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Thursday, September 3, 2020

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purgottiSebastiano Purgotti Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Niente fonti! Questa voce o sezione sull'argomento chimici italiani non cita le fonti necessarie o quelle presenti sono insufficienti. Puoi migliorare questa voce aggiungendo citazioni da fonti attendibili secondo le linee guida sull'uso delle fonti. Questa voce è da wikificare Questa voce o sezione sugli argomenti chimici e matematici non è ancora formattata secondo gli standard. Contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni di Wikipedia. Segui i suggerimenti dei progetti di riferimento 1, 2. Sebastiano Purgotti (Cagli, 21 luglio 1799 – Perugia, 31 marzo 1879) è stato un chimico, matematico e filosofo italiano.   Indice 1                                               Biografia 2                                            Gli avi 3                                             Onorificenze 4                                           Opere scientifiche e letterarie 5                                           Bibliografia 6                                           Voci correlate 7                                            Collegamenti esterni Biografia Sebastiano Purgotti ha avuto come maestro nelle lettere Imerio Cibo di Amelia, mentre nelle scienze filosofiche e matematiche è stato allievo di Padre Domenico Pallieri, domenicano originario di Alba. Per quest'ultimo, all'indomani della morte, il diciottenne Purgotti ha composto un elogio funebre e una poesia in memoria. Nel novembre del 1817 si iscrive all'Università degli Studi di Roma ai corsi di legge, medicina e fisica-matematica conseguendo il 22 luglio 1819 il diploma di magistero in diritto pubblico e criminale e distinguendosi tra i dotti suoi colleghi nelle suddette discipline.  Tornato a Cagli collabora inizialmente con il padre nella farmacia di famiglia posta nella piazza maggiore (l'attuale piazza Matteotti), senza abbandonare però la viva aspirazione a ricoprire una cattedra universitaria con particolare predilezione per l'insegnamento della chimica.  In mancanza di una laurea specifica per detta disciplina (all'epoca dei suoi studi l'Università di Roma non ne conferiva il diploma) Sebastiano Purgotti fa domanda di concorso con esame, nel giugno del 1827, per una cattedra presso la libera Università degli Studi di Urbino, ma nel contempo, è chiamato dall'ateneo di Perugia grazie alla sua fama di studioso ad insegnare chimica, botanica e farmaceutica.  A Perugia ricopre varie e sempre più importanti cariche all'interno dell'Università: nel 1831 è nominato membro del collegio filosofico, nel 1834 diviene professore di matematica, dal 1853 è bibliotecario e vice direttore ed infine il 23 aprile del 1854 è elevato alla carica di Rettore dell'Università di Perugia. È stato inoltre preside delle facoltà di scienze fisiche e matematiche unitamente all'accademia medico-chirurgica, e direttore delle scuole di farmacia. Nel corso della sua vita pubblica oltre cento opere scientifiche di vario argomento che spaziano dalle scienze fisico-chimiche all'idrologia minerale, dalle scienze matematiche alle filosofiche con particolare riguardo alla teoria degli atomi.  Si spegne a Perugia la mattina del 31 marzo 1879 lasciando la consorte Berenice Rosini d'Arezzo, sua compagna di vita dal 1826, e tre figli tra cui due maschi e una femmina. Il maggiore di questi Enrico diviene professore di fisica e matematica, il secondo uomo di Chiesa mentre la figlia prende i voti monastici.  Gli avi La famiglia Purgotti ha origini veneziane, il bisavolo Girolamo, farmacista, giunto ad Urbino nel 1731 ha facoltà di insegnare farmaceutica in questa città, il nonno Sebastiano, nato a Fossombrone, consegue in Urbino nel 1771 il diploma di chirurgo, il padre Nicola è stato farmacista in Cagli e sposò Rosa Morbidi.  Onorificenze Grazie alle sue qualità di studioso e alla sua modestia stringe amicizie illustri ed è nominato membro onorario di trentadue accademie di scienze e di lettere tra cui l'Accademia Nazionale dei Lincei, dei Georgofili di Firenze, la Società di farmacia degli Stati sardi, l'Associazione farmaceutica lombarda e la Società farmaceutica umbra della quale è stato anche presidente.  Altre onorificenze gli sono tributate dal Pontefice Pio IX, a cui il Purgotti dedica il suo trattato di chimica, che nel 1851 lo onora di medaglia d'oro quale attestato di stima e nel 1855 lo insignisce della croce dell'Ordine di San Silvestro. Il comune di Perugia nel 1867 conia appositamente per lui una medaglia d'oro mentre il re Vittorio Emanuele II nel 1871 lo nomina cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia.  Cagli, città natale di Sebastiano, il 14 ottobre 1880 celebra solenni onoranze al suo benemerito cittadino dedicandogli una delle principali vie del centro storico: così via Giuoco del Formaggio diviene l'odierna via Purgotti. Nel Salone degli Stemmi del Palazzo Pubblico è stata posizionata una lapide con l'effigie a rilievo del benemerito cittadino al quale pochi anni prima era stato dedicato uno dei medaglioni dei cittadini illustri realizzati a rilievo da Alessandro Venanzi nella balconata del secondo ordine del Teatro Comunale (terminato nel 1876).  Nella lapide del Palazzo Pubblico in Cagli è dato leggere la seguente scritta incisa:  « A SEBASTIANO PURGOTTI DECRETÒ QUESTA MEMORIA LA PATRIA CHE DAGLI SCRITTI E DALLE VIRTÙ DEL SOMMO SCIENZIATO EBBE TANTO LUSTRO ED ONORE NATO IN CAGLI IL XXI LUGLIO MDCCLXXXXIX morì IN PERUGIA IL XXXI MARZO MDXXXLXXIX  » A Perugia, la città che lo aveva accolto, gli sono stati tributati particolari onori e nel cimitero gli è stato eretto un monumento la cui epigrafe recita:  « QUI RIPOSA SEBASTIANO PURGOTTI INSIGNE CHIMICO E MATEMATICO NOTO IN ITALIA E FUORI ESEMPIO RARO DI VIRTÙ DOMESTICHE E CIVILI  » Una corona d'alloro in metallo dorato donata dal comune di Cagli è stabilmente collocata sopra il citato monumento funebre a perpetuo omaggio.  Opere scientifiche e letterarie Due articoli: inseriti nel Giornale Scientifico Letterario di Perugia secondo trimestre 1843 Lettere di Sebastiano Purgotti ad un amico intorno a vari filosofici argomenti Riflessioni sulla teoria degli atomi Trattato di chimica applicato specialmente alla medicina e alla agricoltura Trattato elementare di chimica applicata specialmente alla medicina Trattato elementare di chimica applicata specialmente alla medicina e alla agricoltura Intorno all'azione dell'acido solfo-idrico sul solfato di protossido di ferro Osservazioni intorno a varie inesattezze che allignano nei moderni corsi di matematica elementare Riflessioni di Sebastiano Purgotti sopra un opuscolo che porta per titolo se si possa difendere, ed insegnare non come ipotesi, ma come verissima, e come tesi la mobilita della terra, e la stabilita del sole da chi ha fatta la professione di fede di Pio IV Elementi di aritmetica, algebra e geometria Studi chimici sulle acque minerali di Valle Zangona. Del professore Sebastiano Purgotti, del chimico-farmacista Pio Mazzolini, seguiti da una lettera intorno agli usi ed effetti delle medesime del dottore Antonio Federici Riflessioni sulla teoria degli atomi Chimica Analisi delle acque minerali di S. Gemini eseguita da Sebastiano Purgotti professore di chimica nell'universita di Perugia Aritmetica e algebra Chimica organica: seguita da un saggio di filosofia chimica Geometria Per la morte del professore Luigi Canali: rettore della Pontificia Universita di Perugia e pubblico bibliotecario. Due funebri orazioni seguite dalla sua biografia Problemi tratti dagli elementi di Aritmetica, Algebra e Geometria Nozioni elementari ragionate del calcolo aritmetico ad uso dei giovanetti. Compilate per dimande e risposte da Sebastiano Purgotti Pensieri intorno al primitivo insegnamento della scienza delle quantità Chimica inorganica Metalli delle terre aride e metalli propriamente detti Elementi di aritmetica ragionata ad uso dei giovanetti Elementi di aritmetica, algebra e geometria Analisi delle acque minerali di S. Gemini eseguita da Sebastiano Purgotti Lettere filosofiche: principalmente riguardanti l'elementare insegnamento delle scienze esatte Chimica inorganica. Metalloidi Compendio di nozioni farmaceutiche di Sebastiano Purgotti ad uso degli studenti medicina e farmacia, ossia, Esposizione delle avvertenze teorico-pratiche le più interessanti per ben preparare, conservare ed apprestare i farmaci Sul fluido biotico e le sue influenze nei moti delle tavole e dei pendoli indovini e nel magnetismo animale e nelle manifestazioni spiritualiste. Discorso del professore Sebastiano Purgotti da lui letto in latino il di 21 luglio 1853 Nozioni elementari intorno all'algorismo sui numeri interi estratte dal trattato di aritmetica ragionata Chimica inorganica. Metalli Lettere filosofiche. Principalmente risguardanti l'elementare insegnamento delle scienze Chimica organica e nozioni le più interessanti di chimica agraria e filosofia Studi chimici di Sebastiano Purgotti sulle sorgive minerali del distretto di Civita Ducale presso il Velino nel secondo Abruzzo Ulteriore 1858 Sull'acqua salino-ferruginosa di Giano. Chimiche ricerche Elementi di algebra Elementi di aritmetica Elementi di geometria Elogio funebre del professore Lorenzo Massini. Letto nelle esequie nella chiesa dell'Universita il 18 ottobre del 1858 I segreti dell'arte di comunicare le idee negli elementi delle scienze esatte ed i difetti che anche attualmente vi sono coperti dal falso manto della matematica evidenza svelati dalla filosofica investigazione. Studi Esercizi aritmetici di Sebastiano Purgotti. In addizione alla quarta edizione della sua aritmetica Idrologia minerale del distretto di Civita Ducale nel secondo Abruzzo Ulteriore. Per gli studi di Sebastiano Purgotti Studi chimici di Sebastiano Purgotti sulle sorgive minerali del distretto di Civita Ducale presso il Velino nel secondo Abruzzo ulteriore 1859 Intorno ai fisici e ai metafisici del chiarissimo prof. Francesco Puccinotti. Lettera al medesimo Idrologia narnese o rapporto degli studi chimici sulle acque potabili e minerali di Narni del dottore Sebastiano Purgotti fatti per cura dell'inclita giunta municipale della stessa città 1862 Articolo del ch. prof. Sebastiano Purgotti intorno alcuni scritti inediti di Michelangelo Poggioli pubblicati per cura del figlio avv. Giuseppe Delle acque minerali di San Galgano di Perugia. Memorie istoriche per il conte Gio. Battista Rossi-Scotti. Seguite dai relativi studi analitici da Sebastiano Purgotti Intorno alla nutrizione. Frammenti tratti dalla chimica animale Sulle sorgenti acidule-ferro-manganesiache di Monte Castello Vibio. Studi chimici di Sebastiano ed Enrico Purgotti, seguiti da una relazione intorno alle loro virtù medicamentose di Antonio Melloni Intorno all'articolo dei corpi organici naturali inserito nell'Apologenico (1866). Osservazioni di Sebastiano Purgotti Intorno alle opinioni dello Schoenbein relative alle azioni catalitiche Le forze. Allocuzione per l'inaugurazione degli studi nella Libera Universita di Perugia nell'anno scolastico 1866-67; Intorno agli esami liceali. Vaganti idee Delucidazioni intorno alla sua allocuzione "Le forze" Euclide e la logica naturale. Riflessioni Compendio di nozioni farmaceutiche Compendio di nozioni farmaceutiche, ossia Raccolta di cognizioni teorico-pratiche per ben preparare, conservare ed apprestare i farmaci, le quali sono utili al medico, e indispensabili al farmacista, di Sebastiano Purgotti. A queste fa seguito un trattatello sull'arte di ben scrivere le ricette si nel latino idioma usando pesi antichi, che nell'idioma italiano usando i pesi metrici moderni Intorno ai saggi idrotimetrici delle acque potabili. Nota di Sebastiano Purgotti; Sull'esame critico della sua prolusione. Le forze. Osservazioni di Sebastiano Purgotti Sulla necessità di escludere lo studio della geometria dai pubblici ginnasi e l'Euclide dai licei. Nota Intorno alle odierne difese degli antichi errori nell'insegnamento delle matematiche. Cicaloate polemiche di Sebastiano Purgotti Lettera di Sebastiano Purgotti al chiarissimo Prof. J. W. Wilson intorno a quistioni relative a questa scienza Rilievi di Sebastiano Purgotti intorno ad alcune critiche osservazioni sull'ultimo opuscolo risguardante la combustione Cenni di Sebastiano Purgotti intorno alla conformità delle sue opinioni con la lettera scritta al rettore dell'universita di Lilla per ordine di Pio IX Riflessioni di Sebastiano Purgotti intorno al discorso Cosa e la fisiologia. Prolusione del prof. Alessandro Herzen letta nell'Istituto superiore di Firenze nel 1877 Uno scherzo scientifico. Dato da Sebastiano Purgotti Bibliografia F. Magni, S. da Campagnola e L. Severi, Sebastiano Purgotti e i suoi tempi (1799-1879), Cagli, 1980. A. Tarducci, Dizionarietto biografico cagliese. Cenni storici su 360 cittadini cagliesi, Cagli, 1909. Voci correlate Enrico Purgotti Collegamenti esterni Sebastiano Purgotti, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Controllo di autorità                                                VIAF (EN) 13163551 · ISNI (EN) 0000 0000 9441 0975 · LCCN (EN) n87917890 · BNF (FR) cb10534075h (data) · BAV (EN) 495/244216 · WorldCat Identities (EN) lccn-n87917890 Biografie Portale Biografie: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di biografie Categorie: Chimici italianiMatematici italiani del XIX secoloFilosofi italiani del XIX secoloNati nel 1799Morti nel 1879Nati il 21 luglioMorti il 31 marzoNati a CagliMorti a PerugiaStudenti della Sapienza - Università di RomaAccademici dei Lincei[altre]

Pyrrho of Elis, Grecian philosopher, regarded as the founder of Skepticism. Like Socrates, he wrote nothing, but impressed many with provocative ideas and calm demeanor. His equanimity was admired by Epicurus; his attitude of indifference influenced early Stoicism; his attack on knowledge was taken over by the skeptical Academy; and two centuries later, a revival of Skepticism adopted his name. Many of his ideas were anticipated by earlier thinkers, notably Democritus. But in denying the veracity of all sensations and beliefs, Pyrrho carried doubt to new and radical extremes. According to ancient anecdote, which presents him as highly eccentric, he paid so little heed to normal sensibilities that friends often had to rescue him from grave danger; some nonetheless insisted he lived into his nineties. He is also said to have emulated the “naked teachers” as the Hindu Brahmans were called by Grecians whom he met while traveling in the entourage of Alexander the Great. Pyrrho’s chief exponent and publicist was Timon of Phlius c.325c.235 B.C.. His bestpreserved work, the Silloi “Lampoons”, is a parody in Homeric epic verse that mocks the pretensions of numerous philosophers on an imaginary visit to the underworld. According to Timon, Pyrrho was a “negative dogmatist” who affirmed that knowledge is impossible, not because our cognitive apparatus is flawed, but because the world is fundamentally indeterminate: things themselves are “no more” cold than hot, or good than bad. But Timon makes clear that the key to Pyrrho’s Skepticism, and a major source of his impact, was the ethical goal he sought to achieve: by training himself to disregard all perception and values, he hoped to attain mental tranquility. 


Quadrini, Gustavo: One of Luigi Speranza’s philosophical companions.

quale: a property of a mental state or event, in particular of a sensation and a perceptual state, which determine “what it is like” to have them. Sometimes ‘phenomenal properties’ and ‘qualitative features’ are used with the same meaning. The felt difference between pains and itches is said to reside in differences in their “qualitative character,” i.e., their qualia. For those who accept an “actobject” conception of perceptual experience, qualia may include such properties as “phenomenal redness” and “phenomenal roundness,” thought of as properties of sense-data, “phenomenal objects,” or portions of the visual field. But those who reject this conception do not thereby reject qualia; a proponent of the adverbial analysis of perceptual experience can hold that an experience of “sensing redly” is so in virtue of, in part, what qualia it has, while denying that there is any sense in which the experience itself is red. Qualia are thought of as non-intentional, i.e., non-representational, features of the states that have them. So in a case of “spectrum inversion,” where one person’s experiences of green are “qualitatively” just like another person’s experiences of red, and vice versa, the visual experiences the two have when viewing a ripe tomato would be alike in their intentional features both would be of a red, round, bulgy surface, but would have different qualia. Critics of physicalist and functionalist accounts of mind have argued from the possibility of spectrum inversion and other kinds of “qualia inversion,” and from such facts as that no physical or functional description will tell one “what it is like” to smell coffee, that such accounts cannot accommodate qualia. Defenders of such accounts are divided between those who claim that their accounts can accommodate qualia and those who claim that qualia are a philosophical myth and thus that there are none to accommodate.  qualitative predicate, a kind of predicate postulated in some attempts to solve the grue paradox. 1 On the syntactic view, a qualitative predicate is a syntactically more or less simple predicate. Such simplicity, however, is relative to the choice of primitives in a language. In English, ‘green’ and ‘blue’ are primitive, while ‘grue’ and ‘bleen’ must be introduced by definitions ‘green and first examined before T, or blue otherwise’, ‘blue and first examined before T, or green otherwise’, respectively. In other languages, ‘grue’ and ‘bleen’ may be primitive and hence “simple,” while ‘green’ and ‘blue’ must be introduced by definitions ‘grue and first examined before T, or bleen otherwise’, ‘bleen and first examined before T, or grue otherwise’, respectively. 2 On the semantic view, a qualitative predicate is a predicate to which there corresponds a property that is “natural” to us or of easy semantic access. The quality of greenness is easy and natural; the quality of grueness is strained. 3 On the ontological view, a qualitative predicate is a predicate to which there corresponds a property that is woven into the causal or modal structure of reality in a way that gruesome properties are not.  qualities, properties or characteristics. There are three specific philosophical senses. 1 Qualities are physical properties, logical constructions of physical properties, or dispositions. Physical properties, such as mass, shape, and electrical charge, are properties in virtue of which objects can enter into causal relations. Logical constructions of physical properties include conjunctions and disjunctions of them; being 10 # .02 cm long is a disjunctive property. A disposition of an object is a potential for the object to enter into a causal interaction of some specific kind under some specific condition; e.g., an object is soluble in water if and only if it would dissolve were it in enough pure water. Locke held a very complex theory of powers. On Locke’s theory, the dispositions of objects are a kind of power and the human will is a kind of power. However, the human will is not part of the modern notion of disposition. So, predicating a disposition of an object implies a subjunctive conditional of the form: if such-and-such were to happen to the object, then so-and-so would happen to it; that my vase is fragile implies that if my vase were to be hit sufficiently hard then it would break. Whether physical properties are distinct from dispositions is disputed. Three sorts of qualities are often distinguished. Primary qualities are physical properties or logical constructions from physical properties. Secondary qualities are dispositions to produce sensory experiences of certain phenomenal sorts under appropriate conditions. The predication of a secondary quality, Q, to an object implies that if the object were to be perceived under normal conditions then the object would appear to be Q to the perceivers: if redness is a secondary quality, then that your coat is red implies that if your coat were to be seen under normal conditions, it would look red. Locke held that the following are secondary qualities: colors, tastes, smells, sounds, and warmth or cold. Tertiary qualities are dispositions that are not secondary qualities, e.g. fragility. Contrary to Locke, the color realist holds that colors are either primary or tertiary qualities; so that x is yellow is logically independent of the fact that x looks yellow under normal conditions. Since different spectral reflectances appear to be the same shade of yellow, some color realists hold that any shade of yellow is a disjunctive property whose components are spectral reflectances. 2 Assuming a representative theory of perception, as Locke did, qualities have two characteristics: qualities are powers or dispositions of objects to produce sensory experiences sensedata on some theories in humans; and, in sensory experience, qualities are represented as intrinsic properties of objects. Instrinsic properties of objects are properties that objects have independently of their environment. Hence an exact duplicate of an object has all the intrinsic properties of the original, and an intrinsic property of x never has the form, x-stands-in-suchand-such-a-relation-to-y. Locke held that the primary qualities are extension size, figure shape, motion or rest, solidity impenetrability, and number; the primary qualities are correctly represented in perception as intrinsic features of objects, and the secondary qualities listed in 1 are incorrectly represented in perception as intrinsic features of objects. Locke seems to have been mistaken in holding that number is a quality of objects. Positional qualities are qualities defined in terms of the relative positions of points in objects and their surrounding: shape, size, and motion and rest. Since most of Locke’s primary qualities are positional, some non-positional quality is needed to occupy positions. On Locke’s account, solidity fulfills this role, although some have argued Hume that solidity is not a primary quality. 3 Primary qualities are properties common to and inseparable from all matter; secondary qualities are not really qualities in objects, but only powers of objects to produce sensory effects in us by means of their primary qualities. This is another use of ‘quality’ by Locke, where ‘primary’ functions much like ‘real’ and real properties are given by the metaphysical assumptions of the science of Locke’s time. Qualities are distinct from representations of them in predications. Sometimes the same quality is represented in different ways by different predications: ‘That is water’ and ‘That is H2O’. The distinction between qualities and the way they are represented in predications opens up the Lockean possibility that some qualities are incorrectly represented in some predications. Features of predications are sometimes used to define a quality; dispositions are sometimes defined in terms of subjunctive conditionals see definition of ‘secondary qualities’ in 1, and disjunctive properties are defined in terms of disjunctive predications. Features of predications are also used in the following definition of ‘independent qualities’: two qualities, P and Q, are independent if and only if, for any object x, the predication of P and of Q to x are logically independent i.e., that x is P and that x is Q are logically independent; circularity and redness are independent, circularity and triangularity are dependent. If two determinate qualities, e.g., circularity and triangularity, belong to the same determinable, say shape, then they are dependent, but if two determinate qualities, e.g., squareness and redness, belong to different determinables, say shape and color, they are independent.

quantum:  Quantification: H. P. Grice, “Every nice girl loves a sailor.” -- the application of one or more quantifiers e.g., ‘for all x’, ‘for some y’ to an open formula. A quantification or quantified sentence results from first forming an open formula from a sentence by replacing expressions belonging to a certain class of expressions in the sentences by variables whose substituends are the expressions of that class and then prefixing the formula with quantifiers using those variables. For example, from ‘Bill hates Mary’ we form ‘x hates y’, to which we prefix the quantifiers ‘for all x’ and ‘for some y’, getting the quantification sentence ‘for all x, for some y, x hates y’ ‘Everyone hates someone’. In referential quantification only terms of reference may be replaced by variables. The replaceable terms of reference are the substituends of the variables. The values of the variables are all those objects to which reference could be made by a term of reference of the type that the variables may replace. Thus the previous example ‘for all x, for some y, x hates y’ is a referential quantification. Terms standing for people ‘Bill’, ‘Mary’, e.g. are the substituends of the variables ‘x’ and ‘y’. And people are the values of the variables. In substitutional quantification any type of term may be replaced by variables. A variable replacing a term has as its substituends all terms of the type of the replaced term. For example, from ‘Bill married Mary’ we may form ‘Bill R Mary’, to which we prefix the quantifier ‘for some R’, getting the substitutional quantification ‘for some R, Bill R Mary’. This is not a referential quantification, since the substituends of ‘R’ are binary predicates such as ‘marries’, which are not terms of reference. Referential quantification is a species of objectual quantification. The truth conditions of quantification sentences objectually construed are understood in terms of the values of the variable bound by the quantifier. Thus, ‘for all v, fv’ is true provided ‘fv’ is true for all values of the variable ‘v’; ‘for some v, fv’ is true provided ‘fv’ is true for some value of the variable ‘v’. The truth or falsity of a substitutional quantification turns instead on the truth or falsity of the sentences that result from the quantified formula by replacing variables by their substituends. For example, ‘for some R, Bill R Mary’ is true provided some sentence of the form ‘Bill R Mary’ is true. In classical logic the universal quantifier ‘for all’ is definable in terms of negation and the existential quantifier ‘for some’: ‘for all x’ is short for ‘not for some x not’. The existential quantifier is similarly definable in terms of negation and the universal quantifier. In intuitionistic logic, this does not hold. Both quantifiers are regarded as primitive. Then there’s quantifying in, use of a quantifier outside of an opaque construction to attempt to bind a variable within it, a procedure whose legitimacy was first questioned by Quine. An opaque construction is one that resists substitutivity of identity. Among others, the constructions of quotation, the verbs of propositional attitude, and the logical modalities can give rise to opacity. For example, the position of ‘six’ in: 1 ‘six’ contains exactly three letters is opaque, since the substitution for ‘six’ by its codesignate ‘immediate successor of five’ renders a truth into a falsehood: 1H ‘the immediate successor of five’ contains exactly three letters. Similarly, the position of ‘the earth’ in: 2 Tom believes that the earth is habitable is opaque, if the substitution of ‘the earth’ by its codesignate ‘the third planet from the sun’ renders a sentence that Tom would affirm into one that he would deny: 2H Tom believes that the third planet from the sun is habitable. Finally, the position of ‘9’ and of ‘7’ in: 3 Necessarily 9  7 is opaque, since the substitution of ‘the number of major planets’ for its codesignate ‘9’ renders a truth into a falsehood: 3H Necessarily the number of major planets  7. Quine argues that since the positions within opaque constructions resist substitutivity of identity, they cannot meaningfully be quantified. Accordingly, the following three quantified sentences are meaningless: 1I Ex ‘x’  7, 2I Ex Tom believes that x is habitable, 3I Ex necessarily x  7. 1I, 2I, and 3I are meaningless, since the second occurrence of ‘x’ in each of them does not function as a variable in the ordinary nonessentialist quantificational way. The second occurrence of ‘x’ in 1I functions as a name that names the twenty-fourth letter of the alphabet. The second occurrences of ‘x’ in 2I and in 3I do not function as variables, since they do not allow all codesignative terms as substituends without change of truth-value. Thus, they may take objects as values but only objects designated in certain ways, e.g., in terms of their intensional or essential properties. So, short of acquiescing in an intensionalist or essentialist metaphysics, Quine argues, we cannot in general quantify into opaque contexts.  Quantum: one of Aristotle’s categories. Cicero’s translation of Aristotle -- quantum logic, the logic of which the models are certain non-Boolean algebras derived from the mathematical representation of quantum mechanical systems. The models of classical logic are, formally, Boolean algebras. This is the central notion of quantum logic in the literature, although the term covers a variety of modal logics, dialogics, and operational logics proposed to elucidate the structure of quantum mechanics and its relation to classical mechanics. The dynamical quantities of a classical mechanical system position, momentum, energy, etc. form a commutative algebra, and the dynamical properties of the system e.g., the property that the position lies in a specified range, or the property that the momentum is greater than zero, etc. form a Boolean algebra. The transition from classical to quantum mechanics involves the transition from a commutative algebra of dynamical quantities to a noncommutative algebra of so-called observables. One way of understanding the conceptual revolution from classical to quantum mechanics is in terms of a shift from the class of Boolean algebras to a class of non-Boolean algebras as the appropriate relational structures for the dynamical properties of mechanical systems, hence from a Boolean classical logic to a non-Boolean quantum logic as the logic applicable to the fundamental physical processes of our universe. This conception of quantum logic was developed formally in a classic 6 paper by G. Birkhoff and J. von Neumann although von Neumann first proposed the idea in 7. The features that distinguish quantum logic from classical logic vary with the formulation. In the Birkhoffvon Neumann logic, the distributive law of classical logic fails, but this is by no means a feature of all versions of quantum logic. It follows from Gleason’s theorem 7 that the non-Boolean models do not admit two-valued homomorphisms in the general case, i.e., there is no partition of the dynamical properties of a quantum mechanical system into those possessed by the system and those not possessed by the system that preserves algebraic structure, and equivalently no assignment of values to the observables of the system that preserves algebraic structure. This result was proved independently for finite sets of observables by S. Kochen and E. P. Specker 7. It follows that the probabilities specified by the Born interpretation of the state function of a quantum mechanical system for the results of measurements of observables cannot be derived from a probability distribution over the different possible sets of dynamical properties of the system, or the different possible sets of values assignable to the observables of which one set is presumed to be actual, determined by hidden variables in addition to the state function, if these sets of properties or values are required to preserve algebraic structure. While Bell’s theorem 4 excludes hidden variables satisfying a certain locality condition, the Kochen-Specker theorem relates the non-Booleanity of quantum logic to the impossibility of hidden variable extensions of quantum mechanics, in which value assignments to the observables satisfy constraints imposed by the algebraic structure of the observables. Then there’s quantum mechanics, also called quantum theory, the science governing objects of atomic and subatomic dimensions. Developed independently by Werner Heisenberg as matrix mechanics, 5 and Erwin Schrödinger as wave mechanics, 6, quantum mechanics breaks with classical treatments of the motions and interactions of bodies by introducing probability and acts of measurement in seemingly irreducible ways. In the widely used Schrödinger version, quantum mechanics associates with each physical system a time-dependent function, called the state function alternatively, the state vector or Y function. The evolution of the system is represented by the temporal transformation of the state function in accord with a master equation, known as the Schrödinger equation. Also associated with a system are “observables”: in principle measurable quantities, such as position, momentum, and energy, including some with no good classical analogue, such as spin. According to the Born interpretation 6, the state function is understood instrumentally: it enables one to calculate, for any possible value of an observable, the probability that a measurement of that observable would find that particular value. The formal properties of observables and state functions imply that certain pairs of observables such as linear momentum in a given direction, and position in the same direction are incompatible in the sense that no state function assigns probability 1 to the simultaneous determination of exact values for both observables. This is a qualitative statement of the Heisenberg uncertainty principle alternatively, the indeterminacy principle, or just the uncertainty principle. Quantitatively, that principle places a precise limit on the accuracy with which one may simultaneously measure a pair of incompatible observables. There is no corresponding limit, however, on the accuracy with which a single observable say, position alone, or momentum alone may be measured. The uncertainty principle is sometimes understood in terms of complementarity, a general perspective proposed by Niels Bohr according to which the connection between quantum phenomena and observation forces our classical concepts to split into mutually exclusive packages, both of which are required for a complete understanding but only one of which is applicable under any particular experimental conditions. Some take this to imply an ontology in which quantum objects do not actually possess simultaneous values for incompatible observables; e.g., do not have simultaneous position and momentum. Others would hold, e.g., that measuring the position of an object causes an uncontrollable change in its momentum, in accord with the limits on simultaneous accuracy built into the uncertainty principle. These ways of treating the principle are not uncontroversial. Philosophical interest arises in part from where the quantum theory breaks with classical physics: namely, from the apparent breakdown of determinism or causality that seems to result from the irreducibly statistical nature of the theory, and from the apparent breakdown of observer-independence or realism that seems to result from the fundamental role of measurement in the theory. Both features relate to the interpretation of the state function as providing only a summary of the probabilities for various measurement outcomes. Einstein, in particular, criticized the theory on these grounds, and in 5 suggested a striking thought experiment to show that, assuming no action-at-a-distance, one would have to consider the state function as an incomplete description of the real physical state for an individual system, and therefore quantum mechanics as merely a provisional theory. Einstein’s example involved a pair of systems that interact briefly and then separate, but in such a way that the outcomes of various measurements performed on each system, separately, show an uncanny correlation. In 1 the physicist David Bohm simplified Einstein’s example, and later 7 indicated that it may be realizable experimentally. The physicist John S. Bell then formulated a locality assumption 4, similar to Einstein’s, that constrains factors which might be used in describing the state of an individual system, so-called hidden variables. Locality requires that in the EinsteinBohm experiment hidden variables not allow the measurement performed on one system in a correlated pair immediately to influence the outcome obtained in measuring the other, spatially separated system. Bell demonstrated that locality in conjunction with other assumptions about hidden variables restricts the probabilities for measurement outcomes according to a system of inequalities known as the Bell inequalities, and that the probabilities of certain quantum systems violate these inequalities. This is Bell’s theorem. Subsequently several experiments of the Einstein-Bohm type have been performed to test the Bell inequalities. Although the results have not been univocal, the consensus is that the experimental data support the quantum theory and violate the inequalities. Current research is trying to evaluate the implications of these results, including the extent to which they rule out local hidden variables. See J. Cushing and E. McMullin, eds., Philosophical Consequences of Quantum Theory, 9. The descriptive incompleteness with which Einstein charged the theory suggests other problems. A particularly dramatic one arose in correspondence between Schrödinger and Einstein; namely, the “gruesome” Schrödinger cat paradox. Here a cat is confined in a closed chamber containing a radioactive atom with a fifty-fifty chance of decaying in the next hour. If the atom decays it triggers a relay that causes a hammer to fall and smash a glass vial holding a quantity of    766 prussic acid sufficient to kill the cat. According to the Schrödinger equation, after an hour the state function for the entire atom ! relay ! hammer ! glass vial ! cat system is such that if we observe the cat the probability for finding it alive dead is 50 percent. However, this evolved state function is one for which there is no definite result; according to it, the cat is neither alive nor dead. How then does any definite fact of the matter arise, and when? Is the act of observation itself instrumental in bringing about the observed result, does that result come about by virtue of some special random process, or is there some other account compatible with definite results of measurements? This is the so-called quantum measurement problem and it too is an active area of research. 

Quarta: Essential Italian philosopher – quarta (n.), filosofo. Cosimo Quarta Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Abbozzo Questa voce sugli argomenti filosofi italiani e insegnanti italiani è solo un abbozzo. Contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni di Wikipedia. Cosimo Quarta (Leverano, 22 ottobre 1941 – Lecce, 17 ottobre 2016) è stato un filosofo e accademico italiano.  Biografia Filosofo dell'utopia fu uno dei maggiori studiosi di Tommaso Moro[1][2], sul quale scrisse il libro Tommaso Moro - Una reinterpretazione dell'utopia. Docente di Filosofia della Storia ed Etica ambientale presso l'Università del Salento, fu uno studioso di Platone sul quale scrisse L'utopia platonica - Il progetto politico di un grande filosofo. Fu tra i fondatori del Centro interdipartimentale di ricerca sull'utopia[3][1]  Morì, a seguito di infarto cardiaco[2], il 17 ottobre 2016[1].  Opere Tommaso Moro - Una reinterpretazione dell'utopia, 1993, Edizioni Dedalo, ISBN 978-8822061126 Thomas More, 1993, ECP L'utopia platonica - Il progetto politico di un grande filosofo, 1993, Edizioni Dedalo, ISBN 978-8822061461 Globalizzazione, giustizia, solidarietà, 2004, Edizioni Dedalo, ISBN 978-8822062727 Una nuova etica per l'ambiente, 2006, Edizioni Dedalo, ISBN 978-8822062918 Homo utopicus - La dimensione storico-antropologica dell'"utopia", 2015, Edizioni Dedalo, ISBN 978-8822063274 Note  Lutto nell’Università del Salento: scomparso il professor Cosimo Quarta, in TR News.it. URL consultato il 22 ottobre 2016.  Lutto per la cultura, è morto Cosimo Quarta, filosofo dell'utopia. URL consultato il 22 ottobre 2016. ^ Centro interdipartimentale di ricerca sull'utopia, su unisalento.it. URL consultato il 22 ottobre 2016. Controllo di autorità   VIAF (EN) 66495226 · ISNI (EN) 0000 0000 6630 1667 · LCCN (EN) n85065677 · BNF (FR) cb12096899v (data) · BAV (EN) 495/187966 · WorldCat Identities (EN) lccn-n85065677 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloAccademici italiani del XX secoloAccademici italiani del XXI secoloNati nel 1941Morti nel 2016Nati il 22 ottobreMorti il 17 ottobreNati a LeveranoMorti a LecceProfessori dell'Università del Salento[altre]

quasi-demonstratum: The use of ‘quasi-‘ is implicatural. Grice is implicating this is NOT a demonstratum. By a demonstratum he is having in mind a Kaplanian ‘dthis’ or ‘dthat.’ Grice was obsessed with this or that. An abstractum (such as “philosopher”) needs to be attached in a communicatum by what Grice calls a ‘quasi-demonstrative,’ and for which he uses “φ.” Consider, Grice says, an utterance, out of the blue, such as ‘The philosopher in the garden seems bored,’ involving two iota-operators. As there may be more that a philosopher in a garden in the great big world, the utterer intends his addressee to treat the utterance as expandable into ‘The A which is φ is B,’ where “φ” is a quasi-demonstrative epithet to be identified in a particular context of utterance. The utterer intends that, to identify  the denotatum of “φ” for a particular utterance of ‘The philosopher in the garden seems bored,’ the addressee wil proceed via the identification of a particular philosopher, say Grice, as being a good candidate for being the philosopher meant. The addressee is also intended to identify the candidate for a denotatum of φ by finding in the candidate a feature, e. g., that of being the garden at St. John’s, which is intended to be used to yield a composite epithet (‘philosopher in St. John’s garden’), which in turn fills the bill of being the epithet which the utterer believes is being uniquely satisfied by the philosopher selected as the candidate. Determining the denotatum of “φ” standardly involve determining what feature the utterer believes is uniquely instantiated by the predicate “philosopher.” This in turn involves satisfying oneself that some particular feature is in fact uniquely satisfied by a particular actual item, viz. a particular philosopher such as Grice seeming bored in the garden of St. John’s.

quattromani: essential Italian philosopher; quattromani (n.), filosofoSertorio Quattromani Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Sertorio Quattromani (Cosenza, 1541 – Cosenza, 19 novembre 1603) è stato uno scrittore, filosofo e filologo italiano.   Indice 1                                           Biografia 2                                            Opere 2.1                                            Manoscritti 2.2                                           Stampe 3                                            Note 4                                             Bibliografia 5                                           Voci correlate 6                                            Altri progetti 7                                           Collegamenti esterni Biografia Sertorio Quattromani nasce a Cosenza nel 1541 da Bartolo ed Elisabetta d'Aquino, lontana parente di Antonio Telesio. Cresciuto in un ambiente strettamente collegato alla cultura e alla nobiltà cosentina, egli viene educato alle idee religiose valdesiane del suo maestro Onorato Fascitelli.  Tra il 1560 e il 1564, come si desume dal suo epistolario, si trasferisce a Roma. Qui frequenta la Biblioteca Apostolica Vaticana e ha modo di intessere relazioni con diversi esponenti del panorama intellettuale e culturale romano. I suoi primi studi riguardarono il Canzoniere di Petrarca, con particolare riferimento alle sue fonti[1].  Nel 1565, dopo un breve soggiorno a Napoli, Quattromani torna a Cosenza. Da qui, due anni più tardi, scrive a Berardino Rota, per suggerirgli alcune correzioni alla seconda edizione accresciuta delle sue Rime[2]. Tra il 1568 e il 1581 effettua una serie di spostamenti tra la sua città natale e Roma. Il periodo è contrassegnato da alcune sue epistole, a carattere storico-letterario, con corrispondenti, quali Giovanni Battista Ardoino, Peleo Ferrari e Vincenzo Toraldo d'Aragona.  Dal 1583 al 1585 risiede a Napoli. Rientrato a Cosenza scrive a Giulio Cavalcanti, che sarà con lui consulente della Congregazione dell'Indice, e dal 1588 assume la direzione della Accademia cosentina, cui Quattromani diede nuovo impulso, sia dal punto di vista squisitamente letterario, sia incentivando l'attenzione per gli studi filosofici.  A Napoli, tra il 1589 e il 1590, pubblica La philosophia di Berardino Telesio, che dedica a Ferrante Carafa e le rime dedicate a Giovanni Maria Bernaudo. Rimonta, invece, al 1595 la sua traduzione de Le historie del Cantalicio, nelle quali il nome è celato dietro lo pseudonimo di «Incognito Academico Cosentino»[3].  Il suo ultimo periodo di vita lo trascorre a Cosenza, dove muore il 19 novembre 1603.  Opere Manoscritti Città del Vaticano, B.A.V., Reg. Lat. 1602, cart., misc., sec. XVI ex.-XVII, cc. 423, mm. 185x130. Contiene i seguenti scritti di Sertorio Quattromani:  cc. 7r-9r, Sonetto di Ms. della Casa esposto dal Sr. Sertorio Quattromani Achademico Cosentino cc. 9r-12v, Oratione di Marco Catone tradotta dal medesimo S.rio Q.ni cc. 236v-237v, Giuditio di S. Q. sopra alcune stanze di Torquato Tasso Città del Vaticano, B.A.V., Reg. Lat. 1603, cart., misc., sec. XVI ex.-XVII, cc. 574, mm. 190x130. Contiene i seguenti scritti di Sertorio Quattromani:  cc. 19v-22v, Commento a tre sonetti del Casa cc. 22v-23v, Lettera ad Annibal Caro cc. 23v-24r, Lettera a Francesco Mauro c. 24r, Lettera al S. Principe della Scalea c. 28r-v, Lettera a G.B. Ardoino cc. 28v-29r, Lettera a Vincenzo Bombino c. 29r-v, Lettera a F.A. d'Amico c. 30r-v, Lettera a Fabrizio Marotta cc. 31r-35r, Oratione di Marco Catone cc. 49r-50v, Lettera a Gio. Maria Bernaudo cc. 50v-52r, Lettera a G.V. Egidio cc. 52r-54r, Lettera a Vincenzo Bilotta cc. 140r-144v, Parallelo tra il Petrarca et il Casa del Q.ni cc. 147r-157v, Delle metafore cc. 220r-223r, Parallelo tra il Petrarca et il Casa cc. 255r-280v, Poetica di Orazio tradotta da Quattromani (in prosa) cc. 284v-285r, Sentimento del Q.ni della Poet.ca d'Orat.o cc. 285v-306r, La Poetica d'Orat.o volgarizzata da Sartorio Q.ni (in versi) cc. 320r-324r, Oratione di Marco Catone cc. 327r-332r, A Torquato Tasso Il Monta.no Acc.co Cose.no cc. 332r-344v, Delle metafore cc. 426v-427r, Lettera ad Horatio Pellegrino cc. 427r-428r, Lettera a Teseo Sambiase c. 428v, Lettera alla Duchessa cc. 428v-429r, Lettera a Teseo Sambiase cc. 430r-431v, Lettera a Teseo Sambiase cc. 431v-433r, Lettera a Teseo Sambiase cc. 433v-434v, Lettera a Teseo Sambiase Città del Vaticano, B.A.V., Reg. Lat. 2020, parte I, misc., sec. XVI, diversi formati. Contiene:  c. 231r, Autografo della Lettera al Cardinale Guglielmo Sirleto, 1583. Cosenza, Biblioteca Civica, ms. 20187, cart., sec. XVII ex.-XVIII in., cc. 3r-76v, mm. 265x190; ex libris: “Bibliothecae Marchionis D. Matthaei de Sarno”: Contiene:  Istoria della Città di Cosenza | Di Sertorio Quattromani (ora in prima edizione moderna, a cura di Michele Orlando, tesi di dottorato di ricerca in Italianistica, Università di Bari 2006)  Cosenza, Biblioteca privata della Famiglia De Bonis, cart., 1889, pp. I-60, mm. 290x200: Contiene:  Copia | delle | Lettere Originali | Del Sigr. Sertorio Quattromani | dirette Al Sig.r Giovanni Maria Bernaudo | da una raccolta | (cucite in fascicolo) | Favoritami dal Sigr. Frascritto Bombini | 1889 Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Fondo Palatino 1036, cart., sec. XVI ex., cc. 71, mm. 205x150; ex libris: “Vinc[entii] M[ariae] Kar[aphae]”: Contiene:  Luoghi difficili del Bembo Napoli, Biblioteca Nazionale, XIII E 50, cart., misc., sec. XVI, cc. 48, diversi formati. Manuscripta autographa P. Summontis et aliorum aetate eius clariorum, p. 431: Contiene:  c. 29r, Autografo della Lettera a S. Reski, 1599 Roma, Biblioteca Angelica, GG 3 35/2, cart., sec. XVI, cc. 25; rilegato con Gab. Barrii Francicani De Antiquitate et situ Calabriae libri quinque, Romae, Apud Iosephum de Angelis, 1571: Contiene:  cc. 1r-24r, Annotationes D.ni Sertorii Quattrimani in Barrium Stampe LA | PHILOSOPHIA | DI BERARDINO | TELESIO | Ristretta in | brevità, | Et scritta in lingua Toscana dal | Montano Academico | Cosentino. | Alla Eccellenza del Sig. Duca | di Nocera. | Con Licenza de' Superiori. | Marchio ed. | In Napoli | Appresso Gioseppe Cacchi. 1589 AL ILUSTRE | S. Gioan Maria Bernaudo, in app. a LE RIME | Del Sig. Gio. | Batt. Ardoino | Academico Cosentino | In morte della Signora Isabella | Quattromani sua moglie | Con Licenza de' Superiori. | Marchio ed. | in Napoli | Appresso Gioseppe Cacchi. 1590 LE HISTORIE | DE MONSIG. | GIO. BATTISTA | CANTALICIO | VESCOVO DI CIVITA DI PENNA, ET D'ATRI | DELLE GVERRE FATTE IN ITA- | lia da Consaluo Ferrando di Aylar, di Cor- | doua, detto il gran Capitano | TRADOTTE IN LINGUA TOSCANA | dall'Incognito Academico Cosentino: | A RICHIESTA DI GIO. MARIA BERNAVDO. | IN COSENZA. | Per Luigi Castellano. 1595 LE HISTORIE | DE MONSIGNOR | GIO. BATTISTA CANTALICIO, VESCOVO DI | Ciuita di Penna et d'Atri. | DELLE GUERRE FATTE IN ITALIA DA CONSALUO FERRANDO DE AYLAR, DI COR- | DOUA, DETTO IL GRAN CAPITANO | TRADOTTE IN LINGUA TOSCA- | na dall'Incognito Academico Cosentino. | A richiesta di Gio. Maria Bernaudo. | Nuouamente corretta, et ristampata, | IN COSENZA | Per Leonardo Angrisano, e Luigi Castellano, ad istanza di Enrico Bacco, libraro in Napoli. 1597 (postumo) LE HISTORIE | DI MONSIG. | GIO. BATTISTA | CANTALICIO, | VESCOVO D'ATRI, ET CIVITA DI PENNA, | DELLE GUERRE FATTE IN ITALIA DA CONSALVO | Ferrando di Aylar, di Cordoua, detto il gran Capitano, | Tradotte in lingua Toscana dal Signor Sertorio Quattromani, | detto l'Incognito Academico Cosentino. | A RICHIESTA DEL SIG. GIO. MARIA BERNAUDO. | IN NAPOLI, Apresso Gio Giacomo Carlino. 1607. | Ad istanza di Henrico Bacco, alla Libraria dell'Alicorno RIME | DI MONS. | GIO. DELLA CASA. | Fregio | In Napoli, Appresso Lazaro Scoriggio. 1616 LETTERE | DI SERTORIO | QUATTROMANI | DIVISE IN DUE LIBRI. | Et la tradottione del Quarto dell'Eneide di Virgilio | del medesimo Auttore. | All'Illustrissimo, & Eccellentissimo Signor | MARCHESE DELLA VALLE, & c. | Stemma | In Napoli, Per Lazzaro Scoriggio. 1624 Il IV libro di Vergilio in verso Toscano. | Trattato della Metafora. | Parafrasi Toscana della Poetica di Orazio. | Traduzione della medesima Poetica in verso | Toscano. | Alcune annotazioni sopra di essa. | Alcune poesie Toscane, e Latine | Fregio | In Napoli, MDCCXIV | Nella Stamperia di Felice Mosca | Con Licenza de' Superiori. 1714 Gabrielis Barrii Francicani: De Antiquitate et situ Calabriae libri quinque, nunc primum ex authographo restitutos ac per capita distributi. Prolegomena, Additiones, et Notae. Quibus accesserunt animadversiones Sertorii Quattrimani patricii consentini, Romae, ex Typographia S. Michaelis ad Ripam Sumptibus Hieronymi Mainardi Superiorum permissu. 1737 Scritti vari, editi per la prima volta in Napoli nel MDCCXIV da Matteo Egizio ed ora riveduti, riordinati e ripubblicati in più nitida edizione da Luigi Stocchi, Castrovillari, Dalla Tipografia del Calabrese, 1883. Note ^ A questo proposito, in un'articolata lettera inviata, da Roma a Cosenza, il 24 luglio 1563, Quattromani illustrò a Marcello Ferrao le ragioni per cui l'opera del Petrarca meritava la sua attenzione, e la ricerca che stava compiendo sui poeti provenzali, riferendo che di ciò aveva già parlato con Paolo Manuzio. ^ Edizione veneziana di Giolito de' Ferrari ^ Stessa cosa si verificherà per la seconda edizione del 1597, mentre soltanto postumo, nell'edizione napoletana del 1607, comparirà il nome di Quattromani quale traduttore. Bibliografia Luigi Accattatis, Le biografie degli uomini illustri delle Calabrie, Cosenza 1869-1877, vol. II, p. 87 Andreotti D., Storia dei cosentini (Napoli 1869-1874), a cura di S. Di Bella, Cosenza 1978, pp. 137–154, 217-230, 304-311 Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli, redatta da G. Terracina, Napoli, Nicola Gervasi, 1757 A. Borrelli, “Scienza” e “scienza della letteratura” in S. Quattromani, in Bernardino Telesio e la cultura napoletana, a cura di R. Sirri e M. Torrini, Napoli 1992, pp. 271–296 L. Borsetto, La “Poetica d'Horatio” tradotta. Contributo alla studio della ricezione oraziana tra Rinascimento e Barocco, in Orazio e la letteratura italiana, Roma 1994, pp. 188–193 Eadem, Quattromani Sertorio, in Enciclopedia oraziana, III, 1998, p. 447 Eadem, “Pulzelle” e “Femine di mondo”. L'epistolario postumo di S. Quattromani, in Alla lettera. Teorie e pratiche epistolari dai Greci al Novecento, a cura di A. Chemello, Milano 1998, pp. 143–171 Capacius I.C., Illustrium mulierum et illustrium litteris virorum Elogia, Neapoli, I.I. Carlinus & C. Vitale, 1608, pp. 328–329 Chioccarello B., De illustribus scriptoribus Regni Neapolitani (1642), B.N.N., ms. XIV A 28, cc. 198v-199r Cornacchioli T., Nobili, borghesi e intellettuali nella Cosenza del Quattrocento, Cosenza 1985 Cozzetto F., Aspetti della vita e inventano della biblioteca di S. Quattromani attraverso un documento cosentino del Seicento, in «Periferia», 27 (1986), pp. 31–53 Crupi P., Storia della letteratura calabrese. Autori e Testi, II, Cosenza 1994, pp. 15–22, 25-59, 209-251 De Franco L., Filosofia e scienza in Calabria nei secoli XV e XVII, Cosenza, pp. 63–64, 123-127 De Franco L., La biblioteca di un letterato del tardo Rinascimento: S. Quattromani, in «Annali dell'Istituto Universitario Orientale», XXXVIII (1996), pp. 49–77 De Frede C., I libri di un letterato calabrese del Cinquecento (S. Quattromani, 1541-1603), Napoli 1999 De Frede C., Un letterato del tardo Cinquecento e i suoi libri (S. 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Controllo di autorità                VIAF (EN) 89637625 · ISNI (EN) 0000 0000 6227 9706 · LCCN (EN) n79129242 · GND (DE) 121377202 · BNF (FR) cb15048054j (data) · BNE (ES) XX1062914 (data) · BAV (EN) 495/45939 · CERL cnp01389017 · WorldCat Identities (EN) lccn-n79129242 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Letteratura Portale Letteratura Categorie: Scrittori italiani del XVI secoloScrittori italiani del XVII secoloFilosofi italiani del XVI secoloFilosofi italiani del XVII secoloFilologi italianiNati nel 1541Morti nel 1603Morti il 19 novembreNati a CosenzaMorti a CosenzaAccademia cosentina[altre]

Quinto: essential Italian philosopher. Quinto (n.), filosofo. Riccardo Quinto Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search  Riccardo Quinto Riccardo Quinto (Pieve di Cadore, 11 marzo 1961 – Conegliano, 3 agosto 2014) è stato uno storico della filosofia italiano.   Indice 1                                    Biografia 2                                            Opere principali 3                                          Bibliografia 4                                           Voci correlate 5                                            Collegamenti esterni Biografia Diplomatosi al Liceo classico di Conegliano, si iscrisse all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove conseguì nel 1984 la laurea e nel 1990 il dottorato di ricerca in Filosofia, avendo in entrambi i casi come relatore Angelo Pupi. Proseguì la sua formazione con soggiorni di studio a Monaco di Baviera e Copenaghen (Institut du Moyen Âge Grec et Latin) e presso l'Università Cattolica di Lovanio e l'Università Cattolica di Louvain-la-Neuve. Vinto il concorso ordinario come insegnante di Italiano, Storia ed Educazione civica, Geografia nella scuola media inferiore, dal 1995 al 1998 fu preside della Scuola Italiana di Winterthur (Svizzera). Nel 1998 prese servizio come ricercatore di Storia della Filosofia presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell'Università di Padova, dove nel 2006 diventò professore associato nel medesimo ambito. Interruppe l'insegnamento universitario nel 2013 per motivi di salute. Fu membro del Centro Interdipartimentale per Ricerche di Filosofia Medievale “Carlo Giacon” dell'Università di Padova, ora CIRFIM, che diresse dal 2005 al 2008, e del consiglio di presidenza (Vorstand) dell'Internationale Gesellschaft für Theologische Mediävistik (IGTM), per la quale svolse i compiti di Publications Manager. Direttore responsabile di Medioevo. Rivista di Storia della Filosofia medievale (Padova) e co-editor di Medieval Sermon Studies (Leeds), Quinto fece inoltre parte del comitato di redazione di Archa Verbi. Yearbook for the Study of Medieval Theology e della collana “Sermo”. Studies on Patristic, Medieval, and Reformation Sermons and Preaching (Turnhout). L'ambito principale delle ricerche di Quinto, contrassegnate dall'adozione di un rigoroso metodo filologico, è costituito dalla letteratura teologica latina protoscolastica (tardo XII secolo - primo XIII secolo) e specialmente dall'opera teologica di Stefano Langton. Quinto inoltre studiò la storia del concetto di “scolastica”, dalle origini sino al XVIII secolo.  Opere principali «“Timor” e “timiditas”. Note di lessicografia tomista», Rivista di Filosofia neo-scolastica 77 (1985), 387-410 «Latino patristico e latino scolastico. Dalla comprensione della lingua all'interpretazione del pensiero», Rivista di Filosofia Neo-Scolastica 80 (1988), 115-123 «Un testo inedito di Stefano Langton sui quattro sensi della Scrittura (ms. Venezia, Archivio di S. Maria della Fava, 43)», in Contributi al corso di storia della filosofia, Milano: Pubblicazioni dell'I.S.U. - Università Cattolica, 1989, 169-199 «Stefano Langton e i quattro sensi della Scrittura», Medioevo 15 (1989), 67-109 Formulazioni scolastiche della tradizione nell'opera di Stefano Langton (1155ca-1228), dissertazione per l'ottenimento del titolo di dottore della ricerca in filosofia, discussa presso il Ministero della Ricerca Scientifica e Tecnologica (Roma, 16 ottobre 1990), 3 voll. «Il “timor reverentialis” nella lingua della scolastica», Archivum Latinitatis Medii Aevi 48-49 (1990), 103-143 «Die “Quaestiones” des Stephan Langton über die Gottesfurcht (Eingeleitet und herausgegeben von R.Q.)», Cahiers de l'Institut du Moyen Âge Grec et Latin 62 (1992), 77-165 «Un Data-Base per le Quaestiones medievali: Il catalogo delle “Quaestiones theologiae” di Stefano Langton», Studi medievali, III serie, 34 (1993), 815-822 “Doctor Nominatissimus”. Stefano Langton (†1228) e la tradizione delle sue opere, Münster: Aschendorff, 1994 (Beiträge zur Geschichte der Philosophie und der Theologie des Mittelalters. Neue Folge, 39) «Per la storia del trattato tomistico “de passionibus animi”. Il “timor” nella letteratura teologica fra il 1200 e il 1230ca», in E. Manning (ed.), Thomistica, Leuven: Peeters, 1995, 35-87 «The Influence of Stephen Langton on the Idea of the Preacher in Humbert of Romans “De eruditione praedicatorum” and Hugh of St.-Cher's “Postille” on the Scriptures», in K. Emery, Jr. - J. Wawrikow (ed.), Christ among the Medieval Dominicans: Representations of Christ in the Texts and Images of the Order of the Preachers, Notre Dame [Ind.]: The University of Notre Dame Press, 1998, 49-91 «Hugh of St.-Cher's Use of Stephen Langton», in S. Ebbesen - R. L. Friedman (ed.), Medieval Analyses in Language and Cognition. Acts of the Symposium ‘The Copenhagen School of Medieval Philosophy, January 10-13, 1996, Copenhagen: The Royal Danish Academy of Sciences and Letters, 1999 (Historisk-filosofiske Meddelelser), 281-300 «Le “scholae” del medioevo come comunità di sapienti», Studi Medievali, III serie, 42 (2001), 739-763 “Scholastica”. Storia di un concetto, Padova: Il Poligrafo 2001 (Subsidia Mediaevalia Patavina, 2) «“Lectio, disputatio, praedicatio”: la triade dell'esercizio scolastico secondo Tommaso d'Aquino», Bollettino della Società Filosofica Italiana 176 (maggio-agosto 2002), 30-42 «Le Commentaire des Sentences d'Hugues de St.-Cher et la littérature théologique de son temps», in L.-J. Bataillon OP - G. Dahan - P.-M. Gy OP (éd.), Hugues de Saint-Cher (†1263), bibliste et théologien, Turnhout: Brepols, 2004, 299-324 «Stephen Langton: Theology and Literature of the Pastoral Care», in B.-M. Tock (éd.), “In principio erat uerbum”. Mélanges offerts en hommage à Paul Tombeur par des anciens étudiants à l'occasion de son émeritat, Turnhout: F.I.d.E.M. - Brepols, 2005 (Textes et Etudes du Moyen-Age, 25), 301-355 «La teologia dei maestri secolari di Parigi e la primitiva scuola domenicana», in G. Bertuzzi (ed.), L'origine dell'Ordine dei Predicatori e l'Università di Bologna, Bologna: Edizioni Studio Domenicano, 2006 (Philosophia, 32) = Divus Thomas 44 (2006), 81-104 Manoscritti medievali nella Biblioteca dei Redentoristi di Venezia (S. Maria della Consolazione, detta “Della Fava”). Catalogo dei manoscritti. Catalogo dei sermoni - Identificazione dei codici dell'antica biblioteca del convento domenicano dei SS. Giovanni e Paolo di Venezia, con una prefazione di L.-J. Bataillon, Padova: Il Poligrafo, 2006 (Subsidia Mediaevalia Patavina, 9) «Teologia dei maestri secolari e predicazione mendicante: Pietro Cantore e la “Miscellanea del codice del tesoro”», Il Santo. Rivista francescana di Storia Dottrina Arte 46 (2006), 335-384 «Peter the Chanter and the “Miscellanea del Codice del Tesoro” (Etymology as a Way for Constructing a Sermon)», in R. Andersson (ed.), Constructing the Medieval Sermon, Turnhout: Brepols, 2007 (Sermo, 6), 33-81 «Dalla discussione in aula alla “Summa quaestionum theologiae” di Stefano Langton: Testi sul timore di Dio dal ms. Paris, BnF, lat. 14526 ed Erlangen, Universitätsbibliothek-Hauptbibliothek, 260», Rivista di Storia della Filosofia 64 (2009), 363-398 «“Teologia allegorica” e “teologia scolastica” in alcuni commenti all'“Historia scholastica” di Pietro Comestore», Archa Verbi. Yearbook for the Study of Medieval Theology 6 (2009), 67-101 L.-J. Bataillon † - N. Bériou - G. Dahan - R. Quinto (éd.), Étienne Langton, prédicateur, bibliste, théologien. Actes du Colloque International, Paris, 13-15 septembre 2006, Turnhout: Brepols, 2010 (Bibliothèque d'Histoire Culturelle du Moyen Age, 9) Stephen Langton, Quaestiones Theologiae, Liber I, ed. by R. Quinto - M. Bieniak, Oxford: Oxford University Press, 2014 (Auctores Britannici Medii Aevi, 22) Bibliografia Giovanni Catapano, «In memoriam Riccardo Quinto», Bulletin de Philosophie médiévale 56 (2014), 560-570 Massimiliano d'Alessandro, report of «Breves dies hominis. Giornata internazionale di studio in memoria di Riccardo Quinto (1961-2014), Padova, 4 novembre 2014», Archa Verbi 11 (2014), 194-198 Donato Gallo, report of «Breves dies hominis. Giornata internazionale di studio in memoria di Riccardo Quinto, Padova, 4 novembre 2014», Quaderni per la Storia dell'Università di Padova 48 (2015), 427-428 Gregorio Piaia, «Riccardo Quinto: in memoriam», Medioevo. Rivista di storia della filosofia medievale 39 (2014), 287-289 Caterina Tarlazzi, report of «Breves dies hominis. Giornata internazionale di studio in memoria di Riccardo Quinto (1961-2014), Padova, 4 novembre 2014», Bulletin de Philosophie médiévale 56 (2014), 519-524 Voci correlate Scolastica (filosofia) Stephen Langton Collegamenti esterni Bibliografia scientifica e Curriculum Vitae di Riccardo Quinto, su academia.edu. Giovanni Catapano, Ricordo di Riccardo Quinto Catalogo del Fondo archivistico “Riccardo Quinto” presso il CIRFIM Controllo di autorità               VIAF (EN) 39469778 · ISNI (EN) 0000 0000 6124 1511 · LCCN (EN) nr95032709 · BNF (FR) cb12431870c (data) · BAV (EN) 495/136231 · WorldCat Identities (EN) lccn-nr95032709 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Storici della filosofia italianiNati nel 1961Morti nel 2014Nati l'11 marzoMorti il 3 agostoNati a Pieve di CadoreMorti a ConeglianoFilosofi italiani del XXI secoloPersone legate all'Università degli Studi di Padova[altre]

Quinton -- A.M. Quinton’s Gedanke Experiment: from “Spaces and Times,” Philosophy.“hardly Thought Out” – Is this apriori or a posteriori? H. P. Grice. Space is ordinarily seen to be a unique individual. All real things are contained in one and the same space, and all spaces are part of the one space. In principle, every place can be reached from every other place by traveling through intermediate places. The spatial relation is symmetrical. Grice’s friend, A. M. Quinton devised a thought experiment to challenge this picture. Suppose that we have richly coherent and connected experience in our dreams just as we have in waking life, so that it becomes arbitrary to claim that our dream experience is not of an objectively existing world like the world of our waking experience. If the space of my waking world and my dream world are not mutually accessible, it is unlikely that we are justified in claiming to be living in a single spatially isolated world. Hence, space is not essentially singular. In assessing this account, we might distinguish between systematic and public physical space and fragmentary and private experiential space. The two-space myth raises questions about how we can justify moving from experiential space to objective space in the world as it is. “We can at least conceive circumstances in which we should have good reason to say that we know of real things located in two distinct spaces.” Quinton, “Spaces and Times,” Philosophy 37.

quod: quid – quiddity. A term used by Grice when talking to his wife. “What quiddity did you buy?”

qv-quæstio -- x-question: Grice borrowed the erotetic from Cook Wilson, who in fact was influenced by Stout and will also influence Collingwood. While Grice starts by considering the pseudo-distinction between x-questions and yes/no questions, he soon finds out that they all reduce to the x-question, since a yes/no question obviously asks for a variable (the truth value of the whole proposition) to be filled. Grice sometimes follows Ryle who had quoted Carnap on the ‘w  frage.’ Grice is aware of the ‘wh’ rune in Anglo-Saxon, but was confused by ‘how.’ “For fun, I will spell ‘how,’ ‘whow.’” Although a Midlander Grice preferred the northern English pronunciation of aspirating the ‘wh-‘ and was irritated that only ‘who’ and ‘whose’ keep the aspiration. Note that “Where is your wife?” is a qu-quaestio, but “(a) in the kitchen, (b) in the bedroom” provides a ‘p v q’ as an answer – “Disjunctive answers to intrusive questions.” Cf. “Iffy answers to intrusive questions.” “The lady doth protest too much: ampliative conjunctive answers to intrusive questions.”

Radix -- Radix -- Grice often talked about logical atomism and molecular propositions – and radix – which is an atomic metaphor -- Democritus, Grecian preSocratic philosopher. He was born at Abdera, in Thrace. Building on Leucippus and his atomism, he developed the atomic theory in The Little World-system and numerous other writings. In response to the Eleatics’ argument that the impossibility of not-being entailed that there is no change, the atomists posited the existence of a plurality of tiny indivisible beings  the atoms  and not-being  the void, or empty space. Atoms do not come into being or perish, but they do move in the void, making possible the existence of a world, and indeed of many worlds. For the void is infinite in extent, and filled with an infinite number of atoms that move and collide with one another. Under the right conditions a concentration of atoms can begin a vortex motion that draws in other atoms and forms a spherical heaven enclosing a world. In our world there is a flat earth surrounded by heavenly bodies carried by a vortex motion. Other worlds like ours are born, flourish, and die, but their astronomical configurations may be different from ours and they need not have living creatures in them. The atoms are solid bodies with countless shapes and sizes, apparently having weight or mass, and capable of motion. All other properties are in some way derivative of these basic properties. The cosmic vortex motion causes a sifting that tends to separate similar atoms as the sea arranges pebbles on the shore. For instance heavier atoms sink to the center of the vortex, and lighter atoms such as those of fire rise upward. Compound bodies can grow by the aggregations of atoms that become entangled with one another. Living things, including humans, originally emerged out of slime. Life is caused by fine, spherical soul atoms, and living things die when these atoms are lost. Human culture gradually evolved through chance discoveries and imitations of nature. Because the atoms are invisible and the only real properties are properties of atoms, we cannot have direct knowledge of anything. Tastes, temperatures, and colors we know only “by convention.” In general the senses cannot give us anything but “bastard” knowledge; but there is a “legitimate” knowledge based on reason, which takes over where the senses leave off  presumably demonstrating that there are atoms that the senses cannot testify of. Democritus offers a causal theory of perception  sometimes called the theory of effluxes  accounting for tastes in terms of certain shapes of atoms and for sight in terms of “effluences” or moving films of atoms that impinge on the eye. Drawing on both atomic theory and conventional wisdom, Democritus develops an ethics of moderation. The aim of life is equanimity euthumiê, a state of balance achieved by moderation and proportionate pleasures. Envy and ambition are incompatible with the good life. Although Democritus was one of the most prolific writers of antiquity, his works were all lost. Yet we can still identify his atomic theory as the most fully worked out of pre-Socratic philosophies. His theory of matter influenced Plato’s Timaeus, and his naturalist anthropology became the prototype for liberal social theories. Democritus had no immediate successors, but a century later Epicurus transformed his ethics into a philosophy of consolation founded on atomism. Epicureanism thus became the vehicle through which atomic theory was transmitted to the early modern period. 

Ragusa Giorgio Raguseo Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search  Peripateticae disputationes, 1613 Giorgio Raguseo (Ragusa, 1580 – Padova, 13 gennaio 1622) è stato un filosofo, teologo e oratore italiano della Repubblica di Venezia.[1]  Nato a Ragusa (Croazia) come figlio illegittimo, dovette mendicare prima di essere condotto a Venezia da un gentiluomo che gli diede un'istruzione. Divenne presbitero. Insegnò all'Università di Padova.[2]  Ebbe una famosa controversia con il suo collega Cesare Cremonini[3] sulla natura degli elementi, sul valore della storia delle interpretazioni di Aristotele e sulle questioni didattiche.   Indice 1                 Opere 2                                             Note 3                                             Bibliografia 4                                           Collegamenti esterni Opere Giorgio Raguseo, Peripateticae disputationes, Venetiis, Pietro Dusinelli, 1613. URL consultato il 12 luglio 2015. Note ^ Georgius ^ François-Marie Appendini, Notizie istorico-critiche sulle antichita, storia e letteratura de Ragusei, Stamp. di A. Martecchini, 1802, pp. 71–. ^ Cesare Preti, Giorgio da Ragusa, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 55, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2001. Bibliografia François-Marie Appendini, Notizie istorico-critiche sulle antichita, storia e letteratura de Ragusei, Stamp. di A. Martecchini, 1802, pp. 71–. Collegamenti esterni Cesare Preti, Giorgio Raguseo, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Opere di Giorgio Raguseo, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata Controllo di autorità         VIAF (EN) 70390453 · ISNI (EN) 0000 0000 8150 4040 · SBN IT\ICCU\UBOV\133488 · LCCN (EN) n85350341 · BAV (EN) 495/201510 · CERL cnp00125009 · WorldCat Identities (EN) lccn-n85350341 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XVII secoloTeologi italianiRetori italianiNati nel 1580Morti nel 1622Morti il 13 gennaioNati a Ragusa (Croazia)Morti a PadovaPresbiteri italiani[altre]

Raimondi Giambattista Raimondi Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Giambattista Raimondi, o Giovanni Battista Raimondi (Napoli, 1536 – Roma, 1614), è stato un filosofo, matematico e orientalista italiano.   Indice 1        Biografia 2                                            Note 3                                             Bibliografia 4                                           Collegamenti esterni Biografia Nacque a Napoli, figlio del cremonese Alessandro.  Viaggiò molto in Oriente acquisendo un'approfondita conoscenza dell'arabo, dell'armeno, del siriaco e dell'ebraico. Nominato professore di matematica al Collegio della Sapienza di Roma nel 1576, contribuì alla rinascita del platonismo contro l'aristotelismo, che dominava la vita intellettuale dell'epoca.  Tradusse in latino diversi trattati di matematica: i Data di Euclide (dal greco), Le coniche di Apollonio di Perga (da una versione araba). Fu autore di molti commentari, specialmente su alcuni libri della Synagoge, nota anche come Collectiones mathematicae, di Pappo di Alessandria e sui trattati di Archimede. Fu membro dell'accademia fondata da Cinzio Passeri Aldobrandini, nipote di papa Clemente VIII da parte della sorella, Giulia Aldobrandini.  Raimondi è celebre soprattutto per essere stato il primo direttore scientifico della «Stamperia orientale medicea» (o Typographia Medicea linguarum externarum), fondata nel 1584 a Roma dal cardinale Ferdinando de' Medici. L'attività principale svolta dalla Stamperia fu, con l'appoggio di Papa Gregorio XIII, la pubblicazione di libri nelle diverse lingue orientali per favorire la diffusione delle missioni cattoliche in Oriente. Raimondi formò un gruppo di ricerca costituito da Giovanni Battista Vecchietti (1552-1619), inviato pontificio ad Alessandria d'Egitto e in Persia, dal fratello Gerolamo (1557 - ca. 1640), da Paulo Orsino di Costantinopoli, neofita ebreo convertito, e dal frate domenicano Tommaso da Terracina[1]. In un periodo in cui la Santa Sede intratteneva buone relazioni diplomatiche con la dinastia Safavide, al potere in Persia dal 1501, essi riuscirono a recuperare diversi manoscritti della Bibbia in lingue orientali. Furono portati a Roma più di una ventina di testi biblici ebraici e giudeo-persiani, tra cui i libri del Pentateuco, tra i pochi sopravvissuti ai giorni nostri[1].  Nel 1587 la tipografia fu trasferita a Firenze, in conseguenza dell'elezione di Ferdinando a Granduca di Toscana[2]. Nel 1590 fu avviata la stampa delle opere. Furono pubblicate dapprima una Grammatica ebraica e una Grammatica caldea. Seguirono: due edizioni bilingui (arabo-latino) dei Vangeli (1590-1591), di cui furono tirate tremila copie; un compendio del Libro di Ruggero[3] di al-Idrisi (datato 1592); Il canone della medicina di Avicenna (1593). Nel 1596 il Granduca vendette la Stamperia a Raimondi, il quale a sua volta la cedette al figlio di Ferdinando, Cosimo II, salito al trono nel 1609[4]. Nel 1614 la Stamperia chiuse[2] poiché la realizzazione di volumi nelle lingue orientali non si era rivelata economicamente conveniente. Uno degli ultimi libri pubblicati fu una grammatica araba intitolata Liber Tasriphi, specificamente dedicata alle coniugazioni dei verbi.  Il grande progetto di Raimondi, che egli peraltro non riuscì a realizzare, fu quello di pubblicare una Bibbia poliglotta comprendente le sei lingue principali del cristianesimo orientale: siriaco, armeno, copto, ge'ez, arabo e persiano.  Oggi i manoscritti appartenuti alla Stamperia orientale medicea sono disseminati in diverse istituzioni: la Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze, la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, la Biblioteca apostolica vaticana, la Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele III di Napoli, la Biblioteca nazionale Marciana di Venezia e la Biblioteca nazionale di Francia a Parigi[5].  Note  Giovanni Battista Vecchietti, su iliesi.cnr.it. URL consultato il 26710/2015.  L'editoria del Principe, ovvero la stampa ufficiale delle istituzioni laiche e religiose, su docplayer.it. URL consultato il 4 dicembre 2019. ^ Per la dedicazione al re Ruggero II di Sicilia. ^ Tipografia Medicea Orientale, su thesaurus.cerl.org. URL consultato il 26/10/2015. ^ Italy (VIII) - Persian manuscripts, su iranicaonline.org. URL consultato il 26/10/2015. Bibliografia A. M. Piemontese, La «Grammatica persiana» di G. B. Raimondi, in Rivista degli studi orientali, vol. 53, 1979, pp. 141-150, JSTOR 41923313. K. El Bibas, La Stamperia medicea orientale, in Aa. Vv., Un Maestro insolito, Scritti per Franco Cardini, Firenze, Vallecchi, 2010, pp. 207-230. Collegamenti esterni Mario Casari, Giambattista Raimondi, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata ʻAbd-al-Wahhāb Ibn-Ibrāhīm az- Zanǧānī, Liber Tasriphi compositio est Senis Alemami: Traditur in eo compendiosa notitia coniugationum verbi Arabici, Romae, Medicae, 1610. URL consultato il 7 marzo 2019. Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, manoscritti persiani di Giovan Battista Raimondi: [1], [2], [3], [4]. Controllo di autorità                        VIAF (EN) 5417151433045956420005 · BNF (FR) cb11997358j (data) · BAV (EN) 495/356948 · WorldCat Identities (EN) viaf-5417151433045956420005 Biografie Portale Biografie Cattolicesimo Portale Cattolicesimo Filosofia Portale Filosofia Matematica Portale Matematica Categorie: Filosofi italiani del XVI secoloFilosofi italiani del XVII secoloMatematici italiani del XVI secoloMatematici italiani del XVII secoloOrientalisti italianiNati nel 1536Morti nel 1614Nati a NapoliMorti a RomaTraduttori italianiTraduttori dall'araboTraduttori al latinoScrittori in lingua latinaProfessori della Sapienza - Università di RomaTraduttori dal greco al latino[altre]

Raio Giulio Raio Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Giulio Raio (1949) è un filosofo italiano.  Raio è professore di filosofia teoretica presso l'Università degli Studi di Napoli "L'Orientale". Si è occupato in particolare dell'ermeneutica e della filosofia di Ernst Cassirer di cui ha tradotto diverse opere in italiano.  Raio fa parte del comitato di redazione della rivista «Studi Filosofici»[1] e ha fondato la rivista internazionale «Cassirer Studies»,[2] entrambe pubblicate dalla casa editrice Bibliopolis. Inoltre è codirettore della collana di studi «Bachelardiana» edita da Il melangolo.  Ha scritto le introduzioni «Antinomia e allegoria» e «Il carattere di chiave», contenute nel volume «Tutti i romanzi e i racconti» di Franz Kafka edito da Newton Compton, per il quale ha anche tradotto la maggior parte dei racconti.  Opere Ermeneutica e teoria del simbolo, Napoli, Liguori Editore, 1988. ISBN 8820716720. Lezioni su Kant di Felice Tocco: Studio ed edizione, (a cura di), Napoli, Liguori Editore, 1988. ISBN 8820716461. Introduzione a Cassirer, Roma-Bari, Laterza, 1991 (terza ed. 2002). ISBN 8842038903. Simbolismo tedesco. Kant Cassirer Szondi, Napoli, Bibliopolis, 1995. ISBN 88-7088-339-6. Ernst Cassirer, Conoscenza, concetto, cultura, introduzione, traduzione e note di Giulio Raio, Firenze, La Nuova Italia, 1998. Ernst Cassirer, Rousseau, Kant, Goethe, introduzione, traduzione e note di Giulio Raio, Roma, Donzelli Editore, 1999. ISBN 8879895133. Ernst Cassirer, Metafisica delle forme simboliche, introduzione, traduzione e note di Giulio Raio, Milano, Sansoni, 2003. ISBN 88-383-4805-7. L'io, il tu e l'Es. Saggio sulla "Metafisica delle forme simboliche" di Ernst Cassirer, Macerata, Quodlibet, 2005. ISBN 88-7462-071-3. Note ^ Rivista "Studi filosofici". ^ Cassirer Studies-Editor: Giulio Raio. Collegamenti esterni Pagina docente presso l'Università degli Studi di Napoli "L'Orientale", su docenti.unior.it. Controllo di autorità                                                VIAF (EN) 61580935 · ISNI (EN) 0000 0001 2280 7460 · LCCN (EN) n88003789 · GND (DE) 1036694275 · BNF (FR) cb12132348j (data) · WorldCat Identities (EN) lccn-n88003789 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloNati nel 1949Professori dell'Università degli Studi di Napoli "L'Orientale"[altre]

ramseyified description. Grice enjoyed Ramsey’s Engish humour: if you can say it, you can’t whistle it either. Applied by Grice in “Method.”Agent A is in a D state just in case there is a predicate “D”  introduced via implicit definition by nomological generalisation L within theory θ, such L obtains, A instantiates D. Grice distinguishes the ‘descriptor’ from a more primitive ‘name.’ The reference is to Ramsey. The issue is technical and relates to the introduction of a predicate constant – something he would never have dared to at Oxford with Gilbert Ryle and D. F. Pears next to him! But in the New World, they loved a formalism! And of course Ramsey would not have anything to do with it! Ramsey: p. r. – cited by Grice, “The Ramseyfied description. Frank Plumpton 330, influential 769 R    769 British philosopher of logic and mathematics. His primary interests were in logic and philosophy, but decades after his untimely death two of his publications sparked new branches of economics, and in pure mathematics his combinatorial theorems gave rise to “Ramsey theory” Economic Journal 7, 8; Proc. London Math. Soc., 8. During his lifetime Ramsey’s philosophical reputation outside Cambridge was based largely on his architectural reparation of Whitehead and Russell’s Principia Mathematica, strengthening its claim to reduce mathematics to the new logic formulated in Volume 1  a reduction rounded out by Vitters’s assessment of logical truths as tautologous. Ramsey clarified this logicist picture of mathematics by radically simplifying Russell’s ramified theory of types, eliminating the need for the unarguable axiom of reducibility Proc. London Math. Soc., 5. His philosophical work was published mostly after his death. The canon, established by Richard Braithwaite The Foundations of Mathematics . . . , 1, remains generally intact in D. H. Mellor’s edition Philosophical Papers, 0. Further writings of varying importance appear in his Notes on Philosophy, Probability and Mathematics M. C. Galavotti, ed., 1 and On Truth Nicholas Rescher and Ulrich Majer, eds., 1. As an undergraduate Ramsey observed that the redundancy account of truth “enables us to rule out at once some theories of truth such as that ‘to be true’ means ‘to work’ or ‘to cohere’ since clearly ‘p works’ and ‘p coheres’ are not equivalent to ‘p’.” Later, in the canonical “Truth and Probability” 6, he readdressed to knowledge and belief the main questions ordinarily associated with truth, analyzing probability as a mode of judgment in the framework of a theory of choice under uncertainty. Reinvented and acknowledged by L. J. Savage Foundations of Statistics, 4, this forms the theoretical basis of the currently dominant “Bayesian” view of rational decision making. Ramsey cut his philosophical teeth on Vitters’s Tractatus LogicoPhilosophicus. His translation appeared in 2; a long critical notice of the work 3 was his first substantial philosophical publication. His later role in Vitters’s rejection of the Tractatus is acknowledged in the foreword to Philosophical Investigations 3. The posthumous canon has been a gold mine. An example: “Propositions” 9, reading the theoretical terms T, U, etc. of an axiomatized scientific theory as variables, sees the theory’s content as conveyed by a “Ramsey sentence” saying that for some T, U, etc., the theory’s axioms are true, a sentence in which all extralogical terms are observational. Another example: “General Propositions and Causality” 9, offering in a footnote the “Ramsey test” for acceptability of conditionals, i.e., add the if-clause to your ambient beliefs minimally modified to make the enlarged set self-consistent, and accept the conditional if the then-clause follows.  Refs: “Philosophical psychology,” in BANC. ‘

Ramée, philosopher who questioned the authority of Aristotle and influenced the methods of f semantics. He published his “Dialecticae institutiones libri XV,” reworked  as “Dialectique,”  the first philosophical work in what Grice (‘Gris’) calls ‘the vernacular.’ “Not much different, I should say – cf. Redecraft translating Logic!”  Ramée is appointed by François I as the first Regius Professor in Paris, where he teaches until he is  killed in the St. Bartholomew’s Day Massacre. Ramée doubted that we can apodictically intuit the major premises required for Aristotle’s rational syllogism. Turning instead to Plato, Ramée proposed that a “Socratizing” of logic would produce a more workable and fruitful result. As had Agricola and Sturm, Ramée reworks the rhetorical and liberal arts traditions’ concepts of “invention, judgment, and practice,” placing “method” in the center of judgment. Proceeding in these stages, we can “read” nature’s “arguments,” because they are modeled on natural reasoning, which in turn can emulate the reasoning by which God creates. Often Ramée’s results are depicted graphically in tables as in chapter IX of Hobbes’s Leviathan. When carefully done they would show both what is known and where gaps require further investigation; the process from invention to judgment is continuous.  Ramée’s works saw some 750 editions in one century, fostering the “Ramist” movement in emerging Protestant universities and the colonies. He influenced Bacon, Hobbes, Milton, Methodism, Cambridge Platonism, and Alsted. Inconsistencies make him less than a major figure in the history of logic, but his many works and their rapid popularity led to philosophical and educational efforts to bring the world of learning to the “plain man” by using the vernacular, and by more closely correlating the rigor of philosophy with the memorable and persuasive powers of rhetoric; he saw this goal as Socratic.

Rashdall: English historian, theologian, and personal idealist. While acknowledging that Berkeley needed to be corrected by Kant, Rashdall defended Berkeley’s thesis that objects only exist for minds. From this he concluded that there is a divine mind that guarantees the existence of nature and the objectivity of morality. In his most important philosophical work, The Theory of Good and Evil 7, Rashdall argued that actions are right or wrong according to whether they produce well-being, in which pleasure as well as a virtuous disposition are constituents. Rashdall coined the name ‘ideal utilitarianism’ for this view.

Illatum: rational choice: as oppose to irrational choice. V. choose. Grice, “Impicatures of ‘choosing’” “Hobson’s choice, or Hobson’s ‘choice’?” Pears on conversational implicaturum and choosing. That includes choosing in its meaning, and then it is easy to ac- cept the suggestion that choosing might be an S-factor, and that the hypothetical might be a Willkür: one of Grice’s favourite words from Kant – “It’s so Kantish!” I told Pears about this, and having found it’s cognate with English ‘choose,’ he immediately set to write an essay on the topic!” f., ‘option, discretion, caprice,’ from MidHG. willekür, f., ‘free choice, free will’; gee kiesen and Kur-.kiesen, verb, ‘to select,’ from Middle High German kiesen, Old High German chiosan, ‘to test, try, taste for the purpose of testing, test by tasting, select after strict examination.’ Gothic kiusan, Anglo-Saxon ceósan, English to choose. Teutonic root kus (with the change of s into rkur in the participle erkoren, see also Kur, ‘choice’), from pre-Teutonic gus, in Latin gus-tusgus-tare, Greek γεύω for γεύσω, Indian root juš, ‘to select, be fond of.’ Teutonic kausjun passed as kusiti into Slavonic. Insofar as a philosopher explains and predicts the actum as consequences of a choice, which are themselves explained in terms of alleged reasons, it must depict agents as to some extent rational. Rationality, like reasons, involves evaluation, and just as one can assess the rationality of individual choices, so one can assess the rationality of social choices and examine how they are and ought to be related to the preferences and judgments of the actor. In addition, there are intricate questions concerning rationality in ‘strategic’ situations in which outcomes depend on the choices of multiple individuals. Since rationality is a central concept in branches of philosophy such as Grice’s pragmatics, action theory, epistemology, ethics, and philosophy of mind, studies of rationality frequently cross the boundaries various branches of philosophy. The barebones theory of rationality  takes an agent’s preferences, i. e. his rankings of states of affairs, to be rational if they are complete and transitive, and it takes the agent’s choice to be rational if the agent does not prefer any feasible alternative to the one he chooses. Such a theory of rationality is clearly too weak. It says nothing about belief or what rationality implies when the agent does not know (with certainty) everything relevant to his choice. It may also be too strong, since there is nothing irrational about having incomplete preferences in situations involving uncertainty. Sometimes it is rational to suspend judgment and to refuse to rank alternatives that are not well understood. On the other hand, transitivity is a plausible condition, and the so-called “money pump” argument demonstrates that if one’s preferences are intransitive and one is willing to make exchanges, then one can be exploited. Suppose an agent A prefers X to YY to Z and Z to X, and that A will pay some small amount of money $P to exchange Y for XZ for Y, and X for Z. That means that, starting with ZA will pay $P for Y, then $P again for X, then $P again for Z and so on. An agent need not be this stupid. He will instead refuse to trade or adjust his preferences to eliminate the intransitivity. On the other hand, there is evidence that an agent’s preferences are not in fact transitive. Such evidence does not establish that transitivity is not a requirement of rationality. It may show instead that an agent may sometimes not be rational. In, e. g. the case of preference reversals,” it seems plausible that the agent in fact makes the ‘irrational choice.’ Evidence of persistent violations of transitivity is disquieting, since standards of rationality should not be impossibly high. A further difficulty with the barebones theory of rationality concerns the individuation of the objects of preference or choice. Consider e. g. data from a multi-stage ultimatum game. Suppose A can propose any division of $10 between A and BB can accept or reject A’s proposal. If B rejects the proposal, the amount of money drops to $5, and B gets to offer a division of the $5 which A can accept or reject. If A rejects B’s offer, both players get nothing. Suppose that A proposes to divide the money with $7 for A and $3 for BB declines and offers to split the $5 evenly, with $2.50 for each. Behaviour such as this is, in fact, common. Assuming that B prefers more money to less, these choices appear to be a violation of transitivity. B prefers $3 to $2.50, yet declines $3 for certain for $2.50 (with some slight chance of A declining and B getting nothing). But the objects of choice are not just quantities of money. B is turning down $3 as part of “a raw deal” in favour of $2.50 as part of a fair arrangement. If the objects of choice are defined in this way, there is no failure of transitivity. This plausible observation gives rise to a serious conceptual problem that Grice thinks he can solve. Unless there are constraints on how the objects of choice are individuated, conditions of rationality such as transitivity are empty. A’s choice of X over YY over Z and Z over X does not violate transitivity if “X when the alternative is Y” is not the same object of choice as “X when the alternative is Z”. A further substantive principle of rationality isrequired to limit how alternatives are individuated or to require that agents be indifferent between alternatives such as “X when the alternative is Y” and “X when the alternative is Z.” To extend the theory of rationality to circumstances involving risk (where the objects of choice are lotteries with known probabilities) and uncertainty (where agents do not know the probabilities or even all the possible outcomes of their choices) requires a further principle of rationality, as well as a controversial technical simplification. Subjective Bayesians suppose that the agent in circumstances of uncertainty has well-defined subjective probabilities (degrees of belief) over all the payoffs and thus that the objects of choice can be modeled as lotteries, just as in circumstances involving risk, though with subjective probabilities in place of objective probabilities. The most important of the axioms needed for the theory of rational choice under conditions of risk and uncertainty is the independence condition. The preferences of a rational agent between two lotteries that differ in only one outcome should match his preferences between the differing outcomes. A considerable part of Grice’s rational choice theory is concerned with formalizations of conditions of rationality and investigation of their implications. When they are complete and transitive and satisfy a further continuity condition, the agent’s preferences can be represented by an ordinal utility function, i. e. it is then possible to define a function that represents an agent’s preferences so that U(X) > U(Y) iff if the agent prefers X to Y, and U(X) = U(Y) iff if the agent is indifferent between X and Y. This function represents the preference ranking, and contains no information beyond the ranking. When in addition they satisfy the independence condition, the agent’s preferences can be represented by an expected utility function (Ramsey 1926). Such a function has two important properties. First, the expected utility of a lottery is equal to the sum of the expected utilities of its prizes weighted by their probabilities. Second, expected utility functions are unique up to a positive affine transformation. If U and V are both expected utility functions representing the preferences of an agent, for all objects of preference, XV(X) must be equal to aU(X) + b, where a and b are real numbers and a is positive. The axioms of rationality imply that the agent’s degrees of belief will satisfy the axioms of the probability calculus. A great deal of controversy surrounds Grice’s theory of rationality, and there have been many formal investigations into amendeding it. Although a conversational pair is very different from this agent and this other agent, the pair has a mechanism to evaluate alternatives and make a choice. The evaluation and the choice may be rational or irrational. Pace Grice’s fruitful seminars on rational helpfulness in cooperation, t is not, however, obvious, what principles of rationality should govern the choices and evaluations of the conversational dyad. Transitivity is one plausible condition. It seems that a conversational dyad that chooses X when faced with the alternatives X or YY when faced with the alternatives Y or Z and Z when faced with the alternatives X or Z, the conversational dyad has had “a change of hearts” or is choosing ‘irrationally.’ Yet, purported irrationalities such as these can easily arise from a standard mechanism that aims to link a ‘conversational choice’ and individual preferences. Suppose there are two conversationalists in the dyad. Individual One ranks the alternatives XYZ. Individual Two ranks them YZX. (An Individual Three if he comes by, may ranks them ZXY). If decisions are made by pairwise majority voting, X will be chosen from the pair (XY), Y will be chosen from (YZ), and Z will be chosen from (XZ). Clearly this is unsettling. But is a possible cycle in a ‘conversational choice’ “irrational”? Similar problems affect what one might call the logical coherence of a conversational judgment Suppose the dyad consists of two individuals who make the following judgments concerning the truth or falsity of the propositions P and Q and that “conversational” judgment follows the majority. P if P, Q Q Conversationalist A true true true Conversationalist B false true false (Conversationalist C, if he passes by) true false false “Conversation” as an Institution: true true false. The judgment of each conversationalist is consistent with the principles of logic, while the “conversational co-operative” judgment violates the principles of logic. The “cooperative conversational,” “altruistic,” “joint judgment” need not be consistent with the principles of egoist logic. Although conversational choice theory bears on questions of conversational rationality, most work in conversational choice theory explores the consequences of principles of rationality coupled with this or that explicitly practical, or meta-ethical constraint. Grice does not use ‘moral,’ since he distinguishes what he calls a ‘conversational maxim’ from a ‘moral maxim’ of the type Kant universalizes. Arrow’s impossibility theorem assumes that an individual preference and a concerted, joint preference are complete and transitive and that the method of forming a conversational, concerted, joint preference (or making a conversational, concerted, choice) issues in some joint preference ranking or joint choice for any possible profile (or dossier, as Grice prefers) of each individual preference. Arrow’s impossibility theorem imposes a weak UNANIMITY (one-soul) condition. If A and B prefers X to Y, Y must not jointly preferred. Arrow’s impossibility theorem requires that there be no boss (call him Immanuel, the Genitor) whose preference determines a joint preference or choice irrespective of the preferences of anybody else. Arrow’s impossibility theorem imposes the condition that the joint concerted conversational preference between X and Y should depend on how A and B rank X and Y and on nothing else. Arrow’s impossibility theorem proves that no method of co-relating or linking conversational and a monogogic preference can satisfy all these conditions. If an monopreference and a mono-evaluations both satisfy the axioms of expected utility theory (with shared or objective probabilities) and that a duo-preference conform to the unanimous mono-preference, a duo- evaluation is determined by a weighted sum of individual utilities. A form of weighted futilitarianism, which prioritizes the interests of the recipient, rather than the emissor, uniquely satisfies a longer list of rational and practical constraints. When there are instead disagreements in probability assignments, there is an impossibility result. The unanimity (‘one-soul’) condition implies that for some profiles of individual preferences, a joint or duo-evaluation will not satisfy the axioms of expected utility theory. When outcomes depend on what at least two autonomous free agents do, one agent’s best choice may depend on what the other agent chooses. Although the principles of rationality governing mono-choice still apply, there is a further principle of conversational rationality governing the ‘expectation’ (to use Grice’s favourite term) of the action (or conversational move) of one’s co-conversationalist (and obviously, via the mutuality requirement of applicational universalizability) of the co-conversationalist’s ‘expectation’ concerning the conversationalist’s action and expectation, and so forth. Grice’s Conversational Game Theory plays a protagonist role within philosophy, and it is relevant to inquiries concerning conversational rationality and inquiries concerning conversational ethics. Rational choice -- Probability -- Dutch book, a bet or combination of bets whereby the bettor is bound to suffer a net loss regardless of the outcome. A simple example would be a bet on a proposition p at odds of 3 : 2 combined with a bet on not-p at the same odds, the total amount of money at stake in each bet being five dollars. Under this arrangement, if p turned out to be true one would win two dollars by the first bet but lose three dollars by the second, and if p turned out to be false one would win two dollars by the second bet but lose three dollars by the first. Hence, whatever happened, one would lose a dollar.  Dutch book argument, the argument that a rational person’s degrees of belief must conform to the axioms of the probability calculus, since otherwise, by the Dutch book theorem, he would be vulnerable to a Dutch book. R.Ke. Dutch book theorem, the proposition that anyone who a counts a bet on a proposition p as fair if the odds correspond to his degree of belief that p is true and who b is willing to make any combination of bets he would regard individually as fair will be vulnerable to a Dutch book provided his degrees of belief do not conform to the axioms of the probability calculus. Thus, anyone of whom a and b are true and whose degree of belief in a disjunction of two incompatible propositions is not equal to the sum of his degrees of belief in the two propositions taken individually would be vulnerable to a Dutch book. Illatum: rational decision theory -- decidability, as a property of sets, the existence of an effective procedure a “decision procedure” which, when applied to any object, determines whether or not the object belongs to the set. A theory or logic is decidable if and only if the set of its theorems is. Decidability is proved by describing a decision procedure and showing that it works. The truth table method, for example, establishes that classical propositional logic is decidable. To prove that something is not decidable requires a more precise characterization of the notion of effective procedure. Using one such characterization for which there is ample evidence, Church proved that classical predicate logic is not decidable. decision theory, the theory of rational decision, often called “rational choice theory” in political science and other social sciences. The basic idea probably Pascal’s was published at the end of Arnaud’s Port-Royal Logic 1662: “To judge what one must do to obtain a good or avoid an evil one must consider not only the good and the evil in itself but also the probability of its happening or not happening, and view geometrically the proportion that all these things have together.” Where goods and evils are monetary, Daniel Bernoulli 1738 spelled the idea out in terms of expected utilities as figures of merit for actions, holding that “in the absence of the unusual, the utility resulting from a fixed small increase in wealth will be inversely proportional to the quantity of goods previously possessed.” This was meant to solve the St. Petersburg paradox: Peter tosses a coin . . . until it should land “heads” [on toss n]. . . . He agrees to give Paul one ducat if he gets “heads” on the very first throw [and] with each additional throw the number of ducats he must pay is doubled. . . . Although the standard calculation shows that the value of Paul’s expectation [of gain] is infinitely great [i.e., the sum of all possible gains $ probabilities, 2n/2 $ ½n], it has . . . to be admitted that any fairly reasonable man would sell his chance, with great pleasure, for twenty ducats. In this case Paul’s expectation of utility is indeed finite on Bernoulli’s assumption of inverse proportionality; but as Karl Menger observed 4, Bernoulli’s solution fails if payoffs are so large that utilities are inversely proportional to probabilities; then only boundedness of utility scales resolves the paradox. Bernoulli’s idea of diminishing marginal utility of wealth survived in the neoclassical texts of W. S. Jevons 1871, Alfred Marshall 0, and A. C. Pigou 0, where personal utility judgment was understood to cause preference. But in the 0s, operationalistic arguments of John Hicks and R. G. D. Allen persuaded economists that on the contrary, 1 utility is no cause but a description, in which 2 the numbers indicate preference order but not intensity. In their Theory of Games and Economic Behavior 6, John von Neumann and Oskar Morgenstern undid 2 by pushing 1 further: ordinal preferences among risky prospects were now seen to be describable on “interval” scales of subjective utility like the Fahrenheit and Celsius scales for temperature, so that once utilities, e.g., 0 and 1, are assigned to any prospect and any preferred one, utilities of all prospects are determined by overall preferences among gambles, i.e., probability distributions over prospects. Thus, the utility midpoint between two prospects is marked by the distribution assigning probability ½ to each. In fact, Ramsey had done that and more in a little-noticed essay “Truth and Probability,” 1 teasing subjective probabilities as well as utilities out of ordinal preferences among gambles. In a form independently invented by L. J. Savage Foundations of Statistics, 4, this approach is now widely accepted as a basis for rational decision analysis. The 8 book of that title by Howard Raiffa became a theoretical centerpiece of M.B.A. curricula, whose graduates diffused it through industry, government, and the military in a simplified format for defensible decision making, namely, “costbenefit analyses,” substituting expected numbers of dollars, deaths, etc., for preference-based expected utilities. Social choice and group decision form the native ground of interpersonal comparison of personal utilities. Thus, John C. Harsanyi 5 proved that if 1 individual and social preferences all satisfy the von Neumann-Morgenstern axioms, and 2 society is indifferent between two prospects whenever all individuals are, and 3 society prefers one prospect to another whenever someone does and nobody has the opposite preference, then social utilities are expressible as sums of individual utilities on interval scales obtained by stretching or compressing the individual scales by amounts determined by the social preferences. Arguably, the theorem shows how to derive interpersonal comparisons of individual preference intensities from social preference orderings that are thought to treat individual preferences on a par. Somewhat earlier, Kenneth Arrow had written that “interpersonal comparison of utilities has no meaning and, in fact, there is no meaning relevant to welfare economics in the measurability of individual utility” Social Choice and Individual Values, 1  a position later abandoned P. Laslett and W. G. Runciman, eds., Philosophy, Politics and Society, 7. Arrow’s “impossibility theorem” is illustrated by cyclic preferences observed by Condorcet in 1785 among candidates A, B, C of voters 1, 2, 3, who rank them ABC, BCA, CAB, respectively, in decreasing order of preference, so that majority rule yields intransitive preferences for the group of three, of whom two 1, 3 prefer A to B and two 1, 2 prefer B to C but two 2, 3 prefer C to A. In general, the theorem denies existence of technically democratic schemes for forming social preferences from citizens’ preferences. A clause tendentiously called “independence of irrelevant alternatives” in the definition of ‘democratic’ rules out appeal to preferences among non-candidates as a way to form social preferences among candidates, thus ruling out the preferences among gambles used in Harsanyi’s theorem. See John Broome, Weighing Goods, 1, for further information and references. Savage derived the agent’s probabilities for states as well as utilities for consequences from preferences among abstract acts, represented by deterministic assignments of consequences to states. An act’s place in the preference ordering is then reflected by its expected utility, a probability-weighted average of the utilities of its consequences in the various states. Savage’s states and consequences formed distinct sets, with every assignment of consequences to states constituting an act. While Ramsey had also taken acts to be functions from states to consequences, he took consequences to be propositions sets of states, and assigned utilities to states, not consequences. A further step in that direction represents acts, too, by propositions see Ethan Bolker, Functions Resembling Quotients of Measures,  Microfilms, 5; and Richard Jeffrey, The Logic of Decision, 5, 0. Bolker’s representation theorem states conditions under which preferences between truth of propositions determine probabilities and utilities nearly enough to make the position of a proposition in one’s preference ranking reflect its “desirability,” i.e., one’s expectation of utility conditionally on it. decision theory decision theory 208   208 Alongside such basic properties as transitivity and connexity, a workhorse among Savage’s assumptions was the “sure-thing principle”: Preferences among acts having the same consequences in certain states are unaffected by arbitrary changes in those consequences. This implies that agents see states as probabilistically independent of acts, and therefore implies that an act cannot be preferred to one that dominates it in the sense that the dominant act’s consequences in each state have utilities at least as great as the other’s. Unlike the sure thing principle, the principle ‘Choose so as to maximize CEU conditional expectation of utility’ rationalizes action aiming to enhance probabilities of preferred states of nature, as in quitting cigarettes to increase life expectancy. But as Nozick pointed out in 9, there are problems in which choiceworthiness goes by dominance rather than CEU, as when the smoker like R. A. Fisher in 9 believes that the statistical association between smoking and lung cancer is due to a genetic allele, possessors of which are more likely than others to smoke and to contract lung cancer, although among them smokers are not especially likely to contract lung cancer. In such “Newcomb” problems choices are ineffectual signs of conditions that agents would promote or prevent if they could. Causal decision theories modify the CEU formula to obtain figures of merit distinguishing causal efficacy from evidentiary significance  e.g., replacing conditional probabilities by probabilities of counterfactual conditionals; or forming a weighted average of CEU’s under all hypotheses about causes, with agents’ unconditional probabilities of hypotheses as weights; etc. Mathematical statisticians leery of subjective probability have cultivated Abraham Wald’s Theory of Statistical Decision Functions 0, treating statistical estimation, experimental design, and hypothesis testing as zero-sum “games against nature.” For an account of the opposite assimilation, of game theory to probabilistic decision theory, see Skyrms, Dynamics of Rational Deliberation 0. The “preference logics” of Sören Halldén, The Logic of ‘Better’ 7, and G. H. von Wright, The Logic of Preference 3, sidestep probability. Thus, Halldén holds that when truth of p is preferred to truth of q, falsity of q must be preferred to falsity of p, and von Wright with Aristotle holds that “this is more choiceworthy than that if this is choiceworthy without that, but that is not choiceworthy without this” Topics III, 118a. Both principles fail in the absence of special probabilistic assumptions, e.g., equiprobability of p with q. Received wisdom counts decision theory clearly false as a description of human behavior, seeing its proper status as normative. But some, notably Davidson, see the theory as constitutive of the very concept of preference, so that, e.g., preferences can no more be intransitive than propositions can be at once true and false.  Rational decision: envelope paradox, an apparent paradox in decision theory that runs as follows. You are shown two envelopes, M and N, and are reliably informed that each contains some finite positive amount of money, that the amount in one unspecified envelope is twice the amount in the unspecified other, and that you may choose only one. Call the amount in M ‘m’ and that in N ‘n’. It might seem that: there is a half chance that m % 2n and a half chance that m = n/2, so that the “expected value” of m is ½2n ! ½n/2 % 1.25n, so that you should prefer envelope M. But by similar reasoning it might seem that the expected value of n is 1.25m, so that you should prefer envelope N.  illatum. rationality – while Grice never used to employ ‘rationality’ he learned to! In “Retrospective epilogue” in fact he refers to the principle of conversational helpfulness as ‘promoting conversational rationality.’ Rationality as a faculty psychology, the view that the mind is a collection of departments responsible for distinct psychological functions. Related to faculty psychology is the doctrine of localization of function, wherein each faculty has a specific brain location. Faculty psychologies oppose theories of mind as a unity with one function e.g., those of Descartes and associationism or as a unity with various capabilities e.g., that of Ockham, and oppose the related holistic distributionist or mass-action theory of the brain. Faculty psychology began with Aristotle, who divided the human soul into five special senses, three inner senses common sense, imagination, memory and active and passive mind. In the Middle Ages e.g., Aquinas Aristotle’s three inner senses were subdivied, creating more elaborate lists of five to seven inward wits. Islamic physicianphilosophers such as Avicenna integrated Aristotelian faculty psychology with Galenic medicine by proposing brain locations for the faculties. Two important developments in faculty psychology occurred during the eighteenth century. First, Scottish philosophers led by Reid developed a version of faculty psychology opposed to the empiricist and associationist psychologies of Locke and Hume. The Scots proposed that humans were endowed by God with a set of faculties permitting knowledge of the world and morality. The Scottish system exerted considerable influence in the United States, where it was widely taught as a moral, character-building discipline, and in the nineteenth century this “Old Psychology” opposed the experimental “New Psychology.” Second, despite then being called a charlatan, Franz Joseph Gall 17581828 laid the foundation for modern neuropsychology in his work on localization of function. Gall rejected existing faculty psychologies as philosophical, unbiological, and incapable of accounting for everyday behavior. Gall proposed an innovative behavioral and biological list of faculties and brain localizations based on comparative anatomy, behavior study, and measurements of the human skull. Today, faculty psychology survives in trait and instinct theories of personality, Fodor’s theory that mental functions are implemented by neurologically “encapsulated” organs, and localizationist theories of the brain. rationalism, the position that reason has precedence over other ways of acquiring knowledge, or, more strongly, that it is the unique path to knowledge. It is most often encountered as a view in epistemology, where it is traditionally contrasted with empiricism, the view that the senses are primary with respect to knowledge. It is important here to distinguish empiricism with respect to knowledge from empiricism with respect to ideas or concepts; whereas the former is opposed to rationalism, the latter is opposed to the doctrine of innate ideas. The term is also encountered in the philosophy of religion, where it may designate those who oppose the view that revelation is central to religious knowledge; and in ethics, where it may designate those who oppose the view that ethical principles are grounded in or derive from emotion, empathy, or some other non-rational foundation. The term ‘rationalism’ does not generally designate a single precise philosophical position; there are several ways in which reason can have precedence, and several accounts of knowledge to which it may be opposed. Furthermore, the very term ‘reason’ is not altogether clear. Often it designates a faculty of the soul, distinct from sensation, imagination, and memory, which is the ground of a priori knowledge. But there are other conceptions of reason, such as the narrower conception in which Pascal opposes reason to “knowledge of the heart” Pensées, section 110, or the computational conception of reason Hobbes advances in Leviathan I.5. The term might thus be applied to a number of philosophical positions from the ancients down to the present. Among the ancients, ‘rationalism’ and ‘empiricism’ especially denote two schools of medicine, the former relying primarily on a theoretical knowledge of the hidden workings of the human body, the latter relying on direct clinical experience. The term might also be used to characterize the views of Plato and later Neoplatonists, who argued that we have pure intellectual access to the Forms and general principles that govern reality, and rejected sensory knowledge of the imperfect realization of those Forms in the material world. In recent philosophical writing, the term ‘rationalism’ is most closely associated with the positions of a group of seventeenth-century philosophers, Descartes, Spinoza, Leibniz, and sometimes Malebranche. These thinkers are often referred to collectively as the Continental rationalists, and are generally opposed to the socalled British empiricists, Locke, Berkeley, and Hume. All of the former share the view that we have a non-empirical and rational access to the truth about the way the world is, and all privilege reason over knowledge derived from the senses. These philosophers are also attracted to mathematics as a model for knowledge in general. But these common views are developed in quite different ways. Descartes claims to take his inspiration from mathematics  not mathematics as commonly understood, but the analysis of the ancients. According to Descartes, we start from first principles known directly by reason the cogito ergo sum of the Meditations, what he calls intuition in his Rules for the Direction of the Mind; all other knowledge is deduced from there. A central aim of his Meditations is to show that this faculty of reason is trustworthy. The senses, on the other hand, are generally deceptive, leading us to mistake sensory qualities for real qualities of extended bodies, and leading us to the false philosophy of Aristotle and to Scholasticism. Descartes does not reject the senses altogether; in Meditation VI he argues that the senses are most often correct in circumstances concerning the preservation of life. Perhaps paradoxically, experiment is important to Descartes’s scientific work. However, his primary interest is in the theoretical account of the phenomena experiment reveals, and while his position is unclear, he may have considered experiment as an auxiliary to intuition and deduction, or as a second-best method that can be used with problems too complex for pure reason. Malebranche, following Descartes, takes similar views in his Search after Truth, though unlike Descartes, he emphasizes original sin as the cause of our tendency to trust the senses. Spinoza’s model for knowledge is Euclidean geometry, as realized in the geometrical form of the Ethics. Spinoza explicitly argues that we cannot have adequate ideas of the world through sensation Ethics II, propositions 1631. In the Ethics he does see a role for the senses in what he calls knowledge of the first and knowledge of the second kinds, and in the earlier Emendation of the Intellect, he suggests that the senses may be auxiliary aids to genuine knowledge. But the senses are imperfect and far less valuable, according to Spinoza, than intuition, i.e., knowledge of the third kind, from which sensory experience is excluded. Spinoza’s rationalism is implicit in a central proposition of the Ethics, in accordance with which “the order and connection of ideas is the same as the order and connection of things” Ethics II, proposition 7, allowing one to infer causal connections between bodies and states of the material world directly from the logical connections between ideas. Leibniz, too, emphasizes reason over the senses in a number of ways. In his youth he believed that it would be possible to calculate the truth-value of every sentence by constructing a logical language whose structure mirrors the structure of relations between concepts in the world. This view is reflected in his mature thought in the doctrine that in every truth, the concept of the predicate is contained in the concept of the subject, so that if one could take the God’s-eye view which, he concedes, we cannot, one could determine the truth or falsity of any proposition without appeal to experience Discourse on Metaphysics, section 8. Leibniz also argues that all truths are based on two basic principles, the law of non-contradiction for necessary truths, and the principle of sufficient reason for contingent truths Monadology, section 31, both of which can be known a priori. And so, at least in principle, the truth-values of all propositions can be determined a priori. This reflects his practice in physics, where he derives a number of laws of motion from the principle of the equality of cause and effect, which can be known a priori on the basis of the principle of sufficient reason. But, at the same time, referring to the empirical school of ancient medicine, Leibniz concedes that “we are all mere Empirics in three fourths of our actions” Monadology, section 28. Each of the so-called Continental rationalists does, in his own way, privilege reason over the senses. But the common designation ‘Continental rationalism’ arose only much later, probably in the nineteenth century. For their contemporaries, more impressed with their differences than their common doctrines, the Continental rationalists did not form a single homogeneous school of thought. Illatum: rationality. In its primary sense, rationality is a normative concept that philosophers have generally tried to characterize in such a way that, for any action, belief, or desire, if it is rational we ought to choose it. No such positive characterization has achieved anything close to universal assent because, often, several competing actions, beliefs, or desires count as rational. Equating what is rational with what is rationally required eliminates the category of what is rationally allowed. Irrationality seems to be the more fundamental normative category; for although there are conflicting substantive accounts of irrationality, all agree that to say of an action, belief, or desire that it is irrational is to claim that it should always be avoided. Rationality is also a descriptive concept that refers to those intellectual capacities, usually involving the ability to use language, that distinguish persons from plants and most other animals. There is some dispute about whether some non-human animals, e.g., dolphins and chimpanzees, are rational in this sense. Theoretical rationality applies to beliefs. An irrational belief is one that obviously conflicts with what one should know. This characterization of an irrational belief is identical with the psychiatric characterization of a delusion. It is a personrelative concept, because what obviously conflicts with what should be known by one person need not obviously conflict with what should be known by another. On this account, any belief that is not irrational counts as rational. Many positive characterizations of rational beliefs have been proposed, e.g., 1 beliefs that are either self-evident or derived from self-evident beliefs by a reliable procedure and 2 beliefs that are consistent with the overwhelming majority of one’s beliefs; but all of these positive characterizations have encountered serious objections. Practical rationality applies to actions. For some philosophers it is identical to instrumental rationality. On this view, commonly called instrumentalism, acting rationally simply means acting in a way that is maximally efficient in achieving one’s goals. However, most philosophers realize that achieving one goal may conflict with achieving another, and therefore require that a rational action be one that best achieves one’s goals only when these goals are considered as forming a system. Others have added that all of these goals must be ones that would be chosen given complete knowledge and understanding of what it would be like to achieve these goals. On the latter account of rational action, the system of goals is chosen by all persons for themselves, and apart from consistency there is no external standpoint from which to evaluate rationally any such system. Thus, for a person with a certain system of goals it will be irrational to act morally. Another account of rational action is not at all person-relative. On this account, to act rationally is to act on universalizable principles, so that what is a reason for one person must be a reason for everyone. One point of such an account is to make it rationally required to act morally, thus making all immoral action irrational. However, if to call an action irrational is to claim that everyone would hold that it is always to be avoided, then it is neither irrational to act immorally in order to benefit oneself or one’s friends, nor irrational to act morally even when that goes against one’s system of goals. Only a negative characterization of what is rational as what is not irrational, which makes it rationally permissible to act either morally or in accordance with one’s own system of goals, as long as these goals meet some minimal objective standard, seems likely to be adequate.   Illatum: rationalization, 1 an apparent explanation of a person’s action or attitude by appeal to reasons that would justify or exculpate the person for it  if, contrary to fact, those reasons were to explain it; 2 an explanation or interpretation made from a rational perspective. In sense 1, rationalizations are pseudo-explanations, often motivated by a desire to exhibit an item in a favorable light. Such rationalizations sometimes involve self-deception. Depending on one’s view of justification, a rationalization might justify an action  by adducing excellent reasons for its performance  even if the agent, not having acted for those reasons, deserves no credit for so acting. In sense 2 a sense popularized in philosophy by Donald Davidson, rationalizations of intentional actions are genuine explanations in terms of agents’ reasons. In this sense, we provide a rationalization for  or “rationalize”  Robert’s shopping at Zed’s by identifying the reasons for which he does so: e.g., he wants to buy an excellent kitchen knife and believes that Zed’s sells the best cutlery in town. Also, the reasons for which an agent acts may themselves be said to rationalize the action. Beliefs, desires, and intentions may be similarly rationalized. In each case, a rationalization exhibits the rationalized item as, to some degree, rational from the standpoint of the person to whom it is attributed. rational psychology, the a priori study of the mind. This was a large component of eighteenthand nineteenth-century psychology, and was contrasted by its exponents with empirical psychology, which is rooted in contingent experience. The term ‘rational psychology’ may also designate a mind, or form of mind, having the property of rationality. Current philosophy of mind includes much discussion of rational psychologies, but the notion is apparently ambiguous. On one hand, there is rationality as intelligibility. This is a minimal coherence, say of desires or inferences, that a mind must possess to be a mind. For instance, Donald Davidson, many functionalists, and some decision theorists believe there are principles of rationality of this sort that constrain the appropriate attribution of beliefs and desires to a person, so that a mind must meet such constraints if it is to have beliefs and desires. On another pole, there is rationality as justification. For someone’s psychology to have this property is for that psychology to be as reason requires it to be, say for that person’s inferences and desires to be supported by proper reasons given their proper weight, and hence to be justified. Rationality as justification is a normative property, which it would seem some minds lack. But despite the apparent differences between these two sorts of rationality, some important work in philosophy of mind implies either that these two senses in fact collapse, or at least that there are intervening and significant senses, so that things at least a lot like normative principles constrain what our psychologies are.  rational reconstruction, also called logical reconstruction, translation of a discourse of a certain conceptual type into a discourse of another conceptual type with the aim of making it possible to say everything or everything important that is expressible in the former more clearly or perspicuously in the latter. The best-known example is one in Carnap’s Der Logische Aufbau der Welt. Carnap attempted to translate discourse concerning physical objects e.g., ‘There is a round brown table’ into discourse concerning immediate objects of sense experience ‘Color patches of such-and-such chromatic characteristics and shape appear in such-and-such a way’. He was motivated by the empiricist doctrine that immediate sense experience is conceptually prior to everything else, including our notion of a physical object. In addition to talk of immediate sense experience, Carnap relied on logic and set theory. Since their use is difficult to reconcile with strict empiricism, his translation would not have fully vindicated empiricism even if it had succeeded.  Illatum: rationality -- reasons for action, considerations that call for or justify action. They may be subjective or objective. A subjective reason is a consideration an agent understands to support a course of action, whether or not it actually does. An objective reason is one that does support a course of action, regardless of whether the agent realizes it. What are cited as reasons may be matters either of fact or of value, but when facts are cited values are also relevant. Thus the fact that cigarette smoke contains nicotine is a reason for not smoking only because nicotine has undesirable effects. The most important evaluative reasons are normative reasons  i.e., considerations having e.g. ethical force. Facts become obligating reasons when, in conjunction with normative considerations, they give rise to an obligation. Thus in view of the obligation to help the needy, the fact that others are hungry is an obligating reason to see they are fed. Reasons for action enter practical thinking as the contents of beliefs, desires, and other mental states. But not all the reasons one has need motivate the corresponding behavior. Thus I may recognize an obligation to pay taxes, yet do so only for fear of punishment. If so, then only my fear is an explaining reason for my action. An overriding reason is one that takes precedence over all others. It is often claimed that moral reasons override all others objectively, and should do so subjectively as well. Finally, one may speak of an all-things-considered reason  one that after due consideration is taken as finally determinative of what shall be done.    reasons for belief, roughly, bases of belief. The word ‘belief’ is commonly used to designate both a particular sort of psychological state, a state of believing, and a particular intentional content or proposition believed. Reasons for belief exhibit an analogous duality. A proposition, p, might be said to provide a normative reason to believe a proposition, q, for instance, when p bears some appropriate warranting relation to q. And p might afford a perfectly good reason to believe q, even though no one, as a matter of fact, believes either p or q. In contrast, p is a reason that I have for believing q, if I believe p and p counts as a reason in the sense above to believe q. Undoubtedly, I have reason to believe countless propositions that I shall never, as it happens, come to believe. Suppose, however, that p is a reason for which I believe q. In that case, I must believe both p and q, and p must be a reason to believe q  or, at any rate, I must regard it as such. It may be that I must, in addition, believe q at least in part because I believe p. Reasons in these senses are inevitably epistemic; they turn on considerations of evidence, truth-conduciveness, and the like. But not all reasons for belief are of this sort. An explanatory reason, a reason why I believe p, may simply be an explanation for my having or coming to have this belief. Perhaps I believe p because I was brainwashed, or struck on the head, or because I have strong non-epistemic motives for this belief. I might, of course, hold the belief on the basis of unexceptionable epistemic grounds. When this is so, my believing p may both warrant and explain my believing q. Reflections of this sort can lead to questions concerning the overall or “all-things-considered” reasonableness of a given belief. Some philosophers e.g., Clifford argue that a belief’s reasonableness depends exclusively on its epistemic standing: my believing p is reasonable for me provided it is epistemically reasonable for me; where belief is concerned, epistemic reasons are overriding. Others, siding with James, have focused on the role of belief in our psychological economy, arguing that the reasonableness of my holding a given belief can be affected by a variety of non-epistemic considerations. Suppose I have some evidence that p is false, but that I stand to benefit in a significant way from coming to believe p. If that is so, and if the practical advantages of my holding p considerably outweigh the practical disadvantages, it might seem obvious that my holding p is reasonable for me in some all-embracing sense. 

Ray, J. English naturalist whose work on the structure and habits of plants and animals led to important conclusions on the methodology of classification and gave a strong impetus to the design argument in natural theology. In an early paper he argued that the determining characteristics of a species are those transmitted by seed, since color, scent, size, etc., vary with climate and nutriment. Parallels from the animal kingdom suggested the correct basis for classification would be structural. But we have no knowledge of real essences. Our experience of nature is of a continuum, and for practical purposes kinships are best identified by a plurality of criteria. His mature theory is set out in Dissertatio Brevis 1696 and Methodus Emendata 1703. The Wisdom of God Manifested in the Works of the Creation 1691 and three revisions was a best-selling compendium of Ray’s own scientific learning and was imitated and quarried by many later exponents of the design argument. Philosophically, he relied on others, from Cicero to Cudworth, and was superseded by Paley.

Reale – Giovanni Reale. Giovanni Reale Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search «Io ho infatti la ferma convinzione che, come Reinach afferma, Platone sia il "più grande filosofo in assoluto" comparso sulla terra, e che il compito di chi lo vuole comprendere e fare comprendere agli altri, pur avvicinandosi sempre di più alla Verità, non può mai avere fine.»  (Giovanni Reale, Platone. Alla ricerca della sapienza segreta, 1998, p. 12)  Giovanni Reale nel 2013, ospite del Premio Chiara Giovanni Reale (Candia Lomellina, 15 aprile 1931 – Luino, 15 ottobre 2014) è stato un filosofo, storico della filosofia, accademico e traduttore italiano.   Indice 1                     Biografia 2                                            Il pensiero 3                                            Opere 3.1                                            Traduzioni e commenti 4                                      Onorificenze 4.1                                          Lauree honoris causa 5                                        Note 6                                             Bibliografia 7                                           Altri progetti 8                                           Collegamenti esterni Biografia Giovanni Reale frequentò il Liceo classico statale di Casale Monferrato (divenuto in seguito Istituto di Istruzione Superiore "Cesare Balbo"), per poi formarsi all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, laureandosi con Francesco Olgiati. Successivamente, perfezionerà i suoi studi a Marburgo e a Monaco di Baviera.  Dopo un periodo di insegnamento nei licei e conseguita la libera docenza in Storia della filosofia antica nel 1962, vinse una cattedra presso l'Università degli Studi di Parma, ove terrà i corsi di Filosofia morale e di Storia della filosofia. Quindi, nel 1972, passò all'Università Cattolica di Milano, nella quale sarà a lungo professore ordinario di Storia della filosofia antica (fino al 2002), istituendovi e dirigendo il Centro di ricerche di Metafisica (luogo di formazione della maggior parte dei suoi allievi). Dal 2005 insegnò alla nuova Facoltà di Filosofia del San Raffaele di Milano, presso la quale intendeva fondare un nuovo centro internazionale di studi e ricerche su Platone, e sulle radici platoniche del pensiero e della civiltà occidentale.[1]  Morì il 15 ottobre 2014, a 83 anni, nella sua casa di Luino.[2]  Il pensiero La sua tesi di fondo è la seguente: la filosofia greca ha creato quelle categorie e quel peculiare modo di pensare che hanno consentito la nascita e lo sviluppo della scienza e della tecnica dell'Occidente.  I suoi interessi scientifici spaziano lungo tutto l'arco del pensiero antico pagano e cristiano, e i suoi contributi di maggior rilievo hanno toccato via via Aristotele, Platone, Plotino, Socrate e Agostino. Egli ha studiato ognuno di questi autori andando, in un certo senso, 'contro-corrente' e inaugurandone, secondo l'opinione di Cornelia de Vogel, una lettura nuova.[3]  La rilettura che Reale ha dato di Aristotele contesta l'interpretazione di Werner Jaeger, secondo il quale gli scritti aristotelici seguirebbero positivisticamente un andamento storico-genetico che partirebbe dalla teologia, passerebbe per la metafisica, per approdare infine alla scienza; Reale ha sostenuto invece la fondamentale unità del pensiero metafisico dello Stagirita.[4]  Ne La Filosofia antica, mette in evidenza come il pensiero di Teofrasto si diffuse per l'aspetto scientifico con un'ampiezza del tutto paragonabile a quella del maestro Aristotele, rivelando però uno scarso spessore nella speculazione filosofica. Da Stratone in poi, ciò provocò un ripiegamento della scuola peripatetica verso l'ambito della fisica e delle scienze empiriche.[5]  Per quel che riguarda Platone, Reale, importando in Italia gli studi della scuola platonica di Tubinga,[6] ha messo in crisi l'interpretazione romantica di Platone stesso, che risale a Friedrich Schleiermacher,[7] e ha voluto rivalutare il senso e la portata delle cosiddette «dottrine non scritte», vale a dire gli insegnamenti che Platone ha tenuto solo oralmente all'interno dell'Accademia e che conosciamo dalle testimonianze dei discepoli; in questo senso, Platone risulterebbe essere il testimone e l'interprete più geniale di quel peculiare momento della civiltà greca che passava dalla cultura dell'oralità a quella della scrittura.  Negli studi su Plotino, ha contestato la tesi di fondo di Eduard Zeller che vedeva nel grande neoplatonico il principale teorico del panteismo e dell'immanentismo; al contrario, Reale ha riletto Plotino come il campione della trascendenza metafisica dell'Uno.  L'interpretazione che Reale ha dato di Socrate, analogamente, si propone di risolvere le aporie della cosiddetta questione socratica, entrata in un vicolo cieco dopo gli studi di Olof Gigon, secondo cui di Socrate non possiamo sapere nulla con certezza; Reale ha inaugurato, invece, un nuovo modo di interpretare Socrate, non solo cercando di risolvere dall'interno le testimonianze contraddittorie degli allievi, ma soprattutto guardando al contesto della filosofia greca prima di Socrate e dopo Socrate: in questo modo, balzerebbe agli occhi la scoperta socratica del concetto di psyché come essenza e nucleo pensante dell'uomo.  «Socrate diceva che il compito dell'uomo è la cura dell'anima: la psicoterapia, potremmo dire. Che poi oggi l'anima venga interpretata in un altro senso, questo è relativamente importante. Socrate per esempio non si pronunciava sull'immortalità dell'anima, perché non aveva ancora gli elementi per farlo, elementi che solo con Platone emergeranno. Ma, nonostante più di duemila anni, ancora oggi si pensa che l'essenza dell'uomo sia la psyché. Molti, sbagliando, ritengono che il concetto di anima sia una creazione cristiana: è sbagliatissimo. Per certi aspetti il concetto di anima e di immortalità dell'anima è contrario alla dottrina cristiana, che parla invece di risurrezione dei corpi. Che poi i primi pensatori della Patristica abbiano utilizzato categorie filosofiche greche, e che quindi l'apparato concettuale del cristianesimo sia in parte ellenizzante, non deve far dimenticare che il concetto di psyché è una grandiosa creazione dei greci. L'Occidente viene da qui.»  (G. Reale, Storia della filosofia antica, Milano, Vita e pensiero, 1975) Infine, per quanto riguarda Agostino, gli studi di Reale tenderebbero a ricollocare questo autore nel contesto neoplatonico della tarda antichità e quindi nel momento dell'impatto del Cristianesimo con la filosofia greca, cercando di scrostarlo di tutte le successive interpretazioni dell'agostinismo medioevale.  Reale ritiene, poi, che la cifra spirituale che caratterizza il pensiero occidentale sia costituita dalla filosofia creata dai Greci. È stato infatti il logos greco a caratterizzare le due componenti essenziali del pensiero occidentale e precisamente a fornire gli strumenti concettuali per elaborare la Rivelazione cristiana, dando luogo, così, a quella peculiare mentalità da cui sono scaturite la scienza e la tecnica. Ma se la cultura occidentale non si capisce senza la filosofia dei Greci, questa a sua volta non si capisce senza la metafisica come studio dell'"Unità dell'Essere".[8] Il lavoro che Reale svolge, studiando i grandi pensatori del passato, vuole anche servire a un confronto fra la metafisica antica e quella moderna. La preferenza che accorda a Platone dipende dal fatto che il filosofo ateniese è, con la "seconda navigazione" di cui parla nel Fedone, il vero creatore di questa problematica.  Reale, studioso di fama internazionale,[9][10] si fa così portavoce di un «meditato ritorno alle radici della nostra cultura» attraverso la riproposta dei classici, in particolare Platone. Di quest'ultimo, Reale – in sintonia con la Scuola di Tubinga – rinnova l'interpretazione, mettendo in luce la primaria importanza delle cosiddette «dottrine non scritte» (agrafa dogmata) di cui riferiscono gli allievi di Platone stesso (Aristotele in primis).  Nel suo scritto Per una nuova interpretazione di Platone (1986), fa affiorare l'immagine di un Platone diverso, un Platone orale e – in certo senso – dogmatico: del resto, non è forse Platone stesso (ad esempio, nella Lettera VII) a garantirci che la sua filosofia dev'essere ricercata altrove rispetto agli scritti? Lo stesso corpus degli scritti platonici, giuntoci nella sua interezza (circostanza, questa, unica nella storiografia del pensiero greco), non presenta, invero, quell'unitarietà sistematica che ci si dovrebbe attendere, il che, ancora una volta, depone a favore della tesi secondo cui il vero Platone andrebbe cercato altrove, e precisamente nelle «dottrine non scritte».  Studioso anche della Metafisica di Aristotele, Reale smaschererebbe la tesi fatta valere da Jaeger, secondo cui l'opera non presenterebbe un'unitarietà ma sarebbe piuttosto una sorta di “zibaldone filosofico” (e, in particolare, il libro XII risalirebbe – in forza del suo spiccato interesse teologico – alla giovinezza dello Stagirita): lungi dal risolversi in un coacervo di scritti risalenti a differenti epoche e contesti, la Metafisica di Aristotele – rileva Reale –[11] è un'opera profondamente unitaria, al cui centro c'è la definizione di metafisica come: a) scienza delle cause e dei principi primi, b) scienza dell'essere in quanto tale, c) scienza della sostanza, d) scienza teologica, e) scienza della verità.  Ne La saggezza antica (1995), sostiene che «tutti i mali di cui soffre l'uomo d'oggi hanno proprio nel nichilismo la loro radice» e che «un'energica cura di questi mali implicherebbe il loro sradicamento, ossia la vittoria sul nichilismo, mediante il recupero di ideali e valori supremi, e il superamento dell'ateismo». Ma quello che egli propone «non è affatto un ritorno acritico a certe idee del passato, ma l'assimilazione e la fruizione di alcuni messaggi della saggezza antica, che, se ben recepiti e meditati, possono, se non guarire, almeno lenire i mali dell'uomo d'oggi, corrodendo le radici da cui derivano».  In una siffatta prospettiva, può acquistare un valore eminentemente filosofico anche il pensiero di Seneca, a suo parere ingiustamente trascurato da una lunga tradizione che non gli avrebbe riconosciuto alcuna cittadinanza filosofica: in La filosofia di Seneca come terapia dei mali dell'anima, Reale riprende, ancora una volta, l'idea che la filosofia degli antichi – in questo caso, quella di Seneca – possa costituire un 'farmaco' per l'animo dilaniato dell'uomo moderno.[12]  Tra gli allievi di Reale vi sono: Roberto Radice, docente dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, che si è dedicato al pensiero di Filone di Alessandria e dell'età ellenistica (in particolare dello Stoicismo) e che ha tradotto opere di Platone (Repubblica, Leggi, Lettere) di cui ha pubblicato in versione informatica il lessico; Maurizio Migliori,[13] dell'Università di Macerata, interprete del pensiero platonico; Giuseppe Girgenti, traduttore di Porfirio e del Neoplatonismo, e Vincenzo Cicero,[14] a cui si devono inedite traduzioni italiane di Schelling, Hegel, Trendelenburg, Natorp, Hildebrand e Heidegger.  Opere  L'autografo di Giovanni Reale Oltre al campo specifico della filosofia antica e tardo-antica, Reale si è occupato a vario titolo anche della storia della filosofia generale: per esempio, nella stesura del noto Manuale di filosofia per i licei edito da Editrice La Scuola e scritto insieme a Dario Antiseri, oltre alla direzione delle collane filosofiche «Classici della filosofia», «Testi a fronte» della Bompiani e «I Filosofi» per Laterza.  Oltre a questo, i suoi principali scritti sono i seguenti:  Il concetto di filosofia prima e l'unità della Metafisica di Aristotele, Vita e Pensiero, Milano, 1961; Bompiani, Milano, 2008. Introduzione a Aristotele, Laterza, Bari, 1974. Storia della filosofia antica, 5 voll., Vita e Pensiero, Milano, 1975. Il pensiero occidentale dalle origini ad oggi, La Scuola, Brescia, 1983. Per una nuova interpretazione di Platone, CUSL, Milano, 1984; XX edizione definitiva, Vita e Pensiero, Milano, 1997. Introduzione a Proclo, Laterza, Bari, 1989. Filosofia antica, Jaca Book, Milano, 1992. Saggezza antica, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1995. Eros demone mediatore. Il gioco delle maschere nel "Simposio" di Platone, Rizzoli, Milano, 1997. Platone. Alla ricerca della sapienza segreta, Rizzoli, Milano, 1998; Bompiani, Milano, 2005; La nave di Teseo, Milano, 2019. Guida alla lettura della Metafisica di Aristotele, Laterza, Bari, 1997. Raffaello: La "Disputa", Rusconi, Milano, 1998. Corpo, anima e salute. Il concetto di uomo da Omero a Platone, Collana Scienza e Idee n.49, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1999. Socrate. Alla scoperta della sapienza umana, Rizzoli, Milano, 2000; La nave di Teseo, Milano, 2019. Il pensiero antico, Vita e Pensiero, Milano, 2001-2014. La filosofia di Seneca come terapia dei mali dell'anima, Bompiani, Milano, 2003. Radici culturali e spirituali dell'Europa, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2003. Storia della filosofia greca e romana, 10 volumi, Bompiani, Milano, 2004; Collana Il pensiero occidentale, Bompiani, 2018. Valori dimenticati dell'Occidente, Bompiani, Milano, 2004. L'arte di Riccardo Muti e la Musa platonica, Bompiani, Milano, 2005. Come leggere Agostino, Bompiani, Milano, 2005. Karol Wojtyla un pellegrino dell'assoluto, Bompiani, Milano, 2005. Autotestimonianze e rimandi dei Dialoghi di Platone alle "Dottrine non scritte", Bompiani, Milano, 2008. Storia del pensiero filosofico e scientifico, La Scuola, Brescia, 2012. Salvare la scuola nell'era digitale, Brescia, La Scuola, 2013. G. Reale-Umberto Veronesi, Responsabilità della vita. Un confronto fra un credente e un non credente, Milano, Bompiani, 2013. Mi sono innamorato della filosofia, a cura di Armando Torno, Milano, Bompiani, 2014, ISBN 978-88-452-7832-7. Romanino e la «Sistina dei poveri» a Pisogne, Milano, Bompiani, 2014. Cento anni di filosofia. Da Nietzsche ai nostri giorni, La Scuola, Brescia, 2015. (IT, EL) Giovanni Reale, Introduzione, traduzione e commentario della Metafisica di Aristotele, su archive.org, Bompiani, 2004, pp. 1731, ISBN 978-88-452-0308-4. (con testo greco a fronte) Traduzioni e commenti Reale ha tradotto in italiano e commentato molte opere di Platone, di Aristotele e di Plotino (la sua nuova edizione delle Enneadi è stata pubblicata nel 2002 nella collana "I Meridiani" della Arnoldo Mondadori Editore).  Nel 2006 ha pubblicato per Bompiani il poderoso volume I presocratici, da lui presentato come la «prima traduzione integrale» della versione tedesca del Die Fragmente der Vorsokratiker di Hermann Diels e Walther Kranz. Nonostante in Italia ne fosse già uscita nel 1969 una traduzione di Gabriele Giannantoni edita da Laterza, Reale ha sostenuto la presenza di lacune e manomissioni nella traduzione del Giannantoni, lacune e manomissioni che sarebbero dovute, a parere di Reale, all'ossequio all'ideologia e all'«egemonia culturale marxista», secondo cui in quel periodo gli intellettuali di area comunista avrebbero dominato la scena in campo editoriale.[15] Luciano Canfora, in risposta alle accuse di Reale, ne ha sostenuto la natura «pubblicitaria» e l'«inconsistenza» del ragionamento.[16] Nella polemica sono intervenuti anche altri due studiosi: il primo è Mario Vegetti, il quale ha sostenuto che, se influenza c'è stata nell'edizione di Giannantoni, essa è stata di matrice idealistica, hegeliana e crociana e non marxista; il secondo studioso è Roberto Radice, il quale ha invece sostenuto che qualsiasi omissione è da evitare, specie se non è segnalata nel testo, e con riguardo alla presunta irrilevanza di taluni tagli operati da Giannantoni[17] sottolinea come «i capretti a volte segnano la storia del pensiero più di alcuni filosofi e togliere questi deliziosi animali dai frammenti, così come far sparire dei cavolfiori, potrebbe trasformarsi in una censura»[18].  Di Seneca, il Reale ha poi curato la traduzione delle opere in "Seneca. Tutti gli scritti" del 1994.  Onorificenze Cavaliere di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana - nastrino per uniforme ordinaria                             Cavaliere di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana «Di iniziativa del Presidente della Repubblica» — 3 giugno 2011[19] Premio "Roncisvalle" dell'Università di Navarra[20] Cittadinanza onoraria di Siracusa Premio Pax Dantis per il Pensiero di Pace Universale, Centro Lunigianese di Studi Danteschi, 2014. Lauree honoris causa Accademia Internazionale di Filosofia del Liechtenstein Università Cattolica di Lublino Università di Stato di Mosca Universitat Ramon Llull de Barcellona (2006)[21] Note ^ Filosofico.net ^ Addio a Giovanni Reale, grande interprete di Platone, La Stampa, 15 ottobre 2014. URL consultato il 15 ottobre 2014. ^ Cornelia de Vogel, Ripensando Platone e il Platonismo, Milano, Vita e Pensiero, 1990. ISBN 978-88-343-0296-5 ^ «Reale [...] dimostra la profonda unità concettuale di questi scritti di filosofia prima, mettendo in luce come Jaeger, nella sua tesi, sia condizionato dalla filosofia positivista e dalla teoria generale dell'evoluzione della cultura secondo le tre tappe di teologia-metafisica-scienza» (Note di copertina all'opera Il concetto di "filosofia prima" e l'unità della "Metafisica" di Aristotele, Milano, Bompiani, 2008. ISBN 978-88-452-6180-0). ^ Giovanni Reale (a cura di), Storia della filosofia antica (PDF), vol. III, p. 149 (archiviato dall'url originale il 23 gennaio 2015). «La fondazione della botanica fu il suo guadagno essenziale.». ^ AA.VV., Verso una nuova immagine di Platone, Milano, Vita e Pensiero, 1994. ISBN 978-88-343-0815-8 ^ Cfr., in particolare, Il paradigma romantico nell'interpretazione di Platone, di Hans Krämer, Napoli, 1991. ^ G. Reale, La filosofia antica, Milano, Editoriale Jaca Book, pp. 18-21. ^ «Ha ragione, bisogna imparare ad accettare la morte», Corriere della Sera. URL consultato il 23 giugno 2012 (archiviato dall'url originale il 19 settembre 2014). ^ Network delle Università Italiane, su uninetwork.it. URL consultato il 20 aprile 2009. ^ G. Reale, Il concetto di filosofia prima e l'unità della metafisica di Aristotele, Milano, Vita e Pensiero, 1961. ^ G. Reale, La filosofia di Seneca come terapia dei mali dell'anima, Milano, Bompiani, 2003, pag. 201. ISBN 978-88-452-5532-8 ^ https://www.unimc.it/filosoficamente/primo-piano/giovanni-reale-in-memoriam ^ https://www.philosophicalnews.com/wp-content/uploads/2017/07/5.2.pdf ^ Pur riconoscendo a Giannantoni una statura di studioso di prim'ordine, Reale ha sostenuto che molti marxisti «non presentavano talune cose nella loro effettiva realtà» (dall'Archivio storico del Corriere della Sera del 21 novembre 2006). Secondo Reale, pur non potendosi parlare di complotto, «nel testo di Laterza curato da Giannantoni mancano - in un'edizione chiamata l'unica integrale italiana - decine e decine di passi che ho elencato in 4 pagine all'inizio della mia traduzione dei Presocratici; ci sono inoltre indebite aggiunte assenti nell'originale. Una raccolta di tal fatta, nata assemblando anche vecchie versioni e tagliando pure molte note di queste ultime, ha l'effetto di svuotare le idee forti di codesti autori. Svuotare, ironizzare, occupare uno spazio e toglierlo ad altri, evitare un vero confronto: ecco la vecchia tattica che rimane ancora molto viva» (dall'Archivio storico del Corriere della Sera del 24 novembre 2006). ^ «Naturalmente, sul piano pubblicitario, si comprende la auto-esaltazione: la mia traduzione è più completa della tua, come il mio bucato è più bianco del tuo. Ma anche la pubblicità bisognerebbe saperla fare. Ci sono lauree brevi da poco istituite in proposito. Particolarmente inconsistente appare il ragionamento, se pure così può definirsi, sviluppato dal Reale. Eccolo nella sintesi fornita dal suo intervistatore: Giannantoni era molto bravo (e questo lo sapevamo anche senza il supporto di Reale), Laterza è innocente del sopra menzionato «reato ideologico», la colpa è della «penetrazione» comunista. Sembra quasi di sognare. Ma questa è la caricatura dell'antica cantilena sui comunisti padroni dell'editoria italiana. Per confutare questa sciocchezza, anni fa, Norberto Bobbio si limitò a trascrivere i titoli del catalogo Einaudi. E infatti come negare l'affiliazione bolscevica di Bobbio? Che pena» (in Archivio storico Corriere della sera 21 novembre 2006). ^ Si fa riferimento all'osservazione di Canfora secondo la quale le omissioni di Giannantoni riguarderebbero aspetti poco rilevanti per un marxista come il frammento 23 di Orfeo, «un malridotto frustulo papiraceo in cui si fa cenno ad un rituale misterico [...]. Queste, e consimili, sono le omissioni rimproverate dal neo-presocratico Reale». (Cfr.Ibidem) ^ Osserva infatti Radice: «Sembrerebbe del tutto irrilevante sapere se Kant, quando scriveva la Critica della ragion pratica, mangiasse capretto o una particolare minestra, e credo che alla storia della filosofia questo poco interessi. Ma sapere se un orfico mangiasse o no capretto, può essere significativo dal punto di vista filosofico. Se si asteneva, allora era vegetariano e, come tale, non avrebbe condiviso la ritualistica greca in cui si consumavano le carni offerte alla divinità e si lasciavano ad essa gli aromi per segnare la distanza tra uomo e dio. In sostanza egli credeva, evitando il capretto, in una teologia in cui uomo e divino erano legati». (Cfr.Archivio storico Corriere della sera 24 novembre 2006) All'obiezione di Canfora ha risposto lo stesso Reale affermando: «Non è un capretto né una vacca quello che manca nel testo di Laterza curato da Giannantoni; mancano - in un'edizione chiamata l'unica integrale italiana - decine e decine di passi che ho elencato in 4 pagine all'inizio della mia traduzione dei Presocratici; ci sono inoltre indebite aggiunte assenti nell'originale. Una raccolta di tal fatta, nata assemblando anche vecchie versioni e tagliando pure molte note di queste ultime, ha l'effetto di svuotare le idee forti di codesti autori. Svuotare, ironizzare, occupare uno spazio e toglierlo ad altri, evitare un vero confronto: ecco la vecchia tattica che rimane ancora molto viva». (Cfr. Ibidem) ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato. ^ (ES) Entrega de los internacionales premios Roncesvalles de Filosofía, su unav.edu, 5 maggio 2000. URL consultato l'8 marzo 2019. ^ Laudatio del professore Giovanni Reale a cura del professore Antoni Bosch-Veciana., in http://www.url.edu/sites/default/files/llibrethonoris_giovannireale.pdf. Bibliografia Roberto Radice, Claudio Tiengo (a cura di), Seconda navigazione. Omaggio a Giovanni Reale, Vita e Pensiero, Milano, 2015. ISBN 9788834329610 Giuseppe Grampa, "Ritornare ai Greci: intervista a Giovanni Reale sulla sua «Storia della filosofia antica»", Vita e Pensiero. Rivista culturale dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, Vol. 9, Anno 1980. Giovanni Reale, in Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009. Armando Torno, Il mio Platone bocciato all'università, in Corriere della Sera, intervista di Giovanni Reale, 3 gennaio 2014, p. 36. Armando Torno, Addio a Giovanni Reale il cattolico amico di Platone, in Corriere della Sera, 16 ottobre 2014, p. 41. Antonio Carioti, Critico il Platone di Reale il marxismo non c'entra, in Corriere della Sera, intervista di Mario Vegetti, 4 gennaio 2014, p. 47. Giovanni Reale, La dittatura culturale del marxismo, in Corriere della Sera, 6 gennaio 2014, p. 31. Altri progetti Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Giovanni Reale Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Giovanni Reale Collegamenti esterni Giovanni Reale, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Giovanni Reale, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Giovanni Reale, su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata Registrazioni di Giovanni Reale, su RadioRadicale.it, Radio Radicale. Modifica su Wikidata Giovanni Reale su Filosofico.net, su filosofico.net. Giovanni Reale (a cura di), Storia della filosofia antica. Dalle origini a Socrate (PDF), vol. 1, 5ª ed., 1987. URL consultato il 7 marzo 2019 (archiviato dall'url originale il 23 gennaio 2015). Ospitato su gianfrancobertagni.it. Giovanni Reale (a cura di), Storia della filosofia antica. Platone e Aristotele (PDF), vol. 2, 6ª ed., 1988. URL consultato il 7 marzo 2019 (archiviato dall'url originale il 23 gennaio 2015). Ospitato su gianfrancobertagni.it. Giovanni Reale (a cura di), Storia della filosofia antica. I sistemi dell'Età ellenistica (PDF), vol. 3, 5ª ed., 1987. URL consultato il 7 marzo 2019 (archiviato dall'url originale il 23 gennaio 2015). Ospitato su gianfrancobertagni.it. Controllo di autorità                                                VIAF (EN) 109309795 · ISNI (EN) 0000 0001 2147 3219 · SBN IT\ICCU\CFIV\014120 · LCCN (EN) n79042229 · GND (DE) 122372174 · BNF (FR) cb12020499v (data) · BNE (ES) XX851003 (data) · NLA (EN) 40142799 · BAV (EN) 495/74171 · WorldCat Identities (EN) lccn-n79042229 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloStorici della filosofia italianiAccademici italiani del XX secoloAccademici italiani del XXI secoloNati nel 1931Morti nel 2014Nati il 15 aprileMorti il 15 ottobreNati a Candia LomellinaMorti a LuinoCavalieri di gran croce OMRIFilosofi cattoliciProfessori dell'Università Cattolica del Sacro CuoreProfessori dell'Università degli Studi di ParmaStudenti dell'Università Cattolica del Sacro CuoreTraduttori all'italianoTraduttori dal greco anticoTraduttori dal latinoTraduttori italiani[altre]

Res: “Possibly the most important word in philosophy.” Grice -- Realism – causal realism -- direct realism, the theory that perceiving is epistemically direct, unmediated by conscious or unconscious inference. Direct realism is distinguished, on the one hand, from indirect, or representative, realism, the view that perceptual awareness of material objects is mediated by an awareness of sensory representations, and, on the other hand, from forms of phenomenalism that identify material objects with states of mind. It might be thought that direct realism is incompatible with causal theories of perception. Such theories invoke causal chains leading from objects perceived causes to perceptual states of perceivers effects. Since effects must be distinct from causes, the relation between an instance of perceiving and an object perceived, it would seem, cannot be direct. This, however, confuses epistemic directness with causal directness. A direct realist need only be committed to the former. In perceiving a tomato to be red, the content of my perceptual awareness is the tomato’s being red. I enter this state as a result of a complex causal process, perhaps. But my perception may be direct in the sense that it is unmediated by an awareness of a representational sensory state from which I am led to an awareness of the tomato. Perceptual error, and more particularly, hallucinations and illusions, are usually thought to pose special difficulties for direct realists. My hallucinating a red tomato, for instance, is not my being directly aware of a red tomato, since I may hallucinate the tomato even when none is present. Perhaps, then, my hallucinating a red tomato is partly a matter of my being directly aware of a round, red sensory representation. And if my awareness in this case is indistinguishable from my perception of an actual red tomato, why not suppose that I am aware of a sensory representation in the veridical case as well? A direct realist may respond by denying that hallucinations are in fact indistinguishable from veridical perceivings or by calling into question the claim that, if sensory representations are required to explain hallucinations, they need be postulated in the veridical case.  reality, in standard philosophical usage, how things actually are, in contrast with their mere appearance. Appearance has to do with how things seem to a particular perceiver or group of perceivers. Reality is sometimes said to be twoway-independent of appearance. This means that appearance does not determine reality. First, no matter how much agreement there is, based on appearance, about the nature of reality, it is always conceivable that reality differs from appearance. Secondly, appearances are in no way required for reality: reality can outstrip the range of all investigations that we are in a position to make. It may be that reality always brings with it the possibility of appearances, in the counterfactual sense that if there were observers suitably situated, then if conditions were not conducive to error, they would have experiences of such-and-such a kind. But the truth of such a counterfactual seems to be grounded in the facts of reality. Phenomenalism holds, to the contrary, that the facts of reality can be explained by such counterfactuals, but phenomenalists have failed to produce adequate non-circular analyses. The concept of reality on which it is two-wayindependent of experience is sometimes called objective reality. However, Descartes used this phrase differently, to effect a contrast with formal or actual reality. He held that there must be at least as much reality in the efficient and total cause of an effect as in the effect itself, and applied this principle as follows: “There must be at least as much actual or formal reality in the efficient and total cause of an idea as objective reality in the idea itself.” The objective reality of an idea seems to have to do with its having representational content, while actual or formal reality has to do with existence independent of the mind. Thus the quoted principle relates features of the cause of an idea to the representational content of the idea. Descartes’s main intended applications were to God and material objects. 

recursum: Grice, ‘anti-sneak.” The third clause (III) in Grice’s final analysis of utterer’s meaning is self-referential and recursive, in a good way, in that (III) itself counts as one of the ‘inference elements’ (that Grice symbolises as “E”) that (III) specifies. Grice loved the heraldy metaphor of the escrutcheon – and the Droste effect. Cf. ‘speculative,’ --.  Refs.: Luigi Speranza, “Grice’s mise-en-abyme,” per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia. Then there is the recursive function theory, an area of formal semantics that takes as its point of departure the study of an extremely limited class of functions, the recursive functions. Recursive function theory is a branch of higher arithmetic number theory, or the theory of natural numbers whose universe of discourse is restricted to the non-negative integers: 0, 1, 2, etc. However, the techniques and results of recursive function theory do not resemble those traditionally associated with number theory. The class of recursive functions is defined in a way that makes evident that every recursive function can be computed or calculated. The hypothesis that every calculable function is recursive, which is known as Church’s thesis, is often taken as a kind of axiom in recursive function theory. This theory has played an important role in philosophy of mathematics, especially when epistemological issues are studied, since as Grice knows, super-knowing may be hard, but not impossible!

Redintegratum: a psychological process, similar to or involving classical conditioning, in which one feature of a situation causes a person to recall, visualize, or recompose an entire original situation. On opening a pack of cigarettes, a person may visualize the entire process, including striking the match, lighting the cigarette, and puffing. Redintegration is used as a technique in behavior therapy, e.g. when someone trying to refrain from smoking is exposed to unpleasant odors and vivid pictures of lungs caked with cancer, and then permitted to smoke. If the unpleasantness of the odors and visualization outweighs the reinforcement of smoking, the person may resist smoking. Philosophically, for Grice, so-called barbarically “redintegratum” is of interest for two reasons. First, the process may be critical in prudence. By bringing long-range consequences of behavior into focus in present deliberation, redintegration may help to protect long-range interests. Second, redintegration offers a role for visual images in producing behavior. Images figure in paradigmatic cases of redintegration. In recollecting pictures of cancerous lungs, the person may refrain from smoking. Pears: “Oddly, it didn’t work with Grice who remained a  bit of a chain-smoker – but of Navy’s Cut only, except for the very last. He never smelt the odour in a bad way.”

reduction, the replacement of one expression by a second expression that differs from the first in prima facie reference. So-called reductions have been meant in the sense of uniformly applicable explicit definitions, contextual definitions, or replacements suitable only in a limited range of contexts. Thus, authors have spoken of reductive conceptual analyses, especially in the early days of analytic philosophy. In particular, in the sensedatum theory talk of physical objects was supposed to be reduced to talk of sense-data by explicit definitions or other forms of conceptual analysis. Logical positivists talked of the reduction of theoretical vocabulary to an observational vocabulary, first by explicit definitions, and later by other devices, such as Carnap’s reduction sentences. These appealed to a test condition predicate, T e.g., ‘is placed in water’, and a display predicate, D e.g., ‘dissolves’, to introduce a dispositional or other “non-observational” term, S e.g., ‘is water-soluble’: Ex [Tx / Dx / Sx], with ‘/’ representing the material conditional. Negative reduction sentences for non-occurrence of S took the form Ex [NTx / NDx / - Sx]. For coinciding predicate pairs T and TD and -D and ND Carnap referred to bilateral reduction sentences: Ex [Tx / Dx S Sx]. Like so many other attempted reductions, reduction sentences did not achieve replacement of the “reduced” term, S, since they do not fix application of S when the test condition, T, fails to apply. In the philosophy of mathematics, logicism claimed that all of mathematics could be reduced to logic, i.e., all mathematical terms could be defined with the vocabulary of logic and all theorems of mathematics could be derived from the laws of logic supplemented by these definitions. Russell’s Principia Mathematica carried out much of such a program with a reductive base of something much more like what we now call set theory rather than logic, strictly conceived. Many now accept the reducibility of mathematics to set theory, but only in a sense in which reductions are not unique. For example, the natural numbers can equally well be modeled as classes of equinumerous sets or as von Neumann ordinals. This non-uniqueness creates serious difficulties, with suggestions that set-theoretic reductions can throw light on what numbers and other mathematical objects “really are.” In contrast, we take scientific theories to tell us, unequivocally, that water is H20 and that temperature is mean translational kinetic energy. Accounts of theory reduction in science attempt to analyze the circumstance in which a “reducing theory” appears to tell us the composition of objects or properties described by a “reduced theory.” The simplest accounts follow the general pattern of reduction: one provides “identity statements” or “bridge laws,” with at least the form of explicit definitions, for all terms in the reduced theory not already appearing in the reducing theory; and then one argues that the reduced theory can be deduced from the reducing theory augmented by the definitions. For example, the laws of thermodynamics are said to be deducible from those of statistical mechanics, together with statements such as ‘temperature is mean translational kinetic energy’ and ‘pressure is mean momentum transfer’. How should the identity statements or bridge laws be understood? It takes empirical investigation to confirm statements such as that temperature is mean translational kinetic energy. Consequently, some have argued, such statements at best constitute contingent correlations rather than strict identities. On the other hand, if the relevant terms and their extensions are not mediated by analytic definitions, the identity statements may be analogized to identities involving two names, such as ‘Cicero is Tully’, where it takes empirical investigation to establish that the two names happen to have the same referent. One can generalize the idea of theory reduction in a variety of ways. One may require the bridge laws to suffice for the deduction of the reduced from the reducing theory without requiring that the bridge laws take the form of explicit identity statements or biconditional correlations. Some authors have also focused on the fact that in practice a reducing theory T2 corrects or refines the reduced theory T1, so that it is really only a correction or refinement, T1*, that is deducible from T2 and the bridge laws. Some have consequently applied the term ‘reduction’ to any pair of theories where the second corrects and extends the first in ways that explain both why the first theory was as accurate as it was and why it made the errors that it did. In this extended sense, relativity is said to reduce Newtonian mechanics. Do the social sciences, especially psychology, in principle reduce to physics? This prospect would support the so-called identity theory of mind and body, in particular resolving important problems in the philosophy of mind, such as the mindbody problem and the problem of other minds. Many though by no means all are now skeptical about the prospects for identifying mental properties, and the properties of other special sciences, with complex physical properties. To illustrate with an example from economics adapted from Fodor, in the right circumstances just about any physical object could count as a piece of money. Thus prospects seem dim for finding a closed and finite statement of the form ‘being a piece of money is . . .’, with only predicates from physics appearing on the right though some would want to admit infinite definitions in providing reductions. Similarly, one suspects that attributes, such as pain, are at best functional properties with indefinitely many possible physical realizations. Believing that reductions by finitely stable definitions are thus out of reach, many authors have tried to express the view that mental properties are still somehow physical by saying that they nonetheless supervene on the physical properties of the organisms that have them. In fact, these same difficulties that affect mental properties affect the paradigm case of temperature, and probably all putative examples of theoretical reduction. Temperature is mean translational temperature only in gases, and only idealized ones at that. In other substances, quite different physical mechanisms realize temperature. Temperature is more accurately described as a functional property, having to do with the mechanism of heat transfer between bodies, where, in principle, the required mechanism could be physically realized in indefinitely many ways. In most and quite possibly all cases of putative theory reduction by strict identities, we have instead a relation of physical realization, constitution, or instantiation, nicely illustrated by the property of being a calculator example taken from Cummins. The property of being a calculator can be physically realized by an abacus, by devices with gears and levers, by ones with vacuum tubes or silicon chips, and, in the right circumstances, by indefinitely many other physical arrangements. Perhaps many who have used ‘reduction’, particularly in the sciences, have intended the term in this sense of physical realization rather than one of strict identity. Let us restrict attention to properties that reduce in the sense of having a physical realization, as in the cases of being a calculator, having a certain temperature, and being a piece of money. Whether or not an object counts as having properties such as these will depend, not only on the physical properties of that object, but on various circumstances of the context. Intensions of relevant language users constitute a plausible candidate for relevant circumstances. In at least many cases, dependence on context arises because the property constitutes a functional property, where the relevant functional system calculational practices, heat transfer, monetary systems are much larger than the propertybearing object in question. These examples raise the question of whether many and perhaps all mental properties depend ineliminably on relations to things outside the organisms that have the mental properties.  Then there is the reduction sentence, for a given predicate Q3 of space-time points in a first-order language, any universal sentence S1 of the form: x [Q1x / Q2x / Q3 x], provided that the predicates Q1 and Q2 are consistently applicable to the same space-time points. If S1 has the form given above and S2 is of the form x [Q4x / Q5 / - Q6] and either S1 is a reduction sentence for Q3 or S2 is a reduction sentence for -Q3, the pair {S1, S2} is a reduction pair for Q3. If Q1 % Q4 and Q2 % - Q5, the conjunction of S1 and S2 is equivalent to a bilateral reduction sentence for Q3 of the form x [Q1 / Q3 S Q2]. These concepts were introduced by Carnap in “Testability and Meaning,” Philosophy of Science 637, to modify the verifiability criterion of meaning to a confirmability condition where terms can be introduced into meaningful scientific discourse by chains of reduction pairs rather than by definitions. The incentive for this modification seems to have been to accommodate the use of disposition predicates in scientific discourse. Carnap proposed explicating a disposition predicate Q3 by bilateral reduction sentences for Q3. An important but controversial feature of Carnap’s approach is that it avoids appeal to nonextensional conditionals in explicating disposition predicates.  Then there is the reductio ad absurdum, “Tertullian’s favourite proof,” – Grice. 1 The principles A / - A / -A and -A / A / A. 2 The argument forms ‘If A then B and not-B; therefore, not-A’ and ‘If not-A then B and not-B; therefore, A’ and arguments of these forms. Reasoning via such arguments is known as the method of indirect proof. 3 The rules of inference that permit i inferring not-A having derived a contradiction from A and ii inferring A having derived a contradiction from not-A. Both rules hold in classical logic and come to the same thing in any logic with the law of double negation. In intuitionist logic, however, i holds but ii does not. reductionism: The issue of reductionism is very much twentieth-century. There was Wisdom’s boring contribtions to Mind on ‘logical construction,’ Grice read the summary from Broad. One of the twelve –isms that Grice finds on his ascent to the City of Eternal Truth. He makes the reductive-reductionist distinction. Against J. M. Rountree. So, for Grice, the bad heathen vicious Reductionism can be defeated by the good Christian virtuous. Reductivism. A reductivist tries to define, say, what an emissor communicates (that p) in terms of the content of that proposition that he intends to transmit to his recipient. Following Aristotle, Grice reduces the effect to a ‘pathemata psucheos,’ i. e. a passio of the anima, as Boethius translates. This can be desiderative (“Thou shalt not kill”) or creditativa (“The grass is green.”)


mise-en-abyme-- reflection principles, two varieties of internal statements related to correctness in formal axiomatic systems. 1 Proof-theoretic reflection principles are formulated for effectively presented systems S that contain a modicum of elementary number theory sufficient to arithmetize their own syntactic notions, as done by Kurt Gödel in his 1 work on incompleteness. Let ProvS x express that x is the Gödel number of a statement provable in S, and let nA be the number of A, for any statement A of S. The weakest reflection principle considered for S is the collection RfnS of all statements of the form ProvS nA P A, which express that if A is provable from S then A is true. The proposition ConS expressing the consistency of S is a consequence of RfnS obtained by taking A to be a disprovable statement. Thus, by Gödel’s second incompleteness theorem, RfnS is stronger than S if S is consistent. Reflection principles are used in the construction of ordinal logics as a systematic means of overcoming incompleteness. 2 Set-theoretic reflection principles are formulated for systems S of axiomatic set theory, such as ZF Zermelo-Fraenkel. In the simplest form they express that any property A in the language of S that holds of the universe of “all” sets, already holds of a portion of that universe coextensive with some set x. This takes the form A P DxAx where in Ax all quantifiers of A are relativized to x. In contrast to proof-theoretic reflection principles, these may be established as theorems of ZF. 

Reflectum -- reflective equilibrium, as usually conceived, a coherence method for justifying evaluative principles and theories. The method was first described by Goodman, who proposed it be used to justify deductive and inductive principles. According to Goodman Fact, Fiction and Forecast, 5, a particular deductive inference is justified by its conforming with deductive principles, but these principles are justified in their turn by conforming with accepted deductive practice. The idea, then, is that justified inferences and principles are those that emerge from a process of mutual adjustment, with principles being revised when they sanction inferences we cannot bring ourselves to accept, and particular inferences being rejected when they conflict with rules we are unwilling to revise. Thus, neither principles nor particular inferences are epistemically privileged. At least in principle, everything is liable to revision. Rawls further articulated the method of reflective equilibrium and applied it in ethics. According to Rawls A Theory of Justice, 1, inquiry begins with considered moral judgments, i.e., judgments about which we are confident and which are free from common sources of error, e.g., ignorance of facts, insufficient reflection, or emotional agitation. According to narrow reflective equilibrium, ethical principles are justified by bringing them into coherence with our considered moral judgments through a process of mutual adjustment. Rawls, however, pursues a wide reflective equilibrium. Wide equilibrium is attained by proceeding to consider alternatives to the moral conception accepted in narrow equilibrium, along with philosophical arguments that might decide among these conceptions. The principles and considered judgments accepted in narrow equilibrium are then adjusted as seems appropriate. One way to conceive of wide reflective equilibrium is as an effort to construct a coherent system of belief by a process of mutual adjustment to considered moral judgments and moral principles as in narrow equilibrium along with the background philosophical, social scientific, and any other relevant beliefs that might figure in the arguments for and against alternative moral conceptions, e.g., metaphysical views regarding the nature of persons. As in Goodman’s original proposal, none of the judgments, principles, or theories involved is privileged: all are open to revision. 

Reggio Isacco Samuele Reggio Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Abbozzo Questa voce sugli argomenti rabbini e filosofi italiani è solo un abbozzo. Contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni di Wikipedia.  Isacco Samuele Reggio Isacco Samuele Reggio (ebraico: יצחק שמואל רג'יו, acronimo YaSHaR יש"ר; Gorizia, 15 agosto 1784 – Gorizia, 29 agosto 1855) è stato un ebraista italiano, filosofo, storico ed esegeta biblico, traduttore e pedagogo, uno dei fondatori del movimento Scienza del Giudaismo, diffusore delle idee dell'Haskalah in Italia e rabbino di Gorizia.  Bibliografia Umberto Cassuto, «REGGIO, Isacco Samuele» in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1935. Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Isacco Samuele Reggio Collegamenti esterni «Réggio, Isacco Samuele», la voce in Enciclopedie on line, sito "Treccani.it L'Enciclopedia italiana". (EN) «Reggio, Isaac Samuel (YaSHaR)», la voce in Jewish Encyclopedia, sito "jewishencyclopedia.com". Controllo di autorità      VIAF (EN) 67197037 · ISNI (EN) 0000 0000 6678 3694 · LCCN (EN) nr95013266 · GND (DE) 115484566 · BAV (EN) 495/36402 · CERL cnp00375714 · WorldCat Identities (EN) lccn-nr95013266 Biografie Portale Biografie Ebraismo Portale Ebraismo Filosofia Portale Filosofia Categorie: Rabbini italianiFilosofi italiani del XIX secoloPedagogisti italianiNati nel 1784Morti nel 1855Nati il 15 agostoMorti il 29 agostoNati a GoriziaMorti a Gorizia[altre]

Reghini Arturo Reghini Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search  Arturo Reghini da giovane Arturo Reghini (Firenze, 12 novembre 1878 – Budrio, 1º luglio 1946) è stato un matematico, filosofo ed esoterista italiano.   Indice 1                                                Biografia 2                                            Note 3                                             Opere 4                                             Bibliografia 5                                           Voci correlate 6                                            Collegamenti esterni Biografia Si laureò nel 1912 in matematica all'Università di Pisa, dedicandosi all'insegnamento della materia in vari istituti superiori in Toscana, a Roma ed in Emilia-Romagna.  Promotóre del Pitagorismo, Reghini fu affiliato a vari gruppi dell'esoterismo italiano. Nel 1898 entrò nella Società Teosofica e ne fondò la sezione romana. Più tardi, nel 1903, fonderà a Palermo la Biblioteca Teosofica, alla quale di poi cambierà nome in Biblioteca Filosofica. Nel 1902 venne iniziato al Rito di Memphis di Palermo (rito massonico di supposta origine egizia) e nel 1907 entrò a Firenze nella loggia Lucifero, dipendente dal Grande Oriente d'Italia[1]. Ebbe una breve adesione al Martinismo papusiano, che in Italia era diretto dall'avvocato Sacchi, verso le carenze della cui maestranza e pubblicistica Reghini apporta una demolizione magistrale. Sempre nel 1907 fu poi chiamato da Amedeo Rocco Armentano, che lo avviò allo studio del pitagorismo. Nel 1912 entrò nel Supremo Consiglio Universale del Rito filosofico italiano[2], dal quale però si dimise nel 1914, non aveva infatti un'alta opinione dello stato della massoneria in Italia[3]. Insignito del 33° e massimo grado del Rito Scozzese Antico e Accettato, nel 1921 entrò a far parte come membro effettivo del Supremo Consiglio d'Italia, di cui fu Gran cancelliere e Segretario generale[4].  Gli anni della Grande Guerra videro discepoli e maestri della Schola Italica Pitagorica partire volontari per il fronte. Reghini non rimase inerte innanzi al sorgere delle istanze interventiste; partecipò attivamente alla manifestazione romana del maggio 1915, culminata in Campidoglio, tesa ad ottenere la dichiarazione di guerra. Accolto nell'Accademia Militare di Torino come allievo ufficiale del Genio il 1º febbraio 1917, successivamente partì volontario per il fronte, ottenendo sul campo il grado di capitano del Genio.  Anni dopo, precisamente il 18 dicembre 1923, Reghini ed il suo Maestro Armentano crearono a Roma l'Associazione Pitagorica, che riprendeva le fila di precedenti esperienze e si richiamava operativamente al sodalizio pitagorico dell'antichità.  Da solo o con altri, fondò e animò varie riviste, con interventi sagaci e ricchi di dottrina: scrisse nel 1906 sul papiniano Leonardo , dando vita ad Atanór (1924), Ignis (1925 e di nuovo nel 1929), UR (1927-1928, con Giovanni Colazza, Julius Evola come direttore, Giulio Parise, Arturo Onofri).  Contrasti d'idee e caratteriali prevalsero, alla fine del 1928, nel rapporto di collaborazione fra Evola e Reghini, provocando la scelta evoliana di allontanamento di questi, assieme a Giulio Parise, da UR (rivista sórta a esprimere al pubblico della cultura italiana l'intento dell'occulto Gruppo di Ur; nella quale il Maestro fiorentino pubblicò con l'eteronimo di Pietro Negri); e se ne ebbero anche strascichi giudiziari: infatti Evola tenterà di fare incriminare Reghini per affiliazione massonica (affiliazione che costituiva reato dopo l'imposizione di scioglimento delle "associazioni segrete" decretata dal Regime fascista nel 1925); ma il potere giudiziario optò infine per un "accordo" tra i due onde evitare uno scandalo[5]. Negli anni seguenti, per via del condizionamento repressivo fascista vòlto all'emarginazione di tanti esponenti dell'esoterismo italiano (Armentano era partito per il Brasile già nel maggio del 1924), Reghini ormai isolato si ritirava dalle attività pubbliche e a Budrio si dedicava all'insegnamento nell'istituto privato "Quirico Filopanti" (diretto da Camilla Partengo), alla meditazione - in chiave pitagorica - delle scienze matematiche.  Negli Anni Trenta ottenne tuttavia pubblici riconoscimenti dall'Accademia dei Lincei e dall'Accademia d'Italia, per la sua opera sulla restituzione della geometria pitagorica, di poi nel 1935 data alle stampe[6].  Note ^ Il Crepuscolo dei Filosofi regalato dal suo autore, Giovanni Papini all’amico Arturo al suo ingresso nella Loggia fiorentina ‘Lucifero’ nel 1907. Nel frontespizio una dedica ad inchiostro, scolorito dal tempo, «Al nuovo fratello Arturo Reghini il suo G Papini».in: Raffaele K. Salinari, Arturo Reghini, pitagorico, su ilmanifesto.it. URL consultato il 3 aprile 2020. ^ Rito filosofico italiano ^ Aniceto Del Massa, Pagine esoteriche, La Finestra, Trento, 2001, p. 46-47. ^ In questa qualità firmò il 23 novembre 1925 il decreto del suo scioglimento n. 245 (riprodotto in: Luigi Sessa, I Sovrani Grandi Commendatori e breve storia del Supremo Consiglio d'Italia del Rito scozzese antico ed accettato Palazzo Giustiniani dal 1805 ad oggi , Ed. Bastogi, Foggia, 2004, p. 117), in seguito all'approvazione il 19 maggio dello stesso anno alla Camera dei deputati del progetto di legge sulla disciplina delle associazioni, presentato da Mussolini, mirante allo scioglimento della massoneria. ^ Angelo Iacovella, "Il Barone e il Pitagorico: Julius Evola e Arturo Reghini", in: Vie della Tradizione, anno XXVIII, n. 110 (aprile-giugno 1998), pp. 85-95. ^ Cfr. la recensione fattane da René Guénon: ed. postuma di Comptes Rendus, Parigi, 1973. Opere Le parole sacre e di passo dei primi tre gradi ed il massimo mistero massonico, Atanor, Roma, 1922. Per la restituzione della geometria pitagorica (1935); nuova edizione Il Basilisco, Genova, 1988, che comprende anche I numeri sacri nella tradizione pitagorica; nuovo titolo Numeri sacri e geometria pitagorica. Il fascio littorio, ovvero il simbolismo duodecimale e il fascio etrusco (1935); nuova edizione Il Basilisco, Genova, 1980. I numeri sacri nella tradizione pitagorica, Ignis, Roma, 1947. Dei Numeri pitagorici (Libri sette) (1940) - Prologo - Associazione culturale Ignis, 2004. Dei Numeri Pitagorici (Libri sette) - Parte Prima - Volume Primo - Dell'equazione indeterminata di secondo grado con due incognite - Archè/pizeta, 2006. Dei Numeri Pitagorici (Libri sette) - Parte Prima - Volume Secondo - Delle soluzioni primitive dell'equazione di tipo Pell x^2-Dy^2=B e del loro numero - Archè/pizeta, 2012. Dei Numeri Pitagorici (Libri sette) - Parte Seconda - Volume Terzo - Dei numeri triangolari, dei quadrati e dei numeri piramidali a base triangolare o quadrata - Archè/pizeta, 2018. Dizionario Filologico, ("Associazione culturale Ignis"), 2008. Cagliostro, ("Associazione culturale Ignis"), 2007. Considerazioni sul Rituale dell'apprendista libero muratore, Phoenix, Genova, 1978. Paganesimo, Pitagorismo, Massoneria, Mantinea, Furnari (Messina), 1986. Per la restituzione della Massoneria Pitagorica Italiana, introduzione di Vinicio Serino, Raffaelli Editore, Rimini, 2005, ISBN 88-89642-01-7 La Tradizione Pitagorica Massonica, Fratelli Melita Editori, Genova, 1988, ISBN 88-403-9155-X Trascendenza di Spazio e Tempo, rivista "Mondo Occulto", Napoli, 1926, ristampa Libreria Ed. ASEQ 2010. Curò fondamentali traduzioni (con introduzione e note), tra cui:  De occulta philosophia di Cornelio Agrippa (Alberto Fidi, Milano, 1926; opera in due volumi); ristampato dalle Edizioni Mediterranee e da I Dioscuri, Genova, 1988. Le Roi du Monde di René Guénon ( Alberto Fidi editore, Milano, 1927). Bibliografia AA.VV., Arturo Reghini. La Sapienza pagana e pitagorica del '900 (La Cittadella, Anno VI/VII n.s., n° triplo 23-24-25, MMDCCLIX a.U.c., luglio-dicembre 2006 - gennaio-marzo 2007 d.C.), I Libri del Graal. Geminello Alvi, Reghini, il massone pitagorico che amava la guerra, Corriere della Sera, 18 agosto 2003. Riccardo Paradisi, Reghini, il Pitagorico che sognava l’impero, L’Indipendente, 4 marzo 2007. Natale M. Di Luca, "Arturo Reghini. Un intellettuale neopitagorico tra massoneria e fascismo", Atanòr, Roma, 2003. Giulio Parise, "Nota sulla vita di A. Reghini", in calce a Considerazioni sul rituale dell'apprendista libero muratore, Phoenix, Genova, 1978. Roberto Sestito, Il figlio del Sole. Vita e opere di Arturo Reghini, filosofo e matematico, Ancona, Associazione Culturale "Ignis", 2006. Voci correlate Via romana agli Dei Amedeo Rocco Armentano Julius Evola Giulio Parise Collegamenti esterni Luigi Carlo Schiavone, Arturo Reghini a metà strada tra fascismo e massoneria, su archiviostorico.info. URL consultato il 7 gennaio 2018. Centro De Giorgi - Scuola Normale Superiore di Pisa, Breve biografia di Arturo Reghini, su mathematica.sns.it. URL consultato il 26-10.2-2011. Guido Boni, Omaggio ad Arturo Reghini nel 60º anniversario della morte, su ritosimbolico.it. URL consultato il 15 febbraio 2018. Thomas Dana Lloyd, Un pitagorico dei nostri tempi, su ritosimbolico.it. URL consultato il 15 febbraio 2018. Nicola Bizzi, Arturo Reghini. Sulla Tradizione occidentale, su youtube.com. URL consultato il 30 luglio 2019. (EN) Christian Giudice, Occultism and Traditionalism in Twentieth-Century Italy, su spreaker.com. URL consultato il 30 luglio 2019. (EN) Christian Giudice, (PDF) For a Spiritual Understanding of Life’: Arturo Reghini’s Theosophical Years (1898-1907), su academia.edu. URL consultato il 17 agosto 2019. Grandi massoni. Arturo Reghini, illustre matematico e antifascista, traduttore e amico di Guenon, su grandeoriente.it. URL consultato il 3 aprile 2020. Raffaele K. Salinari, Arturo Reghini, pitagorico, su ilmanifesto.it. URL consultato il 3 aprile 2020. Controllo di autorità  VIAF (EN) 69993666 · ISNI (EN) 0000 0000 6684 0783 · BNF (FR) cb156135811 (data) · WorldCat Identities (EN) viaf-69993666 Biografie Portale Biografie Religioni Portale Religioni Categorie: Matematici italiani del XX secoloFilosofi italiani del XX secoloEsoteristi italianiNati nel 1878Morti nel 1946Nati il 12 novembreMorti il 1º luglioNati a FirenzeMorti a BudrioVia romana agli deiNeopaganesimo in ItaliaMassoniTeosofi italiani[altre]

Regina Umberto Regina Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Umberto Regina (Sabbioneta, 2 agosto 1937) è un filosofo, storico della filosofia e accademico italiano.   Indice 1                        Biografia 2                                            Pensiero 3                                            Note 4                                             Pubblicazioni 5                                         Altri progetti 6                                           Collegamenti esterni Biografia Vincitore di una borsa di studio per il Collegio Augustinianum, si è laureato in Filosofia all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano con una tesi su Louis Lavelle con Emanuele Severino. Nel 1963 si è perfezionato in Filosofia neoscolastica con una tesi su Martin Heidegger.  Dopo aver insegnato nei licei è passato all'Università degli Studi di Macerata, prima come ricercatore e poi come professore associato di Filosofia morale fino al 1988. Dal 1988 al 1990 ha insegnato all'Università degli Studi di Verona.  Professore ordinario di Filosofia morale dal 1990 all'Università degli Studi di Cagliari, dal 1992 è tornato all'Università di Verona in qualità di docente di Filosofia morale e Direttore del Dipartimento di Filosofia.  Nell'ambito della sua ricerca scientifica, ha ottenuto dall'Unione europea il finanziamento per il primo progetto «Tempus», relativo all'organizzazione presso l'Università di Sarajevo e Mostar di un master sulla tolleranza religiosa.[1].  In collaborazione con l'Università di Copenaghen ha organizzato due convegni: «Kierkegaard contemporaneo. Ripresa, pentimento, perdono», svoltosi a Verona 1-3 dicembre 2003, e «Mennesket som forhold. Søren Kierkegaards filosofiske og teologiske antropologi - L'essere umano come rapporto. L'antropologia filosofica e teologica di Søren Kierkegaard».  Partecipa ai «Forum» che dal 1997 la Conferenza Episcopale Italiana organizza nell'ambito del Progetto culturale della Chiesa italiana.  Nel 2010 è stato nominato docente onorario presso l'Università degli Studi di Verona.  Pensiero Umberto Regina ha costruito il suo pensiero basandosi in modo particolare su Søren Kierkegaard, Friedrich Nietzsche e Martin Heidegger. In Heidegger ha evidenziato[2] l'importanza del ruolo sapienziale assegnato alla finitezza dell'uomo.  In Kierkegaard[3] vede invece il pensatore da cui partire per costruire una nuova ontologia e una nuova antropologia basate su una nuova concezione dell'essere: l'esse come inter-esse. L'essere come inter-esse (nella doppia valenza ontologica ed etica) pone il pensante in rapporto con un'ulteriorità che, nel trascenderlo, ne accentua e personalizza il differire. La metafisica[4], se fondata sull’inter-esse, cessa di essere ontoteologia[5], ossia nient'altro che proiezione idolatrica della logica umana.  Ha pubblicato nel 1979 la monografia italiana su David Friedrich Strauß[6].  Note ^ R. Mahmutćehavjić (a cura di), Unity and Plurality in Europe, «Forum Bosnæ. Culture, Science, Society, Politics», Quarterly review, ISSN 1512-5122, 38 (2007), Sarajevo 2007, pp. 253-264. ^ Heidegger. Dal nichilismo alla dignità dell'uomo, Vita e Pensiero, Milano 1970; Heidegger. Esistenza e sacro, Morcelliana, Brescia 1974. ^ Kierkegaard. L'arte dell'esistere, Morcelliana, Brescia 2005. ^ L. Romera, “Acta Philosophica”, VIII (1999), pp. 361-364, recensione a U. Regina, Noi eredi dei cristiani e dei Greci, Il Poligrafo, Padova 1997. Leggi la recensione[collegamento interrotto]. ^ Il termine è stato acquisito dal pensiero contemporaneo tramite Heidegger. ^ La vita di Gesù e la filosofia moderna. Uno studio su D. F. Strauss, Morcelliana, Brescia 1979. Pubblicazioni Heidegger. Dal nichilismo alla dignità dell'uomo, Vita e Pensiero, Milano 1970. IT\ICCU\TO0\0555988 Heidegger. Esistenza e sacro, Morcelliana, Brescia 1974. IT\ICCU\LIA\0111664 La vita di Gesù e la filosofia moderna. Uno studio su David Friedrich Strauß, Morcelliana, Brescia 1979. IT\ICCU\SBL\0342719 L'uomo complementare. Potenza e valore nella filosofia di Nietzsche, Morcelliana, Brescia 1988. ISBN 88-372-1351-4 Servire l'essere con Heidegger, Morcelliana, Brescia 1995. ISBN 88-372-1570-3 La differenza viva. Con Nietzsche e Heidegger per una nuova concettualità, CUSL “Il Sentiero”, Verona 1997. IT\ICCU\BVE\0127917 Noi eredi dei Cristiani e dei Greci, Il Poligrafo, Padova 1997. ISBN 88-7115-084-8 La soglia della fede. L'attuale domanda su Dio, Studium, Roma 2001. ISBN 88-382-3861-8 Kierkegaard. L'arte dell'esistere, Morcelliana, Brescia 2005. ISBN 88-372-2028-6 Altri progetti Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Umberto Regina Collegamenti esterni Sito personale, su umbertoregina.it. Controllo di autorità                             VIAF (EN) 29568946 · ISNI (EN) 0000 0001 1563 985X · LCCN (EN) n82043685 · BNF (FR) cb12134236r (data) · BAV (EN) 495/202010 · WorldCat Identities (EN) lccn-n82043685 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloStorici della filosofia italianiAccademici italiani del XX secoloAccademici italiani del XXI secoloNati nel 1937Nati il 2 agostoNati a SabbionetaProfessori dell'Università degli Studi di CagliariProfessori dell'Università degli Studi di MacerataProfessori dell'Università degli Studi di VeronaStudenti dell'Università Cattolica del Sacro Cuore[altre]

regressus vitiosum -- viscious regress – Grice preferred ‘vicious circle’ versus ‘virtuous circle’ – “Whether virtuous regress sounds oxymoronic” -- regress that is in some way unacceptable, where a regress is an infinite series of items each of which is in some sense dependent on a prior item of a similar sort, e.g. an infinite series of events each of which is caused by the next prior event in the series. Reasons for holding a regress to be vicious might be that it is either impossible or that its existence is inconsistent with things known to be true. The claim that something would lead to a vicious regress is often made as part of a reductio ad absurdum argument strategy. An example of this can be found in Aquinas’s argument for the existence of an uncaused cause on the ground that an infinite regress of causes is vicious. Those responding to the argument have sometimes contended that this regress is not in fact vicious and hence that the argument fails. A more convincing example of a regress is generated by the principle that one’s coming to know the meaning of a word must always be based on a prior understanding of other words. If this principle is correct, then one can know the meaning of a word w1 only on the basis of previously understanding the meanings of other words w2 and w3. But a further application of the principle yields the result that one can understand these words w2 and w3 only on the basis of understanding still other words. This leads to an infinite regress. Since no one understands any words at birth, the regress implies that no one ever comes to understand any words. But this is clearly false. Since the existence of this regress is inconsistent with an obvious truth, we may conclude that the regress is vicious and consequently that the principle that generates it is false. 

Griceian renaissance – (“rinascimento”) after J. L. Austin’s death -- Erasmus, D., philosopher who played an important role in Renaissance humanism. Like his  forerunners Petrarch, Coluccio Salutati, Lorenzo Valla, Leonardo Bruni, and others, Erasmus stressed within philosophy and theology the function of philological precision, grammatical correctness, and rhetorical elegance. But for Erasmus the virtues of bonae literarae which are cultivated by the study of authors of Latin and Grecian antiquity must be decisively linked with Christian spirituality. Erasmus has been called by Huizinga the first modern intellectual because he tried to influence and reform the mentality of society by working within the shadow of ecclesiastical and political leaders. He epistemology, evolutionary Erasmus, Desiderius 278   278 became one of the first humanists to make efficient use of the then new medium of printing. His writings embrace various forms, including diatribe, oration, locution, comment, dialogue, and letter. After studying in Christian schools and living for a time in the monastery of Steyn near Gouda in the Netherlands, Erasmus worked for different patrons. He gained a post as secretary to the bishop of Kamerijk, during which time he wrote his first published book, the Adagia first edition 1500, a collection of annotated Latin adages. Erasmus was an adviser to the Emperor Charles V, to whom he dedicated his Institutio principii christiani 1516. After studies at the  of Paris, where he attended lectures by the humanist Faber Stapulensis, Erasmus was put in touch by his patron Lord Mountjoy with the British humanists John Colet and Thomas More. Erasmus led a restless life, residing in several European cities including London, Louvain, Basel, Freiburg, Bologna, Turin where he was awarded a doctorate of theology in 1506, and Rome. By using the means of modern philology, which led to the ideal of the bonae literarae, Erasmus tried to reform the Christian-influenced mentality of his times. Inspired by Valla’s Annotationes to the New Testament, he completed a new Latin translation of the New Testament, edited the writings of the early church fathers, especially St. Hieronymus, and wrote several commentaries on psalms. He tried to regenerate the spirit of early Christianity by laying bare its original sense against the background of scholastic interpretation. In his view, the rituals of the existing church blocked the development of an authentic Christian spirituality. Though Erasmus shared with Luther a critical approach toward the existing church, he did not side with the Reformation. His Diatribe de libero arbitrio 1524, in which he pleaded for the free will of man, was answered by Luther’s De servo arbitrio. The historically most influential books of Erasmus were Enchirion militis christiani 1503, in which he attacked hirelings and soldiers; the Encomium moriae id est Laus stultitiae 1511, a satire on modern life and the ecclesiastical pillars of society; and the sketches of human life, the Colloquia first published in 1518, often enlarged until 1553. In the small book Querela pacis 1517, he rejected the ideology of justified wars propounded by Augustine and Aquinas. Against the madness of war Erasmus appealed to the virtues of tolerance, friendliness, and gentleness. All these virtues were for him the essence of Christianity. 

Regressus: regression analysis, a part of statistical theory concerned with the analysis of data with the aim of inferring a linear functional relationship between assumed independent “regressor” variables and a dependent “response” variable. A typical example involves the dependence of crop yield on the application of fertilizer. For the most part, higher amounts of fertilizer are associated with higher yields. But typically, if crop yield is plotted vertically on a graph with the horizontal axis representing amount of fertilizer applied, the resulting points will not fall in a straight line. This can be due either to random “stochastic” fluctuations involving measurement errors, irreproducible conditions, or physical indeterminism or to failure to take into account other relevant independent variables such as amount of rainfall. In any case, from any resulting “scatter diagram,” it is possible mathematically to infer a “best-fitting” line. One method is, roughly, to find the line that minimizes the average absolute distance between a line and the data points collected. More commonly, the average of the squares of these distances is minimized this is the “least squares” method. If more than one independent variable is suspected, the theory of multiple regression, which takes into account multiple regressors, can be applied: this can help to minimize an “error term” involved in regression. Computers must be used for the complex computations typically encountered. Care must be taken in connection with the possibility that a lawlike, causal dependence is not really linear even approximately over all ranges of the regressor variables e.g., in certain ranges of amounts of application, more fertilizer is good for a plant, but too much is bad. 

reichenbach, “’philosopher,’ as we might say,” -- Grice of science and a major leader of the movement known as logical empiricism. Born in Hamburg, Reichenbach studies engineering (“if that’s something you study than learn” – Grice) for a brief time, then turned to mathematics, philosophy, and physics, which he pursued at Berlin, Munich, and Göttingen (“He kept moving in the area.”) He takes his doctorate in philosophy at Erlangen with a dissertation on conceptual aspects of probability, and a degree in mathematics and physics by state examination at Göttingen – “just in case,” he said. With Hitler’s rise to power, Reichenbach flees to Istanbul, then to “Los Angeles,” a town on the western coast of America -- where he remained until his death, “if not after” (Grice). Prior to his departure from G.y he is  professor of philosophy of science at the  of Berlin, leader of the Berlin Group of logical empiricists, and a close associate of Einstein. With Carnap Reichenbach founds “Erkenntnis,” the major journal of scientific philosophy before World War II. After a short period early in his career as a follower of Kant, Reichenbach rejects, “slightly out of the blue” (Grice),  the synthetic a priori, chiefly because of considerations arising out of Einstein’s general theory of relativity. Reichenbach remains  thereafter champion of empiricism, adhering to a probabilistic version of the verifiability theory of cognitive (“if not emotive”) meaning. Never, however, did he embrace the logical positivism of what he pompously called the “Wiener Kraus.” Ideed, he explicitly described his principal epistemological work, Experience and Prediction 8, as his refutation of logical positivism. In particular, his logical empiricism consisted in rejecting phenomenalism in favor of physicalism; he rejected phenomenalism both in embracing scientific realism and in insisting on a thoroughgoing probabilistic analysis of scientific meaning and scientific knowledge. His main works span a wide range. In Probability and Induction he advocated the frequency interpretation of probability and offered a pragmatic justification of induction. In his philosophy of space and time he defended conventionality of geometry and of simultaneity. In foundations of quantum mechanics he adopted a three-valued logic to deal with causal anomalies. He wrote major works on epistemology, logic, laws of nature, counterfactuals, and modalities. At the time of his death he had almost completed The Direction of Time, which was published posthumously. Grice cites him profusely in “Actions and events.” Refs.: Section on Reichenbach in Grice, “Actions and events.”

Roman Roamn – “Hellenism is what happened to the Grecians after they became a Roman province.” -- hellenistic philosophy: “Once the Romans defeated Greece, at Oxford we stop talking of ‘Greek’ philosophy, but ‘Hellenistic’ philosophy instead – since most Greeks were brought to Rome as slaves to teach philosophy to their children” – Grice. Vide “Roman philosophy” – “Not everybody knows all these Roman philosophers, so that’s a good thing.” – H. P. Grice. Hellenistic philosophy is the philosophical systems of the Hellenistic age 32330 B.C., although 31187 B.C. better defines it as a philosophical era, notably Epicureanism, Stoicism, and Skepticism. These all emerged in the generation after Aristotle’s death 322 B.C., and dominated philosophical debate until the first century B.C., during which there were revivals of traditional Platonism and of Aristotelianism. The age was one in which much of the eastern Mediterranean world absorbed Grecian culture was “Hellenized,” hence “Hellenistic”, and recruits to philosophy flocked from this region to Athens, which remained the center of philosophical activity until 87 B.C. Then the Roman sack of Athens drove many philosophers into exile, and neither the schools nor the styles of philosophy that had grown up there ever fully recovered. Very few philosophical writings survive intact from the period. Our knowledge of Hellenistic philosophers depends mainly on later doxography, on the Roman writers Lucretius and Cicero both mid-first century B.C., and on what we learn from the schools’ critics in later centuries, e.g. Sextus Empiricus and Plutarch. ’Skeptic’, a term not actually current before the very end of the Hellenistic age, serves as a convenient label to characterize two philosophical movements. The first is the New Academy: the school founded by Plato, the Academy, became in this period a largely dialectical one, conducting searching critiques of other schools’ doctrines without declaring any of its own, beyond perhaps the assertion however guarded that nothing could be known and the accompanying recommendation of “suspension of judgment” epoche. The nature and vivacity of Stoicism owed much to its prolonged debates with the New Academy. The founder of this Academic phase was Arcesilaus school head c.268 c.241; its most revered and influential protagonist was Carneades school head in the mid-second century; and its most prestigious voice was that of Cicero 10643 B.C., whose highly influential philosophical works were written mainly from a New Academic stance. But by the early first century B.C. the Academy was drifting back to a more doctrinal stance, and in the later part of the century it was largely eclipsed by a second “skeptic” movement, Pyrrhonism. This was founded by Aenesidemus, a pioneering skeptic despite his claim to be merely reviving the philosophy of Pyrrho, a philosophical guru of the early Hellenistic period. His neo-Pyrrhonism survives today mainly through the writings of Sextus Empiricus second century A.D., an adherent of the school who, strictly speaking, represents its post-Hellenistic phase. The Peripatos, Aristotle’s school, officially survived throughout the era, but it is not regarded as a distinctively “Hellenistic” movement. Despite the eminence of Aristotle’s first successor, Theophrastus school head 322287, it thereafter fell from prominence, its fortunes only reviving around the mid-first century B.C. It is disputed how far the other Hellenistic philosophers were even aware of Aristotle’s treatises, which should not in any case be regarded as a primary influence on them. Each school had a location in Athens to which it could draw pupils. The Epicurean school was a relatively private institution, its “Garden” outside the city walls housing a close-knit philosophical community. The Stoics took their name from the Stoa Poikile, the “Painted Colonnade” in central Athens where they gathered. The Academics were based in the Academy, a public grove just outside the city. Philosophers were public figures, a familiar sight around town. Each school’s philosophical identity was further clarified by its absolute loyalty to the name of its founder  respectively Epicurus, Zeno of Citium, and Plato  and by the polarities that developed in interschool debates. Epicureanism is diametrically opposed on most issues to Stoicism. Academic Skepticism provides another antithesis to Stoicism, not through any positions of its own it had none, but through its unflagging critical campaign against every Stoic thesis. It is often said that in this age the old Grecian political institution of the city-state had broken down, and that the Hellenistic philosophies were an answer to the resulting crisis of values. Whether or not there is any truth in this, it remains clear that moral concerns were now much less confined to the individual city-state than previously, and that at an extreme the boundaries had been pushed back to include all mankind within the scope of an individual’s moral obligations. Our “affinity” oikeiosis to all mankind is an originally Stoic doctrine that acquired increasing currency with other schools. This attitude partly reflects the weakening of national and cultural boundaries in the Hellenistic period, as also in the Roman imperial period that followed it. The three recognized divisions of philosophy were ethics, logic, and physics. In ethics, the central objective was to state and defend an account of the “end” telos, the moral goal to which all activity was subordinated: the Epicureans named pleasure, the Stoics conformity with nature. Much debate centered on the semimythical figure of the wise man, whose conduct in every conceivable circumstance was debated by all schools. Logic in its modern sense was primarily a Stoic concern, rejected as irrelevant by the Epicureans. But Hellenistic logic included epistemology, where the primary focus of interest was the “criterion of truth,” the ultimate yardstick against which all judgments could be reliably tested. Empiricism was a surprisingly uncontroversial feature of Hellenistic theories: there was little interest in the Platonic-Aristotelian idea that knowledge in the strict sense is non-sensory, and the debate between dogmatists and Skeptics was more concerned with the question whether any proposed sensory criterion was adequate. Both Stoics and Epicureans attached especial importance to prolepsis, the generic notion of a thing, held to be either innate or naturally acquired in a way that gave it a guaranteed veridical status. Physics saw an opposition between Epicurean atomism, with its denial of divine providence, and the Stoic world-continuum, imbued with divine rationality. The issue of determinism was also placed on the philosophical map: Epicurean morality depends on the denial of both physical and logical determinism, whereas Stoic morality is compatible with, indeed actually requires, the deterministic causal nexus through which providence operates. 

reid: Scots philosopher, beloved by Woozley, Grice’s friend at Oxford in the late 1930s. Adefender of common sense and critic of the theory of impressions and ideas articulated by Hume. Reid was born exactly one year before Hume, in Strachan, Scotland. A bright lad, he went to Marischal  in Aberdeen at the age of twelve, studying there with Thomas Blackwell and George Turnbull. The latter apparently had great influence on Reid. Turnbull contended that knowledge of the facts of sense and introspection may not be overturned by reasoning and that volition is the only active power known from experience. Turnbull defended common sense under the cloak of Berkeley. Reid threw off that cloak with considerable panache, but he took over the defense of common sense from Turnbull. Reid moved to a position of regent and lecturer at King’s  in Aberdeen in 1751. There he formed, with John Gregory, the Aberdeen Philosophical Society, which met fortnightly, often to discuss Hume. Reid published his Inquiry into the Human Mind on the Principles of Common Sense in 1764, and, in the same year, succeeded Adam Smith in the chair of moral philosophy at Old  in Glasgow. After 1780 he no longer lectured but devoted himself to his later works, Essays on the Intellectual Powers 1785 and Essays on the Active Powers 1788. He was highly influential in Scotland and on the Continent in the eighteenth century and, from time to time, in England and the United States thereafter. Reid thought that one of his major contributions was the refutation of Hume’s theory of impressions and ideas. Reid probably was convinced in his teens of the truth of Berkeley’s doctrine that what the mind is immediately aware of is always some idea, but his later study of Hume’s Treatise convinced him that, contrary to Berkeley, it was impossible to reconcile this doctrine, the theory of ideas, with common sense. Hume had rigorously developed the theory, Reid said, and drew forth the conclusions. These, Reid averred, were absurd. They included the denial of our knowledge of body and mind, and, even more strikingly, of our conceptions of these things. The reason Reid thought that Hume’s theory of ideas led to these conclusions was that for Hume, ideas were faded impressions of sense, hence, sensations. No sensation is like a quality of a material thing, let alone like the object that has the quality. Consider movement. Movement is a quality of an object wherein the object changes from one place to another, but the visual sensation that arises in us is not the change of place of an object, it is an activity of mind. No two things could, in fact, be more unalike. If what is before the mind is always some sensation, whether vivacious or faded, we should never obtain the conception of something other than a sensation. Hence, we could never even conceive of material objects and their qualities. Even worse, we could not conceive of our own minds, for they are not sensations either, and only sensations are immediately before the mind, according to the theory of ideas. Finally, and even more absurdly, we could not conceive of past sensations or anything that does not now exist. For all that is immediately before the mind is sensations that exist presently. Thus, we could not even conceive of qualities, bodies, minds, and things that do not now exist. But this is absurd, since it is obvious that we do think of all these things and even of things that have never existed. The solution, Reid suggested, is to abandon the theory of ideas and seek a better one. Many have thought Reid was unfair to Hume and misinterpreted him. Reid’s Inquiry was presented to Hume by Dr. Blair in manuscript form, however, and in reply Hume does not at all suggest that he has been misinterpreted or handled unfairly. Whatever the merits of Reid’s criticism of Hume, it was the study of the consequences of Hume’s philosophy that accounts for Reid’s central doctrine of the human faculties and their first principles. Faculties are innate powers, among them the powers of conception and conviction. Reid’s strategy in reply to Hume is to build a nativist theory of conception on the failure of Hume’s theory of ideas. Where the theory of ideas, the doctrine of impressions and ideas, fails to account for our conception of something, of qualities, bodies, minds, past things, nonexistent things, Reid hypothesizes that our conceptions originate from a faculty of the mind, i.e., from an innate power of conception. This line of argument reflects Reid’s respect for Hume, whom he calls the greatest metaphysician of the age, because Hume drew forth the consequences of a theory of conception, which we might call associationism, according to which all our conceptions result from associating sensations. Where the associationism of Hume failed, Reid hypothesized that conceptions arise from innate powers of conception that manifest themselves in accordance with original first principles of the mind. The resulting hypotheses were not treated as a priori necessities but as empirical hypotheses. Reid notes, therefore, that there are marks by which we can discern the operation of an innate first principle, which include the early appearance of the operation, its universality in mankind, and its irresistibility. The operations of the mind that yield our conceptions of qualities, bodies, and minds all bear these marks, Reid contends, and that warrants the conclusion that they manifest first principles. It should be noted that Reid conjectured that nature would be frugal in the implantation of innate powers, supplying us with no more than necessary to produce the conceptions we manifest. Reid is, consequently, a parsimonious empiricist in the development of his nativist psychology. Reid developed his theory of perception in great detail and his development led, surprisingly, to his articulation of non-Euclidean geometry. Indeed, while Kant was erroneously postulating the a priori necessity of Euclidean space, Reid was developing non-Euclidean geometry to account for the empirical features of visual space. Reid’s theory of perception is an example of his empiricism. In the Inquiry, he says that sensations, which are operations of the mind, and impressions on the organs of sense, which are material, produce our conceptions of primary and secondary qualities. Sensations produce our original conceptions of secondary qualities as the causes of those sensations. They are signs that suggest the existence of the qualities. A sensation of smell suggests the existence of a quality in the object that causes the sensation, though the character of the cause is otherwise unknown. Thus, our original conception of secondary qualities is a relative conception of some unknown cause of a sensation. Our conception of primary qualities differs not, as Locke suggested, because of some resemblance between the sensation and the quality for, as Berkeley noted, there is no resemblance between a sensation and quality, but because our original conceptions of primary qualities are clear and distinct. The sensation is a sign that suggests a definite conception of the primary quality, e.g. a definite conception of the movement of the object, rather than a mere conception of something, we know not what, that gives rise to the sensation. These conceptions of qualities signified by sensations result from the operations of principles of our natural constitution. These signs, which suggest the conception of qualities, also suggest a conception of some object that has them. This conception of the object is also relative, in that it is simply a conception of a subject of the qualities. In the case of physical qualities, the conception of the object is a conception of a material object. Though sensations, which are activities of the mind, suggest the existence of qualities, they are not the only signs of sense perception. Some impressions on the organs of sense, the latter being material, also give rise to conceptions of qualities, especially to our conception of visual figure, the seen shape of the object. But Reid can discern no sensation of shape. There are, of course, sensations of color, but he is convinced from the experience of those who have cataracts and see color but not shape that the sensations of color are insufficient to suggest our conceptions of visual figure. His detailed account of vision and especially of the seeing of visual figure leads him to one of his most brilliant moments. He asks what sort of data do we receive upon the eye and answers that the data must be received at the round surface of the eyeball and processed within. Thus, visual space is a projection in three dimensions of the information received on the round surface of the eye, and the geometry of this space is a non-Euclidean geometry of curved space. Reid goes on to derive the properties of the space quite correctly, e.g., in concluding that the angles of a triangle will sum to a figure greater than 180 degrees and thereby violate the parallels postulate. Thus Reid discovered that a non-Euclidean geometry was satisfiable and, indeed, insisted that it accurately described the space of vision not, however, the space of touch, which he thought was Euclidean. From the standpoint of his theory of perceptual signs, the example of visual figure helps to clarify his doctrine of the signs of perception. We do not perceive signs and infer what they signify. This inference, Reid was convinced by Hume, would lack the support of reasoning, and Reid concluded that reasoning was, in this case, superfluous. The information received on the surface of the eye produces our conceptions of visual figure immediately. Indeed, these signs pass unnoticed as they give rise to the conception of visual figure in the mind. The relation of sensory signs to the external things they signify originally is effected by a first principle of the mind without the use of reason. The first principles that yield our conceptions of qualities and objects yield convictions of the existence of these things at the same time. A question naturally arises as to the evidence of these convictions. First principles yield the convictions along with the conceptions, but do we have evidence of the existence of the qualities and objects we are convinced exist? We have the evidence of our senses, of our natural faculties, and that is all the evidence possible here. Reid’s point is that the convictions in questions resulting from the original principles of our faculties are immediately justified. Our faculties are, however, all fallible, so the justification that our original convictions possess may be refuted. We can now better understand Reid’s reply to Hume. To account for our convictions of the existence of body, we must abandon Hume’s theory of ideas, which cannot supply even the conception of body. We must discover both the original first principles that yield the conception and conviction of objects and their qualities, and first principles to account for our convictions of the past, of other thinking beings, and of morals. Just as there are first principles of perception that yield convictions of the existence of presently existing objects, so there are first principles of memory that yield the convictions of the existence of past things, principles of testimony that yield the convictions of the thoughts of others, and principles of morals that yield convictions of our obligations. Reid’s defense of a moral faculty alongside the faculties of perception and memory is striking. The moral faculty yields conceptions of the justice and injustice of an action in response to our conception of that action. Reid shrewdly notes that different people may conceive of the same action in different ways. I may conceive of giving some money as an action of gratitude, while you may consider it squandering money. How we conceive of an action depends on our moral education, but the response of our moral faculty to an action conceived in a specific way is original and the same in all who have the faculty. Hence differences in moral judgment are due, not to principles of the moral faculty, but to differences in how we conceive of our actions. This doctrine of a moral faculty again provides a counterpoint to the moral philosophy of Hume, for, according Reid, Thomas Reid, Thomas 785    785 to Reid, judgments of justice and injustice pertaining to all matters, including promises, contracts, and property, arise from our natural faculties and do not depend on anything artificial. Reid’s strategy for defending common sense is clear enough. He thinks that Hume showed that we cannot arrive at our convictions of external objects, of past events, of the thoughts of others, of morals, or, for that matter, of our own minds, from reasoning about impressions and ideas. Since those convictions are a fact, philosophy must account for them in the only way that remains, by the hypothesis of innate faculties that yield them. But do we have any evidence for these convictions? Evidence, Reid says, is the ground of belief, and our evidence is that of our faculties. Might our faculties deceive us? Reid answers that it is a first principle of our faculties that they are not fallacious. Why should we assume that our faculties are not fallacious? First, the belief is irresistible. However we wage war with first principles, the principles of common sense, they prevail in daily life. There we trust our faculties whether we choose to or not. Second, all philosophy depends on the assumption that our faculties are not fallacious. Here Reid employs an ad hominem argument against Hume, but one with philosophical force. Reid says that, in response to a total skeptic who decides to trust none of his faculties, he puts his hand over his mouth in silence. But Hume trusted reason and consciousness, and therefore is guilty of pragmatic inconsistency in calling the other faculties into doubt. They come from the same shop, Reid says, and he who calls one into doubt has no right to trust the others. All our faculties are fallible, and, therefore, we must, to avoid arbitrary favoritism, trust them all at the outset or trust none. The first principles of our faculties are trustworthy. They not only account for our convictions, but are the ground and evidence of those convictions. This nativism is the original engine of justification. Reid’s theory of original perceptions is supplemented by a theory of acquired perceptions, those which incorporate the effects of habit and association, such as the perception of a passing coach. He distinguishes acquired perceptions from effects of reasoning. The most important way our original perceptions must be supplemented is by general conceptions. These result from a process whereby our attention is directed to some individual quality, e.g., the whiteness of a piece of paper, which he calls abstraction, and a further process of generalizing from the individual quality to the general conception of the universal whiteness shared by many individuals. Reid is a sophisticated nominalist; he says that the only things that exist are individual, but he includes individual qualities as well as individual objects. The reason is that individual qualities obviously exist and are needed as the basis of generalization. To generalize from an individual we must have some conception of what it is like, and this conception cannot be general, on pain of circularity or regress, but must be a conception of an individual quality, e.g., the whiteness of this paper, which it uniquely possesses. Universals, though predicated of objects to articulate our knowledge, do not exist. We can think of universals, just as we can think of centaurs, but though they are the objects of thought and predicated of individuals that exist, they do not themselves exist. Generalization is not driven by ontology but by utility. It is we and not nature that sort things into kinds in ways that are useful to us. This leads to a division-of-labor theory of meaning because general conceptions are the meanings of general words. Thus, in those domains in which there are experts, in science or the law, we defer to the experts concerning the general conceptions that are the most useful in the area in question. Reid’s theory of the intellectual powers, summarized briefly above, is supplemented by his theory of our active powers, those that lead to actions. His theory of the active powers includes a theory of the principles of actions. These include animal principles that operate without understanding, but the most salient and philosophically important part of Reid’s theory of the active powers is his theory of the rational principles of action, which involve understanding and the will. These rational principles are those in which we have a conception of the action to be performed and will its performance. Action thus involves an act of will or volition, but volitions as Reid conceived of them are not the esoteric inventions of philosophy but, instead, the commonplace activities of deciding and resolving to act. Reid is a libertarian and maintains that our liberty or freedom refutes the principle of necessity or determinism. Freedom requires the power to will the action and also the power not to will it. The principle of necessity tells us that our action was necessitated and, therefore, that it was not in our power not to have willed as we did. It is not sufficient for freedom, as Hume suggested, that we act as we will. We must also have the Reid, Thomas Reid, Thomas 786    786 power to determine what we will. The reason is that willing is the means to the end of action, and he who lacks power over the means lacks power over the end. This doctrine of the active power over the determinations of our will is founded on the central principle of Reid’s theory of the active powers, the principle of agent causation. The doctrine of acts of the will or volitions does not lead to a regress, as critics allege, because my act of will is an exercise of the most basic kind of causality, the efficient causality of an agent. I am the efficient cause of my acts of will. My act of will need not be caused by an antecedent act of will because my act of will is the result of my exercise of my causal power. This fact also refutes an objection to the doctrine of liberty  that if my action is not necessitated, then it is fortuitous. My free actions are caused, not fortuitous, though they are not necessitated, because they are caused by me. How, one might inquire, do we know that we are free? The doubt that we are free is like other skeptical doubts, and receives a similar reply, namely, that the conviction of our freedom is a natural and original conviction arising from our faculties. It occurs prior to instruction and it is irresistible in practical life. Any person with two identical coins usable to pay for some item must be convinced that she can pay with the one or the other; and, unlike the ass of Buridan, she readily exercises her power to will the one or the other. The conviction of freedom is an original one, not the invention of philosophy, and it arises from the first principles of our natural faculties, which are trustworthy and not fallacious. The first principles of our faculties hang together like links in a chain, and one must either raise up the whole or the links prove useless. Together, they are the foundation of true philosophy, science, and practical life, and without them we shall lead ourselves into the coalpit of skepticism and despair. 

reimarus: G. philosopher, born in Hamburg and educated in philosophy at Jena. For most of his life he taught foreignl languages at a high school in Hamburg (“anything but Deutsche!”). The most important writings he published were a treatise on natural religion, Abhandlungen von den vornehmsten Wahrheiten der natürlichen Religion,  a textbook on semantics, which he pretentiously called “Vernunftlehre,”  and an interesting work on instincts in animals, “Allgemeine Betrachtungen über die Triebe der Tiere,” “which Strawson thought was about deer!” – Grice.  However, Reimarus is  best known for his Apologie oder Schutzschrift für die vernünftigen Verehrer Gottes.” In it, Reimarus reverses his stance on natural theology and openly advocates a deism in the British tradition. The controversy created by its publication had a profound impact on the further development of G. theology. Though Reimarus always remained basically a follower of Wolff, he is often quite critical of Wolffian rationalism in his discussion of semantics and philosophical psychology. 

Reinhold, Karl Leonhard 17431819, Austrian philosopher who was both a popularizer and a critic of Kant. He was the first occupant of the chair of critical philosophy established at the  of Jena in 1787. His Briefe über die Kantische Philosophie 1786/87 helped to popularize Kantianism. Reinhold also proclaimed the need for a more “scientific” presentation of the critical philosophy, in the form of a rigorously deductive system in which everything is derivable from a single first principle “the principle of consciousness”. He tried to satisfy this need with Elementarphilosophie “Elementary Philosophy” or “Philosophy of the Elements”, expounded in his Versuch einer neuen Theorie des menschlichen Vorstellungsvermögens “Attempt at a New Theory of the Human Faculty of Representation,” 1789, Beyträge zur Berichtigung bisheriger Missverständnisse der Philosophen I “Contributions to the Correction of the Prevailing Misunderstandings of Philosophers,” 1790, and Ueber das Fundament des philosophischen Wissens “On the Foundation of Philosophical Knowledge,” 1791. His criticism of the duality of Kant’s starting point and of the ad hoc character of his deductions contributed to the demand for a more coherent exposition of transcendental idealism, while his strategy for accomplishing this task stimulated others above all,
Fichte to seek an even more “fundamental” first principle for philosophy. Reinhold later became an enthusiastic adherent, first of Fichte’s Wissenschaftslehre and then of Bardili’s “rational realism,” before finally adopting a novel “linguistic” approach to philosophical problems. 

res: “No doubt the most important expression in the philosophical vocabulary – nobody knows what it means!” – Grice. reism, also called concretism, the theory that the basic entities are concrete objects. Reism differs from nominalism in that the problem of universals is not its only motivation and often not the principal motivation for the theory. Three types of reism can be distinguished. 1 Brentano held that every object is a concrete or individual thing. He said that substances, aggregates of substances, parts of substances, and individual properties of substances are the only things that exist. There is no such thing as the existence or being of an object; and there are no non-existent objects. One consequence of this doctrine is that the object of thought what the thought is about is always an individual object and not a proposition. For example, the thought that this paper is white is about this paper and not about the proposition that this paper is white. Meinong attacked Brentano’s concretism and argued that thoughts are about “objectives,” not objects. 2 Kotarbigski, who coined the term ‘reism’, holds as a basic principle that only concrete objects exist. Although things may be hard or soft, red or blue, there is no such thing as hardness, softness, redness, or blueness. Sentences that contain abstract words are either strictly meaningless or can be paraphrased into sentences that do not contain any abstract words. Kotarbinski is both a nominalist and a materialist. Brentano was a nominalist and a dualist. 3 Thomas Garrigue Masaryk’s concretism is quite different from the first two. For him, concretism is the theory that all of a person’s cognitive faculties participate in every instance of knowing: reason, senses, emotion, and will. 

relatum – Grice: “One should carefully distinguish between the prior ‘relatum’ and its formative, ‘relatIVUM.’” -- RELATUM -- referentially transparent. An occurrence of a singular term t in a sentence ‘. . . t . . .’ is referentially transparent or purely referential if and only if the truth-value of ‘. . . t . . .’ depends on whether the referent of t satisfies the open sentence ‘. . . x . . .’; the satisfaction of ‘. . . x . . .’ by the referent of t would guarantee the truth of ‘. . . t . . .’, and failure of this individual to satisfy ‘. . . x . . .’ would guarantee that ‘. . . t . . .’ was not true. ‘Boston is a city’ is true if and only if the referent of ‘Boston’ satisfies the open sentence ‘x is a city’, so the occurrence of ‘Boston’ is referentially transparent. But in ‘The expression “Boston” has six letters’, the length of the word within the quotes, not the features of the city Boston, determines the truth-value of the sentence, so the occurrence is not referentially transparent. According to a Fregean theory of meaning, the reference of any complex expression that is a meaningful unit is a function of the referents of its parts. Within this context, an occurrence of a referential term t in a meaningful expression ‘. . . t . . .’ is referentially transparent or purely referential if and only if t contributes its referent to the reference of ‘. . . t . . .’. The expression ‘the area around Boston’ refers to the particular area it does because of the referent of ‘Boston’ and the reference or extension of the function expressed by ‘the area around x’. An occurrence of a referential term t in a meaningful expression ‘. . . t . . .’ is referentially opaque if and only if it is not referentially transparent. Thus, if t has a referentially opaque occurrence in a sentence ‘. . . t . . .’, then the truth-value of ‘. . . t . . .’ depends on something reduction, phenomenological referentially transparent 780    780 other than whether the referent of t satisfies ‘. . . x . . .’. Although these definitions apply to occurrences of referential terms, the terms ‘referentially opaque’ and ‘referentially transparent’ are used primarily to classify linguistic contexts for terms as referentially opaque contexts. If t occurs purely referentially in S but not in CS, then C   is a referentially opaque context. But we must qualify this: C  is a referentially opaque context for that occurrence of t in S. It would not follow without further argument that C  is a referentially opaque context for other occurrences of terms in sentences that could be placed into C . Contexts of quotation, propositional attitude, and modality have been widely noted for their potential to produce referential opacity. Consider: 1 John believes that the number of planets is less than eight. 2 John believes that nine is less than eight. If 1 is true but 2 is not, then either ‘the number of planets’ or ‘nine’ has an occurrence that is not purely referential, because the sentences would differ in truth-value even though the expressions are co-referential. But within the sentences: 3 The number of planets is less than eight. 4 Nine is less than eight. the expressions appear to have purely referential occurrence. In 3 and 4, the truth-value of the sentence as a whole depends on whether the referent of ‘The number of planets’ and ‘Nine’ satisfies ‘x is less than eight’. Because the occurrences in 3 and 4 are purely referential but those in 1 and 2 are not, the context ‘John believes that  ’ is a referentially opaque context for the relevant occurrence of at least one of the two singular terms. Some argue that the occurrence of ‘nine’ in 2 is purely referential because the truth-value of the sentence as a whole depends on whether the referent, nine, satisfies the open sentence ‘John believes that x is less than eight’. Saying so requires that we make sense of the concept of satisfaction for such sentences belief sentences and others and that we show that the concept of satisfaction applies in this way in the case at hand sentence 2. There is controversy about whether these things can be done. In 1, on the other hand, the truth-value is not determined by whether nine the referent of ‘the number of planets’ satisfies the open sentence, so that occurrence is not purely referential. Modal contexts raise similar questions. 5 Necessarily, nine is odd. 6 Necessarily, the number of planets is odd. If 5 is true but 6 is not, then at least one of the expressions does not have a purely referential occurrence, even though both appear to be purely referential in the non-modal sentence that appears in the context ‘Necessarily, ———’. Thus the context is referentially opaque for the occurrence of at least one of these terms. On an alternative approach, genuinely singular terms always occur referentially, and ‘the number of planets’ is not a genuinely singular term. Russell’s theory of definite descriptions, e.g., provides an alternative semantic analysis for sentences involving definite descriptions. This would enable us to say that even simple sentences like 3 and 4 differ considerably in syntactic and semantic structure, so that the similarity that suggests the problem, the seemingly similar occurrences of co-referential terms, is merely apparent. “A formation out of referro,” -- a two-or-more-place property e.g., loves or between, or the extension of such a property. In set theory, a relation is any set of ordered pairs or triplets, etc., but these are reducible to pairs. For simplicity, the formal exposition here uses the language of set theory, although an intensional property-theoretic view is later assumed. The terms of a relation R are the members of the pairs constituting R, the items that R relates. The collection D of all first terms of pairs in R is the domain of R; any collection with D as a subcollection may also be so called. Similarly, the second terms of these pairs make up or are a subcollection of the range counterdomain or converse domain of R. One usually works within a set U such that R is a subset of the Cartesian product U$U the set of all ordered pairs on U. Relations can be: 1 reflexive or exhibit reflexivity: for all a, aRa. That is, a reflexive relation is one that, like identity, each thing bears to itself. Examples: a weighs as much as b; or the universal relation, i.e., the relation R such that for all a and b, aRb. 2 symmetrical or exhibit symmetry: for all a and b, aRb P bRa. In a symmetrical relation, the order of the terms is reversible. Examples: a is a sibling of b; a and b have a common divisor. Also symmetrical is the null relation, under which no object is related to anything. 3 transitive or exhibit transitivity: for all a, b, and c, aRb & bRc P aRc. Transitive relations carry across a middle term. Examples: a is less than b; a is an ancestor of b. Thus, if a is less than b and b is less than c, a is less than c: less than has carried across the middle term, b. 4 antisymmetrical: for all a and b, aRb & bRa P a % b. 5 trichotomous, connected, or total trichotomy: for all a and b, aRb 7 bRa 7 a % b. 6 asymmetrical: aRb & bRa holds for no a and b. 7 functional: for all a, b, and c, aRb & aRc P b % c. In a functional relation which may also be called a function, each first term uniquely determines a second term. R is non-reflexive if it is not reflexive, i.e., if the condition 1 fails for at least one object a. R is non-symmetric if 2 fails for at least one pair of objects a, b. Analogously for non-transitive. R is irreflexive aliorelative if 1 holds for no object a and intransitive if 3 holds for no objects a, b, and c. Thus understands is non-reflexive since some things do not understand themselves, but not irreflexive, since some things do; loves is nonsymmetric but not asymmetrical; and being a cousin of is non-transitive but not intransitive, as being mother of is. 13 define an equivalence relation e.g., the identity relation among numbers or the relation of being the same age as among people. A class of objects bearing an equivalence relation R to each other is an equivalence class under R. 1, 3, and 4 define a partial order; 3, 5, and 6 a linear order. Similar properties define other important classifications, such as lattice and Boolean algebra. The converse of a relation R is the set of all pairs b, a such that aRb; the comreism relation 788    788 plement of R is the set of all pairs a, b such that aRb i.e. aRb does not hold. A more complex example will show the power of a relational vocabulary. The ancestral of R is the set of all a, b such that either aRb or there are finitely many cI , c2, c3, . . . , cn such that aRcI and c1Rc2 and c2Rc3 and . . . and cnRb. Frege introduced the ancestral in his theory of number: the natural numbers are exactly those objects bearing the ancestral of the successor-of relation to zero. Equivalently, they are the intersection of all sets that contain zero and are closed under the successor relation. This is formalizable in second-order logic. Frege’s idea has many applications. E.g., assume a set U, relation R on U, and property F. An element a of U is hereditarily F with respect to R if a is F and any object b which bears the ancestral of R to a is also F. Hence F is here said to be a hereditary property, and the set a is hereditarily finite with respect to the membership relation if a is finite, its members are, as are the members of its members, etc. The hereditarily finite sets or the sets hereditarily of cardinality ‹ k for any inaccessible k are an important subuniverse of the universe of sets. Philosophical discussions of relations typically involve relations as special cases of properties or sets. Thus nominalists and Platonists disagree over the reality of relations, since they disagree about properties in general. Similarly, one important connection is to formal semantics, where relations are customarily taken as the denotations of relational predicates. Disputes about the notion of essence are also pertinent. One says that a bears an internal relation, R, to b provided a’s standing in R to b is an essential property of a; otherwise a bears an external relation to b. If the essentialaccidental distinction is accepted, then a thing’s essential properties will seem to include certain of its relations to other things, so that we must admit internal relations. Consider a point in space, which has no identity apart from its place in a certain system. Similarly for a number. Or consider my hand, which would perhaps not be the same object if it had not developed as part of my body. If it is true that I could not have had other parents  that possible persons similar to me but with distinct parents would not really be me  then I, too, am internally related to other things, namely my parents. Similar arguments would generate numerous internal relations for organisms, artifacts, and natural objects in general. Internal relations will also seem to exist among properties and relations themselves. Roundness is essentially a kind of shape, and the relation larger than is essentially the converse of the relation smaller than. In like usage, a relation between a and b is intrinsic if it depends just on how a and b are; extrinsic if they have it in virtue of their relation to other things. Thus, higher-than intrinsically relates the Alps to the Appalachians. That I prefer viewing the former to the latter establishes an extrinsic relation between the mountain ranges. Note that this distinction is obscure as is internal-external. One could argue that the Alps are higher than the Appalachians only in virtue of the relation of each to something further, such as space, light rays, or measuring rods. Another issue specific to the theory of relations is whether relations are real, given that properties do exist. That is, someone might reject nominalism only to the extent of admitting one-place properties. Although such doctrines have some historical importance in, e.g., Plato and Bradley, they have disappeared. Since relations are indispensable to modern logic and semantics, their inferiority to one-place properties can no longer be seriously entertained. Hence relations now have little independent significance in philosophy. 

Analysandum/analysans, definiens/definiendum, implicans/implicaturum

relational logic, the formal study of the properties of and operations on binary relations that was initiated by Peirce between 1870 and 2. Thus, in relational logic, one might examine the formal properties of special kinds of relations, such as transitive relations, or asymmetrical ones, or orderings of certain types. Or the focus might be on various operations, such as that of forming the converse or relative product. Formal deductive systems used in such studies are generally known as calculi of relations. 

relativum-absolutum distinction, the: “No, we don’t mean Whorft, less so Sapir!” – Grice. relativism, the denial that there are certain kinds of universal truths. There are two main types, cognitive and ethical. Cognitive relativism holds that there are no universal truths about the world: the world has no intrinsic characteristics, there are just different ways of interpreting it. The Grecian Sophist Protagoras, the first person on record to hold such a view, said, “Man is the measure of all things; of things that are that they are, and of things that are not that they are not.” Goodman, Putnam, and Rorty are contemporary philosophers who have held versions of relativism. Rorty says, e.g., that “ ‘objective truth’ is no more and no less than the best idea we currently have about how to explain what is going on.” Critics of cognitive relativism contend that it is self-referentially incoherent, since it presents its statements as universally true, rather than simply relatively so. Ethical relativism is the theory that there are no universally valid moral principles: all moral principles are valid relative to culture or individual choice. There are two subtypes: conventionalism, which holds that moral principles are valid relative to the conventions of a given culture or society; and subjectivism, which maintains that individual choices are what determine the validity of a moral principle. Its motto is, Morality lies in the eyes of the beholder. As Ernest Hemingway wrote, “So far, about morals, I know only that what is moral is what you feel good after and what is immoral is what you feel bad after.” Conventionalist ethical relativism consists of two theses: a diversity thesis, which specifies that what is considered morally right and wrong varies from society to society, so that there are no moral principles accepted by all societies; and a dependency thesis, which specifies that all moral principles derive their validity from cultural acceptance. From these two ideas relativists conclude that there are no universally valid moral principles applying everywhere and at all times. The first thesis, the diversity thesis, or what may simply be called cultural relativism, is anthropological; it registers the fact that moral rules differ from society to society. Although both ethical relativists and non-relativists typically accept cultural relativism, it is often confused with the normative thesis of ethical relativism. The opposite of ethical relativism is ethical objectivism, which asserts that although cultures may differ in their moral principles, some moral principles have universal validity. Even if, e.g., a culture does not recognize a duty to refrain from gratuitous harm, that principle is valid and the culture should adhere to it. There are two types of ethical objectivism, strong and weak. Strong objectivism, sometimes called absolutism, holds that there is one true moral system with specific moral rules. The ethics of ancient Israel in the Old Testament with its hundreds of laws exemplifies absolutism. Weak objectivism holds that there is a core morality, a determinate set of principles that are universally valid usually including prohibitions against killing the innocent, stealing, breaking of promises, and lying. But weak objectivism accepts an indeterminate area where relativism is legitimate, e.g., rules regarding sexual mores and regulations of property. Both types of objectivism recognize what might be called application relativism, the endeavor to apply moral rules where there is a conflict between rules or where rules can be applied in different ways. For example, the ancient Callactians ate their deceased parents but eschewed the impersonal practice of burying them as disrespectful, whereas contemporary society has the opposite attitudes about the care of dead relatives; but both practices exemplify the same principle of the respect for the dead. According to objectivism, cultures or forms of life can fail to exemplify an adequate moral community in at least three ways: 1 the people are insufficiently intelligent to put constitutive principles in order; 2 they are under considerable stress so that it becomes too burdensome to live by moral principles; and 3 a combination of 1 and 2. Ethical relativism is sometimes confused with ethical skepticism, the view that we cannot know whether there are any valid moral principles. Ethical nihilism holds that there are no valid moral principles. J. L. Mackie’s error theory is a version of this view. Mackie held that while we all believe some moral principles to be true, there are compelling arguments to the contrary. Ethical objectivism must be distinguished from moral realism, the view that valid moral principles are true, independently of human choice. Objectivism may be a form of ethical constructivism, typified by Rawls, whereby objective principles are simply those that impartial human beings would choose behind the veil of ignorance. That is, the principles are not truly independent of hypothetical human choices, but are constructs from those choices.   relativum-absolutum distinction, the: relativity, a term applied to Einstein’s theories of electrodynamics special relativity, 5 and gravitation general relativity, 6 because both hold that certain physical quantities, formerly considered objective, are actually “relative to” the state of motion of the observer. They are called “special” and “general” because, in special relativity, electrodynamical laws determine a restricted class of kinematical reference frames, the “inertial frames”; in general relativity, the very distinction between inertial frames and others becomes a relative distinction. Special relativity. Classical mechanics makes no distinction between uniform motion and rest: not velocity, but acceleration is physically detectable, and so different states of uniform motion are physically equivalent. But classical electrodynamics describes light as wave motion with a constant velocity through a medium, the “ether.” It follows that the measured velocity of light should depend on the motion of the observer relative to the medium. When interferometer experiments suggested that the velocity of light is independent of the motion of the source, H. A. Lorentz proposed that objects in motion contract in the direction of motion through the ether while their local time “dilates”, and that this effect masks the difference in the velocity of light. Einstein, however, associated the interferometry results with many other indications that the theoretical distinction between uniform motion and rest in the ether lacks empirical content. He therefore postulated that, in electrodynamics as in mechanics, all states of uniform motion are equivalent. To explain the apparent paradox that observers with different velocities can agree on the velocity of light, he criticized the idea of an “absolute” or frame-independent measure of simultaneity: simultaneity of distant events can only be established by some kind of signaling, but experiment suggested that light is the only signal with an invariant velocity, and observers in relative motion who determine simultaneity with light signals obtain different results. Furthermore, since objective measurement of time and length presupposes absolute simultaneity, observers in relative motion will also disagree on time and length. So Lorentz’s contraction and dilatation are not physical effects, but consequences of the relativity of simultaneity, length, and time, to the motion of the observer. But this relativity follows from the invariance of the laws of electrodynamics, and the invariant content of the theory is expressed geometrically in Minkowski spacetime. Logical empiricists took the theory as an illustration of how epistemological analysis of a concept time could eliminate empirically superfluous notions absolute simultaneity. General relativity. Special relativity made the velocity of light a limit for all causal processes and required revision of Newton’s theory of gravity as an instantaneous action at a distance. General relativity incorporates gravity into the geometry of space-time: instead of acting directly on one another, masses induce curvature in space-time. Thus the paths of falling bodies represent not forced deviations from the straight paths of a flat space-time, but “straightest” paths in a curved space-time. While space-time is “locally” Minkowskian, its global structure depends on mass-energy distribution. The insight behind this theory is the equivalence of gravitational and inertial mass: since a given gravitational field affects all bodies equally, weight is indistinguishable from the inertial force of acceleration; freefall motion is indistinguishable from inertial motion. This suggests that the Newtonian decomposition of free fall into inertial and accelerated components is arbitrary, and that the freefall path itself is the invariant basis for the structure of space-time. A philosophical motive for the general theory was to extend the relativity of motion. Einstein saw special relativity’s restricted class of equivalent reference frames as an “epistemological defect,” and he sought laws that would apply to any frame. His inspiration was Mach’s criticism of the Newtonian distinction between “absolute” rotation and rotation relative to observable bodies like the “fixed stars.” Einstein formulated Mach’s criticism as a fundamental principle: since only relative motions are observable, local inertial effects should be explained by the cosmic distribution of masses and by motion relative to them. Thus not only velocity and rest, but motion in general would be relative. Einstein hoped to effect this generalization by eliminating the distinction between inertial frames and freely falling frames. Because free fall remains a privileged state of motion, however, non-gravitational acceleration remains detectable, and absolute rotation remains distinct from relative rotation. Einstein also thought that relativity of motion would result from the general covariance coordinate-independence of his theory  i.e., that general equivalence of coordinate systems meant general equivalence of states of motion. It is now clear, however, that general covariance is a mathematical property of physical theories without direct implications about motion. So general relativity does not “generalize” the relativity of motion as Einstein intended. Its great accomplishments are the unification of gravity and geometry and the generalization of special relativity to space-times of arbitrary curvature, which has made possible the modern investigation of cosmological structure. Refs.: H. P. Grice, “G. R. Grice, M. Hollis, and Norfolkian relativism.”

relevans: “Hardly in the vocabulary of Cartesio!” – Grice. relevance logic, any of a range of logics and philosophies of logic united by their insistence that the premises of a valid inference must be relevant to the conclusion. Standard, or classical, logic contains inferences that break this requirement, e.g., the spread law, that from a contradiction any proposition whatsoever follows. Relevance logic had its genesis in a system of strenge Implikation published by Wilhelm Ackermann in 6. Ackermann’s idea for rejecting irrelevance was taken up and developed by Alan Anderson and Nuel Belnap in a series of papers between 9 and Anderson’s death in 4. The first main summaries of these researches appeared under their names, and those of many collaborators, in Entailment: The Logic of Relevance and Necessity vol. 1, 5; vol. 2, 2. By the time of Anderson’s death, a substantial research effort into relevance logic was under way, and it has continued. Besides the rather vague unity of the idea of relevance between premises and conclusion, there is a technical criterion often used to mark out relevance logic, introduced by Belnap in 0, and applicable really only to propositional logics the main focus of concern to date: a necessary condition of relevance is that premises and conclusion should share a propositional variable. Early attention was focused on systems E of entailment and T of ticket entailment. Both are subsystems of C. I. Lewis’s system S4 of strict implication and of classical truth-functional logic i.e., consequences in E and T in ‘P’ are consequences in S4 in ‘ ’ and in classical logic in ‘/’. Besides rejection of the spread law, probably the most notorious inference that is rejected is disjunctive syllogism DS for extensional disjunction which is equivalent to detachment for material implication: A 7 B,ÝA , B. The reason is immediate, given acceptance of Simplification and Addition: Simplification takes us from A & ÝA to each conjunct, and Addition turns the first conjunct into A 7 B. Unless DS were rejected, the spread law would follow. Since the late 0s, attention has shifted to the system R of relevant implication, which adds permutation to E, to mingle systems which extend E and R by the mingle law A P A P A, and to contraction-free logics, which additionally reject contraction, in one form reading A P A P B P A P B. R minus contraction RW differs from linear logic, much studied recently in computer science, only by accepting the distribution of ‘&’ over ‘7’, which the latter rejects. Like linear logic, relevance logic contains both truth-functional and non-truth-functional connectives. Unlike linear logic, however, R, E, and T are undecidable unusual among propositional logics. This result was obtained only in 4. In the early 0s, relevance logics were given possible-worlds semantics by several authors working independently. They also have axiomatic, natural deduction, and sequent or consecution formulations. One technical result that has attracted attention has been the demonstration that, although relevance logics reject DS, they all accept Ackermann’s rule Gamma: that if A 7 B and ÝA are theses, so is B. A recent result occasioning much surprise was that relevant arithmetic consisting of Peano’s postulates on the base of quantified R does not admit Gamma. Refs.: “’Be relevant’—as a conversational maxim under the category of relation.” Grice, “Strawson’s Principle of Relevance – where did he take it from?”, H. P. Grice, “Nowell-Smith on conversational relevance, and why he left Oxford.” Luigi Rossi, PhD dissertataion on P. H. Nowell-Smith’s conversational relevance. P. H. Nowell-Smith, “Grice et moi.” --. H. P. Grice, “Strawson’s relevance, Urmson’s appositeness, and my helpfulness! Post-war Oxford pragmatics!”

reliabile, the, n. neuter. -- reliabilism, a type of theory in epistemology that holds that what qualifies a belief as knowledge or as epistemically justified is its *reliable* linkage to the truth. Philosophers usually motivate reliabilism with an analogy between a thermometer that reliably indicates the temperature and a belief that reliably indicates the truth. A belief qualifies as knowledge,  if there is a lawlike connection in nature that guarantees that the belief is true. A cousin of the nomic sufficiency account is the counterfactual approach, proposed by Dretske, Goldman, and Nozick. A typical formulation of this approach says that a belief qualifies relativity, general reliabilism 792    792 as knowledge if the belief is true and the cognizer has reasons for believing it that would not obtain unless it were true. For example, someone knows that the telephone is ringing if he believes this, it is true, and he has a specific auditory experience that would not occur unless the telephone were ringing. In a slightly different formulation, someone knows a proposition if he believes it, it is true, and if it were not true he would not believe it. In the example, if the telephone were not ringing, he would not believe that it is, because he would not have the same auditory experience. These accounts are guided by the idea that to know a proposition it is not sufficient that the belief be “accidentally” true. Rather, the belief, or its mode of acquisition, must “track,” “hook up with,” or “indicate” the truth. Unlike knowledge, justified belief need not guarantee or be “hooked up” with the truth, for a justified belief need not itself be true. Nonetheless, reliabilists insist that the concept of justified belief also has a connection with truth acquisition. According to the reliable process account, a belief’s justificational status depends on the psychological processes that produce or sustain it. Justified beliefs are produced by appropriate psychological processes, unjustified beliefs by inappropriate processes. For example, beliefs produced or preserved by perception, memory, introspection, and “good” reasoning are justified, whereas beliefs produced by hunch, wishful thinking, or “bad” reasoning are unjustified. Why are the first group of processes appropriate and the second inappropriate? The difference appears to lie in their reliability. Among the beliefs produced by perception, introspection, or “good” reasoning, a high proportion are true; but only a low proportion of beliefs produced by hunch, wishful thinking, or “bad” reasoning are true. Thus, what qualifies a belief as justified is its being the outcome of a sequence of reliable belief-forming processes. Reliabilism is a species of epistemological externalism, because it makes knowledge or justification depend on factors such as truth connections or truth ratios that are outside the cognizer’s mind and not necessarily accessible to him. Yet reliabilism typically emphasizes internal factors as well, e.g., the cognitive processes responsible for a belief. Process reliabilism is a form of naturalistic epistemology because it centers on cognitive operations and thereby paves the way for cognitive psychology to play a role in epistemology. Grice: “I expect that my co-conversationalist shall be realiable, as I assume he expects I will, too – or is it I assume he expects I *shall*?” Grice: “Covnersational reliability.”

Renier: Essential Italian philosopher. Rodolfo Renier Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search  Rodolfo Renier Rodolfo Renier (Treviso, 11 agosto 1857 – Torino, 8 gennaio 1915) è stato un filologo, letterato e filosofo italiano.   Indice 1                                              Biografia 2                                            Opere 3                                             Note 4                                             Bibliografia 5                                           Altri progetti 6                                           Collegamenti esterni Biografia Nacque dall'antica famiglia patrizia veneziana dei Renier, figlio di Luigi e Fanny Venturi[1]. Studiò in varie città italiane (Camerino, Urbino, Ancona), sempre seguendo gli spostamenti del padre Luigi, magistrato.[2]  Fu poi allievo all'Università di Bologna di Giosuè Carducci, per passare successivamente a Torino, dove si laureò in Filosofia nel 1879.[3]  Si perfezionò quindi a Firenze, all'Istituto di Studi Superiori, sotto la guida di Adolfo Bartoli, conseguendo nel 1880 il diploma di Lettere e Storia.[4]  Nel 1883 fu professore di Letterature neolatine all'Università di Torino.[5]  Sempre nel 1883 fondò con Arturo Graf e Francesco Novati il Giornale storico della letteratura italiana, che pochi anni dopo passò sostanzialmente a dirigere da solo,[4] «profondendovi, negli studi particolari, nelle rassegne, negli annunci analitici e in un ricchissimo notiziario, un vero inesauribile tesoro di cultura, di notizie, di rilievi».[6]  Curò importanti edizioni critiche e monografie; i suoi saggi critici spaziano attraverso tutta la letteratura europea.[7]  Opere Il tipo estetico della donna nel Medio Evo, Ancona, Morelli, 1885. Isabella d'Este Gonzaga, Roma, Vercellini, 1888. Mantova e Urbino (con A. Luzio), Torino / Roma, L. Roux e C.,1893. La cultura e le relazioni letterarie d'Isabella d'Este Gonzaga (con A. Luzio), Torino, Loescher, 1903. Svaghi critici, Bari, Laterza, 1910. Note ^ Alessandro Luzio, Rodolfo Renier, La coltura e le relazioni letterarie di Isabella d'Este Gonzaga, Sylvestre Bonnard, 2005, p. 310. ^ Luigi De Vendittis, “Rodolfo Renier”, in Letteratura italiana. I critici, vol. II, Milano, Marzorati, 1987, p. 853. ^ Umberto Renda – Piero Operti, Dizionario storico della letteratura italiana, Torino, G.B. Paravia, 1851, p. 936.  Luigi De Vendittis, cit. ^ Gabriella Macciocca, “Renier, Rodolfo”, in Letteratura italiana. Gli Autori, vol. II, Torino, Einaudi, 1990, p. 1490. ^ Umberto Renda – Piero Operti, cit. ^ Gabriella Macciocca, cit. Bibliografia Luigi De Vendittis, “Rodolfo Renier”, in Letteratura italiana. I critici, vol. II, Milano, Marzorati, 1987, pp. 827-855. Umberto Renda – Piero Operti, Dizionario storico della letteratura italiana, Torino, G.B. Paravia, 1851, pp. 936-937. Gabriella Macciocca, “Renier, Rodolfo”, in Letteratura italiana. Gli Autori, vol. II, Torino, Einaudi, 1990, p. 1490. Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Rodolfo Renier Collegamenti esterni Rodolfo Renier, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Opere di Rodolfo Renier, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Rodolfo Renier, su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata Controllo di autorità                                          VIAF (EN) 32048047 · ISNI (EN) 0000 0001 2126 7335 · SBN IT\ICCU\CFIV\039677 · LCCN (EN) n86085242 · GND (DE) 116443316 · BNF (FR) cb12222011b (data) · BNE (ES) XX1755100 (data) · BAV (EN) 495/73308 · WorldCat Identities (EN) lccn-n86085242 Biografie Portale Biografie Letteratura Portale Letteratura Università Portale Università Categorie: Filologi italianiLetterati italianiFilosofi italiani del XIX secoloNati nel 1857Morti nel 1915Nati l'11 agostoMorti l'8 gennaioNati a TrevisoMorti a TorinoRenierMembri dell'Accademia delle Scienze di Torino[altre]

renouvier: philosopher influenced by Kant and Comte, the latter natural, Comte being one of his teachers – “and brainwashing so endemic in academia it hurts! I’m lucky Hardie wasn’t worth my mimesis!” – Grice.  Renouvier rejected many of the views of both these philosophers, however, charting his own course. He emphasized the irreducible plurality and individuality of all things against the contemporary tendencies toward absolute idealism. Human individuality he associated with indeterminism and freedom. To the extent that agents are undetermined by other things and self-determining, they are unique individuals. Indeterminism also extends to the physical world and to knowledge. He rejected absolute certitude, but defended the universality of the laws of logic and mathematics. In politics and religion, he emphasized individual freedom and freedom of conscience. His emphasis on plurality, indeterminism, freedom, novelty, and process influenced James and, through James,  pragmatism. 

re-praesentatum: Grice plays with this as a philosophical semanticist, rather than a philosophical psychologist. But the re-praesentatum depends on the ‘praesentatum,’ which corresponds to Grice’s sub-perceptum (not the ‘conceptus’). cf. Grice on Peirce’s representamen (“You don’t want to go there,” – Grice to his tutees). It seems that in the one-off predicament, iconicy plays a role: the drawing of a skull to indicate danger, the drawing of an arrow at the fork of a road to indicate which way the emissor’s flowers, who were left behind, are supposed to take (Carruthers). Suppose Grice joins the Oxfordshire cricket club. He will represent Oxfordshire. He will do for Oxfordshire what Oxfordshire cannot do for herself. Similarly, by uttering “Smoke!,” the utterer means that there is fire somewhere. “Smoke!” is a communication-device if it does for smoke what smoke cannot do for itself, influence thoughts and behaviour. Or does it?! It MWheIGHT. But suppose that the fire is some distant from the addresse. And the utterer HAS LEARNED That there is fire in the distance. So he utters ‘Smoke!’ Where? Oh, you won’t see it. But I was told there is smoke on the outskirts. Thanks for warning me! rĕ-praesento , āvi, ātum, 1, v. a.  I. To bring before one, to bring back; to show, exhibit, display, manifest, represent (class.): “per quas (visiones) imagines rerum absentium ita repraesentantur animo, ut eas cernere oculis ac praesentes habere videamur,” Quint. 6, 2, 29: “memoriae vis repraesentat aliquid,” id. 11, 2, 1; cf. Plin. Ep. 9, 28, 3: “quod templum repraesentabat memoriam consulatūs mei,” Cic. Sest. 11, 26: si quis vultu torvo ferus simulet Catonem, Virtutemne repraesentet moresque Catonis? * Hor. Ep. 1, 19, 14: “imbecillitatem ingenii mei,” Val. Max. 2, 7, 6: “movendi ratio aut in repraesentandis est aut imitandis adfectibus,” Quint. 11, 3, 156: “urbis species repraesentabatur animis,” Curt. 3, 10, 7; cf.: “affectum patris amissi,” Plin. Ep. 4, 19, 1: “nam et vera esse et apte ad repraesentandam iram deūm ficta possunt,” Liv. 8, 6, 3 Weissenb. ad loc.: “volumina,” to recite, repeat, Plin. 7, 24, 24, § 89: “viridem saporem olivarum etiam post annum,” Col. 12, 47, 8: “faciem veri maris,” id. 8, 17, 6: “colorem constantius,” to show, exhibit, Plin. 37, 8, 33, § 112: “vicem olei,” i. e. to supply the place of, id. 28, 10, 45, § 160; cf. id. 18, 14, 36, § 134.— B. Of painters, sculptors, etc., to represent, portray, etc. (post-Aug. for adumbro): “Niceratus repraesentavit Alcibiadem,” Plin. 34, 8, 19, § 88.—With se, to present one's self, be present, Col. 1, 8, 11; 11, 1, 26; Dig. 48, 5, 15, § 3.— II. In partic., mercant. t. t., to pay immediately or on the spot; to pay in ready money: reliquae pecuniae vel usuram Silio pendemus, dum a Faberio vel ab aliquo qui Faberio debet, repraesentabimus, shall be enabled to pay immediately, Cic. Att. 12, 25, 1; 12, 29, 2: “summam,” Suet. Aug. 101: “legata,” id. Calig. 16: “mercedem,” id. Claud. 18; id. Oth. 5; Front. Strat. 1, 11, 2 Oud. N. cr.: “dies promissorum adest: quem etiam repraesentabo, si adveneris,” shall even anticipate, Cic. Fam. 16, 14, 2; cf. fideicommissum, to discharge immediately or in advance, Dig. 35, 1, 36.— B. Transf., in gen., to do, perform, or execute any act immediately, without delay, forthwith; hence, not to defer or put off; to hasten (good prose): se, quod in longiorem diem collaturus esset, repraesentaturum et proximā nocte castra moturum, * Caes. B. G. 1, 40: “festinasse se repraesentare consilium,” Curt. 6, 11, 33: “petis a me, ut id quod in diem suum dixeram debere differri, repraesentem,” Sen. Ep. 95, 1; and Front. Aquaed. 119 fin.: “neque exspectare temporis medicinam, quam repraesentare ratione possimus,” to apply it immediately, Cic. Fam. 5, 16, 6; so, “improbitatem suam,” to hurry on, id. Att. 16, 2, 3: “spectaculum,” Suet. Calig. 58: “tormenta poenasque,” id. Claud. 34: “poenam,” Phaedr. 3, 10, 32; Val. Max. 6, 5, ext. 4: “verbera et plagas,” Suet. Vit. 10: “vocem,” to sing immediately, id. Ner. 21 et saep.: “si repraesentari morte meā libertas civitatis potest,” can be immediately recovered, Cic. Phil. 2, 46, 118: “minas irasque caelestes,” to fulfil immediately, Liv. 2, 36, 6 Weissenb. ad loc.; cf. Suet. Claud. 38: “judicia repraesentata,” held on the spot, without preparation, Quint. 10, 7, 2.— C. To represent, stand in the place of (late Lat.): nostra per eum repraesentetur auctoritas, Greg. M. Ep. 1, 1.

res publica --: republicanism: cf. Cato -- Grice was a British subject and found classical republicanism false -- also known as civic humanism, a political outlook developed by Machiavelli in Renaissance Italy and by James Harrington in England, modified by eighteenth-century British and Continental writers and important for the thought of the  founding fathers. Drawing on Roman historians, Machiavelli argued that a state could hope for security from the blows of fortune only if its male citizens were devoted to its well-being. They should take turns ruling and being ruled, be always prepared to fight for the republic, and limit their private possessions. Such men would possess a wholly secular virtù appropriate to political beings. Corruption, in the form of excessive attachment to private interest, would then be the most serious threat to the republic. Harrington’s utopian Oceana 1656 portrayed England governed under such a system. Opposing the authoritarian views of Hobbes, it described a system in which the well-to-do male citizens would elect some of their number to govern for limited terms. Those governing would propose state policies; the others would vote on the acceptability of the proposals. Agriculture was the basis of economics, civil rights classical republicanism 145   145 but the size of estates was to be strictly controlled. Harringtonianism helped form the views of the political party opposing the dominance of the king and court. Montesquieu in France drew on classical sources in discussing the importance of civic virtue and devotion to the republic. All these views were well known to Jefferson, Adams, and other  colonial and revolutionary thinkers; and some contemporary communitarian critics of  culture return to classical republican ideas. 

stimulus/response distinction, the: Grice’s motto: “No stimulus, no response.” “The black box is meant to EXPLAIN (make plain) the link between the stimulus and the response – and no item in the black box should be postulated that it lacks this explanatory adequacy. “As Witters says, “No mental concept without the behaviour the mental concept is brought to explain.” Chomsky hated it. Grice changed it to ‘effect.’ Or not. “Stimulus and response,” Skinner's behavioral theory was largely set forth in his first book, Behavior of Organisms (1938).[9] Here, he gives a systematic description of the manner in which environmental variables control behavior. He distinguished two sorts of behavior which are controlled in different ways:  Respondent behaviors are elicited by stimuli, and may be modified through respondent conditioning, often called classical (or pavlovian) conditioning, in which a neutral stimulus is paired with an eliciting stimulus. Such behaviors may be measured by their latency or strength. Operant behaviors are 'emitted,' meaning that initially they are not induced by any particular stimulus. They are strengthened through operant conditioning (aka instrumental conditioning), in which the occurrence of a response yields a reinforcer. Such behaviors may be measured by their rate. Both of these sorts of behavior had already been studied experimentally, most notably: respondents, by Ivan Pavlov;[25] and operants, by Edward Thorndike.[26] Skinner's account differed in some ways from earlier ones,[27] and was one of the first accounts to bring them under one roof.

rerum natura: Latin, ‘the nature of things’, or ‘reality,’ to use the root of ‘res,’ cognate with ‘ratio,’ – (as ‘ding’ is connected with ‘denken,’ and ‘logos’ with ‘legein’ -- metaphysics. The phrase can also be used more narrowly to mean the nature of physical reality, and often it presupposes a naturalistic view of all reality. Lucretius’s epic poem “De rerum natura,” is an Epicurean physics, designed to underpin the Epicurean morality. Seneca told Lucrezio, “You could have looked for a catchier title if you want it a best-seller.”

responsabile, the responsabile: responsibility – cited by H. P. Grice in “The causal theory of perception” -- a condition that relates an agent to actions of, and consequences connected to, that agent, and is always necessary and sometimes sufficient for the appropriateness of certain kinds of appraisals of that agent. Responsibility has no single definition, but is several closely connected specific concepts. Role responsibility. Agents are identified by social roles that they occupy, say parent or professor. Typically duties are associated with such roles  to care for the needs of their children, to attend classes and publish research papers. A person in a social role is “responsible for” the execution of those duties. One who carries out such duties is “a responsible person” or “is behaving responsibly.” Causal responsibility. Events, including but not limited to human actions, cause other events. The cause is “responsible” for the effect. Causal responsibility does not imply consciousness; objects and natural phenomena may have causal responsibility. Liability responsibility. Practices of praise and blame include constraints on the mental stance that an agent must have toward an action or a consequence of action, in order for praise or blame to be appropriate. To meet such constraints is to meet a fundamental necessary condition for liability for praise or blame  hence the expression ‘liability responsibility’. These constraints include such factors as intention, knowledge, recklessness toward consequences, absence of mistake, accident, inevitability of choice. An agent with the capability for liability responsibility may lack it on some occasion  when mistaken, for example. Capacity responsibility. Practices of praise and blame assume a level of intellectual and emotional capability. The severely mentally disadvantaged or the very young, for example, do not have the capacity to meet the conditions for liability responsibility. They are not “responsible” in that they lack capacity responsibility. Both morality and law embody and respect these distinctions, though law institutionalizes and formalizes them. Final or “bottom-line” assignment of responsibility equivalent to indeed deserving praise or blame standardly requires each of the latter three specific kinds of responsibility. The first kind supplies some normative standards for praise or blame. 

Rensi Giuseppe Rensi Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search  Giuseppe Rensi Giuseppe Rensi (Villafranca di Verona, 31 maggio 1871 – Genova, 14 febbraio 1941) è stato un filosofo e avvocato italiano naturalizzato svizzero. Tenne la cattedra di filosofia morale all'Università di Genova.   Indice 1                                 Biografia 1.1                                           Studi 1.2                                           Attività politica 1.3                                          Esilio in Svizzera 1.4                                         Rientro in Italia 1.5                                          La prima guerra mondiale 1.6                                     L'opposizione al fascismo 1.7                                     La morte 2                                            Filosofia 2.1                                           Le tre fasi 3                                              Pensiero politico 4                                         Influenze 5                                                Opere 6                                             Note 7                                             Bibliografia 8                                           Voci correlate 9                                            Altri progetti 10                                          Collegamenti esterni Biografia Studi Frequentò il liceo a Verona, manifestando interesse per la filosofia. Si iscrisse all'Università di Padova, poi passò a Roma, dove si laureò in Giurisprudenza nel 1893, esercitando poi con successo la professione di avvocato a Verona.  Attività politica Iscrittosi al Partito Socialista Italiano, si recò a Milano per assumere, appena ventiquattrenne, la direzione del giornale La lotta di classe, collaborando assiduamente anche alla turatiana Critica Sociale e alla Rivista popolare diretta da Napoleone Colajanni. A seguito delle misure repressive adottate dal governo del generale Luigi Pelloux e per sfuggire alla condanna del Tribunale Militare per aver preso parte ai moti operai milanesi del 1898, stroncati dall'esercito con la strage del generale sabaudo Fiorenzo Bava Beccaris, il giovane pubblicista fu costretto a cercare rifugio in Svizzera.  Esilio in Svizzera Il soggiorno nel Canton Ticino durò ben dieci anni. Ivi conobbe e sposò Lauretta Perucchi, da cui ebbe due figlie, Adalgisa, che entrerà tra le Figlie di San Francesco di Sales con il nome di Suor Maria Grazia[1], ed Emilia, autrice di numerosi saggi. Naturalizzato svizzero nel 1903, divenne il primo deputato socialista del Gran Consiglio del Canton Ticino. Frutto dell'esperienza ticinese fu la pubblicazione de Gli «Anciens Régimes» e la «democrazia diretta» (1902), in cuidifendeva il principio della democrazia diretta del sistema istituzionale svizzero. Rensi collaborò con numerosi articoli ai fogli radicali Il Dovere di Bellinzona, la Gazzetta Ticinese e L'Azione di Lugano, nonché alla rivista socialista e pacifista Coenobium, fondata a Lugano da Enrico Bignami, di cui divenne redattore capo.  Rientro in Italia Rientrò in Italia nel 1908 per stabilirsi a Verona e riaprire lo studio di avvocato, dedicandosi nel contempo agli studi filosofici dai quali si sentiva sempre più attratto. Nel 1911, a seguito della campagna libica, vi fu la rottura col partito socialista, poiché egli si era schierato con l'interventismo di Leonida Bissolati. Nell'anno successivo pubblicava Il fondamento filosofico del diritto; nel 1914 altri due volumi: Formalismo e amoralismo giuridico e La trascendenza: studio sul problema morale, ove sviluppava un neo-idealismo trascendente, influenzato dal pensiero di Josiah Royce. Con questi saggi etico-giuridici poté conseguire la libera docenza di filosofia morale all'Università di Bologna, iniziando la carriera universitaria. Fu incaricato di filosofia del diritto presso la libera Università di Ferrara, vincendo poi il concorso per la cattedra di filosofia morale all'Istituto Superiore di Magistero di Firenze, ove rimase dal 1914 al 1916; passò quindi all'Ateneo di Messina dove ebbe colleghi Concetto Marchesi, Eugenio Donadoni ed Emanuele Sella. Nel 1918 si stabilì definitivamente a Genova, ricoprendo la cattedra di filosofia morale dell'ateneo.  La prima guerra mondiale L'esperienza della prima guerra mondiale mandò in crisi le sue convinzioni idealistiche, conducendolo verso lo scetticismo, la cui prima formulazione sono i Lineamenti di filosofia scettica del 1919. In quell'opera Rensi sosteneva che la guerra aveva distrutto la fede ottimistica nell'universalità della ragione, sostituendola con lo spettacolo tragico della sua pluriversalità, vale a dire dell'irriducibile conflittualità dei diversi punti di vista. Espose nella Filosofia dell'autorità (1921) la traduzione politica di questa concezione: poiché tutti i punti di vista politici sono sullo stesso piano, quello che andrà al potere lo farà con un atto di forza, tacitando tutti gli altri punti di vista. In quest'opera si è scorta una prima giustificazione dell'autoritarismo fascista[2].  L'opposizione al fascismo Il filosofo, tuttavia, dopo una prima simpatia per il fascismo nel periodo che va dal 1919 al 1922, ne divenne un fiero avversario quando Mussolini con metodi antidemocratici cominciò a perseguire il disegno dittatoriale. Nel 1925 sottoscrisse il Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce, pagando questa scelta con la sospensione, nel 1927, dalla cattedra di filosofia morale all'Università di Genova. Tre anni dopo venne arrestato insieme alla moglie e rinchiuso in carcere. Solo un abile stratagemma escogitato dall'amico e collega Emanuele Sella, che aveva pubblicato sul Corriere della Sera il necrologio del filosofo, diffondendo così la falsa notizia della sua morte, indusse il duce a rimettere prontamente in libertà i coniugi Rensi. Il dittatore temeva l'ondata di sdegno sollevatasi nel paese e all'estero per i metodi oppressivi del regime. Nel 1934, per la sua coerenza agli ideali di libertà, Rensi subì il definitivo allontanamento dalla cattedra e, fino alla sua scomparsa, fu comandato, da vigilato speciale, presso il centro bibliografico dell'ateneo genovese, per la compilazione della biografia ligure. Nonostante il doloroso distacco dalla scuola dove aveva insegnato per diciassette anni, continuò la sua attività filosofica e letteraria, pubblicando in quegli anni alcune fra le sue opere più significative, e collaborando al quotidiano socialista genovese Il Lavoro, l'unico foglio che accoglieva testi di personalità che non avevano fatto atto di sottomissione al fascismo.  La morte Fu ricoverato il 9 febbraio 1941 al Ospedale Galliera mentre infuriava il bombardamento della flotta inglese sulla città, per essere operato d'urgenza. Tuttavia l'azione militare danneggiò alcune sale dell'edificio e i medici dovettero rinviare l'intervento, una fatalità che non lasciò scampo a Rensi, che morì il 14 febbraio.[3] Ai funerali pochi amici ed ex allievi poterono seguire per breve tratto il carro funebre. La polizia, che aveva vietato quest'ultimo devoto omaggio, disperse il funerale, schedando alcuni discepoli. Rensi, anche morto, turbava il potere. Sulla tomba nel Cimitero monumentale di Staglieno un'epigrafe riassume uno stile di vita ed esprime il suo dissenso, la sua resistenza e indipendenza intellettuale: «Etsi omnes, non ego» (Anche se tutti, non io).  Filosofia Il suo pensiero si è sviluppato, dopo l'approdo allo scetticismo, in un primo tempo in direzione del realismo e del materialismo critico. Un realismo materialistico quindi, che egli considerava derivato (con una certa libertà interpretativa) dallo stesso pensiero kantiano. Egli arrivò ad ipotizzare che Kant avesse potuto pensare alla "cosa in sé" come a una più nascosta essenza materiale delle cose stesse.  In generale si può dire che la filosofia di Rensi non sia esente da paradossi concettuali e da mutamenti continui che lo hanno portato a cadere in alcune contraddizioni e incoerenze. Ma va anche considerato che al di sopra di esse a dominare è comunque un forte pessimismo, che non è solo esistenziale, ma anche gnoseologico: sia il mondo, sia la mente umana sono irrazionali.  «Ma supponiamo che un tale fatto esteriore ai nostri orologi, destinato al controllo di questi, non esistesse, e che i nostri orologi continuassero a discordare. Come potremmo allora, in mancanza di quel fatto esteriore obbiettivo e nel discordare dei singoli nostri orologi, conoscere l’ora che è? Ora questo è appunto il caso delle nostre ragioni. Non c’è l’oggetto esterno ad esse, l’esterno modulo-ragione, su cui controllarle e che le giudichi, ed esse discordano tra di loro. Come conoscere l’ora che è della ragione?[4]»  Per esempio egli ha sostenuto che siccome la filosofia ha una storia che si snoda nel tempo, ciò significa che un pensiero vero e unico non può esistere e che perciò nel suo procedere ed evolvere essa nega continuamente sé stessa. Rensi, contro l'idealismo di Gentile allora imperante, che considerava la storia una realizzazione progressiva dello spirito e della ragione, ha una visione negativa dellastoria, come assurdo, caso e vana ripetizione.  «C'è storia dunque perché ogni presente, ossia la realtà, è sempre falsa, assurda e cattiva, e perciò si vuol venirne fuori, passare ad altro, quel passare ad altro in cui, unicamente, la storia consiste... C'è storia, insomma, l'umanità corre nella storia, per la medesima ragione per cui corre un uomo che posa i piedi su di un sentiero cosparso di spine o di carboni ardenti[5]»  La sua critica della religione si sviluppava poi in un'aperta apologia dell'ateismo che egli proclamò e sostenne sino al 1930 circa. Sembra quasi di poter cogliere uno dei tratti dell'ateismo filosofico rensiano nella postfazione al Sopra lo amore di Marsilio Ficino. Ficino nel suo scritto proponeva una visione dell'amore come amore eterno di Dio che a Dio ritorna come desiderio di ogni grado ontologico di ritornare al bene e al Tutto. Rensi, nella sua postfazione, propone una nuova interpretazione di questa tipica teologia platonica, vedendo nell'amore ipotizzato da Ficino in realtà un preludio a quelle che diventeranno due tra le più influenti correnti filosofiche nell'Europa dell'800: l'idealismo e il volontarismo. L'amore come totalità dei diversi, o come volontà nelle vesti di matrice essenziale del tutto, mette da parte il bisogno di un dio buono e trascendente e sussurra l'ipotesi di un ateismo filosofico, forse professato tra le righe dai più celebri filosofi credenti.  In quanto spirito profondamente problematico e inquieto, Rensi finì però per approdare a un forte pessimismo ontologico ed esistenziale, che lo spinse verso derive spiritualistiche, forse latenti nelle sue riflessioni fin dalle origini. Esse trovano espressione chiara solo nell'ultima fase del suo pensiero, attestate in particolare dalle Lettere spirituali (uscite postume nel 1941). In quest'opera, come anche nella Morale come pazzia (anch'essa postuma) Rensi delinea una sorta di mistica dei valori e un'etica concepita come l'azzardo dell'uomo che scommette sul bene in un universo cieco e indifferente.  Le tre fasi Nella sua Autobiografia intellettuale (1939) egli suddivide in tre periodi l'evoluzione del suo pensiero: un primo caratterizzato dal misticismo idealistico, un secondo da un relativismo scettico materialistico e ateo, un terzo dal misticismo spiritualistico come ultimo approdo del suo pensiero.  Il primo periodo si sviluppa fino al 1916 e si tratta di un misticismo di tipo platonico, in cui sono presenti anche elementi di San Paolo e di Malebranche. In tale periodo scrive Le Antinomie dello spirito (1910), Sic et Non. Metafisica e poesia (1911), La trascendenza. Studio sul pensiero morale (1914).  Il secondo periodo nasce dal suo sconcerto di fronte alle violenze della guerra e lo porta alla negazione di qualsiasi razionalità della realtà. Egli pensa infatti che se gli uomini ricorrono sistematicamente alla violenza per risolvere i loro conflitti questo significa che la ragione in sé non esiste, e che si tratta dell'illusione dell'uomo di pensare che si possa dare ordine al caos. L'irrazionalità della realtà si trova espressa in Lineamenti di filosofia scettica (1919), La filosofia dell'autorità (1920), La scepsi estetica (1920), Polemiche antidogmatiche (1920), Interiora rerum (1924), Realismo (1925), Apologia dell'ateismo (1926), Le aporie della religione (1932).  Il secondo periodo è altresì caratterizzato da un avvicinamento al positivismo materialistico e dal rifiuto dell'idealismo di Croce e di Gentile. In esso va registrata anche una rivisitazione del panteismo di Spinoza, che Rensi interpreta alla maniera dei teologi cristiani, quindi come ateistico perché avrebbe negato il Dio personalizzato dei monoteismi. Egli pensava anche di realizzareuna sintesi di scetticismo e realismo perché se solo la scepsi è il modo reale e utile di porsi di fronte al mondo, essa è anche l'unica verità possibile. Si tratta anche del momento di punta del nichilismo rensiano, perché si afferma che siccome l'unica cosa certa e stabile è la morte, ed essa è il "nulla", solo il nulla possiede una verità.  Nell'ultimo periodo prevale una forma di misticismo che non sorge, però, improvvisamente, essendo già chiaramente presente nelle opere maggiormente influenzate dallo scetticismo. Quest'ultimo fu, infatti, sempre sollecitato da un'innata, profonda religiosità, sicché non stupisce che il filosofo si apra alla voce del divino, poiché egli cerca nella negazione assoluta un criterio positivo che consenta la negazione stessa. A questo periodo appartengono: Critica della morale (1935), "Critica dell'amore e del lavoro (1935), Paradossi di estetica e dialoghi dei morti (1937), Frammenti di una filosofia dell'errore, del dolore, del male e della morte (1937), La filosofia dell'assurdo (1937) e Autobiografia intellettuale (1939).  Isolato in vita nel mondo filosofico italiano, nel quale dominava il neo-idealismo crociano-gentiliano, Rensi trovò la comprensione di pochi intellettuali a lui affini, come Adriano Tilgher ed Ernesto Buonaiuti. È stato quest'ultimo a creare per Rensi la formula dello scettico credente, che in forme diverse ha dominato i pochi studi sul suo pensiero. Solo recentemente, soprattutto grazie agli studi di Nicola Emery, il pensiero rensiano ha trovato la collocazione nell'ambito del nichilismo europeo.  Per alcuni tale collocazione resta comunque riduttiva rispetto alla vastità del pensiero di Rensi, che andrebbe ancora approfondito. La trascuratezza nei suoi confronti sta nel fatto che la cultura italiana è stata a tutto il XX secolo dominata dall'idealismo e dall'esistenzialismo, collegati ad una dottrina cristiana invadente e impregnante il mondo accademico.  Pensiero politico Legato alla cultura socialista, fin dalla giovane età, il pensiero politico di Rensi si caratterizza per una certa dose di eclettismo e per una forte componente umanitaria, distante dal materialismo storico marxiano e riconducibile, più agilmente, nel novero dei pensatori vicini al socialismo utopista. Se durante l'attività politica in Italia aderisce all'idea della lotta di classe, l'esperienza svizzera lo porta a riconsiderare tale concezione dei rapporti di forza nella storia, ridimensionandone la portata. Nel pensiero rensiano, infatti, l'antagonismo tra proletariato e borghesia sarebbe circoscrivibile ad alcune realtà contingenti e non costituirebbe un'invariante delle relazioni socio-politiche dell'intero Occidente. E se, da un lato, il suo realismo politico lo porta ad apprezzare le teorie elitistiche del conservatore Gaetano Mosca, dall'altro, la matrice umanitaria e socialista emerge nell'esaltazione degli istituti della democrazia diretta, caratterizzanti il sistema costituzionale americano e quello svizzero, considerati come gli unici in grado di far emergere la volontà popolare e di permettere l'emancipazione delle classi lavoratrici. L'elogio ai regimi federalisti appena citati, e il contingente recupero del pensiero di Cattaneo sono sintomatici di un altro aspetto dell'orizzonte culturale di Rensi: la feroce critica dell'istituto monarchico (tanto nell'accezione assolutista, quanto in quella temperata del costituzionalismo borghese ottocentesco), appannaggio di una vicinanza con il programma del Partito Repubblicano Italiano. Vicinanza che si concretizza nello stretto legame, culturale e amicale, con Arcangelo Ghisleri. Con l'esponente repubblicano, in particolare, Rensi condivide il pessimismo storico verso il Risorgimento, la disapprovazione intransingente del ruolo, ritenuto ambiguo e ostile al riscatto sociale del proletariato, della casa regnante dei Savoia e l'appartenenza alla Massoneria[6].  Influenze "Atomi e vuoto e il Divino in me", queste parole di Rensi hanno ispirato Michele Lobaccaro nella composizione della canzone Rosa di Turi dei Radiodervish.  Opere Una Repubblica italiana: il Canton Ticino, "Critica sociale", Milano 1899; ristampato da Armando Dadò, Locarno, 1994 Gli “Anciens Régimes” e la democrazia diretta. I e II ed., Colombi, Bellinzona 1902. III ed., Libreria Politica Moderna, Roma 1926; ristampato.La democrazia diretta, a.c. e con Nota di Nicola Emery, Adelphi, Milano, 1995 L'immoralismo di Nietzsche, Carlini, Genova 1905. Le antinomie dello spirito, Soc. Libr. Ed. Petremolese, Piacenza 1910. Sic et non: metafisica e poesia, Libr. Ed. Romana, Roma 1910. Il genio etico ed altri saggi, Laterza, Bari 1912; 1953 (seconda ed.). Il fondamento filosofico del diritto, Ed. Libr. Petremolese, Piacenza 1912. Sulla risarcibilità dei danni morali, Soc. Coop. Tip., Verona 1913. Formalismo e amoralismo giuridico, Cabianca, Verona 1914. La trascendenza: studio sul problema morale, Bocca, Torino 1914. Istinto, morale e religione, Ist. Tip. Riuniti, Bologna 1917. Lineamenti di filosofia scettica, Zanichelli, Bologna 1919; ristampato, a c. e con introduzione di N. Emery, Castelvecchi, Roma, 2014 La scepsi estetica, Zanichelli, Bologna 1920. La filosofia dell'autorità, Sandron, Palermo 1920; ristampato da De Martinis & C, Catania, 1993. Polemiche antidogmatiche, Zanichelli, Bologna 1920. L'orma di Protagora, Treves, Milano 1920. Principi di politica impopolare, Zanichelli, Bologna 1920. Introduzione alla scepsi etica, Perrella, Napoli 1921. Teoria e pratica della reazione politica, La Stampa Commerciale, Milano 1922. L'amore e il lavoro nella concezione scettica, Soc. Ed. Unitas, Milano 1923. Ristampa Battiato, Catania 1933. Dove va il mondo?, «Inchiesta fra gli scrittori italiani», Libreria Politica Moderna, Roma 1923. L'irrazionale, il lavoro, l'amore, Soc. Ed. Unitas, Milano 1923. Interiora rerum, Soc. Ed. Unitas, Milano 1924. Rielaborato ne La filosofia dell'assurdo, Corbaccio, Milano 1937. Ripubblicato a cura di R. Chiarenza, Adelphi, Milano 1991. Apologia dell'ateismo, Formiggini, Roma 1925. Ristampato a cura di R. Chiarenza, La Fiaccola, Ragusa s.d. (ma 1967); ristampato con introd. di N.Emery "Terapia dell'ateismo", Castelvecchi, Roma, 2013 Realismo, Soc. Ed. Unitas, Milano 1925. Apologia dello scetticismo, Formiggini, Roma 1926. Autorità e libertà: le colpe della filosofia, Libreria Politica Moderna, Roma 1926. Ristampato a cura di G. Perez, Roma 1991 e a cura di A. Montano, Bibliopolis, Napoli 2003. Il materialismo critico, Casa editrice sociale, Milano 1927. Ampliato, Casa del Libro, Roma 1934. Spinoza, Formiggini, Roma 1929. Ampliato (ed. postuma) Bocca, Torino 1941. Ristampato a cura di A. Montano, Guerini e Associati, Milano 1999. Riedito in un'edizione comprendente entrambe le versioni del 1929 e del 1941, con un saggio di Roberto Evangelista, Edizioni Immanenza, Napoli, 2014, ISBN 9788898926190. Riedito in un'edizione comprendente entrambe le versioni del 1929 e del 1941, a cura di Luca Orlandini, presso la Nino Aragno Editore, Torino, 2019. Scheggie: pagine di un diario intimo, Bibl. Ed., Rieti 1930. Cicute: dal diario di un filosofo, Casa Ed. Atanòr, Todi 1931. Ristampato, La Mandragora, Imola 1998. Impronte: pagine di un diario, Libr. Ed. Italia, Genova 1931. Raffigurazioni: schizzi di uomini e di dottrine, Guanda, Modena 1932. Ristampa 1934. Le aporie della religione, Casa Ed. Etna, Catania 1932. Sguardi: pagine di un diario, La Laziale, Roma 1932. Passato, presente, futuro, Cogliati, Milano 1932. 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Voci correlate Enrico Bignami Ernesto Buonaiuti Benedetto Croce Arcangelo Ghisleri Manifesto degli intellettuali antifascisti Adriano Tilgher (filosofo) Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Giuseppe Rensi Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Giuseppe Rensi Collegamenti esterni Giuseppe Rensi, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Giuseppe Rensi, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata (IT, DE, FR) Giuseppe Rensi, su hls-dhs-dss.ch, Dizionario storico della Svizzera. Modifica su Wikidata Giuseppe Rensi, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Opere di Giuseppe Rensi, su Liber Liber. Modifica su Wikidata Opere di Giuseppe Rensi, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Giuseppe Rensi, su Open Library, Internet Archive. 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Resta: Essential Italian philosopher Eligio Resta Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Eligio Resta Componente del Consiglio Superiore della Magistratura Durata mandato                           1998 - 2002 Eligio Resta (1948) è un giurista e filosofo italiano.   Indice 1                    Biografia 2                                            Studi 3                                            Bibliografia 4                                           Collegamenti esterni Biografia Eligio Resta, nominato Alfiere del Lavoro nel 1965, si è laureato nel 1970 presso la Facoltà di giurisprudenza dell'Università degli Studi di Bari e ha insegnato Filosofia del diritto e Teoria generale del diritto presso la stessa Facoltà dell'ateneo barese, la London School of Economics e il Birkbeck College.  Attualmente è professore ordinario di Filosofia del diritto e Sociologia del diritto presso la Facoltà di giurisprudenza dell'Università degli studi Roma Tre. È altresì docente di filosofia del diritto ed informatica e logica giuridica presso l'Università telematica internazionale UniNettuno  Ha ricoperto il ruolo di componente laico del Consiglio superiore della magistratura dal 1998 al 2002 in quota Verdi indicato dalla maggioranza di centrosinistra dal Parlamento in seduta comune.  È condirettore del progetto comune di ricerca "Adjudication and Theories of Law" con il prof. Duncan Kennedy della Harvard Law School, condirettore, assieme al prof. Stefano Rodotà, del Seminario permanente sulla cultura giuridica contemporanea della Fondazione Lelio e Lisli Basso-Issoco, nonché delle riviste "Sociologia del Diritto" e "Politica del Diritto".  Studi I suoi studi spaziano dai temi classici della filosofia del diritto fino a temi di particolare attualità quali quelli riguardanti l'infanzia, i diritti dei minori e il biodiritto. Particolarmente interessanti sono gli scritti nei quali indaga sul significato e sui risvolti giuridici del concetto di "farmaco" come antidoto necessario alla violenza.  Bibliografia Conflitti sociali e giustizia, Bari, De Donato, 1977. Diritto e sistema politico, Torino, Loescher, 1982. L' ambiguo diritto, Milano, FrancoAngeli, 1984. Poteri e diritti, Torino, G. Giappichelli, 1996. La certezza e la speranza. Saggio su diritto e violenza, Roma-Bari, Laterza, 1996. Le stelle e le masserizie. Paradigmi dell'osservatore, Roma-Bari, Laterza, 1997. L'infanzia ferita, Roma-Bari, Laterza, 1998. Il diritto fraterno, Roma-Bari, GLF Editori Laterza, 2004. Diritto vivente, Roma-Bari, GLF Editori Laterza, 2008. Le regole della fiducia, Roma-Bari, GLF Editori Laterza, 2011. Collegamenti esterni (EN) Opere di Eligio Resta, su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata Registrazioni di Eligio Resta, su RadioRadicale.it, Radio Radicale. Modifica su Wikidata Curriculum vitae et studiorum nel sito della Università telematica internazionale UniNettuno. Eligio Resta, «Biodiritto» la voce in XXI Secolo, "Treccani.it L'Enciclopedia Italiana". Controllo di autorità                         VIAF (EN) 14847827 · ISNI (EN) 0000 0000 2426 5661 · LCCN (EN) n78019445 · BNF (FR) cb12357469r (data) · WorldCat Identities (EN) lccn-n78019445 Biografie Portale Biografie Diritto Portale Diritto Filosofia Portale Filosofia Categorie: Giuristi italiani del XX secoloGiuristi italiani del XXI secoloFilosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloNati nel 1948Sociologi del dirittoPersone legate all'Università degli Studi Roma Tre[altre]

Restaino, rather than Restanio Franco Restaino Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Giovanni Franco Restaino (Alghero, 1938) è uno storico della filosofia e filosofo italiano.   Indice 1                      Biografia 2                                            Note 3                                             Bibliografia 4                                           Collegamenti esterni Biografia Dopo essersi laureato nel 1961 presso l'Università di Cagliari, a partire dal 1961 ha svolto attività didattica nella stessa università, ricoprendo anche la carica di Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dal 1984 al 1993. Dal 1994 Franco Restaino è docente di filosofia teoretica presso l'Università degli studi di Roma Tor Vergata.  Negli anni ha pubblicato numerosi studi soprattutto nel campo della storia della filosofia inglese, francese e americana e dell'estetica, mentre negli ultimi anni ha orientato la propria ricerca sul campo della filosofia femminista. La sua pubblicazione forse più nota, anche al di fuori dell'ambiente filosofico, è però una Storia del fumetto: da Yellow Kid ai manga, pubblicata nel 2004, che non ha mancato anche di suscitare alcune polemiche, fino al punto che un gruppo di appassionati di fumetti ha lanciato una petizione online chiedendo alla casa editrice il ritiro del libro, accusato di contenere gravi lacune ed errori.[1][2]  Note ^ Ettore Gabrielli, Petizione contro l’UTET per il libro Storia del Fumetto, Lo Spazio Bianco, 6 gennaio 2005. URL consultato il 28 gennaio 2018. ^ Andrea Plazzi, Il fantasma del fumetto, in il Mulino, Bologna, Società editrice il Mulino, 2009, DOI:10.1402/28925. URL consultato il 28 gennaio 2018. Bibliografia La fortuna di Comte in Gran Bretagna Comte sansimoniano, in Rivista critica di storia della filosofia, N. 2, 1968 Comte scienziato, ivi, N. 4, 1968 Comte filosofo, ivi, N. 2, 1969 J.S. Mill e la cultura filosofica britannica, La Nuova Italia, Firenze, 1968 John Stuart Mill: Scritti scelti, Principato, Milano, 1969 Scetticismo e senso comune. La filosofia scozzese da Hume a Reid, Laterza, Bari, 1974 David Hume, Editori Riuniti, Roma, 1986 Filosofia e postfilosofia in America. Rorty, Bernstein, MacIntyre, FrancoAngeli, Milano, 1990 Storia dell'estetica moderna, Utet, Torino Storia della filosofia, fondata da Nicola Abbagnano, in collaborazione con Giovanni Fornero e Dario Antiseri, vol. IV, tomo II, La filosofia contemporanea, Utet, Torino, 1994 Esthétique et poétique au XVIIIe siècle en Angleterre, in Histoire des Poétiques, a cura di J. Bessière, E. Kushner, R. Mortier, J. Weisberger, Presses Universitaires de France, Parigi, 1997 La filosofia anglo-americana, in La Filosofia della seconda metà del Novecento, a cura di G. Paganini, Piccin-Vallardi, Padova, 1998 Le filosofie femministe, in collaborazione con A. Cavarero, Paravia Scriptorium, Torino, 1999 Storia della filosofia, Utet Libreria, Torino, 1999 La Rivoluzione Moderna. Vicende della cultura tra Otto e Novecento, Salerno Editrice, Roma 2001 Storia del fumetto: da Yellow Kid ai manga, UTET libreria, Torino, 2004 Collegamenti esterni Biografia di Franco Restaino su Mondo Domani, su mondodomani.org. Controllo di autorità                      VIAF (EN) 117187648 · ISNI (EN) 0000 0001 0938 837X · SBN IT\ICCU\CFIV\001586 · LCCN (EN) n87908906 · BNF (FR) cb12031905h (data) · WorldCat Identities (EN) lccn-n87908906 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Storici della filosofia italianiFilosofi italiani del XX secoloNati nel 1938Nati ad AlgheroProfessori dell'Università degli Studi di CagliariProfessori dell'Università degli Studi di Roma Tor Vergata[altre]

resultus: or resultance, a relation according to which one property the resultant property, sometimes called the consequential property is possessed by some object or event in virtue of and hence as a result of that object or event possessing some other property or set of properties. The idea is that properties of things can be ordered into connected levels, some being more basic than and giving rise to others, the latter resulting from the former. For instance, a figure possesses the property of being a triangle in virtue of its possessing a collection of properties, including being a plane figure, having three sides, and so on; the former resulting from the latter. An object is brittle has the property of being brittle in virtue of having a certain molecular structure. It is often claimed that moral properties like rightness and goodness are resultant properties: an action is right in virtue of its possessing other properties. These examples make it clear that the nature of the necessary connection holding between a resultant property and those base properties that ground it may differ from case to case. In the geometrical example, the very concept of being a triangle grounds the resultance relation in question, and while brittleness is nomologically related to the base properties from which it results, in the moral case, the resultance relation is arguably neither conceptual nor causal. 

cornwall – “He hardly spoke English – and Grosseteste hardly spoke Cornish – yet they became best friends at Oxford – Fishacre helped. “But they communicated mainly in the lingua franca, that is Roman!” -- Rrichard Rufus, also called Richard of Cornwall English philosopher who wrote some of the earliest commentaries on Aristotle in the Latin West. Cornwall’s commentaries are not cursory summaries; they include sustained philosophical discussions. “Cornwall,” as he was called (cf. Grice’s “Shropshire,” – all I remember about him is that his name was that of a shire”) was a master of arts at Paris, where he studied with Hales. And they would joke, “I was called after a shire, but you after a town, ain’t that unfair?” – Cornwall is also deeply influenced by Grosseteste – “he of the great head” – or “balls” (testis, testiculus). Cornwall leaves Paris and joins the Franciscan order. He was ordained in England. In 1256, he became regent master of the Franciscan studium at Oxford (“of course,” Grice); according to Bacon, Cornwall is the most influential philosopher  at Oxford In addition to his Aristotle commentaries, Cornwall writes two commentaries on Peter Lombard’s Sentences. In the first of these he borrows  freely from Grosseteste, Hales, and Fishacre (“if you’ve heard of him” – Grice). The second commentary is a critical condensation of the lectures of Fidanza, presented in Paris. Cornwall is a  proponent of the theory of impetus. His views on projectile motion are cited by  Meyronnes. Cornwall also advocates other arguments first presented by Philoponus. Against the eternity of the world, he argued that past time is necessarily finite, since it has been traversed, and, on top, the world is hardly eternal, since “if the world has no beginning, no more time transpires before tomorrow than it transpires before today – but it does so transpire.” Cornwall also argues that if the world had not been created ex nihilo, the first cause would be mutable. Grosseteste cited one of Cornwalls arguments against the eternity of the world in his notes on Aristotle’s Physics. Cornwall denies the validity of Anselm’s ontological argument, but, anticipating Duns Scotus, Cornwall argues that the existence of an independent being could be inferred from its possibility. Like Duns Scotus, Cornwall employs the formal distinction as an explanatory tool; in presenting his own views, Duns Scotus cites Cornwall’s’s definition of the “formal distinction” versus the “material distinction.” Richard states his philosophical views briefly, even cryptically; his Latin prose style is sometimes eccentric (even Griceian), characterized by rather abrupt extemporaneous interjections in which he apparently means to addresses this or that question to God, to himself, or to his intended recipient. Cornwall is hesitant about the value of systematic theology for the theologian, deferring to biblical exposition as the primary forum for theological discussion. In systematic theology, he emphasized Aristotelian semanticsc. He was a well-known semanticist. Some scholars (Kneale, Grice, and Speranza included) believe Cornwall is the famous logician known as the “Magister Abstractionum.” Though Cornwall borrowed freely from his contemporaries, he was a profoundly original philosopher. 

ricasoli – vide Ricasoli Rucellai.

ricoeur: hermeneuticist and phenomenologist who has been a professor at several  universities as well as the  of Naples, Yale , and the  of Chicago. He has received major prizes from France, G.y, and Italy. He is the author of twenty-some volumes tr. in a variety of languages. Among his best-known books are Freedom and Nature: The Voluntary and the Involuntary; Freud and Philosophy: An Essay of Interpretation; The Conflict of Interpretations: Essay in Hermeneutics; The Role of the Metaphor: Multi-Disciplinary Studies of the Creation of Meaning in Language, Time and Narrative; and Oneself as Another. His early studies with the  existentialist Marcel resulted in a book-length study of Marcel’s work and later a series of published dialogues with him. Ricoeur’s philosophical enterprise is colored by a continuing tension between faith and reason. His long-standing commitments to both the significance of the individual and the Christian faith are reflected in his hermeneutical voyage, his commitment to the Esprit movement, and his interest in the writings of Emmanuel Mounier. This latter point is also seen in his claim of the inseparability of action and discourse in our quest for meaning. In our comprehension of both history and fiction one must turn to the text to understand its plot as guideline if we are to comprehend experience of any reflective sort. In the end there are no metaphysical or epistemological grounds by which meaning can be verified, and yet our nature is such that possibility must be present before us. Ricoeur attempts his explanation through a hermeneutic phenomenology. The very hermeneutics of existence that follows is itself limited by reason’s questioning of experience and its attempts to transcend the limit through the language of symbols and metaphors. Freedom and meaning come to be realized in the actualization of an ethics that arises out of the very act of existing and thus transcends the mere natural voluntary distinction of a formal ethic. It is clear from his later work that he rejects any form of foundationalism including phenomenology as well as nihilism and easy skepticism. Through a sort of interdependent dialectic that goes beyond the more mechanical models of Hegelianism or Marxism, the self understands itself and is understood by the other in terms of its suffering and its moral actions.  Refs.: J. O. Urmson, “La pragmatique,” H. P. Grice, “The conflict of interpretations between me and Ricoeur, and vice versa.”


Ricordi Franco Ricordi Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search «Se è vero, come scrive Harold Bloom, che Shakespeare ha "inventato l'umanità", è altrettanto vero che egli l'ha poi divisa, il più delle volte, tra due grandi generi di rappresentanti: e questi passano davvero per le categorie dei platonici e degli aristotelici.»  (Franco Ricordi, "Shakespeare filosofo dell'essere") Franco Ricordi (Milano, 31 gennaio 1958) è un filosofo, attore, regista, direttore artistico e saggista italiano di teatro.   Indice 1                                Biografia 2                                            Teatro 3                                             Progetti filosofici e saggistici 3.1                                       Dante per Roma e nel mondo 4                                   Filosofia 5                                            Note 6                                             Collegamenti esterni Biografia Franco Ricordi nasce a Milano, figlio di Ferruccio Merk Ricordi, in arte Teddy Reno e della sua prima moglie, la produttrice e distributrice cinematografica Vania Protti. Studia e si laurea in filosofia nel 1983, all'Universita La Sapienza di Roma; quindi si specializza a Napoli sull'ermeneutica con Hans Georg Gadamer.  Teatro Ha debuttato, nel 1978, con Luca Ronconi, con il quale ha lavorato nei primi anni della carriera. È stato poi attore con Paolo Stoppa, Gabriele Lavia, Eduardo de Filippo. Ha iniziato, in concomitanza con gli studi, la carriera registica che lo ha visto spesso anche interprete nei propri allestimenti. Questi sono stati salutati sempre da un forte e caloroso successo di critica e pubblico; in particolare si è dedicato a Shakespeare, alla drammaturgia antica, al teatro tedesco dell'età romantica, ma anche e costantemente ai contemporanei introducendo in Italia autori come Éric Rohmer, Jürg Amann, Lars Norén.  Si ricordano Medea e Fedra di Seneca (1986-1988), Trio in mi bemolle di Rohmer e Dopo la festa di Jürg Amann (1989-1992), Anfitrione di Heinrich von Kleist e Don Giovanni e Faust di Christian Dietrich Grabbe (1991-1993), Canti nel deserto e Gli inganni dell'infinito di Giacomo Leopardi (1987-1998), Le ceneri di Roma e Orgia di Pier Paolo Pasolini (1992-1996), Creditori di August Strindberg e Demoni di Lars Norén (1994-1998), Romeo e Giulietta, Macbeth e Amleto di Shakespeare (1995-1999-2001), Lame e Nerone di Giuseppe Manfridi (2000-2002).  Ha pubblicato due libri, per la Bulzoni Editore, su Leopardi, Shakespeare, Schiller e il concetto di teatralità: Lo spettacolo del nulla (1998) e Essere e libertà (2002). Nel 2008 ha pubblicato, per la Casa Editrice Gremese, "Le mani sulla cultura": una denuncia assai netta dell'egemonia storica della Sinistra sulle arti del XX secolo, che si ravvisa in modo particolare nel "Teatro politico" del Novecento.  Nel marzo 2003 è stato nominato Direttore del Teatro Stabile d'Abruzzo, con sede a L'Aquila; inaugurando il nuovo corso di questo importante Teatro ha diretto e interpretato Edipo Re di Sofocle (2004) e Anfitrione di Kleist (2005), e insieme dedicato vari incontri al Teatro di Poesia.  Nel dicembre 2010 è stato nominato Consigliere di amministrazione del Teatro di Roma.  Progetti filosofici e saggistici Dal 2009 è collaboratore del quotidiano Liberal, per le cui edizioni ha pubblicato il saggio "Ideologia di Amleto". Nel 2011 pubblica "Shakespeare filosofo dell'essere" (Mimesis edizioni), con prefazione di Emanuele Severino, ultimo dei cinque saggi che si riassumono nella tematica di una nuova “Filosofia del dramma”; questo saggio rappresenta il primo grande progetto di Ricordi dedicato al rapporto fra drammaturgia ed esistenzialismo. Nel gennaio 2013 pubblica il breve saggio "Filosofia del bacio", e nell'ottobre dello stesso anno è uscito il suo libro "Pasolini filosofo della libertà". Nel 2015 ha pubblicato il suo scritto teoretico più rilevante, "L'essere per l'amore".  Dante per Roma e nel mondo Sempre nel 2015 ha dato inizio ad un grande progetto su Dante, a livello filosofico-saggistico ma anche teatrale e comunicativo, che vorrà sostenere fino al 2021, nel 7º centenario della morte del Poeta. Inizia quindi nell'estate 2016 con la rassegna "Dante per Roma", con la lettura in luoghi significativi della "Città Eterna" (Mausoleo di Cecilia Metella, Arco di Giano, Terme di Caracalla e Terme di Diocleziano) di sette Canti dell'Inferno, con la supervisione del Professor Giulio Ferroni. La stessa estate viene realizzato un primo documentario per Rai5, dedicato al primo ciclo di letture [1]. La rassegna si chiude a Luglio 2018 con la lettura di sette Canti del Paradiso, ricevendo il plauso della critica e grande riscontro dal pubblico[2].  Nell'inverno dello stesso anno Ricordi propone la rassegna anche all'estero in collaborazione con gli Istituti Italiani di Cultura locali: a partire dalla Polonia e della Germania[3], le letture proseguono con successo, per arrivare nei primi mesi del 2019 in Russia e , al di fuori dell'Europa, in Algeria. In occasione della lettura di Mosca, Ricordi presenta il suo primo volume sulla Filosofia della Commedia di Dante, dedicato alla cantica dell'Inferno.  Filosofia Lo spettacolo del nulla (1998), Bulzoni editore Essere e libertà (2002), Bulzoni editore Le mani sulla cultura (2008), Gremese Ideologia di Amleto (2010), Liberal edizioni Shakespeare filosofo dell'essere, Milano, Mimesis Edizioni, (2011). Filosofia del bacio, Mimesis Edizioni, (2013) Pasolini filosofo della libertà, Mimesis Edizioni, (2013) L'essere per l'amore, Mimesis Edizioni, (2015) Il grande teatro shakespeariano, libro + CD con Elisabetta Pozzi, Mimesis edizioni, 2016 Filosofia della Commedia di Dante. Volume I - Inferno. Mimesis edizioni, 2019 . "Filosofia della Commedia di Dante" Volume II - Purgatorio. Mimesis edizioni, 2020  Note ^ Dante per Roma - Dante per Roma: Inferno - video - RaiPlay, su Rai. URL consultato il 30 luglio 2018 (archiviato dall'url originale il 30 luglio 2018). ^ Franco Ricordi: "La grande magia di Dante può essere capita soltanto ascoltandola a viva voce", in Spettacoli - La Repubblica, 1º luglio 2017. URL consultato il 30 luglio 2018. ^ aise.it, DANTE PER L'EUROPA: FRANCO RICORDI DEBUTTA A BERLINO, su Aise.it. URL consultato il 30 luglio 2018. Collegamenti esterni Franco Ricordi parla del suo libro Shakespeare filosofo dell'essere, sul portale RAI Letteratura, su letteratura.rai.it. Intervista a Franco Ricordi, di Gian Paolo Grattarola, http://www.mangialibri.com/interviste/intervista-franco-ricordi Franco Ricordi legge Dante in Algeria, https://iicalgeri.esteri.it/iic_algeri/it/gli_eventi/calendario/2019/02/lettura-divina-commedia-a-cura.html Controllo di autorità            VIAF (EN) 74088030 · ISNI (EN) 0000 0000 5521 9721 · SBN IT\ICCU\PUVV\198053 · LCCN (EN) n99047920 · BNF (FR) cb145305415 (data) · WorldCat Identities (EN) lccn-n99047920 Cinema Portale Cinema Filosofia Portale Filosofia Teatro Portale Teatro Categorie: Filosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloAttori italiani del XX secoloAttori italiani del XXI secoloNati nel 1958Nati il 31 gennaioNati a Milano[altre]

Righetti Stefano Righetti Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Questa voce è orfana Questa voce sugli argomenti insegnanti e filosofi è orfana, ovvero priva di collegamenti in entrata da altre voci. Inseriscine almeno uno pertinente e non generico e rimuovi l'avviso. Segui i suggerimenti dei progetti di riferimento 1, 2. Questa voce è da wikificare Questa voce o sezione sugli argomenti insegnanti e filosofi non è ancora formattata secondo gli standard. Contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni di Wikipedia. Segui i suggerimenti dei progetti di riferimento 1, 2. Stefano Righetti (...) è un filosofo e docente italiano.  Biografia Il primo periodo della sua attività di ricerca si è concentrato soprattutto sui temi dell’estetica e dell’arte contemporanea. In questo ambito, fra il 1991 e il 1998, ha fondato e diretto la rivista «La Stanza Rossa», prima rivista italiana a occuparsi in maniera specifica del rapporto arte-tecnologia e arte-comunicazione negli anni 90. Successivamente, ha affiancato alle ricerche precedenti altri filoni di indagine, volti prevalentemente all’ambito della riflessione etico-politica. È studioso del pensiero di Michel Foucault e della filosofia francese contemporanea, ai quali ha dedicato ampi studi. Le sue ricerche attuali hanno come argomento il rapporto tra l’ecologia e il pensiero occidentale, tema su cui ha pubblicato diversi saggi e volumi. Suoi testi sono apparsi su riviste specializzate, fra le quali «Iride», «Dianoia» e «Millepiani».  Bibliografia Ecoinciviltà. La ragione ecologica spiegata all’umanità civile, Mucchi, Modena 2020; La ragione ecologica. Saggi intorno all’etica dello spazio, Mucchi, Modena 2017; Etica dello spazio. Per una critica ecologica al principio della temporalità occidentale, Mimesis, Milano 2015; Foucault interprete di Nietzsche. Dall’assenza d’opera all’estetica dell’esistenza, Mucchi, Modena 2012; Letture su Michel Foucault. Forme della “verità”: follia, linguaggio, potere, cura di sé, Liguori, Napoli 2011; La fantasia e il potere, Mucchi, Modena 2008; La Stanza Rossa. Trasversalità artistiche e realtà virtuali negli anni Novanta, (a cura di S. Righetti, F. Galluzzi, A. Finelli), Costa & Nolan, Milano 2007 Soggetto e identità. Il rapporto anima-corpo in Merleau-Ponty e Foucault, Mucchi, Modena 2006. Biografie Portale Biografie: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di biografie Categorie: Filosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloInsegnanti italiani del XX secoloInsegnanti italiani del XXI secolo[altre]

Rieti, and not Rieta Mosè ben Isaac da Rieti Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Mosè ben Isaac da Rieti, detto anche Mosè di Gaio o Moisè di Gajo, (Rieti, 1388 – Roma, 1460) è stato un medico, poeta e filosofo italiano di origini ebraiche.   Indice 1    Biografia 2                                            Opere 3                                             Note 4                                             Collegamenti esterni Biografia Nacque nel 1388 a Rieti, figlio del banchiere Gaio Isaac (o Gajo Isaac)[1], conosciuto anche come Maestro Gaio[2], che lo istruì nel Talmud e nella letteratura ebraica. Mosè da Rieti e suo padre Gaio sono i capostipiti della famiglia ebraica Rieti[2] (cognome diffuso anche all'estero, dove si è corrotto in Rietti).  Si trasferì a Perugia, dove portò a termine gli studi in medicina[1]; nel 1422 tornò a Rieti dove, su autorizzazione del consiglio comunale e del signore della città Rinaldo Alfani, aprì un banco di prestito ed esercitò la professione di medico.[1] In occasione delle insurrezioni popolari del 1425 che rovesciarono la signoria dell'Alfani, Moisè concordò un nuovo tasso di interesse con le autorità reatine.[1]  Moisè abitava in una casa nel rione di Porta Carceraria de foris, che poi trasferì de intus (all'interno della cinta muraria), insieme alla moglie Cilla dalla quale ebbe i figli Gaio (il primogenito), Leone e Bonaiuto, anche loro medici e, ad eccezione di Leone, banchieri. Gestiva inoltre un'area privata utilizzata come cimitero dalla comunità ebraica di Rieti.  Dal 1431 Moisè soggiornò in varie città dello stato della Chiesa (Narni, dove era a capo di una scuola rabbinica, Amelia, Perugia, Foligno, ecc.) non solo per esercitare la professione di medico, ma anche come arbitro di controversie.[1] Fu rabbino della comunità ebraica di Roma dall'inizio del pontificato di Eugenio IV.[1]  Nel dicembre 1458 si fece rilasciare dalla cancelleria pontificia una licentia medendi, necessaria per esercitare la professione di medico nella città di Fabriano, dove era stato chiamato[1]; per questa ragione si ritiene che fosse archiatra dal Papa Pio II (carica che, fin dai tempi di Isaac ben Mordechai, era stata spesso occupata da medici ebrei).[1] Morì a Roma nel 1460.  A Rieti gli è stata intitolata una strada del centro, traversa di viale Canali.  Opere Fu autore di diverse opere poetiche, di filosofia e di medicina, sia in italiano che in ebraico.  La sua prima opera fu il poema Iggeret Ya'ar ha-Levanon, che descrive le decorazioni e gli ornamenti del Tempio.[3]  La sua opera più conosciuta è il poema in terzine Mikdash Me'at (מקדש מעט, traslitterato Miqdāš mĕ῾at) ossia "Piccolo Santuario", ispirato alla Divina Commedia di Dante.[1] Concepito nel 1409, fu iniziato nel 1415 e rimase incompiuto; è stato tradotto più volte in italiano e la prima edizione a stampa fu realizzata a Vienna nel 1851, con il titolo Il Dante Ebreo, ossia il Picciol Santuario, poema didattico in terza rima, contenente la filosofia antica e tutta la storia letteraria giudaica sino all'età sua.[1] Si tratta di un poema enciclopedico in terza rima diviso in due parti.[1] Nella prima, composta da cinque canti, il poeta fa sfoggio della conoscenza enciclopedica, citando Maimonide, al-Farabi, Al-Ghazali, Averroè, Porfirio e Aristotele.[1] Nella seconda parte, composta di otto canti, si racconta di un viaggio immaginario del poeta, che entra nel santuario (Hekal) dove dimorano le anime dei grandi personaggi del passato: patriarchi, profeti, studiosi del Talmud e dell'ebraismo. La Dimora dei Supplici (Me'on ha-Sho'alim), canzone contenuta nella seconda parte, fu introdotta nella liturgia di alcune sinagoghe.[1]  In seguito Moisè abbandonò la poesia e si dedicò alla filosofia e all'apologetica; tra le altre opere si ricordano le note al commentario di Averroè all'Isagoge ad Logicam di Porfirio; un commentario agli Aforismi di Ippocrate; Filosofia naturale e fatti de Dio. La sua ultima opera fu un'elegia scritta in morte della moglie.[3]  Note  Egisto Fiori, Moisè di Gaio, il " Dante ebreo", in Orizzonti, luglio 2014. URL consultato il 13 aprile 2016.  (EN) Isidore Singer, Umberto Cassuto, Rieti family, in Jewish Encyclopedia, 1906. URL consultato il 13 aprile 2016.  (EN) RIETI, MOSES BEN ISAAC DA, su Jewish Virtual Library. URL consultato il 13 aprile 2016. Collegamenti esterni Mosè ben Isaac da Rieti, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Mosè ben Isaac da Rieti, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Opere di Mosè ben Isaac da Rieti, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Mosè ben Isaac da Rieti, su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata Controllo di autorità               VIAF (EN) 24669073 · ISNI (EN) 0000 0000 6646 6074 · LCCN (EN) n88266658 · GND (DE) 119014556 · BNF (FR) cb12310167q (data) · CERL cnp01337501 · WorldCat Identities (EN) lccn-n88266658 Biografie Portale Biografie Ebraismo Portale Ebraismo Letteratura Portale Letteratura Medioevo Portale Medioevo Categorie: Medici italianiPoeti italiani del XV secoloFilosofi italiani del XV secoloNati nel 1388Morti nel 1460Nati a RietiMorti a RomaStoria dell'ebraismoEbrei italiani[altre]

Rignano  Eugenio Rignano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Eugenio Vittorio Rignano (Livorno, 31 maggio 1870 – Milano, 9 febbraio 1930) è stato un filosofo italiano.   Indice 1      Biografia 1.1                                           Collaborazione alla rivista Scientia 2                                      Pensiero 2.1                                           Teoria della "proprietà mnemonica" 2.2                                   Filosofia della psicologia 3                                       Opere 4                                             Note 5                                             Bibliografia 6                                           Altri progetti 7                                           Collegamenti esterni Biografia Nato in una famiglia di origini ebraiche[1], figlio di Giacomo Rignano e Fortunata Tedesco, studiò alla facoltà di Scienze di Pisa e quindi al Politecnico di Torino. [2] Laureato in ingegneria nel 1893 si interessò subito ai problemi teorici e filosofici collegati alla ricerca scientifica. Fu fondatore nel 1907 con Giuseppe Bruni, Antonio Dionisi, Federigo Enriques e Andrea Giardina della Rivista di Scienza. Nel 1897 sposa Costanza "Nina" Sullam, anch'essa di origine ebraica.  Collaborazione alla rivista Scientia Magnifying glass icon mgx2.svg                                       Lo stesso argomento in dettaglio: Scientia. Nel 1907 Rignano fondò a Bologna assieme a Federigo Enriques matematico a Bologna, Giuseppe Bruni chimico all'Università di Padova, Antonio Dionisi medico di Modena, Andrea Giardina biologo-zoologo di Palermo una pubblicazione che prese il nome di Rivista di Scienza per i tipi di Nicola Zanichelli. Nel 1910 la rivista assunse il nuovo titolo di Scientia, rivista internazionale di sintesi scientifica, che continuò ad essere stampata sino al 1988.  La rivista nasceva con il proposito di opporsi alla eccessiva specializzazione a cui era giunta la ricerca scientifica danneggiata per questo da criteri troppo specifici e restrittivi. Gli intellettuali fondatori, e in particolare Rignano, si proponevano di superare il particolarismo delle scienze per una visione più estesa gettando un ponte fra cultura umanistica e quella scientifica ed elaborando una "sintesi" tra le scienze della natura e le scienze dell'uomo.  In questo modo la filosofia, libera da legami nei confronti dei sistemi prefissati, poteva dedicarsi a promuovere la coordinazione del lavoro, la critica dei metodi e delle teorie, e ad impostare in modo più ampio i problemi della scienza.  Nei numerosi articoli che Rignano pubblicò su Scientia ebbe modo di mettere in rilievo le sue capacità di divulgatore e di condurre i suoi studi in completa autonomia dal mondo accademico ufficiale elaborando le sue concezioni scientifiche e filosofiche ispirate soprattutto dalla corrente positivistica inglese. Nel 1913 Rignano chiese a Sigmund Freud un'esposizione della psicoanalisi con le indicazioni di quali rami del sapere potessero essere interessati alle teorie e all'esperienze psicoanalitiche. Freud scrisse Das Interesse an der Psychoanalyse che fu pubblicato in due puntate sulla rivista, (1913) vol. 14 (31,32), 240-250; 369-384.  Pensiero Teoria della "proprietà mnemonica" Rignano si interessò di psicologia e biologia ed è noto soprattutto per la sua ipotesi della "proprietà mnemonica" secondo la quale la sostanza vivente sarebbe in grado di "ricordare" le condizioni fisiologiche delle iniziali situazioni fisiche determinate dall'ambiente esterno e quindi di riprodurle nel prosieguo della vita biologica.  Questa sua teoria consentiva a Rignano di operare nella biologia un compromesso tra una visione meccanicistica della realtà naturale e una finalistica, vitalistica. Per il meccanicismo infatti non è possibile pensare che nell'ambito degli organismi viventi vi sia il proposito immanente di conseguire una finalità ma d'altra parte è innegabile, secondo Rignano, che nel mondo organico sia presente una sorta di teleonomia particolare per ogni essere vivente tale da giustificare l'idea che, durante il periodo di adattamento all'ambiente, questi conservi una specie di traccia fisica mnemonica persistente e trasferibile ereditariamente.[3]  Filosofia della psicologia Eugenio Rignano si interessò anche di filosofia della psicologia, ma "quando intese indicare lo statuto epistemologico della psicologia, il tipo di scientificità che ad essa competeva, in modo da definire i rapporti con le scienze naturali da una parte e con quelle umane dall'altra, si orientò verso soluzioni “intermedie”, che spesso complicavano più che risolvere i problemi"[4]  Rignano, coerentemente al suo programma di sintetizzare opposti sistemi, elaborò anche una concezione economica di tipo socialista marxista che fosse in accordo con il liberismo.  Opere  Per una riforma socialista del diritto successorio, 1920 Di un socialismo in accordo colla dottrina economica liberale, Torino, Fratelli Bocca, 1901. (DE) Über die Vererbung erworbener Eigenschaften, Leipzig, Verlag von Wilhelm Engelmann, 1905. Sulla trasmissibilità dei caratteri acquisiti. Ipotesi d'una centro-epigenesi, Bologna, Zanichelli, 1907. L'adattamento funzionale e la teleologia psico-fisica del Pauly, Bologna: Zanichelli, 1907. (FR) La valeur synthétique du transformisme, Paris, Editions de la Revue du Mois, 1907. Che cos'è la coscienza?, Bologna, Zanichelli, 1907. (FR) Le matérialisme historique, Bologna, Zanichelli, 1908. (FR) Le psychisme des organismes inférieurs: (à propos de la théorie de Jennings), Estratto da: «Scientia», anno II, volume 3, Bologna, Zanichelli, 1908. (FR) La mémoire biologique en énergétique, Bologna, Zanichelli, 1909. Il fenomeno religioso, Bologna, Zanichelli, 1910. Il socialismo, Bologna, Zanichelli, 1910. Dell'attenzione. Parte 1: contrasto affettivo e unità di coscienza , Bologna, Zanichelli, 1911. Dell'origine e natura mnemonica delle tendenze affettive, Bologna, Zanichelli, 1911. Per accrescere diffusione ed efficacia alle università popolari, Milano, La compositrice, 1911. La vera funzione delle università popolari, Roma, Nuova Antologia, 1911. Dell'attenzione. Parte 2: vividità e connessione, Bologna, Zanichelli, 1912. (FR) Le rôle des théoriciens dans les sciences biologiques et sociologiques, Bologna, Zanichelli, 1912. L'evoluzione del ragionamento, Bologna, Zanichelli, 1913. Il nuovo programma dell'Un. pop. milanese: primo anno d'esperimento, Como, Premiata Tipografia Cooperativa comense Aristide Bari, 1913. Le forme superiori del ragionamento, Bologna, Zanichelli, 1915. Per una riforma socialista del diritto successorio, Bologna, Zanichelli, 1920. Democrazia e fascismo, Milano, Casa editrice "Alpes", 1924. Note ^ Everett V. Stonequist. Eugenio Rignano, 1870-1930. American Journal of Sociology. Vol. 36, No. 2 (Sep., 1930), pp. 282-284. ^ RIGNANO, Eugenio Vittorio in "Dizionario Biografico", su www.treccani.it. URL consultato il 16 maggio 2020 (archiviato dall'url originale il 27 gennaio 2020). ^ Cfr. E.Rignano, Pauly A. - Darwinismus und Lamarckismus in Rivista di scienza, volume 2, anno 1907, pp. 192-98. ^ G. Sava, Sintesi scientifica e storia della scienza, Barbieri Editore, 2004. Bibliografia Eugenio Rignano, in Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009. Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Eugenio Rignano Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Eugenio Rignano Collegamenti esterni Eugenio Rignano, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Eugenio Rignano, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Eugenio Rignano, su siusa.archivi.beniculturali.it, Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche. Modifica su Wikidata Opere di Eugenio Rignano, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Eugenio Rignano, su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata Digitalizzazione completa di Scientia e Rivista di Scienza su AMS Historica. Controllo di autorità                                              VIAF (EN) 22312584 · ISNI (EN) 0000 0001 2123 8809 · SBN IT\ICCU\CFIV\054440 · LCCN (EN) n90638236 · GND (DE) 116547359 · BNF (FR) cb13595415n (data) · NLA (EN) 35768950 · BAV (EN) 495/243395 · WorldCat Identities (EN) lccn-n90638236 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XIX secoloFilosofi italiani del XX secoloNati nel 1870Morti nel 1930Nati il 31 maggioMorti il 9 febbraioNati a LivornoMorti a MilanoEbrei italianiStudenti dell'Università di PisaStudenti del Politecnico di Torino[altre]

Rigobello Armando Rigobello Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search «Il nostro rapporto con gli altri deve sempre farci essere un interrogativo per loro»  (Armando Rigobello [1]) Armando Rigobello (Badia Polesine, 3 febbraio 1924 – Roma, 5 aprile 2016) è stato un filosofo italiano, fra i principali rappresentanti italiani del personalismo di ispirazione cristiana.  Armando Rigobello Rettore dell'Università LUMSA Durata mandato                             1989 – 1991  Indice 1                                    Biografia 2                                            Pensiero 3                                            Pubblicazioni 3.1                                        Articoli, contributi a miscellanee 3.2                                      Monografie, saggi, curatele 4                                       Note 5                                             Bibliografia 6                                           Voci correlate 7                                            Collegamenti esterni Biografia Dopo gli studi liceali, all'Università di Padova conseguì dapprima la laurea in lettere nel 1945, poi in filosofia nel 1947, quale allievo di Luigi Stefanini e Umberto Antonio Padovani. Dopo un periodo di studio e di ricerca in Germania, ritornò in Italia, insegnando in alcuni licei statali fino al 1958, allorché, conseguita la libera docenza in storia della filosofia, iniziò la carriera accademica come assistente alla cattedra di storia della filosofia di Stefanini all'Università di Padova quindi all'Università di Perugia, fin quando in quest'ultimo ateneo divenne ordinario – della stessa disciplina – nel 1963, rimanendovi fino al 1974, e insegnando pure filosofia morale.  Dal 1974 al 1982, insegnò, come ordinario, storia della filosofia all'Università di Roma «La Sapienza», quindi, dal 1983 al 1996, filosofia morale all'Università Tor Vergata, fino alla quiescenza.  Ha poi continuato ad insegnare, fino al 2009, presso l'università privata LUMSA di Roma di cui è stato il primo Rettore, dal 1989 al 1991, dopo la trasformazione – come ente – da Magistero "Maria SS. Assunta" (di cui ne era direttore) in libera università. Qui ha insegnato, negli anni, filosofia morale, filosofia teoretica e antropologia filosofica.  Attivo in varie associazioni cattoliche nazionali, fu anche vicesindaco di Badia Polesine, la sua città natale, quindi membro del CDA RAI sotto la presidenza di Paolo Grassi e, dal 1987, presidente dell'Accademia di studi italo-tedeschi, carica ricoperta fino al 1998. Presidente della Società filosofica italiana, fu pure insignito, nel 1998, della Medaglia d'oro ai benemeriti della scienza, della cultura e dell'arte.  Studioso e pensatore dai vari interessi filosofici, che spaziano dalla metafisica, all'etica e la filosofia politica, alla pedagogia, alla storiografia, numerosi sono stati i suoi allievi, fra cui Luigi Alici, Paolo Nepi, Antonio Pieretti.[2]  Fin dai primi anni '70, è stato uno stretto collaboratore della rivista bimestrale Studium.  Pensiero Sulla scia del pensiero del suo maestro, Luigi Stefanini, Rigobello inizia i suoi studi con un ripensamento del personalismo partendo peròdal presupposto per cui esso, potendo anche costituire un possibile complemento integrativo ed estensivo alla metafisica classica (come gli fu impartita dall'altro suo maestro, Umberto Antonio Padovani), non potesse comunque considerarsi una dottrina filosofica definita bensì una posizione che mettesse in primo piano il concetto di "persona", così come rivendicava Emmanuel Mounier nelle pagine della rivista Esprit (pubblicata negli anni '30 e da lui stesso fondata) nonché nelle sue varie opere. Rigobello riesamina punto per punto il pensiero mounieriano pervenendo alla conclusione originale e innovativa che esso non era in contraddizione con la metafisica classica bensì ne poteva costituire un proficuo ampliamento psicologico, etico, antropologico. Il contributo più originale del Rigobello consiste, quindi, nel "personificare" (proprio per il tramite del personalismo) la ragione (metafisica), attraverso quel processo di integrazione sopra invocato fra la corrente personalistica neoagostiniana ed esistenzialistica e quella aristotelico-tomista del pensiero classico.[3]  Egli perciò riesamina nel suo evolversi, nonché compara criticamente e storicamente, il concetto di persona alla luce della storia della filosofia – fino ad arrivare alla filosofia greca – sulla base del paradigma mounieriano, chiamando in causa anche l'ermeneutica, la filosofia morale e la sua storia. Ne risulterà, quindi, che il concetto di persona deve anzitutto essere inteso in un senso diverso da quello giuridico o filosofico, tomistico in particolare; inoltre, esso non deve essere confuso con quello derivante dal concetto di esistenza della filosofia esistenzialistica, che nega la possibilità che il soggetto possa governare la sua vita, in quanto ritenuto privo di autodominio. Infine, la persona, pur nella sua reale concretezza, non deve essere confusa con la sostanza metafisica di concezione aristotelica. Tutto ciò ha costituito una delle tre tematiche principali in cui s'è venuta a delinearsi la riflessione filosofica del Rigobello, tematica che potrebbe denominarsi "persona e interpretazione".[4]  La seconda tematica della sua attività di ricerca scaturisce dagli insegnamenti, per certi versi antitetici fra loro, dei due suoi maestri, ovvero quelli di Luigi Stefanini, grazie ai quali egli individua un primo polo di convergenza delle sue riflessioni filosofiche attorno alla nozione fenomenologica di "mondo della vita" husserliano, e quelli di Umberto Antonio Padovani, incentrati sulla metafisica tradizionale e ruotanti attorno alla nozione kantiana di trascendenza con i suoi limiti. Per Rigobello, quindi ogni altra discussione o questione filosofica sembra snodarsi o essere compresa fra questi due poli di convergenza che egli sintetizza nel binomio "trascendenza (o legge morale) e mondo della vita".[5]  Il terzo ed ultimo ambito tematico del Rigobello ha aperto la prospettiva personalistica al dialogo col mondo moderno e contemporaneo, con l'etica, la politica, la religione, puntualizzando in particolare la sua valenza etica e politica nell'analisi della realtà sociale in cui la persona viveed agisce, nonché esprime il suo dissenso non su basi ideologiche ma come critica del sistema dominante. Questo terza tematica di ricerca del Rigobello, potrebbe quindi chiamarsi "in dialogo con il mondo contemporaneo".[6][7][8]  Come esponente di punta del personalismo italiano, storicamente rappresentato da Luigi Stefanini, Armando Carlini, Michele Federico Sciacca e Luigi Pareyson, Rigobello ha rivolto la sua attenzione soprattutto ad una rivisitazione originale del personalismo comparato con i principi del cristianesimo, con l'etica e la politica, grazie a cui è emersa, oltre alla limitatezza della dimensione trascendentale, sia quella rilevanza civica assunta dall'uomo come «testimone» della sua epoca che la sua responsabilità di cittadino.[9] Egli ha altresì messo in evidenza come il personalismo italiano si distingua da quello francese proprio nella critica mossa al sistema neoidealistico, che non ha attecchito nella filosofia d'oltralpe.  Rigobello ha ripreso in sintesi, secondo le sue rivisitazioni, le tematiche più tipiche della struttura della persona umana e le relative implicazioni metafisiche, nel breve saggio Prossimità e ulteriorità (Rubbettino, 2009). Inoltre, da sempre interessato anche all'ermeneutica nonché profondo conoscitore dell'opera di Paul Ricœur, ha pubblicato L'apriori ermeneutico (Rubbettino, 2007).[10]  Pubblicazioni Pubblicazioni, fra saggi, articoli e monografie:  Articoli, contributi a miscellanee Oltre lo storicismo, in Studium, Numero 10, Anno 1951. Ricchezza e povertà della metafisica classica, in Humanitas, Anno 1951. Il problematicismo di Ugo Spirito come empirismo coscienziale assoluto: note sul significato del nostro tempo, in Rassegna di Pedagogia, Anno XVI, gennaio-marzo 1958. Umanesimo e antropocentrismo, in: Rassegna di Pedagogia, Anno XVIII, gennaio-marzo 1960. La disponibilità come abito etico del rapporto autorità-libertà, in Autorité et liberté. Atti del IV Convegno di Cultura Europea, Bolzano, 1961. Albert Camus, Istituto editoriale del Mezzogiorno, Napoli, 1963. La pedagogia di Kant e l'indirizzo idealistico, in Questioni di storia della pedagogia, Editrice La Scuola, Brescia, 1963. Il problema del linguaggio storiografico, in Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università degli Studi di Perugia, Vol. 2, Anno 1964. Condizionamenti sociologici e linguaggio morale, in Sociologia e filosofia, 1965. Socrate e la formazione dell'uomo politico, in Civitas, 1965. Esperienza di fede e struttura del sapere, in Studium, Numero 2, Anno 1977. A trent'anni dalla morte di Benedetto Croce, perché possiamo e non possiamo dirci crociani, in Coscienza. Mensile del movimento ecclesiale di impegno culturale, novembre-dicembre 1982. La riflessione sull'etica nella società contemporanea, in Etica oggi: comportamenti collettivi e modelli culturali, a cura di Antonio Da Re e A, Poppi, Fondazione Lanza & Gregoriana libreria editrice, Roma, 1989. Il tempo in Bergson e nello spiritualismo francese, in Il concetto di tempo. Atti del XXXII Congresso nazionale della Società filosofica italiana, Caserta, 28 aprile-1 maggio 1995, a cura di Giovanni Casertano, Loffredo Editore, Napoli, 1997. Persona, trascendentale, ermeneutica, in Filosofi italiani contemporanei, a cura di Giuseppe Riconda e Claudio Ciancio, Mursia Editrice, Milano, 2013, pp. 273-79. Monografie, saggi, curatele Il contributo filosofico di E. Mounier, Pubblicazioni dell'Istituto di Filosofia dell'Università di Padova, F.lli Bocca Editori, Roma, 1955. La storia nella coscienza della gioventù, Edizioni AVE, Roma, 1955. L'intellettualismo in Platone, Liviana Editrice, Padova, 1957. Platone, Senofonte, Aristotele: il messaggio di Socrate (a cura di), Editrice La Scuola, Brescia, 1957. Introduzione di una logica del personalismo, Quaderni dell'Istituto di Pedagogia dell'Università di Padova, Liviana Editrice, Padova, 1958. L'itinerario speculativo dell'umanesimo contemporaneo, Quaderni dell'Istituto di Pedagogia dell'Università di Padova, Liviana Editrice, Padova, 1958. L'educazione umanistica e la persona. Saggio di una filosofia dell'insegnamento umanistico di Louis Meylan, tradotta dal francese e curata da Armando Rigobello, Editrice La Scuola, Brescia, 1958. Determinazione ed ulteriorità nel Kant precritico, U. Silva Editore, Milano-Genova, 1963. I limiti del trascendentale in Kant, U. Silva Editore, Milano-Genova, 1963 (trad. tedesca: A. Pustet Verlag, München/Salzburg, 1968). La certezza morale, lezioni di filosofia morale tenute all'Università di Perugia nell'A.A. 1966-67, CLEUP, Perugia, 1968. Legge morale e mondo della vita, Edizioni Abete, Roma, 1968. La morale radicale, appunti delle lezioni tenute durante il corso di filosofia morale, nell'anno accademico 1969-70, Pubblicazioni dell'Università degli Studi di Perugia, Perugia, 1970. Struttura e significato, Edizioni La Garangola, Padova, 1971. Linee per un'antropologia prescolastica, Editrice Antenore, Padova, 1972. Modelli storiografici di educazione morale, Frama Sud Edizioni tipografiche, Chiaravalle Centrale (CZ), 1972. Ricerche sul trascendentale kantiano (a cura di), Editrice Antenore, Padova, 1973. Dal romanticismo al positivismo, fa parte di Storia del pensiero occidentale, Vol. V, Marzorati, Milano, 1974. Ricerche sul "regno dei fini" kantiano (a cura di), Bulzoni Editore, Roma, 1974. Il personalismo: scelta antologica (curata assieme a Gaspare Mura e Marco Ivaldo), Città Nuova Editrice, Roma, 1975. L'impegno ontologico. Prospettive attuali in Francia e riflessi nella filosofia italiana, A. Armando Editore, Roma, 1977. L'impegno ontologico: prospettive attuali in Francia e riflessi nella filosofia italiana, A. Armando Editore, Roma, 1977. Il futuro della libertà, Edizioni Studium, Roma, 1978. Pedagogia, politica e promozione umana (a cura di), Editrice La Scuola, Brescia, 1978. Perché la filosofia, Editrice La Scuola, Brescia, 1979 (trad. tedesca: Ars Una Verlag, Neurid, 1999; trad. spagnola: Caparros, Madrid, 2000). Studi di ermeneutica (a cura di), Città Nuova Editrice, Roma, 1979. Verso una nuova didattica della storia (a cura di), Sei, Torino, 1980. Persona e norma nell'esperienza morale (a cura di), L.U. Japadre Editore, L'Aquila, 1982. Certezza morale ed esperienza religiosa, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 1983. Kant. Che cosa posso sperare, Edizioni Studium, Roma, 1983. Lessico della persona umana (a cura di), Edizioni Studium, Roma, 1986. L'immortalità dell'anima, Editrice La Scuola, Brescia, 1987. Soggetto e persona: ricerche sull'autenticità dell'esperienza morale (a cura di), Edizioni Anicia, Roma, 1988. Autenticità nella differenza, Edizioni Studium, Roma, 1989. Attualità della lettera ai Romani (a cura di), Edizioni AVE, Roma, 1989. Dio oltre i saperi. Tra teologia e filosofia (con Orlando Todisco, Giuseppe Zarone e Fausto Pellecchia), Edizioni San Paolo, Milano, 1993. Interiorità e comunità. Esperienze di ricerca in filosofia (a cura di), Edizioni Studium, Roma, 1993. Oltre il trascendentale, Pubblicazioni della Fondazione "Ugo Spirito", Roma, 1994. L'altro, l'estraneo, la persona (a cura di), Città Nuova Editrice, Roma, 1999. La persona e le sue immagini (a cura di), Città Nuova Editrice, Roma, 1999. L'estraneità interiore, Edizioni Studium, Roma, 2001. Le avventure del trascendentale. Contributi al LV Convegno del Centro studi filosofici di Gallarate, Aprile 2000, a cura di Armando Rigobello, Casa Editrice Rosenberg & Sellier, Torino, 2001. Umanità e moralità (a cura di), Edizioni Studium, Roma, 2001. Immanenza metodica e trascendenza regolativa, Edizioni Studium, Roma, 2004. L'apriori ermeneutico: domanda di senso e condizione umana, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli (CZ), 2007. Prossimità e ulteriorità: una ricerca ontologica per una filosofia prima, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli (CZ), 2009. L'insuperabile singolarità dell'avventura umana: dalla determinazione completa alla rottura metodologica, Il Ramo Editore, Rapallo (GE), 2010. Vita e ricerca. Il senso dell'impegno filosofico, intervista a cura di Luca Alici, Editrice La Scuola, Brescia, 2010. L'intenzionalità rovesciata: dalle forme della cultura all'originario, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli (CZ), 2010. Struttura ed evento: tempo di vivere, tempo di dare testimonianza alla vita, la vita come testimonianza, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli (CZ), 2012. Dalla pluralità delle ermeneutiche all'allargamento della razionalità, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli (CZ), 2014. Note ^ Ciascuno di noi nell'incontro con l'altro deve essere tale da suscitare curiosità e interesse di conoscenza reciproca (in Presentazione a: Luigi Alici, Onorato Grassi, Giovanni Salmeri, Carlo Vinti (a cura di), Studium - Armando Rigobello: la filosofia come testimonianza, Rivista bimestrale, Anno 2017, Fascicolo 5, Numero speciale, Edizioni Studium, Roma, 30 novembre 2017). ^ Enrico Berti ebbe per qualche mese il Rigobello come docente supplente di filosofia quando era ancora studente liceale. Cfr. E. Berti, "Origini del pensiero di Armando Rigobello", in: Luigi Alici, Onorato Grassi, Giovanni Salmeri e Carlo Vinti (a cura di), Armando Rigobello, la filosofia come testimonianza, Numero speciale della rivista Studium, Anno CXIII, Fasciolo 5, settembre-ottobre 2017, pp. 649-55. ^ Cfr. Enrico Berti, "Origini del pensiero di Armando Rigobello", in: Luigi Alici, Onorato Grassi, Giovanni Salmeri, Carlo Vinti (a cura di), Armando Rigobello, la filosofia come testimonianza, Numero speciale di Studium, Anno CXIII, Fasciolo 5, settembre-ottobre 2017, Roma, 2017, Parte I. Cfr. pure il contributo di Massimo Borghesi, "La dialettica tra struttura e significato", nella stessa collectanea. ^ Oltre quelli delle Parti II e III, si vedano soprattutto i vari contributi presenti nella Parte I della collectanea in suo onore: Luigi Alici, Onorato Grassi, Giovanni Salmeri, Carlo Vinti (a cura di), Armando Rigobello, la filosofia come testimonianza, Numero speciale di Studium, Anno CXIII, Fasciolo 5, settembre-ottobre 2017, Roma, 2017. ^ Cfr. Luigi Alici, Onorato Grassi, Giovanni Salmeri, Carlo Vinti (a cura di), cit. ^ Cfr. i vari contributi presenti nella miscellanea: AA.VV., Estraneità interiore e testimonianza. Studi in onore di Armando Rigobello, a cura di Antonio Pieretti, ESI-Edizioni Scientifiche Italiane, Perugia, 1995. ^ Cfr. pure "Biografia, pensiero e opere di Armando Rigobello", in Bollettino della Società Filosofica Italiana (gennaio-aprile 2002) nella rubrica Filosofi allo Specchio, pp. 10-15. ^ Cfr. Luigi Alici, Onorato Grassi, Giovanni Salmeri, Carlo Vinti (a cura di), cit. ^ Per questi aspetti centrali del pensiero di Rigobello, si vedano soprattutto i contributi presenti nella prima parte della collectanea in suo onore: Luigi Alici, Onorato Grassi, Giovanni Salmeri e Carlo Vinti (a cura di), Armando Rigobello, la filosofia come testimonianza, Numero speciale di Studium, Anno CXIII, Fasciolo 5, settembre-ottobre 2017. ^ Cfr. Luigi Alici, Onorato Grassi, Giovanni Salmeri e Carlo Vinti (a cura di), cit., Parti II e III. Bibliografia Ricordo di Armando Rigobello, su lumsa.it. Armando Rigobello, Umanità e moralità, in Dialegesthai. Rivista telematica di filosofia, Anno IX, febbraio 1999, su mondodomani.org. Armando Rigobello, Necrologio, su rovigooggi.it. In memoriam: Armando Rigobello, su unimc.it. In ricordo di Armando Rigobello, su unimc.it. AA.VV., Estraneità interiore e testimonianza. Studi in onore di Armando Rigobello, a cura di Antonio Pieretti, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli-Perugia, 1995. Luigi Alici, Onorato Grassi, Giovanni Salmeri e Carlo Vinti (a cura di), Armando Rigobello, la filosofia come testimonianza, giornate-studio in suo onore, 17-18 novembre 2016, evento organizzato dall'Università di Perugia in collaborazione con l'Università di Roma Tor Vergata e la LUMSA, Perugia/Roma, 2016 ([1]), i cui atti sono stati pubblicati, a cura di Luigi Alici, Onorato Grassi, Giovanni Salmeri e Carlo Vinti, nel numero speciale della rivista Studium, Anno CXIII, Fasciolo 5, settembre-ottobre 2017. Gianni Dotto, "Armando Rigobello", in Enciclopedia filosofica, Bompiani, Milano, 2006, Vol. X, pp. 9754-55. Emilio Baccarini (a cura di), Passione dell'originario: fenomenologia ed ermeneutica dell'esperienza religiosa. Studi in onore di Armando Rigobello, Edizioni Studium, Roma, 2000. Voci correlate Personalismo Emmanuel Mounier Filosofia cristiana Collegamenti esterni Armando Rigobello in SWIF - Sito web italiano per la filosofia, su swif.uniba.it. URL consultato il 23 dicembre 2013 (archiviato dall'url originale il 2 aprile 2007). Armando Rigobello, Vita e ricerca. Il senso dell'impegno filosofico (Interviste), a cura di Luca Alici recensione di Guido Del Din, Università degli Studi di Padova. Video di un'intervista al Prof. ARMANDO RIGOBELLO, a cura del Prof. Tommaso Valentini, fatta nel 2009 presso l'Università degli Studi Guglielmo Marconi (Roma). Link: https://www.youtube.com/watch?v=yNRvCGRNfyE Predecessore      Rettore della LUMSA                                        Successore Giorgio Petrocchi                                      dal 1989 al 1991                                       Giuseppe Dalla Torre Controllo di autorità                                 VIAF (EN) 22156157 · ISNI (EN) 0000 0000 6127 3492 · SBN IT\ICCU\CFIV\000706 · LCCN (EN) n80035800 · GND (DE) 121171280 · BNF (FR) cb120269641 (data) · BNE (ES) XX1468289 (data) · BAV (EN) 495/243399 · WorldCat Identities (EN) lccn-n80035800 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloNati nel 1924Morti nel 2016Nati il 3 febbraioMorti il 5 aprileNati a Badia PolesineMorti a RomaRettori della Libera Università Maria Santissima Assunta[altre]

directus -- right: an advantageous position conferred on some possessor by law, morals, rule, or other norm. There is no agreement on the way in which a ‘right’ is an advantage. Will theories hold that rights favor the will of the possessor over the conflicting will of some other party; interest theories maintain that rights serve to protect or promote the interests of the right-holder. Hohfeld identified four legal advantages: liberties, claims, powers, and immunitiesThe concept of a right arose in Roman jurisprudence and was extended to ethics via natural law theory. Just as positive law, the law posited by human lawmakers, confers legal rights, so the natural law confers natural rights. Rights are classified by their specific sources in different sorts of rules. Legal rights are advantageous positions under the law of a society. Other species of institutional rights are conferred by the rules of private organizations, of the moral code of a society, or even of some game. Those who identify natural law with the moral law often identify natural rights with moral rights, but some limit natural rights to our most fundamental rights and contrast them with ordinary moral rights. Others deny that moral rights are natural because they believe that they are conferred by the mores or positive morality of one’s society. One always possesses any specific right by virtue of possessing some status. Thus, rights are also classified by status. Civil rights are those one possesses as a citizen; human rights are possessed by virtue of being human. Presumably women’s rights, children’s rights, patients’ rights, and the rights of blacks as such are analogous. Human rights play very much the same role in ethics once played by natural rights. This is partly because ontological doubts about the existence of God undermine the acceptance of any natural law taken to consist in divine commands, and epistemological doubts about self-evident moral truths lead many to reject any natural law conceived of as the dictates of reason. Although the Thomistic view that natural rights are grounded on the nature of man is often advocated, most moral philosophers reject its teleological conception of human nature defined by essential human purposes. It seems simpler to appeal instead to fundamental rights that must be universal among human beings because they are possessed merely by virtue of one’s status as a human being. Human rights are still thought of as natural in the very broad sense of existing independently of any human action or institution. This explains how they can be used as an independent standard in terms of which to criticize the laws and policies of governments and other organizations. Since human rights are classified by status rather than source, there is another species of human rights that are institutional rather than natural. These are the human rights that have been incorporated into legal systems by international agreements such as the European Convention on Human Rights. It is sometimes said that while natural rights were conceived as purely negative rights, such as the right not to be arbitrarily imprisoned, human rights are conceived more broadly to include positive social and economic rights, such as the right to social security or to an adequate standard of living. But this is surely not true by definition. Traditional natural law theorists such as Grotius and Locke spoke of natural rights as powers and associated them with liberties, rather than with claims against interference. And while modern declarations of human rights typically include social and economic rights, they assume that these are rights in the same sense that traditional political rights are. Rights are often classified by their formal properties. For example, the right not to be battered is a negative right because it imposes a negative duty not to batter, while the creditor’s right to be repaid is a positive right because it imposes a positive duty to repay. The right to be repaid is also a passive right because its content is properly formulated in the passive voice, while the right to defend oneself is an active right because its content is best stated in the active voice. Again, a right in rem is a right that holds against all second parties; a right in personam is a right that holds against one or a few others. This is not quite Hart’s distinction between general and special rights, rights of everyone against everyone, such as the right to free speech, and rights arising from special relations, such as that between creditor and debtor or husband and wife. Rights are conceptually contrasted with duties because rights are advantages while duties are disadvantages. Still, many jurists and philosophers have held that rights and duties are logical correlatives. This does seem to be true of claim rights; thus, the creditor’s right to be repaid implies the debtor’s duty to repay and vice versa. But the logical correlative of a liberty right, such as one’s right to park in front of one’s house, is the absence of any duty for one not to do so. This contrast is indicated by D. D. Raphael’s distinction between rights of recipience and rights of action. Sometimes to say that one has a right to do something is to say merely that it is not wrong for one to act in this way. This has been called the weak sense of ‘a right’. More often to assert that one has a right to do something does not imply that exercising this right is right. Thus, I might have a right to refuse to do a favor for a friend even though it would be wrong for me to do so. Finally, many philosophers distinguish between absolute and prima facie rights. An absolute right always holds, i.e., disadvantages some second party, within its scope; a prima facie right is one that holds unless the ground of the right is outweighed by some stronger contrary reason. Refs. H. P. Grice, “On the conceptual priority of the moral right over the legal right, and vice versa.”

rigorism, the view that morality consists in that single set of simple or unqualified moral rules, discoverable by reason, which applies to all human beings at all times. It is often said that Kant’s doctrine of the categorical imperative is rigoristic. Two main objections to rigorism are 1 some moral rules do not apply universally  e.g., ‘Promises should be kept’ applies only where there is an institution of promising; and 2 some rules that could be universally kept are absurd  e.g., that everyone should stand on one leg while the sun rises. Recent interpreters of Kant defend him against these objections by arguing, e.g., that the “rules” he had in mind are general guidelines for living well, which are in fact universal and practically relevant, or that he was not a rigorist at all, seeing moral worth as issuing primarily from the agent’s character rather than adherence to rules.

rimini: gregorio di, philosopher, he studied in Italy, England, and France, and taught at the universities of Bologna, Padua, Perugia, and Paris before becoming prior general of the Hermits of St. Augustine in his native city of Rimini, about eighteen months before he died. Gregory earned the honorific title “the Authentic Doctor” because he was considered by many of his contemporaries to be a faithful interpreter of Augustine, and thus a defender of tradition, in the midst of the scepticism of Occam and his disciples regarding what could be known in natural philosophy and theology. Thus, in his commentary on Books I and II of Peter Lombard’s Sentences, Gregory rejected the view that because of God’s omnipotence he can do anything and is therefore unknowable in his nature and his ways. Gregory also maintained that after Adam’s fall from righteousness, men need, in conjunction with their free will, God’s help grace to perform morally good actions. In non-religious matters Gregory is usually associated with the theory of the complexe significabile, according to which the object of knowledge acquired by scientific proof is neither an object existing outside the mind, nor a word simplex or a proposition complexum, but rather the complexe significabile, that which is totally and adequately signified by the proposition expressed in the conclusion of the proof in question.

Rinaldini ra. Jump to navigationJump to search  Carlo Carlo Rinaldini Da Wikipedia, l'enciclopedia libeRinaldini Carlo Rinaldini, o Renaldini (Ancona, 30 dicembre 1615 – Ancona, 18 luglio 1698), è stato un matematico, ingegnere militare, accademico, filosofo e metrologo italiano.   Indice 1                                       Biografia 2                                            Opere (selezione) 3                                           Note 4                                             Bibliografia 5                                           Altri progetti 6                                           Collegamenti esterni Biografia  Opus mathematicum, 1655 Nato in una famiglia aristocratica originaria di Siena, Renaldini studiò all'Università di Bologna. Fu al servizio del Papa Urbano VIII e ottenne da Carlo Taddeo Barberini, nipote del Papa, la supervisione delle fortezze di Ferrara, Bondeno e Comacchio.  Lettore all'Università di Pisa nel 1644, fu professore di matematica a Pisa dal 1649 al 1666. Amico di Galilei e di Borelli, il quale lo aveva soprannominato Simplicio per la sostanziale fedeltà all'aristotelismo tradizionale[1], Rinaldini fu in corrispondenza con Viviani e fu uno dei soci fondatori dell'Accademia del Cimento (1657). Tuttavia ebbe numerose controversie con i suoi amici e con Francesco Redi ed Evangelista Torricelli. Nonostante il conformismo, Rinaldini si oppose alla teoria della "virtù zoogenetica" delle piante, sostenuta dagli altri accademici del Cimento, precedendo Malpighi con l'ipotesi che anche gli insetti delle galle nascessero da uova deposte da individui della stessa specie[2][3].  Nel 1667 lasciò la Toscana per recarsi a Padova, dove ebbe la cattedra di Filosofia nella locale università e pubblicò Philosophia rationalis, atque entità naturalis. Cercò invano di tornare a Pisa. A Venezia, col padre Felice Rotondi, divenne il maestro di Elena Cornaro Piscopia, la prima donna ad aver ottenuto una laurea in filosofia (25 giugno 1678)[4]. Un'altra gloria di Rinaldini è la sua proposta di scala termometrica utilizzando come riferimenti fissi il punto di congelamento dell'acqua e quello di ebollizione all'ordinaria pressione atmosferica, e proponendo di dividere l'intervallo in 12 gradi.  Opere (selezione) (LA) Carlo Rinaldini, Opus algebricum, Anconae, Marco Salvioni, 1644. URL consultato il 30 giugno 2015. (LA) Carlo Rinaldini, Opus mathematicum, Bononiae, Evangelista Dozza, 1655. URL consultato il 30 giugno 2015. (Mathematica italiana, pdf, 25 MB) (Google libri) (LA) Carlo Rinaldini, Geometra promotus, Patauii, typis Petri Mariae Frambotti bibliopolae, 1670. URL consultato il 30 giugno 2015. (Mathematica italiana, pdf, 15.6 MB) Ars analytica mathematum in tres parte distributa, Florentiae: ex typographia Iosephi Cocchini; Patauii: typis Petri Mariae Frambotti, 1665-1684 (LA) Carlo Rinaldini, Ars analytica mathematum. Pars tertia, Patauii, Pietro Maria Frambotto, 1684. URL consultato il 30 giugno 2015. De resolutione atque compositione mathematica libri duo, Patauii: typis ac impensis heredum Pauli Frambotti, 1668 Philosophia rationalis, naturalis, atque moralis opus in quo praesertim physica vniuersa ex accuratis naturalium effectuum observationibus deducta, & ubi rei natura patitur geometrice demonstrata exhibetur. Tomus primus, Patauii: sumptibus Petri Mariae Frambotti bibliop., 1681 Ad artem quam ipse conscripsit mathematum analyticam paralipomena, Patauii : typis Petri Mariae Frambotti, 1682 Commercium epistolicum, Patauii: typis Petri Mariae Frambotti, 1682 Note ^ Luciano Boschiero, Experiment and natural philosophy in seventeenth-century Tuscany: the history of the Accademia del Cimento, Dordrecht: Springer, 2007, p. 98, ISBN 9781402062452 (Google books) ^ «Carlo Rinaldini» In: Francesco Redi scienziato e poeta alla corte dei Medici ^ «Lo sviluppo delle ricerche sulle galle» In: Francesco Redi scienziato e poeta alla corte dei Medici ^ Clelia Pighetti, Il vuoto e la quiete: scienza e mistica nel '600: Elena Cornaro e Carlo Rinaldini, Milano: Franco Angeli, 2005, ISBN 88-464-6333-1, ISBN 9788846463333 Bibliografia Giulia Giannini, Carlo Rinaldini, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 5 agosto 2018. «Renaldini (Rinaldini), Carlo». In: Johann Christian Poggendorff, Biographisch-literarisches Handwörterbuch für Mathematik, Astronomie, Physik, Chemie und verwandte Wissenschaftsgebiete zur Geschichte der exacten Wissenschaften, Sächsische Akademie der Wissenschaften zu Leipzig, Vol. 2 (M-Z), Leipzig: J.A. Barth, 1863, p. 603 (DE) Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Carlo Rinaldini Collegamenti esterni Carlo Rinaldini, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Opere di Carlo Rinaldini / Carlo Rinaldini (altra versione), su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Carlo Rinaldini, su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata Mathematica italiana, Biografia di Carlo Renaldini, su mathematica.sns.it. Biografia di Carlo Renaldini sul sito del Museo Galileo di Firenze. Controllo di autorità                               VIAF (EN) 50322264 · ISNI (EN) 0000 0001 0899 9312 · SBN IT\ICCU\PUVV\253077 · LCCN (EN) n2005035611 · GND (DE) 130008583 · BNE (ES) XX1749334 (data) · BAV (EN) 495/266856 · CERL cnp01031504 · WorldCat Identities (EN) lccn-n2005035611 Biografie Portale Biografie Matematica Portale Matematica Categorie: Matematici italiani del XVII secoloIngegneri italiani del XVII secoloAccademici italiani del XVII secoloNati nel 1615Morti nel 1698Nati il 30 dicembreMorti il 18 luglioNati ad AnconaMorti ad AnconaMetrologiFilosofi italiani del XVII secolo[altre]

Riondato Ezio Riondato Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Ezio Riondato (Padova, 6 aprile 1921 – Padova, 27 agosto 2004) è stato un filosofo, accademico e politico italiano.   Indice 1            Biografia 2                                            Onorificenze 3                                           Note 4                                             Collegamenti esterni Biografia Ezio Riondato nasce nel quartiere padovano dell'Arcella. Studia presso l'Università di Padova e si laurea prima in lettere classiche e poi in filosofia nel 1952, avendo come maestri Luigi Stefanini, Aldo Ferrabino, Umberto Antonio Padovani e Carlo Diano. Nel 1961 diventa professore di storia della filosofia antica nello stesso ateneo patavino. Fu vicepresidente nazionale dell'Azione Cattolica, presidente della Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e presidente del Consiglio di amministrazione del Gazzettino dal 1969 al 1979. Il 22 aprile 1978, mentre si recava a lezione al Liviano, fu ferito da un colpo di pistola ad una gamba. L'attentato venne rivendicato dai Comitati Comunisti Combattenti. Sul luogo dell'attentato è ora presente una targa in ricordo.[1] È stato presidente dell'Accademia patavina di scienze, lettere ed arti dal 1991 al 2000 e sotto la sua presidenza l'Accademia cambia nome in "Accademia galileiana di scienze, lettere ed arti". Dal 1972 è socio corrispondente dell'Istituto veneto di scienze, lettere ed arti.  Onorificenze Cavaliere di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana - nastrino per uniforme ordinaria                    Cavaliere di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana — 5 marzo 1973[2] Grande ufficiale dell'Ordine al merito della Repubblica italiana - nastrino per uniforme ordinaria                                                Grande ufficiale dell'Ordine al merito della Repubblica italiana — 27 dicembre 1968[3] Medaglia d'oro ai benemeriti della scuola della cultura e dell'arte - nastrino per uniforme ordinaria                                         Medaglia d'oro ai benemeriti della scuola della cultura e dell'arte — 2 giugno 1977[4] Note ^ Targa in ricordo (JPG), su ezioriondato.org. URL consultato il 3 maggio 2012. ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato. ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato. ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato. Collegamenti esterni Sito in Memoria, su ezioriondato.org. Controllo di autorità        VIAF (EN) 46837674 · ISNI (EN) 0000 0001 1761 4322 · LCCN (EN) n79059183 · GND (DE) 1072160579 · BNF (FR) cb12359877z (data) · WorldCat Identities (EN) lccn-n79059183 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XX secoloAccademici italiani del XX secoloPolitici italiani del XX secoloNati nel 1921Morti nel 2004Nati il 6 aprileMorti il 27 agostoNati a PadovaMorti a PadovaBenemeriti della scuola, della cultura e dell'arteBenemeriti della cultura e dell'arteCavalieri di gran croce OMRIGrandi Ufficiali OMRIPersone legate all'Università degli Studi di Padova[altre]


ring of Gyges, a ring that gives its wearer invisibility, discussed in Plato’s Republic II, 359b 360d. Glaucon tells the story of a man who discovered the ring and used it to usurp the throne to defend the claim that those who behave justly do so only because they lack the power to act unjustly. If they could avoid paying the penalty of injustice, Glaucon argues, everyone would be unjust.

Ripa Giovanni da Ripa Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Abbozzo Questa voce sugli argomenti filosofi italiani e teologi italiani è solo un abbozzo. Contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni di Wikipedia. Giovanni da Ripa, o da Ripatransone, al secolo Giovanni Plantadossi (Ripatransone, prima metà del XIV secolo[1] – ...), è stato un filosofo, teologo e religioso italiano del XIV secolo.  Francescano, è celebre soprattutto in Francia, dov'è conosciuto con i nomi di Jean de Ripa e Jean de la Marche. Sebbene considerato a volte nominalista, era in realtà un seguace di Duns Scoto. Chiamato Doctor difficilis o Doctor supersubtilis, fu commentatore a Parigi del Liber sententiarum di Pietro Lombardo, oltre che missionario e ambasciatore in Grecia.  La riscoperta di Giovanni è proceduta a partire dalla Francia, dove l'edizione moderna delle sue opere è stata curata da monsignor André Combes, per approdare in Italia solo in tempi recenti. Il filosofo medievalista Jean Jolivet lo considera «fra i pensatori più originali e profondi del Medio Evo».  Opere di e su Giovanni da Ripa Conclusiones (riedizione), Parigi, 1957. Lectura super Primum Sententiarum, Prologi, Questiones 1 et 2 (riedizioni), Parigi, 1961. Questio de gradu supremo (riedizione), Parigi, 1964. André Combes, La métaphysique de Jean de Ripa. André Combes, Présentation de Jean de Ripa, 1956. Note ^ R. Lambertini, Dizionario Biografico degli Italiani, riferimenti in Collegamenti esterni. Collegamenti esterni Giovanni da Ripa, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Controllo di autorità                            VIAF (EN) 100160310 · LCCN (EN) n83008338 · GND (DE) 100949266 · BNF (FR) cb12158172q (data) · NLA (EN) 61542992 · WorldCat Identities (EN) viaf-311024184 Biografie Portale Biografie Cattolicesimo Portale Cattolicesimo Categorie: Filosofi italiani del XIV secoloTeologi italianiReligiosi italianiNati a Ripatransone[altre]

Riverso Emanuele Riverso Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Niente fonti! Questa voce o sezione sull'argomento filosofi italiani non cita le fonti necessarie o quelle presenti sono insufficienti. Commento: delle due fonti citate, una non esiste più e l'altra è un sito amatoriale Puoi migliorare questa voce aggiungendo citazioni da fonti attendibili secondo le linee guida sull'uso delle fonti. Emanuele Riverso (Napoli, 23 dicembre 1928 – Napoli, 4 maggio 2007) è stato un filosofo italiano.   Indice 1               Biografia 2                                            Opere 3                                             Note 4                                             Collegamenti esterni Biografia Emanuele Riverso si laurea in filosofia nel 1951 presso l'Università di Napoli. Dal 1961 è docente di Storia della filosofia presso l'Università di Salerno. Nel 1966 riceve il Premio Nazionale “Tetradramma d'oro”.  Dal 1982 per cinque anni è professore associato all'Università degli Studi di Napoli Federico II. Dal 1987 diventa ordinario di Filosofia del linguaggio all'Università di Salerno fino al 2001.  Nel 1998 fu inserito tra i 500 intellettuali più importanti d'Europa. Nel 2002 tra i 2000 intellettuali “eccellenti” del XXI secolo.[1]  I suoi studi hanno spaziato dalla filosofia critica ed analitica, alla logica formale, è stato esperto in problemi di linguistica, con particolare specializzazione nei rapporti tra cultura occidentale e cultura islamica e di filosofia delle scienze e delle culture. La sua attività ha portato alla pubblicazione di 45 volumi, 26 traduzioni e curatele ed oltre 500 articoli scientifici.  Opere Intorno al pensiero di Karl Barth. Colpa e giustificazione nella reazione antiimmanentistica del "Roemerbrief" barthiano, 1951. La teologia esistenzialistica di Karl Barth, 1955. La costruzione interpretativa del mondo, analizzata dall'epistemologia genetica, 1956. Metafisica e scientismo. Con un'appendice sulla logica di C.S.Peirce, 1957. Il pensiero di Bertrand Russell. Esposizione storicocritica, 1958. Introduzione alla filosofia e all'analisi del linguaggio, 1960. Dalla magia alla scienza, 1961. I problemi della conoscenza e del metodo nel sensismo degl'ideologi, 1962. Analisi dell'esperienza estetica, 1963. Il pensiero occidentale. Corso di storia della filosofia, 1964. Le tappe della pedagogia nel mondo occidentale, 1964. l pensiero di Ludovico Wittgenstein, 1964. Natura e logo. La razionalizzazione dell'esperienza da Omero a Socrate, 1966. La filosofia analitica in Inghilterra, 1969. Il pensiero di Ludovico Wittgenstein, 1970. La filosofia oggi, 1971. Individuo, società e cultura. Introduzione alla psicologia dei processi culturali, 1971. La nostra immagine dell'Universo. Astronomia e ideologia, 1971. Il pensiero di Bertrand Russell, 1972. Il pragmatismo, 1972. Aspetti della spiritualità europea dal '500 al '600, 1973. Il linguaggio nel pensiero filosofico e pedagogico del mondo antico, 1973. Democrazia, Isonomia e Concetto di Stato, 1975. Le correnti filosofiche del '900, 1976. Riferimento e struttura; Il problema logico-analitico e l'opera di Strawson, 1977. Democrazia e gioco maggioritario, 1977. Filosofia analitica del tempo, 1979. Ideologia e società nell'Islam, 1979. La città e lo Stato; Alle origini del pensiero politico occidentale, 1982. Millikan e la carica dell'elettrone, 1982. Esperienza e riflessione, le tappe della filosofia e della scienza nella cultura occidentale, 1983. Piaget; Filosofo, epistemologo, psicologo e pedagogista, 1985. L'Islam; Crogiuolo d'idee, di problemi, di angosce, 1985 Forme culturali e paradigmi umani; Le tappe del pensiero filosofico e pedagogico nella cultura occidentale, 1988. Paradigmi umani e educazione, 1990. Filosofia del linguaggio; Dalla forma al significato, 1990. Cose e parole nella traduzione interculturale, 1993. Come Bruno iniziò a parlare: Diario di una maestra di sostegno, 1994. La rimozione dell'Eros nel Giansenismo, 1995. Civiltà, libertà e mercato nella città greca antica, 1995, (Working Papers n. 16, della Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli, LUISS, Roma). ''Capire l'Islam, 2003. Iran, Da Zarathuštra all'Islâm. Un viaggio al centro dell'immaginario religioso e mistico che ha influenzato l'umanità, 2003. Islâm, morale e dottrina, 2005. Cogitata et scripta, 2007. Note ^ Con Emanuele Riverso scompare un vero filosofo del linguaggio, La Tribuna, Quindicinale di Informazione, Anno XIX - N.9 - 15 maggio 2007, pag. 5. Collegamenti esterni Sito interamente dedicato al prof. Riverso, su emanueleriverso.it. Semiosi iconica e comprensione della Terra, di Emanuele Riverso, SIBA, Coordinamento dei servizi informatici bibliotecari di Ateneo, Università del Salento. Controllo di autorità                                                VIAF (EN) 45321634 · SBN IT\ICCU\CFIV\023354 · LCCN (EN) n80081671 · GND (DE) 1058619705 · BNF (FR) cb12026926g (data) · BAV (EN) 495/92607 · WorldCat Identities (EN) lccn-n80081671 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XX secoloNati nel 1928Morti nel 2007Nati il 23 dicembreMorti il 4 maggioNati a NapoliMorti a NapoliPersone legate all'Università degli Studi di Napoli Federico II[altre]

Rocco – to be identified.

Rodano Franco Rodano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Franco Rodano Franco Rodano 3.jpg Funzionario di partito Segretario nazionale del Partito della Sinistra Cristiana Gruppo parlamentare         Comunista Circoscrizione                                       Collegio Unico Nazionale Dati generali Partito politico                              Partito Comunista Cristiano (1940-1942) Partito della Sinistra Cristiana (1943-1946) Partito Comunista Italiano (1946-1983) Titolo di studio                                       Laurea in lettere Università                                          Università “La Sapienza” Professione                                     Politologo, Funzionario di partito Franco Rodano (Roma, 6 agosto 1920 – Monterado, 21 luglio 1983) è stato un politico, politologo e filosofo italiano di fede cattolica e di ideali marxisti, comunemente considerato il fondatore del cattocomunismo. Fu tra i fondatori del Movimento dei Cattolici Comunisti (1943), poi Sinistra Cristiana (1944-45).   Indice 1         Biografia 1.1                                           Dopo la liberazione 1.2                                       La battaglia culturale 2                                          Opere 3                                                Saggi, articoli, interviste 4                                         Note 5                                             Bibliografia 6                                           Hanno detto di lui 7                                       Altri progetti 8                                           Collegamenti esterni Biografia Consegue la maturità classica al Liceo classico Ennio Quirino Visconti, la laurea in lettere all'università la Sapienza di Roma. Negli anni del liceo e dell'università frequenta la congregazione mariana “Scaletta”, diretta da padri gesuiti; milita nell'Azione Cattolica e nella FUCI, allora presieduta da Aldo Moro.  Dal 1938 entra in contatto e collabora con antifascisti d'ispirazione cattolica (Adriano Ossicini, Paolo Pecoraro, Antonio Tatò e altri), comunista (Paolo Bufalini, Antonio Amendola, Pietro Ingrao, Lucio Lombardo Radice e altri), del Partito d'Azione e liberali (Ugo La Malfa, Paolo Solari, Mario Fiorentino fra gli altri).  Nel 1938-40 partecipa al “Movimento dei Cattolici Antifascisti”. Nel 1941-43 è (con Ossicini e Pecoraro) tra i promotori e dirigenti del “Partito Cooperativista Sinarchico”, poi “Partito Comunista Cristiano” e ne redige i principali documenti. Dal 1942 fa parte, con Alicata e Ingrao, del cosiddetto “triumvirato” dirigente le due distinte organizzazioni clandestine (comunista e comunista cristiana).Nel 1942 scrive, sotto pseudonimi, alcuni articoli sull’Osservatore Romano. Il 18 maggio 1943 viene arrestato dalla polizia fascista in una generale retata dei militanti del PCC, e deferito al Tribunale Speciale con altri suoi dirigenti. Il processo non ha luogo per la caduta del fascismo e tutti vengono liberati poco dopo il 25 luglio 1943.  Nel periodo badogliano, fra il 25 luglio e l'8 settembre 1943, ha intensi scambi d'idee con i compagni di partito e altre personalità antifasciste sulla linea da seguire. Stringe amicizia con don Giuseppe De Luca e con Giaime Pintor. Collabora al “Lavoro”, diretto da Mario Alicata (comunista), Olindo Vernocchi (socialista) e Alberto Canaletti Gaudenti (cattolico). Sotto l'occupazione nazista di Roma (8 settembre 1943 – 4 giugno 1944) fonda, con altri, il “Movimento dei Cattolici Comunisti” e ne redige i documenti teorico-politici; scrive articoli sui 14 numeri usciti alla macchia di Voce Operaia, organo dello stesso MCC. Il 13 febbraio 1944 sposa Maria Lisa Cinciari, sua compagna di lotta, che diverrà vice presidente della Camera dei deputati per il PCI, con cui avrà cinque figli, tra cui Giulia Rodano, assessore alla Regione Lazio dal 2006 al 2010.  Dopo la liberazione  Franco Rodano con Laura Garroni Liberata Roma, il MCC prende il nome di "Partito della Sinistra Cristiana". Vi confluiscono i “Cristiano-Sociali” di Gerardo Bruni. Vi partecipano anche Felice Balbo, Filippo Sacconi, Luciano Barca, Fedele D'Amico, Giovanbattista Chiesa, Erasmo Valente, Giuseppe Mira, Antonio Tatò, Giglia Tedesco, Ennio Parrelli, Vittorio Tranquilli, Antonio Rinaldini.  Nel giugno 1944 Rodano stringe un rapporto di amicizia e collaborazione (che non sarà privo di momenti di dissenso critico) con Palmiro Togliatti. Su Voce Operaia, pubblicata adesso legalmente, scrive numerosi articoli; in quattro di essi (autunno 1945) sostiene la prosecuzione dell'IRI e ciò segna l'inizio della sua amicizia con Raffaele Mattioli. Nella notte di Natale del 1944 s'incontrano, a casa di Rodano e con la sua mediazione, Togliatti e don Giuseppe De Luca: è un primo, cauto sondaggio reciproco tra mondo cattolico e movimento comunista italiano.  Il 9 dicembre 1945, a conclusione di un congresso straordinario, il PSC si scioglie. Rodano sostiene, con argomentato vigore, che non è più utile una formazione cattolica di sinistra, poiché incombe alla classe operaia nel suo insieme e perciò al PCI il compito di affrontare la questione cattolica, superando le pregiudiziali ateistiche e del dogmatismo marxista. Si adopera perciò per ottenere modifiche nello statuto del PCI, che consentano l'iscrizione e la militanza in esso indipendentemente dalle convinzioni ideologiche e religiose, modifiche che saranno adottate dal PCI nel suo V congresso, nel gennaio 1946.  Entrato nel PCI, Rodano scrive su periodici ufficiali di tale partito o ad esso vicini; particolarmente numerosi i suoi articoli su Rinascita, dal 1946 al 1952. Vi ha largo spazio l'invito ai cattolici a lavorare in politica e nelle altre dimensione della "storia comune degli uomini" in spirito di laicità, evitando quindi improprie commistioni con la fede religiosa. Questa posizione – approfondita da Rodano nel corso di tutta la sua opera ed essenziale per comprenderla – contrasta con la linea della Chiesa di Pio XII, che coglie l'occasione di due suoi articoli sulla condizione economica del clero (Rinascita, autunno 1947) per comminargli l'interdetto dai sacramenti, accusandolo di fomentare la "lotta di classe" all'interno delle gerarchie. L'interdetto verrà tolto solo sotto il pontificato di Giovanni XXIII.  La battaglia culturale  Franco Rodano Dal 1951 al 1954 Rodano cura, insieme a Gabriele De Rosa, Filippo Sacconi e altri, gli articoli politici del mensile Lo Spettatore Italiano, diretto da Elena Croce, figlia di Benedetto. Dal 1955 al 1959 scrive sul Dibattito Politico, settimanale diretto da Mario Melloni e Ugo Bartesaghi, teso a una difficile mediazione tra le posizioni politiche del mondo cattolico e di quello comunista e socialista, nel distinto riconoscimento dei rispettivi valori e motivi ideali. Vi collaborano tra gli altri Giuseppe Chiarante, Lucio Magri, Ugo Baduel, Edoardo Salzano.  Durante il pontificato di Giovanni XXIII opera, tramite Togliatti, per la trasmissione ai dirigenti sovietici della proposta, accolta, di uno scambio di messaggi in occasione dell'ottantesimo compleanno di papa Roncalli. L'iniziativa sarà il primo segno di disgelo tra URSS e Santa Sede. Tra il 1960 e il 1968 si svolge un serrato dialogo tra Rodano e Augusto Del Noce, che mette in chiaro la diversità delle rispettive posizioni. Nel 1962 Rodano fonda, con Claudio Napoleoni, La Rivista trimestrale, che durerà fino al 1970, affrontando nodi teorici e politici di fondo. Ancora con Napoleoni, e con Michele Ranchetti, dirige la “Scuola Italiana di Scienze Politiche ed Economiche” (SISPE, 1968-72), rivolta a militanti del movimento giovanile dell'epoca.  Negli stessi anni collabora alla rivista Settegiorni, diretta da Ruggero Orfei e Piero Pratesi, in cui fra l'altro scrive una serie di interventi d'intensa riflessione teologica, le Lettere dalla Valnerina. Chiusasi l'esperienza della Rivista Trimestrale, Rodano scrive sui Quaderni della Rivista Trimestrale (1972-83), diretti da Mario Reale, cui collaborano, insieme a Filippo Sacconi, Edoardo Salzano, Vittorio Tranquilli, Giorgio Gasparotti, Franco Rinaldini, gli allora giovani Mario Reale, Raffaele D'Agata, Claudio De Vincenti, Alessandro Montebugnoli, Pier Carlo Padoan, Stefano Sacconi, Alberto Zevi, Giaime e Giorgio Rodano, e altri.  Lo si considera l'esponente più autorevole del “cattocomunismo”: "i rapporti di Rodano con il mondo cattolico sono stati indagati a fondo. Quelli con Togliatti (che furono rapporti personali assai intensi) assai poco, come quelli con Berlinguer (all'Istituto Gramsci si conservano tre vaste memorie che Rodano ha scritto per Berlinguer), anche se il rapporto stretto di questi con Antonio Tatò è sufficiente a delinearne l'influenza"[1].  Nella stagione del “Compromesso storico” proposto da Enrico Berlinguer e oggetto prima di attenzione, poi di cauta convergenza da parte di Aldo Moro, Rodano elabora i fondamenti teorici di una politica diretta a non ridurre l'incontro tra le grandi forze storiche del comunismo, del socialismo e del cattolicesimo democratico a una mera operazione di governo, ma a farne una strategia di lungo periodo di trasformazione della società. Quella stagione e quelle prospettive vengono improvvisamente troncate dall'assassinio di Moro. S'intensificano, all'epoca, i suoi contatti personali con esponenti del PCI, del PSI, della DC e di altri partiti (La Malfa, Malagodi, Visentini), su problemi politici a breve e lungo termine. Pubblica alcuni libri, scrive articoli su vari periodici e sul quotidiano Paese Sera, quasi settimanalmente dal 1974 al 1982.  Franco Rodano muore per una crisi cardiaca il 21 luglio 1983 a Monterado (An)[2]. Al funerale cattolico partecipa ufficialmente anche la locale sezione del PCI.  Opere Sulla politica dei comunisti, (Boringhieri, Torino 1975) Questione democristiana e compromesso storico, (Editori Riuniti, Roma 1977) Il pensiero di Lenin da “ideologia” a “lezione” (Stampatori, Torino 1980) Lettere dalla Valnerina (a cura di Piero Pratesi, La Locusta, Vicenza 1986) Lezioni di storia "possibile" (a cura di Vittorio Tranquilli e G.Tassani, Marietti, Genova 1986) Lezioni su servo e signore (a cura di Vittorio Tranquilli, Editori Riuniti, Roma 1990) Cattolici e laicità della politica (a cura di Vittorio Tranquilli, Editori Riuniti, Roma 1992) Cristianesimo e società opulenta (a cura di Marcello Mustè, Ed. di Storia e letteratura, Roma 2002) Saggi, articoli, interviste Sono stati pubblicati in numerosi periodici e quotidiani, tra i quali: l'Osservatore Romano (1942), Primato (1942), Voce Operaia (1943-45), Rinascita (1944-52; 1957; 1977; 1979), Il Politecnico (1945-46), Unità (1946, 1948), Vie nuove (1946-49), Società (1949-50), Cultura e realtà (1950), Lo Spettatore Italiano (1951-54), Il Contemporaneo (1954-55), Il Dibattito Politico (1955-59), Nuovi Argomenti (1957), La Rivista Trimestrale (1962-70), Settegiorni (1971-72), Quaderni della Rivista Trimestrale (1972-83), Paese Sera (1974-82), Città Futura (1977-79), Nuova Società (1981-82), Il Regno (1981).  Si può vedere l'elenco completo dei saggi, articoli, interviste in: www.katciu-martel.it [1]. I saggi più importanti, pubblicati sulla Rivista Trimestrale e sui successivi Quaderni della R.T., sono:  Risorgimento e democrazia (n. 1/1962), Il processo di formazione della “società opulenta” (n. 2/1962), Il pensiero cattolico di fronte alla “società opulenta” (n. 3/1962), Egemonia riformista ed egemonia rivoluzionaria (n. 4/1962), Note sul concetto di rivoluzione (n. 5-6/1963, 7-8/1963, 9/1964), Significato e prospettive di una tregua salariale (con Claudio Napoleoni, n. 10/1964), Il centro-sinistra e la situazione del paese (n. 13-14/1965), Sul pensiero di Marx (con C. N. , n. 15-16/1965), A proposito del convegno delle ACLI a Vallombrosa (n.22-23/1967), Su alcune questioni sollevate dal movimento studentesco (Con C.N., n. 24-25/1968), Dopo Praga: considerazioni politiche sulla storia del movimento operaio (n.26-27/1968), A proposito dell'”autunno caldo”: considerazioni sulla dialettica sociale dell'”opulenza” (n. 28-30/1969), La peculiarità del Partito comunista italiano (n. 39-41/1974), Dopo il XIV congresso del PCI: il nodo al pettine; i “germi di comunismo” (n. 43/1975), La questione democristiana (n. 45/1975), La proposta del “compromesso storico” (n. 46/1975), Dopo la morte di Mao Tse-tung: la lezione di una grande esperienza (con Vittorio Tranquilli, n. 48-49/1976), Considerazioni sulla strategia dei comunisti italiani: egemonia e libertà delle opinioni (n. 50/1977), Considerazioni sui fenomeni di eversione giovanilistica: la politica come assoluto (con V.T., n. 51/1977), Note sulla questione giovanile: la giovinezza, specificità umana e condizione storica (con V.T., n. 52/1977), Dopo la lettera di Berlinguer al vescovo di Ivrea: laicità e ideologie (n.54/1978), Alla radice della crisi – I –L'incompatibilità tra capitalismo e democrazia (n. 55-56/1978), II – È possibile una soluzione reazionaria? (n. 59-60/1979), III – Idee e strumenti della manovra reazionaria (n. 61/1979), IV – Rivoluzione e “filosofia della storia” (n. 64-66/1981), V –Rivoluzione in Occidente e rapporto con l'URSS (n. 69-70/1982), Il senso di una grande lezione: per una lettura critica del pensiero di Lenin – I, II (nn. 57/1978, 58/1979), Per un bilancio del “compromesso storico”: Innovazione e continuità (n. 71-72/1982), Contratti e costo del lavoro: imprese e sindacati, partiti e istituzioni (ivi) La Chiesa di fronte al problema della pace (n. 75-77/1983). Note ^ Piero Craveri, Una critica pregnante, in Mondoperaio, n. 7-8/2014, p. 11. ^ È morto Rodano, teorico del compromesso storico Archiviolastampa.it Bibliografia Augusto Del Noce: Lettera a F. Rodano (luglio 1961, in Regno-attualità, n.14/1990); Maria Lisa Cinciari: Cattolici comunisti (in Enciclopedia dell'antifascismo e della resistenza, Milano 1968); Lorenzo Bedeschi: Cattolici e comunisti (Feltrinelli, Milano 1974); Mario Cocchi, Pio Montesi: Per una storia della Sinistra cristiana (Coines, Roma 1975); Carlo Felice Casula: Cattolici-comunisti e Sinistra cristiana (Il Mulino, Bologna 1976); Giovanni Tassani: Alle origini del compromesso storico (EDB, Bologna 1978); Giuseppe Ruggieri, Riccardo Albani: Cattolici comunisti? (Queriniana, Brescia 1978); Margherita Repetto: Il Movimento dei cattolici comunisti: problemi storici e politici (in Quaderni della Rivista Trimestrale, n. 51/1979); AA.VV.: Ricordo di Franco Rodano (QRT, n.75-77/1983); Francesco Margiotta Broglio, "Rodano: un cristiano nella sinistra", in "Nuova Antologia", Gennaio-Marzo 1984, numero 2149, pp.232-39. Gabriele Giannantoni, Massimo D'Alema, Pietro Ingrao: Dibattito su Franco Rodano (in Rivista Trimestrale – nuova serie, n. 1/1985); AA.VV.: articoli su F. Rodano in Nuovo Spettatore Italiano, nn. 10-11/1985; 20, 21, 24, 25/1986; n. 34/1987; nn. 37, 38/1988; Gianni La Bella: “Lo Spettatore Italiano” (Morcelliana, Brescia 1986); Massimo Papini: Tra storia e profezia: la lezione dei cattolici comunisti (Ed. Univ., Roma 1987); Enrico Landolfi, Franco Rodano e la rivoluzione in Occidente, Palermo, Ila Palma, 1987. M. Raimondo: Franco Rodano: solitudine e realismo del comunista cattolico (Galzerano, Salerno 1987); Mario Tronti: Una riflessione su Franco Rodano (in Rivista Trimestrale - n. s., n.3-4/1987); Mauro Alighiero Manacorda: Franco Rodano lettore di Marx (In Critica marxista, n. 5/1988); Claudio Napoleoni: Saggio su Rodano (in Cercate ancora, Ed. Riuniti 1990, a cura di Raniero La Valle); Claudio Napoleoni: Su Franco Rodano (in Teoria politica, 1990); Augusto Del Noce: Il cattolico comunista (Rusconi, Milano 1991); Vittorio Tranquilli: Fede cattolica e laicità della politica in Franco Rodano (in Teoria Politica, n. 2/1991); Vittorio Tranquilli: Realtà storica e problemi teorici della democrazia nel pensiero di Franco Rodano (in Bailamme, nn. 10/1991, 11-12/1992); Mario Reale: Sulla laicità. Considerazioni intorno alle relazioni fra atei e credenti (in Novecento, n. 5-6/1992); Riccardo Bellofiore: Pensare il proprio tempo. Il dilemma della laicità in Claudio Napoleoni e Franco Rodano (in Per un nuovo dizionario della politica, Ed. Riuniti, Roma 1992, a cura di L. Capuccelli); Mauro Lucente: La riflessione teorica di Franco Rodano dalla Sinistra Cristiana alla “Rivista Trimestrale” (Tesi di laurea in scienze politiche, Università di Milano, 1992); Istituto Gramsci: Convegno commemorativo di Franco Rodano, Roma, ottobre 1993; Marcello Mustè: Franco Rodano: critica delle ideologie e ricerca della laicità (Il Mulino, 1993); Riccardo Albani: La storia comune degli uomini. Rileggendo Franco Rodano (in Testimonianze, n. 351/1993); Massimo Papini: La formazione di un giovane cattolico nella seconda metà degli anni Trenta: Franco Rodano tra la Congregazione mariana “La Scaletta” e il liceo “Visconti” (in Cristianesimo e storia, n. 16/1995); Vittorio Possenti: Cattolicesimo e modernità. Balbo, Del Noce, Rodano (Milano 1995); Marcello Mustè: Fra Del Noce e Rodano: il dibattito sulla “società opulenta” (in La Cultura, n.1/1999); Marcello Mustè: Franco Rodano: laicità, democrazia, società del superfluo (Studium, Roma 2000). Franco Rodano: "Cristianesimo e società opulenta", a cura e con introduzione di Marcello Mustè (Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2002) Valentino Parlato: L'utopia di Rodano (in Manifesto, 22 luglio 2003); Enrico Melchionda: Gli anni di Rodano (in Aprile, n. 108/2003). Gabriele De Rosa, "Franco Rodano; il cristianesimo e la società opulenta", in "Ricerche di storia sociale e religiosa", anno XXXIII, numero 65, pp.227-29; Giuseppe Chiarante: Tra De Gasperi e Togliatti. Memorie degli anni Cinquanta (Carocci, Roma 2006); Michele Pandolfelli: Cattolicesimo e marxismo nel pensiero di Franco Rodano (Tesi di laurea in Scienze politiche, Università di Roma. S.d.). Giovanni Tassani:"Il Belpaese dei Cattolici", Cantagalli 2010, pp.175-189, "La traccia e la prospettiva teorica di Franco Rodano". Renato MORO, "Franco Rodano e la storia del 'partito cattolico' in Italia", in Alfonso Botti (ed.), Storia ed esperienza religiosa. Studi per Rocco Cerrato, Urbino, Quattro Venti, 2005, pp. 183-214 Hanno detto di lui «La vita di Franco Rodano ha testimoniato, in modo esemplare, quanto possa essere forte, nell’uomo, la dedizione all’impegno intellettuale e ai grandi ideali, tra i quali la politica intesa nel senso più nobile e più alto dell’accezione. Portatore d’una fede religiosa profondamente sentita e sofferta, Rodano ha avuto costantemente con sé il dantesco “angelo della solitudine”: durante l’intera sua vita, infatti, mai si è sottratto al rovello e al dubbio; mai ha preferito la comoda via dei pigri, degli opportunisti e dei neutrali. La sua prima “scelta di campo” nell’Italia divisa in due, nel 1943, fu doppiamente coraggiosa: la resistenza al nazifascismo ed il tentativo di conciliare nel Movimento dei cattolici comunisti i valori della tradizione cristiana e cattolica con quelli della rivoluzione d’ottobre. E così continuò senza paura e con sacrificio personale in tutti questi anni promuovendo con le sue tesi, tra consensi e dissensi, un continuo dibattito. La sua “inquietudine” fu, dunque, sincera e feconda, sorretta da uno spirito virile, ma al fondo sensibile ed umanissimo. Certamente Franco Rodano sarà ricordato dallo storico del futuro con queste sue peculiarità di intellettuale originale, pugnace e coraggioso. In questo modo l’ho visto e conosciuto, e così rimarrà per sempre nella mia memoria.»  Sandro Pertini, Quaderni della Rivista Trimestrale, n.75-77, giugno-dicembre 1983, 7. «[…] ritengo che la sua vita e la sua opera abbiano fornito una prova concreta e significativa della validità di due principi che egli ha serenamente professato e praticato e che, anche con il suo personale contributo, sono acquisiti al patrimonio teorico e ideale del Partito comunista. Il primo è la distinzione e l’autonomia reciproca della politica e della fede religiosa (o della convinzione filosofica o del “credo” ideologico). Il secondo è l’affermazione – fatta da Togliatti, formulata in una tesi approvata dal X congresso del partito e sviluppata poi nelle tesi del XV congresso – secondo la quale un cristianesimo genuinamente vissuto non soltanto non si oppone, ma è anche in grado di sollecitare un’azione che può contribuire alla battaglia per la costruzione di una società più umana, più libera e più giusta di quella capitalista.»  Enrico Berlinguer, Quaderni della Rivista Trimestrale, n.75-77, giugno-dicembre 1983, 9. «C’era nella sua avversione al misticismo, all’indistinto, all’anarchismo, una grande lezione di umanesimo storico e costruttivo. La drammaticità con cui sentiva i rischi di un capovolgimento della democrazia – vissuta nei suoi angusti limiti democraticistici – in corporativismo e in anarchia, e, quindi, la possibilità di una replica autoritaria, è tuttora inscritta nella nostra vita quotidiana, nella fase che stiamo attraversando. Bene: distinguere per collegare; stabilire i confini del campo di ciascuno […], da cui discende l’autonomia della politica dalla religione e dalle ideologie […]. Per questo ritengo che occorra respingere le sollecitazioni di quanti pensano di poter rimuovere la questione di fondo posta da Rodano. Quella questione oggi riguarda, a mio avviso, il confine mobile tra progresso e conservazione […].»  Achille Occhetto, Quaderni della Rivista Trimestrale, n.75-77, giugno-dicembre 1983, 67. «Per chi ha seguito, anche talvolta dissentendo, il pensiero di Rodano e lo ha spesso messo a confronto con la visione di Moro, appare chiaro che gli insegnamento di Franco Rodano come quelli di Aldo Moro non hanno solo valore per la ricostruzione storica di una fase politica conclusa, ma hanno invece valore e significato come guida per la costruzione di un processo di allargamento della democrazia, di sviluppo e di confronto e di un dialogo che sono ancora più che mai attuali, perché attuali e non risolti sono i grandi problemi nazionali che richiedono sì maggioranze e governi più efficaci e risoluti, ma anche un più largo consenso popolare da realizzarsi col confronto, col dialogo, con la partecipazione, sia pure a vario titolo, ad un unico disegno di tutte le forze politiche rappresentative dell’intera realtà popolare.»  Giovanni Galloni, Quaderni della Rivista Trimestrale, n.75-77, giugno-dicembre 1983, 37. «[…] benché creda che la storia sia opera di molti, e non di singole personalità pur spiccatissime, ho sempre ritenuto che il ruolo esercitato da Rodano nella vicenda italiana di questi decenni sia stato assolutamente fuori del comune, e portatore di cambiamento come a pochissimi altri è stato dato. Ciò dico soprattutto in riferimento alla storia e alle trasformazioni del partito comunista italiano, nei cui confronti Rodano ha esercitato una funzione liberatrice e maieutica che, se non temessi di far torto alla complessità del processo di un grande movimento di massa e agli innumerevoli apporti di cui esso è sostanziato, non esiterei a definire demiurgica.»  Raniero La Valle, Quaderni della Rivista Trimestrale, n.75-77, giugno-dicembre 1983, 49. «Lasciamo ad altri le banalità sul “Consigliere del Principe” o sul “consulente” per i rapporti con il mondo cattolico o con il Vaticano. Togliatti ne fu attratto e interessato certo, anche perché l’esperienza di Rodano, le sue riflessioni, le sue frequentazioni arricchivano il Partito di qualcosa che altrimenti non sarebbe venuto. Forse qualcosa di analogo era stato per Gramsci e per Togliatti l’incontro con Piero Godetti. Che Franco conoscesse e stimasse il cardinal Ottavini, che fosse intimo di don De Luca, non era importante perché ciò rappresentava un “canale”; era piuttosto decisivo che un giovane così ascoltasse e parlasse, che si trovasse a casa sua tra i comunisti, che per farlo soffrisse fino alla persecuzione vaticana, riuscendo sempre ad essere fedele nel senso più pieno del termine.»  Gian Carlo Paietta, Quaderni della Rivista Trimestrale, n.75-77, giugno-dicembre 1983, 73. «Franco è stato e rimane uno dei pochi uomini il cui pensiero rende possibile l’appellativo di femminista anche per un appartenente al sesso maschile. La continua attenzione di Franco alla questione femminile derivava, certo, da una molteplicità di circostanze. Vi influiva la ricerca su quello che egli stesso definì il processo di umanizzazione dell’uomo, nel cui quadro la liberazione della donna costituiva ben più di una semplice componente o misura, ma piuttosto una delle condizioni decisive per una reale, generale fuoruscita dall’alienazione e dallo sfruttamento umano […]. Oggi più d’uno ambirebbe, revanchisticamente, a considerare conclusa la stagione femminista. E invece il vero problema per le donne, per la democrazia, per il mutamento, è la perpetuazione e il saldo attestarsi a un livello superiore del femminismo. Per questo il messaggio di Franco Rodano, che può ben a ragione essere definito femminista nell’accezione più onnicomprensiva ed elevata, risulta tuttora rivolto alla speranza e soprattutto all’impegno: quell’impegno per cui egli ha consumato generosamente, e certo positivamente anche per la causa femminile, tutta intiera la sua vita.»  Giglia Tedesco, Quaderni della Rivista Trimestrale, n.75-77, giugno-dicembre 1983, 81. «Il [mio] primo interrogativo riguarda le scelte politiche che egli ha fatto, ponendosi come cattolico in contrasto con alcune direttive ecclesiastiche. Dove ha trovato forza e serenità, pur con sofferenza, per queste opzioni non rinunciando alla sua fede e alla sua appartenenza ecclesiale, sempre professata? Non ho trovato altra risposta che la sua fede teologale. La fede di Franco non era credenza dottrinale, magari utilizzata ideologicamente, o sottomissione alla gerarchia che poi si muta in ribellione; era adesione cosciente e ferma a Dio che si è rivelato in Gesù Cristo, ancora vivente nella Chiesa. Questa fede comporta quel “sensus fidei” (ne ha parlato il Vaticano II nella Lumen Gentium n. 12) che diventa giudizio pratico nelle concrete situazioni per scelte che siano conformi alla volontà di Dio. È il “discernimento” di cui parla san Paolo nella Lettera ai Romani (12, 2) e che tanta parte ha nella dottrina spirituale cristiana.»  Don Gino Della Torre, Quaderni della Rivista Trimestrale, n.75-77, giugno-dicembre 1983, 95. «Il rapporto con la Chiesa, sia come comunità di fede che come istituzione, senza mediazioni di un partito cattolico […] rappresentava [per Rodano] un’occasione e una garanzia per depurare il movimento comunista non solo dall’ateismo scientista, ma anche di una visione totalizzante della rivoluzione politica e sociale (il mito del regno dei cieli sulla terra e di una storia senza alienazioni). Corrispettivamente il movimento comunista era il portatore necessario di una trasformazione della società che non si presentasse […] come inveramento e compimento della razionalità illuministica, della rivoluzione borghese, ma anche e soprattutto come loro rovesciamento dialettico, e perciò offrisse un fondamento storico e materiale ad un mondo in cui la persona umana diventasse centro e misura, liberata dalla reificazione capitalistica, e perciò stesso base reale di un pieno sviluppo di un cristianesimo, non integralista, ma consapevole, diffuso, praticabile.»  (Lucio Magri) Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Franco Rodano Collegamenti esterni Gli anni di Rodano, articolo di E. Melchionda, in "Aprile", n. 108, settembre 2003. Franco Rodano: dall'utopia alla secolarizzazione, articolo di P. Vassallo, in "effedieffe.com - giornale on-line", 15/07/2005. Il consigliere di Berlinguer che amava la Controriforma. Ricorre il decennale della morte del giornalista politico Franco Rodano, articolo di Paolo Franchi, Corriere della Sera, 8 ottobre, 1993, p. 33, Archivio storico. Raccolta di articoli di Franco Rodano. «Ròdano, Franco», la voce in Enciclopedie on line, sito "Treccani.it L'Enciclopedia italiana". Controllo di autorità           VIAF (EN) 109054956 · ISNI (EN) 0000 0000 8174 1425 · LCCN (EN) n81013404 · GND (DE) 119322978 · BNF (FR) cb12398664n (data) · WorldCat Identities (EN) lccn-n81013404 Biografie Portale Biografie Cattolicesimo Portale Cattolicesimo Comunismo Portale Comunismo Filosofia Portale Filosofia Politica Portale Politica Categorie: Politici italiani del XX secoloPolitologi italianiFilosofi italiani del XX secoloNati nel 1920Morti nel 1983Nati il 6 agostoMorti il 21 luglioNati a RomaMarxistiComunisti in ItaliaPersone legate alla Resistenza italianaPolitici del Partito Comunista ItalianoReligione e politicaAntifascisti italianiPersonalità del cattolicesimoStudenti della Sapienza - Università di Roma[altre]

romagnosi: important Italian philosopher. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Romagnosi," per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

Romano – to be identified.

Romano Mose Romano Judah ben Moses Romano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Judah ben Moses Romano (Roma, 1293 circa – 1330[1]) è stato un filosofo e traduttore italiano di religione ebraica. Era un cugino di Immanuel Romano.  Fu un importante traduttore delle opere della filosofia scolastica dal latino all'ebraico. Fu il primo a tradurre le idee di Tommaso d'Aquino dal latino in ebraico nel trattato Ma'amar ha-Mamschalim. Tradusse in ebraico anche la Summa Contra Gentiles (Neged ha-Umot) [2] e le opere di Alberto Magno, Egidio Romano, Alessandro di Alessandria, Domenico Gundisalvo e Angelo da Camerino. [3]  Tradusse dall’italiano all’ebraico sezioni della Divina Commedia di Dante, [4] e ne diede una pubblica lettura [5].  Note ^ Archived copy, su rep.routledge.com. URL consultato il 29 gennaio 2007 (archiviato dall'url originale il 5 febbraio 2007)., the Jewish Encyclopedia gives 1286 as date of birth [1]. ^ Archived copy, su textmanuscripts.com. URL consultato il 10 agosto 2007 (archiviato dall'url originale il 13 giugno 2006). ^ Daniel H. Frank and Oliver Leaman, History of Jewish Philosophy (1997), pp. 299, 352. ^ Jewish Language Research Website: Judeo-Italian ^ Umberto Eco, Serendipities (English translation 1999), p. 64. Controllo di autorità                                               VIAF (EN) 17337719 · Europeana agent/base/100632 · LCCN (EN) nr92027831 · GND (DE) 102416087 · CERL cnp00286475 · WorldCat Identities (EN) lccn-nr92027831 Biografie Portale Biografie Ebraismo Portale Ebraismo Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XIII secoloFilosofi italiani del XIV secoloTraduttori italianiNati a RomaTraduttori dal latinoTraduttori dall'italiano[altre]

Romano – romano, egidio romano Egidio Romano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Egidio Romano, O.E.S.A. arcivescovo della Chiesa cattolica Filip4 Gilles de Rome.jpg Egidio Romano e Filippo il Bello (miniatura di un codice medievale). Template-Archbishop.svg   Incarichi ricoperti                      Arcivescovo di Bourges   Nato                                    tra il 1243 e il 1247, Roma Nominato arcivescovo                            25 aprile 1295 Deceduto                                     22 dicembre 1316, Roma   Manuale Egidio Romano, latinizzato come Ægidius Romanus, indicato anche come Egidio Colonna[1] (Roma, tra il 1243 e il 1247 – Avignone, 22 dicembre 1316), è stato un arcivescovo cattolico, teologo e filosofo italiano, generale dell'Ordine di Sant'Agostino. Dopo la sua morte, gli furono tributati i titoli onorifici di Doctor fundatissimus e Theologorum princeps.   Indice 1                                      Biografia 2                                            Pensiero 2.1                                           La riscoperta di Aristotele e l'agostinismo politico 3                                 Opere 4                                             Note 5                                                Bibliografia 6                                           Voci correlate 7                                            Altri progetti 8                                           Collegamenti esterni Biografia Fu discepolo di San Tommaso d'Aquino all'Università di Parigi, dove più tardi insegnò, prima di diventare generale degli agostiniani e arcivescovo di Bourges (1295). Fu inoltre il precettore di Filippo il Bello per il quale scrisse il trattato De regimine principum, sostenendo l'efficacia della monarchia come forma di governo.  Pensiero Egidio Romano è considerato tra i più autorevoli teologi di ispirazione agostiniana, attivo anche nella vita intellettuale e politica in un contesto culturale ed istituzionale travagliato da frequenti ed aspre polemiche sul problema del rapporto tra potere temporale e potere spirituale. Questo filosofo è generalmente ricordato, insieme al prediletto allievo Giacomo da Viterbo, per il contributo nella redazione della celebre bolla Unam Sanctam del 1302 di Papa Bonifacio VIII e per il ruolo significativo che assunse il Maestro degli Eremitani di Sant'Agostino quale autore del De Ecclesiastica potestate e, dunque, quale teorico famoso e autorevole della plenitudo potestatis pontificia. In Egidio Romano rileviamo subito una compresenza del duplice atteggiamento dottrinale e politico; infatti è possibile rintracciare, fra le opere giovanili, il De regimine principum, opera scritta per Filippo il Bello e di ispirazione aristotelico-tomista inerente alla naturalità dello Stato, erigendola a difensore della potestas regale. Nel De Ecclesiastica potestate, invece, Egidio Romano afferma la superiorità del sacerdotium rispetto al regnum, distinguendosi quale rappresentante della teocrazia papale.  La riscoperta di Aristotele e l'agostinismo politico In seguito alle condanne di Étienne Tempier del 1277, Egidio difende la tesi di Tommaso, per la sua qualifica di Baccalaureus formatus, ma, proprio a causa delle condanne stesse, viene sospeso dall'insegnamento. In quegli anni, gli avversari del papato trovano nel pensiero di Aristotele gli strumenti per svolgere un'analisi politica che metta in discussione la sacralità del potere. Dall'altra parte troviamo l'influenza della corrente speculativa dell'agostinismo politico (ossia quel fenomeno, tipicamente medioevale, di compenetrazione fra Stato e Chiesa, all'interno del quale Agostino viene a giocare un ruolo fondamentale dal momento che l'apporto teorico del suo De Civitate Dei conduce a confusioni inevitabili fra il piano spirituale della Civitas Dei Caelestis e il piano temporale della vita terrena che è Civitas Peregrina), che ripropone la teoria delle “due città” e riafferma la superiorità del sacerdotium rispetto al regnum, costituendo un vero e proprio “partito del Papa”.  Egidio rivendica la Plenitudo potestatis come proprietà costitutiva dell'auctoritas del Papa in quanto homo spiritualis. Egidio sostituisce al concetto agostiniano di ecclesia, quello di regnum al fine di estendere gli ambiti del potere del sovrano ecclesiastico. Il sovrano ecclesiastico (il Papa) dovrebbe esercitare la sua sovranità anche sul potere temporale al fine di garantire l'ordine mediante una forma di dominium che coincida con la sua stessa missione spirituale.  Opere  Frontespizio delle In secundum librum sententiarum quaestiones L'edizione critica dell'opera omnia è stata intrapresa, per Leo S. Olschki, (Aegidii Romani opera omnia, collana Corpus Philosophorum Medii Aevi - Testi e Studi), dal gruppo di ricerca di Francesco Del Punta[2].  (LA) Quaestio de gradibus formarum, Ottaviano Scoto (eredi), Boneto Locatello, 1502. (LA) In secundum librum sententiarum quaestiones, vol. 1, Francesco Ziletti, 1581. (LA) In secundum librum sententiarum quaestiones, vol. 2, Francesco Ziletti, 1581. (LA) Opere, Antonio Blado, 1555. (LA) In libros De physico auditu Aristotelis commentaria, Ottaviano Scoto (eredi), Boneto Locatello, 1502. (LA) De materia coeli, Girolamo Duranti, 1493. (LA) Quodlibeta, Domenico de Lapi, 1481. Note ^ Egìdio Romano, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 3 dicembre 2017. ^ (EN) Roberto Lambertini, Giles of Rome, in Edward N. Zalta (a cura di), Stanford Encyclopedia of Philosophy, Center for the Study of Language and Information (CSLI), Università di Stanford, 2012. Bibliografia Charles F. Briggs e Peter S. Eardley (a cura di), A Companion to Giles of Rome, Leiden, Brill, 2016. Silvia Donati, Studi per una cronologia delle opere di Egidio Romano: I. Le opere prima del 1285: I commenti aristotelici. "Documenti e studi sulla tradizione filosofica medievale", I/1, 1990, pagg. 1-112. Gian Carlo Garfagnini, Egidio Romano, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2012. Francesco Del Punta-S. Donati-C. Luna, Egidio Romano, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Filippo Cancelli, Egidio Romano, in Enciclopedia dantesca, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1970. Voci correlate Papa Bonifacio VIII Teocrazia Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Egidio Romano Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Egidio Romano Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Egidio Romano Collegamenti esterni Egidio Romano, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Ugo Mariani, Egidio Romano, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata (EN) Egidio Romano, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Modifica su Wikidata (DE) Egidio Romano, su ALCUIN, Università di Ratisbona. Modifica su Wikidata Opere di Egidio Romano, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata (FR) Bibliografia su Egidio Romano, su Les Archives de littérature du Moyen Âge. Modifica su Wikidata (EN) Egidio Romano, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company. Modifica su Wikidata (EN) David M. Cheney, Egidio Romano, in Catholic Hierarchy. Modifica su Wikidata (EN) Roberto Lambertini, Giles of Rome, in Edward N. Zalta (a cura di), Stanford Encyclopedia of Philosophy, Center for the Study of Language and Information (CSLI), Università di Stanford. Biografia a cura dell'associazione storico-culturale S. Agostino, su cassiciaco.it. Predecessore Arcivescovo metropolita di Bourges                                  Successore                                             ArchbishopPallium PioM.svg Simone di Beaulieu                          25 aprile 1295 - 22 dicembre 1316                                Raynaud de La Porte                                        Controllo di autorità                                        VIAF (EN) 100187638 · ISNI (EN) 0000 0001 1578 9831 · SBN IT\ICCU\CFIV\051228 · LCCN (EN) n85147491 · GND (DE) 118500805 · BNF (FR) cb120064271 (data) · BNE (ES) XX882291 (data) · NLA (EN) 35823708 · BAV (EN) 495/22124 · CERL cnp01880579 · NDL (EN, JA) 00671800 · WorldCat Identities (EN) lccn-n85147491 Biografie Portale Biografie Cattolicesimo Portale Cattolicesimo Filosofia Portale Filosofia Medioevo Portale Medioevo Categorie: Arcivescovi cattolici italiani del XIII secoloArcivescovi cattolici italiani del XIV secoloTeologi italianiFilosofi italiani del XIII secoloFilosofi italiani del XIV secoloMorti nel 1316Morti il 22 dicembreNati a RomaMorti ad AvignoneScolasticiFilosofi cattoliciScrittori medievali in lingua latina[altre]


filosofia romana: Grice: “There is a continuity between the philosophy wrote in Ancient Rome and that done in Italy – as every British soldier who fought in the second world war should know!” -- Grice loved it. Enesidemo, academic philosopher, founder of a Pyrrhonist revival in Rome. Vide “Enesidemo. Anassagora, pre-Socratic enquirer into the origin of the  cosmos – andronico, peripatetic; editor of Aristotle’s  works.antioco, cademic who reverted to Plato’s  dogmatism – Antipater, Stoic, tutor to Cato  Uticensis.apollonide, toic, adviser to Cato  Uticensis – apollonio, eo-pythagorean.apuleio, Platonic, author of the “Isagoge” adored by Boezio, and the "Metamorphoses". – arcelisao, academic sceptic, head of the New Academy --- aristippo, member of Socrates’s circle – aristone, peripatetic and head of the Lyceum – aristotele founder  of the Peripatetic school – aristo, head of the  Academy and teacher of Brutus – ario, adviser to Augustus – artemidoro, stoic, friend of Pliny the Younger and son-in-law of Musonius – atenodoro, Stoic and adviser  to Cato Uticensis, in whose house he lived –atenodoro, Stoic and friend of Cicero – attalo, toic,  teacher of Seneca –augustino, neo-platonist – bione, ynic, popular teacher – boezio, philosopher with Stoic and Neoplatonist views, author of "The Consolation of  Philosophy" – carneade, head of the New Academy, Sceptic  and star of the Athenian embassy to Rome in 155 – cheremone, toic, tutor to Nero – crisippo,  head of the  Stoic school from 232 – cicerone, leading transmitter of  Hellenistic philosophy to Rome and Renaissance Europe, follower of the New  Academy and pupil of Philo of Larissa – cleante, Zeno’s  successor as head of the Stoic school from 262 – clitomaco, ceptic and pupil of Carneades, head of  the New Academy from 127 – cornuto, toic, teacher and  friend of Persius and Lucan – crantore, Academic, the first  commentator on Plato – crate, ynic, follower of Diogenes  of Sinope and teacher of Zeno of Citium – cratippo, eripatetic, friend of Cicero and Nigidius and teacher of Cicero’s son.critolao, head of the Peripatetic school and member  of the Athenian embassy to Rome in 155 – Demetrio, friend of Seneca – Demetrio, adviser of Cato  Uticensis – democrito, pre-Socratic, founder  of atomism – dicherco, Peripatetic, pupil of  Aristotle – diodoto, toic, teacher and friend of  Cicero, in whose house he lived – diogene laerzio, author of "The Lives of the Philosophers" – diogene d’apollonia 2nd half of 5th. cent., pre-Socratic philosopher and enquirer  into the natural world; a source for Seneca’s "Naturates Quaestiones" – diogene da babilonia, head of the Stoic school and member of the  Athenian embassy to Rome in 155, tutor to Panaetius – diogene d’enoanda, Epicurean and part-author of the inscription on the  stoa which he caused to be set up in Oenoanda --  diogene da sinope.  mid-4th.cent., founder of Cynicism --  epitteto, Stoic,  pupil of Musonius – epicuro -- principal source for Lucretius’s  poem – eufrate, Stoic, student of Musonius and  friend of Pliny the Younger – favorino, philosopher of  the Second Sophistic, friend of Plutarch and teacher of Fronto – galeno, physician to Marcus Aurelius, Platonist – ecato, early 1st. cent., Stoic, pupil of Panaetius and member of circle of  Posidonius – ermarco,  pupil of Epicurus  and his successor as head of the Epicurean school from 271, with Epicurus,  Metrodorus and Polyaenus, one of “The Four Men”, founders of the Epicurean  school – ierocle, Stoic --  lelio, consul in 140, friend of Scipio Aemilianus and Panaetius and called by  Cicero "the first Roman philosopher."leucippo, co-founder with Democritus of atomism – lucrezio, Epicurean, author of "De Rerum Natura" – manilio -- Stoic author of "Astronomica" – marc’aurelio, emperor, and Stoic, author of "To Himself",  a private diary – menippo, first half of 3rd. cent., Cynic and  satirical author in prose and verse on philosophical subjects – metrodoro, friend of Epicurus and one “The Four Men”, founders of  Epicureanism – moderato, neo-pythagorean – musonio, Roman of  Etruscan descent, Stoic, teacher of Epictetus – nigidio, eo-pythagorean – panezio, Stoic, head of the Stoic  school from 129, influential at Rome, friend of Scipio Aemilianus and major  source for Cicero’s "De Officiis" – parmenide, pre-Socratic, pioneer enquirer  into the nature of “what is” – patrone,  friend of Cicero and successor of Phaedrus as head of the Epicurean  school – fedro, Epicurean, admired by Cicero. head of the Epicurean school in the last years of his life – filone d’alessandria, philosopher, sympathetic to Stoic ethics and  influential in the later development of Neo-platonism – filone da larissa, head of the New Academy, 110–88, the most influential of Cicero’s  tutors – filodemo, Epicurean philosopher, protegé of Piso Caesoninus and an influence on Virgil and Horace, many of his fragmentary  writings are preserved in the Herculaneum papyri – platone -- founder of the Academy and disciple and interpreter of Socrates – plotino -- eo-platonist, resident in Rome and Campania – Plutarco,  Platonist – polemo,  Platonist and head of the Academy  -- poliaeno, friend of Epicurus and one of “The Four Men,” founders of Epicureanism – posidonio, Stoic, student of Panaetius and head of his own school  in Rhodes, where Cicero heard him. The dominant figure in middle Stoicism, whose  works encompassed the whole range of intellectual enquiry.pirrone, the founder of Scepticism, whose doctrines were revived in Rome by  Enesidemo. – pitagora di samo -- head of a community at  Croton in S. Italy, emphasized the importance of number and proportion, his  doctrines included vegetarianism and the transmigration of souls, influenced  Plato, his philosophy was revived at Rome by Nigidius and the Sextii. –rustico: consul, Stoic, friend and teacher of marc’aurelio. – Seneca, stoic, tutor, adviser and victim of  Nero, author of philosophical treatises, including "Dialogi" and "Epistulae  Morales" – severo: consul, Stoic friend and teacher of marc’aurelio, whose son married his daughter.sestio --  Neo-pythagorean, founder of the only genuinely Roman school of philosophy;  admired by Seneca for his disciplined Roman ethos – sesto empirico --sceptic, author of philosophical works and  critic of Stoicism, principal source for Pyrrhonism – siro, 1st. cent.,  Epicurean, teacher in Campania of Virgil – socrate -- iconic  Athenian philosopher and one of the most influential figures in Graeco-roman philosophy; he wrote nothing but is the central figure in Plato’s dialogues,  admired by non-Academics, including the Stoic Marc’ Aureliio nearly six hundred  years after his death – sotione: Neopythagorean, teacher  of Seneca – speusippo, , Plato’s successor as head of the  Academy – tele, cynic, author of diatribes on ethical subjects – teofrasto, peripatetic, successor to Aristotle as head of the Lyceum– Varrone – – Senocrate,. head of the Academy. Senone da Citio -- founder of Stoicism, originally a  follower of the Cynic Crates, taught at Athens in the Stoa Poikile, which gave  its name to his school. Senone da Sidone, head of the Epicurean school (or Garden) at Athens, where he taught Philodemus and was heard by Cicero. Refs.: Marc’aurelio on Platone.

roscelin de Compiègne: He made fun of Abelard having been ‘castrated’ for his philosophical dogmas on the universals. -- philosopher and logician who became embroiled in theological controversy when he applied his logical teachings to the doctrine of the Trinity. Since almost nothing survives of his written work, we must rely on hostile accounts of his views by Anselm of Canterbury and Peter Abelard, both of whom openly opposed his positions. Perhaps the most notorious view Roscelin is said to have held is that universals are merely the puffs of air produced when a word is pronounced. On this point he opposed views current among many theologians that a universal has an existence independent of language, and somehow is what many different particulars are. Roscelin’s aversion to any proposal that different things can be some one thing is probably what led him in his thinking about the three persons of God to a position that sounded suspiciously like the heresy of tritheism. Roscelin also evidently held that the qualities of things are not entities distinct from the subjects that possess them. This indicates that Roscelin probably denied that terms in the Aristotelian categories other than substance signified anything distinct from substances. Abelard, the foremost logician of the twelfth century, studied under Roscelin around 1095 and was undoubtedly influenced by him on the question of universals. Roscelin’s view that universals are linguistic entities remained an important option in medieval thought. Otherwise his positions do not appear to have had much currency in the ensuing decades. Refs.: H. P. Grice, “The universal – and what to do with it.”

roncaglia Gino Roncaglia (filosofo) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Gino Roncaglia (Roma, 11 gennaio 1960) è un filosofo e saggista italiano.   Indice 1                           Biografia 2                                            Opere principali 3                                          Note 4                                             Collegamenti esterni Biografia Nato a Roma, è figlio del filologo Aurelio Roncaglia, nipote dell'omonimo musicologo Gino Roncaglia e fratello dell'economista Alessandro Roncaglia.  Laureatosi in filosofia alla Sapienza Università di Roma nel 1984, è stato allievo di Tullio Gregory e Alfonso Maierù. Nel 1986 consegue il perfezionamento in Informatica umanistica, sempre presso la Sapienza. Consegue poi il dottorato in Filosofia nel 1993, presso l'Università di Firenze. Insegna Editoria digitale e Digital Humanities presso l'Università di Roma Tre[1]. In precedenza, dal 1996 al 2019 era stato prima ricercatore, poi professore associato presso l'Università della Tuscia, dove ha diretto un master in e-learning e corsi di perfezionamento su eBook e futuro del libro e sul web semantico. Dal 1983 al 1995 era stato documentarista bibliotecario presso l'Archivio Storico della Camera dei deputati, occupandosi dei primi progetti di digitalizzazione della documentazione storica.  Fra i pionieri dell'uso di Internet in Italia e della riflessione sulle sue potenzialità culturali (in particolare nel settore dell'editoria e degli ebook), è socio fondatore dell'Associazione culturale Liber Liber. È stato autore con Marco Calvo, Fabio Ciotti e Marco A. Zela della fortunata serie di manuali su Internet pubblicati dalla casa editrice Laterza (sei edizioni e oltre venti ristampe fra il 1996 e il 2004). Oltre che sul mondo del web, sull'editoria digitale e sulle culture di rete, ha pubblicato numerosi studi e ricerche anche sulla storia della logica fra il Medioevo e Leibniz.  In ambito televisivo è stato fra gli autori della trasmissione Rai MediaMente e di numerosi altri programmi televisivi legati al mondo delle nuove tecnologie e delle reti, nonché dei programmi culturali Nautilus e Zettel - Filosofia in movimento in onda a partire dal gennaio 2012 sul canale Rai Scuola. Con Roberto Casati è autore di un progetto - denominato Wikilex - per l'uso di strumenti wiki nel drafting normativo, in un contesto di democrazia partecipata.  Ha fatto parte dal settembre 2015 del Comitato tecnico-scientifico per le biblioteche e gli istituti culturali del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, da cui si è dimesso per protesta nel maggio 2016[2].  Opere principali L'età della frammentazione. Cultura del libro e scuola digitale. Roma-Bari:Laterza, 2018. L'editoria fra cartaceo e digitale. Milano: Ledizioni, 2012. La quarta rivoluzione. Sei lezioni sul futuro del libro. Roma-Bari: Laterza, 2010. Lingua e tecnologia. Usi della lingua e strumenti di rete, in Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Il libro dell'anno 2010: 308-20, Roma: Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010. Google Book Search e le politiche di digitalizzazione libraria. Digitalia, vol. 2 (2009): 17-35. Dai metadati all'harvesting. La gestione di risorse informative attraverso repository interoperabili. Culture del testo e del documento, vol. 26 (2008). Internet 2004. Manuale per l'uso della rete, con Marco Calvo, Fabio Ciotti, Marco A. Zela. Roma-Bari: Laterza, 2004. Blogosfera e feed RSS. Una palestra per il Semantic web? Networks. Rivista di filosofia dell'intelligenza artificiale e scienze cognitive, 2 (2003). Frontiere di rete. Internet 2001: cosa c'è di nuovo?, con Marco Calvo, Fabio Ciotti, Marco A. Zela. Roma-Bari: Laterza, 2001. Il mondo digitale. Introduzione ai nuovi media, con Fabio Ciotti (13º edizione 2010). Roma-Bari: Laterza, 2000. Palaestra Rationis. Discussioni su natura della copula e modalità nella filosofia Scolastica tedesca del XVII secolo. Firenze: Olschki 1996. Note ^ (EN) Prof. GINO RONCAGLIA, su Università Roma Tre. URL consultato il 5 aprile 2020. ^ Dimissioni organi consultivi MiBACT. Note a margine del concorso per 500 funzionari del Ministero Beni Culturali: mezzo bibliotecario per ogni biblioteca? E la tutela di libri e manoscritti chi la fa?, su aib.it. URL consultato il 23 agosto 2016. Collegamenti esterni Opere di Gino Roncaglia, su Liber Liber. Modifica su Wikidata Opere di Gino Roncaglia, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Gino Roncaglia, su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata Registrazioni di Gino Roncaglia, su RadioRadicale.it, Radio Radicale. Modifica su Wikidata Il sito-blog del libro La quarta rivoluzione, su ebooklearn.com. L’Open Archive dell’Università della Tuscia, contenente le sue pubblicazioni, su dspace.unitus.it. URL consultato il 5 maggio 2011 (archiviato dall'url originale il 15 agosto 2011). Il sito del corso di perfezionamento su futuro del libro, e-book ed editoria digitale, su ebooklearn.com. Il sito del master in E-Learning dell’Università della Tuscia, su masterunitus.com. Il sito del progetto Wikilex, su merzspace.net. Gino Roncaglia: memoria e supporti digitali, sul portale RAI Filosofia, su filosofia.rai.it. Controllo di autorità                           VIAF (EN) 122104613 · ISNI (EN) 0000 0000 8058 0658 · SBN IT\ICCU\CFIV\155012 · LCCN (EN) no2010097495 · BNF (FR) cb137441585 (data) · WorldCat Identities (EN) lccn-no2010097495 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloSaggisti italiani del XX secoloSaggisti italiani del XXI secoloNati nel 1960Nati l'11 gennaioNati a Roma[altre]

ronchi Rocco Ronchi Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Questa voce non è neutrale! La neutralità di questa voce o sezione sull'argomento biografie è stata messa in dubbio. Motivo: toni celebrativi, valutare se davveronecessaria citazione in incipit Per contribuire, correggi i toni enfatici o di parte e partecipa alla discussione. Non rimuovere questo avviso finché la disputa non è risolta. Segui i suggerimenti del progetto di riferimento. Niente fonti! Questa voce o sezione sugli argomenti filosofi italiani e accademici non cita le fonti necessarie o quelle presenti sono insufficienti. Puoi migliorare questa voce aggiungendo citazioni da fonti attendibili secondo le linee guida sull'uso delle fonti. Segui i suggerimenti del progetto di riferimento. Questa voce è da wikificare Questa voce o sezione sull'argomento filosofi non è ancora formattata secondo gli standard. Contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni di Wikipedia. Segui i suggerimenti del progetto di riferimento.  Rocco Ronchi Rocco Ronchi (Forlì, 1957) è un filosofo e accademico italiano.   Indice 1                             Biografia 2                                            Pensiero 2.1                                           Gli studi sulla comunicazione 2.2                                    Gli studi su Bergson 2.3                                      Il canone minore 3                                         Opere 4                                             Voci correlate 5                                                Collegamenti esterni Biografia Rocco Ronchi si è laureato a Bologna e ha conseguito il dottorato presso l’Università Statale di Milano sotto la guida di Carlo Sini di cui è stato allievo. È attualmente professore ordinario di filosofia teoretica presso l’Università degli Studi dell’Aquila e docente di filosofia presso l’IRPA (Istituto di ricerca di psicanalisi applicata). Tiene corsi in varie università, italiane e straniere, e collabora con diversi centri di ricerca. È direttore di due collane: “Filosofia al presente” per Textus Edizioni di L’Aquila e “Canone Minore” per Mimesis Edizioni di Milano e dal 2014 dirige la scuola di filosofia Praxis a Forlì.  È membro del Consiglio di amministrazione della Société des amis de Bergson e collabora con i servizi culturali di Rai Radio Tre e con il sito Doppiozero.  Pensiero Gli studi sulla comunicazione I suoi primi lavori sono dedicati alla filosofia francese contemporanea (Bataille, Levinas, Blanchot. Un sapere passionale, 1985) e alla questione della comunicazione intesa filosoficamente come partecipazione alla verità e fondamento ontologico della stessa pratica filosofica (Teoria critica della comunicazione. Dal modello veicolare al modello conversativo, 2003; Filosofia della comunicazione. Il mondo come resto e come teogonia, 2008). Più in particolare, Ronchi ha proposto una revisione del modello veicolare o standard della comunicazione e una critica al paradigma linguistico del vivente. Al problema della raffigurazione e al suo rapporto col dicibile nel pensiero occidentale antico, moderno e contemporaneo è invece dedicato Il pensiero bastardo. Figurazione dell’invisibile e comunicazione indiretta, 2001.  Gli studi su Bergson Grazie ai suoi studi su Bergson Ronchi si è segnalato come una voce significativa della cosiddetta “Bergson renaissance”. Nei suoi lavori (Bergson filosofo dell’interpretazione, 1990 - e Bergson. Una sintesi, 2011), Ronchi guarda a Bergson come a un filosofo in grado di dare risposta a questioni tuttora aperte del dibattito filosofico. Bergson non è, come si crede, un filosofo irrazionalista, spiritualista, ostile alla scienza e ai suoi metodi. Per lui la filosofia è un metodo rigorosamente empirista, che consente la massima precisione possibile nella descrizione dei fenomeni. Bergson è anzi il filosofo che ha cercato di emancipare la scienza da quanto di “metafisico” era ancora inconsapevolmente presente nelle sue pratiche. Con le sue celebri nozioni di “durata” e di “memoria”, ha costruito un nuovo modello di intelligibilità del divenire, alternativo a quello aristotelico, in grado finalmente di spiegare, senza riduzionismi, il “vivente” quale era stato descritto dalla biologia evoluzionista.  Il pensiero bergsoniano è presentato da Ronchi come uno snodo essenziale della filosofia del Novecento. La sua dirompente attualità è mostrata attraverso un confronto sistematico con la fenomenologia, l’esistenzialismo, l’ermeneutica, il pensiero della differenza e l'epistemologia della complessità. Al tempo stesso però, l’opera di Bergson è ricollocata dall’autore all’interno della tradizione filosofica occidentale, come un capitolo, tra i più alti, dell’indagine filosofica sulla natura: un capitolo che continua l’opera di quei filosofi e di quei teologi che, dai neoplatonici a Cusano fino a Giovanni Gentile, hanno provato a pensare la natura come vita vivente e come divinità immanente.  Il canone minore Impegnato in una definizione e riabilitazione del filosofico contro il pericolo della sua dismissione (Come fare. Per una resistenza filosofica, 2012), proprio grazie al confronto con Bergson e ai filosofi “amici” di quest’ultimo (William James, Alfred North Whitehead e Gilles Deleuze), Ronchi è venuto definendo la sua posizione filosofica inscrivendola in una costellazione filosofica ben precisa, ancorché minoritaria (Canone minore. Verso una filosofia della natura, 2017). Empirismo radicale, realismo speculativo e pragmatica trascendentale sono le definizioni che, più di altre, esprimono il senso e la direzione della sua ricerca, improntata com'è a criticare quella che chiama “la linea maggiore della filosofia” e che definisce dualistica, soggettivistica e antropocentrica. In una parola: moderna.  Da Immanuel Kant sino a Jaques Derrida, per Ronchi la filosofia moderna è stata infatti caratterizzata dal primato accordato alla finitudine, alla contingenza, all'intenzionalità, alla negazione e al linguaggio. La filosofia maggiore è, in fondo, un’antropologia cui Ronchi oppone una filosofia del processo radicalmente monista e immanentista che contesta la tesi dell' "eccezione umana" e che non pone come apriori il principio della correlazione soggetto-mondo (anche nella versione offertane dall'ermeneutica e dalla fenomenologia). Alla svolta trascendentale kantiana è opposta quella cosmologica whiteheadiana e, al dispositivo aristotelico potenza/atto, dispositivo insufficiente a cogliere la natura naturans, la nozione di gentiliana di “actus purus”. La linea minore è, infatti, anche e soprattutto una linea megarica che, alla potenza logico-linguistica e umana troppo umana dei contrari, sostituisce una potenza che non può non esercitarsi (sia essa quella dell’Uno di Plotino, della sostanza di Spinoza o della durata di Bergson). La filosofia “minore” è una filosofia del processo (categoria che Ronchi oppone all’aristotelica Kinesis) che, pur confutando il nulla e il possibile come pseudoproblemi, non sacrifica il carattere creativo e dinamico del reale. Il problema filosofico del rapporto Uno-molti - da sempre al centro della riflessione di Ronchi - è cioè risolto nei termini di una cogenerazione reciproca fra i differenti per natura, in cui questa differenza non di grado tra il principio e il principiato funziona come causa dell’immediato essere uno dei molti ed esser molti dell’uno, ossia come la causa di quella unità cangiante di tutte le cose che Ronchi chiama “immanenza assoluta”.  Opere Bataille, Lévinas, Blanchot: un sapere passionale (Spirali, Milano 1987) Bergson filosofo dell'interpretazione (Marietti, Genova 1990) Luogo comune. Verso un'etica della scrittura (EGEA, Università Bocconi Editore 1996) La scrittura della verità. Per una genealogia della teoria (Jaca Book, Milano 1996) La verdad en el espyo. Les présocraticos y el alba de la philosophia, Akal, Madrid 1996) Il pensiero bastardo. Figurazione dell'invisibile e comunicazione indiretta (Marinotti, Milano 2001) Teoria critica della comunicazione: dal modello veicolare al modello conversativo (Mondadori, Milano 2003) Liberopensiero. Lessico filosofico della contemporaneità (Fandango Libri, Roma 2006) Filosofia della comunicazione: il mondo come resto e come teogonia (Bollati Boringhieri, Torino 2008) Bergson. Una sintesi (Marinotti, Milano 2011) Come fare. Per una resistenza filosofica (Feltrinelli, Milano 2012) Brecht. Introduzione alla filosofia (et al., Correggio 2013) Zombie outbreak: la filosofia e i morti-viventi (Textus Edizioni, L'Aquila 2015) Gilles Deleuze. Credere nel reale (Feltrinelli, Milano 2015) Il canone minore. Verso una filosofia della natura (Feltrinelli, Milano 2017) Bertolt Brecht. Tre dispositivi (Orthotes, Napoli 2017) Voci correlate Henri Bergson Alfred North Whitehead Realismo speculativo Gilles Deleuze Scuola megarica Carlo Sini Giovanni Gentile Collegamenti esterni Sito ufficiale [1] [2] [3] [4] Controllo di autorità                              VIAF (EN) 24646194 · ISNI (EN) 0000 0000 8365 1976 · WorldCat Identities (EN) lccn-n86030249 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloAccademici italiani del XX secoloAccademici italiani del XXI secoloNati nel 1957Nati a Forlì[altre]

rosatti – Marcello vitali rosatti --

roselli (with one s) – perhaps -- Tiberio Rosselli Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Tiberio Rosselli (Gimigliano, 1490 ca – Africa, 1560 ca) è stato un filosofo italiano indicato nelle fonti anche come Tiberio Russiliano Sesto.   Indice 1        Biografia 2                                            Opere 3                                             Note 4                                             Bibliografia 5                                           Collegamenti esterni Biografia Nasce a Gimigliano probabilmente attorno al 1490. Le notizie sulla sua nascita sono incerte. Più certe sono le informazioni sulla sua morte: le fonti concordano nel fatto che muoia in Africa, per mano di un suo servo, attorno al 1560.  Di lui scrive così, Luigi Accattatis nel suo libro Le biografie degli uomini illustri delle Calabrie, raccolte a cura di L. Accattatis (1869):[1]  «far dobbiamo onorevole menzione di Tiberio Rosselli da Gimigliano, letterato insigne del suo tempo e filosofo di grido, Cattedratico in Napoli ed in Salerno; il quale, a dir del Barrio, partitosi pel genio di visitare l'Africa, fu ucciso dal proprio schiavo. Egli era della famiglia di cui è stata la madre del celeberrimo Giuseppe Scorza, matematico distintissimo, istruttore, autore di merito, ed illustratore della scienza per metodi ed invenzioni, morto non ha guari in Napoli. Conchiudendo adunque, pare non dubbio essere stato il Nifo calabrese di origine, ed avere avuto tra noi i primi rudimenti di letteratura, tali da avergli dato a vivere. Dal contesto di scrittori calabresi, contemporanei alcuni, e vivuti altri dopo breve tempo della morte di lui, a cui noto veniva per recente tradizione, chiaramente se ne rivela il vero.»  E ancora l'Accattatis, parlando di Annibale Rosselli:  «(…)Tiberio Rosselli, congiunto di frate Annibale Rosselli, e discepolo del celebre Agostino Nifo; e che per la sua dottrina fu prescelto a leggere filosofia per più anni nell'università di Salerno.»  Opere Apologeticus adversus cucullatos Philosophiae declamatio ad Leonem X Oratio habita Patavi in principio suarum disputationum De propositione de inesse secundum Aristotelis mentem libellu Universalia Porphiriana Note ^ Calabria, Le biografie degli uomini illustri delle Calabrie, raccolte a cura di L. Accattatis, 1869, p. 136. Bibliografia Di questo filosofo e frate si occupano nei loro studi, tra gli altri, Zambelli e De Franco nei loro lavori. Nel 2014 viene pubblicato da O/esse il testo "Rosselli di Gimigliano. Dalle origini a noi", che ricostruisce la vita e le opere del Rosselli.  Collegamenti esterni Tiberio Rosselli, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XVI secoloNati a Gimigliano[altre]

rosmini: important Italian philosopher, Catholic priest, counselor to Pope Pius IX, and supporter of the supremacy of the church over civil government Neo-Guelphism. Rosmini had two major concerns: the objectivity of human knowledge and the synthesis of philosophical thought within the tradition of Catholic thought. In his Nuovo saggio sull’origine delle idee “New Essay on the Origin of Ideas,” 1830, he identifies the universal a priori intuitive component of all human knowledge with the idea of being that gives us the notion of a possible or ideal being. Everything in the world is known by intellectual perception, which is the synthesis of sensation and the idea of being. Except for the idea of being, which is directly given by God, all ideas derive from abstraction. The objectivity of human knowledge rests on its universal origin in the idea of being. The harmony between philosophy and religion comes from the fact that all human knowledge is the result of divine revelation. Rosmini’s thought was influenced by Augustine and Aquinas, and stimulated by the attempt to find a solution to the contrasting needs of rationalism and empiricism. Antonio Rosmini Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Nota disambigua.svg Disambiguazione – Se stai cercando l'omonimo criminale appartenente alla 'ndrangheta, vedi Antonio Rosmini (criminale). Nota disambigua.svg Disambiguazione – "Rosmini" rimanda qui. Se stai cercando la 'ndrina, vedi Rosmini ('ndrina). Beato Antonio Rosmini Francesco Hayez (1791-1882) Ritratto di Antonio Rosmini (1853-1856) Galleria d'Arte Moderna di Milano.jpg Antonio Rosmini ritratto da Francesco Hayez, 1853-1856   Nascita 24 marzo 1797 Morte 1º luglio 1855 Venerato da Chiesa cattolica Beatificazione 18 novembre 2007 Ricorrenza 1º luglio Manuale Antonio Francesco Davide Ambrogio Rosmini Serbati (Rovereto, 24 marzo 1797 – Stresa, 1º luglio 1855) è stato un filosofo, teologo e presbitero italiano. La chiesa cattolica lo venera come beato dal 18 novembre 2007.   Indice 1 Biografia 2 Pensiero 2.1 Filosofia 2.2 Politica 3 Da Pio VIII a Benedetto XVI: il giudizio dei papi su Rosmini 3.1 La condanna del Sant'Uffizio 3.2 La riabilitazione a seguito del Concilio Vaticano II 4 La beatificazione 4.1 Cronologia della causa di beatificazione 4.2 La cerimonia di beatificazione 5 Opere 5.1 Massime di perfezione cristiana 6 Rosmini e il Concilio Ecumenico Vaticano II 6.1 Tematiche affrontate nell'opera Delle Cinque Piaghe della Santa Chiesa 7 Scuole 8 Note 9 Bibliografia 10 Voci correlate 11 Altri progetti 12 Collegamenti esterni Biografia  Casa natale di Antonio Rosmini, in corso Rosmini, a Rovereto Fu secondogenito di Pier Modesto e di Giovanna dei Conti Formenti di Biacesa in Valle di Ledro, nipote di Ambrogio Rosmini Serbati, e al momento della sua nascita avvenuta il 24 marzo 1797, Rovereto faceva parte del dominio delle forze napoleoniche, che l'avevano strappato all'Impero asburgico. In quegli anni il Trentino fu terra di confine ora Tirolese (Tirolo italiano) ora appartenente al regno d'Italia, con capitale Milano.[1]  Della sua nascita, Rosmini renderà sempre grazie a Dio poiché «Egli la fece coincidere con la vigilia della Beata Maria Vergine Annunziata». Viveva con sua sorella maggiore Margherita, entrata nelle Suore di Canossa, e con suo fratello più piccolo, Giuseppe. Rosmini, terminato l'Imperial Regio Ginnasio di Rovereto, al tempo città della Contea del Tirolo, compì gli studi giuridici e teologici presso l'Università di Padova e manifestò il desiderio di diventare sacerdote. A questo proposito i famigliari raccontavano come, fin dalla più tenera età, Rosmini leggesse alla luce della sua aureola.[2]  Fu nel giugno 1820, in occasione della venuta a Rovereto del Vescovo di Chioggia Giuseppe Manfrin Provedi per consacrare le chiese di Santa Maria del Carmine e di Santa Croce, appartenente all'omonimo Monastero, che Antonio Rosmini, prendendo parte alla cerimonia, ottenne da Monsignor Manfrin il diaconato ed in seguito, a Chioggia, il 21 aprile 1821 ricevette l'ordinazione sacerdotale.[3] Intanto iniziò a mostrare una profonda inclinazione per gli studi filosofici, incoraggiato in tal senso da papa Pio VII.  Dal 1826 si trasferì a Milano dove strinse un profondo rapporto d'amicizia con Alessandro Manzoni che di lui ebbe a dire: «è una delle sei o sette intelligenze che più onorano l'umanità». Manzoni assistette Rosmini sul letto di morte, da cui trasse il testamento spirituale "Adorare, Tacere, Gioire". Gli scritti di Antonio Rosmini destarono l'ammirazione, tra gli altri, anche di Giovanni Stefani, Niccolò Tommaseo e Vincenzo Gioberti dei quali pure divenne amico.  Nel 1828, dopo aver dovuto lasciare il Trentino, per motivi di forte ostilità per le sue posizioni incontrati da parte del vescovo di Trento, il beato Giovanni Nepomuceno de Tschiderer, fondò al Sacro Monte Calvario di Domodossola la congregazione religiosa dell'Istituto della Carità, detta dei "Rosminiani". Le Costituzioni della nuova famiglia religiosa, contenute in un libro che curò per tutta la vita, furono approvate da papa Gregorio XVI nel 1839.  A Borgomanero svolge la sua attività di insegnamento e di guida spirituale in un collegio rosminiano, il "Collegio Rosmini", regolato dalla Congregazione delle Suore della Provvidenza Rosminiane.  Nel 1848 svolse una missione diplomatica per conto del Re di Sardegna Carlo Alberto presso la Santa Sede.  Il filosofo fu presidente dell'Accademia Roveretana degli Agiati ed il suo posto, anni dopo la sua morte, dal 1872 al 1888, fu assunto da don Francesco Paoli, suo segretario ed esecutore delle volontà, già direttore di Casa Rosmini.[4] Tra le volontà del filosofo vi fu anche quella di donare alla città di Rovereto un terreno nell'attuale zona di Santa Maria per costruirvi l'ospedale cittadino, e don Paoli onorò tale decisione.  Rosmini è sepolto all'interno del Santuario del SS. Crocifisso di Stresa. Nella stessa chiesa si trovano le spoglie di Clemente Rebora.  Pensiero Filosofia Rosmini portò avanti tesi filosofiche tese a contrastare sia l'illuminismo che il sensismo. Sottolineando l'inalienabilità dei diritti naturali della persona, fra i quali quello della proprietà privata, entrò in polemica con il socialismo e il comunismo[5], postulando uno Stato il cui intervento fosse ridotto ai minimi termini. Nelle sue teorie il filosofo seguì le concezioni di Sant'Agostino e di San Tommaso, rifacendosi anche a Platone.  Gli esordi filosofici di Antonio Rosmini si ricollegano a Pasquale Galluppi, sia pure polemicamente, in quanto Rosmini avverte con ogni chiarezza come risulti insostenibile una posizione di integrale sensismo gnoseologico.  La necessità di concepire una funzione ordinatrice dell'esperienza, e a questa precedente, porta Rosmini a guardare con interesse la filosofia di Kant. Tuttavia non è soddisfatto di ciò che lui chiama l'innatismo kantiano, legato ad una pluralità imbarazzante e precaria di categorie. Le quali, d'altra parte, gli sembrano fallire lo scopo di far conoscere il reale quale esso è, per la necessaria introduzione di modifiche soggettive nell'atto stesso del conoscere.   Contrada della Terra, a Rovereto. Memoria storica della presenza di Antonio Rosmini. Il problema filosofico di Rosmini si configurava perciò come quello di garantire oggettività alla conoscenza. La soluzione non potrà essere trovata, stante il rifiuto della trascendentalità kantiana e dei connessi sviluppi, se non in una ricerca ontologica, in un principio oggettivo di verità, che riesca ad illuminare l'intelligenza in quanto le si proponga con immediata evidenza, universalità e immutabilità.  Questo principio è per Rosmini l'idea dell'essere possibile, che da indeterminato contenuto dell'intelligenza, quale originariamente è, si fa determinato allorché viene applicato ai dati forniti dal senso. Essa precede e informa di sé tutti i giudizi con cui affermiamo che qualche cosa particolare esiste. L'idea dell'essere, dunque, costituisce l'unico contenuto della mente che non abbia origine dai sensi, ed è perciò innata (Nuovo saggio sull'origine delle idee, del 1830).[6]  Ma qui i problemi del kantismo, che sembrano superati o almeno messi da parte, si riaffacciano con urgenza: di fronte al mero ricevere dati, di cui parlava il sensismo, Rosmini ha chiarito che la mente umana nel suo uso conoscitivo formula giudizi, in cui l'idea dell'essere ha funzione di predicato, cioè di categoria, e la sensazione è il soggetto, di cui si predica qualche cosa. Nel giudizio, inoltre, il predicato si determina e la sensazione si certifica: se questa è la funzione propria del giudicare, ogni concetto non può sussistere che come predicato di un giudizio; né a questa necessità sembra potersi sottrarre il concetto di essere, che è dato solo nell'attività giudicante, come forma del giudizio.  Tuttavia Rosmini non accetta tale riduzione, ed esclude proprio il predicato di esistenza della funzione del giudizio, continuando ad attribuirgli una natura oggettiva e trascendente. È l'essere trascendente che si rivela all'uomo, lo illumina e gli permette di pensare. Chi lo nega come il nichilismo cade in una vuota posizione nullista.  Accanto a questa ontologia l'etica di Rosmini si sviluppa come etica caritativa (Principio della scienza morale, 1831).   Monumento sepolcrale di Antonio Rosmini, Vincenzo Vela, Stresa Politica Rosmini dedicò alla politica una breve ma intensa fase della sua vita. Seguì papa Pio IX riparato a Gaeta dopo la proclamazione della Repubblica Romana, ma la sua formazione attestatasi su ferme posizioni di cattolicesimo liberale era tale per cui fu costretto a ritirarsi sul Lago Maggiore, a Stresa. Tuttavia, quando Pio IX volle istituire dopo il 1849 una commissione incaricata della preparazione del testo per la definizione del dogma dell'Immacolata Concezione, nonostante ben due sue opere (Le cinque piaghe della Chiesa e La costituzione secondo la giustizia sociale) fossero all'Indice, Rosmini fu chiamato a prendere parte a tale commissione.  In generale, Rosmini era favorevole allo Stato liberale (vagheggiando la monarchia costituzionale), al costituzionalismo e anche alla separazione tra Stato e Chiesa (sebbene non "assoluta": Rosmini criticherà lo Statuto Albertino proprio per il suo porre ancora il cattolicesimo come religione di Stato, elogiandone comunque il tentativo distensivo nei confronti della Santa Sede, ma criticherà le leggi laiciste ed anticlericali emanate successivamente). In gioventù ammiratore di François-René de Chateaubriand e di Joseph de Maistre (per cui avrà comunque parole di elogio ancora nel 1839), si convincerà in seguito della sostanziale bontà della maggior parte delle conquiste dell'età moderna, criticandone solo le modalità: in tale ottica, Rosmini criticava sia la rivoluzione francese che l'Ancient Regime, riconoscendo invece la sostanziale bontà dei princìpi sanciti nel 1789 (distinguendoli dalle successive degenerazioni rivoluzionarie), in polemica con chi, da una parte e dall'altra, sosteneva una società da lui definita "perfettista".  Continuò a vivere a Stresa, fecondo nel perseguire il perfezionamento del suo sistema di pensiero con opere come Logica (1853) e Psicologia (1855), sino alla morte, avvenuta a 58 anni il 1º luglio 1855. Il suo corpo è oggi inumato in un sarcofago presso il Santuario SS. Sacramento a Stresa. Da Pio VIII a Benedetto XVI: il giudizio dei papi su Rosmini Ratzinger su Rosmini Il cardinale Joseph Ratzinger, il 18 maggio 1985 (quando la questione rosminiana era ancora ben accesa), nell'ambito di una serata organizzata dal Centro Culturale di Lugano, disse:  Nel confronto con le parole classiche della fede che sembrano così lontane da noi, anche il presente diventa più ricco di quanto sarebbe se rimanesse chiuso solo in se stesso. Vi sono naturalmente anche tra i teologi ortodossi molti spiriti poco illuminati e molti ripetitori di ciò che è già stato detto. Ma ciò succede ovunque; del resto la letteratura dozzinale è cresciuta in modo particolarmente rapido proprio là dove si è inneggiato più forte alla cosiddetta creatività. Io stesso per lungo tempo avevo l'impressione che i cosiddetti eretici fossero per una lettura più interessante dei teologi della chiesa, almeno nell'epoca moderna.  Ma se io ora guardo i grandi e fedeli maestri, da Mohler a Newman a Scheeben, da Rosmini a Guardini, o nel nostro tempo de Lubac, Congar, Balthasar - quanto più attuale è la loro parola rispetto a quella di coloro in cui è scomparso il soggetto comunitario della Chiesa.  In loro diventa chiaro anche qualcos'altro: il pluralismo non nasce dal fatto che uno lo cerca, ma proprio dal fatto che uno, con le sue forze e nel suo tempo, non vuole nient'altro che la verità. Per volerla davvero, si esige tuttavia anche che uno non faccia di se stesso il criterio, ma accetti il giudizio più grande, che è dato nella fede della Chiesa, come voce e via della verità.  Del resto io penso che vale la stessa regola anche per le nuove grandi correnti della teologia, che oggi sono ricercate: teologa africana, latinoamericana, asiatica, ecc. La grande teologia francese non è nata per il fatto che si voleva fare qualcosa di francese, ma perché non si presumeva di cercare nient'altro che la verità e di esprimerla più adeguatamente possibile.  E così questa teologia è diventata anche tanto francese quanto universale. La stessa cosa vale per la grande teologia italiana, tedesca, spagnola. Ciò vale sempre. Solo l'assenza di questa intenzione esplicita è fruttuosa. E di fatto non abbiamo davvero raggiunto la cosa più importante se noi ci siamo convalidati da soli, ci siamo accreditati da soli e ci siamo costruiti un monumento per noi stessi.  Abbiamo veramente raggiunto la meta più importante se siamo giunti più vicino alla verità. Essa non è mai noiosa, mai uniforme, perché il nostro spirito non la contempla che in rifrazioni parziali; tuttavia essa è nello stesso tempo la forza che ci unisce. E solo il pluralismo, che è rivolto all'unità, è veramente grande.»   Monumento ad Antonio Rosmini, in Corso Rosmini, a Rovereto Papa Pio VIII disse a Rosmini, in udienza il 15 maggio 1829:  «È volontà di Dio che voi vi occupiate nello scrivere libri: tale è la vostra vocazione. Ella maneggia assai bene la logica, e la Chiesa al presente ha gran bisogno di scrittori: dico, di scrittori solidi, di cui abbiamo somma scarsezza. Per influire utilmente sugli uomini, non rimane oggidì altro mezzo che quello di prenderli colla ragione, e per mezzo di questa condurli alla religione. Tenetevi certo, che voi potrete recare un vantaggio assai maggiore al prossimo occupandovi nello scrivere, che non esercitando qualunque altra opera del Sacro Ministero.»  Gregorio XVI, successore di Pio VIII, in risposta alla lettera che Antonio Rosmini gli aveva indirizzato il 10 gennaio 1832, il 27 marzo dello stesso anno gli scrisse:  «Diletto Figlio, a te il nostro saluto e la nostra Apostolica Benedizione. Abbiamo volentieri e con animo lieto ricevuto la tua lettera con i sensi della tua devota sommissione a Noi e alla Sede Apostolica che ci hai mandato il 10 gennaio, in cui ci parli della pia Società, chiamata Istituto della Carità e che con le tue fatiche è stata fondata nel territorio della diocesi di Novara con l'approvazione del Vescovo. E soprattutto ci hai anche informato che il medesimo Istituto è stato da poco chiamato anche dal Vescovo di Trento nella sua diocesi e che qui molti ecclesiastici, di provate virtù, vi hanno aderito. Per questi fatti davvero rendiamo il nostro umile grazie a Dio autore di ogni bene. E quantunque questo Istituto non sia stato ancora confermato dall'autorità di questa Santa Sede, tuttavia speriamo in bene di esso e ci allietiamo che lo stesso si dilati con il consenso dei nostri Venerabili Fratelli nell'Episcopato. Quindi, per quanto riguarda le Sante Indulgenze connesse a questo istituto, che domandi siano concesse, ricevi diletto figlio il nostro Rescritto unito a questa lettera, da cui sicuramente comprenderai che rispondiamo positivamente alla tua richiesta. Ti assicuriamo anche che ci è pervenuto il libro sopra i Principi della Dottrina Morale da te edito e mandatoci in omaggio e ti dichiariamo il grazie del nostro animo per il dono. Tuttavia per la tensione nelle gravissime fatiche del Governo Apostolico non abbiamo ancora letto lo stesso libro, ma siamo certamente persuasi che esso sia in tutto conforme alla più sana dottrina e utilissimo alla sua difesa. Continua dunque, diletto figlio, lo studio e prosegui a spendere le tue fatiche ad onore di Dio per l'utilità della Chiesa; in Cielo sarà copiosa la ricompensa per la tua opera. Frattanto la paterna carità con cui ti abbracciamo nell'umanità di Cristo sia pegno dell'apostolica benedizione, che sgorgante dall'intimo del cuore ti impartiamo.»  (Da Breve pontificio di Gregorio P.P.XVI, del 27 marzo 1832) Pio IX rivolgendosi al Vescovo di Cremona, nel 1854 dopo il decreto Dimittantur opera omnia parlando di Rosmini disse[7]:  «Non solo è un buon cattolico, ma santo: Iddio si serve dei santi per far trionfare la verità»  Il papa Leone XIII, al tempo delle aspre e dolorose lotte che si svolgevano intorno al pensiero rosminiano sul finire del diciannovesimo secolo, in una lettera indirizzata agli arcivescovi di Milano, Torino e Vercelli, del 25 gennaio 1882, fra l'altro scrisse:  «Ma non vogliamo che con questo abbia a patir detrimento il religioso Sodalizio della Carità; il quale come per lo innanzi spese utilmente le sue fatiche a beneficio del prossimo, secondo lo spirito dell'Istituto, così è desiderabile che fiorisca in avvenire e prosegua a rendere ognora più abbondanti frutti»  Rosmini Rovereto 02.jpg La condanna del Sant'Uffizio Col decreto del Sant'Uffizio "Post Obitum" del 1887, firmato da Leone XIII, vennero condannate, in quanto "non conformi alla verità cattolica", 40 proposizioni contenute nelle opere del Rosmini, le quali la Sacra Congregazione romana "giudicò doversi riprovare, condannare e proscrivere, nel proprio senso dell’autore", chiarendo inoltre che non era lecito "a chicchessia di inferire, che le altre dottrine del medesimo Autore, che non vengono condannate per questo decreto, siano per veruna guisa approvate"[8].  La riabilitazione a seguito del Concilio Vaticano II Giovanni XXIII, negli ultimi anni della sua vita, meditò in ritiro spirituale le rosminiane "Massime di Perfezione Cristiana", assumendole come propria regola di condotta. Anche Paolo VI prestò interesse nel Rosmini: in occasione del 150º anniversario di fondazione dell'Istituto della Carità inviò un messaggio all'allora padre generale, in cui elogiava l'intuizione del Rosmini nel dare un grande peso alla missione caritativa già nel nome del nativo istituto religioso, appunto l'Istituto della Carità. Pubblicamente Paolo VI citò Rosmini durante il discorso tenuto alla Federazione Universitaria Cattolica Italiana del 2 settembre 1963 riguardante la cultura cattolica e l'Europa. Inoltre sotto il suo pontificato venne tolto il divieto di pubblicazione dell'opera Dalle Cinque Piaghe della Santa Chiesa.  Alla morte di Paolo VI venne eletto papa Giovanni Paolo I, che si era laureato in sacra teologia alla Pontificia Università Gregoriana di Roma con una tesi su L'origine dell'anima umana secondo Antonio Rosmini. È bene precisare che Luciani era fortemente critico nei riguardi del pensiero rosminiano, solo successivamente cambiò opinione, rivolgendo nei riguardi di Rosmini parole di ammirazione e stima.  Tuttavia fu con il pontificato di Giovanni Paolo II che il pensiero rosminiano ha potuto liberarsi delle aspre critiche e delle condanne che accompagnavano l'Istituto della Carità fin dai tempi della sua fondazione. Nella Lettera Enciclica Fides et ratio, Giovanni Paolo II ha annoverato Rosmini «tra i pensatori più recenti nei quali si realizza un fecondo incontro tra sapere filosofico e Parola di Dio». Ne ha inoltre concesso l'introduzione della causa di beatificazione, conclusasi nella sua fase diocesana novarese il 21 marzo 1998.  Nel 2001, Joseph Ratzinger da prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede emanò nel 2001 il famoso documento Nota ai Decreti dottrinali sul Rev.do sac. Antonio Rosmini Serbati. La nota si concludeva confermando la validità del decreto Post obitum sulle quaranta proposizioni, e allo stesso tempo con la riabilitazione di Rosmini:  «Il Decreto dottrinale Post obitum non si riferisce al giudizio sulla negazione formale di verità di fede da parte dell'Autore, ma piuttosto al fatto che il sistema filosofico-teologico del Rosmini era ritenuto insufficiente e inadeguato a custodire ed esporre alcune verità della dottrina cattolica, pur riconosciute e confessate dall'Autore stesso.[...] Si possono attualmente considerare ormai superati i motivi di preoccupazione e di difficoltà dottrinali e prudenziali, che hanno determinato la promulgazione del Decreto Post obitum di condanna delle "Quaranta Proposizioni" tratte dalle opere di Antonio Rosmini. E ciò a motivo del fatto che il senso delle proposizioni, così inteso e condannato dal medesimo Decreto, non appartiene in realtà all'autentica posizione di Rosmini, ma a possibili conclusioni della lettura delle sue opere. Resta tuttavia affidata al dibattito teoretico la questione della plausibilità o meno del sistema rosminiano stesso, della sua consistenza speculativa e delle teorie o ipotesi filosofiche e teologiche in esso espresse. Nello stesso tempo rimane la validità oggettiva del Decreto Post obitum in rapporto al dettato delle proposizioni condannate, per chi le legge, al di fuori del contesto di pensiero rosminiano, in un'ottica idealista, ontologista e con un significato contrario alla fede e alla dottrina cattolica.»  (Nota ai Decreti dottrinali sul Rev.do sac. Antonio Rosmini Serbati[9]) Il documento ribadisce la diversità di linguaggio e apparato concettuale del sistema rosminiano rispetto al tomismo, l'assenza di apparato critico nelle opere postume e la permanente "difficoltà oggettiva di interpretarne le categorie, soprattutto se lette nella prospettiva neotomista".  Il 1º giugno 2007, papa Benedetto XVI ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il Decreto sul miracolo della guarigione di Suor Ludovica Noè, attribuito all'intercessione di Antonio Rosmini. Tra quelli portati dalla postulazione dei padri rosminiani, si è scelto di dare maggiore impulso a quello della guarigione della suora sopracitata, poiché il medico che la curò si convertì in seguito all'accaduto.  Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della CEI, a margine del Convegno sulla sfida educativa tenuto a Milano il 18 marzo 2010, ha tenuto un intervento intitolato "Istanze educative e questione antropologica" in cui ha riconosciuto le istanze pedagogiche del Beato Antonio Rosmini. Il 1º luglio 2010, il card. Angelo Bagnasco ha presieduto a Stresa la celebrazione eucaristica per il Dies Natalis di Antonio Rosmini.  Nel corso dell'Angelus domenicale fu ricordato per la sola "carità intellettuale" e perché "testimoniò la virtù della carità in tutte le sue dimensioni e ad alto livello"[10]. Avversario del sensismo e dell'illuminismo settecenteschi, fu mentore e maestro intellettuale di quattro Pontefici eletti consecutivamente: Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I e II[11]. La beatificazione Cronologia della causa di beatificazione 19 febbraio 1994. Nulla osta della Congregazione per la Dottrina della Fede che consente l'inizio della causa di beatificazione. 1º luglio 1997. Apertura del processo informativo diocesano dopo la nomina dei Censori teologi e delle commissioni storiche in Novara. 15 agosto 1997. Don Claudio Massimiliano Papa, I.C., diventa postulatore della Causa succedendo a padre Remo Bessero Belti, storico dell'Istituto e già Direttore del Centro Internazionale di Studi Rosminiani di Stresa. 21 marzo 1998. Chiusura del Processo informativo Diocesano. 26 marzo 1998. Consegna del Trasunto alla Congregazione per le cause dei Santi. 6 giugno 1998. Apertura del Trasunto. 15 gennaio 1999. Decreto di Validità del processo diocesano. 3 marzo 1999. Schema per la stesura della Positio. 2 dicembre 1999. Consegna del lavoro sul Post obitum curato dal Postulatore. 16 dicembre 1999. Il Relatore generale approva il lavoro sul Post obitum e il lumen oculorum tuorum 20 dicembre 1999. Consegna del lavoro sul Post obitum alla Congregazione per la Dottrina della Fede. 1º luglio 2001. Il giorno dell'anniversario della morte di Rosmini viene pubblicata sull'Osservatore Romano la Nota della Congregazione per la dottrina della fede sul valore dei decreti dottrinali concernenti il pensiero e le opere del Rev.do sacerdote Antonio Rosmini Serbati, a firma del cardinal Joseph Ratzinger e di mons. Tarcisio Bertone. 3 luglio 2001. Rilascio del Nihil obstare per la Causa di Beatificazione. 1º luglio 2002. Il Relatore approva e firma la Positio. 23 gennaio 2003. Conclusione della stampa e consegna alla Congregazione per le cause dei santi della Positio (4.693 pagine). 26 maggio 2004. Consegna del Trasunto super miro alla Congregazione per le cause dei santi. 29 maggio 2004. Validità dell'inquisizione diocesana sul processo super miro. 28 giugno 2004. Presentazione fattispecie super miro. 12 ottobre 2004. Revisa della fattispecie con firma del sotto-segretario. 28 ottobre 2004. Relatio et vota del Congresso Storico (con esito positivo). 3 febbraio 2005. Relatio et vota del Congresso teologico super virtutibus (con esito positivo). 6 giugno 2006. Ordinaria della Congregazione per le cause dei santi: esito affermativo. Ponente della Causa Mons. Rino Fisichella. 26 giugno 2006. Papa Benedetto XVI autorizza la Congregazione per le Cause dei Santi a promulgare il decreto di esercizio eroico delle virtù. 12 ottobre 2006. La Consulta medica della Congregazione per le Cause dai Santi, si esprime con esito affermativo (all'unanimità 5 su 5) circa l'inspiegabilità scientifica dell'evento di guarigione avvenuto a Sr. Ludovica Noè. Il presunto evento miracoloso è avvenuto il 6 gennaio 1927. 19 dicembre 2006. Al termine del dibattito, i Consultori si sono unanimemente espressi con voto affermativo (7 su 7), ravvisando nella guarigione in esame un miracolo operato da Dio per intercessione del Ven. Antonio Rosmini. 1º giugno 2007. Papa Benedetto XVI autorizza la pubblicazione da parte della Congregazione per le Cause dei Santi del riconoscimento delle virtù eroiche di Rosmini. 18 novembre 2007. Nella diocesi di Novara si celebra la cerimonia di Beatificazione dando lettura del decreto di Benedetto XVI che iscrive Rosmini tra i Beati. La cerimonia di beatificazione La cerimonia di beatificazione è avvenuta il 18 novembre 2007 nella città di Novara: appositamente è stato fatto allestire il Palasport della città, unico luogo capace di raccogliere un numero di fedeli così significativo.  Con il pontificato di Benedetto XVI le beatificazioni vengono preferibilmente celebrate dai cardinali, per rendere ancora più piena la comunione tra loro e il successore di Pietro, e viene privilegiato il luogo in cui il candidato agli onori degli altari ha vissuto. Così, in qualità di delegato pontificio, la celebrazione è stata officiata dal cardinale José Saraiva Martins, allora prefetto della congregazione per le Cause dei Santi. A fianco dell'altare erano disposti gli spalti da cui hanno concelebrato circa 400 sacerdoti, non soltanto rosminiani.  A prendere parte alla processione e celebrare sull'altare, insieme al preposito generale James Flynn c'era il segretario generale dell'Istituto p. Domenico Mariani con gli allora componenti della Curia Generalizia dell'Istituto della Carità, il Vicario per la Carità Spirituale p. Crish Fuse, il Vicario per la Carità Intellettuale p. Giancarlo Taverna Patron, il Vicario per la Carità Temporale p. David Tobin, l'allora preposito della Provincia Italiana don Umberto Muratore (profondo conoscitore del pensiero di Rosmini) e il padre postulatore della Causa di Beatificazione, don Claudio Massimiliano Papa.  Hanno partecipato alla celebrazione anche il cardinale ex prefetto della Sacra Congregazione per i vescovi Giovanni Battista Re, il cardinale arcivescovo di Torino Severino Poletto, il vescovo di Novara, mons. Renato Corti, l'arcivescovo di Trento, mons. Luigi Bressan, il vescovo rosminiano mons. Antonio Riboldi e fra gli altri anche mons. Germano Zaccheo (che sarebbe improvvisamente scomparso due giorni dopo), vescovo della Diocesi di Casale Monferrato, mons. Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea (che durante la III sessione del Concilio Ecumenico Vaticano II fece per primo il nome di Rosmini), l'allora segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana Giuseppe Betori, mons. Giovanni Lajolo, presidente del Governatorato della Città del Vaticano, l'allora rettore della Pontificia Università Lateranense, mons. Rino Fisichella, il Vicario Episcopale per la Vita Consacrata dell'arcidiocesi di Milano monsignor Ambrogio Piantanida e il preposito generale dei barnabiti, padre Giovanni Maria Villa.  Tra i numerosissimi fedeli (più di diecimila) accorsi da diverse parti del mondo per presenziare alla celebrazione, hanno preso parte anche personalità politiche.  Tra queste il senatore a vita Oscar Luigi Scalfaro, l'allora presidente del Senato, Franco Marini, e Arturo Parisi, al tempo Ministro della Difesa. Rosmini è il primo beato della Provincia del Verbano Cusio Ossola.  In occasione della beatificazione sono stati moltissimi i quotidiani e periodici italiani e esteri che hanno dedicato articoli, pagine e interi numeri alla figura di Rosmini.  Opere  Frontespizio dell'opera Delle cinque piaghe della santa chiesa edizione di Bruxelles (1848)  Monumento a Rosmini a Milano (1896) Sono numerosissimi gli scritti del Beato Antonio Rosmini, certamente il più importante a livello ascetico e spirituale sono le Massime di Perfezione Cristiana, su cui anche papa Giovanni XXIII fece delle riflessioni prima di morire. Gli costarono la messa all'Indice dei libri proibiti le opere "Delle Cinque Piaghe della Santa Chiesa" e "Dalla Costituzione secondo la giustizia sociale". In ambito filosofico meritano di essere ricordati:  Nuovo saggio sull'origine delle idee, 1830 Principii della scienza morale, 1831 Filosofia della morale, 1837 Antropologia in servigio della scienza morale, 1838 Filosofia della politica, 1839 Trattato della coscienza morale, 1839 Filosofia del diritto, 1841-1845 Teodicea, 1845 Sull'unità d'Italia, 1848 Il comunismo e il socialismo, 1849 Massime di perfezione cristiana Le Massime di perfezione cristiana furono scritte da Rosmini per definire il fondamento spirituale sul quale tutti i cristiani potessero avere un cammino nella perfezione.  Nel Vangelo stesso è scritto: "Siate perfetti come è perfetto il vostro Padre celeste" (Mt 5,48)  1ª Massima: Desiderare unicamente ed infinitamente di piacere a Dio, cioè di essere giusto.  2ª Massima: Orientare tutti i propri pensieri e le azioni all'incremento e alla gloria della Chiesa di Cristo.  3ª Massima: Rimanere in perfetta tranquillità circa tutto ciò che avviene per disposizione di Dio riguardo alla Chiesa di Cristo, lavorando per essa secondo la chiamata di Dio.  4ª Massima: Abbandonare se stesso nella Provvidenza di Dio.  5ª Massima: Riconoscere intimamente il proprio nulla.  6ª Massima: Disporre tutte le occupazioni della propria vita con uno spirito di intelligenza Rosmini e il Concilio Ecumenico Vaticano II Di particolare interesse fu la sua opera "Le cinque piaghe della santa Chiesa", scritta nel 1832 e pubblicata nel 1848. L'autore mostrò di discostarsi dall'ortodossia dell'epoca. Per tale ragione l'opera fu messa all'Indice sin dal 1849 e ne scaturì una polemica nota col nome di "questione rosminiana". L'opera fu riscoperta al Concilio Vaticano II. Il primo a parlare al Concilio di Rosmini fu il vescovo mons. Luigi Bettazzi, presente durante alcune sessioni in rappresentanza del cardinal Giacomo Lercaro di cui era Vicario generale.  Di Rosmini, Bettazzi disse, il 4 ottobre 1965 durante la Congregazione 141/1 periodo IV:  «...Mi sia consentito ricordare ancora in quest'aula l'esempio di Rosmini, molto legato a Tommaso, ma anche studioso e amante del suo tempo, e che certamente guadagnò a Cristo non pochi uomini contemporanei e posteriori. Tutto questo mi sembra si accordi con le cose che sono state già dette da non pochi Padri su questo schema in generale, che cioè gli uomini non si aspettano dalla Chiesa soluzioni particolari, ma piuttosto la presentazione di valori che li aiutino a trascorrere questa vita umana più nobilmente e con maggiore sicurezza. Parlando della libertà abbiamo dovuto esaltare i valori dell'umiltà; parlando del matrimonio, il ruolo della fortezza; parlando dei problemi economici e di molti altri problemi, l'efficacia di un certo disprezzo delle cose: occorre dunque mettere in luce la necessità dell'ubbidienza, della castità, della povertà, non solo nella vita e nell'esempio (e nella Bozza di Documento!) dei religiosi, aiuto agli uomini di questo tempo, perché possano vivere la loro vita umana nel modo migliore e più efficace; il primo e principale compito dunque per i cristiani che coltivano la sapienza dev'essere, alla luce del Magistero, l'amore delle Scritture e l'amore di questo mondo in un colloquio franco e aperto...»  Papa Paolo VI, in un'udienza concessa alle suore rosminiane disse a proposito di Rosmini:  «...i suoi libri sono pieni di pensiero, un pensiero profondo, originale che spazia in tutti i campi: quello filosofico, morale, politico, sociale, soprannaturale, religioso, ascetico; libri degni di essere conosciuti e divulgati... È stato anche un profeta: Le Cinque piaghe della Chiesa (una volta la chiesa non aveva piacere che si mettessero in luce le sue mancanze, le sue debolezze). Lui, per esempio, previde la partecipazione liturgica del popolo...Tutti i suoi pensieri indicano uno spirito degno di essere conosciuto, imitato e forse invocato anche come protettore dal Cielo. Ve lo auguriamo di cuore...»  Tematiche affrontate nell'opera Delle Cinque Piaghe della Santa Chiesa L'opera è suddivisa in cinque capitoli (corrispondenti ciascuna ad una piaga, paragonata alle piaghe di Cristo). In ogni capitolo la struttura è la medesima:  un quadro ottimistico della Chiesa antica segue un fatto nuovo che cambia la situazione generale (invasioni barbariche, nascita di una società cristiana, ingresso dei vescovi nella politica) la piaga i rimedi. Prima piaga. È la divisione del popolo dal clero nel culto pubblico. Nell'antichità il culto era un mezzo di catechesi e formazione e il popolo partecipava al culto. Poi, le invasioni barbariche, la scomparsa del latino, la scarsa istruzione del popolo, la tendenza del clero a formare una casta hanno eretto un muro di divisione tra il popolo e i ministri di Dio. Rimedi proposti: insegnamento del latino, spiegazione delle cerimonie liturgiche, uso di messalini in lingua volgare.  Seconda piaga. Insufficiente educazione del clero. Se un tempo i preti erano educati dai vescovi, ora ci sono i seminari con "piccoli libri" e "piccoli maestri": dura critica alla scolastica, ma soprattutto ai catechismi. Rimedio: necessità di unire scienza e pietà.  Terza piaga. Disunione tra i vescovi. Critica serrata ai vescovi dell'ancien régime: occupazioni politiche estranee al ministero sacerdotale, ambizione, servilismo verso il governo, preoccupazione di difendere ad ogni costo i beni ecclesiastici, "schiavi di uomini mollemente vestiti anziché apostoli liberi di un Cristo ignudo". Rimedi: riserve sulla difesa del patrimonio ecclesiastico, accenni espliciti di consenso alle tesi dell'Avenir sulla rinunzia alle ricchezze e allo stipendio statale per riavere la libertà.  Quarta piaga. La nomina dei vescovi lasciata al potere temporale. Rosmini compie un'approfondita analisi storica sull'evoluzione del problema e critica i concordati moderni con cui la S. Sede ha ceduto la nomina al potere statale (e, accenna prudentemente, per avere compensi economici). Rimedi: propone un ritorno all'elezione dei vescovi da parte dei fedeli.  Quinta piaga. La servitù dei beni ecclesiastici. Rosmini sostiene la necessità di offerte libere, non imposte d'autorità con l'appoggio dello Stato, rileva i danni del sistema beneficiale, propone la rinuncia ai privilegi e la pubblicazione dei bilanci.  Scuole A lui sono intolati vari istituti scolasti in città italiane.  Rovereto, sua città natale, gli ha dedicato il liceo Antonio Rosmini che frequentò quando ancora si chiamava Imperiale e Regio Ginnasio. Borgomanero ospita l'Istituto Antonio Rosmini dal 1857.[12] Domodossola ospita il liceo delle Scienze Umane "Antonio Rosmini (istituto parificato).[13] Roma ospita la sede dell'Istituto Comprensivo Antonio Rosmini.[14] Torino ospita la biblioteca Antonio Rosmini del polo biomedico universitario che in passato fu un istituto scolastico attivo fino alla fine del XX secolo.[15] Trento, dove si trova il liceo "A. Rosmini".[16] Note ^ M. Farina, pp. 15-47. ^ I. Prosser, p. 154. ^ I. Prosser, p. 129. ^ Marcello Bonazza, L'Accademia Roveretana degli Agiati (PDF), su agiati.it, Accademia Roveretana degli Agiati, 1998. URL consultato il 6 aprile 2018 (archiviato dall'url originale il 7 aprile 2018).  «Don Francesco Paoli (1808-1891)... artefice della rinascita dell'Accademia nel 1872 e suo presidente fino al 1888». ^ Antonio Rosmini, Ragionamento sul comunismo e socialismo, Giovanni Grondona, Genova 1849 ^ Questa tesi fu messa in discussione da Giacomo Andrea Abbà a cui Rosmini controbatté nel Diario filosofico di Adolfo, VII, G.A.A.(pubblicato in Riv. rosminiana, III [1908], pp. 1-8). ^ PAGANI-ROSSI, Vita di Antonio Rosmini, Vol.II, p.680 ^ http://www.rosmini.it/Resource/Causa/05%20Decreto%20Post%20Obitum%201887.pdf ^ Nota sul valore dei Decreti dottrinali concernenti il pensiero e le opere del Rev.do Sac. Antonio Rosmini Serbati, su vatican.va, 1º luglio 2001 (archiviato il 7 agosto 2001). ^ Angelus: Rosmini, esempio per la Chiesa, su agensir.it, 18 novembre 2007. ^ Biografia di Antonio Rosmini, su vatican.va. ^ Istituto Antonio Rosmini, su rosmini-borgomanero.it. URL consultato il 9 maggio 2020. ^ Liceo delle Scienze Umane "Antonio Rosmini", su cercalatuascuola.istruzione.it. URL consultato il 9 maggio 2020. ^ Istituto Comprensivo Antonio Rosmini, su ic-rosmini.edu.it. URL consultato il 9 maggio 2020. ^ Biblioteca Rosmini, su biomedico.campusnet.unito.it. URL consultato il 9 maggio 2020. ^ LICEO "A. Rosmini" - TRENTO, su vivoscuola.it. URL consultato il 9 maggio 2020. Bibliografia Fonti Marcello Farina, Antonio Rosmini e l'Accademia degli Agiati, Brescia, Morcelliana Edizioni, 2000, ISBN 88-372-1805-2. Italo Prosser, El pra' de le Móneghe: cronistoria del monastero di Santa Croce nell'antico comune di Lizzana, Rovereto (Trento), Stella, 2003, SBN IT\ICCU\TO0\1613699. Approfondimenti Michele Federico Sciacca, La filosofia morale di Antonio Rosmini, Torino, Fratelli Bocca, 1955. Giovanni Pusineri, Rosmini (Edizione riveduta e aggiornata da Remo Bessero Belti), Stresa (VB), Edizioni Rosminiane Sodalitas, 1989. Michele Dossi, Profilo filosofico di Antonio Rosmini, Brescia, Morcelliana, 1998, ISBN 88-372-1687-4. Alfeo Valle, Antonio Rosmini. Il carisma del fondatore, Rovereto (TN), Longo Editore, 1991. Paolo Marangon, Il Risorgimento della Chiesa. Genesi e ricezione delle "Cinque piaghe" di A. Rosmini, collana Italia Sacra, Roma, Casa Editrice Herder, 2000. Antonio Rosmini, Frammenti di una storia della empietà, a c. di Alfredo Cattabiani con una nota filologica di M. Albertazzi, Trento, La Finestra, 2003. Fulvio De Giorgi, Rosmini e il suo tempo. L'educazione dell'uomo moderno tra riforma della filosofia e rinnovamento della Chiesa (1797-1833), Brescia, Morcelliana, 2003. Michele Dossi, Il Santo Probito, La vita e il pensiero di Antonio Rosmini, Trento, Il Margine, 2007, ISBN 978-88-6089-021-4. Paolo Gomarasca, Rosmini e la forma morale dell'essere. La "poiesi" del bene come destino della metafisica, Milano, FrancoAngeli, 1998. Francesco Paoli, Antonio Rosmini, Virtù quotidiane, Verona, Edizioni Fede & Cultura, 2007. ISBN 978-88-89913-27-7 Maurizio De Paoli, Antonio Rosmini. Maestro e profeta, Milano, Edizioni San Paolo, 2007. Piero Sapienza, Eclissi Dell'educazione? La sfida educativa nel pensiero di Rosmini, Roma, Libreria Editrice Vaticana, 2008. Giuseppe Goisis, Il pensiero politico di Antonio Rosmini e altri saggi fra critica ed Evangelo, S. Pietro in Cariano (VR), Gabrielli Editori, 2009. Comunità di San Leolino (a cura di), Una profezia per la Chiesa. Antonio Rosmini verso il Vaticano II, Panzano in Chianti (FI), Edizioni Feeria-Comunità di San Leolino, 2009. Umberto Muratore, Rosmini per il Risorgimento. 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Stefania Zanardi, La filosofia di Antonio Rosmini di fronte alla Congregazione dell'Indice (1850-1854), con Prefazione di Fulvio De Giorgi, Milano, FrancoAngeli, 2018.  Voci correlate Restaurazione Antonio Fogazzaro Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Antonio Rosmini Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Antonio Rosmini Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Antonio Rosmini Collegamenti esterni Sito ufficiale, su rosmini.it. Modifica su Wikidata Antonio Rosmini, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Antonio Rosmini, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Antonio Rosmini, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010. Modifica su Wikidata (EN) Antonio Rosmini, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Modifica su Wikidata Antonio Rosmini, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Antonio Rosmini, su accademicidellacrusca.org, Accademia della Crusca. Modifica su Wikidata Antonio Rosmini, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana. Modifica su Wikidata (DE) Antonio Rosmini (XML), in Dizionario biografico austriaco 1815-1950. Modifica su Wikidata (EN) Antonio Rosmini, su Find a Grave. Modifica su Wikidata Opere di Antonio Rosmini, su Liber Liber. Modifica su Wikidata Opere di Antonio Rosmini, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Antonio Rosmini / Antonio Rosmini (altra versione), su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata (EN) Antonio Rosmini, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company. Modifica su Wikidata Antonio Rosmini, su Santi, beati e testimoni, santiebeati.it. Modifica su Wikidata Sito ufficiale degli scritti di Antonio Rosmini, su rosminionline.it. Un esteso saggio inedito su Antonio Rosmini si puà trovare sul Blog di Carlo Ellena (EN) Edward N. Zalta (a cura di), Antonio Rosmini, in Stanford Encyclopedia of Philosophy, Center for the Study of Language and Information (CSLI), Università di Stanford. Controllo di autorità                          VIAF (EN) 49636 · ISNI (EN) 0000 0001 2117 2715 · SBN IT\ICCU\CFIV\005649 · LCCN (EN) n79065278 · GND (DE) 118602888 · BNF (FR) cb121577279 (data) · BNE (ES) XX1164389 (data) · NLA (EN) 36549484 · BAV (EN) 495/21332 · CERL cnp00905104 · WorldCat Identities (EN) lccn-n79065278 Biografie Portale Biografie Cattolicesimo Portale Cattolicesimo Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XIX secoloTeologi italianiPresbiteri italianiNati nel 1797Morti nel 1855Nati il 24 marzoMorti il 1º luglioNati a RoveretoMorti a StresaBeati italiani del XIX secoloBeati proclamati da Benedetto XVIFondatori di società e istituti cattoliciPersonalità del cattolicesimoMembri dell'Accademia delle Scienze di TorinoFederalistiUomini universaliPersone legate all'Accademia Roveretana degli AgiatiFilosofi cattoliciRosminiani[altre]. Refs.: Luigi Speranza, “Rosmini e Grice,” per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

rosselli: (with two s’s, as opposed to rosella) -- important Italian philosopher – There is a Rosselli Circle in Rome – Carlo Rosselli Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search  Carlo Rosselli Carlo Alberto[1] Rosselli (Roma, 16 novembre 1899 – Bagnoles-de-l'Orne, 9 giugno 1937) è stato un attivista, giornalista, filosofo, storico ed antifascista italiano.  Fu il teorico del "socialismo liberale", un socialismo riformista non marxista direttamente ispirato dal laburismo britannico e dalla tradizione storico-politica, italiana e non, del radicalismo liberale e libertario. Nel 1925 fondò a Firenze il foglio clandestino Non Mollare e nel 1926, insieme al socialista Pietro Nenni, la rivista milanese Il Quarto Stato. Fondò nel 1929 a Parigi il movimento antifascista Giustizia e Libertà, che nel 1936 combatté per la Repubblica nella Guerra civile spagnola, all'interno della Colonna Italiana Rosselli, costituita assieme agli anarchici. Nel 1937 fu ucciso in Francia insieme con il fratello Nello da assassini legati al regime fascista.  Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Fratelli Rosselli.  Nello Rosselli  Indice 1Biografia 1.1La nascita, la guerra e gli studi 1.2                          L'avvento del fascismo e l'inizio della lotta 1.3Il confino e la fuga da Lipari 1.4L'esilio a Parigi. La nascita di "Giustizia e Libertà" 1.5L'impegno nella guerra civile spagnola 1.6L'assassinio 2Il pensiero 3Note 4Bibliografia 4.1Opere di Carlo Rosselli 4.2Opere su Carlo Rosselli 5Altri progetti 6Collegamenti esterni Biografia La nascita, la guerra e gli studi  Amelia Pincherle, madre di Carlo. Rosselli nacque a Roma  il 16 novembre del 1899 da un'agiata famiglia ebraica, secondogenito dei tre figli del livornese Giuseppe Emanuele "Joe" Rosselli (10 agosto 1867 - Firenze, 9 settembre 1911) e della veneziana Amelia Pincherle (16 gennaio 1870 - Firenze, 26 dicembre 1954), sorella di Carlo Pincherle, architetto e pittore, oltreché padre dello scrittore Alberto Moravia. Sia la famiglia paterna che quella materna, fermamente legate agli ideali repubblicani e mazziniani, erano state politicamente attive, avendo partecipato alle vicende del Risorgimento italiano: Pellegrino Rosselli, tra l'altro zio della futura moglie di Ernesto Nathan (Sindaco di Roma dal novembre del 1907 al dicembre del 1913), fu un seguace e stretto collaboratore di Giuseppe Mazzini nei suoi ultimi anni di vita (morì difatti in clandestinità nella sua casa pisana) ed un Pincherle fu nominato ministro durante la breve esperienza della Repubblica di San Marco, instauratasi nel Triveneto a seguito d'una massiccia insurrezione anti-asburgica guidata da Daniele Manin e Niccolò Tommaseo.  I Rosselli avevano abitato per un considerevole periodo a Vienna, dove Giuseppe Emanuele aveva studiato composizione musicale e dove, nel 1895, era nato il primogenito Aldo Sabatino. In seguito, si trasferirono a Roma, dove il padre, rinunciando alle sue aspirazioni artistiche, si dedicò alla vita mondana, mentre la madre ottenne dei discreti successi come autrice di drammi teatrali. Qui, dopo la propria nascita, venne alla luce, l'anno seguente, il terzogenito Sabatino Enrico "Nello".  Nel 1903, i due coniugi si separarono: le condizioni economiche della famiglia avevano subito un grave tracollo a causa della leggerezza del padre. Amelia si trasferì con i suoi tre figli a Firenze, dove frequentarono le scuole: Carlo mostrò in quel periodo poco interesse per gli studi e la madre lo ritirò dal ginnasio, facendogli frequentare le scuole tecniche. Nel 1911 morì il padre.  L'entrata in guerra dell'Italia, nel 1915, fu accolta con entusiasmo dalla famiglia Rosselli, decisamente interventista. Il fratello Aldo fu arruolato come ufficiale di fanteria e morì in combattimento nel 1916, ricevendo una medaglia d'argento alla memoria. Carlo, ancora studente, collaborava dal 1917 al foglio di propaganda «Noi giovani», fondato dal fratello Nello, anche se l'editoriale Il nostro programma, che aprì in gennaio il primo numero del giornale, fu redatto con buone probabilità assieme a Carlo.  Il manifesto, che l'ingenuità di due ragazzi indirizzava verso una fiduciosa speranza in un mondo migliore, proponeva sin da allora alcuni tratti fondamentali della personalità di Carlo, ossia un amore incondizionato per l'umanità e la spinta all'azione nel solco dello spirito mazziniano, che lo inserisce nel filone dell'interventismo democratico. Per «Noi giovani», licenziò i primi articoli, uno in aprile sulla rivoluzione russa di febbraio, il secondo nel mese successivo vertente sull'entrata in guerra degli Stati Uniti.  Il primo testo, Libera Russia, esalta il risveglio del paese di Gorkij, Tolstoj e Dostoevskij, supremi interpreti di un rinnovamento in atto già dal secolo precedente, per cui la rivoluzione di febbraio non era che il punto culminante di una lunga preparazione all'avvento di una società più giusta. Vi «era tutta una massa che saliva lentamente, inesorabilmente. La marcia si poteva ritardare ma non impedire». Dei recentissimi eventi, inoltre, viene esaltata la componente "pacifica", la loro attuazione relativamente non violenta.  L'articolo Wilson mostra tutta la fiducia nutrita per l'uomo che definì il conflitto come «a war to end wars» (una guerra per porre fine alle guerre), uno slogan che rappresentava bene le speranze di Carlo e di tutta la famiglia Rosselli.[2]  In giugno fu chiamato alle armi: frequentò a Caserta il corso allievi ufficiali e venne assegnato nell'aprile del 1918 a un battaglione di alpini in Valtellina. La guerra finì senza che egli avesse dovuto sottomettersi al battesimo del fuoco e venne congedato col grado di tenente nel febbraio 1920.  Il contatto con i giovani militari appartenenti ai ceti più popolari fu molto importante per Rosselli e per altri studenti come lui: «apprezzarono la massa [...] furon posti in grado di comprendere tante cose che sarebbero loro certamente sfuggite nel loro isolamento di classe o di professione».   Gaetano Salvemini Diplomatosi all'Istituto tecnico, si iscrisse a Firenze al corso di Scienze sociali, laureandosi a pieni voti il 4 luglio 1921 con una tesi sul sindacalismo e si preparò a sostenere anche gli esami di maturità classica per ottenere il diritto di frequentare altri corsi universitari. Tramite il fratello Nello aveva conosciuto Gaetano Salvemini, professore dell'Università fiorentina, che sarà da allora un costante punto di riferimento per entrambi i fratelli. Gli fece rivedere la sua tesi, che Salvemini giudicò «non un'opera critica, equilibrata, sostanziosa», ma in essa «era incapsulata un'idea fondamentale: la ricerca di un socialismo che facesse sua la dottrina liberale e non la ripudiasse».  In questo periodo si avvicinò al Partito Socialista Italiano, simpatizzando, in contrapposizione all'allora maggioritaria corrente massimalista di Giacinto Menotti Serrati, per quella riformista di Filippo Turati, che egli ebbe poi modo di conoscere personalmente a Livorno nel 1921, durante lo svolgimento del Congresso nazionale del Partito, che sancì la definitiva scissione dell'ala di sinistra interna filo-bolscevica del Partito, che prenderà il nome di Partito Comunista d'Italia, e scrisse svariati articoli per la sua rivista Critica Sociale.  L'avvento del fascismo e l'inizio della lotta Nell'ottobre del 1922 Mussolini salì al potere; i riformisti di Turati vennero espulsi dal PSI.  In dicembre Carlo Rosselli si trasferì a Torino, dove frequentò il gruppo della rivista gobettiana «La Rivoluzione liberale», in quel momento fortemente impegnata in senso antifascista, e con la quale, dall'aprile 1923, incominciò a collaborare. Conobbe Giacomo Matteotti, segretario dell'appena fondato Partito Socialista Unitario, nel quale erano confluiti Piero Gobetti e la componente riformista espulsa dal PSI.   Ernesto Rossi Nel febbraio del 1923, a Firenze, il gruppo dei socialisti liberali che si raccoglieva intorno alla figura carismatica di Salvemini inaugurò il «Circolo di Cultura». Oltre ai Rosselli vi erano: Piero Calamandrei, Enrico Finzi, Gino Frontali, Piero Jahier, Ludovico Limentani, Alfredo Niccoli ed Ernesto Rossi. Gli ex-combattenti del circolo, nel 1923, aderirono all'associazione antifascista Italia libera.  Qualche mese dopo, il 9 luglio, Carlo si laureò in giurisprudenza all'università di Siena, con la tesi Prime linee di una teoria economica dei sindacati operai e partì per Londra, stimolato dal desiderio di conoscere la capitale del laburismo, di seguire i seminari della Fabian Society e di assistere, a Plymouth, al congresso delle Trade Unions. A Londra vi era anche Salvemini, che teneva un corso sulla storia della politica estera italiana al King's College.  Tornato in Italia in ottobre, grazie anche ai buoni uffici di Salvemini, si impiegò come assistente volontario nella Facoltà di economia dell'Università Bocconi a Milano, dove trasferì il suo domicilio. Proseguì la sua collaborazione alla «Critica Sociale» di Turati: in novembre vi pubblicò un articolo, invitando il Partito socialista a rompere con il marxismo, che egli giudicava espressione di «cieco e tortuoso dogmatismo», per mettersi piuttosto sulla linea di un «sano empirismo all'inglese».  Nel febbraio del 1924, inaugurò la sua collaborazione con la rivista della Federazione giovanile del PSU, «Libertà», scrivendo proprio un articolo sul movimento laburista inglese. Pochi mesi dopo il delitto Matteotti s'iscrisse al P.S.U..  Rosselli sperava invano che in Italia si costituisse una seria opposizione antifascista moderata in grado di offrire un'alternativa politica alla borghesia che guarda con simpatia al fascismo: una di queste avrebbe potuto essere l'Unione democratica nazionale di Giovanni Amendola, alla quale aderì il fratello Nello. In settembre Carlo era in Inghilterra, da dove inviava al giornale del PSU, la «Giustizia», le corrispondenze sull'evolversi della situazione politica inglese, successiva alla vittoria elettorale dei conservatori e alla rottura dell'alleanza tra laburisti e liberali.   Piero Calamandrei Era pessimista sulle condizioni politiche dell'Italia: la secessione aventiniana non produceva effetti, con i suoi sterili tentativi di accordo con il re, con i generali e i fascisti dissidenti. Del resto i fascisti stavano reagendo e lo dimostrarono anche devastando, il 31 dicembre 1924, il «Circolo di Cultura» di Salvemini che, come non bastasse, venne chiuso dal prefetto con una singolare motivazione: «la sua attività provoca il giusto risentimento del partito dominante»[3].  Lasciato l'incarico alla Bocconi, Rosselli passò a insegnare Istituzioni di economia politica a Genova. Scrisse a Salvemini: «forse non avrà apparentemente alcuna positiva efficacia, ma io sento che abbiamo da assolvere una grande funzione, dando esempi di carattere e di forza morale alla generazione che viene dopo di noi». Appare così, nel gennaio 1925, con la collaborazione di Ernesto Rossi, Gaetano Salvemini, Piero Calamandrei, Nello Traquandi, Dino Vannucci e di Nello Rosselli, che ne ha proposto il nome, il foglio clandestino Non Mollare.   Alcuni redattori della rivista Non Mollare nel 1925: Nello Traquandi, Tommaso Ramorino, Carlo Rosselli, Ernesto Rossi, Luigi Emery, Nello Rosselli. In maggio  la denuncia di un tipografo provocò la repressione e la dispersione di alcuni tra i redattori del foglio: Ernesto Rossi riuscì a fuggire a Parigi, il Vannucci in Brasile, Salvemini fu arrestato l'8 giugno a Roma e denunciato per «vilipendio del governo». In attesa del processo, messo in libertà provvisoria, a causa delle minacce dei fascisti, a luglio passò la notte a Firenze, in casa dei Rosselli, che non erano ancora fra i sospettati: gli squadristi però, venuti a conoscenza del fatto, devastarono l'abitazione il giorno dopo. Scrisse Rosselli a Giovanni Ansaldo: «Io sono di ottimo umore e l'altra sera ho financo bevuto alla distruzione compiuta! Se i signori fascisti non hanno altri moccoli, possono andare a dormire: aspetteranno a lungo la mia rinuncia alla lotta».  Ormai preso di mira dai fascisti, Rosselli fu aggredito a Genova mentre si recava all'Università e poi disturbato durante la sua lezione, con la richiesta del suo allontanamento. Nel luglio del 1926 si attivò infine lo stesso Ministro dell'economia, Giuseppe Belluzzo, che chiese il suo licenziamento. A questo punto, preferì dimettersi.  Pochi giorni dopo, il 25 aprile, a Firenze, sposò con rito civile Marion Catherine Cave, una giovane laburista inglese che era venuta nel 1919 a Firenze a insegnare lingua inglese nel British Institute, conosciuta da Rosselli nel 1923 al Circolo della Cultura salveminiano.   Milano - Lapide commemorativa: «In via Ancona 2 visse nel 1926 il martire antifascista Carlo Rosselli e qui ebbe sede la redazione del Quarto Stato rivista socialista a difesa della libertà e della democrazia». I due sposi vissero a Milano, dove Carlo aveva fondato insieme con Pietro Nenni la rivista «Il Quarto Stato», il cui primo numero uscì il 27 marzo 1926. La rivista avrà vita breve, venendo chiusa a novembre con l'entrata in vigore della legge sui «provvedimenti per la difesa dello Stato».  Scopo della pubblicazione era il tentativo di rappresentare un punto d'incontro di tutte le forze socialiste e di sviluppare temi di politica culturale al cui centro fosse «il perfezionamento della personalità umana» e l'elevamento della «vita spirituale e materiale» dei cittadini.  Il 26 novembre 1925 Rosselli, con Claudio Treves e Giuseppe Saragat costituì un triumvirato che, il 29 novembre successivo, costituì clandestinamente il Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (PSLI), che prese il posto del P.S.U., sciolto d'imperio dal regime fascista, il 14 novembre, a causa del fallito attentato a Mussolini da parte del suo iscritto Tito Zaniboni, avvenuto il 4 novembre precedente.  Il confino e la fuga da Lipari  12 dicembre 1926 - Lorenzo De Bova, Filippo Turati, Carlo Rosselli, Sandro Pertini e Ferruccio Parri a Calvi in Corsica dopo la fuga in motoscafo da Savona.  Filippo Turati Alla fine del 1926 organizzò con Italo Oxilia[4], Sandro Pertini e Ferruccio Parri l'espatrio di Filippo Turati a Calvi in Corsica, con un motoscafo partito da Savona. Mentre Turati, Pertini e Oxilia proseguirono per Nizza, Parri e Rosselli, ritornati con il motoscafo a Marina di Carrara, furono arrestati, nonostante tentassero di sostenere di essere reduci da una gita di piacere.  Rosselli fu accusato anche di aver favorito la fuga in Svizzera di Giovanni Ansaldo, di Claudio Silvestri, di Claudio Treves e di Giuseppe Saragat.  Venne detenuto nelle carceri di Como fino al maggio del 1927 e poi inviato al confino[5] di Lipari in attesa del processo.  L'8 giugno nacque suo figlio Giovanni Andrea "John". Quando Carlo fu ricondotto da Lipari a Savona per essere processato, nell'isola siciliana giungeva il fratello Nello, condannato a 5 anni di confino.[6]  Al processo, che si aprì il 9 settembre, Rosselli si difese attaccando il regime: «il responsabile primo e unico, che la coscienza degli uomini liberi incrimina è il fascismo [...] che con la legge del bastone, strumento della sua potenza e della sua Nemesi, ha inchiodato in servitù milioni di cittadini, gettandoli nella tragica alternativa della supina acquiescenza o della fame o dell'esilio».  La sentenza, rispetto alle previsioni, fu mite: dieci mesi di reclusione e, avendone già scontati otto, Rosselli avrebbe potuto essere presto libero, ma le nuove leggi speciali permisero alla polizia di infliggergli altri 3 anni di confino da scontare a Lipari.   Emilio Lussu Lì venne raggiunto dalla moglie e dal figlio: la vita al confino trascorreva con le letture di Croce, di Mondolfo, dell'epistolario di Marx ed Engels e di Kant.  Intanto, si preparava la fuga, che venne organizzata da Parigi dall'amico di Salvemini Alberto Tarchiani.  Il 27 luglio 1929 Rosselli evase dall'isola, insieme con Francesco Fausto Nitti ed Emilio Lussu, con un motoscafo guidato dall'amico Italo Oxilia diretto in Tunisia, da cui poi i fuggiaschi raggiunsero la Francia.[7]   Francesco Fausto Nitti Nitti narrerà l'avventurosa evasione nel libro Le nostre prigioni e la nostra evasione, pubblicato quello stesso anno in inglese col titolo di Escape e in edizione italiana nel 1946, mentre Rosselli racconterà le vicende del confino e dell'evasione in Fuga in quattro tempi.  La moglie Marion, che aspettava la seconda figlia, Amelia "Melina", nata il successivo 28 marzo, venne in un primo tempo arrestata per complicità, ma presto fu rilasciata.  L'esilio a Parigi. La nascita di "Giustizia e Libertà"  Carlo Rosselli (in piedi) con Claudio Treves e Filippo Turati in esilio a Parigi nel 1932. Nel 1929 a Parigi, con Lussu, Nitti, e un gruppo di fuoriusciti organizzati da Salvemini, fu fra i fondatori del movimento antifascista "Giustizia e Libertà". GL pubblicò diversi numeri della rivista e dei quaderni omonimi (con cadenza settimanale e mensile) e fu attiva nell'organizzazione di diverse azioni dimostrative, tra cui il volo sopra Milano di Bassanesi nel 1930.  Nello stesso anno pubblicò, in francese, Socialisme liberal. Il libro è una critica appassionata del marxismo ortodosso, colonna portante della stragrande maggioranza dei vari schieramenti politici socialisti dell'epoca. Il "socialismo liberale" propugnato da Rosselli si caratterizza quale una creativa sintesi della tradizione del marxismo revisionista, democratico e riformista (quello, tra gli altri, di Eduard Bernstein, Werner Sombart, Turati e Treves), ed il socialismo non marxista, libertario e decentralista (come quello di Francesco Merlino, Salvemini, G. D. H. Cole, R. H. Tawney e Oszkár Jászi); il testo, però, contiene anche un attacco dirompente contro lo stalinismo della Terza Internazionale che, con la formula del "socialfascismo", accomunava socialdemocrazia, liberalismo "borghese" e fascismo.  Non stupisce perciò che uno fra i più importanti stalinisti, Palmiro Togliatti, abbia definito "Socialismo liberale" un "magro libello antisocialista" e Rosselli "un ideologo reazionario che nessuna cosa lega alla classe operaia".   Il logo di Giustizia e Libertà Nell'ottobre del 1931 Giustizia e Libertà aderì alla Concentrazione Antifascista, unione di tutte le forze antifasciste non comuniste (repubblicani, socialisti, CGL) che intendeva promuovere e coordinare dall'estero ogni possibile azione di lotta al fascismo in Italia; si iniziarono a pubblicare i "Quaderni di Giustizia e Libertà".  Dopo l'avvento del nazismo in Germania nel 1933, GL sostenne la necessità di una rivoluzione preventiva per rovesciare i regimi fascista e nazista prima che questi portassero a una nuova tragica guerra, che a GL sembrava l'inevitabile destino dei due regimi.  L'impegno nella guerra civile spagnola  Bandiera della Colonna Italiana, nota anche come Centuria Giustizia e Libertà, che sostenne i repubblicani nella guerra civile spagnola. Nel 1936 scoppiò in Spagna la guerra civile tra i rivoltosi dell'esercito filo-monarchico, che effettuarono un colpo di Stato, e il legittimo governo repubblicano del Fronte Popolare di ispirazione marxista. Rosselli fu subito attivo nel sostegno alle forze repubblicane, criticando l'immobilismo di Francia e Inghilterra, mentre fascisti e nazisti aiutavano Francisco Franco con uomini e armi agli insorti.  Nell'agosto combatté la sua prima battaglia in Spagna, nei dintorni di Huesca sul fronte di Aragona; cercò poi di costituire un vero e proprio battaglione (intitolato a Giacomo Matteotti).  La prima formazione italiana, che prenderà poi, dopo l'uccisione dei due fratelli, il nome di Colonna Italiana Rosselli, annoverava tra i 50 e i 150 uomini, reclutati fra gli esuli italiani in Francia dal movimento Giustizia e Libertà e dal Comitato Anarchico Italiano Pro Spagna; tra questi c'erano anche gli anarchici Umberto Marzocchi e Camillo Berneri. Umberto Marzocchi scrisse un libro sulla comune esperienza antifascista di anarchici e di militanti di Giustizia e Libertà, "Carlo Rosselli e gli anarchici".  In un discorso a Radio Barcellona il 13 novembre 1936[8], Rosselli pronuncia la frase che poi diverrà il motto degli antifascisti italiani: "Oggi qui, domani in Italia":  «È con questa speranza segreta che siamo accorsi in Ispagna. Oggi qui, domani in Italia. Fratelli, compagni italiani, ascoltate. È un volontario italiano che vi parla dalla Radio di Barcellona. Non prestate fede alle notizie bugiarde della stampa fascista, che dipinge i rivoluzionari spagnuoli come orde di pazzi sanguinari alla vigilia della sconfitta.»  Nel dicembre 1936 in seguito a contrasti con gli anarchici si dimette da comandante della Colonna e nel gennaio 1937 fonda il battaglione Matteotti.  L'assassinio Nel giugno 1937 soggiornò a Bagnoles-de-l'Orne per delle cure termali, località dove fu raggiunto dal fratello Nello.  Il 9 giugno i due furono uccisi da una squadra di "cagoulards", miliziani della "Cagoule", formazione eversiva di destra francese, su mandato, forse, dei servizi segreti fascisti e di Galeazzo Ciano; con un pretesto vennero fatti scendere dall'automobile, poi colpiti da raffiche di pistola: Carlo morì sul colpo, Nello (colpito per primo) venne finito con un'arma da taglio.[9][10]. I corpi vennero trovati due giorni dopo; i colpevoli, dopo numerosi processi, riusciranno quasi tutti a essere prosciolti.  I fratelli Rosselli furono sepolti nel cimitero monumentale parigino del Père Lachaise, ma nel 1951 i familiari ne traslarono le salme in Italia, nel Cimitero Monumentale di Trespiano, nel piccolo borgo omonimo, comune di Firenze, sulla via Bolognese.  L'anziano Salvemini tenne il discorso commemorativo funebre, alla presenza del presidente della Repubblica Luigi Einaudi. La tomba dei due eroi dell'antifascismo si trova nel riquadro subito a destra dell'ingresso.  Nello stesso cimitero sono sepolti anche Gaetano Salvemini, Ernesto Rossi, Piero Calamandrei e Spartaco Lavagnini.  La tomba riporta il simbolo della "spada di fiamma", emblema di GL, e l'epitaffio scritto da Calamandrei:  «GIUSTIZIA E LIBERTA' PER QUESTO MORIRONO PER QUESTO VIVONO»  Il pensiero  Giuseppe Mazzini L'unico suo libro pubblicato mentre era in vita è "Socialismo liberale", scritto durante il confino a Lipari, in una situazione di semi-prigionia. Questa opera si pone in una posizione eretica rispetto ai partiti della sinistra italiana del suo tempo (per i quali Il Capitale di Marx, variamente interpretato, era ancora considerato come la Bibbia).  Indubbiamente è presente l'influsso del laburismo inglese, da lui ben conosciuto. In seguito ai successi elettorali del partito laburista, Rosselli era infatti convinto che l'insieme delle regole della democrazia liberale fossero essenziali non solo per raggiungere il socialismo, ma anche per la sua concreta realizzazione (mentre nella tattica leninista queste regole, una volta preso il potere, debbono essere accantonate): pertanto, la sintesi del pensiero rosselliano è: "il liberalismo come metodo, il socialismo come fine".   Carlo Pisacane L'idea di rivoluzione propria della dottrina marxista era fondata sulla concezione della dittatura del proletariato (che, in realtà, già ai tempi di Rosselli si sta traducendo, in Unione Sovietica, nella dittatura del vertice di un solo partito). Essa viene respinta da Rosselli, a favore di una rivoluzione che, come si nota nel programma di GL, è un sistema coerente di riforme strutturali mirate alla costruzione di un sistema socialista che non rinnega, ma anzi esalta, la libertà individuale e associativa. Nella riflessione degli ultimi anni, Rosselli, alla luce dell'esperienza spagnola (difesa dell'organizzazione sociale di Barcellona compiuta dagli anarchici durante la guerra civile) e dell'avanzata del nazismo, radicalizza le sue posizioni libertarie.  Rosselli, influenzato dalle idee di Mazzini e di Carlo Pisacane, propugna il socialismo liberale: il fine è il socialismo, il metodo il liberalismo, un metodo che garantisce la democrazia e l'autogoverno dei cittadini. Il liberalismo deve svolgere una funzione democratica, il "metodo liberale" è il complesso di regole del gioco che tutte le parti in lotta si impegnano a rispettare, regole dirette ad assicurare la pacifica convivenza dei cittadini, delle classi, degli Stati, a contenere le lotte (peraltro desiderabili se limitate). La violenza è giustificabile come risposta ad altra violenza (per questo era giusta la lotta contro il franchismo e sarebbe stata auspicabile in Italia una rivoluzione violenta in risposta al fascismo); il socialismo è una logica conclusione del liberalismo: socialismo significa libertà per tutti. Rosselli ha fiducia che la classe del futuro sarà la classe proletaria, la borghesia deve fare da guida al proletariato: il fine è la libertà per tutte le classi.  Note ^ Archivio Rosselli - Bio, su archiviorosselli.it. URL consultato il 4 luglio 2019 (archiviato dall'url originale il 27 maggio 2016). ^ N. Tranfaglia, Carlo Rosselli dall'interventismo a Giustizia e Libertà, Bari, Laterza, 1968, pp. 18-20 ^ Il Circolo di Cultura fu rifondato nel settembre 1944, a liberazione di Firenze appena avvenuta, per iniziativa del Partito d'Azione e dei soci superstiti e intitolato ai Fratelli Rosselli. Assunse così il nome di Circolo di Cultura Politica Fratelli Rosselli. La sua prima manifestazione fu presieduta da Piero Calamandrei. Con questo nome è tuttora operante a Firenze. Nel 1990 con decreto del Presidente della Repubblica è stata costituita ed eretta in Ente Morale la Fondazione Circolo Rosselli per sostenerne l'attività. ^ Antonio Martino: Fuorusciti e confinati dopo l'espatrio clandestino di Filippo Turati nelle carte della R. Questura di Savona in Atti e Memorie della Società Savonese di Storia Patria, n.s., vol. XLIII, Savona 2007, pp. 453-516. e Pertini e altri socialisti savonesi nelle carte della R.Questura, Gruppo editoriale L'espresso, Roma, 2009. ^ Cfr. Commissione di Milano, ordinanza del 15.12.1926 contro Carlo Rosselli (“Intensa attività antifascista; tra gli ideatori del giornale clandestino Non Mollare uscito a Firenze nel 1925; favoreggiamento nell'espatrio di Turati e Pertini”). In: Adriano Dal Pont, Simonetta Carolini, L'Italia al confino 1926-1943. Le ordinanze di assegnazione al confino emesse dalle Commissioni provinciali dal novembre 1926 al luglio 1943, Milano 1983 (ANPPIA/La Pietra), vol. III, p. 238 ^ Cfr. Commissione di Firenze, ordinanza del 3.6.1927 contro Nello Rosselli (“Attività antifascista”). In: Adriano Dal Pont, Simonetta Carolini, L'Italia al confino 1926-1943. Le ordinanze di assegnazione al confino emesse dalle Commissioni provinciali dal novembre 1926 al luglio 1943, Milano 1983 (ANPPIA/La Pietra), vol. III, p. 1051 ^ Cfr. La storia sotto inchiesta: Fuga da Lipari, un esilio per la liberta trasmesso da Rai Storia il 3 gennaio 2012. ^ Il discorso di Rosselli su Romacivica.net Archiviato il 29 settembre 2007 in Internet Archive. ^ Giuseppe Fiori, Casa Rosselli, Einaudi, 1999, pp. 202 e segg. ^ Mimmo Franzinelli, Il delitto Rosselli. 9 giugno 1937. Anatomia di un omicidio politico, Mondadori, Milano 2007. Bibliografia Opere di Carlo Rosselli Oggi in Spagna, domani in Italia, prefazione di Gaetano Salvemini, Edizioni di «Giustizia e libertà», Parigi, 1938; seconda edizione, introduzione di Aldo Garosci, Einaudi, Torino, 1967. Scritti politici e autobiografici, prefazione di Gaetano Salvemini, Polis editrice, Napoli, 1944; seconda edizione a cura di Zeffiro Ciuffoletti e Vincenzo Caciulli, Lacaita, Manduria 1992. Lettere di Carlo e Nello Rosselli a Gaetano Salvemini (1925), a cura di Nicola Tranfaglia, «Annali della Fondazione Luigi Einaudi», I (1967), Torino. Carlo Rosselli, Socialismo liberale, Einaudi, 1973. «Il Quarto Stato» di Pietro Nenni e Rosselli, a cura di Domenico Zucàro, SugarCo, Milano, 1977. Epistolario familiare.(1914-1937), introduzione di Leo Valiani, prefazione di Zeffiro Ciuffoletti, SugarCo, Milano, 1979. Socialismo liberale, a cura di John Rosselli, introduzione di Norberto Bobbio, Einaudi, Torino, 1979. Socialismo liberale, a cura di John Rosselli, introduzione e commento di Norberto Bobbio, «Attualità del socialismo liberale» e «Tradizione ed eredità del liberalsocialismo», seconda edizione Einaudi Tascabili. Saggi, 1997, pp. 164. Scritti dell'esilio. I. «Giustizia e libertà» e la concentrazione antifascista (1929-1934), a cura di Costanzo Casucci, Collana Opere scelte di Carlo Rosselli, Einaudi, Torino, 1988 (contiene una cronologia della vita e la bibliografia di C. Rosselli dal 1929 al 1934). Scritti politici, a cura di Zeffiro Ciuffoletti e Paolo Bagnoli, Guida, Napoli, 1988,[1] una grossa anteprima del libri consultabile in rete. Scritti dell'esilio II. Dallo scioglimento della concentrazione antifascista alla guerra di Spagna (1934-1937), a cura di Costanzo Casucci, Einaudi, Torino, 1992, (è riportata la cronologia della vita e una bibliografia di Carlo Rosselli dal 1934 al 1937). Liberalismo socialista e socialismo liberale, a cura di Nicola Terraciano, Galzerano Editore, Casalvelino Scalo (Salerno), 1992. Carlo e Nello Rosselli, Giustizia e libertà, a cura di Giuliana Limiti e Mario di Napoli, prefazione di Pietro Larizza, Roma, 1993, con la tesi di laurea di Carlo Rosselli sul «sindacalismo» (Firenze, 1921). Liberalsocialism, edited by Nadia Urbinati, translated by Williams McCuaig, Princeton University Press, Princeton, 1994, introduzione di Nadia Urbinati. Scritti scelti, a cura di Gian Biagio Furiozzi, “Quaderni del Circolo Rosselli”, n. 4/2000, Alinea Editrice, Firenze. Opere su Carlo Rosselli Gaetano Salvemini, "Carlo e Nello Rosselli", Edizioni di «Giustizia e libertà», Parigi, 1938; ora in "Scritti Vari", a cura di Giorgio Agosti e Alessandro Galante Garrone, Feltrinelli, Milano, 1978 («Opere scelte di Gaetano Salvemini», volume VIII, pp. 673–718). Cultura e società nella formazione di Gaetano Salvemini, buona anteprima del pensiero di Salvemini con i rapporti con Carlo Rosselli e la grangia politica correlata Roberto Gremmo "Rosselli alla Cagoule" Silenzi e segreti d'un oscuro delitto politico. Edizioni Storia Ribelle, Biella 2018. Aldo Garosci, "Vita di Carlo Rosselli", Edizioni U, Roma-Firenze-Milano s.d., 1945, 2 voll., pp. 274 e 298 («Collezione Giustizia e Libertà»); nuova edizione Vallecchi, Firenze, 1973. Alessandro Levi, "Ricordi dei fratelli Rosselli", La Nuova Italia, Firenze, 1947 («Quaderni del Ponte», 2). Stefano Merli, "Il dibattito socialista sotto il fascismo. Lettere di Rodolfo Morandi e Carlo Rosselli (1928-1931)", «Rivista storica del socialismo», a. VI, n. 19. Maggio-Agosto 1963. Parzialmente ricompreso in Id., "Fronte antifascista e politica di classe. Socialisti e comunisti in Italia 1923-1929", De Donato, Bari, 1975 («Movimento operaio», 28). Nicola Tranfaglia, "Carlo Rosselli dall'interventismo all'antifascismo", «Dialoghi del XX», a. I, n. 2, giugno 1967. Cfr. il n. 8. informazioni su volume "Rosselli e l'Aventino: l'eredità di Giacomo Matteotti", «Il movimento di liberazione in Italia», a. XX, n. 92, luglio-Settembre 1968, pp. 3–34. Cfr. il n.8. stralcio di "Carlo Rosselli e l'Aventino"[collegamento interrotto] «L'opposizione diventava per la prima volta opposizione, minoranza; come minoranza, avrebbe potuto darsi una psicologia virile, d'attacco. Ma aveva troppi ex nelle sue file, era troppo appesantita da uomini che avevano gustato le gioie del potere e della popolarità.»  «Fu questo il miracolismo dell'Aventino. Credere di poter vincere con le armi legali l'avversario che ha già vinto sul terreno della forza. Pregustare le gioie del trionfo mentre si riceve la botta più dura. Evitare tutti i problemi (Piero Gobetti diceva: "l'Aventino ha un mito, il mito della cautela"), sperando che la borghesia dimentichi il '19.»  «Quanto alle masse popolari, che si mostravano nei primi giorni in stato di effervescenza, guai a chi avesse tentato metterle in movimento! Solo i comunisti e le minoranze giovani chiesero lo sciopero generale. Ma le opposizioni non vollero, per non spaventare la borghesia e il sovrano.»   "Carlo Rosselli dall'interventismo a «Giustizia e Libertà»", Laterza, Bari, 1968, («Biblioteca di cultura moderna»); in appendice: scritti di Carlo Rosselli (1919-1926) e Lettera di Carlo Rosselli a Pietro Nenni. Cfr. i nn. 6 e 7. "Carlo Rosselli dal processo di Savona alla fondazione di GL (1927-1929). Le fonti di «Socialismo liberale»", «Il movimento di liberazione in Italia», a. XXIV, n. 106, gennaio-Marzo 1972. Mirella Larizza Lolli, "Alcuni appunti per una lettura del «Socialismo liberale» di Rosselli", «Il pensiero politico», a. VII, n. 2, 1974, pp. 283–92. Santi Fedele, "Lo «Schema di programma» di «Giustizia e Libertà», del 1932", «Belfagor», a. XXIX, n. 4, 31 luglio 1974, pp. 437–54 Paolo Bagnoli, "L'esperienza liberale di Carlo Rosselli (1919-1924)", «Italia Contemporanea», * XXVIII, n. 125, ottobre-Dicembre 1976, pp. 29–42. Poi compreso in n. 36, pp. 37–61. "L'antifascismo rivoluzionario dei «Quaderni di Giustizia e Libertà»", «Ricerche Storiche», a. VI, n. 1 (Nuova serie), gennaio-Giugno 1976, pp. 167–89. Poi compreso in n. 36, pp. 143–69. Santi Fedele, "Storia della concentrazione antifascista 1927/1934", prefazione di Nicola Tranfaglia, Feltrinelli, Milano, 1976. Maria Garbari, "I «vinti» della Resistenza. Nel quarantesimo del sacrificio di Carlo e Nello Rosselli", «Studi Trentini di Scienze Storiche», a. LVI, n. 3, 1977, pp. 281–94. "«Quarto Stato» di Pietro Nenni e Rosselli", Tavola rotonda fra Riccardo Bauer, Ugoberto Alfassio Grimaldi, Giovanni Spadolini, Domenico Zucàro, «Critica Sociale», a. LXIX, n. 8, 22 luglio 1977, pp. 44–48. Leo Valiani, "Il pensiero e l'azione di Carlo e Nello Rosselli", «Nuova Antologia», anno 112°, Vol. 530°, Fasc. 2118-2120, giugno-Luglio-Agosto 1977, pp. 24–40. Poi compreso in n. 22, pp. 3–22. Nicola Tranfaglia, "Carlo Rosselli e l'antifascismo", «Mondo Operaio», a. XXX, nn. 7-8, luglio/Agosto 1977, pp. 71–81. Poi compreso in n. 22, pp. 181–204 e in n. 34, pag. 186-211. Roberto Vivarelli, "Carlo Rosselli e Gaetano Salvemini", «Il pensiero politico», a. X, n. 2, 1977, pp. 225–52. Poi compreso in n. 22, pp. 69–97. Giovanni Spadolini, "Carlo Rosselli nella lotta per la libertà", con lettere tra Egidio Reale e Carlo Rosselli, «Nuova Antologia», anno 112°, Vol. 532°, Fasc. 2121-2124, settembre-Ottobre-Novembre-Dicembre 1977, pp. 3–16. Arturo Colombo, "Carlo Rosselli e il «Quarto Stato»", «Nord e Sud», a. XXIV, Terza serie, nn. 34-35, novembre-Dicembre 1977, pp. 108–120. Cfr. n. 29, pp. 55–66. "Giustizia e Libertà nella lotta antifascista e nella storia d'Italia", Atti del convegno internazionale organizzato a Firenze il 10-12 giugno 1977 dall'Istituto storico della Resistenza in Toscana, dalla Giunta regionale toscana, dal Comune di Firenze, dalla Provincia di Firenze, La Nuova Italia, Firenze, 1978. Riccardo Bauer, "Carlo Rosselli e la nascita di GL in Italia". Jan Petersen, "Giustizia e Libertà in Germania". Pierre Guillen, "La risonanza in Francia dell'azione di GL e dell'assassinio dei fratelli Rosselli". Frank Rosengarten, "Carlo Rosselli e Silvio Trentin, teorici della rivoluzione italiana". Max Salvadori, "Giellisti e loro amici degli Stati Uniti durante la seconda guerra mondiale". Santi Fedele, "Giellisti e socialisti dalla fondazione di GL (1929) alla politica dei fronti popolari". Pier Giorgio Zunino, "Giustizia e Libertà e i cattolici". Aldo Garosci, "Le diverse fasi dell'intervento di Giustizia e Libertà nella guerra civile di Spagna. Parte III- Oggi in Spagna, domani in Italia". Umberto Marzocchi, "Carlo Rosselli e gli anarchici"; citazione sottostante da un articolo di Ugo Finetti «Infatti Rosselli considerava una barbarie le stragi di anarchici in Catalogna, tra cui l'uccisione di Camillo Berneri, l'anarchico che lo affiancava nella guida della Prima colonna italiana formata da tremila antifascisti, i primi accorsi in Spagna.»  e si ricorda, nel prosieguo, anche la ferma presa di posizione delle Brigate partigiane di Giustizia e Libertà quando Emilio Canzi fu rimosso da comandante unico della XIII zona operante nel piacentino e grazie a questa presa di posizione fu reintegrato dopo un breve arresto. Le Brigate partigiane di Giustizia e Libertà erano in gran parte influenzate dal pensiero di Rosselli.  Umberto Tommasini, "Testimonianza su Carlo Rosselli; Parte IV- L'eredità di Giustizia e Libertà". Mario Delle Piane, "Rapporti tra socialismo liberale e liberalsocialismo". Tristano Codignola, "GL e Partito d'azione". Nicola Tranfaglia, "Carlo Rosselli", in "Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico - IV", a cura di Franco Andreucci e Tommaso Detti, Editori Riuniti, Roma, 1978, pp. 392–99. Arturo Colombo, "Carlo Rosselli e il socialismo liberale", «Il Politico», a. XLIII, n. 4, dicembre 1978, pp. 628–48. Poi compreso in n. 37, pp. 249–73. Paolo Bagnoli, "Di un dissidio in «Giustizia e Libertà». Lettere inedite di Mario Levi, Renzo Giua, Nicola Chiaromonte, Carlo Rosselli, Aldo Garosci (1934-1935)", «Mezzosecolo», n. 3, Centro studi Piero Gobetti, Istituto Storico della Resistenza in Piemonte, Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza, Annali 1978-1979, Torino, 1982, pp. 5–54. Luigi Cirillo, "Il socialismo di Carlo Rosselli", Fasano, Cosenza, 1979. Emilio Lussu, "Lettere a Carlo Rosselli e altri scritti di «Giustizia e Libertà»", a cura di Manlio Brigaglia, Editrice Libreria Dessì, Sassari 1979, pp. 301.informazioni su Storia della Sardegna di Manlio Brigaglia, son presenti correlazioni fra i succitati personaggi. "Le componenti mazziniana e cattaneanea in Salvemini e nei Rosselli. La figura e l'opera di Giulio Andrea Belloni", Atti del Convegno di studi nel venticinquesimo anniversario della fondazione della Domus Mazziniana tenutosi a Pisa il 4-6 novembre 1977, Arti Grafiche Pacini & Mariotti, Pisa, 1979, pp. 257. Comprende: Arturo Colombo, "Carlo Rosselli e il «Quarto Stato»", pp. 55–66 (cfr. il n. 21). Angelo Varni, "Derivazioni mazziniane nella concezione sindacalista di Carlo Rosselli", pp. 67–78. Lucio Ceva, "Aspetti politici dell'azione di Carlo Rosselli in Spagna", pp. 109–26. Giuseppe Tramarollo, "Rosselli e la gioventù del regime", pp. 127–130. Paolo Bagnoli, "Il revisionismo rosselliano", in "Guida alla storia del PSI. La ripresa del pensiero socialista tra eresia e tradizione", a cura di Francesca Taddei e Marco Talluri, «Quaderni del Circolo Rosselli», a. I, n. 3, luglio-Settembre 1981, pp. 95–108. Giuseppe Galasso, "La democrazia da Cattaneo a Rosselli", Le Monnier, Firenze, 1982, pp. 331, («Quaderni di storia», LVII). Aldo Rosselli, "La famiglia Rosselli. Una tragedia italiana", presentazione di Sandro Pertini, prefazione di Alberto Moravia, Bompiani, Milano, 1983, pp. 184. Francesco Kostner, "Carlo Rosselli e il suo socialismo liberale", Lalli, Poggibonsi, 1984, pp. 91 («Linee politiche»). Paolo Bagnoli, "Carlo Rosselli tra pensiero politico e azione", prefazione di Giovanni Spadolini, con uno scritto di Alessandro Galante Garrone, Passigli, Firenze, 1985, pp. 190. Arturo Colombo, "Carlo Rosselli e il socialismo liberale", in "Padri della patria. 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Corrado Malandrino, "Socialismo e libertà. Autonomie, federalismo, Europa da Rosselli a Silone", FrancoAngeli, Milano, 1990, pp. 247 (Collana «Gioele Solari». Dipartimento di Studi politici dell'Università di Torino, 6). Franco Bandini, "Il cono d'ombra. Chi armò la mano degli assassini dei fratelli Rosselli", SugarCo, Milano, 1990, pp. 527. Arturo Colombo, "I Rosselli, due guardiani per l'albero della libertà", in Id., "Voci e volti della democrazia. Cultura e impegno civile da Gobetti a Bauer", Le Monnier, Firenze, 1990, pp. 115–145 («Quaderni di storia»). AA. VV., "Nel nome dei Rosselli. 1920-1990", «Quaderni del Circolo Rosselli», a. XI, n. 1, 1991, FrancoAngeli, Milano, pp. 177. Con una bibliografia sui fratelli Rosselli di Giuseppe Muzzi. "A più voci su Carlo Rosselli. Gaetano Arfé, Costanzo Casucci, Aldo Garosci, Francesco Malgeri, Leonardo Rapone, Scritti dell'esilio", «Il Ponte», a. XLVII, n. 6, giugno 1991, pp. 120–150. "Il carteggio di Carlo e Nello Rosselli con Carlo Silvestri (1928-1934)", a cura di Gloria Gabrielli, «Storia Contemporanea», a. XXII, n. 5, ottobre 1991, pp. 875–916. Santi Fedele, "E verrà un'altra Italia. Politica e cultura nei «Quaderni di Giustizia e Libertà»", FrancoAngeli, Milano, 1992, pp. 212 Collana di Fondazione di studi storici Filippo Turati», n °7. Zeffiro Ciuffoletti, "Carlo Rosselli, il mito della rivoluzione russa e il comunismo", in "Socialismo e Comunismo 1892-1992". Vol. I, «Il Ponte», a. XLVIII, n. 5, maggio 1992, pp. 186–202. Paolo Bagnoli, "La lezione rosselliana, La nuova storia. Politica e cultura alla ricerca del socialismo liberale", prefazione di Renato Treves, Festina Lente, Firenze, 1992, pp. 107–34. Nicola Tranfaglia, "Sul socialismo liberale di Carlo Rosselli", in I volume "Dilemmi del liberalsocialismo", a cura di Michelangelo Bovero, Virgilio Mura, Franco Sbarberi, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1994, pp. 88–104 («Studi Superiori NIS/201. Scienze Sociali»). Atti del convegno "Liberalsocialismo: ossimoro o sintesi?", organizzato ad Alghero il 25-27 aprile 1991, Dipartimento di Economia istituzioni e società dell'Università Sassari. Il 1º gennaio del 1924 fu pubblicato il primo numero di “Libertà”, periodico legato all'ala socialista del movimento antifascista, il sottotitolo fu la frase di Carlo Marx ed Federico Engels: Alla società borghese, con le sue classi e con i suoi antagonismi di classe, subentrerà un'associazione nella quale il libero sviluppo di ciascuno sarà la condizione del libero sviluppo di tutti e, su invito Claudio Treves, Rodolfo Mondolfo e Alessandro Levi, Rosselli scrisse un articolo Il partito del lavoro in Inghilterra che fu pubblicato sul numero tre del 1º febbraio 1924, in cui Rosselli riaffermò una parte del suo pensiero del periodo: «Il Labour Party, in base agli elementi che lo compongono può definirsi come una federazione di gruppi economici e di gruppi politici. In realtà è l'organizzazione politica federativa ed associativa del movimento operaio più vecchio e potente del mondo.»  Silvio Suppa, "Note su Carlo Rosselli: temi per due tradizioni", in I volume "dilemmi del liberalsocialismo "cit., pp. 189-208. Del Puppo D., "«Il Quarto Stato»", «Science and Society», a. 58, 1994, n. 2, pp. 136–162. "L'attualità di Carlo Rosselli e del socialismo liberale. Dialoghi tra: Giancarlo Bosetti, Vittorio Foa, Sebastiano Maffettone, Enzo Marzo, Nicola Tranfaglia, Nadia Urbinati", Supplemento al n. I/1995 di «Croce Via», Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1995. Atti del dibattito svoltosi a Napoli il 13 gennaio 1995 in occasione della presentazione italiana del volume "Liberal socialism", lavoro di Nadia Urbinati, tradotto da William McCuaig, Princeton University Press, Princenton 1994, pp. 138. Nadia Urbinati, "Carlo Rosselli: la democrazia come fede comune", «il Vieusseux», a. VII, n. 21, settembre-Dicembre 1994, pp. 25–42. Paolo Bagnoli, Rosselli, "Piero Gobetti e la rivoluzione democratica. Uomini e idee tra liberalismo e socialismo", La Nuova Italia, Firenze, 1996, pp. 258 («Biblioteca di Storia», 55). Costanzo Casucci, "La caratteristica di Carlo Rosselli", con un vademecum, «Belfagor», a. LI, n. 2, 31 marzo 1996, pp. 243–248. Simone Visciola, Giuseppe Limone (a cura di), "I Rosselli. Eresia creativa, eredità originale", Napoli, Guida, 2005 Piero Graglia, "Unità europea e federalismo. Da «Giustizia e Libertà» ad Altiero Spinelli", il Mulino, Bologna, 1996, pp. 296 («il Mulino-Ricerca»). "Il dibattito europeista e federalista in «Giustizia e Libertà»", «Storia Contemporanea», a. XXVII, n. 2, aprile 1996, pp. 327–56. Lisetto D., "Carlo Rosselli e le élites. Una teoria tra l'elitismo democratico e la democrazia partecipativa", «Scienza & Politica», 16, 1997, pp. 69–86. 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Anatomia di un omicidio politico", Mondadori, Milano 2007. Diego Dilettoso, "La Parigi e La Francia di Carlo Rosselli. Sulle orme di un umanista in esilio", Biblion, Milano 2013 .Paolo Bagnoli. Carlo Rosselli: Il socialismo delle libertà. Polistampa, Milano, 2012 Paolo Bagnoli. Carlo Rosselli. Socialismo, giustizia e libertà. Biblion, Milano, 2015 Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Carlo Rosselli Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Carlo Rosselli Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Carlo Rosselli Collegamenti esterni Carlo Rosselli, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Carlo Rosselli, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Carlo Rosselli, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010. Modifica su Wikidata (IT, DE, FR) Carlo Rosselli, su hls-dhs-dss.ch, Dizionario storico della Svizzera. Modifica su Wikidata Carlo Rosselli, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Carlo Rosselli, su siusa.archivi.beniculturali.it, Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche. Modifica su Wikidata Opere di Carlo Rosselli, su Liber Liber. Modifica su Wikidata Opere di Carlo Rosselli, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Carlo Rosselli, su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata Biografia di Rosselli, su romacivica.net. URL consultato il 30 agosto 2006 (archiviato dall'url originale il 30 agosto 2006). Carlo Rosselli e l'Aventino (DOC) [collegamento interrotto], su geocities.com. Giancarlo Iacchini,*Rosselli: socialismo liberale ma... vero!, dal sito del Movimento Radical Socialista 55esima brigata Garibaldi Carlo Rosselli, su 55rosselli.it. 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V · D · M Antifascismo (1919-1943) Controllo di autorità                                               VIAF (EN) 14809419 · ISNI (EN) 0000 0001 1598 3394 · SBN IT\ICCU\CFIV\090406 · Europeana agent/base/89804 · LCCN (EN) n79042225 · GND (DE) 119181347 · BNF (FR) cb12159402m (data) · WorldCat Identities (EN) lccn-n79042225 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Politica Portale Politica Socialismo Portale Socialismo Categorie: Attivisti italianiGiornalisti italiani del XX secoloFilosofi italiani del XX secoloNati nel 1899Morti nel 1937Nati il 16 novembreMorti il 9 giugnoNati a RomaAntifascisti italianiFondatori di riviste italianeDirettori di periodici italianiGiornalisti assassinatiPersone legate agli alpiniEbrei italianiBrigate Giustizia e LibertàSocialistiMazzinianiPolitici assassinatiVittime di dittature nazifascisteSchedati al Casellario Politico CentraleConfinati politiciPolitici del Partito Socialista Unitario[altre]. Refs.: Luigi Speranza, “Rosselli e Grice,” per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

rosselliN Nello Rosselli Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search  Nello Rosselli (1925) Sabatino Enrico Rosselli detto Nello (Roma, 29 novembre 1900 – Bagnoles-de-l'Orne, 9 giugno 1937) è stato uno storico, giornalista e antifascista italiano. Insieme al fratello Carlo, fu ucciso in Francia nel 1937 da assassini legati al regime fascista.  Magnifying glass icon mgx2.svg             Lo stesso argomento in dettaglio: Fratelli Rosselli.  Indice 1                              Biografia 1.1                                           Gli studi 1.2                                           L'attività politica 2                                           Note 3                                             Opere 4                                             Bibliografia 5                                           Altri progetti 6                                           Collegamenti esterni Biografia Sabatino Enrico Rosselli nacque a Roma il 29 novembre 1900 da un'agiata famiglia ebraica, ultimo dei tre figli del livornese Giuseppe Emanuele "Joe" Rosselli (10 agosto 1867 - Firenze, 9 settembre 1911) e della veneziana Amelia Pincherle (16 gennaio 1870 - Firenze, 26 dicembre 1954), sorella di Carlo Pincherle, architetto e pittore, oltreché padre dello scrittore Alberto Moravia. Sia la famiglia paterna che quella materna, fermamente legate agli ideali repubblicani e mazziniani, erano state politicamente attive, avendo partecipato alle vicende del Risorgimento italiano: Pellegrino Rosselli, tra l'altro zio della futura moglie di Ernesto Nathan (Sindaco di Roma dal novembre del 1907 al dicembre del 1913), fu un seguace e stretto collaboratore di Giuseppe Mazzini nei suoi ultimi anni di vita (morì difatti in clandestinità nella sua casa pisana) ed un Pincherle fu nominato ministro durante la breve esperienza della Repubblica di San Marco, instauratasi nel Triveneto a seguito d'una massiccia insurrezione anti-asburgica guidata da Daniele Manin e Niccolò Tommaseo.  Nello sposò Maria Todesco (Padova, 1905 - Firenze, 1998) nel 1926 ed ebbero quattro figli: Silvia, Paola, Aldo e Alberto.  Gli studi Nel 1917 diresse, con l'amico Gualtiero Cividalli il mensile Noi giovani[1]. Nel 1923 discusse con Gaetano Salvemini la tesi di laurea su Mazzini e il movimento operaio dal 1861 al 1872. Tra il 1923 e il 1927 pubblicò numerosi articoli su riviste storiche italiane e il saggio Mazzini e Bakunin. Nel 1932 pubblicò il saggio Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano. La raccolta dei suoi Saggi sul Risorgimento italiano e altri scritti fu pubblicata postuma da Einaudi nel 1946.  L'attività politica  La tomba a Trespiano Iniziò giovane a far politica nel 1917 e fu col fratello tra i fondatori del giornale per studenti "Noi giovani". Nel 1920, col fratello e con Piero Calamandrei, e col patrocinio di Gaetano Salvemini, fondò il Circolo di Cultura, chiuso dai fascisti nel 1925. Fece parte dei fondatori del gruppo fiorentino di Italia libera, fra cui, oltre al fratello, Enrico Bocci, Luigi Rochat, Dino Vannucci, Nello Traquandi. Nel 1924 aderì alla fondazione dell'Unione nazionale delle forze liberali e democratiche promossa da Giovanni Amendola, e nel 1925 partecipò alla fondazione del primo giornale antifascista clandestino Non Mollare. Il 3 giugno 1927 venne arrestato e condannato a 5 anni di confino[2] a Ustica; rilasciato il 31 gennaio 1928[3], venne nuovamente arrestato e condannato a 5 anni di confino a Ustica e Ponza, nell'estate del 1929, dopo la fuga da Lipari del fratello.  Nel maggio 1937 ottenne, su intercessione di Gioacchino Volpe (probabilmente in buona fede)[4] il passaporto, con una sollecitudine che ad alcuni amici, tra cui Piero Calamandrei, parve sospetta e motivata dal fine di arrivare attraverso Nello al rifugio di Carlo[5], insieme al quale, il 9 giugno 1937, venne assassinato a Bagnoles-de-l'Orne da una squadra di "cagoulards", miliziani della "Cagoule", formazione eversiva di destra francese, su mandato, forse, dei servizi segreti fascisti e di Galeazzo Ciano; con un pretesto vengono fatti scendere dall'automobile, poi colpiti da raffiche di pistola: Carlo muore sul colpo, Nello (colpito per primo) viene finito con un'arma da taglio.[6][7]. I corpi vengono trovati due giorni dopo, l'11 giugno; i colpevoli, dopo numerosi processi, riusciranno quasi tutti ad essere prosciolti.[7]  Note ^ I numeri pubblicati possono essere consultati online qui: Noi giovani Archiviato il 2 novembre 2019 in Internet Archive. ^ Commissione di Firenze, ordinanza del 3.6.1927 contro Nello Rosselli (“Attività antifascista”). In: Adriano Dal Pont, Simonetta Carolini, L'Italia al confino 1926-1943. Le ordinanze di assegnazione al confino emesse dalle Commissioni provinciali dal novembre 1926 al luglio 1943, Milano 1983 (ANPPIA/La Pietra), vol. III, p. 1051 ^ Tano Gullo, Ustica celebra la libertà dei Rosselli, su ricerca.repubblica.it, 26 agosto 2000. URL consultato il 24 maggio 2020 (archiviato il 10 maggio 2020). ^ profilo di Gioacchino Volpe Archiviato l'8 maggio 2006 in Internet Archive. ^ profilo di Nello Rosselli nel Sistema informatico dell'Archivio di stato di Firenze, su archiviodistato.firenze.it. URL consultato il 5 giugno 2009 (archiviato dall'url originale il 19 luglio 2014). ^ Giuseppe Fiori, Casa Rosselli, Einaudi, 1999, pp. 202 e segg.  Mimmo Franzinelli, Il delitto Rosselli. 9 giugno 1937. Anatomia di un omicidio politico, Mondadori, Milano 2007. Opere Saggi sul Risorgimento e altri scritti, Prefazione di Gaetano Salvemini, Collana Biblioteca di cultura storica n.21, Torino, Einaudi, 1946. Introduzione di Alessandro Galante Garrone, Collana Piccola Biblioteca n.400, Einaudi, 1980. Inghilterra e regno di Sardegna dal 1815 al 1847, a cura di Paolo Treves, introduzione di Walter Maturi, Collana Biblioteca di cultura storica n.50, Torino, Einaudi, 1954. Mazzini e Bakunin. Dodici anni di movimento operaio in Italia (1860-1872), Collana Piccola Biblioteca n.89, Torino, Einaudi, 1967, ISBN 978-88-06-04853-2. Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano, Con un saggio di Walter Maturi, Collana Piccola Biblioteca n.313, Torino, Einaudi, 1977. Bibliografia Zeffiro Ciuffoletti, Nello Rosselli. Uno storico sotto il fascismo. Lettere e scritti vari (1924-1937), Firenze, La Nuova Italia, 1979 Arturo Colombo, I colori della libertà. Il mondo di Nello Rosselli fra storia, arte e politica, Milano, Franco Angeli, 2003. Giovanni Belardelli, "Nello Rosselli", Catanzaro, Rubettino, 2007. Simone Visciola, Nello Rosselli alla Scuola di storia moderna e contemporanea. La prima fase della ricerca di storia diplomatica, in Politica, valori e idealità. Carlo e Nello Rosselli maestri dell'Italia civile, a cura di Lauro Rossi, Roma, Carocci, 2003, pp. 111–122. Simone Visciola, Nello Rosselli ei suoi "maestri". Il rinnovamento della storiografia italiana fra le due guerre, in I Rosselli: eresia creativa eredità originale, a cura di Simone Visciola e Giuseppe Limone, Guida, Napoli, 2005, pp. 113–139. Simone Visciola, Nello Rosselli: uno storico alla ricerca della libertà in tempi difficili. Appunti sparsi per una biografia complessiva ancora da scrivere, in I fratelli Rosselli. L'antifascismo e l'esilio, a cura di A. Giacone ed E. Vial, Prefazione di Oscar Luigi Scalfaro, Roma, Carocci, 2011, pp. 26–42. Giuseppe Tramarollo, Nello Rosselli tra mazzinianesimo e socialismo, pp. 79–84. Giovanni Belardelli, Nello Rosselli. Uno storico antifascista, prefazione di Norberto Bobbio, introduzione di Paolo Alatri, con un ricordo di Ezio Tagliacozzo, Passigli, Firenze, 1982, pp. 221 («Il filo rosso»). Il carteggio di Carlo e Nello Rosselli con Carlo Silvestri (1928-1934), a cura di Gloria Gabrielli, «Storia Contemporanea», a. XXII, n. 5, ottobre 1991, pp. 875–916. Mimmo Franzinelli, Il delitto Rosselli. 9 giugno 1937. Anatomia di un omicidio politico, Mondadori, Milano 2007. Altri progetti Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Nello Rosselli Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Nello Rosselli Collegamenti esterni Nello Rosselli, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Nello Rosselli, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Nello Rosselli, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010. Modifica su Wikidata Nello Rosselli, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Nello Rosselli, su siusa.archivi.beniculturali.it, Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche. Modifica su Wikidata Opere di Nello Rosselli, su Liber Liber. Modifica su Wikidata Opere di Nello Rosselli, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Nello Rosselli, su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata V · D · M Antifascismo (1919-1943) Controllo di autorità                 VIAF (EN) 64013666 · ISNI (EN) 0000 0001 2136 3810 · SBN IT\ICCU\RAVV\017312 · Europeana agent/base/90033 · LCCN (EN) n79042224 · GND (DE) 119190249 · BNF (FR) cb119438191 (data) · NLA (EN) 35765340 · BAV (EN) 495/145605 · WorldCat Identities (EN) lccn-n79042224 Biografie Portale Biografie Fascismo Portale Fascismo Socialismo Portale Socialismo Storia Portale Storia Categorie: Storici italiani del XX secoloGiornalisti italiani del XX secoloAntifascisti italianiNati nel 1900Morti nel 1937Nati il 29 novembreMorti il 9 giugnoNati a RomaAttivisti italianiEbrei italianiSocialistiMazzinianiPolitici italiani del XX secoloBrigate Giustizia e LibertàFilosofi italiani del XX secoloPolitici assassinatiVittime di dittature nazifascistePersone legate agli alpini[altre]

rosetta

rossetti Domenico Rossetti Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Nota disambigua.svg Disambiguazione – Se stai cercando letterato triestino, vedi Domenico Rossetti De Scander. Domenico Rossetti (Vasto, 10 ottobre 1772 – Parma, 7 luglio 1816) è stato un letterato italiano. Illuminista poliedrico, fu un poeta estemporaneo,[1] avvocato, filosofo, tragediografo, archeologo e speleologo.[2]   da Martuscelli 1818,  in bibliografia  Indice 1                                Biografia 2                                            Opere 3                                             Note 4                                             Bibliografia 5                                           Altri progetti 6                                           Collegamenti esterni Biografia Domenico Rossetti nacque a Vasto il 10 ottobre 1772.[3] Sua madre, Maria Francesca Pietrocòla, si era sposata nel 1764 con Nicola Rossetti, da cui ebbe quattro figli: oltre a Domenico, nacquero Andrea, Antonio e Gabriele.[4]  Nel 1792, Domenico Rossetti si trasferì a Napoli per studiare giurisprudenza. Tuttavia, a causa della cattiva situazione politica, emigrò a Roma, dove studiò filosofia, greco ed ebraico. Nel 1798, con l'invasione francese dello Stato Pontificio e l'istituzione della Repubblica romana, riparò all'Elba:[5] da qui seguì l'occupazione e la successiva liberazione del Granducato di Toscana, che celebrò con il canto La superbia dei Galli punita.[6] Nel 1800 si spostò in Sardegna, sotto la protezione del viceré Carlo Felice:[2] a Sassari compose e rappresentò la tragedia Morte di San Gavino.[7] Nel 1803 si spostò in Provenza, a Nizza, dove scoprì la piramide di Falicon, che gli ispirò un poemetto in 165 ottave, intitolato La grotta di Monte-Calvo.[8][9] In seguito, si trasferì a Torino, dove conobbe Tommaso Valperga di Caluso, e nel 1804 si stabilì a Parma, dove ottenne il titolo di avvocato ed esercitò la professione. Nel 1812 iniziò a dirigere Il giornale del Taro, che poi nel 1814 divenne La gazzetta di Parma,[10] denominazione che ancor oggi mantiene. Nel 1815 ebbe un ictus che lo portò alla paralisi; morì il 7 luglio dell'anno seguente, all'età di 44 anni.[2][11]  Opere  Frontespizio della commedia Morte di San Gavino in una ristampa del 1883 La superbia dei Galli punita (1799) Domenico Rossetti, San Gavino : tragedia / dell'improvisatore avvocato Domenico Rossetti detto ancora Stitemenios Veldacodrotos, Oristano, Tipografia Arborense, 1885, 1885, SBN IT\ICCU\CAG\0029799. La grotta di Monte-Calvo (1803) Poesie in due volumi, stampate a Parma Domenico Rossetti, In occasione d'essere l'augusto imperator de' francesi Napoleone 1. coronato re d'Italia. Cantata, Parma, Mussi Luigi, 1805, SBN IT\ICCU\IEIE\006487. Domenico Rossetti, La notte odi tre dedicate al signor Francesco Vezzi in occasione della sua ricuperata salute, Internet Archive, Parma, Giuseppe Paganino, 1805, SBN IT\ICCU\PARE\065378. Domenico Rossetti, Alla tomba di Hoffsteder, Parma, Mussi Luigi, 1805, SBN IT\ICCU\MUS\0043782. Domenico Rossetti, Ode Saffica, Internet Archive, Parma, Giuseppe Paganino, 1812, SBN IT\ICCU\PARE\065379. Domenico Rossetti, Ad Ernestina Menna per le sue nozze con Esculapio De Cinque, Lanciano, Casa editrice Rocco Carabba, 1887?, SBN IT\ICCU\AQ1\0070816. Giacomo Cordella (musica di ) e Domenico Rossetti (libretto di), Annibale in Capua, Napoli, nella Stamperia Flautina, 1809, SBN IT\ICCU\MUS\0282063. Note  Domenico Rossetti indica la Piramide, Nizza - disegno di Sophie Lederk pubblicato in La grotta di Monte Calvo, 1803 - immagine tratta da Spadaccini 2014[12] ^ Antonio Lombardi, Storia della letteratura italiana nel secolo XVIII, vol. 5, Venezia, Francesco Andreola, 1832, p. 125. URL consultato il 12 ottobre 2016.  Domenico Rossetti, su centrorossetti.eu. URL consultato il 12 ottobre 2016. ^ Domenico Martuscelli, Domenico Rossetti, in Biografia degli uomini illustri del regno di Napoli, vol. 5, Nicola Gervasi, 1818, pp. 577-584. URL consultato il 31 dicembre 2016. ^ La famiglia Pietrocola di Vasto (JPG), su pietrocola.com. URL consultato il 12 ottobre 2016. ^ Lino Spadaccini, Domenico Rossetti e le sue battaglie per la libertà, su noivastesi.blogspot.it, 7 luglio 2013. URL consultato il 12 ottobre 2016. ^ La superbia dei Galli punita, su centrorossetti.eu. URL consultato il 12 ottobre 2016.  «Questo canto estemporaneo fu composto da Domenico Rossetti, sotto lo pseudonimo di Stitemenios Veldacodrotos (anagramma di Domenico Rossetti del Vasto), in occasione della liberazione del Granducato di Toscana dall’invasione francese». ^ Lino Spadaccini, Domenico Rossetti e quei versi ispirati dalla cacciata dei Francesi, su noivastesi.blogspot.it, 8 luglio 2013. URL consultato il 12 ottobre 2016. ^ Giuseppe Catania, Domenico Rossetti e la Grotta di Monte Calvo,, su vastospa.it, 29 gennaio 2014. URL consultato il 12 ottobre 2016. ^ Eleonora Mugoni, Il fratello perduto: Gabriele e Domenico Rossetti in Gabriele Rossetti a 150 anni dalla morte, in Studi medievali e moderni, n. 2, 2004, p. 175. URL consultato il 12 ottobre 2016.  «Nei panni dello speleologo ante litteram, nel marzo del 1803, [Domenico Rossetti] si avventurava in una cavità del [...] Monte Calvo, scoprendo nelle viscere della terra un antro, che amò definire fascinoso ed insieme orribile; ne celebrò la scoperta con la pubblicazione di un poemetto di 165 ottave, La Grotta di Monte Calvo, dato alle stampe a Torino, nel 1804, per i tipi di Domenico Pane». ^ Università degli Studi di Parma, Dottorato di ricerca in Storia, Ciclo XXIV (2009-2011) (PDF). URL consultato il 19 ottobre 2016.  «Dal 26 gennaio 1812 a Pezzana subentrò nella direzione l'avvocato Domenico Rossetti. Egli si mostrò più attento alle notizie scientifiche e contribuì ad introdurre nel periodico notizie leggere, come favole e indovinelli che il più delle volte incensavano il nome di Napoleone. Con la direzione di Rossetti i supplementi al periodico, da semplici elenchi scritti in francese e riguardanti le vendite per espropriazioni forzate, si trasformano in pagine che arricchiscono i contenuti culturali e di svago della testata». ^ Luigi Marchesani, Storia di Vasto, città in Apruzzo Citeriore, Napoli, Torchi dell'Osservatore Medico, 1838, p. 349. URL consultato il 12 ottobre 2016. ^ retro copertina del libro Pasquale Spadaccini, Domenico Rossetti e la Grotta di Monte Calvo : tra mistero e leggenda, Lanciano, IL torcoliere, 2014, ISBN 978-88-87315-90-5, SBN IT\ICCU\AQ1\0070816. Bibliografia Domenico Martuscelli, Domenico Rossetti, in Biografia degli uomini illustri del regno di Napoli, vol. 5, Nicola Gervasi, 1818, pp. 577-584. Opere poetiche dell'avvocato Domenico Rossetti membro di molte società letterarie pastor della Dora, dell'Emonia ecc. ecc. vol. 1, Parma, Giuseppe Paganino, 1813, OCLC 458218963, SBN IT\ICCU\TSAE\028067. Autori vari, Ai liberatori dell'Italia. Ode del signor dottore Gio. Battista Tavanti con altre composizioni ed un poemetto La superbia dei Galli punita, canto estemporaneo di Sistemenios Valdacodrotos anagramma dell'autore, Firenze, calcografia di Gio. Chiari nella Condotta, 1799, SBN IT\ICCU\IEIE\002356. Luigi Anelli, Ricordi di storia vastese, Arte della stampa, 1982 [1885], pp. 204-205, SBN IT\ICCU\MOL\0181635. URL consultato il 12 dicembre 2016. Gianni Oliva (a cura di), I Rossetti : album di famiglia : documenti, testimonianze, immagini, Lanciano, Casa editrice Rocco Carabba, 2010, ISBN 978-88-6344-140-6, SBN IT\ICCU\TER\0033661. Pasquale Spadaccini, Domenico Rossetti e la Grotta di Monte Calvo : tra mistero e leggenda, Lanciano, IL torcoliere, 2014, ISBN 978-88-87315-90-5, SBN IT\ICCU\AQ1\0070816. Eleonora Mugoni, Il fratello perduto : Gabriele e Domenico Rossetti, in Studi medievali e moderni, 2004, pp. 169-182, OCLC 887139064. Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Domenico Rossetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Domenico Rossetti Collegamenti esterni Domenico Rossetti, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Biografie Portale Biografie Letteratura Portale Letteratura Categorie: Letterati italianiNati nel 1772Morti nel 1816Nati il 10 ottobreMorti il 7 luglioNati a VastoMorti a Parma[altre]

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