) lccn-n79033052 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XX secoloNati nel 1932Nati il 7 settembreNati a Cles[altre]

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Ponte Renato Del Ponte, spesso scritto Renato del Ponte come firma dei suoi articoli (Lodi, 1944), è uno storico e docente italiano, d'impostazione tradizionalista.   Indice 1                                        Biografia 2                                            Selezione di opere 2.1                                        Monografie 2.2                                         Libri curati da Renato Del Ponte 2.3                                   Articoli 3                                             Premi 4                                             Note 5                                             Voci correlate 6                                            Collegamenti esterni Biografia Dopo gli studi classici e l'Università a Genova vive per un lungo periodo a Pontremoli, in Lunigiana, dove insegna italiano e latino in istituti della scuola media superiore, sino al 2001.  Storico delle idee e del diritto religioso arcaico, studioso di storia delle religioni e di simbolismo, fonda nel 1972 la rivista di ispirazione «evoliana» Arthos (Quaderni di cultura e testimonianza tradizionale) di cui è tuttora direttore. Della rivista sono esistite tre serie: I (1972-1990); II (1997- 2007); III (2008 - tuttora in corso, a cura delle Edizioni Arya di Genova).  Nel 1971 cura l'edizione critica di un trattato politico medievale: il Tractatus de potestate summi Pontificis di Guglielmo da Sarzano; nel 1987 traduce e commenta la Relatio III di Quinto Aurelio Simmaco, riveduta e ristampata nel 2008; nel 1993 traduce il saggio su Tito di B. W. Jones e nel 1994 La Cronologia Vedica di Bal Gangadhar Tilak (in appendice a La dimora artica dei Veda).  È stato tra i cofondatori del Movimento Tradizionale Romano negli anni '80.  Nella sua attività di conferenziere, ricercatore e studioso, pubblica numerosi libri ed articoli. Dal 2008 collabora attivamente con le Edizioni Arya di Genova (ispirate dall'O.I.C.L.).  Selezione di opere Monografie Renato Del Ponte, Dei e miti italici. Archetipi e forme della sacralità romano-italica, Genova, Ecig, 1985. ISBN 8875458057. Seconda edizione 1988; terza edizione 1998. Renato Del Ponte, Il movimento tradizionalista romano nel '900, Scandiano, Sear, 1987. ISBN non esistente Renato Del Ponte, La Religione dei Romani, Milano, Rusconi, 1992. ISBN 9788818880298. Seconda edizione: Ed. Arya, Genova 2017. ISBN 9788898324064. Renato Del Ponte, Evola e il magico Gruppo di UR, Borzano, SeaR, 1994 Renato Del Ponte, I Liguri. Etnogenesi di un popolo, Ecig, Genova, 1999. ISBN 8875458324. Seconda edizione dicembre 1999, Ecig Genova. Terza edizione (riveduta ed ampliata): Ed. Arya, Genova 2019. ISBN 9788898324125. Renato Del Ponte, La città degli Dei. La tradizione di Roma e la sua continuità, Ecig, Genova, 2003. ISBN 9788875459598. Renato Del Ponte, "Favete Linguis!" Saggi sulle fondamenta del Sacro in Roma antica. Edizioni Arya, Genova 2010. Renato Del Ponte, "Ambrosiae pocula" (Calici d'ambrosia), Edizioni del Tridente, Treviso 2011. Renato Del Ponte, "Nella Terra del Drago" note insolite di viaggio nel Regno del Bhutan, Il Tridente, La Spezia, 2012. Libri curati da Renato Del Ponte Julius Evola, Il mondo alla rovescia, Edizioni Arya, Genova 2008. Q. A. Simmaco, In difesa della Tradizione, Edizioni Arya, Genova 2008. Julius Evola, Le sacre radici del potere, Edizioni Arya, Genova 2010. Julius Evola, Scritti sulla Massoneria volgare speculativa, Edizioni Arya, Genova 2012. ISBN 9788890725609. Adriano Romualdi, Lettere ad un amico, Edizioni Arya, Genova 2013. ISBN 9788890725678. Tito Livio Patavino, Hic manebimus optime!, Edizioni Arya, Genova 2015. ISBN 9788898324026. Julius Evola, Etica Aria, Edizioni Arya, Genova 2018. ISBN 9788898324101. Articoli Renato Del Ponte, Aspetti del lessico pontificale: gli indigitamenta, in Diritto @ Storia, n. 1, maggio 2001. URL consultato il 7-9-2009. Renato Del Ponte, I Lari nel sistema spazio-temporale romano, in Arthos, vol. 6, n. 10, 2002, pp. 66-76. Renato Del Ponte, Santità delle mura e sanzione divina, in Diritto @ Storia, n. 3, maggio 2004. URL consultato il 7-9-2009. Renato Del Ponte, Roma e gli Indoeuropei dopo Georges Dumézil, in Arthos, vol. 9, n. 13, 2005, pp. 257-268. Premi Premio "Isola d'Elba" (1992)[1], per la Religione dei Romani. Premio "Cinque Terre - riviera ligure" (2000), per I Liguri. Note ^ Sono i giorni del Premio letterario Isola d'Elba Raffaello Brignetti, su elbaoggi.it, 2001. URL consultato il 7-9-2009 (archiviato dall'url originale il 19 febbraio 2005). Voci correlate Julius Evola Via romana agli Dei Collegamenti esterni Raccolta di articoli di Renato Del Ponte, su centrostudilaruna.it. URL consultato il 7-9-2009. V · D · M Vincitori del premio letterario Elba Controllo di autorità                                       VIAF (EN) 88044457 · ISNI (EN) 0000 0000 8162 1298 · SBN IT\ICCU\CFIV\049104 · LCCN (EN) n85255419 · GND (DE) 1053154577 · BNF (FR) cb12107046m (data) · WorldCat Identities (EN) lccn-n85255419 Biografie Portale Biografie Storia Portale Storia Categorie: Storici italiani del XX secoloInsegnanti italiani del XX secoloNati nel 1944Nati a LodiVia romana agli deiStudenti dell'Università degli Studi di Genova[altre]

Ponzio There may be another

Ponzio Augusto Ponzio Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search  Augusto Ponzio Augusto Ponzio (San Pietro Vernotico, 17 febbraio 1942) è un filosofo, accademico e semiotico italiano.  È Professore Emerito, ordinario di filosofia e teoria dei linguaggi, dell'Università di Bari "Aldo Moro".  Ha contribuito come curatore e traduttore alla diffusione in Italia e all'estero del pensiero di Pietro Ispano, Michail Bachtin, Emmanuel Lévinas, Karl Marx, Ferruccio Rossi-Landi, Adam Schaff e Thomas Albert Sebeok.  Nella sua ricerca sui segni e sul linguaggio, di questi autori ha ripreso ciò che soprattutto li accomuna, malgrado le loro differenze, vale a dire l'idea dell'imprescindibilità, qualsiasi sia l'oggetto di studio, e per quanto specializzata ne sia l'analisi, dalla vita dell'individuo umano nella concreta singolarità del suo coinvolgimento senza alibi nel destino degli altri.   Indice 1                                            Biografia 2                                            Il pensiero 2.1                                           Filosofia del linguaggio e semiotica 2.2                                  Genere, identità e alterità 3                                           Opere 3.1                                            Monografie 3.2                                         Curatele 4                                             Note 5                                                Bibliografia 6                                           Voci correlate 7                                            Altri progetti 8                                           Collegamenti esterni Biografia Il 28 giugno del 1966 si laurea in Filosofia all'Università degli Studi di Bari, con una tesi in Filosofia teoretica, con relatore Giuseppe Semerari, sulla fenomenologia della relazione interpersonale, con particolare riferimento a Totalité et Infini di Emmanuel Lévinas. La sua tesi viene pubblicata nel 1970, ed è la prima monografia mondiale su Emmanuel Lévinas.  Fino al 1970 è stato assistente ordinario di Filosofia morale nella stessa Università, e dal 1969 è professore ordinario di Filosofia nei licei e istituti magistrali di Brindisi, Francavilla Fontana, Terlizzi, Bari.  Dal 1970 è incaricato dell'insegnamento di Filosofia del linguaggio nella Facoltà di lingue e letterature straniere nell'Università degli Studi di Bari, e dal 1980 è professore ordinario di questa disciplina. Nello stesso anno scrive la prima monografia a livello mondiale su Michail Bachtin.  Dopo aver fondato e diretto dal 1981 al 1999 l'Istituto di Filosofia del linguaggio della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell'Università degli Studi di Bari, è stato il direttore del Dipartimento di Pratiche Linguistiche e Analisi dei Testi della stessa Università dal 1999 al 2005. Nell'Università di Bari, ha insegnato:  Filosofia teoretica e Filosofia morale fino al 1966; Filosofia del linguaggio dal 1970 al 2014; Semiotica dal 1995 al 1997; Semiotica del testo dal 1997 al 2001; Teoria della comunicazione dal 1995 al 1998; Linguistica generale dal 1999 al 2012; Teoria dei mass-media dal 1998; Nel 2015, nella medesima Università, viene nominato Professore Emerito ed attualmente è stato nominato “Cultore della Materia”.  Dal 1988 è coordinatore del corso di dottorato in Teoria del Linguaggio e Scienze dei Segni, che, dal 2006, e come indirizzo dal 2010, fa parte della Scuola di dottorato in Scienze umane.  Ha diretto la collana “Teoria del linguaggio e della letteratura” della Dedalo (Bari) e, con Ferruccio Rossi-Landi, la rivista Scienze umane, ed è stato condirettore della rivista Lectures, fondata da Vito Carofiglio. Dirige con Maria Solimini la collana “Segni di Segni” dell'Adriatica Editrice di Bari e la collana “Antropologia dell'alterità” delle Edizioni dal Sud di Bari. Dirige inoltre con Patrizia Calefato la serie gialla, dedicata a tematiche filosofico-linguistiche e semiotiche della collana "Strumenti" delle edizioni Graphis di Bari. Con Susan Petrilli e Cosimo Caputo dirige la collana “Di-segno-in-segno” delle edizioni Manni di Lecce.  Nel 1989 fonda insieme a Claude Gandelman la serie annuale Athanor. Arte, Letteratura, Semiotica, Filosofia, edita da Longo, Ravenna, di cui dal 1998 dirige la nuova serie, inaugurata con l'editore Manni di Lecce e attualmente edita da Meltemi, Roma.  Fa parte del comitato scientifico della rivista Giano. Pace ambiente problemi globali, Cuen, Napoli e del comitato scientifico di Millepiani, Mimesis, Milano.  Dirige dal 1990 la serie “Athanor. Semiotica, filosofia, arte, letteratura”, ora collana delle Edizioni Mimesis, a partire dal vol. XXV, 18, 2015, Scienze dei linguaggi e linguaggi delle scienze. Intertestualità, interferenze, mutuazioni, a cura di Suasan Petrilli.  Nelle Edizioni Guerra (Perugia) ha pubblicato Enunciazione e testo letterario nell'insegnamento dell'italiano come LS, 2001, II ed. 2010; Linguistica generale, scrittura letteraria e traduzione, 2004, II ed. 2007; Da dove verso dove. L'altra parola nella comunicazione globale, 2009; A mente. Processi cognitivi e formazione linguistica, 2007. È del gennaio 2016 il libro in collaborazione con Susan Petrilli, Lineamenti di semiotica e di filosofia del linguaggio. Inoltre fa parte della redazione della rivista “Cultura & comunicazione” edita della stessa casa editrice.  Tra gli altri suoi libri: Man as Sign (Mouton De Gruyter 1990), Signs, Dialogue, and Ideology (John Benjamins 1993), Sujet et altérité. Sur E. Lévinas (L'Harmattan 1995), Introduzione a M. Bachtin (Bompiani 2003, nuova ed. 2015); Semiotics Unbounded, con S. Petrilli (Toronto University Press 2005); E. Levinas, Globalisation, and Preventive Peace (Legas 2009), L'écoute de l'autre (L'Harmattan 2009), A revolusão bachtiniana (Contexto 2012).  Tra le sue traduzioni (dal francese, dal russo, dal latino medievale dal tedesco): Il discorso amoroso. Seminario 1974-1976 di Roland Barthes (Mimesis 2015) e Michail Bachtin e il suo circolo, Opere 1919-1930, in collab. con LucianoPonzio, testo russo a fronte (Bompiani, collana “Il pensiero Occidentale” diretta da Giovanni Reale, 2014); Summule logicales di Pietro Ispano (Bompiani 2010); Manoscritti matematici di Karl Marx (Spirali 2006).  Il pensiero Di seguito alcuni cenni ai concetti essenziali del pensiero di Augusto Ponzio.  Filosofia del linguaggio e semiotica «La filosofia come professione, come istituzione, presuppone una filosofia propria del linguaggio, che si esprime nella tendenza del linguaggio al plurilinguismo dialogico, alla correlazione dialogica delle lingue e dei linguaggi di cui sono fatte, una filosofia del linguaggio, in cui del linguaggio è da intendersi come genitivo soggettivo: un filosofare del linguaggio, che consiste nella pluridiscorsività dialogizzata[1].»  (Augusto Ponzio in La filosofia del linguaggio - 2011) I campi di studio e di ricerca di Augusto Ponzio, sono la semiotica e filosofia del linguaggio. "Filosofia del linguaggio" è l'espressione che meglio esprime l'orientamento dei suoi studi e come egli affronta i problemi relativi alla semiotica dal punto di vista della filosofia del linguaggio, alla luce degli ultimi sviluppi delle scienze dei segni, dalla linguistica alla biosemiotica.  In tal senso il suo approccio può essere più propriamente definito come di pertinenza della semiotica generale, anche se Augusto Ponzio si occupa di semiotica generale, in termini di critica. La semiotica generale di Augusto Ponzio, supera l'illusoria separazione tra le discipline umanistiche, da una parte, e quelle logico-matematiche e le scienze naturali, dall'altra, evidenziando invece la condizione di interconnessione tra le scienze. La sua ricerca semiotica si riferisce a diversi campi e discipline, praticando un approccio che è trasversale e interdisciplinare, o come direbbe lui stesso "indisciplinato"[2].  Augusto Ponzio si occupa di semiotica, di linguistica e delle altre scienze dei linguaggi e dei segni, nel senso della “filosofia del linguaggio”, intendendo “del linguaggio” non come indicazione dell'oggetto della filosofia, della filosofia che si occupa del linguaggio, ma come “la filosofia” del linguaggio stesso, come la sua “attitudine al filosofare”.  "Filosofia del linguaggio" intesa come filosofia del dialogo, apertura all'altro, disposizione all'alterità, arte dell'ascolto, messa in crisi del monolinguismo, del monologismo, inventiva, innovazione, creatività che nessun ordine del discorso, nessuna delimitazione dei luoghi comuni dell'argomentare, può controllare o impedire.  Genere, identità e alterità Per Augusto Ponzio il genere, come ogni insieme, uniforma indifferentemente, cancella le differenze tra coloro che ne fanno parte, e implica l'opposizione altrettanto indifferente con coloro che fanno parte del genere opposto. Ogni genere a cui l'identità si appella per affermare la sua appartenenza, per esempio comunitaria, etnica, sessuale, nazionale, di credo, di ruolo, di mestiere, di condizione sociale, è in opposizione a un altro genere: bianco/nero; uomo/donna; comunitario/extracomunitario; connazionale/straniero; professore/studente.  Augusto Ponzio afferma che ogni differenza-identità, ogni differenza di genere, al suo interno, è cancellazione della differenza singolare e ogni genere, che ogni identità presuppone, in quanto basato sull'indifferenza e sull'opposizione, prevede il conflitto.  L'unica differenza non indifferente e non oppositiva è la differenza singolare, fuori identità, fuori genere, come direbbe lui “sui generis”: è l'alterità. Alterità intesa come relazione con l'altro, alterità assoluta, di unico a unico, in cui ciascuno è insostituibile e non indifferente. Un'alterità che l'identità rimuove e censura, relega nel privato, ma che ciascuno vive e riconosce come vera relazione con l'altro[3].  Opere Monografie La relazione interpersonale, Adriatica Editrice, Bari, 1967, 105 pp. (2ª ed.) Soggetto e alterità. Da Lévinas a Lévinas, Adriatica Ed., Bari, 1983, 174 pp. (3ª ed.) Soggetto e alterità. Da Lévinas a Lévinas. Con un'intervista a Lévinas, Adriatica Editrice, Bari, 1989. Linguaggio e relazioni sociali, Adriatica Editrice, Bari, 1970, 204 pp. (2ª ed.) Linguaggio e relazioni sociali (con nuova introduzione), Bari, Graphis, 2006, 126 pp. Produzione linguistica e ideologia sociale, De Donato, Bari, 1973, 256 pp. (ES) Produccion linguistica e ideologia social, Corazon Editor, Madrid, 1974, 294 pp.; (HR) Jezicna proizvodnja i drustvena ideologija, Skolska knjiga, Zagabria, 1978, 236 pp.; (EN) Production linguistique et idéologie sociale, Editions Balzac, Candiac (Canada) 1992, 318 pp. (2ª ed.) Produzione linguistica e ideologia sociale (ampliata con nuova introduzione), Bari, Graphis, 2006. Persona umana, linguaggio e conoscenza in Adam Schaff, Edizioni Dedalo, Bari, 1974, 184 pp. Filosofia del linguaggio e prassi sociale, Milella, Lecce, 1974, 262 pp. Gramática transformacional e ideología política, Nueva Vision, Buenos Aires, 1974, 116 pp. Dialettica e verità. Scienza e materialismo storico-dialettico, Edizioni Dedalo, Bari, 1975, 126 pp. La semiotica in Italia. Fondamenti teorici, Edizioni Dedalo, Bari, 1976, 136 pp. + antologia, pp. 137-538. Marxismo, scienza e problema dell'uomo. Con un'intervista ad Adam Schaff, Bertani, Verona, 1977, 270 pp. Scuola e plurilinguismo (con Giuseppe Mininni), Edizioni Dedalo, Bari, 1980, pp. 5-84. Michail Bachtin. Alle origini della semiotica sovietica, Edizioni Dedalo, Bari, 1980, 230 pp. Segni e contraddizioni. Fra Marx e Bachtin, Bertani, Verona, 1981, 258 pp. Spostamenti, Percorsi e discorsi sul segno, Adriatica Editrice, Bari, 1982, 142 pp. Lo spreco dei significanti. L'eros, la morte, la scrittura, (con Maria Grazia Tundo e Eugenia Paulicelli), Adriatica Editrice, Bari, 1983, pp. 7-120. Fra linguaggio e letteratura, Adriatica Editrice, Bari, 1983, 156 pp. (EN, IT) Per parlare dei segni. Talking About Signs (testo bilingue, trad. in inglese di Susan Petrilli; con Massimo A. Bonfantini e Giuseppe Mininni), Adriatica, Bari, 1985, pp. 7-145. Filosofia del linguaggio, Adriatica Editrice, Bari, 1985, 226 pp. Interpretazione e scrittura. Scienza dei segni ed eccedenza letteraria, Bertani, Verona, 1986, 152 pp. Dialogo sui dialoghi (con Massimo A. Bonfantini), Longo, Ravenna, 1986, 198 pp. Ferruccio Rossi-Landi e la filosofia del linguaggio, Adriatica Editrice, Bari, 1988, 348 pp. Il filosofo e la tartaruga. Scritti 1983-1989, (a cura di Angela Biancofiore), Ravenna, Longo, 1989, 134 pp. (EN) Man as a Sign, (a cura di Susan Petrilli), Mouton de Gruyter, Berlino - New York, 1990, 412 pp. Filosofia del linguaggio 2. Segni valori ideologie, Adriatica editrice, Bari, 1991, 224 pp. Dialogo e narrazione, Milella, Lecce, 1991, 65 pp. Tra semiotica e letteratura. Introduzione a Michail Bachtin, Bompiani, Milano, 1992, 232 pp. (2ª ed.) Tra semiotica e letteratura. Introduzione a Michail Bachtin (riveduta e ampliata con un nuovo saggio introduttivo), Milano, Bompiani, 2003, lXXV + 232 pp. La ricerca semiotica (con Omar Calabrese e Susan Petrilli), Bologna, Esculapio, 1993, 290 pp. (EN) Signs Dialogue and Ideology, (raccolta di saggi a cura di S. Petrilli), John Benjamins, Amsterdam 1993, 1986 pp. Il dialogo della menzogna (con Massimo A. Bonfantini), Roma, Stampa alternativa, 1993, 32 pp. Scrittura, dialogo e alterità. Tra Bachtin e Lévinas, La Nuova Italia, Firenze, 1994, pp. 264 pp. Fondamenti di filosofia del linguaggio (con Patrizia Calefato e Susan Petrilli), Laterza, Manuali, Roma-Bari, 1994, 362 pp. (2ª ed.) Fondamenti di filosofia del linguaggio (con Patrizia Calefato e Susan Petrilli), Laterza, Manuali, Roma-Bari, 1999, 362 pp. (PT) Fundamentos da Filosofia da linguagem, di E F. Alves, con una Introduzione di A. Ponzio pp.9-68, Petrópolis (Brasile), 2007, 388 pp. ISBN 978-85-326-3499-3. Responsabilità e alterità in Emmanuel Lévinas, Jaca Book, Milano, 1995, 166 pp. La differenza non indifferente. Comunicazione, migrazione, guerra, Mimesis, Milano, 1995, 203 pp. (2ª ed.) La differenza non indifferente. Comunicazione, migrazione, Guerra, Milano, Mimesis, 2002, 204 pp. (ES) El juego del comunicar. Entre literatura y filosofía, a cura di Mercedes Arriaga Flórez, Episteme, Valencia, 1995, 144 pp. Segni per parlare dei segni. Signs to talk about signs, Adriatica Editrice, Bari, 1995, 174 pp. I segni dell'altro. Eccedenza letteraria e prossimità, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1995, 266 pp. (FR) Sujet et altérité. Sur Emmanuel Lévinas, L'Harmattan, Paris, 1995, 160 pp. I ricordi, la memoria, l'oblio. Foto-grafie senza soggetto (con Gabriella Pranzo), Bari, Edizioni dal Sud, 1995, 102 pp. Comunicazione, comunità, informazione. Comunicazione mondializzata e nuove tecnologie (con M. A. Bonfantini, P. Calefato, C. Caputo, P. Mazzotta, S. Petrilli, M. Refice), Manni Editore, Lecce, 1996, 224 pp. I tre dialoghi della menzogna e della verità (con Massimo A. Bonfantini e Susan Petrilli), Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1996, 130 pp. La rivoluzione bachtiniana. Il pensiero di Bachtin e l'ideologia contemporanea, Levante Editori, Bari, 1997, 358 pp. Metodologia della formazione linguistica, Laterza, Manuali, Roma-Bari, 1997, 450 pp. Che cos'è la letteratura? Otto questioni dialogando con Carlo Alberto Augieri, Milella, Lecce, 1997, 90 pp. Elogio dell'infunzionale. Critica dell'ideologia della produttività, Castelvecchi, Roma, 1997, 206 pp. (2ª ed.) Elogio dell'infunzionale (riveduta e ampliata), Milano, Mimesis, 2004 Semiotica della musica. Introduzione al linguaggio musicale (con Michele Lomuto), Graphis, Bari, 1997. 188 pp. La coda dell'occhio. Letture del linguaggio letterario, Graphis, Bari, 1998, 184 pp. (ES) La revolución bajtiniana. El pensamiento de Bajtin y la ideologia contemporanea, Catedra, Madrid, 1998, (EN) Signs of research on Signs (con Susan Petrilli), fascicolo speciale di "Semiotische Berichte", 22/ 3,4, (Vienna) 1998, 184 pp. Basi. Significare, inventare, dialogare (con Massimo A. Bonfantini, Cosimo Caputo, Susan Petrilli, Thomas A. Sebeok), Lecce, Piero Manni, 1998, 394 pp. La comunicazione, Graphis, Bari, 1999. (2ª ed.) La comunicazione, Bari, Graphis 2006, 202 pp. ISBN 88-86864-27-2. Fuori campo. I segni del corpo tra rappresentazione ed eccedenza (con Susan Petrilli), Mimesis, Milano, 1999. Il sentire nella comunicazione globale (con Susan Petrilli), Meltemi, Roma, 2000. (EN) Philosophy of Language, Art and Answerability in Mikhail Bakhtin (in collab. con Susan Petrilli), Legas, New York, Ottawa, Toronto, 2000, 52 pp. Semiotica dell'io (con Thomas A. Sebeok e Susan Petrilli) Meltemi, Roma, 2001 pp. (EN) Thomas Sebeok and the Signs of Life (con Thomas A. Sebeok e Susan Petrilli), Icon Books UK, Totem Books USA, Cambridge, 2001, 78 pp. Enunciazione e testo letterario nell'insegnamento dell'italiano come LS, Edizioni Guerra, Perugia, 2001, 184 pp. (2ª ed.) Enunciazione e testo letterario nell'insegnamento dell'italiano come LS, Edizioni Guerra, Perugia, 2010, 168 pp. ISBN 978-88-557-0340-6. I segni e la vita la semiotica globale di Thomas A. Sebeok (con Susan Petrilli) Spirali, Milano, 2001, 264 pp. Individuo umano, linguaggio e globalizzazione nella filosofia di Adam Schaff. Con una intervista ad Adam Schaff, Milano, Mimesis, 2002. Il linguaggio e le lingue. Introduzione alla linguistica generale, Bari, Graphis, 2002, 200 pp. (2ª ed.) Il linguaggio e le lingue, Bari, Graphis 2008. (3ª ed.) Il linguaggio e le lingue, Bari, Graphis, 2010. I segni tra globalità e infinità. Per la critica della comunicazione globale, Bari, Cacucci, 2003, 214 pp. Semioetica (con Susan Petrilli), Roma, Meltemi, 2003, 192 pp. (EN) Views in Literary Semiotics (con Susan Petrilli), Ottawa, Legas, 2003, 141 pp. Linguistica generale, scrittura letteraria e traduzione, Perugia, Guerra, 2004, 444 pp. (2ª ed.) Linguistica generale, scrittura letteraria e traduzione (rivista e ampliata), Perugia, Guerra, 2007, 444 pp. ISBN 978-88-7715-983-0 Semiotica e dialettica, Bari, Edizioni dal Sud, 2004, 296 pp. La raffigurazione letteraria (con Susan Petrilli), Milano, Mimesis, 2005, 300 pp. Semiotica globale. Il corpo nel segno: introduzione a Thomas A. Sebeok (con Marcell danesi e Susan Petrilli), Bari, Graphis, 2004, 140 pp. Testo come ipertesto e traduzione letteraria, Rimini, Guaraldi, 2005, 116 pp. (EN) Reasoning with Emmanuel Lévinas (con Susan Petrilli e Julia Ponzio). Ottawa, Legas, 2005, 54 pp. (EN) Semiotics Unbounded. Interpretive Routes in the Open Network of Signs (con Susan Petrilli), Toronto, Toronto University Press, 2005, 630 pp. (EN) Semiotic Animal (con Susan Petrilli e John Deely), Toronto, Legas, 2005, 244 pp. Tesi per il futuro anteriore della semiotica. Il programma di ricerca della Scuola di Bari-Lecce, (con Cosimo Caputo e Susan Petrilli), Milano, Mimesi, 2006, 136. pp. Dialoghi semiotici (con Massimo A. Bonfantini e Susan Petrilli, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2006. (EN) The Dialogic Nature of Sign, Ottawa, Legas, 2006, 56 pp. La cifrematica e l'ascolto, Bari, Graphis, 2006, 178 pp. (2ª ed.) La cifrematica e l'ascolto, Bari, Graphis, 2008, 178 pp. ISBN 978-88-7581-064-1. Fuori luogo. L'esorbitante nella riproduzione dell'identico, Roma, Meltemi, 2007, 335 pp. ISBN 978-88-8353-571-0. A mente. Processi cognitivi e formazione linguistica, Perugia, Guerra Edizioni, 2007, 172 pp. ISBN 978-88-557-0032-0. Semiotics Today. From Global Semiotics to Semioethics, a Dialogic Response (con Susan Petrilli), New York, Ottawa, Toronto, Legas, 2007, 84 pp. ISBN 978-1-894508-98-8 Lineamenti di semiotica e di filosofia del linguaggio, (con Susan Petrilli), Bari, Graphis, 2008, 380 pp. ISBN 978-88-7581-106-8. Tre sguardi su Auguste Dupin (con M.A. Bonfantini e B. Brunetti), Bari, Graphis, 2008, 88 pp. ISBN 978-88-7581-101-3. Tra Bachtin e Lévinas. Scrittura, dialogo, alterità, Bari, Palomar, 2008, 440 pp. ISBN 978-88-7600-294-6. Linguaggio, lavoro e mercato globale. Rileggendo Rossi-Landi, Milano, Mimesis, 2008, 190 pp. ISBN 978-88-8483-702-8 La dissidenza cifrematica, Milano, Spirali, 2008, 268 pp. ISBN 978-88-7770-851-9. A revolusão bakhtiniana, San Paolo (Brasile), Contexto, 320 pp. ISBN 978-85-7244-409-5. Da dove verso dove. La parola altra nella comunicazione globale, Perugia, Edizioni Guerra, 2009, 160 pp. (FR) L'écoute de l'autre, Parigi, L'Harmattan 2009, 116 pp. ISBN 978-2-296-09619-6. (EN) Emmanuel Levinas, Globalisation, and Preventive Peace, Legas, Ottawa, 2009, 56 pp. 976. ISBN 978-1-897493-09-0 Roland Barthes. La visione ottusa (con J. Ponzio, G. Mininni, S. Petrilli, L. Ponzio, M. Solimini), Milano, Mimesis, 2010, ISBN 978-88-575-0107-9. (FR) Rencontres de paroles, Parigi, Alain Baudry & Cie, 2009, ISBN 978-2-35755-042-1. Freud, l'analisi, la scrittura (con Massimo A. Bonfantini, Bruno Brunetti), Bari, Graphis, 2010, ISBN 978-88-7581-132-7. (PT) Encontres de palavras. O outro no discurso, Pedro e João Editores, San Carlos (Brasile), 2010. (PT) Procurando uma palavra outra, Pedro e João Editores, San Carlos (Brasile), 2010, ISBN 9788579930263. Interpretazione e scrittura, Scienza dei testi ed eccedenza letteraria, Pensa Multimedia, Lecce, 2011. In altre parole, Mimesis, Milano, 2011. La filosofia del linguaggio, Edizioni Laterza, Bari, 2011. Curatele Di seguito l'elenco dei libri a cura di Augusto Ponzio, salvo dove diversamente specificato. In alcuni di questi sono presenti introduzioni, presentazioni e/o traduzioni ad opera di Augusto Ponzio.  Adam Schaff e Lucien Sève, Marxismo e umanesimo. Per un'analisi semantica delle "Tesi su Feuerbach" di K. Marx, Edizioni Dedalo, Bari, 1975, 182 pp. (introduzione, trad. dal francese e dal tedesco). Karl Marx, Manoscritti matematici, Edizioni Dedalo, Bari 1975. 194 pp. (introduzione, trad. dal tedesco, con F. Matarrese). Adam Schaff, Saggi filosofici, 3 voll., Edizioni Dedalo, Bari, 1975-78 (introduzione, trad. dal francese e dal tedesco di saggi contenuti nel vol. II). V. N. Volosinov, Marxismo e filosofia del linguaggio, Edizioni Dedalo, Bari, 1976 (introduzione). V. N. Volosinov, Freudismo, Edizioni Dedalo, Bari, 1976 (introduzione). Vjaceslav Ivanov, Julia Kristeva e altri, Michail Bachtin. Semiotica, teoria della letteratura e marxismo, Edizioni Dedalo, Bari, 1977 (introduzione). Ernst Cassirer e altri, Il linguaggio, Bari, Edizioni Dedalo, 1976 (introduzione). Marcellesi, Baggioni e altri, Linguaggio e classi sociali. Marrismo e stalinismo, Edizioni Dedalo, Bari, 1978, 302 pp. (trad. dal francese). Pavel Medvedev, Il metodo formale e la teoria della letteratura, Edizioni Dedalo, Bari, 1978 (introduzione). Adam Schaff, L'alienazione come fenomeno sociale, Editori Riuniti, Roma, 1979 (introduzione). V. N. Volosinov, Il linguaggio come pratica sociale. Saggi 1926-30, Edizioni Dedalo, Bari, 1980 (introduzione). Aa.Vv., Polifonie, Adriatica Editrice, Bari 1982. Scienze del linguaggio e plurilinguismo. Riflessioni teoriche e problemi didattici, “Annali della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell'Università di Bari”, Adriatica Editrice, Bari, 1981 (introduzione). Scienze del linguaggio e insegnamento delle lingue e delle letterature. Annali del convegno di studi omonimo, Bari, 14-17 aprile, 1982, 2 voll., Adriatica Editrice, Bari, 1884 (introduzione). Pietro Ispano, Tractatus. Summule logicales, Adriatica Editrice, Bari, 1985, 192 pp. (introduzione, trad.e dal latino). Emmanuel Lévinas, La significanza del senso, in “Idee”, 9-10, 1989, pp. 111-114 (trad. dal francese). La genesi del senso, fascicolo monografico di “Idee”, 13-15, 1990 (con M. Signore e C. Caputo). Julia Kristeva, Il linguaggio questo sconosciuto. Iniziazione alla linguistica. Con un'intervista di A.Ponzio a J. Kristeva, Adriatica Editrice, Bari, 1992, 530 pp. (introduzione, trad. dal francese). Ferruccio Rossi-Landi, Il linguaggio come lavoro e come mercato, Bompiani, Milano, 1992(introduzione alla quarta edizione). Aa.Vv., Bachtin e... Averincev, Benjamin, Freud, Greimas, Lévinas, Marx, Peirce, Valéry, Yourcenar, Welby, Laterza, Bari, 1993 (introduzione; con Paolo Jachia). Adam Schaff, Umanesimo ecumenico, Adriatica Editrice, Bari, 1994 (introduzione). Reading su Ferruccio Rossi-Landi. Semiosi come pratica sociale, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1994 (introduzione; con M. A. Bonfantini). Ferruccio Rossi-Landi, Semiotica e ideologia, Milano, Bompiani, 1994 (introduzione 3ª ed.). Aristofane, Uccelli, Stampa alternativa, Bari-Roma, 1994 (versione-adattamento). Adam Schaff, Il mio ventesimo secolo, Adriatica Editrice, Bari, 1995. Sulla traccia di Lévinas, “Idee”, 25, 1994 (con M. Signore e C. Caputo). Emmanuel Lévinas, Su Blanchot, Palomar, Bari, 1994 (introduzione, traduzione, con F. Fistetti). M. Bachtin, I.I. Kanaev, P. Medvedev, V.N. Volosinov, Bachtin e le sue maschere. Il percorso bachtiniano fino alla pubblicazione dell'opera su Dostoevskij (introduzione, con M. De Michiel e P. Jachia), Edizioni Dedalo, Bari, 1995. Idea e realtà dell'Europa: Lingue, letterature, ideologie, “Annali della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere”, Schena, Fasano (Brindisi), 1995. Aa.Vv., Comunicazione, comunità, informazione, Manni, Lecce 1996 (introduzione). Paul Valéry, Cimitero marino, in “Athanor”, 6: Il Mondo/il Mare, 1996 e in “L'immaginazione”, 134, 1996, pp. 10-13 (Traduzione di Paul Valéry). Michail Bachtin, Problemi dell”opera di Dostoevskij (1929) (con M. de Michiel), Edizioni dal Sud, Modugno (Bari), 1997, (introduzione). Lisa Block de Behar, Al margine di Borges, Edizioni dal Sud, Modugno Bari, 1997 (Traduzione di alcune poesie di Borges, presentazione). Mijail M. Bajtin, Hacia una filosofia del acto ético. De los borradores y otros esritos, Anthropos, Barcelona, 1997 (Commentarios con Iris Zavala). Michail Bachtin, Problemi dell'opera di Dostoevskij (1929), Edizioni dal Sud, Bari, 1997 (presentazione, con M. De Michiel). Ferruccio Rossi-Landi, Significato, comunicazione e parlare comune, Marsilio, Venezia, 1998 (Introduzione 3ª ed.). Michail Bachtin, La scrittura e l'umano, Saggi, dialoghi, conversazioni, Bari Edizioni dal sud, 1998 (presentazione, con di M. De Michiel). Michail Bachtin, Per una filosofia dell'azione responsabile, Manni, Lecce, 1998 (introduzione). Lévinas Vivant, Riflessioni sul pensiero do Emmanuel Lévinas, Bari, Edizioni dal Sud, 1998 (Presentazione; con F. Fanizza e F. Fistetti). Valentin N. Volosinov, Michail M. Bachtin, Marxismo e filosofia del linguaggio, Manni, Lecce, 1999 (con M. De Michiel). Giovanni Vailati, Il metodo della filosofia. Saggi di critica del linguaggio, a cura di Ferruccio Rossi- Landi (1967) Graphis, Bari, 2000, (introduzione). Adam Schaff, Disoccupazione strutturale, “Millepiani”, 17/18, pp. 33-48. Marcel Danesi, Lingua, metafora, concetto. Vico e la linguistica cognitiva, Edizioni dal Sud, Bari, 2001 (presentazione). Adam Schaff, Meditazioni, trad. di Loreta de Staso, Edizioni dal Sud, Bari, 2001, (Introduzione). Emmanuel Lévinas, Dall'altro all'io, trad. it. di J. Ponzio, Meltemi, Roma, 2002. Vita, volume di monografico Athanor. Semiotica, Filosofia, Arte, Letteratura, n.s., 5, Meltemi, Roma. 2002 (presentazione). Michail Bachtin. Linguaggio e scrittura, trad. di L. Ponzio, Meltemi, Roma, 2003. 48. Pietro Ispano. Trattato di logica. Summule logicales, Bompiani, Milano, 2003 (Introduzione trad. dal latino) Ferruccio Rossi-Landi. Il linguaggio come lavoro e come mercato, 5ª ediz.,Bompiani, Milano, 2003 (introduzione), John Deely, Basi della semiotica, collana “Nel segno”, diretta da Susan Petrilli e Augusto Ponzio, 2, Bari, Giuseppe Laterza, 2004. (Prefazione, con S. Petrilli, pp. 7-10). Mondo di Guerra, volume monografico di Athanor. Semiotica, Filosofia, Arte, Letteratura, n.s., 9, Roma, Meltemi, 2005. (presentazione, con A. Catone). Rossi-Landi. Ideologia, 3ª ediz., Meltemi, Roma, 2005 (Introduzione). Michail Bachtin, Freud e il freudismo. Studio critico, trad. L. Ponzio, Milano, Mimesis, 2005 (introduzione). Karl Marx Manoscritti matematici, edizione critica con intruduzione, Spirali, Milano, 2005. Renato Fucini, Le veglie di neri e All'aria aperta, ed. critica a cura di Leonard G. Sbrocchi, Bari, Edizioni Dedalo, 2006 (presentazione). Rossi-Landi, Metodica filosofica e scienza dei segni, Milano, Bompiani, 2006 (introduzione 2ª ed.). Rossi-Landi, Semiotica e ideologia, Milano. Bompiani, 2007. Qohélet. Versione in idioma saletino (e trad. italiana), a cura di Cosimo Caputo, Lecce, Milella, 2008 (introduzione 4ª ed.). Michail Bachtin, In dialogo. Conversazioni del 1973 con Victor Duvakin trad. di R. S. Cassotti, Milano, Esi, 2008, (introduzione). Athanor. XVIII, 11, 2007-2008, Umano troppo disumano, Roma, Meltemi, 2008, (introduzione) Linguaggi, Scienze e pratiche formative. Quaderni del Dipartimento di Pratiche linguistiche e analisi di testi, VII, 1, Lecce, Pensa Multimedia, 2008, (con M. Cardona). Note ^ La filosofia del linguaggio, Bari, Edizioni Laterza, 2011. ^ Susan Petrilli (a cura di) La filosofia del linguaggio come arte dell'ascolto / philosophy of Language as the Art of Listening, Sulla ricerca scientifica di Augusto Ponzio, Bari, Edizioni dal Sud, 2007 ^ Augusto Ponzio, Athanor. La trappola mortale dell'identità, Roma, Meltemi Editore, 2009. ISBN 978-88-8353-699-1. Bibliografia Bibliografia e letture critiche, Bari, Edizioni dal Sud, 1992, 1995, 2002. P. Calefato e S. Petrilli (a cura di) Logica, dialogica, ideologica. I segni tra funzionalità ed eccedenza, introd., Semiosi, infunzionalità, semiotica, pp. 11-17, Milano, Mimesis, 2003. S. Petrilli (a cura di) Ideology, Logic, and Dialogue in Semioethic Perspective. in Semiotica. Journal of the International Association for Semiotic Studies, 148-1/4, 2004. Susan Petrilli, Semiotic profile: Augusto Ponzio. A Portrait of the Semiotician and Philosopher of Language on the Occasion of his 40th year of teaching, in Semiotix 5, Semioticon, su semioticon.com (archiviato dall'url originale il 14 settembre 2011)., 2005. The I Questioned: Emmanuel Levinas and the critique of Occidental reason, Subject Matters, special edition, vol. 3, 1, 2006. Susan Petrilli (a cura di) La filosofia del linguaggio come arte dell'ascolto / philosophy of Language as the Art of Listening, Sulla ricerca scientifica di Augusto Ponzio, Bari, Edizioni dal Sud, 2007. saggi all'interno: Paul Cobley, A brief note on dialogue Vincent Colapietro, In the name of that which has been desecrated Eero Tarasti, The right to unfunctionality – explorations in Augusto Ponzio's philosophical semiotics Marcel Danesi, Augusto Ponzio: A brief note on the “Italian Bakhtin” Kalevi Kull, Biosemiotic conversations: Ponzio, Bakhtin, Kanaev, Driesch, Uexküll, Lotman Floyd Merrell, The sign's significant other Loreta de Stasio, Lingua e letteratura, conoscenza e coscienza Winfried Nöth and Lucia Santaella, Otherness at the roots of cultural semiosis Giuseppe Mininni, Identità e alterità nella dinamica della coscienza storica Cosimo Caputo, Tutto il segnico umano è linguaggio John Deely, The primary modeling system in animals Carlo Augieri, Per Qohélet emigrato nel Sud è la vanità ad essere “nienzi”: “dentro” il dialetto è straniera la parola dei re Frank Nuessel, “Virtual” Augusto Ponzio Mario Signore, Dal silenzio primordiale al brusio della parola. Alla ricerca della parola “vissuta” José Maria Nadal, Sobre el enunciador implícito en Augusto Ponzio Genevieve Vaughan, Giving and receiving signs Jeff Bernard, Ferruccio Rossi-Landi and a short history of the Rossi-Landi Network Susan Petrilli, Reading Augusto Ponzio, master of signs and languages Nicolas Bonnet, Augusto S. Petrilli, Tutt'altro. Infunzionalità ed eccedenza come prerogative dell'umano, Milano, Mimesis, 2008. Paul Cobley, Augusto Ponzio, pp. 291-292, in Paul Cobley (a cura di), The Routledge Companion to Semiotics, London, Routledge, 2010. Susan Petrilli, Writing, Voice, Understandig, Ottawa, Legas, 2013. Voci correlate Semiotica Filosofia del linguaggio Altri progetti Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Augusto Ponzio Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Augusto Ponzio Collegamenti esterni Sito ufficiale, su augustoponzio.com. Modifica su Wikidata Opere di Augusto Ponzio, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata Scheda docente con estesa bibliografia. Sito dell'Università degli Studi di Bari Aldo Moro, su uniba.it. URL consultato il 13 dicembre 2013 (archiviato dall'url originale il 13 dicembre 2013). Controllo di autorità                    VIAF (EN) 76345169 · ISNI (EN) 0000 0001 0917 1218 · Europeana agent/base/146519 · LCCN (EN) n81022109 · BNF (FR) cb12097687j (data) · BNE (ES) XX971132 (data) · WorldCat Identities (EN) lccn-n81022109 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloAccademici italiani del XX secoloAccademici italiani del XXI secoloNati nel 1942Nati il 17 febbraioNati a San Pietro VernoticoSemiologi italianiProfessori dell'Università di Bari[altre]


porfirio: Grice preferred to read the Latin version by Boezio – “Perhaps not literal, but implicatural.” -- Grecian Neoplatonist philosopher, second to Plotinus in influence. He was born in Tyre, and is thus sometimes called Porphyry the Phoenician. As a young man he went to Athens, where he absorbed the Platonism of Cassius Longinus, who had in turn been influenced by Ammonius Saccas in Alexandria. Porphyry went to Rome in 263, where he became a disciple of Plotinus, who had also been influenced by Ammonius. Porphyry lived in Rome until 269, when, urged by Plotinus to pons asinorum Porphyry 722    722 travel as a cure for severe depression, he traveled to Sicily. He remained there for several years before returning to Rome to take over Plotinus’s school. He apparently died in Rome. Porphyry is not noted for original thought. He seems to have dedicated himself to explicating Aristotle’s logic and defending Plotinus’s version of Neoplatonism. During his years in Sicily, Porphyry wrote his two most famous works, the lengthy Against the Christians, of which only fragments survive, and the Isagoge, or “Introduction.” The Isagoge, which purports to give an elementary exposition of the concepts necessary to understand Aristotle’s Categories, was tr. into Latin by Boethius and routinely published in the Middle Ages with Latin editions of Aristotle’s Organon, or logical treatises. Its inclusion in that format arguably precipitated the discussion of the so-called problem of universals in the twelfth century. During his later years in Rome, Porphyry collected Plotinus’s writings, editing and organizing them into a scheme of his own  not Plotinus’s  design, six groups of nine treatises, thus called the Enneads. Porphyry prefaced his edition with an informative biography of Plotinus, written shortly before Porphyry’s own death. 


Porta – there may be another!

Porta Gabriele La Porta Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Gabriele La Porta (Roma, 5 maggio 1945 – Roma, 19 febbraio 2019) è stato un giornalista, autore televisivo, conduttore televisivo, dirigente pubblico, scrittore, traduttore e accademico italiano.   Indice 1                                            Biografia 2                                            Televisione 3                                           Insegnamento 4                                         Riconoscimenti 5                                         Curiosità 6                                            Opere 7                                             Filmografia 8                                           Note 9                                             Altri progetti 10                                          Collegamenti esterni Biografia Nacque a Roma il 5 maggio 1945 dall'attrice Antonella Della Porta, di origine milanese, interprete di noti sceneggiati Rai (da Sheridan, a Davide Copperfield, a Maigret) e dal baritono Arturo La Porta, di famiglia pugliese (sul Gargano), diretto da Von Karajan e in grandi compagnie con Maria Callas, Beniamino Gigli, Tito Gobbi, Giuseppe Di Stefano, Giulietta Simionato, Renata Tebaldi, al cinema (La signora dalle camelie, Casa Ricordi) e in tv (Andrea Chénier di M. Landi, La traviata di M. Lanfranchi)[1].  Laureatosi in Filosofia negli anni settanta con il massimo dei voti, ha incominciato a interessarsi a Giordano Bruno, curando e traducendo alcune opere del filosofo di Nola, il De umbris idearum (1976) e il Cantus Circaeus (1977), riprendendo poi le tematiche con il libro Giordano Bruno. Il nolese di ghiaccio (1991) pubblicato da Bompiani.  Per 42 anni in Rai, ha incominciato la sua lunga carriera nel servizio pubblico a 23 anni, prima come programmista, poi, tra gli altri incarichi, come conduttore, giornalista professionista, editorialista del Radiocorriere TV, vice caporedattore del TGR Lazio, caporedattore del DSE RAI ("Dipartimento Scuola Educazione", l'attuale struttura RAI Cultura).  Nel 1994 è stato nominato direttore di Rai 2, incarico che ha ricoperto per un anno e mezzo e nel 1996 è diventato il primo direttore di Rai Notte, la struttura che curava il palinsesto notturno di Rai 1, Rai 2 e Rai 3, apparendo spesso anche in video come conduttore di trasmissioni culturali. Essendone stato ininterrottamente direttore per 14 anni (fino al 2010), La Porta è stato il più longevo dirigente della storia della televisione pubblica italiana.  È stato solido il suo sodalizio umano e professionale con Pino Gagliardi. Nel 2006 ha condotto, accanto allo scrittore Giuseppe Carlotti, il programma televisivo Rai Ti presento Sophia, interamente dedicato alla storia della filosofia. La coppia La Porta - Carlotti si è riunita nel giugno 2008 per una nuova edizione del programma, sempre circondata da un numero pari di persone. Tra gli altri libri pubblicati, La Magia (1998), Coincidenze miracolose (2001), Storia della magia (2001), e la trilogia di A come anima, A come amore e C come cuore.  Nell'ottobre del 2008 è uscito Dizionario dell'inconscio e della magia, pubblicato per Sperling & Kupfer. Il suo ultimo lavoro, Tu chiamale se vuoi coincidenze è stato pubblicato nel 2011 da La Lepre Edizioni.  Il 5 maggio 2010 va in pensione e lascia la Rai, per passare al circuito televisivo Cinquestelle, dove ha condotto, insieme con Egidio Senatore, il programma Come State?, una diretta di 4 ore, che affrontava tematiche sociali con la partecipazione, senza filtro, delle telefonate del pubblico; in questo contesto hanno partecipato figure autorevoli come l'allora presidente dell'INPS Antonio Mastrapasqua e l'allora presidente dell'Agcom Corrado Calabrò. Dal 2 giugno 2010 al dicembre 2011 è stato direttore di EcoRadio[2], per la quale ha condotto, sempre insieme a Egidio Senatore, la rubrica letteraria La Grande Madre. Ha inoltre lavorato su EcoTv.  È stato ospite fisso del format radiofonico "News of the World" su Radio Manà Manà. Il 28 aprile 2012 è stato insignito della cittadinanza onoraria dalla città di Boscoreale, (NA). Ha gestito per anni un blog su internet.  Malato da tempo, è morto il 19 febbraio 2019 all'età di 73 anni.[3]  Televisione Come autore, curatore, giornalista e conduttore radiotelevisivo si è occupato, principalmente, di tematiche culturali e sociali. Tra i suoi programmi Rai ricordiamo: “Scuola aperta” (1976), “Tra scuola e lavoro” (1977), “Ricerca sul mito” (1978), “Sulle orme degli antenati” (1979), “Incontri nella notte, colloqui con gli scrittori contemporanei” (1980), “Segnali: appunti sui giovani d'oggi” (1981), "Incontri della notte" (1982-'83, Rai 1-DSE), "Immagini da leggere" (1982-'83, Rai 3), “Novecento: storia della letteratura italiana dal 1945 ad oggi” (1989), “Bellitalia” (1989-91).  Ha curato e condotto, per Rai 2, “Casablanca” (1990), programma di aggiornamenti editoriali che, tuttora, vanta il massimo ascolto per una rubrica letteraria. Ha condotto lo spazio letterario della rubrica televisiva di Rai 2 “La Rete” (1990), ha curato e condotto “Parlato semplice” (1992-93), per oltre 300 puntate, e ha curato e condotto gli spazi storici della rubrica “Filo Rosso” di Gianni Bisiach per Rai 2-DSE.  Ha, inoltre, realizzato gli speciali televisivi “Giordano Bruno”, “Edgar Allan Poe”, “Alla ricerca di Dracula” (1992), “Storia della Magia” (1993), ha curato e condotto gli spazi filosofici de “La stanza del principe” (1994), ha curato e condotto le 22 puntate di “Storia della cavalleria” (1994) e il “Prix Italia” (1994).  Per il palinsesto di Rai Notte, tra il 1996 e il 2010, è stato autore e conduttore di numerosi programmi, come “Anima Good News”, “Il mare di notte”, “Inconscio e Magia”, “Inconscio e Magia – Psiche”, l'unico programma televisivo RAI dedicato alla poesia, “Guarire insieme” (2003).  È stato spesso ospite, come opinionista, nelle rubriche letterarie e culturali di Rai 1.  Insegnamento Oltre alla produzione culturale televisiva, fin dagli anni ‘70 si è occupato di insegnamento, in particolare del rapporto tra la filosofia antica e psicologia junghiana, e, inoltre, del settore editoriale, come curatore ed editorialista di numerose riviste, come “Abstracta”, e come autore di più di 30 libri.  Nel 1980 è stato invitato da François Châtelet a tenere corsi presso il Politecnico della Sorbona di Parigi sulla Magia e l'Arte della Memoria.  Tra il 1987 e il 1991 è stato direttore della rivista “L'informatore Librario” per la casa editrice Lucarini.  Nel 2001 è stato direttore, per la RaiEri – Pantheon, della rivista “Anima Mundi”, con la collaborazione di James Hillman, A. Guggenbhul-Craig, F. Donfrancesco, C. Stroppa, ecc. Nel 2002 è stato invitato dall'Istituto di Cultura Italiana di New York per una serie di seminari.  Dal 2003 è stato docente di Filosofia antica all'Università di Siena, presso la cattedra del Prof. Enrico Cheli. È stato docente di Filosofia antica e Vicedirettore della Scuola di Psicoterapia Psicosintetica ed Ipnosi Ericksoniana “H. Bernheim” di Verona, vicedirettore della scuola di Psicanalisi di Mestre AEPSI e docente di Filosofia per IKOS - Istituto di Comunicazione Olistica Sociale di Bari.  Era vicerettore onorario dell'Università L.U.de.S. di Lugano.  Riconoscimenti Premio “Arte e Spirito” per la televisione, conferito dalla Repubblica di San Marino nel 2014; Premio “Moncalieri” alla carriera nel 2010; Premio “La penna d'oro”, settore spettacolo, nel 1998; Premio “Chianciano” per la critica radiotelevisiva nel 1993; Premio giornalistico “Magarotto” nel 1992; Premio letterario “Castiglioncello” nel 1989, “Cosentino” e “Cirò Marina” per l'opera Giordano Bruno. Curiosità Il 13 maggio 2010 ha partecipato a una puntata del gioco Soliti ignoti - Identità nascoste di Rai 1 ove doveva essere riconosciuto tra altre 8 identità. Era un grande tifoso della Lazio. Dal 2001 è stato imitato e parodiato da Corrado Guzzanti. Opere Introduzione e cura di Filoteo Giordano Bruno di Nola, Il canto di Circe, Roma, Atanor, 1978. Introduzione e cura di Giordano Bruno, Ombre delle idee, Roma, Atanor, 1978. Itinerari magici d'Italia. Una guida alternativa, II, Centro, con Luciano Gianfranceschi, Roma, Edizioni Mediterranee, 1980. I grandi del mistero, a cura di e con Luciano Gianfranceschi, Firenze, Salani, 1980. Storia della magia mediterranea, con Andrea Forte, Roma, Atanor, 1980. Un'avventura nel Rinascimento, Milano, Fiore d'oro, 1981. Introduzione e cura di Marsilio Ficino, L'essenza dell'amore, Roma, Atanor, 1982. Prefazione ad aa. vv., Meyrink scrittore e iniziato, Roma, Basaia, 1983. Morte di un bacio, Roma, Lucarini, 1984. ISBN 88-7033-028-1. I tarocchi di Giordano Bruno. Le carte della memoria, Milano, Jaca Book, 1984. ISBN 88-16-28006-9. Racconti di tenebra, a cura di, Roma, Newton Compton, 1987. Giordano Bruno. Tra magia e avventure, tra lotte e sortilegi la storia appassionante di un uomo che, ritenuto mago dai contemporanei, fu condannato per eresie dall'Inquisizione e arso vivo sul rogo, collaborazione alle ricerche di Anna Mirabile, Roma, Newton Compton, 1988. La battaglia della montagna bianca, Chieti, Solfanelli, 1989. Prefazione a Richard Dalby e Rosemary Pardoe (a cura di), Fantasmi. Storie e altre storie sulle orme di M.R. James, Roma, Newton Compton, 1989. Prefazione a Edgar Allan Poe, Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore, Roma, Newton Compton, 1989. Testo critico a Giuliano Nucci, Misteri di pietra, Roma, Grapperia, 1989. Curatela di aa. vv., Racconti per amore, Roma, Lucarini, 1990. ISBN 88-7033-408-2. Giordano Bruno. Vita e avventure di un pericoloso maestro del pensiero, Milano, Bompiani, 1991. ISBN 88-452-1763-9. Roma magica e misteriosa. Dalla sedia del diavolo ai fantasmi di villa Stuart, dalla cripta dei Cappuccini alla Porta Magica di piazza Vittorio, un viaggio affascinante nel cuore segreto della città eterna e dei suoi dintorni, con Francesco Fantasia, Roma, Newton Compton, 1991. Prefazione a Edgar Allan Poe, Tutti i racconti, La Spezia, Melita, 1991. ISBN 88-403-6838-8. Misteri. Quasi un manifesto della letteratura del mistero e del segreto, a cura di e con Franco Scaglia, Milano, Camunia, 1992. ISBN 9788877671196 Grandi castelli, grandi maghi, grandi roghi, Milano, Rizzoli, 1994. ISBN 88-17-84314-8. Storia della magia. Grandi castelli, grandi maghi, grandi roghi, Milano, Bompiani, 1995. ISBN 88-452-2580-1. Il ritorno della grande madre, Milano, Il Saggiatore, 1997. ISBN 88-428-0579-3. La magia, in collaborazione con Andrea Aromatico e Stefania Quattrone, Roma-Venezia, RAI-ERI-Marsilio, 1998. ISBN 88-317-7024-1. Coincidenze miracolose, Roma-Rimini, RAI-ERI-Idealibri, 1999. ISBN 88-7082-610-4. Donne magiche, Roma-Rimini, RAI-ERI-Idealibri, 2000. ISBN 88-7082-670-8. A come anima, Milano, Pratiche, 2001. ISBN 88-7380-715-1; 2002. ISBN 88-7380-735-6. Saggio in Valerio De Filippis, La quiete del Terrifico, Fasano, Schena, 2001. ISBN 88-8229-279-7. C come cuore. Pagine per lenire il mal d'amore, Milano, Pratiche, 2003. ISBN 88-7380-747-X. Gabriele la Porta intervista Ettore Bernabei, Roma, Edizioni Eri, 2003. ISBN 88-397-1260-7. S come seduzione. Dizionario dell'eros e della sensualità, Milano, Il Saggiatore, 2004. ISBN 88-438-0492-8. P come passioni. Dizionario delle emozioni e dell'estasi, Milano, Tropea, 2005. ISBN 88-438-0506-1. Dizionario dell'inconscio e della magia, Milano, Sperling & Kupfer, 2008. ISBN 978-88-200-4642-2. Prefazione a Michele lo Foco, L'armonia del dolore, Roma, Pagine, 2010. ISBN 978-88-7557-348-5. Prefazione a Dale Furutani, Agguato all'incrocio, Milano, Marcos y Marcos, 2011. ISBN 978-88-7168-565-6. Tu chiamale se vuoi coincidenze. Quaranta storie realmente accadute, Roma, La lepre, 2011. ISBN 978-88-96052-41-9. Filmografia Il mistero di Dante, regia di Louis Nero (2014) Note ^ Biografia di Gabriele La Porta, su Cinquantamila.it, 6 agosto 2002. URL consultato il 1º Mar 2019. ^ EcoRadio - Gabriele La Porta nuovo direttore responsabile di Ecoradio: "Qui trovo libertà autentica", su ecoradio.it. URL consultato il 5 giugno 2010 (archiviato dall'url originale il 3 marzo 2014). ^ Morto il conduttore Rai Gabriele La Porta - Tv, su Agenzia ANSA, 21 febbraio 2019. URL consultato il 21 febbraio 2019. Altri progetti Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Gabriele La Porta Collegamenti esterni Blog ufficiale, su gabrielelaporta.wordpress.com. Modifica su Wikidata (EN) Gabriele La Porta, su Internet Movie Database, IMDb.com. Modifica su Wikidata La pagina facebook di Gabriele La Porta, su facebook.com. Predecessore     Direttore di Rai 2                                           Successore Franco Iseppi                                        12 settembre 1994-14 aprile 1996                                 Carlo Freccero Controllo di autorità                                    VIAF (EN) 56687538 · ISNI (EN) 0000 0000 8016 0290 · SBN IT\ICCU\CFIV\035341 · LCCN (EN) n80136804 · GND (DE) 1055742328 · BNF (FR) cb123632830 (data) · WorldCat Identities (EN) lccn-n80136804 Biografie Portale Biografie Letteratura Portale Letteratura Politica Portale Politica Televisione Portale Televisione Categorie: Giornalisti italiani del XX secoloGiornalisti italiani del XXI secoloAutori televisivi italianiConduttori televisivi italiani del XX secoloConduttori televisivi italiani del XXI secoloNati nel 1945Morti nel 2019Nati il 5 maggioMorti il 19 febbraioNati a RomaMorti a RomaAccademici italiani del XX secoloAccademici italiani del XXI secoloBlogger italianiConduttori televisivi di Rai 2 degli anni 1990Direttori di periodici italianiDirigenti pubblici italianiDirigenti televisiviProfessori dell'Università degli Studi di SienaScrittori in lingua italianaScrittori italiani del XX secoloScrittori italiani del XXI secoloStudenti della Sapienza - Università di RomaTraduttori all'italianoTraduttori dal latinoTraduttori italiani[altre]

Porta Giovanni Battista Della Porta Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search  Giovanni Battista Della Porta Giovanni Battista Della Porta, indicato anche come Giambattista o Giovambattista (Vico Equense, 1º novembre 1535 – Napoli, 4 febbraio 1615), è stato un filosofo, alchimista, commediografo e scienziato italiano.   Indice 1                         Biografia 1.1                                           I primi vent'anni 1.2                                        I viaggi e l'Academia secretorum naturae 1.3                                   Fisiognomica e fitognomonica 1.4                                 Studi sull'ottica ed altre scienze 1.5                                       Gli ultimi anni 2                                          Opere 3                                             Note 4                                             Bibliografia 5                                           Voci correlate 6                                            Altri progetti 7                                           Collegamenti esterni Biografia I primi vent'anni Terzo figlio di Nardo Antonio e di una patrizia della famiglia Spadafora, ricevette le basi della sua formazione culturale in casa, dove si era soliti discutere di questioni scientifiche, e dimostrò immediatamente le sue notevoli innate capacità, che poté sviluppare attraverso gli studi grazie alle condizioni agiate della famiglia: il padre era infatti proprietario terriero e armatore di navi. Prima il padre e poi il fratello maggiore Gian Vincenzo ebbero a partire dal 1541 la carica di scrivano di mandamento.  La famiglia aveva una casa a Napoli a via Toledo (il palazzo Della Porta), una villa a Due Porte, nelle colline intorno a Napoli, e la "villa delle Pradelle" (Vico Equense). Tra i suoi maestri vi furono il classicista e alchimista Domenico Pizzimenti, e i filosofi e medici Donato Antonio Altomare e Giovanni Antonio Pisano.  I viaggi e l'Academia secretorum naturae  Edizione del Magiae Naturalis del 1644. Magnifying glass icon mgx2.svg                                    Lo stesso argomento in dettaglio: Accademia dei Segreti. Nel 1558 pubblicò la prima di varie edizioni del Magiae Naturalis, nel 1563 un'opera di crittografia, il De Furtivis Literarum Notis, nel quale descrive il primo esempio di sostituzione poligrafica cifrata con accenni al concetto di sostituzione polialfabetica.[1] Per quest'opera è ritenuto il maggiore crittografo del Rinascimento.  In questo periodo, quando già la sua fama si era consolidata, presentò il suo libro sulla crittografia al re Filippo II di Spagna e viaggiò anche in Francia e in Italia.  Del 1566 è una pubblicazione sull'Arte del ricordare, ripubblicato poi nell'originario latino nel 1602.  Della Porta aveva fondato intanto l'Academia Secretorum Naturae (Accademia dei Segreti), per appartenere alla quale era necessario dimostrare di aver effettuato una nuova scoperta scientifica, sconosciuta al resto dell'umanità, nell'ambito delle Scienze naturali; l'accento veniva tuttavia posto più sul meraviglioso che sul metodo scientifico.  Conosciute già durante il Medioevo, le «raccolte di segreti» costituivano un vero e proprio genere letterario che aveva incontrato una straordinaria fortuna con l'avvento della stampa a caratteri mobili. Per segreti si intendevano conoscenze arcane, ma anche ricette, preparazione di farmaci e pozioni dagli effetti straordinari, riguardanti argomenti di medicina, chimica, metallurgia, cosmesi, agricoltura, caccia, ottica, costruzione di macchine, ecc.[2] Colui che insegnava a padroneggiarli era chiamato «professore di segreti».[3]  L'Accademia fu però sospettata di occuparsi di temi riguardanti la magia e l'occultismo, sicché Della Porta venne indagato dall'Inquisizione nel 1579 e l'Accademia fu chiusa per ordine papale: a Della Porta fu tuttavia concesso di continuare gli studi di scienze naturali. Tra il 1579 e il 1581 fu ospitato a Roma e quindi a Venezia e a Ferrara dal cardinale Luigi d'Este.   Illustrazione dal De humana physiognomonia (1586) Nel 1583 pubblicò il trattato Pomarium sulla coltivazione degli alberi da frutta e l'anno seguente un Olivetum, più tardi inclusi nella sua enciclopedia sull'agricoltura.  Fisiognomica e fitognomonica Nel 1586 pubblicò presso l'editore J. Cacchi di Vico Equense l'opera De humana physiognomonia in 4 libri sulla fisiognomica, dedicato al cardinale Luigi d'Este, che influenzerà poi l'opera dello svizzero Johann Kaspar Lavater (1741-1801). Nel 1599 presso l'editore Tarquinio Longo di Napoli pubblicherà la seconda edizione allargata a 6 libri con ampio rimaneggiamento della materia.  Egli ritiene che «l'animo non è impassibile rispetto ai moti del corpo e, così come il corpo, si corrompe per le passioni». Studia con attenzione i segni delle mani (in particolare dei criminali), convinto che tali segni non siano frutto del caso ma importanti indizi per comprendere appieno i caratteri degli uomini.[2]   Illustrazione dal Phytognomonica, che evidenzia l'analogia tra piante e animali. Nel 1589, intanto, stimolato dai contatti con alcuni alchimisti tra cui Oswald Croll,[4] aveva anche pubblicato Phytognomonica, poderoso trattato sulle proprietà dei vegetali messe in analogia con le varie parti del corpo umano, basato sull'antica dottrina delle segnature. L'opera, corredata da tavole illustrate, estendeva il concetto di fisiognomica alle piante (in greco pyhtos, + gnome «opinione, sentenza» = fitognomica)[5] elencandole a seconda della loro localizzazione geografica.  In essa Della Porta ravvisava collegamenti occulti tra la morfologia delle piante e quella dei minerali, degli uomini, e persino, indirettamente, degli astri e dei pianeti dell'astrologia, in una sorta di zoomorfismo.[6][7]  Egli fu affascinato ed entusiasta per il «gran Paracelso» e per i suoi «dottissimi seguaci» perché la spagiria «produce al mondo rimedi non mai più per l'addietro caduti negli umani intelletti [...] Onde da solleciti investigatori de' secreti della natura applicati a morbi, hanno ritrovati soblimi ed infiniti rimedi, onde la medicina, così gran tempo ristretta negli angusti suoi termini, or, allargando fuori, ha ripieno il mondo de' suoi meravigliosi stupori» (Taumatologia I, VIII, 5-16). [8]  Nel 1589 la sua casa fu frequentata da Tommaso Campanella e nel 1592 rinnovò in un nuovo soggiorno a Venezia l'amicizia con Paolo Sarpi e forse conobbe anche Giordano Bruno prima della sua incarcerazione. Da questa data per ordine dell'inquisitore veneziano Della Porta dovette richiedere il permesso per le sue pubblicazioni a Roma. Nel 1593 si incontrò a Padova con Paolo Sarpi e con Galileo. Nel 1601 ricevette a Napoli il nobiluomo francese Nicolas-Claude Fabri de Peiresc. Nel 1603 incontrò il giovane Federico Cesi e fu invitato a Praga dall'imperatore Rodolfo II, al quale dedicò il trattato sulla Taumatologia, ora perduto.  Studi sull'ottica ed altre scienze  Alambicchi per la distillazione disegnati da Della Porta nell'omonimo trattato del 1610. Scrisse ancora di ottica (De refractione optices, del 1589), di agricoltura (Villae, del 1592), di astronomia (Coelestis physiognomoniae del 1601), di idraulica e matematica (Pneumaticorum, del 1602), di arte militare (De munitione, del 1606), di meteorologia (De aeris transmutationibus, del 1609), e di chimica (De distillatione del 1610). L'operasulla lettura della mano (Chirofisonomia), scritta nel 1581 sarà pubblicata solo molto dopo la sua morte nel 1677.  È nel campo dell'ottica che Della Porta esercita notevoli contributi, indagando dal punto di vista matematico le proprietà degli specchi concavi e convessi, conducendo un minuzioso studio delle lenti su basi matematiche e descrivendo la costruzione di ingenti apparecchi ottici, tra cui la camera oscura ed il telescopio.[2]  Giovanni Battista Della Porta intraprese inoltre studi di chimica pratica che includono la fabbricazione di smalti, di polveri da sparo e di cosmetici. Anche se la sua chimica non è originale dal punto di vista teorico, i numerosi esperimenti che ci descrive indicano un’attitudine sperimentale che lo pone fra i principali chimici dell’epoca. I suoi studi medici sono caratterizzati principalmente dalla ricerca di farmaci dagli effetti eccezionali, utili ad esempio per la memoria, per produrre sogni piacevoli o incubi, rimedi contro l’impotenza e la sterilità.[2]  Gli ultimi anni  Frontespizio del De aeris transmutationibus Nel 1610 fu invitato a far parte dell'Accademia dei Lincei, appena fondata da Federico Cesi. [9] Rivendicò senza troppa convinzione una paternità sull'invenzione del telescopio, resa nota in quegli anni da Galileo, anch'egli membro dell'Accademia dal 1611. Fece forse parte anche di un'accademia letteraria dedicata alla letteratura dialettale napoletana (Schirchiate de lo Mandracchio e 'Mprovesante de lo Cerriglio), che sappiamo attiva nel 1614, e dell'Accademia degli Oziosi, di drammaturghi, iniziata ufficialmente nel 1611, di cui faceva parte anche il viceré spagnolo (Pedro Fernández de Castro, conte di Lemos).  Nei suoi tardi anni raccolse esemplari rari del mondo naturale e coltivò piante esotiche. Il suo museo privato era visitato dai viaggiatori e fu uno dei primi esempi di Museo di storia naturale, ispirando il gesuita Athanasius Kircher a radunare una simile collezione a Roma. Anche il fratello Gian Vincenzo aveva raccolto una collezione di libri, marmi e statue, mentre l'altro fratello Gian Ferrante, morto in giovane età, aveva lasciato una collezione di cristalli ed esemplari geologici, più tardi venduta.  Fu anche commediografo e scrisse 14 commedie in prosa, una tragicommedia, una tragedia e un dramma liturgico, che divennero fonte di numerose opere del successivo XVII secolo. Sei titoli di Della Porta erano presenti nella biblioteca di Sir Thomas Browne.  Opere Magiae naturalis sive de miraculis rerum naturalium (1584) Giovanni Battista Della Porta, De humana physiognomonia, Vico Equense, Giuseppe Cacchi, 1586. Giovanni Battista Della Porta, Phytognomonica, Napoli, Orazio Salviani, 1589. Giovanni Battista Della Porta, Pneumaticorum libri tres, Napoli, Giovanni Giacomo Carlino, 1601. Giovanni Battista Della Porta, De distillatione, Roma, Stamperia Camerale, 1608. Giovanni Battista Della Porta, Della chirofisonomia, Napoli, Antonio Bulifon, 1677. Giovanni Battista Della Porta, Le commedie, a cura di Vincenzo Spampanato, vol. 1, Scrittori d'Italia, Bari, Laterza, 1910. Giovanni Battista Della Porta, Le commedie, a cura di Vincenzo Spampanato, vol. 2, Scrittori d'Italia, Bari, Laterza, 1911. Giovanni Battista Della Porta, Humana Physiognomonia / Della Fisionomia dell'uomo libri sei, a cura di Alfonso Paolella, Edizione Nazionale delle opere di Giovan Battista della Porta, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2011/2013. Giovanni Battista Della Porta, Ars reminiscendi, a cura di Raffaele Sirri, vol. 1, Edizione Nazionale delle opere di Giovan Battista della Porta, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1996. Giovanni Battista Della Porta, Taumatologia e Criptologia, a cura di Raffaele Sirri, vol. 1, Edizione Nazionale delle opere di Giovan Battista della Porta, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2013. Giovanni Battista Della Porta, De munitione libri tres, a cura di Raffaella De Vivo, vol. 1, Edizione Nazionale delle opere di Giovan Battista della Porta, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2010. Giovanni Battista Della Porta, Claudii Ptolomaei Magnae Constructionis Liber primus, a cura di Raffaella De Vivo, vol. 1, Edizione Nazionale delle opere di Giovan Battista della Porta, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2000. Giovanni Battista Della Porta, Il Teatro, a cura di Raffaele Sirri, vol. 4, Edizione Nazionale delle opere di Giovan Battista della Porta, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2000/2003. Giovanni Battista Della Porta, Coelestis Physiognomonia e, in appendice, Della Celeste Fisonomia, a cura di Alfonso Paolella, vol. 1, Edizione Nazionale delle opere di Giovan Battista della Porta, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1996. Giovanni Battista Della Porta, De aeris transmutationibus, a cura di Alfonso Paolella, vol. 1, Edizione Nazionale delle opere di Giovan Battista della Porta, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2000. Giovanni Battista Della Porta, Villae libri XII, a cura di Luigia Laserra e Gianni Antonio Palumbo, diretti da Francesco Tateo,  Edizione Nazionale delle opere di Giovan Battista della Porta, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2010/2013. Giovanni Battista Della Porta, Elementorum Curvilineorum Libri tres, a cura di Veronica Cavagna e Carlotta Leone, vol. 1, Edizione Nazionale delle opere di Giovan Battista della Porta, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2005. Giovanni Battista Della Porta, Pneumaticorum libri tres, a cura di Oreste Trabucco, vol. 1, Edizione Nazionale delle opere di Giovan Battista della Porta, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2008. Giovanni Battista Della Porta, De ea naturalis Physiognomoniae parte quae ad manum lineas spectat libri duo, a cura di Oreste Trabucco, vol. 1, Edizione Nazionale delle opere di Giovan Battista della Porta, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2003. Note ^ Per questo fu accusato di plagio da Giovan Battista Bellaso, che era stato il primo ad aver proposto questo tipo di cifratura dieci anni prima.  Umberto Eco, Riccardo Fedriga, Storia della filosofia. Vol. 2: Dall'Umanesimo a Hegel, Laterza Edizioni Scolastiche, 2014. ^ William Eamon, Il professore di segreti. Mistero, medicina e alchimia nell'Italia del Rinascimento, trad. it. di A. M. Paci, Carocci, 2014. ^ Marcello Fumagalli, «Della Porta Giovan Battista» (PDF), in Semplicisti e Stillatori: l'arte degli Aromatari, Milano, SGS, 2016. ^ Gnome, su treccani.it. ^ Luigi Turinese, Zoomorfismo, fisiognomica e fitognomica: Della Porta antesignano della biotipologia in medicina, pp. 197-206, ne Il Cenacolo alchemico, a cura di A. Paolella e G. Rispoli, Napoli, ed. Il Faro di Ippocrate, 2018. ^ Donato Verardi, La scienza e i segreti della natura a Napoli nel Rinascimento: La magia naturale di Giovan Battista Della Porta, pp. 102-103, Firenze University Press, 2018. ^ Alfonso Paolella, Della Porta e la Spagiria, pp. 65-88, ne Il Cenacolo alchemico, a cura di A. Paolella e G. Rispoli, Napoli, ed. Il Faro di Ippocrate, 2018. ^ Alfonso Paolella, La presenza di G.B. della Porta nel Carteggio Linceo, in "Bruniana & Campanelliana", a. 7, n. 2, 30 (2002), pp. 509-522. Bibliografia  Vincenzo Spampanato (a cura di), Le commedie, vol. 1, Scrittori d'Italia, Bari, Laterza, 1910. Fausto Nicolini, Giovanni Battista Della Porta, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1931, giambattista-della-porta.Modifica su Wikidata Carrol Brentano, Giovanni Battista Della Porta, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Saverio Ricci, Giovanni Battista Della Porta, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2012. Giovanni Battista Della Porta, in Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009. Giovan Battista Della Porta nell’Europa del suo tempo, Atti del Convegno di Vico Equense (29 settembre-3 ottobre 1986), a cura di M. Torrini, Napoli 1990. Paolo Piccari, Giovan Battista Della Porta. Il filosofo, il retore, lo scienziato, Milano, FrancoAngeli, 2007. Guido del Giudice, Della Porta, il mago dell'arcana sapienza, Milano, Biblioteca di Via Senato, 2015. 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Voci correlate Accademia dei Segreti Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Giovanni Battista Della Porta Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Giovanni Battista Della Porta Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Giovanni Battista Della Porta Collegamenti esterni Giovanni Battista Della Porta, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata (EN) Giovanni Battista Della Porta, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Modifica su Wikidata (EN) Giovanni Battista Della Porta, su MacTutor, University of St Andrews, Scotland. Modifica su Wikidata Opere di Giovanni Battista Della Porta, su Liber Liber. Modifica su Wikidata Opere di Giovanni Battista Della Porta, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Giovanni Battista Della Porta, su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Giovanni Battista Della Porta, su Progetto Gutenberg. Modifica su Wikidata Sito dedicato a Giovan Battista Della Porta, su gbdellaporta.it. URL consultato il 14 aprile 2019 (archiviato dall'url originale il 10 luglio 2010). Libro digitalizzato di Ioan. Baptista Porta neapolitano autore (Neapoli, apud Ioa. Mariam Scotum, 1563) De furtivis literarum notis, vulgò De ziferis libri IIII Libro digitalizzato di Io. Baptista Porta Neapolitano auctore (Neapoli, apud Ioan. Baptistam Subtilem, 1602) De furtivis literarum notis vulgo de ziferis libri quinque: altero libro superaucti, et quamplurimis in locis locupletati Della Porta, il mago dell'arcana sapienza, su Internet Archive V · D · M Alchimia Controllo di autorità   VIAF (EN) 54178891 · ISNI (EN) 0000 0001 0902 1180 · SBN IT\ICCU\CFIV\028276 · LCCN (EN) n79038538 · GND (DE) 119054647 · BNF (FR) cb12110400x (data) · BNE (ES) XX929224 (data) · ULAN (EN) 500030812 · NLA (EN) 36520446 · BAV (EN) 495/27893 · CERL cnp01233623 · NDL (EN, JA) 00473223 · WorldCat Identities (EN) lccn-n79038538 Biografie Portale Biografie Chimica Portale Chimica Filosofia Portale Filosofia Scienza e tecnica Portale Scienza e tecnica Teatro Portale Teatro Categorie: Filosofi italiani del XVI secoloFilosofi italiani del XVII secoloAlchimisti italianiDrammaturghi italiani del XVI secoloDrammaturghi italiani del XVII secoloNati nel 1535Morti nel 1615Nati il 1º novembreMorti il 4 febbraioNati a Vico EquenseMorti a NapoliAccademici dei LinceiCrittografi italianiUomini universali[altre]

Porzio most likely non existent. There is Lucantonio Porzio, but not categorized as a philosopher. L. A. Portii opera omnia medica, philosophica et mathematica, Napoli, 1756, 2 vols. in 4º.

Porzio Simone Porzio Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Niente fonti! Questa voce o sezione sugli argomenti filosofi italiani e medici italiani non cita le fonti necessarie o quelle presenti sono insufficienti. Puoi migliorare questa voce aggiungendo citazioni da fonti attendibili secondo le linee guida sull'uso delle fonti.  Simone Porzio Simone Porzio o anche Simone Porta (Napoli, 1496 – Napoli, 1554) è stato un medico e filosofo italiano.  Biografia Dopo aver studiato a Pisa sotto la guida di Agostino Nifo, seguì il maestro all'Università di Napoli, guadagnandosi stima e onori da parte degli intellettuali suoi concittadini. Scarsa in questi anni la sua produzione, limitata ai libelli sul celibato dei preti (De celibatu), sull'eruzione del Monte Nuovo (De conflagratione agri puteolani) e sul miracoloso caso di digiuno di una ragazza tedesca (De puella germanica).  Nel 1544 lasciò però Napoli, richiamato all'Università di Pisa da parte del duca Cosimo I de' Medici che gli garantì un alto stipendio e il ruolo di sopraordinario. In quegli anni Porzio compose le sue opere principali, fra cui il trattato di etica An homo bonus, vel malus volens fiat (1551) e in particolare il De mente humana (1551), nel quale sosteneva la mortalità dell'anima secondo un'esegesi alessandrista di Aristotele. Proprio queste sue dottrine mortaliste, troppo facilmente accostate e sovrapposte a quelle sostenute da Pietro Pomponazzi nel De immortalitate animae (1516), contribuirono a creare una falsa leggenda biografica affermatasi dopo la morte di Porzio, secondo la quale egli sarebbe stato allievo e quindi semplice epigono del Peretto.  In ogni caso, al di là di una innegabile tendenza materialista nella sua esegesi di Aristotele, evidente anche nella sua ultima opera, il De rerum naturalium principiis, la produzione di Porzio è caratterizzata anche da interessi teologici del tutto svincolati dalla filosofia peripatetica e che sono particolarmente evidenti nei due commenti al Pater Noster che compose fra 1538 e 1552, probabilmente non estranei ai fermenti evangelici della riforma italiana. Porzio tornò a Napoli nel 1552, dove sarebbe morto nel 1554.  Simone Porzio fu il padre dello storico Camillo Porzio.  Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Simone Porzio Collegamenti esterni Eva Del Soldato, «Porzio, Simone», in Il Contributo italiano alla storia del Pensiero – Filosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2012. Daniela Castelli, Il "De conflagratione" di Simone Porzio: la collazione delle tre edizioni, un volgarizzamento e il ms. Phill.12844 dell´HRC di Austin, «Rinascimento meridionale», III, 2012, pp. 81-104;  Id., Tra aristotelismo, naturalismo e critica: Note in margine a Simone Porzio (1496-1554), in Critica e ragione/Critique et raison, Atti del convegno internazionale organizzato dall'Università di Napoli «L'Orientale», in collaborazione con l'IISF (Napoli) e l'Université de Bourgogne (Dijon), Napoli 14-15 Nov. 2008, a cura di Lorenzo Bianchi e Alberto Postigliola, Napoli, Liguori 2011, pp. 33–50; Id., Simone Porzio e il "De puella germanica": echi italiani di un dibattito europeo, in La donna nel Rinascimento meridionale, Atti del Convegno internazionale organizzato dall'Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento Meridionale, Roma 11-13 Nov. 2009, a cura di Marco Santoro, Pisa-Roma, Fabrizio Serra 2010, pp. 107–119; Id., Il "De' sensi" e il "Del sentire" di Simone Porzio: due mss. ritrovati «Giornale critico della filosofia italiana», LXXXVII (LXXXIX), II, 2008, pp. 255–280; Id., Simone Porzio. L'"Epistola" sul Monte Nuovo e l'inedito volgarizzamento di Stefano Breventano, «Archivio Storico per le Province Napoletane», CXXVI, 2008, pp. 107–135; Id., Un bilancio storiografico: il caso Simone Porzio, «Bruniana & Campanelliana», XIV, 1, 2008, pp. 163–177; Id., Tra ricerca empirica e osservazione scientifica: gli studi ittiologici di Simone Porzio, «Archives internationales d'histoire des sciences», LVII, n. 158, 2007, pp. 105–123 Id., Simone Porzio e il "De puella germanica": l’"inedia" mirabile di una fanciulla tedesca, «Studi filosofici», XXX, 2007, pp. 71–89. «Pòrta (latinizz. Portius o Porcius, onde l'altro cognome con cui è noto, Pòrzio), Simone», la voce in Enciclopedie on line, sito "Treccani.it L'Enciclopedia italiana". Controllo di autorità                                            VIAF (EN) 34519123 · ISNI (EN) 0000 0000 8113 2830 · LCCN (EN) no92007458 · GND (DE) 128679891 · BNF (FR) cb122825260 (data) · BNE (ES) XX1745418 (data) · BAV (EN) 495/80586 · CERL cnp01336425 · WorldCat Identities (EN) lccn-no92007458 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Medici italianiFilosofi italiani del XVI secoloNati nel 1496Morti nel 1554Nati a NapoliMorti a Napoli[altre]

positive and negative freedom, respectively, the area within which the individual is self-determining and the area within which the individual is left free from interference by others. More specifically, one is free in the positive sense to the extent that one has control over one’s life, or rules oneself. In this sense the term is very close to that of ‘autonomy’. The forces that can prevent this self-determination are usually thought of as internal, as desires or passions. This conception of freedom can be said to have originated with Plato, according to whom a person is free when the parts of the soul are rightly related to each other, i.e. the rational part of the soul rules the other parts. Other advocates of positive freedom include Spinoza, Rousseau, Kant, and Hegel. One is free in the negative sense if one is not prevented from doing something by another person. One is prevented from doing something if another person makes it impossible for one to do something or uses coercion to prevent one from doing something. Hence persons are free in the negative sense if they are not made unfree in the negative sense. The term ‘negative liberty’ was coined by Bentham to mean the absence of coercion. Advocates of negative freedom include Hobbes, Locke, and Hume.  

Positivism: one of the twelve labours by Grice. Each has an entry in this alphabetum, even if conceptually, what they deal with is treated in other entries too.

posse --- potentia -- dunamis, also dynamis Grecian, ‘power’, ‘capacity’, as used by pre-Socratics such as Anaximander and Anaxagoras, one of the elementary character-powers, such as the hot or the cold, from which they believed the world was constructed. Plato’s early theory of Forms borrowed from the concept of character-powers as causes present in things; courage, e.g., is treated in the Laches as a power in the soul. Aristotle also used the word in this sense to explain the origins of the elements. In the Metaphysics especially Book IX, Aristotle used dunamis in a different sense to mean ‘potentiality’ in contrast to ‘actuality’ energeia or entelecheia. In the earlier sense of dunamis, matter is treated as potentiality, in that it has the potential to receive form and so be actualized as a concrete substance. In the later Aristotelian sense of dunamis, dormant abilities are treated as potentialities, and dunamis is to energeia as sleeping is to waking, or having sight to seeing.  Potentia -- dynamic logic, a branch of logic in which, in addition to the usual category of formulas interpretable as propositions, there is a category of expressions interpretable as actions. Dynamic logic originally called the modal logic of programs emerged in the late 0s as one step in a long tradition within theoretical computer science aimed at providing a way to formalize the analysis of programs and their action. A particular concern here was program verification: what can be said of the effect of a program if started at a certain point? To this end operators [a] and ‹a were introduced with the following intuitive readings: [a]A to mean ‘after every terminating computation according to a it is the case that A’ and ‹aA to mean ‘after some terminating computation according to a it is the case that A’. The logic of these operators may be seen as a generalization of ordinary modal logic: where modal logic has one box operator A and one diamond operator B, dynamic logic has one box operator [a] and one diamond operator ‹a for every program expression a in the language. In possible worlds semantics for modal logic a model is a triple U, R, V where U is a universe of points, R a binary relation, and V a valuation assigning to each atomic formula a subset of U. In dynamic logic, a model is a triple U, R, V where U and V are as before but R is a family of binary relations Ra, one for every program expression a in the language. Writing ‘Xx A’, where x is a point in U, for ‘A is true at x’ in the model in question, we have the following characteristic truth conditions truth-functional compounds are evaluated by truth tables, as in modal logic: Xx P if and only if x is a point in VP, where P is an atomic formula, Xx[a]A if and only if, for all y, if x is Ra- related to y then Xy A, Xx ‹a if and only if, for some y, x is Ra-related to y and Xy A. Traditionally, dynamic logic will contain machinery for rendering the three regular operators on programs: ‘!’ sum, ‘;’ composition, and ‘*’ Kleene’s star operation, as well as the test operator ‘?’, which, operating on a proposition, will yield a program. The action a ! b consists in carrying out a or carrying out b; the action a;b in first carrying out a, then carrying out b; the action a* in carrying out a some finite number of times not excluding 0; the action ?A in verifying that A. Only standard models reflect these intuitions: Ra ! b % Ra 4 Rb, Ra;b % Ra _ Rb, Ra* % Ra*, R?A % {x,x : Xx A} where ‘*’ is the ancestral star The smallest propositional dynamic logic PDL is the set of formulas true at every point in every standard model. Note that dynamic logic analyzes non-deterministic action  this is evident at the level of atomic programs p where Rp is a relation, not necessarily a function, and also in the definitions of Ra + b and Ra*. Dynamic logic has been extended in various ways, e.g., to first- and second-order predicate logic. Furthermore, just as deontic logic, tense logic, etc., are referred to as modal logic in the wide sense, so extensions of dynamic logic in the narrow sense such as process logic are often loosely referred to as dynamic logic in the wide sense. Dyad dynamic logic 250   250 The philosophical interest in dynamic logic rests with the expectation that it will prove a fruitful instrument for analyzing the concept of action in general: a successful analysis would be valuable in itself and would also be relevant to other disciplines such as deontic logic and the logic of imperatives.  potency, for Aristotle, a kind of capacity that is a correlative of action. We require no instruction to grasp the difference between ‘X can do Y’ and ‘X is doing Y’, the latter meaning that the deed is actually being done. That an agent has a potency to do something is not a pure prediction so much as a generalization from past performance of individual or kind. Aristotle uses the example of a builder, meaning someone able to build, and then confronts the Megaric objection that the builder can be called a builder only when he actually builds. Clearly one who is doing something can do it, but Aristotle insists that the napping carpenter has the potency to hammer and saw. A potency based on an acquired skill like carpentry derives from the potency shared by those who acquire and those who do not acquire the skill. An unskilled worker can be said to be a builder “in potency,” not in the sense that he has the skill and can employ it, but in the sense that he can acquire the skill. In both acquisition and employment, ‘potency’ refers to the actual  either the actual acquisition of the skill or its actual use. These post-structuralism potency 726    726 potentiality, first practical attitude 727 correlatives emerged from Aristotle’s analysis of change and becoming. That which, from not having the skill, comes to have it is said to be “in potency” to that skill. From not having a certain shape, wood comes to have a certain shape. In the shaped wood, a potency is actualized. Potency must not be identified with the unshaped, with what Aristotle calls privation. Privation is the negation of P in a subject capable of P. Parmenides’ identification of privation and potency, according to Aristotle, led him to deny change. How can not-P become P? It is the subject of not-P to which the change is attributed and which survives the change that is in potency to X.  Potestas – Energeia – actus – entelechia -- power, a disposition; an ability or capacity to yield some outcome. One tradition which includes Locke distinguishes active and passive powers. A knife has the active power to slice an apple, which has the passive power to be sliced by the knife. The distinction seems largely grammatical, however. Powers act in concert: the power of a grain of salt to dissolve in water and the water’s power to dissolve the salt are reciprocal and their manifestations mutual. Powers or dispositions are sometimes thought to be relational properties of objects, properties possessed only in virtue of objects standing in appropriate relations to other objects. However, if we distinguish, as we must, between a power and its manifestation, and if we allow that an object could possess a power that it never manifested a grain of salt remains soluble even if it never dissolves, it would seem that an object could possess a power even if appropriate reciprocal partners for its manifestation were altogether non-existent. This appears to have been Locke’s view An Essay concerning Human Understanding, 1690 of “secondary qualities” colors, sounds, and the like, which he regarded as powers of objects to produce certain sorts of sensory experience in observers. Philosophers who take powers seriously disagree over whether powers are intrinsic, “built into” properties this view, defended by C. B. Martin, seems to have been Locke’s, or whether the connection between properties and the powers they bestow is contingent, dependent perhaps upon contingent laws of nature a position endorsed by Armstrong. Is the solubility of salt a characteristic built into the salt, or is it a “second-order” property possessed by the salt in virtue of i the salt’s possession of some “firstorder” property and ii the laws of nature? Reductive analyses of powers, though influential, have not fared well. Suppose a grain of salt is soluble in water. Does this mean that if the salt were placed in water, it would dissolve? No. Imagine that were the salt placed in water, a technician would intervene, imposing an electromagnetic field, thereby preventing the salt from dissolving. Attempts to exclude “blocking” conditions  by appending “other things equal” clauses perhaps  face charges of circularity: in nailing down what other things must be equal we find ourselves appealing to powers. Powers evidently are fundamental features of our world. In the romance languages, “it may run” means “It has power to rain.” “Il peut …”  This has a cognate in the Germanic languages, “it might rain.” “Might is right.” possibile – “what is actual is not also possible – grave mistake!” – H. P. Grice. compossible, capable of existing or occurring together. E.g., two individuals are compossible provided the existence of one of them is compatible with the existence of the other. In terms of possible worlds, things are compossible provided there is some possible world to which all of them belong; otherwise they are incompossible. Not all possibilities are compossible. E.g., the extinction of life on earth by the year 3000 is possible; so is its continuation until the year 10,000; but since it is impossible that both of these things should happen, they are not compossible. Leibniz held that any non-actualized possibility must be incompossible with what is actual.  possible worlds, alternative worlds in terms of which one may think of possibility. The idea of thinking about possibility in terms of such worlds has played an important part, both in Leibnizian philosophical theology and in the development of modal logic and philosophical reflection about it in recent decades. But there are important differences in the forms the idea has taken, and the uses to which it has been put, in the two contexts. Leibniz used it in his account of creation. In his view God’s mind necessarily and eternally contains the ideas of infinitely many worlds that God could have created, and God has chosen the best of these and made it actual, thus creating it. Similar views are found in the thought of Leibniz’s contemporary, Malebranche. The possible worlds are thus the complete alternatives among which God chose. They are possible at least in the sense that they are logically consistent; whether something more is required in order for them to be coherent as worlds is a difficult question in Leibniz interpretation. They are complete in that they are possible totalities of creatures; each includes a whole possible universe, in its whole spatial extent and its whole temporal history if it is spatially and temporally ordered. The temporal completeness deserves emphasis. If “the world of tomorrow” is “a better world” than “the world of today,” it will still be part of the same “possible world” the actual one; for the actual “world,” in the relevant sense, includes whatever actually has happened or will happen throughout all time. The completeness extends to every detail, so that a milligram’s difference in the weight of the smallest bird would make a different possible world. The completeness of possible worlds may be limited in one way, however. Leibniz speaks of worlds as aggregates of finite things. As alternatives for God’s creation, they may well not be thought of as including God, or at any rate, not every fact about God. For this and other reasons it is not clear that in Leibniz’s thought the possible can be identified with what is true in some possible world, or the necessary with what is true in all possible worlds. That identification is regularly assumed, however, in the recent development of what has become known as possible worlds semantics for modal logic the logic of possibility and necessity, and of other conceptions, e.g. those pertaining to time and to morality, that have turned out to be formally analogous. The basic idea here is that such notions as those of validity, soundness, and completeness can be defined for modal logic in terms of models constructed from sets of alternative “worlds.” Since the late 0s many important results have been obtained by this method, whose best-known exponent is Saul Kripke. Some of the most interesting proofs depend on the idea of a relation of accessibility between worlds in the set. Intuitively, one world is accessible from another if and only if the former is possible in or from the point of view of the latter. Different systems of modal logic are appropriate depending on the properties of this relation e.g., on whether it is or is not reflexive and/or transitive and/or symmetrical. The purely formal results of these methods are well established. The application of possible worlds semantics to conceptions occurring in metaphysically richer discourse is more controversial, however. Some of the controversy is related to debates over the metaphysical reality of various sorts of possibility and necessity. Particularly controversial, and also a focus of much interest, have been attempts to understand modal claims de re, about particular individuals as such e.g., that I could not have been a musical performance, in terms of the identity and nonidentity of individuals in different possible worlds. Similarly, there is debate over the applicability of a related treatment of subjunctive conditionals, developed by Robert Stalnaker and David Lewis, though it is clear that it yields interesting formal results. What is required, on this approach, for the truth of ‘If it were the case that A, then it would be the case that B’, is that, among those possible worlds in which A is true, some world in which B is true be more similar, in the relevant respects, to the actual world than any world in which B is false. One of the most controversial topics is the nature of possible worlds themselves. Mathematical logicians need not be concerned with this; a wide variety of sets of objects, real or fictitious, can be viewed as having the properties required of sets of “worlds” for their purposes. But if metaphysically robust issues of modality e.g., whether there are more possible colors than we ever see are to be understood in terms of possible worlds, the question of the nature of the worlds must be taken seriously. Some philosophers would deny any serious metaphysical role to the notion of possible worlds. At the other extreme, David Lewis has defended a view of possible worlds as concrete totalities, things of the same sort as the whole actual universe, made up of entities like planets, persons, and so forth. On his view, the actuality of the actual world consists only in its being this one, the one that we are in; apart from its relation to us or our linguistic acts, the actual is not metaphysically distinguished from the merely possible. Many philosophers find this result counterintuitive, and the infinity of concrete possible worlds an extravagant ontology; but Lewis argues that his view makes possible attractive reductions of modality both logical and causal, and of such notions as that of a proposition, to more concrete notions. Other philosophers are prepared to say there are non-actual possible worlds, but that they are entities of a quite different sort from the actual concrete universe  sets of propositions, perhaps, or some other type of “abstract” object. Leibniz himself held a view of this kind, thinking of possible worlds as having their being only in God’s mind, as intentional objects of God’s thought. 

Possenti Vittorio Possenti Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Niente fonti! Questa voce o sezione sull'argomento filosofi italiani non cita le fonti necessarie o quelle presenti sono insufficienti. Commento: Grosse porzioni di testo senza fonti, la sezione "Ricerca e carriera accademica" sembra una grande WP:RO Puoi migliorare questa voce aggiungendo citazioni da fonti attendibili secondo le linee guida sull'uso delle fonti. Vittorio Possenti (Roma, 25 marzo 1938[1]) è un filosofo, accademico e pubblicista italiano È stato professore ordinario di filosofia politica presso l'Università Cà Foscari di Venezia.   Indice 1                                     Biografia 2                                            Il pensiero 2.1                                           Metafisica e pensiero teoretico 2.2                                        Persona e Personalismo 2.3                                      Rilancio della filosofia politica 3                                       Premi e riconoscimenti 4                                        Opere 4.1                                            Volumi 4.2                                          Curatele e saggi in miscellanea 5                                        Note 6                                                Voci correlate 7                                            Altri progetti 8                                           Collegamenti esterni Biografia Dopo aver frequentato il Liceo Classico “Vittorio Alfieri” di Torino, si è laureato in elettronica, esercitando attività di ricerca nel campo delle microonde, e continuando a coltivare lo studio della filosofia, iniziato nel liceo e maturato negli anni universitari. Ha poi abbandonato quest'attività per dedicarsi direttamente alla ricerca filosofica, in un'epoca in cui se ne diagnosticava la fine, e l'intento di decostruirla era all'apogèo. Dopo anni presso il Rettorato dell'Università Cattolica, è stato ordinario di filosofia politica l'Università Ca' Foscari di Venezia.  È membro fondatore dell'Institut International Jacques Maritain (1974); membro della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali e della Pontificia Accademia di san Tommaso d'Aquino, e per numerosi anni del Comitato Nazionale di Bioetica (1999-2013).  Ha fondato e diretto l'Annuario di filosofia. Seconda navigazione (1996-2011); e presso l'Università di Venezia il Centro Interdipartimentale di Ricerca sui Diritti Umani (2003).  Ha tenuto cicli di conferenze e seminari in Europa (Francia, Spagna, Polonia, Portogallo, Russia, UK), negli USA, e in America latina (Brasile, Messico, Argentina).  Svolge intensa attività pubblicistica in campo politico e filosofico su quotidiani nazionali  Il pensiero Negli anni della formazione liceale e universitaria Possenti è stato attratto dalla storia delle civiltà, ispirato da giovanili letture di Giambattista Vico e di Arnold Toynbee; e dall'epistemologia della fisica e dalla logica della scienza (Albert Einstein, Percy Williams Bridgman). Nutrì allora l'idea einsteniana che le teorie filosofiche dovessero elevarsi su una schietta base scientifica, generalizzandola, e si interessò al conflitto tra religione e scienza imperniato sull'idea di un Assoluto personale/impersonale. A vent'anni ha incontrato l'istanza metafisica e umanista attraverso le opere di Jacques Maritain e di Tommaso d'Aquino, intuendo le possibilità speculative e liberanti incluse metafisica dell'essere e nella rivelazione cristiana.  Tre sono gli ambiti primari della ricerca di Possenti: metafisica, pensiero teoretico e ritorno al realismo; personalismo; filosofia politica. Studioso dell'Aquinate, del tomismo del XX secolo e della grande tradizione della filosofia dell'essere, ha orientato l'attenzione critica verso Nietzsche, Heidegger, Gentile, il neoparmenidismo italiano, ricercando una razionalità attenta alla storia ma non consegnata interamente alla furia del tempo: dunque il "ritorno all'eterno" invece che l'"eterno ritorno" (Nietzsche), e la ripresa del tema della creatio ex nihilo, assente in molta filosofia moderna.  Metafisica e pensiero teoretico L'approccio possentiano legge metafisica e nichilismo come due nuclei che tendono ad escludersi, di cui il primo è la fisiologia e il secondo la patologia. Individua pertanto nella destituzione dei valori e nella riduzione della ragione a volontà l'esito ultimo del nichilismo europeo. Questo ha voluto liberare l'Europa dalla metafisica, ritenuta distrutta dal criticismo, ma il compito della filosofia dell'essere è preparare una ripresa della metafisica dell'esistenza, tale che possa di nuovo tenere un posto nella storia della civiltà. (Una presentazione ampia della filosofia di Possenti è in Storia della filosofia. Filosofi italiani contemporanei, a cura di D. Antiseri e S. Tagliagambe, vol. 14, Bompiani 2009, pp. 446-455 . si veda anche Nichilismo e filosofia dell'essere, intervista a V. Possenti, a c. di G. Mura, “Euntes docete”, n. 1, 2000, pp. 197-204.)  La riscoperta della metafisica esistenziale è un tentativo di mettere in luce la parzialità di non poche posizioni che hanno proclamato la fine della metafisica occidentale: Nietzsche, Gentile, Heidegger, Severino. Essi hanno operato per Possenti come reagente per la riconquista della metafisica e per la critica del nichilismo europeo, di cui egli offre una determinazione diversa da quelle di Nietzsche e di Heidegger (con applicazioni anche all'ambito del nichilismo giuridico). Il rigetto del nichilismo e l'analisi dell'antirealismo, del logicismo, del dialettismo e del razionalismo che affliggono notevole parte del pensiero moderno, conducono l'autore a giudicare concluso e senza possibilità di ripresa il ciclo della metafisica moderna nel cammino da Cartesio a Gentile.  La base prima della filosofia dell'essere sta nell'asserto ‘l'ente è'. Questo il grande tema da cui occorre partire: dall'ente appunto e non dall'essere vuoto dei moderni. In tal modo crollano l'identità tra Logica e Metafisica della modernità razionalistica, l'idea di dialettica come generazione logico-apriorica del sapere, e l'idea di divenire come entrare-uscire dal nulla. Qui va operata un'adeguata semantizzazione dell'essere (dell'ente), rigettando l'errore primordiale di trattare la questione dell'essere come questione di essenza, il che presuppone la negazione della potenzialità. Ma se questa è presente, niente in senso proprio va in nulla ma si trasforma.  Possenti si volge verso un pensiero positivo, in cui la filosofia è capace di progresso. È andata così delineandosi la tesi che nello svolgimento della metafisica dai Greci a noi sia emersa, dopo la "seconda navigazione" platonica (vedi Fedone), proseguita e perfezionata da Aristotele, una "terza navigazione" che si esprime nella Seinsphilosophie che ha toccato un punto di apogeo in Tommaso d'Aquino e nei grandi tomisti del XX secolo (R. McInerny, “Some navigational hazards”, in libroFestschrift, pp. 53-70.). In tale prospettiva è possibile tracciare un'essenziale "storia della metafisica" quale progressiva penetrazione della verità dell'essere, culminante nella metafisica dell'actus essendi. Si tratta di una metafisica transontica che, prendendo le mosse dall'ente, procede verso l'essere stesso (Esse ipsum per se subsistens), e che individua la ‘struttura originaria' nella partecipazione dell'ente all'Essere (Le posizioni speculative di Possenti sono consegnate alla trilogia Nichilismo e Metafisica. Terza navigazione, Il realismo e la fine della filosofia moderna, e Ritorno all'essere. Addio alla metafisica moderna. Esse sono discusse da ca. 20 autori in AA. VV., La Navicella della metafisica. Dibattito sul nichilismo e la terza navigazione, Armando, Roma 2000 Cottier, Dummett, Berti, Riconda, e poi in Realismo Metafisica Modernità. “In margine al volume di Vittorio Possenti Il realismo e la fine della filosofia moderna”, a cura di C. Dalfino e R. Pozzo, CNR-Iliesi, Roma 2018 (digitale)). La possibilità di guadagni per sempre rigetta l'idea fallibilista (Popper et alli), secondo cui ogni sapere (riportato poi solo a quello delle scienze) riposa su palafitte perennemente rivedibili[2].  La metafisica ha per oggetto non il concetto di essere, ma l'esistenza, e il filosofo deve sempre e nuovamente ribattezzarsi nelle sue acque, fuggendo l'oblio dell'essere e liberandosi dal sistema che intende racchiudere in sé la totalità. Un problema centrale di Possenti è la possibilità di una conoscenza filosofica autonoma, che non proceda solo sull'imbeccata che possano darle le scienze ed altre forme di conoscenza, nonostante la necessità del dialogo tra filosofia e scienze, in quanto non esiste un solo sapere.  L'unità plurima o polivalente della ragione si applica anche al nesso tra filosofia e Rivelazione: nell'incontro tra compito della ragione e elezione del cristianesimo si individua un criterio di apertura e stimolo per la filosofia nella sua ricerca di senso.  Persona e Personalismo Secondo Possenti il principio-persona è più fondamentale del principio-responsabilità (Jonas) e del principio-speranza (Bloch), e a fortiori delle filosofie dell'impersonale. Il concetto di persona si presta efficacemente in una serie di problemi in cui le nozioni di individuo, di soggetto, di coscienza risultano inadeguate; la persona è originaria e primitiva, e raggiunge una profondità e permanenza che non hanno le altre categorie appena citate o l'uso che spesso ne è stato fatto (Si veda il dossier sul “Principio Persona” con contributi di G. Grandis, M. Ivaldo, A. Madricardo, M. Pera, V. Possenti in “Studium”, n. 1, 2008.). L'idea di persona è essenziale per maneggiare le grandi difficoltà insite nell'antropologia, in specie da quando in Occidente si è cercato di elaborare un'etica procedurale di norme senza base antropologica, che è il grande equivoco dei moderni e contemporanei.  Possenti fa parte del vasto movimento del personalismo, attivo in tutto il Novecento e che prosegue nel XXI secolo, volto alla riscoperta integra della persona. Compito del personalismo ontologico è di valorizzare ed integrarele filosofie del ‘personalismo incompiuto' (Habermas, Rawls, Bobbio, L. Ferry, D. Parfit), allontanandosi da quelle dell'esplicito antipersonalismo, Nietzsche e Foucault in specie, ma pure Hegel, Heidegger, Severino nei quali forte è l'empito antipersonalistico.  Le assise della persona vanno ricercate nell'ontologia, onde essa è una sostanzialità aperta alla relazione, ma non riducibile a sola relazione. La persona è un nucleo radicale di vita e realtà che non può essere dedotto da alcunché e che anzi fonda l'agire e lo sperare dell'essere umano [3] Essa come totalità concreta è alla base di una filosofia che oggi deve fare i conti con la centralità del tema antropologico, con le problematiche bioetiche (ad es. concernenti lo statuto dell'embrione), e con le concezioni in cui il soggetto e la natura umana non sono intesi come un presupposto ma come un prodotto della prassi.  Il personalismo quale insieme di scuole e correnti filosofiche che assegnano speciale valore e dignità alla persona, non è in senso proprio un'invenzione del ‘900, ma originariamente della Patristica, del Medioevo cristiano e dell'Umanesimo: qui sono state elaborate in certo modo per sempre le idee fondamentali sulla persona e dischiuso come nuovo guadagno il suo spazio di realtà. In ciò Possenti valorizza le intuizioni di Maritain e di Ricoeur.  L'epoca dell'antropocentrismo moderno non è stata un'epoca di riscoperta della persona. Anzi secondo A. Solgenitsin “Un antropocentrismo sicuro di sé non può dare risposte a molte domande della vita ed è tanto più impotente, quanto più le domande sono profonde”. Se la controversia sulla persona si accende di nuovo in molti ambiti, è perché l'idea-realtà di persona attraversa un momento di eclissi e richiede nuovamente la fatica del concetto. Assolutamente primario è il nesso persona-tecnica, in cui la seconda è spesso animata da volontà di potenza, valendo come una potenza senza etica. La presenza nel Comitato Nazionale di Bioetica ha indotto l'autore ha dedicare attenzione ai temi bioetici, tra cui in specie la sfida delle biotecnologie, la rivoluzione biopolitica, l'influsso pervasivo del materialismo e del biologismo.  Il personalismo si declina poi in ambito sociale come concezione egualitaria e comunitaria (personalismo comunitario) quale fondamento di un ordine politico nuovo, proiettato verso la cosmopoli, la pace e il rispetto dei diritti umani.  Rilancio della filosofia politica Entro un dialogo critico con le tradizioni del neoliberalismo e del neoilluminismo, Possenti ha operato per mostrare il contenuto di nozioni centrali del politico come quelle di ragion pratica, bene comune, popolo, democrazia, legge naturale, diritti dell'uomo, laicità, ai fini di una rinnovata filosofia pubblica in pari col suo oggetto. Uno specifico rilievo è stato assegnato al problema teologico-politico secondo due direttrici: la ripresa postmoderna di un ruolo pubblico per le grandi religioni; l'idea che la loro deprivatizzazione anche in Occidente può contribuire ad un positivo rapporto fra religione e politica, nella prospettiva di una nuova 'piazza pubblica' non agnostica ma attenta alla matrice teologica della società civile (Estado, Democracia y Cuestión Religiosa, Ediciones Universidad San Damaso, Madrid 2019.).  Con la filosofia politica si opera il passaggio dal ‘piccolo mondo' dell'io al ‘grande mondo' della società, verso la società aperta della famiglia umana. Sulla scia di diagnosi attive dagli anni ‘50 del Novecento (H. Arendt, J. Maritain, L. Strauss, Y. Simon, E. Voegelin) Possenti ritiene che la filosofia politica vada riportata al suo compito primario di pensare la ‘buona società', lottando contro la crisi concettuale che procede all'ingrosso da Weber e dall'attacco al diritto naturale. In particolare è stata condotta una critica radicale a Kelsen, alla sua concezione relativistica dei valori e della democrazia, al suo intento di dissolvere l'idea di ragion pratica, tolta la quale l'ambito della prassi precipita nell'irrazionalismo e tutto è affidato al volere (Cfr. il dossier Cristianesimo e liberalismo nell'epoca postmarxista, “Humanitas”, n. 6, 1992, con interventi di G. Campanini, V. Zanone, R. Esposito, M. Ivaldo. Esso raccoglie parte del dibattito sollevato dal volume Le società liberali al bivio, che vide interventi di P. Ostellino, P. Savona, C, Vigna, R. Cubeddu, E. Berti, L. Pellicani, U. Scarpelli.). Contro Kelsen (e Rorty) si sostiene l'importanza della filosofia e dell'antropologia per la democrazia, sulla base dell'idea che la costruzione del cosmo umano è compito della ragion pratica. Insufficiente risulta una sfera pubblica moralmente neutrale, consegnata al binomio ‘diritto positivo e morale procedurale'.  La rinascita della filosofia politica avviene riprendendo competenza sui suoi problemi, tra cui massimo è quello della pace: la pace necessaria che non c'è e la guerra inammissibile che c'è. Occorre disarmare la ragione armata: ciò suggerisce che vada cercata un'organizzazione politica del mondo oltre la sovranità degli Stati-nazione verso un'autorità politica mondiale o ‘cosmopolitica', di cui l'ONU è lontana immagine.  Premi e riconoscimenti “Premio Internazionale Salvatore Valitutti” per il libro Il nichilismo teoretico e la 'morte della metafisica' (1996); “Premio Capri san Michele” per il libro Religione e vita civile (2002). Opere V. Possenti è autore di 35 volumi, 250 saggi e contributi, e numerose centinaia di articoli: libri e saggi sono stati tradotti in 10 lingue. Ha curato l'edizioni di circa 20 volumi, promuovendo la traduzione italiana di 15 libri di Jacques Maritain.  Volumi Frontiere della pace, Presentazione di M.D. Chenu, Massimo, Milano 1973. ISBN 8870304302. Filosofia e società. Studi sui progetti etico-politici contemporanei, Massimo, Milano 1983. ISBN 8870309185. Giorgio La Pira e il pensiero di san Tommaso, Studia Universitatis sancti Thomae in Urbe, Roma 1983; 2ª ed. rivista e aumentata con il titolo La Pira tra storia e profezia. Con Tommaso maestro, Marietti, Genova-Milano 2004. ISBN 8870309606. La buona società. Sulla ricostruzione della filosofia politica, Vita e Pensiero, Milano 1983 (traduzione portoghese IDL, Lisboa 1986). Una filosofia per la transizione. Metafisica, persona e politica in J. Maritain, Massimo, Milano 1984. ISBN 8870309207. Felice Balbo e la filosofia dell'essere, Vita e Pensiero, Milano 1984. ISBN 8834324285. Tra secolarizzazione e nuova cristianità, EDB, Bologna 1986. ISBN 8810404572. Le società liberali al bivio. Lineamenti di filosofia della società, Marietti, Genova 1992, 2ª ed. (traduzione spagnola, Eiunsa, Barcellona 1997). ISBN 8821186717. Oltre l'Illuminismo. Il messaggio sociale cristiano, Edizioni Paoline, Roma 1992 (trad. polacca, Cracovia 2000). ISBN 8821524493. Razionalismo critico e metafisica. Quale realismo?, Morcelliana, Brescia 1996 (2ª ed. ampliata). ISBN 883721555X. Dio e il male, Sei, Torino 1995 (trad. spagnola, Rialp, Madrid 1997). ISBN 8805055409. Cattolicesimo e modernità. Balbo, Del Noce, Rodano, Ares, Milano 1995. ISBN 8881551152. Approssimazioni all'essere. Scritti di metafisica e di morale, Il Poligrafo, Padova 1995. ISBN 8871150627. Il nichilismo teoretico e la "morte della metafisica", Armando, Roma 1995 (.remio internazionale "Salvatore Valitutti", 1996; trad. polacca, Lublin 1998). ISBN 8871445953. Terza navigazione. Nichilismo e metafisica, Armando, Roma 1998. Nuova ed. ampliata, Armando 2004 (trad. polacca parziale, Lublin 2006). ISBN 8871448308. Filosofia e Rivelazione, Città Nuova, Roma 2000, 2ª ed. (trad. inglese, Aldershot 2001, spagnola Rialp 2002, polacca Wam 2004). ISBN 8831101234. La filosofia dopo il nichilismo, Rubbettino, Soveria 2001 (trad. polacca, Lublin 2003, rumena, Cluj 2006). ISBN 88-498-0119-X. Religione e vita civile. Il cristianesimo nel postmoderno, Armando, 2ª ed., Roma 2002 (Premio Capri san Michele 2002, trad. polacca 2005). ISBN 88-8358-247-0. L'azione umana. Morale, politica e Stato in Jacques Maritain, Città Nuova, Roma 2003. ISBN 88-311-0138-2. Essere e libertà, Rubbettino, Soveria 2004. ISBN 88-498-0649-3. Radici dell'ordine civile, Marietti, Milano-Genova 2006. ISBN 88-211-6680-5. Il principio-persona, Armando, Roma 2006. ISBN 88-6081-040-X. Profili del Novecento. Bobbio, Del Noce, La Pira, Lazzati, Maritain, Sturzo, Effatà, Cantalupa 2007. ISBN 978-88-7402-284-7. Le ragioni della laicità, Rubbettino, Soveria 2007. ISBN 978-88-498-1858-1. L'uomo postmoderno. Tecnica, religione e politica, Marietti, Milano 2009. ISBN 978-88-211-8704-9. Dentro il secolo breve. Paolo VI, Maritain, La Pira, Giovanni Paolo II, Mounier, Rubettino, Soveria 2009. ISBN 978-88-498-2464-3. Nichilismo giuridico. L'ultima parola?, Rubbettino, Soveria 2012. ISBN 978-88-498-3255-6. La rivoluzione biopolitica. La fatale alleanza tra materialismo e tecnica, Lindau, Torino. Pace e guerra tra le nazioni. Kant, Maritain, Pacem in terris, Studium, Roma 2014. I volti dell'amore, Marietti, Milano-Genova 2015. Il realismo e la fine della filosofia moderna, Armando, Roma 2016. Diritti umani. L'età delle pretese, Rubbettino, Soveria, 2017. Ritorno all'essere. Addio alla metafisica moderna, Armando, Roma. Curatele e saggi in miscellanea Maritain e Marx. La critica del marxismo in Maritain, Massimo, Milano 1978, pp. 204; 2ª ed. ampliata 1979. (Trad. spagnola Cedial, Bogotà 1980). Epistemologia e scienze umane, Massimo, Milano 1979. Storia e cristianesimo in Jacques Maritain, Massimo, Milano 1979. Contemplazione evangelica e storia, antologia di testi di J. e R. Maritain, Gribaudi, Torino 1981. Jacques Maritain oggi, Vita e Pensiero, Milano 1983. Jacques Maritain e la filosofia dell'essere, Il Cardo, Venezia 1996. ISBN 88-8079-082-X. Nichilismo Relativismo Verità. Un dibattito, Rubbettino, Soveria 2001. ISBN 88-7284-920-9. Laici o laicisti? Dibattito su religione e democrazia, liberallibri, Firenze 2002. ISBN 88-8270-041-0. La questione della verità. Filosofia, scienze, teologia, Armando, Roma 2003. ISBN 88-8358-400-7. Ragione e verità. L'alleanza socratico-mosaica, Armando, Roma 2005. ISBN 88-8358-678-6. Nostalgia dell'altro. La spiritualità di Giorgio La Pira, Marietti, Milano 2005. ISBN 88-211-6826-3. Pace e guerra tra le nazioni, Guerini e associati, Milano 2006. ISBN 88-8335-826-0. Natura umana, evoluzione, etica, Guerini, Milano 2007. ISBN 9788883359514. Governance globale e diritti dell'uomo, (insieme a M. Nordio), Diabasis, Reggio Emilia 2007. ISBN 9788881034888. Ritorno della religione? Tra ragione, fede e società, Guerini, Milano 2009. Diritti Umani e libertà Religiosa, Rubbettino, 2010. Metafisica, persona, cristianesimo. Scritti in onore di Vittorio Possenti, Armando, 2011. Perché essere realisti? Una sfida filosofica, (insieme a A. Lavazza), Mimesis, Milano-Udine 2013. Note ^ Vittorio Possenti, su Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. URL consultato il 22 ottobre 2019. ^ A. Giuliano, Filosofi a un bivio. Ora rialziamo lo sguardo, su avvenire.it, 18 maggio 2016. URL consultato il 23 ottobre 2019. ^ A. Lavazza, Neuroscienziati, cercate l'anima, su avvenire.it, 12 aprile 2013. URL consultato il 23 ottobre 2019. Voci correlate Pontificia accademia delle scienze sociali Altri progetti Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Vittorio Possenti Collegamenti esterni Sito personale, su vittoriopossenti.it. Lezione di congedo dall'università di Venezia, aprile 2011, vedi mio sito Ricerche correlate: Berti, Ivaldo, Mura, Goisis, Del Noce, La Pira, Maritain, Tommaso Biografia e bibliografia in "Filosofia a Venezia" Dipartimento di filosofia e teoria delle scienze. Università Ca' Foscari Venezia Rassegna di articoli in "SWIF - Sito Web Italiano per la Filosofia", su swif.uniba.it. URL consultato il 13 dicembre 2013 (archiviato dall'url originale il 5 febbraio 2007). Controllo di autorità                       VIAF (EN) 54164287 · ISNI (EN) 0000 0001 1570 7090 · LCCN (EN) n85070723 · GND (DE) 171160924 · BNF (FR) cb12035224t (data) · BNE (ES) XX1114980 (data) · BAV (EN) 495/89577 · WorldCat Identities (EN) lccn-n85070723 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloAccademici italiani del XX secoloAccademici italiani del XXI secoloGiornalisti italiani del XX secoloGiornalisti italiani del XXI secoloNati il 25 marzoNati a Roma[altre]

post-modern – H. P. Grice plays with the ‘modernists,’ versus the ‘neo-traditionalists.’ Since he sees a neotraditionalist like Strawson (neotraditionalist, like neocon, is a joke) and a modernist like Whitehead as BOTH making the same mistake, it is fair to see Grice as a ‘post-modernist’ -- of or relating to a complex set of reactions to modern philosophy and its presuppositions, as opposed to the kind of agreement on substantive doctrines or philosophical questions that often characterizes a philosophical movement. Although there is little agreement on precisely what the presuppositions of modern philosophy are, and disagreement on which philosophers exemplify these presuppositions, postmodern philosophy typically opposes foundationalism, essentialism, and realism. For Rorty, e.g., the presuppositions to be set aside are foundationalist assumptions shared by the leading sixteenth-, seventeenth-, and eighteenth-century philosophers. For Nietzsche, Heidegger, Foucault, and Derrida, the contested presuppositions to be set aside are as old as metaphysics itself, and are perhaps best exemplified by Plato. Postmodern philosophy has even been characterized, by Lyotard, as preceding modern philosophy, in the sense that the presuppositions of philosophical modernism emerge out of a disposition whose antecedent, unarticulated beliefs are already postmodern. Postmodern philosophy is therefore usefully regarded as a complex cluster concept that includes the following elements: an anti- or post- epistemological standpoint; anti-essentialism; anti-realism; anti-foundationalism; opposition to transcendental arguments and transcendental standpoints; rejection of the picture of knowledge as accurate representation; rejection of truth as correspondence to reality; rejection of the very idea of canonical descriptions; rejection of final vocabularies, i.e., rejection of principles, distinctions, and descriptions that are thought to be unconditionally binding for all times, persons, and places; and a suspicion of grand narratives, metanarratives of the sort perhaps best illustrated by dialectical materialism. In addition to these things postmodern philosophy is “against,” it also opposes characterizing this menu of oppositions as relativism, skepticism, or nihilism, and it rejects as “the metaphysics of presence” the traditional, putatively impossible dream of a complete, unique, and closed explanatory system, an explanatory system typically fueled by binary oppositions. On the positive side, one often finds the following themes: its critique of the notion of the neutrality and sovereignty of reason  including insistence on its pervasively gendered, historical, and ethnocentric character; its conception of the social construction of wordworld mappings; its tendency to embrace historicism; its critique of the ultimate status of a contrast between epistemology, on the one hand, and the sociology of knowledge, on the other hand; its dissolution of the notion of the autonomous, rational subject; its insistence on the artifactual status of divisions of labor in knowledge acquisition and production; and its ambivalence about the Enlightenment and its ideology. Many of these elements or elective affinities were already surfacing in the growing opposition to the spectator theory of knowledge, in Europe and in the English-speaking world, long before the term ‘postmodern’ became a commonplace. In Anglophone philosophy this took the early form of Dewey’s and pragmatism’s opposition to positivism, early Kuhn’s redescription of scientific practice, and Vitters’s insistence on the language-game character of representation; critiques of “the myth of the given” from Sellars to Davidson and Quine; the emergence of epistemology naturalized; and the putative description-dependent character of data, tethered to the theory dependence of descriptions in Kuhn, Sellars, Quine, and Arthur Fine  perhaps in all constructivists in the philosophy of science. In Europe, many of these elective affinities surfaced explicitly in and were identified with poststructuralism, although traces are clearly evident in Heidegger’s and later in Derrida’s attacks on Husserl’s residual Cartesianism; the rejection of essential descriptions Wesensanschauungen in Husserl’s sense; Saussure’s and structuralism’s attack on the autonomy and coherence of a transcendental signified standing over against a selftransparent subject; Derrida’s deconstructing the metaphysics of presence; Foucault’s redescriptions of epistemes; the convergence between - and English-speaking social constructivists; attacks on the language of enabling conditions as reflected in worries about the purchase of necessary and sufficient conditions talk on both sides of the Atlantic; and Lyotard’s many interventions, particularly those against grand narratives. Many of these elective affinities that characterize postmodern philosophy can also be seen in the virtually universal challenges to moral philosophy as it has been understood traditionally in the West, not only in G. and  philosophy, but in the reevaluation of “the morality of principles” in the work of MacIntyre, Williams, Nussbaum, John McDowell, and others. The force of postmodern critiques can perhaps best be seen in some of the challenges of feminist theory, as in the work of Judith Butler and Hélène Cixous, and gender theory generally. For it is in gender theory that the conception of “reason” itself as it has functioned in the shared philosophical tradition is redescribed as a conception that, it is often argued, is engendered, patriarchal, homophobic, and deeply optional. The term ‘postmodern’ is less clear in philosophy, its application more uncertain and divided than in some other fields, e.g., postmodern architecture. In architecture the concept is relatively clear. It displaces modernism in assignable ways, emerges as an oppositional force against architectural modernism, a rejection of the work and tradition inaugurated by Walter Gropius, Henri Le Corbusier, and Mies van der Rohe, especially the International Style. In postmodern architecture, the modernist principle of abstraction, of geometric purity and simplicity, is displaced by multivocity and pluralism, by renewed interest in buildings as signs and signifiers, interest in their referential potential and resources. The modernist’s aspiration to buildings that are timeless in an important sense is itself read by postmodernists as an iconography that privileges the brave new world of science and technology, an aspiration that glorifies uncritically the industrial revolution of which it is itself a quintessential expression. This aspiration to timelessness is displaced in postmodern architecture by a direct and self-conscious openness to and engagement with history. It is this relative specificity of the concept postmodern architecture that enabled Charles Jencks to write that “Modern Architecture died in St. Louis Missouri on July 15, 2 at 3:32 P.M.” Unfortunately, no remotely similar sentence can be written about postmodern philosophy. 

PARS-TOTUM -- partiale-impartialis – impartiality: Grice found this amusing. “Surely conversational maxims, constituting the conversational immanuel, are impartial – i.e. they are not part of any other part!” – “However, it’s only because they can be partial that’s the only way they can have a bite on us!” -- a state or disposition achieved to the degree that one’s actions or attitudes are not influenced in a relevant respect by which members of a relevant group are benefited or harmed by one’s actions or by the object of one’s attitudes. For example, a basketball referee and that referee’s calls are impartial when the referee’s applications of the rules are not affected by whether the calls help one team or the other. A fan’s approval of a call lacks impartiality if that attitude results from the fan’s preference for one team over the other. Impartiality in this general sense does not exclude arbitrariness or guarantee fairness; nor does it require neutrality among values, for a judge can be impartial between parties while favoring liberty and equality for all. Different situations might call for impartiality in different respects toward different groups, so disagreements arise, for example, about when morality requires or allows partiality toward friends or family or country. Moral philosophers have proposed various tests of the kind of impartiality required by morality, including role reversibility (Kurt Baier), universalizability (Hare), a veil of ignorance (Rawls), and a restriction to beliefs shared by all rational people (Bernard Gert).


potching and cotching: Grice coined ‘cotching’ because he was irritated to hear that Chomsky couldn’t stand ‘know’ and how to coin ‘cognise’ to do duty for it! cognition -- cognitive dissonance, mental discomfort arising from conflicting beliefs or attitudes held simultaneously. Leon Festinger, who originated the theory of cognitive dissonance in a book of that title 7, suggested that cognitive dissonance has motivational characteristics. Suppose a person is contemplating moving to a new city. She is considering both Birmingham and Boston. She cannot move to both, so she must choose. Dissonance is experienced by the person if in choosing, say, Birmingham, she acquires knowledge of bad or unwelcome features of Birmingham and of good or welcome aspects of Boston. The amount of dissonance depends on the relative intensities of dissonant elements. Hence, if the only dissonant factor is her learning that Boston is cooler than Birmingham, and she does not regard climate as important, she will experience little dissonance. Dissonance may occur in several sorts of psychological states or processes, although the bulk of research in cognitive dissonance theory has been on dissonance in choice and on the justification and psychological aftereffects of choice. Cognitive dissonance may be involved in two phenomena of interest to philosophers, namely, self-deception and weakness of will. Why do self-deceivers try to get themselves to believe something that, in some sense, they know to be false? One may resort to self-deception when knowledge causes dissonance. Why do the weak-willed perform actions they know to be wrong? One may become weak-willed when dissonance arises from the expected consequences of doing the right thing. -- cognitive psychotherapy, an expression introduced by Brandt in A Theory of the Good and the Right to refer to a process of assessing and adjusting one’s desires, aversions, or pleasures henceforth, “attitudes”. This process is central to Brandt’s analysis of rationality, and ultimately, to his view on the justification of morality. Cognitive psychotherapy consists of the agent’s criticizing his attitudes by repeatedly representing to himself, in an ideally vivid way and at appropriate times, all relevant available information. Brandt characterizes the key definiens as follows: 1 available information is “propositions accepted by the science of the agent’s day, plus factual propositions justified by publicly accessible evidence including testimony of others about themselves and the principles of logic”; 2 information is relevant provided, if the agent were to reflect repeatedly on it, “it would make a difference,” i.e., would affect the attitude in question, and the effect would be a function of its content, not an accidental byproduct; 3 relevant information is represented in an ideally vivid way when the agent focuses on it with maximal clarity and detail and with no hesitation or doubt about its truth; and 4 repeatedly and at appropriate times refer, respectively, to the frequency and occasions that would result in the information’s having the maximal attitudinal impact. Suppose Mary’s desire to smoke were extinguished by her bringing to the focus of her attention, whenever she was about to inhale smoke, some justified beliefs, say that smoking is hazardous to one’s health and may cause lung cancer; Mary’s desire would have been removed by cognitive psychotherapy. According to Brandt, an attitude is rational for a person provided it is one that would survive, or be produced by, cognitive psychotherapy; otherwise it is irrational. Rational attitudes, in this sense, provide a basis for moral norms. Roughly, the correct moral norms are those of a moral code that persons would opt for if i they were motivated by attitudes that survive the process of cognitive psychotherapy; and ii at the time of opting for a moral code, they were fully aware of, and vividly attentive to, all available information relevant to choosing a moral code for a society in which they are to live for the rest of their lives. In this way, Brandt seeks a value-free justification for moral norms  one that avoids the problems of other theories such as those that make an appeal to intuitions.  -- cognitive science, an interdisciplinary research cluster that seeks to account for intelligent activity, whether exhibited by living organisms especially adult humans or machines. Hence, cognitive psychology and artificial intelligence constitute its core. A number of other disciplines, including neuroscience, linguistics, anthropology, and philosophy, as well as other fields of psychology e.g., developmental psychology, are more peripheral contributors. The quintessential cognitive scientist is someone who employs computer modeling techniques developing computer programs for the purpose of simulating particular human cognitive activities, but the broad range of disciplines that are at least peripherally constitutive of cognitive science have lent a variety of research strategies to the enterprise. While there are a few common institutions that seek to unify cognitive science e.g., departments, journals, and societies, the problems investigated and the methods of investigation often are limited to a single contributing discipline. Thus, it is more appropriate to view cognitive science as a cross-disciplinary enterprise than as itself a new discipline. While interest in cognitive phenomena has historically played a central role in the various disciplines contributing to cognitive science, the term properly applies to cross-disciplinary activities that emerged in the 0s. During the preceding two decades each of the disciplines that became part of cogntive science gradually broke free of positivistic and behavioristic proscriptions that barred systematic inquiry into the operation of the mind. One of the primary factors that catalyzed new investigations of cognitive activities was Chomsky’s generative grammar, which he advanced not only as an abstract theory of the structure of language, but also as an account of language users’ mental knowledge of language their linguistic competence. A more fundamental factor was the development of approaches for theorizing about information in an abstract manner, and the introduction of machines computers that could manipulate information. This gave rise to the idea that one might program a computer to process information so as to exhibit behavior that would, if performed by a human, require intelligence. If one tried to formulate a unifying question guiding cognitive science research, it would probably be: How does the cognitive system work? But even this common question is interpreted quite differently in different disciplines. We can appreciate these differences by looking just at language. While psycholinguists generally psychologists seek to identify the processing activities in the mind that underlie language use, most linguists focus on the products of this internal processing, seeking to articulate the abstract structure of language. A frequent goal of computer scientists, in contrast, has been to develop computer programs to parse natural language input and produce appropriate syntactic and semantic representations. These differences in objectives among the cognitive science disciplines correlate with different methodologies. The following represent some of the major methodological approaches of the contributing disciplines and some of the problems each encounters. Artificial intelligence. If the human cognition system is viewed as computational, a natural goal is to simulate its performance. This typically requires formats for representing information as well as procedures for searching and manipulating it. Some of the earliest AIprograms drew heavily on the resources of first-order predicate calculus, representing information in propositional formats and manipulating it according to logical principles. For many modeling endeavors, however, it proved important to represent information in larger-scale structures, such as frames Marvin Minsky, schemata David Rumelhart, or scripts Roger Schank, in which different pieces of information associated with an object or activity would be stored together. Such structures generally employed default values for specific slots specifying, e.g., that deer live in forests that would be part of the representation unless overridden by new information e.g., that a particular deer lives in the San Diego Zoo. A very influential alternative approach, developed by Allen Newell, replaces declarative representations of information with procedural representations, known as productions. These productions take the form of conditionals that specify actions to be performed e.g., copying an expression into working memory if certain conditions are satisfied e.g., the expression matches another expression. Psychology. While some psychologists develop computer simulations, a more characteristic activity is to acquire detailed data from human subjects that can reveal the cognitive system’s actual operation. This is a challenging endeavor. While cognitive activities transpire within us, they frequently do so in such a smooth and rapid fashion that we are unaware of them. For example, we have little awareness of what occurs when we recognize an object as a chair or remember the name of a client. Some cognitive functions, though, seem to be transparent to consciousness. For example, we might approach a logic problem systematically, enumerating possible solutions and evaluating them serially. Allen Newell and Herbert Simon have refined methods for exploiting verbal protocols obtained from subjects as they solve such problems. These methods have been quite fruitful, but their limitations must be respected. In many cases in which we think we know how we performed a cognitive task, Richard Nisbett and Timothy Wilson have argued that we are misled, relying on folk theories to describe how our minds work rather than reporting directly on their operation. In most cases cognitive psychologists cannot rely on conscious awareness of cognitive processes, but must proceed as do physiologists trying to understand metabolism: they must devise experiments that reveal the underlying processes operative in cognition. One approach is to seek clues in the errors to which the cognitive system cognitive science cognitive science is prone. Such errors might be more easily accounted for by one kind of underlying process than by another. Speech errors, such as substituting ‘bat cad’ for ‘bad cat’, may be diagnostic of the mechanisms used to construct speech. This approach is often combined with strategies that seek to overload or disrupt the system’s normal operation. A common technique is to have a subject perform two tasks at once  e.g., read a passage while watching for a colored spot. Cognitive psychologists may also rely on the ability to dissociate two phenomena e.g., obliterate one while maintaining the other to establish their independence. Other types of data widely used to make inferences about the cognitive system include patterns of reaction times, error rates, and priming effects in which activation of one item facilitates access to related items. Finally, developmental psychologists have brought a variety of kinds of data to bear on cognitive science issues. For example, patterns of acquisition times have been used in a manner similar to reaction time patterns, and accounts of the origin and development of systems constrain and elucidate mature systems. Linguistics. Since linguists focus on a product of cognition rather than the processes that produce the product, they tend to test their analyses directly against our shared knowledge of that product. Generative linguists in the tradition of Chomsky, for instance, develop grammars that they test by probing whether they generate the sentences of the language and no others. While grammars are certainly G.e to developing processing models, they do not directly determine the structure of processing models. Hence, the central task of linguistics is not central to cognitive science. However, Chomsky has augmented his work on grammatical description with a number of controversial claims that are psycholinguistic in nature e.g., his nativism and his notion of linguistic competence. Further, an alternative approach to incorporating psycholinguistic concerns, the cognitive linguistics of Lakoff and Langacker, has achieved prominence as a contributor to cognitive science. Neuroscience. Cognitive scientists have generally assumed that the processes they study are carried out, in humans, by the brain. Until recently, however, neuroscience has been relatively peripheral to cognitive science. In part this is because neuroscientists have been chiefly concerned with the implementation of processes, rather than the processes themselves, and in part because the techniques available to neuroscientists such as single-cell recording have been most suitable for studying the neural implementation of lower-order processes such as sensation. A prominent exception was the classical studies of brain lesions initiated by Broca and Wernicke, which seemed to show that the location of lesions correlated with deficits in production versus comprehension of speech. More recent data suggest that lesions in Broca’s area impair certain kinds of syntactic processing. However, other developments in neuroscience promise to make its data more relevant to cognitive modeling in the future. These include studies of simple nervous systems, such as that of the aplysia a genus of marine mollusk by Eric Kandel, and the development of a variety of techniques for determining the brain activities involved in the performance of cognitive tasks e.g., recording of evoked response potentials over larger brain structures, and imaging techniques such as positron emission tomography. While in the future neuroscience is likely to offer much richer information that will guide the development and constrain the character of cognitive models, neuroscience will probably not become central to cognitive science. It is itself a rich, multidisciplinary research cluster whose contributing disciplines employ a host of complicated research tools. Moreover, the focus of cognitive science can be expected to remain on cognition, not on its implementation. So far cognitive science has been characterized in terms of its modes of inquiry. One can also focus on the domains of cognitive phenomena that have been explored. Language represents one such domain. Syntax was one of the first domains to attract wide attention in cognitive science. For example, shortly after Chomsky introduced his transformational grammar, psychologists such as George Miller sought evidence that transformations figured directly in human language processing. From this beginning, a more complex but enduring relationship among linguists, psychologists, and computer scientists has formed a leading edge for much cognitive science research. Psycholinguistics has matured; sophisticated computer models of natural language processing have been developed; and cognitive linguists have offered a particular synthesis that emphasizes semantics, pragmatics, and cognitive foundations of language. Thinking and reasoning. These constitute an important domain of cognitive science that is closely linked to philosophical interests. Problem cognitive science cognitive science solving, such as that which figures in solving puzzles, playing games, or serving as an expert in a domain, has provided a prototype for thinking. Newell and Simon’s influential work construed problem solving as a search through a problem space and introduced the idea of heuristics  generally reliable but fallible simplifying devices to facilitate the search. One arena for problem solving, scientific reasoning and discovery, has particularly interested philosophers. Artificial intelligence researchers such as Simon and Patrick Langley, as well as philosophers such as Paul Thagard and Lindley Darden, have developed computer programs that can utilize the same data as that available to historical scientists to develop and evaluate theories and plan future experiments. Cognitive scientists have also sought to study the cognitive processes underlying the sorts of logical reasoning both deductive and inductive whose normative dimensions have been a concern of philosophers. Philip JohnsonLaird, for example, has sought to account for human performance in dealing with syllogistic reasoning by describing a processing of constructing and manipulating mental models. Finally, the process of constructing and using analogies is another aspect of reasoning that has been extensively studied by traditional philosophers as well as cognitive scientists. Memory, attention, and learning. Cognitive scientists have differentiated a variety of types of memory. The distinction between long- and short-term memory was very influential in the information-processing models of the 0s. Short-term memory was characterized by limited capacity, such as that exhibited by the ability to retain a seven-digit telephone number for a short period. In much cognitive science work, the notion of working memory has superseded short-term memory, but many theorists are reluctant to construe this as a separate memory system as opposed to a part of long-term memory that is activated at a given time. Endel Tulving introduced a distinction between semantic memory general knowledge that is not specific to a time or place and episodic memory memory for particular episodes or occurrences. More recently, Daniel Schacter proposed a related distinction that emphasizes consciousness: implicit memory access without awareness versus explicit memory which does involve awareness and is similar to episodic memory. One of the interesting results of cognitive research is the dissociation between different kinds of memory: a person might have severely impaired memory of recent events while having largely unimpaired implicit memory. More generally, memory research has shown that human memory does not simply store away information as in a file cabinet. Rather, information is organized according to preexisting structures such as scripts, and can be influenced by events subsequent to the initial storage. Exactly what gets stored and retrieved is partly determined by attention, and psychologists in the information-processing tradition have sought to construct general cognitive models that emphasize memory and attention. Finally, the topic of learning has once again become prominent. Extensively studied by the behaviorists of the precognitive era, learning was superseded by memory and attention as a research focus in the 0s. In the 0s, artificial intelligence researchers developed a growing interest in designing systems that can learn; machine learning is now a major problem area in AI. During the same period, connectionism arose to offer an alternative kind of learning model. Perception and motor control. Perceptual and motor systems provide the inputs and outputs to cognitive systems. An important aspect of perception is the recognition of something as a particular kind of object or event; this requires accessing knowledge of objects and events. One of the central issues concerning perception questions the extent to which perceptual processes are influenced by higher-level cognitive information top-down processing versus how much they are driven purely by incoming sensory information bottom-up processing. A related issue concerns the claim that visual imagery is a distinct cognitive process and is closely related to visual perception, perhaps relying on the same brain processes. A number of cognitive science inquiries e.g., by Roger Shepard and Stephen Kosslyn have focused on how people use images in problem solving and have sought evidence that people solve problems by rotating images or scanning them. This research has been extremely controversial, as other investigators have argued against the use of images and have tried to account for the performance data that have been generated in terms of the use of propositionally represented information. Finally, a distinction recently has been proposed between the What and Where systems. All of the foregoing issues concern the What system which recognizes and represents objects as exemplars of categories. The Where system, in contrast, concerns objects in their environment, and is particularly adapted to the dynamics of movement. Gibson’s ecological psychology is a long-standing inquiry into this aspect of perception, and work on the neural substrates is now attracting the interest of cognitive scientists as well. Recent developments. The breadth of cognitive science has been expanding in recent years. In the 0s, cognitive science inquiries tended to focus on processing activities of adult humans or on computer models of intelligent performance; the best work often combined these approaches. Subsequently, investigators examined in much greater detail how cognitive systems develop, and developmental psychologists have increasingly contributed to cognitive science. One of the surprising findings has been that, contrary to the claims of William James, infants do not seem to confront the world as a “blooming, buzzing confusion,” but rather recognize objects and events quite early in life. Cognitive science has also expanded along a different dimension. Until recently many cognitive studies focused on what humans could accomplish in laboratory settings in which they performed tasks isolated from reallife contexts. The motivation for this was the assumption that cognitive processes were generic and not limited to specific contexts. However, a variety of influences, including Gibsonian ecological psychology especially as interpreted and developed by Ulric Neisser and Soviet activity theory, have advanced the view that cognition is much more dynamic and situated in real-world tasks and environmental contexts; hence, it is necessary to study cognitive activities in an ecologically valid manner. Another form of expansion has resulted from a challenge to what has been the dominant architecture for modeling cognition. An architecture defines the basic processing capacities of the cognitive system. The dominant cognitive architecture has assumed that the mind possesses a capacity for storing and manipulating symbols. These symbols can be composed into larger structures according to syntactic rules that can then be operated upon by formal rules that recognize that structure. Jerry Fodor has referred to this view of the cognitive system as the “language of thought hypothesis” and clearly construes it as a modern heir of rationalism. One of the basic arguments for it, due to Fodor and Zenon Pylyshyn, is that thoughts, like language, exhibit productivity the unlimited capacity to generate new thoughts and systematicity exhibited by the inherent relation between thoughts such as ‘Joan loves the florist’ and ‘The florist loves Joan’. They argue that only if the architecture of cognition has languagelike compositional structure would productivity and systematicity be generic properties and hence not require special case-by-case accounts. The challenge to this architecture has arisen with the development of an alternative architecture, known as connectionism, parallel distributed processing, or neural network modeling, which proposes that the cognitive system consists of vast numbers of neuronlike units that excite or inhibit each other. Knowledge is stored in these systems by the adjustment of connection strengths between processing units; consequently, connectionism is a modern descendant of associationism. Connectionist networks provide a natural account of certain cognitive phenomena that have proven challenging for the symbolic architecture, including pattern recognition, reasoning with soft constraints, and learning. Whether they also can account for productivity and systematicity has been the subject of debate. Philosophical theorizing about the mind has often provided a starting point for the modeling and empirical investigations of modern cognitive science. The ascent of cognitive science has not meant that philosophers have ceased to play a role in examining cognition. Indeed, a number of philosophers have pursued their inquiries as contributors to cognitive science, focusing on such issues as the possible reduction of cognitive theories to those of neuroscience, the status of folk psychology relative to emerging scientific theories of mind, the merits of rationalism versus empiricism, and strategies for accounting for the intentionality of mental states. The interaction between philosophers and other cognitive scientists, however, is bidirectional, and a number of developments in cognitive science promise to challenge or modify traditional philosophical views of cognition. For example, studies by cognitive and social psychologists have challenged the assumption that human thinking tends to accord with the norms of logic and decision theory. On a variety of tasks humans seem to follow procedures heuristics that violate normative canons, raising questions about how philosophers should characterize rationality. Another area of empirical study that has challenged philosophical assumptions has been the study of concepts and categorization. Philosophers since Plato have widely assumed that concepts of ordinary language, such as red, bird, and justice, should be definable by necessary and sufficient conditions. But celebrated studies by Eleanor Rosch and her colleagues indicated that many ordinary-language concepts had a prototype structure instead. On this view, the categories employed in human thinking are characterized by prototypes the clearest exemplars and a metric that grades exemplars according to their degree of typicality. Recent investigations have also pointed to significant instability in conceptual structure and to the role of theoretical beliefs in organizing categories. This alternative conception of concepts has profound implications for philosophical methodologies that portray philosophy’s task to be the analysis of concepts. 

potts: “One of the few non-Oxonian English philosohpers I can stand, but then he was my genial tutee!, so he IS Oxford. Oxford made me and him!” --. English philosopher, tutee of H. P. Grice. Semanticist of the best order! Structures and Categories for the Representation of Meaning T.C. Potts. Potts, alla Grice, addresses the representation problem ... how best to represent the meanings of linguistic expressions... One might call this the 'semantic form' of expressions (p. xi, italics in the original). The book begins with "three chapters in which I survey the contributions made by linguistics, logic and computer science respectively to the representation of meaning" (p. xii). These three chapters are not easy to understand, principally because of Potts's obtuse style, an example of which is that instead of saying "'either P or Q' is false if 'P' and 'Q' are both false; otherwise, it is true," he says, "we lay down that a proposition having the structure represented by 'either P or Q' is to be accounted false if a false proposition is substituted for 'P' and a false proposition for 'Q', but is otherwise to be accounted true" (p. 53). These chapters are also outdated. In particular, the chapter on computer science, discussing the work of researchers whose goals are the closest to Potts's own stated goals, is mainly a review of work as of the seventies. There are citations to several of the papers in Findler (1979), but only three to more recent research publications: Hayes (1980), Sowa (1984), and Hobbs and Shieber (1987). Perhaps the most valuable aspect of these three chapters is Potts's criticisms of some of the work he surveys. Of course, some of the problems noted have been corrected in literature that Potts hasn't yet got around to reading. By the end of the three survey chapters, Potts has introduced two techniques that he 427  Computational Linguistics Volume 21, Number 3 then develops into his own representation-- categorial grammars and graphs as representation formalisms. He takes the categorial analysis to be the prior of the two, with his graphs, which he calls categorialgraphs, being the clearer representation of sentence meaning. Unfortunately, "formalism" and "clearer" must be taken with a grain of salt. Potts never formally defines his categorial graphs, let alone gives a formal semantics for them. Although I have had extensive experience reading, interpreting, and devising graphical representations of meaning, I could not understand the details of Potts's graphs. But then, neither, apparently, can he: "The relationship between semantic and syntactic structures has not been spelled out, so that it is not fully determinate what our semantic representations represent at the syntactic level" (p. 168). The four substantive chapters are useful for the linguistic issues that they address, even if they are not useful for the representation scheme that they develop. These issues, which must eventually be faced by all knowledge representation formalisms that aspire to complete coverage of natural language include: quantifier scope; pronouns; relative clauses; count nouns, substance nouns, and proper names; generic propositions; deictic terms; plurals; identity; and adverbs. Appropriately, the book does not end on a note of claimed accomplishment, but on a note of work yet to do: "The purpose of a philosophical book is to stimulate thought, not to put it to rest with solutions to every problem ... It is still premature to formulate a graph grammar for semantic representation of everyday language... The representation problem is commonly not accorded the respect which it deserves" (p. 288). Many people agree, and have, accordingly, produced a vast literature that Potts is apparently not familiar with. (Some relevant collections are Cercone and McCalla 1987, Sowa 1991, and Lehmann 1992.) Nevertheless, Potts is still correct when he suggests that there is much work left to do.--Stuart C. Shapiro, State University of New York at Buffalo References Cercone, Nick and McCalla, Gordon (editors) (1987). The Knowledge Frontier: Essays in the Representation of Knowledge. Springer-Verlag. Findler, Nicholas V. (editor) (1979). Associative Networks: The Representation and Use of Knowledge in Computers. Academic Press. Hayes, Patrick J. (1980). "The logic of frames." In Frame Conceptions and Text Understanding, edited by Dieter Metzing, 46-61. de Gruyter, 1980. Also in Readings in Knowledge Representation, edited by Ronald J. Brachman and Hector J. Levesque, 287-295. Morgan Kaufmann. 1985. Hobbs, Jerry R., and Shieber, Stuart M. (1987). "An algorithm for generating quantifier scopings." Computational Linguistics, 13(1-2), 47-63. Lehmann, Fritz (editor) (1992). Semantic Networks in Artificial Intelligence. Pergamon Press. Sowa, John E (1984). Conceptual Structures. Addison-Wesley. Sowa, John F. (editor) (1991). Principles of Semantic Networks: Explorations in the Representation of Knowledge. Morgan Kaufmann. Refs.: Luigi Speranza, “Potts at Villa Grice.”



Pozza Carlo Dalla Pozza Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Carlo Dalla Pozza (Taranto, 16 ottobre 1942 – Lecce, 18 luglio 2014) è stato un filosofo e docente italiano.  Biografia Figlio di Luigi, ufficiale della Marina (regione Veneto) e di Cencilia Pontrelli, pugliese, durante gli studi al Liceo Scientifico Battaglini di Taranto, Giovanni De Tommaso, un insegnante di matematica di stile "tradizionale" gli stimola il gusto per i problemi matematici e per l'eleganza formale delle dimostrazioni. Carlo Dalla Pozza studia filosofia e letteratura all'Università di Bari dove si laurea con una tesi su Renato Serra avendo come relatore Aldo Vallone. Per tutta la sua vita coniuga l'amore per i sistemi formali con l'amore per la letteratura italiana, in particolare per Giacomo Leopardi, Giosuè Carducci (maestro di Renato Serra) e Gabriele d'Annunzio (e tra i classici predilisse Torquato Tasso e Vita nuova di Dante).  Dopo la laurea studia Linguistica teorica a Bari con Ferruccio Rossi-Landi e in seguito all'Università di Pisa, e quindi Metodi formali alla Cattolica di Milano. Una svolta nella sua carriera intellettuale è segnata dalla partecipazione agli "incontri di San Giuseppe" organizzati a Torino da Norberto Bobbio. A partire da qui sviluppa nuove idee in filosofia del diritto, specie sul lavoro di Hans Kelsen, e sulla formalizzazione della logica deontica con particolare attenzione all'assiomatizzazione dei principi di una Teoria generale del diritto in collaborazione con Luigi Ferrajoli per i suoi Principia Juris[1].  Nel 1986 organizza a Taranto insieme al Comandante Nicola Marturano, allora direttore del Centro di Elaborazione Elettronica della Marina Militare, gli incontri Infogiure Taras Uno: Logica Informatica e Diritto, in collaborazione con il Centro di Taranto della Università Cattolica del Sacro Cuore, al quale hanno partecipato alcune delle figure più rappresentative del diritto, dell'informatica e della logica italiana e internazionale, tra cui Carlos Alchourron, Antonio A. Martino, Luigi Ferrajoli, Amedeo G. Conte, Padre Roberto Busa, Paolo Comanducci, Mario Jori, Angela Filipponio, Giancarlo Taddei-Elmi, Riccardo Guastini e Giovanni Sartor. Insegna per diversi anni nella scuola superiore in provincia di Taranto, mantenendosi scientificamente attivo e partecipando a conferenze di società filosofiche italiane (specialmente la Società Italiana di Logica e Filosofia della Scienza e la Società Italiana di filosofia Analitica, dal suo primo Convegno Nazionale del 1994[2] fino al 6 convegno "Analitic Philosophy and European Culture" (GEnova 2004)[3]). Nel 1990 viene assunto all'Università di Lecce, dove insegna Logica e Filosofia del linguaggio.  Tra le principali influenze nei suoi studi di linguistica e semiotica testuale vi sono quella di János Sándor Petöfi che lo invita a lavorare con lui all'Università di Costanza. La scelta di Dalla Pozza è però quella di restare in Italia dove continua a insegnare anche fuori Lecce, in particolare alle Università di Verona (dove insegna logica e fondamenti di informatica in modo continuativo dal 1996 al 2002, e saltuariamente fino al 2013), Padova, Bolzano e, per le sue lezioni di logica deontica, all'Università di Roma Tre.  Oltre all'influenza di Petöfi e Kelsen, l'influenza maggiore sul suo pensiero viene dalle grandi opere di Gottlob Frege, Bertrand Russell e Rudolf Carnap, ai cui lavori Dalla Pozza dedica uno studio continuo, con particolare attenzione alla visione filosofica di Carnap. Nel 1988 pubblica un contributo di sapore neopositivista, discutendo e formalizzando alcune argomentazioni in fisica quantistica[4]. Un legame tra i suoi interessi in linguistica e il suo lavoro in logica formale è dato dalla sua teoria formale degli atti linguistici basata su una connessione originale tra logica intuizionistica (usata per gli atti linguistici assertori) e logica classica (usata per i contenuti proposizionali). Il primo passo di questa teoria viene pubblicato in un lavoro scritto a due mani con Claudio Garola su Erkenntnis nel 1995.[5]  Presentando la sua teoria di una formalizzazione della pragmatica, Dalla Pozza definisce un modello Frege-Reichenbach-Stenius per il trattamento formale delle asserzioni, mostrando che il problema principale di questa teoria è la limitazione introdotta da Frege (e accettata da Michael Dummett) per cui il segno di asserzione si può usare solo per formule elementari assertorie. Ma, come molti linguisti sostengono, esistono atti linguistici composti; e per permettere il trattamento di atti linguistici composti e ovviare alla limitazione del modello Frege-Reichenbach-Stenius, Dalla Pozza introduce un insieme di connettivi pragmatici che permettono la costruzione di formule assertive complesse. Il contenuto delle formule assertive è dato dall'interpretazione classica e dai connettivi verofunzionali; i connettivi pragmatici (che connettono atti linguistici assertori) hanno invece una interpretazione intuizionistica, non hanno cioè valori di verità ma valori di giustificazione (infatti un atto assertivo non è, in quanto atto, vero o falso, ma può essere giustificato o non giustificato) In questo modo il sistema formale distingue l'asseribilità di un atto assertorio dal valore di verità della proposizione asserita. Oltre a spiegare l'irriducibilità del segno fregeano di asserzione a un trattamento in termini di logica classica e introdurre una fondazione formale della teoria degli atti linguistici, Dalla Pozza dà anche una soluzione originale del problema della compatibilità tra logica classica e logica intuizionista.  Al saggio su Erkenntnis seguono lavori sulla logica erotetica, sulla Logica deontica e sulle logiche substrutturall (vedi riferimenti più sotto). Il lavoro di Dalla Pozza ha suscitato interesse in diversi campi, dalla filosofia del linguaggio alla filosofia della fisica (con la collaborazione con Claudio Garola) alla logica e all'informatica, (specie a partire dalla sua collaborazione con Gianluigi Bellin[6]). Alla sua teoria formale della pragmatica, oltre ai lavori di Richard S. Anderson 2009[7], e Kurt Ranalter 2008[8] è dedicato un numero di Fondamenta Informaticae del 2008[9]  L'influenza di Dalla Pozza si estende così oltre che alla filosofia della fisica e alla filosofia del linguaggio anche alla logica e all'informatica, specie con tre convegni in suo onore organizzati a Verona (2003), a Parigi (2004) e a Sirmione (2008), basati sulla collaborazione tra il Dipartimento di Informatica dell'Università di Verona, la Queen Mary University di [Londra] e l'Università di Parigi 12 (Laboratoire d'Algorithmique, Complexité et Logique). Ricordi di personalità internazionali e di amici sono raccolti in un sito in suo onore.[10]  Opere Una lista di lavori di Dalla Pozza si può trovare sulla sua Home Page[11] e su academia.edu[12].  On the logical foundations of the Jauch-Piron approach to Quantum Physics (with G. Cattaneo, C. Garola, G. Nisticò), in International Journal of Theoretical Physics, Vol. 27, n° 11, 1988 [1] Un'interpretazione pragmatica della logica proposizionale intuizionistica, in Usberti G. (ed.), Problemi fondazionali nella teoria del significato, Leo S. Olschki, Firenze, 1991 [2] Una fondazione pragmatica della logica delle domande, unpublished handwritten (draft, May 1991) [3] Parlare di niente. Termini singolari non denotanti e atti illocutori, in 'Idee', anno VIII, n° 23, 1993 [4] A pragmatic interpretation of intuitionistic propositional logic (with C. Garola), in Erkenntnis, 43, 1995 (pp.81-109) [5] Una logica pragmatica per la concezione “espressiva” delle norme, in Martino A. (ed.), Logica delle Norme, S.E.U., Pisa, 1997 [6] A pragmatic interpretation of substructural logics (with G. Bellin), in W. Sieg, R. Sommer and C. Talcott (eds.), Reflections on the Foundations of Mathematics. Essays in Honor of Solomon Feferman - ASL Lectures Notes in Logic, Natick Massachusetts, 2003 [7] Il problema di Gettier: osservazioni su giustificazione, prova e probabilità (with D. Chiffi), talk at the SIFA conference Analytic Philosophy and European Culture, Genoa, 2004 [8] A pragmatic logic for the expressive conception of norms and values and The Frege-Geach problem, Editoria Scientifica Elettronica, 2008 [9] Come distinguere scienza e non-scienza: verificabilità, falsificabilità e confermabilità bayesiana (with A. Negro), Carocci, 2017, ISBN 978-8-843-08078-6, [10] Note ^ Luigi Ferrajoli, Principia juris. Teoria del diritto e della democrazia. vol. 3. La sintassi del diritto, Bari: Edizioni Laterza: 2007 ^ vedi http://www.sifa.unige.it/?post_type=eventoz&p=347 ^ vedi http://www.sifa.unige.it/genoa04/program.htm ^ On the logical foundations of the Jauch-Piron approach to Quantum Physics (con G. Cattaneo, C. Garola, G. Nisticò), in International Journal of Theoretical Physics, Vol. 27, n° 11, 1988 ^ A pragmatic interpretation of intuitionistic propositional logic (con C. Garola), in Erkenntnis, 43, 1995 (pp.81-109) ^ vedi G. Bellin and Carlo Dalla Pozza. "A pragmatic interpretation of substructural logics" in Reflections on the Foundations of Mathematics, Essays in Honor of Solomon Feferman, W.Sieg, R.Sommer and C.Talcott eds. ASL Lecture Notes in Logic ; 15, 2002 ^ Richard Stuart Anderson Some Remarks on the Frege-Geach Embedding Problem 2009 ^ Kurt Ranalter, "A Semantic Analysis of a Logic of Assertions, Oblicagion and Causal Implication" in FI, 2008: 443-470 Archiviato il 10 agosto 2014 in Archive.is. ^ Fundamenta Informaticae, 84, n.3-4, 2008 Archiviato il 10 agosto 2014 in Archive.is. ^ Carlo Dalla Pozza ^ Home Page di Carlo Dalla Pozza ^ [unisalento.academia.edu/CarloDallaPozza https://unisalento.academia.edu/CarloDallaPozza] Biografie Portale Biografie: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di biografie Categorie: Filosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloInsegnanti italiani del XX secoloInsegnanti italiani del XXI secoloNati nel 1942Morti nel 2014Nati il 16 ottobreMorti il 18 luglioNati a TarantoMorti a Lecce[altre]

PozzoRiccardo Pozzo Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search  Riccardo Pozzo Riccardo Pozzo (Milano, 7 giugno 1959) è un filosofo, storico della filosofia e accademico italiano.   Indice 1                    Biografia 2                                            Ricerca 3                                              Storia della filosofia e società riflessiva 4                                        Innovazione sociale e culturale 5                                      Migrazioni e scienze umane 6                                       Bibliografia 6.1                                          Monografie 6.2                                         Articoli 7                                             Voci correlate 8                                            Collegamenti esterni Biografia Laureato in filosofia all'Università Statale di Milano nel 1983, ha conseguito il dottorato nel 1988 alla Universität des Saarlandes e la abilitazione nel 1995 alla Universität Trier. Nel 1996 è andato negli Stati Uniti per insegnare Kant e Hegel alla Catholic University of America a Washington. Nel 2003 è tornato in Italia alla Cattedra di Storia della filosofia dell'Università di Verona. Dal 2009 al 2012 è succeduto a Tullio Gregory alla direzione dell'Istituto per il Lessico Intellettuale Europeo e Storia delle Idee - CNR. Dal 2012 al 2017 ha diretto il Dipartimento Scienze Umane e Sociali, Patrimonio Culturale - CNR. Nel 2012 è eletto membro titolare dello Institut International de Philosophie, del quale attualmente è vicepresidente. Nel 2019 è chiamato alla Cattedra di Storia della Filosofia dell'Università di Roma Tor Vergata.  Ordine al merito della Repubblica Federale di Germania, è stato esperto dello Horizon 2020 Programme Committee Configuration Research Infrastructures, membro dello Scientific Review Group for the Humanities della European Science Foundation e presidente del comitato di programma del 24º Congresso Mondiale di Filosofia, organizzato dalla Fédération Internationale des Sociétés de Philosophie a Pechino nel 2018; è attualmente membro del comitato di programma del 25º Congresso Mondiale di Filosofia, che si terrà a Melbourne nel 2023.  Ricerca Storico della filosofia e autore di monografie sull’aristotelismo, la storia della logica (dal Rinascimento a Kant e Hegel), la storia delle idee e la storia delle università, Pozzo ha portato avanti la creazione di infrastrutture di ricerca per una migliore comprensione dei testi filosofici e scientifici che hanno plasmato il patrimonio culturale dell’umanità. Caratteristica specifica dell’approccio di Pozzo alla lessicografia durante il suo mandato presso l’Istituto per il Lessico Intellettuale Europeo e Storia delle Idee è l’uso della IT per la documentazione e l’elaborazione di dati linguistici e testuali in greco antico, inglese, francese, tedesco, latino e italiano.  Storia della filosofia e società riflessiva Come molte altre discipline, anche la storia della filosofia oggi sta assumendo una prospettiva globale. Pozzo offre nuove definizioni e sperimenta pratiche incentrate sulle interazioni culturali europeo-cinesi, prese come inizio per estendere il modello ad altre culture. La ricerca di Pozzo riguarda l’innovazione, la riflessione e l’inclusione. L’innovazione culturale è qualcosa di reale che completa l’innovazione sociale e tecnologica fornendo alla società riflessiva spazi di scambio nei quali i cittadini condividono le proprie esperienze e fanno propri i contenuti dei beni comuni. Stiamo parlando di spazi pubblici come università, accademie, biblioteche, musei, centri scientifici, ma anche di qualsiasi luogo nel quale si verificano attività di co-creazione, ad es. le infrastrutture di ricerca come DARIAH-Digital Research Infrastructure for the Arts and the Humanities. A questo livello, l’innovazione sociale diventa riflessiva e genera l’innovazione culturale.  Innovazione sociale e culturale Una linea di ricerca si concentra sull’introduzione della nozione di innovazione culturale, che richiede un ripensamento dei processi di co-creazione. Pozzo contrasta la dimensione dell’innovazione culturale con quelle di altre forme di innovazione, compiendo un tentativo senza precedenti di enucleare processi e prodotti dell’innovazione culturale, dimostrando al contempo la loro operatività in alcuni casi di studio.  Migrazioni e scienze umane Pozzo riflette sulle sfide metodologiche, concettuali ed epistemologiche della ricerca sulle migrazioni. Elabora esempi concreti per configurare le migrazioni come un settore che accende un dialogo tra discipline tra loro molto diverse come la sociologia, la narratologia, le scienze della comunicazione, la IT, le scienze politiche, la psicologia sociale, gli studi religiosi, l’economia, i diritti umani, il patrimonio culturale e la museologia in quanto hanno accesso ai dati resi disponibili dalle infrastrutture di ricerca, le scienze sociali computazionali e l’informatica umanistica. Le migrazioni accompagnano l’intera storia delle civiltà, coinvolgendo relazioni e scambi continui tra le culture e traduzioni da e per diversi contesti linguistici, economici, politici e culturali. Le migrazioni offrono esempi convincenti per configurare l’impatto dell’innovazione culturale poiché richiedono trasferimenti di culture, conoscenze e competenze. Le sfide epistemologiche hanno come obiettivo ultimo di contribuire a un cambiamento di mentalità per quanto riguarda la riflessione e l’inclusione nei gruppi target attivi nelle infrastrutture sociali come l’istruzione, l’apprendimento permanente, l’assistenza sanitaria, la mobilità e la rigenerazione urbana.  Bibliografia Monografie Kant y el problema de una introducción a la lógica, transl. Javier Sánchez-Arjona Voser (Madrid: Maia, 2016), ISBN 9788492724628 Adversus Ramistas: Kontroversen über die Natur der Logik am Ende der Renaissance (Basel: Schwabe, 2012), ISBN 9783796528187 Georg Friedrich Meiers Vernunftlehre: Eine historisch-systematische Untersuchung (Stuttgart-Bad Cannstatt: Frommann-Holzboog, 2000), ISBN 3772820239 Kant und das Problem einer Einleitung in die Logik: Ein Beitrag zur Rekonstruktion der historischen Hintergründe von Kants Logik-Kolleg (Frankfurt: Lang, 1989), ISBN 3631407289 Hegel: Introductio in Philosophiam: Dagli studi ginnasiali alla prima logica 1782-1801 (Firenze: La Nuova Italia, 1989), ISBN 8822107063 Articoli “Epistemological Challenges of Engaging Humanities-led Cross-disciplinary Migration Research Issues,” in Briefs on Methodological, Ethical and Epistemological Issues, No. 11, 1-8, www.migrationresearch.com “G. F. Meiers rhetorisierte Logik und die freien Künste,” Rhetorica: A Journal of the History of Rhetoric 36 (2018), #2, 160-78. ISSN 0734-8584, https://doi.org/10.1525/rh.2018.36.2.160 (coauthor Vania Virgili) “Social and Cultural Innovation: Research Infrastructures Tackling Migration,” Diogenes: International Journal of Human Sciences 64 (2017), https://doi.org/10.1177/039219211773982 (coauthor Vania Virgili) “Governing Cultural Diversity: Common Goods, Shared Experiences, Spaces for Exchange,” Economia della cultura: Rivista trimestrale dell’Associazione per l’Economia della Cultura 26 (2016), 41-47, https://www.rivisteweb.it/doi/10.1446/84035 “Storia storica e storia filosofica della filosofia nel XX e XXI secolo,” Archivio di storia della cultura 27 (2014), 361-72 “Schiavitù attiva, proprietà intellettuale e diritti umani,” Intersezioni: Rivista di storia delle idee 30 (2010), 145-56, https://doi.org/10.1404/31493 Voci correlate Scuola di Milano Collegamenti esterni Opere di Riccardo Pozzo / Riccardo Pozzo (altra versione), su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Riccardo Pozzo, su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata Registrazioni di Riccardo Pozzo, su RadioRadicale.it, Radio Radicale. Modifica su Wikidata Sito istituzionale, su lettere.uniroma2.it. Riccardo Pozzo, sul portale RAI Filosofia, su filosofia.rai.it. video/469/rpozzo-le-iniziative-del-cnr-e-il-progetto-nazionale-sui-bbcc Riccardo Pozzo sul patrimonio culturale al Museo Nazionale Romano, su tv. t/videos/interview-prof-riccardo-pozzo-rom-20-05-2016/ Cultural Entrepreneurship Institute Berlin [collegamento interrotto], su cultural-entrepreneurship-institute.de. Fédération Internationale des Sociétés de Philosophie, su fisp.org. Institut International de Philosophie, su i-i-p.org. Controllo di autorità                     VIAF (EN) 29572191 · ISNI (EN) 0000 0001 0883 2686 · SBN IT\ICCU\CFIV\112354 · LCCN (EN) n90661603 · GND (DE) 112000312 · BNF (FR) cb12153818n (data) · BNE (ES) XX1291016 (data) · BAV (EN) 495/328355 · WorldCat Identities (EN) lccn-n90661603 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloStorici della filosofia italianiAccademici italiani del XX secoloAccademici italiani del XXI secoloNati nel 1959Nati il 7 giugnoNati a MilanoStudenti dell'Università degli Studi di Milano[altre]

Pra Mario Dal Pra Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Mario Dal Pra, nome di battaglia colonnello Procopio (Montecchio Maggiore, 29 aprile 1914 – Milano, 21 gennaio 1992), è stato un filosofo, storico della filosofia, accademico e partigiano italiano.   Indice 1                                          Biografia 2                                            Pensiero 2.1                                           Filosofia 3                                            Opere 4                                             Note 5                                             Bibliografia 6                                           Riconoscimenti 7                                         Voci correlate 8                                            Collegamenti esterni Biografia Mario Dal Pra si è laureato in Filosofia all'Università degli Studi di Padova sotto la guida di Erminio Troilo. Ha iniziato giovanissimo la sua carriera didattica come docente di filosofia e storia prima nel Liceo Scientifico "P. Paleocapa" di Rovigo (1937-1939) e poi nel Liceo classico di Vicenza (1939-1943), trasferendosi poi durante la Seconda guerra mondiale a Milano; qui dalla fine della guerra al dicembre 1951 ha insegnato filosofia e storia nel Liceo Classico G. Carducci. Dal dicembre 1951 ha insegnato Storia della filosofia antica e Storia della filosofia medioevale all'Università Statale di Milano, dove ha infine ricoperto la cattedra di Storia della filosofia, succedendo ad Antonio Banfi. Dal Pra ha partecipato attivamente alla Resistenza, nelle file di "Giustizia e Libertà", guadagnandosi due croci di guerra al merito partigiano, ed ha collaborato alla ricostruzione politica e culturale del Paese, con un'opera didattica e scientifica sempre sorretta da un'alta ispirazione morale.  Medaglia d'oro quale benemerito della Scuola, della Cultura e dell'Arte, membro dell'Accademia dei Lincei, dell'Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, dell'Accademia Olimpica di Vicenza, nonché membro autorevole della Società Filosofica Italiana, della quale è stato anche Presidente nazionale per un triennio. Con decreto del presidente della Repubblica in data 27-7-1987 gli è stato conferito il titolo di professore "emerito" della Università di Milano a tutti gli effetti di legge.  Storico del pensiero di prestigio internazionale (tra i suoi temi preferiti, lo scetticismo greco, Abelardo e la logica medioevale, Hume, Condillac, la logica hegeliana, il giovane Marx, il pragmatismo, americano e italiano, la storia della storiografia filosofica), Dal Pra ha sempre connesso la sua attività storiografica con l'esplicitarsi di interessi teorici che lo hanno portato ad elaborare, negli anni cinquanta, un'originale linea di pensiero denominata "trascendentalismo della prassi", poi evoluta in una forma di razionalismo storicista e critico. Il suo interesse filosofico fondamentale si è infatti sempre rivolto al chiarimento del rapporto tra teoria e prassi in una prospettiva antimetafisica che lo ha fin dai suoi esordi posto in contrasto con le posizioni del neoidealismo italiano, e più in generale con ogni forma di dogmatismo teoricistico emergente nel pensiero contemporaneo, per favorire la libera esplicazione dell'iniziativa pratico-razionale dell'uomo.  Nel 1946 Dal Pra ha fondato la Rivista di storia della filosofia, un riferimento costante e prestigioso nell'ambito degli studi del pensiero occidentale, tuttora pubblicata.  Negli anni sessanta è stato autore di un fortunato Sommario di storia della filosofia per licei, in tre volumi e più volte ristampato (La Nuova Italia, Firenze) e poi direttore di una monumentale Storia della filosofia (prima edizione Vallardi, Milano 1975, in dieci volumi, poi Piccin, Padova 1999, aggiornata in undici volumi).  È deceduto a Milano il 21 gennaio 1992 ed i suoi resti mortali riposano nel Cimitero di Vicenza. Ha donato la sua biblioteca e le sue carte alla Biblioteca di Filosofia Università degli Studi di Milano.  Pensiero Filosofia Nel dopoguerra e negli anni Cinquanta, in collaborazione con Andrea Vasa, Dal Pra elabora una posizione filosofica che viene indicata come trascendentalismo della prassi.  Successivamente, avvicinandosi alle idee di Giulio Preti, Dal Pra propone uno storicismo critico, più attento alle strutture della ragione con cui l'esperienza storica si struttura.  Opere Il realismo e il trascendente, Padova, Cedam, 1937. Amore di sapienza. Avviamento elementare allo studio della storia della filosofia, della scienza e della pedagogia per i licei e gli istituti magistrali, Vicenza, Tipografia commerciale, 1938. La didache. Insegnamento del Signore alle genti per mezzo dei dodici apostoli. Documento cristiano del I secolo, Vicenza, Tipografia commerciale, 1938. Educare, Verona, La Scaligera, 1940. Pensiero e realtà, Verona, La Scaligera, 1940. Scoto Eriugena ed il neoplatonismo medievale, Milano, Bocca, 1941; 1951. Condillac, Milano, Bocca, 1942. Il pensiero di Sebastiano Maturi, Milano, Bocca, 1943. Necessità attuale dell'universalismo cristiano, Vicenza, Collezioni del Palladio, 1943. Valori cristiani e cultura immanentistica, Padova, Cedam, 1944. Hume, Milano, Bocca, 1949. La storiografia filosofica antica, Milano, Bocca, 1950. Lo scetticismo greco, Milano, Bocca, 1950. Giovanni di Salisbury, Milano, Bocca, 1951. Amalrico di Bène, Milano, Bocca, 1951. Nicola di Autrecourt, Milano, Bocca, 1951. Il pensiero di John Dewey, con contributi bibliografici a cura di, Milano, Bocca, 1952. Il problema logico del linguaggio nella filosofia medioevale. Studi storico-critici, Milano, Bocca, 1954. Il pensiero filosofico di Marx dal 1835 al 1848. (Con particolare riguardo alla filosofia della prassi). Appunti delle lezioni di Storia della filosofia a cura della dott. M. E. Reina. Anno accademico 1958-59, Milano, La Goliardica, 1959 (poi come Il pensiero filosofico di Marx, a cura di D. Borso, Shake ed., Milano 2011). Il pensiero occidentale. Compendio di storia della filosofia con larga scelta di passi dagli autori, I, La filosofia antica e medioevale, Firenze, La Nuova Italia, 1960. Sommario di storia della filosofia per i licei classici e scientifici, 3 voll., Firenze, La Nuova Italia, 1963-1964. La dialettica in Marx. Dagli scritti giovanili all'Introduzione alla critica dell'economia politica, Bari, Laterza, 1965; 1972. Profilo di storia della filosofia, 3 voll., Firenze, La Nuova Italia, 1971. Piccola antologia filosofica, 3 voll., Firenze, La Nuova Italia, 1971. La dialettica hegeliana e l'epistemologia contemporanea, Milano, CUEM, 1972. Hume e la scienza della natura umana, Roma-Bari, Laterza, 1973. Logica e realtà. Momenti del pensiero medievale, Roma-Bari, Laterza, 1974. Storia della Filosofia, diretta da, 11 voll., I, Giuseppina Scalabrino Borsani, La filosofia indiana, Milano, Vallardi, 1976. II, Paolo Beonio-Brocchieri, La filosofia cinese e dell'Asia orientale, Milano, Vallardi, 1977. III, Gabriele Giannantoni, Armando Plebe, Pierluigi Donini, La filosofia greca dal VI al IV secolo, Milano, Vallardi, 1975. IV, La filosofia ellenistica e la patristica cristiana. Dal III sec. a.C. al V sec. d.C., Milano, Vallardi, 1975. V, La filosofia medievale. Dal secolo VI al secolo XII, Milano, Vallardi, 1976. VI, La filosofia medievale. I secoli XIII e XIV, Milano, Vallardi, 1976. VII, La filosofia moderna. Dal Quattrocento al Seicento, Milano, Vallardi, 1976. VIII, Paolo Casini, Nicolao Merker, La filosofia moderna. Il Settecento, Milano, Vallardi, 1975. IX, La filosofia contemporanea. L'Ottocento, Milano, Vallardi, 1976. X, La filosofia contemporanea. Il Novecento, Milano, Vallardi, 1978. XI, La filosofia della seconda metà del Novecento, 2 tomi, Padova-Milano, Piccin Nuova libraria-Vallardi, 1998. Logica, esperienza e prassi. Momenti del pensiero moderno e contemporaneo, Napoli, Morano, 1976. Il problema del realismo nella storia del pensiero, Milano, Unicopli, 1980. La storiografia filosofica e la sua storia. Testi per il corso di storia della filosofia I. A.A. 1979-80, con Giovanni Santinello, Eugenio Garin, Lutz Geldsetzer e Lucien Braun, Padova, Antenore, 1982. David Hume. La vita e l'opera, Roma-Bari, Laterza, 1984. Antonio Banfi (1886-1957). Relazioni dall'incontro Antonio Banfi: le vie della ragione, Università di Milano, 28 febbraio 1983, con Dino Formaggio e Paolo Rossi, Milano, Unicopli, 1984. Studi sul pragmatismo italiano, Napoli, Bibliopolis, 1984. Studi sull'empirismo critico di Giulio Preti, Napoli, Bibliopolis, 1988. Filosofi del Novecento, Milano, Franco Angeli, 1989. I problemi di metodo nella storiografia filosofica, in Panorami filosofici. Itinerari del pensiero, Padova, Muzzio, 1991. Ragione e storia. Mezzo secolo di filosofia italiana, con Fabio Minazzi, Milano, Rusconi, 1992. Storia della filosofia e della storiografia filosofica. Scritti scelti, a cura di Maria Assunta Del Torre, Milano, Franco Angeli, 1996. La guerra partigiana in Italia. Settembre 1943-maggio 1944, a cura di Dario Borso, Firenze-Milano, Giunti-INSMLI, 2009. Dialettica hegeliana ed epistemologia analitica, a cura di Enrico Colombo, Brescia, Morcelliana, 2015. Il trascendentalismo della prassi, la filosofia della Resistenza, con Andrea Vasa, a cura di Maria Grazia Sandrini, Milano-Udine, Mimesis, 2017. Note  Bibliografia F. Cambi, Razionalismo e prassi a Milano (1945-1954), Milano, 1983; N. Badaloni (et al.), La storia della filosofia come sapere critico. Studi offerti a Mario Dal Pra, Milano, Angeli, 1984. L. Bianchi, Bibliografia degli scritti di Mario Dal Pra, in La storia della filosofia come sapere critico. Studi offerti a Mario Dal Pra, Milano, 1984, pp. 749–72; A. Montesperelli, Introduzione, in E. Mirri - L. Conti (a cura di), Filosofi nel dissenso, Foligno, 1986; M. Mirri, Fra Vicenza e Pisa. Esperienze morali, intellettuali e politiche di giovani degli anni ’40, in Il contributo dell’Università di Pisa e della Scuola Normale Superiore alla lotta antifascista ed alla guerra di Liberazione, Pisa, 1987; A. Pacchi, Il filosofo e l’educatore, in In onore di Mario Dal Pra, Montecchio Maggiore, 1988, pp. 13-26; F. Cassinari (a cura di), Filosofia e storia della filosofia in Mario Dal Pra. Conversazione con Fulvio Papi, «Itinerari filosofici», 2 (1992), pp. 68–79; E.I. Rambaldi, Ricordo di M. Dal Pra, «Rivista di storia della filosofia», 47 (1992), pp. 9–45; E. Garin, Mario Dal Pra, «Rivista di storia della filosofia», 48 (1993), pp. 231–37; A. Santucci, Mario Dal Pra filosofo e storico della filosofia, «Rivista di storia della filosofia», 85 (1994), pp. 67–97; E.I. Rambaldi, Mario Dal Pra e l’esistenzialismo positivo di Nicola Abbagnano, «Rivista di storia della filosofia», 50(1995), pp. 41–72; M.A. Del Torre (a cura di), Mario Dal Pra e i cinquant’anni della "Rivista di storia della filosofia", Milano, 1998; G. Paganini, Dall’empirismo classico all’empirismo «critico». Le ricerche di M. Dal Pra tra storia e teoria, «Cenobio. Rivista trimestrale di cultura della Svizzera italiana», 1998, pp. 365–85; P. Giordanetti, Il fondo manoscritto di Mario Dal Pra, «Rivista di storia della filosofia», 55 (2000), pp. 671–72; E.I. Rambaldi, Et vos estote parati. Mario Dal Pra, la vigilia, «Rivista di storia della filosofia», 55 (2000), pp. 625–44; G. Barreca, L’archivio Mario Dal Pra, «Rivista di storia della filosofia», 59 (2004), pp. 931–33; E. I. Rambaldi, Mario Dal Pra in Enciclopedia filosofica, Milano, 2006, v. III, pp. 2510–2511, Id., Mario Dal Pra giovane insegnante a Vicenza, «Rivista di storia della filosofia», 61 (2006), pp. 397–401; M. Rigamonti, Gli Hume di Mario Dal Pra, «Rivista di storia della filosofia», 63 (2008), pp. 139–50; M. Parodi - C. Selogna, Per una filosofia minore. Mario Dal Pra e il pensiero debole, «Rivista di storia della filosofia», 63 (2008), pp. 771–789; P. Di Vona, Ricordo di Mario Dal Pra, «Rivista di storia della filosofia», 63 (2008), pp. 815–18; Enrico I. Rambaldi, Filologia e filosofia nella storiografia di Mario Dal Pra, in «ACME», LXII (2009), n. 1, pp. 254–89; E. Franzina, Mario Dal Pra partigiano. Dal fascismo alla Resistenza e alla sua storia, in «Belfagor», 65 (2010), pp. 341–48. Il fondo manoscritto di Mario Dal Pra. Descrizione, in "Rivista di storia della filosofia", LV (2000), 4, pp. 671–672. AA. VV., Ricordo di M. Dal Pra, Informazione filosofica, sito "studifilosofici.it". G. Barreca, P. Giordanetti, Fondo Mario Dal Pra, Milano, Cisalpino, 2005. Dal Pra, Mario» in Dizionario di filosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009. Presentiamo Mario Dal Pra: l'uomo, il filosofo. Una mostra biografico-documentaria dall'archivio inedito Università degli Studi di Milano, Biblioteca di Filosofia, 4 dicembre-21 gennaio 2015 D. Borso, Mario Dal Pra. Una via religiosa alla Resistenza, "Humanitas", 70 (2015), n. 1, pp. 73-82. L'archivio Mario Dal Pra presso l Biblioteca di Filosofia dell'Università degli Studi di Milano Fascicolo speciale in memoria di Mario Dal Pra per il settantesimo anniversario della fondazione della Rivista, in Rivista di storia della filosofia: LXXI, supplemento 4, 2014, Milano, Franco Angeli, 2016. D. Borso, Mario Dal Pra 'fucino', "Rivista di storia della filosofia", 70 (2016), suppl. 4, pp. 377-385. Gianmarco Bisogno, Anselmo in Italia: tra Mario Dal Pra e Sofia Vanni Rovighi, in «Dianoia. Rivista di filosofia del Dipartimento di Filosofia e Comunicazione dell'Università di Bologna», 29 (2019), pp. 181– 201. Riconoscimenti Nel 1990 l'Accademia dei Lincei gli ha conferito il Premio Feltrinelli per le Scienze Filosofiche.[1]  Voci correlate Scuola di Milano Collegamenti esterni Mario Dal Pra, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Mario Dal Pra, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Mario Dal Pra, su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata V · D · M Vincitori del Premio Feltrinelli Controllo di autorità           VIAF (EN) 22136877 · ISNI (EN) 0000 0000 8100 5364 · SBN IT\ICCU\CFIV\036973 · LCCN (EN) n82244175 · GND (DE) 13048329X · BNF (FR) cb11886057r (data) · BNE (ES) XX1039861 (data) · NLA (EN) 35116064 · BAV (EN) 495/103466 · WorldCat Identities (EN) lccn-n82244175 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Università Portale Università ^ Premi Feltrinelli 1950-2011, su lincei.it. URL consultato il 17 novembre 2019. Categorie: Filosofi italiani del XX secoloStorici della filosofia italianiAccademici italiani del XX secoloNati nel 1914Morti nel 1992Nati il 29 aprileMorti il 21 gennaioNati a Montecchio MaggioreMorti a MilanoVincitori del Premio FeltrinelliAccademici dei LinceiMembri dell'Istituto Lombardo Accademia di Scienze e LetterePartigiani italianiProfessori dell'Università degli Studi di MilanoStudenti dell'Università degli Studi di PadovaAntifascisti italiani[altre]

practical reason, the capacity for argument or demonstrative inference, considered in its application to the task of prescribing or selecting behavior. Some philosophical concerns in this area pertain to the actual thought processes by which plans of action are formulated and carried out in practical situations. A second major issue is what role, if any, practical reason plays in determining norms of conduct. Here there are two fundamental positions. Instrumentalism is typified by Hume’s claim that reason is, and ought only to be, the slave of the passions. According to instrumentalism, reason by itself is incapable of influencing action directly. It may do so indirectly, by disclosing facts that arouse motivational impulses. And it fulfills an indispensable function in discerning meansend relations by which our objectives may be attained. But none of those objectives is set by reason. All are set by the passions  the desiderative and aversive impulses aroused in us by what our cognitive faculties apprehend. It does not follow from this alone that ethical motivation reduces to mere desire and aversion, based on the pleasure and pain different courses of action might afford. There might yet be a specifically ethical passion, or it might be that independently based moral injunctions have in themselves a special capacity to provoke ordinary desire and aversion. Nevertheless, instrumentalism is often associated with the view that pleasure and pain, happiness and unhappiness, are the sole objects of value and disvalue, and hence the only possible motivators of conduct. Hence, it is claimed, moral injunctions must be grounded in these motives, and practical reason is of interest only as subordinated to inclination. The alternative to instrumentalism is the view championed by Kant, that practical reason is an autonomous source of normative principles, capable of motivating behavior independently of ordinary desire and aversion. On this view it is the passions that lack intrinsic moral import, and the function of practical reason is to limit their motivational role by formulating normative principles binding for all rational agents and founded in the operation of practical reason itself. Theories of this kind usually view moral principles as grounded in consistency, and an impartial respect for the autonomy of all rational agents. To be morally acceptable, principles of conduct must be universalizable, so that all rational agents could behave in the same way without their conduct either destroying itself or being inconsistently motivated. There are advantages and disadvantages to each of these views. Instrumentalism offers a simpler account of both the function of practical reason and the sources of human motivation. But it introduces a strong subjective element by giving primacy to desire, thereby posing a problem of how moral principles can be universally binding. The Kantian approach offers more promise here, since it makes universalizability essential to any type of behavior being moral. But it is more complex, and the claim that the deliverances of practical reason carry intrinsic motivational force is open to challenge.   practical reasoning, the inferential process by which considerations for or against envisioned courses of action are brought to bear on the formation and execution of intention. The content of a piece of practical reasoning is a practical argument. Practical arguments can be complex, but they are often summarized in syllogistic form. Important issues concerning practical reasoning include how it relates to theoretical reasoning, whether it is a causal process, and how it can be evaluated. Theories of practical reasoning tend to divide into two basic categories. On one sort of view, the intrinsic features of practical reasoning exhibit little or no difference from those of theoretical reasoning. What makes practical reasoning practical is its subject matter and motivation. Hence the following could be a bona fide practical syllogism: Exercise would be good for me. Jogging is exercise. Therefore, jogging would be good for me. This argument has practical subject matter, and if made with a view toward intention formation it would be practical in motivation also. But it consists entirely of propositions, which are appropriate contents for belief-states. In principle, therefore, an agent could accept its conclusion without intending or even desiring to jog. Intention formation requires a further step. But if the content of an intention cannot be a proposition, that step could not count in itself as practical reasoning unless such reasoning can employ the contents of strictly practical mental states. Hence many philosophers call for practical syllogisms such as: Would that I exercise. Jogging is exercise. Therefore, I shall go jogging. Here the first premise is optative and understood to represent the content of a desire, and the conclusion is the content of a decision or act of intention formation. These contents are not true or false, and so are not propositions. Theories that restrict the contents of practical reasoning to propositions have the advantage that they allow such reasoning to be evaluated in terms of familiar logical principles. Those that permit the inclusion of optative content entail a need for more complex modes of evaluation. However, they bring more of the process of intention formation under the aegis of reason; also, they can be extended to cover the execution of intentions, in terms of syllogisms that terminate in volition. Both accounts must deal with cases of self-deception, in which the considerations an agent cites to justify a decision are not those from which it sprang, and cases of akrasia, where the agent views one course of action as superior, yet carries out another. Because mental content is always abstract, it cannot in itself be a nomic cause of behavior. But the states and events to which it belongs  desires, beliefs, etc.  can count as causes, and are so treated in deterministic explanations of action. Opponents of determinism reject this step, and seek to explain action solely through the teleological or justifying force carried by mental content. Practical syllogisms often summarize very complex thought processes, in which multiple options are considered, each with its own positive and negative aspects. Some philosophers hold that when successfully concluded, this process issues in a judgment of what action would be best all things considered  i.e., in light of all relevant considerations. Practical reasoning can be evaluated in numerous ways. Some concern the reasoning process itself: whether it is timely and duly considers the relevant alternatives, as well as whether it is well structured logically. Other concerns have to do with the products of practical reasoning. Decisions may be deemed irrational if they result in incompatible intentions, or conflict with the agent’s beliefs regarding what is possible. They may also be criticized if they conflict with the agent’s best interests. Finally, an agent’s intentions can fail to accord with standards of morality. The relationship among these ways of evaluating intentions is important to the foundations of ethics. 

Praedicatum –praedicabile: As in qualia being the plural of quale and universalia being the plural of universale, predicabilia is Boethius’s plural for the ‘predicabile’ -- something Grice knew by heart from giving seminars at Oxfrod on Aristotle’s categories with Austin and Strawson. He found the topic boring enough to give the seminar ALONE! prædicatum: vide Is there a praedicatum in Blackburn’s one-off predicament. He draws a skull and communicates that there is danger. The drawsing of the skull is not syntactically structured. So it is difficult to isolate the ‘praedicatum.’ That’s why Grice leaves matters of the praedicatum’ to reductive analyses at a second stage of his programme, where one wants to apply, metabolically, ‘communicate’ to what an emissum does. The emissum of the form, The S is P, predicates P of S.  Vide subjectification, and subjectum. Of especial interest to Grice and Strawson. Lewis and Short have “praedīco,” which they render as “to say or mention before or beforehand, to premise.” Grice as a modista is interested in parts of speech: nomen (onoma) versus verbum (rhema) being the classical, since Plato. The mediaeval modistae like Alcuin adapted Aristotle, and Grice follows suit. Of particular relevance are the ‘syncategoremata,’ since Grice was obsessed with particles, and we cannot say that ‘and’ is a predicate! This relates to the ‘categorema.’ Liddell and Scott have “κατηγόρ-ημα,” which they render as “accusation, charge,” Gorg.Pal.22; but in philosophy, as “predicate,” as per Arist.Int.20b32, Metaph.1053b19, etc.; -- “οὐκ εὔοδον τὸ ἁπλοῖν ἐστι κ.” Epicur.Fr.18. – and as “head of predicables,” in Arist.Metaph.1028a33,Ph.201a1,  Zeno Stoic.1.25, etc.; περὶ κατηγορημάτων Sphaer.ib.140. The term syncategorema comes from a passage of Priscian in his Institutiones grammatice II , 15. “coniunctae plenam faciunt orationem, alias autem partes, κατηγορήματα, hoc est consignificantiaappellabant.” A distinction is made between two types of word classes ("partes orationis," singular, "pars orationis") distinguished by philosophers since Plato, viz. nouns (nomen, onoma) and verbs (verbum, rhema) on the one hand, and a  'syncategorema or consignificantium. A consignificantium, just as the unary functor "non," and any of the three dyadic functors, "et," "vel" (or "aut") and "si," does not have a definitive meaning on its own -- cf. praepositio, cited by Grice, -- "the meaning of 'to,' the meaning of 'of,'" -- rather, they acquire meaning in combination or when con-joined to one or more categorema. It is one thing to say that we employ a certain part of speech when certain conditions are fulfilled and quite another to claim that the role in the language of that part of speech is to say, even in an extended sense, that those conditions are fulfilled. In Logic, the verb 'kategoreo' is 'predicate of a person or thing,' “τί τινος” Arist.Cat.3a19,al., Epicur.Fr.250; κυρίως, καταχρηστικῶς κ., Phld.Po.5.15; “ἐναντίως ὑπὲρ τῶν αὐτῶν” Id.Oec.p.60 J.: —more freq. in Pass., to be predicated of . . , τινος Arist.Cat.2a21, APr. 26b9, al.; “κατά τινος” Id.Cat.2a37; “κατὰ παντὸς ἢ μηδενός” Id.APr.24a15: less freq. “ἐπί τινος” Id.Metaph.998b16, 999a15; so later “ἐφ᾽ ἑνὸς οἴονται θεοῦ ἑκάτερον τῶν ὀνομάτων -εῖσθαι” D.H.2.48; “περί τινος” Arist. Top.140b37; “τὸ κοινῇ -ούμενον ἐπὶ πᾶσιν” Id.SE179a8: abs., τὸ κατηγορούμενον the predicate, opp. τὸ ὑποκείμενον (the subject), Id.Cat.1b11, cf.Metaph.1043a6, al.; κατηγορεῖν καὶ -εῖσθαι to be subject and predicate, Id.APr.47b1. BANC.  Praedicatum -- praedicamenta singular: praedicamentum, in medieval philosophy, the ten Aristotelian categories: substance, quantity, quality, relation, where, when, position i.e., orientation  e.g., “upright”, having, action, and passivity. These were the ten most general of all genera. All of them except substance were regarded as accidental. It was disputed whether this tenfold classification was intended as a linguistic division among categorematic terms or as an ontological division among extralinguistic realities. Some authors held that the division was primarily linguistic, and that extralinguistic realities were divided according to some but not all the praedicamenta. Most authors held that everything in any way real belonged to one praedicamentum or another, although some made an exception for God. But authors who believed in complexe significabile usually regarded them as not belonging to any praedicamentum.  Praedicabile, also praedicabilia, sometimes called the quinque voces five words, in medieval philosophy, genus, species, difference, proprium, and accident, the five main ways general predicates can be predicated. The list comes from Porphyry’s Isagoge. It was debated whether it applies to linguistic predicates only or also to extralinguistic universals. Things that have accidents can exist without them; other predicables belong necessarily to whatever has them. The Aristotelian/Porphyrian notion of “inseparable accident” blurs this picture. Genus and species are natural kinds; other predicables are not. A natural kind that is not a narrowest natural kind is a genus; one that is not a broadest natural kind is a species. Some genera are also species. A proprium is not a species, but is coextensive with one. A difference belongs necessarily to whatever has it, but is neither a natural kind nor coextensive with one.  

praxis from Grecian prasso, ‘doing’, ‘acting’, in Aristotle, the sphere of thought and action that comprises the ethical and political life of man, contrasted with the theoretical designs of logic and epistemology theoria. It was thus that ‘praxis’ acquired its general definition of ‘practice’ through a contrastive comparison with ‘theory’. Throughout the history of Western philosophy the concept of praxis found a place in a variety of philosophical vocabularies. Marx and the neoMarxists linked the concept with a production paradigm in the interests of historical explanation. Within such a scheme of things the activities constituting the relations of production and exchange are seen as the dominant features of the socioeconomic history of humankind. Significations of ‘praxis’ are also discernible in the root meaning of pragma deed, affair, which informed the development of  pragmatism. In more recent times the notion of praxis has played a prominent role in the formation of the school of critical theory, in which the performatives of praxis are seen to be more directly associated with the entwined phenomena of discourse, communication, and social practices. The central philosophical issues addressed in the current literature on praxis have to do with the theorypractice relationship and the problems associated with a value-free science. The general thrust is that of undermining or subverting the traditional bifurcation of theory and practice via a recognition of praxis-oriented endeavors that antedate both theory construction and the construal of practice as a mere application of theory. Both the project of “pure theory,” which makes claims for a value-neutral standpoint, and the purely instrumentalist understanding of practice, as itself shorn of discernment and insight, are jettisoned. The consequent philosophical task becomes that of understanding human thought and action against the backdrop of the everyday communicative endeavors, habits, and skills, and social practices that make up our inheritance in the world.  Praxis school, a school of philosophy originating in Zagreb and Belgrade which, from 4 to 4, published the international edition of the leading postwar Marxist journal Praxis. During the same period, it organized the Korcula Summer School, which attracted scholars from around the Western world. In a reduced form the school continues each spring with the Social Philosophy Course in Dubrovnik, Croatia. The founders of praxis philosophy include Gajo Petrovic Zagreb, Milan Kangrga Zagreb, and Mihailo Markovic Belgrade. Another wellknown member of the group is Svetozar Stojanovic Belgrade, and a second-generation leader is Gvozden Flego Zagreb. The Praxis school emphasized the writings of the young Marx while subjecting dogmatic Marxism to one of its strongest criticisms. Distinguishing between Marx’s and Engels’s writings and emphasizing alienation and a dynamic concept of the human being, it contributed to a greater understanding of the interrelationship between the individual and society. Through its insistence on Marx’s call for a “ruthless critique,” the school stressed open inquiry and freedom of speech in both East and West. Quite possibly the most important and original philosopher of the group, and certainly Croatia’s leading twentieth-century philosopher, was Gajo Petrovic 793. He called for 1 understanding philosophy as a radical critique of all existing things, and 2 understanding human beings as beings of praxis and creativity. This later led to a view of human beings as revolutionary by nature. At present he is probably best remembered for his Marx in the Mid-Twentieth Century and Philosophie und Revolution. Milan Kangrga b.3 also emphasizes human creativity while insisting that one should understand human beings as producers who humanize nature. An ethical problematic of humanity can pragmatism, ethical Praxis school 731    731 be realized through a variety of disciplines that include aesthetics, philosophical anthropolgy, theory of knowledge, ontology, and social thought. Mihailo Markovic b.3, a member of the Belgrade Eight, is best known for his theory of meaning, which leads him to a theory of socialist humanism. His most widely read work in the West is From Affluence to Praxis: Philosophy and Social Criticism.  pragmatic contradiction, a contradiction that is generated by pragmatic rather than logical implication. A logically implies B if it is impossible for B to be false if A is true, whereas A pragmatically implies B if in most but not necessarily all contexts, saying ‘A’ can reasonably be taken as indicating that B is true. Thus, if I say, “It’s raining,” what I say does not logically imply that I believe that it is raining, since it is possible for it to be raining without my believing it is. Nor does my saying that it is raining logically imply that I believe that it is, since it is possible for me to say this without believing it. But my saying this does pragmatically imply that I believe that it is raining, since normally my saying this can reasonably be taken to indicate that I believe it. Accordingly, if I were to say, “It’s raining but I don’t believe that it’s raining,” the result would be a pragmatic contradiction. The first part “It’s raining” does not logically imply the negation of the second part “I don’t believe that it’s raining” but my saying the first part does pragmatically imply the negation of the second part. 

Old-World pragmatism: Grice: “I dislike the expression Old World if it means Eurasia – if it means just Europe, that’s OK.” -- a philosophy that stresses the relation of theory to praxis and takes the continuity of experience and nature as revealed through the outcome of directed action as the starting point for reflection. Experience is the ongoing transaction of organism and environment, i.e., both subject and object are constituted in the process. When intelligently ordered, initial conditions are deliberately transformed according to ends-inview, i.e., intentionally, into a subsequent state of affairs thought to be more desirable. Knowledge is therefore guided by interests or values. Since the reality of objects cannot be known prior to experience, truth claims can be justified only as the fulfillment of conditions that are experimentally determined, i.e., the outcome of inquiry. As a philosophic movement, pragmatism was first formulated by Peirce in the early 1870s in the Metaphysical Club in Cambridge, Massachusetts; it was announced as a distinctive position in James’s 8 address to the Philosophical Union at the  of California at Berkeley, and further elaborated according to the Chicago School, especially by Dewey, Mead, and Jane Addams 18605. Emphasis on the reciprocity of theory and praxis, knowledge and action, facts and values, follows from its postDarwinian understanding of human experience, including cognition, as a developmental, historically contingent, process. C. I. Lewis’s pragmatic a priori and Quine’s rejection of the analytic synthetic distinction develop these insights further. Knowledge is instrumental  a tool for organizing experience satisfactorily. Concepts are habits of belief or rules of action. Truth cannot be determined solely by epistemological criteria because the adequacy of these criteria cannot be determined apart from the goals sought and values instantiated. Values, which arise in historically specific cultural situations, are intelligently appropriated only to the extent that they satisfactorily resolve problems and are judged worth retaining. According to pragmatic theories of truth, truths are beliefs that are confirmed in the course of experience and are therefore fallible, subject to further revision. True beliefs for Peirce represent real objects as successively confirmed until they converge on a final determination; for James, leadings that are worthwhile; and according to Dewey’s theory of inquiry, the transformation of an indeterminate situation into a determinate one that leads to warranted assertions. Pragmatic ethics is naturalistic, pluralistic, developmental, and experimental. It reflects on the motivations influencing ethical systems, examines the individual developmental process wherein an individual’s values are gradually distinguished from those of society, situates moral judgments within problematic situations irreducibly individual and social, and proposes as ultimate criteria for decision making the value for life as growth, determined by all those affected by the actual or projected outcomes. The original interdisciplinary development of pragmatism continues in its influence on the humanities. Oliver Wendell Holmes, Jr., member of the Metaphysical Club, later justice of the U.S. Supreme Court, developed a pragmatic theory of law. Peirce’s Principle of Pragmatism, by which meaning resides in conceivable practical effects, and his triadic theory of signs developed into the field of semiotics. James’s Principles of Psychology 0 not only established experimental psychology in North America, but shifted philosophical attention away from abstract analyses of rationality to the continuity of the biological and the mental. The reflex arc theory was reconstructed into an interactive loop of perception, feeling, thinking, and behavior, and joined with the selective interest of consciousness to become the basis of radical empiricism. Mead’s theory of the emergence of self and mind in social acts and Dewey’s analyses of the individual and society influenced the human sciences. Dewey’s theory of education as community-oriented, based on the psychological developmental stages of growth, and directed toward full participation in a democratic society, was the philosophical basis of progressive education. 

prae-analytic, considered but naive; commonsensical; not tainted by prior explicit theorizing; said of judgments and, derivatively, of beliefs or intuitions underlying such judgments. Preanalytic judgments are often used to test philosophical theses. All things considered, we prefer theories that accord with preanalytic judgments to those that do not, although most theorists exhibit a willingness to revise preanalytic assessments in light of subsequent inquiry. Thus, a preanalytic judgment might be thought to constitute a starting point for the philosophical consideration of a given topic. Is justice giving every man his due? It may seem so, preanalytically. Attention to concrete examples, however, may lead us to a different view. It is doubtful, even in such cases, that we altogether abandon preanalytic judgments. Rather, we endeavor to reconcile apparently competing judgments, making adjustments in a way that optimizes overall coherence. 

prædicatum: Grice on the praedicatum/impraedicatum distinction – an impredicative definition is the definition of a concept in terms of the totality to which it belongs. Whitehead and Russell, in their “Principia Mathematica” introduce ‘im-predicative’ (earlier, ‘non-predicative,’ which Grice prefers) prohibiting an impredicative definition from conceptual analysis, on the grounds that an impredicative definition entails (to use Moore’s jargon) a paradox – which Grice loves. An impredicative definition of the set R of all sets that are not members of themselves leads to the self-contradictory conclusion that R is a member of itself if and only if it is not a member of itself. In Grice’s rewrite: “Austin’s paradoxical dream was to create a ‘class’ each of whose member was such that his class had no other member.” To avoid an antinomy of this kind in the formalization of logic, Whitehead and Russell first implement in their ramified type theory the vicious circle principle, that no whole (totum) may contain parts (pars) that are definable only in terms of that whole (totum). The limitation of ramified type theory is that without use of an impredicative definition it is impossible to quantify over every item, but only over every item of a certain order or type. Without being able to quantify over every item generally, many of the most important definitions and theorems of classical philosophy cannot be formulated. Whitehead and Russell for this reason later abandoned ramified in favour of simple type theory, which avoids a logical paradox without outlawing an impredicative definition by forbidding the predication of terms of any type (object, property and relation, higher-order propertiy and relations of properties and relations, etc.) to terms of the same type.
correctum: there’s‘corrigibility’ (=  correctum) and ‘incorrigibility’ – “The implicaturum is that something is incorrigibile it cannot be corrected – but Chisholm never explies ‘by whom’”! (Grice uses ‘exply’ as opposite of ‘imply’).  Who is corrigible? The emissor. “I am sorry I have to tell you you are wrong.” On WoW: 142, Grice refers to the ‘authority’ of the utterer as a ‘rational being’ to DEEM that an M-intention is an antecedent condition for his act of meaning. Grice uses ‘privilege’ as synonym for ‘authority’ here. But not in the phrase ‘privileged access.’ His point is not so much about the TRUTH (which ‘incorrigibility’ suggests), but about the DEEMING. It is part of the authority or privilege of the utterer as rational to provide an ACCEPTABLE assignment of an M-intention behind his utterance.


prejudices: the life and opinions of H. P. Grice, by H. P. Grice! PGRICE had been in the works for a while. Knowing this, Grice is able to start his auto-biography, or memoir, to which he later adds a specific reply to this or that objection by the editors. The reply is divided in neat sections. After a preamble displaying his gratitude for the volume in his honour, Grice turns to his prejudices and predilections; which become, the life and opinions of H. P. Grice. The third section is a reply to the editorss overview of his work. This reply itself is itself subdivided into questions of meaning and rationality, and questions of Met. , philosophical psychology, and value. As the latter is repr. in “Conception” it is possible to cite this sub-section from the Reply as a separate piece. Grice originally entitles his essay in a brilliant manner, echoing the style of an English non-conformist, almost: Prejudices and predilections; which become, the life and opinions of H. P. Grice. With his Richards, a nice Welsh surNames, Grice is punning on the first Names of both Grandy and Warner. Grice is especially concerned with what Richards see as an ontological commitment on Grices part to the abstract, yet poorly individuated entity of a proposition. Grice also deals with the alleged insufficiency in his conceptual analysis of reasoning. He brings for good measure a point about a potential regressus ad infinitum in his account of a chain of intentions involved in meaning that p and communicating that p. Even if one of the drafts is titled festschrift, not by himself, this is not strictly a festschrift in that Grices Names is hidden behind the acronym: PGRICE. Notably on the philosophy of perception. Also in “Conception,” especially that tricky third lecture on a metaphysical foundation for objective value. Grice is supposed to reply to the individual contributors, who include Strawson, but does not. I cancelled the implicaturum! However, we may identify in his oeuvre points of contacts of his own views with the philosophers who contributed, notably Strawson. Most of this material is reproduced verbatim, indeed, as the second part of his Reply to Richards, and it is a philosophical memoir of which Grice is rightly proud. The life and opinions are, almost in a joke on Witters, distinctly separated. Under Life, Grice convers his conservative, irreverent rationalism making his early initial appearance at Harborne under the influence of his non-conformist father, and fermented at his tutorials with Hardie at Corpus, and his associations with Austins play group on Saturday mornings, and some of whose members he lists alphabetically: Austin, Gardiner, Grice, Hampshire, Hare, Hart, Nowell-Smith, Paul, Pears, Strawson, Thomson, Urmson, and Warnock.  Also, his joint philosophising with Austin, Pears, Strawson, Thomson, and Warnock. Under Opinions, Grice expands mainly on ordinary-language philosophy and his Bunyanesque way to the City of Eternal Truth. Met. , Philosophical Psychology, and Value, in “Conception,” is thus part of his Prejudices and predilections. The philosophers Grice quotes are many and varied, such as Bosanquet and Kneale, and from the other place, Keynes. Grice spends some delightful time criticising the critics of ordinary-language philosophy such as Bergmann (who needs an English futilitarian?) and Gellner. He also quotes from Jespersen, who was "not a philosopher but wrote a philosophy of grammar!" And Grice includes a reminiscence of the bombshells brought from Vienna by the enfant terrible of Oxford philosophy Freddie Ayer, after being sent to the Continent by Ryle. He recalls an air marshal at a dinner with Strawson at Magdalen relishing on Cook Wilsons adage, What we know we know. And more besides! After reminiscing for Clarendon, Grice will go on to reminisce for Harvard University Press in the closing section of the Retrospective epilogue. Refs.: The main source is “Reply to Richards,” and references to Oxonianism, and linguistic botanising, BANC.

Prae-latum -- anaphora: a device of reference or cross-reference in which a term called an anaphor, typically a pronoun, has its semantic properties determined by a term or noun phrase called the anaphor’s antecedent that occurs earlier. Sometimes the antecedent is a proper name or other independently referring expression, as in ‘Jill went up the hill and then she came down again’. In such cases, the anaphor refers to the same object as its antecedent. In other cases, the anaphor seems to function as a variable bound by an antecedent quantifier, as in ‘If any miner bought a donkey, he is penniless’. But anaphora is puzzling because not every example falls neatly into one of these two groups. Thus, in ‘John owns some sheep and Harry vaccinates them’ an example due to Gareth Evans the anaphor is arguably not bound by its antecedent ‘some sheep’. And in ‘Every miner who owns a donkey beats it’ a famous type of case discovered by Geach, the anaphor is arguably neither bound by ‘a donkey’ nor a uniquely referring expression.


Prae--existence, existence of the individual soul or psyche prior to its current embodiment, when the soul or psyche is taken to be separable and capable of existing independently from its embodiment. The current embodiment is then often described as a reincarnation of the soul. Plato’s Socrates refers to such a doctrine several times in the dialogues, notably in the myth of Er in Book X of the Republic. The doctrine is distinguished from two other teachings about the soul: creationism, which holds that the individual human soul is directly created by God, and traducianism, which held that just as body begets body in biological generation, so the soul of the new human being is begotten by the parental soul. In Hinduism, the cycle of reincarnations represents the period of estrangement and trial for the soul or Atman before it achieves release moksha.

Prae-scriptivism, the theory that evaluative judgments necessarily have prescriptive meaning. Associated with noncognitivism and moral antirealism, prescriptivism holds that moral language is such that, if you say that you think one ought to do a certain kind of act, and yet you are not committed to doing that kind of act in the relevant circumstances, then you either spoke insincerely or are using the word ‘ought’ in a less than full-blooded sense. Prescriptivism owes its stature to Hare. One of his innovations is the distinction between “secondarily evaluative” and “primarily evaluative” words. The prescriptive meaning of secondarily evaluative words, such as ‘soft-hearted’ or ‘chaste’, may vary significantly while their descriptive meanings stay relatively constant. Hare argues the reverse for the primarily evaluative words ‘good’, ‘bad’, ‘right’, ‘wrong’, ‘ought’, and ‘must’. For example, some people assign to ‘wrong’ the descriptive meaning ‘forbidden by God’, others assign it the descriptive meaning ‘causes social conflict’, and others give it different descriptive meanings; but since all use ‘wrong’ with the same prescriptive meaning, they are using the same concept. In part to show how moral judgments can be prescriptive and yet have the same logical relations as indicative sentences, Hare distinguished between phrastics and neustics. The phrastic, or content, can be the same in indicative and prescriptive sentences; e.g., ‘Sam’s leaving’ is the phrastic not only of the indicative ‘Sam will leave’ but also of the prescription ‘Sam ought to leave’. Hare’s Language of Morals 2 specified that the neustic indicates mood, i.e., whether the sentence is indicative, imperative, interrogative, etc. However, in an article in Mind 9 and in Sorting Out Ethics 7, he used ‘neustic’ to refer to the sign of subscription, and ‘tropic’ to refer to the sign of mood. Prescriptivity is especially important if moral judgments are universalizable. For then we can employ golden rulestyle moral reasoning. 

prae-Socratics: cf. pre-Griceians. the early Grecian philosophers who were not influenced by Socrates. Generally they lived before Socrates, but some are contemporary with him or even younger. The classification though not the term goes back to Aristotle, who saw Socrates’ humanism and emphasis on ethical issues as a watershed in the history of philosophy. Aristotle rightly noted that philosophers prior to Socrates had stressed natural philosophy and cosmology rather than ethics. He credited them with discovering material principles and moving causes of natural events, but he criticized them for failing to stress structural elements of things formal causes and values or purposes final causes. Unfortunately, no writing of any pre-Socratic survives in more than a fragmentary form, and evidence of their views is thus often indirect, based on reports or criticisms of later writers. In order to reconstruct pre-Socratic thought, scholars have sought to collect testimonies of ancient sources and to identify quotations from the preSocratics in those sources. As modern research has revealed flaws in the interpretations of ancient witnesses, it has become a principle of exegesis to base reconstructions of their views on the actual words of the pre-Socratics themselves wherever possible. Because of the fragmentary and derivative nature of our evidence, even basic principles of a philosopher’s system sometimes remain controversial; nevertheless, we can say that thanks to modern methods of historiography, there are many points we understand better than ancient witnesses who are our secondary sources. Our best ancient secondary source is Aristotle, who lived soon after the pre-Socratics and had access to most of their writings. He interprets his predecessors from the standpoint of his own theory; but any historian must interpret philosophers in light of some theoretical background. Since we have extensive writings of Aristotle, we  understand his system and can filter out his own prejudices. His colleague Theophrastus was the first professional historian of philosophy. Adopting Aristotle’s general framework, he systematically discussed pre-Socratic theories. Unfortunately his work itself is lost, but many fragments and summaries of parts of it remain. Indeed, virtually all ancient witnesses writing after Theophrastus depend on him for their general understanding of the early philosophers, sometimes by way of digests of his work. When biography became an important genre in later antiquity, biographers collected facts, anecdotes, slanders, chronologies often based on crude a priori assumptions, lists of book titles, and successions of school directors, which provide potentially valuable information. By reconstructing ancient theories, we can trace the broad outlines of pre-Socratic development with some confidence. The first philosophers were the Milesians, philosophers of Miletus on the Ionian coast of Asia Minor, who in the sixth century B.C. broke away from mythological modes of explanation by accounting for all phenomena, even apparent prodigies of nature, by means of simple physical hypotheses. Aristotle saw the Milesians as material monists, positing a physical substrate  of water, or the apeiron, or air; but their material source was probably not a continuing substance that underlies all changes as Aristotle thought, but rather an original stuff that was transformed into different stuffs. Pythagoras migrated from Ionia to southern Italy, founding a school of Pythagoreans who believed that souls transmigrated and that number was the basis of all reality. Because Pythagoras and his early followers did not publish anything, it is difficult to trace their development and influence in detail. Back in Ionia, Heraclitus criticized Milesian principles because he saw that if substances changed into one another, the process of transformation was more important than the substances that appeared in the cycle of changes. He thus chose the unstable substance fire as his material principle and stressed the unity of opposites. Parmenides and the Eleatic School criticized the notion of notbeing that theories of physical transformations seemed to presuppose. One cannot even conceive of or talk of not-being; hence any conception that presupposes not-being must be ruled out. But the basic notions of coming-to-be, differentiation, and indeed change in general presuppose not-being, and thus must be rejected. Eleatic analysis leads to the further conclusion, implicit in Parmenides, explicit in Melissus, that there is only one substance, what-is. Since this substance does not come into being or change in any way, nor does it have any internal differentiations, the world is just a single changeless, homogeneous individual. Parmenides’ argument seems to undermine the foundations of natural philosophy. After Parmenides philosophers who wished to continue natural philosophy felt compelled to grant that coming-to-be and internal differentiation of a given substance were impossible. But in order to accommodate natural processes, they posited a plurality of unchanging, homogeneous elements  the four elements of Empedocles, the elemental stuffs of Anaxagoras, the atoms of Democritus  that by arrangement and rearrangement could produce the cosmos and the things in it. There is no real coming-to-be and perishing in the world since the ultimate substances are everlasting; but some limited kind of change such as chemical combination or mixture or locomotion could account for changing phenomena in the world of experience. Thus the “pluralists” incorporated Eleatic principles into their systems while rejecting the more radical implications of the Eleatic critique. Pre-Socratic philosophers developed more complex systems as a response to theoretical criticisms. They focused on cosmology and natural philosophy in general, championing reason and nature against mythological traditions. Yet the pre-Socratics have been criticized both for being too narrowly scientific in interest and for not being scientific experimental enough. While there is some justice in both criticisms, their interests showed breadth as well as narrowness, and they at least made significant conceptual progress in providing a framework for scientific and philosophical ideas. While they never developed sophisticated theories of ethics, logic, epistemology, or metaphysics, nor invented experimental methods of confirmation, they did introduce the concepts that ultimately became fundamental in modern theories of cosmic, biological, and cultural evolution, as well as in atomism, genetics, and social contract theory. Because the Socratic revolution turned philosophy in different directions, the pre-Socratic line died out. But the first philosophers supplied much inspiration for the sophisticated fourthcentury systems of Plato and Aristotle as well as the basic principles of the great Hellenistic schools, Epicureanism, Stoicism, and Skepticism. 

praesupposition, 1 a relation between sentences or statements, related to but distinct from entailment and assertion; 2 what a speaker takes to be understood in making an assertion. The first notion is semantic, the second pragmatic. The semantic notion was introduced by Strawson in his attack on Russell’s theory of descriptions, and perhaps anticipated by Frege. Strawson argued that ‘The present king of France is bald’ does not entail ‘There is a present king of France’ as Russell held, but instead presupposes it. Semantic presupposition can be defined thus: a sentence or statement S presupposes a sentence or statement SH provided S entails SH and the negation of S also entails SH . SH is a condition of the truth or falsity of S. Thus, since ‘There is a present king of France’ is false, ‘The present king of France is bald’ is argued to be neither true nor false. So construed, presupposition is defined in terms of, but is distinct from, entailment. It is also distinct from assertion, since it is viewed as a precondition of the truth or falsity of what is asserted. The pragmatic conception does not appeal to truth conditions, but instead contrasts what a speaker presupposes and what that speaker asserts in making an utterance. Thus, someone who utters ‘The present king of France is bald’ presupposes  believes and believes that the audience believes  that there is a present king of France, and asserts that this king is bald. So conceived, presuppositions are beliefs that the speaker takes for granted; if these beliefs are false, the utterance will be inappropriate in some way, but it does not follow that the sentence uttered lacks a truth-value. These two notions of presupposition are logically independent. On the semantic characterization, presupposition is a relation between sentences or statements requiring that there be truth-value gaps. On the pragmatic characterization, it is speakers rather than sentences or statements that have presuppositions; no truth-value gaps are required. Many philosophers and linguists have argued for treating what have been taken to be cases of semantic presupposition, including the one discussed above, as pragmatic phenomena. Some have denied that semantic presuppositions exist. If not, intuitions about presupposition do not support the claims that natural languages have truth-value gaps and that we need a three-valued logic to represent the semantics of natural language adequately. Presupposition is also distinct from implicaturum. If someone reports that he has just torn his coat and you say, “There’s a tailor shop around the corner,” you conversationally implicate that the shop is open. This is not a semantic presupposition because if it is false that the shop is open, there is no inclination to say that your assertion was neither true nor false. It is not a pragmatic presupposition because it is not something you believe the hearer believes.

Prae-theoretical, independent of theory. More specifically, a proposition is pretheoretical, according to some philosophers, if and only if it does not depend for its plausibility or implausibility on theoretical considerations or considerations of theoretical analysis. The term ‘preanalytic’ is often used synonymously with ‘pretheoretical’, but the former is more properly paired with analysis rather than with theory. Some philosophers characterize pretheoretical propositions as “intuitively” plausible or implausible. Such propositions, they hold, can regulate philosophical theorizing as follows: in general, an adequate philosophical theory should not conflict with intuitively plausible propositions by implying intuitively implausible propositions, and should imply intuitively plausible propositions. Some philosophers grant that theoretical considerations can override “intuitions”  in the sense of intuitively plausible propositions  when overall theoretical coherence or reflective equilibrium is thereby enhanced. 

praescriptum: prescriptivism. According to Grice’s prescriptive meta-ethics, by uttering ‘p,’ the emissor may intend his recipient to entertain a desiderative state of content ‘p.’ In which case, the emissor is ‘prescribing’ a course of conduct. As opposed to the ‘descriptum,’ which just depicts a ‘state’ of affairs that the emissor wants to inform his recipient about.  Surely there are for Grice at least two different modes, the buletic, which tends towards the prescriptive, and the doxastic, which is mostly ‘descriptive.’ One has to be careful because Grice thinks that what a philosopher like Strawson does with ‘descriptive’ expression (like ‘true,’ ‘know’ and ‘good’) and talk of pseudo-descriptive. What is that gives the buletic a ‘prescritive’ or deontic ring to it? This is Kant’s question. Grice kept a copy of Foots on morality as a system of hypothetical imperatives. “So Somervillian Oxonian it hurts!”. Grice took virtue ethics more seriously than the early Hare. Hare will end up a virtue ethicist, since he changed from a meta-ethicist to a moralist embracing a hedonistic version of eudaemonist utilitarianism. Grice was more Aristotelianly conservative! Unlike Hares and Grices meta-ethical sensitivities (as members of the Oxonian school of ordinary-language philosophy), Foot suggests a different approach to ethics. Grice admired Foots ability to make the right conceptual distinction. Foot is following a very Oxonian tradition best represented by the work of Warnock. Of course, Grice was over-familiar with the virtue vs. vice distinction, since Hardie had instilled it on him at Corpus! For Grice, virtue and vice (and the mesotes), display an interesting logical grammar, though. Grice would say that rationality is a virtue; fallacious reasoning is a vice. Some things Grice takes more of a moral standpoint about. To cheat is neither irrational nor unreasonble: just plain repulsive.  As such, it would be a vice ‒ mind not getting caught in its grip! Grice is concerned with vice in his account of akrasia or incontinentia. If agent A KNOWS that doing x is virtuous, yet decides to do ~x, which is vicious, A is being akratic. For Grice, akratic behaviour applies both in the buletic or boulomaic realm and in the doxastic realm. And it is part of the philosopher’s job to elucidate the conceptual intricacies attached to it. 1. prima-facie (p!q) V probably (pq). 2. prima-facie ((A and B) !p) V probably ( (A and B) p). 3. prima-facie ((A and B and C) !p) V probably ( (A and B and C,) p). 4. prima-facie ((all things before P V!p) V probably ((all things before P)  p). 5. prima-facie ((all things are considered  !p) V probably (all things are considered,  p). 6. !q V .q 7. Acc. Reasoning P wills that !q V Acc. Reasoning P that judges q. Refs.: The main sources under ‘meta-ethics,’ above, BANC.

Prepostino da Cremona – summa theological – Manichean, caraterismo.

Prestipino Giuseppe Prestipino (filosofo) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Giuseppe Prestipino (Gioiosa Marea, 1º maggio 1922[1]) è un filosofo, sociologo, politico e accademico italiano professore emerito presso l’Università degli Studi di Siena, già ordinario di filosofia della storia e di filosofia teoretica.   Indice 1                              Biografia 2                                            Opere 3                                             Note 4                                             Collegamenti esterni Biografia Attivo nel Partito Comunista Italiano dal 1943-1944,[2], ha alternato la sua attività di docente universitario con l'attività di giornalista, attività politica, sindacalista.  Docente fino al 1968 nei licei – sia nella Libia post-coloniale che in Italia – diviene poi docente universitario dal 1968 al 1971 anno in cui si stabilisce definitivamente in Italia, e dove successivamente ricopre anche i ruoli di deputato regionale alla Regione Sicilia e di sindaco di Capizzi.  Fondatore di diverse riviste accademiche e scientifiche, è noto in particolare come pubblicista e studioso di socialismo, marxismo ed estetica[3].  Attualmente è presidente onorario del Centro per la filosofia italiana di Monte Compatri e Direttore della rivista filosofica Il contributo.  Opere La teoria del mito e la modernità di G. B. Vico, Palermo, Montaina, 1962 L'arte e la dialettica in Lukàcs e Della Volpe, Messina-Firenze, D'Anna, 1961 Che cos'e la filosofia : strutture e livelli del conoscere, Gaeta, Bibliotheca, 1994 Per una antropologia filosofica : proposte di metodo e di lessico, Napoli, Guida, 1983 Marxismo (e tradizione gramsciana) negli studi antropologici, 1980 Natura e società, Roma, Editori Riuniti, 1973 Da Gramsci a Marx, Roma, Editori Riuniti, 1979 Modelli di strutture storiche, Bibliotheca, 1993 Narciso e l’automobile, La Città del Sole, 2000 Realismo e Utopia. In memoria di Lukács e Bloch, Roma, Editori Riuniti, 2002 Tre voci nel deserto. Vico Leopardi Gramsci, Roma, Carocci, 2006 Note ^ Scheda su aracneeditrice.it ^ Chiara Loschi, Da una sponda all’altra del Mediterraneo: memorie di militanza comunista. Intervista a Giuseppe Prestipino. Art. in: Historia Magistra. Rivista di storia critica, luglio 2011, pp. 77-89 ^ OPAC SBN - Catalogo del Servizio Bibliotecario Nazionale Collegamenti esterni Opere di Giuseppe Prestipino, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata (FR) Pubblicazioni di Giuseppe Prestipino, su Persée, Ministère de l'Enseignement supérieur, de la Recherche et de l'Innovation. Modifica su Wikidata Filosofo Democratico - Giuseppe Prestipino, docente di filosofia della storia all'Università di Siena Giuseppe Prestipino, RISORGIMENTO ITALIANO E DIALETTICA STORICA IN GRAMSCI , dal Calendario del Popolo n. 647 Autori Aracne Editrice Giuseppe Prestipino Controllo di autorità                                      VIAF (EN) 93495970 · ISNI (EN) 0000 0001 2283 045X · LCCN (EN) n80098691 · GND (DE) 11933108X · BNF (FR) cb121793947 (data) · WorldCat Identities (EN) lccn-n80098691 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloSociologi italianiPolitici italiani del XX secoloPolitici italiani del XXI secoloNati nel 1922Nati il 1º maggioNati a Gioiosa Marea[altre]

Preti Giulio Preti Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Giulio Preti (Pavia, 9 ottobre 1911 – Gerba, 28 luglio 1972) è stato un filosofo e accademico italiano.   Indice 1                           Biografia 2                                            Il pensiero 3                                            Critica 4                                              Opere principali 5                                          Note 6                                             Bibliografia 7                                           Collegamenti esterni Biografia Nacque a Pavia nel 1911. Compiuti i primi studi all'Istituto Magistrale "Adelaide "Cairoli", si iscrisse all'Università degli Studi di Pavia, dove fu allievo di Adolfo Levi, Guido Villa e dell'indianista Luigi Suali; dopo essersi interessato di discipline orientalistiche, indirizzò i suoi studi alla filosofia e si laureò nel 1933, discutendo una tesi sul pensiero di Edmund Husserl. Grazie all'amicizia con Enzo Paci, nata nelle aule dell'ateneo di Pavia, Giulio Preti entrò a far parte del novero di intellettuali e studiosi che, riuniti intorno alla figura di Antonio Banfi, avrebbero poi dato vita al movimento di rinnovamento della filosofia italiana che si andava delineando nell'ambiente milanese di quegli anni.  Segnalatosi ben presto come acuto critico dell'orientamento idealistico predominante nella cultura italiana della prima metà del '900, rivolse i propri interessi, oltre che alla fenomenologia husserliana, alle più innovative correnti europee di filosofia della scienza e del linguaggio, concentrandosi particolarmente sugli sviluppi della logica matematica e sul positivismo logico.  Nel 1937 sposa Daria Menicanti dando vita a un matrimonio che terminerà nel 1954, anche se il rapporto tra i due durerà tutta la vita.  Nel corso della Seconda guerra mondiale partecipò alla Resistenza, fiancheggiando formazioni comuniste, ma nel 1946 decise di non ritirare la tessera del PCI. Attivo promotore di ideali democratici, partecipò, nel secondo dopoguerra, al dibattito culturale italiano contribuendo a riviste e quotidiani, soprattutto di area comunista, (Il Politecnico, Paese sera) e segnalandosi per la polemica, che lo accompagnò lungo tutta la sua attività, contro l'impostazione umanistico-retorica dei principali indirizzi (cattolico-spiritualista, idealistico crociano e post-attualistico) della cultura italiana. Aderì alla dottrina marxistica ufficiosa del PCI (non rifiutò il diamat sovietico e la larga parte del pensiero gramsciano), e condusse autonomi studi sul giovane Marx nell'ottica di una originale filosofia della prassi.  Incaricato di Filosofia morale presso l'Università di Pavia nel 1950, passò nel 1954 alla Facoltà di Magistero dell'Università degli Studi di Firenze, dove rimase come professore di Storia della Filosofia e di Filosofia fino alla morte.  Il pensiero Giulio Preti diede dei contributi originali a pressoché tutte le discipline filosofiche: dalla filosofia teoretica alla filosofia morale, dalla storia della filosofia all'estetica, dalla filosofia del linguaggio alla filosofia della scienza.  I suoi primi saggi, accolti nella rivista banfiana "Studi Filosofici", lo videro coinvolto in una polemica sull'immanenza e la trascendenza in filosofia, oltre che nella presentazione delle principali novità filosofiche d'oltralpe. I suoi primi due volumi Fenomenologia del valore (1942) e Idealismo e positivismo (1943), in cui emerge con evidenza quell'impostazione tesa a conciliare istanze razionalistiche ed empiristiche cui rimarrà fedele per tutta la vita, sono di taglio decisamente teoretico: in essi, pur mantenendo in larga parte la terminologia e l'approccio mutuati da Husserl nel corso dei suoi studi, dimostra la propria sensibilità alle istanze di tipo positivistico ed ai problemi posti dal materialismo storico. Solo nel periodo successivo alla guerra approderà ad uno studio veramente sistematico del pensiero filosofico-analitico sviluppato in Inghilterra dalla "scuola" di Russell e Wittgenstein e sul continente dagli autori dei circoli neo-positivistici di Vienna e Berlino, in gran parte riparati in America nel corso degli anni trenta del '900: i frutti di questi suoi studi saranno accolti nel volumetto Linguaggio comune e linguaggi scientifici (1953), oltre che in alcuni articoli apparsi in riviste e ora raccolti nel primo volume dei Saggi filosofici (1976). Pur non abbandonando mai del tutto la propria originaria impostazione "continentale", da allora in poi Preti si sarebbe segnalato come uno dei filosofi italiani più in sintonia con temi e metodi della filosofia analitica anglo-americana. Presente nella sua opera fu anche l'influenza del pragmatismo americano, anche se limitata ad alcuni aspetti generali della riflessione sul rapporto tra teoresi e prassi, come risulta evidente dalla lettura di un libro, dato alle stampe nel 1957 e destinato a godere di un certo successo, Praxis ed empirismo: in questo volumetto egli presentò in maniera relativamente organica, per quanto rapidamente, alcuni temi al confine tra pensiero teoretico, filosofia morale e filosofia politica. Negli anni successivi la sua opera, rimasta in parte inedita e uscita postuma, si focalizzò su problemi concernenti temi teoretici trasversali soprattutto nei campi della gnoseologia, della filosofia della scienza, della metamorale (analisi teoretica di concetti propri della filosofia morale) e dell'estetica.  Giulio Preti fu autore anche di studi storico-filosofici. Nel campo della storia della filosofia antica e in quello medievistico egli concentrò il proprio interesse sui problemi della logica post-aristotelica e scolastica (si vedano gli studi contenuti nel secondo volume dei Saggi filosofici), mentre nell'ambito della filosofia moderna si occupò di Leibniz e della filosofia morale di Adam Smith, dando alle stampe due volumi rispettivamente nel 1953 e nel 1957. Sempre nel 1957 vide la luce un libro sulla Storia del pensiero scientifico, riguardante lo sviluppo dello spirito scientifico dall'antichità greca alla crisi della scienza classica tra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX.  Il suo ultimo volume Retorica e logica. Le due culture del 1968 è un'opera a cavallo tra la ricostruzione storico-filosofica e il saggio teoretico, con il quale si intende dimostrare, prendendo le mosse dalla polemica aperta dallo scienziato e scrittore inglese Charles Percy Snow, l'inconciliabilità tra le due forme di cultura che si intrecciano nel dibattito occidentale, quella logico-scientifica e quella umanistico-letteraria, e la necessità di far prevalere la prima sulla seconda al fine di non cedere a nuove forme di oscurantismo elitario e fanatico.  Preti, inoltre, affiancò costantemente alla propria attività di autore quella di curatore e traduttore soprattutto di classici del pensiero filosofico.  Il suo stile, volutamente trascurato, è rapido, nervoso e semplice, in implicita polemica con il "bello scrivere" e l'ermetismo tipico delle scuole idealistiche italiane. Altra interessante caratteristica di Preti come autore è quella di non ritornare quasi mai sul materiale già da lui edito: non diede mai mano infatti a seconde edizioni delle proprie opere.  Critica Secondo il parere del professor Elio Franzini, nel pensiero di Giulio Preti si assisterebbe a un tentativo di trovare una via alternativa al rapporto fra un pensiero unitario e inglobante (di tradizione hegeliano-crociana), e uno invece dualistico, nel distinguo fra saperi umanistici e scientifici. Il rifiuto di una strenua dicotomia, secondo Preti, non deve annullare bensì esaltare le differenze.[1]  Opere principali Fenomenologia del valore, Principato, Milano - Messina 1942 Idealismo e positivismo, Bompiani, Milano 1943 Linguaggio comune e linguaggi scientifici, Bocca, Milano 1953 Newton, Garzanti, Milano 1950 Il Cristianesimo universale di G. G. Leibniz, Bocca, Milano 1953 Praxis ed empirismo, Einaudi, Torino 1957 (nuova edizione, con prefazione di Salvatore Veca e postfazione di Fabio Minazzi, Bruno Mondadori, Milano 2007) Alle origini dell'etica contemporanea. Adamo Smith, Laterza, Bari 1957 (nuova edizione, La Nuova Italia, Firenze 1977) Storia del pensiero scientifico, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1957 (II edizione, ivi, 1975) Retorica e logica, Torino, Einaudi, 1968 Que será, será, Firenze, Il Fiorino, 1970 Umanismo e strutturalismo. Scritti di estetica e di letteratura con un saggio inedito, a cura di Ermanno Migliorini, Liviana, Padova 1973 Lo scetticismo e il problema della conoscenza, “Rivista critica di Storia della Filosofia”, 1/1974 Saggi filosofici, con presentazione di Mario Dal Pra, La Nuova Italia, Firenze 1976, 2 voll. In principio era la carne. Saggi filosofici inediti (1948-1970), a cura di Mario dal Pra, Franco Angeli, Milano 1983 Il problema dei valori: l'etica di G.E. Moore, a cura di Alberto Peruzzi, Franco Angeli, Milano 1986 Lezioni di filosofia della scienza (1965-1966), a cura di Fabio Minazzi, Franco Angeli, Milano 1989 Morale e metamorale. Saggi filosofici inediti, a cura di Ermanno Migliorini, Franco Angeli, Milano 1989 Écrits philosophiques. Les lumières du rationalisme italien, textes choisis et présentés par Luca M. Scarantino, traduction par Marilene Raiola en collaboration avec Thierry Loise et Luca M. Scarantino, préface par Jean Petitot, Éditions du Cerf, Paris 2002 L'esperienza insegna... Scritti civili del 1945 sulla Resistenza, a cura e con un saggio introduttivo di Fabio Minazzi, Manni Editore, San Cesario, Lecce 2003 In principio era la carne, a cura di Luca Maria Scarantino, "Rivista di Storia della Filosofia", 1/2003 Notizie sull'operosità scientifica e sulla carriera didattica, a cura di Fabio Minazzi, "Il Protagora", XXXVIII, gennaio-giugno 2011, VI serie, n. 15, pp. 111–128 Filosofare onestamente, andando là dove il pensiero ci porta. Lettere a Giovanni Gentile del 1938, a cura di Fabio Minazzi, "Il Protagora", XXXVIII, gennaio-giugno 2011, VI serie, n. 15, pp. 129–132 Ci terrei tanto a venire a Firenze... Lettere ad Eugenio Garin (1953-1958), a cura di Fabio Minazzi, "Il Protagora", XXXVIII, gennaio-giugno 2011, VI serie, n. 15, pp. 133–146 Qui a Firenze si muore nel silenzio e nella solitudine. Lettere a Mario Dal Pra (1951-1971), a cura di Fabio Minazzi, "Il Protagora", XXXVIII, gennaio-giugno 2011, VI serie, n. 15, pp. 147–192 Philosophical Essays. Critica Rationalism as Historical-objective Transcendentalism, edited by Fabio Minazzi, P. I. E. Peter Lang, Bruxelles-Berlin-New York-Oxford-Wien 2011 Note ^ Elio Franzini, Il mito delle due culture e la filosofia dei giornali, in "La Tigre di Carta", 26 febbraio 2016, ISSN 2421-1214. Bibliografia Aldo Zanardo, «PRETI, Giulio» la voce nella Enciclopedia Italiana - IV Appendice, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1981. Fabio Minazzi, Giulio Preti: Bibliografia, Franco Angeli, Milano 1984 Mario Dal Pra, Studi sull'empirismo critico di Giulio Preti, Bibliopolis, Napoli 1988 Pier Luigi Lecis, Filosofia, scienza, valori: il trascendentalismo critico di Giulio Preti, Morano, Napoli 1989 Fabio Minazzi (a cura di), Il pensiero di Giulio Preti nella cultura filosofica del Novecento, Franco Angeli, Milano 1991 Fabio Minazzi, L'onesto mestiere del filosofare, Franco Angeli, Milano 1994 Fabio Minazzi, Il cacodemone neoilluminista. L'inquietudine pascaliana di Giulio Preti, Prefazione di Fulvio Papi, Franco Angeli, Milano 2004 Alberto Peruzzi (a cura di), Giulio Preti filosofo europeo, Olschki, Firenze 2004 Paolo Parrini e Luca Maria Scarantino (a cura di), Il pensiero filosofico di Giulio Preti, Guerini e associati, Milano 2004 Vincenzo Tavernese, Giulio Preti. La teoria della conoscenza nel saggio postumo In principio era la carne, Firenze Atheneum, Scandicci 2007 Luca Maria Scarantino, Giulio Preti. La costruzione della filosofia come scienza sociale, Bruno Mondadori, Milano 2007 Le mektoub tunisien de Giulio Preti. La vie et l'oeuvre d'un philosophe italien rationaliste, sous la direction de Michele Brondino et Fabio Minazzi, Editions Publisud, Paris 2009 Jean Petitot, Per un nuovo illuminismo, Prefazione, traduzione dal francese e cura di Fabio Minazzi, Bompiani, Milano 2009 Fabio Minazzi, Suppositio pro significato non ultimato. Giulio Preti neorealista logico studiato nei suoi scritti inediti, Mimesis, Milano 2011 Fabio Minazzi, Giulio Preti: le opere e i giorni. Una vita più che vita per la filosofia quale onesto mestiere, Mimesis, Milano 2011 Franco Cambi, Giovanni Mari (a cura di), Intellettuale critico e filosofo attuale, Firenze University Press, Firenze 2011 Massimo Mugnai, «Scienza e filosofia: Geymonat e Preti» in Il contributo italiano alla storia del Pensiero – Filosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2012 Fabio Minazzi e Maria Grazia Sandrini (a cura di), Il contributo di Giulio Preti al razionalismo critico europeo, Mimesis, Milano 2012. Fabio Minazzi, Sul bios theretikòs di Giulio Preti , Mimesis, Milano 2015, 2 voll. Francesco di Maria, Saggio sul pensiero di Giulio Preti. Un punto di vista cattolico, Stamen, Roma 2019. Collegamenti esterni Elio Franzini, Il mito delle due culture e la filosofia dei giornali, in La Tigre di Carta, 26 febbraio 2016, ISSN 2421-1214. Giulio Preti dal sito Swif dell'Università di Bari Giulio Preti su pianetagalileo.it Giulio Preti, presentazione a cura di Paolo Parrini e Luca Maria Scarantino dal convegno Unesco (Conseil International de la Philosophie et des Sciences Humaines) Sul Bíos theoretikós di Giulio Preti. Convegno internazionale nel sito dell'Università degli studi dell'Insubria Sito internet dedicato al pensiero di Giulio Preti, su giuliopreti.eu. URL consultato il 19 settembre 2011 (archiviato dall'url originale il 10 maggio 2013). Controllo di autorità            VIAF (EN) 17251684 · ISNI (EN) 0000 0001 1747 5780 · SBN IT\ICCU\CFIV\010085 · LCCN (EN) n84056894 · GND (DE) 119484617 · BNF (FR) cb120972387 (data) · BAV (EN) 495/103467 · WorldCat Identities (EN) lccn-n84056894 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Università Portale Università Categorie: Filosofi italiani del XX secoloAccademici italiani del XX secoloNati nel 1911Morti nel 1972Nati il 9 ottobreMorti il 28 luglioNati a PaviaProfessori dell'Università degli Studi di FirenzeProfessori dell'Università degli Studi di PaviaStudenti dell'Università degli Studi di Pavia[altre]

Preve: important Italian philosopher. He is the tutor of Diego Fusaro, of Torino.  Costanzo Preve Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search «Il comunitarismo è la via maestra che conduce all'universalismo, inteso come campo di confronto fra comunità unite dai caratteri del genere umano, della socialità e della razionalità.»  (da Elogio del Comunitarismo)  Costanzo Preve Costanzo Preve (Valenza, 14 aprile 1943 – Torino, 23 novembre 2013) è stato un filosofo, saggista, insegnante e politologo italiano.  Di ispirazione marxiana[1] ed hegeliana, Preve ha scritto numerosi volumi e saggi di argomento filosofico, pubblicati in Italia e all'estero.   Indice 1Biografia 2Pensiero 2.1Interpretazione della storia della filosofia 2.2Analisi filosofica del capitalismo 2.2.1 Politicamente corretto 2.3 Comunismo comunitario 3Attività politica 4Opere 5Note 6Bibliografia 7Voci correlate 8Altri progetti 9Collegamenti esterni Biografia Il padre, che al momento della nascita di Costanzo è mobilitato, lavora come funzionario delle Ferrovie dello Stato mentre la madre, casalinga, proviene da una famiglia ortodossa di origine armena. Viene cresciuto dalla nonna materna in lingua francese, e attraverso di lei inizia a conoscere la cultura e la lingua greca; come vedremo, entrambe queste circostanze avranno un grande rilievo nella vita di Preve. Personalmente non è credente, pur riconoscendo l'importanza del fenomeno religioso.[2] Studia a Torino, dove conseguirà la maturità classica nel 1962; durante i mesi estivi lavora in campagna nel Regno Unito. Dietro pressioni del padre, nel 1962 si iscrive alla facoltà di giurisprudenza dell'Università di Torino. Verificando il suo totale disinteresse per gli studi giuridici, nel 1963 decide di passare alla facoltà di Scienze politiche, che però non frequenterà mai; nel giugno 1967 ne conseguirà ugualmente la laurea, discutendo con il professor Alessandro Galante Garrone una tesi sui "Temi delle elezioni politiche italiane del 18 aprile 1948".  Sempre nel 1963 vince per concorso una borsa di studio all'Università di Parigi, dove si reca con il proposito di condurre studi filosofici; qui seguirà i corsi su Hegel tenuti da Jean Hyppolite, frequenterà i seminari di Louis Althusser e Jean-Paul Sartre, e sotto la guida di Roger Garaudy e di Gilbert Mury, si avvicinerà a Karl Marx. A Parigi segue soprattutto corsi di filosofia greca classica e di germanistica, e nel 1964 grazie ad una borsa di studio si reca per un semestre invernale alla Freie Universität di Berlino. Nel 1965 passa dal dipartimento di germanistica a quello di neoellenistica, e vince una borsa di studio per recarsi ad Atene; all'Università di Atene studia greco classico con Panagis Lekatsas e storia contemporanea con Nikos Psyroukhis, che esercitano su di lui un grande ascendente. Qui prepara una tesi di laurea in greco moderno sul tema: "L'illuminismo greco e le sue tendenze radicali e rivoluzionarie. Etnogenesi della nazione greca moderna fra Settecento e Ottocento. Il problema della discontinuità con la grecità classica e con la grecità bizantina”. Poliglotta dagli anni dell'università, e fermo sostenitore della lettura dei testi filosofici nella lingua originale, egli apprenderà inglese, portoghese, francese, tedesco, spagnolo, russo, greco antico e moderno, arabo, ebraico, e latino.  Nel 1967 ritorna a Torino e si sposa l'anno seguente; nello stesso 1968 consegue per concorso l'abilitazione all'insegnamento liceale di lingua e letteratura francese e di storia della filosofia mentre nel 1970 vince il concorso nazionale di ordinariato per l'insegnamento della filosofia e della storia nei licei. Insegnante dal 1967 fino alla pensione del 2002, per due anni (1967-69) insegna francese e inglese, mentre per trentatré anni (1969-2002) è docente di storia e filosofia al V Liceo Scientifico di Torino (oggi Liceo Alessandro Volta). Trascorre gli anni che vanno dal 1967 al 1978 in un'intensa attività politica, aderendo dal 1973 al 1975 al PCI per poi militare in vari gruppi della sinistra extraparlamentare; in questi anni, l'attività filosofica di Preve è incentrata nel tentativo di conciliare esistenzialmente il comunismo, il marxismo e la filosofia.  Nel 1978 Gianfranco La Grassa, Maria Turchetto ed Augusto Illuminati lo invitano a varie collaborazioni; con essi fonderà nel 1982 il CSMS (Centro Studi di Materialismo Storico) di Milano, del quale redigerà inoltre il manifesto programmatico. In questo contesto, e per finanziamento di questo centro, esce il suo primo volume indipendente (cfr. La filosofia imperfetta, Franco Angeli, Milano 1984). Questo testo testimonia la sua adesione di massima alla proposta filosofica dell'Ontologia dell'essere sociale dell'ultimo Lukács[3], ed anche, indirettamente, il suo distacco definitivo dalla scuola di Louis Althusser. Insieme con Franco Volpi, Maria Turchetto, Augusto Illuminati, Fabio Cioffi, Amedeo Vigorelli, ed altri fonda nel 1980 a Milano la rivista di dibattito “Metamorfosi”, che pubblicherà sedici numeri di tipo monografico per tutti gli anni ottanta.  In quasi tutti i fascicoli vi sono suoi contributi, che spaziano da un esame dell'operaismo italiano da Panzieri a Tronti e Negri, all'analisi del marxismo dissidente nei paesi socialisti, alla discussione sulla filosofia di Lukács, alla critica delle ideologie del progresso storico, all'indagine sullo statuto filosofico della critica marxiana dell'economia politica. Nel 1983 contribuisce ad organizzare, insieme con Emilio Agazzi, un congresso internazionale dedicato al centenario della morte di Marx (Milano, dicembre 1983), e vi svolge una relazione sulle categorie modali di necessità e di possibilità in Marx. Da quest'esperienza nasce una rivista chiamata “Marx 101”, che uscirà nei due decenni successivi in due serie di numeri monografici e di cui Preve sarà membro del comitato di redazione. Per tutti gli anni ottanta collabora al mensile teorico “Democrazia Proletaria”, organo dell'omonimo partito (1976-1991)[4], che poi diverrà insieme con i fuoriusciti dal PCI la seconda componente politica e militante del PRC (Partito della Rifondazione Comunista).  Sarà iscritto a DP soltanto per un breve periodo (1988-1991), facendo parte della direzione nazionale; nella battaglia politica fra i sostenitori di una scelta ecologista (Mario Capanna) e neocomunista, Preve sostiene la seconda con una serie di articoli. Nel 1991, quando le componenti di Democrazia Proletaria e dell'Associazione Culturale Marxista confluiscono nel Partito della Rifondazione Comunista, Preve abbandona la militanza politica diretta. Fra il 1989 ed il 1994, con la pubblicazione di otto volumi consecutivi usciti presso l'editore Vangelista di Milano, Preve affronta il suo “ultimo tentativo personale di coerentizzazione di un paradigma filosofico marxista globale”. A partire dalla seconda metà degli anni novanta si verifica infatti una discontinuità nella sua produzione; Preve opta per l'abbandono di ogni “ismo” di riferimento, uscendo del tutto “dalla cosiddetta Sinistra” e dalle sue procedure di “accoglimento e cooptazione”.  Ritenendo che la globalizzazione nata dall'implosione dell'Unione Sovietica non si lasci più “interrogare” attraverso le categorie di Destra e di Sinistra, ma richieda altre categorie interpretative, Preve diviene inoltre un convinto sostenitore della necessità di superare la dicotomia sinistra-destra[5]. Questa posizione, condivisa da alcuni intellettuali e movimenti internazionali, è stata criticata da molti, tra cui lo scrittore Valerio Evangelisti, che ne ha sottolineato l'ambiguità ideologica[6].  Autore e saggista molto prolifico, ha dedicato le sue ultime riflessioni a temi come il comunitarismo[7], la geopolitica[8], l'universalismo[9], la questione nazionale[10], oltre ovviamente ad un'ininterrotta attenzione al rapporto marxismo-filosofia.[11] Muore a Torino il 23 novembre 2013[12][13][14][15] per un male incurabile[16]; il Consiglio Comunale di Torino lo ha omaggiato sottolineando il ruolo di Preve e l'importante stimolo al dibattito culturale e politico da lui sviluppato, rilevante per la crescita politica collettiva in Italia[17]. Pensiero La sua riflessione può essere distinta in due periodi successivi. Nel primo periodo (1975-1991 circa), ha cercato di opporsi alla deriva post-moderna seguita dalla stragrande maggioranza della sinistra italiana (in particolare dagli intellettuali legati al PCI) con un recupero dei punti alti della tradizione marxista indipendente, del tutto estranea alle incorporazioni burocratiche del marxismo come ideologia di legittimazione di partiti e di stati (soprattutto l'ultimo Lukács, l'ultimo Althusser, Ernst Bloch, Adorno). In un secondo periodo, dopo la fine del socialismo reale (che Preve chiama comunismo storico novecentesco 1917-1991), ed in dissenso con tutti i tentativi di sua continuazione/rifondazione puramente politico-organizzativa, ha invece lavorato su di una generale rifondazione antropologica del comunismo, marcando sempre più la discontinuità teorica e politica con i conglomerati identitari della sinistra italiana[18] (Rifondazione Comunista in primis, ma anche la scuola operaista e Toni Negri in particolar modo).  Durante gli anni novanta i suoi interventi sono apparsi sia su riviste legate alla sinistra alternativa (L'Ernesto, Bandiera Rossa) che su riviste come Indipendenza e Koiné, dove Preve ha sostenuto l'esplicito superamento del dualismo Destra/Sinistra[19], approdando a posizioni antitetiche a quelle del filosofo Norberto Bobbio (con cui ebbe uno stretto rapporto per più di vent'anni). Nei primi anni del nuovo millennio ha collaborato con la rivista Comunitarismo, prima, e Comunità e Resistenza, poi. È stato fino alla morte redattore del quadrimestrale Comunismo e Comunità[20]. Al di là delle prese di posizione sulla congiuntura politica, tre cardini del pensiero di Costanzo Preve sono l'interpretazione della storia della filosofia, l'analisi filosofica del capitalismo e la proposta politica per un comunismo comunitario universalistico.  Interpretazione della storia della filosofia Rileggendo l'intera storia della filosofia soprattutto occidentale, Preve utilizza una deduzione sociale delle categorie del pensiero non riduzionistica, che gli permette di discernere la genesi particolare delle idee dalla loro validità universale. Infatti quello di Preve è un orizzonte aperto universalisticamente alla verità, intesa hegelianamente come processo di autocoscienza storica e sintesi di ontologia e assiologia, dell'esperienza umana nella storia. Nella sua proposta di ontologia dell'essere sociale riconosce razionalmente la natura solidale e comunitaria dell'anima umana e l'autonomia conoscitiva della filosofia, contrastando ogni forma di riduzionismo nichilistico, relativistico o partigianamente ideologico. Preve viene definito «strenuo difensore dello statuto veritativo della filosofia da una parte, e [...] deciso oppositore di ogni fraintendimento relativistico dall’altra»[21].  Analisi filosofica del capitalismo Preve intende il capitalismo come totalità economica, politica e culturale da indagare in tutte le sue dimensioni. Propone di suddividerlo filosoficamente e idealisticamente in tre fasi: astratta (XVII-XVIII secolo); dialettica (dal 1789 al 1991) con una protoborghesia illuministica o romantica, una medioborghesia dal 1848 positivistica e poi dal 1914 esistenzialistica, e una tardoborghesia dal 1968 al 1990 sempre più individualistica e libertaria; speculativa (post-borghese e post-proletaria, dal 1991 in poi) in cui il capitale si concretizza come assoluto, espandendosi al di là delle dicotomie precedenti a destra economicamente, al centro politicamente e a sinistra culturalmente.  Politicamente corretto Nell'analisi filosofica del capitalismo, più volte insiste sulla critica al politicamente corretto, dove riprende alcuni dei suoi temi già trattati; il concetto consterebbe dei seguenti punti nella concezione previana (dove è considerato un'arma del capitalismo per attrarre fasce deboli a sé, nonché un'ideologia di fondo dell'occidente imperialista)[22]:  americanismo come collocazione presupposta, anche sotto forma di benevola critica al governo statunitense; "religione olocaustica": Preve non aderisce al negazionismo dell'Olocausto e condanna i genocidi, ma considera la shoah un fatto non "unico", utilizzato dal sionismo per legittimare le azioni di Israele tramite il senso di colpa dell'Europa: «Auschwitz non può e non deve essere dimenticato, perché la memoria dei morti innocenti deve essere riscattata, e questo mondo nella sua interezza appartiene a tre tipi di esseri umani: coloro che sono già vissuti, coloro che sono tuttora in vita, e coloro che devono ancora nascere. Ma Auschwitz non deve diventare un simbolo di legittimazione del sionismo, che agita l'accusa di antisemitismo in tutti coloro che non lo accettano radicalmente, e che non sono disposti a derubricare a semplici errori i suoi veri e propri crimini[23]»  "teologia dei diritti umani", che Preve considera (come altri filosofi marxisti come Slavoj Žižek o Domenico Losurdo, o comunitaristi come Alain de Benoist) solo un grimaldello e un paravento del capitalismo per imporsi ed eliminare, in realtà, i diritti dei popoli e dei lavoratori, attuando il liberismo e l'imperialismo globali; antifascismo in assenza completa di fascismo: l'antifascismo, positivo un tempo, è considerato un fenomeno dannoso e a favore del sistema capitalistico, visto che il fascismo (da lui deprecato soprattutto per la colonizzazione imperialistica dell'Africa e la "mascalzonaggine imperdonabile" dell'invasione della Grecia) è stato ormai sconfitto, volto a creare tensioni tra le diverse forze anti-sistema, e a fungere da nuova ideologia della sinistra postcomunista e post-stalinista (dopo il graduale abbandono del marxismo-leninismo avvenuto secondo Preve a partire dal 1956 per gli effetti della destalinizzazione), che diviene così inutile; falsa dicotomia Sinistra/Destra come "protesi di manipolazione politologica": derivata dal precedente, questa teoria punterebbe a indebolire le critiche anticapitalistiche, impedendo l'unione tra comunisti, comunitaristi e socialisti nazionalitari contro il capitale. Al contempo, anche per le nette e costanti affermazioni contro i tribalismi, i razzismi e i nazionalismi soprattutto coloniali, è da ritenersi estranea al cosiddetto "rossobrunismo" (un termine coniato all'inizio per descrivere i cosiddetti nazionalboscevichi) di cui fu tacciato dal citato Valerio Evangelisti[6], che a suo dire si configurerebbe come una folle somma dei difetti degli estremismi opposti: «L'unione di sostenitori rasati del razzismo biologico con sostenitori barbuti della dittatura del proletariato sarebbe certamente un buon copione di pornografia hard, ma non potrebbe uscire dal piccolo circuito a luci rosse del sottobosco politico.[24]» nismo comunitario La proposta politica di Costanzo Preve va nella direzione di un comunismo comunitario universalistico, da intendersi come correzione democratica e umanistica del comunismo, dal momento che quello storico novecentesco sarebbe stato reo di non aver messo in comune innanzitutto la verità. Quello tratteggiato da Preve è un sistema sociale che costituisce una sintesi di individui liberati e comunità solidali. Non è inteso come inevitabile sbocco storicistico o positivistico di una storia che si svilupperebbe linearmente, né tuttavia in modo aleatorio in senso althusseriano, bensì aristotelicamente in potenza, a partire dalla resistenza alla dissoluzione comunitaria innescata dall'accumulazione individuale di merci. Qui il problema dell'auspicabile democrazia viene impostato su basi antropologiche, scommettendo sulle potenzialità ontologiche della bontà dell'anima umana, potenzialmente politico-comunitaria (zόon politikόn); razionale e valutativa della giusta misura sociale (zόon lόgon échon) e generica, in senso marxiano (Gattungswesen), cioè in grado di costruire diversi modelli di convivenza sociale, compreso quello in cui l'uomo, affermando la priorità etica e comunitaria per contenere i processi economici altrimenti dispiegantisi in modo illimitato e disumano, può realizzare le sue potenzialità ontologiche immanenti, attualmente alienate. La liberazione dell'individuo avverrebbe quindi a partire dal suo radicamento comunitario in cui agisce collettivamente, pur rimanendo l'individuo stesso l'unità minima di resistenza al potere.  Attività politica In gioventù aderì al PCI dal 1973 al 1975, ma presto si allontanò (essendo ostile al compromesso storico tra PCI e DC, promosso da Berlinguer e Moro), entrando poi a far parte della Commissione culturale di Lotta Continua. In seguito si iscrisse a Democrazia Proletaria durante la sua ultima fase (1988-1991)[25] Dopo lo scioglimento di DP, e in seguito alla confluenza di quest'ultima in Rifondazione Comunista, si è sempre più allontanato dall'attività politica in senso stretto[26]. In seguito manifestò critiche verso l'operaismo e il trotskismo che animavano talvolta queste esperienze della post-sinistra extraparlamentare.  Se dal punto di vista teorico si era già distanziato dalla sinistra italiana a seguito della dissoluzione dell'Unione Sovietica e della svolta della Bolognina (1989), il distacco emotivo definitivo dalla "sinistra" avvenne con il bombardamento NATO in Jugoslavia del marzo 1999 durante la guerra del Kosovo, che ricevette il beneplacito del governo italiano guidato da Massimo D'Alema; Preve ha considerato questo fatto come la fine della legalità costituzionale italiana riferendosi alla violazione dell'articolo 11 e un atto di tradimento verso i valori fondanti della Repubblica Italiana.[27] Sul tema scrisse Il bombardamento etico. Saggio sull'interventismo umanitario, l'embargo terapeutico e la menzogna evidente (2000).  Molto clamore ha suscitato (anche tra le file della sinistra alternativa) la sua adesione ad alcune tesi del Campo Antimperialista, nel 2003, per l'esplicito sostegno da questi fornito alla resistenza irachena[28]. È stato uno dei filosofi di riferimento del comunismo comunitario, nonché animatore della rivista Comunismo e Comunità.  Opere La classe operaia non va in paradiso: dal marxismo occidentale all'operaismo italiano, in Alla ricerca della produzione perduta, Bari, Dedalo, 1982. ISBN 978-88-220-0179-5. Cosa possiamo chiedere al marxismo. Sull'identità filosofica del materialismo storico, in Marxismo in mare aperto. Rilevazioni, ipotesi, prospettive, Milano, Angeli, 1983. ISBN 978-88-204-3981-1 La filosofia imperfetta. Una proposta di ricostruzione del marxismo contemporaneo, Milano, Angeli, 1984. La teoria in pezzi. La dissoluzione del paradigma teorico operaista in Italia (1976-1983), Bari, Dedalo, 1984. ISBN 88-220-3805-3. La ricostruzione del marxismo fra filosofia e scienza, in La cognizione della crisi. Saggi sul marxismo di Louis Althusser, Milano, Angeli, 1986. Vers une nouvelle alliance. Actualité et possibilités de développement de l'effort ontologique de Bloch et de Lukàcs, in Ernst Bloch et György Lukács. Un siècle après). 1986, Actes Sud [tradotto in tedesco con il titolo Verdinglichung und Utopie. 1987, Sendler]. La rivoluzione teorica di Louis Althusser, in Il marxismo di Louis Althusser, Pisa, Vallerini, 1987. Viewing Lukàcs from the 1980s. The University of Chicago Press, 1987. La passione durevole, Milano, Vangelista, 1989. La musa di Clio vestita di rosso, in Trasformazione e persistenza. Saggi sulla storicità del capitalismo, Milano, Angeli, 1990. ISBN 978-88-204-3658-2. Il filo di Arianna. Quindici lezioni di filosofia marxista, Milano, Vangelista, 1990. Il marxismo ed il problema teorico dell'eguaglianza oggi, in Egalitè-inegalitè. Atti del Convegno organizzato dall'Istituto italiano per gli studi filosofici e dalla Biblioteca comunale di Cattolica. Cattolica, 13-15 settembre 1989, Urbino, Quattro venti, 1990. Il convitato di pietra. Saggio su marxismo e nichilismo, Milano, Vangelista, 1991. L'assalto al cielo. Saggio su marxismo e individualismo, Milano, Vangelista, 1992. Il pianeta rosso. Saggio su marxismo e universalismo, Milano, Vangelista, 1992. Ideologia Italiana. Saggio sulla storia delle idee marxiste in Italia, Milano, Vangelista, 1993. The dream and the reality. The spiritual crisis of western Marxism, in Marxism and spirituality. An international anthology. Bengin and Gavey, 1993. Il tempo della ricerca. Saggio sul moderno, il postmoderno e la fine della storia, Milano, Vangelista, 1993. Louis Althusser. La lutte contre le sens commun dans le mouvement communiste "historique" au XX siècle, in Politique et philosophie dans l'œuvre de Louis Althusser). 1993, Presses Universitaires de France. L'eguale libertà. Saggio sulla natura umana, Milano, Vangelista, 1994. Oltre la gabbia d'acciaio. Saggio su capitalismo e filosofia, con Gianfranco La Grassa, Milano, Vangelista, 1994. Il teatro dell'assurdo (cronaca e storia dei recenti avvenimenti italiani). Una critica alla cultura dominante della sinistra nell'attuale scontro tra berlusconismo e progressismo, con Gianfranco La Grassa, Milano, Punto Rosso, 1995. Una teoria nuova per una diversa strategia politica. Premesse teoriche alla critica della cultura dominante della sinistra esposta nel Teatro dell'assurdo, con Gianfranco La Grassa, Milano, Punto Rosso, 1995. Il marxismo vissuto del Che, in Adys Cupull e Froìlan Gonzales, Càlida presencia. Lettere di Che Guevara a Tita Infante, 1952-1956, Milano, Punto Rosso, 1996. Un elogio della filosofia, Milano, Punto Rosso, 1996. Quale comunismo?, in Uomini usciti di pianto in ragione. Saggi su Franco Fortini, Roma, Manifestolibri, 1996. ISBN 88-7285-074-6. La fine di una teoria. Il collasso del marxismo storico del Novecento, con Gianfranco La Grassa, Milano, UNICOPLI, 1996. ISBN 88-400-0409-2. Il comunismo storico novecentesco (1917-1991). Un bilancio storico e teorico, Milano, Punto Rosso, 1997. Nichilismo Verità Storia. Un manifesto filosofico della fine del XX secolo, con Massimo Bontempelli, Pistoia, CRT, 1997. Gesù. Uomo nella storia, Dio nel pensiero, con Massimo Bontempelli, Pistoia, CRT, 1997. Il crepuscolo della profezia comunista. A 150 anni dal “Manifesto”, il futuro oltre la scienza e l'utopia, Pistoia, CRT, 1998. ISBN 88-87296-08-1. L'alba del Sessantotto. Una interpretazione filosofica, Pistoia, CRT, 1998. ISBN 88-87296-13-8. Marxismo, Filosofia, Verità, Pistoia, CRT, 1998. ISBN 88-87296-14-6. Destra e sinistra. La natura inservibile di due categorie tradizionali, Pistoia, CRT, 1998. ISBN 88-87296-24-3. La questione nazionale alle soglie del XXI secolo. Note introduttive ad un problema delicato e pieno di pregiudizi, Pistoia, CRT, 1998. ISBN 88-87296-23-5. Le stagioni del nichilismo. Un'analisi filosofica ed una prognosi storica, Pistoia, CRT, 1998. ISBN 88-87296-15-4. Individui liberati, comunità solidali. Sulla questione della società degli individui, Pistoia, CRT, 1998. ISBN 88-87296-16-2. Contro il capitalismo, oltre il comunismo. Riflessioni su di una eredità storica e su un futuro possibile, Pistoia, CRT, 1998. La fine dell'Urss. Dalla transizione mancata alla dissoluzione reale, Pistoia, CRT, 1999. ISBN 88-87296-35-9. Il ritorno del clero. La questione degli intellettuali oggi, Pistoia, CRT, 1999. ISBN 88-87296-34-0. Le avventure dell'ateismo. Religione e materialismo oggi, Pistoia, CRT, 1999. ISBN 88-87296-66-9. Un nuovo manifesto filosofico. Prospettive inedite e orizzonti convincenti per il pensiero, con Andrea Cavazzini, Pistoia, CRT, 1999. ISBN 88-87296-33-2. Hegel Marx Heidegger. Un percorso nella filosofia contemporanea, Pistoia, CRT, 1999. ISBN 88-87296-68-5. Scienza, politica, filosofia. Un'interpretazione filosofica del Novecento, Pistoia, CRT, 1999. ISBN 88-87296-67-7. I secoli difficili. Introduzione al pensiero filosofico dell'Ottocento e del Novecento, Pistoia, CRT, 1999. ISBN 88-87296-32-4. L'educazione filosofica. Memoria del passato, compito del presente, sfida del futuro, Pistoia, CRT, 2000. ISBN 88-87296-73-1. Il bombardamento etico. Saggio sull'interventismo umanitario, l'embargo terapeutico e la menzogna evidente, Pistoia, CRT, 2000. ISBN 88-87296-77-4. Marxismo e filosofia. Note, riflessioni e alcune novità, Pistoia, CRT, 2002. ISBN 88-88172-14-9. Un secolo di marxismo. Idee e ideologie, Pistoia, CRT, 2003. ISBN 88-88172-29-7. Un filosofo controvoglia. Introduzione a Günther Anders, L'uomo è antiquato, 2003, Bollati Boringhieri. Le contraddizioni di Norberto Bobbio. Per una critica del bobbianesimo cerimoniale, Pistoia, CRT, 2004. ISBN 88-88172-20-3. Marx inattuale. Eredità e prospettiva, Torino, Bollati Boringhieri, 2004. ISBN 88-339-1511-5. Verità filosofica e critica sociale. Religione, filosofia, marxismo, Pistoia, CRT, 2004. ISBN 88-88172-22-X. Dove va la sinistra?, a cura di Stefano Boninsegni, Roma, Settimo Sigillo, 2004. Comunitarismo filosofia politica, Molfetta, Noctua, 2004. La filosofia classica tedesca, prefazione a Renato Pallavidini, Dialettica e prassi critica. Dall'idealismo al marxismo, Molfetta, Noctua, 2004. L'ideocrazia imperiale americana, Roma, Settimo Sigillo, 2004. ISBN 88-6148-135-3 Filosofia del presente. Un mondo alla rovescia da interpretare, Roma, Settimo Sigillo, 2004. ISBN 978-88-6148-141-1 Filosofia e geopolitica, Parma, All'insegna del Veltro, 2005. Del buon uso dell'universalismo. Elementi di filosofia politica per il XXI secolo, Roma, Settimo Sigillo, 2005. ISBN 88-6148-142-6 Dialoghi sul presente. Alienazione, globalizzazione destra/sinistra, atei devoti. Per un pensiero ribelle, con Alain de Benoist e Giuseppe Giaccio, Napoli, Controcorrente, 2005. ISBN 88-89015-58-6. Prefazione a Renato Pallavidini, La comunità ritrovata. Rousseau critico della modernità illuminista, Torino, Libreria Stampatori, 2005. ISBN 88-88057-61-7. Marx e gli antichi greci, con Luca Grecchi, Pistoia, Petite plaisance, 2005. ISBN 88-7588-088-3. Il popolo al potere. Il problema della democrazia nei suoi aspetti storici e filosofici, Casalecchio, Arianna Editrice, 2006. ISBN 88-87307-57-1. Verità e relativismo. Religione, scienza, filosofia e politica nell'epoca della globalizzazione, Torino, Alpina, 2006. ISBN 978-88-902470-3-3. Elogio del comunitarismo Napoli, Controcorrente, 2006. ISBN 88-89015-50-0. Il paradosso De Benoist. Un confronto politico e filosofico, Roma, Settimo Sigillo, 2006. ISBN 978-88-6148-008-7. Storia della dialettica, Pistoia, Petite plaisance, 2006. ISBN 88-7588-083-2. La democrazia in Grecia. Storia di un'idea, forza di un valore, in Presidiare la democrazia realizzare la Costituzione. Atti del seminario itinerante sulla difesa della Costituzione, 12-13-14 dicembre 2005, Bardonecchia, Susa, Bussoleno, Condove, Borgone Susa, Edizioni Melli-Quaderni Sarà Dura!, 2006. Storia critica del marxismo. Dalla nascita di Karl Marx alla dissoluzione del comunismo storico novecentesco, 1818-1991, Napoli, La città del sole, 2007. ISBN 978-88-8292-344-0. Postfazione a Luca Grecchi, Il presente della filosofia italiana, Pistoia, Petite plaisance, 2007. ISBN 88-7588-009-3. Storia dell'etica, Pistoia, Petite plaisance, 2007. ISBN 88-7588-011-5. Hegel antiutilitarista, Roma, Settimo Sigillo, 2007. ISBN 978-88-6148-017-9. Storia del materialismo, Pistoia, Petite plaisance, 2007. ISBN 88-7588-015-8. Una approssimazione al pensiero di Karl Marx. Tra materialismo e idealismo, Saonara, Il Prato, 2007. ISBN 978-88-89566-76-3. Ripensare Marx. Filosofia, Idealismo, Materialismo, Potenza, Ermes, 2007. ISBN 88-87687-61-7. Un trotzkismo capitalistico? Ipotesi sociologico-religiosa dei Neocons americani e dei loro seguaci europei, in Neocons. L'ideologia neoconservatrice e le sfide della storia, Rimini, Il Cerchio, 2007. ISBN 88-8474-150-5. Alla ricerca della speranza perduta. Un intellettuale di sinistra e un intellettuale di destra "non omologati" dialogano su ideologie e globalizzazione, con Luigi Tedeschi, Roma, Settimo Sigillo, 2008. ISBN 978-88-6148-033-9. La quarta guerra mondiale, Parma, All'insegna del Veltro, 2008. L'enigma dialettico del Sessantotto quarant'anni dopo, in La rivoluzione dietro di noi. Filosofia e politica prima e dopo il '68, Roma, Manifestolibri, 2008. ISBN 978-88-7285-549-2. Il marxismo e la tradizione culturale europea, Pistoia, Petite plaisance, 2009. ISBN 88-7588-024-7. Nuovi signori e nuovi sudditi. Ipotesi sulla struttura di classe del capitalismo contemporaneo, con Eugenio Orso, Pistoia, Petite plaisance, 2010. ISBN 88-7588-036-0. Logica della storia e comunismo novecentesco. L'effetto di sdoppiamento, con Roberto Sidoli, Pistoia, Petite plaisance, 2010. ISBN 88-7588-038-7. Elementi di Politicamente Corretto. Studio preliminare su di un fenomeno ideologico destinato a diventare in futuro sempre più invasivo e importante, Petite Plaisance, 2010 Filosofia della verità e della giustizia. Il pensiero di Karel Kosík, con Linda Cesana, Pistoia, Petite plaisance, 2012. ISBN 978-88-7588-062-0. Lettera sull'Umanesimo, Pistoia, Petite plaisance, 2012. ISBN 978-88-7588-066-8. Una nuova storia alternativa della filosofia. Il cammino ontologico-sociale della filosofia, Pistoia, Petite plaisance, 2013. ISBN 978-88-7588-108-5. Lineamenti per una nuova filosofia della storia. La passione dell'anticapitalismo, con Luigi Tedeschi, Saonara, Il Prato, 2013. ISBN 978-88-6336-184-1. Dialoghi sull'Europa e sul nuovo ordine mondiale, con Luigi Tedeschi, Saonara, Il Prato, 2015. ISBN 978-88-6336-238-1. Collisioni. Dialogo su scienza, religione e filosofia, con Andrea Bulgarelli, Pistoia, Petite plaisance, 2015, ISBN 978-88-7588-153-5. Karl Marx: un'interpretazione, NovaEuropa Edizioni, 2018, ISBN 978-88-8524-212-8. Note ^ Preve preferiva non definirsi marxista ma appartenente alla "scuola di Marx", e «allievo indipendente di Marx» (C. Preve, Elogio del comunitarismo, Controcorrente, Napoli, 2006, p. 10). ^ «Personalmente, non sono credente né praticante. Non credo in nessun Dio personale, considero ogni personalizzazione del divino una indebita e superstiziosa antropomorfizzazione, e sono pertanto in linea di massima d’accordo con Spinoza. Ma ritengo anche la religione, così come la scienza, l’arte e la filosofia, dati permanenti dell’antropologia umana in quanto tali destinati a durare tutto il tempo in cui durerà il genere umano.» (C. Preve, Elementi di politicamente corretto, 2010) ^ C.Preve: Convegno György Lukács e la cultura europea (II intervento) ^ Relazione VIII Congresso Nazionale di DP (terzultimo intervento) ^ Destra e Sinistra: confronto tra C.Preve e D.Losurdo  Carmilla: I rosso-bruni: vesti nuove per una vecchia storia ^ Democrazia comunitaria o democrazia proprietaria? (L.Tedeschi-C.Preve)Archiviato il 12 settembre 2007 in Internet Archive. ^ Considerazioni sulla geopolitica (di C.Preve) Archiviato il 25 settembre 2008 in Internet Archive.. ^ Intervista di Luigi Tedeschi a Costanzo Preve Archiviato il 2 marzo 2008 in Internet Archive. ^ Il bombardamento etico dieci anni dopo (recensione di G. Di Martino), 17 agosto 2009. ^ Fonte: A. Monchietto, Lucio Colletti - Costanzo Preve. Marxismo, Filosofia, Scienza. ^ Morto Costanzo Preve, l'“ultimo” filosofo marxista su la Repubblica - Torino ^ Addio al filosofo Costanzo Preve ^ In memoria di Costanzo Preve di Diego Fusaro ^ Un lutto veramente grande per noi di Gianfranco La Grassa ^ In morte di Costanzo Preve ^ La Sala Rossa ricorda la figura di Costanzo Preve e raccogliendosi in un minuto di silenzio Archiviato il 19 dicembre 2013 in Internet Archive. ^ C.Preve, Con Marx e oltre il marxismo (overleft.it) Archiviato il 9 febbraio 2010 in Internet Archive. ^ Copia archiviata (PDF), su files.splinder.com. URL consultato il 2 dicembre 2007 (archiviato dall'url originale il 20 agosto 2008). ^ Comunismo e Comunità » Laboratorio per una teoria anticapitalistica ^ Alessandro Volpe e Piotr Zygulski, Verità e filosofia, in Alessandro Monchietto e Giacomo Pezzano (a cura di), Invito allo Straniamento. I. Costanzo Preve filosofo, Pistoia, Petite Plaisance, 2014, ISBN 978-88-7588-111-5. ^ C. Preve, Elementi di politicamente corretto; ad es. «22. E qui concludiamo con una serie di previsioni artigianali. Ricordo al lettore che questo non è ancora un Trattato di Politicamente Corretto, che ho peraltro intenzione di scrivere, in cui i cinque punti principali indicati (americanismo come collocazione presupposta, religione olocaustica, teologia dei diritti umani, antifascismo in assenza completa di fascismo, dicotomia Sinistra/Destra come protesi di manipolazione politologica) verranno discussi in modo più analitico e preciso». ^ Da Intellettuali e cultura politica nell'Italia di fine secolo, Rivista Indipendenza n.° 3 (Nuova Serie), novembre 1997/Febbraio 1998. ^ Da Gli Usa, l’Occidente, la Destra, la Sinistra, il fascismo ed il comunismo. Problemi del profilo culturale di un movimento di resistenza all’Impero americano, Noctua Edizioni, 2003. ^ C.Preve: audio congressi DP (RadioRadicale.it) ^ Intervista politico-filosofica (G. Repaci - C. Preve) ^ «La costituzione italiana è stata distrutta per sempre nel 1999 con i bombardamenti sulla Jugoslavia, e da allora l’Italia è senza costituzione, e lo resterà finché i responsabili politici di allora non saranno condannati a morte per alto tradimento (parlo letteralmente pesando le parole), con eventuale benevola commutazione della condanna a morte a lavori forzati a vita. Eppure, questi crimini passano sotto silenzio, perché si continuano ad interpretare gli eventi di oggi in base ad una distinzione completamente finita nel 1945». (C. Preve, Elementi di politicamente corretto) ^ http://www.aginform.org/preve.html. Bibliografia Étienne Balibar, La filosofia di Marx, Manifestolibri, 1994 (p. 15) Norberto Bobbio, Né con Marx né contro Marx, Editori Riuniti, Roma, 1997 (pp. 223–240) André Tosel, Devenir du marxisme: de la fin du marxisme-léninisme aux mille marxismes, France-Italie 1975-1995, in Dictionnaire Marx contemporain, Jacques Bidet-Eustache Kouvélakis (a cura di), PUF, Parigi 2001, (p. 72 sgg.) Cristina Corradi, Storia dei marxismi in Italia, Manifestolibri, Roma, 2005 (pp. 278–294) Alessandro Monchietto, Marxismo e filosofia in Costanzo Preve, Editrice Petite Plaisance, Pistoia, 2007[1]. Piotr Zygulski, Costanzo Preve: la passione durevole della filosofia, presentazione di Giacomo Pezzano, Pistoia, Editrice Petite Plaisance, 2012, ISBN 978-88-7588-068-2. Alessandro Monchietto e Giacomo Pezzano (a cura di), Invito allo Straniamento. I. Costanzo Preve filosofo, Pistoia, Petite Plaisance, 2014, ISBN 978-88-7588-111-5. Piotr Zygulski, Costanzo Preve e l'educazione filosofica (PDF), in Educazione Democratica, n. 7/2014, Foggia, Edizioni del Rosone, gennaio 2014, pp. 242-251, ISSN 2038-579X (WC · ACNP). URL consultato il 13 marzo 2018. Alessandro Monchietto (a cura di), Invito allo Straniamento. II. Costanzo Preve marxiano, Pistoia, Petite Plaisance, 2016, ISBN 978-88-7588-152-8. Massimo Bontempelli - Fabio Bentivoglio, Il senso dell'essere nelle culture occidentali, Milano, Trevisini, 1992. Vol III, pp. 516–522 Carlo Formenti, Il socialismo è morto. Viva il socialismo!, Meltemi, Milano 2019, pp. 86-90. Voci correlate Comunitarismo Domenico Losurdo Massimo Bontempelli (storico) Nazionalismo di sinistra Altri progetti Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Costanzo Preve Collegamenti esterni Registrazioni di Costanzo Preve, su RadioRadicale.it, Radio Radicale. Modifica su Wikidata Breve sintesi del pensiero di C.Preve (filosofico.net), su filosofico.net. Raccolta di e-book scaricabili gratuitamente (tra cui alcuni di Costanzo Preve) offerti dalla casa editrice Petite Plaisance, su petiteplaisance.it. URL consultato l'8 novembre 2009 (archiviato dall'url originale il 25 febbraio 2010). Antologia di testi di C.Preve ('97-'03) Raccolta di articoli (AriannaEditrice.it), su ariannaeditrice.it. URL consultato il 26 marzo 2008 (archiviato dall'url originale il 24 maggio 2015). Controllo di autorità             VIAF (EN) 55019519 · ISNI (EN) 0000 0000 8384 0929 · SBN IT\ICCU\RAVV\007046 · Europeana agent/base/146045 · LCCN (EN) n84185734 · GND (DE) 132930765 · BNF (FR) cb12219894j (data) · WorldCat Identities (EN) lccn-n84185734 Biografie Portale Biografie Comunismo Portale Comunismo Filosofia Portale Filosofia ^ Il testo è disponibile solo in e-book, e lo si può scaricare gratuitamente al seguente link: http://www.petiteplaisance.it/ebooks/1031-1060/1032/sin_ebl_1032.html Categorie: Filosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloSaggisti italiani del XX secoloSaggisti italiani del XXI secoloInsegnanti italiani del XX secoloInsegnanti italiani del XXI secoloNati nel 1943Morti nel 2013Nati il 14 aprileMorti il 23 novembreNati a Valenza (Italia)Morti a TorinoMarxistiComunisti in ItaliaFilosofi della politicaStudenti dell'Università degli Studi di TorinoPolitologi italianiPersonalità dell'agnosticismoAntiglobalizzazionePolitici di Democrazia ProletariaMilitanti di Lotta Continua[altre]. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Preve," per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.


Prichard: h. a. – H. P. Grice called himself a neo-Prichardian, but then “I used to be a neo-Stoutian before that!” – London-born Welshman and philosopher and founder of the Oxford school of intuitionism. An Oxford fellow and professor, he published Kant’s Theory of Knowledge 9 and numerous essays, collected in Moral Obligation 9, 8 and in Knowledge and Perception 0. Prichard was a realist in his theory of knowledge, following Cook Wilson. He held that through direct perception in concrete cases we obtain knowledge of universals and of necessary connections between them, and he elaborated a theory about our knowledge of material objects. In “Does Moral Philosophy Rest on a Mistake?” 2 he argued powerfully that it is wrong to think that a general theory of obligation is possible. No single principle captures the various reasons why obligatory acts are obligatory. Only by direct perception in particular cases can we see what we ought to do. With this essay Prichard founded the Oxford school of intuitionism, carried on by, among others, Ross.

Priestley, J.: British philosopher. In 1774 he prepared oxygen by heating mercuric oxide. Although he continued to favor the phlogiston hypothesis, his work did much to discredit that idea. He discovered many gases, including ammonia, sulfur dioxide, carbon monoxide, and hydrochloric acid. While studying the layer of carbon dioxide over a brewing vat, he conceived the idea of dissolving it under pressure. The resulting “soda water” was famous throughout Europe. His Essay on Government 1768 influenced Jefferson’s ideas in the  Declaration of Independence. The essay also contributed to the utilitarianism of Bentham, supplying the phrase “the greatest happiness of the greatest number.” Priestley modified the associationism of Locke, Hume, and Hartley, holding that a sharp distinction must be drawn between the results of association in forming natural propensities and its effects on the development of moral ideas. On the basis of this distinction, he argued, against Hume, that differences in individual moral sentiments are results of education, through the association of ideas, a view anticipated by Helvétius. Priestley served as minister to anti-Establishment congregations. His unpopular stress on individual freedom resulted in his move to Pennsylvania, where he spent his last years.

Primum -- prime mover, the original source and cause of motion change in the universe  an idea that was developed by Aristotle and became important in Judaic, Christian, and Islamic thought about God. According to Aristotle, something that is in motion a process of change is moving from a state of potentiality to a state of actuality. For example, water that is being heated is potentially hot and in the process of becoming actually hot. If a cause of change must itself actually be in the state that it is bringing about, then nothing can produce motion in itself; whatever is in motion is being moved by another. For otherwise something would be both potentially and actually in the same state. Thus, the water that is potentially hot can become hot only by being changed by something else the fire that is actually hot. The prime mover, the original cause of motion, must itself, therefore, not be in motion; it is an unmoved mover. Aquinas and other theologians viewed God as the prime mover, the ultimate cause of all motion. Indeed, for these theologians the argument to establish the existence of a first mover, itself unmoved, was a principal argument used in their efforts to prove the existence of God on the basis of reason. Many modern thinkers question the argument for a first mover on the ground that it does not seem to be logically impossible that the motion of one thing be caused by a second thing whose motion in turn is caused by a third thing, and so on without end. Defenders of the argument claim that it presupposes a distinction between two different causal series, one temporal and one simultaneous, and argue that the objection succeeds only against a temporal causal series.  PRIMA PHILOSOPHIA -- first philosophy, in Aristotle’s Metaphysics, the study of being qua being, including the study of theology as understood by him, since the divine is being par excellence. Descartes’s Meditations on First Philosophy was concerned chiefly with the existence of God, the immortality of the soul, and the nature of matter and of the mind.

Prince Maurice’s parrot: The ascription of ‘that’-clause in the report of a communicatum by a pirot of stage n-1 may be a problem by a priot in stage n. Do we want to say that the parrot communicates that he finds Prince Maurice an idiot? While some may not be correct that Griciean principles can be explained on practical, utilitarian grounds, Grice’s main motivation is indeed to capture the ‘rational’ capacity. Since I think I may be confident, that, whoever should see a creature of his own shape or make, though it had no more reason all its life than a cat or a parrot, would call him still a man; or whoever should hear a cat or a parrot discourse, reason, and philosophize, would call or think it nothing but a cat or a parrot; and say, the one was a dull irrational man, and the other a very intelligent rational parrot. A relation we have in an author of great note, is sufficient to countenance the supposition of a rational parrot. His words are: "I had a mind to know, from Prince Maurice's own mouth, the account of a common, but much credited story, that I had heard so often from many others, of an old parrot he had in Brazil, during his government there, that spoke, and asked, and answered common questions, like a reasonable creature: so that those of his train there generally concluded it to be witchery or possession; and one of his chaplains, who lived long afterwards in Holland, would never from that time endure a parrot, but said they all had a devil in them. I had heard many particulars of this story, and as severed by people hard to be discredited, which made me ask Prince Maurice what there was of it. He said, with his usual plainness and dryness in talk, there was something true, but a great deal false of what had been reported. I desired to know of him what there was of the first. He told me short and coldly, that he had heard of such an old parrot when he had been at Brazil; and though he believed nothing of it, and it was a good way off, yet he had so much curiosity as to send for it: that it was a very great and a very old one; and when it came first into the room where the prince was, with a great many Dutchmen about him, it said presently, What a company of white men are here! They asked it, what it thought that man was, pointing to the prince. It answered, Some General or other. When they brought it close to him, he asked it, D'ou venez-vous? It answered, De Marinnan. The Prince, A qui estes-vous? The Parrot, A un Portugais. The Prince, Que fais-tu la? Parrot, Je garde les poulles. The Prince laughed, and said, Vous gardez les poulles? The Parrot answered, Oui, moi; et je scai bien faire; and made the chuck four or five times that people use to make to chickens when they call them. I set down the words of this worthy dialogue in French, just as Prince Maurice said them to me. I asked him in what language the parrot spoke, and he said in Brazilian. I asked whether he understood Brazilian; he said No, but he had taken care to have two interpreters by him, the one a Dutchman that spoke Brazilian, and the other a Brazilian that spoke Dutch; that he asked them separately and privately, and both of them agreed in telling him just the same thing that the parrot had said. I could not but tell this odd story, because it is so much out of the way, and from the first hand, and what may pass for a good one; for I dare say this Prince at least believed himself in all he told me, having ever passed for a very honest and pious man: I leave it to naturalists to reason, and to other men to believe, as they please upon it; however, it is not, perhaps, amiss to relieve or enliven a busy scene sometimes with such digressions, whether to the purpose or no." I have taken care that the reader should have the story at large in the author's own words, because he seems to me not to have thought it incredible; for it cannot be imagined that so able a man as he, who had sufficiency enough to warrant all the testimonies he gives of himself, should take so much pains, in a place where it had nothing to do, to pin so close, not only on a man whom he mentions as his friend, but on a Prince in whom he acknowledges very great honesty and piety, a story which, if he himself thought incredible, he could not but also think ridiculous. The Prince, it is plain, who vouches this story, and our author, who relates it from him, both of them call this talker a parrot: and I ask any one else who thinks such a story fit to be told, whether, if this parrot, and all of its kind, had always talked, as we have a prince's word for it this one did,- whether, I say, they would not have passed for a race of rational animals; but yet, whether, for all that, they would have been allowed to be men, and not parrots? For I presume it is not the idea of a thinking or rational being alone that makes the idea of a man in most people's sense: but of a body, so and so shaped, joined to it: and if that be the idea of a man, the same successive body not shifted all at once, must, as well as the same immaterial spirit, go to the making of the same man.

Principle: a philosopher loves a principle. principium. Grice. Principle of conversational helpfulness. “I call it ‘principle,’ echoing Boethius.”Mention should also he made of Boethius’ conception, that there are certain principles, sentences which have no demonstration — probatio — which he calls principales propositiones or probationis principia. Here is the fragment from his Commentary on Topics treating of principles; El iliac quidem (propositiones) quarum nulla probatio est, maximae ac principales vocantur, quod his illas necesse est approbari, quae ut demonstrari valeant, non recusant/ est auteni maxima proposiiio ut liaec « si de aequalibus aequalia demas, quae derelinquitur aequalia sunt », ita enim hoc per se notion est, ut aliud notius quo approbari valeat esse non possit; quae proposi- tiones cum (idem sui natura propria gerant, non solum alieno ad (idem non egent argumento, oerum ceteris quoque probationis sclent esse principium; igitur per se notae propositiones, quibus nihil est notius, indemonstrabiles ac maxime et principales vocantur (“Indeed those sentences that have no demonstration are called maximum or principal [sentences], because they are not rejected since they are necessary to those that have to be demonstrated and which are valid for making a demonstration ; but a maximum sentence such as « if from equal [quantifies], equal [quantities] are taken, what is left are equal [quantities]*, is self- evident, and there is nothing which can be better known self-evidently valid, and self- demonstrating, therefore they are sentences containing their certitude in their very nature and not only do they need no additional argument to demonstrate their certitude, but are also the principles of demonstration of the other [sentences]; so they are, self-evident sen- tences, nothing being better known than they are, and are called undemonstrable or maxi- mum and principal”). Boethius’ idea coincides with Aristotle’s; deduction must start from somewhere, we must begin with something unproved. The Stagirite, how- ever, gave an explanation of the existence of principles and the possibility of their being grasjied by the active intellect, whereas with Boethius princi- ples appear as severed from the sentences demonstrated in a more formal manner: there are two kinds of sentences: some which are demonstrable and others which need no demonstration There’s the principle of economy of rational effort: (principium oeconomiae effortis rationalis). Cf. his metaphor of the hamburger. Grice knew that ‘economy’ is vague. It relates to the ‘open house.’ But is a crucial concept. It is not the principle of parsimony of rational effort. It is not the principle of ‘minimisaation’ of rational effort. It is the principle of the ‘economy’ of rational effort. ‘Economy’ is already a value-oriented word, since it is a branch of politics and meta-ethics. oecŏnŏmĭcus , a, um, adj., = οἰκονομικός. I. Of or relating to domestic economy; subst.: oecŏnŏmĭcus , i, m., a work of Xenophon on domestic economy. in eo libro, qui Oeconomicus inscribitur, Cic. Off. 2, 24, 87; Gell. 15, 5, 8.— II. Of or belonging to a proper (oratorical) division or arrangement; orderly, methodical: “oeconomica totius causae dispositio,” Quint. 7, 10, 11. οἰκονομ-ικός , ή, όν, A.practised in the management of a household or family, opp. πολιτικός, Pl.Alc.1.133e, Phdr.248d, X.Oec.1.3, Arist.Pol.1252a8, etc. : Sup., [κτημάτων] τὸ βέλτιστον καὶ-ώτατον, of man, Phld.Oec.p.30 J. : hence, thrifty, frugal, economical, X.Mem.4.2.39, Phylarch.65 J. (Comp.) : ὁ οἰ. title of treatise on the duties of domestic life, by Xenophon ; and τὰ οἰ. title of treatise on public finance, ascribed to Aristotle, cf. X.Cyr.8.1.14 : ἡ -κή (sc. τέχνη) domestic economy, husbandry, Pl.Plt.259c, X.Mem. 3.4.11, etc. ; οἰ. ἀρχή defined as ἡ τέκνων ἀρχὴ καὶ γυναικὸς καὶ τῆς οἰκίας πάσης, Arist.Pol.1278b38 ; applied to patriarchal rule, ib.1285b32. Adv.“-κῶς” Ph.2.426, Plu.2.1126a ; also in literary sense, in a well ordered manner, Sch.Th.1.63. Grice’s conversational maximin. Blackburn draws a skull to communicate that there is danger. The skull complete with the rest of the body will not do. So abiding by this principle has nothing to do with an arbitrary convention. Vide principle of least conversational effort. Principle of conversational least effort. No undue effort (candour), no unnecessary trouble (self-love) if doing A involves too much conversational effort, never worry: you will be DEEMED to have made the effort. Invoked by Grice in “Prejudices and predilections; which become, the life and opinions of H. P. Grice.” When Grice qualifies this as ‘rational’ effort, what other efforts are there? Note that the lexeme ‘effort’ does NOT feature in the formulation of the principle itself. Grice confesses to be strongly inclined to assent to the principle of economy of rational conversational effort or the principle of economy of conversational effort, or the principle of economy of conversational expenditure, or the principle of minimisation of rational expenditure, or the principle of minimization of conversational expenditure, or the principle of minimisation of rational cost, or the conversational maximin. The principle of least cost. The principle of economy of rational expenditure states that, where there is a ratiocinative procedure for arriving rationally at certain outcome, a procedure which, because it is ratiocinative, involves an expenditure of time and energy, if there is a NON-ratiocinative, and so more economical procedure which is likely, for the most part, to reach the same outcome as the ratiocinative procedure, provided the stakes are not too high, it is rational to employ the cheaper though somewhat less reliable non-ratiocinative procedure as a substitute for ratiocination. Grice thinks this principle would meet with genitorial approval, in which case the genitor would install it for use should opportunity arise. This applies to the charge of overcomplexity and ‘psychological irreality’ of the reasoning involved in the production and design of the maximally efficient conversational move and the reasoning involved in the recognition of the implicaturum by the addressee. In “Epilogue” he goes by yet another motto, Do not multiply rationalities beyond necessity: The principle of conversational rationality, as he calls it in the Epilogue, is a sub-principle of a principle of rationality simpiciter, not applying to a pursuit related to ‘communication,’ as he puts it. Then there’s the principium individuationis, the cause or basis of individuality in individuals; what makes something individual as opposed to universal, e.g., what makes the cat Minina individual and thus different from the universal, cat. Questions regarding the principle of individuation were first raised explicitly in the early Middle Ages. Classical authors largely ignored individuation; their ontological focus was on the problem of universals. The key texts that originated the discussion of the principle of individuation are found in Boethius. Between Boethius and 1150, individuation was always discussed in the context of more pressing issues, particularly the problem of universals. After 1150, individuation slowly emerged as a focus of attention, so that by the end of the thirteenth century it had become an independent subject of discussion, especially in Aquinas and Duns Scotus. Most early modern philosophers conceived the problem of individuation epistemically rather than metaphysically; they focused on the discernibility of individuals rather than the cause of individuation, as in Descartes. With few exceptions, such as Karl Popper, the twentieth century has followed this epistemic approach e. g. P. F. Strawson.  principle of bivalence, the principle that any significant statement is either true or false. It is often confused with the principle of excluded middle. Letting ‘Tp’ stand for ‘p is true’ and ‘Tp’ for ‘p is false’ and otherwise using standard logical notation, bivalence is ‘Tp 7 T-p’ and excluded middle is ‘T p 7 -p’. That they are different principles is shown by the fact that in probability theory, where ‘Tp’ can be expressed as ‘Prp % 1’, bivalence ‘Pr p % 1 7 Pr ~p % 1’ is not true for all values of p  e.g. it is not true where ‘p’ stands for ‘given a fair toss of a fair die, the result will be a six’ a statement with a probability of 1 /6, where -p has a probability of 5 /6  but excluded middle ‘Prp 7 -p % 1’ is true for all definite values of p, including the probability case just given. If we allow that some significant statements have no truth-value or probability and distinguish external negation ‘Tp’ from internal negation ‘T-p’, we can distinguish bivalence and excluded middle from the principle of non-contradiction, namely, ‘-Tp • T-p’, which is equivalent to ‘-Tp 7 -T-p’. Standard truth-functional logic sees no difference between ‘p’ and ‘Tp’, or ‘-Tp’ and ‘T-p’, and thus is unable to distinguish the three principles. Some philosophers of logic deny there is such a difference. principle of contradiction, also called principle of non-contradiction, the principle that a statement and its negation cannot both be true. It can be distinguished from the principle of bivalence, and given certain controversial assumptions, from the principle of excluded middle; but in truth-functional logic all three are regarded as equivalent. Outside of formal logic the principle of non-contradiction is best expressed as Aristotle expresses it: “Nothing can both be and not be at the same time in the same respect.”  principle of double effect, the view that there is a morally relevant difference between those consequences of our actions we intend and those we do not intend but do still foresee. According to the principle, if increased literacy means a higher suicide rate, those who work for education are not guilty of driving people to kill themselves. A physician may give a patient painkillers foreseeing that they will shorten his life, even though the use of outright poisons is forbidden and the physician does not intend to shorten the patient’s life. An army attacking a legitimate military target may accept as inevitable, without intending to bring about, the deaths of a number of civilians. Traditional moral theologians affirmed the existence of exceptionless prohibitions such as that against taking an innocent human life, while using the principle of double effect to resolve hard cases and avoid moral blind alleys. They held that one may produce a forbidden effect, provided 1 one’s action also had a good effect, 2 one did not seek the bad effect as an end or as a means, 3 one did not produce the good effect through the bad effect, and 4 the good effect was important enough to outweigh the bad one. Some contemporary philosophers and Roman Catholic theologians hold that a modified version of the principle of double effect is the sole justification of deadly deeds, even when the person killed is not innocent. They drop any restriction on the causal sequence, so that e.g. it is legitimate to cut off the head of an unborn child to save the mother’s life. But they oppose capital punishment on the ground that those who inflict it require the death of the convict as part of their plan. They also play down the fourth requirement, on the ground that the weighing of incommensurable goods it requires is impossible. Consequentialists deny the principle of double effect, as do those for whom the crucial distinction is between what we cause by our actions and what just happens. In the most plausible view, the principle does not presuppose exceptionless moral prohibitions, only something stronger than prima facie duties. It is easier to justify an oblique evasion of a moral requirement than a direct violation, even if direct violations are sometimes permissible. So understood, the principle is a guide to prudence rather than a substitute for it.  principle of excluded middle, the principle that the disjunction of any significant statement with its negation is always true; e.g., ‘Either there is a tree over 500 feet tall or it is not the case that there is such a tree’. The principle is often confused with the principle of bivalence. principle of indifference, a rule for assigning a probability to an event based on “parity of reasons.” According to the principle, when the “weight of reasons” favoring one event is equal to the “weight of reasons” favoring another, the two events should be assigned the same probability. When there are n mutually exclusive and collectively exhaustive events, and there is no reason to favor one over another, then we should be “indifferent” and the n events should each be assigned probability 1/n the events are equiprobable, according to the principle. This principle is usually associated with the names Bernoulli Ars Conjectandi, 1713 and Laplace Théorie analytique des probabilités, 1812, and was so called by J. M. Keynes A Treatise on Probability, 1. The principle gives probability both a subjective “degree of belief” and a logical “partial logical entailment” interpretation. One rationale for the principle says that in ignorance, when no reasons favor one event over another, we should assign equal probabilities. It has been countered that any assignment of probabilities at all is a claim to some knowledge. Also, several seemingly natural applications of the principle, involving non-linearly related variables, have led to some mathematical contradictions, known as Bertrand’s paradox, and pointed out by Keynes.  principle of insufficient reason, the principle that if there is no sufficient reason or explanation for something’s being the case, then it will not be the case. Since the rise of modern probability theory, many have identified the principle of insufficient reason with the principle of indifference a rule for assigning a probability to an event based on “parity of reasons”. The two principles are closely related, but it is illuminating historically and logically to view the principle of insufficient reason as the general principle stated above which is related to the principle of sufficient reason and to view the principle of indifference as a special case of the principle of insufficient reason applying to probabilities. As Mach noted, the principle of insufficient reason, thus conceived, was used by Archimedes to argue that a lever with equal weights at equal distances from a central fulcrum would not move, since if there is no sufficient reason why it should move one way or the other, it would not move one way or the other. Philosophers from Anaximander to Leibniz used the same principle to argue for various metaphysical theses. The principle of indifference can be seen to be a special case of this principle of insufficient reason applying to probabilities, if one reads the principle of indifference as follows: when there are N mutually exclusive and exhaustive events and there is no sufficient reason to believe that any one of them is more probable than any other, then no one of them is more probable than any other they are equiprobable. The idea of “parity of reasons” associated with the principle of indifference is, in such manner, related to the idea that there is no sufficient reason for favoring one outcome over another. This is significant because the principle of insufficient reason is logically equivalent to the more familiar principle of sufficient reason if something is [the case], then there is a sufficient reason for its being [the case]  which means that the principle of indifference is a logical consequence of the principle of sufficient reason. If this is so, we can understand why so many were inclined to believe the principle of indifference was an a priori truth about probabilities, since it was an application to probabilities of that most fundamental of all alleged a priori principles of reasoning, the principle of sufficient reason. Nor should it surprise us that the alleged a priori truth of the principle of indifference was as controversial in probability theory as was the alleged a priori truth of the principle of sufficient reason in philosophy generally.  principle of plenitude, the principle that every genuine possibility is realized or actualized. This principle of the “fullness of being” was named by A. O. Lovejoy, who showed that it was commonly assumed throughout the history of Western science and philosophy, from Plato to Plotinus who associated it with inexhaustible divine productivity, through Augustine and other medieval philosophers, to the modern rationalists Spinoza and Leibniz and the Enlightenment. Lovejoy connected plenitude to the great chain of being, the idea that the universe is a hierarchy of beings in which every possible form is actualized. In the eighteenth century, the principle was “temporalized”: every possible form of creature would be realized  not necessarily at all times  but at some stage “in the fullness of time.” A clue about the significance of plenitude lies in its connection to the principle of sufficient reason everything has a sufficient reason [cause or explanation] for being or not being. Plenitude says that if there is no sufficient reason for something’s not being i.e., if it is genuinely possible, then it exists  which is logically equivalent to the negative version of sufficient reason: if something does not exist, then there is a sufficient reason for its not being. principle of verifiability, a claim about what meaningfulness is: at its simplest, a sentence is meaningful provided there is a method for verifying it. Therefore, if a sentence has no such method, i.e., if it does not have associated with it a way of telling whether it is conclusively true or conclusively false, then it is meaningless. The purpose for which this verificationist principle was originally introduced was to demarcate sentences that are “apt to make a significant statement of fact” from “nonsensical” or “pseudo-” sentences. It is part of the emotive theory of content, e.g., that moral discourse is not literally, cognitively meaningful, and therefore, not factual. And, with the verifiability principle, the central European logical positivists of the 0s hoped to strip “metaphysical discourse” of its pretensions of factuality. For them, whether there is a reality external to the mind, as the realists claim, or whether all reality is made up of “ideas” or “appearances,” as idealists claim, is a “meaningless pseudo-problem.” The verifiability principle proved impossible to frame in a form that did not admit all metaphysical sentences as meaningful. Further, it casts doubt on its own status. How was it to be verified? So, e.g., in the first edition of Language, Truth and Logic, Ayer proposed that a sentence is verifiable, and consequently meaningful, if some observation sentence can be deduced from it in conjunction with certain other premises, without being deducible from those other premises alone. It follows that any metaphysical sentence M is meaningful since ‘if M, then O’ always is an appropriate premise, where O is an observation sentence. In the preface to the second edition, Ayer offered a more sophisticated account: M is directly verifiable provided it is an observation sentence or it entails, in conjunction with certain observation sentences, some observation sentence that does not follow from them alone. And M is indirectly verifiable provided it entails, in conjunction with certain other premises, some directly verifiable sentence that does not follow from those other premises alone and these additional premises are either analytic or directly verifiable or are independently indirectly verifiable. The new verifiability principle is then that all and only sentences directly or indirectly verifiable are “literally meaningful.” Unfortunately, Ayer’s emendation admits every nonanalytic sentence. Let M be any metaphysical sentence and O1 and O2 any pair of observation sentences logically independent of each other. Consider sentence A: ‘either O1 or not-M and not-O2’. Conjoined with O2, A entails O1. But O2 alone does not entail O1. So A is directly verifiable. Therefore, since M conjoined with A entails O1, which is not entailed by A alone, M is indirectly verifiable. Various repairs have been attempted; none has succeeded.  principle of economy of rational effort -- cheapest-cost avoider, in the economic analysis of law, the party in a dispute that could have prevented the dispute, or minimized the losses arising from it, with the lowest loss to itself. The term encompasses several types of behavior. As the lowest-cost accident avoider, it is the party that could have prevented the accident at the lowest cost. As the lowest-cost insurer, it is the party that could been have insured against the losses arising from the dispute. This could be the party that could have purchased insurance at the lowest cost or self-insured, or the party best able to appraise the expected losses and the probability of the occurrence. As the lowest-cost briber, it is the party least subject to transaction costs. This party is the one best able to correct any legal errors in the assignment of the entitlement by purchasing the entitlement from the other party. As the lowest-cost information gatherer, it is the party best able to make an informed judgment as to the likely benefits and costs of an action.  Principle of economy of rational effort: Coase theorem, a non-formal insight by R. Coase: 1: assuming that there are no transaction costs involved in exchanging rights for money, then no matter how rights are initially distributed, rational agents will buy and sell them so as to maximize individual returns. In jurisprudence this proposition has been the basis for a claim about how rights should be distributed even when as is usual transaction costs are high: the law should confer rights on those who would purchase them were they for sale on markets without transaction costs; e.g., the right to an indivisible, unsharable resource should be conferred on the agent willing to pay the highest price for it. 

Prini Pietro Prini Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search «Pensare è infatti la maniera più profonda del nostro desiderare.»  (Pietro Prini, "Ventisei secoli nel mondo dei filosofi") Niente fonti! Questa voce o sezione sull'argomento filosofi italiani non cita le fonti necessarie o quelle presenti sono insufficienti. Puoi migliorare questa voce aggiungendo citazioni da fonti attendibili secondo le linee guida sull'uso delle fonti.  Pietro Prini Pietro Prini (Belgirate, 14 maggio 1915 – Pavia, 28 dicembre 2008[1]) è stato un filosofo italiano, tra i maggiori esponenti dell'esistenzialismo cristiano.   Indice 1                                       Biografia 2                                            Pensiero 2.1                                           L'ontologia semantica 2.2                                      L'uomo 2.3                                         L'Essere 2.4                                            La fede 3                                             Opere 3.1                                            Inediti 4                                             Premi 5                                             Note 6                                                Bibliografia 7                                           Altri progetti 8                                           Collegamenti esterni Biografia Di modeste origini, Pietro Prini mostrò fin da giovane una certa attitudine per gli studi e completò l'intero iter scolastico, iscrivendosi quindi al seminario di Arona nel 1934, dove ebbe come docente di filosofia mons. De Lorenzi. La scelta del seminario, oltre a derivare dalla sua povertà di mezzi materiali, rispondeva a una profonda convinzione di fede che resterà immutata per tutta la vita del filosofo. Prini, tuttavia, lasciò il seminario tre anni più tardi «per amore della filosofia»[2]: gli sembrava infatti che l'impostazione neotomista della filosofia lì insegnata non rispondesse ai bisogni del tempo. Egli quindi, vinto un posto presso il Collegio Borromeo di Pavia, iniziò i suoi studi di filosofia. Particolarmente influenti furono Adolfo Levi e, dopo che questi dovette rassegnare le dimissioni in seguito alle leggi razziali, Michele Federico Sciacca con cui si laureò nel 1941 discutendo una tesi su Rosmini. Durante il servizio militare, contrasse una malattia polmonaregrave che lo costrinse, tra il '43 e il '45, al ricovero presso il Collegio Borromeo, allora trasformato dai tedeschi in ospedale militare. Lì godette della compagnia intellettuale del Rettore, monsignor Cesare Angelini, e approfondì lo studio di Plotino. Il 1950 è un altro anno cruciale per la formazione di Prini: grazie a una borsa di studio, egli trascorse nove mesi a Parigi dove conobbe e frequentò il filosofo Gabriel Marcel.   Una veduta del lago Maggiore dalla terrazza del Collegio Rosmini. Nel suo libro su Belgirate, borgo che si affaccia sullo stesso lago, Prini cita H.F. Amiel e scrive: «Un paesaggio è uno stato d'animo»[3]. Prini s'è legato al gruppo di giovani filosofi che Sciacca aveva riunito intorno a sé: Maria Teresa Antonelli, Roberto Crippa, Alberto Caracciolo. Quando Sciacca nel 1946 si trasferì a Genova tutto il gruppo lo seguì, ottenendo ciascuno - secondo la specificità dei propri studi - un incarico di insegnamento di una disciplina filosofica. A Prini venne affidato l'insegnamento di Storia della filosofia antica, che tenne dal 1953 al 1959. Di qui, vincitore di concorso, si trasferì a Perugia, dove dette vita ad una sua scuola filosofica, che ha in Dario Antiseri l'esponente più noto. Nel 1957, Prini sposa Josefa "Pepa" Flores, spagnola, compagna affezionata per tutta la vita, cui Prini dedicherà gran parte dei suoi libri. Dello stesso anno è il testo Verso una nuova ontologia che, insieme a Discorso e situazione del 1961 segnano il passaggio alla fase matura del suo pensiero.  Nel 1964 viene chiamato a coprire la cattedra di Storia della filosofia dalla Facoltà di Magistero dell'Università "La Sapienza" di Roma, che terrà fino al 1985, diventando poi docente emerito. Qui svolse una intensa attività didattico-scientifica, che alimentò partecipando anche a molteplici iniziative culturali, impegnandosi in prima persona nella promozione televisiva del sapere filosofico e, nell'attività radiofonica, in programmi di decisa funzione umanistico-culturale. Tra le opere più interessanti e più discusse della sua ultima produzione, va ricordato Lo scisma sommerso del 1998, in cui il filosofo analizza la spaccatura sotterranea che si è creata nella Chiesa cattolica tra il magistero ufficiale e la fede e le scelte di vita dei credenti. Un tema che diviene centrale in quest'ultimo periodo è anche il tema del male, in modo parallelo a quanto andava elaborando nello stesso periodo Luigi Pareyson, amico personale di Prini.  Nel 2004, Prini si ritira a Pavia dove lavora, finché le forze glielo consentono, a Ventisei secoli nel mondo dei filosofi, «un ultimo ripensamento, una sorta di commiato personale dagli autori e dai problemi che gli erano stati cari per tutta la vita»[4]. È morto a Pavia il 28 dicembre 2008 ed è sepolto a Belgirate nella tomba di famiglia. La sua biblioteca personale e il suo lascito manoscritto sono conservati presso la biblioteca del Collegio Ghislieri di Pavia nel "Fondo Pietro Prini"[5].  Pensiero Si può dire che in nessuna delle opere di Prini sia racchiuso tutto quanto il suo pensiero. Egli è, in questo senso, un pensatore abbastanza asistematico e offre intuizioni in direzioni diverse, che si possono riassumere in alcuni blocchi tematici.  L'ontologia semantica  Una pagina manoscritta del filosofo. Un buon punto da cui partire è la scoperta e la definizione dell'ontologia semantica: accanto al discorso apofantico, che definisce in modo univoco i suoi oggetti e che vuol dimostrare le sue verità in modo necessario, Prini apre lo spazio per il discorso semantico, il linguaggio cioè della musica, della poesia, della preghiera, dell'invocazione, del dialogo. Nel testo Verso una nuova ontologia, egli fa risalire la dimenticanza dell’ontologia semantica ad Aristotele, il quale riteneva i discorsi semantici non verofunzionali e quindi estranei al campo dellafilosofia. Nell'opera successiva Discorso e situazione, l'autore definisce in modo più dettagliato gli ambiti di ciascun discorso.  In un’intervista rilasciata a Vittorio Grassi, Prini argomenta: «Per molti anni ho tenuto presente nello sviluppo delle mie ricerche il volume Discorso e situazione, dove, nel quadro del problema contemporaneo della molteplicità dell’uso logico della ragione, ho delineato un esame sistematico delle diverse forme argomentative del discorso razionale “situato”, ossia in relazione al suo proprio oggetto ed al suo proprio uditorio, e precisamente la verifica come forma della prova del discorso oggettivo o scientifico, la testimonianza, come forma della prova del discorso privato o intersoggettivo, la determinazione particolare, come forma del discorso collettivo o ideologico. È stata un ricerca non inutile, credo, se ha messo in luce, per un verso, contro lo scientismo, la pluralità dell’uso logico della ragione, e per un altro verso, la fondamentale convergenza di quelle forme del discorso razionale in una dottrina della verità ostensiva dell’essere, o, come dicevo nel mio volume Discorso e situazione, inventandone l’espressione, in un’ontologia semantica»[6].  In questo senso, la filosofia di Prini si caratterizza per un confronto rispettoso e vivace con le scienze: da una parte, il filosofo ne riconosce tutta la dirompente importanza, dall'altra è attento a criticare quelle filosofie – quali il neopositivismo – che ne esasperano i risultati e le spingono oltre il proprio ambito di legittimità conoscitiva.  L'uomo Il secondo punto è quello dell’antropologia e della sociologia filosofica. Prini non dimentica mai la lezione dell’esistenzialismo: l’uomo di cui la filosofia deve occuparsi è l’uomo concreto. E perciò, in primo luogo, è importante considerare il corpo come elemento costituito della soggettività in un’unità psicofisica – del resto, già Rosmini nel mondo cattolico aveva fatto questo movimento verso il corpo, parlando di sentimento fondamentale corporeo. Prini se ne occupa soprattutto nell'opera Il corpo che siamo. Quindi, ne Il paradosso di Icaro, viene elaborata la distinzione tra desiderio e bisogno: il bisogno, cioè la necessità di avere, si distingue dal desiderio, cioè dalla volontà di essere autenticamente.  Nel mondo contemporaneo, che è un mondo capitalistico, tecnologico e nichilistico, l’uomo corre il rischio di essere dominato da bisogni sempre accresciuti e di dimenticare così la propria dimensione più autentica e il proprio desiderio. Prini scrive che «Pensare è […] la maniera più profonda del nostro desiderare»[7]: ciò significa che la filosofia ha, prima di tutto, il compito di domandare intorno al senso di ciò che è e di ciò che si è – un domandare che mette in questione anche il domandante stesso.  Qui sono naturalmente molto forti gli echi di Heidegger, che Prini definisce «maestro inevitabile»[8]. L’esito socio-politico di queste dottrine priniane è il rifiuto degli assoluti terrestri, cioè di quelle concezioni totalitarie della politica come il nazismo o il comunismo che negano il valore assoluto della coscienza individuale e, insieme, negano lo spazio per ogni trascendenza genuina. Prini, per converso, ritiene che l'unico agire autentico derivi dalla contemplazione, secondo quella dottrina della contemplazione creatrice che egli ritrova in Plotino e che fa propria[9].  L'Essere Di qui, si può passare a parlare della concezione priniana dell’Essere, che è caratterizzato dall'ambiguità, da cui anche il titolo della sua opera principale su questo tema, L'ambiguità dell'essere, che ha la particolarità di essere scritta in forma di dialogo. L'Essere può intendersi – come è stato variamente inteso nella storia della filosofia – sia come necessità assoluta (al modo Parmenide), sia come bontà o finalità assoluta (al modo di Leibniz), sia come libertà od opposizione assoluta (al modo di Cusano). Prini cerca di pensare insieme queste tre modalità, ritenendole tutte essenziali all'Essere e, insieme, non deducibili l’una dall'altra. Egli definisce questa sua concezione «problematicismo ontologico»[10]. Dal momento che l’Essere è in sé ambiguo, esso non si lascia completamente definire e dimostrare dal discorso apofantico e si presta al discorso semantico in generale e quindi al discorso religioso in particolare.  La fede Assolutamente capitale è, dunque, il problema della religione, della fede cristiana e della Chiesa cattolica. Prini ha sempre pensato la propria attività filosofica come un filosofare nella fede: a differenza dello scienziato, il filosofo mette in gioco se stesso nel proprio filosofare, e un cristiano, quale egli era, non può mettere da parte le proprie convinzioni religiose quando filosofa. Nella prolusione al corso di Filosofia teoretica all'Università di Perugia del 1961, egli argomenta: «C’è un carattere ludico nell'atteggiamento del credente, quando pretende di poter mettere tra parentesi la propria fede e di essere anch'egli, nella ricerca della verità, come dice Husserl, ein wirklicher Anfänger, “un vero e proprio principiante”»[11].  «Ho dedicato tutta la mia vita alla cultura cattolica in modo critico»[12] sostiene Prini nell’intervista del 2005. Questo suo lavoro critico può riassumersi così: distinzione tra il nucleo del messaggio evangelico e le forme che esso ha via via assunto nella storia, critica delle posizioni più tradizionaliste della Chiesa, specialmente in filosofia (si veda in particolare il volume La filosofia cattolica italiana del Novecento), invito al dialogo tra la Chiesa e la modernità tutta intera, e proposta di una nuova inculturazione, oggi, di quel messaggio evangelico. Il seguente passaggio de Lo scisma sommerso mostra in modo disambiguo ciò che Prini ha in mente: «Per questa mentalità generata dalla civiltà della scienza esistono uno spazio e un tempo scientifici nei quali è impossibili proporsi di trovare, per esempio, il periodo storico di una presunta prima coppia progenitrice di tutto il genere umano o l'ubicazione dell'Eden, di cui parlano - in un senso simbolico che è da determinare - i primi racconti della Genesi. E andando soltanto un poco in profondità nella coscienza giuridica moderna, post-illuministica, del rapporto tra colpa e castigo, chi potrebbe oggi accettare l'idea, trasmessa dalla teologia penale di Agostino nell'interpretazione della Lettera ai Romani di Paolo, che l'umanità intera abbia ereditato da Adamo non solo la pena eterna del suo peccato, ma anche la responsabilità della sua stessa colpa?»[13]  Opere Gabriel Marcel e la metodologia dell’inverificabile. Roma, Studium, 1950. Verso una nuova ontologia. Roma, Studium, 1957. Rosmini postumo. Roma, Armando, 1961, 2ª edizione (ed. or.: 1960). Discorso e situazione. Roma, Studium, 1975, 2ª edizione (ed. or.: 1961). Il paradosso di Icaro. Roma, Armando, 1976, 2ª edizione (ed. or.: 1976). Ripubblicato nel 2017 a cura di Gianpiero Gamaleri. L’ambiguità dell’essere. Genova, Marietti, 1989. Storia dell'esistenzialismo da Kierkegaard a oggi. Roma, Studium, 1989. Il testo è l’ultima versione di una serie di lavori precedenti sulla storia dell’esistenzialismo che risalgono fino agli anni ’50. Il corpo che siamo. Introduzione all'antropologia etica. Torino, SEI, 1991. Plotino e la nascita dell’umanesimo interiore. Milano, Vita e Pensiero, 1992. Anche questa è l’ultima versione di un lavoro “a più strati”, il cui primo nucleo risale agli anni della guerra, mentre Prini era ricoverato presso il Collegio Borromeo di Pavia, allora trasformato dai tedeschi in ospedale militare. Il cristiano e il potere. Roma, Studium, 1993. La filosofia cattolica italiana del Novecento. Roma-Bari, Laterza, 1997, 2ª edizione (ed. or. 1996). Lo scisma sommerso. Milano, Garzanti, 1999 (ed. or.: 1998 per l'editore G due). Ripubblicato dalla casa editrice Interlinea, Novara, 2016. Terra di Belgirate (nuova edizione curata da Vittorio Grassi). Grugliasco (Torino), tipografia Sosso, 2005 (ed. or.: 1984). Ventisei secoli nel mondo dei filosofi (a cura di Walter Minella). Caltanissetta-Roma, Salvatore Sciascia, 2015. Inediti I seguenti testi inediti, ritrovati tra le carte del "Fondo Pietro Prini", sono stati pubblicati:  Visita a Borges in Paradiso (a cura di Andrea Loffi). In: “Avvenire”, domenica 6 settembre 2015, p. 23 [1]. Lo stesso testo è presente anche in appendice a: Walter Minella, Pietro Prini, cit., pp. 597-603. Roberto Cutaia, Prini, un filosofo che canta i Salmi. In: “Avvenire”, martedì 21 giugno 2016, p. 28. Qui sono riportati alcuni passaggi di un commento ai Salmi. Croce e Gentile secondo Prini (a cura di Andrea Loffi). In: “Avvenire”, sabato 13 maggio 2017, p. 23 [2]. Premi Prini è stato insignito del Premio Internazionale Medaglia d'Oro al merito della Cultura Cattolica nel 1998.  Nel 2017 è stato conferito il primo "Premio Pietro Prini" in onore del filosofo, per promuoverne lo studio e la ricerca, presso il Collegio Rosmini di Stresa.  Note ^ Notizia della morte[collegamento interrotto] ^ Walter Minella, Pietro Prini, Città del Vaticano, Lateran University Press, 2016, p. 25. ^ Pietro Prini, Terra di Belgirate, 2005, p. 5. ^ Walter Minella, Pietro Prini, Città del Vaticano, Lateran University Press, 2016, p. 49. ^ Andrea Loffi, Il Prini sommerso (PDF), su pietroprini.org. ^ Pietro Prini, Terra di Belgirate, pp. 175-176. ^ Pietro Prini, Ventisei secoli nel mondo dei filosofi, a cura di Walter Minella, Caltanissetta-Roma, Salvatore Sciascia, 2015, p. 454. ^ Pietro Prini, Ventisei secoli nel mondo dei filosofi, a cura di Walter Minella, Caltanissetta-Roma, Salvatore Sciascia, 2015, p. 419. ^ Pietro Prini, Plotino e la fondazione dell'umanesimo interiore, Milano, Vita e Pensiero, 1993, pp. 57-96. ^ Pietro Prini, Terra di Belgirate, 2005, p. 176. ^ Pietro Prini, Cristianesimo e filosofia, in Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Perugia, I, 1962-1963, p. 129. ^ Pietro Prini, Terra di Belgirate, 2005, p. 179. ^ Pietro Prini, Lo scisma sommerso, Milano, Garzanti, 1999. Bibliografia Dario Antiseri e Domenico Conci (a cura di), Il desiderio di essere. L'itinerario filosofico di Pietro Prini. Roma, Studium, 1996. Santo Arcoleo, La filosofia cattolica nell'Italia del Novecento. Intervista a Pietro Prini, in Segni e Comprensione, XII, N.S., 33, 1998, pp. 5–32. Biagio Muscherà, L'ontologia del desiderio in P. Prini. Genova-Milano, Marietti, 2005. Massimo Flematti (a cura di), Pietro Prini, filosofo e uomo. Verbania-Intra, Alberti, 2012. Walter Minella, Pietro Prini. Città del Vaticano, Lateran University Press, 2016. Walter Minella, Andrea Loffi, Massimo Flematti, Giorgio Sandrini (a cura di), Credere oggi in Dio e nell'uomo ancora e nonostante. Pietro Prini filosofo del dialogo tra fede e scienza. Roma, Armando, 2018. Altri progetti Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Pietro Prini Collegamenti esterni Sito dedicato a Pietro Prini, su pietroprini.org. «Prini, Pietro», la voce in Enciclopedie on line, sito "Treccani.it L'Enciclopedia italiana". http://www.filosofico.net/prini.htm Controllo di autorità                                     VIAF (EN) 115632123 · ISNI (EN) 0000 0001 2096 8973 · SBN IT\ICCU\CFIV\027841 · LCCN (EN) n84234957 · GND (DE) 131422251 · BNF (FR) cb12014872p (data) · BNE (ES) XX1069675 (data) · BAV (EN) 495/154724 · WorldCat Identities (EN) lccn-n84234957 Biografie Portale Biografie Cattolicesimo Portale Cattolicesimo Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XX secoloNati nel 1915Morti nel 2008Nati il 14 maggioMorti il 28 dicembreNati a BelgirateMorti a PaviaPersonalità del cattolicesimo[altre]

prisoner’s dilemma, a problem in game theory, and more broadly the theory of rational choice, that takes its name from a familiar sort of pleabargaining situation: Two prisoners Robin and Carol are interrogated separately and offered the same deal: If one of them confesses “defects” and the other does not, the defector will be given immunity from prosecution and the other will get a stiff prison sentence. If both confess, both will get moderate prison terms. If both remain silent cooperate with each other, both will get light prison terms for a lesser offense. There are thus four possible outcomes: 1 Robin confesses and gets immunity, while Carol is silent and gets a stiff sentence. 2 Both are silent and get light sentences. 3 Both confess and get moderate sentences. 4 Robin is silent and gets a stiff sentence, while Carol confesses and gets immunity. Assume that for Robin, 1 would be the best outcome, followed by 2, 3, and 4, in that order. Assume that for Carol, the best outcome is 4, followed by 2, 3, and 1. Each prisoner then reasons as follows: “My confederate will either confess or remain silent. If she confesses, I must do likewise, in order to avoid the ‘sucker’s payoff’ immunity for her, a stiff sentence for me. If she remains silent, then I must confess in order to get immunity  the best outcome for me. Thus, no matter what my confederate does, I must confess.” Under those conditions, both will confess, effectively preventing each other from achieving anything better than the option they both rank as only third-best, even though they agree that option 2 is second-best. This illustrative story attributed to A. W. Tucker must not be allowed to obscure the fact that many sorts of social interactions have the same structure. In general, whenever any two parties must make simultaneous or independent choices over a range of options that has the ordinal payoff structure described in the plea bargaining story, they are in a prisoner’s dilemma. Diplomats, negotiators, buyers, and sellers regularly find themselves in such situations. They are called iterated prisoner’s dilemmas if the same parties repeatedly face the same choices with each other. Moreover, there are analogous problems of cooperation and conflict at the level of manyperson interactions: so-called n-person prisoner’s diemmas or free rider problems. The provision of public goods provides an example. Suppose there is a public good, such as clean air, national defense, or public radio, which we all want. Suppose that is can be provided only by collective action, at some cost to each of the contributors, but that we do not have to have a contribution from everyone in order to get it. Assume that we all prefer having the good to not having it, and that the best outcome for each of us would be to have it without cost to ourselves. So each of us reasons as follows: “Other people will either contribute enough to produce the good by themselves, or they will not. If they do, then I can have it cost-free the best option for me and thus I should not contribute. But if others do not contribute enough to produce the good by themselves, and if the probability is very low that my costly contribution would make the difference between success and failure, once again I should not contribute.” Obviously, if we all reason in this way, we will not get the public good we want. Such problems of collective action have been noticed by philosophers since Plato. Their current nomenclature, rigorous game-theoretic formulation, empirical study, and systematic philosophical development, however, has occurred since 0. 

private language argument, an argument designed to show that there cannot be a language that only one person can speak  a language that is essentially private, that no one else can in principle understand. In addition to its intrinsic interest, the private language argument is relevant to discussions of linguistic rules and linguistic meaning, behaviorism, solipsism, and phenomenalism. The argument is closely associated with Vitters’s Philosophical Investigations 8. The exact structure of the argument is controversial; this account should be regarded as a standard one, but not beyond dispute. The argument begins with the supposition that a person assigns signs to sensations, where these are taken to be private to the person who has them, and attempts to show that this supposition cannot be sustained because no standards for the correct or incorrect application of the same sign to a recurrence of the same sensation are possible. Thus Vitters supposes that he undertakes to keep a diary about the recurrence of a certain sensation; he associates it with the sign ‘S’, and marks ‘S’ on a calendar every day he has that sensation. Vitters finds the nature of the association of the sign and sensation obscure, on the ground that ‘S’ cannot be given an ordinary definition this would make its meaning publicly accessible or even an ostensive definition. He further argues that there is no difference between correct and incorrect entries of ‘S’ on subsequent days. The initial sensation with which the sign ‘S’ was associated is no longer present, and so it cannot be compared with a subsequent sensation taken to be of the same kind. He could at best claim to remember the nature of the initial sensation, and judge that it is of the same kind as today’s. But since the memory cannot confirm its own accuracy, there is no possible test of whether he remembers the initial association of sign and sensation right today. Consequently there is no criterion for the correct reapplication of the sign ‘S’. Thus we cannot make sense of the notion of correctly reapplying ‘S’, and cannot make sense of the notion of a private language. The argument described appears to question only the claim that one could have terms for private mental occurrences, and may not seem to impugn a broader notion of a private language whose expressions are not restricted to signs for sensations. Advocates of Vitters’s argument would generalize it and claim that the focus on sensations simply highlights the absence of a distinction between correct and incorrect reapplications of words. A language with terms for publicly accessible objects would, if private to its user, still be claimed to lack criteria for the correct reapplication of such terms. This broader notion of a private language would thus be argued to be equally incoherent. 

privation: H. P. Grice, “Negation and privation,” a lack of something that it is natural or good to possess. The term is closely associated with the idea that evil is itself only a lack of good, privatio boni. In traditional theistic religions everything other than God is created by God out of nothing, creation ex nihilo. Since, being perfect, God would create only what is good, the entire original creation and every creature from the most complex to the simplest are created entirely good. The original creation contains no evil whatever. What then is evil and how does it enter the world? The idea that evil is a privation of good does not mean, e.g., that a rock has some degree of evil because it lacks such good qualities as consciousness and courage. A thing has some degree of evil only if it lacks some good that is    741 privileged access privileged access 742 proper for that thing to possess. In the original creation each created thing possessed the goods proper to the sort of thing it was. According to Augustine, evil enters the world when creatures with free will abandon the good above themselves for some lower, inferior good. Human beings, e.g., become evil to the extent that they freely turn from the highest good God to their own private goods, becoming proud, selfish, and wicked, thus deserving the further evils of pain and punishment. One of the problems for this explanation of the origin of evil is to account for why an entirely good creature would use its freedom to turn from the highest good to a lesser good. 

privileged access: H. P. Grice, “Privileged access and incorrigibility,” special first-person awareness of the contents of one’s own mind. Since Descartes, many philosophers have held that persons are aware of the occurrent states of their own minds in a way distinct from both their mode of awareness of physical objects and their mode of awareness of the mental states of others. Cartesians view such apprehension as privileged in several ways. First, it is held to be immediate, both causally and epistemically. While knowledge of physical objects and their properties is acquired via spatially intermediate causes, knowledge of one’s own mental states involves no such causal chains. And while beliefs about physical properties are justified by appeal to ways objects appear in sense experience, beliefs about the properties of one’s own mental states are not justified by appeal to properties of a different sort. I justify my belief that the paper on which I write is white by pointing out that it appears white in apparently normal light. By contrast, my belief that white appears in my visual experience seems to be self-justifying. Second, Cartesians hold that first-person apprehension of occurrent mental contents is epistemically privileged in being absolutely certain. Absolute certainty includes infallibility, incorrigibility, and indubitability. That a judgment is infallible means that it cannot be mistaken; its being believed entails its being true even though judgments regarding occurrent mental contents are not necessary truths. That it is incorrigible means that it cannot be overridden or corrected by others or by the subject himself at a later time. That it is indubitable means that a subject can never have grounds for doubting it. Philosophers sometimes claim also that a subject is omniscient with regard to her own occurrent mental states: if a property appears within her experience, then she knows this. Subjects’ privileged access to the immediate contents of their own minds can be held to be necessary or contingent. Regarding corrigibility, for example, proponents of the stronger view hold that first-person reports of occurrent mental states could never be overridden by conflicting evidence, such as conflicting readings of brain states presumed to be correlated with the mental states in question. They point out that knowledge of such correlations would itself depend on first-person reports of mental states. If a reading of my brain indicates that I am in pain, and I sincerely claim not to be, then the law linking brain states of that type with pains must be mistaken. Proponents of the weaker view hold that, while persons are currently the best authorities as to the occurrent contents of their own minds, evidence such as conflicting readings of brain states could eventually override such authority, despite the dependence of the evidence on earlier firstperson reports. Weaker views on privileged access may also deny infallibility on more general grounds. In judging anything, including an occurrent mental state, to have a particular property P, it seems that I must remember which property P is, and memory appears to be always fallible. Even if such judgments are always fallible, however, they may be more immediately justified than other sorts of judgments. Hence there may still be privileged access, but of a weaker sort. In the twentieth century, Ryle attacked the idea of privileged access by analyzing introspection, awareness of what one is thinking or doing, in terms of behavioral dispositions, e.g. dispositions to give memory reports of one’s mental states when asked to do so. But while behaviorist or functional analyses of some states of mind may be plausible, for instance analyses of cognitive states such as beliefs, accounts in these terms of occurrent states such as sensations or images are far less plausible. A more influential attack on stronger versions of privileged access was mounted by Wilfrid Sellars. According to him, we must be trained to report non-inferentially on properties of our sense experience by first learning to respond with whole systems of concepts to public, physical objects. Before I can learn to report a red sense impression, I must learn the system of color concepts and the logical relations among them by learning to respond to colored objects. Hence, knowledge of my own mental states cannot be the firm basis from which I progress to other knowledge.  Even if this order of concept acquisition is determined necessarily, it still may be that persons’ access to their own mental states is privileged in some of the ways indicated, once the requisite concepts have been acquired. Beliefs about one’s own occurrent states of mind may still be more immediately justified than beliefs about physical properties, for example. 

pro attitude, a favorable disposition toward an object or state of affairs. Although some philosophers equate pro attitudes with desires, the expression is more often intended to cover a wide range of conative states of mind including wants, feelings, wishes, values, and principles. My regarding a certain course of action open to me as morally required and my regarding it as a source of selfish satisfaction equally qualify as pro attitudes toward the object of that action. It is widely held that intentional action, or, more generally, acting for reasons, is necessarily based, in part, on one or more pro attitudes. If I go to the store in order to buy some turnips, then, in addition to my regarding my store-going as conducive to turnip buying, I must have some pro attitude toward turnip buying. 

Probabile: probability -- doomsday argument, an argument examined by Grice -- an argument associated chiefly with the mathematician Brandon Carter and the philosopher John Leslie purporting to show, by appeal to Bayes’s theorem and Bayes’s rule, that whatever antecedent probability we may have assigned to the hypothesis that human life will end relatively soon is magnified, perhaps greatly, upon our learning or noticing that we are among the first few score thousands of millions of human beings to exist.Leslie’s The End of the World: The Science and Ethics of Human Extinction 6. The argument is based on an allegedly close analogy between the question of the probability of imminent human extinction given our ordinal location in the temporal swath of humanity and the fact that the reader’s name being among the first few drawn randomly from an urn may greatly enhance for the reader the probability that the urn contains fairly few names rather than very many.  probability, a numerical value that can attach to items of various kinds e.g., propositions, events, and kinds of events that is a measure of the degree to which they may or should be expected  or the degree to which they have “their own disposition,” i.e., independently of our psychological expectations  to be true, to occur, or to be exemplified depending on the kind of item the value attaches to. There are both multiple interpretations of probability and two main kinds of theories of probability: abstract formal calculi and interpretations of the calculi. An abstract formal calculus axiomatically characterizes formal properties of probability functions, where the arguments of the function are often thought of as sets, or as elements of a Boolean algebra. In application, the nature of the arguments of a probability function, as well as the meaning of probability, are given by interpretations of probability. The most famous axiomatization is Kolmogorov’s Foundations of the Theory of Probability, 3. The three axioms for probability functions Pr are: 1 PrX M 0 for all X; 2 PrX % 1 if X is necessary e.g., a tautology if a proposition, a necessary event if an event, and a “universal set” if a set; and 3 PrX 7 Y % PrX ! PrY where ‘7’ can mean, e.g., logical disjunction, or set-theoretical union if X and Y are mutually exclusive X & Y is a contradiction if they are propositions, they can’t both happen if they are events, and their set-theoretical intersection is empty if they are sets. Axiom 3 is called finite additivity, which is sometimes generalized to countable additivity, involving infinite disjunctions of propositions, or infinite unions of sets. Conditional probability, PrX/Y the probability of X “given” or “conditional on” Y, is defined as the quotient PrX & Y/PrY. An item X is said to be positively or negatively statistically or probabilistically correlated with an item Y according to whether PrX/Y is greater than or less than PrX/-Y where -Y is the negation of a proposition Y, or the non-occurrence of an event Y, or the set-theoretical complement of a set Y; in the case of equality, X is said to be statistically or probabilistically independent of Y. All three of these probabilistic relations are symmetric, and sometimes the term ‘probabilistic relevance’ is used instead of ‘correlation’. From the axioms, familiar theorems can be proved: e.g., 4 Pr-X % 1  PrX; 5 PrX 7 Y % PrX ! PrY  PrX & Y for all X and Y; and 6 a simple version of Bayes’s theorem PrX/Y % PrY/XPrX/PrY. Thus, an abstract formal calculus of probability allows for calculation of the probabilities of some items from the probabilities of others. The main interpretations of probability include the classical, relative frequency, propensity, logical, and subjective interpretations. According to the classical interpretation, the probability of an event, e.g. of heads on a coin toss, is equal to the ratio of the number of “equipossibilities” or equiprobable events favorable to the event in question to the total number of relevant equipossibilities. On the relative frequency interpretation, developed by Venn The Logic of Chance, 1866 and Reichenbach The Theory of Probability, probability attaches to sets of events within a “reference class.” Where W is the reference class, and n is the number of events in W, and m is the number of events in or of kind X, within W, then the probability of X, relative to W, is m/n. For various conceptual and technical reasons, this kind of “actual finite relative frequency” interpretation has been refined into various infinite and hypothetical infinite relative frequency accounts, where probability is defined in terms of limits of series of relative frequencies in finite nested populations of increasing sizes, sometimes involving hypothetical infinite extensions of an actual population. The reasons for these developments involve, e.g.: the artificial restriction, for finite populations, of probabilities to values of the form i/n, where n is the size of the reference class; the possibility of “mere coincidence” in the actual world, where these may not reflect the true physical dispositions involved in the relevant events; and the fact that probability is often thought to attach to possibilities involving single events, while probabilities on the relative frequency account attach to sets of events this is the “problem of the single case,” also called the “problem of the reference class”. These problems also have inspired “propensity” accounts of probability, according to which probability is a more or less primitive idea that measures the physical propensity or disposition of a given kind of physical situation to yield an outcome of a given type, or to yield a “long-run” relative frequency of an outcome of a given type. A theorem of probability proved by Jacob Bernoulli Ars Conjectandi, 1713 and sometimes called Bernoulli’s theorem or the weak law of large numbers, and also known as the first limit theorem, is important for appreciating the frequency interpretation. The theorem states, roughly, that in the long run, frequency settles down to probability. For example, suppose the probability of a certain coin’s landing heads on any given toss is 0.5, and let e be any number greater than 0. Then the theorem implies that as the number of tosses grows without bound, the probability approaches 1 that the frequency of heads will be within e of 0.5. More generally, let p be the probability of an outcome O on a trial of an experiment, and assume that this probability remains constant as the experiment is repeated. After n trials, there will be a frequency, f n, of trials yielding outcome O. The theorem says that for any numbers d and e greater than 0, there is an n such that the probability P that _pf n_ ‹ e is within d of 1 P  1d. Bernoulli also showed how to calculate such n for given values of d, e, and p. It is important to notice that the theorem concerns probabilities, and not certainty, for a long-run frequency. Notice also the assumption that the probability p of O remains constant as the experiment is repeated, so that the outcomes on trials are probabilistically independent of earlier outcomes. The kinds of interpretations of probability just described are sometimes called “objective” or “statistical” or “empirical” since the value of a probability, on these accounts, depends on what actually happens, or on what actual given physical situations are disposed to produce  as opposed to depending only on logical relations between the relevant events or propositions, or on what we should rationally expect to happen or what we should rationally believe. In contrast to these accounts, there are the “logical” and the “subjective” interpretations of probability. Carnap “The Two Concepts of Probability,” Philosophy and Phenomenological Research, 5 has marked this kind of distinction by calling the second concept probability1 and the first probability2. According to the logical interpretation, associated with Carnap  Logical Foundations of Probability, 0; and Continuum of Inductive Methods, 2, the probability of a proposition X given a proposition Y is the “degree to which Y logically entails X.” Carnap developed an ingenious and elaborate set of systems of logical probability, including, e.g., separate systems depending on the degree to which one happens to be, logically and rationally, sensitive to new information in the reevaluation of probabilities. There is, of course, a connection between the ideas of logical probability, rationality, belief, and belief revision. It is natural to explicate the “logical-probabilistic” idea of the probability of X given Y as the degree to which a rational person would believe X having come to learn Y taking account of background knowledge. Here, the idea of belief suggests a subjective sometimes called epistemic or partial belief or degree of belief interpretation of probability; and the idea of probability revision suggests the concept of induction: both the logical and the subjective interpretations of probability have been called “inductive probability”  a formal apparatus to characterize rational learning from experience. The subjective interpretation of probability, according to which the probability of a proposition is a measure of one’s degree of belief in it, was developed by, e.g., Ramsey “Truth and Probability,” in his Foundations of Mathematics and Other Essays, 6; Definetti “Foresight: Its Logical Laws, Its Subjective Sources,” 7, translated by H. Kyburg, Jr., in H. E. Smokler, Studies in Subjective Probability, 4; and Savage The Foundations of Statistics, 4. Of course, subjective probability varies from person to person. Also, in order for this to be an interpretation of probability, so that the relevant axioms are satisfied, not all persons can count  only rational, or “coherent” persons should count. Some theorists have drawn a connection between rationality and probabilistic degrees of belief in terms of dispositions to set coherent betting odds those that do not allow a “Dutch book”  an arrangement that forces the agent to lose come what may, while others have described the connection in more general decision-theoretic terms. 

Problem – problem – “Philosophy is about problems” – Grice. Problem of induction. First stated by Hume, this problem concerns the logical basis of inferences from observed matters of fact to unobserved matters of fact. Although discussion often focuses upon predictions of future events e.g., a solar eclipse, the question applies also to inferences to past facts e.g., the extinction of dinosaurs and to present occurrences beyond the range of direct observation e.g., the motions of planets during daylight hours. Long before Hume the ancient Skeptics had recognized that such inferences cannot be made with certainty; they realized there can be no demonstrative deductive inference, say, from the past and present to the future. Hume, however, posed a more profound difficulty: Are we justified in placing any degree of confidence in the conclusions of such inferences? His question is whether there is any type of non-demonstrative or inductive inference in which we can be justified in placing any confidence at all. According to Hume, our inferences from the observed to the unobserved are based on regularities found in nature. We believe, e.g., that the earth, sun, and moon move in regular patterns according to Newtonian mechanics, and on that basis astronomers predict solar and lunar eclipses. Hume notes, however, that all of our evidence for such uniformities consists of past and present experience; in applying these uniformities to the future behavior of these bodies we are making an inference from the observed to the unobserved. This point holds in general. Whenever we make inferences from the observed to the unobserved we rely on the uniformity of nature. The basis for our belief that nature is reasonably uniform is our experience of such uniformity in the past. If we infer that nature will continue to be uniform in the future, we are making an inference from the observed to the unobserved  precisely the kind of inference for which we are seeking a justification. We are thus caught up in a circular argument. Since, as Hume emphasized, much of our reasoning from the observed to the unobserved is based on causal relations, he analyzed causality to ascertain whether it could furnish a necessary connection between distinct events that could serve as a basis for such inferences. His conclusion was negative. We cannot establish any such connection a priori, for it is impossible to deduce the nature of an effect from its cause  e.g., we cannot deduce from the appearance of falling snow that it will cause a sensation of cold rather than heat. Likewise, we cannot deduce the nature of a cause from its effect  e.g., looking at a diamond, we cannot deduce that it was produced by great heat and pressure. All such knowledge is based on past experience. If we infer that future snow will feel cold or that future diamonds will be produced by great heat and pressure, we are again making inferences from the observed to the unobserved. Furthermore, if we carefully observe cases in which we believe a causeeffect relation holds, we cannot perceive any necessary connection between cause and effect, or any power in the cause that brings about the effect. We observe only that an event of one type e.g., drinking water occurs prior to and contiguously with an event of another type quenching thirst. Moreover, we notice that events of the two types have exhibited a constant conjunction; i.e., whenever an event of the first type has occurred in the past it has been followed by one of the second type. We cannot discover any necessary connection or causal power a posteriori; we can only establish priority, contiguity, and constant conjunction up to the present. If we infer that this constant conjunction will persist in future cases, we are making another inference from observed to unobserved cases. To use causality as a basis for justifying inference from the observed to the unobserved would again invovle a circular argument. Hume concludes skeptically that there can be no rational or logical justification of inferences from the observed to the unobserved  i.e., inductive or non-demonstrative inference. Such inferences are based on custom and habit. Nature has endowed us with a proclivity to extrapolate from past cases to future cases of a similar kind. Having observed that events of one type have been regularly followed by events of another type, we experience, upon encountering a case of the first type, a psychological expectation that one of the second type will follow. Such an expectation does not constitute a rational justification. Although Hume posed his problem in terms of homely examples, the issues he raises go to the heart of even the most sophisticated empirical sciences, for all of them involve inference from observed phenomena to unobserved facts. Although complex theories are often employed, Hume’s problem still applies. Its force is by no means confined to induction by simple enumeration. Philosophers have responded to the problem of induction in many different ways. Kant invoked synthetic a priori principles. Many twentieth-century philosophers have treated it as a pseudo-problem, based on linguistic confusion, that requires dissolution rather than solution. Carnap maintained that inductive intuition is indispensable. Reichenbach offered a pragmatic vindication. Goodman has recommended replacing Hume’s “old riddle” with a new riddle of induction that he has posed. Popper, taking Hume’s skeptical arguments as conclusive, advocates deductivism. He argues that induction is unjustifiable and dispensable. None of the many suggestions is widely accepted as correct.  problem of the criterion, a problem of epistemology, arising in the attempt both to formulate the criteria and to determine the extent of knowledge. Skeptical and non-skeptical philosophers disagree as to what, or how much, we know. Do we have knowledge of the external world, other minds, the past, and the future? Any answer depends on what the correct criteria of knowledge are. The problem is generated by the seeming plausibility of the following two propositions: 1 In order to recognize instances, and thus to determine the extent, of knowledge, we must know the criteria for it. 2 In order to know the criteria for knowledge i.e., to distinguish between correct and incorrect criteria, we must already be able to recognize its instances. According to an argument of ancient Grecian Skepticism, we can know neither the extent nor the criteria of knowledge because 1 and 2 are both true. There are, however, three further possibilities. First, it might be that 2 is true but 1 false: we can recognize instances of knowledge even if we do not know the criteria of knowledge. Second, it might be that 1 is true but 2 false: we can identify the criteria of knowledge without prior recognition of its instances. Finally, it might be that both 1 and 2 are false. We can know the extent of knowledge without knowing criteria, and vice versa. Chisholm, who has devoted particular attention to this problem, calls the first of these options particularism, and the second methodism. Hume, a skeptic about the extent of empirical knowledge, was a methodist. Reid and Moore were particularists; they rejected Hume’s skepticism on the ground that it turns obvious cases of knowledge into cases of ignorance. Chisholm advocates particularism because he believes that, unless one knows to begin with what ought to count as an instance of knowledge, any choice of a criterion is ungrounded and thus arbitrary. Methodists turn this argument around: they reject as dogmatic any identification of instances of knowledge not based on a criterion.  problem of the speckled hen: a problem propounded by Ryle as an objection to Ayer’s analysis of perception in terms of sense-data. It is implied by this analysis that, if I see a speckled hen in a good light and so on, I do so by means of apprehending a speckled sense-datum. The analysis implies further that the sense-datum actually has just the number of speckles that I seem to see as I look at the hen, and that it is immediately evident to me just how many speckles this is. Thus, if I seem to see many speckles as I look at the hen, the sense-datum I apprehend must actually contain many speckles, and it must be immediately evident to me how many it does contain. Now suppose it seems to me that I see more than 100 speckles. Then the datum I am apprehending must contain more than 100 speckles. Perhaps it contains 132 of them. The analysis would then imply, absurdly, that it must be immediately evident to me that the number of speckles is exactly 132. One way to avoid this implication would be to deny that a sense-datum of mine could contain exactly 132 speckles  or any other large, determinate number of them  precisely on the ground that it could never seem to me that I was seeing exactly that many speckles. A possible drawback of this approach is that it involves committing oneself to the claim, which some philosophers have found problem of the criterion problem of the speckled hen 747    747 self-contradictory, that a sense-datum may contain many speckles even if there is no large number n such that it contains n speckles. 


Prodi Giorgio Prodi Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search  Giorgio Prodi Giorgio Prodi (Scandiano, 12 agosto 1928 – Bologna, 4 dicembre 1987) è stato un oncologo, filosofo e scrittore italiano.   Indice 1  Biografia 2                                            Pubblicazioni 3                                         Note 4                                             Altri progetti 5                                           Collegamenti esterni Biografia Figlio di Mario, ingegnere, ed Enrica, maestra, è il terzo di nove fratelli (tra cui anche il politico ed economista Romano, il fisico ed europarlamentare Vittorio, il matematico Giovanni, il fisico Franco e lo storico Paolo).  Si è laureato in Medicina e Chirurgia ed in Chimica presso l'Università di Bologna, dove ha poi insegnato, dal 1958, Patologia Generale. In seguito gli fu affidata la prima cattedra di Oncologia dell'ateneo.[1]Direttore dal 1973 dell'Istituto di Cancerologia di Bologna, di cui fu fondatore, e del progetto Biologia cellulare del Cnr[2], pubblicò anche diversi libri riguardo alla medicina ed alla biologia, sviluppando anche, congiuntamente a Thomas Sebeok e Thure von Uexküll, un approccio semiotico[3] alla biologia negli anni Settanta e Ottanta.  Fece parte inoltre del Consiglio Superiore di Sanità della Commissione Oncologica del Ministero della Pubblica Istruzione e fu consulente del Ministero per la Ricerca Scientifica e Tecnologica.  A partire dal 1980, con Il neutrone borghese, ha pubblicato anche alcuni romanzi e racconti, tra cui Lazzaro, biografia romanzata (con riflessi autobiografici) di Lazzaro Spallanzani, per cui è risultato "supervincitore" del Premio Grinzane Cavour e finalista al Premio Bergamo.[4] L'ultimo libro è stato Il cane di Pavlov, uscito nel 1987, l'anno stesso della sua morte di cancro, ma altri sono stati pubblicati postumi. Sono stati raccolti tutti nel volume L'opera narrativa, pubblicato nel 2009.  A Giorgio Prodi, l'Università di Bologna ha dedicato il Centro Interdipartimentale di Ricerche sul cancro[5] nonché un'aula situata nel complesso di San Giovanni in Monte [6]. Dal 1988, ogni anno, una conferenza della riunione annuale della Società Italiana di Cancerologia è dedicata a lui. [1]  Pubblicazioni Scienza e potere, Il Mulino, Bologna, [s.d.] estr. da Il Mulino n. 222, 1972 La scienza, il potere, la critica, Il Mulino, Bologna, 1974 Oncologia sperimentale, Esculapio, Bologna, 1976 Le basi materiali della significazione, Bompiani, Milano, 1977 La biologia dei tumori, Casa editrice ambrosiana, Milano, 1977 Soggettività e comportamento, Giuliano Piazzi, prefazione di Giorgio Prodi, FrancoAngeli, 1978 Orizzonti della genetica, Editoriale L'Espresso, 1979 Il neutrone borghese, Bompiani, Milano, 1980 Patologia Generale, con Giovanni Favilli, CEA, 1982 La storia naturale della logica, Bompiani, Milano, 1982 L'uso estetico del linguaggio, Il Mulino, Bologna, 1983 Lazzaro: il romanzo di un naturalista del '700, Camunia, Brescia, 1985 Oncologia generale, Esculapio, Bologna, 1985 Gli artifici della ragione, disegni di Cesare Paolantonio, Edizioni del Sole 24 ore, Milano, 1987 Il cane di Pavlov, Camunia, Brescia, 1987 Alla radice del comportamento morale, Marietti, Milano, 1987 Teoria e metodo in biologia e medicina, CLUEB, Bologna, 1988 L'individuo e la sua firma. Biologia e cambiamento antropologico, Il Mulino, Bologna, 1989 Il profeta, Camunia, Brescia, 1992 L'opera narrativa, introduzione di Elvio Guagnini, Diabasis, Reggio Emilia, 2009 Note  Conferenza "Giorgio Prodi" 2007 Archiviato il 28 novembre 2009 in Internet Archive. ^ È morto ieri a Bologna l'oncologo Giorgio Prodi, da Repubblica ^ Apprezzato anche da Giuseppe Dossetti, La parola e il silenzio. Discorsi e scritti 1986-1995, ed. Paoline, 2005, p. 193 in riferimento ad un articolo che si rifaceva ai "geni invisibili della città" di Guglielmo Ferrero. Sul sottotitolo (i “geni invisibili” della città) dell'opera Potere, v. Giampiero Buonomo, Titolo V e "forme di governo": il caso Abruzzo (dopo la Calabria), in Diritto e Giustizia on-line: 25/9/2003. ^ RACCOLTA PREMIO NAZIONALE DI NARRATIVA BERGAMO, su legacy.bibliotecamai.org. URL consultato il 7 maggio 2019. ^ Sito del Centro Interdipartimentale di Ricerche sul cancro "Giorgio Prodi" Archiviato il 2 maggio 2008 in Internet Archive. ^ Brochure dell'Aula Prodi Altri progetti Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Giorgio Prodi Collegamenti esterni Giorgio Prodi, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata V · D · M Vincitori del Premio Grinzane Cavour per la narrativa italiana V · D · M Vincitori del Premio Bergamo Controllo di autorità                              VIAF (EN) 77208076 · ISNI (EN) 0000 0000 8396 2088 · SBN IT\ICCU\CFIV\000013 · LCCN (EN) n79143033 · GND (DE) 122888464 · BNF (FR) cb128683940 (data) · WorldCat Identities (EN) lccn-n79143033 Biografie Portale Biografie Medicina Portale Medicina Categorie: Oncologi italianiFilosofi italiani del XX secoloScrittori italiani del XX secoloNati nel 1928Morti nel 1987Nati il 12 agostoMorti il 4 dicembreNati a ScandianoMorti a BolognaSemiologi italianiVincitori del Premio Grinzane Cavour[altre]

prolatum – participle for ‘proferre,’ to utter. A much better choice than Austin’s pig-latin “utteratum”! Grice prefferd Latinate when going serious. While the verb is ‘profero – the participle corresponds to the ‘implicaturum’: what the emissor profers. profer (v.)c. 1300, "to utter, express," from Old French proferer (13c.) "utter, present verbally, pronounce," from Latin proferre "to bring forth, produce," figuratively "make known, publish, quote, utter." Sense confused with proffer. Related: Proferedprofering.

process-product ambiguity, an ambiguity that occurs when a noun can refer either to a process or activity or to the product of that process or activity. E.g., ‘The definition was difficult’ could mean either that the activity of defining was a difficult one to perform, or that the definiens the form of words proposed as equivalent to the term being defined that the definer produced was difficult to understand. Again, ‘The writing absorbed her attention’ leaves it unclear whether it was the activity of writing or a product of that activity that she found engrossing. Philosophically significant terms that might be held to exhibit processproduct ambiguity include: ‘analysis’, ‘explanation’, ‘inference’, ‘thought’. P.Mac. process theology, any theology strongly influenced by the theistic metaphysics of Whitehead or Hartshorne; more generally, any theology that takes process or change as basic characteristics of all actual beings, including God. Those versions most influenced by Whitehead and Hartshorne share a core of convictions that constitute the most distinctive theses of process theology: God is constantly growing, though certain abstract features of God e.g., being loving remain constant; God is related to every other actual being and is affected by what happens to it; every actual being has some self-determination, and God’s power is reconceived as the power to lure attempt to persuade each actual being to be what God wishes it to be. These theses represent significant differences from ideas of God common in the tradition of Western theism, according to which God is unchanging, is not really related to creatures because God is not affected by what happens to them, and has the power to do whatever it is logically possible for God to do omnipotence. Process theologians also disagree with the idea that God knows the future in all its details, holding that God knows only those details of the future that are causally necessitated by past events. They claim these are only certain abstract features of a small class of events in the near future and of an even smaller class in the more distant future. Because of their understanding of divine power and their affirmation of creaturely self-determination, they claim that they provide a more adequate theodicy. Their critics claim that their idea of God’s power, if correct, would render God unworthy of worship; some also make this claim about their idea of God’s knowledge, preferring a more traditional idea of omniscience. Although Whitehead and Hartshorne were both philosophers rather than theologians, process theology has been more influential among theologians. It is a major current in contemporary  Protestant theology and has attracted the attention of some Roman Catholic theologians as well. It also has influenced some biblical scholars who are attempting to develop a distinctive process hermeneutics.

production theory, the economic theory dealing with the conversion of factors of production into consumer goods. In capitalistic theories that assume ideal markets, firms produce goods from three kinds of factors: capital, labor, and raw materials. Production is subject to the constraint that profit the difference between revenues and costs be maximized. The firm is thereby faced with the following decisions: how much to produce, what price to charge for the product, what proportions to combine the three kinds of factors in, and what price to pay for the factors. In markets close to perfect competition, the firm will have little control over prices so the decision problem tends to reduce to the amounts of factors to use. The range of feasible factor combinations depends on the technologies available to firms. Interesting complications arise if not all firms have access to the same technologies, or if not all firms make accurate responses concerning technological changes. Also, if the scale of production affects the feasible technologies, the firms’ decision process must be subtle. In each of these cases, imperfect competition will result. Marxian economists think that the concepts used in this kind of production theory have a normative component. In reality, a large firm’s capital tends to be owned by a rather small, privileged class of non-laborers and labor is treated as a commodity like any other factor. This might lead to the perception that profit results primarily from capital and, therefore, belongs to its owners. Marxians contend that labor is primarily responsible for profit and, consequently, that labor is entitled to more than the market wage. 

professional ethics, a term designating one or more of 1 the justified moral values that should govern the work of professionals; 2 the moral values that actually do guide groups of professionals, whether those values are identified as a principles in codes of ethics promulgated by professional societies or b actual beliefs and conduct of professionals; and 3 the study of professional ethics in the preceding senses, either i normative philosophical inquiries into the values desirable for professionals to embrace, or ii descriptive scientific studies of the actual beliefs and conduct of groups of professionals. Professional values include principles of obligation and rights, as well as virtues and personal moral ideals such as those manifested in the lives of Jane Addams, Albert Schweitzer, and Thurgood Marshall. Professions are defined by advanced expertise, social organizations, society-granted monopolies over services, and especially by shared commitments to promote a distinctive public good such as health medicine, justice law, or learning education. These shared commitments imply special duties to make services available, maintain confidentiality, secure informed consent for services, and be loyal to clients, employers, and others with whom one has fiduciary relationships. Both theoretical and practical issues surround these duties. The central theoretical issue is to understand how the justified moral values governing professionals are linked to wider values, such as human rights. Most practical dilemmas concern how to balance conflicting duties. For example, what should attorneys do when confidentiality requires keeping information secret that might save the life of an innocent third party? Other practical issues are problems of vagueness and uncertainty surrounding how to apply duties in particular contexts. For example, does respect for patients’ autonomy forbid, permit, or require a physician to assist a terminally ill patient desiring suicide? Equally important is how to resolve conflicts of interest in which self-seeking places moral values at risk. 

proof by recursion, also called proof by mathematical induction, a method for conclusively demonstrating the truth of universal propositions about the natural numbers. The system of natural numbers is construed as an infinite sequence of elements beginning with the number 1 and such that each subsequent element is the immediate successor of the preceding element. The immediate successor of a number is the sum of that number with 1. In order to apply this method to show that every number has a certain chosen property it is necessary to demonstrate two subsidiary propositions often called respectively the basis step and the inductive step. The basis step is that the number 1 has the chosen property; the inductive step is that the successor of any number having the chosen property is also a number having the chosen property in other words, for every number n, if n has the chosen property then the successor of n also has the chosen property. The inductive step is itself a universal proposition that may have been proved by recursion. The most commonly used example of a theorem proved by recursion is the remarkable fact, known before the time of Plato, that the sum of the first n odd numbers is the square of n. This proposition, mentioned prominently by Leibniz as requiring and having demonstrative proof, is expressed in universal form as follows: for every number n, the sum of the first n odd numbers is n2. 1 % 12, 1 ! 3 % 22, 1 ! 3 ! 5 % 32, and so on. Rigorous formulation of a proof by recursion often uses as a premise the proposition called, since the time of De Morgan, the principle of mathematical induction: every property belonging to 1 and belonging to the successor of every number to which it belongs is a property that belongs without exception to every number. Peano took the principle of mathematical induction as an axiom in his 9 axiomatization of arithmetic or the theory of natural numbers. The first acceptable formulation of this principle is attributed to Pascal.  proof theory, a branch of mathematical logic founded by David Hilbert in the 0s to pursue Hilbert’s Program. The foundational problems underlying that program had been formulated around the turn of the century, e.g., in Hilbert’s famous address to the International Congress of Mathematicians in Paris 0. They were closely connected with investigations on the foundations of analysis carried out by Cantor and Dedekind; but they were also related to their conflict with Kronecker on the nature of mathematics and to the difficulties of a completely unrestricted notion of set or multiplicity. At that time, the central issue for Hilbert was the consistency of sets in Cantor’s sense. He suggested that the existence of consistent sets multiplicities, e.g., that of real numbers, could be secured by proving the consistency of a suitable, characterizing axiomatic system; but there were only the vaguest indications on how to do that. In a radical departure from standard practice and his earlier hints, Hilbert proposed four years later a novel way of attacking the consistency problem for theories in Über die Grundlagen der Logik und der Arithmetik 4. This approach would require, first, a strict formalization of logic together with mathematics, then consideration of the finite syntactic configurations constituting the joint formalism as mathematical objects, and showing by mathematical arguments that contradictory formulas cannot be derived. Though Hilbert lectured on issues concerning the foundations of mathematics during the subsequent years, the technical development and philosophical clarification of proof theory and its aims began only around 0. That involved, first of all, a detailed description of logical calculi and the careful development of parts of mathematics in suitable systems. A record of the former is found in Hilbert and Ackermann, Grundzüge der theoretischen Logik 8; and of the latter in Supplement IV of Hilbert and Bernays, Grundlagen der Mathematik II 9. This presupposes the clear distinction between metamathematics and mathematics introduced by Hilbert. For the purposes of the consistency program metamathematics was now taken to be a very weak part of arithmetic, so-called finitist mathematics, believed to correspond to the part of mathematics that was accepted by constructivists like Kronecker and Brouwer. Additional metamathematical issues concerned the completeness and decidability of theories. The crucial technical tool for the pursuit of the consistency problem was Hilbert’s e-calculus. The metamathematical problems attracted the collaboration of young and quite brilliant mathematicians with philosophical interests; among them were Paul Bernays, Wilhelm Ackermann, John von Neumann, Jacques Herbrand, Gerhard Gentzen, and Kurt Schütte. The results obtained in the 0s were disappointing when measured against the hopes and ambitions: Ackermann, von Neumann, and Herbrand established essentially the consistency of arithmetic with a very restricted principle of induction. That limits of finitist considerations for consistency proofs had been reached became clear in 1 through Gödel’s incompleteness theorems. Also, special cases of the decision problem for predicate logic Hilbert’s Entscheidungsproblem had been solved; its general solvability was made rather implausible by some of Gödel’s results in his 1 paper. The actual proof of unsolvability had to wait until 6 for a conceptual clarification of ‘mechanical procedure’ or ‘algorithm’; that was achieved through the work of Church and Turing. The further development of proof theory is roughly characterized by two complementary tendencies: 1 the extension of the metamathematical frame relative to which “constructive” consistency proofs can be obtained, and 2 the refined formalization of parts of mathematics in theories much weaker than set theory or even full second-order arithmetic. The former tendency started with the work of Gödel and Gentzen in 3 establishing the consistency of full classical arithmetic relative to intuitionistic arithmetic; it led in the 0s and 0s to consistency proofs of strong subsystems of secondorder arithmetic relative to intuitionistic theories of constructive ordinals. The latter tendency reaches back to Weyl’s book Das Kontinuum 8 and culminated in the 0s by showing that the classical results of mathematical analysis can be formally obtained in conservative extensions of first-order arithmetic. For the metamathematical work Gentzen’s introduction of sequent calculi and the use of transfinite induction along constructive ordinals turned out to be very important, as well as Gödel’s primitive recursive functionals of finite type. The methods and results of proof theory are playing, not surprisingly, a significant role in computer science. Work in proof theory has been motivated by issues in the foundations of mathematics, with the explicit goal of achieving epistemological reductions of strong theories for mathematical practice like set theory or second-order arithmetic to weak, philosophically distinguished theories like primitive recursive arithmetic. As the formalization of mathematics in strong theories is crucial for the metamathematical approach, and as the programmatic goal can be seen as a way of circumventing the philosophical issues surrounding strong theories, e.g., the nature of infinite sets in the case of set theory, Hilbert’s philosophical position is often equated with formalism  in the sense of Frege in his Über die Grundlagen der Geometrie 306 and also of Brouwer’s inaugural address Intuitionism and Formalism 2. Though such a view is not completely unsupported by some of Hilbert’s polemical remarks during the 0s, on balance, his philosophical views developed into a sophisticated instrumentalism, if that label is taken in Ernest Nagel’s judicious sense The Structure of Science, 1. Hilbert’s is an instrumentalism emphasizing the contentual motivation of mathematical theories; that is clearly expressed in the first chapter of Hilbert and Bernays’s Grundlagen der Mathematik I 4. A sustained philosophical analysis of proof-theoretic research in the context of broader issues in the philosophy of mathematics was provided by Bernays; his penetrating essays stretch over five decades and have been collected in Abhandlungen zur Philosophie der Mathematik 6. 

Propensum -- propensity, an irregular or non-necessitating causal disposition of an object or system to produce some result or effect. Propensities are usually conceived as essentially probabilistic in nature. A die may be said to have a propensity of “strength” or magnitude 1 /6 to turn up a 3 if thrown from a dice box, of strength 1 /3 to turn up, say, a 3 or 4, etc. But propensity talk is arguably appropriate only when determinism fails. Strength is often taken to vary from 0 to 1. Popper regarded the propensity notion as a new physical or metaphysical hypothesis, akin to that of forces. Like Peirce, he deployed it to interpret probability claims about single cases: e.g., the probability of this radium atom’s decaying in 1,600 years is 1 /2. On relative frequency interpretations, probability claims are about properties of large classes such as relative frequencies of outcomes in them, rather than about single cases. But single-case claims appear to be common in quantum theory. Popper advocated a propensity interpretation of quantum theory. Propensities also feature in theories of indeterministic or probabilistic causation. Competing theories about propensities attribute them variously to complex systems such as chance or experimental set-ups or arrangements a coin and tossing device, to entities within such set-ups the coin itself, and to particular trials of such set-ups. Long-run theories construe propensities as dispositions to give rise to certain relative frequencies of, or probability distributions over, outcomes in long runs of trials, which are sometimes said to “manifest” or “display” the propensities. Here a propensity’s strength is identical to some such frequency. By contrast, single-case theories construe propensities as dispositions of singular trials to bring about particular outcomes. Their existence, not their strength, is displayed by such an outcome. Here frequencies provide evidence about propensity strength. But the two can always differ; they converge with a limiting probability of 1 in an appropriate long run. 

propositio universalis: cf. substitutional account of universal quantification, referred to by Grice for his treatment of what he calls a Ryleian agitation caused by his feeling Byzantine. Vide inverted A. A proposition (protasis), then, is a sentence affirming or denying something of something; and this is either universal or particular or indefinite. By universal I mean a statement that something belongs to all or none of something; by particular that it belongs to some or not to some or not to all; by indefinite that it does or does not belong, without any mark of being universal or particular, e.g. ‘contraries are subjects of the same science’, or ‘pleasure is not good’. (Prior Analytics I, 1, 24a16–21.). propositional complexum: In logic, the first proposition of a syllogism (class.): “propositio est, per quem locus is breviter exponitur, ex quo vis omnis oportet emanet ratiocinationis,” Cic. Inv. 1, 37, 67; 1, 34, 35; Auct. Her. 2, 18, 28.— B. Transf. 1. A principal subject, theme (class.), Cic. de Or. 3, 53; Sen. Ben. 6, 7, 1; Quint. 5, 14, 1.— 2. Still more generally, a proposition of any kind (post-Aug.), Quint. 7, 1, 47, § 9; Gell. 2, 7, 21.—Do not expect Grice to use the phrase ‘propositional content,’ as Hare does so freely. Grices proposes a propositional complexum, rather, which frees him from a commitment to a higher-order calculus and the abstract entity of a feature or a proposition. Grice regards a proposition as an extensional family of propositional complexa (Paul saw Peter; Peter was seen by Paul). The topic of a propositional complex Grice regards as Oxonian in nature. Peacocke struggles with the same type of problems, in his essays on content. Only a perception-based account of content in terms of qualia gets the philosopher out of the vicious circle of appealing to a linguistic entity to clarify a psychological entity. One way to discharge the burden of giving an account of a proposition involves focusing on a range of utterances, the formulation of which features no connective or quantifier. Each expresses a propositional complexum which consists of a sequence simplex-1 and simplex-2, whose elements would be a set and an ordered sequence of this or that individuum which may be a member of the set. The propositional complexum ‘Fido is shaggy’ consists of a sequence of the set of shaggy individua and the singleton consisting of the individuum Fido. ‘Smith loves Fido’ is a propositional complexum, i. e., a sequence whose first element is the class “love” correlated to a two-place predicate) and a the ordered pair of the singletons Smith and Fido. We define alethic satisfactoriness. A propositional complexum is alethically satisfactory just in case the sequence is a member of the set. A “proposition” (prosthesis) simpliciter is defined as a family of propositional complexa. Family unity may vary in accordance with context.  proposition, an abstract object said to be that to which a person is related by a belief, desire, or other psychological attitude, typically expressed in language containing a psychological verb ‘think’, ‘deny’, ‘doubt’, etc. followed by a thatclause. The psychological states in question are called propositional attitudes. When I believe that snow is white I stand in the relation of believing to the proposition that snow is white. When I hope that the protons will not decay, hope relates me to the proposition that the protons will not decay. A proposition can be a common object for various attitudes of various agents: that the protons will not decay can be the object of my belief, my hope, and your fear. A sentence expressing an attitude is also taken to express the associated proposition. Because ‘The protons will not decay’ identifies my hope, it identifies the proposition to which my hope relates me. Thus the proposition can be the shared meaning of this sentence and all its synonyms, in English or elsewhere e.g., ‘die Protonen werden nicht zerfallen’. This, in sum, is the traditional doctrine of propositions. Although it seems indispensable in some form  for theorizing about thought and language, difficulties abound. Some critics regard propositions as excess baggage in any account of meaning. But unless this is an expression of nominalism, it is confused. Any systematic theory of meaning, plus an apparatus of sets or properties will let us construct proposition-like objects. The proposition a sentence S expresses might, e.g., be identified with a certain set of features that determines S’s meaning. Other sentences with these same features would then express the same proposition. A natural way to associate propositions with sentences is to let the features in question be semantically significant features of the words from which sentences are built. Propositions then acquire the logical structures of sentences: they are atomic, conditional, existential, etc. But combining the view of propositions as meanings with the traditional idea of propositions as bearers of truthvalues brings trouble. It is assumed that two sentences that express the same proposition have the same truth-value indeed, that sentences have their truth-values in virtue of the propositions they express. Yet if propositions are also meanings, this principle fails for sentences with indexical elements: although ‘I am pale’ has a single meaning, two utterances of it can differ in truth-value. In response, one may suggest that the proposition a sentence S expresses depends both on the linguistic meaning of S and on the referents of S’s indexical elements. But this reveals that proposition is a quite technical concept  and one that is not motivated simply by a need to talk about meanings. Related questions arise for propositions as the objects of propositional attitudes. My belief that I am pale may be true, yours that you are pale false. So our beliefs should take distinct propositional objects. Yet we would each use the same sentence, ‘I am pale’, to express our belief. Intuitively, your belief and mine also play similar cognitive roles. We may each choose the sun exposure, clothing, etc., that we take to be appropriate to a fair complexion. So our attitudes seem in an important sense to be the same  an identity that the assignment of distinct propositional objects hides. Apparently, the characterization of beliefs e.g. as being propositional attitudes is at best one component of a more refined, largely unknown account. Quite apart from complications about indexicality, propositions inherit standard difficulties about meaning. Consider the beliefs that Hesperus is a planet and that Phosphorus is a planet. It seems that someone might have one but not the other, thus that they are attitudes toward distinct propositions. This difference apparently reflects the difference in meaning between the sentences ‘Hesperus is a planet’ and ‘Phosphorus is a planet’. The principle would be that non-synonymous sentences express distinct propositions. But it is unclear what makes for a difference in meaning. Since the sentences agree in logico-grammatical structure and in the referents of their terms, their specific meanings must depend on some more subtle feature that has resisted definition. Hence our concept of proposition is also only partly defined. Even the idea that the sentences here express the same proposition is not easily refuted. What such difficulties show is not that the concept of proposition is invalid but that it belongs to a still rudimentary descriptive scheme. It is too thoroughly enmeshed with the concepts of meaning and belief to be of use in solving their attendant problems. This observation is what tends, through a confusion, to give rise to skepticism about propositions. One may, e.g., reasonably posit structured abstract entities  propositions  that represent the features on which the truth-values of sentences depend. Then there is a good sense in which a sentence is true in virtue of the proposition it expresses. But how does the use of words in a certain context associate them with a particular proposition? Lacking an answer, we still cannot explain why a given sentence is true. Similarly, one cannot explain belief as the acceptance of a proposition, since only a substantive theory of thought would reveal how the mind “accepts” a proposition and what it does to accept one proposition rather than another. So a satisfactory doctrine of propositions remains elusive.  propositional function, an operation that, when applied to something as argument or to more than one thing in a given order as arguments, yields a truth-value as the value of that function for that argument or those arguments. This usage presupposes that truth-values are objects. A function may be singulary, binary, ternary, etc. A singulary propositional function is applicable to one thing and yields, when so applied, a truth-value. For example, being a prime number, when applied to the number 2, yields truth; negation, when applied to truth, yields falsehood. A binary propositional function is applicable to two things in a certain order and yields, when so applied, a truth-value. For example, being north of when applied to New York and Boston in that order yields falsehood. Material implication when applied to falsehood and truth in that order yields truth. The term ‘propositional function’ has a second use, to refer to an operation that, when applied to something as argument or to more than one thing in a given order as arguments, yields a proposition as the value of the function for that argument or those arguments. For example, being a prime number when applied to 2 yields the proposition that 2 is a prime number. Being north of, when applied to New York and Boston in that order, yields the proposition that New York is north of Boston. This usage presupposes that propositions are objects. In a third use, ‘propositional function’ designates a sentence with free occurrences of variables. Thus, ‘x is a prime number’, ‘It is not the case that p’, ‘x is north of y’ and ‘if p then q’ are propositional functions in this sense. C.S. propositional justification. propositional opacity, failure of a clause to express any particular proposition especially due to the occurrence of pronouns or demonstratives. If having a belief about an individual involves a relation to a proposition, and if a part of the proposition is a way of representing the individual, then belief characterizations that do not indicate the believer’s way of representing the individual could be called propositionally opaque. They do not show all of the propositional elements. For example, ‘My son’s clarinet teacher believes that he should try the bass drum’ would be propositionally opaque because ‘he’ does not indicate how my son John’s teacher represents John, e.g. as his student, as my son, as the boy now playing, etc. This characterization of the example is not appropriate if propositions are as Russell conceived them, sometimes containing the individuals themselves as constituents, because then the propositional constituent John has been referred to. Generally, a characterization of a propositional    754 attitude is propositionally opaque if the expressions in the embedded clause do not refer to the propositional constituents. It is propositionally transparent if the expressions in the embedded clause do so refer. As a rule, referentially opaque contexts are used in propositionally transparent attributions if the referent of a term is distinct from the corresponding propositional constituent.

Proprium – From ‘proprium’ you get the abstdract noun, “proprietas” – as in “proprietates terminorum,” each one being a “proprietas”-- Latin, ‘properties of terms’, in medieval logic from the twelfth century on, a cluster of semantic properties possessed by categorematic terms. For most authors, these properties apply only when the terms occur in the context of a proposition. The list of such properties and the theory governing them vary from author to author, but always include 1 suppositio. Some authors add 2 appellatio ‘appellating’, ‘naming’, ‘calling’, often not sharply distinguishing from suppositio, the property whereby a term in a certain proposition names or is truly predicable of things, or in some authors of presently existing things. Thus ‘philosophers’ in ‘Some philosophers are wise’ appellates philosophers alive today. 3 Ampliatio ‘ampliation’, ‘broadening’, whereby a term refers to past or future or merely possible things. The reference of ‘philosophers’ is ampliated in ‘Some philosophers were wise’. 4 Restrictio ‘restriction’, ‘narrowing’, whereby the reference of a term is restricted to presently existing things ‘philosophers’ is so restricted in ‘Some philosophers are wise’, or otherwise narrowed from its normal range ‘philosophers’ in ‘Some Grecian philosophers were wise’. 5 Copulatio ‘copulation’, ‘coupling’, which is the type of reference adjectives have ‘wise’ in ‘Some philosophers are wise’, or alternatively the semantic function of the copula. Other meanings too are sometimes given to these terms, depending on the author. Appellatio especially was given a wide variety of interpretations. In particular, for Buridan and other fourteenth-century Continental authors, appellatio means ‘connotation’. Restrictio and copulatio tended to drop out of the literature, or be treated only perfunctorily, after the thirteenth century.  proprium: idion. See Nicholas White's "The Origin of Aristotle's Essentialism," Review of Metaphysics ~6. (September 1972): ... vice versa. The proprium is a necessary, but non-essential, property. ... Alan Code pointed this out to me. ' Does Aristotle ... The proprium is defined by the fact that it only holds of a particular subject or ... Of the appropriate answers some are more specific or distinctive (idion) and are in ... and property possession comes close to what Alan Code in a seminal paper ...  but "substance of" is what is "co-extensive (idion) with each thing" (1038b9); so ... by an alternative name or definition, and by a proprium) and the third which is ... Woods's idea (recently nicknamed "Izzing before Having" by Code and Grice) . As my chairmanship was winding down, I suggested to Paul Grice on one of his ... in Aristotle's technical sense of an idion (Latin proprium), i.e., a characteristic or feature ... Code, which, arguably, is part of the theory of Izzing and Having: D. Keyt. a proprium, since proprium belongs to the genus of accident. ... Similarly, Code claims (10): 'In its other uses the predicate “being'' signifies either “what ... Grice adds a few steps to show that the plurality of universals signified correspond ... Aristotle elsewhere calls an idion.353 If one predicates the genus in the absence of. has described it by a paronymous form, nor as a property (idion), nor ... terminology of Code and Grice.152 Thus there is no indication that they are ... (14,20-31) 'Genus' and 'proprium' (ἰδίου) are said homonymously in ten ways, as are. Ackrill replies to this line of argument (75) as follows: [I]t is perfectly clear that Aristotle’s fourfold classification is a classification of things and not names, and that what is ‘said of’ something as subject is itself a thing (a species or genus) and not a name. Sometimes, indeed, Aristotle will speak of ‘saying’ or ‘predicating’ a name of a subject; but it is not linguistic items but the things they signify which are ‘said of a subject’… Thus at 2a19 ff. Aristotle sharply distinguishes things said of subjects from the names of those things. This last argument seems persuasive on textual grounds. After all, τὰ καθ᾽ ὑποκειμένου λεγόμενα ‘have’ definitions and names (τῶν καθ᾽ υποκειμένου λεγομένων… τοὔνομα καὶ τὸν λὸγον, 2a19-21): it is not the case that they ‘are’ definitions and names, to adapt the terminology of Code and Grice.152 See A. Code, ‘Aristotle: Essence and Accident’, in Grandy and Warner (eds.), Philosophical Grounds of Rationality (Oxford, 1986), 411-39: particulars have their predicables, but Forms are their predicables. Thus there is no indication that they are linguistic terms in their own right.proprium, one of Porphyry’s five predicables, often tr. as ‘property’ or ‘attribute’; but this should not be confused with the broad modern sense in which any feature of a thing may be said to be a property of it. A proprium is a nonessential peculiarity of a species. There are no propria of individuals or genera generalissima, although they may have other uniquely identifying features. A proprium necessarily holds of all members of its species and of nothing else. It is not mentioned in a real definition of the species, and so is not essential to it. Yet it somehow follows from the essence or nature expressed in the real definition. The standard example is risibility the ability to laugh as a proprium of the species man. The real definition of ‘man’ is ‘rational animal’. There is no mention of any ability to laugh. Nevertheless anything that can laugh has both the biological apparatus to produce the sounds and so is an animal and also a certain wit and insight into humor and so is rational. Conversely, any rational animal will have both the vocal chords and diaphragm required for laughing since it is an animal, although the inference may seem too quick and also the mental wherewithal to see the point of a joke since it is rational. Thus any rational animal has what it takes to laugh. In short, every man is risible, and conversely, but risibility is not an essential feature of man.  property, roughly, an attribute, characteristic, feature, trait, or aspect. propensity property 751    751 Intensionality. There are two salient ways of talking about properties. First, as predicables or instantiables. For example, the property red is predicable of red objects; they are instances of it. Properties are said to be intensional entities in the sense that distinct properties can be truly predicated of i.e., have as instances exactly the same things: the property of being a creature with a kidney & the property of being a creature with a heart, though these two sets have the same members. Properties thus differ from sets collections, classes; for the latter satisfy a principle of extensionality: they are identical if they have the same elements. The second salient way of talking about properties is by means of property abstracts such as ‘the property of being F’. Such linguistic expressions are said to be intensional in the following semantical vs. ontological sense: ‘the property of being F’ and ‘the property of being G’ can denote different properties even though the predicates ‘F’ and ‘G’ are true of exactly the same things. The standard explanation Frege, Russell, Carnap, et al. is that ‘the property of being F’ denotes the property that the predicate ‘F’ expresses. Since predicates ‘F’ and ‘G’ can be true of the same things without being synonyms, the property abstracts ‘being F’ and ‘being G’ can denote different properties. Identity criteria. Some philosophers believe that properties are identical if they necessarily have the same instances. Other philosophers hold that this criterion of identity holds only for a special subclass of properties  those that are purely qualitative  and that the properties for which this criterion does not hold are all “complex” e.g., relational, disjunctive, conditional, or negative properties. On this theory, complex properties are identical if they have the same form and their purely qualitative constituents are identical. Ontological status. Because properties are a kind of universal, each of the standard views on the ontological status of universals has been applied to properties as a special case. Nominalism: only particulars and perhaps collections of particulars exist; therefore, either properties do not exist or they are reducible following Carnap et al. to collections of particulars including perhaps particulars that are not actual but only possible. Conceptualism: properties exist but are dependent on the mind. Realism: properties exist independently of the mind. Realism has two main versions. In rebus realism: a property exists only if it has instances. Ante rem realism: a property can exist even if it has no instances. For example, the property of being a man weighing over ton has no instances; however, it is plausible to hold that this property does exist. After all, this property seems to be what is expressed by the predicate ‘is a man weighing over a ton’. Essence and accident. The properties that a given entity has divide into two disjoint classes: those that are essential to the entity and those that are accidental to it. A property is essential to an entity if, necessarily, the entity cannot exist without being an instance of the property. A property is accidental to an individual if it is possible for the individual to exist without being an instance of the property. Being a number is an essential property of nine; being the number of the planets is an accidental property of nine. Some philosophers believe that all properties are either essential by nature or accidental by nature. A property is essential by nature if it can be an essential property of some entity and, necessarily, it is an essential property of each entity that is an instance of it. The property of being self-identical is thus essential by nature. However, it is controversial whether every property that is essential to something must be essential by nature. The following is a candidate counterexample. If this automobile backfires loudly on a given occasion, loudness would seem to be an essential property of the associated bang. That particular bang could not exist without being loud. If the automobile had backfired softly, that particular bang would not have existed; an altogether distinct bang  a soft bang  would have existed. By contrast, if a man is loud, loudness is only an accidental property of him; he could exist without being loud. Loudness thus appears to be a counterexample: although it is an essential property of certain particulars, it is not essential by nature. It might be replied echoing Aristotle that a loud bang and a loud man instantiate loudness in different ways and, more generally, that properties can be predicated instantiated in different ways. If so, then one should be specific about which kind of predication instantiation is intended in the definition of ‘essential by nature’ and ‘accidental by nature’. When this is done, the counterexamples might well disappear. If there are indeed different ways of being predicated instantiated, most of the foregoing remarks about intensionality, identity criteria, and the ontological status of properties should be refined accordingly.  

prosona – Grice’s favoured spelling for ‘person’ – “seeing that it means a mask to improve sonorisation’ personalism, a Christian socialism stressing social activism and personal responsibility, the theoretical basis for the Christian workers’ Esprit movement begun in the 0s by Emmanuel Mounier 550, a Christian philosopher and activist. Influenced by both the religious existentialism of Kierkegaard and the radical social action called for by Marx and in part taking direction from the earlier work of Charles Péguy, the movement strongly opposed fascism and called for worker solidarity during the 0s and 0s. It also urged a more humane treatment of France’s colonies. Personalism allowed for a Christian socialism independent of both more conservative Christian groups and the Communist labor unions and party. Its most important single book is Mounier’s Personalism. The quarterly journal Esprit has regularly published contributions of leading  and international thinkers. Such well-known Christian philosophers as Henry Duméry, Marcel, Maritain, and Ricoeur were attracted to the movement. 


prospero Michele Prospero Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Michele Prospero (Pescosolido, 24 settembre 1959) è un filosofo italiano.   Indice 1                                 Biografia 2                                            Bibliografia parziale 3                                          Note 4                                             Altri progetti 5                                           Collegamenti esterni Biografia Si è laureato in Filosofia all'Università La Sapienza di Roma, discutendo una tesi sul giurista Hans Kelsen. Dal 2001 è professore associato di Filosofia del Diritto presso la facoltà di Scienza Politica, Sociologia e Scienze della Comunicazione della Sapienza. Autore di numerosi saggi, collabora con diverse riviste scientifiche e quotidiani.[1], tra i quali soprattutto L'Unità.  I suoi interessi sono principalmente rivolti al sistema istituzionale italiano[2][3] e al pensiero politico della sinistra.[4]  Michele Prospero, inoltre, svolge attività di editorialista: le posizioni da lui espresse come analista politico sono state aspramente criticate dal giornalista Marco Travaglio, che lo ha accusato di "pagnottismo"[5]. Tra i punti di dissenso, vi è la posizione critica assunta da Prospero nei confronti della democrazia diretta, e nei confronti della fiducia riposta da Marco Travaglio, e dal Movimento 5 stelle di Beppe Grillo, nella intrinseca infallibilità del giudizio espresso dagli elettori e del popolo della Rete[5].  Dal 2017 fa parte della direzione nazionale di Sinistra Italiana[6] ed è responsabile cultura del partito[7].  Bibliografia parziale La politica postclassica, 1986. Il nuovo inizio, 1990. Nostalgia della grande politica, 1990. La democrazia mediata, 1993. Sistemi politici e storia, 1995. Il pensiero politico della destra, Newton Compton, 1996. I sistemi politici europei, Newton Compton, 1996. Politica e vita buona, Euroma la Goliardica, 1996. Sinistra e cambiamento istituzionale, 1997. Storia delle istituzioni in Italia, Editori Riuniti, 1999. Il fallimento del maggioritario, 2001 La politica moderna. Teorie e profili istituzionali, Carocci, 2002. Lo Stato in appalto. Berlusconi e la privatizzazione del Politico, Manni Editori, 2003. Politica e società globale, Laterza, 2004. L'equivoco riformista, Manni Editori, 2005. Alle origini del laico, FrancoAngeli, 2006. La costituzione tra populismo e leaderismo, FrancoAngeli, 2007. Filosofia del diritto di proprietà, FrancoAngeli, 2008. Perché la sinistra ha perso le elezioni, a cura di Michele Prospero e Mario Morcellini, Ediesse, 2009. Il comico della politica, nichilismo e aziendalismo nella comunicazione di Silvio Berlusconi, Ediesse, 2010. Il libro nero della società civile, 2013. Il nuovismo realizzato, Bordeaux edizioni, 2015. La scienza politica di Gramsci, Bordeaux edizioni, 2016. Note ^ Elenco dei principali interventi di Michele Prospero sulla stampa italiana, da "Rassegnacamera.it" url consultato il 12 settembre 2011 ^ Addio al mito del capo, Il Manifesto, 23 giugno 2009, pag. 1. ^ Contropotere del Quirinale, Left-avvenimenti, 17 luglio 2009, pag. 23. ^ Caro Prodi, l'errore più grande della sinistra europea è stato dimenticare il lavoro, il manifesto, 23 agosto 2009, pag. 6.  Bruno Gravagnuolo, Grillo, il travaglio di Marco nel duello tv con Prospero Archiviato il 22 giugno 2013 in Internet Archive., l'Unità, 20 giugno 2013. ^ Gli organismi di Sinistra Italiana, da "Sinistraitaliana.si" ^ Sinistra Italiana rispolvera il Pci: nascono le nuove Frattocchie. Ma a Testaccio, da HuffingtonPost.it Altri progetti Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Michele Prospero Collegamenti esterni Pagina Web del docente sul sito della Sapienza - Università di Roma, su coris.uniroma1.it. Controllo di autorità                                      VIAF (EN) 14855279 · ISNI (EN) 0000 0001 2121 6116 · LCCN (EN) n91128779 · BNF (FR) cb12392442b (data) · WorldCat Identities (EN) lccn-n91128779 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Politica Portale Politica Categorie: Filosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloNati nel 1959Nati il 24 settembreNati a PescosolidoPolitologi italianiAccademici italiani del XX secoloAccademici italiani del XXI secoloPolitici di Sinistra Italiana[altre]

Protocol: “The etymology is fascinating – if I knew it.” – Grice – Grice’s protocol. from Medieval Latin protocollum "draft," literally "the first sheet of a volume" (on which contents and errata were written), from Greek prōtokollon "first sheet glued onto a manuscript," from prōtos "first" (see proto-) + kolla "glue. -- one of the statements that constitute the foundations of empirical knowledge. The term was introduced by proponents of foundationalism, who were convinced that in order to avoid the most radical skepticism, one must countenance beliefs that are justified but not as a result of an inference. If all justified beliefs are inferentially justified, then to be justified in believing one proposition P on the basis of another, E, one would have to be justified in believing both E and that E confirms P. But if all justification were inferential, then to be justified in believing E one would need to infer it from some other proposition one justifiably believes, and so on ad infinitum. The only way to avoid this regress is to find some statement knowable without inferring it from some other truth. Philosophers who agree that empirical knowledge has foundations do not necessarily agree on what those foundations are. The British empiricists restrict the class of contingent protocol statements to propositions describing the contents of mind sensations, beliefs, fears, desires, and the like. And even here a statement describing a mental state would be a protocol statement only for the person in that state. Other philosophers, however, would take protocol statements to include at least some assertions about the immediate physical environment. The plausibility of a given candidate for a protocol statement depends on how one analyzes non-inferential justification. Some philosophers rely on the idea of acquaintance. One is non-inferentially justified in believing something when one is directly acquainted with what makes it true. Other philosophers rely on the idea of a state that is in some sense self-presenting. Still others want to understand the notion in terms of the inconceivability of error. The main difficulty in trying to defend a coherent conception of non-inferential justification is to find an account of protocol statements that gives them enough conceptual content to serve as the premises of arguments, while avoiding the charge that the application of concepts always brings with it the possibility of error and the necessity of inference. 

prototype: a theory according to which human cognition involves the deployment of “categories” organized around stereotypical exemplars. Prototype theory differs from traditional theories that take the concepts with which we think to be individuated by means of boundary-specifying necessary and sufficient conditions. Advocates of prototypes hold that our concept of bird, for instance, consists in an indefinitely bounded conceptual “space” in which robins and sparrows are central, and chickens and penguins are peripheral  though the category may be differently organized in different cultures or groups. Rather than being all-ornothing, category membership is a matter of degree. This conception of categories was originally inspired by the notion, developed in a different context by Vitters, of family resemblance. Prototypes were first discussed in detail and given empirical credibility in the work of Eleanor Rosch see, e.g., “On the Internal Structure of Perceptual and Semantic Categories,” 3. 


prudens: practical reason: In “Epilogue” Grice states that the principle of conversational rationality is a sub-principle of the principle of rationality, simpliciter, which is not involved with ‘communication’ per se. This is an application of Occam’s razor: Rationalities are not to be multiplied beyond necessity.” This motto underlies his aequi-vocality thesis: one reason: desiderative side, judicative side. Literally, ‘practical reason’ is the buletic part of the soul (psyche) that deals with praxis, where the weighing is central. We dont need means-end rationality, we need value-oriented rationality. We dont need the rationality of the means – this is obvious --. We want the rationality of the ends. The end may justify the means. But Grice is looking for what justifies the end. The topic of freedom fascinated Grice, because it merged the practical with the theoretical. Grice sees the conception of freedom as crucial in his elucidation of a rational being. Conditions of freedom are necessary for the very idea, as Kant was well aware. A thief who is forced to steal is just a thief. Grice would engage in a bit of language botany, when exploring the ways the adjective free is used, freely, in ordinary language: free fall, alcohol-free, sugar-free, and his favourite: implicaturum-free. Grices more systematic reflections deal with Pology, or creature construction. A vegetals, for example is less free than an animal, but more free than a stone! And Humans are more free than non-human. Grice wants to deal with some of the paradoxes identified by Kant about freedom, and he succeeds in solving some of them. There is a section on freedom in Action and events for PPQ  where he expands on eleutheria and notes the idiocy of a phrase like free fall. Grice was irritated by the fact that his friend Hart wrote an essay on liberty and not on freedom, cf. praxis. Refs.: essays on ‘practical reason,’ and “Aspects,” in BANC.

ψ-transmissum. Or ‘soul-to-soul transfer’ “Before we study ‘psi’-transmission we should study ‘transmission’ simpliciter. It is cognate with ‘emission.’ So the emissor is a transmissor. And the emissee is a transemissee.  Grice would never have thougth that he had to lecture on what conversation is all about! He would never have lectured on this to his tutees at St. John’s – but at Brighton is all different. So, to communicate, for an emissor is to intend his recipient to be in a state with content “p.” The modality of the ‘state’ – desiderative or creditative – is not important. In a one-off predicament, the emissor draws a skull to indicate that there is danger. So his belief and desire were successfully transmitted. A good way to formulate the point of communication. Note that Grice is never sure about analsans and analysandum: Emissor communicates THAT P iff Emissor M-INTENDS THAT addressee is to psi- that P. Which seems otiose. “It is raining” can be INFORMATIVE, but it is surely INDICATIVE first. So it’s moke like the emissor intends his addressee to believe that he, the utterer believes that p (the belief itself NOT being part of what is meant, of course). So, there is psi-transmission not necessarily when the utterer convinces his addressee, but just when he gets his addressee to BELIEF that he, the utterer, psi-s that p. So the psi HAS BEEN TRANSMITTED. Surely when the Beatles say “HELP” they don’t expect that their addressee will need help. They intend their addressee to HELP them! Used by Grice in WoW: 287, and emphasised by J. Baker. The gist of communication. trans-mitto or trāmitto , mīsi, missum, 3, v. a. I. To send, carry, or convey across, over, or through; to send off, despatch, transmit from one place or person to another (syn.: transfero, traicio, traduco). A. Lit.: “mihi illam ut tramittas: argentum accipias,” Plaut. Ep. 3, 4, 27: “illam sibi,” id. ib. 1, 2, 52: “exercitus equitatusque celeriter transmittitur (i. e. trans flumen),” are conveyed across, Caes. B. G. 7, 61: “legiones,” Vell. 2, 51, 1: “cohortem Usipiorum in Britanniam,” Tac. Agr. 28: “classem in Euboeam ad urbem Oreum,” Liv. 28, 5, 18: “magnam classem in Siciliam,” id. 28, 41, 17: “unde auxilia in Italiam transmissurus erat,” id. 23, 32, 5; 27, 15, 7: transmissum per viam tigillum, thrown over or across, id. 1, 26, 10: “ponte transmisso,” Suet. Calig. 22 fin.: in partem campi pecora et armenta, Tac. A. 13, 55: “materiam in formas,” Col. 7, 8, 6.— 2. To cause to pass through: “per corium, per viscera Perque os elephanto bracchium transmitteres,” you would have thrust through, penetrated, Plaut. Mil. 1, 30; so, “ensem per latus,” Sen. Herc. Oet. 1165: “facem telo per pectus,” id. Thyest. 1089: “per medium amnem transmittit equum,” rides, Liv. 8, 24, 13: “(Gallorum reguli) exercitum per fines suos transmiserunt,” suffered to pass through, id. 21, 24, 5: “abies folio pinnato densa, ut imbres non transmittat,” Plin. 16, 10, 19, § 48: “Favonios,” Plin. Ep. 2, 17, 19; Tac. A. 13, 15: “ut vehem faeni large onustam transmitteret,” Plin. 36, 15, 24, § 108.— B. Trop. 1. To carry over, transfer, etc.: “bellum in Italiam,” Liv. 21, 20, 4; so, “bellum,” Tac. A. 2, 6: “vitia cum opibus suis Romam (Asia),” Just. 36, 4, 12: vim in aliquem, to send against, i. e. employ against, Tac. A. 2, 38.— 2. To hand over, transmit, commit: “et quisquam dubitabit, quin huic hoc tantum bellum transmittendum sit, qui, etc.,” should be intrusted, Cic. Imp. Pomp. 14, 42: “alicui signa et summam belli,” Sil. 7, 383: “hereditas transmittenda alicui,” to be made over, Plin. Ep. 8, 18, 7; and with inf.: “et longo transmisit habere nepoti,” Stat. S. 3, 3, 78 (analog. to dat habere, Verg. A. 9, 362; “and, donat habere,” id. ib. 5, 262); “for which: me famulo famulamque Heleno transmisit habendam,” id. ib. 3, 329: “omne meum tempus amicorum temporibus transmittendum putavi,” should be devoted, Cic. Imp. Pomp. 1, 1: “poma intacta ore servis,” Tac. A. 4, 54.— 3. To let go: animo transmittente quicquid acceperat, letting pass through, i. e. forgetting, Sen. Ep. 99, 6: “mox Caesarem vergente jam senectā munia imperii facilius tramissurum,” would let go, resign, Tac. A. 4, 41: “Junium mensem transmissum,” passed over, omitted, id. ib. 16, 12 fin.: “Gangen amnem et quae ultra essent,” to leave unconquered, Curt. 9, 4, 17: “leo imbelles vitulos Transmittit,” Stat. Th. 8, 596.— II. To go or pass over or across, to cross over; to cross, pass, go through, traverse, etc. A. Lit. 1. In gen. (α). Act.: “grues cum maria transmittant,” Cic. N. D. 2, 49, 125: “cur ipse tot maria transmisit,” id. Fin. 5, 29, 87; so, “maria,” id. Rep. 1, 3, 6: “satis constante famā jam Iberum Poenos transmisisse,” Liv. 21, 20, 9 (al. transisse): “quem (Euphratem) ponte,” Tac. A. 15, 7: “fluvium nando,” Stat. Th. 9, 239: “lacum nando,” Sil. 4, 347: “murales fossas saltu,” id. 8, 554: “equites medios tramittunt campos,” ride through, Lucr. 2, 330; cf.: “cursu campos (cervi),” run through, Verg. A. 4, 154: quantum Balearica torto Funda potest plumbo medii transmittere caeli, can send with its hurled bullet, i. e. can send its bullet, Ov. M. 4, 710: “tectum lapide vel missile,” to fling over, Plin. 28, 4, 6, § 33; cf.: “flumina disco,” Stat. Th. 6, 677.—In pass.: “duo sinus fuerunt, quos tramitti oporteret: utrumque pedibus aequis tramisimus,” Cic. Att. 16, 6, 1: “transmissus amnis,” Tac. A. 12, 13: “flumen ponte transmittitur,” Plin. Ep. 8, 8, 5.— (β). Neutr.: “ab eo loco conscendi ut transmitterem,” Cic. Phil. 1, 3, 7: “cum exercitus vestri numquam a Brundisio nisi summā hieme transmiserint,” id. Imp. Pomp. 12, 32: “cum a Leucopetrā profectus (inde enim tramittebam) stadia circiter CCC. processissem, etc.,” id. Att. 16, 7, 1; 8, 13, 1; 8, 11, 5: “ex Corsicā subactā Cicereius in Sardiniam transmisit,” Liv. 42, 7, 2; 32, 9, 6: “ab Lilybaeo Uticam,” id. 25, 31, 12: “ad vastandam Italiae oram,” id. 21, 51, 4; 23, 38, 11; 24, 36, 7: “centum onerariae naves in Africam transmiserunt,” id. 30, 24, 5; Suet. Caes. 58: “Cyprum transmisit,” Curt. 4, 1, 27. — Pass. impers.: “in Ebusum insulam transmissum est,” Liv. 22, 20, 7.—* 2. In partic., to go over, desert to a party: “Domitius transmisit ad Caesa rem,” Vell. 2, 84 fin. (syn. transfugio).— B. Trop. (post-Aug.). 1. In gen., to pass over, leave untouched or disregarded (syn praetermitto): “haud fas, Bacche, tuos taci tum tramittere honores,” Sil. 7, 162; cf.: “sententiam silentio, deinde oblivio,” Tac. H. 4, 9 fin.: “nihil silentio,” id. ib. 1, 13; “4, 31: aliquid dissimulatione,” id. A. 13, 39: “quae ipse pateretur,” Suet. Calig. 10; id. Vesp. 15. — 2. In partic., of time, to pass, spend (syn. ago): “tempus quiete,” Plin. Ep. 9, 6, 1: so, “vitam per obscurum,” Sen. Ep. 19, 2: steriles annos, Stat. S. 4, 2, 12: “aevum,” id. ib. 1, 4, 124: “quattuor menses hiemis inedia,” Plin. 8, 25, 38, § 94: “vigiles noctes,” Stat. Th. 3, 278 et saep. — Transf.: “febrium ardorem,” i. e. to undergo, endure, Plin. Ep. 1, 22, 7; cf. “discrimen,” id. ib. 8, 11, 2: “secessus, voluptates, etc.,” id. ib. 6, 4, 2

pseudo-hallucination, a non-deceptive hallucination. An ordinary hallucination might be thought to comprise two components: i a sensory component, whereby one experiences an image or sensory episode similar in many respects to a veridical perceiving except in being non-veridical; and ii a cognitive component, whereby one takes or is disposed to take the image or sensory episode to be veridical. A pseudohallucination resembles a hallucination, but lacks this second component. In experiencing a pseudohallucination, one appreciates that one is not perceiving veridically. The source of the term seems to be the painter Wassily Kandinsky, who employed it in 5 to characterize a series of apparently drug-induced images experienced and pondered by a friend who recognized them, at the very time they were occurring, not to be veridical. Kandinsky’s account is discussed by Jaspers in his General Psychopathology, 6, and thereby entered the clinical lore. Pseudohallucinations may be brought on by the sorts of pathological condition that give rise to hallucinations, or by simple fatigue, emotional adversity, or loneliness. Thus, a driver, late at night, may react to non-existent objects or figures on the road, and immediately recognize his error. 

psycholinguistics, an interdisciplinary research area that uses theoretical descriptions of language taken from linguistics to investigate psychological processes underlying language production, perception, and learning. There is considerable disagreement as to the appropriate characterization of the field and the major problems. Philosophers discussed many of the problems now studied in psycholinguistics before either psychology or linguistics were spawned, but the self-consciously interdisciplinary field combining psychology and linguistics emerged not long after the birth of the two disciplines. Meringer used the adjective ‘psycholingisch-linguistische’ in an 5 book. Various national traditions of psycholinguistics continued at a steady but fairly low level of activity through the 0s and declined somewhat during the 0s and 0s because of the antimentalist attitudes in both linguistics and psychology. Psycholinguistic researchers in the USSR, mostly inspired by L. S. Vygotsky Thought and Language, 4, were more active during this period in spite of official suppression. Numerous quasi-independent sources contributed to the rebirth of psycholinguistics in the 0s; the most significant was a seminar held at a  during the summer of 3 that led to the publication of Psycholinguistics: A Survey of Theory and Research Problems 4, edited by C. E. Osgood and T. A. Sebeok  a truly interdisciplinary book jointly written by more than a dozen authors. The contributors attempted to analyze and reconcile three disparate approaches: learning theory from psychology, descriptive linguistics, and information theory which came mainly from engineering. The book had a wide impact and led to many further investigations, but the nature of the field changed rapidly soon after its publication with the Chomskyan revolution in linguistics and the cognitive turn in psychology. The two were not unrelated: Chomsky’s positive contribution, Syntactic Structures, was less broadly influential than his negative review Language, 9 of B. F. Skinner’s Verbal Behavior. Against the empiricist-behaviorist view of language understanding and production, in which language is merely the exhibition of a more complex form of behavior, Chomsky argued the avowedly rationalist position that the ability to learn and use language is innate and unique to humans. He emphasized the creative aspect of language, that almost all sentences one hears or produces are novel. One of his premises was the alleged infinity of sentences in natural languages, but a less controversial argument can be given: there are tens of millions of five-word sentences in English, all of which are readily understood by speakers who have never heard them. Chomsky’s work promised the possibility of uncovering a very special characteristic of the human mind. But the promise was qualified by the disclaimer that linguistic theory describes only the competence of the ideal speaker. Many psycholinguists spent countless hours during the 0s and 0s seeking the traces of underlying competence beneath the untidy performances of actual speakers. During the 0s, as Chomsky frequently revised his theories of syntax and semantics in significant ways, and numerous alternative linguistic models were under consideration, psychologists generated a range of productive research problems that are increasingly remote from the Chomskyan beginnings. Contemporary psycholinguistics addresses phonetic, phonological, syntactic, semantic, and pragmatic influences on language processing. Few clear conclusions of philosophical import have been established. For example, several decades of animal research have shown that other species can use significant portions of human language, but controversy abounds over how central those portions are to language. Studies now clearly indicate the importance of word frequency and coarticulation, the dependency of a hearer’s identification of a sound as a particular phoneme, or of a visual pattern as a particular letter, not only on the physical features of the pattern but on the properties of other patterns not necessarily adjacent. Physically identical patterns may be heard as a d in one context and a t in another. It is also accepted that at least some of the human lignuistic abilities, particularly those involved in reading and speech perception, are relatively isolated from other cognitive processes. Infant studies show that children as young as eight months learn statistically important patterns characteristic of their natural language  suggesting a complex set of mechanisms that are automatic and invisible to us.


Pucci Francesco Pucci (filosofo) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Francesco Pucci (Firenze, 11 febbraio 1543[1] – Roma, 5 luglio 1597) è stato un filosofo e letterato italiano. Scrisse alcuni trattati dove ambiva a una religione universale di stampo utopistico e fu molto polemico contro le principali dottrine religiose dell'epoca, tanto da essere tacciato di eresia e giustiziato dall'Inquisizione romana.   Indice 1     Biografia 1.1                                           La natura umana e il problema della salvezza 1.2                                  La Forma d'una Republica Catholica 1.3                                Note 2                                             Bibliografia 2.1                                          Opere 2.2                                            Studi 3                                            Collegamenti esterni Biografia Forse imparentato, come lui stesso sostenne, con la potente e ricca famiglia fiorentina dei Pucci, della quale fece parte, tra gli altri, il cardinale Antonio Pucci, da quella tuttavia non ne venne mai riconosciuto membro. Secondo quanto scrisse lui stesso, trovandosi a Lione nel 1570 per affari di commercio, fu colto da un improvviso «mutamento et cambiamento» che lo fece decidere a darsi allo studio delle «cose celesti ed eterne» e a scoprire i reali motivi dei contrasti religiosi che laceravano l'Europa.  A questo scopo, si trasferì a Parigi per studiare teologia e, avendo assistito personalmente alla strage degli Ugonotti nella notte di San Bartolomeo, il 23 agosto 1572, decise di aderire alle tesi protestanti. Trasferitosi in Inghilterra, si iscrisse all'Università di Oxford, ottenendo il titolo di Magister artium nel 1574. Nel 1575 controversie dottrinali gli procurarono l'espulsione dalla comunità calvinista francese alla quale aveva aderito in primavera: come scrisse il 30 novembre al teologo svizzero Johann Jacob Grynaeus, vi aveva discusso del peccato originale e aveva altresì contestato l'autoritarismo del concistoro della comunità[2].  Quest'ultima gli rimproverava, oltre a importanti punti dottrinali come la concezione del peccato originale, della fede e dell'eucaristia, la sua pretesa di profetizzare, ricordandogli che, con la scomparsa dei primi apostoli, il carisma profetico non poteva più esistere in nessuna chiesa cristiana. Emigrato a Basilea nel 1577 su invito di Francesco Betti, v'incontrò Fausto Sozzini, ma pochi mesi dopo, espulso anche dalla città svizzera, fu costretto a tornare in Inghilterra, mantenendosi ancora in contatto epistolare col Sozzini.  La natura umana e il problema della salvezza Dapprima il Pucci pubblicò, il 1º gennaio 1578, un manifesto, e poi scrisse in autunno a Niccolò Balbani, a Basilea, una lunga lettera[3] in cui esponeva la sua teoria dell'innocenza naturale dell'uomo, già discussa col Sozzini, secondo la quale «tutti gli uomini nascono et restano innanzi all'uso della ragione e del giuditio». Grazie alla redenzione operata da Cristo, il peccato originale non può causare la dannazione quando siamo ancora nel grembo materno, e dunque il battesimo dei bambini, che sono «naturalmente» innocenti per la naturale bontà della natura umana, per quanto non censurabile, è inutile. L'eventualità della dannazione è un problema dell'adulto che, raggiunta l'età della ragione, è in grado di distinguere il bene dal male.  Si tratta di evidenti tesi pelagiane: l'uomo è buono per natura e a causa dell'amore di Dio verso il genere umano, che ha creato l'uomo di natura buona, si fonda la vera fede cristiana: «il fondamento della religione, et bontà vera, è propriamente la fidanza generale in Dio del cielo e della terra», una fiducia fondata sulla conoscenza di Dio che, secondo Pucci, è comune a tutti gli uomini, una fede che egli contrappone alla concezione della fede protestante, che consiste invece in una «fidanza particulare» che il singolo protestante ripone in Dio. È del resto la tesi sostenuta da Sozzini nel suo De Jesu Christo servatore.  Francesco Pucci sosteneva di aver tratto le proprie concezioni in virtù del dono dello Spirito Santo che, attraverso visioni, lo ispirava permettendogli di preconizzare il prossimo avvento del regno di Dio che avrebbe provocato la conversione di tutti i popoli, qualunque fosse la loro religione, sotto un'unica confessione cristiana. La redenzione operata da Cristo riguarda infatti tutti gli uomini, anche i non cristiani, perché esalta la loro naturale bontà: la salvezza non deve costituire un dubbio tormentoso ma è un obbiettivo che può essere raggiunto abbandonandosi con fiducia alla fede in Dio, è la fedenaturale che, prima della caduta, aveva Adamo, uomo naturale e immortale perché fatto a immagine e somiglianza di Dio nella mente e nello spirito. Affermata la bontà naturale della specie umana, ne discende che debba essere escluso tanto che il peccato originale si trasmetta nelle generazioni, quanto che possa esistere una predestinazione - semplice o doppia che sia, una per gli eletti e una per i dannati - stabilita ab aeterno.  Sozzini rispose al Pucci con il De statu primi hominis ante lapsum, obiettando che la somiglianza di Adamo con Dio risiedeva nel fatto di essere il dominatore di tutte le cose della natura, e non nella sua immortalità, e se Adamo, l'essere naturale per eccellenza, finì col peccare, ciò dimostra che non era affatto innocente, visto che egli peccò per sua libera scelta. La natura dell'uomo attuale non è diversa da quella adamitica, la sua salvezza risiede nella sua volontà di scegliere il bene, ed è sulla sua libera volontà, non sulla sua natura, che si fonda la sua etica.  La Forma d'una Republica Catholica Dopo un breve periodo passato in Olanda, a Londra scrisse nel 1581 la sua opera principale, la Forma d'una repubblica cattolica, che pubblicò in forma anonima.[4]. Per porre rimedio alla confusione e agli scandali regnante nel cristianesimo, sarebbe necessario «un libero e santo concilio al quale si vede che tutti gli uomini da bene di tutte le province inclinano», ma che viene rifiutato dai potenti prelati che oggi comandano «non solo nella religione, ma anche nella repubblica».  Per preparare questo futuro concilio, è necessario che gli uomini dabbene, all'interno di ogni singolo stato, si organizzino in un'unione, in un «collegio» o comunità nella quale essi si governino secondo comuni principi, senza «alienarsi da i loro principi e magistrati civili» e senza entrare in polemica contro la confessione religiosa vigente; questi uomini, infatti, «d'animo et tal volta anche di corpo alienato da gli ordini et usanze di quelle repubbliche nelle quali è sono nati et allevati, conviene ch'e' vivino come forestieri nel loro natio terreno, o forastieri interamente per gli altrui paesi, è necessario ch'e' si portino molto saviamente e discretamente con i principi e magistrati de' luoghi dove essi habitano».  Si tratta di un'aperta giustificazione del nicodemismo, seppure teorizzata come mezzo provvisorio allo scopo di raggiungere un fine superiore nell'interesse di tutti i cristiani. L'insieme di questi collegi avrebbe formato di fatto una repubblica cattolica, cioè universale, che, con l'esempio dei retti comportamenti dei suoi aderenti, avrebbe col tempo acquisito il consenso della grande maggioranza della popolazione di ogni singolo stato, promuovendo così il rinnovamento dei costumi e delle diverse confessioni, fino a rifondare un'unica religione cristiana.  Gli elementi essenziali di questa rinnovata e unificata religione dovranno essere la fede «in un solo Dio del cielo e della terra, creatore et governatore dello Universo», nel Cristo morto e risorto per redimerci, nella giustizia divina che premia i buoni e punisce i malvagi, la testimonianza degli Apostoli, il rispetto dei dieci comandamenti, l'«orazione domenicale» e le opere di carità. Tutte le questioni dottrinarie che storicamente dividevano le confessioni cristiane sono sfumate dal Pucci, che vuole che sui problemi del battesimo, dell'eucaristia, della Trinità e dell'incarnazione non si utilizzino sottigliezze e non si creino divisioni.  I membri di queste comunità dovranno essere tutti gli uomini maggiorenni e laici - gli ecclesiastici, infatti, sono evidentemente incapaci di superare le divisioni che essi stessi hanno creato - organizzati sotto un capo temporaneo, «provosto o console», assistito da un «censore», che non deve avere alcun'autorità particolare, ma dovrà proporre le risoluzioni da approvare all'unanimità nell'assemblea generale dei membri: quando non vi fosse unanimità, si deciderà a sorte fra le diverse opzioni. Le donne, dovendo essere sottoposte ai mariti, possono assistere ma non possono avere alcun'autorità né diritto di voto.  Il collegio aveva anche il potere di punire le cattive condotte dei singoli membri, sino all'espulsione. Le diverse comunità si sarebbero tenute in contatto epistolare - a questo scopo era costituito l'incarico di un cancelliere - e, attraverso delegati, si sarebbero riunite in diete da tenersi periodicamente nelle terre «di qualche gentilhomo o signore» aderente a un collegio di una delle maggiori città europee «come Francoforte, Lione, Parigi et simili», perché qui i convenuti alla dieta sarebbero passati inosservati più facilmente.  Se gli aderenti ai collegi devono manifestare un formale ossequio alle autorità costituite, essi devono anche proporre una sia pur cauta propaganda per far guadagnare alla comunità nuove adesioni: ciascuno deve mantenere il segreto della sua attività tramite giuramento, essere amico dei compagni e nemico di chi è loro nemico. Per saldare insieme i "fratelli", è opportuno che essi si sposino nello stesso ambiente, con donne «sane e gagliarde» per averne una buona discendenza, evitando però rapporti sessuali frequenti che, secondo il Pucci, sono nocivi alla salute fisica degli uomini e a quella morale delle donne. Nella famiglia, il padre riveste il ruolo di capo e di sacerdote laico: battezza egli stesso i figli in età audulta, i quali dovranno crescere in una decorosa austerità, studiando nelle scuole consigliate dalla comunità ed evitando carriere immorali, come quella ecclesiastica o avvocatesca.  Nel 1582 fu a Cracovia, dove incontrò Fausto Sozzini e altri dissidenti religiosi. Le sue idee però non trovarono successo in nessuna confessione calvinista o luterana, né fra gli anabattisti e i sociniani. In compenso qui conobbe il mago e astrologo inglese John Dee nel 1585, con il quale si recò a Praga alla corte di Rodolfo II. Anche qui la sua indole (John Dee lo descrisse come pericolosamente chiacchierone e utopico) non venne accolta positivamente e deluso dai protestanti si riconvertì al cattolicesimo (forse dopo un incontro con il cardinale Ippolito Aldobrandini, futuro papa Clemente VIII).  In Olanda lavorò alla sua ultima opera, il trattato De Christi servatoris efficacitate in omnibus et singulis hominibus (L'efficacia salvifica del Cristo in tutti e in ogni uomo del 1592), dedicato al neo eletto pontefice Clemente VIII. Qui riassunse e sviluppò tutte le sue teorie su una Chiesa universale ed ecumenica: secondo lui ogni uomo aveva il diritto di professare una Chiesa di Cristo, e Dio, grazie al suo amore universale per l'intera umanità, doveva aiutare ad abbattere le barriere che separavano le chiese. Una volta pubblicata l'opera egli volle andare a Roma per presentarla la papa stesso, ma venne catturato a Salisburgo dall'Inquisizione nel maggio 1594 e condotto in carcere a Roma, dove conobbe Giordano Bruno e Tommaso Campanella. Venne condannato a morte per eresia, decapitato e poi bruciato sul rogo a Campo de' Fiori il 5 luglio 1597.  Il "puccismo" però gli sopravvisse nella Chiesa luterana grazie al pastore Samuel Huber.[5]  Note ^ Francesco Pucci, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata ^ Lettera in A. Rotondò, Studi e ricerche di storia ereticale italiana del Cinquecento ^ F. Pucci, Lettere, documenti e testimonianze ^ In D. Cantimori, Per la storia degli eretici italiani del secolo XVI in Europa ^ Lucia Felici, La riforma protestante nell'Europa del cinquecento, Carocci editore, p. 140, ISBN 978-88-430-8462-3. Bibliografia Opere Lettere, documenti e testimonianze, a cura di Luigi Firpo e Renato Piattoli, 2 voll., Firenze, Olschki, 1955 - 1959. ISBN 88-222-1988-0 De praedestinatione, Firenze, Olschki, 2000. ISBN 88-222-4939-9 Studi Cesare Cantù, Gli eretici d'Italia, Torino, Unione Tipografico-Editrice, 1866 Per la storia degli eretici italiani del secolo XVI in Europa, a cura di D. Cantimori ed E. Feist, Roma, Reale Accademia d'Italia, 1937 Delio Cantimori, Eretici italiani del Cinquecento, Firenze, Sansoni, 1939 Antonio Rotondò, Studi e ricerche di storia ereticale italiana del Cinquecento, Torino, Giappichelli, 1974 Élie Barnavi – Miriam Eliav-Feldon, Le périple de Francesco Pucci, Paris, Hachette, 1988 ISBN 2 010 1135 51 Roberta Lorenzetti, Una disputa di antropologia filosofica sul primo uomo. Francesco Pucci di fronte al naturalismo di Fausto Sozzini, Milano, Cusl, 1995 Paolo Carta, Nunziature ed eresia nel Cinquecento. Nuovi documenti sul processo e la condanna di Francesco Pucci (1592-1597), Padova, Cedam, 1999 Censura ecclesiastica e cultura politica in Italia tra Cinquecento e Seicento, a cura di C. Stango, Firenze 2001 ISBN 88-222-4994-1 Giorgio Caravale, Il profeta disarmato. L'eresia di Francesco Pucci nell'Europa del Cinquecento, Bologna, Il Mulino, 2011 ISBN 978-88-15-15052-3 Mario Biagioni, Francesco Pucci e l'Informatione della religione christiana, Torino, Claudiana, 2011 Vincenzo Vozza, Francesco Pucci e l’Informatione della religione christiana, in «Nuova Rivista Storica», n. I (2014), pp. 1111-1118 Giorgio Caravale, Francesco Pucci's Heresy in Sixteenth-Century Europe, Leiden-Boston, Brill, 2015 Collegamenti esterni Francesco Pucci, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Francesco Pucci, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Opere di Francesco Pucci, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Francesco Pucci, su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata Biografia sul sito eresie.it, su eresie.it. Controllo di autorità         VIAF (EN) 56788846 · ISNI (EN) 0000 0001 1764 7810 · LCCN (EN) n89656056 · GND (DE) 119030306 · BNF (FR) cb137419021 (data) · BAV (EN) 495/249345 · CERL cnp01371859 · WorldCat Identities (EN) lccn-n89656056 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XVI secoloLetterati italianiNati nel 1543Morti nel 1597Nati l'11 febbraioMorti il 5 luglioNati a FirenzeMorti a RomaPersone giustiziate sul rogoPersone giustiziate per eresiaVittime dell'InquisizionePucci[altre]

Puccinotti Francesco Puccinotti Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Niente fonti! Questa voce o sezione sugli argomenti filosofi italiani e letterati italiani non cita le fonti necessarie o quelle presenti sono insufficienti. Puoi migliorare questa voce aggiungendo citazioni da fonti attendibili secondo le linee guida sull'uso delle fonti.  Francesco Puccinotti Francesco Puccinotti (Urbino, 8 agosto 1794 – Firenze, 8 ottobre 1872) è stato un letterato, filosofo e medico italiano.   Indice 1                           Biografia 2                                            Opere 3                                             Bibliografia 4                                           Altri progetti 5                                           Collegamenti esterni Biografia Dopo aver studiato presso gli Scolopi, nel 1811 venne ammesso nel Collegio militare di Pavia. Si trasferì poi a Roma dove si dedicò allo studio della medicina seguendo le lezioni del noto clinico Giuseppe De Mattheys. Dopo essersi laureato in medicina, praticò la medicina nelle campagne laziali, studiando le febbri di tipo petecchiale che imperversavano in quella zona. Per i suoi studi ottenne la cattedra di Anatomia e fisiologia ad Urbino, per poi insegnare Patologia e medicina legale a Macerata fino al 1831 anno in cui, dopo aver preso parte ai moti delle Legazioni, venne allontanato dalla città e gli fu impedito di esercitare la professione medica. Si spostò quindi nella più liberale Toscana dove, nel 1838 ottenne la cattedra di Igiene nell'Università di Pisa. Qui approfondì il suo studio sulla medicina civile e si rese protagonista di molti dibattiti culturali e scientifici presso la locale Università (fu segretario della sezione di medicina ai congressi pisani e fiorentini degli scienziati italiani).  Nel 1843 il Granduca Leopoldo II di Toscana lo inserì in una commissione incaricata di studiare l'ipotesi di introdurre sul litorale pisano le risaie, dal punto di vista della medicina civile. Espose le sue analisi nel saggio Sulle risaie in Italia e sulla loro introduzione in Toscana dello stesso anno 1843: conclusioni che saranno alla base del Regolamento sulla cultura del riso in Toscana del settembre 1849. Negli ultimi anni trascorsi a Pisa ottenne la cattedra di Storia della medicina, che mantenne anche al suo trasferimento a Firenze. In questi anni conobbe Pietro Siciliani, suo allievo, col quale mantenne un costante rapporto di amicizia e collaborazione. Morì a Firenze nell'ottobre del 1872 e per i suoi meriti fu sepolto nella Basilica di Santa Croce.  Puccinotti fu uno storico della medicina, ma altri sono gli aspetti della sua complessa personalità: fu fisiologo, clinico, medico legale, letterato (fraterna amicizia con Giacomo Leopardi), filosofo, sociologo e politico. La sua vita si svolse tra le conquiste napoleoniche e la proclamazione di Roma capitale, periodo di profonde divisioni ideologiche. Non è da trascurare il merito di aver sostenuto la necessità di una protezione medica dei lavoratori e di aver indicato il futuro della medicina nel suo sviluppo igienico e sociale.  Opere Storia delle febbri intermittenti perniciose, (Roma, 1822); Il Boezio ed altri scritti filosofici, (Firenze, 1864); Storia della medicina in tre volumi (Firenze, 1850-1866). Bibliografia Adalberto Pazzini, Puccinotti, Francesco, in Dizionario Letterario Bompiani. Autori, III, Milano, Valentino Bompiani editore, 1957, p. 242, SBN IT\ICCU\PAL\0199718. Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Francesco Puccinotti Collegamenti esterni Francesco Puccinotti, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Francesco Puccinotti, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Francesco Puccinotti, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Francesco Puccinotti, su siusa.archivi.beniculturali.it, Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche. Modifica su Wikidata Francesco Puccinotti, su accademicidellacrusca.org, Accademia della Crusca. Modifica su Wikidata Opere di Francesco Puccinotti, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Francesco Puccinotti, su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata Controllo di autorità                 VIAF (EN) 77100273 · ISNI (EN) 0000 0001 2096 4585 · SBN IT\ICCU\RAVV\081992 · LCCN (EN) no89020480 · GND (DE) 117705284 · BNF (FR) cb10555436c (data) · BAV (EN) 495/72985 · CERL cnp01091253 · WorldCat Identities (EN) lccn-no89020480 Biografie Portale Biografie Medicina Portale Medicina Categorie: Letterati italianiFilosofi italiani del XIX secoloMedici italianiNati nel 1794Morti nel 1872Nati l'8 agostoMorti l'8 ottobreNati a UrbinoMorti a FirenzeSepolti nella basilica di Santa Croce[altre]
pulchrum -- beauty, an aesthetic property commonly thought of as a species of aesthetic value. As such, it has been variously thought to be 1 a simple, indefinable property that cannot be defined in terms of any other properties; 2 a property or set of properties of an object that makes the object capable of producing a certain sort of pleasurable experience in any suitable perceiver; or 3 whatever produces a particular sort of pleasurable experience, even though what produces the experience may vary from individual to individual. It is in this last sense that beauty is thought to be “in the eye of the beholder.” If beauty is a simple, indefinable property, as in 1, then it cannot be defined conceptually and has to be apprehended by intuition or taste. Beauty, on this account, would be a particular sort of aesthetic property. If beauty is an object’s Bayle, Pierre beauty 75   75 capacity to produce a special sort of pleasurable experience, as in 2, then it is necessary to say what properties provide it with this capacity. The most favored candidates for these have been formal or structural properties, such as order, symmetry, and proportion. In the Philebus Plato argues that the form or essence of beauty is knowable, exact, rational, and measurable. He also holds that simple geometrical shapes, simple colors, and musical notes all have “intrinsic beauty,” which arouses a pure, “unmixed” pleasure in the perceiver and is unaffected by context. In the sixteenth and seventeenth centuries many treatises were written on individual art forms, each allegedly governed by its own rules. In the eighteenth century, Hutcheson held that ‘beauty’ refers to an “idea raised in us,” and that any object that excites this idea is beautiful. He thought that the property of the object that excites this idea is “uniformity in variety.” Kant explained the nature of beauty by analyzing judgments that something is beautiful. Such judgments refer to an experience of the perceiver. But they are not merely expressions of personal experience; we claim that others should also have the same experience, and that they should make the same judgment i.e., judgments that something is beautiful have “universal validity”. Such judgments are disinterested  determined not by any needs or wants on the part of the perceiver, but just by contemplating the mere appearance of the object. These are judgments about an object’s free beauty, and making them requires using only those mental capacities that all humans have by virtue of their ability to communicate with one another. Hence the pleasures experienced in response to such beauty can in principle be shared by anyone. Some have held, as in 3, that we apply the term ‘beautiful’ to things because of the pleasure they give us, and not on the basis of any specific qualities an object has. Archibald Alison held that it is impossible to find any properties common to all those things we call beautiful. Santayana believed beauty is “pleasure regarded as a quality of a thing,” and made no pretense that certain qualities ought to produce that pleasure. The Grecian term to kalon, which is often tr. as ‘beauty’, did not refer to a thing’s autonomous aesthetic value, but rather to its “excellence,” which is connected with its moral worth and/or usefulness. This concept is closer to Kant’s notion of dependent beauty, possessed by an object judged as a particular kind of thing such as a beautiful cat or a beautiful horse, than it is to free beauty, possessed by an object judged simply on the basis of its appearance and not in terms of any concept of use

punishment, a distinctive form of legal sanction, distinguished first by its painful or unpleasant nature to the offender, and second by the ground on which the sanction is imposed, which must be because the offender offended against the norms of a society. None of these three attributes is a strictly necessary condition for proper use of the word ‘punishment’. There may be unpleasant consequences visited by nature upon an offender such that he might be said to have been “punished enough”; the consequences in a given case may not be unpleasant to a particular offender, as in the punishment of a masochist with his favorite form of self-abuse; and punishment may be imposed for reasons other than offense against society’s norms, as is the case with punishment inflicted in order to deter others from like acts. The “definitional stop” argument in discussions of punishment seeks to tie punishment analytically to retributivism. Retributivism is the theory that punishment is justified by the moral desert of the offender; on this view, a person who culpably does a wrongful action deserves punishment, and this desert is a sufficient as well as a necessary condition of just punishment. Punishment of the deserving, on this view, is an intrinsic good that does not need to be justified by any other good consequences such punishment may achieve, such as the prevention of crime. Retributivism is not to be confused with the view that punishment satisfies the feelings of vengeful citizens nor with the view that punishment preempts such citizens from taking the law into their own hands by vigilante action  these latter views being utilitarian. Retributivism is also not the view sometimes called “weak” or “negative” retributivism that only the deserving are to be punished, for desert on such a view typically operates only as a limiting and not as a justifying condition of punishment. The thesis known as the “definitional stop” says that punishment must be retributive in its justification if it is to be punishment at all. Bad treatment inflicted in order to prevent future crime is not punishment but deserves another name, usually ‘telishment’. The dominant justification of non-retributive punishment or telishment is deterrence. The good in whose name the bad of punishing is justified, on this view, is prevention of future criminal acts. If punishment is inflicted to prevent the offender from committing future criminal acts, it is styled “specific” or “special” deterrence; if punishment is inflicted to prevent others from committing future criminal acts, it is styled “general” deterrence. In either case, punishment of an action is justified by the future effect of that punishment in deterring future actors from committing crimes. There is some vagueness in the notion of deterrence because of the different mechanisms by which potential criminals are influenced not to be criminals by the example of punishment: such punishment may achieve its effects through fear or by more benignly educating those would-be criminals out of their criminal desires.


Punzo Giorgio Punzo Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search  Giorgio Punzo Giorgio Punzo (Napoli, 29 maggio 1911 – Napoli, 1º marzo 2005) è stato un naturalista, etologo e filosofo italiano.   Indice 1   Biografia 2                                            Pensiero 3                                            Bibliografia 4                                           Voci correlate 5                                            Altri progetti 6                                           Collegamenti esterni Biografia Laureatosi in filosofia scolastica nel 1933 presso l'istituto religioso di Villa Melecrinis a Napoli con una tesi sulla morale in Kant alla luce della dottrina tomistica, decise di continuare i suoi studi con l'iscrizione alla Facoltà di Scienze Biologiche dell'Università degli Studi di Napoli Federico II. Tuttavia per accedere alla Facoltà di Scienze dovette diplomarsi come privatista nel 1934 presso il Liceo classico Giuseppe Garibaldi di Napoli poiché avendo fino ad allora frequentato solo scuole e istituti universitari ecclesiastici, non possedeva ancora una licenza liceale valida per lo Stato italiano. Nel 1938 Punzo si laureò a pieni voti in Scienze Naturali, con una tesi in erpetologia sul sistema nervoso dei serpenti. Nel 1940 vinse i concorsi per assistente di ruolo di anatomia comparata e d'insegnante di ruolo di Scienze Naturali nei licei. In un primo tempo scelse la vita accademica che però abbandonò nel 1945 per dedicarsi all'insegnamento scolastico. Nel 1949 si laureò anche in filosofia, con una tesi sulla morale nelle Lettere di Paolo.  Nel 1965 Fondò la LENACDU, la Lega Nazionale Contro la Distruzione degli Uccelli, poi divenuta la LIPU e, successivamente, l'associazione culturale "Unione trifoglio" (di cui pubblicò tra il 1977 e il 1989 anche una rivista trimestrale dal titolo Il Trifoglio).  Visse per circa vent'anni (1977-1993) sull'isolotto disabitato di Vivara (Procida, NA) contribuendo a preservarlo da possibili scempi e tutelandone il patrimonio ambientale. Per il suo impegno a favore di Vivara ricevette nel 1991 il "Premio Mediterraneo" conferitogli da un'agenzia dell'ONU.  Pensiero Studioso e pensatore dai molteplici interessi che spaziarono dalla Commedia dantesca, alla botanica, all'ornitologia e alla zoologia, fu anche un profondo conoscitore del latino. Dedicò gran parte della sua vita intellettuale alla pedagogia e alla filosofia.  Per Punzo la pedagogia costituisce uno dei compiti più importanti al quale una società deve adempiere poiché l'educazione delle giovani generazioni e, in particolare, dell'adolescente, rappresenta il punto fondativo di ogni aggregato umano. In tale prospettiva il "fanciullo", per potersi sviluppare al meglio, deve essere educato al bello attraverso la contemplazione della natura e dell'arte. Da un punto di vista filosofico, invece, il suo pensiero ebbe come culmine la definizione del concetto di "Religioso Assoluto", inteso come elemento distintivo della spiritualità umana poiché capace di definire l'identità dell'individuo rispetto alle altre forme di vita.  Bibliografia Nota sull'episodio dantesco di Brunetto Latini, Napoli, Ed. Carlo Martello, 1950. Contributo per un superamento dei tradizionali schemi sessuologici, Napoli, Tip. G. Genovese, 1954. Nuovo contributo per un superamento dei tradizionali schemi sessuologici, Napoli, Ed. Carlo Martello, 1955 Lettere erotologiche, Napoli, Ed. Carlo Martello, 1956. Dialoghi dell'amore olarrenico, Napoli, Ed. Carlo Martello, 1964. L'altro viaggio, (opera in 4 volumi), Napoli, Denaro Editore, 2000. Voci correlate LIPU Vivara Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Giorgio Punzo Collegamenti esterni L. Miraglia (a cura di), Il vecchio guardiano del verde isolotto, su vivara.it. Biografie Portale Biografie: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di Biografie Categorie: Naturalisti italianiEtologi italianiFilosofi italiani del XX secoloNati nel 1911Morti nel 2005Nati il 29 maggioMorti il 1º marzoNati a NapoliMorti a Napoli[altre]

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