bianco: Carlo Bianco Carlo Bianco (Cervinara, 25 luglio
1911Cervinara, 9 aprile ) avvocato, filosofo e letterato italiano. Ha vissuto
per tutta la vita nella città natale, in provincia di Avellino. La sua intensa
e appassionata vita di uomo di cultura lo ha portato in giro per tutto il
mondo. Laureato in lettere, filosofia e
scienze, docente di filosofia morale all'Trento, fu un seguace del pensiero di
Platone e Marcuse. Fondatore della corrente del concretismo, dottrina
filosofica che propugna il rispetto di ogni fede religiosa, il credo
nell'aldilà e nella vita dopo la morte, ottenne nel 2004 la candidatura al
premio Nobel per la letteratura dalle Accademie italiane. Nel corso della sua carriera ricevette per
tre volte il premio della Presidenza del Consiglio dei ministri: nel 1953, nel
1975 e, infine, nel 1995. Accademico di Francia, membro della Columbia Academy,
nella sua lunga attività letteraria conseguì diversi diplomi e riconoscimenti.
Nel 2003 vinse il premio "Elsa Morante" che gli venne consegnato da
Maurizio Costanzo e Dacia Maraini. Il sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino
gli conferì la medaglia d'oro quale miglior ambasciatore della Campania nel
mondo. Bianco, infatti, era un valente conoscitore di lingue straniere,
compresi alcuni dialetti. Conosceva molti dialetti di paesi africani, che aveva
avuto modo di apprendere nei suoi frequenti viaggi; aveva conseguito, inoltre,
una laurea in scienze coloniali. L'Università Latina di Parigi gli conferì una
laurea honoris causa in lettere. Un
saggio biografico del 2001 e una raccolta di poesie curata da Alfredo Marro,
direttore del Caudino (mensile cervinarese col quale il filosofo ha a lungo
collaborato), si occupano del filosofo cervinarese. Nell'autunno , Franco
Martino gli dedicò una poesia dal titolo "A Carlo Bianco" nel suo
libro Paese mio carissimo. Bianco morì
il 9 aprile a 99 anni mentre stava
lavorando su un testo di Tommaso d'Aquino. Il 29 ottobre la città di Cervinara gli ha dedicato una
piazza nella natia frazione dei Salomoni.
Opere Introduzione a Kant, Edizione La nuova Italia letteraria, Bergamo,
1959. Saggio di filosofia dello spirito, Editrice La Zagara, 1960. L'Uomo sui
confini dell'ignoto, Edizioni centro ricerche Biopsichiche, Padova, 1966. La
morale come scienza della vita, Edizioni Studi e ricerche, Catania, 1968. La
morale come scienza della vita, Edizione Studi e Ricerche Catania, 1968. Tempi
di Sofistica, Edizioni studi e ricerche, Catania, 1968. Pensieri, Vincenzo
Ursini Editore, Catanzaro, 1990. L'uomo, l'inconoscibile, Edizioni Scientifiche
Internazionale, Napoli, 1996. La vita davanti a voi, Casa Editrice Fausto
Fiorentino, 1999. Note Vedi Cervinara
commemora Carlo Bianco articolo de la Repubblica, 3 settembre , Sezione Napoli,
Archivio storico. Vedi È morto Carlo
Bianco avvocato e candidato al Nobel nel 2006 articolo de la Repubblica, 11
aprile , Sezione Napoli, Archivio storico.
Alfredo Marro, Un gigante del pensiero, Edizioni Il Caudino, Cervinara
2001. Alfredo Marro, Biografie cervinaresi, Edizioni Il Caudino, Cervinara
2004. Alfredo Marro, Frammenti di un'animapoesie scelte di Carlo Bianco,
Edizioni Il Caudino, Cervinara 2006. Filomena Stanzione, Carlo Bianco nella
Cultura Caudina, Casa Editrice Fausto Fiorentino, Rotondi 2000. Carlo Bianco, poeta della fede e del dolore
biografia e nel sito "carlobianco.blogspot".
Filosofia Categorie: Avvocati italiani del XX secoloFilosofi italiani del XX
secoloLetterati italiani 1911 25 luglio
9 aprile Cervinara Cervinara
bobbio: essential Italian
philosopher, who’s written on Fregeian sense ‘senso,’the need for sensethe
search for sense, meaning meaning. «Il compito degli uomini
di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di
raccogliere certezze.» (Norberto Bobbio, Invito al colloquio, in Politica
e cultura, Einaudi, Torino 195515.) Norberto Bobbio (Torino, 18 ottobre
1909Torino, 9 gennaio 2004) filosofo, giurista, politologo, storico e senatore
a vita italiano. Considerato «al tempo stesso il massimo teorico del
diritto e il massimo filosofo [italiano] della politica […] nella seconda metà
del Novecento», fu «sicuramente quello che ha lasciato il segno più profondo
nella cultura filosofico-giuridica e filosofico-politica e che più generazioni
di studiosi, anche di formazione assai diversa, hanno considerato come un
maestro». Bobbio nacque a Torino il 18 ottobre 1909 da Luigi (medico) e
Rosa Caviglia. Una condizione familiare agiata gli permise un'infanzia
serena. Il giovane Norberto scrive versi, ama Bach e la Traviata, ma
svilupperà, per causa di una non ben determinata malattia infantile «la
sensazione della fatica di vivere, di una permanente e invincibile stanchezza»
che si aggravò con l'età, traducendosi in un taedium vitae, in un sentimento
malinconico, che si rivelerà essenziale per la sua maturazione
intellettuale. Studiò prima al Ginnasio e poi al Liceo classico Massimo
D'Azeglio dove conoscerà Leone Ginzburg, Vittorio Foa e Cesare Pavese, poi
divenute figure di primo piano della cultura dell'Italia repubblicana. Dal
1928, come molti giovani dell'epoca, fu infine iscritto al Partito Nazionale
Fascista. La sua giovinezza, come da lui stesso descritto fu:
"vissuta tra un convinto fascismo patriottico in famiglia e un altrettanto
fermo antifascismo appreso nella scuola, con insegnanti noti antifascisti, come
Umberto Cosmo e Zino Zini, e compagni altrettanto intransigenti antifascisti
come Leone Ginzburg e Vittorio Foa". Allievo di Gioele Solari e
Luigi Einaudi, si laureò in Giurisprudenza l'11 luglio 1931 con una tesi
intitolata Filosofia e dogmatica del Diritto, conseguendo una votazione di
110/110 e lode con dignità di stampa. Nel 1932 seguì un corso estivo
all'Marburgo, in Germania, insieme a Renato Treves e Ludovico Geymonat, ove
conoscerà le teorie di Jaspers e i valori dell'esistenzialismo. L'anno
seguente, nel dicembre 1933, conseguì la laurea in Filosofia sotto la guida di
Annibale Pastore con una tesi sulla fenomenologia di Husserl, riportando un
voto di 110/110 e lode con dignità di stampa, e nel 1934 ottenne la libera
docenza in Filosofia del diritto, che gli aprì le porte nel 1935
all'insegnamento, dapprima all'Camerino, poi all'Siena e a Padova (dal 1940 al
1948). Nel 1934 pubblicò il primo libro, L'indirizzo fenomenologico nella
filosofia sociale e giuridica. Le sue frequentazioni sgradite al regime
gli valsero, il 15 maggio 1935, un primo arresto a Torino, insieme agli amici
del gruppo antifascista Giustizia e Libertà; fu quindi costretto, a seguito di
una intimazione a presentarsi davanti alla Commissione provinciale della
Prefettura per discolparsi, a inoltrare esposto a Benito Mussolini. La chiara
reputazione fascista di cui godeva la famiglia gli permise però una piena
riabilitazione, tanto che, pochi mesi dopo, con il richiesto intervento di
Mussolini e di Gentile, ottenne la cattedra di filosofia del diritto a
Camerino, che era occupata da un altro ordinario ebreo, espulso a seguito delle
leggi razziali. Dopo un diniego iniziale a causa dell'arresto di tre anni
prima, fu reintegrato grazie all'intervento di Emilio De Bono, amico di
famiglia, mentre era presidente di commissione il cattolico e dichiarato
antifascista Giuseppe Capograssi. È in questi anni che Norberto Bobbio
delineò parte degli interessi che saranno alla base della sua ricerca e dei
suoi studi futuri: la filosofia del diritto, la filosofia contemporanea e gli
studi sociali, uno sviluppo culturale che Bobbio vive contemporaneamente al
contesto politico temporale. Un anno dopo le leggi razziali, infatti,
esattamente il 3 marzo 1939, giurò fedeltà al fascismo per poter ottenere la
cattedra all'Siena. E rinnovò il giuramento nel 1940, a guerra dichiarata, per
prendere il posto del professor Giuseppe Capograssi, a sua volta insediatosi
nel 1938 nella cattedra del professor Adolfo Ravà estromesso dall'Padova perché
ebreo. Questo episodio della sua vitaspesso riportato come se Bobbio avesse
preso direttamente il posto di Ravàfu poi oggetto di svariate polemiche.
Nel '42, un giovane Bobbio affermò davanti alla Società Italiana di Filosofia
del Diritto che Capograssi crebbe in «quel rinascimento idealistico del XX
secolo, nel nostro campo di studi iniziato, stimolato, e, quel ch'è di più,
criticamente fondato da Giorgio Del Vecchio». Nel 1942 partecipò al
movimento liberalsocialista fondato da Guido Calogero e Aldo Capitini e,
nell'ottobre dello stesso anno, aderì al Partito d'Azione clandestino.
Nei primi mesi del 1943 respinse l'"invito" del ministro Biggini (che
poco dopo redasse, su impulso di Mussolini, la costituzione della Repubblica di
Salò) a partecipare a una cerimonia presso l'Padova durante la quale si sarebbe
dedicata una lampada votiva da collocare al sacrario dei caduti della
rivoluzione fascista nel cimitero della città. Nel 1943 sposò Valeria
Cova: dalla loro unione nacquero i figli Luigi, Andrea e Marco. Il 6 dicembre
del 1943 fu arrestato a Padova per attività clandestina e rimase in carcere per
tre mesi. Nel 1944 venne pubblicato il saggio La filosofia del decadentismo,
nel quale criticò l'esistenzialismo e le correnti irrazionalistiche,
rivendicando al contempo le esigenze della ragione illuministica. Dopo la
liberazione collaborò regolarmente con Giustizia e Libertà, quotidiano torinese
del Partito d'azione, diretto da Franco Venturi. Collaborò all'attività del
Centro di studi metodologici con lo scopo di favorire l'incontro tra cultura
scientifica e cultura umanistica, e poi con la Società Europea di
Cultura. Nel 1945 pubblicò un'antologia di scritti di Carlo Cattaneo, col
titolo Stati uniti d'Italia, premettendovi uno studio, scritto tra la primavera
del 1944 e quella del 1945 dove sosteneva che il federalismo come unione di
stati diversi era da considerarsi superato dopo l'avvenuta unificazione
nazionale. Il federalismo a cui pensava Bobbio era quello inteso come
"teorica della libertà" con una pluralità di centri di partecipazione
che potessero esprimersi in forme di moderna democrazia diretta. Nel
1948 lasciò l'incarico a Padova e venne chiamato alla cattedra di filosofia del
diritto dell'Torino, annoverando corsi di notevole importanza come Teoria della
scienza giuridica (1950), Teoria della norma giuridica (1958), Teoria
dell'ordinamento giuridico (1960) e Il positivismo giuridico (1961). Dal
1962 assunse l'incarico di insegnare scienza politica, che ricoprirà sino al
1971; fu tra i fondatori della odierna facoltà di Scienze politiche all'Torino
insieme con Alessandro Passerin d'Entrèves, al quale subentrò nella cattedra di
filosofia politica nel 1972 mantenendola fino al 1979 anche per l'insegnamento
di Filosofia del diritto e Scienza politica. Dal 1973 al 1976 divenne preside
della facoltà ritenendo che mentre gli incarichi accademici fossero «onerosi e
senza onori» era l'insegnamento l'attività principale della sua vita: «un abito
e non solo una professione». La politica, del resto, divenne via via un
tema fondamentale nel suo percorso intellettuale e accademico, e parallelamente
alla pubblicazioni di carattere giuridico, aveva avviato un dibattito con gli
intellettuali del tempo; nel 1955 aveva scritto Politica e cultura, considerato
una delle sue pietre miliari, mentre nel 1969 era uscito il libro Saggi sulla
scienza politica in Italia. Nei venticinque anni accademici all'ombra
della Mole Antonelliana, Bobbio svolse anche diversi tra corsi su Kant, Locke,
lavori su Hobbes e Marx, Hans Kelsen, Carlo Cattaneo, Hegel, Vilfredo Pareto,
Gaetano Mosca, Piero Gobetti, Antonio Gramsci, e contribuì con una pluralità di
saggi, scritti, articoli e interventi di grande rilievo che lo portarono, in
seguito a diventare socio dell'Accademia dei Lincei e della British Academy.
Divenuto condirettore con Nicola Abbagnano della Rivista di filosofia a partire
dal '53, fu come questi socio dell'Accademia delle Scienze di Torino, della
quale entrò a far parte il 9 marzo dello stesso anno per essere confermato
socio nazionale e residente dal 26 aprile 1960. Significativa la
collaborazione, sul tema pacifista, col filosofo e amico antifascista Aldo
Capitini, le cui riflessioni comuni sfoceranno nell'opera I problemi della guerra
e le vie della pace (1979). Nel 1953 partecipò alla lotta condotta dal
movimento di Unità Popolare contro la legge elettorale maggioritaria e nel 1967
alla Costituente del Partito Socialista Unificato. Nel tempo delle
contestazioni giovanili, Torino fu la prima città a farsi carico della
protesta, e Bobbio, fautore del dialogo, non si sottrasse a un difficile
confronto con gli studenti, tra i quali il suo stesso primogenito Luigi che
militava all'epoca in Lotta Continua. Nel contempo, venne anche incaricato dal
Ministero per la Pubblica Istruzione quale membro della Commissione tecnica per
la creazione della facoltà di sociologia di Trento. Guido Calogero
e Norberto Bobbio alla Rencontres internationales de Genève (settembre 1953).
Nel 1971 Bobbio fu tra i firmatari della lettera aperta pubblicata sul
settimanale L'Espresso sul caso Pinelli. Nel 1998 Norberto Bobbio in una
lettera indirizzata ad Adriano Sofri pubblicata su La Repubblica ripudiò il
tono del linguaggio utilizzato nell'appello ma senza ritrattarne l'adesione al
contenuto di critica sui fatti legati a Piazza Fontana. Il 14 febbraio
1972 scrivendo a Guido Fassò intorno al problema democratico, Bobbio si sfogava
sostenendo che «questa nostra democrazia è divenuta sempre più un guscio vuoto,
o meglio un paravento dietro cui si nasconde un potere sempre più corrotto,
sempre più incontrollato, sempre più esorbitante [...] Democrazia di fuori,
nella facciata. Ma dietro la tradizionale prepotenza dei potenti che non sono
disposti a rinunciare nemmeno a un'oncia del loro potere, e lo mantengono con
tutti i mezzi, prima di tutto con la corruzione [...] La democrazia non è
soltanto metodo, ma è anche un ideale: è l'ideale egualitario. Dove questo
ideale non ispira i governanti di un regime che si proclama democratico, la
democrazia è un nome vano. Io non posso separare la democrazia formale da
quella sostanziale. Ho il presentimento che dove c'è soltanto la prima un
regime democratico non è destinato a durare [...] Sono molto amaro, amico mio.
Ma vedo questo nostro sistema politico sfasciarsi a poco a poco [...] a causa
delle sue interne, profonde, forse inarrestabili degenerazioni».[25] A
metà degli anni settanta, nel solco di un sempre più vivace impegno civile, e
alle soglie di uno dei periodi più drammatici in Italia (culminato col
rapimento e l'omicidio di Aldo Moro), provocò un vivace dibattito sia negando
l'esistenza di una cultura fascista sia trattando estensivamente sui rapporti
tra democrazia e socialismo. L'8 maggio 1981, alla vigilia dei referendum
sull'aborto, rilascia un'intervista al Corriere della Sera nella quale afferma
la sua contrarietà all'interruzione della gravidanza [26] Successivamente
la sua attenzione si concentrò a favore di una "politica per la
pace", con motivati distinguo a sostegno del diritto internazionale in
occasione della Guerra del Golfo del 1991. Delle venticinque lettere
inedite che fanno parte della corrispondenza epistolare che Bobbio tenne con
Danilo Zolo e che ora sono state rese pubbliche nel volume L'alito della libertà,
a cura dello stesso Zolo, interessante quella del 25 febbraio 1991 riguardante
la "Guerra del Golfo" che vide protagonisti nel gennaio del 1991 gli
Stati Uniti di George Bush senior, le forze dell'ONU e vari paesi arabi alleati
contro l'Iraq di Saddam Hussein che aveva invaso il Kuwait. Bobbio definì
"giusta" questa guerra non rendendosi conto che quella parola «...
poteva essere interpretata in modo diverso da come l'avevo intesa io... come
guerra "giustificata" in quanto rispondente a un'aggressione.» Bobbio
quindi si lamentò delle polemiche nate al riguardo da parte di "pacifisti
da strapazzo". Il fatto che l'ONU, scrisse Bobbio, avesse autorizzato
l'intervento in guerra contro l'Iraq, la rendeva "legale", in questo
senso, "giusta". Bobbio però riconobbe che l'ONU fosse stato
successivamente, nel corso della guerra, messo da parte e gli "spietati
bombardamenti" su Baghdad hanno fatto sì che si possa temere che «...se la
pace sarà instaurata con la stessa mancanza di saggezza con cui è stata condotta
la guerra, anche questa guerra sarà stata, come tante altre inutile.» Nel
1979 fu nominato professore emerito dell'Torino e nel 1984, ai sensi del
secondo comma dell'articolo 59 della Costituzione italiana, avendo «illustrato
la Patria per altissimi meriti» in campo sociale e scientifico, fu nominato
senatore a vita dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini. In quanto
membro del Senato si iscrisse prima come indipendente nel gruppo socialista,
poi dal 1991 al gruppo misto ed infine dal 1996 al gruppo parlamentare del
Partito Democratico della Sinistra, poi divenuto dei Democratici di
Sinistra.[27] Norberto Bobbio e Natalia Ginzburg a Barolo per
festeggiare gli ottant'anni di Vittorio Foa (4 ottobre 1990).[28] Nel 1994,
dopo la stagione di mani pulite, e la cosiddetta fine della Prima Repubblica,
venne pubblicato il saggio Destra e sinistra, i cui contenuti provocarono un
notevole dibattito culturale, agitando non poco l'humus della politica
italiana. Il libro toccò le cinquecentomila copie vendute in pochi mesi e venne
ripubblicato l'anno successivo, riveduto e ampliato, con risposte ai
critici. A riconoscimento di un'intera vita lucidamente dedicata alle
scienze del diritto, della politica, della filosofia e della società, tra
dubbio e metodo, tra ethos e laicità, Bobbio ricevette lauree honoris causa da
molte università, tra le quali quelle di Parigi (Nanterre), Buenos Aires,
Madrid (tre, in particolare alla Complutense) e Bologna,[29] e vinse il Premio
europeo Charles Veillon per la saggistica nel 1981, il Premio Balzan del
1994,[30] ed il Premio Agnelli nel 1995. Nel 1997 pubblicò la sua
autobiografia. Nel 1999 uscì una terza edizione aggiornata del suo best seller,
ormai tradotto in una ventina di lingue. Nel 2001 morì la moglie Valeria, e
Bobbio iniziò un graduale ritiro dalla vita pubblica, pur rimanendo in attività
e curando ulteriori pubblicazioni. Fecero rumore le sue osservazioni critiche
sia nei confronti di Silvio Berlusconi sia della partitopenia (ossia mancanza
di partiti)[31], e le riflessioni sulla crisi della sinistra e della
socialdemocrazia europea. Il 18 ottobre 2003, ricevette il "Sigillo
Civico" della sua Torino "per l'impegno politico e il contributo alla
riflessione storica e culturale". Dopo avervi trascorso la maggior
parte della vita, Norberto Bobbio morì a Torino il 9 gennaio 2004. Secondo le
sue volontà, alcuni giorni dopo la morte, la salma venne tumulata, con una
cerimonia civile strettamente privata nel cimitero di Rivalta Bormida, comune
piemontese in provincia di Alessandria.[32][33] Il pensiero di Norberto
Bobbio si forma nei primi decenni del Novecento in una temperie filosofica
dominata dell'idealismo. Tuttavia, come molti studiosi torinesi, non abbraccia
mai questa visione del mondo: dopo un primo accostamento alla fenomenologia,
significativamente attestato dalle sue opere sulla filosofia di Husserl, si
avvicina al filone neorazionalista e neoempirista fiorito in Europa,
specialmente oltralpe in Germania ed attorno al Circolo di Vienna. Negli
anni quaranta e cinquanta Bobbio entra in contatto con la filosofia analitica
di tradizione anglosassone. Compie studi di analisi del linguaggio, tracciando
le prime linee di ricerca della scuola analitica italiana di filosofia del
diritto, di cui è ancora oggi riconosciuto figura eminente di riferimento. Al
riguardo vanno menzionati perlomeno i due saggi: Scienza del diritto e analisi
del linguaggio del 1950[34] e Essere e dover essere nella scienza giuridica del
1967[35]. Dedica studi specifici a Hobbes, a Pareto e a molti filosofi e
teorici della politica di cui già s'è detto. Vede nell'Illuminismo un modello
di rigore e di rifiuto del dogmatismo di cui riprende l'ideale razionalistico,
traducendolo anche nell'analisi del sistema democratico e parlamentare. Sino
dagli anni cinquanta si occupa di temi quali la guerra e la legittimità del
potere, dividendo la sua produzione tra la filosofia giuridica, la storia della
filosofia e i temi di attualità politica. Durante gli ultimi anni del
fascismo, Bobbio matura la convinzione della necessità di uno Stato
democratico, che sgombri il campo dal pericolo della politica ideologizzata e
delle ideologie totalitarie sia di destra che di sinistra; auspica una gestione
laica della politica e un approccio filosofico-culturale ad essa, che aiuti a
superare la contrapposizione fra capitalismo e comunismo e a promuovere la
libertà e la giustizia. Nel saggio Quale socialismo? (1976), Bobbio
critica sia la dialettica marxista sia gli obiettivi dei movimenti
rivoluzionari, sostenendo che le conquiste borghesi dovevano estendersi anche
alla classe dei proletari. Bobbio ritiene fallimentare solo l'esperienza
marxista-leninista, mentre prevede che le istanze di giustizia rivendicate dai
marxisti possano, in futuro, riaffiorare nel panorama politico. Il
pensiero di Bobbio diviene così, soprattutto tra gli intellettuali dell'area
socialista, un modello esemplare, grazie al suo 'sapere impegnato', certamente
«più preoccupato di seminare dubbi che di raccogliere consensi». Egli stesso
riprenderà la riflessione su un tema a lui caro, quello del rapporto tra
politica e cultura, proponendo, tra le pagine di Mondoperaio, una «autonomia
relativa della cultura rispetto alla politica» secondo la quale «la cultura non
può né deve essere ridotta integralmente alla sfera del politico». Nel
1994 esce l'opera Destra e sinistra, nella quale Bobbio focalizza le differenze
fra le due ideologie e i due indirizzi politico-sociali; la destra, secondo
l'autore, è caratterizzata dalle tendenze alla disuguaglianza, al conservatorismo
ed è ispirata da interessi, mentre la sinistra persegue l'uguaglianza, la
trasformazione, ed è sospinta da ideali. In quest'opera, Bobbio si esprime
anche in favore dei diritti animali[36]. Nell'opera L'età dei diritti
(1990), Bobbio individua i diritti fondamentali che consentono lo sviluppo di
una democrazia reale e di una pace giusta e duratura. Una partecipazione
collettiva e non coercitiva alle decisioni comunitarie, una contrattazione
delle parti, l'allargamento del modello democratico a tutto il mondo, la
fratellanza fra gli uomini, il rispetto degli avversari, l'alternanza senza
l'ausilio della violenza, una serie di condizioni liberali, vengono indicati da
Bobbio come capisaldi di una democrazia, che seppur cattiva, è preferibile ad
una dittatura. Per tutta la vita scrittore di numerosissimi articoli,
anche tramite interviste, Norberto Bobbio incarna l'ideale della filosofia
critica e militante che lo vede protagonista anche del Centro di studi
metodologici di Torino e tra i fondatori del Centro studi Piero Gobetti di
Torino che conserva la sua biblioteca e il suo archivio, «Mi ritengo un
uomo del dubbio e del dialogo. Del dubbio, perché ogni mio ragionamento su una
delle grandi domande termina quasi sempre, o esponendo la gamma delle possibili
risposte, o ponendo ancora un'altra grande domanda. Del dialogo, perché non
presumo di sapere quello che non so, e quello che so metto alla prova
continuamente con coloro che presumo ne sappiano più di me.» (Norberto
Bobbio, Elogio della mitezza, Linea d'ombra edizioni, Milano 19948.) Contrario
alla figura dell'intellettuale «Profeta»[37], preferendo il ruolo del
«Mediatore» impegnato «nella difficile arte del dialogo» (e ciò è anche
testimoniato dal colloquio intrattenuto con i marxisti per un riesame critico
del loro «dogmatismo e settarismo» che coinvolse anche Togliatti)[38][39][40],
il suo atteggiamento teoretico fu segnato da una positiva «ambivalenza» fra una
posizione realista e una idealista che non rifuggiva le complessità del
discorso, ricorrendo sovente al paradosso. Ciò gli valse, in virtù dell'amore
per il dibattito che consideri «il pro e il contro» di ogni questione[41], la
qualifica di filosofo «de la indecisión» (Rafael de Asís Roig)[41][42], giacché
ogni suo «ragionamento su una delle grandi domande [si concludeva] quasi
sempre, o esponendo la gamma delle possibili risposte, o ponendo ancora
un'altra grande domanda».[43] Nell'ultimo libro che raccoglie saggi,
scritti e testimonianze su maestri, amici ed allievi, Bobbio comincia ricordando
i tre maestri Francesco Ruffini, Piero Martinetti e Tommaso Fiore. L'elenco
degli amici è lungo e annovera compagni di studio come Antonino Repaci[44][45]
come Renato Treves e Ludovico Geymonat e colleghi come Nicola Abbagnano, Bruno
Leoni, Alessandro Passerin d'Entrèves e Giovanni Tarello. Bobbio ricorda poi
gli allievi Paolo Farneti, Morris Lorenzo Ghezzi, Amedeo Giovanni Conte, Uberto
Scarpelli che, come Bobbio stesso scrive, nel 1972 fu naturaliter suo
successore a Torino sulla cattedra di Filosofia del diritto. Traggono
ispirazione dal pensiero di Bobbio le "lezioni Bobbio", svoltesi nel
2004, e la manifestazione "Biennale Democrazia" di
Torino. Medaglia d'oro ai benemeriti della scuola della cultura e
dell'artenastrino per uniforme ordinaria Medaglia d'oro ai benemeriti della
scuola della cultura e dell'arte — Roma, 2 giugno 1966.[46] Gran Croce del
Merito Civilenastrino per uniforme ordinariaGran Croce del Merito Civile —
Roma, 10 febbraio 1984. Laurea honoris causa in Scienze Politichenastrino per
uniforme ordinaria Laurea honoris causa in Scienze Politiche — Università degli
Studi di Sassari, 5 maggio 1994. Onorificenza dell'Ordine Messicano Aquila
Aztecanastrino per uniforme ordinaria Onorificenza dell'Ordine Messicano Aquila
Azteca — Torino, 21 novembre 1994. Intitolazioni A Norberto Bobbio è stata
intitolata la biblioteca dell'Torino, sita in Lungo Dora Siena, 100 A.
Gli è stato inoltre intitolato un istituto di istruzione superiore a Carignano,
nella provincia di Torino, denominato appunto "I.I.S Norberto
Bobbio". A lui è intitolata la biblioteca civica di Rivalta Bormida,
paese natale della madre Rosa Caviglia.[47] Opere Per una più completa ,
si rinvia a Carlo Violi, degli scritti
di Norberto Bobbio 1934-1993, Roma-Bari, Laterza, 1995, 978-88-420-4778-0. Norberto Bobbio,
L'indirizzo fenomenologico nella filosofia sociale e giuridicaDi Lucia, Torino,
Giappichelli, [1934], 978-88-921-0936-0. Norberto Bobbio, Scienza e
tecnica del diritto, Torino, Istituto giuridico della Regia Università,
1934, . Norberto Bobbio, L'analogia
nella logica del dirittoDi Lucia, Milano, Giuffrè, 2006 [1938], 978-88-14-13218-6. Norberto Bobbio, La
consuetudine come fatto normativo, introduzione di P. Grossi, Torino,
Giappichelli, [1942], 978-88-348-1745-2. Norberto Bobbio, La
filosofia del decadentismo, Torino, Chiantore, 1944, . Carlo Cattaneo e Norberto Bobbio, Stati
Uniti d'Italia. Scritti sul federalismo democratico, prefazione di N. Urbinati,
Roma, Donzelli, [1945], 978-88-6036-505-7. Norberto Bobbio, Teoria
della scienza giuridica, Torino, Giappichelli, 1950, . Norberto Bobbio, Politica e cultura,
introduzione e cura di F. Sbarberi, Torino, Einaudi, 2005 [1955], 978-88-06-17292-3. Norberto Bobbio, Studi
sulla teoria generale del diritto, Torino, Giappichelli, 1955, . Norberto Bobbio, Teoria della norma
giuridica, Torino, Giappichelli, 1958, .
Norberto Bobbio, Teoria dell'ordinamento giuridico, Torino, Giappichelli, 1960, . I corsi di lezione sulla norma e
sull'ordinamento giuridico sono stati rifusi in Norberto Bobbio, Teoria
generale del diritto, Torino, Giappichelli, 1993, 88-348-3071-7. Norberto Bobbio, Il
positivismo giuridico, Lezioni di Filosofia del diritto raccolte dal dott.
Nello Morra, Torino, Giappichelli, 1996 [1961],
88-348-6167-1. Norberto Bobbio, Locke e il diritto naturale,
introduzione di Gaetano Pecora, Torino,
[1963], 978-88-921-0945-2.
Norberto Bobbio, Da Hobbes a Marx. Saggi di storia della filosofia, 2ª ed.,
Napoli, Morano, 1971 [1964], . Norberto
Bobbio, Italia civile. Ritratti e testimonianze, 2ª ed., Firenze, Passigli,
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Treccani, . 28 aprile . A puro titolo
d'esempio si veda Diego Gabutti, Norberto Bobbio non esitò a occupare la
cattedra del professore ebreo Adolfo Ravà, cacciato dall'università per motivi
razziali, in ItaliaOggi, 31 maggio 13. 28 aprile . Francesco Gentile, Società italiana di filosofia
del diritto (atti del XXV Congresso), La via della guerra e il problema della
pace, Vincenzo Ferrari, Filosofia giuridica della guerra e della pace, Milano,
Courmayeur, Franco Angeli, 21-23 settembre 2006545, 978-88-464-9578-5, 230711533. 10 luglio (archiviato il 10 luglio ). "Laicità e immanentismo nel pensiero di
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54. Nicola Abbagnano, Storia della
filosofia, volume 9. Il pensiero contemporaneo: il dibattito attuale, UTET, Torino
1998361. Norberto Bobbio, Tra due
repubbliche: alle origini della democrazia italiana, Donzelli Editore, 1996
pag.149 88-7989-211-8 A ottobre del 1955 Fortini si reca in Cina in
visita ufficiale nella Repubblica Popolare Cinese con la prima delegazione
italiana formata, tra gli altri, da Piero Calamandrei, Norberto Bobbio, Enrico
Treccani e Cesare Musatti. Il viaggio durerà un mese e il diario della visita
verrà pubblicato l'anno seguente in Asia Maggiore. Così Fortini chiama scherzosamente Bobbio assimilandolo
a Cartesio (Descartes) e al suo razionalismo
Franco Fortini, Asia Maggiore, Einaudi, Torino 1956, 121-123.
Ricordo di Norberto bobio, in Rivista di Filosofia, XCV, n. 1, Bologna, Società Editrice Il
Mulino, Aprile 2004. 13 marzo (archiviato
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Fontana" Guido Fassò, La democrazia
in Grecia, Giuffrè Editore, Milano 1999XI.
«con l'aborto si dispone di una vita altrui». Affermava la necessità di
evitare il concepimento non voluto e non gradito; e concludeva, rispondendo a
Nascimbeni: «Vorrei chiedere quale sorpresa ci può essere nel fatto che un
laico consideri come valido in senso assoluto, come un imperativo categorico,
il "non uccidere". E mi stupisco a mia volta che i laici lascino ai
credenti il privilegio e l'onore di affermare che non si deve uccidere».(in
Intervista a Bobbio) Senato della
Repubblica, su senato.it. N. Bobbio,
ventesima tavola fuori testo. Centenario
Norberto Bobbio, su centenariobobbio.it 5 aprile 2009). Premio Balzan [collegamento interrotto], su
balzan.com. I timori di Bobbio
Democrazia senza partitiLa Repubblica Ha
lasciato scritto Norberto Bobbio: «Ho compiuto 90 anni il 18 ottobre. La morte
dovrebbe essere vicina a dire il vero, l'ho sentita vicina tutta la vita. Non
ho mai neppure lontanamente pensato di vivere così a lungo. Mi sento molto
stanco, nonostante le affettuose cure di cui sono circondato, di mia moglie e
dei miei figli. Mi accade spesso nella conversazione e nelle lettere di usare
l'espressione 'stanchezza mortale'. L'unico rimedio alla stanchezza 'mortale' è
il riposo della morte. Decido funerali civili in comune accordo con mia moglie
e i miei figli. In un appunto del 10 maggio 1968 (più di trent'anni fa) trovo
scritto: vorrei funerali civili. Credo di non essermi mai allontanato dalla
religione dei padri, ma dalla Chiesa sì. Me ne sono allontanato ormai da troppo
tempo per tornarvi di soppiatto all'ultima ora. Non mi considero né ateo né
agnostico. Come uomo di ragione e non di fede, so di essere immerso nel mistero
che la ragione non riesce a penetrare fino in fondo, e le varie religioni interpretano
in vari modi. Alla morte si addice il raccoglimento, la commozione intima di
coloro che sono più vicini, il silenzio. Breve cerimonia in casa, o, se sarà il
caso, in ospedale. Nessun discorso. Non c'è nulla di più retorico e fastidioso
dei discorsi funebri». (Ne La Repubblica del 10 gennaio 2004 la cronaca del
funerale di Bobbio.) Né ateo né
agnostico ma lontano dalla Chiesa, in «La Repubblica», 10 gennaio 2004. Norberto Bobbio, Scienza del diritto e
analisi del linguaggio , in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile,
n. 2, giugno 1950, 342-367. 5 luglio
. Norberto Bobbio, Essere e dover essere
nella scienza giuridica , in Rivista di filosofia, n. 3, luglio-settembre
1967, 235-262. 5 luglio . «Mai come nella nostra epoca sono state messe
in discussione le tre fonti principali di disuguaglianza: la classe, la razza
ed il sesso. La graduale parificazione delle donne agli uomini, prima nella
piccola società familiare e poi nella più grande società civile e politica è
uno dei segni più certi dell'inarrestabile cammino del genere umano verso
l'eguaglianza. E che dire del nuovo atteggiamento verso gli animali? Dibattiti
sempre più frequenti ed estesi, riguardanti la liceità della caccia, i limiti
della vivisezione, la protezione di specie animali diventate sempre più rare,
il vegetarianesimo, che cosa rappresentano se non avvisaglie di una possibile
estensione del principio di eguaglianza al di là addirittura dei confini del
genere umano, un'estensione fondata sulla consapevolezza che gli animali sono
eguali a noi uomini, per lo meno nella capacità di soffrire? Si capisce che per
cogliere il senso di questo grandioso movimento storico occorre alzare la testa
dalle schermaglie quotidiane e guardare più in alto e più lontano». (da Destra
e sinistra, Donzelli, Roma 1994) N.
BobbioLIV, nota 11: «È significativo che nella sua ultima lezione accademica
tenuta come titolare della cattedra di Filosofia della politica a Torino il 16
maggio 1979, ‘presente’ come egli stesso ricorderà ‘il collega cui mi sentivo
intellettualmente e politicamente più vicino, Alessandro Passerin d'Entrèves’,
Bobbio abbia citato ‘con forza la celebre frase che subito dopo la Prima guerra
mondiale, di fronte agli allievi, che pretendevano dal celebre professore un
orientamento politico, Max Weber pronunciò: «La cattedra non è né per i
demagoghi né per i profeti»’. (N. Bobbio, Il mestiere di vivere, il mestiere di
insegnare, il mestiere di scrivere, colloquio con Pietro Polito, in “Nuova
Antologia”, a. CXXXIV, 583, fasc. 2211,
luglio-settembre 1999, 5-47)». N. Abbagnano, Storia della filosofia, IX, UTET per Gruppo Editoriale L'Espresso
S.p.A., Torino 2006, 459-460, ove è
detto: «Bobbio, dai primi anni Cinquanta in poi, ha ricorrentemente tallonato
la sinistra marxista, provocandola con intenti costruttivi e spingendola ad un
esame critico del suo persistente dogmatismo e settarismo. Il documento più
importante di tali provocazioni, nel decennio in esame, è la raccolta di saggi
Politica e cultura del 1955. Alcuni di questi saggi appaiono in origine sulla
rivista ‘Nuovi argomenti' che [...] costituisce in quegli anni uno dei più
significativi luoghi d'incontro tra area laica e quella marxista. Lì appare,
nel 1954, uno dei saggi più provocatori, in senso costruttivo, [...] rivolti a
quest'area (dalla quale si risponderà con gli interventi di Della Volpe e di
Togliatti): quello dal titolo molto significativo Democrazia e dittatura». Scrive Bobbio: «Pur non essendo mai stato
comunista [...] [e] avendo dedicato la maggior parte degli scritti di critica
politica a discutere coi comunisti su temi fondamentali come la libertà e la
democrazia [...], [ho] sempre considerato i comunisti, o per lo meno i
comunisti italiani, non come nemici da combattere ma come interlocutori di un
dialogo sulle ragioni della sinistra». (N. Bobbio, Teoria generale della
politica, Einaudi, Torino 2009618) Sul
pensiero di Bobbio circa il comunismo, si veda anche l'intervista Giancarlo
Bosetti, «No, non c'è mai stato il comunismo giusto» , in l'Unità, 3 aprile 1998.
Segue alla pagina successiva Archiviato il 26 agosto in .. N. Bobbio203. N. BobbioXVII. N. Bobbio, Elogio della mitezza, Linea
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Epistolario Norberto BobbioDanilo Zolo Norberto Bobbio, dal sito
dell'ANPIAssociazione Nazionale Partigiani d'Italia (ultimo accesso del 15
ottobre 2009) I presupposti filosofici nell'opera di Norberto Bobbio di Franco
Manni V D M Antifascismo (1919-1943) V D M Senatori a vita di nomina
presidenziale Filosofia Politica
Politica Storia Storia Categorie:
Senatori della IX legislatura della Repubblica ItalianaSenatori della X
legislatura della Repubblica ItalianaSenatori dell'XI legislatura della
Repubblica ItalianaSenatori della XII legislatura della Repubblica
ItalianaSenatori della XIII legislatura della Repubblica ItalianaSenatori della
XIV legislatura della Repubblica ItalianaFilosofi italiani del XX
secoloGiuristi italiani del XX secoloPolitologi italiani 1909 2004 18 ottobre 9
gennaio Torino TorinoSenatori a vita italianiReligione e politicaAntifascisti
italianiPolitici del Partito d'AzioneBrigate Giustizia e LibertàPersone legate
alla Resistenza italianaResistenza padovanaVincitori del premio BalzanTeorici
dei diritti animaliPersonalità dell'agnosticismoOppositori della pena di
morteProfessori dell'Università degli Studi di CamerinoProfessori
dell'Università degli Studi di TorinoMembri dell'Accademia delle Scienze di
TorinoRettori dell'Università degli Studi di TrentoLaureati Honoris Causa
dell'BolognaFilosofi del dirittoFilosofi della politica. Refs.:
Luigi Speranza, "Grice e Bobbio," per Il Club Anglo-Italiano, The
Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
BOCCADIFERRO Ludovico
Boccadiferro Bologna: la tomba di
Boccadiferro nella basilica di San Francesco Ludovico Boccadiferro (Bologna)
filosofo e umanista italiano. Il suo nome latino è 'Ludovicus Buccaferrea, Nato a Bologna nel 1482 da una illustre
famiglia cittadina, dopo aver seguito le lezioni dei filosofi Alessandro
Achillini dal quale derivò il suo orientamento averroistico, e forse Pietro
Pomponazzi, presso lo Studio di Bologna, Ludovico Boccadiferro insegnò a sua
volta filosofia nella medesima università. Nel 1525 si trasferì alla Sapienza
di Roma ove ebbe modo di farsi apprezzare anche da papa Clemente VII. Alla
Sapienza rimase sino al 1527 quando, a seguito del rovinoso sacco di Roma dei
lanzichenecchi, tornò a Bologna per riprendere l'insegnamento che mantenne fino
sua alla morte, avvenuta nella città natale a circa sessantatré anni nel 1545.
È sepolto in una tomba monumentale all'interno della basilica di San Francesco
a Bologna. Scrisse diverse opere, in
buona parte edite postume o mai pubblicate, sulla filosofia aristotelica. Opere Explanatio libri I. Physicorum
Aristotelis. Ex Ludouici Buccaferreae, ..., Venezia, in Academia Veneta, 1558.
Noua explanatio Topicorum Aristotelis, Venezia, in Academia Veneta, 1559. Ludouici
Buccaferrei Bononiensis, ... Lectiones, in quartum Meteororum Aristotelis
librum, Venetiis, ex officina Francisci Senensis, 1563. Ludouici Buccaferrei
Bononiensis philosophi praeclarissimi Lectiones super primum librum
meteorologicorum Aristotelis, nunc recens in lucem editae. Additi etiam sunt
duo indices, tum rerum, tum quaestionum copiosissimi, Venetiis, apud Ioannem
Baptistam Somascum Papiensem, 1564. Domini Ludouici Buccaferrei ... Lectiones
super tres libros De anima Arist. Nunc recens in lucem aeditae, cum
copiosissimo indice tam rerum notabilium quam quaestionum quae in uniuerso
opere continentur, Venetiis, apud Ioan. Baptistam Somascum, & fratres,
1566. Explanatio libri primi Physicorum Aristotelis. Ex Ludouici Buccaferrei,
... lectionibus excerpta. Recenti hac nostra editione quam potuit
diligentissime expolita, atque elaborata, Venetiis, apud Hieronymum Scotum,
1570. Ludouici Buccaferrei Bononiensis ... Lectiones in Aristotelis Stagiritae
libros, quos vocant Parua naturalia, Venetiis, apud Hieronymum Scotum, 1570.
Ludouici Buccaferrei Bononiensis, ... Lectiones, in secundum, ac tertium
meteororum Aristotelis libros, Venetiis, apud Hieronymum Scotum, 1570. Ludouici
Buccaferrei Bononiensis ... In duos libros Aristotelis De generatione et
corruptione doctissima commentaria. A Ioanne Carolo Saraceno nunc primùm
castigata, atque diligentissimè repurgata. Necnon copiosissimo atque
locupletissimo indice ab eodem nunc primùm amplificata atque illustrata,
Venetiis, apud Franciscum de Franciscis Senensem, 1571. Ludouici Buccaferrei
... Lectiones super primum librum Meteorologicorum Aristotelis, duo additi
etiam sunt indices, nempe rerum ac quæstiorum copiosissimi, Venetiis, apud
hæredem Hieronymi Scoti, 1590. Note Vedi
Treccani.it L'Enciclopedia Italiana, riferimenti in . Fonte Dizionario Biografico degli Italiani,
riferimenti in . Antonio Rotondò,
«BOCCADIFERRO, Ludovico», in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 11,
Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1969. Charles H. Lohr, «The Aristotle
commentaries of Ludovicus Buccaferrea», Nouvelles de la république des lettres,
1984, pp . 107-18. Alessandro Achillini
Averroè Aristotelismo Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia
Commons contiene immagini o altri file su Ludovico Boccadiferro Ludovico Boccadiferro, su Treccani.itEnciclopedie
on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Ludovico Boccadiferro, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Opere di
Ludovico Boccadiferro, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Ludovico
Boccadiferro, . Ritratto di Ludovico
Boccadiferro Quadreria dell'Bologna, Archivio storico. il 24 marzo .
Averroismo, in Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009.
Filosofia Filosofo Professore1482 1545 3 maggio Bologna BolognaUmanisti
italiani
BOCCANEGRA Alberto
Boccanegra (n. Venezia), filosofo.
Osvaldo Boccanegra nacque a Venezia, figlio primogenito di Antonio e Ida
Camerin. Partecipò alla seconda guerra mondiale come sottotenente del Regio
esercito, richiamato alle armi nel 1941. Nei giorni successivi all'armistizio
di Cassibile riuscì a sottrarsi alle rappresaglie naziste e si ricongiunse
all'esercito italiano a Catanzaro, dove spesso prestò servizio presso la Croce
rossa. Formazione Durante gli anni della
leva trovò il tempo per dedicarsi allo studio dell'intero Organon di
Aristotele. Nel 1948 ottenne il dottorato in filosofia presso l'Università
Cattolica di Milano con una tesi dal titolo I primi principi in Duns Scoto.
Presupposti e corollari. Nell'ateneo milanese, dove Boccanegra frequentava la
cerchia dei neo-tomisti radunatisi attorno a Gustavo Bontadini, gli venne
offerta la cattedra di filosofia teoretica che lui, tuttavia, rifiutò. In
quegli anni scrisse e divulgò le sue idee alternative sulla rivista filosofica Vita
e Pensiero. Entrò a far parte dell'Ordine Domenicano a San Domenico di Fiesole
il 10 ottobre 1948 con il nome religioso di frà Alberto, che lo accompagnò di
lì in poi anche in occasione della pubblicazione delle sue opere. Il 14 ottobre 1949 entrò al Pontificio Ateneo
Angelicum di Roma per lo studio delle materie filosofiche e teologiche dove nel
1953 discusse la sua tesi dottorale in filosofia (De dynamismo entis) e nel
1954 ottenne il lettorato in teologia grazie al suo Fundamenta metaphisica, tractatus
de Deo secundum S. Thomam. Ordinato sacerdote a San Marco di Firenze il 25
luglio 1953 non abbandonò più il convento di San Domenico di Fiesole. Attività filosofica, teologica e critica
Boccanegra lasciò per sempre incompiuto il suo trattato dottorale in teologia,
ma nel 1969 pubblicò comunque una esauriente sintesi del suo pensiero su vari
numeri della rivista filosofica “Sapienza”. Fu per anni vice direttore della
Commissione per la traduzione della Somma Teologica di Tommaso d'Aquino in
Italiano presieduta da Tito Centi. Gli imponenti schemi riassuntivi sono
consultabili nei 35 volumi editi dalle ESD di Bologna. Degne di nota furono le
sue corpose introduzioni alla Summa di d'Aquino pubblicate in più edizioni a
partire dal 1959. Neotomista, è considerato
da alcuni filosofo metafisico per altro tra i più rilevanti, mentre altri lo
ricordano tra i teologi cattolici di spicco. La sua attività preferita
tuttavia, fu l'insegnamento e la divulgazione. Negli anni settanta Professoreè
professore di filosofia al Pontificio Ateneo Angelicum di Roma. Di tale corso
ci restano le dispense dal titolo: Frammenti di metafisica iniziale. Per più di
vent'anni ha insegnato filosofia e teologia nello Studio Teologico Accademico
Bolognese e nello Studio Teologico Fiorentino.
Migliaia di pagine manoscritte sono conservate dopo la sua morte
nell'archivio conventuale di San Domenico di Fiesole. Fu autore di
pubblicazioni ed articoli filosofici comparsi o recensiti su riviste italiane ed
internazionali. Fu confessore ricercato
soprattutto dai giovani. Nonostante una malattia che lo ha accompagnato e
provato per quasi tutta la vita costringendolo a cure costanti, riusciva
quotidianamente a fare escursioni per diversi chilometri. Quando negli ultimi
anni le sue forze non gli permisero di continuare la ricerca, si dedicò alla
preghiera costante, sia di giorno che di notte.
Saggi e pubblicazioni La beatitudine Gli atti umani (I-II, qq. 1-21),
Edizioni Studio Domenicano, 1985 La prova radicale dell'esistenza di Dio e i
suoi rapporti con l'antropologia, 1969 Osservazioni sul fondamento della
moralità, 1975 Pluralismo teologico di «tolleranza» o di «diritto»?, 1966 Circa
la relazione di G. Bontadini, 1973 La persona umana centro della metafisica
tomistica, 1969 Note Nome di battesimo. Angelo Belloni, Biografia di Alberto
Boccanegra, Ordine dei frati predicatori Domenicani, Provincia Romana di S.
Caterina da Siena, luglio Relatore
Amato Masnovo. Alberto Boccanegra,
L'uomo in quanto persona centro della metafisica tomista, su “Sapienza”, numero
3-4, XXII (1969), 410-513 Alberto Boccanegra, “La Somma
teologica”, VIII, La Beatitudine; Gli
Atti umani (I-II, qq.1-21)” (Prima edizione 1959, seconda 1984) Giuseppe Del
Re, The cosmic dance: science discovers the mysterious harmony of the universe,
Templeton Foundation Press, 2000,
1890151254. p. 62 Giuseppe
Barzaghi, Diario di metafisica. Concetti e digressioni sul senso dell'essere,
Volume 3, Studio Domenicano, 1997,
887094270870. Giovanni Cavalcoli,
Enrico Maria Radaelli, La questione dell'eresia in Rahner. Archiviato il 30
dicembre 2009 in ., articolo uscito su «Divinitas», anno LI, n. 3, III
quadrimestre 2008. Alberto Boccanegra,
L'uomo in quanto persona centro della metafisica tomista, su
"Sapienza", nn. 3-4, XXII, 1969,
410-513 Alberto Boccanegra, Il rinnovamento metodologico
nell'insegnamento della filosofia, "Revue internationale de
philosophie", Edizioni 87-90, 1969 L'homme et la moraleOrigine et sources
de la morale thomisteÉlaboration de la théologie comme science dans l'œuvre de
saint Thomas, "Revue thomiste", recensione, Volume 62, Saint-Maximin
(France), École de théologie pour les missions176. "Revista nacional de
cultura", recensione, Edizioni 173-178, Ministerio de Educación, Instituto
Nacional de Cultura y Bellas Artes, 196653.311595467 Identities-311595467 Biografie Biografie Cattolicesimo Cattolicesimo Filosofo del XX secoloTeologi
italiani 1920 19 ottobreMorti l'11
luglio Venezia FiesoleDomenicani italiani
BOCCHI: Gianluca
Bocchi «La nostra età non ha soltanto
vissuto l'esperienza della relatività da ogni punto di vista. Ha fatto
soprattutto l'esperienza dell'incompiutezza di ogni punto di vista. La
contingenza, la singolarità e l'irripetibilità di ogni punto di vista sono
condizioni indispensabili per avere accesso al mondo, per dialogare con gli
altri punti di vista, per creare nuovi mondi»
«Per noi, raccogliere la sfida della complessità significa considerare
la scienza una via importante per riannodare i legami con le altre tradizioni,
per riscoprire con interesse i loro significati profondi, per esplorare la
varietà delle esperienze cognitive, emotive, estetiche, spirituali della specie
umana» «Il nostro continente è sempre
stato sede di migrazioni, di interazioni, di contrasti e di conflitti fra
popoli e stirpi differenti, e questa diversità di radici è un elemento
integrante dei suoi sviluppi passati e presenti.» Niente fonti! Questa voce o sezione
sull'argomento filosofi italiani non cita le fonti necessarie o quelle presenti
sono insufficienti. Puoi migliorare questa voce aggiungendo citazioni da fonti
attendibili secondo le linee guida sull'uso delle fonti. Gianluca Bocchi
(Milano, 19 dicembre 1954) è un filosofo italiano. Gianluca Bocchi È un filosofo della scienza
e della storia, esperto di scienze biologiche ed evolutive, di storia globale,
di storia urbana, di geopolitica, di storia delle idee, delle culture, delle
lingue. Ha fra l'altro introdotto in Italia, con Mauro Ceruti, le tematiche
concernenti le scienze dei sistemi complessi e la connessa epistemologia della
complessità, contribuendo altresì alla loro diffusione a livello
internazionale. Pubblicazioni Disordine
e costruzione. Un'interpretazione epistemologica dell'opera di Jean Piaget (con
Mauro Ceruti), Milano, Feltrinelli, 1981. Modi di pensare postdarwiniani.
Saggio sul pluralismo evolutivo (con Mauro Ceruti), Bari, Dedalo, 1984. La
sfida della complessità (con Mauro Ceruti), Milano, Feltrinelli, 1985, (nuova
edizione con nuova introduzione, Milano, Bruno Mondadori, 2007). Un nouveau commencement
(con Edgar Morin e Mauro Ceruti), Seuil, Paris, 1991. L'Europa nell'era
planetaria (con Edgar Morin e Mauro Ceruti), Milano, Sperling and Kupfer, 1991.
Origini di storie (con Mauro Ceruti), Milano, Feltrinelli, 1993, 88-07-10295-1. (tr. inglese The Narrative
Universe, NJ, Hampton Press; tr. spagnola El sentido de la historia, Editorial
Débate, Madrid; tr. portoghese Origens e Historias, Instituto Piaget, Lisbona).
La formazione come costruzione di nuovi mondi, Roma, Formez-Censis, 1993. Solidarietà
o barbarie. L'Europa delle diversità contro la pulizia etnica (a cura di, con
Mauro Ceruti), Milano, Raffaello Cortina, 1994. Le radici prime dell'Europa.
Gli intrecci genetici, linguistici, storici (a cura di, con Mauro Ceruti),
Milano, Bruno Mondadori, 2001. Origini della scrittura. Genealogie di
un'invenzione (a cura di, con Mauro Ceruti), Milano, Bruno Mondadori, 2002.
Educazione e globalizzazione (con Mauro Ceruti), Milano, Raffaello Cortina,
2004, 88-7078-865-2. Una e molteplice.
Ripensare l'Europa (con Mauro Ceruti), Milano, Tropea, 2009. Le città di
Berlino (con Laura Peters), Bologna, Bononia University Press, 2009. Le vie
della formazione. Creatività, innovazione, complessità (con Francesco
Varanini), Milano, Guerini, . L'Europa globale. Epistemologie delle identità,
Roma, Studium, , 978-88-382-4323-3.
Borderscaping: Imaginations and Practices of Border Making (a cura di, con
Chiara Brambilla, Jussi Laine, James W. Scott), Farnham (Surrey, UK), Ashgate,
. Note Gianluca Bocchi, Mauro Ceruti,
Origini di storie, Prefazione, Milano, Feltrinelli, 199312, 88-07-10295-1
Gianluca Bocchi, Mauro Ceruti, La sfida della complessità, Introduzione
alla nuova edizione, Milano, Bruno Mondadori, 2007, p.XXII. Gianluca Bocchi, L'Europa globale.
Epistemologie delle identità, Mille anni d'Europa, fra globale e locale, Roma,
Studium, 26. 978-88-382-4323-3. Sito ufficiale, su gianlucabocchi.it. 10
aprile (archiviato dall'url originale
l'8 settembre ). CE.R.CO, su cercounibg.it. 2 giugno 14 maggio ). Filosofia Filosofo Professore1954
19 dicembre Milano
bodei: essential Italian philosopher. Remo Bodei (Cagliari, 3 agosto 1938Pisa, 7 novembre )
filosofo e accademico italiano. Laureato all'Pisa, perfezionò la sua
preparazione teoretica e storico-filosofica a Tubinga e Friburgo, frequentando
le lezioni di Ernst Bloch ed Eugen Fink; a Heidelberg, con Karl Löwith e Dieter
Henrich; poi all'Bochum. Conseguì inoltre il diploma di licenza e il diploma di
perfezionamento della Scuola Normale Superiore. Fu visiting professor
presso le Cambridge, Ottawa, New York, Toronto, Girona, Città del Messico, UCLA
(Los Angeles) e tenne conferenze in molte università europee, americane e
australiane. Dal 1981 al 1983 fu nel comitato redazionale della rivista
Laboratorio politico. Dal 1995 collaborava con Massimo Cacciari, Massimo
Donà, Giuseppe Barzaghi, Salvatore Natoli e Stefano Zamagni nell’iniziativa La
filosofia nei luoghi del silenzio, un tentativo di coniugare filosofia e
contemplazione nella forma del ritiro comunitario. Dal 2006 fu docente di
ruolo in Filosofia alla UCLA di Los Angeles, dopo aver a lungo
insegnato Storia della filosofia ed Estetica alla Scuola Normale Superiore
e all'Pisa, dove continuò a tenere, sia pur saltuariamente, qualche
corso. Era anche membro dell'Advisory Board internazionale dello
IEDIstituto Europeo di Design. Dal 13 novembre Remo Bodei fu socio corrispondente
dell'Accademia dei Lincei, per la classe di Scienze Morali, Storiche e
Filosofiche. Remo Bodei è morto il 7 novembre , a 81 anni. Era marito
della storica Gabriella Giglioni. I suoi libri sono stati tradotti in
molte lingue. Pensiero Si interessò a fondo della filosofia classica
tedesca e dell'Idealismo, esordendo con la fondamentale monografia Sistema ed
epoca in Hegel, dopo aver già tradotto in italiano l'importante Hegels Leben
(Vita di Hegel) di Johann Karl Friedrich Rosenkranz. Appassionato cultore della
poesia hölderliniana, all'autore dell'Hyperion dedicò saggi di notevole
interesse. Con il volume Geometria delle passioni estese la sua meditazione
anche a protagonisti della filosofia moderna come Cartesio, Hobbes e
soprattutto Spinoza. Studioso del pensiero utopistico del Novecento, in
particolare del marxismo eterodosso di Ernst Bloch e di autori 'francofortesi'
come Theodor Adorno e Walter Benjamin, intervenne nella discussione sulla
filosofia politica italiana, confrontandosi e dialogando in particolare con
Norberto Bobbio, Michelangelo Bovero, Salvatore Veca e Nicola Badaloni. Nei
suoi studi sull'estetica curò l'edizione dell'Estetica del brutto di Johann
Karl Friedrich Rosenkranz e analizzò in particolare concetti centrali come le
categorie del bello e del tragico. Costante la sua attenzione per Sigmund Freud
e gli sviluppi della psicoanalisi, per le logiche del delirio e per fenomeni in
apparenza quotidiani ma sconvolgenti come l'esperienza del déjà vu. Filosofo di
una ragione laica, sulla scia di Ernst Bloch, autore di Ateismo nel
cristianesimo, cercò di distillare anche nel teorico del compelle intrare,
Agostino d'Ippona, le possibili linee di un "ordo amoris" capace di
assicurarci quell'identità in cui, come vuole il Padre della Chiesa, saremmo
noi stessi pienamente: dies septimus, nos ipsi erimus ("il settimo giorno
saremo noi stessi"). Nel 1992 vinse il Premio Nazionale Letterario
Pisa Sezione Saggistica. Bodei inoltre curò la traduzione e l'edizione
italiana di testi di Hegel, Karl Rosenkranz, Franz Rosenzweig, Ernst Bloch,
Theodor Adorno, Siegfried Kracauer, Michel Foucault. Molti suoi lavori
hanno per oggetto lo spessore e la storia delle domande che riguardano la
ricerca della felicità da parte del singolo, le indeterminate attese collettive
di una vita migliore, i limiti che imprigionano l'esistenza e il sapere entro
vincoli politici, domestici e ideali. Già in Scomposizioni (1987), affrontò
alcuni temi della genealogia dell'uomo contemporaneo e propose la metafora
della geometria variabile per indagare le strutture concettuali ed espositive
che, contraendosi o espandendosi sino a noi, orientano la percezione e la formulazione
di problemi. La sua analisi dell'interazione di queste configurazioni mobili
proseguì in Geometria delle passioni (1991) e in Destini personali (2002) che
hanno avuto rilevante successo di pubblico. Alla divulgazione dell'amore
per la filosofia dedicò alcune conferenze e un libro (Una scintilla di fuoco,
2005). Negli ultimi tempi stava lavorando sulla storia e sulle teorie
della memoria. Citazioni «Ciascuno di noi vive nell'immaginazione altre
vite, alimentate dai testi letterari e dai media. Per loro tramite tenta di
porre rimedio alla limitatezza della propria esistenza. (citato in Corriere
della sera, 16 gennaio 2009)» «Malgrado i ripetuti annunci è certo che la
filosofia, al pari dell'arte, non è affatto 'morta'. Essa rivive anzi a ogni
stagione perché corrisponde a bisogni di senso che vengono continuamentee
spesso inconsapevolmenteriformulati. A tali domande, mute o esplicite, la
filosofia cerca risposte, misurando ed esplorando la deriva, la conformazione e
le faglie di quei continenti simbolici su cui poggia il nostro comune pensare e
sentire» (Remo Bodei, La filosofia nel Novecento, Roma, Donzelli,
1997188) «Nel passato il progresso delle civiltà umane era relativo, sottoposto
a cicli naturali di distruzioni e di rinascite, che ne spezzavano
periodicamente il consolidamento e la crescita» (Remo Bodei, Limite, Il
Mulino, 66) Opere Sistema ed epoca in Hegel, Bologna, Il Mulino, 1975.
Riedizione ampliata con il titolo: La civetta e la talpa. Sistema ed epoca in
Hegel, Bologna, Il Mulino, . Hegel e Weber. Egemonia e legittimazione, (con
Franco Cassano), Bari, De Donato, 1977 Multiversum. Tempo e storia in Ernst
Bloch, Napoli, Bibliopolis, 1979 (Seconda edizione ampliata, 1983).
Scomposizioni. Forme dell'individuo moderno, Torino, Einaudi, 1987. Riedizione
ampliata, Bologna, Il Mulino, . Hölderlin: la filosofia y lo trágico, Madrid,
Visor, 1990. Ordo amoris. Conflitti terreni e felicità celeste, Bologna, Il
Mulino, 1991 (Terza edizione ampliata, 2005). Geometria delle passioni. Paura,
speranza e felicità: filosofia e uso politico, Milano, Feltrinelli, 1991
(Settima edizione ampliata, 2003). Le prix de la liberté, Paris, Éditions du
Cerf, 1995. Le forme del bello, Bologna, Il Mulino, 1995. Seconda edizione
riveduta e ampliata Bologna, Il Mulino, . La filosofia nel Novecento, Roma,
Donzelli, 1997. Se la storia ha un senso, Bergamo, Moretti & Vitali, 1997.
La politica e la felicità (con Luigi Franco Pizzolato), Roma, Edizioni Lavoro,
1997. Il noi diviso. Ethos e idee dell'Italia repubblicana, Torino, Einaudi,
1998. Le logiche del delirio. Ragione, affetti, follia, Roma-Bari, Laterza,
2000. I senza Dio. Figure e momenti dell'ateismo, Brescia, Morcelliana, 2001.
Il dottor Freud e i nervi dell'anima. Filosofia e società a un secolo dalla
nascita della psicoanalisi, Roma, Donzelli, 2001. Destini personali. L'età
della colonizzazione delle coscienze, Milano, Feltrinelli, 2002. Delirio e
conoscenza, Remo Bodei, in Il Vaso di Pandora, Dialoghi in psichiatria e
scienze umane, X, N. 3, 2002. Una
scintilla di fuoco. Invito alla filosofia, Bologna, Zanichelli, 2005. Piramidi
di tempo. Storie e teoria del déjà vu, Bologna, Il Mulino, 2006. Paesaggi
sublimi. Gli uomini davanti alla natura selvaggia, Milano, Bompiani, 2008. Il
sapere della follia, Modena, Fondazione Collegio San Carlo per
FestivalFilosofia, 2008. Il dire la verità nella genealogia del soggetto
occidentale in A.A. V.V., Foucault oggi, Milano, Feltrinelli, 2008. La vita
delle cose, Roma-Bari, Laterza, 2009. Ira. La passione furente, Bologna, Il Mulino,
. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra (con Sergio Givone), Torino,
Lindau, . Immaginare altre vite. Realtà, progetti, desideri, Milano,
Feltrinelli, . Limite, Bologna, Il Mulino, . Le virtù Cardinali (con Giulio
Giorello, Michela Marzano e Salvatore Veca), Roma-Bari, Laterza, . Dominio e
sottomissione. Schiavi, animali, macchine, Intelligenza Artificiale, Bologna,
Il Mulino, . Onorificenze Grand'Ufficiale dell'Ordine al merito della
Repubblica Italiana.nastrino per uniforme ordinaria Grand'Ufficiale dell'Ordine
al merito della Repubblica Italiana. — 1º giugno 2001. Di iniziativa del
Presidente della Repubblica. Cavaliere dell'Ordine delle Palme
Accademichenastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell'Ordine delle Palme
Accademiche immagine del nastrino non ancora presente Cittadino onorario di
Siracusa, Modena, Carrara e Roccella Jonica. Note È morto il filosofo Remo Bodei, aveva 81
anni, su fanpage.it, 7 novembre .
Repubblica 18/08/ Albo d'oro, su
premionazionaleletterariopisa.onweb.it. 7 novembre . «Bodei Prof. Remo: Grande Ufficiale Ordine al
Merito della Repubblica Italiana», sito della presidenza della repubblica.
Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Remo Bodei Collabora a
Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Remo
Bodei Remo Bodei, su
Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Remo Bodei, su openMLOL, Horizons
Unlimited srl. Opere di Remo Bodei, .
Pubblicazioni di Remo Bodei, su Persée, Ministère de l'Enseignement
supérieur, de la Recherche et de l'Innovation.
Registrazioni di Remo Bodei, su RadioRadicale.it, Radio Radicale. Remo Bodei: Spinoza, un filosofo maledetto,
sul RAI Filosofia, su filosofia.rai.it.
Scheda del professor Bodei nel sito del Dipartimento di filosofia dell'Pisa, su
fls.unipi.it. V D M Vincitori del Premio Dessì Filosofia Filosofo del XX secoloFilosofi
italiani del XXI secoloAccademici italiani del XX secoloAccademici italiani Professore1938 3 agosto 7 novembre Cagliari PisaAccademici
dei LinceiAccademici italiani negli Stati Uniti d'AmericaProfessori della
Scuola Normale SuperioreProfessori dell'Università della California, Los
AngelesProfessori dell'PisaStudenti dell'Pisa. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Bodei," per Il Club
Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
boezio:
Possibly
the most important Italian philosopher of all time. Grice loved Boethius“He made Aristotle intelligible at Clifton!”
-- Anicius Manlius Severinus, Roman philosopher and Aristotelian translator and
commentator. He was born into a wealthy patrician family in Rome and had a
distinguished political career under the Ostrogothic king Theodoric before
being arrested and executed on charges of treason. His logic and philosophical
theology contain important contributions to the philosophy of the late
classical and early medieval periods, and his translations of and commentaries
on Aristotle profoundly influenced the history of philosophy, particularly in
the medieval Latin West. His most famous work, The Consolation of Philosophy,
composed during his imprisonment, is a moving reflection on the nature of human
happiness and the problem of evil and contains classic discussions of
providence, fate, chance, and the apparent incompatibility of divine
foreknowledge and human free choice. He was known during his own lifetime,
however, as a brilliant scholar whose knowledge of the Grecian language and
ancient Grecian philosophy set him apart from his Latin contemporaries. He
conceived his scholarly career as devoted to preserving and making accessible
to the Latin West the great philosophical achievement of ancient Greece. To
this end he announced an ambitious plan to translate into Latin and write
commenbodily continuity Boethius, Anicius Manlius Severinus 91 91 taries on all of Plato and Aristotle, but
it seems that he achieved this goal only for Aristotle’s Organon. His extant
translations include Porphyry’s Isagoge an introduction to Aristotle’s Categories
and Aristotle’s Categories, On Interpretation, Prior Analytics, Topics, and
Sophistical Refutations. He wrote two commentaries on the Isagoge and On
Interpretation and one on the Categories, and we have what appear to be his
notes for a commentary on the Prior Analytics. His translation of the Posterior
Analytics and his commentary on the Topics are lost. He also commented on
Cicero’s Topica and wrote his own treatises on logic, including De syllogismis
hypotheticis, De syllogismis categoricis, Introductio in categoricos
syllogismos, De divisione, and De topicis differentiis, in which he elaborates
and supplements Aristotelian logic. Boethius shared the common Neoplatonist
view that the Platonist and Aristotelian systems could be harmonized by
following Aristotle in logic and natural philosophy and Plato in metaphysics
and theology. This plan for harmonization rests on a distinction between two
kinds of forms: 1 forms that are conjoined with matter to constitute
bodies these, which he calls “images”
imagines, correspond to the forms in Aristotle’s hylomorphic account of
corporeal substances; and 2 forms that are pure and entirely separate from
matter, corresponding to Plato’s ontologically separate Forms. He calls these
“true forms” and “the forms themselves.” He holds that the former, “enmattered”
forms depend for their being on the latter, pure forms. Boethius takes these
three sorts of entities bodies,
enmattered forms, and separate forms to
be the respective objects of three different cognitive activities, which
constitute the three branches of speculative philosophy. Natural philosophy is
concerned with enmattered forms as enmattered, mathematics with enmattered
forms considered apart from their matter though they cannot be separated from
matter in actuality, and theology with the pure and separate forms. He thinks
that the mental abstraction characteristic of mathematics is important for
understanding the Peripatetic account of universals: the enmattered, particular
forms found in sensible things can be considered as universal when they are
considered apart from the matter in which they inhere though they cannot
actually exist apart from matter. But he stops short of endorsing this
moderately realist Aristotelian account of universals. His commitment to an
ontology that includes not just Aristotelian natural forms but also Platonist
Forms existing apart from matter implies a strong realist view of universals.
With the exception of De fide catholica, which is a straightforward credal
statement, Boethius’s theological treatises De Trinitate, Utrum Pater et
Filius, Quomodo substantiae, and Contra Euthychen et Nestorium show his
commitment to using logic and metaphysics, particularly the Aristotelian
doctrines of the categories and predicables, to clarify and resolve issues in
Christian theology. De Trinitate, e.g., includes a historically influential
discussion of the Aristotelian categories and the applicability of various
kinds of predicates to God. Running through these treatises is his view that
predicates in the category of relation are unique by virtue of not always
requiring for their applicability an ontological ground in the subjects to
which they apply, a doctrine that gave rise to the common medieval distinction
between so-called real and non-real relations. Regardless of the intrinsic
significance of Boethius’s philosophical ideas, he stands as a monumental
figure in the history of medieval philosophy rivaled in importance only by
Aristotle and Augustine. Until the recovery of the works of Aristotle in the
mid-twelfth century, medieval philosophers depended almost entirely on
Boethius’s translations and commentaries for their knowledge of pagan ancient
philosophy, and his treatises on logic continued to be influential throughout
the Middle Ages. The preoccupation of early medieval philosophers with logic
and with the problem of universals in particular is due largely to their having
been tutored by Boethius and Boethius’s Aristotle. The theological treatises
also received wide attention in the Middle Ages, giving rise to a commentary
tradition extending from the ninth century through the Renaissance and shaping
discussion of central theological doctrines such as the Trinity and
Incarnation. Refs.: Boethiius, in Stanford Encyclopaedia. Luigi Speranza, "Grice e Boezio," per Il
Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia. Bollettino della Società
filosofica italiana.
bollettino della società filosofica
italiana: the name is telling, this is a
Bulletin of the Italian Philosophical Society. Oddly, there is no English
Philosophical Society. Grice belonged to the OXFORD philosophical society.
While there is Società filosofica at Bologna, the world’s oldest varsity,
Bologna was never too strong in philosophywhen Italian philosophers preferred
to teach directly to Parisians!
bolzano: b., an
intentionalist philosopher considered by most as a pre-Griceian, philosopher.
He studied philosophy, mathematics, physics, and theology in Prague; received
the Ph.D.; was ordained a priest 1805; was appointed to a chair in religion at
Charles in 1806; and, owing to his
criticism of the Austrian constitution, was dismissed in 1819. He composed his
two main works from 1823 through 1841: the Wissenschaftslehre 4 vols., 1837 and
the posthumous Grössenlehre. His ontology and logical semantics influenced
Husserl and, indirectly, Lukasiewicz, Tarski, and others of the Warsaw School.
His conception of ethics and social philosophy affected both the cultural life
of Bohemia and the Austrian system of education. Bolzano recognized a profound
distinction between the actual thoughts and judgments Urteile of human beings,
their linguistic expressions, and the abstract propositions Sätze an sich and
their parts which exist independently of those thoughts, judgments, and
expressions. A proposition in Bolzano’s sense is a preexistent sequence of
ideas-as-such Vorstellungen an sich. Only propositions containing finite
ideas-as-such are accessible to the mind. Real things existing concretely in
space and time have subsistence Dasein whereas abstract objects such as
propositions have only logical existence. Adherences, i.e., forces, applied to
certain concrete substances give rise to subjective ideas, thoughts, or
judgments. A subjective idea is a part of a judgment that is not itself a
judgment. The set of judgments is ordered by a causal relation. Bolzano’s
abstract world is constituted of sets, ideas-as-such, certain properties
Beschaffenheiten, and objects constructed from these. Thus, sentence shapes are
a kind of ideas-as-such, and certain complexes of ideas-as-such constitute
propositions. Ideas-as-such can be generated from expressions of a language by
postulates for the relation of being an object of something. Analogously,
properties can be generated by postulates for the relation of something being
applied to an object. Bolzano’s notion of religion is based on his distinction
between propositions and judgments. His Lehrbuch der Religionswissenschaft 4
vols., 1834 distinguishes between religion in the objective and subjective
senses. The former is a set of religious propositions, whereas the latter is
the set of religious views of a single person. Hence, a subjective religion can
contain an objective one. By defining a religious proposition as being moral
and imperatives the rules of utilitarianism, Bolzano integrated his notion of
religion within his ontology. In the Grössenlehre Bolzano intended to give a
detailed, well-founded exposition of contemporary mathematics and also to
inaugurate new domains of research. Natural numbers are defined, half a century
before Frege, as properties of “bijective” sets the members of which can be put
in one-to-one correspondence, and real numbers are conceived as properties of
sets of certain infinite sequences of rational numbers. The analysis of infinite
sets brought him to reject the Euclidean doctrine that the whole is always
greater than any of its parts and, hence, to the insight that a set is infinite
if and only if it is bijective to a proper subset of itself. This anticipates
Peirce and Dedekind. Bolzano’s extension of the linear continuum of finite
numbers by infinitesimals implies a relatively constructive approach to
nonstandard analysis. In the development of standard analysis the most
remarkable result of the Grössenlehre is the anticipation of Weirstrass’s
discovery that there exist nowhere differentiable continuous functions. The
Wissenschaftslehre was intended to lay the logical and epistemological
foundations of Bolzano’s mathematics. A theory of science in Bolzano’s sense is
a collection of rules for delimiting the set of scientific textbooks. Whether a
Bolzano, Bernard Bolzano, Bernard 93 93
class of true propositions is a worthwhile object of representation in a
scientific textbook is an ethical question decidable on utilitarian principles.
Bolzano proceeded from an expanded and standardized ordinary language through
which he could describe propositions and their parts. He defined the semantic
notion of truth and introduced the function corresponding to a “replacement”
operation on propositions. One of his major achievements was his definition of
logical derivability logische Ableitbarkeit between sets of propositions: B is
logically derivable from A if and only if all elements of the sum of A and B
are simultaneously true for some replacement of their non-logical ideas-as-such
and if all elements of B are true for any such replacement that makes all
elements of A true. In addition to this notion, which is similar to Tarski’s
concept of consequence of 6, Bolzano introduced a notion corresponding to
Gentzen’s concept of consequence. A proposition is universally valid
allgemeingültig if it is derivable from the null class. In his proof theory
Bolzano formulated counterparts to Gentzen’s cut rule. Bolzano introduced a
notion of inductive probability as a generalization of derivability in a
limited domain. This notion has the formal properties of conditional
probability. These features and Bolzano’s characterization of probability
density by the technique of variation are reminiscent of Vitters’s inductive
logic and Carnap’s theory of regular confirmation functions. The replacement of
conceptual complexes in propositions would, if applied to a formalized
language, correspond closely to a substitutionsemantic conception of
quantification. His own philosophical language was based on a kind of free
logic. In essence, Bolzano characterized a substitution-semantic notion of
consequence with a finite number of antecedents. His quantification over
individual and general concepts amounts to the introduction of a non-elementary
logic of lowest order containing a quantification theory of predicate variables
but no set-theoretical principles such as choice axioms. His conception of
universal validity and of the semantic superstructure of logic leads to a semantically
adequate extension of the predicate-logical version of Lewis’s system S5 of
modal logic without paradoxes. It is also possible to simulate Bolzano’s theory
of probability in a substitution-semantically constructed theory of probability
functions. Hence, by means of an ontologically parsimonious superstructure
without possible-worlds metaphysics, Bolzano was able to delimit essentially
the realms of classical logical truth and additive probability spaces. In
geometry Bolzano created a new foundation from a topological point of view. He
defined the notion of an isolated point of a set in a way reminiscent of the
notion of a point at which a set is well-dimensional in the sense of Urysohn
and Menger. On this basis he introduced his topological notion of a continuum
and formulated a recursive definition of the dimensionality of non-empty
subsets of the Euclidean 3-space, which is closely related to the inductive
dimension concept of Urysohn and Menger. In a remarkable paragraph of an
unfinished late manuscript on geometry he stated the celebrated curve theorem
of Jordan.
bonariaa church on an
Italian islandGrice sailed there during his Grand Tour to Italy and Greece. He
loved it! And he loved reading the Latin inscriptions and practicing the Latin
he had learned at Clifton. H. P. Grice
was going to visit the River Plate with Noel Coward, but he got sick --or South
American philosophy“Bonaria” was settled by Italians after the matron saint of
sailors, “Bonaria,”itself settled by Ligurians, the first Italians to settle in
Buenos Aires and the Argentine area of the River Plate -- the philosophy of
South America, which is European in origin and constitutes a chapter in the
history of Western philosophy (rather than
say, Japanesethere was a strong emigration of Japanese to Buenos Aires,
but they remained mainly in the dry laundry business). Pre-Columbian (“Indian”)
indigenous cultures had developed ideas about the world that have been
interpreted by some scholars as philosophical, but there is no evidence that
any of those ideas were incorporated into the philosophy later practiced in
Latin America. It is difficult to characterize Latin American philosophy in a
way applicable to all of its 500-year history. The most one can say is that, in
contrast with European and Anglo-American philosophy, it has maintained a
strong human and social interest, has been consistently affected by Scholastic
and Catholic thought, and has significantly affected the social and political
institutions in the region. South American philosophers (especially if NOT from
Buenos Aires) tend to be active in the educational, political, and social lives
of their countries and deeply concerned with their own cultural identity
(except if they are from Buenos Aires, who have their identity well settled in
Europe, as European exiles or expatriates that that they are) The history of
philosophy in Latin America can be divided into four periods: colonial,
independentist, positivist, and contemporary. Colonial period (c.1550–c.1750).
This period was dominated by the type of Scholasticism officially practiced in
the Iberian peninsula. The texts studied were those of medieval Scholastics,
primarily Aquinas and Duns Scotus, and of their Iberian commentators, Vitoria,
Soto, Fonseca, and, above all, Suárez. The university curriculum was modeled on
that of major Iberian universities (Salamanca, Alcalá, Coimbra), and
instructors produced both systematic treatises and commentaries on classical,
medieval, and contemporary texts. The philosophical concerns in the colonies
were those prevalent in Spain and Portugal and centered on logical and
metaphysical issues inherited from the Middle Ages and on political and legal
questions raised by the discovery and colonization of America. Among the former
were issues involving the logic of terms and propositions and the problems of
universals and individuation; among the latter were questions concerning the
rights of Indians and the relations of the natives with the conquerors. The
main philosophical center during the early colonial period was Mexico; Peru
became important in the seventeenth century. Between 1700 and 1750 other
centers developed, but by that time Scholasticism had begun to decline. The
founding of the Royal and Pontifical University of Mexico in 1553 inaugurated
Scholastic instruction in the New World. The first teacher of philosophy at the
university was Alonso de la Vera Cruz (c.1504–84), an Augustinian and disciple
of Soto. He composed several didactic treatises on La Peyrère, Isaac Latin
American philosophy 483 4065h-l.qxd 08/02/1999 7:40 AM Page 483 logic,
metaphysics, and science, including Recognitio summularum (“Introductory
Logic,” 1554), Dialectica resolutio (“Advanced Logic,” 1554), and Physica
speculatio (“Physics,” 1557). He also wrote a theologico-legal work, the
Speculum conjugiorum (“On Marriage,” 1572), concerned with the status of
precolonial Indian marriages. Alonso’s works are eclectic and didactic and show
the influence of Aristotle, Peter of Spain, and Vitoria in particular. Another
important Scholastic figure in Mexico was the Dominican Tomás de Mercado
(c.1530–75). He produced commentaries on the logical works of Peter of Spain
and Aristotle and a treatise on international commerce, Summa de tratos y
contratos (“On Contracts,” 1569). His other sources are Porphyry and Aquinas.
Perhaps the most important figure of the period was Antonio Rubio (1548–1615),
author of the most celebrated Scholastic book written in the New World, Logica
mexicana (“Mexican Logic,” 1605). It underwent seven editions in Europe and
became a logic textbook in Alcalá. Rubio’s sources are Aristotle, Porphyry, and
Aquinas, but he presents original treatments of several logical topics. Rubio
also commented on several of Aristotle’s other works. In Peru, two authors merit
mention. Juan Pérez Menacho (1565–1626) was a prolific writer, but only a moral
treatise, Theologia et moralis tractatus (“Treatise on Theology and Morals”),
and a commentary on Aquinas’s Summa theologiae remain. The Chilean-born
Franciscan, Alfonso Briceño (c.1587–1669), worked in Nicaragua and Venezuela,
but the center of his activities was Lima. In contrast with the
Aristotelian-Thomistic flavor of the philosophy of most of his contemporaries,
Briceño was a Scotistic Augustinian. This is evident in Celebriores
controversias in primum sententiarum Scoti (“On Scotus’s First Book of the
Sentences,” 1638) and Apologia de vita et doctrina Joannis Scotti (“Apology for
John Scotus,” 1642). Although Scholasticism dominated the intellectual life of
colonial Latin America, some authors were also influenced by humanism. Among
the most important in Mexico were Juan de Zumárraga (c.1468–1548); the
celebrated defender of the Indians, Bartolomé de Las Casas (1474–1566); Carlos
Sigüenza y Góngora (1645–1700); and Sor Juana Inés de La Cruz (1651–95). The
last one is a famous poet, now considered a precursor of the feminist movement.
In Peru, Nicolás de Olea (1635–1705) stands out. Most of these authors were
trained in Scholasticism but incorporated the concerns and ideas of humanists
into their work. Independentist period (c.1750–c.1850). Just before and
immediately after independence, leading Latin American intellectuals lost
interest in Scholastic issues and became interested in social and political
questions, although they did not completely abandon Scholastic sources. Indeed,
the theories of natural law they inherited from Vitoria and Suárez played a
significant role in forming their ideas. But they also absorbed non-Scholastic
European authors. The rationalism of Descartes and other Continental
philosophers, together with the empiricism of Locke, the social ideas of
Rousseau, the ethical views of Bentham, the skepticism of Voltaire and other
Encyclopedists, the political views of Condorcet and Montesquieu, the eclecticism
of Cousin, and the ideology of Destutt de Tracy, all contributed to the
development of liberal ideas that were a background to the independentist
movement. Most of the intellectual leaders of this movement were men of action
who used ideas for practical ends, and their views have limited theoretical
value. They made reason a measure of legitimacy in social and governmental
matters, and found the justification for revolutionary ideas in natural law.
Moreover, they criticized authority; some, regarding religion as superstitious,
opposed ecclesiastical power. These ideas paved the way for the later
development of positivism. The period begins with the weakening hold of
Scholasticism on Latin American intellectuals and the growing influence of
early modern philosophy, particularly Descartes. Among the first authors to
turn to modern philosophy was Juan Benito Díaz de Gamarra y Dávalos (1745–83)
in Mexico who wrote Errores del entendimiento humano (“Errors of Human
Understanding,” 1781) and Academias filosóficas (“Philosophical Academies,”
1774). Also in Mexico was Francisco Javier Clavijero (1731–87), author of a
book on physics and a general history of Mexico. In Brazil the turn away from
Scholasticism took longer. One of the first authors to show the influence of
modern philosophy was Francisco de Mont’Alverne (1784– 1858) in Compêndio de
filosofia (1883). These first departures from Scholasticism were followed by
the more consistent efforts of those directly involved in the independentist
movement. Among these were Simón Bolívar (1783–1830), leader of the rebellion
against Spain in the Andean countries of South America, and the Mexicans Miguel
Hidalgo y Costilla (1753– 1811), José María Morelos y Paván (1765– 1815), and
José Joaquín Fernández de Lizardi Latin American philosophy Latin American
philosophy 484 4065h-l.qxd 08/02/1999 7:40 AM Page 484 (1776–1827). In
Argentina, Mariano Moreno (1778–1811), Juan Crisóstomo Lafimur (d. 1823), and
Diego Alcorta (d. 1808), among others, spread the liberal ideas that served as
a background for independence. Positivist period (c.1850–c.1910). During this
time, positivism became not only the most popular philosophy in Latin America
but also the official philosophy of some countries. After 1910, however,
positivism declined drastically. Latin American positivism was eclectic,
influenced by a variety of thinkers, including Comte, Spencer, and Haeckel.
Positivists emphasized the explicative value of empirical science while
rejecting metaphysics. According to them, all knowledge is based on experience
rather than theoretical speculation, and its value lies in its practical
applications. Their motto, preserved on the Brazilian flag, was “Order and
Progress.” This positivism left little room for freedom and values; the
universe moved inexorably according to mechanistic laws. Positivism was a
natural extension of the ideas of the independentists. It was, in part, a
response to the needs of the newly liberated countries of Latin America. After
independence, the concerns of Latin American intellectuals shifted from
political liberation to order, justice, and progress. The beginning of
positivism can be traced to the time when Latin America, responding to these
concerns, turned to the views of French socialists such as Saint-Simon and Fourier.
The Argentinians Esteban Echevarría (1805–51) and Juan Bautista Alberdi
(1812–84) were influenced by them. Echevarría’s Dogma socialista (“Socialist
Dogma,” 1846) combines socialist ideas with eighteenth-century rationalism and
literary Romanticism, and Alberdi follows suit, although he eventually turned
toward Comte. Alberdi is, moreover, the first Latin American philosopher to
worry about developing a philosophy adequate to the needs of Latin America. In
Ideas (1842), he stated that philosophy in Latin America should be compatible
with the economic, political, and social requirements of the region. Another
transitional thinker, influenced by both Scottish philosophy and British
empiricism, was the Venezuelan Andrés Bello (1781–1865). A prolific writer, he
is the most important Latin American philosopher of the nineteenth century. His
Filosofía del entendimiento (“Philosophy of Understanding,” 1881) reduces
metaphysics to psychology. Bello also developed original ideas about language
and history. After 1829, he worked in Chile, where his influence was strongly
felt. The generation of Latin American philosophers after Alberdi and Bello was
mostly positivistic. Positivism’s heyday was the second half of the nineteenth
century, but two of its most distinguished advocates, the Argentinian José
Ingenieros (1877–1925) and the Cuban Enrique José Varona (1849–1933), worked
well into the twentieth century. Both modified positivism in important ways.
Ingenieros left room for metaphysics, which, according to him, deals in the
realm of the “yet-to-be-experienced.” Among his most important books are Hacia
una moral sin dogmas (“Toward a Morality without Dogmas,” 1917), where the
influence of Emerson is evident, Principios de psicologia (“Principles of
Psychology,” 1911), where he adopts a reductionist approach to psychology, and
El hombre mediocre (“The Mediocre Man,” 1913), an inspirational book popular
among Latin American youths. In Conferencias filosóficas (“Philosophical
Lectures,” 1880–88), Varona went beyond the mechanistic explanations of
behavior common among positivists. In Mexico the first and leading positivist
was Gabino Barreda (1818–81), who reorganized Mexican education under President
Juárez. An ardent follower of Comte, Barreda made positivism the basis of his
educational reforms. He was followed by Justo Sierra (1848–1912), who turned
toward Spencer and Darwin and away from Comte, criticizing Barreda’s dogmatism.
Positivism was introduced in Brazil by Tobias Barreto (1839–89) and Silvio
Romero (1851– 1914) in Pernambuco, around 1869. In 1875 Benjamin Constant
(1836–91) founded the Positivist Society in Rio de Janeiro. The two most
influential exponents of positivism in the country were Miguel Lemos
(1854–1916) and Raimundo Teixeira Mendes (1855–1927), both orthodox followers
of Comte. Positivism was more than a technical philosophy in Brazil. Its ideas
spread widely, as is evident from the inclusion of positivist ideas in the
first republican constitution. The most prominent Chilean positivists were José
Victorino Lastarria (1817–88) and Valentín Letelier (1852–1919). More dogmatic
adherents to the movement were the Lagarrigue brothers, Jorge (d. 1894), Juan
Enrique (d. 1927), and Luis (d. 1953), who promoted positivism in Chile well
after it had died everywhere else in Latin America. Contemporary period
(c.1910–present). Contemporary Latin American philosophy began Latin American
philosophy Latin American philosophy 485 4065h-l.qxd 08/02/1999 7:40 AM Page
485 with the demise of positivism. The first part of the period was dominated
by thinkers who rebelled against positivism. The principal figures, called the
Founders by Francisco Romero, were Alejandro Korn (1860–1936) in Argentina,
Alejandro Octavio Deústua (1849–1945) in Peru, José Vasconcelos (1882–1959) and
Antonio Caso (1883–1946) in Mexico, Enrique Molina (1871– 1964) in Chile,
Carlos Vaz Ferreira (1872–1958) in Uruguay, and Raimundo de Farias Brito
(1862–1917) in Brazil. In spite of little evidence of interaction among these
philosophers, their aims and concerns were similar. Trained as positivists,
they became dissatisfied with positivism’s dogmatic intransigence, mechanistic
determinism, and emphasis on pragmatic values. Deústua mounted a detailed
criticism of positivistic determinism in Las ideas de orden y de libertad en la
historia del pensamiento humano (“The Ideas of Order and Freedom in the History
of Human Thought,” 1917–19). About the same time, Caso presented his view of
man as a spiritual reality that surpasses nature in La existencia como
economía, como desinterés y como caridad (“Existence as Economy,
Disinterestedness, and Charity,” 1916). Following in Caso’s footsteps and
inspired by Pythagoras and the Neoplatonists, Vasconcelos developed a
metaphysical system with aesthetic roots in El monismo estético (“Aesthetic
Monism,” 1918). An even earlier criticism of positivism is found in Vaz
Ferreira’s Lógica viva (“Living Logic,” 1910), which contrasts the abstract,
scientific logic favored by positivists with a logic of life based on experience,
which captures reality’s dynamic character. The earliest attempt at developing
an alternative to positivism, however, is found in Farias Brito. Between 1895
and 1905 he published a trilogy, Finalidade do mundo (“The World’s Goal”), in
which he conceived the world as an intellectual activity which he identified
with God’s thought, and thus as essentially spiritual. The intellect unites and
reflects reality but the will divides it. Positivism was superseded by the
Founders with the help of ideas imported first from France and later from
Germany. The process began with the influence of Étienne Boutroux (1845–1921)
and Bergson and of French vitalism and intuitionism, but it was cemented when
Ortega y Gasset introduced into Latin America the thought of Scheler, Nicolai
Hartmann, and other German philosophers during his visit to Argentina in 1916.
The influence of Bergson was present in most of the founders, particularly
Molina, who in 1916 wrote La filosofía de Bergson (“The Philosophy of
Bergson”). Korn was exceptional in turning to Kant in his search for an
alternative to positivism. In La libertad creadora (“Creative Freedom,”
1920–22), he defends a creative concept of freedom. In Axiología (“Axiology,”
1930), his most important work, he defends a subjectivist position. The impact
of German philosophy, including Hegel, Marx, Schopenhauer, Nietzsche, and the
neo-Kantians, and of Ortega’s philosophical perspectivism and historicism, were
strongly felt in the generation after the founders. The Mexican Samuel Ramos
(1897–1959), the Argentinians Francisco Romero (1891–1962) and Carlos Astrada
(1894–1970), the Brazilian Alceu Amoroso Lima (1893–1982), the Peruvian José
Carlos Mariátegui (1895–1930), and others followed the Founders’ course,
attacking positivism and favoring, in many instances, a philosophical style
that contrasted with its scientistic emphasis. The most important of these
figures was Romero, whose Theory of Man (1952) developed a systematic
philosophical anthropology in the context of a metaphysics of transcendence.
Reality is arranged according to degrees of transcendence, the lowest of which
is the physical and the highest the spiritual. The bases of Ramos’s thought are
found in Ortega as well as in Scheler and N. Hartmann. Ramos appropriated Ortega’s
perspectivism and set out to characterize the Mexican situation in Profile of
Man and Culture in Mexico (1962). Some precedent existed for the interest in
the culturally idiosyncratic in Vasconcelos’s Raza cósmica (“Cosmic Race,”
1925), but Ramos opened the doors to a philosophical awareness of Latin
American culture that has been popular ever since. Ramos’s most traditional
work, Hacia un nuevo humanismo (“Toward a New Humanism,” 1940), presents a
philosophical anthropology of Orteguean inspiration. Astrada studied in Germany
and adopted existential and phenomenological ideas in El juego existential
(“The Existential Game,” 1933), while criticizing Scheler’s axiology. Later, he
turned toward Hegel and Marx in Existencialismo y crisis de la filosofía (“Existentialism
and the Crisis of Philosophy,” 1963). Amoroso Lima worked in the Catholic
tradition and his writings show the influence of Maritain. His O espírito e o
mundo (“Spirit and World,” 1936) and Idade, sexo e tempo (“Age, Sex, and Time,”
1938) present a spiritual view of human beings, which he contrasted with
Marxist and existentialist views. Mariátegui is the most distinguished
representative of MarxLatin American phiism in Latin America. His Siete ensayos
de interpretación de la realidad peruana (“Seven Essays on the Interpretation
of Peruvian Reality,” 1928) contains an important statement of social
philosophy, in which he uses Marxist ideas freely to analyze the Peruvian
sociopolitical situation. In the late 1930s and 1940s, as a consequence of the
political upheaval created by the Spanish Civil War, a substantial group of
peninsular philosophers settled in Latin America. Among the most influential
were Joaquín Xirau (1895– 1946), Eduardo Nicol (b.1907), Luis Recaséns Siches
(b.1903), Juan D. García Bacca (b.1901), and, perhaps most of all, José Gaos
(1900–69). Gaos, like Caso, was a consummate teacher, inspiring many students.
Apart from the European ideas they brought, these immigrants introduced
methodologically more sophisticated ways of doing philosophy, including the
practice of studying philosophical sources in the original languages. Moreover,
they helped to promote Pan-American communication. The conception of hispanidad
they had inherited from Unamuno and Ortega helped the process. Their influence
was felt particularly by the generation born around 1910. With this generation,
Latin American philosophy established itself as a professional and reputable
discipline, and philosophical organizations, research centers, and journals
sprang up. The core of this generation worked in the German tradition. Risieri
Frondizi (Argentina, 1910–83), Eduardo García Máynez (Mexico, b.1908), Juan
Llambías de Azevedo (Uruguay, 1907–72), and Miguel Reale (Brazil, b.1910) were
all influenced by Scheler and N. Hartmann and concerned themselves with
axiology and philosophical anthropology. Frondizi, who was also influenced by
empiricist philosophy, defended a functional view of the self in Substancia y
función en el problema del yo (“The Nature of the Self,” 1952) and of value as
a Gestalt quality in Qué son los valores? (“What is Value?” 1958). Apart from
these thinkers, there were representatives of other traditions in this
generation. Following Ramos, Leopoldo Zea (Mexico, b.1912) stimulated the study
of the history of ideas in Mexico and initiated a controversy that still rages
concerning the identity and possibility of a truly Latin American philosophy.
Representing existentialism was Vicente Ferreira da Silva (Brazil, b.1916), who
did not write much but presented a vigorous criticism of what he regarded as
Hegelian and Marxist subjectivism in Ensaios filosóficos (“Philosophical
Essays,” 1948). Before he became interested in existentialism, he had been
interested in logic, publishing the first textbook of mathematical logic
written in South AmericaElementos de lógica matemática (“Elements of
Mathematical Logic,” 1940). A philosopher whose interest in mathematical logic
moved him away from phenomenology is Francisco Miró Quesada (Peru, b.1918). He
explored rationality and eventually the perspective of analytic philosophy.
Owing to the influence of Maritain, several members of this generation adopted
a NeoThomistic or Scholastic approach. The main figures to do so were Oswaldo
Robles (b.1904) in Mexico, Octavio Nicolás Derisi (b.1907) in Argentina,
Alberto Wagner de Reyna (b.1915) in Peru, and Clarence Finlayson (1913–54) in
Chile and Colombia. Even those authors who worked in this tradition addressed
issues of axiology and philosophical anthropology. There was, therefore,
considerable thematic unity in South American philosophy. The overall
orientation was not drastically different from the preceding period. The
Founders vitalism against positivism, and the following generation, with
Ortega’s help, took over the process, incorporating spiritualism and the new
ideas introduced by phenomenology and existentialism to continue in a similar
direction. As a result, the phenomenology amd existentialism dominated
philosophy in South America. To this must be added the renewed impetus of
neoScholasticism. Few philosophers worked outside these philosophical currents,
and those who did had no institutional power. Among these were sympathizers of
philosophical analysis, and those who contributed to the continuing development
of Marxism. This situation has begun to change substantially as a result of a
renewed interest in Marxism, the progressive influence of Oxford analytic
philosophy (with a number of philosophers from Buenos Aires studying usually
under British-Council scholarships, under P. F. Strawson, D. F. Pears, H. L. A.
Hart, and othersthese later founded the Buenos-Aires-based Argentine Society
for Philosophical Analysis --. In Buenos Aires, English philosophy and culture
in general is rated higher than others, due to the influence of the British
emigration to the River-Plate areaThe pragmatics of H. P. Grice is particularly
influential in that it brings a breath of fresh area to the more ritualistic
approach as favoured by his nemesis, J. L. Austin --. American philosophers are
uually read provided they, too, had the proper Oxonian education or background
-- and the development of a new philosophical current called the philosophy of
liberation. Moreover, the question raised by Zea concerning the identity and
possibility of a South American philosophy remains a focus of attention and
controversy. And, more recently, there has been interest in postmodernism, the
theory of communicative action, deconstructionism, neopragmatism, and feminism.
Socialist thought is not new to South America. In this century, Emilio Frugoni
(1880–1969) in Uruguay and Mariátegui in Peru, among others, adopted a Marxist
perspective, although a heterodox one. But only in the last three decades has
Marxism been taken seriously in Latin American academic circles. Indeed, until
recently Marxism was a marginal philosophical movement in Latin America. The
popularity of the Marxist perspective has made possible its increasing
institutionalization. Among its most important thinkers are Adolfo Sánchez
Vázquez (Spain, b.1915), Vicente Lombardo Toledano (b.1894) and Eli de Gortari
(b.1918) in Mexico, and Caio Prado Júnior (1909–86) in Brazil. In contrast to
Marxism, philosophical analysis arrived late in Latin America and, owing to its
technical and academic character, has not yet influenced more than a relatively
small number of philosophersand also because in the milieu of Buenos Aires, the
influence of French culture is considered to have much more prestige in
mainstream culture than the more parochial empiricist brand coming from the
British Islesunless it’s among the Friends of the Argentine Centre for English
Culture. German philosophy is considered rough in contrast to the pleasing to
the ear sounds of French philosophy, and Buenos Aires locals find the very sound
of the long German philosophical terms a source of amusement and mirth. Since
Buenos Aires habitants are Italians, it is logical that they do not have much
affinity for Italian philosophy, which they think it’s too local and less
extravagant than the French. There was a strong immigration of German
philosophers to Buenos Aires after the end of the Second World War, too.
Colonials from New Zealand, Australia, Canada, or the former colonies in North
America are never as welcomed in Buenos Aires as those from the very Old World.
The reason is obvious: as being New-Worlders, if they are going to be educated,
it is by Older-WorldersNobody in Buenos Aires would follow a New-World
philosopher or a colonial philosopherbut at most a school which originated in
the Continent of Europe. The British are regarded as by nature unphilosophical
and to follow a British philosopher in Buenos Aires is considered an English
joke! Nonetheless, and thanks in part to its high theoretical caliber, analysis
has become one of the most forceful philosophical currents in the region. The
publication of journals with an analytic bent such as Crítica in Mexico,
Análisis Filosófico in Argentina, and Manuscrito in Brazil, the foundation of
The Sociedad Argentina de Análisis Filosófico (SADAF) in Argentina and the
Sociedad Filosófica Iberoamericana (SOFIA) in Mexico, and the growth of
analytic publications in high-profile journals of neutral philosophical
orientation, such as Revista Latinoamericana de Filosofía, indicate that
philosophical analysis is well established in at least the most European bit of
the continent: the river Plate area of Buenos Aires. The main centers of
analytic activity are Buenos Aires, on the River Plate, and far afterwards, the
much less British-influenced centers like Mexico City, or the provincial
varsity of Campinas and São Paulo in Brazil. The interests of South American
philosophical analysts center on questions of pragmatics, rather than
semantics, -- and are generally sympathetic to Griceian developments -- ethical
and legal philosophy, the philosophy of science, and more recently cognitive
science. Among its most important proponents are Genaro R. Carrio (b.1922),
Gregorio Klimovsky (b.1922), and Tomas Moro Simpson (b.1929), E. A. Rabossi (b.
Buenos Aires), O. N. Guariglia (b. Buenos Aires), in ArgentinaStrawson was a
frequent lecturer at the Argentine Society for Philosopohical Analysis, and
many other Oxonian philosophers on sabbatical leave. The Argentine Society for
Philosophical Analysis, usually in conjunction with the Belgravia-based
Anglo-Argentine Society organize seminars and symposiawhen an Argentine
philosopher emigrates he ceases to be considered an Argentine
philosopherstudents who earn their maximal degrees overseas are not counted
either as Argentine philosophers by Argentine (or specifically Buenos Aires)
philosophers (They called them braindrained, brainwashed!) Luis Villoro (Spain,
b. 1922) in Mexico; Francisco Miró Quesada in Peru; Roberto Torretti (Chile,
b.1930) in Puerto Rico; Mario Bunge (Argentina, b.1919), who emigrated to
Canada; and Héctor-Neri Castañeda (Guatemala, 1924–91). The philosophy of
liberation is an autochthonous Latin American movement that mixes an emphasis
on Latin American intellectual independence with Catholic and Marxist ideas.
The historicist perspective of Leopoldo Zea, the movement known as the theology
of liberation, and some elements from the national-popular Peronist ideology
prepared the ground for it. The movement started in the early 1970s with a
group of Argentinian philosophers, who, owing to the military repression of
1976–83 in Argentina, went into exile in various countries of Latin America.
This early diaspora created permanent splits in the movement and spread its
ideas throughout the region. Although proponents of this viewpoint do not
always agree on their goals, they share the notion of liberation as a
fundamental concept: the liberation from the slavery imposed on Latin America
by imported ideologies and the development of a genuinely autochthonous thought
resulting from reflection on the South American reality. As such, their views
are an extension of the thought of Ramos and others who earlier in the century
initiated the discussion of the cultural identity of South America.
bonum: One of the four
transcendentals, along with ‘unum,’ ‘pulchrum,’ and ‘verum’. Grice makes fun of
Hare n “Language of Morals.” To what extent is Hare saying that to say ‘x is
good’ means ‘I approve of x’? (Strictly: “To say that something is good is to
recommend it”). To say " I approve of x "
is in part to do the same thing as when we say " x is good " a
statement of the form " X is good" strictly designates " I approve of X "
and suggests " Do so as well". It should be in Part II to
“Language of Morals”. Old Romans did not have an article, so for them it is
unum, bonum, verum, and pulchrum. They were trying to translate the very
articled Grecian things, ‘to agathon,’ ‘to alethes,’ and ‘to kallon.’ The three
references given by Liddell and Scott are good ones. τὸ ἀ., the good,
Epich.171.5, cf. Pl.R.506b, 508e, Arist.Metaph.1091a31, etc. The Grecian Grice
is able to return to the ‘article’. Grice has an early essay on ‘the good,’ and
he uses the same expression at Oxford for the Locke lectures when looking for a
‘desiderative’ equivalent to ‘the true.’ Hare had dedicated the full part of
his “Language of Morals” to ‘good,’ so Grice is well aware of the centrality of
the topic. He was irritated by what he called a performatory approach to the
good, where ‘x is good’ =df. ‘I approve of x.’ Surely that’s a conversational implicaturum.
However, in his analysis of reasoning (the demonstratumsince he uses the adverb
‘demonstrably’ as a marker of pretty much like ‘concusively,’ as applied to
both credibility and desirability, we may focus on what Grice sees as ‘bonum’
as one of the ‘absolutes,’ the absolute in the desirability realm, as much as
the ‘verum’ is the absolute in the credibility realm. Grice has an excellent
argument regarding ‘good.’ His example is ‘cabbage,’ but also ‘sentence.’
Grice’s argument is to turn the disimpicatum into an explicitum. To know what a
‘cabbage,’ or a formula is, you need to know first what a ‘good’ cabbage is or
a ‘well-formed formula,’ is. An ill-formed sentence is not deemed by Grice a
sentence. This means that we define ‘x’ as ‘optimum x.’ This is not so strange,
seeing that ‘optimum’ is actually the superlative of ‘bonum’ (via the
comparative). It does not require very sharp
eyes, but only the willingness to use the eyes one has, to see that our speech
and thought are permeated with the notion of purpose; to say what a certain
kind of thing is is only too frequently partly to say what it is for. This
feature applies to our talk and thought of, for example, ships, shoes, sealing
wax, and kings; and, possibly and perhaps most excitingly, it extends even to
cabbages.“There is a range of cases in which, so far from its being the
case that, typically, one first learns what it is to be a F and then, at the
next stage, learns what criteria distinguish a good F from a F which is less
good, or not good at all, one needs first to learn what it is to be a good F,
and then subsequently to learn what degree of approximation to being a good F
will qualify an item as a F; if the gap between some item x and good Fs is sufficently
horrendous, x is debarred from counting as a F at all, even as a bad F.”“In the
John Locke Lectures, I called a concept which exhibits this feature as a
‘value-paradeigmatic’ concept. One example of a value-paradeigmatic concept is
the concept of reasoning; another, I now suggest, is that of sentence. It may
well be that the existence of value-oriented concepts (¢b ¢ 2 . • • . ¢n)
depends on the prior existence of pre-rational concepts ( ¢~, ¢~ . . . . ¢~),
such that an item x qualifies for the application of the concept ¢ 2 if and
only if x satisfies a rationally-approved form or version of the corresponding
pre-rational concept ¢'. We have a (primary) example of a step in reasoning
only if we have a transition of a certain rationally approved kind from one
thought or utterance to another. --- bonum commune -- common good, a normative
standard in Thomistic and Neo-Thomistic ethics for evaluating the justice of
social, legal, and political arrangements, referring to those arrangements that
promote the full flourishing of everyone in the community. Every good can be
regarded as both a goal to be sought and, when achieved, a source of human
fulfillment. A common good is any good sought by and/or enjoyed by two or more
persons as friendship is a good common to the friends; the common good is the
good of a “perfect” i.e., complete and politically organized human
community a good that is the common goal
of all who promote the justice of that community, as well as the common source
of fulfillment of all who share in those just arrangements. ‘Common’ is an
analogical term referring to kinds and degrees of sharing ranging from mere
similarity to a deep ontological communion. Thus, any good that is a genuine
perfection of our common human nature is a common good, as opposed to merely
idiosyncratic or illusory goods. But goods are common in a deeper sense when
the degree of sharing is more than merely coincidental: two children engaged in
parallel play enjoy a good in common, but they realize a common good more fully
by engaging each other in one game; similarly, if each in a group watches the
same good movie alone at home, they have enjoyed a good in common but they
realize this good at a deeper level when they watch the movie together in a
theater and discuss it afterward. In short, common good includes aggregates of
private, individual goods but transcends these aggregates by the unique
fulfillment afforded by mutuality, shared activity, and communion of persons.
As to the sources in Thomistic ethics for this emphasis on what is deeply
shared over what merely coincides, the first is Aristotle’s understanding of us
as social and political animals: many aspects of human perfection, on this
view, can be achieved only through shared activities in communities, especially
the political community. The second is Christian Trinitarian theology, in which
the single Godhead involves the mysterious communion of three divine “persons,”
the very exemplar of a common good; human personhood, by analogy, is similarly
perfected only in a relationship of social communion. The achievement of such
intimately shared goods requires very complex and delicate arrangements of
coordination to prevent the exploitation and injustice that plague shared
endeavors. The establishment and maintenance of these social, legal, and
political arrangements is “the” common good of a political society, because the
enjoyment of all goods is so dependent upon the quality and the justice of
those arrangements. The common good of the political community includes, but is
not limited to, public goods: goods characterized by non-rivalry and
non-excludability and which, therefore, must generally be provided by public
institutions. By the principle of subsidiarity, the common good is best
promoted by, in addition to the state, many lower-level non-public societies,
associations, and individuals. Thus, religiously affiliated schools educating
non-religious minority chilcommission common good 161 161 dren might promote the common good
without being public goods.
bonum: good-making
characteristic, a characteristic that makes whatever is intrinsically or
inherently good, good. Hedonists hold that pleasure and conducing to pleasure
are the sole good-making characteristics. Pluralists hold that those
characteristics are only some among many other goodmaking characteristics,
which include, for instance, knowledge, friendship, beauty, and acting from a
sense of duty. Refs.: H. P. Grice, “E. F. Carritt on an alleged ambiguity of
‘good.’” This was called a ‘transcendental,’ and it was a favourite topic of
Achillini.
booleian: algebra: Peirce
was irritated by the spelling “Boolean” “Surely it is Booleian.” 1 an ordered
triple B,†,3, where B is a set containing at least two elements and † and 3 are
unary and binary operations in B such that i a 3 b % b 3 a, ii a 3 b 3 c % a 3
b 3 c, iii a 3 † a % b 3 † b, and iv a 3 b = a if and only if a 3 † b % a 3 †
a; 2 the theboo-hurrah theory Boolean algebra 95 95 ory of such algebras. Such structures are
modern descendants of algebras published by the mathematician G. Boole in 1847
and representing the first successful algebraic treatment of logic.
Interpreting † and 3 as negation and conjunction, respectively, makes Boolean
algebra a calculus of propositions. Likewise, if B % {T,F} and † and 3 are the
truth-functions for negation and conjunction, then B,†,3 the truth table for those two
connectives forms a two-element Boolean
algebra. Picturing a Boolean algebra is simple. B,†,3 is a full subset algebra
if B is the set of all subsets of a given set and † and 3 are set
complementation and intersection, respectively. Then every finite Boolean
algebra is isomorphic to a full subset algebra, while every infinite Boolean
algebra is isomorphic to a subalgebra of such an algebra. It is for this reason
that Boolean algebra is often characterized as the calculus of classes.
bootstrap: Grice certainly
didn’t have a problem with meta-langauge paradoxes. Two of his maxims are self
refuting and ‘sic’-ed: “be perspicuous [sic]” and “be brief (avoid unnecessary
prolixity) [sic].” The principle introduced by Grice in “Prejudices and
predilections; which become, the life and opinions of H. P. Grice,” to limit
the power of the meta-language. The weaker your metalanguage the easier you’ll
be able to pull yourself by your own bootstraps. He uses bootlaces in
“Metaphysics, Philosophical Eschatology, and Plato’s Republic.”
border-line: case, in the
logical sense, a case that falls within the “gray area” or “twilight zone”
associated with a vague concept; in the pragmatic sense, a doubtful, disputed,
or arguable case. These two senses are not mutually exclusive, of course. A
moment of time near sunrise or sunset may be a borderline case of daytime or
nighttime in the logical sense, but not in the pragmatic sense. A sufficiently
freshly fertilized ovum may be a borderline case of a person in both senses.
Fermat’s hypothesis, or any of a large number of other disputed mathematical
propositions, may be a borderline case in the pragmatic sense but not in the logical
sense. A borderline case per se in either sense need not be a limiting case or
a degenerate case.
bosanquet: Cited by H. P.
Grice. Very English philosopher (almost like Austin or Grice), the most
systematic Oxford absolute idealist and, with F. H. Bradley, the leading Oxford
defender of absolute idealism. Although he derived his last name from Huguenot
ancestors, Bosanquet was thoroughly English. Born at Altwick and educated at
Harrow and Balliol, Oxford, he was for eleven years a fellow of University College, Oxford. The death of his
father in 0 and the resulting inheritance enabled Bosanquet to leave Oxford for
London and a career as a writer and social activist. While writing, he taught
courses for the London Ethical Society’s Center for Extension and donated time to the Charity
Organization Society. In 5 he married his coworker in the Charity Organization
Society, Helen Dendy, who was also the translator of Christoph Sigwart’s Logic.
Bosanquet was professor of moral philosophy at St. Andrews from 3 to 8. He gave
the Gifford Lectures in 1 and 2. Otherwise he lived in London until his death.
Bosanquet’s most comprehensive work, his two-volume Gifford Lectures, The
Principle of Individuality and Value and The Value and Destiny of the
Individual, covers most aspects of his philosophy. In The Principle of
Individuality and Value he argues that the search for truth proceeds by
eliminating contradictions in experience. For Bosanquet a contradiction arises
when there are incompatible interpretations of the same fact. This involves
making distinctions that harmonize the incompatible interpretations in a larger
body of knowledge. Bosanquet thought there was no way to arrest this process
short of recognizing that all human experience forms a comprehensive whole
which is reality. Bosanquet called this totality “the Absolute.” Just as
conflicting interpretations of the same fact find harmonious places in the
Absolute, so conflicting desires are also included. The Absolute thus satisfies
all desires and provides Bosanquet’s standard for evaluating other objects.
This is because in his view the value of an object is determined by its ability
to satisfy desires. From this Bosanquet concluded that human beings, as
fragments of the Absolute, acquire greater value as they realize themselves by
partaking more fully in the Absolute. In The Value and Destiny of the
Individual Bosanquet explained how human beings could do this. As finite, human
beings face obstacles they cannot overcome; yet they desire the good i.e., the
Absolute which for Bosanquet overcomes all obstacles and satisfies all desires.
Humans can best realize a desire for the good, Bosanquet thinks, by
surrendering their private desires for the sake of the good. This attitude of
surrender, which Bosanquet calls the religious consciousness, relates human
beings to what is permanently valuable in reality and increases their own value
and satisfaction accordingly. Bosanquet’s defense of this metaphysical vision
rests heavily on his first major work, Logic or the Morphology of Knowledge 8;
2d ed., 1. As the subtitle indicates, Bosanquet took the subject matter of
Logic to be the structure of knowledge. Like Hegel, who was in many ways his
inspiration, Bosanquet thought that the nature of knowledge was defined by structures
repeated in different parts of knowledge. He called these structures forms of
judgment and tried to show that simple judgments are dependent on increasingly
complex ones and finally on an all-inclusive judgment that defines reality. For
example, the simplest element of knowledge is a demonstrative judgment like
“This is hot.” But making such a judgment presupposes understanding the
contrast between ‘this’ and ‘that’. Demonstrative judgments thus depend on
comparative judgments like “This is hotter than that.” Since these judgments
are less dependent on other judgments, they more fully embody human knowledge.
Bosanquet claimed that the series of increasingly complex judgments are not
arranged in a simple linear order but develop along different branches finally
uniting in disjunctive judgments that attribute to reality an exhaustive set of
mutually exclusive alternatives which are themselves judgments. When one
contained judgment is asserted on the basis of another, a judgment containing
both is an inference. For Bosanquet inferences are mediated judgments that
assert their conclusions based on grounds. When these grounds are made fully
explicit in a judgment containing them, that judgment embodies the nature of
inference: that one must accept the conclusion or reject the whole of
knowledge. Since for Bosanquet the difference between any judgment and the
reality it represents is that a judgment is composed of ideas that abstract
from reality, a fully comprehensive judgment includes all aspects of reality.
It is thus identical to reality. By locating all judgments within this one,
Bosanquet claimed to have described the morphology of knowledge as well as to
have shown that thought is identical to reality. Bosanquet removed an objection
to this identification in History of Aesthetics 2, where he traces the
development of the philosophy of the beautiful from its inception through
absolute idealism. According to Plato and Aristotle beauty is found in
imitations of reality, while in objective idealism it is reality in sensuous
form. Drawing heavily on Kant, Bosanquet saw this process as an overcoming of
the opposition between sense and reason by showing how a pleasurable feeling
can partake of reason. He thought that absolute idealism explained this by
showing that we experience objects as beautiful because their sensible
qualities exhibit the unifying activity of reason. Bosanquet treated the
political implications of absolute idealism in his Philosophical Theory of the
State 8; 3d ed., 0, where he argues that humans achieve their ends only in
communities. According to Bosanquet, all humans rationally will their own ends.
Because their ends differ from moment to moment, the ends they rationally will
are those that harmonize their desires at particular moments. Similarly,
because the ends of different individuals overlap and conflict, what they
rationally will are ends that harmonize their desires, which are the ends of
humans in communities. They are willed by the general will, the realization of
which is self-rule or liberty. This provides the rational ground of political
obligation, since the most comprehensive system of modern life is the state,
the end of which is the realization of the best life for its citizens. Refs.:
H. P. Grice, “Bosanquet’s implicaturum.”
boyle: r.: Grice was a
closet corpularianist. a major figure in seventeenthcentury natural philosophy.
To his contemporaries he was “the restorer” in England of the mechanical
philosophy. His program was to replace the vacuous explanations characteristic
of Peripateticism the “quality of whiteness” in snow explains why it dazzles
the eyes by explanations employing the “two grand and most catholic principles
of bodies, matter and motion,” matter being composed of corpuscles, with motion
“the grand agent of all that happens in nature.” Boyle wrote influentially on
scientific methodology, emphasizing experimentation a Baconian influence,
experimental precision, and the importance of devising “good and excellent”
hypotheses. The dispute with Spinoza on the validation of explanatory
hypotheses contrasted Boyle’s experimental way with Spinoza’s way of rational
analysis. The 1670s dispute with Henry More on the ontological grounds of
corporeal activity confronted More’s “Spirit of Nature” with the “essential modifications”
motion and the “seminal principle” of activity with which Boyle claimed God had
directly endowed matter. As a champion of the corpuscularian philosophy, Boyle
was an important link in the development before Locke of the distinction
between primary and secondary qualities. A leading advocate of natural
theology, he provided in his will for the establishment of the Boyle Lectures
to defend Protestant Christianity against atheism and materialism.
BOLANO Lorenzo
Bolano Lorenzo Bolano (Catania, 1540 circaCatania, 1613 circa) filosofo, medico
e archeologo italiano. Assai scarse sono
le notizie sulla vita di questo personaggio. Quel poco che sappiamo viene
riassunto nell'opera del Mongitore: insegnò a Catania medicina per più di 20
anni a partire dal 1572, quindi nel periodo tra il 1578 e il 1590 intraprese
l'insegnamento anche di filosofia alternando i due insegnamenti per tutta la
carriera. Non si hanno più notizie certe su di lui dopo il 1593 anche se c'è la
presenza del suo nome nei rotuli dell'Catania fino al 1613, anno probabile
della sua morte. Nel XVI secolo fu uno
dei più eminenti esponenti dell'ateneo catanese: chiamato dallo storico
seicentesco concittadino Giovambattista De Grossi « medicinae, anatomes ac
matheseos peritissimus », acquisìo grande fama di professore e di medico. Dal
1603 per un breve periodo lo troviamo presso il Collegio dei gesuiti di Palermo
come lettore di fisica e anatomia con il "favoloso stipendio di ottocento
onze annue"; nel 1607 torna ad insegnare a Catania. Fu un seguace della tradizione aristotelica
rinascimentale ed un tipico esempio di medico umanista, unendo all'interesse
per le indagini mediche e naturali quello per gli studi letterari, filosofici e
antiquari. Nel 1596 stampava a Messina
un Opus logicum, compendio di filosofia aristotelica e frutto del suo
insegnamento logico, scrisse anche di retorica e fisica ed abbiamo notizie di
un'opera naturalistica sull'Etna, il Discorso di Mongibello ma l'opera cui
maggiormente è legato è un Chronicon urbis Catinae, andato perduto dopo il
1693, in cui ci lascia preziose notizie e descrizioni su Catania e le sue
vestigia storiche prima della catastrofica eruzione dell'Etna del 1669 che
profondamente ne cambiò paesaggio, fisionomia ed urbanistica. Il Chronicon rappresenta un raro esempio
cinquecentesco di indagine archeologica diretta su Catania e rimarrà uno dei
pochi lavori utili e seri sulle antichità della città etnea per tutto il
Seicento. Riguarda, tra l'altro, la fondazione di Catania, l'anfiteatro romano,
l'acquedotto romano, gli Archi, il tempio di Cerere, la Naumachia, l'Ippodromo.
Per questi ultimi due edifici è la prima ed unica fonte a noi rimasta. Pietro
Carrera e Gian Battista De Grossi attinsero direttamente dal manoscritto,
traendone spunto per le loro opere e pubblicando i pochi frammenti a noi
rimasti. Eppure Bolano subì una grave
umiliazione: nell'anno in cui si perdono le sue tracce, il 1613, presentatosi a
chiedere l'incarico di filosofia nell'Università dove con onore insegnava da
oltre quattri decenni, i filosofi ecclesiastici lo contrastarono preferendo il
secolare Francesco Riccioli. Il venerando medico-archeologo riottenne
l'insegnamento solo per « grazia » del viceré Pietro Giron de Osuna, una
nomina, sottolinea Matteo Gaudioso, « peggiore di una sconfitta, forse la prima
e ultima umiliazione del Bolano, scomparso successivamente dalla scena. Fu il
suo ultimo anno di insegnamento e forse di vita ». Note
Antonino Mongitore, Bibliotheca sicula, sive de scriptoribus siculis,
qui tum vetera, tum recentiora saecula illustrarunt, pag. 5, D. Bua, 1708 Storia della filosofia in Sicilia da'tempi
antichi al sec. XIX, libri quattro, pag. 137, Vincenzo Di Giovanni, Lauriel,
1873 Archivio storico per la Sicilia
orientale, pag. 293, La società, 1934
G.B. De Grossi, Catanense Decachordon..., Catanae, 1642150. S. Correnti, La Sicilia del Cinquecento: il
nazionalismo isolano, Roma, Mursia, 1980, p.172. Storia della filosofia in Sicilia da' tempi
antichi al sec. XIX, libri quattro, pag. 138
Rivista internazionale di filosofia del diritto, Volume 38, pag. 313,
Giorgio Del Vecchio, Società anonima poligrafica italiana, 1961 Bibliotheca sicula, sive de scriptoribus
siculis, qui tum vetera, tum recentiora saecula illustrarunt Osservazioni sopra la storia di Catania
cavate dalla storia generale di Sicilia, Volume 3, pag. 214, Vincenzo Cordaro
Clarenza Riggio, 1833 Sopra uno rudere
scoperto in Catania cenni critici dell'arch. Mario Musumeci, pag. XXX, Mario
Musumeci, dalla tipografia della regia Università, 1819 Guido Libertini, L’indagine archeologica a
Catania nel secolo XVI e l’opera di Lorenzo Bolano, in Archivio Storico per la
Sicilia Orientale, XVIII, 1922,
105–138, . Edilizia pubblica e privata nelle città
romane, pag. 94, Lorenzo Quilici, Stefania Quilici Gigli, L'ERMA di
BRETSCHNEIDER, 2008 P. Carrera, Delle
Memorie historiche della città di Catania, I, Catania 1639, 22, 37, 80, 112 G. B. De Grossi, Catanense Decachordon...,
cit., I, 7 s. Archivio di Stato di Palermo, Tribunale del
R. Patrimonio, Memoriali, 533, f. 283.
Cit. in Corrado Dollo, Modelli scientifici e filosofici nella Sicilia spagnola,
Napoli, Guida, 198470. Matteo Gaudioso,
L'Catania nel secolo XVII, in Storia
della Catania dalle origini ai nostri giorni, Catania, Zuccarello e Izzi,
1934182. Pietro Carrera, Delle Memorie
historiche della città di Catania, I, Catania, 1639. Gian Battista De Grossi,
Catanense Decachordon..., Catinae, 1642. Antonino Mongitore, Bibliotheca
sicula, sive de scriptoribus siculis, qui tum vetera, tum recentiora saecula
illustrarunt, D. Bua, 1708. Mario Musumeci, Sopra uno rudere scoperto in
Catania cenni critici dell'arch. Mario Musumeci, dalla tipografia della regia
Università, 1819. Vincenzo Di Giovanni, Storia della filosofia in Sicilia
da'tempi antichi al sec. XIX, libri quattro, pag. 137, Lauriel, 1873. Guido
Libertini, L'indagine archeologica a Catania nel secolo XVI e l'opera di
Lorenzo Bolano in Archivio Storico per la Sicilia Orientale, n. XVIII, 1922.
Giorgio Stabile, Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 11, 1969. Lorenzo
Quilici, Stefania Quilici Gigli, Edilizia pubblica e privata nelle città
romane, L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 2008.
Storia di Catania Eruzione dell'Etna del 1669 Lorenzo Bolano, in Dizionario biografico
degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Filosofia Medicina Medicina Filosofo del XVI secoloMedici
italianiArcheologi italiani 1540 Catania CataniaProfessori dell'Università
degli Studi di Catania
BONATELLI Francesco Bonatelli Niente fonti! Questa voce o sezione
sull'argomento filosofi italiani non cita le fonti necessarie o quelle presenti
sono insufficienti. Puoi migliorare questa voce aggiungendo citazioni da fonti
attendibili secondo le linee guida sull'uso delle fonti. Francesco
Bonatelli (Iseo, 25 aprile 1830Padova, 13 maggio 1911) filosofo italiano.
Francesco Bonatelli nacque il 25 aprile 1830 ad Iseo (BS), da Filippo (n.
1789m. 1844), commissario distrettuale al servizio del governo austriaco, e da
Elisabetta Bocchi. Nel 1842, all'età di 12 anni, si trasferì a Chiari per
compiere gli studi ginnasiali presso uno zio materno: il canonico Annibale
Bocchi. In questo periodo studiò con Carlo Varisco, che, in seguito,
diverrà suo cognato. Il Varisco, infatti, sposò Giulia, sorella del Bobatelli
e, dopo la morte di questa, convolò a seconde nozze con un'altra sorella del
Bonatelli: Laura. Dall'unione fra Carlo e Giulia nacque Bernardino
Varisco, insigne filosofo anch'egli, e senatore del Regno d'Italia.
Terminato il ginnasio, proseguì gli studi a Brescia, frequentando il locale
liceo, ed iniziando precocemente l'attività didattica presso il Liceo Classico
Arnaldo. Nel frattempo si rese protagonista del grande fermento politico
della sua epoca. Troviamo conferma del suo fervente patriottismo in ciò
che ne scrisse Michele Rosi nel “Dizionario del Risorgimento nazionale” del
1937: «Venuti i tempi nuovi, ebbe incarico di istruire gli ufficiali
della guardia nazionale; continuando nello stesso tempo nel proprio
insegnamento, cercò di suscitare nell'animo dei giovani i più fervidi
sentimenti patriottici. Per questo cadde in sospetto della polizia austriaca,
alla quale sfuggì (…) in Svizzera». Rientrato in patria, nel 1849,
ottenne l'abilitazione all'insegnamento della filosofia, della matematica e
della fisica, che alternò tra Milano, presso l'istituto ginnasiale “Sorre”, e
Chiari. La sua prima pubblicazione, di interesse psicologico, risale al
1852, ed ha titolo “Sulla sensazione”. Nel 1853 si unì in matrimonio con
Laura Formenti. Nel medesimo anno, venne privato del posto di lavoro per
motivi politici. Per riottenere l'ammissione all'insegnamento, dovette
avvalersi dell'intercessione della nobildonna e benefattrice clarense, Ottavia
Bettolini, col maresciallo Josef Radetzky- In cambio di questa concessione,
avvenuta soltanto nel 1855, il governo austriaco gli impose di seguire un corso
di studi superiori a Vienna, che abbandonò forzatamente soltanto qualche mese
dopo, essendosi ammalato di tifo. Fu durante questa breve esperienza che
il Bonatelli venne in contatto coi maggiori esponenti della filosofia tedesca,
da cui rimase profondamente influenzato. Resta incerto se, nella capitale
austriaca, conseguì o meno la laurea, come ipotizzato da alcuni autori (Giulio
Alliney, “BONATELLI”, Brescia, La Scuola, 1947). Nel 1858 insegnò presso
il liceo di Mantova, dove rimase fino al Giugno '59, dopo lo scoppio della
Seconda Guerra d'Indipendenza, quando quella città fu messa in stato
d'assedio. Le imprese guerresche del sovrano sabaudo, supportato da francesi
e volontari garibaldini, vennero celebrate dal B. con la composizione di un
carme: “Il servaggio e la liberazione”, scritto a Chiari il 13 agosto 1859, con
dedica a Vittorio Emanuele II. Successivamente, l'attività didattica del
B. proseguì al liceo di Brescia (1859-60) ed al Carmine di Torino sino al 1861,
anno in cui si trasferì a Bologna per insegnare filosofia teoretica, nonostante
avesse appena vinto un concorso presso l'Genova che gli avrebbe permesso di
ricoprire la stessa cattedra. Nell'ateneo felsineo, il B. ebbe modo di
conoscere Giosuè Carducci, che vi era professore di Letteratura Italiana.
Lo stretto legame fra i due cattedratici è testimoniato da una ventina di
lettere, scritte fra il 1862 ed il 1881, conservate nell'archivio della Casa
Carducci di Bologna. Gli anni trascorsi a Bologna furono particolarmente
proficui per l'elaborazione del pensiero filosofico del Bonatelli: nacque
allora una delle sue opere principali, “Pensiero e conoscenza”, pubblicata nel
1864. Nel dicembre 1867, il B. passò alla cattedra di filosofia teoretica
dell'Padova; impiego che manterrà fino alla morte. Nell'ateneo lombardo
ebbe diversi incarichi, fra cui quello di insegnare filosofia della storia (dal
1878 al 1910) e di tenere per qualche anno i corsi di antropologia, pedagogia e
storia della filosofia. Divenne anche preside della facoltà di lettere e
filosofia. A Padova scrisse la sua opera maggiore: “La coscienza e il
meccanesimo interiore”, nel 1872. La fama del B. iniziò negli anni '70,
specialmente negli ambienti del “platonismo” legati a Terenzio Mamiani,
ottenendo anche ruoli di alto prestigio al di fuori della propria attività
didattica. Fu membro del comitato di redazione del periodico “La
filosofia delle scuole italiane”, fondato dal Mamiani nel ‘69; posizione che
mantenne fino al 1874, quando rassegnò le proprie dimissioni in seguito alla
pubblicazione di alcuni articoli del filosofo Giovanni Maria Bertini che,
contenendo aspre critiche al cattolicesimo, urtavano con le sue solide
convinzioni religiose. Nonostante ciò, il B. proseguì la propria collaborazione
con la rivista, curandone la rubrica “Conversazioni filosofiche” dal 1870 al
1872. Il 18 aprile 1880 fu nominato socio corrispondente nazionale
dell'Accademia dei Lincei per la classe di Scienze morali, storiche e
filologiche; mentre, il 5 febbraio 1882 divenne socio corrispondente della
Reale Accademia delle Scienze di Torino, nella sezione di Scienze
filosofiche. Nell'ultimo decennio del secolo XIX pubblicò un altro saggio
importante: “Percezione e pensiero”. Bonatelli fu anche un brillante
verseggiatore ed autore di alcune pregevoli opere letterarie, fra cui: il carme
“In morte di Tommaso Grossi” (Milano, 1853), il poemetto “Alfredo” (Lodi,
1856), il carme precedentemente menzionato “Il servaggio e la liberazione”
(Brescia, 1860) e numerose composizioni in lingua dialettale. Il filosofo
Giovanni Gentile ne lodò le doti letterarie, apprezzando la forma netta e quasi
sempre precisa della sua espressione ed il linguaggio vivo ed immaginoso; affermando
addirittura che gli scritti del Bonatelli potranno essere sempre cercati e
letti con profitto. (G. Gentile, “La filosofia in Italia dopo il 1850”, su “La
Critica. Rivista di Letteratura, Storia e Filosofia diretta da B. Croce” n.
533, 1907). Inoltre, non esitò ad esporre il proprio pensiero su
tematiche politiche d'attualità. Ricordiamo, a proposito, due saggi sulla
possibilità di allargamento del diritto di voto: “Intorno al fondamento
naturale del diritto di voto” (Padova; Tip. Rendi, 1882) ed “Intorno al diritto
elettorale” (Atti del Reale Istituto veneto di scienze, lettere ed arti;
1897). Le sue pubblicazioni, comprese quelle di carattere filosofico,
ammontano ad oltre 170 opere. Con l'avanzare dell'età, si manifestò
inevitabilmente qualche acciacco fisico, che egli accolse stoicamente,
confortato da una fede sincera e tenace. È significativo quanto scrisse
al nipote Bernardino Varisco, in una lettera datata 25 Gen. 1906.
«Carissimo Dino, l'aver io tardato a congratularmi teco della riuscita
non deriva certo dall'essermene io poco rallegrato, bensì dal cumulo di noie,
di pensieri, di tribolazioni che ora più che mai m'è piombato addosso e che
quasi mi schiaccia. Non entro nei particolari, perché a cosa servirebbe?
[…] Basta, [sia] quello che Dio vuole!». (Massimo Ferrari, “Lettere a
Bernardino Varisco (18671931)”77, La Nuova Italia, Firenze, 1982).
Malgrado ciò, il filoso d'Iseo proseguì l'attività di docente ed accademico
anche nei primi anni del '900, senza affatto abbandonare l'indagine speculativa,
grazie ad una lucidità mentale che mai lo abbandonò, dedicando i suoi ultimi
sforzi alla traduzione del primo volume dell'opera “Microcosmo” di Hermann
Lotze, che sarà pubblicato postumo. Morì il 13 maggio 1911, a Padova,
all'età di 81 anni. Aveva insegnato fino a due giorni precedenti alla
morte. Le sue spoglie mortali riposano nel piccolo cimitero di Longiano
(FC), dove furono traslate da Padova, negli anni '80 del secolo scorso, per
volontà del nipote Gualtiero. Pensiero Filosofo spiritualista, Pose al
centro della sua speculazione l'uomo e ne difese la spiritualità contro il
positivismo materialista. Sulla scia di Hermann Lotze valorizzò il sentimento e
pose in esso la principale rivelazione dell'essere per mezzo del giudizio di
valore. Opere Fra le sue opere ricordiamo: Pensiero e conoscenza,
Bologna, G. Monti, 1864. La coscienza e il meccanismo interiore. Studi
psicologici, Padova, Minerva, 1872. Discussioni gnoseologiche e note critiche,
Venezia, Antonelli, 1885. Elementi di psicologia e logica, ad uso dei licei,
Padova, Tip. F. Sacchetto, 1892. Percezione e pensiero, 3 voll., Venezia, Tip.
Ferrari, 1892-1895. Comprende: 1. Percezione e pensiero, 1892; 2. La percezione
interna, 1894; 3. Il pensiero, 1895. Intorno alla conoscibilità dell'io, Venezia,
Officine grafiche di C. Ferrari, 1902. Studi d'epistemologia, Venezia, C.
Ferrari, 1905. Sentire e conoscere, Prato, Tip. Collini, 1909. Note G. Calogero, Enciclopedia Italiana,
riferimenti in . Francesco De Sarlo,
Francesco Bonatelli, Firenze, Ufficio della «Rassegna Nazionale» 1900. Erminio
Troilo, Il pensiero filosofico di Francesco Bonatelli, estratto dagli «Atti del
Reale Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti» LXXXIX (1929-30), Venezia,
Ferrari 1930. Davide Poggi, La coscienza e il meccanesimo interiore. Francesco
Bonatelli, Roberto Ardigò e Giuseppe Zamboni, Padova, Poligrafo 2007. 978-88-7115-568-5. Altri progetti Collabora a
Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Francesco Bonatelli Guido Calogero, «BONATELLI, Francesco», in
Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1930. ,
«BONATELLI, Francesco», in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 11,
Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1969. Filosofia Filosofo del XIX
secoloFilosofi italiani Professore1830 1911 25 aprile 13 maggio Iseo
PadovaMembri dell'Accademia delle Scienze di Torino
BONAVINO Cristoforo
Bonavino, noto anche con lo pseudonimo di Ausonio Franchi (Pegli, 27 febbraio
1821Genova, 12 settembre 1895), presbitero, scrittore, teologo e filosofo
italiano. Nacque a Pegli, in una casa
che sorgeva sulla via Aurelia, successivamente demolita per la costruzione del
lungomare. Nel 1838 entrò in seminario. Nel 1840, a Bobbio, entrò nella
congregazione degli Oblati di Sant'Alfonso Maria de' Liguori, fondata, in
quella stessa città, nel 1838 dal vescovo Antonio Maria Gianelli. La fase razionalista Il suddiacono venne
accolto nella diocesi di Bobbio dal vescovo Antonio Maria Gianelli il quale lo
riteneva persona dotata di ottime qualità. Venne ordinato sacerdote nel 1840,
in tre feste consecutive, dallo stesso Gianelli il quale lo accolse tra i suoi
Oblati, da poco fondati in Bobbio, nella sede del Santuario della Madonna
dell'Aiuto. Il vescovo lo costituì poco dopo, sebbene giovanissimo, vicesuperiore. Cornelius Jansen, padre del giansenismo Vincenzo Gioberti In tale posizione Bonavino
indusse il vescovo ad irrigidire molto la regola che aveva loro data. Egli usava
con i colleghi, tutti più maturi di lui, un rigore che essi reputarono intollerabile,
tanto che molti ne rimasero disgustati e parecchi se ne andarono. Qualche suo
compagno notò in lui uno spirito di superbia inoltre, in una disputa teologica,
Bonavino mostrò una dottrina diametralmente opposta a quella di Sant'Alfonso
Maria de' Liguori, tanto che il vescovo Gianelli dovette intervenire per
richiamarlo, dicendogli: "se continuate in questa guisa, voi non potrete
recare che gravi dispiaceri alla Chiesa e voglia Iddio che non diventiate
apostata". Egli dapprima rispose positivamente al richiamo, ma poi
nuovamente ritornò sulle sue posizioni.
Aveva attinto dallo spirito giansenista, tenacemente combattuto dal
Gianelli e non ancora assopito, sia leggendo opere spregiudicate sia
discorrendo con qualche prete ancora seguace di quella dottrina. Il vescovo lo
chiamò nuovamente a sé e gli chiese paternamente se fosse vero quanto gli
veniva riferito, ed egli audacemente gli rispose di sì e disse che avrebbe
persistito nel suo sentimento e che non vi era alcuna speranza che si potesse
ricredere. Le sue parole furono: " ... no, neppure se mi trovassi innanzi
alla bocca di un cannone e mi si minacciasse di darmi fuoco!". Allora il
vescovo dovette cacciarlo dalla diocesi di Bobbio, dubitando della buona
riuscita del nuovo Istituto. Subì, anche, l'influenza del positivismo francese
e del criticismo tedesco. Poco dopo venne espulso dalla congregazione per le
sue dottrine che si allontanavano dal probabilismo alfonsiano. A Genova aprì una scuola. Partecipò nelle
lotte contro i gesuiti, collaborando alla redazione de Il gesuita moderno, e
con due pubblicazioni: I Gesuiti e Autentiche prove contro i Gesuiti (1846).
Visse in prima persona la rivoluzione del 1848, condividendo gli ideali
risorgimentali, e stando in contatto, al punto di arrivare alle polemiche, con
le figure più rappresentative di esso: Mazzini, Ferrari, Pisacane, Macchi, La
Farina, Orsini e Crispi. Nel 1849 venne
sospeso a divinis per la difesa degli "errori" del suo Corso di
religione alle Figlie di S. Bernardo, e lasciò il ministero sacerdotale. Da
questo anno (e fino al 1889) usò lo pseudonimo di Ausonio Franchi, cioè
"italiano libero". Su
consiglio del Gioberti, verso il quale era orientato politicamente, si dedicò
agli studi filosofici. In questo periodo scrisse: La filosofia delle scuole italiane (1852)
Appendice alla filosofia delle scuole italiane (1853): ove giustificò la
propria apostasia La religione del secolo XIX (1853) Studi religiosi e
filosofici: Del sentimento (1854) Il razionalismo del popolo (1856)
Trasferitosi a Torino, divenne mazziniano. Nel 1854 fondò Ragione, un
bimestrale di critica religiosa, politica e sociale. Nel 1859 si trasferì a Milano dove diresse La
gente latina. Nel 1856 ottenne la cattedra di storia della filosofia
dell'Pavia. Nel 1863 venne trasferito all'Accademia di Scienze e Lettere di
Milano. Massone, fu membro della Loggia
"Insubria" di Rito simbolico italiano, che con altre, di numero
minore rispetto alle prevalenti di Rito scozzese antico e accettato, si
strinsero intorno alla Loggia madre torinese "Ausonia" e si
organizzarono all'obbedienza di un "Gran Consiglio Simbolico", sorto
da un'assemblea tenuta a Milano il 1-5 luglio 1864. Fu inoltre membro onorario
della Loggia "Azione e Fede", di Pisa. Il "Gran Consiglio Simbolico" ebbe
sede prima a Torino e poi a Milano e con la presidenza di Ausonio Franchi,
finché nel 1868 si unì al "Grande Oriente Italiano" con un atto
firmato per il Gran Consiglio tra gli altri dallo stesso Ausonio Franchi, che
fu strenuo e auterevole propugnatore della fusione nel nuovo Grande
Oriente. In questo periodo scrisse: Letture della storia della filosofia moderna
(1863) Lettere a N. Mameli su la teoria del giudizio (1871) Saggi di critica e polemica
(1871-1872) Il ritorno al cattolicesimo Iniziò poi un periodo in cui rimise in
discussione la propria attività filosofica. Ciò lo portò a scrivere L'ultima
critica (1889-1893). Nei tre volumi che compongono l'opera, disse di voler
essere la «confutazione di tutti i paralogismi, che mi avevano condotto al
razionalismo, ed esposizione degli argomenti che mi hanno ricondotto prima alla
filosofia tomistica e poi alla fede cristiana». Visse l'esperienza della
conversione filosofica nel 1879 e quindi religiosa nel 1889; iniziò facendo
visita al Santuario di Virgo Potens in Sestri Ponente, dove è collocata una
lapide in ricordo dell'evento: «TRA
QUESTE SACRE MURA LA VERGINE POTENTE CON UN PRODIGIO DI MATERNA PIETÀ IL FIERO
NEMICO D'OGNI CRISTIANA RIVELAZIONE AUSONIO FRANCHI TRAMUTAVA NELL'ANTICO PIO
SACERDOTE CRISTOFORO BONAVINO RIDONANDO ALLA VERA SCIENZA E ALLA CHIESA UNO TRA
I PIÙ PROFONDI PENSATORI DELLA NOSTRA ETÀ DAL VORTICE DELLA RIVOLUZIONE
MISERAMENTE TRAVOLTO PERCHÉ IL RICORDO DI SÌ BEL TRIONFO DELLA POTENZA DI MARIA
SI PERPETUASSE A CONFORTO E A SPERANZA DELLE FUTURE GENERAZIONI IL COMITATO
LIGURE DEI CONGRESSI CATTOLICI a. M.P. MDCCCXCVI» L'ultima critica venne da lui annunciata nel
1889 all'arcivescovo Salvatore Magnasco. Manifestò, inoltre, l'intenzione di
ritirarsi nel santuario di Rho per confessarsi e riconciliarsi con la Chiesa.
Il libro fu terminato nel convento carmelitano di Sant'Anna, a Genova, dove si
trasferì nel 1892. Aveva un buon rapporto con i frati, anche se conduceva vita
molto ritirata. Dopo il ritorno alla fede egli confidò che, anche negli anni in
cui sembrava più lontano dalla Chiesa cattolica e più imbevuto di positivismo,
non aveva mai abbandonato la pratica quotidiana di recitare tre Ave Maria e non
era mai venuto meno al celibato sacerdotale.
Infine, nel 1893, tornò al ministero sacerdotale e riprese a celebrare
la Messa. Targhe commemorative Sulla
casa natale di Pegli era apposta questa lapide, trasferita dopo la demolizione
nella piazzetta della Giuggiola (attuale Vico Condino), cuore del centro
storico di Pegli: Cristoforo Bonavino
nato in Pegli il 27 febbraio 1821 apostata col nome di Ausonio Franchi seppe
ritrovare le vie del vero e dalla tenebra dell'errore assurgere all'eterno
splendore del pensiero cristiano nel centenario della sua nascita i cittadini
q.m.p. La lapide del Bonavino nel cimitero
di Pegli La lapide del cimitero di Pegli:
Cristoforo di Giovan Battista Bonavino sacerdote filosofo tra i primi
dell'età nostra aveva col pseudonimo di Ausonio Franchi professato il
razionalismo più aperto ma nell'opera dell'ultima critica confutò gli errori
suoi riparando splendidamente il dolore inflitto alla Chiesa di Gesù.
Ritiratosi in Genova presso i Padri Carmelitani di S. Anna morì santamente a 75
anni il 12 settembre 1895 benedetto dal S. P. Leone XIII e in questa sua terra
natale deposto per cura della famiglia che Dio ringrazia d'averlo richiamato
alla luce del vero. Giansenismo Antonio
Maria Gianelli Pegli Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene
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Cristoforo Bonavino Cristoforo Bonavino,
su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Cristoforo Bonavino, in Enciclopedia
Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Cristoforo Bonavino, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Opere di
Cristoforo Bonavino / Cristoforo Bonavino (altra versione) / Cristoforo
Bonavino (altra versione), su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di
Cristoforo Bonavino, . Cristoforo Bonavino, in Catholic Encyclopedia, Robert
Appleton Company. Cristoforo Bonavino
"Ausonio Franchi" biografia nel sito "Pegli ieri e oggi"
Simbolici famosi: Cristoforo poi Giuseppe Bonavino, detto Ausonio Franchi biografia
dal punto di vista massonico nel sito "ritosimbolico.net". Filosofia
Letteratura Letteratura
Risorgimento Risorgimento Categorie:
Presbiteri italianiScrittori italiani del XIX secoloTeologi italiani 1821 1895
27 febbraio 12 settembre Pegli GenovaFilosofi italiani del XIX secoloFilosofi
cattoliciMassoni
BONCINELLI Edoardo Boncinelli (Rodi, 18
maggio 1941) è un genetista, filosofo e accademico italiano che, insieme ad
alcuni collaboratori, ha scoperto una famiglia di geni che controllano il
corretto sviluppo corporeo nell'uomo. Nato da genitori fiorentini, ha
studiato e vissuto a Firenze, laureandosi in Fisica presso l'Università degli
Studi di Firenze con una tesi sperimentale di elettronica quantistica, con
relatore Giuliano Toraldo di Francia. Dal 1968 al 1992 svolge
continuativamente, per più di 20 anni, attività di ricerca nel campo della
genetica presso l'Istituto di genetica e biofisica del CNR di Napoli, prima
come borsista e poi, dal 1971, come ricercatore. Durante il lungo periodo
napoletano alterna l'attività di ricerca con quella didattica, tenendo diversi
corsi universitari presso la Facoltà di Scienze e la prima Facoltà di Medicina
e Chirurgia dell'Università degli Studi di Napoli Federico II (oggi Facoltà di
Medicina della SUN). Nel 1985, proprio al CNR di Napoli, scopre, insieme con
Antonio Simeone, alcuni geni omeotici nell'uomo, architetti che progettano lo
sviluppo dell'organismo. È stato direttore del laboratorio di biologia
molecolare dello sviluppo presso l'Istituto scientifico universitario San
Raffaele e direttore di ricerca presso il Centro per lo studio della
farmacologia cellulare e molecolare del CNR di Milano. È stato direttore della
SISSA (Scuola internazionale superiore di studi avanzati di Trieste). Ha
insegnato Fondamenti biologici della conoscenza presso la Facoltà di Filosofia
dell'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Il 29 gennaio ha ricevuto la laurea magistrale honoris
causa in Scienze filosofiche presso l'Università degli Studi di Palermo.
Nel 2006 vince, con il libro L'anima della tecnica, nella sezione saggi, il
quarto Premio letterario Merck Serono, premio dedicato a saggi e romanzi,
pubblicati in italiano, che sviluppino un confronto ed un intreccio tra scienza
e letteratura, con l'obiettivo di stimolare un interesse per la cultura
scientifica, rendendola accessibile anche ai meno esperti. Appassionato
grecista, Boncinelli ha pubblicato nel 2008 una raccolta di lirici greci
classici: da Mimnermo ad Alcmane, da Archiloco a Saffo, per un totale di 365
liriche, una per ogni giorno dell'anno. Nel
il Corriere della Sera, in occasione del 150º anniversario dell'Unità
d'Italia, ha incluso le scoperte di Edoardo Boncinelli tra le 10, prodotte dal
genio degli scienziati italiani, da ricordare nella storia d'Italia. Nell'opera
La farfalla e la crisalide, del , si mostra scettico verso la filosofia, il
ruolo che essa può possedere nel mondo moderno e la sua tanto elogiata utilità
nel passato. Opere A caccia di geni, Roma, Di Renzo, 1986. 88-86044-50-X; 2001. 88-86044-50-X I nostri geni. La natura
biologica dell'uomo e le frontiere della ricerca, Torino, Einaudi, 1998. 88-06-13735-2 Il cervello, la mente e
l'anima. Le straordinarie scoperte sull'intelligenza umana, Milano, Mondadori,
1999. 88-04-45841-0 Le forme della vita,
Torino, Einaudi, 2000. 88-06-15195-9 La
serva padrona. Fascino e potere della matematica, con Umberto Bottazzini,
Milano, Raffaello Cortina, 2000.
88-7078-651-X Pensare l'invisibile. Dal DNA all'inconscio, con Aldo
Carotenuto, Milano, Bompiani, 2000.
88-452-4663-9 Prima lezione di biologia, Roma, Laterza, 2001. 88-420-6435-1 Edoardo Boncinelli, La mente
che studia se stessa, prefazione in Joseph LeDoux, Il sé sinaptico. Come il
nostro cervello ci fa diventare quelli che siamo, Milano, Raffaello Cortina,
2002. 88-7078-795-8 Io sono, tu sei.
L'identità e la differenza negli uomini e in natura, Milano, Mondadori,
2002. 88-04-50437-4 Tempo delle cose,
tempo della vita, tempo dell'anima, Roma, Laterza, 2003. 88-420-7144-7 Il posto della scienza. Realtà,
miti, fantasmi, Milano, Mondadori, 2004.
88-04-52452-9 Verso l'immortalità? La scienza e il sogno di vincere il
tempo, con Galeazzo Sciarretta, Milano, Raffaello Cortina, 2005. 88-7078-941-1 Sani per scelta. La scienza che
ci cambia la vita, colloquio con Giangiacolo Schiavi, Milano, Corriere della Sera,
2005. L'anima della tecnica, Milano, Rizzoli, 2006. 88-17-00902-4 La magia della scienza, Milano,
Archinto, 2006. 88-7768-455-0 Idee per
diventare genetista. Geni, genomi ed evoluzione, Bologna, Zanichelli,
2006. 978-88-08-16802-3 Edoardo Boncinelli,
Il cervello e la mente in: Rosario Conforti , La psicoanalisi tra scienze umane
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L'evoluzione e l'origine dell'uomo (nuova edizione), Torino, Einaudi,
2006. 88-06-18290-0 Il male. Storia
naturale e sociale della sofferenza, Milano, Mondadori, 2007. 978-88-04-51244-8 Edoardo Boncinelli, Chi
prende le mie decisioni?, prefazione in Benjamin Libet, Mind Time. Il fattore
temporale nella coscienza, Milano, Raffaello Cortina, 2007. 978-88-6030-085-0 Dal moscerino all'uomo: una
stretta parentela, con Chiara Tonelli, Milano, Sperling e Kupfer. 2007. 978-88-6061-071-3 L'etica della vita. Siamo
uomini o embrioni?, Milano, Rizzoli, 2008.
978-88-17-02005-3 L'universo e il senso della vita. Un ateo e un
credente: due uomini di scienza a confronto, con George Coyne, Cinisello
balsamo, San Paolo, 2008.
978-88-215-6381-2 Edoardo Boncinelli, Il fiume e le sue propaggini,
introduzione in Richard Dawkins, Il fiume della vita. Che cosa è l'evoluzione,
Milano, Rizzoli, 2008. 978-88-17-02060-2
Edoardo Boncinelli, Forzare il destino, prefazione in Maurizio Fea, Riparatori
di destini. Dipendenze, etica e biologia, Milano, FrancoAngeli, 2008. 978-88-464-9139-8 Come nascono le idee,
Roma-Bari, Laterza, 2008.
978-88-420-8661-1 Dialogo su Etica e Scienza, con Emanuele Severino,
Milano, Editrice San Raffaele, 2008.
978-88-86270-57-1 I miei lirici greci. 365 giorni di poesie, Milano,
Editrice San Raffaele, 2008. 978-88-86270-73-1
Che cos'è il tempo? (con cd audio), Roma, Luca Sossella Editore, 2007. 978-88-89829-31-8 Lo scimmione intelligente.
Dio, natura e libertà, con Giulio Giorello, Milano, Rizzoli, 2009. 978-88-17-01721-3 Perché non possiamo non
dirci darwinisti, Milano, Rizzoli, 2009.
978-88-17-03425-8 Mi ritorno in mente. Il corpo, le emozioni, la
coscienza, Milano, Longanesi, .
978-88-304-2312-1 Lettera a un bambino che vivrà 100 anni. Come la
scienza ci renderà (quasi) immortali, Milano, Rizzoli, . 978-88-17-04304-5 Michele Di Francesco ed
Edoardo Boncinelli , Che fine ha fatto l'io?, Milano, Editrice San Raffaele,
. 978-88-96603-02-4 Prefazione in
Marcello Orazio Florita, L'intreccio. Neuroscienze, clinica e teoria dei
sistemi dinamici complessi, Milano, FrancoAngeli, . 978-88-568-3582-3 La vita della nostra mente,
Roma-Bari, Laterza, . 978-88-420-9712-9
La scienza non ha bisogno di Dio, Milano, Rizzoli, . 978-88-17-03432-6 Quel che resta dell'anima,
Rizzoli, . 978-88-17-06086-8 Una sola
vita non basta: storia di un incapace di genio, Milano, Rizzoli, . 978-88-17-06749-2 Alla ricerca delle leggi di
Dio, Rizzoli, . 978-88-17-07481-0 Homo
faber, (con Galeazzo Sciarretta), Baldini & Castoldi, , 978-88-6852-753-2 I sette ingredienti della
scienza, Indiana, , 978-88-97404-47-7
Contro il sacro. Perché le fedi ci rendono stupidi, Rizzoli, L'infinito in breve, Rizzoli, , 978-88-17-09123-7 L'incanto e il disinganno,
con Giulio Giorello, Guanda ,
978-88-23-51406-5 La farfalla e la crisalide, editore Raffaello Cortina
, 9788832850468 Video Edoardo Boncinelli
racconta Charles Darwin. L'Uomo evoluzione di un progetto?, Gruppo Editoriale
L'Espresso, . Note Edoardo Boncinelli,
in Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Suo bonno era il medico e poeta Francesco
Boncinelli cfr. Edoardo Boncinelli, Rigore e sensibilità, in Marco Pinzani e
Federica Giorgi , Il lascito Boncinelli, Firenze, Comune di Firenze,
200511. Laurea honoris causa in “Scienze
Filosofiche” a Edoardo Boncinelli, unipa.it.
Sandro Modeo, La playlist: SCIENZA/INVENZIONI. Dieci proposte che hanno
alimentato l’immaginario e il prestigio tricolore. Il meglio del genio creativo
in opere, spettacoli, scoperte indimenticabili anche all’estero, in Corriere
della Sera, 16 marzo . 16 marzo . Cosa
resta alla filosofia della scienza? Breve storia di un fraintendimento, su
MicroMega. Francesco Boncinelli Altri
progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Edoardo Boncinelli Sito ufficiale, su
boncinelliedoardo.com. Opere di Edoardo
Boncinelli, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Edoardo Boncinelli,
. asia.it Intervista sulla sua carriera
e sulle neuroscienze Sito ufficiale dell'IGB Istituto Internazionale di
Genetica e Biofisica Filosofia Scienza e tecnica Scienza e tecnica Università Università Categorie: Genetisti
italianiFilosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI
secoloAccademici italiani del XX secoloAccademici italiani Professore1941 18
maggio RodiFilosofi della scienzaProfessori dell'Università degli Studi di
Napoli Federico IIScienziati e saggisti ateiStudenti dell'Università degli
Studi di Firenze
BONIOLO Giovanni Boniolo. NazionalitàItalia Italia
Pallacanestro Basketball pictogram.svg Carriera Squadre di club 1971-1980Petrarca
Petrarca Il simbolo → indica un trasferimento in prestito. Modifica
dati su Wikidata Manuale Giovanni Boniolo (Padova, 8 agosto 1956) è un
filosofo, accademico e cestista italiano. Cresciuto nel Petrarca
Basket, a 16 anni debutta in prima squadra (1971), diventando in quell'anno il
più giovane giocatore di Serie A. Giocò con il Petrarca Basket fino all'età di
24 anni (1980). Dal al ne è anche stato presidente. Carriera
accademica Laureato in Fisica (1981) e Filosofia (1985) all'Padova, insegna
fino al 1992 "Matematica e Fisica" negli istituti superiori di
Padova, pur avendo avuto contratti di insegnamento presso la LUISS di Roma e
l'Padova. Professore associato (19922001) e quindi ordinario (20012008) di
Logica e Filosofia della scienza all'Padova, si trasferisce poi (2008)
all'Milano, dove realizza e dirige fino al
un dottorato internazionale sui fondamenti filosofici della biomedicina
e sulle loro implicazioni etiche, in collaborazione con diversi istituti e
fondazioni mediche milanesi. Attualmente ha le cattedre di Filosofia della
scienza e Medical Humanities in un dipartimento medico dell'Ferrara.
Svolge ricerca in ambito filosofico, in particolare sulla filosofia della
ricerca biomedica e della pratica clinica, nonché di etica pubblica e
individuale. Si è occupato anche di filosofia della scienza e, all'inizio della
carriera, di filosofia della fisica, di storia della filosofia e della fisica
contemporanee. Il suo lavoro scientifico è documentato da circa 15 libri
scritti e 15 curati, oltre che da circa 230 saggi pubblicati su riviste
internazionali. Ha svolto e svolge numerosi incarichi scientifici ed
editoriali a livello nazionale ed europeo. Fra i vari ruoli, è Honorary
Ambassador della Technische Universität München (TUM). Dal 1999 è membro
dell'Accademia dei Concordi di Rovigo, di cui è attualmente Presidente.
Opere edite Mach e Einstein. Spazio e
massa gravitante, Armando Editore, 1988. Linguaggio, realtà, esperimento,
Piovan Editore, 1991. Metodo e rappresentazioni del mondo. Per un'altra
filosofia della scienza, Bruno Mondadori, 1999. Filosofia della scienza, con
Paolo Vidali, Bruno Mondadori, 1999. Questioni di filosofia e di metodologia
delle scienze sociali , Borla, 2000. Introduzione alla filosofia della scienza,
con Paolo Vidali, Bruno Mondadori, 2003. Il limite e il ribelle. Etica,
naturalismo, darwinismo, Cortina, 2003. Argomentare, con Paolo Vidali, Bruno
Mondadori, 2004. Individuo e persona. Tre saggi su chi siamo, con Gabriele De
Anna e Umberto Vincenti Bompiani, 2007. On Scientific Representation. From Kant
to a New Philosophy of Science, Palgrave Macmillan, 2007. Strumenti per
ragionare. Logica e teoria dell'argomentazione, con Paolo Vidali, Bruno
Mondadori, . Il pulpito e la piazza. Democrazia, deliberazione e scienze della
vita, Cortina, . The Art of Deliberating: Democracy, Deliberation and the Life
Sciences Between History and Theory, Springer, . Le regole e il sudore.
Divagazioni su sport e filosofia, Raffaello Cortina, . Strumenti per ragionare.
Edizione mylab. Con eText. Con aggiornamento online, con Paolo Vidali, Pearson
Italia spa, . Conoscere per vivere. Istruzioni per sopravvivere all'ignoranza.
Meltemi, . Opere curate Filosofia della
fisica, Bruno Mondadori, 1997. J. von Neumann, I fondamenti matematici della
meccanica quantistica, Il Poligrafo, 1998. Storia e filosofia della scienza. Un
possibile scenario italiano, con Enrico Bellone, Le Scienze, 1998. La legge di
natura. Analisi storico-critica di un concetto, con Mauro Dorato, McGraw Hill,
2001. The Role of Mathematics in Physical Sciences. Interdisciplinary and
Philosophical Aspects, con Paolo Budinich e Majda Trobok, Springer, 2005.
Laicità. Una geografia delle nostre radici, Einaudi, 2006. Evolutionary Ethics
and Contemporary Biology, con Gabriele De Anna, Cambridge University Press,
2006. Filosofia e scienze della vita. Un'analisi dei fondamenti della biologia
e della medicina, con Stefano Giaimo, Bruno Mondadori, 2008. Passaggi. Storia
ed evoluzione del concetto di morte cerebrale, con Ignazio R. Marino e Howard
R. Doyle, Il Pensiero Scientifico Editore, . Etica alle frontiere della
biomedicina. Per una cittadinanza consapevole, con Paolo Maugeri, Mondadori, .
Philosophy of Molecular Medicine. Foundational Issues in Research and Practice,
con Marco J. Nathan, Routledge, . Ethical Counselling and Medical
Decision-Making in the Era of Personalised Medicine. A Practice-Oriented Guide,
con Virginia Sanchini, Springer, . Consulenza etica e decision-making clinico.
Per comprendere e agire in epoca di medicina personalizzata, con Virginia
Sanchini, Pearson Italia spa, . H. J. Poincaré, Opere epistemologiche. 1, Mimesis, . H. J. Poincaré, Opere
epistemologiche. 2, Mimesis, . Etica
alle frontiere della biomedicina. Per una cittadinanza consapevole, Seconda
Edizione, Mondadori Università, . Note
Giovanni Boniolo sul Mattino di Padova del 6 gennaio , su
mattinopadova.gelocal.it. 22 giugno .
Giovanni Boniolo, su docente.unife.it. 22 giugno . Pubblicazioni
di Giovanni Boniolo, su docente.unife.it. 22 giugno . CV di Giovanni Boniolo,
su docente.unife.it. 22 giugno .
Accademia dei Concordi, su concordi.it. 23 giugno . Giovanni Boniolo sul Mattino di Padova del 6
gennaio , su mattinopadova.gelocal.it. 22 giugno .CV di Giovanni Boniolo, su
docente.unife.it. 22 giugno . Giovanni Boniolo, su docente.unife.it. 22 giugno
. unifueu.academia.edu, unifueu.academia.edu/GiovanniBoniolo. 12 luglio . 32022850
I0000 0001 1440 8697 88016661
cb12087484r
Identitieslccn-n88016661 Biografie
Biografie Pallacanestro
Pallacanestro Categorie: Cestisti del Basket PataviumFilosofi italiani
del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloAccademici italiani del XX
secoloAccademici italiani del XXI secoloCestisti italiani 1956Nati l'8 agosto
Padova
BONOMI Andrea
Bonomi (Roma), filosofo. Bonomi è stato
professore di Filosofia del linguaggio fino all'ottobre e direttore del Dipartimento di Filosofia
(1991-1994; 1997-2000) dell'Università degli Studi di Milano. Ha insegnato Semantica dei linguaggi naturali
all'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano (-). Nei primi lavori di filosofia del linguaggio
(Le vie del riferimento, 1975; Universi di discorso, 1979) Bonomi ha
concentrato il proprio interesse verso il ruolo che l'apparato concettuale
svolge nella determinazione dei contenuti semantici grazie ai quali ci
riferiamo a oggetti ed eventi del mondo circostante. Il suo scritto teoreticamente più impegnativo
(Eventi mentali, 1983) tratta invece delle modalità logiche che sono alla base
delle procedure con cui, nel linguaggio, rappresentiamo i contenuti cognitivi
di altri soggetti. Bonomi si è poi
occupato della struttura semantica degli universi narrativi, concentrandosi in
particolare sul ruolo che hanno le cosiddette espressioni indicali nel
determinare la struttura spazio-temporale di un testo letterario (Lo spirito
della narrazione, 1994). Un ultimo
lavoro di semantica formale è dedicato alla struttura degli enunciati temporali
(Tempo e linguaggio. Introduzione alla semantica del tempo e dell'aspetto
verbale, in collaborazione con Alessandro Zucchi, 2001). A metà strada fra realtà autobiografica e
immaginazione si colloca invece la sua prima opera narrativa (Io e Mr Parky, ),
nella quale si descrivono i mutamenti che intervengono nella vita di una
persona che scopre di essere affetta da una patologia neurodegenerativa. Opere Libri Andrea Bonomi, Esistenza e
struttura, saggio su Merleau-Ponty, il Saggiatore, Milano, 1967. Andrea Bonomi
e Gabriele Usberti, Sintassi e semantica nella grammatica trasformazionale,
Milano, Il Saggiatore, 1971. Andrea Bonomi, Le vie del riferimento, Milano,
Bompiani, 1975. Andrea Bonomi, Universi di discorso, Milano, Feltrinelli, 1979.
Andrea Bonomi, Eventi mentali, Milano, Il Saggiatore, 1983. Andrea Bonomi, Le
immagini dei nomi, Milano, Garzanti, 1987. Andrea Bonomi, Lo spirito della
narrazione, Bompiani, 1994, 206, 9788845222528. Andrea Bonomi e Alessandro
Zucchi, Tempo e linguaggio. Introduzione alla semantica del tempo e
dell'aspetto verbale, Bruno Mondadori, 2001,
9788842494836. Andrea Bonomi, Io e Mr Parky, Bompiani, , 9788845282270. Franca D'Agostini, Gli analitici lo fanno
meglio. Le ragioni di un successo crescente anche tra i filosofi europei e
italiani cresciuti nella tradizione continentale, in La Stampa, 12 settembre . Scuola di Milano Pagina personale di Andrea Bonomi Filosofia Filosofo
del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloAccademici italiani del XX
secoloAccademici italiani Professore1940 RomaProfessori dell'Università degli
Studi di Milano
BONOMO: Gabriele
Bonomo Frate Gabriele Bonomo o Bonhomo (Nicosia), filosofo italiano
appartenente all'Ordine dei Minimi. Scrisse opere sulla trigonometria e inventò
un orologio automatico. Entrò come frate
nell'Ordine dei Minimi con il nome di Gabriello e fu assegnato al convento di
Santa Oliva di Palermo. Note Pietro Riccardi, Bibliotheca mathematica
italiana dalla origine della stampa ai primi anni del secolo XIX, Editore
Soliani, 1871153. Antonio Muccioli, Le
strade di Palermo, Editore Newton & Compton, 1998127. Altri progetti
Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Gabriele
Bonomo Gabriele Bonomo, in Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. 89092338 495/98454 Identities-89092338 Biografie Biografie:
di biografie Categorie: Teologi
italianiMatematici italiani del XVIII secoloFilosofi italiani Professore1694
1760 13 aprile 24 agosto Nicosia (Italia) PalermoMinimi
BONTADINI Gustavo Bontadini «Se Dio non ci fosse, il mondo sarebbe
contraddittorio» (G. Bontadini, Saggio di una metafisica dell'esperienza)
Gustavo Bontadini Gustavo Bontadini (Milano, 27 marzo 1903Milano, 11 aprile
1990) filosofo e accademico italiano, esponente di spicco del movimento
neotomista, che ebbe presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
uno dei suoi più importanti punti di riferimento e diffusione. Fu maestro, tra
gli altri, di Angelo Scola, Emanuele Severino, Giovanni Reale, Evandro Agazzi,
Virgilio Melchiorre, Luigi Negri, Luisa Muraro, Carmelo Vigna, Giuseppe
Barzaghi, Alessandro Cortese, Paolo Aldo Rossi, Giorgio Buccellati. Iscrittosi
presso l'Università Cattolica di Milano quando essa aveva iniziato le sue
attività, ma non era ancora riconosciuta dal governo italiano, egli fu nel 1925
il terzo laureato assoluto dell'ateneo, presso il quale fu poi professore di
filosofia teoretica dal 1951 al 1973. Ha insegnato anche presso l'Urbino
(1940-1950), la Statale di Milano (1944-1946), e l'Pavia (1947-1951).
Pensiero Un ritorno a Parmenide Pur rifacendosi alla metafisica classica,
quella aristotelica e tomistica, Bontadini si dichiara "neoclassico"
intendendo evidenziare il nuovo ruolo che quell'antica metafisica può svolgere
nella filosofia contemporanea. Egli infatti definisce se stesso come «un
metafisico radicato nel cuore del pensiero moderno». Rifacendosi alla
filosofia idealistica ne apprezza soprattutto la «verità metodologica» che ha
evidenziato il ruolo della coscienza, del cogito cartesiano, nel cogliere il
significato dell'essere pur considerandolo come altro, diverso dalla
soggettività della coscienza stessa, realizzando cioè una identità tra il
soggetto e l'oggetto, tra l'intelletto e la sensibilità che riporta in luce
l'antica teoria parmenidea dell'identità di Essere e Pensiero. Un
Parmenide, quello di Bontadini, che non esclude «la constatazione del divenire,
da un lato, e la denuncia della sua contraddittorietà, dall'altro. Due
protocolli che fanno capo rispettivamente ai due piloni del fondamento:
l'esperienza e il principio di non contraddizione (primo principio). I due
protocolli sono tra loro in contraddizione, e tuttavia godono entrambi del
titolo di verità [...] sono verità, però, che in quanto prese nell'antinomia
(antinomia dell'esperienza e del logo) si trovano a dover lottare contro
un'imputazione di falsità. Giacché l'esperienza oppugna la verità del logo e il
logo quella dell'esperienza». Il sapere Una nuova concezione del sapere è
alla base del pensiero di Bontadini che ne ribadisce l'origine nell'esperienza
che però va intesa non più come risultato delle operazioni della ragione (razionalismo)
o come ricezione passiva dei dati empirici (empirismo), ma come
"presenza": mentre la gnoseologia contemporanea continua a concepirla
nell'ambito di un dualismo dell'essere e del conoscere, correlando così il
problema metafisico a quello del conoscere e facendo nascere la questione, di
difficile soluzione, di quale correlazione possa esserci tra il pensiero e la
realtà. Ma ogni qual volta si considera ciò che si ritiene sia "al
di là" del pensiero, questo inevitabilmente è nel pensiero, appartiene al
pensiero stesso. Quindi ogni esperienza come "presenza" è
assoluta, perché non costruita, ed è totale, poiché ogni singolo fatto empirico
fa parte di essa. L'unità dell'esperienza Si arriva quindi alla
concezione di "unità dell'esperienza" dove tra l'esperienza e il
pensiero si sviluppa quel rapporto di circolarità che costituisce il
sapere. Ma secondo l'insegnamento di Parmenide l'essenza dell'esperienza
è il divenire che si presenta come contraddittorio nella sua realtà di essere e
di esistere inteso come opposto al non essere. Come può il sapere allora
basarsi su una struttura contraddittoria di essere e divenire? «Il
divenire si presenta cioè contraddittorio; anzi come la stessa incarnazione
della contraddittorietà (l'identificarsi del positivo e del negativo), come la
smentita alla suprema e immediata identità: l'essere è». La soluzione in
Dio creatore «L'ente, che è temporale in quanto empirico, è eterno in quanto
divino». La contraddizione insita nel divenire cioè può essere superata
nell'esistenza di Dio creatore: «La contraddizione del divenire è superata con
la dottrina della creazione, in quanto quella identificazione dell'essere e del
non essere, che riscontriamo nell'esperienza, è ora vista come il risultato
dell'azione dell'Essere», di Colui che crea dal non essere l'essere. Ma
l'essere poi non ricade, divenendo, nel nulla? Non si può, risponde
Bontadini, pensare assurdamente che l'essere sia distrutto dal nulla ma il
mondo creato da Dio è diverso da Lui ma insieme coincide nella sua creazione
non alterando la sua essenziale immutabilità. La polemica con Emanuele
Severino Emanuele Severino, traendo le conclusioni dalla concezione del suo
maestro Bontadini nel 1964 in un saggio pubblicato su la Rivista di filosofia
neo-scolastica (fasc. II) dal titolo Ritornare a Parmenide, eliminò ogni
differenza tra l'immutabilità di Dio e quella del mondo soggetto al divenire
per cui ogni cosa è eterna come è eterno Dio. Rispose con toni duramente
ironici Bontadini in un articolo dal titolo in greco antico Sozein ta fainomena
(Salvare i fenomeni): «... io mi chiesi [...] con quale barba si trovi, nel
mondo dell'essere, il mio alter ego immutabile. Giacché, da quando ero
matricola venendo fino ad oggi, di barbe io ne ho cambiate molte centinaia. Ora,
se poniamo che tutte sono immutabili, mi pare che non troverei abbastanza
superficie sul mio corpoquello fissato per l'eternitàper fare posto a
tutte». Bontadini ribadì quindi la sua concezione del "principio di
creazione" che permette di superare la contraddittorietà del divenire
tramite l'azione creatrice di Dio: «in quanto quella identificazione
dell'essere e del non-essere, che riscontriamo nell'esperienza, è ora vista
come il risultato dell'azione dell'Essere (azione indiveniente dell'Essere
indiveniente)». Opere principali Saggio di una metafisica
dell'esperienza, Milano, Vita e pensiero, 1938. Studi sull'idealismo. Serie
prima (1923-1935), Urbino, A. Argalia, 1942. Dall'attualismo al
problematicismo. Studii sulla filosofia italiana contemporanea, Brescia, La
scuola, 1945. Studi sulla filosofia dell'età cartesiana, Brescia, La scuola,
stampa 1947. Dal problematicismo alla metafisica. Nuovi studi sulla filosofia
italiana contemporanea, Milano, Marzorati, 1952. Indagini di struttura sul
gnoseologismo moderno. I. Berkeley, Leibniz, Hume, Kant, Brescia, La scuola,
1952. Il compito della metafisica, Bontadini e altri, Milano, Fratelli Bocca,
1952. Studi di filosofia moderna, Brescia, La scuola, 1966. Conversazioni di
metafisica, 2 voll., Milano, Vita e pensiero, 1971. Metafisica e
deellenizzazione, Milano, Vita e pensiero, 1975. Appunti di filosofia, Milano,
Vita e pensiero, 1996. 88-343-3680-1
Note G. Bontadini, Metafisica e de-ellenizzazione G. Bontadini, Sull'aspetto dialettico della
dimostrazione dell'esistenza di Dio in Conversazioni di metafisica, Milano,
1971, pag. 189. G. Bontadini, Metafisica
e deellenizzazione, pag.26 G. Bontadini,
Saggio di una metafisica dell'esperienza
Espulso per le sue posizioni filosofiche dalla Cattolica di Milano, nel
1969. Sembra qui tornare il Deus sive
Natura di Spinoza G, Bontadini, Sozein
ta fainomena pag. 444 Ibidem, pag. 448 Giulio Goggi, Dal diveniente all'immutabile.
Studio sul pensiero di Gustavo Bontadini, prefazione di Emanuele Severino,
Venezia : Cafoscarina, 2003.
88-7543-007-1 Carmelo Vigna , Bontadini e la metafisica, Vita e
Pensiero, Milano 2008. Paolo Pagani, L'Essere è Persona. Riflessioni su
ontologia e antropologia filosofica in Gustavo Bontadini, Orthotes,
Napoli-Salerno . Francesco Saccardi, Metafisica e parmenidismo. Il contributo
della filosofia neoclassica, Orthotes, Napoli-Salerno . BONTADINI, Gustavo, in
Enciclopedia Italiana, 3, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, 1961. BONTADINI, Gustavo, in Dizionario di
filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009. Altri progetti Collabora
a Wikiquote Citazionio su Gustavo Bontadini
Gustavo Bontadini, in Il pensiero filosofico-religioso italiano del
Novecento, Associazione Italiana di Filosofia della Religione. Gustavo
Bontadini, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana. Filosofia Filosofo del XX secoloAccademici
italiani Professore1903 1990 27 marzoMorti l'11 aprile Milano MilanoProfessori
dell'Università degli Studi di MilanoProfessori dell'Università degli Studi di
PaviaProfessori dell'Università Cattolica del Sacro Cuore
BONTEMPELLI --Massimo Bontempelli (Pisa),
filosofo. Nato a Pisa nel 1946, dopo il conseguimento della laurea in filosofia
del diritto, si dedica all'insegnamento negli istituti superiori, alla
realizzazione di manuali scolastici di storia e filosofia e alla stesura di
saggi di argomento storico, filosofico e politico. Storico di impostazione
marxiana, e originale pensatore filosofico di orientamento neoidealista,
realizza i suoi più importanti contributi imperniando lo studio dei processi
storici attorno alla categoria di "modo di produzione". Tematizza con
attenzione le strutture sociali entro i modi di produzione neolitico,
nomade-pastorale, prativo-campestre, antico-orientale, asiatico, africano,
mesoamericano, schiavistico, colonico, feudale e capitalistico, elaborando su
queste basi una ricostruzione della genesi sociale dei fenomeni politici,
filosofici e culturali. Rilevante è la sua interpretazione della figura storica
di Gesù, ricostruita entro una totalità sociale a partire dalla analisi
dell'economia pianificata del modo di produzione antico-orientale palestinese,
sulla scorta di una prospettiva metodologica storico-scientifica nei confronti
dei vangeli. Come storico della filosofia ha studiato in particolare il pensiero
platonico, neoplatonico e la dialettica hegeliana. Come pensatore filosofico
originale viene collocato da Costanzo Preve all'interno della corrente del
neoidealismo italiano, essendo il suo pensiero fortemente influenzato dalla
Scienza della Logica hegeliana. Bontempelli muove dalle profonde critiche al
nichilismo contemporaneo e al relativismo antimetafisico per approdare ad un
tentativo di rifondazione onto-assiologica degli orizzonti di senso
dell'esistenza umana sulla scorta di una indagine della natura trascendentale
dell'uomo, alla luce di un superamento della polarità dualistica
empiria/trascendenza. Negli ultimi anni di vita si dedica alla critica serrata
della sinistra politica e allo sviluppo del tema della decrescita. Opere
Manuali scolastici Storia: Il senso della storia antica. Itinerari e
ipotesi di studio. (2 voll.), con Ettore Bruni, Milano, Trevisini, 1978.
Antiche strutture sociali mediterranee. (2 voll.), con Ettore Bruni, Milano,
Trevisini, 1979. Storia e coscienza storica (3 voll.), con Ettore Bruni,
Milano, Trevisini, 1983. Storia (3 voll.), con Ettore Bruni, Milano, Trevisini,
1984. [Per il triennio] Civiltà e strutture sociali dall'antichità al medioevo
(2 voll.), con Ettore Bruni, Milano, Trevisini, 1984. Antiche civiltà e loro
documenti (3 voll.), con Ettore Bruni, Milano, Trevisini, 1993. Civiltà
storiche e loro documenti (3 voll.), con Ettore Bruni, Milano, Trevisini, 1994
Storia e coscienza storica. (nuova edizione, 3 voll.), con Ettore Bruni,
Milano, Trevisini, 1998. [Per il triennio] Filosofia: Il senso
dell'essere nelle culture occidentali (3 voll.), con Fabio Bentivoglio, Milano,
Trevisini, 1992. Il tempo della filosofia (3 voll.), con Fabio Bentivoglio,
Napoli, Istituto Italiano per gli Studi Filosofici PRESS, . [riedito nel in versione aggiornata dalle edizioni
Accademia Vivarium Novum] Saggi e monografie Eraclito e noi, Milazzo, Spes,
1989. Percorsi di verità della dialettica antica, con Fabio Bentivoglio,
Milazzo, Spes, 1996. Nichilismo, verità, storia, con Costanzo Preve, Pistoia,
CRT, 1997. Gesù. Uomo nella storia, Dio nel pensiero, con Costanzo Preve,
Pistoia, CRT, 1997. La conoscenza del bene e del male, Pistoia, CRT, 1998. La
disgregazione futura del capitalismo mondializzato, Pistoia, CRT, 1998. Tempo e
memoria, Pistoia, CRT, 1999. Filosofia e realtà. Saggio sul concetto di realtà
in Hegel e sul nichilismo contemporaneo, con prefazione di Costanzo Preve,
Pistoia, CRT, 2000. L'agonia della scuola italiana, Pistoia, CRT, 2000. Per
conoscere Hegel. Un sentiero attraverso la foresta del pensiero hegeliano,
Pistoia, CRT, 2000. Eraclito e noi. La modernità attraverso il prisma
interpretativo eracliteo, CRT, 2000. Diciamoci la verità, "Koiné"
n.6, Pistoia, CRT, 2000. Le sinistre nel capitalismo globalizzato, Pistoia, CRT,
2001. Un nuovo asse culturale per la scuola italiana, CRT, Pistoia 2001.
L'arbitrarismo della circolazione autoveicolare, Pistoia, CRT, 2001. Il sintomo
e la malattia. Una riflessione sull'ambiente di Bin Laden e su quello di Bush,
con Carmine Fiorillo, Pistoia, CRT, 2001 [ristampato nel dalla casa editrice Petite Plaisance]
Diciamoci la verità, CRT, Pistoia 2001. Il respiro del Novecento. Percorso di
storia del XX secolo. 1914-1945, Pistoia, CRT, 2002. Il mistero della sinistra,
con Marino Badiale, Genova, Graphos, 2005. La Resistenza Italiana. Dall'8
settembre al 25 aprile. Storia della guerra di liberazione, Cagliari, CUEC,
2006. La sinistra rivelata, con Marino Badiale, Bolsena, Massari, 2007. Il
Sessantotto. Un anno ancora da scoprire, Cagliari, CUEC, 2008. [ristampato nel
] Civiltà occidentale, con Marino Badiale, prefazione di Franco Cardini,
Genova, Il Canneto, . Marx e la decrescita, con Marino Badiale, Trieste,
Abiblio, . Platone e i preplatonici. Morale e paideia in Grecia, con Fabio
Bentivoglio, introduzione di Antonio Gargano, Napoli, Istituto Italiano per gli
Studi Filosofici PRESS, . Un pensiero presente. 1999-: scritti di Massimo
Bontempelli su Indipendenza, Roma, IndipendenzaEditore Francesco Labonia, .
Capitalismo globalizzato e scuola, con Fabio Bentivoglio, Roma,
IndipendenzaEditore Francesco Labonia, . La sfida politica della decrescita,
con Marino Badiale, prefazione di Serge Latouche, Roma, Aracne, . Gesù di
Nazareth, con prefazione di Marco Vannini, Pistoia, Petite Plaisance, . Saggi
in opere collettanee Il respiro del
Novecento, "Koiné" n.6, Pistoia, CRT, 1999 Metamorfosi della scuola italiana,
"Koiné" n.4, Pistoia, CRT, 2000
Visioni di scuola. Buoni e cattivi maestri, "Koiné" n.5,
Pistoia, CRT, 2000 Scienza, cultura,
filosofia, "Koiné" n.8, con Lucio Russo e Marino Badiale, Pistoia,
CRT, 2002. I cattivi maestri, in I Forchettoni Rossi, Roberto Massari, Bolsena,
Massari, 2007. Note Addio al professor
Massimo Bontempelli, Il Tirreno.
Bontempelli individua, in diverse epoche, un feudalesimo ario, cinese,
indiano, iranico del regno dei Parti, del Vicino Oriente islamico, del Ghana e
infine il feudalesimo occidentale. Gesù
uomo nella storia, Dio nel pensiero (uaar.it)
Costanzo Preve, Ideologia italiana. Saggio sulla storia delle idee
marxiste in Italia, Milano, Vangelista, 1993 (p. 201 sgg.) Marxismo modo di produzione Costanzo Preve
Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Massimo Bontempelli Opere di
Massimo Bontempelli, . Gesù uomo nella
storia, Dio nel pensiero (uaar.it), su uaar.it. Ricordo filosofico di Massimo
Bontempelli, di Luca Grecchi (Petiteplaisance.it) , su petiteplaisance.it. Per
Massimo Bontempelli (alfabeta2.it), su alfabeta2.it. Un ricordo di Massimo
Bontempelli, di Roberto Massari (Arianna Editrice), su ariannaeditrice.it. Un
profilo di Massimo Bontempelli, di Costanzo Preve (YouTube), su youtube.com.
Massimo Bontempelli, una vita semplice, una mente scintillante, di Fabio
Bentivoglio, su ariannaeditrice.it. Le idee forti di Massimo Bontempelli, di Giulietto
Chiesa (alternativa-politica.it), su alternativa-politica.it. 20 luglio 21 gennaio ). Il bene come processo possibile
concreto: natura umana e ontologia sociale, di Claudio Lucchini (Università
degli studi di Milano-Bicocca), su boa.unimib.it. Filosofia Categorie: Storici
italiani del XX secoloStorici italiani del XXI secoloFilosofi italiani del XX
secoloFilosofi italiani del XXI secoloSaggisti italiani del XX secoloSaggisti
italiani Professore1946 26 gennaio 31
luglio Pisa PisaMarxistiInsegnanti italiani del XX secoloInsegnanti italiani
del XXI secolo
BONVECCHIO: Claudio
Bonvecchio (Pavia), filosofo. Laureatosi in Filosofia Teoretica presso l'Pavia
inizia la sua carriera accademica come borsista, contrattista e ricercatore
presso la Facoltà di Lettere e Filosofia della stessa Università. Dal 1987 insegna "Filosofia della
Politica" nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università degli Studi
di Palermo. Nello stesso ambito dottrinale insegna nel 1990 nell'Università
degli Studi di Trieste sino al 2001. Da questo stesso anno è Professore di
Filosofia delle Scienze Sociali nel Corso di Laurea di Scienze della
Comunicazione della Facoltà di Scienze MM. FF. NN. dell'Università degli Studi
dell'Insubria dove dal 2003 diviene vicedirettore del Dipartimento di
Informatica e Comunicazione. Claudio
Bonvecchio è stato iniziato alla Massoneria presso la loggia del Grande Oriente
d'Italia Cardano di Pavia nel 1992, dove ha ricoperto varie cariche. Dal 6
aprile è Grande Oratore del Grande
Oriente d'Italia in seno alla Giunta guidata dal Gran Maestro Stefano Bisi,
nel è stato eletto Gran Maestro aggiunto
. Dal 5 dicembre è componente del Cda della Fondazione Luigi
Einaudi Onlus. Opere Particolarmente
dedito agli studi sulla simbologia e sulla mitologia politica ha pubblicato
numerose opere su questo argomento:
Immagine del politico. Saggi su simbolo e mito politico, Cedam, Padova,
1995; Imago imperii imago mundi, Cedam, Padova, 1997; L'ombra del potere. Il
lato oscuro della società: elogio del politicamente scorretto (con C. Risi),
Red, Como, 1998; Il nuovo volto di Ares o il simbolico nella guerra post
moderna, Cedam, Padova, 1999; La spada e la coronaStudi di Simbolica politica,
Barbarossa, Milano, 1999; Gli Arconti di questo mondo. Gnosi: politica e diritto,
Edizioni Trieste, Trieste, 2000; Il pensiero forte, Settimo Sigillo, Roma,
2000; Apologia dei doveri dell'uomo, Terziaria, Milano, 2002; La maschera e
l'uomo, Franco Angeli, Milano, 2002, Il coraggio di essere (con Boris
Luban-Plozza), Dadò, Lugano, 2002; Europa degli Eroi Europa dei mercanti.
Itinerari di ribellione, Settimo Sigillo, Roma, 2004; Inquietudine e verità,
Giappichelli, Torino, 2004. Dove va l'idea di Tradizione, Settimo Sigillo,
Roma, 2005; Il sacro e la cavalleria, Mimesis Edizioni, Milano, 2005;
Esoterismo e Massoneria, Mimesis Edizioni, Milano, 2007; I Viaggi dei Filosofi,
Mimesis Edizioni, Milano, 2008; La Filosofia del Signore degli Anelli, Mimesis
Edizioni, Milano, 2008; Ripensare l'identità. Per una geopolitica dell'anima
europea, Settimo Sigillo, Roma, 2009; Il Cavaliere, la Morte e il Diavolo. Un
percorso nella post-modernità, ScriptaWeb, Napoli, ; La Magia e il SacroSaggi
Inattuali, Mimesis Edizioni, . Eros come simbolo, AlboVersorio, Milano, .
L'orologio dell'Apocalisse. La fine del mondo e la filosofia, curatela con
Erasmo Silvio Storace, AlboVersorio, Milano, . Scritti in onore Simboli,
politica e potere. Scritti in onore di Claudio Bonvecchio, Paolo Bellini,
Fabrizio Sciacca ed Erasmo S. Storace, AlboVersorio, Milano , 548. 9788899029586
Note Università
dell'Insubria[collegamento interrotto]
Grande Oriente d'Italia Convegno
a Matera: Europa, Libera muratoria, cultura
Claudio Bonvecchio scheda nel sito dell'Università degli Studi
dell'Insubria. Filosofia Filosofo del XX secoloFilosofi italiani Professore1947
20 gennaio PaviaMassoni
Bordon: Giulio Cesare Scaligero o della Scala,
latinizzato in Julius Caesar Scaliger (Riva del Garda), filosofo. Il suo vero
nome era Giulio Bordon. Di origine italiana, trascorse in Francia parte
della sua vita, e la parte più fruttuosa della sua carriera. A dispetto del suo
atteggiamento arrogante e incline alla polemica, era alta la sua reputazione
tra i contemporanei, che lo giudicavano così distinto nel suo sapere e talento,
che, secondo Jacques Auguste de Thou, nessuno degli antichi poteva essere
collocato sopra di lui, e che l'età in cui visse non presentò nessun sapiente
paragonabile a lui. Nelle proprie note biografiche, Scaligero si spaccia
per un discendente del casato dei Della Scala (che furono, per 150 anni, i
signori di Verona) e si dice nato nell'anno 1484 a Rocca di Riva, sulle rive
del Lago di Garda. Era forse figlio di Niccolò della Scala, a sua volta figlio
di Guglielmo. Quando era dodicenne, il suo protettore, l'imperatore Massimiliano
I d'Asburgo, lo nominò tra i suoi paggi. Rimase per diciassette anni al
servizio dell'imperatore, distinguendosi prima come soldato e poi come
capitano. Ma non dimenticava di coltivare né le lettere, nelle quali aveva
avuto come precettori alcuni tra i più eminenti studiosi del tempo, né le arti,
che aveva studiato con considerevole successo sotto la direzione di Albrecht
Dürer. Partecipa alla battaglia di Ravenna Nel 1512, nella battaglia di
Ravenna, in cui padre e suo fratello maggiore rimasero uccisi, mostrò grandi
doti di coraggio, e in seguito ricevette i più alti onori della cavalleria dal
suo imperiale cugino[non chiaro], che gli conferì con le proprie mani l'Ordine
dello Speron d'oro, aumentato con il collare e l'aquila d'oro. Questa è stata
l'unica ed elevatissima decorazione da lui ottenuta. Lasciò la corte di
Massimiliano I e, dopo un breve impiego presso un altro mecenate, il duca di
Ferrara, decise di abbandonare la vita militare, e nel 1514 s'iscrisse come
studente all'Bologna. Decise di prendere i voti, nell'aspettativa di diventare
cardinale, e forse anche papa, se fosse riuscito a strappare dai veneziani il
Ducato di Verona, del quale la repubblica aveva usurpato i suoi antenati. Ma,
dal momento che restò secolare, abbandonò questi progetti e rimase
all'università fino al 1519. I seguenti sei anni li passò al castello di
Vico Nuovo, in Piemonte, come ospite dei Della Rovere, all'inizio dividendo il
suo tempo tra spedizioni militari in estate, e lo studio, principalmente della
medicina e della storia naturale, in inverno, fino a che un forte attacco di
gotta reumatica portò alla fine la sua carriera militare. Diventa medico
personale del vescovo di Agen Di conseguenza, da allora la sua vita divenne
totalmente devota allo studio. Nel 1525 accompagnò, nel ruolo di medico
personale, Antonio della Rovere, vescovo di Agen. Pochi anni dopo la
morte dello Scaligero, i nemici del figlio cominciarono a insinuare che egli
non fosse un discendente della famiglia dei Della Scala, ma il figlio di
Benedetto Bordone, un illustratore e maestro di liceo da Verona; che fosse
stato educato a Padova, dove avrebbe ottenuto il titolo di medico; e che la
storia della sua vita e delle sue avventure prima dell'arrivo ad Agen non fosse
nient'altro che una trama di favole. Certamente, molte delle sue affermazioni
non sono sostenute da alcun'altra prova se non le sue proprie dichiarazioni, e
alcune di queste sono in contraddizione con fatti ben accertati (si veda
sotto). Trascorse quasi tutti i restanti trentadue anni della sua vita
nella città di Agen, sotto la luce dei riflettori della storia contemporanea.
Furono anni senza particolari vicissitudini, quasi senza incidenti; proprio in
quegli anni, d'altra parte, egli raggiunse una fama così grande che dopo la sua
morte, nel 1558, godeva d'una reputazione scientifica e letteraria tra le
migliori in Europa. Pochi giorni dopo il suo arrivo ad Agen s'innamorò di
un'incantevole orfanella di tredici anni, Andiette de Roques Lobejac. Gli amici
della ragazza s'opposero al suo matrimonio con un avventuriero sconosciuto, ma
nel 1528 egli aveva ottenuto tanto successo come medico che le obiezioni della
famiglia furono superate, e a quarantacinqu'anni egli sposò Andiette, che era
sedicenne. Il matrimonio si dimostrò un completo successo; fu seguito da
ventinove anni di felicità coniugale quasi ininterrotta, e dalla nascita di
quindici figli, tra i quali il famoso Giuseppe Giusto Scaligero. Accusa
di eresia Messo sotto accusa, per sospetti di eresia nel 1538, dei quali venne
prosciolto dai suoi amici giudici (uno tra questi era Arnoul Le Ferron). Nello
stesso periodo pubblica i suoi principali libri, che suscitano querele e
critiche. Nel 1531 stampa la sua prima invettiva contro Erasmo da Rotterdam, in
difesa di Cicerone e dei Ciceronianus. È un pezzo di invettiva vigorosa, che
mostra, come in tutti i suoi scritti successivi, una sorprendente padronanza
del latino, e una retorica brillante, anche se carica dell'abuso del volgare,
che forse non inquadrava affatto la vera essenza dei ciceroniani di
Erasmo. Fu grande l'indignazione dello scrittore quando l'unica risposta
che ricevette dal grande Erasmus era stata l'essere trattato con un silenzioso
disprezzo (Erasmo pensava che questa sua opera fosse il lavoro di un suo nemico
personale, Meander, che Erasmo credeva si nascondesse sotto lo pseudonimo di
G.C.S.), e indusse Scaligero a scrivere una seconda invettiva (pubblicata nel
1536), più violenta e abusiva, con una maggiore auto-glorificazione, ma con
meriti reali davvero inferiori rispetto alla prima. Questi discorsi venivano
seguiti da un prodigiosa quantità di versi latini, che apparvero in volumi
successivi nel 1533, 1534, 1539, 1546 e 1547; di questi, un critico amico, Mark
Pattison, si sentì obbligato ad approvare il giudizio di Pierre Daniel Huet,
che disse, "par ses poésies brutes et informes Scaliger a deshonoré le
Parnasse" (per le sue poesie aspre e informi ha disonorato il Parnaso);
nonostante questo, le numerose edizioni stampate di questi, mostrano come
questi versi fossero grati non soltanto ai contemporanei, ma anche agli
studiosi successivi. Un breve trattato sui versi comici De comicis
dimensionibus (Lione, 1540) e un'opera De causis linguae Latinae (Ginevra,
1580), lo resero il primo grammatico latino che seguiva principi scientifici e
che seguiva un metodo scientifico, e dunque, sono questi i suoi due unici
lavori puramente letterari pubblicati in vita. Frontespizio
dell'edizione lionese dei Poetices libri septem (1561). I suoi Poetices libri
septem (Ginevra e Lione 1561; Leyda 1581) apparirono dopo la sua morte. Con
molti paradossi, con molte critiche ad altri autori che rasentano il disprezzo,
e molte esibizioni di pura animosità personale (specialmente quando si riferiva
a Étienne Dolet, arrivando a scrivere glosse sulla sua morte, piene di brutale
malignità), eppure contenenti acute critiche basate sulla Poetica di
Aristotele, "imperator noster; omnium bonarum artium dictator
perpetuus", un trattato che divenne influente nella storia della critica
letteraria. Come molti della sua generazione, Scaligero considerava Virgilio
superiore ad Omero. La sua lode delle tragedie di Seneca il giovane sopra
quelle dei greci influenzò sia Shakespeare che Pierre Corneille. Opere
filosofiche e scientifiche Ma è piuttosto come filosofo e uomo di scienza che
Scaligero voleva essere giudicato. Definiva i suoi studi classici come un
gradevole rilassamento da compiti più severi. Qualsiasi siano state le sue vere
faccende nei suoi primi 40 anni di vita, sicuramente queste lo resero un
osservatore accurato e ravvicinato, e lo avevano reso edotto di molti fenomeni
curiosi e poco noti, che aveva pienamente registrato in una tra le più tenaci
memorie della storia. Il Dialogue de plantis e le Exercitationes I suoi
scritti scientifici sono tutti sotto forma di commenti, e non è stato se non
sino al suo settantesimo anno (con l'eccezione di un breve trattato sul De
insomniis di Ippocrate) che sentì che uno qualsiasi di questi scritti fosse
sufficientemente completo per essere dato alla stampa. Nel 1556 fa stampare il
suo Dialogue sulle piante De plantis attribuito ad Aristotele, e nel 1557 le
sue Exercitationes basata sul lavoro di Girolamo Cardano, De subtilitate.
Pubblicazioni postume: De causis plantarum e Storia degli animali Alla sua
morte rimasero incompiute altre sue opere scientifiche, tra cui i commentari su
Teofrasto De causis plantarum e la Storia degli animali di Aristotele, che
vennero stampati postumi. Sono tutte opere contrassegnate da un dogmatismo
arrogante, violenza nel linguaggio, e una costante tendenza all'auto
glorificazione, stranamente combinate con autentiche conoscenze alquanto
estese, accompagnate da ragionamenti acuti, corredate da osservazioni dei fatti
e dei dettagli senza paragoni tra gli altri studiosi del tempo. In effetti, lui
era soltanto il maggiore naturalista del Cinquecento, con tutti i limiti
dell'epoca. Anticipa il ragionamento induttivo del metodo scientifico.
Non si può mettere in discussione che non abbia anticipato in qualche maniera
il ragionamento induttivo del vero metodo scientifico, anche se i suoi studi di
botanica non lo condussero, (come il suo contemporaneo Konrad von Gesner), a
qualche forma di idea su un sistema naturale di classificazione; rigettò,
inoltre, con estrema arroganza e violenza di linguaggio le scoperte di Niccolò
Copernico. Rimase ancorato ai dogmi di Aristotele nella metafisica e nella
storia naturale, così come a quelli di Galeno in medicina, anche se non rimase
schiavo alla lettera dei loro testi o ai dettagli di entrambi. Scaligero
dominava ampiamente e profondamente i loro principi, ed era capace di
accorgersi quando i suoi maestri non erano coerenti con loro stessi. In molti
aspetti corregge alcune dichiarazioni di Aristotele utilizzando i principi
aristotelici. Scaligero si trova in una fase del processo di evoluzione
del sapere nella quale si tenta di armonizzare gli scritti dei classici con la
realtà dei fatti che si riscontrano in natura, e il risultato finale è che i
suoi lavori scientifici hanno un valore puramente storico. Le sue
Exercitationes basate sul libro De subtilitate di Cardano (1551) è il libro che
dà a Scaligero la sua notorietà come filosofo. Le numerose edizioni
testimoniano la loro popularità all'epoca, e fino alla totale caduta finale
delle vedute fisiche di Aristotele continuarono ad essere un libro di testo
molto usato. Le Exercitationes sono rinomate per il loro sfoggio di una grande
ricchezza di conoscenze enciclopediche, il vigoroso stile dell'autore nel
sostenere le proprie tesi, e l'accuratezza delle sue osservazioni; allo stesso
modo, come osservò Gabriel Naudé, i suoi lavori contengono più falle rispetto a
quelle che lui stesso scoprì in Cardano. Charles Nisard scrive che questo suo
lavoro sembra pesantemente fazioso, perché cerca di negare tutto quello che
Cardano afferma e di affermare tutto quello che Cardano nega. Nonostante
questo, Leibniz e Sir William Hamilton lo riconoscono come il migliore
esponente della fisica e metafisica di Aristotele. Giulio Cesare
Scaligero morì nella città di Agen nel 1558. Edizioni Iulius Caesar
Scaliger, Poetices libri septem, Genevae, apud Ioannem Crispinum, 1561.
Onorificenze Cavaliere dello Speron d'oronastrino per uniforme ordinariaCavaliere
dello Speron d'oro Note Pompeo Litta,
Famiglie celebri d'Italia. Scaligeri di Verona, Torino, 1835. Oratio pro Cicerone contra Erasmum (Parigi
1531), nel quale liquidava Erasmo come un parassita letterario, un mero
correttore di bozze In queste Scaligero
analizza il corretto stile di Cicerone e indica 634 errori commessi da Lorenzo
Valla e i suoi predecessori umanisti
"Imperatore nostro, dittatore perpetuo di ogni buona qualità nelle
arti". Questo articolo (in alcune
parti) incorpora testi provenienti dalla Encyclopædia Britannica (Undicesima
Edizione, del 1911) una pubblicazione che attualmente si trova nel public
domain mondiale.Catholic Encyclopedia: Julius Caesar
ScaligerCorrespondents of Scaliger Julius Caesar Scaliger was the father of
Josephus Justus Scaliger (1540-1609), who maintained a vast correspondence with
European humanists and scholars, whose names are listed here. Pompeo Litta,
Famiglie celebri d'Italia. Scaligeri di Verona, Torino, 1835. Luca Gaurico Giuseppe Giusto Scaligero
Nostradamus Della Scala Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource
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ottobre Riva del Gardad AgenPersone legate all'BolognaScrittori in lingua
latinaItaliani emigrati in FranciaCavalieri dello Speron d'oroUomini universali
BORELLI-D
BORRELI- Giovanni Alfonso Borelli Giovanni Alfonso
Borelli (Napoli, 28 gennaio 1608Roma, 31 dicembre 1679) matematico, astronomo,
fisiologo e filosofo italiano. Borelli fu studioso poliedrico,
promulgatore delle dottrine galileiane ed ebbe il merito di applicare il metodo
matematico ai problemi di carattere biologico. Fu socio dell'Accademia del
cimento e maestro di Marcello Malpighi e di Lorenzo Bellini. Monumento
funerario di Giovanni Alfonso Borelli. Alcuni studiosi ritengono che sia nato
tra il 1598 e il 1599 da donna santagatina (Motta Sant'Agata di Reggio di
Calabria). La ricostruzione della sua biografia si basa sull'epistolario
che Borelli ha tenuto con Vincenzo Viviani, Alessandro Marchetti (suo discepolo
all'Pisa), Antonio Magliabechi e Marcello Malpighi. Malpighi introdurrà anche
delle informazioni riguardanti Borelli nella sua autobiografia. Grazie a questi
riferimenti è possibile affermare che Giovanni Alfonso Borelli nacque il 28
gennaio 1608 e fu battezzato con il nome di Giovanni Francesco Antonio. Il
padre di Borelli, Miguel Alonzo, secondo il contributo dei personaggi prima
menzionati, era un semplice soldato di fanteria del presidio spagnolo
distaccato al Castel Nuovo di Napoli, mentre la madre era una umile popolana.
Circa i suoi natali è inoltre insistita una maldicenza forse priva di
fondatezza che ne attribuiva la paternità a Tommaso Campanella, a quel tempo
esiliato al Castel Nuovo di Napoli. Anche l'origine napoletana è stata messa in
discussione, in particolare è stata ipotizzata la nascita di Borelli a Messina,
che potrebbe però essere la città natale del fratello minore. Nel 1614 il
padre di Borelli, Alonzo, fu processato, forse per aver favorito la fuga del
Campanella, e fu condannato alla pena capitale, che gli fu poi commutata
nell'esilio a Roma. Questo ultimo sarà il luogo dove Borelli effettuerà i suoi
studi diventando anche allievo di Benedetto Castelli. Borelli insegnò
matematica prima a Messina nel 1649 e poi a Pisa nel 1656 dove fondò
l'Accademia degli Investigandi. Nel 1674 si ritirò a Roma dove visse sotto la
protezione di Cristina di Svezia e dove fondò nel 1677 l'Accademia
dell'Esperienza conosciuta anche come Accademia di Fisica-Matematica. Sempre a
Roma incontra Vitale Giordano di cui diventa amico. Roma (1614-1635)
Circa la data del trasferimento a Roma di Borelli ci sono dei dubbi. Secondo
Francesco Puccinotti Borelli si sarebbe trasferito non nel 1614, ma più tardi,
ovvero successivamente al conseguimento della laurea in medicina. Anche su
questa laurea sono stati espressi dei dubbi, ma la si deve credere quasi certa
se si considera la competenza che Borelli dimostra nelle sue opere mediche; è
da considerare anche che nell'ultimo periodo della sua vita divenne medico
della regina Cristina di Svezia. A Roma frequentò le lezioni di idrodinamica
dell'abate Benedetto Castelli. Castelli godeva di una notevole fama e fu
certamente in quell'occasione che Borelli cominciò ad appassionarsi alla fisica
e, in particolare, alla meccanica classica. Chiaramente questo periodo fu
decisivo per il suo indirizzo culturale in quanto gli permise di elaborare
quella metodologia di pensiero grazie alla quale lascerà impresso il suo nome
nella storia. Borelli infatti utilizza l'applicazione della matematica della
meccanica e del metodo sperimentale, proprio della scuola galileiana, per
risolvere i problemi biologici. Messina (1635-1656) Nel 1635 Borelli fu
chiamato dal senato accademico dell'Messina, grazie in parte alla
raccomandazione del Castelli, al fine di occupare la nuova lettura de
matematiche. L'Messina lo tenne in gran conto e gli fornì i mezzi per viaggiare
e mettersi in contatto con i professori delle altre università. Grazie al suo
lavoro, nel 1646, Borelli pubblicò la risoluzione di alcuni problemi geometrici
di Pietro Emanuele Nel 1647-1648, scoppiò una epidemia in Sicilia che diede
l'occasione a Borelli di scrivere la sua prima opera da medico. L'opera
intitolata cagioni delle febbri maligne in Sicilia negli anni 1647-1648 venne
pubblicata/ripubblicata a Cosenza nel 1649 in omaggio all'amico Tommaso
Cornelio. La precisione con la quale Borelli trattò questo problema confermano
ulteriormente che egli già in precedenza aveva raggiunto notevoli conoscenze
mediche. Pisa (1656-1667) Nella primavera del 1656 Borelli lasciò Messina
al fine di occupare la cattedra di matematica all'Pisa, conferitagli dal
Granduca Ferdinando II. Il 19 marzo dello stesso anno tenne la sua prima
lezione pisana ma con scarso successo. Non passò molto tempo però che quegli
stessi allievi dovettero ricredersi sulle qualità del maestro. Tra i suoi più
illustri discepoli, merita di essere citato Alessandro Marchetti. Il soggiorno
pisano si rivelò di grandissima importanza al fine di plasmare l'orientamento
scientifico di Borelli, che già alla scuola del Castelli si era andato
rafforzando. Per sottolineare l'importanza del soggiorno pisano è giusto
considerare che il territorio di Pisa ha visto passare i più illustri medici
del tempo: Andrea Vesalio nel 1543, Realdo Colombo nel 1546, Andrea Cesalpino
nel 1581, Galileo Galilei infine che era stato a Pisa per conseguire il titolo
di dottorato, ma poi finì per insegnare matematica. Sebbene tra i medici appena
nominati Galileo possa sembrare estraneo al loro campo non bisogna escluderlo
del tutto. La tradizione galileiana infatti traeva nuove risorse grazie alla
fondazione dell'Accademia del Cimento che ha costituito un evento di notevole
importanza per l'evoluzione del progresso scientifico. Della suddetta accademia
fecero parte: Vincenzo Viviani, Carlo Roberto Dati, Alessandro Segni, Francesco
Redi, Evangelista Torricelli, Antonio Oliva (di Reggio Calabria), Giovanni
Alfonso Borelli. Il motto di questa accademia era: provando e riprovando,
ancora conosciuto ai giorni nostri. Con l'accademia del Cimento viene dato
credito al metodo sperimentale galileiano in contrapposizione al principio di
autorità del metodo aristotelico. Borelli diede un contributo notevole a ogni
importante esperienza dell'accademia. Giovanni Targioni Tozzetti si riferisce a
lui come uno dei maggiori luminari dell'accademia. Nel 1658 Borelli
pubblicò l'opera l'Euclides restitutus, di notevole importanza matematica,
successivamente si dedicò alla traduzione del Dei conici di Apollonio, voluta
da principe Leopoldo. Nel 1661 Pisa si presentò come il teatro di una epidemia
di febbri. Borelli studiò questo nuovo morbo e ne fece una descrizione in
alcune lettere che inviò a Marcello Malpighi. Nel 1664 pubblicò il De rerum
usu, completando le osservazioni anatomiche del Bellini L. con delle
osservazioni fisiologiche. Sempre nel 1664 si occupò anche di astronomia, in
particolare della cometa che era apparsa a dicembre di quell'anno. Nel 1666 nel
Theoricae medieorum planetarum ex causis phisicis deductaem si interessò del
movimento dei satelliti di Giove. Borelli, parallelamente alle esperienze di
matematica e fisica, si occupò di anatomia e soprattutto di fisiologia. Queste
ultime esperienze gli saranno di estremo aiuto per la successiva elaborazione
del De motu animalium. Sia l'anatomia che la fisiologia compiono in questi
momenti dei progressi significativi, soprattutto grazie all'applicazione del
metodo sperimentale alla fisiologia (William Harvey con la dimostrazione della
circolazione del sangue). In questo periodo storico l'intento principale è
quello di abbandonare il cieco empirismo al fine di porre le basi di quella che
sarà la medicina moderna. Sotto questi auspici nasceva, grazie anche a Borelli,
un nuovo movimento, la scuola iatromeccanica che agli inizi veniva anche
chiamata scuola iatromatematica. Tuttavia, già nel 1665 sorgevano i primi
dissidi e le primeinimicizie tra gli accademici del Cimento; Borelli era in
dissidio soprattutto con Vincenzo Viviani, per cui cominciava a maturare il
convincimentodi ritornare a Messina. Il 18 marzo 1667, Borelli scrive al
Principe Leopoldo e manifesta l'intenzione di lasciare Pisa adducendo il
pretesto della salute. La partenza di Borelli dispiacque al Principe Leopoldo,
il quale tuttavia non lo privò della sua stima. Secondo Francesco
Redi, Borelli si pentì di aver lasciato Pisa. Con il ritorno a Messina si
chiudeva la fase più feconda di risultati nella vita di Borelli. Messina
(1667-1674) Il ritorno di Borelli a Messina fu molto gradito dai cittadini di
questa città, grazie sia al ricordo che avevano conservato e sia per la fama
che Borelli aveva conquistato in Toscana. Nella città sicula, Borelli riprese
l'attività di docente impegnandosi sullo studio dei fenomeni riguardanti
l'astronomia e la fisiologia; nel 1669 pubblicò le Osservazioni intorno alle
virtù ineguali degli occhi. Sempre nel 1669, fu incaricato dalla Royal Society di
Londra per studiare l'eruzione dell'Etna. Alla descrizione dell'eruzione del
vulcano fatta da Borelli si interessò anche il Principe Leopoldo. Durante
il soggiorno messinese, Borelli frequentò la casa del Visconte Ruffo, luogo nel
quale, a quanto sembra, si cospirava contro il regime spagnolo. Questa attività
cospiratrice culminò nella congiura del 1674 la quale, oltre a non provocare
nessuna alterazione nella situazione politica, ebbe conseguenze disastrose per
la cultura dell'isola. Borelli, per le sue idee e per il suo operare in nome
della libertà e dell'indipendenza, fu accusato di ribellione e dovette espiare
la sua colpa a Roma, un territorio non dominato dalla corona spagnola.
Roma (1674-1679) Borelli, esule e povero, raggiunse Roma nel 1674. Il poco
avere che era riuscito a portare con sé gli fu derubato da un servo infedele.
Malgrado queste tristi condizioni, egli non abbandonò l'attività intellettuale,
anzi riprese lo studio al fine di portare a termine la sua più grande opera, il
De motu animalium. Fortunatamente il Borelli incontrò a Roma la regina Cristina
di Svezia, la quale avrebbe poi patrocinato la pubblicazione della sua opera
capitale. A causa delle condizioni economiche in cui versava, Borelli dovette
accettare l'ospitalità offertagli da B. Carlo Giovanni di Gesù nella sua casa
di San Pantaleo. Il De motu animalium rappresenta il suo ultimo grande
contributo per la conoscenza scientifica infatti, mentre lavorava su questa
opera, fu colpito dalla malattia, probabilmente polmonite, che lo avrebbe
condotto alla morte il 31 dicembre 1679. Prima di morire, Borelli, raccomandò
la pubblicazione del De motu animalium a B. Carlo Giovanni di Gesù. L'edizione
completa del De motu animalium porta la data: Romae idibus Augusti 1680.
Studi Fisiologia Magnifying glass icon mgx2.svg De motu animalium. L'opera più
conosciuta del Borelli è il trattato De Motu Animalium (1680), uscito postumo,
con il quale cercò di spiegare il movimento del corpo animale basandosi su
principi meccanici, tentando di estendere all'ambito biologico il metodo di
analisi geometrico-matematica elaborato da Galileo in ambito meccanico e per il
quale si guadagnò il titolo di padre della iatromeccanica. Astronomia
Borelli si occupò anche di astronomia, elaborando una teoria generale sul moto
dei pianeti, seppure limitatamente ai satelliti di Giove. Si suppone che la
decisione di limitare lo studio a tali corpi fosse stata dettata
dall'opportunità di non andare in contrasto con le teorie geocentriche imposte
dalla Chiesa. Nel suo studio Theoricae mediceorum planetarum, sostiene che
tutti i satelliti abbiano una naturale tendenza ad avvicinarsi a Giove, mentre
la loro orbita circolare intorno ad esso li spingerebbe ad allontanarsene. Le
forze contrapposte si equilibrerebbero: l'attrazione verso Giove sarebbe
costante mentre la spinta contraria sarebbe inversamente proporzionale alla
distanza dei satelliti da Giove. Borelli giustifica il moto delle orbite e la
loro forma ellittica come una combinazione di forze tra "l'attrazione dei
raggi solari" e i "raggi motori" originati da Giove.
Giovanni Alfonso Borelli, continuando i tentativi di Galileo sulla misurazione
della velocità della luce, eseguì un esperimento utilizzando un sistema di
specchi riflettenti sulla distanza tra Firenze e Pistoia, circa 35 km. Questo
metodo fu poi ripreso dal francese Armand Hippolyte Fizeau che, nel 1849,
riuscì a valutare una velocità di 283.000 km/s, molto vicino alla misura
esatta. Opere Frontespizio di Euclides restitutus di Giovanni
Alfonso Borelli (Pisa, 1658) Elenco parziale: Cagioni delle febbri
maligne in Sicilia negli anni 1647-1648. Della cagioni delle febbri maligni.
(Pisa 1658) Euclides restitutus, sive prisca geometriae elementa, brevius,
& facilius contexta. (Pisa 1658) De Renum usu Judicium. (Strasburgo 1664)
Lettera del movimento della cometa apparsa il mese di dicembre del 1664 a Pisa.
(1665) Theoricae mediceorum planetarum ex causis phisicis deductae. (Pisa 1666)
De Vi Percussionis, et Motionibus Naturalibus a Gravitate Pendentibus. (Bologna
1667) (Leida 1686) Osservazioni intorno alle virtù ineguali degli occhi.
(Messina 1669) Meteorologia Aetnea, seu historia et methereologia incendi
Aetnei anni 1669. (Reggio Calabria 1670) De motionibus naturalibus a gravitate
pendentibus. (Bologna 1670) De Motu Animalium. 1ª parte (Roma 1680) ; 2ª parte
(Roma, 1681) Note Fra i quali D.
Rotundo Derenzini T.Alcune lettere di
Borelli ad Alessandro Marchetti.1959, 224-243
Gaizo M.Alcune lettere di Giovanni Alfonso Borelli, dirette una a
Malpighi, le altre a Magliabechi. Napoli, 1886 Capparoni P.Sulla patria
di Giovanni Alfonso Borelli. Rivista storica, scientifica, medica, 1931,
53-63. Capparoni P.Sulla patria di
Giovanni Alfonso Borelli. Rivista storica, scientifica, medica, 1931,
57-63. Barbensi G.Borelli. Collana di
vita di medici e naturalisti celebri, Trieste, 1947. Gaizo M.L'opera scientifica di Giovanni
Alfonso Borelli e la scuola di Roma nel secolo XVII.1909, 152-207. Gaizo M.L'opera scientifica di Giovanni
Alfonso Borelli e la scuola di Roma nel secolo XVII.1909, 275-307. Barbensi G.Borelli. Collana di vita di medici
e naturalisti celebri. Trieste, 1947. Derenzini T.Alcune lettere di
Borelli ad Alessandro Marchetti.
Derenzini T.Giovanni Alfonso Borelli, fisico: Celebrazione
dell'Accademia del Cimento nel tricentenario della fondazione (19 giugno 1957),
Pisa, 1958, 35-42. Derenzini T.Giovanni
Alfonso Borelli, fisico: Celebrazione dell'Accademia del Cimento nel
tricentenario della fondazione (19 giugno 1957), Pisa, 1958, 43-45 Belloni L.Dal Borelli al Malpighi.1967. Koyré A.La mécanique céleste de Giovanni
Alfonso Borelli. Rivista Storica, Scientifica, 1952. Pazzini A.La medicina nella storia,
nell'arte, nel costume. 1970. Derenzini
T.Giovanni Alfonso Borelli, fisico: Celebrazione dell'Accademia del Cimento nel
tricentenario della fondazione (19 giugno 1957), Pisa, 1958, 52-56. Gaizo M.L'opera scientifica di Giovanni
Alfonso Borelli e la scuola di Roma nel secolo XVII.1909.. Capparoni P.Sulla patria di Giovanni Alfonso
Borelli. Rivista storica, scientifica, medica, 1931. J. L. E. Dreyer, Storia dell'astronomia da
Talete a Keplero, traduzione di Libero Sosio, Milano, Feltrinelli, 1977. F. Savornian, Da Leonardo a Marconi, Milano,
Hoepli119. Bernoulli J.Opera Omnia.
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meccanica muscolare da parte di due medici matematici. Rivista Storica, Medica,
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Vico.(1961), Milano. Capparoni P.Sulla patria di Giovanni Alfonso Borelli.
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Derenzini T.Giovanni Alfonso Borelli, fisico: Celebrazione dell'Accademia del
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Giovanni Alfonso Borelli e la Scuola di Roma nel secolo XVII. Memoria della
pontificia Accademia Romana dei Nuovi Lincei, (1909). Gaizo M. DelAlcune
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ad Antonio Magliabechi.(1886), Napoli. Alexandre KoyréLa mécanique céleste de Giovanni
Alfonso Borelli. Rivista Storica, Scientifica, (1952). Alexandre Koyré, La
rivoluzione astronomica. Copernico, Keplero, Borelli.Feltrinelli.(1966),
Milano. Pazzini A.La medicina nella storia, nell'arte, nel costume. (1970).
Questo testo proviene in parte dalla relativa voce del progetto Mille anni di
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Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Giovanni Alfonso
Borelli, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Ugo Baldini, Giovanni Alfonso Borelli, in
Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Giovanni Alfonso Borelli, su MacTutor, University of St Andrews, Scotland.
Giovanni Alfonso Borelli, su Mathematics Genealogy Project, North Dakota State
University. Opere di Giovanni Alfonso
Borelli, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Giovanni Alfonso
Borelli, . Stefania Montacutelli,
Giovanni Alfonso Borelli, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero:
Scienze, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, .Astronomia Astronomia Biografie Biografie Matematica Matematica Medicina Medicina Categorie: Matematici italiani del
XVII secoloAstronomi italianiFisiologi italiani 1608 1679 28 gennaio 31
dicembre Napoli RomaProfessori dell'Pisa
BORSA Matteo Borsa Matteo Borsa (Mantova, 1751Mantova, 18
gennaio 1798) saggista, critico letterario e filosofo italiano. Matteo
Borsa nacque a Mantova nel 1751, figlio di una cugina dell'abate Saverio
Bettinelli, celebre studioso che costituì sempre per Borsa un importante punto
di riferimento. Dopo aver studiato a Verona presso il collegio dei Gesuiti e a
Reggio Emilia nel collegio dei preti secolari, intraprese studi di medicina
all'Bologna. Gli interessi del Borsa, in realtà, erano di stampo prettamente letterario
e filosofico, come aveva già avuto modo di dimostrare durante gli studi
dell'adolescenza. La scelta del percorso universitario fu imposta dal padre, ma
il giovane ottenne comunque la laurea e pubblicò anche due testi di argomento
medico, I fisiologi e Gli empirici. Anche negli anni dell'università,
Borsa non trascurò la passione per le umane lettere e per la filosofia, cui si
dedicò in maniera pressoché esclusiva dal 1776, quando tornò a Mantova,
trascorrendovi un'esistenza ritirata e segnata da una salute cagionevole.
Nominato, forse grazie all'interessamento di Bettinelli, segretario
dell'Accademia mantovana, pubblicò nel 1784 Del gusto presente in letteratura
italiana, saggio scritto in risposta a un quesito posto dalla medesima
Accademia. Negli anni successivi il Borsa tornerà sull'opera fino a darne alla
luce un'edizione ampliata e modificata con il nuovo titolo I vizi più comuni e
osservabili del corrente gusto italiano in belle lettere (1795). La
dissertazione del 1784 sosteneva essersi incarnata la corruzione del gusto in
tre diversi aspetti; il « neologismo straniero », il « filosofismo
enciclopedico » e la « confusione dei generi ». Nel 1785 Melchiorre Cesarotti
difese posizioni opposte a quelle del Borsa nel Saggio sulla filosofia del gusto
e nel Saggio sopra la lingua italiana, inserendosi in un dibattito molto acceso
soprattutto nell'Italia settentrionale. L'opera dell'accademico mantovano
costituì un punto di riferimento importante, come afferma Dionisotti, il quale
ricorda anche che « la fortuna in Italia della parola neologismo deriva dalla
dissertazione di Matteo Borsa Del gusto presente in letteratura italiana,
apparsa a Venezia nel 1784 ». Ricoprì dal 1783 l'incarico di professore
di logica e metafisica nel ginnasio di Mantova e mantenne sempre uno stretto
rapporto con Bettinelli, di cui sposò oltretutto una nipote. Visse poi assieme
alla moglie e all'abate, dopo che il padre lo aveva cacciato di casa per «
scontentezze domestiche ». Tra le opere del Borsa vanno inoltre ricordati
due saggi problemi estetici in relazione
alla musica e alla danza, argomenti cui lo studioso mantovano si era
interessato nel periodo universitario. Si cimentò inoltre nella composizione di
una tragedia, l'Agamennone e Clitennestra, pubblicata a Venezia nel 1786.
Opere La musica imitativa, 1781 I balli pantomimi, 1783 Del gusto presente in
letteratura italiana, Venezia, Palese, 1784 Agamennone e Clitennestra, Venezia,
Zatta, 1786 I vizi più comuni e osservabili del corrente gusto italiano in
belle lettere, 1795 Note C. Dionisotti,
Venezia e il noviziato di Foscolo, in Appunti sui moderni, Bologna, il Mulino,
198839. Si veda, per la biografia, E.
Bigi, Nota introduttiva a Matteo Borsa, in Critici e storici della poesia e
delle arti nel secondo Settecento, Milano-Napoli, 1955695. Emilio Bigi, « Nota introduttiva » a Matteo
Borsa, in Critici e storici della poesia e delle arti nel secondo Settecento
(in La letteratura italiana. Storia e testi,
44, tomo IV), Milano-Napoli, Riccardo Ricciardi Editore, 1955, 695–705. Emilio Bigi, Tra classicismo e
preromanticismo: Matteo Borsa, in Poesia e critica tra fine Settecento e primo
Ottocento, Milano, Cisalpino-Goliardica, 1986,
223–238. R. Amaturo, Borsa,
Matteo, DBI, su treccani.it. 100177659 I0000 0001 1827 8439 97877333 cb10263290t
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Biografie: di biografie Categorie: Saggisti italiani del
XVIII secoloCritici letterari italianiFilosofi italiani Professore1751 1798 18
gennaio Mantova Mantova
BOTERO: Giovanni Botero (Bene Vagienna), filosofo.
Autore del trattato Della Ragion di Stato, in dieci libri, stampato a Venezia
nel 1589, e delle Relazioni universali, un trattato di geografia
politica. Della ragion di stato, 1589 Nato in una famiglia di
modeste condizioni economiche, all'età di 15 anni entrò nel collegio dei
Gesuiti di Palermo; fu poi in varie case dell'Italia centrale, fra cui nel
Collegio Romano dove ebbe come compagno di corso Roberto Bellarmino. Pur
essendo stimato quale poeta in versi in latino, forse a causa di un carattere
difficile e da una tendenza alla polemica, nel 1561 dovette interrompere gli
studi a Roma e fu inviato come insegnante in località periferiche (ad Amelia e
a Macerata). A Roma fu al servizio del giovane cardinale Federico Borromeo, del
cui cugino, san Carlo, fu stretto collaboratore a Milano nel decennio
precedente, impegnato nella riforma della diocesi, una volta uscito dalla
Compagnia di Gesù nel 1580. Morì all'età di 73 anni e fu sepolto a Torino
nella chiesa dei Santi Martiri, retta dai gesuiti. La città di Torino, nel
1860, gli ha dedicato una via. L'opera di Giovanni Botero Occorre tenere
presente sin dall'inizio che Giovanni Botero s'impegna nella sua nota opera dal
titolo emblematico di Ragion di Statodieci agili libri di circa 300 pagine, ove
rimedita le tesi esposte nel suo De Regia Sapientiain quanto ritiene essenziale
combattere il machiavellismo per poter riaffermare la stretta dipendenza di
ogni potere politico dalla Religione e dalla Chiesa (fu segretario di Federico
Borromeo) ed approfondire gli studi sulla "Ragion di Stato",
principalmente al fine di individuare un pensiero politico-guida alternativo a
quello cui si riferivano le tesi dei Riformatori (quello cioè di Machiavelli e
di Bodin). La controriforma, dunque, necessitava di un suo punto di riferimento
in materia di scientia civilis (teoria politica), come aveva già fatto presente
Monsignor Minuccio Minucci. Il fine e, per alcuni aspetti, il metodo di
Giovanni Botero può solo apparentemente e prima facie, richiamare quelli del
Secretario Fiorentino [Niccolò Machiavelli]: egli infatti considera lo stato
come un dominio assoluto e stabile sui popoli, e la ragion di stato secondo lui
altro non è che l'insieme di tutti i metodi ("i mezi") e gli strumenti
necessari e opportuni per conservare e gestire questo dominio. Ma in realtà,
sia la sostanza del suo pensiero politico, che lo scopo ultimo cui esso è
indirizzato, sono decisamente divergenti, tanto che egli arriva a definire
"rea e falsa" la Ragion di Stato machiavelliana e giunge a sostenere
che il Principe, rispettoso dei precetti religiosi, non ha bisogno di leggere
né Machiavelli né Tacito. Si comprende, allora, come la differenza
principale del pensiero di Botero rispetto a quello di Machiavelli consista nell'importanza
assegnata alla morale e alla religione come strumenti di governo; l'uso
spregiudicato della ragion di stato (di natura machiavelliana), da parte del
governante, dev'essere cioè temperato dall'applicazione di virtù, quali la
moderazione e la giustizia, e dalla considerazione non solo strumentale della
religione. Ciò, infatti, conferisce allo stesso quella reputazione
indispensabile per ottenere obbedienza dai sudditi. Egli, peraltro, afferma che
solo «...i sudditi devoti e religiosi siano sudditi ubbidienti». In questo
senso Botero propone una ferma lotta alle eresie, che comportano dissidi fra i
sudditi; lo stato deve essere confessionale e la ragion di stato comprende, al
suo interno, la garanzia dell'ortodossia religiosa, la cui curanella divisione
boteriana delle funzioni dello Statospetta alla Chiesa. Ulteriore fondamentale
differenza con il pensatore fiorentino è l'importanza che Botero dà
all'economia e alla demografia come parametro per la misurazione della potenza
di uno Stato. Egli, invero, non fu giurista e, conseguentemente, pose l'accento
sull'interesse. Pienamente conscio dell'importanza della variabile
economica, Botero prende ad esempio la Spagna, incapace di promuovere
manifatture e attività commerciali, come regno dalle risorse coloniali
praticamente infinite, ma destinato ad essere relegato in secondo piano da
Stati più dinamici nel campo dello sviluppo e della crescita dell'agricoltura e
delle attività produttive interne. Nell'ambito della polemica antieuropea, che
portò, tra l'altro, a un'elaborazione del concetto di civiltà in opposizione a
ciò che è barbaro o selvaggio, Botero ha tratteggiato il processo di
incivilimento come passaggio dall'idolatria alla coscienza religiosa cristiana,
dalla pastorizia all'agricoltura, all'attività industriale e commerciale; è un
processo che richiede, inoltre, il costituirsi di governi stabili e la
promulgazione di leggi certe. Opere Della ragion di stato, Venezia,
Giovanni Giolito de Ferrari, Giovanni Paolo Giolito de Ferrari, 1589. 23 giugno
. Delle cause della grandezza e magnificenza delle città, 1588 Relazioni
Universali, 1591-1618 (riedita con aggiunte e correzioni fino all'edizione del
1618) I Capitani, Giovan Domenico Tarino, Torino, 1607. Edizioni moderne Ragion
di Stato (testo della prima edizione del 1589), Chiara Continisio, Collana
Biblioteca n.23, Roma, Donzelli, 1997,
978-88-7989-315-2.Collana Virgolette n.40, Donzelli, 2009, 978-88-60-36323-7. Le Relazioni universali
(voll. I-II), Alice Blythe Raviola, Torino, Nino Aragno Editore, , 978-88-8419-722-1. Delle cause della
grandezza delle città, Romain Descendre, trad. A. De Vincentiis, Collana
Cliopoli.Nuova serie, Roma, Viella, ,
978-88-6728-348-4. Della Ragion di Stato (edizione definitiva del 1598
con tutte le varianti del testo del 1589), Pierre Benedittini e Romain
Descendre, Collana I Millenni, Torino, Einaudi, , 978-88-06-22594-0. Delle cause della
grandezza delle città, Claudia Oreglia, con un saggio di Luigi Firpo, Collana
Biblioteca, Torino, Aragno, ,
978-88-8419-779-5. Le Relazioni universali (III: Parte V), Alice Blythe
Raviola, Torino, Aragno, ,
978-88-841-9924-9. I Capitani, Alice Blythe Raviola, Collana Biblioteca,
Torino, Aragno, , 978-88-841-9903-4.
Note Massimo Firpo, Le relazioni
universali. Enciclopedia del mondo, in Il Sole 24 Ore-Domenica, 27 dicembre
27. Andreatta-Baldini , Storia del
pensiero politicoda Machiavelli a Kant, Torino, Utet Federico Chabod, Storia dell'idea d'Europa Pietro Orsi, Saggio biografico e
bibliografico su Giovanni Botero, Mondovì 1882; Carlo Gioda, La vita e le opere
di Giovanni Botero, Milano 1895 (il III
contiene la 5ª parte delle Relazioni universali, il cui ms. andò distrutto, nel
1904, nell'incendio della biblioteca di Torino); Ernesto Bottero, Prudenza di
Stato, o maniere di governo di Giovanni Botero, Milano 1896; Alberto Breglia, A
proposito di Giovanni Botero "economista", in Annali di Economia, IV,
i, Milano 1928, 87-128; Friedrich
Meinecke, Die Idee der Staatsräson, Berlino-Monaco 1924; Roberto Almagià, Il
primo scritto italiano di Oceanografia, in Bollettino della Società geografica
italiana, 1905; Alberto Magnaghi, Le Relazioni universali di Giovanni Botero, e
le origini della Statistica e dell'Antropogeografia, Torino 1906; Bruno Mayer,
«Botero, Giovanni», in Vittore Branca , Dizionario critica della letteratura
italiana, Torino, UTET, I, 393–403, 1973. Chiara Continisio , Della
ragion di Stato. Giovanni Botero, Roma, Donzelli, 1997. 88-7989-315-7 Chiara Continisio, Giovanni
Botero, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Diritto, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, . Cosimo Perrotta, Giovanni Botero, in Il
contributo italiano alla storia del Pensiero: Economia, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, . Robertino Ghiringhelli, Giovanni Botero, in Il contributo
italiano alla storia del Pensiero: Filosofia, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, . Romain Descendre, Giovanni Botero, in Enciclopedia machiavelliana,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Altri progetti Collabora a Wikisource
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on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Giovanni Botero / Giovanni Botero (altra versione), in Enciclopedia
Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Giovanni Botero, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, . Giovanni Botero, su
sapere.it, De Agostini. Giovanni Botero, su Enciclopedia Britannica,
Encyclopædia Britannica, Inc. Luigi
Firpo, Giovanni Botero, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Giovanni Botero, . Relationi vniuersali di Giouanni Botero
Benese diuise in quattro parti, Vicenza, 1595. V D M Compagnia di Gesù Filosofia
Letteratura Letteratura Categorie:
Presbiteri italianiScrittori italiani del XVI secoloScrittori italiani del XVII
secoloFilosofi italiani del XVI secoloFilosofi italiani Professore1544 1617 23
giugno Bene Vagienna TorinoSaggisti italiani del XVI secoloSaggisti italiani
del XVII secoloScrittori cattoliciScrittori in lingua italianaFilosofi della
politica
BOTTA: Vincenzo Botta
(Cavallermaggiore) politico, accademico e scrittore italiano naturalizzato
statunitense. Vincenzo Botta nacque in
Piemonte a Cavallermaggiore l'11 novembre 1818. Studiò presso la Torino e vi
divenne professore di filosofia. Nel 1849 fu eletto nel Parlamento sabaudo, e
nel 1850, in collaborazione con un altro deputato, Luigi Parola, fu incaricato
di studiare il sistema educativo in Germania. La loro relazione sulle
università e le scuole tedesche fu pubblicata quello stesso anno a spese del
governo . Nel 1853 Botta incontrò a
Torino la scrittrice statunitense Anne Lynch, che si trovava in viaggio in
Europa. Per rimanerle accanto, Botta si fece subito trasferire a New York con
l'incarico di indagare il sistema scolastico pubblico americano. Trovò New York
di suo gradimento, e vi si stabilì. Botta e Lynch si sposarono nel 1855 ed egli
fu naturalizzato americano. I due formarono un collaudato sodalizio culturale.
La loro casa divenne un rinomato salotto culturale, frequentato da molti dei
più famosi autori, pittori e musicisti d'Europa e d'America. Mentre Anne Lynch
continuò la sua attività letteraria, Botta dal 1856 al 1894 insegnò filosofia e
italiano alla New York University, ricoprendo per molti anni la carica di
direttore del dipartimento di lingua e letteratura italiana fino alla sua morte
il 5 ottobre 1894. Opere principali Del
pubblico insegnamento in Germania. Studi, coautore Luigi Parola, Torino, Tip.
G. Favale, 1851 Public instruction in Sardinia: an account of the system of
education, and of the institutions of science and art in the Kingdom of
Sardinia, Hartford, F.L. Brownell, 1858 A discourse on the life, character, and
policy of count Cavour, New York, G. P. Putnam, 1862 Dante as philosopher,
patriot, and poet, with an analysis of the Divina Commedia, its plot and
episodes, New York, Scribner, 1865; nuova ed. 1886 An Historical Account of
Modern Philosophy in Italy in Ueberweg's History of Philosophy from Thales to
the Present Time, London, Hodder and Stoughton, 1872 Note Questa è la data riportata in Virtual
American Biographies e nella voce della Enciclopedia Italiana (riferimenti in
). Maria T. Zagrebelsky Prat nel Dizionario Biografico degli Italiani (sempre
in ) lo fa nascere l'11 febbraio 1818.
Luigi Parola e Vincenzo Botta, Del pubblico insegnamento in Germania:
studi, Torino, Tip. G. Favale, 1851
Virtual American Biographies, su famousamericans.net. 4 ottobre 5 ottobre ).
Vincenzo Botta, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Vincenzo Botta, in Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di
Vincenzo Botta, . Vincenzo Botta, su
storia.camera.it, Camera dei deputati. Virtual American Biographies 21164870
I0000 0000 8100 2825 86095818 495/109726
Identitieslccn-n86095818 Biografie
Biografie Letteratura Letteratura
Categorie: Politici italiani del XIX secoloPolitici statunitensi del XIX
secoloAccademici italiani del XIX secoloAccademici statunitensiScrittori
italiani del XIX secoloScrittori statunitensi Professore1818 1894Nati l'11
novembre 5 ottobre Cavallermaggiore New YorkItaliani emigrati negli Stati Uniti
d'AmericaAccademici italiani negli Stati Uniti d'AmericaFilosofi italiani del
XIX secoloDeputati della II legislatura del Regno di Sardegna
BOTTIROLLI: Giovanni
Bottiroli (Novi Ligure, 24 giugno 1951) è un filosofo e professore
universitario italiano. Professore di
Teoria della letteratura, da molti anni, a Bergamo. Ha insegnato Retorica e
Narrazione, Teoria dell’interpretazione, Estetica, in questa Università.
Inoltre, è docente all’IRPA (Istituto di Ricerca di Psicoanalisi applicata),
diretto da Massimo Recalcati. È
direttore della rivista “Comparatismi" (rivista della Consulta del SSD
“Critica letteraria e Letterature Comparate”). Dal è Presidente della Consulta di questo
settore. Fa parte del Comitato Scientifico
di “Enthymema” e di “Symbolon”, e della Direzione di “L’immagine Riflessa”.
Collabora alla rivista “Segnocinema”.
Pensiero Una filosofia della flessibilità Giovanni Bottiroli ha
elaborato una nuova prospettiva filosofica che si ispira alla nozione di
“flessibilità”, e che egli ha indicato con diverse espressioni: ragione
flessibile, pensiero della Metis, pensiero strategico. Questa prospettiva viene esposta nella forma
più ampia e sistematica in La ragione flessibile () e La prova non-ontologica
(). Dalla filosofia alla letteratura
(come modo di pensare) In Teoria dello stile la letteratura viene intesa come
modo di pensare e ad essere privilegiato è il suo legame con la filosofia. Il
legamenon privo di conflittualitàtra letteratura e filosofia richiede di essere
analizzato mediante il concetto di stile, inteso sia come invenzione
linguistica sia come “stile di pensiero”. Esemplare, da questo punto di vista,
è l’analisi della “Lettera rubata” di Poe, proposta da Lacan negli Scritti
(1966). La teoria della letteratura In
Che cos'è la teoria della letteratura. Fondamenti e problemi, la teoria della
letteratura viene intesa come una disciplina ibrida che deve attingere alle
teorie del linguaggio, alle teorie del desiderio e alle teorie dell’interpretazione,
ispirandosi principalmente a tre fonti: Saussure, Freud, Heidegger. L'interpretazione dei testi come conflictual
reading L’interpretazione del testo è intesa come un conflictual reading capace
di lasciare emergere la pluralità degli stili, il problema dell’identità del
soggetto e le dinamiche del desiderio. Il suo orizzonte sono le estetiche
conflittuali, a cuiin prospettive assai diversehanno contribuito Nietzsche e
Heidegger, Freud e Lacan, ma anche Bachtin. Le riflessioni su questo tema sono
confluite in diversi articoli tra cui Il desiderio “effrayant” di Julien Sorel.
Un “conflictual reading” per un romanzo di formazione in “Enthymema”, 21,
. Opere Libri 1975 Parodia Milano:
Scheiwiller (con prefazione di Cesare Segre) 1980 La contraddizione e la
differenza. Il materialismo dialettico e la semiotica di Julia Kristeva,
Giappichelli, Torino 1987 Interpretazione e strategia, Guerini e associati,
Milano 1987 Retorica della creatività. Per l'interpretazione e la produzione di
testi, Paravia, Torino 1990 Figure di pensiero. La svolta retorica in
filosofia, Paravia, Torino 1993 Retorica. L'intelligenza figurale nell'arte e
nella filosofia, Bollati Boringhieri, Torino 1995 Il reggicalze. Come
l'abbigliamento diventò seduzione, Gribaudo, Torino 1997 Teoria dello stile, La
nuova Italia, Firenze 2001 Problemi del personaggio (curatela), Bergamo
University Press, Bergamo 2002 Jacques Lacan. Arte linguaggio desiderio,
Bergamo University Press, Bergamo 2005 Le incertezze del desiderio. Scritti
brevi su strategia e seduzione, Ecig, Genova 2006 Che cos'è la teoria della
letteratura. Fondamenti e problemi, Einaudi, Torino La ragione flessibile. Modi d'essere e stili
di pensiero, Bollati Boringhieri, Torino
La prova non-ontologica. Per una teoria del Nulla e del “non”, Mimesis,
Milano-Udine Voci di Enciclopedia Enciclopedia Einaudi: Eros (1978), Piacere
(1980), Pulsione (1980), Soma/Psiche (1981) (quest’articolo in collaborazione
con Guido Ferraro). Enciclopedia Treccani: Letteratura e psicoanalisi, in
Appendice 2000 Manuale di letteratura italiana. Storia per generi e problemi
(diretta da Franco Brioschi e Costanzo Di Girolamo): Il pensiero filosofico e
scientifico e La prosa della filosofia e della scienza, IV, 1996 ( 21-58 e 945-974) Letteratura
europea (P. Boitani e M. Fusillo): Letteratura e psicoanalisi, 5,
399-417, UTET, Torino Articoli di
filosofia e di teoria della letteratura (una selezione) 1990 Bachtin, la
parodia del possibile, in "Strumenti critici", 63, 147-66 1994 Il comico inesistente. I regimi figurali
nell’opera di Calvino in “Calvino e il comico” (L. Clerici e B. Falcetto),
Marcos Y Marcos 1996 Sinistra come "bêtise". Il problema degli
attriti nel "Dono” di Nabokov in "Strumenti critici” 80, 1996 2001 Il
comico delle articolazioni, in BarbieriBottiroliPerissinotto “Il Comico:
approcci semiotici”, Documenti di lavoro 303-304-305, Centro Internazionale di
Semiotica e Linguistica, Urbino 2001,
27-39 2002 Introduzione a Flaubert, L’educazione sentimentale, Einaudi,
Torino, V-XXI 2003 Un sogno di Raskolnikov,
in “Nel paese dei sogni” (V. Pietrantonio e F. Vittorini), Le Monnier, Firenze
2003, 70-84 2004 La logica del diviso in
"William Wilson" in Fantastico Poe (R. Cagliero, Ombre Corte, Verona)
2007 Non sorvegliati e impuniti. Sulla funzione sociale dell’indisciplina, in
Forme contemporaneee del totalitarismo (Massimo Recalcati), Bollati
Boringhieri, Torino 2007 Metaphors and Modal Mixtures in Metaphors (di Stefano
Arduini), Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2008 L’identità modale nei
romanzi di Kafka. Descrizione di un progetto di ricerca in “Cultura tedesca”,
35 2009 In principio era la bêtise, in Soggettivazione e destino. Saggi intorno
al ‘Flaubert’ di Sartre (G. Farina e R. Kirchmayr), Bruno Mondadori, Milano Ibridare, problema per artisti. Alcune tesi,
in “Enthymema”, n.1, 154-163 Dalle somiglianze alle differenze di
famiglia, in L’immagine riflessa, n.1-2,
181-2 L’inganno del cortile
centrale. Interpretazione della “Phèdre” come testo diviso, in Ermeneutica
letteraria, VIII Introduzione a “La
conversazione infinita” di M. Blanchot, Einaudi, Torino Lost in styles. Perché nel cognitivismo non
c’è abbastanza intelligenza per capire l’intelligenza figurale, in “Lo
sguardo”, 17 153-193 Il perturbante è
l’identità divisa. Un’interpretazione di “Der Sandmann” in Enthymema, 12, 205-229
The possibility of not coinciding with oneself: a reading of Heidegger
as a modal thinker, in The Italian Psychoanalytic Annual, /10, 133-149, Cortina Editore Le parole uccidono le cose oppure altre parole?
Il linguaggio come perdita e come articolazione agonistica in Per Enza Biagini
(A. Brettoni, E. Pellegrini, S. Piazzesi, D. Salvadori), Firenze University
Press, Firenze Liberatore e incatenato:
le aporie di Dioniso (e del dionisiaco) da Euripide a Nietzsche in Enthymema,
XIV, 51-81 Return to literature. A manifesto in favour
of theory and against methodologically reactionary studies (cultural studies
etc.) in “Comparatismi”, 3, 1-37 What is alive and what is dead in Jakobson.
From codes to styles in Roman Jakobson, linguistica e poetica (E. Esposito, S.
Sini e M. Castagneto), Ledizioni, Milano ,
213-220 Il desiderio “effrayant”
di Julien Sorel. Un “conflictual reading” per un romanzo di formazione in
Enthymema, 21, 134-151 Shakespeare e il teatro dell’intelligenza.
Dagli errori di Bruto a quelli di René Girard in Metodo, 6, n. 1,
73-98 Il desiderio e i suoi
destini: dal rapporto ai modi del rapporto, in A. Badiou, Il sesso l’amore
(Federico Leoni e Silvia Lippi), Mimesis, Milano-Udine, 41-52 Sade e il desiderio di essere in “aut aut” 382
To be and not to be. Hamlet’s Identity, in Enthymema 23, 250-285
Heart of Darkness e la teoria lacaniana dei registri in Anglistica
pisana, XIV, 1-2 () The Turn of the
Screw. A tale that “turns” in Enthymema 24,
43-58 Articoli di cinema (una selezione) 2007 I registi sono alleati
preziosi. Un'interpretazione di Mulholland Drive di David Lynch, in Segnocinema
144 Identità come identificazione (nei
film e non negli spettatori), in “Imago”, 2
Joe, o le disavventure di una ninfomane (Nymphomaniac di Lars von
Trier), in “Segnocinema” 196 Non
infantilizzate, vi prego, Ingmar Bergman. Desideri senza magia in “Fanny e
Alexander” in Segnocinema 214 L’arte è
un lusso, la fiction una necessità. Žižek e Hitchcock, qualche anno dopo in
“Segnocinema” 223-224 Recensioni Niccolò Scaffai, recensione a Che cos'è la
teoria della letteratura? Fondamenti e problemi, in Allegoria, n. 55, 2007
Panella Giuseppe, recensione a Che cos'è la teoria della letteratura?
Fondamenti e problemi, in Ermeneutica letteraria n. 3, 2007 Franzini Elio,
recensione a La ragione flessibile, in “Enthymema”, n. IX, 412-414,
Dalmasso Gianfranco, recensione a La ragione flessibile, in “Rivista di
Filosofia Neo-Scolastica”, 1,
240-245, Carmello Marco,
recensione a La prova non-ontologica, in “Enthymema”, n. XXV, 703-707, Note
Giovanni Bottiroli (database Università degli Studi di Bergamo), su
www00.unibg.it. Docenti titolari di
materiaIrpa Milano, su istitutoirpa.it.
Comparatismi. Rivista della Consulta di Critica letteraria e Letterature
comparate, su ledizioni.it. Enthymema,
su riviste.unimi.it. Curriculum Vitae ,
su unipa.it. Elio Franzini, La ragione
flessibile di Giovanni Bottiroli, in Enthymema, n. 9. Marco Carmello, Giovanni Bottiroli "La
prova non-ontologica. Per una teoria del nulla e del 'non' ", Enthymema,
n. 25. Giuseppe Panella, A proposito di
Giovanni Bottiroli, "Che cos'è la teoria della letteratura", in
Ermeneutica letteraria. Rivista internazionale, n. 3. Niccolò Scaffai, Giovanni Bottiroli"Che
cos'è la teoria della letteratura. Fondamenti e problemi", in Allegoria,
n. 55. Giovanni Bottiroli, Il desiderio
"effrayant" di Julien Sorel, in Enthymema, n. 21. Letteratura e psicoanalisi, su treccani.it.
giovannibottiroli.it/it///www00.unibg.it/struttura/strutturasmst.asp?rubrica=1&persona=89&nome=Giovanni&cognome=Bottiroli&titolo=Prof.
59307684 I0000 0000 8138 7227
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Psicologia Psicologia Filosofo del XX
secoloFilosofi italiani del XXI secoloAccademici italiani del XX
secoloAccademici italiani Professore1951 24 giugno Novi Ligure
BOTTONI Albertino
Bottoni, Noto anche come Albertinus Bottonnus o Albertinus Bottoni o Albertini
Bottoni (Padova, prima metà del CinquecentoPadova, 1º dicembre 1596), medico e
filosofo italiano. È stato uno dei
grandi medici italiani del Rinascimento. La sua formazione avvenne nella città
natale, dove si laureò in medicina e filosofia.
Dal 1555 divenne professore nell'Padova, dove insegnò in successione
logica, medicina teorica straordinaria, medicina pratica e medicina teorica
ordinaria. Introdusse l'uso del mercurio nella cura della sifilide. Fu rivale
del medico padovano Ercole Sassonia, di cui tentò d'impedirne
l'insegnamento. I suoi contributi
scientifici più importanti riguardano le funzioni dirette alla conservazione
dell'individuo e della specie, quindi nutrizione, crescita e generazione, che
definì tria suprema naturae munera.
Opere principali De vita conservanda, Padova, Iacobum Bozzam, 1582. De
morbis mulieribus libri tres, Venezia, Paulum Meietum, 1585, 1588. Methodi
medicinales duae, Francoforte, 1595. De modo discurrendi circa morbos,
eosdemque curandi tractatos, Francoforte, 1607.
Castiglioni A., Storia della Medicina, II, Mondadori, Milano, 1948. De
Renzi S., Storia della Medicina in Italia, III, Napoli, 1845. Gliozzi G.,
«Albertino Bottoni», in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 13,
Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma, 1971. Pazzini A., Storia della
Medicina, I, Società Editrice Libraria, Milano, 1947. Albertino Bottoni, in Dizionario biografico
degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. 77129132 I0000 0000 1289 4217 o161435 119627167
cb10463789b
Identitieslccn-no161435 Biografie
Biografie Medicina Medicina
Categorie: Medici italianiFilosofi italiani Professore1596 1º dicembre Padova
PadovaPersone legate all'Università degli Studi di Padova
BOVIO: Giovanni Bovio (1837-1903).jpg Deputato
del Regno d'Italia LegislatureXIII, XIV, XV, XVI, XVII, XVIII, XIX, XX, XXI
Sito istituzionale Dati generali Partito politicorepubblicano Titolo di
studioLaurea ProfessioneDocente universitario, Pubblicista/Giornalista Giovanni
Bovio (Trani, 6 febbraio 1837Napoli, 15 aprile 1903) filosofo e politico
italiano, sistematizzatore dell'ideologia repubblicana e deputato al Parlamento
del Regno d'Italia. La casa natale di Giovanni Bovio a Trani
Giovanni Scipione Bovio nasce a Trani da Nicola Bovio di Altamura, impiegato, e
Chiara Pasquini. Autodidatta, pubblica nel 1864 Il Verbo Novello, un
poema filosofico scritto con intonazione enfatica. Fra i suoi scritti si
ricordano la Filosofia del diritto, il Sommario della storia del diritto in Italia,
il Genio, gli Scritti filosofici e politici, la Dottrina dei partiti in Europa,
i Discorsi. Sotto il Ministero Minghetti, nel 1872, ottenne il pareggiamento
della cattedra di Storia del Diritto all'Napoli e, nel 1875 consegui la libera
docenza in Filosofia del diritto. Bovio fu anche deputato alla Camera:
nel 1876, con il subentrare della Sinistra costituzionale alla Destra, fu
eletto nel collegio di Minervino Murge. Il suo atteggiamento, diversamente da
quello dei suoi compagni che condividevano l'idea repubblicana, non fu incline
all'astensionismo. Nel 1880 Bovio sposò a Napoli Bianca Nicosia dalla
quale ebbe due figli, Corso Bovio, così chiamato in onore agli italiani di
Corsica sottomessi al dominio francese e Libero Bovio (1883-1942), poeta ed
autore dei testi di molte celebri canzoni napoletane. Libero Bovio, a sua
volta, fu il nonno dell'avvocato, giornalista e docente Libero Corso Bovio
(1948-2007). Napoli fu la sua città di adozione, dove morì il 15 aprile
1903. La città gli ha dedicato una piazza, che i napoletani continuano però a
chiamare con l'antico nome di Piazza Borsa. La città di Firenze gli ha dedicato
una strada. La città di Piombino gli ha intitolato la piazza sul mare più
grande d'Europa, Piazza Bovio. La città di Teramo gli ha intitolato un
importante viale. La città di Terni gli ha intitolato un intero quartiere che
comprende tutta la zona est chiamato, appunto, Borgo Bovio. «(Napoli) In
questa casa morì povero e incontaminato Giovanni Bovio che meditando con animo
libero l'Infinito e consacrando le ragioni dei popoli in pagine adamantine
ravvivò d'alta luce il pensiero italico e precorse veggente la nuova
età.» (Epigrafe di Mario Rapisardi) Il pensiero Targa in memoria di
Bovio nella piazza di Napoli a lui dedicata Passo Corese: targa, con
testo attribuito a Giovanni Bovio, dedicata a Garibaldi Giovanni Bovio era
sostanzialmente contrario alla monarchia. Come ideologo repubblicano, Bovio
ebbe il motto "definirsi o sparire": palesò insomma ai repubblicani
l'esigenza urgente di un'impostazione non confusa e non settaria, di una chiara
direzione che spinse poi i repubblicani a definirsi in partito di moderno
tenore. Bovio stabilì per il Partito repubblicano nessi e prospettive
nazionali ed europee. Egli considera la monarchia come l'attuale realtà
italiana. Ne segue che la repubblica è utopia, e Bovio si dichiara utopista.
Nel suo pensiero la monarchia cadrà, proprio quando dovrà risolvere il problema
della libertà. Serve comunque un lungo periodo perché la situazione monarchica
si deteriori. Colma evidentemente di determinismo, la sua filosofia si definiva
come naturalismo matematico. Differentemente dalla teoria socialista,
Bovio riteneva che il nuovo Stato a venire avrebbe avuto una "forma
storica", non potendo dimensionarsi unicamente sulla base di azioni
economiche. Bovio introduceva dunque una concezione formale dello Stato, che si
sforzò di divulgare anche presso i ceti operai. Fu molto considerato
anche a Matera dove non si dimenticava peraltro che nella locale "scuola
detta regia, fondata nel 1769 da Bernardo Tanucci, libero pensatore dei tempi
suoi, quando era libertà contrastare alle pretensioni papali, fu insegnante di
letteratura e di diritto Francesco Bovio, il quale intese queste dottrine nella
libertà e per la libertà. Quell'insegnamento fu seme fecondo, e dalla sua
scuola venne fuori la nobile schiera dei martiri del 1799, i cui militi
rispondono ai nomi di Giovanni Firrao, Giambattista Torricelli, Fabio Mazzei,
Liborio Cufaro, Antonio Lena-Santoro, Gennaro Passarelli, Marco
Malvinni-Malvezzi". Nel 1904, a circa un anno dalla sua morte, nella
"giornata più adatta" come "il fatidico XX Settembre", gli
intellettuali laici materani con la loro associazione "G.B.
Torricelli" tennero una solenne commemorazione "per pagare un tributo
di affetto e di riverenza al Grande, che ci fu Maestro e ci amò di quell'amore
di cui sono capaci soltanto gli educatori come Lui" dice un oratore. E un
secondo aggiunge che "la titanica figura di quell'illustre profeticamente
ci addita il sole dell'avvenire", per cui il tributo di affetto al suo
carattere fiero ed onesto è tanto più doveroso "in questi tempi
borgiani". Un terzo oratore, rivolgendosi al sindaco Raffaele Sarra, e nel
consegnargli la lapide, lo invita ad additare "quel nome a questi onesti
operai per indirizzarli sulla via della dea ragione, scuotendo così il giogo
dell'oscurantismo e della superstizione, che li avvince e li abbruttisce".
Promessa che il sindaco Raffaele Sarra non esita a fare, ritenendo quel marmo
"un severo monito all'indirizzo di tutti coloro i quali nulla fecero e
tuttora nulla fanno per strappare la nostra plebe dalla miseria, dalla
ignoranza, dalla superstizione, dall'abbruttimento secolare". Per la
precisione, la lapide commemorativa, scoperta quel giorno sulla facciata del
palazzo di giustizia, sarà tolta negli anni '30 per iniziativa della sezione
fascista (e gli incauti scalpellatori si riferiranno nell'operazione).
Bovio ebbe comunque anche l'esigenza di definirsi rispetto agli anarchici. La
forma repubblicana, scrisse, è a metà strada fra la monarchia e l'anarchia,
vale a dire fra l'ipertrofia dello Stato e la sua totale anarchica abolizione.
Non a caso, quando l'anarchico Gaetano Bresci compì l'attentato contro Umberto
I, Bovio invitò tutti gli anarchici a desistere dalla violenza. In sostanza,
un'esagerazione utopistica tradotta in atti sanguinari (l'opera degli
anarchici) avrebbe prodotto un rafforzamento reattivo dell'autorità costituita,
allontanando proprio il momento dell'avvento della repubblica. Troviamo in lui
un tentativo di superare l'idealismo della metafisica idealistica e insieme con
essa l'approccio empirico del positivismo. Fondamentalmente Bovio introdusse in
Italia l'eco delle nuove correnti speculative nella filosofia del
diritto. «Giovanni Bovio — cittadino di spartana austerità — fra il
mercimonio affannoso dei politicanti — pensatore solitario — fra lo strepito di
cozzanti dottrine — artefice possente di stile — fra la pretenziosa nullaggine
dei parolai — traversò impavido — le torbide correnti del secolo — e ne uscì
puro a fronte alta — con l'animo illuminato — dalla fede confortevole —
nell'ascensione perpetua del pensiero umano.» (Epigrafe di Mario
Rapisardi) Bovio e la massoneria Bovio fu un membro eminente della
massoneria(raggiunse il 33º ed ultimo grado del Rito scozzese antico ed
accettato), così come lo erano i suoi familiari (suo padre Nicola, suo zio
Scipione e suo nonno Francesco Bovio). Iniziato nella Loggia Caprera di Trani
nel 1863, il 17 giugno del 1865 Giovanni Bovio ne divenne oratore. Il 30 maggio
1878, su invito della massoneria milanese, tenne a Milano la commemorazione del
centenario della morte di Voltaire. Nel maggio 1882 fu nominato membro
del Grande Oriente d'Italia, di cui presiedette la Costituente del 1887. Il 17
febbraio 1889 fu eletto grande oratore, e restò in carica fino alla Costituente
del 1894. Il 6 giugno 1889, in Campo dei Fiori a Roma, fu l'oratore ufficiale
per l'inaugurazione del monumento a Giordano Bruno, voluto dalla massoneria
romana ed eseguito da Ettore Ferrari, che sarà gran maestro del Grande Oriente
d'Italia. Gran Maestro della Loggia Napoletana, nel 1896 fu candidato
all'elezione di Gran Maestro nazionale. L'8 giugno 1896, in
un'interpellanza rivolta al presidente del consiglio e ministro dell'interno
marchese di Rudinì a proposito dei provvedimenti che aveva annunciato contro la
massoneria, Bovio disse «La massoneria è un'istituzione universale quanto
l'Umanità ed antica quanto la memoria. Essa ha le sue primavere periodiche,
perché da una parte custodisce le tradizioni ed il rito che la legano ai
secoli, dall'altra si mette all'avanguardia di ogni pensiero e cammina con la
giovinezza del mondo» Il centenario della Rivoluzione di Altamura
Celebrazioni per il primo centenario (1899) della Rivoluzione di Altamura (con
Giovanni Bovio) Giovanni Bovio partecipò alle celebrazioni del centenario della
Rivoluzione di Altamura (nell'anno 1899), durante il quale fu eretto un
monumento sulla piazza centrale di Altamura, che ancora oggi è presente e che
fu realizzato da Arnaldo Zocchi. Il padre di Giovanni Bovio, Nicola Bovio, era
di Altamura, così come lo era suo nonno Francesco Bovio, il quale insegnò
diritto presso l'Università degli Studi di Altamura. Nel suo discorso,
Giovanni Bovio esaltò lo spirito degli altamurani e affermò che il concetto di
libertà era stato sempre vivo nei loro cuori. Anche grazie al fervore di idee
dell'antica Altamura, dotti, nobili e plebei altamurani si erano uniti tutti
sotto l'idea di libertà ed erano pronti a sacrificare le loro ricchezze, i loro
titoli e persino la loro vita per la libertà. Antenati e discendenti di
Giovanni Bovio Francesco Maria Bovio (anni 17501830)nonno di Giovanni
Bovioprofessore di diritto e lettere presso le Regie Scuole di Matera e l'antica
Università degli Studi di Altamura. Fu anche "giudice interino di
pace" e massone iscritto alla loggia "Oriente di Altamura".
Difese inoltre la Repubblica Napoletana, prendendo parte, nel maggio 1799, alla
Rivoluzione di Altamura Nicola Boviopadre di Giovanni Boviocarbonaro (iscritto
alla vendita "il Pellicano" di Trani) Scipione Boviozio di Giovanni
Boviocarbonaro (iscritto alla vendita "il Pellicano" di Trani) Corso
Boviofiglio di Giovanni Bovio- avvocato del foro di Napoli e successivamente
docente Diritto Penale Milano Libero Bovio (18831942)figlio di Giovanni
Boviopoeta e musicista Giovanni Bovio (1920-1978)nipote di Giovanni
Bovioavvocato del foro di Milano Libero
Corso Bovio (1948-2007)pronipote di Giovanni Bovioavvocato, giornalista e
docente Note Matera contemporaneaCultura
e società, Leonardo Sacco, 1983, Basilicata editrice Alfonso Scirocco, BOVIO, Giovanni, in
Dizionario biografico degli italiani,
13, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1971. 26 ottobre . Gran Loggia . Massoneria e i suoi trecento
anni di modernità, una mostra ricorda i massoni protagonisti del
NovecentoGrande Oriente d'ItaliaSito Ufficiale, su Grande Oriente d'Italia, 4
aprile . 6 aprile 22 marzo ). Ferdinando Cordova, Massoneria e Politica in
Italia, 1892-1908, Carte Scoperte, Milano, 42.
Biografia di Giovanni Bovio (con video GOI radio), su montesion.it
(archiviato il 13 gennaio 2005).
Vittorio Gnocchini, L'Italia dei Liberi Muratori, Erasmo ed., Roma,
200547. Copia archiviata, su comunedipignataro.it. 25 luglio 30 giugno ).
Morto l'avvocato Bovio, "principe" della difesa, in La Stampa,
14-03-1978. Giovanni Bovio, Teatro
morale dogmatico-istorico, dottrinale e predicabile, Roma, nella stamparia di
Giorgio Placho presso a San Marco, 1731. Giovanni Bovio, Teatro morale
dogmatico-istorico, dottrinale e predicabile. Tomo secondo, In Roma, per
Filippo Zenobj stampatore, e intagliatore di n.s. Clemente XII, incontro il
Seminario Romano, 1734. Repubblicanesimo
Partito Repubblicano Italiano Piazza Giovanni Bovio (Napoli) Altri progetti
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Istituto dell'Enciclopedia Italiana, .
Opere di Giovanni Bovio, su Liber Liber.
Opere di Giovanni Bovio, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di
Giovanni Bovio, . Giovanni Bovio, su
storia.camera.it, Camera dei deputati.
Armando Carlini, BOVIO, Giovanni, in Enciclopedia Italiana, Roma,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1930, giovanni-bovio. Alfonso Scirocco,
BOVIO, Giovanni, in Dizionario biografico degli italiani, 13, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana,
1971.Filosofia Politica Politica
Categorie: Deputati della XIII legislatura del Regno d'ItaliaDeputati della XIV
legislatura del Regno d'ItaliaDeputati della XV legislatura del Regno
d'ItaliaDeputati della XVI legislatura del Regno d'ItaliaDeputati della XVII
legislatura del Regno d'ItaliaDeputati della XVIII legislatura del Regno
d'ItaliaDeputati della XIX legislatura del Regno d'ItaliaDeputati della XX
legislatura del Regno d'ItaliaDeputati della XXI legislatura del Regno
d'ItaliaFilosofi italiani del XIX secoloPolitici italiani Professore1837 1903 6
febbraio 15 aprile Trani NapoliRepubblicanesimoMassoniMazzinianiPolitici
dell'Estrema sinistra storicaPolitici del Partito Repubblicano ItalianoStudiosi
di diritto penale del XIX secolo
BOZZELLI: Francesco
Paolo Bozzelli (Manfredonia, 22 maggio 1786Napoli, 2 febbraio 1864) giurista,
filosofo e politico italiano, noto per essere stato l'estensore della
Costituzione del Regno delle Due Sicilie del 1848. Dopo le scuole secondarie dagli Scolopi,
Bozzelli studiò all'Napoli, dove si iscrisse nel 1806. Laureatosi in
giurisprudenza, entrò nell'amministrazione statale: nel 1813 fu uditore
giudiziario presso il Consiglio di Stato; e nel 1816 entrò nella
sopraintendenza della Salute, dapprima come ispettore generale e poi come
segretario. Nello stesso tempo Bozzelli si dedicò anche all'attività letteraria
e nel 1815 pubblicò "Poesie varie" una antologia di versi scritti
secondo il gusto del XVIII secolo.
L'esilio (1821-1837) Di sentimenti liberali, Bozzelli prese parte ai
moti costituzionali del 1820-1821 che gli costarono dapprima la prigione e
successivamente un esilio, durato oltre quindici anni, che trascorse
all'estero, soprattutto in Francia. Durante l'esilio espose in numerosi saggi
in lingua francese le sue concezioni politiche di liberale moderato, fautore di
una monarchia costituzionale e avverso al programma democratico-radicale.
Scrisse inoltre saggi filosofici di etica e di estetica. La Costituzione del 1848 Bozzelli poté
rientrare in patria solo nel 1837. La fama di grande cultura giuridica e di
integrità morale acquistata durante l'esilio, garantì a Bozzelli un grande
prestigio all'interno del partito liberale delle Due Sicilie. La sua popolarità
divenne ancora più grande dopo un nuovo periodo di prigionia subito nel 1844
assieme a Carlo Poerio e a Mariano d'Ayala. Pertanto, dopo l'inizio
dell'insurrezione siciliana (12 gennaio 1848) Bozzelli fu incaricato dal
presidente Serracapriola di preparare il decreto reale, pubblicato poi il 29
gennaio 1848, che fissava i principi costituzionali. Il 30 gennaio 1848
Bozzelli fu nominato ministro degli Interni, in sostituzione di Carlo
Cianciulli, con l'incarico di stendere il testo della Costituzione. Dapprima Bozzelli era fautore, con Carlo
Poerio e Mariano d'Ayala, dell'idea di ripristinare la Costituzione napoletana
del 1820. Tuttavia, poco dopo si convinse della necessità di stendere carta
costituzionale completamente nuova, un compito che portò a termine da solo e in
soli dieci giorni (30 gennaio8 febbraio 1848). La costituzione delle Due
Sicilie approntata da Bozzelli era composta di 89 articoli: ricalcava di fatto
sia la Costituzione francese del 1830 (eccetto nei punti in cui si trattavano
le autonomie locali) che la Costituzione belga del 1831. La Costituzione del
Bozzelli venne tuttavia criticata immediatamente dai democratici perché non
offriva sufficienti garanzie di libertà ai cittadini, limitava i diritti
elettorali su base censuale e lasciava al Re ampi poteri discrezionali. Epilogo Il 6 aprile 1848 Bozzelli venne
escluso dal governo costituzionale di Carlo Troya per divergenze sulla politica
estera (Bozzelli era contrario alla guerra contro l'Austria). Partecipò invece,
come ministro degli Interni e dell'Istruzione Pubblica, al governo Spinelli
costituito dopo il colpo di mano di Ferdinando II del 15 maggio 1848. Sebbene
l'intento di Bozzelli fosse quello di mitigare la reazione regia e affrettare
il ritorno alla legalità, venne accomunato dall'opinione pubblica nel
discredito del governo delle Due Sicilie, nonostante fosse sostituito agli
Interni con Giovanni Vignali per ordine dello stesso Ferdinando II (7 settembre
1848). Bozzelli si ritirò pertanto a vita privata avendo come unica fonte di
reddito la pensione maturata per essere stato consigliere di Stato nel 1820.
Con la conquista del Regno delle Due Sicilie (1860) il nuovo Regno d'Italia gli
revocò anche questa. Note Supremo Magistrato e Soprintendenza Generale
di Salute delle Due Sicilie, Giornale di tutti gli atti, discussioni e
determinazioni della Sopraintendenza Generale e Supremo Magistrato di Sanità
del Regno di Napoli. In occasione del morbo contagioso sviluppato nella città
di Nola. Napoli: nella Stamperia Reale, 1816
Francesco Paolo Bozzelli, Poesie varie di Francesco Paolo Bozzelli.
Napoli: da' torchi di Giovanni de Bonis, 1815; v, anche Bozzelli, F. P. (). La
strega di Manfredonia. Napoli : Guida, .
Essai sur les rapports primitifs qui lient ensemble la philosophie et la
morale, èar le chevalier Bozzelli, Paris: Grimbert, 1825 (on-line) (Anonimo) Esquisse politique sur l'action des
forces sociales dans les differentes espèces de gouvernement. Bruxessel,
1827 De l'influence des lois sur les
moeurs et des moeurs sur les lois. Paris: Firmin Didot, 1832 De l'esprit de la comédie et de l'insuffisance
du ridicule pour corriger les travers et les caractères, Paris: Firmin Didot,
1832 Della imitazione tragica presso gli
antichi e presso i moderni: ricerche del cavalier Bozzelli. Lugano: Ruggia,
1837 (on-line) Giuseppe Massari, I casi
di Napoli dal 29 gennaio 1848 in poi: lettere politiche per Giuseppe Massari.
Torino: Tipografia Ferrero e Franco, 1849 (on-line) Raffaele Santoro, Comento della carta
costituzionale del Regno delle Due Sicilie per l'avv. Raffaele Santoro, Napoli,
1848 (on-line) Guido D'Agostino,
Francesco Paolo Bozzelli, in Dizionario biografico degli italiani, 13, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, 1971. Opere di Francesco Paolo
Bozzelli, . PredecessoreMinistro
dell'Interno del Regno delle Due SicilieSuccessoreCoat of arms of the Kingdom
of the Two Sicilies.svg Giuseppe Parisi1848Giovanni Vignali88752804 I0000 0001
0922 8675 o179239 116384344 cb11657644b
495/8679 CERL cnp01078244
Identitieslccn-no179239 Biografie
Biografie Due Sicilie Due Sicilie
Storia Storia Categorie: Giuristi
italiani del XIX secoloFilosofi italiani del XIX secoloPolitici italiani Professore1786
1864 22 maggio 2 febbraio Manfredonia NapoliCostituzionalisti italianiMinistri
dell'Interno delle Due SicilieLetterati italiani
BOZZETTI: Giuseppe
Bozzetti (Borgoratto Alessandrino) presbitero, filosofo e docente
italiano. Fratello minore del pittore
Cino Bozzetti era figlio di Romeo (uno dei Mille di Garibaldi, divenne
colonnello e poi generale dell’Esercito Italiano) e da Edvige Griziotti De
Gianani. I genitori erano originari dalla provincia di Cremona. Tutta la
famiglia Bozzetti si spostò a Trapani, poi a Napoli, a Reggio Calabria, ad
Ancona, a Genova e infine a Torino, seguendo le destinazioni del capofamiglia.
Giuseppe scriveva delicate poesie, indirizzate ai suoi familiari. Giuseppe Bozzetti, dopo la laurea in
Giurisprudenza all'Torino, ottenuta nel 1900, entrò nell’ordine dei Rosminiani.
Fu novizio al Convento rosminiano del Sacro Monte Calvario di Domodossola (dove
una sala è oggi a lui dedicata) e ordinato sacerdote nel 1906. Si laureò anche
in Filosofia nel 1908 e nel 1909 in Lettere classiche all'Roma La Sapienza,
materia che insegnò al liceo "Mellerio-Rosmini" di Domodossola. Nel
1929 fu nominato Superiore Provinciale dei Collegi rosminiani e a Roma, il 25
marzo 1935, fu eletto Preposito Generale, cioè VII successore di Antonio
Rosmini, carica che ricoprì fino alla morte. Fu libero docente di Filosofia
all’Roma La Sapienza, dal 1942 al 1946. Autore di saggi filosofici e teologici,
sostenne e spiegò le tesi di Antonio Rosmini, in particolare quelle esposte
nella Filosofia del diritto. Sacro
Monte Calvario di Domodossola, Via Crucis Per Giuseppe Bozzetti la persona è
soggetto di diritto, cioè cerca liberamente la verità e aderisce liberamente alla
legge morale, su cui forma la propria coscienza e la consapevolezza di avere
una destinazione eterna. Gli scritti dei
Giuseppe Bozzetti sono stati recentemente raccolti in: Giuseppe Bozzetti, Opere
complete: saggi, scritti inediti, opere minori, recensioni, Michele Federico
Sciacca, Milano, Marzorati, 2006.
Profili L'Accademia Roveretana degli Agiati ha pubblicato questo
sintetico profilo di Giuseppe Bozzetti:
«Attratto dalla filosofia rosminiana che faceva della persona il diritto
sussistente ed il fondamento della famiglia e dello Stato, ripropose la
metafisica del filosofo roveretano quale unica speculazione che sapesse
inquadrare il problema dell'essere personale in un'organicità ontologica più
alta. Fu filosofo costruttivo, capace di far convergere, in una prospettiva
anche pedagogica, molteplicità ed unità, frammentarismo e organicità. Sacerdote
profondamente umano e colto (lasciò belle prose e brevi testi poetici di
raffinata sensibilità ed eleganza), aperto al dialogo con tutti, guidò come superiore
generale l'Istituto della carità secondo lo spirito del suo fondatore e in
conformità alle esigenze dei tempi.»
Michele Federico Sciacca, Rosmini e noi (Linee di un programma): Lettera
al p. Giuseppe Bozzetti; Risposta al prof. Sciacca, Domodossola, C. Antonioli,
1944, IT\ICCU\VIA\0226448. Rinaldo
Orecchia, Giuseppe Bozzetti, Milano, Giuffre, 1957, IT\ICCU\TO0\0507687. Giovanni Pusineri ,
Ricordo di P. Giuseppe Bozzetti: testimonianze, onori funebri, scritti inediti,
, Domodossola-Milano, Sodalitas, 1957,
IT\ICCU\LO1\0428859. Leandro Felici, Padre Giuseppe Bozzetti, Milano,
Spes, 1981, IT\ICCU\PAL\0120561. Centro
di studi filosofici di Gallarate, Enciclopedia Filosofica, Firenze, G. C.
Sansoni, 1968-1969, IT\ICCU\RAV\0217501.
Francesco Traniello, Giorgio Campanini, Dizionario storico del movimento
cattolico in Italia, 1860-1980, Casale Monferrato, Marietti, 1981-1984, IT\ICCU\CFI\0014528. Cino Bozzetti Romeo Bozzetti Giuseppe Bozzetti, in Dizionario biografico
degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Giuseppe
Bozzetti, .Filosofia Religione Religione
Categorie: Presbiteri italianiFilosofi italiani del XIX secoloFilosofi italiani
del XX secoloInsegnanti italiani del XIX secoloInsegnanti italiani Professore1878
1956 19 settembre 27 giugno RomaProfessori della SapienzaRoma
Branciforte: Giuseppe
Giovanni Luigi Enrico Lanza di Trabia-Branciforte. trabia: Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto (n. San Vito dei
Normanni), filosofo. Esponente della nobile famiglia siciliana dei Lanza di
Trabia. Il suo vero nome è infatti Giuseppe Giovanni Luigi Enrico Lanza di
Trabia-Branciforte. La sua personalità eccezionale riunisce caratteristiche
disparate: filosofo con una forte vena mistica, ma anche patriarca fondatore di
comunità rurali e attivista nonviolento contro la guerra d'Algeria o gli
armamenti nucleari. Trabia nacque in un piccolo paese salentino,
San Vito dei Normanni, nella masseria "Specchia di Mare", da famiglia
antica ed illustre: il padre, Luigi Giuseppe, nato a Ginevra il 18 novembre
1857, dottore in giurisprudenza e titolare di un'azienda agricola-vitivinicola
era figlio illegittimo del principe siciliano Giuseppe III Lanza di Trabia
(1833-1868) e la madre, belga, era la marchesa Anna Maria Enrichetta Nauts,
nata ad Anversa il I luglio 1874. Giuseppe Giovanni aveva due fratelli: Lorenzo
Ercole, e Angelo Carlo, cittadino americano nel 1939 (nel 1943 partecipò allo
sbarco in Sicilia). Lanza studiò al liceo Condorcet a Parigi, poi filosofia a
Firenze e Pisa, dove fu allievo di Armando Carlini. «La guerra di
Abissinia già iniziava ed il mio rifiuto a parteciparvi era la cosa più
evidente. E poi questa guerra non era che l’inizio: in seguito forse sarei
stato ad uccidere inglesi, tedeschi e un giorno avrei avuto dinanzi alla mia
baionetta Rainer Maria Rilke. No, la mia risposta era no. “Ma che cosa è che
rende la guerra inevitabile?”, mi domandavo. Benché giovane avevo capito la
puerilità delle risposte ordinarie, quelle che si rifanno alla nostra
cattiveria, al nostro odio e al pregiudizio. Sapevo che la guerra non aveva a
che fare con tutto ciò. “Certo, una dottrina esiste per opporsi alla guerra e
la vedo nel Vangelo”, dicevo, “ma com’è che i cristiani non la vedono? Manca
quindi un metodo, un metodo per difendersi senza offendere. Un modo nuovo,
diverso, umano di risolvere i conflitti umani”. Solo in Gandhi vedevo colui che
avrebbe potuto darmi una risposta ed il metodo.» (Pagni R., Ultimi
dialoghi con Lanza del Vasto, p.50-51) Così Lanza del Vasto ricorda la sua
decisione di partire per l'India, autofinanziandosi con la vendita a un'amica
facoltosa del manoscritto della sua prima opera, Giuda. Lanza non partiva alla
ricerca di spiritualità, tanto più che la conversione al cristianesimo gli
impegnava pienamente l'animo: «Ma mi ero, non senza pena, convertito alla
mia propria religione, e avevo il mio da fare per meditare le Scritture ed
applicarne i comandamenti. E se mi si chiedeva “siete cristiano?”, rispondevo:
“Sarebbe ben prezioso dire di sì. Tento di esserlo".» (L’Arca aveva una
vigna per vela, p.11). In India, Lanza conobbe il Mahatma Gandhi, con il quale
stette qualche mese, per poi recarsi in Himalaya. Durante il viaggio «conobbi
le inquietudini sociali dell'India ed il suo metodo di liberazione, la non
violenza, che era molto contraria al mio carattere (come del resto credo sia
contraria al carattere di tutti). Nessuno è non violento per natura: siamo
violenti e non proviamo vergogna a dirlo, anzi lo diciamo con un certo
orgoglio. Ma ciò che non diciamo è che la vigliaccheria e la violenza fanno la
forza delle nazioni e degli eserciti e la non violenza consiste nel superare
questi due grandi motivi della storia umana». In India trova «un'umanità simile
alla nostra quanto opposta: qualche cosa come un altro sesso.l ritorno in
Europa Lo scrittore e studioso in una delle sue comunità rurali (l'ultimo
a destra) Tornato dall'India dopo ulteriori peregrinazioni in Terra Santa,
Lanza comprende che la sua vocazione è di fondare una comunità rurale
nonviolenta, sul modello del gandhiano ashram, la comunità autarchica ed
egualitaria che per il Mahatma doveva essere la cellula della società. Gli ci
volle del tempo prima di riuscire a concretizzarla attraverso la fondazione
della comunità dell'Arca, che avvenne il 26 gennaio 1944. Tra le poche persone
a cui gli riesce di esporre il suo progetto c'è Simone Weil, che incontra a
Marsiglia. Nonostante il suo pacifismo, la Weil non nutriva molta fiducia nella
nonviolenza gandhiana. Lanza gliene parlò e lei sembrò comprendere meglio. Poi
parlarono della visione dell'Arca, che allora non si chiamava ancora così, ed
era la prima volta che Lanza ne parlava con qualcuno: «Lei capì subito! “È un
diamante bellissimo”, disse. “Sì,” risposi “è vero. Ha solo un minuscolo
difetto: che non esiste”. E lei: “Ma esisterà, esisterà, perché Dio lo
vuole"."Simone aveva ragione. L'ultima sede della comunità fu la
Borie Noble, con circa centocinquanta persone che vivono nel modo più frugale e
gioiosamente comunitario. Il nome venne quando si cominciò a parlare di “lanzismo”:
«Si cominciava a parlare di Lanzisti e Lanzismo, cosa che mi fece rizzare il
pelo. “Amici miei”, annunciai, “noi ci chiameremo l'Arca, quella di Noè
beninteso. E noi gli animali dell'Arca.». Negli anni successivi
numerosissime iniziative nonviolente videro protagonista Lanza e i suoi
compagni, che seppero attirare l'attenzione dell'opinione pubblica francese e
non solo. La prima azione pubblica nonviolenta è del 1957, contro le torture e
i massacri compiuti dai francesi in Algeria, e si svolge a Clichy in una casa
dove aveva vissuto San Vincenzo de Paoli. L'azione fu guardata con relativo
favore dalla stampa, e giunse la solidarietà di personalità come Mauriac o
l'Abbé Pierre. Poi vennero le lotte contro il nucleare, la prima delle quali
nel 1958: Lanza con i suoi compagni penetrano nel cancello di una centrale
elettronucleare e vengono poi trascinati via dai poliziotti. Poi ancora la
campagna contro i “campi di assegnazione per residenza”, sorta di campi di
concentramento per gli algerini “sospetti”, e quella in favore degli obiettori
di coscienza. Durante la Quaresima del 1963, tra due sessioni del Concilio
Vaticano II Lanza fece un digiuno di quaranta giorni compiuto nell'attesa di
una parola forte sulla pace da parte della Chiesa. Poco dopo il trentesimo
giorno, il Segretario di Stato consegnò a Chanterelle, la moglie di Lanza, il
testo dell'enciclica Pacem in Terris: «Dentro ci sono cose che non sono mai
state dette, pagine che potrebbero essere firmate da suo marito!». Opere:
Le pèlerinage aux sources, Denoël, Parigi, traduzione italiana: Pellegrinaggio
alle sorgenti, Jaca Book, Milano; Approches de la vie intérieure, Denoël,
Parigi; traduzione italiana: Introduzione alla vita interiore, Jaca Book,
Milano 1989; Technique de la non-violence, Denoël, Parigi 1965; traduzione
italiana: Che cos'è la non violenza, Jaca Book, Milano 1979; Il canzoniere del
peregrin d'amore, Jaca Book, Milano 1980; Vinôbâ, ou le nouveau pèlerinage,
Denoël, Parigi 1954; traduzione italiana: Vinoba, o il nuovo pellegrinaggio,
Jaca Book, Milano 1980; L'Arche avait pour voilure une vigne, Denoël, Parigi
1978; traduzione italiana: L'Arca aveva una vigna per vela, Jaca Book, Milano
1980; Pour éviter la fin du monde, Rocher, Parigi; traduzione italiana: Per
evitare la fine del mondo, Jaca Book, Milano 1991; Principes et préceptes du
retour à l'évidence, Denoël, Parigi 1945; traduzione italiana: Principi e
precetti del ritorno all'evidenza, Gribaudi, Torino 1988; Préface au Message
Retrouvé de Louis Cattiaux, Denoël, Parigi 1956; traduzione italiana: Il
Messaggio Ritrovato, Mediterranee, Roma 2002. Note Pagni, cit.51
Lanza del Vasto, Pellegrinaggio alle sorgenti82 Gabriella Fiori, Lanza del Vasto e Simone
Weil, Prospettiva Persona n° 86/,//prospettivapersona.it/editoriale/86/lanza_weil.pdf Pagni, cit., p.58-59 L'Arca aveva una vigna per vela48 ivi99
Jacques Madaule, Chi è Lanza del Vasto Arnaud de Mareuil, Lanza del
Vasto (Seghers, 1965) René Doumerc, Dialoghi con Lanza del Vasto (Albin Michel)
Claude-Henri Roquet, Les Facettes du cristal (Conversazioni con Lanza del
Vasto, Parigi 1981) Arnaud de Mareuil, Lanza del Vasto, sa vie, son oeuvre, son
message (Saint-Jean-de-Braye 1998) Anne Fougère, Claude-Henri Rocquet: Lanza
del Vasto. Pellegrino della nonviolenza, patriarca, poeta, (Paoline, Milano
2006) Antonino Drago, Paolo Trianni , La filosofia di Lanza del Vasto (Jaka
Book, Milano 2008) Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource
contiene una pagina in lingua francese dedicata a Lanza del Vasto Collabora a
Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Lanza del
Vasto L'Arche de Lanza del Vasto (sito
principale) , su arche-nonviolence.eu. Comunità di St Antoine , su
arche-de-st-antoine.com. Comunità dell'Arca in Italia, su xoomer.virgilio.it.
Provincia di Brindisi su Lanza del Vasto. Lanza del Vasto & Ramon Llull
(es), su denip.webcindario.com. 2472923 I0000 0001 2275 7061 IT\ICCU\CFIV\001261 50047299 121291928
cb11911016p XX956618 NLA35291519 NDL (EN, JA) 00446875 Identitieslccn-n50047299 Biografie Biografie Letteratura Letteratura Filosofo del XX secoloPoeti
italiani del XX secoloScrittori italiani Professore1901 1981 29 settembre 5
gennaio San Vito dei NormanniNonviolenzaLanza. vasto: essential Italian philosopherBranciforte: Giuseppe Giovanni
Luigi Enrico Lanza di Trabia-Branciforte -- Vasto: Essential Italian
philosopher. Grice: “Note that he is Lanza del Vasto, but if he wants to keep
the Vasto, under Vasto he goes! Even though Lanza is the aristocratic bit to
it!” Lanza del Vasto Giuseppe Giovanni
Lanza del Vasto Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto (San Vito dei Normanni, 29
settembre 1901Elche de la Sierra, 5 gennaio 1981) filosofo, poeta e scrittore
italiano. Esponente della nobile famiglia siciliana dei Lanza di Trabia. Il suo
vero nome è infatti Giuseppe Giovanni Luigi Enrico Lanza di Trabia-Branciforte.
La sua personalità eccezionale riunisce caratteristiche disparate: poeta,
scrittore, filosofo, pensatore religioso con una forte vena mistica, ma anche
patriarca fondatore di comunità rurali sul modello di quelle gandhiane e
attivista nonviolento contro la guerra d'Algeria o gli armamenti nucleari. Nacque in un piccolo paese salentino, San
Vito dei Normanni, nella masseria "Specchia di Mare", da famiglia
antica ed illustre: il padre, Luigi Giuseppe, nato a Ginevra il 18 novembre
1857, dottore in giurisprudenza e titolare di un'azienda agricola-vitivinicola
era figlio illegittimo del principe siciliano Giuseppe III Lanza di Trabia
(1833-1868) e la madre, belga, era la marchesa Anna Maria Enrichetta Nauts,
nata ad Anversa il I luglio 1874. Giuseppe Giovanni aveva due fratelli: Lorenzo
Ercole, nato nel 1903, morto a Rapallo nel 1958 e Angelo Carlo, nato nel 1904,
cittadino americano nel 1939 (nel 1943 partecipò allo sbarco in Sicilia). Lanza
studiò al liceo Condorcet a Parigi, poi filosofia a Firenze e Pisa, dove fu
allievo di Armando Carlini. «La guerra
di Abissinia già iniziava ed il mio rifiuto a parteciparvi era la cosa più
evidente. E poi questa guerra non era che l’inizio: in seguito forse sarei
stato ad uccidere inglesi, tedeschi e un giorno avrei avuto dinanzi alla mia
baionetta Rainer Maria Rilke. No, la mia risposta era no. “Ma che cosa è che
rende la guerra inevitabile?”, mi domandavo. Benché giovane avevo capito la
puerilità delle risposte ordinarie, quelle che si rifanno alla nostra
cattiveria, al nostro odio e al pregiudizio. Sapevo che la guerra non aveva a
che fare con tutto ciò. “Certo, una dottrina esiste per opporsi alla guerra e
la vedo nel Vangelo”, dicevo, “ma com’è che i cristiani non la vedono? Manca
quindi un metodo, un metodo per difendersi senza offendere. Un modo nuovo,
diverso, umano di risolvere i conflitti umani”. Solo in Gandhi vedevo colui che
avrebbe potuto darmi una risposta ed il metodo.» (Pagni R., Ultimi dialoghi con Lanza del
Vasto, p.50-51) Così Lanza del Vasto ricorda la sua decisione di partire per
l'India nell'autunno del 1936, autofinanziandosi con la vendita a un'amica
facoltosa del manoscritto della sua prima opera, Giuda. Lanza non partiva alla
ricerca di spiritualità, tanto più che la conversione al cristianesimo gli
impegnava pienamente l'animo: «Ma mi
ero, non senza pena, convertito alla mia propria religione, e avevo il mio da
fare per meditare le Scritture ed applicarne i comandamenti. E se mi si
chiedeva “siete cristiano?”, rispondevo: “Sarebbe ben prezioso dire di sì.
Tento di esserlo".» (L’Arca aveva
una vigna per vela, p.11) L'incontro con Gandhi In India, Lanza conobbe il
Mahatma Gandhi, con il quale stette qualche mese, per poi recarsi in Himalaya.
Durante il viaggio «conobbi le inquietudini sociali dell'India ed il suo metodo
di liberazione, la non violenza, che era molto contraria al mio carattere (come
del resto credo sia contraria al carattere di tutti). Nessuno è non violento per
natura: siamo violenti e non proviamo vergogna a dirlo, anzi lo diciamo con un
certo orgoglio. Ma ciò che non diciamo è che la vigliaccheria e la violenza
fanno la forza delle nazioni e degli eserciti e la non violenza consiste nel
superare questi due grandi motivi della storia umana». In India trova
«un'umanità simile alla nostra quanto opposta: qualche cosa come un altro
sesso». Il ritorno in Europa Lo scrittore e studioso in una delle sue
comunità rurali (l'ultimo a destra) Tornato dall'India dopo ulteriori
peregrinazioni in Terra Santa, Lanza comprende che la sua vocazione è di
fondare una comunità rurale nonviolenta, sul modello del gandhiano ashram, la
comunità autarchica ed egualitaria che per il Mahatma doveva essere la cellula
della società. Gli ci volle del tempo prima di riuscire a concretizzarla
attraverso la fondazione della comunità dell'Arca, che avvenne il 26 gennaio
1944. Tra le poche persone a cui gli riesce di esporre il suo progetto c'è
Simone Weil, che incontra a Marsiglia, nel 1941. Nonostante il suo pacifismo,
la Weil non nutriva molta fiducia nella nonviolenza gandhiana. Lanza gliene
parlò e lei sembrò comprendere meglio. Poi parlarono della visione dell'Arca,
che allora non si chiamava ancora così, ed era la prima volta che Lanza ne
parlava con qualcuno: «Lei capì subito! “È un diamante bellissimo”, disse.
“Sì,” risposi “è vero. Ha solo un minuscolo difetto: che non esiste”. E lei:
“Ma esisterà, esisterà, perché Dio lo vuole”». Simone aveva ragione. L'ultima
sede della comunità fu la Borie Noble, con circa centocinquanta persone che
vivono nel modo più frugale e gioiosamente comunitario. Il nome venne quando si
cominciò a parlare di “lanzismo”: «Si cominciava a parlare di Lanzisti e
Lanzismo, cosa che mi fece rizzare il pelo. “Amici miei”, annunciai, “noi ci
chiameremo l'Arca, quella di Noè beninteso. E noi gli animali dell'Arca.». Negli anni successivi numerosissime
iniziative nonviolente videro protagonista Lanza e i suoi compagni, che seppero
attirare l'attenzione dell'opinione pubblica francese e non solo. La prima
azione pubblica nonviolenta è del 1957, contro le torture e i massacri compiuti
dai francesi in Algeria, e si svolge a Clichy in una casa dove aveva vissuto
San Vincenzo de Paoli. L'azione fu guardata con relativo favore dalla stampa, e
giunse la solidarietà di personalità come Mauriac o l'Abbé Pierre. Poi vennero
le lotte contro il nucleare, la prima delle quali nel 1958: Lanza con i suoi
compagni penetrano nel cancello di una centrale elettronucleare e vengono poi trascinati
via dai poliziotti. Poi ancora la campagna contro i “campi di assegnazione per
residenza”, sorta di campi di concentramento per gli algerini “sospetti”, e
quella in favore degli obiettori di coscienza. Durante la Quaresima del 1963,
tra due sessioni del Concilio Vaticano II Lanza fece un digiuno di quaranta
giorni compiuto nell'attesa di una parola forte sulla pace da parte della
Chiesa. Poco dopo il trentesimo giorno, il Segretario di Stato consegnò a
Chanterelle, la moglie di Lanza, il testo dell'enciclica Pacem in Terris:
«Dentro ci sono cose che non sono mai state dette, pagine che potrebbero essere
firmate da suo marito!». Opere Le
pèlerinage aux sources, Denoël, Parigi 1943, traduzione italiana: Pellegrinaggio
alle sorgenti, Jaca Book, Milano 1991; Approches de la vie intérieure, Denoël,
Parigi 1962; traduzione italiana: Introduzione alla vita interiore, Jaca Book,
Milano 1989; Technique de la non-violence, Denoël, Parigi 1965; traduzione
italiana: Che cos'è la non violenza, Jaca Book, Milano 1979; Il canzoniere del
peregrin d'amore, Jaca Book, Milano 1980; Vinôbâ, ou le nouveau pèlerinage,
Denoël, Parigi 1954; traduzione italiana: Vinoba, o il nuovo pellegrinaggio,
Jaca Book, Milano 1980; L'Arche avait pour voilure une vigne, Denoël, Parigi 1978;
traduzione italiana: L'Arca aveva una vigna per vela, Jaca Book, Milano 1980;
Pour éviter la fin du monde, Rocher, Parigi 1971; traduzione italiana: Per
evitare la fine del mondo, Jaca Book, Milano 1991; Principes et préceptes du
retour à l'évidence, Denoël, Parigi 1945; traduzione italiana: Principi e
precetti del ritorno all'evidenza, Gribaudi, Torino 1988; Préface au Message
Retrouvé de Louis Cattiaux, Denoël, Parigi 1956; traduzione italiana: Il
Messaggio Ritrovato, Mediterranee, Roma 2002. Note Pagni, cit.51
Lanza del Vasto, Pellegrinaggio alle sorgenti82 Gabriella Fiori, Lanza del Vasto e Simone
Weil, Prospettiva Persona n° 86/,//prospettivapersona.it/editoriale/86/lanza_weil.pdf Pagni, cit., p.58-59 L'Arca aveva una vigna per vela48 ivi99
Jacques Madaule, Chi è Lanza del Vasto Arnaud de Mareuil, Lanza del
Vasto (Seghers, 1965) René Doumerc, Dialoghi con Lanza del Vasto (Albin Michel)
Claude-Henri Roquet, Les Facettes du cristal (Conversazioni con Lanza del
Vasto, Parigi 1981) Arnaud de Mareuil, Lanza del Vasto, sa vie, son oeuvre, son
message (Saint-Jean-de-Braye 1998) Anne Fougère, Claude-Henri Rocquet: Lanza
del Vasto. Pellegrino della nonviolenza, patriarca, poeta, (Paoline, Milano
2006) Antonino Drago, Paolo Trianni , La filosofia di Lanza del Vasto (Jaka
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Comunità dell'Arca in Italia, su xoomer.virgilio.it. Provincia di Brindisi su
Lanza del Vasto. Lanza del Vasto & Ramon Llull (es), su denip.webcindario.com.
Biografie Biografie Letteratura Letteratura Filosofo del XX secoloPoeti
italiani del XX secoloScrittori italiani Professore1901 1981 29 settembre 5
gennaio San Vito dei NormanniNonviolenzaLanza Refs.: Luigi Speranza,
"Grice e del Vasto," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool
Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
Brandalise --Adone
Brandalise (Pistoia, 16 giugno 1949) è un critico letterario, letterato e
accademico italiano. Si è laureato nel 1972 con Vittore Branca con una tesi dal
titolo L'opera e la critica. Esperimenti critici su testi narrativi italiani,
in cui vengono sperimentati nuovi metodi critici su testi di Alessandro Manzoni
e Carlo Emilio Gadda. Professore di
teoria della letteratura presso l'Padova, la sua attività di ricerca si
caratterizza per il costante intreccio tra riflessione filosofica e
psicoanalitica con l'interpretazione del testo letterario. I luoghi seminali
della sua ricerca vanno individuati nello studio di Spinoza e Plotino, cui si
dedica sin dalla giovinezza, di Hegel e dell'idealismo tedesco, oltre che
nell'approfondimento risalente agli anni Settanta dell'opera di Jacques
Lacan. Promotore di numerose iniziative
scientifiche, tra cui alcuni progetti di didattica e ricerca legati agli studi
interculturali, ha collaborato a riviste quali "Lettere italiane",
"Studi novecenteschi", "Immagine riflessa", "Il
centauro" , "Filosofia politica" o "Trickster". Tra i temi che segnano la sua ricerca vanno
senz'altro segnalati alcuni molto ricorrenti: il problema della singolarità, il
rapporto tra mistica ed evento soggettivo, quello tra pensiero filosofico e
azione politica, quello tra poesia e pensiero. Attentissimo cultore della
musica operistica e del cinema, tra gli autori che maggiormente animano la scena
della sua riflessione, affidata soprattutto all'oralità, sono Platone,
Leopardi, Melville, Nietzsche, Shakespeare, Luis de León, Max Ophüls e Orson
Welles. Operaismo Brandalise opera sin
dal 1973 presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Padova, dove anima e
partecipa a partire dagli anni settanta alla costituzione di numerosi seminari
e momenti di studio, anche in relazione con i dibattiti dell'operaismo. Oltre
all'attività sindacale, in comunicazione con Guido Bianchini (Padova,
19261998), segna questa fase di sua riflessione politica il lavoro svolto
"off air" nella direzione romana di "Il Centauro. Rivista di
Filosofia e teoria politica" (1981-86), nel cui comitato direttivo
operavano anche Nicola Auciello, Adriana Cavarero, Remo Bodei, Massimo Cacciari,
Umberto Curi, Giuseppe Duso, Roberto Esposito, Giacomo Marramao, Giangiorgio
Pasqualotto, Biagio De Giovanni (direttore) e Roberto Racinaro. Il Centauro, rivista pubblicata dall'editore
Guida, nasce in una fase storica segnata dal caso Moro, dal compromesso
storico, dal teorema Calogero. L'idea dei redattori era di avviare un
laboratorio politico in cui potessero intervenire intellettuali legati al PCI,
anche se in modi spesso prossimi al dissenso. Tuttavia non compare nelle
rievocazioni più recenti degli anni dell'operaismo il nome di Brandalise, certo
per la relativa assenza di suoi interventi scritti, ma anche per il coagularsi
del suo percorso politico negli anni Novanta intorno alla "nozione
sintomatica" di politica invisibile e poi, nel decennio successivo, di
decostituzionalizzazione. Opere
Oltranze. Simboli e concetti in letteratura, Padova, 2002 Categorie e figure.
Metafore e scrittura nel pensiero politico, Padova, 2003. con E. Macola,
Psicoanálisis y arte de ingenio: de Cervantes a María Zambrano, Malaga, Miguel
Gomez, 2004 con E. Macola e P. Sanchez Otin, Bestiario lacaniano, Milano, Bruno
Mondadori, 2007. L'immagine del territorio e i processi migratori, in M.
BERTONCIN, A. PASE , Territorialità, Milano, Franco Angeli, 2007. In weiter Ferne
so nah. In margine al sermone Beati Pauperes, in (G. Panno) Il silenzio degli
angeli. Il ritrarsi di Dio nella mistica medievale e nelle riscritture moderne,
Padova, Unipress, 2008, 157–163. Oltre
la comparazione. Modi e posizioni del pensiero dopo l'intercultura, in (G.
Pasqualotto), Per una filosofia interculturale,
59–69, Milano, Mimesis, 2008. Introduzione (con A. Barbieri), in (A.
BarbieriMura, G. Panno), Le vie del racconto. Temi antropologici, nuclei mitici
e rielaborazione letteraria nella narrazione medievale germanica e romanza,
Padova, Unipress, 2008, I-XXVIII. Il
multilinguismo nella mediazione (con A. Celli, K. Rhazzali, E. Sartori), in (G.
Mantovani) Intercultura e mediazione, Roma, Carocci, 2008. Postfazione, in C.
Tenuta, Dal mio esilio non sarei mai tornato, io. Profili ebraici tra cultura e
letteratura nell'Italia del Novecento, Roma, Aracne, 2009, 167–170
978-88-548-2376-1. con N. Fazioni , Cosa cambia con Lacan? Saperi,
pratiche, poteri, in International Journal of Žižek Studies, Vol 6, n. 4,
, 1751-8229 (WC ACNP). Dentro il
confine, Milano, Mimesis, .
978-88-575-5688-8 Metodi della singolarità, Milano, Mimesis, . 978-88-575-5735-9 La necessità dell'Altro:
scritti in onore di Adone Brandalise, Milano, Mimesis, . 978-88-575-6349-7 Dario Gentili , La crisi del politico.
Antologia di "Il Centauro", Guida (2007) Altri progetti Collabora a
Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Adone
Brandalise adonebrandalise.it: Sito
dedicato all'opera e al pensiero di Adone Brandalise Podcast degli interventi del Rpf Adone Brandalise Biografie Letteratura Letteratura Università Università Categorie: Critici letterari
italiani del XX secoloCritici letterari italiani del XXI secoloLetterati
italianiAccademici italiani del XX secoloAccademici italiani Professore1949 16
giugno Pistoia
bradley: One of the few
English philosophers who saw philosophy, correctly, as a branch of literature!
(Essay-writing, strictly). f. h., Cited by H. P. Grice in “Prolegomena,” now repr.
in “Studies in the Way of Words.” Also in Grice, “Metaphysics,” in D. F. Pears,
“The nature of metaphysics,” -- the most original and influential
nineteenth-century British idealist. Born at Clapham, he was the fourth son of
an evangelical minister. His younger brother A. C. Bradley was a well-known
Shakespearean critic. From 1870 until his death Bradley was a fellow of Merton
, Oxford. A kidney ailment, which first occurred in 1871, compelled him to lead
a retiring life. This, combined with his forceful literary style, his love of
irony, the dedication of three of his books to an unknown woman, and acclaim as
the greatest British idealist since Berkeley, has lent an aura of mystery to
his personal life. The aim of Bradley’s first important work, Ethical Studies
1876, is not to offer guidance for dealing with practical moral problems
Bradley condemned this as casuistry, but rather to explain what makes morality
as embodied in the consciousness of individuals and in social institutions
possible. Bradley thought it was the fact that moral agents take morality as an
end in itself which involves identifying their wills with an ideal provided in
part by their stations in society and then transferring that ideal to reality
through action. Bradley called this process “selfrealization.” He thought that
moral agents could realize their good selves only by suppressing their bad
selves, from which he concluded that morality could never be completely
realized, since realizing a good self requires having a bad one. For this
reason Bradley believed that the moral consciousness would develop into
religious consciousness which, in his secularized version of Christianity,
required dying to one’s natural self through faith in the actual existence of
the moral ideal. In Ethical Studies Bradley admitted that a full defense of his
ethics would require a metaphysical system, something he did not then have.
Much of Bradley’s remaining work was an attempt to provide the outline of such
a system by solving what he called “the great problem of the relation between
thought and reality.” He first confronted this problem in The Principles of
Logic3, which is his description of thought. He took thought to be embodied in
judgments, which are distinguished from other mental activities by being true
or false. This is made possible by the fact that their contents, which Bradley
called ideas, represent reality. A problem arises because ideas are universals
and so represent kinds of things, while the things themselves are all
individuals. Bradley solves this problem by distinguishing between the logical
and grammatical forms of a judgment and arguing that all judgments have the
logical form of conditionals. They assert that universal connections between
qualities obtain in reality. The qualities are universals, the connections
between them are conditional, while reality is one individual whole that we
have contact with in immediate experience. All judgments, in his view, are
abstractions from a diverse but non-relational immediate experience. Since
judgments are inescapably relational, they fail to represent accurately
non-relational reality and so fail to reach truth, which is the goal of
thought. From this Bradley concluded that, contrary to what some of his more
Hegelian contemporaries were saying, thought is not identical to reality and is
never more than partially true. Appearance and Reality 3 is Bradley’s
description of reality: it is experience, all of it, all at once, blended in a
harmonious way. Bradley defended this view by means of his criterion for
reality. Reality, he proclaimed, does not contradict itself; anything that does
is merely appearance. In Part I of Appearance and Reality Bradley relied on an
infinite regress argument, now called Bradley’s regress, to contend that
relations and all relational phenomena, including thought, are contradictory.
They are appearance, not reality. In Part II he claimed that appearances are
contradictory because they are abstracted by thought from the immediate
experience of which they are a part. Appearances constitute the content of this
whole, which in Bradley’s view is experience. In other words, reality is
experience in its totality. Bradley called this unified, consistent
all-inclusive reality “the Absolute.” Today Bradley is mainly remembered for
his argument against the reality of relations, and as the philosopher who
provoked Russell’s and Moore’s revolution in philosophy. He would be better
remembered as a founder of twentiethcentury philosophy who based metaphysical
conclusions on his account of the logical forms of judgments. bradley’s
thatness: :The investing of
the content, which is in Bradleian language a `what', with self-existent reality or ‘that-ness'." Athenaeum 24 Dec. 1904’ If thought
asserted the existence of any content which was not an actual or possible
object of thought—certainly that assertion in my judgment would contradict
itself. But the Other which I maintain, is not any such content, nor is it
another separated “ what,” nor in any case do I suggest that it lies outside intelligence.
Everything, all will and feeling, is an object for thought, and must be called
intelligible. This is certain; but, if so, what becomes of the Other? If we
fall back on the mere “ that,” thatness itself seems a distinction made by
thought. And we have to face this difficulty: If the Other exists, it must be
something; and if it is nothing, it certainly does not exist. There is only one way to get rid
of contradiction, and that way is by dissolution. Instead of one subject
distracted, we get a larger subject with distinctions, and so the tension is
removed. We have at first A, which possesses the qualities c and b,
inconsistent adjectives which collide; and we go on to produce harmony by
making a distinction within this subject. That was really not mere A, but
either a complex within A, or (rather here) a wider whole in which A is
included. The real subject is A + D; and this subject contains the
contradiction made harmless by division, since A is c and D is b. This is the
general principle, and I will attempt here to apply it in particular. Let us
suppose the reality to be X (abcdefg . . .), and that we are able only to get
partial views of this reality. Let us first take such a view as “ X (ab) is b.”
This (rightly or wrongly) we should probably call a true view. For the content
b does plainly belong to the subject; and, further, the appearance also—in
other words, the separation of b in the predicate—can partly be explained. For,
answering to this separation, we postulate now another adjective in the
subject: let us call it *. The “ thatness,” the psychical existence of the
predicate, which at first was neglected, has now also itself been included in
the subject. We may hence write the subject as X (ab*); and in this way we seem
to avoid contradiction. Let us go further on the same line, and, having dealt
with a truth, pass next to an error. Take the subject once more as X (abcde . .
.), and let us now say “ X (ab) is d.” To be different from another is to have already transcended
one’s own being; and all finite existence is thus incurably relative and ideal.
Its quality falls, more or less, outside its particular “ thatness”; and,
whether as the same or again as diverse, it is equally made what it is by
community with others.
brentano: f., philosopher,
one of the most intellectually influential and personally charismatic of his
time. He is known especially for his distinction between psychological and
physical phenomena on the basis of intentionality or internal
object-directedness of thought, his revival of Aristotelianism and empirical
methods in philosophy and psychology, and his value theory and ethics supported
by the concept of correct pro- and anti-emotions or love and hate attitudes.
Brentano made noted contributions to the theory of metaphysical categories,
phenomenology, epistemology, syllogistic logic, and philosophy of religion. His
teaching made a profound impact on his students in Würzburg and Vienna, many of
whom became internationally respected thinkers in their fields, including Meinong,
Husserl, Twardowski, Christian von Ehrenfels, Anton Marty, and Freud. Brentano
began his study of philosophy at the Aschaffenburg Royal arian Gymnasium; in
185658 he attended the universities of Munich and Würzburg, and then enrolled
at the of Berlin, where he undertook his
first investigations of Aristotle’s metaphysics under the supervision of F. A.
Trendelenburg. In 1859 60, he attended the Academy in Münster, reading
intensively in the medieval Aristotelians; in 1862 he received the doctorate in
philosophy in absentia from the of
Tübingen. He was ordained a Catholic priest in 1864, and was later involved in
a controversy over the doctrine of papal infallibility, eventually leaving the
church in 1873. He taught first as Privatdozent in the Philosophical Faculty of
the of Würzburg 186674, and then
accepted a professorship at the of
Vienna. In 0 he decided to marry, temporarily resigning his position to acquire
Saxon citizenship, in order to avoid legal difficulties in Austria, where
marriages of former priests were not officially recognized. Brentano was
promised restoration of his position after his circumvention of these
restrictions, but although he was later reinstated as lecturer, his appeals for
reappointment as professor were answered only with delay and equivocation. He
left Vienna in 5, retiring to Italy, his family’s country of origin. At last he
moved to Zürich, Switzerland, shortly before Italy entered World War I. Here he
remained active both in philosophy and psychology, despite his ensuing
blindness, writing and revising numerous books and articles, frequently meeting
with former students and colleagues, and maintaining an extensive
philosophical-literary correspondence, until his death. In Psychologie vom
empirischen Standpunkt “Psychology from an Empirical Standpoint,” 1874,
Brentano argued that intentionality is the mark of the mental, that every
psychological experience contains an intended object also called an intentional object which the thought is about or toward which
the thought is directed. Thus, in desire, something is desired. According to
the immanent intentionality thesis, this means that the desired object is
literally contained within the psychological experience of desire. Brentano
claims that this is uniquely true of mental as opposed to physical or
non-psychological phenomena, so that the intentionality of the psychological
distinguishes mental from physical states. The immanent intentionality thesis
proBrentano, Franz Brentano, Franz 100
100 vides a framework in which Brentano identifies three categories of
psychological phenomena: thoughts Vorstellungen, judgments, and emotive
phenomena. He further maintains that every thought is also self-consciously
reflected back onto itself as a secondary intended object in what he called the
eigentümliche Verfleckung. From 5 through 1, with the publication in that year
of Von der Klassifikation der psychischen Phänomene, Brentano gradually
abandoned the immanent intentionality thesis in favor of his later philosophy
of reism, according to which only individuals exist, excluding putative
nonexistent irrealia, such as lacks, absences, and mere possibilities. In the
meantime, his students Twardowski, Meinong, and Husserl, reacting negatively to
the idealism, psychologism, and related philosophical problems apparent in the
early immanent intentionality thesis, developed alternative non-immanence
approaches to intentionality, leading, in the case of Twardowski and Meinong
and his students in the Graz school of phenomenological psychology, to the
construction of Gegenstandstheorie, the theory of transcendent existent and
nonexistent intended objects, and to Husserl’s later transcendental
phenomenology. The intentionality of the mental in Brentano’s revival of the
medieval Aristotelian doctrine is one of his most important contributions to
contemporary non-mechanistic theories of mind, meaning, and expression.
Brentano’s immanent intentionality thesis was, however, rejected by
philosophers who otherwise agreed with his underlying claim that thought is
essentially object-directed. Brentano’s value theory Werttheorie offers a
pluralistic account of value, permitting many different kinds of things to be
valuable although, in keeping with his
later reism, he denies the existence of an abstract realm of values. Intrinsic
value is objective rather than subjective, in the sense that he believes the
pro- and anti-emotions we may have toward an act or situation are objectively
correct if they present themselves to emotional preference with the same apodicity
or unquestionable sense of rightness as other selfevident matters of
non-ethical judgment. Among the controversial consequences of Brentano’s value
theory is the conclusion that there can be no such thing as absolute evil. The
implication follows from Brentano’s observation, first, that evil requires evil
consciousness, and that consciousness of any kind, even the worst imaginable
malice or malevolent ill will, is considered merely as consciousness
intrinsically good. This means that necessarily there is always a mixture of
intrinsic good even in the most malicious possible states of mind, by virtue
alone of being consciously experienced, so that pure evil never obtains.
Brentano’s value theory admits of no defense against those who happen not to share
the same “correct” emotional attitudes toward the situations he describes. If
it is objected that to another person’s emotional preferences only good
consciousness is intrinsically good, while infinitely bad consciousness despite
being a state of consciousness appears instead to contain no intrinsic good and
is absolutely evil, there is no recourse within Brentano’s ethics except to
acknowledge that this contrary emotive attitude toward infinitely bad
consciousness may also be correct, even though it contradicts his evaluations.
Brentano’s empirical psychology and articulation of the intentionality thesis,
his moral philosophy and value theory, his investigations of Aristotle’s
metaphysics at a time when Aristotelian realism was little appreciated in the prevailing
climate of post-Kantian idealism, his epistemic theory of evident judgment, his
suggestions for the reform of syllogistic logic, his treatment of the principle
of sufficient reason and existence of God, his interpretation of a fourstage
cycle of successive trends in the history of philosophy, together with his
teaching and personal moral example, continue to inspire a variety of divergent
philosophical traditions.
broad: cited by H. P.
Grice in “Personal identity” and “Prolegomena” (re: Benjamin on Broad on
remembering). Charlie Dunbar 71, English epistemologist, metaphysician, moral
philosopher, and philosopher of science. He was educated at Trinity ,
Cambridge, taught at several universities in Scotland, and then returned to
Trinity, first as lecturer in moral science and eventually as Knightbridge
Professor of Moral Philosophy. His philosophical views are in the broadly
realist tradition of Moore and Russell, though with substantial influence also
from his teachers at Cambridge, McTaggart and W. E. Johnson. Broad wrote
voluminously and incisively on an extremely wide range of philosophical topics,
including most prominently the nature of perception, a priori knowledge and
concepts, the problem of induction, the mind Brentano’s thesis Broad, Charlie
Dunbar 101 101 body problem, the free
will problem, various topics in moral philosophy, the nature and philosophical
significance of psychical research, the nature of philosophy itself, and
various historical figures such as Leibniz, Kant, and McTaggart. Broad’s work
in the philosophy of perception centers on the nature of sense-data or sensa,
as he calls them and their relation to physical objects. He defends a rather
cautious, tentative version of the causal theory of perception. With regard to a
priori knowledge, Broad rejects the empiricist view that all such knowledge is
of analytic propositions, claiming instead that reason can intuit necessary and
universal connections between properties or characteristics; his view of
concept acquisition is that while most concepts are abstracted from experience,
some are a priori, though not necessarily innate. Broad holds that the
rationality of inductive inference depends on a further general premise about
the world, a more complicated version of the thesis that nature is uniform,
which is difficult to state precisely and even more difficult to justify.
Broad’s view of the mindbody problem is a version of dualism, though one that
places primary emphasis on individual mental events, is much more uncertain about
the existence and nature of the mind as a substance, and is quite sympathetic
to epiphenomenalism. His main contribution to the free will problem consists in
an elaborate analysis of the libertarian conception of freedom, which he holds
to be both impossible to realize and at the same time quite possibly an
essential precondition of the ordinary conception of obligation. Broad’s work
in ethics is diverse and difficult to summarize, but much of it centers on the
issue of whether ethical judgments are genuinely cognitive in character. Broad
was one of the few philosophers to take psychical research seriously. He served
as president of the Society for Psychical Research and was an occasional
observer of experiments in this area. His philosophical writings on this
subject, while not uncritical, are in the main sympathetic and are largely
concerned to defend concepts like precognition against charges of incoherence
and also to draw out their implications for more familiar philosophical issues.
As regards the nature of philosophy, Broad distinguishes between “critical” and
“speculative” philosophy. Critical philosophy is analysis of the basic concepts
of ordinary life and of science, roughly in the tradition of Moore and Russell.
A very high proportion of Broad’s own work consists of such analyses, often
amazingly detailed and meticulous in character. But he is also sympathetic to
the speculative attempt to arrive at an overall conception of the nature of the
universe and the position of human beings therein, while at the same time
expressing doubts that anything even remotely approaching demonstration is
possible in such endeavors. The foregoing catalog of views reveals something of
the range of Broad’s philosophical thought, but it fails to bring out what is
most strikingly valuable about it. Broad’s positions on various issues do not
form anything like a system he himself is reported to have said that there is
nothing that answers to the description “Broad’s philosophy”. While his views
are invariably subtle, thoughtful, and critically penetrating, they rarely have
the sort of one-sided novelty that has come to be so highly valued in
philosophy. What they do have is exceptional clarity, dialectical insight, and
even-handedness. Broad’s skill at uncovering and displaying the precise shape
of a philosophical issue, clarifying the relevant arguments and objections, and
cataloging in detail the merits and demerits of the opposing positions has
rarely been equaled. One who seeks a clear-cut resolution of an issue is likely
to be impatient and disappointed with Broad’s careful, measured discussions, in
which unusual effort is made to accord all positions and arguments their due.
But one who seeks a comprehensive and balanced understanding of the issue in
question is unlikely to find a more trustworthy guide.
BRECCIA -- Breccia nel suo studio a Roma
nel Pier Augusto Breccia (Trento ),
filosofo. La pittura di Breccia esplora l’essere umano con un approccio
ermeneutico (nel senso della filosofia ermeneutica moderna di Jaspers,
Heidegger, Gadamer) e si apre su un vasto orizzonte di temi filosofici. L’opera
di Breccia include oli su tela, matite e pasteli su carta, 7 libri e numerosi
saggi critici. Breccia ha esposto in personali in Europa e USA. La
famiglia paterna è originaria di Porano, un piccolo paese dell’Umbria, dove sua
madre, Elsa Faini (di Trento), si era trasferita nel dopoguerra. I genitori di
Pier Augusto lavoravano entrambi nel settore ospedaliero: infermiera la madre e
chirurgo il padre Angelo. Quando Pier Augusto ha cinque anni, la famiglia si
trasferisce a Roma, dove Breccia trascorrerà la maggior parte della sua vita.
Il giovane Pier Augusto si iscrive al “Liceo classico statale Giulio Cesare” di
Roma, dove matura un profondo interesse per gli studi umanistici che lo
accompagnerà per il resto della vita. A 14 anni, scopre la Divina Commedia che
studia di sua iniziativa affascinato dalle allegorie dantesche. Subito dopo,
attratto dalla filosofia e dalla mitologia greca, traduce per l’editore
Signorelli l’“Antigone” di Sofocle e il “Prometeo legato” di Eschilo. Ancora
nella fase adolescenziale traduce i “Dialoghi” di Platone. Completati gli
studi liceali, nel 1961 si iscrive alla facoltà di medicina dell’Università
Cattolica del Sacro Cuore e nel luglio del 1967 riceve, con il massimo dei
voti, la laurea in medicina. Professione medica Dopo la laurea consegue
una specializzandosi in urologia, in chirurgia generale e successivamente in
chirurgia cardiovascolare mentre comincia a far pratica al Policlinico Agostino
Gemelli di Roma. Nel 1969, sposa Maria Antonietta Vinciguerra, nel ’70 nasce il
primo figlio, Claudio e nel '71 la figlia Adriana. Nei primi anni 1970, si
trasferisce a Stoccolma, dove lavora al centro di chirurgia toracica e
cardiovascolarere dell'Istituto Karolinska sotto la supervisione di Viking
Björk (inventore della valvola cardiaca Bjork–Shiley). Tornato all’università
Cattolica di Roma e al connesso ospedale Gemelli, nel 1979 diviene professore
associato. Nel corso degli anni 1970, pratica più di mille interventi a cuore
aperto e pubblica circa cinquanta articoli in riviste mediche. Il punto
di svolta: dal bisturi alla matita È l’estate del 1977 quando Breccia scopre un
inaspettato talento per il disegno, che nei due anni successivi diverrà il suo
hobby. Soltanto nel 1979, dopo la morte di suo padre e a seguito di una
profonda crisi esistenziale, il talento disegnativo trova la sua espressione
creativa. La produzione artistica dei primi due anni e il pensiero filosofico
da questa ispirato confluiscno nel libro "Oltreomega".
Nell’agosto del 1983, durante un periodo di produzione artistica e di mostre in
Italia e all’estero (‘'Monologo corale’', ‘'Le forme concrete dell
in-esistente’', ‘'La semantica del silenzio’') prende un'aspettativa dalla
professione medica. Nel biennio seguente, lo stile artistico, da lui definito
"ideomorfico", si delinea con maggior chiarezza, così come il
pensiero filosofico, che nell’84 presenta nel libro “L’Eterno Mortale”. Nel
1985 dà le dimissioni dalla professione di chirurgo e nello stesso anno porta
le sue opere a New York, presentandole in due mostre consecutive, alla Gucci
Gallery e all’Arras Gallery. La strada dell’arte, si delinea rapidamente e,
appena date le dimissioni, si trasferisce a New York dove trascorre la maggior
parte del tempo tra il 1985 e il 1996. Durante questo periodo, espone in
diverse città degli Stati Uniti (New York, Columbus, Santa Fe, Miami e
Houston). Sin dall’inizio è estremamente prolifico e l'opera dei primi
dieci anni viene raccolta nel libro “Animus-Anima”, che comprende 500 immagini
di sue opere. Nel 1996, torna stabilmente a Roma ed espone in diverse città
italiane ed europee. Nel ‘96, pubblica "L’altro Libro", contenente
opera del periodo 1991-1999 e nel 1999, scrive “Il linguaggio sospeso
dell’auto-coscienza”. Nel 2002 Breccia presenta novanta opera in un’imponente
personale al museo Vittoriano e nel 2004 pubblica “Introduzione alla pittura
ermeneutica”, il suo manifesto artistico, al quale collabora il filosofo Elio
Matassi. Negli anni seguenti, malgrado le condizioni di salute, è impegnato in
numerose mostre in musei italiani ed europei. Il 17 Novembre , due
settimane dopo la chiusura della sua mostra di Trento, ha un infarto nel suo
studio di Roma, viene portato al Policlinico Gemelli, e lunedì 20 novembre muore all’età di settantaquattro anni.
Ragione e immaginazione: “lo spazio pensante” Lo spazio è l’elemento più
distintivo delle opere di Breccia, che egli stesso definisce “denominatore
comune della pittura ermeneutica[...] principio stesso delle nostre facoltà
intellettive”. Tuttavia, se nello spazio paradossale di Breccia la
ragione si sospende e precipita di continuo, il senso di armonia ed equilibrio,
che caratterizza tutta la sua opera permette all’immaginazione di entrare nello
spazio senza alcun tormento. Forme, colori e luce: dis-oggettivazione
Un'altra caratteristica delle tele di Breccia è la presenza di “oggetti”, in un
equilibrio generato tuttavia da forme e colori piuttosto che da una oggettiva
metrica di spazio. Allo stesso tempo, tali “oggetti”, ridotti a forme/colori
essenziali o addirittura trasformati in spazio stesso o “altro da sé”, sono
privi di una vera oggettività e di conseguenza sono aperti ad essere letti come
linguaggi, segni o, più propriamente nel senso della filosofia ermeneutica di
Karl Jaspers, come “cifre”, cioè “segni” non ancora interpretati. L’uso
della luce e del chiaroscuro è parallelo a quello dello spazio e della
prospettiva nella molteplicità di paradossi. L’assenza di una fonte di
luce all’interno dello spazio pittorico contribuisce a rimuovere contenuti
emozionali. In ultimo, il rapporto luce-spazio-forma crea l'ennesimo
paradosso di Breccia. Se la luce è spesso associata a ciò che è comprensibile
razionalmente (e.g. “luce della ragione”), nelle opere di Breccia tutto appare
al contempo luminoso e misterioso. Pittura ermeneutica Breccia ha usato
il termine “pittura ermeneutica” per descrivere la sua posizione come artista
nel suo Manifesto “Introduzione alla pittura ermeneutica” (2004). Il
presupposto di significabilità della cifra pittorica ermeneutica è la libertà
da canoni, convenzioni, dogmi di spazio e tempo, del qui e dell’ora, che
permette una verifica della significabilità dal di dentro. In tal senso, l’arte
può essere un’esperienza di conoscenza, in quanto “apertura” da “un lato
sull’infinita alterità dell’essere o di Dio, e dall’altro sulla personale
coscienza dell’ ‘Io’ .”(Introduzione alla pittura ermeneutica, 2004).
Note Moschini e Zitko , p.37.
Zitko , p.11. Zitko , p.15.
Comunicare, n. 82, Università Cattolica del Sacro Cuore, . Unomattina,
RAI, Gennaio 2000. Unomattina, Gennaio 2004. Zitko 12.
Moschini e Zitko , p.38. Steiner 1997. Steiner 1991. Moschini e Zitko , p.39. Moschini e Zitko , p.40. P.A. BRECCIA, Introduzione alla Pittura
Ermeneutica, 2004, p.45-46 Vivaldi
1988. Moschini Zitko, 40. Steiner 1988.
Moschini e Zitko , 38-43.
Moschini e Zitko , 40-42.
Moschini, M. e Zitko(), "The educational path of Ideomorphism. From
theory of knowledge to philosophy", Journal of Philosophy and Culture
supplement, XVI-1, laNOTTOLAdiMINERVA Zitko(), "Il linguaggio della
pittura ermeneutica e la Chiffer di Karl Jaspers", Dipartimento di
Letteratura e Filosofia, Universita' di Pisa Steiner, R. (1988) "Profile:
Pier Augusto Breccia", ART TIMES Steiner, R. (1991) "Critique: Pier
Augusto Breccia at Arras Gallery, NYC", ART TIMES Steiner, R. (1997)
"Pier Augusto Breccia: Another Look, NYC", ART TIMES Matassi, E.
(2008) "Sur la peinture Hernéutique: Pier Augusto Breccia, “le messager
d’alterité”.In: Du Nihilism à l’hermenéutique Altri progetti Collabora a
Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Pier
Augusto Breccia Sito ufficiale, su
pieraugustobreccia.com. libri gratis su
itunes The educational path of Ideomorphism La pittura ermeneutica, su
didatticaermeneutica.it. 1º maggio 26
dicembre ). Pier Augusto Breccia: biografia, su direnzo.it. Biografie Biografie:
di biografie Categorie: Pittori
italiani del XX secoloFilosofi italiani del XX secoloSaggisti italiani Professore1943 12 aprile 20 novembre Trento Roma
BRESSANI -Discorsi
sopra le obbiezioni fatte dal Galileo alla dottrina di Aristotile, Gregorio
Bressani (Treviso) filosofo italiano.
Biografia Si laureò all'Padova nel 1726 interessandosi a letteratura e
filosofia. Fu aiutato da Francesco Algarotti, cui aveva inviato delle proprie
opere. Sostenne uno scolasticismo
classico in opposizione alla scienza moderna di Galileo e Newton. Opere Gregorio Bressani, Modo del filosofare
introdotto dal Galilei, ragguagliato al saggio di Platone e di Aristotile, In
Padova, nella Stamperia del Seminario, 1753. 2 luglio .a Gregorio Bressani,
Discorsi sopra le obbiezioni fatte dal Galileo alla dottrina di Aristotile, In
Padova, Angelo Comino, 1760. 2 luglio .
Gregorio Bressani, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Filosofia Filosofo Professore1703 1771 3 febbraio
12 gennaio Treviso
BRUNI --Leonardo
Bruni.jpg Cancelliere di Firenze Durata mandato14101411 PredecessoreColuccio
Salutati Durata mandato14279 marzo 1444 MonarcaCosimo de' Medici SuccessoreCarlo
Marsuppini Dati generali Professionescrittore Leonardo Bruni, detto Leonardo
Aretino (Arezzo), politico, scrittore e umanista italiano di Toscana, attivo soprattutto
a Firenze, della cui Repubblica ricoprì la più alta carica di governo di
Cancelliere nella prima metà del Quattrocento.
Noto anche come Leonardo Aretino, uomo di grande personalità, arguto e
forbito parlatore dotato di grande eloquenza, si inserì nella disputa sulla
questione della lingua, discussione apertasi con l'avvento della lingua volgare
all'interno della lingua in usospecie in chiave letteraria a quell'epoca.
Conobbe Francesco Filelfo ed ebbe come maestro Giovanni Malpaghini. Leon Battista Alberti Nei suoi studi
riscontrò fenomeni di corruzione della lingua latina dall'interno, rilevando ad
esempio in Plauto le forme di assimilazione linguistica isse per ipse, oppure
colonna per columna; teorizzò quindi che il latino si fosse evoluto dal proprio
interno, sostenendo l'esistenza di una diglossia: oltre al latino classico,
aulico, sarebbe esistito un livello inferiore, meno corretto, usato
informalmente nei contesti quotidiani, da cui provengono le lingue romanze.
Oppositore di questa teoria fu Flavio Biondo, il quale sosteneva invece che la
causa della decadenza del latino fosse stata l'aggressione esterna dei popoli
germanici. Gli studi moderni di linguistica hanno mostrato che le due teorie
non sono effettivamente incompatibili e che il latino si è evoluto per ragioni
sia interne sia esterne. Nella prima
metà Professoresi avevano pareri opposti in merito alla dignità del volgare;
intellettuali come Coluccio Salutati e Lorenzo Valla disprezzavano il volgare
perché non dotato di norme grammaticali; Leon Battista Alberti e Nicola Cusano,
al contrario, si adoperarono molto per far riconoscere il volgare come lingua
ricca di dignità nel panorama letterario. Leonardo Bruni concepì il dialogo Ad
Petrum Paulum Histrum, nel quale dava la parola a due esponenti dell'umanesimo
del periodo: Coluccio Salutati, appunto, e Niccolò Niccoli. Nella finzione
letteraria, il primo asseriva che il volgare sarebbe stato degno solo se
regolamentato da assiomi linguistici precisi, e si dispiaceva del fatto che Dante
non avesse scritto la sua Commedia nel ben più nobile latino; il secondo
proponeva una visione ancora più radicale, arrivando a giudicare tre fra i
principali letterati italianiAlighieri, Petrarca e Boccacciopoco più che degli
ignoranti. L'autore difendeva questi ultimi, riconoscendo la grandezza delle
loro opere, invece di giudicarli in base alla lingua che usarono. È celebre una sua epistola in cui delinea
princìpi fondamentali dell'umanesimo. È
sepolto nella basilica fiorentina di Santa Croce in un monumento opera di
Bernardo Rossellino. Opere Sopra, De primo bello punico (1471). Sotto,
Historia florentini populi. Leonardo Bruni, Vita Ciceronis o Cicero novus, 1415
Aristotele, Ethica nicomachaea (traduzione dal greco), 1416-17 Leonardo Bruni,
Oratio in hypocritas, 1417 Leonardo Bruni, De primo bello punico (in
fiorentino) Pseudo-Aristotele, Libri oeconomici (traduzione dal greco), 1420-21
Leonardo Bruni, Commentarius de bello punico, 1421 (adattamento di Polibio)
(versione digitalizzata) Leonardo Bruni, De militia, 1421 Leonardo Bruni,
Commentarius rerum graecarum, data incerta Leonardo Bruni, De interpretatione
recta, 1420 circa. Aristotele, Politica (traduzione dal greco) Leonardo Bruni,
Commentarius rerum suo tempore gestarum, data incerta (prima edizione a stampa:
1475) Leonardo Bruni,De bello italico adversus Gothos, 1442 Leonardo Bruni,
Historiae Florentini populi , 1415-1444 circaprima edizione a stampa: 1610
(versione digitalizzata). L'opera fu tradotta in fiorentino ad opera di Donato
Acciaiuoli ed uscì a stampa già nel 1473 a Venezia. Note Vedi alla voce "letteratura
umanistica" in umanesimo Fonte:
Dizionario Biografico degli Italiani, riferimenti in . Carlo Dionisotti, «Bruni, Leonardo», in
Enciclopedia Dantesca, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1970. Cesare
Vasoli, «BRUNI, Leonardo, detto Leonardo Aretino», in Dizionario Biografico
degli Italiani, Volume 14, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1972.
James Hankins , Repertorium Brunianum, 1997. Gary Ianziti, Writing History in
Renaissance Italy: Leonardo Bruni and the Uses of the Past, 0674061527,
9780674061521, Harvard University Press, .
Lingua volgare Questione della lingua Monumento funebre di Leonardo
Bruni di Bernardo Rossellino, basilica di Santa Croce, Firenze (1450) Altri
progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a
Leonardo Bruni Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina in lingua
latina dedicata a Leonardo Bruni Collabora a Wikiquote Citazionio su Leonardo
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su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Leonardo Bruni, in Enciclopedia Italiana,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Leonardo Bruni, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, . Leonardo Bruni, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia
Britannica, Inc. Leonardo Bruni, in Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. (DE) Leonardo Bruni, su ALCUIN,
Ratisbona. Opere di Leonardo Bruni, su
Liber Liber. Opere di Leonardo Bruni /
Leonardo Bruni (altra versione) / Leonardo Bruni (altra versione), su openMLOL,
Horizons Unlimited srl. Opere di Leonardo Bruni, . Audiolibri di Leonardo
Bruni, su LibriVox. su Leonardo Bruni,
su Les Archives de littérature du Moyen Âge. Leonardo Bruni, in Catholic
Encyclopedia, Robert Appleton Company.
James Hankins, Coluccio Salutati e Leonardo Bruni, su Treccani.
Approfondimento (.pdf) , su classicitaliani.it. Novella di Leonardo Bruni, su
google.com. Istoria fiorentina, su google.com. Vita di Cicerone, su google.com.
Epistole (in latino), su google.com. V D M Dante Alighieri Filosofia
Letteratura Letteratura Categorie:
Politici italiani del XV secoloScrittori italiani del XV secoloUmanisti
italiani 1370 1444 1º febbraio 9 marzod Arezzo FirenzeSepolti nella basilica di
Santa CroceDantisti italiani
bruno: g., apeculative
philosopher. He was born in Naples, where he entered the Dominican order in
1565. In 1576 he was suspected of heresy and abandoned his order. He studied
and taught in Geneva, but left because of difficulties with the Calvinists.
Thereafter he studied and taught in Toulouse, Paris, England, various G.
universities, and Prague. In 1591 he rashly returned to Venice, and was
arrested by the Venetian Inquisition in 1592. In 1593 he was handed over to the
Roman Inquisition, which burned him to death as a heretic. Because of his
unhappy end, his support for the Copernican heliocentric hypothesis, and his
pronounced anti-Aristotelianism, Bruno has been mistakenly seen as the
proponent of a scientific worldview against medieval obscurantism. In fact, he
should be interpreted in the context of Renaissance hermetism. Indeed, Bruno
was so impressed by the hermetic corpus, a body of writings attributed to the
mythical Egyptian sage Hermes Trismegistus, that he called for a return to the
magical religion of the Egyptians. He was also strongly influenced by Lull,
Nicholas of Cusa, Ficino, and Agrippa von Nettesheim, an early
sixteenth-century author of an influential treatise on magic. Several of
Bruno’s works were devoted to magic, and it plays an important role in his
books on the art of memory. Techniques for improving the memory had long been a
subject of discussion, but he linked them with the notion that one could so
imprint images of the universe on the mind as to achieve special knowledge of
divine realities and the magic powers associated with such knowledge. He
emphasized the importance of the imagination as a cognitive power, since it
brings us into contact with the divine. Nonetheless, he also held that human
ideas are mere shadows of divine ideas, and that God is transcendent and hence
incomprehensible. Bruno’s best-known works are the dialogues he wrote while in England, including
the following, all published in 1584: The Ash Wednesday Supper; On Cause,
Principle and Unity; The Expulsion of the Triumphant Beast; and On the Infinite
Universe and Worlds. He presents a vision of the universe as a living and
infinitely extended unity containing innumerable worlds, each of which is like
a great animal with a life of its own. He maintained the unity of matter with
universal form or the World-Soul, thus suggesting a kind of pantheism attractive
to later G. idealists, such as Schelling. However, he never identified the
World-Soul with God, who remained separate from matter and form. He combined
his speculative philosophy of nature with the recommendation of a new
naturalistic ethics. Bruno’s support of Copernicus in The Ash Wednesday Supper
was related to his belief that a living earth must move, and he specifically
rejected any appeal to mere mathematics to prove cosmological hypotheses. In
later work he described the monad as a living version of the Democritean atom.
Despite some obvious parallels with both Spinoza and Leibniz, he seems not to
have had much direct influence on seventeenth-century thinkers. Refs.: Luigi
Speranza, Bruniana.
bundle: theory: Is Grice
proposing a ‘bundle theory’ of “Personal identity”: He defines “I” as an
interlinked chain of mnemonic states, a view that accepts the idea that
concrete objects consist of properties but denies the need for introducing
substrata to account for their diversity. By contrast, one traditional view of
concrete particular objects is that they are complexes consisting of two more
fundamental kinds of entities: properties that can be exemplified by many
different objects and a substratum that exemplifies those properties belonging
to a particular object. Properties account for the qualitative identity of such
objects while substrata account for their numerical diversity. The bundle
theory is usually glossed as the view that a concrete object is nothing but a
bundle of properties. This gloss, however, is inadequate. For if a “bundle” of
properties is, e.g., a set of properties, then bundles of properties differ in
significant ways from concrete objects. For sets of properties are necessary
and eternal while concrete objects are contingent and perishing. A more
adequate statement of the theory holds that a concrete object is a complex of
properties which all stand in a fundamental contingent relation, call it
co-instantiation, to one another. On this account, complexes of properties are
neither necessary nor eternal. Critics of the theory, however, maintain that
such complexes have all their properties essentially and cannot change
properties, whereas concrete objects have some of their properties accidentally
and undergo change. This objection fails to recognize that there are two
distinct problems addressed by the bundle theory: a individuation and b
identity through time. The first problem arises for all objects, both momentary
and enduring. The second, however, arises only for enduring objects. The bundle
theory typically offers two different solutions to these problems. An enduring
concrete object is analyzed as a series of momentary objects which stand in
some contingent relation R. Different versions of the theory offer differing
accounts of the relation. For example, Hume holds that the self is a series of
co-instantiated impressions and ideas, whose members are related to one another
by causation and resemblance this is his bundle theory of the self. A momentary
object, however, is analyzed as a complex of properties all of which stand in
the relation of co-instantiation to one another. Consequently, even if one
grants that a momentary complex of properties has all of its members
essentially, it does not follow that an enduring object, which contains the
complex as a temporal part, has those properties essentially unless one
endorses the controversial thesis that an enduring object has its temporal
parts essentially. Similarly, even if one grants that a momentary complex of
properties cannot change in its properties, it does not follow that an enduring
object, which consists of such complexes, cannot change its properties. Critics
of the bundle theory argue that its analysis of momentary objects is also
problematic. For it appears possible that two different momentary objects have
all properties in common, yet there cannot be two different complexes with all
properties in common. There are two responses available to a proponent of the
theory. The first is to distinguish between a strong and a weak version of the
theory. On the strong version, the thesis that a momentary object is a complex
of co-instantiated properties is a necessary truth, while on the weak version
it is a contingent truth. The possibility of two momentary objects with all
properties in common impugns only the strong version of the theory. The second
is to challenge the basis of the claim that it is possible for two momentary
objects to have all their properties in common. Although critics allege that
such a state of affairs is conceivable, proponents argue that investigation
into the nature of conceivability does not underwrite this claim.
Bradwardine, fellow of Merton.
buonafede: essential Italian philosopher. Appiano
Buonafede, nome religioso di Tito Benvenuto Buonafede (Comacchio), religioso e
letterato italiano, procuratore e prefetto generale della Congregazione dei
celestini. Abbazia di Santo Spirito al Morrone, sede del prefetto generale
dei Celestini e dimora temporanea di Buonafede Nato nel 1716 in una famiglia
patrizia, dopo aver frequentato le prime scuole nella natia Comacchio, rimasto
orfano del padre, per poter proseguire gli studi entrò nel 1734 nella
Congregazione dei celestini, mutando il nome secolare di Tito Benvenuto in
quello religioso di Appiano. Dopo aver frequentato il corso di filosofia a
Bologna, dal 1737 seguì quello successivo di teologia a Roma. Conclusi i tre di
anni di studio romani, fu trasferito a Napoli come predicatore e insegnante di
teologia. Nella città partenopea pubblicò nel 1745 Ritratti poetici,
storici e critici, opera accolta favorevolmente negli ambienti culturali
napoletani frequentati da Buonafede, nella quale convivono giudizi critici su
alcuni importanti esponenti del pensiero moderno (quali Machiavelli e Spinoza),
con parziali accoglimenti di altri (Cartesio e Locke), in uno stile composito
tra il barocco e l'arcadico. Nel 1749 fu nominato abate di un monastero
pugliese, per passare poi in uno di Bergamo e in una badia di Rimini. Nel 1754
Buonafede entrò nell'Accademia dell'Arcadia, assumendo il nome di Agatopisto
Cromaziano con il quale diede alle stampe numerosi lavori. Nel 1771, anche
grazie alla benevolenza con cui le gerarchie della Chiesa avevano accolto i
suoi scritti, fu nominato procuratore generale della Congregazione e trasferito
a Roma. Sei anni dopo, divenne prefetto generale e, per ragioni del suo
ufficio, fu obbligato a risiedere nell'abbazia di Santo Spirito al Morrone, nei
pressi di Sulmona. Buonafede, che a Roma aveva goduto della benevolenza di
Clemente XIV e quella dei salotti letterari e arcadici, non si trovò a suo agio
nell'isolamento della nuova residenza. Trascorsi i tre anni dell'incarico di
prefetto, nel 1780 assunse nuovamente l'ufficio di procuratore generale che,
dimessosi, lasciò nel 1782. Nel 1785 papa Pio VI lo nominò abate perpetuo
di Sant'Eusebio, incarico che, senza richiedere eccessive cure, assicurò al
Buonafede quei benefici economici che gli consentirono di attendere
tranquillamente ai suoi lavori letterari e filosofici e di completare l'opera,
dedicata allo stesso pontefice, Della restaurazione di ogni filosofia,
particolarmente critica verso il pensiero moderno che aveva voluto rendersi
indipendente dall'insegnamento della Chiesa cattolica. Morì a Roma, ormai
infermo, a settantasette anni, nel 1793. La polemica con il Baretti
Il critico letterario Giuseppe Baretti: ebbe una violenta polemica con
Buonafede Nel 1754 Buonafede pubblicò il Saggio di commedie filosofiche,
contenente un testo in endecasillabi I filosofi fanciulli che, in uno stile
comico, criticava celebri filosofi dell'antichità riportando, fuori dal
contesto, citazioni dei loro scritti. Venivano beffeggiati, tra gli altri,
Socrate, Democrito e Anassagora. L'opera trovò qualche apprezzamento. Dieci
anni più tardi, nel 1764, Giuseppe Baretti, scrittore e critico letterario
torinese, in un numero del suo periodico la Frusta letteraria nel quale era
solito firmarsi con lo pseudonimo di Aristarco Scannabue, espresse giudizi
negativi sul Saggio del Buonafede trovandolo irrilevante e privo di comicità.
L'abate, punto sul vivo, replicò immediatamente con il libello, dai toni assai
aspri, Il bue pedagogo (1764). Gli rispose ancora Baretti con una nutrita serie
di articoli, Discorsi fatti dall'autore della Frusta letteraria al reverendissimo
padre don Luciano Firenzuola da Comacchio autore del Bue pedagogo, pubblicati
su diversi numeri della Frusta. La polemica, una delle più aspre e celebri
delle cronache letterarie italiane del Settecento, proseguì ancora: Buonafede
fece pressioni verso i responsabili della Repubblica di Venezia affinché
eliminassero gli articoli apparsi sulla Frusta e perché Baretti fosse poi
espulso dallo Stato Pontificio quando si trasferì ad Ancona. Il critico
torinese non fu lasciato tranquillo neppure quando fuggì in Inghilterra:
l'irriducibile Buonafede lo accusò allora di simpatie verso il
protestantesimo. Il giudizio della critica Il giudizio di Benedetto Croce
fu piuttosto negativo, scrisse che le opere del Buonafede erano il risultato di
«un ingegno da predicatore e da predicatore mestierante, che ha un impegno da
assolvere, un sentimento da inculcare, un nemico da abbattere» senza che
possano distrarlo dal suo fine «né la ricerca della verità delle cose né
l'ammirazione di quel che è bello». Più positivo il giudizio di Giulio
Natali, storico della letteratura e professore di letteratura italiana
all'Catania: nella voce redatta per l'Enciclopedia Italiana, giudicò il
Buonafede: «uomo d'ingegno acutissimo [...] scrittore non volgare, spesso
arguto e vivace» e «dotato di dottrina assai superiore a quella del
Baretti». Opere Delle conquiste celebri, 1763 (Milano, Fondazione
Mansutti) Ritratti poetici, storici e critici di varj uomini di lettere di
Appio Anneo de Faba Cromaziano, Napoli, Stamperia di Giovanni di Simone, 1745.
Saggio di commedie filosofiche con ampie annotazioni di A. Agatopisto
Cromaziano, Faenza, pel Benedetti impressor vescovile, e delle insigni
Accademie degl'illustrissimi sigg. Remoti e Filoponi, 1754. Sermone apologetico
di T.B.B. per la gioventù italiana contro le accuse contenute in un libro
intitolato Della necessità e verità della religione naturale, e rivelata,
Lucca, per Filippo Maria Benedini, 1756. Della malignità istorica discorsi tre
di A. B. contro Pier Francesco Le Courayer nuovo interprete della Istoria del
Concilio di Trento di Pietro Soave, Bologna, per Lelio dalla Volpe impr.
dell'Instituto delle Scienze,1757. Dell'apparizione di alcune ombre novella
letteraria di T.B.B., Lucca, appresso Jacopo Giusti nuovo stampatore alla
Colonna del Palio, 1758. Istoria critica e filosofica del suicidio ragionato di
Agatopisto Cromaziano, Lucca, Stamperia di Vincenzo Giuntini, a spese di
Giovanni Riccomini, 1761. Il testo, edizione 1788, consultabile in Google
libri. Delle conquiste celebri esaminate col naturale diritto delle genti libri
due di Agatopisto Cromaziano ..., Lucca, per Giovanni Riccomini, 1763. Il bue
pedagogo novelle menippee di Luciano da Fiorenzuola contro una certa Frusta
pseudoepigrafa di Aristarco Scannabue, Lucca, 1764. Versi liberi di Agatopisto
Cromaziano messi in luce da Timoleonte Corintio con una epistola della libertà
poetica ..., Cesena , Società di Pallade per Gregorio Biasini al Palazzo
Dandini, 1766. Della istoria e della indole di ogni filosofia di Agatopisto
Cromaziano, 7 voll., Lucca, per Giovanni Riccomini, 1766-1781. Il genio
borbonico, versi epici di Agatopisto Cromaziano nelle nozze auguste delle
altezze reali di Ferdinando di Borbone, infante di Spagna ... e di Maria
Amalia, arciduchessa infanta, Parma, per Filippo Carmignani, stampatore per
privilegio di sua altezza reale, 1769. Della restaurazione di ogni filosofia
ne' secoli XVI, XVII e XVIII di Agatopisto Cromaziano, 3 voll., Venezia,
Stamperia Graziosi, 1785-1789. Il testo dell'ultimo volume consultabile in Google
libri, nella edizione in quattro volumi pubblicata a Milano dalla Società
Tipografica de classici italiani, 1837-38. Della letteratura comacchiese
lezione parenetica in difesa della patria di Agatopisto Cromaziano giuniore,
Parma, Bodoni, 1786. Opere di Agatopisto Cromaziano, 16 voll., Napoli, presso
Giuseppe Maria Porcelli, 1787-1789. Epistole tusculane di un solitario ad un
uomo di città, Gerapoli, 1789. Storia critica del moderno diritto di natura e
delle genti di Agatopisto Cromaziano, fa parte della Biblioteca
cristiano-filosofica decennio primo, consacrato alla divinità..., 10, Firenze, nella Stamperia della Carità,
1799. Note Fonte: G. Salinari, Dizionario Biografico degli Italiani,
riferimenti e link in . Enciclopedie on
line, riimenti e link in . Soffriva di
gotta e una caduta in piazza Navona aggravò le sue condizioni. G. Salinari, op.
citata. «Natali, Giulio» la voce nella
Enciclopedia Italiana, III Appendice.
Fonte: G. Natali, Enciclopedia Italiana, riferimenti e link in . Altro pseudonimo, oltre quello prevalente di
Agatopisto Cromaziano, di Buonafede.
Iniziali del suo nome secolare Tito Benvenuto Buonafede. Giambattista Salinari, «BUONAFEDE, Appiano
(al secolo, Tito Benvenuto)» in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume
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Fondazione Mansutti, Quaderni di sicurtà. Documenti di storia
dell'assicurazione, M. Bonomelli, schede bibliografiche di C. Di Battista, note
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History of Philosophy: Appiano Buonafede”, en G. PiaiaG. Santinello (eds.):
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III: The Second Enlightenment and the Kantian Age, Dordrecht, Springer,
, 359-379. Antonio Genovesi Congregazione dei celestini
Giuseppe Baretti Frusta letteraria Altri progetti Collabora a Wikisource
Wikisource contiene una pagina dedicata a Appiano Buonafede Collabora a
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Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Appiano Buonafede Appiano Buonafede, su Treccani.itEnciclopedie
on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Giulio Natali, Appiano Buonafede, in Enciclopedia Italiana, Istituto
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Salinari, Appiano Buonafede, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia
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Testo consultabile in Google Libri, su books.google.it. Ritratto di Appiano
Buonafede. Sito "Cultura Italiaun patrimonio da esplorare", su
culturaitalia.it. 24656381 I0000 0001 2124 5662
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NLA35587054 495/10399 CERL cnp00402281
Identitieslccn-n85351689 Biografie
Biografie Letteratura Letteratura
Categorie: Religiosi italianiLetterati italiani 1716 1793 4 gennaio 17 dicembre
Comacchio RomaStoria dell'assicurazione. Refs.: Luigi Speranza,
"Grice e Buonafede," per Il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool
Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
BUONAMICI: Francesco Buonamici (Firenze), filosofo e scrittore italiano
della seconda metà del XVI secolo. Francesco
Buonamici ha studiato allo Studio di Firenze, dove ha seguito i corsi di greco
con l'umanista Piero Vettori (si conservano alcune lettere scambiate tra i
due). Medico, professore di filosofia
naturale, grecista e latinista, Francesco Buonamici si è ispirato molto agli
antichi testi che commentava (Aristotele, Averroè, Nicomaco…). È stato uno dei maestri di Galileo
all'Pisa. Pubblicazioni De Motu libri X,
quibus generalia naturalis philosophiae principia summo studio collecta
continentur, necnon universae quaestiones ad libros de physico auditu, de caelo,
de ortu et interitu pertinentes explicantur, multa item Aristotelis loca
explanantur et Graecorum, Averrois, aliorumque doctorum sententiae ad theses
peripateticas diriguntur… (XIV kal. decemb. 1587.), apud Sermartellium,
Firenze, 1591, in-fol. XX-1011 p. e indice; Discorsi poetici nella accademia
fiorentina in difesa d'Aristotile. Appresso Giorgio Marescotti, Firenze, 1597,
in-4, VII-156 p. ; De Alimento libri V, B. Sermartellium juniorem, 1603,
Firenze, in-4 ̊, XXII-759 p. e indice, fig. Note "Helbing 2008". Stuart Shanker, Routledge History of
Philosophy, Volume IVThe Renaissance and seventeenth century rationalism, éd.
Routledge, 1993, 0-415-30876-3 Mario Otto Helbing, Mechanics and Natural
Philosophy Before the Scientific RevolutionLate 16th-Century Pisa: Cesalpino
and Buonamici, Humanist Masters of The Faculty of Arts, in Boston Studies in
the Philosophy of Science, 254, Springer
Netherlands, 2007, 1-4020-5966-3. Mario
Otto Helbing La filosofia di Francesco Buonamici, professore di Galileo, Pisa
1989 Michele Cameroto, Mario Helbing: Galileo and Pisan Aristotelianism.
Galileo’s De motu antiquiora and the Quaestiones de motu elementorum of the
Pisan Professors, In: Early Science and Medicine 5 (2000) 319–365. Michele
Camerota in Dictionary of Scientific Biography Altri progetti Collabora a
Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Francesco Buonamici Opere di Francesco Buonamici, su openMLOL,
Horizons Unlimited srl. Filosofia
Medicina Medicina Categorie: Medici
italianiFilosofi italiani del XVI secoloScrittori italiani Professore1533 1603
29 settembre FirenzeScrittori in lingua latinaProfessori dell'Pisa
BUONARROTIGrice: “Some call him
Michelangelo, but that’s rude!” -- See
the study of Buonarroti’s Moses by Freud, “filosofia”
Buonsanti: Nicola Lanzillotti Buonsanti (Ferrandina)
veterinario, filosofo e patriota italiano.
Biografia Esponente di spicco della storia della medicina veterinaria
italiana ed europea è stato una delle figure più rappresentative della Scuola
veterinaria milanese. Diresse
l'Enciclopedia medica italiana edita da Vallardi e La Clinica veterinaria (di
cui fu anche fondatore). Opere
Dizionario dei termini antichi e moderni delle scienze mediche e veterinarie
Manuale delle malattie delle articolazioni Trattato di tecnica e terapeutica
chirurgica generale e speciale La medicina Veterinaria all'Estero,
organizzazione dell'insegnamento e del servizio sanitario Giuseppina Bock Berti, «LANZILLOTTI
BUONSANTI, Nicola» in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 63, Roma,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2004. Vita di Nicola Lanzillotti
Buonsanti[collegamento interrotto] tratto da "La Basilicata nel
Mondo", sito Basilicata.cc. Profilo[collegamento interrotto] Biblioteca G.
B. Ercolani, sito Unibo.it. Animali Animali
Biografie Biografie Medicina Medicina Categorie: Veterinari
italianiFilosofi italiani del XIX secoloPatrioti italiani Professore1846 1924
16 ottobre 28 aprile Ferrandina Bergamo
BUONSANTO: Vito Buonsanto o Buonsanti (San Vito dei Normanni, 22 giugno
1762Napoli, 22 maggio 1850) letterato, filosofo e accademico pontaniano
italiano. Nato nella cittadina salentina nell'allora via Vento (oggi via Cesare
Battisti), qui compie i suoi primi studi classici . Fattosi domenicano, non
ancora ventenne, entra nel convento dei Padri predicatori di San Vito dei
Normanni, ove si dedica allo studio della filosofia scolastica. Diventando educatore, si distingue per le sue
idee innovatrici nei metodi didattici, diventando ben presto un vero luminare
del pensiero pedagogico della cittadina.
Vito Buonsanto diventa anche un attivo sostenitore del movimento
repubblicano, e insieme al notaio Domenico Oronzo Carella, porta dalla vicina
Brindisi un albero di naviglio per piantarlo, in segno di libertà, nella piazza
antistante il Castello. Le sue convinzioni, però, lo costringono a fuggire da
San Vito ed egli ripiega prima a Ostuni e poi a Martina Franca, da cui
raggiunge, da ultimo, il convento di San Domenico a Napoli, dove muore. La città natale ha dedicato al suo nome una
scuola media cittadina. Note Fonte: Dizionario Biografico degli Italiani,
riferimenti in . Opere Etica iconologica, 1808; Il Nuovo sistema metrico, 1812;
Introduzione alla Geografia, 1816, Introduzione alla storia antica e moderna
del Regno di Napoli, 1816; Antologia Latina (i tre testi del 1853 sono
conservati nella Biblioteca Comunale di San Vito dei Normanni); Ragionamento di
Vito Buonsanto sul suo Sistema d'istruire i giovanetti, 1826. Camillo M. Gamba, «BUONSANTO (Buonsanti),
Vito», in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 15, Roma, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, 1972. Vito
Buonsanto Archiviato il 6 marzo in .
biografia nel sito della Città di San Vito dei Normanni. ilosofia
Letteratura Letteratura Categorie:
Letterati italianiFilosofi italiani del XVIII secoloFilosofi italiani Professore1762
1850 22 giugno 22 maggio San Vito dei Normanni NapoliDomenicani italiani
BURGIO Alberto Burgio Deputato della Repubblica Italiana
LegislatureXV Legislatura Gruppo parlamentareRifondazione Comunista CoalizioneL'Unione
CircoscrizioneLombardia 3 Incarichi parlamentari giunta per il regolamento; XI
Commissione (Lavoro pubblico e privato); Commissione esaminatrice del premio
Lucio Colletti dal 28 luglio 2006 Dati generali Partito politicoPRC Titolo di
studioLaurea in lettere e filosofia Professionedocente universitario Alberto
Burgio (Palermo), filosofo.. Nato a
Palermo il 13 maggio 1955, dal 1993 insegna Storia della filosofia presso
l'Bologna. È stato eletto deputato al Parlamento della Repubblica alle elezioni
politiche del 2006 (XV legislatura). Si
è occupato prevalentemente di storia della filosofia politica e di filosofia
della storia con studi su Rousseau e l'idealismo classico, la teoria della
storia tra Kant e Marx e il marxismo italiano (Labriola e Gramsci), il razzismo
e il nazismo. Opere Eguaglianza,
interesse, unanimità. La politica di Rousseau, Napoli, Bibliopolis, 1989. 978-88-7088-209-4. Rousseau, la politica e la
storia. Tra Montesquieu e Robespierre, Milano, Guerini, 1996. 88-7802-707-3. Robespierre duecento anni
dopo, con Antonio Gargano e Michel Vovelle, Napoli, La Città del Sole,
1996. 9788886521291. Studi sul razzismo
italiano, a cura di, con Luciano Casali, Bologna, Clueb, 1996. 8880914308. L'invenzione delle razze. Studi su
razzismo e revisionismo storico, Roma, manifestolibri, 1998. 88-7285-149-1. Nel nome della razza. Il
razzismo nella storia d'Italia 1870-1945, a cura di, Bologna, Il Mulino,
1999. 88-15-07200-4 (seconda ed.,
2000. 88-15-07854-1). Modernità del
conflitto. Saggio sulla critica marxiana del socialismo, Roma, DeriveApprodi,
1999. 88-87423-20-2. Strutture e
catastrofi. Kant Hegel Marx, Roma, Editori Riuniti, 2000. 88-359-4987-4 (Vernunft und Katastrophen: Das
Problem der Geschichtsentwicklung bei Kant, Hegel und Marx, Frankfurt am Main,
Peter Lang, 2003; 978-3-631-39245-4). La
guerra delle razze, Roma, manifestolibri, 2001.
88-7285-205-6. Gramsci storico. Una lettura dei "Quaderni del
carcere", Roma–Bari, Laterza, 2003.
88-420-6854-3. La forza e il diritto. Sul conflitto tra politica e
giustizia, a cura di, Roma, DeriveApprodi, 2003. 88-88738-09-6. Guerra. Scenari della nuova
"grande trasformazione", Roma, DeriveApprodi, 2004. 88-88738-34-7. Antonio Labriola nella storia
e nella cultura della nuova Italia, a cura di, Macerata, Quodlibet, 2005. 88-7462-040-3. Escalation. Anatomia della
guerra infinita, con Manlio Dinucci e Vladimiro Giacché, Roma, DeriveApprodi,
2005. 88-88738-65-7. Per un lessico
critico del contrattualismo moderno, Napoli, La Scuola di Pitagora, 2006. 88-89579-03-X. Dialettica. Tradizioni,
problemi, sviluppi, a cura di, Macerata, Quodlibet, 2007. 978-88-7462-153-8. Per Gramsci. Crisi e
potenza del moderno, Roma, DeriveApprodi, 2007.
978-88-89969-33-5. Manifesto per l'università pubblica, con Gaetano
Azzariti, Alberto Lucarelli e Alfio Mastropaolo, Roma, DeriveApprodi,
2008. 978-88-89969-63-2. Senza
democrazia. Un'analisi della crisi, Roma, DeriveApprodi, 2009. 978-88-89969-70-0. Nonostante Auschwitz. Il
"ritorno" del razzismo in Europa, Roma, DeriveApprodi, . 978-88-6548-003-8. Rousseau e gli altri.
Teoria e critica della democrazia tra Sette e Novecento, Roma, DeriveApprodi,
. 978-88-6548-057-1. Il razzismo, con
Gianluca Gabrielli, Roma, Ediesse, .
978-88-230-1670-5. Identità del male. La costruzione della violenza
perfetta, a cura di, con Adriano Zamperini, Milano, FrancoAngeli, . 9788820450359. Gramsci. Il sistema in
movimento, Roma, DeriveApprodi, .
978-88-6548-091-5. Questioni tedesche, a cura di, Mucchi, Modena, («dianoia», 20). 1125-1514. Orgoglio e genocidio. L'etica
dello sterminio nella Germania nazista, con Marina Lalatta Costerbosa, Roma,
DeriveApprodi, . 978-88-6548-160-8. Il
sogno di una cosa. Per Marx, Roma, DeriveApprodi, . 978-88-6548-234-6. Critica della ragione
razzista, Roma, DeriveApprodi, .
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italiani del XXI secoloPolitici italiani del XX secoloPolitici italiani Professore1955
13 maggio PalermoDeputati della XV legislatura della Repubblica ItalianaPolitici
del Partito della Rifondazione ComunistaSinistra EuropeaProfessori dell'Bologna
BURTIGLIONEsearch.
burlæus: burley -- born in
Burley-in-Whaferdale, Yorkshire. Burleigh’s donkeyGrice preferred the spelling
“Gualterus Burlaeus.” “One would hardly realise it’s Irish to the
backbone!”Grice. Geach’s donkey: geach, Peter b.6, English philosopher and
logician whose main work has been in logic and philosophy of language. A great
admirer of McTaggart, he has published a sympathetic exposition of the latter’s
work Truth, Love and Immortality, 9, and has always aimed to emulate what he
sees as the clarity and rigor of the Scottish idealist’s thought. Greatly
influenced by Frege and Vitters, Geach is particularly noted for his powerful
use of what he calls “the Frege point,” better called “the Frege-Geach point,”
that the same thought may occur as asserted or unasserted and yet retain the
same truth-value. The point has been used by Geach to refute ascriptivist
theories of responsibility, and can be employed against noncognitivist theories
of ethics, which are said to face the Frege-Geach problem of accounting for the
sense of moral ascriptions in contexts like ‘If he did wrong, he will be
punished’. He is also noted for helping to bring Frege to the English-speaking
world, through co-translations with Max Black 9 88. In logic he is known for
proving, independently of Quine, a contradiction in Frege’s way out of
Russell’s paradox Mind, 6, and for his defense of modern Fregean-Russellian
logic against traditional Aristotelian-Scholastic logic. He also has a deep
admiration for the Polish logicians. In metaphysics, Geach is known for his
defense of relative identity, the thesis that an object a can be the same F
where F is a kind-term as an object b while not being the same G, even though a
and b are both G’s. His spirited defense of the thesis has been met by equally
vigorous attacks, and it has not received wide acceptance. An obvious
application of the thesis is to the defense of the doctrine of the Trinity
e.g., the Father is the same god as the Son but not the same person, which has
caught the attention of some philosophers of religion. Geach’s main works
include Mental Acts 8, which attacks dispositional theories of mind, Reference
and Generality 2, which contains much important work on logic, and the
collection Logic Matters 2. A notable defender of Catholicism despite his
animadversions against Scholastic logic, his religious views find their
greatest exposure in God and the Soul 9, Providence and Evil 7, and The Virtues
7. He is married to the philosopher Elizabeth Anscombe. burleigh:
Grice: “Actually his name should be borough-leah, since this is what burley
means in Yorkshire!” -- W. H. P. Grice preferred the spelling “Burleigh,”
or “Burleighensis” if you mustBurlaeus -- “That’s how we called him at Oxford!”
English philosopher who taught philosophy at Oxford and theology at Paris. An
orthodox Aristotelian and a realist, he attacked Ockham’s logic and his
interpretation of the Aristotelian categories. Burley commented on almost of
all of Aristotle’s works in logic, natural philosophy, and moral philosophy. An
early Oxford Calculator, Burley begins his work as a fellow of Merton He later moved to Paris. BurleyGrice adds“was a tutee of Thomas
Wilton, if you heard of him.” he was
incepted, and later a a fellow of the Sorbonne. His commentary on Peter
Lombard’s Sentences has been lost. After leaving Paris, Burley is ssociated
with the household of Richard of Bury and the court of Edward III, who sent him
as an envoy to the papal curia. De vita et moribus philosophorum,” an
influential, popular account of the lives of the philosophers, has often been
attributed to Burley, but modern scholarship suggests that the attribution is
incorrect. Many of Burley’s independent works dealt with problems in natural
philosophy, notably De intensione et remissione formarum “De potentiis animae, and
De substantia orbis. De primo et ultimo instanti discusses which temporal
processes have intrinsic, which extrinsic limits. In his Tractatus de formis
Burley attacks Ockham’s theory of quantity. Similarly, Burley’s theory of
motion opposed Ockham’s views. Ockham restricts the account of motion to the
thing moving, and the quality, quantity, and place acquired by motion. By contrast,
Burley emphasizes the process of motion and the quantitative measurement of
that process. Burley attacks the view that the forms successively acquired in
motion are included in the form finally acquired. He ridicules the view that
contrary qualities hot and cold could simultaneously inhere in the same subject
producing intermediate qualities warmth. Burley emphasized the formal character
of logic in his De puritate artis logicae “On the Purity of the Art of Logic”,
one of the great medieval treatises on logic. Ockham attacked a preliminary
version of De puritate in his Summa logicae; Burley called Ockham a beginner in
logic. In De puritate artis logicae, Burley makes syllogistics a subdivision of
consequences. His treatment of negation is particularly interesting for his
views on double negation and the restrictions on the rule that notnot-p implies
p. Burley distinguished between analogous words and analogous concepts and
natures. His theory of analogy deserves detailed discussion. These views, like
the views expressed in most of Burley’s works, have seldom been carefully studied.
Luigi Speranza, “Grice and the Mertonians.”
butlerianism: J., cited by H.
P. Grice, principle of conversational benevolence. English theologian and
Anglican bishop who made important contributions to moral philosophy, to the
understanding of moral agency, and to the development of deontological ethics.
Better known in his own time for The Analogy of Religion 1736, a defense, along
broadly empiricist lines, of orthodox, “revealed” Christian doctrine against
deist criticism, Butler’s main philosophical legacy was a series of highly
influential arguments and theses contained in a collection of Sermons 1725 and
in two “Dissertations” appended to The Analogy
one on virtue and the other on personal identity. The analytical method
of these essays “everything is what it is and not another thing” provided a
model for much of English-speaking moral philosophy to follow. For example,
Butler is often credited with refuting psychological hedonism, the view that
all motives can be reduced to the desire for pleasure or happiness. The sources
of human motivation are complex and structurally various, he argued. Appetites
and passions seek their own peculiar objects, and pleasure must itself be
understood as involving an intrinsic positive regard for a particular object.
Other philosophers had maintained, like Butler, that we can desire, e.g., the
happiness of others intrinsically, and not just as a means to our own
happiness. And others had argued that the person who aims singlemindedly at his
own happiness is unlikely to attain it. Butler’s distinctive contribution was
to demonstrate that happiness and pleasure themselves require completion by
specific objects for which we have an intrinsic positive regard. Self-love, the
desire for our own happiness, is a reflective desire for, roughly, the
satisfaction of our other desires. But self-love is not our only reflective
desire; we also have “a settled reasonable principle of benevolence.” We can consider
the goods of others and come on reflection to desire their welfare more or less
independently of particular emotional involvement such as compassion. In
morals, Butler equally opposed attempts to reduce virtue to benevolence, even
of the most universal and impartial sort. Benevolence seeks the good or
happiness of others, whereas the regulative principle of virtue is conscience,
the faculty of moral approval or disapproval of conduct and character. Moral
agency requires, he argued, the capacities to reflect disinterestedly on
action, motive, and character, to judge these in distinctively moral terms and
not just in terms of their relation to the non-moral good of happiness, and to
guide conduct by such judgments. Butler’s views about the centrality of conscience
in the moral life were important in the development of deontological ethics as
well as in the working out of an associated account of moral agency. Along the
first lines, he argued in the “Dissertation” that what it is right for a person
to do depends, not just on the non-morally good or bad consequences of an
action, but on such other morally relevant features as the relationships the
agent bears to affected others e.g., friend or beneficiary, or whether fraud,
injustice, treachery, or violence is involved. Butler thus distinguished
analytically between distinctively moral evaluation of action and assessing an
act’s relation to such non-moral values as happiness. And he provided
succeeding deontological theorists with a litany of examples where the right
thing to do is apparently not what would have the best consequences. Butler
believed God instills a “principle of reflection” or conscience in us through
which we intrinsically disapprove of such actions as fraud and injustice. But
he also believed that God, being omniscient and benevolent, fitted us with
these moral attitudes because “He foresaw this constitution of our nature would
produce more happiness, than forming us with a temper of mere general
benevolence.” This points, however, toward a kind of anti-deontological or
consequentialist view, sometimes called indirect consequentialism, which
readily acknowledges that what it is right to do does not depend on which act
will have the best consequences. It is entirely appropriate, according to indirect
consequentialism, that conscience approve or disapprove of acts on grounds
other than a calculation of consequences precisely because its doing so has the
best consequences. Here we have a version of the sort of view later to be
found, for example, in Mill’s defense of utilitarianism against the objection
that it conflicts with justice and rights. Morality is a system of social
control that demands allegiance to considerations other than utility, e.g.,
justice and honesty. But it is justifiable only to the extent that the system
itself has utility. This sets up something of a tension. From the conscientious
perspective an agent must distinguish between the question of which action
would have the best consequences and the question of what he should do. And
from that perspective, Butler thinks, one will necessarily regard one’s answer
to the second question as authoritative for conduct. Conscience necessarily
implicitly asserts its own authority, Butler famously claimed. Thus, insofar as
agents come to regard their conscience as simply a method of social control
with good consequences, they will come to be alienated from the inherent
authority their conscience implicitly claims. A similar issue arises concerning
the relation between conscience and self-love. Butler says that both self-love
and conscience are “superior principles in the nature of man” in that an action
will be unsuitable to a person’s nature if it is contrary to either. This makes
conscience’s authority conditional on its not conflicting with self-love and
vice versa. Some scholars, moreover, read other passages as implying that no
agent could reasonably follow conscience unless doing so was in the agent’s
interest. But again, it would seem that an agent who internalized such a view
would be alienated from the authority that, if Butler is right, conscience
implicitly claims. For Butler, conscience or the principle of reflection is
uniquely the faculty of practical judgment. Unlike either self-love or
benevolence, even when these are added to the powers of inference and empirical
cognition, only conscience makes moral agency possible. Only a creature with
conscience can accord with or violate his own judgment of what he ought to do,
and thereby be a “law to himself.” This suggests a view that, like Kant’s,
seeks to link deontology to a conception of autonomous moral agency.
byzantine. This is important
since it displays Grice’s disrespect for stupid traditions. There is Austin
trying to lecture what he derogatorily called ‘philosophical hack’ (“I expect
he was being ironic”) into learning through the Little Oxford Dictionary.
HARDLY Grice’s cup of tea. Austiin, or the ‘master,’ as Grice ironically calls
him, could patronize less patrician play group members, but not him! In any
case, Austin grew so tiresome, that Grice grabbed the Little Dictionary. Austin
had gave him license to go and refute Ryle on ‘feeling’. “So, go and check with
the dictionary, to see howmany things you can feel.” Grice started with the A
and got as far as the last relevant item under the ‘B,” he hoped. “And then I
realised it was all hopeless. A waste. Language botany, indeed!” At a later
stage, he grew more affectionate, especially when seeing that this was part of
his armoury (as Gellner had noted): a temperament, surely not shared by
Strawson, for subtleties and nuances. How Byzantine can Grice feel? Vide
‘agitation.’ Does feeling Byzantine entail a feeling of BEING Byzantine? originally used of the style of art and architecture
developed there 4c.-5c. C.E.; later in reference to the complex, devious, and
intriguing character of the royal court of Constantinople (1937). Bȳzantĭum , ii, n., = Βυζάντιον,I.a city in Thrace, on the Bosphorus, opposite the Asiatic Chalcedon, later
Constantinopolis, now Constantinople; among
the Turks, Istamboul or Stamboul (i.e. εις τὴν πόλιν), Mel. 2, 2, 6; Plin. 4, 11, 18, § 46; 9, 15, 20, § 50 sq.; Nep. Paus. 2, 2; Liv. 38, 16, 3 sq.; Tac. A. 12, 63 sq.; id. H. 2. 83; 3, 47 al.—II. Derivv.A. Bȳzantĭus , a, um, adj., of Byzantium, Byzantine: “litora,” the Strait of Constantinople, Ov. Tr. 1, 10, 31: “portus,” Plin. 9, 15, 20, § 51.—Subst.: Bȳ-zantĭi , ōrum, m., the inhabitants of Byzantium, Cic. Prov. Cons. 3, 5; 4, 6 sq.; Cic. Verr. 2, 2, 31, § 76; Nep. Timoth. 1, 2; Liv. 32, 33, 7.—B. Bȳzantĭăcus , a, um, adj., of Byzantium: “lacerti,” Stat. S. 4, 9, 13. — C. Bȳzantīnus , a, um, adj., the same
(post-class.): “Lygos,” Aus. Clar. Urb. 2: “frigora,” Sid. Ep. 7, 17. Byzantine
feeling -- Einfühlung G., ‘feeling into’, empathy. In contrast to sympathy,
where one’s identity is preserved in feeling with or for the other, in empathy
or Einfühlung one tends to lose oneself in the other. The concept of Einfühlung
received its classical formulation in the work of Theodor Lipps, who characterized
it as a process of involuntary, inner imitation whereby a subject identifies
through feeling with the movement of another body, whether it be the real leap
of a dancer or the illusory upward lift of an architectural column. Complete
empathy is considered to be aesthetic, providing a non-representational access
to beauty. Husserl used a phenomenologically purified concept of Einfühlung to
account for the way the self directly recognizes the other. Husserl’s student
Edith Stein described Einfühlung as a blind egoism Einfühlung 255 255 mode of knowledge that reaches the
experience of the other without possessing it. Einfühlung is not to be equated
with Verstehen or human understanding, which, as Dilthey pointed out, requires
the use of all one’s mental powers, and cannot be reduced to a mere mode of
feeling. To understand is not to apprehend something empathetically as the
projected locus of an actual experience, but to apperceive the meaning of
expressions of experience in relation to their context. Whereas understanding
is reflective, empathy is prereflective.
cabeo:
essential Italian philosopher. Niccolò Cabeo (n.
Ferrara), filosofo. Con il suo nome è stato chiamato il cratere lunare
Cabeus. Nel 1602 novizio della Compagnia di Gesù, ebbe Giuseppe Biancani
come insegnante di matematica nel collegio gesuitico di Parma dove compiuti i
suoi studi fu docente di filosofia per molti anni e ricevette gli ordini
sacerdotali nel 1622. Dopo il 1622 abbandonato l'insegnamento fu predicatore in
varie città italiane mantenendo sempre stretti rapporti di familiarità con
Ferdinando Gonzaga e Francesco d'Este. Cabeo prese parte alla contesa
tra Bologna e Ferrara sull'introduzione del Reno nel Po Grande avvenuta negli
anni 20 del seicento, prendendo le parti dei ferraresi e opponendosi alle
teorie di Benedetto Castelli Nel 1632 si stabilì a Genova dove conobbe
Giovanni Battista Baliani divenendone amico. Nel suo commento alle Meteore di
Aristotele Cabeo sostenne e testimoniò la priorità della scoperta della legge
di caduta dei gravi dello scienziato genovese rispetto a quella di
Galilei. Cabeo collaborò con vari fisici del suo tempo su argomenti che
mettevano in discussione le ricerche di Galilei: con lo stesso Baliani a
Genova, con il Renieri a Pisa, con il Riccioli, suo amico e allievo anche lui
del Biancani, con il quale nel 1634 aveva condotto a Ferrara esperimenti sulla
caduta dei gravi. Soggiornò a Roma nello stesso periodo in cui era presente nel
1645 e nel 1646 Marin Mersenne, il "segretario dell' Europa dotta" che vi si trovava in occasione dell'elezione
di Vincenzo Carafa a generale dei gesuiti. Tornato a Genova per dedicarsi
all'insegnamento nel collegio gesuitico, morì dopo due mesi nel 1650.
Opere Fin dal 1617 Cabeo aveva iniziato a comporre la Philosophia magnetica che
stampata poi a Ferrara nel 1629 fu criticata negativamente dagli studiosi
galileiani. Nell'introduzione Cabeo sosteneva l'imprescindibile necessità che
ogni asserzione scientifica fosse sostenuta dall'esperienza e, sulla base degli
studi di Pierre Pelerin de Maricourt, di Giovanni Battista Della Porta, e di
William Gilbert, dell'opera inedita del gesuita Leonardo Garzoni, asseriva,
dopo aver condotto accurati esperimenti, che la Terra possedeva una qualità
magnetica che assieme alla gravità faceva sì che quella fosse stabile e
immobile. Nella stessa opera definiva il fenomeno della repulsione
elettrica. Nel 1646 venivano pubblicati a Roma i quattro volumi di un
commento alle Meteore di Aristotele con il titolo In quatuor libros Meteorologicorum
Aristotelis commentaria,et quaestiones quatuor tomis compraehensa... poi
modificato nella ristampa del 1686 in Philosophia experimentalis dove Cabeo si
schierava a difesa della priorità del Baliani e, nel criticare in nome
dell'osservazione e dell'esperimento la concezione metafisica aristotelica,
introduceva la presentazione di questioni scientifiche attuali. L'opera era
condotta in duri toni antigalileiani con un'aspra contestazione del fenomeno
delle maree così com'era stato descritto da Galilei sostenendo invece che fosse
dovuto «all'ebollizione, operata dalla Luna, di "spiriti sulfurei e
salnitrosi" presenti sul fondo del mare.» Cabeo sostenne la
validità scientifica dell'alchimia da lui ritenuta una "philosophia
chimica" che, depurata da ogni aspetto esoterico , era degna di studio e
osservazione. Note Mario Di Fidio,
Claudio Gandolfi, Idraulici italiani , Fondazione BEIC57. Alfonso Ingegno, Dizionario Biografico degli
Italiani, 15, (1972) alla voce
corrispondente Mario Di Fidio, Claudio
Gandolfi, Idraulici italiani , Fondazione BEIC56. Domenico Massaro SFI Archiviato il 13 giugno
2008 in . A. Ingegno, Op. cit. Claudii Berigardi Circulus Pisanus... De
veteri et peripatetica philosophia in Aristotelis libros de Coelo..., Utini
1647, 82-85; Galileo Galilei, Opere
(ediz. naz.), XIV, 32-34, 35-37, 61, 77,
79, 300; XV273; XVI325; XVIII, 87,
93-95, 99, 305, 310, 312; Le opere dei discepoli di Galileo Galilei, I, L'Accademia
del Cimento, parte 1, Firenze 1942, 51,
374 s., 411 s.; Fulvio Testi, Lettere, Maria Luisa Doglio, III, 1638-1646, Bari
1967, 208, 236, 239, 504 s.; Opere di
Evangelista Torricelli, Faenza 1919, I, 1X; III415; Lorenzo Barotti, Memorie
istoriche di letterati ferraresi, II, Ferrara 1793, 262-269; Girolamo Tiraboschi, Storia della
letteratura italiana, VIII, 1, Firenze 1812,
249 s.; Timoteo Bertelli, Sopra Pietro Peregrino di Maricourt e la sua
epistola "De Magnete", in Bull. di bibliogr. e di storia delle
scienze mat. e fisiche pubbl. da B. Boncompagni, I (1868), 1-32, 65-99, 101-139, 319-420; Pietro
Riccardi, Biblioteca matematica italiana, Modena 1870206; Raffaello Caverni,
Storia del metodo sperimentale in Italia, II, Firenze 1892, 257, 265-271; IV, ibid. 1895, 237 s., 279 58-, 315 ss., 391-400, 404,
413-416, 526, 570 s.; V, ibid. 1898, 9
s., 27; Silvio Magrini, Il "De Magnete" del Gilbert e i primordi
della magnotologia in Italia in rapporto alla lotta intorno ai massimi sistemi,
in Archivio di storia della scienza, VIII (1927), n. 2, 17-39; Jean Daujat, Origines et formation de
la théorie des phénomènes électriques et magnétiques, Paris 1945, 190-204; Lynn Thorndike, A History of magic
and experimental Science, New York 1958, VII,
61, 276-79, 422 ss., 685; VIII,
204, 207, 430; Alexandre Koyré, Etudes d'histoire de la pensée
scientifique, Paris 1966, 198-201, 271;
Serge Moscovici, L'expérience du mouvement. Jean Baptiste Baliani disciple et
critique de Galilée, Paris 1967, 49 53,
55, 58; Claudio Costantini, Baliani e i gesuiti. Annotazioni in margine alla
corrispondenza del Baliani con Gio. Luigi Confalonieri e Orazio Grassi, Firenze
1969, 5, 7, 52, 103; Maria Bellucci, La
filosofia naturale di Claudio Berigardo, in Rivista Critica di Storia della
Filosofia, 26, n. 4, 1971389, JSTOR
44021645. Charles Coulston Gillispie, Dictionary of Scientific Biography 3. New York, Scribners, 1973. John Lewis
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University of Chicago Press, 1995. Maria Teresa Borgato, Niccolò Cabeo tra
teoria ed esperimenti: le leggi del moto, in G.P. Brizzi and R. Greci (ed),
Gesuiti e Università in Europa, Bologna: Clueb, 2002, 361–385. Craig Martin, With Aristotelians
Like These, Who Needs Anti-Aristotelians? Chymical Corpuscular Matter Theory in
Niccolò Cabeo's "Meteorology", in Early Science and Medicine, 11, n. 2, 2006, 135-161, JSTOR 4130256. Carlos Sommervogel,
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Niccolò Cabeo, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Niccolò
Cabeo, su sapere.it, De Agostini. Alfonso
Ingegno, Niccolò Cabeo, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Opere di
Niccolò Cabeo / Niccolò Cabeo (altra versione), su openMLOL, Horizons Unlimited
srl. Niccolò Cabeo, in Galileo Project, Rice University. V D M Compagnia di
Gesù V D M Galileo Galilei 67405010 I0000 0001 2027 7283 o084262 124652794
cb124596318 XX870995 CERL cnp00480040 Identitieslccn-no084262 Biografie Biografie Cattolicesimo Cattolicesimo Fisica Fisica Categorie: Gesuiti italianiFilosofi
italiani del XVI secoloFilosofi italiani del XVII secoloMatematici italiani del
XVI secoloMatematici italiani Professore1586 1650 26 febbraio 30 giugno Ferrara
GenovaNiccolò Cabeo (26 febbraio 158630 Giugno, 1650), noto anche come Nicolaus
Cabeo , italiano gesuita filosofo , teologo , ingegnere e matematico .
Biografia E 'nato a Ferrara nel 1586, ed è stato istruito nel collegio dei
Gesuiti a Parma inizio nel 1602. Passò i prossimi due anni a Padova e ha
trascorso 1606-07 studia in Piacenza prima di completare tre anni (1607-10) di
studio in filosofia a Parma. Ha trascorso altri quattro anni (1612-1616) a
studiare teologia a Parma e l'apprendistato di un altro anno di a Mantova . Ha
poi insegnato teologia e la matematica a Parma , poi nel 1622 è diventato un
predicatore. Per un certo periodo ha ricevuto il patrocinio dei Duchi di
Mantova e del Este a Ferrara. Durante questo periodo è stato coinvolto in
idraulica progetti. Egli avrebbe poi tornare a insegnare la matematica ancora
una volta in Genova , la città dove sarebbe morto nel 1650. Egli è noto
per i suoi contributi alla fisica esperimenti e osservazioni. Egli ha osservato
gli esperimenti di Giovanni Battista Baliani per quanto riguarda la caduta di
oggetti, e ha scritto su questi esperimenti osservando che due oggetti diversi
cadono nello stesso lasso di tempo, indipendentemente dal mezzo. Inoltre ha
effettuato esperimenti con pendoli e osservato che una carica elettricamente
corpo può ottenere oggetti non elettrificato. Egli ha anche notato che due
oggetti carichi respinti a vicenda. Le sue osservazioni sono state
pubblicate nelle opere, Philosophia Magnetica (1629) e in quatuor libros
Aristotelis meteorologicorum Commentaria (1646). La prima di queste opere
esaminato la causa della Terra magnetismo ed è stata dedicata ad uno studio del
lavoro di William Gilbert . Cabeo pensato alla Terra immobile, e quindi non ha
accettato il suo movimento come la causa del campo magnetico . Cabeo descritto
attrazione elettrica in termini di effluvi elettrici, rilasciato sfregando
alcuni materiali insieme. Questi effluvi spinto nell'aria circostante
spostarlo. Quando l'aria riportato nella sua posizione originale, portava corpi
leggeri con essa facendole muovere verso il materiale attraente. Entrambi
Accademia del Cimento e Robert Boyle eseguiti esperimenti con vuoti a tentativi
di confermare o smentire le idee di Cabeo. Seconda pubblicazione di Cabeo
era un commento di Aristotele Meteorologia . In questo lavoro, ha esaminato
attentamente una serie di idee proposte da Galileo Galilei , tra cui il
movimento della terra e la legge di caduta dei gravi. Cabeo si è opposto alle
teorie di Galileo. Cabeo anche discusso la teoria del flusso d'acqua proposta
da allievo di Galileo, Benedetto Castelli . Lui e Castelli sono stati coinvolti
per una disputa nel nord Italia circa il reinstradamento del fiume Reno . La
gente di Ferrara erano su un lato della controversia e Cabeo era il loro
avvocato. Castelli ha favorito l'altro lato della controversia e agiva come
agente del Papa, Urbano VIII . Cabeo anche discusso alcune idee su alchimia in
questo libro. Il cratere Cabeus sulla Luna porta il suo nome. Il LCROSS
progetto ha scoperto la prova di acqua nel cratere Cabeus nell'ottobre
2009. Guarda anche Storia di Geomagnetismo Elenco dei
cattolici-scienziati chierici Riferimenti Heilbron, JL, energia elettrica nei
secoli 17 e 18 . Los Angeles: University of California Press, 1979. Maffioli,
Cesare, Out of Galileo, The Science of Waters 1628-1718 . Rotterdam: Erasmus
Publishing, 1994. Sommervogel , Bibliothèque de la Compagnie de Jesus .
Bruxelles: 1960. Gillispie, Charles Coulston , Dizionario della biografia
scientifica 3. New York: Scribners, 1973
Borgato, Maria Teresa, Niccolò Cabeo Tra Teoria ed Esperimenti: le leggi del
moto , in GP Brizzi e R. Greci , Gesuiti e Università in Europa, Bologna:
Clueb, 2002, pp 361-385.. Caro Peter. Disciplina e Esperienza: Il modo
matematico nella rivoluzione scientifica . Chicago: University of Chicago
Press, 1995. This page is based on the copyrighted article "Niccol%C3%B2_Cabeo"
(Authors); it is used under the Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0
Unported License. You may redistribute it, verbatim or modified, providing that
you comply with the terms of the CC-BY-SA. Cookie-policy. Refs.:
Luigi Speranza, "Grice e Cabeo," per Il Club Anglo-Italiano, The
Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
cacciari:
essential Italian philosopher. Massimo Cacciari (n. Venezia) è un
filosofo, politico, accademico e opinionista italiano, ex sindaco di
Venezia. Di ascendenze emiliane per via paterna (il nonno Gino Cacciari,
di Medicina, si era trasferito a Venezia per dirigere i cantieri navali della
città), è figlio di Pietro, pediatra, e di una casalinga proveniente da una
famiglia di artisti. Dopo aver frequentato il Ginnasio Liceo Marco Polo
di Venezia, si è laureato in Filosofia nel 1967 all'Università degli Studi di
Padova, con una tesi sulla Critica del Giudizio di Immanuel Kant, con relatore
Dino Formaggio. Ancora studente, fu collaboratore dei professori Carlo Diano,
Sergio Bettini e Giuseppe Mazzariol. Carriera accademica Nel 1980 diviene
professore associato di Estetica presso l'Istituto di Architettura di Venezia,
dove nel 1985 diventa Professore. Nel 2002 fonda la Facoltà di Filosofia
dell'Università Vita-Salute San Raffaele a Cesano Maderno, di cui è preside
fino al 2005. È tra i fondatori di alcune riviste di filosofia politica, che
hanno segnato il dibattito dagli anni sessanta agli anni ottanta, tra cui
Angelus Novus, Contropiano, il Centauro, Laboratorio politico. Al centro
della sua riflessione filosofica si colloca la crisi della razionalità moderna,
che si è rivelata incapace di cogliere il senso ultimo del reale, abbandonando
la ricerca dei fondamenti del conoscere. La sua visione muove dal concetto di
"pensiero negativo", ravvisato nelle filosofie di Friedrich
Nietzsche, di Martin Heidegger e di Ludwig Wittgenstein, per risalire ai suoi
presupposti in alcuni aspetti della tradizione religiosa e del pensiero filosofico
occidentali. Ha pubblicato numerose opere e saggi, tra i quali meritano
una particolare attenzione: Krisis (del 1976); Pensiero negativo e
razionalizzazione; (1977), Dallo Steinhof (1980), Icone della legge (1985),
L'angelo necessario (1986), Dell'inizio (1990), Della cosa ultima (2004)
vincitore del Premio Cimitile. Hamletica, Adelphi, Milano, 2009 è il suo lavoro
più recente. I volumi Icone della legge e L'angelo necessario presentano,
inoltre, alcune pagine dedicate alla filosofia dell'icona e agli esiti del
pensiero del mistico russo Pavel Aleksandrovič Florenskij. Tra i numerosi
riconoscimenti sono da ricordare la laurea honoris causa in Architettura
conferita dall'Università degli Studi di Genova nel 2003, la laurea honoris
causa in Scienze politiche conferita dall'Bucarest nel 2007 e la laurea honoris
causa in "filologia, letteratura e tradizione classica" conferita
dall'Bologna nel . Attualmente è Presidente della fondazione Gianni
Pellicani e insegna Pensare filosofico e
metafisica presso la Facoltà di Filosofia dell'Università Vita-Salute San
Raffaele di Milano, di cui è stato anche prorettore vicario. Suo fratello
Paolo è stato deputato di Rifondazione Comunista tra il 2006 e il 2008.
Carriera politica In Potere Operaio e nel PCI Da giovane fu un politico
militante e occupò con gli operai della Montedison la stazione di Mestre.
Collaborò negli anni sessanta alla rivista mensile Classe operaia e, dopo
contrasti interni tra Mario Tronti, Alberto Asor Rosa e Toni Negri (il quale fu
un incontro essenziale per la sua formazione), diresse insieme ad Asor Rosa la
rivista, definita di "materiali marxisti", Contropiano con la quale
si tentò la riunificazione del gruppo. Ma il tentativo fallì e il gruppo veneto
trasformò la rivista nel giornale Potere Operaio "Giornale politico dagli
operai di Porto Marghera" a cui Cacciari, deluso, non aderì. In seguito
entrò nel Partito Comunista Italiano, ricoprendo cariche apparentemente lontane
dai suoi interessi filosofici: responsabile della Commissione Industria del PCI
Veneto negli anni settanta, fu poi eletto alla Camera dei deputati dal 1976 al
1983, e fu membro della Commissione Industria della Camera. Sindaco di
Venezia (1993-2000) Fu sindaco di Venezia dal 1993 al 2000 schierato tra i
principali sostenitori de I Democratici di Romano Prodi tanto che si parlò di
lui come un probabile leader dell'Ulivo. Fin dall'inizio della sua attività
politica vide nel federalismo una tradizione da recuperare per i progressisti
italiani laddove buona parte dei dirigenti della sinistra vedevano in questa
attenzione agli ideali federalisti un freno al consenso elettorale del
centro-sud. In preparazione delle elezioni regionali del 2000, era convinto che
per vincere in una regione tradizionalmente moderata, la sinistra avrebbe dovuto
agganciare una parte dell'elettorato in fuga dalla ex DC e per questo scopo
tentò di "aprire" ad un'alleanza con la Lega Nord (poi disapprovata
dal centro-sinistra italiano), e mosse in questa direzione politica alcuni
significativi passi, ma non riuscì a convincere fino in fondo l'elettorato
autonomista. Nel 1997 fu sua la volontà di realizzare il progetto per
edificare il ponte di Calatrava, il quale ha portato continue polemiche con la
Corte dei conti nel corso degli anni. Europarlamentare e consigliere
regionale veneto Alle europee del 1999 si candida con la lista de I Democratici
risultando eletto in due circoscrizioni: lui ha optato per quella
nord-occidentale. La sua sconfitta alle Regionali del 2000, quando fu
candidato per la presidenza della regione Veneto, fece tramontare l'ipotesi che
potesse diventare il futuro leader dell'Ulivo. Cacciari ottenne in quella
tornata il 38,2% dei voti, uscendo sconfitto dal rappresentante della Casa
delle Libertà Giancarlo Galan, che ricevette il 54,9% dei consensi. In quella
tornata elettorale Cacciari ottenne un seggio da consigliere regionale: per
questo si dimise, per incompatibilità, da europarlamentare. Sindaco di
Venezia (2005-) Nel 2005 annunciò l'intenzione di ricandidarsi per la seconda
volta a sindaco di Venezia. I partiti di sinistra dell'Ulivo, avevano però, già
raggiunto l'accordo per la candidatura unitaria del magistrato Felice Casson,
ma Cacciari dichiarò di non voler rinunciare alla propria candidatura, anche a
costo di spaccare l'unità della coalizione, come effettivamente avvenne, con
Cacciari sostenuto da UDEUR Popolari e La Margherita e Casson appoggiato da
tutti gli altri partiti del centrosinistra. Al primo turno delle
votazioni Casson ebbe il 37,7% dei voti, mentre Cacciari si fermò al 23,2%;
sfruttando le divisioni presenti in maniera ancora più acuta nel centrodestra a
Venezia, furono proprio i due rappresentanti del centro-sinistra ad andare al
ballottaggio. A sorpresa Cacciari, seppur sostenuto da liste più deboli, riuscì
a far leva sull'elettorato moderato e vinse la sfida con 1 341 voti di
vantaggio sul suo competitore (50,5% contro 49,5%). L'inattesa vittoria
del politico-filosofo causò malumori all'interno della coalizione (Casson
commentò il risultato esclamando: "Ha vinto Cacciari? Allora ha vinto la
destra!") e una particolare situazione nel consiglio comunale veneziano:
la Margherita, con il 13,4% di voti, ebbe diritto a ben 26 seggi, (mentre i DS,
che ottennero il 21,2%, si dovettero accontentare di 6 seggi) e l'UDEUR, nonostante
un modesto 1,4%, si accaparrò 2 seggi (a differenza di Rifondazione Comunista
che con il 6,8% si aggiudicò un solo seggio). Nel complesso, quindi, la
coalizione Cacciari, con il 14,8% dei suffragi, ebbe diritto a 28 seggi, mentre
il raggruppamento di Casson, con il 41%, risultò possessore di 9 seggi. Ciò
consentì a Cacciari, iscritto alla Margherita, di cui era esponente di punta in
Veneto, di poter governare la città con una solida maggioranza
consiliare. In occasione delle successive elezioni regionali del 2005,
delle elezioni politiche del 2006 e delle amministrative del 2007 Cacciari mise
in evidenza quella che egli chiamava la questione settentrionale. Il 2
novembre 2009, anche deluso dall'evoluzione del Partito Democratico, annunciò
l'abbandono della politica attiva dopo la conclusione del mandato di sindaco,
avvenuta nell'aprile . Abbastanza accesa la politica condotta dalla sua
giunta contro gli ambulanti abusivi e molto contestate furono anche le
ordinanze che, ai fini del decoro urbano, imponevano il divieto di vendere dei
cibi da asporto presso la piazza San Marco, di girare a torso nudo, di
sdraiarsi in terra ecc. Nel 2007 inoltre, con la creazione del festival di Roma
da parte dell'allora sindaco Walter Veltroni, espresse disappunto nel caso in
cui quello di Venezia ne fosse stato oscurato. Non pochi gli attriti con la
Lega Nord in vista della sua intenzione di realizzare un campo Sinti, nella
zona di Mestre. Celebre poi la campagna che favoriva l'uso dell'acqua pubblica
in contrapposizione all'acquisto di quella in bottiglia. A lui si deve il
restauro di Palazzo Grassi e di Punta della Dogana. Il 23 luglio , a
Mogliano Veneto, presentò il manifesto politico Verso Nord, un'Italia più
vicina, diretto a chi non si riconosceva né nel PD, né nel PdL e voleva una
politica per il Nord diversa da quella attuata dalla Lega. Il manifesto si è
poi trasfuso in un partito politico chiamato appunto Verso Nord, nato
ufficialmente il 12 ottobre . Pensiero Massimo Cacciari nel 1976
Nelle sue prime opere (Krisis, 1976, Pensiero negativo e razionalizzazione,
1977) Massimo Cacciari sviluppa la sua riflessione che, prendendo spunto da
Friedrich Nietzsche, Ludwig Wittgenstein e Martin Heidegger, conferma «... la
fine della razionalità classica e dialettica e l'emergere pieno, costruttivo,
rifondativo e non distruttivo [...] del "pensiero negativo".»
Dall'analisi della cultura viennese e mitteleuropea, che si forma sullo sfondo
dei grandi mutamenti del sistema capitalistico tra l'800 e il '900, Cacciari
identifica una società reazionaria incapace di aprirsi alla modernità e
improntata al nihilismo, punto d'arrivo del fallimento del pensiero dialettico
della scuola hegeliano-marxista. In quest'ambito si origina il pensiero
negativo (Negatives Denken) che ad iniziare da Schopenhauer sembra collegarsi
all'irrazionalismo ma che in realtà è la conseguenza ultima della tradizione
metafisica occidentale che pretendeva di superare ogni contraddizione e la
negatività dell'esistenza stessa tramite quella libera volontà, coerentemente
negata da Nietzsche e ancora presente invece nell'ascesi schopenhaueriana, come
strumento per la liberazione dal dolore di vivere[25]. La crisi della
metafisica occidentale è anche dimostrata dalla fiducia nella tecnica,
presuntuosa esaltazione di quella ragione che invece rivela il sostanziale
fallimento dei valori ultimi che dovrebbero guidare il progresso umano: « ...la
tecnica realizza la direzione implicita della metafisica modernama nel
realizzarla ne critica e liquida anche l'idea centrale [il fondamento
originario]» che era la certezza dei valori. Da qui un'epoca caratterizzata dal
nulla dei valori e dalla fine della filosofia ormai rivolta «tutta al passato,
a prima della ratio»[26] Con l'avvento del pensiero negativo finalmente ci
si libera «da un ideale totalitario del sapere, per cui non si dipende più da
un ordine naturale, fisso ed immutabile, di cui la ragione scopre le leggi, ma
si interviene creativamente, dando ordine alle cose, in una molteplicità di
saperi».[27] Nelle sue ultime opere Cacciari intreccia la riflessione
filosofica con quella teologica quasi risalendo ad una tradizione
interpretativa platonica. Se ormai la filosofia si è specializzata e frantumata
in una serie di campi specifici che cosa vorrà dire "pensare" al suo
stesso inizio? Cacciari cerca la risposta in quella tradizione
filosofico-teologica che pone il principio, l'"inizio" nella nozione
di "Deus-Esse".[28] Fin dal libro primo della sua opera
filosofica, Dell’Inizio, Cacciari si colloca su un terreno complementare e
diametralmente opposto a quello di Emanuele Severino: se il primo evidenzia la
contingenza dell'originato, il secondo enfatizza l'unicità eterna dell'origine.
Mentre per Cacciari l’originario è inizio a-logico, che conserva sempre
inalterata la possibilità di non essere inizio di qualcosa che altro-da-sé, di
negarsi come inizio e che quindi non esista originato alcuno, secondo Severino,
invece, l’originario è la struttura logico-necessaria di significati il cui
contenuto è tutto ciò che è, tale per cui non è mai potuto esistere, non è mai
esistito e non potrà mai esistere alcun ente non originato da quell'unica
totalità iniziale. Secondo Severino, la veracità di Dio e del Destino prevale
sulla Sua onnipotenza, nel senso che è inevitabile e scontata in partenza la
vittoria sul nemico, mentre è impossibile che Egli fugga davanti ad esso,
finendo con il cadere nel nulla, il proprio contrario.[29] Citazioni
«Caro C., non possiamo proseguire la nostra via che attraverso lo straniero che
ospitiamoe che chiamiamo 'nostro' Io. Questo è il vero volto dell'altro, del
prossimo ineludibile, appiccicato a noi come un incubo! Hospes / hostis,
necessariamente. 'Assicurarcelo' è impossibile.» (Massimo Cacciari, Della
cosa ultima, Adelphi, Mi, 2004, pag. 135) «Pietà afferra il poeta —
pericolosissima pietà, sul limite estremo della misericordia inordinata.»
(Massimo Cacciari, "Della cosa ultima", Adelphi, Mi, 2004, pag.
251) Opere Introduzione di Massimo Cacciari a Georg Simmel, Saggi di estetica,
Padova, 1970 Qualificazione e composizione di classe, in Contropiano n. 2, 1970
Ciclo chimico e lotte operaie, con S. Potenza, in Contropiano, n. 2, 1971 Dopo
l'autunno caldo: ristrutturazione e analisi di classe, Marsilio, Padova, 1973
Pensiero negativo e razionalizzazione. Problemi e funzione della critica del
sistema dialettico, 1973 Metropolis, Roma, Officina, 1973 Piano economico e
composizione di classe, Feltrinelli, 1975 Lavoro, valorizzazione, cervello
sociale, in Aut Aut, n. 145-146, Milano, 1975 Note intorno a «sull'uso
capitalistico delle macchine» di Raniero Panzieri, in Aut Aut, n. 149-150,
Milano, settembredicembre 1975 Oikos. Da Loos a Wittgenstein, con Francesco
Amendolagine, Roma, 1975 Krisis, Saggio sulla crisi del pensiero negativo da
Nietzsche a Wittgenstein, Feltrinelli, 1976 (ottava edizione nel 1983) Pensiero
negativo e razionalizzazione, Marsilio, Venezia, 1977 Il dispositivo Foucault,
Venezia, Cluva, 1977 Dialettica e critica del politico. Saggio su Hegel,
Feltrinelli, 1978 Walter Rathenau e il suo a mbiente, De Donato, 1979
Crucialità del tempo: saggi sulla concezione nietzscheana del tempo, et al,
Liguori, 1980 Dallo Steinhof, Adelphi, 1980 (nuova edizione 2005) Adolf Loos e
il suo angelo, Electa, 1981 Feuerbach contro Agostino d'Ippona, Adelphi, 1982
Il potere: saggi di filosofia sociale e politica, con G. Penzo, Roma, Città
Nuova, 1985 Icone della legge, Adelphi, Milano, 1985 (nuova edizione 2002) Zeit
ohne Kronos, Ritter Verlag, Klagenfurt, 1986 L'Angelo necessario, Adelphi,
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Occidente senza utopie, Bologna, Il Mulino, ,
978-88-152-6513-5. M. Cacciari-Bruno Forte, Dio nei doppi pensieri. Attualità
di Italo Mancini, Brescia, Morcelliana, . Generare Dio, Bologna, Il Mulino,
, 978-88-152-7368-0. La mente
inquieta. Saggio sull'Umanesimo, Torino, Einaudi, , 978-88-062-4085-1. Ha preparato anche i testi
per l'opera Prometeo. Tragedia dell'ascolto di Luigi Nono (1984-1985).
Elogio del diritto (insieme a Natalino Irti, con un saggio di Werner Wilhelm
Jaeger, Milano ) Onorificenze Grand'Ufficiale dell'Ordine pro Merito Melitensi
(SMOM)nastrino per uniforme ordinariaGrand'Ufficiale dell'Ordine pro Merito
Melitensi (SMOM) — Venezia, 2 febbraio 2008[30] Laurea Honoris Causa in
Architettura, conferita dall'Università degli Studi di Genova nel
2003[31]nastrino per uniforme ordinariaLaurea Honoris Causa in Architettura,
conferita dall'Università degli Studi di Genova nel 2003[31] Laurea Honoris
Causa in Scienze politiche, conferita dall'Università degli Studi di Bucarest
nel 2007nastrino per uniforme ordinariaLaurea Honoris Causa in Scienze
politiche, conferita dall'Università degli Studi di Bucarest nel 2007 Laurea
Honoris Causa in Filologia, Letteratura e Tradizione Classica, conferita
dall'Alma Mater StudiorumBologna nel nastrino per uniforme ordinariaLaurea
Honoris Causa in Filologia, Letteratura e Tradizione Classica, conferita
dall'Alma Mater StudiorumBologna nel
Premi e riconoscimenti 2005Medaglia d'oro del Círculo de Bellas Artes di
Madrid 2007Uomo per la pace International Chair Jacques Derrida (Torino)
Note Enciclopedia Treccani alla voce
coripsondente Barbara Romano, i panni sporchi si lavano in casa MA
IL CAV., sul piano del gusto, è UNA catastrofeCONTRO VERONICA: "Se io ho
qualcosa da dire a mio marito gli scrivo privatamente""Evelina MANNA
è un'amica""vengo SEMPRE paparazzato dA qualche testa di cazzo",
in Dagospia, Libero, 5 maggio 2009. 21 giugno .
Camillo Langone, Cari italiani vi invidio, Roma, Fazi, , 978-88-7625-253-2. Giorgio Dell'Arti,
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2006. 16 aprile (archiviato il 17 aprile
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(archiviato il 17 aprile ). Copia
archiviata, su corriere.it, 14 maggio 2009. 16 aprile (archiviato l'8 luglio 2009). Il manifesto politico Archiviato
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terzo polo, in la Repubblica, 24 luglio 13. 5 dicembre . F. Restaino, Il dibattito filosofico in
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Appunti sul pensiero di Massimo Cacciari a cura del Dipartimento di Filosofia,
Padova Cfr. Massimo Cacciari in EMSF, su
emsf.rai.it. 18 aprile 24 luglio ). Davide Grossi, La differenza tra il discorso
filosofico di Severino e quello di Cacciari , in Lo SguardoRivista di
Filosofia, II, n. 15, , 166, 177, 2036-6558 (WC ACNP), 7179281251 (archiviato il 25 aprile ).
Ospitato su archive.is. Dal sito web del
Sovrano Militare Ordine di Malta. Archiviato l'8 dicembre in .
architettura.unige.it/inf/documenti03/cacciari/cacciari.htm
"facoltà di architettura di genovaLaurea Honoris Causa a Massimo
Cacciariaggiornato il 17 ottobre 2003" "La Facoltà di Architettura di
Genova, il 15 ottobre u.s., ha conferito la laurea Honoris Causa a Massimo
Cacciari. La motivazione della Facoltà sottolinea il contributo dato da
Cacciari alla cultura architettonica internazionale nel corso di oltre un
trentennio." F. Dal Bo, L'utopia
dell'angelo. Note a L'angelo necessario di M. Cacciari, in G. Bertagni (a
cura), Architetture utopiche, «arcipelago», n. 5, 2000, 114–121. L. Tussi, La confusione dialogica
Intervista con Massimo Cacciari Recensione di Geofilosofia dell'Europa, su
ItaliaLibri Recensione di Hamletica, Andrea Fiamma Recensione di Il potere che
frena, Andrea Fiamma Traduzione francese in versione integrale e gratuita di un
libro inedito in italiano: Drân. Méridiens de la décision dans la pensée
contemporaine (Drân. Meridiani della decisione nel pensiero contemporaneo) I.
Bertoletti, Massimo Cacciari. Filosofia come a-teismo, Edizioni ETS, Pisa,
2008. D. Borso, Il giovane Cacciari, Mille lire stampa alternativa, Milano
1995. G. Cantarano, Immagini del nulla. La filosofia italiana contemporanea,
Edizioni Bruno Mondadori, Milano, 1998. G. Catapano, Coincidentia oppositorum.
Appunti sul pensiero di Massimo Cacciari, «Etica & Politica», III/2 (2001)
G. Catapano, "Coincidentia oppositorum". Appunti sul pensiero di Massimo
Cacciari, in Libertà, giustizia e bene in una società plurale, C. Vigna, Vita e
Pensiero, Milano 2003, 475–495. J. León,
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Città Del Sole, Napoli, 2000. L. Mauceri, La hybris originaria. Massimo
Cacciari ed Emanuele Severino, Orthotes Editrice, Napoli-Salerno, . Altri
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Cacciari: la necessità della libertà, su RAI Filosofia, su
filosofia.rai.it. PredecessoreSindaco di VeneziaSuccessoreVenezia-Stemma.svg
Ugo Bergamo5 dicembre 199328 febbraio 2000Paolo CostaI Paolo Costa17 aprile
20058 aprile Giorgio OrsoniII V D M Vincitori del Premio Cesare Pavese Filosofia
Politica Politica Filosofo del XX
secoloFilosofi italiani del XXI secoloPolitici italiani del XX secoloPolitici
italiani del XXI secoloAccademici italiani del XX secoloAccademici italiani Professore1944
5 giugno VeneziaSindaci di VeneziaConsiglieri regionali del VenetoDeputati
della VII legislatura della Repubblica ItalianaDeputati dell'VIII legislatura
della Repubblica ItalianaDirettori di periodici italianiEuroparlamentari
dell'Italia della V legislaturaFederalistiFondatori di riviste
italianeMilitanti di Potere OperaioOpinionisti italianiPolitici de I
DemocraticiPolitici della MargheritaPolitici del Partito Comunista
ItalianoPolitici del Partito Democratico (Italia)Professori dell'Università
IUAV di VeneziaStudenti dell'Università degli Studi di Padova.
Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Cacciari," per Il Club
Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
Cacciatore: Giuseppe
Cacciatore (Salerno), filosofo. Laureatosi in Filosofia presso
l'Università degli studi di Roma"La Sapienza" nel 1968, ha
collaborato nei primi anni settanta in qualità di assistente con Fulvio
Tessitore nell'Salerno, dove ha anche avviato la sua carriera accademica. Dal
1981 è Ordinario di Storia della Filosofia presso la Facoltà di Filosofia
dell'Università degli Studi di Napoli Federico II, di cui tra il 1990 e il 1995
è stato anche Presidente del Corso di Laurea. Nel 1995, inoltre, diventa
direttore del Centro di Studi Vichiani del CNR di Napoli. Dal 2001 al 2007 è
stato direttore del dipartimento di filosofia "Antonio Aliotta"
dell'Università federiciana. Ha tenuto numerose conferenze presso le
Barcellona, Berlino, (Freie Universität Berlin e Humboldt Universität), Bochum,
Brema, Brno, Bruxelles, Düsseldorf, Essen, Graz, Halle, Lipsia, Maracaibo,
Monaco di iera, Parigi, Potsdam, Valencia, Varsavia, Città del Messico (UNAM e
UIC). È vicepresidente del CdA e membro del comitato scientifico dell'Istituto
di Studi Latinoamericani (ISLA) di Pagani, del quale è diventato direttore a
partire dal 2007. Nel 2007 è stato nominato socio corrispondente dell'Accademia
nazionale dei Lincei. Dal è presidente
della Società Salernitana di Storia Patria Nel
è stato insignito del premio nazionale “Frascati Filosofia”. È stato
Presidente della Società Italiana degli storici della filosofia dal al . È dal
coordinatore del dottorato di ricerca in Scienze filosofiche dell'Napoli
“Federico II”. A partire dal è stato
nominato rappresentante dell'Napoli “Federico II” nel comitato
tecnico-scientifico del Consorzio universitario Civiltà del Mediterraneo. Wilhelm Dilthey e il metodo delle scienze
storico-sociali, Istituto di Filosofia dell'Salerno, Salerno, 1972. Scienza e
filosofia in Dilthey, Voll. I e II, Napoli, Guida, 1976. Ragione e speranza nel
marxismo. L'eredità di Ernst Bloch, Bari, Dedalo, 1979. La sinistra socialista
nel dopoguerra, pref. di F. De Martino, Bari, Dedalo, 1979. Vita e forme della
scienza storica. Saggi sulla storiografia di Dilthey, Napoli, Morano, 1985.
Storicismo problematico e metodo critico, Napoli, Guida, 1993. La lancia di
Odino. Teorie e metodi della scienza storica tra Ottocento e Novecento, Milano,
Guerini e associati, 1994. La Quercia di Goethe. Note di viaggio dalla
Germania, Soveria Mannelli (CZ), Rubbettino, 1998. L'etica dello storicismo,
Lecce, Milella, 2000. Metaphysik, Poesie und Geschichte. Über die Philosophie
von Giambattista Vico, Akademie Verlag, Berlino, 2002. Giordano Bruno e noi.
Momenti della sua fortuna tra 700 e 900, Edizioni Marte, Salerno, 2003.
Cassirer interprete di Kant e altri saggi, Siciliano Editore, Messina, 2005.
Filosofia pratica e filosofia civile nel pensiero di Benedetto Croce,
Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ), 2005. Antonio Labriola in un altro secolo.
Saggi, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ), 2006. Saperi umani e consulenza
filosofica, Meltemi Editore, Roma, 2007. L'infinito nella storia. Saggi su
Vico, con una postfazione di V. Vitiello, Edizioni scientifiche italiane,
Napoli, 2009. Interculturalità, Tra etica e politica (in coll. con G. D'ANNA),
Carocci, Roma, . Interculturalità. Religione e teologia politica (in coll. con
R. DIANA), Guida, Napoli, A quattro
mani. Saggi di filosofia e storia della filosofia (in coll. con G. CANTILLO),
M. Martirano Edizioni Marte, Salerno, . El búho y el cóndor. Ensayos en torno a
la filosofía ispanoamericana, prólogo de Antonio Scocozza, epilogo edición y
traducción de Maria Lida Mollo, Editorial Planeta Colombia, . La vocazione
dell'arciere. Prospettive critiche sul pensiero di José Ortega y Gasset (in
coll. con A. MASCOLO), Bergamo, Moretti&Vitali, . Sulla filosofia spagnola.
Saggi e ricerche, Bologna, Il Mulino, . Problemi di filosofia della storia
nell'età di Kant e di Hegel. Filologia, critica, storia civile, Presentazione
di F. Lomonaco, Aracne, Roma, . G.Cacciatore-G. D'Anna-R. Diana , Mente, Corpo,
Filosofia pratica, Interculturalità, Mimesis, Milano-Udine, , G.
Cacciatore-A.Giugliano, Dimensioni filosofiche e storiche
dell'interculturalità, Mimesis, Milano,
Dallo storicismo allo storicismo, Introduzione di F. Tessitore, G.
Ciriello, G. D'Anna, A. Giugliano, ETS, Pisa, . In dialogo con Vico. Ricerche,
note, discussioni, M. Sanna, R. Diana e A. Mascolo, Edizioni di Storia e
Letteratura, Roma, . Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su
Giuseppe Cacciatore Accademia Nazionale
dei Lincei, su lincei.it. Centro di Studi Vichiani, su csv.cnr.it. 30 settembre
2008 14 dicembre 2008). Istituto di Studi LatinoAmericani di Pagani, su
isla.it.Filosofia Università Università Filosofo
Professore1945 2 dicembre Salerno
cæteris paribus: Strawson and Wiggins: that the
principle holds ceteris paribus is a necessary condition for the very existence
of the activity in question. Central. Grice technically directs his attenetion
to this in his “Method”. There, he tries to introduce “WILLING” as a predicate,
i.e. a theoretical concept which is implicitly defined by the LAW in a THEORY
that it occurs. This theory is ‘psychology,’ but understood as a ‘folk
science.’ So the conditionals are ‘ceteris paribus.’ Schiffer and Cartwright
were aware of this. Especially Cartwright who attended seminars on this with
Grice on ‘as if.’ Schiffer was well aware of the topic via Loar and others.
Griceians who were trying to come up with a theory of content without relying
on semantic stuff would involve ‘caeteris paribus’ ‘laws.’ Grice in discussion
with Davidson comes to the same conclusion, hence his “A T C,’ all things
considered and prima facie. H. L. A. Hart, with his concept of ‘defeasibility’
relates. Vide Baker. And obviously those who regard ‘implicaturum’ as
nonmonotonic. Caeteris paribus -- Levinon “generalised implicaturum as by
default” default logic, a formal system for reasoning with defaults, developed
by Raymond Reiter in 0. Reiter’s defaults have the form ‘P:MQ1 , . . . ,
MQn/R’, read ‘If P is believed and Q1 . . . Qn are consistent with one’s
beliefs, then R may be believed’. Whether a proposition is consistent with
one’s beliefs depends on what defaults have already been applied. Given the
defaults P:MQ/Q and R:M-Q/-Q, and the facts P and R, applying the first default
yields Q while applying the second default yields -Q. So applying either
default blocks the other. Consequently, a default theory may have several
default extensions. Normal defaults having the form P:MQ/Q, useful for
representing simple cases of nonmonotonic reasoning, are inadequate for more
complex cases. Reiter produces a reasonably clean proof theory for normal
default theories and proves that every normal default theory has an extension.
Caffarelli: Lamberto Caffarelli
(Faenza), filosofo. Di ispirazione antroposofica. Figlio di Colombo Caffarelli
e di Edvige Regoli, fu una figura singolare nel panorama culturale faentino
della prima metà del Novecento. Dal 1891 al 1896 fu alunno del il seminario
diocesano e successivamente frequentò la Scuola di musica di Faenza ed il Liceo
musicale di Bologna, dove conseguì, nel 1902, il diploma di maestro in
composizione. Fu direttore della Scuola
di musica dal 1921 al 1925 e autore dei poemi scenici "Galeotus"
(1920) e "Kisa Gotami" (1919).
Gli anni tra la fine del secolo e lo scoppio del primo conflitto mondiale
furono, per Caffarelli, un periodo di intensa e tormentata ricerca interiore,
caratterizzata dall'allontanamento dalle credenze religiose tradizionali; gli
esiti mistico-esoterici della sua ricerca accentuarono progressivamente il suo
isolamento e la sua solitudine. In ambito locale ebbe stretti rapporti con i
cattolici "autonomisti" della Lega democratica nazionale murriana e
postmurriana, collaborando a diverse iniziative pubblicistiche quali l'«Azione»
di Giuseppe Donati ed Eligio Cacciaguerra, la «Rivista bibliografica», «La
Rivolta ideale». A 33 anni partecipa al
concorso della Casa Sonzogno di Milano per opere liriche da far rappresentare
Teatro alla Scala con un lavoro dal titolo Galeotus, " poema scenico in 4
azioni per la musica", grazie al quale acquisì una discreta fama presso il
panorama musicale italiano Nel corso
degli anni venti si avvicina agli ideali antroposofici di Rudolf Steiner,
diventando uno dei primi e principali esponenti di questa corrente in Italia.
La sua piena adesione alla dottrina steineriana trovò espressione ne
"L'arte nel mondo spirituale" (1925), vero e proprio manifesto di
un'estetica antroposofica. Di analoga ispirazione furono il poema musicale
"Adonie" (1930) e il dramma "Ikhunaton" (1933) Molto attento alle rinnovazioni culturali
della sua epoca, collaborò con il compositore futurista Francesco Balilla
Pratella, e partecipò alle attività del cosiddetto Cenacolo Baccarini dove
conobbe anche Dino Campana. Attivo non solo come compositore, ma anche come
organista, fra il 1900 e il 1921 fu organista presso la cattedrale di Faenza.
Oltre alla sua attività musicale si segnalano anche traduzioni dal tedesco e
saggi filosofici. Volle donare il suo archivio e la sua biblioteca alla
Biblioteca Comunale Manfrediana di Faenza che li conserva tuttora. Archivio Il Comune di Faenza acquisì il fondo
nel 1963, in seguito alla morte di Caffarelli, il qualeprivo di erediin vita
aveva già espresso la volontà di donare le sue carte e i suoi libri alla
Biblioteca comunale. La loro acquisizione completa avvenne anche grazie alla
volontà dell'avvocato Domenico Silvestrini (1898-1974), presidente
dell'associazione faentina Amici dell'arte. Testimonianze coeve parlano di
"una decina fra bauli e casse pieni di manoscritti che si trovano in un disordine
impressionante". A tale donazione si aggiunse anche il pianoforte
utilizzato da Caffarelli, tuttora conservato presso la biblioteca. Pensiero Partendo dal pensiero musicale
antroposofico proclamato da Steiner, sviluppa un personale sistema armonico
collegato con alcune istanze della filosofia antroposofica, comprendente la
tavolozza dei dodici suoni della scala cromatica e che egli chiama sistema
dodecamorfo, secondo il quale la musica deve divenire immagine e manifestazione
visibile traendo le sue fonti in una sfera spirituale. Così egli afferma nel
saggio L'arte nel mondo spirituale, pubblicato nel 1925: «La musica non sarà
più una esteriore costruzione di piacevoli temi, ma intrecci di suoni-forze,
rapporti di suoni-forme, ricami di suoni-movimenti-archetipi. Tenderà a crear
forme espansive, delle quali il nucleo germinale è suono archetipo.» Così prosegue nel suo Saggio sull'Armonia
sintetica: «In questo senso è possibile considerare il ciclo eptafonico accordale
come il generatore del susseguente ciclo ultraeptafonico, precisamente come la
gamma eptafonica diatonica genera il ciclo cromatico, e perché l'analogia sia
piena, come la gamma diatonica di sette suoni ne genera altri cinque cromatici,
così il ciclo eptafonico accordale genera altri cinque accordi ultraeptafonici
e cromatici, che sono la sua completa espansione materiale. [...]
L'accostamento che noi facciamo di queste profonde parole al mondo armonico non
è arbitrario e fantastico, ma implicito nella natura stessa delle cose. E di
nuova purissima luce illumina il mondo armonico, e svela così nuovi rapporti e
nuove possibilità, che il mondo dei suoni ci appare essere un Sistema, come un
Universo di Suoni, che nella generazione e nella vita rispecchia fedelmente le
leggi cosmiche e le manifesta come Vita Sonora.» Opere (selezione) Musica Messa in Mib per
cori virili a tre voci ed organo (1910 ca.) Galeotus (1913–1920) Silfo:
commento musicale per orchestra al poemetto in prosa di Arturo Onofri (1929) Le
anime orfane: canto per violoncello e pianoforte (1930) Triodia seconda (1933)
Saggi L' arte nel mondo spirituale: tre saggi come introduzione a una
conoscenza spirituale-cosmica dell'arte (Montanari, Faenza, 1925; ried. Il
Capitello del Sole, Bologna, , con una Introduzione di Alessandro Sbardelli e
il saggio introduttivo "Lamberto Caffarelli. Una prospettiva di arte e di
vita come ricerca spirituale" di Giuseppe Fagnocchi) Saggio sull'Armonia
Sintetica (Doppia generazione delle armonie) (s.d.) Studi sull'Armonia.
L'armonia come espressione vocale e strumentale, tra il 1910 ed il 1930
(manoscritto conservato presso la Biblioteca Manfrediana di Faenza) Disegno
storico sulla evoluzione della Sonata (s.d.) Il segreto spirituale di Boito,
tra il 1910 ed il 1930 (manoscritto conservato presso la Biblioteca Manfrediana
di Faenza) Da Wagner a Debussy tra il 1920 ed il 1930 (manoscritto conservato
presso la Biblioteca Manfrediana di Faenza) Rudolf Steiner e gli orizzonti
esoterici dell'arte, (dattiloscritto conservato presso la Biblioteca Manfrediana
di Faenza) Beethoven e la Gioia (in "I nostri quaderni", Carabba,
Lanciano, 1927) Opere letterarie Prose e poesie inedite, Giovanni Cattani,
Lega, Faenza, 1982 Note Caffarelli
Lamberto, su SIUSA Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche.
10 settembre . Spada, Domenico,
All'egregio maestro Lamberto Caffarelli che il giorno 19 maggio 1902 veniva
laureato in musica nel Liceo Rossini di Bologna alcuni amici oo. Le armonie
dell'universo / canonico prof. don Domenico Spada, Faenza, tipolitografia
Montanari,, [1902]. Caffarelli,
Lamberto, Galeotus : poema scenico in 4 azioni per la musica / di Lamberto
Caffarelli ; ornato dalle xilografie di G. Malmerendi, Faenza, Lega, stampa
1920. Gianfranco De Turris, Esoterismo e
fascismo: storia, interpretazioni, documenti, Edizioni Mediterranee, 2006, 978-88-272-1831-0. 10 settembre . CESNUR. Center for Studies on New Religions,
su cesnur.org. 10 settembre . Roberto
Zanetti, La musica italiana nel Novecento, Bramante, 1985. 10 settembre . Ennio Grassi, Romagna futurista, Maggioli,
1986. 10 settembre . Silvia Fanti, «Il
Fondo Caffarelli della Biblioteca Manfrediana». In: Giuseppe Fagnocchi ,
Lamberto Caffarelli, poeta pensatore musicista faentino, Faenza, Mobydick,
., 367 e segg. Fondo Caffarelli Lamberto, su SIUSA Sistema
Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche. 10 settembre . Documento per la commemorazione dei 50 anni
dalla scomparsa del Caffarelli, Giuseppe FagnocchiPro Loco Faenza faentina. Fondi, Caffarelli Lamberto, su
manfrediana.comune.faenza.ra.it. M.
Beraldo, Il movimento antroposofico italiano durante il regime fascista, in
Esoterismo e Fascismo. Storia, interpretazioni, documenti, Gianfranco de
Turris, Edizioni Mediterranee, Roma 2006 A. Casanova, Lamberto Caffarelli,
vita, catalogo delle opere, scritti, , Stab. Grafico F.lli Lega, Faenza 1964
Giovanni Cattani, Lamberto Caffarelli e i suoi inediti, in “Torricelliana”,
n.25, 1974 Giuseppe Fagnocchi , Lamberto Caffarelli, poeta pensatore musicista
faentino, Mobydick, Faenza .
9788881785087 E. Golfieri, Lamberto Caffarelli. Un enigma esistenziale,
in “Torricelliana”, bollettino della Società torricelliana di scienze e
letteratura, n.41, Faenza 1990 E. Grassi, Romagna Futurista, Maggioli 1986 R.
Savini, I faentini dello stradario, Faenza 1986
Lamberto Caffarelli, su siusa.archivi.beniculturali.it, Sistema
Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche. Opere di Lamberto
Caffarelli, . (DE) Notizie su
goetheanum.org , su goetheanum.org.
faentina, Fondo Lamberto Caffarelli Composizioni musicali di Lamberto
Caffarelli su Scoprirete, Rete Bibliotecaria di Romagna e San Marino V D M Antroposofia
4089190 I0000 0000 3977 9278 90624900
1044269197
Identitieslccn-n90624900 Biografie
Biografie Musica Musica Categorie:
Compositori italiani del XX secoloFilosofi italiani del XX secoloPoeti italiani
Professore1880 1963 6 agosto 13 marzo Faenza FaenzaAntroposofi italiani
Caffi: Andrea Caffi (San
Pietroburgo) filosofo. Intellettuale
poliedrico e ribelle, fu sodale di figure di primo piano del panorama del
Novecento europeo, quali Albert Camus, Carlo Rosselli e Nicola Chiaromonte. Nacque
a San Pietroburgo, in una famiglia italiana: il padre, Giovanni Caffi, era
emigrato da Belluno in Russia, dove lavorava come costumista ai Teatri
Imperiali; la madre, Emilia Carlini, è una figura di cui i biografi non sono
riusciti a ricostruire con precisione le origini, ma si ipotizza che fosse nata
in Francia da emigrati italiani. Già da
adolescente, liceale alla scuola Internazionale di San Pietroburgo, Andrea
Caffi si avvicinò alle idee socialiste e al movimento operaio. In questo
periodo giovanile affiancò agli studi e al confronto dialettico l'esperienza
diretta che gli fece conoscere da vicino le condizioni di sfruttamento dei lavoratori
e dei contadini nella Russia zarista. Partecipò alla Rivoluzione russa del
1905, che esplose proprio nella sua città, fu arrestato e condannato a tre anni
di reclusione. Uscirà di galera con un anno di anticipo, grazie
all'intercessione delle autorità consolari italiane, e prenderà la via
dell'esilio in Germania. Trascorsi alcuni anni a Berlino, dove svolse anche
studi universitari in filosofia, si trasferì a Firenze e poi a Parigi, in un
contesto internazionale che di lì a poco sarebbe stato segnato dall'esplosione
della Prima guerra mondiale, vista da Caffi come uno scontro fra potenze
portatrici di idee progressiste e il conservatorismo dell'area germanica.
Dapprima volontario nell'esercito francese e poi arruolato in quello italiano,
rimase ferito due volte, la seconda proprio sul fronte dolomitico bellunese,
nella zona da cui proveniva suo padre, e infine fu assegnato al servizio di
comunicazione e propaganda. Dopo la
guerra, mentre allacciava relazioni nel mondo culturale italiano, decise di tornare
in Russia dove collaborò con i suoi vecchi compagni socialisti libertari dei
quali condivideva anche la condanna indirizzata ai metodi bolscevichi, ritenuti
autoritari e violenti. In seguito a questa attività politica critica nei
riguardi della Rivoluzione d'ottobre, Caffi fu arrestato: dopo le carceri
zariste conobbe dunque quelle leniniste. Uscito di prigione, rimase un altro
periodo a Mosca, prima di rientrare in Italia, nel 1923, dove collaborò con
alcune riviste dell'area socialista. Nel 1926 il degenerare della situazione
politica, con l'imporsi della dittatura fascista, costrinse Caffi a fuggire in
Francia, a Versailles e poi a Parigi dove si guadagnò umilmente da vivere
prevalentemente lavorando come traduttore e redattore per alcune case editrici.
In questo periodo intensificò i rapporti con l'antifascismo in esilio
avvicinandosi in particolare al gruppo di Giustizia e Libertà, con il quale
peraltro entrò rapidamente in conflitto contestandone la prassi politica. Caffi
aveva via via consolidato una visione marcatamente pacifista e nonviolenta,
professando un'idea di democrazia socialista e libertaria nella quale i mezzi
non possono contrastare con i fini (da qui la condanna dell'autoritarismo
sovietico e del fallimento sostanziale della democrazia occidentale). Nel 1940
si trasferì a Tolosa dove fu tra gli animatori della resistenza antinazista, in
stretto collegamento con le comunità di emigrati e esiliati italiani. Nel 1948 tornò a Parigi, dove lavorò per le
edizioni Gallimard e fu come sempre una figura attiva nel dibattito politico e
intellettuale dell'epoca. Fu sepolto
presso il Cimitero del Père-Lachaise a Parigi.
Pensiero Il suo attivismo ne segnò l'intera esistenza da cosmopolita,
sotto forma di dialoghi conviviali, di lettere e articoli sulla stampa, di
rapporti epistolari. Si formò "non
tanto sulla lettura dei classici, quanto dal contatto diretto con i problemi
delle classi subalterne e dalla fascinazione giovanile esercitata dalle tendenze
nichiliste di cui era permeata una certa intelligencija russa. Risultò inoltre
fondamentale per la formazione del pensiero politico il sentimento di “filia”
verso il genere umano, e come su questo concetto di naturale empatia che lega
le esistenze umane Caffi puntasse per un definitivo superamento dello Stato e
delle sue logiche gerarchiche e di dominio". Nel suo intenso girovagare per l'Europa,
nella sua attenzione all'attualità sociale e politica e nel tempo dedicato alle
relazioni interpersonali risiede probabilmente la spiegazione della scarsa
produzione letteraria lasciata da Caffi, il cui pensiero è più facilmente
deducibile dalla mole di articoli in riviste e di corrispondenza con altri
intellettuali che non da grandi opere scritte in modo strutturato. Opere Critica della violenza, con prefazione
di Nicola Chiaromonte, Bompiani, Milano, 1966 (nuova edizione con prefazione di
Nicola Chiaromonte e postfazione di Alberto Castelli, Roma, Castelvecchi, ).
Critica della violenza, con prefazione di Nicola Chiaromonte, e/o, Roma, 1995
Appunti su Mazzini, in A. Castelli , L'Unità d'Italia. Pro e contro il
Risorgimento, edizioni e/o, Roma, 1997 (seconda edizione Roma, e/o, ) Note Nicola Del Corno, Il socievole eremita,
Mondoperaio, 10/: "aveva iniziato a scrivere di politica su riviste
antifasciste, e più precisamente sul Quarto Stato di Carlo Rosselli e di Pietro
Nenni, e su Volontà di Roberto Marvasi e Vincenzo Torraca. Su questa rivista
pubblicò le famose Cronache di dieci giornate a proposito dell'assassinio di
Matteotti". Nicola Del Corno, Il socievole
eremita, Mondoperaio, 10/47. Gino
Bianco, Scritti politici di Andrea Caffi, Firenze, La Nuova Italia, 1970 Gino
Bianco, Un socialista "irregolare": Andrea Caffi intellettuale e
politico d'avanguardia, Cosenza, Edistampa Lerici, 1977. 88-87280-18-5 Lamberto Borghi, Società e
nonviolenza nel pensiero di Andrea Caffi, in «Linea d'ombra», n. 93, 1994
Giampiero Landi , Andrea Caffi: un socialista libertario : atti del convegno di
Bologna, 7 novembre 1993 / G. Armani ... [et al.] ; introduzione di Gino Bianco,
Pisa, BFS, 1996. Alberto Castelli, Andrea Caffi e la rivoluzione delle
coscienze, in Eretici e dissidenti. Nuovi protagonisti del XIX e XX secolo tra
politica e cultura, G. Angelini e A. Colombo, Milano, Franco Angeli, 2006.
Alberto Castelli, Socievolezza e amicizia nel pensiero di Andrea Caffi, in De
amicitia. Scritti dedicati a Arturo Colombo, G. Angelini e M. Tesoro, Milano,
Franco Angeli, 2007, 172–181. Marco
Bresciani, La rivoluzione perduta : Andrea Caffi nell'Europa del Novecento,
Bologna, Il Mulino, 2009. Alberto Castelli, Andrea Caffi. Socialismo e critica
della violenza, in L'altro Novecento. Comunismo eretico e pensiero critico,
P.P. Poggio, Milano, Jaca Book, ,
393–408. Alberto Castelli , H. Arendt, A. CaffiGoodman, D. Macdonald,
"politics" e il nuovo socialismo. Per una critica radicale del
marxismo, Genova-Milano, Marietti 1820, . Marco Bresciani ,Cosa sperare? Il
carteggio tra Andrea Caffi e Nicola Chiaromonte: un dialogo sulla rivoluzione
(1932-1955), Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, . Andrea Caffi sezione biografica nel sito
della rivista Una città. Fondo Andrea Caffi, Biblioteca Gino Bianco Andrea
Caffi, Quaderni di appunti digitalizzati dalla Biblioteca Gino Bianco. Filosofia
Politica Politica Filosofo del XX
secoloPolitici italiani del XX secoloGiornalisti italiani Professore1887 1955
1º maggio 22 luglio San Pietroburgo ParigiAntifascisti italiani
Caffo Leonardo
Caffo (Catania), filosofo.. Si è laureato in filosofia alla Università
degli Studi di Milano e ha conseguito il dottorato, sempre in Filosofia, presso
l’Università degli Studi di Torino dove, sotto la guida di Maurizio Ferraris,
ha poi anche lavorato al Laboratorio di Ontologia diretto da Tiziana Andina. È
noto soprattutto per le sue teoria sugli Animal Studies, il postumano
contemporaneo, e l’antispecismo (“debole” nella sua versione), per cui è stato
anche criticato da alcuni media. Ne La vita di ogni giorno (edito da Einaudi
nel ) si è invece occupato di filosofia in senso più ampio e divulgativo
proponendo una "alternativa filosofia". In Fragile umanità. Il
postumano contemporaneo (Einaudi, ), "si interroga su quale possa essere
il nuovo paradigma di vita destinato a sostituire l'Homo Sapiens".
Dal insegna Ontologia presso la Facoltà
di Architettura del Politecnico di Torino; insegna anche alla Nuova Accademia
di Belle Arti di Milano, alla Scuola Holden e al Made Program della Accademia
di Belle Arti Rosario Gagliardi a Siracusa. È collaboratore de La Lettura,
scrive saltuariamente anche sulle pagine culturali de La Sicilia, L'Espresso,
il manifesto e il Corriere della Sera. Ha un blog su The Huffington Post.
Dirige la rivista Animot: l’altra filosofia ed è opinionista di varie
trasmissioni televisive, come Tagadà o Porta a Porta. Per le sue posizioni antispeciste, interviene
spesso su reti televisive e radiofoniche italiane e straniere, oltre che in
festival culturali. La sua teoria dell'antispecismo debole è dibattuta nella
stampa specializzata. Ha pubblicato le sue ricerche su riviste filosofiche
quali The Monist, Journal of Animal Ethics, Domus, Rivista di Estetica. È stato
definito da Maurizio Ferraris «il più promettente, versatile e originale tra i
giovani filosofi italiani». A Milano ha co-fondato il caffè letterario Walden.
Nel è entrato a far parte, appoggiandone
il progetto, nell'Advisory Panel italiano di Diem25. Nel febbraio , conduce
assieme a Margherita D'Amico un programma radiofonico su Rai Radio 3,
intitolato "L'umanità e altri animali". Ha partecipato come speaker
alla edizione del FestivalFilosofia di
Modena con una lectio sull'antropocentrismo e le "persone non umane".
È co-curatore del Public Program della
Triennale di Milano. Opere Soltanto per loro, Roma, Aracne, , 978-88-548-4510-7. Azioni e natura umana,
Rimini, Fara, , 9788897441069. La
possibilità di cambiare, Milano-Udine, Mimesis, , 978-88-575-1108-5. Flatus Vocis, Novalogos,
Aprilia, , 978-88-9733-907-6. Adesso
l'animalità, Perugia, Graphe.it, ,
978-88-97010-45-6. Il maiale non fa la rivoluzione, Casale Monferrato,
Sonda, , 978-88-7106-701-8. Margini
dell’umanità, illustrazioni di Tiziana Pers, Milano-Udine, Mimesis, , 978-88-575-2137-4. Il bosco interiore, Casale
Monferrato, Sonda, , 978-88-7106-767-4.
Del destino umano. Nietzsche e i quattro errori dell'umanità, Prato, Piano B,
, 978-88-99271-80-0. La vita di ogni
giorno, Torino, Einaudi, ,
978-88-06-23129-3. Fragile Umanità. Il postumano contemporaneo, Torino,
Einaudi, , 978-88-06231-11-8. "28
anni. O della filosofia giovanile", in H. D. Thoreau, La Disobbedienza
Civile, Einaudi, Torino ,
97888806236861, V-XIII. Vegan. Un
manifesto filosofico, Torino, Einaudi, ,
9788806235628. Il cane e il filosofo. Lezioni di vita dal mondo animale,
Milano, Mondadori, , 9788804723226. Dopo
il COVID 19. Punti per una discussione, Milano, Nottetempo, , 9788874528394. Quattro Capanne. O della
semplicità, Milano, Nottetempo, ,
9788874528066. In collaborazione con altri Leonardo Caffo e Valentina
Sonzogni, Un'arte per l'altro. L'animale nella filosofia e nell'arte, Firenze,
goWare, , 9788867971244. Edizione
cartacea: Graphe.it, Perugia
978-88-97010-61-6;An Art for the Other. Animals in Art and Philosophy,
Lantern Books, New York
978-15-9056-489-9; Un art pour
l’autre. L’animal dans la philosophie et dans l’art, Harmattan, Parigi 978-2-336-30725-1) Leonardo Caffo e Luca
Taddio , Radicalmente liberi: A partire da Marco Pannella, Milano-Udine,
Mimesis, , 978-88-5752-325-5 Leonardo
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Aprilia, Novalogos, , 978-88-97339-31-1.
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Muzzonigro, Costruire Futuri. Migrazioni, città, immaginazioni, Milano,
Bompiani, , 978-88-45295-78-2 Leonardo
Caffo e Valentina Sonzogni, A partire da Tiziano Terzani, con prefazione di
Angela Terzani, Pordenone, Safarà, ,
9788897561859. Leonardo Caffo e Franco La Cecla, Intromettersi, Elèuthera,
Milano, , 9788833020747. Premi Premio
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Filosofia dell'Università degli Studi di Torino. 7 febbraio . Elena Tabano parla del postumano
contemporaneo di Caffo sul Corriere della Sera (JPG), su
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anti-umani del futuro, in Il Foglio, 12 aprile . 7 febbraio . La fantafilosofia di Leonardo Caffo vuole
togliere all'uomo ciò che lo rende tale | il Foglio, su ilfoglio.it. Daniela Monti, L’ecologia vale più della
metafisica. Ecco il nuovo orizzonte filosofico, in Corriere della Sera, 30
agosto . 7 febbraio . Leonardo Caffo,
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bilico tra disperazione e speranza, su treccani.it.
didattica.polito.it/pls/portal30/sviluppo.scheda_pers_swas.show?m=44213
//madeprogram.it/#about Leonardo Caffo,
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Tagadà: Puntata del 25 ottobre , 25 ottobre . 7 febbraio . bit.ly/pasquavegan Quante storie, su raiplay.it. Leonardo Caffo al microfono di Andrea
Fazioli, su rsi.ch. TG5, su
mediasetplay.mediaset.it. Festival for
the Earth, su festivalfortheearth.com.
Leonardo Caffo, su festivaletteratura.it. Rassegna stampa Antispecismo debole, su
gallinaeinfabula.com. Rai Cultura
Filosofia,//filosofia.rai.it/articoli/caffo-il-maiale-non-fa-la-rivoluzione/22120/default.aspx.
2 marzo . Nasce a Milano il bistrot
letterario Walden | Artribune, su artribune.com. L'umanità e altri animali, su
raiplayradio.it. Public Program , su
triennale.org. Premio Nazionale Frascati
FilosofiaAlbo d'oro, Premio Nazionale Frascati. 7 febbraio . Antispecismo Felice Cimatti Postumanesimo
Peter Singer Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Leonardo
Caffo Sito ufficiale, su
leonardocaffo.org. completa, su
sites.google.com. Leonardo Caffo: superare l'antropocentrismo, su
raiscuola.rai.it. Leonardo Caffo e il mondo animale, su raiplay.it. Leonardo
Caffo: A come animale, su raicultura.it. Filosofia Filosofo del XXI
secoloSaggisti italiani Professore1988 22 novembre CataniaAccademici italiani
del XXI secoloDirettori di periodici italianiProfessori del Politecnico di
TorinoSostenitori del vegetarianismoStudenti dell'Università degli Studi di
MilanoStudenti dell'Università degli Studi di Torino
Calboli Francesco Paulucci
di Calboli Exercitatio philosophica,
1771 Francesco Giuseppe Paulucci di Calboli (...XVIII secolo) filosofo
italiano. Opere Francesco Paulucci di
Calboli, Exercitatio philosophica, Romae, Giovanni Zempel, 1771. Filosofia Filosofo
ProfessoreXVIII secolo
Calderoni: Mario
Calderoni (Ferrara) filosofo. Fu un teorico del diritto italiano (pragmatismo
analitico italiano). Mario Calderoni nasce a Ferrara nel 1879. Fino alle
scuole secondarie studia a Firenze e si laurea nel 1901 in Diritto, all'Pisa,
con la tesi I Postulati della Scienza Positiva ed il Diritto Penale; collabora
alle riviste Il Regno e Leonardo, su cui scrive una serie di articoli, in
autonomia o in collaborazione col maestro Giovanni Vailati. Presenta
comunicazioni in diversi Congressi internazionali: Monaco (1896), Parigi (1900)
e Ginevra (1904); mantiene contatti e scambi culturali con intellettuali di
notorietà mondiale: D. Halévy, Boutroux, Russell, Couturat, Brentano, Ferrari,
Pikler, Mosca, Pareto, Croce, Juvalta, C.S. Peirce e molti altri. Nel 1906
scrive il volumetto Disarmonie economiche e disarmonie morali; successivamente,
nel 1909, ottiene una libera docenza in Filosofia Morale all'Bologna, dove con
l'anno accademico 1912/13 tiene un corso sul pragmatismo dal titolo Teoria
Generale dei valori. Tra il 1909 ed il 1910 scrivein collaborazione con
Giovanni Vailati- il volume Il Pragmatismo, raccolta di tre articoli introdotti
nella Rivista di Psicologia applicata (Le origini e l'idea fondamentale del
Pragmatismo; Il Pragmatismo ed i vari modi di non dir niente; L'arbitrario nel
funzionamento della vita psichica), che uscirà nel 1918. Morto il maestro
Vailati nel 1909, col 1914 Calderoni, trascorsa l'estate a Rimini a curare i
sintomi d'una bruttissima depressione, ritorna a Firenze, dove inizia
nuovamente il corso universitario su Teoria Generale dei valori all'Istituto di
Studi Superiori, senza riuscire a terminarlo, dal momento che, a causa di un
aggravamento repentino dell'esaurimento mentale, abbandona la docenza. Muore a
soli 35 anni in una casa di salute ad Imola, il 14 dicembre del 1914.
Posizioni filosofiche Mario Calderoni mette sotto analisi e in correlazione
senso comune e scienza attraverso lo strumento meta-discorsivo della filosofia,
intendendo costruire conoscenza e scienza coi mattoni della teoria della mente,
e usando come riferimenti culturali analisi brentaniana di stati mentali e
teoria dinamico-funzionale della mente di James e di Pikler [articoli di
riferimento sono due: è con La Previsione nella teoria della conoscenza, del
1907, che Calderoni intende analizzare condizioni di verità e condizioni di
validità della conoscenza, sia discernendo enunciazioni sensate da non-sensi
sia indicando un metodo di verificazione, nell'istanza verificazionista di
illustrare a fondo i meccanismi della conoscenza (verificazione e verità),
oltre all'obiettivocome accade anche nel Peirce- di avvicinare teoria della
conoscenza e semantica dei discorsi (verità e senso); ed è col successivo
articolo L'arbitrario nel funzionamento della vita psichica che Calderoni,
accettata l'eredità vailatiana, intende mostrare l'esistenza di una stretta
connessione tra attività conoscitive dell'uomo comune ed attività conoscitive
dello scienziato, accostando tale articolo teoria della mente e teoria della
scienza]. La lettura sinottica dei due testi conduce a riconoscere nel nostro
autore la tendenza a costruire una teoria della mente caratterizzata da
riferimenti costanti alla teoria della conoscenza e alla teoria della
scienza. Precorrendo semiotica moderna e verificazionismo schlickiano,
costuisulla scia di una certa tradizione continentale e americana indicata dal
maestro Vailati- riconosce nei discorsi umani un trait d'union irresistibile
tra senso e verità, e ri-definisce la norma di Peirce come norma di senso e
norma di verificazione [articoli di riferimento sono due: col breve Il senso
dei non sensi, del 1905, Calderoni intende esaminare cosa sia senso di una
enunciazione e se esista un unico criterio idoneo a differenziare enunciazioni
sensate da non-sensi o a costruire un concreto metodo di verificazione, unendo
all'istanza semantica di attribuire un senso ai vari modelli di mezzo comunicativo
inter-individuale il sincero desiderio analitico di rinvenire rimedi sicuri
contro l'indeterminatezza naturale di termini, enunciazioni e discorsi umani,
ed essendo cassa di risonanza all'obiezione contestualistica vailatiana contro
l'atomismo semiotico dominante; nel successivo articolo Il Pragmatismo e i vari
modi di non dir nientetotalmente debitore alla Prolusione vailatiana al corso
di Storia della meccanica Alcune osservazioni sulle questioni di parole nella
storia della scienza e della culturail nostro autore mostra di essere abile
concretizzatore dell'eredità vailatiana tentando di mettere in stretta
combinazione intuizione dell'artificialità dei discorsi umani e nozione di
analisi semantica come “rimedio” all'indeterminatezza dei mezzi di comunicazione.
La lettura sinottica dei due testi conduce a riconoscere in Calderoni tendenze
a costruire una teoria dei discorsi umani caratterizzata da riferimenti a
convenzionalismo e contestualismo, a rifiutare derive “essenzialistiche”
nell'uso di termini ed enunciazioni e a sottolineare la valenza farmaceutica
dell'analisi semantica. Posizioni giusfilosofiche L'etica, nella sua
dimensione totale, è tematica centrale nella riflessione culturale
calderoniana, introducendo costui una modalità rivoluzionaria di considerare
tale materia; nel nostro autoree in altri autori d'ambiente simile come Juvalta
e Limentanila tradizionale distinzione tra etica normativa ed etica descrittiva
è considerata insufficiente. Calderoni si mostra sostenitore di un orientamento
innovativo in merito al discorso sullo statuto dell'etica: se l'etica normativa
domina l'intero corso della storia dell'etica umana, il riconoscimento della
valenza descrittiva dell'etica è ricorrenza teoretica dell'intero ottocento,
avendo effetto sulla cultura ottocentesca la tendenza rinascimentale
a considerare l'etica come una scienza. L'Ottocento concretizza
antecedenti tendenze ad estendere all'ambito dell'etica i metodi delle scienze
naturali e delle scienze sociali. Questa intuizione e il riconoscimento della
centralità dell'analisi conducono Calderoni ad introdurre e sostenere un nuovo
modello di statuto dell'etica: etica è una scienza costituita dai tre rami
della meta-etica, dell'etica descrittiva e dell'etica normativa. Più che al
discorso meta-etico, la narrazione di Calderoni si orienta verso l'etica
descrittiva e normativa; in merito alla meta-etica non esiste un discorso
diretto dei nostri due autori, laddove invece etica descrittiva e etica
normativa sono esaminate con riferimenti diretti ed attraverso articoli mirati
[articoli a cui si rinviasenza tener conto della tesi di laurea I Postulati
della Scienza Positiva ed il Diritto Penale dove è comunicata una visione
immatura e non ancora coerente dell'etica- sono: con Du role de l'évidence en
morale, del 1904, Calderoni introduce una coerente critica dell'etica normativa
tradizionale mettendo sotto esame utilitarismo e kantismo etici, e con
l'articolo successivo De l'utilité “marginale” dans les questions d'etìque, del
1904, introduce un tentativo di indicare un'etica descrittiva che si serva
dello strumentario dell'economia; tali tentativi si concretizzano nello scritto
Disarmonie economiche e disarmonie morali, contenente estesi accenni a tutti i
rami della nuova scienza e mirando ad estendere in maniera definitiva all'etica
lo strumentario della recente scienza economica; in L'imperativo categorico,
del 1906, c'è la reazione calderoniana a neokantismo etico e ad un articolo di
Croce in cui si recensiva, con molte riserve, Disarmonie; con i brevi La
filosofia dei valori, del 1910, ed Il filosofo di fronte alla vita morale, del
1911, ci si limita a riassumere tematiche e discussioni antecedenti,
introducendo chiarimenti ed attuando delucidazioni]. La lettura sinottica dei
testi di Calderoni e Vailati mi conduce ad indicare l'esistenza di tre aree
tematiche essenziali: a] un discorso sulle funzioni e sullo statuto dell'etica
(meta-teoria etica), b] un dibattito sul senso di termini, enunciazioni e
discorsi morali e c] una discussione su funzionamento effettivo ed ideale di un
sistema morale (etica descrittiva e normativa); Calderoni si chiede cosa sia
l'etica, che senso abbiano i suoi discorsi e che modello di normatività essa
abbia, e si domanda come descrivere in maniera esauriente i cosiddetti mercati
etici o come massimizzare l'incidenza dello scienziato della morale nella
modificazione delle scelte sociali. Più che Vailati, è Calderoni ad
estrinsecare l'«atteggiamento» giuridico del Pragmatismo italiano, nella sua
riflessione ius-criminalistica sulle nozioni di volizione, libertà e
responsabilità. La discussione in merito alle relazioni tra volizione e diritto
è fervente all'interno della cultura italiana dell'Ottocento: secondo Scuola
Classica del diritto criminale volizione umana è base del momento
d'attribuzione della sanzione, in connessione al “libero arbitrio”; secondo
Scuola Positiva del diritto criminale è necessario sconnettere tale nozione dal
concetto di “libero arbitrio”, non esistendo azioni incausate (scevre da
coazione) e cadendo volizione insieme a “libero arbitrio”. Calderoni affronta
il dilemma della volizione (distinzione tra atti volontari e involontari)
all'interno del suo cammino di chiarimento e ridiscussione dei termini di
discorso ordinario e discorsi tecnici, stimolato da alcune antecedenti
intuizioni del maestro Vailati; e analizza tale dilemma in due diversi momenti
della vita, nella tesi di laurea I Postulati della Scienza Positiva ed il
Diritto Penale, del 1901, e sia nell'articolo leonardiano Credenza e volontà.
Intorno alla distinzione fra atti volontari ed involontari, del 1905, sia in un
successivo contributo su altra rivista La volontarietà degli atti e la sua
importanza sociale, del 1907]. La tesi di laurea di Mario Calderoni introduce
un'analisi culturale ricchissima di riferimenti al diritto e immersa nello
scenario storico del conflitto ottocentesco tra determinismi ed indeterminismi.
Il dibattito tra scuola classica italiana (classici) e Positivisti sulle
condizioni teoretiche del diritto criminale evidenzia il tentativo
«conciliazionista» calderoniano di mediare tra due diversi modi di intendere
libertà, sanzione e metodo scientifico, ricorrendo ad un uso attento della
ri-definizione tanto caro a Vailati e all'intera analitica novecentesca.
Pescando dalla metodica analitica lo strumento della ri-definizionemutuato dal
maestro Vailati e riassunto con estrema abilità nella recensione al volume I
presupposti filosofici della nazione del diritto di Del Vecchio -, Calderoni
avvia un tentativo di «conciliazione» tra scuola classica e Positivisti, in cui
«[…] la riflessione sul libero arbitrio e il diritto di punire costituisce la
premessa per affrontare con un chiaro apparato concettuale l'ulteriore
questione dei metodi di studio del diritto penale», attraverso un'esaustiva
ridiscussione dei binomi libertà/ causazione (momento di attribuzione del
delitto), tutela/ difesa (momento di esecuzione della sanzione) e metodo
astratto/ concreto (momento di determinazione del delitto); il nostro autore
riconosce: Due sono i punti teorici fondamentali nei quali la scuola
positiva si pone come avversaria alla classica. L'uno è rappresentato dalla
questione del libero arbitrio, l'esistenza del quale la scuola “classica”
postula come fondamento della imputabilità, mentre è dall'altra scuola negata.
L'altro punto è la “giustificazione” del diritto di punire, che l'una pone
nella giustizia, l'altra nell'utilità, nella necessità in cui si trova la
società di difendersi dai suoi nemici. Per misurare la nozione di
«responsabilità» introdotta nell'orizzonte culturale italiano d'inizio secolo
scorso da Mario Calderoni, è necessario muoversi tra due contributi
calderoniani scarsamente esaminati dalla dottrina moderna (I Postulati della
Scienza Positiva ed il Diritto Penale del 1901 e Forme e criteri di
responsabilità del 1908), senza trascurare come tale concetto mai si distacchi
dalla distinzione vailatiana tra atti volontari e involontari o dal binomio
libertà/ causazione, tanto cari al dibattito ottocentesco tra Positivisti e
scuola classica italiana del diritto criminale. Gli accenni vailatiani e
calderoniani ai temi della volizione, causazione, libertà confluisconoalla luce
dell'attento ed autonomo esame dell'autore ferrarese- in un'assai moderna
definizione del concetto di «responsabilità», in cui Il “negatore del
libero arbitrio” che non sia vittima di equivoci sul valore di tal negazione,
sarà portato invece a vedere nella libertà e responsabilità, qualità esistenti
nell'uomo, ma analoghe alle altre, atte cioè ad essere studiate nella loro
genesi e nella loro evoluzione, suscettibili di gradazioni infinite, e
subordinate alla presenza di certe condizioni e concomitanti, a concepire in
altri termini la responsabilità piuttosto dinamicamente ed
evoluzionisticamente, che staticamente. Pur se tale concetto sottenda
contaminazioni etiche d'inaudita modernità e benché in Forme e criteri di
responsabilità sia delineata l'idea dell'esistenza di un confine sottile tra
morale e diritto, il nostro autorenascendo come teorico del diritto- si mantiene
saldo nel declinare come il termine «responsabilità» si usi all'interno
dell'universo di diritto criminale e diritto civile; nella trattazione
calderoniana «responsabilità» si immettecome in Hegel / Webernel contesto della
vita statale o sociale e si smarcacome nel «marxismo occidentale» moderno e in
Lévinasdai risvolti individualistici dell'etica antica. Calderoninell'incipit
di Forme e criteri di responsabilità- scrive: Pochi termini trovano, in
ogni campo della vita sociale, così larga applicazione come il termine
responsabilità. L'”andar soggetto a responsabilità” è la sorte, spiacevole o
piacevole, di chiunque vive nella compagnia dei propri simili e si trovi in una
data compagnia di dati suoi simili; e nulla potrebbe meglio servire a
distinguere l'uomo vivente in società da un ipotetico uomo “vivente in stato di
natura” che l'essere il primo avvolto in una fitta rete di responsabilità.
Responsabilità se ne trovano dovunque gli uomini vengano in urto o in conflitto
fra di loro […]. La riflessione calderoniana incentrata sulla strada
della critica sia nei confronti del nazionalismo corradiniano sia nei confronti
del socialismo rivoluzionario si innesta su un contesto storico e culturalecome
l'Italia di Giolitti d'inizio novecentocaratterizzato dalla intensa dialettica
civile tra nazionalismi e socialismi, e, all'interno di essa, tra visioni
moderate (nazionalismo liberale e socialismo riformista) e concezioni estreme
(nazionalismo estremo e socialismo rivoluzionario). «Gli interventi di
Calderoni pubblicati sulla rivista di Corradiniscrive M. Toraldo di Francia-
possono distinguersi dal punto di vista dei contenuti e cronologicamente in due
gruppi: del primo fanno parte gli articoli polemici nei confronti del
nazionalismo propagandato dalla rivista, nel secondo invece si collocano gli
ultimi due scritti, di impronta nettamente antisocialista […]» . La via
dell'analisi sul nazionalismo moderato (liberale e liberista)sondata nelle
recensioni vailatiane a Pareto, Dumont, Trivero, Tombesi, Pierson, Einaudi,
Rignano e Landryè battuta da Calderoni in maniera minuziosa alla luce dei due
articoli Nazionalismo antiprotezionista? (1904) e Nazionalismo borghese e
protezionista (1904), nella direzione d'una estesa accusa al nazionalismo
corradiniano; moderati dall'interesse vailatiano verso il socialismo
riformista, internazionalista, e non materialista di darwinismo sociale
kiddiano e anti-materialismo effertziano, i moniti critici del nostro autore
nei confronti del socialismo rivoluzionario si estrinsecano invece con consueta
chiarezza nei due contributi La questione degli scioperi ferroviari (1904) e La
necessità del capitale (1905). Dalle colonne della rivista corradiniana Il
Regno, Calderonisulla scia del moderatismo del maestro Vailatitenta di maturare
una concezione intermedia tra estremismi di “destra” e di “sinistra”, idonea a
sacrificare valori e ideali della «borghesia» italiana alla tutela del bene
comune dell'intera nazione, in nome della necessaria vitalità di un'industria e
di un'economia in inarrestabile ascesa internazionale; a detta del nostro
autorecontra Prezzolini- si deve sacrificare il bene comune dei ceti sociali
abbienti sull'altare del bene nazionale: Per me personalmente, che mi
sento anzitutto italiano e poi borghese, mi auguro che l'Italia sappia
sbarazzarsi di tutti gli elementi dannosi ed infecondi che la dissanguano e la
opprimono; dovesse anche, in questo processo di eliminazione, andar sacrificata
buona parte della borghesia attuale, per essere sostituita (attraverso il
meccanismo democratico) da elementi più vitali e più utili che sono veramente
gli interessi della Patria. M.
Calderoni, Scritti, Firenze, La Voce, 1924, voll. I e II M. Toraldo di Francia,
Pragmatismo e disarmonie sociali: il pensiero di Mario Calderoni, Milano,
Angeli, 1983 A. Di Giovanni , M. Calderoni- Scritti sul Pragmatismo, Roma,
Bonanno Editore, 2007 I. Pozzoni, Il pragmatismo analitico italiano di Mario
Calderoni, Roma, IF Press, 2009 Fulvio Papi, CALDERONI, Mario, in Dizionario
biografico degli italiani, 16, Roma,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1973.
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Mario Calderoni, . Biografie Diritto
Diritto Filosofo del XIX secoloFilosofi italiani Professore1879 1914 30
giugno 14 dicembre Ferrara Imola
Caloprese: Gregorio Caloprese
Gregorio Caloprese, indicato anche come Gregorio Caroprese, Caropreso,
Calopreso (Scalea), filosofo. Nacque a
Scalea da Carlo e da Lucrezia Gravina, che si sposarono a Roggiano nel 1653,
cade così la leggenda che Gregorio fosse nato nel 1650, quando i suoi genitori
ancora non si conoscevano . «Da
onestissimi parenti, di condizione cittadina, nella terra di Scalea, posta nel
paese dei Bruzii, trasse, nel 1650, i suoi natali Gregorio Caloprese, o
Caroprese...Fu celebre pel suo ingegno, e per l'universale sua letteratura.
Visse molto tempo in Napoli, e in Roma; finalmente tornato alla patria vi morì
nel 1715 all'età di 65 anni...»» I suoi
genitori si resero presto conto dell'intelligenza del loro figliolo e lo
avviarono a studiare a Napoli sotto la guida del letterato Giuseppe
Porcella Si laureò successivamente nel
campo a lui più congeniale della medicina. Rimase sempre in rapporto da Scalea,
dove si era ritirato, con i centri intellettuali di Napoli e Roma dove
risiedeva suo cugino Gian Vincenzo Gravina e dove lo stesso Caloprese soggiornò
sul finire del'600. A Scalea fondò una
scuola che ebbe una certa rinomanza e
partecipò all'attività culturale dell'Accademia di Medinaceli traendone
ispirazione per i suoi interessi antiautoritari e antidogmatici scientifici e
filosofici che lo fecero schierare dalla parte di coloro che subordinavano
l'indagine naturalistica al metodo razionale di tipo cartesiano. Vico, Metastasio , Giannone lo qualificano
come «gran renatista» ma la sua reale posizione filosofica è piuttosto da
rintracciare in chi era a lui più vicino: il suo discepolo Francesco Maria
Spinelli che racconta come Caloprese, tornato da Napoli a Scalea visse dei
proventi di alcune sue proprietà praticando la medicina solo per i suoi amici e
i poveri e che descrive la scuola di Caloprese come fondata sullo studio
letterario e scientifico e l'esercizio fisico nella convinzione del rapporto
tra mente e corpo. Alla lettura dei testi di Cartesio si associava quella di
Lucrezio e Bacone secondo l'ideale teorico di una sintesi di sperimentalismo e
atomismo, razionalismo e mentalismo.
Opere Dell'origine degli imperi. Un'etica per la politica, versione
moderna con testo a fronte e note di Enrico Esposito, introduzione di Alfonso
Mirto, Milano, Salviati, 2002. Opere, Fabrizio Lomonaco e Alfonso Mirto,
Napoli, Giannini, 2004. Note Alfonso
Mirto, editore delle Opere di Caloprese, avverte che il personaggio nacque nel 1654
e non nel 1650 come erroneamente indicato nell'epigrafe del busto a lui
dedicato Ove non indicato diversamente,
le informazioni contenute nel paragrafo "Biografia" hanno come fonte:
Amedeo Quondam, Dizionario biografico degli Italiani (2006) alla voce
corrispondente Notizie su questi aspetti
della vita di Caloprese, cugino di Gianvincenzo Gravina in: Francesco
Guzzolino, Gian Vincenzo Gravina, Castrovillari 1993 in Luigi Accattatis, Le biografie degli
uomini illustri delle Calabrie, Cosenza, dalla tip. Municipale (poi: dalla tip.
della Redenzione, e poi dalla tip. Migliaccio), 1869-1877 (ristampa anastatica
A. Forni, 1977) «Meravigliosa vivezza
d'ingegno ed acume d'intendimento comparvero in lui sin dai più teneri anni, e
gran diletto di apprendere; per cui gli avveduti genitori, solleciti di
coltivare in lui si belle doti, apparati nella patria i primi rudimenti delle
lettere lo inviarono di buon'ora in Napoli per imprendervi l'usato corso degli
studii. Ebbe da prima a maestro delle lettere umane Giuseppe Porcella insigne
letterato a quel tempo, e non ignobil poeta. Sotto la costui disciplina molto
si approfittò, congiungendo alla fertilità d'ingegno fervente non interrotta
applicazione; di modo che egli fece la soddisfazione del Maestro e dei suoi genitori,
e l'emulazione dei compagni.» (In L. Accattatis, op. cit.) «Nella sua patria intanto per qualche tempo
era egli stato, dove date avea le prime letterarie istituzioni al
celebratissimo Giov. Vincenzo Gravina, suo cugino per madre» (In L. Accattatis,
op. cit.). «...ed ebbe il vanto
d'istruire nelle materie filosofiche, in cui era versatissimo, il gran
Metastasio, che seco avea per ciò condotto alla sua patria, come attesta il
Metastasio medesimo in una sua lettera scritta da Vienna nel 1769» (in L.
Accattatis, op. cit.). G. Petronio,
L'attività letteraria in Italia, Palumbo, Palermo 1987376: «Gregorio Caloprese,
che abitava allora alla Scalea in Calabria, [...] godeva gran fama come uno dei
maggiori cartesiani italiani ('gran renatista' lo dissero, fra gli altri, il
Vico e il Giannone)». Studi critici Rena A. Syska-Lamparska, Letteratura e
scienza. Gregorio Caloprese teorico e critico della letteratura, Napoli, Guida,
2005. Alfonso Mirto, Contributo alla biografia e alla calopresiane, Napoli, Liguori editore, Diego Forestieri, La civil società e il viver
civile: una lettura sociologica delle Lezioni dell'Origine degli Imperij di
Gregorio Caloprese, in «Rivista di Studi Politici», n. 4, Roma, Editrice Apes,
. Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Gregorio Caloprese Gregorio Caloprese, in Dizionario biografico
degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Gregorio Caloprese, su openMLOL,
Horizons Unlimited srl. Filosofia Filosofo
del XVII secoloMedici italianiMatematici italiani Professore1654 1715 Scalea
Scalea
Camilla: De' misterii e
maravigliose cause della compositione del mondo, 1564 Giovanni Camilla (scritto
anche Camilli o Camillo) (Genova), filosofo.
Opere Giovanni Camilla, De' misterii e maravigliose cause della
compositione del mondo, In Vinegia, Gabriele Giolito de Ferrari, 1564.
Note Camilla, Giovanni CERL cnp Filosofia
Matematica Matematica Categorie: Medici
italianiFilosofi italiani ProfessoreXVI secolo XVI secolo Genova
Cammarata: Angelo Ermanno Cammarata
(Catania) filosofo. Fu uno dei più conosciuti rettori dell'Trieste dal 1946 al
1952, per la difesa della quale ricevette la medaglia d'oro della Cultura e
dell'Arte, mentre all'Ateneo fu conferita nel 1962 la medaglia d'oro al valor
civile. Biografia Nel corso della sua
carriera insegnò filosofia del diritto e altre materie giuridiche nelle
Messina, Macerata, Trieste, Napoli e Roma. Allievo di Giovanni Gentile, aderì
all'idealismo immanentista. Gli scritti principali di filosofia del diritto
sono inseriti, in massima parte, in Formalismo e sapere giuridico, Giuffrè
1963. Buona parte degli scritti riguardanti invece la "questione di
Trieste" sono pubblicati in Fra la teoria del diritto e la questione di
TriesteScritti inediti e rari, Eut, Trieste 2007. Fu anche un notevole fotografo, come
documentano le due mostre (Trieste 2004 e Gorizia ) a lui dedicate. Cammarata, Angelo Ermanno, in Dizionario di
filosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009. 9 luglio . Opere di
Angelo Ermanno Cammarata, . Filosofia Università Università Filosofo del XX secoloAvvocati
italiani del XX secoloInsegnanti italiani Professore1899 1971 Catania
RomaFilosofi del diritto
Campa: Grice:
“Philosophy runs out of names: there are British philosophers G. R. Grice and H.
P. Grice, and Itallian philosophers R. Campa, and R. Campa.” Riccardo
Campa Nota disambigua.svg
DisambiguazioneSe stai cercando il sociologo, vedi Riccardo Campa
(sociologo). Riccardo Campa con il premio Nobel Eugenio Montale (1971)
Riccardo Campa (Presicce), filosofo. Storico della filosofia italiano, la cui
indagine teorica si è incentrata sulla relazione fra la cultura umanistica e la
cultura scientifica, delineando il percorso storico della cultura occidentale,
in particolare nell'ambito europeo-latinoamericano. Negli anni
sessanta e settanta ha diretto la Biblioteca delle idee, sotto la presidenza
scientifica del premio Nobel Eugenio Montale e contemporaneamente è stato
condirettore responsabile del periodico Nuova Antologia, nel quale ha
pubblicato saggi di letteratura e filosofia sul pensiero del Novecento; vi ha
inoltre tradotto e pubblicato testi di Jorge Luis Borges, George Uscătescu,
Vittorio Dan Segre, André Chastel, Walter Kaufmann, Ortega y Gasset.
Riccardo Campa con Jorge Luis Borges a Roma (1983)«Riccardo Campa fue
nombrado doctor honoris causa en las ciudades de Atenas y Nueva York, alfa y
omega del conocimiento de lo que constituye Occidente [...] Asombra en su obra
la recopilacion enciclopedica del pensamiento europeo, cimentada en la razon
que la describe.» «Riccardo Campa ha ricevuto dottorati honoris causa
nelle città di Atene e New York, l'alfa e l'omega della conoscenza di ciò che
costituisce l'Occidente [...] Sorprende nella sua opera la raccolta
enciclopedica del pensiero europeo, fondata sulla ragione che lo
descrive.» (Domingo Barbolla Camarero, Prologo, in Riccardo Campa La
razon instrumental. El mesianismo nostalgico de la contemporaneidad, Madrid,
Editorial Biblioteca Nueva, ) Ha partecipato, a seguito di regolare concorso a
livello internazionale, al Forum Europeo di Alpbach, al Collège de France, e
all'Universidad Internacional Menéndez Pelayo, e, a partire dal 1973, ha
insegnato presso diverse università italiane e straniere (Bologna, Università
degli Studi di Napoli Federico II, Università per stranieri di Siena,
Universidad de Morón), tenendo corsi di storia delle dottrine politiche, storia
della filosofia,,storia delle Americhe e diritto politico. Riccardo
Campa all'Università per Stranieri di Siena () Dal 1987 al 1991 ha diretto
l'Istituto Italiano di Cultura di Buenos Aires e successivamente, dal 1991 al
1992, ha coordinato in Italia e nell'America Latina le attività celebrative del
V Centenario dell'America , per disposizione del Ministero degli Affari
Esteri.. Dal 1993 al 1997 ha svolto le funzioni di Vicepresidente della
Commissione Nazionale per la promozione della cultura italiana all'estero
(Legge 22.12.1990, n.401). Quale ormai consolidata personalità-ponte fra i due
mondi, geograficamente separati ma culturalmente legati dalle comuni radici,
dal 1994 svolge le funzioni di Direttore del Centro Studi, Documentazione e
Biblioteca dell'Istituto Italo-Latino Americano di Roma. Contemporaneamente è
stato Vicedirettore della Società Dante Alighieri. Dal 2002 al 2005 ha
presieduto il Forum Internazionale sulla Società Contemporanea di Madeira e,
alla scadenza di questo mandato, è stato eletto a Roma presidente della
Federazione Internazionale di Studi sull'America Latina e i Caraibi per il
biennio 2005-2007. In questo ambito, con il suo operato, ha garantito
l'interscambio delle figure intellettuali più significative fra la cultura
latinoamericana e quella europea, favorendone la reciproca conoscenza.
Riceve la nomina di Director Emeritus del Giambattista Vico Chair of Italian
Studies en Dowling College, Nueva York nel . Studioso di diverse
discipline: dalla linguistica teorica alla filosofia del linguaggio, dalla
filologia all'analisi letteraria alla storia della lingua; dalla filosofia
teoretica alla filosofia della scienza, nella gestione della complessa realtà
istituzionale, dal 2005 al , ha assunto l'incarico di Direttore del Centro di
Eccellenza della Ricerca dell'Siena. Già Ordinario del S.S.D SPS/2
(Storie delle dottrine politiche) presso la Facoltà di Lingua e Cultura
Italiana dell'Università per Stranieri di Siena, l'11 febbraio gli è stato conferito il titolo di
"Professore emerito". Opere Appartengono, fra gli altri, alla
produzione classica: Il potere politico nell'America Latina, Edizioni di
Comunità, Milano, 1968; Il riformismo rivoluzionario cileno, Marsilio, Padova,
1970; Appunti per una storia del pensiero politico latino-americano, Lugano,
Pantarei, 1971; L'universo politico omogeneo, Istituto Editoriale
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sobre nosso tempo (Riflessioni con Oscar Niemeyer), São Paulo, Max Limonad,
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la etimologia del mundo (con un saggio di Roland Barthes), Buenos Aires,
Editorial Sudamericana, 1989; La malinconia di EpicuroRiflessioni in penombra
con Jorge Luis Borges, Buenos Aires, Editorial SudamericanaFondazione
Internazionale Jorge Luis Borges, 1990; La primeva unità: saggio sulla storia,
Le Monnier, Firenze, 1990; La practica del dictamen: del ius a la humanitas,
Grupo Editor Latinoamericano, Buenos Aires, 1990; El sondeo de la apariencia:
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sobre Italo Calvino, Grupo Editor Latinoamericano, Buenos Aires, 1991;
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plébiscitaire, Paris, L'Harmattan, ; El sortilegio de la palabra, Madrid,
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eventualidad y la inexorabilidad. El invierno de Gunter, Editorial Sindéresis, Madrid,
; La Destreza y el engano. Ensayo sobre Don Quijote de Miguel de Cervantes
Saavedra, Ediciones Clasicas, Madrid, ; L'America Latina. Un compendio,
Bologna, Il Mulino, ; Octavio Paz. El desconcierto de la modernidad, Ediciones
Clasicas, Madrid, ; La parola, Bologna, Il Mulino, ; Cervantes. La linea del
horizonte, Valencia, Albatros, , L'elegia del Nuovo Mondo, Bologna, Il Mulino,
. La mundializacion, Valencia, Albatros, . Il convivio linguisttico.
Riflessioni sul ruolo dell'italiano nel mondo contemporaneo, Roma,
Carocci, Note Anno di conseguimento del titolo di Professore. Dal 1974 al 1987 ne ha diretto l'Istituto
Storico-politico della Facoltà di Scienze Politiche. Con decreto dell'11 febbraio del Ministro dell'Istruzione, dell'Università
e della Ricerca, vi è stato nominato Professore Emerito di Storia delle
dottrine politiche. Dopo averne curato,
dal 2003 al 2005, il XII Congresso Internazionale, designato dall'Accademia
delle Scienze di Russia ed eletto dall'Osaka.
Luigi Trenti , Il viaggio delle parole: scritti in onore di Riccardo
Campa, Perugia, Guerra Editore, 2008.
978-88-557-0155-6 Antonio Requeni, Nueva vision de la literatura
argentina, "Les Andes", 16 settembre 1984, 3° Seccion pag.1. Antonio
Requeni, Presencia cultural de Italia en la Argentina, "La Prensa",
18 ottobre 1987, pag.3. Antonio Requeni, Los intelectuales del mundo: hoy,
Riccardo Campa: la Argentina, en el laberinto de Borges, "La Nacion",
20 settembre 2006, 1-3. Jesus Francisco Sanchez, Crisis del neocapitalismo
podria hacer renacer ideas del socialismo y la izquierda: Ricardo Campa,
"El Sol de Durango", 22 ottobre 2008, 6/A Altri progetti Collabora a
Wikiquote Citazionio su Riccardo Campa Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia
Commons contiene immagini o altri file su Riccardo Campa Filosofia
Letteratura Letteratura Filosofo del XX
secoloFilosofi italiani del XXI secoloStorici della filosofia italiani 1934 21
aprile PresicceProfessori dell'Università degli Studi di Napoli Federico II
Campa -- Riccardo Campa
(Mantova), filosofo. È conosciuto soprattutto per i suoi studi nel campo
dell'etica della scienza e del transumanesimo e, precisamente, per la sua
difesa dell'idea di evoluzione autodiretta. Svolge ricerche sia nella veste di
Professore associato di Sociologia della scienza e della tecnica all'Università
Jagellonica di Cracovia, sia nella veste di Presidente dell'Associazione
Italiana Transumanisti, della quale è fondatore. Laureato in Scienze politiche nel 1990 e in
Filosofia nel 1994 all'Bologna, Riccardo Campa ha conseguito il titolo di
Giornalista professionista presso l'Ordine dei giornalisti di Roma nel 1995, il
dottorato in Epistemologia all'Università Nicolaus Copernicus di Torun nel 1999
e l'abilitazione in Sociologia all'Università Jagellonica di Cracovia nel 2009.
Nell'ambito della sociologia della scienza, è annoverato tra gli allievi di
Robert K. Merton, fondatore di questa disciplina. A differenza di alcuni
continuatori della scuola costruttivista, Merton ha sempre mostrato un
atteggiamento positivo nei confronti delle scienze, e Campa è rimasto fedele a
questa impostazione. A tal proposito, il filosofo argentino-canadese Mario
Bunge ha rimarcato il fatto che «Campa è uno degli ultimi esemplari rimasti di
una specie in estinzione: lo studioso pro-scienza della comunità
scientifica». Pensiero I suoi studi
hanno ricevuto una certa attenzione da parte dei media, a partire dal 2005,
dopo che Francis Fukuyama, all'epoca consigliere per la bioetica del presidente
statunitense George W. Bush, ha definito il transumanesimo «l'idea più
pericolosa del mondo». Secondo Fukuyama il transumanesimo è una nuova forma di
biopolitica che, pur essendo liberale e non coercitiva, rischia di minare il
concetto di uguaglianza tra gli uomini. Simili posizioni critiche hanno assunto,
in Italia, Marcello Veneziani, Giuliano Ferrara, Paolo Rossi, e diversi
opinionisti del quotidiano cattolico Avvenire, che hanno criticato le idee di
Campa e di altri filosofi e scienziati transumanisti (tra i quali, Nick
Bostrom, James Hughes, Gregory Stock, e Max More), stimolando un dibattito ad
ampio raggio sulle prospettive aperte dalle nuove tecnologie. Campa ha difeso
le idee transumaniste in numerose pubblicazioni, interviste e dibattiti
pubblici, apparendo talvolta anche in televisione, e sostenendo che le
tecnologie emergenti e convergenti GRIN (un acronimo per Genetica, Robotica,
Informatica e Nanotecnologia) non rappresentano un rischio inutile, come
lasciano intendere i critici, ma un'opportunità di sviluppo in linea con
l'atteggiamento prometeico che caratterizza la storia della civiltà
occidentale. Le sue valutazioni, sull'opportunità di allungare la vita media e
potenziare le facoltà mentali e fisiche dell'uomo, sono soprattutto di ordine
etico e sociale. Opere È autore di
numerosi articoli e saggi, tra i quali spiccano sette libri monografici: Epistemological Dimensions of Robert Merton's
Sociology (Copernicus University Press, 2001) Il filosofo è nudo (Marszalek,
2001) Etica della scienza pura (Sestante Edizioni, 2007) Mutare o perire. La
sfida del transumanesimo (Sestante Edizioni, ) Le armi robotizzate del futuro.
Il problema etico (CEMISS, ) Trattato di filosofia futurista (Avanguardia 21
Edizioni, ) La specie artificiale. Saggio di bioetica evolutiva (D Editore, )
La rivincita del paganesimo. Una teoria della modernità (D Editore, ) Creatori
e Creature. Anatomia dei movimenti pro e contro gli OGM (D Editore, ) La
società degli automi. Studi sulla disoccupazione tecnologica e sul reddito di
cittadinanza (D Editore, ) Still Think Robots Can't Do Your Job?: Essays on
Automation and Technological Unemployment (D Editore, ) Credere nel futuro: Il
lato mistico del transumanesimo (Orbis Idearum Press, ) È inoltre curatore
della serie "Divenire. Rassegna di studi interdisciplinari sulla tecnica e
il postumano". Note Cerimonia di abilitazione all'Cracovia C. Cipolla, Manuale di sociologia della
salute, Franco Angeli, 200439. R. Campa,
Epistemological Dimensions of Robert K. Merton's Sociology, Copernicus
University Press, 2001, quarta di copertina.
F. Fukuyama, “Transhumanism: The World's Most Dangerous Idea”, Foreign
Policy, 1º settembre 2004.. La versione italiana è apparsa sul Corriere della
Sera con il titolo “Biotecnologie: la fine dell'uomo”, il 10 febbraio
2005. M. Veneziani, “Attenti l'uomo è
fuori moda. La scienza prepara “l'oltreuomo”, Libero, 20 aprile 2005. G. Ferrara, “Mettere in dubbio il dubbio”, Il
Foglio, 11 ottobre 2005. P. Rossi,
Speranze, Il Mulino, Bologna 2008:
53-90. A. Galli, “Nietzsche,
profeta dell'eugenetica”, Avvenire, 21 settembre 2005. Rassegna stampa degli articoli pro e contro
il transumanesimo. “Nascita del
superuomo”, documentario di RAI 3, 15 novembre 2006. Archiviato l'11 aprile in .; “Futuro in pillole”, puntata de Le
Invasioni Barbariche condotta da Daria Bignardi, LA7, 21 gennaio .;“Musica
maestro”, servizio biografico di RAI 1, 5 luglio . Sito della rivista Divenire Giorgia Mazzotti, Il Prof che suonava il
rock, Gazzetta di Mantova, 8 gennaio 2008. Roberto Guerra, Futurismo per la
nuova umanità, Armando Editore, Roma .
Il transumanismo. Cronaca di una rivoluzione annunciata, Lampi di
Stampa, Milano 2008. Riccardo Campa
biografia e nel sito "transumanisti.it".
Campailla:Tommaso
Campailla (Modica), filosofo. Campailla, filosofo e poeta 3La cura della
sifilide con le botti del Campailla Tommaso Campailla nasce a Modica, in
Sicilia, il 6 aprile del 1668, nell'attuale Via Posterla, sotto la rupe del
Castello dei Conti e a pochi metri dalla casa che quasi 250 anni dopo vide
nascere un altro importante concittadino, Salvatore Quasimodo.
Tommaso Campailla, incisione dall'Adamo (Roma-Palermo, 1737) Mostrò le
sue migliori doti d'ingegno in età matura, giacché, in gioventù, per la sua
gracile costituzione, il padre preferì educarlo in campagna affinché si
irrobustisse all'aria aperta, piuttosto che indirizzarlo agli studi. Nel 1684,
si trasferì a Catania per studiarvi giurisprudenza, ma l'improvvisa morte del
padre, che lo lasciava erede di un discreto patrimonio, lo costrinse a
ritornare nella città natale, la sua cara Modica, in cui rimase fino alla
morte, senza mai muoversi da essa. Lì, poté dedicarsi interamente agli
amati studi, prevalentemente da autodidatta, coltivando con passione ed
abnegazione, fra le tante discipline, l'astronomia, le lettere e la filosofia.
Sempre da autodidatta, studiò Aristotele e i classici, per poi dedicarsi alla
fisica, forse spinto dall'onda emotiva suscitata dal terribile sisma che, nel
1693, distrusse Modica e tutto il Val di Noto. Morì per un colpo
apoplettico, il 7 febbraio del 1740. Il suo corpo fu sepolto sotto l'altare
maggiore del duomo di San Giorgio in Modica, del quale una lapide, deposta alla
sinistra dell'ingresso principale, lo ricorda. Campailla, filosofo e
poeta Studioso di Cartesio, che vuole conciliare con la filosofia scolastica,
ne applicò i principi alle sue indagini conoscitive, fatte di osservazione ed
esperimenti, divenendo, insieme col filosofo trapanese Michelangelo Fardella,
uno dei principali divulgatori delle teorie cartesiane in Sicilia. Poeta
raffinato, fu accademico degli Assorditi di Urbino, dei Geniali di Palermo, e
della più celebre Accademia degli Arcadi di Roma; restaurò quindi l'Accademia
degli Infocati nella sua città natale. Nel 1709 diede alle stampe i primi sei
canti (ispirati ai moduli letterari lucreziani) del poema filosofico, in due
parti, L'Adamo, ovvero il Mondo Creato, successivamente dedicato, nella sua
stesura completa (in venti canti) del 1723, a Carlo VI d'Austria, Imperatore e
Re di Sicilia. Il poema, che conobbe una discreta fortuna e che è stato
recentemente ristampato, rappresenta una summa delle idee teologiche,
cosmologiche, fisiche e filosofiche dell'autore, alla luce del
cartesianesimo. All'inizio del Settecento, la fama del Campailla, tra
l'altro in corrispondenza epistolare con importanti personalità fra i quali
Ludovico Antonio Muratori (bibliotecario del Duca di Modena), si diffuse anche
all'estero, toccando Lipsia, Parigi, Londra, tanto che il filosofo George
Berkeley volle conoscerlo personalmente e, poiché il Campailla non si muoveva
mai dalla sua città natale (come Kant), nel 1718 fu lo stesso Berkeley a
recarsi in Sicilia a trovarlo, informandolo fra l'altro delle nuove teorie
newtoniane, le quali verranno poi usate dal Campailla nelle sue successive opere.
Il Muratori si fece intermediario persino per una cattedra all'Padova da
assegnargli, invito che venne pure da Londra, ma il suo ostinato rifiuto a
viaggiare e lasciare la sua Modica (in ciò, ancora simile a Kant) lo portò a
declinare tali prestigiose ed onorevoli proposte. Per lo stesso motivo,
invitato ad assistere, il 24 dicembre 1713, all'incoronazione a Re di Sicilia,
nella Cattedrale di Palermo, del Duca Vittorio Amedeo II di Savoia, disdisse
gentilmente la visita. Nel 1738, pubblicò, rimanendo però incompiuto, il
poema sacro L'Apocalisse di San Paolo, in cui, oltre ad affrontare i temi della
grazia e della virtù attiva, fornì pure una personale confutazione delle teorie
di Miguel Molinos, fondatore del "Quietismo", un'eresia che aspirava
all'unificazione con Dio. Infine, nello stesso periodo, iniziò a scrivere il
primo volume di un'opera sistematica intitolata Opuscoli filosofici, di cui
uscì solo il primo volume (in dialoghi) intitolato Considerazioni sopra la
fisica del signor Isacco Newton (1738), contemporaneamente alla stesura di un
trattato, in due volumi, di fisica cartesiana, pubblicato postumo, nel 1841,
sotto il titolo Filosofia per principi e cavalieri. La cura della
sifilide con le botti del Campailla Pur non essendo medico di professione,
Campailla riuscì tuttavia a promuovere, nella Contea di Modica, gli studi di
medicina. Infatti, il suo impegno, quasi umanitario, lo portò a sperimentare,
dal 1698 in poi, le sue famose "botti" (dette poi botti del
Campailla) per la cura non solo della sifilide (considerata, allora, il male
del secolo, e ritenuta dalla Chiesa come un castigo di Dio per i peccati degli
uomini), ma anche dei reumatismi e, in genere, di qualunque forma di
artrosi. La "botte", in realtà, è una stufa mercuriale con
all'interno uno sgabello, sul quale il paziente veniva fatto sedere, in attesa
della cura. Questa consisteva nel versare, in un braciere che si trovava pure
all'interno della stufa, la relativa dose di cinabro, da cui, per sublimazione,
esalavano dei vapori di mercurio, che erano poi assorbiti dal corpo del
paziente in piena sudorazione. La novità introdotta dal Campailla consistette
nell'aggiunta di incenso all'interno della botte, in una dose che consentiva,
ai vapori sprigionati, di essere più "respirabili" per un certo lasso
di tempo, variabile dai 10 ai 20 minuti circa, a seconda dalle condizioni
soggettive del paziente. Il contributo del Campailla consentì pure di
modificare la forma della botte, rispetto alle altre già esistenti in Italia ed
in Europa, le quali avevano un foro in alto da cui fuoriusciva la testa del
paziente che, in tal modo, non poteva respirare i vapori di mercurio
medicamentosi. Tuttavia, questi vapori, così esalati, erano curativi solamente
per i sifilomi che infestavano la cute, i quali regredivano sì ma senza
remissione del morbo (che solo con l'avvento della penicillina, nel '900, si
debellerà), con i germi patogeni che continuavano ad agire e moltiplicarsi nel
sangue dei soggetti infetti. Invece, grazie all'innovazione del Campailla,
i pazienti, completamente all'interno della botte, potevano ora respirare la
miscela di mercurio e incenso, la quale, agendo così in modo sottocutaneo,
uccideva i germi diminuendone la carica patogena; spesso, si ottenevano delle
guarigioni, a volte anche definitive, che, all'epoca, venivano considerate
quasi miracolose. Infatti, un rapporto medico dell'epoca riferisce che
" [...] Dopo la cura mercuriale col metodo Campailla, si può assistere a
delle rinascite complete di individui ridotti in condizioni impressionanti di
cachessia o con lesioni tali da rendersi impossibile qualsiasi intervento
curativo per via percutanea o ipodermica". I risultati furono
talmente soddisfacenti che Modica acquisì notorietà in tutta Europa proprio per
le botti del Campailla, ancor oggi esistenti all'interno dell'antico Ospedale
di S. Maria della Pietà e visitabili all'interno di un percorso museale
appositamente dedicato. Negli anni a venire, le botti del Campailla
furono, ma con scarsi risultati, imitate altrove, sia in Italia che all'estero:
ad esempio, nel 1891, sorse a Palermo, per volere del prof. Mannino della
locale facoltà di Medicina, un Sanatorio Campailla; agli inizi del '900, fu poi
costruita, a Roma, una cosiddetta Botte di Modica; a Milano, ancora negli anni
'50, furono costruite botti di vetro sul modello di quelle del Campailla;
mentre, a Parigi, furono fondati istituti a imitazione del Sifilocomio
Campailla palermitano, per la cura delle malattie reumatiche e
nevralgiche. Teatro La rappresentazione Cygnus, atto unico scritto da
Nausica Zocco, prende spunto dalla vita e dalle opere di Tommaso Campailla, ed
è stato portato in scena l'8 maggio a
Modica, per la regia di Tiziana Spadaro. Note L'esatta data di nascita è riscontrabile,
come quella di morte, negli appositi registri dell'Archivio Parrocchiale della
Chiesa Madre di San Giorgio in Modica.
Taluni, sulla base di nessuna fonte storica attendibile, hanno diffuso
l'infondata notizia secondo cui il Campailla stesso sia stato vittima della
sifilide, contrariamente al fatto che lo studioso modicano costruì comunque le
sue botti, per il trattamento di questa infezione, nel 1698, quando aveva solo
30 anni, ma morì a 72 anni, età veneranda e considerevole, per quei tempi, in
cui la vita media di un individuo di sesso maschile era di 55-58 anni, per non
tener conto poi del fatto che, nel Settecento (e così, fino all'avvento degli
antibiotici nel Novecento), un sifilitico aveva comunque delle bassissime
aspettative di vita dopo il manifestarsi della malattia, dell'ordine di
pochissimi anni. Ad ogni modo, le botti del Campailla raccolsero, per molti
decenni, un gran numero di pareri positivi a favore di un loro benefico
influsso contro il morbo. Tommaso
Campailla, "L'Adamo" ovvero "Il mondo creato" poema
filosofico , Volume unico, Messina, Michele Chiaramonte e Antonino Provenzano,
1728. //treccani.it/enciclopedia/tommaso-campailla/ Cfr. D. Scinà, Prospetto della storia
letteraria di Sicilia nel secolo decimottavo, Tipografia Lorenzo Dato, Palermo,
1824, I, Capo III. Tratto dalla Rassegna di Clinica, Terapia e
Scienze Affini, Anno XXVIII, Fascicolo IV.
Secondio Sinesio, Vita del celebre filosofo, e poeta Signor D. Tommaso
Campailla, Patrizio modicano, Siracusa, 1783; ristampa Modica, 2005. Valentino
Guccione , Tommaso Campailla ed il suo museo in Modica, Leggio & Diquattro,
Ragusa, 1992. Carmelo Ottaviano, Tommaso Campailla. Contributo
all'interpretazione e alla storia del cartesianesimo in Italia, introduzione e
note Domenico D'Orsi, CEDAM, Padova, 1999. Giovanni Criscione, Tommaso
Campailla. Un poeta e filosofo modicano, Idealprint, Modica, 2000. Valentino
Guccione, Tommaso Campailla, il suo museo, la scuola medica modicana, Comune di
Modica, Modica, 2001. Tommaso Campailla
e la Scuola Medica Modicana, Ed. IngegniCulturaModica, Modica, . Altri progetti
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Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Tommaso
Campailla Tommaso Campailla, su
Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Tommaso Campailla, in Dizionario biografico
degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Tommaso Campailla, su openMLOL,
Horizons Unlimited srl. Opere di Tommaso Campailla, .
Campanella
-- campanella:
one of the most important of the Italian philosophers. H. P. Grice enjoyed his philosophical poems.
Philosopher. He joined the Dominican
order in 1582. Most of the years between 1592 and 1634 he spent in prison for
heresy and for conspiring to replace rule
in southern Italy with a utopian republic. He fled to France in 1634 and spent
his last years in freedom. Some of his best poetry was written while he was
chained in a dungeon; and during less rigorous confinement he managed to write
over a hundred books, not all of which survive. His best-known work, The City
of the Sun 1602; published 1623, describes a community governed in accordance
with astrological principles, with a priest as head of state. In later
political writings, Campanella attacked Machiavelli and called for either a
universal monarchy with the pope as
spiritual head or a universal theocracy with the pope as both spiritual and
temporal leader. His first publication was Philosophy Demonstrated by the Senses
1591, which supported the theories of Telesio and initiated his lifelong attack
on Aristotelianism. He hoped to found a new Christian philosophy based on the
two books of nature and Scripture, both of which are manifestations of God.
While he appealed to sense experience, he was not a straightforward empiricist,
for he saw the natural world as alive and sentient, and he thought of magic as
a tool for utilizing natural processes. In this he was strongly influenced by
Ficino. Despite his own difficulties with Rome, he wrote in support of Galileo.
Tommaso Campanella, al secolo chiamato Giovan
Domenico Campanella, noto anche con lo pseudonimo di Settimontano Squilla
(Stilo, 5 settembre 1568Parigi, 21 maggio 1639), filosofo, teologo, poeta e
frate domenicano italiano. Giovan Domenico Campanella nacque a Stilo, un
piccolo borgo della Calabria Ulteriore, al tempo parte del Regno di Napoli
(attualmente in provincia di Reggio Calabria), il 5 settembre del 1568, come
egli stesso più volte afferma nei suoi scritti e come dichiarò il 23 novembre
del 1599 nel carcere di Castel Nuovo a Napoli, al giudice Antonio Peri: «son di
una terra chiamata Stilo in Calabria Ultra, mio padre si domanda Geronimo
Campanella e mia madre Caterina Basile». Fino al 1806 si conservava anche
l'atto di battesimo nella parrocchia di San Biagio, borgo di Stilo, così
redatto: «A dì 12 settembre 1568, battezzato Giovan Domenico Campanella figlio
di Geronimo e Catarinella Martello, nato il giorno 5, da me D. Terentio Romano,
parroco di S. Biaggio [sic] nel Borgo». Il padre era un ciabattino povero e
analfabeta che non poteva permettersi di mandare i figli a scuola e Giovan
Domenico ascoltava dalla finestra le lezioni del maestro del paese, segno
precoce di quella voglia di conoscenza che non l'abbandonò per tutta la
vita. Nel 1581 la famiglia si trasferì nella vicina Stignano e nella
primavera del 1582 il padre pensò di mandare il figlio presso un fratello, a
Napoli, perché vi studiasse diritto, ma il giovane Campanella, per il desiderio
di seguire corsi regolari di studi e abbandonare un destino di miseria, più che
per una reale vocazione religiosa, decise di entrare nell'Ordine domenicano.
Novizio nel convento della vicina Placanica, vi fece i primi studi e pronunciò
i voti a quindici anni nel convento di San Giorgio Morgeto, assumendo il nome
di Tommaso (in onore di san Tommaso d'Aquino), continuando gli studi superiori
a Nicastro dal 1585 al 1587 e poi, a vent'anni, a Cosenza, dove affrontò lo
studio della teologia. L'istruzione ricevuta dai domenicani non lo
soddisfaceva e non gli era sufficiente: «essendo inquieto, perché mi sembrava
una verità non sincera, o piuttosto falsità in luogo della verità rimanere nel
Peripato, esaminai tutti i commentatori d'Aristotele, i greci, i latini e gli
arabi; e cominciai a dubitare ancor più dei loro dogmi, e perciò volli indagare
se le cose ch'essi dicevano fossero nella natura, che io avevo imparato dalle
dottrine dei sapienti essere il vero codice di Dio. E poiché i miei maestri non
potevano rispondere alle miei obiezioni contro i loro insegnamenti, decisi di
leggere da me tutti i libri di Platone, di Plinio, di Galeno, degli stoici, dei
seguaci di Democrito e principalmente i Telesiani, e metterli a confronto con
il primo codice del mondo per sapere, attraverso l'originale e autografo,
quanto le copie contenessero di vero o di falso». Fu in particolare il De
rerum natura iuxta propria principia di Bernardino Telesio una rivelazione e
una liberazione insieme: scoprì che non esisteva soltanto la filosofia
scolastica e che la natura poteva essere osservata per quello che è, e poteva e
doveva essere indagata con i mezzi concreti posseduti dall'uomo, con i sensi e
con la ragione, prima osservando e poi ragionando, senza schemi precostituiti e
senza mandare a memoria quanto altri credevano di aver già scoperto e di
conoscere su di essa. Era il 1588 e Telesio, che da anni era tornato a vivere
nella nativa Cosenza, vi moriva ottantenne proprio in quei giorni. Il neofita
frate entusiasta non poté sottrarsi a deporre sulla bara, nel duomo, versi
latini di ringraziamento devoto. Quelle che dai suoi superiori furono
considerate intemperanze gli costarono il trasferimento nel piccolo convento di
Altomonte, dove tuttavia il Campanella non rimase inattivo: la segnalazione di
alcuni amici, che gli mostrarono il libro di un certo Jacopo Antonio Marta,
napoletano, scritto contro l'amato Telesio, lo spinse a replicare e nell'agosto
del 1589 concluse quella che è la sua prima opera, la Philosophia sensibus
demonstrata, pubblicata a Napoli due anni dopo. In essa Campanella ribadì
la sua adesione al naturalismo di Telesio, inquadrato però in una cornice
neoplatonica, di derivazione ficiniana, per la quale le leggi della natura non
mantengono più la loro autonomia, come in Telesio, ma sono spiegate dall'azione
creatrice di Dio, dal quale deriva anche l'ordine provvidenziale che governa
l'universo: «chi regola la natura è quel glorioso Iddio, sapientissimo
artefice, che ha provveduto in modo da non reprimere le forze della natura,
nella quale tuttavia agisce con misura». Campanella non poteva rimanere a
lungo ad Altomonte: alla fine del 1589 abbandonò il convento calabrese e se ne
andò a Napoli, ospite dei marchesi del Tufo. Nella capitale del viceregno, pur
non abbandonando l'abito di frate, fu tutto inteso ad approfondire i suoi
interessi neoplatonici e scientifici, che allora erano connessi strettamente
con gli studi alchemici e magici: «scrissi due opere, l'una del senso, l'altra
della investigazione delle cose. A scrivere il libro De sensu rerum mi spinse
una disputa avuta prima in pubblico, poi in privato con Giovanni Battista Della
Porta, lo stesso che scrisse la Fisiognomica, il quale sosteneva che della
simpatia e dell'antipatia non si può rendere ragione; disputa con lui avuta
appunto quando esaminavamo insieme il suo libro già stampato. Scrissi poi il De
investigatione rerum, perché mi pareva che i peripatetici ed i platonici
portassero i giovani per una via larga ma non diritta alla ricerca della
verità». Il De sensu rerum et magia, iniziato a scrivere in latino nel
1590, fu completato e dedicato al granduca di Toscana Ferdinando I de' Medici
nel 1592; sequestratogli il manoscritto a Bologna dal Sant'Uffizio, fu
riscritto in italiano nel 1604, tradotto in latino nel 1609 e pubblicato
finalmente nel 1620 a Francoforte. Campanella vi persegue una sintesi di
naturalismo telesiano e di platonismo: a Democrito e ai materialisti rimprovera
di voler far derivare l'ordine del mondo all'azione degli atomi, che non hanno
sensibilità, e agli aristotelici la mancata iniziativa di Dio nella
costituzione della natura. D'altra parte egli non intende nemmeno sacrificare
l'autonomia delle forze che agiscono nella natura, pur se la spiegazione ultima
delle cose va ricercata nella primitiva azione divina. Secondo
Campanella, i tre principi, materia, caldo e freddo, di cui è composta la
natura, sono frutto della creazione divina: «Dio prima fece lo spazio, composto
pure di Potenza, Sapienza e Amore [...] e dentro a quello pose la materia, che
è la mole corporea [...] Nella materia poi Dio seminò due principi maschi, cioè
attivi, il caldo e il freddo, perché la materia e lo spazio sono femmine,
principi passivi. E questi maschi, da codesta materia divisa, combattendo,
formano due elementi, cielo e terra, che combattendo tra loro, dalla loro virtù
fatta languida nascono i secondi enti, avendo per guida della generazione le
tre influenze, la Necessità, il Fato e l'Armonia, che portano l'Idea». Le
tre primalità (primalitates)che corrispondono alle tre nature
divinecostituiscono il triplice carattere di ogni essere: Dio «ha dato a tutte
le cose potenza di vivere, sapienza e amore quanto basti alla loro
conservazione [...] Dunque il calore può, sente e ama essere, e così ogni cosa,
e desidera eternarsi come Dio e attraverso Dio nessuna cosa muore ma si muta
soltanto, anche se ogni cosa pare morta all'altra e in verità è morta, così
come il fuoco pare cattivo al freddo ed è veramente cattivo per lui, ma per Dio
ogni cosa è viva e buona». Se si considera ogni cosa nel tutto ci si rende
conto che nulla muore veramente: «muore il pane e si fa chilo, questo muore e
si fa sangue, poi il sangue muore e si fa carne, nervi, ossa, spirito, seme e
patisce varie morti e vite, dolori e piaceri». Dalla Potenza le cose sono
solo perché possono essere e hanno una determinata natura; Dio attraverso
questa potenza dona la Necessità alle cose, la Sapienza permette alle cose di
conoscere il Fato, ossia il saper vedere la successione di causa-effetto nei
processi naturali e infine l'Amore permette l'Armonia fra gli esseri, perché
questi amano essere così e non diversamente: «tutti gli enti si compongono di
Potenza, Sapienza e Amore e ognuno è perché può essere, sa essere e ama essere,
combatte contro il non essere e, quando gli manca il potere o il sapere o
l'amore dell'essere, muore e si trasmuta in chi ne ha di più». Tutte le
cose hanno sensibilità: «Tanta sciocchezza è negare il senso alle cose perché
non hanno occhi, né bocca, né orecchie, quanto è negare il moto al vento perché
non ha gambe, e il mangiare al fuoco perché non ha denti, e il vedere a chi sta
in campagna perché non ha finestre da cui affacciarsi e all'aquila perché non
ha occhiali. La medesima sciocchezza indusse altri a credere che Dio abbia
certo corpo e occhi e mani». Inoltre Campanella ci parla anche delle
primalità del non-essere, presenti inevitabilmente nel mondo finito, che sono
l’Impotenza, l’Insipienza e l’Odio: solo in Dio, che è infinito, le primalità
dell'essere non sono contrastate dalle primalità del non-essere. A queste tre
primalità si contrappongono le potenze negative, che possono variamente
combinarsi alle primalità nell'ambito delle varie forme della magia, che è
l'insieme delle regole che vanno osservate per intervenire nella natura. Il
mago è il sapiente che scopre le relazioni esistenti tra le cose: «beato chi
legge nel libro della natura, e impara quello che le cose sono, da esso e non
dal proprio capriccio, e impara così l'arte e il governo divino, facendosi di
conseguenza, con la magia naturale, simile e unanime a Dio». La magia si
manifesta attraverso le sensazioni, che possono essere negative o positive:
sensazioni che l'uomo coglie, e che gli fanno capire di essere parte integrante
di un ordine universale; tuttavia, nonostante sia parte di questo ordine, può
opporsi a tale ordine, e se si oppone all'ordine universale la magia è
negativa, se invece si armonizza, ovvero cerca di seguire l'ordine universale,
allora la magia è positiva. La pubblicazione della Philosophia
sensibus demonstrata provocò scandalo nel convento di San Domenico: un
domenicano che non frequenta il convento e che rifiuta Aristotele e San Tommaso
per Telesio non può essere un buon cattolico. Anche se nessuna affermazione
eretica è contenuta nel libro, in un giorno imprecisato del 1591 Campanella fu
arrestato dalle guardie del nunzio apostolico con l'accusa di pratiche
demoniache. Non si conoscono gli atti del processo ma è conservato il testo
della sentenza, emessa in San Domenico il 28 agosto 1592, contro «frater Thomas
Campanella de Stilo provinciae Calabriae» dal padre provinciale di Napoli, fra
Erasmo Tizzano e da altri giudici domenicani. L'accusa di praticare con il
demonio e di aver pronunciato una frase irriverente contro l'uso delle
scomuniche vengono a cadere, ma resta quella di essere un telesiano, di non
tener conto dell'ortodossia filosofica di Tommaso d'Aquino e di essere stato
per mesi «in domibus saecolarium extra religionem»: dopo quasi un anno di
carcere già scontato, è allora sufficiente che reciti dei salmi e torni, entro
otto giorni, nel suo convento di Altomonte. Campanella si guardò bene
dall'ubbidire all'ordine del tribunale, che lo avrebbe costretto a rinunciare,
a soli 24 anni, a un mondo di cultura nel quale egli era convinto di poter
offrire un contributo fondamentale. Così, munito di una lusinghiera lettera di
presentazione al granduca di Toscana, rilasciatagli dall'amico ed estimatore,
il padre provinciale di Calabria fra Giovanni Battista da Polistena, il 5
settembre 1592 fra Tommaso partì da Napoli alla volta di Firenze, con il suo
carico di libri e manoscritti, contando su di un posto di insegnante a Pisa o a
Siena. La prudente diffidenza di Ferdinando I, che non mancò di chiedere
informazioni sul suo conto al cardinale Del Monte, ottenendo una risposta
negativa, spinse il 16 ottobre Campanella a lasciare Firenze per Bologna, dove
l'Inquisizione, che lo sorvegliava, per mezzo di due falsi frati gli rubò gli
scritti che si portava appresso, per poterli esaminare in cerca di prove a suo
danno. Ai primi del 1593 Campanella fu a Padova, ospite del convento di
Sant'Agostino. Qui, tre giorni dopo il suo arrivo, il Padre generale del
convento venne nottetempo sodomizzato da alcuni frati, senza che egli potesse
identificarli, e perciò, fra i tanti sospettati del grave abuso, anche il Campanella
fu messo sotto inchiesta. Non si sa se dall'inchiesta si passò a un processo
che abbia visto imputato, tra gli altri frati, anche Campanella: in ogni caso
egli ne uscì innocente. Rimase a Padova, probabilmente con la speranza di
trovarvi lavoro; vi incontrò Galileo e conobbe il medico e filosofo veneziano
Andrea Chiocco. Ma il Sant'Uffizio lo teneva ormai sotto osservazione: alla
fine del 1593 o all'inizio del 1594 fu nuovamente arrestato. Fu accusato
di: aver scritto l'opuscolo De tribus impostoribusMosè, Gesù e
Maomettodiretto contro le tre religioni monoteiste, un libro della cui
esistenza allora si favoleggiava, ma che nessuno aveva mai letto; sostenere le
opinioni atee di Democrito, evidentemente un'accusa tratta dall'esame del suo
scritto De sensu rerum et magia, rubatogli a Bologna; essere oppositore della
dottrina e dell'istituzione della Chiesa; essere eretico; aver disputato su
questioni di fede con un giudaizzante, forse condividendone le tesi, e di non
averlo comunque denunciato; aver scritto un sonetto contro Cristo, il cui
autore sarebbe stato però, secondo Campanella, Pietro Aretino; possedere un
libro di geomanzia, che in effetti gli fu sequestrato al momento dell'arresto.
A Padova, in un primo tempo gli furono contestate solo le ultime tre accuse:
per estorcere le confessioni, Campanella e due imputati presunti
«giudaizzanti», Ottavio Longo, originario di Barletta, e Giovanni Battista
Clario, di Udine, medico dell'arciduca Carlo d'Asburgo, furono sottoposti a
tortura. Nel frattempo, dall'esame del suo De sensu rerum, fatto a Roma,
dovettero trarsi nuove imputazioni, che richiesero lo spostamento del processo
da Padova a Roma, dove infatti Campanella fu condotto e rinchiuso nel carcere
dell'Inquisizione l'11 ottobre 1594. Per difendersi dalle nuove accuse di
essere oppositore della Chiesa, Campanella scrisse già nel carcere padovano un
De monarchia Christianorum, perduto, e il De regimine ecclesiae, ai quali fece
seguito, nel 1595, per contestare l'accusa di intelligenza con i protestanti,
il Dialogum contra haereticos nostri temporis et cuisque saeculi e, a difesa
dell'ortodossia di Telesio e dei suoi seguaci, la Defensio Telesianorum ad
Sanctum Officium. La tortura cui fu sottoposto nell'aprile del 1595 segnò la
pratica conclusione del processo: il 16 maggio Campanella abiurava nella chiesa
di Santa Maria sopra Minerva e veniva confinato nel convento domenicano di
Santa Sabina, sul colle Aventino. Le disavventure giudiziarie di
Campanella non finirono però qui. Il 31 dicembre 1596 era stato liberato dal
confino di Santa Sabina e assegnato al convento di Santa Maria sopra Minerva;
intanto, a Napoli, un concittadino di Campanella, condannato a morte per reati
comuni, Scipione Prestinace, prima di essere giustiziato il 17 febbraio 1597, forse
per ritardare l'esecuzione, denunciava diversi suoi conterranei e il Campanella
in particolare, accusandolo di essere eretico: così, il 5 marzo, Campanella fu
nuovamente arrestato.[25] Non si conoscono i precisi contenuti della
deposizione del Prestinace né i dettagli del nuovo processo, che si concluse il
17 dicembre 1597: nella sentenza, Campanella fu assolto dalle imputazioni e,
diffidato dallo scrivere, liberato «sub cautione iuratoria de se representando
toties quoties», finché, consegnato ai suoi superiori, questi lo confinino in
qualche convento «senza pericolo e scandalo». In tutto questo periodo di
tempo, il Campanella non era certamente rimasto inoperoso nemmeno sotto
l'aspetto della produzione speculativa e letteraria: oltre agli scritti difensivi
del De monarchia, del Dialogo contro i Luterani e del De regimine, e ai
Discorsi ai prìncipi d'Italia, che è un tentativo di captatio benevolentiae
all'indirizzo della Spagna, giustificato dalla difficile situazione
giudiziaria, scrisse l'Epilogo magno, destinato a essere integrato nella
successiva Philosophia realis, con il Prodromus philosophiae instaurandae,
pubblicato nel 1617, l'Arte metrica, dedicata al compagno di sventura Giovan
Battista Clario, la Poetica, dedicata al cardinale Cinzio Aldobrandini, e i
perduti Consultazione della repubblica Veneta, Syntagma de rei equestris
praestantia, De modo sciendi e Physiologia. Ai primi del 1598
Campanella prese la via di Napoli, dove si fermò diversi mesi, dando lezioni di
geografia, scrivendo le perdute Cosmographia e Encyclopaedia facilis e
terminando l'Epilogo Magno. In luglio s'imbarcò per la Calabria: sbarcato a
Piana di Sant'Eufemia, raggiunse Nicastro e di qui, il 15 agosto, Stilo, ospite
del convento domenicano di Santa Maria di Gesù. Per poco tempo il
Campanella rimase tranquillo in convento, dove scrisse il piccolo trattato De
predestinatione et reprobatione et auxiliis divinae gratiae, nel quale affermò
la dottrina cattolica del libero arbitrio. In un abbozzo dei suoi Articuli
prophetales, appare già l'attesa del nuovo secolo che gli sembra annunciato da
fenomeni straordinari: inondazioni del Po e del Tevere, allagamenti e terremoti
in Calabria, il passaggio di una cometa, profezie e coincidenze astrologiche.
Un nuovo mondo sembra alle porte, a sostituire il vecchio che in Calabria, ma
non solo, vedeva «i soprusi dei nobili, la depravazione del clero, le violenze
d'ogni specie [...] la Santa Sede [...] sanciva i soprusi e proteggeva i
prepotenti. Il clero minore, corrottissimo nei costumi, abusava ogni giorno più
delle immunità ecclesiastiche, e profanava in ogni modo il suo ufficio. Fazioni
avverse contendevano talvolta aspramente tra loro, e non poche lotte erano
coronate da omicidi e delitti d'ogni specie. Gruppi di frati si davano alla campagna,
e, forniti di comitive armate, agivano come banditi, senza che il governo
riuscisse a colpirli [...] I nobili e le famiglie private, dilaniate da
inimicizie ereditarie, tenevano agitato il paese con combattimenti incessanti
tra fazioni [...] l'estrema severità delle leggi, che comminavano la pena di
morte per moltissimi delitti anche minimi [...] la frequenza delle liti e delle
contese, aumentavano in maniera preoccupante il numero dei banditi».[26]
In tale situazione di degrado e nell'illusione di un rivolgimento già scritto
nelle stelle, Campanella progettò, senza preoccuparsi di valutare
realisticamente le possibilità di realizzazione, la costituzione in Calabria di
una repubblica ideale, comunistica e insieme teocratica. Era necessario per
questo cacciare gli Spagnoli, ricorrendo anche all'aiuto dei Turchi: cominciò a
predicare dai primi mesi del 1599 l'imminente ed epocale rivolgimento,
intessendo nell'estate una fitta trama di contatti con le poche decine di
congiurati che aderirono a quella fantastica impresa. Le autorità ebbero ben
presto sentore del tentativo di insurrezione e in agosto truppe spagnole
intervennero a rafforzare i presidi. Il 17 agosto Campanella fuggì dal convento
di Stilo, nascondendosi prima a Stignano, poi nel convento di Santa Maria di
Titi; infine, nascosto in casa di un amico, progettò di imbarcarsi da Roccella,
ma venne tradito e consegnato il 6 settembre agli spagnoli. Incarcerato a
Castelvetere, il 10 settembre firmò una confessione nella quale faceva i nomi
dei principali congiurati, negando ogni sua partecipazione all'impresa. Ma le
testimonianze dei suoi complici erano concordi nell'indicarlo come capo della
cospirazione. Trasferito a Napoli insieme ai suoi compagni di avventura,
Campanella fu rinchiuso in Castel Nuovo. Il 23 novembre 1599 avvenne il
riconoscimento formale dell'accusato, descritto come «giovane con barba nera,
vestito di abiti civili, con cappello nero, casacca nera, calzoni di cuoio e
mantello di lana». Il Santo Uffizio non ottenne dall'autorità spagnola che i
religiosi imputatiCampanella e altri sette frati domenicanifossero trasferiti a
Roma e papa Clemente VIII, l'11 gennaio 1600, nominò il nunzio a Napoli, Jacopo
Aldobrandini e don Pedro de Vera, che fu fatto ecclesiastico per l'occasione,
giudici nel processo che si sarebbe tenuto a Napoli. Ad essi venne aggiunto il
19 aprile il domenicano Alberto Tragagliolo, vescovo di Termoli, già consultore
nel primo processo, scelto dal papa per trattare in modo favorevole Campanella,
poiché Clemente VIII era, anche se prudentemente, antispagnolo.
Campanella era passato sotto la giurisdizione del Sant'Uffizio, che nessun
tribunale statale poteva violare, nemmeno nei casi di lesa maestà. Ciò permise
di ritardare la prevedibile condanna a morte del frate. Durante il processo
presieduto dal vescovo Benedetto Mandina, Campanella, sotto tortura, riconobbe
le proprie eresie e, in quanto relapso, diventò passibile della pena capitale.
La sua strategia di difesa, disperata e rischiosissima, fu quella di fingersi
pazzo, poiché un eretico insano di mente non poteva essere messo a morte dal
Sant'Uffizio. I giudici, dubbiosi, lo sottoposero il 18 luglio, per
un'ora, al supplizio della corda per fargli confessare la simulazione, ma egli
resistette, rispondendo alle domande cantando o dicendo cose senza senso.
L'accettazione da parte dei giudici della pazzia avvenne il 4 e 5 giugno 1601,
durante una terribile seduta di tortura denominata "la veglia", che
consistette in 40 ore di corda alternata al cavalletto, con tre brevi interruzioni.
La resistenza morale e fisica di Campanella gli permise di superare la prova,
anche se rimase poi tra la vita e la morte per sei mesi.
Frontespizio della Metaphysica Trascorse 27 anni in prigione a Napoli.
Durante la prigionia scrisse le sue opere più importanti: La Monarchia di
Spagna (1600), Aforismi Politici (1601), Atheismus triumphatus (1605-1607),
Quod reminiscetur (1606?), Metaphysica (1609-1623), Theologia (1613-1624), e la
sua opera più famosa, La città del Sole (1602), in cui vagheggiava
l'instaurazione di una felice e pacifica repubblica universale retta su
principi di giustizia naturale. Egli addirittura intervenne sul cosiddetto
“primo processo a Galileo Galilei” con la sua coraggiosa Apologia di Galileo
(scritta nel 1616 e pubblicata nel 1622). Fu infine scarcerato nel 1626,
grazie a Maffeo Barberini, arcivescovo di Nazareth a Barletta, poi papa col
nome di Urbano VIII, che personalmente intercedette presso Filippo IV di
Spagna. Campanella fu portato a Roma e tenuto per qualche tempo presso il
Sant'Uffizio; fu liberato definitivamente nel 1629. Visse per cinque anni a
Roma, dove fu il consigliere di Urbano VIII per le questioni astrologiche,
avendo con successo, secondo il Papa, impedito il verificarsi di profezie che
preannunciavano la sua morte imminente in occasione di due eclissi del 1628 e
1630. Nel 1634, però, una nuova cospirazione in Calabria, portata avanti
da uno dei suoi seguaci, gli procurò nuovi problemi. Con l'aiuto del cardinale
Barberini e dell'ambasciatore francese de Noailles, fuggì in Francia, dove fu
benevolmente ricevuto alla corte di Luigi XIII. Protetto dal cardinale
Richelieu e finanziato dal re, passò il resto dei suoi giorni al convento
parigino di Saint-Honoré. Il suo ultimo lavoro fu un poema che celebrava la
nascita del futuro Luigi XIV (Ecloga in portentosam Delphini
nativitatem). Gli è stato dedicato un asteroide, 4653
Tommaso. Il pensiero di Campanella prende le mosse, in età
giovanile, dalle conclusioni cui era giunto Bernardino Telesio; egli si riallaccia
quindi al naturalismo telesiano, sostenendo che la natura vada conosciuta nei
suoi propri principi, che sono tre: caldo, freddo e materia. Essendo tutti gli
esseri formati da questi tre elementi, allora gli esseri della natura sono
tutti dotati di sensibilità, in quanto la struttura della natura è comune a
tutti gli enti; quindi mentre Telesio aveva affermato che anche i sassi possono
conoscere, Campanella porta all'esasperazione questo naturalismo, e sostiene
che anche i sassi conoscono, perché nei sassi noi ritroviamo questi tre
principi, ovvero caldo, freddo e massa corporea (materia). Il problema
della conoscenza (e la rivalutazione dell'uomo) Il naturalismo di Campanella,
in conseguenza di ciò, comporta una teoria della conoscenza essenzialmente
sensistica: egli sosteneva infatti che tutta la conoscenza è possibile solo
grazie all'azione diretta o indiretta dei sensi, e che Cristoforo Colombo aveva
potuto scoprire l'America perché si era rifatto alla sensazione, non di certo
alla razionalità. La razionalità deriva dalla sensazione: non esiste una
conoscenza razionale intellettiva che non derivi da quella sensitiva. Tuttavia
Campanella, a differenza di Telesio, cerca di rivalutare l'uomo e pertanto
afferma l'esistenza di due tipi di conoscenze: una innata, una sorta di
coscienza interiore, e una conoscenza esteriore, che si avvale dei sensi. La
prima è definita ‘sensus inditus', che è la conoscenza di sé, la seconda
‘sensus additus' che è la conoscenza del mondo esterno. La conoscenza del mondo
esterno appartiene a tutti, anche agli animali; la conoscenza di sé, invece,
appartiene solo all'uomo, ed è la coscienza di essere un essere pensante.
Campanella si rifà ad Agostino d'Ippona, poiché afferma che noi possiamo
dubitare della conoscenza del mondo esterno, mentre non possiamo dubitare della
conoscenza di sé. Questo ‘sensus inditus' sarà poi il punto essenziale della
filosofia cartesiana, che si basa sul ‘cogito': io penso quindi esisto (cogito
ergo sum). La religione e la politica In base a queste premesse,
Campanella si sofferma sulla religione che egli distingue in due tipologie: una
religione naturale e religioni positive. La religione naturale è una religione
che rispetta l'ordine universale dell'universo stesso; le religioni positive
sono invece religioni che vengono imposte dallo stato. Campanella afferma però
che il cristianesimo è l'unica religione positiva, poiché è imposto dallo
stato, ma al contempo coincide con l'ordine naturale (cui però aggiunge il
valore della rivelazione). Tuttavia anche questa teoria della religione
razionale contrastava con i dogmi della Chiesa della Controriforma. Egli
sostenne, del resto, la superiorità del potere temporale su quello spirituale,
individuando poi il potere supremo, di volta in volta, nella Spagna e poi nella
Francia, a seconda di convenienze politiche e personali. La città del
Sole Magnifying glass icon mgx2.svg La città del Sole. Civitas Solis
Campanella fu autore anche di un'importante opera di carattere utopico, ovvero
La città del Sole. Nella Città del Sole egli descrive una città ideale,
utopica, governata dal Metafisico, un re-sacerdote volto al culto del Dio Sole,
un dio laico proprio di una religione naturale, di cui Campanella stesso è
sostenitore, pur presupponendo razionalmente che coincida con la religione
cristiana. Questo re-sacerdote si avvale di tre assistenti, rappresentanti le
tre primalità su cui si incentra la metafisica campanelliana: Potenza, Sapienza
e Amore. In questa città vige la comunione dei beni e la comunione delle donne.
Nel delineare la sua concezione collettivista della società, Campanella si rifà
a Platone (V secolo a.C.) e all'Utopia di Tommaso Moro (1517); fra gli
antecedenti dell'utopismo campanelliano è da annoverare anche La nuova
Atlantide di Francesco Bacone. L'utopismo partiva dal presupposto che, poiché
non si poteva realizzare un modello di Stato che rispecchiasse la giustizia e
l'uguaglianza, allora questo Stato si ipotizzava, come aveva fatto a suo tempo
Platone. È però importante sottolineare che, mentre Campanella tratta una
realtà utopistica, Niccolò Machiavelli rappresenta la realtà concretamente, e
la sua concezione dello Stato non è affatto utopistica, ma assume una valenza
di metodo di governo, finalizzato ad ottenere e mantenere stabilmente il potere.
Interpretazioni storiografiche del pensiero politico L'incertezza è già
evidente nell'interpretazione della critica idealistica, che, nei limiti di una
conoscenza ancora incompleta dell'opera, coglie nel pensiero campanelliano un
deciso orientamento in direzione del moderno immanentismo, contaminato tuttavia
da residui del passato e della tradizione cristiana e medioevale. Per
Silvio Spaventa, Campanella è il "filosofo della restaurazione
cattolica", in quanto la stessa proposizione che la ragione domina il
mondo, è inficiata dalla convinzione che essa risieda unicamente nel papato.
Non molto dissimile la lettura di Francesco de Sanctis: "Il quadro è
vecchio, ma lo spirito è nuovo. Perché Campanella è un riformatore, vuole il
papa sovrano, ma vuole che il sovrano sia ragione non solo di nome ma di fatto,
perché la ragione governa il mondo". È la ragione che determina e
giustifica i mutamenti politici, e questi ultimi "sono vani se non hanno
per base l'istruzione e la felicità delle classi più numerose". Tutto ciò
conduce Campanella, secondo il pensiero idealista, alla concezione di un
moderno immanentismo. Opere Aforismi politici, A. Cesaro, Guida, Napoli
1997 An monarchia Hispanorum sit in augmento, vel in statu, vel in decremento,
L. Amabile, Morano, Napoli 1887 Antiveneti, L. Firpo, Olschki, Firenze 1944
Apologeticum ad Bellarminum, G. Ernst, in «Rivista di storia della filosofia»,
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Virginis, A. Langella, L'Epos, Palermo 2004 Apologia pro Galileo, Michel-Pierre
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Volpicelli, Giuntine-Sansoni, Firenze 1960 Articoli prophetales, G. Ernst, La
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l'antichristianesimo macchiavellesco, G. Ernst, Edizioni della Normale, Pisa
2004 88-7642-125-4 De aulichorum
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Morano, Napoli 1887 Censure sopra il libro del Padre Mostro: «Ragionamenti
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recitandum, cod. Barb. Lat. 217, Biblioteca Vaticana Compendium de rerum natura
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Firpo, Olschki, Firenze 1951 Defensio libri sui 'De sensu rerum', apud L.
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eretici, D. Ciampoli, Carabba, Lanciano 1911 Dialogo politico tra un Veneziano,
Spagnolo e Francese, L. Amabile, Morano, Napoli 1887 Discorsi ai principi
d'Italia, L. Firpo, Chiantore, Torino 1945 Discorsi della libertà e della
felice soggezione allo Stato ecclesiastico, L. Firpo, s.e., Torino 1960
Discorsi universali del governo ecclesiastico, L. Firpo, UTET, Torino 1949
Disputatio contra murmurantes in bullas ss. Pontificum adversus iudiciarios,
apud T. Dubray, Parisiis 1636 Disputatio in prologum instauratarum scientiarum,
R. Amerio, SEI, Torino 1953 Documenta ad Gallorum nationem, L. Firpo, Olschki,
Firenze 1951 Epilogo Magno, C. Ottaviano, R. Accademia d'Italia, Roma 1939
Expositio super cap. IX epistulae sancti Pauli ad Romanos, apud T. Dubray,
Parisiis 1636 Index commentariorum Fr. T. Campanellae, L. Firpo, in «Rivista di
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Editoriali e Poligrafici Internazionali, Pisa-Roma 2000 Lista dell'opere di fra
T. Campanella distinte in tomi nove, L. Firpo, in «Rivista di storia della
filosofia», II, 1947 Medicinalium libri VII, ex officina I. Phillehotte,
sumptibus I. Caffinet F. Plaignard, Lugduni 1635 Metafisica, Giovanni Di
Napoli, (brani scelti del testo latino e traduzione italiana, 3 volumi),
Bologna, Zanichelli 1967 Metafisica. Universalis philosophiae seu
metaphysicarum rerum iuxta propria dogmata. Liber 1ºPonzio, Levante, Bari 1994
Metafisica. Universalis philosophiae seu metaphysicarum rerum iuxta propria
dogmata. Liber 14º, T. Rinaldi, Levante, Bari 2000 Monarchia Messiae, L. Firpo,
Bottega d'Erasmo, Torino 1960 Philosophia rationalis, apud I. Dubray, Parisiis
1638 (comprende Logicorum libri tres) Philosophia realis, ex typographia D.
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Miele, in «Archivum Fratrum Praedicatorum», LII, 1982 De praedestinatione et
reprobatione et auxiliis divinae gratiae cento Thomisticus, apud I. Dubray,
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terrae, R. Amerio, CEDAM, Padova 1939 (L. I-II), Olschki, Firenze 1955-1960 (L.
III-IV) Del senso delle cose e della magia, Rubbettino, Soveria Mannelli 2003
De libris propriis et recta ratione. Studendi syntagma, A. Brissoni,
Rubbettino, Soveria Mannelli 1996 Theologia, L. I-XXX, Libro Primo, Edizione
Romano Amerio, Vita e Pensiero, Milano, 1936. Scelta di alcune poesie
filosoficheChoix de quelques poésies philosophiques, Edizione Marco Albertazzi,
Traduzione francese di Franc Ducros, La Finestra editrice, Lavis 978-88-95925-70-7. Campanella nel
cinema La città del sole, regia di Gianni Amelio (1973) Note A. Casadei, M. Santagati, Manuale di
letteratura italiana medievale e moderna, Laterza, Roma-Bari 249. Luigi Firpo, Campanella Tommaso, «Dizionario
biografico degli Italiani», Roma 1974: «Non hanno fondamento le asserzioni
ricorrenti, attizzate da un patetico campanilismo, che lo vorrebbero nato nel
vicino comune di Stignano». Nel Novecento nacque una disputa campanilistica tra
il comune di Stilo e quello di Stignano, che rivendica di aver dato i natali al
filosofo calabrese e indica nel proprio territorio la presunta casa natale di
Campanella In Luigi Firpo, I processi di
Tommaso Campanella, Roma 1998117 In
Opere di Tommaso Campanella, Alessandro d'Ancona, Torino 185412. Un decreto del
16 maggio 1968 ad opera del Ministero della Pubblica Istruzione Caleffi fissa
la casa natale di Tommaso Campanella nell'attuale Comune di Stignano, al tempo
casale del vastissimo territorio di Stilo, adducendo a prova del fatto
l'archivio provinciale di Napoli. La differente indicazione del cognome della
madre, Basile e Martello, fa ritenere che quest'ultimo sia un soprannome Massimo Baldini,Nota biobibliografica, in T.
Campanella, La Città del Sole, Newton Compton, Roma 1995, p.16 T. Campanella, Syntagma de libris propriis et
recta ratione studendi, I Germana Ernst,
Tommaso Campanella: The Book and the Body of Nature [1 ed.], 9048131251,
9789048131259, Springer Netherlands, .
Gli amici Giovanni Francesco Branca, medico di Castrovillari, e Rogliano
da Rogiano, entrambi telesiani, gli segnalarono il libro dell'aristotelico
Marta, il Propugnaculum Arìstotelis adversus principia B. Telesii, Roma
1587 Philosophia sensibus demonstrata,
impressum Neapoli per Horativm Salvianum 1591
Il libro è andato perduto T.
Campanella, Syntagma de libris propris14
John M. Headley, Tommaso Campanella and the Transformation of the World,
0691026793, 9780691026794, Princeton University Press, 1997. T. Campanella, De sensu rerum et magia, II,
26 Pubblicata da Vincenzo Spampanato in
Vita di Giordano Bruno, Messina 1921572
Il cardinale rispose che l'inquisitore fra Vincenzo da Montesanto gli
aveva riferito che del Campanella «si rivedono molti libri pieni [...] di
leggerezza e vanitade, e [...] ancora non sono chiari se vi sia cosa che
appartenghi alla religione»; cfr: lettera del Del Monte a Ferdinando I del 25
settembre 1592 in Archivio di Stato di Firenze, Mediceo, f. 3759 La vicenda di questo sequestro, simulato con
il furto, è esaminata da Luigi Firpo, Appunti campanelliani, in «Giornale critico
della filosofia italiana», XXI, 1940 Non
vi sono documenti relativi a quell'episodio, essendone unica fonte lo stesso
Campanella in due sue tarde lettere, a papa Paolo V il 12 aprile 1607 e a
Kaspar Schoppe il 1º giugno dello stesso anno, nelle quali Campanella
sottolinea la sua innocenza senza entrare in dettagli. Campanella, lettera a Kaspar Schoppe del 1º
giugno 1607: «accusarunt me quod composuerim librum de tribus impostoribus, qui
tamen invenitur typis excusis annos triginta ante ortum meum ex utero
matri». Due libri di simile contenuto
furono scritti soltanto alla fine del Seicento e ai primi del Settecento. Campanella, ivi: «quod sentirem cum
Democrito, quando ego iam contra Democritum libros edideram». Ibidem: «quod de ecclesiae republica et
doctrina male sentirem». Ibidem: «quod
sim haereticus». Campanella, lettera al
papa del 12 aprile 1607: «Primo ex dicto unius judaizantis molestatus». Il
giudaizzante dovrebbe essere un certo Ottavio Longo da Barletta, anch'egli
arrestato a Padova e processato a Roma.
Ibidem: «secundo ob rythmum impium Aretini non meum». «Lecta depositione Scipionis Prestinacis de
Stylo, Squillacensis Diocesis, facta in Curia archiepiscopali Neapolitana,
Illustrissimi et Reverendissimi Domini Cardinales generales Inquisitionis
praefatae mandaverunt dictum fratrem Thomam reduci ad carceres dictae Sanctae
Inquisitionis», in L. Firpo, I processi di Tommaso Campanella88 C. Dentice di Accadia, Tommaso Campanella,
1921, 43-44 Opere Tommaso Campanella, Apologia pro
Galileo, Frankfurt am Main, Gottfried Tampach, 1622. Tommaso Campanella,
Metaphysica, 1, Paris, 1638. Tommaso
Campanella, Metaphysica, 2, Paris, 1638.
Tommaso Campanella, Metaphysica, 3,
Paris, 1638. Tommaso Campanella, Poesie, Bari, Laterza, 1915. Tommaso Campanella, Medicinalium libri,
Lugduni, ex officina Ioannis Pillehotte : sumptibus Ioannis Caffin, &
Francisci Plaignard, 1635. Delle virtù e dei vizi in particolare, testo critico
e traduzione Romano Amerio, Ed. Centro internazionale di studi umanistici,
Roma, 1978 Studi Luigi Amabile, Fra Tommaso Campanella, la sua congiura, i suoi
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Franco Pancallo Editore, Locri 2009). ID., L'andata di Fra Tommaso Campanella a
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(ristampa anastatica, Franco Pancallo Editore, Locri 2009). ID., Fra Tommaso
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Napoli 1887. Giuliano F. Commito, IUXTA PROPRIA PRINCIPIALibertà e giustizia
nell'assolutismo moderno. Tra realismo e utopia, Aracne, Roma, 2009, 978-88-548-2831-5. Luigi Cunsolo, Tommaso
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Caterina Fiorani , Laboratorio Campanella: biografia, contesti, iniziative in
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Tommaso Campanella. Il filosofo immaginato, interpretato, falsato, Roma-Bari,
Laterza, . Metafisica (Tommaso
Campanella) Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una
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Tommaso Campanella Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene
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su bivio.filosofia.sns.it. Historiographiae liber unus iuxta propria principia,
su imagohistoriae.filosofia.sns.it. testo tratto da Tutte le opere di Tommaso
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, Stanford Encyclopedia of Philosophy, Center for the Study of Language and
Information (CSLI), Stanford. Filosofia Letteratura Letteratura Filosofo del XVII secoloTeologi
italianiPoeti italiani Professore1568 1639 5 settembre 21 maggio Stilo ParigiDomenicani
italianiLetteratura utopicaAccademia cosentinaVallata dello StilaroErmetisti
italianiAforisti italianiItaliani emigrati in Francia. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Campanella," per Il
Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria,
ItaliaCampanelliana.
Cantoni: Remo
Cantoni (Milano), filosofo. Insegnò filosofia morale in alcune università
italiane. In opposizione alla tradizione storicista, idealistica crociana
si occupò di cultura e storia usando contaminazioni sociologiche e
antropologiche. Per queste aperture venne considerato uno dei maggiori
promotori dell'antropologia culturale in Italia. Nel solco del maestro Antonio
Banfi fu uno dei maggiori esponenti della "Scuola di Milano".
Oltre ai numerosi volumi pubblicati fondò le riviste Studi filosofici e Il
pensiero critico. Fu allievo del filosofo Antonio Banfi, coetaneo e amico
di Vittorio Sereni e Dino Formaggio. Nella cerchia di amicizie di Banfi conobbe
la poetessa Antonia Pozzi che di lui si innamorò di amore non corrisposto. In
una lettera a Sereni ella scrisse: «[…] Non riesco nemmeno a trarre un
senso da tutti questi giorni che abbiamo vissuto insieme: sono qui, in questa
pausa di solitudine, come un po' d'acqua ferma per un attimo sopra un masso
sporgente in mezzo alla cascata, che aspetta di precipitare ancora. Vivo come
se un torrente mi attraversasse; tutto ha un senso di così immediata fine, e è
sogno che sa d'esser sogno, eppure mi strappa con così violente braccia via
dalla realtà. […] Sempre così smisuratamente perduta ai margini della vita
reale: difficilmente la vita reale mi avrà e se mi avrà sarà la fine di tutto
quello che c'è di meno banale in me. Forse davvero il mio destino sarà di
scrivere dei bei libri per i bambini che non avrò avuti. Povero Manzi: senza
saper niente, mi chiamava Tonia Kröger. E questi tuoi occhi che sono tutto un
mondo, con già scritta la tua data di morte […] Un'ora sola in cui si guardi in
silenzio è tanto più vasta di tutte le possibili vite […]» Pensiero
Antropologia e mito Cantoni definiva come "primitivo" quel pensiero
sincretico che non distingueva nettamente tra mito e realtà tra affezione e
razionalità. In questo senso "primitivo" in Cantoni assume una
valenza psicologica più che antropologica. Il pensiero mitico, scrive Cantoni
in "Pensiero dei primitivi, preludio ad un'antropologia", non è
"arbitrario e caotico", ma "pervaso di una razionalità" (p.
299); una "razionalità fusa in un crogiuolo affettivo" (p.
196). Secondo Cantoni "una delle differenze fondamentali tra il pensiero
moderno e quello primitivo consiste nel fatto che il pensiero moderno ha una
chiara coscienza della relazione e dell'intreccio delle varie forme culturali
tra loro e può sempre transitare da una all'altra quando lo voglia; mentre noi
sappiamo, ad esempio, che v'è un conflitto tra la scienza e la religione,
l'arte e la morale, il sogno e la realtà, il pensiero logico e la creazione
mitica, i primitivi mantengono tutte queste forme su di un piano indistinto per
cui fondono e confondono ciò che noi non sempre distinguiamo, ma possiamo pur
sempre distinguere. Questa mancanza di distinzioni nette è uno dei caratteri
più salienti della mentalità primitiva" (p. 183) Quindi "sogno
e realtà trapassano uno nell'altro e costituiscono nella loro saldatura un continuum
omogeneo" (p. 185). Cantoni si occupò con prefazioni, traduzioni,
curatele e altro di Søren Kierkegaard, Fëdor Dostoevskij, Friedrich Nietzsche,
Franz Kafka, Baruch Spinoza, Johann Gottlieb Fichte, Ernest Renan, Nicolai
Hartmann, Julian Huxley, Honoré de Balzac, Karl Jaspers, Antonio Banfi, Émile
Durkheim, Sofocle e Robert Musil. Opere Il pensiero dei primitivi,
Milano: Garzanti, 1941; n. ed. Milano: La goliardica, 1959; Milano: Il
Saggiatore, 1963, 1966, 1968, 1974 Estetica ed etica nel pensiero di
Kierkegaard, Milano: Denti, 1945 Crisi dell'uomo: il pensiero di Dostoevskij,
Milano: Mondadori, 1948, n. ed. Milano: Il Saggiatore, 1975 La coscienza
inquieta: Soren Kierkegaard, Milano: Mondadori, 1949; n. ed. Milano: Il
Saggiatore, 1976 Mito e storia, Milano: Mondadori, 1953 La vita quotidiana:
ragguagli dell'epoca, Milano: Mondadori, 1955 (articoli apparsi su
"Epoca" 1950-54); n. ed. Milano: Il Saggiatore, 1966, 1972 La
coscienza mitica, Milano: Universitarie, 1957 (lezioni dell'anno accademico
1956-57) Umano e disumano, Milano: IEI, 1958 Il pensiero dei primitivi, Milano:
La goliardica, 1959 Il tragico come problema filosofico, Milano: La goliardica,
1960 La crisi dei valori e la filosofia contemporanea: con appendice sullo
storicismo, Milano: La goliardica, 1961 Filosofia del mito, Milano: La
goliardica, 1962 Il problema antropologico nella filosofia contemporanea,
Milano: La goliardica, 1963 Tragico e senso comune, Cremona: Mangiarotti, 1963
Società e cultura, Milano: La goliardica, 1964 Filosofie della storia e senso
della vita, Milano: La goliardica, 1965 Scienze umane e antropologia
filosofica, Milano: La goliardica, 1966 Illusione e pregiudizio: l'uomo
etnocentrico, Milano: Il Saggiatore, 1967, 1970 Storicismo e scienze dell'uomo,
Milano: La goliardica, 1967 Personalità, anomia e sistema sociale, Milano: La
goliardica, 1969 (con Franco Fergnani) Che cosa ha veramente detto Kafka, Roma:
Ubaldini, 1970 Il significato del tragico, Milano: La goliardica, 1970
Introduzione alle scienze umane, Milano: La goliardica, 1971 Che cosa ha detto
veramente Hartmann, Roma: Ubaldini, 1972 Robert Musil e la crisi dell'uomo
europeo, Milano: La goliardica, 1972; n. ed. Milano: Cuem, 2000 8860016673 Persona, cultura e società nelle
scienze umane, Milano: Cisalpino-Goliardica, 1973 Antropologia quotidiana,
Milano: Rizzoli, 1975 Il senso del tragico e il piacere, prefazione di Nicola
Abbagnano, Milano: Editoriale nuova, 1978 Franz Kafka e il disagio dell'uomo
contemporaneo, con una nota di Carlo Montaleone , Milano: Unicopli, 2000 8840005986 Note Attiva tra 1950 ed il 1962 e edita
dall'Istituto Editoriale Italiano
Lettere d'amore di Antonia Pozzi Archiviato il 12 dicembre 2008 in . il
17 dicembre 2008 Carlo Montaleone,
Cultura a Milano nel dopoguerra. Filosofia e engagement in Remo Cantoni,
Torino: Bollati Boringhieri, 1996
8833909689 Caterina Genna, «Il pensiero critico» di Remo Cantoni,
Firenze: Le Lettere, 2008 8860871603
Massimiliano Cappuccio e Alessandro Sardi , Remo Cantoni, Milano: Cuem,
2007 9788860011381 Clementina Gily Reda,
L'antropologia filosofica di Remo Cantoni. Miti come arabeschi, Fondazione Ugo
Spirito, 2008 8886225091 Antonia Pozzi Antonio Banfi Scuola di Milano
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Cantoni sito di Antonia Pozzi, su
antoniapozzi.it. Filosofia Letteratura
Letteratura Università Università
Filosofo del XX secoloAccademici italiani Professore1914 1978 14 ottobre 3 febbraio
Milano MilanoStudenti dell'Università degli Studi di MilanoProfessori
dell'Università degli Studi di CagliariProfessori della SapienzaRomaProfessori
dell'Università degli Studi di PaviaProfessori dell'Università degli Studi di
MilanoFondatori di riviste italianeDirettori di periodici italiani
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