Troilo Erminio Troilo Da Wikipedia, l'enciclopedia
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filosofi italiani è solo un abbozzo. Contribuisci a migliorarla secondo le
convenzioni di Wikipedia. Erminio Troilo (Perano, 8 luglio 1874 – Padova, 19
dicembre 1968) è stato un filosofo italiano.
Indice 1Biografia 2Opere principali 3Note 4Bibliografia 5Voci correlate
6Altri progetti 7 CollegamentiesterniBiografia
Erminio Troilo nacque a Perano in provincia di Chieti nel 1874[1]. Insegnante
di filosofia teoretica nelle università di Palermo (dal 1915) e di Padova (dal
1920)[1], nel 1949 divenne socio nazionale dei Lincei. Partito dal positivismo
del suo maestro Roberto Ardigò, pervenne a una sorta di metafisica, da lui
chiamata realismo assoluto[1], che richiama il panteismo di Giordano Bruno e di
Baruch Spinoza. L'essere eterno infinito, tutt'uno con lo spirito assoluto, è il
presupposto e il principio unificatore degli esseri relativi. Trascendente e
indeterminato, l'essere si immanentizza e si determina nella realtà e negli
individui, oggettivandosi di fronte ai soggetti come assolutamente altro da
questi. Opere principali Il misticismo
moderno (1899) Idee e ideali del positivismo (1909) La filosofia di G. Bruno (2
voll., 1907-14) Il positivismo e i diritti dello spirito (1912) Figure e studi
di storia della filosofia (1918) Lo spirito della filosofia (1925) Le ragioni
della trascendenza o del realismo assoluto (1936) Note Fonte: sito della Società Filosofica Italiana
- Sezione di Sulmona, riferimenti in Collegamenti esterni. Bibliografia Eugenio
Garin, Cronache di filosofia italiana 1900-1960, Laterza, Roma-Bari 1961, 1997 M.
Dal Pra – F. Minazzi, Ragione e storia. Mezzo secolo di filosofia italiana,
Rusconi, Milano 1992 Silvio Cappelli, L'orizzonte filosofico di Erminio Troilo.
Idealismo e Positivismo nella prima metà del XX secolo ISSN 2281-6569, in [1]
Voci correlate Mario Dal Pra Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource
contiene una pagina dedicata a Erminio Troilo Collegamenti esterni AA. VV.,
«Troilo, Erminio» in Dizionario di filosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, 2009. Erminio Troilo (1874-1968) biografia e bibliografia nel sito
della Società Filosofica Italiana – Sezione di Sulmona "Giuseppe Capograssi".
Controllo di autoritàVIAF (EN) 112367786 · ISNI (EN) 0000 0000 8347 4279 · SBN
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lccn-n87150723 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia
Categorie: Filosofi italiani del XX secoloNati nel 1874Morti nel 1968Nati l'8
luglioMorti il 19 dicembreNati a PeranoMorti a Padova[altre]
Tronti Mario Tronti Da
Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Mario Tronti
Mario Tronti datisenato 2013.jpg Senatore della Repubblica Italiana
LegislatureXI e XVII Gruppo parlamentarePDS (XI), PD (XVII) CoalizioneItalia.
Bene Comune (XVII) CircoscrizioneLazio (XI) Lombardia (XVII) Incarichi
parlamentari Membro della Commissione permanente Affari esteri ed emigrazione
Sito istituzionale Dati generali Partito politicoPartito Comunista Italiano (Fino
al 1991), Partito Democratico della Sinistra (1991-1998), Democratici di
Sinistra (1998-2007), Partito Democratico (Dal 2007) ProfessioneDocente
universitario Mario Tronti (Roma, 24 luglio 1931) è un filosofo, accademico e
politico italiano, considerato uno dei principali fondatori ed esponenti del
marxismo operaista teorico degli anni sessanta. Docente per trent'anni
presso l'università di Siena, vive a Roma. Indice 1Biografia
2Curiosità 3Opere 3.1In volume 3.2Contributi, curatele 4Note 5Bibliografia 6Voci
correlate 7Altri progetti 8Collegamenti esterni Biografia Militante del Partito
Comunista Italiano durante gli anni cinquanta, fu con Raniero Panzieri tra i
fondatori della rivista Quaderni Rossi, da cui si separò nel 1963 per fondare
la rivista Classe operaia, della quale fu il direttore. Questo percorso lo
portò ad allontanarsi dal PCI, pur senza mai uscirne formalmente, e ad animare
l'esperienza radicale dell'operaismo. Tale esperienza, che va considerata per
molti versi la matrice della nuova sinistra degli anni sessanta, si
caratterizzava per il fatto di mettere in discussione le tradizionali
organizzazioni del movimento operaio (partito e sindacato) e di collegarsi
direttamente, senza intermediazioni, alla classe in sé e alle lotte di
fabbrica. Influenzato filosoficamente dall'opera di Galvano Della Volpe,
che lo aveva portato ad allontanarsi dal pensiero di Antonio Gramsci, o almeno
dalla sua versione ufficiale promossa dal PCI togliattiano, Tronti si dedicò
come studioso alla formulazione di un pensiero politico che, fondendo la teoria
con la prassi, rinnovasse il marxismo tradizionale e contribuisse a riaprire la
strada rivoluzionaria in Occidente. Di fronte all'irruzione dell'operaio-massa
sulla scena delle società occidentali, l'operaismo di Tronti seppe proporre
un'analisi moderna delle relazioni di classe e soprattutto mettere l'accento
sul fattore soggettivo, rivendicando la centralità politica della classe. Le
sue idee, debitrici anche della visione di Ernst Jünger (v. "L'operaio",
1932), trovarono una sistemazione nel 1966, con la pubblicazione di Operai e
capitale, un libro di forte impatto letterario (è stato inserito tra le 2250
opere del Dizionario delle opere della Letteratura Italiana Einaudi), che
eserciterà un'influenza notevole sulla contestazione giovanile e più in
generale sull'ondata di mobilitazione che ebbe inizio negli anni immediatamente
successivi. Fu proprio la sconfitta della spontaneità operaia e
dell'ondata di mobilitazione, colta anticipatamente da Tronti e non invece da
altri operaisti come Toni Negri (di qui la rottura tra loro, avvenuta nel
1967-1968), a indurlo a spostare la sua riflessione sul "problema del
politico", ovvero della direzione e della mediazione politica. Ebbe inizio
da qui la teorizzazione trontiana dell'"autonomia del politico", cioè
la ricerca di una teoria politica realista che, in un'originale commistione di
Karl Marx e Carl Schmitt[1], fosse capace di colmare i limiti della
soggettività sociale. Si trattò di una fase più intellettuale che politica
dell'esperienza di Tronti, il quale si dedicò prevalentemente all'insegnamento
(Filosofia morale e poi Filosofia politica) presso l'ateneo senese e
all'attività pubblicistica, fondando tra l'altro nel 1981 l'influente rivista
Laboratorio politico. Riavvicinatosi al PCI di Enrico Berlinguer, in questo
periodo Tronti fu finalmente riabilitato dal gruppo dirigente del partito,
entrando a far parte più volte del Comitato centrale. Alle elezioni del
1992 fu eletto al Senato della Repubblica (XI legislatura) nelle liste del
Partito Democratico della Sinistra, fu membro della Commissione parlamentare
per le riforme istituzionali dal 1992 al 1994[2]. Negli anni successivi, non
avendo condiviso le trasformazioni post-comuniste del partito, e dopo aver
lasciato la docenza universitaria, la sua riflessione filosofica ha assunto
toni pessimistici, concentrandosi sulla fine della politica moderna e sulla
critica della democrazia. Dal 2004 al 2015 è stato presidente della Fondazione
CRS (Centro per la Riforma dello Stato) - Archivio Pietro Ingrao. Alle
elezioni del 2013 è stato di nuovo eletto al Senato (XVII legislatura) nelle
liste del Partito Democratico per la Lombardia[3]. Il 14 gennaio 2016 è
tra i 31 parlamentari, soprattutto di area cattolica, del PD a firmare un
emendamento contro l'articolo 5 del disegno di legge Cirinnà riguardante
l'adozione del configlio[4][5]. Curiosità Mario Tronti è parente di
Renato Zero: è infatti il figlio di Nicola Tronti, la cui sorella Renata è la
nonna del cantautore[6]. Opere In volume Operai e capitale, Einaudi, Torino,
1966; seconda edizione accresciuta 1971; ristampa DeriveApprodi, Roma, 2006;
Hegel politico, Istituto dell'Enciclopedia italiana, Roma, 1975; Sull'autonomia
del politico, Feltrinelli, Milano, 1977; Soggetti, crisi, potere (a cura di A.
Piazzi e A. De Martinis), Cappelli, Bologna, 1980; Il tempo della politica,
Editori Riuniti, Roma, 1980; Con le spalle al futuro. Per un altro dizionario
politico, Editori Riuniti, Roma, 1992; Berlinguer. Il Principe disarmato, Edizioni
Sisifo, Roma, 1994; La politica al tramonto, Einaudi, Torino, 1998; Cenni di
Castella, Edizioni Cadmo, Fiesole (FI), 2001; Teologia e politica al crocevia
della storia (con Massimo Cacciari), AlboVersorio, Milano, 2007 [ristampa 2015]
Passaggio Obama. L'America, l'Europa, la Sinistra, Ediesse, 2008 La democrazia
dei cittadini. Dai cittadini per l'Ulivo al Partito Democratico, Ediesse, 2009
Non si può accettare, Ediesse, 2009 Noi operaisti, DeriveApprodi, 2009
Dall'estremo possibile, Ediesse, 2011 Per la critica del presente, Ediesse,
2013 Dello spirito libero. Frammenti di vita e di pensiero, Il Saggiatore, 2015
Il nano e il manichino. La teologia come lingua della politica, Castelvecchi,
2015 Il demone della politica. Antologia di scritti (1958-2015), Il Mulino,
2018 Contributi, curatele Tra materialismo dialettico e filosofia della prassi.
Gramsci e Labriola, in A. Caracciolo e G. Scalia (a cura di), La città futura.
Saggi sulla figura e il pensiero di Antonio Gramsci, Feltrinelli, Milano, 1959;
Scritti inediti di economia politica di Marx, Editori Riuniti, 1963 (a cura di)
Hobbes e Cromwell in Stato e rivoluzione in Inghilterra, Il Saggiatore, Milano,
1977; Operaismo e centralità operaia, Editori Riuniti, Roma, 1978 (con G.
Napolitano, A. Accornero e M. Cacciari) Il politico. Antologia di testi del
pensiero politico. 1: Da Machiavelli a Cromwell, Feltrinelli, Milano, 1979 (a
cura di) Il politico. Antologia di testi del pensiero politico. 2: Da Hobbes a
Smith, Feltrinelli, Milano, 1981 (a cura di) Il destino dei partiti, Ediesse,
1997, (con Giuseppe Cotturri, F. Izzo) Rileggendo "La libertà
comunista", in G. Liguori (a cura di), Galvano Della Volpe. Un altro
marxismo, Edizioni Fahrenheit 451, Roma, 2000; Classe operaia. Le identità:
storia e prospettiva, Angeli, Milano, 2001; (a cura di Tronti e Favilli) Per la
critica della democrazia politica, in M. Tari (a cura di), Guerra e democrazia,
ManifestoLibri, Roma, 2005; Politica e destino, Sossella editore, Roma, 2006
(con contributi di AA.VV. sul pensiero di Tronti); Finis Europae. Una
catastrofe teologico-politica, Bibliopolis, Napoli 2008. Note ^ "Ne La
politica al tramonto, Einaudi, 1998, un capitolo porta il titolo «Karl und
Carl», per sottolineare, anche qui allusivamente, la necessità di completare
Marx con Schmitt", Mario Tronti, Autobiografia filosofica, in Storia della
filosofia, 14, Filosofi italiani contemporanei, Le Grandi Opere del Corriere
della Sera, Bompiani, Milano 2008 Archiviato il 3 dicembre 2013 in Internet
Archive. ^ Mario Tronti / Deputati / Camera dei deputati - Portale storico, su
storia.camera.it. URL consultato il 15 gennaio 2016. ^ senato.it - Scheda di
attività di Mario TRONTI - XVII Legislatura, su www.senato.it. URL consultato
il 15 gennaio 2016. ^ Unioni civili: i numeri che mettono a rischio le adozioni
gay, su Termometro Politico, https://plus.google.com/+termometropolitico/. URL
consultato il 19 gennaio 2016. ^ Unioni civili, 30 senatori Pd contro le
adozioni. E Gay.it pubblica la lista: "Scrivi al malpancista". Loro:
"Squadristi", su Il Fatto Quotidiano. URL consultato il 19 gennaio
2016. ^ Le piume, le fidanzate, lo zio comunista. I 60 anni di Renato Zero |
Altri Mondi Bibliografia Mario Alcaro, Dellavolpismo e nuova sinistra, Dedalo,
Bari, 1977; Costanzo Preve, La teoria in pezzi. La dissoluzione del paradigma
teorico operaista in Italia (1976-1983). Dedalo, 1984; Romolo Gobbi, Com'eri
bella, classe operaia. Storia fatti e misfatti dell'operaismo italiano,
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Galli (a cura di), Enciclopedia del pensiero politico. Autori, concetti,
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Gigi Roggero, Guido Borio, Gli operaisti, Derive Approdi, Roma, 2005 Antonio
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DeriveApprodi, Roma 2008 Antonio Peduzzi, A Cartagine poscia io venni - incubi
sulla teoria marxista, Arduino Sacco editore, Roma, 2011; Michele Filippini,
Mario Tronti e l'operaismo politico degli anni Sessanta, EuroPhilosophie, 2011.
Franco Milanesi, Nel Novecento, Storia, teoria, politica nel pensiero di Mario
Tronti, Mimesis, Milano, 2014 Abecedario (a cura di Carlo Formenti),
DeriveApprodi, 2016 Voci correlate Operaismo Quaderni Rossi Classe operaia
(rivista) Raniero Panzieri Toni Negri Massimo Cacciari Pietro Ingrao Centro per
la Riforma dello Stato Altri progetti Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene
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Tronti, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Mario Tronti, su Open Library,
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Registrazioni di Mario Tronti, su RadioRadicale.it, Radio Radicale. Modifica su
Wikidata (EN) Mario Tronti, su Internet Movie Database, IMDb.com. Modifica su
Wikidata Centro per la Riforma dello Stato, su centroriformastato.org.
"Storia e critica del concetto di democrazia" (intervento di Tronti,
29/1/2005), disponibile anche in file audio, su globalproject.info. Sito web
italiano per la filosofia: Mario Tronti, su lgxserver.uniba.it. URL consultato
il 27 novembre 2006 (archiviato dall'url originale il 20 luglio 2011).
Conricerca-Futuro Anteriore, su alpcub.com. Class Against Class (con testi di
Tronti in inglese), su geocities.com (archiviato dall'url originale l'11 agosto
2006). "Antagonism and Insurrection in Italian 'Operaismo'" (paper di
A. Toscano) (PDF), su goldsmiths.ac.uk. URL consultato il 27 novembre 2006
(archiviato dall'url originale il 27 settembre 2007). "Lotta contro gli
idoli" (intervento di Tronti per Rai Educational, 27/2/2001), su
emsf.rai.it. URL consultato il 27 novembre 2006 (archiviato dall'url originale
il 29 gennaio 2009). Michele Smargiassi, Intervista a Mario Tronti: "La lotta
di classe c'è ancora", La Repubblica, 5 settembre 2013. URL consultato il
15 gennaio 2016. Antonio Gnoli, Mario Tronti: "Sono uno sconfitto, non un
vinto. Abbiamo perso la guerra del '900", La Repubblica, 28 settembre
2014. URL consultato il 15 gennaio 2016. Controllo di autoritàVIAF (EN)
267536455 · ISNI (EN) 0000 0003 8306 8117 · SBN IT\ICCU\CFIV\039208 · LCCN (EN)
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Filosofia Politica Portale Politica Categorie: Filosofi italiani del XX
secoloFilosofi italiani del XXI secoloAccademici italiani del XX
secoloAccademici italiani del XXI secoloPolitici italiani del XX secoloPolitici
italiani del XXI secoloNati nel 1931Nati il 24 luglioNati a
RomaMarxistiProfessori dell'Università degli Studi di SienaComunisti in
ItaliaSenatori dell'XI legislatura della Repubblica ItalianaSenatori della XVII
legislatura della Repubblica ItalianaPolitici del Partito Democratico
(Italia)Politici del Partito Democratico della SinistraPolitici dei Democratici
di SinistraFondatori di riviste italiane[altre]
Tulelli Paolo Emilio Tulelli Da Wikipedia,
l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Ritratto di Paolo
Emilio Tulelli Ritratto di Paolo Emilio Tulelli Paolo Emilio Tulelli (Zagarise,
18 agosto 1811 – Napoli, 27 gennaio 1884) è stato un presbitero, filosofo e
educatore italiano nonché scrittore, letterato e poeta[1][2]. Al cavaliere
Paolo Emilio Tulelli sono ad oggi intitolate una via nel Comune di Zagarise[3]
e una nel Comune di Catanzaro nel quartiere Sant'Elia[4], una sala della
Biblioteca comunale Filippo De Nobili di Catanzaro dove l'amministrazione
comunale della città di Catanzaro e la pronipote del filosofo, giurista,
scrittrice e presidente dell'associazione culturale "Universo
Minori"[5] Rita Tulelli, giorno 13 aprile 2010 hanno apposto una targa
commemorativa in suo onore[6], inoltre, giorno 27 luglio 2017 è stato posto
davanti alla casa comunale di Zagarise un busto che lo raffigura realizzato dal
professore, scultore e pittore Mario Calveri[7]. Paolo Emilio Tulelli
busto Zagarise Busto di Paolo Emilio Tulelli, creato dallo scultore Mario
Calveri, installato davanti al Comune di Zagarise in data 27 luglio 2017
Indice 1Biografia 2Testamento 2.1Dondazione di libri alla città di Catanzaro al
fine di fondare una biblioteca pubblica 2.2Istituzione di una rendita per far
studiare un giovane meritevole del comune di Zagarise 3Opere 3.1Libri 3.2Poesie
4Opere concernenti Paolo Emilio Tulelli 5Note 6Voci correlate Biografia Nacque
a Zagarise da Gaetano e Anna Gallelli. Appartenente ad una famiglia di nobili
origini, era un marchese, studiò presso il Convento del Ritiro dei Filippini a
Zagarise e poi frequentò a Catanzaro il Real Liceo-Ginnasio e il Corso
Teologico presso il Pontificio Seminario Teologico Regionale San Pio X
diventando sacerdote. Dal 1839 visse a Napoli dove compì studi filosofici
e nel 1855 aprì nella stessa città una scuola privata dove insegnò per oltre
vent’anni filosofia morale ed estetica. La richiesta di poter istituire una
scuola privata fu inviata in data 11 settembre 1855 alle autorità competenti,
le quali, prima di concedere le relative autorizzazioni, chiesero al vescovo di
Catanzaro dettagliate notizie in merito alla condotta religiosa, morale e
politica del richiedente, la risposta inviata loro fu: «Elemento di condotta
soda, casta e onesta» Tra gli allievi della sua scuola molti furono
appartenenti a famiglie di alto rango sociale e tra questi è possibile annoverare
i figli del re Borbone che, in segno di stima, gli fecero dono di un orologio
da camera di manifattura francese opera dei fratelli Japis. Fu molto amico di
Luigi Settembrini, il quale lo citò nella sua opera "Lezioni di
letteratura italiana", gli trasmise l’amore per la filosofia e gli ideali
patriottici, fu allievo del marchese Basilio Puoti e del filosofo Pasquale
Galluppi del quale studiò e diffuse il pensiero, evidenziando il parallelismo
con il pensiero del filosofo tedesco Immanuel Kant, così come divulgò quello di
altri filosofi meridionali, tra cui Giovanni Battista Capasso, Tommaso Rossi e
G. Masci. Nel 1860 Paolo Emilio Tulelli iniziò ad insegnare filosofia forale
all’Università degli Studi di Napoli Federico II dietro l’impulso di Francesco
Saverio De Sanctis, anno in cui, secondo Benedetto Croce, iniziò un ventennio
di vero splendore per l’ateneo napoletano. Nello stesso anno cadde il Regno
delle Due Sicilie e Paolo Emilio Tulelli, favorevole alla formazione di uno
stato unitario, portò avanti una battaglia a livello morale e giuridico per
l’abolizione della pena di morte che fino ad allora era in vigore in tutti gli
Stati d’Europa tranne il Granducato di Toscana, la stessa sarà poi abolita con
l'adozione del codice penale del Regno d'Italia nel 1889, il cosiddetto Codice
Zanardelli. La fine della dominazione borbonica fu colta dal Tulelli come
un’occasione di rinnovamento sociale e morale ed egli instillò nei suoi
insegnamenti la consapevolezza che il rinnovamento politico dovesse essere accompagnato
a quello morale, egli riscontrava nella popolazione un’evidente scarsità
intellettuale e un sentimento religioso che si manifestava mediante pratiche di
culto sempre più lontane dall’essere ricche di valori spirituali e una società
sempre più formalista, egli cercò di contrastare questa tendenza in affinità al
pensiero del filosofo Vincenzo Gioberti. Paolo Emilio Tulelli fu un
patriota e un cattolico liberale e la sua attività di pensatore fece si che la
sua notorietà e la sua reputazione crescessero, fu inoltre un oppositore degli
hegeliani napoletani, fu a capo degli oppositori degli Spaventiani e fu
rappresentante del movimento filosofico del quale nella prima metà
dell'ottocento fecero parte Pasquale Galluppi, Ottavio Colecchi, Stefano Cusani
e Vincenzo De Grazia. Sul valore del Tulelli si sono pronunciati, fra gli
altri, anche il Croce ed il Russo. Fu Socio Ordinario delle seguenti
Accademie: Accademia di Scienze Morali e Politiche di Napoli Accademia
Reale Pontaniana In relazione all'Accademia di Scienze Morali e Politiche di
Napoli, Tulelli e il senatore Enrico Pessina, proposero nell'anno 1867, in
qualità di soci dell'accademia, di collocare nell'atrio dell'Università degli
Studi di Napoli un busto in marmo raffigurante il filosofo Pasquale Galluppi,
l'opera fu realizzata dallo scultore napoletano Beniamino Calì e fu inaugurata
il 14 marzo dello stesso anno con una cerimonia a cui presero parte il rettore
Paolo Emilio Imbriani, dei rappresentanti e diversi studenti[8]. Della stessa
accademia oltre ad esserne socio ne fu anche tesoriere come si evince dalla
Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia di lunedì 10 febbraio 1879[9] in cui è
contenuta la rielezione per quell'anno alla suddetta carica: " (omissis)
S.M., sulla proposta del Ministro della Pubblica Istruzione, ha, con RR.
decreti 29 novembre, 3, 6, 8, 13, 16 e 22 dicembre 1878, fatte le nomine e
disposizioni seguenti: (omissis) Tulelli Paolo Emilio, socio della Società
Reale di Napoli, approvata la sua rielezione a tesoriere dell'Accademia di
scienze morali e politiche della predetta Società; (omissis) ". Fu
Socio Corrispondente[10] delle seguenti Accademie: Accademia Cosentina
Accademia di scienze, lettere e belle arti degli Zelanti e dei Dafnici Fu
membro dell’Istituto Americano di New York e della Società Storica di
Pennsylvania. Testamento Paolo Emilio Tulelli visse a Napoli fino al
giorno della sua morte e nelle sue ultime volontà traspare chiaramente un
radicato e forte legame con la sua terra di origine, infatti i primi due punti
del suo testamento furono «Volendo lasciare una prima testimonianza di affetto
alla città di Catanzaro...» e «Col fine di promuovere e favorire nel mio
nativo Comune di Zagarise l’educazione morale e l’istruzione letteraria e
scientifica...» Dispose inoltre che fosse destinata una somma in dote ad
una ragazza indigente di Zagarise e che il resto del patrimonio del filosofo
fosse suddiviso tra i suoi parenti[11]. Il documento, tutt'ora
disponibile presso l’Archivio Notarile di Napoli, fu depositato nel capoluogo
campano il 30 gennaio 1884 presso lo studio del notaio Michele Mazzitelli sito
in via S. Giovanni numero 19. Dondazione di libri alla città di Catanzaro
al fine di fondare una biblioteca pubblica Paolo Emilio Tulelli volle donare
alla città di Catanzaro alcuni libri affinché potessero rappresentare una base
di partenza per la costituzione di una biblioteca pubblica auspicando che il
suo gesto potesse rappresentare un’esortazione a contribuire al suo
ampliamento, una volta istituita, da parte di altri uomini generosi e amanti
della cultura. Il comune di Catanzaro accettò il legato che, in caso contrario,
si sarebbe dovuto destinare ad ampliare il patrimonio della biblioteca del Real
Liceo di Catanzaro o ad un erede del de cuius nel caso in cui il anche
direttivo del liceo non avesse accettato la donazione. I libri furono
trasferiti da Napoli a Catanzaro a spese del comune, così come indicato nelle
ultime volontà del filosofo, ed il 2 giugno 1889 venne istituita la biblioteca
comunale che venne denominata Biblioteca Municipale di Catanzaro "Onestà e
lavoro", ma che oggi è conosciuta come Biblioteca comunale Filippo De
Nobili. «Volendo lasciare una prima testimonianza di affetto alla città
di Catanzaro ove ebbi i primi semi del mio sapere e le prime aspirazioni alla
libertà della Patria Italiana, lego al comune della città i miei pochi libri
col fine espresso ed incondizionato di formare il primo fondo ad una biblioteca
pubblica da fondarsi in loco adatto a vantaggio della gioventù studiosa e dei
cultori della letteratura e della scienza.» (Paolo Emilio Tulelli,
Estratto del Testamento) Istituzione di una rendita per far studiare un giovane
meritevole del comune di Zagarise Per quanto concerne il comune natio,
nell’intenzione di promuovere l’educazione morale, l’istruzione letteraria e
scientifica nello stesso, Paolo Emilio Tulelli istituì una rendita annuale,
denominata “Monte o Istituto Tulelli” per far si che dei giovani meritevoli del
suddetto comune potessero studiare e conseguire la laurea. A perenne ricordo di
ciò egli dispose nelle sue ultime volontà che fosse realizzata una breve
iscrizione su una lastra di marmo e che la stessa fosse posta in un luogo
pubblico del comune di Zagarise. «Col fine di promuovere e favorire nel
mio nativo comune di Zagarise l'educazione morale e l'istruzione letteraria e
scientifica e così sospingere quei miei concittadini sulla via della civiltà,
istituisco un Monte o Istituto per l'educazione ed istruzione dei giovinetti di
detto Comune da elevarsi dal Real Governo in Ente Morale e giuridico con la
dotazione di annue lire duemila di rendita al 5 per cento iscritto al gran
libro dei Regno d'Italia. All'uopo destino due certificati di rendita a me
intestati dell'annua rendita di L.[12] millesettecento con la data di Firenze
14 agosto 1878 sotto il N. 649.196 e l'altro dell'annua rendita di L.[12]
trecento della stessa data e sotto il N. 649.197. Sì fatta annua rendita sarà
unicamente ed esclusivamente impiegata per l'educazione e istruzione nelle
lettere e nella scienza di un giovinetto fatto volta per volta per modo che si
dirà qui appresso nato a Zagarise da genitori ivi domiciliati almeno da dieci
anni compiti, dell'età non minore di anni sette, che sappia almeno leggere e
scrivere e mostri in generale attitudine e buona disposizione agli
studi.» (Paolo Emilio Tulelli, Estratto del Testamento) Opere Libri Dei
principi sostanziali ed informatori della scienza dell’educazione – Prolusione
letta nell'Università nel febbraio 1874. Napoli – Stamperia della Regia Università,
1874 Dei sistemi morali e della loro possibile riduzione. Napoli – Tipografia
della Regia Università, 1880 Della moralità della scienza e della vita –
Prolusione al corso delle lezioni di filosofia morale letta all’Università il 2
dicembre 1873. Napoli – Stamperia della Regia Università, 1873[13] Elogio di
Vito Buonsanto accademico pontaniano – Recitato nella tornata del 29 giugno
1851. Napoli – Tipografia Del Fibreno, 1851 Filadelfos di Giovanni Gemelli –
Recensione letta all’accademia di scienze morali e politiche il 27 maggio 1882.
Napoli – Stamperia della Regia Università, 1882[14] L’infallibilità della
ragione umana considerata nella triplice sfera della scienza, politica,
religione. Studi critici. Napoli – Stamperia della Regia Università, 1870[15] Intorno
alla morale indipendente, Studio critico. Napoli – Stamperia della Regia
Università, 1881. Programma di una discussione accademica sul tema
dell’educazione religiosa popolare in Italia. 1880 Prolusione ad un corso di
lezioni di estetica. Napoli – Stamperia del Vaglio, 1855 Prolusione ad un
corso di filosofia morale – Recitata il 20 novembre 1861 nella Regia Università
degli Studi di Napoli. Napoli – Stamperia della Regia Università, 1862[16]
Schema di una metafisica dell’estetica. Parte prima. Napoli – Stamperia della
Regia Università, 1872 Schema di una metafisica dell’estetica. Parte seconda.
Napoli – Stamperia della Regia Università, 1877 Sopra una nuova formula
metafisica del professor Tari – Breve memoria. Napoli – Stamperia della Regia
Università, 1872 - 1877[17] Sunto della seconda parte dello schema di una
metafisica dell’estetica S.n.t. Cenni biografici del professore Luigi
Settembrini. Napoli – Tipografia dell'Accademia Reale delle Scienze, 1878
Intorno alla dottrina e alla vita del politica del Barone Pasquale Galluppi –
Notizie ricavate da alcuni suoi scritti inediti e rari. Memoria letta
nell’accademia di scienze morali e politiche di Napoli nella tornata del 4
dicembre 1864. Napoli – Stamperia della Regia Università, 1865[18] Intorno alla
vita e alle opere filosofiche di Giovan Battista Papasso e di Tommaso Rossi.
Discorsi due. Napoli – Tipografia Cutaneo, 1857 Libera Chiesa in libero Stato –
Ragionamento letto all'Accademia di scienze morali e politiche di Napoli nelle
tornate del 28 e 31 ottobre 1869. Napoli – Stamperia della Regia Università,
1869 Prolusione ad un corso di lezioni di estetica recitata nel suo studio
privato il 1º dicembre 1852. Napoli – Stamperia del Vaglio, 1855[19][20]
Intorno alla vita e alla storia della filosofia di Giovan Battista Capasso –
Memoria letta all'Accademia nella tornata del 29 Gennaio 1854. Napoli – Società
tipografica napoletana Tramater, 1954 La rosa di Gerico. Raccolta di prose e
versi. Napoli – Tipografia Del poligama, 1852 Schema di una metafisica dell'etica.
Napoli – Tipografia e streotipia della Regia Università, 1872 - 1877[21] Sopra
gli scritti inediti di Pasquale Galluppi – Memoria seconda letta nell'Accademia
di scienze morali e politiche di Napoli. Napoli – Stamperia della Regia
Università, 1866[22] Biografia del barone Pasquale Galluppi. S.n.t. Dei sistemi
filosofici. S.n.t. Filosofia indiana (V. "l’equilibrio" anno 1° pp.
287 292) Su l’abolizione della pena di morte – In "Rendiconti
dell’Accademia delle scienze morali e politiche di Napoli". Napoli –
Stamperia della Regia Università, 1863[23] Notizie biografiche di Saverio
Baldacchini – In “Annuario della Regia Università degli Studi di Napoli”, Anno
scolastico 1879 - 1880 Elogio funebre di Martino Cilento. 1855 Sulla Bella di
Camarda, poema del marchese Cappelli. Napoli, 1855 Armonia della libertà
politica e della Scienza morale — Prolusione. 1861 Scambio di lettere con
Giannina Milli. 1857 - 1883[24] Poesie Preso da immenso desiderio e ardente
(Sonetto)[25] Padre, partisti, forse desolato (Sonetto)[26] Aspirazione a Dio
(Sonetto)[27] Opere concernenti Paolo Emilio Tulelli Il pensiero morale di
Paolo Emilio Tulelli, 1811-1884. Carlo Nardi. Società Napoletana di Storia
Patria, 1966 Paolo Emilio Tulelli. Lettere a Giannina Milli (1857-1888). Federico
Adamoli. Collana "Il Fondo Milli" numero 2, 2001 Note ^ Biografia
Paolo Emilio Tulelli ^ Paolo Emilio Tulelli il Poeta ^ Via Paolo Emilio Tulelli
a Zagarise ^ Via Paolo Emilio Tulelli a Catanzaro ^ Associazione "Universo
Minori" ^ Alla Biblioteca De Nobili una targa per ricordare Paolo Emilio
Tulelli ^ La famiglia Tulelli dona a Zagarise un'opera raffigurante il filosofo
Paolo Emilio ^ Discorso di Paolo Emilio Imbriani all'inaugurazione del busto
raffigurante Pasquale Galluppi posto nell'Accademia di Scienze Morali e
Politiche di Napoli ^ Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia di lunedì 10
febbraio 1879, pagina 548 ^ Un Socio Corrispondente di un'accademia è un socio
che risiede in una città diversa da quella di quest'ultima ^ Zagarise e
dintorni, F. Faragò. Pagina 38 Lira italiana ^ Della moralità della
scienza e della vita – Prolusione al corso delle lezioni di filosofia morale
letta all’Università il 2 dicembre 1873 ^ Filadelfos di Giovanni Gemelli.
Recensione. ^ L’infallibilità della ragione umana considerata nella triplice
sfera della scienza, politica, religione. Studi critici. ^ Prolusione ad un
corso di filosofia morale recitata il dì 20 novembre 1861 nella Regia
Università degli Studi di Napoli ^ Sopra una nuova formula metafisica del
professor Tari. Breve memoria. ^ Intorno alla dottrina ed alla vita politica
del barone Pasquale Galluppi notizie ricavate da alcuni suoi scritti inediti e
rari da Paolo Emilio Tulelli nella tornata del 4 dicembre 1864 ^ Prolusione ad
un corso di lezioni di estetica recitata nel suo studio privato il 1º dicembre
1852 ^ Il primo numero della Rivista Sebezia, una rivista periodica fondata da
Bruto Fabricatore che si occupava di argomenti di natura scientifica,
letteraria ed artistica, fu pubblicato nel mese di luglio del 1855 e tra i vari
articoli presenti vi fu anche la Prolusione ad un corso di lezioni di estetica
di Paolo Emilio Tulelli ^ Schema di una metafisica dell'etica ^ Sopra gli
scritti inediti di Pasquale Galluppi ^ Su l'abolizione della pena di morte ^
Lettere a Giannina Milli ^ Preso da immenso desiderio e ardente ^ Padre,
partisti, forse desolato ^ Aspirazione a Dio Voci correlate Biblioteca comunale
Filippo De Nobili di Catanzaro Università degli Studi di Napoli Federico II
Pena di morte in Italia Giannina Milli Pasquale Galluppi Luigi Settembrini
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secoloEducatori italianiNati nel 1811Morti nel 1884Nati il 18 agostoMorti il 27
gennaioNati a ZagariseMorti a NapoliScrittori italiani del XIX secoloPoeti
italiani del XIX secolo[altre]
Turco Carlo Turco Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
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italiani è solo un abbozzo. Contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni
di Wikipedia. Carlo Turco o Turchi (Asola, 1548 – 1575) è stato un poeta,
filosofo e letterato italiano. Biografia
Nacque da una delle più antiche e nobili famiglie di Asola, allora fiorente
cittadina della Repubblica di Venezia, dove ricoprì importanti cariche
politiche in qualità di deputato, oratore e avvocato della Comunità[1]. La sua prima opera poetica, la Commedia Nova
intitolata Agnella, venne rappresentata ad Asola durante i festeggiamenti per
la visita dei duchi di Nemours e Beaulieu e altri illustri francesi al loro
seguito. L'opera venne in pubblicata in seguito prima a Treviso, nel 1558, poi
a Venezia, nel 1585. Fu contemporaneo ed
amico di Paolo Manuzio che in una lettera encomia la sua Canzone in lode di
Carlo V scritta in occasione della morte di quest'ultimo[2]: «Letta la vostra Canzone scritta in morte del
Gran Carlo V, veramente Signor Carlo onorato, non troppo benigna stella,
essendo voi dotato di si pellegrino ingegno e di tante altre lodevoli qualità,
vi condanna a scrivere dove tra molte tenebre non può risplendere la vostra
virtù, con la quale potevate illustrare voi stesso ed il secolo nostro
eccitando in altri il desiderio di assomigliarvi: laddove hora, avendo voi il
campo ristretto per esercitare le vostre più nobili parti, non veggo come
possano apparire effetti degni di voi ed alla vostra nobile industria corrispondenti» Questa lettera fu in seguito stampata in
Venezia da Lelio Gavardo che nel 1585, sempre a Venezia, pubblicò una tragedia
in versi del Turco, intitolata Calestri, poi pubblicata nel 1603 anche a
Treviso. Altre poesie di Carlo Turco
furono stampate anche nel libro Il Sepolcro de la illustre signora Beatrice di
Dorimbergo (Brescia Fabbio 1568). Note
^ Ludovico Mangini - Storie Asolane, parte II, libro 3 e 4 ^ 12 dicembre 1558,
Lettera di Paolo Manuzio a Carlo Turchi, Lett. Volg. Venezia 1560, Libro IV,
p.155 Biografie Portale Biografie Letteratura Portale Letteratura Categorie:
Poeti italiani del XVI secoloFilosofi italiani del XVI secoloLetterati
italianiNati nel 1548Morti nel 1575Nati ad Asola (Italia)Drammaturghi italiani
del XVI secolo[altre]
Turoldo David Maria Turoldo
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David Maria Turoldo David Maria Turoldo, al secolo Giuseppe Turoldo (Coderno,
22 novembre 1916 – Milano, 6 febbraio 1992), è stato un presbitero, teologo,
filosofo, scrittore, poeta e antifascista italiano, membro dell'Ordine dei
servi di Maria. È stato, oltre che poeta, figura profetica in ambito ecclesiale
e civile, resistente sostenitore delle istanze di rinnovamento culturale e
religioso, di ispirazione conciliare. È ritenuto da alcuni uno dei più
rappresentativi esponenti di un cambiamento del cattolicesimo nella seconda
metà del '900, il che gli ha valso il titolo di "coscienza inquieta della
Chiesa"[1]. Indice 1Biografia 1.1Periodo formativo 1.2Presenza
milanese 1.3 La
ripresa 1.4La morte 2Opere 2.1Poesia e opere letterarie 2.2Saggistica e
spiritualità 2.3Narrativa 2.4Film 3Note 4Bibliografia 5Voci correlate 6Altri
progetti 7Collegamenti esterni Biografia Periodo formativo Nono di dieci
fratelli, Giuseppe Turoldo recepì con intensità le caratteristiche della
semplice cultura umana del suo ambiente nativo e prevalentemente contadino.
Colse e fece propria la dignità delle condizioni povere della sua terra, che
costituirono una solida radice informante tutto lo sviluppo della sua
sensibilità e della sua attività futura. A soli 13 anni fu accolto tra i
Servi di Maria nel convento di Santa Maria al Cengio a Isola Vicentina, sede
triveneta della Casa di Formazione dell'Ordine Servita: dove trascorse l’anno
di noviziato, assumendo il nome di fra David Maria; il 2 agosto 1935 emise la
professione religiosa; il 30 ottobre 1938 pronunciò i voti solenni a Vicenza.
Incominciò gli studi filosofici e teologici a Venezia. Il 18 agosto 1940 nel
santuario della Madonna di Monte Berico di Vicenza venne ordinato presbitero da
monsignor Ferdinando Rodolfi, arcivescovo di Vicenza. Nel 1940 fu
assegnato al convento di Santa Maria dei Servi in San Carlo al Corso in Milano.
Su invito del cardinale Ildefonso Schuster, arcivescovo della città, per circa
un decennio tenne la predicazione domenicale nel duomo milanese. Insieme con il
suo confratello, compagno di studi durante tutto l’iter formativo nell’Ordine
dei Servi e amico Camillo de Piaz, si iscrisse al corso di laurea in Filosofia
all'Università Cattolica di Milano e conseguì la laurea l'11 novembre 1946 con
una tesi dal titolo: La fatica della ragione - Contributo per un'ontologia
dell'uomo, redatta sotto la guida del prof. Gustavo Bontadini. Sia Bontadini
sia Carlo Bo gli offriranno il ruolo di Assistente universitario, il primo
presso Filosofia teoretica a Milano, il secondo presso la cattedra di
Letteratura all'Università di Urbino. Presenza milanese Durante
l'occupazione nazista di Milano (8 settembre 1943 - 25 aprile 1945) collaborò
attivamente con la resistenza antifascista, creando e diffondendo dal suo
convento il periodico clandestino l'Uomo. Il titolo testimonia la sua scelta
dell'umano contro il disumano, perché «La realizzazione della propria umanità:
questo è il solo scopo della vita».La sua militanza durò tutta la vita,
interpretando il comando evangelico "essere nel mondo senza essere del
mondo" come un "essere nel sistema senza essere del sistema".
Rifiutò sempre di schierarsi con un partito. Il suo impegno nel dialogo
senza preconcetti e nel confronto di idee talvolta anche duro, si tradusse in
particolare nel far nascere, insieme con Camillo De Piaz, il centro culturale
la Corsia dei Servi (il vecchio nome della strada che dal convento dei Servi
conduceva al duomo). Turoldo fu uno dei principali sostenitori del
progetto Nomadelfia, il villaggio nato per accogliere gli orfani di guerra “con
la fraternità come unica legge”, fondato da don Zeno Saltini nell'ex campo di
concentramento di Fossoli presso Carpi, raccogliendo fondi presso la ricca
borghesia milanese. Tra il 1948 e il 1952 si rende noto al grande
pubblico con due raccolte di liriche Io non ho mani (che gli valse il Premio
letterario Saint Vincent) e Gli occhi miei lo vedranno, presentato nella collana
mondadoriana Lo Specchio da Giuseppe Ungaretti. A seguito di prese di
posizione assunte da politici locali e da alcune autorità ecclesiastiche, nel
1953 deve lasciare Milano e soggiornare in conventi dei Servi dell’Austria e
della Baviera. La ripresa Nel 1955 Turoldo venne dai superiori
dell’Ordine assegnato al convento della Santissima Annunziata di Firenze, e qui
incontrò personalità affini al suo modo di sentire, quali fra Giovanni
Vannucci, padre Ernesto Balducci, il sindaco Giorgio La Pira, e molti altri che
nell’ambiente fiorentino animano un tempo in cui si accendono speranze di
rinnovamento a tutti i livelli. Ma anche da Firenze sarà costretto ad
allontanarsi e trascorrerà un periodo di peregrinazioni all’estero.
Rientrato in Italia, nel 1961 venne assegnato al convento di Santa Maria delle
Grazie, nella “sua” Udine. Ma con il rientro in Italia aveva portato con sé un
progetto, nato a contatto con le nuove generazioni nate all’estero dagli
emigrati friuliani: realizzare un film che raccontasse la nobiltà della povera
vita rurale del suo Friuli. Il film con il titolo Gli ultimi e ispirato al
racconto Io non ero fanciullo scritto da Turoldo in precedenza, venne concluso
nel 1962 con la regia di Vito Pandolfi. Presentato all’inizio del 1963 a Udine,
il film tuttavia fu ben presto rifiutato dall’opinione pubblica friulana, che
lo ritenne addirittura offensivo. Nello stesso anno 1963 Turoldo
incominciò a cercare un sito dove dare avvio a una nuova esperienza religiosa
comunitaria, allargata alla partecipazione anche di laici[2]. Questo luogo, con
le indicazioni ricevute da amici, venne individuato da padre David nell’antico
Priorato cluniacense di Sant'Egidio in Fontanella. Ottenuto il consenso
del vescovo bergamasco Clemente Gaddi, nel 1964 vi si insediò ufficialmente il
1º novembre. Costruì accanto allo storico edificio del Priorato una casa
per l’ospitalità, che chiamò “Casa di Emmaus”, titolo ispirato all’episodio
della cena a Emmaus, in cui Gesù risorto si manifestò ai due discepoli nello spezzare
il pane. La casa costituì un simbolico richiamo alla semplice accoglienza,
senza distinzioni di censo, di religione, o altro: aspetti che caratterizzarono
tutta la presenza e la multiforme opera di Turoldo. Costituì inoltre un punto
di riferimento per molti protagonisti della storia culturale e civile italiana
ed estera, in particolare dell’America latina; per molte personalità del mondo
ecclesiale e di altre confessioni cristiane; un solido incentivo al
rinnovamento di linguaggi e di strutture; un laboratorio di creazioni
liturgiche e celebrative, di cui continuano a essere testimoni la versione
metrica per il canto dei Salmi e migliaia di inni liturgici. Insieme con altri
frati, impegnati particolarmente in iniziative di rinnovamento spirituale e
culturale, diede avvio alla pubblicazione di una rivista, il cui titolo è
ispirato all’Ordine dei Servi di Maria: Servitium, e ad altre pubblicazioni che
si ricollegavano all’esperienza editoriale della Corsia dei Servi. La
pubblicazione della rivista continua tuttora con cadenza bimestrale, unitamente
all’edizione di altre proposte librarie edite sotto l’omonimo marchio
Servitium. Innumerevoli furono gli interventi di padre David sui media,
dalla carta stampata alle trasmissioni radio e televisive; innumerevoli i
luoghi e le circostanze[3] in cui è stato chiamato a intervenire con la sua
avvincente parola. Da ricordare in particolare i suoi “viaggi della memoria”
nei luoghi della Shoah, tra cui spicca quello del maggio 1979 a Mauthausen. In
quell'occasione compose unapreghiera, poi recitata nella cerimonia conclusiva,
pubblicata successivamente nel libro “Ritorniamo ai giorni del rischio”
(1985)[4]. La morte Colpito alla fine degli anni ottanta da un tumore del
pancreas, visse con lucida consapevolezza e trasparente coraggio l’ultimo
periodo della vita, dando una incoraggiante testimonianza sul cammino verso
“sorella morte”. Morì nella clinica “San Pio X” in Milano il 6 febbraio 1992.
Migliaia di persone sfilarono accanto alla bara in cui era esposto il corpo di
padre David. I funerali a Milano videro la partecipazione di una numerosa folla
nella chiesa di San Carlo al Corso, dove presiedette le esequie il cardinale
Carlo Maria Martini, che, qualche mese prima della morte, aveva consegnato a
padre Turoldo il primo "Premio Giuseppe Lazzati", affermando la
propria opinione secondo la quale «la Chiesa riconosce la profezia troppo
tardi».[5] Un secondo rito funebre venne celebrato nel pomeriggio a Fontanella
di Sotto il Monte, presente ancora una folla che copriva tutta la collina
circostante l’antico Priorato. Nel piccolo cimitero locale riposa ora sotto una
semplice croce lignea, in mezzo alla “sua gente”. La rivista Servitium
dedicò perciò alla sua figura un quaderno alla fine del 1992: «David M.
Turoldo, frate dei Servi di santa Maria»; e ugualmente fece nel decennale (n.
139, gennaio febbraio 2002): «La grande passione. A dieci anni dalla morte di
D.M. Turoldo». Opere Poesia e opere letterarie «Lungo i fiumi..» I Salmi
- (con Gianfranco Ravasi) - Milano, San Paolo, 1987. O sensi miei... : (Poesie
1948-1988) - (antologia poetica con note introduttive di Andrea Zanzotto e
Luciano Erba, postfazione di Giorgio Luzzi), Milano, Rizzoli, 1990. Sul monte
la morte, Servitium, 1992 (ISBN 9788880780045). La morte ha paura, Servitium,
1994 (ISBN 9788881660308). Ultime poesie, Milano, Garzanti, 1999. Teatro,
Servitium, 1999 (ISBN 9788881661060). I giorni del rischio (con Salmodia della
speranza e DVD della rappresentazione in Duomo a Milano con Moni Ovadia e
Maddalena Crippa), Servitium, 2013 (ISBN 9788881663736). Salmi e cantici. Nuova
edizione riveduta della versione metrica per il canto di David Maria Turoldo,
Servitium, 2015 (ISBN 9788881663545). La passione di San Lorenzo, Servitium,
2016 (ISBN 9788881664054). La terra non sarà distrutta, Servitium, 2016 (ISBN
9788881664047) Luminoso vuoto. Ultimi scritti, Servitium, 2016 (ISBN
9788881664092). David M. Turoldo, Loris F. Capovilla, Nel solco di papa
Giovanni, lettere inedite, a cura di Marco Roncalli e Antonio Donadio, appendici
di Gianfranco Ravasi e Bruno Forte, Servitium editrice, 2017 (ISBN
9788881664153) Saggistica e spiritualità Lettere dalla Casa di Emmaus,
Servitium, 1996 - nuova edizione 2016 ISBN 978-88-8166-006-3. La parabola di
Giobbe, Servitium, 1996 - nuova edizione 2012 ISBN 978-88-8166-360-6. Santa
Maria - (con Giovanni Vannucci), Servitium, 1996 - nuova edizione 2013 ISBN
978-88-8166-377-4. Mia chiesa, una terra sola, Servitium, 1998 ISBN
88-8166-077-6. Il dramma è Dio: il divino la fede la poesia. - Milano, Rizzoli,
2002. Come i primi trovadori, Servitium, 2005 ISBN 978-88-8166-224-1. Colloqui
con papa Giovanni, Servitium, 2000 - nuova edizione 2012 ISBN
978-88-8166-364-4. Profezia della povertà, Servitium, 2002 - nuova edizione
2012 ISBN 978-88-8166-361-3. Chiamati ad essere, Servitium, 2002 ISBN
978-88-8166-021-6. È Natale, Servitium, 2002 ISBN 978-88-8166-188-6. Mio amico
don Milani, Servitium, 2003 - nuova edizione 2012 ISBN 978-88-8166-362-0.
Pregare, Servitium, nuova edizione 2010 ISBN 978-88-8166-334-7. Anche Dio è
infelice, San Paolo, 2013. Amare - Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo, 1986.
Padre del mondo, Servitium, 2014 ISBN 978-88-8166-387-3. Povero sant’Antonio,
Il Messaggero, Padova, 2016. Narrativa Mia infanzia d’oro (allegato DVD con
“Ritratto d’autore” di Damiano Tavoliere 1990), Servitium, 2012 (ISBN
9788881663668). ...e poi la morte dell'ultimo teologo - Torino, 1969, Gribaudi.
Film Gli ultimi - 1962 - Regia: Vito Pandolfi; soggetto: David Maria Turoldo;
sceneggiatura: Vito Pandolfi e David Maria Turoldo. Note ^ [1] visto 28 luglio
2009. ^ Daniela Saresella, The Dialogue between Catholics and Communists in
Italy during the 1960s, Journal of the History of Ideas, Vol. 75, No. 3 (July
2014), pp. 493-512. ^ Tra le tante, ci fu "un'iniziativa che fu tentata
pochi giorni prima della morte di Moro e che è stata evocata da Bettino Craxi
il 6 novembre del 1980, nel corso della sua audizione nella prima Commissione
d'inchiesta. In quella circostanza, l'onorevole Craxi affermò che la notte del
4 maggio (...) fu chiamato da padre Turoldo, che gli chiedeva sostanzialmente
di domandare alla Nunziatura apostolica di dichiararsi disponibile come sede
per far svolgere una trattativa; Turoldo chiese due giorni di silenzio stampa e
insistette molto, con veemenza, affermando che era la sola via possibile"
(XVII Legislatura, Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla
morte di Aldo Moro, Resoconto stenografico, seduta n. 91 di mercoledì 22 giugno
2016 Archiviato il 4 agosto 2018 in Internet Archive., pagine 10-11). ^ “Tra i
memoriali di Mauthausen”, in David Maria Turoldo, “Ritorniamo ai giorni del
rischio. Maledetto colui che non spera”, Milano, 1985, pp. 73-77. ^ Corriere.it
"E padre Turoldo nascose le armi dei partigiani" Archiviato il 9 marzo
2014 in Internet Archive. consultato 28 luglio 2009. Bibliografia Mariangela
Maraviglia, David Maria Turoldo. La vita, la testimonianza (1916-1992),
Morcelliana 2016. Daniela Saresella, David M. Turoldo, Camillo de Piaz e la
Corsia dei Servi di Milano (1943-1963), Morcelliana 2008. Giuseppina Commare,
Turoldo e gli «organi divini». Lettura concordanziale di “O sensi miei...”,
Olschki, 2003. Una vita con gli amici - Il mondo delle amicizie di Turoldo,
documentario a cura di Renzo Salvi, Roma, Rai-Educational, 2009 Antonio D'Elia,
La peregrinatio poietica di David Maria Turoldo, prefazione di Dante della
Terza, Firenze, Leo s. Olschki, 2012, ISBN 978 88 222 613 42. Marco Cardinali,
Il Dio Inseguito. Viaggio alla scoperta della poesia di David Maria Turoldo,
Edizioni Pro Sanctitate, Roma, 2002. Voci correlate Óscar Romero Ernesto
Balducci Camillo De Piaz Nazareno Fabbretti Altri progetti Collabora a
Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su David Maria Turoldo Collegamenti
esterni David Maria Turoldo, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata David Maria Turoldo / David
Maria Turoldo (altra versione), in Enciclopedia Italiana, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata David Maria Turoldo, su BeWeb,
Conferenza Episcopale Italiana. Modifica su Wikidata (EN) Opere di David Maria
Turoldo, su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata (EN) Spartiti
o libretti di David Maria Turoldo, su International Music Score Library
Project, Project Petrucci LLC. Modifica su Wikidata Scheda ANPI Bibliografia
estesa V · D · M Vincitori del Premio LericiPea Controllo di autoritàVIAF (EN)
104893171 · ISNI (EN) 0000 0001 2146 2886 · SBN IT\ICCU\CFIV\017338 · LCCN (EN)
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XX1665499 (data) · BAV (EN) 495/289053 · WorldCat Identities (EN)
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italiani del XX secoloNati nel 1916Morti nel 1992Nati il 22 novembreMorti il 6
febbraioMorti a MilanoAntifascisti italianiPersone legate alla Resistenza
italianaServitiNati a SedeglianoStudenti dell'Università Cattolica del Sacro
CuorePoeti italiani del XX secoloScrittori italiani del XX secolo[altre]
Tuveri Giovanni Battista Tuveri Da
Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Giovanni
Battista Tuveri Deputato del Regno di Sardegna LegislatureI, II, III, IV, V
Dati generali UniversitàUniversità degli Studi di Cagliari Giovanni Battista
Tuveri (Collinas, 4 agosto 1815 – Collinas, 8 dicembre 1887) è stato un
filosofo, scrittore e politico italiano. Indice 1Biografia 2Opere
2.1Ristampa 3 Note4Voci correlate
5Altri progetti 6Collegamenti esterni Biografia Monumento a G. B. Tuveri
presso il municipio di Collinas Nato a Forru, l'odierna Collinas, nel Medio
Campidano, da un noto avvocato, nipote, per parte di madre, di un nobile e
influente notaio di Oristano, Domenico Vincenzo Licheri. Dal 1827 al 1833
studiò retorica e filosofia nel seminario tridentino di Cagliari, conseguendovi
il diploma di Maestro delle Arti. A diciotto anni si iscrive alla facoltà di
Giurisprudenza[1] dell'Università di Cagliari, verso cui mostrò sempre insofferenza
per il clima rigido e chiuso che caratterizzava l'ambiente accademico
cagliaritano. Conseguito dopo due anni il baccalaureato abbandonò
l'Università[1] e si ritirò a Collinas per dedicarsi ai suoi studi. Di
idee repubblicane cominciò l'attività di giornalista in polemica con molti
intellettuali monarchici e conservatori.[1] Fu un esponente del
cattolicesimo federalista, e fu eletto deputato per cinque volte al Parlamento
Subalpino[2], ove si oppose alla fusione della Sardegna con i territori piemontesi,
e fu in forte contrapposizione con Vincenzo Gioberti[1] per le posizioni
antirepubblicane e antimazziniane. Nel 1850 fondò a Cagliari la Gazzetta
Popolare[1], collaborò con numerosi giornali e nel 1871 assunse la direzione
del Corriere di Sardegna. Sindaco di Forru (1870 - 1887) ne propose il cambio
del nome in Collinas; consigliere provinciale a Cagliari[1] lottò contro il
centralismo del Regno di Sardegna chiedendo maggiore autonomia, soprattutto
fiscale, per i piccoli comuni. A livello nazionale, amico di Cattaneo e
di Mazzini, sollevò nel 1867 la cosiddetta questione sarda, promuovendo un
riscatto dell'Isola e del popolo sardo contro uno Stato giudicato centralista e
oppressivo. Scrisse numerose opere di carattere politico, giuridico e filosofico.
Dal 1990 al 2002 l'Assessorato della pubblica istruzione della Regione autonoma
della Sardegna ha promosso la ristampa dei suoi lavori, editore Carlo Delfino,
con una introduzione di Norberto Bobbio. Opere Saggio sulle opinioni
politiche del sig. deputato sardo Giovanni Siotto Pintor, Torino, Tipografia G.
Cassone, 1848. Specifici contro il codinismo, Cagliari, Tipografia
Arcivescovile, 1849. Del diritto dell'uomo alla distruzione dei cattivi
governi. Trattato teologico-filosofico, Cagliari, Tipografia Nazionale, 1851.
Il governo e i comuni, Cagliari, Tipografia Nazionale, 1860. Esazioni e
compulsioni, Cagliari, Tipografia A. Timon, 1861. La questione barracellare,
Cagliari, Tipografia A. Timon, 1861. Della libertà e delle caste, Cagliari,
Tipografia del Corriere di Sardegna, 1871. Sofismi politici, Napoli, R. Rinaldi
e G. Sellitto, 1883. Ristampa Tutte le opere, 6 voll., Sassari, C. Delfino,
1990-2002. Comprende: Il veggente; Del dritto dell'uomo alla distruzione dei
cattivi governi, a cura di Aldo Accardo, Luciano Carta, Sebastiano Mosso;
introduzione di Norberto Bobbio, 1990. Della libertà e delle caste; Sofismi
politici, a cura di Maria Corona Corrias e Tito Orru, 1992. ISBN 88-7138-044-4.
Opuscoli politici. Saggio delle opinioni politiche del signor deputato sardo
Giovanni Siotto Pintor; Specifici di Gio. B. Tuveri contro il codinismo, a cura
di Girolamo Sotgiu , 1991. ISBN 88-7138-029-0. Il governo e i Comuni; La
questione barracellare, a cura di Lorenzo Del Piano e Gianfranco Contu, 1994.
ISBN 88-7138-074-6. Scritti giornalistici. Questione sarda, federalismo,
politica internazionale, questione religiosa, a cura di Lorenzo Del Piano,
Gianfranco Contu e Luciano Carta, 2002. ISBN 88-7138-127-0. Per la vita e i
tempi di G. B. Tuveri e altre opere, a cura di Antonio Delogu, 2002. ISBN
88-7138-128-9. Note Fonte: "Centro di studi filologi sardi"
(Collegamenti esterni). ^ Scheda sul sito della Camera Voci correlate
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una pagina dedicata a Giovanni Battista Tuveri Collegamenti esterni Opere di
Giovanni Battista Tuveri, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su
Wikidata (EN) Opere di Giovanni Battista Tuveri, su Open Library, Internet
Archive. Modifica su Wikidata Giovanni Battista Tuveri, su storia.camera.it,
Camera dei deputati. Modifica su Wikidata Giovanni Battista Tuveri biografia e
bibliografia nel sito "Centro di studi filologi sardi". URL visitato
il 27 agosto 2013. Il governo e i comuni, Cagliari, Tipografia Nazionale, 1860.
Google Libri. Della libertà e delle caste, Cagliari, Tipografia del Corriere di
Sardegna, 1871. Google Libri. Da G. B. Tuveri all'intuizione della concorrenza
istituzionale, di Adriano Bomboi. Venezia, Switzerland Institute in Venice,
2016. Controllo di autoritàVIAF (EN) 44365293 · ISNI (EN) 0000 0000 6147 637X ·
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Identities (EN) lccn-n93036652 Biografie Portale Biografie Letteratura Portale
Letteratura Categorie: Deputati della I legislatura del Regno di
SardegnaDeputati della II legislatura del Regno di SardegnaDeputati della III
legislatura del Regno di SardegnaDeputati della IV legislatura del Regno di
SardegnaDeputati della V legislatura del Regno di SardegnaFilosofi italiani del
XIX secoloScrittori italiani del XIX secoloPolitici italiani del XIX secoloNati
nel 1815Morti nel 1887Nati il 4 agostoMorti l'8 dicembreNati a CollinasSindaci
in ItaliaStudenti dell'Università degli Studi di Cagliari[altre]
TERMINUS
– DETERMINATVM -- determinatum: There’s the determinatum and there’s the indeeterminatum –
“And then there’s ‘indeterminacy.”” “A determinatum is like a definitum, in
that a ‘term’ is like the ‘end’ – “Thus, I am a Mercian, from Harborne.” “The
Mericans were thus called because the lived at the end of England.” “Popper,
who doesn’t know the first thing about this, prefers, ‘demarcatum’, which is
cognate with “mercian.’” Grice was always cautious and self-apologetic. “I’m
not expecting that you’ll find this to be a complete theory of implication, but
that was not my goal, and the endeavour should be left for another day, etc.”
But consider the detail into which he, like any other philosopher before, went
when it came to what he called the ‘catalyst’ tests or ideas or tests or ideas
for the implicaturum. In “Causal Theory” there are FOUR ideas. It is good to
revise the treatment in “Causal.” He proposes two ideas with the first two
examples and two further ideas with the two further examples. Surely his goal
is to apply the FOUR ideas to his own example of the pillar box. Grice notes
re: “You have not ceased eating iron” – the cxample is “a stock case of what is
sometimes called " prcsupposition " and it is often held that here
1he truth of what is irnplicd is a necessary condition of the original
statement's beirrg cither true or false.” So the first catalyst in the first
published version concerns the value, or satisfactory value. This will be
retained and sub-grouped in Essay II. “It is often held” Implicture: but often
not, and trust me I won’t. “that here the truth of what is implied [implicated
in the negative, entailed in the affirmative] is a necessary condition of the
original statement's being either true or false.” So the first catalyst in the
first published version concerns the value, or satisfactory value. This will be
retained and sub-grouped in Essay II. “This might be disputed, but it is at
least arguable that it is so, and its being arguable might be enough to
distinguish this type of case from others.” So he is working on a ‘distinctive
feature’ model. And ‘feature’ is exactly the expression he uses in Essay II. He
is looking for ‘distinctive features’ for this or that implication. When phonologists
speak of ‘distinctive feature’ they are being philosophical or semioticians.“I
shall however for convenience assume that the common view mentioned is
correct.”“This consideration clearly distinguishes “you have not ceased eating
iron” from [a case of a conventional implicaturum] “poor BUT honest.”“Even if
the implied proposition were false, i.e. if there were no reason in the world
to contrast poverty with honesty either in general or in her case, the original
statement COULD still be false.” “She [is]
poor but she [is] honest” would be false if for example she were rich
and dishonest.”“One might perhaps be less comfortable about assenting to its
TRUTH if the implied contrast did not in fact obtain; but the possibility of
falsity is enough for the immediate purpose.”“My next experiment [test, litmus
idea – that he’ll apply as one of the criteria to provide distinctive features
for this or that implicaturum, with a view to identify the nature of the animal
that a conversational implicaturum is] on these examples is to ask what it is
in each case which could properly be said to be the vehicle of implication (to
do the implying).”In Essay II, since he elaborates this at an earlier stage
than when he is listing the distinctive features, he does not deal much. It is
understood that in Essay II by the time he is listing the distinctive features,
the vehicle is the UTTERER. But back in “Causal,” he notes: “There are AT LEAST
FOUR candidates, not necessarily mutually exclusive.”“Supposing someone to have
‘uttered’ one or other of [the] sample sentences, we may ask whether the
vehicle of implication would be (FIRST) WHAT the emissor communicated (or
asserted or stated or explicitly conveyed), or (SECOND) the emissor himself
("Surely you’re not implying that ….’
) or (THIRD) the utterance (FOURTH) his
communicating, or explicitly conveying that (or again his explicitly conveying
that in that way); or possibly some plurality of these items.”“As regards the
first option for the vehicle, ‘what the emissor has explicitly conveyed,’ Grice
takes it that “You have not ceased eating iron” and “Poor but honest” may
differ.It seems correct for Grice to say in the case of “eating iron” that
indeed it is the case that it is what he emissor explicitly conveys which implies
that Smith has been eating iron.On the other hand, Grice feels it would be
‘incorrect,’ or improper, or bad, or unnatural or artificial, to say in the
case of “poor but honest” that it is the case. Rather it is NOT the case that it is WHAT the emissor explicitly conveys
which implies that there is a contrast between, e. g., honesty and poverty.”“A
sub-test on which Grice would rely is the following.If accepting that the
conventional implicaturum holds (contrast between honesty and poverty) involves
the emissor in accepting an hypothetical or conditional ‘if p, q,’ where 'p’
represents the original statement (“She [is] poor and she [is] honest) and 'q'
represents what is implied (“There is a contrast between honesty and poverty”),
it is the case that it is what the emissor explicitly conveys which is a (or
the) vehicle of implication. If that chain of acceptances does not hold, it is
not. To apply this rule to the “eat iron” and “poor but honest”, if the emissor
accepts the implication alleged to hold in the case of “eat iron”, I should
feel COMPELLED (forced, by the force of entailment) to accept the conditional
or hypothetical "If you have not ceased eating iron, you may have never
started.”[In “Causal,” Grice has yet not stressed the asymmetry between the affirmative
and the negative in alleged cases of presupposition. When, due to the success
of his implicaturum, he defines the presuppositum as a form of implicaturum, he
does stress the asymmetry: the entailment holds for the affirmative, and the
implicaturum for the negative). On the other hand, when it comes to a
CONVENTIONAL implicaturum (“poor but honest”) if the emissor accepted the
alleged implication in the case of “poor but honest”, I should NOT feel
compelled to accept the conditional or hypothetical "If she was poor but
honest, there is some contrast between poverty and honesty, or between her
poverty and her honesty." Which would yield that in the presuppositum
case, we have what is explicitly conveyed as a vehicle, but not in the case of
the conventional implicaturum.The rest of the candidates (Grice lists four and
allows for a combination) can be dealt with more cursorily.As regards OPTION II
(second):Grice should be inclined to say with regard to both “eat iron” and
“poor but honest” that the emissor could be said to have implied whatever it is
that is irnplied.As regards Option III (third: the utterance): In the case of
“poor but honest” it seems fairly clear that the utterance could be said, if
metabolically, and animistically, to ‘imply’ a contrast.It is much less clear
whether in the case of “eat iron” the utterance could be said to ‘imply’ that
Smith has been eating iron.As for option IV, in neither case would it be
evidently appropriate (correct, natural) to speak of the emissor’s explicitly
conveying that, or of his explicitly conveying that in that way, as ‘implying’
what is implied. A third catalyst idea with which Grice wish to assail my two
examples is really a TWIN idea, or catalyst, or test [That’s interesting – two
sides of the same coin] that of the detachability or cancellability of the
implication. Consider “eat iron.”One cannot find an alternative utterance which
could be used to assert explicitly just what the utterance “Smith has not
ceased from eating iron" might be used to convey explicitly, such that
when this alternative utterance is used the implication that Smith never
started eating iron is absent. Any way of (or any utterance uttered with a view
to) conveying explicitly what is explicitly conveyed in (1) involves the implication
in question. Grice expresses this fact – which he mentioned in seminars, but
this is the first ‘popularisation’ -- by saying that in the case of (l) the
implication is NOT detachable FROM what is asserted (or simpliciter, is not
detachable). Furthermore, and here comes the twin of CANCELLABILITY: one cannot
take any form of words for which both what is asserted and what is implied is
the same as for (l), AND THEN ADD a further clause withholding commitment from
what would otherwise be implied, with the idea of ANNULLING THE IMPLICATURUM
*without* ANNULLING annulling the EXPLICITUM.
One cannot intelligibly say " Smith has left off beating his wife
but I do not mean to imply that he has been beating her." But one surely
can intelligibly say, “You have not ceased eating iron because you never
started.”While Grice uses “Smith,” the sophisma (or Griceisma) was meant in the
second person, to test the tutee’s intelligence (“Have you stopped beating your
dog?”). The point is that the tutee will be offended – whereas he shouldn’t,
and answer, “I never started, and I never will.”Grice expresses this fact by
saying that in the case of ‘eat iron’ the implication is not cancellable or
annullable (without cancelling or annulling the assertion). If we turn to “poor
but honest” we find, Grice thinks, that there is quite a strong case for saying
that here the implication IS detachable. Therc sccms quite a good case for
maintaining that if, instead of saying " She is poor but she is honcst
" I were to say, alla Frege, without any shade, " She is poor AND she
is honcst", I would assert just what I would havc asscrtcct ii I had used
thc original senterrce; but there would now be no irnplication of a contrast
between e.g', povery and honesty. Of course, this is not a philosophical
example, and it would be good to revise what Frege thought about ‘aber.’ By the
time Grice is lecturing “Causal Theory” he had lectured for the Logic Paper for
Strawson before the war, so Whitehead and Russell are in the air.Surely in
Anglo-Saxon, the contrast is maintained, since ‘and’ means ‘versus.’“She is
poor contra her being honest.”Oddly, the same contrariety is present in
Deutsche, that Frege speaks, with ‘UND.”It’s different with Roman “et.” While
Grecian ‘kai,’ even Plato thought barbaric!The etymology of ‘by-out’ yields
‘but.’So Grice is thinking that he can have a NEUTRAL conjoining – but ‘and’
has this echo of contrariety, which is still present in ‘an-swer, i. e.
and-swear, to contradict. Perhaps a better neutral version would be. Let’s start
with the past version and then the present tense version.“She was pooo-ooor,
she was honest, and her parents were the same, till she met a city feller, and
she lost her honest name.”In terms of the concepts CHOSEN, the emissor wants to
start the ditty with pointing to the fact that she is poor – this is followed
by stating that she is honest. There’s something suspicious about that.I’m sure
a lady may feel offended without the ‘and’ OR ‘but’ – just the mere
‘succession’ or conjoining of ‘poor’ as pre-ceding the immediate ‘honest’
‘triggers’ an element of contrast. The present tense seems similar: “She is
poooor, she is honest, and her parents are the same, but she’ll meet a city
feller, and she’ll lose her honest name.”The question whether, in thre case of
‘poor but honest,’ the implication is cancellable, is slightly more cornplex,
which shouldn’t if the catalysts are thought of as twins.There is a way in
which we may say that it is not cancellable, or annullable.Imagine a Tommy
marching and screaming: “She is poor but
she is honest,”“HALT!” the sargent shouts.The Tommy catches the
implicaturum:“though of course, sir, I do not mean to imply, sir, that there is
any contrast, sir, between her poverty, sir, and her honesty, sir.”As Grice
notes, this would be a puzzling and eccentric thing for a Tommy to engage
in.And though the sargent might wish to quarrel with the tommy (Atkins – Tommy
Atkins is the name”), an Oxonian philosopher should NOT go so far as to say
that the tommy’s utterance is unintelligible – or as Vitters would say,
‘nunsense.’The sargent should rather suppose, or his lieutenant, since he knows
more, that private Tommy Atkins has adopted a “most pecooliar” way of conveying
the news that she was poor and honest.The sargent’s argument to the lieu-tenant:“Atkins
says he means no disrespect, sir, but surely, sir, just conjoining poverty and
honesty like that makes one wonder.”“Vitters: this is a Cockney song! You’re
reading too much into it!”“Cockney? And why the citty feller, then – aren’t Cockneys
citty fellers. I would rather, sir, think it is what Sharp would call a ‘sharp’
folk, sir, song, sir.’ The fourth and last test Grice imposes on his examples
is to ask whether we would be inclined to regard the fact that the appropriate
(or corresponding, since they are hardly appropriate – either of them! – Grice
changes the tune as many Oxford philosophers of ordinary language do when some
female joins the Union) implication is present as being a matter of the, if we
may be metabolic and animistic, ‘meaning’ of some particular word or phrase
occurring in the sentences in question. Grice is aware and thus grants that
this may not be always a very clear or easy question to answer.Nevertheless,
Grice risks the assertion that we would be fairly happy and contented to say
that, as regards ‘poor but honest,’ the fact that the implication obtains is a
matter of the ‘meaning’ of 'but ' – i. e. what Oxonians usually mean when they
‘but.’So far as “he has not ceased from…’ is concerned we should have at least some
inclination to say that the presence of the implication is a matter of the,
metabolically, ‘meaning’ of some of the words in the sentence, but we should be
in some difficulty when it came to specifying precisely which this word, or
words are, of which this is true. Well, it’s semantics. Why did Roman think
that it was a good thing to create a lexeme, ‘cease.’“Cease” means “stop,” or
‘leave off.”It is not a natural verb, like ‘eat.’A rational creature felt the
need to have this concept: ‘stop,’ ‘leave off,’ ‘cease.’The
communication-function it serves is to indicate that SOMETHING has been taken
place, and then this is no longer the case.“The fire ceased,” one caveman said
to his wife.The wife snaps back – this is the Iron Age:“Have you ceased eating
iron, by the way, daa:ling?”“I never started!”So it’s the ‘cease’ locution that
does the trick – or equivalents, i.e. communication devices by which this or
that emissor explicitly convey more or less the same thing: a halting of some
activity.Surely the implication has nothing to do with the ‘beat’ and the
‘wife.’After third example (‘beautiful handwriting) introduced, Grice goes back
to IDEA OR TEST No. 1 (the truth-value thing). Grice notes that it is plain
that there is no case at all for regarding the truth of what is implied here
(“Strawson is hopeless at philosophy”) as a pre-condition of the truth or
falsity of what the tutor has asserted.A denial of the truth of what is implied
would have no bearing at all on whether what I have asserted is true or false.
So ‘beautiful handwring’ is much closer to ‘poor but honest’ than ‘cease eating
iron’ in this respect. Next, as for the vehicle we have the at least four
options and possible combinations.The emissor, the tutor, could certainly be
said to have implied that Strawson is hopeless (provided that this is what the
tutor intended to ‘get across’) and the emissor’s, the tutor’s explicitly
saying that (at any rate the emissor’s saying that and no more) is also
certainly a vehicle of implication. On the other hand the emissor’s words and
what the emissor explicitly conveys are, Grice thinks, not naturally here
characterised as the ‘vehicle’ of implication. “Beautiful handwriting” thus
differs from BOTH “don’t cease eating iron” and “poor but honest” – so the idea
is to have a table alla distinctive features, with YES/NO questions answered
for each of the four implication, and the answers they get.As for the third
twin, the result is as expected: The implication is cancellable but not
detachable. And it looks as if Grice created the examples JUST to exemplify
those criteria.If the tutor adds, 'I do not of course mean to imply that
Strawson is no good at philosophy” the whole utterance is intelligible and
linguistically impeccable, even though it may be extraordinary tutorial
behaviour – at the other place, not Oxford --.The tutor can no longer be said
to have, or be made responsible for having implied that Strawson was no good,
even though perhaps that is what Grice’s colleagues might conclude to be the
case if Grice had nothing else to say. The implication is not however,
detachable.Any other way of making, in the same context of utterance, just the
assertion I have made would involve the same implication.“His calligraphy is
splendid and he is on time.”“Calligraphy splendid,” Ryle objected. “That’s
slightly oxymoronic, Grice – ‘kallos agathos’”Finally, for TEST No. 4,
‘meaning’ of expression? The fact that the implication holds is surely NOT a
matter of any particular word or phrase within the sentence which I have uttered.It
is just the whole sentence. Had he gone tacit and say,“Beautiful
handwriting!”Rather than“He has beautiful handwriting.”The implication SEEMS to
be a matter of two particular words: the handwriting word, viz. ‘handwriting.’
And the ‘beautiful’ word, i. e. ‘beautiful.’Any lexeme expressing same concept,
‘Calligraphy unique!’would do the trick because this is damn by faint praise,
or suggestio falsi, suppressio veri. So in this respect “Beautiful handwring”
is certainly different from “Poor but honest” and, possibly different from
“Don’t cease to eat iron!”One obvious fact should be mentioned before one
passes to the fourth example (“kitchen or bedroom”).This case of implication is
unlike the others in that the utterance of the sentence "Strawson has beautiful
handwriting" does not really STANDARDLY involve the implication here
attributed to it (but cf. “We should have lunch together sometime” meaning “Get
lost” – as Grice said, “At Oxford, that’s the standard – that’s what the
‘expression’ “means”); it requires a special context (that it should be uttered
at Collections) to attach the implication to its utterance. More generally: it
requires a special scenario (one should avoid the structuralist Derrideian
‘context’ cf. Grice, “The general theory of context”). If back in the house,
Mrs. Grice asks, “He has beautiful handwriting,” while not at Collections, the
implicaturum would hold. Similarly at the “Lamb and Flag,” or “Bird and
Baby.”But one gets Grice’s point. The scenario is one where Strawson is being
assessed or evaluated AS A PHILOSOPHER. Spinoza’s handwriting was, Stuart
Hampshire said, “terrible – which made me wonder at first whether I should
actually waste my time with him.”After fourth and last example is introduced
(“kitchen or bedroom”): in the case of the Test No. I (at least four possible
vehicles) one can produce a strong argument in favour of holding that the
fulfllment of the implication of the speaker's ignorance (or that he is
introducing “or” on grounds other than Whitehead’s and Russell’s
truth-functional ones) is not a precaution (or precondition) of the truth or
falsity of the disjunctive statement. Suppose that the emissor KNOWS that his
wife IS in the KITCHEN, that the house has only two rooms, and no passages.
Even though the utterer knows that his wife is in the kitchen (as per given),
the utterer can certainly still say truly (or rather truthfully) "She is
IN THE HOUSE.”SCENARIOA: Where is your wife? ii. Where in your house is your
wife?B: i. In the kitchen. ii. In the bedroom. iiia. She’s in the house, don’t
worry – she’s in the house, last time I checked. iii. In the HOUSE (but
inappropriate if mentioned in the question – unless answered: She’s not. iv. In
the kitchen or in the bedroom (if it is common ground that the house only has
two rooms there are more options) vi. v. I’m a bachelor. vi. If she’s not in the bedroom, she is in
the kitchen. vii. If she’s not in the kitchen, she’s in the bedroom. viii.
Verbose but informative: “If she’s not in the bedroom she’s in the kitchen, and
she’s not in the kitchen” Or consider By uttering “She is in the house,” the
utterer is answering in a way that he is merely not being as informative as he
could bc if need arose. But the true
proposition [cf. ‘propositional complex’] that his wife is IN THE HOUSE
together with the true proposition that ‘THE HOUSE’ consists entirely of a
‘kitchen’ and a ‘bedroom,’ ENTAIL or yield the proposition that his wife is in
the kitchen or in the bedroom. But IF to express the proposition p (“My wife is
in the house, that much I can tell”) in certain circumstances (a house
consisting entirely of a kitchen and a bedroom – an outback bathroom which
actually belongs to the neighbour – cf. Blenheim) would be to speak truly, and
p (“My wife is, do not worry, in the house”) togelher with another true
proposition – assumed to be common ground, that the house consists entirely of
a kitchen and a bedroom -- entails q (“My wife is in the kitchen OR in the
bedroom”), surely to express what is entailed (“My wife is in the kitchen or in
the bedroom”) in the same circvmstances must be, has to be to speak truly. So we have to take it that the disjunctive
statement – “kitchen or bedroom” -- does not fail to be TRUE or FALSE if the
implied ignorance (or the implied consideration that the utterer is uttering
‘or’ on grounds other than the truth-functional ones that ‘introduce’ “or” for
Gentzen) is in fact not realized, i. e. it is false. Secondly, as for Test No.
2 (the four or combo vehicles), Grice thinks it is fairly clear that in this
case, as in the case of “beautiful handwriting”, we could say that the emissor
had implies that he did not know (or that his ground is other than
truth-functional – assuming that he takes the questioner to be interested in
the specific location – i. e. to mean, “where IN THE HOUSE is your wife?”) and
also that his conveying explicilty that (or his conveying explicitly that
rather than something else, viz, in which room or where in the house she is, or
‘upstairs,’ or ‘downstairs,’ or ‘in the basement,’ or ‘in the attic,’ ‘went
shopping,’ ‘at the greengrocer’ – ‘she’s been missing for three weeks’) implied
that he did not know in which one of the two selected rooms his wife is
‘resident’ (and that he has grounds other than Gentzen’s truth-functional ones
for the introduction of ‘or.’). Thirdly, the implication (‘kitchen or bedroom’)
is in a way non-detachable, in that if in a given context the utterance of the
disjunctive sentence would involve the implication that the emissor did not
know in which room his his wife was (or strictly, that the emissor is
proceeding along non-truth-functional grounds for the introduction of ‘or,’ or
even more strictly still, that the emissor has grounds other than
truth-functional for the uttering of the disjunction), this implication would
also be involved in the utterance of any other form of words which would make
the same disjunctive assertion (e.g., "Look, knowing her, the alternatives
are she is either preparing some meal in the kitchen or snoozing in the bedroom;”
“One of the following things is the case, I’m pretty confident. First thing:
she is in the kitchen, since she enjoys watching the birds from the kitchen
window. Second thing: she is in the bedroom, since she enjoys watching birds
from the bedroom window.” Etymologically, “or” is short for ‘other,’ meaning
second. So a third possibility: “I will be Anglo-Saxon: First, she is the
kitchen. Second, she is in the bedroom.” “She is in the kitchen UNLESS she is
in the bedroom”“She is in the kitchen IF SHE IS NOT in the bedroom.”“Well, it
is not the case that she is in the KITCHEN *AND* in the bedroom, De Morgan!”
She is in the kitchen, provided she is not in the bedroom” “If she is not in
the kitchen, she is in the bedroom” “Bedroom, kitchen; one of the two.” “Kitchen,
bedroom; check both just in case.”“Sleeping; alternatively, cooking – you do
the maths.”“The choices are: bedroom and kitchen.”“My choices would be: bedroom
and kitchen.”“I would think: bedroom? … kitchen?”“Disjunctively, bedroom –
kitchen – kitchen – bedroom.”“In alternation: kitchen, bedroom, bedroom,
kitchen – who cares?”“Exclusively, bedroom, kitchen.”ln another possible way,
however, the implication could perhaps bc said to BE indeed detachable: for
there will be some contexts of utterance (as Firth calls them) in which the
‘normal’ implication (that the utterer has grounds other than truth-functional
for the utterance of a disjunction) will not hold.Here, for the first time,
Grice brings a different scenario for ‘or’:“Thc Secretary of the Aristotelian
Society, announcing ‘Our coming symposium will be in Oxford OR not take place
at all” perhaps does not imply that he is has grounds other than
truth-functional for the utterance of the disjunction. He is just being wicked,
and making a bad-taste joke. This totally extraneous scenario points to the
fact that the implication of a disjunction is cancellable.Once we re-apply it
to the ‘Where in the hell in your house your wife is? I hear the noise, but
can’t figure!’ Mutatis mutandi with the Secretary to The Aristotelian Socieety,
a man could say, “My wife is in the kitchen or in the bedroorn.”in
circumstances in which the implication (that the man has grounds other than
truth-functional for the uttering of the disjunction) would normally be
present, but he is not being co-operative – since one doesn’t HAVE to be
co-operative (This may be odd, that one appeals to helpfulness everywhere but
when it comes to the annulation!).So the man goes on, “Mind you, I am not
saying that I do not know which.”This is why we love Grice. Why I love Grice.
One would never think of finding that sort of wicked English humour in, say
Strawson. Strawson yet says that Grice should ‘let go.’ But to many, Grice is
ALWAYS humorous, and making philosophy fun, into the bargain, if that’s not the
same thing. Everybody else at the Play Group (notably the ones Grice opposed
to: Strawson, Austin, Hare, Hampshire, and Hart) would never play with him.
Pears, Warnock, and Thomson would!“Mind you, I am not saying that I do not know
which.”A: Where in the house is your wife? I need to talk to her.B: She is in
the kitchen – or in the bedroom. I know where she is – but since you usually
bring trouble, I will make you decide so that perhaps like Buridan’s ass, you
find the choice impossible and refrain from ‘talking’ (i. e. bringing bad news)
to her.A: Where is your wife? B: In the kitchen or in the bedroom. I know where
she is. But I also know you are always saying that you know my wife so well.
So, calculate, by the time of the day – it’s 4 a.m – where she could be. A:
Where is your wife? B: In the bedroom or in the kitchen. I know where she is –
but remember we were reading Heidegger yesterday? He says that a kitchen is
where one cooks, and a bedroom is where one sleeps. So I’ll let you decide if
Heidegger has been refuted, should you find her sleeping in the kitchen, or
cooking in the bedroom.A: Where is your wife? B: In the kitchen or the bedroom.
I know where she is. What you may NOT know, is that we demolished the
separating wall. We have a loft now. So all I’ll say is that she may be in
both! All this might be unfriendly,
unocooperative, and perhaps ungrammatical for Austen [Grice pronounced the
surname so that the Aristotelian Society members might have a doubt] – if not
Vitters, but, on the other hand, it would be a perfectly intelligible thing for
a (married) man to say. We may not even GO to bachelors. Finally, the fact that
the utterance of the disjunctive sentence normally or standardly or caeteris
paribus involves the implication of the emissor's ignorance of the truth-values
of the disjuncts (or more strictly, the implication of the emissor’s having
grounds other than truth-functional for the uttering of the disjunctive) is, I
should like to say, to be ‘explained’ – and Grice is being serious here, since
Austin never cared to ‘explain,’ even if he could -- by reference to a general
principle governing – or if that’s not too strong, guiding – conversation, at
least of the cooperative kind the virtues of which we are supposed to be
exulting to our tuttees. Exactly what this principle we should not go there. To
explain why the implicaturum that the emissor is having grounds other than
truth-functional ones for the utterance of a disjunction one may appeal to the
emissor being rational, assuming his emissee to be rational, and abiding by
something that Grice does NOT state in the imperative form, but using what he
calls a Hampshire modal (Grice divides the modals as Hampshire: ‘should,’ the
weakest, ‘ought’ the Hare modal, the medium, and ‘must,’ Grice, the
stronges)"One, a man, a rational man, should not make conversational move
communicating ‘p’ which may be characterised (in strict terms of entailment) as
weaker (i.e. poor at conversational fortitude) rather than a stronger (better
at conversational fortitude) one unless there is a good reason for so
doing." So Gentzen is being crazey-basey if he thinks:p; therefore, p or
q.For who will proceed like that?“Or” is complicated, but so is ‘if.’ The
Gentzen differs from the evaluation assignemt:‘p or q’ is 1 iff p is 1 or q is
1. When we speak of ‘truth-functional’ grounds it is this assignment above we
are referring to.Of courseif p, p or q [a formulation of the Gentzen
introduction]is a TAUTOLOGY [which is what makes the introduction a rule of
inference].In terms of entailment P Or Q (independently) Is stronger than ‘p v q’ In that either p or
q entail ‘p or q’ but the reverse is not true. Grice says that he first thought
of the pragmatic rule in terms of the theory of perception, and Strawson hints
at this when he says in the footnote to “Introduction to Logical theory” that
the rule was pointed out by his tutor in the Logic Paper, Grice, “in a
different connection.” The logic paper took place before the war, so this is
early enough in Grice’s career – so the ghosts of Whitehead and Russell were
there! We can call the above ‘the principle of conversational fortitude.’ This
is certainly not an adequate formulation but will perhaps be good enough for
Grice’s purpose in “Causal.” On the assumption that such a principle as this is
of general application, one can DRAW or infer or explain the conclusion that
the utterance of a disjunctive sentence would imply that the emissor has
grounds other than truth-functional for the uttering of a disjunctum, given that,
first, the obvious reason for not making a statemcnt which there is some call
on one to make VALIDLY is that one is not in a position (or entitled) to make
it, and given, second, the logical ‘fact’ that each disjunct entails the
disjunctive, but not vice versa; which being so, each disjunct is stronger
(bears more conversational ‘fortitude’) than the disjunctive. If the outline
just given is on the right lines, Grice would wish to say, we have a reason for
REFUSING (as Strawson would not!) in the case of “kitchen or bedroom” to regard
the implication of the emissor having grounds other than truth-functional for
the uttering of the disjunctive as being part of the ‘meaning’ (whatever that
‘means’) of 'or' – but I should doublecheck with O. P. Wood – he’s our man in
‘or’ – A man who knows about the logical relation between a disjunction and
each disjunct, i. e. a man who has at least BROWSED Whitehead and Russell – and
diregards Bradley’s exclusivist account -- and who also ‘knew,’ qua Kantian
rational agent, about the alleged general principle or guiding conversational,
could work out for hirnself, surely, that a disjunctive utterance would involve
the implication which it does in fact involve. Grice insists, however, that his
aim in discussing this last point – about the principle of conversational
fortitude EXPLAING the generation of the implicaturum -- has been merelyto
indicate the position I would wish to take up, and not to argue scriously in
favour of it. Grice’s main purpose in the excursus on implication was to
introduce four ideas or catalysts, or tesets – TEST No. I: truth-value; TEST
No. 2: Vehicle out of four; Test No. 3/Twin Test: Annulation and Non-Detachment
(is there a positive way to express this – non-detached twins as opposed to
CONJOINT twins), and Test No. 4 – ‘Meaning’ of expression? -- of which Grice
then goes to make some use re: the pillar box seeming red.; and to provide some
conception of the ways in which each of the four tests apply or fail to apply
to various types of implication. By the numbering of it, it seems that by the
time of Essay II he has, typically, added an extra. It’s FIVE catalysts now,
but actually, since he has two of the previous tests all rolled up in one, it
is SIX CATALSTS. He’ll go back to them in Essay IV (“Indicative conditionals”
with regard to ‘if’), and in Presupposition and Conversational (with regard to
Example I here: “You have not ceased eating iron”). Implicaturum.He needs those
catalysts. Why? It seems like he is always thinking that someone will challenge
him! This is Grice: “We can now show that, it having been stipulated as being
what it is, a conversational implicaturum must possess certain distinctive
features, they are six. By using distinctive feature Grice is serious. He wants
each of the six catalysts to apply to each type of ‘implicaturum’, so that a
table can be constructed. With answers yes/no. Or rather here are some catalyst
ideas which will help us to determine or individuate. Six tests for
implicaturum as it were. SO THESE FEATURES – six of them – apply to three of
the examples – not the ‘poor but honest’ – but the “you have not ceased eating
iron,” “Beautiful handwriting,” and “Kitchen or bedroom.”First test – nothing
about the ‘twin’ – it’s ANNULATION or CANCELLABILITY – as noted in “Causal
Theory” – for two of the examples (‘beautiful handwriting’ and ‘kitchen or
bedroom’ and NEGATIVE version of “You don’t cease to eat iron”) and the one of
the pillar box – He adds a qualifier now: the annulation should best be
IMPLICIT. But for the fastidious philosopher, he allows for an EXPLICITATION
which may not sound grammatical enough to Austen (pronounced to rhyme with the
playgroup master, or the kindergarten’s master). To assume the presence of a
conversational implicaturum, the philosopher (and emissee) has to assume that
the principle of conversational co-operation (and not just conversational
fortitude) is being observed.However, it is mighty possible to opt out of this
and most things at Oxford, i. e. the observation of this principle of conversational
cooperation (or the earlier principle of conversational fortitude).It follows
then that now we CAN EXPLAIN WHY CANCELLABILITY IS A DISTINCTIVE FEATURE. He
left it to be understood in “Causal.”It follows then, deductively, that an
implicaturum can be canceled (or annulled) in a particular case. The
conversational implicaturum may be, drearily – but if that’s what the
fastidious philosopher axes -- explicitly canceled, if need there be, by the
addition of a clause by which the utterer states or implies that he opts out
(e. g. “The pillar box seems red but it is.” “Where is your wife?” “My lips are
sealed”). Then again the conversational implicaturum may be contextually (or
implicitly) canceled, as Grice prefers (e. g. to a very honest person, who knows
I disbelieve the examiner exists, “The loyalty examiner won’t be summoning you
at any rate”). The utterance that usually would carry an implicaturum is used
on an occasion that makes it clear or obvious that the utterer IS opting out
without having to bore his addressee by making this obviousness explicit.
SECOND DISTINCTIVE FEATURE: CONJOINING, i.e. non-detachability.There is a
second litmus test or catalyst idea.Insofar as the calculation that a
implicaturum is present requires, besides contextual and background information
only an intuitive rational knowledge or understanding or processing of what has
been explicitly conveyed (‘are you playing squash? B shows bandaged leg) (or
the, shall we say, ‘conventional’ ‘arbitrary’ ‘commitment’ of the utterance),
and insofar as the manner or style, of FORM, rather than MATTER, of expression
should play at best absolutely no role in the calculation, it is NOT possible
to find another way of explicitly conveying or putting forward the same thing,
the same so-and-so (say that q follows from p) which simply ‘lacks’ the
unnecessary implicaturum in question -- except [will his excluders never end?]
where some special feature of the substituted version [this other way which he
says is not conceivable] is itself relevant to the determination of the
implicaturum (in virtue of this or that conversational maxims pertaining to the
category of conversational mode. THIS BIG CAVEAT makes you wonder that Grice
regretted making fun of Kant. By adopting jocularly the four conversational
categories, he now finds himself in having to give an excuse or exception for
those implicatura generated by a flout to what he earlier referred to as the
‘desideratum of conversational clarity,’ and which he jocularly rephrased as a
self-defeating maxim, ‘be perspicuous [sic], never mind perspicacious!’If we
call this feature, as Grice does in “Causal Theory,” ‘non-detachability’ (or
conjoining)– in that the implicaturum cannot be detached or disjointed from any
alternative expression that makes the same point -- one may expect the
implicaturum carried by this or that locution to have a high degree of
non-detachability. ALTERNATIVES FOR “NOT” Not, it is not the case, it is false
that. There’s nothing unique about ‘not’.ALTERNATIVES FOR “AND” and, nothing,
furthermore, but. There isnothing unique about ‘and’ALTERNATIVES FOR “OR”: One
of the following is true. There is nothing unique about ‘or’ALTERNATIVES FOR
“IF” Provided. ‘There is nothing unique about ‘if’ALTERNATIVES FOR “THE” –
There is at least one and at most one. And it exists. (existence and
uniqueness). There is nothing unique about ‘the’.THIS COVERS STRAWSON’S first
problem.What about the other English philosophers?AUSTIN – on ‘voluntarily’
ALTERNATIVES to ‘voluntarily,’ with the will, willingly, intentionally. Nothing
unique about ‘voluntarily.’STRAWSON on ‘true’ – it is the case, redundance
theory, nothing. Nothing unique about ‘true’HART ON good. To say that ‘x is
commendable’ is to recommend x. Nothing unique about ‘good.’HART on ‘carefully.’
Da Vinci painted Mona Lisa carefully, with caution, with precaution. Nothing
unique about ‘carefully.’THIRD LITMUS TEST or idea and ATTENDING THIRD DISTINCTIVE FEATURE. THIRD DISTINCTIVE
FEATURE is in the protasis of the conditional.The implicaturum depends on the
explicatum or explicitum, and a fortiori, the implicaturum cannot INVOLVE
anything that the explicatum involves – There is nothing about what an emissor
explicitly conveys about “or” or a disjunctum in general, which has to do with
the emissor having grounds other than truth-functional for the utterance of a
disjunctum.The calculation of the presence of an implicaturum presupposes an
initial knowledge, or grasping, or understanding, or taking into account of the
‘conventional’ force (not in Austin’s sense, but translating Latin ‘vis’) of
the expression the utterance of which carries the implicaturum.A conversational
implicaturum will be a condition (but not a truth-condition), i. e. a condition
that is NOT, be definition, on risk of circularity of otiosity, included in
what the emissor explicitly conveys, i. e. the original specification of the
expression's ‘conventional’ or arbitrary forceIf I’m saying that ‘seems’
INVOLVES, as per conventional force, ‘doubt or denial,’what’s my point? If
Strawson is right that ‘if’ has the conventional force of conventionally
committing the utterer with the belief that q follows from p, why bother? And
if that were so, how come the implicaturum is still cancellable?Though it may
not be impossible for what starts life, so to speak, as a conversational
implicaturum to become conventionalized, to suppose that this is so in a given
case would require special justification. (Asking Lewis). So, initially at
least, a conversational implicaturum is, by definition and stipulation, not
part of the sense, truth-condition, conventional force, or part of what is
explicitly conveyed or put forward, or ‘meaning’ of the expression to the
employment of which the impicatum attaches. FOURTH LITMUS TEST or catalyst
idea. Mentioned in “Causal theory” YIELDS THE FOUTH DISICTINVE FEATURE and the
FIFTH distinctive feature.FOURTH DISTINCTIVE FEATURE: in the protasis of the
conditional – truth value.The alethic value – conjoined with the test about the
VEHICLE --. He has these as two different tests – and correspondingly two
distinctive features in “Causal”. The truth of a conversational implicaturum is
not required by (is not a condition for) the truth of what is said or
explicitly conveyed (what is said or explicated – the explicatum or explicitum,
or what is explicitly conveyed or communicated) may be true -- what is
implicated may be false – that he has beautiful handwriting, that q follows
from p, that the utterer is ENDORSING what someone else said, that the utterer
is recommending x, that the person who is said to act carefully has taken
precaution), FIFTH DISTINCTIVE FEATURE: vehicle – this is the FOURTH vehicle of
the four he mentions in “Causal”: ‘what the emissor explicitly conveys,’ ‘the
emissor himself,’ the emissor’s utterance, and fourth, the emissor’s explicitly
conveying, or explicitly conveying it that way --. The apodosis of the
conditional – or inferrability schema, since he uses ‘since,’ rather than ‘if,’
i. e. ‘GIVEN THAT p, q. Or ‘p; therefore, q’. The implicaturum is NOT carried
by what is said or the EXPLICATUM or EXPLICITUM, or is explicitly conveyed, but
only by the ‘saying’ or EXPLICATING or EXPLICITING of what is said or of the
explicatum or explicitum, or by 'putting it that way.’The fifth and last litmus
test or catalyst idea YIELDS A SIXTH DISTINCTIVE FEATURE:Note that he never
uses ‘first, second, etc.’ just the numerals, which in a lecture format, are
not visible!SIXTH DISTINCTIVE FEATURE: INDETERMINACY. Due to the open character
of the reasoning – and the choices available to fill the gap of the content of
the propositional attitude that makes the conversational rational:“He is
potentially dishonest.” “His colleagues are treacherous”Both implicatura
possible for “He hasn’t been to prison at his new job at the bank – yet.”Since,
to calculate a conversational implicaturum is to calculate what has to be
supposed in order to preserve the supposition that the utterer is a rational,
benevolent, altruist agent, and that the principle of conversational
cooperation is being observed, and since there may be various possible specific
explanations or alternatives that fill the gap here – as to what is the content
of the psychological attitude to be ascribed to the utterer, a list of which
may be open, or open-ended, the conversational implicaturum in such cases will
technically be an open-ended disjunction of all such specific explanations,
which may well be infinitely non-numerable. Since the list of these IS open,
the implicaturum will have just the kind of INDETERMINACY or lack of
determinacy that an implicaturum appears in most cases to possess.
indeterminacy of translation, a pair of theses derived, originally, from a
thought experiment regarding radical translation first propounded by Quine in
Word and Object (1960) and developed in his Ontological Relativity (1969),
Theories and Things (1981), and Pursuit of Truth (1990). Radical translation is
an imaginary context in which a field linguist is faced with the challenge of
translating a hitherto unknown language. Furthermore, it is stipulated that the
linguist has no access to bilinguals and that the language to be translated is
historically unrelated to that of the linguist. Presumably, the only data the
linguist has to go on are the observable behaviors of incompleteness indeterminacy
of translation 422 4065h-l.qxd 08/02/1999 7:39 AM Page 422 native speakers amid
the publicly observable objects of their environment. (1) The strong thesis of
indeterminacy, indeterminacy of translation of theoretical sentences as wholes,
is the claim that in the context of radical translation a linguist (or
linguists) could construct a number of manuals for translating the (natives’)
source language into the (linguists’) target language such that each manual
could be consistent with all possible behavior data and yet the manuals could
diverge with one another in countless places in assigning different
target-language sentences (holophrastically construed) as translations of the
same source-language sentences (holophrastically construed), diverge even to
the point where the sentences assigned have conflicting truth-values; and no
further data, physical or mental, could single out one such translation manual
as being the uniquely correct one. All such manuals, which are consistent with
all the possible behavioral data, are correct. (2) The weak thesis of
indeterminacy, indeterminacy of reference (or inscrutability of reference), is
the claim that given all possible behavior data, divergent target-language
interpretations of words within a source-language sentence could offset one
another so as to sustain different targetlanguage translations of the same
source-language sentence; and no further data, physical or mental, could single
out one such interpretation as the uniquely correct one. All such interpretations,
which are consistent with all the possible behavioral data, are correct. This
weaker sort of indeterminacy takes two forms: an ontic form and a syntactic
form. Quine’s famous example where the source-language term ‘gavagai’ could be
construed either as ‘rabbit’, ‘undetached rabbit part’, ‘rabbithood’, etc. (see
Word and Object), and his proxy function argument where different ontologies
could be mapped onto one another (see Ontological Relativity, Theories and
Things, and Pursuit of Truth), both exemplify the ontic form of indeterminacy
of reference. On the other hand, his example of the Japanese classifier, where
a particular three-word construction of Japanese can be translated into English
such that the third word of the construction can be construed with equal
justification either as a term of divided reference or as a mass term (see
Ontological Relativity and Pursuit of Truth), exemplifies the syntactic form of
indeterminacy of reference.
transformation – Grice: “My system G makes minimal use
of transformations” -- minimal transformation rule: an axiom-schema or rule of
inference. Grice: “Strictly, an Ovidian metamorphose!” -- A transformation rule
is thus a rule for transforming a possibly empty set of wellformed formulas
into a formula, where that rule operates only upon syntactic information. It
was this conception of an axiom-schema and rule of inference that was one of
the keys to creating a genuinely rigorous science of deductive reasoning. In
the 0s, the idea was imported into linguistics, giving rise to the notion of a
transformational rule. Such a rule transforms tree structures into tree
structures, taking one from the deep structure of a sentence, which determines
its semantic interpretation, to the surface structure of that sentence, which
determines its phonetic interpretation. Grice: “Chomsky misuses
‘transformation.’”
triangulus -- Grice’s triangle. He uses the word in “Meaning
Revisited,” (WoW: 286). It’s the semiotic triange between what he calls the
‘communication device,’ the denotatum, and the soul. While
often referred to as H. P. Grice’s triangle, or H. P. Grice’s semiotic
triangle, or "Ogden/Richards triangle" the idea is also expressed in
1810, by Bernard Bolzano, in his rather obscure, Grice grants, “Beiträge zu
einer begründeteren Darstellung der Mathematik.” However, the triangle can be
traced back to the 4th century BC, in Aristotle's Peri Hermeneias (often
referred to in its Latin translation De Interpretatione, second book of his
Organon, on which Grice gave seminars as University Lecturer at Oxford with J.
L. Austin). H. P. Grice’s semiotic Triangle relates to the problem of
universals, a philosophical debate which split ancient and medieval
philosophers (mainly realists and nominalists). The triangle describes a simplified
form of relationship between the emissor as subject, a concept as object or
referent or denotatum, and its designation (sign, signans, or as Grice prefers
‘communication device’). For more elaborated research see Semiotics.
Ogden semiotic triangle.png Contents 1Interlocutory applications 1.1Other
triangles 1.2The communicative stand 1.3Direction of fit 2See also 3References
4External links Interlocutory applications Other triangles The relations
between the triangular corners may be phrased more precisely in causal terms as
follows[citation needed][original research?]. The matter evokes the emissor's
soul. The emissor refers the matter to the symbol. The symbol evokes the
emissee’s soul. The emissee refers the symbol back to the matter. The communicative
stand Such a triangle represents ONE agent, the emissor, whereas communication
takes place between TWO (objects, not necessarily agents). So imagine another
triangle and consider that for the two to understand each other, the content
that the "triangles" represent must fit or be aligned. Clearly, this
calls for synchronisation and an interface as well as scale among other things.
Notice also, that we perceive the world mostly through our eyes and in
alternative phases of seeing and not seeing with change in the environment as
the most important information to look for. Our eyes are lenses and we see a
surface (2D) in ONE direction (focusing) if we are stationary and the object is
not moving either. This is why you may position yourself in one corner of the
triangle and by replicating (mirroring) it, you will be able to see the whole
picture, your cognitive epistemological and the ontological existential or
physical model of life, the universe, existence, etc. combined.[citation
needed][original research?] Direction of fit Main article: Direction of
fit This section has multiple issues. Please help improve it or discuss
these issues on the talk page. (Learn how and when to remove these template
messages) This section does not cite any sources. (December 2012) This section
is written like a personal reflection, personal essay, or argumentative essay
that states a Wikipedia editor's personal feelings or presents an original
argument about a topic. (December 2012) Grice uses the notion of "direction
of fit" (in “Intention and Uncertainty”) to create a taxonomy of acts. [3]
[4] This table possibly contains original research. Please improve
it by verifying the claims made and adding inline citations. Statements
consisting only of original research should be removed. (December 2012) (Learn
how and when to remove this template message) World or Referentintended
→Writer's Thought decoded ↑ ↓ encoded Thought Emissee's←
extendedSymbol or Word Emissor's THOUGHT retrieves SYMBOL suited to
REFERENT, Word suited to World. Reader's THOUGHT retrieves REFERENT
suited to SYMBOL, World suited to Word. Actually the arrows indicate that there
is something exchanged between the two parties and it is a feedback cycle.
Especially, if you imagine that the world is represented in the soul of both
the emissor and the emissee and used for reality check. If you look at the
triangle above again, remember that reality check is not what is indicated
there between the sign and the referent and marked as "true', because a
term or a sign is allocated "arbitrarily'. What you check for is the
observance of the law of identity which requires you and your partner to sort
out that you are on the same page, that the emissor is communicating and the
emissee is understanding about the same thing. So the chunk of reality and the
term are replaceable/interchangeable within limits and your concepts in the
soul as presented in some appropriate way are all related and mean the same
thing. Usually the check does not stop there, your ideas must also be tested
for feasibility and doability to make sure that they are "real" and
not "phantasy". Reality check comes from consolidating your
experience with other people's experience to avoid solipsism and/or by putting
your ideas (projection) in practice (production) and see the reaction. Notice,
however how vague the verbs used and how the concept of a fit itself is left
unexplained in details.[editorializing] See also The Delta Factor De
dicto De se De re References Colin Cherry (1957) On Human
Communication C. K. Ogden and I. A. Richards (1923) The Meaning of
Meaning John Searle (1975) "A Taxonomy of Illocutionary Acts",
in: Gunderson, K. (ed.), Language, Mind, and Knowledge (Minneapolis: University
of Minnesota Press) pp. 344-369. John Searle (1976) "A
Classification of Illocutionary Acts", Language in Society, Vol.5, pp.
1-24. External links Jessica Erickstad (1998) Richards' Meaning of Meaning
Theory. University of Colorado at Boulder. Allie Cahill (1998) "Proper
Meaning Superstition" (I. A. Richards). University of Colorado at Boulder.
Categories: SemioticsSemanticsPragmaticsPhilosophy of languagePhilosophy of
mind. Semiotisches Dreieck Zur Navigation springen. Zur Suche springen. Das
semiotische Dreieck stellt die Relation zwischen dem Symbol, dem dadurch
hervorgerufenen Begriff und dem damit gemeinten realen Ding dar. Das semiotische
Dreieck ist ein in der Sprachwissenschaft und Semiotik verwendetes Modell. Es
soll veranschaulichen, dass ein Zeichenträger (Graphem, Syntagma, Symbol) sich
nicht direkt und unmittelbar auf einen außersprachlichen Gegenstand bezieht,
sondern dieser Bezug nur mittelbar durch eine Vorstellung/einen Begriff
erfolgt. Das semiotische Dreieck publizierten erstmals Charles Kay Ogden und
Ivor Armstrong Richards in dem Werk The Meaning of Meaning. Das semiotische
Dreieck in vereinfachter Beschreibung. Die Welt besteht aus Gegenständen,
Sachverhalten, Ereignissen und Ähnlichem. Diese sind wirklich und bestimmen
alles, was geschieht. Das Symbol für ein Einzelnes davon steht in den folgenden
Dreiecken rechts und bedeutet vereinfacht: Ding oder „was Sache ist“. Wenn der
Mensch ein Ding bemerkt oder sich vorstellt, macht er sich ein gedachtes Bild
davon. Das Symbol dafür steht in den folgenden Dreiecken oben und bedeutet:
Begriff oder „was man meint“. Wenn Menschen mit diesen Begriffen von Dingen
reden, so verwenden sie Zeichen (meist hörbar, gelegentlich auch sichtbar oder
anders wahrnehmbar). Das sind Wörter (auch Bezeichnungen, Benennungen, Symbole
oder Ähnliches). Das Symbol dafür steht in den folgenden DREIECKEN links und
bedeutet: Wort oder „was man dazu sagt“. Ding, Begriff und Wort sollen
eindeutig zusammengehören. Das gelingt nicht immer, vielmehr muss man immerzu
aufpassen, ob der eben verwendete Begriff das betrachtete Ding richtig erfasst,
ob das eben verwendete Wort den gemeinten Begriff trifft, und sogar ob das eben
betrachtete Ding überhaupt eins ist und nicht etwa einige oder gar keins.
Passen die drei Ecken nicht zueinander, „So entstehen leicht die
fundamentalsten Verwechslungen (deren die ganze Philosophie voll ist).“
Vitters: Tractatus 3.324. Das semiotische Dreieck als bildliche Darstellung der
Mehrdimensionalität der Zeichen Begriff /\ /
\ / \
/ \ / \ Zeichen
...... Gegenstand (Wort) (Ding). Das semiotische Dreieck ist
zunächst nur ein bildliches Hilfsmittel, um sich Beziehungen „im“ bzw. „des“
Zeichens zu veranschaulichen. Seine Interpretation und nähere Ausgestaltung
hängt daher von der zugrunde gelegten Erkenntnistheorie ab. In
entscheidender Weise wird durch das semiotische Dreieck veranschaulicht, dass
zwischen dem Wort (der Zeichenform, d. h. dem Schriftbild oder dem Lautbild)
und dem Bezeichneten (Ding, Gegenstand) keine direkte Beziehung, sondern nur
durch (mindestens) eine hier so genannte Vermittlungsinstanz vermittelte
Beziehung besteht. Graphisch wird dies durch eine unterschiedliche Linie
dargestellt. Gebräuchlich ist ein Dreieck. Entscheidend ist die
nicht-direkte Beziehung zwischen Zeichen (Wort) und Gegenstand (Ding). Je nach
Anzahl der zu veranschaulichenden (nicht auszublendenden) Bezugspunkte und
Vermittlungsinstanzen und der Art der betonten Beziehungen kann man auch ein
Quadrat, ein sonstiges Vieleck bzw. einen mehrdimensionalen Körper
benutzen. Darauf hinzuweisen ist, dass die Vermittlungsinstanz – hier mit
dem mehrdeutigen Ausdruck „Begriff“ bezeichnet – sehr unterschiedlich gesehen
wird, was aus dem Terminologiebefund unten deutlich wird. Das semiotische
Dreieck ist Veranschaulichung eines Zeichenverständnisses, das dem
Zeichenbegriff von Ferdinand de Saussure, wonach ein Zeichen eine „psychische Einheit“
zwischen einem „akustischen Bild“ (Signifikanten) und einem „Begriff“
(Signifikat) (bei ihm im Sinne einer psychischen Vorstellung)[2] sein soll,
widersprechen dürfte:[3] statt der „Papierblattmetapher“ für das Verhältnis von
Signifikant/Signifikat (von de Saussure) wird im semiotischen Dreieck eine
optische Trennung und Distanzierung von Zeichenkörper und Begriff (Sinn)
vorgenommen. Das semiotische Dreieck blendet auch pragmatische
Bedingungen und Bezüge aus bzw. reduziert sie auf die semantische Dimension und
wird daher von pragmatischen Bedeutungstheorien kritisiert (vgl.
Semiotik). Das Fehlen einer unmittelbaren Beziehung zwischen Zeichen und
Gegenstand wird zugleich als Ausdruck der (von de Saussure betonten)
Arbitrarität und Konventionalität von Zeichen interpretiert. Geschichte
Man muss unterscheiden zwischen dem semiotischen Dreieck als Bild und einem
dreiseitigen (triadischen) Zeichenbegriff, dessen Veranschaulichung es
dient. Verbreitet wird die sprachwissenschaftliche Entwicklung so
dargestellt, als gäbe es ein semiotisches Dreieck erst seit Ogden/Richards, die
damit einen nur zweigliedrigen Zeichenbegriff von de Saussure
modifiziert/überwunden hätten.[4] Es heißt, bis ins 19. Jahrhundert sei der
Zeichenbegriff im Wesentlichen hinsichtlich seines Sachbezugs als „zweistellige
Relation“ diskutiert worden.[5] Andere betonen den zugrunde liegenden
dreiseitigen („triadischen“) Zeichenbegriff, der meist bei Aristoteles,
mitunter auch schon bei Platon angesetzt wird. Schon bei Platon findet
sich ein gedankliches Wort-Gegenstand-Modell zwischen Namen (Zeichen) – Idee
(Begriff) und Ding. Bei Aristoteles ist ein Zeichen (semeion, damit meint er
ein Wort) ein Symptom für eine Seelenregung, d. h. für etwas, das der Sprecher
sich vorstellt. Diese Vorstellung des Sprechers ist dann ein Ikon für ein Ding.
Dies sind für ihn die primären Zeichenrelationen (rot in der untenstehenden
Figur). Davon abgeleitet ist die sekundäre Zeichenrelation (schwarz in der
Figur). Das Semiotische Dreieck bei Aristoteles Seit Aristoteles
wird vertreten, dass Zeichen Dinge der Welt nicht unvermittelt, sondern
vermittelt über einen „Begriff“, „Vorstellung“ etc. bezeichnen. Dies bedeutet
eine Differenzierung gegenüber der einfachen aliquid-stat-pro-aliquo-Konzeption
und ist „für die ganze Geschichte der Semiotik entscheidend“. Bei Aristoteles
stehen „Zeichen […] für Sachen, welche von den Bewußtseinsinhalten abgebildet
worden sind“. „Die Sachen werden von den Zeichen nicht präsentiert, sondern
repräsentiert.“. Die Interpretation von De interpretatione ist dabei seit
Jahrtausenden kontrovers. Die oben wiedergegebene Interpretation entspricht
einer psychologischen Deutung, die einen Psychologismus nahelegt. Dies
erscheint fraglich, da Aristoteles eher einen erkenntnistheoretischen Realismus
vertreten haben dürfte. Scholastik In der Sprachphilosophie der
Scholastik finden sich Überlegungen zum Dreierschema res (Sache, Ding),
intellectus (Verstand, Gedanken, Begriff), vox (Wortzeichen). Logik von
Port-Royal. In der Grammatik von Port-Royal (Mitte des 17. Jh.) soll das
semiotische Dreieck eingeführt worden sein.[10] In der Logik von Port-Royal
sind die Gegenstände und die Sprachzeichen nicht unmittelbar, sondern über
Universalien miteinander verknüpft. Nach KANT ist das zwischen Begrifflichkeit
und Sinnlichkeit bzw. Gegenstand vermittelnde Element das Schema als ein
bildhaftes und anschauliches Zeichen. Das Verfahren des Verstandes, mit Hilfe
der ‚Einbildungskraft‘ die reinen Verstandesbegriffe zu versinnlichen, heißt
Schematismus. Auch Arthur Schopenhauer, ein deutscher Philosoph des 19.
Jahrhunderts, unterscheidet in seinem Hauptwerk Die Welt als Wille und
Vorstellung strikt zwischen Wort, Begriff und Anschauung. Ausblendung des
Referenzbezugs im Zeichenmodell von de Saussure Nach verbreiteter Auffassung
haben die moderne Sprachwissenschaft und der moderne Zeichenbegriff erst mit de
Saussure eingesetzt. Nach de Saussure ist ein Zeichen die Verbindung eines
Ausdrucks (signifiant) mit einem Inhalt (signifié), wobei das Zeichen als
„psychische Einheit mit zwei Seiten“[14] aufgefasst wurde. In diesem
zweigliedrigen (dyadischen) Zeichenmodell „hat die reale Welt keine
Bedeutung“:[15] „Hier Bezeichnetes als geistige Vorstellung, dort Bezeichnendes
als dessen Materialisation in der Sprache, aber kein Platz für das Objekt
selbst“. Triadisches Zeichenmodells bei Peirce. Charles S. Peirce entwickelte
eine pragmatische Semiotik[16] und die Pragmatik soll auf dem triadischen
Zeichenmodell von Peirce beruhen.[17] Statt eines dyadischen entwickelte Peirce
ein kommunikativ-pragmatisches, triadisches Zeichenmodell: das Zeichen ist eine
„triadische Relation (semiotisches Dreieck)“. Dies, indem er zu Zeichenmittel
und Objekt den „Interpretanten“ ergänzte, d. h. die Bedeutung, die durch
Interpretation der Zeichenbenutzer (Sprecher bzw. Hörer) in einem
Handlungszusammenhang zustande kommt. „Das, was als Bewusstseinsinhalt
erscheint, der Interpretant, ist der individuell erkannte Sinn, der seinerseits
kulturell vor- oder mitgeprägt sein kann. Daher wird in diesem Konzept die
Zeichenbedeutung (…) auch als „kulturelle Einheit“ (Eco, 1972)
postuliert.“Peirce-Interpreten wie Floyd Merrell oder Gerhard Schönrich wenden
sich gegen die Dreiecksdarstellung peircescher Zeichentriaden, da sie
suggerieren könnte, dass sich die irreduzible triadische Relation zerlegen
lasse in einzelne zweistellige Relationen. Stattdessen schlagen sie eine
Y-förmige Darstellung vor, bei der die drei Relate jeweils durch eine Linie mit
dem Mittelpunkt verbunden sind, aber entlang der Seiten des „Dreiecks“ keine
Linien verlaufen. Charles Kay Ogden / Ivor Armstrong Richards Als „die“
Vertreter eines dreiseitigen Zeichenmodells bzw. eines semiotischen Dreiecks
(unter Ausblendung ihrer Vorläufer) werden verbreitet Charles Kay Ogden und
Ivor Armstrong Richards angeführt. Diese erkannten eine Welt außerhalb des
menschlichen Bewusstseins ausdrücklich an und wandten sich gegen „idealistische
Konzepte“. Nach Charles Kay Ogden und Ivor Armstrong Richards symbolisiert das
Zeichen (symbol) etwas und ruft einen entsprechenden Bewusstseinsinhalt
(reference) hervor, der sich auf das Objekt (referent) bezieht.[6] Das
semiotische Dreieck wird wie folgt erklärt: „Umweltsachverhalte werden im
Gedächtnis begrifflich bzw. konzeptuell repräsentiert und mit Sprachzeichen assoziiert.
So ist z. B. das Wort „Baum“ ein Sprachzeichen, das mit dem Begriff bzw.
Konzept von „BAUM“ assoziiert ist und über diesen auf reale Bäume (Buchen,
Birken, Eichen usw.) verweisen kann.“. Siehe auch Organon-Modell (von Karl
Bühler) Literatur Metamorphosen des semiotischen Dreieck. In: Zeitschrift für
Semiotik. Band 10, (darin 8 einzelne Artikel). Umberto Eco: Semiotik – Entwurf
einer Theorie der Zeichen. 2. Auflage. Wilhelm Fink Verlag, München 1991, ISBN
3-7705-2323-7. Umberto Eco: Einführung in die Semiotik. Wilhelm Fink Verlag,
München 1994, ISBN 3-7705-0633-2. Einzelnachweise C. K. Ogden, I. A.
Richards: The Meaning of Meaning. 1923 Kassai: Sinn. In: Martinet
(Hrsg.): Linguistik. Ohne Problematisierung trotz der Nähe zu Saussure hingegen
bei Kassai: Sinn. In: Martinet (Hrsg.): Linguistik. 1973, S. 251 (S. 254 f.)
referiert So wohl Fischer Kolleg Abiturwissen, Deutsch (2002), S.
27 So z. B. Schülerduden, Philosophie (2002), Semiotik Triadische
Zeichenrelation. In: Homberger: Sachwörterbuch zur Sprachwissenschaft.
2000 Trabant: Semiotik. Trabant: Semiotik. So auch Triadische
Zeichenrelation. In: Homberger: Sachwörterbuch zur Sprachwissenschaft. 2000,
wonach Aristoteles das Platonische Modell „psychologisiert“ haben soll So
Schülerduden, Philosophie (2002), Sprachphilosophie Schülerduden,
Philosophie (2002), Sprachphilosophie Baumgartner: Kants „Kritik der
reinen Vernunft“, Anleitung zur Lektüre. [1988], neu ersch. 5. Auflage. ALBER,
Freiburg Hierzu vor allem das Kapitel: „Zur Lehre von der abstrakten, oder
Vernunft-Erkenntnis“ (Zweiter Band) Fischer Kolleg Abiturwissen, Deutsch
(2002), S. 26 Ernst: Pragmalinguistik. 2002, S. 66 Schülerduden,
Philosophie (2002), Peirce So Pelz: Linguistik. 1996, S. 242
Zeichenprozess. In: Homberger: Sachwörterbuch zur Sprachwissenschaft.
2000 Bedeutung. In: Homberger: Sachwörterbuch zur Sprachwissenschaft.
2000 Kategorien: SemiotikSemantik. For Grice, the triangle represents the three
correspondences. First, psychophysical, second psychosemiotic, and third
semio-physical.
tisberi -- Heytesbury: w.
also called Hentisberus, Hentisberi, Tisberi before, English philosopher and
chancellor of Oxford . He wrote Sophismata “Sophisms”, Regulae solvendi
sophismata “Rules for Solving Sophisms”, and De sensu composito et diviso “On
the Composite and Divided Sense”. Other works are doubtfully attributed to him.
Heytesbury belonged to the generation immediately after Thomas Bradwardine and
Kilvington, and was among the most significant members of the Oxford Calculators,
important in the early developemnt of physics. Unlike Kilvington but like
Bradwardine, he appealed to mathematical calculations in addition to logical
and conceptual analysis in the treatment of change, motion, acceleration, and
other physical notions. His Regulae includes perhaps the most influential
treatment of the liar paradox in the Middle Ages. Heytesbury’s work makes
widespread use of “imaginary” thought experiments assuming physical
impossibilities that are yet logically consistent. His influence was especially
strong in Italy in the fifteenth century, where his works were studied widely
and commented on many times.
trinitarianism, -- “Raining, raining, raining.” -- the
theological doctrine that God consists of three persons, “in Strawson’s usage
of the expression” – Vide Grice, “Personal identity,” -- The persons who
constitute the Holy Trinity are the Father; the Son, who is Jesus Christ; and
the Holy Spirit or Holy Ghost. The doctrine states that each of these three
persons is God and yet they are not three Gods but one God. According to a
traditional formulation, the three persons are but one substance. In the
opinion of Aquinas, the existence of God can be proved by human reason, but the
existence of the three persons cannot be proved and is known only by
revelation. According to Christian tradition, revelation contains information
about the relations among the three persons, and these relations ground proper
attributes of each that distinguish them from one another. Thus, since the
Father begets the Son, a proper attribute of the Father is paternity and a
proper attribute of the Son is filiation. Procession transparent Trinitarianism
928 928 or spiration is a proper
attribute of the Holy Spirit. A disagreement about procession has contributed
to dividing Eastern and Western Christianity. The Eastern Orthodox church
teaches that the Holy Spirit proceeds from the Father through the Son. A theory
of double procession according to which the Holy Spirit proceeds from the
Father and the Son has been widely accepted in the West. This disagreement is
known as the filioque ‘and the Son’ controversy because it arose from the fact
that adding this Latin phrase to the Nicene Creed became acceptable in the West
but not in the East. Unitarianism denies that God consists of three persons and
so is committed to denying the divinity of Jesus. The monotheistic faiths of
Judaism and Islam are unitarian, but there are unitarians who consider
themselves Christians. H. P. Grice, “Raining, raining, raining – my mother and
the Trinitarians.”
tipperary: music-hall cited
by Grice. Grice liked the song and would often accompany himself at the piano
(“in Eb always”). He especially loved to recite the three verses (“Up to
mighty London came an Irishman one
day,” “Paddy wrote a letter to his Irish Molly-O,” and “Molly wrote a neat
reply to Irish Paddy-O”). Grice devises a possible counter-example to his
account of ‘communication,’ or strictly the conditions that have to be met for
the state of affairs “Emisor E communicates that p” to hold. In Grice’s
scenario, a reminiscence shared by his father, at a musical soirée in 1912,
at Harborne, Grice’s grandfather sings "Tipperary” “in a
raucous voice” (those are Grice’s father’s words) with the intention of getting
his mother-in-law (whom he knew was never too keen on the music-hall) to leave
the drawing-room. Grice’s grandfather’s mother-in-law is supposed to recognise
(and to know that she is intended to recognise) that Grice’s grandfather wants
to get rid of his mother in law – “to put it bluntly,” as Grice’s father has
it. Grice’s grandfather, moreover, intends that his mother-in-law shall, in the
event, leave because she recognizes Grice’s grandfather’s intention that
she shall go. Grice’s grandfather’s
scheme is that his mother-in-law should, somewhat wrongly, think that Grice’s
grandfather intends his mother-in-law to think that he intends to get rid of
her by means of the recognition of his intention that she should go. In other
words, the mother-in-law is supposed to argue: "My son-in-law intends me
to *think* that he intends to get rid of me by the raucous singing of that
awful ditty complete with the three verses – starting with “Up to mighty London
came an Irishman one day” -- but of course he, rude as he is, really wants to
get rid of me by means of the recognition of his intention to get rid of me. I
am really intended to go because he wants me to go, not because I cannot stand
the singing – I suppose. I mean, I could possibly stand it, if tied up, or
something." The fact that the mother in law, while thinking she is seeing
through his son-in-law’s plans, is really *conforming* to them (a situation
that would not hold if she is known by her son-in-law to be
‘counter-suggestible’), is suggested as precluding Grice from deeming, here,
that his grandfather means by the singing in a raucuous voice the opening line
to “Tipperary” in a raucuous voice (“Up to mighty London came an Irishman one
day”) that his mother-in-law should go. However, it is clear to Grice that,
once one tries to fill in the detail of this description, the example becomes
baffling – “even if I myself designed it.” “For, how is my grandfather’s
mother-in-law sposed to reach the idea that my grandfather wants her to think
that he intends to get rid of her by singing in a raucuous voice “Up to mighty
London came an Irishman one day”?” “My father tells me that my grandfather
sould sing in a *particular nasal tone*, so common at the music-hall, which he
knows *not* necessarily to be displeasing to his mother in law (when put to use
to a respectable drawing-room ballad), though it is to most people that visit
the Grices.” Grice’s grandfather’s mother in law knows that Grice’s grandfather
knows this particular nasa tone not to be displeasing to her, but she thinks,
rather wrongly, that Grice’s grandfaather does not know that his mother-in-law
knows this (she would never display his tastes in public). The mother-in-law
might then be supposed to argue: "My son-in-law cannot want to drive me
out of the drawing-room by his singing, awful to most, since he knows that that
particularly nasal tone is not really displeasing to me. My son-in-law,
however, does not know that I know he knows this. Therefore, maybe my
son-in-law is does wantsme to think that he intends to drive me out, on the
ground of a mere cause, rather than a reason, *by* his singing." “At this
point,” Grice notes, “one would expect my grandfather’s mother-in-law to be
completely at a loss to explain my grandfather’s performance.” “I see no reason
at all why my grandfather’s mother in-law should then suppose that he *really*
wants to get rid of her in some other way.” Whether or not this example could
be made to work, its complexity is ennerving. “And the sad thing about it, is
that any attempt on my part to introduce yet further restrictions would involve
more ennerving complexities still.” “It is in general true that one cannot have
intentions to achieve results which one sees no chance of achieving; and the
success of intentions of the kind involved in communication requires he to whom
communications or near-communications is addressed to be capable in the
circumstances of having certain thoughts and drawing certain conclusions.” At
some early stage in the attempted regression the calculations required of my grandfather’s
mother-in-lawy by my grandfather will be impracticably difficult; and I suspect
the limit has now been reached (if not exceeded).” “So my grandfather, is he is
a Grice, cannot have the intentions – as reconstructed by my father, this was
way back in 1912 -- required of him in order to force the addition of further
restrictions. Not only are the calculations my grandfather would be requiring
of his mother-in-law too difficult, but it would be impossible for him to find
cues to indicate to her that the calculations should be made, even if they were
within his mother-in-law’s compass. So one is tempted to conclude that no
regress is involved.” But even should this conclusion be correct, we seem to be
left with an uncomfortable situation. For though we may know that we do not
need an infinite series of backward-looking sub-clauses, we cannot say just how
many such sub-clauses are required. “Indeed, it looks as if the definitional
expansion of "By uttering x emisor E communicates that p" might have to vary from case to case, depending on
such things as the nature of the intended response, the circumstances in which
the attempt to elicit the response is made (say, a musical soirée at Harborne
in mid-1912), and the intelligence of the utterer (in this case my grandfather)
and of the addressee (his mother in law).” It is dubious whether such variation
can be acceptable. However, Grice genially finds out that this ennerving
difficulty (of the type some of Grice’s tutees trying to outshine him would
display) is avoided if we could eliminate potential counter-examples not by
requiring the emisor to have certain additional, backward-looking, intentions,
but rather by requiring the emisor *not* to have a certain sort of intention or
complex of intentions. Potential counterexamples of the kind involves the
construction of a situation in which the emisor E intends the sendee S, in the
reflection process by which the sendee S is supposed to reach his response,
both to rely on some inference-element, i. e., ome premise or some inferential
step, E, and also to think that the emisor E intends his sendee S not to rely
on E. “What I propose, then, is to uproot such potential counterexamples by a
single clause which prohibits the emisor from having this kind of complex intention.”
We reach a redefinition: "the emisor E means that p by uttering x" is
true iff (for some sendee S and for some response r): (a) the emisor U utters x
intending (i) the sendee to produce r
(2) the sendee S to think the emisor E to intend (i) (3) the sendee S’s
fulfillment of (i) to be based on the sendee S’s fulfillment of (2) (b) there
is no inference-element E such that the emsior E utters x intending both (i')
that the sendee S’s determination of r should rely on the inference element e
and (2') that the sendee S should think the emisor E to intend that (I') be
false.”
transversum -- Transversality – a term Grice borrowed from
Heidegger – ‘the greatest philosopher that ever lived.” -- transcendence of the sovereignty of identity
or self-sameness by recognizing the alterity of the Other as Unterschied to use Heidegger’s term which signifies the sense of relatedness by
way of difference. An innovative idea employed and appropriated by such diverse
philosophers as Merleau-Ponty, Sartre, Gilles Deleuze, and Félix Guattari, transversality
is meant to replace the Eurocentric formulation of truth as universal in an age
when the world is said to be rushing toward the global village. Universality
has been a Eurocentric idea because what is particular in the West is
universalized, whereas what is particular elsewhere remains particularized.
Since its center is everywhere and its circumference nowhere, truth is
polycentric and correlative. Particularly noteworthy is the phenomenologist Calvin O. Schrag’s attempt to
appropriate transversality by splitting the difference between the two extremes
of absolutism and relativism on the one hand and modernity’s totalizing
practices and postmodernity’s fragmentary tendencies on the other.
tropic: Grice: “Cf. Cicero, ‘Tropicus, and
sub-tropicus’ –“ used by R. M. Hare and H. P. Grice – Hare introduced the
‘tropic’ to contrast with the ‘phrastic,’ the ‘neustic,’ and the ‘clistic’ – “I
often wondered if Hare was not distinguishing too narrowly” – H. P. Grice
--trope, in recent philosophical usage, an “abstract particular”; an instance of
a property occurring at a particular place and time, such as the color of the
cover of this book or this . The whiteness of this and the whiteness of the previous are two distinct tropes, identical neither
with the universal whiteness that is instantiated in both s, nor with the itself; although the whiteness of this cannot exist independently of this ,
this could be dyed some other color. A
number of writers, perhaps beginning with D. C. Williams, have argued that
tropes must be included in our ontology if we are to achieve an adequate
metaphysics. More generally, a trope is a figure of speech, or the use of an
expression in a figurative or nonliteral sense. Metaphor and irony, e.g., fall
under the category of tropes. If you are helping someone move a glass table but
drop your end, and your companion says, “Well, you’ve certainly been a big
help,” her utterance is probably ironical, with the intended meaning that you
have been no help. One important question is whether, in order to account for
the ironical use of this sentence, we must suppose that it has an ironical
meaning in addition to its literal meaning. Quite generally, does a sentence
usable to express two different metaphors have, in addition to its literal
meaning, two metaphorical meanings and
another if it can be hyperbolic, and so forth? Many philosophers and other
theorists from Aristotle on have answered yes, and postulated such figurative
meanings in addition to literal sentence meaning. Recently, philosophers loath
to multiply sentence meanings have denied that sentences have any non-literal
meanings.Their burden is to explain how, e.g., a sentence can be used
ironically if it does not have an ironical sense or meaning. Such philosophers
disagree on whether tropes are to be explained semantically or pragmatically. A
semantic account might hypothesize that tropes are generated by violations of
semantical rules. An important pragmatic approach is Grice’s suggestion that
tropes can be subsumed under the more general phenomenon of conversational
implicaturum.
tukey’s bit: from binary digit, a unit or measure of information.
Suggested by John W. Tukey, a bit is both an amount of information a reduction
of eight equally likely possibilities to one generates three bits [% log2 8] of
information and a system of representing that quantity. The binary system uses
1’s and 0’s.
Turing: Grice: “While not a philosopher, Turing’s thought
experiment is about the ‘conceptual analysis’ of ‘thought’” --similar to a
Griceian machine -- a machine, an
abstract automaton or imagined computer consisting of a finite automaton
operating an indefinitely long storage tape. The finite automaton provides the
computing power of the machine. The tape is used for input, output, and
calculation workspace; in the case of the universal Turing machine, it also
specifies another Turing machine. Initially, only a finite number of squares of
the tape are marked with symbols, while the rest are blank. The finite
automaton part of the machine has a finite number of internal states and
operates discretely, at times t % 0, 1, 2, . . . . At each time-step the
automaton examines the tape square under its tape head, possibly changes what
is there, moves the tape left or right, and then changes its internal state.
The law governing this sequence of actions is deterministic and is defined in a
state table. For each internal state and each tape symbol or blank under the
tape head, the state table describes the tape action performed by the machine
and gives the next internal state of the machine. Since a machine has only a
finite number of internal states and of tape symbols, the state table of a
machine is finite in length and can be stored on a tape. There is a universal
Turing machine Mu that can simulate every Turing machine including itself: when
the state table of any machine M is written on the tape of Mu, the universal
machine Mu will perform the same input-output computation that M performs. Mu
does this by using the state table of M to calculate M’s complete history for
any given input. Turing machines may be thought of as conceptual devices for
enumerating the elements of an infinite set e.g., the theorems of a formal
language, or as decision machines e.g., deciding of any truth-functional
formula whether it is a tautology. A. M. Turing showed that there are
welldefined logical tasks that cannot be carried out by any machine; in
particular, no machine can solve the halting problem. Turing’s definition of a
machine was theoretical; it was not a practical specification for a machine.
After the modern electronic computer was invented, he proposed a test for
judging whether there is a computer that is behaviorally equivalent to a human
in reasoning and intellectual creative power. The Turing test is a “black box”
type of experiment that Turing proposed as a way of deciding whether a computer
can think. Two rooms are fitted with the same input-output equipment going to
an outside experimenter. A person is placed in one room and a programmed
electronic computer in the other, each in communication with the experimenter.
By issuing instructions and asking questions, the experimenter tries to decide
which room has the computer and which the human. If the experimenter cannot
tell, that outcome is strong evidence that the computer can think as well as
the person. More directly, it shows that the computer and the human are
equivalent for all the behaviors tested. Since the computer is a finite
automaton, perhaps the most significant test task is that of doing creative
mathematics about the non-enumerable infinite.
tychism: from Grecian tyche, ‘chance’, Peirce’s doctrine that
there is absolute chance in the universe and its fundamental laws are
probabilistic and inexact. Peirce’s tychism is part of his evolutionary
cosmology, according to which all regularities of nature are products of growth
and development, i.e., results of evolution. The laws of nature develop over
time and become increasingly rigid and exact; the apparently deterministic laws
of physics are limiting cases of the basic, probabilistic laws. Underlying all
other laws is “the tendency of all things to take habits”; Peirce calls this
the Law of Habit. In his cosmology his tychism is associated with synechism,
the doctrine of the continuity of nature. His synechism involves the doctrine
of the continuity of mind and matter; Peirce sometimes expressed this view by
saying that “matter is effete mind.”
type: v.
Grice’s three-year-old’s guide to Russell’s theory of type
ubaldi: Italian philosopher. Pietro
Ubaldi (n. Foligno) è stato un filosofo. Firma di Pietro Ubaldi Nato a Foligno,
vi ha vissuto sino al 1952 ad eccezione del periodo universitario, in cui ha
risieduto a Roma, e nei vent'anni d'insegnamento della lingua inglese: il primo
a Modica, in Sicilia, gli altri diciannove a Gubbio. Dal 1952 al 1972 si è
trasferito in Brasile. Ha scritto 24 volumi - oltre a vari articoli e sette
messaggi - presentando il sistema dell'evoluzione dell'universo e considerando
le leggi dell'evoluzione umana. Ha chiarito i rapporti d'involuzione ed evoluzione
fra le tre dimensioni della materia, dell'energia e dello spirito, in un
processo d'unificazione fra le ipotesi della scienza e i principi della fede.
Nella sua visione ha cercato di spiegare il senso della vita, la funzione del
dolore e la presenza del male. Candidato al premio Nobel nel 1964, all'ultimo
gli fu preferito Jean-Paul Sartre. Il suo sistema filosofico fu considerato da
Albert Einstein - come risulta da un carteggio - "dolce e leggero" e
la sua opera principale, La grande sintesi, fu giudicata da Enrico Fermi
"un quadro di filosofia scientifica e antropologica etica, che oltrepassa
di molto i consimili tentativi dell'ultimo secolo". Nato in
una regione influenzata dalla vicinanza con Assisi e impregnata di spiritualità
francescana, iniziò la scuola nel 1891, proseguì gli studi a Roma e si laureò
in Diritto nel giugno del 1910. Integrò gli studi scolastici leggendo molto,
studiò inoltre pianoforte ed apprese l'inglese, il francese e il tedesco.
Pietro Ubaldi e la moglie M. Antonietta Nel 1911 viaggiò negli Stati
Uniti e nel 1912 si sposò con Maria Antonietta Solfanelli, della vicina città
di Matelica, dalla quale ebbe due figli: Franco, morto nella seconda guerra
mondiale, e Agnese. Si occupò delle proprietà terriere sua e della moglie, che
in seguito cedette in amministrazione ad altri. Nel 1927 avrebbe fatto voto di
povertà e gli sarebbe apparso Cristo. L'apparizione si sarebbe ripetuta nel
1931, insieme a san Francesco di Assisi. Il giorno di Natale dello stesso anno
avrebbe ricevuto il primo di numerosi "messaggi". Divenne professore
di lingua e letteratura inglese, insegnando nelle scuole medie inferiori e
superiori, prima a Modica, in Sicilia, e poi a Gubbio. Tra il 1932 e il
1935, scrisse il libro La grande sintesi, nel quale espose il suo pensiero,
messo all'indice nel 1939, poi riammesso da papa Giovanni XXIII. A questi anni
appartengono dieci dei libri da lui scritti A 65 anni nel 1951, dopo aver
scritto dieci libri, lasciò l'insegnamento e andò in pensione. Fu invitato a
fare in Brasile un giro di conferenze tra luglio e dicembre del 1951 e nel 1952
si trasferì definitivamente con la famiglia a São Vicente, presso Santos, nello
stato di São Paulo, e qui scrisse altri quattordici volumi, dichiarando
conclusa la sua opera nel giorno di Natale del 1971, esattamente quarant'anni
dopo il primo "messaggio" ricevuto. La sua vita può essere
considerata distinta in quattro periodi ventennali, caratterizzati da un lavoro
differente. Nel primo periodo (1891-1910) avrebbe cercato le risposte nella
filosofia, nella religione e nella scienza senza trovarla. Il secondo periodo
(1911-1930) sarebbe stato caratterizzato da una sperimentazione pratica a
contatto col mondo, d'osservazione della realtà della vita. Nel terzo periodo
(1931-1950) scrisse i volumi della sua opera pubblicati in italiano e nel
quarto (1951-1970) la parte restante. Pensiero Pietro Ubaldi ritiene che
esiste un'unica "Sostanza", la cui essenza sarebbe il movimento e che
si manifesterebbe come "materia" (statica), "energia" (dinamica)
e "spirito" (vita). L'essere umano è chiamato ad evolversi ampliando
la percezione della sua coscienza, che da inviduale deve farsi collettiva, per
farsi poi coscienza cosmica. In tale processo viene delineato il futuro stato
organico-unitario dell'umanità, generato da una nuova etica internazionale,
effetto di una consapevolezza razionale e non di un emotivo pacifismo. L'uomo
si inserirebbe nel fenomeno universale dell'evoluzione tramite la
reincarnazione. Considera la sua "Opera" la manifestazione del
proprio destino e della propria ascesa evolutiva, proponendosi attraverso di
essa di arrivare ad una conoscenza utilizzabile per risolvere i problemi della
vita, in maniera consapevole e dignitosa. La grande legge della vita, per
Ubaldi, è quella dell'Amore, tale che la si dovrebbe seguire in ogni
situazione: cercare ciò che unifica. Per questo fare il male significa voler
andare contro la corrente del Sistema, perpetuando la separazione, produttrice
di sopraffazione e violenza, sino all'autodistruzione. Fare il bene, invece,
vuol dire cercare di armonizzarsi con tutto e con tutti, perseguendo quel
processo di unificazione che ci riporta al centro dell'essere, che è
rappresentato dalla presenza dell'ordine e della giustizia del pensiero divino.
In tal senso il segreto della felicità consiste nell'inquadrarsi nell'ordine
divino e la preghiera autentica consisterebbe nella docile accettazione della
Legge, cooperando con la Sua azione. Così pure, il lavorare rappresenterebbe il
diventare cooperatori del funzionamento organico dell'universo. Il fine
dell'esistenza - secondo Pietro Ubaldi - è rappresentato dall'evoluzione. Si
tratta dell'evoluzione etica, iscritta nel movimento dell'evoluzione
dell'universo. L'universo viene così inteso come un'inestinguibile volontà
d'amare, di creare e di affermare, in lotta col principio opposto dell'inerzia,
dell'odio e della distruzione. L'etica viene concepita come dimensione
ascendente, a tante dimensioni quante sono le posizioni dell'essere lungo la
scala evolutiva. In tale compito evolutivo fondamentale sono gli ideali -
aventi la funzione di orientamento e di guida -, aventi il compito di
anticipare una realtà futura da raggiungere. In questa fase evolutiva l'impegno
deve essere quello della spiritualizzazione, consistente nel seguire gli
ideali, che si sono configurati storicamente nelle religioni e nelle morali.
Ciò può avvenire cercando di praticare la comprensione reciproca e ricercando
la fratellanza universale. Si tratta di un "cammino ascensionale",
frutto di libertà e volontà, attraverso le quali da un lato si struttura la
nostra personalità dall'altro la vita collettiva progredisce servendosi di tali
progressi. La legge delle unità collettive rappresenta un principio
evolutivo fondamentale, quello per cui tendiamo ad unioni sempre più ampie:
dalla coppia alla famiglia, dalle nazioni alle unioni di popoli, sino
all'unione di tutti gli esseri viventi del pianeta, pur mantenendo diversità e
multiformità. Per questo, la via è quella del superamento di ogni separazione:
la separazione da sé stessi, dagli altri, dal mondo. L'evoluzionismo di Ubaldi
è, per tutto ciò, ben diverso da quello di Darwin: guarda all'avvenire ed
intuisce oltre l'evoluzione organica già compiuta dall'essere umano. È più
ampio di quello di Teilhard de Chardin, in quanto concepisce anche un processo
involutivo - dallo spirito, attraverso l'energia, sino alla materia - che
motiva e sorregge la via di ritorno, evolutiva, come processo di unificazione,
che dalla presenza del divino nella materia, attraverso l'energia, ascende
verso la spiritualizzazione. È caratterizzato eticamente, come tensione
spirituale verso il superuomo che è presente in ognuno di noi, differentemente
dal superomismo di Nietzsche, sospinto dal desiderio di espandere solo le
potenzialità dell'io. La produzione della sua opera si basa sul metodo
intuitivo, attraverso il quale la coscienza, facendosi umile e ricettiva,
riesce a penetrare per vie interiori l'intima essenza dei fenomeni,
diversamente dal metodo obiettivo che se pur ha il vantaggio di giungere a
conclusioni più universali è nato senza ali, in quanto basato sulla distinzione
tra l'io e il non io, tra il soggetto e l'oggetto, tra la coscienza e il mondo
esteriore. I suoi scritti - seguendo le sue stesse dichiarazioni - sarebbero
passati da una forma ispirata, collegata ad una forma di contatto telepatico
con le noùri (correnti di pensiero), a livello "supercosciente", al
controllo razionale dell'ispirazione ("metodo dell'intuizione
razionalmente controllata"). Tale metodo avrebbe consentito di esaminare
sia la "materia" che lo "spirito" nella loro armonia,
unificando scienza e fede, considerate due aspetti della stessa verità. Elenco
degli scritti Ciclo italiano La grande sintesi I grandi messaggi
(nell'edizione brasiliana con una vita dell'autore). La grande sintesi Le nouri
("correnti di pensiero") L'ascesi mistica. Frammenti di pensiero e di
passione: La nuova civiltà del terzo millennio Problemi dell'avvenire (Il
problema psicologico, filosofico, scientifico). Ascensioni umane. Dio e
universo. Profezie (L'avvenire del mondo). Ciclo brasiliano Pietro Ubaldi
e Manuel Emydio Commentari (raccolta dei giudizi della stampa sui volumi
precedenti). Problemi attuali. Il sistema (Genesi e struttura dell'universo).
La grande battaglia. Evoluzione e Vangelo La legge di Dio La tecnica funzionale
della legge di Dio Caduta e salvezza Principi di una nuova etica. La discesa
degli ideali Un destino seguendo Cristo Come orientare la propria vita Cristo.
Volumi pubblicati in lingua italiana Storia di un uomo, Fratelli Bocca editori,
Milano 1942 Ascenzioni umane. Verso l'armonia con l'ordine cosmico, Edizioni
Mediterranee, Roma 1951 - Cristo e la sua legge, Edizioni Mediterranee, Roma
1970 La grande sintesi. Sintesi e soluzione dei problemi della scienza e dello
spirito, Edizioni Mediterranee, Roma 1980 Le noùri. Dal superumano al piano
concettuale umano, Edizioni Mediterranee, Roma 1982 La nuova civiltà del terzo
millennio. Verso la nuova era dello spirito, Edizioni Mediterranee, Roma 1988
Problemi dell'avvenire. La civiltà dello spirito, Edizioni Mediterranee, Roma
1990 L'ascesi mistica. Dal piano concettuale umano al superumano, Edizioni
Mediterranee, Roma 2000 Dio e Universo, Edizioni Mediterranee, Roma 2002 Storia
di un uomo, Edizioni del centro studi italiano di parapsicologia, Recco(Ge)
2006 Il Sistema, Edizioni del centro studi italiano di parapsicologia,
Recco(Ge) 2007 La legge di Dio, Edizioni del centro studi italiano di
parapsicologia, Recco(Ge) 2008 La tecnica funzionale della legge di Dio,
Edizioni del centro studi italiano di parapsicologia, Recco(Ge) 2009 La discesa
degli ideali, Om Edizioni, Città di Castello (Pg) 2010 "Un destino
seguendo Cristo",Om Edizioni, Città di Castello (Pg) 2012 "Evoluzione
e Vangelo", Centro Culturale Pietro Ubaldi, Foligno (Pg) 2016 Bibliografia
Giuseppe Arcidiacono, Pietro Ubaldi e la scienza moderna, in Atti dell'8º
Convegno sul pensiero di Pietro Ubaldi, Roma 2000,73-78. Antony Elenjimittan,
"La missione ecumenica di Pietro Ubaldi", in Atti dell'8º Convegno
sul pensiero di Pietro Ubaldi, Roma 2000, 35-40. Paola Giovetti, "I grandi
iniziati del nostro tempo", Rizzoli, Milano 1993. Franco Lanari (a cura
di), "Il pensiero di Pietro Ubaldi" - Relazioni tenute nei quattro
convegni dedicati a Pietro Ubaldi - Roma 1988-1989-1990, Ed. Mediterranee, Roma
1993. Franco Lanari (a cura di) "Pietro Ubaldi - Profeta del terzo
millennio" , Atti dell'8º Convegno sul pensiero di Pietro Ubaldi, Roma
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Convegno sul pensiero di Pietro Ubaldi, Roma 2000, 21-26. Ulderico Pasquale
Magni, "Scienza e mistica", in Atti dell'8º Convegno sul pensiero di
Pietro Ubaldi, Roma 2000, 69-72. Alfredo Marocchino, "Pietro Ubaldi
profeta della intesi tra Metafisica e Nuova Fisica", in Atti dell'8º
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scala di Giacobbe, Perugia 2010. Gaetano Mollo, Pietro Ubaldi biosofo
dell'evoluzione umana, Ed. Mediterranee, Roma 2006. Gaetano Mollo, "La
formazione dell'uomo evoluto nel pensiero di Pietro Ubaldi", in
"Pedagogia e Vita", n. 4, 2005, 23-36. Gaetano Mollo, "La
visione del mondo tra scienza e fede di Pietro Ubaldi", in Atti dell'8º
Convegno sul pensiero di Pietro Ubaldi, Roma 2000, 49-59. Gaetano Mollo,
"La visione dell'universo. La prospettiva di Pietro Ubaldi", in
"Rivista di teosofia", n° 2, febbraio 2001,15-17. Gaetano Mollo,
"Il rapporto tra scienza e fede. La prospettiva di Pietro Ubaldi", in
"Rivista di teosofia", n° 12, dicembre 2001,10-12. Lorenzo Ostuni,
Fisica e metafisica di Pietro Ubaldi in relazione all'uomo contemporaneo, in
Atti dell'8º Convegno sul pensiero di Pietro Ubaldi, Roma 2000, 35-40. Riccardo
Pieracci, Pietro Ubaldi e la Grande Sintesi, Ed. Mediterranee, Roma 1986.
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Eugubina, Gubbio 1973. Antonio Pieretti, "Pietro Ubaldi. La civiltà del
terzo millennio", Bollettino storico della città di Foligno, XIX, 1995,
469. Carlo Splendore, "La Legge Ciclica dell'evoluzione nel pensiero di
Pietro Ubaldi", in Atti dell'8º Convegno sul pensiero di Pietro Ubaldi,
Roma 2000,79-88. Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons
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ufficiale del Centro culturale "Pietro Ubaldi" di Foligno, su
pietroubaldi.com. URL consultato il 02-02-2010. Comitato del Comune di Foligno
per la divulgazione del pensiero di Pietro Ubaldi, presieduto da Gaetano Mollo,
su gaetanomollo.it. URL consultato il 02-02-2010. L'opera di Pietro Ubaldi, su
cesnur.org. URL consultato il 23-10-2010 (archiviato dall'url originale il 23
giugno 2011)., in Massimo Introvigne, PierLuigi Zoccatelli, Le religioni in
Italia (sezione "Spiritismo, parapsicologia, ricerca psichica"), sul
sito Cesnur.org (Center for Studies on New Religions) Controllo di autorità
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italiani del XX secoloTeologi italianiNati nel 1886Morti nel 1972Nati il 18
agostoMorti il 29 febbraioNati a FolignoFilosofi cattoliciItaliani emigrati in
BrasileStudenti della Sapienza - Università di Roma[altre]. Refs.: Luigi
Speranza, “Ubalid e Grice,” per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool
Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
Unicorno: essential Italian philosopher; unicorno (n.),
filosofo. Giuseppe Unicorno Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to
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secondo le convenzioni di Wikipedia. De
l'arithmetica universale, 1598 Giuseppe Unicorno (Bergamo, 1523 – 1610) è stato
un matematico, filosofo e astrologo italiano.
Fu anche musicologo e teologo.[1]
Opere Giuseppe Unicorno, De l'arithmetica universale, In Venetia,
Francesco senese De Franceschi, 1598. URL consultato il 14 giugno 2015. Note ^
Unicorno, Giuseppe Controllo di autoritàVIAF (EN) 5043282 · ISNI (EN) 0000 0000
6139 7700 · LCCN (EN) no2009030869 · BNF (FR) cb125394931 (data) · BAV (EN)
495/256112 · WorldCat Identities (EN) lccn-no2009030869 Astrologia Portale
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Portale Matematica Categorie: Matematici italiani del XVI secoloMatematici
italiani del XVII secoloFilosofi italiani del XVI secoloFilosofi italiani del
XVII secoloAstrologi italianiNati nel 1523Morti nel 1610Nati a BergamoMusicologi
italianiTeologi italiani[altre]
uncertainty: one of those negativisims by Grice – cfr.
‘non-certainty’ -- v. certum. It may be held that ‘uncertain’ is wrong. Grice
is certain that p. It is not the case that Grice is certain that p.
Umanesimo
rinascimentale -- humanism: Grice distinguishes between a human and a person –
so he is more of a personalist than a humanism. “But the distinction is
implicatural.” He was especially keen on Italian humanism. a set of presuppositions that assigns to
human beings a special position in the scheme of things. Not just a school of
thought or a collection of specific beliefs or doctrines, humanism is rather a
general perspective from which the world is viewed. That perspective received a
gradual yet persistent articulation during different historical periods and
continues to furnish a central leitmotif of Western civilization. It comes into
focus when it is compared with two competing positions. On the one hand, it can
be contrasted with the emphasis on the supernatural, transcendent domain, which
considers humanity to be radically dependent on divine order. On the other
hand, it resists the tendency to treat humanity scientifically as part of the
natural order, on a par with other living organisms. Occupying the middle
position, humanism discerns in human beings unique capacities and abilities, to
be cultivated and celebrated for their own sake. The word ‘humanism’ came into
general use only in the nineteenth century but was applied to intellectual and cultural
developments in previous eras. A teacher of classical languages and literatures
in Renaissance Italy was described as umanista (contrasted with legista,
teacher of law), and what we today call “the humanities,” in the fifteenth
century was called studia humanitatis, which stood for grammar, rhetoric,
history, literature, and moral philosophy. The inspiration for these studies
came from the rediscovery of ancient Greek and Latin texts; Plato’s complete
works were translated for the first time, and Aristotle’s philosophy was
studied in more accurate versions than those available during the Middle Ages.
The unashamedly humanistic flavor of classical writings had a tremendous impact
on Renaissance scholars. Here, one felt no weight of the supernatural pressing
on the human mind, demanding homage and allegiance. Humanity – with all its
distinct capacities, talents, worries, problems, possibilities – was the center
of interest. It has been said that medieval thinkers philosophized on their
knees, but, bolstered by the new studies, they dared to stand up and to rise to
full stature. Instead of devotional Church Latin, the medium of expression was
the people’s own language – Italian, French, German, English. Poetical, lyrical
self-expression gained momentum, affecting all areas of life. New paintings
showed great interest in human form. Even while depicting religious scenes,
Michelangelo celebrated the human body, investing it with instrinsic value and
dignity. The details of daily life – food, clothing, musical instruments – as
well as nature and landscape – domestic and exotic – were lovingly examined in
paintings and poetry. Imagination was stirred by stories brought home by the
discoverers of new lands and continents, enlarging the scope of human
possibilities as exhibited in the customs and the natural environments of
strange, remote peoples. The humanist mode of thinking deepened and widened its
tradition with the advent of eighteenth-century thinkers. They included French
philosophes like Voltaire, Diderot, and Rousseau, and other European and
American figures – Bentham, Hume, Lessing, Kant, Franklin, and Jefferson. Not
always agreeing with one another, these thinkers nevertheless formed a family
united in support of such values as freedom, equality, tolerance, secularism,
and cosmopolitanism. Although they championed untrammeled use of the mind, they
also wanted it to be applied in social and political reform, encouraging
individual creativity and exalting the active over the contemplative life. They
believed in the perfectibility of human nature, the moral sense and
responsibility, and the possibility of progress. The optimistic motif of
perfectibility endured in the thinking of nineteenth- and twentiethcentury
humanists, even though the accelerating pace of industrialization, the growth
of urban populations, and the rise in crime, nationalistic squabbles, and
ideological strife leading to largescale inhumane warfare often put in question
the efficacy of humanistic ideals. But even the depressing run of human
experience highlighted the appeal of those ideals, reinforcing the humanistic
faith in the values of endurance, nobility, intelligence, moderation,
flexibility, sympathy, and love. Humanists attribute crucial importance to
education, conceiving of it as an all-around development of personality and
individual talents, marrying science to poetry and culture to democracy. They
champion freedom of thought and opinion, the use of intelligence and pragmatic
research in science and technology, and social and political systems governed
by representative institutions. Believing that it is possible to live
confidently without metaphysical or religious certainty and that all opinions
are open to revision and correction, they see human flourishing as dependent on
open communication, discussion, criticism, and unforced consensus. Refs.: H. P.
Grice, “Italian humanism, Holofernes’s Mantuan, from Petrarca to Valla.”
unexpected
examination paradox, a paradox about
belief and prediction. One version is as follows: It seems that a teacher could
both make, and act on, the following announcement to his class: “Sometime
during the next week I will set you an examination, but at breakfast time on
the day it will occur, you will have no good reason to expect that it will
occur on that day.” If he announces this on Friday, could he not do what he
said he would by, say, setting the examination on the following Wednesday? The
paradox is that there is an argument purporting to show that there could not be
an unexpected examination of this kind. For let us suppose that the teacher
will carry out his threat, in both its parts; i.e., he will set an examination,
and it will be unexpected. Then he cannot set the examination on Friday
assuming this to be the last possible day of the week. For, by the time Friday
breakfast arrives, and we know that all the previous days have been
examination-free, we would have every reason to expect the examination to occur
on Friday. So leaving the examination until Friday is inconsistent with setting
an unexpected examination. For similar reasons, the examination cannot be held
on Thursday. Given our previous conclusion that it cannot be delayed until
Friday, we would know, when Thursday morning came, and the previous days had
been examination-free, that it would have to be held on Thursday. So if it were
held on Thursday it would not be unexpected. So it cannot be held on Thursday.
Similar reasoning sup938 U 938 posedly
shows that there is no day of the week on which it can be held, and so
supposedly shows that the supposition that the teacher can carry out his threat
must be rejected. This is paradoxical, for it seems plain that the teacher can
carry out his threat. Refs.: H. P. Grice, “Grice’s book of paradoxes, with
pictures and illustrations to confuse you.”
uniformity of
nature – Grice: “’uniformity’ has
nothing to do with ‘form’ here!” – Grice: “I once used the phrase in a tutorial
with Hardie: “What do you mean by ‘of’?’ he asked” -- a state of affairs thought to be required if
induction is to be justified. For example, inductively strong arguments, such
as ‘The sun has risen every day in the past; therefore, the sun will rise
tomorrow’, are thought to presuppose that nature is uniform in the sense that
the future will resemble the past, in this case with respect to the diurnal
cycle. The Scottish empiricist Hume was the first to make explicit that the
uniformity of nature is a substantial assumption in inductive reasoning. Hume
argued that, because the belief that the future will resemble the past cannot
be grounded in experience for the future
is as yet unobserved induction cannot be
rationally justified; appeal to it in defense of induction is either
question-begging or illicitly metaphysical. Francis Bacon’s “induction by
enumeration” and J. S. Mill’s “five methods of experimental inquiry” presuppose
that nature is uniform. Whewell appealed to the uniformity of nature in order
to account for the “consilience of inductions,” the tendency of a hypothesis to
explain data different from those it was originally introduced to explain. For
reasons similar to Hume’s, Popper holds that our belief in the uniformity of
nature is a matter of faith. Reichenbach held that although this belief cannot
be justified in advance of any instance of inductive reasoning, its
presupposition is vindicated by successful inductions. It has proved difficult
to formulate a philosophical statement of the uniformity of nature that is both
coherent and informative. It appears contradictory to say that nature is
uniform in all respects, because inductive inferences always mark differences
of some sort e.g., from present to future, from observed to unobserved, etc.,
and it seems trivial to say that nature is uniform in some respects, because
any two states of nature, no matter how different, will be similar in some
respect. Not all observed regularities in the world or in data are taken to
support successful inductive reasoning; not all uniformities are, to use
Goodman’s term, “projectible.” Philosophers of science have therefore proposed
various rules of projectibility, involving such notions as simplicity and
explanatory power, in an attempt to distinguish those observed patterns that
support successful inductions and thus are taken to represent genuine causal
relations from those that are accidental or spurious.
unity in
diversity, in aesthetics, the
principle that the parts of the aesthetic object must cohere or hang together
while at the same time being different enough to allow for the object to be
complex. This principle defines an important formal requirement used in judging
aesthetic objects. If an object has insufficient unity e.g., a collection of
color patches with no recognizable patterns of any sort, it is chaotic or lacks
harmony; it is more a collection than one object. But if it has insufficient
diversity e.g., a canvas consisting entirely of one color with no internal
differentiations, it is monotonous. Thus, the formal pattern desired in an
aesthetic object is that of complex parts that differ significantly from each other
but fit together to form one interdependent whole such that the character or
meaning of the whole would be changed by the change of any part.
universal
instantiation: Grice: “Slightly
confusing in that the universe is not a pluri-verse.” -- discussed by Grice in
his System G -- also called universal quantifier elimination. 1 The argument
form ‘Everything is f; therefore a is f’, and arguments of this form. 2 The
rule of inference that permits one to infer that any given thing is f from the
premise that everything is f. In classical logic, where all terms are taken to
denote things in the domain of discourse, the rule says simply that from vA[v]
one may infer A[t], the result of replacing all free occurrences of v in A[v]
by the term t. If non-denoting terms are allowed, however, as in free logic,
then the rule would require an auxiliary premise of the form Duu % t to ensure
that t denotes something in the range of the variable v. Likewise in modal
logic, which is sometimes held to contain terms that do not denote “genuine
individuals” the things over which variables range, an auxiliary premise may be
required. 3 In higher-order logic, the rule of inference that says that from
XA[X] one may infer A[F], where F is any expression of the grammatical category
e.g., n-ary predicate appropriate to that of X e.g., n-ary predicate variable.
universale: Grice: “Very Ciceronian – not found in Aristotle.” --
Like ‘qualia,’ which is the plural for ‘quale,’ ‘universalia’ is the plural for
‘universale.’ The totum for Grice on “all” -- This is a Gricism. It all started
with arbor porphyriana. It is supposed to translate Aristotle’s “to kath’olou”
(which happens to be one of the categories in Kant, “alleheit,” and which
Aristotle contrasts with “to kath’ekastou,” (which Kant has as a category,
SINGULARITAS. For a nominalist, any predicate is a ‘name,’ hence ‘nominalism.’
Opposite ‘realism.’ “Nominalism” is actually a misnomer. The opposite of
realism is anti-realism. We need something like ‘universalism,’ (he who believes
in the existence, not necessary ‘reality’ of a universal) and a
‘particularist,’ or ‘singularist,’ who does not. Note that the opposite of
‘particularism,’ is ‘totalism.’ (Totum et pars). Grice holds a set-theoretical
approach to the universalium. Grice is willing to provide always a
set-theoretical extensionalist (in terms of predicate) and an intensionalist
variant in terms of property and category. Grice explicitly uses ‘X’ for
utterance-type (WOW:118), implying a distinction with the utterance-token.
Grice gets engaged in a metabolical debate concerning the reductive
analysis of what an utterance-type means in terms of a claim to the effect
that, by uttering x, an utterance-token of utterance-type X, the utterer means
that p. The implicaturum is x (utterance-token). Grice is not enamoured
with the type/token or token/type distinction. His thoughts on logical
form are provocative. f you cannot put it in logical form, it is not worth
saying. Strawson infamously reacted with a smile. Oh, no: if you CAN put
it in logical form, it is not worth saying. Grice refers to the type-token
distinction when he uses x for token and X for type. Since Bennett cares to
call Grice a meaning-nominalist we should not care about the type X anyway. He
expands on this in Retrospective Epilogue. Grice should have payed more
attention to the distinction seeing that it was Ogdenian. A common mode of
estimating the amount of matter in a printed book is to count the number of
words. There will ordinarily be about twenty thes on a page, and, of course,
they count as twenty words. In another use of the word word, however, there is
but one word the in the English language; and it is impossible that this word
should lie visibly on a page, or be heard in any voice. Such a Form, Peirce, as
cited by Ogden and Richards, proposes to term a type. A single object such as
this or that word on a single line of a single page of a single copy of a book,
Peirce ventures to call a token. In order that a type may be used, it has to be
embodied in a token which shall be a sign of the type, and thereby of the
object the type signifies, and Grice followed suit. Refs.: Some of the sources
are given under ‘abstractum.’ Also under ‘grecianism,’ since Grice was keen on
exploring what Aristotle has to say about this in Categoriae, due to his joint
research with Austin, Code, Friedman, and Strawson. Grice also has a specific
Peirceian essay on the type-token distinction. BANC. Grice – “A Ciceronian
technicism, not found in Aristotle. -- (‘the altogether nice girl’) dictum de
omni et nullo, also dici de omni et nullo Latin, ‘said of all and none’, two
principles that were supposed by medieval logicians to underlie all valid
syllogisms. Dictum de omni applies most naturally to universal affirmative
propositions, maintaining that in such a proposition, whatever falls under the
subject term also falls under the predicate term. Thus, in ‘Every whale is a
mammal’, whatever is included under ‘whale’ is included under ‘mammal’. Dictum
de nullo applies to universal negative propositions, such as ‘No whale is a
lizard’, maintaining that whatever falls under the subject term does not fall
under the predicate term. SYLLOGISM.
W.E.M. Diderot, Denis 171384,
philosopher, Encyclopedist, dramatist, novelist, and art critic, a champion
of Enlightenment values. He is known primarily as general editor of the
Encyclopedia 174773, an analytical and interpretive compendium of
eighteenth-century science and technology. A friend of Rousseau and Condillac,
Diderot tr. Shaftesbury’s Inquiry Concerning Virtue 1745 into . Revealing
Lucretian affinities Philosophical Thoughts, 1746, he assailed Christianity in
The Skeptics’ Walk 1747 and argued for a materialistic and evolutionary
universe Letter on the Blind, 1749; this led to a short imprisonment. Diderot
wrote mediocre bourgeois comedies; some bleak fiction The Nun, 1760; and two
satirical dialogues, Rameau’s Nephew 1767 and Jacques the Fatalist 176584, his
masterpieces. He innovatively theorized on drama Discourse on Dramatic Poetry,
1758 and elevated art criticism to a literary genre Salons in Grimm’s Literary
Correspondence. At Catherine II’s invitation, Diderot visited Saint Petersburg
in 1773 and planned the creation of a Russian . Promoting science, especially
biology and chemistry, Diderot unfolded a philosophy of nature inclined toward
monism. His works include physiological investigations, Letter on the Deaf and
Dumb 1751 and Elements of Physiology 177480; a sensationalistic epistemology,
On the Interpretation of Nature 1745; an aesthetic, Essays on Painting 1765; a
materialistic philosophy of science, D’Alembert’s Dream 1769; an anthropology,
Supplement to the Voyage of Bougainville 1772; and an anti-behavioristic
Refutation of Helvétius’ Work “On Man” 177380.
universalisability: -- Grice: ‘Slightly confusing, in that the universe
is not a pluri-verse” -- discussed along three dimension by Grice:
applicational conceptual, and formal. -- 1 Since the 0s, the moral criterion
implicit in Kant’s first formulation of the categorical imperative: “Act only
on that maxim that you can at the same time will to be a universal law,” often
called the principle of universality. A maxim or principle of action that
satisfies this test is said to be universalizable, hence morally acceptable;
one that does not is said to be not universalizable, hence contrary to duty. 2
A second sense developed in connection with the work of Hare in the 0s. For
Hare, universalizability is “common to all judgments which carry descriptive
meaning”; so not only normative claims moral and evaluative judgments but also
empirical statements are universalizable. Although Hare describes how such
universalizuniversal universalizability 940
940 ability can figure in moral argument, for Hare “offenses against . .
. universalizability are logical, not moral.” Consequently, whereas for Kant
not all maxims are universalizable, on Hare’s view they all are, since they all
have descriptive meaning. 3 In a third sense, one that also appears in Hare,
‘universalizability’ refers to the principle of universalizability: “What is
right or wrong for one person is right or wrong for any similar person in
similar circumstances.” This principle is identical with what Sidgwick The
Methods of Ethics called the Principle of Justice. In Generalization in Ethics
1 by M. G. Singer b.6, it is called the Generalization Principle and is said to
be the formal principle presupposed in all moral reasoning and consequently the
explanation for the feature alleged to hold of all moral judgments, that of
being generalizable. A particular judgment of the form ‘A is right in doing x’
is said to imply that anyone relevantly similar to A would be right in doing
any act of the kind x in relevantly similar circumstances. The characteristic
of generalizability, of presupposing a general rule, was said to be true of
normative claims, but not of all empirical or descriptive statements. The
Generalization Principle GP was said to be involved in the Generalization
Argument GA: “If the consequences of everyone’s doing x would be undesirable,
while the consequences of no one’s doing x would not be, then no one ought to
do x without a justifying reason,” a form of moral reasoning resembling, though
not identical with, the categorical imperative CI. One alleged resemblance is
that if the GP is involved in the GP, then it is involved in the CI, and this
would help explain the moral relevance of Kant’s universalizability test. 4 A
further extension of the term ‘universalizability’ appears in Alan Gewirth’s
Reason and Morality 8. Gewirth formulates “the logical principle of
universalizability”: “if some predicate P belongs to some subject S because S
has the property Q . . . then P must also belong to all other subjects S1, S2,
. . . , Sn that have Q.” The principle of universalizability “in its moral
application” is then deduced from the logical principle of universalizability,
and is presupposed in Gewirth’s Principle of Generic Consistency, “Act in
accord with the generic rights of your recipients as well as yourself,” which
is taken to provide an a priori determinate way of determining relevant
similarities and differences, hence of applying the principle of
universalizability. The principle of universalizability is a formal principle;
universalizability in sense 1, however, is intended to be a substantive
principle of morality.
universalisierung: Grice: “Ironically, the Dutch so careful with
their lingo, this is vague, in that the universe is not a pluriverse.” -- While
Grice uses ‘universal,’ he means like Russell, the unnecessary implication of
‘every.’ Oddly, Kant does not relate this –ung with the first of his three
categories under ‘quantitas,’ the universal. But surely they are related.
Problem is that Kant wasn’t aware because he kept moving from the Graeco-Roman
classical vocabulary to the Hun. Thus, Kant has “Allheit,” which he renders in
Latinate as “Universitas,” and “Totalität,” gehört in der Kategorienlehre des
Philosophen Immanuel Kant zu den reinen Verstandesbegriffen, d. h. zu den
Elementen des Verstandes, welche dem Menschen bereits a priori, also unabhängig
von der sinnlichen Erfahrung gegeben sind. “Allheit” wird wie Einheit und
Vielheit den Kategorien der “Quantität” zugeordnet und entspricht den Einzelnen
Urteilen (Urteil hier im Sinn von 'Aussage über die Wirklichkeit') in der Form
„Ein S ist P“, also z. B. „Immanuel Kant ist ein Philosoph“. Sie wird von Kant
definiert als „die Vielheit als Einheit betrachtet“ (KrV, B 497 f.)[3]. Siehe
auch Transzendentale Analytik Weblinks. Allheit – Bedeutungserklärungen, Wortherkunft,
Synonyme, Übersetzungen Einzelnachweise
Immanuel Kant: Kritik der reinen Vernunft. Reclam, Stuttgart 1966, ISBN
3-15-006461-9. Peter Kunzmann,
Franz-Peter Burkard, Franz Wiedmann: dtv-Atlas zur Philosophie. dtv, München
1991, ISBN 3-423-03229-4, S. 136 ff.
Zitiert nach Arnim Regenbogen, Uwe Meyer (Hrsg.): Wörterbuch der
Philosophischen Begriffe. Meiner, Hamburg 2005, ISBN 3-7873-1738-4: Allheit
Kategorie: Ontologie. Referred to by Grice in his “Method,” – “A requisite for
a maxim to enter my manual, which I call the Immanuel, is that it should be
universalizable. Die Untersuchung zur »Universalisierung in der Ethik« greift
eine Problematik auf, die für eine Reihe der prominentesten Ethikentwürfe der
Gegenwart sowohl des deutschsprachigen wie des angelsächsischen Raumes zentral
ist, nämlich ob der normative Rationalitätsanspruch, den ethische
Argumentationen erheben, auf eine dem wissenschaftlichen Anspruch der
deskriptiven Gesetzeswissenschaften vergleichbare Weise eingelöst werden kann,
nämlich durch Verallgemeinerungs- oder Universalisierungsprinzipien. universalizability Ethics The idea that moral
judgments should be universalizable can be traced to the Golden Rule and Kant’s
ethics. In the twentieth century it was elaborated by Hare and became a major
thesis of his prescriptivism. The principle states that all moral judgments are
universalizable in the sense that if it is right for a particular person A to
do an action X, then it must likewise be right to do X for any person exactly
like A, or like A in the relevant respects. Furthermore, if A is right in doing
X in this situation, then it must be right for A to do X in other relevantly
similar situations. Hare takes this feature to be an essential feature of moral
judgments. An ethical statement is the issuance of a universal prescription.
Universalizability is not the same as generality, for a moral judgment can be
highly specific and detailed and need not be general or simple. The
universalizability principle enables Hare to avoid the charge of irrationality
that is usually lodged against non-cognitivism, to which his prescriptivism
belongs, and his theory is thus a great improvement on emotivism. “I have been
maintaining that the meaning of the word ‘ought’ and other moral words is such
that a person who uses them commits himself thereby to a universal rule. This
is the thesis of universalizability.” Hare, Freedom and Reason.
universe of
discourse: Grice: “The phrase is
confusing, seeing the uni-verse, is not a pluri-verse.” Tthe usually limited
class of individuals under discussion, whose existence is presupposed by the
discussants, and which in some sense constitutes the ultimate subject matter of
the discussion. Once the universe of a discourse has been established,
expressions such as ‘every object’ and ‘some object’ refer respectively to
every object or to some object in the universe of discourse. The concept of
universe of discourse is due to De Morgan in 1846, but the expression was
coined by Boole eight years later. When a discussion is formalized in an
interpreted standard first-order language, the universe of discourse is taken
as the “universe” of the interpretation, i.e., as the range of values of the
variables. Quine and others have emphasized that the universe of discourse
represents an ontological commitment of the discussants. In a discussion in a
particular science, the universe of discourse is often wider than the domain of
the science, although economies of expression can be achieved by limiting the
universe of discourse to the domain.
unstructured:
Typically, Grice is more interested in the negatives: the unstructured is prior
to the structured, surely. Grice: “Paget was able to structure compositionality
with his hands!” -- one of those negativisms of Grice (cfr. ‘non-structured’).
Surely Grice cared a hoot for French anthropological structuralism! So he has
the ‘unstructured’ followed by the structured. A handwave is unstructured,
meaning syntactically unstructured, and in it you have all the enigma of reason
resolved. By waving his hand, U means that SUBJECT: the emissor, copula IS,
predicate: A KNOWER OF THE ROUTE, or ABOUT TO LEAVE the emissor.There is a lot
of structure in the soul of the emissor. So apply this to what Grice calls a
‘soul-to-soul transfer’ to which he rightly reduces communication. Even if it
is n unstructured communication device, and maybe a ‘one-off’ one, to use
Blackburn’s vulgarism, we would have the three types of correspondence of
Grice’s Semantic Triangle obtaining. First, the psychophysical. The emissor
knows the route, and he shows it. And he wants the emissee to ‘catch’ or get
the emissor’s drift. It is THAT route which he knows. So the TWO psychophysical
correspondences obtain. Then there are the two psychosemiotic correspondences.
The emissor intends that the emissor will recognise the handwave as a signal
that he, the emissor, knows the route. As for the emissee’s psychosemiotic
correspondence: he better realise it is THAT route – to Banbury, surely, with
bells in his shoes, as Grice’s mother would sing to him. And then we have the
two semio-physical correspondences. If the emissor DOES know the route (and he
is not lying, or rather, he is not mistaken about it), then that’s okay. Many
people say or signal that they know because they feel ashamed to admit their
ignorance. So it is very expectable, outside Oxford, to have someone waving
meaning that he knows the route, when he doesn’t. This is surely non-natural,
because it’s Kiparsky-non-factive. Waving the hand thereby communicating that
he knows the route does not entail that he knows the route (as ‘spots’ do
entail measles). From the emissee’s point of view, provided the emissor knows
the route and shows it, the emissee will understand, hopefully, and feel
assured that the emissor will hopefully reach the destination, Banbury, surely,
safely enough.
uptake:
used by Grice slightly different from Austin. Austin: “The performance of an
illocutionary act involves the securing of uptake.” “I distinguish some senses
of consequences and effects, especially three senses in which effects can come
in even with illocutionary acts, viz. securing uptake, taking effect, and
inviting a response.” “Comparing
stating to what we have said about the illocu- tionary act, it is an act
to which, just as much as to other illocutionary acts, it is essential to
‘secure uptake’ : the doubt about whether I stated something if it was
not heard or understood is just the same as the doubt about whether
I warned sotto voce or protested if someone did not take it as a protest,
&c. And statements do ‘take effect’ just as much as ‘namings’, say:
if I have stated something, then that commits me to other
statements: other statements made by me will be in order or out of
order.” Refs.: H. P. Grice, “Verstehen and uptake.”
urmson’s
bribe: Urmson’s use of the bribe is
‘accidental.’ What Urmson is getting at is that if the briber intends the bribe
acts as a cause to effect a response, even a cognitive one, in the bribe, the
propositional complexum, “This is a bribe,” should not necessarily be
communicated. It is amazing how Grice changed the example into one about
physical action. They seem different. On the other hand, Grice would not have
cared to credit Urmson had it not believed it worth knowing that the criticism
arose within the Play Group (Grice admired Urmson). In his earlier “Meaning,”
Grice presents his own self-criticisms to arrive at a more refined analysis.
But in “Utterer’s meaning and intention,” when it comes to the SUFFICIENCY,
it’s all about other people: notably Urmson and Strawson. Grice cites Stampe
before Strawson, but many ignore Stampe on the basis that Strawson does not
credit him, and there is no reason why he should have been aware of it. But
Stampe was at Oxford at the time so this is worth noting. It has to be
emphasised that the author list is under ‘sufficiency.’ Under necessity, Grice
does not credit the source of the objections, so we can assume it is Grice
himself, as he had presented criticisms to his own view within the same
‘Meaning.’ It is curious that Grice loved Stampe. Grice CHANGED Urmon’s
example, and was unable to provide a specific scenario to Strawson’s alleged
counterexample, because Strawson is vague himself. But Stampe’s, Grice left
unchanged. It seems few Oxonian philosohpers of Grice’s playgroup had his
analytic acumen. Consider his sophisticated account of ‘meaning.’ It’s
different if you are a graduate student from the New World, and you have to
prove yourself intelligent. But for Grice’s playgroup companion, only three or
four joined in the analysis. The first is Urmson. The second is Strawson. The
case by Urmson involved a tutee offering to buy Gardiner an expensive dinner,
hoping that Gardiner will give him permission for an over-night visit to
London. Gardiner knows that his tutee wants his permission. The
appropriate analysans for "By offering to buy Gardiner an expensive
dinner, the tuttee means that Gardiner should give him permission for an
overnight stay in London" are fulfilled: (1) The tutee offers to buy Gardiner
an expensive dinner with the intention of producing a certain response on the
part of Gardiner (2) The tutee intends that Gardiner should recognize (know,
think) that the tutee is offering to buy him an expensive dinner with the
intention of producing this response; (3) The tutee intends that Gardiners
recognition (thought) that the tutee has the intention mentioned in (2) should
be at least part of Gardiners reason for producing the response mentioned. If
in general to specify in (i) the nature of an intended response is to specify
what was meant, it should be correct not only to say that by offering to buy
Gardiner an expensive dinner, the tutee means that Gardiner is to give him
permission for an overnight stay in London, but also to say that he meas that
Gardiner should (is to) give him permission for an over-night visit to London.
But in fact one would not wish to say either of these things; only that the
tutee meant Gardiner to give him permission. A restriction seems to be
required, and one which might serve to eliminate this range of counterexamples
can be identified from a comparison of two scenarios. Grice goes into a
tobacconists shop, ask for a packet of my favorite cigarettes, and when the
unusually suspicious tobacconist shows that he wants to see the color of my
money before he hands over the goods, I put down the price of the cigarettes on
the counter. Here nothing has been meant. Alternatively, Grice goes to his
regular tobacconist (from whom I also purchase other goods) for a packet of my
regular brand of Players Navy Cuts, the price of which is distinctive, say 43p.
Grice says nothing, but puts down 43p. The tobacconist recognizes my need, and
hands over the packet. Here, I think, by putting down 43p I meant
something-Namesly, that I wanted a packet of Players Navy Cuts. I have at the
same time provided an inducement. The distinguishing feature of the second
example seems to be that here the tobacconist recognized, and was intended to
recognize, what he was intended to do from my "utterance" (my putting
down the money), whereas in the first example this was not the case. Nor is it
the case with respect to Urmson’s case of the tutees attempt to bribe Gardiner.
So one might propose that the analysis of meaning be amended accordingly. U
means something by uttering x is true if: (i) U intends, by uttering x, to
induce a certain response in A (2) U intends A to recognize, at least in part
from the utterance of x, that U intends to produce that response (3) U intends
the fulfillment of the intention mentioned in (2) to be at least in part As
reason for fulfilling the intention mentioned in (i). This copes with Urmsons
counterexample to Grices proposal in the Oxford Philosophical Society talk
involving the tutee attempting to bribe Gardiner. Urmson’s super-erogation:
‘super-erogatum --. 1520s, "performance of more
than duty requires," in Catholic theology, from Late Latin
supererogationem (nominative supererogatio) "a payment in addition,"
noun of action from past participle stem of supererogare "pay or do additionally,"
from Latin super "above, over" (see super-) + erogare "pay
out," from ex "out" (see ex-) + rogare "ask, request,"
apparently a figurative use of a PIE verb meaning literally "to stretch
out (the hand)," from root *reg- "move in a straight line."
Grice got interested in this thanks to J. O. Urmson who discussed his ‘saints
and heroes’ with the Saturday morning kindergarten held by Austin -- the
property of going beyond the call of duty. Supererogatory actions are sometimes
equated with actions that are morally good in the sense that they are
encouraged by morality but not required by it. Sometimes they are equated with
morally commendable actions, i.e., actions that indicate a superior moral
character. It is quite common for morally good actions to be morally
commendable and vice versa, so that it is not surprising that these two kinds
of supererogatory actions are not clearly distinguished even though they are
quite distinct. Certain kinds of actions are not normally considered to be
morally required, e.g., giving to charity, though morality certainly encourages
doing them. However, if one is wealthy and gives only a small amount to
charity, then, although one’s act is supererogatory in the sense of being
morally good, it is not supererogatory in the sense of being morally
commendable, for it does not indicate a superior moral character. Certain kinds
of actions are normally morally required, e.g., keeping one’s promises.
However, when the harm or risk of harm of keeping one’s promise is sufficiently
great compared to the harm caused by breaking the promise to excuse breaking
the promise, then keeping one’s promise counts as a supererogatory act in the
sense of being morally commendable. Some versions of consequentialism claim
that everyone is always morally required to act so as to bring about the best
consequences. On such a theory there are no actions that are morally encouraged
but not required; thus, for those holding such theories, if there are
supererogatory acts, they must be morally commendable. Many versions of
non-consequentialism also fail to provide for acts that are morally encouraged
but not morally required; thus, if they allow for supererogatory acts, they
must regard them as morally required acts done at such significant personal
cost that one might be excused for not doing them. The view that all actions
are either morally required, morally prohibited, or morally indifferent makes
it impossible to secure a place for supererogatory acts in the sense of morally
good acts. This view that there are no acts that are morally encouraged but not
morally required may be the result of misleading terminology. Both Kant and
Mill distinguish between duties of perfect obligation and duties of imperfect
obligation, acknowledging that a duty of imperfect obligation does not specify
any particular act that one is morally required to do. However, since they use
the term ‘duty’ it is very easy to view all acts falling under these “duties”
as being morally required. One way of avoiding the view that all morally
encouraged acts are morally required is to avoid the common philosophical
misuse of the term ‘duty’. One can replace ‘duties of perfect obligation’ with
‘actions required by moral rules’ and ‘duties of imperfect obligation’ with
‘actions encouraged by moral ideals’. However, a theory that includes the kinds
of acts that are supererogatory in the sense of being morally good has to
distinguish between that sense of ‘supererogatory’ and the sense meaning
‘morally commendable’, i.e., indicating a superior moral character in the
agent. For as pointed out above, not all morally good acts are morally
commendable, nor are all morally commendable acts morally good, even though a
particular act may be supererogatory in both senses. urmsonianism. Urmson is possibly more English than Grice, in
that ‘gris’ is Nordic – but Urmson, with such a suffix, -son, HAS to be English
English! Plus, he is a charmer! Who other than Urmson would come up with a
counter-example to the sufficiency of Grice’s analysis of an act of communication.
In a case of bribery, the response or effect in the emittee is NOT meant to be
recognised. So we need a further restriction unless we want to say that the
briber means that his emittee recognise the ‘gift’ as a meta-bribe. Refs.:
Urmson, “Introduction” to Austin’s Philosophical Papers, cited by Grice.
Urmson, Introduction to Austin’s How to do things with words, cited by Grice.
Urmson on Grice, “The Independent.” Urmson on pragmatics. Refs.: H. P.
Grice, “Urmson’s supererogation,” H. P. Grice, “Urmson no saint, hero perhaps
–.” H. P. Grice, “Urmson, my hero.”
use-mention
distinction: Grice: “I once used
Jevons’s coinage in a tutorial with Hardie; he said, ‘What do you mean by
‘of’?’” -- Grice: “Strictly, if you mention, you are using!” -- discussed by
Grice in “Retrospective epilogue” – the only use of a vehicle of communication
is to communicate. two ways in which terms enter into discourse used when they refer to or assert something,
mentioned when they are exhibited for consideration of their properties as
terms. If I say, “Mary is sad,” I use the name ‘Mary’ to refer to Mary so that
I can predicate of her the property of being sad. But if I say, “ ‘Mary’
contains four letters,” I am mentioning Mary’s name, exhibiting it in writing
or speech to predicate of that term the property of being spelled with four
letters. In the first case, the sentence occurs in what Carnap refers to as the
material mode; in the second, it occurs in the formal mode, and hence in a
metalanguage a language used to talk about another language. Single quotation
marks or similar orthographic devices are conventionally used to disambiguate
mentioned from used terms. The distinction is important because there are
fallacies of reasoning based on usemention confusions in the failure to observe
the use mention distinction, especially when the referents of terms are
themselves linguistic entities. Consider the inference: 1 Some sentences are
written in English. 2 Some sentences are written in English. Here it looks as
though the argument offers a counterexample to the claim that all arguments of
the form ‘P, therefore P’ are circular. But either 1 asserts that some
sentences are written in English, or it provides evidence in support of the
conclusion in 2 by exhibiting a sentence written in English. In the first case,
the sentence is used to assert the same truth in the premise as expressed in
the conclusion, so that the argument remains circular. In the second case, the
sentence is mentioned, and although the argument so interpreted is not
circular, it is no longer strictly of the form ‘P, therefore P’, but has the
significantly different form, ‘ “P” is a sentence written in English, therefore
P’.
usus: ad usum
griceianum -- use: Grice: “I would rephrase Vitter’s adage, ‘Don’t ask for the
expression meaning, as for the UTTERER’s meaning, if you have to axe at all!”
-- while Grice uses ‘use,’ as Ryle once told him, ‘you should use ‘usage, too.’
Parkinson was nearby. When Warnock commissioned Parkinson to compile a couple
of Oxonian essays on meaning and communication, Parkinson unearthed the old
symposium by Ryle and Findlay on the matter. Typically, when Ryle reprinted it,
he left Findlay out!
v: Winspeare’s V – Grice: “Before browsing the v, one
should always look for the “V” in Davide Winspeare’s genial ‘dizionario
filosofico.’ The poor man move from Yorkshire to the heart of the Graeco-Roman
history, and his linguistic botanising supersedes Austin’s anytime, who never
left the plains!” --.
vacca: Essential Italian philosopher. Grice: “My favourite
of his books is “L’ala del silenzo” – great title, from Alighieri – about
litotes and understatement --.” Giuseppe Vacca
(storico) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search
Niente fonti! Questa voce o sezione sull'argomento politici italiani non cita
le fonti necessarie o quelle presenti sono insufficienti. Puoi migliorare
questa voce aggiungendo citazioni da fonti attendibili secondo le linee guida
sull'uso delle fonti. Giuseppe Vacca Giuseppe Vacca 1939.jpg Deputato della
Repubblica Italiana LegislatureIX, X Gruppo parlamentarePCI CollegioBari Sito
istituzionale Dati generali Partito politicoPartito Comunista Italiano, Partito
Democratico della Sinistra, Partito Democratico Titolo di studiolaurea in giurisprudenza
e filosofia del diritto Professione docente universitario Giuseppe Vacca (Bari,
27 gennaio 1939) è un politico, filosofo e storico italiano. Biografia Si
laureò in filosofia del diritto nel 1961 discutendo una tesi sulla filosofia
politica e giuridica di Benedetto Croce. Fin dagli anni giovanili ha sempre
svolto una intensa attività di organizzatore di cultura, culminata con
l'impegno dedicato alla casa editrice De Donato tra i primi anni ’70 e il 1983.
Membro del comitato centrale del Partito Comunista Italiano dal 1972 al 1991, è
poi stato nella direzione del Partito Democratico della Sinistra. Libero
docente in Storia delle dottrine politiche nel 1966, nel 1975 vinse la cattedra
di tale disciplina presso l'Università di Bari. Dal 1978 al 1983 è stato
nel consiglio di amministrazione della RAI. Deputato per il PCI nella IX e X
Legislatura nella circoscrizione elettorale Bari-Foggia. In occasione delle
elezioni comunali del 1999, si è candidato a sindaco con il sostegno della
coalizione di centro-sinistra, ma è stato sconfitto da Simeone Di Cagno
Abbrescia. Ha ricoperto incarichi di partito in Puglia e a livello
nazionale. Ha rivolto poi i suoi studi alla storia del marxismo
contemporaneo. Dal gennaio 1988 al 1999 ha diretto la Fondazione Istituto
Gramsci di Roma, diventandone poi Presidente fino al 2016. Membro del Cda
dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana dal 2000 al 2017, presiede la
Commissione scientifica dell’Edizione nazionale degli scritti di Antonio
Gramsci. Gli scritti di Giuseppe Vacca sono tradotti nelle principali lingue
europee; la sua vasta attività di conferenziere, le opere e il suo pensiero
sono ampiamente note all'estero. Professore di Storia delle dottrine
politiche nell’Università di Bari (1968-1997), si è occupato in particolare
dell'idealismo novecentesco e dell'hegelismo italiano nella seconda metà del
XIX secolo, con particolare riferimento alla genesi del marxismo in
Italia. Opere Politica e filosofia in Bertrando Spaventa, Bari, Laterza,
1967. Lukàcs o Korsch?, Bari, De Donato, 1969. Marxismo e analisi sociale,
Bari, De Donato, 1969. Scienza, Stato e critica di classe. Galvano Della Volpe
e il marxismo, Bari, De Donato, 1970. Politica e teoria nel marxismo italiano,
1959-1969. Antologia critica, Bari, De Donato, 1972. PCI, Mezzogiorno e
intellettuali. Dalle alleanze all'organizzazione, a cura di, Bari, De Donato,
1973. Saggio su Togliatti e la tradizione comunista, Bari, De Donato, 1974.
Osservatorio meridionale. Temi di politica culturale tra gli anni '60 e '70,
Bari, De Donato, 1977. Quale democrazia. Problemi della democrazia di
transizione, Bari, De Donato, 1977. Criticità e trasformazione. Korsch teorico
e politico, 1923-1938, Bari, Dedalo, 1978. Gli intellettuali di sinistra e la
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e democrazia, a cura di, Roma, Editori Riuniti, 1980. L'informazione negli anni
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intellettuali. Dalla crisi di fine secolo ai Quaderni del carcere, Roma,
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politica del PCI negli anni '70, Roma, Editori Riuniti, 1987. ISBN
88-359-3096-0. Gorbačëv e la sinistra europea, Roma, Editori Riuniti, 1989.
ISBN 88-359-3308-0. Tra Italia e Europa. Politiche e cultura dell'alternativa,
Milano, Angeli, 1990. ISBN 88-204-6679-1. Gramsci e Togliatti, Roma, Editori
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intervista Giuseppe Vacca, Bari, Delphos, 1991. Togliatti sconosciuto, Roma,
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Rhi-Sausi, Bologna, Il mulino, 2007. ISBN 978-88-15-11907-0. Studi gramsciani
nel mondo. Gli studi culturali, a cura di e con Paolo Capuzzo e Giancarlo
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978-88-12-00058-6. Studi gramsciani nel mondo. Gramsci in America Latina, a
cura di e con Dora Kanoussi e Giancarlo Schirru, Bologna, Il mulino, 2011. ISBN
978-88-15-13801-9. Vita e pensieri di Antonio Gramsci. 1926-1937, Collana
Storia, Torino, Einaudi, 2012, ISBN 978-88-06-21000-7. - Collana ET Storia,
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cattolica nella ricostruzione della Repubblica, Roma, Salerno, 2013. ISBN
978-88-8402-831-0. Il fascismo in tempo reale. Studi e ricerche di Angelo Tasca
sulla genesi e l'evoluzione del regime fascista 1926-1938, a cura di e con
David Bidussa, Milano, Feltrinelli, 2014, ISBN 978-88-07-99069-4. Togliatti e
Gramsci. Raffronti, Pisa, Edizioni della Normale, 2014. ISBN 978-88-7642-507-3.
Modernità alternative. Il Novecento di Antonio Gramsci, Torino, Einaudi, 2017.
P. Togliatti, La politica nel pensiero e nell'azione, Scritti e discorsi
1917-1964, a cura di G. Vacca con M. Ciliberto, Bompiani, Milano 2014 Quel che
resta di Marx, Salerno Editore, Roma, 2016 L'Italia contesa. Comunisti e
democristiani nel lungo dopoguerra (1943-1978), Marsilio, Venezia 2018
Collegamenti esterni Giuseppe Vacca, su storia.camera.it, Camera dei deputati.
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0001 1821 8540 · SBN IT\ICCU\CFIV\066909 · LCCN (EN) n50046501 · GND (DE)
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Categorie: Politici italiani del XX secoloPolitici italiani del XXI
secoloFilosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloStorici
italiani del XX secoloStorici italiani del XXI secoloNati nel 1939Nati il 27
gennaioNati a BariPolitici del Partito Comunista ItalianoPolitici del Partito
Democratico della SinistraDeputati della IX legislatura della Repubblica
ItalianaDeputati della X legislatura della Repubblica Italiana[altre]
vaccarino: essential Italian philosopher. Grice: “I appreciate
his metaphor of the ‘chemistry of the mind,’ la ‘chimica del pensiero,’ – and
the idea that philosophers commit only ONE mistake (“l’errore dei filosofi”)!”.
Giuseppe
Vaccarino Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search
Niente fonti! Questa voce o sezione sugli argomenti linguisti italiani e
filosofi italiani non cita le fonti necessarie o quelle presenti sono
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attendibili secondo le linee guida sull'uso delle fonti. Giuseppe Vaccarino
(Pace del Mela, 2 marzo 1919 – 28 maggio 2016) è stato un filosofo e accademico
italiano. Indice 1Biografia 2Opere 3 Note 4Voci correlate 5Collegamenti esterni Biografia
Giuseppe Vaccarino è nato a Pace del Mela (Messina) il 2 marzo 1919, figlio
primogenito di Antonino Vaccarino (1887-1956), titolare di un importante
saponificio, e di Caterina Tracuzzi (1891-1993). Laureato in Chimica
industriale con il massimo dei voti presso l'Università degli Studi di Milano,
ebbe successivamente l'abilitazione alla professione di chimico. Nel 1947
insieme con Vittorio Somenzi fondò e diresse la rivista Sigma (1947-48),
pubblicata a Roma. Nel 1949 insieme con Silvio Ceccato e Vittorio Somenzi fondò
la rivista Methodos, trimestrale di metodologia e di logica simbolica,
pubblicazione che termina nel 1967. Fino al 1950 si occupò prevalentemente di
logica ed epistemologia. Ha pubblicato una serie di articoli sulla rivista
Archimede su invito di Ludovico Geymonat. Nel 1955 fu abilitato alla libera
docenza in Filosofia della scienza, ma assorbito dai suoi studi e da altre
attività non si dedicò all'insegnamento fino al 1970. In quell'anno ebbe
l'incarico di tenere il corso di Storia della filosofia antica presso
l'Università degli Studi di Messina. Nel 1972 ricevette anche quello di
Filosofia della scienza, che mantenne fino al 1990, anno in cui andò in
pensione. Nel 1982 fu nominato professore associato di Filosofia della scienza,
ma non ottenne mai la cattedra di ordinario. [1] Ha partecipato a vari
congressi. In quello di Amsterdam del 1948 ebbe l'occasione di conoscere Joseph
Maria Bochenski e incaricarlo di dirigere la sezione di logica simbolica della
rivista Methodos. A quello di Parigi del 1949 partecipò insieme con Silvio
Ceccato, Vittorio Somenzi e Ferruccio Rossi-Landi con i quali era in stretti
rapporti di amicizia. Nel 1987 ha contribuito alla fondazione della rivista
Methodologia nata per iniziativa della Società di Cultura Metodologica
Operativa di Milano, presieduta da Felice Accame. Da giovane Vaccarino fu molto
vicino alle vedute filosofiche dei neo-positivisti, ma in seguito si capì che
per dare soluzione ai problemi posti dalla tradizionale filosofia bisognava
anzitutto effettuare un'indagine sul metodo scientifico onde spiegare perché è
l'unico considerabile come valido. Negli anni 1947- 1949 sviluppò in
questo senso sulla rivista Sigma una teoria che chiamò della "meta
conoscenza", in quanto ricondotta a una disciplina avente per oggetto la
conoscenza. Successivamente si convinse che per procedere in modo
effettivamente scientifico bisogna eliminare ogni apriorismo effettuando
un'analisi sistematica dei significati di tutte le parole di cui ci avvaliamo e
riconducendoli alle operazioni mentali e non mentali da cui sono costituiti.
Sotto questo profilo i suoi interessi si incontrarono con quelli di Silvio
Ceccato e della Scuola Operativa Italiana. Ma Vaccarino mantenne una posizione
autonoma, ritenendo che la ricerca di base deve puntare su una semantica e non
su una ricerca di tipo cibernetico, come invece sosteneva Ceccato.
Vaccarino però accettava e condivideva il concetto che bisogna occuparsi del
modo come operiamo a livello mentale per descrivere i significati. Perciò
respingeva vedute allora in auge, come quelle della filosofia analitica, che
riconducendo i significati semplicemente all'uso che se ne fa parlando, li
lasciava in analizzati assumendoli implicitamente come prius, in quanto tali,
dogmatici. A partire dal 1960 Vaccarino si dedicò assiduamente a queste
ricerche, pervenendo alla elaborazione di un metodo generale di analisi dei
significati. Le sue ricerche condussero, tra l'altro, all'introduzione di una
formulistica idonea alla definizione delle operazioni mentali, prospettando una
sorta di Chimica della Mente. La vastità e la complessità delle sue indagini lo
hanno costretto a procedere a molti ripensamenti e revisioni. Nel 1977
pubblicò il volume La chimica della mente. In cui esponeva i principali
risultati a cui era pervenuto. Nello stesso anno vinse il premio L'Inedito con
il racconto Lo sporco, pubblicato da Marsilio. Nel 1981 prospettò ampliamenti e
modifiche delle sue teorie nel libro Analisi dei Significati, pubblicato a Roma
da Armando Armando. Nel 1989 pubblicò presso la CULP di Milano il volume
Scienza e Semantica Costruttivista, dedicato a una critica di correnti vedute
professate da filosofi della scienza. I suoi interessi si rivolsero anche
alla codificazione di una logica contenutistica in grado di fissare i criteri
di compatibilità e incompatibilità tra i significati in riferimento alle loro
operazioni costitutive. In tal modo la logica diviene una filiazione della
semantica. La summa dei suoi lavori di semantica è stata pubblicata a Rimini
nel novembre 2007 nel trattato Dalle operazioni mentali alla semantica. Nella
prefazione al volume Introduzione alla semantica edito da Falzea a Reggio
Calabria, nel 2006 Antonino Laganà, ordinario di Filosofia presso l'Università
di Messina, lo considera l'ultimo dei grandi illuministi. Opere L'errore
dei filosofi, D'Anna, Messina, 1974 La chimica della mente, Carbone Editore,
Messina, 1977 Analisi dei significati, Armando, Roma 1981 Scienza e semantica
costruttivista, Clup Cooperativa Libraria Universitaria del Politecnico,
Milano, 1988 Introduzione alla semantica, Falzea Editore, Reggio Calabria, 2006
Scienza e semantica, Edizioni Melquiades, Milano, 2006 Prolegomeni: dalle
operazioni mentali alla semantica, Ciddo edizioni, Rimini, 2007 "Lo
sporco. Il pulito, duepunti edizioni, 2010 Note ^ la Repubblica Voci correlate
Semantica Filosofia della scienza Collegamenti esterni Centro Internazionale Di
Didattica Operativa onlus, su ciddo.it. URL consultato il 6 marzo 2010
(archiviato dall'url originale il 3 febbraio 2011). Methodologia on-line, su
methodologia.it. Biografie Portale Biografie Linguistica Portale Linguistica
Categorie: Filosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI
secoloAccademici italiani del XX secoloAccademici italiani del XXI secoloNati
nel 1919Morti nel 2016Nati il 2 marzoMorti il 28 maggioNati a Pace del
MelaFondatori di riviste italianeProfessori dell'Università degli Studi di
MessinaStudenti dell'Università degli Studi di MilanoDirettori di periodici
italianiFilosofi della scienza[altre]
vaccaro: Essential Italian philosopher. Grice: “My favourite
of his books is ‘eteropie,’ a pun on homotopos.” Salvo
Vaccaro Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search
Abbozzo Questa voce sugli argomenti insegnanti italiani e filosofi italiani è
solo un abbozzo. Contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni di
Wikipedia. Salvo Vaccaro all'anagrafe Salvatore (Palermo, 28 aprile 1959) è un
docente e filosofo italiano. Indice 1 Biografia 2Opere 3Note 4Collegamenti
esterni Biografia Laureato nel 1983 all'Università degli Studi di Palermo, dal
1992 ha iniziato l'attività di docenza presso lo stesso ateneo prima come
professore a contratto, poi come ricercatore e dal 2006 come professore
associato. Attualmente è titolare del corso di Filosofia politica e supplente
di Scienza politica nella Facoltà di Scienze della formazione dell'ateneo
palermitano. Dal 2009 è pro-rettore dell'Università di Palermo per la
“politiche di solidarietà sociale e di cooperazione per lo sviluppo”;[1]
inoltre è condirettore della collana “Eterotopie” dell'editore Mimesis di
Milano,[2] membro fondatore della “Società Italiana di Filosofia Politica” e
del ”Centro interdisciplinare in Biopolitica, Bioeconomia e Processi di
Soggettivazione” (BBPS) dell'Università degli Studi di Salerno; dal 2001 al
2004 è stato vicepresidente dell'ONG palermitana CISS (Cooperazione
Internazionale Sud-Sud). I suoi ambiti di ricerca si orientano sulla
teoria critica (soprattutto Adorno e Benjamin della Scuola di Francoforte) e
sulla decostruzione post-strutturalista francese (principalmente Foucault e
Deleuze) dai quali ricava strumenti di analisi da mettere alla prova nel campo
della globalizzazione, della governance e dei diritti umani. Opere Decostruzione
di una realtà macchinica, in Il camaleonte e l'iscrizione, Palermo, Ila Palma,
1982. Il capitalismo regolato statualmente, curatela con Franco Riccio e Aldo
Caruso, Milano, Franco Angeli, 1984. Oltre la pace. Saggi di critica al
complesso politico militare, curatela con Fabio Magno, Milano, Franco Angeli,
1987. Adorno e Foucault: congiunzione disgiuntiva, curatela con Franco Riccio,
Palermo, ILA Palma, 1990. Il Pensiero anarchico, con Filippo Pani, Verona,
Edizioni Demetra, 1997. OCLC 636210827. Il secolo deleuziano, (a cura di),
Milano, Mimesis Edizioni, 1997. ISBN 88-87231-02-8. Il pianeta unico, (a cura
di), Milano, Elèuthera, 1999. ISBN 88-85060-34-X. Anarchismo e modernità, Pisa,
BFS edizioni, 2000. ISBN 88-8638-994-9. CruciVerba. Lessico per i libertari del
XXI secolo, Milano, Zero in condotta, 2001. Globalizzazione e diritti umani,
Milano, Mimesis Edizioni, 2004. ISBN 88-8483-202-0. Biopolitica e disciplina,
Milano, Mimesis Edizioni, 2005. ISBN 978-88-8483-385-3. Lo sguardo di Foucault,
curatela con Michele Cometa, Roma, Meltemi Editore, 2007. ISBN
978-88-8353-5727. Governance e democrazia, curatela con Antonio Palumbo,
Milano, Mimesis Edizioni, 2009. ISBN 978-88-8483-906-0. Note ^ Vaccaro Prof.
Salvatore delegato alle politiche di solidarietà sociale e di cooperazione per
lo sviluppo, su Università degli Studi di Palermo. URL consultato il 18 luglio
2020 (archiviato dall'url originale il 16 luglio 2012). «D.R. n. 119/10.01.2009
(Prot. 1160)». ^ Mimesis Edizioni: collane. Archiviato il 15 aprile 2012 in
Internet Archive. URL consultato il 28/4/2012. Collegamenti esterni Università
di Palermo: scheda docente., su scienzeformazione.unipa.it. URL consultato il
29 aprile 2012 (archiviato dall'url originale il 9 luglio 2009). Biblioteca
nazionale di Firenze: catalogo autore., su opac.bncf.firenze.sbn.it. Portale
Foucault: scheda autore., su portail-michel-foucault.org. Controllo di
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Filosofia Categorie: Insegnanti italiani del XX secoloInsegnanti italiani del
XXI secoloFilosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloNati
nel 1959Nati il 28 aprileNati a PalermoProfessori dell'Università degli Studi
di Palermo[altre]
vagum: oddly,
A. C. Ewing has a very early thing on ‘vagueness.’ Grice liked Ewing. There is
an essay on “Clarity” which relates. Cf. Price, “Clarity is not enough” Which
implicates it IS a necessity, though. Cf. “Clarity – who cares?” Some days,
Grice did not feel ‘Grecian,’ and would use very vernacular expressions. He
thought that what Cicero calls ‘vagum’ is best rendered in Oxfordshire dialect
as ‘fuzzy.’ It is not clear which of Grice’s maxim controls this. The opposite
of ‘vague’ is ‘specific.’ Grice was more concerned about this in the earlier
lectures where he has under the desideratum of conversational candour and the
principle of conversational benevolence, and the desideratum of conversational
clarity that one should be explicit, and make one’s point explicit. But under
the submaxims of the conversational category of modus (‘be perspicuous [sic]),
none seem to prohibit ‘vagueness’ as such: Avoid
obscurity of expression.Avoid ambiguity.Be brief (avoid unnecessary prolixity).Be orderly The one he later calls a
‘tailoring principle’ ‘frame your contribution in way that facilitates a
reply’, the ‘vagueness’ avoidance seems implicit. Cf. fuzzy. The indeterminacy of the field of application of an
expression, in contrast to precision. For instance, the expression “young man”
is vague since the point at which its appropriate application to a person
begins and ends cannot be precisely defined. Vagueness should be distinguished
from ambiguity, by which a term has
more than one meaning. The vagueness of an expression is due to a semantic
feature of the term itself, rather than to the subjective condition of its
user. Vagueness gives rise to borderline cases, and propositions with vague
terms lack a definite truth-value. For this reason, Frege rejected the
possibility of vague concepts, although they are tolerated in recent work in
vague or fuzzy logic. Various paradoxes arise due to the vagueness of words,
including the ancient sorites paradox. It is because of its intrinsic vagueness
that some philosophers seek to replace ordinary language with an ideal
language. But ordinary language philosophers hold that this proposal creates a
false promise of eliminating vagueness. Wittgenstein’s notion of family
resemblance in part is a model of meaning that tolerates vagueness. As a
property of expressions, vagueness extends to all sorts of cognitive
representations. Some philosophers hold that there can be vagueness in things
as well as in the representation of things. “A representation is vague when the
relation of the representing system to the represented system is not one–one,
but one–many.” Russell, Collected Papers of Bertrand Russell, vol. IX.
Refs.: H. P. Grice, “Fuzzy impicatures, and how to unfuzz them;” H. P. Grice,
“The conversational maxim of vagueness avoidance.” Oddly, Grice does not have a
conversational, ‘be precise,’; but he did. In his earlier desideratum of
conversational clarity, the point was to make your point precise – rather than
fuzzy -- vagueness, a property of an expression in virtue of which it can give
rise to a “borderline case.” A borderline case is a situation in which the
application of a particular expression to a name of a particular object does
not generate an expression with a definite truth-value; i.e., the piece of
language in question neither unequivocally applies to the object nor fails to
apply. Although such a formulation leaves it open what the pieces of language
might be whole sentences, individual words, names or singular terms, predicates
or general terms, most discussions have focused on vague general terms and have
considered other types of terms to be nonvague. Exceptions to this have called
attention to the possibility of vague objects, thereby rendering vague the
designation relation for singular terms. The formulation also leaves open the
possible causes for the expression’s lacking a definite truth-value. If this indeterminacy
is due to there being insufficient information available to determine
applicability or non-applicability of the term i.e., we are convinced the term
either does or does not apply, but we just do not have enough information to
determine which, then this is sometimes called epistemic vagueness. It is
somewhat misleading to call this vagueness, for unlike true vagueness, this
epistemic vagueness disappears if more information is brought into the
situation. ‘There are between 1.89 $ 106 and 1.9 $ 106 stars in the sky’ is
epistemically vague but is not vague in the generally accepted sense of the
term. ’Vagueness’ may also be used to characterize non-linguistic items such as
concepts, memories, and objects, as well as such semilinguistic items as statements
and propositions. Many of the issues involved in discussing the topic of
vagueness impinge upon other philosophical topics, such as the existence of
truth-value gaps declarative sentences
that are neither true nor false and the
plausibility of many-valued logic. There are other related issues such as the
nature of propositions and whether they must be either true or false. We focus
here on linguistic vagueness, as it manifests itself with general terms; for it
is this sort of indeterminacy that defines what most researchers call
vagueness, and which has led the push in some schools of thought to “eliminate
vagueness” or to construct languages that do not manifest vagueness. Linguistic
vagueness is sometimes confused with other linguistic phenomena: generality,
ambiguity, and open texture. Statements can be general ‘Some wheelbarrows are
red’, ‘All insects have antennae’ and if there is no other vagueness infecting
them, they are true or false and not
borderline or vague. Terms can be general ‘person’, ‘dog’ without being vague.
Those general terms apply to many different objects but are not therefore
vague; and furthermore, the fact that they apply to different kinds of objects
‘person’ applies to both men and women also does not show them to be vague or
ambiguous. A vague term admits of borderline cases a completely determinate situation in which
there just is no correct answer as to whether the term applies to a certain
object or not and this is not the case
with generality. Ambiguous linguistic items, including structurally ambiguous
sentences, also do not have this feature unless they also contain vague terms.
Rather, an ambiguous sentence allows there to be a completely determinate
situation in which one can simultaneously correctly affirm the sentence and
also deny the sentence, depending on which of the claims allowed by the
ambiguities is being affirmed or denied. Terms are considered open-textured if
they are precise along some dimensions of their meaning but where other
possible dimensions simply have not been considered. It would therefore not be
clear what the applicability of the term would be were objects to vary along
these other dimensions. Although related to vagueness, open texture is a
different notion. Friedrich Waismann, who coined the term, put it this way:
“Open texture . . . is something like the possibility of vagueness.” Vagueness
has long been an irritant to philosophers of logic and language. Among the
oldest of the puzzles associated with vagueness is the sorites ‘heap’ paradox
reported by Cicero Academica 93: One grain of sand does not make a heap, and
adding a grain of sand to something that is not a heap will not create a heap;
there945 V 945 fore there are no heaps.
This type of paradox is traditionally attributed to Zeno of Elea, who said that
a single millet seed makes no sound when it falls, so a basket of millet seeds
cannot make a sound when it is dumped. The term ‘sorites’ is also applied to
the entire series of paradoxes that have this form, such as the falakros ‘bald
man’, Diogenes Laertius, Grammatica II, 1, 45: A man with no hairs is bald, and
adding one hair to a bald man results in a bald man; therefore all men are
bald. The original version of these sorites paradoxes is attributed to
Eubulides Diogenes Laertius II, 108: “Isn’t it true that two are few? and also
three, and also four, and so on until ten? But since two are few, ten are also
few.” The linchpin in all these paradoxes is the analysis of vagueness in terms
of some underlying continuum along which an imperceptible or unimportant change
occurs. Almost all modern accounts of the logic of vagueness have assumed this
to be the correct analysis of vagueness, and have geared their logics to deal
with such vagueness. But we will see below that there are other kinds of
vagueness too. The search for a solution to the sorites-type paradoxes has been
the stimulus for much research into alternative semantics. Some philosophers,
e.g. Frege, view vagueness as a pervasive defect of natural language and urge
the adoption of an artificial language in which each predicate is completely
precise, without borderline cases. Russell too thought vagueness thoroughly
infected natural language, but thought it unavoidable and indeed beneficial for ordinary usage and discourse. Despite the
occasional argument that vagueness is pragmatic rather than a semantic
phenomenon, the attitude that vagueness is inextricably bound to natural
language together with the philosophical logician’s self-ascribed task of
formalizing natural language semantics has led modern writers to the
exploration of alternative logics that might adequately characterize
vagueness i.e., that would account for
our pretheoretic beliefs concerning truth, falsity, necessary truth, validity,
etc., of sentences containing vague predicates. Some recent writers have also
argued that vague language undermines realism, and that it shows our concepts
to be “incoherent.” Long ago it was seen that the attempt to introduce a third
truth-value, indeterminate, solved nothing
replacing, as it were, the sharp cutoff between a predicate’s applying
and not applying with two sharp cutoffs. Similar remarks could be made against
the adoption of any finitely manyvalued logic as a characterization of
vagueness. In the late 0s and early 0s, fuzzy logic was introduced into the
philosophic world. Actually a restatement of the Tarski-Lukasiewicz
infinitevalued logics of the 0s, one of the side benefits of fuzzy logics was
claimed to be an adequate logic for vagueness. In contrast to classical logic,
in which there are two truth-values true and false, in fuzzy logic a sentence
is allowed to take any real number between 0 and 1 as a truthvalue.
Intuitively, the closer to 1 the value is, the “more true” the sentence is. The
value of a negated sentence is 1 minus the value of the unnegated sentence;
conjuction is viewed as a minimum function and disjunction as a maximum
function. Thus, a conjunction takes the value of the “least true” conjunct,
while a disjunction takes the value of the “most true” disjunct. Since vague
sentences are maximally neither true nor false, they will be valued at
approximately 0.5. It follows that if F is maximally vague, so is the negation
-F; and so are the conjunction F & -F and the disjunction ~F 7 -F. Some
theorists object to these results, but defenders of fuzzy logic have argued in
favor of them. Other theorists have attempted to capture the elusive logic of
vagueness by employing modal logic, having the operators AF meaning ‘F is
definite’ and B F meaning ‘F is vague’. The logic generated in this way is
peculiar in that A F & YPAF & AY is not a theorem. E.g., p & -p is
definitely false, hence definite; hence A p & -p. Yet neither p nor -p need
be definite. Technically, it is a non-Kripke-normal modal logic. Some other
peculiarities are that AF Q A -F is a theorem, and that AFPBF is not. There are
also puzzles about whether B FP ABF should be a theorem, and about iterated
modalities in general. Modal logic treatments of vagueness have not attracted
many advocates, except as a portion of a general epistemic logic i.e., modal
logics might be seen as an account of so-called epistemic vagueness. A third
direction that has been advocated as a logical account of vagueness has been
the method of supervaluations sometimes called “supertruth”. The underlying
idea here is to allow the vague predicate in a sentence to be “precisified” in
an arbitrary manner. Thus, for the sentence ‘Friar Tuck is bald’, we
arbitrarily choose a precise number of hairs on the head that will demarcate
the bald/not-bald border. In this valuation Friar Tuck is either definitely
bald or definitely not bald, and the sentence either is true or is false. Next,
we alter the valuation so that there is some other bald/not-bald
bordervagueness vagueness 946 946 line,
etc. A sentence true in all such valuations is deemed “really true” or
“supertrue”; one false in all such valuations is “really false” or
“superfalse.” All others are vague. Note that, in this conception of vagueness,
if F is vague, so is -F. However, unlike fuzzy logic ‘F & -F’ is not
evaluated as vague it is false in every
valuation and hence is superfalse. And ‘F 7 -F’ is supertrue. These are seen by
some as positive features of the method of supervaluations, and as an argument
against the whole fuzzy logic enterprise. In fact there seem to be at least two
distinct types of linguistic vagueness, and it is not at all clear that any of
the previously mentioned logic approaches can deal with both. Without going
into the details, we can just point out that the “sorites vagueness” discussed
above presumes an ordering on a continuous underlying scale; and it is the
indistinguishability of adjacent points on this scale that gives rise to
borderline cases. But there are examples of vague terms for which there is no
such scale. A classic example is ‘religion’: there are a number of factors
relevant to determining whether a social practice is a religion. Having none of
these properties guarantees failing to be a religion, and having all of them
guarantees being one. However, there is no continuum of the sorites variety
here; for example, it is easy to distinguish possessing four from possessing
five of the properties, unlike the sorites case where such a change is
imperceptible. In the present type of vagueness, although we can tell these
different cases apart, we just do not know whether to call the practice a
religion or not. Furthermore, some of the properties or combinations of
properties are more important or salient in determining whether the practice is
a religion than are other properties or combinations. We might call this family
resemblance vagueness: there are a number of clearly distinguishable conditions
of varying degrees of importance, and family resemblance vagueness is
attributed to there being no definite answer to the question, How many of which
conditions are necessary for the term to apply? Other examples of family
resemblance vagueness are ‘schizophrenia sufferer’, ‘sexual perversion’, and
the venerable ‘game’. A special subclass of family resemblance vagueness occurs
when there are pairs of underlying properties that normally co-occur, but
occasionally apply to different objects. Consider, e.g., ‘tributary’. When two
rivers meet, one is usually considered a tributary of the other. Among the
properties relevant to being a tributary rather than the main river are:
relative volume of water and relative length. Normally, the shorter of the two
rivers has a lesser volume, and in that case it is the tributary of the other.
But occasionally the two properties do not co-occur and then there is a
conflict, giving rise to a kind of vagueness we might call conflict vagueness.
The term ‘tributary’ is vague because its background conditions admit of such
conflicts: there are borderline cases when these two properties apply to
different objects. To conclude: the fundamental philosophical problems
involving vagueness are 1 to give an adequate characterization of what the
phenomenon is, and 2 to characterize our ability to reason with these terms.
These were the problems for the ancient philosophers, and they remain the
problems for modern philosophers. Refs.: H. P. Grice, “The conversational maxim
for vagueness avoidance.”
vaihinger: Grice once gave a seminar on Vaihinger – “but
thinking it would not attract that many, I titled it ‘As if.’” – H. P. Grice. philosopher
best known for Die Philosophie des Als Ob; tr. by C. K. Ogden as The Philosophy
of “As If” in 4. A neo-Kantian, he was also influenced by Schopenhauer and
Nietzsche. His commentary on Kant’s Critique of Pure Reason 2 vols., 1 is still
a standard work. Vaihinger was a cofounder of both the Kant Society and
Kant-Studien. The “philosophy of the as if” involves the claim that values and
ideals amount only to “fictions” that serve “life” even if they are irrational.
We must act “as if” they were true because they have biological utility.
vailati: Essential Italian philosopher. an
important figure in the history of formal semantics, influenced by Peano, who
in turn influenced Whitehead and Russell, and thus Grice. Giovanni
Vailati (n. Crema, 2) è stato un filosofo. Vailati si laureò a Torino. Qui
insegnò, dopo aver lavorato come assistente di Giuseppe Peano e Vito Volterra.
Egli lasciò il suo posto universitario nel 1899 e così poté proseguire i suoi
studi in modo indipendente, e si guadagnò da vivere insegnando matematica nelle
scuole superiori. Durante la sua vita fu conosciuto a livello internazionale, i
suoi scritti sono stati tradotti in inglese, francese, e polacco, sebbene fu in
gran parte dimenticato dopo la sua morte a Roma. Non pubblicò nessun libro
completo, ma lasciò circa 200 saggi e recensioni che toccano un'ampia gamma di
discipline. L'opinione di Vailati nei confronti della filosofia era che essa
fornisse una preparazione e gli strumenti per il lavoro scientifico. Per questa
ragione, e perché la filosofia dovrebbe essere neutrale fra opposte
convinzioni, concezioni, strutture teoriche, ecc., il filosofo dovrebbe evitare
l'uso di un linguaggio tecnico specialistico, ma dovrebbe usare il linguaggio
che la filosofia adotta in quelle aree in cui è interessata. Ciò non vuol dire
che il filosofo debba soltanto accettare qualunque cosa egli trovi; un termine
del linguaggio ordinario potrebbe essere problematico, ma le sue carenze
dovrebbero essere corrette piuttosto che sostituite con qualche nuovo termine
tecnico. Il suo pensiero sulla verità e sul significato fu influenzato da
filosofi come Peirce e Mach. Egli con cautela distinse fra significato e
verità: "La questione di determinare che cosa vogliamo dire quando
enunciamo una data proposizione, non solo è una questione affatto distinta da
quella di decidere se essa sia vera o falsa (Scritti, p. 187). Tuttavia, dopo
aver deciso cosa si vuole dire, l'azione di decidere se ciò è vero o falso è cruciale.
Vailati ebbe un pensiero positivista moderato, sia nella scienza che nella
filosofia: "La tattica adottata dai pragmatisti in questa loro
guerra contro l'abuso delle astrazioni e delle unificazioni consiste, come è
noto, nel proporre che, anche nelle questioni filosofiche, come si fa sempre in
quelle scientifiche, si esiga, da chiunque avanzi una tesi, che egli sia in
grado di indicare quali siano i fatti che, nel caso che essa fosse vera,
dovrebbero, secondo lui, succedere (o esser successi), e in che cosa essi
differiscano dagli altri fatti che, secondo lui, dovrebbero succedere (o essere
successi) nel caso che la tesi non fosse vera." (Scritti, p. 166) Le
influenze e i contatti di Vailati furono molti e vari, e spesso fu etichettato
come "l'italiano pragmatista". Egli deve molto a Peirce e William
James (fu uno dei primi a distinguere i loro pensieri), ma egli subì anche
l'influenza di Platone e George Berkeley (che egli vide come precursori
importanti del pragmatismo), Gottfried Leibniz, Victoria Welby-Gregory, George
Edward Moore, Bertrand Russell, Giuseppe Peano e Franz Brentano. Vailati
corrispose con molti dei suoi contemporanei. La prima parte della sua
opera comprende scritti sulla Logica matematica; in essi focalizza l'attenzione
sul suo ruolo in filosofia e distinguendo fra logica, psicologia ed
epistemologia; la dottrina recente pone Vailati e il suo allievo Mario
Calderoni nella categoria storiografica del «pragmatismo analitico»
italiano[1]. Storia della Scienza I principali interessi storici di
Vailati riguardarono la meccanica, la logica e la geometria; egli diede un
importante contributo in molti campi, compreso lo studio della meccanica
post-aristotelica greca, dei predecessori di Galileo, della nozione di
definizione e del suo ruolo nell'opera di Platone e Euclide, delle influenze
matematiche sulla logica e sull'epistemologia, e sulla geometria non-euclidea
di Gerolamo Saccheri. Vailati fu particolarmente interessato ai modi in cui
quelli che potrebbero essere visti come gli stessi problemi sono inquadrati e
trattati in periodi differenti. Il suo lavoro di storico della scienza fu
strettamente connesso con quello filosofico: per le due attività, infatti,
utilizzò gli stessi pensieri e metodologie di fondo. Vailati vedeva lo studio storico
e lo studio filosofico come differenti nell'approccio ma non nell'argomento;
credeva, inoltre, che dovesse esserci cooperazione fra filosofi e scienziati
nell'approfondimento degli studi storici. Egli riteneva anche che una storia
completa richiedesse che si tenesse in conto anche il background sociale
pertinente. Il superamento delle teorie scientifiche, grazie a nuovi risultati,
non comporta la loro distruzione, perché la loro importanza aumenta proprio per
il fatto di essere superate: "Ogni errore ci indica uno scoglio da evitare
mentre non ogni scoperta ci indica una via da seguire." (Scritti, p.
4). La posizione di Giovanni Vailati sulla storia della scienza ricalca
quella di una serrata critica al positivismo, in un contesto teorico dove il
pragmatismo ammette nuovi strumenti di comprensione e anche di valutazione
della scienza, come mostrano anche le vicende di Mario Calderoni (Ivan Pozzoni,
Il pragmatismo analitico italiano di Mario Calderoni, Roma, IF Press, 2009,
p.19 e sg. ISBN 978-88-95565-18-7) e del matematico Giuseppe Peano, il quale
vanta certe affinità con il pensiero filosofico del periodo (Guglielmo
Rinzivillo, Giovanni Vailati, Storia e metodologia delle scienze in Una
epistemologia senza storia, Roma, Nuova Cultura, 2013, p. 65 e sg. e Giuseppe
Peano, Giovanni Vailati. Contributi invisibili in Una epistemologia senza
storia, Op. cit., p. 165 e sg. ISBN 978-88-6812-222-5). Note ^ Ivan
Pozzoni, Il pragmatismo analitico italiano di Giovanni Vailati, Villasanta,
Liminamentis Editore, 2015. Bibliografia Ivor Grattan-Guinness (2000): The
Search for Mathematical Roots 1870–1940. Princeton University Press Ferruccio
Rossi-Landi (1967): "Giovanni Vailati", in Paul Edwards editor The
Encyclopedia of Philosophy, Collier Macmillan Giuseppe Peano (1909): In
Memoriam di Giovanni Vailati, Boll. di matematica 8 pp. 206–7 Ivan Pozzoni (a
cura di), Cent'anni di Giovanni Vailati, Liminamentis Editore, Villasanta, 2009
Mauro De Zan, La formazione di Giovanni Vailati, Congedo Editore, Galatina
(Lecce) 2009 Logic and Pragmatism. Selected Essays by Giovanni Vailati edited
by C. Arrighi, P. Cantù, M. De Zan and P. Suppes, CSLI, Stanford, California,
2010. Gabriella Sava, La psicologia tra Vailati e Brentano, in "Il
Veltro", Roma, a. LIV, n. 1-2, gennaio-aprile 2010, pp. 41–59. Giuseppe
Giordano, Giovanni Vailati filosofo della scienza, Firenze, Le Lettere, 2014,
ISBN 978-88-6087-832-8. Ivan Pozzoni, Il pragmatismo analitico italiano di
Giovanni Vailati, Liminamentis Editore, Villasanta, 2015 Lucia Ronchetti (a cura
di), L'archivio Giovanni Vailati (PDF), in Quaderni di Acme, 34, Bologna,
Cisalpino, 1998, ISBN 8832345722. URL consultato il 3 giugno 2020. Giovanni
Vailati Scritti filosofici, 1972 Altri progetti Collabora a Wikisource
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esterni Giovanni Vailati, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Giovanni Vailati, in
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Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche. Modifica su Wikidata
(EN) Giovanni Vailati, su MacTutor, University of St Andrews, Scotland.
Modifica su Wikidata Opere di Giovanni Vailati, su Liber Liber. Modifica su
Wikidata Opere di Giovanni Vailati, su openMLOL, Horizons Unlimited srl.
Modifica su Wikidata (EN) Opere di Giovanni Vailati, su Open Library, Internet
Archive. Modifica su Wikidata Centro Studi Giovanni Vailati, su
giovanni-vailati.net. URL consultato il 28 aprile 2006 (archiviato dall'url
originale il 24 aprile 2006). Fondo archivistico e librario di Giovanni Vailati
conservato presso la Biblioteca di Filosofia Università degli Studi di Milano
Massimo Mugnai, Vailati, Giovanni, in Il contributo italiano alla storia del
Pensiero: Filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2012. Controllo di
autorità VIAF (EN) 7468169 · ISNI (EN) 0000 0001 2119 4295 · SBN
IT\ICCU\CFIV\039741 · LCCN (EN) n81056688 · GND (DE) 119331594 · BNF (FR)
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lccn-n81056688 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia
Matematica Portale Matematica Categorie: Filosofi italiani del XIX
secoloMatematici italiani del XIX secoloStorici italiani del XIX secoloNati nel
1863Morti nel 1909Nati il 24 aprileMorti il 14 maggioNati a CremaMorti a
RomaStorici della scienza italiani[altre]Refs.: Luigi Speranza,
"Grice e Vailati: la semantica filosofica," The Swimming-Pool
Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
valent: “Some like
Vitters, but Valent’s my man.” – Grice. Grice: “Valent wrote the only legible
introduction to Vitters’s thought!” – Essential Italian philosopher. Italo
Valent (Treviso, 1944 – Brescia, 2003) è stato un filosofo, storico della
filosofia e accademico italiano. Italo Valent Indice
1Biografia 2Pensiero 3Opere 4Note 5Voci correlate 6Altri progetti Biografia
Italo Valent, a lungo ricercatore di filosofia teoretica e poi professore
ordinario di filosofia morale, ha insegnato Storia della filosofia moderna,
Antropologia filosofica ed Ermeneutica filosofica presso il Dipartimento di
Filosofia e Teoria delle scienze dell'Università Ca' Foscari Venezia di cui è
stato Direttore dal 2001 fino alla morte. In precedenza ha insegnato Storia
della filosofia morale all'Università degli Studi di Catania. Allievo di
Emanuele Severino, si è occupato di ontologia, logica dialettica, linguaggio,
storia e interpretazione delle grandi categorie della filosofia occidentale.
Dai primi studi sull'empirismo-scetticismo moderno (David Hume), sul pensiero
italiano del Novecento e sull'analisi del linguaggio (Ludwig Wittgenstein), è
giunto ad indagare attorno alla teoria della negazione e del divenire in chiave
dialettica (Hegel). Sulla base di tali premesse, che orientavano verso una
rilettura dei canoni e dei presupposti del rapporto ragione-follia, si è
impegnato a ridisegnare, insieme con un gruppo di psichiatri e psicologi del
Centro Psicosociale di Orzinuovi cresciuti nel solco dell'esperienza critica
inaugurata da Franco Basaglia, un modello della psiche adeguato alla
comprensione e alla cura della malattia mentale, dando vita a quello che è
stato definito l'approccio dialettico-relazionale in psichiatria. Ha
collaborato con il gruppo teatrale "Scena Sintetica" nella messa in
scena di testi filosoficamente rilevanti (Parmenide, Eraclito, Hermann
Melville, Emanuele Severino, Umberto Galimberti). Presso l'editore
Moretti&Vitali, a cura di Andrea Tagliapietra, è in corso di stampa
l'edizione delle sue opere in 6 volumi[1]. Alcuni suoi lavori sono stati
pubblicati e recensiti in Francia, Austria, Germania e Stati Uniti.
Pensiero L'opera filosofica di Italo Valent muove da un'originale
riformulazione di alcune questioni legate alla filosofia di Emanuele Severino,
alla tradizione neoidealistica italiana (Giovanni Gentile) ma anche
neoscolastica (Gustavo Bontadini), e dipendenti dalla riconsiderazione
speculativa del concetto del negativo. Descrivendo la sua formazione in poche
parole Valent, si definiva «cresciuto a una scuola filosofica di ispirazione
ontologica, screziata da un netto disegno dialettico e pungolata dallo scrupolo
fenomenologico». Analizzando le implicazioni concettuali e pratiche della
negazione così com'è stata pensata in uno dei punti più alti e rilevanti della
tradizione dialettica, ovvero nelle pagine della Scienza della logica di Hegel,
Valent critica l'idea intellettualistica della negazione intesa come
esclusione, proponendo al contrario una negazione come inclusione e una
filosofia animata dal principio di ospitalità. Il "no" della
negazione, lungi dal dar vita a una realtà separata, è ciò che innerva il reale
nella sua essenza metamorfica e vitale, nella sua splendida apertura alla
novità, alla trasformazione e al cambiamento di cui il filosofo è appassionato
investigatore[2]. A questo scopo e in evidente autonomia rispetto all'impianto
destinale della filosofia della necessità di Severino, Valent esplora la
categoria modale della possibilità, cercando di mettere in discussione sia
l'opposizione frontale tra realtà e irrealtà, sia la priorità assoluta della
positività del reale nonostante la negatività dell'irreale. L'esserci e non
l'essere è, per Valent, che legge Hegel con Wittgenstein, la determinatezza
semantica e sintattica, il plesso grammaticale e vitale che ricongiunge
l'esperienza intesa come luogo dell'emergere della differenza e dell'incalzare
degli eventi con la teoria della razionalità quale analisi del permanere e
della necessità. Ecco che di contro all'ontologia fondamentale di Severino si
fa largo l'idea di una microntologia intesa non come una “ontologia del
piccolo”, bensì, piuttosto, «nel senso che non c'è nessun evento che non si
disponga per virtù propria in una peculiarità di significato, nel vigore
elementare e insieme metamorfico di un “qui”. Ma microntologia anche come
ontologia del remoto, dell'avverso-diverso, dell'improbabile, dell'anonimo, del
folle: di tutto ciò che insieme si ritiene minore nella capacità di realtà»[3].
Con la proposta di una microntologia Valent intendeva sottolineare l'autonomia
e la resistenza del diamante della dialettica come principio di determinazione
semantica fondato sulla relazione-negazione inclusiva e situato nella
prospettiva strategica propria dell'esserci, rispetto al rischio delle ricadute
nella “mistica dell'essere” e di quella totalità assoluta che, in quanto tale,
appare separata e isolata, esercitando la sua imposizione distruttiva al di
fuori della logica della relazione e dell'inclusione. Di contro all'autentico
"totalitarismo" di questa idea di totalità assoluta Valent proponeva
la ripresa del detto eracliteo del Panta διαpánton, ossia di quel "tutto
attraverso il tutto" che è la forma radicale della illacerabile
relazionalità della vita. «Solo se ogni differenza tra gli umani è un modo differente
di essere il tutto», egli scrive, «allora le discriminazioni tra piccolo e
grande, forte e debole, femmina e maschio, nero e bianco, ricco e povero, sano
e malato, non avranno ragione d'essere (se non in quanto differenti
manifestazioni dell'identico, invece che differenze di principio e di
valore)»[4]. Opere Verità e prassi in David Hume, Vannini, Brescia 1974
La forma del linguaggio. Studio sul "Tractatus logico-philosophicus",
Francisci, Abano Terme (Padova) 1983 Invito al pensiero di Wittgenstein,
Mursia, Milano 1989 (2 ed. aggiornata, Mursia, Milano 1999) Asymmetron,
Quaderni de "Il Palazzo della Grande Utopia", Milano 1990 Dire di no.
Filosofia Linguaggio Follia, Teda Edizioni, Castrovillari (Cosenza) 1995 Dire
di no. Scritti teorici 1, in Opere di Italo Valent - vol. IV, a c. di Andrea
Tagliapietra, Moretti&Vitali, Bergamo 2007 Asymmetron. Microntologie della
relazione. Scritti teorici 2, in Opere di Italo Valent - vol. V, a c. di Andrea
Tagliapietra, Moretti&Vitali, Bergamo 2008 Panta διαpánton. Scritti teorici
su follia e cura, in Opere di Italo Valent - vol. VI, a c. di Andrea
Tagliapietra, Moretti&Vitali, Bergamo 2009 La forma del linguaggio. Studio
sul "Tractatus logico-philosophicus. Scritti su Wittgenstein 1", in
Opere di Italo Valent - vol. VI, a c. di Andrea Tagliapietra,
Moretti&Vitali, Bergamo 2012 Sophón. Aforismi per l'anima, a c. di Graziano
Valent, con un saggio di Andrea Tagliapietra, Moretti&Vitali, Bergamo 2014
Note ^ [1] Opere di Italo Valent - Moretti&Vitali ^ [2] A. Tagliapietra, La
filosofia, prima di ogni altra definizione dotta, è amore per la realtà. In
ricordo di Italo Valent, in "XÁOS. Giornale di confine", Anno II, N.1
Marzo-Giugno 2003 ^ Dire di no. Scritti teorici 1, in Opere di Italo Valent -
vol. IV, a c. di Andrea Tagliapietra, Moretti&Vitali, Bergamo 2007, p. 22 ^
Panta διαpánton. Scritti teorici su follia e cura, in Opere di Italo Valent -
vol. VI, cit., Moretti&Vitali, Bergamo 2009, p. 92 Voci correlate Emanuele
Severino Franco Basaglia Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia
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Categorie: Filosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI
secoloStorici della filosofia italianiAccademici italiani del XX
secoloAccademici italiani del XXI secoloNati nel 1944Morti nel 2003Nati a
TrevisoMorti a BresciaProfessori dell'Università Ca' FoscariProfessori
dell'Università degli Studi di CataniaStudenti dell'Università Cattolica del
Sacro Cuore[altre]
valentino: essential Italian
philosopher. Grice: “For Italians, it’s not so much Valentino who counds, since
he really wasn’t an Italian, but the “Valentinians,”, or since the Italian
philosopher loves an abstraction, “Valentinianism””! valentino: -- or as Strawson would have it, ‘valentinus,’ gnostic
teacher, b. in Alexandria, where he teaches until he moved to Rome. A dualist,
he constructed an elaborate cosmology in which God the Father Bythos, or Deep
Unknown unites the the feminine Silence Sige and in the overflow of love
produces thirty successive divine emanations or aeons constituting the Pleroma
fullness of the Godhead. Each emanation is arranged hierarchically with a
graded existence, becoming progressively further removed from the Father and
hence less divine. The lowest emanation, Sophia wisdom, yields to passion and
seeks to reach, beyond her ability, to the Father, which causes her fall. In
the process, she causes the creation of the material universe wherein resides
evil and the loss of divine sparks from the Pleroma. The divine elements are
embodied in those humans who are the elect. Jesus Christ is an aeon close to
the Father and is sent to retrieve the souls into the heavenly Pleroma.
Valentinus wrote a gospel. The sect of Valentino stood out in the early church
for ordaining women priests and prophetesses. Grice: “Since he lived in Rome,
he was almost a Roman.” –Valentino (floruit 135-165;
Phrebonis, ... – ...) è stato un filosofo di scuola cristiano-gnostica. I
seguaci della sua scuola vengono detti Valentiniani.
Valentino nacque a Phrebonis sul delta del Nilo (secondo altre
fonti a Cartagine) e si trasferì in giovane età ad Alessandria d'Egitto, allora
importante centro cristiano dove circolavano anche idee neoplatoniche ed
allegoriche come quelle di Filone di Alessandria. Qui studiò presso un certo
Teudas, che si proclamava diretto discepolo di Paolo di Tarso e che pretendeva
di aver appreso da Paolo le rivelazioni segrete fatte all'apostolo direttamente
dal Cristo. Questi insegnamenti esoterici sembrano essere stati poi riportati
nel Vangelo secondo Filippo ed in altri scritti gnostici. Valentino
dapprima insegnò ad Alessandria d'Egitto, poi tra il 140 e il 160 circa
soggiornò a Roma, dove operò come diacono sotto papa Igino, e vi rimase fino al
pontificato di papa Aniceto. Secondo Tertulliano la mancata elezione a vescovo
di Roma lo fece, in seguito, allontanare dalla Chiesa e intraprendere con
decisione la strada gnostica che lo portò a una prima scomunica, nel 143, da
parte di papa Pio I, seguita poi da molte altre. Tertulliano ne cita
addirittura una post mortem fatta attorno al 175. Trascorse gli ultimi anni
della sua vita a Cipro dove fece molti proseliti e dove probabilmente morì
attorno al 165. I suoi seguaci furono chiamati valentiniani. Dottrina Gli
gnostici valentiniani cercarono di risolvere l'eterno dilemma che si presenta a
chi pensa a un mondo creato: se il mondo è stato creato da un Dio, da dove
viene il male? Se Egli non ha creato il male come lo si può considerare unico
Creatore delle cose? Da quanto tramandatoci dai primi eresiologi
cristiani si può ricostruire solo in parte la dottrina del maestro gnostico e
della sua scuola, basata su una fusione sincretica di elementi neoplatonici,
giudaizzanti, cristiani e gnostici di derivazione sethiana ed encratita. I
frammenti di cui siamo in possesso parlano soprattutto della Redenzione operata
dal Cristo e del destino privilegiato dei cosiddetti uomini spirituali, ossia
tutti quelli che conservavano nel loro corpo il seme divino. Dai pochi
brandelli di cui siamo in possesso è impossibile stabilire dei confini netti
tra la dottrina propriamente di Valentino e quella elaborata dalla sua scuola,
sicuramente molto più complessa. Le fonti dalle quali si può ricavare la
dottrina della scuola valentiniana sono: la cosiddetta Lettera dogmatica
dei Valentiniani[1] riportata da Epifanio in Panarion 31, 5-6; la Piccola
notizia, riportata nell'opera di Ireneo Adversus Haereses, I 8; la Grande
notizia, sempre nell'opera di Ireneo, Adversus Haereses , I I-8; una sintesi
dottrinale scritta da Ippolito, Philosophumena, VI 29-36. La struttura della
cosmogonia valentiniana può essere ricavata dalla Grande notizia, secondo la
quale all'inizio di tutte le cose esisteva l'Essere Primo, Bythos, che dopo ere
di silenzio e di contemplazione, tramite un processo di emanazione, diede vita
al Pleroma (mondo divino), formato da 30 Eoni raggruppati in coppie (sizigie)
maschili e femminili, in cui la parte femminile ha funzione delimitativa e
formativa. Al vertice di questi Eoni si pone la coppia Abisso[2] e Silenzio[3]
(quest'ultimo elemento femminile), coppia da cui nacquero per emanazione
Intelletto[4] e Verità[5]. Da essi nacquero Logos e Vita, e da questi ultimi
Uomo e Chiesa[6]. Questi otto formano la cosiddetta Ogdoade[7]. poi Logos e
Vita emanarono una Decade[8] di Eoni: Profondo e Mescolanza; Sempre giovane e
Unione, Autogenerato e Piacere, Immobile e Mistione, Unigenito e Beata. Quindi
la coppia Uomo e Chiesa emanò dodici Eoni (Dodecade[9]): Paracleto e Fede,
Paterno e Speranza, Materno e Carità, Sempre pensante e Intelligenza, Ecclesiastico
e Beatitudine, Desiderio e Sophia. Tutti costoro concorrevano a formare il
Pleroma. L'origine del peccato e del decadimento del divino nel mondo
materiale è attribuito dalla gnosi valentiniana proprio all'ultimo Eone
femminile, Sophia, poiché le varie emanazioni comportarono una degradazione
progressiva. Scriveva Ireneo: «Ma si fece avanti l'ultimo e più recente Eone
della Dodecade emessa da Uomo e Chiesa, cioè Sophia, e subì la passione senza
l'unione col suo compagno di sizigia Desiderio» (Adversus Haereses, I, II 2).
La passione di cui si parla è desiderio di Sophia di conoscere e ascendere al
Primo Essere, per sua natura inconoscibile[10]. Al peccato di Sophia, che
voleva spingersi fino al Primo Essere, si oppose però Limite[11]; questi venne generato
da Bythos privo della controparte femminile poiché era destinato a delimitare e
a consolidare il mondo divino e non a generare per emanazione altri Eoni.
Sophia fu trattenuta e consolidata da questo: così, tornata a stento in sé e
convinta che il Padre è incomprensibile, depose la sua intenzione insieme con
la passione sopraggiunta a causa dello stupore e della meraviglia. (Ireneo,
Adversus Haereses, I, II 2). Una volta che Limite ebbe reintegrato il mondo
divino ed espulso la passione peccaminosa di Sophia dal Pleroma, l'Eone Abisso,
insieme all'Eone Intelletto, emise un'altra coppia: Cristo e Spirito Santo[12],
per portare a perfezione finale il mondo divino. Cristo fece conoscere agli
altri Eoni la loro vera nascita, occorsa per successive emanazioni,
principalmente ad opera di Intelletto e dell'essenza del Primo Essere; mentre
Spirito Santo rivelò agli Eoni la loro sostanziale uguaglianza con quelli che
compongono l'Ogdoade e così «tutti gli Eoni sono stati resi uguali per forma e
volere e sono diventati tutti Intelletto, tutti Logoi, tutti Uom e tutti
Cristo, e similmente gli elementi femminili tutte Verità, tutte Vita, tutte
Spirito e Chiesa»[13]. A questo punto tutto il Pleroma emanò l'Eone Gesù[14],
frutto perfetto generato da tutti gli Eoni; mentre come scorta dell'Eone furono
emanati gli angeli, destinati a far coppia con gli uomini spirituali. Al
di fuori del mondo divino, però, Sophia detta Achamoth[15], la passione
dell'Eone Sophia, vagava nei «luoghi dell'ombra e del vuoto» e solo l'intervento
della coppia Cristo/Spirito Santo, le dette forma ma non la dotò della stessa
conoscenza che aveva elargito agli altri Eoni[16]. Questa, ormai formata,
decise di ascendere al mondo divino ma poiché era ancora sporca della passione,
fu fermata da Limite. Essa cadde preda del dolore, del timore e del disagio,
tutte passioni generate dall'ignoranza della sua vera essenza, parte sostanza
materiale (la passione dell'Eone Sophia destinata a rimanere fuori dal
Pleroma), parte «aroma d'immortalità» trasmessole da Cristo/Spirito Santo. Da
questi sentimenti nacque la materia, da cui si generò il mondo materiale;
però: Le sopravvenne anche un'altra disposizione, quella della
conversione verso colui che l'aveva vivificata. (Ireneo, Adversus Haereses) E
proprio per questo sincero sentimento di conversione l'Eone Cristo/Spirito
Santo mandò l'Eone Gesù ed i suoi angeli a far conoscere a Sophia Achamoth la
sua vera essenza guarendola dalle passioni (elevandola cioè ad uno stadio di
conoscenza superiore)[17]. L'Eone Gesù, inoltre, prese le passioni di cui era
schiava Sophia Achamoth e le trasformò in sostanza, dividendola in una parte
cattiva e una in parte buona, anche se essa stessa soggetta alle passioni;
questa parte nacque dal sincero sentimento di conversione di Sophia Achamot e
si qualificherà come sostanza psichica. A questo punto Sophia Achamoth generò
dei semi spirituali, immagine imperfetta degli angeli dell'Eone Gesù, destinati
a rimanere nel mondo materiale finché non matureranno e potranno
ricongiungersi, come elemento femminile, agli stessi angeli; poi Sophia
Achamoth decise di dare forma alla sostanza che l'Eone Gesù aveva ricavato dal
suo sentimento di conversione, e prima di tutto dette forma al
Demiurgo[18]: Dicono che il Demiurgo è diventato padre e dio degli esseri
esterni al Pleroma, essendo creatore di tutti gli esseri psichici e ilici.
[...] Così fece sette cieli[19], al di sopra dei quali egli risiede. [...] i
sette cieli sono intelligibili, e suppongono che siano angeli: anche il
Demiurgo è un angelo, ma simile a Dio. Analogamente affermano che anche il
paradiso, che è sopra il terzo cielo, è per potenza il quarto angelo e che da
lui ha preso qualcosa Adamo, che è stato in esso. (Ireneo, Adversus Haereses) E
ancora: Il Demiurgo credeva di creare da sé tutte queste cose, mentre,
invece, le faceva per impulso di Achamoth: così egli fece il cielo non
conoscendo il cielo, plasmò l'uomo ignorando l'uomo, fece apparire la terra
ignorando la terra. (Ireneo, Adversus Haereses) Infatti, il Demiurgo, spinto a
sua insaputa da Sophia Achamoth crea solo l'aspetto materiale delle cose e
questa, a sua volta, è spinta nella creazione dall'Eone Gesù. Dal Demiurgo
nacquero anche il diavolo (detto Kosmokrator[20]) e la sua corte di angeli
malvagi. Dopo la creazione del mondo materiale il Demiurgo creò l'uomo.
Secondo il mito gnostico gli uomini creati si dividevano in tre generi, con
differenti caratteristiche e differenti destini: ilici (da Hyle) o
terreni, nati dalla materia cattiva creata dalla passione di Sophia Achamoth e
destinati per questo a scomparire; psichici, fatti a somiglianza del Demiurgo,
ossia della stessa buona materia nata dal sentimento di conversione di Sophia
Achamoth, quindi possessori dell'anima ma destinati ad una redenzione
incompleta, ovvero ad ascendere insieme al Demiurgo al regno di Sophia
Achamoth[21], solo però quando essa sarà condotta al mondo divino e si unirà in
sizigia con l'Eone perfetto Gesù; sono gli unici uomini dotati di libero
arbitrio e, in virtù delle loro scelte, possono o salvarsi o dissolversi come
gli ilici. pneumatici o spirituali, uomini nei quali vennero nascosti,
all'insaputa del Demiurgo, i semi spirituali partoriti da Sophia Achamoth ad
immagine e somiglianza degli angeli del corteo dell'Eone Gesù. Questi uomini, dotati
della scintilla divina (pneuma), erano perciò destinati a ricongiungersi con il
mondo divino indipendentemente dalle loro azioni[22]. Da questa distinzione si
può dedurre che il Demiurgo aveva insufflato l'anima solo in alcuni ilici ed
allo stesso modo Sophia Achamoth aveva inserito il seme spirituale solo in
alcuni psichici. In tal modo ogni uomo spirituale aveva un involucro psichico e
uno materiale, mentre ogni psichico solo un involucro materiale. Secondo i
valentiniani gli gnostici erano spirituali, i cristiani in generale erano
psichici ed i pagani erano ilici. La Redenzione, però, sarebbe giunta
solo grazie a Gesù, inviato per portare la gnosi e la salvezza agli spirituali.
Secondo i valentiniani il Demiurgo generò un Cristo di pura natura psichica non
corrotto dalla materia, infatti: «È questo che è passato attraverso Maria come
l'acqua passa attraverso un tubo»; allo stesso tempo Sophia Achamoth inserì in
lui il seme spirituale, mentre l'Eone Gesù discese su di lui sotto forma di
colomba quando ricevette il Battesimo nel Giordano[23]. L'Eone Gesù e il seme
spirituale impiantato da Sophia Achamoth, avrebbero però abbandonato il corpo
del Cristo al momento della crocifissione. Secondo questa dottrina, Cristo non
sarebbe veramente morto sulla croce, ma il tutto sarebbe stato un gioco di
apparenze. (docetismo, dal greco dokéin (apparire) valentiniano). Opere
Delle sue opere rimangono solo pochi frammenti ricavati dagli scritti degli
eresiologi cristiani: Clemente Alessandrino, Stromata, II 36; II 114; III 59;
IV 89; IV 89-90; VI 52; Ippolito di Roma, Confutazioni VI 42; VI 37; Antimo,
Sulla santa Chiesa, che riportano brani di lettere, omelie e poesie; sono
invece attribuiti al maestro gnostico alcuni testi ritrovati a Nag Hammadi nel
1945:[24] Vangelo della Verità, Preghiera dell'apostolo Paolo, Trattato
sulla resurrezione, Trattato tripartito, Vangelo secondo Filippo,
Interpretazione della conoscenza, Esposizione valentiniana. La scuola I seguaci
di Valentino studiavano i metodi per liberare il proprio pneuma. Ciò poteva
avvenire sia attraverso lo studio dei testi sacri che attraverso varie
cerimonie, quali la camera nuziale o la redenzione. Tra i discepoli di
Valentino sono da ricordare i due alessandrini, Eracleone e Tolomeo, che
Ippolito indica come rappresentanti di una scuola italica; mentre nella scuola
orientale, da Ippolito contrapposta a quella italica, sono da ricordare
Assionico e Ardesiane, forse corrispondente a Bardesane. A questa scuola va
ricollegato anche Teodoto di Bisanzio. Ireneo racconta che nella valle del
Rodano era attivo Marco, da Ireneo detto dispregiativamente "il
Mago". Anche il filosofo e teologo Origene fu molto influenzato da
questa scuola. Secondo Agostino si rifacevano alla scuola valentiniana anche i
Secondiniani, che "aggiungevano alle loro dottrine la pratica di azioni
turpi", ed i Colorbasi, che affermavano che la vita degli uomini dipendeva
da sette costellazioni. Le scuole valentiniane, comunque, si estinsero entro la
fine del III secolo, assorbite o dalla chiesa o dalle scuole manichee.
Note ^ Nella Lettera dogmatica dei Valentiniani, un documento sicuramente molto
antico e destinato solamente agli iniziati, sono citati i 30 Eoni che, salvo
qualche piccola differenza, ritroviamo nelle opere di Ireneo e Ippolito. ^ Il
primo Principio maschile è chiamato con diversi nomi: Abisso (Βυθός), per
definirne l'assoluta trascendenza rispetto agli altri Eoni e Autoprodotto
(Αὐτοπάτωρ), ovvero che non è stato originato da nessun altro Eone. Troviamo
anche il nome Padre, appellativo di solito riferito all'Eone Intelletto, per
questo il primo Eone è chiamato Pre-Padre; per estensione, infine, troviamo
anche il nome Pre-Principio. ^ Il nome Silenzio (Σιγὴν) definisce la sua
trascendenza, mentre altri nomi del principio femminile sono Pensiero
(Ἒννοιαν), che esprime la qualità dell'Eone di riflessione interna e Grazia
(Χάριν), ossia l'impulso che le fa generare altri Eoni. ^ L'Intelletto (Νοῦς),
è chiamato anche Padre (Πατήρ), ma anche Uomo (Ἄνθρωπον), per sottolineare il
carattere di esemplare celeste dell'uomo spirituale; ma quest'ultima variante è
più frequentemente riferita al quarto Eone. ^ Ἀλήθεια. ^ Chiesa (Ἐκκλησίαν)
intesa nel senso della chiesa valentiniana, formata dagli uomini spirituali. ^
L'Ogdoade, formata da quattro coppie di Eoni, in genere viene suddivisa in due
Tetradi, composte dai primi quattro Eoni (Abisso/Silenzia e Intelletto/Verità)
e dagli altri quattro (Logos/Vita e Uomo/Chiesa) (4 e 8 erano considerati
numeri perfetti dai Pitagorici). Nella cosiddetta Lettera dogmatica dei
Valentiniani, riportata da Epifanio, l'Ogdoade al contrario è così composta:
Abisso/Silenzio, Padre/Verità; Uomo/Chiesa; Logos/Vita. ^ I nomi che compongono
questa Decade, nella Lettera dogmatica dei Valentiniani riportata da Epifanio, generati
al contrario da Logos/Vita e detti Profondo/Mescolanza, Sempre giovane/Unione,
Autogenerato/Mistione, Unigenito/Unità, Immobile/Piacere, sottolineano la
perfezione del mondo angelico. ^ Questa serie di Eoni, nella Lettera dogmatica
dei Valentiniani, riportata da Epifanio, generati al contrario da Uomo/Chiesa e
così detti: Paracleto/Fede, Paterno/Speranza, Materno/Carità, Sempre
pensante/Intelligenza, Desiderato/Beata, Ecclesiastico/Sophia; servono,
eccettuato Sophia, più che altro a formare il numero complessivo di trenta,
sottolineando con i loro nomi però l'imperfezione iniziale della Chiesa degli
eletti. ^ Ippolito riferisce che il peccato di Sophia consisté nel voler
generare da sola, come l'Essere Primevo, Bythos. ^ Il Limite (Ὄρον), si frapponeva
tra il mondo divino e quello materiale. Ireneo (Adversus Haereses I II, I),
però, parlava di due Limiti: uno fra il primo Essere e gli altri Eoni, e uno
fra il mondo spirituale e quello materiale. In altre fonti valentiniane è
denominato Horos (Ὁροθές), ovvero Limitatore; ma anche Λυτρωτής = Redentore, in
quanto purifica gli Eoni; Σταυρός = Croce, intesa come croce cosmica, concetto
in parte ripreso dal Timeo di Platone, che ha la funzione di separare e segnare
i confini del mondo divino; Χαριστήριος = che rende grazie; Ἄφετος = che
rimette i peccati degli Eoni; Μεταγωγεύς = Guida, che rimuove la passione dal
Pleroma; Καρπιστής = Emancipatore dalla passione. ^ Qui è elemento femminile,
poiché ruah = spirito, in ebraico è di genere femminile. ^ Questa conoscenza,
detta illuminazione (=perfezionamento), consiste in una seconda formazione
degli Eoni, dapprima formati solo secondo la sostanza, ovvero emanati, mentre
ora sono formati secondo la gnosi, ossia la conoscenza, apprendendo la loro
vera natura diventando così sostanzialmente uguali all'Eone Intelletto e
raggiungendo la perfezione. ^ L'Eone è detto anche Salvatore (Σωτῆρα), Cristo
(Χριστός), Logos (Λόγον) e Tutto (Πάντα), poiché deriva da tutti gli Eoni. ^ Il
nome Achamoth (in ebraico sapienza), viene utilizzato per distinguere l'Eone
Sophia, ormai nel Pleroma, dalla passione della stessa Sophia, rimasta esclusa
dal mondo divino. Altro nome che si ritrova nei testi è quello di Madre
(Μητέρα), nel senso di madre di tutti gli uomini spirituali. Da alcuni passi di
Ireneo si può ricavare che lo sdoppiamento di Sophia in due unità, una
superiore e l'altra inferiore, è probabilmente da attribuire alla scuola di
Valentino, e non al maestro gnostico che probabilmente aveva immaginato una
sola Sophia prima nel Pleroma poi espulsa fuori. ^ Questo processo di
formazione materiale, in parte è speculare allo stesso compiuto prima dall'Eone
Cristo/Spirito Santo nei confronti degli altri Eoni; ma se il secondo processo
comportava la conoscenza, qui si tratta solo di formazione, ovvero di dare a
Sophia Achamoth una forma precisa. Proprio questo processo di formazione, prima
secondo la sostanza poi secondo la conoscenza, com'era già intervenuto a
beneficio degli Eoni del Pleroma, occorse anche per Sophia Achamoth, e infine
si ripeterà nel mondo materiale quando gli uomini spirituali verranno formati
anche secondo la conoscenza, ovvero scopriranno la loro essenza e potranno
assurgere al mondo divino. ^ Qui si conclude l'opera di formazione
(illuminazione), se l'Eone Cristo/Spirito Santo aveva formato Sophia Achamoth
secondo la sostanza, ora l'Eone Gesù la forma secondo la gnosi (conoscenza). ^
Il sentimento di conversione, da cui nacque il Demiurgo, rispetto agli altri
sentimenti si qualifica come disposizione positiva, quindi il Demiurgo, ovvero
il Dio del Vecchio Testamento, in un certo senso ha carattere positivo anche se
imperfetto. Il Demiurgo è chiamato anche Padre, Madre-Padre, poiché genera da
solo senza elemento femminile, ma anche Senza-Padre, perché a crearlo è stata
Sophia Achamoth. Nel Trattato Tripartito troviamo i nomi: Padre, Dio, Demiurgo,
Re, Giudice, Luogo, Dimora, Legge. ^ Questi cieli sono detti Ebdomade. ^ questo
concetto, per cui il diavolo è a conoscenza di Sophia Achamot mentre il
Demiurgo ne è all'oscuro; probabilmente è da spiegare in riferimento all'opera
di opposizione svolta dal demonio all'opera del Demiurgo, che sembra implicare
una consapevole conoscenza del mondo divino. ^ Questo regno era l'ottavo cielo,
sito tra il limite del mondo divino e il settimo cielo abitato dal Demiurgo,
per questo detto Ogdade. ^ Per questa salvezza per natura, molti polemisti
cristiani attribuirono agli gnostici comportamenti libertini e in aperto
contrasto con la legge cristiana; ma nei testi di Nag Hammadi si parla quasi
sempre di atteggiamenti ascetici e non libertini, forse in questo caso i
polemisti hanno calcato un po' la mano, attribuendo un atteggiamento libertino
che forse apparteneva solo ad una parte minoritaria degli gnostici. ^
Raffrontando questo passo con Excerpta ex Theodoto, la dottrina valentiniana fa
presumere che già alla nascita l'Eone Gesù fosse presente nel Cristo, mentre la
colomba indicherebbe solamente la perfetta formazione dell'Eone divino,
presente fin dalla nascita ma ancora imperfetto. In questo modo ancora una
volta è ripetuta la duplice formazione (=illuminazione), prima sostanziale,
quando Maria partorisce il Cristo, e poi gnoseologica (=secondo la conoscenza),
quando il Cristo riceve il Battesimo. ^ Karen L. King, What is Gnosticism?, Harvard
University Press, 2005, ISBN 0-674-01762-5, p. 154. Bibliografia A. Hilgenfeld,
Die Ketzergeschichte des Urchristentums, Leipzig 1884, pp. 283 sgg.; 345 sgg.;
461 sgg. A.E. Brooke, The Fragments of Heracleon, Cambridge 1891. C. Barth, Die
Interpretation des Neuen Testaments in der valentinianischer Gnosis, Leipzig
1911. W. Foerster, Von Valentin zsu Haerakleon, Giessen 1928. A. Orbe, En los
albores de la exegésis iohannea, in «Analecta Gregoriana» LXV, Roma 1955. A.
Orbe, Los primeros herejes ante la persecución, in «Analecta Gregoriana»
LXXXIII, Roma 1956. A. Orbe, Hacia la prima teologia de la processión del
Verbo, in «Analecta Gregoriana» XCIX-C, Roma 1958. A. Orbe, La unción del
Verbo, in «Analecta Gregoriana» CXIII, Roma 1961. A. Orbe, La teologia del
Espiritu santo, in «Analecta Gregoriana» CLVIII, Roma 1966. H. Langerbeck, «La
théologie de l'histoire dans la gnose valentinienne», in Le origini dello
gnosticismo, a cura di U. Bianchi, Leiden 1967, p. 215 sgg. E. Muhlenberg,
Wieviel Erlosungen kennt der Gnostiker Haeracleon?, in «Zeitschrift fur die
neutestamentliche Wissenschaft», LXVI 1975, p. 170. D. Devoti, Antropologia e
storia della salvezza in Eracleone, in «Memorie della Accademia delle Scienze
di Torino», serie V 2, Torino 1978. The Rediscovery of Gnosticism, a cura di B.
Layton, Leiden 1980-1, vol. I. M-J. Edwards, Gnostic and Valentinians in the
Church Fathers, in «Journal of Theological Studies», XL 1989, p. 26 segg. Testi
gnostici in lingua greca e latina, a cura di Manlio Simonetti, Milano 1993, p.
199 sgg. Voci correlate Eresie dei primi secoli Gnosticismo Letteratura
cristiana Letteratura gnostica Scuole gnostiche Storia del cristianesimo
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Adversus Valentinianos, su tertullian.org. (EN) Valentinus, su Early Christian
Writings. (EN) Valentinus - A Gnostic for All Seasons]autore=Stephan Hoeller,
su gnosis.org. Opinioni favorevoli, da un punto di vista gnostico. (EN) Valentinus
and the Valentinian Tradition, su gnosis.org. (EN) Clyde Curry Smith,
Valentinus, su dacb.org. Controllo di autorità VIAF (EN) 42228523 · ISNI (EN)
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Biografie Cristianesimo Portale Cristianesimo Storia Portale Storia Categorie:
Teologi egizianiFilosofi egizianiPredicatori egizianiGnosticismo[altre].
valentinianism: Grice: “I will only
explore the actdivities of the so-called “Valentinians” in Rome.” -- a form of
Christian gnosticism of Alexandrian origin, founded by Valentinus in the second
century and propagated by Theodotus in Eastern, and Heracleon in Western,
Christianity. To every gnostic, pagan or Christian, knowledge leads to
salvation from the perishable, material world. Valentinianism therefore
prompted famous refutations by Tertullian Adversus Valentinianos and Irenaeus
Adversus haereses. The latter accused the Valentinians of maintaining “creatio
ex nihilo.” Valentinus is believed to have authored the Peri trion phuseon, the
Evangelium veritatis, and the Treatise on the Resurrection. Since only a few
fragments of these remain, his Neoplatonic cosmogony is accessible mainly
through his opponents and critics Hippolytus, Clement of Alexandria and in the
Nag Hammadi codices. To explain the origins of creation and of evil, Valentinus
separated God primal Father from the Creator Demiurge and attributed the
cruVaihinger, Hans Valentinianism 947
947 cial role in the processes of emanation and redemption to Sophia.
Refs.: Luigi Speranza, “Valentinus e Grice,” Villa Grice.
Valeri: essential Italian
philosopher. Grice: “I especially like his idea of anthropology, alla Kant, as
the search for the subject.” “Tra se e se.” Valerio Valeri (antropologo)
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Valerio
Valeri (Somma Lombardo, 4 agosto 1944 – Santa Monica, 25 aprile 1998) è stato
un filosofo e antropologo italiano. Indice 1Biografia 2Opere
principali 3Bibliografia 4Note 5Collegamenti esterni Biografia Laureatosi[1][2]
in filosofia nel 1967 all'Università di Pisa, quale allievo pure della Scuola normale
superiore, discutendo una tesi sul pensiero di Claude Lévi-Strauss,[3] con
relatore Francesco Barone, si rivolse agli studi di antropologia, conseguendo
due dottorati di ricerca, uno a Pisa (Diploma di Perfezionamento) nel 1970,
l'altro a Parigi, nel 1976, presso l'École Pratique des Hautes Études, con
Lévi-Strauss, Louis Dumont e Marshall Sahlins.[4] Successivamente, a
partire dal 1976, ebbe vari incarichi di insegnamento presso l'Università di
Chicago, dove rimase fino alla prematura scomparsa. Al contempo, compì ricerca
sul campo soprattutto presso gli Huaulu del Seram centrale in Indonesia
orientale, ma anche in Micronesia, Malaysia e Hawaii. Le sue ricerche
riguardarono molti argomenti, fra cui, i sistemi politici, la parentela e il
matrimonio, la ritualità, così come l'antropologia sociale ed economica, la
storia comparata degli usi e costumi dei popoli, che condusse lungo la linea di
pensiero del suo maestro Lévi-Strauss. Gli è stato assegnato, nel 1982, per i
suoi studi e le sue ricerche di antropologia culturale, il premio ”Guggenheim
Fellowship“ per le scienze sociali.[5] Fra i molti suoi lavori,
ricordiamo due importanti volumi, Kingship and Sacrifice. Ritual and Society in
Ancient Hawaii (1985), scritto con Marshall Sahlins, e Hunting, Identity and Morality
among the Huaulu of the Moluccas (1999). Curò pure diverse voci antropologiche
per l'Enciclopedia Einaudi. Tra le sue molte opere pubblicate postume, il
volume Uno spazio tra sé e sé. L'antropologia come ricerca del soggetto (1999),
a cura di Martha Feldman e Janet Hoskins, tradotto in italiano da Bianca
Lazzaro, che può considerarsi una sua autobiografia intellettuale. Opere
principali Kingship and Sacrifice: Ritual and Society in Ancient Hawaii, The
University of Chicago Press, Chicago, IL, 1985. Uno spazio tra sé e sé.
L'antropologia come ricerca del soggetto, a cura di M. Feldman e J. Hoskins;
traduzione italiana a cura di B. Lazzaro, Donzelli Editore, Roma, 1999. The
Forest of Taboos: Morality, Hunting, and Identity among the Huaulu of the Moluccas,
The University of Wisconsin Press, Madison, WI, 2000. Fragments from Forests
and Libraries: A Collection of Essays, Carolina Academic Press, Durham, NC,
2001. Ritual and Annals: Between Anthropology and History, edited by R. Stasch,
S.M. Dowdy and G. da Col, HAU Books/The University of Chicago Press, Chicago,
IL, 2014. Classical Concepts in Anthropology, edited by G. da Col and R.
Stasch, HAU Books/The University of Chicago Press, Chicago, IL, 2018.
Bibliografia S. Ghiaroni, "Società, soggetto, sacrificio. La teoria del
sacrificio di Valerio Valeri tra Hawaii e Indonesia", in Studi e materiali
di storia delle religioni, vol. 71, XXIX, 1, 2005, pp. 125- 157. R. Stasch,
"Obituary: Valerio Valeri (1944-1998)", American Anthropologist, 101
(4) (1999), pp. 814-817. Note ^
http://chronicle.uchicago.edu/980430/valerio.shtml ^ S. Ghiaroni, ”Società,
Soggetto, Sacrificio. La teoria del sacrificio di Valerio Valeri tra Hawaii e
Indonesia“, Studi e materiali di storia delle religioni, Vol. 71, N.1, 2005,
pp. 125-57. ^ Dal titolo: Natura e cultura: introduzione alla teoria dello
scambio e della parentela di Claude Levi-Strauss, Università di Pisa, A.A.
1967-68. ^ Per notizie biografiche più esaustive, riferirsi alle pp. xxvii-xix
dell'opera postuma: V. Valeri, Ritual and Annals: Between Anthropology and
History, edited by R. Stasch, S.M. Dowdy and G. da Col, HAU Books/The
University of Chicago Press, Chicago, IL, 2014. ^ Rupert Stasch (Reed College,
Oregon, USA), in merito alla rilevanza di Valeri come studioso e ricercatore,
inizia il suo necrologio (cfr. R. Stasch, "Valerio Valeri
(1944-1998)", American Anthropologist, Vol. 101, No. 4 (1999) pp. 814-817)
con queste parole: «He was a scholar of great international distinction in the
ethnology of Polynesia and Indonesia [...] His monographs [...] are among the
most important, detailed and theoretically complex studies of sacrificie and
taboo ever written.» (p. 814). Collegamenti esterni (FR) Pubblicazioni di
Valerio Valeri, su Persée, Ministère de l'Enseignement supérieur, de la
Recherche et de l'Innovation. Modifica su Wikidata Controllo di autoritàVIAF
(EN) 69019738 · ISNI (EN) 0000 0000 8391 4203 · LCCN (EN) n84129158 · GND (DE)
1024090280 · BNF (FR) cb12422323h (data) · WorldCat Identities (EN)
lccn-n84129158 Antropologia Portale Antropologia Biografie Portale Biografie
Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XX
secoloAntropologi italianiNati nel 1944Morti nel 1998Nati il 4 agostoMorti il
25 aprileNati a Somma LombardoMorti a Santa Monica (Stati Uniti
d'America)Studenti della Scuola Normale Superiore[altre]
Valla: essential Italian philosopher. valla: Rome-born philosopher, teaches rhetoric in Pav a and
is later secretary of Alfonso I di Naoli, and apostolic secretary in Rome under
papa Nichola V. In his dialogue On Pleasure or On the True Good, Stoic and
Epicurean interlocutors present their ethical views, which Valla proceeds to
criticize. This dialogue is often regarded as a defense of Epicurean hedonism,
because Valla equates the good with pleasure; but he claims that Italians can
find pleasure only in heaven. Valla’s description of pleasure reflects the
contemporary Renaissance attitude toward the joys of life and might have
contributed to Valla’s reputation for hedonism. In another work, On Free Will
between, Valla discusses the conflict between divine foreknowledge and human
freedom and rejects Boezio’’s then predominantly accepted solution. Valla
distinguishes between God’s knowledge and God’s will – as in Grice’s phrase,
“God willing,” “Deo volente,” -- but denies that there is a rational solution
of the apparent conflict between God’s will and human freedom. As a historian,
he is famous for The Donation of Constantine 1440, which denounces as spurious
the famous document on which medieval jurists and theologians based the papal
rights to secular power. Lorenzo Valla (n. Roma) è
stato un filosofo. Si presentava anche con il nome latino Laurentius
Vallensis. Nato a Roma da genitori di origini piacentine (il padre
era l'avvocato Luca della Valle), ricevette la sua prima educazione a Roma e
forse a Firenze, imparando il greco da Giovanni Aurispa e da Rinuccio Aretino.
Lo guidava lo zio materno Melchiorre Scribani, un giurista funzionario in
Curia. La sua prima opera, oggi perduta, fu il De comparatione Ciceronis
Quintilianique ("Confronto fra Cicerone e Quintiliano"), in cui
elogiò il latino di Quintiliano a scapito di quello di Cicerone, andando contro
all'idea corrente e mostrando già in questo primo scritto il suo gusto per la provocazione.
Quando morì lo zio, Lorenzo sperava di ottenere un impiego nella Curia
pontificia; ma i due autorevoli segretari Antonio Loschi e Poggio Bracciolini,
ferventi ammiratori di Cicerone, si opposero all'assunzione, con la scusa che
era troppo giovane. Grazie all'aiuto di Antonio Beccadelli, detto il
Panormita, fu chiamato ad insegnare retorica a Pavia, succedendo al maestro
bergamasco Gasparino Barzizza, da poco defunto. Questi anni furono fondamentali
per lo sviluppo del suo pensiero; la città era infatti un vivo centro culturale
e Valla poté approfondire le sue conoscenze giuridiche, osservando inoltre
l'efficacia del procedimento di analisi critica dei testi, che lo Studio pavese
applicava con rigore. A Pavia Valla acquisì una grande reputazione con il
dialogo De Voluptate ("Il piacere"), nel quale si oppone fermamente
alla morale stoica e all'ascetismo medievale, sostenendo la possibilità di
conciliare il Cristianesimo, ricondotto alla sua originarietà, con l'edonismo,
recuperando così il senso del pensiero di Epicuro e Lucrezio, che avevano
sottolineato come tutta la vita dell'uomo sia fondamentalmente volta al
piacere, inteso non come istintività, ma come calcolo dei vantaggi e svantaggi
conseguenti ad ogni azione. A conclusione del dialogo, Valla sottolinea, però,
come per l'uomo la suprema voluttà siano la ricerca spirituale e la fede in
Dio. Si tratta di uno scritto considerevole, poiché, per la prima volta, una
tendenza filosofica che era rimasta confinata nell'ambito del paganesimo
trovava espressione in un'opera di livello universitario e di valore
filosofico, venendo rivalutata alla luce del pensiero cristiano; le polemiche
che seguirono alla pubblicazione del testo, costrinsero Valla a lasciare
Pavia. Da allora egli passò da un'università all'altra, accettando brevi
incarichi e tenendo lezioni in diverse città. Durante questo periodo fece la
conoscenza del re Alfonso V d'Aragona, al cui servizio entrò. Alfonso ne fece
il suo segretario, lo difese dagli attacchi dei suoi nemici e lo incoraggiò ad
aprire una scuola a Napoli. Durante il pontificato di Eugenio IV, scrisse
un breve testo, pubblicato solo nel 1517 e intitolato La falsa Donazione di
Costantino (De falso credita et ementita Constantini donatione). In esso Valla,
con argomentazioni storiche e filologiche, dimostrò la falsità della Donazione
di Costantino, documento apocrifo in base al quale la Chiesa giustificava la
propria aspirazione al potere temporale: secondo questo documento, infatti,
sarebbe stato lo stesso imperatore Costantino, trasferendo la sede dell'impero
a Costantinopoli, a lasciare alla Chiesa il restante territorio dell'Impero
romano (oggi la dimostrazione del Valla è universalmente accettata e lo scritto
è datato all'VIII secolo o IX secolo). (LA) «Quid, quod multo est absurdius,
capit ne rerum natura, ut quis de Constantinopoli loqueretur tanquam una
patriarchalium sedium, que nondum esset, nec patriarchalis nec sedes, nec urbs
christiana nec sic nominata, nec condita nec ad condendum destinata? Quippe
privilegium concessum est triduo, quam Constantinus esset effectus christianus,
cum Byzantium adhuc erat, non Constantinopolis.» (IT) «E, ciò che è molto
più assurdo e non rientra nella realtà dei fatti, come si può parlare di
Costantinopoli come di una delle sedi patriarcali, quando ancora non era né
patriarcale né una sede né una città cristiana né si chiamava così, né era
stata fondata, né la sua fondazione era stata decisa? Infatti il privilegio fu
concesso tre giorni dopo che Costantino si fece cristiano, quando Bisanzio esisteva
ancora e non Costantinopoli.» (Lorenzo Valla, La falsa Donazione di
Costantino, 1440) Egli dimostrò che anche la lettera ad Abgar V attribuita a
Gesù era un falso e, sollevando dubbi sull'autenticità di altri documenti spuri
e ponendo in discussione l'utilità della vita monastica e mettendone in luce
anche l'ipocrisia nel De professione religiosorum ("La professione dei
religiosi"), egli suscitò l'ira delle alte gerarchie ecclesiastiche. Fu
obbligato, pertanto, a comparire davanti al tribunale dell'Inquisizione, alle
cui accuse riuscì a sottrarsi soltanto grazie all'intervento del re
Alfonso. Visitò nuovamente Roma, dove i suoi avversari erano ancora molti
e potenti. Riuscì a salvarsi da morte certa travestendosi e fuggendo a
Barcellona, da dove fece poi ritorno a Napoli. Vengono divulgati gli
Elegantiarum libri sex (i sei libri sull'"eleganza" della lingua
latina), pubblicati però postumi nel 1471. L'opera raccoglie una serie
straordinaria di passi desunti dai più celebri scrittori latini (Publio Virgilio
Marone, Cicerone, Livio), dallo studio dei quali, sostiene Valla, occorre
codificare i canoni linguistici, stilistici e retorici della lingua latina. Il
testo costituì la base scientifica del movimento umanista impegnato a riformare
il latino cristiano sullo stile ciceroniano. Scrisse le
"Emendationes sex librorum Titi Livii" in cui discute, col suo modo
di scrivere brillante e caustico, correzioni ai libri 21-26 di Tito Livio in
opposizione ad altri due intellettuali della corte napoletana il Panormita ed
il Facio che non avevano il suo stesso spessore filologico. L'ultima fase
Nel febbraio 1447, con la morte di papa Eugenio IV, la sua fortuna iniziò a
volgere in meglio. Recatosi nuovamente a Roma, fu ricevuto dal nuovo pontefice
Niccolò V; a partire dal 1450 assunse il ruolo a lui più consono di professore
di retorica, ma non perse nemmeno il suo spirito caustico e iniziò a criticare
nel 1449 il latino della Vulgata, facendo confronti con l'originale greco
sminuendo il ruolo di traduttore di San Girolamo e giudicò spuria la
corrispondenza tra Seneca e San Paolo. Sotto papa Callisto III Valla
raggiunse il culmine della carriera, divenendo segretario apostolico. Morì a
Roma. Un frammento della sua tomba, contenente un ritratto dello stesso, è ora
murato nel chiostro della Basilica Lateranense dove era originariamente
sepolto. È quasi impossibile farsi un'idea precisa della vita privata e
del carattere di Valla, essendo i documenti nei quali vi si fa riferimento
sorti in contesti polemici e, pertanto, fonte più di esagerazioni e calunnie
che di testimonianze attendibili. Egli appare comunque come persona orgogliosa,
invidiosa e irascibile, caratteristiche cui però si affiancano le qualità di
elegante umanista, critico acuto e scrittore pungente nella sua continua e
violenta polemica sul potere temporale della Chiesa di Roma. Lorenzo Valla
è un personaggio di eccezionale importanza non solo per la cultura italiana, ma
soprattutto quale rappresentante del più puro umanesimo europeo. Con le sue
spietate critiche alla Chiesa cattolica dell'epoca fu un precursore di Lutero,
ma fu anche il promotore di molte revisioni di testi cattolici. La sua
opera si basa su una profonda padronanza della lingua latina e sulla
convinzione che fosse stata proprio un'insufficiente conoscenza del latino la
vera causa del linguaggio ambiguo di molti filosofi. Valla era convinto che lo
studio accurato e l'uso corretto della lingua fosse l'unico mezzo di
acculturazione feconda e comunicazione efficace: la grammatica e un appropriato
modo di esprimersi erano a suo modo di pensare alla base di ogni enunciato e,
prima ancora, della stessa formulazione intellettuale. Da questo punto di vista
i suoi scritti sono tematicamente coerenti, in quanto ciascuno di essi si
sofferma innanzitutto sulla lingua, sul suo impiego rigoroso e
sull'individuazione delle applicazioni erronee della grammatica latina.
Oggi, il profondo distacco storico ci permette di distinguere le opere di
Lorenzo Valla essenzialmente in due filoni, quello critico e quello filologico.
Sebbene avesse saputo mostrare eccezionali doti di storico negli scritti
critici, questa capacità non è però riscontrabile nell'unico lavoro definito
storico, cioè nella biografia di Ferdinando d'Aragona, tutto sommato un modesto
elenco di aneddoti. Nel III secolo l'Impero romano iniziava a tramontare,
il che si palesava non solo nell'indebolimento delle forze politiche e
militari, ma anche nello sfaldamento dell'ordinamento interno e soprattutto
nell'imbarbarimento della cultura. La crisi generale e l'accettazione di molte
genti non italiche tra i cittadini romani provocarono un lento ma significativo
allontanarsi dalla lingua latina ufficiale verso forme dialettali e meno
eleganti. Si evidenziò la necessità di uno "sviluppo" della lingua
che presupponeva la canonizzazione della parlata popolare e della sua semplice
grammatica. Erano i primi sintomi della nascita di una nuova lingua, quella
italiana, che avrebbe necessitato di un millennio per svilupparsi pienamente.
Durante questa lunghissima transizione, in tutta la penisola ci fu un'enorme
incertezza linguistica. Il latino classico cedeva lentamente il posto ad una
mescolanza di nuovi idiomi che combattevano per la supremazia. Gli
effetti di questo periodo di passaggio sono ben visibili soprattutto nelle
traduzioni che via via nascevano dal latino verso l'italiano, poché la linea di
demarcazione tra le due lingue era fluttuante e nessuno dei traduttori poteva
dirsi un vero esperto in materia. Valla fu il primo a stabilire un limite alla
modernizzazione della lingua latina, decidendo che i cambiamenti oltre tale
limite facessero già parte del processo di sviluppo della lingua italiana. In
questo modo riuscì non solo a salvaguardare la purezza del latino, ma pose
anche le basi per lo studio e la comprensione dell'italiano. Lorenzo
Valla si pone tra i maggiori esponenti del Quattrocento italiano e
dell'umanesimo europeo, non solo per il suo costante apporto di punti di vista
umanistici, bensì anche per la sua annosa avversione alla cultura scolastica.
È indicativa ad esempio la sua tesi (in De Voluptate) sugli errori dello
stoicismo praticato dagli asceti cristiani che non avrebbero preso in debita
considerazione le leggi naturali, dunque divine; la morale consiglierebbe
infatti, a suo avviso, un'esistenza allegra e godereccia che non precluderebbe
in alcun modo l'aspirazione alle gioie del paradiso. Analogamente, nelle
Dialecticae Disputationes Valla confuta il dogmatismo di Aristotele e la sua
arida logica che non offre insegnamenti o consigli, bensì discute solo di
parole senza raffrontarle con il loro significato nella vita reale. Altrettanto
critico si dimostra (nelle Adnotationes in Novum Testamentum) quando usa la sua
profonda padronanza del latino per provare che sono state le traduzioni maldestre
di alcuni passi del Nuovo Testamento a causare incomprensioni ed eresie.
È a lui dedicata la Fondazione Lorenzo Valla, che in collaborazione con la casa
editrice Mondadori, pubblica la collana Scrittori greci e latini in cui vengono
proposte edizioni critiche di testi classici. Edizioni delle opere L'arte
della grammatica, a cura di Paola Casciano, Milano, Mondadori (Fondazione
Lorenzo Valla), (terza edizione rinnovata) La falsa Donazione di Costantino, a
cura di Gabriele Pepe, Firenze, Ponte alle Grazie, Scritti filosofici e
religiosi, a cura di Giorgio Radetti, Firenze, Sansoni, (ristampa: Roma,
Edizioni di Storia e Letteratura, 2009) Repastinatio dialectice et philosophie,
testo latino edito da Gianni Zippel, Padova, Antenore, (due volumi) Dialectical
Disputations, testo latino e traduzione inglese della Repastinatio a cura di B.
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riforma della lingua e della logica (Atti del convegno del Comitato Nazionale
VII centenario della nascita di Lorenzo Valla, Prato, 4-7 giugno 2008) Firenze,
Edizioni Polistampa, 2010, 2 tomi. Voci correlate Donazione di Costantino Altri
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Lorenzo Valla Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su
Lorenzo Valla Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini
o altri file su Lorenzo Valla Collegamenti esterni Lorenzo Valla, in Dizionario
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cb11927487z (data) · BNE (ES) XX874162 (data) · NLA (EN) 35575211 · BAV (EN)
495/21449 · CERL cnp01259527 · NDL (EN, JA) 001169220 · WorldCat Identities
(EN) lccn-n79043871 Biografie Portale Biografie Cattolicesimo Portale
Cattolicesimo Letteratura Portale Letteratura Categorie: Umanisti
italianiFilologi italianiScrittori italiani del XV secoloNati nel 1407Morti nel
1457Morti il 1º agostoNati a RomaMorti a RomaPersonaggi della corte aragonese
di NapoliEpicureiAccademici italiani del XV secoloProfessori dell'Università
degli Studi di PaviaAllievi di Vittorino da Feltre[altre]. Refs.: Luigi
Speranza, “Valla e Grice,”per la Fondazione Lorenzo Valla, The Swimming-Pool
Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
vallauri: essential Italian philosopher.
“Italians, especially noble ones, love a long surname, so this is Luigi
Lombardi Vallauri. I say: if he wants to keep the Vallauri, that’s what he’ll
go with by!” – Lombardi Vallauri. Grice: “He favours animal rights, as I do.” Luigi
Lombardi Vallauri Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump
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(Roma, 4 aprile 1936) è un filosofo e professore universitario italiano.
È stato professore ordinario di filosofia del diritto presso l'Università
Cattolica di Milano e l'Università degli Studi di Firenze. Dal 2011 ha
insegnato all'Università degli Studi dell'Insubria e all'Università degli Studi
di Sassari, dalla quale è stato chiamato per "chiara fama".
Indice 1Biografia 1.1 Allontanamento
dall'Università Cattolica 2Pensiero 3Opere principali 4 Note 5 Bibliografia 6 Altri
progetti 7 Collegamenti esterni Biografia Nasce e cresce in contesto familiare
profondamente cattolico. Nipote del predicatore gesuita Riccardo Lombardi[1],
cugino del direttore della Sala stampa vaticana Federico Lombardi, nonché
nipote di Gabrio Lombardi,[2] si avvia alla formazione teologica alla
Gregoriana di Roma. Nello stesso periodo consegue la laurea in Giurisprudenza
col massimo dei voti presso l'Università di Roma, suo maestro è stato Emilio
Betti. Abbandonata la vocazione sacerdotale intorno a vent'anni, dopo la laurea
perfeziona gli studi giuridici in Germania e vince molto presto il concorso per
la Libera docenza. Nel 1970 diviene professore ordinario in Filosofia del
diritto all'Università di Firenze, dove ha insegnato anche Argomentazione
giuridica e Filosofia del diritto avanzata. Nel 1976 ottiene la cattedra in
Filosofia del diritto anche all'Università Cattolica di Milano. Dopo il
collocamento a riposo insegnerà presso le Università di Como e Sassari.
Massimo esperto di teoria dell'interpretazione giuridica, già direttore
dell'Istituto per la documentazione giuridica del CNR (dal 1973 al 1977) e
presidente della Società italiana di filosofia giuridica e politica (dal 1996
al 2000), è autore di una vastissima serie di saggi filosofico-giuridici. Con
il suo Terre: Terra del Nulla, Terra degli uomini, Terra dell'Oltre ha aperto
un nuovo filone della sua ricerca, dedicato alla filosofia della religione e
della spiritualità. Al saggio Nera Luce, apparso nel 2001, Lombardi Vallauri ha
consegnato la sua critica serrata ai dogmi del cattolicesimo e l'approdo
all'apofatismo. I suoi interessi recenti riguardano la tutela giuridica dei
diritti degli animali[3]. È vegano[4]. Nel 1979 Lombardi Vallauri ha
fondato, e tuttora conduce, un "gruppo di meditazione" teso a
esplorare le possibilità di una vita contemplativa all'altezza del sapere
moderno. Il suo ultimo libro - che traduce in scrittura il seguitissimo corso
di meditazioni tenuto dall'autore per Radio Tre Rai nel 2004, 2005 e 2007 -
propone una "mistica laica", ossia una mistica che prescinde da
rivelazioni soprannaturali coniugando il pensiero scientifico occidentale con
le tecniche di meditazione tipiche delle filosofie orientali.
Allontanamento dall'Università Cattolica Dal 1976 Lombardi Vallauri ha
insegnato Filosofia del diritto presso l'Università cattolica di Milano.
Il 19 aprile 1996 tiene una conferenza a Bari e all'inizio decide di sedersi in
terra, giustificandosi presso l'uditorio con la frase: «Del Dio che emoziona
non mi sento di parlare seduto su una sedia, quindi, mentre parlerò di questo
Dio, starò seduto in terra».[5] Nel 1998 è stato sospeso dall'attività
didattica a causa del suo insegnamento ritenuto eterodosso rispetto alla
dottrina della Chiesa Cattolica. Fra i punti problematici secondo le
autorità ecclesiastiche, un giudizio di Lombardi Vallauri sul dogma
dell'inferno, da lui definito: «incostituzionale [in quanto] nessun atto
per quanto grave può meritare una pena eterna [e perché] è contraria ai
princìpi più avanzati del diritto, e specificamente del diritto influenzato dal
cristianesimo, una pena che in nessun modo tenda alla rieducazione/riabilitazione
del condannato.[6]» Il professore ha affermato in seguito: «Quando
i giudici ecclesiastici mi hanno cacciato fuori dall'Università Cattolica non
riuscivano a formulare l'accusa ed io ho detto: "Ve la do io, il papa è
quasi infallibile nell'errare".[7]» Dopo l'esito negativo dei
ricorsi giudiziari interni, Lombardi Vallauri si è rivolto alla Corte europea
dei diritti dell'uomo. Nel 2009 la Corte si è pronunciata a favore del
ricorrente, ritenendo che fossero stati lesi i suoi diritti alla libertà di
espressione (per il provvedimento adottato dalla Cattolica senza
contraddittorio) e a un equo processo (per il rifiuto a pronunciarsi opposto
dagli organi giurisdizionali amministrativi), entrambi garantiti,
rispettivamente, dagli articoli 10 e 6 della Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Pensiero
Nei suoi corsi e libri Vallauri di è occupato di varie tematiche: filosofia del
diritto, critica dei riduzionismi, filosofia della mente, misticismo, buddismo,
sessualità, meditazione, diritti degli animali. Riassumeva la situazione
storica attuale tramite la seguente “formula”: [E = (m+e) + i (ab) + fd + oid]
-> [N.O.] -> [(N. e/ax/es)] + (I.P.)] La prima parte è l’equazione
del riduzionismo ontologico: l’essere (E) è riducibile alla somma di materia
(m), energia (e) e informazione (i); l’informazione è di due specie:
algoritmica (a) e biologica (b). Il riduzionismo diventa poi scientismo
tecnologico, con l’aggiunta di un fattore di dominazione (fd), ossia la teoria
baconiana del conoscere per dominare, e dell'organizzazione industriale del
dominio (oid) portata dalla rivoluzione industriale. Le conseguenze dello
scientismo sono il nichilismo ontologico (N.O.), ossia la scomparsa di ogni
tipo di spirito (Dio angeli anima), il quale può avere due esiti antitetici: le
filosofie del soggetto assoluto e quelle della morte del soggetto. L’ultima
conseguenza del processo è il nichilismo etico assiologico ed esistenziale (N.
E/ax/es), ossia la negazione di norme e valori oggettivi. Esso genera un vuoto,
che nella nostra epoca viene occupato dall’individualismo possessivo (I.P).,
ossia la credenza che gli unici beni sono ricchezza successo e potere. Occorre
dunque articolare una risposta filosofica al riduzionismo, individuando quali
realtà si sottraggano alle sue pretese. L’oggetto principale che sfugge alla
riduzione è la mente[8]. Opere principali Saggio sul diritto
giurisprudenziale, Milano, 1967 Amicizia, carità e diritto, Milano, 1969 (nuova
edizione: 1974) Corso di filosofia del diritto, Padova, 1981 (seconda edizione:
2012) Cristianesimo, secolarizzazione e diritto moderno, Milano, 1981 Terre:
Terra del Nulla, Terra degli uomini, Terra dell'Oltre, Milano, 1989 Il
Meritevole di tutela, Milano, 1990 Logos dell'essere - Logos della norma, Bari,
1999 Nera luce, Firenze, 2001 Riduzionismo e oltre: Dispense di filosofia per
il diritto, Padova, 2002 Trattato di Biodiritto. La questione animale, Milano,
2013 Meditare in Occidente. Corso di mistica laica, Firenze, 2015 Scritti
animali. Per l'istituzione di corsi universitari di diritto animale, Gesualdo,
2018 Note ^ Sandro Magister, L'inferno? Una vergogna, L'Espresso, 19 novembre
1988. ^ Guadagnucci 2012, p. 150. ^ Luigi Lombardi Vallauri, Scritti Animali. Per
l'istituzione di corsi universitari di diritto animale, in Visionari, Gesualdo
(AV), Gesualdo Edizioni, 2018, ISBN 9788885498099. ^ Guadagnucci 2012, p. 161.
^ Roberto Dal Bosco, Cristo o l'India, Verona, Fede e Cultura, 2018, p. 119.
ISBN 978-88-6409-621-6 ^ Guadagnucci 2012, p. 151. ^ L. Lombardi Vallauri,
Sullo scarso fondamento dei fondamentalismi, Nuovamente.org. URL consultato il
6 febbraio 2013 (archiviato dall'url originale il 19 giugno 2008). ^ Lombardi
Vallauri L., Neuroni, mente, anima, algoritmo: quattro ontologie, Lettura
magistrale al VI congresso della Società italiana di neuroscienze, 1996
Bibliografia Lorenzo Guadagnucci, Il filosofo degli animali, in Restiamo
animali: Vivere vegan è una questione di giustizia, Milano, Terre di mezzo, 2012,
ISBN 978-88-6189-224-8. Altri progetti Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene
citazioni di o su Luigi Lombardi Vallauri Collegamenti esterni Registrazioni di
Luigi Lombardi Vallauri, su RadioRadicale.it, Radio Radicale. Modifica su
Wikidata Interventi e trasmissioni radiofoniche Meditare in occidente - Corso
di mistica laica (2004), ciclo di trasmissioni radiofoniche su Radio3 Rai,
edizione del 2004. Meditare in occidente - Corso di mistica laica (2005), ciclo
di trasmissioni radiofoniche su Radio3 Rai, edizione del 2005. Meditare in
occidente - L'anima di paesaggio (2007), ciclo di trasmissioni radiofoniche su
Radio3 Rai, edizione del 2007. Conferenza/lezione tenuta da Vallauri dal
titolo: Nonviolenza e Animali: un tema antico come le montagne e sempre più
ricco di futuro. Evento organizzato da Progetto Vivere Vegan, 2019
Interviste <>,
intervista di Giancarlo Perna, LIBERO, 7.03.2016 Intervista a Luigi Lombardi
Vallauri, di Valentina Grazzini, l'Unità, Firenze, 7.01.2010 e Rassegna stampa
sul "Caso Vallauri" I Nuovi Inquisitori, di Giovanni Maria Pace, a
Repubblica, 7.11.1998 A dialogo con Luigi Lombardi Vallauri, di Neri Pollastri,
da Phronesis, V (2007), n. 9 Note [1], di Teresa Franza, Officina sedici, 16 ottobre
2016 Controllo di autorità VIAF (EN) 100278350 · ISNI (EN) 0000 0001 1827
9247 · SBN IT\ICCU\CFIV\022392 · LCCN (EN) n82066312 · GND (DE) 123492963 · BNF
(FR) cb12141940d (data) · WorldCat Identities (EN) lccn-n82066312 Biografie
Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del
XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloAccademici italiani del XX
secoloAccademici italiani del XXI secoloNati nel 1936Nati il 4 aprileNati a
RomaFilosofi del diritto[altre]
Valletta: essential
Italian philosopher. Grice: “He was a libertine from Naples. I like him. His
oeuvre published in Firenze.” Giuseppe Valletta Da Wikipedia, l'enciclopedia
libera. Jump to navigationJump to search Abbozzo Questa voce sull'argomento
filosofi italiani è solo un abbozzo. Contribuisci a migliorarla secondo le
convenzioni di Wikipedia. Giuseppe Valletta (Napoli, 6 ottobre 1636 – Napoli,
16 maggio 1714) è stato un filosofo, avvocato, letterato e giureconsulto
italiano. Nell'infanzia studiò dapprima
letteratura presso i Gesuiti per poi dedicarsi al diritto. Nel 1663, insieme a Francesco D'Andrea, fu
fra i fondatori dell'Accademia degli Investiganti, che diede impulso al grande
rinnovamento culturale che prese avvio negli ultimi decenni del Seicento
meridionale. Nelle accese polemiche filosofico-scientifiche tra progressisti e
conservatori, il Valletta insieme a Tommaso Cornelio, Francesco D'Andrea,
Leonardo Di Capua e agli altri accademici investiganti appoggiò attivamente i
progressisti. Nel 1681 istituì a sue spese
la cattedra di Lingua greca presso l'Università di Napoli, affidando l'incarico
di insegnamento al suo maestro ed amico Gregorio Messere, illustre grecista e
filosofo dell'epoca. Nel 1687 curò
l'edizione napoletana delle Opere e del Bacco in Toscana dello scienziato
toscano Francesco Redi. Fu un grande
appassionato e conoscitore di libri, tanto che la sua biblioteca ne arrivò a
contenere ben diciottomila, meritandosi l'appellativo di Helluo librorum et
Secli Peireskius alter.[1] Alla sua morte, grazie all'interessamento di
Giambattista Vico, il fondo librario confluì nella Biblioteca dei
Girolamini. Opere Lettera in difesa
della moderna filosofia e de' coltivatori di essa, 1691. Historia filosofica,
1697-1704. Note ^ Lombardi 1830, pag.186. Bibliografia Antonio Lombardi, Storia
della letteratura italiana nel secolo XVIII, Tomo IV, Tipografia camerale,
1830. ( Disponibile online, su books.google.com. URL consultato il 7 aprile
2009.) Fausto Nicolini, Giuseppe Valletta, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, 1937. Voci correlate Accademia degli Investiganti
Francesco D'Andrea Francesco Redi Francesco Valletta, nipote di Giuseppe Altri
progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a
Giuseppe Valletta Collegamenti esterni Giuseppe Valletta breve scheda
biografica sul sito "Francesco Redi. Scienziato e poeta alla Corte dei
medici". Controllo di autorità VIAF (EN) 7515346 · ISNI (EN) 0000 0000
6130 5095 · GND (DE) 124022219 · BNF (FR) cb12807159f (data) · BAV (EN)
495/78105 · CERL cnp01355846 · WorldCat Identities (EN) viaf-7515346 Biografie
Portale Biografie Napoli Portale Napoli Categorie: Filosofi italiani del XVII
secoloAvvocati italiani del XVII secoloLetterati italianiNati nel 1636Morti nel
1714Nati il 6 ottobreMorti il 16 maggioNati a NapoliMorti a Napoli[altre]
Valore: Essential Italian
philosopher. Grice: “Having philosophsided on what Italians call ‘valore,’ I
admire Valore!” Paolo Valore Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to
navigationJump to search Paolo Valore (Milano, 10 giugno 1972) è un filosofo e
accademico italiano che si occupa di metafisica, di ontologia generale e delle
implicazioni ontologiche delle teorie formali. Si è interessato anche dei
progetti di linguaggi artificiali e di lingue ausiliarie. Indice
Studi e ricerche 2Pubblicazioni principali 2.1Monografie 2.2Curatele
2.3Dispense universitarie 2.4 Bibliografie
ragionate 2.5 Saggi
e articoli 3Note 4Collegamenti esterni Studi e ricerche Laureatosi in Filosofia
nel 1997 all'Università degli Studi di Milano, nel 2000 vi ha conseguito il
dottorato di ricerca con uno studio su Riferimento, rappresentazione e realtà
in Hilary Putnam. Dopo un anno di perfezionamento al King’s College di Londra,
dal 2002 diventa ricercatore presso il Dipartimento di Filosofia della Statale
di Milano, dove ha insegnato Storia della filosofia contemporanea. La sua prima
produzione è stata dedicata principalmente a studi sulla filosofia
dell'Ottocento e del Novecento e alla riabilitazione di una prospettiva
neotrascendentalista soprattutto in metafisica. Ha partecipato al gruppo
fondatore della rivista Problemata. Quaderni di Filosofia, di cui è stato
caporedattore. A partire dal 2004, quando la Facoltà di Ingegneria
industriale del Politecnico di Milano gli ha affidato un corso di "Verità
e teoria della corrispondenza", la sua ricerca si è spostata su tematiche
sempre più teoriche, collegate alla filosofia analitica, alla metafisica e
all'ontologia analitica. Nel 2006 organizza e cura il progetto Topics on
general and formal ontology, che si è concretizzato nell'omonimo volume.
Diviene quindi professore aggregato di Storia della metafisica contemporanea
all'Università degli Studi di Milano, di Filosofia teoretica al Politecnico con
corsi dedicati all'ontologia formale e, nel 2010-2011, di Filosofia degli
oggetti sociali (ontologia sociale) all'Università commerciale Luigi Bocconi di
Milano. Nel 2010 ha fondato con Massimo Rizzardini e Federico Gobbo il
giornale multilingue InKoj. Interlingvistikaj Kajeroj, rivista di "studio
e discussione accademica sulle tematiche dei linguaggi artificiali" ad
accesso libero, di cui è direttore.[1] È stato membro del gruppo di ricerca
internazionale EUROCORES (European Collaborative Research) finanziato dall'European
Science Foundation e dal 2010 è il responsabile del progetto “Classical
Paradigms and Theoretical Foundations in Contemporary Research on Formal and
Material Ontology” per il programma EuroScholars USA (European Undergraduates
Research Opportunities). Nel 2011 lavora negli Stati Uniti, presso il
Dipartimento di Filosofia dell'Università di New York, su un suo progetto di
ricerca di ontologia formale per il quale ha vinto una sponsorizzazione
Fulbright nella categoria Fulbright Visiting Scholar. Collabora con la Rivista
di storia della filosofia, è nel comitato scientifico delle riviste Materiali
di estetica, Rivista Italiana di Filosofia Analitica Junior e Multilinguismo e
società ed è direttore delle collane di filosofia "Biblioteca di
Problemata" (editore LED di Milano) e "Ratio. Studi e testi di
filosofia contemporanea" (editore Polimetrica di Monza).
Pubblicazioni principali Monografie Trascendentale e idea di ragione. Studio
sulla fenomenologia banfiana, Firenze, La Nuova Italia, 1999. ISBN
88-221-3282-3. Rappresentazione, riferimento e realtà. Studio su Hilary Putnam,
Torino, Thélème, 2001. ISBN 88-87419-36-1.[2] L'inventario del mondo. Guida
allo studio dell'ontologia, Torino, Utet, 2008. ISBN 978-88-6008-214-5.[3] La
sentenza di Isacco. Come dire la verità senza essere realisti, Milano-Udine,
Mimesis, 2012. ISBN 978-88-575-1231-0. Fundamentals of Ontological Commitment,
Berlin, de Gruyter, 2016. ISBN 978-3-11-045845-9. Curatele Antonio Banfi,
Platone. Lezioni 1937-38 (a cura di Paolo Valore), Milano, Unicopli, 2000. ISBN
88-400-0623-0.[4] Paolo Valore (a cura di), Forma dat esse rei. Studi su
razionalità e ontologia, Milano, Led, 2003. ISBN 88-7916-215-2.[5] Paolo Valore
(a cura di), Ars experientiam recte intelligendi. Saggi filosofici, Monza,
Polimetrica, 2004. ISBN 88-7699-009-7. Willard Van Orman Quine, Da un punto di
vista logico. Saggi logico-filosofici (edizione italiana di From a logical
point of view a cura di Paolo Valore, con presentazione di Giulio Giorello e
Renato Pettoello), Milano, Raffaello Cortina, 2004. ISBN 88-7078-885-7.[6]
Paolo Valore (a cura di), Topics on General and Formal Ontology, Monza,
Polimetrica, 2006. ISBN 978-88-7699-028-1 (ISBN 978-88-7699-029-8 come eBook).
Paolo Valore (a cura di), Materiali per lo studio dei linguaggi artificiali nel
Novecento, Milano, Cuem, 2006. ISBN 978-88-6001-092-6.[7] Simona Chiodo e Paolo
Valore (a cura di), Questioni di metafisica contemporanea, Milano, Il Castoro,
2007. ISBN 978-88-8033-394-4. Renato Pettoello e Paolo Valore (a cura di),
Willard Van Orman Quine, Milano, Franco Angeli, 2009. ISBN 978-88-568-0720-2.
Pubblicato contemporaneamente anche come numero monografico della Rivista di
storia della filosofia, n. 1, 2009, per il centenario della nascita di
Quine.[8] Paolo Valore e Federico Gobbo (a cura di), Artificial Languages.
Themes in linguistics and philosophy, Monaco di Baviera, Grin Verlag, 2010.
ISBN 978-3-640-64607-4 (ISBN 978-3-640-64599-2 come eBook). Pubblicato anche,
con il titolo Interlinguistica e filosofia dei linguaggi artificiali, come
numero monografico per la prima uscita del giornale accademico multilingue
InKoj. Interlingvistikaj Kajeroj.[9] Paolo Valore (a cura di), Multilingualism.
Language, Power, and Knowledge, Pisa, Edistudio, 2011. ISBN 978-88-7036-809-3.
Dispense universitarie La categoria di sostanza in Aristotele, Milano, Cuem,
1999. ISBN 88-6001-658-4. Introduzione al dibattito contemporaneo sulla
distinzione tra analitico e sintetico, Milano. Cuem, 2000. ISBN 88-6001-692-4.
Questioni di ontologia quineana, Milano, Cusl, 2001. ISBN 88-8132-227-7. La
struttura logico-analitica dell'ontologia herbartiana, Milano, Cusl, 2002. ISBN
88-8132-531-4. Nuova edizione corretta e aggiornata: 2008, ISBN
978-88-8132-555-9. Laboratorio di ontologia analitica, Milano, Cusl, 2003. ISBN
88-8132-266-8. Verità e teoria della corrispondenza, Milano, Cusl, 2004. ISBN
88-8132-345-1. Philosophy of Social Objects, Milano, Bocconi, 2011.[10]
Bibliografie ragionate Ontologia, Milano, Unicopli, 2004. ISBN 88-400-0986-8.
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dell'ontologia nella filosofia contemporanea più recente", in Paolo Valore
(a cura di), Forma dat esse rei..., cit., pp. 7-11. "L'interpretazione
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193-208. "Il mestiere antico e nuovo del filosofo", in la Repubblica,
28 febbraio 2004, p. XII (sezione Milano).[11] "Lógica e Ontologia no
confronto entre Bertrand Russell e Hugh MacColl acerca dos objectos inexistentes",
in Revista Portuguesa de Filosofia, 63 (2007), pp. 415-429. "Fisica e
geometria come modelli di lavoro per l'ontologia. Un'interpretazione del metodo
delle relazioni”, in Paolo Valore (a cura di), Ars experientiam..., cit., pp.
157-169. "General and formal ontology", in Paolo Valore (a cura di),
Topics on..., cit., pp. 11-13. "Some ontological remarks on The maxim of
identification of indiscernibles", in Paolo Valore (a cura di), Topics
on..., cit., pp. 67-76. Simona Chiodo e Paolo Valore, "Dall'epistolario di
Giulio Preti ad Antonio Banfi", in Simona Chiodo e Gabriele Scaramuzza (a
cura di), Ad Antonio Banfi cinquant'anni dopo, Milano, Unicopli, 2007, pp.
53-62. ISBN 978-88-400-1200-1. "Due tipi di parsimonia. Alcune
considerazioni sul costruttivismo e il nominalismo ontologico", in Elio
Franzini e Marcello La Matina (a cura di), Nelson Goodman, la filosofia e i
linguaggi, Macerata, Quodlibet. 2008, pp. 157-168. ISBN 978-88-7462-179-8.
"Cosa c'è che non va nell'idea di una lingua cosmica. Il caso del LINCOS
di Freudenthal", in Multilingusimo e Società, 2010, pp. 67-76
"Nothing is part of everything", in Giornale di filosofia,
Ontologie/8 (2012): giornaledifilosofia.net Note ^ La rivista è consultabile
sul sito specifico dell'Università di Milano. ^ Volume recensito da Massimo
Dell'Utri sulla rivista Iride. Filosofia e discussione pubblica, n. 37,
dicembre 2002, pp. 675-676. ^ Volume recensito da Giuliana Mancuso sulla
rivista web Secretum on line. Scienze, saperi, forme di cultura, n. 13, 9
aprile 2009 e da Elena Marazzi sulla Rivista di filosofia neoscolastica, n. 1,
2010, pp. 209-211. ^ Volume recensito da Conrad Gesner Jr. sulla rivista
Belfagor. Rassegna di varia umanità, n. 56, 2001, pp. 119-120. ^ Volume
recensito da Matteo Bianchetti sulla rivista Chora. Laboratorio di attualità,
scrittura e cultura filosofica, n. 10, 2005. ^ Volume recensito da: Valeria
Giardino sulla Rivista di filosofia, n. 3, dicembre 2004, pp. 531-532;
nell'articolo "Tra i cavalli alati e la realtà", su Il manifesto del
10 giugno 2004, p. 14; Luisa Morra in L'indice dei libri del mese, 2004;
Francesco Armezzani su SWIF del febbraio 2005 Archiviato il 16 maggio 2006 in
Internet Archive.. ^ Volume recensito dal professor Renato Corsetti sulla
rivista L'esperanto. Revuo de itala esperanto-federacio, n. 2, 2007, pp. 17-18.
^ Volume recensito da Elena Marazzi sulla rivista web Secretum on line.
Scienze, saperi, forme di cultura, n. 19, 28 maggio 2009. ^ Consultabile on
line. ^ Si tratta di un eBook accessibile solo con password. ^ Si tratta di una
replica critica all'articolo di Patrizia Valduga "Trentuno filosofi
all'anagrafe", pubblicato su la Repubblica del 20 febbraio 2004, p. I
(sezione Milano). Collegamenti esterni Profilo accademico su
immaginidellamente.it. Elenco completo delle pubblicazioni sul sito
universitario academia.edu[collegamento interrotto]. Controllo di autoritàVIAF
(EN) 76594422 · ISNI (EN) 0000 0001 0858 7625 · LCCN (EN) no00068289 · BNF (FR)
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Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XX
secoloFilosofi italiani del XXI secoloAccademici italiani del XX
secoloAccademici italiani del XXI secoloNati nel 1972Nati il 10 giugnoNati a
MilanoDirettori di periodici italianiFondatori di riviste italianeProfessori
dell'Università commerciale Luigi BocconiProfessori dell'Università degli Studi
di MilanoProfessori del Politecnico di MilanoStudenti del King's College
LondonStudenti dell'Università degli Studi di Milano[altre]
Valperga: essential
italain philosopher. Grice: “Noble Italians love a long surname, so this is
Valperge-Di-Caluso,” and so Ryle had in under the “C””. Tommaso Valperga di Caluso Da Wikipedia,
l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Tommaso Valperga di Caluso Tommaso Valperga
di Caluso (Torino, 20 dicembre 1737 – Torino, 1º aprile 1815) è stato un
filosofo, astronomo, fisico e matematico italiano, membro della congregazione
dell'Oratorio. Indice 1Biografia 2Note
3Opere (selezione) 4Bibliografia 5Altri progetti 6Collegamenti esterni
Biografia Discendente dai Valperga, nobile famiglia piemontese, nei primi anni
della giovinezza si sentì attratto dalla carriera delle armi. A Malta, ospite
del governatore dell'isola, si addestrò alla vita marinara imparando le
dottrine nautiche e nel 1754 fu capitano sulle galee del re di Sardegna.
Entrato poi a Napoli nella congregazione dei padri filippini fu professore di
teologia. Tornato a Torino studiò fisica
e matematica sotto la guida del Beccaria, con Joseph-Louis Lagrange, Saluzzo e
Cigna. Frequentatore delle riunioni culturali "sampaoline" nelle sale
della casa di Gaetano Emanuele Bava di San Paolo ritrovò l'Alfieri, che aveva
conosciuto a Lisbona nel 1772 durante un viaggio in Portogallo. Scoprì in lui
il futuro poeta e tra loro nacque una profonda amicizia. Eccelse negli studi filosofici e apprese
l'inglese, il francese, lo spagnolo e l'arabo e conobbe con sicurezza il
latino, il greco, il copto e l'ebraico. Nell'università degli Studi di Torino
insegnò lingue orientali. Fu direttore dell'osservatorio astronomico di palazzo
Madama, incarico che nel 1805 cedette al Vassalli Eandi. Fu membro dell'Accademia delle Scienze di
Torino dal 1773 e di tutte le maggiori accademie d'Europa, come pure della
Massoneria[1]. Suo fratello Carlo
Francesco (1727-1811) fu Ambasciatore del Regno di Sardegna in Francia,
Portogallo e Spagna, e Viceré di Sardegna dal 1780 al 1783. Note ^ Gerardo Tocchini, "Le veglie di
Torino, Joseph de Maistre", in: Storia d'Italia, Annali 25, Esoterismo, a
cura di Gian Mario Cazzaniga, Einaudi, Torino, 2010, p. 395. Opere (selezione)
(LA) Tommaso Valperga di Caluso (con lo pseudonimo Didymus Taurinensis),
Literaturae Copticae rudimentum, Parmae, Ex regio typographaeo, 1783. URL
consultato il 27 giugno 2019. Tommaso Valperga di Caluso (con lo pseudonimo
Euforbo Melesigenio), La Cantica ed il Salmo 18. secondo il testo ebreo
tradotti in versi da Euforbo Melesigenio, Parma, tipi bodoniani, 1800. URL
consultato il 27 giugno 2019. Tommaso Valperga di Caluso, Prime lezioni di
gramatica Ebraica, Torino, Stamperia della corte d'Appello, 1805. URL
consultato il 27 giugno 2019. (LA) Tommaso Valperga di Caluso, Thomae Valpergae
inter P. Arcades Euphorbi Melesigenii latina carmina cum specimine graecorum,
Augustae Taurinorum, in typographaeo supremae curiae appellationis, 1807. URL
consultato il 27 giugno 2019. (FR) Tommaso Valperga di Caluso, Principes de
philosophie pour des initiés aux mathématiques, Turin, Bianco, 1811. URL
consultato il 27 giugno 2019. Bibliografia Carlo Calcaterra, Valperga di
Caluso, Tommaso, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, 1932, valperga-di-caluso-tommaso. URL consultato il 12 luglio
2018.Modifica su Wikidata Piero Treves, Caluso di Valperga, Tommaso, in
Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. URL consultato il 12 luglio 2018. Renzo Rossotti, Le strade di
Torino, Newton Compton Editori, 1995. Milena Contini, Tommaso Valperga di
Caluso e l'‘Orlando Innamorato' del 1506, in «Giornale storico della
letteratura italiana», CLXXXVI, 2009, pp. 430-449. Milena Contini, La felicità
del savio. Ricerche su Tommaso Valperga di Caluso, Alessandria, Edizioni
dell'Orso, 2011. Milena Contini, Tommaso Valperga di Caluso traduttore in
piemontese dell'incipit dell'Iliade, in «Studi Piemontesi», XL, 2011, pp.
485-489. Milena Contini, Le riflessioni di Tommaso Valperga di Caluso sulla
lingua italiana, in La letteratura degli italiani. Centri e periferie, Atti del
Congresso Adi, Pugnochiuso 16-19 settembre 2009, a cura di D. Cofano e S.
Valerio, Foggia, Edizione del Rosone, 2011. Milena Contini, Ugolini mors.
Traduzioni latine di Inferno XXXIII, in «Dante. Rivista internazionale di studi
su Dante Alighieri», VIII, 2011, pp. 97-102. Milena Contini, Per una poetica
teatrale di Tommaso Valperga di Caluso: traduzioni ed esperimenti, in La
letteratura degli italiani II. Rotte, confini, passaggi, Atti del Congresso
Adi, Genova 15-18 settembre 2010, a cura di A. Beniscelli, Q. Marini, L.
Surdich, DIRAS, Università degli Studi di Genova, 2012. Milena Contini, Il
corpo martoriato. L'interesse di Tommaso Valperga di Caluso per quattro atroci
fatti di sangue, in Metamorfosi dei lumi 7: il corpo, l'ombra, l'eco, a cura di
Clara Leri, Torino, aAccademia university press, 2014, pp. 3-18. Milena
Contini, Versione latina di Inferno XXXIII, in «Lo Stracciafoglio», 2014.
Milena Contini, Plagio dal Villebrune apposto al Petrarca: un'appassionata
confutazione di “meschine, arroganti e scortesi” calunnie sull’Africa, in
«Sinestesie», giugno 2015. Milena Contini, Tommaso Valperga di Caluso
(1737-1815): un maestro da ricordare, in «Rivista di Storia dell'Università di
Torino», 4, 2015. Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una
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Cattolicesimo Portale Cattolicesimo Fisica Portale Fisica Categorie: Filosofi
italiani del XVIII secoloFilosofi italiani del XIX secoloAstronomi
italianiFisici italiani del XVIII secoloFisici italiani del XIX secoloNati nel
1737Morti nel 1815Nati il 20 dicembreMorti il 1º aprileNati a TorinoMorti a
TorinoOratorianiMassoniValperga (famiglia)[altre]
Vanini: Essential Italian philosopher.
“If you speak Italian, you should never confuse Vaninin with Vanninin.” –
Grice. vanini: philosopher, a
Renaissance Aristotelian who studied law and theology. He became a monk and
traveled all over Europe. After abjuring, he taught and practiced medicine. He
was burned at the stake by the Inquisition. His major work is four volumes of
dialogues, De admirandis naturae reginae deaeque mortalium arcanis “On the
Secrets of Nature, Queen and Goddess of Mortal Beings,” 1616. He was influenced
by Averroes and Pietro Pomponazzi, whom he regarded as his teacher. Vanini
rejects revealed religion and claims that God is immanent in nature. The world
is ruled by a necessary natural order and is eternal. Like Averroes, he denies
the immortality and the immateriality of the human soul. Like Pomponazzi, he
denies the existence of miracles and claims that all apparently extraordinary
phenomena can be shown to have natural causes and to be predetermined. Despite
the absence of any original contribution, from the second half of the
seventeenth century Vanini was popular as a symbol of free and atheist thought.
Giulio Cesare Vanini Da Wikipedia, l'enciclopedia
libera. Jump to navigationJump to search Medaglione di Vanini al
monumento a Giordano Bruno in Campo de' Fiori. Sotto il mento, una piccola
effigie di Martin Lutero[1]. Giulio Cesare Vanini (Taurisano, 19 gennaio 1585 –
Tolosa, 9 febbraio 1619) è stato un filosofo, medico, naturalista e libero
pensatore italiano, fra i primi esponenti di rilievo del libertinismo
erudito. Indice 1 Biografia 1.1 La fuga in Inghilterra 1.2 La fuga
da Londra 1.3 In Francia 1.4 A Tolosa 2 Opera 3 Pensiero 4 La fortuna
filosofica di Vanini 5 Opere letterarie 6 Note 7 Bibliografia 7.1 Vanini in
Inghilterra 7.1.1 Documenti 7.1.2 Documenti inclusi nell'opera di Namer 7.2
Vanini e l'Inquisizione di Roma 8 Altri progetti 9 Collegamenti esterni
Biografia Giulio Cesare Vanini nasce nella notte tra il 19 e il 20 gennaio
1585[2] a Taurisano, casale di Terra d'Otranto, nella famiglia che il padre
Giovan Battista, uomo d'affari originario di Tresana in Toscana, ha costituito
sposando una Lopez de Noguera, appartenente a una famiglia spagnola
appaltatrice delle regie dogane della Terra di Bari, della Terra d'Otranto,
della Capitanata e della Basilicata. Anche un successivo documento dell'agosto
del 1612, scoperto nell'Archivio segreto vaticano, lo qualifica
"pugliese", confermando il luogo di nascita ch'egli si attribuisce
nelle sue opere. Nel censimento ufficiale della popolazione del casale di
Taurisano, nel 1596, figurano solo i nomi di Giovan Battista Vanini, del figlio
legittimo Alessandro, nato nel 1582, e del figlio naturale Giovan Francesco.
Nessun cenno della moglie e dell'altro figlio legittimo Giulio Cesare. Nel 1603
Giovan Battista Vanini viene segnalato per l'ultima volta a Taurisano: si ha
motivo di ritenere che dopo questa data sia rientrato a Napoli.
Paolo Sarpi Sistemata ogni pendenza economica, nel 1603[3] entra
nell'ordine carmelitano assumendo il nome di fra' Gabriele e si trasferisce a
Padova per intraprendere gli studi di teologia presso quell'università. Giunge
nelle terre della Repubblica di Venezia quando le polemiche provocate due anni
prima dall'interdetto del papa Paolo V sono ancora vivacissime. Durante il
soggiorno padovano entra in contatto con il gruppo capeggiato da Paolo Sarpi
che, con l'appoggio dell'ambasciata inglese a Venezia, alimenta la polemica
antipapale. Giulio Cesare consegue a Napoli il titolo di dottore in
utroque iure, superando nel giugno 1606 l'esame che gli consentiva di
esercitare la professione di dottore nella legge civile e canonica. Come verrà
descritto in documenti posteriori, egli ha assimilato una grande cultura,
«parla assai bene il latino e con una grande facilità, è alto di taglia e un
po' magro, ha i capelli castani, il naso aquilino, gli occhi vivi e fisionomia
gradevole ed ingegnosa». Nel 1606 probabilmente il padre del filosofo
muore a Napoli. Giulio Cesare Vanini, divenuto maggiorenne, si fa riconoscere
da un tribunale della capitale erede di Giovan Battista e tutore del fratello
Alessandro. Con una serie di rogiti e procure notarili redatte a Napoli, Giulio
Cesare inizia a sistemare ogni pendenza economica conseguente alla morte del
padre: vende una casa di sua proprietà sita in Ugento, a pochi chilometri dal
suo paese d'origine; nel 1607 dà mandato a uno zio materno di assolvere
incarichi dello stesso tipo, incarica nel 1608 l'amico Scarciglia di
recuperagli una somma e gli vende alcuni beni rimasti a Taurisano e tenuti in
custodia dai due fratelli. Nel 1611 partecipa alle prediche quaresimali,
attirandosi i sospetti delle autorità religiose. La fuga in Inghilterra
Nel gennaio 1612, in conseguenza dei suoi atteggiamenti antipapali, viene
allontanato dal convento di Padova e rinviato, in attesa di ulteriori sanzioni
disciplinari, al Provinciale di Terra di Lavoro con sentenza del generale
dell'Ordine Carmelitano, Enrico Silvio, ma l'anno dopo fugge in Inghilterra,
insieme con il confratello genovese Bonaventura Genocchi. Nel viaggio, toccano
Bologna, Milano, i Grigioni svizzeri e discendono il corso del Reno sino alla
costa del Mare del Nord, attraversando la Germania, i Paesi Bassi, il canale
della Manica e giungendo infine a Londra e a Lambeth, sede arcivescovile del
Primate d'Inghilterra. Qui i due frati rimarranno per quasi due anni, nascondendo
la loro reale identità perfino ai loro ospiti inglesi, poiché è provato che lo
stesso arcivescovo di Canterbury, George Abbot, li conosceva sotto un nome
diverso da quello reale. Francesco Bacone Nel luglio 1612, nella
Chiesa londinese detta "dei Merciai" o "degli Italiani",
alla presenza di un folto auditorio e del filosofo Francesco Bacone, Vanini e
il suo compagno fanno una pubblica sconfessione della loro fede cattolica,
abbracciando la religione anglicana. In realtà i due frati non hanno tagliato i
ponti con i loro ambienti di provenienza: infatti nel 1613 Genocchi viene
raggiunto da una lettera molto amichevole di un amico e confratello genovese,
Gregorio Spinola. A loro volta, le autorità cattoliche vengono subito
informate di questo caso. All'inizio di agosto è il nunzio a Parigi ad
avvertire la Segreteria di Stato vaticana che due frati veneziani non meglio
identificati sono fuggiti in Inghilterra «e si sono fatti ugonotti», che un
vescovo italiano sta per seguirli e che lo stesso Paolo Sarpi, morto il doge e
privato della sua protezione, per non cadere in mano dei suoi nemici, è sul
punto di fuggire in Palatinato tra i protestanti; analoga notizia, arricchita
di altri particolari, viene inoltrata dal nunzio in Fiandra al cardinale Borghese
a Roma, che risponde mostrandosi già al corrente dei fatti e dell'esatta
identità dei due frati; sa che la fuga di Vanini, di Genocchi, di Paolo Sarpi e
di un non ancora identificato vescovo italiano potrebbe portare alla
ricostituzione in terra protestante del gruppo di opposizione al Papato già
operante nella Repubblica veneta al tempo dell'interdetto. Nei mesi
seguenti il nunzio Ubaldini da Parigi continua a inviare a Roma dettagli sulla
condotta dei due frati rifugiati in Inghilterra, sulle loro predicazioni, su
come sono stati accolti a corte e dalle autorità religiose, su come si continui
a parlare dell'arrivo del vescovo italiano. La Segreteria di Stato vaticana
esorta il nunzio in Francia ad attivare i suoi confidenti in Inghilterra al
fine di scoprire l'identità del vescovo intenzionato a rifugiarvisi; in ottobre
il cardinale Ubaldini da Parigi assicura alla Segreteria di Stato tutto il suo
impegno in merito all'argomento dei due frati. Nello stesso dispaccio afferma
che non mancherà di informare di ogni dettaglio anche il cardinale Arrigoni,
che gli ha scritto in merito per conto del Papa e della Congregazione del
Sant'Uffizio. Evidentemente a quella data la condotta veneziana e la successiva
fuga dei due frati era già diventata argomento di discussione dell'Inquisizione
Romana. Un'altra lettera del cardinale Borghese invita il nunzio in
Francia ad essere vigile sulla faccenda della fuga del vescovo in Inghilterra
e, nel caso egli passi per il suolo francese, a far di tutto per «farlo ritenere»,
come suggerisce il Papa e «come sarebbe molto a proposito». In dicembre il
Nunzio Ubaldini invia da Parigi al cardinale Borghese notizie dettagliate e di
tenore molto diverso rispetto alle precedenti sui due frati, attestando la
buona reputazione di cui essi godono in Inghilterra e la fiducia che possano
presto essere recuperati alla Chiesa di Roma. Questa lettera viene poi
trasmessa al tribunale dell'Inquisizione romana che nei primi giorni del
gennaio successivo inizia di fatto a istruire il processo contro Vanini.
Il Museo di Storia Naturale dell'Università di Oxford Nei mesi successivi
si hanno varie notizie di un gran traffico di suppliche e lettere dei due frati
a Roma, specialmente tramite l'ambasciatore spagnolo a Londra, per ottenere il
perdono del papa e il rientro nel Cattolicesimo. Le autorità religiose inglesi
ne vengono segretamente informate e dispongono un'attenta sorveglianza nei
confronti dei due frati. Tra la fine del 1613 e l'inizio del 1614 Vanini
si reca in visita all'Università di Cambridge e poi ad Oxford; qui confida ad
alcuni conoscenti la sua ormai imminente fuga dall'Inghilterra, cosicché in
gennaio i due frati vengono arrestati dalla guardie dell'arcivescovo dopo una
funzione religiosa nella chiesa "degli Italiani" e rinchiusi in case
di alcuni servi dell'arcivescovo. Scoppia un grande scandalo e dell'episodio
vengono informati il re e le massime autorità dello Stato, in quanto nelle
operazioni di recupero appaiono chiaramente coinvolti agenti di nazioni
straniere accreditati nelle ambasciate a Londra. Altissime personalità
cattoliche da Roma seguono la vicenda e la favoriscono con grande calore.
In febbraio Genocchi, eludendo la sorveglianza e con l'aiuto di agenti
stranieri, fugge dalla prigione e dall'Inghilterra; in conseguenza di ciò,
Vanini viene trasferito in luogo più sicuro e rinchiuso nella Carzel publica,
ovvero nella Gatehouse adiacente all'Abbazia di Westminster. Dilaga lo
scandalo; volano le accuse di leggerezza nei confronti dei fautori della fuga
dei due frati dall'Italia, mentre cominciano a circolare apertamente i nomi del
cappellano dell'ambasciatore veneto a Londra, Girolamo Moravo, e
dell'ambasciatore spagnolo quali autori del clamoroso "recupero".
Dalla Curia romana si continua a seguire la vicenda e a favorirla in ogni
modo. A Londra viene intanto istruito il processo a Vanini: il frate
rischia una severa punizione, non il rogo come i martiri della fede (come il
carmelitano scriverà con enfasi poi nelle sue opere), ma una lunga deportazione
in desolate colonie lontane, come l'arcivescovo Abbot suggerisce al re.
La fuga da Londra Tra il 10 e il 16 marzo 1614 anche Vanini riesce a evadere di
prigione e a fuggire dall'Inghilterra, sempre grazie all'aiuto degli agenti
dell'ambasciatore spagnolo a Londra, incoraggiato da alte personalità romane e
del cappellano dell'ambasciata della Repubblica Veneta, che si avvale anche
dell'opera di alcuni servi dell'ambasciatore stesso, ma all'insaputa di
questi. Due anni dopo, durante il processo della Repubblica Veneta contro
l'ambasciatore Foscarini per spionaggio e per aver consentito ad Abbot di
sottoporre ad interrogatorio il personale dell'ambasciata, vengono alla luce
anche dettagli sulla complicità della fuga di Vanini da Londra. In aprile
Vanini e Genocchi arrivano a Bruxelles e si presentano al Nunzio di Fiandra,
Guido Bentivoglio, che li attende da tempo. Vengono iniziate le prime pratiche
per la concessione del perdono per la fuga in Inghilterra e per l'apostasia e
viene loro accordato di tornare in Italia e di vivervi in abito di prete
secolare, senza più indossare l'abito religioso, ma con il vincolo
dell'obbedienza al loro superiore. Forti di tali concessioni, alla fine di
maggio i due frati vengono posti sulla via per Parigi, dove devono presentarsi
al Nunzio di quella città, Roberto Ubaldini. All'incirca nello stesso
periodo giunge a Parigi anche l'ultimo frate "recuperato"
dall'Inghilterra, fra' Nicolò da Ferrara, al secolo Camillo Marchetti. Altri
due frati, invece, non ottengono il perdono dalle autorità cattoliche.
Lione, la città vecchia A Parigi, nell'estate del 1614, durante la
permanenza presso la sede del Nunzio Ubaldini, Vanini si inserisce nella
polemica relativa all'accettazione dei principi del Concilio di Trento in
Francia, che tardava ad arrivare a causa del rifiuto di parte del clero
gallicano; per orientare gli animi nella direzione voluta dalla Santa Sede,
scrive i Commentari in difesa del Concilio di Trento, di cui egli poi intende
avvalersi, come scrive Ubaldini ai suoi superiori in Roma, per dimostrare la
sincerità del suo ritorno nella fede cattolica. Riprende quindi la strada
per l'Italia, dirigendosi a Roma, dove deve affrontare le difficili fasi finali
del processo presso il tribunale dell'Inquisizione. Dimora per qualche mese a
Genova, dove ritrova l'amico Genocchi e si guadagna da vivere insegnando
filosofia ai figli di Scipione Doria. Nonostante le assicurazioni
ricevute, il ritorno dei frati non è del tutto tranquillo: nel gennaio 1615
Genocchi viene inaspettatamente arrestato dall'Inquisitore di Genova; a Ferrara
accade lo stesso all'altro frate "recuperato", Camillo Marchetti.
Vanini teme che gli accada la stessa sorte, fugge nuovamente in Francia e si
dirige a Lione. Gli esiti finali delle esperienze capitate al frate genovese e
a quello ferrarese - che vennero rilasciati dopo un breve periodo di detenzione
e restituiti alla normale vita religiosa - sembrano indicare che forse Vanini
esagerò il pericolo insito in queste operazioni di polizia
dell'Inquisizione. In Francia' A Lione, nel giugno 1615, Vanini pubblica
l'Amphitheatrum, che egli intende esibire in sua difesa alle autorità romane,
come si legge in un dispaccio di Ubaldini alle autorità romane. Esso è dedicato
a Francesco de Castro, ambasciatore spagnolo presso la Santa Sede, già
collegato con la famiglia Vanini, da cui il frate fuggiasco s'aspetta un aiuto
nell'operazione della concessione del perdono da parte delle autorità
romane. La Sorbona Poco tempo dopo, grazie anche agli appoggi
acquisiti presso certi ambienti cattolici con la pubblicazione della sua opera,
Vanini ritorna a Parigi e si ripresenta al Nunzio Ubaldini, chiedendogli di
intervenire in suo favore presso le autorità di Roma. In agosto il prelato
scrive al cardinale Borghese, chiedendo chiare indicazioni sulla sorte
dell'ex-carmelitano. Non si conosce la risposta del Segretario di Stato;
Vanini, comunque, non ritorna più in Italia e riesce invece a trovare la strada
e i mezzi per entrare in ambienti molto prestigiosi della nobiltà
francese. Nel 1616, in pochi mesi, Vanini completa un'altra sua opera, il
De Admirandis Naturae Reginae Deaeque Mortalium Arcanis, ed il 20 maggio
l'affida a due teologi della Sorbona perché ne autorizzino la pubblicazione,
secondo le norme del tempo vigenti in Francia; l'opera è pubblicata in
settembre a Parigi. Essa è dedicata a François de Bassompierre, uomo potente
alla corte di Maria de' Medici, ma è stampata da Adrien Perier, tipografo
notoriamente protestante. Il lavoro vede la luce in un ambiente ricco di
pubblicazioni che vengono guardate con sospetto dai rappresentanti cattolici e
che provocano pesanti condanne, fino al rogo. L'opera del Vanini ottiene un
immediato successo presso certi ambienti della nobiltà, popolati di giovani
spiriti che guardano con interesse alle innovazioni culturali e scientifiche
che vengono dall'Italia. In questo senso il De Admirandis costituisce una
summa, esposta in modo vivace e brillante, del nuovo sapere; dà una risposta
alle esigenze del momento di questo settore della nobiltà francese; diviene una
specie di "manifesto" culturale di questi esprits forts e rappresenta
per Vanini una possibilità di stabile permanenza negli ambienti vicini alla
corte di Parigi.[senza fonte] Tuttavia, pochi giorni dopo la
pubblicazione dell'opera, i due teologi della Sorbona che avevano espresso la
loro approvazione alla pubblicazione si presentano ai membri della Facoltà di
Teologia in seduta ufficiale e li informano di aver letto, a loro tempo, certi
dialoghi scritti da Vanini; di non avervi trovato allora niente che
contrastasse con la fede cattolica; di averli restituiti muniti della loro
approvazione alla stampa e con la condizione che il manoscritto da essi
controfirmato fosse depositato presso di essi a pubblicazione avvenuta, a
testimonianza della fedeltà del testo pubblicato a quello da loro approvato;
che ciò non era avvenuto e che circolava invece un testo dell'opera diverso da
quello approvato e contenente «alcuni errori contro la comune fede di tutti»,
per cui i due dottori avanzano la supplica che l'opera non circoli più con la
loro approvazione e che tale richiesta venga trascritta nel libro delle
Conclusioni della Facoltà stessa. La Sorbona accoglie tale richiesta che
costituì di fatto un divieto di circolazione del testo. Marco
Antonio de Dominis La Facoltà di Teologia della Sorbona, però, sembra non
occuparsi più dell'opera di Vanini, non prenderne più in esame l'opera, non
elencarne o denunciarne, come da prassi, gli errori da emendare, né mai
condanna il suo contenuto o il suo autore. Comunque, una condanna espressa dal
vicario episcopale di Tolosa, Jean de Rudèle, fu sottoscritta anche
dall'inquisitore Claude Billy. Inoltre anche la Congregazione dell'Indice
pronuncia una condanna il 3 luglio 1620, con la quale il De admirandis fu
condannato con la formula del donec corrigatur, in base alla quale il Sotomaior
collocò il Vanini nella prima classe degli autori proibiti nel suo indice del
1640. La Collectio Judiciorum de novis erroribus qui ab initio duodecimi seculi
post Incarnationem Verbi, usque ad annum 1632, in Ecclesia proscripti sunt et
notati, di Charles du Plessis d'Argentré, dottore della Sorbona e vescovo,
edita a Parigi nel 1728, esamina le censure e le "conclusioni"
espresse dalla Facoltà sino al 1632 - che aveva condannato l'Amphitheatrum
Aeternae Sapientiae di Heinrich Khunrath e la De Republica Ecclesiastica di
Marco Antonio de Dominis) - non menziona invece provvedimenti contro
Vanini. Tutto questo porterebbe a ritenere che non vi siano stati atti
ufficiali specifici di persecuzione contro Vanini da parte delle autorità
parigine, né religiose né civili, né in questo periodo né negli anni seguenti,
ma solo proteste e minacce nei suoi confronti da parte di alcuni settori
cattolici. Una condanna dell'opera di Vanini non avrebbe trovato fondate
giustificazioni, né sul piano giuridico né su quello culturale, in quanto gran
parte delle teorie esposte da Vanini non costituivano una novità per la cultura
francese. Fuggito da pochi mesi dall'Inghilterra, impossibilitato a
rientrare in Italia, minacciato da alcuni settori cattolici francesi, Vanini
vede restringersi intorno gli spazi di movimento e ridursi le possibilità di
trovare stabile sistemazione nella società francese. Ha paura che venga aperto
un processo contro di lui anche a Parigi, per cui fugge dalla capitale e si
nasconde in Bretagna, in una delle cui abbazie, quella di Redon, è Abate
Commendatario il suo amico e protettore, Arthur d'Espinay Saint-Luc. Ma
intervengono anche altri fattori di preoccupazione: nell'aprile 1617 viene ucciso
a Parigi Concino Concini, favorito di Maria de Medici, uomo potentissimo e
molto odiato in Francia. L'episodio, seguito poco dopo dall'allontanamento
della regina dalla capitale con il suo odiato seguito di italiani, crea
notevole turbolenza politica e suscita un vasto movimento di ostilità nei
confronti degli italiani residenti a corte. A Tolosa Nei mesi seguenti,
altre cronache del tempo segnalano la presenza di un misterioso italiano, con
un nome strano, in possesso di una grande cultura ma dall'incerto passato,
ancora più a sud, in alcune città della Guienna e poi della Linguadoca ed
infine a Tolosa. Nella particolare suddivisione politica della Francia del XVII
secolo, Enrico, duca di Montmorency, protettore degli esprits forts del tempo,
sposato con la duchessa italiana Maria Felice Orsini, è governatore di questa
regione e sembra poter accordare protezione al fuggiasco, che continua comunque
a tenersi prudentemente nascosto. La presenza a Tolosa di questo misterioso
personaggio, di cui si ignora la provenienza e la formazione culturale, ma che
fa mostra di grande sapienza, di grande vivacità dialettica specialmente tra i
giovani e di affermazioni non sempre allineate con la morale del tempo, non
passa inosservata ed attira i sospetti delle autorità, che cominciano a
sorvegliarlo. Dopo averlo ricercato per un mese, il 2 agosto 1618 le
autorità tolosane lo fanno arrestare e chiudere in prigione. Lo sottopongono ad
interrogatorio, cercano di scoprire chi egli sia, quali siano le sue idee in
materia di religione e di morale, perché fosse arrivato fin in quel lontano
angolo della Francia meridionale. Vengono convocati testimoni contro di lui, ma
non riescono ad accertare nulla, né a farlo tradire. Il convento
degli Agostiniani a Tolosa Il 9 febbraio 1619 il misterioso personaggio viene
improvvisamente riconosciuto colpevole e condannato al rogo. Ormai isolato,
braccato, impossibilitato a chiamare a sua difesa un passato travagliatissimo e
ricco di nodi mai sciolti, abbandonato dai pochi amici rimastigli fedeli perché
impotenti ad organizzare una chiara strategia in sua difesa, Vanini muore di
morte atroce. Il Parlamento di Tolosa lo riconosce colpevole del reato di
ateismo e di bestemmie contro il nome di Dio, condannandolo, sulla base della
normativa del tempo prevista per i bestemmiatori, alla stessa pena cui erano
andati incontro, in luoghi diversi ma in circostanze analoghe, certi Gilles
Fremond e Jean Fontanier: gli viene tagliata la lingua, poi è strangolato e
infine arso. Subito dopo l'esecuzione – rispettivamente nel maggio e nel
giugno 1619 - furono pubblicati due anonimi che facevano esplicitamente il nome
del Vanini e quindi nel misterioso italiano giustiziato viene riconosciuto
Giulio Cesare Vanini, l'autore del De Admirandis, che aveva suscitato i
sospetti di alcuni settori cattolici parigini nel 1616. Nello stesso 1619
comparvero le Histoires memorables di Rosset, che, con la quinta Histoire,
divulgava con poche modifiche il secondo dei due citati canards. Nel luglio
1620 Joannes de Rudele, teologo e vicario generale dell'arcivescovado di
Tolosa, avverte pubblicamente di aver esaminato le due opere di Vanini insieme
con il padre Claudio Billy e di averle trovate «contrarie al culto e
all'accettazione del vero Dio e assertrici dell'ateismo», emettendo ufficiale
ordinanza di condanna e proibendone la stampa e la vendita nella diocesi di
Tolosa, territorio posto sotto la sua giurisdizione. In precedenza, la Facoltà
teologica della Sorbona non aveva comunicato di aver adottato analogo
provvedimento. Omaggio a Giulio Cesare Vanini nel luogo della sua
morte. Opera Amphitheatrum Æternæ Providentiæ divino-magicum,
christiano-physicum, necnon astrologo-catholicum adversus veteres philosophos,
atheos, epicureos, peripateticos et stoicos, pubblicato a Lione nel 1615.
L'opera si compone di 50 esercitazioni, che mirano a dimostrare l'esistenza di
Dio, a definirne l'essenza, a descriverne la provvidenza, a vagliare o
confutare le opinioni di Pitagora, di Protagora, di Cicerone, di Boezio, di
Tommaso d'Aquino, degli Epicurei, di Aristotele, di Averroè, di Cardano, dei
Peripatetici, degli Stoici, ecc., su questo argomento. De Admirandis
Naturæ Reginæ Deæque Mortalium Arcanis libri quattuor, stampato a Parigi nel
1616 presso l'editore Adriano Périer. Si divide in quattro libri: un
Liber Primus de Cœlo et Aëre; un Liber Secundus de Aqua et Terra; un Liber
Tertius de Animalia Generatione et Affectibus Quibusdam; un Liber Quartus de
Religione Ethnicorum; per un totale di 60 dialoghi (ma in realtà solo 59, in quanto
il XXXV è perduto o mai redatto), che avvengono tra lui, nelle vesti di
divulgatore del sapere, e un immaginario Alessandro, che si presta ad un gioco
sottile e divertente nel corso del quale, con un atteggiamento compiacente e un
po' complice, tra espressioni di meraviglia e ammirazione per la vastità del
sapere di cui l'amico fa mostra, sollecita il suo interlocutore ad elencare e
spiegare gli arcani della natura regina e dea che esistono intorno e
all'interno dell'uomo. Così, in un misto di rilettura in nuova chiave
critica del pensiero degli antichi e di divulgazione di nuove teorie
scientifiche e religiose, il protagonista del lavoro discetta sulla materia,
figura, colore, forma, motore ed eternità del cielo; sul moto, centro e poli
dei cieli; sul sole, sulla luna, sugli astri; sul fuoco; sulla cometa e
sull'arcobaleno; sulla folgore, la neve e la pioggia; sul moto e la quiete dei
proiettili nell'aria; sull'impulsione delle bombarde e delle balestre;
sull'aria soffiata e ventilata; sull'aria corrotta; sull'elemento dell'acqua;
sulla nascita dei fiumi; sull'incremento del Nilo; sull'eternità e la salsedine
del mare; sul fragore e sul moto delle acque; sul moto dei proiettili; sulla
generazione delle isole e dei monti, nonché della causa dei terremoti; sulla
genesi, radice e colore delle gemme, nonché delle macchie delle pietre; sulla
vita, l'alimento e la morte delle pietre; sulla forza del magnete di attrarre
il ferro e sulla sua direzione verso i poli terrestri; sulle piante; sulla
spiegazione da dare ad alcuni fenomeni della vita di tutti i giorni; sul seme
genitale; sulla generazione, la natura, la respirazione e la nutrizione dei
pesci; sulla generazione degli uccelli; sulla generazione delle api; sulla
prima generazione dell'uomo; sulle macchie contratte dai bambini nell'utero;
sulla generazione del maschio e della femmina; sui parti di mostri; sulla
faccia dei bambini coperta da una larva; sulla crescita dell'uomo; sulla
lunghezza della vita umana; sulla vista; sull'udito; sull'odorato; sul gusto;
sul tatto e solletico; sugli affetti dell'uomo; su Dio; sulle apparizioni
nell'aria; sugli oracoli; sulle sibille; sugli indemoniati; sulle sacre
immagini dei pagani; sugli àuguri; sulla guarigione delle malattie capitata
miracolosamente ad alcuni al tempo della religione pagana; sulla resurrezione
dei morti; sulla stregoneria; sui sogni. Pensiero Girolamo Cardano
«Empio osarono dirti e d'anatemi oppressero il tuo cuore e ti legarono e alle
fiamme ti diedero. O uomo sacro! perché non discendesti in fiamme dal cielo, il
capo a colpire ai blasfemi e la tempesta tu non invocasti che spazzasse le
ceneri dei barbari dalla patria lontano e dalla terra! Ma pur colei che tu già
vivo amasti, sacra Natura te morente accolse, del loro agire dimentica i nemici
con te raccolse nell'antica pace.» (Friedrich Hölderlin, Vanini, 1798)
L'interpretazione naturalistica dei fenomeni soprannaturali che Pietro
Pomponazzi – chiamato dal Vanini magister meus, divinus praeceptor meus, nostri
speculi Philosophorum princeps - aveva dato nel De incantationibus, “aureum
opusculum”, è ripresa nel De admirandis naturae, dove, con una prosa semplice
ed elegante, Vanini fa riferimento anche al Cardano, a Giulio Cesare Scaligero
e ad altri cinquecentisti. «Dio agisce sugli esseri sublunari (cioè sugli
esseri umani) servendosi dei cieli come strumento»; di qui l'origine naturale e
la spiegazione razionale dei pretesi fenomeni soprannaturali, dal momento che
anche l'astrologia è considerata una scienza; «l'Essere Supremo, quando
incombono pericoli, dà avvertimenti agli uomini e specialmente ai sovrani, agli
esempi dei quali il mondo si conforma» (De admirandis, IV, 52). Ma i reali
fondamenti dei presunti fenomeni sovrannaturali sono per Vanini soprattutto la
fantasia umana, capace a volte di modificare l'apparenza della realtà esterna,
i fondatori delle religioni rivelate, Mosè, Gesù, Maometto e gli ecclesiastici
impostori che impongono false credenze per ottenere ricchezze e potere, e i
regnanti, interessati al mantenimento di credenze religiose per meglio dominare
la plebe, come insegnava già Machiavelli, il «principe degli atei» per il
quale, secondo Vanini, «tutte le cose religiose sono false e sono finte dai
principi per istruire l'ingenua plebe affinché, dove non può giungere la
ragione, almeno conduca la religione». Seguendo ancora il Pomponazzi e il
Porzio nella loro interpretazione dei testi aristotelici, mutuata dai commenti
di Alessandro di Afrodisia, nega l'immortalità dell'anima. Anche il cosmo
aristotelico-scolastico subisce l'attacco distruttivo del Vanini: egli,
analogamente a Bruno, nega la differenza peripatetica tra un mondo sublunare e
un mondo celeste, affermando che entrambi sono composti della stessa materia
corruttibile; scardina nell'ambito fisico e biologico il finalismo e la
dottrina ilemorfica aristotelica, e, ricollegandosi all'epicureismo lucreziano,
elabora una nuova descrizione dell'universo d'impianto
meccanicistico-materialistico (gli organismi sono paragonati a orologi), e
concepisce una prima forma di trasformismo universale delle specie viventi;
concorda con gli aristotelici sull'eternità del mondo (considerando in
particolare l'aspetto temporale), ma, contro di essi, afferma il moto di
rotazione terrestre e appare respingere la tesi tolemaica in favore di quella eliocentrica/copernicana.
Se il primo curatore delle sue opere, Luigi Corvaglia e lo storico Guido De
Ruggiero, ingiustamente, considerarono i suoi scritti semplicemente «un centone
privo di originalità e di serietà scientifica», il padre gesuita François Garasse,
ben più preoccupato delle conseguenze della diffusione dei suoi scritti, li
giudicò «l'opera più perniciosa che in fatto di ateismo fosse mai uscita negli
ultimi cento anni». La figura e l'opera del Vanini sono state ampiamente
riconsiderate e rivalutate dalla critica contemporanea, mettendo in mostra
l'originalità e le intuizioni (metafisiche, fisiche, biologiche), talvolta
precorritrici nei tempi, dei suoi scritti. Visto che il Vanini nelle sue
opere nasconde le sue idee, secondo un tipico espediente della cultura del suo
tempo (per evitare seri conflitti con le autorità religiose e politiche
costituite, conflitti che, come paradossalmente e sfortunatamente avvenne,
nonostante le cautele, lo condussero infine alla morte), l'interpretazione del
suo pensiero si offre a diversi piani di lettura. Tuttavia, nella storia della
filosofia, resta di lui acquisita un'immagine di miscredente e persino di ateo
(il che non era). E questo perché avversario di ogni superstizione e di fede
costituita(meglio un proto-agnostico), tanto da essere considerato uno dei
padri del libertinismo, malgrado avesse scritto persino un'apologia del
Concilio di Trento, andata perduta. Per una sintesi sul pensiero di
Vanini si deve guardare da un lato al retroterra culturale, che è quello
abbastanza tipico del Rinascimento, con prevalenza di elementi
dell'aristotelismo averroistico ma con forti elementi di misticismo platonico e
neoplatonico. Dall'altro lato egli trae dal Cusano dei tipici elementi
panteistici, simili a quelli che si ritrovano anche in Giordano Bruno, ma più
materialistici. La sua visione del mondo si basa sull'eternità della materia,
sulla omogeneità sostanziale cosmica, su un Dio dentro la natura come
"forza" che la forma, la ordina e la dirige. Tutte le forme del vivente
hanno avuto origine spontanea dalla terra stessa come loro creatrice.
Considerato ateo, Vanini nel titolo della sua prima opera pubblicata a Lione
nel 1615 Amphitheatrum aeternae providentiae divino-magicum,
christiano-physicum, nec non astrologo-catholicum adversus veteres philosophos,
Atheos, Epicureos, Peripateticos et Stoicos dimostra di non esserlo. Come
precursore del libertinismo vi sono invece molti elementi che lo avvicinano al
pensiero dell'ignoto autore del Trattato dei tre impostori anch'egli panteista.
Vanini pensa infatti che i creatori delle tre religioni monoteiste, Mosè, Gesù
e Maometto, non siano altro che degli impostori. In De admirandis Naturae
Reginae Deaeque mortalium arcanis libri quatuor stampato a Parigi nel 1616 vengono
riprese le tesi dell'Amphiteatrum, con precisazioni e sviluppi che ne fanno il
suo capolavoro e la sintesi della sua filosofia. Viene negata la creazione dal
nulla e l'immortalità dell'anima, Dio è nella natura come sua forza propulsiva
e vitale, entrambi sono eterni. Gli astri del cielo sono una specie di
intermediari tra Dio e la Natura che sta nel mondo sublunare e di cui noi
facciamo parte. La religione vera è perciò una "religione della
natura" che non nega Dio ma lo considera un suo spirito-forza. Il pensiero
di Vanini è abbastanza frammentario e riflette anche la complessità della sua
formazione, perché era un religioso, un naturalista, ma anche un medico e un
po' un mago. Ciò che ne caratterizza la prosa è la veemenza anticlericale. Tra
le cose originali del suo pensiero c'è una specie di anticipazione del
darwinismo, perché, dopo un primo tempo in cui sostiene che le specie animali
nascano per generazione spontanea dalla terra, in un secondo tempo (lo aveva
già pensato anche Cardano) pare convinto che esse possano trasformarsi le une
nelle altre e che l'uomo derivi da "animali affini all'uomo come le
bertucce, i macachi e le scimmie in genere".[senza fonte] La fortuna
filosofica di Vanini Nel 1623 appaiono due opere che consacrano il mito del
Vanini ateo: La doctrine curieuse des beaux esprits de ce temps..., del gesuita
François Garasse e le Quaestiones celeberrimae in Genesim cum accurata
explicatione..., del padre Marin Mersenne. Le due opere, però, anziché spegnere
la voce del filosofo, la amplificano in un ambiente che evidentemente era
pronto a ricevere, discutere e riconoscerne la validità delle
affermazioni. In quello stesso anno il nome di Vanini viene nuovamente
proiettato all'attenzione della cultura francese in occasione del clamoroso
processo che viene celebrato contro il poeta Théophile de Viau: il progetto di
interrogatorio che il procuratore generale del Re, Mathieu Molé, predispone con
ben articolati capi d'accusa su cui interrogare il poeta, contiene
impressionanti analogie con il pensiero vaniniano, cui vien fatto esplicito
riferimento mentre, nel 1624, il frate Marin Mersenne torna a martellare sulla
figura e sul pensiero di Vanini, analizzandone alcune affermazioni nel capitolo
X del suo L'Impiétè des Déistes, Athées et Libertins de ce temps, combatuë, et
renversee de point en point par raisons tirées de la Philosophie, et de la
Theologie, "nel quale il teologo porta il suo giudizio concernente le
opere di Girolamo Cardano, e di Giordano Bruno". Anche Leibniz,
oppositore al pari di Mersenne del libertinismo, si esprime duramente contro
Vanini, considerandolo un empio, un pazzo e un ciarlatano. (FR) «Je n'ai
pas encore vu l'apologie de Vanini, je ne pense pas qu'elle mérite fort d'être
lue. Les écrits de ce personnage sont bien peu de chose. Mais un imbécille
comme lui, ou pour mieux dire, un fou ne méritoit pas d'être brûlé; on étoit
seulement en droit de l'enfermer, afin qu'il ne séduisît personne.» (IT)
«Non ho ancora visto l'apologia di Vanini, e non penso che meriti d'essere minimamente
letta. Gli scritti di questo personaggio sono di ben poco valore. Ma un
imbecille come lui, o per meglio dire, un pazzo, non meritava d'essere
bruciato; occorreva solo rinchiuderlo, perché non traviasse nessuno.»
(Gottfried Wilhelm von Leibniz, Epist. 22, ad Kortholtum in Opera omnia, Genève
1768, tomo V, p. 321) La Biblioteca dell'Università di Amburgo Ancora nel
Settecento la leggenda nera creata intorno alla figura di Vanini sopravvive al
passare del tempo, si espande in altri paesi europei ed affascina molti
studiosi, che si avvicinano alle sue opere e ne tentano dei profili biografici.
Così anche la cultura inglese mostra interesse per la figura ed il pensiero del
filosofo di Taurisano ed è soprattutto con l'opera di Charles Blount che il pensiero
di Vanini entra nella cultura inglese ed acquista una dimensione europea che
non abbandonerà mai più, quando diviene un elemento cardine del libertinismo e
deismo nel Seicento inglese. Un manoscritto inedito della Biblioteca
Municipale di Avignone custodisce delle Observations sur Lucilio Vanini redatte
da Joseph Louis Dominique de Cambis, Marquis de Velleron, ma fornisce solo
delle incerte notizie sul filosofo, in gran parte rettificate dagli ultimi
studi. In questo stesso periodo viene effettuata una copia manoscritta
dell'Amphitheatrum, ad opera o su commissione di Joseph Uriot, il quale la
trasferisce poi nella Biblioteca Ducale del duca di Württemberg; attualmente
essa si trova nella Württembergische Landesbibliothek di Stoccarda.
Un'altra copia manoscritta della stessa opera si trova nella Staats und
Universitätbibliothek di Amburgo, a testimonianza del perdurante interesse
della cultura tedesca per il pensiero di Vanini. Nel 1730 viene data alle
stampe a Londra una biografia vaniniana con un estratto delle sue opere, dal
titolo The life of Lucilio (alias Julius Caesar) Vanini, burnt for atheism at
Toulouse. With an abstract of his writings. L'opera, pur ricollegandosi alla
consueta storiografia vaniniana francese e quindi con i soliti errori d'origine,
sottopone ad un dibattito ponderato la figura ed il pensiero del filosofo, a
cui riconosce qualche merito. Ma la strada per una collocazione europea di
Vanini e del suo pensiero è ormai aperta. Opere letterarie Amphitheatrum
aeternae providentiae divino-magicum, christiano-physicum, nec non
astrologo-catholicum adversus veteres philosophos, Atheos, Epicureos,
Peripateticos et Stoicos, Auctore Iulio Caesare Vanino, Philosopho, Theologo et
Iuris utriusque Doctore, Lugduni, Apud Viduam Antonii de Harsy, ad insigne
Scuti Coloniensis, 1615, (rist. fotom., Galatina, 1979). Iulii Caesaris Vanini,
Neapoletani Theologi, Philosophi et Iuris utriusque Doctoris, De admirandis
Naturae Reginae Deaeque mortalium arcanis libri quatuor, Lutetiae, Apud
Adrianum Perier, via Iacobaea, 1616, (rist. fotom., Galatina, 1985). Luigi
Corvaglia, Le opere di Giulio Cesare Vanini e le loro fonti, Milano, 1933-1934,
(rist. anast., Galatina, 1990). Le opere di Giulio Cesare Vanini tradotte per
la prima volta in italiano, a cura di G. Porzio, Lecce, 1912. Anfiteatro
dell'eterna Provvidenza, Galatina, 1981. I meravigliosi segreti della natura,
regina e dea dei mortali, Galatina, 1990. Opere, Galatina, 1990. Confutazione
delle religioni (traduzione del IV libro del "De Admirandis"), a cura
di Anna Vasta, Catania, De Martinis & C., 1993. Tutte le Opere (testo
originale latino a fronte), a cura di Francesco Paolo Raimondi e Mario
Carparelli, Collana Il pensiero occidentale, Milano, Bompiani, 2010. Note ^
Massimo Bucciantini, Lutero in Campo dei Fiori, in Il Sole 24 ORE, 12 febbraio
2017. URL consultato il 12 settembre 2017 (archiviato dall'url originale il 13
settembre 2017). ^ Terzapagina. Filosofia ed ecologia per il
"compleanno" di Giulio Cesare Vanini, 19 gennaio 2014 ^ Una lettera
dell'ambasciatore inglese a Venezia, Dudley Carleton, datata 7 [ma 17],
febbraio 1611 [ma 1612], fa risalire l'episodio a nove anni prima, ovvero al
1603. Bibliografia F. P. Raimondi (a cura di), Giulio Cesare Vanini e il
libertinismo, Atti del Convegno di Studi, Taurisano, 28 - 30 ottobre 1999,
Galatina, 2000 F. P. Raimondi (a cura di), Giulio Cesare Vanini: dal tardo
Rinascimento al Libertinisme érudit, Atti del Convegno di Studi,
Lecce-Taurisano 24 - 26 ottobre 1985, Galatina, 2002 G. Spini, Vaniniana, in «Rinascimento»,
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De Paola, Giulio Cesare Vanini da Taurisano filosofo Europeo, Fasano, 1998 F.
De Paola, Nuovi documenti per una rilettura di Giulio Cesare Vanini, in
«Bruniana & Campanelliana», V, 1999 D. Foucault, Un philosophe libertin
dans l'Europe baroque: Giulio Cesare Vanini (1585 – 1619), Paris, 2003 F. P.
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Storia della Filosofia dell'Università degli Studi di Lecce», VIII (1980 -
1985), ma 1987 F. P. Raimondi, Il soggiorno vaniniano in Inghilterra alla luce
di nuovi documenti spagnoli e londinesi, in «Bollettino di Storia della
Filosofia dell'Università degli Studi di Lecce», XII, 1996 - 2002 F. P.
Raimondi, Giulio Cesare Vanini e la Santa Inquisizione, Taurisano, 2005 F. P.
Raimondi, Giulio Cesare Vanini nell'Europa del Seicento. con una appendice
documentaria, Pisa - Roma, 2005 (L'appendice contiene la più completa
documentazione sulla biografia vaniniana: 192 documenti dalla nascita al rogo).
M. Leopizzi, Les Sources Documentaires du Courant Libertin Français Giulio
Cesare Vanini, Fasano, 2004 D. M. Fazio, Giulio Cesare Vanini nella cultura
filosofica tedesca del Sette e Ottocento. Da Brucker a Schopehnauer, Galatina,
1995 M. T. Marcialis, Natura e uomo in Giulio Cesare Vanini, in «Giornale
Critico della Filosofia Italiana», LXXI, 1992 M. T. Marcialis, Giulio Cesare
Vanini nell'Europa del Seicento, in "Rivista di Storia della Filosofia",
LXI (2006), pp. 954-72. G. Paganini, Le Theophrastus redivivus et Vanini, in
«Kairos», 12, 1998 G. Papuli, Le interpretazioni di G. C. Vanini, Galatina,
1975 A. Perrino, "Giulio Cesare Vanini nel Theophrastus redivivus",
in «Bollettino di Storia della Filosofia dell'Università degli Studi di Lecce»,
10, 1990-1992, pp. 199-212 F. P. Raimondi, Vanini e il "De tribus
impostoribus", in «Ethos e Cultura», Padova, 1991 G. Spini, Ricerca dei
libertini. La teoria dell'impostura delle religioni nel Seicento italiano,
Roma, 1950 (nuova edizione riveduta e ampliata, Firenze, 1983) Cesare Teofilato
Giulio Cesare Vanini nel III Centenario del suo Martirio, Milano 1921, Tip. Ed.
La Stampa d'Avanguardia. Cesare Teofilato Giulio Cesare Vanini, in The
Connecticut Magazine, articles in English and Italian, New Britain, Conn, may
1923, pag. 13 (I, 7). Cesare Teofilato Vaniniana, in La puglia letteraria,
mensile di storia, Roma 31 gen 1932, pag. 1, (II, 1). Cesare Vasoli,
Riflessioni sul problema Vanini, in S. Bertelli, Il libertinismo in Europa,
Milano-Napoli, 1980 Cesare Vasoli, Vanini e il suo processo per ateismo, in F.
Niewohner e O. Pluta, Atheismus im Mittelalter und in der Renaissance,
Wiesbaden, 1999 Vanini in Inghilterra La seguente è una lista di alcuni
documenti in cui è possibile trovare riferimenti alla presenza del frate
Carmelitano a Lambeth Palace a Londra (1612 - 1614). Trascrizioni
complete, riassunti e contesto di questi documenti sono disponibili per
studenti e ricercatori "Vanini e il primo Seicento anglo-veneto" e in
"Giulio Cesare Vanini da Taurisano filosofo europeo", Schena Editore,
Fasano Brindisi, 1998. Documenti London - Public Record Office - State
Papers -Venice 1607-1610, vol. XI, pag. XVIII-XIX. Notizie sulla Mercers'
Chapel a Londra, dove Vanini sconfesso la sua fede cattolica e tenne vari
sermoni. London - Public Record Office - State Papers - 99 Bundle 9, c.(arta)
297. Petizione di due Carmelitani (Vanini e Genocchi) a Carleton, ambasciatore
Inglese a Venezia, per essere accettati in Inghilterra. Venezia, inizi del
1612. London - Public Record Office - State Papers - 99 Bundle 9, c.(arta) 57.
Lettera di Sir Dudley Carleton a Lord Salisbury. Da Venezia, il 7 febbraio
1612. Carleton informa Lord Salisbury che due frati gli hanno chiesto permesso
di rifugiarsi in Inghilterra per evitare persecuzioni dai loro superiori.
London - Public Record Office - State Papers - 79 Bundle 3, c.(arta) 199 (10).
Giulio Cesare Vanini a Carleton. Da Lambeth il 24 febbraio 1612. Vanini manda a
Lord Carleton informazioni riguardanti alla sua ricezione a Palazzo Lambeth e
la buona stima di cui gode lì. London - Historical Manuscripts Commission - De
L'Isle and Dudley Manuscripts, vol. V - 1611-1626. Sir John Throckmorton al
visconte Lisle. Flushing. 15 giugno 1612 Corrispondenza tra i due statisti
riguardo ad una missione segreta di John Florio, che forse accompagnò Vanini e
il suo compagno a Londra. London - Manuscripts of the Marquess of Downshire
preserved at Easthampstead Park - Berk. Papers of William Trumbull the elder -
1613-1614. Thomas Albery a William Trumbull. Londra, il 16 luglio 1612. Albery,
un mercante Inglese e corrispondente di Trumbull, agente Inglese a Bruxelles,
manda informazioni sull'arrivo di Vanini e le sue esperienze a Venezia. London
- Historical Manuscripts Commission - Report on the Manuscripts of the Marquess
of Downshire,vol.3, Trumbull Papers 1611-1612. Thomas Albery a William
Trumbull. Londra, il 16 luglio 1612. Una copia della lettera da una fonte
diversa. London - Public Record Office - State Papers - 79 Bundle 1, c.(arta)
387. Da Gregorio Spinola a Maria Ginocchio. Genova, il 13 giugno 1612. London -
Public Record Office - State Papers - 99 Bundle 11, c.(arta) 125 . Isaac Wake a
Sir Dudley Carleton. Londra 5 dicembre 1612, st.° novo. London - Public Record
Office - State Papers - 99 Bundle 12, c.(arta) 48 . Isaac Wake a Sir Dudley
Carleton. Londra 1º febbraio 1612, st.° no(vo). London - Manuscripts of the
Marquess of Downshire preserved at Easthamstead Park - Berk. Papers of William
Trumbull the Elder - 1613-1614. Alfonse de S. Victors a William Trumbull Da
Middolborg (Middelburg) il 3 agosto 1613. London - Historical Manuscripts
Commission - Report on the Manuscripts of the Marquess of Downshire, vol. 4,
Trumbull Papers 1613-1614. Alfonse de St. Victor a William Trumbull.
Middelborg. il 3 agosto 1613. London - Public Record Office - State Papers
Domestic Series Jac. I, LXXVI, 20. John Chamberlain a Sir Dudley Carleton.
Londra, 10 febbraio, 1614. London - Public Record Office - State Papers - 99
Bundle 15, c.(arta) 101 recto e verso. Sir Dudley Carleton a Sir Thomas Lake.
Da Venezia il 18 febbraio 1614. London - Public Record Office - State Papers -
Domestic Series 1611-1618 - vol. 68-76, n. 35. Giovan Francesco Biondi a
Carleton. Da Londra, il 18 febbraio 1614. London - Public Record Office - State
Papers - 99 Bundle 15, c. 127. Sir Dudley Carleton a Chamberlain. Da Venezia il
25 febbraio 1613, st.° vet. London - Manuscripts of the Marquess of Downshire
preserved at Easthampstead Park - Berks. Papers of William Trumbull the Elder -
1613-1614. George Abbot a William Trumbull. Da Lambeth il 10 marzo, 1613
(1614). London - Historical Manuscripts Commission - Report of the Manuscripts
of the Marquess of Downshire, vol. IV, Trumbull Papers 1613 -1614. George Abbot,
Arcivescovo di Canterbury, a William Trumbull. Lambeth il 10 marzo, 1613
(1614). London - Public Record Office - State Papers - 99 Bundle 15, c. 164.
Sir Dudley Carleton a Chamberlain. Venezia, 11 marzo 1613 st.° vet. London -
Public Record Office - State Papers 99 Bundle 9, c. 152. Sir Dudley Carleton a
Giovan Francesco Biondi. Venezia, 14 marzo 1614. London - Public Record Office
- State Papers Domestic Series 1611-1618, vol. 72, n.211. Abbot a Carleton.
Lambeth, 30 marzo 1613 (1614). London - Public Record Office - State Papers 99
Bundle 19, c. 233. Paolo Sarpi a Sir Dudley Carleton. Venezia 30 aprile 1614.
London - Record Office - State Papers 99 Bundle 19, c. 154. Paolo Sarpi a Sir
Dudley Carleton. Venezia, 1º maggio 1614. London - Public Record Office - State
Papers 99 Bundle 19, c. 234. Paolo Sarpi a Sir Dudley Carleton. Venezia, giugno
1614. London - Historical Manuscripts Commission - Report 78 Hastings, vol. IV,
chapter XVII. Notes of speeches and proceedings in the House of Lords. :A.(nno)
1610 - 1621. Lunedì 16 maggio 1614. London - Historical Manuscripts Commission
- Report 78 Hastings, vol. IV, chapter XVII. Notes of speeches and proceedings
in the House of Lords. A.(nno) 1610 - 1621. Giovedì 19 maggio (1614). London -
Public Record Office - State Papers 99 Bundle 16, c. 86. Dudley Carleton a Sua
Signoria l'Arcivescovo di Canterbury. Venezia 3/13 giugno 1614. London -
Manuscripts of the Marquess of Downshire preserved at Easthampstead Park -
Berks. Papers of William Trumbull the Elder - 1613-1614. George Abbot a William
Trumbull. Lambeth, 17 giugno 1614. London - Historical Manuscripts Commission -
Report of the Manuscripts of the Marquess of Downshire, vol. IV, Trumbull
Papers 1613-1614. George Abbot, Arcivescovo di Canterbury, a William Trumbull.
Lambeth, 17 giugno 1614. Archivio di Stato di Venezia - Inquisitori di Stato,
busta 155. Istruzioni degli Inquisitori di Stato all'ambasciatore in
Inghilterra. London - Calendar of State Papers on English Affairs in the
Archives of Venice and other Libraries of North Italy -1615/1617. Inquisitori
di Stato, busta 155. Venetian Archives. 905. Gli Inquisitori di Stato a
Gregorio Barbarigo, 22 gennaio 1616. London - Calendar of State Papers on
English Affairs in the Archives of Venice and other Libraries of North Italy
-1615/1617. Inquisitori di Stato, busta 155. Venetian Archives. 912.
Examinations for Antonio Foscarini. 22 febbraio 1616. Archivio di Stato di
Venezia - Inquisitori di Stato, busta 155, carte 84 r., 84 v., 85 r. Londra, 23
febbraio 1616. Interrogatorio di Lunardo Michelini sulle modalità della fuga di
Vanini da Lambeth. Archivio di Stato di Venezia - Inquisitori di Stato, busta
155, carte 101 v. e 102 r. 25 marzo 1616. Interrogatorio di Alessandro di
Giulio Forti da Volterra sulle modalità della fuga di Vanini da Lambeth.
Archivio General de Simancas - fondo Inglaterra - Legajo 7025 - Libro 368 (anni
1613 - 1615); foglio privo di indicazioni. Bentivoglio a Sarmiento. Bruxelles
15 aprile 1614. Il nunzio apostolico a Bruxelles informa l'abasciatore di
Spagna che Vanini e il suo compare sono arrivati sani e salvi dopo la loro fuga
da Londra. Archivio General de Simancas - fondo Inglaterra - Legajo 7025 -
Libro 368 (anni 1613 - 1615); foglio 47. Bentivoglio a Sarmiento. Bruxelles, 27
maggio 1614. Il nunzio apostolico a Bruxelles informa l'abasciatore di Spagna
che Vanini e il suo compare sono partiti verso l'Italia, come era stato
concordato a Roma. Documenti inclusi nell'opera di Namer La seguente è la
lista dei documenti inglesi inclusi nel lavoro Documents sur la vie de
Jules-César Vanini de Taurisano di Ėmile Namer, che può essere considerato come
un utile punto di partenza per la delineazione di una biografia di Giulio
Cesare Vanini, e di cui la nuova documentazione deve essere considerata un
completamento: London - Foreign State Papers. Venice. Bundle 9. Carleton
all'Arcivescovo Abbot. 7 febbraio, 1611-12. London - Foreign State Papers.
Venice. Bundle 9. l'Arcivescovo Abbot a Carleton. 8 marzo, 1611-12. London -
State Papers Domestic. James I. Vol. 68 Fol. 103. Dudley Carleton a John
Chamberlain. Venezia, 29 aprile 1612. London - Foreign State Papers. Venice.
Bundle 9. Sir D. Carleton all'Arcivescovo di Canterbury. 15 maggio, 1612.
London - State Papers Domestic. James I. Vol. 69. Fol. 71. John Chamberlain a
Lord Dudley Carleton. Londra, 17 giugno 1612. London - State Papers Domestic.
James I. Vol. 70 Fol. 1. Chamberlain a Carleton. 2 luglio, 1612. London -
Foreign State Papers. Venice. Bundle 10. Abbot a Carleton. 20 luglio, 1612.
London - State Papers Domestic. James I. Vol. 70 Fol. 12. Carleton a
Chamberlain. 23 luglio. 1612. London - State Papers Domestic. James I. Vol. 70
Fol. 16. l'Arcivescovo di York al conte di Suffolk. 29 luglio. 1612. London -
State Papers Domestic. James I. Vol. 71 Fol. 13. Giulio Cesare Vanini a Dudley
Carleton. Da Lambeth, il 9 ottobre 1612. London - State Papers Domestic. James
I. Vol. 71 Fol. 14. Giulio Cesare Vanini a Sir Isaac Wake. Da Lambeth il 9
ottobre 1612. London - State Papers Domestic. James I. Vol. 72 Fol. 13. John
Chamberlain a Dudley Carleton. 14 gennaio 1612/13 da Londra. London - State
Papers Domestic. James I. Vol. 72 Fol. 39. l'Arcivescovo Abbot a Carleton.
Lambeth 24 febbraio, 1612 - 13. London - State Papers Domestic. James I. Vol.
72 Fol. 74. John Chamberlain a Dudley Carleton. Da Londra l'11 marzo, 1612 -
13. London - State Papers Domestic. James I. Vol. 72 Fol. 80. Giovanni Biondi a
Dudley Carleton. Da Londra il 17 marzo 1613. London - Foreign State Papers.
Venice. Bundle 13. Carleton a Abbot. 3 settembre, 1613. London - State Papers
Domestic. James I. Vol. 75 Fol. 28. John Chamberlain a Dudley Carleton. Da
Londra il 25 novembre 1613. London - State Papers Domestic. James I. Vol. 76
Fol. 9. 2. l'Arcivescovo Abbot al vescovo di Bath. Gennaio 1613 - 14. Da
Lambeth (?). London - State Papers Domestic. James I. Vol. 76 Fol. 9. Sir Tho.
Lake a Dudley Carleton. Dalla corte a Royston, 27 gennaio 1613 - 14. London -
State Papers Domestic. James I. Vol. 76 Fol. 18 v. John Chamberlain a Sir
Dudley Carleton. Da Londra il 3 febbraio 1613 - 14. London - Foreign State
Papers. Venice. Bundle 15. Carleton a Abbot. 18 - 28 febbraio, 1614. London -
Foreign State Papers. Venice. Bundle 15. Carleton a Sir Thomas Lake. 4 marzo,
1613 - 14. London - State Papers Domestic. James I. Vol. 76 Fol. 48.
l'Arcivescovo Abbot di Canterbury a Sir Dudley Carleton a Venezia. Lambeth, 16
marzo, 1613 (i. e. 14). London - State Papers Domestic. James I. Vol. 76 Fol.
49. John Chamberlain a Dudley Carleton. Londra, 17 marzo, 1613 (1614). London -
Foreign State Papers. Venice. Bundle 15. Carleton a Abbot. 22 aprile, 1614.
Archivio de Simancas, Estado, vol. 368. Cardinale Millino a Alonso de Velasco,
ambasciatore spagnolo a Londra. Roma, 10 settembre, 1613. Archivio de Simancas,
Estado, vol. 368. Cardinal Millino a Diego Sarmiento de Acuña, ambasciatore
spagnolo a Londra. Roma, 22 marzo, 1614. Archivio de Simancas, Estado, vol.
368. Cardinal Bentivoglio a Diego Sarmiento de Acuña, ambasciatore spagnolo a
Londra. Bruxelles, 15 aprile, 1614. Archivio de Simancas, Estado, vol. 368.
Cardinal Bentivoglio a Diego Sarmiento de Acuña, ambasciatore spagnolo a
Londra. Bruxelles, 27 maggio, 1614.Vanini e l'Inquisizione di Roma Elenco di
alcuni documenti presenti nella corrispondenza tra alcuni Nunzi apostolici in
Europa e le autorità vaticane, dove è possibile trovare informazioni relative
alla fuga, permanenza e rientro segreto dall'Inghilterra del frate carmelitano
(1612 - 1615). Le trascrizioni complete, i sommari e le
contestualizzazioni di questi documenti sono disponibili per studiosi e lettori
in Giulio Cesare Vanini da Taurisano filosofo europeo, Schena Editore, Fasano
(Brindisi), 1998. Il pontefice Paolo V e l'Inquisizione in Roma furono
informati continuamente della vicenda di Vanini con dispacci dei Nunzi
apostolici in Venezia, Francia e Fiandra e con missive dell'ambasciatore di
Spagna a Londra, a cominciare dalla sua fuga da Venezia nel 1612 sino al suo
desiderio di rientrare nel mondo cattolico. Roma - Archivio Segreto
Vaticano - Segreteria di Stato - Nunziatura di Francia, vol. 55, foglio 194 r.
e 194 v. Ubaldini, Nunzio papale in Francia, all'Ill.mo sig.re Card.le Borghese
(Segretario di Stato di Papa Paolo V) de 2 di agosto 1612 di Parigi. Roma
- A. S. Vaticano - Segreteria di Stato - Nunziature diverse, Fiandra, vol. 207,
il Nuntio alla Segreteria, 1608 - 1615, foglio 439 r. e v. Bentivoglio, Nunzio
papale in Fiandra, al Card. Borghese. (Bruxelles) 4 agosto 1612. Roma -
A. S. Vaticano - Segreteria di Stato - Nunziature diverse, Francia, vol. 293A,
lettere scritte al Nuntio in Francia 1609-1612, foglio 432 v. Card. Borghese a
Ubaldini. Di Roma li 28 di agosto 1612. Roma - A. S. Vaticano -
Segreteria di Stato - Nunziatura di Francia, vol. 55, foglio 207 v. e 208 r.
Ubaldini (da Parigi) al med.(esim)o (cardinale Borghese) de 30 di agosto
1612. Roma - A. S. Vaticano - Segreteria di Stato - Nunziature diverse,
Francia, vol. 293A, lettere scritte al Nuntio in Francia 1609 - 1612, foglio
451 v. e 452 . Il card. Borghese a Ubaldini. Di Roma li 26 di Sett.(em)bre
1612. Roma - A. S. Vaticano - Segreteria di Stato - Nunziatura di
Francia, vol. 55, foglio 259. Ubaldini al medesimo sig.re Card.le (Borghese) de
25 d'ottobre 1612. Roma - A. S. Vaticano - Segreteria di Stato -
Nunziature diverse, Francia, vol. 293A, lettere scritte al Nuntio in Francia
1609-1612, foglio 479 r. e 479 v . Il card. Borghese a Ubaldini. Di Roma li 24
di novembre 1612. Roma - A. S. Vaticano - Segreteria di Stato -
Nunziatura di Francia - Registro 55 - pag. 296 recto e 297. Ubaldini all'Ill.mo
sig. Card.(ina)le Borghese de 20 di Dixbre 1612 . Londra, British Museum,
Lettere del Card. Ubaldini, nella sua Nunziatura di Francia,1610 - 1616; Add.
8726, f. 305 v. Card. Ubaldini al Card. Borghese, 20 Dec. 1612. Roma - A.
S. Vaticano - Segreteria di Stato - Nunziatura di Francia, vol. 55, foglio 297
r. e v. Ubaldini al S.(igno)re Card.(ina)le Mellini (membro del Sant'Uffizio,
il Tribunale dell'Inquisizione di Roma) di 20 di Xbre 1612. Roma - A. S.
Vaticano - Segreteria di Stato - Nunziature diverse, Francia, vol. 71, lettere
scritte al Nuntio in Francia dal Card. Borghese, 1613-1614, foglio 17 r. e v .
Il card. Borghese a Ubaldini. Di Roma 21 gennaio 1613 Roma - A. S.
Vaticano - Segreteria di Stato - Nunziatura di Francia, vol. 295A, Registro di
Lettere della Segreteria di Stato di Paolo V al Vescovo di Montepulciano Nuntio
in Francia l'anno 1613-1614, foglio 21 v. e 22 r. Il Segretario Porfirio
Feliciani vescovo di Foligno al Nuntio in Francia. Roma 21 Genn.° 1613.
Roma - A. S. Vaticano - Segreteria di Stato - Nunziatura di Francia, vol. 55,
foglio 343 v. Ubaldini al S.(igno)re Card.(ina)le Mellini De 26 di Febraro
1613. Roma - A. S. Vaticano - Segreteria di Stato - Nunziatura di
Francia, vol. 55, foglio 375 v. e 376 . Ubaldini al med.(esim)o S.(igno)re
Card.(ina)le Mellini De 23 d'aprile 1613. Roma - A. S. Vaticano -
Segreteria di Stato - Nunziatura di Francia - Registro 55 - pag. 466 r.
Ubaldini al Sig.re Card.(ina)le Borghese. Di Parigi li 8 d'ottobre 1613.
Roma - A. S. Vaticano - Segreteria di Stato - Nunziatura di Francia - Registro
56 - pag. 38 recto e 39. Ubaldini al med.(esim)o sig. Card.(ina)le Millini de
25 di febbraio 1614. Roma - A. S. Vaticano - Segreteria di Stato -
Nunziature diverse, Francia, vol. 71, lettere scritte al Nuntio in Francia dal
Card. Borghese, 1613-1614, foglio 215 v. e 216 r. Il card. Borghese a Ubaldini.
Di Roma li 24. Maggio 1614. Roma - A. S. Vaticano - Segreteria di Stato -
Nunziatura di Francia - Registro 56 - pag. 95 recto e 96. Ubaldini al sig.re
Card.(ina)le Borghese degli 31 di luglio 1614. Di Parigi. Roma - A. S.
Vaticano - Segreteria di Stato - Nunziatura di Francia - Registro 56 - pag. 118
. Ubaldini al sig. Card.(ina)le Millini de 14 di o.(tto)bre 1614. Roma -
A. S. Vaticano - Segreteria di Stato - Nunziatura di Francia - Registro 56,
foglio 246 - 246 retro - 247 . Ubaldini al med.(esi)mo s.(ignor) Card.(ina)le
(50) de 27 agosto 1615. Londra, British Museum, Lettere del Card.
Ubaldini, nella sua nunziatura di Francia,1610 - 1616; Add. 8727, ff.123 v.
-125. Card. Ubaldini al Card. Borghese, 27 Aug. 1615. Parigi,
Bibliothèque nationale de France - Departement des Manuscrits, Italien 866,
Registro di Lettere della Nunziatura di Francia di Monsignor Ubaldini dell'anno
1615 e 1616, lettera 127. Ubaldini al S.(ignor) C.(ardinale) B.(orghese)
P.(arigi) li 27 agosto 1615. Roma - A. S. Vaticano - Segreteria di Stato
- Nunziature diverse, Francia, vol. 41, Lettere del Sir. Card.le Ubaldini nella
sua Nunciatura di Francia dell'anno 1615 e 1616 (Tomo VI), foglio 189 r. e v.
-190 r. e v. Ubaldini al Sig.re Card.(ina)l Borghese li 27 Ag.(ost)o
1615. Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una
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esterni Giulio Cesare Vanini, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Delio Cantimori, Giulio Cesare
Vanini, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica
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Wikidata Opere di Giulio Cesare Vanini, su openMLOL, Horizons Unlimited srl.
Modifica su Wikidata (EN) Opere di Giulio Cesare Vanini, su Open Library,
Internet Archive. Modifica su Wikidata L'Archivio GCV (Giulio Cesare Vanini,
1585-1619) compresi i testi online dell'Amphitheatrum e De admiandis. Francesco
Paolo Raimondi, Giulio Cesare Vanini, in Il contributo italiano alla storia del
Pensiero: Filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2012. Controllo di
autoritàVIAF (EN) 36967006 · ISNI (EN) 0000 0000 7973 5245 · SBN
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giustiziate per eresiaPersone giustiziate sul rogo[altre]. Refs.: Luigi
Speranza, “Vanini e Grice,” Villa Grice, Luigi Speranza, “La statua all’aperto
di Vanini,” Luigi Speranza, “Il medaglione di Vanini a Roma.”
Vanni: essential Italian
philosopher. Icilio
Vanni Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to
search Icilio Vanni e firma autografa
Icilio Vanni (Città della Pieve, 1855 – Roma, 1903) è stato un filosofo e
sociologo italiano. Iniziò la carriera accademica come docente di storia del
diritto presso l'Università di Perugia nel 1877 e successivamente fu insegnante
di Filosofia del diritto a Parma (1889), Bologna (1893) e Roma
(1889-1903)[1] Tra i primi
rappresentanti e fondatori del positivismo sociologico in Italia, il suo
pensiero si ispira a Immanuel Kant e agli autori principali del positivismo del
XIX secolo e a lui si deve anche una originale lettura "positivista"
della dottrina storicistica di Giambattista Vico[2]. Il suo è stato definito un
"positivismo critico" che vuole distinguere cioè tra le scienze del
diritto dalla filosofia del diritto contestando e rifiutando l'assimilazione
positivista di quest'ultima con la morale e la sociologia, dottrina nata
nell'ambito del positivismo, verso la quale egli ebbe un interesse particolare
cercando di teorizzarne il carattere scientifico differenziandola però sia
dall'evoluzionismo che dalla biologia.
Vanni considerò essenziale l'autonomia teorica della norma giuridica dai
rapporti con gli aspetti storici-etnografici delle istituzioni giuridiche. Egli
è convinto che la filosofia del diritto debba avere la funzione pratica di
definire i fini dell'azione umana nella società. In questo modo Vanni ribadiva
l'impostazione criticista kantiana del suo pensiero che acquistava toni
metafisici criticati dal positivismo ortodosso che lo accusò di
eclettismo. Indice 1Opere 2 Note 3Bibliografia 4Altri progetti 5Collegamenti
esterni Opere Copertina delle Lezioni di
filosofia del diritto Della consuetudine nei suoi rapporti col dritto e con la
legislazione, Perugia, 1877; Saggi critici sulla teoria sociologica della
popolazione, Città di Castello, 1886; Prime linee di un programma critico di
sociologia, Perugia, 1888; Il problema della filosofia del diritto nella
filosofia, nella scienza e nella vita ai tempi nostri, Verona, 1890; Gli studi
di H. Sumner Maine e le dottrine della filosofia del diritto, Verona, 1892; La
funzione pratica della filosofia del diritto considerata in sé ed in rapporto
al socialismo contemporaneo, Bologna, 1894; La filosofia del diritto in Germania
e la ricerca positiva: nota critica, Torino, 1896; Il dritto nella totalità dei
suoi rapporti e la ricerca oggettiva, Roma, 1900; La teoria della conoscenza
come induzione sociologica e l'esigenza critica del positivismo, Roma, 1901;
Lezioni di filosofia del diritto, Bologna, 1904; Saggi di filosofia sociale e
giuridica, Bologna, 1906; Saggi di filosofia sociale e giuridica: seconda
parte, Bologna, 1911. Note ^ Biografia in Scuola Normale Superiore di Pisa, su
picus.unica.it. URL consultato il 3 novembre 2013 (archiviato dall'url
originale il 15 giugno 2018). ^ G. Marino, Positivismo e giurisprudenza, Napoli
1896, pp.59-60 Bibliografia F.Cuculo, La prima sociologia positiva in Icilio
Vanni, in A. Millefiorini (a cura di), Fenomenologia del disordine. Prospettive
sull'irrazionale nella riflessione sociologica italiana, Edizioni Nuova
Cultura, Roma 2015, pp. 67-96 G. D'Amelio, Positivismo, storicismo,
materialismo storico in I. Vanni, «Quaderni fiorentini per la storia del
pensiero giuridico moderno», 3-4 (1974-75), I, pp. 431-455; A. Pusceddu, La
sociologia positivistica in Italia (1880-1920), Roma 1989. Altri progetti
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Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XIX secoloFilosofi italiani del XX
secoloSociologi italianiNati nel 1855Morti nel 1903Nati a Città della
PieveMorti a Roma[altre]
Vanninin: Essential
Italian philosopher. “Never to be confused with the vain Vanini!” – Grice. Marco
Vannini (filosofo) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump
to search Marco Vannini (San Piero a Sieve, 3 gennaio 1948) è un filosofo
italiano. Indice 1Biografia 2Pensiero 3Opere 4Note 5Voci correlate
6 Altri
progetti 7Collegamenti esterni Biografia Dopo gli studi al Liceo-Ginnasio
Michelangiolo[1] di Firenze, si è laureato nel 1969 in Filosofia Teoretica
presso l'Università di Firenze[2], discutendo una tesi sul Wittgenstein
metafisico e mistico. Nel biennio 1975-1977 ha vissuto nel Convento
agostiniano di Santo Spirito a Firenze, ospite del priore p. Gino Ciolini. Ha
frequentato lo Studio Teologico Fiorentino, ove ha conseguito il grado di
Baccalaureato in Teologia nel 1980. Ha sposato nel 1993 Sabina Moser,
filosofa, studiosa di Simone Weil, ed ha due figli, Ilaria e Andrea. Ha
compiuto viaggi e soggiorni di studio in Europa e in altri continenti, a
contatto con culture e religioni non cristiane: Israele, Egitto, Giordania,
Turchia, India, Sri Lanka, Indonesia, Cina, Tibet. Ha insegnato Filosofia
e Storia nei Licei; per un triennio Storia della Filosofia Antica nella
Università di Firenze e, nel 1998, Storia della Mistica all'Istituto di Scienze
Religiose di Trento. Ha tenuto seminari e conferenze in Università ed
Accademie italiane e straniere: Genova, Trento, Ancona, Perugia, Urbino, Pavia,
Pisa, Macerata, Napoli, Fermo, Parma, Arezzo, Chieti, Roma, Avila, Strasburgo,
Berlino. Pensiero Vannini, considerato il maggior studioso di mistica[3]
o anche il più importante studioso italiano di Meister Eckhart e della mistica
cristiana[4], ha curato l'edizione italiana di tutte le opere, latine e
tedesche, di Meister Eckhart, nonché quelle di altri autori spirituali, come
Agostino, Jean Gerson, François de Fénelon, Margherita Porete (con Romana
Guarnieri e Giovanna Fozzer), Giovanni Taulero, Anonimo Francofortese, Martin
Lutero, Angelus Silesius (con Giovanna Fozzer), Daniel von Czepko (con Giovanna
Fozzer), Sebastian Franck, Valentin Weigel, ecc.[5] Marco Vannini, lungo
un percorso ormai di quasi mezzo secolo, è stato: traduttore e curatore
di importanti testi della mistica cristiana; critico della fenomenologia
mistica, da un punto di vista teoretico e storico; filosofo della religione, e
del cristianesimo in particolare, soprattutto nei suoi rapporti con la ragione
e con la fede. Vannini legge il fenomeno mistico in maniera innovativa ma,
soprattutto, pone lo stesso a fondamento di ogni forma ed esperienza religiosa.
Tale presupposto impone come – fuori da un'esperienza diretta di questo tipo –
sia pressoché impossibile cogliere il senso, le modalità e le finalità delle
varie dottrine e pratiche religiose. Per Vannini la mistica è un sapere
spirituale, inoggettivabile ma, soprattutto, un sapere che è un essere: è
l'identità mistica il vero e proprio criterio per discernere il vero dal falso.
Tale ermeneutica costituisce una propedeutica all'inverarsi in senso mistico
della religione cristiana. Il pensiero di Vannini si basa quindi su una
esperienza spirituale, unitiva e teomorfica. Centrali appaiono pertanto concetti
appartenenti alla sfera semantica della divinizzazione, dell’homoiosis theo,
quali vuoto, fondo dell'anima, generazione del Logos, complementarità tra
distacco ed amore. Tale esperienza risulta comprensibile solo quando si è
fatto il vuoto nell'anima attraverso il distacco, diventando in tal modo
recettivi alla luce proveniente dall'alto, tali da rendere il soggetto esso
stesso luce eterna: al vuoto in cui si perviene nel distacco corrisponde una
pienezza, una traboccante ricchezza ed energia, una gioia sconfinata ed
inesauribile. Il rapporto tra Dio e uomo non è quindi statico, di mutua
esclusione, ma dialettico, di reciproca compenetrazione: la “salvezza” viene
letta nei parametri teologici di una escatologia realizzata nel presente, come
immanente esperienza dello spirito. Essenziale diventa perciò il recupero
della antropologia classica – corpo, anima, spirito – ove l'uomo è un corpo,
piccola parte dell'universo; una psiche, fluttuazione infinita di pensieri,
sentimenti, volizioni, soggetta al determinismo del tempo, dello spazio, delle
circostanze; ma soprattutto uno spirito universale, eterno, libero, uno
nell'Uno. L'attualità e l'originalità della posizione di Vannini ha
suscitato e continua a suscitare un acceso dibattito in seno al panorama culturale
italiano, filosofico e teologico: nei confronti dell'autore vari infatti sono
stati i commenti, le recensioni, i contributi e gli interventi critici da parte
di personalità quali (in ordine alfabetico) Gianni Baget Bozzo, Massimo
Baldini, Enzo Bianchi, Massimo Cacciari, Roberta De Monticelli, Roberto
Esposito, Bruno Forte, Sergio Givone, Vito Mancuso, Armando Matteo,
Giandomenico Mucci S.I., Gianfranco Ravasi, Giovanni Reale, Lucetta
Scaraffia, Armando Torno, Gianni Vattimo, Franco Volpi. La particolare
rilevanza dell'opera di Vannini può trasparire anche, ad esempio, dalle
seguenti affermazioni in merito - citate in ordine sparso - di alcuni dei
suddetti illustri pensatori: Sergio Givone[6]: «...A Marco Vannini, cui
siamo debitori d'un lavoro filosofico estremamente prezioso, rivolgiamo questa
domanda...». Roberta De Monticelli[7]: «A Vannini dobbiamo non soltanto
edizioni impeccabili delle opere di Meister Eckhart, Margherita Porete...
Angelus Silesius, Giovanni Gerson; ma anche il pensiero vigoroso e chiaro,
qualunque cosa gli si posa obiettare, che la mistica è da un lato il cuore e la
radice viva di ogni religione, ma dall'altro “la filosofia nel suo senso più
reale e profondo”, la conoscenza e la pratica dell'essere e “la gioia
dell'essere”». Massimo Cacciari:[8] «È un grosso debito quello che la filosofia
e la teologia italiana hanno accumulato in questi anni nei confronti di Marco
Vannini. Grazie al suo instancabile lavoro o sotto la sua direzione il nostro
Paese può oggi contare su impeccabili edizioni di Giovanni Gerson e di Angelus
Silesius, di Margherita Porete e di Meister Eckhart» Giandomenico Mucci
S.I.[9]: « In questi tempi di declino dell'ontologia, Marco Vannini è
certamente, in Italia, fuori dell'ambito ecclesiastico, il più illustre
studioso di mistica». Giovanni Reale[10]:«L'esperienza mistica è comunque per
sua natura connessa con il religioso, come viene mostrato nel bel libro di
Marco Vannini, La mistica delle religioni (Le Lettere, pp. 389, € 20) in questi
giorni in libreria. Vannini - uno dei massimi esperti in materia a livello
nazionale e internazionale - analizza in modo dettagliato questa esperienza
spirituale nell'induismo, nel buddismo, nell'ebraismo, nell'islamismo e nel
cristianesimo» Armando Torno:[11] «Segnalare un livre de chevet, vale a dire
una di quelle opere maneggevoli che mai dovrebbero allontanarsi dal capezzale,
è diventato difficile oltre che inattuale. Eppure qualcosa circola, come prova
l'ultimo delizioso scritto di Marco Vannini Sulla grazia». Bruno Forte:[12]
«L'ultimo bel libro di Marco Vannini su Mistica e filosofia rivela ancora una
volta la sua straordinaria competenza di storico e interprete della mistica» Al
pensiero di Vannini è stato dedicato il volume di Roberto Schiavolin, Mistica e
filosofia nel pensiero di Marco Vannini[13]. Opere Lontano dal segno.
Saggio sul cristianesimo, La Nuova Italia, Firenze 1971. Esame della certezza,
Il Cenacolo, Firenze 1973. Meister Eckhart. Opere tedesche, La Nuova Italia,
Firenze 1982. Dialettica della fede, Marietti, Casale Monferrato 1983 (nuova
edizione ampliata, Le Lettere, Firenze 2011). L'esperienza dello spirito,
Augustinus, Palermo 1991. Mistica e filosofia, Piemme, Casale Monferrato 1996
(prefazione di Massimo Cacciari; nuova edizione ampliata, Le Lettere, Firenze
2007). Il volto del Dio nascosto. L'esperienza mistica dall'Iliade a Simone
Weil, Mondadori, Milano 1999 (ristampa col titolo: Storia della mistica
occidentale, Oscar Mondadori 2010; poi Le Lettere, Firenze 2015). Introduzione
alla mistica, Morcelliana, Brescia 2000 (trad. portoghese: Introdução à
Mìstica, Edições Loyola, San Paolo del Brasile 2005). La morte dell'anima.
Dalla mistica alla psicologia, Le Lettere, Firenze 2003 (nuova edizione
ampliata, Le Lettere, Firenze 2004). La mistica delle grandi religioni,
Mondadori, Milano 2004 (nuova edizione, Le Lettere, Firenze 2010). Tesi per una
riforma religiosa, Le Lettere, Firenze 2005. La religione della ragione, Bruno
Mondadori, Milano 2007 (prefazione di Roberta De Monticelli). Sulla grazia, Le
Lettere, Firenze 2008. Prego Dio che mi liberi da Dio. La religione come verità
e come menzogna, Bompiani, Milano 2010. Lessico mistico. Le parole della
saggezza, Le Lettere, Firenze 2013. Il Santo Spirito fra religione e mistica,
Morcelliana Editrice, Brescia 2013. Oltre il cristianesimo. Da Eckhart a Le
Saux, Bompiani, Milano 2013. Inchiesta su Maria. La storia vera della fanciulla
che divenne mito, Rizzoli, Milano 2013 (con Corrado Augias). Indagine sulla
vita eterna, Mondadori, Milano 2014 (con Massimo Polidoro). Introduzione a
Eckhart. Profilo e testi, Le Lettere, Firenze 2014. L'Anticristo. Storia e
mito, Mondadori, Milano 2015. All'ultimo papa. Lettere sull'amore, la grazia,
la libertà, il Saggiatore, Milano 2015. Contro Lutero e il falso evangelo,
Lorenzo de' Medici Press, Firenze 2017. Il muro del paradiso. Dialoghi sulla
religione per il terzo millennio, Lorenzo 'de Medici Press, 2017. Mistica,
psicologia, teologia, Le Lettere, Firenze 2019. Note ^ Liceo-Ginnasio
Michelangiolo ^ Università di Firenze ^ Vito Mancuso, Lutero è vivo e lotta con
noi, s.a., in: , 21 dicembre 2006, p. 223. ^ Stefano G. Azzarà,
su Materialismo Storico [1] ^ Bio-bibliografia ^ Sergio Givone, Luce mistica
dei moderni in: «Il Manifesto – Alias», 11 ottobre 2003, in il manifesto -
Alias, n. 11/10/2003. ^ Roberta De Monticelli, L'allegria della mente:
dialogando con Agostino, Milano, Bruno Mondadori, 2004, p. 31-32, ISBN
9788842495024. ^ Marco Vannini, Mistica e filosofia, Prefazione, Firenze, Le
Lettere, 2007, p. 9, ISBN 8860870763. ^ Giandomenico Mucci, Il pensiero di
Marco Vannini, in «La Civiltà Cattolica», n. 3/2004, p. 213-318. ^ Giovanni
Reale, Il misticismo vive in tutte le culture. Il testo di Vannini, le
«Upanishad» riedite, su corriere.it. URL consultato il 21/1/2016. ^ Armando
Torno, Alla ricerca della Grazia nel segno di Eckhart, in «Corriere della
Sera», Cultura, 6 ottobre 2008. ^ Bruno Forte, Mistica, l’enigma dell’Altro, in
«Avvenire» – Libri, 28 settembre 1996. ^ Roberto Schiavolin, Mistica e
filosofia nel pensiero di Marco Vannini, Nerbini, Firenze 2019 Voci correlate
Mistica Misticismo cristiano Mistica renana Meister Eckhart Pierre Hadot Henri
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Varisco: Essential
Italian philosopher. Bernardino Varisco Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to
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Wikipedia. Bernardino Varisco Senatore del Regno d'Italia Durata mandato22
dicembre 1928 – 21 ottobre 1933 Sito istituzionale Dati generali Titolo di
studioLaurea in matematica UniversitàUniversità degli Studi di Pavia
ProfessioneDocente universitario Bernardino Varisco (Chiari, 20 aprile 1850 –
Chiari, 21 ottobre 1933) è stato un filosofo, matematico e politico
italiano. Indice 1Biografia 2Opere 3Onorificenze 4Altri progetti
5Collegamenti esterni Biografia Bernardino Varisco fu professore di filosofia
teoretica all'Università di Roma dal 1905 al 1925 e senatore dal 1928. La
formazione del suo pensiero coincide con la crisi del positivismo in Italia.
Laureato in matematica nel 1873 presso l'università di Pavia, aveva esordito
insegnando matematica dal 1874 al 1905. Pur partendo da posizioni solidamente
scientifiche, Varisco avverte sollecitamente il limite di ogni conoscenza che
voglia essere esclusivamente composto di ragione, e scopre insieme la
concomitante componente fideistica di ogni affermazione di verità. Questo
ricorso alla fede come sentimento del soprannaturale è utilizzato da Varisco
sia per affermare la preminenza della filosofia come conoscenza concreta sui
processi astrattivi della scienza (I massimi problemi, del 1910), sia per
approdare ad uno spiritualismo pluralistico con forti accentuazioni teistiche
(Dall'uomo a Dio, pubblicato postumo nel 1939). Opere Scienza e opinioni,
Roma, Dante Alighieri, 1901. I massimi problemi, Milano, Libreria Editrice
Milanese, 1910. La patria, Roma, G. Garzoni Provenzani, 1913. Conosci te
stesso, Milano, Libreria Editrice Milanese, 1912. La scuola per la vita.
Scritti di educazione e di critica pedagogica raccolti da Vincenzo Cento,
Milano, Isis, 1922. Linee di filosofia critica, Roma, A. Signorelli, 1925.
Discorsi politici, Roma, De Alberti, 1926 Sommario di filosofia, Roma, A.
Signorelli, 1928 Dall'uomo a Dio, postumo, a cura di Enrico Castelli e Giulio
Alliney, Padova, CEDAM, 1939. Onorificenze Cavaliere dell'Ordine della Corona
d'Italia - nastrino per uniforme ordinariaCavaliere dell'Ordine della Corona
d'Italia — 9 giugno 1910 Ufficiale dell'Ordine della Corona d'Italia - nastrino
per uniforme ordinariaUfficiale dell'Ordine della Corona d'Italia — 10 giugno
1917 Commendatore dell'Ordine della Corona d'Italia - nastrino per uniforme
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1850Morti nel 1933Nati il 20 aprileMorti il 21 ottobreNati a ChiariMorti a
ChiariSenatori della XXVII legislatura del Regno d'ItaliaCavalieri dell'Ordine
della Corona d'ItaliaUfficiali dell'Ordine della Corona d'ItaliaStudenti
dell'Università degli Studi di PaviaProfessori della Sapienza - Università di
Roma[altre]
Varrone: Grice: “I count Varrone as
the first language philosopher. He woke up and realised he was speaking ‘lingua
latina,’ and dedicated 36 volumes to it!” --. Grice: “’Lingua latina’ has a
nice Roman ring to it. In modern Italian, the ‘t’ has become an ‘z,’ as in
“Lazio,” the calico team – from Latium.” varrone: Grice: “I know his Loeb edition by heart!” --
Academic, Roman polymath, author of
works on language, agriculture, history and
philosophy, as well as satires, and principal speaker in the later
version of Cicero’s
"Academica" Marco Terenzio Varrone Da Wikipedia, l'enciclopedia
libera. Jump to navigationJump to search Marco Terenzio Varrone Project Rome
logo Clear.png Questore della Repubblica romana Varrocoin.jpg Nome originale
Marcus Terentius Varro Nascita 116 a.C. Rieti Morte 27 a.C. Roma Gens Terentia
Questura 78 a.C. in Illyricum Propretura 49 a.C. in Spagna Marco Terenzio
Varrone (in latino: Marcus Terentius Varro; Rieti, 116 a.C. – Roma, 27 a.C.) è stato
un letterato, grammatico, militare e agronomo romano. «Tu ci hai fatto
luce su ogni epoca della patria, sulle fasi della sua cronologia, sulle norme
dei suoi rituali, sulle sue cariche sacerdotali, sugli istituti civili e
militari, sulla dislocazione dei suoi quartieri e vari punti, su nomi, generi,
su doveri e cause dei nostri affari, sia divini che umani.» (Marco Tullio
Cicerone, Academica Posteriora, I 9 - trad. A. D'Andria) Statua di
Varrone a Rieti Marco Terenzio Varrone nacque a Rieti (o in alta Sabina) nel
116 a.C.: per tale motivo è detto Reatino (attributo che lo distingue da
Varrone Atacino, vissuto nello stesso periodo)[1]. Nato da una
famiglia di nobili origini, aveva rilevanti proprietà terriere in Sabina[2] -
dove fu educato con disciplina e severità dai familiari -, integrate
dall'acquisto di lussuose ville a Baia e fondi terrieri a Tusculum e
Cassino. A Roma compì studi avanzati presso i migliori maestri del tempo:
tra gli altri, studi di grammatica presso Lucio Elio Stilone Preconino, che lo
fece appassionare anche agli studi etimologici e retorici[3] e di linguistica e
filologia con Lucio Accio, a cui dedicò la sua prima opera grammaticale De
antiquitate litterarum. Come molti giovani romani, compì un viaggio in
Grecia fra l'84 a.C. e l'82 a.C., dove ascoltò filosofi accademici come Filone
di Larissa e Antioco di Ascalona, da cui dedusse una posizione filosofica di
tipo eclettico[4]. A differenza di molti altri eruditi del tempo, Varrone
non si ritirò dalla vita politica ma, anzi, vi prese parte attivamente
accostandosi agli optimates, forse anche influenzato dall'estrazione sociale.
Dopo aver, infatti, percorso le prime tappe del cursus honorum (triumviro
capitale nel 97 a.C., questore lo stesso anno, legato in Illiria nel 78 a.C.)
fu vicino a Pompeo, per il quale ricoprì incarichi di grande importanza: fu
legato e proquestore in Spagna fra il 76 a.C. e il 72 a.C. e combatté nella
guerra contro i pirati difendendo la zona navale tra la Sicilia e
Delo.[5] Allo scoppio della guerra civile nel 49 a.C. fu propretore in
Spagna: in una guerra che vedeva i romani contro i romani, tentò un'incerta
difesa del suo territorio che si concluse in una resa che Gaio Giulio Cesare,
nei Commentarii de bello civili, definì poco gloriosa[6]. Dopo la
disfatta dei pompeiani, si avvicinò, comunque, a Cesare, che apprezzò il
Reatino soprattutto sul piano culturale, affidandogli la costituzione di due
biblioteche, una di testi latini l'altra di testi greci, ma che, dopo le idi di
Marzo, furono sospese[7]. Dopo la morte del dittatore, anzi, fu inserito
nelle liste di proscrizione sia di Antonio che di Ottaviano (interessati più
alle sue ricchezze che a punire i congiuranti), da cui si salvò grazie
all'intervento di Fufio Caleno per poi avvicinarsi a Ottaviano a cui dedicò il
De vita populi Romani volto alla divinizzazione della figura di Giulio
Cesare.[8]. Morì quasi novantenne nel 27 a.C. dopo aver scritto una
produzione di oltre 620 libri, suddivisi in circa settanta opere[9].
Opere Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: De re
rustica (Varrone) e De lingua Latina. Marco Terenzio Varrone Produzione e
trasmissione La vasta produzione di Varrone fu suddivisa da Girolamo in un
catalogo (incompleto, poiché sono elencati circa la metà degli scritti del
reatino)[10]: in totale, le opere varroniane sono verosimilmente 74, suddivise
in 620 volumi, sebbene Varrone stesso, a 77 anni, abbia riferito di aver
scritto 490 libri[11]. Le opere varroniane, secondo l'argomento, possono
essere suddivise in vari gruppi, dalle opere di erudizione, filologia e storia
a quelle giuridiche e burocratiche, dalle opere di filosofia e agricoltura alle
opere di poesia, di linguistica e letteratura; di retorica e diritto, con ben
15 libri De iure civili; di filosofia. Di questa enorme produzione è
pervenuta (quasi integra) solo un'opera, il De re rustica, mentre del De lingua
Latina sono pervenuti solo 6 libri su 25. Probabilmente, causa del quasi
completo naufragio della immane bibliografia varroniana è che, avendo
compulsato tanta parte della cultura grecoromana precedente, divenne la fonte
indispensabile per gli autori successivi, perdendosi, per così dire, per
assimilazione. Il filologo ed erudito Dell'attività filologica varroniana
fa testimonianza il cosiddetto "canone varroniano", elaborato a
partire da due opere, le Quaestiones Plautinae e il De comoediis Plautinis, in
cui Varrone ripartì il corpus plautino, che includeva 130 fabulae: di queste,
21 vengono definite autentiche, 19 di origine incerta, dette
"pseudo-varroniane" e le restanti spurie[12]. Si occupò
soprattutto di antiquaria, con i 41 libri di Antiquitates, il suo capolavoro,
divisi in 25 di res humanae e 16 di res divinae[13], fonte precipua di Agostino
nel De civitate Dei: proprio da Agostino si evidenzia l'attenzione di Varrone
sulla religione "civile", con una compiuta disamina su culti e
tradizioni, pur con acute critiche alla teologia mitica dei poeti in nome di
una theologia naturalis. A questo gruppo appartiene anche l'opera, non pervenuta,
De bibliothecis, presumibilmente legata alle incombenze come bibliotecario
affidategli da Cesare. La produzione a sfondo filosofico Nell'ambito
filosofico, notevoli dovevano essere i Logistorici (dal greco “discorsi di
storia”)[14] un'opera in 76 libri, composta in forma di dialogo in prosa, di
argomento morale e antiquario, in cui ogni libro prendeva il nome di un
personaggio storico e un tema di cui il personaggio costituiva un modello, come
il Marius, de fortuna o il Catus, de liberis educandis[15]: probabilmente
questi dialoghi storico-filosofici furono tra i modelli espositivi del Laelius
de amicitia e del Cato Maior de senectute di Cicerone[16]. All'interesse
filosofico e divulgativo di Varrone, probabilmente scritte lungo tutto il corso
della sua parabola culturale, riconducevano le Saturae Menippeae[17], che
prendevano come modello Menippo di Gadara, esponente della filosofia cinica (da
cui il nome). Esse, scritte tra l'80 a.C. e il 46 a.C., si componevano di 150
libri, in prosa e in versi, di cui però ci rimangono circa 600 frammenti e
novanta titoli, di argomento soprattutto filosofico, ma anche di critica dei
costumi, morale, con rimpianti sui tempi antichi in contrasto con la corruzione
del presente. Ciascuna satira recava un titolo, desunto da proverbi (Cave canem
con allusione alla mordacità dei filosofi cinici) o dalla mitologia (Eumenides
contro la tesi stoico-cinica per cui gli uomini sono folli, Trikàranos, il
mostro a tre teste, con un mordace riferimento al primo triumvirato) ed era
caratterizzata da lessico popolaresco, polimetria e, come in Menippo, uno stile
tragicomico[18]. Note ^ Valerio Massimo, VII 3. ^ Aulo Gellio, III 10, 7.
^ Ce ne parla Varrone stesso in De lingua latina, VII 12. ^ Cicerone, Academica
posteriora, I 7, 12. ^ Appiano, Guerre civili, IV 47; Varrone, De re rustica,
II 10, 8 e III 12, 7. ^ II 17. ^ Svetonio, Cesare, 44, 2. ^ Appiano, IV 47. ^
Ausonio, Commemoratio professorum Burdigalensium, XX, 10. ^ Chronicon, ann.
1901 e 1989. ^ Aulo Gellio, II 10, 17. ^ Gellio, III 3, 9. ^ I cui frammenti
sono editi nella fondamentale edizione in due volumi di B. Cardauns:
Antiquitates rerum divinarum, Wiesbaden, Steiner, 1976. ^ Cfr. B. Zucchelli,
Varro logistoricus. Studio letterario e prosopografico, Parma, Universita degli
studi di Parma, 1981. ^ Cfr., ad esempio, il Fr. XIX Riese: "Da ragazzo,
avevo solo una tunica modesta e una toga, calzature senza fascette, un cavallo
non sellato; bagno giornaliero, niente e, davvero di rado, una tinozza". ^
N. Horsfall, Varrone, in Letteratura Latina Cambridge, vol. 1, Milano,
Mondadori, 2007, pp. 474-475. ^ Cfr. M. Salanitro, Le Menippee di Varrone.
Contributi esegetici e linguistici, Roma, Edizioni dell'Ateneo 1990. ^ Sulla
satira varroniana, cfr. L. Alfonsi, Le Menippee di Varrone, in
"ANRW", I (1973), n. 3, pp. 26-59. Bibliografia (Per la bibliografia
specifica sul De re rustica e sul De lingua Latina si rimanda alle rispettive
voci) Atti del Congresso internazionale di studi varroniani. Rieti
settembre 1974, 2 voll., Rieti, Centro di studi varroniani, 1976. B. Cardauns,
Marcus Terentius Varro. Einführung in sein Werk, Heidelberg, Winter, 2001. A.
Cenderelli, Varroniana. Istituti e terminologia giuridica nelle opere di M.
Terenzio Varrone, Milano, A. Giuffrè, 1973. H. Dahlmann, Varrone e la teoria
ellenistica della lingua, Traduzione italiana di Pasqualina Vozza, Napoli,
Loffredo, 1997. F. Della Corte, Varrone, il terzo gran lume romano, Genova,
Istituto universitario di Magistero, 1954 (rist. Firenze, La Nuova Italia,
1970). G.A. Nelsestuen, Varro the agronomist. Political philosophy, satire and
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Istituto di studi romani, 1975. A. Traglia, Introduzione a: M.T. Varrone,
Opere, Torino, UTET, 1974, pp. 9-47. B. Zucchelli, Varro logistoricus. Studio
letterario e prosopografico, Parma, Universita degli studi di Parma, Istituto
di lingua e letteratura latina, 1981. Voci correlate Satira menippea
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Humanities Institute. Modifica su Wikidata Opere di Marco Terenzio Varrone, su
openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Marco
Terenzio Varrone, su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata (EN)
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(FR) Pubblicazioni di Marco Terenzio Varrone, su Persée, Ministère de
l'Enseignement supérieur, de la Recherche et de l'Innovation. Modifica su
Wikidata M. Ter. Varronis De lingua Latina libri qui supersunt: cum fragmentis
ejusdem, Biponti, ex typographia societatis, 1788. (LA, IT) Biblioteca degli
scrittori latini con traduzione e note: Terentii Varronis quae supersunt opera,
Venetiis, excudit Joseph Antonelli, 1846. (LA, FR) Les agronomes latins, Caton,
Varron, Columelle, Palladius, avec la traduction en français, a cura di M.
Nisard, Paris, Firmin Didot Fréres, 1856, pp. 53 ss. Grammaticae Romanae
Fragmenta, a cura di Gino Funaioli, Lipsiae, in aedibus B. G. Teubneri, 1907,
vol. 1, pp. 179 ss. M. Terenti Varronis saturarum menippearum reliquiae, cur.
Alexander Riese, Lipsiae, in aedibus B. G. Teubneri, 1865. V · D · M Opere di
Marco Terenzio Varrone Grammatici romani V · D · M Guerra civile romana (49-45
a.C.) Controllo di autorità VIAF (EN) 100219311 · ISNI (EN) 0000 0001 2145 2047
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romaniNati nel 116 a.C.Morti nel 27 a.C.Nati a RietiAgronomi
romaniApicoltoriEnciclopedisti romaniScrittori romaniStoria
dell'agricolturaUomini universali[altre]
Varzi: essential Italian philosopher. varzi: essential Italian philosopher. Some Italians do
not consider Varzi an “Italian” philosopher in that his maximal degree was
earned elsewhere! If philosophy is a branch of the belles lettres, part of
Varzi’s essays belong in English literature --. He was written on ‘universal
semantics.’ Achille
Varzi all'Università di Trento. Achille C. Varzi (n. Galliate) è un
filosofo. Esponente della filosofia analitica, in Italia è noto
principalmente per le sue ricerche di logica e per il suo contributo alla
rinascita degli studi in ambito di metafisica e ontologia.
Laureatosi all'Università degli Studi di Trento con una tesi sulle
logiche libere, ha conseguito il Ph.D. in filosofia presso la University of
Toronto (Canada) con una dissertazione sulla semantica universale. Insegna
Logica e Metafisica a Columbia, ove è stato direttore del Dipartimento di
Filosofia. È nel direttivo del Journal of Philosophy e nell'esecutivo
della Stanford Encyclopedia of Philosophy.-- è stato insignito della Targa
Giuseppe Piazzi per la ricerca scientifica e del Premio Paolo Bozzi per
l'Ontologia. Dopo un periodo dedicato soprattutto allo studio
dell'immagine del mondo propria del senso comune, il suo pensiero si è
indirizzato progressivamente verso posizioni di stampo nominalista e
convenzionalista, nella convinzione che "buona parte della struttura che
siamo soliti attribuire alla realtà esterna risieda a ben vedere nella nostra
testa, nelle nostre pratiche organizzatrici, nel complesso sistema di concetti
e categorie che sottendono alla nostra rappresentazione dell'esperienza e al
nostro bisogno di rappresentarla in quel modo".Autore di oltre un
centinaio di pubblicazioni su volumi e riviste specializzate, in Italia Varzi è
noto anche per la sua attività divulgativa (spesso in collaborazione con
Roberto Casati), ispirata al principio secondo cui "la filosofia è una
sfida in cui il pensiero parte dalla semplicità delle cose quotidiane e ne
mostra la meravigliosa complessità". Opere principali: Semplicemente
diaboliche. 100 nuove storie filosofiche (con Roberto Casati), Laterza,
2017. I modi dell'amicizia (con Maurizio Ferraris), Orthotes, 2016. I
colori del bene, Orthotes, 2015. L'incertezza elettorale (con Roberto
Casati), Aracne, 2014. Le tribolazioni del filosofare. Comedia Metaphysica
ne la quale si tratta de li errori & de le pene de l’Infero (con Claudio
Calosi), Laterza, 2014. Il mondo messo a fuoco, Laterza, 2010. Il
pianeta dove scomparivano le cose. Esercizi di immaginazione filosofica (con
Roberto Casati), Einaudi, 2006. Ontologia, Laterza, 2005. Semplicità
insormontabili - 39 storie filosofiche (con Roberto Casati), Laterza, 2004; ed.
inglese: 2006.[4] Parole, oggetti, eventi e altri argomenti di metafisica,
Carocci. An Essay in Universal Semantics, Kluwer, 1999. Parts and Places.
The Structures of Spatial Representation (con Roberto Casati), MIT Press.Theory
and Problems of Logic (con John Nolt e Dennis Rohatyn), McGraw-Hill, 1998;
trad. it. Logica, McGraw-Hill Italia, 2003, 2007. Holes and Other
Superficialities (con Roberto Casati), MIT Press, 1994; trad. it. Buchi e altre
superficialità, Garzanti, 1996. Studi: Elena Casetta e Valeria Giardino (a
cura di), Mettere a fuoco il mondo. Conversazioni sulla filosofia di
Achille C. Varzi, numero speciale di Isonomia – Epistemologica, Vol. 4,
2014. Francesco Calemi, Achille Varzi. Logica, semantica, metafisica,
AlboVersorio, Milano 2015. Note ^ Elena Casetta e Valeria Giardino, 2014,
p. 159. Il mondo messo a fuoco, Laterza, 2010, p. 4. Dal risvolto di
copertina di Semplicità insormontabili, Laterza, 2004. Altre edizioni in francese,
spagnolo, portoghese, greco, cinese, giapponese, coreano, polacco, finlandese.
Da questo libro è stato tratto lo spettacolo teatrale Insurmountable
Simplicities, per la regia di Natalie Glick, presentato dall'All Gone Theatre
Company all'edizione 2010 del New York International Fringe
Festival. Altri progetti Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene
citazioni di o su Achille Varzi Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons
contiene immagini o altri file su Achille Varzi Collegamenti esterni (EN) Sito
di Varzi presso la Columbia University, su columbia.edu. (EN) Bibliografia
completa di Varzi, su columbia.edu. (EN) Biografia "negativa" di
Varzi, su columbia.edu. Intervista ad Achille Varzi di Leonardo Caffo, Rivista
italiana di filosofia analitica. Controllo di autorità VIAF (EN) 69104236 ·
ISNI (EN) 0000 0001 2027 9350 · LCCN (EN) n93057819 · GND (DE) 154577324 · BNF
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Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del
XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloNati nel 1958Nati l'8 maggioNati a
GalliateProfessori della Columbia University[altre] Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Varzi:
semantica filosofia," per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool
Library, Villa Grice, Liguria, Italia
Vasa: essential Italian
philosopher. Andrea Vasa Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to
navigationJump to search Andrea Vasa
Andrea Vasa (Aggius, 1914 – Firenze, 1980) è stato un filosofo e accademico
italiano. [1][2][3] Andrea Vasa -
Società Filosofica Italiana - Congresso Nazionale - L'Aquila 1973 Indice 1Biografia 2Pensiero filosofico 3Opere
4Note 5Bibliografia 6Altri progetti Biografia Andrea Vasa nacque ad Aggius,
paese della Gallura di forte e suggestivo paesaggio e di forti vicende.
Compiuti in anticipo gli studi secondari, andò a studiare Filosofia
all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano dove si laureò nel 1936.
Insegnò nel Liceo - Ginnasio “Arnaldo” di Brescia dal 1938 al ’43. In quell’anno
dovette interrompere l’insegnamento a causa della sua partecipazione alla
Resistenza con il gruppo che faceva capo a Ferruccio Parri. Alla fine della
guerra riprese l’insegnamento a Milano nel Liceo Classico G. Carducci e poi nel
Liceo - Ginnasio Alessandro Manzoni. Nel 1951 ottenne la libera docenza. Dal
1953 al ’57 fu assistente volontario e poi incaricato di Filosofia della
religione nell’Università Statale di Milano. Vincitore di un concorso a
cattedre di Filosofia teoretica, fu chiamato (1958) all’Università degli Studi
di Cagliari e dopo (1959) a quella di Firenze. Si sposò con Giuseppina
Brambilla, anch’ella laureata in Filosofia alla Cattolica. Vasa rimase sempre
fortemente legato al paese natale. Il Comune di Aggius ne ha conservato la
memoria. Pensiero filosofico Negli anni
di formazione all’Università Cattolica, Vasa si trovò a partecipare al
tentativo condotto da Gustavo Bontadini, di cui era allievo e amico, di
superare la contrapposizione tra la neoscolastica e il neoidealismo italiano, comprendendo
e assimilando quanto della metafisica hegeliana e cristiana era in questo
indirizzo[4]. In questa operazione Vasa prese una sua via personale: abbandonò
l’interesse metafisico simpatizzando per l’attualismo gentiliano per quanto
esso restituiva all’uomo dignità e responsabilità, mettendone tuttavia in luce
l’impossibilità di una fondazione logica[5]. Nacquero così le indagini sulla
logica di Hegel che portarono a rilevanti osservazioni critiche riguardo al
neoidealismo italiano[6]. Con l’idea che i valori immanenti costituiscono
l’orizzonte trascendentale nella prassi razionale ed etica dell’uomo veniva a
cadere per Vasa l’opposizione di immanenza e trascendenza. Nella comune partecipazione alla Resistenza
Vasa si legò di amicizia con Mario Dal Pra, filosofo di profonda esperienza
religiosa e sociale e innovatore della storiografia filosofica. Tramite lui
Vasa entrò in contatto con Antonio Banfi, che rappresentava la Scuola
filosofica milanese dell’Università Statale. Nel confronto con il “razionalismo
critico” di Banfi, che mirava a chiarire una struttura della ragione nel solco
della tradizione kantiana e neokantiana, Vasa pensò ad un razionalismo che
andasse oltre ogni struttura presupposta della ragione verso un orizzonte di
possibilità non ancora prevedibili. Questo pensiero comportava l’idea della
ricerca di una logica della possibilità. Si pose così quella proposta
filosofica detta “trascendentalismo della prassi”, che era radicalmente critica
e programmaticamente aperta, e che venne difesa da Dal Pra e da Vasa, sia nella
«Rivista di storia della filosofia» fondata (con altri) da Dal Pra nel 1946,
sia nei Congressi della “Società filosofica italiana” rinata dopo lo
scioglimento imposto dall’autorità fascista. Il “trascendentalismo della prassi”
era contrapposto al "teoricismo", inteso come il carattere di tutte
le filosofie che presuppongono un principio di datità del reale e del valore,
cioè di tutte le filosofie metafisiche. Il trascendentalismo della prassi non
voleva essere una teoria, ma un atteggiamento pratico possibile, effettivo, che
riconosceva la temporalità della prassi e ne rivendicava la libertà e la
responsabillità. La proposta del trascendentalismo della prassi, che era
immediatamente critica del pensiero di Benedetto Croce e di Giovanni Gentile,
ma che investiva tutti gli indirizzi contemporanei, fu il modo più radicale del
domandarsi, in Italia, dopo la catastrofe della guerra, sul significato della
filosofia e della storia della filosofia[7]. La «Rivista di storia della filosofia»
costituì il contatto con il movimento detto “neoilluminismo”, che, animato da
Nicola Abbagnano, avendo come centro Torino, collegava e confrontava in
convegni periodici i nuovi indirizzi metodologici e antimetafisici. Affermatisi in Italia gli indirizzi della
fenomenologia trascendentale, della filosofia analitica e del neoempirismo,
Vasa, con il suo metodo, caratterizzato dall’apertura e dalla tensione critica
ad un continuo “andar oltre”, diede di essi interpretazioni originali in
numerosi studi e nei corsi universitari[8]. La sua ricerca, ora caratterizzata
come “razionalismo della prassi”, continuò a mettere in discussione ogni
naturalismo limitativo della libertà dell'uomo. Vasa confermò così l’idea di
una “via negativa alla filosofia”[9] a cui siamo costretti in mancanza di
principi universali oggettivi o di autorità universali nella prassi. Questa
negazione confuta la tematizzazione ingenua del mondo, mette fra parentesi la
tradizione, toglie l’unicità di senso al nostro rapporto con la realtà e,
aprendo la ricerca alla prospettiva di generalizzazioni nuove, risponde al
bisogno dell'uomo di costruirsi e perseguire finalità proprie. Per influenza dell’amico Ludovico Geymonat, e
in discussione con lui, Vasa vide concretamente nelle scienze in sviluppo
l’orizzonte effettivo delle possibilità razionali, pertanto si cimentò nella
comprensione di esse attraverso l’epistemologia e la logica. Egli esaminò: il
moderno formalismo logico-matematico di Bertrand Russell; l’analisi del
linguaggio (formale ed ordinario) di Ludwig Wittgenstein; il convenzionalismo
logico e linguistico che egli coglieva nel neoempirismo di Rudolf Carnap e
nella discussione di Willard Van Orman Quine sull’ontologia; lo stesso
svolgimento dell’epistemologia dagli inizi col Circolo di Vienna ai successivi
sviluppi autocritici e “liberali”; le rivoluzioni concettuali delle scienze.
Erano tutti problemi che avevano all’origine e segnalavano una crisi del
fondamento. Vasa volle chiarirli leggendovi «la sollecitazione a porre fra
parentesi ad aggredire o a variare all’infinito ogni “conoscenza” di spazi e
tempi, di atomi, masse e cause naturali»[10]. La ricerca di Vasa manteneva così
l’etica dei fini umani; la logica era anche logica della speranza; la filosofia
ritrovava il senso originario di “amore della saggezza”. Opere Il problema della ragione, Bocca,
Milano 1951. Ricerche sul razionalismo della prassi, Sansoni, Firenze 1957.
Logica, scienza e prassi, La Nuova Italia, Firenze 1980. Logica, religione e
filosofia. Saggi filosofici (1953-1980), Introduzione di M. Dal Pra, Franco
Angeli, Milano 1983. Logica, scienze della natura e mondo della vita. Lezioni
1978-1980, (a cura di L. Handjaras e A. Marinotti), Franco Angeli, Milano 1986.
Poeti di Aggius. Michele Andrea Tortu, Michele Pisanu (Antologia di Salvatore
Lepori con prefazione, traduzione e note di A. Vasa), Nota introduttiva di
Giovanni Pirodda, Istituto Superiore Regionale Etnografico, Nuoro 1990. Mario
Dal Pra, Andrea Vasa, Il Trascendentalismo della prassi, la filosofia della Resistenza,
a cura di Maria Grazia Sandrini, Mimesis / Centro Internazionale Insubrico,
Milano 2017. Note ^ In memoria di Andrea Vasa, filosofo della modernità, La
Nuova Sardegna, 2005 ^ Treccani: Vasa, Andrea ^ Ragione e libertà. Saggio sul
pensiero di Andrea Vasa ^ A. Vasa, Una discussione con G. Bontadini su
metafisica e filosofia, in Studi di filosofia in onore di G. Bontadini, Vita e
Pensiero, Milano 1975, pp. 522-40. I saggi di Vasa sono raccolti nel volume
Logica, religione e filosofia (Scritti filosofici 1953-1980) ^ A. Vasa, Memoria
di Giovanni Gentile, in «Giornale critico della filosofia italiana», XLIII
(1964), n. 4, pp. 481-507 ^ Vedi Benedetto Croce, Le cosiddette ‘riforme della
filosofia’ e in particolare di quella hegeliana, (a proposito del saggio di
Vasa su De Ruggiero), in «Quaderni della Critica», novembre 1949, poi in
Indagini su Hegel, Laterza, Bari 1952, pp. 54-70 ^ Vedi M. Dal Pra, La
filosofia italiana oggi, in «Rivista critica di storia della filosofia», VIII,
1953, pp. 396-425 e Sul trascendentalismo della prassi, in Il problema della
filosofia oggi. Atti del XVI Congresso nazionale di Filosofia (Bologna, 19-22
marzo 1953) promosso dalla SFI, Bocca, Roma-Milano, 1953, pp. 33-59 ^ Vedi:
saggi come l’Introduzione alla trad. di E. Husserl, L’idea della fenomenologia.
Cinque lezioni, (a cura di M. Rosso), Il Saggiatore, Milano 1981; Logica e
religione di fronte al compito di una possibile unificazione del sapere, in «Il
Pensiero», 1965, n.1, pp. 89-112; L’ateismo religioso di L. Wittgenstein, in
«Archivio di Filosofia», 1980 (Esistenza, Mito, Ermeneutica), pp. 285-313; e le
lezioni raccolte nel volume Logica, scienze della natura e mondo della vita ^
A. Vasa, Logica, scienze della natura e mondo della vita, p. 102. ^ La frase
(di Vasa) compare nella presentazione editoriale del volume Logica, scienza e
prassi Bibliografia Cesare Luporini, Ettore Casari, Mario Dal Pra, Ludovico
Geymonat, Amedeo Marinotti, Ricordo di Andrea Vasa. Corsi, seminari e
bibliografia, a cura di Luciano Handjaras e Maria Grazia Sandrini, Olschki,
Firenze 1982. Ferruccio De Natale, Storicità della filosofia e filosofia come
storiografia. Un dibattito tra filosofi italiani negli anni Cinquanta, in AA.
VV., Dentro la storiografia filosofica. Questioni di teoria e didattica, Dedalo,
Bari 1983, pp. 101–148. Franco Cambi, Razionalismo e prassi a Milano
(1945-1954), Cisalpino-Goliardica, Milano 1983. Amedeo Marinotti, Luciano
Handjaras, Maria Grazia Sandrini, Ragione e libertà. Saggi sul pensiero di
Andrea Vasa, Prefazione di M. Dal Pra, Franco Angeli, Milano 1989. Mario Dal
Pra, Filosofi del Novecento, Angeli, Milano 1989, vi è raccolto il contributo
già in AA. VV., Ricordo di Andrea Vasa, Olschki, Firenze 1982. Carlo Monti,
Religione e prassi nel pensiero di Andrea Vasa, in «La Fortezza. Rivista di
studi», II, 1991, n.1, pp. 47–57. Maria Grazia Sandrini, Liberalismo etico e
prospettive razionalistiche nel pensiero di Andrea Vasa, in M.G. Sandrini,
Etica e scienza. Saggi di filosofia, Carocci, Roma 2003. Maria Grazia Sandrini
e Al., Andrea Vasa uomo e filosofo (Atti del convegno di Aggius, 15 maggio
2005). Comprende: relazioni di M.G. Sandrini, L’eredità vasiana; P.L. Lecis,
Viaggio verso una meta incerta. L’universo dei mondi possibili di A. Vasa; F.
Minazzi, La strada per Megara e l’irriducibilità della libertà umana. Il
problema della ragione nel trascendentalismo della prassi di A. Vasa; E.
Palombi, Sul senso dell’uomo nel pensiero di A. Vasa; alcuni brevi Scritti e
testi inediti, a cura di F. Minazzi e M.G. Sandrini, in «Il Protagora», XXXIV,
luglio-dicembre 2006; poi in volume con lo stesso titolo, Barbieri, Manduria
2008. Amedeo Marinotti, Ragione e prassi in Vasa e in Geymonat. Memoria di una
discussione filosofica e di un’amicizia, in Ludovico Geymonat un maestro del
Novecento. Il filosofo, il partigiano e il docente, a cura di Fabio Minazzi,
Unicopli, Milano 2009, pp. 481–92. Enrico I. Rambaldi, La formazione di Andrea
Vasa, in Alberto Pala filosofo laico, appassionato delle scienze. Studi e
testimonianze nel 90° dalla nascita, a cura di B. Maiorca, Cuec, Cagliari 2013,
pp. 101–126. Enrico I. Rambaldi, Da Gentile a Hegel. Trascendentalismo e
antifascismo in Andrea Vasa. Con un’appendice di testi e documenti, in «Rivista
di storia della filosofia», Supplemento al fasc. 4, 2016, pp. 579–613. Altri
progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o
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Categorie: Filosofi italiani del XX secoloAccademici italiani del XX secoloNati
nel 1914Morti nel 1980Nati ad AggiusMorti a FirenzeProfessori dell'Università
degli Studi di CagliariProfessori dell'Università degli Studi di
FirenzeProfessori dell'Università degli Studi di MilanoStudenti dell'Università
Cattolica del Sacro Cuore[altre]
Vastarini: essential
Italian philosopher Francesco Vastarini Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Jump to navigationJump to search Abbozzo Questa voce sull'argomento religiosi
italiani è solo un abbozzo. Contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni
di Wikipedia. Francesco Vastarini (L'Aquila, 19 febbraio 1566 – Napoli, 1641) è
stato un religioso, filosofo e scrittore italiano. Indice 1Cenni biografici 2Note 3Bibliografia
4Voci correlate Cenni biografici Esponente di una nota famiglia abruzzese,
nacque all'Aquila nel 1566; in giovane età fu un grande studioso nonché maestro
di scherma,[1] quindi, alla morte della madre, e decise di entrare nell'ordine
dei frati minori cappuccini.[2] Viene citato anche come Francesco Ficetola o
Francesco dell'Aquila.[2] Era dotato di
una brillante vocazione predicatoria che lo portò sino alla corte di papa
Urbano VIII. Venne pubblicamente lodato anche dal Duca di Osuna che gli propose
il vescovato di Pozzuoli e dal Granduca di Toscana che gli propose quello di
Fiesole, ma in entrambi i casi il Vastarini rifiutò.[2] Nella prima metà del XVII secolo si prodigò
per aprire una sede dei cappuccini nella sua città natale[3], colpito dalla
morte di un suo confratello che il medico non era riuscito a soccorrere
nell'allora sede di San Giuseppe fuori le mura.[1] nel 1606 acquistò un vasto
terreno sul margine orientale della cinta muraria e nel 1610 vi costruì il
convento e la chiesa di San Michele, ancora oggi esistenti seppur inglobati nel
complesso monumentale dell'Emiciclo.[4]
Nella sua ultima parte di vita fu inoltre camerlengo dell'Aquila. Note
Giacomo Di Marco, Storia del complesso architettonico, in Lucio Zazzara
(a cura di), Palazzo dell’Emiciclo e palazzina ex G.I. Maschile. Rigenerazione
e adeguamento sismico a L’Aquila, Pescara, Carsa, 2018, pp. 39-41. Alfonso Dragonetti, p. 234 ^ Frati minori
cappuccini d'Abruzzo, Le attività del Convento Santi Francesco e Chiara di
L'Aquila, su fraticappuccini.it. URL consultato il 9 giugno 2018. ^ L'Emiciclo
Rinasce, La storia, su emiciclorinasce.it. URL consultato il 9 giugno 2018.
Bibliografia Alfonso Dragonetti, Le vite degli illustri aquilani, L'Aquila,
Perchiazzi Editore, 1847. Voci correlate Vastarini Cresi Biografie Portale
Biografie Religione Portale Religione Categorie: Religiosi italianiFilosofi
italiani del XVI secoloFilosofi italiani del XVII secoloScrittori italiani del
XVI secoloScrittori italiani del XVII secoloNati nel 1566Morti nel 1641Nati il
19 febbraioNati all'AquilaMorti a Napoli[altre]
Vattimo: essential
Italian philosopher. vattimo:
Italian philosopher – (n. Torino) Gianni Vattimo (n. Torino) è un filosofo --
not one that provinicial Beaney would include in his handbooks and dictionaries
– Vattimo’s philosophy shares quite a bit with Grice’s programme, as anyone
familiar with both Vattimo and Grice may testify. Vattimo has philosophised on
Heidegger and Nietzsche, and one of his essays is on the subject and the mask –
another on reality – There is a volume in his honour.Gianni
Vattimo Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search
Gianteresio "Gianni" Vattimo Gianni Vattimo - Participante del Foro
Internacional por la Emancipación y la Igualdad (16106465993).jpg Gianni
Vattimo nel 2011 Dati generali Partito politicoPartito Comunista (dal 2015) In
precedenza: DS (1999-2004) PdCI (2004-2009) IdV (2009-2014) Indipendente
(2014-2015) Titolo di studioLaurea in Filosofia UniversitàUniversità degli
Studi di Torino Professionefilosofo, professore universitario Gianteresio
Vattimo, detto Gianni (Torino, 4 gennaio 1936), è un filosofo, accademico e
politico italiano. Tra i massimi esponenti della corrente postmoderna, è
teorizzatore del pensiero debole. Indice 1Biografia 2Controversie
2.1Accuse di antisemitismo 2.2Sull'aggressione a Berlusconi 3Pensiero 3.1Il
pensiero debole 3.2Etica e natura 4Vita privata 5Opere principali 6Critica
7Note 8Voci correlate 9Altri progetti 10Collegamenti esterni Biografia Nato a
Torino, il padre è un poliziotto calabrese, che muore quando Gianni ha un anno
e mezzo, mentre la madre è una sarta; ha una sorella di otto anni più grande.
Durante la guerra si trasferisce con la famiglia in Calabria nel 1943,
restandoci per due anni e ritornando a Torino nel settembre del 1945[1].
Studente del liceo classico Vincenzo Gioberti è attivo in quegli anni nella Gioventù
Studentesca di Azione Cattolica[2], e collabora a Quartodora, rivista del
movimento diretta da Michele L. Straniero[1]. In un'intervista del 2016, si
autodefinì come un cattolico militante, influenzato dalla lettura di Jacques
Maritain, Emmanuel Mounier e dei racconti di Georges Bernanos, portato dalla
fede ad un disinteresse per il razionalismo storico, l'Illuminismo e le
filosofie di Hegel e Marx.[3] Allievo di Luigi Pareyson assieme a Umberto
Eco con cui ha condiviso amicizia e interessi, si è laureato in filosofia nel
1959 a Torino. Negli anni cinquanta ha lavorato ai programmi culturali della
Rai. Ha conseguito la specializzazione a Heidelberg, con Karl Löwith e Hans
Georg Gadamer, di cui ha introdotto il pensiero in Italia. Nel 1964 è diventato
professore incaricato e nel 1969 ordinario di estetica all'Università di
Torino, nella quale è stato preside, negli anni settanta, della facoltà di
Lettere e Filosofia. Dal 1982 al 2008 è stato ordinario di filosofia teoretica
presso la stessa università. In seguito è stato nominato professore emerito,
titolo che non gli precluse, in futuro, lo svolgimento di eventuali attività
didattiche presso la suddetta università. Nel 1986 ha ideato e condotto su
Raitre il programma televisivo di divulgazione filosofica La clessidra.
Ha insegnato come visiting professor negli Stati Uniti e ha tenuto seminari in
diversi atenei del mondo. È stato direttore della Rivista di estetica, membro
di comitati scientifici di varie riviste italiane e straniere, socio corrispondente
dell'Accademia delle Scienze di Torino, nonché editorialista per i quotidiani
La Stampa e La Repubblica e per il settimanale L'espresso. Attualmente dirige
la rivista Tropos. Rivista di ermeneutica e critica filosofica (edita da Aracne
Editrice). Per le sue opere ha ricevuto lauree honoris causa dalle università
di La Plata, Palermo, Madrid e dalla Universidad Nacional Mayor de San Marcos
di Lima. È stato più volte docente alle Vacances de l'Esprit (1995, 1997 e
2004). Ha svolto attività politica in diverse formazioni: prima nel
Partito Radicale, poi in Alleanza per Torino, successivamente nei Democratici
di Sinistra (dal 25 aprile 1999 al 30 gennaio 2004), per i quali è stato
parlamentare europeo, e nel Partito dei Comunisti Italiani. Nel 2005 è stato
candidato da una lista civica a sindaco di una cittadina calabrese, San
Giovanni in Fiore (Cs), per combattere la "degenerazione
intellettuale" che affliggeva quel paese, ma non è riuscito ad arrivare al
secondo turno. Il 30 marzo 2009 ha annunciato la sua candidatura a
parlamentare europeo nelle liste dell'Italia dei Valori di Antonio Di Pietro,
rivendicando tuttavia le proprie origini comuniste[4], venendo eletto nella
circoscrizione Nord-Ovest. Il 21 gennaio 2015, giorno dell'anniversario
della fondazione del PCd'I, annuncia la sua adesione al Partito
Comunista[5]. Il suo ideale politico-religioso si riassume in una forma
da lui definita "comunismo cristiano" e "comunismo
ermeneutico", un' ideale antidogmatico di "comunismo debole" nel
pensiero e nell'essere, che si ispira alla vita comunitaria delle prime
comunità cristiane. Esso rinnega e si oppone alla violenza delle
industrializzazione pesante forzata e dello stalinismo in genere, così come
anche alle tesi di Lenin e del terrorismo, muovendo a favore di una sinistra
improntata al dialogo, alla dialettica e alla tolleranza.[6] Controversie
Accuse di antisemitismo Vattimo è stato accusato di antisemitismo, a causa
delle sue dichiarazioni sul controllo ebraico di banche, dove affermava:
"Ricordiamoci che la Federal Reserve è di proprietà di Rothschild e
Rockefeller" (anche se la famiglia Rockefeller non è ebrea). Renzo
Gattegna, presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, lo accusò di
antisemitismo, additando le sue dichiarazioni come "parole di odio che non
aggiungono nulla di nuovo e che sono accompagnate dalla riproposizione
squallida di stereotipi antisemiti"[7]. Anche Rabbi Barbara Aiello, primo
rabbino donna in Italia, ha corroborato queste accuse, tacciando Vattimo di
antisemitismo[8]. Il 9 gennaio 2009 ha rilasciato un'intervista al
Corriere[9] in cui dichiara, riguardo a Israele «bisognerebbe procurarsi
missili più efficaci dei Qassam e portarli laggiù» La dichiarazione,
riferita ai missili Qassam con cui Hamas colpisce Israele, ha suscitato molte
polemiche. Il filosofo ha tuttavia chiarito che le sue prese di posizione sono
rivolte contro Israele e che non hanno nulla a che vedere con
l’antisemitismo[10]. Sull'aggressione a Berlusconi In occasione
dell'aggressione di Massimo Tartaglia a Silvio Berlusconi nel dicembre 2009, ha
espresso a Radio Radicale la convinzione che quell'aggressione fosse stata una
montatura; ha affermato inoltre che se l'aggressore avesse voluto veramente
fare del male a Berlusconi era preferibile usare una pistola invece di una
statuetta[11]. Pensiero Nelle sue opere Gianni Vattimo si è occupato
dell'ontologia ermeneutica contemporanea, proponendone una propria
interpretazione, che ha chiamato pensiero debole, in contrapposizione con le
diverse forme di pensiero forte dell'Otto-Novecento: l'hegelismo con la sua
dialettica, il marxismo, la fenomenologia, la psicanalisi, lo strutturalismo.
Ognuno di questi movimenti si è proposto come superamento delle posizioni
filosofiche precedenti e smascheramento dei loro errori. Ma ogni volta
l'errore, secondo Vattimo, consisterebbe proprio in questo gesto teoretico. Non
ci sono nuovi inizi, l'errore consiste proprio nella volontà di rifondare
"fundamenta inconcussa" che non vi possono essere. Il pensiero debole
è invece un atteggiamento della postmodernità che accetta il peso
dell'"errore", ossia del caduco, dell'effimero, di tutto ciò che è
storico e umano. È la nozione di verità a doversi modellare sulla dimensione
umana, non viceversa. Il pensiero debole Secondo Vattimo il pensiero
debole è la chiave per la democratizzazione della società, la diminuzione della
violenza e la diffusione del pluralismo e della tolleranza. In questo senso
deve essere almeno segnalata la grande e decisiva importanza che assume nel suo
pensiero la nozione di nichilismo, che rimette all'eredità di Nietzsche e
Heidegger e si lega a vari temi vattimiani (dall'etica, alla
politica, dalla religione - l'indebolimento di Dio - alla teoria della
comunicazione).[12] Con le sue opere più recenti (in particolare Credere di
credere) ha rivendicato al proprio pensiero anche la qualifica di autentica
filosofia cristiana per la postmodernità. Avvalendosi infatti della
visione cristiana del maestro Pareyson e del teologo Sergio Quinzio, Vattimo
rifiuta l'identificazione di Dio nell'essere razionale, così come concepito
dalla tradizione filosofica occidentale. Di Pareyson e Quinzio, però, non
condivide la visione religiosa tragica. Suggestionato dalle opere
dell'antropologo francese René Girard, Vattimo legge la vicenda di Cristo come
rifiuto di ogni sacrificio, anzitutto umano ed esistenziale. La kénosis (lett.
"svuotamento") divina è a vantaggio della libertà e della pace
umana. Le ultime posizioni del filosofo rappresentano una svolta, sia
nella sua impostazione filosofica dell'interpretazione del presente, sia nel
campo dell'attività politica. Nel 2004 abbandona il partito dei Democratici di
Sinistra e abbraccia il marxismo rivalutandone positivamente l'autenticità e
validità dei principi progettuali, auspicando un "ritorno" al
pensiero del filosofo di Treviri e a un comunismo epurato dagli sviluppi delle
distorte politiche pubbliche sovietiche da superare dialetticamente. Per quanto
la svolta possa apparire contraddittoria con le precedenti posizioni, Vattimo
rivendica la continuità delle nuove scelte con il processo di ricerca sul
pensiero debole, pur ammettendo il cambiamento di "molte delle sue
idee". È lo stesso filosofo a parlare di un "Marx indebolito",
ovvero di una base ideologica capace di illustrare la vera natura del comunismo
e adatta nella pratica politica a superare ogni tipo di pudore liberal.
L'approdo al marxismo si configura quindi come una tappa dello sviluppo del
pensiero debole, arricchito nella prassi da una prospettiva politica concreta.
Etica e natura Vattimo ha anche espresso posizioni ambientaliste ed in
particolare a favore dei diritti degli animali. Ad esempio ha dichiarato:
«In un'epoca in cui l'umanità si vede sempre più minacciata nelle stesse
elementari possibilità di sopravvivenza (la fame, la morte atomica,
l'inquinamento) la nostra radicale fratellanza con gli animali si presenta in
una luce più immediata ed evidente.[13]» Da parlamentare europeo si è
battuto, tra l'altro, contro la sperimentazione animale[14] e contro il maltrattamento
degli animali negli allevamenti.[15] Vita privata Vattimo ha
pubblicamente dichiarato la sua omosessualità, che concilia con la sua fede
cristiana. Negli ultimi anni d'insegnamento universitario ha infatti sviluppato
una concezione di Cristianesimo "secolarizzato", il quale,
conseguentemente, non necessita di istituzioni ecclesiastiche, fondandosi sulla
kénosis, ossia sull'abbassamento e sull'indebolimento dell'idea di Dio.[16] Per
il filosofo il non riconoscimento di un "assoluto", inteso come una
verità definitiva, porterebbe ad una maggiore accettazione della diversità
sociale e culturale. Nel 2003 il compagno da 11 anni di Vattimo, Sergio
Mamino, storico dell'architettura, malato di tumore ai polmoni, muore nel bagno
dell'aereo che lo stava portando nei Paesi Bassi per effettuare un'eutanasia.
Ad accompagnarlo c'era con lui sull'aereo lo stesso Vattimo[17]. Ha
collaborato con vari quotidiani italiani e stranieri (La Stampa, L'Unità, il
manifesto, Il Fatto Quotidiano, Clarín, El País), con editoriali e riflessioni
critiche su vari temi di attualità, politica e cultura. Opere principali
Il concetto di fare in Aristotele, Giappichelli, Torino, 1961 Essere, storia e
linguaggio in Heidegger, Filosofia, Torino, 1963 Ipotesi su Nietzsche, Giappichelli,
Torino, 1967 Poesia e ontologia, Mursia, Milano 1968 ISBN 9788842591009
Schleiermacher, filosofo dell'interpretazione, Mursia, Milano, 1968 ISBN
9788842592785 Introduzione ad Heidegger, Laterza, Roma-Bari, 1971 Il soggetto e
la maschera, Bompiani, Milano, 1974 Le avventure della differenza, Garzanti,
Milano, 1980 Al di là del soggetto, Feltrinelli, Milano, 1981 Il pensiero
debole, Feltrinelli, Milano, 1983 (a cura di G. Vattimo e P. A. Rovatti) La
fine della modernità, Garzanti, Milano, 1985 Introduzione a Nietzsche, Laterza,
Roma-Bari, 1985 La società trasparente, Garzanti, Milano, 1989 Etica
dell'interpretazione, Rosenberg & Sellier, Torino, 1989 Filosofia al
presente, Garzanti, Milano, 1990 Oltre l'interpretazione, Laterza, Roma-Bari,
1994 Credere di credere, Garzanti, Milano, 1996 Vocazione e responsabilità del
filosofo, Il Melangolo, Genova, 2000 Dialogo con Nietzsche. Saggi 1961-2000,
Garzanti, Milano, 2001 Tecnica ed esistenza. Una mappa filosofica del
Novecento, Bruno Mondadori, Milano, 2002 Dopo la cristianità. Per un
cristianesimo non religioso, Garzanti, Milano, 2002 ISBN 88-11-59704-8
Nichilismo ed emancipazione. Etica, politica e diritto, a cura di S. Zabala,
Garzanti, Milano, 2003 Il socialismo ossia l'Europa, Trauben, 2004 Il Futuro
della Religione, con Richard Rorty. A cura di S. Zabala, Garzanti, Milano, 2005
Verità o fede debole? Dialogo su cristianesimo e relativismo, con René Girard.
A cura di P. Antonello, Transeuropa Edizioni, Massa, 2006 Non essere Dio.
Un'autobiografia a quattro mani, con Piergiorgio Paterlini, Aliberti editore,
Reggio Emilia, 2006 Ecce comu. Come si ri-diventa ciò che si era, Fazi, Roma,
2007 After the Death of God, con John D. Caputo, Columbia University Press,
2007 Addio alla Verità, Meltemi, 2009 Introduzione all'estetica, Edizioni ETS,
Pisa 2010 Magnificat. Un'idea di montagna, Vivalda, 2011 Hermeneutic Communism:
From Heidegger to Marx, con Santiago Zabala, Columbia University Press, 2011
Della realtà, Garzanti, Milano, 2012 Ha pubblicato presso Laterza un annuario
filosofico a carattere monografico (Filosofia '86-'95). La sezione Filosofia 86
ha vinto il Premio Brancati nel 1987.[18] Critica Vattimo a Lima,
Perú nel 2010 (2005) Rossano Pecoraro, Niilismo e Pós(Modernidade). Introdução
ao pensamento fraco de Gianni Vattimo, Rio de Janeiro-San Paolo, PUC-Loyola ED.
(2006) "Dossier Vattimo", a cura di Rossano Pecoraro, in:
"Alceu". Rivista del Dip. di Comunicazione della Pontificia
Università Cattolica di Rio de Janeiro (disponibile on line). (2006) Davide
Monaco, Gianni Vattimo. Ontologia ermeneutica, cristianesimo e postmodernità,
Ets, Pisa 2006. (2006) Martin G. Weiss, Gianni Vattimo. Einführung. Vienna,
Passagen 2006. (2006) Giovanni Giorgio, Il pensiero di Gianni Vattimo.
L'emancipazione della metafisica tra dialettica ed ermeneutica, Franco Angeli,
Milano, 2006. (2007) Weakening Philosophy. Essays in Honour of Gianni Vattimo,
Edited by Santiago Zabala, Montréal: McGill-Queen's University Press, 2007.
(2007) AA. VV., Numero della rivista A Parte Rei (Madrid), v. 54, dedicato a
Vattimo (disponibile on line). (2008) Pensare l'attualità, cambiare il mondo, a
cura di G. Chiurazzi, Bruno Mondadori, Milano. (2008) Enrico Redaelli, Il nodo
dei nodi. L'esercizio del pensiero in Vattimo, Vitiello, Sini, Ets, Pisa 2008.
(2008) L'apertura del presente. Sull'ontologia ermeneutica di Gianni Vattimo, a
cura di L. Bagetto, Tropos. Rivista di ermeneutica e critica filosofica, anno
I, numero speciale. (2009) Mario Kopić, Gianni Vattimo Čitanka / Gianni Vattimo
Reader. Zagabria, Antibarbarus 2009. (2009) Carlos Muñoz Gutiérrez, Daniel
Mariano Leiro, Víctor Samuel Rivera (a cura di), Ontología del declinar.
Diálogos con la hermenéutica nihilista de Gianni Vattimo, Buenos Aires, Biblos.
(2009) Carlos Pairetti, Introducción al pensamiento de Gianni Vattimo:
Nihilismo y hermenéutica, Córdoba, Editorial de la Universidad Católica de
Córdoba. (2011) Teresa Oñate, Daniel Leiro, Óscar Cubo, Amanda Nuñez (a cura
di), El compromiso del espíritu actual. Con Gianni Vattimo en Turín, Cuenca,
Aldebarán. (2011) Ricardo Milla, Vattimo y la hermenéutica política, in
Isegoria (Madrid), giuglio, N° 44, pp. 339–343. (2013) Ricardo Milla,
Emancipación de la metafísica. Hermenéutica política en Gianni Vattimo, in
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(2016) Brais González Arribas, Reduciendo la violencia. La hermenéutica
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http://www.fondazioneveranocentini.it/images/allegati/pdf/Vattimo_Gianni.pdf ^
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il filosofo Vattimo, nuovi iscritti al Partito Comunista. Sabato prossimo 24
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URL consultato il 29 maggio 2017 (archiviato il 4 marzo 2017). ^ Ian Angus,
Interview with Gianni Vattimo: “Only Weak Communism Can Save Us”, su MR Online,
5 gennaio 2013. URL consultato il 26 gennaio 2020 (archiviato il 25 gennaio
2020). ^ ANSA, Italian philosopher politician slammed as anti-Semite, su
lagazzettadelmezzogiorno.it. URL consultato il 22 marzo 2015 (archiviato
dall'url originale il 2 aprile 2015). ^ 'Shoot those bastard Zionists': Italian
scholar, su thelocal.it (archiviato il 10 maggio 2019). ^ Corriere della Sera,
9/1/2009 -Non acquistiamo i prodotti di lì, su archiviostorico.corriere.it. URL
consultato il 3 aprile 2010 (archiviato il 1º maggio 2009). ^ Repubblica.it
-Vattimo: "Non sono un antisemita. Solo anti-israeliano", su
torino.repubblica.it. URL consultato il 3 aprile 2010 (archiviato il 18 gennaio
2014). ^ A Radio Radicale Il delirio di Vattimo: «Per fargli male doveva
sparare» Archiviato il 21 dicembre 2009 in Internet Archive., Il Giornale, 17
dicembre 2009 ^ In questo senso Cfr, tra molti, La fine della modernità e
Nichilismo ed emancipazione. Etica, politica e diritto, dello stesso Vattimo e
Niilismo e (Pós-Modernidade) dell'italo-brasiliano Rossano Pecoraro, libro
pubblicato a Rio de Janeiro e San Paolo nel 2005 ^ Da Animali quarto mondo, in
AA. VV., I diritti degli animali, a cura di L. Battaglia e S. Castignone, Ed.
Centro di Bioetica, Genova 1987, p. 133. ^ Dichiarazione scritta sul
riconoscimento dell'obiezione di coscienza alla sperimentazione animale
nell'UE, su giannivattimo.it. URL consultato il 4 agosto 2010 (archiviato
dall'url originale il 27 agosto 2007). ^ Interrogazione scritta alla
Commissione sul benessere degli animali, su giannivattimo.it. URL consultato il
4 agosto 2010 (archiviato dall'url originale il 15 maggio 2006). ^ Vattimo:
accanimento sui gay, ma io non bacio in pubblico - Corriere della Sera, su
corriere.it. URL consultato il 27 gennaio 2010 (archiviato il 9 gennaio 2010).
^ «Il mio compagno voleva farla finita Ma morì in viaggio tra le mie braccia» -
Corriere della Sera, su corriere.it. URL consultato il 13 agosto 2013
(archiviato il 18 gennaio 2014). ^ Albo d'oro premio Brancati, su comune.zafferana-etnea.ct.it.
URL consultato il 14 ottobre 2019 (archiviato il 30 aprile 2019). Voci
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consultato il 17 gennaio 2008 (archiviato dall'url originale il 9 dicembre
2012). Vattimo in una discussione sui fatti dell'11 settembre e sul Pensiero
Unico (video), 22 aprile 2008, su mito11settembre.it. Lezione di congedo dall'Università
di Torino di Gianni Vattimo - La verità e l’evento: dal dialogo al conflitto,
14 ottobre 2008, su teologiaeliberazione.blogspot.com. Credere di credere.
Genesi e significato di una conversione debole Giornale di filosofia della
religione Gianni Vattimo. Un comunista postmoderno? (di Costanzo Preve) Gianni
Vattimo sul portale RAI Filosofia, su filosofia.rai.it. Rassegna in spagnolo di
Ecce Comu in Isegoria, pp. 339–343 V · D · M Vincitori del Premio Brancati
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Filosofia Politica Portale Politica Categorie: Filosofi italiani del XX
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italiani del XXI secoloNati nel 1936Nati il 4 gennaioNati a TorinoPolitici del
Partito RadicalePolitici dei Democratici di SinistraPolitici del Partito dei
Comunisti ItalianiPolitici del Partito ComunistaTeorici dei diritti
animaliEuroparlamentari dell'Italia della V legislaturaEuroparlamentari
dell'Italia della VII legislaturaProfessori dell'Università degli Studi di
TorinoStudenti dell'Università degli Studi di TorinoPersone che hanno fatto
coming outAttivisti per i diritti delle persone LGBT in ItaliaMembri
dell'Accademia delle Scienze di Torino[altre]Refs.: Luigi
Speranza, "Grice e Vattimo," The Swimming-Pool Library, Villa Grice,
Liguria, Italia.
Veca: Essential Italian
philosopher Salvatore Veca Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to
navigationJump to search Salvatore Veca (Roma, 31 ottobre 1943) è un filosofo e
accademico italiano. Ha svolto un ruolo chiave nell'introduzione nel
dibattito culturale italiano dell'approccio alla filosofia politica derivato
dall'impostazione di John Rawls, divenendo un punto di riferimento filosofico
della sinistra non marxista a partire dagli anni '70 e '80, sia come teorico
che come militante. La sua formazione di tipo analitico (sensibile quindi alle
metodologie e alle questioni della filosofia del linguaggio e della logica),
insolita rispetto alla figura del teorico politico così come tradizionalmente
concepito in Italia, ha permesso alla sua riflessione di spaziare anche negli
ambiti dell'epistemologia e della metafisica, indagandone le connessioni con
l'ambito della filosofia morale e politica. Ha dato un impulso decisivo,
nel dibattito filosofico italiano, a temi quali il realismo, il problema della
completezza nelle teorie epistemiche e politiche, la giustizia globale e la
sostenibilità, accogliendo suggestioni da parte del mondo anglo-sassone
rielaborate con uno stile originale. Indice 1Carriera accademica
2Carriera editoriale 3Ruoli ed incarichi 4Premi 5Pensiero 6Introduzioni ad
opere di altri autori 7Voci correlate 8Altri progetti 9Collegamenti esterni
Carriera accademica Salvatore Veca ha studiato Filosofia all'Università di
Milano, dove si è laureato nel 1966 con una tesi in Filosofia teoretica,
condotta sotto la guida di Enzo Paci e Ludovico Geymonat. Dal 1966 al 1973, è
stato assistente volontario, borsista CNR e assistente incaricato presso la
cattedra di Filosofia teoretica dell'Università di Milano. Dal 1974 al 1975 è
stato professore incaricato di Filosofia politica presso la Facoltà di Lettere
e filosofia dell'Università della Calabria. Dal 1975 al 1978 è stato
professore incaricato di Storia delle istituzioni e delle strutture sociali
presso la Facoltà di Lettere e filosofia dell'Università di Bologna. Dal
1978 al 1986 è stato professore incaricato, professore incaricato stabilizzato
e professore associato di Filosofia politica presso la Facoltà di Scienze
Politiche dell'Università di Milano. Dal 1986 al 1989 è stato professore
straordinario di Filosofia politica presso la Facoltà di Lettere e filosofia
dell'Università di Firenze. Dal 1990 al 2006 è stato professore ordinario
di Filosofia politica presso la Facoltà di Scienze politiche dell'Università di
Pavia. Dal 1996 al 1999 è stato vicepreside della Facoltà di Scienze
politiche dell'Università di Pavia. Dal 1999 al 2005 è stato preside della
Facoltà di Scienze politiche dell'Università di Pavia. Dal 1998 al 2005 è
stato membro del Comitato direttivo della Scuola Superiore IUSS di Pavia. Dal
2000 al 2012 è stato rettore del Collegio Universitario Giasone del Maino di
Pavia. Dal 2001 al 2006 è stato direttore del Centro interdipartimentale
di Studi e Ricerche in Filosofia sociale dell'Università di Pavia. Dal 2001 al
2005 è stato prorettore per la didattica dell'Università di Pavia. Dal
2003 al 2006 è stato componente del Consiglio di amministrazione della
Fondazione Romagnosi di Pavia e del Comitato scientifico dell’European Centre
for Training and Research in Earthquake Engineering presso l'Università di
Pavia. Dal 2003 al 2005 ha fatto parte del Consiglio d'amministrazione
dell'Istituto italiano di scienze umane di Firenze. Dal 2005 al 2012 è stato
vicedirettore dell'Istituto Universitario di Studi Superiori di Pavia. Dal 2005
al 2010 è stato coordinatore dei corsi ordinari dell'Istituto Universitario di
Studi Superiori di Pavia. Dal 2012 al 2013 è prorettore vicario
dell'Istituto Universitario di Studi Superiori di Pavia. Dal 2006 al 2013
è professore ordinario di Filosofia politica presso l'Istituto Universitario di
Studi Superiori di Pavia. Conclusa la sua carriera accademica nel 2013,
Veca attualmente insegna Filosofia politica nelle Classi di Scienze umane e
Scienze sociali dell'Istituto Universitario di Studi Superiori di Pavia.
Nella sua lunga carriera Veca ha tenuto seminari e cicli di lezioni
all'Università di Cambridge (Christ's College), all'Università di San Paolo,
all'Università di Campinas, all'Università di Bogotà, all'Università di Evora,
alla Sorbonne, all'Università di Grenoble, all'Istituto Universitario
Europeo. Carriera editoriale Salvatore Veca ha svolto un'intensa attività
di consulenza e direzione editoriale. Nel 1974 Veca ha assunto, grazie a
un invito del prof. Giuseppe Del Bo, la direzione scientifica della Fondazione
Giangiacomo Feltrinelli di Milano. Dal 1984 al 2001 è stato presidente della
Fondazione Feltrinelli, promuovendo lo sviluppo del suo Centro di Scienza
politica. Direttore degli "Annali" della Fondazione, Veca ha
impegnato l'istituzione in una ampia gamma di attività di ricerca, documentazione
e pubblicazione nell'ambito della teoria politica e sociale contemporanea che
perseguono lo scopo di coniugare la tradizione della ricerca storico-sociale
con l'innovazione dei metodi e degli esiti della teoria normativa e descrittiva
della politica. Dal 1981 al 2001 Veca ha coordinato le attività del Seminario
annuale di Filosofia politica, promosso dalla Feltrinelli in collaborazione con
il Centro Studi Politici "Paolo Farneti" di Torino e la Scuola
Normale Superiore di Pisa. Nel 2000 avvia il progetto della “Biblioteca
europea” della Fondazione Feltrinelli, di cui è attualmente direttore. Nel 2013
è stato designato Presidente onorario della Fondazione Feltrinelli ed è
direttore scientifico del suo Laboratorio Expo. Veca è inoltre stato
condirettore di Aut Aut con Enzo Paci e P.A. Rovatti dal 1971 al 1973. Ha
diretto dal 1974 al 1981 la collana Readings per l'Università della Casa
editrice Feltrinelli, di cui è consulente per la saggistica nel campo della
filosofia e della teoria politica e sociale. Dal 1977 al 1992 è stato
consulente della saggistica de il Saggiatore, di cui ha diretto, con Marco
Mondadori, la collana Theoria. Fa parte o ha fatto parte del comitato
scientifico o di direzione di riviste quali "Rassegna italiana di
sociologia", "Teoria politica", "Biblioteca della
libertà", "Transizione", "Etica degli affari",
"Iride", "European Journal of Philosophy", "Filosofia
e questioni pubbliche", "Reset", "Quaderni di Scienza
politica", "Il Politico", "Rivista di filosofia",
“Italianieuropei”. È attualmente direttore de “Il giornale di Socrate al caffè.
Bimestrale di cultura e conversazione civile”. Nel 2015 è curatore
scientifico della Carta di Milano per Expo 2015. Ruoli ed incarichi Fa
parte del Comitato direttivo di "Politeia", Centro per la ricerca e la
formazione in politica ed etica diMilano, di cui è stato uno dei fondatori. È
stato componente del Comitato etico dell'IstitutoEuropeo di Oncologia di Milano
e del Comitato etico dell'Istituto Mondino di Pavia. Ha fatto parte del
Comitato scientifico della Fondazione Rosselli di Torino.Dal 1984 al 1990 è
stato coordinatore del Comitato Scientifico della ARIF (Associazione per la
ricerca e l'insegnamento della filosofia). Dal 1988 al 1992 e dal 2001 al 2005
ha fatto parte del Consiglio direttivo nazionale della Società Filosofica
italiana. È stato componente del Consiglio nazionale presso il Ministero dei
Beni culturali e ambientali. Dal 2001 al 2007 è stato presidente
dell'Associazione “I quattro cavalieri” che ha promosso le attività
dell’ensemble cameristico “I solisti di Pavia”, diretto dal maestro Enrico
Dindo. Dal 2005 è componente del Comitato generale Premi della Fondazione
Balzan “Premio” di Milano. Dal 2006 è presidente della Fondazione Campus
di Lucca. Dal 2007 al 2013 è stato direttore delle Scuole di formazione
politica dell'Associazione “Libertà e giustizia”. Dal 2008 al 2011 è
stato presidente della Fondazione Paolo Grassi – La voce della cultura - di
Milano. Dal 2009 è Presidente del Comitato Generale Premi della Fondazione
Balzan di Milano. Dal 2009 è membro del Comitato dei Garanti della Scuola
Galileiana di Studi Superiori di Padova. Dal 2010 è socio corrispondente
residente della Classe di Scienze morali dell'Istituto lombardo di scienze e
lettere. Dal 2010 è consigliere della Fondazione del Centenario della BSI di
Lugano. Dal 2010 è membro del Comitato Scientifico della Fondazione Gualtiero
Marchesi. Dal 2011 è Accademico corrispondente non residente della Classe
di Scienze Morali dell'Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna. Dal
2014 è designato dall'Università di Pavia quale Garante dei diritti degli
studenti. Dal 2014 è presidente della Casa della Cultura di Milano. Dal
2014 è socio corrispondente non residente dell'Accademia delle Scienze di
Torino. Dal 2015 è membro effettivo dell'Istituto Lombardo di Lettere e
Scienze e componente del Comitato dei Garanti del FAI. Premi Nel 1998 ha
ricevuto il Premio Castiglioncello - sezione di filosofia - per il libro
Dell'incertezza e gli è stata conferita, con decreto del Presidente della
Repubblica, la medaglia d'oro e il diploma di prima classe, riservati ai
Benemeriti della Scienza e della Cultura. Nel 2000 ha ricevuto il premio
dell'Accademia di Carrara per il libro La filosofia politica. Nel 2006 ha
ricevuto il premio per la filosofia “Viaggio a Siracusa” per il libro La
priorità del male e l'offerta filosofica. Nel 2009 ha ricevuto il premio
“Ponte per la cultura” della Fondazione Europea Guido Venosta per il libro
Etica e verità. Nel 2012 gli è stata conferita la medaglia d'oro di benemerenza
civica dal Comune di Milano. Pensiero Nel pensiero di Veca sono
individuabili tre fasi distinte. La prima fase della sua ricerca
scientifica è stata dedicata a questioni di teoria della conoscenza o di
epistemologia. Nel 1969 Veca ha pubblicato il volume Fondazione e modalità in
Kant e numerosi articoli su problemi di filosofia della logica, della
matematica e della fisica nel pensiero di Alfred North Whitehead, Gottlob
Frege, Ernst Cassirer e Willard Van Orman Quine. Dal 1970 al 1977, il
centro di interesse scientifico di Veca si sposta sulle teorie di Karl Marx in
rapporto alle scienze economiche, sociali e politiche, delineando una seconda
fase di ricerca i cui esiti sono formulati nel volume, Marx e la critica
dell'economia politica e, soprattutto, nel Saggio sul programma scientifico di
Marx. Dal 1978 in avanti, Veca si impegna in un programma di ricerca
nell'ambito della filosofia politica influenzato dalla prospettiva della teoria
normativa della politica. Dopo il libro, Le mosse della ragione, introduce
nella cultura filosofica italiana la discussione sulle teorie della giustizia
con il volume, La società giusta ed elabora e sviluppa la sua prospettiva
teorica in Questioni di giustizia e Una filosofia pubblica. Nel 1988 Veca dedica
un volume divulgativo agli esiti di questa fase della sua ricerca, L'altruismo
e la morale, scritto con Francesco Alberoni. Gli sviluppi successivi
della sua ricerca, orientata al problema dei rapporti fra teoria normativa e
teoria descrittiva della politica e incentrata sulla questione del pluralismo
come fatto e come valore per la teoria democratica, sono rinvenibili nel saggio
Libertà e eguaglianza. Una prospettiva filosofica in Progetto Ottantanove,
scritto con Alberto Martinelli e Michele Salvati, nel libro Etica e politica e,
in particolare, nei libri Cittadinanza. Riflessioni filosofiche sull'idea di
emancipazione e Questioni di giustizia. Corso di filosofia politica. Dal
1991 al 1996 Veca lavora alla stesura di tre meditazioni filosofiche intorno a
questioni di verità, giustizia e identità, in cui estende la gamma dei suoi
interessi teorici rispetto ai lavori degli anni Ottanta. Sviluppando una serie
di idee originariamente presentate in Questioni di vita e conversazioni
filosofiche, gli esiti di questa ricerca sono contenuti nel libro
Dell'incertezza. Tre meditazioni filosofiche. Nel 1997 pubblica, con
Sebastiano Maffettone, l'antologia L'idea di giustizia da Platone a Rawls. Nel
1998 pubblica una raccolta di saggi di filosofia sociale e politica, Della
lealtà civile. Saggi e messaggi nella bottiglia e un libro dedicato alla
interpretazione e alla ricostruzione della teoria politica normativa di fine
secolo, intitolato La filosofia politica. Nel 2001 pubblica La penultima
parola e altri enigmi. Questioni di filosofia, in cui sono approfonditi alcuni
esiti di Dell'incertezza ed è affrontata, nella prima parte, la questione
metateorica della relazione fra l'attività filosofica e la sua storia nel
tempo. Nel 2002 pubblica La bellezza e gli oppressi. Dieci lezioni sull'idea di
giustizia, in cui sono presentate alcune idee di base per una teoria della
giustizia globale. Nel 2004 presenta la sua prospettiva filosofica in un libro
divulgativo di dialoghi con sua nipote Camilla, Il giardino delle idee. Quattro
passi nel mondo della filosofia. Nel 2005 pubblica La priorità del male e
l'offerta filosofica, in cui sviluppa e approfondisce le questioni di una
teoria della giustizia globale e mette a fuoco, fra l'altro, le connessioni fra
l'offerta di filosofia politica e le circostanze e i soggetti di
politica. Nel 2006 pubblica Le cose della vita. Congetture, conversazioni
e lezioni personali, in cui estende l'esame delle questioni di vita, inteso
come tentativo di autoritratto, e lo connette al problema dell'eredità
intellettuale, nel senso della dimensione storica del sapere filosofico.
Nel 2009 pubblica Dizionario minimo. Per la convivenza democratica, in cui
esamina e discute alcuni temi fondamentali per l'interpretazione e la
valutazione della forma di vita democratica, sulla base di una tesi sulla
natura della libertà democratica. Pubblica inoltre Etica e verità, in cui sono
raccolti cinque saggi brevi incentrati sui rapporti fra la crescita
dell'impresa scientifica e i nostri criteri di giudizio etico, e Quattro
lezioni sull'idea di incompletezza, in cui presenta i primi risultati di una
ricerca filosofica sull'idea di incompletezza, messa a fuoco in distinti domini
di applicazione, quali quello della interpretazione, della giustificazione e
della dimostrazione. Nel 2011 pubblica L'idea di incompletezza. Quattro
lezioni, in cui espone gli esiti più maturi delle sue ricerche filosofiche sul
paradigma dell'incompletezza, cercando di esplicitarne la coerenza e la
connessione con il paradigma dell'incertezza. Nel 2012 pubblica L'immaginazione
filosofica e altri saggi, in cui sviluppa il tema dell'immaginazione filosofica
a partire dalle tesi conclusive del contributo all'idea di incompletezza e
sullo sfondo di una definizione delle principali linee della propria ricerca
filosofica. Nel 2013 pubblica Un'idea di laicità, in cui propone un
argomento a favore della laicità delle istituzioni e delle scelte sociali
basato su un'interpretazione della natura della libertà democratica e del fatto
del pluralismo. Nel 2014 pubblica il pamphlet intitolato Non c'è
alternativa. Falso!, in cui mette a fuoco, in una prospettiva filosofica,
alcuni aspetti rilevanti della crisi economica strutturale e dei rapporti fra
capitalismo e democrazia rappresentativa. Nel 2014 pubblica La gran città
del genere umano. Dieci conversazioni filosofiche, una raccolta di saggi su
temi differenti accomunati dalla prospettiva globale “degli occhi del resto
d'umanità”. Nel 2015 pubblica La barca di Neurath. Sette saggi brevi, in cui
affronta questioni epistemologiche, normative e metafilosofiche sullo sfondo
del paradigma dell'incertezza e dell'incompletezza. Nel 2015 è curatore
del volume degli Annali della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Laboratorio
Expo. The Many Faces of Sustanaibility, che raccoglie gli esiti più
significativi della ricerca di Laboratorio Expo. Del 2018 è Il senso
della possibilità, dove Veca, raccogliendo intuizioni sviluppate in quegli anni
nelle lezioni presso la Scuola Superiore IUSS di Pavia, espone il suo maturato
interesse per la l'interpretazione filosofica delle modalità. In particolare,
per Veca le questioni metafisiche delle modalità (specie il confronto tra mondo
attuale e mondi possibili, esaminando le differenti posizioni di Kripke, Lewis,
Armstrong) costituirebbero la chiave di volta filosofica a cui si riconducono
le questioni normative ed ontologiche relative all'epistemologia, all'etica e
alla politica esposte ne L'idea di incompletezza e Dell'incertezza. In
particolare, la distinzione tra mondi possibili e realtà modale, che fornirebbe
una fondazione analitica alla compatibilità tra costruttivismo e realismo
filosofico, proposta in chiusura del volume, può considerarsi l'apertura di una
nuova fase del pensiero di Veca, stavolta di stampo prettamente metafisico, e
che si ricollega peraltro all'interesse per le modalità centrale nella sua
opera prima. Opere Fondazione e modalità in Kant. Milano, Il
Saggiatore, 1969; Marx e le critiche dell'economia. Milano, Il Saggiatore,
1973; Saggio sul programma scientifico di Marx. Milano, Il Saggiatore, 1977
[1979] [2005] [2008] [2016]; Le mosse della ragione. Milano, Il Saggiatore,
1980; La società giusta. Argomenti per il contrattualismo. Milano, Il
Saggiatore, 1982 [1988] [2010]; Crisi della democrazia e neocontrattualismo
(con Norberto Bobbio e Giuliano Pontara). Roma, Riuniti, 1984; Questioni di
giustizia. Parma, Pratiche, 1985; Cooperare e competere. Milano, Feltrinelli,
1986; Una filosofia pubblica. Milano, Feltrinelli, 1986 [1987]; L'Altruismo e
la morale (con Francesco Alberoni). Milano, Garzanti, 1988 [1989]; Etica e
politica. Milano, Garzanti, 1989; Progetto Ottantanove (con Alberto Martinelli
e Michele Salvati). Milano, Il Saggiatore, 1989 [2009]; Cittadinanza.
Riflessioni filosofiche sull'idea di emancipazione. Milano, Feltrinelli, 1990
[1991] [2008] [2013] ISBN 978-88-07-88251-7; Questioni di vita e conversazioni
filosofiche. Milano, BUR, Biblioteca Universale Rizzoli, 1991 [2005]; Questioni
di giustizia. Corso di filosofia politica. Torino, Einaudi, 1991; Europa
Universitas. Tre saggi sull'impresa scientifica europea, (con Giulio Giorello e
Tullio Regge). Milano, Feltrinelli, 1993 ISBN 978-88-07-09038-7; Filosofia,
politica, società. Annali di etica pubblica, (con Sebastiano Maffettone). Roma,
Donzelli, 1995; L'Idea di giustizia da Platone a Rawls, (con Sebastiano
Maffettone). Roma-Bari, Laterza, 1997 [2008]; Dell'incertezza. Tre meditazioni
filosofiche. Milano, Feltrinelli, 1997 [2006] ISBN 978-88-07-81906-3; La
politica e l'amicizia (con Enrico Berti). Milano, Edizioni lavoro, 1998; Della
lealtà civile. Saggi e messaggi nella bottiglia. Milano, Feltrinelli, 1998 ISBN
978-88-07-47017-2; La penultima parola e altri enigmi. Roma-Bari, Laterza,
2001; La filosofia politica. Roma-Bari, Laterza, 2002 [2007] [2010]; La
bellezza e gli oppressi. Dieci lezioni sull'idea di giustizia. Milano,
Feltrinelli, 2002 [2010] ISBN 978-88-07-72194-6; Il giardino delle idee.
Quattro passi nel mondo della filosofia. Milano, Frassinelli, collana "I
libri di Arnoldo Mosca Mondadori", 2004; La priorità del male e l'offerta
filosofica. Milano, Feltrinelli, 2005 ISBN 978-88-07-10388-9; Le cose della
vita. Congetture, conversazioni e lezioni personali. Milano, BUR, Biblioteca
Universale Rizzoli, 2006; Dizionario minimo. Le parole della filosofia per una
convivenza democratica. Milano, Frassinelli, 2009; Quattro lezioni sull'idea di
incompletezza. Milano, La Scuola di Pitagora, 2009; Etica e verità. Saggi
brevi. Milano, Giampiero Casagrande editore, collana "Attualità e
studi", 2009 [2010]; L'idea di incompletezza. Quattro lezioni. Milano,
Feltrinelli, 2011 [2018] ISBN 978-88-07-10469-5; Sarabanda. Oratorio in tre
tempi per voce sola. Milano, Feltrinelli, 2011 ISBN 978-88-07-42130-3; Kant.
Milano, Book Time, 2012 ISBN 978-88-6218-201-0; Tolleranza. Le virtù civili.
Milano, ASMEPA, 2012 ISBN 978-88-97-62062-4; L'immaginazione filosofica e altri
saggi. Milano, Feltrinelli, 2012 ISBN 978-88-07-10486-2; Un'idea di laicità.
Bologna, il Mulino, 2013 ISBN 978-88-15-24718-6; Ragione, giustizia, filosofia,
scritti scelti di Salvatore Veca, a cura di Antonella Besussi e Anna E.
Galeotti. Milano, Feltrinelli, 2013, ISBN 9788807105029. Omnia Mutantur. La
scoperta filosofica del pluralismo culturale (con Richard J. Bernstein e Mario
Ricciardi). Milano, Marsilio, 2014. Non c'è alternativa. Falso! Roma-Bari,
Laterza, 2014. La gran città del genere umano. Dieci conversazioni filosofiche.
Milano, Mursia, 2014. La barca di Neurath. Sette saggi brevi. Pisa, Scuola
Normale Superiore, 2015. Laboratorio Expo. The Many Faces of Sustanaibility.
Milano, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, 2015. Il giardino di Camilla.
Milano, Mursia, 2015. Responsabilità-Uguaglianza-Sostenibilità. Tre
parole-chiave per interpretare il futuro (con Elena Pulcini e Enrico
Giovannini). Bologna, Edizioni Dehoniane, 2017. Il senso della possibilità. Sei
lezioni. Milano, Feltrinelli, 2018. Le virtù cardinali. Prudenza, temperanza,
fortezza, giustizia(con Giulio Giorello e Remo Bodei). Roma, Laterza, 2018. A
proposito di Karl Marx. Milano, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, 2018. Quasi
un diario. Socrate al caffè 2008-2018. Milano, Casagrande, 2019. Qualcosa di
sinistra. Idee per una politica progressista. Milano, Feltrinelli, 2019.
Libertà. Roma, Treccani, 2019. Introduzioni ad opere di altri autori Salvatore
Veca ha curato, introdotto o suggerito l'edizione in lingua italiana delle
opere dei seguenti autori: John Rawls, filosofo statunitense Robert
Nozick, filosofo statunitense Robert Alan Dahl, politologo statunitense David
Easton, politologo canadese Thomas Nagel, filosofo statunitense Bernard
Williams, filosofo britannico Derek Parfit, filosofo britannico Hilary Putnam,
filosofo statunitense Michael Walzer, filosofo statunitense Isaiah Berlin,
filosofo britannico Amartya Sen, economista indiano Nelson Goodman, filosofo
statunitense Kenneth Arrow, economista statunitense Tom Regan, filosofo
statunitense Jon Elster, sociologo norvegese John Passmore, filosofo
australiano Giuliano Pontara, filosofo italiano John Dunn, politologo
britannico Charles Larmore, filosofo statunitense Alasdair MacIntyre, filosofo
scozzese John Harsanyi, economista ungherese Carl Gustav Hempel, matematico
tedesco Bruno De Finetti, matematico italiano James Meade, economista
britannico Ronald Dworkin, filosofo statunitense Robert Axelrod, politologo
statunitense Barrington Moore, sociologo statunitense Stuart Hampshire,
filosofo britannico Philip Pettit, filosofo statunitense Jonathan Spence,
scrittore britannico Voci correlate Scuola di Milano Altri progetti Collabora a
Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Salvatore Veca Collegamenti
esterni Salvatore Veca, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Opere di Salvatore Veca, su
openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Salvatore
Veca, su Open Library, Internet Archive. Modifica iu Wikidata Socrate al Caffè,
su socrate.apnetwork.it. Salvatore Veca. Biografia e bibliografia Archiviato il
18 marzo 2009 in Internet Archive. Università di Pavia. Centro di filosofia
sociale Salvatore Veca. Scritti Università di Pavia. Centro di filosofia
sociale Salvatore Veca: la teoria della giustizia Portale RAI Filosofia
Presentazione del volume Ragione, Giustizia, Filosofia. Scritti in onore di
Salvatore Veca Controllo di autorità VIAF
(EN) 71674431 · ISNI (EN) 0000 0000 8151 9306 · SBN IT\ICCU\CFIV\009310 · LCCN
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Editoria Filosofia Portale Filosofia Università Portale Università Categorie:
Filosofi italiani del XX secoloAccademici italiani del XX secoloNati nel
1943Nati il 31 ottobreNati a RomaFilosofi della politicaStudenti
dell'Università degli Studi di MilanoProfessori dell'Università degli Studi di
MilanoProfessori dell'Università di BolognaProfessori dell'Università degli
Studi di Pavia[altre]
Vecchio: essential
Italian philosopherGiorgio Del Vecchio - Giorgio Del Vecchio Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Giorgio Del Vecchio Nato 1878 Bologna ,
Italia Morto 1970
Genova , Italia EraLa filosofia del 20 ° secolo Regionefilosofia occidentale
interessi principali Etica , filosofia del diritto , filosofia politica
influenzato Norberto Bobbio Giorgio Del Vecchio (26 agosto 1878 - 28 novembre
1878-28 novembre 1970) è stato un eminente italiana filosofo del diritto del
20esimo secolo. Tra gli altri ha influenzato le teorie di Norberto Bobbio .
Egli è famoso per il suo libro giustizia .
Biografia Figlio di Giulio Salvatore, Giorgio Del Vecchio è stato
professore di filosofia del diritto presso l'Università di Ferrara (1904),
Sassari (1906), Messina (1909), Bologna (1911) e Roma dal 1920 al 1953. E
'diventato Rettore dell'Università degli Studi di Roma dal 1925 al 1927. ha
inizialmente aderito al fascismo, come molti filosofi del diritto in Italia
(anche se lui stesso rimosso dal l'ideologia fascista nella fase iniziale). Ha
perso la sua cattedra per due volte e per ragioni opposte: nel 1938 per mano
dei fascisti perché era un Ebreo e nel 1944 per mano di antifascisti perché era
accusato di simpatizzare con il fascismo all'inizio della sua carriera. Reintegrato nell'insegnamento durante la
seconda guerra mondiale, ha lavorato con il Secolo d'Italia e la rivista Pages
libero (pubblicazione regia di Vito Panucci). Insieme a Nino Tripodi,
Gioacchino Volpe , Alberto Asquini, Roberto Cantalupo, Ernesto De Marzio e
Emilio Betti, ha fatto parte del comitato organizzatore di INSPE, un Istituto
di ricerca che negli anni Cinquanta e Sessanta si era opposto alla cultura
marxista, la promozione di conferenze internazionali e pubblicazioni. E 'stato
fondatore e direttore del giornale internazionale di Filosofia del Diritto
. E 'considerato tra i maggiori
interpreti di italiano neo-kantismo. Giorgio Del Vecchio, come i suoi colleghi
tedeschi, ha criticato il positivismo filosofico, affermando che il concetto di
diritto non può essere derivata dall'osservazione dei fenomeni giuridici. A questo proposito, le sue convinzioni
concordarono con una vertenza che si stava svolgendo in Germania tra Filosofia,
Sociologia e legale Teoria generale che sembrava di ridefinire il
"filosofia del diritto" a cui Del Vecchio ha attribuito questi tre
compiti: compito logica : costruire il concetto
di legge; compito fenomenologica : che consiste nello studio del diritto come
fenomeno sociale; compito ontologica : che esamina la natura di giustizia o
"l'essenza del diritto come dovrebbe essere." I libri di Del Vecchio
sono usati come libri di riferimento e di testo in molte scuole e
università. Lavori Senso giuridico
(1902) La filosofico Presupposti del concetto di legge (1905) Il concetto di
legge (1906) Il concetto di natura e il principio di diritto (1908) Sui
principi generali della legge (1921) Giurisprudenza (1922-1923, 4 ed. 1951)
Lezioni Filosofia del diritto (1930, 13 ed. 1957) La crisi della scienza del
diritto (1934) Storia della Filosofia del diritto (1950) Mutevolezza ed
Eternità della legge (1954) Gli studi sul diritto (2 voll., 1958) Parerga (3
voll., 1961-1967) link esterno Del Vecchio, Giorgio - treccani.it
"Principi generali del diritto" This page is based on the copyrighted
Wikipedia article "Giorgio_Del_Vecchio" (Authors); it is used under
the Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported License. You may
redistribute it, verbatim or modified, providing that you comply with the terms
of the CC-BY-SA. Cookie-policy To
contact us: mail to admin@qwerty.wiki . Vechio: essential Italian philosopher.
Grice: “Note that it is DelVecchio.”
Vedovelli: Essentail
Italian philosopher Massimo Vedovelli Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump
to navigationJump to search Niente fonti! Questa voce o sezione sull'argomento
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attendibili secondo le linee guida sull'uso delle fonti. Massimo Vedovelli
(Roma, 1953) è un filosofo e linguista italiano. È stato Rettore
dell'Università per stranieri di Siena; dal 2013 al 2016 è stato assessore alla
cultura del Comune di Siena. Indice
1Biografia 2Opere principali 3Voci correlate 4Collegamenti esterni Biografia
Laureato in filosofia del linguaggio presso l'Università La Sapienza di Roma
nel 1976, è professore ordinario di Linguistica educativa e di Semiotica presso
la Facoltà di Lingua e cultura italiana dell'Università per stranieri di Siena,
dove dal 2004 ha assunto la carica di Rettore. Precedentemente ha svolto
attività di ricerca e di docenza presso l'Università di Heidelberg,
l'Università della Calabria, l'Università La Sapienza di Roma, l'Università
degli studi di Pavia. I suoi settori di
ricerca si muovono nell'ambito della glottodidattica, della semiotica, della
sociolinguistica e della linguistica acquisizionale. Ha introdotto in Italia il
concetto di lingua immigrata. In generale, le sue ricerche si concentrano
sull'insegnamento e apprendimento delle lingue in contesto migratorio. È autore di un commento al Quadro comune
europeo di riferimento per l'insegnamento delle lingue e coautore della ricerca
Italiano 2000, indagine motivazionale sui pubblici dell'italiano all'estero,
realizzata nel 2000 sotto la guida di Tullio De Mauro. È stato il fondatore e
primo direttore della CILS - Certificazione di Italiano come Lingua Straniera,
e del Centro di Eccellenza della Ricerca Osservatorio linguistico dell'italiano
diffuso fra stranieri e delle lingue immigrate in Italia, istituiti presso
l'Università per stranieri di Siena.
Opere principali LIP. Lessico di frequenza dell'italiano parlato, con
Tullio De Mauro, Miriam Voghera, Federico Mancini, Milano, IBM - Etas, 1993.
Italiano 2000. I pubblici e le motivazioni dell'italiano diffuso tra stranieri,
con Tullio De Mauro, Monica Barni e Lorenzo Miraglia, Roma, Bulzoni, 2002.
Guida all'italiano per stranieri. La prospettiva del Quadro comune europeo per
le lingue, Roma, Carocci, 2002. L'italiano degli stranieri, Roma, Carocci,
2002. Lingua in giallo. Analfabeti, criminali, sordomuti, certificazioni di lingua
straniera, Perugia, Guerra, 2004. Storia linguistica dell'emigrazione italiana
nel mondo, (curatela), Roma, Carocci, 2011. Voci correlate Università per
stranieri di Siena Certificazione CILS Linguistica educativa Glottodidattica
Semiotica Collegamenti esterni Registrazioni di Massimo Vedovelli, su
RadioRadicale.it, Radio Radicale. Modifica su Wikidata Massimo Vedovelli.
Biografia e bibliografia Università per stranieri di Siena. URL visitato il 6
gennaio 2014. Controllo di autoritàVIAF (EN) 59186568 · ISNI (EN) 0000 0001
1651 8486 · SBN IT\ICCU\CFIV\010321 · LCCN (EN) n79064278 · BNF (FR)
cb12485167j (data) · WorldCat Identities (EN) lccn-n79064278 Biografie Portale
Biografie Filosofia Portale Filosofia Linguistica Portale Linguistica
Università Portale Università Categorie: Filosofi italiani del XX
secoloFilosofi italiani del XXI secoloLinguisti italianiNati nel 1953Nati a
RomaGlottodidattiRettori dell'Università per stranieri di Siena[altre]
Vegetti – Veghetti:
essential Italian philosopher. Mario Vegetti Da Wikipedia, l'enciclopedia
libera. Jump to navigationJump to search
Mario Vegetti Mario Vegetti (Milano, 4 gennaio 1937 – Milano, 11 marzo
2018) è stato uno storico della filosofia, traduttore e accademico italiano,
professore ordinario fino al 2005 di Storia della filosofia antica presso
l'Università degli Studi di Pavia.
Indice 1Biografia 2Pensiero 3Opere 4Note 5Intervista 6Collegamenti
esterni Biografia Si laureò con una tesi sulla storiografia di Tucidide nel
1959 presso la Facoltà di Lettere e filosofia dell'Università di Pavia, quale
alunno del Collegio Ghislieri. Libero
docente e successivamente professore incaricato in Storia della filosofia
antica, fu professore ordinario di questa disciplina dal 1975 al 2005 presso
l'Università di Pavia dove ricoprì più volte il ruolo di direttore nel
Dipartimento di Filosofia della stessa università. Fu docente presso la Scuola Superiore IUSS di
Pavia e la Scuola Europea di Studi Avanzati dell'Università degli Studi Suor
Orsola Benincasa di Napoli.[1] Fu membro
del Collegium Politicum internazionale e socio dell'Accademia di Scienze Morali
e Politiche di Napoli, e dell'Istituto Lombardo Accademia di Scienze e
Lettere. Vegetti condivise per molti
anni il lavoro intellettuale e l'impegno sociale con la moglie Silvia Finzi,
[2][3] laureata in pedagogia e specializzata in psicologia clinica,
psicoterapeuta per i problemi dell'infanzia, della famiglia e della
scuola.[4] Morì nella sua casa milanese
l'11 marzo 2018, a soli quattro giorni di distanza dalla morte dell'amico e
collega Diego Lanza.[5] Pensiero Mario
Vegetti si dedicò alla storia del pensiero scientifico greco mettendo in
evidenza le relazioni della scienza antica con la filosofia secondo
l'insegnamento del suo maestro Ludovico Geymonat. In particolare pubblicò studi
sulla medicina e sulla biologia da Ippocrate a Galeno. Fu il primo in Italia a impartire un corso di
storia della filosofia antica che prendesse in considerazione i riferimenti
alla storia della scienza antica, particolarmente in ambito greco[6]. Nella
ricerca di tale profonda connessione storica fra scienze e filosofia, seguì la
metodologia del suo Maestro Geymonat. Il
campo d'indagine approfondito da Vegetti consistette essenzialmente nello studio
degli aspetti etici e politici della filosofia antica, in particolare del
pensiero platonico, aristotelico e stoico, in rapporto con l'ambito sociale ed
ideologico della cultura greco-romana.
Relativamente all'etica antica, che assimilava l'ordine stabilito dalla
legge morale e politica con l'ordine naturale insito nel kósmos, l'universo
ordinato, Vegetti ritenne che si configurasse per la prima volta nell'Iliade
omerica proseguendo poi nella riflessione orfica-pitagorica sull'anima. Opere Apprezzato in ambito internazionale per
i suoi studi su Platone, Aristotele, Ippocrate, Galeno [7] e sull'etica antica
ha pubblicato le seguenti opere: Il
coltello e lo stilo, Il Saggiatore, Milano, I ediz.1979, II ediz., 1996. Tra
Edipo e Euclide, Il Saggiatore, Milano, 1983. L'etica degli antichi, Laterza,
Roma-Bari, 1989. La medicina in Platone, Il Cardo, Venezia, 1995. La
Repubblica, di Platone; traduzione e commento a cura di Mario Vegetti, Napoli,
Bibliopolis, 1998-2008 (Vol. 1: Libro I; Vol. 2: Libri II e III; Vol 3: Libro
IV; Vol. 4: Libro V; Vol. 5: Libro VI-VII; Vol. 6; Libro VIII-IX; Vol. 7: Libro
X). Quindici lezioni su Platone, ed. Einaudi, 2003. Platone. Repubblica. Libro
11°. Lettera XIV. Socrate incontra Marx. Lo Straniero di Treviri, ed. Guida,
2004. Guida alla lettura della Repubblica di Platone, Laterza, Roma-Bari, 2007.
Un paradigma in cielo. Platone politico da Aristotele al Novecento, ed.
Carocci, 2009, Ha collaborato nelle seguenti opere: Marxismo e società antica, Feltrinelli,
Milano, 1977. Oralità, scrittura, spettacolo, Boringhieri, Torino, 1983. Il
sapere degli antichi, Boringhieri, Torino, 1985. L'esperienza religiosa antica,
Boringhieri, Torino, 1992. (con Gabriele Giannantoni) La scienza ellenistica,
Bibliopolis, Napoli, 1984. (con P. Manuli) Le opere psicologiche di Galeno, Bibliopolis,
Napoli, 1988. Nuove antichità, "Aut Aut", 184-5, 1981. "Dialoghi
con gli antichi", Sankt Augustin, 2007. Ha tradotto Ippocrate, Opere, a cura di M. Vegetti, UTET,
Torino, II edizione, 1976. Aristotele, Opere biologiche, a cura di D. Lanza e
M. Vegetti, UTET, Torino, II edizione, 1996. Galeno, Opere, a cura di I.
Garofalo e M. Vegetti, UTET, Torino, 1978. Platone, Repubblica, a cura di M.
Vegetti, Libri I-III, Dipartimento di Filosofia dell'Università di Pavia, 2
voll. "Platone, Repubblica", a cura di M.Vegetti, BUR Biblioteca
Univ. Rizzoli, Milano, 2007. Ha scritto vari saggi tra cui: Nell'ombra di Theuth. Dinamiche della
scrittura in Platone, in Sapere e scrittura in Grecia, a cura di M. Detienne,
Laterza, Roma- Bari, 1989. Tra il sapere e la pratica: la medicina ellenistica
in Storia del sapere medico occidentale a cura di M. Grmek, Laterza, Roma-Bari,
1993. L' idea del bene nella Repubblica di Platone, in "Discipline
filosofiche", I, 1993. Passioni antiche: l'io collerico, in Storia delle
passioni a cura di S. Vegetti Finzi, Laterza, Roma- Bari, 1995. Con Franco
Alessio, Fulvio Papi e Renato Fabietti, ha curato inoltre, per Zanichelli, il
manuale di filosofia Filosofie e società (3 voll.) destinato ai licei. Note ^ Biografia su Enciclopedia multimediale
delle scienze filosofiche, su emsf.rai.it. URL consultato il 6 maggio 2011
(archiviato dall'url originale il 26 maggio 2007). ^ Mario Vegetti, Silvia
Vegetti Finzi, Anna Lia Celli, Fare società, ed. Einaudi ^ Entrambi
collaboratori della rivista Iride delle edizioni del Mulino Archiviato il 28
ottobre 2011 in Internet Archive. ^ Biografia su Enciclopedia multimediale
delle scienze filosofiche, su emsf.rai.it. URL consultato il 6 maggio 2011
(archiviato dall'url originale il 5 marzo 2007). ^ Morto Mario Vegetti,
filosofo studioso di Platone, su corriere.it. ^ G. Curci, Intervista alla
prof.ssa Gastaldi, in ricordo del maestro Vegetti, su
necrologie.laprovinciapavese.gelocal.it. URL consultato il 25 novembre 2018
(archiviato il 25 novembre 2018). ^ Enciclopedia Treccani alla voce
"Galeno" Intervista Antonio Carioti, "Critico il Platone di
Reale, il marxismo non c'entra", intervista di Mario Vegetti, Corriere
della Sera, 4 gennaio 2014, p. 47. Collegamenti esterni Opere di Mario Vegetti,
su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Mario
Vegetti, su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata (FR)
Pubblicazioni di Mario Vegetti, su Persée, Ministère de l'Enseignement
supérieur, de la Recherche et de l'Innovation. Modifica su Wikidata
Registrazioni di Mario Vegetti, su RadioRadicale.it, Radio Radicale. Modifica
su Wikidata L'etica e la filosofia antica, su emsf.rai.it. URL consultato il 4
maggio 2011 (archiviato dall'url originale il 30 settembre 2011). La retorica e
la persuasione, su emsf.rai.it. URL consultato il 4 maggio 2011 (archiviato
dall'url originale il 30 settembre 2011). La medicina greca. Aristotele. I
pitagorici. Socrate., su emsf.rai.it. URL consultato il 4 maggio 2011
(archiviato dall'url originale il 30 settembre 2011). L'etica in Platone e
Aristotele, su emsf.rai.it. URL consultato il 4 maggio 2011 (archiviato
dall'url originale il 30 settembre 2011). Mario Vegetti: il primato del
filosofo per Aristotele, sul portale RAI filosofia, su filosofia.rai.it.
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della filosofia italianiTraduttori italianiAccademici italiani del XX
secoloAccademici italiani del XXI secoloNati nel 1937Morti nel 2018Nati il 4
gennaioMorti l'11 marzoNati a MilanoMorti a MilanoFilosofi italiani del XXI
secoloStudenti dell'Università degli Studi di PaviaProfessori dell'Università
degli Studi di PaviaProfessori dell'Università degli Studi Suor Orsola BenincasaTraduttori
dal greco all'italianoTraduttori all'italiano[altre]
Venanzio: Essentail
Italian philosopher. Girolamo
Venanzio Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà. Jump to navigationJump
to search Girolamo Venanzio (1791 – 1872), scrittore, letterato, filosofo e
giureconsulto italiano. [Luigi Carrer]
Pietose esequie per lui si celebrarono nella Basilica di San Marco, e il dolore
apparve su tutti i volti, qual era in tutti i cuori, solenne e profondo; ed il
Municipio di Venezia gli decretò sepoltura propria ed iscrizione monumentale
nel comunale cimiterio. Così quella feconda vita innanzi tempo si spense e la
gloria dell'estinto ormai più non dura che nella memoria delle sue virtù e
nella splendida bellezza delle sue opere. Sventura acerbissima! che privò la
patria di un cospicuo decoro e tolse alla italiana letteratura di cogliere il
pieno frutto dei nobili studj di un tanto scrittore, ed a questo di godere più
a lungo, dopo i sofferti infortunj, il meritato riposo e e ben conseguite
ricompense. (dal Comentario della vita e delle opere di Luigi Carrer, in Luigi
Carrer, Poesie, Le Monnier, Firenze, 1854)
Indice 1 Sulla eccellenza
dei prosatori del secolo XVII 1.1Incipit 1.2 Citazioni
2Bibliografia Sulla eccellenza dei prosatori del secolo XVII Incipit Chhiunque
alle prime origini ed alle rarie vicende della italiana letteratura volga la
mente, scorgerà dì leggieri, che ogni epoca di essa è renduta dalle altre
singolare da pregi non solo segnalati in se stessi, ma eziandio ai progressi
della letteratura medesima in partìcolar modo accomodati; cosicché, mentre le
altre nazioni la maggior loro gloria in un solo secolo ripongono, la nostra può
a giusto diritto di molti egualmente vantarsi. Amore ardentissimo di patria,
zelo di libertà e quel senso squisito del bello che alla prima aurora della
civiltà corse a risvegliare gli animi per lungo sonno inoperosi, mossero i
nostri padri del trecento a fondare la lingua e la letteratura italiana; e
tanta fu la fiamma allora accesa nei petti sdegnosi dell'antica barbarie, che
sursero ad un tratto quei miracoli di sapere e d'ingegno, Dante, Petrarca, e
Boccaccio ; ai quali tenne dietro la onorata comitiva dei Villani, dei Cavalca,
dei Passavanti, dei Compagni, e di parecchi illustri Volgarizzatori, dalle cui
scritture la purissima vena discorre dell'italiano favellare. Citazioni E nella eccelsa carriera,
dappertutto, ed alla testa di tutti si mostra il Galileo; spirito che più che a
decoro della sua patria e del suo secolo parve nato a lume ed a stupore
dell'universo. Ch'egli pensò e previdde come Bacone, ma con alacrità inoltrossi
pel sentiero che quegli aveva soltanto additato; dubitò come Cartesio, ma alle
opinioni rivocate in dubbio non sostituì come quello vane chimere e sognate
ipotesi; osservò e scoprì come Newton ; ma la progressione dei tempi riservò al
filosofo inglese il vanto di dare il suo nome al grande sistema per cui
l'italiano aveva in gran parte approntato i materiali. Imperciocchè dopo avere
in terra stabilite le leggi della caduta dei gravi, delle velocità, delle
resistenze, delle percosse, e dopo aver per così dire valutati i corpi in
numero, peso e misura, colla pupilla armata del telescopio da lui forse
inventato e certamente perfezionato speculò arditamente nel cielo, ed ivi con
invitta forza stabilì l'impero del sole ed il nostro mondo gli rese soggetto,
vide valli e monti nella luna, vide di nuove stelle risplendere il firmamento,
e Giove che prima per solitaria via moveva deserto fornì d'astri seguaci, ed il
vaghissimo volto di Venere a seconda dei tempi e delle vicende fece che in vari
aspetti ai cupid'occhi si mostrasse: felice! chè le opere ed i trovati
mostrarono quanto in lui vi fosse di divino, le sole sventure quanto di
mortale! (p. 341) Il Dizionario della Crusca è il solo da cui e precettori e
discepoli trar possano norme e soccorsi, serbiamo con ogni cura intatta la fede
e la dignità di questo libro reverendo; e non feriamone l'autorità coll'arme
del ridicolo. (p. 349) Gli alti pensieri, lo stile acconcio e severo e le
scelte ed accresciute parole costituiscono le qualità distintive delle prose
dei buoni scrittori del seicento; per le quali la lingua italiana giunse in
quel secolo ad un vigore e ad un nerbo, che fra le splendide pompe e le floride
eleganze del secolo antecedente non aveva forse saputo acquistare. (p. 349) A
niuno inferiore e superiore a molti è Francesco Redi, e sia che il proprio
animo manifesti nella epistolare corrispondenza, sia che della inferma salute
de' suoi ammalati discorra, sia ch'espenga le sue gravissime osservazioni alla
istoria naturale pertinenti, sia che si applichi ad illustrare la patria
favella ed a risolverne le più sottili questioni, dagli altri di lunga mano si
distingue per la spontanea leggiadria con cui le scritture condisce senza
renderle affettate o leziose, per le grazie ingenue e festive di cui le sparge,
pel patrimonio prezioso di schiette e adequate parole di cui le arricchisce,
esoprattutto per certi ritorcimenti e per certe giudiziose piegature con cui
nuovi significati e vaghezza nuova alle voci radicali sa dare. (p. 350)
Bibliografia Girolamo Venanzio, Sulla eccellenza dei prosatori del secolo XVII,
in Memorie scientifiche e letterarie dell'Ateneo di Treviso, volume III,
Tipografia Francesco Andreola, Treviso 1824. Categorie: Scrittori italianiFilosofi
italianiLetterati italiani
Venezia: Grice: “It’s
here we should place Paolo Veneto – after all we place Ockham in Ockham, and
Veneto is more than Venezia, ‘oggi.’”
Ventura: Essential Italian philosopher. Grice: “Italian philosophers can be fun: there’s ventura, and there’s Bonaventura, who was actually fidanza, i.e. fidence, as in confidence.” Gioacchino Ventura Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Abbozzo Questa voce sull'argomento filosofi italiani è solo un abbozzo. Contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni di Wikipedia. Gioacchino Ventura Gioacchino Ventura, (dei baroni) di Raulica (Palermo, 8 dicembre 1792 – Versailles, 2 agosto 1861), è stato un predicatore, filosofo e teologo italiano, noto anche per il suo sostegno alla causa della Rivoluzione siciliana del 1848. Figlio di Paolo Ventura, barone di Raulica (1734-1816), avvocato e consigliere della Suprema Corte di Giustizia del Regno di Sicilia e di Caterina Platinelli, Gioacchino Ventura fu avviato agli studi presso il Collegio Massimo dei Gesuiti di Palermo, sua città natale. Dopo l'iniziale adesione alla Compagnia di Gesù nel 1808, quando l'organizzazione gesuita fu soppressa in Sicilia nel 1817, Ventura aderì ai teatini. Ordinato sacerdote, si distinse come apologeta, scrittore e predicatore, soprattutto grazie alla sua "Orazione funebre di Pio VII" (1823). La sua carriera da filosofo iniziò come esponente della corrente controrivoluzionaria resa nota da autori come Félicité de Lamennais, Joseph de Maistre e Louis de Bonald. Monumento memoriale a Gioacchino Ventura, Basilica di Sant'Andrea della Valle, Roma. Da Papa Leone XII fu nominato docente di diritto canonico all'Università "La Sapienza", e nel 1830 fu eletto Superiore Generale dei Teatini. Dopo questo incarico (1830-1833) Ventura intraprese l'attività di predicatore a Roma. La sua eloquenza, sebbene a volte esagerata e prolissa, era veemente e diretta ed ottenne grande fama. A Parigi, nonostante una conoscenza non perfetta della lingua francese, Ventura riuscì quasi a rivaleggiare con il celebre predicatore domenicano Jean-Baptiste Henri Lacordaire. Con l'elezione di Papa Pio IX al soglio pontificio, Gioacchino Ventura acquisì un ruolo politicamente prominente. Nel 1848, anno dei grandi moti europei, egli sostenne la legittimità storica e giuridica della rivoluzione siciliana, auspicando la rifondazione del Regno di Sicilia indipendente all'interno di una confederazione italiana di Stati sovrani, e viene nominato ministro plenipotenziario e rappresentante del governo siciliano a Roma. Nel frattempo la sua posizione a Roma divenne delicata per via della proclamazione della Repubblica Romana (1849) e dell'esilio di Pio IX. Ventura rifiutò l'offerta di un seggio all'Assemblea Costituente, ma – oltre ad invocare la separazione tra potere temporale e spirituale – riconobbe la Repubblica Romana a nome del governo rivoluzionario di Palermo. Dopo la resa della Repubblica, si trasferì in Francia, dove morì nel 1861, a Versailles. Opere La scuola de' miracoli: ovvero, Omilie sopra le principali opere della potenza e della grazia di Gesù Cristo, figliuolo di Dio e Salvatore del mondo Il tesoro nascosto: ovvero, Omilie sopra la passione del Nostro Signor Gesù Cristo La Madre di Dio, madre degli uomini: ovvero, Spiegazione del mistero della SS. Vergine a piè della croce Le bellezze della fede ne' misteri dell' Epifania: ovvero, La felicità di credere in Gesù Cristo e di appartenere alla vera chiesa I disegni della divina misericordia sopra le Americhe: panegirico in onore del beato Martino de Porres, terziario professo dell'ordine de' PP. predicatori Il potere politico cristiano: discorsi pronunciati la quaresima del 1857 nella cappella imperiale delle Tuileries Saggio sul potere pubblico, o Esposizione delle leggi naturali dell'ordine sociale Dello spirito della rivoluzione e dei mezzi di farla terminare La ragione filosofica e la ragione cattolica: ragionamenti predicati a Parigi nell'anno 1851 La tradizione e i semi-pelagiani della filosofia: ossia, Il semi-razionalismo svelato Saggio sull'origine delle idee e sul fondamento della certezza Della vera e della falsa filosofia Nuove omelie sulle donne del Vangelo Corso di filosofia cristiana: ossia, Restaurazione cristiana della filosofia Sopra una Camera di Pari nello stato pontificio: opinione La Questione Sicula nel 1848 sciolta nel vero interesse della Sicilia, Napoli e dell'Italia Memoria pel riconoscimento della Sicilia come stato sovrano ed indipendente Menzogne diplomatiche, ovvero esame dei pretesi diritti che s'invocano del gabinetto di Napoli nella Questione Sicula Discorso funebre pei morti di Vienna la religione e la libertà Raccolta di elogi funebri e lettere necrologiche Bibliografia AA.VV., Gioacchino Ventura e il pensiero politico d'ispirazione cristiana dell'Ottocento. Atti del seminario internazionale, Erice, 6-9 ottobre 1988, a cura di E. Guccione, Firenze, 1991 Andreu F., P. Gioacchino Ventura: Saggio Biografico, "Regnum Dei", 1961, XVII Bergamaschi G., Padre Gioacchino Ventura: fra tradizionalismo e neotomismo, Milano, 1992 Cremona Casoli G., Un illustre siciliano: il padre Gioacchino Ventura da Raulica, in "Rassegna Storica del Risorgimento", aprile-giugno 1956, pp. 293-298 Cultrera P., Della vita e delle opere del Rev. P.Gioacchino Ventura: ex generale dell'ordine dei Teatini, Palermo, 1877 Giurintano C., Aspetti del pensiero politico di Gioacchino Ventura nel "De jure publico ecclesiastico" in : AA.VV. Studi in memoria di Gaetano Falzone, a cura del Comitato di Palermo dell'Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, Palermo, 1993 Guccione E., Cattolici e democrazia. Ventura, Murri, Sturzo e le critiche di Gobetti, Palermo-Sao-Paulo, Ila-Palma, 1988 Guccione E., Gioacchino Ventura alle radici della democrazia cristiana, Palermo, 2000 Guccione E., The Concept of "Revolution" in the Thought of Gioacchino Ventura, in AA.VV., Selected Papers, 1994, Consortium on Revolutionary Europe 1750-1850, Florida State University, 1994, pp. 92-104 Guccione E., Un omaggio clandestino di Ventura a Lamennais, in "Nuova Antologia", luglio-settembre 2016, Vol. 617° - Fasc. 2279, pp. 141-150 Pastori P., Gioacchino Ventura da Raulica e la rivoluzione napoletana del 1820, in "Rassegna Siciliana di Storia e Cultura", n. 2, 1997 (IT) Sergio Romano, La vita e il pensiero politico di padre Gioacchino Ventura, in Revue belge de philologie et d'histoire, vol. 73, n. 4, 1995, pp. 1019-1026. Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Gioacchino Ventura di Raulica Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Gioacchino Ventura di Raulica Collegamenti esterni Gioacchino Ventura, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Gioacchino Ventura, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana. Modifica su Wikidata Opere di Gioacchino Ventura, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Gioacchino Ventura, su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata (EN) Gioacchino Ventura, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company. Modifica su Wikidata Biografia sul sito della Regione Siciliana. Martinucci P., Padre Gioacchino Ventura di Raulica (1792-1861). Istituto Storico dell’Insorgenza e per l’Identità Nazionale. Paolo Martinucci, Gioacchino Ventura di Raulica (1792-1861), in Cristianità, n. 376, 2015. Controllo di autoritàVIAF (EN) 102320586 · ISNI (EN) 0000 0001 0815 8468 · SBN IT\ICCU\CFIV\071993 · LCCN (EN) n86113461 · GND (DE) 11891815X · BNF (FR) cb119354285 (data) · BNE (ES) XX955212 (data) · NLA (EN) 36504675 · BAV (EN) 495/70887 · CERL cnp00402063 · WorldCat Identities (EN) lccn-n86113461 Biografie Portale Biografie Cattolicesimo Portale Cattolicesimo Politica Portale Politica Risorgimento Portale Risorgimento Sicilia Portale Sicilia Categorie: Predicatori italianiFilosofi italiani del XIX secoloTeologi italianiNati nel 1792Morti nel 1861Nati l'8 dicembreMorti il 2 agostoNati a PalermoMorti a VersaillesGesuiti italianiTeatiniProfessori della Sapienza - Università di RomaIndipendentismo siciliano[altre]
Vera: Essentail Italian
philosopher. Augusto Vera Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to
navigationJump to search Augusto Vera Augusto Vera.png Senatore del Regno
d'Italia LegislatureXIII Dati generali Professionefilosofo Augusto Vera
(Amelia, 4 maggio 1813 – San Giorgio a Cremano, 13 luglio 1885) è stato un
filosofo e politico italiano. Fu senatore del Regno d'Italia nella XIII
legislatura. Nato ad Amelia, in provincia di Terni, compì i suoi studi
alla Sapienza di Roma, terminandoli alla Sorbona di Parigi. Mostrò subito un
immenso talento per l'insegnamento, caratterizzato da lucidità di esposizione e
genuino spirito filosofico, reggendo dal 1839 al 1850 svariate cattedre in
città importanti della Francia e della Svizzera. Il colpo di Stato di
Napoleone III lo costrinse nel 1851 a rifugiarsi in Inghilterra a causa delle
sue idee eterodosse. Qui intraprese la stesura in francese dell'Introduzione
alla filosofia di Hegel. Tornò in Italia nel 1859, riuscendo a diventare
il più geniale e originale comunicatore del pensiero hegeliano.[1] insegnando
storia della filosofia dapprima all'Accademia scientifico-letteraria di Milano,
e poi dal 1861, su invito di Francesco De Sanctis, all'Università di Napoli.[2]
In Italia continuò a intrattenere scambi fecondi con la Società Filosofica di
Berlino e con gli ambienti hegeliani tedeschi e francesi. Dal 1883 divenne
socio nazionale dell'Accademia dei Lincei.[2] Fu suo fedelissimo allievo
Raffaele Mariano.[3] Pensiero Fu durante i suoi studi con Victor Cousin a
Parigi che Vera arrivò a conoscere la filosofia, risentendo fortemente
dell'hegelismo allora in voga, di cui diventerà in Italia promotore
indiscusso. Si deve infatti ad Augusto Vera il risveglio in Italia dell'interesse
per la filosofia idealista tedesca ed hegeliana in particolare, anche se egli
godette di maggior fortuna all'estero, mentre ebbe un influsso molto minore in
patria rispetto a quello esercitato ad esempio dai lavori di Bertrando
Spaventa. A differenza di quest'ultimo, infatti, che reinterpretò il pensiero
di Hegel in chiave critica, Vera si mantenne sostanzialmente fedele al dettato
ortodosso della dottrina hegeliana.[4] Nelle sue opere, che esaltano la
capacità di Hegel nel collegare ogni aspetto della realtà in un sistema
organico, prevale l'attenzione per il problema religioso: Vera interpreta
l'Idea logica hegeliana in senso trascendente, come il Dio della tradizione
cattolica, venendo per questo accostato in certa misura alla Destra Hegeliana
in Germania, sebbene una tale lettura possa apparire una forzatura.[5]
Centrale è il primato dell'Idea, che si articola nella storia come organismo
spirituale, e per attingere la quale occorre trascendere la natura. L'Idea
esiste bensì anche nelle piante e negli animali, ma in maniera incosciente;
solo nell'essere umano essa giunge a pensarsi come idea, divenendo in tal modo
storia, e rendendo possibile anche il progresso delle entità collettive di
individui che sussistono come nazione. «Finché una nazione vive nella
sfera del suo essere sensibile e animale, essa non si muove; essa ripete ogni
giorno la stessa vita e gli stessi eventi; essa prova sempre gli stessi
bisogni. Che se non fosse possibile trascendere questa sfera, la storia stessa
non sarebbe possibile. Queste poche considerazioni ci spingono adunque a
riconoscere con più pieno convincimento che solo l'Idea o l'Assoluto è il
motore delle nazioni e dell'umanità, ovvero il principio determinante della
storia.» (Augusto Vera, da Introduzione alla filosofia della storia, cap.
VII, pag. 325, Le Monnier, Firenze, 1869 [6]) In Francia, la sua Introduzione
alla filosofia di Hegel ha influenzato, in particolare, Gustave Flaubert nella
stesura di Bouvard e Pécuchet.[7] In Italia invece è stato determinante
per aver stimolato, insieme a Bertrando Spaventa, la nascita dell'idealismo
italiano di Benedetto Croce e Giovanni Gentile.[8] Opere La sua opera
filosofica più famosa in italiano è Il problema dell'Assoluto. Si dedicò anche
a tematiche giuridiche e politiche su Cavour con Libera Chiesa in libero
Stato,[2] in cui attribuiva il ritardo del processo di rinnovamento liberale in
Italia alla mancanza, durante il suo Rinascimento, di una Riforma luterana come
quella d'oltralpe.[9] Tesi in latino Platonis, Aristotelis et Hegelii: de
medio termino doctrina. Quaestio philosophica, Parigi 1845 Opere in francese
Problème de la certitude, tesi presentata alla Faculté des Lettres, Parigi 1845
Introduction a la philosophie de Hegel, Parigi-Londra 1855 L'hégélianisme et la
philosophie, Parigi 1861 Mélanges philosophiques, Parigi 1862 Essais de
philosophie hégélienne: La peine de mort. Amour et philosophie. Introduction à
la philosophie de l'histoire, Parigi, Éd. Germer Baillière, coll. «Bibliothèque
de philosophie contemporaine», 1864 Introduction a la philosophie de Hegel,
Parigi 1864 Cavour et l'Église libre dans l'État libre, Napoli-Parigi 1874
Traduzioni in francese Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Logique, Parigi 1859
Hegel, Philosophie de la Nature, Parigi 1863-1866 Hegel, Philosophie de
l'Esprit, Parigi 1869 David Friedrich Strauß, L'ancienne et la nouvelle foi,
Napoli 1873 Hegel, Philosophie de la religion, Parigi 1876-1878 Opere in
italiano Amore e filosofia: orazione inaugurale detta dal professore Augusto
Vera nel solenne riaprimento dell'Accademia, Milano 1861 La pena di morte,
Parigi-Napoli 1863 Prolusioni alla storia della filosofia e alla filosofia
della storia, Parigi-Napoli 1863 Ricerche sulla scienza speculativa e
sperimentale a proposito delle dottrine del Calderwood e del prof. Ferrier,
Parigi-Napoli 1864 Introduzione alla filosofia della storia: lezioni, Firenze
1869 Il Cavour e libera Chiesa in libero Stato, Napoli 1871 Problema
dell'assoluto, Napoli 1872 Platone e l'immortalità dell'anima, Napoli 1881 Saggi
filosofici, Napoli 1883 Opere in inglese An inquiry into speculative and
experimental science, with special reference to mr. Calderwood, Londra 1856
Introduction to Speculative Logic and Philosophy, St Louis 1875 Onorificenze
Cavaliere dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinariaCavaliere
dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro Note ^ Delio Cantimori, Augusto Vera
su Enciclopedia Italiana (1937). Augusto Vera, su treccani.it. ^ La
Civiltà cattolica, n. 32, vol. VIII, quad. 573, pag. 291, Firenze, libraio
Luigi Manuelli, 1881. ^ L'hegeliano tedesco Teodoro Sträter osservò in
proposito che Augusto Vera «sembra la degna riproduzione italo-francese di quel
tipo a cui in Germania usiamo dare il nome di vecchi hegeliani o anche di ortodossi
di stretta osservanza» (cit. in Giuseppe Tortora, Le filosofie italiane
dell'Ottocento, cap. 7 de "Le filosofie contemporanee", Università
degli Studi Federico II di Napoli). ^ La rinascita hegeliana a Napoli, su
eleaml.altervista.org. ^ Lezioni di A. Vera, raccolte e pubblicate con
l'approvazione dell'autore da Raffaele Mariano, cap. VII, pag. 325, Le Monnier,
Firenze, 1869. ^ Revue Flaubert, n° 7, 2007. ^ L'escatologia pitagorica nella
tradizione occidentale, su ritosimbolico.net. ^ Girolamo Cotroneo, Filosofia e
storiografia, pag. 409, Rubbettino Editore, 2005. Bibliografia Karl Rosenkranz,
Hegel's Naturphilosophie und die Bearbeitung derselben durch den italienischen
Philosophen Augusto Vera, Berlino 1868 Raffaele Mariano, Introduzione alla filosofia
della storia. Lezioni di A. Vera raccolte e pubblicate con l'approvazione
dell'autore da Raffaele Mariano, Firenze, Le Monnier, 1869 Giovanni Gentile,
Augusto Vera e l'ortodossismo hegeliano, in Le origini della filosofia
contemporanea in Italia, vol. III, parte 2ª, Messina 1921 Delio Cantimori,
«VERA, Augusto», in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana Treccani, 1937 Armando Plebe, Spaventa e Vera, Torino, Edizioni di
Filosofia, 1954 Guido Oldrini, Gli hegeliani di Napoli. Augusto Vera e la
corrente ortodossa, Milano, Feltrinelli, 1964 Teresa Cricelli, Augusto Vera e
la filosofia hegeliana, IlTesto, 2016 ISBN 9788899017163 Altri progetti
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Augusto Vera, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
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srl. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Augusto Vera / Augusto Vera (altra
versione), su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata Augusto
Vera, su Senatori d'Italia, Senato della Repubblica. Modifica su Wikidata Vita
e opere di Augusto Vera, su paolomalerba.it. Introduzione alla filosofia della
storia. Lezioni di A. Vera raccolte e pubblicate con l'approvazione dell'autore
da Raffaele Mariano, Firenze Le Monnier, 1869, in Google Libri V · D · M Idealismo
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Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XIX secoloPolitici italiani del XIX
secoloNati nel 1813Morti nel 1885Nati il 4 maggioMorti il 13 luglioNati ad
Amelia (Italia)Morti a San Giorgio a CremanoIdealistiSenatori della XIII
legislatura del Regno d'Italia[altre]
Vercellone: Essentail
Italian philosopher. Federico
Vercellone Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search
Federico Vercellone (Torino, 9 settembre 1955) è un filosofo italiano. La ricerca filosofica di Vercellone si
svolge inizialmente intorno ai temi dell'ermeneutica dell'antico nel primo
Romanticismo tedesco, dell'ermeneutica filologica e dell'idea del classico[non
chiaro] nella cultura romantica tedesca[1]. Negli anni successivi, Vercellone
orienta i propri studi sulle tematiche dell'ermeneutica otto-novecentesca e del
nichilismo (del 1992 è la sua Introduzione al nichilismo, edito da Laterza e
tradotto in tedesco da Fink). Continuando a muoversi intorno al rapporto tra
estetica ed ermeneutica, il suo percorso filosofico verterà in seguito su
ambiti decisivi della riflessione contemporanea[2]: il rapporto tra temporalità storica e
coscienza estetica, la questione della "morte dell'arte" e della
dispersione dell'estetico[3]; il problema della Bellezza nel XX secolo (oggetto
del volume Oltre la bellezza, Premio Castiglioncello 2009[4]); l'eredità della
morfologia filosofica e le teorie dell'immagine[5]. Soprattutto quest'ultima
linea occupa le sue ricerche più recenti, orientate sull'idea di un possibile
radicamento estetico del nostro tempo[6].
Vercellone è Professore ordinario di Estetica presso l'Università di Torino
dal 2008 e direttore del CIM | Centro Interuniversitario di Ricerca sulla
Morfologia (dal 2005 al 2012 CIRM | Centro Interdipartimentale di Ricerca sulla
Morfologia dell'Università di Udine) dal 2013.
È stato Presidente dell’AISE (Associazione Italiana degli Studiosi di
Estetica) a partire dal 2008 sino al 2011 e Vice-Presidente della SIE (Società
Italiana di Estetica) fino al 2015. Collabora con La Stampa. Saggi Identità dell'antico: l'idea del
classico nella cultura tedesca del primo Ottocento, Torino, Rosenberg &
Sellier, 19881, OCLC 964102136. Apparenza e interpretazione, Milano, Guerini e
Associati 1989. Pervasività dell’arte. Ermeneutica ed estetizzazione del mondo
della vita, Milano, Guerini e Associati 1990. Introduzione al nichilismo
(1992), Roma-Bari, Laterza 2009. Trad. tedesca: Einführung zum Nihilismus,
München, Fink 1998. Nature del tempo. Novalis e la forma poetica del
romanticismo tedesco, Milano, Guerini e Associati 1998. Estetica
dell’Ottocento, Bologna, Il Mulino 1999. Trad. portoghese: A estética do século
XIX, Lisboa, Editorial Estampa 2000. Trad. spagnola: Estetica del siglo XIX,
Madrid, Machado 2004. Storia dell’estetica moderna e contemporanea, con A.
Bertinetto e G. Garelli (2003), Bologna, Il Mulino 2007. Morfologie del Moderno
(2002), Genova, Il Melangolo 2006. Lineamenti di storia dell’estetica. La
filosofia dell’arte da Kant al XXI secolo, con A. Bertinetto e G. Garelli,
Bologna, Il Mulino 2008. Oltre la bellezza, Bologna, Il Mulino 2008. Trad.
spagnola: Más allá de la belleza, Madrid, Biblioteca Nueva 2013. Trad. inglese:
Beyond Beauty, New York, SUNY Press 2017. Pensare per immagini. Tra scienza e
arte, con O. Breidbach, Milano, Bruno Mondadori 2008. Nuova ed. tedesca:
Anschauung Denken. Zum Ansatz einer Morphologie des Unmittelbaren, München,
Fink 2011. Trad. inglese: Thinking and Imagination: Between Science and Art,
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Filosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloNati nel
1955Nati il 9 settembreNati a Torino[altre]
Verdiglione: Essential
Italian philosopher. Armando
Verdiglione Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to
search Armando Verdiglione (Caulonia, 30 novembre 1944) è un editore e filosofo
italiano. Vincitore di una borsa di studio nel Collegio
Augustinianum, ha studiato nell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano,
dove si è laureato in Lettere con una tesi su I giganti della montagna di
Pirandello. Psicoanalista formatosi con Jacques Lacan[1], traduttore e
scrittore di saggi, pubblica in Italia con le case editrici Marsilio, Rizzoli,
Feltrinelli e Sugarco, con cui collabora[2][3]. Per quest'ultima dirige la
collana "Bordi"[4]. Nel 1977 traduce la raccolta di testi Scilicet di
Lacan per Feltrinelli[5] e il Seminario XXII[6]. Con la sua casa editrice,
Spirali, pubblica testi come la traduzione del Malleus Maleficarum, Il martello
delle streghe[7], il manuale dell'Inquisizione per la caccia alle streghe, e in
seguito, sempre per le edizioni Spirali, pubblica alcuni testi di Giordano
Bruno, come Le ombre delle idee[8] e Cabala del cavallo pegaseo[9].
Traduce per Feltrinelli libri che in Francia animano il dibattito in ambito
culturale, come il saggio di Luce Irigaray Speculum. L'altra donna edito da
Feltrinelli nel 1977 nella traduzione di Luisa Muraro, il libro di Maud Mannoni
Educazione impossibile[10]. Conosce in Francia e introduce in Italia la nota
studiosa di psicanalisi e linguaggio Julia Kristeva[11]; incontra anche Jean
Oury, fondatore assieme a Félix Guattari della clinica La borde[12], di cui
pubblica i libri Creazione e schizofrenia, Psicosi e logica istituzionale. “Il
collettivo”, Babele e la Pentecoste. La Borde e la scrittura della psicosi, La
psicosi e il tempo[13]. Traduce sempre per Feltrinelli l'edizione del libro di
Jean-Joseph Goux, Freud, Marx: economia e simbolico[14]. Negli anni Settanta
fonda il Movimento Freudiano Internazionale e l'attività editoriale che si
chiamerà Spirali Edizioni. Con la casa editrice Spirali, Verdiglione pubblica
in Italia autori come Jean Daniel, Bernard-Henri Lévy, André Glucksmann, Marek
Halter, Fernando Arrabal, Alain Robbe-Grillet. Nell'ottobre 1978 esce in
edicola il primo numero del mensile Spirali. Giornale internazionale di
cultura, a cui segue l'edizione francese Spirales nel 1981 e, nel 1991, Il
Secondo Rinascimento. Nel 1975 Armando Verdiglione e il Collettivo “Semiotica e
psicanalisi” organizzano a Milano, in cinque sedi differenti, il Congresso
internazionale "Sessualità e politica" seguito dai media italiani e
internazionali[15]. Partecipano molte persone, tra cui filosofi, psicanalisti,
medici, psichiatri, semiotici, letterati, scrittori, esponenti politici di vari
paesi[16]. Nel 1976, sempre con il Collettivo “Semiotica e psicanalisi”,
organizza il congresso “La follia”, che si svolge in più sedi, tra cui il
Palazzo dei Congressi e il Museo della scienza e della tecnica. Il congresso è
seguito dalla stampa di vari paesi[17][18][19][20][21]. Intanto, inventa[2] la
cifrematica, la cosiddetta scienza della parola[22]. Nell'Enciclopedia Rizzoli
Larousse, edizione del 1990[23], viene così definita la cifrematica: «Scienza
della parola intesa come cifra. Teoria elaborata da Armando Verdiglione e
utilizzata all'interno di esperienze di conversazione, lettura, ecc. Secondo la
cifrematica ogni parola può essere analizzata secondo la sua 'logica'
(idiomatica) o la sua qualità o 'cifrema' (cifratica). Cinque sono le 'logiche'
(delle relazioni, stigmatica, delle funzioni, delle operazioni, delle
dimensioni) e tre le 'strutture' (sintattica, frastica e pragmatica) secondo
cui ogni parola può essere 'decifrata'» Nel 1985 sono a Milano, su invito
di Armando Verdiglione, prima Eugène Ionesco e in seguito Jorge Luis Borges.
Nel dicembre dello stesso anno, a un'assemblea di intellettuali e lettori,
Borges partecipa a un convegno organizzato da Verdiglione, portando la testimonianza
della sua vita e della sua attività di poeta, documentata nel libro Una vita di
poesia[24]. Nel 1983, la sua Università internazionale del Secondo
Rinascimento acquista dalla famiglia Borromeo la Villa di Senago e il parco,
lasciati in uno stato di abbandono per oltre vent'anni. I nuovi proprietari
decidono pertanto di avviare un primo importante restauro che mira alla
salvaguardia stessa del bene. Il restauro si è protratto nel tempo, fedele a
criteri conservativi, con la collaborazione di ingegneri, esperti, architetti,
tecnici, storici e filologi che hanno lavorato, insieme, sotto la direzione
della Soprintendenza ai beni Ambientali ed Architettonici di Milano. Gli
anni Novanta e 2000 L'attività editoriale negli anni novanta e 2000, proseguendo
quanto già avviato negli anni ottanta, si indirizza soprattutto sulla
dissidenza, in particolare dissidenti e romanzieri russi. Pubblica libri di
Vladimir Bukovskij, Aleksandr Zinovev, Jurij Naghibin, Vladimir Maksimov e
molti altri. L'interesse per la Russia lo porta a pubblicare saggisti come
Viktor Suvorov, gli ambasciatori russi in Italia Anatoly Adamishin, Karlov
Jurij, il teorico della perestrojka Aleksandr Jakovlev, e l'ex ministro per
l'energia e leader dell'opposizione di destra Boris Nemtsov. Oltre agli autori
russi, pubblica dissidenti provenienti da tutto il pianeta, da Cuba alla Cina.
In questa direzione sono stati organizzati i convegni internazionali Festival
della modernità a partire dalla metà degli anni 2000 che propongono, in ciascuna
edizione, diverse tematiche (scrittura, libertà, politica...). In questi
anni prosegue il lungo processo di restauro della Villa San Carlo Borromeo di
Senago, restituendo all'edificio la sua originaria bellezza e trasformandolo in
un Palazzo del turismo culturale e artistico, nella sede dell'Università
internazionale del Secondo Rinascimento e della casa editrice Spirali. In
questi anni, la Villa è sede di congressi, di corsi, di seminari, di riunioni
di enti pubblici e privati, italiani e stranieri, di un museo permanente e di
un museo per grandi mostre. Vicende giudiziarie Verdiglione ha
totalizzato 10 anni e 6 mesi di carcere per reati vari. È stato
condannato a quattro anni e due mesi nel 1986 per truffa, tentata estorsione e
circonvenzione di incapace. Nel 1992 dopo un patteggiamento è stato condannato
a un anno e quattro mesi. Nel 2015 è stato di nuovo condannato in primo grado a
nove anni (e la moglie a sette) per associazione a delinquere, frode fiscale,
truffa alle banche e allo Stato; in seguito la pena è stata ridotta a cinque
anni. In tale occasione ha causato sofferenze bancarie per 73,4 milioni: 18,3
sono in capo a Intesa Sanpaolo, altri 25,9 milioni a Banca Etruria.[25] Truffa,
tentata estorsione e circonvenzione di incapace Nel 1985 Armando Verdiglione è
al centro di una serie di vicende giudiziarie ("Affaire Verdiglione")
relative all'attività sua, della sua "Fondazione" e dei suoi
collaboratori. Nel 1986 viene condannato a quattro anni e due mesi di
reclusione per truffa, tentata estorsione e circonvenzione di incapace,
condanna che passa in giudicato nel marzo del 1989[26]. Intellettuali di
vari paesi (tra cui Bernard-Henri Lévy, Eugène Ionesco, Fernando Arrabal, Marek
Halter, Georges-Marc Benamou, Jacques Henric, Vladimir Bukovskij, Moustapha
Safouan, Iannis Xenakis, Alexadre Zinovev, Georges Mathé, Claude Lanzmann),
acquistano una pagina del quotidiano francese Le Monde di domenica 11 e lunedì
12 gennaio del 1987 in cui pubblicano e sottoscrivono un appello rivolto al
Presidente della Repubblica italiana e ai giudici milanesi, col quale
denunciano un presunto clima di "caccia alle streghe". Il caso
Verdiglione secondo i firmatari mette in discussione le nozioni di diritto,
giustizia e libertà di parola in Italia[27]. Jean Daniel, direttore del Nouvel
Observateur, lo stesso giorno, pubblica su la Repubblica una lettera,
intitolata "Difendo Verdiglione", rivolta al direttore del
quotidiano[28]. In Italia il Partito Radicale organizza un incontro
internazionale in piazza Montecitorio sul tema Armando Verdiglione, a cui
partecipano anche importanti esponenti del "Comitato Internazionale per
Armando Verdiglione", promosso dallo scrittore e giornalista Alberto
Moravia, e intellettuali stranieri tra cui Eugène Ionesco, Emmanuel Lévinas,
Fernando Arrabal, Vladimir Bukovskij, Bernard-Henri Lévy, Marek Halter.[29]. La
Repubblica scrive che "dopo quello di Enzo Tortora ci sarà la
sponsorizzazione da parte del PR del caso giudiziario di Armando
Verdiglione"[30]. Dal 1987 al 1988 il programma satirico Drive In lo
fa conoscere anche al grande pubblico, attraverso la parodia del "Dottor
Vermilione, psicanalista santone" impersonato da Ezio Greggio. Il caso
Verdiglione è anche citato in relazione al disegno di legge per l'abolizione
del reato di circonvenzione d'incapace (articolo 643 del codice
penale).[31] Secondo processo (1989) Dopo la condanna in Cassazione del
1989, la vicenda giudiziaria apertasi nel 1985 si conclude con il rinvio a
giudizio per i capi di imputazione stralciati in occasione del primo
procedimento giudiziario[32] e con il definitivo patteggiamento nel 1992 a una
pena di un anno e 4 mesi e indennizzi di oltre 3 miliardi di lire a ex
allievi[33][34][35]. Evasione fiscale (2011) Nel giugno 2011 si
concludono le indagini della Guardia di Finanza coordinate dalla Procura della
Repubblica di Milano: Verdiglione viene indagato per evasione fiscale in
relazione all'emissione di fatture false, e appropriazione indebita. A seguito
della richiesta avanzata dalla Procura di Milano, due dimore storiche
riconducibili al professore (tra cui la sopracitata Villa San Carlo Borromeo di
Senago) per ordinanza del Gip vengono poste sotto sequestro preventivo, pur
mantenendone la disponibilità[36]. A meno di tre settimane di distanza il
Tribunale del Riesame di Milano annulla i decreti di sequestro concessi dal GIP
Cristina Mannocci al PM Bruna Albertini, e restituisce gli immobili alle
proprietà, in quanto non sussiste l'accusa di evasione fiscale. Si tratterebbe
invece di neutralità fiscale, in quanto l'IVA dovuta sarebbe sempre stata pari
a zero[37] (in base alle conclusioni del giudice, sarebbero state emesse
fatturazioni fittizie - ma regolarmente pagate - tra società facenti capo a
Verdiglione, allo scopo di ottenere crediti presso gli istituti finanziari,
potendo esibire bilanci dai quali risultano entrate ingenti, in realtà
fasulle). Il 24 maggio 2012 la giudice Laura Marchiondelli rinvia a
giudizio Armando Verdiglione per associazione a delinquere finalizzata a frode
fiscale e truffa allo Stato.[38] Nel dicembre 2015 viene condannato a
nove anni per i reati di associazione a delinquere finalizzata a frode fiscale,
truffa alle banche e truffa allo Stato. Nel medesimo processo vengono emesse
condanne anche a carico della moglie Cristina Frua De Angeli e di due sue
società, intanto fallite. Viene altresì disposta la confisca, fino ad un valore
equivalente rispettivamente di 100 milioni e 10 milioni di euro, di beni come
la storica dimora trecentesca Villa San Carlo Borromeo a Senago con 10 ettari
di parco[39]. Nel maggio 2017, la sentenza di secondo grado conferma la
prima, nonostante che Procuratore generale, nella sua requisitoria, abbia
chiesto "l'annullamento della sentenza di primo grado per assoluta
indeterminatezza e intrinseca contradditorietà delle accuse". Nel
2018 la condanna a cinque anni di reclusione diventa esecutiva[40].
Controversie sul pensiero di Verdiglione e sulla cifrematica Negli anni
ottanta, nel pieno delle inchieste giudiziarie, l'associazione da lui fondata viene
definita setta[41] dallo psicoterapeuta infantile Claudio Foti. Analoga
affermazione fu fatta nel 2006 da Patrizia Calefato, professoressa associata di
sociolinguistica, che così si espresse in un'intervista per un quotidiano
locale in occasione dell'incontro con Armando Verdiglione organizzato
all'Università di Bari da Augusto Ponzio, professore ordinario di filosofia del
linguaggio, intitolato "La cifra del Levante"[42]. Cesare
Musatti, considerato il fondatore della psicanalisi italiana, provava una
profonda avversione per Verdiglione[43] che etichettò come "“il magliaro
di Caulonia”[44] e come "cialtrone".[45] Armando
Verdiglione ha ospitato come relatori, nell'ambito di alcuni congressi
organizzati negli anni 2000 alla Villa San Carlo Borromeo, autori come Peter Duesberg
(virologo statunitense, scopritore dei retrovirus) e Dave Rasnick (biologo
statunitense) che negano l'esistenza dell'AIDS, sostenendo che gli ammalati di
tale morbo morissero in realtà sia a causa dell'assunzione di droghe sintetiche
fortemente immunosoppressive sia a causa delle cure che erano loro imposte
nella prima fase sperimentale, dove si ricorreva all'utilizzo di farmaci come
l'AZT, originariamente sintetizzato a scopo antineoplastico e poi abbandonato
per l'elevata tossicità.[46] Libri pubblicati in Italia Voce da
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grammatica dello spirito europeo. L'androgino trinitario e la bilancia
dell'orrore, Associazione Amici di Spirali, 2017 I padroni del nulla,
Associazione Amici di Spirali, 2017 L'Operazione guru, Associazione Amici di
Spirali, 2017 La rivoluzione dell'imprenditore, Associazione Amici di Spirali,
2017 Il bilancio di guerra, Associazione Amici di Spirali, 2017 In nome del
nulla. L'accusa di blasfemia, Associazione Amici di Spirali, 2017 Il bilancio
intellettuale dell'impresa (con Marco Maiocchi), Associazione Amici di Spirali,
2017 Parola mia, Spirali, 2016 La realtà intellettuale, Spirali, 2014 L'Affaire
fiscale ovvero il dispensario del tempo, Spirali, 2012 Scrittori, artisti,
Spirali, 2009 La libertà della parola, Spirali, 2009 La politica e la sua
lingua, Spirali, 2009 La nostra salute, Spirali, 2007 Il capitale della vita,
Spirali, 2007 Master dell'art ambassador, Spirali, 2005 Master del brainworker,
Spirali, 2005 Master del cifrematico, Spirali, 2005 L'interlocutore, Spirali,
2005 Il Manifesto di cifrematica, Spirali, 2004 La rivoluzione cifrematica,
Spirali, 2004 Artisti, Spirali, 2003 Il brainworking. La direzione
intellettuale. La formazione dell'imprenditore. La ristrutturazione delle
aziende, Spirali, 2003 Edipo e Cristo. La nostra saga, Spirali, 2002 La
famiglia, l'impresa, la finanza, il capitalismo intellettuale, Spirali, 2002
Venere e Maria. La fiaba originaria (con Maria Grazia Amati e Alessandro
Taglioni), Spirali, 2002 Niccolò Machiavelli, Spirali/Vel, 1994 Leonardo da
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di San Vittore, Spirali, 1989 Lettera all'eccellentissima corte di appello,
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pubblicherà le opere La rivoluzione del linguaggio poetico. L'avanguardia
nell'ultimo scorcio del XIX secolo: Lautrémont e Mallarmé e Poteri dell'orrore.
Saggio sull'abiezione ^ Félix Guattari ^
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si trasmette né attraverso rapporti eterosessuali né attraverso rapporti
omosessuali e neanche senza rapporti, non si trasmette in nessun modo; l'Hiv è
un retrovirus che, secondo Dusberg, è innocuo." "Muoiono per via
della cura. È la cura, che li ammazza."». Collegamenti esterni Dizionario
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(archiviato dall'url originale il 24 maggio 2009). Sito ufficiale, su
armandoverdiglione.com. TgCom: Recenti Vicende, su tgcom.mediaset.it. URL
consultato il 14 giugno 2011 (archiviato dall'url originale il 9 giugno 2011).
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Vernia: Essential Italian
philosopherNicoletto Vernia Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to
navigationJump to search Niente fonti! Questa voce o sezione sull'argomento
filosofi italiani non cita le fonti necessarie o quelle presenti sono
insufficienti. Puoi migliorare questa voce aggiungendo citazioni da fonti
attendibili secondo le linee guida sull'uso delle fonti. Nicoletto Vernia,
conosciuto anche come Nicolò o Paolo Nicola Vernia (Chieti, 1420 circa –
Vicenza, 31 ottobre 1499), è stato un filosofo, astrologo e medico italiano. Allievo
a Padova del filosofi averroisti Paolo da Pergola e Gaetano da Thiene e
successore di quest'ultimo come docente di filosofia nel 1465, ebbe come
collega Pietro Pomponazzi e tra i suoi allievi Agostino Nifo e Giovanni Pico
della Mirandola. Seguace dell'averroismo
allora imperante nello Studio Padovano, curò un'edizione delle opere di
Aristotele con il commento di Averroè (1483).
Sostenne l'unicità dell'intelletto (dottrina poi abbandonata a causa di
una condanna inflittagli dal vescovo di Padova), l'autonomia della fisica
rispetto alla metafisica e la superiorità della scienza della natura sulle
scienze dell'uomo. Ormai anziano si
laureò in medicina nel 1496. Le sue
ceneri riposano nella chiesa dell'Ospedale Civile di Vicenza. Opere Contra perversam Averrois opinionem de
unitate intellectus et de animae felicitate De unitate intellectus et de animae
felicitate Expositio in Posteriorum capitulum secundum in fine Expositio in
Posteriorum librum priorem Quaestio de gravibus et levibus Quaestio de
rationibus seminalibus Quaestio de unitate intellectus Quaestio in De anima Bibliografia
Ennio De Bellis, Nicoletto Vernia. Studi sull'aristotelismo del XV secolo,
Firenze, Leo S. Olschki editore, 2012, ISBN 978-88-222-6205-9. Collegamenti
esterni Nicoletto Vernia, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Nicoletto Vernia, in
Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su
Wikidata (EN) Nicoletto Vernia, su Mathematics Genealogy Project, North Dakota
State University. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Nicoletto Vernia, su Open
Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata Controllo di autoritàVIAF (EN)
22355944 · ISNI (EN) 0000 0000 6151 4946 · LCCN (EN) n00097822 · GND (DE)
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Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XV secoloAstrologi italianiMorti nel
1499Morti il 31 ottobreNati a ChietiMorti a VicenzaPersone legate
all'Università degli Studi di Padova[altre]
Veronelli: Essential
Italian philosopher Luigi Veronelli Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to
navigationJump to search Luigi Veronelli Luigi Veronelli (Milano, 2 febbraio
1926 – Bergamo, 29 novembre 2004) è stato un gastronomo, giornalista, editore,
conduttore televisivo, filosofo e anarchico italiano. Viene ricordato
come una delle figure centrali nella valorizzazione e nella diffusione del
patrimonio enogastronomico italiano. Antesignano di espressioni e punti di
vista che poi sono entrati nell'uso comune e protagonista di caparbie battaglie
per la preservazione delle diversità nel campo della produzione agricola e
alimentare, attraverso la creazione delle De.Co. (Denominazioni Comunali), le
battaglie a fianco delle amministrazioni locali, l'appoggio ai produttori al
dettaglio. Luigi Veronelli (al centro) assieme ad alcuni sommelier
F.I.S.A.R. nel 2003 Era originario del quartiere Isola di Milano. In gioventù, dopo
il R. Liceo Ginnasio Giuseppe Parini, compie studi di Filosofia all'Università
degli Studi di Milano, diventando assistente del suo maestro Giovanni Emanuele
Bariè alla cattedra di Filosofia teoretica, e si dà all'attività politica. Si
professerà per tutta la vita di fede anarchica, rifacendosi anche alle ultime
lezioni tenute da Benedetto Croce a Milano. Nel 1956 inizia l'esperienza di
editore, pubblicando tre riviste: I problemi del socialismo Il pensiero
Il gastronomo. Sempre come editore, nel 1957 pubblica La questione sociale di
Proudhon e Historiettes, contes et fabliaux di De Sade; per quest'ultima viene
condannato, insieme ad Alberto Manfredi (autore dei disegni, poi assolto), a
tre mesi di reclusione per il reato di pornografia (l'opera di De Sade sarà poi
messa al rogo nel 1958, nel cortile della procura di Varese). Negli anni
ottanta subisce anche una condanna di sei mesi di detenzione per aver istigato
i contadini piemontesi alla rivolta, con l'occupazione della stazione di Asti e
dell'autostrada, per protestare contro l'indifferenza della politica per i
problemi dei contadini e dei piccoli produttori. Nel 1962 diventa (e lo rimarrà
per ventun'anni) collaboratore de Il Giorno. L'attività giornalistica lo
impegnerà per tutta la vita, e i suoi articoli, di stile aulico e provocatorio,
ricchi di neologismi e arcaismi, faranno scuola nel giornalismo enogastronomico
e no. Tra le testate cui ha collaborato vanno ricordate, oltre a Il Giorno:
Corriere della Sera, Class, Il Sommelier, Veronelli EV, Carta, Panorama, Epoca,
Amica, Capital, Week End, L'Espresso, Sorrisi e Canzoni TV, A Rivista
Anarchica, Travel e Wine Spectator, Decanter, Gran Riserva ed Enciclopedia del
Vino, The European. L'apparizione televisiva ne aumenta notevolmente la fama;
in particolare A tavola alle 7, in cui conduce il programma prima a fianco di
Delia Scala e di Umberto Orsini, poi di Ave Ninchi, e il Viaggio Sentimentale
nell'Italia dei Vini (1979), dove realizza l'aggiornamento, provocatorio e di
denuncia, della viticoltura italiana, con inchieste, interviste, proposte che
hanno scosso quel mondo. L'opera La sua attività di ricerca e di
approfondimento nel campo enogastronomico lo porta alla pubblicazione di alcune
opere fondamentali, anche di carattere divulgativo. Da segnalare: I Vignaioli
Storici, Cataloghi dei Vini d'Italia, dei Vini del Mondo, degli Spumanti e
degli Champagne, delle Acquaviti e degli Oli extra-vergine, Alla ricerca dei
cibi perduti, Il vino giusto, e la collana Guide Veronelli all'Italia
piacevole. Fondamentale anche la collaborazione con Luigi Carnacina, maître e
gastronomo celeberrimo e Aldo Luigi Guazzoni maître e sommelier internazionale.
Ne nascono, ad esempio, La cucina italiana e Il Carnacina. Nel 1989 fonda
la seconda Veronelli Editore "col puntuale obiettivo di approfondire la
classificazione dell'immenso patrimonio gastronomico nazionale e contribuire ad
accrescere la conoscenza delle attrattive turistiche del paese più bello del
mondo". La casa editrice ha cessato l'attività a fine 2010. Collabora con
Derive\Approdi scrivendo le prefazioni ad alcuni libri di carattere storico,
politico e gastronomico. L'intenso rapporto epistolare sulle pagine di
Carta con Pablo Echaurren costituisce un forte stimolo di riflessione sulle
questioni legate alla Terra e alla qualità della vita materiale per il
movimento contro la globalizzazione. Negli ultimi anni dà vita insieme ad
alcuni centri sociali, tra cui La Chimica di Verona e il Leoncavallo di Milano,
al movimento Terra e libertà/Critical wine. Sempre di questi anni le battaglie
per le Denominazioni Comunali (De.Co.), una salvaguardia dell'origine di un
prodotto; per il prezzo-sorgente, cioè l'identificazione del prezzo di un
prodotto alimentare all'origine, per rendere evidenti eccessivi ricarichi nei
passaggi dal produttore al consumatore; per l'olio extra vergine d'oliva,
contro le prepotenze e il monopolio delle multinazionali e le ingiustizie della
legislazione per i piccoli olivicoltori. Il pensiero politico Luigi
Veronelli, di idee anarchiche[1], si è anche interessato di questioni
filosofiche e politiche, pubblicando anche articoli su A/Rivista Anarchica[2] e
saggi[3]. «Le pubblicazioni hanno subito il segno dei suoi interessi
libertari, libertini, enogastronomici: Racconti, novelle e novelline di de Sade
(che gli procurerà una denuncia e la condanna al rogo dei libri, tra gli ultimi
roghi di libri avvenuti in Italia), le poesie di Pagliarani, la rivista Il
gastronomo e quella di filosofia Il pensiero, poi – interessante – per qualche
anno (dal 1958 al 1959) fu l'editore della rivista Problemi del socialismo,
diretta da Lelio Basso.» ([4]) In seguito mise un po' in disparte le
questioni politico-filosofiche per concentrarsi su quelle più propriamente
enogastronomiche e agricole. In A-Rivista Anarchica si definisce Veronelli
l'"anarchenologo" ritenendo che l'attività di Veronelli vada
inquadrata in un ambito libertario e contro l'attività delle multinazionali
agricole[5][6][7]. Il 24 settembre 2009, gli anarchici della Cellula
Veronelli[8], con l'intento di mostrare l'aspetto più propriamente politico di
Luigi Veronelli, hanno organizzato un incontro intitolato "Veronelli
politico"[9], a cui hanno preso parte personalità del calibro di Gianni
Mura, giornalista di La Repubblica, Andrea Ferrari della Federazione Anarchica
Reggiana (promotrice dell'evento biennale, ideato nella sua prima edizione
insieme allo stesso Veronelli, Le cucine del popolo[10]) e Marc Tibaldi. Dagli
anarchici Veronelli è sempre stato considerato un "compagno"; Umanità
Nova, giornale anarchico, in occasione dell'anniversario della sua morte,
scrive: «Come Fabrizio De André, Léo Ferré, George Brassens anche Luigi
Veronelli era un libertario, un uomo colto, senza dogmi, senza ipocrisie, in
perenne lotta contro le armate schiaviste delle multinazionali.» (Angelo
Pagliaro, Umanità Nova, n. 3 del 31 gennaio 2010[11]) Premi e riconoscimenti
Nel 2003 la città di Milano gli attribuisce l'Ambrogino d'oro. Note ^
Rassegna stampa Archiviato il 2 marzo 2009 in Internet Archive. ^ Articolo di
Veronelli pubblicato su A-Rivista, Lettera i giovani estremi ^ Ha scritto un
testo su Proudhon: La questione sociale - PROUDHON, Veronelli, 1957 ^ Veronelli
politico ^ «L'ultimo dei vini artigianali sarà sempre migliore del primo dei
vini industriali, perché avrà un'anima» (Luigi Veronelli in Il canto della
Terra). ^ Il nostro anarchenologo ^ Un incontro inatteso ^ Cellula Veronelli
Archiviato il 17 aprile 2010 in Internet Archive. ^ Veronelli
politico[collegamento interrotto] ^ Circolo Cucine del Popolo, su cucinedelpopolo.org.
URL consultato il 9 settembre 2019 (archiviato dall'url originale il 23
settembre 2007). ^ 6 anni fa l'addio a Luigi Veronelli Archiviato il 16 giugno
2012 in Internet Archive. Voci correlate Bosana Salsa suprema Altri progetti
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su Luigi Veronelli Controllo di autoritàVIAF (EN) 85875406 · ISNI (EN) 0000
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lccn-n79003322 Anarchia Portale Anarchia Biografie Portale Biografie Cucina
Portale Cucina Categorie: Gastronomi italianiGiornalisti italiani del XX
secoloGiornalisti italiani del XXI secoloEditori italianiNati nel 1926Morti nel
2004Nati il 2 febbraioMorti il 29 novembreNati a MilanoMorti a BergamoAnarchici
italianiConduttori televisivi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XX
secoloFilosofi italiani del XXI secoloFondatori di riviste italianeInsigniti
con l'Ambrogino d'oroStudenti del Liceo classico Giuseppe PariniStudenti
dell'Università degli Studi di MilanoScrittori di gastronomia italiani[altre]
Verecchia: essential
Italian philosopherAnacleto Verrecchia Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
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Anacleto Verrecchia (2010) Anacleto Verrecchia (Vallerotonda, 15
settembre 1926 – Torino, 4 febbraio 2012) è stato un filosofo, traduttore e
giornalista italiano. Anacleto Verrecchia (1986) Nato in provincia di
Frosinone, si trasferì molto giovane a Torino, dove studiò, laureandosi in
germanistica. Nei primi anni cinquanta trascorse un certo periodo nel parco
nazionale del Gran Paradiso, considerato come il più formativo della sua vita.
Lì poté contemplare in modo disinteressato i fenomeni della natura. "Ho
fatto tre università - era solito dire -: quella vera e propria, che non mi ha
dato nulla o quasi; la collaborazione alle pagine dei quotidiani come
elzevirista, che mi ha costretto a leggere libri che altrimenti non avrei mai
letto; e infine l'università più utile in assoluto, vale a dire il soggiorno
nel Gran Paradiso a contatto con la natura". Frutto di quel soggiorno è il
libro che contiene la sua filosofia, potentemente aforistica. I manoscritti
riaffiorati molto più tardi spiegano la tardività della sua pubblicazione,
avvenuta solo nel 1997 presso Fògola - si tratta del Diario del Gran
Paradiso. Verrecchia visse poi in Germania
(soprattutto a Berlino) e fu per lunghi anni addetto culturale[1]
all'Ambasciata d'Italia a Vienna; collaborò alle pagine culturali di giornali
italiani, tra cui Il Resto del Carlino, La Stampa, Il Giornale. Grazie alla sua
padronanza del tedesco, collaborò stranieri (Die Presse, Die Welt). Non parlava
volentieri della sua vita privata perché, diceva,"di un filosofo o di uno
scrittore ciò che interessa sono gli scritti e non le vicissitudini
personali". Traduttore di Georg Christoph Lichtenberg, appassionato
studioso di Giordano Bruno e Friedrich Nietzsche, nel suo orizzonte culturale,
però, la figura che risalta di più è senz'altro quella di Arthur Schopenhauer,
da lui considerato a tutti gli effetti un maestro da tradurre e
continuare. Elementi caratteristici dei
suoi scritti sono l'irriducibile vena polemica e una sacra bilis, ma la sua
prosa spicca anche per chiarezza ed energia. Lavorò sempre al confine tra
letteratura e filosofia: difatti, i suoi libri sono ora di carattere
prettamente filosofico, ora letterario. La sua prosa - insieme a quella di
Guido Ceronetti, Manlio Sgalambro e Sossio Giametta[2] - è stata giudicata
"la migliore prosa filosofica scritta oggi in Italia".[3] Bibliografia Testi Georg Christoph
Lichtenberg: l'eretico dello spirito tedesco (Firenze: La Nuova Italia, 1969).
La catastrofe di Nietzsche a Torino (Torino: Einaudi, 1978), poi: Zarathustras
Ende: die Katastrophe Nietzsches in Turin (Wien: Bohlaus, 1986) ISBN
3-205-07253-7, poi: La tragedia di Nietzsche a Torino: la catastrofe del
filosofo che sognava un superuomo al di là del bene e del male (Milano:
Bompiani, 1997, ISBN 88-452-3514-9), poi: La catastrofe di Nietzsche a Torino
(prefazione di Vittorio Sgarbi; Milano: Bompiani, 2003). Incontri viennesi
(Genova: Marietti, 1990, ISBN 88-211-6878-6, poi: Torino: UTET, 2005, ISBN
88-7750-957-0). Cieli d'Italia (prefazione di Vittorio Mathieu; Milano:
Spirali/Vel, 1991) ISBN 88-7770-300-8. Giuseppe Prezzolini: l'eretico dello
spirito italiano (Torino: Fogola, 1995). Diario del Gran Paradiso (Torino:
Fogola, 1997 e ristampa 2012, ISBN 978-88-7406-041-2). Giordano Bruno:
Nachtfalter des Geistes (Wien: Bohlau, 1999, ISBN 3-205-98881-7), poi: Giordano
Bruno: la falena dello spirito (Roma: Donzelli, 2002) ISBN 88-7989-676-8.
Rapsodia viennese: luoghi e personaggi celebri della capitale danubiana (Roma:
Donzelli, 2003) ISBN 88-7989-783-7. Schopenhauer e la Vispa Teresa: l'Italia,
le donne, le avventure (Roma: Donzelli, 2005) ISBN 88-6036-010-2. Vagabondaggi
culturali (Torino: Fogola, 2008). ISBN 978-88-7406-030-6. La stufa dell'Anticristo.
Altri vagabondaggi culturali (Torino: Fogola, 2010). ISBN 978-88-7406-035-1.
Batracomachia di Bayeruth. Nietzschiani contro wagneriani (nota di Diego
Fusaro; Padova: il prato, 2012). ISBN 978-88-6336-142-1. Lettere Mercuriali
(prefazione di Gianmario Ricchezza; Torino: Fògola, 2014). Il cantore filosofo.
Scritti su Wagner (introduzione, note e notizia biobibliografica di Marco
Lanterna; Firenze: Clinamen, 2016). ISBN 978-88-8410-236-2. Il mastino del
Parnaso. Elzeviri e polemiche (scelta, introduzione, note e notizia
biobibliografica di Marco Lanterna; Firenze: Clinamen, 2017). ISBN
978-88-8410-260-7. Saggi introduttivi, traduzioni e cure Viaggio in Italia
1844-1845 di Theodor Mommsen (Torino: Fogola, 1980). Libretto di consolazione
di Georg Christoph Lichtenberg (Milano: Rizzoli, 1981). Le civiltà
precolombiane di Hans Dietrich Disselhoff (Milano: Bompiani, 1983). Colloqui di
Arthur Schopenhauer (Milano: Rizzoli, 1982), poi: Colloqui: il filosofo che
ride (Milano: Rizzoli, 1995) ISBN 88-17-16992-7. Metafisica dell'amore
sessuale: l'amore inganno della natura di Arthur Schopenhauer (Milano: Rizzoli,
1992) ISBN 88-17-16897-1. Sulla filosofia da università di Arthur Schopenhauer
(Milano: TEA, 1992) ISBN 88-7819-343-7. Aforismi per una vita saggia di Arthur
Schopenhauer (Milano: Fabbri, 1996, poi: Milano: Rizzoli, 2004) ISBN
88-17-16927-7. O si pensa o si crede: scritti sulla religione di Arthur
Schopenhauer (Milano: Rizzoli, 2000) ISBN 88-17-17322-3. Lo scandaglio
dell'anima: aforismi e lettere di Georg Christoph Lichtenberg (Milano: Rizzoli,
2002) ISBN 88-17-12760-4. Breviario spirituale di Piero Martinetti (Torino:
UTET, 2006) ISBN 88-02-07233-7. Articoli A Bogotà c'è un erede di Montaigne.
Tuttolibri de La Stampa, 7 giugno 2008, 7. Allora bastava un rospo per finire
al rogo. Tuttolibri de La Stampa, 10 luglio 2010, 4. Vittorio Mathieu, Tre
giorni in giallo. Tuttolibri de La Stampa, 28 agosto 2010, 5. Note ^ Risvolto
di copertina della Rapsodia viennese. ^ Anacleto Verrecchia, su
digilander.libero.it. URL consultato il 28 gennaio 2018. ^ Marco Lanterna,
Anacleto Verrecchia, venerando e terribile, Pulp Libri, 2010, n. 88, pagg.
68-71 (ora in Marco Lanterna, Il caleidoscopio infelice. Note sulla letteratura
di fine libro, Clinamen, 2015). Bibliografia critica Marco Lanterna, Il
caleidoscopio infelice. Note sulla letteratura di fine libro, Clinamen, 2015.
Ugo Dotti, I vagabondaggi culturali di Anacleto Verrecchia, in rivista 451 (The
New York Review of Books), n. 5, aprile 2011. Altri progetti Collabora a Wikiquote
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Collegamenti esterni Le case illustri, di Lisa Elena [collegamento interrotto],
su archivio.lastampa.it. URL consultato il 2 settembre 2011. Addio al filosofo
Anacleto Verrecchia, di Luigia Sorrentino, su poesia.blog.rainews.it. URL
consultato il 7 febbraio 2012. L'Anticristo goloso, di Marina Rota, su
piemontemese.it. URL consultato l'11 marzo 2013 (archiviato dall'url originale
il 7 marzo 2016). Controllo di autoritàVIAF (EN) 108779344 · ISNI (EN) 0000
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Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI
secoloTraduttori italianiGiornalisti italiani del XX secoloGiornalisti italiani
del XXI secoloNati nel 1926Morti nel 2012Nati il 15 settembreMorti il 4
febbraioNati a VallerotondaMorti a TorinoTraduttori dal tedescoFilosofi
ateiSaggisti italiani del XX secoloStudenti dell'Università degli Studi di
Torino[altre]
Verri: essential Italian
philosopher. verri: essential
Italian philosopher. Like Grice, he wrote on ‘happiness.’ Like Grice, he wrote
on ‘pleasure.’ Like Grice, he was a very clubbable man. Pietro Verri.
Pietro Verri-Visconti Pietro Verri ritratto tagliato.jpg Barone di Rho Stemma
In carica 1782 – 1797 Predecessore Gabriele Verri Trattamento Sua Eccellenza
Heraldic Crown of Spanish Count.svg Nascita Cinisello, 12 dicembre 1728 Morte
Lambrate, 28 giugno 1797 Dinastia Verri Visconti Padre Gabriele Verri Madre
Barbara Dati della Somaglia Consorte Marietta Castiglioni Vincenza Melzi d'Eril
Figli Teresa, Alessandro (da Marietta Castiglioni) Religione cattolicesimo. Il
conte Pietro Verri (n. Milano) è stato un filosofo; considerato tra i massimi
esponenti dell'illuminismo italiano, è altresì ritenuto il fondatore della
scuola illuministica milanese. Pietro Verri nacque a Milano (allora
appartenente all'impero asburgico) dal conte Gabriele, magistrato e politico
conservatore e da Barbara Dati della Somaglia, membri della nobiltà milanese.
Ha tre fratelli: Alessandro, Carlo e Giovanni. Avviati gli studi nel
Collegio dei gesuiti di Brera, frequenta negli anni '50 l'Accademia dei
Trasformati, dove conosce tra gli altri Giuseppe Parini. Si arruola
nell'esercito imperiale e prende parte brevemente alla Guerra dei Sette Anni.
Fermatosi a Vienna, intraprende la redazione delle Considerazioni sul commercio
nello Stato di Milano, pubblicate poi nel 1763, che gli varranno il primo
incarico di funzionario governativo; lo stesso anno pubblica anche le
Meditazioni sulla felicità. Rientrato frattanto a Milano, vi fonda,
insieme al fratello Alessandro Verri e agli amici Cesare Beccaria, Alfonso
Longo, Pietro Secchi, Giambattista Biffi e Luigi Porro Lambertenghi, la
cosiddetta Accademia dei Pugni, iniziale nucleo redazionale del foglio
periodico Il Caffè, destinato a diventare il punto di riferimento del
riformismo illuministico italiano. Il Caffè inizia le sue pubblicazioni nel
giugno 1764 ed esce ogni dieci giorni, fino al maggio 1766, quando viene
raccolto in due volumi. Tra gli articoli più importanti di Pietro Verri per Il
Caffè vanno ricordati almeno gli Elementi del commercio (volume I, foglio 3),
La commedia (I, 4-5), La medicina (I, 18), Su i parolai (II, 6). Gli
illuministi milanesi, e tra loro Verri, hanno rapporti epistolari anche con gli
enciclopedisti francesi, tra cui Diderot, Voltaire e d'Holbach, mentre
d'Alembert verrà anche a Milano per incontrare il circolo del Caffè.
Parallelamente all'impresa editoriale, Verri intraprende, con alcuni dei suoi
sodali, la scalata politico-amministrativa del governo viennese di Milano, allo
scopo di mettere in opera le riforme propugnate nella rivista. Nel gennaio 1764
è fatto membro della Giunta per la revisione della "ferma" (appalto
delle imposte ai privati) e nel 1765 del Supremo Consiglio dell'Economia.
Quest'ultimo, presieduto da Gian Rinaldo Carli, altro collaboratore del Caffè,
assegna a Cesare Beccaria la cattedra di Economia pubblica e ad Alfonso Longo
quella di Diritto pubblico ecclesiastico nelle Scuole Palatine. Verri,
Beccaria, Frisi e Secchi danno luogo alla Società patriottica milanese.
Sull'indole del piacere e del dolore, 1781 Risalgono a questi anni le
Meditazioni sull'economia politica, il Discorso sull'indole del piacere e del
dolore, che affronta temi che avranno grande importanza per Giacomo Leopardi, i
Ricordi a mia figlia e le Osservazioni sulla tortura. Il suo è uno stile
asciutto e libero, pieno di trattenuto vigore. Il monumento a
Pietro Verri nel Cortile del Palazzo di Brera a Milano Con la successione di
Giuseppe II al trono d'Austria (1780), gli spazi per i riformisti milanesi si
riducono, e a partire dal 1786 Verri lascia ogni incarico pubblico, assumendo
un atteggiamento sempre più critico nei confronti del figlio di Maria Teresa.
Pubblica frattanto la Storia di Milano (1783). All'arrivo di Napoleone
(1796), Verri sessantottenne prende parte, con Alfonso Longo e Luigi
Lambertenghi, alla fondazione della Repubblica Cisalpina, culla del tricolore
italiano. Muore durante una seduta notturna della Municipalità milanese, della
quale era membro assieme a personalità come Giuseppe Parini. Le sue spoglie
sono conservate nella cappella di famiglia, visibile al pubblico, che si trova
a latere del Santuario della Beata Vergine del Lazzaretto, nel comune di Ornago
(MB). Il fratello minore Giovanni, secondo alcuni sarebbe il padre
naturale di Alessandro Manzoni, figlio di Giulia Beccaria e nipote di
Cesare. Meriti e pensiero filosofico ed economico di Pietro Verri
Medaglione col ritratto di Pietro Verri sulla casa di Cesare Beccaria a Milano.
Grazie alla sua opera come autore e come organizzatore Milano divenne il più
importante centro dell'Illuminismo italiano. L'ipotesi di civiltà che scaturiva
dalla figura intellettuale di Pietro Verri era forse troppo avanzata per poter
essere adeguatamente raccolta dalla nostra cultura; e comunque lo colloca a
pieno titolo tra le espressioni più alte dell'Illuminismo italiano. Il
grande merito storico di Verri consiste nel fatto di aver creato in Lombardia
un grande centro di aggregazione illuminista, la rivista Il Caffè. Ciò che
desta curiosità rimane il titolo con cui Pietro Verri scelse di intitolare la
sua testata, dovuta al rilevante fenomeno della diffusione di caffè (bar), come
luoghi dove poter intraprendere un libero e attuale dibattito culturale,
politico e sociale. Con i suoi scritti sul dolore e il piacere, Verri
sottoscrisse le teorie di Helvétius, nonché il sensismo di Condillac, fondando
sulla ricerca della felicità e del piacere l'attività dell'uomo. L'uomo, per
Verri, tendeva a sé stesso, al piacere, quindi secondo Verri l'uomo è pervaso
dall'idea del dolore, e il suo piacere non è altro che una momentanea
interruzione di questo dolore; questa tesi è riscontrabile anche in
Schopenhauer e in Leopardi e quest'ultimo potrebbe averla derivata da quella
del Verri, essendo ispirato spesso dalla filosofia sensistica settecentesca.
Per Verri quindi, la vera felicità dell'uomo non è quella personale, ma è
quella a cui partecipa il collettivo, quasi fosse eutimia o atarassia. Anche
Kant e Nietzsche apprezzeranno questa tesi. Antonio Perego, L'Accademia dei
Pugni. Da sinistra a destra: Alfonso Longo (di spalle), Alessandro Verri,
Giambattista Biffi, Cesare Beccaria, Luigi Lambertenghi, Pietro Verri, Giuseppe
Visconti di Saliceto Per quanto riguarda la politica e l'economia, il pensiero
di Pietro Verri è controverso. Per quanto riguarda l'ambito economico, negli
Elementi del Commercio e nella sua più grande opera economica Meditazioni
sull'economia politica, enunciò (anche, per primo, in forma matematica) le
leggi di domanda e offerta, spiegò il ruolo della moneta come "merce
universale", appoggiò il libero scambio e sostenne che l'equilibrio nella
bilancia dei pagamenti è assicurato da aggiustamenti del prodotto interno lordo
(quantità) e non del tasso di cambio (prezzo)[6]. Di conseguenza, può essere
visto come precursore di Adam Smith, del marginalismo e persino di John Maynard
Keynes; altri però notano come assuma atteggiamenti di difesa del concetto di
proprietà privata e del mercantilismo. Egli ritiene che solo la libera
concorrenza tra eguali possa distribuire la proprietà privata: tuttavia pare
favorevole principalmente alla piccola proprietà, per evitare il risorgere
delle disuguaglianze. Verri con le Osservazioni sulla tortura esprime la
sua contrarietà all'uso della tortura, definendo ingiusto e antistorico un
modello così efferato di giurisprudenza e auspicando l'abolizione di questi metodi.
Verri cominciò la stesura dell'opuscolo già nel 1760, ma non lo pubblicò per
non inimicarsi, con le pesanti critiche alla magistratura in esso contenute, il
senato di Milano (tribunale) presso cui si stava decidendo dell'eredità del
padre. La grande opera del collega Beccaria Dei delitti e delle pene,
terminata nel 1764, prende in gran parte le mosse proprio dalle bozze delle
Osservazioni sulla tortura, oltre che dagli articoli de Il Caffè. Sarà proprio
a causa di questo furto di idee che i due scrittori e amici arriveranno al più
acceso scontro. Ritratto del Verri Nella versione definitiva e
aggiornata delle Osservazioni, che sono in conclusione un invito ai magistrati
a seguire le idee illuministe invece di irrigidirsi sulle posizioni conservatrici,
la dialettica di Verri è cruda e basilare: la tortura è una crudeltà, perché se
la vittima è innocente, subisce sofferenze non necessarie, mentre se colpisce
un colpevole presumibile rischia di martoriare il corpo di un possibile
innocente. Inoltre gli accusati rinunciano nella tortura alla loro difesa
naturale istintiva, e ciò viola la legge di natura. Verri apre la sua
opera con la ricostruzione del processo agli "untori" del 1630,
presentandolo sia come documento dell'ignoranza di un secolo non guidato dai
"Lumi", sia come emblema del modo in cui leggi sbagliate portano a
evidenti ingiustizie. Questa ricostruzione fornirà la base[8] per la Storia
della colonna infame di Alessandro Manzoni, che però la presenterà come
testimonianza di ciò che accade quando uomini ingiusti detengono un grande
potere, come all'epoca era quello del senato milanese. L'opera di Verri non
arriverà mai ad avere il successo che invece ebbe Dei delitti e delle pene,
vuoi perché la maggior parte delle osservazioni in essa sviluppate erano già
contenute nell'opera di Beccaria, vuoi per via dello stile di Verri, dotto e di
difficile comprensione, che rendeva di per sé ardua la diffusione del testo,
che pure conteneva molti ulteriori spunti rispetto all'opera del collega.
Opere, scritti e discorsi. Le principali opere di Verri sono, in ordine
cronologico: La Borlanda impasticciata con la concia, e trappola de sorci
composta per estro, e dedicata per bizzaria alla nobile curiosita di teste
salate dall'incognito d'Eritrea Pedsol riconosciuto, Festosamente raccolta, e
fatta dare in luce dall'abitatore disabitato accademico bontempista, Adorna di
varj poetici encomj, ed accresciuta di opportune annotazioni per opera di varj
suoi coaccademici amici. Il Gran Zoroastro ossia Astrologiche Predizioni per
l'Anno 1758, Il Mal di Milza, Diario military, Elementi del commercio, Sul
tributo del sale nello Stato di Milano, Sulla grandezza e decadenza del
commercio di Milano, Dialogo tra Fronimo e Simplicio (detto anche Dialogo sul
disordine delle monete nello Stato di Milano, Considerazioni sul commercio
nello Stato di Milano, Orazione panegirica sula giurisprudenza Milanese,
Meditazioni sulla felicità – cf. Grice, Notes on happiness -- Bilancio del
commercio dello stato di Milano, Il Caffè, Sull’innesto del vajuolo, Memorie
storiche sulla economia pubblica dello Stato di Milano, Riflessioni sulle leggi
vincolanti il commercio dei grani, Meditazioni sulla economia politica con
annotazioni, Consulta su la riforma delle monete dello Stato di Milano, Osservazioni
sulla tortura, Ricordi a mia figlia, Considerazioni sul commercio nello Stato
di Milano Sull'indole del piacere e del dolore, Manoscritto da leggersi dalla
mia cara figlia Teresa Verri per cui sola lo scrissi, Storia di Milano, Piano
di organizzazione del Consiglio governativo ed istruzioni per il medesimo,
Precetti di Caligola e Claudio, Memoria cronologica dei cambiamenti pubblici
dello Stato di Milano, Delle nozioni tendenti alla pubblica felicità, Pensieri
di un buon vecchio che non è letterato, Carteggio di Pietro e di Alessandro
Verri. L'Edizione Nazionale, Ministero per i beni e le attività culturali
ha deciso di avallare un'Edizione nazionale delle opere di Pietro Verri.
Attualmente il comitato, finanziato pubblicamente, dalla Fondazione Cariplo e
da Banca Intesa Sanpaolo, è presieduto da Carlo Capra e composto da una ventina
di studiosi e si basa, per la stesura delle opere, sull'Archivio Verri, donato
dalla Contessa Luisa Sormani Andreani Verri alla "Fondazione Raffaele
Mattioli per la storia del pensiero economico.” Note: Angolani Bartolo, Gli
Scritti di argomento familiare e autobiografico di Pietro Verri, Rivista di
storia della filosofia. Fascicolo 3 (Firenze : [poi] Milano : La Nuova Italia ;
Franco Angeli). Carteggio di Pietro e Alessandro Verri ^ Cfr. Ricuperati,
Giuseppe, Pietro Verri e il genere della biografia, Società e storia. Fascicolo
10, 2002 (Milano : Franco Angeli, 2002). ^ Pietro Verri, "Il Caffè",
Introduzione, I, 1 ^ Giordanetti, Piero, a cura di, Sul piacere e sul dolore.
Immanuel Kant discute Pietro Verri, Milano, Unicopli, 1998; Giordanetti, Piero:
Kant, Verri e le arti belle. Sulla fortuna di Verri in Germania, in Pietro
Verri e il suo tempo, a cura di C. Capra, 2 voll., Bologna, Cisalpino, 1999,
pp. 429-446; Meld Shell, Susan. Kant's 'true economy of human nature':
Rousseau, Count Verri, and the problem of happiness, Essays on Kant's
anthropology, Cambridge University Press, 2003; Pezzei, Ivana, Kant, Verri,
Nietzsche e la questione del piacere e del dolore, in Annali di Ca' Foscari ^
Parisi, D., Pre-classical economic thought: profitable commerce and formal
constraints in the economic studies of the young Pietro Verri, Rivista
internazionale di scienze sociali, CVII.4 (Oct 1999): 455-480. ^ Porta, Pier
Luigi; Scazzieri, Roberto, Pietro Verri's political economy: commercial
society, civil society, and the science of the legislator, History of political
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agli untori di manzioniana memoria e la testimonianza (ovvero... due volti
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nazionale delle opere di Pietro Verri: Vol. 2 tomo 1: Scritti di economia,
finanza e amministrazione, a cura di Giuseppe Bognetti, Angelo Moioli,
Pierluigi Porta, Giovanna Tonelli, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 2006,
XXV + 831 pagg., ISBN 978-88-8498-351-0. Vol. 2 tomo 2: Scritti di economia,
finanza e amministrazione, a cura di Giuseppe Bognetti, Angelo Moioli,
Pierluigi Porta, Giovanna Tonelli, Roma, Edizioni di storia e letteratura,
2007, XV + 688 pagg., ISBN 978-88-8498-500-2. Vol. 3: I Discorsi e altri
scritti degli anni Settanta, a cura di Giorgio Panizza, con la collaborazione
di Silvia Contarini, Gianni Francioni, Sara Rosini, Roma, Edizioni di storia e
letteratura, 2004, XVII + 692 pagg., ISBN 978-88-8498-219-3. Vol. 4: Storia di
Milano, a cura di Renato Pasta, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 2009,
LII + 872 pagg., ISBN 978-88-6372-168-3. Vol. 5: Scritti di argomento familiare
e autobiografico, a cura di Gennaro Barbarisi, Roma, Edizioni di storia e letteratura,
2003, XXI + 838 pagg., ISBN 978-88-8498-158-5. Vol. 6: Scritti politici della
maturità, a cura di Carlo Capra, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 2010,
XXVII + 888 pagg., ISBN 978-88-6372-303-8. Vol. 7: Carteggio di Pietro e
Alessandro Verri. 18 settembre 1782-16 maggio 1792, a cura di Gigliola Di Renzo
Villata, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 2012, XXXVI + 510 pagg., ISBN
978-88-6372-454-7. Vol. 8 tomo 1: Carteggio di Pietro e Alessandro Verri. 19
maggio 1792-31 marzo 1794, a cura di Sara Rosini, Roma, Edizioni di storia e
letteratura, 2008, XXIX + 658 pagg. Vol. 8 tomo 2: Carteggio di Pietro e
Alessandro Verri. 2 aprile 1794-8 luglio 1797, a cura di Sara Rosini, Roma,
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Società tipografica de' classici italiani, 1835. URL consultato il 22 giugno
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Alessandro Verri, a cura di F. Novati, A. Giulini, E. Greppi, G. Seregni, vol.
12, Milano, L. F. Cogliati, Milesi & figli, Giuffrè, 1910-1942. Pietro
Verri, Alessandro Verri, Viaggio a Parigi e Londra (1766-1767) - Carteggio di
Pietro ed Alessandro Verri, a cura di Gianmarco Gaspari, Milano, Adelphi, Pietro Verri, Appunti di diritto bellico, a
cura di Paolo Benvenuti, riedizione aggiornata, Roma, 1990. Arnaldo Di
Benedetto, Pietro Verri repubblicano: gli ultimi articoli, Tra Sette e
Ottocento. Poesia, letteratura e politica, Alessandria, Edizioni dell'Orso,
1991, pp. 75-95. Adriano Cavanna, Da Maria Teresa a Bonaparte: il lungo viaggio
di Pietro Verri, 1999. Carlo Capra, I progressi della ragione: vita di Pietro
Verri, Bologna, Il Mulino, 2002. Pietro Verri, Meditazioni sulla felicità,
Pavia-Como, Ibis. Pietro Verri, Discorso sull'indole del piacere e del dolore,
a cura di Gianfranco Spada, Londra, Traettiana, 2010. Pietro Verri, Diario
Militar, Milano, M&B Publishing, 1996. Voci correlate Verri (famiglia)
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pensiero a cura di Diego Fusaro e Nicoletta Cieri, sito Filosofico.net. URL
visitato il 17 febbraio 2012. Cronologia della vita di Pietro Verri, Maria
Castiglioni e Teresa Verri di Paolo Colussi, sito Storia di Milano. URL
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Storia Categorie: Filosofi italiani del XVIII secoloEconomisti italianiStorici
italiani del XVIII secoloNati nel 1728 Morti nel 1797 Nati il 12 dicembreMorti
il 28 giugnoNati a MilanoMorti a MilanoIlluministiFilosofi del dirittoScrittori
italiani del XVIII secoloSalottieri[altre]. Refs.:
Luigi Speranza, "Grice e Verri," per il Club Anglo-Italiano, The
Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
Viano: essential Italian
philosohperCarlo Augusto Viano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to
navigationJump to search Carlo Augusto Viano (Aosta, 10 luglio 1929 – Torino,
20 luglio 2019) è stato un filosofo, storico della filosofia e accademico
italiano. Laureatosi in Filosofia all'Università di Torino nel 1952 con
Nicola Abbagnano, in seguito ha insegnato nelle università di Milano e
Cagliari. Ha fatto infine ritorno, in qualità di ordinario fuori ruolo[1] di
Storia della filosofia, all'ateneo torinese, di cui è stato nominato professore
emerito[2] a seguito del pensionamento. Ha fatto parte del Comitato Nazionale
per la Bioetica, ed è stato membro del direttivo della Rivista di filosofia e,
a partire dal 1991, socio nazionale dell'Accademia delle Scienze di
Torino.[1] Il 24 giugno 2010 fu insignito del premio Feltrinelli per
la Storia dela Filosofia.[2][3] Pensiero Di formazione neoilluminista, si
è occupato principalmente di storia della filosofia antica e moderna e di
etica. Nel campo della filosofia è autore di importanti studi su Aristotele (La
logica di Aristotele, Torino, 1954) e Locke (John Locke, Dal razionalismo all'Illuminismo,
Torino, 1960, Il pensiero politico di Locke, Roma/Bari, 1997), oltre a varie
opere di storia della filosofia curate in collaborazione con Pietro Rossi. Nel
campo dell'etica, oltre a studi storici (L'etica, Milano, 1981, Teorie etiche
contemporanee, Torino, 1995), si è dedicato a promuovere la costruzione di una
bioetica laica e, soprattutto negli ultimi anni, a denunciare la timidezza dei
laici di fronte alle ingerenze della Chiesa cattolica in ambito scientifico e
morale. Da Enrico Mistretta, direttore editoriale della Laterza, gli fu
affidata, insieme con Pietro Rossi, la direzione di una fondamentale Storia
della filosofia in sette volumi, che iniziò a essere pubblicata a partire dal
1993. Opere principali La logica di Aristotele, Torino, Ed. Taylor, 1955
John Locke, Dal razionalismo all'Illuminismo, Torino, Einaudi, 1960, 1973
L'etica, Mondadori, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1981 La selva delle
somiglianze. Il filosofo e il medico, Torino, Einaudi, 1985 Va' pensiero: il
carattere della filosofia italiana contemporanea, Torino, Einaudi, 1985 (con
Pietro Rossi) Filosofia italiana e filosofie straniere nel dopoguerra, Bologna,
Il Mulino, 1991 (curatore) Teorie etiche contemporanee, Torino, Bollati
Boringhieri, 1995 (con Pietro Rossi) Storia della filosofia, Roma/Bari,
Laterza, 1993-99 (7 volumi) Il pensiero politico di Locke, Roma/Bari, Laterza,
1997 Etica pubblica, Roma/Bari, Laterza, 2002 (con Pietro Rossi) Le città
filosofiche. Per una geografia della cultura filosofica italiana, Bologna, Il
Mulino, 2004 Le imposture degli antichi e i miracoli dei moderni, Torino,
Einaudi, 2005 Laici in ginocchio, Roma/Bari, Laterza, 2006 Stagioni
filosofiche. La filosofia del Novecento fra Torino e l'Italia, Bologna, Il
Mulino, 2007 La scintilla di Caino. Storia della coscienza e dei suoi usi,
Torino, Bollati Boringhieri, 2013 Note Profilo biografico di Carlo
Augusto Viano, su accademiadellescienze.it. URL consultato il 23 settembre 2019
(archiviato il 23 settembre 2019). Maurizio Mori (a cura di), L'Università
di Torino ricorda il Prof. Carlo Augusto Viano, su Università di Torino, 26
luglio 2019. ^ Cerimonia inaugurale dell'Anno Accademico dell'Accademia
Nazionale dei Lincei, su Presidenza della Repubblica, Roma, 12 novembre 2010.
URL consultato il 23 settembre 2019 (archiviato il 23 settembre 2019). Altri
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Augusto Viano Collegamenti esterni Carlo Augusto Viano, su Treccani.it –
Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata
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Premio FeltrinelliStudenti dell'Università degli Studi di TorinoProfessori
dell'Università degli Studi di MilanoProfessori dell'Università degli Studi di
CagliariProfessori dell'Università degli Studi di TorinoMembri dell'Accademia
delle Scienze di Torino[altre]
Viazzi: essential Italian
philosopher Pio Viazzi Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump
to search Abbozzo politici italiani Questa voce sull'argomento politici
italiani è solo un abbozzo. Contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni
di Wikipedia. Pio Viazzi Deputato del Regno d'Italia Durata mandato 1905 – 1913
Legislature XXII,
XXIII Gruppo parlamentarePRI CollegioGrosseto Sito istituzionale Dati generali
Partito politicoPartito Repubblicano Italiano Titolo di studiolaurea
Professioneavvocato, docente Pio Viazzi (Gavi, 19 marzo 1868 – 22 ottobre 1914)
è stato un politico, filosofo e giurista italiano. Biografia Apprezzato teorico e studioso di
diritto, nel 1905 fu eletto per i repubblicani alla Camera dei deputati per il
collegio di Grosseto, subentrando ad Ettore Socci e battendo il candidato dei
radicali Angelo Banti. Viazzi rimase in Parlamento per due legislature (XXII,
XXIII), e nel 1913 fu succeduto dal socialista Giovanni Merloni. Collegamenti esterni Pio Viazzi, su
storia.camera.it, Camera dei deputati. Modifica su Wikidata Controllo di
autoritàVIAF (EN) 89440097 · ISNI (EN) 0000 0000 6196 1930 · BNE (ES) XX1610050
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Politica Portale Politica Categorie: Politici italiani del XIX secoloPolitici
italiani del XX secoloFilosofi italiani del XIX secoloFilosofi italiani del XX
secoloGiuristi italiani del XIX secoloGiuristi italiani del XX secoloNati nel
1868Morti nel 1914Nati il 19 marzoMorti il 22 ottobreNati a GaviDeputati della
XXII legislatura del Regno d'ItaliaDeputati della XXIII legislatura del Regno d'Italia[altre]
Vico: Essential itealian philosopher. Grice: “The Italians revere him so much that his emblem is on one of their stamps!” – “It would be as having Ryle on one of ours!” vico: He is so beloved by the Italians “that they made a stamp of him.” – Grice. cited by H. P. Grice, “Vico and the origin of language.” Philosopher who founded modern philosophy of history, philosophy of culture, and philosophy of mythology. He was born and lived all his life in or near Naples, where he taught eloquence. The Inquisition was a force in Naples throughout Vico’s lifetime. A turning point in his career was his loss of the concourse for a chair of civil law 1723. Although a disappointment and an injustice, it enabled him to produce his major philosophical work. He was appointed royal historiographer by Charles of Bourbon. Vico’s major work is “La scienza nuova” completely revised in a second, definitive version in 1730. In the 1720s, he published three connected works in Latin on jurisprudence, under the title Universal Law; one contains a sketch of his conception of a “new science” of the historical life of nations. Vico’s principal works preceding this are On the Study Methods of Our Time 1709, comparing the ancients with the moderns regarding human education, and On the Most Ancient Wisdom of the s 1710, attacking the Cartesian conception of metaphysics. His Autobiography inaugurates the conception of modern intellectual autobiography. Basic to Vico’s philosophy is his principle that “the true is the made” “verum ipsum factum”, that what is true is convertible with what is made. This principle is central in his conception of “science” scientia, scienza. A science is possible only for those subjects in which such a conversion is possible. There can be a science of mathematics, since mathematical truths are such because we make them. Analogously, there can be a science of the civil world of the historical life of nations. Since we make the things of the civil world, it is possible for us to have a science of them. As the makers of our own world, like God as the maker who makes by knowing and knows by making, we can have knowledge per caussas through causes, from within. In the natural sciences we can have only conscientia a kind of “consciousness”, not scientia, because things in nature are not made by the knower. Vico’s “new science” is a science of the principles whereby “men make history”; it is also a demonstration of “what providence has wrought in history.” All nations rise and fall in cycles within history corsi e ricorsi in a pattern governed by providence. The world of nations or, in the Augustinian phrase Vico uses, “the great city of the human race,” exhibits a pattern of three ages of “ideal eternal history” storia ideale eterna. Every nation passes through an age of gods when people think in terms of gods, an age of heroes when all virtues and institutions are formed through the personalities of heroes, and an age of humans when all sense of the divine is lost, life becomes luxurious and false, and thought becomes abstract and ineffective; then the cycle must begin again. In the first two ages all life and thought are governed by the primordial power of “imagination” fantasia and the world is ordered through the power of humans to form experience in terms of “imaginative universals” universali fantastici. These two ages are governed by “poetic wisdom” sapienza poetica. At the basis of Vico’s conception of history, society, and knowledge is a conception of mythical thought as the origin of the human world. Fantasia is the original power of the human mind through which the true and the made are converted to create the myths and gods that are at the basis of any cycle of history. Michelet was the primary supporter of Vico’s ideas in the nineteenth century; he made them the basis of his own philosophy of history. Coleridge is the principal disseminator of Vico’s views in England. James Joyce used the New Science as a substructure for Finnegans Wake, making plays on Vico’s name, beginning with one in Latin in the first sentence: “by a commodius vicus of recirculation.” Croce revives Vico’s philosophical thought, wishing to conceive Vico as the Hegel. Vico’s ideas have been the subject of analysis by such prominent philosophical thinkers as Horkheimer and Berlin, by anthropologists such as Edmund Leach, and by literary critics such as René Wellek and Herbert Read. Refs.: S. N. Hampshire, “Vico,” in The New Yorker. Luigi Speranza, “Vico alla Villa Grice.” H. P. Grice, “Vico and language.” vico -- Danesi, Marcel. Vico, Metaphor, and the Origin of Language. Bloomington: Indiana. Serious scholars of Vico as well as glottogeneticists will find much of value in this excellent monograph. Vico Studies. A provocative, well-researched argument which might find reapplication in philosophy." —Theological Book Review. Danesi returns to Vico to create a persuasive, original account of the evolution and development of language, one of the deep mysteries of human existence. The Vico’s reconstruction of the origin of language is described at length, then evaluated in light of Grice’s philosophical conversational pragmatics. Glottogenesis Vico’s Reconstruction. The New Science Basic Notions. Language and the Imagination: Vito’s Glottogenetic Scenario Vico’s Approach Reconstructing the Primal Scene After the Primal Scence. The Dawn of Communication: Iconicity and Mimesis Hypotheses The Nature of Iconicity. Imagery, Iconicity, and Gesture. Iconic Representation. Osmosis Hypothesis Ontogenesis From Percepts to Concepts The Metaphoricity Metaphor Metaphor and Concept-Formation Mentation, Narrativity, and Myth The Sociobiological-Computationist Viewpoint:A Vichian Critique The Vichian Scenario Revisited Revisting the Genetic Perspective computationism. Refs.: Luigi Speranza, “Vico e Grice,” Villa Grice.
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