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Thursday, September 3, 2020

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trissinoGian Giorgio Trissino Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Nota disambigua.svg Disambiguazione – Se stai cercando il campione olimpico, vedi Gian Giorgio Trissino (cavaliere).  Gian Giorgio Trissino, ritratto del 1510 di Vincenzo Catena Gian Giorgio Trissino dal Vello d'Oro (pronuncia Trìssino, /ˈtrissino/) (Vicenza, 8 luglio 1478 – Roma, 8 dicembre 1550) è stato un umanista, poeta e drammaturgo italiano.  Persona di spicco della cultura rinascimentale, notissimo al tempo, il Trissino incarnò perfettamente il modello dell'intellettuale universale di tradizione umanistica. Si interessò, infatti, di linguistica e di grammatica, di architettura e di filosofia, di musica e di teatro, di filologia e di traduzioni, di poesia e di metrica, di numismatica, di poliorcetica, e di molte altre discipline. Nota era, anche presso i contemporanei, la sua erudizione sterminata, specie per quel che riguarda la cultura e la lingua greche, sull'esempio delle quali voleva rimodellare la poesia italiana.  Fu anche un grande diplomatico e oratore politico in contatto con tutti i grandi intellettuali della sua epoca quali Niccolò Machiavelli, Luigi Alamanni, Giovanni di Bernardo Rucellai, Ludovico Ariosto, Pietro Bembo, Giambattista Giraldi Cinzio, Demetrio Calcondila, Niccolò Leoniceno, Pietro Aretino, il condottiero Cesare Trivulzio, Papa Leone X, Papa Clemente VII, Papa Paolo III, e l'imperatore Carlo V d'Asburgo. Fu ambasciatore per conto del papato, della Repubblica di Venezia e degli Asburgo, di cui fu un fedelissimo, come tutta la sua famiglia da generazioni. Scoprì e protesse l'architetto Andrea Palladio, appena adolescente, nella sua villa di Cricoli, vicino Vicenza, che venne da lui portato nei suoi viaggi e fu da lui iniziato al culto della bellezza greca e delle opere di Marco Vitruvio Pollione.Giovanni Giorgio Trissino nacque a Vicenza l'8 luglio 1478 da antica e nobile famiglia. Suo nonno Giangiorgio combatté nella prima metà del XV secolo il condottiero Niccolò Piccinino, che al servizio dei Visconti di Milano invase alcuni territori vicentini, e riconquistò la valle di Trissino, feudo avito[1]. Suo padre Gaspare (1448-1487) era anch'esso uomo d'armi e colonnello al servizio della Repubblica di Venezia e nel 1468 sposò Cecilia Bevilacqua, di nobile famiglia veronese. Ebbe un fratello, Girolamo, scomparso prematuramente, e tre sorelle: Antonia († 1516), Maddalena († 1512), andata in sposa al padovano Antonio degli Obizzi, ed Elisabetta, poi suor Febronia in San Pietro nel 1495 e dal 1518 rifondatrice insieme a Domicilla Thiene di San Silvestro[2][3][4].   Targa marmorea che Trissino fece realizzare a ricordo del suo maestro Demetrio Calcondila in S.Maria della Passione a Milano Trissino studiò greco a Milano sotto la guida del dotto bizantino Demetrio Calcondila[5][6], sodale di Marsilio Ficino, e poi filosofia a Ferrara sotto Niccolò Leoniceno. Da questi maestri imparò l'amore per i classici e la lingua greca, che tanta parte ebbero nel suo stile di vita. Alla morte di Calcondila nel 1511, Trissino fece murare una targa[7] nella chiesa di S.Maria della Passione a Milano, dove fu sepolto il suo maestro[8]. Il 19 novembre 1494 sposò Giovanna, figlia del giudice Francesco Trissino, lontana cugina[9], da cui ebbe cinque figli: Cecilia (nata nel 1495, visse 20 giorni), Gaspare (nato nel 1497, visse 10 giorni), Francesco (1500-1514), Vincenzo (nato nel 1502, visse 10 giorni) e Giulio (1504-1576). Giovanna morì il 12 aprile 1505.  Trissino sosteneva l'Impero come istituzione, come d'altronde era tradizione nella sua famiglia da generazioni, ma ciò venne interpretato in spirito antiveneziano e, per questo, egli fu temporaneamente esiliato dalla Serenissima. Nel 1515, durante uno dei suoi viaggi in Germania, l'Imperatore Massimiliano I d'Asburgo lo autorizzò all'aggiunta del predicato "dal Vello d'Oro" al proprio cognome e alla relativa modifica dello stemma gentilizio (aurei velleris insigna quae gestare possis et valeas[10]), che nella parte destra riporta su fondo azzurro un albero al naturale con fusto biforcato sul quale è posto un vello in oro, il tronco accollato da un serpente d'argento e con un nastro d'argento tra le foglie, caricato del motto "PAN TO ZHTOYMENON AΛΩTON" in lettere maiuscole greche nere, preso dai versi 110 e 111 dell'Edipo re di Sofocle[11] che significa "Chi cerca trova"[12], privilegi trasmissibili ai propri discendenti[13].   Stemma di Giangiorgio Trissino dal Vello d'Oro come appare nel volume dedicatogli da P.F. Castelli nel 1753. In quegli stessi anni intraprese diversi viaggi tra Venezia, Bologna, Mantova, Milano (dove conobbe Cesare Trivulzio, comandante francese) e Padova (dove riscoprì il De vulgari eloquentia di Dante Alighieri). Poi si recò a Firenze ed entrò nel circolo degli Orti Oricellari (i giardini di Palazzo Rucellai) in cui si riunivano, in un clima di marca neoplatonica e di classicismo erudito, Niccolò Machiavelli e i poeti Luigi Alamanni, Giovanni di Bernardo Rucellai ed altri. Qui il Trissino discusse il De vulgari eloquentia e compose la tragedia Sofonisba (1513-14). Questi anni agli Orti Oricellari furono centrali, sia per quanto il poeta ricevette intellettualmente, sia per la forte impronta che lasciò sui suoi sodali: si vedano le tragedie di Giovanni di Bernardo Rucellai e il poemetto le Api (in endecasillabi sciolti, concluso dalle lodi del Trissino, cfr. il paragrafo sul Profilo religioso del Trissino) o le poesie pindariche di Luigi Alamanni, o ancora i punti di contatto fra le tante digressioni erudite sull'arte militare contenute nell'Italia liberata dai Goti che rimandano all'Arte della guerra del Machiavelli, elaborata proprio in quegli anni. Anzi, le idee linguistiche del poeta spronarono lo stesso Machiavelli a scrivere anche lui un Dialogo sulla lingua, nel quale difende l'uso del fiorentino moderno (cfr. il paragrafo Opere linguistiche).  In seguito si recò a Roma, dove stampò nel 1524 la Sofonisba (dedicandola papa Leone X), la prima tragedia regolare, e la famosa Epistola de le lettere nuovamente aggiunte ne la lingua italiana (dedicata a Clemente VII), un arditissimo libello in cui si suggeriva l'inserimento nell'alfabeto latino di alcune lettere greche per segnalare alcune differenze di lettura (vedi sotto). Intanto il figlio Giulio, di salute cagionevole, venne avviato dal padre alla carriera ecclesiastica e, dopo il suo soggiorno a Roma sempre presso papa a Clemente VII, divenne arciprete della cattedrale di Vicenza.  Sempre a Roma, nel 1529 Trissino diede alle stampe alcuni testi fondamentali: la versione riveduta della Epistola, la traduzione del De vulgari eloquentia, Il castellano (dialogo sulla lingua, dedicato a Cesare Trivulzio ed ispirato a quello dantesco), le Rime (dedicate al cardinale Niccolò Ridolfi) e le prime quattro parti della Poetica (il primo trattato ispirato alla Poetica di Aristotele, da poco riscoperta), con le quali il programma di riforma letteraria classicheggiante avviato con la Sofonisba può dirsi quasi concluso. Per i prossimi 20 anni il poeta non stamperà più nulla.  Queste opere sollevarono un grande clamore per la loro arditezza e disorientarono (o meglio: orientarono diversamente) la nascente letteratura italiana: nessuno aveva osato finora riformare addirittura l'alfabeto, né aveva avuto ardire di cancellare l'intero sistema dei generi in uso fin dal Medioevo (le sacre rappresentazioni e il poema cavalleresco, in primis) per farne sorgere dal nulla dei nuovi, cioè poi quelli antichi (la tragedia, la commedia e il poema epico). Da questi libelli prese avvio la secolare questione della lingua italiana.  Nel febbraio 1530 a Bologna, nel corso dell'incoronazione di Carlo V a Re d'Italia e Sacro Romano Imperatore, egli ebbe il privilegio di reggere il manto pontificale a Clemente VII[14][15][16] e nel 1532 Carlo lo nominò conte palatino e cavaliere dell'Ordine Equestre della Milizia Aurata[17].  Secondo quanto riportato dallo storico Castellini[18], Trissino rifiutò posizioni di potere offertegli dai pontefici a seguito dei successi riportati come diplomatico (Nunzio e Legato), ad esempio l'arcivescovado di Napoli, il vescovado di Ferrara o la porpora cardinalizia, in quanto desideroso di una propria discendenza ed essendo il figlio Giulio avviato nella gerarchia ecclesiastica. Rientrato a Vicenza Trissino sposò il 26 marzo 1523 Bianca[19][20], figlia del giudice Nicolò Trissino e di Caterina Verlati, già vedova di Alvise di Bartolomeo Trissino (morto a 45 anni nel 1522)[21]. Da Bianca ebbe due figli: Ciro (1524-1576) e Cecilia (1526-1542). Alla nomina di Ciro come erede universale, si scatenarono le ire di Giulio che per lungo tempo lottò in tribunale contro il padre e il fratellastro per poi morire in odore di eresia calvinista. Anche a seguito delle divergenze causate dai cattivi rapporti con Giulio, la coppia si divise nel 1535 quando Bianca si trasferì a Venezia, dove morì il 21 settembre 1540[22].  Trissino manifestò il proprio fervente sostegno all'Impero dedicando, qualche anno prima della morte, a Carlo V il suo poema in 27 canti L'Italia liberata dai Goti, il primo poema regolare, iniziato agli inizi del Cinquecento ma pubblicato nel 1547-1548, destinato, come si vede fin dal titolo, ad essere importante per la Gerusalemme liberata di Torquato Tasso. Nel 1548 stampò anche la commedia I Simillimi, anch'essa la prima commedia regolare.   Villa Trissino di Cricoli (VI) Intanto nella villa di Cricoli alle porte di Vicenza, già dei Valmarana e dei Badoer e acquistata nel 1482 dal padre Gaspare[23], si radunava una delle più prestigiose Accademie vicentine[24]. Qui Trissino scoprì uno dei più grandi talenti della storia dell'architettura, Andrea Palladio, di cui fu mentore e mecenate, che portò nei suoi viaggi con sé ed educò alla cultura greca e alle regole architettoniche di Marco Vitruvio Pollione.  Morì a Roma l'8 dicembre 1550 e fu sepolto nella Chiesa di Sant'Agata alla Suburra.  Nel 1562 vennero alla luce le ultime due parti della sua Poetica, la quinta e la sesta (dedicate ad Antonio Perenoto, vescovo di Arras), che erano comunque già pronte nel 1529, come si evince dalla chiusura della quarta parte. Il progetto culturale Egli progettò e attuò una imponente riforma della lingua e della poesia italiane sui modelli classici, cioè la Poetica di Aristotele (da poco riscoperta), i poemi di Omero, e le teorie linguistiche esposte da Dante Alighieri nel De vulgari eloquentia (riscoperto dal Trissino stesso a Padova e pubblicato in traduzione nel 1529); un programma in piena antitesi sia con la moda del petrarchismo di Pietro Bembo, sia con quella del romanzo cavalleresco incarnato supremamente dall'Orlando furioso di Ludovico Ariosto, che allora infuriavano.  Il programma di riforma venne esposto negli anni 1524-1529 attraverso opere diverse, cioè un volume di ortografia e di ortofonetica (Epistola de le lettere nuovamente aggiunte ne la lingua italiana, del 1524, riveduta nel 1529, e dedicata a Papa Clemente VII), un volume di teoria della lingua italiana (Il castellano, del 1529, dedicato a Cesare Trivulzio), due manuali di grammatica (Dubbii grammaticali e la Grammatichetta, del 1529) e un manuale di teoria dei generi letterari (Poetica, le prime 4 parti del 1529; le ultime 2 postume stampate nel 1562). Tali proposte (specie quella di modificare l'alfabeto italiano inserendovi alcune lettere greche così da rendere visibili le differenti pronunce di alcune vocali e di alcune consonanti) e la riscoperta del trattato dantesco furono clamorosi e fecero esplodere in Italia la secolare questione della lingua, idealmente chiusa nel 1840 da I promessi sposi di Alessandro Manzoni.  Questa intensa speculazione teorica ha il suo sbocco fattuale in quattro opere poetiche, tutte molto importanti: la Sofonisba (1524, dedicata a Papa Leone X), la prima tragedia regolare della letteratura moderna (regolare si definisce un'opera costruita secondo le norme derivate dai testi classici, essenzialmente la Poetica di Aristotele e l'Ars poetica di Orazio), L'Italia liberata dai Goti (1548-1549, dedicata a Carlo V d'Asburgo), il primo poema epico regolare, e I simillimi (1548, dedicata al Cardinal Farnese), la prima commedia regolare. Si aggiunga un volume di poesie d'amore e di encomio (Rime 1529, dedicato a Niccolò Ridolfi) di gusto antipetrarchista e ispirato ai poeti siciliani, agli Stilnovisti, a Dante e alla tradizione del Quattrocento, tutte cassate dal Bembo. Anche queste opere sollevarono un grande dibattito, ma saranno destinate ad avere un ruolo centrale nello sviluppo della poesia italiana ed europea, se si considera l'importanza che la tragedia e l'epica, ad esempio, ebbero in tutta Europa. Al Trissino si deve anche l'invenzione dell'endecasillabo sciolto (cioè senza rima) ad imitazione dell'esametro classico, anche questa un'invenzione destinata a fama europea.Le opere letterarie La produzione letteraria del poeta comprende opere di diversi generi, non solo poetiche: innanzitutto un Architettura in italiano e incompleto, ricerche sulla numismatica, traduzioni, orazioni varie ed opere in latino.  Se ci si concentra solo sugli studi di teoria letteraria e sulle opere poetiche, si ha a che fare con pochi testi, ma tutti rilevantissimi, attraverso i quali il poeta struttura un coerente programma di riforma della poesia italiana sui modelli classici e sulla lingua dantesca ispirato alla Poetica di Aristotele, ad Omero e al De vulgari eloquentia, un sistema da opporre sia alle Prose della volgar lingua del Bembo di qualche anno prima (1525), che aveva dato come modelli solo Petrarca e Boccaccio (riducendo, quindi, i generi letterari solo alla lirica e alla novella), sia all'Orlando furioso di Ludovico Ariosto (1532), che è un romanzo cavalleresco e non un poema epico. Attraverso il proprio programma il poeta verrà a creare una tradizione di gusto classico del tutto nuova in seno alla letteratura moderna, che nei secoli a venire si affiancherà al bembismo sebbene agli inizi gli fu avversario: il sistema trissiniano, infatti, vuole sopperire ai vuoti lasciati dal petrarchismo bembesco e proseguire lo sperimentalismo della tradizione antica e quattrocentesca (la cosiddetta docta varietas). Né il Trissino era l'unico convinto di queste idee, come si dirà ancora oltre, ma era affiancato da Sperone Speroni, Bernardo Tasso (padre di Torquato), Antonio Brocardo, Pietro Tolomei, Antonio Colocci, Mario Equicola e altri ancora.  Volendo sintetizzare, le opere del Trissino si raccolgono intorno a tre date:  ll 1524, in cui dà alle stampe a Roma la tragedia Sofonisba (composta un decennio prima agli Orti Oricellari) e l'Epistola sulle lettere da aggiungere all'alfabeto latino. Tutte le opere del Trissino stampate in vita sono scritte secondo l'alfabeto da lui congegnato e non con l'alfabeto usuale. ll 1529, vero anno campale, vengono date alle stampe sei opere, ossia la traduzione del De vulgari eloquentia, le prime IV parti della Poetica, il dialogo Il castellano, le Rime, i Dubbi grammaticali e la Grammatichetta. Il 1547-8, in cui dà alla luce il poema L'Italia liberata dai Goti, e la commedia I simillini. Passeremo in rassegna le principali opere poetiche, tranne gli Scritti linguistici, che hanno un paragrafo apposito.  Sofonisba La Sofonisba (1524) è in assoluto la prima tragedia regolare della letteratura europea, destinata a vasta fortuna specie in Francia. Secondo il modello antico, Trissino compone una tragedia in endecasillabi sciolti, che imitano i trimetri giambici (il verso a questa data fa la sua prima apparizione), divisa in quadri da cori rimati: alcuni cori sono canzoni petrarchesche mentre altri, invece, canzoni pindariche (che fanno anch'esse qui la loro prima apparizione e si ritroveranno nella poesia di Luigi Alamanni e poi ancora di Gabriello Chiabrera). L'argomento (con sensibile differenza dai classici antichi) è storico (preso da Tito Livio), non fantastico, mitico o biblico. L'azione, come poi sarà canonico nel teatro regolare, si svolge nello stesso posto (unità di luogo) e nello stesso giorno (unità di tempo) e prevede in scena un numero limitato di persone. Venne recitata per la prima volta nel 1562, durante il carnevale di Vicenza, messa in scena dall'amico e allievo Andrea Palladio. La proposta piacque, tutto sommato, e riscosse successo: l'endecasillabo sciolto, metro nuovo, fu approvato anche dal Bembo (come ricorda Giraldi Cinzio) e divenne da allora in poi il metro quasi canonico del teatro italiano, specie tragico (vedi sotto).  Rime Anche nelle Rime (1529) il poeta si mostra uno sperimentatore e il Petrarca, modello obbligatorio a prescindere dal Bembo, si fonde con immagini derivanti da altre epoche e da altri autori, in special modo la poesia occitana, quella siciliana, gli stilnovisti e Dante, i poeti quattrocenteschi. Nel sistema del Trissino è possibile usare ancora metri come, ad esempio, i sirventesi e le ballate (cassati dal Bembo) o anche introdurre particolari nuovi come gli occhi neri di guaiaco della donna amata, immagine inventata dal poeta su un referente quotidiano della cultura cinquecentesca e non in linea con le immagini tipiche del Petrarca (occhi di stelle e simili).  Il Castellano Il Castellano (1529) è un dialogo sulla lingua dedicato a Cesare Trivulzio, comandante francese a Milano conosciuto nel 1505-6. Si ambienta a Castel Sant'Angelo e ha per protagonisti Giovanni di Bernardo Rucellai (il castellano, appunto) e Filippo Strozzi, amici degli Orti Oricellari. Il Trissino espone per bocca del Rucellai il suo ideale linguistico, preso dal De vulgari eloquentia, cioè quello di un volgare illustre o cortigiano, mobile ed aperto, fondato in parte sull'uso moderno e concreto della lingua, e in parte sugli autori della tradizione letteraria. Questi autori sono soprattutto Dante e Omero poiché dotati di enargia, cioè della capacità di rendere visibili a parole ciò di cui stanno narrando. Le idee linguistiche del Trissino sollevarono grande clamore (fondate com'erano su un testo la cui paternità dantesca non era ancora assicurata) e fecero scoppiare il secolare 'dibattito sulla lingua italiana' concluso, come detto, almeno idealmente, dal Manzoni tre secoli dopo. Fra i molti che parteciparono al dibattito si ricordi il fiorentino Niccolò Machiavelli al quale il Trissino aveva letto il De vulgari eloquentia sempre agli Orti Oricellari, il Bembo, ovviamente, Sperone Speroni, Baldassarre Castiglione.  Poetica Le teorie che soggiacciono a questo vasto programma vengono esposte nella Poetica (1529), libro fondamentale non solo per il Trissino, essendo in assoluto il primo libro di poetica in Europa ad essere modellato sulla Poetica di Aristotele, destinato a fama secolare in tutto il continente . Né banale né senza rischi era, come potrebbe apparire, l'idea di resuscitare dei generi letterari di fatto morti da millenni e lontani per gusto e ispirazione dalla società rinascimentale.  Sul piano linguistico immagina una lingua di ispirazione dantesca e omerica, cortigiana e illustre, che contempli l'innovazione e la tradizione, che sia aperta a una collaborazione ideale fra varie regioni italiane e non sul predominio esclusivo del toscano trecentesco, che ottemperi anche l'inserimento di neologismi e di dialettismi.  Nella poesia lirica si appoggia, sempre dietro Dante, alla tradizione occitana, siciliana, stilnovista e dantesca e anche petrarchesca. Nella metrica saccheggia ampiamente il trecentesco Antonio da Tempo che ancora contempla ballate e sirventesi, generi cassati dal Bembo, come detto, e si mostra vicino allo sperimentalismo della poesia quattrocentesca. Discorre, inoltre, della possibilità di utilizzare in italiano metri di stile greco e latino, come fatto da lui nei cori della Sofonisba, proposta che avrà grande successo nei secoli a venire, specie nella poesia per musica e nel melodramma.  Discorre poi della tragedia, della commedia, dell'ecloga teocritea e del poema omerico, i generi resuscitati dal mondo classico. A ogni genere vengono date ovviamente le proprie regole tratte da Aristotele, cioè le unità di tempo e di luogo, per la tragedia e la commedia, e le unità narrative, per il poema epico. Vengono quindi stabilite le nette differenze fra il romanzo cavalleresco e il poema epico. Mentre il romanzo cavalleresco narra una vicenda fantastica costituita dall'intreccio di molte storie diverse (alcune delle quali destinate a non chiudersi nel poema poiché non necessarie alla conclusione generale della vicenda), nel poema epico, invece, la vicenda dovrà essere di matrice storica e dovrà essere unitaria e conclusa: essa cioè dovrà venire raccontata dall'inizio alla fine, e i pochi protagonisti dovranno ruotare tutti attorno ad essa, tutti per un solo scopo, e le loro vicende dovranno venire concluse entro l'arco del poema, non lasciando nulla in sospeso. Il genere epico, inoltre, secondo una caratteristica che gli diventerà propria, viene dal Trissino investito di un alto valore morale e politico, profondamente pedagogico, ignoto al romanzo, che lo trasformano in un percorso di formazione morale e culturale.  Per questi tre generi nuovi, il poeta propone l'endecasillabo sciolto, corrispettivo moderno dell'esametro e del trimetro giambico classici (vedi paragrafi sottostanti).  Sul piano dello stile e dei registri il poeta rimanda alle teorie dei greci Demetrio Falereo e di Dionigi di Alicarnasso, che ponevano come vertice dello stile poetico l'energia, cioè la capacità di rappresentare visivamente con le parole le cose di cui s sta narrando, prerogativa, per il Trissino, dello stile di Omero e Dante. Sempre dietro Demetrio e Dionigi, Trissino divide la lingua italiana in quattro registri stilistici e non tre, come voluto dalla tradizione medievale e bembesca (la cosiddetta rota Vergilii, secondo la quale esistono 3 registri stilistici soltanto: quello basso, esemplificato dalle Bucoliche, quello medio dalle Georgiche, e quello alto o tragico dell'Eneide). Questo veniva a reimpostare daccapo i rapporti ormai consolidati fra genere letterario e registro stilistico, e fu una novità che avrebbe causato non poco l'insuccesso di un poeta il cui punto debole fu proprio lo stile.  L'Italia liberata dai Goti Dopo venti anni di silenzio dal 1529, il Trissino tornò in scena con L'Italia liberata da' Gotthi, un vastissimo poema di endecasillabi sciolti in 27 canti, stampato nel 1547 (primi 9 canti) e nel 1548 (restanti 18), ma iniziato intorno ai primi del secolo, nell'età di Papa Leone X. Esso è di fatto il primo poema epico moderno e sarà destinato, come la Sofonisba, a inaugurare un genere del tutto nuovo, in dichiarata antitesi alla tradizione medievale del romanzo cavalleresco che in quegli anni stava sfondando con Ludovico Ariosto.  L'idea che soggiace alla composizione dell'opera è illustrata nella famosa Dedica a Carlo V che precede il poema, dove il Trissino dichiara di essersi ispirato ovviamente ad Aristotele e all'Iliade di Omero. Con la guida di Omero e di Demetrio Falereo (e non di Dante, si noti), inoltre, reclama l'uso di un volgare illustre che contempli l'inserimento di voci dialettali, arcaiche o anche latine e greche, come infatti nel poema avviene. Come detto più volte, inoltre, lo scopo del poema è 'ammaestrare l'imperatore', non solo attraverso dei modelli cavallereschi, ma anche attraverso conoscenze tecniche di architettura, arte militare e via di seguito.  Il poema è ligio, insomma, a quanto stabilito nella Poetica: la trama è tratta da un accadimento storico cioè la guerra gotica tra l'imperatore bizantino Giustiniano I e gli Ostrogoti che occuparono l'Italia (per la quale il poeta segue lo storico bizantino Procopio di Cesarea), che viene raccontata dall'inizio alla fine, e i (relativamente) pochi protagonisti ruotano attorno ad essa. I personaggi, a loro volta, saranno specchio di altrettanti vizi e virtù da correggere, in questa crociata che sarebbe anche un percorso di formazione bellica e morale del suo lettore ideale, cioè Carlo V stesso.  Il poema, atteso da vent'anni dai dotti italiani, fu uno dei più clamorosi fiaschi della storia letteraria italiana, come noto, anche se ebbe un impatto profondissimo. Critiche violente vennero da Giambattista Giraldi Cinzio (che ne parla nei suoi Romanzi) e da Francesco Bolognetti, ma non solo. I quali derisero il poema per la sua imitazione pedissequa dei valori dell'eroismo classico (grandezza e generosità d'animo, nobiltà e gloria), per l'attenzione estrema alla corretta applicazione delle regole aristoteliche, più che alla fluidità della narrazione o al dare un rilievo psicologico ai personaggi, assolutamente frontali. Inoltre, la ripresa parola per parola del modello omerico (ma in generale di tutte le moltissime fonti tradotte dal poeta) fu ritenuta noiosa, e la solennità dell'argomento venne a scontrarsi con la prosaicità dello stile trissiniano, del metro senza rima costruito in maniera formulare (come quello di Omero ovviamente) che rende il dettato fiacco e stereotipato. I lunghi intervalli eruditi, inoltre, in cui il poeta si dilunga nelle descrizioni degli accampamenti, dei monumenti della Roma medievale, di città, architetture, armature, eserciti, giardini, mappe geografiche dell'Italia, precetti morali, massime e apologhi eruditi e via di seguito, soffocano la narrazione epica (nella prima edizione il poema è addirittura corredato da tre cartine geografiche) e rendono il poema di difficile lettura.  Ciò non toglie, tuttavia, che l'Italia liberata abbia un posto di rilievo nella letteratura: la visione di un mondo superiore di eroi solenni e composti nella dignità del loro ideale e della loro missione, tipicamente aristocratici, anticipava le preoccupazioni morali della Controriforma[25]. Sarà proprio alla fine del secolo, infatti, che il poema trissiniano avrà la sua fortuna, col Tasso ma non solo.  I simillimi Sono l'ultima opera stampata dal poeta (1548) e i modelli sono indicati da lui stesso nella Dedica al Cardinal Farnese: Aristofane e la Commedia antica (Menandro è stato riscoperto solo nel Novecento), sul modello della quale il Trissino ha fornito la favola dei cori (con l'appoggio anche dell'Arte poetica di Orazio) ma non del prologo. Dichiarata è anche l'ascendenza da Plauto (essenzialmente i Menecmi). Il testo è costruito in versi sciolti, ovviamente, mentre i cori sono costituiti anche da settenari e sono rimati.Le opere linguistiche  Frontespizio del Castellano di Giangiorgio Trissino, 1529, stampato con lettere aggiunte all'alfabeto italiano da quello greco I testi linguistici del Trissino sono essenzialmente quattro: l'Epistola, Castellano, Dubbi, Grammatichetta, oltre, ovviamente la Poetica.  Accese discussioni suscitò il suo esordio letterario, cioè la proposta di riformare l'alfabeto italiano contenute nell'Ɛpistola del Trissinω de le lettere nuωvamente aggiunte ne la lingua Italiana (1524; nel 1529 esce la seconda versione, corretta e rivista) dove Trissino suggerisce l'adozione di alcune vocali e consonanti dell'alfabeto greco al fine di disambiguare suoni diversi resi allora (e ancor oggi) con la medesima grafia: e e o aperte (ε e ω) e chiuse, z sorda e sonora (ζ), nonché la distinzione delle i e u con valore di vocale o di consonante (j, v).  In seguito avrebbe riproposto questa idea (sebbene ricorrendo a grafie diverse) anche l'accademico della Crusca Anton Maria Salvini nella seconda metà del XVIII secolo, sempre senza successo.  Accolta fu nei secoli a venire, invece, la proposta del Trissino di utilizzare la z al posto della t nelle parole latine che finiscono in -tione (oratione > orazione) e di distinguere sistematicamente nella scrittura la u da v (uita > vita)[26].  I punti principali dell'alfabeto riformato sono i seguenti:  Nuovo caratterePronunciaDistinto da                   Pronuncia Ɛ εE aperta [ɛ]E e                                       E chiusa [e] Ω ωO aperta [ɔ]                                         O oO chiusa [o] V vV con valore di consonante [v]U uU con valore di vocale [u] J jcon valore di consonante J [j]I i       I con valore di vocale [i] Ӡ ç                                        Z sonora [dz]Z zZ sorda [ts] .  Tali idee vengono confermate nei testi del 1529: nel Castellano, il Trissino propone il modello di una lingua "cortigiana-italiana" formata dagli elementi comuni a tutte le parlate dei letterati della Penisola, non solo nel lessico ma anche al livello della fonetica (visibile ormai grazie all'alfabeto riformato). Questa teoria si appoggia ad Omero e soprattutto alla sua traduzione del De vulgari eloquentia, e verrà amplificata, come già visto, nella Poetica, in riferimento a tutti i generi letterari, e sarà illustrata materialmente nelle due grammatiche messe a disposizione dal Trissino stesso (la Grammatichetta e i Dubbi grammaticali).  Alla sua tesi si dimostrarono particolarmente sensibili (e ostili) i letterati toscani, ovviamente, visto che Dante stesso asserisce nel trattato che il toscano non è il volgare illustre. Tra di essi spicca il Machiavelli, come accennato, che compose un Dialogo sulla lingua in quegli anni, nel quale reclama la specificità del fiorentino cinquecentesco, in opposizione al Bembo (che voleva il fiorentino trecentesco) e anche al Trissino, che nella grammatica di base parte sempre dalla lingua letteraria (anche perché l'unica in grado di assicurare a livelli profondi una similarità fra i vari parlari italiani). Un esempio: se nel toscano quattrocentesco del Poliziano è normale usare lui in funzione di soggetto, il Bembo invece rispolvera egli e lo stesso fa il Trissino. Machiavelli, invece, difende l'uso del lui, normale a Firenze da almeno un secolo.  La riforma trissiniana dell'alfabeto, applicata sistematicamente dal poeta in tutti i suoi scritti (anche negli appunti!), è un prezioso documento delle differenze di pronuncia tra toscano e lingua cortigiana, fra lingua letteraria e pronunce nordiche (il poeta era vicentino) perché l'autore applicò i propri criteri fonetici nel pubblicare i suoi testi o nell'interpretare alcuni suoni del toscano. La conseguente maggior difficoltà di lettura non favorì la diffusione dei suoi scritti e portò diverse critiche da parte degli autori suoi contemporanei.  Il profilo religioso del Trissino Sebbene sia noto come esegeta aristotelico, il Trissino si era formato, invece, sul finire del Quattrocento e nei primi del Cinquecento nelle capitali culturali italiane sature di cultura neoplatonica e mistica: non ci riferiamo solo agli anni a Milano presso il Calcondila (amico di Marsilio Ficino) o a Ferrara presso il Leoniceno, ma soprattutto a quelli trascorsi agli Orti Oricellari fiorentini e nella Roma di Leone X, figlio di Lorenzo de' Medici. Importanti sono i due ritratti che ci vengono lasciati da due contemporanei. Il primo è il quello di Giovanni di Bernardo Rucellai, che nel poemetto in versi sciolti Le api, dopo aver discusso dell’armonia cosmica e della dottrina ermetico-platonica dell’Anima Mundi, specifica ai vv. 698-704: «Questo sì bello e sì alto pensiero / tu primamente rivocasti in luce / come in cospetto degli umani ingegni / Trissino, con tua chiara e viva voce, / tu primo i gran supplicii d’Acheronte / ponesti sotto i ben fondati piedi / scacciando la ignoranza dei mortali». Insomma il Trissino viene riconosciuto come un interprete del pensiero platonico e, si direbbe, democriteo. Il secondo, invece, riguarda le esposizioni rilasciate al'Inquisizione, dopo la morte del poeta, da parte del Checcozzi, il quale dichiara che il Trissino «faceva discendere le anime umane dalle stelle ne’ corpi e diede a divedere come i passaggi di quelle di pianeta in pianeta fossero stimate altrettante morti e dicesse essere pene infernali non le retribuzioni della vita futura ma le passioni e i vizi» (in B. Morsolin, Giangiorgio Trissino. Monografia di un gentiluomo letterato del secolo XVI , Firenze, Le Monnier, 1894, pp. 364–365). A questo si aggiungano ancora la ripetuta ammissione di credere nella salvezza per sola Grazia (Morsolin, cit., pp. 248–253, 357-378 e 407-43, confermata nell'Epistola a Marcantonio da Mula), cioè di essere a rigore un luterano, e la lunga requisitoria contro il clero corrotto contenuta contenuta nell'Italia liberata, requisitoria che però, come rilevato da Maurizio Vitale (in L'omerida italico: Gian Giorgio Trissino. Appunti sulla lingua dell'«Italia liberata da' Gotthi», Istituto Veneto di Scienze ed Arti, 2010), non figura in tutte le stampe del poema ma solo in quelle indirizzate forse in Germania.  Anche il Trissino, quindi, auspicava un riordino interno della Chiesa e una sua restaurazione morale, in linea con il generale movimento di riforma che scoppio' nel Rinascimento, con Lutero, Erasmo etc.... senza per questo farne un luterano in senso stretto. Il Trissino, insomma, è un tipico esponente della tradizione religiosa pretridentina, in cui il fervido sostegno alla Chiesa romana e la vicinanza coi papi non escludono forti iniezioni di pensiero neoplatonico e neopitagorico, di stoicismo e di astrologia, di tradizione bizantina e millenarismo, in cui Erasmo da Rotterdam, Martin Lutero, Agrippa von Nettesheim, Giovanni Pico della Mirandola, Marsilio Ficino si fondono in una forma religiosa eclettica e ancora tollerata prima dell'apertura del Concilio di Trento (1545-1563). Le persecuzioni inizieranno dopo la morte del poeta, e vi verrà coinvolto, invece, il figlio Giulio, vicino al calvinismo, che subirà l'Inquisizione.  Il poema del Trissino, una vera enciclopedia dello scibile, è molto interessante a riguardo, e queste venature di pensiero religioso inquiete ed eclettiche sono evidenti in maniera palese: si ricordino i famosi angeli del poema che portano nomi di divinità pagane (Palladio, Onerio, Venereo etc...) e che non sono altro che allegorie delle facoltà umane o delle potenze naturali (Nettunio, angelo delle acque, ad esempio, o Vulcano come metonimia del fuoco) come indicato nel De Daemonius di Michele Psello e nel pensiero neoplatonico. Fu questo uno dei punti più bersagliati dai critici contro il poeta, per primo, ancora una volta, Giambattista Giraldi Cinzio.  Il rapporto con Palladio Di Andrea Palladio, Trissino curò soprattutto la formazione di architetto inteso come "umanista". Questa concezione risulta alquanto insolita in quell'epoca, nella quale all'architetto era demandato un compito preminentemente di tecnico specializzato. Non si può capire la formazione umanistica e di tecnico specializzato della costruzione dell'architetto Andrea della Gondola, senza l'intuito, l'aiuto e la protezione di Giangiorgio Trissino. È lui a credere nel giovane lapicida che lavora in modo diverso e che aspira a una innovazione totale nel realizzare le tante opere. Trissino gli cambierà il nome in "Palladio", come l'angelo liberatore e vittorioso presente nel suo poema L'Italia liberata dai Goti[27].  Secondo la tradizione, l'incontro tra il Trissino e il futuro Palladio avvenne nel cantiere della villa di Cricoli, nella zona nord fuori della città di Vicenza, che in quegli anni (1538 circa) sta per essere ristrutturata secondo i canoni dell'architettura classica. La passione per l'arte e la cultura in senso totale sono alla base di questo scambio di idee ed esperienze che si rivelerà fondamentale per la preziosa collaborazione tra i due "grandi". Da lì avrà inizio la grande trasformazione dell'allievo di Girolamo Pittoni e Giacomo da Porlezza nel celebrato Andrea Palladio. Sarà proprio Giangiorgio Trissino a condurlo a Roma nei suoi viaggi di formazione a contatto con il mondo classico e ad avviare il futuro genio dell'architettura a raggiungere le vette più ardite di un'innovazione a livello mondiale, riconosciuta ed apprezzata ancora oggi[28].  Fortuna e sfortuna del Trissino Il sistema letterario inventato dal Trissino non fu il solo tentativo di preservare un rapporto diretto con la cultura classica (in special modo greca), con Dante e con l'umanesimo del Quattrocento, che il sistema bembiano escludeva. Molti altri poeti condividevano le sue idee, infatti, come Antonio Brocardo, Bernardo Tasso, anche loro intenti a inventare nuovi metri su imitazione dei classici. Tuttavia, se si eccettua forse Sperone Speroni, il Trissino fu uno dei pochi che strutturò nella sua Poetica un sistema letterario totale, onnicomprensivo, aristotelico in senso pieno, dove ogni genere è regolato in maniera specifica; e questo gli permetterà di essere un punto di riferimento privilegiato nei secoli a venire.  Bisognerà fare a questo punto una distinzione essenziale fra le opere del Trissino e le sue teorie letterarie. Le opere poetiche, forse con la sola eccezione della Sofonisba e delle Rime, sono notoriamente brutte: lo stile è fiacco e prosaico e la narrazione dispersa in mille meandri eruditi, ragione per cui furono conosciute da tutti, lette e ammirate, ma non apprezzate né imitate dal punto di vista stilistico: l'invenzione del verso sciolto, che sarà centrale nella storia letteraria europea, infatti, non era destinata a fiorire con lui ma solo alla fine del secolo perché venisse accettata entro un poema di genere e di stile alto come quello epico. Le sue teorie invece, trovarono un successo secolare, non solo in Italia ma in molti paesi europei specie nel Settecento, con la nuova moda del classicismo. Questo specie per quel che riguarda i due generi principali del mondo antico, la tragedia e l'epica, e con essi anche il verso sciolto.  Italia In Italia si può dire che il Trissino ebbe grande fortuna col verso sciolto e col poema epico, ma minore col teatro tragico. La Sofonisba, quando uscì, non era in Italia l'unica tragedia di imitazione greca, anche se era la prima: vi erano, infatti, anche quelle di Giovanni di Bernardo Rucellai, composte sempre agli Orti Oricellari. Ma la tragedia ispirata ai modelli greci non trovò terreno in Italia e fu soppiantata presto, già a metà del secolo, da quella 'alla latina', senecana (cioè piena di fantasmi, conflitti, colpi di scena e sangue, shakespeariana insomma), riportata in auge a Ferrara dalle Orbecche di Giambattista Giraldi Cinzio; una linea di gusto che, alla fine del Cinquecento e nel Seicento, si sposerà in pieno col teatro gesuita, di ispirazione anche esso stoica e senecana.  Non così nell'epica e nel verso sciolto. Il poema del Trissino è nominato infatti da tutti i principali autori epici dell'epoca (e spesso in mala fede), da Bernardo Tasso (intento anche lui alla realizzazione del poema Amadigi, che nella prima stesura era in versi sciolti) e Giambattista Giraldi Cinzio (che compose contro l'Italia liberata il volume Dei romanzi), Francesco Bolognetti e via via fino a Torquato Tasso. Quest'ultimo parla spesso dell'Italia liberata nei Discorsi del poema eroico e, sebbene ne rilevi i limiti, la tiene presente chiaramente come modello teorico e anche in molti passaggi della Gerusalemme liberata (fra cui la famosa morte di Clorinda, ripresa da quella dell'amazzone Nicandra, ad esempio). Vale la pena specificare che il titolo di Gerusalemme liberata, infatti, non fu deciso dal Tasso (che nei Discorsi chiama sempre il suo poema Goffredo), ma dallo stampatore Angelo Ingegneri, che doveva aver notato la somiglianza dell'opera tassiana col poema trissiniano.  Mentre nel Rinascimento i critici iniziavano a discutere dei rapporti fra poesia epica e romanzo cavalleresco, si assiste a un lento processo di 'acclimatazione' del verso sciolto nei poemi narrativi. Dapprima viene usato nei generi minori, come le ecloghe pastorali, i poemetti georgici, gli idilli o le traduzioni, ma alla fine del secolo sarà impiegato in opere imponenti come l'Eneide di Annibale Caro, o nel poema sacro del Mondo creato del Tasso, o nello stile fastoso dello Stato rustico (1606) di Giovanni Vincenzo Imperiale o quello classico di Gabriello Chiabrera (1552-1638) in pieno Barocco. Anzi, proprio il Chiabrera (non a caso allievo di Sperone Speroni) si può dire che sia il grande erede del Trissino, animato come lui dal desiderio di riformare la metrica e di ricreare i generi letterari sui modelli classici. La Poetica è citata dal Chiabrera in punti importanti, sia in difesa del verso sciolto, sia dei generi metrici non bembeschi o nuovi, sia, implicitamente, nella ripresa del mito di Dante e di Omero (cfr. il paragrafo apposito in Gabriello Chiabrera).  Il Trissino ebbe ancora fortuna anche nel XVIII secolo, con l'edizione in due volumi a cura di Scipione Maffei di Tutte le opere (Verona, Vallarsi, 1729, ancora oggi punto di riferimento indispensabile), e con nove tragedie intitolate Sofonisba, una delle quali di Vittorio Alfieri (1787). Grande fu l'influenza anche nel melodramma: si contano ben quattordici Sofonisba fra il 1708 e il 1843, una delle quali di Christoph Willibald Gluck e uno di Antonio Caldara. Ma a parte la fortuna della Sofonisba, considerando che la riforma poetica dell'Accademia dell'Arcadia (1690) si ispira dichiaratamente alla poesia e alla metrica del Chiabrera, possiamo dire che il Trissino sia stato uno dei fondatori della poesia arcadica e capostipite di una tradizione letteraria, anche quella del melodramma settecentesco. Non a caso è uno degli autori più presenti nella Ragion poetica (1708) di Gian Vincenzo Gravina, maestro del giovane Pietro Metastasio, la cui prima opera sarà la tragedia Giustino, una riproposizione quasi parola per parola del III canto dell'Italia liberata dove si narrano gli amori di Giustino e di Sofia. Alla metà del secolo, nel 1753, Pierfilippo Castelli dedica la poeta una intera monografia (La vita di Giovangiorgio Trissino oratore e poeta). Si può dire, quindi, che non solo nell'epica il Trissino abbia avuto fortuna, ma anche nel teatro italiano, anche se nelle forme del melodramma e non quelle della tragedia, come tipico della tradizione italiana. Questo grazie, soprattutto, alla mediazione del Chiabrera, che seppe rendere le forme metriche del Trissino (prima fra tutte il verso sciolto) di insuperabile eleganza.  Nell'Ottocento si ricordino l'Iliade di Vincenzo Monti (1810) e l'Odissea di Ippolito Pindemonte (1822), che proseguono la grande storia del verso sciolto nella traduzione italiana, e le considerazioni di tre grandi scrittori. Il primo è Manzoni che, meditando sul romanzo storico, rifletté anche sui rapporti fra creazione poetica e verosimiglianza storica date da Aristotele nello scritto Del romanzo storico e, in genere, de’ componimenti misti di storia e d’invenzione. Il secondo è il Giosuè Carducci che stronco' il poema ne I poemi minori del Tasso (in L’Ariosto e il Tasso) e il terzo è Bernardo Morsolin che compose la biografia del poeta (Giangiorgio Trissino o monografia di un letterato del secolo XVI, 1894) che ancora oggi è indispensabile.Francia In Francia, invece, si assiste in un certo senso alla situazione opposta e le teorie del Trissino trovarono vasta eco più nel teatro che nel poema epico, questo anche perché in generale il teatro classico francese ha sempre prediletto i modelli greci ai latini e il teatro, in genere, al melodramma. Nel teatro francese l'influenza della Sofonisba sarà forte: la prima rappresentazione documentata in francese è del 1554 nel castello di Blois, davanti alla corte della regina, Caterina de' Medici, non a caso una fiorentina[29]. La corte di Francia era già abituata d'altronde alla poesia italiana di stile classico da almeno trent'anni, dopo il soggiorno presso Francesco I di Francia di Luigi Alamanni. Da qui in poi si conteranno otto Sofonisba fino alla fine del Settecento, una delle quali di Pierre Corneille. Non così invece nell'epica, genere che in Francia trovò poco seguito, e nel verso sciolto, che non si acclimatò mai nella poesia francese, poco adatta per suo ritmo naturale a un verso senza rima. Il Voltaire, che amava l'Ariosto, ricorda l'Italia liberata nel suo Saggio sulla poesia epica più che altro per rilevare le pecche del poema.  Inghilterra In Inghilterra si ricorda la fortuna del verso sciolto (blank verse) a partire dal XVII secolo, che avrà la sua consacrazione nel Paradiso perduto di John Milton, e le lodi tributate al Trissino da Alexander Pope nel prologo alla Sofonisba di James Thomson (1730).  Germania In Germania si ricordano, tra il XVII e il XVIII secolo, tre Sofonisba. Anche Goethe possedeva una copia delle Rime trissiniane  Opere principali Sofonisba, 1524, tragedia Ɛpistola del Trissino de le lettere nuωvamente aggiunte ne la lingua Italiana, 1524: Riproduzione fotografica De vulgari eloquentia di Dante Alighieri, 1529, traduzione Il castellano, 1529, dialogo: Riproduzione fotografica dell'edizione Daelli 1864 Poetica, 1529, ed. integrale del 1562 in sei parti: Riproduzione fotografica Dubbi grammaticali, 1529 Grammatichetta, 1529 L'Italia liberata dai Goti, 1547-1548, poema epico I simillimi, 1548, commedia Galleria d'immagini  Gian Giorgio Trissino - incisione da Tutte le opere non più pubblicate di Giovan Giorgio Trissino, 1729.     Miniatura di Gian Giorgio Trissino.     Gian Giorgio Trissino - incisione da Pier Filippo Castelli La vita di Giovangiorgio Trissino, 1753.     Targa a Trissino, 1950, in piazza Gian Giorgio Trissino.     Targa posta sulla casa natale di Gian Giorgio Trissino, in corso Fogazzaro 15 a Vicenza, opera di Bartolomeo Bongiovanni.     Medaglione posto nel salone di Palazzo Venturi Ginori, a Firenze, raffigurante Giovan Giorgio Trissino, membro dell'Accademia Neoplatonica che lì ebbe sede.  Note ^ Bernardo Morsolin Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, 1878, pagg 3-4. ^ Pierfilippo Castelli, La Vita di Giovan Giorgio Trissino, 1753, pagg 2-3. ^ Bernardo Morsolin, Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, 1878, pagg 4-7. ^ Margaret Binotto, La chiesa e il convento dei santi Filippo e Giacomo a Vicenza, 1981, nota 49. ^ Pierfilippo Castelli, La Vita di Giovan Giorgio Trissino, 1753, pag 4. ^ Bernardo Morsolin, Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, 1878, pagg 26 e seguenti. ^ L'incisione recita: DEMETRIO CHALCONDYLÆ ATHENIENSI - IN STUDIIS LITERARUM GRÆCARUM - EMINENTISSIMO - QUI VIXIT ANNOS LXXVII MENS. V - ET OBIIT ANNO CHRISTI MDXI - JOANNES GEORGIUS TRISSINUS GASP. FILIUS - PRÆCEPTORI OPTIMO ET SANCTISSIMO - POSUIT. Pierfilippo Castelli, La Vita di Giovan Giorgio Trissino, 1753, pag 5. ^ Bernardo Morsolin, Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, 1878, pagg 54-55. ^ Bernardo Morsolin Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, 1878, pagg 13-14. ^ Giambattista Nicolini, Vita di Giangiorgio Trissino, 1864, pag 41. ^ Nell'originale sofocleo "τὸ δὲ ζητούμενον ἁλωτόν", letteralmente "ciò che si cerca, si può cogliere". ^ Bernardo Morsolin, Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, 1878, pag 198. ^ Pierfilippo Castelli, La vita di Giovan Giorgio Trissino, 1753, pagg 16-17 ^ Pierfilippo Castelli, La vita di Giovan Giorgio Trissino, 1753, pag 43. ^ Antonio Magrini, Reminiscenze Vicentine della Casa di Savoia, 1869, pagg 17-18. ^ Bernardo Morsolin, Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, 1878, pag 190. ^ Bernardo Morsolin, Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, 1878, pag 196. ^ Silvestro Castellini, Storia della città di Vicenza...sino all'anno 1650, 1821, Libro XVIII, pag 73. ^ Pierfilippo Castelli, La vita di Giovan Giorgio Trissino, 1753, nota a pag 48 ^ Bernardo Morsolin, Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, 1878, pagg 131-133. ^ Come i saggi di Lucien Faggion ricordano, per preservare il patrimonio famigliare non era inusuale sposare cugini di altri rami della medesima famiglia. ^ La decisione di scegliere Ciro come proprio erede ebbe ripercussioni drammatiche per diverso tempo. Oltre al trascinarsi della causa civile intentata da Giulio al padre e a Ciro, nacque una vera e propria faida tra i discendenti Trissino dal Vello d'Oro e i parenti del ramo dei Trissino più prossimo alla prima moglie, Giovanna. Le voci che fecero risalire a Ciro la denuncia anonima alla Santa Inquisizione delle simpatie protestanti di Giulio nel 1573, spinsero Giulio Cesare, nipote di Giovanna, a uccidere Ciro a Cornedo nel 1576, davanti a Marcantonio, uno dei suoi figli. Quest'ultimo decise di vendicare il padre, accoltellando a morte Giulio Cesare che usciva dalla cattedrale di Vicenza il venerdì santo del 1583. Nel 1588 Ranuccio Trissino, altro avversario dei Trissino dal Vello d'Oro, s'introdusse nella casa di Pompeo, primogenito di Ciro, e ne uccise la moglie, Isabella Bissari, e il figlioletto Marcantonio, nato da poco. Si vedano al proposito vari saggi sull'argomento di Lucien Faggion, tra cui Les femmes, la famille et le devoir de mémoire: les Trissino aux XVIe et XVIIe siècles, 2006, pag 4. ^ Nel 1537 il Trissino dovette affrontare una causa civile intentatagli dai Valmarana: negli ultimi decenni del XV secolo Alvise di Paolo Valmarana perse villa e tenuta, giocandosele col patrizio Orso Badoer, che rivendette la proprietà a Gaspare Trissino il 25 maggio 1482. Gli eredi Valmarana tentarono di riprendersela ipotizzando un vizio all'origine, ma il tribunale diede ragione ai diritti del Trissino. Si veda Lucien Faggion, Justice civile, témoins et mémoire aristocratique: les Trissino, les Valmarana et Cricoli au XVIe siècle, 2010. ^ Bernardo Morsolin, Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, 1878, pag 222. ^ voce Trissino nel sito Treccani.it L'Enciclopedia Italiana. ^ Paolo D'Achille, Trissino, Giangiorgio, in L'Enciclopedia dell'Italiano. ^ "Palladio" è anche un riferimento indiretto alla mitologia greca: Pallade Atena era la dea della sapienza, particolarmente della saggezza, della tessitura, delle arti e, presumibilmente, degli aspetti più nobili della guerra; Pallade, a sua volta, è un'ambigua figura mitologica, talvolta maschio talvolta femmina che, al di fuori della sua relazione con la dea, è citata soltanto nell'Eneide di Virgilio. Ma è stata avanzata anche l'ipotesi che il nome possa avere un'origine numerologica che rimanda al nome di Vitruvio, vedi Paolo Portoghesi (a cura di), La mano di Palladio, Torino, Allemandi, 2008, p. 177. ^ Dal volantino della mostra (18 aprile - 10 maggio 2009) dedicata a Giangiorgio Trissino a Trissino, in occasione del 600º anniversario della promulgazione dello Statuto del Comune del 1409, organizzata dalla Provincia di Vicenza, Comune di Trissino e Pro Loco di Trissino. ^ Leopoldo Cicognara, Storia della scultura dal suo risorgimento in Italia fino al secolo di Canova, Giachetti, Losanna, 1824.Bibliografia Sull'autore in generale si vedano almeno tre testi fondamentali:  Pierfilippo Castelli, La vita di Giovangiorgio Trissino, oratore e poeta, ed. Giovanni Radici, Venezia, 1753. Bernardo Morsolin, Giangiorgio Trissino o monografia di un letterato del secolo XVI, Firenze, Le Monnier, 1894. AA VV: Atti del Convegno di Studi su Giangiorgio Trissino, Vicenza, 31 marzo-1º aprile 1979, a cura di N. Pozza, Vicenza, Neri Pozza, 1980. Sulla Sofonisba:  Ettore Bonora La "Sofonisba" del Trissino, Storia Lett.Italiana, Garzanti, Milano, 1966, pgg. 406-410 M. Ariani, Utopia e storia nella Sofonisba di Giangiorgio Trissino, in Tra Classicismo e Manierismo, Firenze, Olschki, 1974, pp. 13–33. C. Musumarra, La Sofonisba ovvero della libertà, «Italianistica», XX, 1, 1991, pp. 67–77. Sulle Rime:  A. Quondam, Il naso di Laura. Lingua e poesia lirica nella tradizione del classicismo, Ferrara, Panini, 1991. C. Mazzoleni, L’ultimo manoscritto delle Rime di Giovan Giorgio Trissino, in Per Cesare Bozzetti. Studi di letteratura e filologia italiana, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, 1996, pp. 309–344. Sull'Italia liberata si vedano almeno (in ordine di stampa):  F. Ermini, L’Italia liberata dai Goti di Giangiorgio Trissino. Contributo alla storia dell’epopea italiana, Roma, Editrice Romana, 1895. A. Belloni, Il poema epico e mitologico, Milano, Vallardi, 1912. Ettore Bonora, L'"Italia Liberata" del Trissino,Storia della Lett. italiana,Milano, Garzanti, 1966,pp.524-32 Marcello Aurigemma, Letteratura epica e didascalica, in Letteratura italiana, vol. IV, Il Cinquecento. Dal Rinascimento alla Controriforma, Bari, Laterza, 1973, pp. 439-499. Marcello Aurigemma, Lirica, poemi e trattati civili del Cinquecento, Bari, Laterza, 1973. Guido Baldassarri. Il sonno di Zeus. Sperimentazione narrativa del poema rinascimentale e tradizione omerica, Roma, Bulzoni, 1982. Renato Bruscagli, Romanzo ed epos dall’Ariosto al Tasso, in Il Romanzo. Origine e sviluppo delle strutture narrative nella cultura occidentale, Pisa, ETS, 1987, pp. 53-69. D. Javitch, La politica dei generi letterari nel tardo Cinquecento, «Studi italiani», III, 1 1991, pp. 5-22. David Quint, Epic and Empire. 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Pistoiesi: Con Dante attraverso il Cinquecento: Il De vulgari eloquentia e la questione della lingua, «Rinascimento», XL, (2000), pp. 269–296. Per le trafile del codice dantesco posseduto dal Trissino, oggi alla Biblioteca Trivulziana di Milano, cfr. l'introduzione di P. Ràjna alla sua edizione del De Vulgari Eloquentia (Firenze, Le Monnier, 1896) e G. Padoan, Vicende veneziane del codice Trivulziano del “De vulgari eloquentia”, in Dante e la cultura veneta, Atti del convegno di studi della fondazione “Giorgio Cini”, Venezia-Padova-Verona, 30 marzo-5 aprile, a cura di V. Branca e G. Padoan, Firenze, Olschki, 1966, pp. 385–394. Tutti i testi del Trissino si rileggono nei due volumi intitolati Tutte le opere a cura di Scipione Maffei (Verona, Vallarsi, 1729), che non riproducono però l'alfabeto inventato riformato. Alcuni testi hanno avuto delle edizioni moderne:  La Poetica si rilegge nei Trattati di poetica e di retorica del Cinquecento a cura di B. Weinberg, Bari, Laterza, 1970-1974. Il testo è riprodotto con l'alfabeto inventato dal Trissino. Scritti linguistici, a cura di A. Castelvecchi, Roma, Salerno, 1986 (che contiene la Epistola delle lettere nuovamente aggiunte, Il Castellano, i Dubbii grammaticali e la Grammatichetta). I testi sono riprodotti con l'alfabeto inventato dal Trissino. La Sofonisba è stata curata da R. Cremante, nel Teatro del Cinquecento, Napoli, Ricciardi, 1988. I testo è riprodotto con l'alfabeto inventato dal Trissino ed è dotato di un vasto commento e introduzione. La traduzione del De vulgari eloquentia si può leggere in D. Alighieri, Opere, a cura di F. Chiappelli, nella collana “I classici italiani”, a cura di G. Getto, Milano, Mursia, 1975, oppure, assieme al testo latino, nel 2 tomo dell’Opera Omnia curata da Scipione Maffei (vedi sotto). Per l'Italia liberata dai Goti e per I Simillimi si deve ricorrere, invece, alle prime edizioni o all'edizione del Maffei o alle ristampe sette-ottocentesche. Per l'elenco completo di tutte le stampe, ristampe, studi ed edizioni sul Trissino vedi Alessandro Corrieri (a cura di), Giangiorgio Trissino. Bibliografia, consultabile (aggiornata al 2 settembre 2010) presso http://www.nuovorinascimento.org/cinquecento/trissino.pdf. Voci correlate Andrea Palladio Trissino (famiglia) Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina di Gian Giorgio Trissino Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Gian Giorgio Trissino Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Gian Giorgio Trissino Collegamenti esterni Gian Giorgio Trissino, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Gian Giorgio Trissino, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata (EN) Gian Giorgio Trissino, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Modifica su Wikidata Opere di Gian Giorgio Trissino / Gian Giorgio Trissino (altra versione) / Gian Giorgio Trissino (altra versione) / Gian Giorgio Trissino (altra versione), su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Gian Giorgio Trissino, su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Gian Giorgio Trissino, su Progetto Gutenberg. Modifica su Wikidata (EN) Gian Giorgio Trissino, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company. Modifica su Wikidata Italica - Rinascimento: Giovan Giorgio Trissino, L'Italia liberata dai Gotthi di Paola Cosentino. Controllo di autoritàVIAF (EN) 61576722 · ISNI (EN) 0000 0001 2101 7600 · SBN IT\ICCU\CFIV\034739 · LCCN (EN) n82124220 · GND (DE) 118623974 · BNF (FR) cb12108478k (data) · BNE (ES) XX1764634 (data) · ULAN (EN) 500054986 · NLA (EN) 35598803 · BAV (EN) 495/105457 · CERL cnp01240666 · WorldCat Identities (EN) lccn-n82124220 Biografie Portale Biografie Letteratura Portale Letteratura Teatro Portale Teatro Vicenza Portale Vicenza Categorie: Umanisti italianiPoeti italiani del XVI secoloDrammaturghi italiani del XVI secoloNati nel 1478Morti nel 1550Nati l'8 luglioMorti l'8 dicembreNati a VicenzaMorti a RomaGrammatici italianiMembri dell'Accademia neoplatonicaTrissino (famiglia)Nobili italiani del XV secoloNobili italiani del XVI secoloTraduttori dal latinoUomini universali[altre]

Troilo Erminio Troilo Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Abbozzo Questa voce sull'argomento filosofi italiani è solo un abbozzo. Contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni di Wikipedia. Erminio Troilo (Perano, 8 luglio 1874 – Padova, 19 dicembre 1968) è stato un filosofo italiano.   Indice 1Biografia 2Opere principali 3Note 4Bibliografia 5Voci correlate 6Altri progetti 7                                       CollegamentiesterniBiografia Erminio Troilo nacque a Perano in provincia di Chieti nel 1874[1]. Insegnante di filosofia teoretica nelle università di Palermo (dal 1915) e di Padova (dal 1920)[1], nel 1949 divenne socio nazionale dei Lincei. Partito dal positivismo del suo maestro Roberto Ardigò, pervenne a una sorta di metafisica, da lui chiamata realismo assoluto[1], che richiama il panteismo di Giordano Bruno e di Baruch Spinoza. L'essere eterno infinito, tutt'uno con lo spirito assoluto, è il presupposto e il principio unificatore degli esseri relativi. Trascendente e indeterminato, l'essere si immanentizza e si determina nella realtà e negli individui, oggettivandosi di fronte ai soggetti come assolutamente altro da questi.  Opere principali Il misticismo moderno (1899) Idee e ideali del positivismo (1909) La filosofia di G. Bruno (2 voll., 1907-14) Il positivismo e i diritti dello spirito (1912) Figure e studi di storia della filosofia (1918) Lo spirito della filosofia (1925) Le ragioni della trascendenza o del realismo assoluto (1936) Note  Fonte: sito della Società Filosofica Italiana - Sezione di Sulmona, riferimenti in Collegamenti esterni. Bibliografia Eugenio Garin, Cronache di filosofia italiana 1900-1960, Laterza, Roma-Bari 1961, 1997 M. Dal Pra – F. Minazzi, Ragione e storia. Mezzo secolo di filosofia italiana, Rusconi, Milano 1992 Silvio Cappelli, L'orizzonte filosofico di Erminio Troilo. Idealismo e Positivismo nella prima metà del XX secolo ISSN 2281-6569, in [1] Voci correlate Mario Dal Pra Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Erminio Troilo Collegamenti esterni AA. VV., «Troilo, Erminio» in Dizionario di filosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009. Erminio Troilo (1874-1968) biografia e bibliografia nel sito della Società Filosofica Italiana – Sezione di Sulmona "Giuseppe Capograssi". Controllo di autoritàVIAF (EN) 112367786 · ISNI (EN) 0000 0000 8347 4279 · SBN IT\ICCU\RAVV\047566 · LCCN (EN) n87150723 · GND (DE) 119373106 · BNF (FR) cb15570691z (data) · BAV (EN) 495/122168 · WorldCat Identities (EN) lccn-n87150723 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XX secoloNati nel 1874Morti nel 1968Nati l'8 luglioMorti il 19 dicembreNati a PeranoMorti a Padova[altre]

Tronti Mario Tronti Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Mario Tronti Mario Tronti datisenato 2013.jpg Senatore della Repubblica Italiana LegislatureXI e XVII Gruppo parlamentarePDS (XI), PD (XVII) CoalizioneItalia. Bene Comune (XVII) CircoscrizioneLazio (XI) Lombardia (XVII) Incarichi parlamentari Membro della Commissione permanente Affari esteri ed emigrazione Sito istituzionale Dati generali Partito politicoPartito Comunista Italiano (Fino al 1991), Partito Democratico della Sinistra (1991-1998), Democratici di Sinistra (1998-2007), Partito Democratico (Dal 2007) ProfessioneDocente universitario Mario Tronti (Roma, 24 luglio 1931) è un filosofo, accademico e politico italiano, considerato uno dei principali fondatori ed esponenti del marxismo operaista teorico degli anni sessanta.  Docente per trent'anni presso l'università di Siena, vive a Roma.   Indice 1Biografia 2Curiosità 3Opere 3.1In volume 3.2Contributi, curatele 4Note 5Bibliografia 6Voci correlate 7Altri progetti 8Collegamenti esterni Biografia Militante del Partito Comunista Italiano durante gli anni cinquanta, fu con Raniero Panzieri tra i fondatori della rivista Quaderni Rossi, da cui si separò nel 1963 per fondare la rivista Classe operaia, della quale fu il direttore. Questo percorso lo portò ad allontanarsi dal PCI, pur senza mai uscirne formalmente, e ad animare l'esperienza radicale dell'operaismo. Tale esperienza, che va considerata per molti versi la matrice della nuova sinistra degli anni sessanta, si caratterizzava per il fatto di mettere in discussione le tradizionali organizzazioni del movimento operaio (partito e sindacato) e di collegarsi direttamente, senza intermediazioni, alla classe in sé e alle lotte di fabbrica.  Influenzato filosoficamente dall'opera di Galvano Della Volpe, che lo aveva portato ad allontanarsi dal pensiero di Antonio Gramsci, o almeno dalla sua versione ufficiale promossa dal PCI togliattiano, Tronti si dedicò come studioso alla formulazione di un pensiero politico che, fondendo la teoria con la prassi, rinnovasse il marxismo tradizionale e contribuisse a riaprire la strada rivoluzionaria in Occidente. Di fronte all'irruzione dell'operaio-massa sulla scena delle società occidentali, l'operaismo di Tronti seppe proporre un'analisi moderna delle relazioni di classe e soprattutto mettere l'accento sul fattore soggettivo, rivendicando la centralità politica della classe. Le sue idee, debitrici anche della visione di Ernst Jünger (v. "L'operaio", 1932), trovarono una sistemazione nel 1966, con la pubblicazione di Operai e capitale, un libro di forte impatto letterario (è stato inserito tra le 2250 opere del Dizionario delle opere della Letteratura Italiana Einaudi), che eserciterà un'influenza notevole sulla contestazione giovanile e più in generale sull'ondata di mobilitazione che ebbe inizio negli anni immediatamente successivi.  Fu proprio la sconfitta della spontaneità operaia e dell'ondata di mobilitazione, colta anticipatamente da Tronti e non invece da altri operaisti come Toni Negri (di qui la rottura tra loro, avvenuta nel 1967-1968), a indurlo a spostare la sua riflessione sul "problema del politico", ovvero della direzione e della mediazione politica. Ebbe inizio da qui la teorizzazione trontiana dell'"autonomia del politico", cioè la ricerca di una teoria politica realista che, in un'originale commistione di Karl Marx e Carl Schmitt[1], fosse capace di colmare i limiti della soggettività sociale. Si trattò di una fase più intellettuale che politica dell'esperienza di Tronti, il quale si dedicò prevalentemente all'insegnamento (Filosofia morale e poi Filosofia politica) presso l'ateneo senese e all'attività pubblicistica, fondando tra l'altro nel 1981 l'influente rivista Laboratorio politico. Riavvicinatosi al PCI di Enrico Berlinguer, in questo periodo Tronti fu finalmente riabilitato dal gruppo dirigente del partito, entrando a far parte più volte del Comitato centrale.  Alle elezioni del 1992 fu eletto al Senato della Repubblica (XI legislatura) nelle liste del Partito Democratico della Sinistra, fu membro della Commissione parlamentare per le riforme istituzionali dal 1992 al 1994[2]. Negli anni successivi, non avendo condiviso le trasformazioni post-comuniste del partito, e dopo aver lasciato la docenza universitaria, la sua riflessione filosofica ha assunto toni pessimistici, concentrandosi sulla fine della politica moderna e sulla critica della democrazia. Dal 2004 al 2015 è stato presidente della Fondazione CRS (Centro per la Riforma dello Stato) - Archivio Pietro Ingrao.  Alle elezioni del 2013 è stato di nuovo eletto al Senato (XVII legislatura) nelle liste del Partito Democratico per la Lombardia[3].  Il 14 gennaio 2016 è tra i 31 parlamentari, soprattutto di area cattolica, del PD a firmare un emendamento contro l'articolo 5 del disegno di legge Cirinnà riguardante l'adozione del configlio[4][5].  Curiosità Mario Tronti è parente di Renato Zero: è infatti il figlio di Nicola Tronti, la cui sorella Renata è la nonna del cantautore[6]. Opere In volume Operai e capitale, Einaudi, Torino, 1966; seconda edizione accresciuta 1971; ristampa DeriveApprodi, Roma, 2006; Hegel politico, Istituto dell'Enciclopedia italiana, Roma, 1975; Sull'autonomia del politico, Feltrinelli, Milano, 1977; Soggetti, crisi, potere (a cura di A. Piazzi e A. De Martinis), Cappelli, Bologna, 1980; Il tempo della politica, Editori Riuniti, Roma, 1980; Con le spalle al futuro. Per un altro dizionario politico, Editori Riuniti, Roma, 1992; Berlinguer. Il Principe disarmato, Edizioni Sisifo, Roma, 1994; La politica al tramonto, Einaudi, Torino, 1998; Cenni di Castella, Edizioni Cadmo, Fiesole (FI), 2001; Teologia e politica al crocevia della storia (con Massimo Cacciari), AlboVersorio, Milano, 2007 [ristampa 2015] Passaggio Obama. L'America, l'Europa, la Sinistra, Ediesse, 2008 La democrazia dei cittadini. Dai cittadini per l'Ulivo al Partito Democratico, Ediesse, 2009 Non si può accettare, Ediesse, 2009 Noi operaisti, DeriveApprodi, 2009 Dall'estremo possibile, Ediesse, 2011 Per la critica del presente, Ediesse, 2013 Dello spirito libero. Frammenti di vita e di pensiero, Il Saggiatore, 2015 Il nano e il manichino. La teologia come lingua della politica, Castelvecchi, 2015 Il demone della politica. Antologia di scritti (1958-2015), Il Mulino, 2018 Contributi, curatele Tra materialismo dialettico e filosofia della prassi. Gramsci e Labriola, in A. Caracciolo e G. Scalia (a cura di), La città futura. Saggi sulla figura e il pensiero di Antonio Gramsci, Feltrinelli, Milano, 1959; Scritti inediti di economia politica di Marx, Editori Riuniti, 1963 (a cura di) Hobbes e Cromwell in Stato e rivoluzione in Inghilterra, Il Saggiatore, Milano, 1977; Operaismo e centralità operaia, Editori Riuniti, Roma, 1978 (con G. Napolitano, A. Accornero e M. Cacciari) Il politico. Antologia di testi del pensiero politico. 1: Da Machiavelli a Cromwell, Feltrinelli, Milano, 1979 (a cura di) Il politico. Antologia di testi del pensiero politico. 2: Da Hobbes a Smith, Feltrinelli, Milano, 1981 (a cura di) Il destino dei partiti, Ediesse, 1997, (con Giuseppe Cotturri, F. Izzo) Rileggendo "La libertà comunista", in G. Liguori (a cura di), Galvano Della Volpe. Un altro marxismo, Edizioni Fahrenheit 451, Roma, 2000; Classe operaia. Le identità: storia e prospettiva, Angeli, Milano, 2001; (a cura di Tronti e Favilli) Per la critica della democrazia politica, in M. Tari (a cura di), Guerra e democrazia, ManifestoLibri, Roma, 2005; Politica e destino, Sossella editore, Roma, 2006 (con contributi di AA.VV. sul pensiero di Tronti); Finis Europae. Una catastrofe teologico-politica, Bibliopolis, Napoli 2008. Note ^ "Ne La politica al tramonto, Einaudi, 1998, un capitolo porta il titolo «Karl und Carl», per sottolineare, anche qui allusivamente, la necessità di completare Marx con Schmitt", Mario Tronti, Autobiografia filosofica, in Storia della filosofia, 14, Filosofi italiani contemporanei, Le Grandi Opere del Corriere della Sera, Bompiani, Milano 2008 Archiviato il 3 dicembre 2013 in Internet Archive. ^ Mario Tronti / Deputati / Camera dei deputati - Portale storico, su storia.camera.it. URL consultato il 15 gennaio 2016. ^ senato.it - Scheda di attività di Mario TRONTI - XVII Legislatura, su www.senato.it. URL consultato il 15 gennaio 2016. ^ Unioni civili: i numeri che mettono a rischio le adozioni gay, su Termometro Politico, https://plus.google.com/+termometropolitico/. URL consultato il 19 gennaio 2016. ^ Unioni civili, 30 senatori Pd contro le adozioni. E Gay.it pubblica la lista: "Scrivi al malpancista". Loro: "Squadristi", su Il Fatto Quotidiano. URL consultato il 19 gennaio 2016. ^ Le piume, le fidanzate, lo zio comunista. I 60 anni di Renato Zero | Altri Mondi Bibliografia Mario Alcaro, Dellavolpismo e nuova sinistra, Dedalo, Bari, 1977; Costanzo Preve, La teoria in pezzi. La dissoluzione del paradigma teorico operaista in Italia (1976-1983). Dedalo, 1984; Romolo Gobbi, Com'eri bella, classe operaia. 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Modifica su Wikidata (EN) Opere di Mario Tronti, su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata Mario Tronti / Mario Tronti (altra versione), su senato.it, Senato della Repubblica. Modifica su Wikidata Mario Tronti, su Openpolis, Associazione Openpolis. Modifica su Wikidata Registrazioni di Mario Tronti, su RadioRadicale.it, Radio Radicale. Modifica su Wikidata (EN) Mario Tronti, su Internet Movie Database, IMDb.com. Modifica su Wikidata Centro per la Riforma dello Stato, su centroriformastato.org. "Storia e critica del concetto di democrazia" (intervento di Tronti, 29/1/2005), disponibile anche in file audio, su globalproject.info. Sito web italiano per la filosofia: Mario Tronti, su lgxserver.uniba.it. URL consultato il 27 novembre 2006 (archiviato dall'url originale il 20 luglio 2011). Conricerca-Futuro Anteriore, su alpcub.com. Class Against Class (con testi di Tronti in inglese), su geocities.com (archiviato dall'url originale l'11 agosto 2006). 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Controllo di autoritàVIAF (EN) 267536455 · ISNI (EN) 0000 0003 8306 8117 · SBN IT\ICCU\CFIV\039208 · LCCN (EN) n80130964 · GND (DE) 119536307 · BNF (FR) cb12643103b (data) · WorldCat Identities (EN) lccn-n80130964 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Politica Portale Politica Categorie: Filosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloAccademici italiani del XX secoloAccademici italiani del XXI secoloPolitici italiani del XX secoloPolitici italiani del XXI secoloNati nel 1931Nati il 24 luglioNati a RomaMarxistiProfessori dell'Università degli Studi di SienaComunisti in ItaliaSenatori dell'XI legislatura della Repubblica ItalianaSenatori della XVII legislatura della Repubblica ItalianaPolitici del Partito Democratico (Italia)Politici del Partito Democratico della SinistraPolitici dei Democratici di SinistraFondatori di riviste italiane[altre]

Tulelli Paolo Emilio Tulelli Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Ritratto di Paolo Emilio Tulelli Ritratto di Paolo Emilio Tulelli Paolo Emilio Tulelli (Zagarise, 18 agosto 1811 – Napoli, 27 gennaio 1884) è stato un presbitero, filosofo e educatore italiano nonché scrittore, letterato e poeta[1][2]. Al cavaliere Paolo Emilio Tulelli sono ad oggi intitolate una via nel Comune di Zagarise[3] e una nel Comune di Catanzaro nel quartiere Sant'Elia[4], una sala della Biblioteca comunale Filippo De Nobili di Catanzaro dove l'amministrazione comunale della città di Catanzaro e la pronipote del filosofo, giurista, scrittrice e presidente dell'associazione culturale "Universo Minori"[5] Rita Tulelli, giorno 13 aprile 2010 hanno apposto una targa commemorativa in suo onore[6], inoltre, giorno 27 luglio 2017 è stato posto davanti alla casa comunale di Zagarise un busto che lo raffigura realizzato dal professore, scultore e pittore Mario Calveri[7].  Paolo Emilio Tulelli busto Zagarise Busto di Paolo Emilio Tulelli, creato dallo scultore Mario Calveri, installato davanti al Comune di Zagarise in data 27 luglio 2017  Indice 1Biografia 2Testamento 2.1Dondazione di libri alla città di Catanzaro al fine di fondare una biblioteca pubblica 2.2Istituzione di una rendita per far studiare un giovane meritevole del comune di Zagarise 3Opere 3.1Libri 3.2Poesie 4Opere concernenti Paolo Emilio Tulelli 5Note 6Voci correlate Biografia Nacque a Zagarise da Gaetano e Anna Gallelli. Appartenente ad una famiglia di nobili origini, era un marchese, studiò presso il Convento del Ritiro dei Filippini a Zagarise e poi frequentò a Catanzaro il Real Liceo-Ginnasio e il Corso Teologico presso il Pontificio Seminario Teologico Regionale San Pio X diventando sacerdote.  Dal 1839 visse a Napoli dove compì studi filosofici e nel 1855 aprì nella stessa città una scuola privata dove insegnò per oltre vent’anni filosofia morale ed estetica. La richiesta di poter istituire una scuola privata fu inviata in data 11 settembre 1855 alle autorità competenti, le quali, prima di concedere le relative autorizzazioni, chiesero al vescovo di Catanzaro dettagliate notizie in merito alla condotta religiosa, morale e politica del richiedente, la risposta inviata loro fu: «Elemento di condotta soda, casta e onesta»  Tra gli allievi della sua scuola molti furono appartenenti a famiglie di alto rango sociale e tra questi è possibile annoverare i figli del re Borbone che, in segno di stima, gli fecero dono di un orologio da camera di manifattura francese opera dei fratelli Japis. Fu molto amico di Luigi Settembrini, il quale lo citò nella sua opera "Lezioni di letteratura italiana", gli trasmise l’amore per la filosofia e gli ideali patriottici, fu allievo del marchese Basilio Puoti e del filosofo Pasquale Galluppi del quale studiò e diffuse il pensiero, evidenziando il parallelismo con il pensiero del filosofo tedesco Immanuel Kant, così come divulgò quello di altri filosofi meridionali, tra cui Giovanni Battista Capasso, Tommaso Rossi e G. Masci. Nel 1860 Paolo Emilio Tulelli iniziò ad insegnare filosofia forale all’Università degli Studi di Napoli Federico II dietro l’impulso di Francesco Saverio De Sanctis, anno in cui, secondo Benedetto Croce, iniziò un ventennio di vero splendore per l’ateneo napoletano. Nello stesso anno cadde il Regno delle Due Sicilie e Paolo Emilio Tulelli, favorevole alla formazione di uno stato unitario, portò avanti una battaglia a livello morale e giuridico per l’abolizione della pena di morte che fino ad allora era in vigore in tutti gli Stati d’Europa tranne il Granducato di Toscana, la stessa sarà poi abolita con l'adozione del codice penale del Regno d'Italia nel 1889, il cosiddetto Codice Zanardelli. La fine della dominazione borbonica fu colta dal Tulelli come un’occasione di rinnovamento sociale e morale ed egli instillò nei suoi insegnamenti la consapevolezza che il rinnovamento politico dovesse essere accompagnato a quello morale, egli riscontrava nella popolazione un’evidente scarsità intellettuale e un sentimento religioso che si manifestava mediante pratiche di culto sempre più lontane dall’essere ricche di valori spirituali e una società sempre più formalista, egli cercò di contrastare questa tendenza in affinità al pensiero del filosofo Vincenzo Gioberti.  Paolo Emilio Tulelli fu un patriota e un cattolico liberale e la sua attività di pensatore fece si che la sua notorietà e la sua reputazione crescessero, fu inoltre un oppositore degli hegeliani napoletani, fu a capo degli oppositori degli Spaventiani e fu rappresentante del movimento filosofico del quale nella prima metà dell'ottocento fecero parte Pasquale Galluppi, Ottavio Colecchi, Stefano Cusani e Vincenzo De Grazia. Sul valore del Tulelli si sono pronunciati, fra gli altri, anche il Croce ed il Russo.  Fu Socio Ordinario delle seguenti Accademie:  Accademia di Scienze Morali e Politiche di Napoli Accademia Reale Pontaniana In relazione all'Accademia di Scienze Morali e Politiche di Napoli, Tulelli e il senatore Enrico Pessina, proposero nell'anno 1867, in qualità di soci dell'accademia, di collocare nell'atrio dell'Università degli Studi di Napoli un busto in marmo raffigurante il filosofo Pasquale Galluppi, l'opera fu realizzata dallo scultore napoletano Beniamino Calì e fu inaugurata il 14 marzo dello stesso anno con una cerimonia a cui presero parte il rettore Paolo Emilio Imbriani, dei rappresentanti e diversi studenti[8]. Della stessa accademia oltre ad esserne socio ne fu anche tesoriere come si evince dalla Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia di lunedì 10 febbraio 1879[9] in cui è contenuta la rielezione per quell'anno alla suddetta carica: " (omissis) S.M., sulla proposta del Ministro della Pubblica Istruzione, ha, con RR. decreti 29 novembre, 3, 6, 8, 13, 16 e 22 dicembre 1878, fatte le nomine e disposizioni seguenti: (omissis) Tulelli Paolo Emilio, socio della Società Reale di Napoli, approvata la sua rielezione a tesoriere dell'Accademia di scienze morali e politiche della predetta Società; (omissis) ".  Fu Socio Corrispondente[10] delle seguenti Accademie:  Accademia Cosentina Accademia di scienze, lettere e belle arti degli Zelanti e dei Dafnici Fu membro dell’Istituto Americano di New York e della Società Storica di Pennsylvania.  Testamento Paolo Emilio Tulelli visse a Napoli fino al giorno della sua morte e nelle sue ultime volontà traspare chiaramente un radicato e forte legame con la sua terra di origine, infatti i primi due punti del suo testamento furono «Volendo lasciare una prima testimonianza di affetto alla città di Catanzaro...»  e «Col fine di promuovere e favorire nel mio nativo Comune di Zagarise l’educazione morale e l’istruzione letteraria e scientifica...»  Dispose inoltre che fosse destinata una somma in dote ad una ragazza indigente di Zagarise e che il resto del patrimonio del filosofo fosse suddiviso tra i suoi parenti[11].  Il documento, tutt'ora disponibile presso l’Archivio Notarile di Napoli, fu depositato nel capoluogo campano il 30 gennaio 1884 presso lo studio del notaio Michele Mazzitelli sito in via S. Giovanni numero 19.  Dondazione di libri alla città di Catanzaro al fine di fondare una biblioteca pubblica Paolo Emilio Tulelli volle donare alla città di Catanzaro alcuni libri affinché potessero rappresentare una base di partenza per la costituzione di una biblioteca pubblica auspicando che il suo gesto potesse rappresentare un’esortazione a contribuire al suo ampliamento, una volta istituita, da parte di altri uomini generosi e amanti della cultura. Il comune di Catanzaro accettò il legato che, in caso contrario, si sarebbe dovuto destinare ad ampliare il patrimonio della biblioteca del Real Liceo di Catanzaro o ad un erede del de cuius nel caso in cui il anche direttivo del liceo non avesse accettato la donazione. I libri furono trasferiti da Napoli a Catanzaro a spese del comune, così come indicato nelle ultime volontà del filosofo, ed il 2 giugno 1889 venne istituita la biblioteca comunale che venne denominata Biblioteca Municipale di Catanzaro "Onestà e lavoro", ma che oggi è conosciuta come Biblioteca comunale Filippo De Nobili.  «Volendo lasciare una prima testimonianza di affetto alla città di Catanzaro ove ebbi i primi semi del mio sapere e le prime aspirazioni alla libertà della Patria Italiana, lego al comune della città i miei pochi libri col fine espresso ed incondizionato di formare il primo fondo ad una biblioteca pubblica da fondarsi in loco adatto a vantaggio della gioventù studiosa e dei cultori della letteratura e della scienza.»  (Paolo Emilio Tulelli, Estratto del Testamento) Istituzione di una rendita per far studiare un giovane meritevole del comune di Zagarise Per quanto concerne il comune natio, nell’intenzione di promuovere l’educazione morale, l’istruzione letteraria e scientifica nello stesso, Paolo Emilio Tulelli istituì una rendita annuale, denominata “Monte o Istituto Tulelli” per far si che dei giovani meritevoli del suddetto comune potessero studiare e conseguire la laurea. A perenne ricordo di ciò egli dispose nelle sue ultime volontà che fosse realizzata una breve iscrizione su una lastra di marmo e che la stessa fosse posta in un luogo pubblico del comune di Zagarise.  «Col fine di promuovere e favorire nel mio nativo comune di Zagarise l'educazione morale e l'istruzione letteraria e scientifica e così sospingere quei miei concittadini sulla via della civiltà, istituisco un Monte o Istituto per l'educazione ed istruzione dei giovinetti di detto Comune da elevarsi dal Real Governo in Ente Morale e giuridico con la dotazione di annue lire duemila di rendita al 5 per cento iscritto al gran libro dei Regno d'Italia. All'uopo destino due certificati di rendita a me intestati dell'annua rendita di L.[12] millesettecento con la data di Firenze 14 agosto 1878 sotto il N. 649.196 e l'altro dell'annua rendita di L.[12] trecento della stessa data e sotto il N. 649.197. Sì fatta annua rendita sarà unicamente ed esclusivamente impiegata per l'educazione e istruzione nelle lettere e nella scienza di un giovinetto fatto volta per volta per modo che si dirà qui appresso nato a Zagarise da genitori ivi domiciliati almeno da dieci anni compiti, dell'età non minore di anni sette, che sappia almeno leggere e scrivere e mostri in generale attitudine e buona disposizione agli studi.»  (Paolo Emilio Tulelli, Estratto del Testamento) Opere Libri Dei principi sostanziali ed informatori della scienza dell’educazione – Prolusione letta nell'Università nel febbraio 1874. Napoli – Stamperia della Regia Università, 1874 Dei sistemi morali e della loro possibile riduzione. Napoli – Tipografia della Regia Università, 1880 Della moralità della scienza e della vita – Prolusione al corso delle lezioni di filosofia morale letta all’Università il 2 dicembre 1873. Napoli – Stamperia della Regia Università, 1873[13] Elogio di Vito Buonsanto accademico pontaniano – Recitato nella tornata del 29 giugno 1851. Napoli – Tipografia Del Fibreno, 1851 Filadelfos di Giovanni Gemelli – Recensione letta all’accademia di scienze morali e politiche il 27 maggio 1882. Napoli – Stamperia della Regia Università, 1882[14] L’infallibilità della ragione umana considerata nella triplice sfera della scienza, politica, religione. Studi critici. Napoli – Stamperia della Regia Università, 1870[15] Intorno alla morale indipendente, Studio critico. Napoli – Stamperia della Regia Università, 1881. Programma di una discussione accademica sul tema dell’educazione religiosa popolare in Italia. 1880 Prolusione ad un corso di lezioni di estetica. Napoli – Stamperia del Vaglio, 1855 Prolusione ad un corso di filosofia morale – Recitata il 20 novembre 1861 nella Regia Università degli Studi di Napoli. Napoli – Stamperia della Regia Università, 1862[16] Schema di una metafisica dell’estetica. Parte prima. Napoli – Stamperia della Regia Università, 1872 Schema di una metafisica dell’estetica. Parte seconda. Napoli – Stamperia della Regia Università, 1877 Sopra una nuova formula metafisica del professor Tari – Breve memoria. Napoli – Stamperia della Regia Università, 1872 - 1877[17] Sunto della seconda parte dello schema di una metafisica dell’estetica S.n.t. Cenni biografici del professore Luigi Settembrini. Napoli – Tipografia dell'Accademia Reale delle Scienze, 1878 Intorno alla dottrina e alla vita del politica del Barone Pasquale Galluppi – Notizie ricavate da alcuni suoi scritti inediti e rari. Memoria letta nell’accademia di scienze morali e politiche di Napoli nella tornata del 4 dicembre 1864. Napoli – Stamperia della Regia Università, 1865[18] Intorno alla vita e alle opere filosofiche di Giovan Battista Papasso e di Tommaso Rossi. Discorsi due. Napoli – Tipografia Cutaneo, 1857 Libera Chiesa in libero Stato – Ragionamento letto all'Accademia di scienze morali e politiche di Napoli nelle tornate del 28 e 31 ottobre 1869. Napoli – Stamperia della Regia Università, 1869 Prolusione ad un corso di lezioni di estetica recitata nel suo studio privato il 1º dicembre 1852. Napoli – Stamperia del Vaglio, 1855[19][20] Intorno alla vita e alla storia della filosofia di Giovan Battista Capasso – Memoria letta all'Accademia nella tornata del 29 Gennaio 1854. Napoli – Società tipografica napoletana Tramater, 1954 La rosa di Gerico. Raccolta di prose e versi. Napoli – Tipografia Del poligama, 1852 Schema di una metafisica dell'etica. Napoli – Tipografia e streotipia della Regia Università, 1872 - 1877[21] Sopra gli scritti inediti di Pasquale Galluppi – Memoria seconda letta nell'Accademia di scienze morali e politiche di Napoli. Napoli – Stamperia della Regia Università, 1866[22] Biografia del barone Pasquale Galluppi. S.n.t. Dei sistemi filosofici. S.n.t. Filosofia indiana (V. "l’equilibrio" anno 1° pp. 287 292) Su l’abolizione della pena di morte – In "Rendiconti dell’Accademia delle scienze morali e politiche di Napoli". Napoli – Stamperia della Regia Università, 1863[23] Notizie biografiche di Saverio Baldacchini – In “Annuario della Regia Università degli Studi di Napoli”, Anno scolastico 1879 - 1880 Elogio funebre di Martino Cilento. 1855 Sulla Bella di Camarda, poema del marchese Cappelli. Napoli, 1855 Armonia della libertà politica e della Scienza morale — Prolusione. 1861 Scambio di lettere con Giannina Milli. 1857 - 1883[24] Poesie Preso da immenso desiderio e ardente (Sonetto)[25] Padre, partisti, forse desolato (Sonetto)[26] Aspirazione a Dio (Sonetto)[27] Opere concernenti Paolo Emilio Tulelli Il pensiero morale di Paolo Emilio Tulelli, 1811-1884. Carlo Nardi. Società Napoletana di Storia Patria, 1966 Paolo Emilio Tulelli. Lettere a Giannina Milli (1857-1888). Federico Adamoli. Collana "Il Fondo Milli" numero 2, 2001 Note ^ Biografia Paolo Emilio Tulelli ^ Paolo Emilio Tulelli il Poeta ^ Via Paolo Emilio Tulelli a Zagarise ^ Via Paolo Emilio Tulelli a Catanzaro ^ Associazione "Universo Minori" ^ Alla Biblioteca De Nobili una targa per ricordare Paolo Emilio Tulelli ^ La famiglia Tulelli dona a Zagarise un'opera raffigurante il filosofo Paolo Emilio ^ Discorso di Paolo Emilio Imbriani all'inaugurazione del busto raffigurante Pasquale Galluppi posto nell'Accademia di Scienze Morali e Politiche di Napoli ^ Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia di lunedì 10 febbraio 1879, pagina 548 ^ Un Socio Corrispondente di un'accademia è un socio che risiede in una città diversa da quella di quest'ultima ^ Zagarise e dintorni, F. Faragò. Pagina 38  Lira italiana ^ Della moralità della scienza e della vita – Prolusione al corso delle lezioni di filosofia morale letta all’Università il 2 dicembre 1873 ^ Filadelfos di Giovanni Gemelli. Recensione. ^ L’infallibilità della ragione umana considerata nella triplice sfera della scienza, politica, religione. Studi critici. ^ Prolusione ad un corso di filosofia morale recitata il dì 20 novembre 1861 nella Regia Università degli Studi di Napoli ^ Sopra una nuova formula metafisica del professor Tari. Breve memoria. ^ Intorno alla dottrina ed alla vita politica del barone Pasquale Galluppi notizie ricavate da alcuni suoi scritti inediti e rari da Paolo Emilio Tulelli nella tornata del 4 dicembre 1864 ^ Prolusione ad un corso di lezioni di estetica recitata nel suo studio privato il 1º dicembre 1852 ^ Il primo numero della Rivista Sebezia, una rivista periodica fondata da Bruto Fabricatore che si occupava di argomenti di natura scientifica, letteraria ed artistica, fu pubblicato nel mese di luglio del 1855 e tra i vari articoli presenti vi fu anche la Prolusione ad un corso di lezioni di estetica di Paolo Emilio Tulelli ^ Schema di una metafisica dell'etica ^ Sopra gli scritti inediti di Pasquale Galluppi ^ Su l'abolizione della pena di morte ^ Lettere a Giannina Milli ^ Preso da immenso desiderio e ardente ^ Padre, partisti, forse desolato ^ Aspirazione a Dio Voci correlate Biblioteca comunale Filippo De Nobili di Catanzaro Università degli Studi di Napoli Federico II Pena di morte in Italia Giannina Milli Pasquale Galluppi Luigi Settembrini Controllo di autorità       VIAF (EN) 254664553 · BAV (EN) 495/321614 · WorldCat Identities (EN) viaf-254664553 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Letteratura Portale Letteratura Categorie: Presbiteri italianiFilosofi italiani del XIX secoloEducatori italianiNati nel 1811Morti nel 1884Nati il 18 agostoMorti il 27 gennaioNati a ZagariseMorti a NapoliScrittori italiani del XIX secoloPoeti italiani del XIX secolo[altre]

Turco Carlo Turco Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Abbozzo Questa voce sull'argomento poeti italiani è solo un abbozzo. Contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni di Wikipedia. Carlo Turco o Turchi (Asola, 1548 – 1575) è stato un poeta, filosofo e letterato italiano.  Biografia Nacque da una delle più antiche e nobili famiglie di Asola, allora fiorente cittadina della Repubblica di Venezia, dove ricoprì importanti cariche politiche in qualità di deputato, oratore e avvocato della Comunità[1].  La sua prima opera poetica, la Commedia Nova intitolata Agnella, venne rappresentata ad Asola durante i festeggiamenti per la visita dei duchi di Nemours e Beaulieu e altri illustri francesi al loro seguito. L'opera venne in pubblicata in seguito prima a Treviso, nel 1558, poi a Venezia, nel 1585.  Fu contemporaneo ed amico di Paolo Manuzio che in una lettera encomia la sua Canzone in lode di Carlo V scritta in occasione della morte di quest'ultimo[2]:  «Letta la vostra Canzone scritta in morte del Gran Carlo V, veramente Signor Carlo onorato, non troppo benigna stella, essendo voi dotato di si pellegrino ingegno e di tante altre lodevoli qualità, vi condanna a scrivere dove tra molte tenebre non può risplendere la vostra virtù, con la quale potevate illustrare voi stesso ed il secolo nostro eccitando in altri il desiderio di assomigliarvi: laddove hora, avendo voi il campo ristretto per esercitare le vostre più nobili parti, non veggo come possano apparire effetti degni di voi ed alla vostra nobile industria corrispondenti»  Questa lettera fu in seguito stampata in Venezia da Lelio Gavardo che nel 1585, sempre a Venezia, pubblicò una tragedia in versi del Turco, intitolata Calestri, poi pubblicata nel 1603 anche a Treviso.  Altre poesie di Carlo Turco furono stampate anche nel libro Il Sepolcro de la illustre signora Beatrice di Dorimbergo (Brescia Fabbio 1568).   Note ^ Ludovico Mangini - Storie Asolane, parte II, libro 3 e 4 ^ 12 dicembre 1558, Lettera di Paolo Manuzio a Carlo Turchi, Lett. Volg. Venezia 1560, Libro IV, p.155 Biografie Portale Biografie Letteratura Portale Letteratura Categorie: Poeti italiani del XVI secoloFilosofi italiani del XVI secoloLetterati italianiNati nel 1548Morti nel 1575Nati ad Asola (Italia)Drammaturghi italiani del XVI secolo[altre]

Turoldo David Maria Turoldo Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search  David Maria Turoldo David Maria Turoldo, al secolo Giuseppe Turoldo (Coderno, 22 novembre 1916 – Milano, 6 febbraio 1992), è stato un presbitero, teologo, filosofo, scrittore, poeta e antifascista italiano, membro dell'Ordine dei servi di Maria. È stato, oltre che poeta, figura profetica in ambito ecclesiale e civile, resistente sostenitore delle istanze di rinnovamento culturale e religioso, di ispirazione conciliare. È ritenuto da alcuni uno dei più rappresentativi esponenti di un cambiamento del cattolicesimo nella seconda metà del '900, il che gli ha valso il titolo di "coscienza inquieta della Chiesa"[1].   Indice 1Biografia 1.1Periodo formativo 1.2Presenza milanese 1.3                                       La ripresa 1.4La morte 2Opere 2.1Poesia e opere letterarie 2.2Saggistica e spiritualità 2.3Narrativa 2.4Film 3Note 4Bibliografia 5Voci correlate 6Altri progetti 7Collegamenti esterni Biografia Periodo formativo Nono di dieci fratelli, Giuseppe Turoldo recepì con intensità le caratteristiche della semplice cultura umana del suo ambiente nativo e prevalentemente contadino. Colse e fece propria la dignità delle condizioni povere della sua terra, che costituirono una solida radice informante tutto lo sviluppo della sua sensibilità e della sua attività futura.  A soli 13 anni fu accolto tra i Servi di Maria nel convento di Santa Maria al Cengio a Isola Vicentina, sede triveneta della Casa di Formazione dell'Ordine Servita: dove trascorse l’anno di noviziato, assumendo il nome di fra David Maria; il 2 agosto 1935 emise la professione religiosa; il 30 ottobre 1938 pronunciò i voti solenni a Vicenza. Incominciò gli studi filosofici e teologici a Venezia. Il 18 agosto 1940 nel santuario della Madonna di Monte Berico di Vicenza venne ordinato presbitero da monsignor Ferdinando Rodolfi, arcivescovo di Vicenza.  Nel 1940 fu assegnato al convento di Santa Maria dei Servi in San Carlo al Corso in Milano. Su invito del cardinale Ildefonso Schuster, arcivescovo della città, per circa un decennio tenne la predicazione domenicale nel duomo milanese. Insieme con il suo confratello, compagno di studi durante tutto l’iter formativo nell’Ordine dei Servi e amico Camillo de Piaz, si iscrisse al corso di laurea in Filosofia all'Università Cattolica di Milano e conseguì la laurea l'11 novembre 1946 con una tesi dal titolo: La fatica della ragione - Contributo per un'ontologia dell'uomo, redatta sotto la guida del prof. Gustavo Bontadini. Sia Bontadini sia Carlo Bo gli offriranno il ruolo di Assistente universitario, il primo presso Filosofia teoretica a Milano, il secondo presso la cattedra di Letteratura all'Università di Urbino.  Presenza milanese Durante l'occupazione nazista di Milano (8 settembre 1943 - 25 aprile 1945) collaborò attivamente con la resistenza antifascista, creando e diffondendo dal suo convento il periodico clandestino l'Uomo. Il titolo testimonia la sua scelta dell'umano contro il disumano, perché «La realizzazione della propria umanità: questo è il solo scopo della vita».La sua militanza durò tutta la vita, interpretando il comando evangelico "essere nel mondo senza essere del mondo" come un "essere nel sistema senza essere del sistema". Rifiutò sempre di schierarsi con un partito.  Il suo impegno nel dialogo senza preconcetti e nel confronto di idee talvolta anche duro, si tradusse in particolare nel far nascere, insieme con Camillo De Piaz, il centro culturale la Corsia dei Servi (il vecchio nome della strada che dal convento dei Servi conduceva al duomo).  Turoldo fu uno dei principali sostenitori del progetto Nomadelfia, il villaggio nato per accogliere gli orfani di guerra “con la fraternità come unica legge”, fondato da don Zeno Saltini nell'ex campo di concentramento di Fossoli presso Carpi, raccogliendo fondi presso la ricca borghesia milanese.  Tra il 1948 e il 1952 si rende noto al grande pubblico con due raccolte di liriche Io non ho mani (che gli valse il Premio letterario Saint Vincent) e Gli occhi miei lo vedranno, presentato nella collana mondadoriana Lo Specchio da Giuseppe Ungaretti.  A seguito di prese di posizione assunte da politici locali e da alcune autorità ecclesiastiche, nel 1953 deve lasciare Milano e soggiornare in conventi dei Servi dell’Austria e della Baviera.  La ripresa Nel 1955 Turoldo venne dai superiori dell’Ordine assegnato al convento della Santissima Annunziata di Firenze, e qui incontrò personalità affini al suo modo di sentire, quali fra Giovanni Vannucci, padre Ernesto Balducci, il sindaco Giorgio La Pira, e molti altri che nell’ambiente fiorentino animano un tempo in cui si accendono speranze di rinnovamento a tutti i livelli. Ma anche da Firenze sarà costretto ad allontanarsi e trascorrerà un periodo di peregrinazioni all’estero.  Rientrato in Italia, nel 1961 venne assegnato al convento di Santa Maria delle Grazie, nella “sua” Udine. Ma con il rientro in Italia aveva portato con sé un progetto, nato a contatto con le nuove generazioni nate all’estero dagli emigrati friuliani: realizzare un film che raccontasse la nobiltà della povera vita rurale del suo Friuli. Il film con il titolo Gli ultimi e ispirato al racconto Io non ero fanciullo scritto da Turoldo in precedenza, venne concluso nel 1962 con la regia di Vito Pandolfi. Presentato all’inizio del 1963 a Udine, il film tuttavia fu ben presto rifiutato dall’opinione pubblica friulana, che lo ritenne addirittura offensivo.  Nello stesso anno 1963 Turoldo incominciò a cercare un sito dove dare avvio a una nuova esperienza religiosa comunitaria, allargata alla partecipazione anche di laici[2]. Questo luogo, con le indicazioni ricevute da amici, venne individuato da padre David nell’antico Priorato cluniacense di Sant'Egidio in Fontanella.  Ottenuto il consenso del vescovo bergamasco Clemente Gaddi, nel 1964 vi si insediò ufficialmente il 1º novembre.  Costruì accanto allo storico edificio del Priorato una casa per l’ospitalità, che chiamò “Casa di Emmaus”, titolo ispirato all’episodio della cena a Emmaus, in cui Gesù risorto si manifestò ai due discepoli nello spezzare il pane. La casa costituì un simbolico richiamo alla semplice accoglienza, senza distinzioni di censo, di religione, o altro: aspetti che caratterizzarono tutta la presenza e la multiforme opera di Turoldo. Costituì inoltre un punto di riferimento per molti protagonisti della storia culturale e civile italiana ed estera, in particolare dell’America latina; per molte personalità del mondo ecclesiale e di altre confessioni cristiane; un solido incentivo al rinnovamento di linguaggi e di strutture; un laboratorio di creazioni liturgiche e celebrative, di cui continuano a essere testimoni la versione metrica per il canto dei Salmi e migliaia di inni liturgici. Insieme con altri frati, impegnati particolarmente in iniziative di rinnovamento spirituale e culturale, diede avvio alla pubblicazione di una rivista, il cui titolo è ispirato all’Ordine dei Servi di Maria: Servitium, e ad altre pubblicazioni che si ricollegavano all’esperienza editoriale della Corsia dei Servi. La pubblicazione della rivista continua tuttora con cadenza bimestrale, unitamente all’edizione di altre proposte librarie edite sotto l’omonimo marchio Servitium.  Innumerevoli furono gli interventi di padre David sui media, dalla carta stampata alle trasmissioni radio e televisive; innumerevoli i luoghi e le circostanze[3] in cui è stato chiamato a intervenire con la sua avvincente parola. Da ricordare in particolare i suoi “viaggi della memoria” nei luoghi della Shoah, tra cui spicca quello del maggio 1979 a Mauthausen. In quell'occasione compose unapreghiera, poi recitata nella cerimonia conclusiva, pubblicata successivamente nel libro “Ritorniamo ai giorni del rischio” (1985)[4].  La morte Colpito alla fine degli anni ottanta da un tumore del pancreas, visse con lucida consapevolezza e trasparente coraggio l’ultimo periodo della vita, dando una incoraggiante testimonianza sul cammino verso “sorella morte”. Morì nella clinica “San Pio X” in Milano il 6 febbraio 1992. Migliaia di persone sfilarono accanto alla bara in cui era esposto il corpo di padre David. I funerali a Milano videro la partecipazione di una numerosa folla nella chiesa di San Carlo al Corso, dove presiedette le esequie il cardinale Carlo Maria Martini, che, qualche mese prima della morte, aveva consegnato a padre Turoldo il primo "Premio Giuseppe Lazzati", affermando la propria opinione secondo la quale «la Chiesa riconosce la profezia troppo tardi».[5] Un secondo rito funebre venne celebrato nel pomeriggio a Fontanella di Sotto il Monte, presente ancora una folla che copriva tutta la collina circostante l’antico Priorato. Nel piccolo cimitero locale riposa ora sotto una semplice croce lignea, in mezzo alla “sua gente”.  La rivista Servitium dedicò perciò alla sua figura un quaderno alla fine del 1992: «David M. Turoldo, frate dei Servi di santa Maria»; e ugualmente fece nel decennale (n. 139, gennaio febbraio 2002): «La grande passione. A dieci anni dalla morte di D.M. Turoldo».  Opere Poesia e opere letterarie «Lungo i fiumi..» I Salmi - (con Gianfranco Ravasi) - Milano, San Paolo, 1987. O sensi miei... : (Poesie 1948-1988) - (antologia poetica con note introduttive di Andrea Zanzotto e Luciano Erba, postfazione di Giorgio Luzzi), Milano, Rizzoli, 1990. Sul monte la morte, Servitium, 1992 (ISBN 9788880780045). La morte ha paura, Servitium, 1994 (ISBN 9788881660308). Ultime poesie, Milano, Garzanti, 1999. Teatro, Servitium, 1999 (ISBN 9788881661060). I giorni del rischio (con Salmodia della speranza e DVD della rappresentazione in Duomo a Milano con Moni Ovadia e Maddalena Crippa), Servitium, 2013 (ISBN 9788881663736). Salmi e cantici. Nuova edizione riveduta della versione metrica per il canto di David Maria Turoldo, Servitium, 2015 (ISBN 9788881663545). La passione di San Lorenzo, Servitium, 2016 (ISBN 9788881664054). La terra non sarà distrutta, Servitium, 2016 (ISBN 9788881664047) Luminoso vuoto. Ultimi scritti, Servitium, 2016 (ISBN 9788881664092). David M. Turoldo, Loris F. Capovilla, Nel solco di papa Giovanni, lettere inedite, a cura di Marco Roncalli e Antonio Donadio, appendici di Gianfranco Ravasi e Bruno Forte, Servitium editrice, 2017 (ISBN 9788881664153) Saggistica e spiritualità Lettere dalla Casa di Emmaus, Servitium, 1996 - nuova edizione 2016 ISBN 978-88-8166-006-3. La parabola di Giobbe, Servitium, 1996 - nuova edizione 2012 ISBN 978-88-8166-360-6. Santa Maria - (con Giovanni Vannucci), Servitium, 1996 - nuova edizione 2013 ISBN 978-88-8166-377-4. Mia chiesa, una terra sola, Servitium, 1998 ISBN 88-8166-077-6. Il dramma è Dio: il divino la fede la poesia. - Milano, Rizzoli, 2002. Come i primi trovadori, Servitium, 2005 ISBN 978-88-8166-224-1. Colloqui con papa Giovanni, Servitium, 2000 - nuova edizione 2012 ISBN 978-88-8166-364-4. Profezia della povertà, Servitium, 2002 - nuova edizione 2012 ISBN 978-88-8166-361-3. Chiamati ad essere, Servitium, 2002 ISBN 978-88-8166-021-6. È Natale, Servitium, 2002 ISBN 978-88-8166-188-6. Mio amico don Milani, Servitium, 2003 - nuova edizione 2012 ISBN 978-88-8166-362-0. Pregare, Servitium, nuova edizione 2010 ISBN 978-88-8166-334-7. Anche Dio è infelice, San Paolo, 2013. Amare - Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo, 1986. Padre del mondo, Servitium, 2014 ISBN 978-88-8166-387-3. Povero sant’Antonio, Il Messaggero, Padova, 2016. Narrativa Mia infanzia d’oro (allegato DVD con “Ritratto d’autore” di Damiano Tavoliere 1990), Servitium, 2012 (ISBN 9788881663668). ...e poi la morte dell'ultimo teologo - Torino, 1969, Gribaudi. Film Gli ultimi - 1962 - Regia: Vito Pandolfi; soggetto: David Maria Turoldo; sceneggiatura: Vito Pandolfi e David Maria Turoldo. Note ^ [1] visto 28 luglio 2009. ^ Daniela Saresella, The Dialogue between Catholics and Communists in Italy during the 1960s, Journal of the History of Ideas, Vol. 75, No. 3 (July 2014), pp. 493-512. ^ Tra le tante, ci fu "un'iniziativa che fu tentata pochi giorni prima della morte di Moro e che è stata evocata da Bettino Craxi il 6 novembre del 1980, nel corso della sua audizione nella prima Commissione d'inchiesta. In quella circostanza, l'onorevole Craxi affermò che la notte del 4 maggio (...) fu chiamato da padre Turoldo, che gli chiedeva sostanzialmente di domandare alla Nunziatura apostolica di dichiararsi disponibile come sede per far svolgere una trattativa; Turoldo chiese due giorni di silenzio stampa e insistette molto, con veemenza, affermando che era la sola via possibile" (XVII Legislatura, Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro, Resoconto stenografico, seduta n. 91 di mercoledì 22 giugno 2016 Archiviato il 4 agosto 2018 in Internet Archive., pagine 10-11). ^ “Tra i memoriali di Mauthausen”, in David Maria Turoldo, “Ritorniamo ai giorni del rischio. Maledetto colui che non spera”, Milano, 1985, pp. 73-77. ^ Corriere.it "E padre Turoldo nascose le armi dei partigiani" Archiviato il 9 marzo 2014 in Internet Archive. consultato 28 luglio 2009. Bibliografia Mariangela Maraviglia, David Maria Turoldo. La vita, la testimonianza (1916-1992), Morcelliana 2016. Daniela Saresella, David M. Turoldo, Camillo de Piaz e la Corsia dei Servi di Milano (1943-1963), Morcelliana 2008. Giuseppina Commare, Turoldo e gli «organi divini». Lettura concordanziale di “O sensi miei...”, Olschki, 2003. Una vita con gli amici - Il mondo delle amicizie di Turoldo, documentario a cura di Renzo Salvi, Roma, Rai-Educational, 2009 Antonio D'Elia, La peregrinatio poietica di David Maria Turoldo, prefazione di Dante della Terza, Firenze, Leo s. Olschki, 2012, ISBN 978 88 222 613 42. Marco Cardinali, Il Dio Inseguito. Viaggio alla scoperta della poesia di David Maria Turoldo, Edizioni Pro Sanctitate, Roma, 2002. Voci correlate Óscar Romero Ernesto Balducci Camillo De Piaz Nazareno Fabbretti Altri progetti Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su David Maria Turoldo Collegamenti esterni David Maria Turoldo, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata David Maria Turoldo / David Maria Turoldo (altra versione), in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata David Maria Turoldo, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana. Modifica su Wikidata (EN) Opere di David Maria Turoldo, su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata (EN) Spartiti o libretti di David Maria Turoldo, su International Music Score Library Project, Project Petrucci LLC. Modifica su Wikidata Scheda ANPI Bibliografia estesa V · D · M Vincitori del Premio LericiPea Controllo di autoritàVIAF (EN) 104893171 · ISNI (EN) 0000 0001 2146 2886 · SBN IT\ICCU\CFIV\017338 · LCCN (EN) n79148221 · GND (DE) 119181479 · BNF (FR) cb121476552 (data) · BNE (ES) XX1665499 (data) · BAV (EN) 495/289053 · WorldCat Identities (EN) lccn-n79148221 Biografie Portale Biografie Cattolicesimo Portale Cattolicesimo Letteratura Portale Letteratura Categorie: Presbiteri italianiTeologi italianiFilosofi italiani del XX secoloNati nel 1916Morti nel 1992Nati il 22 novembreMorti il 6 febbraioMorti a MilanoAntifascisti italianiPersone legate alla Resistenza italianaServitiNati a SedeglianoStudenti dell'Università Cattolica del Sacro CuorePoeti italiani del XX secoloScrittori italiani del XX secolo[altre]

Tuveri Giovanni Battista Tuveri Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Giovanni Battista Tuveri Deputato del Regno di Sardegna LegislatureI, II, III, IV, V Dati generali UniversitàUniversità degli Studi di Cagliari Giovanni Battista Tuveri (Collinas, 4 agosto 1815 – Collinas, 8 dicembre 1887) è stato un filosofo, scrittore e politico italiano.   Indice 1Biografia 2Opere 2.1Ristampa 3    Note4Voci correlate 5Altri progetti 6Collegamenti esterni Biografia  Monumento a G. B. Tuveri presso il municipio di Collinas Nato a Forru, l'odierna Collinas, nel Medio Campidano, da un noto avvocato, nipote, per parte di madre, di un nobile e influente notaio di Oristano, Domenico Vincenzo Licheri. Dal 1827 al 1833 studiò retorica e filosofia nel seminario tridentino di Cagliari, conseguendovi il diploma di Maestro delle Arti. A diciotto anni si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza[1] dell'Università di Cagliari, verso cui mostrò sempre insofferenza per il clima rigido e chiuso che caratterizzava l'ambiente accademico cagliaritano. Conseguito dopo due anni il baccalaureato abbandonò l'Università[1] e si ritirò a Collinas per dedicarsi ai suoi studi.  Di idee repubblicane cominciò l'attività di giornalista in polemica con molti intellettuali monarchici e conservatori.[1]  Fu un esponente del cattolicesimo federalista, e fu eletto deputato per cinque volte al Parlamento Subalpino[2], ove si oppose alla fusione della Sardegna con i territori piemontesi, e fu in forte contrapposizione con Vincenzo Gioberti[1] per le posizioni antirepubblicane e antimazziniane.  Nel 1850 fondò a Cagliari la Gazzetta Popolare[1], collaborò con numerosi giornali e nel 1871 assunse la direzione del Corriere di Sardegna. Sindaco di Forru (1870 - 1887) ne propose il cambio del nome in Collinas; consigliere provinciale a Cagliari[1] lottò contro il centralismo del Regno di Sardegna chiedendo maggiore autonomia, soprattutto fiscale, per i piccoli comuni.  A livello nazionale, amico di Cattaneo e di Mazzini, sollevò nel 1867 la cosiddetta questione sarda, promuovendo un riscatto dell'Isola e del popolo sardo contro uno Stato giudicato centralista e oppressivo.  Scrisse numerose opere di carattere politico, giuridico e filosofico. Dal 1990 al 2002 l'Assessorato della pubblica istruzione della Regione autonoma della Sardegna ha promosso la ristampa dei suoi lavori, editore Carlo Delfino, con una introduzione di Norberto Bobbio.  Opere Saggio sulle opinioni politiche del sig. deputato sardo Giovanni Siotto Pintor, Torino, Tipografia G. Cassone, 1848. Specifici contro il codinismo, Cagliari, Tipografia Arcivescovile, 1849. Del diritto dell'uomo alla distruzione dei cattivi governi. Trattato teologico-filosofico, Cagliari, Tipografia Nazionale, 1851. Il governo e i comuni, Cagliari, Tipografia Nazionale, 1860. Esazioni e compulsioni, Cagliari, Tipografia A. Timon, 1861. La questione barracellare, Cagliari, Tipografia A. Timon, 1861. Della libertà e delle caste, Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, 1871. Sofismi politici, Napoli, R. Rinaldi e G. Sellitto, 1883. Ristampa Tutte le opere, 6 voll., Sassari, C. Delfino, 1990-2002. Comprende: Il veggente; Del dritto dell'uomo alla distruzione dei cattivi governi, a cura di Aldo Accardo, Luciano Carta, Sebastiano Mosso; introduzione di Norberto Bobbio, 1990. Della libertà e delle caste; Sofismi politici, a cura di Maria Corona Corrias e Tito Orru, 1992. ISBN 88-7138-044-4. Opuscoli politici. Saggio delle opinioni politiche del signor deputato sardo Giovanni Siotto Pintor; Specifici di Gio. B. Tuveri contro il codinismo, a cura di Girolamo Sotgiu , 1991. ISBN 88-7138-029-0. Il governo e i Comuni; La questione barracellare, a cura di Lorenzo Del Piano e Gianfranco Contu, 1994. ISBN 88-7138-074-6. Scritti giornalistici. Questione sarda, federalismo, politica internazionale, questione religiosa, a cura di Lorenzo Del Piano, Gianfranco Contu e Luciano Carta, 2002. ISBN 88-7138-127-0. Per la vita e i tempi di G. B. Tuveri e altre opere, a cura di Antonio Delogu, 2002. ISBN 88-7138-128-9. Note  Fonte: "Centro di studi filologi sardi" (Collegamenti esterni). ^ Scheda sul sito della Camera Voci correlate Indipendentismo sardo Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Giovanni Battista Tuveri Collegamenti esterni Opere di Giovanni Battista Tuveri, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Giovanni Battista Tuveri, su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata Giovanni Battista Tuveri, su storia.camera.it, Camera dei deputati. Modifica su Wikidata Giovanni Battista Tuveri biografia e bibliografia nel sito "Centro di studi filologi sardi". URL visitato il 27 agosto 2013. Il governo e i comuni, Cagliari, Tipografia Nazionale, 1860. Google Libri. Della libertà e delle caste, Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, 1871. Google Libri. Da G. B. Tuveri all'intuizione della concorrenza istituzionale, di Adriano Bomboi. Venezia, Switzerland Institute in Venice, 2016. Controllo di autoritàVIAF (EN) 44365293 · ISNI (EN) 0000 0000 6147 637X · SBN IT\ICCU\CFIV\115369 · LCCN (EN) n93036652 · GND (DE) 119086832 · BNF (FR) cb123082620 (data) · BAV (EN) 495/252122 · CERL cnp00546914 · WorldCat Identities (EN) lccn-n93036652 Biografie Portale Biografie Letteratura Portale Letteratura Categorie: Deputati della I legislatura del Regno di SardegnaDeputati della II legislatura del Regno di SardegnaDeputati della III legislatura del Regno di SardegnaDeputati della IV legislatura del Regno di SardegnaDeputati della V legislatura del Regno di SardegnaFilosofi italiani del XIX secoloScrittori italiani del XIX secoloPolitici italiani del XIX secoloNati nel 1815Morti nel 1887Nati il 4 agostoMorti l'8 dicembreNati a CollinasSindaci in ItaliaStudenti dell'Università degli Studi di Cagliari[altre]

TERMINUS – DETERMINATVM -- determinatum: There’s the determinatum and there’s the indeeterminatum – “And then there’s ‘indeterminacy.”” “A determinatum is like a definitum, in that a ‘term’ is like the ‘end’ – “Thus, I am a Mercian, from Harborne.” “The Mericans were thus called because the lived at the end of England.” “Popper, who doesn’t know the first thing about this, prefers, ‘demarcatum’, which is cognate with “mercian.’” Grice was always cautious and self-apologetic. “I’m not expecting that you’ll find this to be a complete theory of implication, but that was not my goal, and the endeavour should be left for another day, etc.” But consider the detail into which he, like any other philosopher before, went when it came to what he called the ‘catalyst’ tests or ideas or tests or ideas for the implicaturum. In “Causal Theory” there are FOUR ideas. It is good to revise the treatment in “Causal.” He proposes two ideas with the first two examples and two further ideas with the two further examples. Surely his goal is to apply the FOUR ideas to his own example of the pillar box. Grice notes re: “You have not ceased eating iron” – the cxample is “a stock case of what is sometimes called " prcsupposition " and it is often held that here 1he truth of what is irnplicd is a necessary condition of the original statement's beirrg cither true or false.” So the first catalyst in the first published version concerns the value, or satisfactory value. This will be retained and sub-grouped in Essay II. “It is often held” Implicture: but often not, and trust me I won’t. “that here the truth of what is implied [implicated in the negative, entailed in the affirmative] is a necessary condition of the original statement's being either true or false.” So the first catalyst in the first published version concerns the value, or satisfactory value. This will be retained and sub-grouped in Essay II. “This might be disputed, but it is at least arguable that it is so, and its being arguable might be enough to distinguish this type of case from others.” So he is working on a ‘distinctive feature’ model. And ‘feature’ is exactly the expression he uses in Essay II. He is looking for ‘distinctive features’ for this or that implication. When phonologists speak of ‘distinctive feature’ they are being philosophical or semioticians.“I shall however for convenience assume that the common view mentioned is correct.”“This consideration clearly distinguishes “you have not ceased eating iron” from [a case of a conventional implicaturum] “poor BUT honest.”“Even if the implied proposition were false, i.e. if there were no reason in the world to contrast poverty with honesty either in general or in her case, the original statement COULD still be false.” “She [is]  poor but she [is] honest” would be false if for example she were rich and dishonest.”“One might perhaps be less comfortable about assenting to its TRUTH if the implied contrast did not in fact obtain; but the possibility of falsity is enough for the immediate purpose.”“My next experiment [test, litmus idea – that he’ll apply as one of the criteria to provide distinctive features for this or that implicaturum, with a view to identify the nature of the animal that a conversational implicaturum is] on these examples is to ask what it is in each case which could properly be said to be the vehicle of implication (to do the implying).”In Essay II, since he elaborates this at an earlier stage than when he is listing the distinctive features, he does not deal much. It is understood that in Essay II by the time he is listing the distinctive features, the vehicle is the UTTERER. But back in “Causal,” he notes: “There are AT LEAST FOUR candidates, not necessarily mutually exclusive.”“Supposing someone to have ‘uttered’ one or other of [the] sample sentences, we may ask whether the vehicle of implication would be (FIRST) WHAT the emissor communicated (or asserted or stated or explicitly conveyed), or (SECOND) the emissor himself ("Surely you’re not  implying that ….’ ) or (THIRD) the utterance  (FOURTH) his communicating, or explicitly conveying that (or again his explicitly conveying that in that way); or possibly some plurality of these items.”“As regards the first option for the vehicle, ‘what the emissor has explicitly conveyed,’ Grice takes it that “You have not ceased eating iron” and “Poor but honest” may differ.It seems correct for Grice to say in the case of “eating iron” that indeed it is the case that it is what he emissor explicitly conveys which implies that Smith has been eating iron.On the other hand, Grice feels it would be ‘incorrect,’ or improper, or bad, or unnatural or artificial, to say in the case of “poor but honest” that it is the case. Rather it is NOT the case that  it is WHAT the emissor explicitly conveys which implies that there is a contrast between, e. g., honesty and poverty.”“A sub-test on which Grice would rely is the following.If accepting that the conventional implicaturum holds (contrast between honesty and poverty) involves the emissor in accepting an hypothetical or conditional ‘if p, q,’ where 'p’ represents the original statement (“She [is] poor and she [is] honest) and 'q' represents what is implied (“There is a contrast between honesty and poverty”), it is the case that it is what the emissor explicitly conveys which is a (or the) vehicle of implication. If that chain of acceptances does not hold, it is not. To apply this rule to the “eat iron” and “poor but honest”, if the emissor accepts the implication alleged to hold in the case of “eat iron”, I should feel COMPELLED (forced, by the force of entailment) to accept the conditional or hypothetical "If you have not ceased eating iron, you may have never started.”[In “Causal,” Grice has yet not stressed the asymmetry between the affirmative and the negative in alleged cases of presupposition. When, due to the success of his implicaturum, he defines the presuppositum as a form of implicaturum, he does stress the asymmetry: the entailment holds for the affirmative, and the implicaturum for the negative). On the other hand, when it comes to a CONVENTIONAL implicaturum (“poor but honest”) if the emissor accepted the alleged implication in the case of “poor but honest”, I should NOT feel compelled to accept the conditional or hypothetical "If she was poor but honest, there is some contrast between poverty and honesty, or between her poverty and her honesty." Which would yield that in the presuppositum case, we have what is explicitly conveyed as a vehicle, but not in the case of the conventional implicaturum.The rest of the candidates (Grice lists four and allows for a combination) can be dealt with more cursorily.As regards OPTION II (second):Grice should be inclined to say with regard to both “eat iron” and “poor but honest” that the emissor could be said to have implied whatever it is that is irnplied.As regards Option III (third: the utterance): In the case of “poor but honest” it seems fairly clear that the utterance could be said, if metabolically, and animistically, to ‘imply’ a contrast.It is much less clear whether in the case of “eat iron” the utterance could be said to ‘imply’ that Smith has been eating iron.As for option IV, in neither case would it be evidently appropriate (correct, natural) to speak of the emissor’s explicitly conveying that, or of his explicitly conveying that in that way, as ‘implying’ what is implied. A third catalyst idea with which Grice wish to assail my two examples is really a TWIN idea, or catalyst, or test [That’s interesting – two sides of the same coin] that of the detachability or cancellability of the implication. Consider “eat iron.”One cannot find an alternative utterance which could be used to assert explicitly just what the utterance “Smith has not ceased from eating iron" might be used to convey explicitly, such that when this alternative utterance is used the implication that Smith never started eating iron is absent. Any way of (or any utterance uttered with a view to) conveying explicitly what is explicitly conveyed in (1) involves the implication in question. Grice expresses this fact – which he mentioned in seminars, but this is the first ‘popularisation’ -- by saying that in the case of (l) the implication is NOT detachable FROM what is asserted (or simpliciter, is not detachable). Furthermore, and here comes the twin of CANCELLABILITY: one cannot take any form of words for which both what is asserted and what is implied is the same as for (l), AND THEN ADD a further clause withholding commitment from what would otherwise be implied, with the idea of ANNULLING THE IMPLICATURUM *without* ANNULLING annulling the EXPLICITUM.  One cannot intelligibly say " Smith has left off beating his wife but I do not mean to imply that he has been beating her." But one surely can intelligibly say, “You have not ceased eating iron because you never started.”While Grice uses “Smith,” the sophisma (or Griceisma) was meant in the second person, to test the tutee’s intelligence (“Have you stopped beating your dog?”). The point is that the tutee will be offended – whereas he shouldn’t, and answer, “I never started, and I never will.”Grice expresses this fact by saying that in the case of ‘eat iron’ the implication is not cancellable or annullable (without cancelling or annulling the assertion). If we turn to “poor but honest” we find, Grice thinks, that there is quite a strong case for saying that here the implication IS detachable. Therc sccms quite a good case for maintaining that if, instead of saying " She is poor but she is honcst " I were to say, alla Frege, without any shade, " She is poor AND she is honcst", I would assert just what I would havc asscrtcct ii I had used thc original senterrce; but there would now be no irnplication of a contrast between e.g', povery and honesty. Of course, this is not a philosophical example, and it would be good to revise what Frege thought about ‘aber.’ By the time Grice is lecturing “Causal Theory” he had lectured for the Logic Paper for Strawson before the war, so Whitehead and Russell are in the air.Surely in Anglo-Saxon, the contrast is maintained, since ‘and’ means ‘versus.’“She is poor contra her being honest.”Oddly, the same contrariety is present in Deutsche, that Frege speaks, with ‘UND.”It’s different with Roman “et.” While Grecian ‘kai,’ even Plato thought barbaric!The etymology of ‘by-out’ yields ‘but.’So Grice is thinking that he can have a NEUTRAL conjoining – but ‘and’ has this echo of contrariety, which is still present in ‘an-swer, i. e. and-swear, to contradict. Perhaps a better neutral version would be. Let’s start with the past version and then the present tense version.“She was pooo-ooor, she was honest, and her parents were the same, till she met a city feller, and she lost her honest name.”In terms of the concepts CHOSEN, the emissor wants to start the ditty with pointing to the fact that she is poor – this is followed by stating that she is honest. There’s something suspicious about that.I’m sure a lady may feel offended without the ‘and’ OR ‘but’ – just the mere ‘succession’ or conjoining of ‘poor’ as pre-ceding the immediate ‘honest’ ‘triggers’ an element of contrast. The present tense seems similar: “She is poooor, she is honest, and her parents are the same, but she’ll meet a city feller, and she’ll lose her honest name.”The question whether, in thre case of ‘poor but honest,’ the implication is cancellable, is slightly more cornplex, which shouldn’t if the catalysts are thought of as twins.There is a way in which we may say that it is not cancellable, or annullable.Imagine a Tommy marching  and screaming: “She is poor but she is honest,”“HALT!” the sargent shouts.The Tommy catches the implicaturum:“though of course, sir, I do not mean to imply, sir, that there is any contrast, sir, between her poverty, sir, and her honesty, sir.”As Grice notes, this would be a puzzling and eccentric thing for a Tommy to engage in.And though the sargent might wish to quarrel with the tommy (Atkins – Tommy Atkins is the name”), an Oxonian philosopher should NOT go so far as to say that the tommy’s utterance is unintelligible – or as Vitters would say, ‘nunsense.’The sargent should rather suppose, or his lieutenant, since he knows more, that private Tommy Atkins has adopted a “most pecooliar” way of conveying the news that she was poor and honest.The sargent’s argument to the lieu-tenant:“Atkins says he means no disrespect, sir, but surely, sir, just conjoining poverty and honesty like that makes one wonder.”“Vitters: this is a Cockney song! You’re reading too much into it!”“Cockney? And why the citty feller, then – aren’t Cockneys citty fellers. I would rather, sir, think it is what Sharp would call a ‘sharp’ folk, sir, song, sir.’ The fourth and last test Grice imposes on his examples is to ask whether we would be inclined to regard the fact that the appropriate (or corresponding, since they are hardly appropriate – either of them! – Grice changes the tune as many Oxford philosophers of ordinary language do when some female joins the Union) implication is present as being a matter of the, if we may be metabolic and animistic, ‘meaning’ of some particular word or phrase occurring in the sentences in question. Grice is aware and thus grants that this may not be always a very clear or easy question to answer.Nevertheless, Grice risks the assertion that we would be fairly happy and contented to say that, as regards ‘poor but honest,’ the fact that the implication obtains is a matter of the ‘meaning’ of 'but ' – i. e. what Oxonians usually mean when they ‘but.’So far as “he has not ceased from…’ is concerned we should have at least some inclination to say that the presence of the implication is a matter of the, metabolically, ‘meaning’ of some of the words in the sentence, but we should be in some difficulty when it came to specifying precisely which this word, or words are, of which this is true. Well, it’s semantics. Why did Roman think that it was a good thing to create a lexeme, ‘cease.’“Cease” means “stop,” or ‘leave off.”It is not a natural verb, like ‘eat.’A rational creature felt the need to have this concept: ‘stop,’ ‘leave off,’ ‘cease.’The communication-function it serves is to indicate that SOMETHING has been taken place, and then this is no longer the case.“The fire ceased,” one caveman said to his wife.The wife snaps back – this is the Iron Age:“Have you ceased eating iron, by the way, daa:ling?”“I never started!”So it’s the ‘cease’ locution that does the trick – or equivalents, i.e. communication devices by which this or that emissor explicitly convey more or less the same thing: a halting of some activity.Surely the implication has nothing to do with the ‘beat’ and the ‘wife.’After third example (‘beautiful handwriting) introduced, Grice goes back to IDEA OR TEST No. 1 (the truth-value thing). Grice notes that it is plain that there is no case at all for regarding the truth of what is implied here (“Strawson is hopeless at philosophy”) as a pre-condition of the truth or falsity of what the tutor has asserted.A denial of the truth of what is implied would have no bearing at all on whether what I have asserted is true or false. So ‘beautiful handwring’ is much closer to ‘poor but honest’ than ‘cease eating iron’ in this respect. Next, as for the vehicle we have the at least four options and possible combinations.The emissor, the tutor, could certainly be said to have implied that Strawson is hopeless (provided that this is what the tutor intended to ‘get across’) and the emissor’s, the tutor’s explicitly saying that (at any rate the emissor’s saying that and no more) is also certainly a vehicle of implication. On the other hand the emissor’s words and what the emissor explicitly conveys are, Grice thinks, not naturally here characterised as the ‘vehicle’ of implication. “Beautiful handwriting” thus differs from BOTH “don’t cease eating iron” and “poor but honest” – so the idea is to have a table alla distinctive features, with YES/NO questions answered for each of the four implication, and the answers they get.As for the third twin, the result is as expected: The implication is cancellable but not detachable. And it looks as if Grice created the examples JUST to exemplify those criteria.If the tutor adds, 'I do not of course mean to imply that Strawson is no good at philosophy” the whole utterance is intelligible and linguistically impeccable, even though it may be extraordinary tutorial behaviour – at the other place, not Oxford --.The tutor can no longer be said to have, or be made responsible for having implied that Strawson was no good, even though perhaps that is what Grice’s colleagues might conclude to be the case if Grice had nothing else to say. The implication is not however, detachable.Any other way of making, in the same context of utterance, just the assertion I have made would involve the same implication.“His calligraphy is splendid and he is on time.”“Calligraphy splendid,” Ryle objected. “That’s slightly oxymoronic, Grice – ‘kallos agathos’”Finally, for TEST No. 4, ‘meaning’ of expression? The fact that the implication holds is surely NOT a matter of any particular word or phrase within the sentence which I have uttered.It is just the whole sentence. Had he gone tacit and say,“Beautiful handwriting!”Rather than“He has beautiful handwriting.”The implication SEEMS to be a matter of two particular words: the handwriting word, viz. ‘handwriting.’ And the ‘beautiful’ word, i. e. ‘beautiful.’Any lexeme expressing same concept, ‘Calligraphy unique!’would do the trick because this is damn by faint praise, or suggestio falsi, suppressio veri. So in this respect “Beautiful handwring” is certainly different from “Poor but honest” and, possibly different from “Don’t cease to eat iron!”One obvious fact should be mentioned before one passes to the fourth example (“kitchen or bedroom”).This case of implication is unlike the others in that the utterance of the sentence "Strawson has beautiful handwriting" does not really STANDARDLY involve the implication here attributed to it (but cf. “We should have lunch together sometime” meaning “Get lost” – as Grice said, “At Oxford, that’s the standard – that’s what the ‘expression’ “means”); it requires a special context (that it should be uttered at Collections) to attach the implication to its utterance. More generally: it requires a special scenario (one should avoid the structuralist Derrideian ‘context’ cf. Grice, “The general theory of context”). If back in the house, Mrs. Grice asks, “He has beautiful handwriting,” while not at Collections, the implicaturum would hold. Similarly at the “Lamb and Flag,” or “Bird and Baby.”But one gets Grice’s point. The scenario is one where Strawson is being assessed or evaluated AS A PHILOSOPHER. Spinoza’s handwriting was, Stuart Hampshire said, “terrible – which made me wonder at first whether I should actually waste my time with him.”After fourth and last example is introduced (“kitchen or bedroom”): in the case of the Test No. I (at least four possible vehicles) one can produce a strong argument in favour of holding that the fulfllment of the implication of the speaker's ignorance (or that he is introducing “or” on grounds other than Whitehead’s and Russell’s truth-functional ones) is not a precaution (or precondition) of the truth or falsity of the disjunctive statement. Suppose that the emissor KNOWS that his wife IS in the KITCHEN, that the house has only two rooms, and no passages. Even though the utterer knows that his wife is in the kitchen (as per given), the utterer can certainly still say truly (or rather truthfully) "She is IN THE HOUSE.”SCENARIOA: Where is your wife? ii. Where in your house is your wife?B: i. In the kitchen. ii. In the bedroom. iiia. She’s in the house, don’t worry – she’s in the house, last time I checked. iii. In the HOUSE (but inappropriate if mentioned in the question – unless answered: She’s not. iv. In the kitchen or in the bedroom (if it is common ground that the house only has two rooms there are more options) vi. v. I’m a bachelor.  vi. If she’s not in the bedroom, she is in the kitchen. vii. If she’s not in the kitchen, she’s in the bedroom. viii. Verbose but informative: “If she’s not in the bedroom she’s in the kitchen, and she’s not in the kitchen” Or consider By uttering “She is in the house,” the utterer is answering in a way that he is merely not being as informative as he could bc if need arose.  But the true proposition [cf. ‘propositional complex’] that his wife is IN THE HOUSE together with the true proposition that ‘THE HOUSE’ consists entirely of a ‘kitchen’ and a ‘bedroom,’ ENTAIL or yield the proposition that his wife is in the kitchen or in the bedroom. But IF to express the proposition p (“My wife is in the house, that much I can tell”) in certain circumstances (a house consisting entirely of a kitchen and a bedroom – an outback bathroom which actually belongs to the neighbour – cf. Blenheim) would be to speak truly, and p (“My wife is, do not worry, in the house”) togelher with another true proposition – assumed to be common ground, that the house consists entirely of a kitchen and a bedroom -- entails q (“My wife is in the kitchen OR in the bedroom”), surely to express what is entailed (“My wife is in the kitchen or in the bedroom”) in the same circvmstances must be, has to be to speak truly.  So we have to take it that the disjunctive statement – “kitchen or bedroom” -- does not fail to be TRUE or FALSE if the implied ignorance (or the implied consideration that the utterer is uttering ‘or’ on grounds other than the truth-functional ones that ‘introduce’ “or” for Gentzen) is in fact not realized, i. e. it is false. Secondly, as for Test No. 2 (the four or combo vehicles), Grice thinks it is fairly clear that in this case, as in the case of “beautiful handwriting”, we could say that the emissor had implies that he did not know (or that his ground is other than truth-functional – assuming that he takes the questioner to be interested in the specific location – i. e. to mean, “where IN THE HOUSE is your wife?”) and also that his conveying explicilty that (or his conveying explicitly that rather than something else, viz, in which room or where in the house she is, or ‘upstairs,’ or ‘downstairs,’ or ‘in the basement,’ or ‘in the attic,’ ‘went shopping,’ ‘at the greengrocer’ – ‘she’s been missing for three weeks’) implied that he did not know in which one of the two selected rooms his wife is ‘resident’ (and that he has grounds other than Gentzen’s truth-functional ones for the introduction of ‘or.’). Thirdly, the implication (‘kitchen or bedroom’) is in a way non-detachable, in that if in a given context the utterance of the disjunctive sentence would involve the implication that the emissor did not know in which room his his wife was (or strictly, that the emissor is proceeding along non-truth-functional grounds for the introduction of ‘or,’ or even more strictly still, that the emissor has grounds other than truth-functional for the uttering of the disjunction), this implication would also be involved in the utterance of any other form of words which would make the same disjunctive assertion (e.g., "Look, knowing her, the alternatives are she is either preparing some meal in the kitchen or snoozing in the bedroom;” “One of the following things is the case, I’m pretty confident. First thing: she is in the kitchen, since she enjoys watching the birds from the kitchen window. Second thing: she is in the bedroom, since she enjoys watching birds from the bedroom window.” Etymologically, “or” is short for ‘other,’ meaning second. So a third possibility: “I will be Anglo-Saxon: First, she is the kitchen. Second, she is in the bedroom.” “She is in the kitchen UNLESS she is in the bedroom”“She is in the kitchen IF SHE IS NOT in the bedroom.”“Well, it is not the case that she is in the KITCHEN *AND* in the bedroom, De Morgan!” She is in the kitchen, provided she is not in the bedroom” “If she is not in the kitchen, she is in the bedroom” “Bedroom, kitchen; one of the two.” “Kitchen, bedroom; check both just in case.”“Sleeping; alternatively, cooking – you do the maths.”“The choices are: bedroom and kitchen.”“My choices would be: bedroom and kitchen.”“I would think: bedroom? … kitchen?”“Disjunctively, bedroom – kitchen – kitchen – bedroom.”“In alternation: kitchen, bedroom, bedroom, kitchen – who cares?”“Exclusively, bedroom, kitchen.”ln another possible way, however, the implication could perhaps bc said to BE indeed detachable: for there will be some contexts of utterance (as Firth calls them) in which the ‘normal’ implication (that the utterer has grounds other than truth-functional for the utterance of a disjunction) will not hold.Here, for the first time, Grice brings a different scenario for ‘or’:“Thc Secretary of the Aristotelian Society, announcing ‘Our coming symposium will be in Oxford OR not take place at all” perhaps does not imply that he is has grounds other than truth-functional for the utterance of the disjunction. He is just being wicked, and making a bad-taste joke. This totally extraneous scenario points to the fact that the implication of a disjunction is cancellable.Once we re-apply it to the ‘Where in the hell in your house your wife is? I hear the noise, but can’t figure!’ Mutatis mutandi with the Secretary to The Aristotelian Socieety, a man could say, “My wife is in the kitchen or in the bedroorn.”in circumstances in which the implication (that the man has grounds other than truth-functional for the uttering of the disjunction) would normally be present, but he is not being co-operative – since one doesn’t HAVE to be co-operative (This may be odd, that one appeals to helpfulness everywhere but when it comes to the annulation!).So the man goes on, “Mind you, I am not saying that I do not know which.”This is why we love Grice. Why I love Grice. One would never think of finding that sort of wicked English humour in, say Strawson. Strawson yet says that Grice should ‘let go.’ But to many, Grice is ALWAYS humorous, and making philosophy fun, into the bargain, if that’s not the same thing. Everybody else at the Play Group (notably the ones Grice opposed to: Strawson, Austin, Hare, Hampshire, and Hart) would never play with him. Pears, Warnock, and Thomson would!“Mind you, I am not saying that I do not know which.”A: Where in the house is your wife? I need to talk to her.B: She is in the kitchen – or in the bedroom. I know where she is – but since you usually bring trouble, I will make you decide so that perhaps like Buridan’s ass, you find the choice impossible and refrain from ‘talking’ (i. e. bringing bad news) to her.A: Where is your wife? B: In the kitchen or in the bedroom. I know where she is. But I also know you are always saying that you know my wife so well. So, calculate, by the time of the day – it’s 4 a.m – where she could be. A: Where is your wife? B: In the bedroom or in the kitchen. I know where she is – but remember we were reading Heidegger yesterday? He says that a kitchen is where one cooks, and a bedroom is where one sleeps. So I’ll let you decide if Heidegger has been refuted, should you find her sleeping in the kitchen, or cooking in the bedroom.A: Where is your wife? B: In the kitchen or the bedroom. I know where she is. What you may NOT know, is that we demolished the separating wall. We have a loft now. So all I’ll say is that she may be in both!  All this might be unfriendly, unocooperative, and perhaps ungrammatical for Austen [Grice pronounced the surname so that the Aristotelian Society members might have a doubt] – if not Vitters, but, on the other hand, it would be a perfectly intelligible thing for a (married) man to say. We may not even GO to bachelors. Finally, the fact that the utterance of the disjunctive sentence normally or standardly or caeteris paribus involves the implication of the emissor's ignorance of the truth-values of the disjuncts (or more strictly, the implication of the emissor’s having grounds other than truth-functional for the uttering of the disjunctive) is, I should like to say, to be ‘explained’ – and Grice is being serious here, since Austin never cared to ‘explain,’ even if he could -- by reference to a general principle governing – or if that’s not too strong, guiding – conversation, at least of the cooperative kind the virtues of which we are supposed to be exulting to our tuttees. Exactly what this principle we should not go there. To explain why the implicaturum that the emissor is having grounds other than truth-functional ones for the utterance of a disjunction one may appeal to the emissor being rational, assuming his emissee to be rational, and abiding by something that Grice does NOT state in the imperative form, but using what he calls a Hampshire modal (Grice divides the modals as Hampshire: ‘should,’ the weakest, ‘ought’ the Hare modal, the medium, and ‘must,’ Grice, the stronges)"One, a man, a rational man, should not make conversational move communicating ‘p’ which may be characterised (in strict terms of entailment) as weaker (i.e. poor at conversational fortitude) rather than a stronger (better at conversational fortitude) one unless there is a good reason for so doing." So Gentzen is being crazey-basey if he thinks:p; therefore, p or q.For who will proceed like that?“Or” is complicated, but so is ‘if.’ The Gentzen differs from the evaluation assignemt:‘p or q’ is 1 iff p is 1 or q is 1. When we speak of ‘truth-functional’ grounds it is this assignment above we are referring to.Of courseif p, p or q [a formulation of the Gentzen introduction]is a TAUTOLOGY [which is what makes the introduction a rule of inference].In terms of entailment P Or Q (independently)  Is stronger than ‘p v q’ In that either p or q entail ‘p or q’ but the reverse is not true. Grice says that he first thought of the pragmatic rule in terms of the theory of perception, and Strawson hints at this when he says in the footnote to “Introduction to Logical theory” that the rule was pointed out by his tutor in the Logic Paper, Grice, “in a different connection.” The logic paper took place before the war, so this is early enough in Grice’s career – so the ghosts of Whitehead and Russell were there! We can call the above ‘the principle of conversational fortitude.’ This is certainly not an adequate formulation but will perhaps be good enough for Grice’s purpose in “Causal.” On the assumption that such a principle as this is of general application, one can DRAW or infer or explain the conclusion that the utterance of a disjunctive sentence would imply that the emissor has grounds other than truth-functional for the uttering of a disjunctum, given that, first, the obvious reason for not making a statemcnt which there is some call on one to make VALIDLY is that one is not in a position (or entitled) to make it, and given, second, the logical ‘fact’ that each disjunct entails the disjunctive, but not vice versa; which being so, each disjunct is stronger (bears more conversational ‘fortitude’) than the disjunctive. If the outline just given is on the right lines, Grice would wish to say, we have a reason for REFUSING (as Strawson would not!) in the case of “kitchen or bedroom” to regard the implication of the emissor having grounds other than truth-functional for the uttering of the disjunctive as being part of the ‘meaning’ (whatever that ‘means’) of 'or' – but I should doublecheck with O. P. Wood – he’s our man in ‘or’ – A man who knows about the logical relation between a disjunction and each disjunct, i. e. a man who has at least BROWSED Whitehead and Russell – and diregards Bradley’s exclusivist account -- and who also ‘knew,’ qua Kantian rational agent, about the alleged general principle or guiding conversational, could work out for hirnself, surely, that a disjunctive utterance would involve the implication which it does in fact involve. Grice insists, however, that his aim in discussing this last point – about the principle of conversational fortitude EXPLAING the generation of the implicaturum -- has been merelyto indicate the position I would wish to take up, and not to argue scriously in favour of it. Grice’s main purpose in the excursus on implication was to introduce four ideas or catalysts, or tesets – TEST No. I: truth-value; TEST No. 2: Vehicle out of four; Test No. 3/Twin Test: Annulation and Non-Detachment (is there a positive way to express this – non-detached twins as opposed to CONJOINT twins), and Test No. 4 – ‘Meaning’ of expression? -- of which Grice then goes to make some use re: the pillar box seeming red.; and to provide some conception of the ways in which each of the four tests apply or fail to apply to various types of implication. By the numbering of it, it seems that by the time of Essay II he has, typically, added an extra. It’s FIVE catalysts now, but actually, since he has two of the previous tests all rolled up in one, it is SIX CATALSTS. He’ll go back to them in Essay IV (“Indicative conditionals” with regard to ‘if’), and in Presupposition and Conversational (with regard to Example I here: “You have not ceased eating iron”). Implicaturum.He needs those catalysts. Why? It seems like he is always thinking that someone will challenge him! This is Grice: “We can now show that, it having been stipulated as being what it is, a conversational implicaturum must possess certain distinctive features, they are six. By using distinctive feature Grice is serious. He wants each of the six catalysts to apply to each type of ‘implicaturum’, so that a table can be constructed. With answers yes/no. Or rather here are some catalyst ideas which will help us to determine or individuate. Six tests for implicaturum as it were. SO THESE FEATURES – six of them – apply to three of the examples – not the ‘poor but honest’ – but the “you have not ceased eating iron,” “Beautiful handwriting,” and “Kitchen or bedroom.”First test – nothing about the ‘twin’ – it’s ANNULATION or CANCELLABILITY – as noted in “Causal Theory” – for two of the examples (‘beautiful handwriting’ and ‘kitchen or bedroom’ and NEGATIVE version of “You don’t cease to eat iron”) and the one of the pillar box – He adds a qualifier now: the annulation should best be IMPLICIT. But for the fastidious philosopher, he allows for an EXPLICITATION which may not sound grammatical enough to Austen (pronounced to rhyme with the playgroup master, or the kindergarten’s master). To assume the presence of a conversational implicaturum, the philosopher (and emissee) has to assume that the principle of conversational co-operation (and not just conversational fortitude) is being observed.However, it is mighty possible to opt out of this and most things at Oxford, i. e. the observation of this principle of conversational cooperation (or the earlier principle of conversational fortitude).It follows then that now we CAN EXPLAIN WHY CANCELLABILITY IS A DISTINCTIVE FEATURE. He left it to be understood in “Causal.”It follows then, deductively, that an implicaturum can be canceled (or annulled) in a particular case. The conversational implicaturum may be, drearily – but if that’s what the fastidious philosopher axes -- explicitly canceled, if need there be, by the addition of a clause by which the utterer states or implies that he opts out (e. g. “The pillar box seems red but it is.” “Where is your wife?” “My lips are sealed”). Then again the conversational implicaturum may be contextually (or implicitly) canceled, as Grice prefers (e. g. to a very honest person, who knows I disbelieve the examiner exists, “The loyalty examiner won’t be summoning you at any rate”). The utterance that usually would carry an implicaturum is used on an occasion that makes it clear or obvious that the utterer IS opting out without having to bore his addressee by making this obviousness explicit. SECOND DISTINCTIVE FEATURE: CONJOINING, i.e. non-detachability.There is a second litmus test or catalyst idea.Insofar as the calculation that a implicaturum is present requires, besides contextual and background information only an intuitive rational knowledge or understanding or processing of what has been explicitly conveyed (‘are you playing squash? B shows bandaged leg) (or the, shall we say, ‘conventional’ ‘arbitrary’ ‘commitment’ of the utterance), and insofar as the manner or style, of FORM, rather than MATTER, of expression should play at best absolutely no role in the calculation, it is NOT possible to find another way of explicitly conveying or putting forward the same thing, the same so-and-so (say that q follows from p) which simply ‘lacks’ the unnecessary implicaturum in question -- except [will his excluders never end?] where some special feature of the substituted version [this other way which he says is not conceivable] is itself relevant to the determination of the implicaturum (in virtue of this or that conversational maxims pertaining to the category of conversational mode. THIS BIG CAVEAT makes you wonder that Grice regretted making fun of Kant. By adopting jocularly the four conversational categories, he now finds himself in having to give an excuse or exception for those implicatura generated by a flout to what he earlier referred to as the ‘desideratum of conversational clarity,’ and which he jocularly rephrased as a self-defeating maxim, ‘be perspicuous [sic], never mind perspicacious!’If we call this feature, as Grice does in “Causal Theory,” ‘non-detachability’ (or conjoining)– in that the implicaturum cannot be detached or disjointed from any alternative expression that makes the same point -- one may expect the implicaturum carried by this or that locution to have a high degree of non-detachability. ALTERNATIVES FOR “NOT” Not, it is not the case, it is false that. There’s nothing unique about ‘not’.ALTERNATIVES FOR “AND” and, nothing, furthermore, but. There isnothing unique about ‘and’ALTERNATIVES FOR “OR”: One of the following is true. There is nothing unique about ‘or’ALTERNATIVES FOR “IF” Provided. ‘There is nothing unique about ‘if’ALTERNATIVES FOR “THE” – There is at least one and at most one. And it exists. (existence and uniqueness). There is nothing unique about ‘the’.THIS COVERS STRAWSON’S first problem.What about the other English philosophers?AUSTIN – on ‘voluntarily’ ALTERNATIVES to ‘voluntarily,’ with the will, willingly, intentionally. Nothing unique about ‘voluntarily.’STRAWSON on ‘true’ – it is the case, redundance theory, nothing. Nothing unique about ‘true’HART ON good. To say that ‘x is commendable’ is to recommend x. Nothing unique about ‘good.’HART on ‘carefully.’ Da Vinci painted Mona Lisa carefully, with caution, with precaution. Nothing unique about ‘carefully.’THIRD LITMUS TEST or idea and ATTENDING THIRD  DISTINCTIVE FEATURE. THIRD DISTINCTIVE FEATURE is in the protasis of the conditional.The implicaturum depends on the explicatum or explicitum, and a fortiori, the implicaturum cannot INVOLVE anything that the explicatum involves – There is nothing about what an emissor explicitly conveys about “or” or a disjunctum in general, which has to do with the emissor having grounds other than truth-functional for the utterance of a disjunctum.The calculation of the presence of an implicaturum presupposes an initial knowledge, or grasping, or understanding, or taking into account of the ‘conventional’ force (not in Austin’s sense, but translating Latin ‘vis’) of the expression the utterance of which carries the implicaturum.A conversational implicaturum will be a condition (but not a truth-condition), i. e. a condition that is NOT, be definition, on risk of circularity of otiosity, included in what the emissor explicitly conveys, i. e. the original specification of the expression's ‘conventional’ or arbitrary forceIf I’m saying that ‘seems’ INVOLVES, as per conventional force, ‘doubt or denial,’what’s my point? If Strawson is right that ‘if’ has the conventional force of conventionally committing the utterer with the belief that q follows from p, why bother? And if that were so, how come the implicaturum is still cancellable?Though it may not be impossible for what starts life, so to speak, as a conversational implicaturum to become conventionalized, to suppose that this is so in a given case would require special justification. (Asking Lewis). So, initially at least, a conversational implicaturum is, by definition and stipulation, not part of the sense, truth-condition, conventional force, or part of what is explicitly conveyed or put forward, or ‘meaning’ of the expression to the employment of which the impicatum attaches. FOURTH LITMUS TEST or catalyst idea. Mentioned in “Causal theory” YIELDS THE FOUTH DISICTINVE FEATURE and the FIFTH distinctive feature.FOURTH DISTINCTIVE FEATURE: in the protasis of the conditional – truth value.The alethic value – conjoined with the test about the VEHICLE --. He has these as two different tests – and correspondingly two distinctive features in “Causal”. The truth of a conversational implicaturum is not required by (is not a condition for) the truth of what is said or explicitly conveyed (what is said or explicated – the explicatum or explicitum, or what is explicitly conveyed or communicated) may be true -- what is implicated may be false – that he has beautiful handwriting, that q follows from p, that the utterer is ENDORSING what someone else said, that the utterer is recommending x, that the person who is said to act carefully has taken precaution), FIFTH DISTINCTIVE FEATURE: vehicle – this is the FOURTH vehicle of the four he mentions in “Causal”: ‘what the emissor explicitly conveys,’ ‘the emissor himself,’ the emissor’s utterance, and fourth, the emissor’s explicitly conveying, or explicitly conveying it that way --. The apodosis of the conditional – or inferrability schema, since he uses ‘since,’ rather than ‘if,’ i. e. ‘GIVEN THAT p, q. Or ‘p; therefore, q’. The implicaturum is NOT carried by what is said or the EXPLICATUM or EXPLICITUM, or is explicitly conveyed, but only by the ‘saying’ or EXPLICATING or EXPLICITING of what is said or of the explicatum or explicitum, or by 'putting it that way.’The fifth and last litmus test or catalyst idea YIELDS A SIXTH DISTINCTIVE FEATURE:Note that he never uses ‘first, second, etc.’ just the numerals, which in a lecture format, are not visible!SIXTH DISTINCTIVE FEATURE: INDETERMINACY. Due to the open character of the reasoning – and the choices available to fill the gap of the content of the propositional attitude that makes the conversational rational:“He is potentially dishonest.” “His colleagues are treacherous”Both implicatura possible for “He hasn’t been to prison at his new job at the bank – yet.”Since, to calculate a conversational implicaturum is to calculate what has to be supposed in order to preserve the supposition that the utterer is a rational, benevolent, altruist agent, and that the principle of conversational cooperation is being observed, and since there may be various possible specific explanations or alternatives that fill the gap here – as to what is the content of the psychological attitude to be ascribed to the utterer, a list of which may be open, or open-ended, the conversational implicaturum in such cases will technically be an open-ended disjunction of all such specific explanations, which may well be infinitely non-numerable. Since the list of these IS open, the implicaturum will have just the kind of INDETERMINACY or lack of determinacy that an implicaturum appears in most cases to possess. indeterminacy of translation, a pair of theses derived, originally, from a thought experiment regarding radical translation first propounded by Quine in Word and Object (1960) and developed in his Ontological Relativity (1969), Theories and Things (1981), and Pursuit of Truth (1990). Radical translation is an imaginary context in which a field linguist is faced with the challenge of translating a hitherto unknown language. Furthermore, it is stipulated that the linguist has no access to bilinguals and that the language to be translated is historically unrelated to that of the linguist. Presumably, the only data the linguist has to go on are the observable behaviors of incompleteness indeterminacy of translation 422 4065h-l.qxd 08/02/1999 7:39 AM Page 422 native speakers amid the publicly observable objects of their environment. (1) The strong thesis of indeterminacy, indeterminacy of translation of theoretical sentences as wholes, is the claim that in the context of radical translation a linguist (or linguists) could construct a number of manuals for translating the (natives’) source language into the (linguists’) target language such that each manual could be consistent with all possible behavior data and yet the manuals could diverge with one another in countless places in assigning different target-language sentences (holophrastically construed) as translations of the same source-language sentences (holophrastically construed), diverge even to the point where the sentences assigned have conflicting truth-values; and no further data, physical or mental, could single out one such translation manual as being the uniquely correct one. All such manuals, which are consistent with all the possible behavioral data, are correct. (2) The weak thesis of indeterminacy, indeterminacy of reference (or inscrutability of reference), is the claim that given all possible behavior data, divergent target-language interpretations of words within a source-language sentence could offset one another so as to sustain different targetlanguage translations of the same source-language sentence; and no further data, physical or mental, could single out one such interpretation as the uniquely correct one. All such interpretations, which are consistent with all the possible behavioral data, are correct. This weaker sort of indeterminacy takes two forms: an ontic form and a syntactic form. Quine’s famous example where the source-language term ‘gavagai’ could be construed either as ‘rabbit’, ‘undetached rabbit part’, ‘rabbithood’, etc. (see Word and Object), and his proxy function argument where different ontologies could be mapped onto one another (see Ontological Relativity, Theories and Things, and Pursuit of Truth), both exemplify the ontic form of indeterminacy of reference. On the other hand, his example of the Japanese classifier, where a particular three-word construction of Japanese can be translated into English such that the third word of the construction can be construed with equal justification either as a term of divided reference or as a mass term (see Ontological Relativity and Pursuit of Truth), exemplifies the syntactic form of indeterminacy of reference.

transformation – Grice: “My system G makes minimal use of transformations” -- minimal transformation rule: an axiom-schema or rule of inference. Grice: “Strictly, an Ovidian metamorphose!” -- A transformation rule is thus a rule for transforming a possibly empty set of wellformed formulas into a formula, where that rule operates only upon syntactic information. It was this conception of an axiom-schema and rule of inference that was one of the keys to creating a genuinely rigorous science of deductive reasoning. In the 0s, the idea was imported into linguistics, giving rise to the notion of a transformational rule. Such a rule transforms tree structures into tree structures, taking one from the deep structure of a sentence, which determines its semantic interpretation, to the surface structure of that sentence, which determines its phonetic interpretation. Grice: “Chomsky misuses ‘transformation.’”

triangulus -- Grice’s triangle. He uses the word in “Meaning Revisited,” (WoW: 286). It’s the semiotic triange between what he calls the ‘communication device,’ the denotatum, and the soul. While often referred to as H. P. Grice’s triangle, or H. P. Grice’s semiotic triangle, or "Ogden/Richards triangle" the idea is also expressed in 1810, by Bernard Bolzano, in his rather obscure, Grice grants, “Beiträge zu einer begründeteren Darstellung der Mathematik.” However, the triangle can be traced back to the 4th century BC, in Aristotle's Peri Hermeneias (often referred to in its Latin translation De Interpretatione, second book of his Organon, on which Grice gave seminars as University Lecturer at Oxford with J. L. Austin). H. P. Grice’s semiotic Triangle relates to the problem of universals, a philosophical debate which split ancient and medieval philosophers (mainly realists and nominalists).  The triangle describes a simplified form of relationship between the emissor as subject, a concept as object or referent or denotatum, and its designation (sign, signans, or as Grice prefers ‘communication device’). For more elaborated research see Semiotics.  Ogden semiotic triangle.png  Contents 1Interlocutory applications 1.1Other triangles 1.2The communicative stand 1.3Direction of fit 2See also 3References 4External links Interlocutory applications Other triangles The relations between the triangular corners may be phrased more precisely in causal terms as follows[citation needed][original research?]. The matter evokes the emissor's soul. The emissor refers the matter to the symbol. The symbol evokes the emissee’s soul. The emissee refers the symbol back to the matter. The communicative stand Such a triangle represents ONE agent, the emissor, whereas communication takes place between TWO (objects, not necessarily agents). So imagine another triangle and consider that for the two to understand each other, the content that the "triangles" represent must fit or be aligned. Clearly, this calls for synchronisation and an interface as well as scale among other things. Notice also, that we perceive the world mostly through our eyes and in alternative phases of seeing and not seeing with change in the environment as the most important information to look for. Our eyes are lenses and we see a surface (2D) in ONE direction (focusing) if we are stationary and the object is not moving either. This is why you may position yourself in one corner of the triangle and by replicating (mirroring) it, you will be able to see the whole picture, your cognitive epistemological and the ontological existential or physical model of life, the universe, existence, etc. combined.[citation needed][original research?]  Direction of fit Main article: Direction of fit  This section has multiple issues. Please help improve it or discuss these issues on the talk page. (Learn how and when to remove these template messages) This section does not cite any sources. (December 2012) This section is written like a personal reflection, personal essay, or argumentative essay that states a Wikipedia editor's personal feelings or presents an original argument about a topic. (December 2012) Grice uses the notion of "direction of fit" (in “Intention and Uncertainty”) to create a taxonomy of acts. [3] [4]   This table possibly contains original research. Please improve it by verifying the claims made and adding inline citations. Statements consisting only of original research should be removed. (December 2012) (Learn how and when to remove this template message) World or Referentintended →Writer's Thought   decoded ↑ ↓ encoded  Thought Emissee's← extendedSymbol or Word   Emissor's THOUGHT retrieves SYMBOL suited to REFERENT, Word suited to World.   Reader's THOUGHT retrieves REFERENT suited to SYMBOL, World suited to Word. Actually the arrows indicate that there is something exchanged between the two parties and it is a feedback cycle. Especially, if you imagine that the world is represented in the soul of both the emissor and the emissee and used for reality check. If you look at the triangle above again, remember that reality check is not what is indicated there between the sign and the referent and marked as "true', because a term or a sign is allocated "arbitrarily'. What you check for is the observance of the law of identity which requires you and your partner to sort out that you are on the same page, that the emissor is communicating and the emissee is understanding about the same thing. So the chunk of reality and the term are replaceable/interchangeable within limits and your concepts in the soul as presented in some appropriate way are all related and mean the same thing. Usually the check does not stop there, your ideas must also be tested for feasibility and doability to make sure that they are "real" and not "phantasy". Reality check comes from consolidating your experience with other people's experience to avoid solipsism and/or by putting your ideas (projection) in practice (production) and see the reaction. Notice, however how vague the verbs used and how the concept of a fit itself is left unexplained in details.[editorializing]  See also The Delta Factor De dicto De se De re References  Colin Cherry (1957) On Human Communication  C. K. Ogden and I. A. Richards (1923) The Meaning of Meaning  John Searle (1975) "A Taxonomy of Illocutionary Acts", in: Gunderson, K. (ed.), Language, Mind, and Knowledge (Minneapolis: University of Minnesota Press) pp. 344-369.  John Searle (1976) "A Classification of Illocutionary Acts", Language in Society, Vol.5, pp. 1-24. External links Jessica Erickstad (1998) Richards' Meaning of Meaning Theory. University of Colorado at Boulder. Allie Cahill (1998) "Proper Meaning Superstition" (I. A. Richards). University of Colorado at Boulder. Categories: SemioticsSemanticsPragmaticsPhilosophy of languagePhilosophy of mind. Semiotisches Dreieck Zur Navigation springen. Zur Suche springen. Das semiotische Dreieck stellt die Relation zwischen dem Symbol, dem dadurch hervorgerufenen Begriff und dem damit gemeinten realen Ding dar. Das semiotische Dreieck ist ein in der Sprachwissenschaft und Semiotik verwendetes Modell. Es soll veranschaulichen, dass ein Zeichenträger (Graphem, Syntagma, Symbol) sich nicht direkt und unmittelbar auf einen außersprachlichen Gegenstand bezieht, sondern dieser Bezug nur mittelbar durch eine Vorstellung/einen Begriff erfolgt. Das semiotische Dreieck publizierten erstmals Charles Kay Ogden und Ivor Armstrong Richards in dem Werk The Meaning of Meaning. Das semiotische Dreieck in vereinfachter Beschreibung. Die Welt besteht aus Gegenständen, Sachverhalten, Ereignissen und Ähnlichem. Diese sind wirklich und bestimmen alles, was geschieht. Das Symbol für ein Einzelnes davon steht in den folgenden Dreiecken rechts und bedeutet vereinfacht: Ding oder „was Sache ist“. Wenn der Mensch ein Ding bemerkt oder sich vorstellt, macht er sich ein gedachtes Bild davon. Das Symbol dafür steht in den folgenden Dreiecken oben und bedeutet: Begriff oder „was man meint“. Wenn Menschen mit diesen Begriffen von Dingen reden, so verwenden sie Zeichen (meist hörbar, gelegentlich auch sichtbar oder anders wahrnehmbar). Das sind Wörter (auch Bezeichnungen, Benennungen, Symbole oder Ähnliches). Das Symbol dafür steht in den folgenden DREIECKEN links und bedeutet: Wort oder „was man dazu sagt“. Ding, Begriff und Wort sollen eindeutig zusammengehören. Das gelingt nicht immer, vielmehr muss man immerzu aufpassen, ob der eben verwendete Begriff das betrachtete Ding richtig erfasst, ob das eben verwendete Wort den gemeinten Begriff trifft, und sogar ob das eben betrachtete Ding überhaupt eins ist und nicht etwa einige oder gar keins. Passen die drei Ecken nicht zueinander, „So entstehen leicht die fundamentalsten Verwechslungen (deren die ganze Philosophie voll ist).“  Vitters: Tractatus 3.324. Das semiotische Dreieck als bildliche Darstellung der Mehrdimensionalität der Zeichen  Begriff  /\  /  \    /    \    /      \     /   \ Zeichen ...... Gegenstand  (Wort)  (Ding). Das semiotische Dreieck ist zunächst nur ein bildliches Hilfsmittel, um sich Beziehungen „im“ bzw. „des“ Zeichens zu veranschaulichen. Seine Interpretation und nähere Ausgestaltung hängt daher von der zugrunde gelegten Erkenntnistheorie ab.  In entscheidender Weise wird durch das semiotische Dreieck veranschaulicht, dass zwischen dem Wort (der Zeichenform, d. h. dem Schriftbild oder dem Lautbild) und dem Bezeichneten (Ding, Gegenstand) keine direkte Beziehung, sondern nur durch (mindestens) eine hier so genannte Vermittlungsinstanz vermittelte Beziehung besteht. Graphisch wird dies durch eine unterschiedliche Linie dargestellt.  Gebräuchlich ist ein Dreieck. Entscheidend ist die nicht-direkte Beziehung zwischen Zeichen (Wort) und Gegenstand (Ding). Je nach Anzahl der zu veranschaulichenden (nicht auszublendenden) Bezugspunkte und Vermittlungsinstanzen und der Art der betonten Beziehungen kann man auch ein Quadrat, ein sonstiges Vieleck bzw. einen mehrdimensionalen Körper benutzen.  Darauf hinzuweisen ist, dass die Vermittlungsinstanz – hier mit dem mehrdeutigen Ausdruck „Begriff“ bezeichnet – sehr unterschiedlich gesehen wird, was aus dem Terminologiebefund unten deutlich wird.  Das semiotische Dreieck ist Veranschaulichung eines Zeichenverständnisses, das dem Zeichenbegriff von Ferdinand de Saussure, wonach ein Zeichen eine „psychische Einheit“ zwischen einem „akustischen Bild“ (Signifikanten) und einem „Begriff“ (Signifikat) (bei ihm im Sinne einer psychischen Vorstellung)[2] sein soll, widersprechen dürfte:[3] statt der „Papierblattmetapher“ für das Verhältnis von Signifikant/Signifikat (von de Saussure) wird im semiotischen Dreieck eine optische Trennung und Distanzierung von Zeichenkörper und Begriff (Sinn) vorgenommen.  Das semiotische Dreieck blendet auch pragmatische Bedingungen und Bezüge aus bzw. reduziert sie auf die semantische Dimension und wird daher von pragmatischen Bedeutungstheorien kritisiert (vgl. Semiotik).  Das Fehlen einer unmittelbaren Beziehung zwischen Zeichen und Gegenstand wird zugleich als Ausdruck der (von de Saussure betonten) Arbitrarität und Konventionalität von Zeichen interpretiert.  Geschichte Man muss unterscheiden zwischen dem semiotischen Dreieck als Bild und einem dreiseitigen (triadischen) Zeichenbegriff, dessen Veranschaulichung es dient.  Verbreitet wird die sprachwissenschaftliche Entwicklung so dargestellt, als gäbe es ein semiotisches Dreieck erst seit Ogden/Richards, die damit einen nur zweigliedrigen Zeichenbegriff von de Saussure modifiziert/überwunden hätten.[4] Es heißt, bis ins 19. Jahrhundert sei der Zeichenbegriff im Wesentlichen hinsichtlich seines Sachbezugs als „zweistellige Relation“ diskutiert worden.[5]  Andere betonen den zugrunde liegenden dreiseitigen („triadischen“) Zeichenbegriff, der meist bei Aristoteles, mitunter auch schon bei Platon angesetzt wird. Schon bei Platon findet sich ein gedankliches Wort-Gegenstand-Modell zwischen Namen (Zeichen) – Idee (Begriff) und Ding. Bei Aristoteles ist ein Zeichen (semeion, damit meint er ein Wort) ein Symptom für eine Seelenregung, d. h. für etwas, das der Sprecher sich vorstellt. Diese Vorstellung des Sprechers ist dann ein Ikon für ein Ding. Dies sind für ihn die primären Zeichenrelationen (rot in der untenstehenden Figur). Davon abgeleitet ist die sekundäre Zeichenrelation (schwarz in der Figur).   Das Semiotische Dreieck bei Aristoteles Seit Aristoteles wird vertreten, dass Zeichen Dinge der Welt nicht unvermittelt, sondern vermittelt über einen „Begriff“, „Vorstellung“ etc. bezeichnen. Dies bedeutet eine Differenzierung gegenüber der einfachen aliquid-stat-pro-aliquo-Konzeption und ist „für die ganze Geschichte der Semiotik entscheidend“. Bei Aristoteles stehen „Zeichen […] für Sachen, welche von den Bewußtseinsinhalten abgebildet worden sind“. „Die Sachen werden von den Zeichen nicht präsentiert, sondern repräsentiert.“. Die Interpretation von De interpretatione ist dabei seit Jahrtausenden kontrovers. Die oben wiedergegebene Interpretation entspricht einer psychologischen Deutung, die einen Psychologismus nahelegt. Dies erscheint fraglich, da Aristoteles eher einen erkenntnistheoretischen Realismus vertreten haben dürfte.  Scholastik In der Sprachphilosophie der Scholastik finden sich Überlegungen zum Dreierschema res (Sache, Ding), intellectus (Verstand, Gedanken, Begriff), vox (Wortzeichen). Logik von Port-Royal. In der Grammatik von Port-Royal (Mitte des 17. Jh.) soll das semiotische Dreieck eingeführt worden sein.[10] In der Logik von Port-Royal sind die Gegenstände und die Sprachzeichen nicht unmittelbar, sondern über Universalien miteinander verknüpft. Nach KANT ist das zwischen Begrifflichkeit und Sinnlichkeit bzw. Gegenstand vermittelnde Element das Schema als ein bildhaftes und anschauliches Zeichen. Das Verfahren des Verstandes, mit Hilfe der ‚Einbildungskraft‘ die reinen Verstandesbegriffe zu versinnlichen, heißt Schematismus. Auch Arthur Schopenhauer, ein deutscher Philosoph des 19. Jahrhunderts, unterscheidet in seinem Hauptwerk Die Welt als Wille und Vorstellung strikt zwischen Wort, Begriff und Anschauung. Ausblendung des Referenzbezugs im Zeichenmodell von de Saussure Nach verbreiteter Auffassung haben die moderne Sprachwissenschaft und der moderne Zeichenbegriff erst mit de Saussure eingesetzt. Nach de Saussure ist ein Zeichen die Verbindung eines Ausdrucks (signifiant) mit einem Inhalt (signifié), wobei das Zeichen als „psychische Einheit mit zwei Seiten“[14] aufgefasst wurde. In diesem zweigliedrigen (dyadischen) Zeichenmodell „hat die reale Welt keine Bedeutung“:[15] „Hier Bezeichnetes als geistige Vorstellung, dort Bezeichnendes als dessen Materialisation in der Sprache, aber kein Platz für das Objekt selbst“. Triadisches Zeichenmodells bei Peirce. Charles S. Peirce entwickelte eine pragmatische Semiotik[16] und die Pragmatik soll auf dem triadischen Zeichenmodell von Peirce beruhen.[17] Statt eines dyadischen entwickelte Peirce ein kommunikativ-pragmatisches, triadisches Zeichenmodell: das Zeichen ist eine „triadische Relation (semiotisches Dreieck)“. Dies, indem er zu Zeichenmittel und Objekt den „Interpretanten“ ergänzte, d. h. die Bedeutung, die durch Interpretation der Zeichenbenutzer (Sprecher bzw. Hörer) in einem Handlungszusammenhang zustande kommt. „Das, was als Bewusstseinsinhalt erscheint, der Interpretant, ist der individuell erkannte Sinn, der seinerseits kulturell vor- oder mitgeprägt sein kann. Daher wird in diesem Konzept die Zeichenbedeutung (…) auch als „kulturelle Einheit“ (Eco, 1972) postuliert.“Peirce-Interpreten wie Floyd Merrell oder Gerhard Schönrich wenden sich gegen die Dreiecksdarstellung peircescher Zeichentriaden, da sie suggerieren könnte, dass sich die irreduzible triadische Relation zerlegen lasse in einzelne zweistellige Relationen. Stattdessen schlagen sie eine Y-förmige Darstellung vor, bei der die drei Relate jeweils durch eine Linie mit dem Mittelpunkt verbunden sind, aber entlang der Seiten des „Dreiecks“ keine Linien verlaufen.  Charles Kay Ogden / Ivor Armstrong Richards Als „die“ Vertreter eines dreiseitigen Zeichenmodells bzw. eines semiotischen Dreiecks (unter Ausblendung ihrer Vorläufer) werden verbreitet Charles Kay Ogden und Ivor Armstrong Richards angeführt. Diese erkannten eine Welt außerhalb des menschlichen Bewusstseins ausdrücklich an und wandten sich gegen „idealistische Konzepte“. Nach Charles Kay Ogden und Ivor Armstrong Richards symbolisiert das Zeichen (symbol) etwas und ruft einen entsprechenden Bewusstseinsinhalt (reference) hervor, der sich auf das Objekt (referent) bezieht.[6] Das semiotische Dreieck wird wie folgt erklärt: „Umweltsachverhalte werden im Gedächtnis begrifflich bzw. konzeptuell repräsentiert und mit Sprachzeichen assoziiert. So ist z. B. das Wort „Baum“ ein Sprachzeichen, das mit dem Begriff bzw. Konzept von „BAUM“ assoziiert ist und über diesen auf reale Bäume (Buchen, Birken, Eichen usw.) verweisen kann.“. Siehe auch Organon-Modell (von Karl Bühler) Literatur Metamorphosen des semiotischen Dreieck. In: Zeitschrift für Semiotik. Band 10, (darin 8 einzelne Artikel). Umberto Eco: Semiotik – Entwurf einer Theorie der Zeichen. 2. Auflage. Wilhelm Fink Verlag, München 1991, ISBN 3-7705-2323-7. Umberto Eco: Einführung in die Semiotik. Wilhelm Fink Verlag, München 1994, ISBN 3-7705-0633-2. Einzelnachweise  C. K. Ogden, I. A. Richards: The Meaning of Meaning. 1923  Kassai: Sinn. In: Martinet (Hrsg.): Linguistik. Ohne Problematisierung trotz der Nähe zu Saussure hingegen bei Kassai: Sinn. In: Martinet (Hrsg.): Linguistik. 1973, S. 251 (S. 254 f.) referiert  So wohl Fischer Kolleg Abiturwissen, Deutsch (2002), S. 27  So z. B. Schülerduden, Philosophie (2002), Semiotik  Triadische Zeichenrelation. In: Homberger: Sachwörterbuch zur Sprachwissenschaft. 2000  Trabant: Semiotik. Trabant: Semiotik. So auch Triadische Zeichenrelation. In: Homberger: Sachwörterbuch zur Sprachwissenschaft. 2000, wonach Aristoteles das Platonische Modell „psychologisiert“ haben soll  So Schülerduden, Philosophie (2002), Sprachphilosophie  Schülerduden, Philosophie (2002), Sprachphilosophie  Baumgartner: Kants „Kritik der reinen Vernunft“, Anleitung zur Lektüre. [1988], neu ersch. 5. Auflage. ALBER, Freiburg Hierzu vor allem das Kapitel: „Zur Lehre von der abstrakten, oder Vernunft-Erkenntnis“ (Zweiter Band)  Fischer Kolleg Abiturwissen, Deutsch (2002), S. 26  Ernst: Pragmalinguistik. 2002, S. 66  Schülerduden, Philosophie (2002), Peirce  So Pelz: Linguistik. 1996, S. 242  Zeichenprozess. In: Homberger: Sachwörterbuch zur Sprachwissenschaft. 2000  Bedeutung. In: Homberger: Sachwörterbuch zur Sprachwissenschaft. 2000 Kategorien: SemiotikSemantik. For Grice, the triangle represents the three correspondences. First, psychophysical, second psychosemiotic, and third semio-physical.

tisberi -- Heytesbury: w. also called Hentisberus, Hentisberi, Tisberi before, English philosopher and chancellor of Oxford . He wrote Sophismata “Sophisms”, Regulae solvendi sophismata “Rules for Solving Sophisms”, and De sensu composito et diviso “On the Composite and Divided Sense”. Other works are doubtfully attributed to him. Heytesbury belonged to the generation immediately after Thomas Bradwardine and Kilvington, and was among the most significant members of the Oxford Calculators, important in the early developemnt of physics. Unlike Kilvington but like Bradwardine, he appealed to mathematical calculations in addition to logical and conceptual analysis in the treatment of change, motion, acceleration, and other physical notions. His Regulae includes perhaps the most influential treatment of the liar paradox in the Middle Ages. Heytesbury’s work makes widespread use of “imaginary” thought experiments assuming physical impossibilities that are yet logically consistent. His influence was especially strong in Italy in the fifteenth century, where his works were studied widely and commented on many times. 

trinitarianism, -- “Raining, raining, raining.” -- the theological doctrine that God consists of three persons, “in Strawson’s usage of the expression” – Vide Grice, “Personal identity,” -- The persons who constitute the Holy Trinity are the Father; the Son, who is Jesus Christ; and the Holy Spirit or Holy Ghost. The doctrine states that each of these three persons is God and yet they are not three Gods but one God. According to a traditional formulation, the three persons are but one substance. In the opinion of Aquinas, the existence of God can be proved by human reason, but the existence of the three persons cannot be proved and is known only by revelation. According to Christian tradition, revelation contains information about the relations among the three persons, and these relations ground proper attributes of each that distinguish them from one another. Thus, since the Father begets the Son, a proper attribute of the Father is paternity and a proper attribute of the Son is filiation. Procession transparent Trinitarianism 928   928 or spiration is a proper attribute of the Holy Spirit. A disagreement about procession has contributed to dividing Eastern and Western Christianity. The Eastern Orthodox church teaches that the Holy Spirit proceeds from the Father through the Son. A theory of double procession according to which the Holy Spirit proceeds from the Father and the Son has been widely accepted in the West. This disagreement is known as the filioque ‘and the Son’ controversy because it arose from the fact that adding this Latin phrase to the Nicene Creed became acceptable in the West but not in the East. Unitarianism denies that God consists of three persons and so is committed to denying the divinity of Jesus. The monotheistic faiths of Judaism and Islam are unitarian, but there are unitarians who consider themselves Christians. H. P. Grice, “Raining, raining, raining – my mother and the Trinitarians.”

tipperary: music-hall cited by Grice. Grice liked the song and would often accompany himself at the piano (“in Eb always”). He especially loved to recite the three verses (“Up to mighty London came an Irishman one day,” “Paddy wrote a letter to his Irish Molly-O,” and “Molly wrote a neat reply to Irish Paddy-O”). Grice devises a possible counter-example to his account of ‘communication,’ or strictly the conditions that have to be met for the state of affairs “Emisor E communicates that p” to hold. In Grice’s scenario, a reminiscence shared by his father, at a musical soirée in 1912, at Harborne, Grice’s grandfather sings "Tipperary” “in a raucous voice” (those are Grice’s father’s words) with the intention of getting his mother-in-law (whom he knew was never too keen on the music-hall) to leave the drawing-room. Grice’s grandfather’s mother-in-law is supposed to recognise (and to know that she is intended to recognise) that Grice’s grandfather wants to get rid of his mother in law – “to put it bluntly,” as Grice’s father has it. Grice’s grandfather, moreover, intends that his mother-in-law shall, in the event, leave because she recognizes Grice’s grandfather’s intention that she  shall go. Grice’s grandfather’s scheme is that his mother-in-law should, somewhat wrongly, think that Grice’s grandfather intends his mother-in-law to think that he intends to get rid of her by means of the recognition of his intention that she should go. In other words, the mother-in-law is supposed to argue: "My son-in-law intends me to *think* that he intends to get rid of me by the raucous singing of that awful ditty complete with the three verses – starting with “Up to mighty London came an Irishman one day” -- but of course he, rude as he is, really wants to get rid of me by means of the recognition of his intention to get rid of me. I am really intended to go because he wants me to go, not because I cannot stand the singing – I suppose. I mean, I could possibly stand it, if tied up, or something." The fact that the mother in law, while thinking she is seeing through his son-in-law’s plans, is really *conforming* to them (a situation that would not hold if she is known by her son-in-law to be ‘counter-suggestible’), is suggested as precluding Grice from deeming, here, that his grandfather means by the singing in a raucuous voice the opening line to “Tipperary” in a raucuous voice (“Up to mighty London came an Irishman one day”) that his mother-in-law should go. However, it is clear to Grice that, once one tries to fill in the detail of this description, the example becomes baffling – “even if I myself designed it.” “For, how is my grandfather’s mother-in-law sposed to reach the idea that my grandfather wants her to think that he intends to get rid of her by singing in a raucuous voice “Up to mighty London came an Irishman one day”?” “My father tells me that my grandfather sould sing in a *particular nasal tone*, so common at the music-hall, which he knows *not* necessarily to be displeasing to his mother in law (when put to use to a respectable drawing-room ballad), though it is to most people that visit the Grices.” Grice’s grandfather’s mother in law knows that Grice’s grandfather knows this particular nasa tone not to be displeasing to her, but she thinks, rather wrongly, that Grice’s grandfaather does not know that his mother-in-law knows this (she would never display his tastes in public). The mother-in-law might then be supposed to argue: "My son-in-law cannot want to drive me out of the drawing-room by his singing, awful to most, since he knows that that particularly nasal tone is not really displeasing to me. My son-in-law, however, does not know that I know he knows this. Therefore, maybe my son-in-law is does wantsme to think that he intends to drive me out, on the ground of a mere cause, rather than a reason, *by* his singing." “At this point,” Grice notes, “one would expect my grandfather’s mother-in-law to be completely at a loss to explain my grandfather’s performance.” “I see no reason at all why my grandfather’s mother in-law should then suppose that he *really* wants to get rid of her in some other way.” Whether or not this example could be made to work, its complexity is ennerving. “And the sad thing about it, is that any attempt on my part to introduce yet further restrictions would involve more ennerving complexities still.” “It is in general true that one cannot have intentions to achieve results which one sees no chance of achieving; and the success of intentions of the kind involved in communication requires he to whom communications or near-communications is addressed to be capable in the circumstances of having certain thoughts and drawing certain conclusions.” At some early stage in the attempted regression the calculations required of my grandfather’s mother-in-lawy by my grandfather will be impracticably difficult; and I suspect the limit has now been reached (if not exceeded).” “So my grandfather, is he is a Grice, cannot have the intentions – as reconstructed by my father, this was way back in 1912 -- required of him in order to force the addition of further restrictions. Not only are the calculations my grandfather would be requiring of his mother-in-law too difficult, but it would be impossible for him to find cues to indicate to her that the calculations should be made, even if they were within his mother-in-law’s compass. So one is tempted to conclude that no regress is involved.” But even should this conclusion be correct, we seem to be left with an uncomfortable situation. For though we may know that we do not need an infinite series of backward-looking sub-clauses, we cannot say just how many such sub-clauses are required. “Indeed, it looks as if the definitional expansion of "By uttering x emisor E communicates that p" might have to vary from case to case, depending on such things as the nature of the intended response, the circumstances in which the attempt to elicit the response is made (say, a musical soirée at Harborne in mid-1912), and the intelligence of the utterer (in this case my grandfather) and of the addressee (his mother in law).” It is dubious whether such variation can be acceptable. However, Grice genially finds out that this ennerving difficulty (of the type some of Grice’s tutees trying to outshine him would display) is avoided if we could eliminate potential counter-examples not by requiring the emisor to have certain additional, backward-looking, intentions, but rather by requiring the emisor *not* to have a certain sort of intention or complex of intentions. Potential counterexamples of the kind involves the construction of a situation in which the emisor E intends the sendee S, in the reflection process by which the sendee S is supposed to reach his response, both to rely on some inference-element, i. e., ome premise or some inferential step, E, and also to think that the emisor E intends his sendee S not to rely on E. “What I propose, then, is to uproot such potential counterexamples by a single clause which prohibits the emisor from having this kind of complex intention.” We reach a redefinition: "the emisor E means that p by uttering x" is true iff (for some sendee S and for some response r): (a) the emisor U utters x intending (i) the sendee to produce r  (2) the sendee S to think the emisor E to intend (i) (3) the sendee S’s fulfillment of (i) to be based on the sendee S’s fulfillment of (2) (b) there is no inference-element E such that the emsior E utters x intending both (i') that the sendee S’s determination of r should rely on the inference element e and (2') that the sendee S should think the emisor E to intend that (I') be false.”


transversum -- Transversality – a term Grice borrowed from Heidegger – ‘the greatest philosopher that ever lived.” --  transcendence of the sovereignty of identity or self-sameness by recognizing the alterity of the Other as Unterschied  to use Heidegger’s term  which signifies the sense of relatedness by way of difference. An innovative idea employed and appropriated by such diverse philosophers as Merleau-Ponty, Sartre, Gilles Deleuze, and Félix Guattari, transversality is meant to replace the Eurocentric formulation of truth as universal in an age when the world is said to be rushing toward the global village. Universality has been a Eurocentric idea because what is particular in the West is universalized, whereas what is particular elsewhere remains particularized. Since its center is everywhere and its circumference nowhere, truth is polycentric and correlative. Particularly noteworthy is the  phenomenologist Calvin O. Schrag’s attempt to appropriate transversality by splitting the difference between the two extremes of absolutism and relativism on the one hand and modernity’s totalizing practices and postmodernity’s fragmentary tendencies on the other.

tropic: Grice: “Cf. Cicero, ‘Tropicus, and sub-tropicus’ –“ used by R. M. Hare and H. P. Grice – Hare introduced the ‘tropic’ to contrast with the ‘phrastic,’ the ‘neustic,’ and the ‘clistic’ – “I often wondered if Hare was not distinguishing too narrowly” – H. P. Grice --trope, in recent philosophical usage, an “abstract particular”; an instance of a property occurring at a particular place and time, such as the color of the cover of this book or this . The whiteness of this  and the whiteness of the previous  are two distinct tropes, identical neither with the universal whiteness that is instantiated in both s, nor with the  itself; although the whiteness of this  cannot exist independently of this , this  could be dyed some other color. A number of writers, perhaps beginning with D. C. Williams, have argued that tropes must be included in our ontology if we are to achieve an adequate metaphysics. More generally, a trope is a figure of speech, or the use of an expression in a figurative or nonliteral sense. Metaphor and irony, e.g., fall under the category of tropes. If you are helping someone move a glass table but drop your end, and your companion says, “Well, you’ve certainly been a big help,” her utterance is probably ironical, with the intended meaning that you have been no help. One important question is whether, in order to account for the ironical use of this sentence, we must suppose that it has an ironical meaning in addition to its literal meaning. Quite generally, does a sentence usable to express two different metaphors have, in addition to its literal meaning, two metaphorical meanings  and another if it can be hyperbolic, and so forth? Many philosophers and other theorists from Aristotle on have answered yes, and postulated such figurative meanings in addition to literal sentence meaning. Recently, philosophers loath to multiply sentence meanings have denied that sentences have any non-literal meanings.Their burden is to explain how, e.g., a sentence can be used ironically if it does not have an ironical sense or meaning. Such philosophers disagree on whether tropes are to be explained semantically or pragmatically. A semantic account might hypothesize that tropes are generated by violations of semantical rules. An important pragmatic approach is Grice’s suggestion that tropes can be subsumed under the more general phenomenon of conversational implicaturum.

tukey’s bit: from binary digit, a unit or measure of information. Suggested by John W. Tukey, a bit is both an amount of information a reduction of eight equally likely possibilities to one generates three bits [% log2 8] of information and a system of representing that quantity. The binary system uses 1’s and 0’s.

Turing: Grice: “While not a philosopher, Turing’s thought experiment is about the ‘conceptual analysis’ of ‘thought’” --similar to a Griceian machine -- a machine, an abstract automaton or imagined computer consisting of a finite automaton operating an indefinitely long storage tape. The finite automaton provides the computing power of the machine. The tape is used for input, output, and calculation workspace; in the case of the universal Turing machine, it also specifies another Turing machine. Initially, only a finite number of squares of the tape are marked with symbols, while the rest are blank. The finite automaton part of the machine has a finite number of internal states and operates discretely, at times t % 0, 1, 2, . . . . At each time-step the automaton examines the tape square under its tape head, possibly changes what is there, moves the tape left or right, and then changes its internal state. The law governing this sequence of actions is deterministic and is defined in a state table. For each internal state and each tape symbol or blank under the tape head, the state table describes the tape action performed by the machine and gives the next internal state of the machine. Since a machine has only a finite number of internal states and of tape symbols, the state table of a machine is finite in length and can be stored on a tape. There is a universal Turing machine Mu that can simulate every Turing machine including itself: when the state table of any machine M is written on the tape of Mu, the universal machine Mu will perform the same input-output computation that M performs. Mu does this by using the state table of M to calculate M’s complete history for any given input. Turing machines may be thought of as conceptual devices for enumerating the elements of an infinite set e.g., the theorems of a formal language, or as decision machines e.g., deciding of any truth-functional formula whether it is a tautology. A. M. Turing showed that there are welldefined logical tasks that cannot be carried out by any machine; in particular, no machine can solve the halting problem. Turing’s definition of a machine was theoretical; it was not a practical specification for a machine. After the modern electronic computer was invented, he proposed a test for judging whether there is a computer that is behaviorally equivalent to a human in reasoning and intellectual creative power. The Turing test is a “black box” type of experiment that Turing proposed as a way of deciding whether a computer can think. Two rooms are fitted with the same input-output equipment going to an outside experimenter. A person is placed in one room and a programmed electronic computer in the other, each in communication with the experimenter. By issuing instructions and asking questions, the experimenter tries to decide which room has the computer and which the human. If the experimenter cannot tell, that outcome is strong evidence that the computer can think as well as the person. More directly, it shows that the computer and the human are equivalent for all the behaviors tested. Since the computer is a finite automaton, perhaps the most significant test task is that of doing creative mathematics about the non-enumerable infinite.

tychism: from Grecian tyche, ‘chance’, Peirce’s doctrine that there is absolute chance in the universe and its fundamental laws are probabilistic and inexact. Peirce’s tychism is part of his evolutionary cosmology, according to which all regularities of nature are products of growth and development, i.e., results of evolution. The laws of nature develop over time and become increasingly rigid and exact; the apparently deterministic laws of physics are limiting cases of the basic, probabilistic laws. Underlying all other laws is “the tendency of all things to take habits”; Peirce calls this the Law of Habit. In his cosmology his tychism is associated with synechism, the doctrine of the continuity of nature. His synechism involves the doctrine of the continuity of mind and matter; Peirce sometimes expressed this view by saying that “matter is effete mind.”

type: v. Grice’s three-year-old’s guide to Russell’s theory of type

ubaldi: Italian philosopher. Pietro Ubaldi (n. Foligno) è stato un filosofo. Firma di Pietro Ubaldi Nato a Foligno, vi ha vissuto sino al 1952 ad eccezione del periodo universitario, in cui ha risieduto a Roma, e nei vent'anni d'insegnamento della lingua inglese: il primo a Modica, in Sicilia, gli altri diciannove a Gubbio. Dal 1952 al 1972 si è trasferito in Brasile. Ha scritto 24 volumi - oltre a vari articoli e sette messaggi - presentando il sistema dell'evoluzione dell'universo e considerando le leggi dell'evoluzione umana. Ha chiarito i rapporti d'involuzione ed evoluzione fra le tre dimensioni della materia, dell'energia e dello spirito, in un processo d'unificazione fra le ipotesi della scienza e i principi della fede. Nella sua visione ha cercato di spiegare il senso della vita, la funzione del dolore e la presenza del male. Candidato al premio Nobel nel 1964, all'ultimo gli fu preferito Jean-Paul Sartre. Il suo sistema filosofico fu considerato da Albert Einstein - come risulta da un carteggio - "dolce e leggero" e la sua opera principale, La grande sintesi, fu giudicata da Enrico Fermi "un quadro di filosofia scientifica e antropologica etica, che oltrepassa di molto i consimili tentativi dell'ultimo secolo".   Nato in una regione influenzata dalla vicinanza con Assisi e impregnata di spiritualità francescana, iniziò la scuola nel 1891, proseguì gli studi a Roma e si laureò in Diritto nel giugno del 1910. Integrò gli studi scolastici leggendo molto, studiò inoltre pianoforte ed apprese l'inglese, il francese e il tedesco.   Pietro Ubaldi e la moglie M. Antonietta Nel 1911 viaggiò negli Stati Uniti e nel 1912 si sposò con Maria Antonietta Solfanelli, della vicina città di Matelica, dalla quale ebbe due figli: Franco, morto nella seconda guerra mondiale, e Agnese. Si occupò delle proprietà terriere sua e della moglie, che in seguito cedette in amministrazione ad altri. Nel 1927 avrebbe fatto voto di povertà e gli sarebbe apparso Cristo. L'apparizione si sarebbe ripetuta nel 1931, insieme a san Francesco di Assisi. Il giorno di Natale dello stesso anno avrebbe ricevuto il primo di numerosi "messaggi". Divenne professore di lingua e letteratura inglese, insegnando nelle scuole medie inferiori e superiori, prima a Modica, in Sicilia, e poi a Gubbio.  Tra il 1932 e il 1935, scrisse il libro La grande sintesi, nel quale espose il suo pensiero, messo all'indice nel 1939, poi riammesso da papa Giovanni XXIII. A questi anni appartengono dieci dei libri da lui scritti  A 65 anni nel 1951, dopo aver scritto dieci libri, lasciò l'insegnamento e andò in pensione. Fu invitato a fare in Brasile un giro di conferenze tra luglio e dicembre del 1951 e nel 1952 si trasferì definitivamente con la famiglia a São Vicente, presso Santos, nello stato di São Paulo, e qui scrisse altri quattordici volumi, dichiarando conclusa la sua opera nel giorno di Natale del 1971, esattamente quarant'anni dopo il primo "messaggio" ricevuto.  La sua vita può essere considerata distinta in quattro periodi ventennali, caratterizzati da un lavoro differente. Nel primo periodo (1891-1910) avrebbe cercato le risposte nella filosofia, nella religione e nella scienza senza trovarla. Il secondo periodo (1911-1930) sarebbe stato caratterizzato da una sperimentazione pratica a contatto col mondo, d'osservazione della realtà della vita. Nel terzo periodo (1931-1950) scrisse i volumi della sua opera pubblicati in italiano e nel quarto (1951-1970) la parte restante.  Pensiero Pietro Ubaldi ritiene che esiste un'unica "Sostanza", la cui essenza sarebbe il movimento e che si manifesterebbe come "materia" (statica), "energia" (dinamica) e "spirito" (vita). L'essere umano è chiamato ad evolversi ampliando la percezione della sua coscienza, che da inviduale deve farsi collettiva, per farsi poi coscienza cosmica. In tale processo viene delineato il futuro stato organico-unitario dell'umanità, generato da una nuova etica internazionale, effetto di una consapevolezza razionale e non di un emotivo pacifismo. L'uomo si inserirebbe nel fenomeno universale dell'evoluzione tramite la reincarnazione.  Considera la sua "Opera" la manifestazione del proprio destino e della propria ascesa evolutiva, proponendosi attraverso di essa di arrivare ad una conoscenza utilizzabile per risolvere i problemi della vita, in maniera consapevole e dignitosa.  La grande legge della vita, per Ubaldi, è quella dell'Amore, tale che la si dovrebbe seguire in ogni situazione: cercare ciò che unifica. Per questo fare il male significa voler andare contro la corrente del Sistema, perpetuando la separazione, produttrice di sopraffazione e violenza, sino all'autodistruzione. Fare il bene, invece, vuol dire cercare di armonizzarsi con tutto e con tutti, perseguendo quel processo di unificazione che ci riporta al centro dell'essere, che è rappresentato dalla presenza dell'ordine e della giustizia del pensiero divino. In tal senso il segreto della felicità consiste nell'inquadrarsi nell'ordine divino e la preghiera autentica consisterebbe nella docile accettazione della Legge, cooperando con la Sua azione. Così pure, il lavorare rappresenterebbe il diventare cooperatori del funzionamento organico dell'universo.  Il fine dell'esistenza - secondo Pietro Ubaldi - è rappresentato dall'evoluzione. Si tratta dell'evoluzione etica, iscritta nel movimento dell'evoluzione dell'universo. L'universo viene così inteso come un'inestinguibile volontà d'amare, di creare e di affermare, in lotta col principio opposto dell'inerzia, dell'odio e della distruzione. L'etica viene concepita come dimensione ascendente, a tante dimensioni quante sono le posizioni dell'essere lungo la scala evolutiva. In tale compito evolutivo fondamentale sono gli ideali - aventi la funzione di orientamento e di guida -, aventi il compito di anticipare una realtà futura da raggiungere. In questa fase evolutiva l'impegno deve essere quello della spiritualizzazione, consistente nel seguire gli ideali, che si sono configurati storicamente nelle religioni e nelle morali. Ciò può avvenire cercando di praticare la comprensione reciproca e ricercando la fratellanza universale. Si tratta di un "cammino ascensionale", frutto di libertà e volontà, attraverso le quali da un lato si struttura la nostra personalità dall'altro la vita collettiva progredisce servendosi di tali progressi.  La legge delle unità collettive rappresenta un principio evolutivo fondamentale, quello per cui tendiamo ad unioni sempre più ampie: dalla coppia alla famiglia, dalle nazioni alle unioni di popoli, sino all'unione di tutti gli esseri viventi del pianeta, pur mantenendo diversità e multiformità. Per questo, la via è quella del superamento di ogni separazione: la separazione da sé stessi, dagli altri, dal mondo. L'evoluzionismo di Ubaldi è, per tutto ciò, ben diverso da quello di Darwin: guarda all'avvenire ed intuisce oltre l'evoluzione organica già compiuta dall'essere umano. È più ampio di quello di Teilhard de Chardin, in quanto concepisce anche un processo involutivo - dallo spirito, attraverso l'energia, sino alla materia - che motiva e sorregge la via di ritorno, evolutiva, come processo di unificazione, che dalla presenza del divino nella materia, attraverso l'energia, ascende verso la spiritualizzazione. È caratterizzato eticamente, come tensione spirituale verso il superuomo che è presente in ognuno di noi, differentemente dal superomismo di Nietzsche, sospinto dal desiderio di espandere solo le potenzialità dell'io.  La produzione della sua opera si basa sul metodo intuitivo, attraverso il quale la coscienza, facendosi umile e ricettiva, riesce a penetrare per vie interiori l'intima essenza dei fenomeni, diversamente dal metodo obiettivo che se pur ha il vantaggio di giungere a conclusioni più universali è nato senza ali, in quanto basato sulla distinzione tra l'io e il non io, tra il soggetto e l'oggetto, tra la coscienza e il mondo esteriore. I suoi scritti - seguendo le sue stesse dichiarazioni - sarebbero passati da una forma ispirata, collegata ad una forma di contatto telepatico con le noùri (correnti di pensiero), a livello "supercosciente", al controllo razionale dell'ispirazione ("metodo dell'intuizione razionalmente controllata"). Tale metodo avrebbe consentito di esaminare sia la "materia" che lo "spirito" nella loro armonia, unificando scienza e fede, considerate due aspetti della stessa verità. Elenco degli scritti Ciclo italiano  La grande sintesi I grandi messaggi (nell'edizione brasiliana con una vita dell'autore). La grande sintesi Le nouri ("correnti di pensiero") L'ascesi mistica. Frammenti di pensiero e di passione: La nuova civiltà del terzo millennio Problemi dell'avvenire (Il problema psicologico, filosofico, scientifico). Ascensioni umane. Dio e universo. Profezie (L'avvenire del mondo). Ciclo brasiliano  Pietro Ubaldi e Manuel Emydio Commentari (raccolta dei giudizi della stampa sui volumi precedenti). Problemi attuali. Il sistema (Genesi e struttura dell'universo). La grande battaglia. Evoluzione e Vangelo La legge di Dio La tecnica funzionale della legge di Dio Caduta e salvezza Principi di una nuova etica. La discesa degli ideali Un destino seguendo Cristo Come orientare la propria vita Cristo. Volumi pubblicati in lingua italiana Storia di un uomo, Fratelli Bocca editori, Milano 1942 Ascenzioni umane. Verso l'armonia con l'ordine cosmico, Edizioni Mediterranee, Roma 1951 - Cristo e la sua legge, Edizioni Mediterranee, Roma 1970 La grande sintesi. Sintesi e soluzione dei problemi della scienza e dello spirito, Edizioni Mediterranee, Roma 1980 Le noùri. Dal superumano al piano concettuale umano, Edizioni Mediterranee, Roma 1982 La nuova civiltà del terzo millennio. Verso la nuova era dello spirito, Edizioni Mediterranee, Roma 1988 Problemi dell'avvenire. La civiltà dello spirito, Edizioni Mediterranee, Roma 1990 L'ascesi mistica. Dal piano concettuale umano al superumano, Edizioni Mediterranee, Roma 2000 Dio e Universo, Edizioni Mediterranee, Roma 2002 Storia di un uomo, Edizioni del centro studi italiano di parapsicologia, Recco(Ge) 2006 Il Sistema, Edizioni del centro studi italiano di parapsicologia, Recco(Ge) 2007 La legge di Dio, Edizioni del centro studi italiano di parapsicologia, Recco(Ge) 2008 La tecnica funzionale della legge di Dio, Edizioni del centro studi italiano di parapsicologia, Recco(Ge) 2009 La discesa degli ideali, Om Edizioni, Città di Castello (Pg) 2010 "Un destino seguendo Cristo",Om Edizioni, Città di Castello (Pg) 2012 "Evoluzione e Vangelo", Centro Culturale Pietro Ubaldi, Foligno (Pg) 2016 Bibliografia Giuseppe Arcidiacono, Pietro Ubaldi e la scienza moderna, in Atti dell'8º Convegno sul pensiero di Pietro Ubaldi, Roma 2000,73-78. Antony Elenjimittan, "La missione ecumenica di Pietro Ubaldi", in Atti dell'8º Convegno sul pensiero di Pietro Ubaldi, Roma 2000, 35-40. Paola Giovetti, "I grandi iniziati del nostro tempo", Rizzoli, Milano 1993. Franco Lanari (a cura di), "Il pensiero di Pietro Ubaldi" - Relazioni tenute nei quattro convegni dedicati a Pietro Ubaldi - Roma 1988-1989-1990, Ed. Mediterranee, Roma 1993. Franco Lanari (a cura di) "Pietro Ubaldi - Profeta del terzo millennio" , Atti dell'8º Convegno sul pensiero di Pietro Ubaldi, Roma 2000. Filippo Liverziani, "Pietro Ubaldi e le Nòuri", in Atti dell'8º Convegno sul pensiero di Pietro Ubaldi, Roma 2000, 21-26. Ulderico Pasquale Magni, "Scienza e mistica", in Atti dell'8º Convegno sul pensiero di Pietro Ubaldi, Roma 2000, 69-72. Alfredo Marocchino, "Pietro Ubaldi profeta della intesi tra Metafisica e Nuova Fisica", in Atti dell'8º Convegno sul pensiero di Pietro Ubaldi, Roma 2000, 43-48. Luca Marzetti, La scala di Giacobbe, Perugia 2010. Gaetano Mollo, Pietro Ubaldi biosofo dell'evoluzione umana, Ed. Mediterranee, Roma 2006. 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Carlo Splendore, "La Legge Ciclica dell'evoluzione nel pensiero di Pietro Ubaldi", in Atti dell'8º Convegno sul pensiero di Pietro Ubaldi, Roma 2000,79-88. Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Pietro Ubaldi Collegamenti esterni Sito ufficiale del Centro culturale "Pietro Ubaldi" di Foligno, su pietroubaldi.com. URL consultato il 02-02-2010. Comitato del Comune di Foligno per la divulgazione del pensiero di Pietro Ubaldi, presieduto da Gaetano Mollo, su gaetanomollo.it. URL consultato il 02-02-2010. L'opera di Pietro Ubaldi, su cesnur.org. URL consultato il 23-10-2010 (archiviato dall'url originale il 23 giugno 2011)., in Massimo Introvigne, PierLuigi Zoccatelli, Le religioni in Italia (sezione "Spiritismo, parapsicologia, ricerca psichica"), sul sito Cesnur.org (Center for Studies on New Religions) Controllo di autorità VIAF (EN) 14829753 · ISNI (EN) 0000 0000 0161 9674 · BNF (FR) cb12266472f (data) · WorldCat Identities (EN) viaf-14829753 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Letteratura Portale Letteratura Categorie: Filosofi italiani del XX secoloTeologi italianiNati nel 1886Morti nel 1972Nati il 18 agostoMorti il 29 febbraioNati a FolignoFilosofi cattoliciItaliani emigrati in BrasileStudenti della Sapienza - Università di Roma[altre]. Refs.: Luigi Speranza, “Ubalid e Grice,” per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

Unicorno: essential Italian philosopher; unicorno (n.), filosofo. Giuseppe Unicorno Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Abbozzo Questa voce sugli argomenti matematici italiani e filosofi italiani è solo un abbozzo. Contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni di Wikipedia.  De l'arithmetica universale, 1598 Giuseppe Unicorno (Bergamo, 1523 – 1610) è stato un matematico, filosofo e astrologo italiano.  Fu anche musicologo e teologo.[1]  Opere Giuseppe Unicorno, De l'arithmetica universale, In Venetia, Francesco senese De Franceschi, 1598. URL consultato il 14 giugno 2015. Note ^ Unicorno, Giuseppe Controllo di autoritàVIAF (EN) 5043282 · ISNI (EN) 0000 0000 6139 7700 · LCCN (EN) no2009030869 · BNF (FR) cb125394931 (data) · BAV (EN) 495/256112 · WorldCat Identities (EN) lccn-no2009030869 Astrologia Portale Astrologia Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Matematica Portale Matematica Categorie: Matematici italiani del XVI secoloMatematici italiani del XVII secoloFilosofi italiani del XVI secoloFilosofi italiani del XVII secoloAstrologi italianiNati nel 1523Morti nel 1610Nati a BergamoMusicologi italianiTeologi italiani[altre]

uncertainty: one of those negativisims by Grice – cfr. ‘non-certainty’ -- v. certum. It may be held that ‘uncertain’ is wrong. Grice is certain that p. It is not the case that Grice is certain that p.

Umanesimo rinascimentale -- humanism: Grice distinguishes between a human and a person – so he is more of a personalist than a humanism. “But the distinction is implicatural.” He was especially keen on Italian humanism.  a set of presuppositions that assigns to human beings a special position in the scheme of things. Not just a school of thought or a collection of specific beliefs or doctrines, humanism is rather a general perspective from which the world is viewed. That perspective received a gradual yet persistent articulation during different historical periods and continues to furnish a central leitmotif of Western civilization. It comes into focus when it is compared with two competing positions. On the one hand, it can be contrasted with the emphasis on the supernatural, transcendent domain, which considers humanity to be radically dependent on divine order. On the other hand, it resists the tendency to treat humanity scientifically as part of the natural order, on a par with other living organisms. Occupying the middle position, humanism discerns in human beings unique capacities and abilities, to be cultivated and celebrated for their own sake. The word ‘humanism’ came into general use only in the nineteenth century but was applied to intellectual and cultural developments in previous eras. A teacher of classical languages and literatures in Renaissance Italy was described as umanista (contrasted with legista, teacher of law), and what we today call “the humanities,” in the fifteenth century was called studia humanitatis, which stood for grammar, rhetoric, history, literature, and moral philosophy. The inspiration for these studies came from the rediscovery of ancient Greek and Latin texts; Plato’s complete works were translated for the first time, and Aristotle’s philosophy was studied in more accurate versions than those available during the Middle Ages. The unashamedly humanistic flavor of classical writings had a tremendous impact on Renaissance scholars. Here, one felt no weight of the supernatural pressing on the human mind, demanding homage and allegiance. Humanity – with all its distinct capacities, talents, worries, problems, possibilities – was the center of interest. It has been said that medieval thinkers philosophized on their knees, but, bolstered by the new studies, they dared to stand up and to rise to full stature. Instead of devotional Church Latin, the medium of expression was the people’s own language – Italian, French, German, English. Poetical, lyrical self-expression gained momentum, affecting all areas of life. New paintings showed great interest in human form. Even while depicting religious scenes, Michelangelo celebrated the human body, investing it with instrinsic value and dignity. The details of daily life – food, clothing, musical instruments – as well as nature and landscape – domestic and exotic – were lovingly examined in paintings and poetry. Imagination was stirred by stories brought home by the discoverers of new lands and continents, enlarging the scope of human possibilities as exhibited in the customs and the natural environments of strange, remote peoples. The humanist mode of thinking deepened and widened its tradition with the advent of eighteenth-century thinkers. They included French philosophes like Voltaire, Diderot, and Rousseau, and other European and American figures – Bentham, Hume, Lessing, Kant, Franklin, and Jefferson. Not always agreeing with one another, these thinkers nevertheless formed a family united in support of such values as freedom, equality, tolerance, secularism, and cosmopolitanism. Although they championed untrammeled use of the mind, they also wanted it to be applied in social and political reform, encouraging individual creativity and exalting the active over the contemplative life. They believed in the perfectibility of human nature, the moral sense and responsibility, and the possibility of progress. The optimistic motif of perfectibility endured in the thinking of nineteenth- and twentiethcentury humanists, even though the accelerating pace of industrialization, the growth of urban populations, and the rise in crime, nationalistic squabbles, and ideological strife leading to largescale inhumane warfare often put in question the efficacy of humanistic ideals. But even the depressing run of human experience highlighted the appeal of those ideals, reinforcing the humanistic faith in the values of endurance, nobility, intelligence, moderation, flexibility, sympathy, and love. Humanists attribute crucial importance to education, conceiving of it as an all-around development of personality and individual talents, marrying science to poetry and culture to democracy. They champion freedom of thought and opinion, the use of intelligence and pragmatic research in science and technology, and social and political systems governed by representative institutions. Believing that it is possible to live confidently without metaphysical or religious certainty and that all opinions are open to revision and correction, they see human flourishing as dependent on open communication, discussion, criticism, and unforced consensus. Refs.: H. P. Grice, “Italian humanism, Holofernes’s Mantuan, from Petrarca to Valla.”

unexpected examination paradox, a paradox about belief and prediction. One version is as follows: It seems that a teacher could both make, and act on, the following announcement to his class: “Sometime during the next week I will set you an examination, but at breakfast time on the day it will occur, you will have no good reason to expect that it will occur on that day.” If he announces this on Friday, could he not do what he said he would by, say, setting the examination on the following Wednesday? The paradox is that there is an argument purporting to show that there could not be an unexpected examination of this kind. For let us suppose that the teacher will carry out his threat, in both its parts; i.e., he will set an examination, and it will be unexpected. Then he cannot set the examination on Friday assuming this to be the last possible day of the week. For, by the time Friday breakfast arrives, and we know that all the previous days have been examination-free, we would have every reason to expect the examination to occur on Friday. So leaving the examination until Friday is inconsistent with setting an unexpected examination. For similar reasons, the examination cannot be held on Thursday. Given our previous conclusion that it cannot be delayed until Friday, we would know, when Thursday morning came, and the previous days had been examination-free, that it would have to be held on Thursday. So if it were held on Thursday it would not be unexpected. So it cannot be held on Thursday. Similar reasoning sup938 U   938 posedly shows that there is no day of the week on which it can be held, and so supposedly shows that the supposition that the teacher can carry out his threat must be rejected. This is paradoxical, for it seems plain that the teacher can carry out his threat. Refs.: H. P. Grice, “Grice’s book of paradoxes, with pictures and illustrations to confuse you.”

uniformity of nature – Grice: “’uniformity’ has nothing to do with ‘form’ here!” – Grice: “I once used the phrase in a tutorial with Hardie: “What do you mean by ‘of’?’ he asked” --  a state of affairs thought to be required if induction is to be justified. For example, inductively strong arguments, such as ‘The sun has risen every day in the past; therefore, the sun will rise tomorrow’, are thought to presuppose that nature is uniform in the sense that the future will resemble the past, in this case with respect to the diurnal cycle. The Scottish empiricist Hume was the first to make explicit that the uniformity of nature is a substantial assumption in inductive reasoning. Hume argued that, because the belief that the future will resemble the past cannot be grounded in experience  for the future is as yet unobserved  induction cannot be rationally justified; appeal to it in defense of induction is either question-begging or illicitly metaphysical. Francis Bacon’s “induction by enumeration” and J. S. Mill’s “five methods of experimental inquiry” presuppose that nature is uniform. Whewell appealed to the uniformity of nature in order to account for the “consilience of inductions,” the tendency of a hypothesis to explain data different from those it was originally introduced to explain. For reasons similar to Hume’s, Popper holds that our belief in the uniformity of nature is a matter of faith. Reichenbach held that although this belief cannot be justified in advance of any instance of inductive reasoning, its presupposition is vindicated by successful inductions. It has proved difficult to formulate a philosophical statement of the uniformity of nature that is both coherent and informative. It appears contradictory to say that nature is uniform in all respects, because inductive inferences always mark differences of some sort e.g., from present to future, from observed to unobserved, etc., and it seems trivial to say that nature is uniform in some respects, because any two states of nature, no matter how different, will be similar in some respect. Not all observed regularities in the world or in data are taken to support successful inductive reasoning; not all uniformities are, to use Goodman’s term, “projectible.” Philosophers of science have therefore proposed various rules of projectibility, involving such notions as simplicity and explanatory power, in an attempt to distinguish those observed patterns that support successful inductions and thus are taken to represent genuine causal relations from those that are accidental or spurious. 

unity in diversity, in aesthetics, the principle that the parts of the aesthetic object must cohere or hang together while at the same time being different enough to allow for the object to be complex. This principle defines an important formal requirement used in judging aesthetic objects. If an object has insufficient unity e.g., a collection of color patches with no recognizable patterns of any sort, it is chaotic or lacks harmony; it is more a collection than one object. But if it has insufficient diversity e.g., a canvas consisting entirely of one color with no internal differentiations, it is monotonous. Thus, the formal pattern desired in an aesthetic object is that of complex parts that differ significantly from each other but fit together to form one interdependent whole such that the character or meaning of the whole would be changed by the change of any part. 

universal instantiation: Grice: “Slightly confusing in that the universe is not a pluri-verse.” -- discussed by Grice in his System G -- also called universal quantifier elimination. 1 The argument form ‘Everything is f; therefore a is f’, and arguments of this form. 2 The rule of inference that permits one to infer that any given thing is f from the premise that everything is f. In classical logic, where all terms are taken to denote things in the domain of discourse, the rule says simply that from vA[v] one may infer A[t], the result of replacing all free occurrences of v in A[v] by the term t. If non-denoting terms are allowed, however, as in free logic, then the rule would require an auxiliary premise of the form Duu % t to ensure that t denotes something in the range of the variable v. Likewise in modal logic, which is sometimes held to contain terms that do not denote “genuine individuals” the things over which variables range, an auxiliary premise may be required. 3 In higher-order logic, the rule of inference that says that from XA[X] one may infer A[F], where F is any expression of the grammatical category e.g., n-ary predicate appropriate to that of X e.g., n-ary predicate variable.

universale: Grice: “Very Ciceronian – not found in Aristotle.” -- Like ‘qualia,’ which is the plural for ‘quale,’ ‘universalia’ is the plural for ‘universale.’ The totum for Grice on “all” -- This is a Gricism. It all started with arbor porphyriana. It is supposed to translate Aristotle’s “to kath’olou” (which happens to be one of the categories in Kant, “alleheit,” and which Aristotle contrasts with “to kath’ekastou,” (which Kant has as a category, SINGULARITAS. For a nominalist, any predicate is a ‘name,’ hence ‘nominalism.’ Opposite ‘realism.’ “Nominalism” is actually a misnomer. The opposite of realism is anti-realism. We need something like ‘universalism,’ (he who believes in the existence, not necessary ‘reality’ of a universal) and a ‘particularist,’ or ‘singularist,’ who does not. Note that the opposite of ‘particularism,’ is ‘totalism.’ (Totum et pars). Grice holds a set-theoretical approach to the universalium. Grice is willing to provide always a set-theoretical extensionalist (in terms of predicate) and an intensionalist variant in terms of property and category. Grice explicitly uses ‘X’ for utterance-type (WOW:118), implying a distinction with the utterance-token. Grice gets engaged in a metabolical debate concerning the reductive analysis of what an utterance-type means in terms of a claim to the effect that, by uttering x, an utterance-token of utterance-type X, the utterer means that p. The implicaturum is x (utterance-token). Grice is not enamoured with the type/token or token/type distinction. His thoughts on logical form are provocative. f you cannot put it in logical form, it is not worth saying. Strawson infamously reacted with a smile. Oh, no: if you CAN put it in logical form, it is not worth saying. Grice refers to the type-token distinction when he uses x for token and X for type. Since Bennett cares to call Grice a meaning-nominalist we should not care about the type X anyway. He expands on this in Retrospective Epilogue. Grice should have payed more attention to the distinction seeing that it was Ogdenian. A common mode of estimating the amount of matter in a printed book is to count the number of words. There will ordinarily be about twenty thes on a page, and, of course, they count as twenty words. In another use of the word word, however, there is but one word the in the English language; and it is impossible that this word should lie visibly on a page, or be heard in any voice. Such a Form, Peirce, as cited by Ogden and Richards, proposes to term a type. A single object such as this or that word on a single line of a single page of a single copy of a book, Peirce ventures to call a token. In order that a type may be used, it has to be embodied in a token which shall be a sign of the type, and thereby of the object the type signifies, and Grice followed suit. Refs.: Some of the sources are given under ‘abstractum.’ Also under ‘grecianism,’ since Grice was keen on exploring what Aristotle has to say about this in Categoriae, due to his joint research with Austin, Code, Friedman, and Strawson. Grice also has a specific Peirceian essay on the type-token distinction. BANC. Grice – “A Ciceronian technicism, not found in Aristotle. -- (‘the altogether nice girl’) dictum de omni et nullo, also dici de omni et nullo Latin, ‘said of all and none’, two principles that were supposed by medieval logicians to underlie all valid syllogisms. Dictum de omni applies most naturally to universal affirmative propositions, maintaining that in such a proposition, whatever falls under the subject term also falls under the predicate term. Thus, in ‘Every whale is a mammal’, whatever is included under ‘whale’ is included under ‘mammal’. Dictum de nullo applies to universal negative propositions, such as ‘No whale is a lizard’, maintaining that whatever falls under the subject term does not fall under the predicate term.  SYLLOGISM. W.E.M. Diderot, Denis 171384,  philosopher, Encyclopedist, dramatist, novelist, and art critic, a champion of Enlightenment values. He is known primarily as general editor of the Encyclopedia 174773, an analytical and interpretive compendium of eighteenth-century science and technology. A friend of Rousseau and Condillac, Diderot tr. Shaftesbury’s Inquiry Concerning Virtue 1745 into . Revealing Lucretian affinities Philosophical Thoughts, 1746, he assailed Christianity in The Skeptics’ Walk 1747 and argued for a materialistic and evolutionary universe Letter on the Blind, 1749; this led to a short imprisonment. Diderot wrote mediocre bourgeois comedies; some bleak fiction The Nun, 1760; and two satirical dialogues, Rameau’s Nephew 1767 and Jacques the Fatalist 176584, his masterpieces. He innovatively theorized on drama Discourse on Dramatic Poetry, 1758 and elevated art criticism to a literary genre Salons in Grimm’s Literary Correspondence. At Catherine II’s invitation, Diderot visited Saint Petersburg in 1773 and planned the creation of a Russian . Promoting science, especially biology and chemistry, Diderot unfolded a philosophy of nature inclined toward monism. His works include physiological investigations, Letter on the Deaf and Dumb 1751 and Elements of Physiology 177480; a sensationalistic epistemology, On the Interpretation of Nature 1745; an aesthetic, Essays on Painting 1765; a materialistic philosophy of science, D’Alembert’s Dream 1769; an anthropology, Supplement to the Voyage of Bougainville 1772; and an anti-behavioristic Refutation of Helvétius’ Work “On Man” 177380. 

universalisability: -- Grice: ‘Slightly confusing, in that the universe is not a pluri-verse” -- discussed along three dimension by Grice: applicational conceptual, and formal. -- 1 Since the 0s, the moral criterion implicit in Kant’s first formulation of the categorical imperative: “Act only on that maxim that you can at the same time will to be a universal law,” often called the principle of universality. A maxim or principle of action that satisfies this test is said to be universalizable, hence morally acceptable; one that does not is said to be not universalizable, hence contrary to duty. 2 A second sense developed in connection with the work of Hare in the 0s. For Hare, universalizability is “common to all judgments which carry descriptive meaning”; so not only normative claims moral and evaluative judgments but also empirical statements are universalizable. Although Hare describes how such universalizuniversal universalizability 940   940 ability can figure in moral argument, for Hare “offenses against . . . universalizability are logical, not moral.” Consequently, whereas for Kant not all maxims are universalizable, on Hare’s view they all are, since they all have descriptive meaning. 3 In a third sense, one that also appears in Hare, ‘universalizability’ refers to the principle of universalizability: “What is right or wrong for one person is right or wrong for any similar person in similar circumstances.” This principle is identical with what Sidgwick The Methods of Ethics called the Principle of Justice. In Generalization in Ethics 1 by M. G. Singer b.6, it is called the Generalization Principle and is said to be the formal principle presupposed in all moral reasoning and consequently the explanation for the feature alleged to hold of all moral judgments, that of being generalizable. A particular judgment of the form ‘A is right in doing x’ is said to imply that anyone relevantly similar to A would be right in doing any act of the kind x in relevantly similar circumstances. The characteristic of generalizability, of presupposing a general rule, was said to be true of normative claims, but not of all empirical or descriptive statements. The Generalization Principle GP was said to be involved in the Generalization Argument GA: “If the consequences of everyone’s doing x would be undesirable, while the consequences of no one’s doing x would not be, then no one ought to do x without a justifying reason,” a form of moral reasoning resembling, though not identical with, the categorical imperative CI. One alleged resemblance is that if the GP is involved in the GP, then it is involved in the CI, and this would help explain the moral relevance of Kant’s universalizability test. 4 A further extension of the term ‘universalizability’ appears in Alan Gewirth’s Reason and Morality 8. Gewirth formulates “the logical principle of universalizability”: “if some predicate P belongs to some subject S because S has the property Q . . . then P must also belong to all other subjects S1, S2, . . . , Sn that have Q.” The principle of universalizability “in its moral application” is then deduced from the logical principle of universalizability, and is presupposed in Gewirth’s Principle of Generic Consistency, “Act in accord with the generic rights of your recipients as well as yourself,” which is taken to provide an a priori determinate way of determining relevant similarities and differences, hence of applying the principle of universalizability. The principle of universalizability is a formal principle; universalizability in sense 1, however, is intended to be a substantive principle of morality. 

universalisierung:   Grice: “Ironically, the Dutch so careful with their lingo, this is vague, in that the universe is not a pluriverse.” -- While Grice uses ‘universal,’ he means like Russell, the unnecessary implication of ‘every.’ Oddly, Kant does not relate this –ung with the first of his three categories under ‘quantitas,’ the universal. But surely they are related. Problem is that Kant wasn’t aware because he kept moving from the Graeco-Roman classical vocabulary to the Hun. Thus, Kant has “Allheit,” which he renders in Latinate as “Universitas,” and “Totalität,” gehört in der Kategorienlehre des Philosophen Immanuel Kant zu den reinen Verstandesbegriffen, d. h. zu den Elementen des Verstandes, welche dem Menschen bereits a priori, also unabhängig von der sinnlichen Erfahrung gegeben sind. “Allheit” wird wie Einheit und Vielheit den Kategorien der “Quantität” zugeordnet und entspricht den Einzelnen Urteilen (Urteil hier im Sinn von 'Aussage über die Wirklichkeit') in der Form „Ein S ist P“, also z. B. „Immanuel Kant ist ein Philosoph“. Sie wird von Kant definiert als „die Vielheit als Einheit betrachtet“ (KrV, B 497 f.)[3]. Siehe auch Transzendentale Analytik Weblinks. Allheit – Bedeutungserklärungen, Wortherkunft, Synonyme, Übersetzungen Einzelnachweise  Immanuel Kant: Kritik der reinen Vernunft. Reclam, Stuttgart 1966, ISBN 3-15-006461-9.  Peter Kunzmann, Franz-Peter Burkard, Franz Wiedmann: dtv-Atlas zur Philosophie. dtv, München 1991, ISBN 3-423-03229-4, S. 136 ff.  Zitiert nach Arnim Regenbogen, Uwe Meyer (Hrsg.): Wörterbuch der Philosophischen Begriffe. Meiner, Hamburg 2005, ISBN 3-7873-1738-4: Allheit Kategorie: Ontologie. Referred to by Grice in his “Method,” – “A requisite for a maxim to enter my manual, which I call the Immanuel, is that it should be universalizable. Die Untersuchung zur »Universalisierung in der Ethik« greift eine Problematik auf, die für eine Reihe der prominentesten Ethikentwürfe der Gegenwart sowohl des deutschsprachigen wie des angelsächsischen Raumes zentral ist, nämlich ob der normative Rationalitätsanspruch, den ethische Argumentationen erheben, auf eine dem wissenschaftlichen Anspruch der deskriptiven Gesetzeswissenschaften vergleichbare Weise eingelöst werden kann, nämlich durch Verallgemeinerungs- oder Universalisierungsprinzipien. universalizability Ethics The idea that moral judgments should be universalizable can be traced to the Golden Rule and Kant’s ethics. In the twentieth century it was elaborated by Hare and became a major thesis of his prescriptivism. The principle states that all moral judgments are universalizable in the sense that if it is right for a particular person A to do an action X, then it must likewise be right to do X for any person exactly like A, or like A in the relevant respects. Furthermore, if A is right in doing X in this situation, then it must be right for A to do X in other relevantly similar situations. Hare takes this feature to be an essential feature of moral judgments. An ethical statement is the issuance of a universal prescription. Universalizability is not the same as generality, for a moral judgment can be highly specific and detailed and need not be general or simple. The universalizability principle enables Hare to avoid the charge of irrationality that is usually lodged against non-cognitivism, to which his prescriptivism belongs, and his theory is thus a great improvement on emotivism. “I have been maintaining that the meaning of the word ‘ought’ and other moral words is such that a person who uses them commits himself thereby to a universal rule. This is the thesis of universalizability.” Hare, Freedom and Reason.

universe of discourse: Grice: “The phrase is confusing, seeing the uni-verse, is not a pluri-verse.” Tthe usually limited class of individuals under discussion, whose existence is presupposed by the discussants, and which in some sense constitutes the ultimate subject matter of the discussion. Once the universe of a discourse has been established, expressions such as ‘every object’ and ‘some object’ refer respectively to every object or to some object in the universe of discourse. The concept of universe of discourse is due to De Morgan in 1846, but the expression was coined by Boole eight years later. When a discussion is formalized in an interpreted standard first-order language, the universe of discourse is taken as the “universe” of the interpretation, i.e., as the range of values of the variables. Quine and others have emphasized that the universe of discourse represents an ontological commitment of the discussants. In a discussion in a particular science, the universe of discourse is often wider than the domain of the science, although economies of expression can be achieved by limiting the universe of discourse to the domain.

unstructured: Typically, Grice is more interested in the negatives: the unstructured is prior to the structured, surely. Grice: “Paget was able to structure compositionality with his hands!” -- one of those negativisms of Grice (cfr. ‘non-structured’). Surely Grice cared a hoot for French anthropological structuralism! So he has the ‘unstructured’ followed by the structured. A handwave is unstructured, meaning syntactically unstructured, and in it you have all the enigma of reason resolved. By waving his hand, U means that SUBJECT: the emissor, copula IS, predicate: A KNOWER OF THE ROUTE, or ABOUT TO LEAVE the emissor.There is a lot of structure in the soul of the emissor. So apply this to what Grice calls a ‘soul-to-soul transfer’ to which he rightly reduces communication. Even if it is n unstructured communication device, and maybe a ‘one-off’ one, to use Blackburn’s vulgarism, we would have the three types of correspondence of Grice’s Semantic Triangle obtaining. First, the psychophysical. The emissor knows the route, and he shows it. And he wants the emissee to ‘catch’ or get the emissor’s drift. It is THAT route which he knows. So the TWO psychophysical correspondences obtain. Then there are the two psychosemiotic correspondences. The emissor intends that the emissor will recognise the handwave as a signal that he, the emissor, knows the route. As for the emissee’s psychosemiotic correspondence: he better realise it is THAT route – to Banbury, surely, with bells in his shoes, as Grice’s mother would sing to him. And then we have the two semio-physical correspondences. If the emissor DOES know the route (and he is not lying, or rather, he is not mistaken about it), then that’s okay. Many people say or signal that they know because they feel ashamed to admit their ignorance. So it is very expectable, outside Oxford, to have someone waving meaning that he knows the route, when he doesn’t. This is surely non-natural, because it’s Kiparsky-non-factive. Waving the hand thereby communicating that he knows the route does not entail that he knows the route (as ‘spots’ do entail measles). From the emissee’s point of view, provided the emissor knows the route and shows it, the emissee will understand, hopefully, and feel assured that the emissor will hopefully reach the destination, Banbury, surely, safely enough.

uptake: used by Grice slightly different from Austin. Austin: “The performance of an illocutionary act involves the securing of uptake.” “I distinguish some senses of consequences and effects, especially three senses in which effects can come in even with illocutionary acts, viz. securing uptake, taking effect, and inviting a response.” “Comparing stating to what we have said about the illocu-  tionary act, it is an act to which, just as much as to other  illocutionary acts, it is essential to ‘secure uptake’ : the  doubt about whether I stated something if it was not  heard or understood is just the same as the doubt about  whether I warned sotto voce or protested if someone did  not take it as a protest, &c. And statements do ‘take  effect’ just as much as ‘namings’, say: if I have stated  something, then that commits me to other statements:  other statements made by me will be in order or out of  order.” Refs.: H. P. Grice, “Verstehen and uptake.”

urmson’s bribe: Urmson’s use of the bribe is ‘accidental.’ What Urmson is getting at is that if the briber intends the bribe acts as a cause to effect a response, even a cognitive one, in the bribe, the propositional complexum, “This is a bribe,” should not necessarily be communicated. It is amazing how Grice changed the example into one about physical action. They seem different. On the other hand, Grice would not have cared to credit Urmson had it not believed it worth knowing that the criticism arose within the Play Group (Grice admired Urmson). In his earlier “Meaning,” Grice presents his own self-criticisms to arrive at a more refined analysis. But in “Utterer’s meaning and intention,” when it comes to the SUFFICIENCY, it’s all about other people: notably Urmson and Strawson. Grice cites Stampe before Strawson, but many ignore Stampe on the basis that Strawson does not credit him, and there is no reason why he should have been aware of it. But Stampe was at Oxford at the time so this is worth noting. It has to be emphasised that the author list is under ‘sufficiency.’ Under necessity, Grice does not credit the source of the objections, so we can assume it is Grice himself, as he had presented criticisms to his own view within the same ‘Meaning.’ It is curious that Grice loved Stampe. Grice CHANGED Urmon’s example, and was unable to provide a specific scenario to Strawson’s alleged counterexample, because Strawson is vague himself. But Stampe’s, Grice left unchanged. It seems few Oxonian philosohpers of Grice’s playgroup had his analytic acumen. Consider his sophisticated account of ‘meaning.’ It’s different if you are a graduate student from the New World, and you have to prove yourself intelligent. But for Grice’s playgroup companion, only three or four joined in the analysis. The first is Urmson. The second is Strawson. The case by Urmson involved a tutee offering to buy Gardiner an expensive dinner, hoping that Gardiner will give him permission for an over-night visit to London. Gardiner knows that his tutee wants his permission. The appropriate analysans for "By offering to buy Gardiner an expensive dinner, the tuttee means that Gardiner should give him permission for an overnight stay in London" are fulfilled: (1) The tutee offers to buy Gardiner an expensive dinner with the intention of producing a certain response on the part of Gardiner (2) The tutee intends that Gardiner should recognize (know, think) that the tutee is offering to buy him an expensive dinner with the intention of producing this response; (3) The tutee intends that Gardiners recognition (thought) that the tutee has the intention mentioned in (2) should be at least part of Gardiners reason for producing the response mentioned. If in general to specify in (i) the nature of an intended response is to specify what was meant, it should be correct not only to say that by offering to buy Gardiner an expensive dinner, the tutee means that Gardiner is to give him permission for an overnight stay in London, but also to say that he meas that Gardiner should (is to) give him permission for an over-night visit to London. But in fact one would not wish to say either of these things; only that the tutee meant Gardiner to give him permission. A restriction seems to be required, and one which might serve to eliminate this range of counterexamples can be identified from a comparison of two scenarios. Grice goes into a tobacconists shop, ask for a packet of my favorite cigarettes, and when the unusually suspicious tobacconist shows that he wants to see the color of my money before he hands over the goods, I put down the price of the cigarettes on the counter. Here nothing has been meant. Alternatively, Grice goes to his regular tobacconist (from whom I also purchase other goods) for a packet of my regular brand of Players Navy Cuts, the price of which is distinctive, say 43p. Grice says nothing, but puts down 43p. The tobacconist recognizes my need, and hands over the packet. Here, I think, by putting down 43p I meant something-Namesly, that I wanted a packet of Players Navy Cuts. I have at the same time provided an inducement. The distinguishing feature of the second example seems to be that here the tobacconist recognized, and was intended to recognize, what he was intended to do from my "utterance" (my putting down the money), whereas in the first example this was not the case. Nor is it the case with respect to Urmson’s case of the tutees attempt to bribe Gardiner. So one might propose that the analysis of meaning be amended accordingly. U means something by uttering x is true if: (i) U intends, by uttering x, to induce a certain response in A (2) U intends A to recognize, at least in part from the utterance of x, that U intends to produce that response (3) U intends the fulfillment of the intention mentioned in (2) to be at least in part As reason for fulfilling the intention mentioned in (i). This copes with Urmsons counterexample to Grices proposal in the Oxford Philosophical Society talk involving the tutee attempting to bribe Gardiner.  Urmson’s super-erogation: ‘super-erogatum --. 1520s, "performance of more than duty requires," in Catholic theology, from Late Latin supererogationem (nominative supererogatio) "a payment in addition," noun of action from past participle stem of supererogare "pay or do additionally," from Latin super "above, over" (see super-) + erogare "pay out," from ex "out" (see ex-) + rogare "ask, request," apparently a figurative use of a PIE verb meaning literally "to stretch out (the hand)," from root *reg- "move in a straight line." Grice got interested in this thanks to J. O. Urmson who discussed his ‘saints and heroes’ with the Saturday morning kindergarten held by Austin -- the property of going beyond the call of duty. Supererogatory actions are sometimes equated with actions that are morally good in the sense that they are encouraged by morality but not required by it. Sometimes they are equated with morally commendable actions, i.e., actions that indicate a superior moral character. It is quite common for morally good actions to be morally commendable and vice versa, so that it is not surprising that these two kinds of supererogatory actions are not clearly distinguished even though they are quite distinct. Certain kinds of actions are not normally considered to be morally required, e.g., giving to charity, though morality certainly encourages doing them. However, if one is wealthy and gives only a small amount to charity, then, although one’s act is supererogatory in the sense of being morally good, it is not supererogatory in the sense of being morally commendable, for it does not indicate a superior moral character. Certain kinds of actions are normally morally required, e.g., keeping one’s promises. However, when the harm or risk of harm of keeping one’s promise is sufficiently great compared to the harm caused by breaking the promise to excuse breaking the promise, then keeping one’s promise counts as a supererogatory act in the sense of being morally commendable. Some versions of consequentialism claim that everyone is always morally required to act so as to bring about the best consequences. On such a theory there are no actions that are morally encouraged but not required; thus, for those holding such theories, if there are supererogatory acts, they must be morally commendable. Many versions of non-consequentialism also fail to provide for acts that are morally encouraged but not morally required; thus, if they allow for supererogatory acts, they must regard them as morally required acts done at such significant personal cost that one might be excused for not doing them. The view that all actions are either morally required, morally prohibited, or morally indifferent makes it impossible to secure a place for supererogatory acts in the sense of morally good acts. This view that there are no acts that are morally encouraged but not morally required may be the result of misleading terminology. Both Kant and Mill distinguish between duties of perfect obligation and duties of imperfect obligation, acknowledging that a duty of imperfect obligation does not specify any particular act that one is morally required to do. However, since they use the term ‘duty’ it is very easy to view all acts falling under these “duties” as being morally required. One way of avoiding the view that all morally encouraged acts are morally required is to avoid the common philosophical misuse of the term ‘duty’. One can replace ‘duties of perfect obligation’ with ‘actions required by moral rules’ and ‘duties of imperfect obligation’ with ‘actions encouraged by moral ideals’. However, a theory that includes the kinds of acts that are supererogatory in the sense of being morally good has to distinguish between that sense of ‘supererogatory’ and the sense meaning ‘morally commendable’, i.e., indicating a superior moral character in the agent. For as pointed out above, not all morally good acts are morally commendable, nor are all morally commendable acts morally good, even though a particular act may be supererogatory in both senses. urmsonianism. Urmson is possibly more English than Grice, in that ‘gris’ is Nordic – but Urmson, with such a suffix, -son, HAS to be English English! Plus, he is a charmer! Who other than Urmson would come up with a counter-example to the sufficiency of Grice’s analysis of an act of communication. In a case of bribery, the response or effect in the emittee is NOT meant to be recognised. So we need a further restriction unless we want to say that the briber means that his emittee recognise the ‘gift’ as a meta-bribe. Refs.: Urmson, “Introduction” to Austin’s Philosophical Papers, cited by Grice. Urmson, Introduction to Austin’s How to do things with words, cited by Grice. Urmson on Grice, “The Independent.” Urmson on pragmatics. Refs.: H. P. Grice, “Urmson’s supererogation,” H. P. Grice, “Urmson no saint, hero perhaps –.” H. P. Grice, “Urmson, my hero.”

use-mention distinction: Grice: “I once used Jevons’s coinage in a tutorial with Hardie; he said, ‘What do you mean by ‘of’?’” -- Grice: “Strictly, if you mention, you are using!” -- discussed by Grice in “Retrospective epilogue” – the only use of a vehicle of communication is to communicate. two ways in which terms enter into discourse  used when they refer to or assert something, mentioned when they are exhibited for consideration of their properties as terms. If I say, “Mary is sad,” I use the name ‘Mary’ to refer to Mary so that I can predicate of her the property of being sad. But if I say, “ ‘Mary’ contains four letters,” I am mentioning Mary’s name, exhibiting it in writing or speech to predicate of that term the property of being spelled with four letters. In the first case, the sentence occurs in what Carnap refers to as the material mode; in the second, it occurs in the formal mode, and hence in a metalanguage a language used to talk about another language. Single quotation marks or similar orthographic devices are conventionally used to disambiguate mentioned from used terms. The distinction is important because there are fallacies of reasoning based on usemention confusions in the failure to observe the use mention distinction, especially when the referents of terms are themselves linguistic entities. Consider the inference: 1 Some sentences are written in English. 2 Some sentences are written in English. Here it looks as though the argument offers a counterexample to the claim that all arguments of the form ‘P, therefore P’ are circular. But either 1 asserts that some sentences are written in English, or it provides evidence in support of the conclusion in 2 by exhibiting a sentence written in English. In the first case, the sentence is used to assert the same truth in the premise as expressed in the conclusion, so that the argument remains circular. In the second case, the sentence is mentioned, and although the argument so interpreted is not circular, it is no longer strictly of the form ‘P, therefore P’, but has the significantly different form, ‘ “P” is a sentence written in English, therefore P’. 

usus: ad usum griceianum -- use: Grice: “I would rephrase Vitter’s adage, ‘Don’t ask for the expression meaning, as for the UTTERER’s meaning, if you have to axe at all!” -- while Grice uses ‘use,’ as Ryle once told him, ‘you should use ‘usage, too.’ Parkinson was nearby. When Warnock commissioned Parkinson to compile a couple of Oxonian essays on meaning and communication, Parkinson unearthed the old symposium by Ryle and Findlay on the matter. Typically, when Ryle reprinted it, he left Findlay out!

v: Winspeare’s V – Grice: “Before browsing the v, one should always look for the “V” in Davide Winspeare’s genial ‘dizionario filosofico.’ The poor man move from Yorkshire to the heart of the Graeco-Roman history, and his linguistic botanising supersedes Austin’s anytime, who never left the plains!” --.

vacca: Essential Italian philosopher. Grice: “My favourite of his books is “L’ala del silenzo” – great title, from Alighieri – about litotes and understatement --.” Giuseppe Vacca (storico) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Niente fonti! Questa voce o sezione sull'argomento politici italiani non cita le fonti necessarie o quelle presenti sono insufficienti. Puoi migliorare questa voce aggiungendo citazioni da fonti attendibili secondo le linee guida sull'uso delle fonti. Giuseppe Vacca Giuseppe Vacca 1939.jpg Deputato della Repubblica Italiana LegislatureIX, X Gruppo parlamentarePCI CollegioBari Sito istituzionale Dati generali Partito politicoPartito Comunista Italiano, Partito Democratico della Sinistra, Partito Democratico Titolo di studiolaurea in giurisprudenza e filosofia del diritto Professione docente universitario Giuseppe Vacca (Bari, 27 gennaio 1939) è un politico, filosofo e storico italiano.  Biografia Si laureò in filosofia del diritto nel 1961 discutendo una tesi sulla filosofia politica e giuridica di Benedetto Croce. Fin dagli anni giovanili ha sempre svolto una intensa attività di organizzatore di cultura, culminata con l'impegno dedicato alla casa editrice De Donato tra i primi anni ’70 e il 1983. Membro del comitato centrale del Partito Comunista Italiano dal 1972 al 1991, è poi stato nella direzione del Partito Democratico della Sinistra. Libero docente in Storia delle dottrine politiche nel 1966, nel 1975 vinse la cattedra di tale disciplina presso l'Università di Bari.  Dal 1978 al 1983 è stato nel consiglio di amministrazione della RAI. Deputato per il PCI nella IX e X Legislatura nella circoscrizione elettorale Bari-Foggia. In occasione delle elezioni comunali del 1999, si è candidato a sindaco con il sostegno della coalizione di centro-sinistra, ma è stato sconfitto da Simeone Di Cagno Abbrescia. Ha ricoperto incarichi di partito in Puglia e a livello nazionale.  Ha rivolto poi i suoi studi alla storia del marxismo contemporaneo. Dal gennaio 1988 al 1999 ha diretto la Fondazione Istituto Gramsci di Roma, diventandone poi Presidente fino al 2016. Membro del Cda dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana dal 2000 al 2017, presiede la Commissione scientifica dell’Edizione nazionale degli scritti di Antonio Gramsci. Gli scritti di Giuseppe Vacca sono tradotti nelle principali lingue europee; la sua vasta attività di conferenziere, le opere e il suo pensiero sono ampiamente note all'estero.  Professore di Storia delle dottrine politiche nell’Università di Bari (1968-1997), si è occupato in particolare dell'idealismo novecentesco e dell'hegelismo italiano nella seconda metà del XIX secolo, con particolare riferimento alla genesi del marxismo in Italia.  Opere Politica e filosofia in Bertrando Spaventa, Bari, Laterza, 1967. Lukàcs o Korsch?, Bari, De Donato, 1969. Marxismo e analisi sociale, Bari, De Donato, 1969. Scienza, Stato e critica di classe. Galvano Della Volpe e il marxismo, Bari, De Donato, 1970. Politica e teoria nel marxismo italiano, 1959-1969. Antologia critica, Bari, De Donato, 1972. PCI, Mezzogiorno e intellettuali. Dalle alleanze all'organizzazione, a cura di, Bari, De Donato, 1973. Saggio su Togliatti e la tradizione comunista, Bari, De Donato, 1974. Osservatorio meridionale. Temi di politica culturale tra gli anni '60 e '70, Bari, De Donato, 1977. Quale democrazia. Problemi della democrazia di transizione, Bari, De Donato, 1977. Criticità e trasformazione. Korsch teorico e politico, 1923-1938, Bari, Dedalo, 1978. Gli intellettuali di sinistra e la crisi del 1956, a cura di, Roma, Editori Riuniti, 1978. Comunicazioni di massa e democrazia, a cura di, Roma, Editori Riuniti, 1980. L'informazione negli anni Ottanta, Roma, Editori Riuniti, 1984. ISBN 88-359-2728-5. Il marxismo e gli intellettuali. Dalla crisi di fine secolo ai Quaderni del carcere, Roma, Editori Riuniti, 1985. ISBN 88-359-2814-1. Tra compromesso e solidarietà. La politica del PCI negli anni '70, Roma, Editori Riuniti, 1987. ISBN 88-359-3096-0. Gorbačëv e la sinistra europea, Roma, Editori Riuniti, 1989. ISBN 88-359-3308-0. Tra Italia e Europa. Politiche e cultura dell'alternativa, Milano, Angeli, 1990. ISBN 88-204-6679-1. Gramsci e Togliatti, Roma, Editori Riuniti, 1991. ISBN 88-359-3495-8. Dal PCI al PDS. Intervista, Teresa Bartoli intervista Giuseppe Vacca, Bari, Delphos, 1991. Togliatti sconosciuto, Roma, l'Unità, 1994. Pensare il mondo nuovo. Verso la democrazia del XXI secolo, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1994. ISBN 88-215-2803-0. Per una nuova Costituente, Milano, PasSaggi Bompiani, 1996. ISBN 88-452-2937-8. Vent'anni dopo. La sinistra fra mutamenti e revisioni, Torino, Einaudi, 1997. ISBN 88-06-14328-X. Da un secolo all'altro. Mutamenti della politica nel Novecento, Milano, Bompiani, 1998. ISBN 88-452-3591-2. Appuntamenti con Gramsci. Introduzione allo studio dei Quaderni del carcere, Roma, Carocci, 1999. ISBN 88-430-1280-0. Gramsci e il Novecento, a cura di, 2 voll., Roma, Carocci, 1999. ISBN 88-430-1364-5; ISBN 88-430-1466-8. Presente futuro. Idee per lo sviluppo ecosostenibile della Puglia, Bari, Dedalo, 2001. ISBN 88-220-6240-X. Riformismo vecchio e nuovo, Torino, Einaudi, 2001. ISBN 88-06-15956-9. In tempo reale. Cronache del decennio '89-'99, Bari, Dedalo, 2002. ISBN 88-220-6245-0. Ritorno in Puglia. Tre anni di volontariato politico, Bari, Palomar, 2002. ISBN 88-87467-84-6. Federalismo, sviluppo economico e coesione sociale in Puglia, a cura di e con Luigi Masella, Lecce. Martano, 2003. ISBN 88-86444-25-7. L'unità dell'Europa. Rapporto 2003 sull'integrazione europea, a cura di, Bari, Dedalo, 2003. ISBN 88-220-6255-8; Roma, Nuova iniziativa editoriale, 2003. Il dilemma euroatlantico. Rapporto 2004 della Fondazione Istituto Gramsci sull'integrazione europea, a cura di, Roma, Nuova iniziativa editoriale, 2004. Dalla Convenzione alla Costituzione. Rapporto 2005 della Fondazione Istituto Gramsci sull'integrazione europea, a cura di, Bari, Dedalo, 2005. ISBN 88-220-6283-3. I dilemmi dell'integrazione. Il futuro del modello sociale europeo. Rapporto 2006 sull'integrazione europea, a cura di e con José Luis Rhi-Sausi, Bologna, Il mulino, 2006. ISBN 88-15-11104-2. Il riformismo italiano. Dalla fine della guerra fredda alle sfide future, Roma, Fazi, 2006. ISBN 88-8112-704-0. Gramsci tra Mussolini e Stalin, con Angelo Rossi, Roma, Fazi, 2007. ISBN 978-88-8112-822-8. cura di Antonio Gramsci, Nel mondo grande e terribile. Antologia degli scritti 1914-1935, Torino, Einaudi, 2007. ISBN 978-88-06-18650-0. Studi gramsciani nel mondo. 2000-2005, a cura di e con Giancarlo Schirru, Bologna, Il mulino, 2007. ISBN 978-88-15-11822-6. Perché l'Europa? Rapporto 2007 sull'integrazione europea, a cura di e con José Luis Rhi-Sausi, Bologna, Il mulino, 2007. ISBN 978-88-15-11907-0. Studi gramsciani nel mondo. Gli studi culturali, a cura di e con Paolo Capuzzo e Giancarlo Schirru, Bologna, Il mulino, 2008. ISBN 978-88-15-12641-2. Le forme e la storia. Scritti in onore di Biagio De Giovanni, a cura di e con Marcello Montanari e Franca Papa, Napoli, Bibliopolis, 2011. ISBN 978-88-7088-613-9. Il Novecento di Eugenio Garin. Atti del Convegno di studi, a cura di e con Saverio Ricci, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2011. ISBN 978-88-12-00058-6. Studi gramsciani nel mondo. Gramsci in America Latina, a cura di e con Dora Kanoussi e Giancarlo Schirru, Bologna, Il mulino, 2011. ISBN 978-88-15-13801-9. Vita e pensieri di Antonio Gramsci. 1926-1937, Collana Storia, Torino, Einaudi, 2012, ISBN 978-88-06-21000-7. - Collana ET Storia, Einaudi, 2014, ISBN 978-88-06-21999-4. Moriremo democristiani? La questione cattolica nella ricostruzione della Repubblica, Roma, Salerno, 2013. ISBN 978-88-8402-831-0. Il fascismo in tempo reale. Studi e ricerche di Angelo Tasca sulla genesi e l'evoluzione del regime fascista 1926-1938, a cura di e con David Bidussa, Milano, Feltrinelli, 2014, ISBN 978-88-07-99069-4. Togliatti e Gramsci. Raffronti, Pisa, Edizioni della Normale, 2014. ISBN 978-88-7642-507-3. Modernità alternative. Il Novecento di Antonio Gramsci, Torino, Einaudi, 2017. P. Togliatti, La politica nel pensiero e nell'azione, Scritti e discorsi 1917-1964, a cura di G. Vacca con M. Ciliberto, Bompiani, Milano 2014 Quel che resta di Marx, Salerno Editore, Roma, 2016 L'Italia contesa. Comunisti e democristiani nel lungo dopoguerra (1943-1978), Marsilio, Venezia 2018 Collegamenti esterni Giuseppe Vacca, su storia.camera.it, Camera dei deputati. Modifica su Wikidata Controllo di autoritàVIAF (EN) 93402604 · ISNI (EN) 0000 0001 1821 8540 · SBN IT\ICCU\CFIV\066909 · LCCN (EN) n50046501 · GND (DE) 127264930 · BNF (FR) cb12174296f (data) · WorldCat Identities (EN) lccn-n50046501 Biografie Portale Biografie Politica Portale Politica Storia Portale Storia Categorie: Politici italiani del XX secoloPolitici italiani del XXI secoloFilosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloStorici italiani del XX secoloStorici italiani del XXI secoloNati nel 1939Nati il 27 gennaioNati a BariPolitici del Partito Comunista ItalianoPolitici del Partito Democratico della SinistraDeputati della IX legislatura della Repubblica ItalianaDeputati della X legislatura della Repubblica Italiana[altre]

vaccarino: essential Italian philosopher. Grice: “I appreciate his metaphor of the ‘chemistry of the mind,’ la ‘chimica del pensiero,’ – and the idea that philosophers commit only ONE mistake (“l’errore dei filosofi”)!”.  Giuseppe Vaccarino Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Niente fonti! Questa voce o sezione sugli argomenti linguisti italiani e filosofi italiani non cita le fonti necessarie o quelle presenti sono insufficienti. Puoi migliorare questa voce aggiungendo citazioni da fonti attendibili secondo le linee guida sull'uso delle fonti. Giuseppe Vaccarino (Pace del Mela, 2 marzo 1919 – 28 maggio 2016) è stato un filosofo e accademico italiano.   Indice 1Biografia 2Opere 3               Note 4Voci correlate 5Collegamenti esterni Biografia Giuseppe Vaccarino è nato a Pace del Mela (Messina) il 2 marzo 1919, figlio primogenito di Antonino Vaccarino (1887-1956), titolare di un importante saponificio, e di Caterina Tracuzzi (1891-1993). Laureato in Chimica industriale con il massimo dei voti presso l'Università degli Studi di Milano, ebbe successivamente l'abilitazione alla professione di chimico.  Nel 1947 insieme con Vittorio Somenzi fondò e diresse la rivista Sigma (1947-48), pubblicata a Roma. Nel 1949 insieme con Silvio Ceccato e Vittorio Somenzi fondò la rivista Methodos, trimestrale di metodologia e di logica simbolica, pubblicazione che termina nel 1967. Fino al 1950 si occupò prevalentemente di logica ed epistemologia.  Ha pubblicato una serie di articoli sulla rivista Archimede su invito di Ludovico Geymonat. Nel 1955 fu abilitato alla libera docenza in Filosofia della scienza, ma assorbito dai suoi studi e da altre attività non si dedicò all'insegnamento fino al 1970. In quell'anno ebbe l'incarico di tenere il corso di Storia della filosofia antica presso l'Università degli Studi di Messina. Nel 1972 ricevette anche quello di Filosofia della scienza, che mantenne fino al 1990, anno in cui andò in pensione. Nel 1982 fu nominato professore associato di Filosofia della scienza, ma non ottenne mai la cattedra di ordinario. [1]  Ha partecipato a vari congressi. In quello di Amsterdam del 1948 ebbe l'occasione di conoscere Joseph Maria Bochenski e incaricarlo di dirigere la sezione di logica simbolica della rivista Methodos. A quello di Parigi del 1949 partecipò insieme con Silvio Ceccato, Vittorio Somenzi e Ferruccio Rossi-Landi con i quali era in stretti rapporti di amicizia. Nel 1987 ha contribuito alla fondazione della rivista Methodologia nata per iniziativa della Società di Cultura Metodologica Operativa di Milano, presieduta da Felice Accame. Da giovane Vaccarino fu molto vicino alle vedute filosofiche dei neo-positivisti, ma in seguito si capì che per dare soluzione ai problemi posti dalla tradizionale filosofia bisognava anzitutto effettuare un'indagine sul metodo scientifico onde spiegare perché è l'unico considerabile come valido.  Negli anni 1947- 1949 sviluppò in questo senso sulla rivista Sigma una teoria che chiamò della "meta conoscenza", in quanto ricondotta a una disciplina avente per oggetto la conoscenza. Successivamente si convinse che per procedere in modo effettivamente scientifico bisogna eliminare ogni apriorismo effettuando un'analisi sistematica dei significati di tutte le parole di cui ci avvaliamo e riconducendoli alle operazioni mentali e non mentali da cui sono costituiti. Sotto questo profilo i suoi interessi si incontrarono con quelli di Silvio Ceccato e della Scuola Operativa Italiana. Ma Vaccarino mantenne una posizione autonoma, ritenendo che la ricerca di base deve puntare su una semantica e non su una ricerca di tipo cibernetico, come invece sosteneva Ceccato.  Vaccarino però accettava e condivideva il concetto che bisogna occuparsi del modo come operiamo a livello mentale per descrivere i significati. Perciò respingeva vedute allora in auge, come quelle della filosofia analitica, che riconducendo i significati semplicemente all'uso che se ne fa parlando, li lasciava in analizzati assumendoli implicitamente come prius, in quanto tali, dogmatici. A partire dal 1960 Vaccarino si dedicò assiduamente a queste ricerche, pervenendo alla elaborazione di un metodo generale di analisi dei significati. Le sue ricerche condussero, tra l'altro, all'introduzione di una formulistica idonea alla definizione delle operazioni mentali, prospettando una sorta di Chimica della Mente. La vastità e la complessità delle sue indagini lo hanno costretto a procedere a molti ripensamenti e revisioni.  Nel 1977 pubblicò il volume La chimica della mente. In cui esponeva i principali risultati a cui era pervenuto. Nello stesso anno vinse il premio L'Inedito con il racconto Lo sporco, pubblicato da Marsilio. Nel 1981 prospettò ampliamenti e modifiche delle sue teorie nel libro Analisi dei Significati, pubblicato a Roma da Armando Armando. Nel 1989 pubblicò presso la CULP di Milano il volume Scienza e Semantica Costruttivista, dedicato a una critica di correnti vedute professate da filosofi della scienza.  I suoi interessi si rivolsero anche alla codificazione di una logica contenutistica in grado di fissare i criteri di compatibilità e incompatibilità tra i significati in riferimento alle loro operazioni costitutive. In tal modo la logica diviene una filiazione della semantica. La summa dei suoi lavori di semantica è stata pubblicata a Rimini nel novembre 2007 nel trattato Dalle operazioni mentali alla semantica. Nella prefazione al volume Introduzione alla semantica edito da Falzea a Reggio Calabria, nel 2006 Antonino Laganà, ordinario di Filosofia presso l'Università di Messina, lo considera l'ultimo dei grandi illuministi.  Opere L'errore dei filosofi, D'Anna, Messina, 1974 La chimica della mente, Carbone Editore, Messina, 1977 Analisi dei significati, Armando, Roma 1981 Scienza e semantica costruttivista, Clup Cooperativa Libraria Universitaria del Politecnico, Milano, 1988 Introduzione alla semantica, Falzea Editore, Reggio Calabria, 2006 Scienza e semantica, Edizioni Melquiades, Milano, 2006 Prolegomeni: dalle operazioni mentali alla semantica, Ciddo edizioni, Rimini, 2007 "Lo sporco. Il pulito, duepunti edizioni, 2010 Note ^ la Repubblica Voci correlate Semantica Filosofia della scienza Collegamenti esterni Centro Internazionale Di Didattica Operativa onlus, su ciddo.it. URL consultato il 6 marzo 2010 (archiviato dall'url originale il 3 febbraio 2011). Methodologia on-line, su methodologia.it. Biografie Portale Biografie Linguistica Portale Linguistica Categorie: Filosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloAccademici italiani del XX secoloAccademici italiani del XXI secoloNati nel 1919Morti nel 2016Nati il 2 marzoMorti il 28 maggioNati a Pace del MelaFondatori di riviste italianeProfessori dell'Università degli Studi di MessinaStudenti dell'Università degli Studi di MilanoDirettori di periodici italianiFilosofi della scienza[altre]

vaccaro: Essential Italian philosopher. Grice: “My favourite of his books is ‘eteropie,’ a pun on homotopos.” Salvo Vaccaro Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Abbozzo Questa voce sugli argomenti insegnanti italiani e filosofi italiani è solo un abbozzo. Contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni di Wikipedia. Salvo Vaccaro all'anagrafe Salvatore (Palermo, 28 aprile 1959) è un docente e filosofo italiano.   Indice 1 Biografia 2Opere 3Note 4Collegamenti esterni Biografia Laureato nel 1983 all'Università degli Studi di Palermo, dal 1992 ha iniziato l'attività di docenza presso lo stesso ateneo prima come professore a contratto, poi come ricercatore e dal 2006 come professore associato. Attualmente è titolare del corso di Filosofia politica e supplente di Scienza politica nella Facoltà di Scienze della formazione dell'ateneo palermitano.  Dal 2009 è pro-rettore dell'Università di Palermo per la “politiche di solidarietà sociale e di cooperazione per lo sviluppo”;[1] inoltre è condirettore della collana “Eterotopie” dell'editore Mimesis di Milano,[2] membro fondatore della “Società Italiana di Filosofia Politica” e del ”Centro interdisciplinare in Biopolitica, Bioeconomia e Processi di Soggettivazione” (BBPS) dell'Università degli Studi di Salerno; dal 2001 al 2004 è stato vicepresidente dell'ONG palermitana CISS (Cooperazione Internazionale Sud-Sud).  I suoi ambiti di ricerca si orientano sulla teoria critica (soprattutto Adorno e Benjamin della Scuola di Francoforte) e sulla decostruzione post-strutturalista francese (principalmente Foucault e Deleuze) dai quali ricava strumenti di analisi da mettere alla prova nel campo della globalizzazione, della governance e dei diritti umani.  Opere Decostruzione di una realtà macchinica, in Il camaleonte e l'iscrizione, Palermo, Ila Palma, 1982. Il capitalismo regolato statualmente, curatela con Franco Riccio e Aldo Caruso, Milano, Franco Angeli, 1984. Oltre la pace. Saggi di critica al complesso politico militare, curatela con Fabio Magno, Milano, Franco Angeli, 1987. Adorno e Foucault: congiunzione disgiuntiva, curatela con Franco Riccio, Palermo, ILA Palma, 1990. Il Pensiero anarchico, con Filippo Pani, Verona, Edizioni Demetra, 1997. OCLC 636210827. Il secolo deleuziano, (a cura di), Milano, Mimesis Edizioni, 1997. ISBN 88-87231-02-8. Il pianeta unico, (a cura di), Milano, Elèuthera, 1999. ISBN 88-85060-34-X. Anarchismo e modernità, Pisa, BFS edizioni, 2000. ISBN 88-8638-994-9. CruciVerba. Lessico per i libertari del XXI secolo, Milano, Zero in condotta, 2001. Globalizzazione e diritti umani, Milano, Mimesis Edizioni, 2004. ISBN 88-8483-202-0. Biopolitica e disciplina, Milano, Mimesis Edizioni, 2005. ISBN 978-88-8483-385-3. Lo sguardo di Foucault, curatela con Michele Cometa, Roma, Meltemi Editore, 2007. ISBN 978-88-8353-5727. Governance e democrazia, curatela con Antonio Palumbo, Milano, Mimesis Edizioni, 2009. ISBN 978-88-8483-906-0. Note ^ Vaccaro Prof. Salvatore delegato alle politiche di solidarietà sociale e di cooperazione per lo sviluppo, su Università degli Studi di Palermo. URL consultato il 18 luglio 2020 (archiviato dall'url originale il 16 luglio 2012). «D.R. n. 119/10.01.2009 (Prot. 1160)». ^ Mimesis Edizioni: collane. Archiviato il 15 aprile 2012 in Internet Archive. URL consultato il 28/4/2012. Collegamenti esterni Università di Palermo: scheda docente., su scienzeformazione.unipa.it. URL consultato il 29 aprile 2012 (archiviato dall'url originale il 9 luglio 2009). Biblioteca nazionale di Firenze: catalogo autore., su opac.bncf.firenze.sbn.it. Portale Foucault: scheda autore., su portail-michel-foucault.org. Controllo di autoritàVIAF (EN) 76348837 · ISNI (EN) 0000 0000 2992 8356 · LCCN (EN) n85383313 · GND (DE) 1099322758 · BNF (FR) cb12119143j (data) · WorldCat Identities (EN) lccn-n85383313 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Insegnanti italiani del XX secoloInsegnanti italiani del XXI secoloFilosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloNati nel 1959Nati il 28 aprileNati a PalermoProfessori dell'Università degli Studi di Palermo[altre]

vagum: oddly, A. C. Ewing has a very early thing on ‘vagueness.’ Grice liked Ewing. There is an essay on “Clarity” which relates. Cf. Price, “Clarity is not enough” Which implicates it IS a necessity, though. Cf. “Clarity – who cares?” Some days, Grice did not feel ‘Grecian,’ and would use very vernacular expressions. He thought that what Cicero calls ‘vagum’ is best rendered in Oxfordshire dialect as ‘fuzzy.’ It is not clear which of Grice’s maxim controls this. The opposite of ‘vague’ is ‘specific.’ Grice was more concerned about this in the earlier lectures where he has under the desideratum of conversational candour and the principle of conversational benevolence, and the desideratum of conversational clarity that one should be explicit, and make one’s point explicit. But under the submaxims of the conversational category of modus (‘be perspicuous [sic]), none seem to prohibit ‘vagueness’ as such: Avoid obscurity of expression.Avoid ambiguity.Be brief (avoid unnecessary prolixity).Be orderly The one he later calls a ‘tailoring principle’ ‘frame your contribution in way that facilitates a reply’, the ‘vagueness’ avoidance seems implicit. Cf. fuzzy. The indeterminacy of the field of application of an expression, in contrast to precision. For instance, the expression “young man” is vague since the point at which its appropriate application to a person begins and ends cannot be precisely defined. Vagueness should be distinguished from ambiguity, by which a term has more than one meaning. The vagueness of an expression is due to a semantic feature of the term itself, rather than to the subjective condition of its user. Vagueness gives rise to borderline cases, and propositions with vague terms lack a definite truth-value. For this reason, Frege rejected the possibility of vague concepts, although they are tolerated in recent work in vague or fuzzy logic. Various paradoxes arise due to the vagueness of words, including the ancient sorites paradox. It is because of its intrinsic vagueness that some philosophers seek to replace ordinary language with an ideal language. But ordinary language philosophers hold that this proposal creates a false promise of eliminating vagueness. Wittgenstein’s notion of family resemblance in part is a model of meaning that tolerates vagueness. As a property of expressions, vagueness extends to all sorts of cognitive representations. Some philosophers hold that there can be vagueness in things as well as in the representation of things. “A representation is vague when the relation of the representing system to the represented system is not one–one, but one–many.” Russell, Collected Papers of Bertrand Russell, vol. IX. Refs.: H. P. Grice, “Fuzzy impicatures, and how to unfuzz them;” H. P. Grice, “The conversational maxim of vagueness avoidance.” Oddly, Grice does not have a conversational, ‘be precise,’; but he did. In his earlier desideratum of conversational clarity, the point was to make your point precise – rather than fuzzy -- vagueness, a property of an expression in virtue of which it can give rise to a “borderline case.” A borderline case is a situation in which the application of a particular expression to a name of a particular object does not generate an expression with a definite truth-value; i.e., the piece of language in question neither unequivocally applies to the object nor fails to apply. Although such a formulation leaves it open what the pieces of language might be whole sentences, individual words, names or singular terms, predicates or general terms, most discussions have focused on vague general terms and have considered other types of terms to be nonvague. Exceptions to this have called attention to the possibility of vague objects, thereby rendering vague the designation relation for singular terms. The formulation also leaves open the possible causes for the expression’s lacking a definite truth-value. If this indeterminacy is due to there being insufficient information available to determine applicability or non-applicability of the term i.e., we are convinced the term either does or does not apply, but we just do not have enough information to determine which, then this is sometimes called epistemic vagueness. It is somewhat misleading to call this vagueness, for unlike true vagueness, this epistemic vagueness disappears if more information is brought into the situation. ‘There are between 1.89 $ 106 and 1.9 $ 106 stars in the sky’ is epistemically vague but is not vague in the generally accepted sense of the term. ’Vagueness’ may also be used to characterize non-linguistic items such as concepts, memories, and objects, as well as such semilinguistic items as statements and propositions. Many of the issues involved in discussing the topic of vagueness impinge upon other philosophical topics, such as the existence of truth-value gaps  declarative sentences that are neither true nor false  and the plausibility of many-valued logic. There are other related issues such as the nature of propositions and whether they must be either true or false. We focus here on linguistic vagueness, as it manifests itself with general terms; for it is this sort of indeterminacy that defines what most researchers call vagueness, and which has led the push in some schools of thought to “eliminate vagueness” or to construct languages that do not manifest vagueness. Linguistic vagueness is sometimes confused with other linguistic phenomena: generality, ambiguity, and open texture. Statements can be general ‘Some wheelbarrows are red’, ‘All insects have antennae’ and if there is no other vagueness infecting them, they are true or false  and not borderline or vague. Terms can be general ‘person’, ‘dog’ without being vague. Those general terms apply to many different objects but are not therefore vague; and furthermore, the fact that they apply to different kinds of objects ‘person’ applies to both men and women also does not show them to be vague or ambiguous. A vague term admits of borderline cases  a completely determinate situation in which there just is no correct answer as to whether the term applies to a certain object or not  and this is not the case with generality. Ambiguous linguistic items, including structurally ambiguous sentences, also do not have this feature unless they also contain vague terms. Rather, an ambiguous sentence allows there to be a completely determinate situation in which one can simultaneously correctly affirm the sentence and also deny the sentence, depending on which of the claims allowed by the ambiguities is being affirmed or denied. Terms are considered open-textured if they are precise along some dimensions of their meaning but where other possible dimensions simply have not been considered. It would therefore not be clear what the applicability of the term would be were objects to vary along these other dimensions. Although related to vagueness, open texture is a different notion. Friedrich Waismann, who coined the term, put it this way: “Open texture . . . is something like the possibility of vagueness.” Vagueness has long been an irritant to philosophers of logic and language. Among the oldest of the puzzles associated with vagueness is the sorites ‘heap’ paradox reported by Cicero Academica 93: One grain of sand does not make a heap, and adding a grain of sand to something that is not a heap will not create a heap; there945 V   945 fore there are no heaps. This type of paradox is traditionally attributed to Zeno of Elea, who said that a single millet seed makes no sound when it falls, so a basket of millet seeds cannot make a sound when it is dumped. The term ‘sorites’ is also applied to the entire series of paradoxes that have this form, such as the falakros ‘bald man’, Diogenes Laertius, Grammatica II, 1, 45: A man with no hairs is bald, and adding one hair to a bald man results in a bald man; therefore all men are bald. The original version of these sorites paradoxes is attributed to Eubulides Diogenes Laertius II, 108: “Isn’t it true that two are few? and also three, and also four, and so on until ten? But since two are few, ten are also few.” The linchpin in all these paradoxes is the analysis of vagueness in terms of some underlying continuum along which an imperceptible or unimportant change occurs. Almost all modern accounts of the logic of vagueness have assumed this to be the correct analysis of vagueness, and have geared their logics to deal with such vagueness. But we will see below that there are other kinds of vagueness too. The search for a solution to the sorites-type paradoxes has been the stimulus for much research into alternative semantics. Some philosophers, e.g. Frege, view vagueness as a pervasive defect of natural language and urge the adoption of an artificial language in which each predicate is completely precise, without borderline cases. Russell too thought vagueness thoroughly infected natural language, but thought it unavoidable  and indeed beneficial  for ordinary usage and discourse. Despite the occasional argument that vagueness is pragmatic rather than a semantic phenomenon, the attitude that vagueness is inextricably bound to natural language together with the philosophical logician’s self-ascribed task of formalizing natural language semantics has led modern writers to the exploration of alternative logics that might adequately characterize vagueness  i.e., that would account for our pretheoretic beliefs concerning truth, falsity, necessary truth, validity, etc., of sentences containing vague predicates. Some recent writers have also argued that vague language undermines realism, and that it shows our concepts to be “incoherent.” Long ago it was seen that the attempt to introduce a third truth-value, indeterminate, solved nothing  replacing, as it were, the sharp cutoff between a predicate’s applying and not applying with two sharp cutoffs. Similar remarks could be made against the adoption of any finitely manyvalued logic as a characterization of vagueness. In the late 0s and early 0s, fuzzy logic was introduced into the philosophic world. Actually a restatement of the Tarski-Lukasiewicz infinitevalued logics of the 0s, one of the side benefits of fuzzy logics was claimed to be an adequate logic for vagueness. In contrast to classical logic, in which there are two truth-values true and false, in fuzzy logic a sentence is allowed to take any real number between 0 and 1 as a truthvalue. Intuitively, the closer to 1 the value is, the “more true” the sentence is. The value of a negated sentence is 1 minus the value of the unnegated sentence; conjuction is viewed as a minimum function and disjunction as a maximum function. Thus, a conjunction takes the value of the “least true” conjunct, while a disjunction takes the value of the “most true” disjunct. Since vague sentences are maximally neither true nor false, they will be valued at approximately 0.5. It follows that if F is maximally vague, so is the negation -F; and so are the conjunction F & -F and the disjunction ~F 7 -F. Some theorists object to these results, but defenders of fuzzy logic have argued in favor of them. Other theorists have attempted to capture the elusive logic of vagueness by employing modal logic, having the operators AF meaning ‘F is definite’ and B F meaning ‘F is vague’. The logic generated in this way is peculiar in that A F & YPAF & AY is not a theorem. E.g., p & -p is definitely false, hence definite; hence A p & -p. Yet neither p nor -p need be definite. Technically, it is a non-Kripke-normal modal logic. Some other peculiarities are that AF Q A -F is a theorem, and that AFPBF is not. There are also puzzles about whether B FP ABF should be a theorem, and about iterated modalities in general. Modal logic treatments of vagueness have not attracted many advocates, except as a portion of a general epistemic logic i.e., modal logics might be seen as an account of so-called epistemic vagueness. A third direction that has been advocated as a logical account of vagueness has been the method of supervaluations sometimes called “supertruth”. The underlying idea here is to allow the vague predicate in a sentence to be “precisified” in an arbitrary manner. Thus, for the sentence ‘Friar Tuck is bald’, we arbitrarily choose a precise number of hairs on the head that will demarcate the bald/not-bald border. In this valuation Friar Tuck is either definitely bald or definitely not bald, and the sentence either is true or is false. Next, we alter the valuation so that there is some other bald/not-bald bordervagueness vagueness 946   946 line, etc. A sentence true in all such valuations is deemed “really true” or “supertrue”; one false in all such valuations is “really false” or “superfalse.” All others are vague. Note that, in this conception of vagueness, if F is vague, so is -F. However, unlike fuzzy logic ‘F & -F’ is not evaluated as vague  it is false in every valuation and hence is superfalse. And ‘F 7 -F’ is supertrue. These are seen by some as positive features of the method of supervaluations, and as an argument against the whole fuzzy logic enterprise. In fact there seem to be at least two distinct types of linguistic vagueness, and it is not at all clear that any of the previously mentioned logic approaches can deal with both. Without going into the details, we can just point out that the “sorites vagueness” discussed above presumes an ordering on a continuous underlying scale; and it is the indistinguishability of adjacent points on this scale that gives rise to borderline cases. But there are examples of vague terms for which there is no such scale. A classic example is ‘religion’: there are a number of factors relevant to determining whether a social practice is a religion. Having none of these properties guarantees failing to be a religion, and having all of them guarantees being one. However, there is no continuum of the sorites variety here; for example, it is easy to distinguish possessing four from possessing five of the properties, unlike the sorites case where such a change is imperceptible. In the present type of vagueness, although we can tell these different cases apart, we just do not know whether to call the practice a religion or not. Furthermore, some of the properties or combinations of properties are more important or salient in determining whether the practice is a religion than are other properties or combinations. We might call this family resemblance vagueness: there are a number of clearly distinguishable conditions of varying degrees of importance, and family resemblance vagueness is attributed to there being no definite answer to the question, How many of which conditions are necessary for the term to apply? Other examples of family resemblance vagueness are ‘schizophrenia sufferer’, ‘sexual perversion’, and the venerable ‘game’. A special subclass of family resemblance vagueness occurs when there are pairs of underlying properties that normally co-occur, but occasionally apply to different objects. Consider, e.g., ‘tributary’. When two rivers meet, one is usually considered a tributary of the other. Among the properties relevant to being a tributary rather than the main river are: relative volume of water and relative length. Normally, the shorter of the two rivers has a lesser volume, and in that case it is the tributary of the other. But occasionally the two properties do not co-occur and then there is a conflict, giving rise to a kind of vagueness we might call conflict vagueness. The term ‘tributary’ is vague because its background conditions admit of such conflicts: there are borderline cases when these two properties apply to different objects. To conclude: the fundamental philosophical problems involving vagueness are 1 to give an adequate characterization of what the phenomenon is, and 2 to characterize our ability to reason with these terms. These were the problems for the ancient philosophers, and they remain the problems for modern philosophers. Refs.: H. P. Grice, “The conversational maxim for vagueness avoidance.”

vaihinger: Grice once gave a seminar on Vaihinger – “but thinking it would not attract that many, I titled it ‘As if.’” – H. P. Grice. philosopher best known for Die Philosophie des Als Ob; tr. by C. K. Ogden as The Philosophy of “As If” in 4. A neo-Kantian, he was also influenced by Schopenhauer and Nietzsche. His commentary on Kant’s Critique of Pure Reason 2 vols., 1 is still a standard work. Vaihinger was a cofounder of both the Kant Society and Kant-Studien. The “philosophy of the as if” involves the claim that values and ideals amount only to “fictions” that serve “life” even if they are irrational. We must act “as if” they were true because they have biological utility.

vailati: Essential Italian philosopher. an important figure in the history of formal semantics, influenced by Peano, who in turn influenced Whitehead and Russell, and thus Grice. Giovanni Vailati (n. Crema, 2) è stato un filosofo. Vailati si laureò a Torino. Qui insegnò, dopo aver lavorato come assistente di Giuseppe Peano e Vito Volterra. Egli lasciò il suo posto universitario nel 1899 e così poté proseguire i suoi studi in modo indipendente, e si guadagnò da vivere insegnando matematica nelle scuole superiori. Durante la sua vita fu conosciuto a livello internazionale, i suoi scritti sono stati tradotti in inglese, francese, e polacco, sebbene fu in gran parte dimenticato dopo la sua morte a Roma. Non pubblicò nessun libro completo, ma lasciò circa 200 saggi e recensioni che toccano un'ampia gamma di discipline. L'opinione di Vailati nei confronti della filosofia era che essa fornisse una preparazione e gli strumenti per il lavoro scientifico. Per questa ragione, e perché la filosofia dovrebbe essere neutrale fra opposte convinzioni, concezioni, strutture teoriche, ecc., il filosofo dovrebbe evitare l'uso di un linguaggio tecnico specialistico, ma dovrebbe usare il linguaggio che la filosofia adotta in quelle aree in cui è interessata. Ciò non vuol dire che il filosofo debba soltanto accettare qualunque cosa egli trovi; un termine del linguaggio ordinario potrebbe essere problematico, ma le sue carenze dovrebbero essere corrette piuttosto che sostituite con qualche nuovo termine tecnico.  Il suo pensiero sulla verità e sul significato fu influenzato da filosofi come Peirce e Mach. Egli con cautela distinse fra significato e verità: "La questione di determinare che cosa vogliamo dire quando enunciamo una data proposizione, non solo è una questione affatto distinta da quella di decidere se essa sia vera o falsa (Scritti, p. 187). Tuttavia, dopo aver deciso cosa si vuole dire, l'azione di decidere se ciò è vero o falso è cruciale. Vailati ebbe un pensiero positivista moderato, sia nella scienza che nella filosofia:  "La tattica adottata dai pragmatisti in questa loro guerra contro l'abuso delle astrazioni e delle unificazioni consiste, come è noto, nel proporre che, anche nelle questioni filosofiche, come si fa sempre in quelle scientifiche, si esiga, da chiunque avanzi una tesi, che egli sia in grado di indicare quali siano i fatti che, nel caso che essa fosse vera, dovrebbero, secondo lui, succedere (o esser successi), e in che cosa essi differiscano dagli altri fatti che, secondo lui, dovrebbero succedere (o essere successi) nel caso che la tesi non fosse vera." (Scritti, p. 166)  Le influenze e i contatti di Vailati furono molti e vari, e spesso fu etichettato come "l'italiano pragmatista". Egli deve molto a Peirce e William James (fu uno dei primi a distinguere i loro pensieri), ma egli subì anche l'influenza di Platone e George Berkeley (che egli vide come precursori importanti del pragmatismo), Gottfried Leibniz, Victoria Welby-Gregory, George Edward Moore, Bertrand Russell, Giuseppe Peano e Franz Brentano. Vailati corrispose con molti dei suoi contemporanei.  La prima parte della sua opera comprende scritti sulla Logica matematica; in essi focalizza l'attenzione sul suo ruolo in filosofia e distinguendo fra logica, psicologia ed epistemologia; la dottrina recente pone Vailati e il suo allievo Mario Calderoni nella categoria storiografica del «pragmatismo analitico» italiano[1].  Storia della Scienza I principali interessi storici di Vailati riguardarono la meccanica, la logica e la geometria; egli diede un importante contributo in molti campi, compreso lo studio della meccanica post-aristotelica greca, dei predecessori di Galileo, della nozione di definizione e del suo ruolo nell'opera di Platone e Euclide, delle influenze matematiche sulla logica e sull'epistemologia, e sulla geometria non-euclidea di Gerolamo Saccheri. Vailati fu particolarmente interessato ai modi in cui quelli che potrebbero essere visti come gli stessi problemi sono inquadrati e trattati in periodi differenti. Il suo lavoro di storico della scienza fu strettamente connesso con quello filosofico: per le due attività, infatti, utilizzò gli stessi pensieri e metodologie di fondo. Vailati vedeva lo studio storico e lo studio filosofico come differenti nell'approccio ma non nell'argomento; credeva, inoltre, che dovesse esserci cooperazione fra filosofi e scienziati nell'approfondimento degli studi storici. Egli riteneva anche che una storia completa richiedesse che si tenesse in conto anche il background sociale pertinente. Il superamento delle teorie scientifiche, grazie a nuovi risultati, non comporta la loro distruzione, perché la loro importanza aumenta proprio per il fatto di essere superate: "Ogni errore ci indica uno scoglio da evitare mentre non ogni scoperta ci indica una via da seguire." (Scritti, p. 4).  La posizione di Giovanni Vailati sulla storia della scienza ricalca quella di una serrata critica al positivismo, in un contesto teorico dove il pragmatismo ammette nuovi strumenti di comprensione e anche di valutazione della scienza, come mostrano anche le vicende di Mario Calderoni (Ivan Pozzoni, Il pragmatismo analitico italiano di Mario Calderoni, Roma, IF Press, 2009, p.19 e sg. ISBN 978-88-95565-18-7) e del matematico Giuseppe Peano, il quale vanta certe affinità con il pensiero filosofico del periodo (Guglielmo Rinzivillo, Giovanni Vailati, Storia e metodologia delle scienze in Una epistemologia senza storia, Roma, Nuova Cultura, 2013, p. 65 e sg. e Giuseppe Peano, Giovanni Vailati. Contributi invisibili in Una epistemologia senza storia, Op. cit., p. 165 e sg. ISBN 978-88-6812-222-5).  Note ^ Ivan Pozzoni, Il pragmatismo analitico italiano di Giovanni Vailati, Villasanta, Liminamentis Editore, 2015. Bibliografia Ivor Grattan-Guinness (2000): The Search for Mathematical Roots 1870–1940. Princeton University Press Ferruccio Rossi-Landi (1967): "Giovanni Vailati", in Paul Edwards editor The Encyclopedia of Philosophy, Collier Macmillan Giuseppe Peano (1909): In Memoriam di Giovanni Vailati, Boll. di matematica 8 pp. 206–7 Ivan Pozzoni (a cura di), Cent'anni di Giovanni Vailati, Liminamentis Editore, Villasanta, 2009 Mauro De Zan, La formazione di Giovanni Vailati, Congedo Editore, Galatina (Lecce) 2009 Logic and Pragmatism. Selected Essays by Giovanni Vailati edited by C. Arrighi, P. Cantù, M. De Zan and P. Suppes, CSLI, Stanford, California, 2010. Gabriella Sava, La psicologia tra Vailati e Brentano, in "Il Veltro", Roma, a. LIV, n. 1-2, gennaio-aprile 2010, pp. 41–59. Giuseppe Giordano, Giovanni Vailati filosofo della scienza, Firenze, Le Lettere, 2014, ISBN 978-88-6087-832-8. Ivan Pozzoni, Il pragmatismo analitico italiano di Giovanni Vailati, Liminamentis Editore, Villasanta, 2015 Lucia Ronchetti (a cura di), L'archivio Giovanni Vailati (PDF), in Quaderni di Acme, 34, Bologna, Cisalpino, 1998, ISBN 8832345722. URL consultato il 3 giugno 2020. Giovanni Vailati Scritti filosofici, 1972 Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Giovanni Vailati Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Giovanni Vailati Collegamenti esterni Giovanni Vailati, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Giovanni Vailati, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Giovanni Vailati, su siusa.archivi.beniculturali.it, Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche. Modifica su Wikidata (EN) Giovanni Vailati, su MacTutor, University of St Andrews, Scotland. Modifica su Wikidata Opere di Giovanni Vailati, su Liber Liber. Modifica su Wikidata Opere di Giovanni Vailati, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Giovanni Vailati, su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata Centro Studi Giovanni Vailati, su giovanni-vailati.net. URL consultato il 28 aprile 2006 (archiviato dall'url originale il 24 aprile 2006). Fondo archivistico e librario di Giovanni Vailati conservato presso la Biblioteca di Filosofia Università degli Studi di Milano Massimo Mugnai, Vailati, Giovanni, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2012. Controllo di autorità VIAF (EN) 7468169 · ISNI (EN) 0000 0001 2119 4295 · SBN IT\ICCU\CFIV\039741 · LCCN (EN) n81056688 · GND (DE) 119331594 · BNF (FR) cb12367790m (data) · BAV (EN) 495/111331 · WorldCat Identities (EN) lccn-n81056688 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Matematica Portale Matematica Categorie: Filosofi italiani del XIX secoloMatematici italiani del XIX secoloStorici italiani del XIX secoloNati nel 1863Morti nel 1909Nati il 24 aprileMorti il 14 maggioNati a CremaMorti a RomaStorici della scienza italiani[altre]Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Vailati: la semantica filosofica," The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

valent: “Some like Vitters, but Valent’s my man.” – Grice. Grice: “Valent wrote the only legible introduction to Vitters’s thought!” – Essential Italian philosopher. Italo Valent (Treviso, 1944 – Brescia, 2003) è stato un filosofo, storico della filosofia e accademico italiano.   Italo Valent  Indice 1Biografia 2Pensiero 3Opere 4Note 5Voci correlate 6Altri progetti Biografia Italo Valent, a lungo ricercatore di filosofia teoretica e poi professore ordinario di filosofia morale, ha insegnato Storia della filosofia moderna, Antropologia filosofica ed Ermeneutica filosofica presso il Dipartimento di Filosofia e Teoria delle scienze dell'Università Ca' Foscari Venezia di cui è stato Direttore dal 2001 fino alla morte. In precedenza ha insegnato Storia della filosofia morale all'Università degli Studi di Catania. Allievo di Emanuele Severino, si è occupato di ontologia, logica dialettica, linguaggio, storia e interpretazione delle grandi categorie della filosofia occidentale. Dai primi studi sull'empirismo-scetticismo moderno (David Hume), sul pensiero italiano del Novecento e sull'analisi del linguaggio (Ludwig Wittgenstein), è giunto ad indagare attorno alla teoria della negazione e del divenire in chiave dialettica (Hegel). Sulla base di tali premesse, che orientavano verso una rilettura dei canoni e dei presupposti del rapporto ragione-follia, si è impegnato a ridisegnare, insieme con un gruppo di psichiatri e psicologi del Centro Psicosociale di Orzinuovi cresciuti nel solco dell'esperienza critica inaugurata da Franco Basaglia, un modello della psiche adeguato alla comprensione e alla cura della malattia mentale, dando vita a quello che è stato definito l'approccio dialettico-relazionale in psichiatria. Ha collaborato con il gruppo teatrale "Scena Sintetica" nella messa in scena di testi filosoficamente rilevanti (Parmenide, Eraclito, Hermann Melville, Emanuele Severino, Umberto Galimberti). Presso l'editore Moretti&Vitali, a cura di Andrea Tagliapietra, è in corso di stampa l'edizione delle sue opere in 6 volumi[1]. Alcuni suoi lavori sono stati pubblicati e recensiti in Francia, Austria, Germania e Stati Uniti.  Pensiero L'opera filosofica di Italo Valent muove da un'originale riformulazione di alcune questioni legate alla filosofia di Emanuele Severino, alla tradizione neoidealistica italiana (Giovanni Gentile) ma anche neoscolastica (Gustavo Bontadini), e dipendenti dalla riconsiderazione speculativa del concetto del negativo. Descrivendo la sua formazione in poche parole Valent, si definiva «cresciuto a una scuola filosofica di ispirazione ontologica, screziata da un netto disegno dialettico e pungolata dallo scrupolo fenomenologico». Analizzando le implicazioni concettuali e pratiche della negazione così com'è stata pensata in uno dei punti più alti e rilevanti della tradizione dialettica, ovvero nelle pagine della Scienza della logica di Hegel, Valent critica l'idea intellettualistica della negazione intesa come esclusione, proponendo al contrario una negazione come inclusione e una filosofia animata dal principio di ospitalità. Il "no" della negazione, lungi dal dar vita a una realtà separata, è ciò che innerva il reale nella sua essenza metamorfica e vitale, nella sua splendida apertura alla novità, alla trasformazione e al cambiamento di cui il filosofo è appassionato investigatore[2]. A questo scopo e in evidente autonomia rispetto all'impianto destinale della filosofia della necessità di Severino, Valent esplora la categoria modale della possibilità, cercando di mettere in discussione sia l'opposizione frontale tra realtà e irrealtà, sia la priorità assoluta della positività del reale nonostante la negatività dell'irreale. L'esserci e non l'essere è, per Valent, che legge Hegel con Wittgenstein, la determinatezza semantica e sintattica, il plesso grammaticale e vitale che ricongiunge l'esperienza intesa come luogo dell'emergere della differenza e dell'incalzare degli eventi con la teoria della razionalità quale analisi del permanere e della necessità. Ecco che di contro all'ontologia fondamentale di Severino si fa largo l'idea di una microntologia intesa non come una “ontologia del piccolo”, bensì, piuttosto, «nel senso che non c'è nessun evento che non si disponga per virtù propria in una peculiarità di significato, nel vigore elementare e insieme metamorfico di un “qui”. Ma microntologia anche come ontologia del remoto, dell'avverso-diverso, dell'improbabile, dell'anonimo, del folle: di tutto ciò che insieme si ritiene minore nella capacità di realtà»[3]. Con la proposta di una microntologia Valent intendeva sottolineare l'autonomia e la resistenza del diamante della dialettica come principio di determinazione semantica fondato sulla relazione-negazione inclusiva e situato nella prospettiva strategica propria dell'esserci, rispetto al rischio delle ricadute nella “mistica dell'essere” e di quella totalità assoluta che, in quanto tale, appare separata e isolata, esercitando la sua imposizione distruttiva al di fuori della logica della relazione e dell'inclusione. Di contro all'autentico "totalitarismo" di questa idea di totalità assoluta Valent proponeva la ripresa del detto eracliteo del Panta διαpánton, ossia di quel "tutto attraverso il tutto" che è la forma radicale della illacerabile relazionalità della vita. «Solo se ogni differenza tra gli umani è un modo differente di essere il tutto», egli scrive, «allora le discriminazioni tra piccolo e grande, forte e debole, femmina e maschio, nero e bianco, ricco e povero, sano e malato, non avranno ragione d'essere (se non in quanto differenti manifestazioni dell'identico, invece che differenze di principio e di valore)»[4].  Opere Verità e prassi in David Hume, Vannini, Brescia 1974 La forma del linguaggio. Studio sul "Tractatus logico-philosophicus", Francisci, Abano Terme (Padova) 1983 Invito al pensiero di Wittgenstein, Mursia, Milano 1989 (2 ed. aggiornata, Mursia, Milano 1999) Asymmetron, Quaderni de "Il Palazzo della Grande Utopia", Milano 1990 Dire di no. Filosofia Linguaggio Follia, Teda Edizioni, Castrovillari (Cosenza) 1995 Dire di no. Scritti teorici 1, in Opere di Italo Valent - vol. IV, a c. di Andrea Tagliapietra, Moretti&Vitali, Bergamo 2007 Asymmetron. Microntologie della relazione. Scritti teorici 2, in Opere di Italo Valent - vol. V, a c. di Andrea Tagliapietra, Moretti&Vitali, Bergamo 2008 Panta διαpánton. Scritti teorici su follia e cura, in Opere di Italo Valent - vol. VI, a c. di Andrea Tagliapietra, Moretti&Vitali, Bergamo 2009 La forma del linguaggio. Studio sul "Tractatus logico-philosophicus. Scritti su Wittgenstein 1", in Opere di Italo Valent - vol. VI, a c. di Andrea Tagliapietra, Moretti&Vitali, Bergamo 2012 Sophón. Aforismi per l'anima, a c. di Graziano Valent, con un saggio di Andrea Tagliapietra, Moretti&Vitali, Bergamo 2014 Note ^ [1] Opere di Italo Valent - Moretti&Vitali ^ [2] A. Tagliapietra, La filosofia, prima di ogni altra definizione dotta, è amore per la realtà. In ricordo di Italo Valent, in "XÁOS. Giornale di confine", Anno II, N.1 Marzo-Giugno 2003 ^ Dire di no. Scritti teorici 1, in Opere di Italo Valent - vol. IV, a c. di Andrea Tagliapietra, Moretti&Vitali, Bergamo 2007, p. 22 ^ Panta διαpánton. Scritti teorici su follia e cura, in Opere di Italo Valent - vol. VI, cit., Moretti&Vitali, Bergamo 2009, p. 92 Voci correlate Emanuele Severino Franco Basaglia Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Italo Valent Controllo di autoritàVIAF (EN) 61570737 · ISNI (EN) 0000 0000 3175 0382 · LCCN (EN) n87900472 · BNF (FR) cb12078970g (data) · WorldCat Identities (EN) lccn-n87900472 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloStorici della filosofia italianiAccademici italiani del XX secoloAccademici italiani del XXI secoloNati nel 1944Morti nel 2003Nati a TrevisoMorti a BresciaProfessori dell'Università Ca' FoscariProfessori dell'Università degli Studi di CataniaStudenti dell'Università Cattolica del Sacro Cuore[altre]

valentino: essential Italian philosopher. Grice: “For Italians, it’s not so much Valentino who counds, since he really wasn’t an Italian, but the “Valentinians,”, or since the Italian philosopher loves an abstraction, “Valentinianism””! valentino: -- or as Strawson would have it, ‘valentinus,’ gnostic teacher, b. in Alexandria, where he teaches until he moved to Rome. A dualist, he constructed an elaborate cosmology in which God the Father Bythos, or Deep Unknown unites the the feminine Silence Sige and in the overflow of love produces thirty successive divine emanations or aeons constituting the Pleroma fullness of the Godhead. Each emanation is arranged hierarchically with a graded existence, becoming progressively further removed from the Father and hence less divine. The lowest emanation, Sophia wisdom, yields to passion and seeks to reach, beyond her ability, to the Father, which causes her fall. In the process, she causes the creation of the material universe wherein resides evil and the loss of divine sparks from the Pleroma. The divine elements are embodied in those humans who are the elect. Jesus Christ is an aeon close to the Father and is sent to retrieve the souls into the heavenly Pleroma. Valentinus wrote a gospel. The sect of Valentino stood out in the early church for ordaining women priests and prophetesses. Grice: “Since he lived in Rome, he was almost a Roman.” –Valentino (floruit 135-165; Phrebonis, ... – ...) è stato un filosofo di scuola cristiano-gnostica. I seguaci della sua scuola vengono detti Valentiniani.    Valentino nacque a Phrebonis sul delta del Nilo (secondo altre fonti a Cartagine) e si trasferì in giovane età ad Alessandria d'Egitto, allora importante centro cristiano dove circolavano anche idee neoplatoniche ed allegoriche come quelle di Filone di Alessandria. Qui studiò presso un certo Teudas, che si proclamava diretto discepolo di Paolo di Tarso e che pretendeva di aver appreso da Paolo le rivelazioni segrete fatte all'apostolo direttamente dal Cristo. Questi insegnamenti esoterici sembrano essere stati poi riportati nel Vangelo secondo Filippo ed in altri scritti gnostici.  Valentino dapprima insegnò ad Alessandria d'Egitto, poi tra il 140 e il 160 circa soggiornò a Roma, dove operò come diacono sotto papa Igino, e vi rimase fino al pontificato di papa Aniceto. Secondo Tertulliano la mancata elezione a vescovo di Roma lo fece, in seguito, allontanare dalla Chiesa e intraprendere con decisione la strada gnostica che lo portò a una prima scomunica, nel 143, da parte di papa Pio I, seguita poi da molte altre. Tertulliano ne cita addirittura una post mortem fatta attorno al 175. Trascorse gli ultimi anni della sua vita a Cipro dove fece molti proseliti e dove probabilmente morì attorno al 165. I suoi seguaci furono chiamati valentiniani.  Dottrina Gli gnostici valentiniani cercarono di risolvere l'eterno dilemma che si presenta a chi pensa a un mondo creato: se il mondo è stato creato da un Dio, da dove viene il male? Se Egli non ha creato il male come lo si può considerare unico Creatore delle cose?  Da quanto tramandatoci dai primi eresiologi cristiani si può ricostruire solo in parte la dottrina del maestro gnostico e della sua scuola, basata su una fusione sincretica di elementi neoplatonici, giudaizzanti, cristiani e gnostici di derivazione sethiana ed encratita. I frammenti di cui siamo in possesso parlano soprattutto della Redenzione operata dal Cristo e del destino privilegiato dei cosiddetti uomini spirituali, ossia tutti quelli che conservavano nel loro corpo il seme divino. Dai pochi brandelli di cui siamo in possesso è impossibile stabilire dei confini netti tra la dottrina propriamente di Valentino e quella elaborata dalla sua scuola, sicuramente molto più complessa. Le fonti dalle quali si può ricavare la dottrina della scuola valentiniana sono:  la cosiddetta Lettera dogmatica dei Valentiniani[1] riportata da Epifanio in Panarion 31, 5-6; la Piccola notizia, riportata nell'opera di Ireneo Adversus Haereses, I 8; la Grande notizia, sempre nell'opera di Ireneo, Adversus Haereses , I I-8; una sintesi dottrinale scritta da Ippolito, Philosophumena, VI 29-36. La struttura della cosmogonia valentiniana può essere ricavata dalla Grande notizia, secondo la quale all'inizio di tutte le cose esisteva l'Essere Primo, Bythos, che dopo ere di silenzio e di contemplazione, tramite un processo di emanazione, diede vita al Pleroma (mondo divino), formato da 30 Eoni raggruppati in coppie (sizigie) maschili e femminili, in cui la parte femminile ha funzione delimitativa e formativa. Al vertice di questi Eoni si pone la coppia Abisso[2] e Silenzio[3] (quest'ultimo elemento femminile), coppia da cui nacquero per emanazione Intelletto[4] e Verità[5]. Da essi nacquero Logos e Vita, e da questi ultimi Uomo e Chiesa[6]. Questi otto formano la cosiddetta Ogdoade[7]. poi Logos e Vita emanarono una Decade[8] di Eoni: Profondo e Mescolanza; Sempre giovane e Unione, Autogenerato e Piacere, Immobile e Mistione, Unigenito e Beata. Quindi la coppia Uomo e Chiesa emanò dodici Eoni (Dodecade[9]): Paracleto e Fede, Paterno e Speranza, Materno e Carità, Sempre pensante e Intelligenza, Ecclesiastico e Beatitudine, Desiderio e Sophia. Tutti costoro concorrevano a formare il Pleroma.  L'origine del peccato e del decadimento del divino nel mondo materiale è attribuito dalla gnosi valentiniana proprio all'ultimo Eone femminile, Sophia, poiché le varie emanazioni comportarono una degradazione progressiva. Scriveva Ireneo: «Ma si fece avanti l'ultimo e più recente Eone della Dodecade emessa da Uomo e Chiesa, cioè Sophia, e subì la passione senza l'unione col suo compagno di sizigia Desiderio» (Adversus Haereses, I, II 2). La passione di cui si parla è desiderio di Sophia di conoscere e ascendere al Primo Essere, per sua natura inconoscibile[10]. Al peccato di Sophia, che voleva spingersi fino al Primo Essere, si oppose però Limite[11]; questi venne generato da Bythos privo della controparte femminile poiché era destinato a delimitare e a consolidare il mondo divino e non a generare per emanazione altri Eoni.  Sophia fu trattenuta e consolidata da questo: così, tornata a stento in sé e convinta che il Padre è incomprensibile, depose la sua intenzione insieme con la passione sopraggiunta a causa dello stupore e della meraviglia. (Ireneo, Adversus Haereses, I, II 2). Una volta che Limite ebbe reintegrato il mondo divino ed espulso la passione peccaminosa di Sophia dal Pleroma, l'Eone Abisso, insieme all'Eone Intelletto, emise un'altra coppia: Cristo e Spirito Santo[12], per portare a perfezione finale il mondo divino. Cristo fece conoscere agli altri Eoni la loro vera nascita, occorsa per successive emanazioni, principalmente ad opera di Intelletto e dell'essenza del Primo Essere; mentre Spirito Santo rivelò agli Eoni la loro sostanziale uguaglianza con quelli che compongono l'Ogdoade e così «tutti gli Eoni sono stati resi uguali per forma e volere e sono diventati tutti Intelletto, tutti Logoi, tutti Uom e tutti Cristo, e similmente gli elementi femminili tutte Verità, tutte Vita, tutte Spirito e Chiesa»[13]. A questo punto tutto il Pleroma emanò l'Eone Gesù[14], frutto perfetto generato da tutti gli Eoni; mentre come scorta dell'Eone furono emanati gli angeli, destinati a far coppia con gli uomini spirituali.  Al di fuori del mondo divino, però, Sophia detta Achamoth[15], la passione dell'Eone Sophia, vagava nei «luoghi dell'ombra e del vuoto» e solo l'intervento della coppia Cristo/Spirito Santo, le dette forma ma non la dotò della stessa conoscenza che aveva elargito agli altri Eoni[16]. Questa, ormai formata, decise di ascendere al mondo divino ma poiché era ancora sporca della passione, fu fermata da Limite. Essa cadde preda del dolore, del timore e del disagio, tutte passioni generate dall'ignoranza della sua vera essenza, parte sostanza materiale (la passione dell'Eone Sophia destinata a rimanere fuori dal Pleroma), parte «aroma d'immortalità» trasmessole da Cristo/Spirito Santo. Da questi sentimenti nacque la materia, da cui si generò il mondo materiale; però:  Le sopravvenne anche un'altra disposizione, quella della conversione verso colui che l'aveva vivificata. (Ireneo, Adversus Haereses) E proprio per questo sincero sentimento di conversione l'Eone Cristo/Spirito Santo mandò l'Eone Gesù ed i suoi angeli a far conoscere a Sophia Achamoth la sua vera essenza guarendola dalle passioni (elevandola cioè ad uno stadio di conoscenza superiore)[17]. L'Eone Gesù, inoltre, prese le passioni di cui era schiava Sophia Achamoth e le trasformò in sostanza, dividendola in una parte cattiva e una in parte buona, anche se essa stessa soggetta alle passioni; questa parte nacque dal sincero sentimento di conversione di Sophia Achamot e si qualificherà come sostanza psichica. A questo punto Sophia Achamoth generò dei semi spirituali, immagine imperfetta degli angeli dell'Eone Gesù, destinati a rimanere nel mondo materiale finché non matureranno e potranno ricongiungersi, come elemento femminile, agli stessi angeli; poi Sophia Achamoth decise di dare forma alla sostanza che l'Eone Gesù aveva ricavato dal suo sentimento di conversione, e prima di tutto dette forma al Demiurgo[18]:  Dicono che il Demiurgo è diventato padre e dio degli esseri esterni al Pleroma, essendo creatore di tutti gli esseri psichici e ilici. [...] Così fece sette cieli[19], al di sopra dei quali egli risiede. [...] i sette cieli sono intelligibili, e suppongono che siano angeli: anche il Demiurgo è un angelo, ma simile a Dio. Analogamente affermano che anche il paradiso, che è sopra il terzo cielo, è per potenza il quarto angelo e che da lui ha preso qualcosa Adamo, che è stato in esso. (Ireneo, Adversus Haereses) E ancora:  Il Demiurgo credeva di creare da sé tutte queste cose, mentre, invece, le faceva per impulso di Achamoth: così egli fece il cielo non conoscendo il cielo, plasmò l'uomo ignorando l'uomo, fece apparire la terra ignorando la terra. (Ireneo, Adversus Haereses) Infatti, il Demiurgo, spinto a sua insaputa da Sophia Achamoth crea solo l'aspetto materiale delle cose e questa, a sua volta, è spinta nella creazione dall'Eone Gesù. Dal Demiurgo nacquero anche il diavolo (detto Kosmokrator[20]) e la sua corte di angeli malvagi.  Dopo la creazione del mondo materiale il Demiurgo creò l'uomo. Secondo il mito gnostico gli uomini creati si dividevano in tre generi, con differenti caratteristiche e differenti destini:  ilici (da Hyle) o terreni, nati dalla materia cattiva creata dalla passione di Sophia Achamoth e destinati per questo a scomparire; psichici, fatti a somiglianza del Demiurgo, ossia della stessa buona materia nata dal sentimento di conversione di Sophia Achamoth, quindi possessori dell'anima ma destinati ad una redenzione incompleta, ovvero ad ascendere insieme al Demiurgo al regno di Sophia Achamoth[21], solo però quando essa sarà condotta al mondo divino e si unirà in sizigia con l'Eone perfetto Gesù; sono gli unici uomini dotati di libero arbitrio e, in virtù delle loro scelte, possono o salvarsi o dissolversi come gli ilici. pneumatici o spirituali, uomini nei quali vennero nascosti, all'insaputa del Demiurgo, i semi spirituali partoriti da Sophia Achamoth ad immagine e somiglianza degli angeli del corteo dell'Eone Gesù. Questi uomini, dotati della scintilla divina (pneuma), erano perciò destinati a ricongiungersi con il mondo divino indipendentemente dalle loro azioni[22]. Da questa distinzione si può dedurre che il Demiurgo aveva insufflato l'anima solo in alcuni ilici ed allo stesso modo Sophia Achamoth aveva inserito il seme spirituale solo in alcuni psichici. In tal modo ogni uomo spirituale aveva un involucro psichico e uno materiale, mentre ogni psichico solo un involucro materiale. Secondo i valentiniani gli gnostici erano spirituali, i cristiani in generale erano psichici ed i pagani erano ilici.  La Redenzione, però, sarebbe giunta solo grazie a Gesù, inviato per portare la gnosi e la salvezza agli spirituali. Secondo i valentiniani il Demiurgo generò un Cristo di pura natura psichica non corrotto dalla materia, infatti: «È questo che è passato attraverso Maria come l'acqua passa attraverso un tubo»; allo stesso tempo Sophia Achamoth inserì in lui il seme spirituale, mentre l'Eone Gesù discese su di lui sotto forma di colomba quando ricevette il Battesimo nel Giordano[23]. L'Eone Gesù e il seme spirituale impiantato da Sophia Achamoth, avrebbero però abbandonato il corpo del Cristo al momento della crocifissione. Secondo questa dottrina, Cristo non sarebbe veramente morto sulla croce, ma il tutto sarebbe stato un gioco di apparenze. (docetismo, dal greco dokéin (apparire) valentiniano).  Opere Delle sue opere rimangono solo pochi frammenti ricavati dagli scritti degli eresiologi cristiani: Clemente Alessandrino, Stromata, II 36; II 114; III 59; IV 89; IV 89-90; VI 52; Ippolito di Roma, Confutazioni VI 42; VI 37; Antimo, Sulla santa Chiesa, che riportano brani di lettere, omelie e poesie; sono invece attribuiti al maestro gnostico alcuni testi ritrovati a Nag Hammadi nel 1945:[24]  Vangelo della Verità, Preghiera dell'apostolo Paolo, Trattato sulla resurrezione, Trattato tripartito, Vangelo secondo Filippo, Interpretazione della conoscenza, Esposizione valentiniana. La scuola I seguaci di Valentino studiavano i metodi per liberare il proprio pneuma. Ciò poteva avvenire sia attraverso lo studio dei testi sacri che attraverso varie cerimonie, quali la camera nuziale o la redenzione. Tra i discepoli di Valentino sono da ricordare i due alessandrini, Eracleone e Tolomeo, che Ippolito indica come rappresentanti di una scuola italica; mentre nella scuola orientale, da Ippolito contrapposta a quella italica, sono da ricordare Assionico e Ardesiane, forse corrispondente a Bardesane. A questa scuola va ricollegato anche Teodoto di Bisanzio. Ireneo racconta che nella valle del Rodano era attivo Marco, da Ireneo detto dispregiativamente "il Mago".  Anche il filosofo e teologo Origene fu molto influenzato da questa scuola. Secondo Agostino si rifacevano alla scuola valentiniana anche i Secondiniani, che "aggiungevano alle loro dottrine la pratica di azioni turpi", ed i Colorbasi, che affermavano che la vita degli uomini dipendeva da sette costellazioni. Le scuole valentiniane, comunque, si estinsero entro la fine del III secolo, assorbite o dalla chiesa o dalle scuole manichee.  Note ^ Nella Lettera dogmatica dei Valentiniani, un documento sicuramente molto antico e destinato solamente agli iniziati, sono citati i 30 Eoni che, salvo qualche piccola differenza, ritroviamo nelle opere di Ireneo e Ippolito. ^ Il primo Principio maschile è chiamato con diversi nomi: Abisso (Βυθός), per definirne l'assoluta trascendenza rispetto agli altri Eoni e Autoprodotto (Αὐτοπάτωρ), ovvero che non è stato originato da nessun altro Eone. Troviamo anche il nome Padre, appellativo di solito riferito all'Eone Intelletto, per questo il primo Eone è chiamato Pre-Padre; per estensione, infine, troviamo anche il nome Pre-Principio. ^ Il nome Silenzio (Σιγὴν) definisce la sua trascendenza, mentre altri nomi del principio femminile sono Pensiero (Ἒννοιαν), che esprime la qualità dell'Eone di riflessione interna e Grazia (Χάριν), ossia l'impulso che le fa generare altri Eoni. ^ L'Intelletto (Νοῦς), è chiamato anche Padre (Πατήρ), ma anche Uomo (Ἄνθρωπον), per sottolineare il carattere di esemplare celeste dell'uomo spirituale; ma quest'ultima variante è più frequentemente riferita al quarto Eone. ^ Ἀλήθεια. ^ Chiesa (Ἐκκλησίαν) intesa nel senso della chiesa valentiniana, formata dagli uomini spirituali. ^ L'Ogdoade, formata da quattro coppie di Eoni, in genere viene suddivisa in due Tetradi, composte dai primi quattro Eoni (Abisso/Silenzia e Intelletto/Verità) e dagli altri quattro (Logos/Vita e Uomo/Chiesa) (4 e 8 erano considerati numeri perfetti dai Pitagorici). Nella cosiddetta Lettera dogmatica dei Valentiniani, riportata da Epifanio, l'Ogdoade al contrario è così composta: Abisso/Silenzio, Padre/Verità; Uomo/Chiesa; Logos/Vita. ^ I nomi che compongono questa Decade, nella Lettera dogmatica dei Valentiniani riportata da Epifanio, generati al contrario da Logos/Vita e detti Profondo/Mescolanza, Sempre giovane/Unione, Autogenerato/Mistione, Unigenito/Unità, Immobile/Piacere, sottolineano la perfezione del mondo angelico. ^ Questa serie di Eoni, nella Lettera dogmatica dei Valentiniani, riportata da Epifanio, generati al contrario da Uomo/Chiesa e così detti: Paracleto/Fede, Paterno/Speranza, Materno/Carità, Sempre pensante/Intelligenza, Desiderato/Beata, Ecclesiastico/Sophia; servono, eccettuato Sophia, più che altro a formare il numero complessivo di trenta, sottolineando con i loro nomi però l'imperfezione iniziale della Chiesa degli eletti. ^ Ippolito riferisce che il peccato di Sophia consisté nel voler generare da sola, come l'Essere Primevo, Bythos. ^ Il Limite (Ὄρον), si frapponeva tra il mondo divino e quello materiale. Ireneo (Adversus Haereses I II, I), però, parlava di due Limiti: uno fra il primo Essere e gli altri Eoni, e uno fra il mondo spirituale e quello materiale. In altre fonti valentiniane è denominato Horos (Ὁροθές), ovvero Limitatore; ma anche Λυτρωτής = Redentore, in quanto purifica gli Eoni; Σταυρός = Croce, intesa come croce cosmica, concetto in parte ripreso dal Timeo di Platone, che ha la funzione di separare e segnare i confini del mondo divino; Χαριστήριος = che rende grazie; Ἄφετος = che rimette i peccati degli Eoni; Μεταγωγεύς = Guida, che rimuove la passione dal Pleroma; Καρπιστής = Emancipatore dalla passione. ^ Qui è elemento femminile, poiché ruah = spirito, in ebraico è di genere femminile. ^ Questa conoscenza, detta illuminazione (=perfezionamento), consiste in una seconda formazione degli Eoni, dapprima formati solo secondo la sostanza, ovvero emanati, mentre ora sono formati secondo la gnosi, ossia la conoscenza, apprendendo la loro vera natura diventando così sostanzialmente uguali all'Eone Intelletto e raggiungendo la perfezione. ^ L'Eone è detto anche Salvatore (Σωτῆρα), Cristo (Χριστός), Logos (Λόγον) e Tutto (Πάντα), poiché deriva da tutti gli Eoni. ^ Il nome Achamoth (in ebraico sapienza), viene utilizzato per distinguere l'Eone Sophia, ormai nel Pleroma, dalla passione della stessa Sophia, rimasta esclusa dal mondo divino. Altro nome che si ritrova nei testi è quello di Madre (Μητέρα), nel senso di madre di tutti gli uomini spirituali. Da alcuni passi di Ireneo si può ricavare che lo sdoppiamento di Sophia in due unità, una superiore e l'altra inferiore, è probabilmente da attribuire alla scuola di Valentino, e non al maestro gnostico che probabilmente aveva immaginato una sola Sophia prima nel Pleroma poi espulsa fuori. ^ Questo processo di formazione materiale, in parte è speculare allo stesso compiuto prima dall'Eone Cristo/Spirito Santo nei confronti degli altri Eoni; ma se il secondo processo comportava la conoscenza, qui si tratta solo di formazione, ovvero di dare a Sophia Achamoth una forma precisa. Proprio questo processo di formazione, prima secondo la sostanza poi secondo la conoscenza, com'era già intervenuto a beneficio degli Eoni del Pleroma, occorse anche per Sophia Achamoth, e infine si ripeterà nel mondo materiale quando gli uomini spirituali verranno formati anche secondo la conoscenza, ovvero scopriranno la loro essenza e potranno assurgere al mondo divino. ^ Qui si conclude l'opera di formazione (illuminazione), se l'Eone Cristo/Spirito Santo aveva formato Sophia Achamoth secondo la sostanza, ora l'Eone Gesù la forma secondo la gnosi (conoscenza). ^ Il sentimento di conversione, da cui nacque il Demiurgo, rispetto agli altri sentimenti si qualifica come disposizione positiva, quindi il Demiurgo, ovvero il Dio del Vecchio Testamento, in un certo senso ha carattere positivo anche se imperfetto. Il Demiurgo è chiamato anche Padre, Madre-Padre, poiché genera da solo senza elemento femminile, ma anche Senza-Padre, perché a crearlo è stata Sophia Achamoth. Nel Trattato Tripartito troviamo i nomi: Padre, Dio, Demiurgo, Re, Giudice, Luogo, Dimora, Legge. ^ Questi cieli sono detti Ebdomade. ^ questo concetto, per cui il diavolo è a conoscenza di Sophia Achamot mentre il Demiurgo ne è all'oscuro; probabilmente è da spiegare in riferimento all'opera di opposizione svolta dal demonio all'opera del Demiurgo, che sembra implicare una consapevole conoscenza del mondo divino. ^ Questo regno era l'ottavo cielo, sito tra il limite del mondo divino e il settimo cielo abitato dal Demiurgo, per questo detto Ogdade. ^ Per questa salvezza per natura, molti polemisti cristiani attribuirono agli gnostici comportamenti libertini e in aperto contrasto con la legge cristiana; ma nei testi di Nag Hammadi si parla quasi sempre di atteggiamenti ascetici e non libertini, forse in questo caso i polemisti hanno calcato un po' la mano, attribuendo un atteggiamento libertino che forse apparteneva solo ad una parte minoritaria degli gnostici. ^ Raffrontando questo passo con Excerpta ex Theodoto, la dottrina valentiniana fa presumere che già alla nascita l'Eone Gesù fosse presente nel Cristo, mentre la colomba indicherebbe solamente la perfetta formazione dell'Eone divino, presente fin dalla nascita ma ancora imperfetto. In questo modo ancora una volta è ripetuta la duplice formazione (=illuminazione), prima sostanziale, quando Maria partorisce il Cristo, e poi gnoseologica (=secondo la conoscenza), quando il Cristo riceve il Battesimo. ^ Karen L. King, What is Gnosticism?, Harvard University Press, 2005, ISBN 0-674-01762-5, p. 154. Bibliografia A. Hilgenfeld, Die Ketzergeschichte des Urchristentums, Leipzig 1884, pp. 283 sgg.; 345 sgg.; 461 sgg. A.E. Brooke, The Fragments of Heracleon, Cambridge 1891. C. Barth, Die Interpretation des Neuen Testaments in der valentinianischer Gnosis, Leipzig 1911. W. Foerster, Von Valentin zsu Haerakleon, Giessen 1928. A. Orbe, En los albores de la exegésis iohannea, in «Analecta Gregoriana» LXV, Roma 1955. A. Orbe, Los primeros herejes ante la persecución, in «Analecta Gregoriana» LXXXIII, Roma 1956. A. Orbe, Hacia la prima teologia de la processión del Verbo, in «Analecta Gregoriana» XCIX-C, Roma 1958. A. 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Voci correlate Eresie dei primi secoli Gnosticismo Letteratura cristiana Letteratura gnostica Scuole gnostiche Storia del cristianesimo Vangeli gnostici Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Valentino Collegamenti esterni (EN) Valentino, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Modifica su Wikidata (EN) Valentino, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company. Modifica su Wikidata Dizionario delle eresie: Valentino, su eresie.com. (EN) Tertullian Adversus Valentinianos, su tertullian.org. (EN) Valentinus, su Early Christian Writings. (EN) Valentinus - A Gnostic for All Seasons]autore=Stephan Hoeller, su gnosis.org. Opinioni favorevoli, da un punto di vista gnostico. (EN) Valentinus and the Valentinian Tradition, su gnosis.org. (EN) Clyde Curry Smith, Valentinus, su dacb.org. Controllo di autorità VIAF (EN) 42228523 · ISNI (EN) 0000 0004 4887 0849 · SBN IT\ICCU\CFIV\166409 · LCCN (EN) n85197536 · GND (DE) 118803751 · BNF (FR) cb12214625z (data) · BNE (ES) XX1145308 (data) · CERL cnp00400780 · WorldCat Identities (EN) lccn-n85197536 Biografie Portale Biografie Cristianesimo Portale Cristianesimo Storia Portale Storia Categorie: Teologi egizianiFilosofi egizianiPredicatori egizianiGnosticismo[altre]. valentinianism: Grice: “I will only explore the actdivities of the so-called “Valentinians” in Rome.” -- a form of Christian gnosticism of Alexandrian origin, founded by Valentinus in the second century and propagated by Theodotus in Eastern, and Heracleon in Western, Christianity. To every gnostic, pagan or Christian, knowledge leads to salvation from the perishable, material world. Valentinianism therefore prompted famous refutations by Tertullian Adversus Valentinianos and Irenaeus Adversus haereses. The latter accused the Valentinians of maintaining “creatio ex nihilo.” Valentinus is believed to have authored the Peri trion phuseon, the Evangelium veritatis, and the Treatise on the Resurrection. Since only a few fragments of these remain, his Neoplatonic cosmogony is accessible mainly through his opponents and critics Hippolytus, Clement of Alexandria and in the Nag Hammadi codices. To explain the origins of creation and of evil, Valentinus separated God primal Father from the Creator Demiurge and attributed the cruVaihinger, Hans Valentinianism 947   947 cial role in the processes of emanation and redemption to Sophia. Refs.: Luigi Speranza, “Valentinus e Grice,” Villa Grice.

Valeri: essential Italian philosopher. Grice: “I especially like his idea of anthropology, alla Kant, as the search for the subject.” “Tra se e se.” Valerio Valeri (antropologo) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Valerio Valeri (Somma Lombardo, 4 agosto 1944 – Santa Monica, 25 aprile 1998) è stato un filosofo e antropologo italiano.   Indice 1Biografia 2Opere principali 3Bibliografia 4Note 5Collegamenti esterni Biografia Laureatosi[1][2] in filosofia nel 1967 all'Università di Pisa, quale allievo pure della Scuola normale superiore, discutendo una tesi sul pensiero di Claude Lévi-Strauss,[3] con relatore Francesco Barone, si rivolse agli studi di antropologia, conseguendo due dottorati di ricerca, uno a Pisa (Diploma di Perfezionamento) nel 1970, l'altro a Parigi, nel 1976, presso l'École Pratique des Hautes Études, con Lévi-Strauss, Louis Dumont e Marshall Sahlins.[4]  Successivamente, a partire dal 1976, ebbe vari incarichi di insegnamento presso l'Università di Chicago, dove rimase fino alla prematura scomparsa. Al contempo, compì ricerca sul campo soprattutto presso gli Huaulu del Seram centrale in Indonesia orientale, ma anche in Micronesia, Malaysia e Hawaii.  Le sue ricerche riguardarono molti argomenti, fra cui, i sistemi politici, la parentela e il matrimonio, la ritualità, così come l'antropologia sociale ed economica, la storia comparata degli usi e costumi dei popoli, che condusse lungo la linea di pensiero del suo maestro Lévi-Strauss. Gli è stato assegnato, nel 1982, per i suoi studi e le sue ricerche di antropologia culturale, il premio ”Guggenheim Fellowship“ per le scienze sociali.[5]  Fra i molti suoi lavori, ricordiamo due importanti volumi, Kingship and Sacrifice. Ritual and Society in Ancient Hawaii (1985), scritto con Marshall Sahlins, e Hunting, Identity and Morality among the Huaulu of the Moluccas (1999). Curò pure diverse voci antropologiche per l'Enciclopedia Einaudi.  Tra le sue molte opere pubblicate postume, il volume Uno spazio tra sé e sé. L'antropologia come ricerca del soggetto (1999), a cura di Martha Feldman e Janet Hoskins, tradotto in italiano da Bianca Lazzaro, che può considerarsi una sua autobiografia intellettuale.  Opere principali Kingship and Sacrifice: Ritual and Society in Ancient Hawaii, The University of Chicago Press, Chicago, IL, 1985. Uno spazio tra sé e sé. L'antropologia come ricerca del soggetto, a cura di M. Feldman e J. Hoskins; traduzione italiana a cura di B. Lazzaro, Donzelli Editore, Roma, 1999. The Forest of Taboos: Morality, Hunting, and Identity among the Huaulu of the Moluccas, The University of Wisconsin Press, Madison, WI, 2000. Fragments from Forests and Libraries: A Collection of Essays, Carolina Academic Press, Durham, NC, 2001. Ritual and Annals: Between Anthropology and History, edited by R. Stasch, S.M. Dowdy and G. da Col, HAU Books/The University of Chicago Press, Chicago, IL, 2014. Classical Concepts in Anthropology, edited by G. da Col and R. Stasch, HAU Books/The University of Chicago Press, Chicago, IL, 2018. Bibliografia S. Ghiaroni, "Società, soggetto, sacrificio. La teoria del sacrificio di Valerio Valeri tra Hawaii e Indonesia", in Studi e materiali di storia delle religioni, vol. 71, XXIX, 1, 2005, pp. 125- 157. R. Stasch, "Obituary: Valerio Valeri (1944-1998)", American Anthropologist, 101 (4) (1999), pp. 814-817. Note ^ http://chronicle.uchicago.edu/980430/valerio.shtml ^ S. Ghiaroni, ”Società, Soggetto, Sacrificio. La teoria del sacrificio di Valerio Valeri tra Hawaii e Indonesia“, Studi e materiali di storia delle religioni, Vol. 71, N.1, 2005, pp. 125-57. ^ Dal titolo: Natura e cultura: introduzione alla teoria dello scambio e della parentela di Claude Levi-Strauss, Università di Pisa, A.A. 1967-68. ^ Per notizie biografiche più esaustive, riferirsi alle pp. xxvii-xix dell'opera postuma: V. Valeri, Ritual and Annals: Between Anthropology and History, edited by R. Stasch, S.M. Dowdy and G. da Col, HAU Books/The University of Chicago Press, Chicago, IL, 2014. ^ Rupert Stasch (Reed College, Oregon, USA), in merito alla rilevanza di Valeri come studioso e ricercatore, inizia il suo necrologio (cfr. R. Stasch, "Valerio Valeri (1944-1998)", American Anthropologist, Vol. 101, No. 4 (1999) pp. 814-817) con queste parole: «He was a scholar of great international distinction in the ethnology of Polynesia and Indonesia [...] His monographs [...] are among the most important, detailed and theoretically complex studies of sacrificie and taboo ever written.» (p. 814). Collegamenti esterni (FR) Pubblicazioni di Valerio Valeri, su Persée, Ministère de l'Enseignement supérieur, de la Recherche et de l'Innovation. Modifica su Wikidata Controllo di autoritàVIAF (EN) 69019738 · ISNI (EN) 0000 0000 8391 4203 · LCCN (EN) n84129158 · GND (DE) 1024090280 · BNF (FR) cb12422323h (data) · WorldCat Identities (EN) lccn-n84129158 Antropologia Portale Antropologia Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XX secoloAntropologi italianiNati nel 1944Morti nel 1998Nati il 4 agostoMorti il 25 aprileNati a Somma LombardoMorti a Santa Monica (Stati Uniti d'America)Studenti della Scuola Normale Superiore[altre]

Valla: essential Italian philosopher. valla: Rome-born philosopher, teaches rhetoric in Pav a and is later secretary of Alfonso I di Naoli, and apostolic secretary in Rome under papa Nichola V. In his dialogue On Pleasure or On the True Good, Stoic and Epicurean interlocutors present their ethical views, which Valla proceeds to criticize. This dialogue is often regarded as a defense of Epicurean hedonism, because Valla equates the good with pleasure; but he claims that Italians can find pleasure only in heaven. Valla’s description of pleasure reflects the contemporary Renaissance attitude toward the joys of life and might have contributed to Valla’s reputation for hedonism. In another work, On Free Will between, Valla discusses the conflict between divine foreknowledge and human freedom and rejects Boezio’’s then predominantly accepted solution. Valla distinguishes between God’s knowledge and God’s will – as in Grice’s phrase, “God willing,” “Deo volente,” -- but denies that there is a rational solution of the apparent conflict between God’s will and human freedom. As a historian, he is famous for The Donation of Constantine 1440, which denounces as spurious the famous document on which medieval jurists and theologians based the papal rights to secular power. Lorenzo Valla (n. Roma) è stato un filosofo. Si presentava anche con il nome latino Laurentius Vallensis.  Nato a Roma da genitori di origini piacentine (il padre era l'avvocato Luca della Valle), ricevette la sua prima educazione a Roma e forse a Firenze, imparando il greco da Giovanni Aurispa e da Rinuccio Aretino. Lo guidava lo zio materno Melchiorre Scribani, un giurista funzionario in Curia.  La sua prima opera, oggi perduta, fu il De comparatione Ciceronis Quintilianique ("Confronto fra Cicerone e Quintiliano"), in cui elogiò il latino di Quintiliano a scapito di quello di Cicerone, andando contro all'idea corrente e mostrando già in questo primo scritto il suo gusto per la provocazione. Quando morì lo zio, Lorenzo sperava di ottenere un impiego nella Curia pontificia; ma i due autorevoli segretari Antonio Loschi e Poggio Bracciolini, ferventi ammiratori di Cicerone, si opposero all'assunzione, con la scusa che era troppo giovane.  Grazie all'aiuto di Antonio Beccadelli, detto il Panormita, fu chiamato ad insegnare retorica a Pavia, succedendo al maestro bergamasco Gasparino Barzizza, da poco defunto. Questi anni furono fondamentali per lo sviluppo del suo pensiero; la città era infatti un vivo centro culturale e Valla poté approfondire le sue conoscenze giuridiche, osservando inoltre l'efficacia del procedimento di analisi critica dei testi, che lo Studio pavese applicava con rigore.  A Pavia Valla acquisì una grande reputazione con il dialogo De Voluptate ("Il piacere"), nel quale si oppone fermamente alla morale stoica e all'ascetismo medievale, sostenendo la possibilità di conciliare il Cristianesimo, ricondotto alla sua originarietà, con l'edonismo, recuperando così il senso del pensiero di Epicuro e Lucrezio, che avevano sottolineato come tutta la vita dell'uomo sia fondamentalmente volta al piacere, inteso non come istintività, ma come calcolo dei vantaggi e svantaggi conseguenti ad ogni azione. A conclusione del dialogo, Valla sottolinea, però, come per l'uomo la suprema voluttà siano la ricerca spirituale e la fede in Dio. Si tratta di uno scritto considerevole, poiché, per la prima volta, una tendenza filosofica che era rimasta confinata nell'ambito del paganesimo trovava espressione in un'opera di livello universitario e di valore filosofico, venendo rivalutata alla luce del pensiero cristiano; le polemiche che seguirono alla pubblicazione del testo, costrinsero Valla a lasciare Pavia.  Da allora egli passò da un'università all'altra, accettando brevi incarichi e tenendo lezioni in diverse città. Durante questo periodo fece la conoscenza del re Alfonso V d'Aragona, al cui servizio entrò. Alfonso ne fece il suo segretario, lo difese dagli attacchi dei suoi nemici e lo incoraggiò ad aprire una scuola a Napoli.  Durante il pontificato di Eugenio IV, scrisse un breve testo, pubblicato solo nel 1517 e intitolato La falsa Donazione di Costantino (De falso credita et ementita Constantini donatione). In esso Valla, con argomentazioni storiche e filologiche, dimostrò la falsità della Donazione di Costantino, documento apocrifo in base al quale la Chiesa giustificava la propria aspirazione al potere temporale: secondo questo documento, infatti, sarebbe stato lo stesso imperatore Costantino, trasferendo la sede dell'impero a Costantinopoli, a lasciare alla Chiesa il restante territorio dell'Impero romano (oggi la dimostrazione del Valla è universalmente accettata e lo scritto è datato all'VIII secolo o IX secolo).  (LA) «Quid, quod multo est absurdius, capit ne rerum natura, ut quis de Constantinopoli loqueretur tanquam una patriarchalium sedium, que nondum esset, nec patriarchalis nec sedes, nec urbs christiana nec sic nominata, nec condita nec ad condendum destinata? Quippe privilegium concessum est triduo, quam Constantinus esset effectus christianus, cum Byzantium adhuc erat, non Constantinopolis.»  (IT) «E, ciò che è molto più assurdo e non rientra nella realtà dei fatti, come si può parlare di Costantinopoli come di una delle sedi patriarcali, quando ancora non era né patriarcale né una sede né una città cristiana né si chiamava così, né era stata fondata, né la sua fondazione era stata decisa? Infatti il privilegio fu concesso tre giorni dopo che Costantino si fece cristiano, quando Bisanzio esisteva ancora e non Costantinopoli.»  (Lorenzo Valla, La falsa Donazione di Costantino, 1440) Egli dimostrò che anche la lettera ad Abgar V attribuita a Gesù era un falso e, sollevando dubbi sull'autenticità di altri documenti spuri e ponendo in discussione l'utilità della vita monastica e mettendone in luce anche l'ipocrisia nel De professione religiosorum ("La professione dei religiosi"), egli suscitò l'ira delle alte gerarchie ecclesiastiche. Fu obbligato, pertanto, a comparire davanti al tribunale dell'Inquisizione, alle cui accuse riuscì a sottrarsi soltanto grazie all'intervento del re Alfonso.  Visitò nuovamente Roma, dove i suoi avversari erano ancora molti e potenti. Riuscì a salvarsi da morte certa travestendosi e fuggendo a Barcellona, da dove fece poi ritorno a Napoli. Vengono divulgati gli Elegantiarum libri sex (i sei libri sull'"eleganza" della lingua latina), pubblicati però postumi nel 1471. L'opera raccoglie una serie straordinaria di passi desunti dai più celebri scrittori latini (Publio Virgilio Marone, Cicerone, Livio), dallo studio dei quali, sostiene Valla, occorre codificare i canoni linguistici, stilistici e retorici della lingua latina. Il testo costituì la base scientifica del movimento umanista impegnato a riformare il latino cristiano sullo stile ciceroniano.  Scrisse le "Emendationes sex librorum Titi Livii" in cui discute, col suo modo di scrivere brillante e caustico, correzioni ai libri 21-26 di Tito Livio in opposizione ad altri due intellettuali della corte napoletana il Panormita ed il Facio che non avevano il suo stesso spessore filologico.  L'ultima fase Nel febbraio 1447, con la morte di papa Eugenio IV, la sua fortuna iniziò a volgere in meglio. Recatosi nuovamente a Roma, fu ricevuto dal nuovo pontefice Niccolò V; a partire dal 1450 assunse il ruolo a lui più consono di professore di retorica, ma non perse nemmeno il suo spirito caustico e iniziò a criticare nel 1449 il latino della Vulgata, facendo confronti con l'originale greco sminuendo il ruolo di traduttore di San Girolamo e giudicò spuria la corrispondenza tra Seneca e San Paolo.  Sotto papa Callisto III Valla raggiunse il culmine della carriera, divenendo segretario apostolico. Morì a Roma. Un frammento della sua tomba, contenente un ritratto dello stesso, è ora murato nel chiostro della Basilica Lateranense dove era originariamente sepolto.  È quasi impossibile farsi un'idea precisa della vita privata e del carattere di Valla, essendo i documenti nei quali vi si fa riferimento sorti in contesti polemici e, pertanto, fonte più di esagerazioni e calunnie che di testimonianze attendibili. Egli appare comunque come persona orgogliosa, invidiosa e irascibile, caratteristiche cui però si affiancano le qualità di elegante umanista, critico acuto e scrittore pungente nella sua continua e violenta polemica sul potere temporale della Chiesa di Roma. Lorenzo Valla è un personaggio di eccezionale importanza non solo per la cultura italiana, ma soprattutto quale rappresentante del più puro umanesimo europeo. Con le sue spietate critiche alla Chiesa cattolica dell'epoca fu un precursore di Lutero, ma fu anche il promotore di molte revisioni di testi cattolici.  La sua opera si basa su una profonda padronanza della lingua latina e sulla convinzione che fosse stata proprio un'insufficiente conoscenza del latino la vera causa del linguaggio ambiguo di molti filosofi. Valla era convinto che lo studio accurato e l'uso corretto della lingua fosse l'unico mezzo di acculturazione feconda e comunicazione efficace: la grammatica e un appropriato modo di esprimersi erano a suo modo di pensare alla base di ogni enunciato e, prima ancora, della stessa formulazione intellettuale. Da questo punto di vista i suoi scritti sono tematicamente coerenti, in quanto ciascuno di essi si sofferma innanzitutto sulla lingua, sul suo impiego rigoroso e sull'individuazione delle applicazioni erronee della grammatica latina.  Oggi, il profondo distacco storico ci permette di distinguere le opere di Lorenzo Valla essenzialmente in due filoni, quello critico e quello filologico. Sebbene avesse saputo mostrare eccezionali doti di storico negli scritti critici, questa capacità non è però riscontrabile nell'unico lavoro definito storico, cioè nella biografia di Ferdinando d'Aragona, tutto sommato un modesto elenco di aneddoti.  Nel III secolo l'Impero romano iniziava a tramontare, il che si palesava non solo nell'indebolimento delle forze politiche e militari, ma anche nello sfaldamento dell'ordinamento interno e soprattutto nell'imbarbarimento della cultura. La crisi generale e l'accettazione di molte genti non italiche tra i cittadini romani provocarono un lento ma significativo allontanarsi dalla lingua latina ufficiale verso forme dialettali e meno eleganti. Si evidenziò la necessità di uno "sviluppo" della lingua che presupponeva la canonizzazione della parlata popolare e della sua semplice grammatica. Erano i primi sintomi della nascita di una nuova lingua, quella italiana, che avrebbe necessitato di un millennio per svilupparsi pienamente. Durante questa lunghissima transizione, in tutta la penisola ci fu un'enorme incertezza linguistica. Il latino classico cedeva lentamente il posto ad una mescolanza di nuovi idiomi che combattevano per la supremazia.  Gli effetti di questo periodo di passaggio sono ben visibili soprattutto nelle traduzioni che via via nascevano dal latino verso l'italiano, poché la linea di demarcazione tra le due lingue era fluttuante e nessuno dei traduttori poteva dirsi un vero esperto in materia. Valla fu il primo a stabilire un limite alla modernizzazione della lingua latina, decidendo che i cambiamenti oltre tale limite facessero già parte del processo di sviluppo della lingua italiana. In questo modo riuscì non solo a salvaguardare la purezza del latino, ma pose anche le basi per lo studio e la comprensione dell'italiano.  Lorenzo Valla si pone tra i maggiori esponenti del Quattrocento italiano e dell'umanesimo europeo, non solo per il suo costante apporto di punti di vista umanistici, bensì anche per la sua annosa avversione alla cultura scolastica.  È indicativa ad esempio la sua tesi (in De Voluptate) sugli errori dello stoicismo praticato dagli asceti cristiani che non avrebbero preso in debita considerazione le leggi naturali, dunque divine; la morale consiglierebbe infatti, a suo avviso, un'esistenza allegra e godereccia che non precluderebbe in alcun modo l'aspirazione alle gioie del paradiso. Analogamente, nelle Dialecticae Disputationes Valla confuta il dogmatismo di Aristotele e la sua arida logica che non offre insegnamenti o consigli, bensì discute solo di parole senza raffrontarle con il loro significato nella vita reale. Altrettanto critico si dimostra (nelle Adnotationes in Novum Testamentum) quando usa la sua profonda padronanza del latino per provare che sono state le traduzioni maldestre di alcuni passi del Nuovo Testamento a causare incomprensioni ed eresie.  È a lui dedicata la Fondazione Lorenzo Valla, che in collaborazione con la casa editrice Mondadori, pubblica la collana Scrittori greci e latini in cui vengono proposte edizioni critiche di testi classici.  Edizioni delle opere L'arte della grammatica, a cura di Paola Casciano, Milano, Mondadori (Fondazione Lorenzo Valla), (terza edizione rinnovata) La falsa Donazione di Costantino, a cura di Gabriele Pepe, Firenze, Ponte alle Grazie, Scritti filosofici e religiosi, a cura di Giorgio Radetti, Firenze, Sansoni, (ristampa: Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2009) Repastinatio dialectice et philosophie, testo latino edito da Gianni Zippel, Padova, Antenore, (due volumi) Dialectical Disputations, testo latino e traduzione inglese della Repastinatio a cura di B. P. Copenhaver and L. Nauta (I Tatti Renaissance Library), Harvard University Press, 2012 (due volumi). Note ^ http://www.treccani.it/enciclopedia/lorenzo-valla_(Il-Contributo-italiano-alla-storia-del-Pensiero:-Filosofia)/ ^ https://www.britannica.com/biography/Lorenzo-Valla ^ E. Garin, "La letteratura degli umanisti", in E. Cecchi-N. Sapegno (edd.) Letteratura italiana, III, Il Quattrocento e l'Ariosto, Milano, Garzanti, 1965, pp. 198-203). ^ Basilica Papale - SAN GIOVANNI IN LATERANO, su www.vatican.va. URL consultato il 22 marzo 2017. ^ Lodi Nauta, In Defense of Common Sense: Lorenzo Valla's Humanist Critique of Scholastic Philosophy, Harvard University Press, 2009 ISBN 9780674032699. ^ Pubblicate per la prima volta nel 1505 da Erasmo da Rotterdam. Bibliografia Giovanni Antonazzi, Lorenzo Valla e la polemica sulla donazione di Costantino, Roma 1985. Salvatore Camporeale, Lorenzo Valla. Umanesimo e teologia, Firenze, Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento, 1972. Maristella de Panizza Lorch, A defense of life: Lorenzo Valla's theory of pleasure, Humanistische Bibliothek 1/36, Monaco, Wilhelm Fink, 1985. Marco Laffranchi, Dialettica e filosofia in Lorenzo Valla, Milano, Vita e Pensiero, 1999. Peter Mack, Renaissance argument. Valla and Agricola in the tradition of rhetoric and dialectic, Leiden, Brill, 1993. Girolamo Mancini, Vita di Lorenzo Valla, Firenze, G. C. Sansoni Editore, 1891 Lodi Nauta, In defense of common sense: Lorenzo Valla's Humanist critique of Scholastic philosophy, Harvard, Harvard University Press, 2009. Mariangela Regoliosi (a cura di), Lorenzo Valla. La riforma della lingua e della logica (Atti del convegno del Comitato Nazionale VII centenario della nascita di Lorenzo Valla, Prato, 4-7 giugno 2008) Firenze, Edizioni Polistampa, 2010, 2 tomi. Voci correlate Donazione di Costantino Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Lorenzo Valla Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Lorenzo Valla Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Lorenzo Valla Collegamenti esterni Lorenzo Valla, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010. Modifica su Wikidata (EN) Lorenzo Valla, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Modifica su Wikidata Opere di Lorenzo Valla, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Lorenzo Valla, su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata (FR) Bibliografia su Lorenzo Valla, su Les Archives de littérature du Moyen Âge. Modifica su Wikidata (EN) Lorenzo Valla, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company. Modifica su Wikidata Delio Cantimori, «VALLA, Lorenzo», in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1937. Rita Pagnoni Sturlese, VALLA, Lorenzo, su treccani.it. in Il contributo italiano alla storia del pensiero – Filosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2012. La falsa donazione di Costantino, su classicitaliani.it. La tomba di Lorenzo Valla, su penelope.uchicago.edu. (EN) Lodi Nauta, Lorenzo Valla, in Edward N. Zalta (a cura di), Stanford Encyclopedia of Philosophy, Center for the Study of Language and Information (CSLI), Università di Stanford. V · D · M Filologia Controllo di autorità VIAF (EN) 29541502 · ISNI (EN) 0000 0001 2125 8391 · SBN IT\ICCU\CFIV\042795 · LCCN (EN) n79043871 · GND (DE) 118626000 · BNF (FR) cb11927487z (data) · BNE (ES) XX874162 (data) · NLA (EN) 35575211 · BAV (EN) 495/21449 · CERL cnp01259527 · NDL (EN, JA) 001169220 · WorldCat Identities (EN) lccn-n79043871 Biografie Portale Biografie Cattolicesimo Portale Cattolicesimo Letteratura Portale Letteratura Categorie: Umanisti italianiFilologi italianiScrittori italiani del XV secoloNati nel 1407Morti nel 1457Morti il 1º agostoNati a RomaMorti a RomaPersonaggi della corte aragonese di NapoliEpicureiAccademici italiani del XV secoloProfessori dell'Università degli Studi di PaviaAllievi di Vittorino da Feltre[altre]. Refs.: Luigi Speranza, “Valla e Grice,”per la Fondazione Lorenzo Valla, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.


vallauri: essential Italian philosopher. “Italians, especially noble ones, love a long surname, so this is Luigi Lombardi Vallauri. I say: if he wants to keep the Vallauri, that’s what he’ll go with by!” – Lombardi Vallauri. Grice: “He favours animal rights, as I do.” Luigi Lombardi Vallauri Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Dubbio di enciclopedicità La rilevanza enciclopedica di questa voce o sezione sugli argomenti filosofi e giuristi è stata messa in dubbio. Motivo: Voce promozionale su accademico vegano e altre idee personali di filosofia di vita e sapere, ma non si evidenziano rilevanze enciclopediche Puoi aiutare aggiungendo informazioni verificabili e non evasive sulla rilevanza, citando fonti attendibili di terze parti e partecipando alla discussione. Se ritieni la voce non enciclopedica, puoi proporne la cancellazione. Segui i suggerimenti dei progetti di riferimento 1, 2. Per interpellare gli autori della voce o il progetto usa: {{AiutoE|Luigi Lombardi Vallauri}}--~~~~ Luigi Lombardi Vallauri (Roma, 4 aprile 1936) è un filosofo e professore universitario italiano.  È stato professore ordinario di filosofia del diritto presso l'Università Cattolica di Milano e l'Università degli Studi di Firenze. Dal 2011 ha insegnato all'Università degli Studi dell'Insubria e all'Università degli Studi di Sassari, dalla quale è stato chiamato per "chiara fama".   Indice 1Biografia 1.1                                    Allontanamento dall'Università Cattolica 2Pensiero 3Opere principali 4 Note 5 Bibliografia 6 Altri progetti 7 Collegamenti esterni Biografia Nasce e cresce in contesto familiare profondamente cattolico. Nipote del predicatore gesuita Riccardo Lombardi[1], cugino del direttore della Sala stampa vaticana Federico Lombardi, nonché nipote di Gabrio Lombardi,[2] si avvia alla formazione teologica alla Gregoriana di Roma. Nello stesso periodo consegue la laurea in Giurisprudenza col massimo dei voti presso l'Università di Roma, suo maestro è stato Emilio Betti. Abbandonata la vocazione sacerdotale intorno a vent'anni, dopo la laurea perfeziona gli studi giuridici in Germania e vince molto presto il concorso per la Libera docenza.  Nel 1970 diviene professore ordinario in Filosofia del diritto all'Università di Firenze, dove ha insegnato anche Argomentazione giuridica e Filosofia del diritto avanzata. Nel 1976 ottiene la cattedra in Filosofia del diritto anche all'Università Cattolica di Milano. Dopo il collocamento a riposo insegnerà presso le Università di Como e Sassari.  Massimo esperto di teoria dell'interpretazione giuridica, già direttore dell'Istituto per la documentazione giuridica del CNR (dal 1973 al 1977) e presidente della Società italiana di filosofia giuridica e politica (dal 1996 al 2000), è autore di una vastissima serie di saggi filosofico-giuridici. Con il suo Terre: Terra del Nulla, Terra degli uomini, Terra dell'Oltre ha aperto un nuovo filone della sua ricerca, dedicato alla filosofia della religione e della spiritualità. Al saggio Nera Luce, apparso nel 2001, Lombardi Vallauri ha consegnato la sua critica serrata ai dogmi del cattolicesimo e l'approdo all'apofatismo. I suoi interessi recenti riguardano la tutela giuridica dei diritti degli animali[3]. È vegano[4].  Nel 1979 Lombardi Vallauri ha fondato, e tuttora conduce, un "gruppo di meditazione" teso a esplorare le possibilità di una vita contemplativa all'altezza del sapere moderno. Il suo ultimo libro - che traduce in scrittura il seguitissimo corso di meditazioni tenuto dall'autore per Radio Tre Rai nel 2004, 2005 e 2007 - propone una "mistica laica", ossia una mistica che prescinde da rivelazioni soprannaturali coniugando il pensiero scientifico occidentale con le tecniche di meditazione tipiche delle filosofie orientali.  Allontanamento dall'Università Cattolica Dal 1976 Lombardi Vallauri ha insegnato Filosofia del diritto presso l'Università cattolica di Milano.  Il 19 aprile 1996 tiene una conferenza a Bari e all'inizio decide di sedersi in terra, giustificandosi presso l'uditorio con la frase: «Del Dio che emoziona non mi sento di parlare seduto su una sedia, quindi, mentre parlerò di questo Dio, starò seduto in terra».[5]  Nel 1998 è stato sospeso dall'attività didattica a causa del suo insegnamento ritenuto eterodosso rispetto alla dottrina della Chiesa Cattolica.  Fra i punti problematici secondo le autorità ecclesiastiche, un giudizio di Lombardi Vallauri sul dogma dell'inferno, da lui definito:  «incostituzionale [in quanto] nessun atto per quanto grave può meritare una pena eterna [e perché] è contraria ai princìpi più avanzati del diritto, e specificamente del diritto influenzato dal cristianesimo, una pena che in nessun modo tenda alla rieducazione/riabilitazione del condannato.[6]»  Il professore ha affermato in seguito:  «Quando i giudici ecclesiastici mi hanno cacciato fuori dall'Università Cattolica non riuscivano a formulare l'accusa ed io ho detto: "Ve la do io, il papa è quasi infallibile nell'errare".[7]»  Dopo l'esito negativo dei ricorsi giudiziari interni, Lombardi Vallauri si è rivolto alla Corte europea dei diritti dell'uomo.  Nel 2009 la Corte si è pronunciata a favore del ricorrente, ritenendo che fossero stati lesi i suoi diritti alla libertà di espressione (per il provvedimento adottato dalla Cattolica senza contraddittorio) e a un equo processo (per il rifiuto a pronunciarsi opposto dagli organi giurisdizionali amministrativi), entrambi garantiti, rispettivamente, dagli articoli 10 e 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.  Pensiero Nei suoi corsi e libri Vallauri di è occupato di varie tematiche: filosofia del diritto, critica dei riduzionismi, filosofia della mente, misticismo, buddismo, sessualità, meditazione, diritti degli animali.  Riassumeva la situazione storica attuale tramite la seguente “formula”: [E = (m+e) + i (ab) + fd + oid] -> [N.O.] -> [(N. e/ax/es)] + (I.P.)]  La prima parte è l’equazione del riduzionismo ontologico: l’essere (E) è riducibile alla somma di materia (m), energia (e) e informazione (i); l’informazione è di due specie: algoritmica (a) e biologica (b). Il riduzionismo diventa poi scientismo tecnologico, con l’aggiunta di un fattore di dominazione (fd), ossia la teoria baconiana del conoscere per dominare, e dell'organizzazione industriale del dominio (oid) portata dalla rivoluzione industriale. Le conseguenze dello scientismo sono il nichilismo ontologico (N.O.), ossia la scomparsa di ogni tipo di spirito (Dio angeli anima), il quale può avere due esiti antitetici: le filosofie del soggetto assoluto e quelle della morte del soggetto. L’ultima conseguenza del processo è il nichilismo etico assiologico ed esistenziale (N. E/ax/es), ossia la negazione di norme e valori oggettivi. Esso genera un vuoto, che nella nostra epoca viene occupato dall’individualismo possessivo (I.P)., ossia la credenza che gli unici beni sono ricchezza successo e potere. Occorre dunque articolare una risposta filosofica al riduzionismo, individuando quali realtà si sottraggano alle sue pretese. L’oggetto principale che sfugge alla riduzione è la mente[8].   Opere principali Saggio sul diritto giurisprudenziale, Milano, 1967 Amicizia, carità e diritto, Milano, 1969 (nuova edizione: 1974) Corso di filosofia del diritto, Padova, 1981 (seconda edizione: 2012) Cristianesimo, secolarizzazione e diritto moderno, Milano, 1981 Terre: Terra del Nulla, Terra degli uomini, Terra dell'Oltre, Milano, 1989 Il Meritevole di tutela, Milano, 1990 Logos dell'essere - Logos della norma, Bari, 1999 Nera luce, Firenze, 2001 Riduzionismo e oltre: Dispense di filosofia per il diritto, Padova, 2002 Trattato di Biodiritto. La questione animale, Milano, 2013 Meditare in Occidente. Corso di mistica laica, Firenze, 2015 Scritti animali. Per l'istituzione di corsi universitari di diritto animale, Gesualdo, 2018 Note ^ Sandro Magister, L'inferno? Una vergogna, L'Espresso, 19 novembre 1988. ^ Guadagnucci 2012, p. 150. ^ Luigi Lombardi Vallauri, Scritti Animali. Per l'istituzione di corsi universitari di diritto animale, in Visionari, Gesualdo (AV), Gesualdo Edizioni, 2018, ISBN 9788885498099. ^ Guadagnucci 2012, p. 161. ^ Roberto Dal Bosco, Cristo o l'India, Verona, Fede e Cultura, 2018, p. 119. ISBN 978-88-6409-621-6 ^ Guadagnucci 2012, p. 151. ^ L. Lombardi Vallauri, Sullo scarso fondamento dei fondamentalismi, Nuovamente.org. URL consultato il 6 febbraio 2013 (archiviato dall'url originale il 19 giugno 2008). ^ Lombardi Vallauri L., Neuroni, mente, anima, algoritmo: quattro ontologie, Lettura magistrale al VI congresso della Società italiana di neuroscienze, 1996 Bibliografia Lorenzo Guadagnucci, Il filosofo degli animali, in Restiamo animali: Vivere vegan è una questione di giustizia, Milano, Terre di mezzo, 2012, ISBN 978-88-6189-224-8. Altri progetti Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Luigi Lombardi Vallauri Collegamenti esterni Registrazioni di Luigi Lombardi Vallauri, su RadioRadicale.it, Radio Radicale. Modifica su Wikidata Interventi e trasmissioni radiofoniche Meditare in occidente - Corso di mistica laica (2004), ciclo di trasmissioni radiofoniche su Radio3 Rai, edizione del 2004. Meditare in occidente - Corso di mistica laica (2005), ciclo di trasmissioni radiofoniche su Radio3 Rai, edizione del 2005. Meditare in occidente - L'anima di paesaggio (2007), ciclo di trasmissioni radiofoniche su Radio3 Rai, edizione del 2007. Conferenza/lezione tenuta da Vallauri dal titolo: Nonviolenza e Animali: un tema antico come le montagne e sempre più ricco di futuro. Evento organizzato da Progetto Vivere Vegan, 2019  Interviste <>, intervista di Giancarlo Perna, LIBERO, 7.03.2016 Intervista a Luigi Lombardi Vallauri, di Valentina Grazzini, l'Unità, Firenze, 7.01.2010 e Rassegna stampa sul "Caso Vallauri" I Nuovi Inquisitori, di Giovanni Maria Pace, a Repubblica, 7.11.1998 A dialogo con Luigi Lombardi Vallauri, di Neri Pollastri, da Phronesis, V (2007), n. 9 Note [1], di Teresa Franza, Officina sedici, 16 ottobre 2016  Controllo di autorità VIAF (EN) 100278350 · ISNI (EN) 0000 0001 1827 9247 · SBN IT\ICCU\CFIV\022392 · LCCN (EN) n82066312 · GND (DE) 123492963 · BNF (FR) cb12141940d (data) · WorldCat Identities (EN) lccn-n82066312 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloAccademici italiani del XX secoloAccademici italiani del XXI secoloNati nel 1936Nati il 4 aprileNati a RomaFilosofi del diritto[altre]

Valletta: essential Italian philosopher. Grice: “He was a libertine from Naples. I like him. His oeuvre published in Firenze.” Giuseppe Valletta Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Abbozzo Questa voce sull'argomento filosofi italiani è solo un abbozzo. Contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni di Wikipedia. Giuseppe Valletta (Napoli, 6 ottobre 1636 – Napoli, 16 maggio 1714) è stato un filosofo, avvocato, letterato e giureconsulto italiano.  Nell'infanzia studiò dapprima letteratura presso i Gesuiti per poi dedicarsi al diritto.  Nel 1663, insieme a Francesco D'Andrea, fu fra i fondatori dell'Accademia degli Investiganti, che diede impulso al grande rinnovamento culturale che prese avvio negli ultimi decenni del Seicento meridionale. Nelle accese polemiche filosofico-scientifiche tra progressisti e conservatori, il Valletta insieme a Tommaso Cornelio, Francesco D'Andrea, Leonardo Di Capua e agli altri accademici investiganti appoggiò attivamente i progressisti.  Nel 1681 istituì a sue spese la cattedra di Lingua greca presso l'Università di Napoli, affidando l'incarico di insegnamento al suo maestro ed amico Gregorio Messere, illustre grecista e filosofo dell'epoca.  Nel 1687 curò l'edizione napoletana delle Opere e del Bacco in Toscana dello scienziato toscano Francesco Redi.  Fu un grande appassionato e conoscitore di libri, tanto che la sua biblioteca ne arrivò a contenere ben diciottomila, meritandosi l'appellativo di Helluo librorum et Secli Peireskius alter.[1] Alla sua morte, grazie all'interessamento di Giambattista Vico, il fondo librario confluì nella Biblioteca dei Girolamini.  Opere Lettera in difesa della moderna filosofia e de' coltivatori di essa, 1691. Historia filosofica, 1697-1704. Note ^ Lombardi 1830, pag.186. Bibliografia Antonio Lombardi, Storia della letteratura italiana nel secolo XVIII, Tomo IV, Tipografia camerale, 1830. ( Disponibile online, su books.google.com. URL consultato il 7 aprile 2009.) Fausto Nicolini, Giuseppe Valletta, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1937. Voci correlate Accademia degli Investiganti Francesco D'Andrea Francesco Redi Francesco Valletta, nipote di Giuseppe Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Giuseppe Valletta Collegamenti esterni Giuseppe Valletta breve scheda biografica sul sito "Francesco Redi. Scienziato e poeta alla Corte dei medici". Controllo di autorità VIAF (EN) 7515346 · ISNI (EN) 0000 0000 6130 5095 · GND (DE) 124022219 · BNF (FR) cb12807159f (data) · BAV (EN) 495/78105 · CERL cnp01355846 · WorldCat Identities (EN) viaf-7515346 Biografie Portale Biografie Napoli Portale Napoli Categorie: Filosofi italiani del XVII secoloAvvocati italiani del XVII secoloLetterati italianiNati nel 1636Morti nel 1714Nati il 6 ottobreMorti il 16 maggioNati a NapoliMorti a Napoli[altre]

Valore: Essential Italian philosopher. Grice: “Having philosophsided on what Italians call ‘valore,’ I admire Valore!” Paolo Valore Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Paolo Valore (Milano, 10 giugno 1972) è un filosofo e accademico italiano che si occupa di metafisica, di ontologia generale e delle implicazioni ontologiche delle teorie formali. Si è interessato anche dei progetti di linguaggi artificiali e di lingue ausiliarie.   Indice Studi e ricerche 2Pubblicazioni principali 2.1Monografie 2.2Curatele 2.3Dispense universitarie 2.4             Bibliografie ragionate 2.5                                       Saggi e articoli 3Note 4Collegamenti esterni Studi e ricerche Laureatosi in Filosofia nel 1997 all'Università degli Studi di Milano, nel 2000 vi ha conseguito il dottorato di ricerca con uno studio su Riferimento, rappresentazione e realtà in Hilary Putnam. Dopo un anno di perfezionamento al King’s College di Londra, dal 2002 diventa ricercatore presso il Dipartimento di Filosofia della Statale di Milano, dove ha insegnato Storia della filosofia contemporanea. La sua prima produzione è stata dedicata principalmente a studi sulla filosofia dell'Ottocento e del Novecento e alla riabilitazione di una prospettiva neotrascendentalista soprattutto in metafisica. Ha partecipato al gruppo fondatore della rivista Problemata. Quaderni di Filosofia, di cui è stato caporedattore.  A partire dal 2004, quando la Facoltà di Ingegneria industriale del Politecnico di Milano gli ha affidato un corso di "Verità e teoria della corrispondenza", la sua ricerca si è spostata su tematiche sempre più teoriche, collegate alla filosofia analitica, alla metafisica e all'ontologia analitica. Nel 2006 organizza e cura il progetto Topics on general and formal ontology, che si è concretizzato nell'omonimo volume. Diviene quindi professore aggregato di Storia della metafisica contemporanea all'Università degli Studi di Milano, di Filosofia teoretica al Politecnico con corsi dedicati all'ontologia formale e, nel 2010-2011, di Filosofia degli oggetti sociali (ontologia sociale) all'Università commerciale Luigi Bocconi di Milano.  Nel 2010 ha fondato con Massimo Rizzardini e Federico Gobbo il giornale multilingue InKoj. Interlingvistikaj Kajeroj, rivista di "studio e discussione accademica sulle tematiche dei linguaggi artificiali" ad accesso libero, di cui è direttore.[1] È stato membro del gruppo di ricerca internazionale EUROCORES (European Collaborative Research) finanziato dall'European Science Foundation e dal 2010 è il responsabile del progetto “Classical Paradigms and Theoretical Foundations in Contemporary Research on Formal and Material Ontology” per il programma EuroScholars USA (European Undergraduates Research Opportunities). Nel 2011 lavora negli Stati Uniti, presso il Dipartimento di Filosofia dell'Università di New York, su un suo progetto di ricerca di ontologia formale per il quale ha vinto una sponsorizzazione Fulbright nella categoria Fulbright Visiting Scholar. Collabora con la Rivista di storia della filosofia, è nel comitato scientifico delle riviste Materiali di estetica, Rivista Italiana di Filosofia Analitica Junior e Multilinguismo e società ed è direttore delle collane di filosofia "Biblioteca di Problemata" (editore LED di Milano) e "Ratio. Studi e testi di filosofia contemporanea" (editore Polimetrica di Monza).  Pubblicazioni principali Monografie Trascendentale e idea di ragione. Studio sulla fenomenologia banfiana, Firenze, La Nuova Italia, 1999. ISBN 88-221-3282-3. Rappresentazione, riferimento e realtà. Studio su Hilary Putnam, Torino, Thélème, 2001. ISBN 88-87419-36-1.[2] L'inventario del mondo. Guida allo studio dell'ontologia, Torino, Utet, 2008. ISBN 978-88-6008-214-5.[3] La sentenza di Isacco. Come dire la verità senza essere realisti, Milano-Udine, Mimesis, 2012. ISBN 978-88-575-1231-0. Fundamentals of Ontological Commitment, Berlin, de Gruyter, 2016. ISBN 978-3-11-045845-9. Curatele Antonio Banfi, Platone. Lezioni 1937-38 (a cura di Paolo Valore), Milano, Unicopli, 2000. ISBN 88-400-0623-0.[4] Paolo Valore (a cura di), Forma dat esse rei. Studi su razionalità e ontologia, Milano, Led, 2003. ISBN 88-7916-215-2.[5] Paolo Valore (a cura di), Ars experientiam recte intelligendi. Saggi filosofici, Monza, Polimetrica, 2004. ISBN 88-7699-009-7. Willard Van Orman Quine, Da un punto di vista logico. Saggi logico-filosofici (edizione italiana di From a logical point of view a cura di Paolo Valore, con presentazione di Giulio Giorello e Renato Pettoello), Milano, Raffaello Cortina, 2004. ISBN 88-7078-885-7.[6] Paolo Valore (a cura di), Topics on General and Formal Ontology, Monza, Polimetrica, 2006. ISBN 978-88-7699-028-1 (ISBN 978-88-7699-029-8 come eBook). Paolo Valore (a cura di), Materiali per lo studio dei linguaggi artificiali nel Novecento, Milano, Cuem, 2006. ISBN 978-88-6001-092-6.[7] Simona Chiodo e Paolo Valore (a cura di), Questioni di metafisica contemporanea, Milano, Il Castoro, 2007. ISBN 978-88-8033-394-4. Renato Pettoello e Paolo Valore (a cura di), Willard Van Orman Quine, Milano, Franco Angeli, 2009. ISBN 978-88-568-0720-2. Pubblicato contemporaneamente anche come numero monografico della Rivista di storia della filosofia, n. 1, 2009, per il centenario della nascita di Quine.[8] Paolo Valore e Federico Gobbo (a cura di), Artificial Languages. Themes in linguistics and philosophy, Monaco di Baviera, Grin Verlag, 2010. ISBN 978-3-640-64607-4 (ISBN 978-3-640-64599-2 come eBook). Pubblicato anche, con il titolo Interlinguistica e filosofia dei linguaggi artificiali, come numero monografico per la prima uscita del giornale accademico multilingue InKoj. Interlingvistikaj Kajeroj.[9] Paolo Valore (a cura di), Multilingualism. Language, Power, and Knowledge, Pisa, Edistudio, 2011. ISBN 978-88-7036-809-3. Dispense universitarie La categoria di sostanza in Aristotele, Milano, Cuem, 1999. ISBN 88-6001-658-4. Introduzione al dibattito contemporaneo sulla distinzione tra analitico e sintetico, Milano. Cuem, 2000. ISBN 88-6001-692-4. Questioni di ontologia quineana, Milano, Cusl, 2001. ISBN 88-8132-227-7. La struttura logico-analitica dell'ontologia herbartiana, Milano, Cusl, 2002. ISBN 88-8132-531-4. Nuova edizione corretta e aggiornata: 2008, ISBN 978-88-8132-555-9. Laboratorio di ontologia analitica, Milano, Cusl, 2003. ISBN 88-8132-266-8. Verità e teoria della corrispondenza, Milano, Cusl, 2004. ISBN 88-8132-345-1. Philosophy of Social Objects, Milano, Bocconi, 2011.[10] Bibliografie ragionate Ontologia, Milano, Unicopli, 2004. ISBN 88-400-0986-8. Verità, Milano, Unicopli, 2005. ISBN 88-400-0937-X. Saggi e articoli "How to Consider the Twin Earth Experiment", in Acme, 57 (2004), pp. 307-311. "Idealizzazione della verità e coerentismo. Due perplessità sul realismo della 'seconda ingenuità'", in Iride. Filosofia e discussione pubblica, 41 (2004), pp. 220-226. "La 'posizione' esistenziale e il giudizio ipotetico nell'ontologia herbartiana: il caso degli oggetti inesistenti", in S. Poggi (a cura di), Natura umana e individualità psichica. Scienza, filosofia e religione in Italia e Germania tra Ottocento e Novecento, Milano, Unicopli, 2004, pp. 99-138. ISBN 978-88-400-0922-3 "Sull'idea di una logica trascendentale", in Chora. Laboratorio di attualità, scrittura e cultura filosofica, n. 10, anno 4 (2005), pp. 18-20. "Alcune note sull'attualità dell'ontologia nella filosofia contemporanea più recente", in Paolo Valore (a cura di), Forma dat esse rei..., cit., pp. 7-11. "L'interpretazione semantica del trascendentale e l'ontologia del mondo reale in Giulio Preti", in Paolo Valore (a cura di), Forma dat esse rei..., cit., pp. 193-208. "Il mestiere antico e nuovo del filosofo", in la Repubblica, 28 febbraio 2004, p. XII (sezione Milano).[11] "Lógica e Ontologia no confronto entre Bertrand Russell e Hugh MacColl acerca dos objectos inexistentes", in Revista Portuguesa de Filosofia, 63 (2007), pp. 415-429. "Fisica e geometria come modelli di lavoro per l'ontologia. Un'interpretazione del metodo delle relazioni”, in Paolo Valore (a cura di), Ars experientiam..., cit., pp. 157-169. "General and formal ontology", in Paolo Valore (a cura di), Topics on..., cit., pp. 11-13. "Some ontological remarks on The maxim of identification of indiscernibles", in Paolo Valore (a cura di), Topics on..., cit., pp. 67-76. Simona Chiodo e Paolo Valore, "Dall'epistolario di Giulio Preti ad Antonio Banfi", in Simona Chiodo e Gabriele Scaramuzza (a cura di), Ad Antonio Banfi cinquant'anni dopo, Milano, Unicopli, 2007, pp. 53-62. ISBN 978-88-400-1200-1. "Due tipi di parsimonia. Alcune considerazioni sul costruttivismo e il nominalismo ontologico", in Elio Franzini e Marcello La Matina (a cura di), Nelson Goodman, la filosofia e i linguaggi, Macerata, Quodlibet. 2008, pp. 157-168. ISBN 978-88-7462-179-8. "Cosa c'è che non va nell'idea di una lingua cosmica. Il caso del LINCOS di Freudenthal", in Multilingusimo e Società, 2010, pp. 67-76 "Nothing is part of everything", in Giornale di filosofia, Ontologie/8 (2012): giornaledifilosofia.net Note ^ La rivista è consultabile sul sito specifico dell'Università di Milano. ^ Volume recensito da Massimo Dell'Utri sulla rivista Iride. Filosofia e discussione pubblica, n. 37, dicembre 2002, pp. 675-676. ^ Volume recensito da Giuliana Mancuso sulla rivista web Secretum on line. Scienze, saperi, forme di cultura, n. 13, 9 aprile 2009 e da Elena Marazzi sulla Rivista di filosofia neoscolastica, n. 1, 2010, pp. 209-211. ^ Volume recensito da Conrad Gesner Jr. sulla rivista Belfagor. Rassegna di varia umanità, n. 56, 2001, pp. 119-120. ^ Volume recensito da Matteo Bianchetti sulla rivista Chora. Laboratorio di attualità, scrittura e cultura filosofica, n. 10, 2005. ^ Volume recensito da: Valeria Giardino sulla Rivista di filosofia, n. 3, dicembre 2004, pp. 531-532; nell'articolo "Tra i cavalli alati e la realtà", su Il manifesto del 10 giugno 2004, p. 14; Luisa Morra in L'indice dei libri del mese, 2004; Francesco Armezzani su SWIF del febbraio 2005 Archiviato il 16 maggio 2006 in Internet Archive.. ^ Volume recensito dal professor Renato Corsetti sulla rivista L'esperanto. Revuo de itala esperanto-federacio, n. 2, 2007, pp. 17-18. ^ Volume recensito da Elena Marazzi sulla rivista web Secretum on line. Scienze, saperi, forme di cultura, n. 19, 28 maggio 2009. ^ Consultabile on line. ^ Si tratta di un eBook accessibile solo con password. ^ Si tratta di una replica critica all'articolo di Patrizia Valduga "Trentuno filosofi all'anagrafe", pubblicato su la Repubblica del 20 febbraio 2004, p. I (sezione Milano). Collegamenti esterni Profilo accademico su immaginidellamente.it. Elenco completo delle pubblicazioni sul sito universitario academia.edu[collegamento interrotto]. Controllo di autoritàVIAF (EN) 76594422 · ISNI (EN) 0000 0001 0858 7625 · LCCN (EN) no00068289 · BNF (FR) cb15017947w (data) · WorldCat Identities (EN) lccn-no00068289 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloAccademici italiani del XX secoloAccademici italiani del XXI secoloNati nel 1972Nati il 10 giugnoNati a MilanoDirettori di periodici italianiFondatori di riviste italianeProfessori dell'Università commerciale Luigi BocconiProfessori dell'Università degli Studi di MilanoProfessori del Politecnico di MilanoStudenti del King's College LondonStudenti dell'Università degli Studi di Milano[altre]

Valperga: essential italain philosopher. Grice: “Noble Italians love a long surname, so this is Valperge-Di-Caluso,” and so Ryle had in under the “C””.  Tommaso Valperga di Caluso Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search  Tommaso Valperga di Caluso Tommaso Valperga di Caluso (Torino, 20 dicembre 1737 – Torino, 1º aprile 1815) è stato un filosofo, astronomo, fisico e matematico italiano, membro della congregazione dell'Oratorio.   Indice 1Biografia 2Note 3Opere (selezione) 4Bibliografia 5Altri progetti 6Collegamenti esterni Biografia Discendente dai Valperga, nobile famiglia piemontese, nei primi anni della giovinezza si sentì attratto dalla carriera delle armi. A Malta, ospite del governatore dell'isola, si addestrò alla vita marinara imparando le dottrine nautiche e nel 1754 fu capitano sulle galee del re di Sardegna. Entrato poi a Napoli nella congregazione dei padri filippini fu professore di teologia.  Tornato a Torino studiò fisica e matematica sotto la guida del Beccaria, con Joseph-Louis Lagrange, Saluzzo e Cigna. Frequentatore delle riunioni culturali "sampaoline" nelle sale della casa di Gaetano Emanuele Bava di San Paolo ritrovò l'Alfieri, che aveva conosciuto a Lisbona nel 1772 durante un viaggio in Portogallo. Scoprì in lui il futuro poeta e tra loro nacque una profonda amicizia.  Eccelse negli studi filosofici e apprese l'inglese, il francese, lo spagnolo e l'arabo e conobbe con sicurezza il latino, il greco, il copto e l'ebraico. Nell'università degli Studi di Torino insegnò lingue orientali. Fu direttore dell'osservatorio astronomico di palazzo Madama, incarico che nel 1805 cedette al Vassalli Eandi.  Fu membro dell'Accademia delle Scienze di Torino dal 1773 e di tutte le maggiori accademie d'Europa, come pure della Massoneria[1].  Suo fratello Carlo Francesco (1727-1811) fu Ambasciatore del Regno di Sardegna in Francia, Portogallo e Spagna, e Viceré di Sardegna dal 1780 al 1783.  Note ^ Gerardo Tocchini, "Le veglie di Torino, Joseph de Maistre", in: Storia d'Italia, Annali 25, Esoterismo, a cura di Gian Mario Cazzaniga, Einaudi, Torino, 2010, p. 395. Opere (selezione) (LA) Tommaso Valperga di Caluso (con lo pseudonimo Didymus Taurinensis), Literaturae Copticae rudimentum, Parmae, Ex regio typographaeo, 1783. URL consultato il 27 giugno 2019. Tommaso Valperga di Caluso (con lo pseudonimo Euforbo Melesigenio), La Cantica ed il Salmo 18. secondo il testo ebreo tradotti in versi da Euforbo Melesigenio, Parma, tipi bodoniani, 1800. URL consultato il 27 giugno 2019. Tommaso Valperga di Caluso, Prime lezioni di gramatica Ebraica, Torino, Stamperia della corte d'Appello, 1805. URL consultato il 27 giugno 2019. (LA) Tommaso Valperga di Caluso, Thomae Valpergae inter P. Arcades Euphorbi Melesigenii latina carmina cum specimine graecorum, Augustae Taurinorum, in typographaeo supremae curiae appellationis, 1807. URL consultato il 27 giugno 2019. (FR) Tommaso Valperga di Caluso, Principes de philosophie pour des initiés aux mathématiques, Turin, Bianco, 1811. URL consultato il 27 giugno 2019. Bibliografia Carlo Calcaterra, Valperga di Caluso, Tommaso, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1932, valperga-di-caluso-tommaso. URL consultato il 12 luglio 2018.Modifica su Wikidata Piero Treves, Caluso di Valperga, Tommaso, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 12 luglio 2018. Renzo Rossotti, Le strade di Torino, Newton Compton Editori, 1995. Milena Contini, Tommaso Valperga di Caluso e l'‘Orlando Innamorato' del 1506, in «Giornale storico della letteratura italiana», CLXXXVI, 2009, pp. 430-449. Milena Contini, La felicità del savio. Ricerche su Tommaso Valperga di Caluso, Alessandria, Edizioni dell'Orso, 2011. Milena Contini, Tommaso Valperga di Caluso traduttore in piemontese dell'incipit dell'Iliade, in «Studi Piemontesi», XL, 2011, pp. 485-489. Milena Contini, Le riflessioni di Tommaso Valperga di Caluso sulla lingua italiana, in La letteratura degli italiani. Centri e periferie, Atti del Congresso Adi, Pugnochiuso 16-19 settembre 2009, a cura di D. Cofano e S. Valerio, Foggia, Edizione del Rosone, 2011. Milena Contini, Ugolini mors. Traduzioni latine di Inferno XXXIII, in «Dante. Rivista internazionale di studi su Dante Alighieri», VIII, 2011, pp. 97-102. Milena Contini, Per una poetica teatrale di Tommaso Valperga di Caluso: traduzioni ed esperimenti, in La letteratura degli italiani II. Rotte, confini, passaggi, Atti del Congresso Adi, Genova 15-18 settembre 2010, a cura di A. Beniscelli, Q. Marini, L. Surdich, DIRAS, Università degli Studi di Genova, 2012. Milena Contini, Il corpo martoriato. L'interesse di Tommaso Valperga di Caluso per quattro atroci fatti di sangue, in Metamorfosi dei lumi 7: il corpo, l'ombra, l'eco, a cura di Clara Leri, Torino, aAccademia university press, 2014, pp. 3-18. Milena Contini, Versione latina di Inferno XXXIII, in «Lo Stracciafoglio», 2014. Milena Contini, Plagio dal Villebrune apposto al Petrarca: un'appassionata confutazione di “meschine, arroganti e scortesi” calunnie sull’Africa, in «Sinestesie», giugno 2015. Milena Contini, Tommaso Valperga di Caluso (1737-1815): un maestro da ricordare, in «Rivista di Storia dell'Università di Torino», 4, 2015. Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Tommaso Valperga Caluso Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Tommaso Valpega Caluso Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Tommaso Valperga Caluso Collegamenti esterni Opere di Tommaso Valperga di Caluso / Tommaso Valperga di Caluso (altra versione), su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Tommaso Valperga di Caluso, su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata Controllo di autoritàVIAF (EN) 49216995 · ISNI (EN) 0000 0001 2096 0795 · SBN IT\ICCU\CFIV\078809 · LCCN (EN) n83032017 · GND (DE) 117669113 · BNF (FR) cb10748197m (data) · ULAN (EN) 500281861 · NLA (EN) 54957678 · BAV (EN) 495/41206 · CERL cnp00391026 · WorldCat Identities (EN) lccn-n83032017 Astronomia Portale Astronomia Biografie Portale Biografie Cattolicesimo Portale Cattolicesimo Fisica Portale Fisica Categorie: Filosofi italiani del XVIII secoloFilosofi italiani del XIX secoloAstronomi italianiFisici italiani del XVIII secoloFisici italiani del XIX secoloNati nel 1737Morti nel 1815Nati il 20 dicembreMorti il 1º aprileNati a TorinoMorti a TorinoOratorianiMassoniValperga (famiglia)[altre]

Vanini: Essential Italian philosopher. “If you speak Italian, you should never confuse Vaninin with Vanninin.” – Grice. vanini: philosopher, a Renaissance Aristotelian who studied law and theology. He became a monk and traveled all over Europe. After abjuring, he taught and practiced medicine. He was burned at the stake by the Inquisition. His major work is four volumes of dialogues, De admirandis naturae reginae deaeque mortalium arcanis “On the Secrets of Nature, Queen and Goddess of Mortal Beings,” 1616. He was influenced by Averroes and Pietro Pomponazzi, whom he regarded as his teacher. Vanini rejects revealed religion and claims that God is immanent in nature. The world is ruled by a necessary natural order and is eternal. Like Averroes, he denies the immortality and the immateriality of the human soul. Like Pomponazzi, he denies the existence of miracles and claims that all apparently extraordinary phenomena can be shown to have natural causes and to be predetermined. Despite the absence of any original contribution, from the second half of the seventeenth century Vanini was popular as a symbol of free and atheist thought. Giulio Cesare Vanini Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search  Medaglione di Vanini al monumento a Giordano Bruno in Campo de' Fiori. Sotto il mento, una piccola effigie di Martin Lutero[1]. Giulio Cesare Vanini (Taurisano, 19 gennaio 1585 – Tolosa, 9 febbraio 1619) è stato un filosofo, medico, naturalista e libero pensatore italiano, fra i primi esponenti di rilievo del libertinismo erudito.   Indice 1 Biografia 1.1 La fuga in Inghilterra 1.2 La fuga da Londra 1.3 In Francia 1.4 A Tolosa 2 Opera 3 Pensiero 4 La fortuna filosofica di Vanini 5 Opere letterarie 6 Note 7 Bibliografia 7.1 Vanini in Inghilterra 7.1.1 Documenti 7.1.2 Documenti inclusi nell'opera di Namer 7.2 Vanini e l'Inquisizione di Roma 8 Altri progetti 9 Collegamenti esterni Biografia Giulio Cesare Vanini nasce nella notte tra il 19 e il 20 gennaio 1585[2] a Taurisano, casale di Terra d'Otranto, nella famiglia che il padre Giovan Battista, uomo d'affari originario di Tresana in Toscana, ha costituito sposando una Lopez de Noguera, appartenente a una famiglia spagnola appaltatrice delle regie dogane della Terra di Bari, della Terra d'Otranto, della Capitanata e della Basilicata. Anche un successivo documento dell'agosto del 1612, scoperto nell'Archivio segreto vaticano, lo qualifica "pugliese", confermando il luogo di nascita ch'egli si attribuisce nelle sue opere.  Nel censimento ufficiale della popolazione del casale di Taurisano, nel 1596, figurano solo i nomi di Giovan Battista Vanini, del figlio legittimo Alessandro, nato nel 1582, e del figlio naturale Giovan Francesco. Nessun cenno della moglie e dell'altro figlio legittimo Giulio Cesare. Nel 1603 Giovan Battista Vanini viene segnalato per l'ultima volta a Taurisano: si ha motivo di ritenere che dopo questa data sia rientrato a Napoli.   Paolo Sarpi Sistemata ogni pendenza economica, nel 1603[3] entra nell'ordine carmelitano assumendo il nome di fra' Gabriele e si trasferisce a Padova per intraprendere gli studi di teologia presso quell'università. Giunge nelle terre della Repubblica di Venezia quando le polemiche provocate due anni prima dall'interdetto del papa Paolo V sono ancora vivacissime. Durante il soggiorno padovano entra in contatto con il gruppo capeggiato da Paolo Sarpi che, con l'appoggio dell'ambasciata inglese a Venezia, alimenta la polemica antipapale.  Giulio Cesare consegue a Napoli il titolo di dottore in utroque iure, superando nel giugno 1606 l'esame che gli consentiva di esercitare la professione di dottore nella legge civile e canonica. Come verrà descritto in documenti posteriori, egli ha assimilato una grande cultura, «parla assai bene il latino e con una grande facilità, è alto di taglia e un po' magro, ha i capelli castani, il naso aquilino, gli occhi vivi e fisionomia gradevole ed ingegnosa».  Nel 1606 probabilmente il padre del filosofo muore a Napoli. Giulio Cesare Vanini, divenuto maggiorenne, si fa riconoscere da un tribunale della capitale erede di Giovan Battista e tutore del fratello Alessandro. Con una serie di rogiti e procure notarili redatte a Napoli, Giulio Cesare inizia a sistemare ogni pendenza economica conseguente alla morte del padre: vende una casa di sua proprietà sita in Ugento, a pochi chilometri dal suo paese d'origine; nel 1607 dà mandato a uno zio materno di assolvere incarichi dello stesso tipo, incarica nel 1608 l'amico Scarciglia di recuperagli una somma e gli vende alcuni beni rimasti a Taurisano e tenuti in custodia dai due fratelli.  Nel 1611 partecipa alle prediche quaresimali, attirandosi i sospetti delle autorità religiose.  La fuga in Inghilterra Nel gennaio 1612, in conseguenza dei suoi atteggiamenti antipapali, viene allontanato dal convento di Padova e rinviato, in attesa di ulteriori sanzioni disciplinari, al Provinciale di Terra di Lavoro con sentenza del generale dell'Ordine Carmelitano, Enrico Silvio, ma l'anno dopo fugge in Inghilterra, insieme con il confratello genovese Bonaventura Genocchi. Nel viaggio, toccano Bologna, Milano, i Grigioni svizzeri e discendono il corso del Reno sino alla costa del Mare del Nord, attraversando la Germania, i Paesi Bassi, il canale della Manica e giungendo infine a Londra e a Lambeth, sede arcivescovile del Primate d'Inghilterra. Qui i due frati rimarranno per quasi due anni, nascondendo la loro reale identità perfino ai loro ospiti inglesi, poiché è provato che lo stesso arcivescovo di Canterbury, George Abbot, li conosceva sotto un nome diverso da quello reale.   Francesco Bacone Nel luglio 1612, nella Chiesa londinese detta "dei Merciai" o "degli Italiani", alla presenza di un folto auditorio e del filosofo Francesco Bacone, Vanini e il suo compagno fanno una pubblica sconfessione della loro fede cattolica, abbracciando la religione anglicana. In realtà i due frati non hanno tagliato i ponti con i loro ambienti di provenienza: infatti nel 1613 Genocchi viene raggiunto da una lettera molto amichevole di un amico e confratello genovese, Gregorio Spinola.  A loro volta, le autorità cattoliche vengono subito informate di questo caso. All'inizio di agosto è il nunzio a Parigi ad avvertire la Segreteria di Stato vaticana che due frati veneziani non meglio identificati sono fuggiti in Inghilterra «e si sono fatti ugonotti», che un vescovo italiano sta per seguirli e che lo stesso Paolo Sarpi, morto il doge e privato della sua protezione, per non cadere in mano dei suoi nemici, è sul punto di fuggire in Palatinato tra i protestanti; analoga notizia, arricchita di altri particolari, viene inoltrata dal nunzio in Fiandra al cardinale Borghese a Roma, che risponde mostrandosi già al corrente dei fatti e dell'esatta identità dei due frati; sa che la fuga di Vanini, di Genocchi, di Paolo Sarpi e di un non ancora identificato vescovo italiano potrebbe portare alla ricostituzione in terra protestante del gruppo di opposizione al Papato già operante nella Repubblica veneta al tempo dell'interdetto.  Nei mesi seguenti il nunzio Ubaldini da Parigi continua a inviare a Roma dettagli sulla condotta dei due frati rifugiati in Inghilterra, sulle loro predicazioni, su come sono stati accolti a corte e dalle autorità religiose, su come si continui a parlare dell'arrivo del vescovo italiano. La Segreteria di Stato vaticana esorta il nunzio in Francia ad attivare i suoi confidenti in Inghilterra al fine di scoprire l'identità del vescovo intenzionato a rifugiarvisi; in ottobre il cardinale Ubaldini da Parigi assicura alla Segreteria di Stato tutto il suo impegno in merito all'argomento dei due frati. Nello stesso dispaccio afferma che non mancherà di informare di ogni dettaglio anche il cardinale Arrigoni, che gli ha scritto in merito per conto del Papa e della Congregazione del Sant'Uffizio. Evidentemente a quella data la condotta veneziana e la successiva fuga dei due frati era già diventata argomento di discussione dell'Inquisizione Romana.  Un'altra lettera del cardinale Borghese invita il nunzio in Francia ad essere vigile sulla faccenda della fuga del vescovo in Inghilterra e, nel caso egli passi per il suolo francese, a far di tutto per «farlo ritenere», come suggerisce il Papa e «come sarebbe molto a proposito». In dicembre il Nunzio Ubaldini invia da Parigi al cardinale Borghese notizie dettagliate e di tenore molto diverso rispetto alle precedenti sui due frati, attestando la buona reputazione di cui essi godono in Inghilterra e la fiducia che possano presto essere recuperati alla Chiesa di Roma. Questa lettera viene poi trasmessa al tribunale dell'Inquisizione romana che nei primi giorni del gennaio successivo inizia di fatto a istruire il processo contro Vanini.   Il Museo di Storia Naturale dell'Università di Oxford Nei mesi successivi si hanno varie notizie di un gran traffico di suppliche e lettere dei due frati a Roma, specialmente tramite l'ambasciatore spagnolo a Londra, per ottenere il perdono del papa e il rientro nel Cattolicesimo. Le autorità religiose inglesi ne vengono segretamente informate e dispongono un'attenta sorveglianza nei confronti dei due frati.  Tra la fine del 1613 e l'inizio del 1614 Vanini si reca in visita all'Università di Cambridge e poi ad Oxford; qui confida ad alcuni conoscenti la sua ormai imminente fuga dall'Inghilterra, cosicché in gennaio i due frati vengono arrestati dalla guardie dell'arcivescovo dopo una funzione religiosa nella chiesa "degli Italiani" e rinchiusi in case di alcuni servi dell'arcivescovo. Scoppia un grande scandalo e dell'episodio vengono informati il re e le massime autorità dello Stato, in quanto nelle operazioni di recupero appaiono chiaramente coinvolti agenti di nazioni straniere accreditati nelle ambasciate a Londra. Altissime personalità cattoliche da Roma seguono la vicenda e la favoriscono con grande calore.  In febbraio Genocchi, eludendo la sorveglianza e con l'aiuto di agenti stranieri, fugge dalla prigione e dall'Inghilterra; in conseguenza di ciò, Vanini viene trasferito in luogo più sicuro e rinchiuso nella Carzel publica, ovvero nella Gatehouse adiacente all'Abbazia di Westminster. Dilaga lo scandalo; volano le accuse di leggerezza nei confronti dei fautori della fuga dei due frati dall'Italia, mentre cominciano a circolare apertamente i nomi del cappellano dell'ambasciatore veneto a Londra, Girolamo Moravo, e dell'ambasciatore spagnolo quali autori del clamoroso "recupero". Dalla Curia romana si continua a seguire la vicenda e a favorirla in ogni modo.  A Londra viene intanto istruito il processo a Vanini: il frate rischia una severa punizione, non il rogo come i martiri della fede (come il carmelitano scriverà con enfasi poi nelle sue opere), ma una lunga deportazione in desolate colonie lontane, come l'arcivescovo Abbot suggerisce al re.  La fuga da Londra Tra il 10 e il 16 marzo 1614 anche Vanini riesce a evadere di prigione e a fuggire dall'Inghilterra, sempre grazie all'aiuto degli agenti dell'ambasciatore spagnolo a Londra, incoraggiato da alte personalità romane e del cappellano dell'ambasciata della Repubblica Veneta, che si avvale anche dell'opera di alcuni servi dell'ambasciatore stesso, ma all'insaputa di questi.  Due anni dopo, durante il processo della Repubblica Veneta contro l'ambasciatore Foscarini per spionaggio e per aver consentito ad Abbot di sottoporre ad interrogatorio il personale dell'ambasciata, vengono alla luce anche dettagli sulla complicità della fuga di Vanini da Londra.  In aprile Vanini e Genocchi arrivano a Bruxelles e si presentano al Nunzio di Fiandra, Guido Bentivoglio, che li attende da tempo. Vengono iniziate le prime pratiche per la concessione del perdono per la fuga in Inghilterra e per l'apostasia e viene loro accordato di tornare in Italia e di vivervi in abito di prete secolare, senza più indossare l'abito religioso, ma con il vincolo dell'obbedienza al loro superiore. Forti di tali concessioni, alla fine di maggio i due frati vengono posti sulla via per Parigi, dove devono presentarsi al Nunzio di quella città, Roberto Ubaldini.  All'incirca nello stesso periodo giunge a Parigi anche l'ultimo frate "recuperato" dall'Inghilterra, fra' Nicolò da Ferrara, al secolo Camillo Marchetti. Altri due frati, invece, non ottengono il perdono dalle autorità cattoliche.   Lione, la città vecchia A Parigi, nell'estate del 1614, durante la permanenza presso la sede del Nunzio Ubaldini, Vanini si inserisce nella polemica relativa all'accettazione dei principi del Concilio di Trento in Francia, che tardava ad arrivare a causa del rifiuto di parte del clero gallicano; per orientare gli animi nella direzione voluta dalla Santa Sede, scrive i Commentari in difesa del Concilio di Trento, di cui egli poi intende avvalersi, come scrive Ubaldini ai suoi superiori in Roma, per dimostrare la sincerità del suo ritorno nella fede cattolica.  Riprende quindi la strada per l'Italia, dirigendosi a Roma, dove deve affrontare le difficili fasi finali del processo presso il tribunale dell'Inquisizione. Dimora per qualche mese a Genova, dove ritrova l'amico Genocchi e si guadagna da vivere insegnando filosofia ai figli di Scipione Doria.  Nonostante le assicurazioni ricevute, il ritorno dei frati non è del tutto tranquillo: nel gennaio 1615 Genocchi viene inaspettatamente arrestato dall'Inquisitore di Genova; a Ferrara accade lo stesso all'altro frate "recuperato", Camillo Marchetti. Vanini teme che gli accada la stessa sorte, fugge nuovamente in Francia e si dirige a Lione. Gli esiti finali delle esperienze capitate al frate genovese e a quello ferrarese - che vennero rilasciati dopo un breve periodo di detenzione e restituiti alla normale vita religiosa - sembrano indicare che forse Vanini esagerò il pericolo insito in queste operazioni di polizia dell'Inquisizione.  In Francia' A Lione, nel giugno 1615, Vanini pubblica l'Amphitheatrum, che egli intende esibire in sua difesa alle autorità romane, come si legge in un dispaccio di Ubaldini alle autorità romane. Esso è dedicato a Francesco de Castro, ambasciatore spagnolo presso la Santa Sede, già collegato con la famiglia Vanini, da cui il frate fuggiasco s'aspetta un aiuto nell'operazione della concessione del perdono da parte delle autorità romane.   La Sorbona Poco tempo dopo, grazie anche agli appoggi acquisiti presso certi ambienti cattolici con la pubblicazione della sua opera, Vanini ritorna a Parigi e si ripresenta al Nunzio Ubaldini, chiedendogli di intervenire in suo favore presso le autorità di Roma. In agosto il prelato scrive al cardinale Borghese, chiedendo chiare indicazioni sulla sorte dell'ex-carmelitano. Non si conosce la risposta del Segretario di Stato; Vanini, comunque, non ritorna più in Italia e riesce invece a trovare la strada e i mezzi per entrare in ambienti molto prestigiosi della nobiltà francese.  Nel 1616, in pochi mesi, Vanini completa un'altra sua opera, il De Admirandis Naturae Reginae Deaeque Mortalium Arcanis, ed il 20 maggio l'affida a due teologi della Sorbona perché ne autorizzino la pubblicazione, secondo le norme del tempo vigenti in Francia; l'opera è pubblicata in settembre a Parigi. Essa è dedicata a François de Bassompierre, uomo potente alla corte di Maria de' Medici, ma è stampata da Adrien Perier, tipografo notoriamente protestante. Il lavoro vede la luce in un ambiente ricco di pubblicazioni che vengono guardate con sospetto dai rappresentanti cattolici e che provocano pesanti condanne, fino al rogo. L'opera del Vanini ottiene un immediato successo presso certi ambienti della nobiltà, popolati di giovani spiriti che guardano con interesse alle innovazioni culturali e scientifiche che vengono dall'Italia. In questo senso il De Admirandis costituisce una summa, esposta in modo vivace e brillante, del nuovo sapere; dà una risposta alle esigenze del momento di questo settore della nobiltà francese; diviene una specie di "manifesto" culturale di questi esprits forts e rappresenta per Vanini una possibilità di stabile permanenza negli ambienti vicini alla corte di Parigi.[senza fonte]  Tuttavia, pochi giorni dopo la pubblicazione dell'opera, i due teologi della Sorbona che avevano espresso la loro approvazione alla pubblicazione si presentano ai membri della Facoltà di Teologia in seduta ufficiale e li informano di aver letto, a loro tempo, certi dialoghi scritti da Vanini; di non avervi trovato allora niente che contrastasse con la fede cattolica; di averli restituiti muniti della loro approvazione alla stampa e con la condizione che il manoscritto da essi controfirmato fosse depositato presso di essi a pubblicazione avvenuta, a testimonianza della fedeltà del testo pubblicato a quello da loro approvato; che ciò non era avvenuto e che circolava invece un testo dell'opera diverso da quello approvato e contenente «alcuni errori contro la comune fede di tutti», per cui i due dottori avanzano la supplica che l'opera non circoli più con la loro approvazione e che tale richiesta venga trascritta nel libro delle Conclusioni della Facoltà stessa. La Sorbona accoglie tale richiesta che costituì di fatto un divieto di circolazione del testo.   Marco Antonio de Dominis La Facoltà di Teologia della Sorbona, però, sembra non occuparsi più dell'opera di Vanini, non prenderne più in esame l'opera, non elencarne o denunciarne, come da prassi, gli errori da emendare, né mai condanna il suo contenuto o il suo autore. Comunque, una condanna espressa dal vicario episcopale di Tolosa, Jean de Rudèle, fu sottoscritta anche dall'inquisitore Claude Billy. Inoltre anche la Congregazione dell'Indice pronuncia una condanna il 3 luglio 1620, con la quale il De admirandis fu condannato con la formula del donec corrigatur, in base alla quale il Sotomaior collocò il Vanini nella prima classe degli autori proibiti nel suo indice del 1640. La Collectio Judiciorum de novis erroribus qui ab initio duodecimi seculi post Incarnationem Verbi, usque ad annum 1632, in Ecclesia proscripti sunt et notati, di Charles du Plessis d'Argentré, dottore della Sorbona e vescovo, edita a Parigi nel 1728, esamina le censure e le "conclusioni" espresse dalla Facoltà sino al 1632 - che aveva condannato l'Amphitheatrum Aeternae Sapientiae di Heinrich Khunrath e la De Republica Ecclesiastica di Marco Antonio de Dominis) - non menziona invece provvedimenti contro Vanini.  Tutto questo porterebbe a ritenere che non vi siano stati atti ufficiali specifici di persecuzione contro Vanini da parte delle autorità parigine, né religiose né civili, né in questo periodo né negli anni seguenti, ma solo proteste e minacce nei suoi confronti da parte di alcuni settori cattolici. Una condanna dell'opera di Vanini non avrebbe trovato fondate giustificazioni, né sul piano giuridico né su quello culturale, in quanto gran parte delle teorie esposte da Vanini non costituivano una novità per la cultura francese.  Fuggito da pochi mesi dall'Inghilterra, impossibilitato a rientrare in Italia, minacciato da alcuni settori cattolici francesi, Vanini vede restringersi intorno gli spazi di movimento e ridursi le possibilità di trovare stabile sistemazione nella società francese. Ha paura che venga aperto un processo contro di lui anche a Parigi, per cui fugge dalla capitale e si nasconde in Bretagna, in una delle cui abbazie, quella di Redon, è Abate Commendatario il suo amico e protettore, Arthur d'Espinay Saint-Luc. Ma intervengono anche altri fattori di preoccupazione: nell'aprile 1617 viene ucciso a Parigi Concino Concini, favorito di Maria de Medici, uomo potentissimo e molto odiato in Francia. L'episodio, seguito poco dopo dall'allontanamento della regina dalla capitale con il suo odiato seguito di italiani, crea notevole turbolenza politica e suscita un vasto movimento di ostilità nei confronti degli italiani residenti a corte.  A Tolosa Nei mesi seguenti, altre cronache del tempo segnalano la presenza di un misterioso italiano, con un nome strano, in possesso di una grande cultura ma dall'incerto passato, ancora più a sud, in alcune città della Guienna e poi della Linguadoca ed infine a Tolosa. Nella particolare suddivisione politica della Francia del XVII secolo, Enrico, duca di Montmorency, protettore degli esprits forts del tempo, sposato con la duchessa italiana Maria Felice Orsini, è governatore di questa regione e sembra poter accordare protezione al fuggiasco, che continua comunque a tenersi prudentemente nascosto. La presenza a Tolosa di questo misterioso personaggio, di cui si ignora la provenienza e la formazione culturale, ma che fa mostra di grande sapienza, di grande vivacità dialettica specialmente tra i giovani e di affermazioni non sempre allineate con la morale del tempo, non passa inosservata ed attira i sospetti delle autorità, che cominciano a sorvegliarlo.  Dopo averlo ricercato per un mese, il 2 agosto 1618 le autorità tolosane lo fanno arrestare e chiudere in prigione. Lo sottopongono ad interrogatorio, cercano di scoprire chi egli sia, quali siano le sue idee in materia di religione e di morale, perché fosse arrivato fin in quel lontano angolo della Francia meridionale. Vengono convocati testimoni contro di lui, ma non riescono ad accertare nulla, né a farlo tradire.   Il convento degli Agostiniani a Tolosa Il 9 febbraio 1619 il misterioso personaggio viene improvvisamente riconosciuto colpevole e condannato al rogo. Ormai isolato, braccato, impossibilitato a chiamare a sua difesa un passato travagliatissimo e ricco di nodi mai sciolti, abbandonato dai pochi amici rimastigli fedeli perché impotenti ad organizzare una chiara strategia in sua difesa, Vanini muore di morte atroce. Il Parlamento di Tolosa lo riconosce colpevole del reato di ateismo e di bestemmie contro il nome di Dio, condannandolo, sulla base della normativa del tempo prevista per i bestemmiatori, alla stessa pena cui erano andati incontro, in luoghi diversi ma in circostanze analoghe, certi Gilles Fremond e Jean Fontanier: gli viene tagliata la lingua, poi è strangolato e infine arso.  Subito dopo l'esecuzione – rispettivamente nel maggio e nel giugno 1619 - furono pubblicati due anonimi che facevano esplicitamente il nome del Vanini e quindi nel misterioso italiano giustiziato viene riconosciuto Giulio Cesare Vanini, l'autore del De Admirandis, che aveva suscitato i sospetti di alcuni settori cattolici parigini nel 1616. Nello stesso 1619 comparvero le Histoires memorables di Rosset, che, con la quinta Histoire, divulgava con poche modifiche il secondo dei due citati canards. Nel luglio 1620 Joannes de Rudele, teologo e vicario generale dell'arcivescovado di Tolosa, avverte pubblicamente di aver esaminato le due opere di Vanini insieme con il padre Claudio Billy e di averle trovate «contrarie al culto e all'accettazione del vero Dio e assertrici dell'ateismo», emettendo ufficiale ordinanza di condanna e proibendone la stampa e la vendita nella diocesi di Tolosa, territorio posto sotto la sua giurisdizione. In precedenza, la Facoltà teologica della Sorbona non aveva comunicato di aver adottato analogo provvedimento.   Omaggio a Giulio Cesare Vanini nel luogo della sua morte. Opera Amphitheatrum Æternæ Providentiæ divino-magicum, christiano-physicum, necnon astrologo-catholicum adversus veteres philosophos, atheos, epicureos, peripateticos et stoicos, pubblicato a Lione nel 1615. L'opera si compone di 50 esercitazioni, che mirano a dimostrare l'esistenza di Dio, a definirne l'essenza, a descriverne la provvidenza, a vagliare o confutare le opinioni di Pitagora, di Protagora, di Cicerone, di Boezio, di Tommaso d'Aquino, degli Epicurei, di Aristotele, di Averroè, di Cardano, dei Peripatetici, degli Stoici, ecc., su questo argomento.  De Admirandis Naturæ Reginæ Deæque Mortalium Arcanis libri quattuor, stampato a Parigi nel 1616 presso l'editore Adriano Périer. Si divide in quattro libri:  un Liber Primus de Cœlo et Aëre; un Liber Secundus de Aqua et Terra; un Liber Tertius de Animalia Generatione et Affectibus Quibusdam; un Liber Quartus de Religione Ethnicorum; per un totale di 60 dialoghi (ma in realtà solo 59, in quanto il XXXV è perduto o mai redatto), che avvengono tra lui, nelle vesti di divulgatore del sapere, e un immaginario Alessandro, che si presta ad un gioco sottile e divertente nel corso del quale, con un atteggiamento compiacente e un po' complice, tra espressioni di meraviglia e ammirazione per la vastità del sapere di cui l'amico fa mostra, sollecita il suo interlocutore ad elencare e spiegare gli arcani della natura regina e dea che esistono intorno e all'interno dell'uomo.  Così, in un misto di rilettura in nuova chiave critica del pensiero degli antichi e di divulgazione di nuove teorie scientifiche e religiose, il protagonista del lavoro discetta sulla materia, figura, colore, forma, motore ed eternità del cielo; sul moto, centro e poli dei cieli; sul sole, sulla luna, sugli astri; sul fuoco; sulla cometa e sull'arcobaleno; sulla folgore, la neve e la pioggia; sul moto e la quiete dei proiettili nell'aria; sull'impulsione delle bombarde e delle balestre; sull'aria soffiata e ventilata; sull'aria corrotta; sull'elemento dell'acqua; sulla nascita dei fiumi; sull'incremento del Nilo; sull'eternità e la salsedine del mare; sul fragore e sul moto delle acque; sul moto dei proiettili; sulla generazione delle isole e dei monti, nonché della causa dei terremoti; sulla genesi, radice e colore delle gemme, nonché delle macchie delle pietre; sulla vita, l'alimento e la morte delle pietre; sulla forza del magnete di attrarre il ferro e sulla sua direzione verso i poli terrestri; sulle piante; sulla spiegazione da dare ad alcuni fenomeni della vita di tutti i giorni; sul seme genitale; sulla generazione, la natura, la respirazione e la nutrizione dei pesci; sulla generazione degli uccelli; sulla generazione delle api; sulla prima generazione dell'uomo; sulle macchie contratte dai bambini nell'utero; sulla generazione del maschio e della femmina; sui parti di mostri; sulla faccia dei bambini coperta da una larva; sulla crescita dell'uomo; sulla lunghezza della vita umana; sulla vista; sull'udito; sull'odorato; sul gusto; sul tatto e solletico; sugli affetti dell'uomo; su Dio; sulle apparizioni nell'aria; sugli oracoli; sulle sibille; sugli indemoniati; sulle sacre immagini dei pagani; sugli àuguri; sulla guarigione delle malattie capitata miracolosamente ad alcuni al tempo della religione pagana; sulla resurrezione dei morti; sulla stregoneria; sui sogni.  Pensiero  Girolamo Cardano «Empio osarono dirti e d'anatemi oppressero il tuo cuore e ti legarono e alle fiamme ti diedero. O uomo sacro! perché non discendesti in fiamme dal cielo, il capo a colpire ai blasfemi e la tempesta tu non invocasti che spazzasse le ceneri dei barbari dalla patria lontano e dalla terra! Ma pur colei che tu già vivo amasti, sacra Natura te morente accolse, del loro agire dimentica i nemici con te raccolse nell'antica pace.»  (Friedrich Hölderlin, Vanini, 1798) L'interpretazione naturalistica dei fenomeni soprannaturali che Pietro Pomponazzi – chiamato dal Vanini magister meus, divinus praeceptor meus, nostri speculi Philosophorum princeps - aveva dato nel De incantationibus, “aureum opusculum”, è ripresa nel De admirandis naturae, dove, con una prosa semplice ed elegante, Vanini fa riferimento anche al Cardano, a Giulio Cesare Scaligero e ad altri cinquecentisti.  «Dio agisce sugli esseri sublunari (cioè sugli esseri umani) servendosi dei cieli come strumento»; di qui l'origine naturale e la spiegazione razionale dei pretesi fenomeni soprannaturali, dal momento che anche l'astrologia è considerata una scienza; «l'Essere Supremo, quando incombono pericoli, dà avvertimenti agli uomini e specialmente ai sovrani, agli esempi dei quali il mondo si conforma» (De admirandis, IV, 52). Ma i reali fondamenti dei presunti fenomeni sovrannaturali sono per Vanini soprattutto la fantasia umana, capace a volte di modificare l'apparenza della realtà esterna, i fondatori delle religioni rivelate, Mosè, Gesù, Maometto e gli ecclesiastici impostori che impongono false credenze per ottenere ricchezze e potere, e i regnanti, interessati al mantenimento di credenze religiose per meglio dominare la plebe, come insegnava già Machiavelli, il «principe degli atei» per il quale, secondo Vanini, «tutte le cose religiose sono false e sono finte dai principi per istruire l'ingenua plebe affinché, dove non può giungere la ragione, almeno conduca la religione».  Seguendo ancora il Pomponazzi e il Porzio nella loro interpretazione dei testi aristotelici, mutuata dai commenti di Alessandro di Afrodisia, nega l'immortalità dell'anima. Anche il cosmo aristotelico-scolastico subisce l'attacco distruttivo del Vanini: egli, analogamente a Bruno, nega la differenza peripatetica tra un mondo sublunare e un mondo celeste, affermando che entrambi sono composti della stessa materia corruttibile; scardina nell'ambito fisico e biologico il finalismo e la dottrina ilemorfica aristotelica, e, ricollegandosi all'epicureismo lucreziano, elabora una nuova descrizione dell'universo d'impianto meccanicistico-materialistico (gli organismi sono paragonati a orologi), e concepisce una prima forma di trasformismo universale delle specie viventi; concorda con gli aristotelici sull'eternità del mondo (considerando in particolare l'aspetto temporale), ma, contro di essi, afferma il moto di rotazione terrestre e appare respingere la tesi tolemaica in favore di quella eliocentrica/copernicana.  Se il primo curatore delle sue opere, Luigi Corvaglia e lo storico Guido De Ruggiero, ingiustamente, considerarono i suoi scritti semplicemente «un centone privo di originalità e di serietà scientifica», il padre gesuita François Garasse, ben più preoccupato delle conseguenze della diffusione dei suoi scritti, li giudicò «l'opera più perniciosa che in fatto di ateismo fosse mai uscita negli ultimi cento anni». La figura e l'opera del Vanini sono state ampiamente riconsiderate e rivalutate dalla critica contemporanea, mettendo in mostra l'originalità e le intuizioni (metafisiche, fisiche, biologiche), talvolta precorritrici nei tempi, dei suoi scritti.  Visto che il Vanini nelle sue opere nasconde le sue idee, secondo un tipico espediente della cultura del suo tempo (per evitare seri conflitti con le autorità religiose e politiche costituite, conflitti che, come paradossalmente e sfortunatamente avvenne, nonostante le cautele, lo condussero infine alla morte), l'interpretazione del suo pensiero si offre a diversi piani di lettura. Tuttavia, nella storia della filosofia, resta di lui acquisita un'immagine di miscredente e persino di ateo (il che non era). E questo perché avversario di ogni superstizione e di fede costituita(meglio un proto-agnostico), tanto da essere considerato uno dei padri del libertinismo, malgrado avesse scritto persino un'apologia del Concilio di Trento, andata perduta.  Per una sintesi sul pensiero di Vanini si deve guardare da un lato al retroterra culturale, che è quello abbastanza tipico del Rinascimento, con prevalenza di elementi dell'aristotelismo averroistico ma con forti elementi di misticismo platonico e neoplatonico. Dall'altro lato egli trae dal Cusano dei tipici elementi panteistici, simili a quelli che si ritrovano anche in Giordano Bruno, ma più materialistici. La sua visione del mondo si basa sull'eternità della materia, sulla omogeneità sostanziale cosmica, su un Dio dentro la natura come "forza" che la forma, la ordina e la dirige. Tutte le forme del vivente hanno avuto origine spontanea dalla terra stessa come loro creatrice.  Considerato ateo, Vanini nel titolo della sua prima opera pubblicata a Lione nel 1615 Amphitheatrum aeternae providentiae divino-magicum, christiano-physicum, nec non astrologo-catholicum adversus veteres philosophos, Atheos, Epicureos, Peripateticos et Stoicos dimostra di non esserlo. Come precursore del libertinismo vi sono invece molti elementi che lo avvicinano al pensiero dell'ignoto autore del Trattato dei tre impostori anch'egli panteista. Vanini pensa infatti che i creatori delle tre religioni monoteiste, Mosè, Gesù e Maometto, non siano altro che degli impostori.  In De admirandis Naturae Reginae Deaeque mortalium arcanis libri quatuor stampato a Parigi nel 1616 vengono riprese le tesi dell'Amphiteatrum, con precisazioni e sviluppi che ne fanno il suo capolavoro e la sintesi della sua filosofia. Viene negata la creazione dal nulla e l'immortalità dell'anima, Dio è nella natura come sua forza propulsiva e vitale, entrambi sono eterni. Gli astri del cielo sono una specie di intermediari tra Dio e la Natura che sta nel mondo sublunare e di cui noi facciamo parte. La religione vera è perciò una "religione della natura" che non nega Dio ma lo considera un suo spirito-forza.  Il pensiero di Vanini è abbastanza frammentario e riflette anche la complessità della sua formazione, perché era un religioso, un naturalista, ma anche un medico e un po' un mago. Ciò che ne caratterizza la prosa è la veemenza anticlericale. Tra le cose originali del suo pensiero c'è una specie di anticipazione del darwinismo, perché, dopo un primo tempo in cui sostiene che le specie animali nascano per generazione spontanea dalla terra, in un secondo tempo (lo aveva già pensato anche Cardano) pare convinto che esse possano trasformarsi le une nelle altre e che l'uomo derivi da "animali affini all'uomo come le bertucce, i macachi e le scimmie in genere".[senza fonte]  La fortuna filosofica di Vanini Nel 1623 appaiono due opere che consacrano il mito del Vanini ateo: La doctrine curieuse des beaux esprits de ce temps..., del gesuita François Garasse e le Quaestiones celeberrimae in Genesim cum accurata explicatione..., del padre Marin Mersenne. Le due opere, però, anziché spegnere la voce del filosofo, la amplificano in un ambiente che evidentemente era pronto a ricevere, discutere e riconoscerne la validità delle affermazioni.  In quello stesso anno il nome di Vanini viene nuovamente proiettato all'attenzione della cultura francese in occasione del clamoroso processo che viene celebrato contro il poeta Théophile de Viau: il progetto di interrogatorio che il procuratore generale del Re, Mathieu Molé, predispone con ben articolati capi d'accusa su cui interrogare il poeta, contiene impressionanti analogie con il pensiero vaniniano, cui vien fatto esplicito riferimento mentre, nel 1624, il frate Marin Mersenne torna a martellare sulla figura e sul pensiero di Vanini, analizzandone alcune affermazioni nel capitolo X del suo L'Impiétè des Déistes, Athées et Libertins de ce temps, combatuë, et renversee de point en point par raisons tirées de la Philosophie, et de la Theologie, "nel quale il teologo porta il suo giudizio concernente le opere di Girolamo Cardano, e di Giordano Bruno".  Anche Leibniz, oppositore al pari di Mersenne del libertinismo, si esprime duramente contro Vanini, considerandolo un empio, un pazzo e un ciarlatano.  (FR) «Je n'ai pas encore vu l'apologie de Vanini, je ne pense pas qu'elle mérite fort d'être lue. Les écrits de ce personnage sont bien peu de chose. Mais un imbécille comme lui, ou pour mieux dire, un fou ne méritoit pas d'être brûlé; on étoit seulement en droit de l'enfermer, afin qu'il ne séduisît personne.»  (IT) «Non ho ancora visto l'apologia di Vanini, e non penso che meriti d'essere minimamente letta. Gli scritti di questo personaggio sono di ben poco valore. Ma un imbecille come lui, o per meglio dire, un pazzo, non meritava d'essere bruciato; occorreva solo rinchiuderlo, perché non traviasse nessuno.»  (Gottfried Wilhelm von Leibniz, Epist. 22, ad Kortholtum in Opera omnia, Genève 1768, tomo V, p. 321)  La Biblioteca dell'Università di Amburgo Ancora nel Settecento la leggenda nera creata intorno alla figura di Vanini sopravvive al passare del tempo, si espande in altri paesi europei ed affascina molti studiosi, che si avvicinano alle sue opere e ne tentano dei profili biografici. Così anche la cultura inglese mostra interesse per la figura ed il pensiero del filosofo di Taurisano ed è soprattutto con l'opera di Charles Blount che il pensiero di Vanini entra nella cultura inglese ed acquista una dimensione europea che non abbandonerà mai più, quando diviene un elemento cardine del libertinismo e deismo nel Seicento inglese.  Un manoscritto inedito della Biblioteca Municipale di Avignone custodisce delle Observations sur Lucilio Vanini redatte da Joseph Louis Dominique de Cambis, Marquis de Velleron, ma fornisce solo delle incerte notizie sul filosofo, in gran parte rettificate dagli ultimi studi. In questo stesso periodo viene effettuata una copia manoscritta dell'Amphitheatrum, ad opera o su commissione di Joseph Uriot, il quale la trasferisce poi nella Biblioteca Ducale del duca di Württemberg; attualmente essa si trova nella Württembergische Landesbibliothek di Stoccarda.  Un'altra copia manoscritta della stessa opera si trova nella Staats und Universitätbibliothek di Amburgo, a testimonianza del perdurante interesse della cultura tedesca per il pensiero di Vanini.  Nel 1730 viene data alle stampe a Londra una biografia vaniniana con un estratto delle sue opere, dal titolo The life of Lucilio (alias Julius Caesar) Vanini, burnt for atheism at Toulouse. With an abstract of his writings. L'opera, pur ricollegandosi alla consueta storiografia vaniniana francese e quindi con i soliti errori d'origine, sottopone ad un dibattito ponderato la figura ed il pensiero del filosofo, a cui riconosce qualche merito. Ma la strada per una collocazione europea di Vanini e del suo pensiero è ormai aperta. Opere letterarie Amphitheatrum aeternae providentiae divino-magicum, christiano-physicum, nec non astrologo-catholicum adversus veteres philosophos, Atheos, Epicureos, Peripateticos et Stoicos, Auctore Iulio Caesare Vanino, Philosopho, Theologo et Iuris utriusque Doctore, Lugduni, Apud Viduam Antonii de Harsy, ad insigne Scuti Coloniensis, 1615, (rist. fotom., Galatina, 1979). Iulii Caesaris Vanini, Neapoletani Theologi, Philosophi et Iuris utriusque Doctoris, De admirandis Naturae Reginae Deaeque mortalium arcanis libri quatuor, Lutetiae, Apud Adrianum Perier, via Iacobaea, 1616, (rist. fotom., Galatina, 1985). Luigi Corvaglia, Le opere di Giulio Cesare Vanini e le loro fonti, Milano, 1933-1934, (rist. anast., Galatina, 1990). Le opere di Giulio Cesare Vanini tradotte per la prima volta in italiano, a cura di G. Porzio, Lecce, 1912. Anfiteatro dell'eterna Provvidenza, Galatina, 1981. I meravigliosi segreti della natura, regina e dea dei mortali, Galatina, 1990. Opere, Galatina, 1990. Confutazione delle religioni (traduzione del IV libro del "De Admirandis"), a cura di Anna Vasta, Catania, De Martinis & C., 1993. Tutte le Opere (testo originale latino a fronte), a cura di Francesco Paolo Raimondi e Mario Carparelli, Collana Il pensiero occidentale, Milano, Bompiani, 2010. Note ^ Massimo Bucciantini, Lutero in Campo dei Fiori, in Il Sole 24 ORE, 12 febbraio 2017. URL consultato il 12 settembre 2017 (archiviato dall'url originale il 13 settembre 2017). ^ Terzapagina. Filosofia ed ecologia per il "compleanno" di Giulio Cesare Vanini, 19 gennaio 2014 ^ Una lettera dell'ambasciatore inglese a Venezia, Dudley Carleton, datata 7 [ma 17], febbraio 1611 [ma 1612], fa risalire l'episodio a nove anni prima, ovvero al 1603. Bibliografia F. P. Raimondi (a cura di), Giulio Cesare Vanini e il libertinismo, Atti del Convegno di Studi, Taurisano, 28 - 30 ottobre 1999, Galatina, 2000 F. P. Raimondi (a cura di), Giulio Cesare Vanini: dal tardo Rinascimento al Libertinisme érudit, Atti del Convegno di Studi, Lecce-Taurisano 24 - 26 ottobre 1985, Galatina, 2002 G. Spini, Vaniniana, in «Rinascimento», I, 1950 F. De Paola, Vanini e il primo ‘600 anglo-veneto, Cutrofiano, 1979 F. De Paola, Giulio Cesare Vanini da Taurisano filosofo Europeo, Fasano, 1998 F. De Paola, Nuovi documenti per una rilettura di Giulio Cesare Vanini, in «Bruniana & Campanelliana», V, 1999 D. Foucault, Un philosophe libertin dans l'Europe baroque: Giulio Cesare Vanini (1585 – 1619), Paris, 2003 F. P. Raimondi, Documenti vaniniani nell'Archivio Segreto Vaticano, in «Bollettino di Storia della Filosofia dell'Università degli Studi di Lecce», VIII (1980 - 1985), ma 1987 F. P. Raimondi, Il soggiorno vaniniano in Inghilterra alla luce di nuovi documenti spagnoli e londinesi, in «Bollettino di Storia della Filosofia dell'Università degli Studi di Lecce», XII, 1996 - 2002 F. P. Raimondi, Giulio Cesare Vanini e la Santa Inquisizione, Taurisano, 2005 F. P. Raimondi, Giulio Cesare Vanini nell'Europa del Seicento. con una appendice documentaria, Pisa - Roma, 2005 (L'appendice contiene la più completa documentazione sulla biografia vaniniana: 192 documenti dalla nascita al rogo). M. Leopizzi, Les Sources Documentaires du Courant Libertin Français Giulio Cesare Vanini, Fasano, 2004 D. M. Fazio, Giulio Cesare Vanini nella cultura filosofica tedesca del Sette e Ottocento. Da Brucker a Schopehnauer, Galatina, 1995 M. T. Marcialis, Natura e uomo in Giulio Cesare Vanini, in «Giornale Critico della Filosofia Italiana», LXXI, 1992 M. T. Marcialis, Giulio Cesare Vanini nell'Europa del Seicento, in "Rivista di Storia della Filosofia", LXI (2006), pp. 954-72. G. Paganini, Le Theophrastus redivivus et Vanini, in «Kairos», 12, 1998 G. Papuli, Le interpretazioni di G. C. Vanini, Galatina, 1975 A. Perrino, "Giulio Cesare Vanini nel Theophrastus redivivus", in «Bollettino di Storia della Filosofia dell'Università degli Studi di Lecce», 10, 1990-1992, pp. 199-212 F. P. Raimondi, Vanini e il "De tribus impostoribus", in «Ethos e Cultura», Padova, 1991 G. Spini, Ricerca dei libertini. La teoria dell'impostura delle religioni nel Seicento italiano, Roma, 1950 (nuova edizione riveduta e ampliata, Firenze, 1983) Cesare Teofilato Giulio Cesare Vanini nel III Centenario del suo Martirio, Milano 1921, Tip. Ed. La Stampa d'Avanguardia. Cesare Teofilato Giulio Cesare Vanini, in The Connecticut Magazine, articles in English and Italian, New Britain, Conn, may 1923, pag. 13 (I, 7). Cesare Teofilato Vaniniana, in La puglia letteraria, mensile di storia, Roma 31 gen 1932, pag. 1, (II, 1). Cesare Vasoli, Riflessioni sul problema Vanini, in S. Bertelli, Il libertinismo in Europa, Milano-Napoli, 1980 Cesare Vasoli, Vanini e il suo processo per ateismo, in F. Niewohner e O. Pluta, Atheismus im Mittelalter und in der Renaissance, Wiesbaden, 1999 Vanini in Inghilterra La seguente è una lista di alcuni documenti in cui è possibile trovare riferimenti alla presenza del frate Carmelitano a Lambeth Palace a Londra (1612 - 1614).  Trascrizioni complete, riassunti e contesto di questi documenti sono disponibili per studenti e ricercatori "Vanini e il primo Seicento anglo-veneto" e in "Giulio Cesare Vanini da Taurisano filosofo europeo", Schena Editore, Fasano Brindisi, 1998.  Documenti London - Public Record Office - State Papers -Venice 1607-1610, vol. XI, pag. XVIII-XIX. Notizie sulla Mercers' Chapel a Londra, dove Vanini sconfesso la sua fede cattolica e tenne vari sermoni. London - Public Record Office - State Papers - 99 Bundle 9, c.(arta) 297. Petizione di due Carmelitani (Vanini e Genocchi) a Carleton, ambasciatore Inglese a Venezia, per essere accettati in Inghilterra. Venezia, inizi del 1612. London - Public Record Office - State Papers - 99 Bundle 9, c.(arta) 57. Lettera di Sir Dudley Carleton a Lord Salisbury. Da Venezia, il 7 febbraio 1612. Carleton informa Lord Salisbury che due frati gli hanno chiesto permesso di rifugiarsi in Inghilterra per evitare persecuzioni dai loro superiori. London - Public Record Office - State Papers - 79 Bundle 3, c.(arta) 199 (10). Giulio Cesare Vanini a Carleton. Da Lambeth il 24 febbraio 1612. Vanini manda a Lord Carleton informazioni riguardanti alla sua ricezione a Palazzo Lambeth e la buona stima di cui gode lì. London - Historical Manuscripts Commission - De L'Isle and Dudley Manuscripts, vol. V - 1611-1626. Sir John Throckmorton al visconte Lisle. Flushing. 15 giugno 1612 Corrispondenza tra i due statisti riguardo ad una missione segreta di John Florio, che forse accompagnò Vanini e il suo compagno a Londra. London - Manuscripts of the Marquess of Downshire preserved at Easthampstead Park - Berk. Papers of William Trumbull the elder - 1613-1614. Thomas Albery a William Trumbull. Londra, il 16 luglio 1612. Albery, un mercante Inglese e corrispondente di Trumbull, agente Inglese a Bruxelles, manda informazioni sull'arrivo di Vanini e le sue esperienze a Venezia. London - Historical Manuscripts Commission - Report on the Manuscripts of the Marquess of Downshire,vol.3, Trumbull Papers 1611-1612. Thomas Albery a William Trumbull. Londra, il 16 luglio 1612. Una copia della lettera da una fonte diversa. London - Public Record Office - State Papers - 79 Bundle 1, c.(arta) 387. Da Gregorio Spinola a Maria Ginocchio. Genova, il 13 giugno 1612. London - Public Record Office - State Papers - 99 Bundle 11, c.(arta) 125 . Isaac Wake a Sir Dudley Carleton. Londra 5 dicembre 1612, st.° novo. London - Public Record Office - State Papers - 99 Bundle 12, c.(arta) 48 . Isaac Wake a Sir Dudley Carleton. Londra 1º febbraio 1612, st.° no(vo). London - Manuscripts of the Marquess of Downshire preserved at Easthamstead Park - Berk. Papers of William Trumbull the Elder - 1613-1614. Alfonse de S. Victors a William Trumbull Da Middolborg (Middelburg) il 3 agosto 1613. London - Historical Manuscripts Commission - Report on the Manuscripts of the Marquess of Downshire, vol. 4, Trumbull Papers 1613-1614. Alfonse de St. Victor a William Trumbull. Middelborg. il 3 agosto 1613. London - Public Record Office - State Papers Domestic Series Jac. I, LXXVI, 20. John Chamberlain a Sir Dudley Carleton. Londra, 10 febbraio, 1614. London - Public Record Office - State Papers - 99 Bundle 15, c.(arta) 101 recto e verso. Sir Dudley Carleton a Sir Thomas Lake. Da Venezia il 18 febbraio 1614. London - Public Record Office - State Papers - Domestic Series 1611-1618 - vol. 68-76, n. 35. Giovan Francesco Biondi a Carleton. Da Londra, il 18 febbraio 1614. London - Public Record Office - State Papers - 99 Bundle 15, c. 127. Sir Dudley Carleton a Chamberlain. Da Venezia il 25 febbraio 1613, st.° vet. London - Manuscripts of the Marquess of Downshire preserved at Easthampstead Park - Berks. Papers of William Trumbull the Elder - 1613-1614. George Abbot a William Trumbull. Da Lambeth il 10 marzo, 1613 (1614). London - Historical Manuscripts Commission - Report of the Manuscripts of the Marquess of Downshire, vol. IV, Trumbull Papers 1613 -1614. George Abbot, Arcivescovo di Canterbury, a William Trumbull. Lambeth il 10 marzo, 1613 (1614). London - Public Record Office - State Papers - 99 Bundle 15, c. 164. Sir Dudley Carleton a Chamberlain. Venezia, 11 marzo 1613 st.° vet. London - Public Record Office - State Papers 99 Bundle 9, c. 152. Sir Dudley Carleton a Giovan Francesco Biondi. Venezia, 14 marzo 1614. London - Public Record Office - State Papers Domestic Series 1611-1618, vol. 72, n.211. Abbot a Carleton. Lambeth, 30 marzo 1613 (1614). London - Public Record Office - State Papers 99 Bundle 19, c. 233. Paolo Sarpi a Sir Dudley Carleton. Venezia 30 aprile 1614. London - Record Office - State Papers 99 Bundle 19, c. 154. Paolo Sarpi a Sir Dudley Carleton. Venezia, 1º maggio 1614. London - Public Record Office - State Papers 99 Bundle 19, c. 234. Paolo Sarpi a Sir Dudley Carleton. Venezia, giugno 1614. London - Historical Manuscripts Commission - Report 78 Hastings, vol. IV, chapter XVII. Notes of speeches and proceedings in the House of Lords. :A.(nno) 1610 - 1621. Lunedì 16 maggio 1614. London - Historical Manuscripts Commission - Report 78 Hastings, vol. IV, chapter XVII. Notes of speeches and proceedings in the House of Lords. A.(nno) 1610 - 1621. Giovedì 19 maggio (1614). London - Public Record Office - State Papers 99 Bundle 16, c. 86. Dudley Carleton a Sua Signoria l'Arcivescovo di Canterbury. Venezia 3/13 giugno 1614. London - Manuscripts of the Marquess of Downshire preserved at Easthampstead Park - Berks. Papers of William Trumbull the Elder - 1613-1614. George Abbot a William Trumbull. Lambeth, 17 giugno 1614. London - Historical Manuscripts Commission - Report of the Manuscripts of the Marquess of Downshire, vol. IV, Trumbull Papers 1613-1614. George Abbot, Arcivescovo di Canterbury, a William Trumbull. Lambeth, 17 giugno 1614. Archivio di Stato di Venezia - Inquisitori di Stato, busta 155. Istruzioni degli Inquisitori di Stato all'ambasciatore in Inghilterra. London - Calendar of State Papers on English Affairs in the Archives of Venice and other Libraries of North Italy -1615/1617. Inquisitori di Stato, busta 155. Venetian Archives. 905. Gli Inquisitori di Stato a Gregorio Barbarigo, 22 gennaio 1616. London - Calendar of State Papers on English Affairs in the Archives of Venice and other Libraries of North Italy -1615/1617. Inquisitori di Stato, busta 155. Venetian Archives. 912. Examinations for Antonio Foscarini. 22 febbraio 1616. Archivio di Stato di Venezia - Inquisitori di Stato, busta 155, carte 84 r., 84 v., 85 r. Londra, 23 febbraio 1616. Interrogatorio di Lunardo Michelini sulle modalità della fuga di Vanini da Lambeth. Archivio di Stato di Venezia - Inquisitori di Stato, busta 155, carte 101 v. e 102 r. 25 marzo 1616. Interrogatorio di Alessandro di Giulio Forti da Volterra sulle modalità della fuga di Vanini da Lambeth. Archivio General de Simancas - fondo Inglaterra - Legajo 7025 - Libro 368 (anni 1613 - 1615); foglio privo di indicazioni. Bentivoglio a Sarmiento. Bruxelles 15 aprile 1614. Il nunzio apostolico a Bruxelles informa l'abasciatore di Spagna che Vanini e il suo compare sono arrivati sani e salvi dopo la loro fuga da Londra. Archivio General de Simancas - fondo Inglaterra - Legajo 7025 - Libro 368 (anni 1613 - 1615); foglio 47. Bentivoglio a Sarmiento. Bruxelles, 27 maggio 1614. Il nunzio apostolico a Bruxelles informa l'abasciatore di Spagna che Vanini e il suo compare sono partiti verso l'Italia, come era stato concordato a Roma. Documenti inclusi nell'opera di Namer La seguente è la lista dei documenti inglesi inclusi nel lavoro Documents sur la vie de Jules-César Vanini de Taurisano di Ėmile Namer, che può essere considerato come un utile punto di partenza per la delineazione di una biografia di Giulio Cesare Vanini, e di cui la nuova documentazione deve essere considerata un completamento:  London - Foreign State Papers. Venice. Bundle 9. Carleton all'Arcivescovo Abbot. 7 febbraio, 1611-12. London - Foreign State Papers. Venice. Bundle 9. l'Arcivescovo Abbot a Carleton. 8 marzo, 1611-12. London - State Papers Domestic. James I. Vol. 68 Fol. 103. Dudley Carleton a John Chamberlain. Venezia, 29 aprile 1612. London - Foreign State Papers. Venice. Bundle 9. Sir D. Carleton all'Arcivescovo di Canterbury. 15 maggio, 1612. London - State Papers Domestic. James I. Vol. 69. Fol. 71. John Chamberlain a Lord Dudley Carleton. Londra, 17 giugno 1612. London - State Papers Domestic. James I. Vol. 70 Fol. 1. Chamberlain a Carleton. 2 luglio, 1612. London - Foreign State Papers. Venice. Bundle 10. Abbot a Carleton. 20 luglio, 1612. London - State Papers Domestic. James I. Vol. 70 Fol. 12. Carleton a Chamberlain. 23 luglio. 1612. London - State Papers Domestic. James I. Vol. 70 Fol. 16. l'Arcivescovo di York al conte di Suffolk. 29 luglio. 1612. London - State Papers Domestic. James I. Vol. 71 Fol. 13. Giulio Cesare Vanini a Dudley Carleton. Da Lambeth, il 9 ottobre 1612. London - State Papers Domestic. James I. Vol. 71 Fol. 14. Giulio Cesare Vanini a Sir Isaac Wake. Da Lambeth il 9 ottobre 1612. London - State Papers Domestic. James I. Vol. 72 Fol. 13. John Chamberlain a Dudley Carleton. 14 gennaio 1612/13 da Londra. London - State Papers Domestic. James I. Vol. 72 Fol. 39. l'Arcivescovo Abbot a Carleton. Lambeth 24 febbraio, 1612 - 13. London - State Papers Domestic. James I. Vol. 72 Fol. 74. John Chamberlain a Dudley Carleton. Da Londra l'11 marzo, 1612 - 13. London - State Papers Domestic. James I. Vol. 72 Fol. 80. Giovanni Biondi a Dudley Carleton. Da Londra il 17 marzo 1613. London - Foreign State Papers. Venice. Bundle 13. Carleton a Abbot. 3 settembre, 1613. London - State Papers Domestic. James I. Vol. 75 Fol. 28. John Chamberlain a Dudley Carleton. Da Londra il 25 novembre 1613. London - State Papers Domestic. James I. Vol. 76 Fol. 9. 2. l'Arcivescovo Abbot al vescovo di Bath. Gennaio 1613 - 14. Da Lambeth (?). London - State Papers Domestic. James I. Vol. 76 Fol. 9. Sir Tho. Lake a Dudley Carleton. Dalla corte a Royston, 27 gennaio 1613 - 14. London - State Papers Domestic. James I. Vol. 76 Fol. 18 v. John Chamberlain a Sir Dudley Carleton. Da Londra il 3 febbraio 1613 - 14. London - Foreign State Papers. Venice. Bundle 15. Carleton a Abbot. 18 - 28 febbraio, 1614. London - Foreign State Papers. Venice. Bundle 15. Carleton a Sir Thomas Lake. 4 marzo, 1613 - 14. London - State Papers Domestic. James I. Vol. 76 Fol. 48. l'Arcivescovo Abbot di Canterbury a Sir Dudley Carleton a Venezia. Lambeth, 16 marzo, 1613 (i. e. 14). London - State Papers Domestic. James I. Vol. 76 Fol. 49. John Chamberlain a Dudley Carleton. Londra, 17 marzo, 1613 (1614). London - Foreign State Papers. Venice. Bundle 15. Carleton a Abbot. 22 aprile, 1614. Archivio de Simancas, Estado, vol. 368. Cardinale Millino a Alonso de Velasco, ambasciatore spagnolo a Londra. Roma, 10 settembre, 1613. Archivio de Simancas, Estado, vol. 368. Cardinal Millino a Diego Sarmiento de Acuña, ambasciatore spagnolo a Londra. Roma, 22 marzo, 1614. Archivio de Simancas, Estado, vol. 368. Cardinal Bentivoglio a Diego Sarmiento de Acuña, ambasciatore spagnolo a Londra. Bruxelles, 15 aprile, 1614. Archivio de Simancas, Estado, vol. 368. Cardinal Bentivoglio a Diego Sarmiento de Acuña, ambasciatore spagnolo a Londra. Bruxelles, 27 maggio, 1614.Vanini e l'Inquisizione di Roma Elenco di alcuni documenti presenti nella corrispondenza tra alcuni Nunzi apostolici in Europa e le autorità vaticane, dove è possibile trovare informazioni relative alla fuga, permanenza e rientro segreto dall'Inghilterra del frate carmelitano (1612 - 1615).  Le trascrizioni complete, i sommari e le contestualizzazioni di questi documenti sono disponibili per studiosi e lettori in Giulio Cesare Vanini da Taurisano filosofo europeo, Schena Editore, Fasano (Brindisi), 1998.  Il pontefice Paolo V e l'Inquisizione in Roma furono informati continuamente della vicenda di Vanini con dispacci dei Nunzi apostolici in Venezia, Francia e Fiandra e con missive dell'ambasciatore di Spagna a Londra, a cominciare dalla sua fuga da Venezia nel 1612 sino al suo desiderio di rientrare nel mondo cattolico.  Roma - Archivio Segreto Vaticano - Segreteria di Stato - Nunziatura di Francia, vol. 55, foglio 194 r. e 194 v. Ubaldini, Nunzio papale in Francia, all'Ill.mo sig.re Card.le Borghese (Segretario di Stato di Papa Paolo V) de 2 di agosto 1612 di Parigi.  Roma - A. S. Vaticano - Segreteria di Stato - Nunziature diverse, Fiandra, vol. 207, il Nuntio alla Segreteria, 1608 - 1615, foglio 439 r. e v. Bentivoglio, Nunzio papale in Fiandra, al Card. Borghese. (Bruxelles) 4 agosto 1612.  Roma - A. S. Vaticano - Segreteria di Stato - Nunziature diverse, Francia, vol. 293A, lettere scritte al Nuntio in Francia 1609-1612, foglio 432 v. Card. Borghese a Ubaldini. Di Roma li 28 di agosto 1612.  Roma - A. S. Vaticano - Segreteria di Stato - Nunziatura di Francia, vol. 55, foglio 207 v. e 208 r. Ubaldini (da Parigi) al med.(esim)o (cardinale Borghese) de 30 di agosto 1612.  Roma - A. S. Vaticano - Segreteria di Stato - Nunziature diverse, Francia, vol. 293A, lettere scritte al Nuntio in Francia 1609 - 1612, foglio 451 v. e 452 . Il card. Borghese a Ubaldini. Di Roma li 26 di Sett.(em)bre 1612.  Roma - A. S. Vaticano - Segreteria di Stato - Nunziatura di Francia, vol. 55, foglio 259. Ubaldini al medesimo sig.re Card.le (Borghese) de 25 d'ottobre 1612.  Roma - A. S. Vaticano - Segreteria di Stato - Nunziature diverse, Francia, vol. 293A, lettere scritte al Nuntio in Francia 1609-1612, foglio 479 r. e 479 v . Il card. Borghese a Ubaldini. Di Roma li 24 di novembre 1612.  Roma - A. S. Vaticano - Segreteria di Stato - Nunziatura di Francia - Registro 55 - pag. 296 recto e 297. Ubaldini all'Ill.mo sig. Card.(ina)le Borghese de 20 di Dixbre 1612 .  Londra, British Museum, Lettere del Card. Ubaldini, nella sua Nunziatura di Francia,1610 - 1616; Add. 8726, f. 305 v. Card. Ubaldini al Card. Borghese, 20 Dec. 1612.  Roma - A. S. Vaticano - Segreteria di Stato - Nunziatura di Francia, vol. 55, foglio 297 r. e v. Ubaldini al S.(igno)re Card.(ina)le Mellini (membro del Sant'Uffizio, il Tribunale dell'Inquisizione di Roma) di 20 di Xbre 1612.  Roma - A. S. Vaticano - Segreteria di Stato - Nunziature diverse, Francia, vol. 71, lettere scritte al Nuntio in Francia dal Card. Borghese, 1613-1614, foglio 17 r. e v . Il card. Borghese a Ubaldini. Di Roma 21 gennaio 1613  Roma - A. S. Vaticano - Segreteria di Stato - Nunziatura di Francia, vol. 295A, Registro di Lettere della Segreteria di Stato di Paolo V al Vescovo di Montepulciano Nuntio in Francia l'anno 1613-1614, foglio 21 v. e 22 r. Il Segretario Porfirio Feliciani vescovo di Foligno al Nuntio in Francia. Roma 21 Genn.° 1613.  Roma - A. S. Vaticano - Segreteria di Stato - Nunziatura di Francia, vol. 55, foglio 343 v. Ubaldini al S.(igno)re Card.(ina)le Mellini De 26 di Febraro 1613.  Roma - A. S. Vaticano - Segreteria di Stato - Nunziatura di Francia, vol. 55, foglio 375 v. e 376 . Ubaldini al med.(esim)o S.(igno)re Card.(ina)le Mellini De 23 d'aprile 1613.  Roma - A. S. Vaticano - Segreteria di Stato - Nunziatura di Francia - Registro 55 - pag. 466 r. Ubaldini al Sig.re Card.(ina)le Borghese. Di Parigi li 8 d'ottobre 1613.  Roma - A. S. Vaticano - Segreteria di Stato - Nunziatura di Francia - Registro 56 - pag. 38 recto e 39. Ubaldini al med.(esim)o sig. Card.(ina)le Millini de 25 di febbraio 1614.  Roma - A. S. Vaticano - Segreteria di Stato - Nunziature diverse, Francia, vol. 71, lettere scritte al Nuntio in Francia dal Card. Borghese, 1613-1614, foglio 215 v. e 216 r. Il card. Borghese a Ubaldini. Di Roma li 24. Maggio 1614.  Roma - A. S. Vaticano - Segreteria di Stato - Nunziatura di Francia - Registro 56 - pag. 95 recto e 96. Ubaldini al sig.re Card.(ina)le Borghese degli 31 di luglio 1614. Di Parigi.  Roma - A. S. Vaticano - Segreteria di Stato - Nunziatura di Francia - Registro 56 - pag. 118 . Ubaldini al sig. Card.(ina)le Millini de 14 di o.(tto)bre 1614.  Roma - A. S. Vaticano - Segreteria di Stato - Nunziatura di Francia - Registro 56, foglio 246 - 246 retro - 247 . Ubaldini al med.(esi)mo s.(ignor) Card.(ina)le (50) de 27 agosto 1615.  Londra, British Museum, Lettere del Card. Ubaldini, nella sua nunziatura di Francia,1610 - 1616; Add. 8727, ff.123 v. -125. Card. Ubaldini al Card. Borghese, 27 Aug. 1615.  Parigi, Bibliothèque nationale de France - Departement des Manuscrits, Italien 866, Registro di Lettere della Nunziatura di Francia di Monsignor Ubaldini dell'anno 1615 e 1616, lettera 127. Ubaldini al S.(ignor) C.(ardinale) B.(orghese) P.(arigi) li 27 agosto 1615.  Roma - A. S. Vaticano - Segreteria di Stato - Nunziature diverse, Francia, vol. 41, Lettere del Sir. Card.le Ubaldini nella sua Nunciatura di Francia dell'anno 1615 e 1616 (Tomo VI), foglio 189 r. e v. -190 r. e v. Ubaldini al Sig.re Card.(ina)l Borghese li 27 Ag.(ost)o 1615.  Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Giulio Cesare Vanini Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Giulio Cesare Vanini Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Giulio Cesare Vanini Collegamenti esterni Giulio Cesare Vanini, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Delio Cantimori, Giulio Cesare Vanini, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Giulio Cesare Vanini, su sapere.it, De Agostini. Modifica su Wikidata Opere di Giulio Cesare Vanini, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Giulio Cesare Vanini, su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata L'Archivio GCV (Giulio Cesare Vanini, 1585-1619) compresi i testi online dell'Amphitheatrum e De admiandis. Francesco Paolo Raimondi, Giulio Cesare Vanini, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2012. Controllo di autoritàVIAF (EN) 36967006 · ISNI (EN) 0000 0000 7973 5245 · SBN IT\ICCU\CUBV\171992 · LCCN (EN) n85231891 · GND (DE) 119373211 · BNF (FR) cb122115776 (data) · BNE (ES) XX4789511 (data) · CERL cnp00554171 · WorldCat Identities (EN) lccn-n85231891 Areligiosità Portale Areligiosità Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Medicina Portale Medicina Categorie: Filosofi italiani del XVII secoloMedici italianiNaturalisti italianiNati nel 1585Morti nel 1619Nati il 19 gennaioMorti il 9 febbraioNati a TaurisanoMorti a TolosaFilosofi giustiziatiMaterialistiFilosofi ateiPersone giustiziate per eresiaPersone giustiziate sul rogo[altre]. Refs.: Luigi Speranza, “Vanini e Grice,” Villa Grice, Luigi Speranza, “La statua all’aperto di Vanini,” Luigi Speranza, “Il medaglione di Vanini a Roma.”


Vanni: essential Italian philosopher. Icilio Vanni Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search  Icilio Vanni e firma autografa Icilio Vanni (Città della Pieve, 1855 – Roma, 1903) è stato un filosofo e sociologo italiano. Iniziò la carriera accademica come docente di storia del diritto presso l'Università di Perugia nel 1877 e successivamente fu insegnante di Filosofia del diritto a Parma (1889), Bologna (1893) e Roma (1889-1903)[1]  Tra i primi rappresentanti e fondatori del positivismo sociologico in Italia, il suo pensiero si ispira a Immanuel Kant e agli autori principali del positivismo del XIX secolo e a lui si deve anche una originale lettura "positivista" della dottrina storicistica di Giambattista Vico[2]. Il suo è stato definito un "positivismo critico" che vuole distinguere cioè tra le scienze del diritto dalla filosofia del diritto contestando e rifiutando l'assimilazione positivista di quest'ultima con la morale e la sociologia, dottrina nata nell'ambito del positivismo, verso la quale egli ebbe un interesse particolare cercando di teorizzarne il carattere scientifico differenziandola però sia dall'evoluzionismo che dalla biologia.  Vanni considerò essenziale l'autonomia teorica della norma giuridica dai rapporti con gli aspetti storici-etnografici delle istituzioni giuridiche. Egli è convinto che la filosofia del diritto debba avere la funzione pratica di definire i fini dell'azione umana nella società. In questo modo Vanni ribadiva l'impostazione criticista kantiana del suo pensiero che acquistava toni metafisici criticati dal positivismo ortodosso che lo accusò di eclettismo.   Indice 1Opere 2 Note 3Bibliografia 4Altri progetti 5Collegamenti esterni Opere  Copertina delle Lezioni di filosofia del diritto Della consuetudine nei suoi rapporti col dritto e con la legislazione, Perugia, 1877; Saggi critici sulla teoria sociologica della popolazione, Città di Castello, 1886; Prime linee di un programma critico di sociologia, Perugia, 1888; Il problema della filosofia del diritto nella filosofia, nella scienza e nella vita ai tempi nostri, Verona, 1890; Gli studi di H. Sumner Maine e le dottrine della filosofia del diritto, Verona, 1892; La funzione pratica della filosofia del diritto considerata in sé ed in rapporto al socialismo contemporaneo, Bologna, 1894; La filosofia del diritto in Germania e la ricerca positiva: nota critica, Torino, 1896; Il dritto nella totalità dei suoi rapporti e la ricerca oggettiva, Roma, 1900; La teoria della conoscenza come induzione sociologica e l'esigenza critica del positivismo, Roma, 1901; Lezioni di filosofia del diritto, Bologna, 1904; Saggi di filosofia sociale e giuridica, Bologna, 1906; Saggi di filosofia sociale e giuridica: seconda parte, Bologna, 1911. Note ^ Biografia in Scuola Normale Superiore di Pisa, su picus.unica.it. URL consultato il 3 novembre 2013 (archiviato dall'url originale il 15 giugno 2018). ^ G. Marino, Positivismo e giurisprudenza, Napoli 1896, pp.59-60 Bibliografia F.Cuculo, La prima sociologia positiva in Icilio Vanni, in A. Millefiorini (a cura di), Fenomenologia del disordine. Prospettive sull'irrazionale nella riflessione sociologica italiana, Edizioni Nuova Cultura, Roma 2015, pp. 67-96 G. D'Amelio, Positivismo, storicismo, materialismo storico in I. Vanni, «Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno», 3-4 (1974-75), I, pp. 431-455; A. Pusceddu, La sociologia positivistica in Italia (1880-1920), Roma 1989. Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Icilio Vanni Collegamenti esterni Icilio Vanni, su siusa.archivi.beniculturali.it, Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche. Modifica su Wikidata Opere di Icilio Vanni, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Icilio Vanni, su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata Controllo di autoritàVIAF (EN) 32366647 · ISNI (EN) 0000 0000 8111 9142 · LCCN (EN) n85351748 · BAV (EN) 495/185775 · WorldCat Identities (EN) lccn-n85351748 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XIX secoloFilosofi italiani del XX secoloSociologi italianiNati nel 1855Morti nel 1903Nati a Città della PieveMorti a Roma[altre]

Vanninin: Essential Italian philosopher. “Never to be confused with the vain Vanini!” – Grice. Marco Vannini (filosofo) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Marco Vannini (San Piero a Sieve, 3 gennaio 1948) è un filosofo italiano.   Indice 1Biografia 2Pensiero 3Opere 4Note 5Voci correlate 6                              Altri progetti 7Collegamenti esterni Biografia Dopo gli studi al Liceo-Ginnasio Michelangiolo[1] di Firenze, si è laureato nel 1969 in Filosofia Teoretica presso l'Università di Firenze[2], discutendo una tesi sul Wittgenstein metafisico e mistico.  Nel biennio 1975-1977 ha vissuto nel Convento agostiniano di Santo Spirito a Firenze, ospite del priore p. Gino Ciolini. Ha frequentato lo Studio Teologico Fiorentino, ove ha conseguito il grado di Baccalaureato in Teologia nel 1980.  Ha sposato nel 1993 Sabina Moser, filosofa, studiosa di Simone Weil, ed ha due figli, Ilaria e Andrea.  Ha compiuto viaggi e soggiorni di studio in Europa e in altri continenti, a contatto con culture e religioni non cristiane: Israele, Egitto, Giordania, Turchia, India, Sri Lanka, Indonesia, Cina, Tibet.  Ha insegnato Filosofia e Storia nei Licei; per un triennio Storia della Filosofia Antica nella Università di Firenze e, nel 1998, Storia della Mistica all'Istituto di Scienze Religiose di Trento.  Ha tenuto seminari e conferenze in Università ed Accademie italiane e straniere: Genova, Trento, Ancona, Perugia, Urbino, Pavia, Pisa, Macerata, Napoli, Fermo, Parma, Arezzo, Chieti, Roma, Avila, Strasburgo, Berlino.  Pensiero Vannini, considerato il maggior studioso di mistica[3] o anche il più importante studioso italiano di Meister Eckhart e della mistica cristiana[4], ha curato l'edizione italiana di tutte le opere, latine e tedesche, di Meister Eckhart, nonché quelle di altri autori spirituali, come Agostino, Jean Gerson, François de Fénelon, Margherita Porete (con Romana Guarnieri e Giovanna Fozzer), Giovanni Taulero, Anonimo Francofortese, Martin Lutero, Angelus Silesius (con Giovanna Fozzer), Daniel von Czepko (con Giovanna Fozzer), Sebastian Franck, Valentin Weigel, ecc.[5]  Marco Vannini, lungo un percorso ormai di quasi mezzo secolo, è stato:  traduttore e curatore di importanti testi della mistica cristiana; critico della fenomenologia mistica, da un punto di vista teoretico e storico; filosofo della religione, e del cristianesimo in particolare, soprattutto nei suoi rapporti con la ragione e con la fede. Vannini legge il fenomeno mistico in maniera innovativa ma, soprattutto, pone lo stesso a fondamento di ogni forma ed esperienza religiosa. Tale presupposto impone come – fuori da un'esperienza diretta di questo tipo – sia pressoché impossibile cogliere il senso, le modalità e le finalità delle varie dottrine e pratiche religiose.  Per Vannini la mistica è un sapere spirituale, inoggettivabile ma, soprattutto, un sapere che è un essere: è l'identità mistica il vero e proprio criterio per discernere il vero dal falso. Tale ermeneutica costituisce una propedeutica all'inverarsi in senso mistico della religione cristiana.  Il pensiero di Vannini si basa quindi su una esperienza spirituale, unitiva e teomorfica. Centrali appaiono pertanto concetti appartenenti alla sfera semantica della divinizzazione, dell’homoiosis theo, quali vuoto, fondo dell'anima, generazione del Logos, complementarità tra distacco ed amore.  Tale esperienza risulta comprensibile solo quando si è fatto il vuoto nell'anima attraverso il distacco, diventando in tal modo recettivi alla luce proveniente dall'alto, tali da rendere il soggetto esso stesso luce eterna: al vuoto in cui si perviene nel distacco corrisponde una pienezza, una traboccante ricchezza ed energia, una gioia sconfinata ed inesauribile.  Il rapporto tra Dio e uomo non è quindi statico, di mutua esclusione, ma dialettico, di reciproca compenetrazione: la “salvezza” viene letta nei parametri teologici di una escatologia realizzata nel presente, come immanente esperienza dello spirito.  Essenziale diventa perciò il recupero della antropologia classica – corpo, anima, spirito – ove l'uomo è un corpo, piccola parte dell'universo; una psiche, fluttuazione infinita di pensieri, sentimenti, volizioni, soggetta al determinismo del tempo, dello spazio, delle circostanze; ma soprattutto uno spirito universale, eterno, libero, uno nell'Uno.  L'attualità e l'originalità della posizione di Vannini ha suscitato e continua a suscitare un acceso dibattito in seno al panorama culturale italiano, filosofico e teologico: nei confronti dell'autore vari infatti sono stati i commenti, le recensioni, i contributi e gli interventi critici da parte di personalità quali (in ordine alfabetico) Gianni Baget Bozzo, Massimo Baldini, Enzo Bianchi, Massimo Cacciari, Roberta De Monticelli, Roberto Esposito, Bruno Forte, Sergio Givone, Vito Mancuso, Armando Matteo, Giandomenico Mucci S.I., Gianfranco Ravasi, Giovanni Reale, Lucetta Scaraffia, Armando Torno, Gianni Vattimo, Franco Volpi.  La particolare rilevanza dell'opera di Vannini può trasparire anche, ad esempio, dalle seguenti affermazioni in merito - citate in ordine sparso - di alcuni dei suddetti illustri pensatori:  Sergio Givone[6]: «...A Marco Vannini, cui siamo debitori d'un lavoro filosofico estremamente prezioso, rivolgiamo questa domanda...». Roberta De Monticelli[7]: «A Vannini dobbiamo non soltanto edizioni impeccabili delle opere di Meister Eckhart, Margherita Porete... Angelus Silesius, Giovanni Gerson; ma anche il pensiero vigoroso e chiaro, qualunque cosa gli si posa obiettare, che la mistica è da un lato il cuore e la radice viva di ogni religione, ma dall'altro “la filosofia nel suo senso più reale e profondo”, la conoscenza e la pratica dell'essere e “la gioia dell'essere”». Massimo Cacciari:[8] «È un grosso debito quello che la filosofia e la teologia italiana hanno accumulato in questi anni nei confronti di Marco Vannini. Grazie al suo instancabile lavoro o sotto la sua direzione il nostro Paese può oggi contare su impeccabili edizioni di Giovanni Gerson e di Angelus Silesius, di Margherita Porete e di Meister Eckhart» Giandomenico Mucci S.I.[9]: « In questi tempi di declino dell'ontologia, Marco Vannini è certamente, in Italia, fuori dell'ambito ecclesiastico, il più illustre studioso di mistica». Giovanni Reale[10]:«L'esperienza mistica è comunque per sua natura connessa con il religioso, come viene mostrato nel bel libro di Marco Vannini, La mistica delle religioni (Le Lettere, pp. 389, € 20) in questi giorni in libreria. Vannini - uno dei massimi esperti in materia a livello nazionale e internazionale - analizza in modo dettagliato questa esperienza spirituale nell'induismo, nel buddismo, nell'ebraismo, nell'islamismo e nel cristianesimo» Armando Torno:[11] «Segnalare un livre de chevet, vale a dire una di quelle opere maneggevoli che mai dovrebbero allontanarsi dal capezzale, è diventato difficile oltre che inattuale. Eppure qualcosa circola, come prova l'ultimo delizioso scritto di Marco Vannini Sulla grazia». Bruno Forte:[12] «L'ultimo bel libro di Marco Vannini su Mistica e filosofia rivela ancora una volta la sua straordinaria competenza di storico e interprete della mistica» Al pensiero di Vannini è stato dedicato il volume di Roberto Schiavolin, Mistica e filosofia nel pensiero di Marco Vannini[13].  Opere Lontano dal segno. Saggio sul cristianesimo, La Nuova Italia, Firenze 1971. Esame della certezza, Il Cenacolo, Firenze 1973. Meister Eckhart. Opere tedesche, La Nuova Italia, Firenze 1982. Dialettica della fede, Marietti, Casale Monferrato 1983 (nuova edizione ampliata, Le Lettere, Firenze 2011). L'esperienza dello spirito, Augustinus, Palermo 1991. Mistica e filosofia, Piemme, Casale Monferrato 1996 (prefazione di Massimo Cacciari; nuova edizione ampliata, Le Lettere, Firenze 2007). Il volto del Dio nascosto. L'esperienza mistica dall'Iliade a Simone Weil, Mondadori, Milano 1999 (ristampa col titolo: Storia della mistica occidentale, Oscar Mondadori 2010; poi Le Lettere, Firenze 2015). Introduzione alla mistica, Morcelliana, Brescia 2000 (trad. portoghese: Introdução à Mìstica, Edições Loyola, San Paolo del Brasile 2005). La morte dell'anima. Dalla mistica alla psicologia, Le Lettere, Firenze 2003 (nuova edizione ampliata, Le Lettere, Firenze 2004). La mistica delle grandi religioni, Mondadori, Milano 2004 (nuova edizione, Le Lettere, Firenze 2010). Tesi per una riforma religiosa, Le Lettere, Firenze 2005. La religione della ragione, Bruno Mondadori, Milano 2007 (prefazione di Roberta De Monticelli). Sulla grazia, Le Lettere, Firenze 2008. Prego Dio che mi liberi da Dio. La religione come verità e come menzogna, Bompiani, Milano 2010. Lessico mistico. Le parole della saggezza, Le Lettere, Firenze 2013. Il Santo Spirito fra religione e mistica, Morcelliana Editrice, Brescia 2013. Oltre il cristianesimo. Da Eckhart a Le Saux, Bompiani, Milano 2013. Inchiesta su Maria. La storia vera della fanciulla che divenne mito, Rizzoli, Milano 2013 (con Corrado Augias). Indagine sulla vita eterna, Mondadori, Milano 2014 (con Massimo Polidoro). Introduzione a Eckhart. Profilo e testi, Le Lettere, Firenze 2014. L'Anticristo. Storia e mito, Mondadori, Milano 2015. All'ultimo papa. Lettere sull'amore, la grazia, la libertà, il Saggiatore, Milano 2015. Contro Lutero e il falso evangelo, Lorenzo de' Medici Press, Firenze 2017. Il muro del paradiso. Dialoghi sulla religione per il terzo millennio, Lorenzo 'de Medici Press, 2017. Mistica, psicologia, teologia, Le Lettere, Firenze 2019. Note ^ Liceo-Ginnasio Michelangiolo ^ Università di Firenze ^ Vito Mancuso, Lutero è vivo e lotta con noi, s.a., in: , 21 dicembre 2006, p. 223. ^ Stefano G. Azzarà, su Materialismo Storico [1] ^ Bio-bibliografia ^ Sergio Givone, Luce mistica dei moderni in: «Il Manifesto – Alias», 11 ottobre 2003, in il manifesto - Alias, n. 11/10/2003. ^ Roberta De Monticelli, L'allegria della mente: dialogando con Agostino, Milano, Bruno Mondadori, 2004, p. 31-32, ISBN 9788842495024. ^ Marco Vannini, Mistica e filosofia, Prefazione, Firenze, Le Lettere, 2007, p. 9, ISBN 8860870763. ^ Giandomenico Mucci, Il pensiero di Marco Vannini, in «La Civiltà Cattolica», n. 3/2004, p. 213-318. ^ Giovanni Reale, Il misticismo vive in tutte le culture. Il testo di Vannini, le «Upanishad» riedite, su corriere.it. URL consultato il 21/1/2016. ^ Armando Torno, Alla ricerca della Grazia nel segno di Eckhart, in «Corriere della Sera», Cultura, 6 ottobre 2008. ^ Bruno Forte, Mistica, l’enigma dell’Altro, in «Avvenire» – Libri, 28 settembre 1996. ^ Roberto Schiavolin, Mistica e filosofia nel pensiero di Marco Vannini, Nerbini, Firenze 2019 Voci correlate Mistica Misticismo cristiano Mistica renana Meister Eckhart Pierre Hadot Henri Le Saux Altri progetti Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Marco Vannini Collegamenti esterni Sito personale di Marco Vannini Controllo di autoritàVIAF (EN) 17368940 · ISNI (EN) 0000 0000 6145 8817 · SBN IT\ICCU\CFIV\008626 · LCCN (EN) n92036194 · BAV (EN) 495/87129 · WorldCat Identities (EN) lccn-n92036194 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloNati nel 1948Nati il 3 gennaioNati a San Piero a Sieve[altre]

Varisco: Essential Italian philosopher. Bernardino Varisco Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Abbozzo Questa voce sull'argomento filosofi italiani è solo un abbozzo. Contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni di Wikipedia. Bernardino Varisco Senatore del Regno d'Italia Durata mandato22 dicembre 1928 – 21 ottobre 1933 Sito istituzionale Dati generali Titolo di studioLaurea in matematica UniversitàUniversità degli Studi di Pavia ProfessioneDocente universitario Bernardino Varisco (Chiari, 20 aprile 1850 – Chiari, 21 ottobre 1933) è stato un filosofo, matematico e politico italiano.   Indice 1Biografia 2Opere 3Onorificenze 4Altri progetti 5Collegamenti esterni Biografia Bernardino Varisco fu professore di filosofia teoretica all'Università di Roma dal 1905 al 1925 e senatore dal 1928. La formazione del suo pensiero coincide con la crisi del positivismo in Italia.  Laureato in matematica nel 1873 presso l'università di Pavia, aveva esordito insegnando matematica dal 1874 al 1905. Pur partendo da posizioni solidamente scientifiche, Varisco avverte sollecitamente il limite di ogni conoscenza che voglia essere esclusivamente composto di ragione, e scopre insieme la concomitante componente fideistica di ogni affermazione di verità.  Questo ricorso alla fede come sentimento del soprannaturale è utilizzato da Varisco sia per affermare la preminenza della filosofia come conoscenza concreta sui processi astrattivi della scienza (I massimi problemi, del 1910), sia per approdare ad uno spiritualismo pluralistico con forti accentuazioni teistiche (Dall'uomo a Dio, pubblicato postumo nel 1939).  Opere Scienza e opinioni, Roma, Dante Alighieri, 1901. I massimi problemi, Milano, Libreria Editrice Milanese, 1910. La patria, Roma, G. Garzoni Provenzani, 1913. Conosci te stesso, Milano, Libreria Editrice Milanese, 1912. La scuola per la vita. Scritti di educazione e di critica pedagogica raccolti da Vincenzo Cento, Milano, Isis, 1922. Linee di filosofia critica, Roma, A. Signorelli, 1925. Discorsi politici, Roma, De Alberti, 1926 Sommario di filosofia, Roma, A. Signorelli, 1928 Dall'uomo a Dio, postumo, a cura di Enrico Castelli e Giulio Alliney, Padova, CEDAM, 1939. Onorificenze Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia - nastrino per uniforme ordinariaCavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia — 9 giugno 1910 Ufficiale dell'Ordine della Corona d'Italia - nastrino per uniforme ordinariaUfficiale dell'Ordine della Corona d'Italia — 10 giugno 1917 Commendatore dell'Ordine della Corona d'Italia - nastrino per uniforme ordinariaCommendatore dell'Ordine della Corona d'Italia — 23 novembre 1922 Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine della Corona d'Italia - nastrino per uniforme ordinariaCavaliere di Gran Croce dell'Ordine della Corona d'Italia — 26 giugno 1925 Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Bernardino Varisco Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Bernardino Varisco Collegamenti esterni (EN) Opere di Bernardino Varisco, su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata Bernardino Varisco, su Senatori d'Italia, Senato della Repubblica. Modifica su Wikidata Controllo di autoritàVIAF (EN) 29616945 · ISNI (EN) 0000 0000 8108 5325 · SBN IT\ICCU\RAVV\043549 · LCCN (EN) n83182346 · GND (DE) 120419629 · BNF (FR) cb12392275r (data) · BAV (EN) 495/72590 · WorldCat Identities (EN) lccn-n83182346 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XIX secoloFilosofi italiani del XX secoloMatematici italiani del XIX secoloMatematici italiani del XX secoloPolitici italiani del XIX secoloPolitici italiani del XX secoloNati nel 1850Morti nel 1933Nati il 20 aprileMorti il 21 ottobreNati a ChiariMorti a ChiariSenatori della XXVII legislatura del Regno d'ItaliaCavalieri dell'Ordine della Corona d'ItaliaUfficiali dell'Ordine della Corona d'ItaliaStudenti dell'Università degli Studi di PaviaProfessori della Sapienza - Università di Roma[altre]

Varrone: Grice: “I count Varrone as the first language philosopher. He woke up and realised he was speaking ‘lingua latina,’ and dedicated 36 volumes to it!” --. Grice: “’Lingua latina’ has a nice Roman ring to it. In modern Italian, the ‘t’ has become an ‘z,’ as in “Lazio,” the calico team – from Latium.”  varrone: Grice: “I know his Loeb edition by heart!” -- Academic,  Roman polymath, author of works on language, agriculture, history and  philosophy, as well as satires, and principal speaker in the later version of  Cicero’s "Academica" Marco Terenzio Varrone Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Marco Terenzio Varrone Project Rome logo Clear.png Questore della Repubblica romana Varrocoin.jpg Nome originale Marcus Terentius Varro Nascita 116 a.C. Rieti Morte 27 a.C. Roma Gens Terentia Questura 78 a.C. in Illyricum Propretura 49 a.C. in Spagna Marco Terenzio Varrone (in latino: Marcus Terentius Varro; Rieti, 116 a.C. – Roma, 27 a.C.) è stato un letterato, grammatico, militare e agronomo romano.  «Tu ci hai fatto luce su ogni epoca della patria, sulle fasi della sua cronologia, sulle norme dei suoi rituali, sulle sue cariche sacerdotali, sugli istituti civili e militari, sulla dislocazione dei suoi quartieri e vari punti, su nomi, generi, su doveri e cause dei nostri affari, sia divini che umani.»  (Marco Tullio Cicerone, Academica Posteriora, I 9 - trad. A. D'Andria)  Statua di Varrone a Rieti Marco Terenzio Varrone nacque a Rieti (o in alta Sabina) nel 116 a.C.: per tale motivo è detto Reatino (attributo che lo distingue da Varrone Atacino, vissuto nello stesso periodo)[1].   Nato da una famiglia di nobili origini, aveva rilevanti proprietà terriere in Sabina[2] - dove fu educato con disciplina e severità dai familiari -, integrate dall'acquisto di lussuose ville a Baia e fondi terrieri a Tusculum e Cassino.  A Roma compì studi avanzati presso i migliori maestri del tempo: tra gli altri, studi di grammatica presso Lucio Elio Stilone Preconino, che lo fece appassionare anche agli studi etimologici e retorici[3] e di linguistica e filologia con Lucio Accio, a cui dedicò la sua prima opera grammaticale De antiquitate litterarum.  Come molti giovani romani, compì un viaggio in Grecia fra l'84 a.C. e l'82 a.C., dove ascoltò filosofi accademici come Filone di Larissa e Antioco di Ascalona, da cui dedusse una posizione filosofica di tipo eclettico[4].  A differenza di molti altri eruditi del tempo, Varrone non si ritirò dalla vita politica ma, anzi, vi prese parte attivamente accostandosi agli optimates, forse anche influenzato dall'estrazione sociale. Dopo aver, infatti, percorso le prime tappe del cursus honorum (triumviro capitale nel 97 a.C., questore lo stesso anno, legato in Illiria nel 78 a.C.) fu vicino a Pompeo, per il quale ricoprì incarichi di grande importanza: fu legato e proquestore in Spagna fra il 76 a.C. e il 72 a.C. e combatté nella guerra contro i pirati difendendo la zona navale tra la Sicilia e Delo.[5]  Allo scoppio della guerra civile nel 49 a.C. fu propretore in Spagna: in una guerra che vedeva i romani contro i romani, tentò un'incerta difesa del suo territorio che si concluse in una resa che Gaio Giulio Cesare, nei Commentarii de bello civili, definì poco gloriosa[6].  Dopo la disfatta dei pompeiani, si avvicinò, comunque, a Cesare, che apprezzò il Reatino soprattutto sul piano culturale, affidandogli la costituzione di due biblioteche, una di testi latini l'altra di testi greci, ma che, dopo le idi di Marzo, furono sospese[7].  Dopo la morte del dittatore, anzi, fu inserito nelle liste di proscrizione sia di Antonio che di Ottaviano (interessati più alle sue ricchezze che a punire i congiuranti), da cui si salvò grazie all'intervento di Fufio Caleno per poi avvicinarsi a Ottaviano a cui dedicò il De vita populi Romani volto alla divinizzazione della figura di Giulio Cesare.[8].  Morì quasi novantenne nel 27 a.C. dopo aver scritto una produzione di oltre 620 libri, suddivisi in circa settanta opere[9].  Opere Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: De re rustica (Varrone) e De lingua Latina.  Marco Terenzio Varrone Produzione e trasmissione La vasta produzione di Varrone fu suddivisa da Girolamo in un catalogo (incompleto, poiché sono elencati circa la metà degli scritti del reatino)[10]: in totale, le opere varroniane sono verosimilmente 74, suddivise in 620 volumi, sebbene Varrone stesso, a 77 anni, abbia riferito di aver scritto 490 libri[11].  Le opere varroniane, secondo l'argomento, possono essere suddivise in vari gruppi, dalle opere di erudizione, filologia e storia a quelle giuridiche e burocratiche, dalle opere di filosofia e agricoltura alle opere di poesia, di linguistica e letteratura; di retorica e diritto, con ben 15 libri De iure civili; di filosofia.  Di questa enorme produzione è pervenuta (quasi integra) solo un'opera, il De re rustica, mentre del De lingua Latina sono pervenuti solo 6 libri su 25. Probabilmente, causa del quasi completo naufragio della immane bibliografia varroniana è che, avendo compulsato tanta parte della cultura grecoromana precedente, divenne la fonte indispensabile per gli autori successivi, perdendosi, per così dire, per assimilazione.  Il filologo ed erudito Dell'attività filologica varroniana fa testimonianza il cosiddetto "canone varroniano", elaborato a partire da due opere, le Quaestiones Plautinae e il De comoediis Plautinis, in cui Varrone ripartì il corpus plautino, che includeva 130 fabulae: di queste, 21 vengono definite autentiche, 19 di origine incerta, dette "pseudo-varroniane" e le restanti spurie[12].  Si occupò soprattutto di antiquaria, con i 41 libri di Antiquitates, il suo capolavoro, divisi in 25 di res humanae e 16 di res divinae[13], fonte precipua di Agostino nel De civitate Dei: proprio da Agostino si evidenzia l'attenzione di Varrone sulla religione "civile", con una compiuta disamina su culti e tradizioni, pur con acute critiche alla teologia mitica dei poeti in nome di una theologia naturalis. A questo gruppo appartiene anche l'opera, non pervenuta, De bibliothecis, presumibilmente legata alle incombenze come bibliotecario affidategli da Cesare.  La produzione a sfondo filosofico Nell'ambito filosofico, notevoli dovevano essere i Logistorici (dal greco “discorsi di storia”)[14] un'opera in 76 libri, composta in forma di dialogo in prosa, di argomento morale e antiquario, in cui ogni libro prendeva il nome di un personaggio storico e un tema di cui il personaggio costituiva un modello, come il Marius, de fortuna o il Catus, de liberis educandis[15]: probabilmente questi dialoghi storico-filosofici furono tra i modelli espositivi del Laelius de amicitia e del Cato Maior de senectute di Cicerone[16].  All'interesse filosofico e divulgativo di Varrone, probabilmente scritte lungo tutto il corso della sua parabola culturale, riconducevano le Saturae Menippeae[17], che prendevano come modello Menippo di Gadara, esponente della filosofia cinica (da cui il nome). Esse, scritte tra l'80 a.C. e il 46 a.C., si componevano di 150 libri, in prosa e in versi, di cui però ci rimangono circa 600 frammenti e novanta titoli, di argomento soprattutto filosofico, ma anche di critica dei costumi, morale, con rimpianti sui tempi antichi in contrasto con la corruzione del presente. Ciascuna satira recava un titolo, desunto da proverbi (Cave canem con allusione alla mordacità dei filosofi cinici) o dalla mitologia (Eumenides contro la tesi stoico-cinica per cui gli uomini sono folli, Trikàranos, il mostro a tre teste, con un mordace riferimento al primo triumvirato) ed era caratterizzata da lessico popolaresco, polimetria e, come in Menippo, uno stile tragicomico[18].  Note ^ Valerio Massimo, VII 3. ^ Aulo Gellio, III 10, 7. ^ Ce ne parla Varrone stesso in De lingua latina, VII 12. ^ Cicerone, Academica posteriora, I 7, 12. ^ Appiano, Guerre civili, IV 47; Varrone, De re rustica, II 10, 8 e III 12, 7. ^ II 17. ^ Svetonio, Cesare, 44, 2. ^ Appiano, IV 47. ^ Ausonio, Commemoratio professorum Burdigalensium, XX, 10. ^ Chronicon, ann. 1901 e 1989. ^ Aulo Gellio, II 10, 17. ^ Gellio, III 3, 9. ^ I cui frammenti sono editi nella fondamentale edizione in due volumi di B. Cardauns: Antiquitates rerum divinarum, Wiesbaden, Steiner, 1976. ^ Cfr. B. Zucchelli, Varro logistoricus. Studio letterario e prosopografico, Parma, Universita degli studi di Parma, 1981. ^ Cfr., ad esempio, il Fr. XIX Riese: "Da ragazzo, avevo solo una tunica modesta e una toga, calzature senza fascette, un cavallo non sellato; bagno giornaliero, niente e, davvero di rado, una tinozza". ^ N. Horsfall, Varrone, in Letteratura Latina Cambridge, vol. 1, Milano, Mondadori, 2007, pp. 474-475. ^ Cfr. M. Salanitro, Le Menippee di Varrone. Contributi esegetici e linguistici, Roma, Edizioni dell'Ateneo 1990. ^ Sulla satira varroniana, cfr. L. Alfonsi, Le Menippee di Varrone, in "ANRW", I (1973), n. 3, pp. 26-59. Bibliografia (Per la bibliografia specifica sul De re rustica e sul De lingua Latina si rimanda alle rispettive voci)  Atti del Congresso internazionale di studi varroniani. Rieti settembre 1974, 2 voll., Rieti, Centro di studi varroniani, 1976. B. Cardauns, Marcus Terentius Varro. Einführung in sein Werk, Heidelberg, Winter, 2001. A. Cenderelli, Varroniana. Istituti e terminologia giuridica nelle opere di M. Terenzio Varrone, Milano, A. Giuffrè, 1973. H. Dahlmann, Varrone e la teoria ellenistica della lingua, Traduzione italiana di Pasqualina Vozza, Napoli, Loffredo, 1997. F. Della Corte, Varrone, il terzo gran lume romano, Genova, Istituto universitario di Magistero, 1954 (rist. Firenze, La Nuova Italia, 1970). G.A. Nelsestuen, Varro the agronomist. Political philosophy, satire and agriculture in the late Republic, Columbus, Ohio State University press, 2015. A. Pittà, M. Terenzio Varrone. De vita populi Romani. Introduzione e commento, Pisa, Pisa University Press, 2015. B. Riposati, M. Terenti Varronis De vita populi Romani. Fonti, esegesi, edizione critica dei frammenti, Milano, Vita e pensiero, 1939. B. Riposati, M. Terenzio Varrone. L'uomo e lo scrittore, Roma Istituto di studi romani, 1975. A. Traglia, Introduzione a: M.T. Varrone, Opere, Torino, UTET, 1974, pp. 9-47. B. Zucchelli, Varro logistoricus. Studio letterario e prosopografico, Parma, Universita degli studi di Parma, Istituto di lingua e letteratura latina, 1981. Voci correlate Satira menippea Biblioteche romane Antiquitates rerum humanarum et divinarum Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Marco Terenzio Varrone Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina in lingua latina dedicata a Marco Terenzio Varrone Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Marco Terenzio Varrone Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Marco Terenzio Varrone Collegamenti esterni Marco Terenzio Varrone, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Marco Terenzio Varrone, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Marco Terenzio Varrone, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010. Modifica su Wikidata (EN) Marco Terenzio Varrone, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Modifica su Wikidata (LA) Opere di Marco Terenzio Varrone, su Musisque Deoque. Modifica su Wikidata (LA) Opere di Marco Terenzio Varrone, su PHI Latin Texts, Packard Humanities Institute. Modifica su Wikidata Opere di Marco Terenzio Varrone, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Marco Terenzio Varrone, su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Marco Terenzio Varrone, su Progetto Gutenberg. Modifica su Wikidata (EN) Audiolibri di Marco Terenzio Varrone, su LibriVox. Modifica su Wikidata (FR) Pubblicazioni di Marco Terenzio Varrone, su Persée, Ministère de l'Enseignement supérieur, de la Recherche et de l'Innovation. Modifica su Wikidata M. Ter. Varronis De lingua Latina libri qui supersunt: cum fragmentis ejusdem, Biponti, ex typographia societatis, 1788. (LA, IT) Biblioteca degli scrittori latini con traduzione e note: Terentii Varronis quae supersunt opera, Venetiis, excudit Joseph Antonelli, 1846. (LA, FR) Les agronomes latins, Caton, Varron, Columelle, Palladius, avec la traduction en français, a cura di M. Nisard, Paris, Firmin Didot Fréres, 1856, pp. 53 ss. Grammaticae Romanae Fragmenta, a cura di Gino Funaioli, Lipsiae, in aedibus B. G. Teubneri, 1907, vol. 1, pp. 179 ss. M. Terenti Varronis saturarum menippearum reliquiae, cur. Alexander Riese, Lipsiae, in aedibus B. G. Teubneri, 1865. V · D · M Opere di Marco Terenzio Varrone Grammatici romani V · D · M Guerra civile romana (49-45 a.C.) Controllo di autorità VIAF (EN) 100219311 · ISNI (EN) 0000 0001 2145 2047 · LCCN (EN) n79060808 · GND (DE) 118626183 · BNF (FR) cb119277168 (data) · BNE (ES) XX958574 (data) · NLA (EN) 35578074 · BAV (EN) 495/44942 · CERL cnp00396771 · WorldCat Identities (EN) lccn-n79060808 Agricoltura Portale Agricoltura Antica Roma Portale Antica Roma Biografie Portale Biografie Letteratura Portale Letteratura Categorie: Letterati romaniGrammatici romaniMilitari romaniNati nel 116 a.C.Morti nel 27 a.C.Nati a RietiAgronomi romaniApicoltoriEnciclopedisti romaniScrittori romaniStoria dell'agricolturaUomini universali[altre]


Varzi: essential Italian philosopher. varzi: essential Italian philosopher. Some Italians do not consider Varzi an “Italian” philosopher in that his maximal degree was earned elsewhere! If philosophy is a branch of the belles lettres, part of Varzi’s essays belong in English literature --. He was written on ‘universal semantics.’ Achille Varzi all'Università di Trento. Achille C. Varzi (n. Galliate) è un filosofo.  Esponente della filosofia analitica, in Italia è noto principalmente per le sue ricerche di logica e per il suo contributo alla rinascita degli studi in ambito di metafisica e ontologia.   Laureatosi all'Università degli Studi di Trento con una tesi sulle logiche libere, ha conseguito il Ph.D. in filosofia presso la University of Toronto (Canada) con una dissertazione sulla semantica universale. Insegna Logica e Metafisica a Columbia, ove è stato direttore del Dipartimento di Filosofia. È nel direttivo del Journal of Philosophy e nell'esecutivo della Stanford Encyclopedia of Philosophy.-- è stato insignito della Targa Giuseppe Piazzi per la ricerca scientifica e del Premio Paolo Bozzi per l'Ontologia.  Dopo un periodo dedicato soprattutto allo studio dell'immagine del mondo propria del senso comune, il suo pensiero si è indirizzato progressivamente verso posizioni di stampo nominalista e convenzionalista, nella convinzione che "buona parte della struttura che siamo soliti attribuire alla realtà esterna risieda a ben vedere nella nostra testa, nelle nostre pratiche organizzatrici, nel complesso sistema di concetti e categorie che sottendono alla nostra rappresentazione dell'esperienza e al nostro bisogno di rappresentarla in quel modo".Autore di oltre un centinaio di pubblicazioni su volumi e riviste specializzate, in Italia Varzi è noto anche per la sua attività divulgativa (spesso in collaborazione con Roberto Casati), ispirata al principio secondo cui "la filosofia è una sfida in cui il pensiero parte dalla semplicità delle cose quotidiane e ne mostra la meravigliosa complessità". Opere principali: Semplicemente diaboliche. 100 nuove storie filosofiche (con Roberto Casati), Laterza, 2017. I modi dell'amicizia (con Maurizio Ferraris), Orthotes, 2016. I colori del bene, Orthotes, 2015. L'incertezza elettorale (con Roberto Casati), Aracne, 2014. Le tribolazioni del filosofare. Comedia Metaphysica ne la quale si tratta de li errori & de le pene de l’Infero (con Claudio Calosi), Laterza, 2014. Il mondo messo a fuoco, Laterza, 2010. Il pianeta dove scomparivano le cose. Esercizi di immaginazione filosofica (con Roberto Casati), Einaudi, 2006. Ontologia, Laterza, 2005. Semplicità insormontabili - 39 storie filosofiche (con Roberto Casati), Laterza, 2004; ed. inglese: 2006.[4] Parole, oggetti, eventi e altri argomenti di metafisica, Carocci. An Essay in Universal Semantics, Kluwer, 1999. Parts and Places. The Structures of Spatial Representation (con Roberto Casati), MIT Press.Theory and Problems of Logic (con John Nolt e Dennis Rohatyn), McGraw-Hill, 1998; trad. it. Logica, McGraw-Hill Italia, 2003, 2007. Holes and Other Superficialities (con Roberto Casati), MIT Press, 1994; trad. it. Buchi e altre superficialità, Garzanti, 1996. Studi: Elena Casetta e Valeria Giardino (a cura di), Mettere a fuoco il mondo. Conversazioni sulla filosofia di Achille C. Varzi, numero speciale di Isonomia – Epistemologica, Vol. 4, 2014. Francesco Calemi, Achille Varzi. Logica, semantica, metafisica, AlboVersorio, Milano 2015. Note ^ Elena Casetta e Valeria Giardino, 2014, p. 159. Il mondo messo a fuoco, Laterza, 2010, p. 4. Dal risvolto di copertina di Semplicità insormontabili, Laterza, 2004. Altre edizioni in francese, spagnolo, portoghese, greco, cinese, giapponese, coreano, polacco, finlandese. Da questo libro è stato tratto lo spettacolo teatrale Insurmountable Simplicities, per la regia di Natalie Glick, presentato dall'All Gone Theatre Company all'edizione 2010 del New York International Fringe Festival. Altri progetti Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Achille Varzi Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Achille Varzi Collegamenti esterni (EN) Sito di Varzi presso la Columbia University, su columbia.edu. (EN) Bibliografia completa di Varzi, su columbia.edu. (EN) Biografia "negativa" di Varzi, su columbia.edu. Intervista ad Achille Varzi di Leonardo Caffo, Rivista italiana di filosofia analitica. Controllo di autorità VIAF (EN) 69104236 · ISNI (EN) 0000 0001 2027 9350 · LCCN (EN) n93057819 · GND (DE) 154577324 · BNF (FR) cb13609893t (data) · WorldCat Identities (EN) lccn-n93057819 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloNati nel 1958Nati l'8 maggioNati a GalliateProfessori della Columbia University[altre] Refs.:  Luigi Speranza, "Grice e Varzi: semantica filosofia," per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia

Vasa: essential Italian philosopher. Andrea Vasa Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search  Andrea Vasa Andrea Vasa (Aggius, 1914 – Firenze, 1980) è stato un filosofo e accademico italiano. [1][2][3]   Andrea Vasa - Società Filosofica Italiana - Congresso Nazionale - L'Aquila 1973  Indice 1Biografia 2Pensiero filosofico 3Opere 4Note 5Bibliografia 6Altri progetti Biografia Andrea Vasa nacque ad Aggius, paese della Gallura di forte e suggestivo paesaggio e di forti vicende. Compiuti in anticipo gli studi secondari, andò a studiare Filosofia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano dove si laureò nel 1936. Insegnò nel Liceo - Ginnasio “Arnaldo” di Brescia dal 1938 al ’43. In quell’anno dovette interrompere l’insegnamento a causa della sua partecipazione alla Resistenza con il gruppo che faceva capo a Ferruccio Parri. Alla fine della guerra riprese l’insegnamento a Milano nel Liceo Classico G. Carducci e poi nel Liceo - Ginnasio Alessandro Manzoni. Nel 1951 ottenne la libera docenza. Dal 1953 al ’57 fu assistente volontario e poi incaricato di Filosofia della religione nell’Università Statale di Milano. Vincitore di un concorso a cattedre di Filosofia teoretica, fu chiamato (1958) all’Università degli Studi di Cagliari e dopo (1959) a quella di Firenze. Si sposò con Giuseppina Brambilla, anch’ella laureata in Filosofia alla Cattolica. Vasa rimase sempre fortemente legato al paese natale. Il Comune di Aggius ne ha conservato la memoria.  Pensiero filosofico Negli anni di formazione all’Università Cattolica, Vasa si trovò a partecipare al tentativo condotto da Gustavo Bontadini, di cui era allievo e amico, di superare la contrapposizione tra la neoscolastica e il neoidealismo italiano, comprendendo e assimilando quanto della metafisica hegeliana e cristiana era in questo indirizzo[4]. In questa operazione Vasa prese una sua via personale: abbandonò l’interesse metafisico simpatizzando per l’attualismo gentiliano per quanto esso restituiva all’uomo dignità e responsabilità, mettendone tuttavia in luce l’impossibilità di una fondazione logica[5]. Nacquero così le indagini sulla logica di Hegel che portarono a rilevanti osservazioni critiche riguardo al neoidealismo italiano[6]. Con l’idea che i valori immanenti costituiscono l’orizzonte trascendentale nella prassi razionale ed etica dell’uomo veniva a cadere per Vasa l’opposizione di immanenza e trascendenza.  Nella comune partecipazione alla Resistenza Vasa si legò di amicizia con Mario Dal Pra, filosofo di profonda esperienza religiosa e sociale e innovatore della storiografia filosofica. Tramite lui Vasa entrò in contatto con Antonio Banfi, che rappresentava la Scuola filosofica milanese dell’Università Statale. Nel confronto con il “razionalismo critico” di Banfi, che mirava a chiarire una struttura della ragione nel solco della tradizione kantiana e neokantiana, Vasa pensò ad un razionalismo che andasse oltre ogni struttura presupposta della ragione verso un orizzonte di possibilità non ancora prevedibili. Questo pensiero comportava l’idea della ricerca di una logica della possibilità. Si pose così quella proposta filosofica detta “trascendentalismo della prassi”, che era radicalmente critica e programmaticamente aperta, e che venne difesa da Dal Pra e da Vasa, sia nella «Rivista di storia della filosofia» fondata (con altri) da Dal Pra nel 1946, sia nei Congressi della “Società filosofica italiana” rinata dopo lo scioglimento imposto dall’autorità fascista. Il “trascendentalismo della prassi” era contrapposto al "teoricismo", inteso come il carattere di tutte le filosofie che presuppongono un principio di datità del reale e del valore, cioè di tutte le filosofie metafisiche. Il trascendentalismo della prassi non voleva essere una teoria, ma un atteggiamento pratico possibile, effettivo, che riconosceva la temporalità della prassi e ne rivendicava la libertà e la responsabillità. La proposta del trascendentalismo della prassi, che era immediatamente critica del pensiero di Benedetto Croce e di Giovanni Gentile, ma che investiva tutti gli indirizzi contemporanei, fu il modo più radicale del domandarsi, in Italia, dopo la catastrofe della guerra, sul significato della filosofia e della storia della filosofia[7]. La «Rivista di storia della filosofia» costituì il contatto con il movimento detto “neoilluminismo”, che, animato da Nicola Abbagnano, avendo come centro Torino, collegava e confrontava in convegni periodici i nuovi indirizzi metodologici e antimetafisici.  Affermatisi in Italia gli indirizzi della fenomenologia trascendentale, della filosofia analitica e del neoempirismo, Vasa, con il suo metodo, caratterizzato dall’apertura e dalla tensione critica ad un continuo “andar oltre”, diede di essi interpretazioni originali in numerosi studi e nei corsi universitari[8]. La sua ricerca, ora caratterizzata come “razionalismo della prassi”, continuò a mettere in discussione ogni naturalismo limitativo della libertà dell'uomo. Vasa confermò così l’idea di una “via negativa alla filosofia”[9] a cui siamo costretti in mancanza di principi universali oggettivi o di autorità universali nella prassi. Questa negazione confuta la tematizzazione ingenua del mondo, mette fra parentesi la tradizione, toglie l’unicità di senso al nostro rapporto con la realtà e, aprendo la ricerca alla prospettiva di generalizzazioni nuove, risponde al bisogno dell'uomo di costruirsi e perseguire finalità proprie.  Per influenza dell’amico Ludovico Geymonat, e in discussione con lui, Vasa vide concretamente nelle scienze in sviluppo l’orizzonte effettivo delle possibilità razionali, pertanto si cimentò nella comprensione di esse attraverso l’epistemologia e la logica. Egli esaminò: il moderno formalismo logico-matematico di Bertrand Russell; l’analisi del linguaggio (formale ed ordinario) di Ludwig Wittgenstein; il convenzionalismo logico e linguistico che egli coglieva nel neoempirismo di Rudolf Carnap e nella discussione di Willard Van Orman Quine sull’ontologia; lo stesso svolgimento dell’epistemologia dagli inizi col Circolo di Vienna ai successivi sviluppi autocritici e “liberali”; le rivoluzioni concettuali delle scienze. Erano tutti problemi che avevano all’origine e segnalavano una crisi del fondamento. Vasa volle chiarirli leggendovi «la sollecitazione a porre fra parentesi ad aggredire o a variare all’infinito ogni “conoscenza” di spazi e tempi, di atomi, masse e cause naturali»[10]. La ricerca di Vasa manteneva così l’etica dei fini umani; la logica era anche logica della speranza; la filosofia ritrovava il senso originario di “amore della saggezza”.  Opere Il problema della ragione, Bocca, Milano 1951. Ricerche sul razionalismo della prassi, Sansoni, Firenze 1957. Logica, scienza e prassi, La Nuova Italia, Firenze 1980. Logica, religione e filosofia. Saggi filosofici (1953-1980), Introduzione di M. Dal Pra, Franco Angeli, Milano 1983. Logica, scienze della natura e mondo della vita. Lezioni 1978-1980, (a cura di L. Handjaras e A. Marinotti), Franco Angeli, Milano 1986. Poeti di Aggius. Michele Andrea Tortu, Michele Pisanu (Antologia di Salvatore Lepori con prefazione, traduzione e note di A. Vasa), Nota introduttiva di Giovanni Pirodda, Istituto Superiore Regionale Etnografico, Nuoro 1990. Mario Dal Pra, Andrea Vasa, Il Trascendentalismo della prassi, la filosofia della Resistenza, a cura di Maria Grazia Sandrini, Mimesis / Centro Internazionale Insubrico, Milano 2017. Note ^ In memoria di Andrea Vasa, filosofo della modernità, La Nuova Sardegna, 2005 ^ Treccani: Vasa, Andrea ^ Ragione e libertà. Saggio sul pensiero di Andrea Vasa ^ A. Vasa, Una discussione con G. Bontadini su metafisica e filosofia, in Studi di filosofia in onore di G. Bontadini, Vita e Pensiero, Milano 1975, pp. 522-40. I saggi di Vasa sono raccolti nel volume Logica, religione e filosofia (Scritti filosofici 1953-1980) ^ A. Vasa, Memoria di Giovanni Gentile, in «Giornale critico della filosofia italiana», XLIII (1964), n. 4, pp. 481-507 ^ Vedi Benedetto Croce, Le cosiddette ‘riforme della filosofia’ e in particolare di quella hegeliana, (a proposito del saggio di Vasa su De Ruggiero), in «Quaderni della Critica», novembre 1949, poi in Indagini su Hegel, Laterza, Bari 1952, pp. 54-70 ^ Vedi M. Dal Pra, La filosofia italiana oggi, in «Rivista critica di storia della filosofia», VIII, 1953, pp. 396-425 e Sul trascendentalismo della prassi, in Il problema della filosofia oggi. Atti del XVI Congresso nazionale di Filosofia (Bologna, 19-22 marzo 1953) promosso dalla SFI, Bocca, Roma-Milano, 1953, pp. 33-59 ^ Vedi: saggi come l’Introduzione alla trad. di E. Husserl, L’idea della fenomenologia. Cinque lezioni, (a cura di M. Rosso), Il Saggiatore, Milano 1981; Logica e religione di fronte al compito di una possibile unificazione del sapere, in «Il Pensiero», 1965, n.1, pp. 89-112; L’ateismo religioso di L. Wittgenstein, in «Archivio di Filosofia», 1980 (Esistenza, Mito, Ermeneutica), pp. 285-313; e le lezioni raccolte nel volume Logica, scienze della natura e mondo della vita ^ A. Vasa, Logica, scienze della natura e mondo della vita, p. 102. ^ La frase (di Vasa) compare nella presentazione editoriale del volume Logica, scienza e prassi Bibliografia Cesare Luporini, Ettore Casari, Mario Dal Pra, Ludovico Geymonat, Amedeo Marinotti, Ricordo di Andrea Vasa. Corsi, seminari e bibliografia, a cura di Luciano Handjaras e Maria Grazia Sandrini, Olschki, Firenze 1982. Ferruccio De Natale, Storicità della filosofia e filosofia come storiografia. Un dibattito tra filosofi italiani negli anni Cinquanta, in AA. VV., Dentro la storiografia filosofica. Questioni di teoria e didattica, Dedalo, Bari 1983, pp. 101–148. Franco Cambi, Razionalismo e prassi a Milano (1945-1954), Cisalpino-Goliardica, Milano 1983. Amedeo Marinotti, Luciano Handjaras, Maria Grazia Sandrini, Ragione e libertà. Saggi sul pensiero di Andrea Vasa, Prefazione di M. Dal Pra, Franco Angeli, Milano 1989. Mario Dal Pra, Filosofi del Novecento, Angeli, Milano 1989, vi è raccolto il contributo già in AA. VV., Ricordo di Andrea Vasa, Olschki, Firenze 1982. Carlo Monti, Religione e prassi nel pensiero di Andrea Vasa, in «La Fortezza. Rivista di studi», II, 1991, n.1, pp. 47–57. Maria Grazia Sandrini, Liberalismo etico e prospettive razionalistiche nel pensiero di Andrea Vasa, in M.G. Sandrini, Etica e scienza. Saggi di filosofia, Carocci, Roma 2003. Maria Grazia Sandrini e Al., Andrea Vasa uomo e filosofo (Atti del convegno di Aggius, 15 maggio 2005). Comprende: relazioni di M.G. Sandrini, L’eredità vasiana; P.L. Lecis, Viaggio verso una meta incerta. L’universo dei mondi possibili di A. Vasa; F. Minazzi, La strada per Megara e l’irriducibilità della libertà umana. Il problema della ragione nel trascendentalismo della prassi di A. Vasa; E. Palombi, Sul senso dell’uomo nel pensiero di A. Vasa; alcuni brevi Scritti e testi inediti, a cura di F. Minazzi e M.G. Sandrini, in «Il Protagora», XXXIV, luglio-dicembre 2006; poi in volume con lo stesso titolo, Barbieri, Manduria 2008. Amedeo Marinotti, Ragione e prassi in Vasa e in Geymonat. Memoria di una discussione filosofica e di un’amicizia, in Ludovico Geymonat un maestro del Novecento. Il filosofo, il partigiano e il docente, a cura di Fabio Minazzi, Unicopli, Milano 2009, pp. 481–92. Enrico I. Rambaldi, La formazione di Andrea Vasa, in Alberto Pala filosofo laico, appassionato delle scienze. Studi e testimonianze nel 90° dalla nascita, a cura di B. Maiorca, Cuec, Cagliari 2013, pp. 101–126. Enrico I. Rambaldi, Da Gentile a Hegel. Trascendentalismo e antifascismo in Andrea Vasa. Con un’appendice di testi e documenti, in «Rivista di storia della filosofia», Supplemento al fasc. 4, 2016, pp. 579–613. Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Andrea Vasa Controllo di autoritàVIAF (EN) 12324094 · ISNI (EN) 0000 0000 3033 1709 · SBN IT\ICCU\CFIV\043897 · LCCN (EN) n80070750 · GND (DE) 123532892 · BNF (FR) cb11957473w (data) · WorldCat Identities (EN) lccn-n80070750 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XX secoloAccademici italiani del XX secoloNati nel 1914Morti nel 1980Nati ad AggiusMorti a FirenzeProfessori dell'Università degli Studi di CagliariProfessori dell'Università degli Studi di FirenzeProfessori dell'Università degli Studi di MilanoStudenti dell'Università Cattolica del Sacro Cuore[altre]

Vastarini: essential Italian philosopher Francesco Vastarini Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Abbozzo Questa voce sull'argomento religiosi italiani è solo un abbozzo. Contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni di Wikipedia. Francesco Vastarini (L'Aquila, 19 febbraio 1566 – Napoli, 1641) è stato un religioso, filosofo e scrittore italiano.   Indice 1Cenni biografici 2Note 3Bibliografia 4Voci correlate Cenni biografici Esponente di una nota famiglia abruzzese, nacque all'Aquila nel 1566; in giovane età fu un grande studioso nonché maestro di scherma,[1] quindi, alla morte della madre, e decise di entrare nell'ordine dei frati minori cappuccini.[2] Viene citato anche come Francesco Ficetola o Francesco dell'Aquila.[2]  Era dotato di una brillante vocazione predicatoria che lo portò sino alla corte di papa Urbano VIII. Venne pubblicamente lodato anche dal Duca di Osuna che gli propose il vescovato di Pozzuoli e dal Granduca di Toscana che gli propose quello di Fiesole, ma in entrambi i casi il Vastarini rifiutò.[2]  Nella prima metà del XVII secolo si prodigò per aprire una sede dei cappuccini nella sua città natale[3], colpito dalla morte di un suo confratello che il medico non era riuscito a soccorrere nell'allora sede di San Giuseppe fuori le mura.[1] nel 1606 acquistò un vasto terreno sul margine orientale della cinta muraria e nel 1610 vi costruì il convento e la chiesa di San Michele, ancora oggi esistenti seppur inglobati nel complesso monumentale dell'Emiciclo.[4]  Nella sua ultima parte di vita fu inoltre camerlengo dell'Aquila.  Note  Giacomo Di Marco, Storia del complesso architettonico, in Lucio Zazzara (a cura di), Palazzo dell’Emiciclo e palazzina ex G.I. Maschile. Rigenerazione e adeguamento sismico a L’Aquila, Pescara, Carsa, 2018, pp. 39-41.  Alfonso Dragonetti, p. 234 ^ Frati minori cappuccini d'Abruzzo, Le attività del Convento Santi Francesco e Chiara di L'Aquila, su fraticappuccini.it. URL consultato il 9 giugno 2018. ^ L'Emiciclo Rinasce, La storia, su emiciclorinasce.it. URL consultato il 9 giugno 2018. Bibliografia Alfonso Dragonetti, Le vite degli illustri aquilani, L'Aquila, Perchiazzi Editore, 1847. Voci correlate Vastarini Cresi Biografie Portale Biografie Religione Portale Religione Categorie: Religiosi italianiFilosofi italiani del XVI secoloFilosofi italiani del XVII secoloScrittori italiani del XVI secoloScrittori italiani del XVII secoloNati nel 1566Morti nel 1641Nati il 19 febbraioNati all'AquilaMorti a Napoli[altre]

Vattimo: essential Italian philosopher. vattimo: Italian philosopher – (n. Torino) Gianni Vattimo (n. Torino) è un filosofo -- not one that provinicial Beaney would include in his handbooks and dictionaries – Vattimo’s philosophy shares quite a bit with Grice’s programme, as anyone familiar with both Vattimo and Grice may testify. Vattimo has philosophised on Heidegger and Nietzsche, and one of his essays is on the subject and the mask – another on reality – There is a volume in his honour.Gianni Vattimo Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Gianteresio "Gianni" Vattimo Gianni Vattimo - Participante del Foro Internacional por la Emancipación y la Igualdad (16106465993).jpg Gianni Vattimo nel 2011 Dati generali Partito politicoPartito Comunista (dal 2015) In precedenza: DS (1999-2004) PdCI (2004-2009) IdV (2009-2014) Indipendente (2014-2015) Titolo di studioLaurea in Filosofia UniversitàUniversità degli Studi di Torino Professionefilosofo, professore universitario Gianteresio Vattimo, detto Gianni (Torino, 4 gennaio 1936), è un filosofo, accademico e politico italiano.  Tra i massimi esponenti della corrente postmoderna, è teorizzatore del pensiero debole.   Indice 1Biografia 2Controversie 2.1Accuse di antisemitismo 2.2Sull'aggressione a Berlusconi 3Pensiero 3.1Il pensiero debole 3.2Etica e natura 4Vita privata 5Opere principali 6Critica 7Note 8Voci correlate 9Altri progetti 10Collegamenti esterni Biografia Nato a Torino, il padre è un poliziotto calabrese, che muore quando Gianni ha un anno e mezzo, mentre la madre è una sarta; ha una sorella di otto anni più grande. Durante la guerra si trasferisce con la famiglia in Calabria nel 1943, restandoci per due anni e ritornando a Torino nel settembre del 1945[1].  Studente del liceo classico Vincenzo Gioberti è attivo in quegli anni nella Gioventù Studentesca di Azione Cattolica[2], e collabora a Quartodora, rivista del movimento diretta da Michele L. Straniero[1]. In un'intervista del 2016, si autodefinì come un cattolico militante, influenzato dalla lettura di Jacques Maritain, Emmanuel Mounier e dei racconti di Georges Bernanos, portato dalla fede ad un disinteresse per il razionalismo storico, l'Illuminismo e le filosofie di Hegel e Marx.[3]  Allievo di Luigi Pareyson assieme a Umberto Eco con cui ha condiviso amicizia e interessi, si è laureato in filosofia nel 1959 a Torino. Negli anni cinquanta ha lavorato ai programmi culturali della Rai. Ha conseguito la specializzazione a Heidelberg, con Karl Löwith e Hans Georg Gadamer, di cui ha introdotto il pensiero in Italia. Nel 1964 è diventato professore incaricato e nel 1969 ordinario di estetica all'Università di Torino, nella quale è stato preside, negli anni settanta, della facoltà di Lettere e Filosofia. Dal 1982 al 2008 è stato ordinario di filosofia teoretica presso la stessa università. In seguito è stato nominato professore emerito, titolo che non gli precluse, in futuro, lo svolgimento di eventuali attività didattiche presso la suddetta università. Nel 1986 ha ideato e condotto su Raitre il programma televisivo di divulgazione filosofica La clessidra.  Ha insegnato come visiting professor negli Stati Uniti e ha tenuto seminari in diversi atenei del mondo. È stato direttore della Rivista di estetica, membro di comitati scientifici di varie riviste italiane e straniere, socio corrispondente dell'Accademia delle Scienze di Torino, nonché editorialista per i quotidiani La Stampa e La Repubblica e per il settimanale L'espresso. Attualmente dirige la rivista Tropos. Rivista di ermeneutica e critica filosofica (edita da Aracne Editrice). Per le sue opere ha ricevuto lauree honoris causa dalle università di La Plata, Palermo, Madrid e dalla Universidad Nacional Mayor de San Marcos di Lima. È stato più volte docente alle Vacances de l'Esprit (1995, 1997 e 2004).  Ha svolto attività politica in diverse formazioni: prima nel Partito Radicale, poi in Alleanza per Torino, successivamente nei Democratici di Sinistra (dal 25 aprile 1999 al 30 gennaio 2004), per i quali è stato parlamentare europeo, e nel Partito dei Comunisti Italiani. Nel 2005 è stato candidato da una lista civica a sindaco di una cittadina calabrese, San Giovanni in Fiore (Cs), per combattere la "degenerazione intellettuale" che affliggeva quel paese, ma non è riuscito ad arrivare al secondo turno.  Il 30 marzo 2009 ha annunciato la sua candidatura a parlamentare europeo nelle liste dell'Italia dei Valori di Antonio Di Pietro, rivendicando tuttavia le proprie origini comuniste[4], venendo eletto nella circoscrizione Nord-Ovest.  Il 21 gennaio 2015, giorno dell'anniversario della fondazione del PCd'I, annuncia la sua adesione al Partito Comunista[5].  Il suo ideale politico-religioso si riassume in una forma da lui definita "comunismo cristiano" e "comunismo ermeneutico", un' ideale antidogmatico di "comunismo debole" nel pensiero e nell'essere, che si ispira alla vita comunitaria delle prime comunità cristiane. Esso rinnega e si oppone alla violenza delle industrializzazione pesante forzata e dello stalinismo in genere, così come anche alle tesi di Lenin e del terrorismo, muovendo a favore di una sinistra improntata al dialogo, alla dialettica e alla tolleranza.[6]  Controversie Accuse di antisemitismo Vattimo è stato accusato di antisemitismo, a causa delle sue dichiarazioni sul controllo ebraico di banche, dove affermava: "Ricordiamoci che la Federal Reserve è di proprietà di Rothschild e Rockefeller" (anche se la famiglia Rockefeller non è ebrea). Renzo Gattegna, presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, lo accusò di antisemitismo, additando le sue dichiarazioni come "parole di odio che non aggiungono nulla di nuovo e che sono accompagnate dalla riproposizione squallida di stereotipi antisemiti"[7]. Anche Rabbi Barbara Aiello, primo rabbino donna in Italia, ha corroborato queste accuse, tacciando Vattimo di antisemitismo[8].  Il 9 gennaio 2009 ha rilasciato un'intervista al Corriere[9] in cui dichiara, riguardo a Israele  «bisognerebbe procurarsi missili più efficaci dei Qassam e portarli laggiù»  La dichiarazione, riferita ai missili Qassam con cui Hamas colpisce Israele, ha suscitato molte polemiche. Il filosofo ha tuttavia chiarito che le sue prese di posizione sono rivolte contro Israele e che non hanno nulla a che vedere con l’antisemitismo[10].  Sull'aggressione a Berlusconi In occasione dell'aggressione di Massimo Tartaglia a Silvio Berlusconi nel dicembre 2009, ha espresso a Radio Radicale la convinzione che quell'aggressione fosse stata una montatura; ha affermato inoltre che se l'aggressore avesse voluto veramente fare del male a Berlusconi era preferibile usare una pistola invece di una statuetta[11].  Pensiero Nelle sue opere Gianni Vattimo si è occupato dell'ontologia ermeneutica contemporanea, proponendone una propria interpretazione, che ha chiamato pensiero debole, in contrapposizione con le diverse forme di pensiero forte dell'Otto-Novecento: l'hegelismo con la sua dialettica, il marxismo, la fenomenologia, la psicanalisi, lo strutturalismo. Ognuno di questi movimenti si è proposto come superamento delle posizioni filosofiche precedenti e smascheramento dei loro errori. Ma ogni volta l'errore, secondo Vattimo, consisterebbe proprio in questo gesto teoretico. Non ci sono nuovi inizi, l'errore consiste proprio nella volontà di rifondare "fundamenta inconcussa" che non vi possono essere. Il pensiero debole è invece un atteggiamento della postmodernità che accetta il peso dell'"errore", ossia del caduco, dell'effimero, di tutto ciò che è storico e umano. È la nozione di verità a doversi modellare sulla dimensione umana, non viceversa.  Il pensiero debole Secondo Vattimo il pensiero debole è la chiave per la democratizzazione della società, la diminuzione della violenza e la diffusione del pluralismo e della tolleranza. In questo senso deve essere almeno segnalata la grande e decisiva importanza che assume nel suo pensiero la nozione di nichilismo, che rimette all'eredità di Nietzsche e Heidegger e si lega a vari temi vattimiani (dall'etica, alla politica, dalla religione - l'indebolimento di Dio - alla teoria della comunicazione).[12] Con le sue opere più recenti (in particolare Credere di credere) ha rivendicato al proprio pensiero anche la qualifica di autentica filosofia cristiana per la postmodernità.  Avvalendosi infatti della visione cristiana del maestro Pareyson e del teologo Sergio Quinzio, Vattimo rifiuta l'identificazione di Dio nell'essere razionale, così come concepito dalla tradizione filosofica occidentale. Di Pareyson e Quinzio, però, non condivide la visione religiosa tragica. Suggestionato dalle opere dell'antropologo francese René Girard, Vattimo legge la vicenda di Cristo come rifiuto di ogni sacrificio, anzitutto umano ed esistenziale. La kénosis (lett. "svuotamento") divina è a vantaggio della libertà e della pace umana.  Le ultime posizioni del filosofo rappresentano una svolta, sia nella sua impostazione filosofica dell'interpretazione del presente, sia nel campo dell'attività politica. Nel 2004 abbandona il partito dei Democratici di Sinistra e abbraccia il marxismo rivalutandone positivamente l'autenticità e validità dei principi progettuali, auspicando un "ritorno" al pensiero del filosofo di Treviri e a un comunismo epurato dagli sviluppi delle distorte politiche pubbliche sovietiche da superare dialetticamente. Per quanto la svolta possa apparire contraddittoria con le precedenti posizioni, Vattimo rivendica la continuità delle nuove scelte con il processo di ricerca sul pensiero debole, pur ammettendo il cambiamento di "molte delle sue idee". È lo stesso filosofo a parlare di un "Marx indebolito", ovvero di una base ideologica capace di illustrare la vera natura del comunismo e adatta nella pratica politica a superare ogni tipo di pudore liberal. L'approdo al marxismo si configura quindi come una tappa dello sviluppo del pensiero debole, arricchito nella prassi da una prospettiva politica concreta.  Etica e natura Vattimo ha anche espresso posizioni ambientaliste ed in particolare a favore dei diritti degli animali. Ad esempio ha dichiarato:  «In un'epoca in cui l'umanità si vede sempre più minacciata nelle stesse elementari possibilità di sopravvivenza (la fame, la morte atomica, l'inquinamento) la nostra radicale fratellanza con gli animali si presenta in una luce più immediata ed evidente.[13]»  Da parlamentare europeo si è battuto, tra l'altro, contro la sperimentazione animale[14] e contro il maltrattamento degli animali negli allevamenti.[15]  Vita privata Vattimo ha pubblicamente dichiarato la sua omosessualità, che concilia con la sua fede cristiana. Negli ultimi anni d'insegnamento universitario ha infatti sviluppato una concezione di Cristianesimo "secolarizzato", il quale, conseguentemente, non necessita di istituzioni ecclesiastiche, fondandosi sulla kénosis, ossia sull'abbassamento e sull'indebolimento dell'idea di Dio.[16] Per il filosofo il non riconoscimento di un "assoluto", inteso come una verità definitiva, porterebbe ad una maggiore accettazione della diversità sociale e culturale.  Nel 2003 il compagno da 11 anni di Vattimo, Sergio Mamino, storico dell'architettura, malato di tumore ai polmoni, muore nel bagno dell'aereo che lo stava portando nei Paesi Bassi per effettuare un'eutanasia. Ad accompagnarlo c'era con lui sull'aereo lo stesso Vattimo[17].  Ha collaborato con vari quotidiani italiani e stranieri (La Stampa, L'Unità, il manifesto, Il Fatto Quotidiano, Clarín, El País), con editoriali e riflessioni critiche su vari temi di attualità, politica e cultura.  Opere principali Il concetto di fare in Aristotele, Giappichelli, Torino, 1961 Essere, storia e linguaggio in Heidegger, Filosofia, Torino, 1963 Ipotesi su Nietzsche, Giappichelli, Torino, 1967 Poesia e ontologia, Mursia, Milano 1968 ISBN 9788842591009 Schleiermacher, filosofo dell'interpretazione, Mursia, Milano, 1968 ISBN 9788842592785 Introduzione ad Heidegger, Laterza, Roma-Bari, 1971 Il soggetto e la maschera, Bompiani, Milano, 1974 Le avventure della differenza, Garzanti, Milano, 1980 Al di là del soggetto, Feltrinelli, Milano, 1981 Il pensiero debole, Feltrinelli, Milano, 1983 (a cura di G. Vattimo e P. A. Rovatti) La fine della modernità, Garzanti, Milano, 1985 Introduzione a Nietzsche, Laterza, Roma-Bari, 1985 La società trasparente, Garzanti, Milano, 1989 Etica dell'interpretazione, Rosenberg & Sellier, Torino, 1989 Filosofia al presente, Garzanti, Milano, 1990 Oltre l'interpretazione, Laterza, Roma-Bari, 1994 Credere di credere, Garzanti, Milano, 1996 Vocazione e responsabilità del filosofo, Il Melangolo, Genova, 2000 Dialogo con Nietzsche. Saggi 1961-2000, Garzanti, Milano, 2001 Tecnica ed esistenza. Una mappa filosofica del Novecento, Bruno Mondadori, Milano, 2002 Dopo la cristianità. Per un cristianesimo non religioso, Garzanti, Milano, 2002 ISBN 88-11-59704-8 Nichilismo ed emancipazione. Etica, politica e diritto, a cura di S. Zabala, Garzanti, Milano, 2003 Il socialismo ossia l'Europa, Trauben, 2004 Il Futuro della Religione, con Richard Rorty. A cura di S. Zabala, Garzanti, Milano, 2005 Verità o fede debole? Dialogo su cristianesimo e relativismo, con René Girard. A cura di P. Antonello, Transeuropa Edizioni, Massa, 2006 Non essere Dio. Un'autobiografia a quattro mani, con Piergiorgio Paterlini, Aliberti editore, Reggio Emilia, 2006 Ecce comu. Come si ri-diventa ciò che si era, Fazi, Roma, 2007 After the Death of God, con John D. Caputo, Columbia University Press, 2007 Addio alla Verità, Meltemi, 2009 Introduzione all'estetica, Edizioni ETS, Pisa 2010 Magnificat. Un'idea di montagna, Vivalda, 2011 Hermeneutic Communism: From Heidegger to Marx, con Santiago Zabala, Columbia University Press, 2011 Della realtà, Garzanti, Milano, 2012 Ha pubblicato presso Laterza un annuario filosofico a carattere monografico (Filosofia '86-'95). La sezione Filosofia 86 ha vinto il Premio Brancati nel 1987.[18]  Critica  Vattimo a Lima, Perú nel 2010 (2005) Rossano Pecoraro, Niilismo e Pós(Modernidade). Introdução ao pensamento fraco de Gianni Vattimo, Rio de Janeiro-San Paolo, PUC-Loyola ED. (2006) "Dossier Vattimo", a cura di Rossano Pecoraro, in: "Alceu". Rivista del Dip. di Comunicazione della Pontificia Università Cattolica di Rio de Janeiro (disponibile on line). (2006) Davide Monaco, Gianni Vattimo. Ontologia ermeneutica, cristianesimo e postmodernità, Ets, Pisa 2006. (2006) Martin G. Weiss, Gianni Vattimo. Einführung. Vienna, Passagen 2006. (2006) Giovanni Giorgio, Il pensiero di Gianni Vattimo. L'emancipazione della metafisica tra dialettica ed ermeneutica, Franco Angeli, Milano, 2006. (2007) Weakening Philosophy. Essays in Honour of Gianni Vattimo, Edited by Santiago Zabala, Montréal: McGill-Queen's University Press, 2007. (2007) AA. VV., Numero della rivista A Parte Rei (Madrid), v. 54, dedicato a Vattimo (disponibile on line). (2008) Pensare l'attualità, cambiare il mondo, a cura di G. Chiurazzi, Bruno Mondadori, Milano. (2008) Enrico Redaelli, Il nodo dei nodi. L'esercizio del pensiero in Vattimo, Vitiello, Sini, Ets, Pisa 2008. (2008) L'apertura del presente. Sull'ontologia ermeneutica di Gianni Vattimo, a cura di L. Bagetto, Tropos. Rivista di ermeneutica e critica filosofica, anno I, numero speciale. (2009) Mario Kopić, Gianni Vattimo Čitanka / Gianni Vattimo Reader. Zagabria, Antibarbarus 2009. (2009) Carlos Muñoz Gutiérrez, Daniel Mariano Leiro, Víctor Samuel Rivera (a cura di), Ontología del declinar. Diálogos con la hermenéutica nihilista de Gianni Vattimo, Buenos Aires, Biblos. (2009) Carlos Pairetti, Introducción al pensamiento de Gianni Vattimo: Nihilismo y hermenéutica, Córdoba, Editorial de la Universidad Católica de Córdoba. (2011) Teresa Oñate, Daniel Leiro, Óscar Cubo, Amanda Nuñez (a cura di), El compromiso del espíritu actual. Con Gianni Vattimo en Turín, Cuenca, Aldebarán. (2011) Ricardo Milla, Vattimo y la hermenéutica política, in Isegoria (Madrid), giuglio, N° 44, pp. 339–343. (2013) Ricardo Milla, Emancipación de la metafísica. Hermenéutica política en Gianni Vattimo, in Perseitas (Colombia), Vol. 1, N° 1, pp. 102–135, http://www.funlam.edu.co/revistas/index.php/perseitas/article/view/912/858 (2016) Brais González Arribas, Reduciendo la violencia. La hermenéutica nihilista de Gianni Vattimo. Madrid, Dykinson. Note  http://www.fondazioneveranocentini.it/images/allegati/pdf/Vattimo_Gianni.pdf ^ Movi100 - Cent'anni di Movimento Studenti di Azione Cattolica, su movi100.azionecattolica.it (archiviato il 12 febbraio 2015). ^ (EN) Claudio Gallo, Gianni Vattimo Interview, su publicseminar.org, 11 luglio 2016. URL consultato il 26 gennaio 2020 (archiviato il 25 gennaio 2020). ^ Vattimo: viva i giustizialisti. Corro con Tonino Di Pietro Archiviato il 1º aprile 2009 in Internet Archive. ^ Marco Rizzo con Gramsci alla Camera (il nipote omonimo) e il filosofo Vattimo, nuovi iscritti al Partito Comunista. Sabato prossimo 24 gennaio Comitato Centrale a Livorno, su Ilpartitocomunista.it, 21 gennaio 2015. 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URL consultato il 4 agosto 2010 (archiviato dall'url originale il 15 maggio 2006). ^ Vattimo: accanimento sui gay, ma io non bacio in pubblico - Corriere della Sera, su corriere.it. URL consultato il 27 gennaio 2010 (archiviato il 9 gennaio 2010). ^ «Il mio compagno voleva farla finita Ma morì in viaggio tra le mie braccia» - Corriere della Sera, su corriere.it. URL consultato il 13 agosto 2013 (archiviato il 18 gennaio 2014). ^ Albo d'oro premio Brancati, su comune.zafferana-etnea.ct.it. URL consultato il 14 ottobre 2019 (archiviato il 30 aprile 2019). Voci correlate Pensiero debole Altri progetti Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Gianni Vattimo Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Gianni Vattimo Collegamenti esterni Blog ufficiale, su giannivattimo.blogspot.com. Modifica su Wikidata Gianni Vattimo, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana. Modifica su Wikidata Opere di Gianni Vattimo, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata Gianni Vattimo, su europarl.europa.eu, Parlamento europeo. Modifica su Wikidata Registrazioni di Gianni Vattimo, su RadioRadicale.it, Radio Radicale. Modifica su Wikidata Vattimo in Revista A parte rei, su personales.ya.com. URL consultato il 17 gennaio 2008 (archiviato dall'url originale il 9 dicembre 2012). Vattimo in una discussione sui fatti dell'11 settembre e sul Pensiero Unico (video), 22 aprile 2008, su mito11settembre.it. Lezione di congedo dall'Università di Torino di Gianni Vattimo - La verità e l’evento: dal dialogo al conflitto, 14 ottobre 2008, su teologiaeliberazione.blogspot.com. Credere di credere. Genesi e significato di una conversione debole Giornale di filosofia della religione Gianni Vattimo. Un comunista postmoderno? (di Costanzo Preve) Gianni Vattimo sul portale RAI Filosofia, su filosofia.rai.it. Rassegna in spagnolo di Ecce Comu in Isegoria, pp. 339–343 V · D · M Vincitori del Premio Brancati Controllo di autoritàVIAF (EN) 109371686 · ISNI (EN) 0000 0001 2147 3403 · SBN IT\ICCU\CFIV\000010 · Europeana agent/base/145898 · LCCN (EN) n80089633 · GND (DE) 119444690 · BNF (FR) cb12039401p (data) · BNE (ES) XX1722313 (data) · NLA (EN) 35830229 · BAV (EN) 495/126640 · NDL (EN, JA) 001096051 · WorldCat Identities (EN) lccn-n80089633 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Politica Portale Politica Categorie: Filosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloAccademici italiani del XX secoloAccademici italiani del XXI secoloPolitici italiani del XX secoloPolitici italiani del XXI secoloNati nel 1936Nati il 4 gennaioNati a TorinoPolitici del Partito RadicalePolitici dei Democratici di SinistraPolitici del Partito dei Comunisti ItalianiPolitici del Partito ComunistaTeorici dei diritti animaliEuroparlamentari dell'Italia della V legislaturaEuroparlamentari dell'Italia della VII legislaturaProfessori dell'Università degli Studi di TorinoStudenti dell'Università degli Studi di TorinoPersone che hanno fatto coming outAttivisti per i diritti delle persone LGBT in ItaliaMembri dell'Accademia delle Scienze di Torino[altre]Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Vattimo," The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

Veca: Essential Italian philosopher Salvatore Veca Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Salvatore Veca (Roma, 31 ottobre 1943) è un filosofo e accademico italiano.  Ha svolto un ruolo chiave nell'introduzione nel dibattito culturale italiano dell'approccio alla filosofia politica derivato dall'impostazione di John Rawls, divenendo un punto di riferimento filosofico della sinistra non marxista a partire dagli anni '70 e '80, sia come teorico che come militante. La sua formazione di tipo analitico (sensibile quindi alle metodologie e alle questioni della filosofia del linguaggio e della logica), insolita rispetto alla figura del teorico politico così come tradizionalmente concepito in Italia, ha permesso alla sua riflessione di spaziare anche negli ambiti dell'epistemologia e della metafisica, indagandone le connessioni con l'ambito della filosofia morale e politica.  Ha dato un impulso decisivo, nel dibattito filosofico italiano, a temi quali il realismo, il problema della completezza nelle teorie epistemiche e politiche, la giustizia globale e la sostenibilità, accogliendo suggestioni da parte del mondo anglo-sassone rielaborate con uno stile originale.   Indice 1Carriera accademica 2Carriera editoriale 3Ruoli ed incarichi 4Premi 5Pensiero 6Introduzioni ad opere di altri autori 7Voci correlate 8Altri progetti 9Collegamenti esterni Carriera accademica Salvatore Veca ha studiato Filosofia all'Università di Milano, dove si è laureato nel 1966 con una tesi in Filosofia teoretica, condotta sotto la guida di Enzo Paci e Ludovico Geymonat. Dal 1966 al 1973, è stato assistente volontario, borsista CNR e assistente incaricato presso la cattedra di Filosofia teoretica dell'Università di Milano. Dal 1974 al 1975 è stato professore incaricato di Filosofia politica presso la Facoltà di Lettere e filosofia dell'Università della Calabria.  Dal 1975 al 1978 è stato professore incaricato di Storia delle istituzioni e delle strutture sociali presso la Facoltà di Lettere e filosofia dell'Università di Bologna.  Dal 1978 al 1986 è stato professore incaricato, professore incaricato stabilizzato e professore associato di Filosofia politica presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Milano.  Dal 1986 al 1989 è stato professore straordinario di Filosofia politica presso la Facoltà di Lettere e filosofia dell'Università di Firenze.  Dal 1990 al 2006 è stato professore ordinario di Filosofia politica presso la Facoltà di Scienze politiche dell'Università di Pavia.  Dal 1996 al 1999 è stato vicepreside della Facoltà di Scienze politiche dell'Università di Pavia. Dal 1999 al 2005 è stato preside della Facoltà di Scienze politiche dell'Università di Pavia.  Dal 1998 al 2005 è stato membro del Comitato direttivo della Scuola Superiore IUSS di Pavia. Dal 2000 al 2012 è stato rettore del Collegio Universitario Giasone del Maino di Pavia.  Dal 2001 al 2006 è stato direttore del Centro interdipartimentale di Studi e Ricerche in Filosofia sociale dell'Università di Pavia. Dal 2001 al 2005 è stato prorettore per la didattica dell'Università di Pavia.  Dal 2003 al 2006 è stato componente del Consiglio di amministrazione della Fondazione Romagnosi di Pavia e del Comitato scientifico dell’European Centre for Training and Research in Earthquake Engineering presso l'Università di Pavia.  Dal 2003 al 2005 ha fatto parte del Consiglio d'amministrazione dell'Istituto italiano di scienze umane di Firenze. Dal 2005 al 2012 è stato vicedirettore dell'Istituto Universitario di Studi Superiori di Pavia. Dal 2005 al 2010 è stato coordinatore dei corsi ordinari dell'Istituto Universitario di Studi Superiori di Pavia.  Dal 2012 al 2013 è prorettore vicario dell'Istituto Universitario di Studi Superiori di Pavia.  Dal 2006 al 2013 è professore ordinario di Filosofia politica presso l'Istituto Universitario di Studi Superiori di Pavia.  Conclusa la sua carriera accademica nel 2013, Veca attualmente insegna Filosofia politica nelle Classi di Scienze umane e Scienze sociali dell'Istituto Universitario di Studi Superiori di Pavia.  Nella sua lunga carriera Veca ha tenuto seminari e cicli di lezioni all'Università di Cambridge (Christ's College), all'Università di San Paolo, all'Università di Campinas, all'Università di Bogotà, all'Università di Evora, alla Sorbonne, all'Università di Grenoble, all'Istituto Universitario Europeo.  Carriera editoriale Salvatore Veca ha svolto un'intensa attività di consulenza e direzione editoriale.  Nel 1974 Veca ha assunto, grazie a un invito del prof. Giuseppe Del Bo, la direzione scientifica della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli di Milano. Dal 1984 al 2001 è stato presidente della Fondazione Feltrinelli, promuovendo lo sviluppo del suo Centro di Scienza politica. Direttore degli "Annali" della Fondazione, Veca ha impegnato l'istituzione in una ampia gamma di attività di ricerca, documentazione e pubblicazione nell'ambito della teoria politica e sociale contemporanea che perseguono lo scopo di coniugare la tradizione della ricerca storico-sociale con l'innovazione dei metodi e degli esiti della teoria normativa e descrittiva della politica. Dal 1981 al 2001 Veca ha coordinato le attività del Seminario annuale di Filosofia politica, promosso dalla Feltrinelli in collaborazione con il Centro Studi Politici "Paolo Farneti" di Torino e la Scuola Normale Superiore di Pisa. Nel 2000 avvia il progetto della “Biblioteca europea” della Fondazione Feltrinelli, di cui è attualmente direttore. Nel 2013 è stato designato Presidente onorario della Fondazione Feltrinelli ed è direttore scientifico del suo Laboratorio Expo.  Veca è inoltre stato condirettore di Aut Aut con Enzo Paci e P.A. Rovatti dal 1971 al 1973. Ha diretto dal 1974 al 1981 la collana Readings per l'Università della Casa editrice Feltrinelli, di cui è consulente per la saggistica nel campo della filosofia e della teoria politica e sociale. Dal 1977 al 1992 è stato consulente della saggistica de il Saggiatore, di cui ha diretto, con Marco Mondadori, la collana Theoria.  Fa parte o ha fatto parte del comitato scientifico o di direzione di riviste quali "Rassegna italiana di sociologia", "Teoria politica", "Biblioteca della libertà", "Transizione", "Etica degli affari", "Iride", "European Journal of Philosophy", "Filosofia e questioni pubbliche", "Reset", "Quaderni di Scienza politica", "Il Politico", "Rivista di filosofia", “Italianieuropei”. È attualmente direttore de “Il giornale di Socrate al caffè. Bimestrale di cultura e conversazione civile”.  Nel 2015 è curatore scientifico della Carta di Milano per Expo 2015.  Ruoli ed incarichi Fa parte del Comitato direttivo di "Politeia", Centro per la ricerca e la formazione in politica ed etica diMilano, di cui è stato uno dei fondatori. È stato componente del Comitato etico dell'IstitutoEuropeo di Oncologia di Milano e del Comitato etico dell'Istituto Mondino di Pavia. Ha fatto parte del Comitato scientifico della Fondazione Rosselli di Torino.Dal 1984 al 1990 è stato coordinatore del Comitato Scientifico della ARIF (Associazione per la ricerca e l'insegnamento della filosofia). Dal 1988 al 1992 e dal 2001 al 2005 ha fatto parte del Consiglio direttivo nazionale della Società Filosofica italiana. È stato componente del Consiglio nazionale presso il Ministero dei Beni culturali e ambientali.  Dal 2001 al 2007 è stato presidente dell'Associazione “I quattro cavalieri” che ha promosso le attività dell’ensemble cameristico “I solisti di Pavia”, diretto dal maestro Enrico Dindo. Dal 2005 è componente del Comitato generale Premi della Fondazione Balzan “Premio” di Milano.  Dal 2006 è presidente della Fondazione Campus di Lucca. Dal 2007 al 2013 è stato direttore delle Scuole di formazione politica dell'Associazione “Libertà e giustizia”.  Dal 2008 al 2011 è stato presidente della Fondazione Paolo Grassi – La voce della cultura - di Milano. Dal 2009 è Presidente del Comitato Generale Premi della Fondazione Balzan di Milano.  Dal 2009 è membro del Comitato dei Garanti della Scuola Galileiana di Studi Superiori di Padova.  Dal 2010 è socio corrispondente residente della Classe di Scienze morali dell'Istituto lombardo di scienze e lettere. Dal 2010 è consigliere della Fondazione del Centenario della BSI di Lugano. Dal 2010 è membro del Comitato Scientifico della Fondazione Gualtiero Marchesi.  Dal 2011 è Accademico corrispondente non residente della Classe di Scienze Morali dell'Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna. Dal 2014 è designato dall'Università di Pavia quale Garante dei diritti degli studenti. Dal 2014 è presidente della Casa della Cultura di Milano.  Dal 2014 è socio corrispondente non residente dell'Accademia delle Scienze di Torino.  Dal 2015 è membro effettivo dell'Istituto Lombardo di Lettere e Scienze e componente del Comitato dei Garanti del FAI.  Premi Nel 1998 ha ricevuto il Premio Castiglioncello - sezione di filosofia - per il libro Dell'incertezza e gli è stata conferita, con decreto del Presidente della Repubblica, la medaglia d'oro e il diploma di prima classe, riservati ai Benemeriti della Scienza e della Cultura. Nel 2000 ha ricevuto il premio dell'Accademia di Carrara per il libro La filosofia politica.  Nel 2006 ha ricevuto il premio per la filosofia “Viaggio a Siracusa” per il libro La priorità del male e l'offerta filosofica.  Nel 2009 ha ricevuto il premio “Ponte per la cultura” della Fondazione Europea Guido Venosta per il libro Etica e verità. Nel 2012 gli è stata conferita la medaglia d'oro di benemerenza civica dal Comune di Milano.  Pensiero Nel pensiero di Veca sono individuabili tre fasi distinte.  La prima fase della sua ricerca scientifica è stata dedicata a questioni di teoria della conoscenza o di epistemologia. Nel 1969 Veca ha pubblicato il volume Fondazione e modalità in Kant e numerosi articoli su problemi di filosofia della logica, della matematica e della fisica nel pensiero di Alfred North Whitehead, Gottlob Frege, Ernst Cassirer e Willard Van Orman Quine.  Dal 1970 al 1977, il centro di interesse scientifico di Veca si sposta sulle teorie di Karl Marx in rapporto alle scienze economiche, sociali e politiche, delineando una seconda fase di ricerca i cui esiti sono formulati nel volume, Marx e la critica dell'economia politica e, soprattutto, nel Saggio sul programma scientifico di Marx.  Dal 1978 in avanti, Veca si impegna in un programma di ricerca nell'ambito della filosofia politica influenzato dalla prospettiva della teoria normativa della politica. Dopo il libro, Le mosse della ragione, introduce nella cultura filosofica italiana la discussione sulle teorie della giustizia con il volume, La società giusta ed elabora e sviluppa la sua prospettiva teorica in Questioni di giustizia e Una filosofia pubblica. Nel 1988 Veca dedica un volume divulgativo agli esiti di questa fase della sua ricerca, L'altruismo e la morale, scritto con Francesco Alberoni.  Gli sviluppi successivi della sua ricerca, orientata al problema dei rapporti fra teoria normativa e teoria descrittiva della politica e incentrata sulla questione del pluralismo come fatto e come valore per la teoria democratica, sono rinvenibili nel saggio Libertà e eguaglianza. Una prospettiva filosofica in Progetto Ottantanove, scritto con Alberto Martinelli e Michele Salvati, nel libro Etica e politica e, in particolare, nei libri Cittadinanza. Riflessioni filosofiche sull'idea di emancipazione e Questioni di giustizia. Corso di filosofia politica.  Dal 1991 al 1996 Veca lavora alla stesura di tre meditazioni filosofiche intorno a questioni di verità, giustizia e identità, in cui estende la gamma dei suoi interessi teorici rispetto ai lavori degli anni Ottanta. Sviluppando una serie di idee originariamente presentate in Questioni di vita e conversazioni filosofiche, gli esiti di questa ricerca sono contenuti nel libro Dell'incertezza. Tre meditazioni filosofiche.  Nel 1997 pubblica, con Sebastiano Maffettone, l'antologia L'idea di giustizia da Platone a Rawls. Nel 1998 pubblica una raccolta di saggi di filosofia sociale e politica, Della lealtà civile. Saggi e messaggi nella bottiglia e un libro dedicato alla interpretazione e alla ricostruzione della teoria politica normativa di fine secolo, intitolato La filosofia politica.  Nel 2001 pubblica La penultima parola e altri enigmi. Questioni di filosofia, in cui sono approfonditi alcuni esiti di Dell'incertezza ed è affrontata, nella prima parte, la questione metateorica della relazione fra l'attività filosofica e la sua storia nel tempo. Nel 2002 pubblica La bellezza e gli oppressi. Dieci lezioni sull'idea di giustizia, in cui sono presentate alcune idee di base per una teoria della giustizia globale. Nel 2004 presenta la sua prospettiva filosofica in un libro divulgativo di dialoghi con sua nipote Camilla, Il giardino delle idee. Quattro passi nel mondo della filosofia.  Nel 2005 pubblica La priorità del male e l'offerta filosofica, in cui sviluppa e approfondisce le questioni di una teoria della giustizia globale e mette a fuoco, fra l'altro, le connessioni fra l'offerta di filosofia politica e le circostanze e i soggetti di politica.  Nel 2006 pubblica Le cose della vita. Congetture, conversazioni e lezioni personali, in cui estende l'esame delle questioni di vita, inteso come tentativo di autoritratto, e lo connette al problema dell'eredità intellettuale, nel senso della dimensione storica del sapere filosofico.  Nel 2009 pubblica Dizionario minimo. Per la convivenza democratica, in cui esamina e discute alcuni temi fondamentali per l'interpretazione e la valutazione della forma di vita democratica, sulla base di una tesi sulla natura della libertà democratica. Pubblica inoltre Etica e verità, in cui sono raccolti cinque saggi brevi incentrati sui rapporti fra la crescita dell'impresa scientifica e i nostri criteri di giudizio etico, e Quattro lezioni sull'idea di incompletezza, in cui presenta i primi risultati di una ricerca filosofica sull'idea di incompletezza, messa a fuoco in distinti domini di applicazione, quali quello della interpretazione, della giustificazione e della dimostrazione.  Nel 2011 pubblica L'idea di incompletezza. Quattro lezioni, in cui espone gli esiti più maturi delle sue ricerche filosofiche sul paradigma dell'incompletezza, cercando di esplicitarne la coerenza e la connessione con il paradigma dell'incertezza. Nel 2012 pubblica L'immaginazione filosofica e altri saggi, in cui sviluppa il tema dell'immaginazione filosofica a partire dalle tesi conclusive del contributo all'idea di incompletezza e sullo sfondo di una definizione delle principali linee della propria ricerca filosofica.  Nel 2013 pubblica Un'idea di laicità, in cui propone un argomento a favore della laicità delle istituzioni e delle scelte sociali basato su un'interpretazione della natura della libertà democratica e del fatto del pluralismo.  Nel 2014 pubblica il pamphlet intitolato Non c'è alternativa. Falso!, in cui mette a fuoco, in una prospettiva filosofica, alcuni aspetti rilevanti della crisi economica strutturale e dei rapporti fra capitalismo e democrazia rappresentativa.  Nel 2014 pubblica La gran città del genere umano. Dieci conversazioni filosofiche, una raccolta di saggi su temi differenti accomunati dalla prospettiva globale “degli occhi del resto d'umanità”. Nel 2015 pubblica La barca di Neurath. Sette saggi brevi, in cui affronta questioni epistemologiche, normative e metafilosofiche sullo sfondo del paradigma dell'incertezza e dell'incompletezza.  Nel 2015 è curatore del volume degli Annali della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Laboratorio Expo. The Many Faces of Sustanaibility, che raccoglie gli esiti più significativi della ricerca di Laboratorio Expo.  Del 2018 è Il senso della possibilità, dove Veca, raccogliendo intuizioni sviluppate in quegli anni nelle lezioni presso la Scuola Superiore IUSS di Pavia, espone il suo maturato interesse per la l'interpretazione filosofica delle modalità. In particolare, per Veca le questioni metafisiche delle modalità (specie il confronto tra mondo attuale e mondi possibili, esaminando le differenti posizioni di Kripke, Lewis, Armstrong) costituirebbero la chiave di volta filosofica a cui si riconducono le questioni normative ed ontologiche relative all'epistemologia, all'etica e alla politica esposte ne L'idea di incompletezza e Dell'incertezza. In particolare, la distinzione tra mondi possibili e realtà modale, che fornirebbe una fondazione analitica alla compatibilità tra costruttivismo e realismo filosofico, proposta in chiusura del volume, può considerarsi l'apertura di una nuova fase del pensiero di Veca, stavolta di stampo prettamente metafisico, e che si ricollega peraltro all'interesse per le modalità centrale nella sua opera prima.  Opere  Fondazione e modalità in Kant. Milano, Il Saggiatore, 1969; Marx e le critiche dell'economia. Milano, Il Saggiatore, 1973; Saggio sul programma scientifico di Marx. Milano, Il Saggiatore, 1977 [1979] [2005] [2008] [2016]; Le mosse della ragione. Milano, Il Saggiatore, 1980; La società giusta. Argomenti per il contrattualismo. Milano, Il Saggiatore, 1982 [1988] [2010]; Crisi della democrazia e neocontrattualismo (con Norberto Bobbio e Giuliano Pontara). Roma, Riuniti, 1984; Questioni di giustizia. Parma, Pratiche, 1985; Cooperare e competere. Milano, Feltrinelli, 1986; Una filosofia pubblica. Milano, Feltrinelli, 1986 [1987]; L'Altruismo e la morale (con Francesco Alberoni). Milano, Garzanti, 1988 [1989]; Etica e politica. Milano, Garzanti, 1989; Progetto Ottantanove (con Alberto Martinelli e Michele Salvati). Milano, Il Saggiatore, 1989 [2009]; Cittadinanza. Riflessioni filosofiche sull'idea di emancipazione. Milano, Feltrinelli, 1990 [1991] [2008] [2013] ISBN 978-88-07-88251-7; Questioni di vita e conversazioni filosofiche. Milano, BUR, Biblioteca Universale Rizzoli, 1991 [2005]; Questioni di giustizia. Corso di filosofia politica. Torino, Einaudi, 1991; Europa Universitas. Tre saggi sull'impresa scientifica europea, (con Giulio Giorello e Tullio Regge). Milano, Feltrinelli, 1993 ISBN 978-88-07-09038-7; Filosofia, politica, società. Annali di etica pubblica, (con Sebastiano Maffettone). Roma, Donzelli, 1995; L'Idea di giustizia da Platone a Rawls, (con Sebastiano Maffettone). Roma-Bari, Laterza, 1997 [2008]; Dell'incertezza. Tre meditazioni filosofiche. Milano, Feltrinelli, 1997 [2006] ISBN 978-88-07-81906-3; La politica e l'amicizia (con Enrico Berti). Milano, Edizioni lavoro, 1998; Della lealtà civile. Saggi e messaggi nella bottiglia. Milano, Feltrinelli, 1998 ISBN 978-88-07-47017-2; La penultima parola e altri enigmi. Roma-Bari, Laterza, 2001; La filosofia politica. Roma-Bari, Laterza, 2002 [2007] [2010]; La bellezza e gli oppressi. Dieci lezioni sull'idea di giustizia. Milano, Feltrinelli, 2002 [2010] ISBN 978-88-07-72194-6; Il giardino delle idee. Quattro passi nel mondo della filosofia. Milano, Frassinelli, collana "I libri di Arnoldo Mosca Mondadori", 2004; La priorità del male e l'offerta filosofica. Milano, Feltrinelli, 2005 ISBN 978-88-07-10388-9; Le cose della vita. Congetture, conversazioni e lezioni personali. Milano, BUR, Biblioteca Universale Rizzoli, 2006; Dizionario minimo. Le parole della filosofia per una convivenza democratica. Milano, Frassinelli, 2009; Quattro lezioni sull'idea di incompletezza. Milano, La Scuola di Pitagora, 2009; Etica e verità. Saggi brevi. Milano, Giampiero Casagrande editore, collana "Attualità e studi", 2009 [2010]; L'idea di incompletezza. Quattro lezioni. Milano, Feltrinelli, 2011 [2018] ISBN 978-88-07-10469-5; Sarabanda. Oratorio in tre tempi per voce sola. Milano, Feltrinelli, 2011 ISBN 978-88-07-42130-3; Kant. Milano, Book Time, 2012 ISBN 978-88-6218-201-0; Tolleranza. Le virtù civili. Milano, ASMEPA, 2012 ISBN 978-88-97-62062-4; L'immaginazione filosofica e altri saggi. Milano, Feltrinelli, 2012 ISBN 978-88-07-10486-2; Un'idea di laicità. Bologna, il Mulino, 2013 ISBN 978-88-15-24718-6; Ragione, giustizia, filosofia, scritti scelti di Salvatore Veca, a cura di Antonella Besussi e Anna E. Galeotti. Milano, Feltrinelli, 2013, ISBN 9788807105029. Omnia Mutantur. La scoperta filosofica del pluralismo culturale (con Richard J. Bernstein e Mario Ricciardi). Milano, Marsilio, 2014. Non c'è alternativa. Falso! Roma-Bari, Laterza, 2014. La gran città del genere umano. Dieci conversazioni filosofiche. Milano, Mursia, 2014. La barca di Neurath. Sette saggi brevi. Pisa, Scuola Normale Superiore, 2015. Laboratorio Expo. The Many Faces of Sustanaibility. Milano, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, 2015. Il giardino di Camilla. Milano, Mursia, 2015. Responsabilità-Uguaglianza-Sostenibilità. Tre parole-chiave per interpretare il futuro (con Elena Pulcini e Enrico Giovannini). Bologna, Edizioni Dehoniane, 2017. Il senso della possibilità. Sei lezioni. Milano, Feltrinelli, 2018. Le virtù cardinali. Prudenza, temperanza, fortezza, giustizia(con Giulio Giorello e Remo Bodei). Roma, Laterza, 2018. A proposito di Karl Marx. Milano, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, 2018. Quasi un diario. Socrate al caffè 2008-2018. Milano, Casagrande, 2019. Qualcosa di sinistra. Idee per una politica progressista. Milano, Feltrinelli, 2019. Libertà. Roma, Treccani, 2019. Introduzioni ad opere di altri autori Salvatore Veca ha curato, introdotto o suggerito l'edizione in lingua italiana delle opere dei seguenti autori:  John Rawls, filosofo statunitense Robert Nozick, filosofo statunitense Robert Alan Dahl, politologo statunitense David Easton, politologo canadese Thomas Nagel, filosofo statunitense Bernard Williams, filosofo britannico Derek Parfit, filosofo britannico Hilary Putnam, filosofo statunitense Michael Walzer, filosofo statunitense Isaiah Berlin, filosofo britannico Amartya Sen, economista indiano Nelson Goodman, filosofo statunitense Kenneth Arrow, economista statunitense Tom Regan, filosofo statunitense Jon Elster, sociologo norvegese John Passmore, filosofo australiano Giuliano Pontara, filosofo italiano John Dunn, politologo britannico Charles Larmore, filosofo statunitense Alasdair MacIntyre, filosofo scozzese John Harsanyi, economista ungherese Carl Gustav Hempel, matematico tedesco Bruno De Finetti, matematico italiano James Meade, economista britannico Ronald Dworkin, filosofo statunitense Robert Axelrod, politologo statunitense Barrington Moore, sociologo statunitense Stuart Hampshire, filosofo britannico Philip Pettit, filosofo statunitense Jonathan Spence, scrittore britannico Voci correlate Scuola di Milano Altri progetti Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Salvatore Veca Collegamenti esterni Salvatore Veca, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Opere di Salvatore Veca, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Salvatore Veca, su Open Library, Internet Archive. Modifica iu Wikidata Socrate al Caffè, su socrate.apnetwork.it. Salvatore Veca. Biografia e bibliografia Archiviato il 18 marzo 2009 in Internet Archive. Università di Pavia. Centro di filosofia sociale Salvatore Veca. Scritti Università di Pavia. Centro di filosofia sociale Salvatore Veca: la teoria della giustizia Portale RAI Filosofia Presentazione del volume Ragione, Giustizia, Filosofia. Scritti in onore di Salvatore Veca Controllo di autorità              VIAF (EN) 71674431 · ISNI (EN) 0000 0000 8151 9306 · SBN IT\ICCU\CFIV\009310 · LCCN (EN) n79095571 · GND (DE) 132338858 · BNF (FR) cb15026636c (data) · WorldCat Identities (EN) lccn-n79095571 Biografie Portale Biografie Editoria Portale Editoria Filosofia Portale Filosofia Università Portale Università Categorie: Filosofi italiani del XX secoloAccademici italiani del XX secoloNati nel 1943Nati il 31 ottobreNati a RomaFilosofi della politicaStudenti dell'Università degli Studi di MilanoProfessori dell'Università degli Studi di MilanoProfessori dell'Università di BolognaProfessori dell'Università degli Studi di Pavia[altre]

Vecchio: essential Italian philosopherGiorgio Del Vecchio - Giorgio Del Vecchio      Da Wikipedia, l'enciclopedia libera Giorgio Del Vecchio Nato 1878 Bologna , Italia Morto                                    1970 Genova , Italia EraLa filosofia del 20 ° secolo Regionefilosofia occidentale interessi principali Etica , filosofia del diritto , filosofia politica influenzato Norberto Bobbio Giorgio Del Vecchio (26 agosto 1878 - 28 novembre 1878-28 novembre 1970) è stato un eminente italiana filosofo del diritto del 20esimo secolo. Tra gli altri ha influenzato le teorie di Norberto Bobbio . Egli è famoso per il suo libro giustizia .  Biografia Figlio di Giulio Salvatore, Giorgio Del Vecchio è stato professore di filosofia del diritto presso l'Università di Ferrara (1904), Sassari (1906), Messina (1909), Bologna (1911) e Roma dal 1920 al 1953. E 'diventato Rettore dell'Università degli Studi di Roma dal 1925 al 1927. ha inizialmente aderito al fascismo, come molti filosofi del diritto in Italia (anche se lui stesso rimosso dal l'ideologia fascista nella fase iniziale). Ha perso la sua cattedra per due volte e per ragioni opposte: nel 1938 per mano dei fascisti perché era un Ebreo e nel 1944 per mano di antifascisti perché era accusato di simpatizzare con il fascismo all'inizio della sua carriera.  Reintegrato nell'insegnamento durante la seconda guerra mondiale, ha lavorato con il Secolo d'Italia e la rivista Pages libero (pubblicazione regia di Vito Panucci). Insieme a Nino Tripodi, Gioacchino Volpe , Alberto Asquini, Roberto Cantalupo, Ernesto De Marzio e Emilio Betti, ha fatto parte del comitato organizzatore di INSPE, un Istituto di ricerca che negli anni Cinquanta e Sessanta si era opposto alla cultura marxista, la promozione di conferenze internazionali e pubblicazioni. E 'stato fondatore e direttore del giornale internazionale di Filosofia del Diritto .  E 'considerato tra i maggiori interpreti di italiano neo-kantismo. Giorgio Del Vecchio, come i suoi colleghi tedeschi, ha criticato il positivismo filosofico, affermando che il concetto di diritto non può essere derivata dall'osservazione dei fenomeni giuridici.  A questo proposito, le sue convinzioni concordarono con una vertenza che si stava svolgendo in Germania tra Filosofia, Sociologia e legale Teoria generale che sembrava di ridefinire il "filosofia del diritto" a cui Del Vecchio ha attribuito questi tre compiti:  compito logica : costruire il concetto di legge; compito fenomenologica : che consiste nello studio del diritto come fenomeno sociale; compito ontologica : che esamina la natura di giustizia o "l'essenza del diritto come dovrebbe essere." I libri di Del Vecchio sono usati come libri di riferimento e di testo in molte scuole e università.  Lavori Senso giuridico (1902) La filosofico Presupposti del concetto di legge (1905) Il concetto di legge (1906) Il concetto di natura e il principio di diritto (1908) Sui principi generali della legge (1921) Giurisprudenza (1922-1923, 4 ed. 1951) Lezioni Filosofia del diritto (1930, 13 ed. 1957) La crisi della scienza del diritto (1934) Storia della Filosofia del diritto (1950) Mutevolezza ed Eternità della legge (1954) Gli studi sul diritto (2 voll., 1958) Parerga (3 voll., 1961-1967) link esterno Del Vecchio, Giorgio - treccani.it "Principi generali del diritto" This page is based on the copyrighted Wikipedia article "Giorgio_Del_Vecchio" (Authors); it is used under the Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported License. You may redistribute it, verbatim or modified, providing that you comply with the terms of the CC-BY-SA. Cookie-policy       To contact us: mail to admin@qwerty.wiki . Vechio: essential Italian philosopher. Grice: “Note that it is DelVecchio.”

Vedovelli: Essentail Italian philosopher Massimo Vedovelli Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Niente fonti! Questa voce o sezione sull'argomento linguisti italiani non cita le fonti necessarie o quelle presenti sono insufficienti. Puoi migliorare questa voce aggiungendo citazioni da fonti attendibili secondo le linee guida sull'uso delle fonti. Massimo Vedovelli (Roma, 1953) è un filosofo e linguista italiano. È stato Rettore dell'Università per stranieri di Siena; dal 2013 al 2016 è stato assessore alla cultura del Comune di Siena.   Indice 1Biografia 2Opere principali 3Voci correlate 4Collegamenti esterni Biografia Laureato in filosofia del linguaggio presso l'Università La Sapienza di Roma nel 1976, è professore ordinario di Linguistica educativa e di Semiotica presso la Facoltà di Lingua e cultura italiana dell'Università per stranieri di Siena, dove dal 2004 ha assunto la carica di Rettore. Precedentemente ha svolto attività di ricerca e di docenza presso l'Università di Heidelberg, l'Università della Calabria, l'Università La Sapienza di Roma, l'Università degli studi di Pavia.  I suoi settori di ricerca si muovono nell'ambito della glottodidattica, della semiotica, della sociolinguistica e della linguistica acquisizionale. Ha introdotto in Italia il concetto di lingua immigrata. In generale, le sue ricerche si concentrano sull'insegnamento e apprendimento delle lingue in contesto migratorio.  È autore di un commento al Quadro comune europeo di riferimento per l'insegnamento delle lingue e coautore della ricerca Italiano 2000, indagine motivazionale sui pubblici dell'italiano all'estero, realizzata nel 2000 sotto la guida di Tullio De Mauro. È stato il fondatore e primo direttore della CILS - Certificazione di Italiano come Lingua Straniera, e del Centro di Eccellenza della Ricerca Osservatorio linguistico dell'italiano diffuso fra stranieri e delle lingue immigrate in Italia, istituiti presso l'Università per stranieri di Siena.  Opere principali LIP. Lessico di frequenza dell'italiano parlato, con Tullio De Mauro, Miriam Voghera, Federico Mancini, Milano, IBM - Etas, 1993. Italiano 2000. I pubblici e le motivazioni dell'italiano diffuso tra stranieri, con Tullio De Mauro, Monica Barni e Lorenzo Miraglia, Roma, Bulzoni, 2002. Guida all'italiano per stranieri. La prospettiva del Quadro comune europeo per le lingue, Roma, Carocci, 2002. L'italiano degli stranieri, Roma, Carocci, 2002. Lingua in giallo. Analfabeti, criminali, sordomuti, certificazioni di lingua straniera, Perugia, Guerra, 2004. Storia linguistica dell'emigrazione italiana nel mondo, (curatela), Roma, Carocci, 2011. Voci correlate Università per stranieri di Siena Certificazione CILS Linguistica educativa Glottodidattica Semiotica Collegamenti esterni Registrazioni di Massimo Vedovelli, su RadioRadicale.it, Radio Radicale. Modifica su Wikidata Massimo Vedovelli. Biografia e bibliografia Università per stranieri di Siena. URL visitato il 6 gennaio 2014. Controllo di autoritàVIAF (EN) 59186568 · ISNI (EN) 0000 0001 1651 8486 · SBN IT\ICCU\CFIV\010321 · LCCN (EN) n79064278 · BNF (FR) cb12485167j (data) · WorldCat Identities (EN) lccn-n79064278 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Linguistica Portale Linguistica Università Portale Università Categorie: Filosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloLinguisti italianiNati nel 1953Nati a RomaGlottodidattiRettori dell'Università per stranieri di Siena[altre]

Vegetti – Veghetti: essential Italian philosopher. Mario Vegetti Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search  Mario Vegetti Mario Vegetti (Milano, 4 gennaio 1937 – Milano, 11 marzo 2018) è stato uno storico della filosofia, traduttore e accademico italiano, professore ordinario fino al 2005 di Storia della filosofia antica presso l'Università degli Studi di Pavia.   Indice 1Biografia 2Pensiero 3Opere 4Note 5Intervista 6Collegamenti esterni Biografia Si laureò con una tesi sulla storiografia di Tucidide nel 1959 presso la Facoltà di Lettere e filosofia dell'Università di Pavia, quale alunno del Collegio Ghislieri.  Libero docente e successivamente professore incaricato in Storia della filosofia antica, fu professore ordinario di questa disciplina dal 1975 al 2005 presso l'Università di Pavia dove ricoprì più volte il ruolo di direttore nel Dipartimento di Filosofia della stessa università.  Fu docente presso la Scuola Superiore IUSS di Pavia e la Scuola Europea di Studi Avanzati dell'Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli.[1]  Fu membro del Collegium Politicum internazionale e socio dell'Accademia di Scienze Morali e Politiche di Napoli, e dell'Istituto Lombardo Accademia di Scienze e Lettere.  Vegetti condivise per molti anni il lavoro intellettuale e l'impegno sociale con la moglie Silvia Finzi, [2][3] laureata in pedagogia e specializzata in psicologia clinica, psicoterapeuta per i problemi dell'infanzia, della famiglia e della scuola.[4]  Morì nella sua casa milanese l'11 marzo 2018, a soli quattro giorni di distanza dalla morte dell'amico e collega Diego Lanza.[5]  Pensiero Mario Vegetti si dedicò alla storia del pensiero scientifico greco mettendo in evidenza le relazioni della scienza antica con la filosofia secondo l'insegnamento del suo maestro Ludovico Geymonat. In particolare pubblicò studi sulla medicina e sulla biologia da Ippocrate a Galeno.  Fu il primo in Italia a impartire un corso di storia della filosofia antica che prendesse in considerazione i riferimenti alla storia della scienza antica, particolarmente in ambito greco[6]. Nella ricerca di tale profonda connessione storica fra scienze e filosofia, seguì la metodologia del suo Maestro Geymonat.  Il campo d'indagine approfondito da Vegetti consistette essenzialmente nello studio degli aspetti etici e politici della filosofia antica, in particolare del pensiero platonico, aristotelico e stoico, in rapporto con l'ambito sociale ed ideologico della cultura greco-romana.  Relativamente all'etica antica, che assimilava l'ordine stabilito dalla legge morale e politica con l'ordine naturale insito nel kósmos, l'universo ordinato, Vegetti ritenne che si configurasse per la prima volta nell'Iliade omerica proseguendo poi nella riflessione orfica-pitagorica sull'anima.  Opere Apprezzato in ambito internazionale per i suoi studi su Platone, Aristotele, Ippocrate, Galeno [7] e sull'etica antica ha pubblicato le seguenti opere:  Il coltello e lo stilo, Il Saggiatore, Milano, I ediz.1979, II ediz., 1996. Tra Edipo e Euclide, Il Saggiatore, Milano, 1983. L'etica degli antichi, Laterza, Roma-Bari, 1989. La medicina in Platone, Il Cardo, Venezia, 1995. La Repubblica, di Platone; traduzione e commento a cura di Mario Vegetti, Napoli, Bibliopolis, 1998-2008 (Vol. 1: Libro I; Vol. 2: Libri II e III; Vol 3: Libro IV; Vol. 4: Libro V; Vol. 5: Libro VI-VII; Vol. 6; Libro VIII-IX; Vol. 7: Libro X). Quindici lezioni su Platone, ed. Einaudi, 2003. Platone. Repubblica. Libro 11°. Lettera XIV. Socrate incontra Marx. Lo Straniero di Treviri, ed. Guida, 2004. Guida alla lettura della Repubblica di Platone, Laterza, Roma-Bari, 2007. Un paradigma in cielo. Platone politico da Aristotele al Novecento, ed. Carocci, 2009, Ha collaborato nelle seguenti opere:  Marxismo e società antica, Feltrinelli, Milano, 1977. Oralità, scrittura, spettacolo, Boringhieri, Torino, 1983. Il sapere degli antichi, Boringhieri, Torino, 1985. L'esperienza religiosa antica, Boringhieri, Torino, 1992. (con Gabriele Giannantoni) La scienza ellenistica, Bibliopolis, Napoli, 1984. (con P. Manuli) Le opere psicologiche di Galeno, Bibliopolis, Napoli, 1988. Nuove antichità, "Aut Aut", 184-5, 1981. "Dialoghi con gli antichi", Sankt Augustin, 2007. Ha tradotto  Ippocrate, Opere, a cura di M. Vegetti, UTET, Torino, II edizione, 1976. Aristotele, Opere biologiche, a cura di D. Lanza e M. Vegetti, UTET, Torino, II edizione, 1996. Galeno, Opere, a cura di I. Garofalo e M. Vegetti, UTET, Torino, 1978. Platone, Repubblica, a cura di M. Vegetti, Libri I-III, Dipartimento di Filosofia dell'Università di Pavia, 2 voll. "Platone, Repubblica", a cura di M.Vegetti, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, Milano, 2007. Ha scritto vari saggi tra cui:  Nell'ombra di Theuth. Dinamiche della scrittura in Platone, in Sapere e scrittura in Grecia, a cura di M. Detienne, Laterza, Roma- Bari, 1989. Tra il sapere e la pratica: la medicina ellenistica in Storia del sapere medico occidentale a cura di M. Grmek, Laterza, Roma-Bari, 1993. L' idea del bene nella Repubblica di Platone, in "Discipline filosofiche", I, 1993. Passioni antiche: l'io collerico, in Storia delle passioni a cura di S. Vegetti Finzi, Laterza, Roma- Bari, 1995. Con Franco Alessio, Fulvio Papi e Renato Fabietti, ha curato inoltre, per Zanichelli, il manuale di filosofia Filosofie e società (3 voll.) destinato ai licei.  Note ^ Biografia su Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche, su emsf.rai.it. URL consultato il 6 maggio 2011 (archiviato dall'url originale il 26 maggio 2007). ^ Mario Vegetti, Silvia Vegetti Finzi, Anna Lia Celli, Fare società, ed. Einaudi ^ Entrambi collaboratori della rivista Iride delle edizioni del Mulino Archiviato il 28 ottobre 2011 in Internet Archive. ^ Biografia su Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche, su emsf.rai.it. URL consultato il 6 maggio 2011 (archiviato dall'url originale il 5 marzo 2007). ^ Morto Mario Vegetti, filosofo studioso di Platone, su corriere.it. ^ G. Curci, Intervista alla prof.ssa Gastaldi, in ricordo del maestro Vegetti, su necrologie.laprovinciapavese.gelocal.it. URL consultato il 25 novembre 2018 (archiviato il 25 novembre 2018). ^ Enciclopedia Treccani alla voce "Galeno" Intervista Antonio Carioti, "Critico il Platone di Reale, il marxismo non c'entra", intervista di Mario Vegetti, Corriere della Sera, 4 gennaio 2014, p. 47. Collegamenti esterni Opere di Mario Vegetti, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Mario Vegetti, su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata (FR) Pubblicazioni di Mario Vegetti, su Persée, Ministère de l'Enseignement supérieur, de la Recherche et de l'Innovation. Modifica su Wikidata Registrazioni di Mario Vegetti, su RadioRadicale.it, Radio Radicale. Modifica su Wikidata L'etica e la filosofia antica, su emsf.rai.it. URL consultato il 4 maggio 2011 (archiviato dall'url originale il 30 settembre 2011). La retorica e la persuasione, su emsf.rai.it. URL consultato il 4 maggio 2011 (archiviato dall'url originale il 30 settembre 2011). La medicina greca. Aristotele. I pitagorici. Socrate., su emsf.rai.it. URL consultato il 4 maggio 2011 (archiviato dall'url originale il 30 settembre 2011). L'etica in Platone e Aristotele, su emsf.rai.it. URL consultato il 4 maggio 2011 (archiviato dall'url originale il 30 settembre 2011). Mario Vegetti: il primato del filosofo per Aristotele, sul portale RAI filosofia, su filosofia.rai.it. Controllo di autoritàVIAF (EN) 19697729 · ISNI (EN) 0000 0001 0876 2462 · SBN IT\ICCU\CFIV\016971 · Europeana agent/base/146479 · LCCN (EN) n79127783 · GND (DE) 132999838 · BNF (FR) cb12055953r (data) · BNE (ES) XX1163869 (data) · NLA (EN) 35791482 · BAV (EN) 495/306448 · WorldCat Identities (EN) lccn-n79127783 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Storici della filosofia italianiTraduttori italianiAccademici italiani del XX secoloAccademici italiani del XXI secoloNati nel 1937Morti nel 2018Nati il 4 gennaioMorti l'11 marzoNati a MilanoMorti a MilanoFilosofi italiani del XXI secoloStudenti dell'Università degli Studi di PaviaProfessori dell'Università degli Studi di PaviaProfessori dell'Università degli Studi Suor Orsola BenincasaTraduttori dal greco all'italianoTraduttori all'italiano[altre]

Venanzio: Essentail Italian philosopher. Girolamo Venanzio Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà. Jump to navigationJump to search Girolamo Venanzio (1791 – 1872), scrittore, letterato, filosofo e giureconsulto italiano.  [Luigi Carrer] Pietose esequie per lui si celebrarono nella Basilica di San Marco, e il dolore apparve su tutti i volti, qual era in tutti i cuori, solenne e profondo; ed il Municipio di Venezia gli decretò sepoltura propria ed iscrizione monumentale nel comunale cimiterio. Così quella feconda vita innanzi tempo si spense e la gloria dell'estinto ormai più non dura che nella memoria delle sue virtù e nella splendida bellezza delle sue opere. Sventura acerbissima! che privò la patria di un cospicuo decoro e tolse alla italiana letteratura di cogliere il pieno frutto dei nobili studj di un tanto scrittore, ed a questo di godere più a lungo, dopo i sofferti infortunj, il meritato riposo e e ben conseguite ricompense. (dal Comentario della vita e delle opere di Luigi Carrer, in Luigi Carrer, Poesie, Le Monnier, Firenze, 1854)  Indice 1           Sulla eccellenza dei prosatori del secolo XVII 1.1Incipit 1.2                              Citazioni 2Bibliografia Sulla eccellenza dei prosatori del secolo XVII Incipit Chhiunque alle prime origini ed alle rarie vicende della italiana letteratura volga la mente, scorgerà dì leggieri, che ogni epoca di essa è renduta dalle altre singolare da pregi non solo segnalati in se stessi, ma eziandio ai progressi della letteratura medesima in partìcolar modo accomodati; cosicché, mentre le altre nazioni la maggior loro gloria in un solo secolo ripongono, la nostra può a giusto diritto di molti egualmente vantarsi. Amore ardentissimo di patria, zelo di libertà e quel senso squisito del bello che alla prima aurora della civiltà corse a risvegliare gli animi per lungo sonno inoperosi, mossero i nostri padri del trecento a fondare la lingua e la letteratura italiana; e tanta fu la fiamma allora accesa nei petti sdegnosi dell'antica barbarie, che sursero ad un tratto quei miracoli di sapere e d'ingegno, Dante, Petrarca, e Boccaccio ; ai quali tenne dietro la onorata comitiva dei Villani, dei Cavalca, dei Passavanti, dei Compagni, e di parecchi illustri Volgarizzatori, dalle cui scritture la purissima vena discorre dell'italiano favellare.  Citazioni E nella eccelsa carriera, dappertutto, ed alla testa di tutti si mostra il Galileo; spirito che più che a decoro della sua patria e del suo secolo parve nato a lume ed a stupore dell'universo. Ch'egli pensò e previdde come Bacone, ma con alacrità inoltrossi pel sentiero che quegli aveva soltanto additato; dubitò come Cartesio, ma alle opinioni rivocate in dubbio non sostituì come quello vane chimere e sognate ipotesi; osservò e scoprì come Newton ; ma la progressione dei tempi riservò al filosofo inglese il vanto di dare il suo nome al grande sistema per cui l'italiano aveva in gran parte approntato i materiali. Imperciocchè dopo avere in terra stabilite le leggi della caduta dei gravi, delle velocità, delle resistenze, delle percosse, e dopo aver per così dire valutati i corpi in numero, peso e misura, colla pupilla armata del telescopio da lui forse inventato e certamente perfezionato speculò arditamente nel cielo, ed ivi con invitta forza stabilì l'impero del sole ed il nostro mondo gli rese soggetto, vide valli e monti nella luna, vide di nuove stelle risplendere il firmamento, e Giove che prima per solitaria via moveva deserto fornì d'astri seguaci, ed il vaghissimo volto di Venere a seconda dei tempi e delle vicende fece che in vari aspetti ai cupid'occhi si mostrasse: felice! chè le opere ed i trovati mostrarono quanto in lui vi fosse di divino, le sole sventure quanto di mortale! (p. 341) Il Dizionario della Crusca è il solo da cui e precettori e discepoli trar possano norme e soccorsi, serbiamo con ogni cura intatta la fede e la dignità di questo libro reverendo; e non feriamone l'autorità coll'arme del ridicolo. (p. 349) Gli alti pensieri, lo stile acconcio e severo e le scelte ed accresciute parole costituiscono le qualità distintive delle prose dei buoni scrittori del seicento; per le quali la lingua italiana giunse in quel secolo ad un vigore e ad un nerbo, che fra le splendide pompe e le floride eleganze del secolo antecedente non aveva forse saputo acquistare. (p. 349) A niuno inferiore e superiore a molti è Francesco Redi, e sia che il proprio animo manifesti nella epistolare corrispondenza, sia che della inferma salute de' suoi ammalati discorra, sia ch'espenga le sue gravissime osservazioni alla istoria naturale pertinenti, sia che si applichi ad illustrare la patria favella ed a risolverne le più sottili questioni, dagli altri di lunga mano si distingue per la spontanea leggiadria con cui le scritture condisce senza renderle affettate o leziose, per le grazie ingenue e festive di cui le sparge, pel patrimonio prezioso di schiette e adequate parole di cui le arricchisce, esoprattutto per certi ritorcimenti e per certe giudiziose piegature con cui nuovi significati e vaghezza nuova alle voci radicali sa dare. (p. 350) Bibliografia Girolamo Venanzio, Sulla eccellenza dei prosatori del secolo XVII, in Memorie scientifiche e letterarie dell'Ateneo di Treviso, volume III, Tipografia Francesco Andreola, Treviso 1824. Categorie: Scrittori italianiFilosofi italianiLetterati italiani

Venezia: Grice: “It’s here we should place Paolo Veneto – after all we place Ockham in Ockham, and Veneto is more than Venezia, ‘oggi.’”

Ventura: Essential Italian philosopher. Grice: “Italian philosophers can be fun: there’s ventura, and there’s Bonaventura, who was actually fidanza, i.e. fidence, as in confidence.”
Gioacchino Ventura Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Abbozzo Questa voce sull'argomento filosofi italiani è solo un abbozzo. Contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni di Wikipedia.  Gioacchino Ventura Gioacchino Ventura, (dei baroni) di Raulica (Palermo, 8 dicembre 1792 – Versailles, 2 agosto 1861), è stato un predicatore, filosofo e teologo italiano, noto anche per il suo sostegno alla causa della Rivoluzione siciliana del 1848.   Figlio di Paolo Ventura, barone di Raulica (1734-1816), avvocato e consigliere della Suprema Corte di Giustizia del Regno di Sicilia e di Caterina Platinelli, Gioacchino Ventura fu avviato agli studi presso il Collegio Massimo dei Gesuiti di Palermo, sua città natale. Dopo l'iniziale adesione alla Compagnia di Gesù nel 1808, quando l'organizzazione gesuita fu soppressa in Sicilia nel 1817, Ventura aderì ai teatini. Ordinato sacerdote, si distinse come apologeta, scrittore e predicatore, soprattutto grazie alla sua "Orazione funebre di Pio VII" (1823). La sua carriera da filosofo iniziò come esponente della corrente controrivoluzionaria resa nota da autori come Félicité de Lamennais, Joseph de Maistre e Louis de Bonald.   Monumento memoriale a Gioacchino Ventura, Basilica di Sant'Andrea della Valle, Roma. Da Papa Leone XII fu nominato docente di diritto canonico all'Università "La Sapienza", e nel 1830 fu eletto Superiore Generale dei Teatini. Dopo questo incarico (1830-1833) Ventura intraprese l'attività di predicatore a Roma. La sua eloquenza, sebbene a volte esagerata e prolissa, era veemente e diretta ed ottenne grande fama. A Parigi, nonostante una conoscenza non perfetta della lingua francese, Ventura riuscì quasi a rivaleggiare con il celebre predicatore domenicano Jean-Baptiste Henri Lacordaire.  Con l'elezione di Papa Pio IX al soglio pontificio, Gioacchino Ventura acquisì un ruolo politicamente prominente. Nel 1848, anno dei grandi moti europei, egli sostenne la legittimità storica e giuridica della rivoluzione siciliana, auspicando la rifondazione del Regno di Sicilia indipendente all'interno di una confederazione italiana di Stati sovrani, e viene nominato ministro plenipotenziario e rappresentante del governo siciliano a Roma.  Nel frattempo la sua posizione a Roma divenne delicata per via della proclamazione della Repubblica Romana (1849) e dell'esilio di Pio IX. Ventura rifiutò l'offerta di un seggio all'Assemblea Costituente, ma – oltre ad invocare la separazione tra potere temporale e spirituale – riconobbe la Repubblica Romana a nome del governo rivoluzionario di Palermo. Dopo la resa della Repubblica, si trasferì in Francia, dove morì nel 1861, a Versailles.  Opere La scuola de' miracoli: ovvero, Omilie sopra le principali opere della potenza e della grazia di Gesù Cristo, figliuolo di Dio e Salvatore del mondo Il tesoro nascosto: ovvero, Omilie sopra la passione del Nostro Signor Gesù Cristo La Madre di Dio, madre degli uomini: ovvero, Spiegazione del mistero della SS. Vergine a piè della croce Le bellezze della fede ne' misteri dell' Epifania: ovvero, La felicità di credere in Gesù Cristo e di appartenere alla vera chiesa I disegni della divina misericordia sopra le Americhe: panegirico in onore del beato Martino de Porres, terziario professo dell'ordine de' PP. predicatori Il potere politico cristiano: discorsi pronunciati la quaresima del 1857 nella cappella imperiale delle Tuileries Saggio sul potere pubblico, o Esposizione delle leggi naturali dell'ordine sociale Dello spirito della rivoluzione e dei mezzi di farla terminare La ragione filosofica e la ragione cattolica: ragionamenti predicati a Parigi nell'anno 1851 La tradizione e i semi-pelagiani della filosofia: ossia, Il semi-razionalismo svelato Saggio sull'origine delle idee e sul fondamento della certezza Della vera e della falsa filosofia Nuove omelie sulle donne del Vangelo Corso di filosofia cristiana: ossia, Restaurazione cristiana della filosofia Sopra una Camera di Pari nello stato pontificio: opinione La Questione Sicula nel 1848 sciolta nel vero interesse della Sicilia, Napoli e dell'Italia Memoria pel riconoscimento della Sicilia come stato sovrano ed indipendente Menzogne diplomatiche, ovvero esame dei pretesi diritti che s'invocano del gabinetto di Napoli nella Questione Sicula Discorso funebre pei morti di Vienna la religione e la libertà Raccolta di elogi funebri e lettere necrologiche Bibliografia AA.VV., Gioacchino Ventura e il pensiero politico d'ispirazione cristiana dell'Ottocento. Atti del seminario internazionale, Erice, 6-9 ottobre 1988, a cura di E. Guccione, Firenze, 1991 Andreu F., P. Gioacchino Ventura: Saggio Biografico, "Regnum Dei", 1961, XVII Bergamaschi G., Padre Gioacchino Ventura: fra tradizionalismo e neotomismo, Milano, 1992 Cremona Casoli G., Un illustre siciliano: il padre Gioacchino Ventura da Raulica, in "Rassegna Storica del Risorgimento", aprile-giugno 1956, pp. 293-298 Cultrera P., Della vita e delle opere del Rev. P.Gioacchino Ventura: ex generale dell'ordine dei Teatini, Palermo, 1877 Giurintano C., Aspetti del pensiero politico di Gioacchino Ventura nel "De jure publico ecclesiastico" in : AA.VV. Studi in memoria di Gaetano Falzone, a cura del Comitato di Palermo dell'Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, Palermo, 1993 Guccione E., Cattolici e democrazia. Ventura, Murri, Sturzo e le critiche di Gobetti, Palermo-Sao-Paulo, Ila-Palma, 1988 Guccione E., Gioacchino Ventura alle radici della democrazia cristiana, Palermo, 2000 Guccione E., The Concept of "Revolution" in the Thought of Gioacchino Ventura, in AA.VV., Selected Papers, 1994, Consortium on Revolutionary Europe 1750-1850, Florida State University, 1994, pp. 92-104 Guccione E., Un omaggio clandestino di Ventura a Lamennais, in  "Nuova Antologia", luglio-settembre 2016, Vol. 617° - Fasc. 2279, pp. 141-150 Pastori P., Gioacchino Ventura da Raulica e la rivoluzione napoletana del 1820, in "Rassegna Siciliana di Storia e Cultura", n. 2, 1997 (IT) Sergio Romano, La vita e il pensiero politico di padre Gioacchino Ventura, in Revue belge de philologie et d'histoire, vol. 73, n. 4, 1995, pp. 1019-1026. Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Gioacchino Ventura di Raulica Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Gioacchino Ventura di Raulica Collegamenti esterni Gioacchino Ventura, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Gioacchino Ventura, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana. Modifica su Wikidata Opere di Gioacchino Ventura, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Gioacchino Ventura, su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata (EN) Gioacchino Ventura, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company. Modifica su Wikidata Biografia sul sito della Regione Siciliana. Martinucci P., Padre Gioacchino Ventura di Raulica (1792-1861). Istituto Storico dell’Insorgenza e per l’Identità Nazionale. Paolo Martinucci, Gioacchino Ventura di Raulica (1792-1861), in Cristianità, n. 376, 2015. Controllo di autoritàVIAF (EN) 102320586 · ISNI (EN) 0000 0001 0815 8468 · SBN IT\ICCU\CFIV\071993 · LCCN (EN) n86113461 · GND (DE) 11891815X · BNF (FR) cb119354285 (data) · BNE (ES) XX955212 (data) · NLA (EN) 36504675 · BAV (EN) 495/70887 · CERL cnp00402063 · WorldCat Identities (EN) lccn-n86113461 Biografie Portale Biografie Cattolicesimo Portale Cattolicesimo Politica Portale Politica Risorgimento Portale Risorgimento Sicilia Portale Sicilia Categorie: Predicatori italianiFilosofi italiani del XIX secoloTeologi italianiNati nel 1792Morti nel 1861Nati l'8 dicembreMorti il 2 agostoNati a PalermoMorti a VersaillesGesuiti italianiTeatiniProfessori della Sapienza - Università di RomaIndipendentismo siciliano[altre]

Vera: Essentail Italian philosopher. Augusto Vera Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Augusto Vera Augusto Vera.png Senatore del Regno d'Italia LegislatureXIII Dati generali Professionefilosofo Augusto Vera (Amelia, 4 maggio 1813 – San Giorgio a Cremano, 13 luglio 1885) è stato un filosofo e politico italiano. Fu senatore del Regno d'Italia nella XIII legislatura.  Nato ad Amelia, in provincia di Terni, compì i suoi studi alla Sapienza di Roma, terminandoli alla Sorbona di Parigi. Mostrò subito un immenso talento per l'insegnamento, caratterizzato da lucidità di esposizione e genuino spirito filosofico, reggendo dal 1839 al 1850 svariate cattedre in città importanti della Francia e della Svizzera.  Il colpo di Stato di Napoleone III lo costrinse nel 1851 a rifugiarsi in Inghilterra a causa delle sue idee eterodosse. Qui intraprese la stesura in francese dell'Introduzione alla filosofia di Hegel.  Tornò in Italia nel 1859, riuscendo a diventare il più geniale e originale comunicatore del pensiero hegeliano.[1] insegnando storia della filosofia dapprima all'Accademia scientifico-letteraria di Milano, e poi dal 1861, su invito di Francesco De Sanctis, all'Università di Napoli.[2] In Italia continuò a intrattenere scambi fecondi con la Società Filosofica di Berlino e con gli ambienti hegeliani tedeschi e francesi. Dal 1883 divenne socio nazionale dell'Accademia dei Lincei.[2]  Fu suo fedelissimo allievo Raffaele Mariano.[3]  Pensiero Fu durante i suoi studi con Victor Cousin a Parigi che Vera arrivò a conoscere la filosofia, risentendo fortemente dell'hegelismo allora in voga, di cui diventerà in Italia promotore indiscusso.  Si deve infatti ad Augusto Vera il risveglio in Italia dell'interesse per la filosofia idealista tedesca ed hegeliana in particolare, anche se egli godette di maggior fortuna all'estero, mentre ebbe un influsso molto minore in patria rispetto a quello esercitato ad esempio dai lavori di Bertrando Spaventa. A differenza di quest'ultimo, infatti, che reinterpretò il pensiero di Hegel in chiave critica, Vera si mantenne sostanzialmente fedele al dettato ortodosso della dottrina hegeliana.[4]  Nelle sue opere, che esaltano la capacità di Hegel nel collegare ogni aspetto della realtà in un sistema organico, prevale l'attenzione per il problema religioso: Vera interpreta l'Idea logica hegeliana in senso trascendente, come il Dio della tradizione cattolica, venendo per questo accostato in certa misura alla Destra Hegeliana in Germania, sebbene una tale lettura possa apparire una forzatura.[5]  Centrale è il primato dell'Idea, che si articola nella storia come organismo spirituale, e per attingere la quale occorre trascendere la natura. L'Idea esiste bensì anche nelle piante e negli animali, ma in maniera incosciente; solo nell'essere umano essa giunge a pensarsi come idea, divenendo in tal modo storia, e rendendo possibile anche il progresso delle entità collettive di individui che sussistono come nazione.  «Finché una nazione vive nella sfera del suo essere sensibile e animale, essa non si muove; essa ripete ogni giorno la stessa vita e gli stessi eventi; essa prova sempre gli stessi bisogni. Che se non fosse possibile trascendere questa sfera, la storia stessa non sarebbe possibile. Queste poche considerazioni ci spingono adunque a riconoscere con più pieno convincimento che solo l'Idea o l'Assoluto è il motore delle nazioni e dell'umanità, ovvero il principio determinante della storia.»  (Augusto Vera, da Introduzione alla filosofia della storia, cap. VII, pag. 325, Le Monnier, Firenze, 1869 [6]) In Francia, la sua Introduzione alla filosofia di Hegel ha influenzato, in particolare, Gustave Flaubert nella stesura di Bouvard e Pécuchet.[7]  In Italia invece è stato determinante per aver stimolato, insieme a Bertrando Spaventa, la nascita dell'idealismo italiano di Benedetto Croce e Giovanni Gentile.[8]  Opere La sua opera filosofica più famosa in italiano è Il problema dell'Assoluto. Si dedicò anche a tematiche giuridiche e politiche su Cavour con Libera Chiesa in libero Stato,[2] in cui attribuiva il ritardo del processo di rinnovamento liberale in Italia alla mancanza, durante il suo Rinascimento, di una Riforma luterana come quella d'oltralpe.[9]  Tesi in latino Platonis, Aristotelis et Hegelii: de medio termino doctrina. Quaestio philosophica, Parigi 1845 Opere in francese Problème de la certitude, tesi presentata alla Faculté des Lettres, Parigi 1845 Introduction a la philosophie de Hegel, Parigi-Londra 1855 L'hégélianisme et la philosophie, Parigi 1861 Mélanges philosophiques, Parigi 1862 Essais de philosophie hégélienne: La peine de mort. Amour et philosophie. Introduction à la philosophie de l'histoire, Parigi, Éd. Germer Baillière, coll. «Bibliothèque de philosophie contemporaine», 1864 Introduction a la philosophie de Hegel, Parigi 1864 Cavour et l'Église libre dans l'État libre, Napoli-Parigi 1874 Traduzioni in francese Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Logique, Parigi 1859 Hegel, Philosophie de la Nature, Parigi 1863-1866 Hegel, Philosophie de l'Esprit, Parigi 1869 David Friedrich Strauß, L'ancienne et la nouvelle foi, Napoli 1873 Hegel, Philosophie de la religion, Parigi 1876-1878 Opere in italiano Amore e filosofia: orazione inaugurale detta dal professore Augusto Vera nel solenne riaprimento dell'Accademia, Milano 1861 La pena di morte, Parigi-Napoli 1863 Prolusioni alla storia della filosofia e alla filosofia della storia, Parigi-Napoli 1863 Ricerche sulla scienza speculativa e sperimentale a proposito delle dottrine del Calderwood e del prof. Ferrier, Parigi-Napoli 1864 Introduzione alla filosofia della storia: lezioni, Firenze 1869 Il Cavour e libera Chiesa in libero Stato, Napoli 1871 Problema dell'assoluto, Napoli 1872 Platone e l'immortalità dell'anima, Napoli 1881 Saggi filosofici, Napoli 1883 Opere in inglese An inquiry into speculative and experimental science, with special reference to mr. Calderwood, Londra 1856 Introduction to Speculative Logic and Philosophy, St Louis 1875 Onorificenze Cavaliere dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinariaCavaliere dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro Note ^ Delio Cantimori, Augusto Vera su Enciclopedia Italiana (1937).  Augusto Vera, su treccani.it. ^ La Civiltà cattolica, n. 32, vol. VIII, quad. 573, pag. 291, Firenze, libraio Luigi Manuelli, 1881. ^ L'hegeliano tedesco Teodoro Sträter osservò in proposito che Augusto Vera «sembra la degna riproduzione italo-francese di quel tipo a cui in Germania usiamo dare il nome di vecchi hegeliani o anche di ortodossi di stretta osservanza» (cit. in Giuseppe Tortora, Le filosofie italiane dell'Ottocento, cap. 7 de "Le filosofie contemporanee", Università degli Studi Federico II di Napoli). ^ La rinascita hegeliana a Napoli, su eleaml.altervista.org. ^ Lezioni di A. Vera, raccolte e pubblicate con l'approvazione dell'autore da Raffaele Mariano, cap. VII, pag. 325, Le Monnier, Firenze, 1869. ^ Revue Flaubert, n° 7, 2007. ^ L'escatologia pitagorica nella tradizione occidentale, su ritosimbolico.net. ^ Girolamo Cotroneo, Filosofia e storiografia, pag. 409, Rubbettino Editore, 2005. Bibliografia Karl Rosenkranz, Hegel's Naturphilosophie und die Bearbeitung derselben durch den italienischen Philosophen Augusto Vera, Berlino 1868 Raffaele Mariano, Introduzione alla filosofia della storia. Lezioni di A. Vera raccolte e pubblicate con l'approvazione dell'autore da Raffaele Mariano, Firenze, Le Monnier, 1869 Giovanni Gentile, Augusto Vera e l'ortodossismo hegeliano, in Le origini della filosofia contemporanea in Italia, vol. III, parte 2ª, Messina 1921 Delio Cantimori, «VERA, Augusto», in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani, 1937 Armando Plebe, Spaventa e Vera, Torino, Edizioni di Filosofia, 1954 Guido Oldrini, Gli hegeliani di Napoli. Augusto Vera e la corrente ortodossa, Milano, Feltrinelli, 1964 Teresa Cricelli, Augusto Vera e la filosofia hegeliana, IlTesto, 2016 ISBN 9788899017163 Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina in lingua francese dedicata a Augusto Vera Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Augusto Vera Collegamenti esterni Augusto Vera, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Augusto Vera, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Opere di Augusto Vera, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Augusto Vera / Augusto Vera (altra versione), su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata Augusto Vera, su Senatori d'Italia, Senato della Repubblica. Modifica su Wikidata Vita e opere di Augusto Vera, su paolomalerba.it. Introduzione alla filosofia della storia. Lezioni di A. Vera raccolte e pubblicate con l'approvazione dell'autore da Raffaele Mariano, Firenze Le Monnier, 1869, in Google Libri V · D · M Idealismo Controllo di autoritàVIAF (EN) 24608957 · ISNI (EN) 0000 0001 1562 4228 · SBN IT\ICCU\TO0V\091521 · LCCN (EN) n2011021130 · GND (DE) 118626507 · BNF (FR) cb119278961 (data) · BAV (EN) 495/129784 · CERL cnp01318633 · WorldCat Identities (EN) lccn-n2011021130 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XIX secoloPolitici italiani del XIX secoloNati nel 1813Morti nel 1885Nati il 4 maggioMorti il 13 luglioNati ad Amelia (Italia)Morti a San Giorgio a CremanoIdealistiSenatori della XIII legislatura del Regno d'Italia[altre]

Vercellone: Essentail Italian philosopher. Federico Vercellone Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Federico Vercellone (Torino, 9 settembre 1955) è un filosofo italiano.   La ricerca filosofica di Vercellone si svolge inizialmente intorno ai temi dell'ermeneutica dell'antico nel primo Romanticismo tedesco, dell'ermeneutica filologica e dell'idea del classico[non chiaro] nella cultura romantica tedesca[1]. Negli anni successivi, Vercellone orienta i propri studi sulle tematiche dell'ermeneutica otto-novecentesca e del nichilismo (del 1992 è la sua Introduzione al nichilismo, edito da Laterza e tradotto in tedesco da Fink). Continuando a muoversi intorno al rapporto tra estetica ed ermeneutica, il suo percorso filosofico verterà in seguito su ambiti decisivi della riflessione contemporanea[2]:  il rapporto tra temporalità storica e coscienza estetica, la questione della "morte dell'arte" e della dispersione dell'estetico[3]; il problema della Bellezza nel XX secolo (oggetto del volume Oltre la bellezza, Premio Castiglioncello 2009[4]); l'eredità della morfologia filosofica e le teorie dell'immagine[5]. Soprattutto quest'ultima linea occupa le sue ricerche più recenti, orientate sull'idea di un possibile radicamento estetico del nostro tempo[6].  Vercellone è Professore ordinario di Estetica presso l'Università di Torino dal 2008 e direttore del CIM | Centro Interuniversitario di Ricerca sulla Morfologia (dal 2005 al 2012 CIRM | Centro Interdipartimentale di Ricerca sulla Morfologia dell'Università di Udine) dal 2013.  È stato Presidente dell’AISE (Associazione Italiana degli Studiosi di Estetica) a partire dal 2008 sino al 2011 e Vice-Presidente della SIE (Società Italiana di Estetica) fino al 2015. Collabora con La Stampa.  Saggi Identità dell'antico: l'idea del classico nella cultura tedesca del primo Ottocento, Torino, Rosenberg & Sellier, 19881, OCLC 964102136. Apparenza e interpretazione, Milano, Guerini e Associati 1989. Pervasività dell’arte. Ermeneutica ed estetizzazione del mondo della vita, Milano, Guerini e Associati 1990. Introduzione al nichilismo (1992), Roma-Bari, Laterza 2009. Trad. tedesca: Einführung zum Nihilismus, München, Fink 1998. Nature del tempo. Novalis e la forma poetica del romanticismo tedesco, Milano, Guerini e Associati 1998. Estetica dell’Ottocento, Bologna, Il Mulino 1999. Trad. portoghese: A estética do século XIX, Lisboa, Editorial Estampa 2000. Trad. spagnola: Estetica del siglo XIX, Madrid, Machado 2004. Storia dell’estetica moderna e contemporanea, con A. Bertinetto e G. Garelli (2003), Bologna, Il Mulino 2007. Morfologie del Moderno (2002), Genova, Il Melangolo 2006. Lineamenti di storia dell’estetica. La filosofia dell’arte da Kant al XXI secolo, con A. Bertinetto e G. Garelli, Bologna, Il Mulino 2008. Oltre la bellezza, Bologna, Il Mulino 2008. Trad. spagnola: Más allá de la belleza, Madrid, Biblioteca Nueva 2013. Trad. inglese: Beyond Beauty, New York, SUNY Press 2017. Pensare per immagini. Tra scienza e arte, con O. Breidbach, Milano, Bruno Mondadori 2008. Nuova ed. tedesca: Anschauung Denken. Zum Ansatz einer Morphologie des Unmittelbaren, München, Fink 2011. Trad. inglese: Thinking and Imagination: Between Science and Art, Aurora, Davies Group 2014. Le ragioni della forma, Milano-Udine, Mimesis 2011. Dopo la morte dell'arte, Bologna, Il Mulino 2013. Il futuro dell'immagine, Bologna, Il Mulino 2017. Simboli della fine, Bologna, Il Mulino 2018. Bibliografia A. Bertinetto, G. Garelli (a cura di), Morte dell'arte e rinascita dell'immagine. Saggi in onore di Federico Vercellone, Roma, Aracne 2017. Note ^ M. Perniola, Estetica italiana contemporanea, Bompiani 2017, p. 16; P. D’Angelo, L’estetica italiana del Novecento. Dal neoidealismo a oggi, Laterza 2007, p. 277 ^ E. Franzini, Immagini del moderno, in A. Bertinetto, G. Garelli (a cura di), Morte dell'arte e rinascita dell'immagine. Saggi in onore di Federico Vercellone, Roma, Aracne 2017. ^ G. Vattimo, L'arte è morta, anzi no: è "dopo", Repubblica, 20/04/2013; G.W. Bertram, Why does the end of art matter in general?, in A. Bertinetto, G. Garelli (a cura di), Morte dell'arte e rinascita dell'immagine. Saggi in onore di Federico Vercellone. ^ M. Belpoliti, Tra bello e brutto non c'è più differenza, La Stampa, 12/12/2008; R. Bodei, Là dove rinasce il Bello, Il Sole 24 Ore, 12/07/2009. ^ R. Bodei, Salto nel vuoto dell'immagine, Il Sole 24 Ore, 14/05/2007. ^ I. Mattazzi, Aprire lo sguardo. Stili della visione in grado di agire sul reale, Il Manifesto, 08/03/2011; M. Vallora, Nelle torri di Kiefer per trovare un senso in mezzo alle rovine, La Stampa, 14/01/2019. Collegamenti esterni VERCELLONE Federico, Università degli Studi di Torino. URL consultato il 29 aprile 2019.  Controllo di autorità                                 VIAF (EN) 45761 · ISNI (EN) 0000 0000 8078 8504 · LCCN (EN) n88082271 · GND (DE) 120416018 · BNF (FR) cb121345895 (data) · WorldCat Identities (EN) lccn-n88082271 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Università Portale Università Categorie: Filosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloNati nel 1955Nati il 9 settembreNati a Torino[altre]

Verdiglione: Essential Italian philosopher. Armando Verdiglione Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Armando Verdiglione (Caulonia, 30 novembre 1944) è un editore e filosofo italiano.   Vincitore di una borsa di studio nel Collegio Augustinianum, ha studiato nell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove si è laureato in Lettere con una tesi su I giganti della montagna di Pirandello. Psicoanalista formatosi con Jacques Lacan[1], traduttore e scrittore di saggi, pubblica in Italia con le case editrici Marsilio, Rizzoli, Feltrinelli e Sugarco, con cui collabora[2][3]. Per quest'ultima dirige la collana "Bordi"[4]. Nel 1977 traduce la raccolta di testi Scilicet di Lacan per Feltrinelli[5] e il Seminario XXII[6]. Con la sua casa editrice, Spirali, pubblica testi come la traduzione del Malleus Maleficarum, Il martello delle streghe[7], il manuale dell'Inquisizione per la caccia alle streghe, e in seguito, sempre per le edizioni Spirali, pubblica alcuni testi di Giordano Bruno, come Le ombre delle idee[8] e Cabala del cavallo pegaseo[9].  Traduce per Feltrinelli libri che in Francia animano il dibattito in ambito culturale, come il saggio di Luce Irigaray Speculum. L'altra donna edito da Feltrinelli nel 1977 nella traduzione di Luisa Muraro, il libro di Maud Mannoni Educazione impossibile[10]. Conosce in Francia e introduce in Italia la nota studiosa di psicanalisi e linguaggio Julia Kristeva[11]; incontra anche Jean Oury, fondatore assieme a Félix Guattari della clinica La borde[12], di cui pubblica i libri Creazione e schizofrenia, Psicosi e logica istituzionale. “Il collettivo”, Babele e la Pentecoste. La Borde e la scrittura della psicosi, La psicosi e il tempo[13]. Traduce sempre per Feltrinelli l'edizione del libro di Jean-Joseph Goux, Freud, Marx: economia e simbolico[14]. Negli anni Settanta fonda il Movimento Freudiano Internazionale e l'attività editoriale che si chiamerà Spirali Edizioni. Con la casa editrice Spirali, Verdiglione pubblica in Italia autori come Jean Daniel, Bernard-Henri Lévy, André Glucksmann, Marek Halter, Fernando Arrabal, Alain Robbe-Grillet.  Nell'ottobre 1978 esce in edicola il primo numero del mensile Spirali. Giornale internazionale di cultura, a cui segue l'edizione francese Spirales nel 1981 e, nel 1991, Il Secondo Rinascimento. Nel 1975 Armando Verdiglione e il Collettivo “Semiotica e psicanalisi” organizzano a Milano, in cinque sedi differenti, il Congresso internazionale "Sessualità e politica" seguito dai media italiani e internazionali[15]. Partecipano molte persone, tra cui filosofi, psicanalisti, medici, psichiatri, semiotici, letterati, scrittori, esponenti politici di vari paesi[16]. Nel 1976, sempre con il Collettivo “Semiotica e psicanalisi”, organizza il congresso “La follia”, che si svolge in più sedi, tra cui il Palazzo dei Congressi e il Museo della scienza e della tecnica. Il congresso è seguito dalla stampa di vari paesi[17][18][19][20][21]. Intanto, inventa[2] la cifrematica, la cosiddetta scienza della parola[22]. Nell'Enciclopedia Rizzoli Larousse, edizione del 1990[23], viene così definita la cifrematica: «Scienza della parola intesa come cifra. Teoria elaborata da Armando Verdiglione e utilizzata all'interno di esperienze di conversazione, lettura, ecc. Secondo la cifrematica ogni parola può essere analizzata secondo la sua 'logica' (idiomatica) o la sua qualità o 'cifrema' (cifratica). Cinque sono le 'logiche' (delle relazioni, stigmatica, delle funzioni, delle operazioni, delle dimensioni) e tre le 'strutture' (sintattica, frastica e pragmatica) secondo cui ogni parola può essere 'decifrata'»  Nel 1985 sono a Milano, su invito di Armando Verdiglione, prima Eugène Ionesco e in seguito Jorge Luis Borges. Nel dicembre dello stesso anno, a un'assemblea di intellettuali e lettori, Borges partecipa a un convegno organizzato da Verdiglione, portando la testimonianza della sua vita e della sua attività di poeta, documentata nel libro Una vita di poesia[24].  Nel 1983, la sua Università internazionale del Secondo Rinascimento acquista dalla famiglia Borromeo la Villa di Senago e il parco, lasciati in uno stato di abbandono per oltre vent'anni. I nuovi proprietari decidono pertanto di avviare un primo importante restauro che mira alla salvaguardia stessa del bene. Il restauro si è protratto nel tempo, fedele a criteri conservativi, con la collaborazione di ingegneri, esperti, architetti, tecnici, storici e filologi che hanno lavorato, insieme, sotto la direzione della Soprintendenza ai beni Ambientali ed Architettonici di Milano.  Gli anni Novanta e 2000 L'attività editoriale negli anni novanta e 2000, proseguendo quanto già avviato negli anni ottanta, si indirizza soprattutto sulla dissidenza, in particolare dissidenti e romanzieri russi. Pubblica libri di Vladimir Bukovskij, Aleksandr Zinovev, Jurij Naghibin, Vladimir Maksimov e molti altri. L'interesse per la Russia lo porta a pubblicare saggisti come Viktor Suvorov, gli ambasciatori russi in Italia Anatoly Adamishin, Karlov Jurij, il teorico della perestrojka Aleksandr Jakovlev, e l'ex ministro per l'energia e leader dell'opposizione di destra Boris Nemtsov. Oltre agli autori russi, pubblica dissidenti provenienti da tutto il pianeta, da Cuba alla Cina. In questa direzione sono stati organizzati i convegni internazionali Festival della modernità a partire dalla metà degli anni 2000 che propongono, in ciascuna edizione, diverse tematiche (scrittura, libertà, politica...).  In questi anni prosegue il lungo processo di restauro della Villa San Carlo Borromeo di Senago, restituendo all'edificio la sua originaria bellezza e trasformandolo in un Palazzo del turismo culturale e artistico, nella sede dell'Università internazionale del Secondo Rinascimento e della casa editrice Spirali. In questi anni, la Villa è sede di congressi, di corsi, di seminari, di riunioni di enti pubblici e privati, italiani e stranieri, di un museo permanente e di un museo per grandi mostre.  Vicende giudiziarie Verdiglione ha totalizzato 10 anni e 6 mesi di carcere per reati vari.  È stato condannato a quattro anni e due mesi nel 1986 per truffa, tentata estorsione e circonvenzione di incapace. Nel 1992 dopo un patteggiamento è stato condannato a un anno e quattro mesi. Nel 2015 è stato di nuovo condannato in primo grado a nove anni (e la moglie a sette) per associazione a delinquere, frode fiscale, truffa alle banche e allo Stato; in seguito la pena è stata ridotta a cinque anni. In tale occasione ha causato sofferenze bancarie per 73,4 milioni: 18,3 sono in capo a Intesa Sanpaolo, altri 25,9 milioni a Banca Etruria.[25] Truffa, tentata estorsione e circonvenzione di incapace Nel 1985 Armando Verdiglione è al centro di una serie di vicende giudiziarie ("Affaire Verdiglione") relative all'attività sua, della sua "Fondazione" e dei suoi collaboratori. Nel 1986 viene condannato a quattro anni e due mesi di reclusione per truffa, tentata estorsione e circonvenzione di incapace, condanna che passa in giudicato nel marzo del 1989[26].  Intellettuali di vari paesi (tra cui Bernard-Henri Lévy, Eugène Ionesco, Fernando Arrabal, Marek Halter, Georges-Marc Benamou, Jacques Henric, Vladimir Bukovskij, Moustapha Safouan, Iannis Xenakis, Alexadre Zinovev, Georges Mathé, Claude Lanzmann), acquistano una pagina del quotidiano francese Le Monde di domenica 11 e lunedì 12 gennaio del 1987 in cui pubblicano e sottoscrivono un appello rivolto al Presidente della Repubblica italiana e ai giudici milanesi, col quale denunciano un presunto clima di "caccia alle streghe". Il caso Verdiglione secondo i firmatari mette in discussione le nozioni di diritto, giustizia e libertà di parola in Italia[27]. Jean Daniel, direttore del Nouvel Observateur, lo stesso giorno, pubblica su la Repubblica una lettera, intitolata "Difendo Verdiglione", rivolta al direttore del quotidiano[28]. In Italia il Partito Radicale organizza un incontro internazionale in piazza Montecitorio sul tema Armando Verdiglione, a cui partecipano anche importanti esponenti del "Comitato Internazionale per Armando Verdiglione", promosso dallo scrittore e giornalista Alberto Moravia, e intellettuali stranieri tra cui Eugène Ionesco, Emmanuel Lévinas, Fernando Arrabal, Vladimir Bukovskij, Bernard-Henri Lévy, Marek Halter.[29]. La Repubblica scrive che "dopo quello di Enzo Tortora ci sarà la sponsorizzazione da parte del PR del caso giudiziario di Armando Verdiglione"[30].  Dal 1987 al 1988 il programma satirico Drive In lo fa conoscere anche al grande pubblico, attraverso la parodia del "Dottor Vermilione, psicanalista santone" impersonato da Ezio Greggio. Il caso Verdiglione è anche citato in relazione al disegno di legge per l'abolizione del reato di circonvenzione d'incapace (articolo 643 del codice penale).[31]  Secondo processo (1989) Dopo la condanna in Cassazione del 1989, la vicenda giudiziaria apertasi nel 1985 si conclude con il rinvio a giudizio per i capi di imputazione stralciati in occasione del primo procedimento giudiziario[32] e con il definitivo patteggiamento nel 1992 a una pena di un anno e 4 mesi e indennizzi di oltre 3 miliardi di lire a ex allievi[33][34][35].  Evasione fiscale (2011) Nel giugno 2011 si concludono le indagini della Guardia di Finanza coordinate dalla Procura della Repubblica di Milano: Verdiglione viene indagato per evasione fiscale in relazione all'emissione di fatture false, e appropriazione indebita. A seguito della richiesta avanzata dalla Procura di Milano, due dimore storiche riconducibili al professore (tra cui la sopracitata Villa San Carlo Borromeo di Senago) per ordinanza del Gip vengono poste sotto sequestro preventivo, pur mantenendone la disponibilità[36].  A meno di tre settimane di distanza il Tribunale del Riesame di Milano annulla i decreti di sequestro concessi dal GIP Cristina Mannocci al PM Bruna Albertini, e restituisce gli immobili alle proprietà, in quanto non sussiste l'accusa di evasione fiscale. Si tratterebbe invece di neutralità fiscale, in quanto l'IVA dovuta sarebbe sempre stata pari a zero[37] (in base alle conclusioni del giudice, sarebbero state emesse fatturazioni fittizie - ma regolarmente pagate - tra società facenti capo a Verdiglione, allo scopo di ottenere crediti presso gli istituti finanziari, potendo esibire bilanci dai quali risultano entrate ingenti, in realtà fasulle).  Il 24 maggio 2012 la giudice Laura Marchiondelli rinvia a giudizio Armando Verdiglione per associazione a delinquere finalizzata a frode fiscale e truffa allo Stato.[38]  Nel dicembre 2015 viene condannato a nove anni per i reati di associazione a delinquere finalizzata a frode fiscale, truffa alle banche e truffa allo Stato. Nel medesimo processo vengono emesse condanne anche a carico della moglie Cristina Frua De Angeli e di due sue società, intanto fallite. Viene altresì disposta la confisca, fino ad un valore equivalente rispettivamente di 100 milioni e 10 milioni di euro, di beni come la storica dimora trecentesca Villa San Carlo Borromeo a Senago con 10 ettari di parco[39].  Nel maggio 2017, la sentenza di secondo grado conferma la prima, nonostante che Procuratore generale, nella sua requisitoria, abbia chiesto "l'annullamento della sentenza di primo grado per assoluta indeterminatezza e intrinseca contradditorietà delle accuse".  Nel 2018 la condanna a cinque anni di reclusione diventa esecutiva[40].  Controversie sul pensiero di Verdiglione e sulla cifrematica Negli anni ottanta, nel pieno delle inchieste giudiziarie, l'associazione da lui fondata viene definita setta[41] dallo psicoterapeuta infantile Claudio Foti. Analoga affermazione fu fatta nel 2006 da Patrizia Calefato, professoressa associata di sociolinguistica, che così si espresse in un'intervista per un quotidiano locale in occasione dell'incontro con Armando Verdiglione organizzato all'Università di Bari da Augusto Ponzio, professore ordinario di filosofia del linguaggio, intitolato "La cifra del Levante"[42].  Cesare Musatti, considerato il fondatore della psicanalisi italiana, provava una profonda avversione per Verdiglione[43] che etichettò come "“il magliaro di Caulonia”[44] e come "cialtrone".[45]  Armando Verdiglione ha ospitato come relatori, nell'ambito di alcuni congressi organizzati negli anni 2000 alla Villa San Carlo Borromeo, autori come Peter Duesberg (virologo statunitense, scopritore dei retrovirus) e Dave Rasnick (biologo statunitense) che negano l'esistenza dell'AIDS, sostenendo che gli ammalati di tale morbo morissero in realtà sia a causa dell'assunzione di droghe sintetiche fortemente immunosoppressive sia a causa delle cure che erano loro imposte nella prima fase sperimentale, dove si ricorreva all'utilizzo di farmaci come l'AZT, originariamente sintetizzato a scopo antineoplastico e poi abbandonato per l'elevata tossicità.[46]  Libri pubblicati in Italia Voce da controllare Questa voce o sezione sull'argomento filosofi è ritenuta da controllare. Motivo: lungo elenco di testi, non essendo wikipedia una raccolta indifferenziata vanno selezionati i testi rilevanti Partecipa alla discussione e/o correggi la voce. Segui i suggerimenti del progetto di riferimento. Il carcere. La questione della parola, Associazione Amici di Spirali, 2019 Urkommunismus. La paura della parola, Associazione Amici di Spirali, 2018 La grammatica dello spirito europeo. L'androgino trinitario e la bilancia dell'orrore, Associazione Amici di Spirali, 2017 I padroni del nulla, Associazione Amici di Spirali, 2017 L'Operazione guru, Associazione Amici di Spirali, 2017 La rivoluzione dell'imprenditore, Associazione Amici di Spirali, 2017 Il bilancio di guerra, Associazione Amici di Spirali, 2017 In nome del nulla. L'accusa di blasfemia, Associazione Amici di Spirali, 2017 Il bilancio intellettuale dell'impresa (con Marco Maiocchi), Associazione Amici di Spirali, 2017 Parola mia, Spirali, 2016 La realtà intellettuale, Spirali, 2014 L'Affaire fiscale ovvero il dispensario del tempo, Spirali, 2012 Scrittori, artisti, Spirali, 2009 La libertà della parola, Spirali, 2009 La politica e la sua lingua, Spirali, 2009 La nostra salute, Spirali, 2007 Il capitale della vita, Spirali, 2007 Master dell'art ambassador, Spirali, 2005 Master del brainworker, Spirali, 2005 Master del cifrematico, Spirali, 2005 L'interlocutore, Spirali, 2005 Il Manifesto di cifrematica, Spirali, 2004 La rivoluzione cifrematica, Spirali, 2004 Artisti, Spirali, 2003 Il brainworking. La direzione intellettuale. La formazione dell'imprenditore. La ristrutturazione delle aziende, Spirali, 2003 Edipo e Cristo. La nostra saga, Spirali, 2002 La famiglia, l'impresa, la finanza, il capitalismo intellettuale, Spirali, 2002 Venere e Maria. La fiaba originaria (con Maria Grazia Amati e Alessandro Taglioni), Spirali, 2002 Niccolò Machiavelli, Spirali/Vel, 1994 Leonardo da Vinci, Spirali/Vel, 1993 La congiura degli idioti, Spirali/Vel, 1992 L'albero di San Vittore, Spirali, 1989 Lettera all'eccellentissima corte di appello, Spirali, 1987 Quale accusa?, Spirali, 1987 Processo alla parola, Spirali, 1986 Il giardino dell'automa, Spirali, 1984 Manifesto del secondo rinascimento, Rizzoli 1983, Spirali 2002 La mia industria, Rizzoli 1983, Spirali, 2002 Dio, Spirali, 1981 La peste, Spirali, 1980 La psicanalisi questa mia avventura, Marsilio 1978, Spirali, 1997 La dissidenza freudiana, Feltrinelli 1978, Spirali, 1997 Pubblicazioni in altre lingue La dissidence freudienne, Grasset, 1978 La psychanalyse. Cette aventure qui est la mienne, UGE 10/18, 1979 La peste. Fondations de la psychanalyse. 0., Galilée, 1981 Dieu. Fondations de la psychanalyse. 1., Grasset, 1982 La liberté que je prends, Gallimard, 1983 Manifeste de la deuxième renaissance, "Spirales", nn. 40-41, 1984 Le jardins d'automne. Fondations de la psychanalyse. 2., Carrère, 1985 La conjuration des idiots, Grasset, 1992 La peste, Monte Avila Editores, Caracas, 1983 Psychanalyse et sémiotique. Actes du colloque de Milan (1974), UGE, Parigi, 1974 Matière et pulsion de mort, UGE, Parigi, 1975 Sexualité et politique. Documents du congrès de Milan (1975), UGE, Parigi, 1975 La jouissance et la loi, UGE, Parigi, 1976 Dissidence de l'inconscient et pouvoirs, UGE, Parigi, 1980 La folie, I. Actes du colloque de Milan (1976), UGE, Parigi 1976 La folie, II. actes du colloque de Milan, UGE, Parigi, 1976 La violence, I. Actes du colloque de Milan (1977), UGE, Parigi, 1977 La violence, II. Actes du colloque de Milan (1977), UGE, Parigi, 1977 La sexualité dans les institutions, Payot, Parigi, 1978 Drogue et langage, Payot, Parigi, 1978 Sexualité et pouvoir (Milan 1975), Payot, Parigi, 1975 La folie dans la psychanalyse. Actes du colloque La folie (Milan 1976)??, Payot, Parigi, 1976 La sexualité. D'où vient l'Orient? Où va l'Occident? Document du congrès de Tokyo, La deuxième renaissance, 1984, Belfond, Parigi, 1984 Antipsychiatrie und Wunschökonomie (Materialen des Kongresses), Merve Verlag, Berlin Psychoanalyse und Politik in Mailand (8-9 mai 1973), Merve Verlag, Berlin Psicoanálisis y semiótica, Gedisa, Barcellona Locura y sociedad segregativa, Editorial Anagrama, Barcellona Sexualidade e poder, Edicoes Settanta, Lisbona Note ^ Élisabeth Roudinesco, Histoire de la psychanalyse en France, vol. 2, Paris: Le Seuil, 1986 (réédition Fayard 1994)  dal sito web italiano per la filosofia Archiviato il 10 giugno 2006 in Internet Archive. ^ http://www.ildomenicale.it/arretrati/n.28%20-%2014%20luglio%202007.pdf intervista a Verdiglione per il Domenicale ^ http://www.mieilibri.it/Scienze-umane/Sociologia-e-comunicazione/Sollers-scrittore-La-dissidenza-della-scrittura_3644.html[collegamento interrotto] ^ Jacques Lacan e altri, Scilicet : rivista dell'école freudienne de Paris, traduzione di Armando Verdiglione, Feltrinelli, Milano, 1977 ^ Jacques Lacan, trad. it. di A. Verdiglione, Il seminario XXII. R.S.I. (1974-1975), in «Ornicar?», nn. 2-5, Venezia 1978[collegamento interrotto] ^ Heinrich Institor (Krämer), Jakob Sprenger, a cura di Armando Verdiglione, Il martello delle streghe. La sessualità femminile nel "transfert" degli inquisitori, Spirali, Milano, 1984, 2° ed 2006[collegamento interrotto] ^ Giordano Bruno, a cura di Antonio Caiazza, Le ombre delle idee, Spirali, Milano, 1988[collegamento interrotto] ^ Giordano Bruno, a cura di Carlo Sini, Cabala del cavallo pegaseo, Spirali, Milano, 1998[collegamento interrotto] ^ Maud Mannoni, Educazione impossibile, Feltrinelli, Milano, 1974 ^ Spirali pubblicherà le opere La rivoluzione del linguaggio poetico. L'avanguardia nell'ultimo scorcio del XIX secolo: Lautrémont e Mallarmé e Poteri dell'orrore. Saggio sull'abiezione ^ Félix Guattari ^ http://www.spirali.com/books-of-Jean+Oury.php[collegamento interrotto] ^ Jean-Joseph Goux, Freud, Marx : economia e simbolico, introduzione e cura di Armando Verdiglione, Milano, Feltrinelli, 1976 ^ atti del Convegno Sessualità e politica edito da Feltrinelli[collegamento interrotto] ^ "25.-28.11.75: 2000 partecipanti al Congresso di Psicanalisi con tema "Sessualità e Politica", svoltosi a Milano" ^ Gilles Anquetil, "A Milan, le sage congrès de la folie", Les Nouvelles Littéraires, 16 dicembre 1976 ^ Roger Dadoun, "A Milan F comme Folie", La Quinzaine littéraire, 16–31 dicembre 1976 ^ Christian Descamps, "A Milan au congrès de psychanalyse on a débattu (vivement) de “Sexe et politique”", La Quinzaine littéraire, 1-15 gennaio 1976 ^ Congres v Milanu, “Razprave problemi”, dicembre 1976 ^ Robert Maggiori, "La 'Jet Society' psychanalytique reunie a Milan", Liberation, 9 dicembre 1976 ^ Italianistica Online » 2004 » Cifrematica: di che cosa parliamo? ^ Enciclopedia Universale Rizzoli Larousse, Rizzoli, Milano, 1990 ^ Luigi Mascheroni, il Giornale, 4 novembre 2007 ^ Nicola Borzi, Etruria perde 26 milioni nel crack Verdiglione, in Il Sole 24 ORE, 29 dicembre 2015. 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URL consultato il 30 maggio 2017 (archiviato dall'url originale l'8 gennaio 2018).  «L'Aids non è contagioso in nessun modo, non si trasmette né attraverso rapporti eterosessuali né attraverso rapporti omosessuali e neanche senza rapporti, non si trasmette in nessun modo; l'Hiv è un retrovirus che, secondo Dusberg, è innocuo." "Muoiono per via della cura. È la cura, che li ammazza."». Collegamenti esterni Dizionario di cifrematica, su dizionariodicifrematica.it. URL consultato il 9 giugno 2009 (archiviato dall'url originale il 24 maggio 2009). Sito ufficiale, su armandoverdiglione.com. TgCom: Recenti Vicende, su tgcom.mediaset.it. URL consultato il 14 giugno 2011 (archiviato dall'url originale il 9 giugno 2011). Controllo di autoritàVIAF (EN) 66474658 · ISNI (EN) 0000 0001 1767 7710 · LCCN (EN) n79046430 · GND (DE) 119105284 · BNF (FR) cb119279411 (data) · BAV (EN) 495/293357 · WorldCat Identities (EN) lccn-n79046430 Biografie Portale Biografie: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di biografie Categorie: Editori italianiFilosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloNati nel 1944Nati il 30 novembreNati a Caulonia[altre]

Vernia: Essential Italian philosopherNicoletto Vernia Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Niente fonti! Questa voce o sezione sull'argomento filosofi italiani non cita le fonti necessarie o quelle presenti sono insufficienti. Puoi migliorare questa voce aggiungendo citazioni da fonti attendibili secondo le linee guida sull'uso delle fonti. Nicoletto Vernia, conosciuto anche come Nicolò o Paolo Nicola Vernia (Chieti, 1420 circa – Vicenza, 31 ottobre 1499), è stato un filosofo, astrologo e medico italiano. Allievo a Padova del filosofi averroisti Paolo da Pergola e Gaetano da Thiene e successore di quest'ultimo come docente di filosofia nel 1465, ebbe come collega Pietro Pomponazzi e tra i suoi allievi Agostino Nifo e Giovanni Pico della Mirandola.  Seguace dell'averroismo allora imperante nello Studio Padovano, curò un'edizione delle opere di Aristotele con il commento di Averroè (1483).  Sostenne l'unicità dell'intelletto (dottrina poi abbandonata a causa di una condanna inflittagli dal vescovo di Padova), l'autonomia della fisica rispetto alla metafisica e la superiorità della scienza della natura sulle scienze dell'uomo.  Ormai anziano si laureò in medicina nel 1496.  Le sue ceneri riposano nella chiesa dell'Ospedale Civile di Vicenza.  Opere Contra perversam Averrois opinionem de unitate intellectus et de animae felicitate De unitate intellectus et de animae felicitate Expositio in Posteriorum capitulum secundum in fine Expositio in Posteriorum librum priorem Quaestio de gravibus et levibus Quaestio de rationibus seminalibus Quaestio de unitate intellectus Quaestio in De anima Bibliografia Ennio De Bellis, Nicoletto Vernia. Studi sull'aristotelismo del XV secolo, Firenze, Leo S. Olschki editore, 2012, ISBN 978-88-222-6205-9. Collegamenti esterni Nicoletto Vernia, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Nicoletto Vernia, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata (EN) Nicoletto Vernia, su Mathematics Genealogy Project, North Dakota State University. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Nicoletto Vernia, su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata Controllo di autoritàVIAF (EN) 22355944 · ISNI (EN) 0000 0000 6151 4946 · LCCN (EN) n00097822 · GND (DE) 102838615 · BNF (FR) cb14408226k (data) · BNE (ES) XX4854114 (data) · BAV (EN) 495/47471 · CERL cnp01375729 · WorldCat Identities (EN) lccn-n00097822 Astrologia Portale Astrologia Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XV secoloAstrologi italianiMorti nel 1499Morti il 31 ottobreNati a ChietiMorti a VicenzaPersone legate all'Università degli Studi di Padova[altre]

Veronelli: Essential Italian philosopher Luigi Veronelli Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search  Luigi Veronelli Luigi Veronelli (Milano, 2 febbraio 1926 – Bergamo, 29 novembre 2004) è stato un gastronomo, giornalista, editore, conduttore televisivo, filosofo e anarchico italiano.  Viene ricordato come una delle figure centrali nella valorizzazione e nella diffusione del patrimonio enogastronomico italiano. Antesignano di espressioni e punti di vista che poi sono entrati nell'uso comune e protagonista di caparbie battaglie per la preservazione delle diversità nel campo della produzione agricola e alimentare, attraverso la creazione delle De.Co. (Denominazioni Comunali), le battaglie a fianco delle amministrazioni locali, l'appoggio ai produttori al dettaglio. Luigi Veronelli (al centro) assieme ad alcuni sommelier F.I.S.A.R. nel 2003 Era originario del quartiere Isola di Milano. In gioventù, dopo il R. Liceo Ginnasio Giuseppe Parini, compie studi di Filosofia all'Università degli Studi di Milano, diventando assistente del suo maestro Giovanni Emanuele Bariè alla cattedra di Filosofia teoretica, e si dà all'attività politica. Si professerà per tutta la vita di fede anarchica, rifacendosi anche alle ultime lezioni tenute da Benedetto Croce a Milano. Nel 1956 inizia l'esperienza di editore, pubblicando tre riviste:  I problemi del socialismo Il pensiero Il gastronomo. Sempre come editore, nel 1957 pubblica La questione sociale di Proudhon e Historiettes, contes et fabliaux di De Sade; per quest'ultima viene condannato, insieme ad Alberto Manfredi (autore dei disegni, poi assolto), a tre mesi di reclusione per il reato di pornografia (l'opera di De Sade sarà poi messa al rogo nel 1958, nel cortile della procura di Varese). Negli anni ottanta subisce anche una condanna di sei mesi di detenzione per aver istigato i contadini piemontesi alla rivolta, con l'occupazione della stazione di Asti e dell'autostrada, per protestare contro l'indifferenza della politica per i problemi dei contadini e dei piccoli produttori. Nel 1962 diventa (e lo rimarrà per ventun'anni) collaboratore de Il Giorno.  L'attività giornalistica lo impegnerà per tutta la vita, e i suoi articoli, di stile aulico e provocatorio, ricchi di neologismi e arcaismi, faranno scuola nel giornalismo enogastronomico e no. Tra le testate cui ha collaborato vanno ricordate, oltre a Il Giorno: Corriere della Sera, Class, Il Sommelier, Veronelli EV, Carta, Panorama, Epoca, Amica, Capital, Week End, L'Espresso, Sorrisi e Canzoni TV, A Rivista Anarchica, Travel e Wine Spectator, Decanter, Gran Riserva ed Enciclopedia del Vino, The European. L'apparizione televisiva ne aumenta notevolmente la fama; in particolare A tavola alle 7, in cui conduce il programma prima a fianco di Delia Scala e di Umberto Orsini, poi di Ave Ninchi, e il Viaggio Sentimentale nell'Italia dei Vini (1979), dove realizza l'aggiornamento, provocatorio e di denuncia, della viticoltura italiana, con inchieste, interviste, proposte che hanno scosso quel mondo.  L'opera La sua attività di ricerca e di approfondimento nel campo enogastronomico lo porta alla pubblicazione di alcune opere fondamentali, anche di carattere divulgativo. Da segnalare: I Vignaioli Storici, Cataloghi dei Vini d'Italia, dei Vini del Mondo, degli Spumanti e degli Champagne, delle Acquaviti e degli Oli extra-vergine, Alla ricerca dei cibi perduti, Il vino giusto, e la collana Guide Veronelli all'Italia piacevole. Fondamentale anche la collaborazione con Luigi Carnacina, maître e gastronomo celeberrimo e Aldo Luigi Guazzoni maître e sommelier internazionale. Ne nascono, ad esempio, La cucina italiana e Il Carnacina.  Nel 1989 fonda la seconda Veronelli Editore "col puntuale obiettivo di approfondire la classificazione dell'immenso patrimonio gastronomico nazionale e contribuire ad accrescere la conoscenza delle attrattive turistiche del paese più bello del mondo". La casa editrice ha cessato l'attività a fine 2010. Collabora con Derive\Approdi scrivendo le prefazioni ad alcuni libri di carattere storico, politico e gastronomico.  L'intenso rapporto epistolare sulle pagine di Carta con Pablo Echaurren costituisce un forte stimolo di riflessione sulle questioni legate alla Terra e alla qualità della vita materiale per il movimento contro la globalizzazione. Negli ultimi anni dà vita insieme ad alcuni centri sociali, tra cui La Chimica di Verona e il Leoncavallo di Milano, al movimento Terra e libertà/Critical wine. Sempre di questi anni le battaglie per le Denominazioni Comunali (De.Co.), una salvaguardia dell'origine di un prodotto; per il prezzo-sorgente, cioè l'identificazione del prezzo di un prodotto alimentare all'origine, per rendere evidenti eccessivi ricarichi nei passaggi dal produttore al consumatore; per l'olio extra vergine d'oliva, contro le prepotenze e il monopolio delle multinazionali e le ingiustizie della legislazione per i piccoli olivicoltori.  Il pensiero politico Luigi Veronelli, di idee anarchiche[1], si è anche interessato di questioni filosofiche e politiche, pubblicando anche articoli su A/Rivista Anarchica[2] e saggi[3].  «Le pubblicazioni hanno subito il segno dei suoi interessi libertari, libertini, enogastronomici: Racconti, novelle e novelline di de Sade (che gli procurerà una denuncia e la condanna al rogo dei libri, tra gli ultimi roghi di libri avvenuti in Italia), le poesie di Pagliarani, la rivista Il gastronomo e quella di filosofia Il pensiero, poi – interessante – per qualche anno (dal 1958 al 1959) fu l'editore della rivista Problemi del socialismo, diretta da Lelio Basso.»  ([4]) In seguito mise un po' in disparte le questioni politico-filosofiche per concentrarsi su quelle più propriamente enogastronomiche e agricole. In A-Rivista Anarchica si definisce Veronelli l'"anarchenologo" ritenendo che l'attività di Veronelli vada inquadrata in un ambito libertario e contro l'attività delle multinazionali agricole[5][6][7].  Il 24 settembre 2009, gli anarchici della Cellula Veronelli[8], con l'intento di mostrare l'aspetto più propriamente politico di Luigi Veronelli, hanno organizzato un incontro intitolato "Veronelli politico"[9], a cui hanno preso parte personalità del calibro di Gianni Mura, giornalista di La Repubblica, Andrea Ferrari della Federazione Anarchica Reggiana (promotrice dell'evento biennale, ideato nella sua prima edizione insieme allo stesso Veronelli, Le cucine del popolo[10]) e Marc Tibaldi. Dagli anarchici Veronelli è sempre stato considerato un "compagno"; Umanità Nova, giornale anarchico, in occasione dell'anniversario della sua morte, scrive:  «Come Fabrizio De André, Léo Ferré, George Brassens anche Luigi Veronelli era un libertario, un uomo colto, senza dogmi, senza ipocrisie, in perenne lotta contro le armate schiaviste delle multinazionali.»  (Angelo Pagliaro, Umanità Nova, n. 3 del 31 gennaio 2010[11]) Premi e riconoscimenti Nel 2003 la città di Milano gli attribuisce l'Ambrogino d'oro.  Note ^ Rassegna stampa Archiviato il 2 marzo 2009 in Internet Archive. ^ Articolo di Veronelli pubblicato su A-Rivista, Lettera i giovani estremi ^ Ha scritto un testo su Proudhon: La questione sociale - PROUDHON, Veronelli, 1957 ^ Veronelli politico ^ «L'ultimo dei vini artigianali sarà sempre migliore del primo dei vini industriali, perché avrà un'anima» (Luigi Veronelli in Il canto della Terra). ^ Il nostro anarchenologo ^ Un incontro inatteso ^ Cellula Veronelli Archiviato il 17 aprile 2010 in Internet Archive. ^ Veronelli politico[collegamento interrotto] ^ Circolo Cucine del Popolo, su cucinedelpopolo.org. URL consultato il 9 settembre 2019 (archiviato dall'url originale il 23 settembre 2007). ^ 6 anni fa l'addio a Luigi Veronelli Archiviato il 16 giugno 2012 in Internet Archive. Voci correlate Bosana Salsa suprema Altri progetti Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Luigi Veronelli Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Luigi Veronelli Controllo di autoritàVIAF (EN) 85875406 · ISNI (EN) 0000 0000 5957 1546 · SBN IT\ICCU\CFIV\010860 · LCCN (EN) n79003322 · BNF (FR) cb126446734 (data) · BNE (ES) XX915809 (data) · WorldCat Identities (EN) lccn-n79003322 Anarchia Portale Anarchia Biografie Portale Biografie Cucina Portale Cucina Categorie: Gastronomi italianiGiornalisti italiani del XX secoloGiornalisti italiani del XXI secoloEditori italianiNati nel 1926Morti nel 2004Nati il 2 febbraioMorti il 29 novembreNati a MilanoMorti a BergamoAnarchici italianiConduttori televisivi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloFondatori di riviste italianeInsigniti con l'Ambrogino d'oroStudenti del Liceo classico Giuseppe PariniStudenti dell'Università degli Studi di MilanoScrittori di gastronomia italiani[altre]
                                                                         
Verecchia: essential Italian philosopherAnacleto Verrecchia Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search  Anacleto Verrecchia (2010) Anacleto Verrecchia (Vallerotonda, 15 settembre 1926 – Torino, 4 febbraio 2012) è stato un filosofo, traduttore e giornalista italiano. Anacleto Verrecchia (1986) Nato in provincia di Frosinone, si trasferì molto giovane a Torino, dove studiò, laureandosi in germanistica. Nei primi anni cinquanta trascorse un certo periodo nel parco nazionale del Gran Paradiso, considerato come il più formativo della sua vita. Lì poté contemplare in modo disinteressato i fenomeni della natura. "Ho fatto tre università - era solito dire -: quella vera e propria, che non mi ha dato nulla o quasi; la collaborazione alle pagine dei quotidiani come elzevirista, che mi ha costretto a leggere libri che altrimenti non avrei mai letto; e infine l'università più utile in assoluto, vale a dire il soggiorno nel Gran Paradiso a contatto con la natura". Frutto di quel soggiorno è il libro che contiene la sua filosofia, potentemente aforistica. I manoscritti riaffiorati molto più tardi spiegano la tardività della sua pubblicazione, avvenuta solo nel 1997 presso Fògola - si tratta del Diario del Gran Paradiso.  Verrecchia visse poi in Germania (soprattutto a Berlino) e fu per lunghi anni addetto culturale[1] all'Ambasciata d'Italia a Vienna; collaborò alle pagine culturali di giornali italiani, tra cui Il Resto del Carlino, La Stampa, Il Giornale. Grazie alla sua padronanza del tedesco, collaborò stranieri (Die Presse, Die Welt). Non parlava volentieri della sua vita privata perché, diceva,"di un filosofo o di uno scrittore ciò che interessa sono gli scritti e non le vicissitudini personali". Traduttore di Georg Christoph Lichtenberg, appassionato studioso di Giordano Bruno e Friedrich Nietzsche, nel suo orizzonte culturale, però, la figura che risalta di più è senz'altro quella di Arthur Schopenhauer, da lui considerato a tutti gli effetti un maestro da tradurre e continuare.  Elementi caratteristici dei suoi scritti sono l'irriducibile vena polemica e una sacra bilis, ma la sua prosa spicca anche per chiarezza ed energia. Lavorò sempre al confine tra letteratura e filosofia: difatti, i suoi libri sono ora di carattere prettamente filosofico, ora letterario. La sua prosa - insieme a quella di Guido Ceronetti, Manlio Sgalambro e Sossio Giametta[2] - è stata giudicata "la migliore prosa filosofica scritta oggi in Italia".[3]  Bibliografia Testi Georg Christoph Lichtenberg: l'eretico dello spirito tedesco (Firenze: La Nuova Italia, 1969). La catastrofe di Nietzsche a Torino (Torino: Einaudi, 1978), poi: Zarathustras Ende: die Katastrophe Nietzsches in Turin (Wien: Bohlaus, 1986) ISBN 3-205-07253-7, poi: La tragedia di Nietzsche a Torino: la catastrofe del filosofo che sognava un superuomo al di là del bene e del male (Milano: Bompiani, 1997, ISBN 88-452-3514-9), poi: La catastrofe di Nietzsche a Torino (prefazione di Vittorio Sgarbi; Milano: Bompiani, 2003). Incontri viennesi (Genova: Marietti, 1990, ISBN 88-211-6878-6, poi: Torino: UTET, 2005, ISBN 88-7750-957-0). Cieli d'Italia (prefazione di Vittorio Mathieu; Milano: Spirali/Vel, 1991) ISBN 88-7770-300-8. Giuseppe Prezzolini: l'eretico dello spirito italiano (Torino: Fogola, 1995). Diario del Gran Paradiso (Torino: Fogola, 1997 e ristampa 2012, ISBN 978-88-7406-041-2). Giordano Bruno: Nachtfalter des Geistes (Wien: Bohlau, 1999, ISBN 3-205-98881-7), poi: Giordano Bruno: la falena dello spirito (Roma: Donzelli, 2002) ISBN 88-7989-676-8. Rapsodia viennese: luoghi e personaggi celebri della capitale danubiana (Roma: Donzelli, 2003) ISBN 88-7989-783-7. Schopenhauer e la Vispa Teresa: l'Italia, le donne, le avventure (Roma: Donzelli, 2005) ISBN 88-6036-010-2. Vagabondaggi culturali (Torino: Fogola, 2008). ISBN 978-88-7406-030-6. La stufa dell'Anticristo. Altri vagabondaggi culturali (Torino: Fogola, 2010). ISBN 978-88-7406-035-1. Batracomachia di Bayeruth. Nietzschiani contro wagneriani (nota di Diego Fusaro; Padova: il prato, 2012). ISBN 978-88-6336-142-1. Lettere Mercuriali (prefazione di Gianmario Ricchezza; Torino: Fògola, 2014). Il cantore filosofo. Scritti su Wagner (introduzione, note e notizia biobibliografica di Marco Lanterna; Firenze: Clinamen, 2016). ISBN 978-88-8410-236-2. Il mastino del Parnaso. Elzeviri e polemiche (scelta, introduzione, note e notizia biobibliografica di Marco Lanterna; Firenze: Clinamen, 2017). ISBN 978-88-8410-260-7. Saggi introduttivi, traduzioni e cure Viaggio in Italia 1844-1845 di Theodor Mommsen (Torino: Fogola, 1980). Libretto di consolazione di Georg Christoph Lichtenberg (Milano: Rizzoli, 1981). Le civiltà precolombiane di Hans Dietrich Disselhoff (Milano: Bompiani, 1983). Colloqui di Arthur Schopenhauer (Milano: Rizzoli, 1982), poi: Colloqui: il filosofo che ride (Milano: Rizzoli, 1995) ISBN 88-17-16992-7. Metafisica dell'amore sessuale: l'amore inganno della natura di Arthur Schopenhauer (Milano: Rizzoli, 1992) ISBN 88-17-16897-1. Sulla filosofia da università di Arthur Schopenhauer (Milano: TEA, 1992) ISBN 88-7819-343-7. Aforismi per una vita saggia di Arthur Schopenhauer (Milano: Fabbri, 1996, poi: Milano: Rizzoli, 2004) ISBN 88-17-16927-7. O si pensa o si crede: scritti sulla religione di Arthur Schopenhauer (Milano: Rizzoli, 2000) ISBN 88-17-17322-3. Lo scandaglio dell'anima: aforismi e lettere di Georg Christoph Lichtenberg (Milano: Rizzoli, 2002) ISBN 88-17-12760-4. Breviario spirituale di Piero Martinetti (Torino: UTET, 2006) ISBN 88-02-07233-7. Articoli A Bogotà c'è un erede di Montaigne. Tuttolibri de La Stampa, 7 giugno 2008, 7. Allora bastava un rospo per finire al rogo. Tuttolibri de La Stampa, 10 luglio 2010, 4. Vittorio Mathieu, Tre giorni in giallo. Tuttolibri de La Stampa, 28 agosto 2010, 5. Note ^ Risvolto di copertina della Rapsodia viennese. ^ Anacleto Verrecchia, su digilander.libero.it. URL consultato il 28 gennaio 2018. ^ Marco Lanterna, Anacleto Verrecchia, venerando e terribile, Pulp Libri, 2010, n. 88, pagg. 68-71 (ora in Marco Lanterna, Il caleidoscopio infelice. Note sulla letteratura di fine libro, Clinamen, 2015). Bibliografia critica Marco Lanterna, Il caleidoscopio infelice. Note sulla letteratura di fine libro, Clinamen, 2015. Ugo Dotti, I vagabondaggi culturali di Anacleto Verrecchia, in rivista 451 (The New York Review of Books), n. 5, aprile 2011. Altri progetti Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Anacleto Verrecchia Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Anacleto Verrecchia Collegamenti esterni Le case illustri, di Lisa Elena [collegamento interrotto], su archivio.lastampa.it. URL consultato il 2 settembre 2011. Addio al filosofo Anacleto Verrecchia, di Luigia Sorrentino, su poesia.blog.rainews.it. URL consultato il 7 febbraio 2012. L'Anticristo goloso, di Marina Rota, su piemontemese.it. URL consultato l'11 marzo 2013 (archiviato dall'url originale il 7 marzo 2016). Controllo di autoritàVIAF (EN) 108779344 · ISNI (EN) 0000 0001 0931 9462 · LCCN (EN) n80090375 · GND (DE) 121035042 · BNF (FR) cb12176320z (data) · BAV (EN) 495/330964 · WorldCat Identities (EN) lccn-n80090375 Biografie Portale Biografie Editoria Portale Editoria Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XX secoloFilosofi italiani del XXI secoloTraduttori italianiGiornalisti italiani del XX secoloGiornalisti italiani del XXI secoloNati nel 1926Morti nel 2012Nati il 15 settembreMorti il 4 febbraioNati a VallerotondaMorti a TorinoTraduttori dal tedescoFilosofi ateiSaggisti italiani del XX secoloStudenti dell'Università degli Studi di Torino[altre]

Verri: essential Italian philosopher. verri: essential Italian philosopher. Like Grice, he wrote on ‘happiness.’ Like Grice, he wrote on ‘pleasure.’ Like Grice, he was a very clubbable man. Pietro Verri. Pietro Verri-Visconti Pietro Verri ritratto tagliato.jpg Barone di Rho Stemma In carica 1782 – 1797 Predecessore Gabriele Verri Trattamento Sua Eccellenza Heraldic Crown of Spanish Count.svg Nascita Cinisello, 12 dicembre 1728 Morte Lambrate, 28 giugno 1797 Dinastia Verri Visconti Padre Gabriele Verri Madre Barbara Dati della Somaglia Consorte Marietta Castiglioni Vincenza Melzi d'Eril Figli Teresa, Alessandro (da Marietta Castiglioni) Religione cattolicesimo. Il conte Pietro Verri (n. Milano) è stato un filosofo; considerato tra i massimi esponenti dell'illuminismo italiano, è altresì ritenuto il fondatore della scuola illuministica milanese. Pietro Verri nacque a Milano (allora appartenente all'impero asburgico) dal conte Gabriele, magistrato e politico conservatore e da Barbara Dati della Somaglia, membri della nobiltà milanese. Ha tre fratelli: Alessandro, Carlo e Giovanni.  Avviati gli studi nel Collegio dei gesuiti di Brera, frequenta negli anni '50 l'Accademia dei Trasformati, dove conosce tra gli altri Giuseppe Parini. Si arruola nell'esercito imperiale e prende parte brevemente alla Guerra dei Sette Anni. Fermatosi a Vienna, intraprende la redazione delle Considerazioni sul commercio nello Stato di Milano, pubblicate poi nel 1763, che gli varranno il primo incarico di funzionario governativo; lo stesso anno pubblica anche le Meditazioni sulla felicità. Rientrato frattanto a Milano, vi fonda, insieme al fratello Alessandro Verri e agli amici Cesare Beccaria, Alfonso Longo, Pietro Secchi, Giambattista Biffi e Luigi Porro Lambertenghi, la cosiddetta Accademia dei Pugni, iniziale nucleo redazionale del foglio periodico Il Caffè, destinato a diventare il punto di riferimento del riformismo illuministico italiano. Il Caffè inizia le sue pubblicazioni nel giugno 1764 ed esce ogni dieci giorni, fino al maggio 1766, quando viene raccolto in due volumi. Tra gli articoli più importanti di Pietro Verri per Il Caffè vanno ricordati almeno gli Elementi del commercio (volume I, foglio 3), La commedia (I, 4-5), La medicina (I, 18), Su i parolai (II, 6). Gli illuministi milanesi, e tra loro Verri, hanno rapporti epistolari anche con gli enciclopedisti francesi, tra cui Diderot, Voltaire e d'Holbach, mentre d'Alembert verrà anche a Milano per incontrare il circolo del Caffè. Parallelamente all'impresa editoriale, Verri intraprende, con alcuni dei suoi sodali, la scalata politico-amministrativa del governo viennese di Milano, allo scopo di mettere in opera le riforme propugnate nella rivista. Nel gennaio 1764 è fatto membro della Giunta per la revisione della "ferma" (appalto delle imposte ai privati) e nel 1765 del Supremo Consiglio dell'Economia. Quest'ultimo, presieduto da Gian Rinaldo Carli, altro collaboratore del Caffè, assegna a Cesare Beccaria la cattedra di Economia pubblica e ad Alfonso Longo quella di Diritto pubblico ecclesiastico nelle Scuole Palatine. Verri, Beccaria, Frisi e Secchi danno luogo alla Società patriottica milanese.   Sull'indole del piacere e del dolore, 1781 Risalgono a questi anni le Meditazioni sull'economia politica, il Discorso sull'indole del piacere e del dolore, che affronta temi che avranno grande importanza per Giacomo Leopardi, i Ricordi a mia figlia e le Osservazioni sulla tortura. Il suo è uno stile asciutto e libero, pieno di trattenuto vigore.   Il monumento a Pietro Verri nel Cortile del Palazzo di Brera a Milano Con la successione di Giuseppe II al trono d'Austria (1780), gli spazi per i riformisti milanesi si riducono, e a partire dal 1786 Verri lascia ogni incarico pubblico, assumendo un atteggiamento sempre più critico nei confronti del figlio di Maria Teresa. Pubblica frattanto la Storia di Milano (1783).  All'arrivo di Napoleone (1796), Verri sessantottenne prende parte, con Alfonso Longo e Luigi Lambertenghi, alla fondazione della Repubblica Cisalpina, culla del tricolore italiano. Muore durante una seduta notturna della Municipalità milanese, della quale era membro assieme a personalità come Giuseppe Parini. Le sue spoglie sono conservate nella cappella di famiglia, visibile al pubblico, che si trova a latere del Santuario della Beata Vergine del Lazzaretto, nel comune di Ornago (MB).  Il fratello minore Giovanni, secondo alcuni sarebbe il padre naturale di Alessandro Manzoni, figlio di Giulia Beccaria e nipote di Cesare.  Meriti e pensiero filosofico ed economico di Pietro Verri  Medaglione col ritratto di Pietro Verri sulla casa di Cesare Beccaria a Milano. Grazie alla sua opera come autore e come organizzatore Milano divenne il più importante centro dell'Illuminismo italiano. L'ipotesi di civiltà che scaturiva dalla figura intellettuale di Pietro Verri era forse troppo avanzata per poter essere adeguatamente raccolta dalla nostra cultura; e comunque lo colloca a pieno titolo tra le espressioni più alte dell'Illuminismo italiano. Il grande merito storico di Verri consiste nel fatto di aver creato in Lombardia un grande centro di aggregazione illuminista, la rivista Il Caffè. Ciò che desta curiosità rimane il titolo con cui Pietro Verri scelse di intitolare la sua testata, dovuta al rilevante fenomeno della diffusione di caffè (bar), come luoghi dove poter intraprendere un libero e attuale dibattito culturale, politico e sociale. Con i suoi scritti sul dolore e il piacere, Verri sottoscrisse le teorie di Helvétius, nonché il sensismo di Condillac, fondando sulla ricerca della felicità e del piacere l'attività dell'uomo. L'uomo, per Verri, tendeva a sé stesso, al piacere, quindi secondo Verri l'uomo è pervaso dall'idea del dolore, e il suo piacere non è altro che una momentanea interruzione di questo dolore; questa tesi è riscontrabile anche in Schopenhauer e in Leopardi e quest'ultimo potrebbe averla derivata da quella del Verri, essendo ispirato spesso dalla filosofia sensistica settecentesca. Per Verri quindi, la vera felicità dell'uomo non è quella personale, ma è quella a cui partecipa il collettivo, quasi fosse eutimia o atarassia. Anche Kant e Nietzsche apprezzeranno questa tesi. Antonio Perego, L'Accademia dei Pugni. Da sinistra a destra: Alfonso Longo (di spalle), Alessandro Verri, Giambattista Biffi, Cesare Beccaria, Luigi Lambertenghi, Pietro Verri, Giuseppe Visconti di Saliceto Per quanto riguarda la politica e l'economia, il pensiero di Pietro Verri è controverso. Per quanto riguarda l'ambito economico, negli Elementi del Commercio e nella sua più grande opera economica Meditazioni sull'economia politica, enunciò (anche, per primo, in forma matematica) le leggi di domanda e offerta, spiegò il ruolo della moneta come "merce universale", appoggiò il libero scambio e sostenne che l'equilibrio nella bilancia dei pagamenti è assicurato da aggiustamenti del prodotto interno lordo (quantità) e non del tasso di cambio (prezzo)[6]. Di conseguenza, può essere visto come precursore di Adam Smith, del marginalismo e persino di John Maynard Keynes; altri però notano come assuma atteggiamenti di difesa del concetto di proprietà privata e del mercantilismo. Egli ritiene che solo la libera concorrenza tra eguali possa distribuire la proprietà privata: tuttavia pare favorevole principalmente alla piccola proprietà, per evitare il risorgere delle disuguaglianze. Verri con le Osservazioni sulla tortura esprime la sua contrarietà all'uso della tortura, definendo ingiusto e antistorico un modello così efferato di giurisprudenza e auspicando l'abolizione di questi metodi. Verri cominciò la stesura dell'opuscolo già nel 1760, ma non lo pubblicò per non inimicarsi, con le pesanti critiche alla magistratura in esso contenute, il senato di Milano (tribunale) presso cui si stava decidendo dell'eredità del padre.  La grande opera del collega Beccaria Dei delitti e delle pene, terminata nel 1764, prende in gran parte le mosse proprio dalle bozze delle Osservazioni sulla tortura, oltre che dagli articoli de Il Caffè. Sarà proprio a causa di questo furto di idee che i due scrittori e amici arriveranno al più acceso scontro.   Ritratto del Verri Nella versione definitiva e aggiornata delle Osservazioni, che sono in conclusione un invito ai magistrati a seguire le idee illuministe invece di irrigidirsi sulle posizioni conservatrici, la dialettica di Verri è cruda e basilare: la tortura è una crudeltà, perché se la vittima è innocente, subisce sofferenze non necessarie, mentre se colpisce un colpevole presumibile rischia di martoriare il corpo di un possibile innocente. Inoltre gli accusati rinunciano nella tortura alla loro difesa naturale istintiva, e ciò viola la legge di natura.  Verri apre la sua opera con la ricostruzione del processo agli "untori" del 1630, presentandolo sia come documento dell'ignoranza di un secolo non guidato dai "Lumi", sia come emblema del modo in cui leggi sbagliate portano a evidenti ingiustizie. Questa ricostruzione fornirà la base[8] per la Storia della colonna infame di Alessandro Manzoni, che però la presenterà come testimonianza di ciò che accade quando uomini ingiusti detengono un grande potere, come all'epoca era quello del senato milanese. L'opera di Verri non arriverà mai ad avere il successo che invece ebbe Dei delitti e delle pene, vuoi perché la maggior parte delle osservazioni in essa sviluppate erano già contenute nell'opera di Beccaria, vuoi per via dello stile di Verri, dotto e di difficile comprensione, che rendeva di per sé ardua la diffusione del testo, che pure conteneva molti ulteriori spunti rispetto all'opera del collega.  Opere, scritti e discorsi. Le principali opere di Verri sono, in ordine cronologico: La Borlanda impasticciata con la concia, e trappola de sorci composta per estro, e dedicata per bizzaria alla nobile curiosita di teste salate dall'incognito d'Eritrea Pedsol riconosciuto, Festosamente raccolta, e fatta dare in luce dall'abitatore disabitato accademico bontempista, Adorna di varj poetici encomj, ed accresciuta di opportune annotazioni per opera di varj suoi coaccademici amici. Il Gran Zoroastro ossia Astrologiche Predizioni per l'Anno 1758, Il Mal di Milza, Diario military, Elementi del commercio, Sul tributo del sale nello Stato di Milano, Sulla grandezza e decadenza del commercio di Milano, Dialogo tra Fronimo e Simplicio (detto anche Dialogo sul disordine delle monete nello Stato di Milano, Considerazioni sul commercio nello Stato di Milano, Orazione panegirica sula giurisprudenza Milanese, Meditazioni sulla felicità – cf. Grice, Notes on happiness -- Bilancio del commercio dello stato di Milano, Il Caffè, Sull’innesto del vajuolo, Memorie storiche sulla economia pubblica dello Stato di Milano, Riflessioni sulle leggi vincolanti il commercio dei grani, Meditazioni sulla economia politica con annotazioni, Consulta su la riforma delle monete dello Stato di Milano, Osservazioni sulla tortura, Ricordi a mia figlia, Considerazioni sul commercio nello Stato di Milano Sull'indole del piacere e del dolore, Manoscritto da leggersi dalla mia cara figlia Teresa Verri per cui sola lo scrissi, Storia di Milano, Piano di organizzazione del Consiglio governativo ed istruzioni per il medesimo, Precetti di Caligola e Claudio, Memoria cronologica dei cambiamenti pubblici dello Stato di Milano, Delle nozioni tendenti alla pubblica felicità, Pensieri di un buon vecchio che non è letterato, Carteggio di Pietro e di Alessandro Verri. L'Edizione Nazionale, Ministero per i beni e le attività culturali ha deciso di avallare un'Edizione nazionale delle opere di Pietro Verri. Attualmente il comitato, finanziato pubblicamente, dalla Fondazione Cariplo e da Banca Intesa Sanpaolo, è presieduto da Carlo Capra e composto da una ventina di studiosi e si basa, per la stesura delle opere, sull'Archivio Verri, donato dalla Contessa Luisa Sormani Andreani Verri alla "Fondazione Raffaele Mattioli per la storia del pensiero economico.” Note: Angolani Bartolo, Gli Scritti di argomento familiare e autobiografico di Pietro Verri, Rivista di storia della filosofia. Fascicolo 3 (Firenze : [poi] Milano : La Nuova Italia ; Franco Angeli). Carteggio di Pietro e Alessandro Verri ^ Cfr. Ricuperati, Giuseppe, Pietro Verri e il genere della biografia, Società e storia. Fascicolo 10, 2002 (Milano : Franco Angeli, 2002). ^ Pietro Verri, "Il Caffè", Introduzione, I, 1 ^ Giordanetti, Piero, a cura di, Sul piacere e sul dolore. Immanuel Kant discute Pietro Verri, Milano, Unicopli, 1998; Giordanetti, Piero: Kant, Verri e le arti belle. Sulla fortuna di Verri in Germania, in Pietro Verri e il suo tempo, a cura di C. Capra, 2 voll., Bologna, Cisalpino, 1999, pp. 429-446; Meld Shell, Susan. Kant's 'true economy of human nature': Rousseau, Count Verri, and the problem of happiness, Essays on Kant's anthropology, Cambridge University Press, 2003; Pezzei, Ivana, Kant, Verri, Nietzsche e la questione del piacere e del dolore, in Annali di Ca' Foscari ^ Parisi, D., Pre-classical economic thought: profitable commerce and formal constraints in the economic studies of the young Pietro Verri, Rivista internazionale di scienze sociali, CVII.4 (Oct 1999): 455-480. ^ Porta, Pier Luigi; Scazzieri, Roberto, Pietro Verri's political economy: commercial society, civil society, and the science of the legislator, History of political economy, 34.1 (Apr 2002): 83-110. ^ Renzo Villata, Maria Gigliola, Il processo agli untori di manzioniana memoria e la testimonianza (ovvero... due volti dell'umana giustizia), Acta Histriae 19.3 (2011): 419-452. ^ Storia di Milano ::: Cronologia della vita di Pietro Verri, su www.storiadimilano.it. 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Bibliografia Edizione nazionale delle opere di Pietro Verri: Vol. 2 tomo 1: Scritti di economia, finanza e amministrazione, a cura di Giuseppe Bognetti, Angelo Moioli, Pierluigi Porta, Giovanna Tonelli, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 2006, XXV + 831 pagg., ISBN 978-88-8498-351-0. Vol. 2 tomo 2: Scritti di economia, finanza e amministrazione, a cura di Giuseppe Bognetti, Angelo Moioli, Pierluigi Porta, Giovanna Tonelli, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 2007, XV + 688 pagg., ISBN 978-88-8498-500-2. Vol. 3: I Discorsi e altri scritti degli anni Settanta, a cura di Giorgio Panizza, con la collaborazione di Silvia Contarini, Gianni Francioni, Sara Rosini, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 2004, XVII + 692 pagg., ISBN 978-88-8498-219-3. Vol. 4: Storia di Milano, a cura di Renato Pasta, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 2009, LII + 872 pagg., ISBN 978-88-6372-168-3. Vol. 5: Scritti di argomento familiare e autobiografico, a cura di Gennaro Barbarisi, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 2003, XXI + 838 pagg., ISBN 978-88-8498-158-5. Vol. 6: Scritti politici della maturità, a cura di Carlo Capra, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 2010, XXVII + 888 pagg., ISBN 978-88-6372-303-8. Vol. 7: Carteggio di Pietro e Alessandro Verri. 18 settembre 1782-16 maggio 1792, a cura di Gigliola Di Renzo Villata, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 2012, XXXVI + 510 pagg., ISBN 978-88-6372-454-7. Vol. 8 tomo 1: Carteggio di Pietro e Alessandro Verri. 19 maggio 1792-31 marzo 1794, a cura di Sara Rosini, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 2008, XXIX + 658 pagg. Vol. 8 tomo 2: Carteggio di Pietro e Alessandro Verri. 2 aprile 1794-8 luglio 1797, a cura di Sara Rosini, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 2008, pagg. 662-1421, ISBN 978-88-6372-094-5. Pietro Verri, Caffè. 1, In Venezia, Pietro Pizzolato, 1766. URL consultato il 22 giugno 2015. 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Pietro Verri, Alessandro Verri, Viaggio a Parigi e Londra (1766-1767) - Carteggio di Pietro ed Alessandro Verri, a cura di Gianmarco Gaspari, Milano, Adelphi,  Pietro Verri, Appunti di diritto bellico, a cura di Paolo Benvenuti, riedizione aggiornata, Roma, 1990. Arnaldo Di Benedetto, Pietro Verri repubblicano: gli ultimi articoli, Tra Sette e Ottocento. Poesia, letteratura e politica, Alessandria, Edizioni dell'Orso, 1991, pp. 75-95. Adriano Cavanna, Da Maria Teresa a Bonaparte: il lungo viaggio di Pietro Verri, 1999. Carlo Capra, I progressi della ragione: vita di Pietro Verri, Bologna, Il Mulino, 2002. Pietro Verri, Meditazioni sulla felicità, Pavia-Como, Ibis. Pietro Verri, Discorso sull'indole del piacere e del dolore, a cura di Gianfranco Spada, Londra, Traettiana, 2010. Pietro Verri, Diario Militar, Milano, M&B Publishing, 1996. Voci correlate Verri (famiglia) Alessandro Verri Carlo Verri Giovanni Verri Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Pietro Verri Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Pietro Verri Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Pietro Verri Collegamenti esterni Pietro Verri, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Pietro Verri, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Pietro Verri, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010. Modifica su Wikidata (EN) Pietro Verri, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Modifica su Wikidata Opere di Pietro Verri, su Liber Liber. Modifica su Wikidata Opere di Pietro Verri, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Pietro Verri, su Open Library, Internet Archive. (EN) Opere di Pietro Verri, su Progetto Gutenberg. Modifica su Wikidata (EN) Pietro Verri, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company. Modifica su Wikidata Pietro Verri. Biografia e pensiero a cura di Diego Fusaro e Nicoletta Cieri, sito Filosofico.net. URL visitato il 17 febbraio 2012. Cronologia della vita di Pietro Verri, Maria Castiglioni e Teresa Verri di Paolo Colussi, sito Storia di Milano. URL visitato il 17 febbraio 2012. V · D · M Illuministi italiani Controllo di autorità VIAF (EN) 34473689 · ISNI (EN) 0000 0001 2100 5327 · SBN IT\ICCU\CFIV\035822 · LCCN (EN) n82138205 · GND (DE) 118804278 · BNF (FR) cb120377209 (data) · BNE (ES) XX1479709 (data) · NLA (EN) 36414819 · BAV (EN) 495/88410 · CERL cnp01260077 · WorldCat Identities (EN) lccn-n82138205 Biografie Portale Biografie Diritto Portale Diritto Economia Portale Economia Filosofia Portale Filosofia Letteratura Portale Letteratura Storia Portale Storia Categorie: Filosofi italiani del XVIII secoloEconomisti italianiStorici italiani del XVIII secoloNati nel 1728 Morti nel 1797 Nati il 12 dicembreMorti il 28 giugnoNati a MilanoMorti a MilanoIlluministiFilosofi del dirittoScrittori italiani del XVIII secoloSalottieri[altre]. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Verri," per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.


Viano: essential Italian philosohperCarlo Augusto Viano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Carlo Augusto Viano (Aosta, 10 luglio 1929 – Torino, 20 luglio 2019) è stato un filosofo, storico della filosofia e accademico italiano. Laureatosi in Filosofia all'Università di Torino nel 1952 con Nicola Abbagnano, in seguito ha insegnato nelle università di Milano e Cagliari. Ha fatto infine ritorno, in qualità di ordinario fuori ruolo[1] di Storia della filosofia, all'ateneo torinese, di cui è stato nominato professore emerito[2] a seguito del pensionamento. Ha fatto parte del Comitato Nazionale per la Bioetica, ed è stato membro del direttivo della Rivista di filosofia e, a partire dal 1991, socio nazionale dell'Accademia delle Scienze di Torino.[1]  Il 24 giugno 2010 fu insignito del premio Feltrinelli per la Storia dela Filosofia.[2][3]  Pensiero Di formazione neoilluminista, si è occupato principalmente di storia della filosofia antica e moderna e di etica. Nel campo della filosofia è autore di importanti studi su Aristotele (La logica di Aristotele, Torino, 1954) e Locke (John Locke, Dal razionalismo all'Illuminismo, Torino, 1960, Il pensiero politico di Locke, Roma/Bari, 1997), oltre a varie opere di storia della filosofia curate in collaborazione con Pietro Rossi. Nel campo dell'etica, oltre a studi storici (L'etica, Milano, 1981, Teorie etiche contemporanee, Torino, 1995), si è dedicato a promuovere la costruzione di una bioetica laica e, soprattutto negli ultimi anni, a denunciare la timidezza dei laici di fronte alle ingerenze della Chiesa cattolica in ambito scientifico e morale.  Da Enrico Mistretta, direttore editoriale della Laterza, gli fu affidata, insieme con Pietro Rossi, la direzione di una fondamentale Storia della filosofia in sette volumi, che iniziò a essere pubblicata a partire dal 1993.  Opere principali La logica di Aristotele, Torino, Ed. Taylor, 1955 John Locke, Dal razionalismo all'Illuminismo, Torino, Einaudi, 1960, 1973 L'etica, Mondadori, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1981 La selva delle somiglianze. Il filosofo e il medico, Torino, Einaudi, 1985 Va' pensiero: il carattere della filosofia italiana contemporanea, Torino, Einaudi, 1985 (con Pietro Rossi) Filosofia italiana e filosofie straniere nel dopoguerra, Bologna, Il Mulino, 1991 (curatore) Teorie etiche contemporanee, Torino, Bollati Boringhieri, 1995 (con Pietro Rossi) Storia della filosofia, Roma/Bari, Laterza, 1993-99 (7 volumi) Il pensiero politico di Locke, Roma/Bari, Laterza, 1997 Etica pubblica, Roma/Bari, Laterza, 2002 (con Pietro Rossi) Le città filosofiche. Per una geografia della cultura filosofica italiana, Bologna, Il Mulino, 2004 Le imposture degli antichi e i miracoli dei moderni, Torino, Einaudi, 2005 Laici in ginocchio, Roma/Bari, Laterza, 2006 Stagioni filosofiche. La filosofia del Novecento fra Torino e l'Italia, Bologna, Il Mulino, 2007 La scintilla di Caino. Storia della coscienza e dei suoi usi, Torino, Bollati Boringhieri, 2013 Note  Profilo biografico di Carlo Augusto Viano, su accademiadellescienze.it. URL consultato il 23 settembre 2019 (archiviato il 23 settembre 2019).  Maurizio Mori (a cura di), L'Università di Torino ricorda il Prof. Carlo Augusto Viano, su Università di Torino, 26 luglio 2019. ^ Cerimonia inaugurale dell'Anno Accademico dell'Accademia Nazionale dei Lincei, su Presidenza della Repubblica, Roma, 12 novembre 2010. URL consultato il 23 settembre 2019 (archiviato il 23 settembre 2019). Altri progetti Collabora a Wikiquote Wikiquote contiene citazioni di o su Carlo Augusto Viano Collegamenti esterni Carlo Augusto Viano, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Carlo Augusto Viano, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Opere di Carlo Augusto Viano, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Carlo Augusto Viano, su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata (EN) Carlo Augusto Viano, su Goodreads. Modifica su Wikidata Registrazioni di Carlo Augusto Viano, su RadioRadicale.it, Radio Radicale. Modifica su Wikidata Biografia e testi sull'Enciclopedia multimediale RAI delle scienze filosofiche Rassegna stampa sul Sito Web Italiano per la Filosofia Recensione di "Le città filosofiche" su Recensioni Filosofiche V · D · M Vincitori del Premio Feltrinelli Controllo di autoritàVIAF (EN) 68975135 · ISNI (EN) 0000 0000 8148 334X · SBN IT\ICCU\CFIV\066146 · LCCN (EN) n85057180 · BNF (FR) cb12191537f (data) · WorldCat Identities (EN) lccn-n85057180 Biografie Portale Biografie Filosofia Portale Filosofia Categorie: Filosofi italiani del XX secoloStorici della filosofia italianiAccademici italiani del XX secoloNati nel 1929Morti nel 2019Nati il 10 luglioMorti il 20 luglioNati ad AostaMorti a TorinoVincitori del Premio FeltrinelliStudenti dell'Università degli Studi di TorinoProfessori dell'Università degli Studi di MilanoProfessori dell'Università degli Studi di CagliariProfessori dell'Università degli Studi di TorinoMembri dell'Accademia delle Scienze di Torino[altre]

Viazzi: essential Italian philosopher Pio Viazzi Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Jump to navigationJump to search Abbozzo politici italiani Questa voce sull'argomento politici italiani è solo un abbozzo. Contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni di Wikipedia. Pio Viazzi Deputato del Regno d'Italia Durata mandato                                     1905 – 1913 Legislature                                    XXII, XXIII Gruppo parlamentarePRI CollegioGrosseto Sito istituzionale Dati generali Partito politicoPartito Repubblicano Italiano Titolo di studiolaurea Professioneavvocato, docente Pio Viazzi (Gavi, 19 marzo 1868 – 22 ottobre 1914) è stato un politico, filosofo e giurista italiano.  Biografia Apprezzato teorico e studioso di diritto, nel 1905 fu eletto per i repubblicani alla Camera dei deputati per il collegio di Grosseto, subentrando ad Ettore Socci e battendo il candidato dei radicali Angelo Banti. Viazzi rimase in Parlamento per due legislature (XXII, XXIII), e nel 1913 fu succeduto dal socialista Giovanni Merloni.  Collegamenti esterni Pio Viazzi, su storia.camera.it, Camera dei deputati. Modifica su Wikidata Controllo di autoritàVIAF (EN) 89440097 · ISNI (EN) 0000 0000 6196 1930 · BNE (ES) XX1610050 (data) · WorldCat Identities (EN) viaf-89440097 Biografie Portale Biografie Politica Portale Politica Categorie: Politici italiani del XIX secoloPolitici italiani del XX secoloFilosofi italiani del XIX secoloFilosofi italiani del XX secoloGiuristi italiani del XIX secoloGiuristi italiani del XX secoloNati nel 1868Morti nel 1914Nati il 19 marzoMorti il 22 ottobreNati a GaviDeputati della XXII legislatura del Regno d'ItaliaDeputati della XXIII legislatura del Regno d'Italia[altre]

Vico: Essential itealian philosopher. Grice: “The Italians revere him so much that his emblem is on one of their stamps!” – “It would be as having Ryle on one of ours!”
vico: He is so beloved by the Italians “that they made a stamp of him.” – Grice. cited by H. P. Grice, “Vico and the origin of language.” Philosopher who founded modern philosophy of history, philosophy of culture, and philosophy of mythology. He was born and lived all his life in or near Naples, where he taught eloquence. The Inquisition was a force in Naples throughout Vico’s lifetime. A turning point in his career was his loss of the concourse for a chair of civil law 1723. Although a disappointment and an injustice, it enabled him to produce his major philosophical work. He was appointed royal historiographer by Charles of Bourbon. Vico’s major work is “La scienza nuova”  completely revised in a second, definitive version in 1730. In the 1720s, he published three connected works in Latin on jurisprudence, under the title Universal Law; one contains a sketch of his conception of a “new science” of the historical life of nations. Vico’s principal works preceding this are On the Study Methods of Our Time 1709, comparing the ancients with the moderns regarding human education, and On the Most Ancient Wisdom of the s 1710, attacking the Cartesian conception of metaphysics. His Autobiography inaugurates the conception of modern intellectual autobiography. Basic to Vico’s philosophy is his principle that “the true is the made” “verum ipsum factum”, that what is true is convertible with what is made. This principle is central in his conception of “science” scientia, scienza. A science is possible only for those subjects in which such a conversion is possible. There can be a science of mathematics, since mathematical truths are such because we make them. Analogously, there can be a science of the civil world of the historical life of nations. Since we make the things of the civil world, it is possible for us to have a science of them. As the makers of our own world, like God as the maker who makes by knowing and knows by making, we can have knowledge per caussas through causes, from within. In the natural sciences we can have only conscientia a kind of “consciousness”, not scientia, because things in nature are not made by the knower. Vico’s “new science” is a science of the principles whereby “men make history”; it is also a demonstration of “what providence has wrought in history.” All nations rise and fall in cycles within history corsi e ricorsi in a pattern governed by providence. The world of nations or, in the Augustinian phrase Vico uses, “the great city of the human race,” exhibits a pattern of three ages of “ideal eternal history” storia ideale eterna. Every nation passes through an age of gods when people think in terms of gods, an age of heroes when all virtues and institutions are formed through the personalities of heroes, and an age of humans when all sense of the divine is lost, life becomes luxurious and false, and thought becomes abstract and ineffective; then the cycle must begin again. In the first two ages all life and thought are governed by the primordial power of “imagination” fantasia and the world is ordered through the power of humans to form experience in terms of “imaginative universals” universali fantastici. These two ages are governed by “poetic wisdom” sapienza poetica. At the basis of Vico’s conception of history, society, and knowledge is a conception of mythical thought as the origin of the human world. Fantasia is the original power of the human mind through which the true and the made are converted to create the myths and gods that are at the basis of any cycle of history. Michelet was the primary supporter of Vico’s ideas in the nineteenth century; he made them the basis of his own philosophy of history. Coleridge is the principal disseminator of Vico’s views in England. James Joyce used the New Science as a substructure for Finnegans Wake, making plays on Vico’s name, beginning with one in Latin in the first sentence: “by a commodius vicus of recirculation.” Croce revives Vico’s philosophical thought, wishing to conceive Vico as the  Hegel. Vico’s ideas have been the subject of analysis by such prominent philosophical thinkers as Horkheimer and Berlin, by anthropologists such as Edmund Leach, and by literary critics such as René Wellek and Herbert Read. Refs.: S. N. Hampshire, “Vico,” in The New Yorker. Luigi Speranza, “Vico alla Villa Grice.” H. P. Grice, “Vico and language.” vico --  Danesi, Marcel. Vico, Metaphor, and the Origin of Language. Bloomington: Indiana. Serious scholars of Vico as well as glottogeneticists will find much of value in this excellent monograph. Vico Studies. A provocative, well-researched argument which might find reapplication in philosophy." —Theological Book Review. Danesi returns to Vico to create a persuasive, original account of the evolution and development of language, one of the deep mysteries of human existence. The Vico’s reconstruction of the origin of language is described at length, then evaluated in light of Grice’s philosophical conversational pragmatics. Glottogenesis Vico’s Reconstruction. The New Science Basic Notions. Language and the Imagination: Vito’s Glottogenetic Scenario Vico’s Approach Reconstructing the Primal Scene After the Primal Scence. The Dawn of Communication: Iconicity and Mimesis Hypotheses The Nature of Iconicity. Imagery, Iconicity, and Gesture. Iconic Representation. Osmosis Hypothesis Ontogenesis From Percepts to Concepts The Metaphoricity Metaphor Metaphor and Concept-Formation Mentation, Narrativity, and Myth  The Sociobiological-Computationist Viewpoint:A Vichian Critique The Vichian Scenario Revisited Revisting the Genetic Perspective computationism. Refs.: Luigi Speranza, “Vico e Grice,” Villa Grice.

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