The Grice Club

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The club for all those whose members have no (other) club.

Is Grice the greatest philosopher that ever lived?

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Monday, September 21, 2020

IN PLICATVRVM XX/XX

thaulero: Vincenzo Filippone-Thaulero (Roma), filosofo. Abruzzese di origine tedesca, era figlio del barone Carlo, nobile di Chieti e patrizio teramano, e di donna Maria Clemente. Conseguì la maturità classica al Liceo "Massimo" di Roma. Si iscrisse nel 1948 alla Facoltà di Giurisprudenza dell'Università "La Sapienza" di Roma, dove si laureò a pieni voti con una tesi in Filosofia del Diritto, Una metodologia cristiana del diritto, relatore Giorgio Del Vecchio e ottenne il Diploma di perfezionamento con lode in Filosofia del Diritto nella Scuola di Perfezionamento di Filosofia del Diritto dell'Roma, con la tesi La fictio juris in Bartolo da Sassoferrato, relatore Widar Cesarini Sforza.  Assistente volontario di Giacomo Perticone, ordinario di Storia contemporanea a Scienze politiche, usufruì di una borsa della Humboldt-Stiftung che gli consentì lunghe permanenze di studi in Germania per approfondire i suoi studi sulla problematica dei valori.  Luigi Sturzo gli affidò insieme a Mario d'Addio la direzione del Bollettino di Sociologia, poi divenuto nel 1956 la rivista Sociologia, divenendo uno dei maggiori collaboratori dell'Istituto creato dal fondatore del Partito Popolare Italiano. Inviato al terzo Congresso Mondiale di Sociologia di Amsterdam (1956), fu fra i fondatori della Società Italiana di Scienze Sociali.  Conseguì nel 1965 la libera docenza in Filosofia Morale e ricoprì vari incarichi presso il Magistero e la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Salerno. Vinse il concorso a cattedra per Filosofia Morale del Magistero di Salerno.  Morì in un incidente automobilistico insieme alle figlie Maria Gabriella e Maria Elisabeth.  Gli è stata intitolata la scuola elementare di Cologna Spiaggia (Roseto degli Abruzzi).  Opere Società e cultura nel pensiero di Max Scheler, Giuffré, Milano, Seconda attesa, Neri Pozza, Vicenza (edizione postuma). Il mare ha voce, ha voce il vento, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma (edizione postuma). Opera omnia di Vincenzo Filippone-Thaulero: Volume I, Il darsi dell'Origine nell'esperienza sociale e religiosa, V. Filippone-Thaulero, R. Pezzimenti, V. Di Marco, Studium Edizioni, Roma  Saggi e articoli Il terzo Congresso Mondiale di Sociologia (Amsterdam6), in Bollettino di Sociologia dell'Istituto Luigi Sturzo,  Intorno al concetto di sociologia generale, in Sociologia, Bollettino dell'Istituto Luigi Sturzo, A. Giuffré, Milano, Il problema del risentimento in Max Scheler, in Sociologia, Bollettino dell'Istituto Luigi Sturzo, N. 1, A. Giuffré, Milano, Scienze sociali e Sociologia, in Sociologia, Bollettino dell'Istituto Luigi Sturzo, AnnoA. Giuffré, Mi-lano, La Sociologia storicista di L. Sturzo e alcuni riferimenti alle teorie sociologiche moderne, in Sociologia, Bollettino dell'Istituto Luigi Sturzo, A. Giuffré, Mi-lano, Razionalità e storia nella sociologia sturziana, in Civitas, L'autorità in Max Weber, in Sociologia, gennaio-dicembre, Il problema dell'autorità in Max Scheler, in Autorité et Liberté, Atti del IV Convegno di Cultura Europea, Bolzano, Società e cultura nel pensiero di Max Scheler, in Rivista di Sociologia Anno I, N. 1, Roma Società e cultura nel pensiero di Max Scheler,  I, Giuffré, Milano, Conoscenza e sociologia, in Rivista di Sociologia, Appunti per la XXXVII settimana sociale dei cattolici d'Italia, in Rivista di Sociologia, Note sulla VIII Conferenza di sociologia religiosa, in Rivista di Sociologia, n. 7, maggio-agosto 1965. Cristianesimo e storia, in Rivista di Sociologia, Riflessioni su pregiudizio e religione, in Rivista di Sociologia,  Roma, Metafisica della scienza e sociologia, in Rivista di Sociologia, Roma, Analisi culturale ed ecumenismo, in Rivista di Sociologia, Roma, Religione e pregiudizio (in collaborazione con O. Klineberg, T. Tentori, F. Crespi), Cappelli, Bologna,  Il problema di un'antropologia filosofica, in Rivista di Sociologia,  Il problema di un'antropologia filosofica, Guida, Napoli, Corso di lezioni ciclostilate, con la traduzione, in appendice, di un testo di Max Scheler). Religione e pregiudizioAnalisi di contenuto dei libri cattolici di insegnamento religioso in Italia e in Spagna, Cappelli, Bologna, Nota introduttiva a Nicolai Hartmann, Etica I, Fenomenologia dei costumi, in Esperienze, Osservazioni in margine ad una ricerca su pregiudizio e religione, in Rivista di sociologia, Società e cultura nel pensiero di Max Scheler,  II, Giuffré, Milano, Prospettive culturali e sociologiche dell'impegno sociale (Relazione tenuta alla Consulta dei Movimenti Effettive e Seniores della Gioventù di Azione Cattolica). Un nuovo indirizzo storiografico nella analisi della struttura socioeconomica meridionale (Relazione tenuta in occasione del convegno Ignazio Rozzi e l'agricoltura meridionale, Teramo, promosso dal Centro di Studi Storici Abruzzo Teramano), in Rivista di Sociologia, Riflessione sull'Università televisiva, in Informazione Radio TV. Studi, documenti e notizie, Speciale Televisione e Istruzione, RAI, Sociologia ed esperienza religiosa e politica in Luigi Sturzo, in Ricerche di Storia sociale e religiosa. Discendente del Beato Johannes Thauler  Centro studi Filippone-Thaulero  Vincenzo Di Marco in occasione della pubblicazione de "Il darsi dell'origine nell'esperienza sociale e religiosa"  Il Tempo, V. Mathieu, Vincenzo Filippone-Thaulero, Salerno, G. De Rosa,Vincenzo Filippone-Thaulero in V. Filippone-Thaulero, Seconda Attesa, Vicenza, G. De Rosa, La storia che non passa: diario politico, Soveia Mannelli, G. Savarese, Presentazione in V. Filippone-Thaulero, Il mare ha voce, ha voce il vento, Roma, Centro studi Filippone-Thaulero, su centrostudifilipponethaulero.wordpress.com.

 

thales: Grice: “We call him Greek, but he certainly weren’t [sic] born in Greece!” -- called by Grice the first Grecian philosopher (“Oddly, we call him a Ionian, but the Ionian is quite a way from where he was born!”)who poisted a ‘philosophical’ why-explanation.  Grecian philosopher who was regarded as one of the Seven Sages of Greece. He was also considered the first philosopher, founder of the Milesians. Thales is also reputed to have been an engineer, astronomer, mathematician, and statesman. His doctrines even early Grecian sources know only by hearsay: he said that water is the arche, and that the earth floats on water like a raft. The magnet has a soul, and all things are full of the gods. Thales’ attempt to explain natural phenomena in natural rather than exclusively supernatural terms bore fruit in his follower Anaximander. 

 

‘that’: a demonstrative. Since Grice would make so many references to the ‘that’-clause, he is aware that ‘that’ is etymologically a demonstrative, that has lost its efficacy there. But the important etymological lesson is that what follows a ‘that’-clause (cf. the classical languages Grice learned at Clifton, Greek and Latin) is a ‘propositio’ just because the ‘that’ POINTS at the proposition. Sometimes he refers to ‘obliquus casus,’ and ‘oratio obliqua,’ but he is more at home with things like ‘verba percipienda,’ verba volendi, etc. Refs.: H. P. Grice, “Bradley on this and that and thesss and thatness.’-- ‘that’-clause: Grice’s priority for the ‘that’-clause is multiple. He dislikes what he calls an ‘amorphous’ propositional complex. His idea is to have at least ‘The S is P,’ one act involving a subjectum or denotatum, and one involving the praedicatum. There is also what he calls sub-perceptual utterances. They do look like structured (“That red pillar seems red”) but they are not perceptual reports like “I perceive that the pillar box is red.” At points he wanst to restrict utterer’s communucatum to a ‘that’-clause; but ignoring Austin’s remark that to wonder about what a ‘word’ ‘means’ is senseless, Grice sometimes allows for things like ‘The cat sat on the mat’ to ‘mean’ that the cat sat on the mat. Grice thinks that his account of ‘the red-seeming pillar box’ succeeded, and that it was this success that prompted him to apply the thing to other areas, notably Strawson, but one hopes, all the theses he presents in “Causal” and “Prolegomena.” But he does not go back to the is/seems example, other than perhaps the tie is/seems blue. The reason is that the sense-datum theory is very complex. Note “seems.” “It seems to me that…” but the ‘that’-clause not as a content of a state of the agent. If the pillar box seems red to Grice because it is red, what ‘that’-clause are we talking about to involve in the implicaturum? And what generates the implicaturum. “By uttering “The pillar box seems red,” U conversationally implicates that there is a denial or doubt, somewhere as to whether the pillar box IS red.” Grice thought of Staal as particularly good at this type of formalistic philosophy, which was still adequate to reflect the subtleties of ordinary language.  How do we define a Griceian action? How do we define a Griceian event? This is Grices examination and criticism of Davidson, as a scientific realist, followed by a Kantian approach to freedom and causation. Grice is especially interested in the logical form, or explicitum, so that he can play with the implicaturum. One of his favourite examples: He fell on his sword, having tripped as he crossed the Galliæ. Grice manages to quote from many and varied authors (some of which you would not expect him to quote) such as Reichenbach, but also Robinson, of Oriel, of You Names it fame (for any x, if you can Names it, x exists). Robinson has a brilliant essay on parts of Cook Wilsons Statement and inference, so he certainly knows what he is talking about. Grice also quotes from von Wright and Eddington. Grice offers a linguistic botanic survey of autonomy and free (sugar-free, free fall, implicaturum-free) which some have found inspirational. His favourite is Finnegans alcohol-free. Finnegans obvious implicaturum is that everything is alcohol-laden. Grice kept a copy of Davidsons The logical form of action sentences, since surely Davidson, Grice thought, is making a primary philosophical point. Horses run fast; therefore, horses run. A Davidsonian problem, and there are more to come! Smith went fishing. Grices category shift allows us to take Smiths fishing as the grammatical Subjects of an action sentence. Cf. indeed the way to cope with entailment in The horse runs fast; therefore, the horse runs. Grices Actions and events is Davidsonian in motivation, but Kantian in method, one of those actions by Grice to promote a Griceian event! Davidson had published, Grice thought, some pretty influential (and provocative, anti-Quineian) stuff on actions and events, or events and actions, actually, and, worse, he was being discussed at Oxford, too, over which Grice always keeps an eye! Davidsons point, tersely put, is that while p.q (e.g. It is raining, and it is pouring) denotes a concatenation of events. Smith is fishing denotes an action, which is a kind of event, if you are following him (Davidson, not Smith). However, Davidson is fighting against the intuition, if you are a follower of Whitehead and Russell, to symbolise the Smith is fishing as Fs, where s stands for Smith and F for fishing. The logical form of a report of an event or an action seems to be slightly more complicated. Davidsons point specifically involves adverbs, or adverbial modifiers, and how to play with them in terms of entailment. The horse runs fast; therefore, the horse runs. Symbolise that! as Davidson told Benson Mates! But Mates had gone to the restroom. Grice explores all these and other topics and submits the thing for publication. Grice quotes, as t his wont, from many and various philosophers, not just Davidson, whom he saw every Wednesday, but others he didnt, like Reichenbach, Robinson, Kant, and, again even a physicist like Eddington. Grice remarks that Davidson is into hypothesis, suppositio, while he is, as he should, into hypostasis, substantia. Grice then expands on the apparent otiosity of uttering, It is a fact that grass is green. Grice goes on to summarise what he ironically dubs an ingenious argument. Let σ abbreviate the operator  consists in the fact that , which, when prefixed to a sentence, produces a predicate or epithet. Let S abbreviate Snow is white, and let G abbreviate Grass is green. In that case, xσS is 1 just in case xσ(y(y=y and S) = y(y=y) is 1, since the first part of the sub-sentence which follows σ in the main sentence is logically equivalent logically equivalent to the second part. And xσ(y(y=y and S) = y(y=y) is 1 just in case xσ(y(if y=y, G) = y(y=y) is 1, since y(if y=y, S) and y(if y=y, G) are each a singular term, which, if S and G are both true, each refers to y(y=y), and are therefore co-referential and inter-substitutable. And xσ(y(if y=y, G) = y(y=y) is true just in case xσG is 1, since G is logically equivalent to the sub-sentence which follows σ. So, this fallacy goes, provided that S and G are both 1, regardless of what an utterer explicitly conveys by uttering a token of it, any event which consists of the otiose fact that S also consists of the otiose fact that G, and vice versa, i. e. this randomly chosen event is identical to any other randomly chosen event. Grice hastens to criticise this slingshot fallacy licensing the inter-substitution of this or that co-referential singular term and this or that logically equivalent sub-sentence as officially demanded because it is needed to license a patently valid, if baffling, inference. But, if in addition to providing this benefit, the fallacy saddles the philosopher with a commitment to a hideous consequence, the rational course is to endeavour to find a way of retaining the benefit while eliminating the disastrous accompaniment, much as in set theory it seems rational to seek as generous a comprehension axiom as the need to escape this or that paradox permits. Grice proposes to retain the principle of co-reference, but prohibit is use after the principle of logical equivalence has been used. Grice finds such a measure to have some intuitive appeal. In the fallacy, the initial deployment of the principle of logical equivalence seems tailored to the production of a sentence which provides opportunity for trouble-raising application of the principle of co-referentiality. And if that is what the game is, why not stop it? On the assumption that this or that problem which originally prompts this or that analysis is at least on their way towards independent solution, Grice turns his attention to the possibility of providing a constructivist treatment of things which might perhaps have more intuitive appeal than a naïve realist approach. Grice begins with a class of happenstance attributions, which is divided into this or that basic happenstance attribution, i.e. ascriptions to a Subjects-item of an attribute which is metabolically expressible, and this or that non-basic resultant happenstance attribution, in which the attribute ascribed, though not itself metabolically expressible, is such that its possession by a Subjects item is suitably related to the possession by that or by some other Subjects item, of this or that attribute which is metabolically expressible. Any member of the class of happenstance attributions may be used to say what happens, or happens to be the case, without talking about any special entity belonging to a class of a happening or a happenstance. A next stage involves the introduction of the operator  consists of the fact that  This operator, when prefixed to a sentence S that makes a happen-stance attribution to a Subjects-item, yields a predicate which is satisfied by an entity which is a happenstance, provided that sentence S is doxastically satisfactory, i. e., 1, and that some further metaphysical condition obtains, which ensures the metaphysical necessity of the introduction into reality of the category of a happenstance, thereby ensuring that this new category is not just a class of this or that fiction. As far as the slingshot fallacy, and the hideous consequence that all facts become identical to one Great Big Fact, in the light of a defence of Reichenbach against the realist attack, Grice is reasonably confident that a metaphysical extension of reality will not saddle him with an intolerable paradox, pace the caveat that, to some, the slingshot is not contradictory in the way a paradox is, but merely an unexpected consequence ‒ not seriously hideous, at that. What this metaphysical condition would be which would justify the metaphysical extension remains, alas, to be determined. It is tempting to think that the metaphysical condition is connected with a theoretical need to have this or that happenstance as this or that item in, say, a causal relation. Grice goes on to provide a progression of linguistic botanising including free. Grice distinguishes four elements or stages in the step-by-step development of freedom. A first stage is the transeunt causation one finds in inanimate objects, as when we experience a stone in free fall. This is Hume’s realm, the atomistss realm. This is external or transeunt casuation, when an object is affected by processes in other objects. A second stage is internal or immanent causation, where a process in an object is the outcome of previous stages in that process, as in a freely moving body. A third stage is the internal causation of a living being, in which changes are generated in a creature by internal features of the creature which are not earlier stages of the same change, but independent items, the function or finality of which is to provide for the good of the creature in question. A fourth stage is a culminating stage at which the conception of a certain mode by a human of something as being for that creatures good is sufficient to initiate the doing of that thing. Grice expands on this interesting last stage. At this stage, it is the case that the creature is liberated from every factive cause. There is also a discussion of von Wrights table of adverbial modifiers, or Grices pentagram. Also an exploration of specificity: Jack buttering a parsnip in the bathroom in the presence of Jill. Grice revisits some of his earlier concerns, and these are discussed in the appropriate places, such as his exploration on the Grecian etymology of aition. “That”-clause should be preferred to ‘oratio obliqua,’ since the latter is a momer when you ascribe a psychological state rather than an utterance. Refs.: The main sources are given under ‘oratio obliqua’ above, The BANC.

 

theism:  as an Aristotelian scholar, H. P. Grice is aware of the centrality of God, nous nouseos, in Aristotle’s philosophy -- atheism from Grecian a-, ‘not’, and theos, ‘god’, the view that there are no gods. A widely used sense denotes merely not believing in God and is consistent with agnosticism. A stricter sense denotes a belief that there is no God; this use has become the standard one. In the Apology Socrates is accused of atheism for not believing in the official Athenian gods. Some distinguish between theoretical atheism and practical atheism. A theoretical atheist is one who self-consciously denies the existence of a supreme being, whereas a practical atheist may believe that a supreme being exists but lives as though there were no god. -- theology -- Grice’s philosophical theology -- concursus dei, God’s concurrence. The notion derives from a theory from medieval philosophical theology, according to which any case of causation involving created substances requires both the exercise of genuine causal powers inherent in creatures and the exercise of God’s causal activity. In particular, a person’s actions are the result of the person’s causal powers, often including the powers of deliberation and choice, and God’s causal endorsement. Divine concurrence maintains that the nature of God’s activity is more determinate than simply conserving the created world in existence. Although divine concurrence agrees with occasionalism in holding God’s power to be necessary for any event to occur, it diverges from occasionalism insofar as it regards creatures as causally active.  -- theosophia: any philosophical mysticism, especially those that purport to be mathematically or scientifically based, such as Pythagoreanism, Neoplatonism, or gnosticism. Vedic Hinduism, and certain aspects of Buddhism, Taoism, and Islamic Sufism, can also be considered theosophical. In narrower senses, ‘theosophy’ may refer to the philosophy of Swedenborg, Steiner, or Madame Helena Petrovna Blavatsky 183. Swedenborg’s theosophy originally consisted of a rationalistic cosmology, inspired by certain elements of Cartesian and Leibnizian philosophy, and a Christian mysticism. Swedenborg labored to explain the interconnections between soul and body. Steiner’s theosophy is a reaction to standard scientific theory. It purports to be as rigorous as ordinary science, but superior to it by incorporating spiritual truths about reality. According to his theosophy, reality is organic and evolving by its own resource. Genuine knowledge is intuitive, not discursive. Madame Blavatsky founded the Theosophical Society in 1875. Her views were eclectic, but were strongly influenced by mystical elements of  philosophy. 

 

thema: a term Grice borrows from Stoic logic, after attending a seminar on the topic by Benson Matesa ‘thema’ is a ground rule used to reduce argument forms to basic forms. The Stoics analyzed arguments by their form schema, or tropos. They represented forms using numbers to represent claims; for example, ‘if the first, the second; but the first; therefore the second’. Grice uses “so-and-so” for ‘the first’ and ‘such and such’ for the ‘second’. “If so and so, such and such, but so and so; therefore, such and such.” Some forms were undemonstrable; others were reduced to the undemonstrable argument forms by ground rules themata; e.g., if R follows from P & Q, -Q follows from P & -R. The five undemonstrable arguments are: 1 modus ponendo ponens; 2 modus tollendo tollens; 3 not both P and Q, P, so not-Q; 4 P or Q but not both, P, so not-Q; and 5 disjunctive syllogism. The evidence about the four ground rules is incomplete, but a sound and consistent system for propositional logic can be developed that is consistent with the evidence we have. See Diogenes Laertius, Lives of the Philosophers, for an introduction to the Stoic theory of arguments; other evidence is more scattered. 

 

theseus’s ship. Grice sails on Theseus’s ship. Theseus’ ship: Example used by Grice to relativise ‘identity.’ After the hero Theseus accomplished his mission to sail to Crete to kill the Minotaur, his ship (Ship 1) was put on display in Athens. As the time went by, its original planks and other parts were replaced one by one with new materials until one day all of its parts were new, with none of its original parts remaining. Do we want to say that the completely rebuilt ship (Ship 2) is the same as the original or that it is a different ship? The case is further complicated. If all the original materials were kept and eventually used to construct a ship (Ship 3), would this ship be the same as the original? This example has inspired much discussion concerning the problems of identity and individuation. “To be something later is to be its closest continuer. Let us apply this view to one traditional puzzle about identity over time: the puzzle of the ship of Theseus.” Nozick, Philosophical Explanation. Grice basically formalized this with G. Myro. Refs.: Collingwood, translation of Benedetto Croce, “Il paradosso della nave di Teseo,” H. P. Grice, “Relative identity,” The Grice Papers, BANC.

 

θ: or theta -- Grice’s symbol for a theory. Grice uses small-case theta for a token of a theory, and capital theta for a type of theory.– Grice couldn’t quite stand some type of attitude he found in people like J. M. RountreeRountree was claiming that one needs a ‘theory’ of meaning. Grice responded: “ Rountree is wrong: if meaning is a matter of theory, it cannot be a matter of intuition; and I’m sure it should be a matter of intuition for Rountree!” theoretical termGrice was once attracted to Ramsey’s essay on “Theories,” but later came to see it as ‘pretentious’. “Surely the way *I* use ‘theory’ is not Ramsey’s!”If something is an object of an intuition by Grice, it cannot be a theoretical termtheory and intuition don’t go together. They repel each other! a term occurring in a scientific theory that purports to make reference to an unobservable entity e.g., ‘electron’, property e.g., ‘the monatomicity of a molecule’, or relation ‘greater electrical resistance’. The qualification ‘purports to’ is required because instrumentalists deny that any such unobservables exist; nevertheless, they acknowledge that a scientific theory, such as the atomic theory of matter, may be a useful tool for organizing our knowledge of observables and predicting future experiences. Scientific realists, in contrast, maintain that at least some of the theoretical terms e.g., ‘quark’ or ‘neutrino’ actually denote entities that are not directly observable  they hold, i.e., that such things exist. For either group, theoretical terms are contrasted with such observational terms as ‘rope’, ‘smooth’, and ‘louder than’, which refer to observable entities, properties, or relations. Much philosophical controversy has centered on how to draw the distinction between the observable and the unobservable. Did Galileo observe the moons of Jupiter with his telescope? Do we observe bacteria under a microscope? Do physicists observe electrons in bubble chambers? Do astronomers observe the supernova explosions with neutrino counters? Do we observe ordinary material objects, or are sense-data the only observables? Are there any observational terms at all, or are all terms theory-laden? Another important meaning of ‘theoretical term’ occurs if one regards a scientific theory as a semiformal axiomatic system. It is then natural to think of its vocabulary as divided into three parts, i terms of logic and mathematics, ii terms drawn from ordinary language or from other theories, and iii theoretical terms that constitute the special vocabulary of that particular theory. Thermodynamics, e.g., employs i terms for numbers and mathematical operations, ii such terms as ‘pressure’ and ‘volume’ that are common to many branches of physics, and iii such special thermodynamical terms as ‘temperature’, ‘heat’, and ‘entropy’. In this second sense, a theoretical term need not even purport to refer to unobservables. For example, although special equipment is necessary for its precise quantitatheoretical entity theoretical term 912   912 tive measurement, temperature is an observable property. Even if theories are not regarded as axiomatic systems, their technical terms can be considered theoretical. Such terms need not purport to refer to unobservables, nor be the exclusive property of one particular theory. In some cases, e.g., ‘work’ in physics, an ordinary word is used in the theory with a meaning that departs significantly from its ordinary use. Serious questions have been raised about the meaning of theoretical terms. Some philosophers have insisted that, to be meaningful, they must be given operational definitions. Others have appealed to coordinative definitions to secure at least partial interpretation of axiomatic theories. The verifiability criterion has been invoked to secure the meaningfulness of scientific theories containing such terms. A theoretical concept or construct is a concept expressed by a theoretical term in any of the foregoing senses. The term ‘theoretical entity’ has often been used to refer to unobservables, but this usage is confusing, in part because, without introducing any special vocabulary, we can talk about objects too small to be perceived directly  e.g., spheres of gamboge a yellow resin less than 106 meters in diameter, which figured in a historically important experiment by Jean Perrin.  Grice uses Ramsey’s concept of ‘theory’“granting that Ramsey overrated theory, as all Cambridge men do!” -- theory-laden, dependent on theory; specifically, involving a theoretical interpretation of what is perceived or recorded. In the heyday of logical empiricism it was thought, by Carnap and others, that a rigid distinction could be drawn between observational and theoretical terms. Later, N. R. Hanson, Paul Feyerabend, and others questioned this distinction, arguing that perhaps all observations are theory-laden either because our perception of the world is colored by perceptual, linguistic, and cultural differences or because no attempt to distinguish sharply between observation and theory has been successful. This shift brings a host of philosophical problems. If we accept the idea of radical theoryladenness, relativism of theory choice becomes possible, for, given rival theories each of which conditions its own observational evidence, the choice between them would seem to have to be made on extra-evidential grounds, since no theory-neutral observations are available. In its most perplexing form, relativism holds that, theory-ladenness being granted, one theory is as good as any other, so far as the relationship of theory to evidence is concerned. Relativists couple the thesis of theory-ladenness with the alleged fact of the underdetermination of a theory by its observational evidence, which yields the idea that any number of alternative theories can be supported by the same evidence. The question becomes one of what it is that constrains choices between theories. If theory-laden observations cannot constrain such choices, the individual subjective preferences of scientists, or rules of fraternal behavior agreed upon by groups of scientists, become the operative constraints. The logic of confirmation seems to be intrinsically contaminated by both idiosyncratic and social factors, posing a threat to the very idea of scientific rationality. 

 

thomson: Grice did not collaborate with that many friends. He did with his tutee Strawson. He later did it with G. J. Warnock only on the theory of perception (notably the ‘visum’). He collaborated with two more Oxonian philosophers, and with both on the philosophy of action: D. F. Pears and J. F. Thomson.  J. F. Scots London-born philosopher who would often give seminars with H. P. Grice. They also explored ‘philosophy of action.’ Thomson presented his views on public occasons on the topic, usually under the guidance of D. F. Pearson topics such as ‘freedom of the will.’ Thomson has assocations with University, and is a Fellow of Corpus, Grice’s alma. --thomsonianism: Grice explored philosophy of action with J. F. Thomson. Thomson would socialize mainly with Grice and D. F. Pears. Oddly, Thomson was also interested in ‘if’ and reached more or less the same Philonian consequences that Grice does.

 

three-year-old’s guide to Russell’s theory of types, theby H. P. Grice, with an appendix by P. F. Strawson, “Advice to parents,” v. Grice’s three-year-old’s guide.

 

Tilgher: Adriano Tilgher (Resìna), filosofo. Nato da padre vetraio tedesco e madre valdostana, visse a Roma dove fu amico e collaboratore di Ernesto Buonaiuti (studioso di storia del cristianesimo ed esponente del modernismo italiano), fino alla morte. Lavorò come bibliotecario all'Alessandrina e collaborò ad alcuni giornali (tra gli altri, Il Mondo e il Popolo di Roma), molti dei quali vennero poi soppressi dal regime fascista. Le sue principali opere sono: La crisi mondiale, Estetica, e La filosofia delle morali, nella quale delinea la sua originale visione individualistica. Collaborò al giornale satirico Il Becco giallo.  Fu tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali antifascisti, redatto da Benedetto Croce. Da ricordare, anche, tra i suoi diversi scritti antifascisti, la Stroncatura di Giovanni Gentile del 1925 che, soprattutto nell'ironico e irriverente sottotitolo, esprime un dissacrante giudizio sulla propaganda con l'eloquente frase, di ascendenza bruniana, «lo spaccio del bestione trionfante».  Operò anche come critico letterario e teatrale: fu tra i primi a notare l'originalità del teatro pirandelliano, nonostante i tentativi di contestazione da parte del regime fascista .  In ambito filosofico, egli affermò che non esiste una scienza morale unica bensì una pluralità di morali che emergono da un fondo caotico in virtù di un'iniziativa che in parte è creatrice di valori e in parte effetto di coincidenze casuali, anche se fortunate. In Tilgher riaffiora il dualismo manicheo di bene e di male, ribelle a ogni composizione dialettica propria a ogni comodo, quanto illusorio e superficiale ottimismo. Considerò mitico, utopistico, il concetto del progresso che non considera come altrettanto reali "il regresso, la caduta e la colpa".  Nella nota Antologia dei Filosofi Italiani del dopoguerra, pubblicata nel 1937, oltre a suoi testi incluse brani tratti dalle opere di Antonio Aliotta, Ernesto Buonaiuti, Julius Evola, Piero Martinetti, Costanzo Mignone, Emilia Nobile, Giuseppe Rensi.  A Ercolano gli è stato intitolato l'Istituto d'Istruzione Superiore.  Opere Arte, Conoscenza e Realtà, Torino, Bocca, 1911 Teoria del Pragmatismo trascendentale, Torino, Bocca 1915 Filosofi antichi, Todi, Atanor, 1921 La crisi mondiale e Saggi di socialismo e marxismo, Bologna, Zanichelli, Voci del tempo, Roma, Libreria di Scienza e Lettere, Relativisti contemporanei, Roma, Libreria di Scienza e Lettere, Studi sul Teatro contemporaneo, Roma, Libreria di Scienza e Lettere, Ricognizioni, Roma, Libreria di Scienza e Lettere, La scena e la vita, Roma, Libreria di Scienza e Lettere, 1925 Lo Spaccio del Bestione trionfante. Stroncatura di Giovanni Gentile. Un libro per filosofi e non filosofi, Torino, Gobetti, con un saggio di Antimo Negri, La Mandragora, Prefazione di Gabriele Turi, Roma, Storia e Letteratura, La visione greca della vita, Roma, Libreria di Scienza e Lettere, Giordano,  Saggi di etica e di filosofia del diritto, Torino, Bocca, 1928 Homo faber, Roma, Libreria di Scienza e Lettere, col titolo Storia del concetto di lavoro nella civiltà occidentale, Firenzelibri, 1983. La poesia dialettale napoletana, Roma, Libreria di Scienza e Lettere, Estetica, Roma, Libreria di Scienza e Lettere, Etica di Goethe, Roma, Maglione, Filosofi e Moralisti del Novecento, Roma, Libreria di Scienza e Lettere, Studi di poetica, Roma, Libreria di Scienza e Lettere, Cristo e Noi, Modena, Guanda, Critica dello Storicismo, Modena, Guanda,Antologia dei filosofi italiani del dopoguerra, Modena, Guanda, Filosofia delle Morali, Roma, Libreria di Scienza e Lettere, Moralità. Punti di vista sulla vita e sull'uomo, Roma, Libreria di Scienza e Lettere,Le orecchie dell'aquila. Studio sulle fonti dell'attualismo di Giovanni Gentile, Roma, Religio, La filosofia di Leopardi, Roma, Religio, Raoul Bruni, Torino, Aragno,  (con l'aggiunta di altri scritti leopardiani mai riuniti in volume),  Il casualismo critico, Roma, Bardi, Mistiche nuove e Mistiche antiche, Roma, Bardi, 1946 Tempo nostro, Roma, Bardi, 1946 Diario politico Liliana Scalero, Roma, Atlantica Editrice, 1946. Marxismo socialismo borghesia, Firenzelibri, Carteggio Croce-Tilgher, Alessandra Tarquini, Bologna, Il Mulino,  Pirandello, con testi di Antonio Gramsci, Pisa, Scuola Normale Superiore, Alberto Einstein, S. Trappetti e F. Secci, Dalia Edizioni, La Stampa di Torino. Redazione, Adriano Tilgher, su Liber Liber, 6 marzo . 21 agosto .  Spaccio della bestia trionfante è un'opera del filosofo Giordano Bruno, costituita da tre dialoghi di argomento morale, pubblicata a Londra. Le bestie trionfanti sono i segni delle costellazioni celesti, rappresentate da animali: è necessario «spacciarle», ovvero cacciarle dal cielo in quanto rappresentano vecchi vizi che occorre sostituire con moderne virtù.  Adriano Tilgher  Una nota dell'OVRA su un presunto tentativo di contestare Pirandello nella tournée in Argentina "si riferisce una grave dichiarazione confidenziale fatta dal noto letterato antifascista Adriano Tilgher all'On. Bruno Cassinelli, dichiarazione che rileva non solo l'animosità biliosa del Tilgher contro Pirandello ma anche e soprattutto un piano prestabilito da oltre tre mesi da rinnegati contro degli italiani che si apprestano a far conoscere ai nostri connazionali in Argentina, le ultime novità letterarie degli autori italiani". Luigi Sedita, Pirandello, l'apolitico spiato, Belfagor, che riproduce la nota, sottolinea l'enfasi negativa con cui in essa si presenta il <<noto letterato antifascista Adriano Tilgher>> e con cui ci si sofferma "soprattutto sul suo perdurante <<odioso atteggiamento di sfida e di ribellione al fascismo>>. E significativo, alla luce degli studi di Canali, che il tramite tra la polizia politica e Adriano Tilgher sia stato l'on. Bruno Cassinelli (...) Cassinelli divenne amico di Pirandello che ne parla con deferenza in due lettere alla Abba del '33 e del '36".  Adriano Tilgher in Dizionario Biografico degli Italiani  Giuseppe Rensi , Frammenti d’una filosofia dell’errore e del dolore, del male e della morte, Napoli, Orthotes, Istituto d'Istruzione Superiore Adriano Tilgher, su adrianotilgher.edu.it. Gianni Grana, Tilgher critico, in , Letteratura italiana. I critici,  V, Marzorati, Milano; R. Laz., «TILGHER, Adriano», in Enciclopedia ItalianaII Appendice, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1949. il 6 dicembre . Livia Tilgher, Adriano Tilgher com'era, Napoli, Edizioni del delfino, 1978.  Ernesto Buonaiuti Modernismo teologico Manifesto degli intellettuali antifascisti Traccani.it Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Adriano Tilgher, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Adriano Tilgher, su Liber Liber.  Opere di Adriano Tilgher, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Adriano Tilgher.

 

Timossi Roberto Giovanni Timossi (Genova), filosofo. Ha compiuto i suoi studi presso l'Genova, dove ha conseguito la laurea in Filosofia. Ha svolto attività di ricerca e di insegnamento seminariale presso l'Ateneo genovese. I suoi principali interessi sono rivolti alle cosiddette "questioni di frontiera", che riguardano la filosofia, la teologia, la storia della scienza, l'epistemologia e la religione. In questo ambito, si propone di dimostrare la possibilità di una nuova metafisica cognitiva e in particolare di una rinnovata teologia naturale o filosofica che proceda dai rivoluzionari risultati e dalle conoscenze della scienza contemporanea.  È inoltre noto per i suoi studi critici sull'ateismo. Studioso di logica, ha pubblicato uno dei manuali introduttivi più letti in Italia ("Imparare a ragionare. Un manuale di logica", Marietti).  Dal  è Presidente del Consiglio Scientifico della Scuola Internazionale Superiore per la Ricerca Interdisciplinare (con Presidente onorario il fisico Ugo Amaldi) e dal  membro del Comitato di Gestione della Fondazione Compagnia di San Paolo di Torino. È accademico corrispondente della Accademia Ligure di Scienze e Lettere.  Oltre a numerosi articoli su quotidiani e riviste specializzate, ha pubblicato saggi per case editrici di rilevanza nazionale.   Dio è possibile? Il problema dell'esistenza di un'Entità superiore, Padova, Muzzio, Dio e la scienza moderna. Il dilemma della prima mossa, Milano, A. Mondadori, Prove logiche dell'esistenza di Dio da Anselmo d'Aosta a Kurt Gödel. Storia critica dell'argomento ontologico, Milano, Marietti, L'illusione dell'ateismo. Perché la scienza non nega Dio, presentazione del cardinale Angelo Bagnasco arcivescovo metropolita di Genova e presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Cinisello Balsamo, San Paolo,  Imparare a ragionare. Un manuale di logica, Milano, Marietti, Decidere di credere. Ragionevolezza della fede, Cinisello Balsamo, San Paolo, Nel segno del nulla. Critica dell'ateismo moderno, Torino, Lindau, . Perché crediamo in Dio. Le ragioni della fede cristiana nel mondo contemporaneo", Cinisello Balsamo, San Paolo, Credere per scommessa. La sfida di Pascal tra matematica e fede, Bologna , Marietti 1820Centro Editoriale Dehoniano

 

Tincari, persio. Philosopher of law, Bergamo.

 

Toderini: Giambattista Toderini (Venezia), filosofo. Frontespizio della Letteratura turchesca Figlio di Domenico Maria e di Anna Maria Cestari, discendeva dai conti palatini Gagliardis dalla Volta.  Letterato, pubblicò la monografia in tre tomi Letteratura Turchesca, tradotta anche in francese, frutto di una lunga permanenza a Costantinopoli. La vasta opera merita di essere ricordata in quanto fu la prima trattazione occidentale di storia della letteratura turca[senza fonte]. Tra gli altri scritti, in particolare di erudizione e di filosofia morale, si ricordano la Filosofia frankliniana delle punte preservatrici dal fulmine, particolarmente applicata alle polveriere, alle navi, e a Santa Barbara in mare del 1771 e L'onesto uomo ovvero saggi di morale filosofia dai principii della ragione del 1781.  Toderini è ricordato nel libro I Dogi di Venezia nella vita pubblica e privata di Andrea da Mosto (Giunti Martello ed. 1977):  «[...] La Dogaressa Pisana morì con gran dolore del Doge il 10 marzo 1769 "circa le hore ventidue colta da una gagliarda convulsione al petto et abbattuta dalla lunga penosa malattia sofferta". Per tutti i tre giorni di esposizione si conservò così fresca e rubiconda nel volto che sembrava anziché morta assorta in un dolce riposo. Fu solennemente tumulata ai S.S. Giovanni e Paolo nella tomba comune dei Mocenigo. Il Doge la seguì il 31 dicembre 1778, dopo nove giorni di malattia in seguito a una infezione determinata da una risipola alla gamba sinistra. Ai solenni funerali fatti alla sua statua ai S.S. Giovanni e Paolo venne commemorato da Pietro Berti ed a quelli fattigli dalla Scuola di San Rocco, cui apparteneva, dall'abate Giambattista Toderini[...].»  Note  Cfr. G.Toderini, Letteratura turchesca, tt. 3, presso G. Tosti, Venezia 1787  Idem, De la litterature des Turcs, 3 voll., Poincot, Paris 1789.  Cfr. Le sue opere registrate dal «Sistema Bibliotecario Nazionale»[collegamento interrotto] Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Giambattista Toderini Opere di Giambattista Toderini

 

tonk: a sentential connective whose meaning and logic are completely characterized by the two rules or axioms 1 [P P P tonk Q] and 2 [P tonk Q P Q]. If 1 and 2 are added to any normal system, then every Q can be derived from any P. A. N. Prior invented ‘tonk’ to show that deductive validity must not be conceived as depending solely on arbitrary syntactically defined rules or axioms. We may prohibit ‘tonk’ on the ground that it is not a natural, independently meaningful notion, but we may also prohibit it on purely syntactical grounds. E.g., we may require that, for every connective C, the C-introduction rule [xxx P . . . C . . .] and the C-elimination rule [-C-P yyy] be such that the yyy is part of xxx or is related to xxx in some other syntactical way. 

 

token-reflexive: Grice: “’Token’ is possibly the most interesting Anglo-Saxon piece of philosophoical vocabulary: it is cognate with ‘teach’!” -- an expression that refers to itself in an act of speech or writing, such as ‘this token’. The term was coined by Reichenbach, who conjectured that all indexicals, all expressions whose semantic value depends partly on features of the context of utterance, are tokenreflexive and definable in terms of the phrase ‘this token’. He suggested that ‘I’ means the same as ‘the person who utters this token’, ‘now’ means the same as ‘the time at which this token is uttered’, ‘this table’ means the same as ‘the table pointed to by a gesture accompanying this token’, and so forth. Russell made a somewhat similar suggestion in his discussion of egocentric particulars. Reichenbach’s conjecture is widely regarded as false; although ‘I’ does pick out the person using it, it is not synonymous with ‘the person who utters this token’. If it were, as David Kaplan observes, ‘If no one were to utter this token, I would not exist’ would be true.  -- token-type distinctionGrice: “Strictly, they are not antonymsand token is too English!” Grice: “Token is cognate with ‘teach,’ a Graeco-Roman thing, cfr. insignuminsignareto teach is to show, almost, with an m-intention behind.” -- first the token, then the typeif necessary; “After all a type is a set of tokens” -- used by Grice: there’s a type of an utterer, but there’s the individual utterer: In symbols, “u” is an individual utterer, say, Grice. “U” is a type of utterer, say Oxonian philosophy dons. Aas drawn by Peirce, the contrast between a category and a member of that category. An individual or token is said to exemplify a type; it possesses the property that characterizes that type. In philosophy this distinction is often applied to linguistic expressions and to mental states, but it can be applied also to objects, events, properties, and states of affairs. Related to it are the distinctions between type and token individuation and between qualitative and numerical identity. Distinct tokens of the same type, such as two ants, may be qualitatively identical but cannot be numerically identical. Irrespective of the controversial metaphysical view that every individual has an essence, a type to which it belongs essentially, every individual belongs to many types, although for a certain theoretical or practical purpose it may belong to one particularly salient type e.g., the entomologist’s Formicidae or the picnicker’s buttinsky. The typetoken distinction as applied in the philosophy of language marks the difference between linguistic expressions, such as words and sentences, which are the subject of linguistics, and the products of acts of writing or speaking the subject of speech act theory. Confusing the two can lead to conflating matters of speaker meaning withmatters of word or sentence meaning as noted by Grice. An expression is a linguistic type and can be used over and over, whereas a token of a type can be produced only once, though of course it may be reproduced copied. A writer composes an essay a type and produces a manuscript a token, of which there might be many copies more tokens. A token of a type is not the same as an occurrence of a type. In the previous sentence there are two occurrences of the word ‘type’; in each inscription of that sentence, there are two tokens of that word. In philosophy of mind the typetoken distinction underlies the contrast between two forms of physicalism, the typetype identity theory or type physicalism and the tokentoken identity theory or token physicalism. 

 

topos: Grice: “I will use the Latinate ‘commonplace’”‘locus communis’-- topic, the analysis of common strategies of argumentation, later a genre of literature analyzing syllogistic reasoning. Aristotle considered the analysis of types of argument, or “topics,” the best means of describing the art of dialectical reasoning; he also used the term to refer to the principle underlying the strategy’s production of an argument. Later classical commentators on Aristotle, particularly Latin rhetoricians like Cicero, developed Aristotle’s discussions of the theory of dialectical reasoning into a philosophical form. Boethius’s work on topics exemplifies the later classical expansion of the scope of topics literature. For him, a topic is either a self-evidently true universal generalization, also called a “maximal proposition,” or a differentia, a member of the set of a maximal proposition’s characteristics that determine its genus and species. Man is a rational animal is a maximal proposition, and like from genus, the differentia that characterizes the maximal proposition as concerning genera, it is a topic. Because he believed dialectical reasoning leads to categorical, not conditional, conclusions, Boethius felt that the discovery of an argument entailed discovering a middle term uniting the two, previously unjoined terms of the conclusion. Differentiae are the genera of these middle terms, and one constructs arguments by choosing differentiae, thereby determining the middle term leading to the conclusion. In the eleventh century, Boethius’s logical structure of maximal propositions and differentiae was used to study hypothetical syllogisms, while twelfth-century theorists like Abelard extended the applicability of topics structure to the categorical syllogism. By the thirteenth century, Peter of Spain, Robert Kilwardby, and Boethius of Dacia applied topics structure exclusively to the categorical syllogism, principally those with non-necessary, probable premises. Within a century, discussion of topics structure to evaluate syllogistic reasoning was subsumed by consequences literature, which described implication, entailment, and inference relations between propositions. While the theory of consequences as an approach to understanding relations between propositions is grounded in Boethian, and perhaps Stoic, logic, it became prominent only in the later thirteenth century with Burley’s recognition of the logical significance of propositional logic.  topic-neutral, noncommittal between two or more ontological interpretations of a term. J. J. C. Smart suggested that introspective reports can be taken as topic-neutral: composed of terms neutral between “dualistic metaphysics” and “materialistic metaphysics.” When one asserts, e.g., that one has a yellowish-orange afterimage, this is tantamount to saying ‘There is something going on that is like what is going on when I have my eyes open, am awake, and there is an orange illuminated in good light in front of me, i.e., when I really see an orange’. The italicized phrase is, in Smart’s terms, topic-neutral; it refers to an event, while remaining noncommittal about whether it is material or immaterial. The term has not always been restricted to neutrality regarding dualism and materialism. Smart suggests that topic-neutral descriptions are composed of “quasi-logical” words, and hence would be suitable for any occasion where a relatively noncommittal expression of a view is required. 

 

toxin puzzle, a puzzle about intention and practical rationality: trustworthy billionaire, call him Paul, offers you, Peter, a million pounds for intending tonight to drink a certain toxin tomorrow. Peter is convinced that Paul can tell what Peter intends independently of what Peter does. The toxin would make Peter painfully ill for a day. But Peter needs to drink it to get the money. Constraints on the formation of a prize-winning intention include prohibitions against “gimmicks,” “external incentives,” and forgetting relevant details; e. g. Peter will not receive the money if Peter has a hypnotist “implant the intention” or hire a hit man to kill Peter should Peter not drink the toxin. If, by midnight tonight, without violating any rules, Peter forms an intention to drink the toxin tomorrow, Peter will find a million pounds in his bank account when he awakes tomorrow morning. Peter probably would drink the toxin for a million dollars. But can you, without violating the rules, intend tonight to drink it tomorrow? Apparently, you have no reason to drink it and an excellent reason not to drink it. Seemingly, you will infer from this that you will eschew drinking the toxin, and believing that you will top-down eschew drinking it seems inconsistent with intending to drink it. Even so, there are several reports in the philosophical literature of possible people who struck it rich when offered the toxin deal! Refs: H. P. Grice, “Grice’s book of paradoxes, with puzzling illustrations to  match!”  

 

Trapaninapola da –

 

Trans-plicatum. Grice: “There is the ‘in plico,’ and there is the ‘ex plico.’ But there is also the ‘trans plico,’ that crosses both! Talk of pragmatic intrusion!” In his contribution on partial logic to the Handbook of Philosophical Logic, Stephen Blamey introduces a ‘value gap introducing’ connective named ‘transplication’ to the standard 3-valued partial logic, the Strong Kleene logic. Blamey suggests the possibility of reading the transplication connective as a type of conditional. I was interested to see how the transplication connective fares as a conditional by testing it against a list of inferences concerning conditionals. In his contribution on partial logic to the Handbook of Philosophical Logic [1], Stephen Blamey introduces a ‘value gap introducing’ connective named ‘transplication’ (/) to the standard 3-valued partial logic, the Strong Kleene logic. Where t stands for ‘true’, f stands for ‘false’ and n stands for ‘neither true nor false’, the truth table for this connective is: / 1 n 0 1 1 n 0 n n n n 0 n n n Blamey suggests the possibility of reading the transplication connective as a type of conditional. Basically, the idea is that conditional sentences of the form ‘if A then B’ are neither true nor false when A is false. They are also neither true nor false when either A or B is neither true nor false. I was interested to see how the transplication connective fares as a conditional by testing it against a list of inferences concerning conditionals. Here are the results: (1) q  p/q × (2) ¬p  p/q × (3) (p q)/r  (p/r) (q/r) √ (4) (p/q) (r/s)  (p/s) (r/q) √ (5) ¬(p/q)  p √ (6) p/r  (p q)/r × (7) p/q, q/r  p/r √ (8) p/q  ¬q/¬p × (9)  p/(q ¬q) × (10)  (p ¬p)/q × Paraconsistent Transplication What would the transplication connective look like when added to the 3-valued LP (Logic of Paradox), which treats the third truth value b as both true and false. Well, to begin with, application of the transplication connective’s behaviour to the truth value b forces a step outside of the 3-valued system into a 4-valued system, with truth values n (again neither true nor false) plus b. This transplication connective thus finds a home in the many-valued logic FDE (First Degree Entailment) system. The truth table for this connective is: / 1 b n 0 1 1 b n 0 b 1 b n 0 n n n n n 0 n n n n 1 Here are the results for the transplication connective based on the logic FDE, which turns out to be the same as that for the transplication connective based on Strong Kleene logic: (1) q  p/q × (2) ¬p  p/q × (3) (p q)/r  (p/r) (q/r) √ (4) (p/q) (r/s)  (p/s) (r/q) √ (5) ¬(p/q)  p √ (6) p/r  (p q)/r × (7) p/q, q/r  p/r √ (8) p/q  ¬q/¬p × (9)  p/(q ¬q) × (10)  (p ¬p)/q × References [1] Blamey, Stephen. ‘Partial Logic’, In D. Gabbay and F. Guenthner, (eds.). Handbook of Philosophical Logic Volume III. Dordrecht, D. Reidel Publishing Company, 1986, pp. 1-70. Stephen Blamey is an Emeritus Fellow and a lecturer in Philosophy. In the past he has been Tutor for Undergraduates and been Dean, but now he is just the largely ceremonial Dean of Degrees.  Stephen is a logician and is involved with the philosophy of language and the philosophy of mathematics. Now that he is retired from being a full-time philosophy tutor he hopes finally to publish a lot of stuff that should have appeared years ago: he has been bewilderingly bad about this – too perfectionist? – and it is only when he has had a co-author or a collection editor breathing down his neck that anything has actually come out. The most substantial piece so far has been ‘Partial Logic’ in Handbook of Philosophical Logic, Eds. Gabbay & Guenthner (2nd editon: Kluwer, 2002).  He was asked to contribute this essay because he was taken to be an expert in an apparently well-defined subject area that he did not know existed; but it turned out to be the sort of thing he had written about in his doctoral thesis. Stephen’s most distinctive contribution to the area is, perhaps, introducing two novel sentence connectives, interjunction and  transplication. These were originally motivated as providing the resources actually to analyse (not just talk about) presupposition in the meaning of natural-language statements; but, independently of this, a lot of technical results take off from the form of the logic in which the connectives figure; and there are a lot of conceptual issues to address.  Stephen matriculated at Exeter College, where he did Classical Mods but switched to Mathematics & Philosophy for Finals, and where he started graduate work. He first joined St Edmund Hall in the late 70s as a Junior Research Fellow; and, after that, the College kept him on during a University appointment as a Junior Lecturer in Philosophy. Then he was persuaded to do logicky things for the computing-science community and became a Research Officer at the University’s Programming Research Group. However, he had withdrawal symptoms for the intellectual rigour of philosophy; and happily he got a lecturership at St Hilda’s College to teach logic and Plato. Eventually he came back to St Edmund Hall in the 90s. But he has not had appointments only at Oxford: for a whole term he was a Visiting Lecturer at Bedford College, London, shortly before that college ceased to exist. Blamey is a Fellow at St. Edmund, and a lecturer in Philosophy. In the past he has been Tutor for Undergraduates and Dean, but now he is just the largely ceremonial Dean of Degrees.  Like Grice, Blamey is involved with the philosophy of language. Now that he is retired from being a full-time philosophy tutor he hopes finally to publish a lot of stuff that should have appeared years ago: he has been bewilderingly bad about this – too perfectionist? Griceian echoes there – and it is only when he has had a co-author or a collection editor breathing down his neck that anything has actually come out. The most substantial piece so far has been ‘Partial Logic’ in Handbook of Philosophical Logic, Eds. Gabbay & Guenthner, Kluwer. He was asked to contribute this essay because he was taken to be an expert in an apparently well-defined subject area that he did not know existed; but it turned out to be the sort of thing he had written about. Blamey's most distinctive contribution to the area is, perhaps, introducing two novel sentence connectives, interjunction and  transplication. Griceians jokingly refer to Blamey's transplication as transplicature, making it "totally" defeasible.The idea of transplicature is originally motivated as providing the resources actually to analyse (not just talk about) presupposition in the meaning of natural-language statements -- pretty much as Grice's implicature.Does 'some dons are excellent' transplicate that not all are?"Strictly, it is by the uttering of a token of 'Some dons are excellent,' that a tutee may transplicate (or fail to transplicate, as the case might be) that not all are."Idependently of this, a lot of technical results take off from the form of the logic in which transplicature figures.Transplicature happens!And there are a lot of conceptual issues to address.  Stephen matriculated at Exeter, where he did Classical Mods, exactly like Grice -- since this gives prestige.He joined St Edmund as a Junior Research Fellow; and, after that, St. Edmund kept him on during a University appointment as a Junior Lecturer in Philosophy. Then he was persuaded to do "logicky," and transplicaturish things for Grice's play group, and became a Research Officer at the University’s Programming Research Group. However, he had withdrawal symptoms for the intellectual rigour of philosophy; and happily he got a lecturership elsewhere to teach Plato. "After all, transplicature is but footnotes to Plato."Eventually he came back to St Edmund.But he has not had appointments only at Oxford: for a whole term (can you believe it?) he was a Visiting Lecturer at Bedford, London, shortly before that college "ceased to exist," as it were (cf. Grice's and Myro's theory of time-relative identity). Refs.: Luigi Speranza: “Grice and Blamey: an unforgettable friendship; or only at Oxford,” for the Anglo-Italian Club, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria.

 

PLICATURE: Grice: “I once played with all variations of plico: there is in plico; there is ex plico, there is trans plico, there is sub plico, there is post plico; there is prae plico; there is inter plico.” “You need a list of all the possible Roman prefixes, and Strawson, being a closet romanist, promptly provided it!”

 

Trans- trans-naturale – meta-physicum – trans- trans-formatio – metamorphosis – trans-sub-stantia – metaouseis – transcendentale, transplicare -- Grice: “Trust Cicero to look for the abstract!” -- transcendentia, broadly, the property of rising out of or above other things virtually always understood figuratively; in philosophy, the property of being, in some way, of a higher order. A being, such as God, may be said to be transcendent in the sense of being not merely superior, but incomparably superior, to other things, in any sort of perfection. God’s transcendence, or being outside or beyond the world, is also contrasted, and by some thinkers combined, with God’s immanence, or existence within the world. In medieval philosophy of logic, terms such as ‘being’ and ‘one’, which did not belong uniquely to any one of the Aristotelian categories or types of predication such as substance, quality, and relation, but could be predicated of things belonging to any or to none of them, were called transcendental. In Kant’s Critique of Pure Reason, principles that profess wrongly to take us beyond the limits of any possible experience are called transcendent; whereas anything belonging to non-empirical thought that establishes, and draws consequences from, the possibility and limits of experience may be called transcendental. Thus a transcendental argument in a sense still current is one that proceeds from premises about the way in which experience is possible to conclusions about what must be true of any experienced world. Transcendentalism was a philosophical or religious movement in mid-nineteenth-century New England, characterized, in the thought of its leading representative, Ralph Waldo Emerson, by belief in a transcendent spiritual and divine principle in human nature. Grice: “The formation of this Ciceronian expression is fascinating. There’s the descent of the lark, and the transcend of the lark!” -- transcendentals, also called transcendentalia, terms or concepts that apply to all things regardless of the things’ ontological kind or category. transcendental deduction transcendentals 926   926 Terms or concepts of this sort are transcendental in the sense that they transcend or are superordinate to all classificatory categories. The classical doctrine of the transcendentals, developed in detail in the later Middle Ages, presupposes an Aristotelian ontology according to which all beings are substances or accidents classifiable within one of the ten highest genera, the ten Aristotelian categories. In this scheme being Grecian on, Latin ens is not itself one of the categories since all categories mark out kinds of being. But neither is it a category above the ten categories of substance and accidents, an ultimate genus of which the ten categories are species. This is because being is homonymous or equivocal, i.e., there is no single generic property or nature shared by members of each category in virtue of which they are beings. The ten categories identify ten irreducible, most basic ways of being. Being, then, transcends the categorial structure of the world: anything at all that is ontologically classifiable is a being, and to say of anything that it is a being is not to identify it as a member of some kind distinct from other kinds of things. According to this classical doctrine, being is the primary transcendental, but there are other terms or concepts that transcend the categories in a similar way. The most commonly recognized transcendentals other than being are one unum, true verum, and good bonum, though some medieval philosophers also recognized thing res, something aliquid, and beautiful pulchrum. These other terms or concepts are transcendental because the ontological ground of their application to a given thing is precisely the same as the ontological ground in virtue of which that thing can be called a being. For example, for a thing with a certain nature to be good is for it to perform well the activity that specifies it as a thing of that nature, and to perform this activity well is to have actualized that nature to a certain extent. But for a thing to have actualized its nature to some extent is just what it is for the thing to have being. So the actualities or properties in virtue of which a thing is good are precisely those in virtue of which it has being. Given this account, medieval philosophers held that transcendental terms are convertible convertuntur or extensionally equivalent idem secundum supposita. They are not synonymous, however, since they are intensionally distinct differunt secundum rationem. These secondary transcendentals are sometimes characterized as attributes passiones of being that are necessarily concomitant with it. In the modern period, the notion of the transcendental is associated primarily with Kant, who made ‘transcendental’ a central technical term in his philosophy. For Kant the term no longer signifies that which transcends categorial classification but that which transcends our experience in the sense of providing its ground or structure. Kant allows, e.g., that the pure forms of intuition space and time and the pure concepts of understanding categories such as substance and cause are transcendental in this sense. Forms and concepts of this sort constitute the conditions of the possibility of experience.  transcendental argument: Grice: “I prefer metaphysical argument.’ -- an argument that elucidates the conditions for the possibility of some fundamental phenomenon whose existence is unchallenged or uncontroversial in the philosophical context in which the argument is propounded. Such an argument proceeds deductively, from a premise asserting the existence of some basic phenomenon such as meaningful discourse, conceptualization of objective states of affairs, or the practice of making promises, to a conclusion asserting the existence of some interesting, substantive enabling conditions for that phenomenon. The term derives from Kant’s Critique of Pure Reason, which gives several such arguments. The paradigmatic Kantian transcendental argument is the “Transcendental Deduction of the Pure Concepts of Understanding.” Kant argued there that the objective validity of certain pure, or a priori, concepts the “categories” is a condition for the possibility of experience. Among the concepts allegedly required for having experience are those of substance and cause. Their apriority consists in the fact that instances of these concepts are not directly given in sense experience in the manner of instances of empirical concepts such as red. This fact gave rise to the skepticism of Hume concerning the very coherence of such alleged a priori concepts. Now if these concepts do have objective validity, as Kant endeavored to prove in opposition to Hume, then the world contains genuine instances of the concepts. In a transcendental argument concerning the conditions for the possibility of experience, it is crucial that some feature entailed by the having of experience is identified. Then it is argued that experience could not have this feature without satisfying some substantive conditions. In the Transcendental Deduction, the feature of experience on which Kant concentrates is the ability of a subject of experience to be aware of several distinct inner states as all belonging to a single consciousness. There is no general agreement on how Kant’s argument actually unfolded, though it seems clear to most that he focused on the role of the categories in the synthesis or combination of one’s inner states in judgments, where such synthesis is said to be required for one’s awareness of the states as being all equally one’s own states. Another famous Kantian transcendental argument  the “Refutation of Idealism” in the CriToynbee, Arnold transcendental argument 925   925 tique of Pure Reason  shares a noteworthy trait with the Transcendental Deduction. The Refutation proceeds from the premise that one is conscious of one’s own existence as determined in time, i.e., knows the temporal order of some of one’s inner states. According to the Refutation, a condition for the possibility of such knowledge is one’s consciousness of the existence of objects located outside oneself in space. If one is indeed so conscious, that would refute the skeptical view, formulated by Descartes, that one lacks knowledge of the existence of a spatial world distinct from one’s mind and its inner states. Both of the Kantian transcendental arguments we have considered, then, conclude that the falsity of some skeptical view is a condition for the possibility of some phenomenon whose existence is acknowledged even by the skeptic the having of experience; knowledge of temporal facts about one’s own inner states. Thus, we can isolate an interesting subclass of transcendental arguments: those which are anti-skeptical in nature. Barry Stroud has raised the question whether such arguments depend on some sort of suppressed verificationism according to which the existence of language or conceptualization requires the availability of the knowledge that the skeptic questions since verificationism has it that meaningful sentences expressing coherent concepts, e.g., ‘There are tables’, must be verifiable by what is given in sense experience. Dependence on a highly controversial premise is undesirable in itself. Further, Stroud argued, such a dependence would render superfluous whatever other content the anti-skeptical transcendental argument might embody since the suppressed premise alone would refute the skeptic. There is no general agreement on whether Stroud’s doubts about anti-skeptical transcendental arguments are well founded. It is not obvious whether the doubts apply to arguments that do not proceed from a premise asserting the existence of language or conceptualization, but instead conform more closely to the Kantian model. Even so, no anti-skeptical transcendental argument has been widely accepted. This is evidently due to the difficulty of uncovering substantive enabling conditions for phenomena that even a skeptic will countenance.  transcendens -- transcendental argument: Transcendental argument -- Davidson, D.: H. P. Grice, “Reply to Davidson,” philosopher of mind and language. His views on the relationship between our conceptions of ourselves as persons and as complex physical objects have had an enormous impact on contemporary philosophy. Davidson regards the mindbody problem as the problem of the relation between mental and physical events; his discussions of explanation assume that the entities explained are events; causation is a relation between events; and action is a species of events, so that events are the very subject matter of action theory. His central claim concerning events is that they are concrete particulars  unrepeatable entities located in space and time. He does not take for granted that events exist, but argues for their existence and for specific claims as to their nature. In “The Individuation of Events” in Essays on Actions and Events, 0, Davidson argues that a satisfactory theory of action must recognize that we talk of the same action under different descriptions. We must therefore assume the existence of actions. His strongest argument for the existence of events derives from his most original contribution to metaphysics, the semantic method of truth Essays on Actions and Events,  10580; Essays on Truth and Interpretation, 4,  214. The argument is based on a distinctive trait of the English language one not obviously shared by signal systems in lower animals, namely, its productivity of combinations. We learn modes of composition as well as words and are thus prepared to produce and respond to complex expressions never before encountered. Davidson argues, from such considerations, that our very understanding of English requires assuming the existence of events. To understand Davidson’s rather complicated views about the relationships between mind and body, consider the following claims: 1 The mental and the physical are distinct. 2 The mental and the physical causally interact. 3 The physical is causally closed. Darwinism, social Davidson, Donald 206   206 1 says that no mental event is a physical event; 2, that some mental events cause physical events and vice versa; and 3, that all the causes of physical events are physical events. If mental events are distinct from physical events and sometimes cause them, then the physical is not causally closed. The dilemma posed by the plausibility of each of these claims and by their apparent incompatibility just is the traditional mind body problem. Davidson’s resolution consists of three theses: 4 There are no strict psychological or psychophysical laws; in fact, all strict laws are expressible in purely physical vocabulary. 5 Mental events causally interact with physical events. 6 Event c causes event e only if some strict causal law subsumes c and e. It is commonly held that a property expressed by M is reducible to a property expressed by P where M and P are not logically connected only if some exceptionless law links them. So, given 4, mental and physical properties are distinct. 6 says that c causes e only if there are singular descriptions, D of c and DH of e, and a “strict” causal law, L, such that L and ‘D occurred’ entail ‘D caused D'’. 6 and the second part of 4 entail that physical events have only physical causes and that all event causation is physically grounded. Given the parallel between 13 and 4 6, it may seem that the latter, too, are incompatible. But Davidson shows that they all can be true if and only if mental events are identical to physical events. Let us say that an event e is a physical event if and only if e satisfies a basic physical predicate that is, a physical predicate appearing in a “strict” law. Since only physical predicates or predicates expressing properties reducible to basic physical properties appear in “strict” laws, every event that enters into causal relations satisfies a basic physical predicate. So, those mental events which enter into causal relations are also physical events. Still, the anomalous monist is committed only to a partial endorsement of 1. The mental and physical are distinct insofar as they are not linked by strict law  but they are not distinct insofar as mental events are in fact physical events.  transcendentalism, a religious-philosophical viewpoint held by a group of New England intellectuals, of whom Emerson, Thoreau, and Theodore Parker were the most important. A distinction taken over from Samuel Taylor Coleridge was the only bond that universally united the members of the Transcendental Club, founded in 1836: the distinction between the understanding and reason, the former providing uncertain knowledge of appearances, the latter a priori knowledge of necessary truths gained through intuition. The transcendentalists insisted that philosophical truth could be reached only by reason, a capacity common to all people unless destroyed by living a life of externals and accepting as true only secondhand traditional beliefs. On almost every other point there were disagreements. Emerson was an idealist, while Parker was a natural realist  they simply had conflicting a priori intuitions. Emerson, Thoreau, and Parker rejected the supernatural aspects of Christianity, pointing out its unmistakable parochial nature and sociological development; while James Marsh, Frederick Henry Hedge, and Caleb Henry remained in the Christian fold. The influences on the transcendentalists differed widely and explain the diversity of opinion. For example, Emerson was influenced by the Platonic tradition, G. Romanticism, Eastern religions, and nature poets, while Parker was influenced by modern science, the Scottish realism of Reid and Cousin which also emphasized a priori intuitions, and the G. Higher Critics. Emerson, Thoreau, and Parker were also bonded by negative beliefs. They not only rejected Calvinism but Unitarianism as well; they rejected the ordinary concept of material success and put in its place an Aristotelian type of selfrealization that emphasized the rational and moral self as the essence of humanity and decried idiosyncratic self-realization that admires what is unique in people as constituting their real value.  -- trans-finitum: definitum, infinitum: Trans-finite number, in set theory, an infinite cardinal or ordinal number.

 

Tocco: Felice Tocco (Catanzaro), filosofo. Studiò all'Napoli con Bertrando Spaventa e in quella di Bologna, allievo di Francesco Fiorentino. Insegnante di antropologia a Roma, divenne professore di Storia della filosofia a Pisa e poi a Firenze.  Si pose, nelle sue Ricerche platoniche, il problema della cronologia degli scritti platonici mentre, nella sua monografia su Giordano Bruno, negò che il filosofo di Nola potesse essere considerato un "martire del libero pensiero", quanto piuttosto l'interprete dei nuovi bisogni di razionalizzazione delle teorie filosofiche, in linea con l'impulso delle ricerche scientifiche in atto ai suoi tempi. Contribuì alla pubblicazione delle opere latine di Bruno, individuandone tre fasi di sviluppo: una fase neoplatonica, una fase panteistica e una atomistica.  Fu sostenitore del neokantismo, rifiutando ogni costruzione metafisica e privilegiando le esigenze della ragione pratica.  Opere Ricerche platoniche, Catanzaro; L'eresia nel Medioevo, Firenze Le Opere latine di Giordano Bruno esposte e confrontate con le italiane da Felice Tocco (R. Istituto di Studi Superiori Pratici e di Perfezionamento in Firenze); Le Fonti più recenti della filosofia del Bruno. Nota del socio Felice Tocco, 1892 in "Rendiconti della R. Accad. dei Lincei. Classe di scienze morali, storiche e filologiche",  1, fasc. 7/8. 1892; Le opere inedite di Giordano Bruno. Memoria letta all’Accademia di scienze morali e politiche della Società Reale di Napoli dal socio Felice ToccoStudi francescani, Napoli; Studi kantiani, Palermo. Simonetta Bassi, «Francesco Fiorentino e Felice Tocco » in Il contributo italiano alla storia del PensieroFilosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana,  Massimo Ferrari, I dati dell'esperienza. Il neokantismo di Felice Tocco nella filosofia italiana tra Ottocento e Novecento, Firenze, Leo S. Olschki, Giulio Raio , Lezioni su Kant di Felice Tocco: Studio ed edizione, Napoli, Liguori Editore, 1Felice Tocco, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Felice Tocco, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Felice Tocco, su siusa.archivi.beniculturali.it, Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche.  Opere di Felice Tocco, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Felice Tocco, . Opere di Felice Tocco, su Progetto Gutenberg.  Tocco, Felice, in Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.

 

Tolomei: Giovanni Battista Tolomei, S.I. cardinale di Santa Romana Chiesa Giovanni-Battista Tolomei (Ptolemaeus).j pg Ritratto del cardinale Tolomei Template-Cardinal (not a bishop).svg   Incarichi ricopertiRettore dell'Università Gregoriana Cardinale presbitero di Santo Stefano al Monte Celio (1712-1726) Camerlengo del Collegio Cardinalizio (1720-1723)   Nato3 dicembre 1653 a Pistoia Ordinato presbitero1684 Creato cardinale17 maggio 1702 da papa Clemente XI Deceduto19 gennaio 1726 (72 anni) a Roma   Manuale. Giovanni Battista Tolomei (Pistoia), filosofo. Appartenente alla Compagnia di Gesù. Nato a Villa Camberaia tra Pistoia e Firenze fu di nobili origini. All'età di quindici anni fu mandato a studiare a Firenze dove studiò legge presso l'Pisa. Il 18 febbraio 1673 entrò a far parte dell'ordine dei Gesuiti e venne ordinato a Roma. Divenne esperto di ben undici lingue tra le quali latino, greco, ebraico, siriaco, arabo, inglese, illirico e francese.  Iniziò la sua carriera teologica esponendo le Sacre scritture nelle letture pubbliche presso la Chiesa del Gesù a Roma. All'età di trent'anni venne eletto alla carica di procuratore generale dell'Ordine dalla Congregazione Generale, ufficio che tenne per cinque anni, fino a quando cioè non ottenne la cattedra di filosofia al Collegio Romano.  Opere Le sue letture, che ebbero sempre un vasto uditorio, vennero poi date alla stampa nel 1696 con il titolo Philosphia mentis et sensuum, nella quale, pur nel pieno rispetto dell'aristotelismo, accolse gran parte delle scoperte naturalistiche della sua epoca, esponendole nelle sue lezioni. Le letture vennero ristampate nel 1698 in Germania dove ottenne l'encomio dell'Accademia di Lipsia e del celebre filosofo Leibniz.  Insegnamento Successivamente ottenne la cattedra di teologia alla Pontificia Università Gregoriana (allora ancora Collegio Romano) e rinnovò le tematiche relative alla controversia sul concetto di dogma già iniziate dal cardinal Bellarmino circa un secolo prima. Le letture relative a queste lezioni furono tutte redatte in un manoscritto di ben sei volumi in folio che tuttavia non vennero mai pubblicati dall'autore. Eletto successivamente rettore del Collegio Romano e del Collegio Germanico, ricoprì contemporaneamente la carica di Consultore presso la Congregazione dei Riti.  La nomina a cardinale Venne con sua sorpresa nominato cardinale da papa Clemente XI ed ottenne il titolo di Santo Stefano al Monte Celio. Chiamato al servizio del Pontefice per giudicare gli errori in materia di dogmatica si occupò della pronuncia di condanna dell'eresia del teologo francese, esponente del giansenismo Pasquier Quesnel.  In qualità di cardinale fu uno degli elettori del conclave di nomina di papa Innocenzo XIII e di Benedetto XIII.  Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Giovanni Battista Tolomei  Giovanni Battista Tolomei, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Giovanni Battista Tolomei, su Find a Grave. Opere di Giovanni Battista Tolomei, . Giovanni Battista Tolomei, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company. David M. Cheney, Giovanni Battista Tolomei, in Catholic Hierarchy.  Giovanni Battista Tolomei nell'Archivio storico della Pontificia Università Gregoriana, su unigre.it. Tolomèi, Giovanni Battista, in Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Predecessore Rettore dell'Università GregorianaSuccessoreEstemma UniGreg.png Angelo Alamanni, S.I.1º gennaio 16981º gennaio 1701Annibale Marchetti, S.I.Predecessore Cardinale presbitero di Santo Stefano al Monte CelioSuccessoreCardinalCoA PioM.svg Francesco Bonvisi11 luglio 171219 gennaio 1726Giovanni Battista Salerni, S.I.PredecessoreCamerlengo del Collegio CardinalizioSuccessoreEmblem Holy See.svg Luigi Priuli20 marzo 17 gennaio 1723Bernardino Scotti

 

Tomatis: Francesco Tomatis (Carrù), filosofo. Dal 2002 insegna alla Facoltà di Lettere e filosofia dell'Università degli Studi di Salerno come Professore in Filosofia teoretica. Francesco Tomatis ha studiato nelle Torino, Heidelberg, Perugia e Macerata. Laureatosi in Filosofia teoretica all'Torino con Gianni Vattimo e Luigi Pareyson (1991), dottore di ricerca all'Perugia (1994), seguito da Giovanni Ferretti e Giuseppe Riconda, di cui è stato assistente all'Torino dal 1995 al 2002, è stato borsista del Centro studi filosofico-religiosi Luigi Pareyson (1995-1998), ricercatore della Alexander von Humboldt-Stiftung all'Freiburg im Breisgau (1997), Professore allo Studio teologico interdiocesano di Fossano (1991-2001) e professore ospite in alcune Università europee e americane (Madrid, Córdoba, Mendoza..).  È membro dei comitati scientifici del Centro studi filosofico-religiosi Luigi Pareyson di Torino, della Fondazione centro studi Augusto Del Noce di Savigliano, dell'Accademia estetica internazionale di Rapallo, dell'Istituto Xavier Tilliette, della Internationale Schelling-Gesellschaft.  Nel 1987 ha fondato a Cuneo il Seminario angelus novus. Nel 1991 ha fondato con Massimo Cacciari, Massimo Donà, Romano Gasparotti, Sergio Givone, Margherita Petranzan, Carlo Sini e Vincenzo Vitiello la rivista “Paradosso”. Dal 1995 scrive sulle pagine culturali di “Avvenire”. Cura una rubrica sul mensile delle vallate occitane d'Italia “Ousitanio Vivo”, di cui è collaboratore dal 1998, e dal 2005 collabora a “La Rivista del Club alpino italiano”. Dal  è garante scientifico internazionale dell'associazione Mountain Wilderness International. Dal 2008 è istruttore di Kung Fu classico cinese, frequentando la Scuola Kung Fu Chang dal 1994, allievo diretto dei maestri Ignazio Cuturello e Roberto Fassi.  Pensiero Ha dedicato le sue ricerche al pensiero di Friedrich Schelling, Friedrich Nietzsche, Martin Heidegger in ambito tedesco, di Luigi Pareyson e Luigi Einaudi in quello italiano, di Lao Tzu e Yang Chengfu nel cinese, approfondendo in particolare il problema ontologico della libertà e del male, del tempo e dell'escatologia, dei principi e del non-sapere. Ha poi elaborato una filosofia esperienziale, sperimentata soprattutto in montagna, che intende l'esistenza come esperienza personale della verticalità del limite, e una filosofia ermeneutica del dialogo interculturale, particolarmente attenta alla teologia cristiana trinitaria e al pensiero taoista cinese.  Opere Kenosis del logos. Ragione e rivelazione nell'ultimo Schelling, Prefazione di Xavier Tilliette, Città Nuova Editrice, Roma, 1994, 384   88-311-3229-6 Ontologia del male. L'ermeneutica di Pareyson, Presentazione di Piero Coda, Città Nuova Editrice, Roma,  L'argomento ontologico. L'esistenza di Dio da Anselmo a Schelling, 2ª ed., Roma, Città Nuova Editrice,  pareysoniana, Trauben, Torino, Pareyson. Vita, filosofia, , 2ª ed. ampliata, Morcelliana, Brescia,  Escatologia della negazione, Roma, Città Nuova Editrice, Friedrich Schelling. Invito alla lettura, San Paolo, Cinisello Balsamo, Filosofia della montagna, Prefazione di Armando Torno, Postfazione di Reinhold Messner, 3ª ed., Milano, Bompiani, Come leggere Nietzsche, Bompiani, Milano, Dialogo dei principi con Gesù Socrate Lao Tzu, Prefazione di Piero Coda, Bompiani, Milano, Libertà di sapere. Università e dialogo interculturale, Prefazione di Giovanni Reale, Bompiani, Milano, 2009, 128   978-88-452-6256-2 Verso la città divina. L'incantesimo della libertà in Luigi Einaudi, Città Nuova Editrice, Roma, , Corpo e preghiera. La Via del T'ai Chi Ch'üan, con I. Cuturello, R. Fassi, D. Magni, 2ª ed., Roma, Città Nuova Editrice,  La via della montagna, Bompiani, Milano, Curatele Luigi Pareyson, Essere, libertà, ambiguità, Mursia, Milano, Giuseppe Riconda, Xavier Tilliette, Del male e del bene, Città Nuova Editrice, Roma, Bruno Forte, Vincenzo Vitiello, La vita e il suo oltre. Dialogo sulla morte, Città Nuova Editrice, Roma, Luigi Pareyson, Iniziativa e libertà, Mursia, Milano, Mauro Baudino, White-out, Museo Nazionale della Montagna, Torino, 2006, 48   88-7376-024-4 Friedrich Nietzsche, Su verità e menzogna, Bompiani, Milano, 2006, 168   88-452-5741-X Friedrich Wilhelm Joseph von Schelling, Sui principi sommi. Filosofia della rivelazione 1841/42, Bompiani, Milano, , 1536   978-88-452-8094-8 Luigi Pareyson, Prospettive di filosofia moderna e contemporanea, Mursia, Milano , Recensioni Kenosis del logos. Ragione e rivelazione nell'ultimo Schelling, Pref. di X. Tilliette, Città Nuova, Roma 1994, 384  [recensito da: B. Forte («Avvenire», 10.12.1994, p.22), G. Baget Bozzo («Il Sole-24 Ore», 8.1.1995, p.27), A. Giordano («La Guida», 13.1.1995, p.3 e 20.1.1995, p.3)Bogo («la masca», 18.1.1995, p.14), G. Pirola («La Civiltà Cattolica», 146, 3483/3484, 5-19.8.1995, 333–334), F. D'Agostini («La Stampa. Tuttolibri», 30.9.1995, p.6), F. Viganò («Informazione filosofica», 26, 1995, 53–54), S. Sotgiu («Diorama letterario», 190, 1995, 34–36), B. Forte («Asprenas», 43, 1996, 1, 127–129), X. Tilliette («Gregorianum», 1996, 195–196), E. Guglielminetti («Filosofia e teologia», 1996, 2, 408–411)].  Ontologia del male. L'ermeneutica di Pareyson, Pres. di P. Coda, Città Nuova, Roma 1995, 200  [recensito da: G. Baget Bozzo («Il Sole-24 Ore», 30.7.1995, p.26), G. Ricci («Avvenire», 28.10.1995, p.19), A. Ribero («AdOvest», S. Sotgiu («Diorama letterario», M. Micelli («Informazione filosofica», 27, 1996, 24–25), F. Russo («Acta philosophica», 1996, p.185), G. Garelli («La Guida», 14.3.1997, p.8)].  L'argomento ontologico. L'esistenza di Dio da Anselmo a Schelling, Città Nuova, Roma 1997, 2, 168  [recensito da: M. Schoepflin («Avvenire», 5.7.1997, p.21), F. Dal Bo («Con-tratto», 1998, 515–516), F. Pepino («la Bisalta», 15.1.1999, p.29)].   pareysoniana, Trauben, Torino 1998, 160  [recensito da: G. Garelli («La Guida», 15.1.1999, p.13), F. Russo («Acta philosophica», F.P. Ciglia («Il Pensiero», Escatologia della negazione, Città Nuova, Roma 1999, 200  [recensito da: G. Garelli («La Guida», 26.3.1999, p.4), F. Pepino («la Bisalta», 26.3.1999, p.29), M. Schoepflin («Avvenire», 10.4.1999, p.23), A. Folin («Tuttolibri», 17.6.1999, p.6), M.C. Di Nino («Dialegesthai», 2003,//mondodomani.org/dialegesthai/)].  Pareyson. Vita, filosofia, , Morcelliana, Brescia 2003, 208  [recensito da: G. A[schero] («La Guida», 14.3.2003, p.58), M. Schoepflin («Il Giornale», 13.4.2003, p.28), [N. Orengo] («La Stampa. Tuttolibri», 19.4.2003, p.10), M. Schoepflin («Avvenire», 14.5.2003, p.23), F. Pepino («Cuneo Provincia Granda», 2003, 5, p.78), F. Russo («Acta philosophica», 2004, p.374)].  O argumento ontológico. A existência de Deus de Anselmo a Schelling, tr. port. bras. di S.J. Schirato, Paulus, Sâo Paulo 2003, Brasil, 160  Filosofia della montagna, Bompiani, Milano 2 [recensito da: G. Reale («Corriere della sera», 29.9.2005, p.49), E. Billò («Unione Monregalese», 5.10.2005, p.7), V. Mathieu («Il Giornale», 27.10.2005, p.27), Vasta («La Sicilia», 31.10.2005, p.18), U. Curi («Messaggero Veneto», 6.11.2005, 1 e 10), L. Caveri («Peuple Valdotain», 6.11.2005), A. Zaccuri («Letture», novembre 2005, p.64), D. Anghilante («Ousitanio Vivo», novembre 2005, p.7), G. Lingua («Cuneo Provincia Granda», settembre-ottobre 2005, p.69), G. Brunod («PMNet», ottobre 2005, in pmnet.it), M. Schoepflin («Il Foglio», 14.1.2006x), A. Rosa («TorinoSette», 13.1.2006, p.42), A. Parodi («La Stampa Web», 16.1.2006, lastampa.it), G. Pulina («Girodivite», girodivite.it), A. Rigobello («L'Osservatore romano», 2006)].  Come leggere Nietzsche, Bompiani, Milano [recensito da: M. Schoepflin («Jesus», 2007, 1, p.95), M. Del Vecchio («Diorama letterario», 282, 2007, 30–31), G. Pulina («Recensioni filosofiche», 29.12.2006, recensionifilosofiche.it)].  Dialogo dei principi con Gesù Socrate Lao Tzu, Bompiani, Milano 2007, 160  [recensito da: M. Iacona («Secolo d'Italia», 7.11.2007, p.9), E. Billò («L'Unione monregalese», 7.11.2007, p.41), G. A[schero] («La Guida», 7.12.2007, p.16), M. Schoepflin («Giornale di Brescia»), M. Schoepflin («Avvenire», 19.3.2008), D. Monaco («Filosofia e teologia», 2008, 2, 417–420)].  Libertà di sapere. Università e dialogo interculturale, Pref. di G. Reale, Bompiani, Milano 2009, 128  [recensito da: G. Giorello («Corriere della Sera. Magazine», 7.5.2009, 18, p.29), E. Castagna («Avvenire», 26.6.2009, p.24), M. Iacona («Il Borghese», ), A. Torno («Corriere della Sera», )].  Verso la città divina. L'incantesimo della libertà in Luigi Einaudi, Città Nuova, Roma , 304  [recensito da: F. Chittolina («La Guida», 21.10., p.63); [M. Schoepflin] («Il Giornale di Brescia», 5.11., p.64); G. Tarantino («Secolo d'Italia», 6.11., p.9); M. Iacona («Il Giornale d'Italia», 6.11., p.11); D. Monaco («L'occhio», 1-15.11., p.21); F. Chittolina («La Voce del Popolo», 4.12., p.6); F. Ranucci («Conquiste del lavoro», 29.12., p.4); [...] («Jesus», gennaio , p.110); S. Bondi («Panorama», 29.2.); E. Di Nuoscio («Europa», 4.5., 1 e 9); D. Anghilante («Ousitanio vivo», 376, , p.9); F.S. Festa, («», ,// ); G. Bartoli («Dialegesthai», 10.7.,//mondodomani.org/dialegesthai/; D. Monaco («Filosofia e teologia», , 1,  ]; P. Lubrano («Il Nostro Tempo», 20.10., p.14)].  Note  Centro studi filosofico-religiosi Luigi Pareyson  Studio teologico interdiocesano di Fossano  Accademia estetica internazionale di Rapallo Istituto Xavier Tilliette  Ousitanio VivoIl Giornale  La Rivista del Club alpino italiano  Prof. Francesco Tomatis curriculum, pubblicazioni, biografia intellettuale. Pagina docente nel sito dell'Università degli Studi di Salerno. F

 

Tomeo: Calcografia di Niccolò Leonico Tomeo Niccolò Leonico Tomeo (in albanese: Νikolla Thomai; Venezia), filosofo. -- accademico e docente veneziano, originario dell'Epiro, professore di filosofia all'Padova.  Tomeo è stato uno dei primi professori di origine Albanese per insegnare greco in Padova.   Tomeo nasce a Venezia, Italia il 1º febbraio 1456 da una famiglia epirota originaria di Durazzo (Regno d'Albania). Fu inviato a Firenze, dove ha studiato filosofia e letteratura greca sotto la tutela del Demetrios Chalkokondyles. Nel 1497 l'Padova nomina Thomaeus come suo primo docente  ufficiale sul testo greco di Aristotele. Nel 1504 viene eletto come successore di Giorgio Valla per la cattedra di greco a Venezia, ma poiché Thomaeus non prese l'incarico sul serio, gli successe nel 1512 Marco Musuro. Nel 1524, Thomaeus pubblica una raccolta di dialoghi filosofici in latino, il primo dei quali era intitolato "Trophonius, sive, De divinatione". È stato ammirato da studiosi come Erasmo per le sue capacità filologiche. Quando l'Padova venne riaperta dopo la guerra della Lega di Cambrai, Tomeo insegnarà all'università fino alla sua morte, avvenuta il 28 marzo 1531.  Opere Aristotelis Parva quae vocant Naturalia, Bernardino Vitali, Venezia 1523. Trophonius, sive, De divinatione, 1524. Bembo sive de immortalitate animae, 1524. Opuscula. Ex Venetiis, Bernardino Vitali, Venezia 1525. Edizione in linea: Nicolò Leonico Tomeo, Opuscula, Ex Venetiis, Bernardino Vitali, 1525. 18 giugno . Conversio in Latinum atque explanatio primi libri Aristotelis de partibus animalium… nunc primum ex authoris archetypo in lucem aeditus. G. Farri, Venezia 1540. Note  Runciman 1985212: "The University of Padua was one of the first to encourage the study of Greek; and Greeks who could lecture on Greek texts were especially welcome. A Chair of Greek was founded there in 1463 and given to the Athenian Demetrius Chalcondylas. One of his successors, Nicholas Laonicus Thomaeus, an Epirot by birth, gave in 1497 a course of lectures on Aristotle, using only the Greek text and a few Alexandrian commentaries."  Copenhaver e Schmidt 1992104: "A few years later, cracks in the fortress of Latin Aristotelianism at Padua encouraged the hiring of Niccolò Leonico Tomeo, an Italian-born Greek, to lecture on the Greek Aristotle."  Geanakoplos 1985358: "Born in Venice of Greek parents (wrongly termed Albania by some scholars), Tomaeus as a youth was sent to study in Florence, where at its stadium he read Greek literature and philosophy with his famed compatriot, Demetrius Chalcondyles."  Ossa-Richardson 90: "Niccolò Leonico Tomeo (1456–1531), born in Venice to Greek parents, taught philosophy at Padua from 1497, and became known as a translator and interpreter of Aristotle. In 1524, he published a collection of philosophical dialogues, written in an elaborate Latin; the first of these is entitled 'Trophonius, sive, De divinatione'."  Parkinson 200340: "Pomponazzi's Paduan colleague Niccolò Leonico Tomeo (1456–1531) was the first professor to lecture on the Greek text of Aristotle. As a Venetian of Greek parentage, Leonico Tomeo inherited the mantle of Byzantine scholars such as Gaza and Argyropoulos along with that of Italian humanists like Poliziano and Barbaro."  Bietenholz e Deutscher 1995,  323–324: "Niccolò LEONICO TOMEO  Niccolò Leonico Tomeo (Leonicus Thomaeus) was born in Venice of Albanian parentage (From DURRES, Albania) and studied Greek in Florence under Demetrios *Chalcondyles. He had apparently been teaching at the University of Padua for some time when he was appointed its first official lecturer on the Greek text of Aristotle in 1497, since the Venetian senate's decree called him 'very popular and acceptable to the students'. Though elected to succeed Giorgio *Valla in the chair of Greek in Venice itself during 1504, he does not appear to have taken the post up seriously and was superseded by *Musurus in 1512. He returned to Padua as soon as the university reopened after the wars of the League of Cambrai, teaching there continuously until his death..."  Bietenholz, Peter G. and Thomas Brian Deutscher, Contemporaries of Erasmus: A Biographical Register of the Renaissance and Reformation (Volumes 1–3), Toronto, University of Toronto Press, Copenhaver, Brian P. and Charles B. Schmidt, Renaissance Philosophy, Oxford, Oxford University Press, 1992,  978-0-19-219203-5. Geanakoplos, Deno J., The Career of the Little-known Renaissance Greek Scholar Nicholas Leonicus Tomaeus and the Ascendancy of Greco-Byzantine Aristotelianism at Padua University (1497), in Byzantina,  Ossa-Richardson, Anthony, The Devil's Tabernacle: The Pagan Oracles in Early Modern Thought, Princeton, NJ, Princeton University Press, ,  978-1-4008-4659-7. Parkinson, G.H.R., Routledge History of Philosophy Volume IV: The Renaissance and Seventeenth Century Rationalism, London and New York, Routledge, Runciman, Steven, The Great Church in Captivity: A Study of the Patriarchate of Constantinople from the Eve of the Turkish Conquest to the Greek War of Independence, Cambridge, Cambridge University Press,Ulteriore lettura De Bellis, Daniela, Niccolò Leonico Tomeo interprete di Aristotele naturalista, in Physis: Rivista internazionale di storia della scienza,  De Bellis, Daniela, La vita e l'ambiente di Niccolo Leonico Tomeo, in Quaderni per la storia dell'Universita di Padova,  13, 1980,  37-75. De Bellis, Daniela, I veicoli dell'anima nell'analisi di Niccolo Leonico Tomeo, in Annali dell'Istituto di filosofia, Universita di Firenze,  3Serena, A., Niccolò Leonico Tomeo, in Appunti Letterari, Rome, 1903,  5-32. Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Niccolò Leonico Tomeo  Niccolò Leonico Tomeo, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Niccolò Leonico Tomeo, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Niccolò Leonico Tomeo, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Niccolò Leonico Tomeo / Niccolò Leonico Tomeo (altra versione).

 

Tomitano: Bernardino Tomitano (Padova), filosofo. Fondatore di accademie letterarie, autore di commenti alle opere di Aristotele e autore di scritti di logica, alcuni dei quali ancora inediti.  Nacque a Padova da una famiglia originaria di Feltre. Frequentò i corsi di filosofia e medicina all'Padova e si laureò in ambedue le discipline nel 1535, appena diciottenne. Nel 1539 fu deputato dal Senato Veneto a leggere l'Organon di Aristotele alla "Scuola di logica" dell'Università, incarico che conservò fino al 1563. Nel periodo in cui rimase a Padova strinse amicizia, fra gli altri, con Sperone Speroni, Pietro Bembo, Jacopo Sadoleto, Paolo Giovio, Bernardo Navagero, Girolamo Fracastoro e Aldo Manuzio, e fece parte dell'Accademia degli Infiammati, il cui proposito era scrivere "compiutamente" in lingua italiana e lingua veneta; le discussioni all'accademia degli Infiammati sono alla base dei Quattro libri de la lingua thoscana. Scrisse anche due brevi dissertazioni matematiche: il Moisè-Geometria (1550), la dimostrazione del teorema "due rette possono avvicinarsi all'infinito senza mai unirsi", intuito dal profeta ebreo per Grazia divina, e Introductio Cosmographiae, lezioni di geometria a fondamento della cosmografia tolemaica (1551).  Nel 1554 fu accusato dal Santo Uffizio veneto di eresia per un'opera, divulgata a suo nome nel 1547 intitolata Espositione letterale del testo di Mattheo Evangelista, traduzione della parafrasi di Erasmo da Rotterdam al Vangelo secondo Matteo. Tomitano dimostrò, con due scritti, che quell'opera non era sua, ma edita a sua insaputa da un "nobile signore N., con cui era assai famigliare". Fu creduto e assolto, ma da allora in poi i suoi scritti divennero alquanto conformisti.  Nel 1563 non ottenne la cattedra di "ordinaria filosofia" a cui aspirava. Deluso lasciò Padova e si trasferì con la famiglia a Venezia dove esercitò con successo la professione di medico. L'opera più importante del periodo veneziano, a parte la biografia di Astorre Baglioni, furono il De morbo gallico in due libri, e il carme encomiastico Thetis in onore di Enrico III di Francia nominato anche re di Polonia (1573).  Opere Introductio ad Sophisticos Elenchos Aristotelis. Eiusdem brevis methodus diluendorum paralogismorum per divisionem, praeter illa quae Aristoteles habuit in Elenchis. Quam methodum B. Tomitanus ex dialogis Platonis et ex Aristotele nuper invenit. Adiecta sunt Famigerata veterum Sophismatum exernpla, ad exercitationem adolescentium, Venezia Ragionamenti della lingua Toscana, doue si parla del perfetto oratore, & poeta uolgari, dell'eccellente medico & philosopho Bernardin Tomitano, diuisi in tre libri. Nel primo si pruoua la philosophia esser necessaria allo acquistamento della rhetorica & poetica. Nel secondo si ragiona de i precetti dell'oratore. Et nel terzo, delle leggi appartenenti al poeta, & al bene scriuere, si nella prosa, come nel uerso, Venezia, Giovanni de Farri & fratelli, Nuova ediz. Quattro libri della lingua thoscana di M. Bernardino Tomitano. Oue si prova la philosophia esser necessaria al perfetto oratore, & poeta con due libri nuouamente aggionti, de i precetti richiesti a lo scriuere, & parlar con eloquenza, Padoua, Lorenzo Pasquati, 1569. Sonetti e Canzoni, in Rime diuerse di molti eccellentiss. autori nuouamente raccolte. Libro primo, con nuoua additione ristampato, Venezia Gabriel Giolito De Ferrarii, Esposizione letterale del testo di Mattheo Evangelista, Venezia, 1547 Sopra le Pistole di S. Paolo, Venezia, 1550 Moisè. Geometria, Mantova 1550 Introductio Cosmographiea, Venezia 1551 Prediche del reuerendissimo monsignor Cornelio Musso, vescouo di Bitonto, fatte in diuersi tempi, et in diuersi luoghi. Nelle quali si contengono molti santi euangelici precetti, non meno utili, che necessarij alla interior fabrica dell'huomo cristiano. Con la tauola delle cose più notabili in esse contenute, Venezia, Gabriel Giolito de Ferrari et fratelli, 1554 Oratione recitata per nome de lo Studio de le Arti padovano ne la creatione del Serenissimo Principe di Vinetia M. Marcantonio Trivisano, Venezia,Clonicus, sive de Reginaldi Poli laudibus, Venezia Consiglio sopra la peste di Vinetia. Al Magnifico M. Francesco Longo del Clarissimo M. Antonio, Padova 1556 Corydon, sive de Venetorum laudibus, et Carmen ad Laurentium Priolum Venetorum Principem, Venezia 1556 G. Breznicio . Animadversiones aliquot in primum librum Posteriorum Resolutoriorum. Contradictionum solutiones in Aristotelis et Averrois dicta, in primum librum Posteriorum Resolutoriorum. In novero Averrois Quaesita demonstrativa Argumenta, Venezia,Consiglio de l'eccell. m. Bernardino Tomitano sopra la peste di Vinetia l'anno 1556, Padova, appresso Gratioso Perchacino, 1556 De morbo gallico, in 2 voll, Venezia 1567 Vita e fatti di Astorre Baglioni Quattro libri della lingua thoscana, ove si prova la philosophia esser necessaria al perfetto oratore et poeta con due libri nuovamenti aggionti dei precetti richiesti a lo scrivere et parlar con eloquenza, Padova 1570 Thetis. In adventu Regis Henrici III Galliae Christianissimi et IV Poloniae Serenissimi ad felicissimam Venetiarum urbem, Venezia, Ziletti 1574 Note  Aristotelis Opera omnia. Cum commentariis Averrois. Animadversiones et solutiones B. Tomitani. Et alia plura. Venetiis, apud Iuntas, 1574  I primi due libri sono tesi a dimostrare che la filosofia è necessaria all'oratore e al poeta. Il terzo libro ha per argomento i precetti della retorica necessari alla scrittura e all'oratoria. L'ultimo libro è dedicato alla prosa d'arte ("locutione oratoria, et de' suoi ornamenti, con la ragion de i motti, facetie et apologi").  Antonino Poppi. Ricerche sulla teologia e la scienza nella scuola padovana del Cinque e Seicento, Soveria Mannelli, Rubbettino editore, 2001,  Ricerche sulla teologia e la scienza nella Scuola padovana del Cinque e SeicentoAntonino PoppiGoogle Libri.  Oratione prima alli Signori de la S. Inquisitione di Venetia, Padova 1556, e Oratione seconda alli Signori medesimi, Venezia, 1557.  Quest'opera è nominata solo da Anton Francesco Doni nella sua Prima Libraria, un repertorio dei libri italiani stampati fino al 1550. L'opera del Tomitano, pertanto, deve essere stata scritta prima del 1550.  È una biografia in otto libri su Astorre Baglioni, il capitano ucciso con Marcantonio Bragadin a Famagosta. L'opera, composta tra il 1572 e il 1576, rimase ignota ai contemporanei del Tomitano ed è in gran parte ancora adesso inedita. Ne sono stati stampati solo alcuni brani a metà del XIX secolo.  Girolamo Tiraboschi, Storia della letteratura italiana di Girolamo Tiraboschi, della Compagnia di Gesù, bibliotecario del serenissimo Duca di Modena, Firenze, Molini e Landi, Marco Pecoraro, Tomitano, Bernardino, in Vittore Branca , Dizionario critico della letteratura italiana, Torino, UTET, Bernardino Tomitano, su sapere.it, De Agostini. Opere di Bernardino Tomitano, .  Aulo Greco, Bernardino Tomitano, in Enciclopedia dantesca, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.

 

tornolia Giovanni Torlonia (poeta)  Corona real abierta.svg Giovanni Torlonia Pal Braschida pal TorloniaGiovanni e A Maria Torlonia e Canova (Canova attr., 1811) P1090719.JPG Palazzo Braschi, da palazzo Torlonia, Giovanni e A. Maria Torlonia (Canova attr., 1811) Principe Stemma PredecessoreMarino Torlonia, principe di Civitella Cesi, duca di Poli e di Guadagnolo Nome completoGiovanni Torlonia TrattamentoSua Grazia NascitaRoma, 22 febbraio 1795 MorteRoma, 9 novembre 1858 DinastiaTorlonia PadreMarino Torlonia, II principe Torlonia MadreAnna Sforza Cesarini ConsorteFrancesca Ruspoli FigliClemente Religionecattolicesimo. Giovanni Torlonia (Roma), filosofo. Secondogenito del duca Marino e di Anna Sforza Cesarini, figlia del VI principe di Genzano Francesco. Apparteneva a una delle più facoltose famiglie nobiliari romane; il padre, duca di Poli e di Guadagnolo, era titolare del feudo di Bracciano e viveva a Roma nel palazzo Torlonia, già Núñez, in via Bocca di Leone. Anna Sforza Cesarini aveva portato in dote una villa a Frascati, già appartenuta ai Ludovisi.  Giovanni Torlonia sposò Francesca Ruspoli (18301902), figlia di Bartolomeo e nipote del III principe di Cerveteri Francesco; dal loro matrimonio nacque Clemente (1852-1899).  Fabio Nannarelli, amico intimo e primo biografo di Giovanni Torlonia, così lo descrive: I capelli castani, abbondanti e finissimi, il pallore e la gracilità del volto… Ma se la fronte era di filosofo, l'occhio era d'artista, o meglio, di contemplatore… Svelto nella persona. Di piccola statura, incedeva frettoloso a testa alta e pensierosa.  Giovanni Torlonia si esprimeva con eleganza in francese, inglese e tedesco e aveva studiato diligentemente il greco e il latino, procurandosi una fastidiosa malattia agli occhi. Spirito avido di conoscenze, fu attratto dalla chimica e dalla botanica. Nelle sue passeggiate nella Campagna Romana raccoglieva e catalogava piante e fiori. Appassionato di Archeologia, collezionava monete di epoca Romana e trascriveva antiche iscrizioni. Fu socio della Pontificia Accademia di Archeologia. Pronunciò un discorso in occasione del Natale di Roma del 1854. Religioso fervente, è stato introdotto da Monsignor Carlo Passaglia allo studio della Patrologia e delle Sacre scritture. La famiglia Torlonia lo tollerava, ma lo considerava visionario e innovatore pericoloso.  Da Platone e da Plotino Giovanni Torlonia approdò alla filosofia tedesca, a Kant e a Fichte. Il pensiero filosoficoscrive Nannarelliche gli tornava in contemplazione entusiastica, gli si faceva poesia.  Giovanni Torlonia era in contatto con un gruppo di poeti, suoi coetanei, oggi identificati come i Poeti della Scuola romana che di sera si ritrovavano al caffè Nuovo, a piazza San Lorenzo in Lucina (Palazzo Ruspoli). Scrive Nannarelli che Giovanni Torlonia, novello Mecenate, aveva raccolto intorno a sé questo gruppo di giovani spinti dal comune ideale di ricondurre l'arte poetica agli antichi splendori. Tra questi, c'erano Domenico Gnoli, Ignazio Ciampi, Giovanni Battista Maccari, Teresa Gnoli e il Nannarelli stesso. Scrive Domenico Gnoli:Egli volle riuniti idealisti e classicisti, nella fiducia che, temperata la nebulosità metafisica degli uni e la gretta sensibilità degli altri, e prendendo il meglio d'ambedue le scuole, potesse scaturire a grado a grado un'arte nazionale o universale, profonda e intima d'idea e di sentimento, nitida, elegante di forma.  Poeta anch'egli, scrisse versi sull'amore, sui fiori, sulla contemplazione del Divino. Amava la poesia di Schiller, Goethe, Lenau e soprattutto di Leopardi. Declamava Dante e Tasso. Il suo primo poemetto, Versi, del 1853, ha meritato le lodi di Gregorovius. Suoi versi apparvero nella Raccolta di poesie I fiori della campagna romana, stampata a Firenze nel 1857 e nella Strenna Romana, del 1858, che egli curò insieme a Paolo Emilio Castagnola. Dedicò versi alla poetessa all'improvviso Giannina Milli e a Teresa Gnoli. Ha dedicato un sonetto anche a Giovanna Massani, moglie di Luigi Lezzani.   Giovanni Costa, Trebbiatura nella campagna Romana, A Monte Mario, nei casali Mellini, sotto l'Osservatorio Astronomico, Giovanni Torlonia aprì a sue spese una scuola rurale elementare. Straordinario precursore della alfabetizzazione delle classi povere, con Giuseppe Bondino aveva creato una Associazione promotrice delle scuole di campagna. A questa scuola rurale privata Giovanni Torlonia dedicò una poesia in latino, pubblicata nel 1850, sull’Album, giornale letterario e di belle arti.  La salute cagionevole di Giovanni Torlonia ebbe riflessi nefasti, sia sul destino della scuola rurale di Monte Mario, sia sul gruppo dei Poeti della Scuola romana. Fabio Nannarelli accorse al capezzale di Giovanni Torlonia: lo udì recitare il Salmo 41 e versi di Lenau; lo udì citare Platone e filosofi della scuola tedesca. Giovanni raccomandò alla moglie di mandare il figlio Clemente al Collegio di Marina di Genova. Fabio Nannarelli tentò di raccogliere intorno a sé i Poeti della Scuola romanache furono decimati nel numero, per le morti precocima nel 1860 si trasferì a Milano. Secondo le ferree disposizioni ricevute da Giovanni Torlonia, il suo cameriere, Raimondo Coccioletti, distrusse tutte le carte dell'archivio personale. Non è rimasto un ritratto, né una fotografia, del giovane duca Giovanni Torlonia. Ma Domenico Gnoli conservava i manoscritti di tre poesie di Giovanni Torlonia, inedite. Le pubblicò nel 1913.  Note  Francesca Ruspoli  Fabio Nannarelli, op. cit. in .  Silvio Negro, Seconda Roma, Vicenza, Neri Pozza, Domenico Gnoli, op. citata in .  Ferdinand Gregorovius, Passeggiate per l’Italia, 1907.  Domenico Gnoli, I Poeti della Scuola romana (1850-1870), Bari, Laterza, 1913.  Fabio Nannarelli, Giovanni Torlonia, Firenze, Le Monnier, 1859. Giuseppe Cugnoni, Vita di D. Giovanni Torlonia, Velletri, Tip. di L. Cella, Domenico Gnoli, I Poeti della Scuola romana, Bari, Laterza,  Ferruccio Ulivi, I poeti della Scuola Romana dell'Ottocento. Antologia, Bologna, Cappelli, Mariella Casini-Cortesi, Profilo di Giovanni Torlonia, una scuola rurale a Monte Mario, in: Strenna dei Romanisti, Fabio Nannarelli Paolo Emilio Castagnola Domenico Gnoli (poeta e storico) Poeti della Scuola romana Ignazio Ciampi Teresa Gnoli Torlonia Elena Gnoli.

 

Torricelli: Lorenzo Lippi Ritratto di Evangelista Torricelli, 1647 circa. Evangelista Torricelli (Faenza), filosofo. Nato a Roma (ma, fino al 1987, si è ritenuto che fosse nato a Faenza) da Gaspare Ruberti, originario di Bertinoro e tessitore, e Giacoma Torricelli, faentina, Evangelista Torricelli rimase orfano in tenera età e trascorse l'infanzia e l'adolescenza a Faenza, dove fu iniziato allo studio dallo zio materno, Gian Francesco Torricelli (Don Jacopo, monaco camaldolese), parroco di S.Ippolito, che curò la sua educazione primaria. Frequentò poi la scuola dei Gesuiti, prima a Faenza e quindi a Roma, dove si avvicinò agli studi di matematica, che approfondì sotto la guida di Benedetto Castelli,  padre benedettino, rinomato professore di matematica ed idraulica al Collegio della Sapienza, e illustre discepolo di Galileo.  L'11 settembre del 1632 Evangelista Torricelli scrisse a Galileo Galilei una lettera di risposta a sue richieste a Benedetto Castelli, che assente in quei giorni aveva lasciato allo studente il compito di segretario; in tale lettera Torricelli colse l'occasione per presentarsi a Galileo, che egli ammirava grandemente come cultore di astronomia e di matematica. Il vivere da vicino le vicende del processo a Galileo indusse Torricelli a dedicarsi più strettamente alla matematica nonostante padroneggiasse gli strumenti teorici e fosse un abile costruttore di cannocchiali.  Negli anni dal 1632 al 1641 egli lavorò e studiò a Roma con padre Castelli e poi divenne segretario di Giovanni Ciampoli, un alto prelato e intellettuale devoto a Galileo, che Torricelli seguì nei suoi incarichi governativi nelle Marche e nell'Umbria. Nel 1641 Castelli presentò a Galileo, nel suo ritiro ad Arcetri, il manoscritto dell'opera di Torricelli dal titolo: De motu gravium suggerendogli di impiegarlo come discepolo e assistente. Così fu e il 10 ottobre 1641 Torricelli divenne assistente di Galileo, assieme a Vincenzo Viviani, e su domanda e insistenza di Galilei si trasferì nella sua abitazione.  Galileo morì pochi mesi dopo (l'8 gennaio del 1642). Alla sua morte, il Granduca Ferdinando II de' Medici nominò Torricelli suo successore come matematico del Granducato di Toscana, carica che ricoprì fino alla morte, e divenne professore di matematica presso l'Accademia fiorentina.  Frontespizio di De dimensione parabolae in: Opera geometrica di Evangelista Torricelli (Firenze, 1644) Oltre all'attività di matematico e studioso di geometria, nel corso della quale elaborò diversi importanti teoremi e anticipò il calcolo infinitesimale, egli si dedicò alla fisica, studiando il moto dei gravi e dei fluidi e approfondendo l'ottica. Possedeva un laboratorio nel quale realizzava egli stesso lenti e telescopi. A causa della sua prematura scomparsa, non conosciamo i particolari del processo originale di lavorazione, poiché lo scienziato lo aveva coperto da segreto.  Torricelli si dedicò anche allo studio dei fluidi, giungendo ad inventare il barometro a mercurio chiamato "tubo di Torricelli" o "tubo da vuoto di Torricelli" prima della fine del 1644. Tale invenzione era basata nella misurazione della pressione atmosferica attraverso l'uso di un tubo che, proprio sotto la spinta di tale pressione, veniva riempito dal mercurio fino all'altezza costante di 760 mm (esperimento effettuato sul livello del mare). Proprio da questa invenzione è nata l'unità di misura della pressione "millimetri di mercurio" (mmHg) e l'uguaglianza: 1 Atm = 760 mmHg (la pressione di un'atmosfera corrisponde a 760 millimetri di mercurio). Nello stesso anno pubblicò l'opera in tre parti dal titolo: Opera geometrica, della quale De motu gravium costituisce la seconda parte.  Torricelli morì a Firenze a soli 39 anni, pochi giorni dopo aver contratto probabilmente una malattia (tifo oppure polmonite), e venne sepolto nella basilica di San Lorenzo.  La disputa sulla nascita di Torricelli Torricelli si diceva faentino e tale era considerato dalle persone che lo conoscevano, ma le ricerche compiute già subito dopo la sua morte nei registri battesimali di Faenza non ebbero esito. Ciò diede adito ad un secolare dibattito, durante il quale varie altre località romagnole rivendicarono l'onore di avergli dato i natali. Nel 1958, Giuseppe Rossini ricostruì l'albero genealogico dei Torricelli, originari della località Pideura, nel contado faentino, risalendo di due secoli oltre la nascita di Evangelista. Solo nel 1987, Giuseppe Bertoni, già preside del liceo che da Torricelli prende nome, trovò nel registro dei battezzati della Basilica di San Pietro in Vaticano l'atto di battesimo di Evangelista.[senza fonte]  Ciò che aveva tratto in inganno fino ad allora i ricercatori era il fatto che Evangelista aveva assunto il cognome della madre anziché del padre.[senza fonte] Si sapeva che il nome del padre era Gaspare, pertanto si cercavano notizie di un inesistente Gaspare Torricelli. Viceversa, si avevano notizie di una Giacoma Torricelli e si riteneva che fosse la zia paterna; era invece la madre.[senza fonte]  Evangelista Torricelli e Galileo La lettera inviata da Evangelista Torricelli (in Roma) a Galileo Galilei (in Arcetri), datata 11 settembre 1632, è conservata (originale autografo) alla Biblioteca Nazionale di Firenze fra i Manoscritti Galileiani è il primo documento in ordine cronologico nel carteggio scientifico di Torricelli. Essa rappresenta un documento fondamentale per studiare la vita e l'opera dello scienziato faentino che  descrive la propria formazione scientifica; si dichiara a conoscenza dei fatti che portarono a breve alla condanna di Galilei e dichiara la propria 'fede' galileiana. Di seguito il testo:  «Molto Ill.re et Ecc.mo Sig.r mio Col.mo  Nella absenza del Rev.mo Padre Matematico di N. Sig.re, sono restato io; humilissimo suo discepolo e servitore, con l'honor di suo secretario; fra le lettere del quale havendo io letta quella di V. S. molto Ill.re et Ecc.ma, a lei ne accuso, conforme l'ordine datomi, la ricevuta, e a lui Rev.mo ne do parte in compendio. Potrei nondimeno io medesimo assicurar V. S. che il Padre Abbate in ogni occasione, e con il Maestro di Sacro Palazzo e con i compagni di quello e con altri prelati ancora, ha sempre procurato di sostenere in piedi li Dialoghi di lei Ecc.ma, e credo che sia stato causa che non si è fatta precipitosa resolutione.  Io sono pienissimamente informato d'ogni cosa. Sono di professione matematico, ben che giovane, scolaro del Padre R.mo di 6 anni, e duoi altri havevo prima studiato da me solo sotto la disciplina delli Padri Gesuiti. Son stato il primo che in casa del Padre Abbate, et anco in Roma, ho studiato minutissimamente e continuamente sino al presente giorno il libro di V. S., con quel gusto che ella si puol imaginare che habbia havuto uno che, già havendo assai bene praticata tutta la geometria, Apollonio, Archimede, Teodosio, et che havendo studiato Tolomeo et visto quasi ogni cosa del Ticone, del Keplero e del Longomontano, finalmente adheriva, sforzato dalle molte congruenze, al Copernico, et era di professione e di setta galileista.  Il Padre Grienbergiero, che è molto mio, confessa che il libro di V. S. gli ha dato gusto grandissimo e che ci sono molte belle cose, ma che l'opinione non la loda, e se ben pare che sia, non la tien per vera. Il Padre Scheiner, quando gliene ho parlato, l'ha lodato, crollando la testa; dice anco che si stracca nel leggerlo per le molte disgressioni. Io gli ricordavo le medesme scuse e diffese che V. S. in più lochi va intessendo. Finalmente dice che V. S. si è portato male con lui, e non ne vol parlare.  Del resto io mi stimo fortunatissimo in questo, d'esser nato in un secolo nel quale ho potuto conoscere et riverir con lettere un Galileo, cioè un oracolo della natura, et honorarmi della padronanza et disciplina d'un Ciampoli, mio amorevolissimo signore, eccesso di meraviglia, o se adopri la penna o la lingua o l'ingegno. Haverà quanto prima il Padre R.mo la carissima di V. S., e le risponderà. Intanto V. S. Ecc.ma mi farà degno, ben che inetto, d'esser nel numero de' servi suoi e de' seguaci del vero; che già so che il Padre R.mo, o a bocca o per lettere me gli haverà altre volte offerito per tale. E per fine a V. S. faccio con ogni maggior affetto riverenza.  Roma, Di V. S. molto Ill.re et Ecc.ma Sig.r Gall. Gal.»  Risultati di Torricelli in fisica La lettura approfondita delle Due nuove scienze, l'ultima opera di Galileo dei cui ultimi capitoli seguì direttamente la stesura ad Arcetri, gli ha suggerito molti sviluppi dei principi della meccanica ivi stabiliti; tali sviluppi sono esposti nel trattato dal titolo De motu gravium.  Nel 1644, anno di edizione della sua Opera Geometrica, concepì il principio del barometro, costruendo quello che ora è chiamato tubo di Torricelli e individuando il "vuoto torricelliano". Torricelli e Viviani dimostrarono che il vuoto può esistere in natura e che l'aria ha un peso ponendo quindi fine alle millenarie discussioni filosofiche sull'horror vacui. Un'unità di misura della pressione è stata chiamata Torr in suo onore e corrisponde a millimetri di mercurio. L'unità di misura del Sistema Internazionale è invece il pascal, in onore di un altro illustre fisico Blaise Pascal, che fece fiorire numerose ricerche sperimentali dalla estesa e definitiva teoria della pressione atmosferica descritta da Torricelli.  La parola barometro coniata da Robert Boyle nel 1667 è oggi quasi sempre associata al nome di Torricelli che risulta quindi fra i più celebri scienziati italiani nella storia.  Risultati di Torricelli in matematica Essendo in diretto contatto con Cavalieri iniziò a lavorare con la Geometria degli indivisibili e ben presto superò, secondo lo stesso Cavalieri, il suo maestro.  Fu abilissimo nell'utilizzarne le tecniche, cioè il metodo degli indivisibili, come anche il metodo d'esaustione, che era in uso presso gli antichi, fra tutti il grande Archimede, di cui Torricelli fu entusiasta ammiratore: a lui dobbiamo la riscoperta nel Rinascimento del matematico siracusano.  Per il gusto di imitare i classici, Torricelli dimostrò in 21 modi diversi un teorema di Archimede: 11 con il metodo d'esaustione, 10 con il metodo degli indivisibili.  Spesso i risultati ottenuti con la geometria degli indivisibili venivano poi confermati con altre dimostrazioni, a causa della controversia sulla loro fondatezza.  Il fatto interessante è che lo stesso Archimede aveva elaborato una sorta di geometria degli indivisibili, ma non la riteneva rigorosa, e perciò dimostrava sempre i suoi risultati con il metodo d'esaustione. Tutto ciò si è scoperto soltanto nel 1906, quando il filologo danese Heilberg scoprì un palinsesto con un'opera sconosciuta di Archimede, il Metodo meccanico, nel quale esponeva questi procedimenti.  Torricelli è famoso per la scoperta del solido di rotazione infinitamente lungo detto tromba di Gabriele, da lui chiamato "solido iperbolico acutissimo", avente l'area della superficie infinita, ma il volume finito. Questo fu considerato per molto tempo un paradosso "incredibile" per molti, incluso lo stesso Torricelli, che cercò diverse spiegazioni alternative, anche perché l'idea di un secchio che è possibile riempire di vernice, ma impossibile da pitturare è senz'altro singolare. Il solido in questione ha scatenato un'aspra controversia sulla natura dell'infinito, che ha coinvolto anche il filosofo Thomas Hobbes. In questa disputa alcuni hanno sostenuto che il solido conducesse all'idea di un "infinito completo".  Torricelli è stato pioniere nel settore delle serie infinite. Nella sua opera intitolata De dimensione parabolae del 1644, Torricelli considerò una successione decrescente di termini positivi {\displaystyle a_{0},a_{1},a_{2}\cdots }{\displaystyle a_{0},a_{1},a_{2}\cdots } e ha mostrato che la corrispondente serie telescopica {\displaystyle (a_{0}-a_{1})+(a_{1}-a_{2})+\cdots }{\displaystyle (a_{0}-a_{1})+(a_{1}-a_{2})+\cdots } converge necessariamente a {\displaystyle a_{0}-L}{\displaystyle a_{0}-L}, dove L denota il limite della successione; in questo modo riuscì a dare una dimostrazione della espressione per la somma della serie geometrica.  Onorificenze Ad Evangelista Torricelli sono stati dedicati il cratere Torricelli di 22 km di diametro sulla Luna e l'asteroide 7437 Torricelli. Gli è anche dedicata una piazza nel centro storico di Pisa, dove per lungo tempo aveva sede il Dipartimento di Fisica dell'Università prima del trasloco nell'attuale sede nell'ex fabbrica Marzotto. A Faenza, è presente una statua (ubicata di fronte alla chiesa di San Francesco) che lo raffigura con in mano un barometro a mercurio (curiosità sulle proporzioni: l'altezza del barometro è inferiore a quella reale, che deve essere di almeno 76 cm). Sempre a Faenza, è intitolato a Torricelli fin dal 1865 il Liceo che ha sede nell'antico palazzo dei Gesuiti di cui Evangelista fu allievo.  Note  Per la storia della scoperta della vera origine di Torricelli, vedi anche Registrazione del convegno per il quarto centenario della nascita di Torricelli, ottobre 2008  Mario Di Fidio, Claudio Gandolfi, Idraulici italiani , Fondazione BEIC, 75.  Mario Di Fidio, Claudio Gandolfi, Idraulici italiani , Fondazione Biblioteca Europea di Informazione Cultura, 73.  Mario Di Fidio, Claudio Gandolfi, Idraulici italiani , Fondazione BEIC, 77.  collocazione P. VI, T. XI, e. 232  In questa sperimentazione venne preceduto di qualche anno dal fisico contemporaneo Gasparo Berti, che condusse un esperimento "barometrico" utilizzando acqua anziché mercurio. Cfr. L'esperimento di Berti, realizzato a Roma fra il 1640 e il 1643 Moon: Torricelli  Questo testo proviene in parte dalla relativa voce del progetto Mille anni di scienza in Italia, opera del Museo Galileo. Istituto Museo di Storia della Scienza di Firenze (home page), pubblicata sotto licenza Creative Commons CC-BY-3.0 Giuseppe Rossini, La famiglia di Evangelista Torricelli, in  Convegno di studi torricelliani in occasione del 350º anniversario della nascita di Evangelista Torricelli: 19-20 ottobre 1958, Faenza, Lega, Giuseppe Bertoni, La faentinità di Evangelista Torricelli e il suo vero luogo di nascita, in Studi e ricerche del Liceo Torricelli, Faenza, Ragazzini, Fabio Toscano, L'erede di Galileo. Vita breve e mirabile di Evangelista Torricelli, Milano, Sironi, 2008. André Weil (1989): Prehistory of the Zeta-Function, in "Number Theory, Trace Formulas and Discrete Groups", Aubert, Bombieri and Goldfeld, eds., Academic Press Amir Alexander, Infinitamente piccoli. La teoria matematica alla base del mondo moderno, Torino, Codice edizioni,  Barometro di Torricelli Equazione di Torricelli Legge di Torricelli Torr Tromba di Torricelli Liceo ginnasio statale Evangelista Torricelli. Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Giovanni Vacca, Evangelista Torricelli, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Evangelista Torricelli, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.  Evangelista Torricelli, su accademicidellacrusca.org, Accademia della Crusca. Evangelista Torricelli, su MacTutor, University of St Andrews, Scotland. Evangelista Torricelli, su Mathematics Genealogy Project, North Dakota State University.  Opere di Evangelista Torricelli, su Liber Liber.  Opere di Evangelista Torricelli, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Evangelista Torricelli, . Evangelista Torricelli, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company. Evangelista Torricelli, in Galileo Project, Rice University. Carla Rita Palmerino, Evangelista Torricelli, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Scienze, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.

 

Trabucco: Mario Trabucco, filosofo. Non abbiamo grandi notizie della sua vita, della quale sappiamo solo che esercitò con successo la medicina a Caltagirone, soprattutto durante l'epidemia del 1622. Per il suo contributo fu creato nobile il 4 ottobre 1622 da Fernando d'Aragona. Alcune sue opere sono conservate nella Biblioteca Comunale di Caltagirone, città che gli ha anche dedicato una strada.  Opere "De Morbis puerorum et mulierum"  Chaudon, L. M., Dictionnaire universel, historique, critique, et bibliographique, 1812, tomo XVII, pag. 276, s. v. Amico e Statella, V. M., Dizionario topografico della Sicilia, Palermo 1855, tomo I206. Libro d'oro della nobilità dell'imperial casa amoriense, Roma,  I282, s.v. Amati, A., Dizionario corografico dell'Italia.

 

Tragella: Cesare Tragella prevosto della Chiesa cattolica CesareTragella.jpg Monastergen.png Nato4 gennaio 1852, Trezzano sul Naviglio Ordinato presbitero dall'arcivescovo Luigi Nazari di Calabiana Deceduto8 maggio 1934, Magenta. Cesare Tragella (Trezzano), filosofo. Figlio primogenito di Giovanni, medico chirurgo, e da Amalia Santagostino.  Dopo aver frequentato il collegio di Gorla Minore, frequentò il seminario maggiore di Milano e divenne sacerdote nel 1874, venendo destinato come coadiutore presso la parrocchia di Santa Maria Nuova di Abbiategrasso dopo che il padre dal 1867 era stato assunto presso le Pie Case degli Incurabili di quella città. Successivamente divenne dottore in teologia presso l'Accademia pontificia di Torino. Da questo momento si occupò molto di filosofia e di letteratura cattolica avvicinandosi molto ideologicamente alle posizioni dell'allora arcivescovo di Milano Luigi Nazari di Calabiana.  Furono questi gli anni inoltre che conobbe don Davide Albertario, proprietario e direttore de L'Osservatore Cattolico, al quale si legò molto a livello ideologico e per il quale scrisse diversi articoli che vennero pubblicati sul giornale.  Le grandi opere a Magenta Nel 1884 venne nominato parroco a Magenta, facendo il proprio ingresso il 12 giugno 1885 e qui si occupò subito delle esigenze pratiche della città, interessandosi animosamente alla vita politica del borgo. Nello stesso anno del suo ingresso nella nuova parrocchia fondò assieme al celebre professore di musica Luigi Valisi la Banda civica di Magenta che ancora oggi esiste. Nel 1893, prese parte alle esequie del maresciallo francese Mac Mahon che si svolsero in Francia, in rappresentanza della cittadinanza assieme al sindaco di Magenta. In questa occasione venne decorato con la croce di cavaliere dell'Ordine della Legion d'Onore. Tornato a Magenta, si prodigò per la raccolta dei fondi necessari alla realizzazione di un monumento alla memoria del maresciallo Mac Mahon che ancora oggi si trova nei pressi della stazione ferroviaria.  Nel 1898 svolse altri incarichi ufficiali di rappresentanza quando il governo austriaco lo incaricò di distribuire le onorificenze coniate dall'Impero in occasione dei cinquant'anni di regno dell'Imperatore Francesco Giuseppe d'Austria (il famoso Signum Memoriae) a quei cittadini del magentino che avessero combattuto a suo tempo nelle armate austriache. In quello stesso anno si preoccupò di muovere col comune una petizione popolare per la costruzione di una pensilina alla storica stazione ferroviaria di Magenta e riuscì a provvedere dei fondi per la costruzione di un ospizio per i vecchi   La Basilica Minore romana di San Martino di Magenta, fatta erigere su progetto dell'architetto Alfonso Parrocchetti, amico di don Cesare Targella Sempre nel 1898, accogliendo le proposte dei fedeli, decise di costruire una nuova chiesa parrocchiale (successivamente elevata al titolo di Basilica Minore romana) che andasse a sostituire la piccola e antica chiesa di san Martino (che venne successivamente abbattuta). Egli stesso fu l'autore del nuovo progetto ispirato alle cattedrali rinascimentali e si occupò in esso di serbare la memoria storica degli eventi della battaglia di Magenta del 4 giugno 1859 con la costruzione di una cappella espiatoria all'interno della chiesa per accogliere le spoglie dei caduti. Quest'ultimo progetto non ebbe l'autorizzazione della curia milanese in quanto era ritenuto sacrilego porre delle ossa non appartenenti a santi o personalità venerate all'interno di un luogo di culto. L'idea del Targella era indubbiamente quella di accomunare tutti, vincitori e vinti, di fronte alla morte e ricordare nel contempo la necessità di non creare divisioni sociali dopo l'unità italiana. Il progetto della chiesa, ad ogni modo, venne concluso nel 1903 ed in quello stesso anno don Tragella poté inaugurare il nuovo tempio assieme al vescovo di Vigevano, Giacomo Merizzi e al vescovo ausiliare di Milano.  Al termine di questa grande epopea venne nominato Ufficiale dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro e Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia e nel 1910 lasciò Magenta per Inverigo cedendo il posto a don Domenico Bernareggi, fratello minore dell'allora vescovo di Bergamo, Adriano Bernareggi e poi, anche lui, divenuto Vescovo (ausiliare di Milano).  Nel 1908 fondò a Magenta il Forno Cooperativo Ambrosiano per combattere la cattiva nutrizione della popolazione e consentire di avere pane di ottima qualità anche nelle campagne, e a prezzi accessibili.  Le accuse e gli ultimi anni travagliati  Busto di don Cesare Tragella nella Basilica di San Martino di Magenta Malgrado la munifica opera sostenuta dal Tragella negli anni della sua direzione della parrocchia di Magenta, nel 1919, al termine del primo conflitto mondiale, venne accusato di appropriazione indebita di fondi appartenenti alla parrocchia di San Martino e di aver portato in fallimento la sua chiesa. Gli accusatori erano alcuni fabbricieri magentini e alcune tra le personalità di maggiore spicco nel paese come il commendatore Giovanni Giacobbe (direttore dell'Asilo e proprietario dell'omonima villa storica) ed il sindaco Giovanni Brocca il quale aveva avuto non pochi contrasti per le idee rivoluzionarie di don Tragella. Il sacerdote venne pertanto condannato alla pena di due anni e quattro mesi di prigione. Visto però il suo lodevole operato e la sua fama di filosofo e letterato, Vittorio Emanuele III di Savoia lo graziò con la commutazione della pena a due mesi di carcere da scontarsi nel carcere di San Vittore a Milano. Dopo di questo, don Tragella visse per qualche tempo ospite del parroco di Margno in Valsassina per poi fare ritorno a Magenta.  Tornato nella sua ex parrocchia come residente nel 1920, gli venne impartito l'ordine di non occuparsi più della cosa pubblica, cosa non facile per un personaggio come lui. Con il nuovo parroco insorsero subito dei contrasti circa la gestione delle finanze della chiesa ed a questo punto, il 27 luglio 1923 gli giunse la sospensione ecclesiastica da parte della curia.  Ammirato dal popolo malgrado le peripezie della sua vita, Cesare Tragella si spense a Magenta l'8 maggio del 1934.  Onorificenze Onorificenze italiane Cavaliere dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaronastrino per uniforme ordinariaCavaliere dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italianastrino per uniforme ordinariaCavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia Croce pro Ecclesia et Pontificenastrino per uniforme ordinariaCroce pro Ecclesia et Pontifice Onorificenze straniere Cavaliere dell'Ordine della Legion d'Onore (Francia)nastrino per uniforme ordinariaCavaliere dell'Ordine della Legion d'Onore (Francia) Note  Tunesi, Morani, Le stagioni, op. cit..  Viviani292.  Ricovero vecchi poveri (1902-1943) Sito Lombardia Beni Culturali.  Viviani, op. cit., p.292.  Don Tragella ridusse il prezzo del pane giallo di 10 centesimi al chilogrammo (quello bianco era riservato solo alle classi più abbienti), cfr. Tunesi, Morani Le stagioni, op. cit..  Cesare Tragella, Lettera a Romolo Murri n.185 del 6 settembre 1898, in: Romolo Murri, Lorenzo Bedeschi (cur.), Carteggio. II. Lettere a Murri. 1898, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, Carlo Morani, Natalia Tunesi, Le stagioni di un prete: storia di Don Cesare Tragella, prevosto di Magenta Giussano, Graffiti, 1993. Carlo Morani, Natalia Tunesi, G. Vian, Le stagioni di un prete, «Rivista di Storia e Letteratura Religiosa», Ambrogio Viviani, 4 giugno 1859. Dalle ricerche la prima storia vera, Magenta, Zeisciu, 1997.  Magenta (Italia) Battaglia di Magenta  Centro Culturale Don Cesare Tragella di Magenta AICAssociazione italiana centri culturali. PredecessorePrevosto di MagentaSuccessoreMonastergen.png Carlo Giardini1885-1910Domenico Bernareggi.

 

Trapè: Agostino Trapè, O.S.A. (Montegiorgio), filosofo. Uno dei massimi studiosi del pensiero di sant'Agostino.  Nato a Montegiorgio nelle Marche il 9 gennaio del 1915 Trapè fu ordinato sacerdote a Roma il 15 luglio 1937. Si laureò in Teologia sistematica nel 1938, presso l'Università Gregoriana con una tesi intitolata Il concorso divino nel pensiero di Egidio Romano, pubblicata a Tolentino nel 1942.  Trapè fu professore presso la Pontificia Università Lateranense dal 1960 al 1983.   Priore Generale dell'Ordine agostiniano dal 26 agosto 1965 al 10 settembre 1971 Agostino Trapè, promosse la fondazione dell'Istituto Patristico Augustinianum.  Trapè ha fondato e diretto la "Nuova Biblioteca Agostiniana" che si occupa della pubblicazione dell'Opera Omnia di S. Agostino in edizione bilingue latino-italiano (Edita da Città Nuova) e la serie del "Corpus Scriptorum Augustianorum", che pubblica le opere dei filosofi scolastici agostiniani.  Le sue opere sono state tradotte in varie lingue.  Opere (selezione) Il concorso divino nel pensiero di Egidio Romano, Tolentino 1942; La doctrina de Seripando acerca de la concupiscencia, La ciudad de Dios  Traduzione italiana; Introduzione a S. Agostino e le grandi correnti della filosofia contemporanea. Atti del congresso Italiano di filosofia Agostiniana, Roma 20-23 ottobre 1954. Tolentino 1956,  X-XVI; Varro et Augustinus praecipui humanitatis cultores, Latinitas Augustinus et Varro, in Atti del Congresso internazionale di studi varroniani, Rieti, Escatologia e antiplatonismo di Sant'Agostino, Augustinianum,  S. Agostino filosofo e teologo dell'uomo, Bollettino dell’Istituto di filosofia, Macerata, anno accademico 1978-1979,  89-104; S. Agostino: L'ineffabilità di Dio, in  «La ricerca di Dio nelle religioni», EMI, Bologna, 1980; La Aeterni Patris e la filosofia cristiana di S. Agostino, in Atti del VIII Congresso Tomistico internazionale, Roma S. Agostino, l'uomo, il pastore, il mistico, Fossano, 1976; Roma, Città Nuova, 2001, 440  [traduzione spagnola, Buenos Aires, 1984; tedesca, Monaco, 1984; Polacca, Varsavia, 1984; inglese, New York, 1986; francese, Parigi, 1988; ungherese, Budapest, 1987]; S. Agostino, in Patrologia III, Casale Monferrato 1978,  322-434 [traduzione spagnola, Madrid, Agostino d'Ippona, in Dizionario patristico e di antichità cristiana, Casale Monferrato, [traduzione spagnola. Ed. Sígueme. Salamanca, Introduzione e commento alla Lettera apostolica «Hipponensem episcopum», Roma, 1988; Introduzione generale a sant'Agostino, Roma, 2006,  380. Note  A. TRAPÉ, Il concorso divino nel pensiero di Egidio Romano, Tolentino 1942, su agostinotrape.it.  Agostino Trapè. L'amico, il maestro, il pioniere, Carlo Cremona, Città Nuova, 2Agostino Trapè. L'amico, il maestro, il pioniere, Carlo Cremona, Città Nuova. Agostino Trapèapostolo della cultura. Sito internet dedicato all'opera di Agostino Trapè.

 

Trasci: Ferruccio Baffa Trasci vescovo della Chiesa cattolica Coat of Arms of Ferruccio Baffa-Trasci.svg   Nato27 agosto 1590 a Bisignano Deceduto30 ottobre 1656 a Roma   Manuale Ferrante Marco Antonio Baffa Trasci (Bisignano), filosofo. Baffa-Trasci Arms of Baffa-Trasci.svg Spera in Deo D'azzurro, un aratro d'argento, sostenente un basilisco verde. Data di fondazioneXVI secolo Etniaitaliana Manuale Baffa Trasci nacque in una famiglia di origine arbëreshë a Bisignano in Calabria nel 1590, figlio primogenito di Pietro Antonio ed Elisabetta Anna Trentacapilli, donna pia e molto religiosa, erede di una famiglia da più secoli ascritta al patriziato locale. Pur essendo il primogenito della famiglia e, dunque, contravvenendo alle regole del maggiorascato, a causa della salute cagionevole venne avviato alla carriera ecclesiastica nel locale Seminario di Bisignano, proseguendo in seguito gli studi a Roma e Napoli. Fu nella città partenopea che si legò particolarmente alla Compagnia di Gesù divenendo in breve tempo uno dei confessori più vicini a Isabella della Rovere, principessa di Bisignano.  L'esilio volontario a Proceno Pur giovanissimo per non essere distolto dai propri studi filosofici si ritirò volontariamente a vita privata, dapprima nella Tuscia e poi ospite nel Castello di Proceno, presso Viterbo di proprietà della nobile famiglia Sforza. Ancora nei primi Professoreuna lapide marmore posta nella rocca ne ricordava la sua permanenza. Da tale volontario esilio uscì in pochissime occasioni, per lo più per viaggi in Spagna, a Saragozza e Valladolid a capo di missioni diplomatiche presso l'arcivescovo Juan Cebrían Pedro assistito dal nipote Stanislao Baffa Trasci. Fu durante la reclusione volontaria nella Rocca di Proceno che ebbe modo di conoscere Galileo Galilei ospite nel palazzo durante un suo viaggio verso Roma.  La morte Ormai sessantaseienne, dopo esser stato per alcun tempo vescovo ausiliare di Umbriatico, nell'estate del 1656 venne creato Vescovo titolare di Massimianopoli in partibus infidelium da papa Alessandro VII.  Ferruccio Baffa Trasci morì a Roma nell'ottobre dello stesso anno di peste presso il Lazzaretto istituito sull'Isola Tiberina, venendo sepolto in una fossa comune. Gran Parte dei suoi scritti vennero salvati dai nipoti e riordi XIX secolo dal pronipote Vincenzo Baffa Trasci. Il noto storico romano Giuseppe Tomassetti dedicò un breve saggio sulla sua figura dal titolo Cenno storico sulla vita di S.E. Ferrante Baffa Trasci Illustrissimo Vescovo di Massimianopoli 15901656.  Opere Traduzione dei Pensieri o Colloqui con se stesso di Marco Aurelio Universam Aristotelis philosophiam Summa Aristotelicha Summa Theologica Dogmatica Note  BonitaBojani, I della Rovere nell'Italia della corti, Ed. Quattroventi 2002  Tomassetti G., Cenno storico sulla vita di S.E. Ferrante Baffa Trasci Illustrissimo Vescovo di Massimianopoli  Roma 1888  C. Nutarelli, Proceno-Memorie storiche, Stab. Tip. FABRIZIO Acquapendente 1932  C. Nutarelli, Proceno-Memorie storiche, Stab. Tip. FABRIZIO Acquapendente 1932  D. Baffa Trasci Amalfitani di Crucoli, Ferruccio Baffa Trasci-un erudito italoalbanese Professoreormai dimenticato, Edizioni MIT Cosenza Trasci PredecessoreVescovo titolare di MassimianopoliSuccessore ...luglioFilosofia Categorie: Vescovi cattolici italiani del XVII secoloTeologi italianiFilosofi italiani Professore1590 1656 27 agosto 30 ottobre Bisignano Roma

 

Treves: Renato Samuele Treves (Torino), filosofo. Compie gli studi al Liceo M. D'Azeglio e poi nella Facoltà di Giurisprudenza dell'Torino, dove entra in contatto, fra gli altri, con Norberto Bobbio, Vittorio Foa, Piero Luzzati, Alessandro Passerin d'Entrèves, e simpatizza con il gruppo di Giustizia e Libertà abbracciando i principi del socialismo liberale. Laureatosi sotto la guida di Gioele Solari con una tesi su Henri de Saint-Simon e conseguita la libera docenza, insegna dapprima nell'Messina, dove viene arrestato per sospetta attività antifascista, ma subito rilasciato. Trasferito all'Urbino viene escluso, in quanto proveniente da famiglia ebraica, dal concorso bandito sulla sua cattedra e si trasferisce in Argentina. Qui sposa Fiammetta Lattes da cui ha tre figli (Tullio, Aldo e Anna) e insegna filosofia del diritto e sociologia nell'Tucumán. Rientrato in Italia e riottenuta la cattedra nell'Parma, si trasferisce subito all'Milano dove insegna Filosofia del diritto, Sociologia e Sociologia del diritto. Protagonista della rinascita post-bellica della sociologia in Italia, coopera attivamente col Centro nazionale di prevenzione e difesa sociale e col suo segretario generale Adolfo Beria di Argentine, coordinando fra l'altro una vasta ricerca su “L'amministrazione della giustizia e la società italiana in trasformazione” da cui escono fra il 1967 e il 1976 dodici volumi di vari autori. Nel 1962 promuove con William M. Evan e Adam Podgórecki la costituzione del Research Committee on Sociology of Law della International Sociological Association. Presiede questo Comitato fino al 1974 facendosi attivo promotore, in patria e all'estero, soprattutto in Spagna, della sociologia del diritto. Fonda  la rivista italiana della disciplina, di cui ottiene il riconoscimento accademico e che insegna a Milano sino al ritiro nel 1983. Nel 1989 è tra i promotori dell'International Institute for the Sociology of Law di Oñati (Guipúzkoa, País Vasco, Spagna). È nominato dottore honoris causa dalle Università del País Vasco, Carlos III de Madrid e Pandios di Atene. Muore a Milano il 31 maggio 1992.  Pensiero Renato Treves difende una posizione filosofica relativista e prospettivista, influenzata da autori come Karl Mannheim, José Ortega y Gasset, Charles Wright Mills e Hans Kelsen, del quale ultimo introduce in Italia la Dottrina pura del diritto. Alieno dal dogmatismo e paladino di una concezione critica della scienza, rifiuta ogni visione metafisica del diritto in favore di una visione metodologica che sfocia nella sociologia del diritto intesa come scienza prevalentemente empirica, non avalutativa, ma ispirata a valori, nel suo caso quelli di libertà e giustizia sociale. Treves è considerato insigne maestro per un'intera generazione di filosofi e sociologi del diritto. Per Renato Treves due erano i problemi che la sociologia del diritto doveva affrontare: da un lato la posizione, la funzione e il fine del diritto nella società vista nel suo insieme; dall'altro la società nel diritto, cioè quei comportamenti effettivi che possono essere conformi e difformi rispetto alle norme, ma comunque forniscono informazioni su come una società vive le regole che si è data. Del primo problema si sono occupate soprattutto le dottrine sociologiche e politologiche, mentre sul secondo si sono soffermate le dottrine giuridiche antiformalistiche.  Opere principali Il diritto come relazione, Torino, 1934 Sociología y filosofía social, Buenos Aires, 1941 Benedetto Croce, filósofo de la libertad, Buenos Aires, 1943 Diritto e cultura, Torino, 1947 Spirito critico e spirito dogmatico, Milano, 1954 Libertà politica e verità, Milano, 1962 Giustizia e giudici nella società italiana, Bari, Introduzione alla sociologia del diritto, Torino, Sociologia del diritto. Origini, ricerche, problemi, Torino, 1987 Sociologia e socialismo. Ricordi e incontri, Milano,  Dizionario biografico dei giursti italiani (XII-XX secolo), Bologna, Il MUlino,  André-Jean Arnaud e Simona Andrini, Jean Carbonnier, Renato Treves et la sociologie du droit. Archéologie d'une discipline, LGDJ, Parigi, 1995. Norberto Bobbio, Il magistero di Renato Treves, in La Nuova Antologia, Arturo Colombo, La lezione di Renato Treves, in La Nuova Antologia, Elías Díaz, Renato Treves in Doxa. Cuadernos de Filosofía del Derecho, Vincenzo Ferrari, Renato Treves sociologo del diritto, in Rivista internazionale di filosofia del diritto, LXX, IV serie, gennaio-marzo 199321 ss. Vincenzo Ferrari, Treves, Renato, in International Encyclopedia of Law and Society, Sage, Thousand Oaks-London-New Delhi-Singapore, Vincenzo Ferrari e Nella Gridelli Velicogna, Philosophy and Sociology of Law in the Work of Renato Treves, in Ratio Juris,  6, n. 2, July 1993202 ss. Vincenzo Ferrari, Morris L. Ghezzi e Nella Gridelli Velicogna , Diritto, cultura e libertà. Atti del convegno in memoria di Renato Treves (Milano, Giuffrè, Milano, Morris L. Ghezzi, La scienza del dubbio. Volti e temi di sociologia del diritto, Mimesis, Milano-Udine, 200919 ss. Mario G. Losano, Renato Treves, sociologo tra il vecchio e il nuovo mondo, Unicopli, Milano, 2000. Pio Marconi, Il legato culturale di Renato Treves, in Sociologia del diritto, Aristide Tanzi, Renato Treves, dalla filosofia alla sociologia del diritto, ESI, Napoli, 1988. Carlo Nitsch, Renato Treves esule in Argentina. Sociologia, filosofia sociale, storia. Con documenti inediti e la traduzione di due scritti di Treves, Memorie dell'Accademia delle Scienze di Torino, Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche, Sociologia del diritto  , «Treves, Renato (propr. Samuele Renato)» in Dizionario di filosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.

 

Tria: Giovanni Andrea Tria arcivescovo della Chiesa cattolica Template-Archbishop.svg   Incarichi ricopertiVescovo di Cariati e Cerenzia Vescovo di Larino Arcivescovo titolare di Tiro   Nato22 luglio 1676 a Laterza Ordinato presbitero19 settembre 1699 Nominato vescovo4 marzo 1720 Consacrato vescovo17 marzo 1720 Elevato arcivescovo20 dicembre 1741 Deceduto16 gennaio 1761 a Roma   Manuale Giovanni Andrea Tria (Laterza, 22 luglio 1676Roma, 16 gennaio 1761) filosofo, teologo e arcivescovo cattolico italiano. Figlio di Francesco Tria e Margherita Geminale, completò i suoi studi di filosofia, teologia e ambe leggi a Napoli e Roma. Nel 1704 fu uditore di diritto canonico presso il monastero benedettino di Cava de' Tirreni rimase al servizio di questa abbazia anche quando fu trasferito a Roma.  Il 26 agosto 1709 fu nominato vicario generale di monsignor Lorenzo Gherardi, vescovo di Loreto e Recanati, e tale rimase fino al 1714. Più tardi, con monsignor Giuseppe Firrao, ebbe l'incarico di "nunzio straordinario" alla Corte del Portogallo.  Quando monsignor Firrao, per questione di salute, fu trasferito in Svizzera, Tria andò con lui a Lucerna. Durante la sua permanenza in Svizzera intraprese un'importante missione in Svezia e Germania.  Fu eletto vescovo di Cariati e Cerenzia ed entrò in carica il 17 marzo 1720, presiedendo il sinodo (16/18 marzo 1726).  Fu trasferito poi alla diocesi di Larino, nel Molise, il 23 febbraio 1727.  Partecipò al concilio provinciale di Benevento dal 1º al 12 maggio 1729. Nel 1740 fu nominato «consulente del Sacro Offizio» e nel dicembre dello stesso anno fu nominato arcivescovo di Tiro.  Divenne «esaminatore di Vescovi» e fu insignito del titolo di cavaliere dell'Ordine di San Giacomo per i suoi meritori servigi resi alla Corte di Lisbona.  Morì di apoplessia a Roma il 16 gennaio 1761.  Opere Il suo erudito lavoro include:  Memorie storiche civili, ed ecclesiastiche della citta e Diocesi di Larino (edite a Roma, 1744) Note di accommodamento tra il Papato e la Corte Reale di Napoli (edito a Roma, 1743) Vita di Papa Benedetto XIII Genealogia episcopale Cardinale Scipione Rebiba Cardinale Giulio Antonio Santori Cardinale Girolamo Bernerio, O.P. Arcivescovo Galeazzo Sanvitale Cardinale Ludovico Ludovisi Cardinale Luigi Caetani Cardinale Ulderico Carpegna Cardinale Paluzzo Paluzzi Altieri degli Albertoni Cardinale Gaspare Carpegna Cardinale Fabrizio Paolucci Cardinale Antonio Felice Zondadari Arcivescovo Giovanni Andrea Tria Successione apostolica Vescovo Geronimo de Laurenzi (1743) FontiCamillo Minieri Riccio, Memorie storiche degli scrittori  regno di Napoli, Napoli, Tipografia dell'Aquila di V. Puzziello, Diocesi di Larino Pietro Pollidori Giovan Battista Pollidori Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Giovanni Andrea Tria Collabora a Wikiquote Citazionio su Giovanni Andrea Tria  Opere di Giovanni Andrea Tria, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. David M. Cheney, Giovanni Andrea Tria, in Catholic Hierarchy.

 

Trincheri: Lorenzo Gioacchino Trincheri (Pieve di Teco), filosofo. Nacque da una famiglia benestante che aveva in possesso alcuni ettari di terreno.  Fu critico letterario, filosofo e saggista appassionato agli autori romantici. Fu riconosciuto e si affermò all'interno della cerchia dei letterati del suo tempo grazie alla brillante difesa in favore di Alessandro Manzoni, quando quest'ultimo pubblicò nel 1819 la sua prima tragediaIl Conte di Carmagnola. Fu con il sostegno del suo maestro e amico Goethe, famoso filosofo e scrittore romantico, che egli riuscì a far valere la proprio opinione positiva nei confronti dell'autore dei Promessi sposi. Poche altre notizie biografiche si conoscono a proposito della sua vita che, a causa di un incidente in cui ferì a morte un suo amico, un certo Andrea, crollò in una situazione estremamente travagliata.  Negli ultimi anni della sua vita si trasferì a Parigi, svolgendo incarichi di traduzione per pochi soldi[non chiaro], per poi morire in tristezza e solitudine.

 

Trissino: Ritratto del 1510 di Vincenzo Catena Gian Giorgio Trissino dal Vello d'Oro (pronuncia Trìssino, /ˈtrissino/) (Vicenza), filosofo. Persona di spicco della cultura rinascimentale, notissimo al tempo, il Trissino incarnò perfettamente il modello dell'intellettuale universale di tradizione umanistica. Si interessò, infatti, di linguistica e di grammatica, di architettura e di filosofia, di musica e di teatro, di filologia e di traduzioni, di poesia e di metrica, di numismatica, di poliorcetica, e di molte altre discipline. Nota era, anche presso i contemporanei, la sua erudizione sterminata, specie per quel che riguarda la cultura e la lingua greche, sull'esempio delle quali voleva rimodellare la poesia italiana.  Fu anche un grande diplomatico e oratore politico in contatto con tutti i grandi intellettuali della sua epoca quali Niccolò Machiavelli, Luigi Alamanni, Giovanni di Bernardo Rucellai, Ludovico Ariosto, Pietro Bembo, Giambattista Giraldi Cinzio, Demetrio Calcondila, Niccolò Leoniceno, Pietro Aretino, il condottiero Cesare Trivulzio, Papa Leone X, Papa Clemente VII, Papa Paolo III, e l'imperatore Carlo V d'Asburgo. Fu ambasciatore per conto del papato, della Repubblica di Venezia e degli Asburgo, di cui fu un fedelissimo, come tutta la sua famiglia da generazioni. Scoprì e protesse l'architetto Andrea Palladio, appena adolescente, nella sua villa di Cricoli, vicino Vicenza, che venne da lui portato nei suoi viaggi e fu da lui iniziato al culto della bellezza greca e delle opere di Marco Vitruvio Pollione.Giovanni Giorgio Trissino nacque a Vicenza l'8 luglio 1478 da antica e nobile famiglia. Suo nonno Giangiorgio combatté nella prima metà Professoreil condottiero Niccolò Piccinino, che al servizio dei Visconti di Milano invase alcuni territori vicentini, e riconquistò la valle di Trissino, feudo avito. Suo padre Gaspare (1448-1487) era anch'esso uomo d'armi e colonnello al servizio della Repubblica di Venezia e nel 1468 sposò Cecilia Bevilacqua, di nobile famiglia veronese. Ebbe un fratello, Girolamo, scomparso prematuramente, e tre sorelle: Antonia († 1516), Maddalena († 1512), andata in sposa al padovano Antonio degli Obizzi, ed Elisabetta, poi suor Febronia in San Pietro nel 1495 e dal 1518 rifondatrice insieme a Domicilla Thiene di San Silvestro.   Targa marmorea che Trissino fece realizzare a ricordo del suo maestro Demetrio Calcondila in S.Maria della Passione a Milano Trissino studiò greco a Milano sotto la guida del dotto bizantino Demetrio Calcondila, sodale di Marsilio Ficino, e poi filosofia a Ferrara sotto Niccolò Leoniceno. Da questi maestri imparò l'amore per i classici e la lingua greca, che tanta parte ebbero nel suo stile di vita. Alla morte di Calcondila nel 1511, Trissino fece murare una targa nella chiesa di S.Maria della Passione a Milano, dove fu sepolto il suo maestro. Il 19 novembre 1494 sposò Giovanna, figlia del giudice Francesco Trissino, lontana cugina, da cui ebbe cinque figli: Cecilia (nata nel 1495, visse 20 giorni), Gaspare (nato nel 1497, visse 10 giorni), Francesco (1500-1514), Vincenzo (nato nel 1502, visse 10 giorni) e Giulio (1504-1576). Giovanna morì il 12 aprile 1505.  Trissino sosteneva l'Impero come istituzione, come d'altronde era tradizione nella sua famiglia da generazioni, ma ciò venne interpretato in spirito antiveneziano e, per questo, egli fu temporaneamente esiliato dalla Serenissima. Nel 1515, durante uno dei suoi viaggi in Germania, l'Imperatore Massimiliano I d'Asburgo lo autorizzò all'aggiunta del predicato "dal Vello d'Oro" al proprio cognome e alla relativa modifica dello stemma gentilizio (aurei velleris insigna quae gestare possis et valeas), che nella parte destra riporta su fondo azzurro un albero al naturale con fusto biforcato sul quale è posto un vello in oro, il tronco accollato da un serpente d'argento e con un nastro d'argento tra le foglie, caricato del motto "PAN TO ZHTOYMENON AΛΩTON" in lettere maiuscole greche nere, preso dai versi 110 e 111 dell'Edipo re di Sofocle che significa "Chi cerca trova", privilegi trasmissibili ai propri discendenti.   Stemma di Giangiorgio Trissino dal Vello d'Oro come appare nel volume dedicatogli da P.F. Castelli nel 1753. In quegli stessi anni intraprese diversi viaggi tra Venezia, Bologna, Mantova, Milano (dove conobbe Cesare Trivulzio, comandante francese) e Padova (dove riscoprì il De vulgari eloquentia di Dante Alighieri). Poi si recò a Firenze ed entrò nel circolo degli Orti Oricellari (i giardini di Palazzo Rucellai) in cui si riunivano, in un clima di marca neoplatonica e di classicismo erudito, Niccolò Machiavelli e i poeti Luigi Alamanni, Giovanni di Bernardo Rucellai ed altri. Qui il Trissino discusse il De vulgari eloquentia e compose la tragedia Sofonisba (1513-14). Questi anni agli Orti Oricellari furono centrali, sia per quanto il poeta ricevette intellettualmente, sia per la forte impronta che lasciò sui suoi sodali: si vedano le tragedie di Giovanni di Bernardo Rucellai e il poemetto le Api (in endecasillabi sciolti, concluso dalle lodi del Trissino, cfr. il paragrafo sul Profilo religioso del Trissino) o le poesie pindariche di Luigi Alamanni, o ancora i punti di contatto fra le tante digressioni erudite sull'arte militare contenute nell'Italia liberata dai Goti che rimandano all'Arte della guerra del Machiavelli, elaborata proprio in quegli anni. Anzi, le idee linguistiche del poeta spronarono lo stesso Machiavelli a scrivere anche lui un Dialogo sulla lingua, nel quale difende l'uso del fiorentino moderno (cfr. il paragrafo Opere linguistiche).  In seguito si recò a Roma, dove stampò nel 1524 la Sofonisba (dedicandola papa Leone X), la prima tragedia regolare, e la famosa Epistola de le lettere nuovamente aggiunte ne la lingua italiana (dedicata a Clemente VII), un arditissimo libello in cui si suggeriva l'inserimento nell'alfabeto latino di alcune lettere greche per segnalare alcune differenze di lettura (vedi sotto). Intanto il figlio Giulio, di salute cagionevole, venne avviato dal padre alla carriera ecclesiastica e, dopo il suo soggiorno a Roma sempre presso papa a Clemente VII, divenne arciprete della cattedrale di Vicenza.  Sempre a Roma, nel 1529 Trissino diede alle stampe alcuni testi fondamentali: la versione riveduta della Epistola, la traduzione del De vulgari eloquentia, Il castellano (dialogo sulla lingua, dedicato a Cesare Trivulzio ed ispirato a quello dantesco), le Rime (dedicate al cardinale Niccolò Ridolfi) e le prime quattro parti della Poetica (il primo trattato ispirato alla Poetica di Aristotele, da poco riscoperta), con le quali il programma di riforma letteraria classicheggiante avviato con la Sofonisba può dirsi quasi concluso. Per i prossimi 20 anni il poeta non stamperà più nulla.  Queste opere sollevarono un grande clamore per la loro arditezza e disorientarono (o meglio: orientarono diversamente) la nascente letteratura italiana: nessuno aveva osato finora riformare addirittura l'alfabeto, né aveva avuto ardire di cancellare l'intero sistema dei generi in uso fin dal Medioevo (le sacre rappresentazioni e il poema cavalleresco, in primis) per farne sorgere dal nulla dei nuovi, cioè poi quelli antichi (la tragedia, la commedia e il poema epico). Da questi libelli prese avvio la secolare questione della lingua italiana.  Nel febbraio 1530 a Bologna, nel corso dell'incoronazione di Carlo V a Re d'Italia e Sacro Romano Imperatore, egli ebbe il privilegio di reggere il manto pontificale a Clemente VII e nel 1532 Carlo lo nominò conte palatino e cavaliere dell'Ordine Equestre della Milizia Aurata.  Secondo quanto riportato dallo storico Castellini, Trissino rifiutò posizioni di potere offertegli dai pontefici a seguito dei successi riportati come diplomatico (Nunzio e Legato), ad esempio l'arcivescovado di Napoli, il vescovado di Ferrara o la porpora cardinalizia, in quanto desideroso di una propria discendenza ed essendo il figlio Giulio avviato nella gerarchia ecclesiastica. Rientrato a Vicenza Trissino sposò il 26 marzo 1523 Bianca, figlia del giudice Nicolò Trissino e di Caterina Verlati, già vedova di Alvise di Bartolomeo Trissino (morto a 45 anni nel 1522). Da Bianca ebbe due figli: Ciro (1524-1576) e Cecilia (1526-1542). Alla nomina di Ciro come erede universale, si scatenarono le ire di Giulio che per lungo tempo lottò in tribunale contro il padre e il fratellastro per poi morire in odore di eresia calvinista. Anche a seguito delle divergenze causate dai cattivi rapporti con Giulio, la coppia si divise nel 1535 quando Bianca si trasferì a Venezia, dove morì il 21 settembre 1540.  Trissino manifestò il proprio fervente sostegno all'Impero dedicando, qualche anno prima della morte, a Carlo V il suo poema in 27 canti L'Italia liberata dai Goti, il primo poema regolare, iniziato agli inizi del Cinquecento ma pubblicato nel 1547-1548, destinato, come si vede fin dal titolo, ad essere importante per la Gerusalemme liberata di Torquato Tasso. Nel 1548 stampò anche la commedia I Simillimi, anch'essa la prima commedia regolare.   Villa Trissino di Cricoli (VI) Intanto nella villa di Cricoli alle porte di Vicenza, già dei Valmarana e dei Badoer e acquistata nel 1482 dal padre Gaspare, si radunava una delle più prestigiose Accademie vicentine. Qui Trissino scoprì uno dei più grandi talenti della storia dell'architettura, Andrea Palladio, di cui fu mentore e mecenate, che portò nei suoi viaggi con sé ed educò alla cultura greca e alle regole architettoniche di Marco Vitruvio Pollione.  Morì a Roma l'8 dicembre 1550 e fu sepolto nella Chiesa di Sant'Agata alla Suburra.  Nel 1562 vennero alla luce le ultime due parti della sua Poetica, la quinta e la sesta (dedicate ad Antonio Perenoto, vescovo di Arras), che erano comunque già pronte nel 1529, come si evince dalla chiusura della quarta parte. Il progetto culturale Egli progettò e attuò una imponente riforma della lingua e della poesia italiane sui modelli classici, cioè la Poetica di Aristotele (da poco riscoperta), i poemi di Omero, e le teorie linguistiche esposte da Dante Alighieri nel De vulgari eloquentia (riscoperto dal Trissino stesso a Padova e pubblicato in traduzione nel 1529); un programma in piena antitesi sia con la moda del petrarchismo di Pietro Bembo, sia con quella del romanzo cavalleresco incarnato supremamente dall'Orlando furioso di Ludovico Ariosto, che allora infuriavano.  Il programma di riforma venne esposto negli anni 1524-1529 attraverso opere diverse, cioè un volume di ortografia e di ortofonetica (Epistola de le lettere nuovamente aggiunte ne la lingua italiana, del 1524, riveduta nel 1529, e dedicata a Papa Clemente VII), un volume di teoria della lingua italiana (Il castellano, del 1529, dedicato a Cesare Trivulzio), due manuali di grammatica (Dubbii grammaticali e la Grammatichetta, del 1529) e un manuale di teoria dei generi letterari (Poetica, le prime 4 parti del 1529; le ultime 2 postume stampate nel 1562). Tali proposte (specie quella di modificare l'alfabeto italiano inserendovi alcune lettere greche così da rendere visibili le differenti pronunce di alcune vocali e di alcune consonanti) e la riscoperta del trattato dantesco furono clamorosi e fecero esplodere in Italia la secolare questione della lingua, idealmente chiusa nel 1840 da I promessi sposi di Alessandro Manzoni.  Questa intensa speculazione teorica ha il suo sbocco fattuale in quattro opere poetiche, tutte molto importanti: la Sofonisba (1524, dedicata a Papa Leone X), la prima tragedia regolare della letteratura moderna (regolare si definisce un'opera costruita secondo le norme derivate dai testi classici, essenzialmente la Poetica di Aristotele e l'Ars poetica di Orazio), L'Italia liberata dai Goti (1548-1549, dedicata a Carlo V d'Asburgo), il primo poema epico regolare, e I simillimi (1548, dedicata al Cardinal Farnese), la prima commedia regolare. Si aggiunga un volume di poesie d'amore e di encomio (Rime 1529, dedicato a Niccolò Ridolfi) di gusto antipetrarchista e ispirato ai poeti siciliani, agli Stilnovisti, a Dante e alla tradizione del Quattrocento, tutte cassate dal Bembo. Anche queste opere sollevarono un grande dibattito, ma saranno destinate ad avere un ruolo centrale nello sviluppo della poesia italiana ed europea, se si considera l'importanza che la tragedia e l'epica, ad esempio, ebbero in tutta Europa. Al Trissino si deve anche l'invenzione dell'endecasillabo sciolto (cioè senza rima) ad imitazione dell'esametro classico, anche questa un'invenzione destinata a fama europea.Le opere letterarie La produzione letteraria del poeta comprende opere di diversi generi, non solo poetiche: innanzitutto un Architettura in italiano e incompleto, ricerche sulla numismatica, traduzioni, orazioni varie ed opere in latino.  Se ci si concentra solo sugli studi di teoria letteraria e sulle opere poetiche, si ha a che fare con pochi testi, ma tutti rilevantissimi, attraverso i quali il poeta struttura un coerente programma di riforma della poesia italiana sui modelli classici e sulla lingua dantesca ispirato alla Poetica di Aristotele, ad Omero e al De vulgari eloquentia, un sistema da opporre sia alle Prose della volgar lingua del Bembo di qualche anno prima (1525), che aveva dato come modelli solo Petrarca e Boccaccio (riducendo, quindi, i generi letterari solo alla lirica e alla novella), sia all'Orlando furioso di Ludovico Ariosto (1532), che è un romanzo cavalleresco e non un poema epico. Attraverso il proprio programma il poeta verrà a creare una tradizione di gusto classico del tutto nuova in seno alla letteratura moderna, che nei secoli a venire si affiancherà al bembismo sebbene agli inizi gli fu avversario: il sistema trissiniano, infatti, vuole sopperire ai vuoti lasciati dal petrarchismo bembesco e proseguire lo sperimentalismo della tradizione antica e quattrocentesca (la cosiddetta docta varietas). Né il Trissino era l'unico convinto di queste idee, come si dirà ancora oltre, ma era affiancato da Sperone Speroni, Bernardo Tasso (padre di Torquato), Antonio Brocardo, Pietro Tolomei, Antonio Colocci, Mario Equicola e altri ancora.  Volendo sintetizzare, le opere del Trissino si raccolgono intorno a tre date:  ll 1524, in cui dà alle stampe a Roma la tragedia Sofonisba (composta un decennio prima agli Orti Oricellari) e l'Epistola sulle lettere da aggiungere all'alfabeto latino. Tutte le opere del Trissino stampate in vita sono scritte secondo l'alfabeto da lui congegnato e non con l'alfabeto usuale. ll 1529, vero anno campale, vengono date alle stampe sei opere, ossia la traduzione del De vulgari eloquentia, le prime IV parti della Poetica, il dialogo Il castellano, le Rime, i Dubbi grammaticali e la Grammatichetta. Il 1547-8, in cui dà alla luce il poema L'Italia liberata dai Goti, e la commedia I simillini. Passeremo in rassegna le principali opere poetiche, tranne gli Scritti linguistici, che hanno un paragrafo apposito.  Sofonisba La Sofonisba (1524) è in assoluto la prima tragedia regolare della letteratura europea, destinata a vasta fortuna specie in Francia. Secondo il modello antico, Trissino compone una tragedia in endecasillabi sciolti, che imitano i trimetri giambici (il verso a questa data fa la sua prima apparizione), divisa in quadri da cori rimati: alcuni cori sono canzoni petrarchesche mentre altri, invece, canzoni pindariche (che fanno anch'esse qui la loro prima apparizione e si ritroveranno nella poesia di Luigi Alamanni e poi ancora di Gabriello Chiabrera). L'argomento (con sensibile differenza dai classici antichi) è storico (preso da Tito Livio), non fantastico, mitico o biblico. L'azione, come poi sarà canonico nel teatro regolare, si svolge nello stesso posto (unità di luogo) e nello stesso giorno (unità di tempo) e prevede in scena un numero limitato di persone. Venne recitata per la prima volta nel 1562, durante il carnevale di Vicenza, messa in scena dall'amico e allievo Andrea Palladio. La proposta piacque, tutto sommato, e riscosse successo: l'endecasillabo sciolto, metro nuovo, fu approvato anche dal Bembo (come ricorda Giraldi Cinzio) e divenne da allora in poi il metro quasi canonico del teatro italiano, specie tragico (vedi sotto).  Rime Anche nelle Rime (1529) il poeta si mostra uno sperimentatore e il Petrarca, modello obbligatorio a prescindere dal Bembo, si fonde con immagini derivanti da altre epoche e da altri autori, in special modo la poesia occitana, quella siciliana, gli stilnovisti e Dante, i poeti quattrocenteschi. Nel sistema del Trissino è possibile usare ancora metri come, ad esempio, i sirventesi e le ballate (cassati dal Bembo) o anche introdurre particolari nuovi come gli occhi neri di guaiaco della donna amata, immagine inventata dal poeta su un referente quotidiano della cultura cinquecentesca e non in linea con le immagini tipiche del Petrarca (occhi di stelle e simili).  Il Castellano Il Castellano (1529) è un dialogo sulla lingua dedicato a Cesare Trivulzio, comandante francese a Milano conosciuto nel 1505-6. Si ambienta a Castel Sant'Angelo e ha per protagonisti Giovanni di Bernardo Rucellai (il castellano, appunto) e Filippo Strozzi, amici degli Orti Oricellari. Il Trissino espone per bocca del Rucellai il suo ideale linguistico, preso dal De vulgari eloquentia, cioè quello di un volgare illustre o cortigiano, mobile ed aperto, fondato in parte sull'uso moderno e concreto della lingua, e in parte sugli autori della tradizione letteraria. Questi autori sono soprattutto Dante e Omero poiché dotati di enargia, cioè della capacità di rendere visibili a parole ciò di cui stanno narrando. Le idee linguistiche del Trissino sollevarono grande clamore (fondate com'erano su un testo la cui paternità dantesca non era ancora assicurata) e fecero scoppiare il secolare 'dibattito sulla lingua italiana' concluso, come detto, almeno idealmente, dal Manzoni tre secoli dopo. Fra i molti che parteciparono al dibattito si ricordi il fiorentino Niccolò Machiavelli al quale il Trissino aveva letto il De vulgari eloquentia sempre agli Orti Oricellari, il Bembo, ovviamente, Sperone Speroni, Baldassarre Castiglione.  Poetica Le teorie che soggiacciono a questo vasto programma vengono esposte nella Poetica (1529), libro fondamentale non solo per il Trissino, essendo in assoluto il primo libro di poetica in Europa ad essere modellato sulla Poetica di Aristotele, destinato a fama secolare in tutto il continente . Né banale né senza rischi era, come potrebbe apparire, l'idea di resuscitare dei generi letterari di fatto morti da millenni e lontani per gusto e ispirazione dalla società rinascimentale.  Sul piano linguistico immagina una lingua di ispirazione dantesca e omerica, cortigiana e illustre, che contempli l'innovazione e la tradizione, che sia aperta a una collaborazione ideale fra varie regioni italiane e non sul predominio esclusivo del toscano trecentesco, che ottemperi anche l'inserimento di neologismi e di dialettismi.  Nella poesia lirica si appoggia, sempre dietro Dante, alla tradizione occitana, siciliana, stilnovista e dantesca e anche petrarchesca. Nella metrica saccheggia ampiamente il trecentesco Antonio da Tempo che ancora contempla ballate e sirventesi, generi cassati dal Bembo, come detto, e si mostra vicino allo sperimentalismo della poesia quattrocentesca. Discorre, inoltre, della possibilità di utilizzare in italiano metri di stile greco e latino, come fatto da lui nei cori della Sofonisba, proposta che avrà grande successo nei secoli a venire, specie nella poesia per musica e nel melodramma.  Discorre poi della tragedia, della commedia, dell'ecloga teocritea e del poema omerico, i generi resuscitati dal mondo classico. A ogni genere vengono date ovviamente le proprie regole tratte da Aristotele, cioè le unità di tempo e di luogo, per la tragedia e la commedia, e le unità narrative, per il poema epico. Vengono quindi stabilite le nette differenze fra il romanzo cavalleresco e il poema epico. Mentre il romanzo cavalleresco narra una vicenda fantastica costituita dall'intreccio di molte storie diverse (alcune delle quali destinate a non chiudersi nel poema poiché non necessarie alla conclusione generale della vicenda), nel poema epico, invece, la vicenda dovrà essere di matrice storica e dovrà essere unitaria e conclusa: essa cioè dovrà venire raccontata dall'inizio alla fine, e i pochi protagonisti dovranno ruotare tutti attorno ad essa, tutti per un solo scopo, e le loro vicende dovranno venire concluse entro l'arco del poema, non lasciando nulla in sospeso. Il genere epico, inoltre, secondo una caratteristica che gli diventerà propria, viene dal Trissino investito di un alto valore morale e politico, profondamente pedagogico, ignoto al romanzo, che lo trasformano in un percorso di formazione morale e culturale.  Per questi tre generi nuovi, il poeta propone l'endecasillabo sciolto, corrispettivo moderno dell'esametro e del trimetro giambico classici (vedi paragrafi sottostanti).  Sul piano dello stile e dei registri il poeta rimanda alle teorie dei greci Demetrio Falereo e di Dionigi di Alicarnasso, che ponevano come vertice dello stile poetico l'energia, cioè la capacità di rappresentare visivamente con le parole le cose di cui s sta narrando, prerogativa, per il Trissino, dello stile di Omero e Dante. Sempre dietro Demetrio e Dionigi, Trissino divide la lingua italiana in quattro registri stilistici e non tre, come voluto dalla tradizione medievale e bembesca (la cosiddetta rota Vergilii, secondo la quale esistono 3 registri stilistici soltanto: quello basso, esemplificato dalle Bucoliche, quello medio dalle Georgiche, e quello alto o tragico dell'Eneide). Questo veniva a reimpostare daccapo i rapporti ormai consolidati fra genere letterario e registro stilistico, e fu una novità che avrebbe causato non poco l'insuccesso di un poeta il cui punto debole fu proprio lo stile.  L'Italia liberata dai Goti Dopo venti anni di silenzio dal 1529, il Trissino tornò in scena con L'Italia liberata da' Gotthi, un vastissimo poema di endecasillabi sciolti in 27 canti, stampato nel 1547 (primi 9 canti) e nel 1548 (restanti 18), ma iniziato intorno ai primi del secolo, nell'età di Papa Leone X. Esso è di fatto il primo poema epico moderno e sarà destinato, come la Sofonisba, a inaugurare un genere del tutto nuovo, in dichiarata antitesi alla tradizione medievale del romanzo cavalleresco che in quegli anni stava sfondando con Ludovico Ariosto.  L'idea che soggiace alla composizione dell'opera è illustrata nella famosa Dedica a Carlo V che precede il poema, dove il Trissino dichiara di essersi ispirato ovviamente ad Aristotele e all'Iliade di Omero. Con la guida di Omero e di Demetrio Falereo (e non di Dante, si noti), inoltre, reclama l'uso di un volgare illustre che contempli l'inserimento di voci dialettali, arcaiche o anche latine e greche, come infatti nel poema avviene. Come detto più volte, inoltre, lo scopo del poema è 'ammaestrare l'imperatore', non solo attraverso dei modelli cavallereschi, ma anche attraverso conoscenze tecniche di architettura, arte militare e via di seguito.  Il poema è ligio, insomma, a quanto stabilito nella Poetica: la trama è tratta da un accadimento storico cioè la guerra gotica tra l'imperatore bizantino Giustiniano I e gli Ostrogoti che occuparono l'Italia (per la quale il poeta segue lo storico bizantino Procopio di Cesarea), che viene raccontata dall'inizio alla fine, e i (relativamente) pochi protagonisti ruotano attorno ad essa. I personaggi, a loro volta, saranno specchio di altrettanti vizi e virtù da correggere, in questa crociata che sarebbe anche un percorso di formazione bellica e morale del suo lettore ideale, cioè Carlo V stesso.  Il poema, atteso da vent'anni dai dotti italiani, fu uno dei più clamorosi fiaschi della storia letteraria italiana, come noto, anche se ebbe un impatto profondissimo. Critiche violente vennero da Giambattista Giraldi Cinzio (che ne parla nei suoi Romanzi) e da Francesco Bolognetti, ma non solo. I quali derisero il poema per la sua imitazione pedissequa dei valori dell'eroismo classico (grandezza e generosità d'animo, nobiltà e gloria), per l'attenzione estrema alla corretta applicazione delle regole aristoteliche, più che alla fluidità della narrazione o al dare un rilievo psicologico ai personaggi, assolutamente frontali. Inoltre, la ripresa parola per parola del modello omerico (ma in generale di tutte le moltissime fonti tradotte dal poeta) fu ritenuta noiosa, e la solennità dell'argomento venne a scontrarsi con la prosaicità dello stile trissiniano, del metro senza rima costruito in maniera formulare (come quello di Omero ovviamente) che rende il dettato fiacco e stereotipato. I lunghi intervalli eruditi, inoltre, in cui il poeta si dilunga nelle descrizioni degli accampamenti, dei monumenti della Roma medievale, di città, architetture, armature, eserciti, giardini, mappe geografiche dell'Italia, precetti morali, massime e apologhi eruditi e via di seguito, soffocano la narrazione epica (nella prima edizione il poema è addirittura corredato da tre cartine geografiche) e rendono il poema di difficile lettura.  Ciò non toglie, tuttavia, che l'Italia liberata abbia un posto di rilievo nella letteratura: la visione di un mondo superiore di eroi solenni e composti nella dignità del loro ideale e della loro missione, tipicamente aristocratici, anticipava le preoccupazioni morali della Controriforma[25]. Sarà proprio alla fine del secolo, infatti, che il poema trissiniano avrà la sua fortuna, col Tasso ma non solo.  I simillimi Sono l'ultima opera stampata dal poeta (1548) e i modelli sono indicati da lui stesso nella Dedica al Cardinal Farnese: Aristofane e la Commedia antica (Menandro è stato riscoperto solo nel Novecento), sul modello della quale il Trissino ha fornito la favola dei cori (con l'appoggio anche dell'Arte poetica di Orazio) ma non del prologo. Dichiarata è anche l'ascendenza da Plauto (essenzialmente i Menecmi). Il testo è costruito in versi sciolti, ovviamente, mentre i cori sono costituiti anche da settenari e sono rimati.Le opere linguistiche  Frontespizio del Castellano di Giangiorgio Trissino, 1529, stampato con lettere aggiunte all'alfabeto italiano da quello greco I testi linguistici del Trissino sono essenzialmente quattro: l'Epistola, Castellano, Dubbi, Grammatichetta, oltre, ovviamente la Poetica.  Accese discussioni suscitò il suo esordio letterario, cioè la proposta di riformare l'alfabeto italiano contenute nell'Ɛpistola del Trissinω de le lettere nuωvamente aggiunte ne la lingua Italiana (1524; nel 1529 esce la seconda versione, corretta e rivista) dove Trissino suggerisce l'adozione di alcune vocali e consonanti dell'alfabeto greco al fine di disambiguare suoni diversi resi allora (e ancor oggi) con la medesima grafia: e e o aperte (ε e ω) e chiuse, z sorda e sonora (ζ), nonché la distinzione delle i e u con valore di vocale o di consonante (j, v).  In seguito avrebbe riproposto questa idea (sebbene ricorrendo a grafie diverse) anche l'accademico della Crusca Anton Maria Salvini nella seconda metà del XVIII secolo, sempre senza successo.  Accolta fu nei secoli a venire, invece, la proposta del Trissino di utilizzare la z al posto della t nelle parole latine che finiscono in -tione (oratione > orazione) e di distinguere sistematicamente nella scrittura la u da v (uita > vita)[26].  I punti principali dell'alfabeto riformato sono i seguenti:  Nuovo caratterePronunciaDistinto da     Pronuncia Ɛ εE aperta [ɛ]E e                                       E chiusa [e] Ω ωO aperta [ɔ]O oO chiusa [o] V vV con valore di consonante [v]U uU con valore di vocale [u] J jcon valore di consonante J [j]I iI con valore di vocale [i] Ӡ çZ sonora [dz]Z zZ sorda [ts] .  Tali idee vengono confermate nei testi del 1529: nel Castellano, il Trissino propone il modello di una lingua "cortigiana-italiana" formata dagli elementi comuni a tutte le parlate dei letterati della Penisola, non solo nel lessico ma anche al livello della fonetica (visibile ormai grazie all'alfabeto riformato). Questa teoria si appoggia ad Omero e soprattutto alla sua traduzione del De vulgari eloquentia, e verrà amplificata, come già visto, nella Poetica, in riferimento a tutti i generi letterari, e sarà illustrata materialmente nelle due grammatiche messe a disposizione dal Trissino stesso (la Grammatichetta e i Dubbi grammaticali).  Alla sua tesi si dimostrarono particolarmente sensibili (e ostili) i letterati toscani, ovviamente, visto che Dante stesso asserisce nel trattato che il toscano non è il volgare illustre. Tra di essi spicca il Machiavelli, come accennato, che compose un Dialogo sulla lingua in quegli anni, nel quale reclama la specificità del fiorentino cinquecentesco, in opposizione al Bembo (che voleva il fiorentino trecentesco) e anche al Trissino, che nella grammatica di base parte sempre dalla lingua letteraria (anche perché l'unica in grado di assicurare a livelli profondi una similarità fra i vari parlari italiani). Un esempio: se nel toscano quattrocentesco del Poliziano è normale usare lui in funzione di soggetto, il Bembo invece rispolvera egli e lo stesso fa il Trissino. Machiavelli, invece, difende l'uso del lui, normale a Firenze da almeno un secolo.  La riforma trissiniana dell'alfabeto, applicata sistematicamente dal poeta in tutti i suoi scritti (anche negli appunti!), è un prezioso documento delle differenze di pronuncia tra toscano e lingua cortigiana, fra lingua letteraria e pronunce nordiche (il poeta era vicentino) perché l'autore applicò i propri criteri fonetici nel pubblicare i suoi testi o nell'interpretare alcuni suoni del toscano. La conseguente maggior difficoltà di lettura non favorì la diffusione dei suoi scritti e portò diverse critiche da parte degli autori suoi contemporanei.  Il profilo religioso del Trissino Sebbene sia noto come esegeta aristotelico, il Trissino si era formato, invece, sul finire del Quattrocento e nei primi del Cinquecento nelle capitali culturali italiane sature di cultura neoplatonica e mistica: non ci riferiamo solo agli anni a Milano presso il Calcondila (amico di Marsilio Ficino) o a Ferrara presso il Leoniceno, ma soprattutto a quelli trascorsi agli Orti Oricellari fiorentini e nella Roma di Leone X, figlio di Lorenzo de' Medici. Importanti sono i due ritratti che ci vengono lasciati da due contemporanei. Il primo è il quello di Giovanni di Bernardo Rucellai, che nel poemetto in versi sciolti Le api, dopo aver discusso dell’armonia cosmica e della dottrina ermetico-platonica dell’Anima Mundi, specifica ai vv. 698-704: «Questo sì bello e sì alto pensiero / tu primamente rivocasti in luce / come in cospetto degli umani ingegni / Trissino, con tua chiara e viva voce, / tu primo i gran supplicii d’Acheronte / ponesti sotto i ben fondati piedi / scacciando la ignoranza dei mortali». Insomma il Trissino viene riconosciuto come un interprete del pensiero platonico e, si direbbe, democriteo. Il secondo, invece, riguarda le esposizioni rilasciate al'Inquisizione, dopo la morte del poeta, da parte del Checcozzi, il quale dichiara che il Trissino «faceva discendere le anime umane dalle stelle ne’ corpi e diede a divedere come i passaggi di quelle di pianeta in pianeta fossero stimate altrettante morti e dicesse essere pene infernali non le retribuzioni della vita futura ma le passioni e i vizi» (in B. Morsolin, Giangiorgio Trissino. Monografia di un gentiluomo letterato del secolo XVI , Firenze, Le Monnier, 1894,  364–365). A questo si aggiungano ancora la ripetuta ammissione di credere nella salvezza per sola Grazia (Morsolin, cit.,  248–253, 357-378 e 407-43, confermata nell'Epistola a Marcantonio da Mula), cioè di essere a rigore un luterano, e la lunga requisitoria contro il clero corrotto contenuta contenuta nell'Italia liberata, requisitoria che però, come rilevato da Maurizio Vitale (in L'omerida italico: Gian Giorgio Trissino. Appunti sulla lingua dell'«Italia liberata da' Gotthi», Istituto Veneto di Scienze ed Arti, ), non figura in tutte le stampe del poema ma solo in quelle indirizzate forse in Germania.  Anche il Trissino, quindi, auspicava un riordino interno della Chiesa e una sua restaurazione morale, in linea con il generale movimento di riforma che scoppio' nel Rinascimento, con Lutero, Erasmo etc.... senza per questo farne un luterano in senso stretto. Il Trissino, insomma, è un tipico esponente della tradizione religiosa pretridentina, in cui il fervido sostegno alla Chiesa romana e la vicinanza coi papi non escludono forti iniezioni di pensiero neoplatonico e neopitagorico, di stoicismo e di astrologia, di tradizione bizantina e millenarismo, in cui Erasmo da Rotterdam, Martin Lutero, Agrippa von Nettesheim, Giovanni Pico della Mirandola, Marsilio Ficino si fondono in una forma religiosa eclettica e ancora tollerata prima dell'apertura del Concilio di Trento (1545-1563). Le persecuzioni inizieranno dopo la morte del poeta, e vi verrà coinvolto, invece, il figlio Giulio, vicino al calvinismo, che subirà l'Inquisizione.  Il poema del Trissino, una vera enciclopedia dello scibile, è molto interessante a riguardo, e queste venature di pensiero religioso inquiete ed eclettiche sono evidenti in maniera palese: si ricordino i famosi angeli del poema che portano nomi di divinità pagane (Palladio, Onerio, Venereo etc...) e che non sono altro che allegorie delle facoltà umane o delle potenze naturali (Nettunio, angelo delle acque, ad esempio, o Vulcano come metonimia del fuoco) come indicato nel De Daemonius di Michele Psello e nel pensiero neoplatonico. Fu questo uno dei punti più bersagliati dai critici contro il poeta, per primo, ancora una volta, Giambattista Giraldi Cinzio.  Il rapporto con Palladio Di Andrea Palladio, Trissino curò soprattutto la formazione di architetto inteso come "umanista". Questa concezione risulta alquanto insolita in quell'epoca, nella quale all'architetto era demandato un compito preminentemente di tecnico specializzato. Non si può capire la formazione umanistica e di tecnico specializzato della costruzione dell'architetto Andrea della Gondola, senza l'intuito, l'aiuto e la protezione di Giangiorgio Trissino. È lui a credere nel giovane lapicida che lavora in modo diverso e che aspira a una innovazione totale nel realizzare le tante opere. Trissino gli cambierà il nome in "Palladio", come l'angelo liberatore e vittorioso presente nel suo poema L'Italia liberata dai Goti[27].  Secondo la tradizione, l'incontro tra il Trissino e il futuro Palladio avvenne nel cantiere della villa di Cricoli, nella zona nord fuori della città di Vicenza, che in quegli anni (1538 circa) sta per essere ristrutturata secondo i canoni dell'architettura classica. La passione per l'arte e la cultura in senso totale sono alla base di questo scambio di idee ed esperienze che si rivelerà fondamentale per la preziosa collaborazione tra i due "grandi". Da lì avrà inizio la grande trasformazione dell'allievo di Girolamo Pittoni e Giacomo da Porlezza nel celebrato Andrea Palladio. Sarà proprio Giangiorgio Trissino a condurlo a Roma nei suoi viaggi di formazione a contatto con il mondo classico e ad avviare il futuro genio dell'architettura a raggiungere le vette più ardite di un'innovazione a livello mondiale, riconosciuta ed apprezzata ancora oggi[28].  Fortuna e sfortuna del Trissino Il sistema letterario inventato dal Trissino non fu il solo tentativo di preservare un rapporto diretto con la cultura classica (in special modo greca), con Dante e con l'umanesimo del Quattrocento, che il sistema bembiano escludeva. Molti altri poeti condividevano le sue idee, infatti, come Antonio Brocardo, Bernardo Tasso, anche loro intenti a inventare nuovi metri su imitazione dei classici. Tuttavia, se si eccettua forse Sperone Speroni, il Trissino fu uno dei pochi che strutturò nella sua Poetica un sistema letterario totale, onnicomprensivo, aristotelico in senso pieno, dove ogni genere è regolato in maniera specifica; e questo gli permetterà di essere un punto di riferimento privilegiato nei secoli a venire.  Bisognerà fare a questo punto una distinzione essenziale fra le opere del Trissino e le sue teorie letterarie. Le opere poetiche, forse con la sola eccezione della Sofonisba e delle Rime, sono notoriamente brutte: lo stile è fiacco e prosaico e la narrazione dispersa in mille meandri eruditi, ragione per cui furono conosciute da tutti, lette e ammirate, ma non apprezzate né imitate dal punto di vista stilistico: l'invenzione del verso sciolto, che sarà centrale nella storia letteraria europea, infatti, non era destinata a fiorire con lui ma solo alla fine del secolo perché venisse accettata entro un poema di genere e di stile alto come quello epico. Le sue teorie invece, trovarono un successo secolare, non solo in Italia ma in molti paesi europei specie nel Settecento, con la nuova moda del classicismo. Questo specie per quel che riguarda i due generi principali del mondo antico, la tragedia e l'epica, e con essi anche il verso sciolto.  Italia In Italia si può dire che il Trissino ebbe grande fortuna col verso sciolto e col poema epico, ma minore col teatro tragico. La Sofonisba, quando uscì, non era in Italia l'unica tragedia di imitazione greca, anche se era la prima: vi erano, infatti, anche quelle di Giovanni di Bernardo Rucellai, composte sempre agli Orti Oricellari. Ma la tragedia ispirata ai modelli greci non trovò terreno in Italia e fu soppiantata presto, già a metà del secolo, da quella 'alla latina', senecana (cioè piena di fantasmi, conflitti, colpi di scena e sangue, shakespeariana insomma), riportata in auge a Ferrara dalle Orbecche di Giambattista Giraldi Cinzio; una linea di gusto che, alla fine del Cinquecento e nel Seicento, si sposerà in pieno col teatro gesuita, di ispirazione anche esso stoica e senecana.  Non così nell'epica e nel verso sciolto. Il poema del Trissino è nominato infatti da tutti i principali autori epici dell'epoca (e spesso in mala fede), da Bernardo Tasso (intento anche lui alla realizzazione del poema Amadigi, che nella prima stesura era in versi sciolti) e Giambattista Giraldi Cinzio (che compose contro l'Italia liberata il volume Dei romanzi), Francesco Bolognetti e via via fino a Torquato Tasso. Quest'ultimo parla spesso dell'Italia liberata nei Discorsi del poema eroico e, sebbene ne rilevi i limiti, la tiene presente chiaramente come modello teorico e anche in molti passaggi della Gerusalemme liberata (fra cui la famosa morte di Clorinda, ripresa da quella dell'amazzone Nicandra, ad esempio). Vale la pena specificare che il titolo di Gerusalemme liberata, infatti, non fu deciso dal Tasso (che nei Discorsi chiama sempre il suo poema Goffredo), ma dallo stampatore Angelo Ingegneri, che doveva aver notato la somiglianza dell'opera tassiana col poema trissiniano.  Mentre nel Rinascimento i critici iniziavano a discutere dei rapporti fra poesia epica e romanzo cavalleresco, si assiste a un lento processo di 'acclimatazione' del verso sciolto nei poemi narrativi. Dapprima viene usato nei generi minori, come le ecloghe pastorali, i poemetti georgici, gli idilli o le traduzioni, ma alla fine del secolo sarà impiegato in opere imponenti come l'Eneide di Annibale Caro, o nel poema sacro del Mondo creato del Tasso, o nello stile fastoso dello Stato rustico (1606) di Giovanni Vincenzo Imperiale o quello classico di Gabriello Chiabrera (1552-1638) in pieno Barocco. Anzi, proprio il Chiabrera (non a caso allievo di Sperone Speroni) si può dire che sia il grande erede del Trissino, animato come lui dal desiderio di riformare la metrica e di ricreare i generi letterari sui modelli classici. La Poetica è citata dal Chiabrera in punti importanti, sia in difesa del verso sciolto, sia dei generi metrici non bembeschi o nuovi, sia, implicitamente, nella ripresa del mito di Dante e di Omero (cfr. il paragrafo apposito in Gabriello Chiabrera).  Il Trissino ebbe ancora fortuna anche nel XVIII secolo, con l'edizione in due volumi Scipione Maffei di Tutte le opere (Verona, Vallarsi, 1729, ancora oggi punto di riferimento indispensabile), e con nove tragedie intitolate Sofonisba, una delle quali di Vittorio Alfieri (1787). Grande fu l'influenza anche nel melodramma: si contano ben quattordici Sofonisba fra il 1708 e il 1843, una delle quali di Christoph Willibald Gluck e uno di Antonio Caldara. Ma a parte la fortuna della Sofonisba, considerando che la riforma poetica dell'Accademia dell'Arcadia (1690) si ispira dichiaratamente alla poesia e alla metrica del Chiabrera, possiamo dire che il Trissino sia stato uno dei fondatori della poesia arcadica e capostipite di una tradizione letteraria, anche quella del melodramma settecentesco. Non a caso è uno degli autori più presenti nella Ragion poetica (1708) di Gian Vincenzo Gravina, maestro del giovane Pietro Metastasio, la cui prima opera sarà la tragedia Giustino, una riproposizione quasi parola per parola del III canto dell'Italia liberata dove si narrano gli amori di Giustino e di Sofia. Alla metà del secolo, nel 1753, Pierfilippo Castelli dedica la poeta una intera monografia (La vita di Giovangiorgio Trissino oratore e poeta). Si può dire, quindi, che non solo nell'epica il Trissino abbia avuto fortuna, ma anche nel teatro italiano, anche se nelle forme del melodramma e non quelle della tragedia, come tipico della tradizione italiana. Questo grazie, soprattutto, alla mediazione del Chiabrera, che seppe rendere le forme metriche del Trissino (prima fra tutte il verso sciolto) di insuperabile eleganza.  Nell'Ottocento si ricordino l'Iliade di Vincenzo Monti (1810) e l'Odissea di Ippolito Pindemonte (1822), che proseguono la grande storia del verso sciolto nella traduzione italiana, e le considerazioni di tre grandi scrittori. Il primo è Manzoni che, meditando sul romanzo storico, rifletté anche sui rapporti fra creazione poetica e verosimiglianza storica date da Aristotele nello scritto Del romanzo storico e, in genere, de’ componimenti misti di storia e d’invenzione. Il secondo è il Giosuè Carducci che stronco' il poema ne I poemi minori del Tasso (in L’Ariosto e il Tasso) e il terzo è Bernardo Morsolin che compose la biografia del poeta (Giangiorgio Trissino o monografia di un letterato del secolo XVI, 1894) che ancora oggi è indispensabile.Francia In Francia, invece, si assiste in un certo senso alla situazione opposta e le teorie del Trissino trovarono vasta eco più nel teatro che nel poema epico, questo anche perché in generale il teatro classico francese ha sempre prediletto i modelli greci ai latini e il teatro, in genere, al melodramma. Nel teatro francese l'influenza della Sofonisba sarà forte: la prima rappresentazione documentata in francese è del 1554 nel castello di Blois, davanti alla corte della regina, Caterina de' Medici, non a caso una fiorentina[29]. La corte di Francia era già abituata d'altronde alla poesia italiana di stile classico da almeno trent'anni, dopo il soggiorno presso Francesco I di Francia di Luigi Alamanni. Da qui in poi si conteranno otto Sofonisba fino alla fine del Settecento, una delle quali di Pierre Corneille. Non così invece nell'epica, genere che in Francia trovò poco seguito, e nel verso sciolto, che non si acclimatò mai nella poesia francese, poco adatta per suo ritmo naturale a un verso senza rima. Il Voltaire, che amava l'Ariosto, ricorda l'Italia liberata nel suo Saggio sulla poesia epica più che altro per rilevare le pecche del poema.  Inghilterra In Inghilterra si ricorda la fortuna del verso sciolto (blank verse) a partire dal XVII secolo, che avrà la sua consacrazione nel Paradiso perduto di John Milton, e le lodi tributate al Trissino da Alexander Pope nel prologo alla Sofonisba di James Thomson (1730).  Germania In Germania si ricordano, tra il XVII e il XVIII secolo, tre Sofonisba. Anche Goethe possedeva una copia delle Rime trissiniane  Opere principali Sofonisba, 1524, tragedia Ɛpistola del Trissino de le lettere nuωvamente aggiunte ne la lingua Italiana, 1524: Riproduzione fotografica De vulgari eloquentia di Dante Alighieri, 1529, traduzione Il castellano, 1529, dialogo: Riproduzione fotografica dell'edizione Daelli 1864 Poetica, 1529, ed. integrale del 1562 in sei parti: Riproduzione fotografica Dubbi grammaticali, 1529 Grammatichetta, 1529 L'Italia liberata dai Goti, 1547-1548, poema epico I simillimi, 1548, commedia Galleria d'immagini  Gian Giorgio Trissinoincisione da Tutte le opere non più pubblicate di Giovan Giorgio Trissino, 1729.     Miniatura di Gian Giorgio Trissino.     Gian Giorgio Trissinoincisione da Pier Filippo Castelli La vita di Giovangiorgio Trissino, 1753.     Targa a Trissino, 1950, in piazza Gian Giorgio Trissino.     Targa posta sulla casa natale di Gian Giorgio Trissino, in corso Fogazzaro 15 a Vicenza, opera di Bartolomeo Bongiovanni.     Medaglione posto nel salone di Palazzo Venturi Ginori, a Firenze, raffigurante Giovan Giorgio Trissino, membro dell'Accademia Neoplatonica che lì ebbe sede.  Note  Bernardo Morsolin Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, Pierfilippo Castelli, La Vita di Giovan Giorgio Trissino, 1753, pagg 2-3.  Bernardo Morsolin, Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI,Margaret Binotto, La chiesa e il convento dei santi Filippo e Giacomo a Vicenza, 1981, nota 49.  Pierfilippo Castelli, La Vita di Giovan Giorgio Trissino, 1753, pag 4.  Bernardo Morsolin, Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, 1878, pagg 26 e seguenti.  L'incisione recita: DEMETRIO CHALCONDYLÆ ATHENIENSIIN STUDIIS LITERARUM GRÆCARUMEMINENTISSIMOQUI VIXIT ANNOS LXXVII MENS. VET OBIIT ANNO CHRISTI MDXIJOANNES GEORGIUS TRISSINUS GASP. FILIUSPRÆCEPTORI OPTIMO ET SANCTISSIMOPOSUIT. Pierfilippo Castelli, La Vita di Giovan Giorgio Trissino, 1753, pag 5.  Bernardo Morsolin, Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, 1878, pagg 54-55.  Bernardo Morsolin Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, 1878, pagg 13-14.  Giambattista Nicolini, Vita di Giangiorgio Trissino, 1864, pag 41.  Nell'originale sofocleo "τὸ δὲ ζητούμενον ἁλωτόν", letteralmente "ciò che si cerca, si può cogliere".  Bernardo Morsolin, Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, 1878, pag 198.  Pierfilippo Castelli, La vita di Giovan Giorgio Trissino, Pierfilippo Castelli, La vita di Giovan Giorgio Trissino, 1753, pag 43.  Antonio Magrini, Reminiscenze Vicentine della Casa di Savoia, 1869, pagg 17-18.  Bernardo Morsolin, Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, 1878, pag 190.  Bernardo Morsolin, Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, 1878, pag 196.  Silvestro Castellini, Storia della città di Vicenza...sino all'anno 1650, Pierfilippo Castelli, La vita di Giovan Giorgio Trissino, 1753, nota a pag 48  Bernardo Morsolin, Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, 1Come i saggi di Lucien Faggion ricordano, per preservare il patrimonio famigliare non era inusuale sposare cugini di altri rami della medesima famiglia.  La decisione di scegliere Ciro come proprio erede ebbe ripercussioni drammatiche per diverso tempo. Oltre al trascinarsi della causa civile intentata da Giulio al padre e a Ciro, nacque una vera e propria faida tra i discendenti Trissino dal Vello d'Oro e i parenti del ramo dei Trissino più prossimo alla prima moglie, Giovanna. Le voci che fecero risalire a Ciro la denuncia anonima alla Santa Inquisizione delle simpatie protestanti di Giulio nel 1573, spinsero Giulio Cesare, nipote di Giovanna, a uccidere Ciro a Cornedo nel 1576, davanti a Marcantonio, uno dei suoi figli. Quest'ultimo decise di vendicare il padre, accoltellando a morte Giulio Cesare che usciva dalla cattedrale di Vicenza il venerdì santo del 1583. Nel 1588 Ranuccio Trissino, altro avversario dei Trissino dal Vello d'Oro, s'introdusse nella casa di Pompeo, primogenito di Ciro, e ne uccise la moglie, Isabella Bissari, e il figlioletto Marcantonio, nato da poco. Si vedano al proposito vari saggi sull'argomento di Lucien Faggion, tra cui Les femmes, la famille et le devoir de mémoire: les Trissino aux XVIe et XVIIe siècles.  Nel 1537 il Trissino dovette affrontare una causa civile intentatagli dai Valmarana: negli ultimi decenni ProfessoreAlvise di Paolo Valmarana perse villa e tenuta, giocandosele col patrizio Orso Badoer, che rivendette la proprietà a Gaspare Trissino il 25 maggio 1482. Gli eredi Valmarana tentarono di riprendersela ipotizzando un vizio all'origine, ma il tribunale diede ragione ai diritti del Trissino. Si veda Lucien Faggion, Justice civile, témoins et mémoire aristocratique: les Trissino, les Valmarana et Cricoli au XVIe siècle, .  Bernardo Morsolin, Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI, voce Trissino nel sito Treccani.it L'Enciclopedia Italiana.  Paolo D'Achille, Trissino, Giangiorgio, in L'Enciclopedia dell'Italiano.  "Palladio" è anche un riferimento indiretto alla mitologia greca: Pallade Atena era la dea della sapienza, particolarmente della saggezza, della tessitura, delle arti e, presumibilmente, degli aspetti più nobili della guerra; Pallade, a sua volta, è un'ambigua figura mitologica, talvolta maschio talvolta femmina che, al di fuori della sua relazione con la dea, è citata soltanto nell'Eneide di Virgilio. Ma è stata avanzata anche l'ipotesi che il nome possa avere un'origine numerologica che rimanda al nome di Vitruvio, vedi Paolo Portoghesi , La mano di Palladio, Torino, Allemandi, 2 Dal volantino della mostra (18 aprile10 maggio 2009) dedicata a Giangiorgio Trissino a Trissino, in occasione del 600º anniversario della promulgazione dello Statuto del Comune del 1409, organizzata dalla Provincia di Vicenza, Comune di Trissino e Pro Loco di Trissino.  Leopoldo Cicognara, Storia della scultura dal suo risorgimento in Italia fino al secolo di Canova, Giachetti, Losanna, 1824. Sull'autore in generale si vedano almeno tre testi fondamentali:  Pierfilippo Castelli, La vita di Giovangiorgio Trissino, oratore e poeta, ed. Giovanni Radici, Venezia, 1753. Bernardo Morsolin, Giangiorgio Trissino o monografia di un letterato del secolo XVI, Firenze, Le Monnier, Atti del Convegno di Studi su Giangiorgio Trissino, Vicenza, 31 marzo-1º aprile 1979, N. Pozza, Vicenza, Neri Pozza, 1980. Sulla Sofonisba:  Ettore Bonora La "Sofonisba" del Trissino, Storia Lett.Italiana, Garzanti, Milano, M. Ariani, Utopia e storia nella Sofonisba di Giangiorgio Trissino, in Tra Classicismo e Manierismo, Firenze, Olschki, C. Musumarra, La Sofonisba ovvero della libertà, «Italianistica», Sulle Rime:  A. Quondam, Il naso di Laura. Lingua e poesia lirica nella tradizione del classicismo, Ferrara, Panini, C. Mazzoleni, L’ultimo manoscritto delle Rime di Giovan Giorgio Trissino, in Per Cesare Bozzetti. Studi di letteratura e filologia italiana, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Sull'Italia liberata si vedano almeno (in ordine di stampa):  F. Ermini, L’Italia liberata dai Goti di Giangiorgio Trissino. Contributo alla storia dell’epopea italiana, Roma, Editrice Romana, 1895. A. Belloni, Il poema epico e mitologico, Milano, Vallardi, Ettore Bonora, L'"Italia Liberata" del Trissino,Storia della Lett. italiana,Milano, Garzanti, Marcello Aurigemma, Letteratura epica e didascalica, in Letteratura italiana,  IV, Il Cinquecento. Dal Rinascimento alla Controriforma, Bari, Laterza, 1973,  439-499. Marcello Aurigemma, Lirica, poemi e trattati civili del Cinquecento, Bari, Laterza, Guido Baldassarri. Il sonno di Zeus. Sperimentazione narrativa del poema rinascimentale e tradizione omerica, Roma, Bulzoni, Renato Bruscagli, Romanzo ed epos dall’Ariosto al Tasso, in Il Romanzo. Origine e sviluppo delle strutture narrative nella cultura occidentale, Pisa, ETS, D. Javitch, La politica dei generi letterari nel tardo Cinquecento, «Studi italiani», David Quint, Epic and Empire. Politics and generic form from Virgil to Milton, Princeton, Princeton University Press, F. 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Weinberg, History of italian criticism in the Renaissance, Chicago, Chicago University Press, 1961. G. Mazzacurati, La mediazione trissiniana, in Misure del classicismo rinascimentale, Napoli, Liguori, 1967. G. Mazzacurati, Conflitti di culture nel Cinquecento, Napoli, Liguori, A. Quondam, La poesia duplicata. Imitazione e scrittura nell'esperienza del Trissino, in Atti del Convegno di Studi su G. Trissino, N. Pozza, Vicenza, Accademia Olimpica, G. Mazzacurati, Il Rinascimento del Moderni. La crisi culturale Professoree la negazione delle origini, Bologna, Il Mulino, 1985. M. Pozzi, Lingua, cultura, società. Saggi della letteratura italiana del Cinquecento, Alessandria, Dell’Orso, Per il rapporto fra l’epica del T. e quella del Tasso (in ordine di stampa):  E. Williamson, Tasso’s annotations to Trissino’s Poetics, «Modern Language Notes»,M. A. Clarini, Le postille del Tasso al Trissino, «Studi Italiani», G. Baldassarri, «Inferno» e «Cielo». Tipologia e funzione del «meraviglioso» nella «Liberata», Roma, Bulzoni, 1977. R. Bruscagli, L’errore di Goffredo, «Studi tassiani», S. Zatti, Tasso lettore del Trissino, in Torquato Tasso e la cultura estense, G. Venturi, Firenze, Olsckhi, Sulla lingua e il dibattito dei contemporanei si vedano almeno (in ordine di stampa):  B. Migliorini, Le proposte trissiniane di riforma ortografica, «Lingua nostra» G. Nencioni, Fra grammatica e retorica. Un caso di polimorfia della lingua letteraria dal secolo XIII al XVI, Firenze, Olsckhi, B. Migliorini, Note sulla grafia nel Rinascimento, in Id., Saggi linguistici, Firenze, Le Monnier, B. Migliorini, Il Cinquecento, in Storia della lingua italiana, Firenze, Sansoni, 1960 [e ristampe]. E.Bonora, "La questione della lingua", Storia Lett.Italiana, Garzanti, Milano, C. Segre, L’edonismo linguistico del Cinquecento, in Lingua, stile e società, Milano, Feltrinelli,  O. Castellani-Pollidori, Il Cesano de la lingua toscana, Firenze, Olschki, O. Castellani-Pollidori, Niccolò Machiavelli e il Dialogo intorno alla lingua. Con un’edizione critica del testo, Firenze, Olschki,  M. R. Franco Subri, Gli scritti grammaticali inediti di Claudio Tolomei: le quattro lingue di toscana, «Giornale storico della letteratura italiana», I. Paccagnella, Il fasto delle lingue. Plurilinguismo letterario nel Cinquecento, Roma, Bulzoni, 1984. M. Pozzi, Trattatisti del Cinquecento, Milano-Napoli, Ricciardi,  B. Richardson, Trattati sull’ortografia del volgare, Exeter, University of Exeter,  M. Pozzi, Gian Giorgio Trissino e la letteratura italiana, in Id., Lingua, cultura e società. Saggi sulla letteratura italiana del Cinquecento, Alessandria, Edizioni dell’Orso, A. Cappagli, Gli scritti ortofonici di Claudio Tolomei, «Studi di grammatica italiana», N. Maraschio, Trattati di fonetica del Cinquecento, Firenze, presso l’Accademia,  C. Giovanardi, La teoria cortigiana e il dibattito linguistico nel primo Cinquecento, Roma, Bulzoni, 1998. M. Vitale, L'omerida italico: Gian Giorgio Trissino. Appunti sulla lingua dell'«Italia liberata da' Gotthi», Istituto Veneto de Scienze ed Arti, . Sulla traduzione di Dante e l'importanza del De vulgari eloquentia si vedano almeno (in ordine di stampa):  M. Aurigemma, Dante nella poetica linguistica del Trissino, «Ateneo veneto», foglio speciale,  C. Dionisotti, Geografia e storia della letteratura italiana, in Geografia e storia della letteratura italiana, Torino, Einaudi, P. Floriani, Trissino: la «questione della lingua», la poetica, negli Atti del Convegno di Studi su Giangiorgio Trissino, etc...(ora in Gentiluomini letterati. Studi sul dibattito culturale nel primo Cinquecento, Napoli, Liguori, I. Pagani, La teoria linguistica di Dante, Napoli, Liguori,  C. Pulsoni, Per la fortuna del De vulgari Eloquentia nel primo Cinquecento: Bembo e Barbieri, «Aevum», E. Pistoiesi: Con Dante attraverso il Cinquecento: Il De vulgari eloquentia e la questione della lingua, «Rinascimento», Per le trafile del codice dantesco posseduto dal Trissino, oggi alla Biblioteca Trivulziana di Milano, cfr. l'introduzione di P. Ràjna alla sua edizione del De Vulgari Eloquentia (Firenze, Le Monnier) e G. Padoan, Vicende veneziane del codice Trivulziano del “De vulgari eloquentia”, in Dante e la cultura veneta, Atti del convegno di studi della fondazione “Giorgio Cini”, Venezia-Padova-Verona, 30 marzo-5 aprile, V. Branca e G. Padoan, Firenze, Olschki, 1966,  385–394. Tutti i testi del Trissino si rileggono nei due volumi intitolati Tutte le opere Scipione Maffei (Verona, Vallarsi, 1729), che non riproducono però l'alfabeto inventato riformato. Alcuni testi hanno avuto delle edizioni moderne:  La Poetica si rilegge nei Trattati di poetica e di retorica del Cinquecento B. Weinberg, Bari, Laterza, 1970-1974. Il testo è riprodotto con l'alfabeto inventato dal Trissino. Scritti linguistici, A. Castelvecchi, Roma, Salerno (che contiene la Epistola delle lettere nuovamente aggiunte, Il Castellano, i Dubbii grammaticali e la Grammatichetta). I testi sono riprodotti con l'alfabeto inventato dal Trissino. La Sofonisba è stata curata da R. Cremante, nel Teatro del Cinquecento, Napoli, Ricciardi, 1988. I testo è riprodotto con l'alfabeto inventato dal Trissino ed è dotato di un vasto commento e introduzione. La traduzione del De vulgari eloquentia si può leggere in D. Alighieri, Opere, F. Chiappelli, nella collana “I classici italiani”, G. Getto, Milano, Mursia, 1975, oppure, assieme al testo latino, nel 2 tomo dell’Opera Omnia curata da Scipione Maffei (vedi sotto). Per l'Italia liberata dai Goti e per I Simillimi si deve ricorrere, invece, alle prime edizioni o all'edizione del Maffei o alle ristampe sette-ottocentesche. Per l'elenco completo di tutte le stampe, ristampe, studi ed edizioni sul Trissino vedi Alessandro Corrieri , Giangiorgio Trissino. , consultabile (aggiornata al 2 settembre ) presso//nuovorinascimento.org/cinquecento/trissino.pdf.  Andrea Palladio Trissino (famiglia). Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Gian Giorgio Trissino, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Gian Giorgio Trissino, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.  Opere di Gian Giorgio Trissino / Gian Giorgio Trissino (altra versione) / Gian Giorgio Trissino (altra versione) / Gian Giorgio Trissino (altra versione), su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Gian Giorgio Trissino, . Opere di Gian Giorgio Trissino, su Progetto Gutenberg. Gian Giorgio Trissino, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company.  ItalicaRinascimento: Giovan Giorgio Trissino, L'Italia liberata dai Gotthi di Paola Cosentino.

 

Troilo: Erminio Troilo (Perano), filosofo. Insegnante di filosofia teoretica a Palermo e a Padova (dal 1920), nel 1949 divenne socio nazionale dei Lincei. Partito dal positivismo del suo maestro Roberto Ardigò, pervenne a una sorta di metafisica, da lui chiamata realismo assoluto, che richiama il panteismo di Giordano Bruno e di Baruch Spinoza. L'essere eterno infinito, tutt'uno con lo spirito assoluto, è il presupposto e il principio unificatore degli esseri relativi. Trascendente e indeterminato, l'essere si immanentizza e si determina nella realtà e negli individui, oggettivandosi di fronte ai soggetti come assolutamente altro da questi.  Opere principali Il misticismo moderno (1899) Idee e ideali del positivismo (1909) La filosofia di G. Bruno (2 voll., 1907-14) Il positivismo e i diritti dello spirito (1912) Figure e studi di storia della filosofia (1918) Lo spirito della filosofia (1925) Le ragioni della trascendenza o del realismo assoluto (1936) Note  Fonte: sito della Società Filosofica ItalianaSezione di Sulmona, riferimenti in .  Eugenio Garin, Cronache di filosofia italiana 1900-1960, Laterza, Roma-Bari 1961, 1997 M. Dal PraF. Minazzi, Ragione e storia. Mezzo secolo di filosofia italiana, Rusconi, Milano 1992 Silvio Cappelli, L'orizzonte filosofico di Erminio Troilo. Idealismo e Positivismo nella prima metà Professore 2281-6569, in   Mario Dal Pra Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Erminio Troilo  , «Troilo, Erminio» in Dizionario di filosofia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009. Erminio Troilo, biografia e  nel sito della Società Filosofica ItalianaSezione di Sulmona "Giuseppe Capograssi".

 

Tronti: Senatore della Repubblica Italiana LegislatureXI e XVII Gruppo parlamentare PDS (XI), PD (XVII) CoalizioneItalia. Bene Comune (XVII) CircoscrizioneLazio (XI) Lombardia (XVII) Incarichi parlamentari Membro della Commissione permanente Affari esteri ed emigrazione Sito istituzionale Dati generali Partito politicoPartito Comunista Italiano (Fino al 1991), Partito Democratico della Sinistra (1991-1998), Democratici di Sinistra (1998-2007), Partito Democratico (Dal 2007) ProfessioneDocente universitario. Mario Tronti (Roma), filosofo. Considerato uno dei principali fondatori ed esponenti del marxismo operaista teorico degli anni sessanta.  Docente per trent'anni presso l'Siena, vive a Roma.  Militante del Partito Comunista Italiano durante gli anni cinquanta, fu con Raniero Panzieri tra i fondatori della rivista Quaderni Rossi, da cui si separò nel 1963 per fondare la rivista Classe operaia, della quale fu il direttore. Questo percorso lo portò ad allontanarsi dal PCI, pur senza mai uscirne formalmente, e ad animare l'esperienza radicale dell'operaismo. Tale esperienza, che va considerata per molti versi la matrice della nuova sinistra degli anni sessanta, si caratterizzava per il fatto di mettere in discussione le tradizionali organizzazioni del movimento operaio (partito e sindacato) e di collegarsi direttamente, senza intermediazioni, alla classe in sé e alle lotte di fabbrica.  Influenzato filosoficamente dall'opera di Galvano Della Volpe, che lo aveva portato ad allontanarsi dal pensiero di Antonio Gramsci, o almeno dalla sua versione ufficiale promossa dal PCI togliattiano, Tronti si dedicò come studioso alla formulazione di un pensiero politico che, fondendo la teoria con la prassi, rinnovasse il marxismo tradizionale e contribuisse a riaprire la strada rivoluzionaria in Occidente. Di fronte all'irruzione dell'operaio-massa sulla scena delle società occidentali, l'operaismo di Tronti seppe proporre un'analisi moderna delle relazioni di classe e soprattutto mettere l'accento sul fattore soggettivo, rivendicando la centralità politica della classe. Le sue idee, debitrici anche della visione di Ernst Jünger (v. "L'operaio", 1932), trovarono una sistemazione nel 1966, con la pubblicazione di Operai e capitale, un libro di forte impatto letterario (è stato inserito tra le 2250 opere del Dizionario delle opere della Letteratura Italiana Einaudi), che eserciterà un'influenza notevole sulla contestazione giovanile e più in generale sull'ondata di mobilitazione che ebbe inizio negli anni immediatamente successivi.  Fu proprio la sconfitta della spontaneità operaia e dell'ondata di mobilitazione, colta anticipatamente da Tronti e non invece da altri operaisti come Toni Negri (di qui la rottura tra loro, avvenuta nel 1967-1968), a indurlo a spostare la sua riflessione sul "problema del politico", ovvero della direzione e della mediazione politica. Ebbe inizio da qui la teorizzazione trontiana dell'"autonomia del politico", cioè la ricerca di una teoria politica realista che, in un'originale commistione di Karl Marx e Carl Schmitt, fosse capace di colmare i limiti della soggettività sociale. Si trattò di una fase più intellettuale che politica dell'esperienza di Tronti, il quale si dedicò prevalentemente all'insegnamento (Filosofia morale e poi Filosofia politica) presso l'ateneo senese e all'attività pubblicistica, fondando tra l'altro nel 1981 l'influente rivista Laboratorio politico. Riavvicinatosi al PCI di Enrico Berlinguer, in questo periodo Tronti fu finalmente riabilitato dal gruppo dirigente del partito, entrando a far parte più volte del Comitato centrale.  Alle elezioni del 1992 fu eletto al Senato della Repubblica (XI legislatura) nelle liste del Partito Democratico della Sinistra, fu membro della Commissione parlamentare per le riforme istituzionali dal 1992 al 1994. Negli anni successivi, non avendo condiviso le trasformazioni post-comuniste del partito, e dopo aver lasciato la docenza universitaria, la sua riflessione filosofica ha assunto toni pessimistici, concentrandosi sulla fine della politica moderna e sulla critica della democrazia. --  è stato presidente della Fondazione CRS (Centro per la Riforma dello Stato)Archivio Pietro Ingrao.  Alle elezioni del  è stato di nuovo eletto al Senato (XVII legislatura) nelle liste del Partito Democratico per la Lombardia.  Il 14 gennaio  è tra i 31 parlamentari, soprattutto di area cattolica, del PD a firmare un emendamento contro l'articolo 5 del disegno di legge Cirinnà riguardante l'adozione del configlio.  Curiosità Mario Tronti è parente di Renato Zero: è infatti il figlio di Nicola Tronti, la cui sorella Renata è la nonna del cantautore. Opere In volume Operai e capitale, Einaudi, Torino, 1966; seconda edizione accresciuta 1971; ristampa DeriveApprodi, Roma, 2006; Hegel politico, Istituto dell'Enciclopedia italiana, Roma, 1975; Sull'autonomia del politico, Feltrinelli, Milano, 1977; Soggetti, crisi, potere (A. Piazzi e A. De Martinis), Cappelli, Bologna; Il tempo della politica, Editori Riuniti, Roma, 1980; Con le spalle al futuro. Per un altro dizionario politico, Editori Riuniti, Roma, 1992; Berlinguer. Il Principe disarmato, Edizioni Sisifo, Roma, 1994; La politica al tramonto, Einaudi, Torino, 1998; Cenni di Castella, Edizioni Cadmo, Fiesole (FI), 2001; Teologia e politica al crocevia della storia (con Massimo Cacciari), AlboVersorio, Milano, 2007 [ristampa ] Passaggio Obama. L'America, l'Europa, la Sinistra, Ediesse, 2008 La democrazia dei cittadini. Dai cittadini per l'Ulivo al Partito Democratico, Ediesse, Non si può accettare, Ediesse,  Noi operaisti, DeriveApprodi,  Dall'estremo possibile, Ediesse,  Per la critica del presente, Ediesse,  Dello spirito libero. Frammenti di vita e di pensiero, Il Saggiatore,  Il nano e il manichino. La teologia come lingua della politica, Castelvecchi,  Il demone della politica. Antologia di scritti (1958-), Il Mulino,  Contributi, curatele Tra materialismo dialettico e filosofia della prassi. Gramsci e Labriola, in A. Caracciolo e G. Scalia , La città futura. Saggi sulla figura e il pensiero di Antonio Gramsci, Feltrinelli, Milano, 1959; Scritti inediti di economia politica di Marx, Editori Riuniti, 1963  Hobbes e Cromwell in Stato e rivoluzione in Inghilterra, Il Saggiatore, Milano, 1977; Operaismo e centralità operaia, Editori Riuniti, Roma (con G. Napolitano, A. Accornero e M. Cacciari) Il politico. Antologia di testi del pensiero politico. 1: Da Machiavelli a Cromwell, Feltrinelli, Milano, Il politico. Antologia di testi del pensiero politico. 2: Da Hobbes a Smith, Feltrinelli, Milano, 1981  Il destino dei partiti, Ediesse (con Giuseppe Cotturri, F. Izzo) Rileggendo "La libertà comunista", in G. Liguori , Galvano Della Volpe. Un altro marxismo, Edizioni Fahrenheit 451, Roma; Classe operaia. Le identità: storia e prospettiva, Angeli, Milano, 2001; (Tronti e Favilli) Per la critica della democrazia politica, in M. Tari , Guerra e democrazia, ManifestoLibri, Roma; Politica e destino, Sossella editore, Roma, 2006 (con contributi di  sul pensiero di Tronti); Finis Europae. Una catastrofe teologico-politica, Bibliopolis, Napoli 2008. Note  "Ne La politica al tramonto, Einaudi, 1998, un capitolo porta il titolo «Karl und Carl», per sottolineare, anche qui allusivamente, la necessità di completare Marx con Schmitt", Mario Tronti, Autobiografia filosofica, in Storia della filosofia, 14, Filosofi italiani contemporanei, Le Grandi Opere del Corriere della Sera, Bompiani, Milano 2008 Archiviato il 3 dicembre  in .  Mario Tronti / Deputati / Camera dei deputati storico, su storia.camera.it. 15 gennaio .  senato.itScheda di attività di Mario TRONTIXVII Legislatura, su senato.it. 15 gennaio .  Unioni civili: i numeri che mettono a rischio le adozioni gay, su Termometro Politico, plus.google.com/+termometropolitico/. Unioni civili, 30 senatori Pd contro le adozioni. E Gay.it pubblica la lista: "Scrivi al malpancista". Loro: "Squadristi", su Il Fatto Quotidiano. 19 gennaio .  Le piume, le fidanzate, lo zio comunista. I 60 anni di Renato Zero | Altri Mondi  Mario Alcaro, Dellavolpismo e nuova sinistra, Dedalo, Bari, Costanzo Preve, La teoria in pezzi. La dissoluzione del paradigma teorico operaista in Italia (Dedalo, 1984; Romolo Gobbi, Com'eri bella, classe operaia. Storia fatti e misfatti dell'operaismo italiano, Longanesi, Milano, Rita di Leo, Per una storia di Classe Operaia, in «Bailamme», n. 26, giugno 2000; Sandro Mezzadra, Operaismo, in R. Esposito e C. Galli , Enciclopedia del pensiero politico. Autori, concetti, dottrine, Laterza, Roma-Bari; Basso C., Gozzini C. e Sguazzino D. ,  delle opere e degli scritti di Mario Tronti, Dipartimento di Filosofia-Università degli Studi di Siena, Siena; Alfonso Berardinelli, Stili dell'estremismo. Critica del pensiero essenziale, Editori Riuniti, Roma, Maria Turchetto, De l'ouvrier masse à l'entrepreneurialité commune: la trajectoire déconcertante de l'opéraïsme italien, in J. Bidet e E. Kouvélakis , Dictionnaire Marx contemporain, PUF, Paris; Francesca Pozzi, Gigi Roggero, Guido Borio, Futuro anteriore: dai Quaderni rossi ai movimenti globali. Ricchezze e limiti dell'operaismo italiano, DeriveApprodi, Roma, Steve Wright, L’assalto al cielo. Per una storia dell’operaismo,  Edizioni Alegre, Roma (trad. Storming Heaven. Class Composition and Struggle in Italian Autonomist Marxism, Pluto Press, London, 2002). Cristina Corradi, Storia dei marxismi in Italia, Manifestolibri, Roma, Francesca Pozzi, Gigi Roggero, Guido Borio, Gli operaisti, Derive Approdi, Roma, 2005 Antonio Peduzzi, Lo spirito della politica e il suo destino. L'autonomia del politico, il suo tempo, Ediesse-Crs, Roma, Giuseppe Trotta e Fabio Milana , L'operaismo degli anni Sessanta. Da «Quaderni rossi» a «classe operaia», cd con la raccolta completa della rivista «classe operaia»  DeriveApprodi, Roma 2008 Antonio Peduzzi, A Cartagine poscia io venniincubi sulla teoria marxista, Arduino Sacco editore, Roma, ; Michele Filippini, Mario Tronti e l'operaismo politico degli anni Sessanta, EuroPhilosophie, . Franco Milanesi, Nel Novecento, Storia, teoria, politica nel pensiero di Mario Tronti, Mimesis, Milano,  Abecedario (Carlo Formenti), DeriveApprodi,   Operaismo Quaderni Rossi Classe operaia (rivista) Raniero Panzieri Toni Negri Massimo Cacciari Pietro Ingrao Centro per la Riforma dello Stato. Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Mario Tronti, .  Mario Tronti / Mario Tronti (altra versione), su senato.it, Senato della Repubblica.  Mario Tronti, su Openpolis, Associazione Openpolis.  Registrazioni di Mario Tronti, su RadioRadicale.it, Radio Radicale. Mario Tronti, su Internet Movie Database, IMDb.com.  Centro per la Riforma dello Stato, su centroriformastato.org. "Storia e critica del concetto di democrazia" (intervento di Tronti, 29/1/2005), disponibile anche in file audio, su globalproject.info. Sito web italiano per la filosofia: Mario Tronti, su lgxserver.uniba.it. Conricerca-Futuro Anteriore, su alpcub.com. Class Against Class (con testi di Tronti in inglese), su geocities.com. "Antagonism and Insurrection in Italian 'Operaismo'" (paper di A. Toscano) , su goldsmiths.ac.uk. "Lotta contro gli idoli" (intervento di Tronti per Rai Educational, su emsf.rai.it. Michele Smargiassi, Intervista a Mario Tronti: "La lotta di classe c'è ancora", La Repubblica, Antonio Gnoli, Mario Tronti: "Sono uno sconfitto, non un vinto. Abbiamo perso la guerra del '900", La Repubblica.

 

Tulelli: Ritratto. Paolo Emilio Tulelli (Zagarise), filosofo. Al cavaliere Paolo Emilio Tulelli sono ad oggi intitolate una via nel Comune di Zagarise e una nel Comune di Catanzaro nel quartiere Sant'Elia, una sala della Biblioteca comunale Filippo De Nobili di Catanzaro dove l'amministrazione comunale della città di Catanzaro e la pronipote del filosofo, giurista, scrittrice e presidente dell'associazione culturale "Universo Minori" Rita Tulelli, giorno 13 aprile  hanno apposto una targa commemorativa in suo onore, inoltre, giorno 27 luglio  è stato posto davanti alla casa comunale di Zagarise un busto che lo raffigura realizzato dal professore, scultore e pittore Mario Calveri.  Paolo Emilio Tulelli busto Zagarise Busto di Paolo Emilio Tulelli, creato dallo scultore Mario Calveri, installato davanti al Comune di Zagarise in data 27 luglio   Nacque a Zagarise da Gaetano e Anna Gallelli. Appartenente ad una famiglia di nobili origini, era un marchese, studiò presso il Convento del Ritiro dei Filippini a Zagarise e poi frequentò a Catanzaro il Real Liceo-Ginnasio e il Corso Teologico presso il Pontificio Seminario Teologico Regionale San Pio X diventando sacerdote.  Dal 1839 visse a Napoli dove compì studi filosofici e nel 1855 aprì nella stessa città una scuola privata dove insegnò per oltre vent’anni filosofia morale ed estetica. La richiesta di poter istituire una scuola privata fu inviata in data 11 settembre 1855 alle autorità competenti, le quali, prima di concedere le relative autorizzazioni, chiesero al vescovo di Catanzaro dettagliate notizie in merito alla condotta religiosa, morale e politica del richiedente, la risposta inviata loro fu: «Elemento di condotta soda, casta e onesta»  Tra gli allievi della sua scuola molti furono appartenenti a famiglie di alto rango sociale e tra questi è possibile annoverare i figli del re Borbone che, in segno di stima, gli fecero dono di un orologio da camera di manifattura francese opera dei fratelli Japis. Fu molto amico di Luigi Settembrini, il quale lo citò nella sua opera "Lezioni di letteratura italiana", gli trasmise l’amore per la filosofia e gli ideali patriottici, fu allievo del marchese Basilio Puoti e del filosofo Pasquale Galluppi del quale studiò e diffuse il pensiero, evidenziando il parallelismo con il pensiero del filosofo tedesco Immanuel Kant, così come divulgò quello di altri filosofi meridionali, tra cui Giovanni Battista Capasso, Tommaso Rossi e G. Masci. Nel 1860 Paolo Emilio Tulelli iniziò ad insegnare filosofia forale all’Università degli Studi di Napoli Federico II dietro l’impulso di Francesco Saverio De Sanctis, anno in cui, secondo Benedetto Croce, iniziò un ventennio di vero splendore per l’ateneo napoletano. Nello stesso anno cadde il Regno delle Due Sicilie e Paolo Emilio Tulelli, favorevole alla formazione di uno stato unitario, portò avanti una battaglia a livello morale e giuridico per l’abolizione della pena di morte che fino ad allora era in vigore in tutti gli Stati d’Europa tranne il Granducato di Toscana, la stessa sarà poi abolita con l'adozione del codice penale del Regno d'Italia nel 1889, il cosiddetto Codice Zanardelli. La fine della dominazione borbonica fu colta dal Tulelli come un’occasione di rinnovamento sociale e morale ed egli instillò nei suoi insegnamenti la consapevolezza che il rinnovamento politico dovesse essere accompagnato a quello morale, egli riscontrava nella popolazione un’evidente scarsità intellettuale e un sentimento religioso che si manifestava mediante pratiche di culto sempre più lontane dall’essere ricche di valori spirituali e una società sempre più formalista, egli cercò di contrastare questa tendenza in affinità al pensiero del filosofo Vincenzo Gioberti.  Paolo Emilio Tulelli fu un patriota e un cattolico liberale e la sua attività di pensatore fece si che la sua notorietà e la sua reputazione crescessero, fu inoltre un oppositore degli hegeliani napoletani, fu a capo degli oppositori degli Spaventiani e fu rappresentante del movimento filosofico del quale nella prima metà dell'ottocento fecero parte Pasquale Galluppi, Ottavio Colecchi, Stefano Cusani e Vincenzo De Grazia. Sul valore del Tulelli si sono pronunciati, fra gli altri, anche il Croce ed il Russo.  Fu Socio Ordinario delle seguenti Accademie:  Accademia di Scienze Morali e Politiche di Napoli Accademia Reale Pontaniana In relazione all'Accademia di Scienze Morali e Politiche di Napoli, Tulelli e il senatore Enrico Pessina, proposero nell'anno 1867, in qualità di soci dell'accademia, di collocare nell'atrio dell'Università degli Studi di Napoli un busto in marmo raffigurante il filosofo Pasquale Galluppi, l'opera fu realizzata dallo scultore napoletano Beniamino Calì e fu inaugurata il 14 marzo dello stesso anno con una cerimonia a cui presero parte il rettore Paolo Emilio Imbriani, dei rappresentanti e diversi studenti. Della stessa accademia oltre ad esserne socio ne fu anche tesoriere come si evince dalla Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia di lunedì 10 febbraio 1879 in cui è contenuta la rielezione per quell'anno alla suddetta carica: " (omissis) S.M., sulla proposta del Ministro della Pubblica Istruzione, ha, con RR. decreti fatte le nomine e disposizioni seguenti: (omissis) Tulelli Paolo Emilio, socio della Società Reale di Napoli, approvata la sua rielezione a tesoriere dell'Accademia di scienze morali e politiche della predetta Società; (omissis) ".  Fu Socio Corrispondente delle seguenti Accademie:  Accademia Cosentina Accademia di scienze, lettere e belle arti degli Zelanti e dei Dafnici Fu membro dell’Istituto Americano di New York e della Società Storica di Pennsylvania.  Testamento Paolo Emilio Tulelli visse a Napoli fino al giorno della sua morte e nelle sue ultime volontà traspare chiaramente un radicato e forte legame con la sua terra di origine, infatti i primi due punti del suo testamento furono «Volendo lasciare una prima testimonianza di affetto alla città di Catanzaro...»  e «Col fine di promuovere e favorire nel mio nativo Comune di Zagarise l’educazione morale e l’istruzione letteraria e scientifica...»  Dispose inoltre che fosse destinata una somma in dote ad una ragazza indigente di Zagarise e che il resto del patrimonio del filosofo fosse suddiviso tra i suoi parenti.  Il documento, tutt'ora disponibile presso l’Archivio Notarile di Napoli, fu depositato nel capoluogo campano il 30 gennaio 1884 presso lo studio del notaio Michele Mazzitelli sito in via S. Giovanni numero 19.  Dondazione di libri alla città di Catanzaro al fine di fondare una biblioteca pubblica Paolo Emilio Tulelli volle donare alla città di Catanzaro alcuni libri affinché potessero rappresentare una base di partenza per la costituzione di una biblioteca pubblica auspicando che il suo gesto potesse rappresentare un’esortazione a contribuire al suo ampliamento, una volta istituita, da parte di altri uomini generosi e amanti della cultura. Il comune di Catanzaro accettò il legato che, in caso contrario, si sarebbe dovuto destinare ad ampliare il patrimonio della biblioteca del Real Liceo di Catanzaro o ad un erede del de cuius nel caso in cui il anche direttivo del liceo non avesse accettato la donazione. I libri furono trasferiti da Napoli a Catanzaro a spese del comune, così come indicato nelle ultime volontà del filosofo, ed il 2 giugno 1889 venne istituita la biblioteca comunale che venne denominata Biblioteca Municipale di Catanzaro "Onestà e lavoro", ma che oggi è conosciuta come Biblioteca comunale Filippo De Nobili.  «Volendo lasciare una prima testimonianza di affetto alla città di Catanzaro ove ebbi i primi semi del mio sapere e le prime aspirazioni alla libertà della Patria Italiana, lego al comune della città i miei pochi libri col fine espresso ed incondizionato di formare il primo fondo ad una biblioteca pubblica da fondarsi in loco adatto a vantaggio della gioventù studiosa e dei cultori della letteratura e della scienza.»  (Paolo Emilio Tulelli, Estratto del Testamento) Istituzione di una rendita per far studiare un giovane meritevole del comune di Zagarise Per quanto concerne il comune natio, nell’intenzione di promuovere l’educazione morale, l’istruzione letteraria e scientifica nello stesso, Paolo Emilio Tulelli istituì una rendita annuale, denominata “Monte o Istituto Tulelli” per far si che dei giovani meritevoli del suddetto comune potessero studiare e conseguire la laurea. A perenne ricordo di ciò egli dispose nelle sue ultime volontà che fosse realizzata una breve iscrizione su una lastra di marmo e che la stessa fosse posta in un luogo pubblico del comune di Zagarise.  «Col fine di promuovere e favorire nel mio nativo comune di Zagarise l'educazione morale e l'istruzione letteraria e scientifica e così sospingere quei miei concittadini sulla via della civiltà, istituisco un Monte o Istituto per l'educazione ed istruzione dei giovinetti di detto Comune da elevarsi dal Real Governo in Ente Morale e giuridico con la dotazione di annue lire duemila di rendita al 5 per cento iscritto al gran libro dei Regno d'Italia. All'uopo destino due certificati di rendita a me intestati dell'annua rendita di L. millesettecento con la data di Firenze 14 agosto 1878 sotto il N. 649.196 e l'altro dell'annua rendita di L. trecento della stessa data e sotto il N. 649. Sì fatta annua rendita sarà unicamente ed esclusivamente impiegata per l'educazione e istruzione nelle lettere e nella scienza di un giovinetto fatto volta per volta per modo che si dirà qui appresso nato a Zagarise da genitori ivi domiciliati almeno da dieci anni compiti, dell'età non minore di anni sette, che sappia almeno leggere e scrivere e mostri in generale attitudine e buona disposizione agli studi.»  (Paolo Emilio Tulelli, Estratto del Testamento) Opere Libri Dei principi sostanziali ed informatori della scienza dell’educazioneProlusione letta nell'Università nel febbraio 1874. NapoliStamperia della Regia Università, 1874 Dei sistemi morali e della loro possibile riduzione. NapoliTipografia della Regia Università, 1880 Della moralità della scienza e della vitaProlusione al corso delle lezioni di filosofia morale letta all’Università il 2 dicembre 1873. NapoliStamperia della Regia Università, 1Elogio di Vito Buonsanto accademico pontanianoRecitato, NapoliTipografia Del Fibreno, 1851 Filadelfos di Giovanni GemelliRecensione letta all’accademia di scienze morali e politiche il 27 maggio 1882. NapoliStamperia della Regia Università, 1882 L’infallibilità della ragione umana considerata nella triplice sfera della scienza, politica, religione. Studi critici. NapoliStamperia della Regia Università, Intorno alla morale indipendente, Studio critico. NapoliStamperia della Regia Università, Programma di una discussione accademica sul tema dell’educazione religiosa popolare in Italia. 1880 Prolusione ad un corso di lezioni di estetica. NapoliStamperia del Vaglio, 1855 Prolusione ad un corso di filosofia moraleRecitata il 20 novembre 1861 nella Regia Università degli Studi di Napoli. NapoliStamperia della Regia Università, Schema di una metafisica dell’estetica. Parte prima. NapoliStamperia della Regia Università, Schema di una metafisica dell’estetica. Parte seconda. NapoliStamperia della Regia Università, 1877 Sopra una nuova formula metafisica del professor TariBreve memoria. NapoliStamperia della Regia Università, Sunto della seconda parte dello schema di una metafisica dell’estetica S.n.t. Cenni biografici del professore Luigi Settembrini. NapoliTipografia dell'Accademia Reale delle Scienze, 1878 Intorno alla dottrina e alla vita del politica del Barone Pasquale GalluppiNotizie ricavate da alcuni suoi scritti inediti e rari. Memoria letta nell’accademia di scienze morali e politiche di Napoli nella tornata del 4 dicembre 1864. NapoliStamperia della Regia Università, 1865 Intorno alla vita e alle opere filosofiche di Giovan Battista Papasso e di Tommaso Rossi. Discorsi due. NapoliTipografia Cutaneo, Libera Chiesa in libero StatoRagionamento letto all'Accademia di scienze morali e politiche di Napoli nelle tornate del 28 e 31 ottobre 1869. Napoli Stamperia della Regia Università, 1869 Prolusione ad un corso di lezioni di estetica recitata nel suo studio privato il 1º dicembre 1852. NapoliStamperia del Vaglio, 1855 Intorno alla vita e alla storia della filosofia di Giovan Battista CapassoMemoria letta all'Accademia nella tornata del 29 Gennaio, NapoliSocietà tipografica napoletana Tramater, La rosa di Gerico. Raccolta di prose e versi. NapoliTipografia Del poligama, 1852 Schema di una metafisica dell'etica. NapoliTipografia e streotipia della Regia Università, Sopra gli scritti inediti di Pasquale GalluppiMemoria seconda letta nell'Accademia di scienze morali e politiche di Napoli. NapoliStamperia della Regia Università, Biografia del barone Pasquale Galluppi. S.n.t. Dei sistemi filosofici. S.n.t. Filosofia indiana (V. "l’equilibrio" anno 1°  287 292) Su l’abolizione della pena di morteIn "Rendiconti dell’Accademia delle scienze morali e politiche di Napoli". NapoliStamperia della Regia Università, 1863 Notizie biografiche di Saverio BaldacchiniIn “Annuario della Regia Università degli Studi di Napoli”, Anno scolastico Elogio funebre di Martino Cilento. Sulla Bella di Camarda, poema del marchese Cappelli. Napoli, 1855 Armonia della libertà politica e della Scienza morale — Prolusione. Scambio di lettere con Giannina Milli. Poesie Preso da immenso desiderio e ardente (Sonetto) Padre, partisti, forse desolato (Sonetto)[26] Aspirazione a Dio (Sonetto) Opere concernenti Paolo Emilio Tulelli Il pensiero morale di Paolo Emilio Tulelli, Carlo Nardi. Società Napoletana di Storia Patria, 1966 Paolo Emilio Tulelli. Lettere a Giannina Milli Federico Adamoli. Collana "Il Fondo Milli" Biografia Paolo Emilio Tulelli  Paolo Emilio Tulelli il Poeta  Via Paolo Emilio Tulelli a Zagarise  Via Paolo Emilio Tulelli a Catanzaro  Associazione "Universo Minori"  Alla Biblioteca De Nobili una targa per ricordare Paolo Emilio Tulelli  La famiglia Tulelli dona a Zagarise un'opera raffigurante il filosofo Paolo Emilio  Discorso di Paolo Emilio Imbriani all'inaugurazione del busto raffigurante Pasquale Galluppi posto nell'Accademia di Scienze Morali e Politiche di Napoli  Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia, Un Socio Corrispondente di un'accademia è un socio che risiede in una città diversa da quella di quest'ultima  Zagarise e dintorni, F. Faragò. Pagina 38  Lira italiana  Della moralità della scienza e della vitaProlusione al corso delle lezioni di filosofia morale letta all’Università il 2 dicembre 1873  Filadelfos di Giovanni Gemelli. Recensione.  L’infallibilità della ragione umana considerata nella triplice sfera della scienza, politica, religione. Studi critici.  Prolusione ad un corso di filosofia morale recitata il dì 20 novembre 1861 nella Regia Università degli Studi di Napoli  Sopra una nuova formula metafisica del professor Tari. Breve memoria.  Intorno alla dottrina ed alla vita politica del barone Pasquale Galluppi notizie ricavate da alcuni suoi scritti inediti e rari da Paolo Emilio Tulelli nella tornata del 4 dicembre 1864  Prolusione ad un corso di lezioni di estetica recitata nel suo studio privato il 1º dicembre 1852  Il primo numero della Rivista Sebezia, una rivista periodica fondata da Bruto Fabricatore che si occupava di argomenti di natura scientifica, letteraria ed artistica, fu pubblicato nel mese di luglio del 1855 e tra i vari articoli presenti vi fu anche la Prolusione ad un corso di lezioni di estetica di Paolo Emilio Tulelli  Schema di una metafisica dell'etica  Sopra gli scritti inediti di Pasquale Galluppi  Su l'abolizione della pena di morte  Lettere a Giannina Milli  Preso da immenso desiderio e ardente  Padre, partisti, forse desolato  Aspirazione a Dio  Biblioteca comunale Filippo De Nobili di Catanzaro Università degli Studi di Napoli Federico II Pena di morte in Italia Giannina Milli Pasquale Galluppi Luigi Settembrini/

 

Turco: Carlo Turco o Turchi (Asola), filosofo. Nacque da una delle più antiche e nobili famiglie di Asola, allora fiorente cittadina della Repubblica di Venezia, dove ricoprì importanti cariche politiche in qualità di deputato, oratore e avvocato della Comunità.  La sua prima opera poetica, la Commedia Nova intitolata Agnella, venne rappresentata ad Asola durante i festeggiamenti per la visita dei duchi di Nemours e Beaulieu e altri illustri francesi al loro seguito. L'opera venne in pubblicata in seguito prima a Treviso, poi a Venezia. Fu contemporaneo ed amico di Paolo Manuzio che in una lettera encomia la sua Canzone in lode di Carlo V scritta in occasione della morte di quest'ultimo:  «Letta la vostra Canzone scritta in morte del Gran Carlo V, veramente Signor Carlo onorato, non troppo benigna stella, essendo voi dotato di si pellegrino ingegno e di tante altre lodevoli qualità, vi condanna a scrivere dove tra molte tenebre non può risplendere la vostra virtù, con la quale potevate illustrare voi stesso ed il secolo nostro eccitando in altri il desiderio di assomigliarvi: laddove hora, avendo voi il campo ristretto per esercitare le vostre più nobili parti, non veggo come possano apparire effetti degni di voi ed alla vostra nobile industria corrispondenti»  Questa lettera fu in seguito stampata in Venezia da Lelio Gavardo che nel 1585, sempre a Venezia, pubblicò una tragedia in versi del Turco, intitolata Calestri, poi pubblicata nel 1603 anche a Treviso.  Altre poesie di Carlo Turco furono stampate anche nel libro Il Sepolcro de la illustre signora Beatrice di Dorimbergo (Brescia Fabbio, Ludovico ManginiStorie Asolane, Lettera di Paolo Manuzio a Carlo Turchi, Lett. Volg. Venezia.

 

Turoldo: David Maria Turoldo, al secolo Giuseppe Turoldo (Coderno), filosofo. È stato, oltre che poeta, figura profetica in ambito ecclesiale e civile, resistente sostenitore delle istanze di rinnovamento culturale e religioso, di ispirazione conciliare. È ritenuto da alcuni uno dei più rappresentativi esponenti di un cambiamento del cattolicesimo nella seconda metà del '900, il che gli ha valso il titolo di "coscienza inquieta della Chiesa". Nono di dieci fratelli, Giuseppe Turoldo recepì con intensità le caratteristiche della semplice cultura umana del suo ambiente nativo e prevalentemente contadino. Colse e fece propria la dignità delle condizioni povere della sua terra, che costituirono una solida radice informante tutto lo sviluppo della sua sensibilità e della sua attività futura.  A soli 13 anni fu accolto tra i Servi di Maria nel convento di Santa Maria al Cengio a Isola Vicentina, sede triveneta della Casa di Formazione dell'Ordine Servita: dove trascorse l’anno di noviziato, assumendo il nome di fra David Maria; il 2 agosto 1935 emise la professione religiosa; il 30 ottobre 1938 pronunciò i voti solenni a Vicenza. Incominciò gli studi filosofici e teologici a Venezia. Il 18 agosto 1940 nel santuario della Madonna di Monte Berico di Vicenza venne ordinato presbitero da monsignor Ferdinando Rodolfi, arcivescovo di Vicenza.  Nel 1940 fu assegnato al convento di Santa Maria dei Servi in San Carlo al Corso in Milano. Su invito del cardinale Ildefonso Schuster, arcivescovo della città, per circa un decennio tenne la predicazione domenicale nel duomo milanese. Insieme con il suo confratello, compagno di studi durante tutto l’iter formativo nell’Ordine dei Servi e amico Camillo de Piaz, si iscrisse al corso di laurea in Filosofia all'Università Cattolica di Milano e conseguì la laurea l'11 novembre 1946 con una tesi dal titolo: La fatica della ragioneContributo per un'ontologia dell'uomo, redatta sotto la guida del prof. Gustavo Bontadini. Sia Bontadini sia Carlo Bo gli offriranno il ruolo di Assistente universitario, il primo presso Filosofia teoretica a Milano, il secondo presso la cattedra di Letteratura all'Urbino.  Presenza milanese Durante l'occupazione nazista di Milano (8 settembre 194325 aprile 1945) collaborò attivamente con la resistenza antifascista, creando e diffondendo dal suo convento il periodico clandestino l'Uomo. Il titolo testimonia la sua scelta dell'umano contro il disumano, perché «La realizzazione della propria umanità: questo è il solo scopo della vita».La sua militanza durò tutta la vita, interpretando il comando evangelico "essere nel mondo senza essere del mondo" come un "essere nel sistema senza essere del sistema". Rifiutò sempre di schierarsi con un partito.  Il suo impegno nel dialogo senza preconcetti e nel confronto di idee talvolta anche duro, si tradusse in particolare nel far nascere, insieme con Camillo De Piaz, il centro culturale la Corsia dei Servi (il vecchio nome della strada che dal convento dei Servi conduceva al duomo).  Turoldo fu uno dei principali sostenitori del progetto Nomadelfia, il villaggio nato per accogliere gli orfani di guerra “con la fraternità come unica legge”, fondato da don Zeno Saltini nell'ex campo di concentramento di Fossoli presso Carpi, raccogliendo fondi presso la ricca borghesia milanese.  Tra il 1948 e il 1952 si rende noto al grande pubblico con due raccolte di liriche Io non ho mani (che gli valse il Premio letterario Saint Vincent) e Gli occhi miei lo vedranno, presentato nella collana mondadoriana Lo Specchio da Giuseppe Ungaretti.  A seguito di prese di posizione assunte da politici locali e da alcune autorità ecclesiastiche, nel 1953 deve lasciare Milano e soggiornare in conventi dei Servi dell’Austria e della iera.  La ripresa Nel 1955 Turoldo venne dai superiori dell’Ordine assegnato al convento della Santissima Annunziata di Firenze, e qui incontrò personalità affini al suo modo di sentire, quali fra Giovanni Vannucci, padre Ernesto Balducci, il sindaco Giorgio La Pira, e molti altri che nell’ambiente fiorentino animano un tempo in cui si accendono speranze di rinnovamento a tutti i livelli. Ma anche da Firenze sarà costretto ad allontanarsi e trascorrerà un periodo di peregrinazioni all’estero.  Rientrato in Italia, nel 1961 venne assegnato al convento di Santa Maria delle Grazie, nella “sua” Udine. Ma con il rientro in Italia aveva portato con sé un progetto, nato a contatto con le nuove generazioni nate all’estero dagli emigrati friuliani: realizzare un film che raccontasse la nobiltà della povera vita rurale del suo Friuli. Il film con il titolo Gli ultimi e ispirato al racconto Io non ero fanciullo scritto da Turoldo in precedenza, venne concluso nel 1962 con la regia di Vito Pandolfi. Presentato all’inizio del 1963 a Udine, il film tuttavia fu ben presto rifiutato dall’opinione pubblica friulana, che lo ritenne addirittura offensivo.  Nello stesso anno 1963 Turoldo incominciò a cercare un sito dove dare avvio a una nuova esperienza religiosa comunitaria, allargata alla partecipazione anche di laici. Questo luogo, con le indicazioni ricevute da amici, venne individuato da padre David nell’antico Priorato cluniacense di Sant'Egidio in Fontanella.  Ottenuto il consenso del vescovo bergamasco Clemente Gaddi, nel 1964 vi si insediò ufficialmente il 1º novembre.  Costruì accanto allo storico edificio del Priorato una casa per l’ospitalità, che chiamò “Casa di Emmaus”, titolo ispirato all’episodio della cena a Emmaus, in cui Gesù risorto si manifestò ai due discepoli nello spezzare il pane. La casa costituì un simbolico richiamo alla semplice accoglienza, senza distinzioni di censo, di religione, o altro: aspetti che caratterizzarono tutta la presenza e la multiforme opera di Turoldo. Costituì inoltre un punto di riferimento per molti protagonisti della storia culturale e civile italiana ed estera, in particolare dell’America latina; per molte personalità del mondo ecclesiale e di altre confessioni cristiane; un solido incentivo al rinnovamento di linguaggi e di strutture; un laboratorio di creazioni liturgiche e celebrative, di cui continuano a essere testimoni la versione metrica per il canto dei Salmi e migliaia di inni liturgici. Insieme con altri frati, impegnati particolarmente in iniziative di rinnovamento spirituale e culturale, diede avvio alla pubblicazione di una rivista, il cui titolo è ispirato all’Ordine dei Servi di Maria: Servitium, e ad altre pubblicazioni che si ricollegavano all’esperienza editoriale della Corsia dei Servi. La pubblicazione della rivista continua tuttora con cadenza bimestrale, unitamente all’edizione di altre proposte librarie edite sotto l’omonimo marchio Servitium.  Innumerevoli furono gli interventi di padre David sui media, dalla carta stampata alle trasmissioni radio e televisive; innumerevoli i luoghi e le circostanze in cui è stato chiamato a intervenire con la sua avvincente parola. Da ricordare in particolare i suoi “viaggi della memoria” nei luoghi della Shoah, tra cui spicca quello del maggio 1979 a Mauthausen. In quell'occasione compose unapreghiera, poi recitata nella cerimonia conclusiva, pubblicata successivamente nel libro “Ritorniamo ai giorni del rischio” (1985).  La morte Colpito alla fine degli anni ottanta da un tumore del pancreas, visse con lucida consapevolezza e trasparente coraggio l’ultimo periodo della vita, dando una incoraggiante testimonianza sul cammino verso “sorella morte”. Morì nella clinica “San Pio X” in Milano Migliaia di persone sfilarono accanto alla bara in cui era esposto il corpo di padre David. I funerali a Milano videro la partecipazione di una numerosa folla nella chiesa di San Carlo al Corso, dove presiedette le esequie il cardinale Carlo Maria Martini, che, qualche mese prima della morte, aveva consegnato a padre Turoldo il primo "Premio Giuseppe Lazzati", affermando la propria opinione secondo la quale «la Chiesa riconosce la profezia troppo tardi». Un secondo rito funebre venne celebrato nel pomeriggio a Fontanella di Sotto il Monte, presente ancora una folla che copriva tutta la collina circostante l’antico Priorato. Nel piccolo cimitero locale riposa ora sotto una semplice croce lignea, in mezzo alla “sua gente”.  La rivista Servitium dedicò perciò alla sua figura un quaderno alla fine del 1992: «David M. Turoldo, frate dei Servi di santa Maria»; e ugualmente fece nel decennale (n. 139, gennaio febbraio 2002): «La grande passione. A dieci anni dalla morte di D.M. Turoldo».  Opere Poesia e opere letterarie «Lungo i fiumi..» I Salmi(con Gianfranco Ravasi)Milano, San Paolo, O sensi miei... : (Poesie 1948-1988)(antologia poetica con note introduttive di Andrea Zanzotto e Luciano Erba, postfazione di Giorgio Luzzi), Milano, Rizzoli, 1990. Sul monte la morte, Servitium, La morte ha paura, Servitium,  Ultime poesie, Milano, Garzanti, 1999. Teatro, Servitium,  I giorni del rischio (con Salmodia della speranza e DVD della rappresentazione in Duomo a Milano con Moni Ovadia e Maddalena Crippa), Servitium,   Salmi e cantici. Nuova edizione riveduta della versione metrica per il canto di David Maria Turoldo, Servitium,  La passione di San Lorenzo, Servitium,  (La terra non sarà distrutta, Servitium,  (Luminoso vuoto. Ultimi scritti, Servitium, David M. Turoldo, Loris F. Capovilla, Nel solco di papa Giovanni, lettere inedite, Marco Roncalli e Antonio Donadio, appendici di Gianfranco Ravasi e Bruno Forte, Servitium editrice,  (Saggistica e spiritualità Lettere dalla Casa di Emmaus, Servitium, 1996nuova edizione  La parabola di Giobbe, Servitium, 1996nuova edizione  Santa Maria(con Giovanni Vannucci), Servitium, 1996nuova edizione. Mia chiesa, una terra sola, Servitium,  Il dramma è Dio: il divino la fede la poesia.Milano, Rizzoli, 2002. Come i primi trovadori, Servitium, Colloqui con papa Giovanni, Servitium, 2000nuova edizione   Profezia della povertà, Servitium, nuova edizione  Chiamati ad essere, Servitium, È Natale, Servitium, Mio amico don Milani, Servitium, 2003nuova edizione    Pregare, Servitium, nuova edizione   Anche Dio è infelice, San Paolo, . AmareCinisello Balsamo, Edizioni San Paolo, 1986. Padre del mondo, Servitium,   Povero sant’Antonio, Il Messaggero, Padova, . Narrativa Mia infanzia d’oro (allegato DVD con “Ritratto d’autore” di Damiano Tavoliere 1990), Servitium, ...e poi la morte dell'ultimo teologoTorino, 1969, Gribaudi. Film Gli ultimi1962Regia: Vito Pandolfi; soggetto: David Maria Turoldo; sceneggiatura: Vito Pandolfi e David Maria Turoldo. Note   visto 28 luglio 2009.  Daniela Saresella, The Dialogue between Catholics and Communists in Italy during the 1960s, Journal of the History of Ideas,  Tra le tante, ci fu "un'iniziativa che fu tentata pochi giorni prima della morte di Moro e che è stata evocata da Bettino Craxi il 6 novembre del 1980, nel corso della sua audizione nella prima Commissione d'inchiesta. In quella circostanza, l'onorevole Craxi affermò che la notte del 4 maggio (...) fu chiamato da padre Turoldo, che gli chiedeva sostanzialmente di domandare alla Nunziatura apostolica di dichiararsi disponibile come sede per far svolgere una trattativa; Turoldo chiese due giorni di silenzio stampa e insistette molto, con veemenza, affermando che era la sola via possibile" (XVII Legislatura, Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro, Resoconto stenografico, seduta n. 91 di mercoledì 22 giugno  Archiviato il 4 agosto  in ., pagine 10-11).  “Tra i memoriali di Mauthausen”, in David Maria Turoldo, “Ritorniamo ai giorni del rischio. Maledetto colui che non spera”, Milano, Corriere.it "E padre Turoldo nascose le armi dei partigiani" Archiviato il 9 marzo  in . consultato 28 luglio 2009.  Mariangela Maraviglia, David Maria Turoldo. La vita, la testimonianza Morcelliana . Daniela Saresella, David M. Turoldo, Camillo de Piaz e la Corsia dei Servi di Milano, Morcelliana 2008. Giuseppina Commare, Turoldo e gli «organi divini». Lettura concordanziale di “O sensi miei...”, Olschki, 2003. Una vita con gli amiciIl mondo delle amicizie di Turoldo, documentario Renzo Salvi, Roma, Rai-Educational, Antonio D'Elia, La peregrinatio poietica di David Maria Turoldo, prefazione di Dante della Terza, Firenze, Leo s. Olschki, Marco Cardinali, Il Dio Inseguito. Viaggio alla scoperta della poesia di David Maria Turoldo, Edizioni Pro Sanctitate, Roma, 2002.  Óscar Romero Ernesto Balducci Camillo De Piaz Nazareno Fabbretti Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su David Maria Turoldo  David Maria Turoldo, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  David Maria Turoldo / David Maria Turoldo (altra versione), in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  David Maria Turoldo, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana. Opere di David Maria Turoldo, . Spartiti o libretti di David Maria Turoldo, su International Music Score Library Project, Project Petrucci LLC.  Scheda ANPI  estesa/

 

Tuveri: Deputato del Regno di Sardegna Legislature I, II, III, IV, V Dati generali UniversitàUniversità degli Studi di Cagliari Giovanni Battista Tuveri (Collinas), filosofo. Monumento a G. B. Tuveri presso il municipio di Collinas Nato a Forru, l'odierna Collinas, nel Medio Campidano, da un noto avvocato, nipote, per parte di madre, di un nobile e influente notaio di Oristano, Domenico Vincenzo Licheri. Dal 1827 al 1833 studiò retorica e filosofia nel seminario tridentino di Cagliari, conseguendovi il diploma di Maestro delle Arti. A diciotto anni si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza dell'Cagliari, verso cui mostrò sempre insofferenza per il clima rigido e chiuso che caratterizzava l'ambiente accademico cagliaritano. Conseguito dopo due anni il baccalaureato abbandonò l'Università e si ritirò a Collinas per dedicarsi ai suoi studi.  Di idee repubblicane cominciò l'attività di giornalista in polemica con molti intellettuali monarchici e conservatori.  Fu un esponente del cattolicesimo federalista, e fu eletto deputato per cinque volte al Parlamento Subalpino, ove si oppose alla fusione della Sardegna con i territori piemontesi, e fu in forte contrapposizione con Vincenzo Gioberti per le posizioni antirepubblicane e antimazziniane.  Nel 1850 fondò a Cagliari la Gazzetta Popolare, collaborò con numerosi giornali e nel 1871 assunse la direzione del Corriere di Sardegna. Sindaco di Forru ne propose il cambio del nome in Collinas; consigliere provinciale a Cagliari lottò contro il centralismo del Regno di Sardegna chiedendo maggiore autonomia, soprattutto fiscale, per i piccoli comuni.  A livello nazionale, amico di Cattaneo e di Mazzini, sollevò la cosiddetta questione sarda, promuovendo un riscatto dell'Isola e del popolo sardo contro uno Stato giudicato centralista e oppressivo.  Scrisse numerose opere di carattere politico, giuridico e filosofico. Assessorato della pubblica istruzione della Regione autonoma della Sardegna ha promosso la ristampa dei suoi lavori, editore Carlo Delfino, con una introduzione di Norberto Bobbio.  Opere Saggio sulle opinioni politiche del sig. deputato sardo Giovanni Siotto Pintor, Torino, Tipografia G. Cassone, 1848. Specifici contro il codinismo, Cagliari, Tipografia Arcivescovile, Del diritto dell'uomo alla distruzione dei cattivi governi. Trattato teologico-filosofico, Cagliari, Tipografia Nazionale, Il governo e i comuni, Cagliari, Tipografia Nazionale, Esazioni e compulsioni, Cagliari, Tipografia A. Timon, La questione barracellare, Cagliari, Tipografia A. Timon, Della libertà e delle caste, Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, 1871. Sofismi politici, Napoli, R. Rinaldi e G. Sellitto, 1883. Ristampa Tutte le opere, 6 voll., Sassari, C. Delfino, Comprende: Il veggente; Del dritto dell'uomo alla distruzione dei cattivi governi, Aldo Accardo, Luciano Carta, Sebastiano Mosso; introduzione di Norberto Bobbio, Della libertà e delle caste; Sofismi politici, Maria Corona Corrias e Tito Orru, Opuscoli politici. Saggio delle opinioni politiche del signor deputato sardo Giovanni Siotto Pintor; Specifici di Gio. B. Tuveri contro il codinismo, Girolamo Sotgiu ,Il governo e i Comuni; La questione barracellare, Lorenzo Del Piano e Gianfranco Contu, Scritti giornalistici. Questione sarda, federalismo, politica internazionale, questione religiosa, Lorenzo Del Piano, Gianfranco Contu e Luciano Carta, Per la vita e i tempi di G. B. Tuveri e altre opere, Antonio Delogu,  Fonte: "Centro di studi filologi sardi" ().  Scheda sul sito della Camera  Indipendentismo sardo Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Giovanni Battista Tuveri  Opere di Giovanni Battista Tuveri, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Giovanni Battista Tuveri, .  Giovanni Battista Tuveri, su storia.camera.it, Camera dei deputati.  Giovanni Battista Tuveri biografia e  nel sito "Centro di studi filologi sardi". il 27 agosto . Il governo e i comuni, Cagliari, Tipografia Nazionale, Google Libri. Della libertà e delle caste, Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, Google Libri. Da G. B. Tuveri all'intuizione della concorrenza istituzionale, di Adriano Bomboi. Venezia, Switzerland Institute in Venice.

 

Terminatum – terminus -- TERMINUS, DETERMINATVM -- determinatum: There’s the determinatum and there’s the indeeterminatum“And then there’s ‘indeterminacy.”” “A determinatum is like a definitum, in that a ‘term’ is like the ‘end’“Thus, I am a Mercian, from Harborne.” “The Mericans were thus called because the lived at the end of England.” “Popper, who doesn’t know the first thing about this, prefers, ‘demarcatum’, which is cognate with “mercian.’” Grice was always cautious and self-apologetic. “I’m not expecting that you’ll find this to be a complete theory of implication, but that was not my goal, and the endeavour should be left for another day, etc.” But consider the detail into which he, like any other philosopher before, went when it came to what he called the ‘catalyst’ tests or ideas or tests or ideas for the implicaturum. In “Causal Theory” there are FOUR ideas. It is good to revise the treatment in “Causal.” He proposes two ideas with the first two examples and two further ideas with the two further examples. Surely his goal is to apply the FOUR ideas to his own example of the pillar box. Grice notes re: “You have not ceased eating iron”the cxample is “a stock case of what is sometimes called " prcsupposition " and it is often held that here 1he truth of what is irnplicd is a necessary condition of the original statement's beirrg cither true or false.” So the first catalyst in the first published version concerns the value, or satisfactory value. This will be retained and sub-grouped in Essay II. “It is often held” Implicture: but often not, and trust me I won’t. “that here the truth of what is implied [implicated in the negative, entailed in the affirmative] is a necessary condition of the original statement's being either true or false.” So the first catalyst in the first published version concerns the value, or satisfactory value. This will be retained and sub-grouped in Essay II. “This might be disputed, but it is at least arguable that it is so, and its being arguable might be enough to distinguish this type of case from others.” So he is working on a ‘distinctive feature’ model. And ‘feature’ is exactly the expression he uses in Essay II. He is looking for ‘distinctive features’ for this or that implication. When phonologists speak of ‘distinctive feature’ they are being philosophical or semioticians.“I shall however for convenience assume that the common view mentioned is correct.”“This consideration clearly distinguishes “you have not ceased eating iron” from [a case of a conventional implicaturum] “poor BUT honest.”“Even if the implied proposition were false, i.e. if there were no reason in the world to contrast poverty with honesty either in general or in her case, the original statement COULD still be false.” “She [is]  poor but she [is] honest” would be false if for example she were rich and dishonest.”“One might perhaps be less comfortable about assenting to its TRUTH if the implied contrast did not in fact obtain; but the possibility of falsity is enough for the immediate purpose.”“My next experiment [test, litmus ideathat he’ll apply as one of the criteria to provide distinctive features for this or that implicaturum, with a view to identify the nature of the animal that a conversational implicaturum is] on these examples is to ask what it is in each case which could properly be said to be the vehicle of implication (to do the implying).”In Essay II, since he elaborates this at an earlier stage than when he is listing the distinctive features, he does not deal much. It is understood that in Essay II by the time he is listing the distinctive features, the vehicle is the UTTERER. But back in “Causal,” he notes: “There are AT LEAST FOUR candidates, not necessarily mutually exclusive.”“Supposing someone to have ‘uttered’ one or other of [the] sample sentences, we may ask whether the vehicle of implication would be (FIRST) WHAT the emissor communicated (or asserted or stated or explicitly conveyed), or (SECOND) the emissor himself ("Surely you’re not  implying that ….’ ) or (THIRD) the utterance  (FOURTH) his communicating, or explicitly conveying that (or again his explicitly conveying that in that way); or possibly some plurality of these items.”“As regards the first option for the vehicle, ‘what the emissor has explicitly conveyed,’ Grice takes it that “You have not ceased eating iron” and “Poor but honest” may differ.It seems correct for Grice to say in the case of “eating iron” that indeed it is the case that it is what he emissor explicitly conveys which implies that Smith has been eating iron.On the other hand, Grice feels it would be ‘incorrect,’ or improper, or bad, or unnatural or artificial, to say in the case of “poor but honest” that it is the case. Rather it is NOT the case that  it is WHAT the emissor explicitly conveys which implies that there is a contrast between, e. g., honesty and poverty.”“A sub-test on which Grice would rely is the following.If accepting that the conventional implicaturum holds (contrast between honesty and poverty) involves the emissor in accepting an hypothetical or conditional ‘if p, q,’ where 'p’ represents the original statement (“She [is] poor and she [is] honest) and 'q' represents what is implied (“There is a contrast between honesty and poverty”), it is the case that it is what the emissor explicitly conveys which is a (or the) vehicle of implication. If that chain of acceptances does not hold, it is not. To apply this rule to the “eat iron” and “poor but honest”, if the emissor accepts the implication alleged to hold in the case of “eat iron”, I should feel COMPELLED (forced, by the force of entailment) to accept the conditional or hypothetical "If you have not ceased eating iron, you may have never started.”[In “Causal,” Grice has yet not stressed the asymmetry between the affirmative and the negative in alleged cases of presupposition. When, due to the success of his implicaturum, he defines the presuppositum as a form of implicaturum, he does stress the asymmetry: the entailment holds for the affirmative, and the implicaturum for the negative). On the other hand, when it comes to a CONVENTIONAL implicaturum (“poor but honest”) if the emissor accepted the alleged implication in the case of “poor but honest”, I should NOT feel compelled to accept the conditional or hypothetical "If she was poor but honest, there is some contrast between poverty and honesty, or between her poverty and her honesty." Which would yield that in the presuppositum case, we have what is explicitly conveyed as a vehicle, but not in the case of the conventional implicaturum.The rest of the candidates (Grice lists four and allows for a combination) can be dealt with more cursorily.As regards OPTION II (second):Grice should be inclined to say with regard to both “eat iron” and “poor but honest” that the emissor could be said to have implied whatever it is that is irnplied.As regards Option III (third: the utterance): In the case of “poor but honest” it seems fairly clear that the utterance could be said, if metabolically, and animistically, to ‘imply’ a contrast.It is much less clear whether in the case of “eat iron” the utterance could be said to ‘imply’ that Smith has been eating iron.As for option IV, in neither case would it be evidently appropriate (correct, natural) to speak of the emissor’s explicitly conveying that, or of his explicitly conveying that in that way, as ‘implying’ what is implied. A third catalyst idea with which Grice wish to assail my two examples is really a TWIN idea, or catalyst, or test [That’s interestingtwo sides of the same coin] that of the detachability or cancellability of the implication. Consider “eat iron.”One cannot find an alternative utterance which could be used to assert explicitly just what the utterance “Smith has not ceased from eating iron" might be used to convey explicitly, such that when this alternative utterance is used the implication that Smith never started eating iron is absent. Any way of (or any utterance uttered with a view to) conveying explicitly what is explicitly conveyed in (1) involves the implication in question. Grice expresses this factwhich he mentioned in seminars, but this is the first ‘popularisation’ -- by saying that in the case of (l) the implication is NOT detachable FROM what is asserted (or simpliciter, is not detachable). Furthermore, and here comes the twin of CANCELLABILITY: one cannot take any form of words for which both what is asserted and what is implied is the same as for (l), AND THEN ADD a further clause withholding commitment from what would otherwise be implied, with the idea of ANNULLING THE IMPLICATURUM *without* ANNULLING annulling the EXPLICITUM.  One cannot intelligibly say " Smith has left off beating his wife but I do not mean to imply that he has been beating her." But one surely can intelligibly say, “You have not ceased eating iron because you never started.”While Grice uses “Smith,” the sophisma (or Griceisma) was meant in the second person, to test the tutee’s intelligence (“Have you stopped beating your dog?”). The point is that the tutee will be offendedwhereas he shouldn’t, and answer, “I never started, and I never will.”Grice expresses this fact by saying that in the case of ‘eat iron’ the implication is not cancellable or annullable (without cancelling or annulling the assertion). If we turn to “poor but honest” we find, Grice thinks, that there is quite a strong case for saying that here the implication IS detachable. Therc sccms quite a good case for maintaining that if, instead of saying " She is poor but she is honcst " I were to say, alla Frege, without any shade, " She is poor AND she is honcst", I would assert just what I would havc asscrtcct ii I had used thc original senterrce; but there would now be no irnplication of a contrast between e.g', povery and honesty. Of course, this is not a philosophical example, and it would be good to revise what Frege thought about ‘aber.’ By the time Grice is lecturing “Causal Theory” he had lectured for the Logic Paper for Strawson before the war, so Whitehead and Russell are in the air.Surely in Anglo-Saxon, the contrast is maintained, since ‘and’ means ‘versus.’“She is poor contra her being honest.”Oddly, the same contrariety is present in Deutsche, that Frege speaks, with ‘UND.”It’s different with Roman “et.” While Grecian ‘kai,’ even Plato thought barbaric!The etymology of ‘by-out’ yields ‘but.’So Grice is thinking that he can have a NEUTRAL conjoiningbut ‘and’ has this echo of contrariety, which is still present in ‘an-swer, i. e. and-swear, to contradict. Perhaps a better neutral version would be. Let’s start with the past version and then the present tense version.“She was pooo-ooor, she was honest, and her parents were the same, till she met a city feller, and she lost her honest name.”In terms of the concepts CHOSEN, the emissor wants to start the ditty with pointing to the fact that she is poorthis is followed by stating that she is honest. There’s something suspicious about that.I’m sure a lady may feel offended without the ‘and’ OR ‘but’just the mere ‘succession’ or conjoining of ‘poor’ as pre-ceding the immediate ‘honest’ ‘triggers’ an element of contrast. The present tense seems similar: “She is poooor, she is honest, and her parents are the same, but she’ll meet a city feller, and she’ll lose her honest name.”The question whether, in thre case of ‘poor but honest,’ the implication is cancellable, is slightly more cornplex, which shouldn’t if the catalysts are thought of as twins.There is a way in which we may say that it is not cancellable, or annullable.Imagine a Tommy marching  and screaming: “She is poor but she is honest,”“HALT!” the sargent shouts.The Tommy catches the implicaturum:“though of course, sir, I do not mean to imply, sir, that there is any contrast, sir, between her poverty, sir, and her honesty, sir.”As Grice notes, this would be a puzzling and eccentric thing for a Tommy to engage in.And though the sargent might wish to quarrel with the tommy (AtkinsTommy Atkins is the name”), an Oxonian philosopher should NOT go so far as to say that the tommy’s utterance is unintelligibleor as Vitters would say, ‘nunsense.’The sargent should rather suppose, or his lieutenant, since he knows more, that private Tommy Atkins has adopted a “most pecooliar” way of conveying the news that she was poor and honest.The sargent’s argument to the lieu-tenant:“Atkins says he means no disrespect, sir, but surely, sir, just conjoining poverty and honesty like that makes one wonder.”“Vitters: this is a Cockney song! You’re reading too much into it!”“Cockney? And why the citty feller, thenaren’t Cockneys citty fellers. I would rather, sir, think it is what Sharp would call a ‘sharp’ folk, sir, song, sir.’ The fourth and last test Grice imposes on his examples is to ask whether we would be inclined to regard the fact that the appropriate (or corresponding, since they are hardly appropriateeither of them!Grice changes the tune as many Oxford philosophers of ordinary language do when some female joins the Union) implication is present as being a matter of the, if we may be metabolic and animistic, ‘meaning’ of some particular word or phrase occurring in the sentences in question. Grice is aware and thus grants that this may not be always a very clear or easy question to answer.Nevertheless, Grice risks the assertion that we would be fairly happy and contented to say that, as regards ‘poor but honest,’ the fact that the implication obtains is a matter of the ‘meaning’ of 'but 'i. e. what Oxonians usually mean when they ‘but.’So far as “he has not ceased from…’ is concerned we should have at least some inclination to say that the presence of the implication is a matter of the, metabolically, ‘meaning’ of some of the words in the sentence, but we should be in some difficulty when it came to specifying precisely which this word, or words are, of which this is true. Well, it’s semantics. Why did Roman think that it was a good thing to create a lexeme, ‘cease.’“Cease” means “stop,” or ‘leave off.”It is not a natural verb, like ‘eat.’A rational creature felt the need to have this concept: ‘stop,’ ‘leave off,’ ‘cease.’The communication-function it serves is to indicate that SOMETHING has been taken place, and then this is no longer the case.“The fire ceased,” one caveman said to his wife.The wife snaps backthis is the Iron Age:“Have you ceased eating iron, by the way, daa:ling?”“I never started!”So it’s the ‘cease’ locution that does the trickor equivalents, i.e. communication devices by which this or that emissor explicitly convey more or less the same thing: a halting of some activity.Surely the implication has nothing to do with the ‘beat’ and the ‘wife.’After third example (‘beautiful handwriting) introduced, Grice goes back to IDEA OR TEST No. 1 (the truth-value thing). Grice notes that it is plain that there is no case at all for regarding the truth of what is implied here (“Strawson is hopeless at philosophy”) as a pre-condition of the truth or falsity of what the tutor has asserted.A denial of the truth of what is implied would have no bearing at all on whether what I have asserted is true or false. So ‘beautiful handwring’ is much closer to ‘poor but honest’ than ‘cease eating iron’ in this respect. Next, as for the vehicle we have the at least four options and possible combinations.The emissor, the tutor, could certainly be said to have implied that Strawson is hopeless (provided that this is what the tutor intended to ‘get across’) and the emissor’s, the tutor’s explicitly saying that (at any rate the emissor’s saying that and no more) is also certainly a vehicle of implication. On the other hand the emissor’s words and what the emissor explicitly conveys are, Grice thinks, not naturally here characterised as the ‘vehicle’ of implication. “Beautiful handwriting” thus differs from BOTH “don’t cease eating iron” and “poor but honest”so the idea is to have a table alla distinctive features, with YES/NO questions answered for each of the four implication, and the answers they get.As for the third twin, the result is as expected: The implication is cancellable but not detachable. And it looks as if Grice created the examples JUST to exemplify those criteria.If the tutor adds, 'I do not of course mean to imply that Strawson is no good at philosophy” the whole utterance is intelligible and linguistically impeccable, even though it may be extraordinary tutorial behaviourat the other place, not Oxford --.The tutor can no longer be said to have, or be made responsible for having implied that Strawson was no good, even though perhaps that is what Grice’s colleagues might conclude to be the case if Grice had nothing else to say. The implication is not however, detachable.Any other way of making, in the same context of utterance, just the assertion I have made would involve the same implication.“His calligraphy is splendid and he is on time.”“Calligraphy splendid,” Ryle objected. “That’s slightly oxymoronic, Grice‘kallos agathos’”Finally, for TEST No. 4, ‘meaning’ of expression? The fact that the implication holds is surely NOT a matter of any particular word or phrase within the sentence which I have uttered.It is just the whole sentence. Had he gone tacit and say,“Beautiful handwriting!”Rather than“He has beautiful handwriting.”The implication SEEMS to be a matter of two particular words: the handwriting word, viz. ‘handwriting.’ And the ‘beautiful’ word, i. e. ‘beautiful.’Any lexeme expressing same concept, ‘Calligraphy unique!’would do the trick because this is damn by faint praise, or suggestio falsi, suppressio veri. So in this respect “Beautiful handwring” is certainly different from “Poor but honest” and, possibly different from “Don’t cease to eat iron!”One obvious fact should be mentioned before one passes to the fourth example (“kitchen or bedroom”).This case of implication is unlike the others in that the utterance of the sentence "Strawson has beautiful handwriting" does not really STANDARDLY involve the implication here attributed to it (but cf. “We should have lunch together sometime” meaning “Get lost”as Grice said, “At Oxford, that’s the standardthat’s what the ‘expression’ “means”); it requires a special context (that it should be uttered at Collections) to attach the implication to its utterance. More generally: it requires a special scenario (one should avoid the structuralist Derrideian ‘context’ cf. Grice, “The general theory of context”). If back in the house, Mrs. Grice asks, “He has beautiful handwriting,” while not at Collections, the implicaturum would hold. Similarly at the “Lamb and Flag,” or “Bird and Baby.”But one gets Grice’s point. The scenario is one where Strawson is being assessed or evaluated AS A PHILOSOPHER. Spinoza’s handwriting was, Stuart Hampshire said, “terriblewhich made me wonder at first whether I should actually waste my time with him.”After fourth and last example is introduced (“kitchen or bedroom”): in the case of the Test No. I (at least four possible vehicles) one can produce a strong argument in favour of holding that the fulfllment of the implication of the speaker's ignorance (or that he is introducing “or” on grounds other than Whitehead’s and Russell’s truth-functional ones) is not a precaution (or precondition) of the truth or falsity of the disjunctive statement. Suppose that the emissor KNOWS that his wife IS in the KITCHEN, that the house has only two rooms, and no passages. Even though the utterer knows that his wife is in the kitchen (as per given), the utterer can certainly still say truly (or rather truthfully) "She is IN THE HOUSE.”SCENARIOA: Where is your wife? ii. Where in your house is your wife?B: i. In the kitchen. ii. In the bedroom. iiia. She’s in the house, don’t worryshe’s in the house, last time I checked. iii. In the HOUSE (but inappropriate if mentioned in the questionunless answered: She’s not. iv. In the kitchen or in the bedroom (if it is common ground that the house only has two rooms there are more options) vi. v. I’m a bachelor.  vi. If she’s not in the bedroom, she is in the kitchen. vii. If she’s not in the kitchen, she’s in the bedroom. viii. Verbose but informative: “If she’s not in the bedroom she’s in the kitchen, and she’s not in the kitchen” Or consider By uttering “She is in the house,” the utterer is answering in a way that he is merely not being as informative as he could bc if need arose.  But the true proposition [cf. ‘propositional complex’] that his wife is IN THE HOUSE together with the true proposition that ‘THE HOUSE’ consists entirely of a ‘kitchen’ and a ‘bedroom,’ ENTAIL or yield the proposition that his wife is in the kitchen or in the bedroom. But IF to express the proposition p (“My wife is in the house, that much I can tell”) in certain circumstances (a house consisting entirely of a kitchen and a bedrooman outback bathroom which actually belongs to the neighbourcf. Blenheim) would be to speak truly, and p (“My wife is, do not worry, in the house”) togelher with another true propositionassumed to be common ground, that the house consists entirely of a kitchen and a bedroom -- entails q (“My wife is in the kitchen OR in the bedroom”), surely to express what is entailed (“My wife is in the kitchen or in the bedroom”) in the same circvmstances must be, has to be to speak truly.  So we have to take it that the disjunctive statement“kitchen or bedroom” -- does not fail to be TRUE or FALSE if the implied ignorance (or the implied consideration that the utterer is uttering ‘or’ on grounds other than the truth-functional ones that ‘introduce’ “or” for Gentzen) is in fact not realized, i. e. it is false. Secondly, as for Test No. 2 (the four or combo vehicles), Grice thinks it is fairly clear that in this case, as in the case of “beautiful handwriting”, we could say that the emissor had implies that he did not know (or that his ground is other than truth-functionalassuming that he takes the questioner to be interested in the specific locationi. e. to mean, “where IN THE HOUSE is your wife?”) and also that his conveying explicilty that (or his conveying explicitly that rather than something else, viz, in which room or where in the house she is, or ‘upstairs,’ or ‘downstairs,’ or ‘in the basement,’ or ‘in the attic,’ ‘went shopping,’ ‘at the greengrocer’‘she’s been missing for three weeks’) implied that he did not know in which one of the two selected rooms his wife is ‘resident’ (and that he has grounds other than Gentzen’s truth-functional ones for the introduction of ‘or.’). Thirdly, the implication (‘kitchen or bedroom’) is in a way non-detachable, in that if in a given context the utterance of the disjunctive sentence would involve the implication that the emissor did not know in which room his his wife was (or strictly, that the emissor is proceeding along non-truth-functional grounds for the introduction of ‘or,’ or even more strictly still, that the emissor has grounds other than truth-functional for the uttering of the disjunction), this implication would also be involved in the utterance of any other form of words which would make the same disjunctive assertion (e.g., "Look, knowing her, the alternatives are she is either preparing some meal in the kitchen or snoozing in the bedroom;” “One of the following things is the case, I’m pretty confident. First thing: she is in the kitchen, since she enjoys watching the birds from the kitchen window. Second thing: she is in the bedroom, since she enjoys watching birds from the bedroom window.” Etymologically, “or” is short for ‘other,’ meaning second. So a third possibility: “I will be Anglo-Saxon: First, she is the kitchen. Second, she is in the bedroom.” “She is in the kitchen UNLESS she is in the bedroom”“She is in the kitchen IF SHE IS NOT in the bedroom.”“Well, it is not the case that she is in the KITCHEN *AND* in the bedroom, De Morgan!” She is in the kitchen, provided she is not in the bedroom” “If she is not in the kitchen, she is in the bedroom” “Bedroom, kitchen; one of the two.” “Kitchen, bedroom; check both just in case.”“Sleeping; alternatively, cookingyou do the maths.”“The choices are: bedroom and kitchen.”“My choices would be: bedroom and kitchen.”“I would think: bedroom? … kitchen?”“Disjunctively, bedroomkitchenkitchenbedroom.”“In alternation: kitchen, bedroom, bedroom, kitchenwho cares?”“Exclusively, bedroom, kitchen.”ln another possible way, however, the implication could perhaps bc said to BE indeed detachable: for there will be some contexts of utterance (as Firth calls them) in which the ‘normal’ implication (that the utterer has grounds other than truth-functional for the utterance of a disjunction) will not hold.Here, for the first time, Grice brings a different scenario for ‘or’:“Thc Secretary of the Aristotelian Society, announcing ‘Our coming symposium will be in Oxford OR not take place at all” perhaps does not imply that he is has grounds other than truth-functional for the utterance of the disjunction. He is just being wicked, and making a bad-taste joke. This totally extraneous scenario points to the fact that the implication of a disjunction is cancellable.Once we re-apply it to the ‘Where in the hell in your house your wife is? I hear the noise, but can’t figure!’ Mutatis mutandi with the Secretary to The Aristotelian Socieety, a man could say, “My wife is in the kitchen or in the bedroorn.”in circumstances in which the implication (that the man has grounds other than truth-functional for the uttering of the disjunction) would normally be present, but he is not being co-operativesince one doesn’t HAVE to be co-operative (This may be odd, that one appeals to helpfulness everywhere but when it comes to the annulation!).So the man goes on, “Mind you, I am not saying that I do not know which.”This is why we love Grice. Why I love Grice. One would never think of finding that sort of wicked English humour in, say Strawson. Strawson yet says that Grice should ‘let go.’ But to many, Grice is ALWAYS humorous, and making philosophy fun, into the bargain, if that’s not the same thing. Everybody else at the Play Group (notably the ones Grice opposed to: Strawson, Austin, Hare, Hampshire, and Hart) would never play with him. Pears, Warnock, and Thomson would!“Mind you, I am not saying that I do not know which.”A: Where in the house is your wife? I need to talk to her.B: She is in the kitchenor in the bedroom. I know where she isbut since you usually bring trouble, I will make you decide so that perhaps like Buridan’s ass, you find the choice impossible and refrain from ‘talking’ (i. e. bringing bad news) to her.A: Where is your wife? B: In the kitchen or in the bedroom. I know where she is. But I also know you are always saying that you know my wife so well. So, calculate, by the time of the dayit’s 4 a.mwhere she could be. A: Where is your wife? B: In the bedroom or in the kitchen. I know where she isbut remember we were reading Heidegger yesterday? He says that a kitchen is where one cooks, and a bedroom is where one sleeps. So I’ll let you decide if Heidegger has been refuted, should you find her sleeping in the kitchen, or cooking in the bedroom.A: Where is your wife? B: In the kitchen or the bedroom. I know where she is. What you may NOT know, is that we demolished the separating wall. We have a loft now. So all I’ll say is that she may be in both!  All this might be unfriendly, unocooperative, and perhaps ungrammatical for Austen [Grice pronounced the surname so that the Aristotelian Society members might have a doubt]if not Vitters, but, on the other hand, it would be a perfectly intelligible thing for a (married) man to say. We may not even GO to bachelors. Finally, the fact that the utterance of the disjunctive sentence normally or standardly or caeteris paribus involves the implication of the emissor's ignorance of the truth-values of the disjuncts (or more strictly, the implication of the emissor’s having grounds other than truth-functional for the uttering of the disjunctive) is, I should like to say, to be ‘explained’and Grice is being serious here, since Austin never cared to ‘explain,’ even if he could -- by reference to a general principle governingor if that’s not too strong, guidingconversation, at least of the cooperative kind the virtues of which we are supposed to be exulting to our tuttees. Exactly what this principle we should not go there. To explain why the implicaturum that the emissor is having grounds other than truth-functional ones for the utterance of a disjunction one may appeal to the emissor being rational, assuming his emissee to be rational, and abiding by something that Grice does NOT state in the imperative form, but using what he calls a Hampshire modal (Grice divides the modals as Hampshire: ‘should,’ the weakest, ‘ought’ the Hare modal, the medium, and ‘must,’ Grice, the stronges)"One, a man, a rational man, should not make conversational move communicating ‘p’ which may be characterised (in strict terms of entailment) as weaker (i.e. poor at conversational fortitude) rather than a stronger (better at conversational fortitude) one unless there is a good reason for so doing." So Gentzen is being crazey-basey if he thinks:p; therefore, p or q.For who will proceed like that?“Or” is complicated, but so is ‘if.’ The Gentzen differs from the evaluation assignemt:‘p or q’ is 1 iff p is 1 or q is 1. When we speak of ‘truth-functional’ grounds it is this assignment above we are referring to.Of courseif p, p or q [a formulation of the Gentzen introduction]is a TAUTOLOGY [which is what makes the introduction a rule of inference].In terms of entailment P Or Q (independently)  Is stronger than ‘p v q’ In that either p or q entail ‘p or q’ but the reverse is not true. Grice says that he first thought of the pragmatic rule in terms of the theory of perception, and Strawson hints at this when he says in the footnote to “Introduction to Logical theory” that the rule was pointed out by his tutor in the Logic Paper, Grice, “in a different connection.” The logic paper took place before the war, so this is early enough in Grice’s careerso the ghosts of Whitehead and Russell were there! We can call the above ‘the principle of conversational fortitude.’ This is certainly not an adequate formulation but will perhaps be good enough for Grice’s purpose in “Causal.” On the assumption that such a principle as this is of general application, one can DRAW or infer or explain the conclusion that the utterance of a disjunctive sentence would imply that the emissor has grounds other than truth-functional for the uttering of a disjunctum, given that, first, the obvious reason for not making a statemcnt which there is some call on one to make VALIDLY is that one is not in a position (or entitled) to make it, and given, second, the logical ‘fact’ that each disjunct entails the disjunctive, but not vice versa; which being so, each disjunct is stronger (bears more conversational ‘fortitude’) than the disjunctive. If the outline just given is on the right lines, Grice would wish to say, we have a reason for REFUSING (as Strawson would not!) in the case of “kitchen or bedroom” to regard the implication of the emissor having grounds other than truth-functional for the uttering of the disjunctive as being part of the ‘meaning’ (whatever that ‘means’) of 'or'but I should doublecheck with O. P. Woodhe’s our man in ‘or’A man who knows about the logical relation between a disjunction and each disjunct, i. e. a man who has at least BROWSED Whitehead and Russelland diregards Bradley’s exclusivist account -- and who also ‘knew,’ qua Kantian rational agent, about the alleged general principle or guiding conversational, could work out for hirnself, surely, that a disjunctive utterance would involve the implication which it does in fact involve. Grice insists, however, that his aim in discussing this last pointabout the principle of conversational fortitude EXPLAING the generation of the implicaturum -- has been merelyto indicate the position I would wish to take up, and not to argue scriously in favour of it. Grice’s main purpose in the excursus on implication was to introduce four ideas or catalysts, or tesetsTEST No. I: truth-value; TEST No. 2: Vehicle out of four; Test No. 3/Twin Test: Annulation and Non-Detachment (is there a positive way to express thisnon-detached twins as opposed to CONJOINT twins), and Test No. 4‘Meaning’ of expression? -- of which Grice then goes to make some use re: the pillar box seeming red.; and to provide some conception of the ways in which each of the four tests apply or fail to apply to various types of implication. By the numbering of it, it seems that by the time of Essay II he has, typically, added an extra. It’s FIVE catalysts now, but actually, since he has two of the previous tests all rolled up in one, it is SIX CATALSTS. He’ll go back to them in Essay IV (“Indicative conditionals” with regard to ‘if’), and in Presupposition and Conversational (with regard to Example I here: “You have not ceased eating iron”). Implicaturum.He needs those catalysts. Why? It seems like he is always thinking that someone will challenge him! This is Grice: “We can now show that, it having been stipulated as being what it is, a conversational implicaturum must possess certain distinctive features, they are six. By using distinctive feature Grice is serious. He wants each of the six catalysts to apply to each type of ‘implicaturum’, so that a table can be constructed. With answers yes/no. Or rather here are some catalyst ideas which will help us to determine or individuate. Six tests for implicaturum as it were. SO THESE FEATURESsix of themapply to three of the examplesnot the ‘poor but honest’but the “you have not ceased eating iron,” “Beautiful handwriting,” and “Kitchen or bedroom.”First testnothing about the ‘twin’it’s ANNULATION or CANCELLABILITYas noted in “Causal Theory”for two of the examples (‘beautiful handwriting’ and ‘kitchen or bedroom’ and NEGATIVE version of “You don’t cease to eat iron”) and the one of the pillar boxHe adds a qualifier now: the annulation should best be IMPLICIT. But for the fastidious philosopher, he allows for an EXPLICITATION which may not sound grammatical enough to Austen (pronounced to rhyme with the playgroup master, or the kindergarten’s master). To assume the presence of a conversational implicaturum, the philosopher (and emissee) has to assume that the principle of conversational co-operation (and not just conversational fortitude) is being observed.However, it is mighty possible to opt out of this and most things at Oxford, i. e. the observation of this principle of conversational cooperation (or the earlier principle of conversational fortitude).It follows then that now we CAN EXPLAIN WHY CANCELLABILITY IS A DISTINCTIVE FEATURE. He left it to be understood in “Causal.”It follows then, deductively, that an implicaturum can be canceled (or annulled) in a particular case. The conversational implicaturum may be, drearilybut if that’s what the fastidious philosopher axes -- explicitly canceled, if need there be, by the addition of a clause by which the utterer states or implies that he opts out (e. g. “The pillar box seems red but it is.” “Where is your wife?” “My lips are sealed”). Then again the conversational implicaturum may be contextually (or implicitly) canceled, as Grice prefers (e. g. to a very honest person, who knows I disbelieve the examiner exists, “The loyalty examiner won’t be summoning you at any rate”). The utterance that usually would carry an implicaturum is used on an occasion that makes it clear or obvious that the utterer IS opting out without having to bore his addressee by making this obviousness explicit. SECOND DISTINCTIVE FEATURE: CONJOINING, i.e. non-detachability.There is a second litmus test or catalyst idea.Insofar as the calculation that a implicaturum is present requires, besides contextual and background information only an intuitive rational knowledge or understanding or processing of what has been explicitly conveyed (‘are you playing squash? B shows bandaged leg) (or the, shall we say, ‘conventional’ ‘arbitrary’ ‘commitment’ of the utterance), and insofar as the manner or style, of FORM, rather than MATTER, of expression should play at best absolutely no role in the calculation, it is NOT possible to find another way of explicitly conveying or putting forward the same thing, the same so-and-so (say that q follows from p) which simply ‘lacks’ the unnecessary implicaturum in question -- except [will his excluders never end?] where some special feature of the substituted version [this other way which he says is not conceivable] is itself relevant to the determination of the implicaturum (in virtue of this or that conversational maxims pertaining to the category of conversational mode. THIS BIG CAVEAT makes you wonder that Grice regretted making fun of Kant. By adopting jocularly the four conversational categories, he now finds himself in having to give an excuse or exception for those implicatura generated by a flout to what he earlier referred to as the ‘desideratum of conversational clarity,’ and which he jocularly rephrased as a self-defeating maxim, ‘be perspicuous [sic], never mind perspicacious!’If we call this feature, as Grice does in “Causal Theory,” ‘non-detachability’ (or conjoining)– in that the implicaturum cannot be detached or disjointed from any alternative expression that makes the same point -- one may expect the implicaturum carried by this or that locution to have a high degree of non-detachability. ALTERNATIVES FOR “NOT” Not, it is not the case, it is false that. There’s nothing unique about ‘not’.ALTERNATIVES FOR “AND” and, nothing, furthermore, but. There othing unique about ‘and’ALTERNATIVES FOR “OR”: One of the following is true. There is nothing unique about ‘or’ALTERNATIVES FOR “IF” Provided. ‘There is nothing unique about ‘if’ALTERNATIVES FOR “THE”There is at least one and at most one. And it exists. (existence and uniqueness). There is nothing unique about ‘the’.THIS COVERS STRAWSON’S first problem.What about the other English philosophers?AUSTINon ‘voluntarily’ ALTERNATIVES to ‘voluntarily,’ with the will, willingly, intentionally. Nothing unique about ‘voluntarily.’STRAWSON on ‘true’it is the case, redundance theory, nothing. Nothing unique about ‘true’HART ON good. To say that ‘x is commendable’ is to recommend x. Nothing unique about ‘good.’HART on ‘carefully.’ Da Vinci painted Mona Lisa carefully, with caution, with precaution. Nothing unique about ‘carefully.’THIRD LITMUS TEST or idea and ATTENDING THIRD  DISTINCTIVE FEATURE. THIRD DISTINCTIVE FEATURE is in the protasis of the conditional.The implicaturum depends on the explicatum or explicitum, and a fortiori, the implicaturum cannot INVOLVE anything that the explicatum involvesThere is nothing about what an emissor explicitly conveys about “or” or a disjunctum in general, which has to do with the emissor having grounds other than truth-functional for the utterance of a disjunctum.The calculation of the presence of an implicaturum presupposes an initial knowledge, or grasping, or understanding, or taking into account of the ‘conventional’ force (not in Austin’s sense, but translating Latin ‘vis’) of the expression the utterance of which carries the implicaturum.A conversational implicaturum will be a condition (but not a truth-condition), i. e. a condition that is NOT, be definition, on risk of circularity of otiosity, included in what the emissor explicitly conveys, i. e. the original specification of the expression's ‘conventional’ or arbitrary forceIf I’m saying that ‘seems’ INVOLVES, as per conventional force, ‘doubt or denial,’what’s my point? If Strawson is right that ‘if’ has the conventional force of conventionally committing the utterer with the belief that q follows from p, why bother? And if that were so, how come the implicaturum is still cancellable?Though it may not be impossible for what starts life, so to speak, as a conversational implicaturum to become conventionalized, to suppose that this is so in a given case would require special justification. (Asking Lewis). So, initially at least, a conversational implicaturum is, by definition and stipulation, not part of the sense, truth-condition, conventional force, or part of what is explicitly conveyed or put forward, or ‘meaning’ of the expression to the employment of which the impicatum attaches. FOURTH LITMUS TEST or catalyst idea. Mentioned in “Causal theory” YIELDS THE FOUTH DISICTINVE FEATURE and the FIFTH distinctive feature.FOURTH DISTINCTIVE FEATURE: in the protasis of the conditionaltruth value.The alethic valueconjoined with the test about the VEHICLE --. He has these as two different testsand correspondingly two distinctive features in “Causal”. The truth of a conversational implicaturum is not required by (is not a condition for) the truth of what is said or explicitly conveyed (what is said or explicatedthe explicatum or explicitum, or what is explicitly conveyed or communicated) may be true -- what is implicated may be falsethat he has beautiful handwriting, that q follows from p, that the utterer is ENDORSING what someone else said, that the utterer is recommending x, that the person who is said to act carefully has taken precaution), FIFTH DISTINCTIVE FEATURE: vehiclethis is the FOURTH vehicle of the four he mentions in “Causal”: ‘what the emissor explicitly conveys,’ ‘the emissor himself,’ the emissor’s utterance, and fourth, the emissor’s explicitly conveying, or explicitly conveying it that way --. The apodosis of the conditionalor inferrability schema, since he uses ‘since,’ rather than ‘if,’ i. e. ‘GIVEN THAT p, q. Or ‘p; therefore, q’. The implicaturum is NOT carried by what is said or the EXPLICATUM or EXPLICITUM, or is explicitly conveyed, but only by the ‘saying’ or EXPLICATING or EXPLICITING of what is said or of the explicatum or explicitum, or by 'putting it that way.’The fifth and last litmus test or catalyst idea YIELDS A SIXTH DISTINCTIVE FEATURE:Note that he never uses ‘first, second, etc.’ just the numerals, which in a lecture format, are not visible!SIXTH DISTINCTIVE FEATURE: INDETERMINACY. Due to the open character of the reasoningand the choices available to fill the gap of the content of the propositional attitude that makes the conversational rational:“He is potentially dishonest.” “His colleagues are treacherous”Both implicatura possible for “He hasn’t been to prison at his new job at the bankyet.”Since, to calculate a conversational implicaturum is to calculate what has to be supposed in order to preserve the supposition that the utterer is a rational, benevolent, altruist agent, and that the principle of conversational cooperation is being observed, and since there may be various possible specific explanations or alternatives that fill the gap hereas to what is the content of the psychological attitude to be ascribed to the utterer, a list of which may be open, or open-ended, the conversational implicaturum in such cases will technically be an open-ended disjunction of all such specific explanations, which may well be infinitely non-numerable. Since the list of these IS open, the implicaturum will have just the kind of INDETERMINACY or lack of determinacy that an implicaturum appears in most cases to possess. indeterminacy of translation, a pair of theses derived, originally, from a thought experiment regarding radical translation first propounded by Quine in Word and Object (1960) and developed in his Ontological Relativity (1969), Theories and Things (1981), and Pursuit of Truth (1990). Radical translation is an imaginary context in which a field linguist is faced with the challenge of translating a hitherto unknown language. Furthermore, it is stipulated that the linguist has no access to bilinguals and that the language to be translated is historically unrelated to that of the linguist. Presumably, the only data the linguist has to go on are the observable behaviors of incompleteness indeterminacy of translation 422 4065h-l.qxd 08/02/1999 7:39 AM Page 422 native speakers amid the publicly observable objects of their environment. (1) The strong thesis of indeterminacy, indeterminacy of translation of theoretical sentences as wholes, is the claim that in the context of radical translation a linguist (or linguists) could construct a number of manuals for translating the (natives’) source language into the (linguists’) target language such that each manual could be consistent with all possible behavior data and yet the manuals could diverge with one another in countless places in assigning different target-language sentences (holophrastically construed) as translations of the same source-language sentences (holophrastically construed), diverge even to the point where the sentences assigned have conflicting truth-values; and no further data, physical or mental, could single out one such translation manual as being the uniquely correct one. All such manuals, which are consistent with all the possible behavioral data, are correct. (2) The weak thesis of indeterminacy, indeterminacy of reference (or inscrutability of reference), is the claim that given all possible behavior data, divergent target-language interpretations of words within a source-language sentence could offset one another so as to sustain different targetlanguage translations of the same source-language sentence; and no further data, physical or mental, could single out one such interpretation as the uniquely correct one. All such interpretations, which are consistent with all the possible behavioral data, are correct. This weaker sort of indeterminacy takes two forms: an ontic form and a syntactic form. Quine’s famous example where the source-language term ‘gavagai’ could be construed either as ‘rabbit’, ‘undetached rabbit part’, ‘rabbithood’, etc. (see Word and Object), and his proxy function argument where different ontologies could be mapped onto one another (see Ontological Relativity, Theories and Things, and Pursuit of Truth), both exemplify the ontic form of indeterminacy of reference. On the other hand, his example of the Japanese classifier, where a particular three-word construction of Japanese can be translated into English such that the third word of the construction can be construed with equal justification either as a term of divided reference or as a mass term (see Ontological Relativity and Pursuit of Truth), exemplifies the syntactic form of indeterminacy of reference.

 

transformationGrice: “My system G makes minimal use of transformations” -- minimal transformation rule: an axiom-schema or rule of inference. Grice: “Strictly, an Ovidian metamorphose!” -- A transformation rule is thus a rule for transforming a possibly empty set of wellformed formulas into a formula, where that rule operates only upon syntactic information. It was this conception of an axiom-schema and rule of inference that was one of the keys to creating a genuinely rigorous science of deductive reasoning. In the 0s, the idea was imported into linguistics, giving rise to the notion of a transformational rule. Such a rule transforms tree structures into tree structures, taking one from the deep structure of a sentence, which determines its semantic interpretation, to the surface structure of that sentence, which determines its phonetic interpretation. Grice: “Chomsky misuses ‘transformation.’”

 

triangulus -- Grice’s triangle. He uses the word in “Meaning Revisited,” (WoW: 286). It’s the semiotic triange between what he calls the ‘communication device,’ the denotatum, and the soul. While often referred to as H. P. Grice’s triangle, or H. P. Grice’s semiotic triangle, or "Ogden/Richards triangle" the idea is also expressed in 1810, by Bernard Bolzano, in his rather obscure, Grice grants, “Beiträge zu einer begründeteren Darstellung der Mathematik.” However, the triangle can be traced back to the 4th century BC, in Aristotle's Peri Hermeneias (often referred to in its Latin translation De Interpretatione, second book of his Organon, on which Grice gave seminars as University Lecturer at Oxford with J. L. Austin). H. P. Grice’s semiotic Triangle relates to the problem of universals, a philosophical debate which split ancient and medieval philosophers (mainly realists and nominalists).  The triangle describes a simplified form of relationship between the emissor as subject, a concept as object or referent or denotatum, and its designation (sign, signans, or as Grice prefers ‘communication device’). For more elaborated research see Semiotics.  Ogden semiotic triangle.png  Contents 1Interlocutory applications 1.1Other triangles 1.2The communicative stand 1.3Direction of fit 2See also 3References 4External links Interlocutory applications Other triangles The relations between the triangular corners may be phrased more precisely in causal terms as follows[citation needed][original research?]. The matter evokes the emissor's soul. The emissor refers the matter to the symbol. The symbol evokes the emissee’s soul. The emissee refers the symbol back to the matter. The communicative stand Such a triangle represents ONE agent, the emissor, whereas communication takes place between TWO (objects, not necessarily agents). So imagine another triangle and consider that for the two to understand each other, the content that the "triangles" represent must fit or be aligned. Clearly, this calls for synchronisation and an interface as well as scale among other things. Notice also, that we perceive the world mostly through our eyes and in alternative phases of seeing and not seeing with change in the environment as the most important information to look for. Our eyes are lenses and we see a surface (2D) in ONE direction (focusing) if we are stationary and the object is not moving either. This is why you may position yourself in one corner of the triangle and by replicating (mirroring) it, you will be able to see the whole picture, your cognitive epistemological and the ontological existential or physical model of life, the universe, existence, etc. combined.[citation needed][original research?]  Direction of fit Main article: Direction of fit  This section has multiple issues. Please help improve it or discuss these issues on the talk page. (Learn how and when to remove these template messages) This section does not cite any sources. (December ) This section is written like a personal reflection, personal essay, or argumentative essay that states a  editor's personal feelings or presents an original argument about a topic. (December ) Grice uses the notion of "direction of fit" (in “Intention and Uncertainty”) to create a taxonomy of acts.     This table possibly contains original research. Please improve it by verifying the claims made and adding inline citations. Statements consisting only of original research should be removed. (December ) (Learn how and when to remove this template message) World or Referentintended →Writer's Thought   decoded ↑ ↓ encoded  Thought Emissee's← extendedSymbol or Word   Emissor's THOUGHT retrieves SYMBOL suited to REFERENT, Word suited to World.   Reader's THOUGHT retrieves REFERENT suited to SYMBOL, World suited to Word. Actually the arrows indicate that there is something exchanged between the two parties and it is a feedback cycle. Especially, if you imagine that the world is represented in the soul of both the emissor and the emissee and used for reality check. If you look at the triangle above again, remember that reality check is not what is indicated there between the sign and the referent and marked as "true', because a term or a sign is allocated "arbitrarily'. What you check for is the observance of the law of identity which requires you and your partner to sort out that you are on the same page, that the emissor is communicating and the emissee is understanding about the same thing. So the chunk of reality and the term are replaceable/interchangeable within limits and your concepts in the soul as presented in some appropriate way are all related and mean the same thing. Usually the check does not stop there, your ideas must also be tested for feasibility and doability to make sure that they are "real" and not "phantasy". Reality check comes from consolidating your experience with other people's experience to avoid solipsism and/or by putting your ideas (projection) in practice (production) and see the reaction. Notice, however how vague the verbs used and how the concept of a fit itself is left unexplained in details.[editorializing]  See also The Delta Factor De dicto De se De re References  Colin Cherry (1957) On Human Communication  C. K. Ogden and I. A. Richards (1923) The Meaning of Meaning  John Searle (1975) "A Taxonomy of Illocutionary Acts", in: Gunderson, K. (ed.), Language, Mind, and Knowledge (Minneapolis: University of Minnesota Press)  344-369.  John Searle (1976) "A Classification of Illocutionary Acts", Language in Society, 5,  1-24. External links Jessica Erickstad (1998) Richards' Meaning of Meaning Theory. University of Colorado at Boulder. Allie Cahill (1998) "Proper Meaning Superstition" (I. A. Richards). University of Colorado at Boulder. Categories: SemioticsSemanticsPragmaticsPhilosophy of languagePhilosophy of mind. Semiotisches Dreieck Zur Navigation springen. Zur Suche springen. Das semiotische Dreieck stellt die Relation zwischen dem Symbol, dem dadurch hervorgerufenen Begriff und dem damit gemeinten realen Ding dar. Das semiotische Dreieck ist ein in der Sprachwissenschaft und Semiotik verwendetes Modell. Es soll veranschaulichen, dass ein Zeichenträger (Graphem, Syntagma, Symbol) sich nicht direkt und unmittelbar auf einen außersprachlichen Gegenstand bezieht, sondern dieser Bezug nur mittelbar durch eine Vorstellung/einen Begriff erfolgt. Das semiotische Dreieck publizierten erstmals Charles Kay Ogden und Ivor Armstrong Richards in dem Werk The Meaning of Meaning. Das semiotische Dreieck in vereinfachter Beschreibung. Die Welt besteht aus Gegenständen, Sachverhalten, Ereignissen und Ähnlichem. Diese sind wirklich und bestimmen alles, was geschieht. Das Symbol für ein Einzelnes davon steht in den folgenden Dreiecken rechts und bedeutet vereinfacht: Ding oder „was Sache ist“. Wenn der Mensch ein Ding bemerkt oder sich vorstellt, macht er sich ein gedachtes Bild davon. Das Symbol dafür steht in den folgenden Dreiecken oben und bedeutet: Begriff oder „was man meint“. Wenn Menschen mit diesen Begriffen von Dingen reden, so verwenden sie Zeichen (meist hörbar, gelegentlich auch sichtbar oder anders wahrnehmbar). Das sind Wörter (auch Bezeichnungen, Benennungen, Symbole oder Ähnliches). Das Symbol dafür steht in den folgenden DREIECKEN links und bedeutet: Wort oder „was man dazu sagt“. Ding, Begriff und Wort sollen eindeutig zusammengehören. Das gelingt nicht immer, vielmehr muss man immerzu aufpassen, ob der eben verwendete Begriff das betrachtete Ding richtig erfasst, ob das eben verwendete Wort den gemeinten Begriff trifft, und sogar ob das eben betrachtete Ding überhaupt eins ist und nicht etwa einige oder gar keins. Passen die drei Ecken nicht zueinander, „So entstehen leicht die fundamentalsten Verwechslungen (deren die ganze Philosophie voll ist).“  Vitters: Tractatus 3.324. Das semiotische Dreieck als bildliche Darstellung der Mehrdimensionalität der Zeichen  Begriff  /\  /  \    /    \    /      \     /   \ Zeichen ...... Gegenstand  (Wort)  (Ding). Das semiotische Dreieck ist zunächst nur ein bildliches Hilfsmittel, um sich Beziehungen „im“ bzw. „des“ Zeichens zu veranschaulichen. Seine Interpretation und nähere Ausgestaltung hängt daher von der zugrunde gelegten Erkenntnistheorie ab.  In entscheidender Weise wird durch das semiotische Dreieck veranschaulicht, dass zwischen dem Wort (der Zeichenform, d. h. dem Schriftbild oder dem Lautbild) und dem Bezeichneten (Ding, Gegenstand) keine direkte Beziehung, sondern nur durch (mindestens) eine hier so genannte Vermittlungsinstanz vermittelte Beziehung besteht. Graphisch wird dies durch eine unterschiedliche Linie dargestellt.  Gebräuchlich ist ein Dreieck. Entscheidend ist die nicht-direkte Beziehung zwischen Zeichen (Wort) und Gegenstand (Ding). Je nach Anzahl der zu veranschaulichenden (nicht auszublendenden) Bezugspunkte und Vermittlungsinstanzen und der Art der betonten Beziehungen kann man auch ein Quadrat, ein sonstiges Vieleck bzw. einen mehrdimensionalen Körper benutzen.  Darauf hinzuweisen ist, dass die Vermittlungsinstanzhier mit dem mehrdeutigen Ausdruck „Begriff“ bezeichnetsehr unterschiedlich gesehen wird, was aus dem Terminologiebefund unten deutlich wird.  Das semiotische Dreieck ist Veranschaulichung eines Zeichenverständnisses, das dem Zeichenbegriff von Ferdinand de Saussure, wonach ein Zeichen eine „psychische Einheit“ zwischen einem „akustischen Bild“ (Signifikanten) und einem „Begriff“ (Signifikat) (bei ihm im Sinne einer psychischen Vorstellung) sein soll, widersprechen dürfte: statt der „Papierblattmetapher“ für das Verhältnis von Signifikant/Signifikat (von de Saussure) wird im semiotischen Dreieck eine optische Trennung und Distanzierung von Zeichenkörper und Begriff (Sinn) vorgenommen.  Das semiotische Dreieck blendet auch pragmatische Bedingungen und Bezüge aus bzw. reduziert sie auf die semantische Dimension und wird daher von pragmatischen Bedeutungstheorien kritisiert (vgl. Semiotik).  Das Fehlen einer unmittelbaren Beziehung zwischen Zeichen und Gegenstand wird zugleich als Ausdruck der (von de Saussure betonten) Arbitrarität und Konventionalität von Zeichen interpretiert.  Geschichte Man muss unterscheiden zwischen dem semiotischen Dreieck als Bild und einem dreiseitigen (triadischen) Zeichenbegriff, dessen Veranschaulichung es dient.  Verbreitet wird die sprachwissenschaftliche Entwicklung so dargestellt, als gäbe es ein semiotisches Dreieck erst seit Ogden/Richards, die damit einen nur zweigliedrigen Zeichenbegriff von de Saussure modifiziert/überwunden hätten. Es heißt, bis ins 19. Jahrhundert sei der Zeichenbegriff im Wesentlichen hinsichtlich seines Sachbezugs als „zweistellige Relation“ diskutiert worden.  Andere betonen den zugrunde liegenden dreiseitigen („triadischen“) Zeichenbegriff, der meist bei Aristoteles, mitunter auch schon bei Platon angesetzt wird. Schon bei Platon findet sich ein gedankliches Wort-Gegenstand-Modell zwischen Namen (Zeichen)Idee (Begriff) und Ding. Bei Aristoteles ist ein Zeichen (semeion, damit meint er ein Wort) ein Symptom für eine Seelenregung, d. h. für etwas, das der Sprecher sich vorstellt. Diese Vorstellung des Sprechers ist dann ein Ikon für ein Ding. Dies sind für ihn die primären Zeichenrelationen (rot in der untenstehenden Figur). Davon abgeleitet ist die sekundäre Zeichenrelation (schwarz in der Figur).   Das Semiotische Dreieck bei Aristoteles Seit Aristoteles wird vertreten, dass Zeichen Dinge der Welt nicht unvermittelt, sondern vermittelt über einen „Begriff“, „Vorstellung“ etc. bezeichnen. Dies bedeutet eine Differenzierung gegenüber der einfachen aliquid-stat-pro-aliquo-Konzeption und ist „für die ganze Geschichte der Semiotik entscheidend“. Bei Aristoteles stehen „Zeichen […] für Sachen, welche von den Bewußtseinsinhalten abgebildet worden sind“. „Die Sachen werden von den Zeichen nicht präsentiert, sondern repräsentiert.“. Die Interpretation von De interpretatione ist dabei seit Jahrtausenden kontrovers. Die oben wiedergegebene Interpretation entspricht einer psychologischen Deutung, die einen Psychologismus nahelegt. Dies erscheint fraglich, da Aristoteles eher einen erkenntnistheoretischen Realismus vertreten haben dürfte.  Scholastik In der Sprachphilosophie der Scholastik finden sich Überlegungen zum Dreierschema res (Sache, Ding), intellectus (Verstand, Gedanken, Begriff), vox (Wortzeichen). Logik von Port-Royal. In der Grammatik von Port-Royal (Mitte des 17. Jh.) soll das semiotische Dreieck eingeführt worden sein. In der Logik von Port-Royal sind die Gegenstände und die Sprachzeichen nicht unmittelbar, sondern über Universalien miteinander verknüpft. Nach KANT ist das zwischen Begrifflichkeit und Sinnlichkeit bzw. Gegenstand vermittelnde Element das Schema als ein bildhaftes und anschauliches Zeichen. Das Verfahren des Verstandes, mit Hilfe der ‚Einbildungskraft‘ die reinen Verstandesbegriffe zu versinnlichen, heißt Schematismus. Auch Arthur Schopenhauer, ein deutscher Philosoph des 19. Jahrhunderts, unterscheidet in seinem Hauptwerk Die Welt als Wille und Vorstellung strikt zwischen Wort, Begriff und Anschauung. Ausblendung des Referenzbezugs im Zeichenmodell von de Saussure Nach verbreiteter Auffassung haben die moderne Sprachwissenschaft und der moderne Zeichenbegriff erst mit de Saussure eingesetzt. Nach de Saussure ist ein Zeichen die Verbindung eines Ausdrucks (signifiant) mit einem Inhalt (signifié), wobei das Zeichen als „psychische Einheit mit zwei Seiten“ aufgefasst wurde. In diesem zweigliedrigen (dyadischen) Zeichenmodell „hat die reale Welt keine Bedeutung“: „Hier Bezeichnetes als geistige Vorstellung, dort Bezeichnendes als dessen Materialisation in der Sprache, aber kein Platz für das Objekt selbst“. Triadisches Zeichenmodells bei Peirce. Charles S. Peirce entwickelte eine pragmatische Semiotik und die Pragmatik soll auf dem triadischen Zeichenmodell von Peirce beruhen. Statt eines dyadischen entwickelte Peirce ein kommunikativ-pragmatisches, triadisches Zeichenmodell: das Zeichen ist eine „triadische Relation (semiotisches Dreieck)“. Dies, indem er zu Zeichenmittel und Objekt den „Interpretanten“ ergänzte, d. h. die Bedeutung, die durch Interpretation der Zeichenbenutzer (Sprecher bzw. Hörer) in einem Handlungszusammenhang zustande kommt. „Das, was als Bewusstseinsinhalt erscheint, der Interpretant, ist der individuell erkannte Sinn, der seinerseits kulturell vor- oder mitgeprägt sein kann. Daher wird in diesem Konzept die Zeichenbedeutung (…) auch als „kulturelle Einheit“ (Eco, 1972) postuliert.“Peirce-Interpreten wie Floyd Merrell oder Gerhard Schönrich wenden sich gegen die Dreiecksdarstellung peircescher Zeichentriaden, da sie suggerieren könnte, dass sich die irreduzible triadische Relation zerlegen lasse in einzelne zweistellige Relationen. Stattdessen schlagen sie eine Y-förmige Darstellung vor, bei der die drei Relate jeweils durch eine Linie mit dem Mittelpunkt verbunden sind, aber entlang der Seiten des „Dreiecks“ keine Linien verlaufen.  Charles Kay Ogden / Ivor Armstrong Richards Als „die“ Vertreter eines dreiseitigen Zeichenmodells bzw. eines semiotischen Dreiecks (unter Ausblendung ihrer Vorläufer) werden verbreitet Charles Kay Ogden und Ivor Armstrong Richards angeführt. Diese erkannten eine Welt außerhalb des menschlichen Bewusstseins ausdrücklich an und wandten sich gegen „idealistische Konzepte“. Nach Charles Kay Ogden und Ivor Armstrong Richards symbolisiert das Zeichen (symbol) etwas und ruft einen entsprechenden Bewusstseinsinhalt (reference) hervor, der sich auf das Objekt (referent) bezieht. Das semiotische Dreieck wird wie folgt erklärt: „Umweltsachverhalte werden im Gedächtnis begrifflich bzw. konzeptuell repräsentiert und mit Sprachzeichen assoziiert. So ist z. B. das Wort „Baum“ ein Sprachzeichen, das mit dem Begriff bzw. Konzept von „BAUM“ assoziiert ist und über diesen auf reale Bäume (Buchen, Birken, Eichen usw.) verweisen kann.“. Siehe auch Organon-Modell (von Karl Bühler) Literatur Metamorphosen des semiotischen Dreieck. In: Zeitschrift für Semiotik. Band 10, (darin 8 einzelne Artikel). Umberto Eco: SemiotikEntwurf einer Theorie der Zeichen. 2. Auflage. Wilhelm Fink Verlag, München 1991,  3-7705-2323-7. Umberto Eco: Einführung in die Semiotik. Wilhelm Fink Verlag, München 1994,  3-7705-0633-2. Einzelnachweise  C. K. Ogden, I. A. Richards: The Meaning of Meaning. 1923  Kassai: Sinn. In: Martinet (Hrsg.): Linguistik. Ohne Problematisierung trotz der Nähe zu Saussure hingegen bei Kassai: Sinn. In: Martinet (Hrsg.): Linguistik. 1973, S. 251 (S. 254 f.) referiert  So wohl Fischer Kolleg Abiturwissen, Deutsch (2002), S. 27  So z. B. Schülerduden, Philosophie (2002), Semiotik  Triadische Zeichenrelation. In: Homberger: Sachwörterbuch zur Sprachwissenschaft. 2000  Trabant: Semiotik. Trabant: Semiotik. So auch Triadische Zeichenrelation. In: Homberger: Sachwörterbuch zur Sprachwissenschaft. 2000, wonach Aristoteles das Platonische Modell „psychologisiert“ haben soll  So Schülerduden, Philosophie (2002), Sprachphilosophie  Schülerduden, Philosophie (2002), Sprachphilosophie  Baumgartner: Kants „Kritik der reinen Vernunft“, Anleitung zur Lektüre. [1988], neu ersch. 5. Auflage. ALBER, Freiburg Hierzu vor allem das Kapitel: „Zur Lehre von der abstrakten, oder Vernunft-Erkenntnis“ (Zweiter Band)  Fischer Kolleg Abiturwissen, Deutsch (2002), S. 26  Ernst: Pragmalinguistik. 2002, S. 66  Schülerduden, Philosophie (2002), Peirce  So Pelz: Linguistik. 1996, S. 242  Zeichenprozess. In: Homberger: Sachwörterbuch zur Sprachwissenschaft. 2000  Bedeutung. In: Homberger: Sachwörterbuch zur Sprachwissenschaft. 2000 Kategorien: SemiotikSemantik. For Grice, the triangle represents the three correspondences. First, psychophysical, second psychosemiotic, and third semio-physical.

 

tisberi -- Heytesbury: w. also called Hentisberus, Hentisberi, Tisberi before, English philosopher and chancellor of Oxford . He wrote Sophismata “Sophisms”, Regulae solvendi sophismata “Rules for Solving Sophisms”, and De sensu composito et diviso “On the Composite and Divided Sense”. Other works are doubtfully attributed to him. Heytesbury belonged to the generation immediately after Thomas Bradwardine and Kilvington, and was among the most significant members of the Oxford Calculators, important in the early developemnt of physics. Unlike Kilvington but like Bradwardine, he appealed to mathematical calculations in addition to logical and conceptual analysis in the treatment of change, motion, acceleration, and other physical notions. His Regulae includes perhaps the most influential treatment of the liar paradox in the Middle Ages. Heytesbury’s work makes widespread use of “imaginary” thought experiments assuming physical impossibilities that are yet logically consistent. His influence was especially strong in Italy in the fifteenth century, where his works were studied widely and commented on many times. 

 

trinitarianism, -- “Raining, raining, raining.” -- the theological doctrine that God consists of three persons, “in Strawson’s usage of the expression”Vide Grice, “Personal identity,” -- The persons who constitute the Holy Trinity are the Father; the Son, who is Jesus Christ; and the Holy Spirit or Holy Ghost. The doctrine states that each of these three persons is God and yet they are not three Gods but one God. According to a traditional formulation, the three persons are but one substance. In the opinion of Aquinas, the existence of God can be proved by human reason, but the existence of the three persons cannot be proved and is known only by revelation. According to Christian tradition, revelation contains information about the relations among the three persons, and these relations ground proper attributes of each that distinguish them from one another. Thus, since the Father begets the Son, a proper attribute of the Father is paternity and a proper attribute of the Son is filiation. Procession transparent Trinitarianism 928   928 or spiration is a proper attribute of the Holy Spirit. A disagreement about procession has contributed to dividing Eastern and Western Christianity. The Eastern Orthodox church teaches that the Holy Spirit proceeds from the Father through the Son. A theory of double procession according to which the Holy Spirit proceeds from the Father and the Son has been widely accepted in the West. This disagreement is known as the filioque ‘and the Son’ controversy because it arose from the fact that adding this Latin phrase to the Nicene Creed became acceptable in the West but not in the East. Unitarianism denies that God consists of three persons and so is committed to denying the divinity of Jesus. The monotheistic faiths of Judaism and Islam are unitarian, but there are unitarians who consider themselves Christians. H. P. Grice, “Raining, raining, rainingmy mother and the Trinitarians.”

 

tipperary: music-hall cited by Grice. Grice liked the song and would often accompany himself at the piano (“in Eb always”). He especially loved to recite the three verses (“Up to mighty London came an Irishman one day,” “Paddy wrote a letter to his Irish Molly-O,” and “Molly wrote a neat reply to Irish Paddy-O”). Grice devises a possible counter-example to his account of ‘communication,’ or strictly the conditions that have to be met for the state of affairs “Emisor E communicates that p” to hold. In Grice’s scenario, a reminiscence shared by his father, at a musical soirée in 1912, at Harborne, Grice’s grandfather sings "Tipperary” “in a raucous voice” (those are Grice’s father’s words) with the intention of getting his mother-in-law (whom he knew was never too keen on the music-hall) to leave the drawing-room. Grice’s grandfather’s mother-in-law is supposed to recognise (and to know that she is intended to recognise) that Grice’s grandfather wants to get rid of his mother in law“to put it bluntly,” as Grice’s father has it. Grice’s grandfather, moreover, intends that his mother-in-law shall, in the event, leave because she recognizes Grice’s grandfather’s intention that she  shall go. Grice’s grandfather’s scheme is that his mother-in-law should, somewhat wrongly, think that Grice’s grandfather intends his mother-in-law to think that he intends to get rid of her by means of the recognition of his intention that she should go. In other words, the mother-in-law is supposed to argue: "My son-in-law intends me to *think* that he intends to get rid of me by the raucous singing of that awful ditty complete with the three versesstarting with “Up to mighty London came an Irishman one day” -- but of course he, rude as he is, really wants to get rid of me by means of the recognition of his intention to get rid of me. I am really intended to go because he wants me to go, not because I cannot stand the singingI suppose. I mean, I could possibly stand it, if tied up, or something." The fact that the mother in law, while thinking she is seeing through his son-in-law’s plans, is really *conforming* to them (a situation that would not hold if she is known by her son-in-law to be ‘counter-suggestible’), is suggested as precluding Grice from deeming, here, that his grandfather means by the singing in a raucuous voice the opening line to “Tipperary” in a raucuous voice (“Up to mighty London came an Irishman one day”) that his mother-in-law should go. However, it is clear to Grice that, once one tries to fill in the detail of this description, the example becomes baffling“even if I myself designed it.” “For, how is my grandfather’s mother-in-law sposed to reach the idea that my grandfather wants her to think that he intends to get rid of her by singing in a raucuous voice “Up to mighty London came an Irishman one day”?” “My father tells me that my grandfather sould sing in a *particular nasal tone*, so common at the music-hall, which he knows *not* necessarily to be displeasing to his mother in law (when put to use to a respectable drawing-room ballad), though it is to most people that visit the Grices.” Grice’s grandfather’s mother in law knows that Grice’s grandfather knows this particular nasa tone not to be displeasing to her, but she thinks, rather wrongly, that Grice’s grandfaather does not know that his mother-in-law knows this (she would never display his tastes in public). The mother-in-law might then be supposed to argue: "My son-in-law cannot want to drive me out of the drawing-room by his singing, awful to most, since he knows that that particularly nasal tone is not really displeasing to me. My son-in-law, however, does not know that I know he knows this. Therefore, maybe my son-in-law is does wantsme to think that he intends to drive me out, on the ground of a mere cause, rather than a reason, *by* his singing." “At this point,” Grice notes, “one would expect my grandfather’s mother-in-law to be completely at a loss to explain my grandfather’s performance.” “I see no reason at all why my grandfather’s mother in-law should then suppose that he *really* wants to get rid of her in some other way.” Whether or not this example could be made to work, its complexity is ennerving. “And the sad thing about it, is that any attempt on my part to introduce yet further restrictions would involve more ennerving complexities still.” “It is in general true that one cannot have intentions to achieve results which one sees no chance of achieving; and the success of intentions of the kind involved in communication requires he to whom communications or near-communications is addressed to be capable in the circumstances of having certain thoughts and drawing certain conclusions.” At some early stage in the attempted regression the calculations required of my grandfather’s mother-in-lawy by my grandfather will be impracticably difficult; and I suspect the limit has now been reached (if not exceeded).” “So my grandfather, is he is a Grice, cannot have the intentionsas reconstructed by my father, this was way back in 1912 -- required of him in order to force the addition of further restrictions. Not only are the calculations my grandfather would be requiring of his mother-in-law too difficult, but it would be impossible for him to find cues to indicate to her that the calculations should be made, even if they were within his mother-in-law’s compass. So one is tempted to conclude that no regress is involved.” But even should this conclusion be correct, we seem to be left with an uncomfortable situation. For though we may know that we do not need an infinite series of backward-looking sub-clauses, we cannot say just how many such sub-clauses are required. “Indeed, it looks as if the definitional expansion of "By uttering x emisor E communicates that p" might have to vary from case to case, depending on such things as the nature of the intended response, the circumstances in which the attempt to elicit the response is made (say, a musical soirée at Harborne in mid-1912), and the intelligence of the utterer (in this case my grandfather) and of the addressee (his mother in law).” It is dubious whether such variation can be acceptable. However, Grice genially finds out that this ennerving difficulty (of the type some of Grice’s tutees trying to outshine him would display) is avoided if we could eliminate potential counter-examples not by requiring the emisor to have certain additional, backward-looking, intentions, but rather by requiring the emisor *not* to have a certain sort of intention or complex of intentions. Potential counterexamples of the kind involves the construction of a situation in which the emisor E intends the sendee S, in the reflection process by which the sendee S is supposed to reach his response, both to rely on some inference-element, i. e., ome premise or some inferential step, E, and also to think that the emisor E intends his sendee S not to rely on E. “What I propose, then, is to uproot such potential counterexamples by a single clause which prohibits the emisor from having this kind of complex intention.” We reach a redefinition: "the emisor E means that p by uttering x" is true iff (for some sendee S and for some response r): (a) the emisor U utters x intending (i) the sendee to produce r  (2) the sendee S to think the emisor E to intend (i) (3) the sendee S’s fulfillment of (i) to be based on the sendee S’s fulfillment of (2) (b) there is no inference-element E such that the emsior E utters x intending both (i') that the sendee S’s determination of r should rely on the inference element e and (2') that the sendee S should think the emisor E to intend that (I') be false.”

 

Tooke Ἒπεα πτερόεντα 

 

transversum -- Transversalitya term Grice borrowed from Heidegger‘the greatest philosopher that ever lived.” --  transcendence of the sovereignty of identity or self-sameness by recognizing the alterity of the Other as Unterschied  to use Heidegger’s term  which signifies the sense of relatedness by way of difference. An innovative idea employed and appropriated by such diverse philosophers as Merleau-Ponty, Sartre, Gilles Deleuze, and Félix Guattari, transversality is meant to replace the Eurocentric formulation of truth as universal in an age when the world is said to be rushing toward the global village. Universality has been a Eurocentric idea because what is particular in the West is universalized, whereas what is particular elsewhere remains particularized. Since its center is everywhere and its circumference nowhere, truth is polycentric and correlative. Particularly noteworthy is the  phenomenologist Calvin O. Schrag’s attempt to appropriate transversality by splitting the difference between the two extremes of absolutism and relativism on the one hand and modernity’s totalizing practices and postmodernity’s fragmentary tendencies on the other.

 

tropic: Grice: “Cf. Cicero, ‘Tropicus, and sub-tropicus’ –“ used by R. M. Hare and H. P. GriceHare introduced the ‘tropic’ to contrast with the ‘phrastic,’ the ‘neustic,’ and the ‘clistic’“I often wondered if Hare was not distinguishing too narrowly”H. P. Grice --trope, in recent philosophical usage, an “abstract particular”; an instance of a property occurring at a particular place and time, such as the color of the cover of this book or this . The whiteness of this  and the whiteness of the previous  are two distinct tropes, identical neither with the universal whiteness that is instantiated in both s, nor with the  itself; although the whiteness of this  cannot exist independently of this , this  could be dyed some other color. A number of writers, perhaps beginning with D. C. Williams, have argued that tropes must be included in our ontology if we are to achieve an adequate metaphysics. More generally, a trope is a figure of speech, or the use of an expression in a figurative or nonliteral sense. Metaphor and irony, e.g., fall under the category of tropes. If you are helping someone move a glass table but drop your end, and your companion says, “Well, you’ve certainly been a big help,” her utterance is probably ironical, with the intended meaning that you have been no help. One important question is whether, in order to account for the ironical use of this sentence, we must suppose that it has an ironical meaning in addition to its literal meaning. Quite generally, does a sentence usable to express two different metaphors have, in addition to its literal meaning, two metaphorical meanings  and another if it can be hyperbolic, and so forth? Many philosophers and other theorists from Aristotle on have answered yes, and postulated such figurative meanings in addition to literal sentence meaning. Recently, philosophers loath to multiply sentence meanings have denied that sentences have any non-literal meanings.Their burden is to explain how, e.g., a sentence can be used ironically if it does not have an ironical sense or meaning. Such philosophers disagree on whether tropes are to be explained semantically or pragmatically. A semantic account might hypothesize that tropes are generated by violations of semantical rules. An important pragmatic approach is Grice’s suggestion that tropes can be subsumed under the more general phenomenon of conversational implicaturum.

 

tukey’s bit: from binary digit, a unit or measure of information. Suggested by John W. Tukey, a bit is both an amount of information a reduction of eight equally likely possibilities to one generates three bits [% log2 8] of information and a system of representing that quantity. The binary system uses 1’s and 0’s.

 

Turing: Grice: “While not a philosopher, Turing’s thought experiment is about the ‘conceptual analysis’ of ‘thought’” --similar to a Griceian machine -- a machine, an abstract automaton or imagined computer consisting of a finite automaton operating an indefinitely long storage tape. The finite automaton provides the computing power of the machine. The tape is used for input, output, and calculation workspace; in the case of the universal Turing machine, it also specifies another Turing machine. Initially, only a finite number of squares of the tape are marked with symbols, while the rest are blank. The finite automaton part of the machine has a finite number of internal states and operates discretely, at times t % 0, 1, 2, . . . . At each time-step the automaton examines the tape square under its tape head, possibly changes what is there, moves the tape left or right, and then changes its internal state. The law governing this sequence of actions is deterministic and is defined in a state table. For each internal state and each tape symbol or blank under the tape head, the state table describes the tape action performed by the machine and gives the next internal state of the machine. Since a machine has only a finite number of internal states and of tape symbols, the state table of a machine is finite in length and can be stored on a tape. There is a universal Turing machine Mu that can simulate every Turing machine including itself: when the state table of any machine M is written on the tape of Mu, the universal machine Mu will perform the same input-output computation that M performs. Mu does this by using the state table of M to calculate M’s complete history for any given input. Turing machines may be thought of as conceptual devices for enumerating the elements of an infinite set e.g., the theorems of a formal language, or as decision machines e.g., deciding of any truth-functional formula whether it is a tautology. A. M. Turing showed that there are welldefined logical tasks that cannot be carried out by any machine; in particular, no machine can solve the halting problem. Turing’s definition of a machine was theoretical; it was not a practical specification for a machine. After the modern electronic computer was invented, he proposed a test for judging whether there is a computer that is behaviorally equivalent to a human in reasoning and intellectual creative power. The Turing test is a “black box” type of experiment that Turing proposed as a way of deciding whether a computer can think. Two rooms are fitted with the same input-output equipment going to an outside experimenter. A person is placed in one room and a programmed electronic computer in the other, each in communication with the experimenter. By issuing instructions and asking questions, the experimenter tries to decide which room has the computer and which the human. If the experimenter cannot tell, that outcome is strong evidence that the computer can think as well as the person. More directly, it shows that the computer and the human are equivalent for all the behaviors tested. Since the computer is a finite automaton, perhaps the most significant test task is that of doing creative mathematics about the non-enumerable infinite.

 

tychism: from Grecian tyche, ‘chance’, Peirce’s doctrine that there is absolute chance in the universe and its fundamental laws are probabilistic and inexact. Peirce’s tychism is part of his evolutionary cosmology, according to which all regularities of nature are products of growth and development, i.e., results of evolution. The laws of nature develop over time and become increasingly rigid and exact; the apparently deterministic laws of physics are limiting cases of the basic, probabilistic laws. Underlying all other laws is “the tendency of all things to take habits”; Peirce calls this the Law of Habit. In his cosmology his tychism is associated with synechism, the doctrine of the continuity of nature. His synechism involves the doctrine of the continuity of mind and matter; Peirce sometimes expressed this view by saying that “matter is effete mind.”

 

type: v. Grice’s three-year-old’s guide to Russell’s theory of type

 

ubaldi: Italian philosopher. Pietro Ubaldi (n. Foligno) filosofo. Firma di Pietro Ubaldi Nato a Foligno, vi ha vissuto sino al 1952 ad eccezione del periodo universitario, in cui ha risieduto a Roma, e nei vent'anni d'insegnamento della lingua inglese: il primo a Modica, in Sicilia, gli altri diciannove a Gubbio. Dal 1952 al 1972 si è trasferito in Brasile. Ha scritto 24 volumioltre a vari articoli e sette messaggipresentando il sistema dell'evoluzione dell'universo e considerando le leggi dell'evoluzione umana. Ha chiarito i rapporti d'involuzione ed evoluzione fra le tre dimensioni della materia, dell'energia e dello spirito, in un processo d'unificazione fra le ipotesi della scienza e i principi della fede. Nella sua visione ha cercato di spiegare il senso della vita, la funzione del dolore e la presenza del male. Candidato al premio Nobel nel 1964, all'ultimo gli fu preferito Jean-Paul Sartre. Il suo sistema filosofico fu considerato da Albert Einsteincome risulta da un carteggio"dolce e leggero" e la sua opera principale, La grande sintesi, fu giudicata da Enrico Fermi "un quadro di filosofia scientifica e antropologica etica, che oltrepassa di molto i consimili tentativi dell'ultimo secolo".   Nato in una regione influenzata dalla vicinanza con Assisi e impregnata di spiritualità francescana, iniziò la scuola nel 1891, proseguì gli studi a Roma e si laureò in Diritto nel giugno del 1910. Integrò gli studi scolastici leggendo molto, studiò inoltre pianoforte ed apprese l'inglese, il francese e il tedesco.   Pietro Ubaldi e la moglie M. Antonietta Nel 1911 viaggiò negli Stati Uniti e nel 1912 si sposò con Maria Antonietta Solfanelli, della vicina città di Matelica, dalla quale ebbe due figli: Franco, morto nella seconda guerra mondiale, e Agnese. Si occupò delle proprietà terriere sua e della moglie, che in seguito cedette in amministrazione ad altri. Nel 1927 avrebbe fatto voto di povertà e gli sarebbe apparso Cristo. L'apparizione si sarebbe ripetuta nel 1931, insieme a san Francesco di Assisi. Il giorno di Natale dello stesso anno avrebbe ricevuto il primo di numerosi "messaggi". Divenne professore di lingua e letteratura inglese, insegnando nelle scuole medie inferiori e superiori, prima a Modica, in Sicilia, e poi a Gubbio.  Tra il 1932 e il 1935, scrisse il libro La grande sintesi, nel quale espose il suo pensiero, messo all'indice nel 1939, poi riammesso da papa Giovanni XXIII. A questi anni appartengono dieci dei libri da lui scritti  A 65 anni nel 1951, dopo aver scritto dieci libri, lasciò l'insegnamento e andò in pensione. Fu invitato a fare in Brasile un giro di conferenze tra luglio e dicembre del 1951 e nel 1952 si trasferì definitivamente con la famiglia a São Vicente, presso Santos, nello stato di São Paulo, e qui scrisse altri quattordici volumi, dichiarando conclusa la sua opera nel giorno di Natale del 1971, esattamente quarant'anni dopo il primo "messaggio" ricevuto.  La sua vita può essere considerata distinta in quattro periodi ventennali, caratterizzati da un lavoro differente. Nel primo periodo (1891-1910) avrebbe cercato le risposte nella filosofia, nella religione e nella scienza senza trovarla. Il secondo periodo (1911-1930) sarebbe stato caratterizzato da una sperimentazione pratica a contatto col mondo, d'osservazione della realtà della vita. Nel terzo periodo (1931-1950) scrisse i volumi della sua opera pubblicati in italiano e nel quarto (1951-1970) la parte restante.  Pensiero Pietro Ubaldi ritiene che esiste un'unica "Sostanza", la cui essenza sarebbe il movimento e che si manifesterebbe come "materia" (statica), "energia" (dinamica) e "spirito" (vita). L'essere umano è chiamato ad evolversi ampliando la percezione della sua coscienza, che da inviduale deve farsi collettiva, per farsi poi coscienza cosmica. In tale processo viene delineato il futuro stato organico-unitario dell'umanità, generato da una nuova etica internazionale, effetto di una consapevolezza razionale e non di un emotivo pacifismo. L'uomo si inserirebbe nel fenomeno universale dell'evoluzione tramite la reincarnazione.  Considera la sua "Opera" la manifestazione del proprio destino e della propria ascesa evolutiva, proponendosi attraverso di essa di arrivare ad una conoscenza utilizzabile per risolvere i problemi della vita, in maniera consapevole e dignitosa.  La grande legge della vita, per Ubaldi, è quella dell'Amore, tale che la si dovrebbe seguire in ogni situazione: cercare ciò che unifica. Per questo fare il male significa voler andare contro la corrente del Sistema, perpetuando la separazione, produttrice di sopraffazione e violenza, sino all'autodistruzione. Fare il bene, invece, vuol dire cercare di armonizzarsi con tutto e con tutti, perseguendo quel processo di unificazione che ci riporta al centro dell'essere, che è rappresentato dalla presenza dell'ordine e della giustizia del pensiero divino. In tal senso il segreto della felicità consiste nell'inquadrarsi nell'ordine divino e la preghiera autentica consisterebbe nella docile accettazione della Legge, cooperando con la Sua azione. Così pure, il lavorare rappresenterebbe il diventare cooperatori del funzionamento organico dell'universo.  Il fine dell'esistenzasecondo Pietro Ubaldiè rappresentato dall'evoluzione. Si tratta dell'evoluzione etica, iscritta nel movimento dell'evoluzione dell'universo. L'universo viene così inteso come un'inestinguibile volontà d'amare, di creare e di affermare, in lotta col principio opposto dell'inerzia, dell'odio e della distruzione. L'etica viene concepita come dimensione ascendente, a tante dimensioni quante sono le posizioni dell'essere lungo la scala evolutiva. In tale compito evolutivo fondamentale sono gli idealiaventi la funzione di orientamento e di guida -, aventi il compito di anticipare una realtà futura da raggiungere. In questa fase evolutiva l'impegno deve essere quello della spiritualizzazione, consistente nel seguire gli ideali, che si sono configurati storicamente nelle religioni e nelle morali. Ciò può avvenire cercando di praticare la comprensione reciproca e ricercando la fratellanza universale. Si tratta di un "cammino ascensionale", frutto di libertà e volontà, attraverso le quali da un lato si struttura la nostra personalità dall'altro la vita collettiva progredisce servendosi di tali progressi.  La legge delle unità collettive rappresenta un principio evolutivo fondamentale, quello per cui tendiamo ad unioni sempre più ampie: dalla coppia alla famiglia, dalle nazioni alle unioni di popoli, sino all'unione di tutti gli esseri viventi del pianeta, pur mantenendo diversità e multiformità. Per questo, la via è quella del superamento di ogni separazione: la separazione da sé stessi, dagli altri, dal mondo. L'evoluzionismo di Ubaldi è, per tutto ciò, ben diverso da quello di Darwin: guarda all'avvenire ed intuisce oltre l'evoluzione organica già compiuta dall'essere umano. È più ampio di quello di Teilhard de Chardin, in quanto concepisce anche un processo involutivodallo spirito, attraverso l'energia, sino alla materiache motiva e sorregge la via di ritorno, evolutiva, come processo di unificazione, che dalla presenza del divino nella materia, attraverso l'energia, ascende verso la spiritualizzazione. È caratterizzato eticamente, come tensione spirituale verso il superuomo che è presente in ognuno di noi, differentemente dal superomismo di Nietzsche, sospinto dal desiderio di espandere solo le potenzialità dell'io.  La produzione della sua opera si basa sul metodo intuitivo, attraverso il quale la coscienza, facendosi umile e ricettiva, riesce a penetrare per vie interiori l'intima essenza dei fenomeni, diversamente dal metodo obiettivo che se pur ha il vantaggio di giungere a conclusioni più universali è nato senza ali, in quanto basato sulla distinzione tra l'io e il non io, tra il soggetto e l'oggetto, tra la coscienza e il mondo esteriore. I suoi scrittiseguendo le sue stesse dichiarazionisarebbero passati da una forma ispirata, collegata ad una forma di contatto telepatico con le noùri (correnti di pensiero), a livello "supercosciente", al controllo razionale dell'ispirazione ("metodo dell'intuizione razionalmente controllata"). Tale metodo avrebbe consentito di esaminare sia la "materia" che lo "spirito" nella loro armonia, unificando scienza e fede, considerate due aspetti della stessa verità. Elenco degli scritti Ciclo italiano  La grande sintesi I grandi messaggi (nell'edizione brasiliana con una vita dell'autore). La grande sintesi Le nouri ("correnti di pensiero") L'ascesi mistica. Frammenti di pensiero e di passione: La nuova civiltà del terzo millennio Problemi dell'avvenire (Il problema psicologico, filosofico, scientifico). Ascensioni umane. Dio e universo. Profezie (L'avvenire del mondo). Ciclo brasiliano  Pietro Ubaldi e Manuel Emydio Commentari (raccolta dei giudizi della stampa sui volumi precedenti). Problemi attuali. Il sistema (Genesi e struttura dell'universo). La grande battaglia. Evoluzione e Vangelo La legge di Dio La tecnica funzionale della legge di Dio Caduta e salvezza Principi di una nuova etica. La discesa degli ideali Un destino seguendo Cristo Come orientare la propria vita Cristo. Volumi pubblicati in lingua italiana Storia di un uomo, Fratelli Bocca editori, Milano 1942 Ascenzioni umane. Verso l'armonia con l'ordine cosmico, Edizioni Mediterranee, Roma 1951Cristo e la sua legge, Edizioni Mediterranee, Roma 1970 La grande sintesi. Sintesi e soluzione dei problemi della scienza e dello spirito, Edizioni Mediterranee, Roma 1980 Le noùri. Dal superumano al piano concettuale umano, Edizioni Mediterranee, Roma 1982 La nuova civiltà del terzo millennio. Verso la nuova era dello spirito, Edizioni Mediterranee, Roma 1988 Problemi dell'avvenire. La civiltà dello spirito, Edizioni Mediterranee, Roma 1990 L'ascesi mistica. Dal piano concettuale umano al superumano, Edizioni Mediterranee, Roma 2000 Dio e Universo, Edizioni Mediterranee, Roma 2002 Storia di un uomo, Edizioni del centro studi italiano di parapsicologia, Recco(Ge) 2006 Il Sistema, Edizioni del centro studi italiano di parapsicologia, Recco(Ge) 2007 La legge di Dio, Edizioni del centro studi italiano di parapsicologia, Recco(Ge) 2008 La tecnica funzionale della legge di Dio, Edizioni del centro studi italiano di parapsicologia, Recco(Ge) 2009 La discesa degli ideali, Om Edizioni, Città di Castello (Pg)  "Un destino seguendo Cristo",Om Edizioni, Città di Castello (Pg)  "Evoluzione e Vangelo", Centro Culturale Pietro Ubaldi, Foligno (Pg)   Giuseppe Arcidiacono, Pietro Ubaldi e la scienza moderna, in Atti dell'8º Convegno sul pensiero di Pietro Ubaldi, Roma 2000,73-78. Antony Elenjimittan, "La missione ecumenica di Pietro Ubaldi", in Atti dell'8º Convegno sul pensiero di Pietro Ubaldi, Roma 2000, 35-40. Paola Giovetti, "I grandi iniziati del nostro tempo", Rizzoli, Milano 1993. Franco Lanari , "Il pensiero di Pietro Ubaldi"Relazioni tenute nei quattro convegni dedicati a Pietro UbaldiRoma 1988-1989-1990, Ed. Mediterranee, Roma 1993. Franco Lanari  "Pietro UbaldiProfeta del terzo millennio" , Atti dell'8º Convegno sul pensiero di Pietro Ubaldi, Roma 2000. Filippo Liverziani, "Pietro Ubaldi e le Nòuri", in Atti dell'8º Convegno sul pensiero di Pietro Ubaldi, Roma 2000, 21-26. Ulderico Pasquale Magni, "Scienza e mistica", in Atti dell'8º Convegno sul pensiero di Pietro Ubaldi, Roma 2000, 69-72. Alfredo Marocchino, "Pietro Ubaldi profeta della intesi tra Metafisica e Nuova Fisica", in Atti dell'8º Convegno sul pensiero di Pietro Ubaldi, Roma 2000, 43-48. Luca Marzetti, La scala di Giacobbe, Perugia . Gaetano Mollo, Pietro Ubaldi biosofo dell'evoluzione umana, Ed. Mediterranee, Roma 2006. 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Carlo Splendore, "La Legge Ciclica dell'evoluzione nel pensiero di Pietro Ubaldi", in Atti dell'8º Convegno sul pensiero di Pietro Ubaldi, Roma 2000,79-88. Altri progetti Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Pietro Ubaldi  Sito ufficiale del Centro culturale "Pietro Ubaldi" di Foligno, su pietroubaldi.com. 02-02-. Comitato del Comune di Foligno per la divulgazione del pensiero di Pietro Ubaldi, presieduto da Gaetano Mollo, su gaetanomollo.it. 02-02-. L'opera di Pietro Ubaldi, su cesnur.org. 23-10- 23 giugno )., in Massimo Introvigne, PierLuigi Zoccatelli, Le religioni in Italia (sezione "Spiritismo, parapsicologia, ricerca psichica"), sul sito Cesnur.org (Center for Studies on New Religions.Refs.: Luigi Speranza, “Ubalid e Grice,” per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

Unicorno: essential Italian philosopher; unicorno (n.), filosofo. Giuseppe Unicorno  Abbozzo Questa voce sugli argomenti matematici italiani e filosofi italiani è solo un abbozzo. Contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni di .  De l'arithmetica universale, 1598 Giuseppe Unicorno (Bergamo, 15231610) matematico, filosofo e astrologo italiano.  Fu anche musicologo e teologo.  Opere Giuseppe Unicorno, De l'arithmetica universale, In Venetia, Francesco senese De Franceschi, 1598. 14 giugno . Note  Unicorno, Giuseppe Filosofia Matematica  Matematica Categorie: Matematici italiani del XVI secoloMatematici italiani del XVII secoloFilosofi italiani del XVI secoloFilosofi italiani del XVII secoloAstrologi italiani 1523 1610 BergamoMusicologi italianiTeologi italiani

 

uncertainty: one of those negativisims by Gricecfr. ‘non-certainty’ -- v. certum. It may be held that ‘uncertain’ is wrong. Grice is certain that p. It is not the case that Grice is certain that p.

 

Umanesimo rinascimentale -- humanism: Grice distinguishes between a human and a personso he is more of a personalist than a humanism. “But the distinction is implicatural.” He was especially keen on Italian humanism.  a set of presuppositions that assigns to human beings a special position in the scheme of things. Not just a school of thought or a collection of specific beliefs or doctrines, humanism is rather a general perspective from which the world is viewed. That perspective received a gradual yet persistent articulation during different historical periods and continues to furnish a central leitmotif of Western civilization. It comes into focus when it is compared with two competing positions. On the one hand, it can be contrasted with the emphasis on the supernatural, transcendent domain, which considers humanity to be radically dependent on divine order. On the other hand, it resists the tendency to treat humanity scientifically as part of the natural order, on a par with other living organisms. Occupying the middle position, humanism discerns in human beings unique capacities and abilities, to be cultivated and celebrated for their own sake. The word ‘humanism’ came into general use only in the nineteenth century but was applied to intellectual and cultural developments in previous eras. A teacher of classical languages and literatures in Renaissance Italy was described as umanista (contrasted with legista, teacher of law), and what we today call “the humanities,” in the fifteenth century was called studia humanitatis, which stood for grammar, rhetoric, history, literature, and moral philosophy. The inspiration for these studies came from the rediscovery of ancient Greek and Latin texts; Plato’s complete works were translated for the first time, and Aristotle’s philosophy was studied in more accurate versions than those available during the Middle Ages. The unashamedly humanistic flavor of classical writings had a tremendous impact on Renaissance scholars. Here, one felt no weight of the supernatural pressing on the human mind, demanding homage and allegiance. Humanitywith all its distinct capacities, talents, worries, problems, possibilitieswas the center of interest. It has been said that medieval thinkers philosophized on their knees, but, bolstered by the new studies, they dared to stand up and to rise to full stature. Instead of devotional Church Latin, the medium of expression was the people’s own languageItalian, French, German, English. Poetical, lyrical self-expression gained momentum, affecting all areas of life. New paintings showed great interest in human form. Even while depicting religious scenes, Michelangelo celebrated the human body, investing it with instrinsic value and dignity. The details of daily lifefood, clothing, musical instrumentsas well as nature and landscapedomestic and exoticwere lovingly examined in paintings and poetry. Imagination was stirred by stories brought home by the discoverers of new lands and continents, enlarging the scope of human possibilities as exhibited in the customs and the natural environments of strange, remote peoples. The humanist mode of thinking deepened and widened its tradition with the advent of eighteenth-century thinkers. They included French philosophes like Voltaire, Diderot, and Rousseau, and other European and American figuresBentham, Hume, Lessing, Kant, Franklin, and Jefferson. Not always agreeing with one another, these thinkers nevertheless formed a family united in support of such values as freedom, equality, tolerance, secularism, and cosmopolitanism. Although they championed untrammeled use of the mind, they also wanted it to be applied in social and political reform, encouraging individual creativity and exalting the active over the contemplative life. They believed in the perfectibility of human nature, the moral sense and responsibility, and the possibility of progress. The optimistic motif of perfectibility endured in the thinking of nineteenth- and twentiethcentury humanists, even though the accelerating pace of industrialization, the growth of urban populations, and the rise in crime, nationalistic squabbles, and ideological strife leading to largescale inhumane warfare often put in question the efficacy of humanistic ideals. But even the depressing run of human experience highlighted the appeal of those ideals, reinforcing the humanistic faith in the values of endurance, nobility, intelligence, moderation, flexibility, sympathy, and love. Humanists attribute crucial importance to education, conceiving of it as an all-around development of personality and individual talents, marrying science to poetry and culture to democracy. They champion freedom of thought and opinion, the use of intelligence and pragmatic research in science and technology, and social and political systems governed by representative institutions. Believing that it is possible to live confidently without metaphysical or religious certainty and that all opinions are open to revision and correction, they see human flourishing as dependent on open communication, discussion, criticism, and unforced consensus. Refs.: H. P. Grice, “Italian humanism, Holofernes’s Mantuan, from Petrarca to Valla.”

 

unexpected examination paradox, a paradox about belief and prediction. One version is as follows: It seems that a teacher could both make, and act on, the following announcement to his class: “Sometime during the next week I will set you an examination, but at breakfast time on the day it will occur, you will have no good reason to expect that it will occur on that day.” If he announces this on Friday, could he not do what he said he would by, say, setting the examination on the following Wednesday? The paradox is that there is an argument purporting to show that there could not be an unexpected examination of this kind. For let us suppose that the teacher will carry out his threat, in both its parts; i.e., he will set an examination, and it will be unexpected. Then he cannot set the examination on Friday assuming this to be the last possible day of the week. For, by the time Friday breakfast arrives, and we know that all the previous days have been examination-free, we would have every reason to expect the examination to occur on Friday. So leaving the examination until Friday is inconsistent with setting an unexpected examination. For similar reasons, the examination cannot be held on Thursday. Given our previous conclusion that it cannot be delayed until Friday, we would know, when Thursday morning came, and the previous days had been examination-free, that it would have to be held on Thursday. So if it were held on Thursday it would not be unexpected. So it cannot be held on Thursday. Similar reasoning sup938 U   938 posedly shows that there is no day of the week on which it can be held, and so supposedly shows that the supposition that the teacher can carry out his threat must be rejected. This is paradoxical, for it seems plain that the teacher can carry out his threat. Refs.: H. P. Grice, “Grice’s book of paradoxes, with pictures and illustrations to confuse you.”

 

uniformity of natureGrice: “’uniformity’ has nothing to do with ‘form’ here!”Grice: “I once used the phrase in a tutorial with Hardie: “What do you mean by ‘of’?’ he asked” --  a state of affairs thought to be required if induction is to be justified. For example, inductively strong arguments, such as ‘The sun has risen every day in the past; therefore, the sun will rise tomorrow’, are thought to presuppose that nature is uniform in the sense that the future will resemble the past, in this case with respect to the diurnal cycle. The Scottish empiricist Hume was the first to make explicit that the uniformity of nature is a substantial assumption in inductive reasoning. Hume argued that, because the belief that the future will resemble the past cannot be grounded in experience  for the future is as yet unobserved  induction cannot be rationally justified; appeal to it in defense of induction is either question-begging or illicitly metaphysical. Francis Bacon’s “induction by enumeration” and J. S. Mill’s “five methods of experimental inquiry” presuppose that nature is uniform. Whewell appealed to the uniformity of nature in order to account for the “consilience of inductions,” the tendency of a hypothesis to explain data different from those it was originally introduced to explain. For reasons similar to Hume’s, Popper holds that our belief in the uniformity of nature is a matter of faith. Reichenbach held that although this belief cannot be justified in advance of any instance of inductive reasoning, its presupposition is vindicated by successful inductions. It has proved difficult to formulate a philosophical statement of the uniformity of nature that is both coherent and informative. It appears contradictory to say that nature is uniform in all respects, because inductive inferences always mark differences of some sort e.g., from present to future, from observed to unobserved, etc., and it seems trivial to say that nature is uniform in some respects, because any two states of nature, no matter how different, will be similar in some respect. Not all observed regularities in the world or in data are taken to support successful inductive reasoning; not all uniformities are, to use Goodman’s term, “projectible.” Philosophers of science have therefore proposed various rules of projectibility, involving such notions as simplicity and explanatory power, in an attempt to distinguish those observed patterns that support successful inductions and thus are taken to represent genuine causal relations from those that are accidental or spurious. 

 

unity in diversity, in aesthetics, the principle that the parts of the aesthetic object must cohere or hang together while at the same time being different enough to allow for the object to be complex. This principle defines an important formal requirement used in judging aesthetic objects. If an object has insufficient unity e.g., a collection of color patches with no recognizable patterns of any sort, it is chaotic or lacks harmony; it is more a collection than one object. But if it has insufficient diversity e.g., a canvas consisting entirely of one color with no internal differentiations, it is monotonous. Thus, the formal pattern desired in an aesthetic object is that of complex parts that differ significantly from each other but fit together to form one interdependent whole such that the character or meaning of the whole would be changed by the change of any part. 

 

universal instantiation: Grice: “Slightly confusing in that the universe is not a pluri-verse.” -- discussed by Grice in his System G -- also called universal quantifier elimination. 1 The argument form ‘Everything is f; therefore a is f’, and arguments of this form. 2 The rule of inference that permits one to infer that any given thing is f from the premise that everything is f. In classical logic, where all terms are taken to denote things in the domain of discourse, the rule says simply that from vA[v] one may infer A[t], the result of replacing all free occurrences of v in A[v] by the term t. If non-denoting terms are allowed, however, as in free logic, then the rule would require an auxiliary premise of the form Duu % t to ensure that t denotes something in the range of the variable v. Likewise in modal logic, which is sometimes held to contain terms that do not denote “genuine individuals” the things over which variables range, an auxiliary premise may be required. 3 In higher-order logic, the rule of inference that says that from XA[X] one may infer A[F], where F is any expression of the grammatical category e.g., n-ary predicate appropriate to that of X e.g., n-ary predicate variable.  -- universale: Grice: “Very Ciceroniannot found in Aristotle.” -- Like ‘qualia,’ which is the plural for ‘quale,’ ‘universalia’ is the plural for ‘universale.’ The totum for Grice on “all” -- This is a Gricism. It all started with arbor porphyriana. It is supposed to translate Aristotle’s “to kath’olou” (which happens to be one of the categories in Kant, “alleheit,” and which Aristotle contrasts with “to kath’ekastou,” (which Kant has as a category, SINGULARITAS. For a nominalist, any predicate is a ‘name,’ hence ‘nominalism.’ Opposite ‘realism.’ “Nominalism” is actually a momer. The opposite of realism is anti-realism. We need something like ‘universalism,’ (he who believes in the existence, not necessary ‘reality’ of a universal) and a ‘particularist,’ or ‘singularist,’ who does not. Note that the opposite of ‘particularism,’ is ‘totalism.’ (Totum et pars). Grice holds a set-theoretical approach to the universalium. Grice is willing to provide always a set-theoretical extensionalist (in terms of predicate) and an intensionalist variant in terms of property and category. Grice explicitly uses ‘X’ for utterance-type (WOW:118), implying a distinction with the utterance-token. Grice gets engaged in a metabolical debate concerning the reductive analysis of what an utterance-type means in terms of a claim to the effect that, by uttering x, an utterance-token of utterance-type X, the utterer means that p. The implicaturum is x (utterance-token). Grice is not enamoured with the type/token or token/type distinction. His thoughts on logical form are provocative. f you cannot put it in logical form, it is not worth saying. Strawson infamously reacted with a smile. Oh, no: if you CAN put it in logical form, it is not worth saying. Grice refers to the type-token distinction when he uses x for token and X for type. Since Bennett cares to call Grice a meaning-nominalist we should not care about the type X anyway. He expands on this in Retrospective Epilogue. Grice should have payed more attention to the distinction seeing that it was Ogdenian. A common mode of estimating the amount of matter in a printed book is to count the number of words. There will ordinarily be about twenty thes on a page, and, of course, they count as twenty words. In another use of the word word, however, there is but one word the in the English language; and it is impossible that this word should lie visibly on a page, or be heard in any voice. Such a Form, Peirce, as cited by Ogden and Richards, proposes to term a type. A single object such as this or that word on a single line of a single page of a single copy of a book, Peirce ventures to call a token. In order that a type may be used, it has to be embodied in a token which shall be a sign of the type, and thereby of the object the type signifies, and Grice followed suit. Refs.: Some of the sources are given under ‘abstractum.’ Also under ‘grecianism,’ since Grice was keen on exploring what Aristotle has to say about this in Categoriae, due to his joint research with Austin, Code, Friedman, and Strawson. Grice also has a specific Peirceian essay on the type-token distinction. BANC. Grice“A Ciceronian technicism, not found in Aristotle. -- (‘the altogether nice girl’) dictum de omni et nullo, also dici de omni et nullo Latin, ‘said of all and none’, two principles that were supposed by medieval logicians to underlie all valid syllogisms. Dictum de omni applies most naturally to universal affirmative propositions, maintaining that in such a proposition, whatever falls under the subject term also falls under the predicate term. Thus, in ‘Every whale is a mammal’, whatever is included under ‘whale’ is included under ‘mammal’. Dictum de nullo applies to universal negative propositions, such as ‘No whale is a lizard’, maintaining that whatever falls under the subject term does not fall under the predicate term.  SYLLOGISM. W.E.M. Diderot, Denis 171384,  philosopher, Encyclopedist, dramatist, novelist, and art critic, a champion of Enlightenment values. He is known primarily as general editor of the Encyclopedia 174773, an analytical and interpretive compendium of eighteenth-century science and technology. A friend of Rousseau and Condillac, Diderot tr. Shaftesbury’s Inquiry Concerning Virtue 1745 into . Revealing Lucretian affinities Philosophical Thoughts, 1746, he assailed Christianity in The Skeptics’ Walk 1747 and argued for a materialistic and evolutionary universe Letter on the Blind, 1749; this led to a short imprisonment. Diderot wrote mediocre bourgeois comedies; some bleak fiction The Nun, 1760; and two satirical dialogues, Rameau’s Nephew 1767 and Jacques the Fatalist 176584, his masterpieces. He innovatively theorized on drama Discourse on Dramatic Poetry, 1758 and elevated art criticism to a literary genre Salons in Grimm’s Literary Correspondence. At Catherine II’s invitation, Diderot visited Saint Petersburg in 1773 and planned the creation of a Russian . Promoting science, especially biology and chemistry, Diderot unfolded a philosophy of nature inclined toward monism. His works include physiological investigations, Letter on the Deaf and Dumb 1751 and Elements of Physiology 177480; a sensationalistic epistemology, On the Interpretation of Nature 1745; an aesthetic, Essays on Painting 1765; a materialistic philosophy of science, D’Alembert’s Dream 1769; an anthropology, Supplement to the Voyage of Bougainville 1772; and an anti-behavioristic Refutation of Helvétius’ Work “On Man” 177380.  -- universalisability: -- Grice: ‘Slightly confusing, in that the universe is not a pluri-verse” -- discussed along three dimension by Grice: applicational conceptual, and formal. -- 1 Since the 0s, the moral criterion implicit in Kant’s first formulation of the categorical imperative: “Act only on that maxim that you can at the same time will to be a universal law,” often called the principle of universality. A maxim or principle of action that satisfies this test is said to be universalizable, hence morally acceptable; one that does not is said to be not universalizable, hence contrary to duty. 2 A second sense developed in connection with the work of Hare in the 0s. For Hare, universalizability is “common to all judgments which carry descriptive meaning”; so not only normative claims moral and evaluative judgments but also empirical statements are universalizable. Although Hare describes how such universalizuniversal universalizability 940   940 ability can figure in moral argument, for Hare “offenses against . . . universalizability are logical, not moral.” Consequently, whereas for Kant not all maxims are universalizable, on Hare’s view they all are, since they all have descriptive meaning. 3 In a third sense, one that also appears in Hare, ‘universalizability’ refers to the principle of universalizability: “What is right or wrong for one person is right or wrong for any similar person in similar circumstances.” This principle is identical with what Sidgwick The Methods of Ethics called the Principle of Justice. In Generalization in Ethics 1 by M. G. Singer b.6, it is called the Generalization Principle and is said to be the formal principle presupposed in all moral reasoning and consequently the explanation for the feature alleged to hold of all moral judgments, that of being generalizable. A particular judgment of the form ‘A is right in doing x’ is said to imply that anyone relevantly similar to A would be right in doing any act of the kind x in relevantly similar circumstances. The characteristic of generalizability, of presupposing a general rule, was said to be true of normative claims, but not of all empirical or descriptive statements. The Generalization Principle GP was said to be involved in the Generalization Argument GA: “If the consequences of everyone’s doing x would be undesirable, while the consequences of no one’s doing x would not be, then no one ought to do x without a justifying reason,” a form of moral reasoning resembling, though not identical with, the categorical imperative CI. One alleged resemblance is that if the GP is involved in the GP, then it is involved in the CI, and this would help explain the moral relevance of Kant’s universalizability test. 4 A further extension of the term ‘universalizability’ appears in Alan Gewirth’s Reason and Morality 8. Gewirth formulates “the logical principle of universalizability”: “if some predicate P belongs to some subject S because S has the property Q . . . then P must also belong to all other subjects S1, S2, . . . , Sn that have Q.” The principle of universalizability “in its moral application” is then deduced from the logical principle of universalizability, and is presupposed in Gewirth’s Principle of Generic Consistency, “Act in accord with the generic rights of your recipients as well as yourself,” which is taken to provide an a priori determinate way of determining relevant similarities and differences, hence of applying the principle of universalizability. The principle of universalizability is a formal principle; universalizability in sense 1, however, is intended to be a substantive principle of morality.    -- universalisierung:   Grice: “Ironically, the Dutch so careful with their lingo, this is vague, in that the universe is not a pluriverse.” -- While Grice uses ‘universal,’ he means like Russell, the unnecessary implication of ‘every.’ Oddly, Kant does not relate this –ung with the first of his three categories under ‘quantitas,’ the universal. But surely they are related. Problem is that Kant wasn’t aware because he kept moving from the Graeco-Roman classical vocabulary to the Hun. Thus, Kant has “Allheit,” which he renders in Latinate as “Universitas,” and “Totalität,” gehört in der Kategorienlehre des Philosophen Immanuel Kant zu den reinen Verstandesbegriffen, d. h. zu den Elementen des Verstandes, welche dem Menschen bereits a priori, also unabhängig von der sinnlichen Erfahrung gegeben sind. “Allheit” wird wie Einheit und Vielheit den Kategorien der “Quantität” zugeordnet und entspricht den Einzelnen Urteilen (Urteil hier im Sinn von 'Aussage über die Wirklichkeit') in der Form „Ein S ist P“, also z. B. „Immanuel Kant ist ein Philosoph“. Sie wird von Kant definiert als „die Vielheit als Einheit betrachtet“ (KrV, B 497 f.). Siehe auch Transzendentale Analytik Weblinks. AllheitBedeutungserklärungen, Wortherkunft, Synonyme, Übersetzungen Einzelnachweise  Immanuel Kant: Kritik der reinen Vernunft. Reclam, Stuttgart 1966,  3-15-006461-9.  Peter Kunzmann, Franz-Peter Burkard, Franz Wiedmann: dtv-Atlas zur Philosophie. dtv, München 1991,  3-423-03229-4, S. 136 ff.  Zitiert nach Arnim Regenbogen, Uwe Meyer (Hrsg.): Wörterbuch der Philosophischen Begriffe. Meiner, Hamburg 2005,  3-7873-1738-4: Allheit Kategorie: Ontologie. Referred to by Grice in his “Method,”“A requisite for a maxim to enter my manual, which I call the Immanuel, is that it should be universalizable. Die Untersuchung zur »Universalisierung in der Ethik« greift eine Problematik auf, die für eine Reihe der prominentesten Ethikentwürfe der Gegenwart sowohl des deutschsprachigen wie des angelsächsischen Raumes zentral ist, nämlich ob der normative Rationalitätsanspruch, den ethische Argumentationen erheben, auf eine dem wissenschaftlichen Anspruch der deskriptiven Gesetzeswissenschaften vergleichbare Weise eingelöst werden kann, nämlich durch Verallgemeinerungs- oder Universalisierungsprinzipien. universalizability Ethics The idea that moral judgments should be universalizable can be traced to the Golden Rule and Kant’s ethics. In the twentieth century it was elaborated by Hare and became a major thesis of his prescriptivism. The principle states that all moral judgments are universalizable in the sense that if it is right for a particular person A to do an action X, then it must likewise be right to do X for any person exactly like A, or like A in the relevant respects. Furthermore, if A is right in doing X in this situation, then it must be right for A to do X in other relevantly similar situations. Hare takes this feature to be an essential feature of moral judgments. An ethical statement is the issuance of a universal prescription. Universalizability is not the same as generality, for a moral judgment can be highly specific and detailed and need not be general or simple. The universalizability principle enables Hare to avoid the charge of irrationality that is usually lodged against non-cognitivism, to which his prescriptivism belongs, and his theory is thus a great improvement on emotivism. “I have been maintaining that the meaning of the word ‘ought’ and other moral words is such that a person who uses them commits himself thereby to a universal rule. This is the thesis of universalizability.” Hare, Freedom and Reason. -- universe of discourse: Grice: “The phrase is confusing, seeing the uni-verse, is not a pluri-verse.” Tthe usually limited class of individuals under discussion, whose existence is presupposed by the discussants, and which in some sense constitutes the ultimate subject matter of the discussion. Once the universe of a discourse has been established, expressions such as ‘every object’ and ‘some object’ refer respectively to every object or to some object in the universe of discourse. The concept of universe of discourse is due to De Morgan in 1846, but the expression was coined by Boole eight years later. When a discussion is formalized in an interpreted standard first-order language, the universe of discourse is taken as the “universe” of the interpretation, i.e., as the range of values of the variables. Quine and others have emphasized that the universe of discourse represents an ontological commitment of the discussants. In a discussion in a particular science, the universe of discourse is often wider than the domain of the science, although economies of expression can be achieved by limiting the universe of discourse to the domain.

 

unstructured: Typically, Grice is more interested in the negatives: the unstructured is prior to the structured, surely. Grice: “Paget was able to structure compositionality with his hands!” -- one of those negativisms of Grice (cfr. ‘non-structured’). Surely Grice cared a hoot for French anthropological structuralism! So he has the ‘unstructured’ followed by the structured. A handwave is unstructured, meaning syntactically unstructured, and in it you have all the enigma of reason resolved. By waving his hand, U means that SUBJECT: the emissor, copula IS, predicate: A KNOWER OF THE ROUTE, or ABOUT TO LEAVE the emissor.There is a lot of structure in the soul of the emissor. So apply this to what Grice calls a ‘soul-to-soul transfer’ to which he rightly reduces communication. Even if it is n unstructured communication device, and maybe a ‘one-off’ one, to use Blackburn’s vulgarism, we would have the three types of correspondence of Grice’s Semantic Triangle obtaining. First, the psychophysical. The emissor knows the route, and he shows it. And he wants the emissee to ‘catch’ or get the emissor’s drift. It is THAT route which he knows. So the TWO psychophysical correspondences obtain. Then there are the two psychosemiotic correspondences. The emissor intends that the emissor will recognise the handwave as a signal that he, the emissor, knows the route. As for the emissee’s psychosemiotic correspondence: he better realise it is THAT routeto Banbury, surely, with bells in his shoes, as Grice’s mother would sing to him. And then we have the two semio-physical correspondences. If the emissor DOES know the route (and he is not lying, or rather, he is not mistaken about it), then that’s okay. Many people say or signal that they know because they feel ashamed to admit their ignorance. So it is very expectable, outside Oxford, to have someone waving meaning that he knows the route, when he doesn’t. This is surely non-natural, because it’s Kiparsky-non-factive. Waving the hand thereby communicating that he knows the route does not entail that he knows the route (as ‘spots’ do entail measles). From the emissee’s point of view, provided the emissor knows the route and shows it, the emissee will understand, hopefully, and feel assured that the emissor will hopefully reach the destination, Banbury, surely, safely enough.

 

uptake: used by Grice slightly different from Austin. Austin: “The performance of an illocutionary act involves the securing of uptake.” “I distinguish some senses of consequences and effects, especially three senses in which effects can come in even with illocutionary acts, viz. securing uptake, taking effect, and inviting a response.” “Comparing stating to what we have said about the illocu-  tionary act, it is an act to which, just as much as to other  illocutionary acts, it is essential to ‘secure uptake’ : the  doubt about whether I stated something if it was not  heard or understood is just the same as the doubt about  whether I warned sotto voce or protested if someone did  not take it as a protest, &c. And statements do ‘take  effect’ just as much as ‘namings’, say: if I have stated  something, then that commits me to other statements:  other statements made by me will be in order or out of  order.” Refs.: H. P. Grice, “Verstehen and uptake.”

 

urmson’s bribe: Urmson’s use of the bribe is ‘accidental.’ What Urmson is getting at is that if the briber intends the bribe acts as a cause to effect a response, even a cognitive one, in the bribe, the propositional complexum, “This is a bribe,” should not necessarily be communicated. It is amazing how Grice changed the example into one about physical action. They seem different. On the other hand, Grice would not have cared to credit Urmson had it not believed it worth knowing that the criticism arose within the Play Group (Grice admired Urmson). In his earlier “Meaning,” Grice presents his own self-criticisms to arrive at a more refined analysis. But in “Utterer’s meaning and intention,” when it comes to the SUFFICIENCY, it’s all about other people: notably Urmson and Strawson. Grice cites Stampe before Strawson, but many ignore Stampe on the basis that Strawson does not credit him, and there is no reason why he should have been aware of it. But Stampe was at Oxford at the time so this is worth noting. It has to be emphasised that the author list is under ‘sufficiency.’ Under necessity, Grice does not credit the source of the objections, so we can assume it is Grice himself, as he had presented criticisms to his own view within the same ‘Meaning.’ It is curious that Grice loved Stampe. Grice CHANGED Urmon’s example, and was unable to provide a specific scenario to Strawson’s alleged counterexample, because Strawson is vague himself. But Stampe’s, Grice left unchanged. It seems few Oxonian philosohpers of Grice’s playgroup had his analytic acumen. Consider his sophisticated account of ‘meaning.’ It’s different if you are a graduate student from the New World, and you have to prove yourself intelligent. But for Grice’s playgroup companion, only three or four joined in the analysis. The first is Urmson. The second is Strawson. The case by Urmson involved a tutee offering to buy Gardiner an expensive dinner, hoping that Gardiner will give him permission for an over-night visit to London. Gardiner knows that his tutee wants his permission. The appropriate analysans for "By offering to buy Gardiner an expensive dinner, the tuttee means that Gardiner should give him permission for an overnight stay in London" are fulfilled: (1) The tutee offers to buy Gardiner an expensive dinner with the intention of producing a certain response on the part of Gardiner (2) The tutee intends that Gardiner should recognize (know, think) that the tutee is offering to buy him an expensive dinner with the intention of producing this response; (3) The tutee intends that Gardiners recognition (thought) that the tutee has the intention mentioned in (2) should be at least part of Gardiners reason for producing the response mentioned. If in general to specify in (i) the nature of an intended response is to specify what was meant, it should be correct not only to say that by offering to buy Gardiner an expensive dinner, the tutee means that Gardiner is to give him permission for an overnight stay in London, but also to say that he meas that Gardiner should (is to) give him permission for an over-night visit to London. But in fact one would not wish to say either of these things; only that the tutee meant Gardiner to give him permission. A restriction seems to be required, and one which might serve to eliminate this range of counterexamples can be identified from a comparison of two scenarios. Grice goes into a tobacconists shop, ask for a packet of my favorite cigarettes, and when the unusually suspicious tobacconist shows that he wants to see the color of my money before he hands over the goods, I put down the price of the cigarettes on the counter. Here nothing has been meant. Alternatively, Grice goes to his regular tobacconist (from whom I also purchase other goods) for a packet of my regular brand of Players Navy Cuts, the price of which is distinctive, say 43p. Grice says nothing, but puts down 43p. The tobacconist recognizes my need, and hands over the packet. Here, I think, by putting down 43p I meant something-Namesly, that I wanted a packet of Players Navy Cuts. I have at the same time provided an inducement. The distinguishing feature of the second example seems to be that here the tobacconist recognized, and was intended to recognize, what he was intended to do from my "utterance" (my putting down the money), whereas in the first example this was not the case. Nor is it the case with respect to Urmson’s case of the tutees attempt to bribe Gardiner. So one might propose that the analysis of meaning be amended accordingly. U means something by uttering x is true if: (i) U intends, by uttering x, to induce a certain response in A (2) U intends A to recognize, at least in part from the utterance of x, that U intends to produce that response (3) U intends the fulfillment of the intention mentioned in (2) to be at least in part As reason for fulfilling the intention mentioned in (i). This copes with Urmsons counterexample to Grices proposal in the Oxford Philosophical Society talk involving the tutee attempting to bribe Gardiner.  Urmson’s super-erogation: ‘super-erogatum --. 1520s, "performance of more than duty requires," in Catholic theology, from Late Latin supererogationem (nominative supererogatio) "a payment in addition," noun of action from past participle stem of supererogare "pay or do additionally," from Latin super "above, over" (see super-) + erogare "pay out," from ex "out" (see ex-) + rogare "ask, request," apparently a figurative use of a PIE verb meaning literally "to stretch out (the hand)," from root *reg- "move in a straight line." Grice got interested in this thanks to J. O. Urmson who discussed his ‘saints and heroes’ with the Saturday morning kindergarten held by Austin -- the property of going beyond the call of duty. Supererogatory actions are sometimes equated with actions that are morally good in the sense that they are encouraged by morality but not required by it. Sometimes they are equated with morally commendable actions, i.e., actions that indicate a superior moral character. It is quite common for morally good actions to be morally commendable and vice versa, so that it is not surprising that these two kinds of supererogatory actions are not clearly distinguished even though they are quite distinct. Certain kinds of actions are not normally considered to be morally required, e.g., giving to charity, though morality certainly encourages doing them. However, if one is wealthy and gives only a small amount to charity, then, although one’s act is supererogatory in the sense of being morally good, it is not supererogatory in the sense of being morally commendable, for it does not indicate a superior moral character. Certain kinds of actions are normally morally required, e.g., keeping one’s promises. However, when the harm or risk of harm of keeping one’s promise is sufficiently great compared to the harm caused by breaking the promise to excuse breaking the promise, then keeping one’s promise counts as a supererogatory act in the sense of being morally commendable. Some versions of consequentialism claim that everyone is always morally required to act so as to bring about the best consequences. On such a theory there are no actions that are morally encouraged but not required; thus, for those holding such theories, if there are supererogatory acts, they must be morally commendable. Many versions of non-consequentialism also fail to provide for acts that are morally encouraged but not morally required; thus, if they allow for supererogatory acts, they must regard them as morally required acts done at such significant personal cost that one might be excused for not doing them. The view that all actions are either morally required, morally prohibited, or morally indifferent makes it impossible to secure a place for supererogatory acts in the sense of morally good acts. This view that there are no acts that are morally encouraged but not morally required may be the result of misleading terminology. Both Kant and Mill distinguish between duties of perfect obligation and duties of imperfect obligation, acknowledging that a duty of imperfect obligation does not specify any particular act that one is morally required to do. However, since they use the term ‘duty’ it is very easy to view all acts falling under these “duties” as being morally required. One way of avoiding the view that all morally encouraged acts are morally required is to avoid the common philosophical misuse of the term ‘duty’. One can replace ‘duties of perfect obligation’ with ‘actions required by moral rules’ and ‘duties of imperfect obligation’ with ‘actions encouraged by moral ideals’. However, a theory that includes the kinds of acts that are supererogatory in the sense of being morally good has to distinguish between that sense of ‘supererogatory’ and the sense meaning ‘morally commendable’, i.e., indicating a superior moral character in the agent. For as pointed out above, not all morally good acts are morally commendable, nor are all morally commendable acts morally good, even though a particular act may be supererogatory in both senses. urmsonianism. Urmson is possibly more English than Grice, in that ‘gris’ is Nordicbut Urmson, with such a suffix, -son, HAS to be English English! Plus, he is a charmer! Who other than Urmson would come up with a counter-example to the sufficiency of Grice’s analysis of an act of communication. In a case of bribery, the response or effect in the emittee is NOT meant to be recognised. So we need a further restriction unless we want to say that the briber means that his emittee recognise the ‘gift’ as a meta-bribe. Refs.: Urmson, “Introduction” to Austin’s Philosophical Papers, cited by Grice. Urmson, Introduction to Austin’s How to do things with words, cited by Grice. Urmson on Grice, “The Independent.” Urmson on pragmatics. Refs.: H. P. Grice, “Urmson’s supererogation,” H. P. Grice, “Urmson no saint, hero perhaps –.” H. P. Grice, “Urmson, my hero.”

 

use-mention distinction: Grice: “I once used Jevons’s coinage in a tutorial with Hardie; he said, ‘What do you mean by ‘of’?’” -- Grice: “Strictly, if you mention, you are using!” -- discussed by Grice in “Retrospective epilogue”the only use of a vehicle of communication is to communicate. two ways in which terms enter into discourse  used when they refer to or assert something, mentioned when they are exhibited for consideration of their properties as terms. If I say, “Mary is sad,” I use the name ‘Mary’ to refer to Mary so that I can predicate of her the property of being sad. But if I say, “ ‘Mary’ contains four letters,” I am mentioning Mary’s name, exhibiting it in writing or speech to predicate of that term the property of being spelled with four letters. In the first case, the sentence occurs in what Carnap refers to as the material mode; in the second, it occurs in the formal mode, and hence in a metalanguage a language used to talk about another language. Single quotation marks or similar orthographic devices are conventionally used to disambiguate mentioned from used terms. The distinction is important because there are fallacies of reasoning based on usemention confusions in the failure to observe the use mention distinction, especially when the referents of terms are themselves linguistic entities. Consider the inference: 1 Some sentences are written in English. 2 Some sentences are written in English. Here it looks as though the argument offers a counterexample to the claim that all arguments of the form ‘P, therefore P’ are circular. But either 1 asserts that some sentences are written in English, or it provides evidence in support of the conclusion in 2 by exhibiting a sentence written in English. In the first case, the sentence is used to assert the same truth in the premise as expressed in the conclusion, so that the argument remains circular. In the second case, the sentence is mentioned, and although the argument so interpreted is not circular, it is no longer strictly of the form ‘P, therefore P’, but has the significantly different form, ‘ “P” is a sentence written in English, therefore P’. 

 

usus: ad usum griceianum -- use: Grice: “I would rephrase Vitter’s adage, ‘Don’t ask for the expression meaning, as for the UTTERER’s meaning, if you have to axe at all!” -- while Grice uses ‘use,’ as Ryle once told him, ‘you should use ‘usage, too.’ Parkinson was nearby. When Warnock commissioned Parkinson to compile a couple of Oxonian essays on meaning and communication, Parkinson unearthed the old symposium by Ryle and Findlay on the matter. Typically, when Ryle reprinted it, he left Findlay out!

 

v: Winspeare’s VGrice: “Before browsing the v, one should always look for the “V” in Davide Winspeare’s genial ‘dizionario filosofico.’ The poor man move from Yorkshire to the heart of the Graeco-Roman history, and his linguistic botanising supersedes Austin’s anytime, who never left the plains!” --.

 

vacca: Essential Italian philosopher. Grice: “My favourite of his books is “L’ala del silenzo”great title, from Alighieriabout litotes and understatement --.Deputato della Repubblica Italiana LegislatureIX, X Gruppo parlamentarePCI CollegioBari Sito istituzionale Dati generali Partito politicoPartito Comunista Italiano, Partito Democratico della Sinistra, Partito Democratico Titolo di studiolaurea in giurisprudenza e filosofia del diritto Professione docente universitario Giuseppe Vacca (Bari), filosofo. Si laureò in filosofia del diritto discutendo una tesi sulla filosofia politica e giuridica di Croce. Fin dagli anni giovanili ha sempre svolto una intensa attività di organizzatore di cultura, culminata con l'impegno dedicato alla casa editrice De Donato tra i primi anni ’70 e il 1983. Membro del comitato centrale del Partito Comunista Italiano dal 1972 al 1991, è poi stato nella direzione del Partito Democratico della Sinistra. Libero docente in Storia delle dottrine politiche nel 1966, nel 1975 vinse la cattedra di tale disciplina presso l'Bari. -- è stato nel consiglio di amministrazione della RAI. Deputato per il PCI nella IX e X Legislatura nella circoscrizione elettorale Bari-Foggia. In occasione delle elezioni comunali del 1999, si è candidato a sindaco con il sostegno della coalizione di centro-sinistra, ma è stato sconfitto da Simeone Di Cagno Abbrescia. Ha ricoperto incarichi di partito in Puglia e a livello nazionale.  Ha rivolto poi i suoi studi alla storia del marxismo contemporaneo. Dal gennaio 1988 al 1999 ha diretto la Fondazione Istituto Gramsci di Roma, diventandone poi Presidente fino al . Membro del Cda dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana dal 2000 al , presiede la Commissione scientifica dell’Edizione nazionale degli scritti di Antonio Gramsci. Gli scritti di Giuseppe Vacca sono tradotti nelle principali lingue europee; la sua vasta attività di conferenziere, le opere e il suo pensiero sono ampiamente note all'estero.  Professore di Storia delle dottrine politiche nell’Bari (1968-1997), si è occupato in particolare dell'idealismo novecentesco e dell'hegelismo italiano nella seconda metà del XIX secolo, con particolare riferimento alla genesi del marxismo in Italia.  Opere Politica e filosofia in Bertrando Spaventa, Bari, Laterza, 1967. Lukàcs o Korsch?, Bari, De Donato, 1969. Marxismo e analisi sociale, Bari, De Donato, Scienza, Stato e critica di classe. Galvano Della Volpe e il marxismo, Bari, De Donato, 1970. Politica e teoria nel marxismo italiano,Antologia critica, Bari, De Donato, 1972. PCI, Mezzogiorno e intellettuali. Dalle alleanze all'organizzazione, a cura di, Bari, De Donato, 1973. Saggio su Togliatti e la tradizione comunista, Bari, De Donato, 1974. Osservatorio meridionale. Temi di politica culturale tra gli anni '60 e '70, Bari, De Donato, Quale democrazia. Problemi della democrazia di transizione, Bari, De Donato, 1977. Criticità e trasformazione. Korsch teorico e politico,  Bari, Dedalo, 1978. Gli intellettuali di sinistra e la crisi del 1956, a cura di, Roma, Editori Riuniti, 1978. Comunicazioni di massa e democrazia, a cura di, Roma, Editori Riuniti, 1980. L'informazione negli anni Ottanta, Roma, Editori Riuniti, Il marxismo e gli intellettuali. Dalla crisi di fine secolo ai Quaderni del carcere, Roma, Editori Riuniti, Tra compromesso e solidarietà. La politica del PCI negli anni '70, Roma, Editori Riuniti, Gorbačëv e la sinistra europea, Roma, Editori Riuniti, Tra Italia e Europa. Politiche e cultura dell'alternativa, Milano, Angeli, Gramsci e Togliatti, Roma, Editori Riuniti,  Dal PCI al PDS. Intervista, Teresa Bartoli intervista Giuseppe Vacca, Bari, Delphos, 1991. Togliatti sconosciuto, Roma, l'Unità, 1994. Pensare il mondo nuovo. Verso la democrazia del XXI secolo, Cinisello Balsamo, San Paolo, Per una nuova Costituente, Milano, PasSaggi Bompiani, Vent'anni dopo. La sinistra fra mutamenti e revisioni, Torino, Einaudi, Da un secolo all'altro. Mutamenti della politica nel Novecento, Milano, Bompiani, Appuntamenti con Gramsci. Introduzione allo studio dei Quaderni del carcere, Roma, Carocci,  Gramsci e il Novecento, a cura di, 2 voll., Roma, Carocci, Presente futuro. Idee per lo sviluppo ecosostenibile della Puglia, Bari, Dedalo, X. Riformismo vecchio e nuovo, Torino, Einaudi, In tempo reale. Cronache del decennio, Bari, Dedalo, Ritorno in Puglia. Tre anni di volontariato politico, Bari, Palomar, Federalismo, sviluppo economico e coesione sociale in Puglia, e con Luigi Masella, Lecce. Martano, L'unità dell'Europa. Rapporto  sull'integrazione europea, a cura di, Bari, Dedalo, Roma, Nuova iniziativa editoriale,  Il dilemma euroatlantico. Rapporto 2004 della Fondazione Istituto Gramsci sull'integrazione europea, a cura di, Roma, Nuova iniziativa editoriale, Dalla Convenzione alla Costituzione. Rapporto 2005 della Fondazione Istituto Gramsci sull'integrazione europea, a cura di, Bari, Dedalo,  I dilemmi dell'integrazione. Il futuro del modello sociale europeo. Rapporto sull'integrazione europea, e con José Luis Rhi-Sausi, Bologna, Il mulino,  Il riformismo italiano. Dalla fine della guerra fredda alle sfide future, Roma, Fazi, Gramsci tra Mussolini e Stalin, con Angelo Rossi, Roma, Fazi, cura di Antonio Gramsci, Nel mondo grande e terribile. Antologia degli scritti Torino, Einaudi, Studi gramsciani nel mondo.  e con Giancarlo Schirru, Bologna, Il mulino,  Perché l'Europa? Rapporto sull'integrazione europea, e con José Luis Rhi-Sausi, Bologna, Il mulino, Studi gramsciani nel mondo. Gli studi culturali, e con Paolo Capuzzo e Giancarlo Schirru, Bologna, Il mulino, Le forme e la storia. Scritti in onore di Biagio De Giovanni, e con Marcello Montanari e Franca Papa, Napoli, Bibliopolis, .  Il Novecento di Eugenio Garin. Atti del Convegno di studi, e con Saverio Ricci, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, .  Studi gramsciani nel mondo. Gramsci in America Latina, e con Dora Kanoussi e Giancarlo Schirru, Bologna, Il mulino, Vita e pensieri di Antonio Gramsci.  Collana Storia, Torino, Einaudi, ,Collana ET Storia, Einaudi, Moriremo democristiani? La questione cattolica nella ricostruzione della Repubblica, Roma, Salerno, . Il fascismo in tempo reale. Studi e ricerche di Angelo Tasca sulla genesi e l'evoluzione del regime fascista, con David Bidussa, Milano, Feltrinelli, Togliatti e Gramsci. Raffronti, Pisa, Edizioni della Normale, Modernità alternative. Il Novecento di Antonio Gramsci, Torino, Einaudi, . P. Togliatti, La politica nel pensiero e nell'azione, Scritti e discorsi 1917-1964, G. Vacca con M. Ciliberto, Bompiani, Milano  Quel che resta di Marx, Salerno Editore, Roma,  L'Italia contesa. Comunisti e democristiani nel lungo dopoguerra,  Marsilio, Venezia   Giuseppe Vacca, su storia.camera.it, Camera dei deputati.

 

vaccarino: essential Italian philosopher. Grice: “I appreciate his metaphor of the ‘chemistry of the mind,’ la ‘chimica del pensiero,’and the idea that philosophers commit only ONE mistake (“l’errore dei filosofi”)!”.  Giuseppe Vaccarino (Pace del Mela), filosofo. Figlio primogenito di Antonino Vaccarino, titolare di un importante saponificio, e di Caterina Tracuzzi. Laureato in Chimica industriale con il massimo dei voti presso l'Università degli Studi di Milano, ebbe successivamente l'abilitazione alla professione di chimico.  Nel 1947 insieme con Vittorio Somenzi fondò e diresse la rivista Sigma (1947-48), pubblicata a Roma. Nel 1949 insieme con Silvio Ceccato e Vittorio Somenzi fondò la rivista Methodos, trimestrale di metodologia e di logica simbolica, pubblicazione che termina nel 1967. Fino al 1950 si occupò prevalentemente di logica ed epistemologia.  Ha pubblicato una serie di articoli sulla rivista Archimede su invito di Ludovico Geymonat. Fu abilitato alla libera docenza in Filosofia della scienza, ma assorbito dai suoi studi e da altre attività non si dedicò all'insegnamento fino al 1970. In quell'anno ebbe l'incarico di tenere il corso di Storia della filosofia antica presso l'Università degli Studi di Messina. Nel 1972 ricevette anche quello di Filosofia della scienza, che mantenne fino al 1990, anno in cui andò in pensione. Fu nominato professore associato di Filosofia della scienza, ma non ottenne mai la cattedra di ordinario.   Ha partecipato a vari congressi. In quello di Amsterdam ebbe l'occasione di conoscere Joseph Maria Bochenski e incaricarlo di dirigere la sezione di logica simbolica della rivista Methodos. A quello di Parigi del 1949 partecipò insieme con Silvio Ceccato, Vittorio Somenzi e Ferruccio Rossi-Landi con i quali era in stretti rapporti di amicizia. Ha contribuito alla fondazione della rivista Methodologia nata per iniziativa della Società di Cultura Metodologica Operativa di Milano, presieduta da Felice Accame. Da giovane Vaccarino fu molto vicino alle vedute filosofiche dei neo-positivisti, ma in seguito si capì che per dare soluzione ai problemi posti dalla tradizionale filosofia bisognava anzitutto effettuare un'indagine sul metodo scientifico onde spiegare perché è l'unico considerabile come valido.  Negli anni 1947- 1949 sviluppò in questo senso sulla rivista Sigma una teoria che chiamò della "meta conoscenza", in quanto ricondotta a una disciplina avente per oggetto la conoscenza. Successivamente si convinse che per procedere in modo effettivamente scientifico bisogna eliminare ogni apriorismo effettuando un'analisi sistematica dei significati di tutte le parole di cui ci avvaliamo e riconducendoli alle operazioni mentali e non mentali da cui sono costituiti. Sotto questo profilo i suoi interessi si incontrarono con quelli di Silvio Ceccato e della Scuola Operativa Italiana. Ma Vaccarino mantenne una posizione autonoma, ritenendo che la ricerca di base deve puntare su una semantica e non su una ricerca di tipo cibernetico, come invece sosteneva Ceccato.  Vaccarino però accettava e condivideva il concetto che bisogna occuparsi del modo come operiamo a livello mentale per descrivere i significati. Perciò respingeva vedute allora in auge, come quelle della filosofia analitica, che riconducendo i significati semplicemente all'uso che se ne fa parlando, li lasciava in analizzati assumendoli implicitamente come prius, in quanto tali, dogmatici. Si dedicò assiduamente a queste ricerche, pervenendo alla elaborazione di un metodo generale di analisi dei significati. Le sue ricerche condussero, tra l'altro, all'introduzione di una formulistica idonea alla definizione delle operazioni mentali, prospettando una sorta di Chimica della Mente. La vastità e la complessità delle sue indagini lo hanno costretto a procedere a molti ripensamenti e revisioni.  Pubblicò il volume La chimica della mente. In cui esponeva i principali risultati a cui era pervenuto. Nello stesso anno vinse il premio L'Inedito con il racconto Lo sporco, pubblicato da Marsilio. Prospettò ampliamenti e modifiche delle sue teorie nel libro Analisi dei Significati, pubblicato a Roma da Armando Armando. Pubblicò presso la CULP di Milano il volume Scienza e Semantica Costruttivista, dedicato a una critica di correnti vedute professate da filosofi della scienza.  I suoi interessi si rivolsero anche alla codificazione di una logica contenutistica in grado di fissare i criteri di compatibilità e incompatibilità tra i significati in riferimento alle loro operazioni costitutive. In tal modo la logica diviene una filiazione della semantica. La summa dei suoi lavori di semantica è stata pubblicata a Rimini nel trattato Dalle operazioni mentali alla semantica. Nella prefazione al volume Introduzione alla semantica edito da Falzea a Reggio Calabria, nel 2006 Antonino Laganà, ordinario di Filosofia presso l'Messina, lo considera l'ultimo dei grandi illuministi.  Opere: “L'errore dei filosofi, D'Anna, Messina, La chimica della mente, Carbone Editore, Messina, Analisi dei significati, Armando, Roma, Scienza e semantica costruttivista, Clup Cooperativa Libraria Universitaria del Politecnico, Milano, Introduzione alla semantica, Falzea Editore, Reggio Calabria,  Scienza e semantica, Edizioni Melquiades, Milano, Prolegomeni: dalle operazioni mentali alla semantica, Ciddo edizioni, Rimini,  "Lo sporco. Il pulito, duepunti edizioni,  Note Repubblica  Semantica Filosofia della scienza  Centro Internazionale Di Didattica Operativa onlus, su ciddo.it. Methodologia on-line, su methodologia.it.

 

vaccaro: Essential Italian philosopher. Grice: “My favourite of his books is ‘eteropie,’ a pun on homotopos.” Salvo Vaccaro all'anagrafe Salvatore (Palermo), filosofo. Laureato a Palermo, ha iniziato l'attività di docenza presso lo stesso ateneo prima come professore a contratto, poi come ricercatore e dal 2006 come professore associato. Attualmente è titolare del corso di Filosofia politica e supplente di Scienza politica nella Facoltà di Scienze della formazione dell'ateneo palermitano.  -- è pro-rettore dell'Palermo per la “politiche di solidarietà sociale e di cooperazione per lo sviluppo”; inoltre è condirettore della collana “Eterotopie” dell'editore Mimesis di Milano, membro fondatore della “Società Italiana di Filosofia Politica” e del ”Centro interdisciplinare in Biopolitica, Bioeconomia e Processi di Soggettivazione” (BBPS) dell'Università degli Studi di Salerno; dal 2001 al 2004 è stato vicepresidente dell'ONG palermitana CISS (Cooperazione Internazionale Sud-Sud).  I suoi ambiti di ricerca si orientano sulla teoria critica (soprattutto Adorno e Benjamin della Scuola di Francoforte) e sulla decostruzione post-strutturalista francese (principalmente Foucault e Deleuze) dai quali ricava strumenti di analisi da mettere alla prova nel campo della globalizzazione, della governance e dei diritti umani.  Opere Decostruzione di una realtà macchinica, in Il camaleonte e l'iscrizione, Palermo, Ila Palma, 1982. Il capitalismo regolato statualmente, curatela con Franco Riccio e Aldo Caruso, Milano, Franco Angeli.  Oltre la pace. Saggi di critica al complesso politico militare, curatela con Fabio Magno, Milano, Franco Angeli, 1987. Adorno e Foucault: congiunzione disgiuntiva, curatela con Franco Riccio, Palermo, ILA Palma, Il pensiero (check) anarchico, con Filippo Pani, Verona, Edizioni Demetra,  Il secolo deleuziano, , Milano, Mimesis Edizioni,Il pianeta unico, , Milano, Elèuthera, Anarchismo e modernità, Pisa, BFS edizioni, CruciVerba. Lessico per i libertari del XXI secolo, Milano, Zero in condotta, 2001. Globalizzazione e diritti umani, Milano, Mimesis Edizioni, Biopolitica e disciplina, Milano, Mimesis Edizioni, Lo sguardo di Foucault, curatela con Michele Cometa, Roma, Meltemi Editore, Governance e democrazia, curatela con Antonio Palumbo, Milano, Mimesis Edizioni, Vaccaro Prof. Salvatore delegato alle politiche di solidarietà sociale e di cooperazione per lo sviluppo, su Università degli Studi di Palermo.  Mimesis Edizioni: collane. Archiviato iPalermo: scheda docente., su scienzeformazione.unipa.it. Biblioteca nazionale di Firenze: catalogo autore., su opac.bncf.firenze..it.  Foucault: scheda autore., su portail-michel-foucault.org.

 

vagum: oddly, A. C. Ewing has a very early thing on ‘vagueness.’ Grice liked Ewing. There is an essay on “Clarity” which relates. Cf. Price, “Clarity is not enough” Which implicates it IS a necessity, though. Cf. “Claritywho cares?” Some days, Grice did not feel ‘Grecian,’ and would use very vernacular expressions. He thought that what Cicero calls ‘vagum’ is best rendered in Oxfordshire dialect as ‘fuzzy.’ It is not clear which of Grice’s maxim controls this. The opposite of ‘vague’ is ‘specific.’ Grice was more concerned about this in the earlier lectures where he has under the desideratum of conversational candour and the principle of conversational benevolence, and the desideratum of conversational clarity that one should be explicit, and make one’s point explicit. But under the submaxims of the conversational category of modus (‘be perspicuous [sic]), none seem to prohibit ‘vagueness’ as such: Avoid obscurity of expression.Avoid ambiguity.Be brief (avoid unnecessary prolixity).Be orderly The one he later calls a ‘tailoring principle’ ‘frame your contribution in way that facilitates a reply’, the ‘vagueness’ avoidance seems implicit. Cf. fuzzy. The indeterminacy of the field of application of an expression, in contrast to precision. For instance, the expression “young man” is vague since the point at which its appropriate application to a person begins and ends cannot be precisely defined. Vagueness should be distinguished from ambiguity, by which a term has more than one meaning. The vagueness of an expression is due to a semantic feature of the term itself, rather than to the subjective condition of its user. Vagueness gives rise to borderline cases, and propositions with vague terms lack a definite truth-value. For this reason, Frege rejected the possibility of vague concepts, although they are tolerated in recent work in vague or fuzzy logic. Various paradoxes arise due to the vagueness of words, including the ancient sorites paradox. It is because of its intrinsic vagueness that some philosophers seek to replace ordinary language with an ideal language. But ordinary language philosophers hold that this proposal creates a false promise of eliminating vagueness. Wittgenstein’s notion of family resemblance in part is a model of meaning that tolerates vagueness. As a property of expressions, vagueness extends to all sorts of cognitive representations. Some philosophers hold that there can be vagueness in things as well as in the representation of things. “A representation is vague when the relation of the representing system to the represented system is not one–one, but one–many.” Russell, Collected Papers of Bertrand Russell,  IX. Refs.: H. P. Grice, “Fuzzy impicatures, and how to unfuzz them;” H. P. Grice, “The conversational maxim of vagueness avoidance.” Oddly, Grice does not have a conversational, ‘be precise,’; but he did. In his earlier desideratum of conversational clarity, the point was to make your point preciserather than fuzzy -- vagueness, a property of an expression in virtue of which it can give rise to a “borderline case.” A borderline case is a situation in which the application of a particular expression to a name of a particular object does not generate an expression with a definite truth-value; i.e., the piece of language in question neither unequivocally applies to the object nor fails to apply. Although such a formulation leaves it open what the pieces of language might be whole sentences, individual words, names or singular terms, predicates or general terms, most discussions have focused on vague general terms and have considered other types of terms to be nonvague. Exceptions to this have called attention to the possibility of vague objects, thereby rendering vague the designation relation for singular terms. The formulation also leaves open the possible causes for the expression’s lacking a definite truth-value. If this indeterminacy is due to there being insufficient information available to determine applicability or non-applicability of the term i.e., we are convinced the term either does or does not apply, but we just do not have enough information to determine which, then this is sometimes called epistemic vagueness. It is somewhat misleading to call this vagueness, for unlike true vagueness, this epistemic vagueness disappears if more information is brought into the situation. ‘There are between 1.89 $ 106 and 1.9 $ 106 stars in the sky’ is epistemically vague but is not vague in the generally accepted sense of the term. ’Vagueness’ may also be used to characterize non-linguistic items such as concepts, memories, and objects, as well as such semilinguistic items as statements and propositions. Many of the issues involved in discussing the topic of vagueness impinge upon other philosophical topics, such as the existence of truth-value gaps  declarative sentences that are neither true nor false  and the plausibility of many-valued logic. There are other related issues such as the nature of propositions and whether they must be either true or false. We focus here on linguistic vagueness, as it manifests itself with general terms; for it is this sort of indeterminacy that defines what most researchers call vagueness, and which has led the push in some schools of thought to “eliminate vagueness” or to construct languages that do not manifest vagueness. Linguistic vagueness is sometimes confused with other linguistic phenomena: generality, ambiguity, and open texture. Statements can be general ‘Some wheelbarrows are red’, ‘All insects have antennae’ and if there is no other vagueness infecting them, they are true or false  and not borderline or vague. Terms can be general ‘person’, ‘dog’ without being vague. Those general terms apply to many different objects but are not therefore vague; and furthermore, the fact that they apply to different kinds of objects ‘person’ applies to both men and women also does not show them to be vague or ambiguous. A vague term admits of borderline cases  a completely determinate situation in which there just is no correct answer as to whether the term applies to a certain object or not  and this is not the case with generality. Ambiguous linguistic items, including structurally ambiguous sentences, also do not have this feature unless they also contain vague terms. Rather, an ambiguous sentence allows there to be a completely determinate situation in which one can simultaneously correctly affirm the sentence and also deny the sentence, depending on which of the claims allowed by the ambiguities is being affirmed or denied. Terms are considered open-textured if they are precise along some dimensions of their meaning but where other possible dimensions simply have not been considered. It would therefore not be clear what the applicability of the term would be were objects to vary along these other dimensions. Although related to vagueness, open texture is a different notion. Friedrich Waismann, who coined the term, put it this way: “Open texture . . . is something like the possibility of vagueness.” Vagueness has long been an irritant to philosophers of logic and language. Among the oldest of the puzzles associated with vagueness is the sorites ‘heap’ paradox reported by Cicero Academica 93: One grain of sand does not make a heap, and adding a grain of sand to something that is not a heap will not create a heap; there945 V   945 fore there are no heaps. This type of paradox is traditionally attributed to Zeno of Elea, who said that a single millet seed makes no sound when it falls, so a basket of millet seeds cannot make a sound when it is dumped. The term ‘sorites’ is also applied to the entire series of paradoxes that have this form, such as the falakros ‘bald man’, Diogenes Laertius, Grammatica II, 1, 45: A man with no hairs is bald, and adding one hair to a bald man results in a bald man; therefore all men are bald. The original version of these sorites paradoxes is attributed to Eubulides Diogenes Laertius II, 108: “’t it true that two are few? and also three, and also four, and so on until ten? But since two are few, ten are also few.” The linchpin in all these paradoxes is the analysis of vagueness in terms of some underlying continuum along which an imperceptible or unimportant change occurs. Almost all modern accounts of the logic of vagueness have assumed this to be the correct analysis of vagueness, and have geared their logics to deal with such vagueness. But we will see below that there are other kinds of vagueness too. The search for a solution to the sorites-type paradoxes has been the stimulus for much research into alternative semantics. Some philosophers, e.g. Frege, view vagueness as a pervasive defect of natural language and urge the adoption of an artificial language in which each predicate is completely precise, without borderline cases. Russell too thought vagueness thoroughly infected natural language, but thought it unavoidable  and indeed beneficial  for ordinary usage and discourse. Despite the occasional argument that vagueness is pragmatic rather than a semantic phenomenon, the attitude that vagueness is inextricably bound to natural language together with the philosophical logician’s self-ascribed task of formalizing natural language semantics has led modern writers to the exploration of alternative logics that might adequately characterize vagueness  i.e., that would account for our pretheoretic beliefs concerning truth, falsity, necessary truth, validity, etc., of sentences containing vague predicates. Some recent writers have also argued that vague language undermines realism, and that it shows our concepts to be “incoherent.” Long ago it was seen that the attempt to introduce a third truth-value, indeterminate, solved nothing  replacing, as it were, the sharp cutoff between a predicate’s applying and not applying with two sharp cutoffs. Similar remarks could be made against the adoption of any finitely manyvalued logic as a characterization of vagueness. In the late 0s and early 0s, fuzzy logic was introduced into the philosophic world. Actually a restatement of the Tarski-Lukasiewicz infinitevalued logics of the 0s, one of the side benefits of fuzzy logics was claimed to be an adequate logic for vagueness. In contrast to classical logic, in which there are two truth-values true and false, in fuzzy logic a sentence is allowed to take any real number between 0 and 1 as a truthvalue. Intuitively, the closer to 1 the value is, the “more true” the sentence is. The value of a negated sentence is 1 minus the value of the unnegated sentence; conjuction is viewed as a minimum function and disjunction as a maximum function. Thus, a conjunction takes the value of the “least true” conjunct, while a disjunction takes the value of the “most true” disjunct. Since vague sentences are maximally neither true nor false, they will be valued at approximately 0.5. It follows that if F is maximally vague, so is the negation -F; and so are the conjunction F & -F and the disjunction ~F 7 -F. Some theorists object to these results, but defenders of fuzzy logic have argued in favor of them. Other theorists have attempted to capture the elusive logic of vagueness by employing modal logic, having the operators AF meaning ‘F is definite’ and B F meaning ‘F is vague’. The logic generated in this way is peculiar in that A F & YPAF & AY is not a theorem. E.g., p & -p is definitely false, hence definite; hence A p & -p. Yet neither p nor -p need be definite. Technically, it is a non-Kripke-normal modal logic. Some other peculiarities are that AF Q A -F is a theorem, and that AFPBF is not. There are also puzzles about whether B FP ABF should be a theorem, and about iterated modalities in general. Modal logic treatments of vagueness have not attracted many advocates, except as a portion of a general epistemic logic i.e., modal logics might be seen as an account of so-called epistemic vagueness. A third direction that has been advocated as a logical account of vagueness has been the method of supervaluations sometimes called “supertruth”. The underlying idea here is to allow the vague predicate in a sentence to be “precisified” in an arbitrary manner. Thus, for the sentence ‘Friar Tuck is bald’, we arbitrarily choose a precise number of hairs on the head that will demarcate the bald/not-bald border. In this valuation Friar Tuck is either definitely bald or definitely not bald, and the sentence either is true or is false. Next, we alter the valuation so that there is some other bald/not-bald bordervagueness vagueness 946   946 line, etc. A sentence true in all such valuations is deemed “really true” or “supertrue”; one false in all such valuations is “really false” or “superfalse.” All others are vague. Note that, in this conception of vagueness, if F is vague, so is -F. However, unlike fuzzy logic ‘F & -F’ is not evaluated as vague  it is false in every valuation and hence is superfalse. And ‘F 7 -F’ is supertrue. These are seen by some as positive features of the method of supervaluations, and as an argument against the whole fuzzy logic enterprise. In fact there seem to be at least two distinct types of linguistic vagueness, and it is not at all clear that any of the previously mentioned logic approaches can deal with both. Without going into the details, we can just point out that the “sorites vagueness” discussed above presumes an ordering on a continuous underlying scale; and it is the indistinguishability of adjacent points on this scale that gives rise to borderline cases. But there are examples of vague terms for which there is no such scale. A classic example is ‘religion’: there are a number of factors relevant to determining whether a social practice is a religion. Having none of these properties guarantees failing to be a religion, and having all of them guarantees being one. However, there is no continuum of the sorites variety here; for example, it is easy to distinguish possessing four from possessing five of the properties, unlike the sorites case where such a change is imperceptible. In the present type of vagueness, although we can tell these different cases apart, we just do not know whether to call the practice a religion or not. Furthermore, some of the properties or combinations of properties are more important or salient in determining whether the practice is a religion than are other properties or combinations. We might call this family resemblance vagueness: there are a number of clearly distinguishable conditions of varying degrees of importance, and family resemblance vagueness is attributed to there being no definite answer to the question, How many of which conditions are necessary for the term to apply? Other examples of family resemblance vagueness are ‘schizophrenia sufferer’, ‘sexual perversion’, and the venerable ‘game’. A special subclass of family resemblance vagueness occurs when there are pairs of underlying properties that normally co-occur, but occasionally apply to different objects. Consider, e.g., ‘tributary’. When two rivers meet, one is usually considered a tributary of the other. Among the properties relevant to being a tributary rather than the main river are: relative volume of water and relative length. Normally, the shorter of the two rivers has a lesser volume, and in that case it is the tributary of the other. But occasionally the two properties do not co-occur and then there is a conflict, giving rise to a kind of vagueness we might call conflict vagueness. The term ‘tributary’ is vague because its background conditions admit of such conflicts: there are borderline cases when these two properties apply to different objects. To conclude: the fundamental philosophical problems involving vagueness are 1 to give an adequate characterization of what the phenomenon is, and 2 to characterize our ability to reason with these terms. These were the problems for the ancient philosophers, and they remain the problems for modern philosophers. Refs.: H. P. Grice, “The conversational maxim for vagueness avoidance.”

 

vaihinger: Grice once gave a seminar on Vaihinger“but thinking it would not attract that many, I titled it ‘As if.’”H. P. Grice. philosopher best known for Die Philosophie des Als Ob; tr. by C. K. Ogden as The Philosophy of “As If” in 4. A neo-Kantian, he was also influenced by Schopenhauer and Nietzsche. His commentary on Kant’s Critique of Pure Reason 2 vols., 1 is still a standard work. Vaihinger was a cofounder of both the Kant Society and Kant-Studien. The “philosophy of the as if” involves the claim that values and ideals amount only to “fictions” that serve “life” even if they are irrational. We must act “as if” they were true because they have biological utility.

 

vailati: Essential Italian philosopher. an important figure in the history of formal semantics, influenced by Peano, who in turn influenced Whitehead and Russell, and thus Grice. Giovanni Vailati (n. Crema, 2) filosofo. Vailati si laureò a Torino. Qui insegnò, dopo aver lavorato come assistente di Giuseppe Peano e Vito Volterra. Egli lasciò il suo posto universitario nel 1899 e così poté proseguire i suoi studi in modo indipendente, e si guadagnò da vivere insegnando matematica nelle scuole superiori. Durante la sua vita fu conosciuto a livello internazionale, i suoi scritti sono stati tradotti in inglese, francese, e polacco, sebbene fu in gran parte dimenticato dopo la sua morte a Roma. Non pubblicò nessun libro completo, ma lasciò circa 200 saggi e recensioni che toccano un'ampia gamma di discipline. L'opinione di Vailati nei confronti della filosofia era che essa fornisse una preparazione e gli strumenti per il lavoro scientifico. Per questa ragione, e perché la filosofia dovrebbe essere neutrale fra opposte convinzioni, concezioni, strutture teoriche, ecc., il filosofo dovrebbe evitare l'uso di un linguaggio tecnico specialistico, ma dovrebbe usare il linguaggio che la filosofia adotta in quelle aree in cui è interessata. Ciò non vuol dire che il filosofo debba soltanto accettare qualunque cosa egli trovi; un termine del linguaggio ordinario potrebbe essere problematico, ma le sue carenze dovrebbero essere corrette piuttosto che sostituite con qualche nuovo termine tecnico.  Il suo pensiero sulla verità e sul significato fu influenzato da filosofi come Peirce e Mach. Egli con cautela distinse fra significato e verità: "La questione di determinare che cosa vogliamo dire quando enunciamo una data proposizione, non solo è una questione affatto distinta da quella di decidere se essa sia vera o falsa (Scritti187). Tuttavia, dopo aver deciso cosa si vuole dire, l'azione di decidere se ciò è vero o falso è cruciale. Vailati ebbe un pensiero positivista moderato, sia nella scienza che nella filosofia:  "La tattica adottata dai pragmatisti in questa loro guerra contro l'abuso delle astrazioni e delle unificazioni consiste, come è noto, nel proporre che, anche nelle questioni filosofiche, come si fa sempre in quelle scientifiche, si esiga, da chiunque avanzi una tesi, che egli sia in grado di indicare quali siano i fatti che, nel caso che essa fosse vera, dovrebbero, secondo lui, succedere (o esser successi), e in che cosa essi differiscano dagli altri fatti che, secondo lui, dovrebbero succedere (o essere successi) nel caso che la tesi non fosse vera." (Scritti166)  Le influenze e i contatti di Vailati furono molti e vari, e spesso fu etichettato come "l'italiano pragmatista". Egli deve molto a Peirce e William James (fu uno dei primi a distinguere i loro pensieri), ma egli subì anche l'influenza di Platone e George Berkeley (che egli vide come precursori importanti del pragmatismo), Gottfried Leibniz, Victoria Welby-Gregory, George Edward Moore, Bertrand Russell, Giuseppe Peano e Franz Brentano. Vailati corrispose con molti dei suoi contemporanei.  La prima parte della sua opera comprende scritti sulla Logica matematica; in essi focalizza l'attenzione sul suo ruolo in filosofia e distinguendo fra logica, psicologia ed epistemologia; la dottrina recente pone Vailati e il suo allievo Mario Calderoni nella categoria storiografica del «pragmatismo analitico» italiano.  Storia della Scienza I principali interessi storici di Vailati riguardarono la meccanica, la logica e la geometria; egli diede un importante contributo in molti campi, compreso lo studio della meccanica post-aristotelica greca, dei predecessori di Galileo, della nozione di definizione e del suo ruolo nell'opera di Platone e Euclide, delle influenze matematiche sulla logica e sull'epistemologia, e sulla geometria non-euclidea di Gerolamo Saccheri. Vailati fu particolarmente interessato ai modi in cui quelli che potrebbero essere visti come gli stessi problemi sono inquadrati e trattati in periodi differenti. Il suo lavoro di storico della scienza fu strettamente connesso con quello filosofico: per le due attività, infatti, utilizzò gli stessi pensieri e metodologie di fondo. Vailati vedeva lo studio storico e lo studio filosofico come differenti nell'approccio ma non nell'argomento; credeva, inoltre, che dovesse esserci cooperazione fra filosofi e scienziati nell'approfondimento degli studi storici. Egli riteneva anche che una storia completa richiedesse che si tenesse in conto anche il background sociale pertinente. Il superamento delle teorie scientifiche, grazie a nuovi risultati, non comporta la loro distruzione, perché la loro importanza aumenta proprio per il fatto di essere superate: "Ogni errore ci indica uno scoglio da evitare mentre non ogni scoperta ci indica una via da seguire." (Scritti4).  La posizione di Giovanni Vailati sulla storia della scienza ricalca quella di una serrata critica al positivismo, in un contesto teorico dove il pragmatismo ammette nuovi strumenti di comprensione e anche di valutazione della scienza, come mostrano anche le vicende di Mario Calderoni (Ivan Pozzoni, Il pragmatismo analitico italiano di Mario Calderoni, Roma, IF Press, e del matematico Giuseppe Peano, il quale vanta certe affinità con il pensiero filosofico del periodo (Guglielmo Rinzivillo, Giovanni Vailati, Storia e metodologia delle scienze in Una epistemologia senza storia, Roma, Nuova Cultura, 65 e sg. e Giuseppe Peano, Giovanni Vailati. Contributi invisibili in Una epistemologia senza storia165 Ivan Pozzoni, Il pragmatismo analitico italiano di Giovanni Vailati, Villasanta, Liminamentis Editore, .  Ivor Grattan-Guinness (2000): The Search for Mathematical Roots Princeton University Press Ferruccio Rossi-Landi (1967): "Giovanni Vailati", in Paul Edwards editor The Encyclopedia of Philosophy, Collier Macmillan Giuseppe Peano (1909): In Memoriam di Giovanni Vailati, Boll. di matematica 8  206–7 Ivan Pozzoni , Cent'anni di Giovanni Vailati, Liminamentis Editore, Villasanta, Mauro De Zan, La formazione di Giovanni Vailati, Congedo Editore, Galatina (Lecce) Logic and Pragmatism. Selected Essays by Giovanni Vailati edited by C. ArrighiCantù, M. De Zan and P. Suppes, CSLI, Stanford, California, . Gabriella Sava, La psicologia tra Vailati e Brentano, in "Il Veltro", Roma, a. LIV, n. 1-2, gennaio-aprile ,  41–59. Giuseppe Giordano, Giovanni Vailati filosofo della scienza, Firenze, Le Lettere, Ivan Pozzoni, Il pragmatismo analitico italiano di Giovanni Vailati, Liminamentis Editore, Villasanta,  Lucia Ronchetti , L'archivio Giovanni Vailati , in Quaderni di Acme, 34, Bologna, Cisalpino, Giovanni Vailati Scritti filosofici. Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Giovanni Vailati, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Giovanni Vailati, su siusa.archivi.beniculturali.it, Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche. Giovanni Vailati, su MacTutor, University of St Andrews, Scotland.  Opere di Giovanni Vailati, su Liber Liber.  Opere di Giovanni Vailati, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Giovanni Vailati, .  Centro Studi Giovanni Vailati, su giovanni-vailati.net. 28 aprile 2006 24 aprile 2006). Fondo archivistico e librario di Giovanni Vailati conservato presso la Biblioteca di Filosofia Università degli Studi di Milano Massimo Mugnai, Vailati, Giovanni, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Vailati: la semantica filosofica," The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

valent: “Some like Vitters, but Valent’s my man.”Grice. Grice: “Valent wrote the only legible introduction to Vitters’s thought!”Essential Italian philosopher. Italo Valent (Treviso), filosofo. A lungo ricercatore di filosofia teoretica e poi Professore di filosofia morale, ha insegnato Storia della filosofia moderna, Antropologia filosofica ed Ermeneutica filosofica presso il Dipartimento di Filosofia e Teoria delle scienze dell'Università Ca' Foscari Venezia di cui è stato Direttore dal 2001 fino alla morte. In precedenza ha insegnato Storia della filosofia morale all'Università degli Studi di Catania. Allievo di Emanuele Severino, si è occupato di ontologia, logica dialettica, linguaggio, storia e interpretazione delle grandi categorie della filosofia occidentale. Dai primi studi sull'empirismo-scetticismo moderno (David Hume), sul pensiero italiano del Novecento e sull'analisi del linguaggio (Ludwig Wittgenstein), è giunto ad indagare attorno alla teoria della negazione e del divenire in chiave dialettica (Hegel). Sulla base di tali premesse, che orientavano verso una rilettura dei canoni e dei presupposti del rapporto ragione-follia, si è impegnato a ridisegnare, insieme con un gruppo di psichiatri e psicologi del Centro Psicosociale di Orzinuovi cresciuti nel solco dell'esperienza critica inaugurata da Franco Basaglia, un modello della psiche adeguato alla comprensione e alla cura della malattia mentale, dando vita a quello che è stato definito l'approccio dialettico-relazionale in psichiatria. Ha collaborato con il gruppo teatrale "Scena Sintetica" nella messa in scena di testi filosoficamente rilevanti (Parmenide, Eraclito, Hermann Melville, Emanuele Severino, Umberto Galimberti). Presso l'editore Moretti&Vitali, Andrea Tagliapietra, è in corso di stampa l'edizione delle sue opere in 6 volumi. Alcuni suoi lavori sono stati pubblicati e recensiti in Francia, Austria, Germania e Stati Uniti.  Pensiero L'opera filosofica di Italo Valent muove da un'originale riformulazione di alcune questioni legate alla filosofia di Emanuele Severino, alla tradizione neoidealistica italiana (Giovanni Gentile) ma anche neoscolastica (Gustavo Bontadini), e dipendenti dalla riconsiderazione speculativa del concetto del negativo. Descrivendo la sua formazione in poche parole Valent, si definiva «cresciuto a una scuola filosofica di ispirazione ontologica, screziata da un netto disegno dialettico e pungolata dallo scrupolo fenomenologico». Analizzando le implicazioni concettuali e pratiche della negazione così com'è stata pensata in uno dei punti più alti e rilevanti della tradizione dialettica, ovvero nelle pagine della Scienza della logica di Hegel, Valent critica l'idea intellettualistica della negazione intesa come esclusione, proponendo al contrario una negazione come inclusione e una filosofia animata dal principio di ospitalità. Il "no" della negazione, lungi dal dar vita a una realtà separata, è ciò che innerva il reale nella sua essenza metamorfica e vitale, nella sua splendida apertura alla novità, alla trasformazione e al cambiamento di cui il filosofo è appassionato investigatore. A questo scopo e in evidente autonomia rispetto all'impianto destinale della filosofia della necessità di Severino, Valent esplora la categoria modale della possibilità, cercando di mettere in discussione sia l'opposizione frontale tra realtà e irrealtà, sia la priorità assoluta della positività del reale nonostante la negatività dell'irreale. L'esserci e non l'essere è, per Valent, che legge Hegel con Wittgenstein, la determinatezza semantica e sintattica, il plesso grammaticale e vitale che ricongiunge l'esperienza intesa come luogo dell'emergere della differenza e dell'incalzare degli eventi con la teoria della razionalità quale analisi del permanere e della necessità. Ecco che di contro all'ontologia fondamentale di Severino si fa largo l'idea di una microntologia intesa non come una “ontologia del piccolo”, bensì, piuttosto, «nel senso che non c'è nessun evento che non si disponga per virtù propria in una peculiarità di significato, nel vigore elementare e insieme metamorfico di un “qui”. Ma microntologia anche come ontologia del remoto, dell'avverso-diverso, dell'improbabile, dell'anonimo, del folle: di tutto ciò che insieme si ritiene minore nella capacità di realtà». Con la proposta di una microntologia Valent intendeva sottolineare l'autonomia e la resistenza del diamante della dialettica come principio di determinazione semantica fondato sulla relazione-negazione inclusiva e situato nella prospettiva strategica propria dell'esserci, rispetto al rischio delle ricadute nella “mistica dell'essere” e di quella totalità assoluta che, in quanto tale, appare separata e isolata, esercitando la sua imposizione distruttiva al di fuori della logica della relazione e dell'inclusione. Di contro all'autentico "totalitarismo" di questa idea di totalità assoluta Valent proponeva la ripresa del detto eracliteo del Panta διαpánton, ossia di quel "tutto attraverso il tutto" che è la forma radicale della illacerabile relazionalità della vita. «Solo se ogni differenza tra gli umani è un modo differente di essere il tutto», egli scrive, «allora le discriminazioni tra piccolo e grande, forte e debole, femmina e maschio, nero e bianco, ricco e povero, sano e malato, non avranno ragione d'essere (se non in quanto differenti manifestazioni dell'identico, invece che differenze di principio e di valore)».  Opere: Verità e prassi in David Hume, Vannini, Brescia. La forma del linguaggio. Studio sul "Tractatus logico-philosophicus", Francisci, Abano Terme (Padova), Invito al pensiero di Wittgenstein, Mursia, Milano (2 ed. aggiornata, Mursia, Milano 1999) Asymmetron, Quaderni de "Il Palazzo della Grande Utopia", Milano 1990 Dire di no. Filosofia Linguaggio Follia, Teda Edizioni, Castrovillari (Cosenza) 1995 Dire di no. Scritti teorici 1, in Opere di Italo Valent IV, a c. di Andrea Tagliapietra, Moretti&Vitali, Bergamo 2007 Asymmetron. Microntologie della relazione. Scritti teorici 2, in Opere di Italo Valent V, a c. di Andrea Tagliapietra, Moretti&Vitali, Bergamo. Panta διαpánton. Scritti teorici su follia e cura, in Opere di Italo Valent VI, a c. di Andrea Tagliapietra, Moretti&Vitali, Bergamo. La forma del linguaggio. Studio sul "Tractatus logico-philosophicus. Scritti su Wittgenstein 1", in Opere di Italo Valent VI, a c. di Andrea Tagliapietra, Moretti&Vitali, Bergamo  Sophón. Aforismi per l'anima, a c. di Graziano Valent, con un saggio di Andrea Tagliapietra, Moretti&Vitali, Bergamo  Note   Opere di Italo ValentMoretti&Vitali   A. Tagliapietra, La filosofia, prima di ogni altra definizione dotta, è amore per la realtà. In ricordo di Italo Valent, in "XÁOS. Giornale di confine", Anno II, N.1 Marzo-Giugno, Dire di no. Scritti teorici 1, in Opere di Italo Valent IV, a c. di Andrea Tagliapietra, Moretti&Vitali, Bergamo 200722  Panta διαpánton. Scritti teorici su follia e cura, in Opere di Italo Valent VI, cit., Moretti&Vitali, Bergamo 200992  Emanuele Severino Franco Basaglia.

 

valentino: essential Italian philosopher. Grice: “For Italians, it’s not so much Valentino who counds, since he really wasn’t an Italian, but the “Valentinians,”, or since the Italian philosopher loves an abstraction, “Valentinianism””! valentino: -- or as Strawson would have it, ‘valentinus,’ gnostic teacher, b. in Alexandria, where he teaches until he moved to Rome. A dualist, he constructed an elaborate cosmology in which God the Father Bythos, or Deep Unknown unites the the feminine Silence Sige and in the overflow of love produces thirty successive divine emanations or aeons constituting the Pleroma fullness of the Godhead. Each emanation is arranged hierarchically with a graded existence, becoming progressively further removed from the Father and hence less divine. The lowest emanation, Sophia wisdom, yields to passion and seeks to reach, beyond her ability, to the Father, which causes her fall. In the process, she causes the creation of the material universe wherein resides evil and the loss of divine sparks from the Pleroma. The divine elements are embodied in those humans who are the elect. Jesus Christ is an aeon close to the Father and is sent to retrieve the souls into the heavenly Pleroma. Valentinus wrote a gospel. The sect of Valentino stood out in the early church for ordaining women priests and prophetesses. Grice: “Since he lived in Rome, he was almost a Roman.” –Valentino (floruit 135-165; Phrebonis, ......) filosofo di scuola cristiano-gnostica. I seguaci della sua scuola vengono detti Valentiniani.    Valentino nacque a Phrebonis sul delta del Nilo (secondo altre fonti a Cartagine) e si trasferì in giovane età ad Alessandria d'Egitto, allora importante centro cristiano dove circolavano anche idee neoplatoniche ed allegoriche come quelle di Filone di Alessandria. Qui studiò presso un certo Teudas, che si proclamava diretto discepolo di Paolo di Tarso e che pretendeva di aver appreso da Paolo le rivelazioni segrete fatte all'apostolo direttamente dal Cristo. Questi insegnamenti esoterici sembrano essere stati poi riportati nel Vangelo secondo Filippo ed in altri scritti gnostici.  Valentino dapprima insegnò ad Alessandria d'Egitto, poi tra il 140 e il 160 circa soggiornò a Roma, dove operò come diacono sotto papa Igino, e vi rimase fino al pontificato di papa Aniceto. Secondo Tertulliano la mancata elezione a vescovo di Roma lo fece, in seguito, allontanare dalla Chiesa e intraprendere con decisione la strada gnostica che lo portò a una prima scomunica, nel 143, da parte di papa Pio I, seguita poi da molte altre. Tertulliano ne cita addirittura una post mortem fatta attorno al 175. Trascorse gli ultimi anni della sua vita a Cipro dove fece molti proseliti e dove probabilmente morì attorno al 165. I suoi seguaci furono chiamati valentiniani.  Dottrina Gli gnostici valentiniani cercarono di risolvere l'eterno dilemma che si presenta a chi pensa a un mondo creato: se il mondo è stato creato da un Dio, da dove viene il male? Se Egli non ha creato il male come lo si può considerare unico Creatore delle cose?  Da quanto tramandatoci dai primi eresiologi cristiani si può ricostruire solo in parte la dottrina del maestro gnostico e della sua scuola, basata su una fusione sincretica di elementi neoplatonici, giudaizzanti, cristiani e gnostici di derivazione sethiana ed encratita. I frammenti di cui siamo in possesso parlano soprattutto della Redenzione operata dal Cristo e del destino privilegiato dei cosiddetti uomini spirituali, ossia tutti quelli che conservavano nel loro corpo il seme divino. Dai pochi brandelli di cui siamo in possesso è impossibile stabilire dei confini netti tra la dottrina propriamente di Valentino e quella elaborata dalla sua scuola, sicuramente molto più complessa. Le fonti dalle quali si può ricavare la dottrina della scuola valentiniana sono:  la cosiddetta Lettera dogmatica dei Valentiniani riportata da Epifanio in Panarion 31, 5-6; la Piccola notizia, riportata nell'opera di Ireneo Adversus Haereses, I 8; la Grande notizia, sempre nell'opera di Ireneo, Adversus Haereses , I I-8; una sintesi dottrinale scritta da Ippolito, Philosophumena, VI 29-36. La struttura della cosmogonia valentiniana può essere ricavata dalla Grande notizia, secondo la quale all'inizio di tutte le cose esisteva l'Essere Primo, Bythos, che dopo ere di silenzio e di contemplazione, tramite un processo di emanazione, diede vita al Pleroma (mondo divino), formato da 30 Eoni raggruppati in coppie (sizigie) maschili e femminili, in cui la parte femminile ha funzione delimitativa e formativa. Al vertice di questi Eoni si pone la coppia Abisso e Silenzio (quest'ultimo elemento femminile), coppia da cui nacquero per emanazione Intelletto e Verità. Da essi nacquero Logos e Vita, e da questi ultimi Uomo e Chiesa. Questi otto formano la cosiddetta Ogdoade. poi Logos e Vita emanarono una Decade di Eoni: Profondo e Mescolanza; Sempre giovane e Unione, Autogenerato e Piacere, Immobile e Mistione, Unigenito e Beata. Quindi la coppia Uomo e Chiesa emanò dodici Eoni (Dodecade): Paracleto e Fede, Paterno e Speranza, Materno e Carità, Sempre pensante e Intelligenza, Ecclesiastico e Beatitudine, Desiderio e Sophia. Tutti costoro concorrevano a formare il Pleroma.  L'origine del peccato e del decadimento del divino nel mondo materiale è attribuito dalla gnosi valentiniana proprio all'ultimo Eone femminile, Sophia, poiché le varie emanazioni comportarono una degradazione progressiva. Scriveva Ireneo: «Ma si fece avanti l'ultimo e più recente Eone della Dodecade emessa da Uomo e Chiesa, cioè Sophia, e subì la passione senza l'unione col suo compagno di sizigia Desiderio» (Adversus Haereses, I, II 2). La passione di cui si parla è desiderio di Sophia di conoscere e ascendere al Primo Essere, per sua natura inconoscibile. Al peccato di Sophia, che voleva spingersi fino al Primo Essere, si oppose però Limite; questi venne generato da Bythos privo della controparte femminile poiché era destinato a delimitare e a consolidare il mondo divino e non a generare per emanazione altri Eoni.  Sophia fu trattenuta e consolidata da questo: così, tornata a stento in sé e convinta che il Padre è incomprensibile, depose la sua intenzione insieme con la passione sopraggiunta a causa dello stupore e della meraviglia. (Ireneo, Adversus Haereses, I, II 2). Una volta che Limite ebbe reintegrato il mondo divino ed espulso la passione peccaminosa di Sophia dal Pleroma, l'Eone Abisso, insieme all'Eone Intelletto, emise un'altra coppia: Cristo e Spirito Santo, per portare a perfezione finale il mondo divino. Cristo fece conoscere agli altri Eoni la loro vera nascita, occorsa per successive emanazioni, principalmente ad opera di Intelletto e dell'essenza del Primo Essere; mentre Spirito Santo rivelò agli Eoni la loro sostanziale uguaglianza con quelli che compongono l'Ogdoade e così «tutti gli Eoni sono stati resi uguali per forma e volere e sono diventati tutti Intelletto, tutti Logoi, tutti Uom e tutti Cristo, e similmente gli elementi femminili tutte Verità, tutte Vita, tutte Spirito e Chiesa». A questo punto tutto il Pleroma emanò l'Eone Gesù, frutto perfetto generato da tutti gli Eoni; mentre come scorta dell'Eone furono emanati gli angeli, desti far coppia con gli uomini spirituali.  Al di fuori del mondo divino, però, Sophia detta Achamoth, la passione dell'Eone Sophia, vagava nei «luoghi dell'ombra e del vuoto» e solo l'intervento della coppia Cristo/Spirito Santo, le dette forma ma non la dotò della stessa conoscenza che aveva elargito agli altri Eoni. Questa, ormai formata, decise di ascendere al mondo divino ma poiché era ancora sporca della passione, fu fermata da Limite. Essa cadde preda del dolore, del timore e del disagio, tutte passioni generate dall'ignoranza della sua vera essenza, parte sostanza materiale (la passione dell'Eone Sophia destinata a rimanere fuori dal Pleroma), parte «aroma d'immortalità» trasmessole da Cristo/Spirito Santo. Da questi sentimenti nacque la materia, da cui si generò il mondo materiale; però:  Le sopravvenne anche un'altra disposizione, quella della conversione verso colui che l'aveva vivificata. (Ireneo, Adversus Haereses) E proprio per questo sincero sentimento di conversione l'Eone Cristo/Spirito Santo mandò l'Eone Gesù ed i suoi angeli a far conoscere a Sophia Achamoth la sua vera essenza guarendola dalle passioni (elevandola cioè ad uno stadio di conoscenza superiore). L'Eone Gesù, inoltre, prese le passioni di cui era schiava Sophia Achamoth e le trasformò in sostanza, dividendola in una parte cattiva e una in parte buona, anche se essa stessa soggetta alle passioni; questa parte nacque dal sincero sentimento di conversione di Sophia Achamot e si qualificherà come sostanza psichica. A questo punto Sophia Achamoth generò dei semi spirituali, immagine imperfetta degli angeli dell'Eone Gesù, desti rimanere nel mondo materiale finché non matureranno e potranno ricongiungersi, come elemento femminile, agli stessi angeli; poi Sophia Achamoth decise di dare forma alla sostanza che l'Eone Gesù aveva ricavato dal suo sentimento di conversione, e prima di tutto dette forma al Demiurgo:  Dicono che il Demiurgo è diventato padre e dio degli esseri esterni al Pleroma, essendo creatore di tutti gli esseri psichici e ilici. [...] Così fece sette cieli, al di sopra dei quali egli risiede. [...] i sette cieli sono intelligibili, e suppongono che siano angeli: anche il Demiurgo è un angelo, ma simile a Dio. Analogamente affermano che anche il paradiso, che è sopra il terzo cielo, è per potenza il quarto angelo e che da lui ha preso qualcosa Adamo, che è stato in esso. (Ireneo, Adversus Haereses) E ancora:  Il Demiurgo credeva di creare da sé tutte queste cose, mentre, invece, le faceva per impulso di Achamoth: così egli fece il cielo non conoscendo il cielo, plasmò l'uomo ignorando l'uomo, fece apparire la terra ignorando la terra. (Ireneo, Adversus Haereses) Infatti, il Demiurgo, spinto a sua insaputa da Sophia Achamoth crea solo l'aspetto materiale delle cose e questa, a sua volta, è spinta nella creazione dall'Eone Gesù. Dal Demiurgo nacquero anche il diavolo (detto Kosmokrator) e la sua corte di angeli malvagi.  Dopo la creazione del mondo materiale il Demiurgo creò l'uomo. Secondo il mito gnostico gli uomini creati si dividevano in tre generi, con differenti caratteristiche e differenti destini:  ilici (da Hyle) o terreni, nati dalla materia cattiva creata dalla passione di Sophia Achamoth e destinati per questo a scomparire; psichici, fatti a somiglianza del Demiurgo, ossia della stessa buona materia nata dal sentimento di conversione di Sophia Achamoth, quindi possessori dell'anima ma destid una redenzione incompleta, ovvero ad ascendere insieme al Demiurgo al regno di Sophia Achamoth, solo però quando essa sarà condotta al mondo divino e si unirà in sizigia con l'Eone perfetto Gesù; sono gli unici uomini dotati di libero arbitrio e, in virtù delle loro scelte, possono o salvarsi o dissolversi come gli ilici. pneumatici o spirituali, uomini nei quali vennero nascosti, all'insaputa del Demiurgo, i semi spirituali partoriti da Sophia Achamoth ad immagine e somiglianza degli angeli del corteo dell'Eone Gesù. Questi uomini, dotati della scintilla divina (pneuma), erano perciò desti ricongiungersi con il mondo divino indipendentemente dalle loro azioni. Da questa distinzione si può dedurre che il Demiurgo aveva insufflato l'anima solo in alcuni ilici ed allo stesso modo Sophia Achamoth aveva inserito il seme spirituale solo in alcuni psichici. In tal modo ogni uomo spirituale aveva un involucro psichico e uno materiale, mentre ogni psichico solo un involucro materiale. Secondo i valentiniani gli gnostici erano spirituali, i cristiani in generale erano psichici ed i pagani erano ilici.  La Redenzione, però, sarebbe giunta solo grazie a Gesù, inviato per portare la gnosi e la salvezza agli spirituali. Secondo i valentiniani il Demiurgo generò un Cristo di pura natura psichica non corrotto dalla materia, infatti: «È questo che è passato attraverso Maria come l'acqua passa attraverso un tubo»; allo stesso tempo Sophia Achamoth inserì in lui il seme spirituale, mentre l'Eone Gesù discese su di lui sotto forma di colomba quando ricevette il Battesimo nel Giordano. L'Eone Gesù e il seme spirituale impiantato da Sophia Achamoth, avrebbero però abbandonato il corpo del Cristo al momento della crocifissione. Secondo questa dottrina, Cristo non sarebbe veramente morto sulla croce, ma il tutto sarebbe stato un gioco di apparenze. (docetismo, dal greco dokéin (apparire) valentiniano).  Opere Delle sue opere rimangono solo pochi frammenti ricavati dagli scritti degli eresiologi cristiani: Clemente Alessandrino, Stromata,  Ippolito di Roma, Confutazioni VI 42; VI 37; Antimo, Sulla santa Chiesa, che riportano brani di lettere, omelie e poesie; sono invece attribuiti al maestro gnostico alcuni testi ritrovati a Nag Hammadi nel 1945:  Vangelo della Verità, Preghiera dell'apostolo Paolo, Trattato sulla resurrezione, Trattato tripartito, Vangelo secondo Filippo, Interpretazione della conoscenza, Esposizione valentiniana. La scuola I seguaci di Valentino studiavano i metodi per liberare il proprio pneuma. Ciò poteva avvenire sia attraverso lo studio dei testi sacri che attraverso varie cerimonie, quali la camera nuziale o la redenzione. Tra i discepoli di Valentino sono da ricordare i due alessandrini, Eracleone e Tolomeo, che Ippolito indica come rappresentanti di una scuola italica; mentre nella scuola orientale, da Ippolito contrapposta a quella italica, sono da ricordare Assionico e Ardesiane, forse corrispondente a Bardesane. A questa scuola va ricollegato anche Teodoto di Bisanzio. Ireneo racconta che nella valle del Rodano era attivo Marco, da Ireneo detto dispregiativamente "il Mago".  Anche il filosofo e teologo Origene fu molto influenzato da questa scuola. Secondo Agostino si rifacevano alla scuola valentiniana anche i Secondiniani, che "aggiungevano alle loro dottrine la pratica di azioni turpi", ed i Colorbasi, che affermavano che la vita degli uomini dipendeva da sette costellazioni. Le scuole valentiniane, comunque, si estinsero entro la fine del III secolo, assorbite o dalla chiesa o dalle scuole manichee.  Note  Nella Lettera dogmatica dei Valentiniani, un documento sicuramente molto antico e destinato solamente agli iniziati, sono citati i 30 Eoni che, salvo qualche piccola differenza, ritroviamo nelle opere di Ireneo e Ippolito.  Il primo Principio maschile è chiamato con diversi nomi: Abisso (Βυθός), per definirne l'assoluta trascendenza rispetto agli altri Eoni e Autoprodotto (Αὐτοπάτωρ), ovvero che non è stato originato da nessun altro Eone. Troviamo anche il nome Padre, appellativo di solito riferito all'Eone Intelletto, per questo il primo Eone è chiamato Pre-Padre; per estensione, infine, troviamo anche il nome Pre-Principio.  Il nome Silenzio (Σιγὴν) definisce la sua trascendenza, mentre altri nomi del principio femminile sono Pensiero (Ἒννοιαν), che esprime la qualità dell'Eone di riflessione interna e Grazia (Χάριν), ossia l'impulso che le fa generare altri Eoni.  L'Intelletto (Νοῦς), è chiamato anche Padre (Πατήρ), ma anche Uomo (Ἄνθρωπον), per sottolineare il carattere di esemplare celeste dell'uomo spirituale; ma quest'ultima variante è più frequentemente riferita al quarto Eone.  Ἀλήθεια.  Chiesa (Ἐκκλησίαν) intesa nel senso della chiesa valentiniana, formata dagli uomini spirituali.  L'Ogdoade, formata da quattro coppie di Eoni, in genere viene suddivisa in due Tetradi, composte dai primi quattro Eoni (Abisso/Silenzia e Intelletto/Verità) e dagli altri quattro (Logos/Vita e Uomo/Chiesa) (4 e 8 erano considerati numeri perfetti dai Pitagorici). Nella cosiddetta Lettera dogmatica dei Valentiniani, riportata da Epifanio, l'Ogdoade al contrario è così composta: Abisso/Silenzio, Padre/Verità; Uomo/Chiesa; Logos/Vita.  I nomi che compongono questa Decade, nella Lettera dogmatica dei Valentiniani riportata da Epifanio, generati al contrario da Logos/Vita e detti Profondo/Mescolanza, Sempre giovane/Unione, Autogenerato/Mistione, Unigenito/Unità, Immobile/Piacere, sottolineano la perfezione del mondo angelico.  Questa serie di Eoni, nella Lettera dogmatica dei Valentiniani, riportata da Epifanio, generati al contrario da Uomo/Chiesa e così detti: Paracleto/Fede, Paterno/Speranza, Materno/Carità, Sempre pensante/Intelligenza, Desiderato/Beata, Ecclesiastico/Sophia; servono, eccettuato Sophia, più che altro a formare il numero complessivo di trenta, sottolineando con i loro nomi però l'imperfezione iniziale della Chiesa degli eletti.  Ippolito riferisce che il peccato di Sophia consisté nel voler generare da sola, come l'Essere Primevo, Bythos.  Il Limite (Ὄρον), si frapponeva tra il mondo divino e quello materiale. Ireneo (Adversus Haereses I II, I), però, parlava di due Limiti: uno fra il primo Essere e gli altri Eoni, e uno fra il mondo spirituale e quello materiale. In altre fonti valentiniane è denominato Horos (Ὁροθές), ovvero Limitatore; ma anche Λυτρωτής = Redentore, in quanto purifica gli Eoni; Σταυρός = Croce, intesa come croce cosmica, concetto in parte ripreso dal Timeo di Platone, che ha la funzione di separare e segnare i confini del mondo divino; Χαριστήριος = che rende grazie; Ἄφετος = che rimette i peccati degli Eoni; Μεταγωγεύς = Guida, che rimuove la passione dal Pleroma; Καρπιστής = Emancipatore dalla passione.  Qui è elemento femminile, poiché ruah = spirito, in ebraico è di genere femminile.  Questa conoscenza, detta illuminazione (=perfezionamento), consiste in una seconda formazione degli Eoni, dapprima formati solo secondo la sostanza, ovvero emanati, mentre ora sono formati secondo la gnosi, ossia la conoscenza, apprendendo la loro vera natura diventando così sostanzialmente uguali all'Eone Intelletto e raggiungendo la perfezione.  L'Eone è detto anche Salvatore (Σωτῆρα), Cristo (Χριστός), Logos (Λόγον) e Tutto (Πάντα), poiché deriva da tutti gli Eoni.  Il nome Achamoth (in ebraico sapienza), viene utilizzato per distinguere l'Eone Sophia, ormai nel Pleroma, dalla passione della stessa Sophia, rimasta esclusa dal mondo divino. Altro nome che si ritrova nei testi è quello di Madre (Μητέρα), nel senso di madre di tutti gli uomini spirituali. Da alcuni passi di Ireneo si può ricavare che lo sdoppiamento di Sophia in due unità, una superiore e l'altra inferiore, è probabilmente da attribuire alla scuola di Valentino, e non al maestro gnostico che probabilmente aveva immaginato una sola Sophia prima nel Pleroma poi espulsa fuori.  Questo processo di formazione materiale, in parte è speculare allo stesso compiuto prima dall'Eone Cristo/Spirito Santo nei confronti degli altri Eoni; ma se il secondo processo comportava la conoscenza, qui si tratta solo di formazione, ovvero di dare a Sophia Achamoth una forma precisa. Proprio questo processo di formazione, prima secondo la sostanza poi secondo la conoscenza, com'era già intervenuto a beneficio degli Eoni del Pleroma, occorse anche per Sophia Achamoth, e infine si ripeterà nel mondo materiale quando gli uomini spirituali verranno formati anche secondo la conoscenza, ovvero scopriranno la loro essenza e potranno assurgere al mondo divino.  Qui si conclude l'opera di formazione (illuminazione), se l'Eone Cristo/Spirito Santo aveva formato Sophia Achamoth secondo la sostanza, ora l'Eone Gesù la forma secondo la gnosi (conoscenza).  Il sentimento di conversione, da cui nacque il Demiurgo, rispetto agli altri sentimenti si qualifica come disposizione positiva, quindi il Demiurgo, ovvero il Dio del Vecchio Testamento, in un certo senso ha carattere positivo anche se imperfetto. Il Demiurgo è chiamato anche Padre, Madre-Padre, poiché genera da solo senza elemento femminile, ma anche Senza-Padre, perché a crearlo è stata Sophia Achamoth. Nel Trattato Tripartito troviamo i nomi: Padre, Dio, Demiurgo, Re, Giudice, Luogo, Dimora, Legge.  Questi cieli sono detti Ebdomade.  questo concetto, per cui il diavolo è a conoscenza di Sophia Achamot mentre il Demiurgo ne è all'oscuro; probabilmente è da spiegare in riferimento all'opera di opposizione svolta dal demonio all'opera del Demiurgo, che sembra implicare una consapevole conoscenza del mondo divino.  Questo regno era l'ottavo cielo, sito tra il limite del mondo divino e il settimo cielo abitato dal Demiurgo, per questo detto Ogdade.  Per questa salvezza per natura, molti polemisti cristiani attribuirono agli gnostici comportamenti libertini e in aperto contrasto con la legge cristiana; ma nei testi di Nag Hammadi si parla quasi sempre di atteggiamenti ascetici e non libertini, forse in questo caso i polemisti hanno calcato un po' la mano, attribuendo un atteggiamento libertino che forse apparteneva solo ad una parte minoritaria degli gnostici.  Raffrontando questo passo con Excerpta ex Theodoto, la dottrina valentiniana fa presumere che già alla nascita l'Eone Gesù fosse presente nel Cristo, mentre la colomba indicherebbe solamente la perfetta formazione dell'Eone divino, presente fin dalla nascita ma ancora imperfetto. In questo modo ancora una volta è ripetuta la duplice formazione (=illuminazione), prima sostanziale, quando Maria partorisce il Cristo, e poi gnoseologica (=secondo la conoscenza), quando il Cristo riceve il Battesimo.  Karen L. King, What is Gnosticism?, Harvard University Press, A. Hilgenfeld, Die Ketzergeschichte des Urchristentums, Leipzig A.E. Brooke, The Fragments of Heracleon, Cambridge 1891. C. Barth, Die Interpretation des Neuen Testaments in der valentinianischer Gnosis, Leipzig 1911. W. Foerster, Von Valentin zsu Haerakleon, Giessen 1928. A. Orbe, En los albores de la exegésis iohannea, in «Analecta Gregoriana» Roma. A. Orbe, Los primeros herejes ante la persecución, in «Analecta Gregoriana» A. Orbe, Hacia la prima teologia de la processión del Verbo, in «Analecta Gregoriana» Roma. A. Orbe, La unción del Verbo, in «Analecta Gregoriana» CXIII, Roma. A. Orbe, La teologia del Espiritu santo, in «Analecta Gregoriana» CLVIII, Roma. H. Langerbeck, «La théologie de l'histoire dans la gnose valentinienne», in Le origini dello gnosticismo, U. Bianchi, Leiden.  E. Muhlenberg, Wieviel Erlosungen kennt der Gnostiker Haeracleon?, in «Zeitschrift fur die neutestamentliche Wissenschaft», D. Devoti, Antropologia e storia della salvezza in Eracleone, in «Memorie della Accademia delle Scienze di Torino», serie V 2, Torino 1978. The Rediscovery of Gnosticism, B. Layton, Leiden,  I. M-J. Edwards, Gnostic and Valentinians in the Church Fathers, in «Journal of Theological Studies», Testi gnostici in lingua greca e latina, Manlio Simonetti, Milano. Eresie dei primi secoli Gnosticismo Letteratura cristiana Letteratura gnostica Scuole gnostiche Storia del cristianesimo Vangeli gnostici Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Valentino Valentino, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Valentino, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company.  Dizionario delle eresie: Valentino, su eresie.com.Tertullian Adversus Valentinianos, su tertullian.org.Valentinus, su Early Christian Writings.ValentinusA Gnostic for All Seasons]autore=Stephan Hoeller, su gnosis.org. Opinioni favorevoli, da un punto di vista gnostico.Valentinus and the Valentinian Tradition, su gnosis.org.Clyde Curry Smith, Valentinus, su dacb.org.Filosofi egizianiPredicatori egizianiGnosticismo. valentinianism: Grice: “I will only explore the actdivities of the so-called “Valentinians” in Rome.” -- a form of Christian gnosticism of Alexandrian origin, founded by Valentinus in the second century and propagated by Theodotus in Eastern, and Heracleon in Western, Christianity. To every gnostic, pagan or Christian, knowledge leads to salvation from the perishable, material world. Valentinianism therefore prompted famous refutations by Tertullian Adversus Valentinianos and Irenaeus Adversus haereses. The latter accused the Valentinians of maintaining “creatio ex nihilo.” Valentinus is believed to have authored the Peri trion phuseon, the Evangelium veritatis, and the Treatise on the Resurrection. Since only a few fragments of these remain, his Neoplatonic cosmogony is accessible mainly through his opponents and critics Hippolytus, Clement of Alexandria and in the Nag Hammadi codices. To explain the origins of creation and of evil, Valentinus separated God primal Father from the Creator Demiurge and attributed the cruVaihinger, Hans Valentinianism 947   947 cial role in the processes of emanation and redemption to Sophia. Refs.: Luigi Speranza, “Valentinus e Grice,” Villa Grice.

 

Valeri: essential Italian philosopher. Grice: “I especially like his idea of anthropology, alla Kant, as the search for the subject.” “Tra se e se.” Valerio Valeri (Somma Lombardo), filosofo. Laureatosi in filosofia a Pisa, quale allievo pure della Scuola normale superiore, discutendo una tesi sul pensiero di Lévi-Strauss, con relatore  Barone, si rivolse agli studi di antropologia, conseguendo due dottorati di ricerca, uno a Pisa (Diploma di Perfezionamento) nel 1970, l'altro a Parigi, nel 1976, presso l'École Pratique des Hautes Études, con Lévi-Strauss, Louis Dumont e Marshall Sahlins.  Successivamente, a partire dal 1976, ebbe vari incarichi di insegnamento presso l'Chicago, dove rimase fino alla prematura scomparsa. Al contempo, compì ricerca sul campo soprattutto presso gli Huaulu del Seram centrale in Indonesia orientale, ma anche in Micronesia, Malaysia e Hawaii.  Le sue ricerche riguardarono molti argomenti, fra cui, i sistemi politici, la parentela e il matrimonio, la ritualità, così come l'antropologia sociale ed economica, la storia comparata degli usi e costumi dei popoli, che condusse lungo la linea di pensiero del suo maestro Lévi-Strauss. Gli è stato assegnato per i suoi studi e le sue ricerche di antropologia culturale, il premio ”Guggenheim Fellowship“ per le scienze sociali.  Fra i molti suoi lavori, ricordiamo due importanti volumi, Kingship and Sacrifice. Ritual and Society in Ancient Hawaii (1985), scritto con Marshall Sahlins, e Hunting, Identity and Morality among the Huaulu of the Moluccas. Curò pure diverse voci antropologiche per l'Enciclopedia Einaudi.  Tra le sue molte opere pubblicate postume, il volume Uno spazio tra sé e sé. L'antropologia come ricerca del soggetto, Martha Feldman e Janet Hoskins, tradotto in italiano da Bianca Lazzaro, che può considerarsi una sua autobiografia intellettuale.  Opere principali Kingship and Sacrifice: Ritual and Society in Ancient Hawaii, The University of Chicago Press, Chicago. Uno spazio tra sé e sé. L'antropologia come ricerca del soggetto, M. Feldman e J. Hoskins; traduzione italiana B. Lazzaro, Donzelli Editore, Roma, 1999. The Forest of Taboos: Morality, Hunting, and Identity among the Huaulu of the Moluccas, The University of Wisconsin Press, Madison, WI.  Fragments from Forests and Libraries: A Collection of Essays, Carolina Academic Press, Durham, NC. Ritual and Annals: Between Anthropology and History, edited by R. Stasch, S.M. Dowdy and G. da Col, HAU Books/The University of Chicago Press, Chicago, IL, . Classical Concepts in Anthropology, edited by G. da Col and R. Stasch, HAU Books/The University of Chicago Press, Chicago, IL, .  S. Ghiaroni, "Società, soggetto, sacrificio. La teoria del sacrificio di Valerio Valeri tra Hawaii e Indonesia", in Studi e materiali di storia delle religioni,  R. Stasch, "Obituary: Valerio Valeri,” American Anthropologist. //chronicle.uchicago.edu/980430/valerio.shtml  S. Ghiaroni, ”Società, Soggetto, Sacrificio. La teoria del sacrificio di Valerio Valeri tra Hawaii e Indonesia“, Studi e materiali di storia delle religioni,   Dal titolo: Natura e cultura: introduzione alla teoria dello scambio e della parentela di Claude Levi-Strauss, Pisa, A.A. Per notizie biografiche più esaustive, riferirsi alle  xxvii-xix dell'opera postuma: V. Valeri, Ritual and Annals: Between Anthropology and History, edited by R. Stasch, S.M. Dowdy and G. da Col, HAU Books/The University of Chicago Press, Chicago, IL, .  Rupert Stasch (Reed College, Oregon, USA), in merito alla rilevanza di Valeri come studioso e ricercatore, inizia il suo necrologio (cfr. R. Stasch, "Valerio Valeri", American Anthropologist, con queste parole: «He was a scholar of great international distinction in the ethnology of Polynesia and Indonesia [...] His monographs [...] are among the most important, detailed and theoretically complex studies of sacrificie and taboo ever written.» Pubblicazioni di Valerio Valeri, su Persée, Ministère de l'Enseignement supérieur, de la Recherche et de l'Innovation.

 

Valla: essential Italian philosopher. valla: Rome-born philosopher, teaches rhetoric in Pav a and is later secretary of Alfonso I di Naoli, and apostolic secretary in Rome under papa Nichola V. In his dialogue On Pleasure or On the True Good, Stoic and Epicurean interlocutors present their ethical views, which Valla proceeds to criticize. This dialogue is often regarded as a defense of Epicurean hedonism, because Valla equates the good with pleasure; but he claims that Italians can find pleasure only in heaven. Valla’s description of pleasure reflects the contemporary Renaissance attitude toward the joys of life and might have contributed to Valla’s reputation for hedonism. In another work, On Free Will between, Valla discusses the conflict between divine foreknowledge and human freedom and rejects Boezio’’s then predominantly accepted solution. Valla distinguishes between God’s knowledge and God’s willas in Grice’s phrase, “God willing,” “Deo volente,” -- but denies that there is a rational solution of the apparent conflict between God’s will and human freedom. As a historian, he is famous for The Donation of Constantine 1440, which denounces as spurious the famous document on which medieval jurists and theologians based the papal rights to secular power. Lorenzo Valla (n. Roma) filosofo. Si presentava anche con il nome latino Laurentius Vallensis.  Nato a Roma da genitori di origini piacentine (il padre era l'avvocato Luca della Valle), ricevette la sua prima educazione a Roma e forse a Firenze, imparando il greco da Giovanni Aurispa e da Rinuccio Aretino. Lo guidava lo zio materno Melchiorre Scribani, un giurista funzionario in Curia.  La sua prima opera, oggi perduta, fu il De comparatione Ciceronis Quintilianique ("Confronto fra Cicerone e Quintiliano"), in cui elogiò il latino di Quintiliano a scapito di quello di Cicerone, andando contro all'idea corrente e mostrando già in questo primo scritto il suo gusto per la provocazione. Quando morì lo zio, Lorenzo sperava di ottenere un impiego nella Curia pontificia; ma i due autorevoli segretari Antonio Loschi e Poggio Bracciolini, ferventi ammiratori di Cicerone, si opposero all'assunzione, con la scusa che era troppo giovane.  Grazie all'aiuto di Antonio Beccadelli, detto il Panormita, fu chiamato ad insegnare retorica a Pavia, succedendo al maestro bergamasco Gasparino Barzizza, da poco defunto. Questi anni furono fondamentali per lo sviluppo del suo pensiero; la città era infatti un vivo centro culturale e Valla poté approfondire le sue conoscenze giuridiche, osservando inoltre l'efficacia del procedimento di analisi critica dei testi, che lo Studio pavese applicava con rigore.  A Pavia Valla acquisì una grande reputazione con il dialogo De Voluptate ("Il piacere"), nel quale si oppone fermamente alla morale stoica e all'ascetismo medievale, sostenendo la possibilità di conciliare il Cristianesimo, ricondotto alla sua originarietà, con l'edonismo, recuperando così il senso del pensiero di Epicuro e Lucrezio, che avevano sottolineato come tutta la vita dell'uomo sia fondamentalmente volta al piacere, inteso non come istintività, ma come calcolo dei vantaggi e svantaggi conseguenti ad ogni azione. A conclusione del dialogo, Valla sottolinea, però, come per l'uomo la suprema voluttà siano la ricerca spirituale e la fede in Dio. Si tratta di uno scritto considerevole, poiché, per la prima volta, una tendenza filosofica che era rimasta confinata nell'ambito del paganesimo trovava espressione in un'opera di livello universitario e di valore filosofico, venendo rivalutata alla luce del pensiero cristiano; le polemiche che seguirono alla pubblicazione del testo, costrinsero Valla a lasciare Pavia.  Da allora egli passò da un'università all'altra, accettando brevi incarichi e tenendo lezioni in diverse città. Durante questo periodo fece la conoscenza del re Alfonso V d'Aragona, al cui servizio entrò. Alfonso ne fece il suo segretario, lo difese dagli attacchi dei suoi nemici e lo incoraggiò ad aprire una scuola a Napoli.  Durante il pontificato di Eugenio IV, scrisse un breve testo, pubblicato solo nel 1517 e intitolato La falsa Donazione di Costantino (De falso credita et ementita Constantini donatione). In esso Valla, con argomentazioni storiche e filologiche, dimostrò la falsità della Donazione di Costantino, documento apocrifo in base al quale la Chiesa giustificava la propria aspirazione al potere temporale: secondo questo documento, infatti, sarebbe stato lo stesso imperatore Costantino, trasferendo la sede dell'impero a Costantinopoli, a lasciare alla Chiesa il restante territorio dell'Impero romano (oggi la dimostrazione del Valla è universalmente accettata e lo scritto è datato all'VIII secolo o IX secolo).   «Quid, quod multo est absurdius, capit ne rerum natura, ut quis de Constantinopoli loqueretur tanquam una patriarchalium sedium, que nondum esset, nec patriarchalis nec sedes, nec urbs christiana nec sic nominata, nec condita nec ad condendum destinata? Quippe privilegium concessum est triduo, quam Constantinus esset effectus christianus, cum Byzantium adhuc erat, non Constantinopolis.» «E, ciò che è molto più assurdo e non rientra nella realtà dei fatti, come si può parlare di Costantinopoli come di una delle sedi patriarcali, quando ancora non era né patriarcale né una sede né una città cristiana né si chiamava così, né era stata fondata, né la sua fondazione era stata decisa? Infatti il privilegio fu concesso tre giorni dopo che Costantino si fece cristiano, quando Bisanzio esisteva ancora e non Costantinopoli.»  (Lorenzo Valla, La falsa Donazione di Costantino, 1440) Egli dimostrò che anche la lettera ad Abgar V attribuita a Gesù era un falso e, sollevando dubbi sull'autenticità di altri documenti spuri e ponendo in discussione l'utilità della vita monastica e mettendone in luce anche l'ipocrisia nel De professione religiosorum ("La professione dei religiosi"), egli suscitò l'ira delle alte gerarchie ecclesiastiche. Fu obbligato, pertanto, a comparire davanti al tribunale dell'Inquisizione, alle cui accuse riuscì a sottrarsi soltanto grazie all'intervento del re Alfonso.  Visitò nuovamente Roma, dove i suoi avversari erano ancora molti e potenti. Riuscì a salvarsi da morte certa travestendosi e fuggendo a Barcellona, da dove fece poi ritorno a Napoli. Vengono divulgati gli Elegantiarum libri sex (i sei libri sull'"eleganza" della lingua latina), pubblicati però postumi nel 1471. L'opera raccoglie una serie straordinaria di passi desunti dai più celebri scrittori latini (Publio Virgilio Marone, Cicerone, Livio), dallo studio dei quali, sostiene Valla, occorre codificare i canoni linguistici, stilistici e retorici della lingua latina. Il testo costituì la base scientifica del movimento umanista impegnato a riformare il latino cristiano sullo stile ciceroniano.  Scrisse le "Emendationes sex librorum Titi Livii" in cui discute, col suo modo di scrivere brillante e caustico, correzioni ai libri 21-26 di Tito Livio in opposizione ad altri due intellettuali della corte napoletana il Panormita ed il Facio che non avevano il suo stesso spessore filologico.  L'ultima fase Nel febbraio 1447, con la morte di papa Eugenio IV, la sua fortuna iniziò a volgere in meglio. Recatosi nuovamente a Roma, fu ricevuto dal nuovo pontefice Niccolò V; a partire dal 1450 assunse il ruolo a lui più consono di professore di retorica, ma non perse nemmeno il suo spirito caustico e iniziò a criticare nel 1449 il latino della Vulgata, facendo confronti con l'originale greco sminuendo il ruolo di traduttore di San Girolamo e giudicò spuria la corrispondenza tra Seneca e San Paolo.  Sotto papa Callisto III Valla raggiunse il culmine della carriera, divenendo segretario apostolico. Morì a Roma. Un frammento della sua tomba, contenente un ritratto dello stesso, è ora murato nel chiostro della Basilica Lateranense dove era originariamente sepolto.  È quasi impossibile farsi un'idea precisa della vita privata e del carattere di Valla, essendo i documenti nei quali vi si fa riferimento sorti in contesti polemici e, pertanto, fonte più di esagerazioni e calunnie che di testimonianze attendibili. Egli appare comunque come persona orgogliosa, invidiosa e irascibile, caratteristiche cui però si affiancano le qualità di elegante umanista, critico acuto e scrittore pungente nella sua continua e violenta polemica sul potere temporale della Chiesa di Roma. Lorenzo Valla è un personaggio di eccezionale importanza non solo per la cultura italiana, ma soprattutto quale rappresentante del più puro umanesimo europeo. Con le sue spietate critiche alla Chiesa cattolica dell'epoca fu un precursore di Lutero, ma fu anche il promotore di molte revisioni di testi cattolici.  La sua opera si basa su una profonda padronanza della lingua latina e sulla convinzione che fosse stata proprio un'insufficiente conoscenza del latino la vera causa del linguaggio ambiguo di molti filosofi. Valla era convinto che lo studio accurato e l'uso corretto della lingua fosse l'unico mezzo di acculturazione feconda e comunicazione efficace: la grammatica e un appropriato modo di esprimersi erano a suo modo di pensare alla base di ogni enunciato e, prima ancora, della stessa formulazione intellettuale. Da questo punto di vista i suoi scritti sono tematicamente coerenti, in quanto ciascuno di essi si sofferma innanzitutto sulla lingua, sul suo impiego rigoroso e sull'individuazione delle applicazioni erronee della grammatica latina.  Oggi, il profondo distacco storico ci permette di distinguere le opere di Lorenzo Valla essenzialmente in due filoni, quello critico e quello filologico. Sebbene avesse saputo mostrare eccezionali doti di storico negli scritti critici, questa capacità non è però riscontrabile nell'unico lavoro definito storico, cioè nella biografia di Ferdinando d'Aragona, tutto sommato un modesto elenco di aneddoti.  Nel III secolo l'Impero romano iniziava a tramontare, il che si palesava non solo nell'indebolimento delle forze politiche e militari, ma anche nello sfaldamento dell'ordinamento interno e soprattutto nell'imbarbarimento della cultura. La crisi generale e l'accettazione di molte genti non italiche tra i cittadini romani provocarono un lento ma significativo allontanarsi dalla lingua latina ufficiale verso forme dialettali e meno eleganti. Si evidenziò la necessità di uno "sviluppo" della lingua che presupponeva la canonizzazione della parlata popolare e della sua semplice grammatica. Erano i primi sintomi della nascita di una nuova lingua, quella italiana, che avrebbe necessitato di un millennio per svilupparsi pienamente. Durante questa lunghissima transizione, in tutta la penisola ci fu un'enorme incertezza linguistica. Il latino classico cedeva lentamente il posto ad una mescolanza di nuovi idiomi che combattevano per la supremazia.  Gli effetti di questo periodo di passaggio sono ben visibili soprattutto nelle traduzioni che via via nascevano dal latino verso l'italiano, poché la linea di demarcazione tra le due lingue era fluttuante e nessuno dei traduttori poteva dirsi un vero esperto in materia. Valla fu il primo a stabilire un limite alla modernizzazione della lingua latina, decidendo che i cambiamenti oltre tale limite facessero già parte del processo di sviluppo della lingua italiana. In questo modo riuscì non solo a salvaguardare la purezza del latino, ma pose anche le basi per lo studio e la comprensione dell'italiano.  Lorenzo Valla si pone tra i maggiori esponenti del Quattrocento italiano e dell'umanesimo europeo, non solo per il suo costante apporto di punti di vista umanistici, bensì anche per la sua annosa avversione alla cultura scolastica.  È indicativa ad esempio la sua tesi (in De Voluptate) sugli errori dello stoicismo praticato dagli asceti cristiani che non avrebbero preso in debita considerazione le leggi naturali, dunque divine; la morale consiglierebbe infatti, a suo avviso, un'esistenza allegra e godereccia che non precluderebbe in alcun modo l'aspirazione alle gioie del paradiso. Analogamente, nelle Dialecticae Disputationes Valla confuta il dogmatismo di Aristotele e la sua arida logica che non offre insegnamenti o consigli, bensì discute solo di parole senza raffrontarle con il loro significato nella vita reale. Altrettanto critico si dimostra (nelle Adnotationes in Novum Testamentum) quando usa la sua profonda padronanza del latino per provare che sono state le traduzioni maldestre di alcuni passi del Nuovo Testamento a causare incomprensioni ed eresie.  È a lui dedicata la Fondazione Lorenzo Valla, che in collaborazione con la casa editrice Mondadori, pubblica la collana Scrittori greci e latini in cui vengono proposte edizioni critiche di testi classici.  Edizioni delle opere L'arte della grammatica, Paola Casciano, Milano, Mondadori (Fondazione Lorenzo Valla), (terza edizione rinnovata) La falsa Donazione di Costantino, Gabriele Pepe, Firenze, Ponte alle Grazie, Scritti filosofici e religiosi, Giorgio Radetti, Firenze, Sansoni, (ristampa: Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2009) Repastinatio dialectice et philosophie, testo latino edito da Gianni Zippel, Padova, Antenore, (due volumi) Dialectical Disputations, testo latino e traduzione inglese della Repastinatio B. P. Copenhaver and L. Nauta (I Tatti Renaissance Library), Harvard University Press,  (due volumi). Note //treccani.it/enciclopedia/lorenzo-valla_(Il-Contributo-italiano-alla-storia-del-Pensiero:-Filosofia)/  britannica.com/biography/Lorenzo-Valla  E. Garin, "La letteratura degli umanisti", in E. Cecchi-N. Sapegno (edd.) Letteratura italiana, III, Il Quattrocento e l'Ariosto, Milano, Garzanti, 1965,  198-203).  Basilica PapaleSAN GIOVANNI IN LATERANO, su vatican.va. Lodi Nauta, In Defense of Common Sense: Lorenzo Valla's Humanist Critique of Scholastic Philosophy, Harvard University Press,  Pubblicate per la prima volta nel 1505 da Erasmo da Rotterdam.  Giovanni Antonazzi, Lorenzo Valla e la polemica sulla donazione di Costantino, Roma 1985. Salvatore Camporeale, Lorenzo Valla. Umanesimo e teologia, Firenze, Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento, 1972. Maristella de Panizza Lorch, A defense of life: Lorenzo Valla's theory of pleasure, Humanistische Bibliothek, Monaco, Wilhelm Fink, 1985. Marco Laffranchi, Dialettica e filosofia in Lorenzo Valla, Milano, Vita e Pensiero, 1999. Peter Mack, Renaissance argument. Valla and Agricola in the tradition of rhetoric and dialectic, Leiden, Brill, 1993. Girolamo Mancini, Vita di Lorenzo Valla, Firenze, G. C. Sansoni Editore, 1891 Lodi Nauta, In defense of common sense: Lorenzo Valla's Humanist critique of Scholastic philosophy, Harvard, Harvard University Press, Mariangela Regoliosi , Lorenzo Valla. La riforma della lingua e della logica (Atti del convegno del Comitato Nazionale VII centenario della nascita di Lorenzo Valla, Prato, 4-7 giugno 2008) Firenze, Edizioni Polistampa, , 2 tomi.  Donazione di Costantino. Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . 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vallauri: essential Italian philosopher. “Italians, especially noble ones, love a long surname, so this is Luigi Lombardi Vallauri. I say: if he wants to keep the Vallauri, that’s what he’ll go with by!”Lombardi Vallauri. Grice: “He favours animal rights, as I do.” Luigi Lombardi Vallauri  Dubbio di enciclopedicità La rilevanza enciclopedica di questa voce o sezione sugli argomenti filosofi e giuristi è stata messa in dubbio. Motivo: Voce promozionale su accademico vegano e altre idee personali di filosofia di vita e sapere, ma non si evidenziano rilevanze enciclopediche Puoi aiutare aggiungendo informazioni verificabili e non evasive sulla rilevanza, citando fonti attendibili di terze parti e partecipando alla discussione. Se ritieni la voce non enciclopedica, puoi proporne la cancellazione. Segui i suggerimenti dei progetti di riferimento 1, 2. Per interpellare gli autori della voce o il progetto usa: {{AiutoE|Luigi Lombardi Vallauri}}--~~~~ Luigi Lombardi Vallauri (Roma, 4 aprile 1936) è un filosofo e professore universitario italiano.  È stato Professore di filosofia del diritto presso l'Università Cattolica di Milano e l'Università degli Studi di Firenze. Dal  ha insegnato all'Università degli Studi dell'Insubria e all'Università degli Studi di Sassari, dalla quale è stato chiamato per "chiara fama".   Nasce e cresce in contesto familiare profondamente cattolico. Nipote del predicatore gesuita Riccardo Lombardi, cugino del direttore della Sala stampa vaticana Federico Lombardi, nonché nipote di Gabrio Lombardi, si avvia alla formazione teologica alla Gregoriana di Roma. Nello stesso periodo consegue la laurea in Giurisprudenza col massimo dei voti presso l'Roma, suo maestro è stato Emilio Betti. Abbandonata la vocazione sacerdotale intorno a vent'anni, dopo la laurea perfeziona gli studi giuridici in Germania e vince molto presto il concorso per la Libera docenza.  Nel 1970 diviene Professore in Filosofia del diritto all'Firenze, dove ha insegnato anche Argomentazione giuridica e Filosofia del diritto avanzata. Nel 1976 ottiene la cattedra in Filosofia del diritto anche all'Università Cattolica di Milano. Dopo il collocamento a riposo insegnerà presso le Como e Sassari.  Massimo esperto di teoria dell'interpretazione giuridica, già direttore dell'Istituto per la documentazione giuridica del CNR (dal 1973 al 1977) e presidente della Società italiana di filosofia giuridica e politica (dal 1996 al 2000), è autore di una vastissima serie di saggi filosofico-giuridici. Con il suo Terre: Terra del Nulla, Terra degli uomini, Terra dell'Oltre ha aperto un nuovo filone della sua ricerca, dedicato alla filosofia della religione e della spiritualità. Al saggio Nera Luce, apparso nel 2001, Lombardi Vallauri ha consegnato la sua critica serrata ai dogmi del cattolicesimo e l'approdo all'apofatismo. I suoi interessi recenti riguardano la tutela giuridica dei diritti degli animali. È vegano.  Nel 1979 Lombardi Vallauri ha fondato, e tuttora conduce, un "gruppo di meditazione" teso a esplorare le possibilità di una vita contemplativa all'altezza del sapere moderno. Il suo ultimo libroche traduce in scrittura il seguitissimo corso di meditazioni tenuto dall'autore per Radio Tre Rai nel 2004, 2005 e 2007propone una "mistica laica", ossia una mistica che prescinde da rivelazioni soprannaturali coniugando il pensiero scientifico occidentale con le tecniche di meditazione tipiche delle filosofie orientali.  Allontanamento dall'Università Cattolica Dal 1976 Lombardi Vallauri ha insegnato Filosofia del diritto presso l'Università cattolica di Milano.  Il 19 aprile 1996 tiene una conferenza a Bari e all'inizio decide di sedersi in terra, giustificandosi presso l'uditorio con la frase: «Del Dio che emoziona non mi sento di parlare seduto su una sedia, quindi, mentre parlerò di questo Dio, starò seduto in terra».  Nel 1998 è stato sospeso dall'attività didattica a causa del suo insegnamento ritenuto eterodosso rispetto alla dottrina della Chiesa Cattolica.  Fra i punti problematici secondo le autorità ecclesiastiche, un giudizio di Lombardi Vallauri sul dogma dell'inferno, da lui definito:  «incostituzionale [in quanto] nessun atto per quanto grave può meritare una pena eterna [e perché] è contraria ai princìpi più avanzati del diritto, e specificamente del diritto influenzato dal cristianesimo, una pena che in nessun modo tenda alla rieducazione/riabilitazione del condannato.»  Il professore ha affermato in seguito:  «Quando i giudici ecclesiastici mi hanno cacciato fuori dall'Università Cattolica non riuscivano a formulare l'accusa ed io ho detto: "Ve la do io, il papa è quasi infallibile nell'errare".»  Dopo l'esito negativo dei ricorsi giudiziari interni, Lombardi Vallauri si è rivolto alla Corte europea dei diritti dell'uomo.  Nel 2009 la Corte si è pronunciata a favore del ricorrente, ritenendo che fossero stati lesi i suoi diritti alla libertà di espressione (per il provvedimento adottato dalla Cattolica senza contraddittorio) e a un equo processo (per il rifiuto a pronunciarsi opposto dagli organi giurisdizionali amministrativi), entrambi garantiti, rispettivamente, dagli articoli 10 e 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.  Pensiero Nei suoi corsi e libri Vallauri di è occupato di varie tematiche: filosofia del diritto, critica dei riduzionismi, filosofia della mente, misticismo, buddismo, sessualità, meditazione, diritti degli animali.  Riassumeva la situazione storica attuale tramite la seguente “formula”: [E = (m+e) + i (ab) + fd + oid] -> [N.O.] -> [(N. e/ax/es)] + (I.P.)]  La prima parte è l’equazione del riduzionismo ontologico: l’essere (E) è riducibile alla somma di materia (m), energia (e) e informazione (i); l’informazione è di due specie: algoritmica (a) e biologica (b). Il riduzionismo diventa poi scientismo tecnologico, con l’aggiunta di un fattore di dominazione (fd), ossia la teoria baconiana del conoscere per dominare, e dell'organizzazione industriale del dominio (oid) portata dalla rivoluzione industriale. Le conseguenze dello scientismo sono il nichilismo ontologico (N.O.), ossia la scomparsa di ogni tipo di spirito (Dio angeli anima), il quale può avere due esiti antitetici: le filosofie del soggetto assoluto e quelle della morte del soggetto. L’ultima conseguenza del processo è il nichilismo etico assiologico ed esistenziale (N. E/ax/es), ossia la negazione di norme e valori oggettivi. Esso genera un vuoto, che nella nostra epoca viene occupato dall’individualismo possessivo (I.P)., ossia la credenza che gli unici beni sono ricchezza successo e potere. Occorre dunque articolare una risposta filosofica al riduzionismo, individuando quali realtà si sottraggano alle sue pretese. L’oggetto principale che sfugge alla riduzione è la mente.   Opere principali Saggio sul diritto giurisprudenziale, Milano, 1967 Amicizia, carità e diritto, Milano, 1969 (nuova edizione: 1974) Corso di filosofia del diritto, Padova, 1981 (seconda edizione: ) Cristianesimo, secolarizzazione e diritto moderno, Milano, 1981 Terre: Terra del Nulla, Terra degli uomini, Terra dell'Oltre, Milano. Il Meritevole di tutela, Milano, 1990 Logos dell'essereLogos della norma, Bari, 1999 Nera luce, Firenze, 2001 Riduzionismo e oltre: Dispense di filosofia per il diritto, Padova, 2002 Trattato di Biodiritto. La questione animale, Milano,  Meditare in Occidente. Corso di mistica laica, Firenze,  Scritti animali. Per l'istituzione di corsi universitari di diritto animale, Gesualdo,  Note  Sandro Magister, L'inferno? Una vergogna, L'Espresso. Guadagnucci 150.  Luigi Lombardi Vallauri, Scritti Animali. Per l'istituzione di corsi universitari di diritto animale, in Visionari, Gesualdo (AV), Gesualdo Edizioni, ,  9788885498099.  Guadagnucci 161.  Roberto Dal Bosco, Cristo o l'India, Verona, Fede e Cultura, Guadagnucci. L. Lombardi Vallauri, Sullo scarso fondamento dei fondamentalismi, Nuovamente.org. 6 febbraio  19 giugno 2008).  Lombardi Vallauri L., Neuroni, mente, anima, algoritmo: quattro ontologie, Lettura magistrale al VI congresso della Società italiana di neuroscienze, 1996  Lorenzo Guadagnucci, Il filosofo degli animali, in Restiamo animali: Vivere vegan è una questione di giustizia, Milano, Terre di mezzo,  Registrazioni di Luigi Lombardi Vallauri, su RadioRadicale.it, Radio Radicale.  Interventi e trasmissioni radiofoniche Meditare in occidenteCorso di mistica laica, ciclo di trasmissioni radiofoniche su Radio3 Rai.  Meditare in occidenteCorso di mistica laica (2005), ciclo di trasmissioni radiofoniche su Radio3 Rai, edizione del 2005. Meditare in occidenteL'anima di paesaggio (2007), ciclo di trasmissioni radiofoniche su Radio3 Rai, edizione. Conferenza/lezione tenuta da Vallauri dal titolo: Nonviolenza e Animali: un tema antico come le montagne e sempre più ricco di futuro. Evento organizzato da Progetto Vivere Vegan,   Interviste <<Sì agli interventi che aiutano i nascituri>>, intervista di Giancarlo Perna, LIBERO, 7.03. Intervista a Luigi Lombardi Vallauri, di Valentina Grazzini, l'Unità, Firenze, 7.01. e Rassegna stampa sul "Caso Vallauri" I Nuovi Inquisitori, di Giovanni Maria Pace, a Repubblica, A dialogo con Luigi Lombardi Vallauri, di Neri Pollastri, da Phronesis, V (2007), n. 9 Note , di Teresa Franza, Officina sedici.

 

Valletta: essential Italian philosopher. Grice: “He was a libertine from Naples. I like him. His oeuvre published in Firenze.” Giuseppe Valletta (Napoli), filosofo. Nell'infanzia studiò dapprima letteratura presso i Gesuiti per poi dedicarsi al diritto.  Insieme a Francesco D'Andrea, fu fra i fondatori dell'Accademia degli Investiganti, che diede impulso al grande rinnovamento culturale che prese avvio negli ultimi decenni del Seicento meridionale. Nelle accese polemiche filosofico-scientifiche tra progressisti e conservatori, il Valletta insieme a Tommaso Cornelio, Francesco D'Andrea, Leonardo Di Capua e agli altri accademici investiganti appoggiò attivamente i progressisti.  Istituì a sue spese la cattedra di Lingua greca presso l'Napoli, affidando l'incarico di insegnamento al suo maestro ed amico Gregorio Messere, illustre grecista e filosofo dell'epoca. Curò l'edizione napoletana delle Opere e del Bacco in Toscana dello scienziato toscano Francesco Redi.  Fu un grande appassionato e conoscitore di libri, tanto che la sua biblioteca ne arrivò a contenere ben diciottomila, meritandosi l'appellativo di Helluo librorum et Secli Peireskius alter. Alla sua morte, grazie all'interessamento di Giambattista Vico, il fondo librario confluì nella Biblioteca dei Girolamini.  Opere: Lettera in difesa della moderna filosofia e de' coltivatori di essa. Historia filosofica.  Lombardi. Antonio Lombardi, Storia della letteratura italiana nel secolo XVIII. Tipografia camerale. Disponibile online, su books.google.com. Fausto Nicolini, Giuseppe Valletta, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Accademia degli Investiganti Francesco D'Andrea Francesco Redi Francesco Valletta, nipote di Giuseppe.Valletta breve scheda biografica sul sito "Francesco Redi. Scienziato e poeta alla Corte dei medici".

 

Valore: Essential Italian philosopher. Grice: “Having philosophsided on what Italians call ‘valore,’ I admire Valore!” Paolo Valore (Milano) filosofo. Si occupa di metafisica, di ontologia generale e delle implicazioni ontologiche delle teorie formali. Si è interessato anche dei progetti di linguaggi artificiali e di lingue ausiliarie. Laureatosi in Filosofia nel 1997 all'Università degli Studi di Milano, nel 2000 vi ha conseguito il dottorato di ricerca con uno studio su Riferimento, rappresentazione e realtà in Hilary Putnam. Dopo un anno di perfezionamento al King’s College di Londra, dal 2002 diventa ricercatore presso il Dipartimento di Filosofia della Statale di Milano, dove ha insegnato Storia della filosofia contemporanea. La sua prima produzione è stata dedicata principalmente a studi sulla filosofia dell'Ottocento e del Novecento e alla riabilitazione di una prospettiva neotrascendentalista soprattutto in metafisica. Ha partecipato al gruppo fondatore della rivista Problemata. Quaderni di Filosofia, di cui è stato caporedattore.  A partire dal 2004, quando la Facoltà di Ingegneria industriale del Politecnico di Milano gli ha affidato un corso di "Verità e teoria della corrispondenza", la sua ricerca si è spostata su tematiche sempre più teoriche, collegate alla filosofia analitica, alla metafisica e all'ontologia analitica. Nel 2006 organizza e cura il progetto Topics on general and formal ontology, che si è concretizzato nell'omonimo volume. Diviene quindi professore aggregato di Storia della metafisica contemporanea all'Università degli Studi di Milano, di Filosofia teoretica al Politecnico con corsi dedicati all'ontologia formale e, nel -, di Filosofia degli oggetti sociali (ontologia sociale) all'Università commerciale Luigi Bocconi di Milano.  Nel  ha fondato con Massimo Rizzardini e Federico Gobbo il giornale multilingue InKoj. Interlingvistikaj Kajeroj, rivista di "studio e discussione accademica sulle tematiche dei linguaggi artificiali" ad accesso libero, di cui è direttore. È stato membro del gruppo di ricerca internazionale EUROCORES (European Collaborative Research) finanziato dall'European Science Foundation e dal  è il responsabile del progetto “Classical Paradigms and Theoretical Foundations in Contemporary Research on Formal and Material Ontology” per il programma EuroScholars USA (European Undergraduates Research Opportunities). Nel  lavora negli Stati Uniti, presso il Dipartimento di Filosofia dell'New York, su un suo progetto di ricerca di ontologia formale per il quale ha vinto una sponsorizzazione Fulbright nella categoria Fulbright Visiting Scholar. Collabora con la Rivista di storia della filosofia, è nel comitato scientifico delle riviste Materiali di estetica, Rivista Italiana di Filosofia Analitica Junior e Multilinguismo e società ed è direttore delle collane di filosofia "Biblioteca di Problemata" (editore LED di Milano) e "Ratio. Studi e testi di filosofia contemporanea" (editore Polimetrica di Monza).  Pubblicazioni principali Monografie Trascendentale e idea di ragione. Studio sulla fenomenologia banfiana, Firenze, La Nuova Italia, Rappresentazione, riferimento e realtà. Studio su Hilary Putnam, Torino, Thélème, L'inventario del mondo. Guida allo studio dell'ontologia, Torino, Utet, La sentenza di Isacco. Come dire la verità senza essere realisti, Milano-Udine, Mimesis, Fundamentals of Ontological Commitment, Berlin, de Gruyter,  Curatele Antonio Banfi, Platone. Lezioni,  (Paolo Valore), Milano, Unicopli, Paolo Valore , Forma dat esse rei. Studi su razionalità e ontologia, Milano, Led, Paolo Valore , Ars experientiam recte intelligendi. Saggi filosofici, Monza, Polimetrica, Willard Van Orman Quine, Da un punto di vista logico. Saggi logico-filosofici (edizione italiana di From a logical point of view Paolo Valore, con presentazione di Giulio Giorello e Renato Pettoello), Milano, Raffaello Cortina, Paolo Valore , Topics on General and Formal Ontology, Monza, Polimetrica, 2Paolo Valore , Materiali per lo studio dei linguaggi artificiali nel Novecento, Milano, Cuem, Simona Chiodo e Paolo Valore , Questioni di metafisica contemporanea, Milano, Il Castoro, Renato Pettoello e Paolo Valore , Willard Van Orman Quine, Milano, Franco Angeli, Pubblicato contemporaneamente anche come numero monografico della Rivista di storia della filosofia, per il centenario della nascita di Quine. Paolo Valore e Federico Gobbo , Artificial Languages. Themes in linguistics and philosophy, Monaco di iera, Grin Verlag, . Pubblicato anche, con il titolo Interlinguistica e filosofia dei linguaggi artificiali, come numero monografico per la prima uscita del giornale accademico multilingue InKoj. Interlingvistikaj Kajeroj. Paolo Valore , Multilingualism. Language, Power, and Knowledge, Pisa, Edistudio, Dispense universitarie La categoria di sostanza in Aristotele, Milano, Cuem, Introduzione al dibattito contemporaneo sulla distinzione tra analitico e sintetico, Milano. Cuem, Questioni di ontologia quineana, Milano, Cusl,  La struttura logico-analitica dell'ontologia herbartiana, Milano, Cusl,  Nuova edizione corretta e aggiornata:  Laboratorio di ontologia analitica, Milano, Cusl, Verità e teoria della corrispondenza, Milano, Cusl, Philosophy of Social Objects, Milano, Bocconi, . Bibliografie ragionate Ontologia, Milano, Unicopli, Verità, Milano, Unicopli,Saggi e articoli "How to Consider the Twin Earth Experiment", in Acme,  "Idealizzazione della verità e coerentismo. Due perplessità sul realismo della 'seconda ingenuità'", in Iride. Filosofia e discussione pubblica,  "La 'posizione' esistenziale e il giudizio ipotetico nell'ontologia herbartiana: il caso degli oggetti inesistenti", in S. Poggi , Natura umana e individualità psichica. Scienza, filosofia e religione in Italia e Germania tra Ottocento e Novecento, Milano, Unicopli, "Sull'idea di una logica trascendentale", in Chora. Laboratorio di attualità, scrittura e cultura filosofica, n. 10, anno 4 (2005),  18-20. "Alcune note sull'attualità dell'ontologia nella filosofia contemporanea più recente", in Paolo Valore , Forma dat esse rei..., "L'interpretazione semantica del trascendentale e l'ontologia del mondo reale in Giulio Preti", in Paolo Valore , Forma dat esse rei...,  "Il mestiere antico e nuovo del filosofo", in la Repubblica, (sezione Milano). "Lógica e Ontologia no confronto entre Bertrand Russell e Hugh MacColl acerca dos objectos inexistentes", in Revista Portuguesa de Filosofia,  "Fisica e geometria come modelli di lavoro per l'ontologia. Un'interpretazione del metodo delle relazioni”, in Paolo Valore , Ars experientiam...,  "General and formal ontology", in Paolo Valore , Topics on. "Some ontological remarks on The maxim of identification of indiscernibles", in Paolo Valore , Topics, Simona Chiodo e Paolo Valore, "Dall'epistolario di Giulio Preti ad Antonio Banfi", in Simona Chiodo e Gabriele Scaramuzza , Ad Antonio Banfi cinquant'anni dopo, Milano, Unicopli, "Due tipi di parsimonia. Alcune considerazioni sul costruttivismo e il nominalismo ontologico", in Elio Franzini e Marcello La Matina , Nelson Goodman, la filosofia e i linguaggi, Macerata, Quodlibet.  "Cosa c'è che non va nell'idea di una lingua cosmica. Il caso del LINCOS di Freudenthal", in Multilingusimo e Società,  "Nothing is part of everything", in Giornale di filosofia, Ontologie/8 (): giornaledifilosofia.net Note  La rivista è consultabile sul sito specifico dell'Milano.  Volume recensito da Massimo Dell'Utri sulla rivista Iride. Filosofia e discussione pubblica, Volume recensito da Giuliana Mancuso sulla rivista web Secretum on line. Scienze, saperi, forme di cultura, n. 13, 9 aprile 2009 e da Elena Marazzi sulla Rivista di filosofia neoscolastica,Volume recensito da Conrad Gesner Jr. sulla rivista Belfagor. Rassegna di varia umanità, Volume recensito da Matteo Bianchetti sulla rivista Chora. Laboratorio di attualità, scrittura e cultura filosofica,  Volume recensito da: Valeria Giardino sulla Rivista di filosofia, nnell'articolo "Tra i cavalli alati e la realtà", su Il manifesto, Luisa Morra in L'indice dei libri del mese, 2004; Francesco Armezzani su SWIF del febbraio 2005 Archiviato il 16 maggio 2006 in ..  Volume recensito dal professor Renato Corsetti sulla rivista L'esperanto. Revuo de itala esperanto-federacio, Volume recensito da Elena Marazzi sulla rivista web Secretum on line. Scienze, saperi, forme di cultura Si tratta di un eBook accessibile solo con password.  Si tratta di una replica critica all'articolo di Patrizia Valduga "Trentuno filosofi all'anagrafe", pubblicato su la Repubblica, (sezione Milano).  Profilo accademico su immaginidellamente.it. Elenco completo delle pubblicazioni sul sito universitario academia.edu.

 

Caluso: Valperga: essential italain philosopher. Grice: “Noble Italians love a long surname, so this is Valperge-Di-Caluso,” and so Ryle had in under the “C””.  Tommaso Valperga di Caluso   Tommaso Valperga di Caluso Tommaso Valperga di Caluso (Torino), filosofo, astronomo, fisico e matematico italiano, membro della congregazione dell'Oratorio. Discendente dai Valperga, nobile famiglia piemontese, nei primi anni della giovinezza si sentì attratto dalla carriera delle armi. A Malta, ospite del governatore dell'isola, si addestrò alla vita marinara imparando le dottrine nautiche e nel 1754 fu capitano sulle galee del re di Sardegna. Entrato poi a Napoli nella congregazione dei padri filippini fu professore di teologia.  Tornato a Torino studiò fisica e matematica sotto la guida del Beccaria, con Joseph-Louis Lagrange, Saluzzo e Cigna. Frequentatore delle riunioni culturali "sampaoline" nelle sale della casa di Gaetano Emanuele a di San Paolo ritrovò l'Alfieri, che aveva conosciuto a Lisbona nel 1772 durante un viaggio in Portogallo. Scoprì in lui il futuro poeta e tra loro nacque una profonda amicizia.  Eccelse negli studi filosofici e apprese l'inglese, il francese, lo spagnolo e l'arabo e conobbe con sicurezza il latino, il greco, il copto e l'ebraico. Nell'università degli Studi di Torino insegnò lingue orientali. Fu direttore dell'osservatorio astronomico di palazzo Madama, incarico che nel 1805 cedette al Vassalli Eandi.  Fu membro dell'Accademia delle Scienze di Torino dal 1773 e di tutte le maggiori accademie d'Europa, come pure della Massoneria.  Suo fratello Carlo Francesco fu Ambasciatore del Regno di Sardegna in Francia, Portogallo e Spagna, e Viceré di Sardegna dal 1780 al 1783.  Note  Gerardo Tocchini, "Le veglie di Torino, Joseph de Maistre", in: Storia d'Italia, Annali 25, Esoterismo, Gian Mario Cazzaniga, Einaudi, Torino. Opere (selezione)  Tommaso Valperga di Caluso (con lo pseudonimo Didymus Taurinensis), Literaturae Copticae rudimentum, Parmae, Ex regio typographaeo. Tommaso Valperga di Caluso (con lo pseudonimo Euforbo Melesigenio), La Cantica ed il Salmo 18. secondo il testo ebreo tradotti in versi da Euforbo Melesigenio, Parma, tipi bodoniani, 1800. 27 giugno . Tommaso Valperga di Caluso, Prime lezioni di gramatica Ebraica, Torino, Stamperia della corte d'Appello, 1805. 27 giugno .  Tommaso Valperga di Caluso, Thomae Valpergae inter P. Arcades Euphorbi Melesigenii latina carmina cum specimine graecorum, Augustae Taurinorum, in typographaeo supremae curiae appellationis, 1807. 27 giugno .  Tommaso Valperga di Caluso, Principes de philosophie pour des initiés aux mathématiques, Turin, Bianco,  Carlo Calcaterra, Valperga di Caluso, Tommaso, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1932, valperga-di-caluso-tommaso. 12 luglio . Piero Treves, Caluso di Valperga, Tommaso, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. 12 luglio . Renzo Rossotti, Le strade di Torino, Newton Compton Editori, 1995. Milena Contini, Tommaso Valperga di Caluso e l'‘Orlando Innamorato' in «Giornale storico della letteratura italiana», Milena Contini, La felicità del savio. Ricerche su Tommaso Valperga di Caluso, Alessandria, Edizioni dell'Orso, . Milena Contini, Tommaso Valperga di Caluso traduttore in piemontese dell'incipit dell'Iliade, in «Studi Piemontesi», Milena Contini, Le riflessioni di Tommaso Valperga di Caluso sulla lingua italiana, in La letteratura degli italiani. Centri e periferie, Atti del Congresso Adi, Pugnochiuso D. Cofano e S. Valerio, Foggia, Edizione del Rosone, . Milena Contini, Ugolini mors. Traduzioni latine di Inferno XXXIII, in «Dante. Rivista internazionale di studi su Dante Alighieri»,  Milena Contini, Per una poetica teatrale di Tommaso Valperga di Caluso: traduzioni ed esperimenti, in La letteratura degli italiani II. Rotte, confini, passaggi, Atti del Congresso Adi, Genova A. Beniscelli, Q. Marini, L. Surdich, DIRAS, Università degli Studi di Genova, . Milena Contini, Il corpo martoriato. L'interesse di Tommaso Valperga di Caluso per quattro atroci fatti di sangue, in Metamorfosi dei lumi 7: il corpo, l'ombra, l'eco, Clara Leri, Torino, aAccademia university press,  Milena Contini, Versione latina di Inferno XXXIII, in «Lo Stracciafoglio», . Milena Contini, Plagio dal Villebrune apposto al Petrarca: un'appassionata confutazione di “meschine, arroganti e scortesi” calunnie sull’Africa, in «Sinestesie», giugno . Milena Contini, Tommaso Valperga di Caluso (un maestro da ricordare, in «Rivista di Storia dell'Torino.” Opere di Tommaso Valperga di Caluso / Tommaso Valperga di Caluso (altra versione), su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Tommaso Valperga di Caluso.

 

Vanini: Essential Italian philosopher. “If you speak Italian, you should never confuse Vaninin with Vanninin.”Grice. Vanini, philosopher, a Renaissance Aristotelian who studied law and theology. He became a monk and traveled all over Europe. After abjuring, he taught and practiced medicine. He was burned at the stake by the Inquisition. His major work is four volumes of dialogues, De admirandis naturae reginae deaeque mortalium arcanis “On the Secrets of Nature, Queen and Goddess of Mortal Beings,” 1616. He was influenced by Averroes and Pietro Pomponazzi, whom he regarded as his teacher. Vanini rejects revealed religion and claims that God is immanent in nature. The world is ruled by a necessary natural order and is eternal. Like Averroes, he denies the immortality and the immateriality of the human soul. Like Pomponazzi, he denies the existence of miracles and claims that all apparently extraordinary phenomena can be shown to have natural causes and to be predetermined. Despite the absence of any original contribution, from the second half of the seventeenth century Vanini was popular as a symbol of free and atheist thought. Giulio Cesare Vanini   Medaglione di Vanini al monumento a Giordano Bruno in Campo de' Fiori. Sotto il mento, una piccola effigie di Martin Lutero. Giulio Cesare Vanini (Taurisano), filosofo. Fra i primi esponenti di rilievo del libertinismo erudito. Giulio Cesare Vanini nasce nella notte tra il 19 e il 20 gennaio 1585 a Taurisano, casale di Terra d'Otranto, nella famiglia che il padre Giovan Battista, uomo d'affari originario di Tresana in Toscana, ha costituito sposando una Lopez de Noguera, appartenente a una famiglia spagnola appaltatrice delle regie dogane della Terra di Bari, della Terra d'Otranto, della Capitanata e della Basilicata. Anche un successivo documento dell'agosto del 1612, scoperto nell'Archivio segreto vaticano, lo qualifica "pugliese", confermando il luogo di nascita ch'egli si attribuisce nelle sue opere.  Nel censimento ufficiale della popolazione del casale di Taurisano, nel 1596, figurano solo i nomi di Giovan Battista Vanini, del figlio legittimo Alessandro, nato nel 1582, e del figlio naturale Giovan Francesco. Nessun cenno della moglie e dell'altro figlio legittimo Giulio Cesare. Nel 1603 Giovan Battista Vanini viene segnalato per l'ultima volta a Taurisano: si ha motivo di ritenere che dopo questa data sia rientrato a Napoli.   Paolo Sarpi Sistemata ogni pendenza economica, nel 1603 entra nell'ordine carmelitano assumendo il nome di fra' Gabriele e si trasferisce a Padova per intraprendere gli studi di teologia presso quell'università. Giunge nelle terre della Repubblica di Venezia quando le polemiche provocate due anni prima dall'interdetto del papa Paolo V sono ancora vivacissime. Durante il soggiorno padovano entra in contatto con il gruppo capeggiato da Paolo Sarpi che, con l'appoggio dell'ambasciata inglese a Venezia, alimenta la polemica antipapale.  Giulio Cesare consegue a Napoli il titolo di dottore in utroque iure, superando nel giugno 1606 l'esame che gli consentiva di esercitare la professione di dottore nella legge civile e canonica. Come verrà descritto in documenti posteriori, egli ha assimilato una grande cultura, «parla assai bene il latino e con una grande facilità, è alto di taglia e un po' magro, ha i capelli castani, il naso aquilino, gli occhi vivi e fisionomia gradevole ed ingegnosa».  Nel 1606 probabilmente il padre del filosofo muore a Napoli. Giulio Cesare Vanini, divenuto maggiorenne, si fa riconoscere da un tribunale della capitale erede di Giovan Battista e tutore del fratello Alessandro. Con una serie di rogiti e procure notarili redatte a Napoli, Giulio Cesare inizia a sistemare ogni pendenza economica conseguente alla morte del padre: vende una casa di sua proprietà sita in Ugento, a pochi chilometri dal suo paese d'origine; nel 1607 dà mandato a uno zio materno di assolvere incarichi dello stesso tipo, incarica nel 1608 l'amico Scarciglia di recuperagli una somma e gli vende alcuni beni rimasti a Taurisano e tenuti in custodia dai due fratelli.  Nel 1611 partecipa alle prediche quaresimali, attirandosi i sospetti delle autorità religiose.  La fuga in Inghilterra Nel gennaio 1612, in conseguenza dei suoi atteggiamenti antipapali, viene allontanato dal convento di Padova e rinviato, in attesa di ulteriori sanzioni disciplinari, al Provinciale di Terra di Lavoro con sentenza del generale dell'Ordine Carmelitano, Enrico Silvio, ma l'anno dopo fugge in Inghilterra, insieme con il confratello genovese Bonaventura Genocchi. Nel viaggio, toccano Bologna, Milano, i Grigioni svizzeri e discendono il corso del Reno sino alla costa del Mare del Nord, attraversando la Germania, i Paesi Bassi, il canale della Manica e giungendo infine a Londra e a Lambeth, sede arcivescovile del Primate d'Inghilterra. Qui i due frati rimarranno per quasi due anni, nascondendo la loro reale identità perfino ai loro ospiti inglesi, poiché è provato che lo stesso arcivescovo di Canterbury, George Abbot, li conosceva sotto un nome diverso da quello reale.   Francesco Bacone Nel luglio 1612, nella Chiesa londinese detta "dei Merciai" o "degli Italiani", alla presenza di un folto auditorio e del filosofo Francesco Bacone, Vanini e il suo compagno fanno una pubblica sconfessione della loro fede cattolica, abbracciando la religione anglicana. In realtà i due frati non hanno tagliato i ponti con i loro ambienti di provenienza: infatti nel 1613 Genocchi viene raggiunto da una lettera molto amichevole di un amico e confratello genovese, Gregorio Spinola.  A loro volta, le autorità cattoliche vengono subito informate di questo caso. All'inizio di agosto è il nunzio a Parigi ad avvertire la Segreteria di Stato vaticana che due frati veneziani non meglio identificati sono fuggiti in Inghilterra «e si sono fatti ugonotti», che un vescovo italiano sta per seguirli e che lo stesso Paolo Sarpi, morto il doge e privato della sua protezione, per non cadere in mano dei suoi nemici, è sul punto di fuggire in Palatinato tra i protestanti; analoga notizia, arricchita di altri particolari, viene inoltrata dal nunzio in Fiandra al cardinale Borghese a Roma, che risponde mostrandosi già al corrente dei fatti e dell'esatta identità dei due frati; sa che la fuga di Vanini, di Genocchi, di Paolo Sarpi e di un non ancora identificato vescovo italiano potrebbe portare alla ricostituzione in terra protestante del gruppo di opposizione al Papato già operante nella Repubblica veneta al tempo dell'interdetto.  Nei mesi seguenti il nunzio Ubaldini da Parigi continua a inviare a Roma dettagli sulla condotta dei due frati rifugiati in Inghilterra, sulle loro predicazioni, su come sono stati accolti a corte e dalle autorità religiose, su come si continui a parlare dell'arrivo del vescovo italiano. La Segreteria di Stato vaticana esorta il nunzio in Francia ad attivare i suoi confidenti in Inghilterra al fine di scoprire l'identità del vescovo intenzionato a rifugiarvisi; in ottobre il cardinale Ubaldini da Parigi assicura alla Segreteria di Stato tutto il suo impegno in merito all'argomento dei due frati. Nello stesso dispaccio afferma che non mancherà di informare di ogni dettaglio anche il cardinale Arrigoni, che gli ha scritto in merito per conto del Papa e della Congregazione del Sant'Uffizio. Evidentemente a quella data la condotta veneziana e la successiva fuga dei due frati era già diventata argomento di discussione dell'Inquisizione Romana.  Un'altra lettera del cardinale Borghese invita il nunzio in Francia ad essere vigile sulla faccenda della fuga del vescovo in Inghilterra e, nel caso egli passi per il suolo francese, a far di tutto per «farlo ritenere», come suggerisce il Papa e «come sarebbe molto a proposito». In dicembre il Nunzio Ubaldini invia da Parigi al cardinale Borghese notizie dettagliate e di tenore molto diverso rispetto alle precedenti sui due frati, attestando la buona reputazione di cui essi godono in Inghilterra e la fiducia che possano presto essere recuperati alla Chiesa di Roma. Questa lettera viene poi trasmessa al tribunale dell'Inquisizione romana che nei primi giorni del gennaio successivo inizia di fatto a istruire il processo contro Vanini.   Il Museo di Storia Naturale dell'Oxford Nei mesi successivi si hanno varie notizie di un gran traffico di suppliche e lettere dei due frati a Roma, specialmente tramite l'ambasciatore spagnolo a Londra, per ottenere il perdono del papa e il rientro nel Cattolicesimo. Le autorità religiose inglesi ne vengono segretamente informate e dispongono un'attenta sorveglianza nei confronti dei due frati.  Tra la fine del 1613 e l'inizio del 1614 Vanini si reca in visita all'Cambridge e poi ad Oxford; qui confida ad alcuni conoscenti la sua ormai imminente fuga dall'Inghilterra, cosicché in gennaio i due frati vengono arrestati dalla guardie dell'arcivescovo dopo una funzione religiosa nella chiesa "degli Italiani" e rinchiusi in case di alcuni servi dell'arcivescovo. Scoppia un grande scandalo e dell'episodio vengono informati il re e le massime autorità dello Stato, in quanto nelle operazioni di recupero appaiono chiaramente coinvolti agenti di nazioni straniere accreditati nelle ambasciate a Londra. Altissime personalità cattoliche da Roma seguono la vicenda e la favoriscono con grande calore.  In febbraio Genocchi, eludendo la sorveglianza e con l'aiuto di agenti stranieri, fugge dalla prigione e dall'Inghilterra; in conseguenza di ciò, Vanini viene trasferito in luogo più sicuro e rinchiuso nella Carzel publica, ovvero nella Gatehouse adiacente all'Abbazia di Westminster. Dilaga lo scandalo; volano le accuse di leggerezza nei confronti dei fautori della fuga dei due frati dall'Italia, mentre cominciano a circolare apertamente i nomi del cappellano dell'ambasciatore veneto a Londra, Girolamo Moravo, e dell'ambasciatore spagnolo quali autori del clamoroso "recupero". Dalla Curia romana si continua a seguire la vicenda e a favorirla in ogni modo.  A Londra viene intanto istruito il processo a Vanini: il frate rischia una severa punizione, non il rogo come i martiri della fede (come il carmelitano scriverà con enfasi poi nelle sue opere), ma una lunga deportazione in desolate colonie lontane, come l'arcivescovo Abbot suggerisce al re.  La fuga da Londra Tra il 10 e il 16 marzo 1614 anche Vanini riesce a evadere di prigione e a fuggire dall'Inghilterra, sempre grazie all'aiuto degli agenti dell'ambasciatore spagnolo a Londra, incoraggiato da alte personalità romane e del cappellano dell'ambasciata della Repubblica Veneta, che si avvale anche dell'opera di alcuni servi dell'ambasciatore stesso, ma all'insaputa di questi.  Due anni dopo, durante il processo della Repubblica Veneta contro l'ambasciatore Foscarini per spionaggio e per aver consentito ad Abbot di sottoporre ad interrogatorio il personale dell'ambasciata, vengono alla luce anche dettagli sulla complicità della fuga di Vanini da Londra.  In aprile Vanini e Genocchi arrivano a Bruxelles e si presentano al Nunzio di Fiandra, Guido Bentivoglio, che li attende da tempo. Vengono iniziate le prime pratiche per la concessione del perdono per la fuga in Inghilterra e per l'apostasia e viene loro accordato di tornare in Italia e di vivervi in abito di prete secolare, senza più indossare l'abito religioso, ma con il vincolo dell'obbedienza al loro superiore. Forti di tali concessioni, alla fine di maggio i due frati vengono posti sulla via per Parigi, dove devono presentarsi al Nunzio di quella città, Roberto Ubaldini.  All'incirca nello stesso periodo giunge a Parigi anche l'ultimo frate "recuperato" dall'Inghilterra, fra' Nicolò da Ferrara, al secolo Camillo Marchetti. Altri due frati, invece, non ottengono il perdono dalle autorità cattoliche.   Lione, la città vecchia A Parigi, nell'estate del 1614, durante la permanenza presso la sede del Nunzio Ubaldini, Vanini si inserisce nella polemica relativa all'accettazione dei principi del Concilio di Trento in Francia, che tardava ad arrivare a causa del rifiuto di parte del clero gallicano; per orientare gli animi nella direzione voluta dalla Santa Sede, scrive i Commentari in difesa del Concilio di Trento, di cui egli poi intende avvalersi, come scrive Ubaldini ai suoi superiori in Roma, per dimostrare la sincerità del suo ritorno nella fede cattolica.  Riprende quindi la strada per l'Italia, dirigendosi a Roma, dove deve affrontare le difficili fasi finali del processo presso il tribunale dell'Inquisizione. Dimora per qualche mese a Genova, dove ritrova l'amico Genocchi e si guadagna da vivere insegnando filosofia ai figli di Scipione Doria.  Nonostante le assicurazioni ricevute, il ritorno dei frati non è del tutto tranquillo: nel gennaio 1615 Genocchi viene inaspettatamente arrestato dall'Inquisitore di Genova; a Ferrara accade lo stesso all'altro frate "recuperato", Camillo Marchetti. Vanini teme che gli accada la stessa sorte, fugge nuovamente in Francia e si dirige a Lione. Gli esiti finali delle esperienze capitate al frate genovese e a quello ferrareseche vennero rilasciati dopo un breve periodo di detenzione e restituiti alla normale vita religiosasembrano indicare che forse Vanini esagerò il pericolo insito in queste operazioni di polizia dell'Inquisizione.  In Francia' A Lione, nel giugno 1615, Vanini pubblica l'Amphitheatrum, che egli intende esibire in sua difesa alle autorità romane, come si legge in un dispaccio di Ubaldini alle autorità romane. Esso è dedicato a Francesco de Castro, ambasciatore spagnolo presso la Santa Sede, già collegato con la famiglia Vanini, da cui il frate fuggiasco s'aspetta un aiuto nell'operazione della concessione del perdono da parte delle autorità romane.   La Sorbona Poco tempo dopo, grazie anche agli appoggi acquisiti presso certi ambienti cattolici con la pubblicazione della sua opera, Vanini ritorna a Parigi e si ripresenta al Nunzio Ubaldini, chiedendogli di intervenire in suo favore presso le autorità di Roma. In agosto il prelato scrive al cardinale Borghese, chiedendo chiare indicazioni sulla sorte dell'ex-carmelitano. Non si conosce la risposta del Segretario di Stato; Vanini, comunque, non ritorna più in Italia e riesce invece a trovare la strada e i mezzi per entrare in ambienti molto prestigiosi della nobiltà francese.  Nel 1616, in pochi mesi, Vanini completa un'altra sua opera, il De Admirandis Naturae Reginae Deaeque Mortalium Arcanis, ed il 20 maggio l'affida a due teologi della Sorbona perché ne autorizzino la pubblicazione, secondo le norme del tempo vigenti in Francia; l'opera è pubblicata in settembre a Parigi. Essa è dedicata a François de Bassompierre, uomo potente alla corte di Maria de' Medici, ma è stampata da Adrien Perier, tipografo notoriamente protestante. Il lavoro vede la luce in un ambiente ricco di pubblicazioni che vengono guardate con sospetto dai rappresentanti cattolici e che provocano pesanti condanne, fino al rogo. L'opera del Vanini ottiene un immediato successo presso certi ambienti della nobiltà, popolati di giovani spiriti che guardano con interesse alle innovazioni culturali e scientifiche che vengono dall'Italia. In questo senso il De Admirandis costituisce una summa, esposta in modo vivace e brillante, del nuovo sapere; dà una risposta alle esigenze del momento di questo settore della nobiltà francese; diviene una specie di "manifesto" culturale di questi esprits forts e rappresenta per Vanini una possibilità di stabile permanenza negli ambienti vicini alla corte di Parigi.[senza fonte]  Tuttavia, pochi giorni dopo la pubblicazione dell'opera, i due teologi della Sorbona che avevano espresso la loro approvazione alla pubblicazione si presentano ai membri della Facoltà di Teologia in seduta ufficiale e li informano di aver letto, a loro tempo, certi dialoghi scritti da Vanini; di non avervi trovato allora niente che contrastasse con la fede cattolica; di averli restituiti muniti della loro approvazione alla stampa e con la condizione che il manoscritto da essi controfirmato fosse depositato presso di essi a pubblicazione avvenuta, a testimonianza della fedeltà del testo pubblicato a quello da loro approvato; che ciò non era avvenuto e che circolava invece un testo dell'opera diverso da quello approvato e contenente «alcuni errori contro la comune fede di tutti», per cui i due dottori avanzano la supplica che l'opera non circoli più con la loro approvazione e che tale richiesta venga trascritta nel libro delle Conclusioni della Facoltà stessa. La Sorbona accoglie tale richiesta che costituì di fatto un divieto di circolazione del testo.   Marco Antonio de Dominis La Facoltà di Teologia della Sorbona, però, sembra non occuparsi più dell'opera di Vanini, non prenderne più in esame l'opera, non elencarne o denunciarne, come da prassi, gli errori da emendare, né mai condanna il suo contenuto o il suo autore. Comunque, una condanna espressa dal vicario episcopale di Tolosa, Jean de Rudèle, fu sottoscritta anche dall'inquisitore Claude Billy. Inoltre anche la Congregazione dell'Indice pronuncia una condanna il 3 luglio 1620, con la quale il De admirandis fu condannato con la formula del donec corrigatur, in base alla quale il Sotomaior collocò il Vanini nella prima classe degli autori proibiti nel suo indice del 1640. La Collectio Judiciorum de novis erroribus qui ab initio duodecimi seculi post Incarnationem Verbi, usque ad annum 1632, in Ecclesia proscripti sunt et notati, di Charles du Plessis d'Argentré, dottore della Sorbona e vescovo, edita a Parigi nel 1728, esamina le censure e le "conclusioni" espresse dalla Facoltà sino al 1632che aveva condannato l'Amphitheatrum Aeternae Sapientiae di Heinrich Khunrath e la De Republica Ecclesiastica di Marco Antonio de Dominis)non menziona invece provvedimenti contro Vanini.  Tutto questo porterebbe a ritenere che non vi siano stati atti ufficiali specifici di persecuzione contro Vanini da parte delle autorità parigine, né religiose né civili, né in questo periodo né negli anni seguenti, ma solo proteste e minacce nei suoi confronti da parte di alcuni settori cattolici. Una condanna dell'opera di Vanini non avrebbe trovato fondate giustificazioni, né sul piano giuridico né su quello culturale, in quanto gran parte delle teorie esposte da Vanini non costituivano una novità per la cultura francese.  Fuggito da pochi mesi dall'Inghilterra, impossibilitato a rientrare in Italia, minacciato da alcuni settori cattolici francesi, Vanini vede restringersi intorno gli spazi di movimento e ridursi le possibilità di trovare stabile sistemazione nella società francese. Ha paura che venga aperto un processo contro di lui anche a Parigi, per cui fugge dalla capitale e si nasconde in Bretagna, in una delle cui abbazie, quella di Redon, è Abate Commendatario il suo amico e protettore, Arthur d'Espinay Saint-Luc. Ma intervengono anche altri fattori di preoccupazione: nell'aprile 1617 viene ucciso a Parigi Concino Concini, favorito di Maria de Medici, uomo potentissimo e molto odiato in Francia. L'episodio, seguito poco dopo dall'allontanamento della regina dalla capitale con il suo odiato seguito di italiani, crea notevole turbolenza politica e suscita un vasto movimento di ostilità nei confronti degli italiani residenti a corte.  A Tolosa Nei mesi seguenti, altre cronache del tempo segnalano la presenza di un misterioso italiano, con un nome strano, in possesso di una grande cultura ma dall'incerto passato, ancora più a sud, in alcune città della Guienna e poi della Linguadoca ed infine a Tolosa. Nella particolare suddivisione politica della Francia del XVII secolo, Enrico, duca di Montmorency, protettore degli esprits forts del tempo, sposato con la duchessa italiana Maria Felice Orsini, è governatore di questa regione e sembra poter accordare protezione al fuggiasco, che continua comunque a tenersi prudentemente nascosto. La presenza a Tolosa di questo misterioso personaggio, di cui si ignora la provenienza e la formazione culturale, ma che fa mostra di grande sapienza, di grande vivacità dialettica specialmente tra i giovani e di affermazioni non sempre allineate con la morale del tempo, non passa inosservata ed attira i sospetti delle autorità, che cominciano a sorvegliarlo.  Dopo averlo ricercato per un mese, il 2 agosto 1618 le autorità tolosane lo fanno arrestare e chiudere in prigione. Lo sottopongono ad interrogatorio, cercano di scoprire chi egli sia, quali siano le sue idee in materia di religione e di morale, perché fosse arrivato fin in quel lontano angolo della Francia meridionale. Vengono convocati testimoni contro di lui, ma non riescono ad accertare nulla, né a farlo tradire.   Il convento degli Agostiniani a Tolosa Il 9 febbraio 1619 il misterioso personaggio viene improvvisamente riconosciuto colpevole e condannato al rogo. Ormai isolato, braccato, impossibilitato a chiamare a sua difesa un passato travagliatissimo e ricco di nodi mai sciolti, abbandonato dai pochi amici rimastigli fedeli perché impotenti ad organizzare una chiara strategia in sua difesa, Vanini muore di morte atroce. Il Parlamento di Tolosa lo riconosce colpevole del reato di ateismo e di bestemmie contro il nome di Dio, condannandolo, sulla base della normativa del tempo prevista per i bestemmiatori, alla stessa pena cui erano andati incontro, in luoghi diversi ma in circostanze analoghe, certi Gilles Fremond e Jean Fontanier: gli viene tagliata la lingua, poi è strangolato e infine arso.  Subito dopo l'esecuzionerispettivamente nel maggio e nel giugno 1619furono pubblicati due anonimi che facevano esplicitamente il nome del Vanini e quindi nel misterioso italiano giustiziato viene riconosciuto Giulio Cesare Vanini, l'autore del De Admirandis, che aveva suscitato i sospetti di alcuni settori cattolici parigini nel 1616. Nello stesso 1619 comparvero le Histoires memorables di Rosset, che, con la quinta Histoire, divulgava con poche modifiche il secondo dei due citati canards. Nel luglio 1620 Joannes de Rudele, teologo e vicario generale dell'arcivescovado di Tolosa, avverte pubblicamente di aver esaminato le due opere di Vanini insieme con il padre Claudio Billy e di averle trovate «contrarie al culto e all'accettazione del vero Dio e assertrici dell'ateismo», emettendo ufficiale ordinanza di condanna e proibendone la stampa e la vendita nella diocesi di Tolosa, territorio posto sotto la sua giurisdizione. In precedenza, la Facoltà teologica della Sorbona non aveva comunicato di aver adottato analogo provvedimento.   Omaggio a Giulio Cesare Vanini nel luogo della sua morte. Opera Amphitheatrum Æternæ Providentiæ divino-magicum, christiano-physicum, necnon astrologo-catholicum adversus veteres philosophos, atheos, epicureos, peripateticos et stoicos, pubblicato a Lione nel 1615. L'opera si compone di 50 esercitazioni, che mirano a dimostrare l'esistenza di Dio, a definirne l'essenza, a descriverne la provvidenza, a vagliare o confutare le opinioni di Pitagora, di Protagora, di Cicerone, di Boezio, di Tommaso d'Aquino, degli Epicurei, di Aristotele, di Averroè, di Cardano, dei Peripatetici, degli Stoici, ecc., su questo argomento.  De Admirandis Naturæ Reginæ Deæque Mortalium Arcanis libri quattuor, stampato a Parigi nel 1616 presso l'editore Adriano Périer. Si divide in quattro libri:  un Liber Primus de Cœlo et Aëre; un Liber Secundus de Aqua et Terra; un Liber Tertius de Animalia Generatione et Affectibus Quibusdam; un Liber Quartus de Religione Ethnicorum; per un totale di 60 dialoghi (ma in realtà solo 59, in quanto il XXXV è perduto o mai redatto), che avvengono tra lui, nelle vesti di divulgatore del sapere, e un immaginario Alessandro, che si presta ad un gioco sottile e divertente nel corso del quale, con un atteggiamento compiacente e un po' complice, tra espressioni di meraviglia e ammirazione per la vastità del sapere di cui l'amico fa mostra, sollecita il suo interlocutore ad elencare e spiegare gli arcani della natura regina e dea che esistono intorno e all'interno dell'uomo.  Così, in un misto di rilettura in nuova chiave critica del pensiero degli antichi e di divulgazione di nuove teorie scientifiche e religiose, il protagonista del lavoro discetta sulla materia, figura, colore, forma, motore ed eternità del cielo; sul moto, centro e poli dei cieli; sul sole, sulla luna, sugli astri; sul fuoco; sulla cometa e sull'arcobaleno; sulla folgore, la neve e la pioggia; sul moto e la quiete dei proiettili nell'aria; sull'impulsione delle bombarde e delle balestre; sull'aria soffiata e ventilata; sull'aria corrotta; sull'elemento dell'acqua; sulla nascita dei fiumi; sull'incremento del Nilo; sull'eternità e la salsedine del mare; sul fragore e sul moto delle acque; sul moto dei proiettili; sulla generazione delle isole e dei monti, nonché della causa dei terremoti; sulla genesi, radice e colore delle gemme, nonché delle macchie delle pietre; sulla vita, l'alimento e la morte delle pietre; sulla forza del magnete di attrarre il ferro e sulla sua direzione verso i poli terrestri; sulle piante; sulla spiegazione da dare ad alcuni fenomeni della vita di tutti i giorni; sul seme genitale; sulla generazione, la natura, la respirazione e la nutrizione dei pesci; sulla generazione degli uccelli; sulla generazione delle api; sulla prima generazione dell'uomo; sulle macchie contratte dai bambini nell'utero; sulla generazione del maschio e della femmina; sui parti di mostri; sulla faccia dei bambini coperta da una larva; sulla crescita dell'uomo; sulla lunghezza della vita umana; sulla vista; sull'udito; sull'odorato; sul gusto; sul tatto e solletico; sugli affetti dell'uomo; su Dio; sulle apparizioni nell'aria; sugli oracoli; sulle sibille; sugli indemoniati; sulle sacre immagini dei pagani; sugli àuguri; sulla guarigione delle malattie capitata miracolosamente ad alcuni al tempo della religione pagana; sulla resurrezione dei morti; sulla stregoneria; sui sogni.  Pensiero  Girolamo Cardano «Empio osarono dirti e d'anatemi oppressero il tuo cuore e ti legarono e alle fiamme ti diedero. O uomo sacro! perché non discendesti in fiamme dal cielo, il capo a colpire ai blasfemi e la tempesta tu non invocasti che spazzasse le ceneri dei barbari dalla patria lontano e dalla terra! Ma pur colei che tu già vivo amasti, sacra Natura te morente accolse, del loro agire dimentica i nemici con te raccolse nell'antica pace.»  (Friedrich Hölderlin, Vanini, 1798) L'interpretazione naturalistica dei fenomeni soprannaturali che Pietro Pomponazzichiamato dal Vanini magister meus, divinus praeceptor meus, nostri speculi Philosophorum princepsaveva dato nel De incantationibus, “aureum opusculum”, è ripresa nel De admirandis naturae, dove, con una prosa semplice ed elegante, Vanini fa riferimento anche al Cardano, a Giulio Cesare Scaligero e ad altri cinquecentisti.  «Dio agisce sugli esseri sublunari (cioè sugli esseri umani) servendosi dei cieli come strumento»; di qui l'origine naturale e la spiegazione razionale dei pretesi fenomeni soprannaturali, dal momento che anche l'astrologia è considerata una scienza; «l'Essere Supremo, quando incombono pericoli, dà avvertimenti agli uomini e specialmente ai sovrani, agli esempi dei quali il mondo si conforma» (De admirandis, IV, 52). Ma i reali fondamenti dei presunti fenomeni sovrannaturali sono per Vanini soprattutto la fantasia umana, capace a volte di modificare l'apparenza della realtà esterna, i fondatori delle religioni rivelate, Mosè, Gesù, Maometto e gli ecclesiastici impostori che impongono false credenze per ottenere ricchezze e potere, e i regnanti, interessati al mantenimento di credenze religiose per meglio dominare la plebe, come insegnava già Machiavelli, il «principe degli atei» per il quale, secondo Vanini, «tutte le cose religiose sono false e sono finte dai principi per istruire l'ingenua plebe affinché, dove non può giungere la ragione, almeno conduca la religione».  Seguendo ancora il Pomponazzi e il Porzio nella loro interpretazione dei testi aristotelici, mutuata dai commenti di Alessandro di Afrodisia, nega l'immortalità dell'anima. Anche il cosmo aristotelico-scolastico subisce l'attacco distruttivo del Vanini: egli, analogamente a Bruno, nega la differenza peripatetica tra un mondo sublunare e un mondo celeste, affermando che entrambi sono composti della stessa materia corruttibile; scardina nell'ambito fisico e biologico il finalismo e la dottrina ilemorfica aristotelica, e, ricollegandosi all'epicureismo lucreziano, elabora una nuova descrizione dell'universo d'impianto meccanicistico-materialistico (gli organismi sono parago orologi), e concepisce una prima forma di trasformismo universale delle specie viventi; concorda con gli aristotelici sull'eternità del mondo (considerando in particolare l'aspetto temporale), ma, contro di essi, afferma il moto di rotazione terrestre e appare respingere la tesi tolemaica in favore di quella eliocentrica/copernicana.  Se il primo curatore delle sue opere, Luigi Corvaglia e lo storico Guido De Ruggiero, ingiustamente, considerarono i suoi scritti semplicemente «un centone privo di originalità e di serietà scientifica», il padre gesuita François Garasse, ben più preoccupato delle conseguenze della diffusione dei suoi scritti, li giudicò «l'opera più perniciosa che in fatto di ateismo fosse mai uscita negli ultimi cento anni». La figura e l'opera del Vanini sono state ampiamente riconsiderate e rivalutate dalla critica contemporanea, mettendo in mostra l'originalità e le intuizioni (metafisiche, fisiche, biologiche), talvolta precorritrici nei tempi, dei suoi scritti.  Visto che il Vanini nelle sue opere nasconde le sue idee, secondo un tipico espediente della cultura del suo tempo (per evitare seri conflitti con le autorità religiose e politiche costituite, conflitti che, come paradossalmente e sfortunatamente avvenne, nonostante le cautele, lo condussero infine alla morte), l'interpretazione del suo pensiero si offre a diversi piani di lettura. Tuttavia, nella storia della filosofia, resta di lui acquisita un'immagine di miscredente e persino di ateo (il che non era). E questo perché avversario di ogni superstizione e di fede costituita(meglio un proto-agnostico), tanto da essere considerato uno dei padri del libertinismo, malgrado avesse scritto persino un'apologia del Concilio di Trento, andata perduta.  Per una sintesi sul pensiero di Vanini si deve guardare da un lato al retroterra culturale, che è quello abbastanza tipico del Rinascimento, con prevalenza di elementi dell'aristotelismo averroistico ma con forti elementi di misticismo platonico e neoplatonico. Dall'altro lato egli trae dal Cusano dei tipici elementi panteistici, simili a quelli che si ritrovano anche in Giordano Bruno, ma più materialistici. La sua visione del mondo si basa sull'eternità della materia, sulla omogeneità sostanziale cosmica, su un Dio dentro la natura come "forza" che la forma, la ordina e la dirige. Tutte le forme del vivente hanno avuto origine spontanea dalla terra stessa come loro creatrice.  Considerato ateo, Vanini nel titolo della sua prima opera pubblicata a Lione nel 1615 Amphitheatrum aeternae providentiae divino-magicum, christiano-physicum, nec non astrologo-catholicum adversus veteres philosophos, Atheos, Epicureos, Peripateticos et Stoicos dimostra di non esserlo. Come precursore del libertinismo vi sono invece molti elementi che lo avvicinano al pensiero dell'ignoto autore del Trattato dei tre impostori anch'egli panteista. Vanini pensa infatti che i creatori delle tre religioni monoteiste, Mosè, Gesù e Maometto, non siano altro che degli impostori.  In De admirandis Naturae Reginae Deaeque mortalium arcanis libri quatuor stampato a Parigi nel 1616 vengono riprese le tesi dell'Amphiteatrum, con precisazioni e sviluppi che ne fanno il suo capolavoro e la sintesi della sua filosofia. Viene negata la creazione dal nulla e l'immortalità dell'anima, Dio è nella natura come sua forza propulsiva e vitale, entrambi sono eterni. Gli astri del cielo sono una specie di intermediari tra Dio e la Natura che sta nel mondo sublunare e di cui noi facciamo parte. La religione vera è perciò una "religione della natura" che non nega Dio ma lo considera un suo spirito-forza.  Il pensiero di Vanini è abbastanza frammentario e riflette anche la complessità della sua formazione, perché era un religioso, un naturalista, ma anche un medico e un po' un mago. Ciò che ne caratterizza la prosa è la veemenza anticlericale. Tra le cose originali del suo pensiero c'è una specie di anticipazione del darwinismo, perché, dopo un primo tempo in cui sostiene che le specie animali nascano per generazione spontanea dalla terra, in un secondo tempo (lo aveva già pensato anche Cardano) pare convinto che esse possano trasformarsi le une nelle altre e che l'uomo derivi da "animali affini all'uomo come le bertucce, i macachi e le scimmie in genere".[senza fonte]  La fortuna filosofica di Vanini Nel 1623 appaiono due opere che consacrano il mito del Vanini ateo: La doctrine curieuse des beaux esprits de ce temps..., del gesuita François Garasse e le Quaestiones celeberrimae in Genesim cum accurata explicatione..., del padre Marin Mersenne. Le due opere, però, anziché spegnere la voce del filosofo, la amplificano in un ambiente che evidentemente era pronto a ricevere, discutere e riconoscerne la validità delle affermazioni.  In quello stesso anno il nome di Vanini viene nuovamente proiettato all'attenzione della cultura francese in occasione del clamoroso processo che viene celebrato contro il poeta Théophile de Viau: il progetto di interrogatorio che il procuratore generale del Re, Mathieu Molé, predispone con ben articolati capi d'accusa su cui interrogare il poeta, contiene impressionanti analogie con il pensiero vaniniano, cui vien fatto esplicito riferimento mentre, nel 1624, il frate Marin Mersenne torna a martellare sulla figura e sul pensiero di Vanini, analizzandone alcune affermazioni nel capitolo X del suo L'Impiétè des Déistes, Athées et Libertins de ce temps, combatuë, et renversee de point en point par raisons tirées de la Philosophie, et de la Theologie, "nel quale il teologo porta il suo giudizio concernente le opere di Girolamo Cardano, e di Giordano Bruno".  Anche Leibniz, oppositore al pari di Mersenne del libertinismo, si esprime duramente contro Vanini, considerandolo un empio, un pazzo e un ciarlatano.   «Je n'ai pas encore vu l'apologie de Vanini, je ne pense pas qu'elle mérite fort d'être lue. Les écrits de ce personnage sont bien peu de chose. Mais un imbécille comme lui, ou pour mieux dire, un fou ne méritoit pas d'être brûlé; on étoit seulement en droit de l'enfermer, afin qu'il ne séduisît personne.» «Non ho ancora visto l'apologia di Vanini, e non penso che meriti d'essere minimamente letta. Gli scritti di questo personaggio sono di ben poco valore. Ma un imbecille come lui, o per meglio dire, un pazzo, non meritava d'essere bruciato; occorreva solo rinchiuderlo, perché non traviasse nessuno.»  (Gottfried Wilhelm von Leibniz, Epist. 22, ad Kortholtum in Opera omnia, Genève 1768, tomo V321)  La Biblioteca dell'Amburgo Ancora nel Settecento la leggenda nera creata intorno alla figura di Vanini sopravvive al passare del tempo, si espande in altri paesi europei ed affascina molti studiosi, che si avvicinano alle sue opere e ne tentano dei profili biografici. Così anche la cultura inglese mostra interesse per la figura ed il pensiero del filosofo di Taurisano ed è soprattutto con l'opera di Charles Blount che il pensiero di Vanini entra nella cultura inglese ed acquista una dimensione europea che non abbandonerà mai più, quando diviene un elemento cardine del libertinismo e deismo nel Seicento inglese.  Un manoscritto inedito della Biblioteca Municipale di Avignone custodisce delle Observations sur Lucilio Vanini redatte da Joseph Louis Dominique de Cambis, Marquis de Velleron, ma fornisce solo delle incerte notizie sul filosofo, in gran parte rettificate dagli ultimi studi. In questo stesso periodo viene effettuata una copia manoscritta dell'Amphitheatrum, ad opera o su commissione di Joseph Uriot, il quale la trasferisce poi nella Biblioteca Ducale del duca di Württemberg; attualmente essa si trova nella Württembergische Landesbibliothek di Stoccarda.  Un'altra copia manoscritta della stessa opera si trova nella Staats und Universitätbibliothek di Amburgo, a testimonianza del perdurante interesse della cultura tedesca per il pensiero di Vanini.  Nel 1730 viene data alle stampe a Londra una biografia vaniniana con un estratto delle sue opere, dal titolo The life of Lucilio (alias Julius Caesar) Vanini, burnt for atheism at Toulouse. With an abstract of his writings. L'opera, pur ricollegandosi alla consueta storiografia vaniniana francese e quindi con i soliti errori d'origine, sottopone ad un dibattito ponderato la figura ed il pensiero del filosofo, a cui riconosce qualche merito. Ma la strada per una collocazione europea di Vanini e del suo pensiero è ormai aperta. Opere letterarie Amphitheatrum aeternae providentiae divino-magicum, christiano-physicum, nec non astrologo-catholicum adversus veteres philosophos, Atheos, Epicureos, Peripateticos et Stoicos, Auctore Iulio Caesare Vanino, Philosopho, Theologo et Iuris utriusque Doctore, Lugduni, Apud Viduam Antonii de Harsy, ad insigne Scuti Coloniensis, 1615, (rist. fotom., Galatina, 1979). Iulii Caesaris Vanini, Neapoletani Theologi, Philosophi et Iuris utriusque Doctoris, De admirandis Naturae Reginae Deaeque mortalium arcanis libri quatuor, Lutetiae, Apud Adrianum Perier, via Iacobaea, 1616, (rist. fotom., Galatina, 1985). Luigi Corvaglia, Le opere di Giulio Cesare Vanini e le loro fonti, Milano, 1933-1934, (rist. anast., Galatina, 1990). Le opere di Giulio Cesare Vanini tradotte per la prima volta in italiano, G. Porzio, Lecce, 1912. Anfiteatro dell'eterna Provvidenza, Galatina, I meravigliosi segreti della natura, regina e dea dei mortali, Galatina, 1990. Opere, Galatina, 1990. Confutazione delle religioni (traduzione del IV libro del "De Admirandis"), Anna Vasta, Catania, De Martinis & C., 1993. Tutte le Opere (testo originale latino a fronte), Francesco Paolo Raimondi e Mario Carparelli, Collana Il pensiero occidentale, Milano, Bompiani, . Note  Massimo Bucciantini, Lutero in Campo dei Fiori, in Il Sole 24 ORE, 12 febbraio . 12 settembre  13 settembre ).  Terzapagina. Filosofia ed ecologia per il "compleanno" di Giulio Cesare Vanini, 19 gennaio   Una lettera dell'ambasciatore inglese a Venezia, Dudley Carleton, fa risalire l'episodio a nove anni prima, ovvero al 1603.  F. P. Raimondi , Giulio Cesare Vanini e il libertinismo, Atti del Convegno di Studi, Taurisano, 2830 ottobre 1999, Galatina, 2000 F. P. Raimondi , Giulio Cesare Vanini: dal tardo Rinascimento al Libertinisme érudit, Atti del Convegno di Studi, Lecce-Taurisano 2426 ottobre 1985, Galatina, G. Spini, Vaniniana, in «Rinascimento», F. De Paola, Vanini e il primo ‘600 anglo-veneto, Cutrofiano, 1979 F. De Paola, Giulio Cesare Vanini da Taurisano filosofo Europeo, Fasano, 1998 F. De Paola, Nuovi documenti per una rilettura di Giulio Cesare Vanini, in «Bruniana & Campanelliana», D. Foucault, Un philosophe libertin dans l'Europe baroque: Giulio Cesare Vanini Paris, 2003 F. P. Raimondi, Documenti vaniniani nell'Archivio Segreto Vaticano, in «Bollettino di Storia della Filosofia dell'Università degli Studi di Lecce», VIII (19801985), ma 1987 F. P. Raimondi, Il soggiorno vaniniano in Inghilterra alla luce di nuovi documenti spagnoli e londinesi, in «Bollettino di Storia della Filosofia dell'Università degli Studi di Lecce», F. P. Raimondi, Giulio Cesare Vanini e la Santa Inquisizione, Taurisano, 2005 F. P. Raimondi, Giulio Cesare Vanini nell'Europa del Seicento. con una appendice documentaria, PisaRoma, 2005 (L'appendice contiene la più completa documentazione sulla biografia vaniniana: 192 documenti dalla nascita al rogo). M. Leopizzi, Les Sources Documentaires du Courant Libertin Français Giulio Cesare Vanini, Fasano, D. M. Fazio, Giulio Cesare Vanini nella cultura filosofica tedesca del Sette e Ottocento. Da Brucker a Schopehnauer, Galatina, 1995 M. T. Marcialis, Natura e uomo in Giulio Cesare Vanini, in «Giornale Critico della Filosofia Italiana»,M. T. Marcialis, Giulio Cesare Vanini nell'Europa del Seicento, in "Rivista di Storia della Filosofia", LXI (2006),  954-72. G. Paganini, Le Theophrastus redivivus et Vanini, in «Kairos»,  G. Papuli, Le interpretazioni di G. C. Vanini, Galatina, 1975 A. Perrino, "Giulio Cesare Vanini nel Theophrastus redivivus", in «Bollettino di Storia della Filosofia dell'Università degli Studi di Lecce», F. P. Raimondi, Vanini e il "De tribus impostoribus", in «Ethos e Cultura», Padova, 1991 G. Spini, Ricerca dei libertini. La teoria dell'impostura delle religioni nel Seicento italiano, Roma, 1950 (nuova edizione riveduta e ampliata, Firenze, 1983) Cesare Teofilato Giulio Cesare Vanini nel III Centenario del suo Martirio, Milano, Tip. Ed. La Stampa d'Avanguardia. Cesare Teofilato Giulio Cesare Vanini, in The Connecticut Magazine, articles in English and Italian, New Britain, Conn, may 1923, pag. 13 (I, 7). Cesare Teofilato Vaniniana, in La puglia letteraria, mensile di storia, Roma 31 gen 1932, pag. 1, (II, 1). Cesare Vasoli, Riflessioni sul problema Vanini, in S. Bertelli, Il libertinismo in Europa, Milano-Napoli, 1980 Cesare Vasoli, Vanini e il suo processo per ateismo, in F. Niewohner e O. Pluta, Atheismus im Mittelalter und in der Renaissance, Wiesbaden, 1999 Vanini in Inghilterra La seguente è una lista di alcuni documenti in cui è possibile trovare riferimenti alla presenza del frate Carmelitano a Lambeth Palace a Londra (16121614).  Trascrizioni complete, riassunti e contesto di questi documenti sono disponibili per studenti e ricercatori "Vanini e il primo Seicento anglo-veneto" e in "Giulio Cesare Vanini da Taurisano filosofo europeo", Schena Editore, Fasano Brindisi, 1998.  Documenti LondonPublic Record OfficeState Papers -Venice Notizie sulla Mercers' Chapel a Londra, dove Vanini sconfesso la sua fede cattolica e tenne vari sermoni. LondonPublic Record OfficeState Papers99 Bundle 9, c.(arta) 297. Petizione di due Carmelitani (Vanini e Genocchi) a Carleton, ambasciatore Inglese a Venezia, per essere accettati in Inghilterra. Venezia, inizi del 1612. LondonPublic Record OfficeState Papers99 Bundle 9, c.(arta) 57. Lettera di Sir Dudley Carleton a Lord Salisbury. Da Venezia, il 7 febbraio 1612. Carleton informa Lord Salisbury che due frati gli hanno chiesto permesso di rifugiarsi in Inghilterra per evitare persecuzioni dai loro superiori. LondonPublic Record OfficeState Papers79 Bundle 3, c.(arta) 199 (10). Giulio Cesare Vanini a Carleton. Da Lambeth il 24 febbraio 1612. Vanini manda a Lord Carleton informazioni riguardanti alla sua ricezione a Palazzo Lambeth e la buona stima di cui gode lì. LondonHistorical Manuscripts CommissionDe L'Isle and Dudley Manuscripts,  V1611-1626. Sir John Throckmorton al visconte Lisle. Flushing. 15 giugno 1612 Corrispondenza tra i due statisti riguardo ad una missione segreta di John Florio, che forse accompagnò Vanini e il suo compagno a Londra. LondonManuscripts of the Marquess of Downshire preserved at Easthampstead ParkBerk. Papers of William Trumbull the elder1613-1614. Thomas Albery a William Trumbull. Londra, il 16 luglio 1612. Albery, un mercante Inglese e corrispondente di Trumbull, agente Inglese a Bruxelles, manda informazioni sull'arrivo di Vanini e le sue esperienze a Venezia. LondonHistorical Manuscripts CommissionReport on the Manuscripts of the Marquess of Downshire,3, Trumbull Papers Thomas Albery a William Trumbull. Londra, il 16 luglio 1612. Una copia della lettera da una fonte diversa. LondonPublic Record OfficeState Papers79 Bundle 1, c.(arta) 387. Da Gregorio Spinola a Maria Ginocchio. Genova, il 13 giugno 1612. LondonPublic Record OfficeState Papers99 Bundle 11, c.(arta) 125 . Isaac Wake a Sir Dudley Carleton. Londra 5 dicembre 1612, st.° novo. LondonPublic Record OfficeState Papers99 Bundle 12, c.(arta) 48 . Isaac Wake a Sir Dudley Carleton. Londra 1º febbraio 1612, st.° no(vo). LondonManuscripts of the Marquess of Downshire preserved at Easthamstead ParkBerk. Papers of William Trumbull the Elder1613-1614. Alfonse de S. Victors a William Trumbull Da Middolborg (Middelburg) il 3 agosto 1613. LondonHistorical Manuscripts CommissionReport on the Manuscripts of the Marquess of Downshire,  4, Trumbull Papers, Alfonse de St. Victor a William Trumbull. Middelborg. il 3 agosto 1613. LondonPublic Record OfficeState Papers Domestic Series Jac. IJohn Chamberlain a Sir Dudley Carleton. Londra, 10 febbraio, 1614. LondonPublic Record OfficeState Papers99 Bundle 15, c.(arta) 101 recto e verso. Sir Dudley Carleton a Sir Thomas Lake. Da Venezia il 18 febbraio 1614. LondonPublic Record OfficeState PapersDomestic Series n. 35. Giovan Francesco Biondi a Carleton. Da Londra, il 18 febbraio 1614. LondonPublic Record OfficeState Papers99 Bundle 15, c. 127. Sir Dudley Carleton a Chamberlain. Da Venezia il 25 febbraio 1613, st.° vet. LondonManuscripts of the Marquess of Downshire preserved at Easthampstead ParkBerks. Papers of William Trumbull the Elder1613-1614. George Abbot a William Trumbull. Da Lambeth il 10 marzo, 1613 (1614). LondonHistorical Manuscripts CommissionReport of the Manuscripts of the Marquess of Downshire,  IV, Trumbull Papers 1613 -1614. George Abbot, Arcivescovo di Canterbury, a William Trumbull. Lambeth il 10 marzo, 1613 (1614). LondonPublic Record OfficeState Papers99 Bundle 15, c. 164. Sir Dudley Carleton a Chamberlain. Venezia, 11 marzo 1613 st.° vet. LondonPublic Record OfficeState Papers 99 Bundle 9, c. 152. Sir Dudley Carleton a Giovan Francesco Biondi. Venezia, 14 marzo 1614. LondonPublic Record OfficeState Papers Domestic Series, Abbot a Carleton. Lambeth, 30 marzo 1613 (1614). LondonPublic Record OfficeState Papers 99 Bundle 19, c. 233. Paolo Sarpi a Sir Dudley Carleton. Venezia 30 aprile 1614. LondonRecord OfficeState Papers 99 Bundle 19, c. 154. Paolo Sarpi a Sir Dudley Carleton. Venezia, 1º maggio 1614. LondonPublic Record OfficeState Papers 99 Bundle 19, c. 234. Paolo Sarpi a Sir Dudley Carleton. Venezia, giugno 1614. LondonHistorical Manuscripts CommissionReport 78 Hastings,  IV, chapter XVII. Notes of speeches and proceedings in the House of Lords. :A.(nno) 16101621. Lunedì 16 maggio 1614. LondonHistorical Manuscripts CommissionReport 78 Hastings,  IV, chapter XVII. Notes of speeches and proceedings in the House of Lords. A.(nno) 16101621. Giovedì 19 maggio (1614). LondonPublic Record OfficeState Papers 99 Bundle 16, c. 86. Dudley Carleton a Sua Signoria l'Arcivescovo di Canterbury. Venezia 3/13 giugno 1614. LondonManuscripts of the Marquess of Downshire preserved at Easthampstead ParkBerks. Papers of William Trumbull the Elder1613-1614. George Abbot a William Trumbull. Lambeth, 17 giugno 1614. LondonHistorical Manuscripts CommissionReport of the Manuscripts of the Marquess of Downshire,  IV, Trumbull Papers 1613-1614. George Abbot, Arcivescovo di Canterbury, a William Trumbull. Lambeth, 17 giugno 1614. Archivio di Stato di VeneziaInquisitori di Stato, busta 155. Istruzioni degli Inquisitori di Stato all'ambasciatore in Inghilterra. LondonCalendar of State Papers on English Affairs in the Archives of Venice and other Libraries of North Italy -1615/1617. Inquisitori di Stato, busta 155. Venetian Archives. 905. Gli Inquisitori di Stato a Gregorio Barbarigo, 22 gennaio 1616. LondonCalendar of State Papers on English Affairs in the Archives of Venice and other Libraries of North Italy -1615/1617. Inquisitori di Stato, busta 155. Venetian Archives. 912. Examinations for Antonio Foscarini. 22 febbraio 1616. Archivio di Stato di VeneziaInquisitori di Stato, busta 155, carte 84 r., 84 v., 85 r. Londra, 23 febbraio 1616. Interrogatorio di Lunardo Michelini sulle modalità della fuga di Vanini da Lambeth. Archivio di Stato di VeneziaInquisitori di Stato, busta 155, carte 101 v. e 102 r. 25 marzo 1616. Interrogatorio di Alessandro di Giulio Forti da Volterra sulle modalità della fuga di Vanini da Lambeth. Archivio General de Simancasfondo InglaterraLegajo 7025Libro 368 (anni 16131615); foglio privo di indicazioni. Bentivoglio a Sarmiento. Bruxelles 15 aprile 1614. Il nunzio apostolico a Bruxelles informa l'abasciatore di Spagna che Vanini e il suo compare sono arrivati sani e salvi dopo la loro fuga da Londra. Archivio General de Simancasfondo InglaterraLegajo 7025Libro 368 (anni 16131615); foglio 47. Bentivoglio a Sarmiento. Bruxelles, 27 maggio 1614. Il nunzio apostolico a Bruxelles informa l'abasciatore di Spagna che Vanini e il suo compare sono partiti verso l'Italia, come era stato concordato a Roma. Documenti inclusi nell'opera di Namer La seguente è la lista dei documenti inglesi inclusi nel lavoro Documents sur la vie de Jules-César Vanini de Taurisano di Ėmile Namer, che può essere considerato come un utile punto di partenza per la delineazione di una biografia di Giulio Cesare Vanini, e di cui la nuova documentazione deve essere considerata un completamento:  LondonForeign State Papers. Venice. Bundle 9. Carleton all'Arcivescovo Abbot. 7 febbraio, 1611-12. LondonForeign State Papers. Venice. Bundle 9. l'Arcivescovo Abbot a Carleton. 8 marzo, 1611-12. LondonState Papers Domestic. James I.  68 Fol. 103. Dudley Carleton a John Chamberlain. Venezia, 29 aprile 1612. LondonForeign State Papers. Venice. Bundle 9. Sir D. Carleton all'Arcivescovo di Canterbury. 15 maggio, 1612. LondonState Papers Domestic. James I.  69. Fol. 71. John Chamberlain a Lord Dudley Carleton. Londra, 17 giugno 1612. LondonState Papers Domestic. James I.  70 Fol. 1. Chamberlain a Carleton. 2 luglio, 1612. LondonForeign State Papers. Venice. Bundle 10. Abbot a Carleton. 20 luglio, 1612. LondonState Papers Domestic. James I.  70 Fol. 12. Carleton a Chamberlain. 23 luglio. 1612. LondonState Papers Domestic. James I.  70 Fol. 16. l'Arcivescovo di York al conte di Suffolk. 29 luglio. 1612. LondonState Papers Domestic. James I.  71 Fol. 13. Giulio Cesare Vanini a Dudley Carleton. Da Lambeth, il 9 ottobre 1612. LondonState Papers Domestic. James I.  71 Fol. 14. Giulio Cesare Vanini a Sir Isaac Wake. Da Lambeth il 9 ottobre 1612. LondonState Papers Domestic. James I.  72 Fol. 13. John Chamberlain a Dudley Carleton. 14 gennaio 1612/13 da Londra. LondonState Papers Domestic. James I.  72 Fol. 39. l'Arcivescovo Abbot a Carleton. Lambeth 24 febbraio, 161213. LondonState Papers Domestic. James I.  72 Fol. 74. John Chamberlain a Dudley Carleton. Da Londra l'11 marzo, 161213. LondonState Papers Domestic. James I.  72 Fol. 80. Giovanni Biondi a Dudley Carleton. Da Londra il 17 marzo 1613. LondonForeign State Papers. Venice. Bundle 13. Carleton a Abbot. 3 settembre, 1613. LondonState Papers Domestic. James I.  75 Fol. 28. John Chamberlain a Dudley Carleton. Da Londra il 25 novembre 1613. LondonState Papers Domestic. James I.  76 Fol. 9. 2. l'Arcivescovo Abbot al vescovo di Bath. Gennaio 161314. Da Lambeth (?). LondonState Papers Domestic. James I.  76 Fol. 9. Sir Tho. Lake a Dudley Carleton. Dalla corte a Royston, 27 gennaio 161314. LondonState Papers Domestic. James I.  76 Fol. 18 v. John Chamberlain a Sir Dudley Carleton. Da Londra il 3 febbraio 161314. LondonForeign State Papers. Venice. Bundle 15. Carleton a Abbot. 1828 febbraio, 1614. LondonForeign State Papers. Venice. Bundle 15. Carleton a Sir Thomas Lake. 4 marzo, 161314. LondonState Papers Domestic. James I.  76 Fol. 48. l'Arcivescovo Abbot di Canterbury a Sir Dudley Carleton a Venezia. Lambeth, 16 marzo, 1613 (i. e. 14). LondonState Papers Domestic. James I.  76 Fol. 49. John Chamberlain a Dudley Carleton. Londra, 17 marzo, 1613 (1614). LondonForeign State Papers. Venice. Bundle 15. Carleton a Abbot. 22 aprile, 1614. Archivio de Simancas, Estado,  368. Cardinale Millino a Alonso de Velasco, ambasciatore spagnolo a Londra. Roma, 10 settembre, 1613. Archivio de Simancas, Estado,  368. Cardinal Millino a Diego Sarmiento de Acuña, ambasciatore spagnolo a Londra. Roma, 22 marzo, 1614. Archivio de Simancas, Estado,  368. Cardinal Bentivoglio a Diego Sarmiento de Acuña, ambasciatore spagnolo a Londra. Bruxelles, 15 aprile, 1614. Archivio de Simancas, Estado,  368. Cardinal Bentivoglio a Diego Sarmiento de Acuña, ambasciatore spagnolo a Londra. Bruxelles, 27 maggio, 1614.Vanini e l'Inquisizione di Roma Elenco di alcuni documenti presenti nella corrispondenza tra alcuni Nunzi apostolici in Europa e le autorità vaticane, dove è possibile trovare informazioni relative alla fuga, permanenza e rientro segreto dall'Inghilterra del frate carmelitano (16121615).  Le trascrizioni complete, i sommari e le contestualizzazioni di questi documenti sono disponibili per studiosi e lettori in Giulio Cesare Vanini da Taurisano filosofo europeo, Schena Editore, Fasano (Brindisi), 1998.  Il pontefice Paolo V e l'Inquisizione in Roma furono informati continuamente della vicenda di Vanini con dispacci dei Nunzi apostolici in Venezia, Francia e Fiandra e con missive dell'ambasciatore di Spagna a Londra, a cominciare dalla sua fuga da Venezia nel 1612 sino al suo desiderio di rientrare nel mondo cattolico.  RomaArchivio Segreto VaticanoSegreteria di StatoNunziatura di Francia,  55, foglio 194 r. e 194 v. Ubaldini, Nunzio papale in Francia, all'Ill.mo sig.re Card.le Borghese (Segretario di Stato di Papa Paolo V) de 2 di agosto 1612 di Parigi.  RomaA. S. VaticanoSegreteria di StatoNunziature diverse, Fiandra,  207, il Nuntio alla Segreteria, 16081615, foglio 439 r. e v. Bentivoglio, Nunzio papale in Fiandra, al Card. Borghese. (Bruxelles) 4 agosto 1612.  RomaA. S. VaticanoSegreteria di StatoNunziature diverse, Francia,  293A, lettere scritte al Nuntio in Francia 1609-1612, foglio 432 v. Card. Borghese a Ubaldini. Di Roma li 28 di agosto 1612.  RomaA. S. VaticanoSegreteria di StatoNunziatura di Francia,  55, foglio 207 v. e 208 r. Ubaldini (da Parigi) al med.(esim)o (cardinale Borghese) de 30 di agosto 1612.  RomaA. S. VaticanoSegreteria di StatoNunziature diverse, Francia,  293A, lettere scritte al Nuntio in Francia 16091612, foglio 451 v. e 452 . Il card. Borghese a Ubaldini. Di Roma li 26 di Sett.(em)bre 1612.  RomaA. S. VaticanoSegreteria di StatoNunziatura di Francia,  55, foglio 259. Ubaldini al medesimo sig.re Card.le (Borghese) de 25 d'ottobre 1612.  RomaA. S. VaticanoSegreteria di StatoNunziature diverse, Francia,  293A, lettere scritte al Nuntio in Francia 1609-1612, foglio 479 r. e 479 v . Il card. Borghese a Ubaldini. Di Roma li 24 di novembre 1612.  RomaA. S. VaticanoSegreteria di StatoNunziatura di FranciaRegistro 55pag. 296 recto e 297. Ubaldini all'Ill.mo sig. Card.(ina)le Borghese de 20 di Dixbre 1612 .  Londra, British Museum, Lettere del Card. Ubaldini, nella sua Nunziatura di Francia,16101616; Add. 8726, f. 305 v. Card. Ubaldini al Card. Borghese, 20 Dec. 1612.  RomaA. S. VaticanoSegreteria di StatoNunziatura di Francia,  55, foglio 297 r. e v. Ubaldini al S.(igno)re Card.(ina)le Mellini (membro del Sant'Uffizio, il Tribunale dell'Inquisizione di Roma) di 20 di Xbre 1612.  RomaA. S. VaticanoSegreteria di StatoNunziature diverse, Francia,  71, lettere scritte al Nuntio in Francia dal Card. Borghese, 1613-1614, foglio 17 r. e v . Il card. Borghese a Ubaldini. Di Roma 21 gennaio 1613  RomaA. S. VaticanoSegreteria di StatoNunziatura di Francia,  295A, Registro di Lettere della Segreteria di Stato di Paolo V al Vescovo di Montepulciano Nuntio in Francia l'anno 1613-1614, foglio 21 v. e 22 r. Il Segretario Porfirio Feliciani vescovo di Foligno al Nuntio in Francia. Roma 21 Genn.° 1613.  RomaA. S. VaticanoSegreteria di StatoNunziatura di Francia,  55, foglio 343 v. Ubaldini al S.(igno)re Card.(ina)le Mellini De 26 di Febraro 1613.  RomaA. S. VaticanoSegreteria di StatoNunziatura di Francia,  55, foglio 375 v. e 376 . Ubaldini al med.(esim)o S.(igno)re Card.(ina)le Mellini De 23 d'aprile 1613.  RomaA. S. VaticanoSegreteria di StatoNunziatura di FranciaRegistro 55pag. 466 r. Ubaldini al Sig.re Card.(ina)le Borghese. Di Parigi li 8 d'ottobre 1613.  RomaA. S. VaticanoSegreteria di StatoNunziatura di FranciaRegistro 56pag. 38 recto e 39. Ubaldini al med.(esim)o sig. Card.(ina)le Millini de 25 di febbraio 1614.  RomaA. S. VaticanoSegreteria di StatoNunziature diverse, Francia,  71, lettere scritte al Nuntio in Francia dal Card. Borghese, 1613-1614, foglio 215 v. e 216 r. Il card. Borghese a Ubaldini. Di Roma li 24. Maggio 1614.  RomaA. S. VaticanoSegreteria di StatoNunziatura di FranciaRegistro 56pag. 95 recto e 96. Ubaldini al sig.re Card.(ina)le Borghese degli 31 di luglio 1614. Di Parigi.  RomaA. S. VaticanoSegreteria di StatoNunziatura di FranciaRegistro 56pag. 118 . Ubaldini al sig. Card.(ina)le Millini de 14 di o.(tto)bre 1614.  RomaA. S. VaticanoSegreteria di StatoNunziatura di FranciaRegistro 56, foglio 246246 retro247 . Ubaldini al med.(esi)mo s.(ignor) Card.(ina)le (50) de 27 agosto 1615.  Londra, British Museum, Lettere del Card. Ubaldini, nella sua nunziatura di Francia, Card. Ubaldini al Card. Borghese, 27 Aug. 1615.  Parigi, Bibliothèque nationale de FranceDepartement des Manuscrits, Italien 866, Registro di Lettere della Nunziatura di Francia di Monsignor Ubaldini dell'anno 1615 e 1616, lettera 127. Ubaldini al S.(ignor) C.(ardinale) B.(orghese) P.(arigi) li 27 agosto 1615.  RomaA. S. VaticanoSegreteria di StatoNunziature diverse, Francia,  41, Lettere del Sir. Card.le Ubaldini nella sua Nunciatura di Francia dell'anno 1615 e 1616 (Tomo VI), foglio 189 r. e v. -190 r. e v. Ubaldini al Sig.re Card.(ina)l Borghese li 27 Ag.(ost)o 1615.  Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Giulio Cesare Vanini Collabora a Wikiquote Citazionio su Giulio Cesare Vanini Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Giulio Cesare Vanini  Giulio Cesare Vanini, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Delio Cantimori, Giulio Cesare Vanini, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Giulio Cesare Vanini, su sapere.it, De Agostini.  Opere di Giulio Cesare Vanini, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Giulio Cesare Vanini, .  L'Archivio GCV (Giulio Cesare Vanini, 1585-1619) compresi i testi online dell'Amphitheatrum e De admiandis. Francesco Paolo Raimondi, Giulio Cesare Vanini, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Refs.: Luigi Speranza, “Vanini e Grice,” Villa Grice, Luigi Speranza, “La statua all’aperto di Vanini,” Luigi Speranza, “Il medaglione di Vanini a Roma.”

 

Vanni: essential Italian philosopher. Firma autografa Icilio Vanni (Città della Pieve), filosofo. Iniziò la carriera accademica come docente di storia del diritto a Perugia e successivamente fu insegnante di Filosofia del diritto a Parma (1889), Bologna (1893) e Roma (1889-1903)  Tra i primi rappresentanti e fondatori del positivismo sociologico in Italia, il suo pensiero si ispira a Immanuel Kant e agli autori principali del positivismo Professoree a lui si deve anche una originale lettura "positivista" della dottrina storicistica di Giambattista Vico. Il suo è stato definito un "positivismo critico" che vuole distinguere cioè tra le scienze del diritto dalla filosofia del diritto contestando e rifiutando l'assimilazione positivista di quest'ultima con la morale e la sociologia, dottrina nata nell'ambito del positivismo, verso la quale egli ebbe un interesse particolare cercando di teorizzarne il carattere scientifico differenziandola però sia dall'evoluzionismo che dalla biologia.  Vanni considerò essenziale l'autonomia teorica della norma giuridica dai rapporti con gli aspetti storici-etnografici delle istituzioni giuridiche. Egli è convinto che la filosofia del diritto debba avere la funzione pratica di definire i fini dell'azione umana nella società. In questo modo Vanni ribadiva l'impostazione criticista kantiana del suo pensiero che acquistava toni metafisici criticati dal positivismo ortodosso che lo accusò di eclettismo. Copertina delle Lezioni di filosofia del diritto Della consuetudine nei suoi rapporti col dritto e con la legislazione, Perugia, Saggi critici sulla teoria sociologica della popolazione, Città di Castello, 1886; Prime linee di un programma critico di sociologia, Perugia, 1888; Il problema della filosofia del diritto nella filosofia, nella scienza e nella vita ai tempi nostri, Verona, 1890; Gli studi di H. Sumner Maine e le dottrine della filosofia del diritto, Verona, 1892; La funzione pratica della filosofia del diritto considerata in sé ed in rapporto al socialismo contemporaneo, Bologna, 1894; La filosofia del diritto in Germania e la ricerca positiva: nota critica, Torino, 1896; Il dritto nella totalità dei suoi rapporti e la ricerca oggettiva, Roma, 1900; La teoria della conoscenza come induzione sociologica e l'esigenza critica del positivismo, Roma, 1901; Lezioni di filosofia del diritto, Bologna, 1904; Saggi di filosofia sociale e giuridica, Bologna, 1906; Saggi di filosofia sociale e giuridica: seconda parte, Bologna. Biografia in Scuola Normale Superiore di Pisa, su picus.unica.it. 3 novembre  15 giugno ).  G. Marino, Positivismo e giurisprudenza, Napoli 1896, 59-60  F.Cuculo, La prima sociologia positiva in Icilio Vanni, in A. Millefiorini , Fenomenologia del disordine. Prospettive sull'irrazionale nella riflessione sociologica italiana, Edizioni Nuova Cultura, Roma, D'Amelio, Positivismo, storicismo, materialismo storico in I. Vanni, «Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno», A. Pusceddu, La sociologia positivistica in Italia (1880-1920), Roma 1989. Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Icilio Vanni  Icilio Vanni, su siusa.archivi.beniculturali.it, Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche.  Opere u openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere

 

Vannini: Essential Italian philosopher. “Never to be confused with the vain Vanini!”Grice.Marco Vannini (San Piero a Sieve), filosofo. Dopo gli studi al Liceo-Ginnasio Michelangiolo di Firenze, si è laureato nel 1969 in Filosofia Teoretica presso l'Firenze, discutendo una tesi sul Wittgenstein metafisico e mistico.  Ha vissuto nel Convento agostiniano di Santo Spirito a Firenze, ospite del priore p. Gino Ciolini. Ha frequentato lo Studio Teologico Fiorentino, ove ha conseguito il grado di Baccalaureato in Teologia nel 1980.  Ha sposato nel 1993 Sabina Moser, filosofa, studiosa di Simone Weil, ed ha due figli, Ilaria e Andrea.  Ha compiuto viaggi e soggiorni di studio in Europa e in altri continenti, a contatto con culture e religioni non cristiane: Israele, Egitto, Giordania, Turchia, India, Sri Lanka, Indonesia, Cina, Tibet.  Ha insegnato Filosofia e Storia nei Licei; per un triennio Storia della Filosofia Antica nella Firenze e, nel 1998, Storia della Mistica all'Istituto di Scienze Religiose di Trento.  Ha tenuto seminari e conferenze in Università ed Accademie italiane e straniere: Genova, Trento, Ancona, Perugia, Urbino, Pavia, Pisa, Macerata, Napoli, Fermo, Parma, Arezzo, Chieti, Roma, Avila, Strasburgo, Berlino.  Pensiero Vannini, considerato il maggior studioso di mistica o anche il più importante studioso italiano di Meister Eckhart e della mistica cristiana, ha curato l'edizione italiana di tutte le opere, latine e tedesche, di Meister Eckhart, nonché quelle di altri autori spirituali, come Agostino, Jean Gerson, François de Fénelon, Margherita Porete (con Romana Guarnieri e Giovanna Fozzer), Giovanni Taulero, Anonimo Francofortese, Martin Lutero, Angelus Silesius (con Giovanna Fozzer), Daniel von Czepko (con Giovanna Fozzer), Sebastian Franck, Valentin Weigel, ecc.  Marco Vannini, lungo un percorso ormai di quasi mezzo secolo, è stato:  traduttore e curatore di importanti testi della mistica cristiana; critico della fenomenologia mistica, da un punto di vista teoretico e storico; filosofo della religione, e del cristianesimo in particolare, soprattutto nei suoi rapporti con la ragione e con la fede. Vannini legge il fenomeno mistico in maniera innovativa ma, soprattutto, pone lo stesso a fondamento di ogni forma ed esperienza religiosa. Tale presupposto impone comefuori da un'esperienza diretta di questo tiposia pressoché impossibile cogliere il senso, le modalità e le finalità delle varie dottrine e pratiche religiose.  Per Vannini la mistica è un sapere spirituale, inoggettivabile ma, soprattutto, un sapere che è un essere: è l'identità mistica il vero e proprio criterio per discernere il vero dal falso. Tale ermeneutica costituisce una propedeutica all'inverarsi in senso mistico della religione cristiana.  Il pensiero di Vannini si basa quindi su una esperienza spirituale, unitiva e teomorfica. Centrali appaiono pertanto concetti appartenenti alla sfera semantica della divinizzazione, dell’homoiosis theo, quali vuoto, fondo dell'anima, generazione del Logos, complementarità tra distacco ed amore.  Tale esperienza risulta comprensibile solo quando si è fatto il vuoto nell'anima attraverso il distacco, diventando in tal modo recettivi alla luce proveniente dall'alto, tali da rendere il soggetto esso stesso luce eterna: al vuoto in cui si perviene nel distacco corrisponde una pienezza, una traboccante ricchezza ed energia, una gioia sconfinata ed inesauribile.  Il rapporto tra Dio e uomo non è quindi statico, di mutua esclusione, ma dialettico, di reciproca compenetrazione: la “salvezza” viene letta nei parametri teologici di una escatologia realizzata nel presente, come immanente esperienza dello spirito.  Essenziale diventa perciò il recupero della antropologia classicacorpo, anima, spiritoove l'uomo è un corpo, piccola parte dell'universo; una psiche, fluttuazione infinita di pensieri, sentimenti, volizioni, soggetta al determinismo del tempo, dello spazio, delle circostanze; ma soprattutto uno spirito universale, eterno, libero, uno nell'Uno.  L'attualità e l'originalità della posizione di Vannini ha suscitato e continua a suscitare un acceso dibattito in seno al panorama culturale italiano, filosofico e teologico: nei confronti dell'autore vari infatti sono stati i commenti, le recensioni, i contributi e gli interventi critici da parte di personalità quali (in ordine alfabetico) Gianni Baget Bozzo, Massimo Baldini, Enzo Bianchi, Massimo Cacciari, Roberta De Monticelli, Roberto Esposito, Bruno Forte, Sergio Givone, Vito Mancuso, Armando Matteo, Giandomenico Mucci S.I., Gianfranco Ravasi, Giovanni Reale, Lucetta Scaraffia, Armando Torno, Gianni Vattimo, Franco Volpi.  La particolare rilevanza dell'opera di Vannini può trasparire anche, ad esempio, dalle seguenti affermazioni in meritocitate in ordine sparsodi alcuni dei suddetti illustri pensatori:  Sergio Givone: «...A Marco Vannini, cui siamo debitori d'un lavoro filosofico estremamente prezioso, rivolgiamo questa domanda...». Roberta De Monticelli: «A Vannini dobbiamo non soltanto edizioni impeccabili delle opere di Meister Eckhart, Margherita Porete... Angelus Silesius, Giovanni Gerson; ma anche il pensiero vigoroso e chiaro, qualunque cosa gli si posa obiettare, che la mistica è da un lato il cuore e la radice viva di ogni religione, ma dall'altro “la filosofia nel suo senso più reale e profondo”, la conoscenza e la pratica dell'essere e “la gioia dell'essere”». Massimo Cacciari: «È un grosso debito quello che la filosofia e la teologia italiana hanno accumulato in questi anni nei confronti di Marco Vannini. Grazie al suo instancabile lavoro o sotto la sua direzione il nostro Paese può oggi contare su impeccabili edizioni di Giovanni Gerson e di Angelus Silesius, di Margherita Porete e di Meister Eckhart» Giandomenico Mucci S.I.: « In questi tempi di declino dell'ontologia, Marco Vannini è certamente, in Italia, fuori dell'ambito ecclesiastico, il più illustre studioso di mistica». Giovanni Reale:«L'esperienza mistica è comunque per sua natura connessa con il religioso, come viene mostrato nel bel libro di Marco Vannini, La mistica delle religioni (Le Lettere,  389, € 20) in questi giorni in libreria. Vanniniuno dei massimi esperti in materia a livello nazionale e internazionaleanalizza in modo dettagliato questa esperienza spirituale nell'induismo, nel buddismo, nell'ebraismo, nell'islamismo e nel cristianesimo» Armando Torno: «Segnalare un livre de chevet, vale a dire una di quelle opere maneggevoli che mai dovrebbero allontanarsi dal capezzale, è diventato difficile oltre che inattuale. Eppure qualcosa circola, come prova l'ultimo delizioso scritto di Marco Vannini Sulla grazia». Bruno Forte: «L'ultimo bel libro di Marco Vannini su Mistica e filosofia rivela ancora una volta la sua straordinaria competenza di storico e interprete della mistica» Al pensiero di Vannini è stato dedicato il volume di Roberto Schiavolin, Mistica e filosofia nel pensiero di Marco Vannini.  Opere Lontano dal segno. Saggio sul cristianesimo, La Nuova Italia, Firenze, Esame della certezza, Il Cenacolo, Firenze,  Meister Eckhart. Opere tedesche, La Nuova Italia, Firenze Dialettica della fede, Marietti, Casale Monferrato 1983 (nuova edizione ampliata, Le Lettere, Firenze ). L'esperienza dello spirito, Augustinus, Palermo.  Mistica e filosofia, Piemme, Casale Monferrato (prefazione di Massimo Cacciari; nuova edizione ampliata, Le Lettere, Firenze). Il volto del Dio nascosto. L'esperienza mistica dall'Iliade a Simone Weil, Mondadori, Milano 1999 (ristampa col titolo: Storia della mistica occidentale, Oscar Mondadori ; poi Le Lettere, Firenze ). Introduzione alla mistica, Morcelliana, Brescia 2000 (trad. portoghese: Introdução à Mìstica, Edições Loyola, San Paolo del Brasile5). La morte dell'anima. Dalla mistica alla psicologia, Le Lettere, Firenze (nuova edizione ampliata, Le Lettere, Firenze). La mistica delle grandi religioni, Mondadori, Milano (nuova edizione, Le Lettere, Firenze ). Tesi per una riforma religiosa, Le Lettere, Firenze 2005. La religione della ragione, Bruno Mondadori, Milano 2007 (prefazione di Roberta De Monticelli). Sulla grazia, Le Lettere, Firenze 2008. Prego Dio che mi liberi da Dio. La religione come verità e come menzogna, Bompiani, Milano . Lessico mistico. Le parole della saggezza, Le Lettere, Firenze . Il Santo Spirito fra religione e mistica, Morcelliana Editrice, Brescia . Oltre il cristianesimo. Da Eckhart a Le Saux, Bompiani, Milano . Inchiesta su Maria. La storia vera della fanciulla che divenne mito, Rizzoli, Milano  (con Corrado Augias). Indagine sulla vita eterna, Mondadori, Milano  (con Massimo Polidoro). Introduzione a Eckhart. Profilo e testi, Le Lettere, Firenze . L'Anticristo. Storia e mito, Mondadori, Milano . All'ultimo papa. Lettere sull'amore, la grazia, la libertà, il Saggiatore, Milano . Contro Lutero e il falso evangelo, Lorenzo de' Medici Press, Firenze . Il muro del paradiso. Dialoghi sulla religione per il terzo millennio, Lorenzo 'de Medici Press, . Mistica, psicologia, teologia, Le Lettere, Firenze . Note  Liceo-Ginnasio Michelangiolo  Firenze  Vito Mancuso, Lutero è vivo e lotta con noi, s.a., in: <Panorama> Stefano G. Azzarà, su Materialismo Storico   Bio-  Sergio Givone, Luce mistica dei moderni in: «Il ManifestoAlias», in il manifestoAlias, Roberta De Monticelli, L'allegria della mente: dialogando con Agostino, Milano, Bruno Mondadori, 200431-32,  9788842495024.  Marco Vannini, Mistica e filosofia, Prefazione, Firenze, Le Lettere, Giandomenico Mucci, Il pensiero di Marco Vannini, in «La Civiltà Cattolica», Giovanni Reale, Il misticismo vive in tutte le culture. Il testo di Vannini, le «Upanishad» riedite, su corriere.it. Armando Torno, Alla ricerca della Grazia nel segno di Eckhart, in «Corriere della Sera», Cultura, Bruno Forte, Mistica, l’enigma dell’Altro, in «Avvenire»Libri, 28 settembre Roberto Schiavolin, Mistica e filosofia nel pensiero di Marco Vannini, Nerbini, Firenze   Mistica Misticismo cristiano Mistica renana Meister Eckhart Pierre Hadot Henri Le Saux Sito personale di Marco Vannini

 

Varisco: Essential Italian philosopher. Senatore del Regno d'Italia Durata mandato22 dicembre 192821 ottobre 1933 Sito istituzionale Dati generali Titolo di studioLaurea in matematica UniversitàUniversità degli Studi di Pavia ProfessioneDocente universitario Bernardino Varisco (Chiari), filosofo. Fu professore di filosofia a Roma e senator. La formazione del suo pensiero coincide con la crisi del positivismo in Italia.  Laureato in matematica nel 1873 presso l'Pavia, aveva esordito insegnando matematica dal 1874 al 1905. Pur partendo da posizioni solidamente scientifiche, Varisco avverte sollecitamente il limite di ogni conoscenza che voglia essere esclusivamente composto di ragione, e scopre insieme la concomitante componente fideistica di ogni affermazione di verità.  Questo ricorso alla fede come sentimento del soprannaturale è utilizzato da Varisco sia per affermare la preminenza della filosofia come conoscenza concreta sui processi astrattivi della scienza (I massimi problemi, del 1910), sia per approdare ad uno spiritualismo pluralistico con forti accentuazioni teistiche (Dall'uomo a Dio, pubblicato postumo nel 1939).  Opere: “Scienza e opinioni,” Roma, Dante Alighieri, I massimi problemi, Milano, Libreria Editrice Milanese, 1La patria, Roma, G. Garzoni Provenzani, Conosci te stesso, Milano, Libreria Editrice Milanese, La scuola per la vita. Scritti di educazione e di critica pedagogica raccolti da Vincenzo Cento, Milano, Isis,  Linee di filosofia critica, Roma, A. Signorelli, Discorsi politici, Roma, De Alberti, Sommario di filosofia, Roma, A. Signorelli, Dall'uomo a Dio, postumo, Enrico Castelli e Giulio Alliney, Padova, CEDAM. Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italianastrino per uniforme ordinariaCavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia — 9 giugno 1910 Ufficiale dell'Ordine della Corona d'Italianastrino per uniforme ordinariaUfficiale dell'Ordine della Corona d'Italia — 10 giugno 1917 Commendatore dell'Ordine della Corona d'Italianastrino per uniforme ordinariaCommendatore dell'Ordine della Corona d'Italia. Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine della Corona d'Italianastrino per uniforme ordinariaCavaliere di Gran Croce dell'Ordine della Corona d'Italia. Opere di Bernardino Varisco, .  Bernardino Varisco, su Senatori d'Italia, Senato della Repubblica.

 

Varrone: Grice: “I count Varrone as the first language philosopher. He woke up and realised he was speaking ‘lingua latina,’ and dedicated 36 volumes to it!” --. Grice: “’Lingua latina’ has a nice Roman ring to it. In modern Italian, the ‘t’ has become an ‘z,’ as in “Lazio,” the calico teamfrom Latium.”  varrone: Grice: “I know his Loeb edition by heart!” -- Academic,  Roman polymath, author of works on language, agriculture, history and  philosophy, as well as satires, and principal speaker in the later version of  Cicero’s "Academica" Marco Terenzio Varrone  Marco Terenzio Varrone Project Rome logo Clear.png Questore della Repubblica romana Varrocoin.jpg Nome originale Marcus Terentius Varro Nascita 116 a.C. Rieti Morte 27 a.C. Roma Gens Terentia Questura 78 a.C. in Illyricum Propretura 49 a.C. in Spagna. Marco Terenzio Varrone (in latino: Marcus Terentius Varro; Rieti), filosofo.  «Tu ci hai fatto luce su ogni epoca della patria, sulle fasi della sua cronologia, sulle norme dei suoi rituali, sulle sue cariche sacerdotali, sugli istituti civili e militari, sulla dislocazione dei suoi quartieri e vari punti, su nomi, generi, su doveri e cause dei nostri affari, sia divini che umani.»  (Marco Tullio Cicerone, Academica Posteriora, I 9trad. A. D'Andria)  Statua di Varrone a Rieti Marco Terenzio Varrone nacque a Rieti (o in alta Sabina) nel 116 a.C.: per tale motivo è detto Reatino (attributo che lo distingue da Varrone Atacino, vissuto nello stesso periodo).   Nato da una famiglia di nobili origini, aveva rilevanti proprietà terriere in Sabinadove fu educato con disciplina e severità dai familiari -, integrate dall'acquisto di lussuose ville a Baia e fondi terrieri a Tusculum e Cassino.  A Roma compì studi avanzati presso i migliori maestri del tempo: tra gli altri, studi di grammatica presso Lucio Elio Stilone Preconino, che lo fece appassionare anche agli studi etimologici e retorici e di linguistica e filologia con Lucio Accio, a cui dedicò la sua prima opera grammaticale De antiquitate litterarum.  Come molti giovani romani, compì un viaggio in Grecia fra l'84 a.C. e l'82 a.C., dove ascoltò filosofi accademici come Filone di Larissa e Antioco di Ascalona, da cui dedusse una posizione filosofica di tipo eclettico.  A differenza di molti altri eruditi del tempo, Varrone non si ritirò dalla vita politica ma, anzi, vi prese parte attivamente accostandosi agli optimates, forse anche influenzato dall'estrazione sociale. Dopo aver, infatti, percorso le prime tappe del cursus honorum (triumviro capitale nel 97 a.C., questore lo stesso anno, legato in Illiria nel 78 a.C.) fu vicino a Pompeo, per il quale ricoprì incarichi di grande importanza: fu legato e proquestore in Spagna fra il 76 a.C. e il 72 a.C. e combatté nella guerra contro i pirati difendendo la zona navale tra la Sicilia e Delo.  Allo scoppio della guerra civile nel 49 a.C. fu propretore in Spagna: in una guerra che vedeva i romani contro i romani, tentò un'incerta difesa del suo territorio che si concluse in una resa che Gaio Giulio Cesare, nei Commentarii de bello civili, definì poco gloriosa.  Dopo la disfatta dei pompeiani, si avvicinò, comunque, a Cesare, che apprezzò il Reatino soprattutto sul piano culturale, affidandogli la costituzione di due biblioteche, una di testi latini l'altra di testi greci, ma che, dopo le idi di Marzo, furono sospese.  Dopo la morte del dittatore, anzi, fu inserito nelle liste di proscrizione sia di Antonio che di Ottaviano (interessati più alle sue ricchezze che a punire i congiuranti), da cui si salvò grazie all'intervento di Fufio Caleno per poi avvicinarsi a Ottaviano a cui dedicò il De vita populi Romani volto alla divinizzazione della figura di Giulio Cesare..  Morì quasi novantenne nel 27 a.C. dopo aver scritto una produzione di oltre 620 libri, suddivisi in circa settanta opere.  Opere Magnifying glass icon mgx2.svg De re rustica (Varrone) e De lingua Latina.  Marco Terenzio Varrone Produzione e trasmissione La vasta produzione di Varrone fu suddivisa da Girolamo in un catalogo (incompleto, poiché sono elencati circa la metà degli scritti del reatino): in totale, le opere varroniane sono verosimilmente 74, suddivise in 620 volumi, sebbene Varrone stesso, a 77 anni, abbia riferito di aver scritto 490 libri.  Le opere varroniane, secondo l'argomento, possono essere suddivise in vari gruppi, dalle opere di erudizione, filologia e storia a quelle giuridiche e burocratiche, dalle opere di filosofia e agricoltura alle opere di poesia, di linguistica e letteratura; di retorica e diritto, con ben 15 libri De iure civili; di filosofia.  Di questa enorme produzione è pervenuta (quasi integra) solo un'opera, il De re rustica, mentre del De lingua Latina sono pervenuti solo 6 libri su 25. Probabilmente, causa del quasi completo naufragio della immane  varroniana è che, avendo compulsato tanta parte della cultura grecoromana precedente, divenne la fonte indispensabile per gli autori successivi, perdendosi, per così dire, per assimilazione.  Il filologo ed erudito Dell'attività filologica varroniana fa testimonianza il cosiddetto "canone varroniano", elaborato a partire da due opere, le Quaestiones Plautinae e il De comoediis Plautinis, in cui Varrone ripartì il corpus plautino, che includeva 130 fabulae: di queste, 21 vengono definite autentiche, 19 di origine incerta, dette "pseudo-varroniane" e le restanti spurie.  Si occupò soprattutto di antiquaria, con i 41 libri di Antiquitates, il suo capolavoro, divisi in 25 di res humanae e 16 di res divinae, fonte precipua di Agostino nel De civitate Dei: proprio da Agostino si evidenzia l'attenzione di Varrone sulla religione "civile", con una compiuta disamina su culti e tradizioni, pur con acute critiche alla teologia mitica dei poeti in nome di una theologia naturalis. A questo gruppo appartiene anche l'opera, non pervenuta, De bibliothecis, presumibilmente legata alle incombenze come bibliotecario affidategli da Cesare.  La produzione a sfondo filosofico Nell'ambito filosofico, notevoli dovevano essere i Logistorici (dal greco “discorsi di storia”) un'opera in 76 libri, composta in forma di dialogo in prosa, di argomento morale e antiquario, in cui ogni libro prendeva il nome di un personaggio storico e un tema di cui il personaggio costituiva un modello, come il Marius, de fortuna o il Catus, de liberis educandis: probabilmente questi dialoghi storico-filosofici furono tra i modelli espositivi del Laelius de amicitia e del Cato Maior de senectute di Cicerone.  All'interesse filosofico e divulgativo di Varrone, probabilmente scritte lungo tutto il corso della sua parabola culturale, riconducevano le Saturae Menippeae, che prendevano come modello Menippo di Gadara, esponente della filosofia cinica (da cui il nome). Esse, scritte tra l'80 a.C. e il 46 a.C., si componevano di 150 libri, in prosa e in versi, di cui però ci rimangono circa 600 frammenti e novanta titoli, di argomento soprattutto filosofico, ma anche di critica dei costumi, morale, con rimpianti sui tempi antichi in contrasto con la corruzione del presente. Ciascuna satira recava un titolo, desunto da proverbi (Cave canem con allusione alla mordacità dei filosofi cinici) o dalla mitologia (Eumenides contro la tesi stoico-cinica per cui gli uomini sono folli, Trikàranos, il mostro a tre teste, con un mordace riferimento al primo triumvirato) ed era caratterizzata da lessico popolaresco, polimetria e, come in Menippo, uno stile tragicomico. Valerio Massimo, VII 3.  Aulo Gellio, Ce ne parla Varrone stesso in De lingua latina, Cicerone, Academica posteriora, Appiano, Guerre civili, IV 47; Varrone, De re rustica, II 10, 8 e III 12, 7.  II 17.  Svetonio, Cesare, 44, 2.  Appiano, IV 47.  Ausonio, Commemoratio professorum Burdigalensium, XX, 10.  Chronicon, ann. Aulo Gellio, II 10, 17.  Gellio, III 3, 9.  I cui frammenti sono editi nella fondamentale edizione in due volumi di B. Cardauns: Antiquitates rerum divinarum, Wiesbaden, Steiner,  Cfr. B. Zucchelli, Varro logistoricus. Studio letterario e prosopografico, Parma, Universita degli studi di Parma, Cfr., ad esempio, il Fr. XIX Riese: "Da ragazzo, avevo solo una tunica modesta e una toga, calzature senza fascette, un cavallo non sellato; bagno giornaliero, niente e, davvero di rado, una tinozza".  N. Horsfall, Varrone, in Letteratura Latina Cambridge,  1, Milano, Mondadori, Cfr. M. Salanitro, Le Menippee di Varrone. Contributi esegetici e linguistici, Roma, Edizioni dell'Ateneo 1990.  Sulla satira varroniana, cfr. L. Alfonsi, Le Menippee di Varrone, in "ANRW", I (1973), n. 3,  26-59.  (Per la  specifica sul De re rustica e sul De lingua Latina si rimanda alle rispettive voci)  Atti del Congresso internazionale di studi varroniani. Rieti settembre, Rieti, Centro di studi varroniani,  B. Cardauns, Marcus Terentius Varro. Einführung in sein Werk, Heidelberg, Winter, A. Cenderelli, Varroniana. Istituti e terminologia giuridica nelle opere di M. Terenzio Varrone, Milano, A. Giuffrè, 1973. H. Dahlmann, Varrone e la teoria ellenistica della lingua, Traduzione italiana di Pasqualina Vozza, Napoli, Loffredo.  F. Della Corte, Varrone, il terzo gran lume romano, Genova, Istituto universitario di Magistero (rist. Firenze, La Nuova Italia, G.A. Nelsestuen, Varro the agronomist. Political philosophy, satire and agriculture in the late Republic, Columbus, Ohio State University press, . A. Pittà, M. Terenzio Varrone. De vita populi Romani. Introduzione e commento, Pisa, Pisa University Press, . B. Riposati, M. Terenti Varronis De vita populi Romani. Fonti, esegesi, edizione critica dei frammenti, Milano, Vita e pensiero, 1939. B. Riposati, M. Terenzio Varrone. L'uomo e lo scrittore, Roma Istituto di studi romani, A. Traglia, Introduzione a: M.T. Varrone, Opere, Torino, UTET,  B. Zucchelli, Varro logistoricus. Studio letterario e prosopografico, Parma, Universita degli studi di Parma, Istituto di lingua e letteratura latina, 1981.  Satira menippea Biblioteche romane Antiquitates rerum humanarum et divinarum Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Marco Terenzio Varrone, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Marco Terenzio Varrone, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Marco Terenzio Varrone, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.   Opere di Marco Terenzio Varrone, su Musisque Deoque.   Opere di Marco Terenzio Varrone, su PHI Latin Texts, Packard Humanities Institute.  Opere di Marco Terenzio Varrone, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Marco Terenzio Varrone, . Opere di Marco Terenzio Varrone, su Progetto Gutenberg. Audiolibri di Marco Terenzio Varrone, su LibriVox.   Pubblicazioni di Marco Terenzio Varrone, su Persée, Ministère de l'Enseignement supérieur, de la Recherche et de l'Innovation.  M. Ter. Varronis De lingua Latina libri qui supersunt: cum fragmentis ejusdem, Biponti, ex typographia societatis. Biblioteca degli scrittori latini con traduzione e note: Terentii Varronis quae supersunt opera, Venetiis, excudit Joseph Antonelli, 1846. (LA, FR) Les agronomes latins, Caton, Varron, Columelle, Palladius, avec la traduction en français, M. Nisard, Paris, Firmin Didot Fréres, 1856,  53 ss. Grammaticae Romanae Fragmenta, Gino Funaioli, Lipsiae, in aedibus B. G. Teubneri. M. Terenti Varronis saturarum menippearum reliquiae, cur. Alexander Riese, Lipsiae, in aedibus B. G. Teubneri.

 

Varzi: essential Italian philosopher. varzi: essential Italian philosopher. Some Italians do not consider Varzi an “Italian” philosopher in that his maximal degree was earned elsewhere! If philosophy is a branch of the belles lettres, part of Varzi’s essays belong in English literature --. He was written on ‘universal semantics.’ Achille Varzi all'Trento. Achille C. Varzi (n. Galliate) è un filosofo.  Esponente della filosofia analitica, in Italia è noto principalmente per le sue ricerche di logica e per il suo contributo alla rinascita degli studi in ambito di metafisica e ontologia.   Laureatosi all'Università degli Studi di Trento con una tesi sulle logiche libere, ha conseguito il Ph.D. in filosofia presso la University of Toronto (Canada) con una dissertazione sulla semantica universale. Insegna Logica e Metafisica a Columbia, ove è stato direttore del Dipartimento di Filosofia. È nel direttivo del Journal of Philosophy e nell'esecutivo della Stanford Encyclopedia of Philosophy.-- è stato insignito della Targa Giuseppe Piazzi per la ricerca scientifica e del Premio Paolo Bozzi per l'Ontologia.  Dopo un periodo dedicato soprattutto allo studio dell'immagine del mondo propria del senso comune, il suo pensiero si è indirizzato progressivamente verso posizioni di stampo nominalista e convenzionalista, nella convinzione che "buona parte della struttura che siamo soliti attribuire alla realtà esterna risieda a ben vedere nella nostra testa, nelle nostre pratiche organizzatrici, nel complesso sistema di concetti e categorie che sottendono alla nostra rappresentazione dell'esperienza e al nostro bisogno di rappresentarla in quel modo".Autore di oltre un centinaio di pubblicazioni su volumi e riviste specializzate, in Italia Varzi è noto anche per la sua attività divulgativa (spesso in collaborazione con Roberto Casati), ispirata al principio secondo cui "la filosofia è una sfida in cui il pensiero parte dalla semplicità delle cose quotidiane e ne mostra la meravigliosa complessità". Opere principali: Semplicemente diaboliche. 100 nuove storie filosofiche (con Roberto Casati), Laterza, . I modi dell'amicizia (con Maurizio Ferraris), Orthotes, . I colori del bene, Orthotes, . L'incertezza elettorale (con Roberto Casati), Aracne, . Le tribolazioni del filosofare. Comedia Metaphysica ne la quale si tratta de li errori & de le pene de l’Infero (con Claudio Calosi), Laterza, . Il mondo messo a fuoco, Laterza, . Il pianeta dove scomparivano le cose. Esercizi di immaginazione filosofica (con Roberto Casati), Einaudi, Ontologia, Laterza, Semplicità insormontabili39 storie filosofiche (con Roberto Casati), Laterza, ed. inglese: Parole, oggetti, eventi e altri argomenti di metafisica, Carocci. An Essay in Universal Semantics, Kluwer, Parts and Places. The Structures of Spatial Representation (con Roberto Casati), MIT Press.Theory and Problems of Logic (con John Nolt e Dennis Rohatyn), McGraw-Hill, trad. it. Logica, McGraw-Hill Italia, Holes and Other Superficialities (con Roberto Casati), MIT Press, trad. it. Buchi e altre superficialità, Garzanti, 1996. Studi: Elena Casetta e Valeria Giardino , Mettere a fuoco il mondo. Conversazioni sulla filosofia di Achille C. Varzi, numero speciale di IsonomiaEpistemologica,  Francesco Calemi, Achille Varzi. Logica, semantica, metafisica, AlboVersorio, Milano. Elena Casetta e Valeria Giardino.  Il mondo messo a fuoco, Laterza, 4. Dal risvolto di copertina di Semplicità insormontabili, Laterza. Altre edizioni in francese, spagnolo, portoghese, greco, cinese, giapponese, coreano, polacco, finlandese. Da questo libro è stato tratto lo spettacolo teatrale Insurmountable Simplicities, per la regia di Natalie Glick, presentato dall'All Gone Theatre Company all'edizione  del New York International Fringe Festival. Sito di Varzi presso la Columbia University, su columbia.edu. completa di Varzi, su columbia.edu.Biografia "negativa" di Varzi, su columbia.edu. Intervista ad Achille Varzi di Leonardo Caffo, Rivista italiana di filosofia analitica. Refs.:  Luigi Speranza, "Grice e Varzi: semantica filosofia," per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

Vasa: essential Italian philosopher. Andrea Vasa Andrea Vasa (Aggius), filosofo. Andrea VasaSocietà Filosofica ItalianaCongresso NazionaleL'Aquila. Vasa nacque ad Aggius, paese della Gallura di forte e suggestivo paesaggio e di forti vicende. Compiuti in anticipo gli studi secondari, andò a studiare Filosofia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano dove si laureò nel 1936. Insegnò nel LiceoGinnasio “Arnaldo” di Brescia dal 1938 al ’43. In quell’anno dovette interrompere l’insegnamento a causa della sua partecipazione alla Resistenza con il gruppo che faceva capo a Ferruccio Parri. Alla fine della guerra riprese l’insegnamento a Milano nel Liceo Classico G. Carducci e poi nel LiceoGinnasio Alessandro Manzoni. Nel 1951 ottenne la libera docenza. Fu assistente volontario e poi incaricato di Filosofia della religione nell’Università Statale di Milano. Vincitore di un concorso a cattedre di Filosofia teoretica, fu chiamato  all’Università degli Studi di Cagliari e dopo  a quella di Firenze. Si sposò con Giuseppina Brambilla, anch’ella laureata in Filosofia alla Cattolica. Vasa rimase sempre fortemente legato al paese natale. Il Comune di Aggius ne ha conservato la memoria.  Pensiero filosofico Negli anni di formazione all’Università Cattolica, Vasa si trovò a partecipare al tentativo condotto da Gustavo Bontadini, di cui era allievo e amico, di superare la contrapposizione tra la neoscolastica e il neoidealismo italiano, comprendendo e assimilando quanto della metafisica hegeliana e cristiana era in questo indirizzo. In questa operazione Vasa prese una sua via personale: abbandonò l’interesse metafisico simpatizzando per l’attualismo gentiliano per quanto esso restituiva all’uomo dignità e responsabilità, mettendone tuttavia in luce l’impossibilità di una fondazione logica. Nacquero così le indagini sulla logica di Hegel che portarono a rilevanti osservazioni critiche riguardo al neoidealismo italiano. Con l’idea che i valori immanenti costituiscono l’orizzonte trascendentale nella prassi razionale ed etica dell’uomo veniva a cadere per Vasa l’opposizione di immanenza e trascendenza.  Nella comune partecipazione alla Resistenza Vasa si legò di amicizia con Mario Dal Pra, filosofo di profonda esperienza religiosa e sociale e innovatore della storiografia filosofica. Tramite lui Vasa entrò in contatto con Antonio Banfi, che rappresentava la Scuola filosofica milanese dell’Università Statale. Nel confronto con il “razionalismo critico” di Banfi, che mirava a chiarire una struttura della ragione nel solco della tradizione kantiana e neokantiana, Vasa pensò ad un razionalismo che andasse oltre ogni struttura presupposta della ragione verso un orizzonte di possibilità non ancora prevedibili. Questo pensiero comportava l’idea della ricerca di una logica della possibilità. Si pose così quella proposta filosofica detta “trascendentalismo della prassi”, che era radicalmente critica e programmaticamente aperta, e che venne difesa da Dal Pra e da Vasa, sia nella «Rivista di storia della filosofia» fondata (con altri) da Dal Pra nel 1946, sia nei Congressi della “Società filosofica italiana” rinata dopo lo scioglimento imposto dall’autorità fascista. Il “trascendentalismo della prassi” era contrapposto al "teoricismo", inteso come il carattere di tutte le filosofie che presuppongono un principio di datità del reale e del valore, cioè di tutte le filosofie metafisiche. Il trascendentalismo della prassi non voleva essere una teoria, ma un atteggiamento pratico possibile, effettivo, che riconosceva la temporalità della prassi e ne rivendicava la libertà e la responsabillità. La proposta del trascendentalismo della prassi, che era immediatamente critica del pensiero di Benedetto Croce e di Giovanni Gentile, ma che investiva tutti gli indirizzi contemporanei, fu il modo più radicale del domandarsi, in Italia, dopo la catastrofe della guerra, sul significato della filosofia e della storia della filosofia. La «Rivista di storia della filosofia» costituì il contatto con il movimento detto “neoilluminismo”, che, animato da Nicola Abbagnano, avendo come centro Torino, collegava e confrontava in convegni periodici i nuovi indirizzi metodologici e antimetafisici.  Affermatisi in Italia gli indirizzi della fenomenologia trascendentale, della filosofia analitica e del neoempirismo, Vasa, con il suo metodo, caratterizzato dall’apertura e dalla tensione critica ad un continuo “andar oltre”, diede di essi interpretazioni originali in numerosi studi e nei corsi universitari. La sua ricerca, ora caratterizzata come “razionalismo della prassi”, continuò a mettere in discussione ogni naturalismo limitativo della libertà dell'uomo. Vasa confermò così l’idea di una “via negativa alla filosofia” a cui siamo costretti in mancanza di principi universali oggettivi o di autorità universali nella prassi. Questa negazione confuta la tematizzazione ingenua del mondo, mette fra parentesi la tradizione, toglie l’unicità di senso al nostro rapporto con la realtà e, aprendo la ricerca alla prospettiva di generalizzazioni nuove, risponde al bisogno dell'uomo di costruirsi e perseguire finalità proprie.  Per influenza dell’amico Ludovico Geymonat, e in discussione con lui, Vasa vide concretamente nelle scienze in sviluppo l’orizzonte effettivo delle possibilità razionali, pertanto si cimentò nella comprensione di esse attraverso l’epistemologia e la logica. Egli esaminò: il moderno formalismo logico-matematico di Bertrand Russell; l’analisi del linguaggio (formale ed ordinario) di Ludwig Wittgenstein; il convenzionalismo logico e linguistico che egli coglieva nel neoempirismo di Rudolf Carnap e nella discussione di Willard Van Orman Quine sull’ontologia; lo stesso svolgimento dell’epistemologia dagli inizi col Circolo di Vienna ai successivi sviluppi autocritici e “liberali”; le rivoluzioni concettuali delle scienze. Erano tutti problemi che avevano all’origine e segnalavano una crisi del fondamento. Vasa volle chiarirli leggendovi «la sollecitazione a porre fra parentesi ad aggredire o a variare all’infinito ogni “conoscenza” di spazi e tempi, di atomi, masse e cause naturali». La ricerca di Vasa manteneva così l’etica dei fini umani; la logica era anche logica della speranza; la filosofia ritrovava il senso originario di “amore della saggezza”.  Opere Il problema della ragione, Bocca, Milano 1951. Ricerche sul razionalismo della prassi, Sansoni, Firenze 1957. Logica, scienza e prassi, La Nuova Italia, Firenze 1980. Logica, religione e filosofia. Saggi filosofici,  Introduzione di M. Dal Pra, Franco Angeli, Milano 1983. Logica, scienze della natura e mondo della vita. Lezioni (L. Handjaras e A. Marinotti), Franco Angeli, Milano 1986. Poeti di Aggius. Michele Andrea Tortu, Michele Pisanu (Antologia di Salvatore Lepori con prefazione, traduzione e note di A. Vasa), Nota introduttiva di Giovanni Pirodda, Istituto Superiore Regionale Etnografico, Nuoro. Mario Dal Pra, Andrea Vasa, Il Trascendentalismo della prassi, la filosofia della Resistenza, Maria Grazia Sandrini, Mimesis / Centro Internazionale Insubrico, Milano . Note  In memoria di Andrea Vasa, filosofo della modernità, La Nuova Sardegna, Treccani: Vasa, Andrea  Ragione e libertà. Saggio sul pensiero di Andrea Vasa  A. Vasa, Una discussione con G. Bontadini su metafisica e filosofia, in Studi di filosofia in onore di G. Bontadini, Vita e Pensiero, Milano I saggi di Vasa sono raccolti nel volume Logica, religione e filosofia (Scritti filosofiici A. Vasa, Memoria di Giovanni Gentile, in «Giornale critico della filosofia italiana», Vedi Benedetto Croce, Le cosiddette ‘riforme della filosofia’ e in particolare di quella hegeliana, (a proposito del saggio di Vasa su De Ruggiero), in «Quaderni della Critica», poi in Indagini su Hegel, Laterza, Bari, Vedi M. Dal Pra, La filosofia italiana oggi, in «Rivista critica di storia della filosofia», VSul trascendentalismo della prassi, in Il problema della filosofia oggi. Atti del XVI Congresso nazionale di Filosofia (Bologna,  promosso dalla SFI, Bocca, Roma-Milano, Vedi: saggi come l’Introduzione alla trad. di E. Husserl, L’idea della fenomenologia. Cinque lezioni, (M. Rosso), Il Saggiatore, Milano,  Logica e religione di fronte al compito di una possibile unificazione del sapere, in «Il Pensiero», L’ateismo religioso di L. Wittgenstein, in «Archivio di Filosofia», 1980 (Esistenza, Mito, Ermeneutica), e le lezioni raccolte nel volume Logica, scienze della natura e mondo della vita  A. Vasa, Logica, scienze della natura e mondo della vita102.  La frase (di Vasa) compare nella presentazione editoriale del volume Logica, scienza e prassi  Cesare Luporini, Ettore Casari, Mario Dal Pra, Ludovico Geymonat, Amedeo Marinotti, Ricordo di Andrea Vasa. Corsi, seminari e , Luciano Handjaras e Maria Grazia Sandrini, Olschki, Firenze, Ferruccio De Natale, Storicità della filosofia e filosofia come storiografia. Un dibattito tra filosofi italiani negli anni Cinquanta, in , Dentro la storiografia filosofica. Questioni di teoria e didattica, Dedalo, Bari Franco Cambi, Razionalismo e prassi a Milano, Cisalpino-Goliardica, Milano 1983. Amedeo Marinotti, Luciano Handjaras, Maria Grazia Sandrini, Ragione e libertà. Saggi sul pensiero di Andrea Vasa, Prefazione di M. Dal Pra, Franco Angeli, Milano, Mario Dal Pra, Filosofi del Novecento, Angeli, Milano, vi è raccolto il contributo già in , Ricordo di Andrea Vasa, Olschki, Firenze Carlo Monti, Religione e prassi nel pensiero di Andrea Vasa, in «La Fortezza. Rivista di studi», Maria Grazia Sandrini, Liberalismo etico e prospettive razionalistiche nel pensiero di Andrea Vasa, in M.G. Sandrini, Etica e scienza. Saggi di filosofia, Carocci, Roma 2003. Maria Grazia Sandrini e Al., Andrea Vasa uomo e filosofo (Atti del convegno di Aggius. Comprende: relazioni di M.G. Sandrini, L’eredità vasiana; P.L. Lecis, Viaggio verso una meta incerta. L’universo dei mondi possibili di A. Vasa; F. Minazzi, La strada per Megara e l’irriducibilità della libertà umana. Il problema della ragione nel trascendentalismo della prassi di A. Vasa; E. Palombi, Sul senso dell’uomo nel pensiero di A. Vasa; alcuni brevi Scritti e testi inediti, F. Minazzi e M.G. Sandrini, in «Il Protagora», poi in volume con lo stesso titolo, Barbieri, Manduria 2008. Amedeo Marinotti, Ragione e prassi in Vasa e in Geymonat. Memoria di una discussione filosofica e di un’amicizia, in Ludovico Geymonat un maestro del Novecento. Il filosofo, il partigiano e il docente, Fabio Minazzi, Unicopli, Milano  Enrico I. Rambaldi, La formazione di Andrea Vasa, in Alberto Pala filosofo laico, appassionato delle scienze. Studi e testimonianze nel 90° dalla nascita, B. Maiorca, Cuec, Cagliari, Enrico I. Rambaldi, Da Gentile a Hegel. Trascendentalismo e antifascismo in Andrea Vasa. Con un’appendice di testi e documenti, in «Rivista di storia della filosofia».

 

vastarini: essential Italian philosopher. Francesco Vastarini (L'Aquila), filosofo. Esponente di una nota famiglia abruzzese. Fu un grande studioso nonché maestro di scherma, quindi, alla morte della madre, e decise di entrare nell'ordine dei frati minori cappuccini. Viene citato anche come Francesco Ficetola o Francesco dell'Aquila.  Era dotato di una brillante vocazione predicatoria che lo portò sino alla corte di papa Urbano VIII. Venne pubblicamente lodato anche dal Duca di Osuna che gli propose il vescovato di Pozzuoli e dal Granduca di Toscana che gli propose quello di Fiesole, ma in entrambi i casi il Vastarini rifiutò.  Nella prima metà Professoresi prodigò per aprire una sede dei cappuccini nella sua città natale, colpito dalla morte di un suo confratello che il medico non era riuscito a soccorrere nell'allora sede di San Giuseppe fuori le mura. nel 1606 acquistò un vasto terreno sul margine orientale della cinta muraria e nel 1610 vi costruì il convento e la chiesa di San Michele, ancora oggi esistenti seppur inglobati nel complesso monumentale dell'Emiciclo.  Nella sua ultima parte di vita fu inoltre camerlengo dell'Aquila.  Note  Giacomo Di Marco, Storia del complesso architettonico, in Lucio Zazzara , Palazzo dell’Emiciclo e palazzina ex G.I. Maschile. Rigenerazione e adeguamento sismico a L’Aquila, Pescara, Carsa. Alfonso Dragonetti234  Frati minori cappuccini d'Abruzzo, Le attività del Convento Santi Francesco e Chiara di L'Aquila, su fraticappuccini.it. L'Emiciclo Rinasce, La storia, su emiciclorinasce.it. 9 giugno .  Alfonso Dragonetti, Le vite degli illustri aquilani, L'Aquila, Perchiazzi Editore. Vastarini Cresi

 

vattimo: essential Italian philosopher. Gianni Vattimo (n. Torino), filosofo -- not one that provinicial Beaney would include in his handbooks and dictionariesVattimo’s philosophy shares quite a bit with Grice’s programme, as anyone familiar with both Vattimo and Grice may testify. Vattimo has philosophised on Heidegger and Nietzsche, and one of his essays is on the subject and the maskanother on realityThere is a volume in his honour.Gianni Vattimo  Gianteresio "Gianni" Vattimo Gianni VattimoParticipante del Foro Internacional por la Emancipación y la Igualdad (16106465993).jpg Gianni Vattimo nel  Dati generali Partito politicoPartito Comunista (dal ) In precedenza: DS (1999-2004) PdCI (2004-2009) IdV (2009-) Indipendente (-) Titolo di studioLaurea in Filosofia UniversitàUniversità degli Studi di Torino Professionefilosofo, professore universitario Gianteresio Vattimo, detto Gianni (Torino, 4 gennaio 1936), è un filosofo, accademico e politico italiano.  Tra i massimi esponenti della corrente postmoderna, è teorizzatore del pensiero debole. Nato a Torino, il padre è un poliziotto calabrese, che muore quando Gianni ha un anno e mezzo, mentre la madre è una sarta; ha una sorella di otto anni più grande. Durante la guerra si trasferisce con la famiglia in Calabria nel 1943, restandoci per due anni e ritornando a Torino nel settembre del 1945.  Studente del liceo classico Vincenzo Gioberti è attivo in quegli anni nella Gioventù Studentesca di Azione Cattolica, e collabora a Quartodora, rivista del movimento diretta da Michele L. Straniero. In un'intervista del , si autodefinì come un cattolico militante, influenzato dalla lettura di Jacques Maritain, Emmanuel Mounier e dei racconti di Georges Bernanos, portato dalla fede ad un disinteresse per il razionalismo storico, l'Illuminismo e le filosofie di Hegel e Marx.  Allievo di Luigi Pareyson assieme a Umberto Eco con cui ha condiviso amicizia e interessi, si è laureato in filosofia nel 1959 a Torino. Negli anni cinquanta ha lavorato ai programmi culturali della Rai. Ha conseguito la specializzazione a Heidelberg, con Karl Löwith e Hans Georg Gadamer, di cui ha introdotto il pensiero in Italia. Nel 1964 è diventato professore incaricato e nel 1969 ordinario di estetica all'Torino, nella quale è stato preside, negli anni settanta, della facoltà di Lettere e Filosofia. Dal 1982 al 2008 è stato ordinario di filosofia teoretica presso la stessa università. In seguito è stato nominato professore emerito, titolo che non gli precluse, in futuro, lo svolgimento di eventuali attività didattiche presso la suddetta università. Nel 1986 ha ideato e condotto su Raitre il programma televisivo di divulgazione filosofica La clessidra.  Ha insegnato come visiting professor negli Stati Uniti e ha tenuto seminari in diversi atenei del mondo. È stato direttore della Rivista di estetica, membro di comitati scientifici di varie riviste italiane e straniere, socio corrispondente dell'Accademia delle Scienze di Torino, nonché editorialista per i quotidiani La Stampa e La Repubblica e per il settimanale L'espresso. Attualmente dirige la rivista Tropos. Rivista di ermeneutica e critica filosofica (edita da Aracne Editrice). Per le sue opere ha ricevuto lauree honoris causa dalle La Plata, Palermo, Madrid e dalla Universidad Nacional Mayor de San Marcos di Lima. È stato più volte docente alle Vacances de l'Esprit. Ha svolto attività politica in diverse formazioni: prima nel Partito Radicale, poi in Alleanza per Torino, successivamente nei Democratici di Sinistra (dal 25 aprile 1999 al 30 gennaio 2004), per i quali è stato parlamentare europeo, e nel Partito dei Comunisti Italiani --  è stato candidato da una lista civica a sindaco di una cittadina calabrese, San Giovanni in Fiore (Cs), per combattere la "degenerazione intellettuale" che affliggeva quel paese, ma non è riuscito ad arrivare al secondo turno.  Il 30 marzo 2009 ha annunciato la sua candidatura a parlamentare europeo nelle liste dell'Italia dei Valori di Antonio Di Pietro, rivendicando tuttavia le proprie origini comuniste, venendo eletto nella circoscrizione Nord-Ovest.  Il 21 gennaio , giorno dell'anniversario della fondazione del PCd'I, annuncia la sua adesione al Partito Comunista.  Il suo ideale politico-religioso si riassume in una forma da lui definita "comunismo cristiano" e "comunismo ermeneutico", un' ideale antidogmatico di "comunismo debole" nel pensiero e nell'essere, che si ispira alla vita comunitaria delle prime comunità cristiane. Esso rinnega e si oppone alla violenza delle industrializzazione pesante forzata e dello stalinismo in genere, così come anche alle tesi di Lenin e del terrorismo, muovendo a favore di una sinistra improntata al dialogo, alla dialettica e alla tolleranza.  Controversie Accuse di antisemitismo Vattimo è stato accusato di antisemitismo, a causa delle sue dichiarazioni sul controllo ebraico di banche, dove affermava: "Ricordiamoci che la Federal Reserve è di proprietà di Rothschild e Rockefeller" (anche se la famiglia Rockefeller non è ebrea). Renzo Gattegna, presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, lo accusò di antisemitismo, additando le sue dichiarazioni come "parole di odio che non aggiungono nulla di nuovo e che sono accompagnate dalla riproposizione squallida di stereotipi antisemiti". Anche Rabbi Barbara Aiello, primo rabbino donna in Italia, ha corroborato queste accuse, tacciando Vattimo di antisemitismo.  Il 9 gennaio 2009 ha rilasciato un'intervista al Corriere in cui dichiara, riguardo a Israele  «bisognerebbe procurarsi missili più efficaci dei Qassam e portarli laggiù»  La dichiarazione, riferita ai missili Qassam con cui Hamas colpisce Israele, ha suscitato molte polemiche. Il filosofo ha tuttavia chiarito che le sue prese di posizione sono rivolte contro Israele e che non hanno nulla a che vedere con l’antisemitismo.  Sull'aggressione a Berlusconi In occasione dell'aggressione di Massimo Tartaglia a Silvio Berlusconi nel dicembre 2009, ha espresso a Radio Radicale la convinzione che quell'aggressione fosse stata una montatura; ha affermato inoltre che se l'aggressore avesse voluto veramente fare del male a Berlusconi era preferibile usare una pistola invece di una statuetta.  Pensiero Nelle sue opere Gianni Vattimo si è occupato dell'ontologia ermeneutica contemporanea, proponendone una propria interpretazione, che ha chiamato pensiero debole, in contrapposizione con le diverse forme di pensiero forte dell'Otto-Novecento: l'hegelismo con la sua dialettica, il marxismo, la fenomenologia, la psicanalisi, lo strutturalismo. Ognuno di questi movimenti si è proposto come superamento delle posizioni filosofiche precedenti e smascheramento dei loro errori. Ma ogni volta l'errore, secondo Vattimo, consisterebbe proprio in questo gesto teoretico. Non ci sono nuovi inizi, l'errore consiste proprio nella volontà di rifondare "fundamenta inconcussa" che non vi possono essere. Il pensiero debole è invece un atteggiamento della postmodernità che accetta il peso dell'"errore", ossia del caduco, dell'effimero, di tutto ciò che è storico e umano. È la nozione di verità a doversi modellare sulla dimensione umana, non viceversa.  Il pensiero debole Secondo Vattimo il pensiero debole è la chiave per la democratizzazione della società, la diminuzione della violenza e la diffusione del pluralismo e della tolleranza. In questo senso deve essere almeno segnalata la grande e decisiva importanza che assume nel suo pensiero la nozione di nichilismo, che rimette all'eredità di Nietzsche e Heidegger e si lega a vari temi vattimiani (dall'etica, alla politica, dalla religionel'indebolimento di Dioalla teoria della comunicazione). Con le sue opere più recenti (in particolare Credere di credere) ha rivendicato al proprio pensiero anche la qualifica di autentica filosofia cristiana per la postmodernità.  Avvalendosi infatti della visione cristiana del maestro Pareyson e del teologo Sergio Quinzio, Vattimo rifiuta l'identificazione di Dio nell'essere razionale, così come concepito dalla tradizione filosofica occidentale. Di Pareyson e Quinzio, però, non condivide la visione religiosa tragica. Suggestionato dalle opere dell'antropologo francese René Girard, Vattimo legge la vicenda di Cristo come rifiuto di ogni sacrificio, anzitutto umano ed esistenziale. La kénosis (lett. "svuotamento") divina è a vantaggio della libertà e della pace umana.  Le ultime posizioni del filosofo rappresentano una svolta, sia nella sua impostazione filosofica dell'interpretazione del presente, sia nel campo dell'attività politica. Nel 2004 abbandona il partito dei Democratici di Sinistra e abbraccia il marxismo rivalutandone positivamente l'autenticità e validità dei principi progettuali, auspicando un "ritorno" al pensiero del filosofo di Treviri e a un comunismo epurato dagli sviluppi delle distorte politiche pubbliche sovietiche da superare dialetticamente. Per quanto la svolta possa apparire contraddittoria con le precedenti posizioni, Vattimo rivendica la continuità delle nuove scelte con il processo di ricerca sul pensiero debole, pur ammettendo il cambiamento di "molte delle sue idee". È lo stesso filosofo a parlare di un "Marx indebolito", ovvero di una base ideologica capace di illustrare la vera natura del comunismo e adatta nella pratica politica a superare ogni tipo di pudore liberal. L'approdo al marxismo si configura quindi come una tappa dello sviluppo del pensiero debole, arricchito nella prassi da una prospettiva politica concreta.  Etica e natura Vattimo ha anche espresso posizioni ambientaliste ed in particolare a favore dei diritti degli animali. Ad esempio ha dichiarato:  «In un'epoca in cui l'umanità si vede sempre più minacciata nelle stesse elementari possibilità di sopravvivenza (la fame, la morte atomica, l'inquinamento) la nostra radicale fratellanza con gli animali si presenta in una luce più immediata ed evidente.»  Da parlamentare europeo si è battuto, tra l'altro, contro la sperimentazione animale e contro il maltrattamento degli animali negli allevamenti.  Vita privata Vattimo ha pubblicamente dichiarato la sua omosessualità, che concilia con la sua fede cristiana. Negli ultimi anni d'insegnamento universitario ha infatti sviluppato una concezione di Cristianesimo "secolarizzato", il quale, conseguentemente, non necessita di istituzioni ecclesiastiche, fondandosi sulla kénosis, ossia sull'abbassamento e sull'indebolimento dell'idea di Dio. Per il filosofo il non riconoscimento di un "assoluto", inteso come una verità definitiva, porterebbe ad una maggiore accettazione della diversità sociale e culturale.  Il compagno da 11 anni di Vattimo, Sergio Mamino, storico dell'architettura, malato di tumore ai polmoni, muore nel bagno dell'aereo che lo stava portando nei Paesi Bassi per effettuare un'eutanasia. Ad accompagnarlo c'era con lui sull'aereo lo stesso Vattimo.  Ha collaborato con vari quotidiani italiani e stranieri (La Stampa, L'Unità, il manifesto, Il Fatto Quotidiano, Clarín, El País), con editoriali e riflessioni critiche su vari temi di attualità, politica e cultura.  Opere principali Il concetto di fare in Aristotele, Giappichelli, Torino, Essere, storia e linguaggio in Heidegger, Filosofia, Torino, 1963 Ipotesi su Nietzsche, Giappichelli, Torino, 1967 Poesia e ontologia, Mursia, Milano Schleiermacher, filosofo dell'interpretazione, Mursia, Milano, Introduzione ad Heidegger, Laterza, Roma-Bari, Il soggetto e la maschera, Bompiani, Milano, 1974 Le avventure della differenza, Garzanti, Milano, 1980 Al di là del soggetto, Feltrinelli, Milano, Il pensiero debole, Feltrinelli, Milano (G. Vattimo e P. A. Rovatti) La fine della modernità, Garzanti, Milano, 1985 Introduzione a Nietzsche, Laterza, Roma-Bari, 1985 La società trasparente, Garzanti, Milano, Etica dell'interpretazione, Rosenberg & Sellier, Torino, 1989 Filosofia al presente, Garzanti, Milano, 1990 Oltre l'interpretazione, Laterza, Roma-Bari, 1994 Credere di credere, Garzanti, Milano, 1996 Vocazione e responsabilità del filosofo, Il Melangolo, Genova, Dialogo con Nietzsche. Saggi 1961-2000, Garzanti, Milano, 2001 Tecnica ed esistenza. Una mappa filosofica del Novecento, Bruno Mondadori, Milano, 2002 Dopo la cristianità. Per un cristianesimo non religioso, Garzanti, Milano, Nichilismo ed emancipazione. Etica, politica e diritto, S. Zabala, Garzanti, Milano, 2003 Il socialismo ossia l'Europa, Trauben.  Il Futuro della Religione, con Richard Rorty. S. Zabala, Garzanti, Milano, Verità o fede debole? Dialogo su cristianesimo e relativismo, con René Girard. P. Antonello, Transeuropa Edizioni, Massa, 2006 Non essere Dio. Un'autobiografia a quattro mani, con Piergiorgio Paterlini, Aliberti editore, Reggio Emilia, 2006 Ecce comu. Come si ri-diventa ciò che si era, Fazi, Roma, After the Death of God, con John D. Caputo, Columbia University Press. Addio alla Verità, Meltemi, 2009 Introduzione all'estetica, Edizioni ETS, Pisa  Magnificat. Un'idea di montagna, Vivalda,  Hermeneutic Communism: From Heidegger to Marx, con Santiago Zabala, Columbia University Press,  Della realtà, Garzanti, Milano,  Ha pubblicato presso Laterza un annuario filosofico a carattere monografico (Filosofia). La sezione Filosofia 86 ha vinto il Premio Brancati nel 1987.  Critica  Vattimo a Lima, Perú. Rossano Pecoraro, Niilismo e Pós(Modernidade). Introdução ao pensamento fraco de Gianni Vattimo, Rio de Janeiro-San Paolo, PUC-Loyola ED. "Dossier Vattimo", Rossano Pecoraro, in: "Alceu". Rivista del Dip. di Comunicazione della Pontificia Università Cattolica di Rio de Janeiro (disponibile on line). (2006) Davide Monaco, Gianni Vattimo. Ontologia ermeneutica, cristianesimo e postmodernità, Ets, Pisa 2006. (2006) Martin G. Weiss, Gianni Vattimo. Einführung. Vienna, Passagen Giovanni Giorgio, Il pensiero di Gianni Vattimo. L'emancipazione della metafisica tra dialettica ed ermeneutica, Franco Angeli, Milano, Weakening Philosophy. Essays in Honour of Gianni Vattimo, Edited by Santiago Zabala, Montréal: McGill-Queen's University Press, Numero della rivista A Parte Rei (Madrid), v. 54, dedicato a Vattimo (disponibile on line). Pensare l'attualità, cambiare il mondo, G. Chiurazzi, Bruno Mondadori, Milano. Enrico Redaelli, Il nodo dei nodi. L'esercizio del pensiero in Vattimo, Vitiello, Sini, Ets, Pisa  L'apertura del presente. Sull'ontologia ermeneutica di Gianni Vattimo, L. Bagetto, Tropos. Rivista di ermeneutica e critica filosofica, anno I, numero speciale. Mario Kopić, Gianni Vattimo Čitanka / Gianni Vattimo Reader. Zagabria, Antibarbarus. Carlos Muñoz Gutiérrez, Daniel Mariano Leiro, Víctor Samuel Rivera , Ontología del declinar. Diálogos con la hermenéutica nihilista de Gianni Vattimo, Buenos Aires, Biblos. Carlos Pairetti, Introducción al pensamiento de Gianni Vattimo: Nihilismo y hermenéutica, Córdoba, Editorial de la Universidad Católica de Córdoba. () Teresa Oñate, Daniel Leiro, Óscar Cubo, Amanda Nuñez , El compromiso del espíritu actual. Con Gianni Vattimo en Turín, Cuenca, Aldebarán. () Ricardo Milla, Vattimo y la hermenéutica política, in Isegoria (Madrid), Ricardo Milla, Emancipación de la metafísica. Hermenéutica política en Gianni Vattimo, in Perseitas (Colombia), funlam.edu.co/revistas/index.php/perseitas/article/view Brais González Arribas, Reduciendo la violencia. La hermenéutica nihilista de Gianni Vattimo. Madrid, Dykinson. Note //fondazioneveranocentini.it/images/allegati/pdf/Vattimo_Gianni.pdf  Movi100Cent'anni di Movimento Studenti di Azione Cattolica, su movi100.azionecattolica.it.  Claudio Gallo, Gianni Vattimo Interview, su publicseminar.org, 11 luglio . Vattimo: viva i giustizialisti. Corro con Tonino Di Pietro. Marco Rizzo con Gramsci alla Camera (il nipote omonimo) e il filosofo Vattimo, nuovi iscritti al Partito Comunista. Sabato prossimo. Comitato Centrale a Livorno, su Ilpartitocomunista.it, Ian Angus, Interview with Gianni Vattimo: “Only Weak Communism Can Save Us”, su MRANSA, Italian philosopher politician slammed as anti-Semite, su lagazzettadelmezzogiorno.it.   'Shoot those bastard Zionists': Italian scholar, su thelocal.it Corriere della Sera, 9/1/2009 -Non acquistiamo i prodotti di lì, su archiviostorico.corriere.it. Repubblica.it -Vattimo: "Non sono un antisemita. Solo anti-israeliano", su torino.repubblica.it. 3 aprile  (archiviato il 18 gennaio ).  A Radio Radicale Il delirio di Vattimo: «Per fargli male doveva sparare»  Il Giornale,  In questo senso Cfr, tra molti, La fine della modernità e Nichilismo ed emancipazione. Etica, politica e diritto, dello stesso Vattimo e Niilismo e (Pós-Modernidade) dell'italo-brasiliano Rossano Pecoraro, libro pubblicato a Rio de Janeiro e San Paolo.  Da Animali quarto mondo, in , I diritti degli animali, L. Battaglia e S. Castignone, Ed. Centro di Bioetica, Genova. Dichiarazione scritta sul riconoscimento dell'obiezione di coscienza alla sperimentazione animale nell'UE, su giannivattimo.it. Interrogazione scritta alla Commissione sul benessere degli animali, su giannivattimo.it. 4 agosto  15 maggio 2006).  Vattimo: accanimento sui gay, ma io non bacio in pubblico -- Corriere della Sera, su corriere.it.   «Il mio compagno voleva farla finita Ma morì in viaggio tra le mie braccia» Corriere della Sera, su corriere.it. Albo d'oro premio Brancati, su comune.zafferana-etnea.ct.it. Pensiero debole Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Gianni Vattimo Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Gianni Vattimo  Blog ufficiale, su giannivattimo.blogspot.com.  Gianni Vattimo, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana.  Opere di Gianni Vattimo, su openMLOL, Horizons Unlimited srl.  Gianni Vattimo, su europarl.europa.eu, Parlamento europeo.  Registrazioni di Gianni Vattimo, su RadioRadicale.it, Radio Radicale. Vattimo in Revista A parte rei, su personales.ya.com. Vattimo in una discussione sui fatti dell'11 settembre e sul Pensiero Unico (video),  su mito11settembre.it. Lezione di congedo dall'Torino di Gianni VattimoLa verità e l’evento: dal dialogo al conflitto, 14 ottobre 2008, su teologiaeliberazione.blogspot.com. Credere di credere. Genesi e significato di una conversione debole Giornale di filosofia della religione Gianni Vattimo. Un comunista postmoderno? (di Costanzo Preve) Gianni Vattimo sul  RAI Filosofia, su filosofia.rai.it. Rassegna in spagnolo di Ecce Comu in Isegoria.Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Vattimo," The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

Veca: Grice: “I like Veca. Like me, he speaks of altruisn, and he has contributed to a collective volume, “Cooperare e competere.”” Essential Italian philosopher. Salvatore Veca (Roma), filosofo.  Ha svolto un ruolo chiave nell'introduzione nel dibattito culturale italiano dell'approccio alla filosofia politica derivato dall'impostazione di John Rawls, divenendo un punto di riferimento filosofico della sinistra non marxista a partire dagli anni '70 e '80, sia come teorico che come militante. La sua formazione di tipo analitico (sensibile quindi alle metodologie e alle questioni della filosofia del linguaggio e della logica), insolita rispetto alla figura del teorico politico così come tradizionalmente concepito in Italia, ha permesso alla sua riflessione di spaziare anche negli ambiti dell'epistemologia e della metafisica, indagandone le connessioni con l'ambito della filosofia morale e politica.  Ha dato un impulso decisivo, nel dibattito filosofico italiano, a temi quali il realismo, il problema della completezza nelle teorie epistemiche e politiche, la giustizia globale e la sostenibilità, accogliendo suggestioni da parte del mondo anglo-sassone rielaborate con uno stile originale.   Salvatore Veca ha studiato Filosofia all'Milano, dove si è laureato nel 1966 con una tesi in Filosofia teoretica, condotta sotto la guida di Enzo Paci e Ludovico Geymonat. Dal 1966 al 1973, è stato assistente volontario, borsista CNR e assistente incaricato presso la cattedra di Filosofia teoretica dell'Milano. --  è stato professore incaricato di Filosofia politica presso la Facoltà di Lettere e filosofia dell'Università della Calabria. -- è stato professore incaricato di Storia delle istituzioni e delle strutture sociali presso la Facoltà di Lettere e filosofia dell'Bologna.  Dal 1978 al 1986 è stato professore incaricato, professore incaricato stabilizzato e professore associato di Filosofia politica presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Milano. -- è stato professore straordinario di Filosofia politica presso la Facoltà di Lettere e filosofia dell'Firenze.  Dal 1990 al 2006 è stato Professore di Filosofia politica presso la Facoltà di Scienze politiche dell'Pavia.  Dal 1996 al 1999 è stato vicepreside della Facoltà di Scienze politiche dell'Pavia. Dal 1999 al 2005 è stato preside della Facoltà di Scienze politiche dell'Pavia.  Dal 1998 al 2005 è stato membro del Comitato direttivo della Scuola Superiore IUSS di Pavia. Dal 2000 al  è stato rettore del Collegio Universitario Giasone del Maino di Pavia.  Dal 2001 al 2006 è stato direttore del Centro interdipartimentale di Studi e Ricerche in Filosofia sociale dell'Pavia. -- è stato prorettore per la didattica dell'Pavia.  Dal 2003 al 2006 è stato componente del Consiglio di amministrazione della Fondazione Romagnosi di Pavia e del Comitato scientifico dell’European Centre for Training and Research in Earthquake Engineering presso l'Pavia. Ha fatto parte del Consiglio d'amministrazione dell'Istituto italiano di scienze umane di Firenze. -- è stato vicedirettore dell'Istituto Universitario di Studi Superiori di Pavia. Dal 2005 al  è stato coordinatore dei corsi ordinari dell'Istituto Universitario di Studi Superiori di Pavia.  Dal  al  è prorettore vicario dell'Istituto Universitario di Studi Superiori di Pavia.  Dal 2006 al  è Professore di Filosofia politica presso l'Istituto Universitario di Studi Superiori di Pavia.  Conclusa la sua carriera accademica nel , Veca attualmente insegna Filosofia politica nelle Classi di Scienze umane e Scienze sociali dell'Istituto Universitario di Studi Superiori di Pavia.  Nella sua lunga carriera Veca ha tenuto seminari e cicli di lezioni all'Cambridge (Christ's College), a San Paolo, all'Campinas, a'Bogotà, all'Evora, alla Sorbonne, all'Grenoble, all'Istituto Universitario Europeo.  Carriera editoriale Salvatore Veca ha svolto un'intensa attività di consulenza e direzione editoriale.  Nel 1974 Veca ha assunto, grazie a un invito del prof. Giuseppe Del Bo, la direzione scientifica della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli di Milano. -- è stato presidente della Fondazione Feltrinelli, promuovendo lo sviluppo del suo Centro di Scienza politica. Direttore degli "Annali" della Fondazione, Veca ha impegnato l'istituzione in una ampia gamma di attività di ricerca, documentazione e pubblicazione nell'ambito della teoria politica e sociale contemporanea che perseguono lo scopo di coniugare la tradizione della ricerca storico-sociale con l'innovazione dei metodi e degli esiti della teoria normativa e descrittiva della politica. Ha coordinato le attività del Seminario annuale di Filosofia politica, promosso dalla Feltrinelli in collaborazione con il Centro Studi Politici "Paolo Farneti" di Torino e la Scuola Normale Superiore di Pisa. Nel 2000 avvia il progetto della “Biblioteca europea” della Fondazione Feltrinelli, di cui è attualmente direttore. Nel  è stato designato Presidente onorario della Fondazione Feltrinelli ed è direttore scientifico del suo Laboratorio Expo.  Veca è inoltre stato condirettore di Aut Aut con Enzo Paci e P.A. Rovatti dal 1971 al 1973. Ha diretto la collana Readings per l'Università della Casa editrice Feltrinelli, di cui è consulente per la saggistica nel campo della filosofia e della teoria politica e sociale. -- è stato consulente della saggistica de il Saggiatore, di cui ha diretto, con Marco Mondadori, la collana Theoria.  Fa parte o ha fatto parte del comitato scientifico o di direzione di riviste quali "Rassegna italiana di sociologia", "Teoria politica", "Biblioteca della libertà", "Transizione", "Etica degli affari", "Iride", "European Journal of Philosophy", "Filosofia e questioni pubbliche", "Reset", "Quaderni di Scienza politica", "Il Politico", "Rivista di filosofia", “Italianieuropei”. È attualmente direttore de “Il giornale di Socrate al caffè. Bimestrale di cultura e conversazione civile”.  Nel  è curatore scientifico della Carta di Milano per Expo .  Ruoli ed incarichi Fa parte del Comitato direttivo di "Politeia", Centro per la ricerca e la formazione in politica ed etica diMilano, di cui è stato uno dei fondatori. È stato componente del Comitato etico dell'IstitutoEuropeo di Oncologia di Milano e del Comitato etico dell'Istituto Mondino di Pavia. Ha fatto parte del Comitato scientifico della Fondazione Rosselli di Torino. -- è stato coordinatore del Comitato Scientifico della ARIF (Associazione per la ricerca e l'insegnamento della filosofia). Dal 1988 al 1992 e dal 2001 al 2005 ha fatto parte del Consiglio direttivo nazionale della Società Filosofica italiana. È stato componente del Consiglio nazionale presso il Ministero dei Beni culturali e ambientali.  --  è stato presidente dell'Associazione “I quattro cavalieri” che ha promosso le attività dell’ensemble cameristico “I solisti di Pavia”, diretto dal maestro Enrico Dindo.-- è componente del Comitato generale Premi della Fondazione Balzan “Premio” di Milano.  Dal 2006 è presidente della Fondazione Campus di Lucca. --  è stato direttore delle Scuole di formazione politica dell'Associazione “Libertà e giustizia”.  --  è stato presidente della Fondazione Paolo GrassiLa voce della culturadi Milano. Dal 2009 è Presidente del Comitato Generale Premi della Fondazione Balzan di Milano. -- è membro del Comitato dei Garanti della Scuola Galileiana di Studi Superiori di Padova.  Dal  è socio corrispondente residente della Classe di Scienze morali dell'Istituto lombardo di scienze e lettere. Dal  è consigliere della Fondazione del Centenario della BSI di Lugano. Dal  è membro del Comitato Scientifico della Fondazione Gualtiero Marchesi.  Dal  è Accademico corrispondente non residente della Classe di Scienze Morali dell'Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna. Dal  è designato dall'Pavia quale Garante dei diritti degli studenti. Dal  è presidente della Casa della Cultura di Milano.  Dal  è socio corrispondente non residente dell'Accademia delle Scienze di Torino.  Dal  è membro effettivo dell'Istituto Lombardo di Lettere e Scienze e componente del Comitato dei Garanti del FAI.  Premi Nel 1998 ha ricevuto il Premio Castiglioncellosezione di filosofiaper il libro Dell'incertezza e gli è stata conferita, con decreto del Presidente della Repubblica, la medaglia d'oro e il diploma di prima classe, riservati ai Benemeriti della Scienza e della Cultura. Ha ricevuto il premio dell'Accademia di Carrara per il libro La filosofia politica. Ha ricevuto il premio per la filosofia “Viaggio a Siracusa” per il libro La priorità del male e l'offerta filosofica.  Nel 2009 ha ricevuto il premio “Ponte per la cultura” della Fondazione Europea Guido Venosta per il libro Etica e verità. Nel  gli è stata conferita la medaglia d'oro di benemerenza civica dal Comune di Milano.  Pensiero Nel pensiero di Veca sono individuabili tre fasi distinte.  La prima fase della sua ricerca scientifica è stata dedicata a questioni di teoria della conoscenza o di epistemologia. Nel 1969 Veca ha pubblicato il volume Fondazione e modalità in Kant e numerosi articoli su problemi di filosofia della logica, della matematica e della fisica nel pensiero di Alfred North Whitehead, Gottlob Frege, Ernst Cassirer e Willard Van Orman Quine.  Il centro di interesse scientifico di Veca si sposta sulle teorie di Karl Marx in rapporto alle scienze economiche, sociali e politiche, delineando una seconda fase di ricerca i cui esiti sono formulati nel volume, Marx e la critica dell'economia politica e, soprattutto, nel Saggio sul programma scientifico di Marx. Si impegna in un programma di ricerca nell'ambito della filosofia politica influenzato dalla prospettiva della teoria normativa della politica. Dopo il libro, Le mosse della ragione, introduce nella cultura filosofica italiana la discussione sulle teorie della giustizia con il volume, La società giusta ed elabora e sviluppa la sua prospettiva teorica in Questioni di giustizia e Una filosofia pubblica. Nel 1988 Veca dedica un volume divulgativo agli esiti di questa fase della sua ricerca, L'altruismo e la morale, scritto con Francesco Alberoni.  Gli sviluppi successivi della sua ricerca, orientata al problema dei rapporti fra teoria normativa e teoria descrittiva della politica e incentrata sulla questione del pluralismo come fatto e come valore per la teoria democratica, sono rinvenibili nel saggio Libertà e eguaglianza. Una prospettiva filosofica in Progetto Ottantanove, scritto con Alberto Martinelli e Michele Salvati, nel libro Etica e politica e, in particolare, nei libri Cittadinanza. Riflessioni filosofiche sull'idea di emancipazione e Questioni di giustizia. Corso di filosofia politica.  Dal 1991 al 1996 Veca lavora alla stesura di tre meditazioni filosofiche intorno a questioni di verità, giustizia e identità, in cui estende la gamma dei suoi interessi teorici rispetto ai lavori degli anni Ottanta. Sviluppando una serie di idee originariamente presentate in Questioni di vita e conversazioni filosofiche, gli esiti di questa ricerca sono contenuti nel libro Dell'incertezza. Tre meditazioni filosofiche.  Pubblica, con Sebastiano Maffettone, l'antologia L'idea di giustizia da Platone a Rawls. Nel 1998 pubblica una raccolta di saggi di filosofia sociale e politica, Della lealtà civile. Saggi e messaggi nella bottiglia e un libro dedicato alla interpretazione e alla ricostruzione della teoria politica normativa di fine secolo, intitolato La filosofia politica.  Nel 2001 pubblica La penultima parola e altri enigmi. Questioni di filosofia, in cui sono approfonditi alcuni esiti di Dell'incertezza ed è affrontata, nella prima parte, la questione metateorica della relazione fra l'attività filosofica e la sua storia nel tempo. Nel 2002 pubblica La bellezza e gli oppressi. Dieci lezioni sull'idea di giustizia, in cui sono presentate alcune idee di base per una teoria della giustizia globale. Nel 2004 presenta la sua prospettiva filosofica in un libro divulgativo di dialoghi con sua nipote Camilla, Il giardino delle idee. Quattro passi nel mondo della filosofia.  Nel 2005 pubblica La priorità del male e l'offerta filosofica, in cui sviluppa e approfondisce le questioni di una teoria della giustizia globale e mette a fuoco, fra l'altro, le connessioni fra l'offerta di filosofia politica e le circostanze e i soggetti di politica.  Pubblica Le cose della vita. Congetture, conversazioni e lezioni personali, in cui estende l'esame delle questioni di vita, inteso come tentativo di autoritratto, e lo connette al problema dell'eredità intellettuale, nel senso della dimensione storica del sapere filosofico.  Nel 2009 pubblica Dizionario minimo. Per la convivenza democratica, in cui esamina e discute alcuni temi fondamentali per l'interpretazione e la valutazione della forma di vita democratica, sulla base di una tesi sulla natura della libertà democratica. Pubblica inoltre Etica e verità, in cui sono raccolti cinque saggi brevi incentrati sui rapporti fra la crescita dell'impresa scientifica e i nostri criteri di giudizio etico, e Quattro lezioni sull'idea di incompletezza, in cui presenta i primi risultati di una ricerca filosofica sull'idea di incompletezza, messa a fuoco in distinti domini di applicazione, quali quello della interpretazione, della giustificazione e della dimostrazione.  Nel  pubblica L'idea di incompletezza. Quattro lezioni, in cui espone gli esiti più maturi delle sue ricerche filosofiche sul paradigma dell'incompletezza, cercando di esplicitarne la coerenza e la connessione con il paradigma dell'incertezza. Nel  pubblica L'immaginazione filosofica e altri saggi, in cui sviluppa il tema dell'immaginazione filosofica a partire dalle tesi conclusive del contributo all'idea di incompletezza e sullo sfondo di una definizione delle principali linee della propria ricerca filosofica.  Nel  pubblica Un'idea di laicità, in cui propone un argomento a favore della laicità delle istituzioni e delle scelte sociali basato su un'interpretazione della natura della libertà democratica e del fatto del pluralismo.  Nel  pubblica il pamphlet intitolato Non c'è alternativa. Falso!, in cui mette a fuoco, in una prospettiva filosofica, alcuni aspetti rilevanti della crisi economica strutturale e dei rapporti fra capitalismo e democrazia rappresentativa.  Nel  pubblica La gran città del genere umano. Dieci conversazioni filosofiche, una raccolta di saggi su temi differenti accomunati dalla prospettiva globale “degli occhi del resto d'umanità”. Nel  pubblica La barca di Neurath. Sette saggi brevi, in cui affronta questioni epistemologiche, normative e metafilosofiche sullo sfondo del paradigma dell'incertezza e dell'incompletezza.  Nel  è curatore del volume degli Annali della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Laboratorio Expo. The Many Faces of Sustanaibility, che raccoglie gli esiti più significativi della ricerca di Laboratorio Expo.  Del  è Il senso della possibilità, dove Veca, raccogliendo intuizioni sviluppate in quegli anni nelle lezioni presso la Scuola Superiore IUSS di Pavia, espone il suo maturato interesse per la l'interpretazione filosofica delle modalità. In particolare, per Veca le questioni metafisiche delle modalità (specie il confronto tra mondo attuale e mondi possibili, esaminando le differenti posizioni di Kripke, Lewis, Armstrong) costituirebbero la chiave di volta filosofica a cui si riconducono le questioni normative ed ontologiche relative all'epistemologia, all'etica e alla politica esposte ne L'idea di incompletezza e Dell'incertezza. In particolare, la distinzione tra mondi possibili e realtà modale, che fornirebbe una fondazione analitica alla compatibilità tra costruttivismo e realismo filosofico, proposta in chiusura del volume, può considerarsi l'apertura di una nuova fase del pensiero di Veca, stavolta di stampo prettamente metafisico, e che si ricollega peraltro all'interesse per le modalità centrale nella sua opera prima.  Opere  Fondazione e modalità in Kant. Milano, Il Saggiatore, Marx e le critiche dell'economia. Milano, Il Saggiatore, Saggio sul programma scientifico di Marx. Milano, Il Saggiatore, Le mosse della ragione. Milano, Il Saggiatore, 1980; La società giusta. Argomenti per il contrattualismo. Milano, Il Saggiatore, Crisi della democrazia e neocontrattualismo (con Norberto Bobbio e Giuliano Pontara). Roma, Riuniti, 1984; Questioni di giustizia. Parma, Pratiche, Cooperare e competere. Milano, Feltrinelli, Una filosofia pubblica. Milano, Feltrinelli,  L'Altruismo e la morale (con Francesco Alberoni). Milano, Garzanti,  Etica e politica. Milano, Garzanti, Progetto Ottantanove (con Alberto Martinelli e Michele Salvati). Milano, Il Saggiatore,Cittadinanza. Riflessioni filosofiche sull'idea di emancipazione. Milano, Feltrinelli, Questioni di vita e conversazioni filosofiche. Milano, BUR, Biblioteca Universale Rizzoli, Questioni di giustizia. Corso di filosofia politica. Torino, Einaudi,  Europa Universitas. Tre saggi sull'impresa scientifica europea, (con Giulio Giorello e Tullio Regge). Milano, Feltrinelli, Filosofia, politica, società. Annali di etica pubblica, (con Sebastiano Maffettone). Roma, Donzelli,  L'Idea di giustizia da Platone a Rawls, (con Sebastiano Maffettone). Roma-Bari, Laterza, Dell'incertezza. Tre meditazioni filosofiche. Milano, Feltrinelli, La politica e l'amicizia (con Enrico Berti). Milano, Edizioni lavoro, Della lealtà civile. Saggi e messaggi nella bottiglia. Milano, Feltrinelli, La penultima parola e altri enigmi. Roma-Bari, Laterza, La filosofia politica. Roma-Bari, Laterza, La bellezza e gli oppressi. Dieci lezioni sull'idea di giustizia. Milano, Feltrinelli,  Il giardino delle idee. Quattro passi nel mondo della filosofia. Milano, Frassinelli, collana "I libri di Arnoldo Mosca Mondadori",  La priorità del male e l'offerta filosofica. Milano, Feltrinelli,  Le cose della vita. Congetture, conversazioni e lezioni personali. Milano, BUR, Biblioteca Universale Rizzoli, Dizionario minimo. Le parole della filosofia per una convivenza democratica. Milano, Frassinelli, Quattro lezioni sull'idea di incompletezza. Milano, La Scuola di Pitagora, Etica e verità. Saggi brevi. Milano, Giampiero Casagrande editore, collana "Attualità e studi", L'idea di incompletezza. Quattro lezioni. Milano, Feltrinelli,  Sarabanda. Oratorio in tre tempi per voce sola. Milano, Feltrinelli,  Kant. Milano, Book Time,  Tolleranza. Le virtù civili. Milano, ASMEPA,  L'immaginazione filosofica e altri saggi. Milano, Feltrinelli,    Un'idea di laicità. Bologna, il Mulino,  Ragione, giustizia, filosofia, scritti scelti di Salvatore Veca, Antonella Besussi e Anna E. Galeotti. Milano, Feltrinelli, Omnia Mutantur. La scoperta filosofica del pluralismo culturale (con Richard J. Bernstein e Mario Ricciardi). Milano, Marsilio, . Non c'è alternativa. Falso! Roma-Bari, Laterza, . La gran città del genere umano. Dieci conversazioni filosofiche. Milano, Mursia, . La barca di Neurath. Sette saggi brevi. Pisa, Scuola Normale Superiore, . Laboratorio Expo. The Many Faces of Sustanaibility. Milano, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, . Il giardino di Camilla. Milano, Mursia, . Responsabilità-Uguaglianza-Sostenibilità. Tre parole-chiave per interpretare il futuro (con Elena Pulcini e Enrico Giovannini). Bologna, Edizioni Dehoniane, . Il senso della possibilità. Sei lezioni. Milano, Feltrinelli, . Le virtù cardinali. Prudenza, temperanza, fortezza, giustizia(con Giulio Giorello e Remo Bodei). Roma, Laterza, . A proposito di Karl Marx. Milano, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, . Quasi un diario. Socrate al caffè. Milano, Casagrande, . Qualcosa di sinistra. Idee per una politica progressista. Milano, Feltrinelli, . Libertà. Roma, Treccani, . Introduzioni ad opere di altri autori Salvatore Veca ha curato, introdotto o suggerito l'edizione in lingua italiana delle opere dei seguenti autori:  John Rawls, filosofo statunitense Robert Nozick, filosofo statunitense Robert Alan Dahl, politologo statunitense David Easton, politologo canadese Thomas Nagel, filosofo statunitense Bernard Williams, filosofo britannico Derek Parfit, filosofo britannico Hilary Putnam, filosofo statunitense Michael Walzer, filosofo statunitense Isaiah Berlin, filosofo britannico Amartya Sen, economista indiano Nelson Goodman, filosofo statunitense Kenneth Arrow, economista statunitense Tom Regan, filosofo statunitense Jon Elster, sociologo norvegese John Passmore, filosofo australiano Giuliano Pontara, filosofo italiano John Dunn, politologo britannico Charles Larmore, filosofo statunitense Alasdair MacIntyre, filosofo scozzese John Harsanyi, economista ungherese Carl Gustav Hempel, matematico tedesco Bruno De Finetti, matematico italiano James Meade, economista britannico Ronald Dworkin, filosofo statunitense Robert Axelrod, politologo statunitense Barrington Moore, sociologo statunitense Stuart Hampshire, filosofo britannico Philip Pettit, filosofo statunitense Jonathan Spence, scrittore britannico  Scuola di Milano Altri progetti Collabora a Wikiquote Citazionio su Salvatore Veca  Salvatore Veca, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Salvatore Veca, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Salvatore Veca, . Modifica iu Wikidata Socrate al Caffè, su socrate.apnetwork.it. Salvatore Veca. Biografia. Pavia. Centro di filosofia sociale Salvatore Veca. Scritti Pavia. Centro di filosofia sociale Salvatore Veca: la teoria della giustizia  RAI Filosofia Presentazione del volume Ragione, Giustizia, Filosofia. Scritti in onore di Veca.

 

vecchio: essential Italian philosopher. Giorgio Del Vecchio  Nato1878 Bologna , Italia Morto1970 Genova , Italia EraLa filosofia del 20 ° secolo Regionefilosofia occidentale interessi principali Etica , filosofia del diritto , filosofia politica influenzato Norberto Bobbio. Giorgio Del Vecchio, eminente italiana filosofo del diritto del 20esimo secolo. Tra gli altri ha influenzato le teorie di Norberto Bobbio . Egli è famoso per il suo libro giustizia. Figlio di Giulio Salvatore, Giorgio Del Vecchio è stato professore di filosofia del diritto presso l'Ferrara, Sassari,, Messina, Bologna e Roma . E 'diventato Rettore dell'Università degli Studi di Roma. Ha inizialmente aderito al fascismo, come molti filosofi del diritto in Italia (anche se lui stesso rimosso dal l'ideologia fascista nella fase iniziale). Ha perso la sua cattedra per due volte e per ragioni opposte: per mano dei fascisti perché era un Ebreo per mano di antifascisti perché era accusato di simpatizzare con il fascismo all'inizio della sua carriera. Reintegrato nell'insegnamento durante la seconda guerra mondiale, ha lavorato con il Secolo d'Italia e la rivista Pages libero (pubblicazione regia di Vito Panucci). Insieme a Nino Tripodi, Gioacchino Volpe , Alberto Asquini, Roberto Cantalupo, Ernesto De Marzio e Emilio Betti, ha fatto parte del comitato organizzatore di INSPE, un Istituto di ricerca che negli anni Cinquanta e Sessanta si era opposto alla cultura marxista, la promozione di conferenze internazionali e pubblicazioni. E 'stato fondatore e direttore del giornale internazionale di Filosofia del Diritto .  E 'considerato tra i maggiori interpreti di italiano neo-kantismo. Giorgio Del Vecchio, come i suoi colleghi tedeschi, ha criticato il positivismo filosofico, affermando che il concetto di diritto non può essere derivata dall'osservazione dei fenomeni giuridici.  A questo proposito, le sue convinzioni concordarono con una vertenza che si stava svolgendo in Germania tra Filosofia, Sociologia e legale Teoria generale che sembrava di ridefinire il "filosofia del diritto" a cui Del Vecchio ha attribuito questi tre compiti:  compito logica : costruire il concetto di legge; compito fenomenologica : che consiste nello studio del diritto come fenomeno sociale; compito ontologica : che esamina la natura di giustizia o "l'essenza del diritto come dovrebbe essere." I libri di Del Vecchio sono usati come libri di riferimento e di testo in molte scuole e università.  Lavori Senso giuridico, La filosofico Presupposti del concetto di legge, Il concetto di legge, Il concetto di natura e il principio di diritto, Sui principi generali della legge, Giurisprudenza,  Lezioni Filosofia del diritto, La crisi della scienza del diritto, Storia della Filosofia del diritto, Mutevolezza ed Eternità della legge, Gli studi sul diritto. Del Vecchio, Giorgiotreccani.it "Principi generali del diritto.” Vechio: essential Italian philosopher. Grice: “Note that it is DelVecchio.”

 

vedovelli: Essentail Italian philosopher. Massimo Vedovelli (Roma), filosofo. È stato Rettore dell'Università per stranieri di Siena; dal  al  è stato assessore alla cultura del Comune di Siena. Laureato in filosofia del linguaggio presso l'Università La Sapienza di Roma è Professore di Linguistica educativa e di Semiotica presso la Facoltà di Lingua e cultura italiana dell'Università per stranieri di Siena, dove ha assunto la carica di Rettore. Precedentemente ha svolto attività di ricerca e di docenza presso l'Heidelberg, l'Università della Calabria, l'Università La Sapienza di Roma, l'Università degli studi di Pavia.  I suoi settori di ricerca si muovono nell'ambito della glottodidattica, della semiotica, della sociolinguistica e della linguistica acquisizionale. Ha introdotto in Italia il concetto di lingua immigrata. In generale, le sue ricerche si concentrano sull'insegnamento e apprendimento delle lingue in contesto migratorio.  È autore di un commento al Quadro comune europeo di riferimento per l'insegnamento delle lingue e coautore della ricerca Italiano, indagine motivazionale sui pubblici dell'italiano all'estero, realizzata  sotto la guida di Tullio De Mauro. È stato il fondatore e primo direttore della CILSCertificazione di Italiano come Lingua Straniera, e del Centro di Eccellenza della Ricerca Osservatorio linguistico dell'italiano diffuso fra stranieri e delle lingue immigrate in Italia, istituiti presso l'Università per stranieri di Siena.  Opere principali: LIP. Lessico di frequenza dell'italiano parlato, con Tullio De Mauro, Miriam Voghera, Federico Mancini, Milano, IBMEtas,  Italiano, I pubblici e le motivazioni dell'italiano diffuso tra stranieri, con Tullio De Mauro, Monica Barni e Lorenzo Miraglia, Roma, Bulzoni, Guida all'italiano per stranieri. La prospettiva del Quadro comune europeo per le lingue, Roma, Carocci,  L'italiano degli stranieri, Roma, Carocci, Lingua in giallo. Analfabeti, criminali, sordomuti, certificazioni di lingua straniera, Perugia, Guerra, Storia linguistica dell'emigrazione italiana nel mondo, (curatela), Roma, Carocci, .  Università per stranieri di Siena Certificazione CILS Linguistica educativa Glottodidattica Semiotica  Registrazioni di Massimo Vedovelli, su RadioRadicale.it, Radio Radicale.  Massimo Vedovelli.

 

vegetti: essential Italian philosopher. Mario Vegetti (Milano ) filosofo. Professore di Storia della filosofia antica a Pavia. Si laureò con una tesi sulla storiografia di Tucidide a Pavia, quale alunno del Collegio Ghislieri. Libero docente e successivamente professore incaricato in Storia della filosofia antica, fu Professore di questa disciplina a Pavia dove ricoprì più volte il ruolo di direttore nel Dipartimento di Filosofia della stessa università.  Fu docente presso la Scuola Superiore IUSS di Pavia e la Scuola Europea di Studi Avanzati dell'Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli.  Fu membro del Collegium Politicum internazionale e socio dell'Accademia di Scienze Morali e Politiche di Napoli, e dell'Istituto Lombardo Accademia di Scienze e Lettere.  Vegetti condivise per molti anni il lavoro intellettuale e l'impegno sociale con la moglie Silvia Finzi,  laureata in pedagogia e specializzata in psicologia clinica, psicoterapeuta per i problemi dell'infanzia, della famiglia e della scuola.  Morì nella sua casa milanese l'11 marzo , a soli quattro giorni di distanza dalla morte dell'amico e collega Diego Lanza.  Pensiero Mario Vegetti si dedicò alla storia del pensiero scientifico greco mettendo in evidenza le relazioni della scienza antica con la filosofia secondo l'insegnamento del suo maestro Ludovico Geymonat. In particolare pubblicò studi sulla medicina e sulla biologia da Ippocrate a Galeno.  Fu il primo in Italia a impartire un corso di storia della filosofia antica che prendesse in considerazione i riferimenti alla storia della scienza antica, particolarmente in ambito greco. Nella ricerca di tale profonda connessione storica fra scienze e filosofia, seguì la metodologia del suo Maestro Geymonat.  Il campo d'indagine approfondito da Vegetti consistette essenzialmente nello studio degli aspetti etici e politici della filosofia antica, in particolare del pensiero platonico, aristotelico e stoico, in rapporto con l'ambito sociale ed ideologico della cultura greco-romana.  Relativamente all'etica antica, che assimilava l'ordine stabilito dalla legge morale e politica con l'ordine naturale insito nel kósmos, l'universo ordinato, Vegetti ritenne che si configurasse per la prima volta nell'Iliade omerica proseguendo poi nella riflessione orfica-pitagorica sull'anima.  Opere Apprezzato in ambito internazionale per i suoi studi su Platone, Aristotele, Ippocrate, Galeno  e sull'etica antica ha pubblicato le seguenti opere:  Il coltello e lo stilo, Il Saggiatore, Milano, Tra Edipo e Euclide, Il Saggiatore, Milano, 1983. L'etica degli antichi, Laterza, Roma-Bari, La medicina in Platone, Il Cardo, Venezia,  La Repubblica, di Platone; traduzione e commento Mario Vegetti, Napoli, Bibliopolis, Quindici lezioni su Platone, ed. Einaudi, Platone. Repubblica. Libro 11°. Lettera XIV. Socrate incontra Marx. Lo Straniero di Treviri, ed. Guida, 2004. Guida alla lettura della Repubblica di Platone, Laterza, Roma-Bari, Un paradigma in cielo. Platone politico da Aristotele al Novecento, ed. Carocci. Ha collaborato nelle seguenti opere:  Marxismo e società antica, Feltrinelli, Milano. Oralità, scrittura, spettacolo, Boringhieri, Torino,  Il sapere degli antichi, Boringhieri, Torino, L'esperienza religiosa antica, Boringhieri, Torino (con Gabriele Giannantoni) La scienza ellenistica, Bibliopolis, Napoli, 1984. (con P. Manuli) Le opere psicologiche di Galeno, Bibliopolis, Napoli, 1988. Nuove antichità, "Aut Aut", 184-5, 1981. "Dialoghi con gli antichi", Sankt Augustio. Ha tradotto  Ippocrate, Opere, M. Vegetti, UTET, Torino, II edizione, Aristotele, Opere biologiche, D. Lanza e M. Vegetti, UTET, Torino, II edizione, Galeno, Opere, I. Garofalo e M. Vegetti, UTET, Torino, Platone, Repubblica, M. Vegetti, Libri I-III, Dipartimento di Filosofia dell'Pavia, 2 voll. "Platone, Repubblica", M.Vegetti, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, Milano, 2007. Ha scritto vari saggi tra cui:  Nell'ombra di Theuth. Dinamiche della scrittura in Platone, in Sapere e scrittura in Grecia, M. Detienne, Laterza, Roma- Bari, Tra il sapere e la pratica: la medicina ellenistica in Storia del sapere medico occidentale M. Grmek, Laterza, Roma-Bari.  L' idea del bene nella Repubblica di Platone, in "Discipline filosofiche", I, 1993. Passioni antiche: l'io collerico, in Storia delle passioni S. Vegetti Finzi, Laterza, Roma- Bari, 1995. Con Franco Alessio, Fulvio Papi e Renato Fabietti, ha curato inoltre, per Zanichelli, il manuale di filosofia Filosofie e società, destinato ai licei.  Biografia su Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche, su emsf.rai.it.  Mario Vegetti, Silvia Vegetti Finzi, Anna Lia Celli, Fare società, ed. Einaudi  Entrambi collaboratori della rivista Iride delle edizioni del Mulino. Biografia su Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche, su emsf.rai.it. 6 maggio  5 marzo 2007).  Morto Mario Vegetti, filosofo studioso di Platone, su corriere.it.  G. Curci, Intervista alla prof.ssa Gastaldi, in ricordo del maestro Vegetti, su necrologie.laprovinciapavese.gelocal.it. Enciclopedia Treccani alla voce "Galeno" Intervista Antonio Carioti, "Critico il Platone di Reale, il marxismo non c'entra", intervista di Mario Vegetti, Corriere della Sera, Opere su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Mario Vegetti, .  Pubblicazioni su Persée, Ministère de l'Enseignement supérieur, de la Recherche et de l'Innovation.  Registrazioni su RadioRadicale.it, Radio Radicale. L'etica e la filosofia antica, su emsf.rai.it. La retorica e la persuasione, su emsf.rai.it. La medicina greca. Aristotele. I pitagorici. Socrate., su emsf.rai.it. L'etica in Platone e Aristotele, su emsf.rai.it. Mario Vegetti: il primato del filosofo per Aristotele, sul  RAI filosofia, su filosofia.rai.it.

 

venanzio: Essentail Italian philosopher. Girolamo Venanzio, filosofo. Luigi Carrer. Pietose esequie per lui si celebrarono nella Basilica di San Marco, e il dolore apparve su tutti i volti, qual era in tutti i cuori, solenne e profondo; ed il Municipio di Venezia gli decretò sepoltura propria ed iscrizione monumentale nel comunale cimiterio. Così quella feconda vita innanzi tempo si spense e la gloria dell'estinto ormai più non dura che nella memoria delle sue virtù e nella splendida bellezza delle sue opere. Sventura acerbissima! che privò la patria di un cospicuo decoro e tolse alla italiana letteratura di cogliere il pieno frutto dei nobili studj di un tanto scrittore, ed a questo di godere più a lungo, dopo i sofferti infortunj, il meritato riposo e e ben conseguite ricompense. (dal Comentario della vita e delle opere di Luigi Carrer, in Luigi Carrer, Poesie, Le Monnier, Firenze, 1854)  Indice 1Sulla eccellenza dei prosatori del secolo XVII 1.1Incipit 1.2 Citazioni 2 Sulla eccellenza dei prosatori del secolo XVII Incipit Chhiunque alle prime origini ed alle rarie vicende della italiana letteratura volga la mente, scorgerà dì leggieri, che ogni epoca di essa è renduta dalle altre singolare da pregi non solo segnalati in se stessi, ma eziandio ai progressi della letteratura medesima in partìcolar modo accomodati; cosicché, mentre le altre nazioni la maggior loro gloria in un solo secolo ripongono, la nostra può a giusto diritto di molti egualmente vantarsi. Amore ardentissimo di patria, zelo di libertà e quel senso squisito del bello che alla prima aurora della civiltà corse a risvegliare gli animi per lungo sonno inoperosi, mossero i nostri padri del trecento a fondare la lingua e la letteratura italiana; e tanta fu la fiamma allora accesa nei petti sdegnosi dell'antica barbarie, che sursero ad un tratto quei miracoli di sapere e d'ingegno, Dante, Petrarca, e Boccaccio ; ai quali tenne dietro la onorata comitiva dei Villani, dei Cavalca, dei Passavanti, dei Compagni, e di parecchi illustri Volgarizzatori, dalle cui scritture la purissima vena discorre dell'italiano favellare.  Citazioni E nella eccelsa carriera, dappertutto, ed alla testa di tutti si mostra il Galileo; spirito che più che a decoro della sua patria e del suo secolo parve nato a lume ed a stupore dell'universo. Ch'egli pensò e previdde come Bacone, ma con alacrità inoltrossi pel sentiero che quegli aveva soltanto additato; dubitò come Cartesio, ma alle opinioni rivocate in dubbio non sostituì come quello vane chimere e sognate ipotesi; osservò e scoprì come Newton ; ma la progressione dei tempi riservò al filosofo inglese il vanto di dare il suo nome al grande sistema per cui l'italiano aveva in gran parte approntato i materiali. Imperciocchè dopo avere in terra stabilite le leggi della caduta dei gravi, delle velocità, delle resistenze, delle percosse, e dopo aver per così dire valutati i corpi in numero, peso e misura, colla pupilla armata del telescopio da lui forse inventato e certamente perfezionato speculò arditamente nel cielo, ed ivi con invitta forza stabilì l'impero del sole ed il nostro mondo gli rese soggetto, vide valli e monti nella luna, vide di nuove stelle risplendere il firmamento, e Giove che prima per solitaria via moveva deserto fornì d'astri seguaci, ed il vaghissimo volto di Venere a seconda dei tempi e delle vicende fece che in vari aspetti ai cupid'occhi si mostrasse: felice! chè le opere ed i trovati mostrarono quanto in lui vi fosse di divino, le sole sventure quanto di mortale. Il Dizionario della Crusca è il solo da cui e precettori e discepoli trar possano norme e soccorsi, serbiamo con ogni cura intatta la fede e la dignità di questo libro reverendo; e non feriamone l'autorità coll'arme del ridicolo. Gli alti pensieri, lo stile acconcio e severo e le scelte ed accresciute parole costituiscono le qualità distintive delle prose dei buoni scrittori del seicento; per le quali la lingua italiana giunse in quel secolo ad un vigore e ad un nerbo, che fra le splendide pompe e le floride eleganze del secolo antecedente non aveva forse saputo acquistare. (p. 349) A niuno inferiore e superiore a molti è Francesco Redi, e sia che il proprio animo manifesti nella epistolare corrispondenza, sia che della inferma salute de' suoi ammalati discorra, sia ch'espenga le sue gravissime osservazioni alla istoria naturale pertinenti, sia che si applichi ad illustrare la patria favella ed a risolverne le più sottili questioni, dagli altri di lunga mano si distingue per la spontanea leggiadria con cui le scritture condisce senza renderle affettate o leziose, per le grazie ingenue e festive di cui le sparge, pel patrimonio prezioso di schiette e adequate parole di cui le arricchisce, esoprattutto per certi ritorcimenti e per certe giudiziose piegature con cui nuovi significati e vaghezza nuova alle voci radicali sa dare.  Girolamo Venanzio, Sulla eccellenza dei prosatori del secolo XVII, in Memorie scientifiche e letterarie dell'Ateneo di Treviso, Tipografia Francesco Andreola, Treviso

 

Venezia: Grice: “It’s here we should place Paolo Veneto after all we place Ockham in Ockham, and Veneto is more than Venezia, ‘oggi.’”


ventura: Essential Italian philosopher. Grice: “Italian philosophers can be fun: there’s ventura, and there’s Bonaventura, who was actually fidanza, i.e. fidence, as in confidence.”
Gioacchino Ventura, (dei baroni) di Raulica (Palermo), filosofo. Noto  per il suo sostegno alla causa della Rivoluzione siciliana. Figlio di Paolo Ventura, barone di Raulica, avvocato e consigliere della Suprema Corte di Giustizia del Regno di Sicilia e di Caterina Platinelli, Gioacchino Ventura fu avviato agli studi presso il Collegio Massimo dei Gesuiti di Palermo, sua città natale. Dopo l'iniziale adesione alla Compagnia di Gesù nel 1808, quando l'organizzazione gesuita fu soppressa in Sicilia nel 1817, Ventura aderì ai teatini. Ordinato sacerdote, si distinse come apologeta, scrittore e predicatore, soprattutto grazie alla sua "Orazione funebre di Pio VII. La sua carriera da filosofo iniziò come esponente della corrente controrivoluzionaria resa nota da autori come Félicité de Lamennais, Joseph de Maistre e Louis de Bonald.   Monumento memoriale a Gioacchino Ventura, Basilica di Sant'Andrea della Valle, Roma. Da Papa Leone XII fu nominato docente di diritto canonico all'Università "La Sapienza", e nel 1830 fu eletto Superiore Generale dei Teatini. Dopo questo incarico, Ventura intraprese l'attività di predicatore a Roma. La sua eloquenza, sebbene a volte esagerata e prolissa, era veemente e diretta ed ottenne grande fama. A Parigi, nonostante una conoscenza non perfetta della lingua francese, Ventura riuscì quasi a rivaleggiare con il celebre predicatore domenicano Jean-Baptiste Henri Lacordaire.  Con l'elezione di Papa Pio IX al soglio pontificio, Gioacchino Ventura acquisì un ruolo politicamente prominente. Nel 1848, anno dei grandi moti europei, egli sostenne la legittimità storica e giuridica della rivoluzione siciliana, auspicando la rifondazione del Regno di Sicilia indipendente all'interno di una confederazione italiana di Stati sovrani, e viene nominato ministro plenipotenziario e rappresentante del governo siciliano a Roma.  Nel frattempo la sua posizione a Roma divenne delicata per via della proclamazione della Repubblica Romana (1849) e dell'esilio di Pio IX. Ventura rifiutò l'offerta di un seggio all'Assemblea Costituente, maoltre ad invocare la separazione tra potere temporale e spiritualericonobbe la Repubblica Romana a nome del governo rivoluzionario di Palermo. Dopo la resa della Repubblica, si trasferì in Francia, dove morì a Versailles. Opere: La scuola de' miracoli: ovvero, Omilie sopra le principali opere della potenza e della grazia di Gesù Cristo, figliuolo di Dio e Salvatore del mondo Il tesoro nascosto: ovvero, Omilie sopra la passione del Nostro Signor Gesù Cristo La Madre di Dio, madre degli uomini: ovvero, Spiegazione del mistero della SS. Vergine a piè della croce Le bellezze della fede ne' misteri dell' Epifania: ovvero, La felicità di credere in Gesù Cristo e di appartenere alla vera chiesa I disegni della divina misericordia sopra le Americhe: panegirico in onore del beato Martino de Porres, terziario professo dell'ordine de'  predicatori Il potere politico cristiano: discorsi pronunciati lnella cappella imperiale delle Tuileries Saggio sul potere pubblico, o Esposizione delle leggi naturali dell'ordine sociale Dello spirito della rivoluzione e dei mezzi di farla terminare La ragione filosofica e la ragione cattolica: ragionamenti predicati a Parigi nell'anno. La tradizione e i semi-pelagiani della filosofia: ossia, Il semi-razionalismo svelato Saggio sull'origine delle idee e sul fondamento della certezza Della vera e della falsa filosofia Nuove omelie sulle donne del Vangelo Corso di filosofia cristiana: ossia, Restaurazione cristiana della filosofia Sopra una Camera di Pari nello stato pontificio: opinione La Questione Sicula sciolta nel vero interesse della Sicilia, Napoli e dell'Italia Memoria pel riconoscimento della Sicilia come stato sovrano ed indipendente Menzogne diplomatiche, ovvero esame dei pretesi diritti che s'invocano del gabinetto di Napoli nella Questione Sicula Discorso funebre pei morti di Vienna la religione e la libertà Raccolta di elogi funebri e lettere necrologiche   Gioacchino Ventura e il pensiero politico d'ispirazione cristiana dell'Ottocento. Atti del seminario internazionale, Erice, E. Guccione, Firenze. Andreu F.Gioacchino Ventura: Saggio Biografico, "Regnum Dei", Bergamaschi G., Padre Gioacchino Ventura: fra tradizionalismo e neotomismo, Milano, Cremona Casoli G., Un illustre siciliano: il padre Gioacchino Ventura da Raulica, in "Rassegna Storica del Risorgimento", Cultrera P., Della vita e delle opere del Rev. P.Gioacchino Ventura: ex generale dell'ordine dei Teatini, Palermo, 1877 Giurintano C., Aspetti del pensiero politico di Gioacchino Ventura nel "De jure publico ecclesiastico" in :  Studi in memoria di Gaetano Falzone, a cura del Comitato di Palermo dell'Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, Palermo, Guccione E., Cattolici e democrazia. Ventura, Murri, Sturzo e le critiche di Gobetti, Palermo-Sao-Paulo, Ila-Palma, Guccione E., Gioacchino Ventura alle radici della democrazia cristiana, Palermo, Guccione E., The Concept of "Revolution" in the Thought of Gioacchino Ventura, in  Selected Papers, Consortium on Revolutionary Europe 1750-1850, Florida State University, Guccione E., Un omaggio clandestino di Ventura a Lamennais, in  "Nuova Antologia", luglio-settembre, Pastori P., Gioacchino Ventura da Raulica e la rivoluzione napoletana in "Rassegna Siciliana di Storia e Cultura", Sergio Romano, La vita e il pensiero politico di padre Gioacchino Ventura, in Revue belge de philologie et d'histoire, Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Gioacchino Ventura, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana.  Opere di Gioacchino Ventura, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Gioacchino Ventura, . Gioacchino Ventura, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company.  Biografia sul sito della Regione Siciliana. Martinucci P., Padre Gioacchino Ventura di Raulica,  Istituto Storico dell’Insorgenza e per l’Identità Nazionale. Paolo Martinucci, Gioacchino Ventura di Raulica in Cristianità

 

vera: Essentail Italian philosopher. Senatore del Regno d'Italia LegislatureXIII Dati generali Professionefilosofo Augusto Vera (Amelia) filosofo. Fu senatore del Regno d'Italia nella XIII legislatura. Compì i suoi studi alla Sapienza di Roma, terminandoli alla Sorbona di Parigi. Mostrò subito un immenso talento per l'insegnamento, caratterizzato da lucidità di esposizione e genuino spirito filosofico, reggendo dal 1839 al 1850 svariate cattedre in città importanti della Francia e della Svizzera.  Il colpo di Stato di Napoleone III lo costrinse nel 1851 a rifugiarsi in Inghilterra a causa delle sue idee eterodosse. Qui intraprese la stesura in francese dell'Introduzione alla filosofia di Hegel.  Tornò in Italia nel 1859, riuscendo a diventare il più geniale e originale comunicatore del pensiero hegeliano. insegnando storia della filosofia dapprima all'Accademia scientifico-letteraria di Milano, e poi dal 1861, su invito di Francesco De Sanctis, all'Napoli. In Italia continuò a intrattenere scambi fecondi con la Società Filosofica di Berlino e con gli ambienti hegeliani tedeschi e francesi. Dal 1883 divenne socio nazionale dell'Accademia dei Lincei.  Fu suo fedelissimo allievo Raffaele Mariano.  Pensiero Fu durante i suoi studi con Victor Cousin a Parigi che Vera arrivò a conoscere la filosofia, risentendo fortemente dell'hegelismo allora in voga, di cui diventerà in Italia promotore indiscusso.  Si deve infatti ad Augusto Vera il risveglio in Italia dell'interesse per la filosofia idealista tedesca ed hegeliana in particolare, anche se egli godette di maggior fortuna all'estero, mentre ebbe un influsso molto minore in patria rispetto a quello esercitato ad esempio dai lavori di Bertrando Spaventa. A differenza di quest'ultimo, infatti, che reinterpretò il pensiero di Hegel in chiave critica, Vera si mantenne sostanzialmente fedele al dettato ortodosso della dottrina hegeliana.  Nelle sue opere, che esaltano la capacità di Hegel nel collegare ogni aspetto della realtà in un sistema organico, prevale l'attenzione per il problema religioso: Vera interpreta l'Idea logica hegeliana in senso trascendente, come il Dio della tradizione cattolica, venendo per questo accostato in certa misura alla Destra Hegeliana in Germania, sebbene una tale lettura possa apparire una forzatura.  Centrale è il primato dell'Idea, che si articola nella storia come organismo spirituale, e per attingere la quale occorre trascendere la natura. L'Idea esiste bensì anche nelle piante e negli animali, ma in maniera incosciente; solo nell'essere umano essa giunge a pensarsi come idea, divenendo in tal modo storia, e rendendo possibile anche il progresso delle entità collettive di individui che sussistono come nazione.  «Finché una nazione vive nella sfera del suo essere sensibile e animale, essa non si muove; essa ripete ogni giorno la stessa vita e gli stessi eventi; essa prova sempre gli stessi bisogni. Che se non fosse possibile trascendere questa sfera, la storia stessa non sarebbe possibile. Queste poche considerazioni ci spingono adunque a riconoscere con più pieno convincimento che solo l'Idea o l'Assoluto è il motore delle nazioni e dell'umanità, ovvero il principio determinante della storia.»  (Augusto Vera, da Introduzione alla filosofia della storia, cap. VII, pag. 325, Le Monnier, Firenze, 1869 ) In Francia, la sua Introduzione alla filosofia di Hegel ha influenzato, in particolare, Gustave Flaubert nella stesura di Bouvard e Pécuchet.  In Italia invece è stato determinante per aver stimolato, insieme a Bertrando Spaventa, la nascita dell'idealismo italiano di Benedetto Croce e Giovanni Gentile.  Opere La sua opera filosofica più famosa in italiano è Il problema dell'Assoluto. Si dedicò anche a tematiche giuridiche e politiche su Cavour con Libera Chiesa in libero Stato, in cui attribuiva il ritardo del processo di rinnovamento liberale in Italia alla mancanza, durante il suo Rinascimento, di una Riforma luterana come quella d'oltralpe.  Tesi in latino Platonis, Aristotelis et Hegelii: de medio termino doctrina. Quaestio philosophica, Parigi 1845 Opere in francese Problème de la certitude, tesi presentata alla Faculté des Lettres, Parigi 1845 Introduction a la philosophie de Hegel, Parigi-Londra, L'hégélianisme et la philosophie, Parigi 1861 Mélanges philosophiques, Parigi Essais de philosophie hégélienne: La peine de mort. Amour et philosophie. Introduction à la philosophie de l'histoire, Parigi, Éd. Germer Baillière, coll. «Bibliothèque de philosophie contemporaine», 1864 Introduction a la philosophie de Hegel, Parigi 1864 Cavour et l'Église libre dans l'État libre, Napoli-Parigi. Traduzioni in francese Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Logique, Parigi, Hegel, Philosophie de la Nature, Parigi, Hegel, Philosophie de l'Esprit, Parigi 1869 David Friedrich Strauß, L'ancienne et la nouvelle foi, Napoli, Hegel, Philosophie de la religion, Parigi. Opere in italiano: Amore e filosofia: orazione inaugurale detta dal professore Augusto Vera nel solenne riaprimento dell'Accademia, Milano. La pena di morte, Parigi-Napoli, Prolusioni alla storia della filosofia e alla filosofia della storia, Parigi-Napoli, Ricerche sulla scienza speculativa e sperimentale a proposito delle dottrine del Calderwood e del prof. Ferrier, Parigi-Napoli 1864 Introduzione alla filosofia della storia: lezioni, Firenze 1869 Il Cavour e libera Chiesa in libero Stato, Napoli 1871 Problema dell'assoluto, Napoli 1872 Platone e l'immortalità dell'anima, Napoli.  Saggi filosofici, Napoli. Opere in inglese An inquiry into speculative and experimental science, with special reference to mr. Calderwood, Londra, Introduction to Speculative Logic and Philosophy, St Louis.  Cavaliere dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaronastrino per uniforme ordinariaCavaliere dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro Note  Delio Cantimori, Augusto Vera su Enciclopedia Italiana. Vera, su treccani.it.  La Civiltà cattolica, Firenze, libraio Luigi Manuelli, 1881.  L'hegeliano tedesco Teodoro Sträter osservò in proposito che Augusto Vera «sembra la degna riproduzione italo-francese di quel tipo a cui in Germania usiamo dare il nome di vecchi hegeliani o anche di ortodossi di stretta osservanza» (cit. in Giuseppe Tortora, Le filosofie italiane dell'Ottocento, cap. 7 de "Le filosofie contemporanee", Università degli Studi Federico II di Napoli).  La rinascita hegeliana a Napoli, su eleaml.altervista.org.  Lezioni di A. Vera, raccolte e pubblicate con l'approvazione dell'autore da Raffaele Mariano, cLe Monnier, Firenze, 1869.  Revue Flaubert, n° 7, 2007.  L'escatologia pitagorica nella tradizione occidentale, su ritosimbolico.net.  Girolamo Cotroneo, Filosofia e storiografia, pag. 409, Rubbettino Editore,  Karl Rosenkranz, Hegel's Naturphilosophie und die Bearbeitung derselben durch den italienischen Philosophen Augusto Vera, Berlino 1868 Raffaele Mariano, Introduzione alla filosofia della storia. Lezioni di A. Vera raccolte e pubblicate con l'approvazione dell'autore da Raffaele Mariano, Firenze, Le Monnier, 1869 Giovanni Gentile, Augusto Vera e l'ortodossismo hegeliano, in Le origini della filosofia contemporanea in Italia,  Messina, Delio Cantimori, «VERA, Augusto», in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani, 1937 Armando Plebe, Spaventa e Vera, Torino, Edizioni di Filosofia, Guido Oldrini, Gli hegeliani di Napoli. Augusto Vera e la corrente ortodossa, Milano, Feltrinelli, 1964 Teresa Cricelli, Augusto Vera e la filosofia hegeliana, IlTesto,   Augusto Vera, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Vera, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Vera, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere diVera /Vera (altra versione), . Vera, su Senatori d'Italia, Senato della Repubblica.  Vita e opere di Augusto Vera, su paolomalerba.it. Introduzione alla filosofia della storia. Lezioni di A. Vera raccolte e pubblicate con l'approvazione dell'autore da Raffaele Mariano, Firenze Le Monnier  in Google Libri

 

vercellone: essentail Italian philosopher, Federico Vercellone (Torino), filosofo. La ricerca filosofica di Vercellone si svolge inizialmente intorno ai temi dell'ermeneutica dell'antico nel primo Romanticismo tedesco, dell'ermeneutica filologica e dell'idea del classico[non chiaro] nella cultura romantica tedesca. Negli anni successivi, Vercellone orienta i propri studi sulle tematiche dell'ermeneutica otto-novecentesca e del nichilismo (del 1992 è la sua Introduzione al nichilismo, edito da Laterza e tradotto in tedesco da Fink). Continuando a muoversi intorno al rapporto tra estetica ed ermeneutica, il suo percorso filosofico verterà in seguito su ambiti decisivi della riflessione contemporanea:  il rapporto tra temporalità storica e coscienza estetica, la questione della "morte dell'arte" e della dispersione dell'estetico; il problema della Bellezza nel XX secolo (oggetto del volume Oltre la bellezza, Premio Castiglioncello 2009); l'eredità della morfologia filosofica e le teorie dell'immagine. Soprattutto quest'ultima linea occupa le sue ricerche più recenti, orientate sull'idea di un possibile radicamento estetico del nostro tempo.  Vercellone è Professore di Estetica presso l'Torino dal 2008 e direttore del CIM | Centro Interuniversitario di Ricerca sulla Morfologia (dal 2005 al  CIRM | Centro Interdipartimentale di Ricerca sulla Morfologia dell'Udine) dal .  È stato Presidente dell’AISE (Associazione Italiana degli Studiosi di Estetica) a partire dal 2008 sino al  e Vice-Presidente della SIE (Società Italiana di Estetica) fino al . Collabora con La Stampa.  Saggi Identità dell'antico: l'idea del classico nella cultura tedesca del primo Ottocento, Torino, Rosenberg & Sellier, Apparenza e interpretazione, Milano, Guerini e Associati 1989. Pervasività dell’arte. Ermeneutica ed estetizzazione del mondo della vita, Milano, Guerini e Associati,  Introduzione al nichilismo (1992), Roma-Bari, Laterza, Trad. tedesca: Einführung zum Nihilismus, München, Fink, Nature del tempo. Novalis e la forma poetica del romanticismo tedesco, Milano, Guerini e Associati, Estetica dell’Ottocento, Bologna, Il Mulino, Trad. portoghese: A estética do século XIX, Lisboa, Editorial Estampa, Trad. spagnola: Estetica del siglo XIX, Madrid, Machado, Storia dell’estetica moderna e contemporanea, con A. Bertinetto e G. Garelli, Bologna, Il Mulino, Morfologie del Moderno, Genova, Il Melangolo 2006. Lineamenti di storia dell’estetica. La filosofia dell’arte da Kant al XXI secolo, con A. Bertinetto e G. Garelli, Bologna, Il Mulino 2008. Oltre la bellezza, Bologna, Il Mulino, trad. spagnola: Más allá de la belleza, Madrid, Biblioteca Nueva . Trad. inglese: Beyond Beauty, New York, SUNY Press . Pensare per immagini. Tra scienza e arte, con O. Breidbach, Milano, Bruno Mondadori, Nuova ed. tedesca: Anschauung Denken. Zum Ansatz einer Morphologie des Unmittelbaren, München, Fink . Trad. inglese: Thinking and Imagination: Between Science and Art, Aurora, Davies Group . Le ragioni della forma, Milano-Udine, Mimesis . Dopo la morte dell'arte, Bologna, Il Mulino . Il futuro dell'immagine, Bologna, Il Mulino . Simboli della fine, Bologna, Il Mulino .  A. Bertinetto, G. Garelli , Morte dell'arte e rinascita dell'immagine. Saggi in onore di Federico Vercellone, Roma, Aracne . Note  M. Perniola, Estetica italiana contemporanea, Bompiani 16; P. D’Angelo, L’estetica italiana del Novecento. Dal neoidealismo a oggi, Laterza, E. Franzini, Immagini del moderno, in A. Bertinetto, G. Garelli , Morte dell'arte e rinascita dell'immagine. Saggi in onore di Federico Vercellone, Roma, Aracne .  G. Vattimo, L'arte è morta, anzi no: è "dopo", Repubblica, G.W. Bertram, Why does the end of art matter in general?, in A. Bertinetto, G. Garelli , Morte dell'arte e rinascita dell'immagine. Saggi in onore di Federico Vercellone.  M. Belpoliti, Tra bello e brutto non c'è più differenza, La Stampa, R. Bodei, Là dove rinasce il Bello, Il Sole 24 Ore, R. Bodei, Salto nel vuoto dell'immagine, Il Sole 24 Ore, I. Mattazzi, Aprire lo sguardo. Stili della visione in grado di agire sul reale, Il Manifesto, 08/03/; M. Vallora, Nelle torri di Kiefer per trovare un senso in mezzo alle rovine, La Stampa, VERCELLONE Federico, Università degli Studi di Torino.

 

verdiglione: Essential Italian philosopher. Armando Verdiglione (Caulonia), filosofo.  Vincitore di una borsa di studio nel Collegio Augustinianum, ha studiato nell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove si è laureato in Lettere con una tesi su I giganti della montagna di Pirandello. Psicoanalista formatosi con Jacques Lacan, traduttore e scrittore di saggi, pubblica in Italia con le case editrici Marsilio, Rizzoli, Feltrinelli e Sugarco, con cui collabora. Per quest'ultima dirige la collana "Bordi". Nel 1977 traduce la raccolta di testi Scilicet di Lacan per Feltrinelli e il Seminario XXII. Con la sua casa editrice, Spirali, pubblica testi come la traduzione del Malleus Maleficarum, Il martello delle streghe, il manuale dell'Inquisizione per la caccia alle streghe, e in seguito, sempre per le edizioni Spirali, pubblica alcuni testi di Giordano Bruno, come Le ombre delle idee e Cabala del cavallo pegaseo.  Traduce per Feltrinelli libri che in Francia animano il dibattito in ambito culturale, come il saggio di Luce Irigaray Speculum. L'altra donna edito da Feltrinelli nel 1977 nella traduzione di Luisa Muraro, il libro di Maud Mannoni Educazione impossibile. Conosce in Francia e introduce in Italia la nota studiosa di psicanalisi e linguaggio Julia Kristeva; incontra anche Jean Oury, fondatore assieme a Félix Guattari della clinica La borde, di cui pubblica i libri Creazione e schizofrenia, Psicosi e logica istituzionale. “Il collettivo”, Babele e la Pentecoste. La Borde e la scrittura della psicosi, La psicosi e il tempo. Traduce sempre per Feltrinelli l'edizione del libro di Jean-Joseph Goux, Freud, Marx: economia e simbolico. Negli anni Settanta fonda il Movimento Freudiano Internazionale e l'attività editoriale che si chiamerà Spirali Edizioni. Con la casa editrice Spirali, Verdiglione pubblica in Italia autori come Jean Daniel, Bernard-Henri Lévy, André Glucksmann, Marek Halter, Fernando Arrabal, Alain Robbe-Grillet.  Esce in edicola il primo numero del mensile Spirali. Giornale internazionale di cultura, a cui segue l'edizione francese Spirales nel 1981 e, nel 1991, Il Secondo Rinascimento. Nel 1975 Armando Verdiglione e il Collettivo “Semiotica e psicanalisi” organizzano a Milano, in cinque sedi differenti, il Congresso internazionale "Sessualità e politica" seguito dai media italiani e internazionali. Partecipano molte persone, tra cui filosofi, psicanalisti, medici, psichiatri, semiotici, letterati, scrittori, esponenti politici di vari paesi. Nel 1976, sempre con il Collettivo “Semiotica e psicanalisi”, organizza il congresso “La follia”, che si svolge in più sedi, tra cui il Palazzo dei Congressi e il Museo della scienza e della tecnica. Il congresso è seguito dalla stampa di vari paesi. Intanto, inventa la cifrematica, la cosiddetta scienza della parola. Nell'Enciclopedia Rizzoli Larousse, edizione del 1990, viene così definita la cifrematica: «Scienza della parola intesa come cifra. Teoria elaborata da Armando Verdiglione e utilizzata all'interno di esperienze di conversazione, lettura, ecc. Secondo la cifrematica ogni parola può essere analizzata secondo la sua 'logica' (idiomatica) o la sua qualità o 'cifrema' (cifratica). Cinque sono le 'logiche' (delle relazioni, stigmatica, delle funzioni, delle operazioni, delle dimensioni) e tre le 'strutture' (sintattica, frastica e pragmatica) secondo cui ogni parola può essere 'decifrata'»  Nel 1985 sono a Milano, su invito di Armando Verdiglione, prima Eugène Ionesco e in seguito Jorge Luis Borges. Nel dicembre dello stesso anno, a un'assemblea di intellettuali e lettori, Borges partecipa a un convegno organizzato da Verdiglione, portando la testimonianza della sua vita e della sua attività di poeta, documentata nel libro Una vita di poesia.  La sua Università internazionale del Secondo Rinascimento acquista dalla famiglia Borromeo la Villa di Senago e il parco, lasciati in uno stato di abbandono per oltre vent'anni. I nuovi proprietari decidono pertanto di avviare un primo importante restauro che mira alla salvaguardia stessa del bene. Il restauro si è protratto nel tempo, fedele a criteri conservativi, con la collaborazione di ingegneri, esperti, architetti, tecnici, storici e filologi che hanno lavorato, insieme, sotto la direzione della Soprintendenza ai beni Ambientali ed Architettonici di Milano.  Gli anni Novanta e 2000 L'attività editoriale negli anni novanta e 2000, proseguendo quanto già avviato negli anni ottanta, si indirizza soprattutto sulla dissidenza, in particolare dissidenti e romanzieri russi. Pubblica libri di Vladimir Bukovskij, Aleksandr Zinovev, Jurij Naghibin, Vladimir Maksimov e molti altri. L'interesse per la Russia lo porta a pubblicare saggisti come Viktor Suvorov, gli ambasciatori russi in Italia Anatoly Adamishin, Karlov Jurij, il teorico della perestrojka Aleksandr Jakovlev, e l'ex ministro per l'energia e leader dell'opposizione di destra Boris Nemtsov. Oltre agli autori russi, pubblica dissidenti provenienti da tutto il pianeta, da Cuba alla Cina. In questa direzione sono stati organizzati i convegni internazionali Festival della modernità a partire dalla metà degli anni 2000 che propongono, in ciascuna edizione, diverse tematiche (scrittura, libertà, politica...).  In questi anni prosegue il lungo processo di restauro della Villa San Carlo Borromeo di Senago, restituendo all'edificio la sua originaria bellezza e trasformandolo in un Palazzo del turismo culturale e artistico, nella sede dell'Università internazionale del Secondo Rinascimento e della casa editrice Spirali. In questi anni, la Villa è sede di congressi, di corsi, di seminari, di riunioni di enti pubblici e privati, italiani e stranieri, di un museo permanente e di un museo per grandi mostre.  Vicende giudiziarie Verdiglione ha totalizzato 10 anni e 6 mesi di carcere per reati vari.  È stato condannato a quattro anni e due mesi nel 1986 per truffa, tentata estorsione e circonvenzione di incapace. Nel 1992 dopo un patteggiamento è stato condannato a un anno e quattro mesi. Nel  è stato di nuovo condannato in primo grado a nove anni (e la moglie a sette) per associazione a delinquere, frode fiscale, truffa alle banche e allo Stato; in seguito la pena è stata ridotta a cinque anni. In tale occasione ha causato sofferenze bancarie per 73,4 milioni: 18,3 sono in capo a Intesa Sanpaolo, altri 25,9 milioni a Banca Etruria.[25] Truffa, tentata estorsione e circonvenzione di incapace Nel 1985 Armando Verdiglione è al centro di una serie di vicende giudiziarie ("Affaire Verdiglione") relative all'attività sua, della sua "Fondazione" e dei suoi collaboratori. Nel 1986 viene condannato a quattro anni e due mesi di reclusione per truffa, tentata estorsione e circonvenzione di incapace, condanna che passa in giudicato nel marzo del 1989[26].  Intellettuali di vari paesi (tra cui Bernard-Henri Lévy, Eugène Ionesco, Fernando Arrabal, Marek Halter, Georges-Marc Benamou, Jacques Henric, Vladimir Bukovskij, Moustapha Safouan, Iannis Xenakis, Alexadre Zinovev, Georges Mathé, Claude Lanzmann), acquistano una pagina del quotidiano francese Le Monde di domenica 11 e lunedì 12 gennaio del 1987 in cui pubblicano e sottoscrivono un appello rivolto al Presidente della Repubblica italiana e ai giudici milanesi, col quale denunciano un presunto clima di "caccia alle streghe". Il caso Verdiglione secondo i firmatari mette in discussione le nozioni di diritto, giustizia e libertà di parola in Italia[27]. Jean Daniel, direttore del Nouvel Observateur, lo stesso giorno, pubblica su la Repubblica una lettera, intitolata "Difendo Verdiglione", rivolta al direttore del quotidiano[28]. In Italia il Partito Radicale organizza un incontro internazionale in piazza Montecitorio sul tema Armando Verdiglione, a cui partecipano anche importanti esponenti del "Comitato Internazionale per Armando Verdiglione", promosso dallo scrittore e giornalista Alberto Moravia, e intellettuali stranieri tra cui Eugène Ionesco, Emmanuel Lévinas, Fernando Arrabal, Vladimir Bukovskij, Bernard-Henri Lévy, Marek Halter. La Repubblica scrive che "dopo quello di Enzo Tortora ci sarà la sponsorizzazione da parte del PR del caso giudiziario di Armando Verdiglione"[30].  Dal 1987 al 1988 il programma satirico Drive In lo fa conoscere anche al grande pubblico, attraverso la parodia del "Dottor Vermilione, psicanalista santone" impersonato da Ezio Greggio. Il caso Verdiglione è anche citato in relazione al disegno di legge per l'abolizione del reato di circonvenzione d'incapace (articolo 643 del codice penale).Secondo processo.Dopo la condanna in Cassazione del 1989, la vicenda giudiziaria apertasi nel 1985 si conclude con il rinvio a giudizio per i capi di imputazione stralciati in occasione del primo procedimento giudiziario[32] e con il definitivo patteggiamento nel 1992 a una pena di un anno e 4 mesi e indennizzi di oltre 3 miliardi di lire a ex allievi. Evasione fiscale () Nel giugno  si concludono le indagini della Guardia di Finanza coordinate dalla Procura della Repubblica di Milano: Verdiglione viene indagato per evasione fiscale in relazione all'emissione di fatture false, e appropriazione indebita. A seguito della richiesta avanzata dalla Procura di Milano, due dimore storiche riconducibili al professore (tra cui la sopracitata Villa San Carlo Borromeo di Senago) per ordinanza del Gip vengono poste sotto sequestro preventivo, pur mantenendone la disponibilità[36].  A meno di tre settimane di distanza il Tribunale del Riesame di Milano annulla i decreti di sequestro concessi dal GIP Cristina Mannocci al PM Bruna Albertini, e restituisce gli immobili alle proprietà, in quanto non sussiste l'accusa di evasione fiscale. Si tratterebbe invece di neutralità fiscale, in quanto l'IVA dovuta sarebbe sempre stata pari a zero[37] (in base alle conclusioni del giudice, sarebbero state emesse fatturazioni fittiziema regolarmente pagatetra società facenti capo a Verdiglione, allo scopo di ottenere crediti presso gli istituti finanziari, potendo esibire bilanci dai quali risultano entrate ingenti, in realtà fasulle).  La giudice Laura Marchiondelli rinvia a giudizio Armando Verdiglione per associazione a delinquere finalizzata a frode fiscale e truffa allo Stato. Nel dicembre  viene condannato a nove anni per i reati di associazione a delinquere finalizzata a frode fiscale, truffa alle banche e truffa allo Stato. Nel medesimo processo vengono emesse condanne anche a carico della moglie Cristina Frua De Angeli e di due sue società, intanto fallite. Viene altresì disposta la confisca, fino ad un valore equivalente rispettivamente di 100 milioni e 10 milioni di euro, di beni come la storica dimora trecentesca Villa San Carlo Borromeo a Senago con 10 ettari di parco[39].  Nel maggio , la sentenza di secondo grado conferma la prima, nonostante che Procuratore generale, nella sua requisitoria, abbia chiesto "l'annullamento della sentenza di primo grado per assoluta indeterminatezza e intrinseca contradditorietà delle accuse".  Nel  la condanna a cinque anni di reclusione diventa esecutiva. Controversie sul pensiero di Verdiglione e sulla cifrematica Negli anni ottanta, nel pieno delle inchieste giudiziarie, l'associazione da lui fondata viene definita setta[41] dallo psicoterapeuta infantile Claudio Foti. Analoga affermazione fu fatta nel 2006 da Patrizia Calefato, professoressa associata di sociolinguistica, che così si espresse in un'intervista per un quotidiano locale in occasione dell'incontro con Armando Verdiglione organizzato all'Bari da Augusto Ponzio, Professore di filosofia del linguaggio, intitolato "La cifra del Levante"[42].  Cesare Musatti, considerato il fondatore della psicanalisi italiana, provava una profonda avversione per Verdiglione[43] che etichettò come "“il magliaro di Caulonia”[44] e come "cialtrone".[45]  Armando Verdiglione ha ospitato come relatori, nell'ambito di alcuni congressi organizzati alla Villa San Carlo Borromeo, autori come Peter Duesberg (virologo statunitense, scopritore dei retrovirus) e Dave Rasnick (biologo statunitense) che negano l'esistenza dell'AIDS, sostenendo che gli ammalati di tale morbo morissero in realtà sia a causa dell'assunzione di droghe sintetiche fortemente immunosoppressive sia a causa delle cure che erano loro imposte nella prima fase sperimentale, dove si ricorreva all'utilizzo di farmaci come l'AZT, originariamente sintetizzato a scopo antineoplastico e poi abbandonato per l'elevata tossicità.[46]  Libri pubblicati in Italia Voce da controllare Questa voce o sezione sull'argomento filosofi è ritenuta da controllare. Motivo: lungo elenco di testi, non essendo  una raccolta indifferenziata vanno selezionati i testi rilevanti Partecipa alla discussione e/o correggi la voce. Segui i suggerimenti del progetto di riferimento. Il carcere. La questione della parola, Associazione Amici di Spirali,  Urkommunismus. La paura della parola, Associazione Amici di Spirali,  La grammatica dello spirito europeo. L'androgino trinitario e la bilancia dell'orrore, Associazione Amici di Spirali,  I padroni del nulla, Associazione Amici di Spirali,  L'Operazione guru, Associazione Amici di Spirali,  La rivoluzione dell'imprenditore, Associazione Amici di Spirali,  Il bilancio di guerra, Associazione Amici di Spirali,  In nome del nulla. L'accusa di blasfemia, Associazione Amici di Spirali,  Il bilancio intellettuale dell'impresa (con Marco Maiocchi), Associazione Amici di Spirali,  Parola mia, Spirali,  La realtà intellettuale, Spirali,  L'Affaire fiscale ovvero il dispensario del tempo, Spirali,  Scrittori, artisti, Spirali, 2009 La libertà della parola, Spirali, 2009 La politica e la sua lingua, Spirali, 2009 La nostra salute, Spirali, Il capitale della vita, Spirali,  Master dell'art ambassador, Spirali, Master del brainworker, Spirali, Master del cifrematico, Spirali,  L'interlocutore, Spirali, Il Manifesto di cifrematica, Spirali, La rivoluzione cifrematica, Spirali, 2004 Artisti, Spirali, 2003 Il brainworking. La direzione intellettuale. La formazione dell'imprenditore. La ristrutturazione delle aziende, Spirali, 2003 Edipo e Cristo. La nostra saga, Spirali, 2002 La famiglia, l'impresa, la finanza, il capitalismo intellettuale, Spirali, Venere e Maria. La fiaba originaria (con Maria Grazia Amati e Alessandro Taglioni), Spirali, Niccolò Machiavelli, Spirali/Vel, Leonardo da Vinci, Spirali/Vel, 1993 La congiura degli idioti, Spirali/Vel, 1992 L'albero di San Vittore, Spirali, 1989 Lettera all'eccellentissima corte di appello, Spirali, 1987 Quale accusa?, Spirali, 1987 Processo alla parola, Spirali, 1986 Il giardino dell'automa, Spirali, Manifesto del secondo rinascimento, Rizzoli, Spirali, La mia industria, Rizzoli 1983, Spirali,  Dio, Spirali, La peste, Spirali, La psicanalisi questa mia avventura, Marsilio 1978, Spirali, 1997 La dissidenza freudiana, Feltrinelli 1978, Spirali, 1997 Pubblicazioni in altre lingue La dissidence freudienne, Grasset,  La psychanalyse. Cette aventure qui est la mienne, UGE 10/18, 1979 La peste. Fondations de la psychanalyse. 0., Galilée, 1981 Dieu. Fondations de la psychanalyse. 1., Grasset, La liberté que je prends, Gallimard, Manifeste de la deuxième renaissance, "Spirales", Le jardins d'automne. Fondations de la psychanalyse. 2., Carrère,  La conjuration des idiots, Grasset, 1992 La peste, Monte Avila Editores, Caracas,  Psychanalyse et sémiotique. Actes du colloque de Milan (1974), UGE, Parigi, 1974 Matière et pulsion de mort, UGE, Parigi, 1975 Sexualité et politique. Documents du congrès de Milan, UGE, Parigi, La jouissance et la loi, UGE, Parigi, Dissidence de l'inconscient et pouvoirs, UGE, Parigi, La folie, I. Actes du colloque de Milan, UGE, Parigi La folie, II. actes du colloque de Milan, UGE, Parigi, 1976 La violence, I. Actes du colloque de Milan, UGE, Parigi, 1977 La violence, II. Actes du colloque de Milan, UGE, Parigi, 1977 La sexualité dans les institutions, Payot, Parigi, 1978 Drogue et langage, Payot, Parigi,  Sexualité et pouvoir (Milan), Payot, Parigi, La folie dans la psychanalyse. Actes du colloque La folie (Milan), Payot, Parigi, La sexualité. D'où vient l'Orient? Où va l'Occident? Document du congrès de Tokyo, La deuxième renaissance, 1984, Belfond, Parigi, Antipsychiatrie und Wunschökonomie (Materialen des Kongresses), Merve Verlag, Berlin Psychoanalyse und Politik in Mailand,  Merve Verlag, Berlin Psicoanálisis y semiótica, Gedisa, Barcellona Locura y sociedad segregativa, Editorial Anagrama, Barcellona Sexualidade e poder, Edicoes Settanta, Lisbona Note  Élisabeth Roudinesco, Histoire de la psychanalyse en France,  2, Paris: Le Seuil (réédition Fayard 1994)  dal sito web italiano per la filosofia Archiviato il 10 giugno 2006 in . //ildomenicale.it/arretrati/n.28%20-%%20luglio%07.pdf intervista a Verdiglione per il Domenicale //mieilibri.it/Scienze-umane/Sociologia-e-comunicazione/Sollers-scrittore-La-dissidenza-della-scrittura_3644.html[collegamento interrotto]  Jacques Lacan e altri, Scilicet : rivista dell'école freudienne de Paris, traduzione di Armando Verdiglione, Feltrinelli, Milano, Jacques Lacan, trad. it. di A. Verdiglione, Il seminario XXII. R.S.I. (1974-1975), in «Ornicar?», nn. 2-5, Venezia 1978[collegamento interrotto]  Heinrich Institor (Krämer), Jakob Sprenger, Armando Verdiglione, Il martello delle streghe. La sessualità femminile nel "transfert" degli inquisitori, Spirali, Milano, 1984, 2° ed. Giordano Bruno, Antonio Caiazza, Le ombre delle idee, Spirali, Milano, 1988[collegamento interrotto]  Giordano Bruno, Carlo Sini, Cabala del cavallo pegaseo, Spirali, Milano, 1998[collegamento interrotto]  Maud Mannoni, Educazione impossibile, Feltrinelli, Milano, 1974  Spirali pubblicherà le opere La rivoluzione del linguaggio poetico. L'avanguardia nell'ultimo scorcio del XIX secolo: Lautrémont e Mallarmé e Poteri dell'orrore. Saggio sull'abiezione  Félix Guattari //spirali.com/books-of-Jean+Oury.php[collegamento interrotto]  Jean-Joseph Goux, Freud, Marx : economia e simbolico, introduzione e cura di Armando Verdiglione, Milano, Feltrinelli, 1976  atti del Convegno Sessualità e politica edito da Feltrinelli[collegamento interrotto]  " 2000 partecipanti al Congresso di Psicanalisi con tema "Sessualità e Politica", svoltosi a Milano"  Gilles Anquetil, "A Milan, le sage congrès de la folie", Les Nouvelles Littéraires, Roger Dadoun, "A Milan F comme Folie", La Quinzaine littéraire, 16–31 dicembre 1976  Christian Descamps, "A Milan au congrès de psychanalyse on a débattu (vivement) de “Sexe et politique”", La Quinzaine littéraire, Congres v Milanu, “Razprave problemi”, dicembre 1976  Robert Maggiori, "La 'Jet Society' psychanalytique reunie a Milan", Liberation, 9 dicembre 1976  Italianistica Online » 2004 » Cifrematica: di che cosa parliamo?  Enciclopedia Universale Rizzoli Larousse, Rizzoli, Milano,  Luigi Mascheroni, il Giornale, Nicola Borzi, Etruria perde 26 milioni nel crack Verdiglione, in Il Sole 24 ORE, 29 dicembre . 27 maggio .  ARMANDO VERDIGLIONE AFFIDATO AI SERVIZI SOCIALIla Repubblica.it, in Archiviola Repubblica.it. 27 maggio .  "Pour Armando Verdiglione", Le Monde, 11 gennaio 1987  "Difendo Verdiglione", di Jean Daniel, direttore di Le Nouvel Observateur pubblicato da la Repubblica, 1Caso verdiglione: martedi' 8 agosto, all'hotel nazionale in piazza montecitorio, a partire dalle ore 11.45, incontro internazionale sul tema: "il caso verdiglione". marco pann..., su radioradicale.it.I RADICALI BOCCIANO PANNELLAla Repubblica.it, in Archiviola Repubblica.it. 27 maggio . //legislature.camera.it/_dati/leg10/lavori/stampati MILANO, 18 RINVII A GIUDIZIO PER LA VICENDA ' VERDIGLIONE'Repubblica.it » Ricerca  NON PROFIT, VERDIGLIONE FA LO SPONSOR E LE ASSOCIAZIONI DANNO FORFAITla Repubblica.it, in Archiviola Repubblica.it. 27 maggio .  Gianfrancesco Turano, Verdiglione spa, in Corriere Economia, Verdiglione, ovvero come sposare lo sponsor e viver felici  Corriere della Sera, su milano.corriere.it.  Archivio Corriere della Sera, su archiviostorico.corriere.it. Corriere della Sera, su archiviostorico.corriere.it.  Frode fiscale, 9 anni a Verdiglione confiscati beni per 110 milioni, in Corriere della Sera. 27 maggio .  Lo psicanalista Verdiglione dai fasti degli anni ‘80 al ritorno in carcere, su milano.corriere.it.  sito dell'associazione diretta da Claudio Foti, 'Verdiglione fuori dall'Ateneo'la Repubblica.it, in Archiviola Repubblica.it. IL CHIACCHIERATO VERDIGLIONEla Repubblica.it, in Archiviola Repubblica.it. cesare musattiAnalisi laica, su Analisi laica. ITALIAN GURUla Repubblica.it, in Archiviola Repubblica.it. 27 maggio .  Thomas Szaz, La battaglia della salute , Spirali, 2000,  8877705620. 30 maggio  (archiviato dall'url originale l'8 gennaio ).  «L'Aids non è contagioso in nessun modo, non si trasmette né attraverso rapporti eterosessuali né attraverso rapporti omosessuali e neanche senza rapporti, non si trasmette in nessun modo; l'Hiv è un retrovirus che, secondo Dusberg, è innocuo." "Muoiono per via della cura. È la cura, che li ammazza."».  Dizionario di cifrematica, su dizionariodicifrematica.it. 9 giugno 2009 24 maggio 2009). Sito ufficiale, su armandoverdiglione.com. TgCom: Recenti Vicende, su tgcom.mediaset.it.

 

vernia: Essential Italian philosopher. Nicoletto Vernia, conosciuto anche come Nicolò o Paolo Nicola Vernia (Chieti), filosofo. Allievo a Padova del filosofi averroisti Paolo da Pergola e Gaetano da Thiene e successore di quest'ultimo come docente di filosofia, ebbe come collega Pietro Pomponazzi e tra i suoi allievi Nifo e Pico.  Seguace dell'averroismo allora imperante nello Studio Padovano, curò un'edizione delle opere di Aristotele con il commento di Averroè (1483).  Sostenne l'unicità dell'intelletto (dottrina poi abbandonata a causa di una condanna inflittagli dal vescovo di Padova), l'autonomia della fisica rispetto alla metafisica e la superiorità della scienza della natura sulle scienze dell'uomo.  Ormai anziano si laureò in medicina nel 1496.  Le sue ceneri riposano nella chiesa dell'Ospedale Civile di Vicenza.  Opere Contra perversam Averrois opinionem de unitate intellectus et de animae felicitate De unitate intellectus et de animae felicitate Expositio in Posteriorum capitulum secundum in fine Expositio in Posteriorum librum priorem Quaestio de gravibus et levibus Quaestio de rationibus seminalibus Quaestio de unitate intellectus Quaestio in De anima  Ennio De Bellis, Nicoletto Vernia. Studi sull'aristotelismo del XV secolo, Firenze, Leo S. Olschki editore, Nicoletto Vernia, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Nicoletto Vernia, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Nicoletto Vernia, su Mathematics Genealogy Project, North Dakota State University. Opere.

 

veronelli: Essential Italian philosopher. Luigi Veronelli (n. Milano), filosofo.  Viene ricordato come una delle figure centrali nella valorizzazione e nella diffusione del patrimonio enogastronomico italiano. Antesignano di espressioni e punti di vista che poi sono entrati nell'uso comune e protagonista di caparbie battaglie per la preservazione delle diversità nel campo della produzione agricola e alimentare, attraverso la creazione delle De.Co. (Denominazioni Comunali), le battaglie a fianco delle amministrazioni locali, l'appoggio ai produttori al dettaglio. Luigi Veronelli (al centro) assieme ad alcuni sommelier F.I.S.A.R. Era originario del quartiere Isola di Milano. In gioventù, dopo il R. Liceo Ginnasio Giuseppe Parini, compie studi di Filosofia all'Università degli Studi di Milano, diventando assistente del suo maestro Giovanni Emanuele Bariè alla cattedra di Filosofia teoretica, e si dà all'attività politica. Si professerà per tutta la vita di fede anarchica, rifacendosi anche alle ultime lezioni tenute da Benedetto Croce a Milano. Nel 1956 inizia l'esperienza di editore, pubblicando tre riviste:  I problemi del socialismo Il pensiero Il gastronomo. Sempre come editore, nel 1957 pubblica La questione sociale di Proudhon e Historiettes, contes et fabliaux di De Sade; per quest'ultima viene condannato, insieme ad Alberto Manfredi (autore dei disegni, poi assolto), a tre mesi di reclusione per il reato di pornografia (l'opera di De Sade sarà poi messa al rogo nel 1958, nel cortile della procura di Varese). Negli anni ottanta subisce anche una condanna di sei mesi di detenzione per aver istigato i contadini piemontesi alla rivolta, con l'occupazione della stazione di Asti e dell'autostrada, per protestare contro l'indifferenza della politica per i problemi dei contadini e dei piccoli produttori. Nel 1962 diventa (e lo rimarrà per ventun'anni) collaboratore de Il Giorno.  L'attività giornalistica lo impegnerà per tutta la vita, e i suoi articoli, di stile aulico e provocatorio, ricchi di neologismi e arcaismi, faranno scuola nel giornalismo enogastronomico e no. Tra le testate cui ha collaborato vanno ricordate, oltre a Il Giorno: Corriere della Sera, Class, Il Sommelier, Veronelli EV, Carta, Panorama, Epoca, Amica, Capital, Week End, L'Espresso, Sorrisi e Canzoni TV, A Rivista Anarchica, Travel e Wine Spectator, Decanter, Gran Riserva ed Enciclopedia del Vino, The European. L'apparizione televisiva ne aumenta notevolmente la fama; in particolare A tavola alle 7, in cui conduce il programma prima a fianco di Delia Scala e di Umberto Orsini, poi di Ave Ninchi, e il Viaggio Sentimentale nell'Italia dei Vini, dove realizza l'aggiornamento, provocatorio e di denuncia, della viticoltura italiana, con inchieste, interviste, proposte che hanno scosso quel mondo.  L'opera La sua attività di ricerca e di approfondimento nel campo enogastronomico lo porta alla pubblicazione di alcune opere fondamentali, anche di carattere divulgativo. Da segnalare: I Vignaioli Storici, Cataloghi dei Vini d'Italia, dei Vini del Mondo, degli Spumanti e degli Champagne, delle Acquaviti e degli Oli extra-vergine, Alla ricerca dei cibi perduti, Il vino giusto, e la collana Guide Veronelli all'Italia piacevole. Fondamentale anche la collaborazione con Luigi Carnacina, maître e gastronomo celeberrimo e Aldo Luigi Guazzoni maître e sommelier internazionale. Ne nascono, ad esempio, La cucina italiana e Il Carnacina.  Fonda la seconda Veronelli Editore "col puntuale obiettivo di approfondire la classificazione dell'immenso patrimonio gastronomico nazionale e contribuire ad accrescere la conoscenza delle attrattive turistiche del paese più bello del mondo". La casa editrice ha cessato l'attività a fine . Collabora con Derive\Approdi scrivendo le prefazioni ad alcuni libri di carattere storico, politico e gastronomico.  L'intenso rapporto epistolare sulle pagine di Carta con Pablo Echaurren costituisce un forte stimolo di riflessione sulle questioni legate alla Terra e alla qualità della vita materiale per il movimento contro la globalizzazione. Negli ultimi anni dà vita insieme ad alcuni centri sociali, tra cui La Chimica di Verona e il Leoncavallo di Milano, al movimento Terra e libertà/Critical wine. Sempre di questi anni le battaglie per le Denominazioni Comunali (De.Co.), una salvaguardia dell'origine di un prodotto; per il prezzo-sorgente, cioè l'identificazione del prezzo di un prodotto alimentare all'origine, per rendere evidenti eccessivi ricarichi nei passaggi dal produttore al consumatore; per l'olio extra vergine d'oliva, contro le prepotenze e il monopolio delle multinazionali e le ingiustizie della legislazione per i piccoli olivicoltori.  Il pensiero politico Luigi Veronelli, di idee anarchiche, si è anche interessato di questioni filosofiche e politiche, pubblicando anche articoli su A/Rivista Anarchica e saggi.  «Le pubblicazioni hanno subito il segno dei suoi interessi libertari, libertini, enogastronomici: Racconti, novelle e novelline di de Sade (che gli procurerà una denuncia e la condanna al rogo dei libri, tra gli ultimi roghi di libri avvenuti in Italia), le poesie di Pagliarani, la rivista Il gastronomo e quella di filosofia Il pensiero, poiinteressanteper qualche anno fu l'editore della rivista Problemi del socialismo, diretta da Lelio Basso.»  () In seguito mise un po' in disparte le questioni politico-filosofiche per concentrarsi su quelle più propriamente enogastronomiche e agricole. In A-Rivista Anarchica si definisce Veronelli l'"anarchenologo" ritenendo che l'attività di Veronelli vada inquadrata in un ambito libertario e contro l'attività delle multinazionali agricole.  Gli anarchici della Cellula Veronelli, con l'intento di mostrare l'aspetto più propriamente politico di Luigi Veronelli, hanno organizzato un incontro intitolato "Veronelli politico", a cui hanno preso parte personalità del calibro di Gianni Mura, giornalista di La Repubblica, Andrea Ferrari della Federazione Anarchica Reggiana (promotrice dell'evento biennale, ideato nella sua prima edizione insieme allo stesso Veronelli, Le cucine del popolo) e Marc Tibaldi. Dagli anarchici Veronelli è sempre stato considerato un "compagno"; Umanità Nova, giornale anarchico, in occasione dell'anniversario della sua morte, scrive:  «Come Fabrizio De André, Léo Ferré, George Brassens anche Luigi Veronelli era un libertario, un uomo colto, senza dogmi, senza ipocrisie, in perenne lotta contro le armate schiaviste delle multinazionali.»  (Angelo Pagliaro, Umanità Nova, Premi e riconoscimenti Nel 2003 la città di Milano gli attribuisce l'Ambrogino d'oro.  Note  Rassegna stampa. Articolo di Veronelli pubblicato su A-Rivista, Lettera i giovani estremi  Ha scritto un testo su Proudhon: La questione socialePROUDHON, Veronelli, Veronelli politico  «L'ultimo dei vini artigianali sarà sempre migliore del primo dei vini industriali, perché avrà un'anima» (Luigi Veronelli in Il canto della Terra).  Il nostro anarchenologo  Un incontro inatteso  Cellula Veronelli. eronelli politico. Circolo Cucine del Popolo, su cucinedelpopolo.org.  6 anni fa l'addio a Luigi Veronelli Archiviato il 16 giugno  in .  Bosana Salsa suprema.

                                                                         

verecchia: essential Italian philosopher. Anacleto Verrecchia (Vallerotonda ) filosofoo. Si trasferì molto giovane a Torino, dove studiò, laureandosi in germanistica. Nei primi anni cinquanta trascorse un certo periodo nel parco nazionale del Gran Paradiso, considerato come il più formativo della sua vita. Lì poté contemplare in modo disinteressato i fenomeni della natura. "Ho fatto tre universitàera solito dire -: quella vera e propria, che non mi ha dato nulla o quasi; la collaborazione alle pagine dei quotidiani come elzevirista, che mi ha costretto a leggere libri che altrimenti non avrei mai letto; e infine l'università più utile in assoluto, vale a dire il soggiorno nel Gran Paradiso a contatto con la natura". Frutto di quel soggiorno è il libro che contiene la sua filosofia, potentemente aforistica. I manoscritti riaffiorati molto più tardi spiegano la tardività della sua pubblicazione, avvenuta solo nel 1997 presso Fògolasi tratta del Diario del Gran Paradiso.  Verrecchia visse poi in Germania (soprattutto a Berlino) e fu per lunghi anni addetto culturale all'Ambasciata d'Italia a Vienna; collaborò alle pagine culturali di giornali italiani, tra cui Il Resto del Carlino, La Stampa, Il Giornale. Grazie alla sua padronanza del tedesco, collaborò stranieri (Die Presse, Die Welt). Non parlava volentieri della sua vita privata perché, diceva,"di un filosofo o di uno scrittore ciò che interessa sono gli scritti e non le vicissitudini personali". Traduttore di Georg Christoph Lichtenberg, appassionato studioso di Giordano Bruno e Friedrich Nietzsche, nel suo orizzonte culturale, però, la figura che risalta di più è senz'altro quella di Arthur Schopenhauer, da lui considerato a tutti gli effetti un maestro da tradurre e continuare.  Elementi caratteristici dei suoi scritti sono l'irriducibile vena polemica e una sacra bilis, ma la sua prosa spicca anche per chiarezza ed energia. Lavorò sempre al confine tra letteratura e filosofia: difatti, i suoi libri sono ora di carattere prettamente filosofico, ora letterario. La sua prosainsieme a quella di Guido Ceronetti, Manlio Sgalambro e Sossio Giamettaè stata giudicata "la migliore prosa filosofica scritta oggi in Italia".   Testi Georg Christoph Lichtenberg: l'eretico dello spirito tedesco (Firenze: La Nuova Italia. La catastrofe di Nietzsche a Torino (Torino: Einaudi), poi: Zarathustras Ende: die Katastrophe Nietzsches in Turin (Wien: Bohlaus, poi: La tragedia di Nietzsche a Torino: la catastrofe del filosofo che sognava un superuomo al di là del bene e del male (Milano: Bompiani, poi: La catastrofe di Nietzsche a Torino (prefazione di Vittorio Sgarbi; Milano: Bompiani). Incontri viennesi (Genova: Marietti, poi: Torino: UTET, Cieli d'Italia (prefazione di Vittorio Mathieu; Milano: Spirali/Vel, Giuseppe Prezzolini: l'eretico dello spirito italiano (Torino: Fogola). Diario del Gran Paradiso (Torino: Fogola, e ristampa ,  Giordano Bruno: Nachtfalter des Geistes (Wien: Bohlau, poi: Giordano Bruno: la falena dello spirito (Roma: Donzelli, Rapsodia viennese: luoghi e personaggi celebri della capitale danubiana (Roma: Donzelli. Schopenhauer e la Vispa Teresa: l'Italia, le donne, le avventure (Roma: Donzelli. Vagabondaggi culturali (Torino: Fogola, La stufa dell'Anticristo. Altri vagabondaggi culturali (Torino: Fogola, ).   Batracomachia di Bayeruth. Nietzschiani contro wagneriani (nota di Diego Fusaro; Padova: il prato, Lettere Mercuriali (prefazione di Gianmario Ricchezza; Torino: Fògola, ). Il cantore filosofo. Scritti su Wagner (introduzione, note e notizia biobibliografica di Marco Lanterna; Firenze: Clinamen. Il mastino del Parnaso. Elzeviri e polemiche (scelta, introduzione, note e notizia biobibliografica di Marco Lanterna; Firenze: Clinamen. Saggi introduttivi, traduzioni e cure Viaggio in Italia  di Theodor Mommsen (Torino: Fogola). Libretto di consolazione di Georg Christoph Lichtenberg (Milano: Rizzoli.  Le civiltà precolombiane di Hans Dietrich Disselhoff (Milano: Bompiani,). Colloqui di Arthur Schopenhauer (Milano: Rizzoli), poi: Colloqui: il filosofo che ride (Milano: Rizzoli,  Metafisica dell'amore sessuale: l'amore inganno della natura di Arthur Schopenhauer (Milano: Rizzoli,  Sulla filosofia da Arthur Schopenhauer (Milano: TEA. Aforismi per una vita saggia di Arthur Schopenhauer (Milano: Fabbri, poi: Milano: Rizzoli, O si pensa o si crede: scritti sulla religione di Arthur Schopenhauer (Milano: Rizzoli. Lo scandaglio dell'anima: aforismi e lettere di Georg Christoph Lichtenberg (Milano: Rizzoli, Breviario spirituale di Piero Martinetti (Torino: UTET, Articoli A Bogotà c'è un erede di Montaigne. Tuttolibri de La Stampa, Allora bastava un rospo per finire al rogo. Tuttolibri de La Stampa, Vittorio Mathieu, Tre giorni in giallo. Tuttolibri de La Stampa, 28 agosto , 5. Note  Risvolto di copertina della Rapsodia viennese.  Anacleto Verrecchia, su digilander.libero.it. 28 gennaio .  Marco Lanterna, Anacleto Verrecchia, venerando e terribile, Pulp Libri, (ora in Marco Lanterna, Il caleidoscopio infelice. Note sulla letteratura di fine libro, Clinamen, critica Marco Lanterna, Il caleidoscopio infelice. Note sulla letteratura di fine libro, Clinamen, . Ugo Dotti, I vagabondaggi culturali di Anacleto Verrecchia, in rivista  (The New York Review of Books). Le case illustri, di Lisa Elena [collegamento interrotto], su archivio.lastampa.it. 2 settembre . Addio al filosofo Anacleto Verrecchia, di Luigia Sorrentino, su poesia.blog.rainews.it. L'Anticristo goloso, di M.Rota, su piemontemese.it. 

 

verri: essential Italian philosopher. Like Grice, he wrote on ‘happiness.’ Like Grice, he wrote on ‘pleasure.’ Like Grice, he was a very clubbable man. Pietro Verri-Visconti Pietro Verri ritratto tagliato.jpg Barone di Rho Stemma In carica. Predecessore Gabriele Verri Trattamento Sua Eccellenza Heraldic Crown of Spanish Count.svg Nascita Cinisello, 12 dicembre 1728 Morte Lambrate, 28 giugno 1797 Dinastia Verri Visconti Padre Gabriele Verri Madre Barbara Dati della Somaglia Consorte Marietta Castiglioni Vincenza Melzi d'Eril Figli Teresa, Alessandro (da Marietta Castiglioni) Religione cattolicesimo. Il conte Pietro Verri (n. Milano) filosofo. Considerato tra i massimi esponenti dell'illuminismo italiano, è altresì ritenuto il fondatore della scuola illuministica milanese. Pietro Verri nacque a Milano (allora appartenente all'impero asburgico) dal conte Gabriele, magistrato e politico conservatore e da Barbara Dati della Somaglia, membri della nobiltà milanese. Ha tre fratelli: Alessandro, Carlo e Giovanni.  Avviati gli studi nel Collegio dei gesuiti di Brera, frequenta negli anni '50 l'Accademia dei Trasformati, dove conosce tra gli altri Giuseppe Parini. Si arruola nell'esercito imperiale e prende parte brevemente alla Guerra dei Sette Anni. Fermatosi a Vienna, intraprende la redazione delle Considerazioni sul commercio nello Stato di Milano, pubblicate poi nel 1763, che gli varranno il primo incarico di funzionario governativo; lo stesso anno pubblica anche le Meditazioni sulla felicità. Rientrato frattanto a Milano, vi fonda, insieme al fratello Alessandro Verri e agli amici Cesare Beccaria, Alfonso Longo, Pietro Secchi, Giambattista Biffi e Luigi Porro Lambertenghi, la cosiddetta Accademia dei Pugni, iniziale nucleo redazionale del foglio periodico Il Caffè, destinato a diventare il punto di riferimento del riformismo illuministico italiano. Il Caffè inizia le sue pubblicazioni nel giugno 1764 ed esce ogni dieci giorni, fino al maggio 1766, quando viene raccolto in due volumi. Tra gli articoli più importanti di Pietro Verri per Il Caffè vanno ricordati almeno gli Elementi del commercio (volume I, foglio 3), La commedia (I, 4-5), La medicina (I, 18), Su i parolai (II, 6). Gli illuministi milanesi, e tra loro Verri, hanno rapporti epistolari anche con gli enciclopedisti francesi, tra cui Diderot, Voltaire e d'Holbach, mentre d'Alembert verrà anche a Milano per incontrare il circolo del Caffè. Parallelamente all'impresa editoriale, Verri intraprende, con alcuni dei suoi sodali, la scalata politico-amministrativa del governo viennese di Milano, allo scopo di mettere in opera le riforme propugnate nella rivista. Nel gennaio 1764 è fatto membro della Giunta per la revisione della "ferma" (appalto delle imposte ai privati) e nel 1765 del Supremo Consiglio dell'Economia. Quest'ultimo, presieduto da Gian Rinaldo Carli, altro collaboratore del Caffè, assegna a Cesare Beccaria la cattedra di Economia pubblica e ad Alfonso Longo quella di Diritto pubblico ecclesiastico nelle Scuole Palatine. Verri, Beccaria, Frisi e Secchi danno luogo alla Società patriottica milanese.   Sull'indole del piacere e del dolore, 1781 Risalgono a questi anni le Meditazioni sull'economia politica, il Discorso sull'indole del piacere e del dolore, che affronta temi che avranno grande importanza per Giacomo Leopardi, i Ricordi a mia figlia e le Osservazioni sulla tortura. Il suo è uno stile asciutto e libero, pieno di trattenuto vigore.   Il monumento a Pietro Verri nel Cortile del Palazzo di Brera a Milano Con la successione di Giuseppe II al trono d'Austria (1780), gli spazi per i riformisti milanesi si riducono, e a partire dal 1786 Verri lascia ogni incarico pubblico, assumendo un atteggiamento sempre più critico nei confronti del figlio di Maria Teresa. Pubblica frattanto la Storia di Milano, All'arrivo di Napoleone, Verri sessantottenne prende parte, con Alfonso Longo e Luigi Lambertenghi, alla fondazione della Repubblica Cisalpina, culla del tricolore italiano. Muore durante una seduta notturna della Municipalità milanese, della quale era membro assieme a personalità come Giuseppe Parini. Le sue spoglie sono conservate nella cappella di famiglia, visibile al pubblico, che si trova a latere del Santuario della Beata Vergine del Lazzaretto, nel comune di Ornago (MB).  Il fratello minore Giovanni, secondo alcuni sarebbe il padre naturale di Alessandro Manzoni, figlio di Giulia Beccaria e nipote di Cesare.  Meriti e pensiero filosofico ed economico di Pietro Verri  Medaglione col ritratto di Pietro Verri sulla casa di Cesare Beccaria a Milano. Grazie alla sua opera come autore e come organizzatore Milano divenne il più importante centro dell'Illuminismo italiano. L'ipotesi di civiltà che scaturiva dalla figura intellettuale di Pietro Verri era forse troppo avanzata per poter essere adeguatamente raccolta dalla nostra cultura; e comunque lo colloca a pieno titolo tra le espressioni più alte dell'Illuminismo italiano. Il grande merito storico di Verri consiste nel fatto di aver creato in Lombardia un grande centro di aggregazione illuminista, la rivista Il Caffè. Ciò che desta curiosità rimane il titolo con cui Pietro Verri scelse di intitolare la sua testata, dovuta al rilevante fenomeno della diffusione di caffè (bar), come luoghi dove poter intraprendere un libero e attuale dibattito culturale, politico e sociale. Con i suoi scritti sul dolore e il piacere, Verri sottoscrisse le teorie di Helvétius, nonché il sensismo di Condillac, fondando sulla ricerca della felicità e del piacere l'attività dell'uomo. L'uomo, per Verri, tendeva a sé stesso, al piacere, quindi secondo Verri l'uomo è pervaso dall'idea del dolore, e il suo piacere non è altro che una momentanea interruzione di questo dolore; questa tesi è riscontrabile anche in Schopenhauer e in Leopardi e quest'ultimo potrebbe averla derivata da quella del Verri, essendo ispirato spesso dalla filosofia sensistica settecentesca. Per Verri quindi, la vera felicità dell'uomo non è quella personale, ma è quella a cui partecipa il collettivo, quasi fosse eutimia o atarassia. Anche Kant e Nietzsche apprezzeranno questa tesi. Antonio Perego, L'Accademia dei Pugni. Da sinistra a destra: Alfonso Longo (di spalle), Alessandro Verri, Giambattista Biffi, Cesare Beccaria, Luigi Lambertenghi, Pietro Verri, Giuseppe Visconti di Saliceto Per quanto riguarda la politica e l'economia, il pensiero di Pietro Verri è controverso. Per quanto riguarda l'ambito economico, negli Elementi del Commercio e nella sua più grande opera economica Meditazioni sull'economia politica, enunciò (anche, per primo, in forma matematica) le leggi di domanda e offerta, spiegò il ruolo della moneta come "merce universale", appoggiò il libero scambio e sostenne che l'equilibrio nella bilancia dei pagamenti è assicurato da aggiustamenti del prodotto interno lordo (quantità) e non del tasso di cambio (prezzo). Di conseguenza, può essere visto come precursore di Adam Smith, del marginalismo e persino di John Maynard Keynes; altri però notano come assuma atteggiamenti di difesa del concetto di proprietà privata e del mercantilismo. Egli ritiene che solo la libera concorrenza tra eguali possa distribuire la proprietà privata: tuttavia pare favorevole principalmente alla piccola proprietà, per evitare il risorgere delle disuguaglianze. Verri con le Osservazioni sulla tortura esprime la sua contrarietà all'uso della tortura, definendo ingiusto e antistorico un modello così efferato di giurisprudenza e auspicando l'abolizione di questi metodi. Verri cominciò la stesura dell'opuscolo già nel 1760, ma non lo pubblicò per non inimicarsi, con le pesanti critiche alla magistratura in esso contenute, il senato di Milano (tribunale) presso cui si stava decidendo dell'eredità del padre.  La grande opera del collega Beccaria Dei delitti e delle pene, terminata nel 1764, prende in gran parte le mosse proprio dalle bozze delle Osservazioni sulla tortura, oltre che dagli articoli de Il Caffè. Sarà proprio a causa di questo furto di idee che i due scrittori e amici arriveranno al più acceso scontro.   Ritratto del Verri Nella versione definitiva e aggiornata delle Osservazioni, che sono in conclusione un invito ai magistrati a seguire le idee illuministe invece di irrigidirsi sulle posizioni conservatrici, la dialettica di Verri è cruda e basilare: la tortura è una crudeltà, perché se la vittima è innocente, subisce sofferenze non necessarie, mentre se colpisce un colpevole presumibile rischia di martoriare il corpo di un possibile innocente. Inoltre gli accusati rinunciano nella tortura alla loro difesa naturale istintiva, e ciò viola la legge di natura.  Verri apre la sua opera con la ricostruzione del processo agli "untori" del 1630, presentandolo sia come documento dell'ignoranza di un secolo non guidato dai "Lumi", sia come emblema del modo in cui leggi sbagliate portano a evidenti ingiustizie. Questa ricostruzione fornirà la base per la Storia della colonna infame di Alessandro Manzoni, che però la presenterà come testimonianza di ciò che accade quando uomini ingiusti detengono un grande potere, come all'epoca era quello del senato milanese. L'opera di Verri non arriverà mai ad avere il successo che invece ebbe Dei delitti e delle pene, vuoi perché la maggior parte delle osservazioni in essa sviluppate erano già contenute nell'opera di Beccaria, vuoi per via dello stile di Verri, dotto e di difficile comprensione, che rendeva di per sé ardua la diffusione del testo, che pure conteneva molti ulteriori spunti rispetto all'opera del collega.  Opere, scritti e discorsi. Le principali opere di Verri sono, in ordine cronologico: La Borlanda impasticciata con la concia, e trappola de sorci composta per estro, e dedicata per bizzaria alla nobile curiosita di teste salate dall'incognito d'Eritrea Pedsol riconosciuto, Festosamente raccolta, e fatta dare in luce dall'abitatore disabitato accademico bontempista, Adorna di varj poetici encomj, ed accresciuta di opportune annotazioni per opera di varj suoi coaccademici amici. Il Gran Zoroastro ossia Astrologiche Predizioni per l'Anno 1758, Il Mal di Milza, Diario military, Elementi del commercio, Sul tributo del sale nello Stato di Milano, Sulla grandezza e decadenza del commercio di Milano, Dialogo tra Fronimo e Simplicio (detto anche Dialogo sul disordine delle monete nello Stato di Milano, Considerazioni sul commercio nello Stato di Milano, Orazione panegirica sula giurisprudenza Milanese, Meditazioni sulla felicitàcf. Grice, Notes on happiness -- Bilancio del commercio dello stato di Milano, Il Caffè, Sull’innesto del vajuolo, Memorie storiche sulla economia pubblica dello Stato di Milano, Riflessioni sulle leggi vincolanti il commercio dei grani, Meditazioni sulla economia politica con annotazioni, Consulta su la riforma delle monete dello Stato di Milano, Osservazioni sulla tortura, Ricordi a mia figlia, Considerazioni sul commercio nello Stato di Milano Sull'indole del piacere e del dolore, Manoscritto da leggersi dalla mia cara figlia Teresa Verri per cui sola lo scrissi, Storia di Milano, Piano di organizzazione del Consiglio governativo ed istruzioni per il medesimo, Precetti di Caligola e Claudio, Memoria cronologica dei cambiamenti pubblici dello Stato di Milano, Delle nozioni tendenti alla pubblica felicità, Pensieri di un buon vecchio che non è letterato, Carteggio di Pietro e di Alessandro Verri. L'Edizione Nazionale, Ministero per i beni e le attività culturali ha deciso di avallare un'Edizione nazionale delle opere di Pietro Verri. Attualmente il comitato, finanziato pubblicamente, dalla Fondazione Cariplo e da Banca Intesa Sanpaolo, è presieduto da Carlo Capra e composto da una ventina di studiosi e si basa, per la stesura delle opere, sull'Archivio Verri, donato dalla Contessa Luisa Sormani Andreani Verri alla "Fondazione Raffaele Mattioli per la storia del pensiero economico.” Note: Angolani Bartolo, Gli Scritti di argomento familiare e autobiografico di Pietro Verri, Rivista di storia della filosofia. Fascicolo 3 (Firenze : [poi] Milano : La Nuova Italia ; Franco Angeli). Carteggio di Pietro e Alessandro Verri  Cfr. Ricuperati, Giuseppe, Pietro Verri e il genere della biografia, Società e storia. Fascicolo 10, 2002 (Milano : Franco Angeli, Pietro Verri, "Il Caffè", Introduzione, I, 1  Giordanetti, Piero, a cura di, Sul piacere e sul dolore. Immanuel Kant discute Pietro Verri, Milano, Unicopli, 1998; Giordanetti, Piero: Kant, Verri e le arti belle. Sulla fortuna di Verri in Germania, in Pietro Verri e il suo tempo, C. Capra, Bologna, Cisalpino, Meld Shell, Susan. Kant's 'true economy of human nature': Rousseau, Count Verri, and the problem of happiness, Essays on Kant's anthropology, Cambridge University Press, Pezzei, Ivana, Kant, Verri, Nietzsche e la questione del piacere e del dolore, in Annali di Ca' Foscari  Parisi, D., Pre-classical economic thought: profitable commerce and formal constraints in the economic studies of the young Pietro Verri, Rivista internazionale di scienze sociali, Porta, Pier Luigi; Scazzieri, Roberto, Pietro Verri's political economy: commercial society, civil society, and the science of the legislator, History of political economy,  Renzo Villata, Maria Gigliola, Il processo agli untori di manzioniana memoria e la testimonianza (ovvero... due volti dell'umana giustizia), Acta Histriae Storia di Milano ::: Cronologia della vita di Pietro Verri, su storiadimilano.it. Vèrri, Pietro nell'Enciclopedia Treccani, su treccani.it. Ricordi a mia figlia, su classicitaliani.it. CatalogoSellerio, su Sellerio. SALERNO EDITRICE. Scheda del libro: VERRI PIETRODELLE NOZIONI TENDENTI ALLA PUBBLICA FELICITÀ, su salernoeditrice.it. Pietro Verri Pensieri di un buon vecchio che non è letterato, su classicitaliani.it. Carlo Capra, L'Edizione Nazionale delle Opere di Pietro Verri. Risultati e prospettive, in Rivista di storia della filosofia, Edizione nazionale delle opere. Scritti di economia, finanza e amministrazione, Giuseppe Bognetti, Angelo Moioli, Pierluigi Porta, Giovanna Tonelli, Roma, Edizioni di storia e letteratura, Scritti di economia, finanza e amministrazione, Giuseppe Bognetti, Angelo Moioli, Pierluigi Porta, Giovanna Tonelli, Roma, Edizioni di storia e letteratura, I Discorsi e altri scritti degli anni Settanta, Giorgio Panizza, con la collaborazione di Silvia Contarini, Gianni Francioni, Sara Rosini, Roma, Edizioni di storia e letteratura, Storia di Milano, Renato Pasta, Roma, Edizioni di storia e letteratura, Scritti di argomento familiare e autobiografico, Gennaro Barbarisi, Roma, Edizioni di storia e letteratura, Scritti politici della maturità, Carlo Capra, Roma, Edizioni di storia e letteratura, ,Carteggio di Pietro e Alessandro Verri. Gigliola Di Renzo Villata, Roma, Edizioni di storia e letteratura, ,Carteggio di Pietro e Alessandro Verri. Sara Rosini, Roma, Edizioni di storia e letteratura, Carteggio di Pietro e Alessandro Verri. Sara Rosini, Roma, Edizioni di storia e letteratura, Pietro Verri, Caffè. 1, In Venezia, Pietro Pizzolato, Pietro Verri, Caffè. 2, In Venezia, Pietro Pizzolato, Pietro Verri, Meditazioni sulla economia politica con annotazioni, Venezia, Giovanni Battista Pasquali, Meditazioni sulla economia politica, Livorno, Stamperia dell'Enciclopedia Livorno, Pietro Verri, Sull'indole del piacere e del dolore, In Milano, Giuseppe Marelli, Pietro Verri, Storia di Milano. 1, Milano, Società tipografica de' classici italiani, Pietro Verri, Storia di Milano. 2, Milano, Società tipografica de' classici italiani,Riedizioni Pietro Verri, Alessandro Verri, Carteggio di Pietro e di Alessandro Verri, F. Novati, A. Giulini, E. Greppi, G. Seregni, Milano, L. F. Cogliati, Milesi & figli, Giuffrè. Pietro Verri, Alessandro Verri, Viaggio a Parigi e Londra. Carteggio di Pietro ed Alessandro Verri, Gianmarco Gaspari, Milano, Adelphi,  Pietro Verri, Appunti di diritto bellico, Paolo Benvenuti, riedizione aggiornata, Roma, Arnaldo Di Benedetto, Pietro Verri repubblicano: gli ultimi articoli, Tra Sette e Ottocento. Poesia, letteratura e politica, Alessandria, Edizioni dell'Orso, Adriano Cavanna, Da Maria Teresa a Bonaparte: il lungo viaggio di Pietro Verri, Carlo Capra, I progressi della ragione: vita di Pietro Verri, Bologna, Il Mulino, 2002. Pietro Verri, Meditazioni sulla felicità, Pavia-Como, Ibis. Pietro Verri, Discorso sull'indole del piacere e del dolore, Gianfranco Spada, Londra, Traettiana, . Pietro Verri, Diario Militar, Milano, M&B Publishing, Verri (famiglia) Alessandro Verri Carlo Verri Giovanni Verri. Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Pietro Verri, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Pietro Verri, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Pietro Verri, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.  Opere di Pietro Verri, su Liber Liber.  Opere di Pietro Verri, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Pietro Verri, .Opere di Pietro Verri, su Progetto Gutenberg. Pietro Verri, in Catholic Encyclopedia, Robert Appleton Company.  Pietro Verri. Biografia e pensiero Diego Fusaro e Nicoletta Cieri, sito Filosofico.net. Cronologia della vita di Pietro Verri, Maria Castiglioni e Teresa Verri di Paolo Colussi, sito Storia di Milano. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Verri," per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

Viano: essential Italian philosopher. Carlo Augusto Viano (Aosta ) filosofo, storico della filosofia e accademico italiano. Laureatosi in Filosofia all'Torino con Abbagnano, in seguito ha insegnato nelle Milano e Cagliari. Ha fatto infine ritorno, in qualità di ordinario fuori ruolo di Storia della filosofia, all'ateneo torinese, di cui è stato nominato professore emerito a seguito del pensionamento. Ha fatto parte del Comitato Nazionale per la Bioetica, ed è stato membro del direttivo della Rivista di filosofia  socio nazionale dell'Accademia delle Scienze di Torino.  Izgu insignito del premio Feltrinelli per la Storia dela Filosofia.  Pensiero Di formazione neoilluminista, si è occupato principalmente di storia della filosofia antica e moderna e di etica. Nel campo della filosofia è autore di importanti studi su Aristotele (La logica di Aristotele, Torino) e Locke (John Locke, Dal razionalismo all'Illuminismo, Torino, Il pensiero politico di Locke, Roma/Bari), oltre a varie opere di storia della filosofia curate in collaborazione con Pietro Rossi. Nel campo dell'etica, oltre a studi storici (L'etica, Milano, Teorie etiche contemporanee, Torino), si è dedicato a promuovere la costruzione di una bioetica laica e, soprattutto negli ultimi anni, a denunciare la timidezza dei laici di fronte alle ingerenze della Chiesa cattolica in ambito scientifico e morale.  Da Enrico Mistretta, direttore editoriale della Laterza, gli fu affidata, insieme con Pietro Rossi, la direzione di una fondamentale Storia della filosofia. Opere principali La logica di Aristotele, Torino, Ed. Taylor,John Locke, Dal razionalismo all'Illuminismo, Torino, Einaudi, L'etica, Mondadori, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, La selva delle somiglianze. Il filosofo e il medico, Torino, Einaudi, Va' pensiero: il carattere della filosofia italiana contemporanea, Torino, Einaudi (con Pietro Rossi) Filosofia italiana e filosofie straniere nel dopoguerra, Bologna, Il Mulino (curatore) Teorie etiche contemporanee, Torino, Bollati Boringhieri (con Pietro Rossi) Storia della filosofia, Roma/Bari, Laterza,  Il pensiero politico di Locke, Roma/Bari, Laterza, Etica pubblica, Roma/Bari, Laterza (con Pietro Rossi) Le città filosofiche. Per una geografia della cultura filosofica italiana, Bologna, Il Mulino, Le imposture degli antichi e i miracoli dei moderni, Torino, Einaudi, Laici in ginocchio, Roma/Bari, Laterza, Stagioni filosofiche. La filosofia del Novecento fra Torino e l'Italia, Bologna, Il Mulino, La scintilla di Caino. Storia della coscienza e dei suoi usi, Torino, Bollati Boringhieri. Profilo biografico su accademiadellescienze.it. Maurizio Mori , L'Torino ricorda il Prof. Carlo Augusto Viano, su Torino. Cerimonia inaugurale dell'Anno Accademico dell'Accademia Nazionale dei Lincei, su Presidenza della Repubblica, Roma. Treccani.itEnciclopedie,  Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Carlo Augusto Viano, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Opere di Carlo Augusto Viano, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere su Goodreads.  Registrazioni su RadioRadicale.it, Radio Radicale.  Biografia e testi sull'Enciclopedia multimediale RAI delle scienze filosofiche Rassegna stampa sul Sito Web Italiano per la Filosofia Recensione di "Le città filosofiche" su Recensioni Filosofiche.

 

viazzi: essential Italian philosopher. Deputato del Regno d'Italia Durata mandato Legislature Gruppo parlamentare PRI CollegioGrosseto Sito istituzionale Dati generali Partito politicoPartito Repubblicano Italiano Titolo di studiolaurea Professioneavvocato, docente. Pio Viazzi (Gavi), filosofo. Apprezzato teorico e studioso di diritto, fu eletto per i repubblicani alla Camera dei deputati per il collegio di Grosseto, subentrando ad Ettore Socci e battendo il candidato dei radicali Angelo Banti. Viazzi rimase in Parlamento per due legislature e fu succeduto dal socialista Giovanni Merloni. Pio Viazzi, su storia.camera.it, Camera dei deputati

 

vico: Essential itealian philosopher. Grice: “The Italians revere him so much that his emblem is on one of their stamps!”“It would be as having Ryle on one of ours!” vico: He is so beloved by the Italians “that they made a stamp of him.”Grice. cited by H. P. Grice, “Vico and the origin of language.” Philosopher who founded modern philosophy of history, philosophy of culture, and philosophy of mythology. He was born and lived all his life in or near Naples, where he taught eloquence. The Inquisition was a force in Naples throughout Vico’s lifetime. A turning point in his career was his loss of the concourse for a chair of civil law. Although a disappointment and an injustice, it enabled him to produce his major philosophical work. He was appointed royal historiographer by Charles of Bourbon. Vico’s major work is “La scienza nuova”  completely revised in a second, definitive version. He published three connected works on jurisprudence, under the title Universal Law; one contains a sketch of his conception of a “new science” of the historical life of nations. Vico’s principal works preceding this are On the Study Methods of Our Time, comparing the ancients with the moderns regarding human education, and On the Most Ancient Wisdom of the Italians, attacking the Cartesian conception of metaphysics. His Autobiography inaugurates the conception of modern intellectual autobiography. Basic to Vico’s philosophy is his principle that “the true is the made” “verum ipsum factum”, that what is true is convertible with what is made. This principle is central in his conception of “science” scientia, scienza. A science is possible only for those subjects in which such a conversion is possible. There can be a science of mathematics, since mathematical truths are such because we make them. Analogously, there can be a science of the civil world of the historical life of nations. Since we make the things of the civil world, it is possible for us to have a science of them. As the makers of our own world, like God as the maker who makes by knowing and knows by making, we can have knowledge per caussas through causes, from within. In the natural sciences we can have only conscientia a kind of “consciousness”, not scientia, because things in nature are not made by the knower. Vico’s “new science” is a science of the principles whereby “men make history”; it is also a demonstration of “what providence has wrought in history.” All nations rise and fall in cycles within history corsi e ricorsi in a pattern governed by providence. The world of nations or, in the Augustinian phrase Vico uses, “the great city of the human race,” exhibits a pattern of three ages of “ideal eternal history” storia ideale eterna. Every nation passes through an age of gods when people think in terms of gods, an age of heroes when all virtues and institutions are formed through the personalities of heroes, and an age of humans when all sense of the divine is lost, life becomes luxurious and false, and thought becomes abstract and ineffective; then the cycle must begin again. In the first two ages all life and thought are governed by the primordial power of “imagination” fantasia and the world is ordered through the power of humans to form experience in terms of “imaginative universals” universali fantastici. These two ages are governed by “poetic wisdom” sapienza poetica. At the basis of Vico’s conception of history, society, and knowledge is a conception of mythical thought as the origin of the human world. Fantasia is the original power of the human mind through which the true and the made are converted to create the myths and gods that are at the basis of any cycle of history. Michelet was the primary supporter of Vico’s ideas in the nineteenth century; he made them the basis of his own philosophy of history. Coleridge is the principal disseminator of Vico’s views in England. James Joyce used the New Science as a substructure for Finnegans Wake, making plays on Vico’s name, beginning with one in Latin in the first sentence: “by a commodius vicus of recirculation.” Croce revives Vico’s philosophical thought, wishing to conceive Vico as the  Hegel. Vico’s ideas have been the subject of analysis by such prominent philosophical thinkers as Horkheimer and Berlin, by anthropologists such as Edmund Leach, and by literary critics such as René Wellek and Herbert Read. Refs.: S. N. Hampshire, “Vico,” in The New Yorker. Luigi Speranza, “Vico alla Villa Grice.” H. P. Grice, “Vico and language.” vico --  Danesi, Marcel. Vico, Metaphor, and the Origin of Language. Bloomington: Indiana. Serious scholars of Vico as well as glottogeneticists will find much of value in this excellent monograph. Vico Studies. A provocative, well-researched argument which might find reapplication in philosophy." —Theological Book Review. Danesi returns to Vico to create a persuasive, original account of the evolution and development of language, one of the deep mysteries of human existence. The Vico’s reconstruction of the origin of language is described at length, then evaluated in light of Grice’s philosophical conversational pragmatics. Glottogenesis Vico’s Reconstruction. The New Science Basic Notions. Language and the Imagination: Vito’s Glottogenetic Scenario Vico’s Approach Reconstructing the Primal Scene After the Primal Scence. The Dawn of Communication: Iconicity and Mimesis Hypotheses The Nature of Iconicity. Imagery, Iconicity, and Gesture. Iconic Representation. Osmosis Hypothesis Ontogenesis From Percepts to Concepts The Metaphoricity Metaphor Metaphor and Concept-Formation Mentation, Narrativity, and Myth  The Sociobiological-Computationist Viewpoint:A Vichian Critique The Vichian Scenario Revisited Revisting the Genetic Perspective computationism. Refs.: Luigi Speranza, “Vico e Grice,” Villa Grice.

 

VISUM: Grice: “One has to be careful, because ‘visum’ can be ‘what is seen,’ but also ‘what is divided,’ divisum – different roots, though.” VIDERE -- how to divide the indivisible. Grice, “How to divide the indivisible.” dis- "apart" (see dis-) + -videre "to separate," which, according to de Vaan, is from PIE *(d)uid- "to separate, distinguish" (source also of Sanskrit avidhat "allotted," Old Avestan vida- "to devote oneself to"). He writes: "The original PIE verb ... (which became thematic in Latin) meant 'to divide in two, separate'. It lost initial *d- through dissimilation in front of the next dental stop, and was reinforced by dis- in Latin ...." Also compare devise. dividuum-individuum distinction, the: individuum: versus the dividuumor divisum. Cicero’s attempt to translate ‘a-tomon.’ In metaphysics, a process whereby a universal, e.g., cat, becomes instantiated in an individualalso called a particular e.g., Minina; (2) in epistemology, a process whereby a knower discerns an individual, e.g., someone discerns Minina. The double understanding of individuation raises two distinct problems: identifying the causes of metaphysical individuation, and of epistemological individuation. In both cases the causes are referred to as the principle of individuation. Attempts to settle the metaphysical and epistemological problems of individuation presuppose an understanding of the nature of individuality. Individuality has been variously interpreted as involving one or more of the following: indivisibility, difference, division within a species, identity through time, impredicability, and non-instantiability. In general, theories of individuation try to account variously for one or more of these. Individuation may apply to both substances (e.g., Minina) and their features (e.g., Minina’s fur color), generating two different sorts of theories. The theories of the metaphysical individuation of substances most often proposed identify six types of principles: a bundle of features (Russell); space and/or time (Boethius); matter (Aristotle); form (Averroes); a decharacterized, sui generis component called bare particular (Bergmann) or haecceity (Duns Scotus); and existence (Avicenna). Sometimes several principles are combined. For example, for Aquinas the principle of individuation is matter under dimensions (materia signata). Two sorts of objections are often brought against these views of the metaphysical individuation of substances. One points out that some of these theories violate the principle of acquaintance,since they identify as individuators entities for which there is no empirical evidence. The second argues that some of these theories explain the individuation of substances in terms of accidents, thus contradicting the ontological precedence of substance over accident. The two most common theories of the epistemological individuation of substances identify spatiotemporal location and/or the features of substances as their individuators; we know a thing as an individual by its location in space and time or by its features. The objections that are brought to bear against these theories are generally based on the ineffectiveness of those principles in all situations to account for the discernment of all types of individuals. The theories of the metaphysical individuation of the features of substances fall into two groups. Some identify the substance itself as the principle of individuation; others identify some feature(s) of the substance as individuator(s). Most accounts of the epistemological individuation of the features of substances are similar to these views. The most common objections to the metaphysical theories of the individuation of features attempt to show that these theories are either incomplete or circular. It is argued, e.g., that an account of the individuation of features in terms of substance is incomplete because the individuation of the substance must also be accounted for: How would one know what tree one sees, apart from its features? However, if the substance is individuated by its features, one falls into a vicious circle. Similar points are made with respect to the epistemological theories of the individuation of features. Apart from the views mentioned, some philosophers hold that individuals are individual essentially (per se), and therefore that they do not undergo individuation. Under those conditions either there is no need for a metaphysical principle of individuation (Ockham), or else the principle of individuation is identified as the individual entity itself.

 

Vieri: Essentail Italian philosopher. Francesco de' Vieri, detto Verino secondo (Firenze), filosofo. Di famiglia nobile, era nipote di Francesco de' Vieri detto Verino primo. Allo Studio di Pisa fu professore di filosofia. Come l'avo fu molto attivo nell'Accademia fiorentina. Era contestato dai colleghi per il suo vagheggiare una nuova accademia platonica improntata su Pico. Suo principale avversario era Borri.  Opere: Liber in quo a calumnijs detractorum philosophia defenditur, & eius praestantia demonstratur, Romae, Giovanni Angelo Ruffinelli, Giacomo Ruffinelli. Jill Kraye, Cambridge Translations of Renaissance Philosophical Texts: Moral and Political Philosophy, Cambridge, Francesco de' Vieri, detto il Verino secondo, IMSS Jill Kraye, Cambridge Translations of Renaissance Philosophical Texts: Moral and Political Philosophy, Cambridge University Press, Francesco de' Vieri, su accademicidellacrusca.org, Accademia della Crusca. F

 

vigna: essential Italian philosopher. Carmelo Vigna (Rosolini), filosofo.  Carmelo Vigna ha studiato Filosofia all'Università Cattolica di Milano, legandosi in special modo all'insegnamento di Gustavo Bontadini e di Emanuele Severino. Con Severino si laurea nel 1963, discutendo una tesi sulla logica dell'astratto e la logica del concreto di Giovanni Gentile. Dal 1981 è Professore di Filosofia morale presso l'Università Ca’ Foscari di Venezia, ma ha insegnato anche presso l'Università Cattolica di Milano. Nel  l'Venezia lo ha nominato professore emerito. È stato, inoltre, il presidente della Società Italiana di Filosofia Morale (S.I.F.M.).  Pensiero Si è occupato inizialmente di neoidealismo italiano, di marxismo, e del pensiero di Aristotele.  Successivamente si è concentrato in maniera speciale sull'ontologia e sulla metafisica, proponendo una nuova semantizzazione dell'essere capace di risolvere le aporie del parmenidismo di Severino, che in qualche modo gravavano anche sulla speculazione di Bontadini. Questa nuova semantizzazione permette di leggere nel divenire non l'annullamento dell'essere, ma piuttosto quello dell'ente. La differenza ontologica fondamentale è proprio quella che passa tra l'essere assoluto che non diviene e l'ente finito che comincia e cessa di essere. Questa impostazione ha consentito di raffinare ulteriormente il tema della mediazione metafisica che sfrutta e compone la posizione necessaria della totalità dell'essere con la posizione della totalità molteplice e mutabile dell'esperienza.  Insieme alle analisi di metafisica si sono svolte quelle di etica fondamentale e di etica applicata (bioetica, etica pubblica, etica dell'ambiente, etica della differenza sessuale). L'etica è intesa fondamentalmente come un'etica del desiderio umano, il quale, a sua volta, è fondamentalmente desiderio di un altro desiderio, cioè poi di un altro essere umano che ci desideri e ci riconosca. L'etica viene così ricondotta alle dinamiche delle relazioni intersoggettive, che si possono descrivere secondo tre modelli basilari. Il primo modello è quello regolativo per l'etica: quello in cui le soggettività si riconoscono reciprocamente come delle soggettività, e cioè come delle persone o degli esseri che pensano e desiderano in senso trascendentale. Il secondo modello è quello trasgressivo: quello in cui le soggettività confliggono e cercano di dominare il soggetto che hanno di fronte, trattandolo come un oggetto o una cosa manipolabile a loro piacimento. Il terzo modello, che si colloca a mezza strada fra i due precedenti, è quello che Vigna definisce oblativo, in cui mentre una delle due soggettività riconosce l'altra e si dispone a trattare l'altra secondo la cura e il rispetto che le convengono, l'altra soggettività non offre nessun riconoscimento e cerca di imporsi sulla soggettività riconoscente come soggettività dominante.  Questa impostazione ontoetica si caratterizza per il tentativo di fondare la regolatività etica del primo modello su argomentazioni che partono dal rilievo irrefutabile della trascendentalità umana, la quale si trova invece contraddetta in tutte le situazioni di rapporto intersoggettivo riconducibili agli altri due modelli.  Le indagini di antropologia trascendentale completano e chiudono questo percorso, ponendosi come il termine medio che stringe e salda l'ontologia metafisica all'etica. Il concetto di persona viene inteso come sinergia del concetto di sostanza e di quello di relazione. Sostanza è classicamente quello che permane e sta in sé. Relazione, invece, è qui il rapporto intenzionale ad altro da sé. L'essere umano è una sinergia di sostanza e relazione perché è sia rapporto a se stesso sia rapporto all'altro da sé, in quanto è essenzialmente una intenzionalità trascendentale, ovverosia un orizzonte consistente di relazione all'altro da sé, secondo il corso illimitato del desiderio che lo abita.  Scritti principali La dialettica gentiliana, in “Giornale critico della filosofia italiana”, Religione e filosofia nel pensiero di Giovanni Gentile, in “Giornale critico della filosofia italiana”, Gentile interprete di Marx, in  Enciclopedia. Il pensiero di Giovanni Gentile, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma, Ragione e religione, CELUC, Milano Filosofia e marxismo, CELUC, Milano, Le origini del marxismo teorico in Italia. Il dibattito tra Labriola, Croce, Gentile e Sorel sui rapporti tra marxismo e filosofia, Città Nuova, Roma, Antonio Gramsci. Il pensiero teorico e politico. La "questione leninista", Città Nuova, Roma (con V. Melchiorre e G. de Rosa). Invito al pensiero di Aristotele, Mursia, Milano, Sostanza e relazione. Una aporetica della persona, in L'idea di persona, V. Melchiorre, Vita e Pensiero, Milano, L'enigma del desiderio, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (con L. Ancona e P.A. Sequeri). La politica e la speranza, Edizioni Lavoro, Roma  (con V. Melchiorre). Il frammento e l'Intero. Indagini sul senso dell'essere e sulla stabilità del sapere,Orthotes, Napoli-Salerno, Sul trascendentale come intersoggettività originaria, in Le avventure del trascendentale, A. Rigobello, Rosenberg & Sellier, Torino, Sulla verità e sul bene, Petite Plaisance, Pistoia (con L. Grecchi). Etica del desiderio come etica del riconoscimento, Orthotes, Napoli-Salerno . Sostanza e relazione. Indagini di struttura sull'umano che ci è comune, 2 volumi, Orthotes, Napoli-Salerno . Studi gentiliani,  Orthotes, Napoli-Salerno . Studi marxiani, Orthotes, Napoli-Salerno . Studi aristotelici, 2 volumi, Orthotes, Napoli-Salerno . Curatele La ragione e la dialettica. Studi su Marx e della Volpe, Marsilio, Venezia, Teorie della felicità. II, Francisci, Abano Terme. La qualità dell'uomo. Filosofi e psicologi a confronto, Franco Angeli, Milano (curato insieme a G. Trentini). Dio e la ragione, Marietti, Genova. L'etica e il suo altro, Franco Angeli, Milano, Strutture del sapere filosofico, Il Cardo, Venezia  (con E. Berti, A. Masullo, L. Ruggiu, E. Severino). La libertà del bene, Vita e Pensiero, Milano, Essere giusti con l'altro, Rosenberg & Sellier, Torino. Introduzione all'etica, Vita e Pensiero, Milano,  Etica trascendentale e intersoggettività, Vita e Pensiero, Milano, Multiculturalismo e identità, Vita e Pensiero, Milano (cura insieme a S. Zamagni). La persona e i nomi dell'essere. Scritti di filosofia in onore di V. Melchiorre, Vita e Pensiero, Milano (curato con F. Botturi e F. Totaro). Libertà, giustizia e bene in una società plurale, Vita e Pensiero, Milano. Etiche e politiche della post-modernità, Milano, Vita e Pensiero. Etica del plurale. Giustizia, riconoscimento, responsabilità, Vita e Pensiero, Milano (curato con E. Bonan). Affetti e legami, Vita e Pensiero, Milano (curato con F. Botturi). La regola d'oro come etica universale, Vita e Pensiero, Milano (curato con S. Zanardo). Bontadini e la metafisica, Vita e Pensiero, Milano, Metafisica e violenza, Vita e Pensiero, Milano (curato con P. Bettineschi). Etica di frontiera. Nuove forme del bene e del male, Vita e Pensiero, Milano (curato con S. Zanardo). Di un altro genere: etica al femminile, Vita e Pensiero, Milano  (curato con P. Ricci Sindoni). Giorgio La Pira. Un san Francesco nel Novecento, AVE, Roma (curato con E. Zambruno). Multiculturalismo e interculturalità. L'etica in questione, Vita e Pensiero, Milano  (curato con E. Bonan). Life and the Sacred, Olms, Hildesheim-Zuerich-New York  (curato con R. Alvira). La vita spettacolare. Questioni di etica, Orthotes, Napoli  (curato con R. Fanciullacci). Etica dell'economia. Idee per una critica del riduzionismo economico, Orthotes, Napoli-Salerno  (curato con A. Biasini). Differenza di genere e differenza sessuale. Un problema di etica di frontiera, Orthotes, Napoli-Salerno . Il dovere dell'ospitalità, Orthotes, Napoli-Salerno. Dell'interpretazione di Gentile offerta da Vigna discutono, fra gli altri, M. Berlanda, Gentile e l'ipoteca kantiana. Linee di formazione del primo attualismo, Vita e Pensiero, Milano e P. Bettineschi, Critica della prassi assoluta. Analisi dell'idealismo gentiliano, Orthotes, Napoli . Ora si vedano anche Studi gentiliani, 2 volumi, Orthotes, Napoli-Salerno .  Cfr. gli scritti raccolti in C. Vigna, Studi marxiani, rthotes, Napoli-Salerno .  Cfr. gli scritti raccolti in C. Vigna, Studi aristotelici, Orthotes, Napoli-Salerno. F. Saccardi, Semantizzazione dell'essere e inferenza metempirica, in P. Pagani , Debili postille. Lettere a Carmelo Vigna, Orthotes, Napoli, Cfr. anche L. Messinese, L'apparire del mondo. Dialogo con Emanuele Severino sulla "struttura originaria" del sapere, Mimesis, Milano-Udine, "Carmelo Vigna, invece, che pur si è formato alla scuola di Bontadini e di Severino, non segue più i suoi maestri, perché ormai egli ritiene che, se si accetta la semantizzazione parmenidea dell'essere, non si può evitare di estendere gli attributi dell'essere assoluto agli enti, come precisamente è avvenuto nello svolgimento del pensiero di Severino. L'errore, però, prosegue Vigna, sta proprio in questo "aver trattato la questione dell'essere come una questione di essenza". L'errore viene eliminato convincendosi che la semantizzazione dell'essere coincide con la 'relazione di essenza ed esistenza': questo è il 'tratto comune' tra tutti gli enti".  Cfr. C. Vigna, Il frammento e l'Intero,  Sulla semantizzazione dell'essere. L'eredità speculativa di Gustavo Bontadini, in Bontadini e la metafisica. Si veda inoltre G.P. Solliani, Dell'essere come essenza. Per una rivisitazione del problema a partire da Tommaso d'Aquino, in Debili postille, Il frammento e l'Intero, Cfr. anche P. Pagani, Una rivisitazione della via del divenire e A. Peratoner, Intorno alla conoscibilità di Dio, la ragione, la fede, in Debili postille,  Si veda poi A. Barzaghi, Percorsi di rigorizzazione della teologia naturale nella filosofia neoclassica milanese, in Rivista di filosofia neo-scolastica. Cfr. Vigna, Etica del desiderio umano (in nuce), in Introduzione all'etica, Aporetica dei rapporti intersoggettivi e sua risoluzione, in Etica trascendentale e intersoggettività,  Si veda anche il saggio di R. Fanciullacci, Dell'intersoggettività e del riconoscimento. in Debili postille, Cfr. C. Vigna, Sul trascendentale come intersoggettività originaria. Inoltre: G. Venuti, Sulla Cura d'Altri come Regola d'Oro. Lettera a perta a Carmelo Vigna, e S. Zanardo, Sul dono della differenza, in Debili postille, Per una discussione complessiva del pensiero di Vigna si vedano i saggi contenuti in P. Pagani  Debili postille. Lettere a Carmelo Vigna, Orthotes, Napoli . Sostanza e relazione. Una aporetica della persona. Si può vedere anche P. Bettineschi, Finità e infinità della soggettività. Lettera aperta a Carmelo Vigna, in P. Bettineschi, Intenzionalità e riconoscimento. Scritti di etica e antropologia trascendentale, Orthotes, Napoli ,  29-40.  Bergamofestival: l'intuizione, su youtube.com. Malato o persona?, su youtube.com. L'etica, su youtube.com. Treccani. Intervista a Carmelo Vigna: la filosofia morale, su youtube.com. Claudio Tugnoli, Carmelo Vigna: il desiderio come orizzonte trascendentale, su mondodomani.org. Profilo di Carmelo Vigna sul sito dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, su unive.it Bollettino della Società filosofica italiana  su sfi.it. Centro di Etica Generale e Applicata, su centrodietica.it. Centro Interuniversitario per gli Studi sull’Etica, su venus.unive.it. Società Italiana di Filosofia Morale, su sifm.it. Intervento su La Pira, su avvenire.it. Attualismo, problematicismo, metafisica , su filosofia.it. La politica e il sacro, su inschibboleth.org.

 

Vignoli: essential Italian philosopher. Tito Vignoli (n. Rosignano Marittimo), filosofo. Sii trasferì a Milano, dove svolse la sua attività scientifica. Docente di antropologia presso la Reale Accademia di Scienze e Lettere, divenne direttore del Museo civico di storia naturale.  I suoi scritti apparvero su Il Politecnico e sulla Rivista di filosofia scientifica. Due sue opere ebbero risonanza europea: Della legge fondamentale dell'intelligenza nel mondo animale e Mito e scienza -- quest'ultima, tradotta in lingua tedesca influenzò Aby Warburg, in inglese ("Myth and Science", New York, Appleton Publication, Questo testo proviene in parte dalla relativa voce del progetto Mille anni di scienza in Italia, opera del Museo Galileo. Istituto Museo di Storia della Scienza di Firenze (home page), pubblicata sotto licenza Creative Commons CC-BY-3.0 Elena Canadelli, In Search of Animal Intelligence: The Case of the Italian Psychologist Vignoli  in The European Yearbook of the History of Psychology. Opere di Tito Vignoli, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere su Progetto Gutenberg.  E. Canadelli, Tito Vignoli. Da professore di antropologia a direttore del Museo civico d storia natural  nel sito "Milano Città delle Scienze". Elena Canadelli, La biblioteca di antropologia e biologia di Vignoli nel sito "Milano Città delle Scienze". «Tito Vignoli» in Biblioteche dei filosofi, Scuola Normale Superiore di PisaUniversità degli studi di Cagliari

 

VISVM -- Grice: “The Grecian root ‘id-,’ as in Plato’s infamous ideas, is cognate with Latin, ‘visum,’ -- ideatum. Quite used by Grice. Cf. Conceptum. Sub-perceptual. Cognate with ‘eidos,’ that Grice translates as ‘forma.’ Why is an ‘eidos’ an ‘idea’ and in what sense is an idea a ‘form’? These are deep questions! idem: a key philosophical notion that encompasses linguistic, logic, and metaphysical issues, and also epistemology. Possibly the central question in philosophy. Vide the principle of ‘identity.’ amicus est tamquam alter idem,” a second selfIdenticum. Grecian ‘tautotes.’ late L. identitās (Martianus Capella, c425), peculiarly formed from ident(i)-, for L. idem ‘same’ + -tās, -tātem: see -ty.  Various suggestions have been offered as to the formation. Need was evidently felt of a noun of condition or quality from idem to express the notion of ‘sameness’, side by side with those of ‘likeness’ and ‘oneness’ expressed by similitās and ūnitās: hence the form of the suffix.  But idem had no combining stem.  Some have thought that ident(i)- was taken from the L. adv. "identidem" ‘over and over again, repeatedly’, connexion with which appears to be suggested by Du Cange's explanation of identitās as ‘quævis actio repetita’. Meyer-Lübke suggests that in the formation there was present some association between idem and id ens ‘that being’, whence "identitās" like "entitās." But assimilation to "entitās" may have been merely to avoid the solecism of *idemitās or *idemtās. sameness. However originated, "ident(i)-" (either from adverb "identidem" or an assimilation of "id ens," "id ens," that being, "id entitas" "that entity") became the combining stem of idem, and the series ūnitās, ūnicus, ūnificus, ūnificāre, was paralleled by identitās, identicus, identificus, identificāre: see identic, identific, identify above.] to  OED 3rd: identity, n. Pronunciation:  Brit./ʌɪˈdɛntᵻti/ , U.S. /aɪˈdɛn(t)ədi/ Forms:  15 idemptitie, 15 ydemptyte, 15–16 identitie, 15– identity, 16 idemptity.  Etymology: < Middle French identité, ydemtité, ydemptité, ydentité (French identité) quality or condition of being the same (a1310; 1756 in sense ‘individuality, personality’, 1801 in sense ‘distinct impression of a single person or thing presented to or perceived by others’) and its etymon post-classical Latin identitat-, identitas quality of being the same (4th cent.), condition or fact that a person or thing is itself and not something else (8th cent. in a British source), fact of being the same (from 12th cent. in British sources), continual sameness, lack of variety, monotony (from 12th cent. in British sources; 14th cent. in a continental source) < classical Latin idem same (see idem n.) + -tās (see -ty suffix1) [sameness], after post-classical Latin essentitas ‘being’ (4th cent.).The Latin word was formed to provide a translation equivalent for ancient Greek ταὐτότης (tautotes) identity. identity: identity was a key concept for Grice. Under identity, he views both identity simpliciter and personal identity. Grice advocates psychological or soul criterianism. Psychological or soul criterianism has been advocated, in one form or another, by philosophers such as Locke, Butler, Duncan-Jones, Berkeley, Gallie, Grice, Flew, Haugeland, Jones, Perry, Shoemaker and Parfit, and Quinton. What all of these theories have in common is the idea that, even if it is the case that some kind of physical states are necessary for being a person, it is the unity of consciousness which is of decisive importance for personal identity over time. In this sense, person is a term which picks out a psychological, or mental, "thing". In claiming this, all Psychological Criterianists entail the view that personal identity consists in the continuity of psychological features. It is interesting that Flew has an earlier "Selves," earlier than his essay on Locke on personal identity. The first, for Mind, criticising Jones, "The self in sensory cognition"; the second for Philosophy. Surely under the tutelage of Grice. Cf. Jones, Selves: A reply to Flew, Philosophy.  The stronger thesis asserts that there is no conceivable situation in which bodily identity would be necessary, some other conditions being always both necessary and sufficient. Grice takes it that Locke’s theory (II, 27) is an example of this latter type. To say "Grice remembers that he heard a noise", without irony or inverted commas, is to imply that Grice did hear a noise. In this respect remember is like, know, a factive. It does not follow from this, nor is it true, that each claim to remember, any more than each claim to know, is alethic or veridical; or, not everything one seems to remember is something one really remembers. So much is obvious, although Locke -- although admittedly referring only to the memory of actions, section 13 -- is forced to invoke the providence of God to deny the latter. These points have been emphasised by Flew in his discussion of Locke’s views on personal identity. In formulating Locke’ thesis, however, Flew makes a mistake; for he offers Lockes thesis in the form if Grice can remember Hardies doing such-and-such, Grice and Hardie are the same person. But this obviously will not do, even for Locke, for we constantly say things like I remember my brother Derek joining the army without implying that I and my brother are the same person. So if we are to formulate such a criterion, it looks as though we have to say something like the following. If Derek Grice remembers joining my, he is the person who did that thing. But since remembers doing means remembers himself doing, this is trivially tautologous, and moreover lends colour to Butlers famous objection that memory, so far from constituting personal identity, presupposes it.  As Butler puts it, one should really think it self-evident that consciousness of personal identity presupposes, and therefore cannot constitute, personal identity; any more than knowledge, in any other case, can constitute truth, which it presupposes. Butler then asserts that Locke’s misstep stems from his methodology. This wonderful mistake may possibly have arisen from hence; that to be endued with consciousness is inseparable from the idea of a person, or intelligent being. For this might be expressed inaccurately thus, that consciousness makes personality: and from hence it might be concluded to make personal identity. One of the points that Locke emphasizes—that persistence conditions are determined via defining kind terms—is what, according to Butler, leads Locke astray.  Butler additionally makes the point that memory is not required for personal persistence. But though present consciousness of what we at present do and feel is necessary to our being the persons we now are; yet present consciousness of past actions or feelings is not necessary to our being the same persons who performed those actions, or had those feelings. This is a point that others develop when they assert that Lockes view results in contradiction. Hence the criterion should rather run as follows. If Derek Grice claims to remember joining the army. We must then ask how such a criterion might be used.  Grices example is: I remember I smelled a smell. He needs two experiences to use same. I heard a noise and I smelled a smell.The singular defines the hearing of a noise is the object of some consciousness. The pair defines, "The hearing of a noise and the smelling of a smell are objects of the same -- cognate with self as in I hurt me self, -- consciousness. The standard form of an identity question is Is this x the same x as that x which E and in the simpler situation we are at least presented with just the materials for constructing such a question; but in the more complicated situation we are baffled even in asking the question, since both the transformed persons are equally good candidates for being its Subjects, and the question Are these two xs the same (x?) as the x which E is not a recognizable form of identity question. Thus, it might be argued, the fact that we could not speak of identity in the latter situation is no kind of proof that we could not do so in the former. Certainly it is not a proof, as Strawson points out to Grice. This is not to say that they are identical at all. The only case in which identity and exact similarity could be distinguished, as we have just seen, is that of the body, same body and exactly similar body really do mark a difference. Thus one may claim that the omission of the body takes away all content from the idea of personal identity, as Pears pointed out to Grice. Leaving aside memory, which only partially applies to the case, character and attainments are quite clearly general things. Joness character is, in a sense, a particular; just because Jones’s character refers to the instantiation of certain properties by a particular (and bodily) man, as Strawson points out to Grice (Particular and general). If in ‘Negation and privation,’ Grice tackles Aristotle, he now tackles Locke. Indeed, seeing that Grice went years later to the topic as motivated by, of all people, Haugeland, rather than perhaps the more academic milieu that Perry offers, Grice became obsessed with Hume’s sceptical doubts! Hume writes in the Appendix that when he turns his reflection on himself, Hume never can perceive this self without some one or more perceptions. Nor can Hume ever perceive any thing but the perceptions. It is the composition of these, therefore, which forms the self, Hume thinks. Hume grants that one can conceive a thinking being to have either many or few perceptions. Suppose, says Hume, the mind to be reduced even below the life of an oyster. Suppose the oyster to have only one perception, as of thirst or hunger. Consider the oyster in that situation. Does the oyster conceive any thing but merely that perception? Has the oyster any notion of, to use Gallies pretentious Aristotelian jargon, self or substance? If not, the addition of this or other perception can never give the oyster that notion. The annihilation, which this or that philosopher, including Grices first post-war tutee, Flew, supposes to  follow upon death, and which entirely destroys  the oysters self, is nothing but an extinction  of all particular perceptions; love and hatred,  pain and pleasure, thought and sensation. These therefore must be the same with self; since the one cannot survive the other. Is self the same with substance? If it be, how can that question have place, concerning the subsistence of self, under a change of substance? If they be distinct, what is the difference betwixt them? For his part, Hume claims, he has a notion of neither, when conceived distinct from this or that particular perception. However extraordinary Hume’s conclusion may seem,   it need not surprise us. Most philosophers, such as Locke, seems inclined to think, that personal identity arises from consciousness. But consciousness is nothing but a reflected thought or perception, Hume suggests. This is Grices quandary about personal identity and its implicatura. Some philosophers have taken Grice as trying to provide an exegesis of Locke. However, their approaches surely differ. What works for Grice may not work for Locke. For Grice it is analytically true that it is not the case that Person1 and Person may have the same experience. Grice explicitly states that he thinks that his logical-construction theory is a modification of Locke’s theory. Grice does not seem terribly interested to find why it may not, even if the York-based Locke Society might! Rather than introjecting into Lockes shoes, Grices strategy seems to dismiss Locke, shoes and all. Specifically, it not clear to Grice what Lockes answer in the Essay would be to Grices question about this or that I utterance that he sets his analysis with. Admittedly, Grice does quote, albeit briefly, directly from Lockes Essay. As far as any intelligent being can repeat the idea of any past action with the same consciousness it had of it at first, and with the same consciousness it has of any present action, Locke claims, so far the being is the same personal self. Grice tackles Lockes claim with four objections. These are important to consider since Grice sees as improving on Locke. A first objection concerns icircularity, with which Grice easily disposes by following Hume and appealing to the experience of memory or introspection. A second objection is Reid’s alleged counterexample about the long-term memory of the admiral who cannot remember that he was flogged as a boy. Grice dismisses this as involving too long-term of a memory. A third objection concerns Locke’s vagueness about the aboutness of consciousness, a point made by Hume in the Appendix. A fourth objection concerns again circularity, this time in Locke’s use of same in the definiens ‒ cf. Wiggins, Sameness and substance. It’s extraordinary that Wiggins is philosophising on anything Griceian. Grice is concerned with the implicaturum involved in the use of the first person singular. I will be fighting soon. Grice means in body and soul. The utterance also indicates that this is Grices pre-war days at Oxford. No wonder his choice of an example. What else could he have in his soul? The topic of personal identity, which label Hume and Austin found pretentious, and preferred to talk about the illocutionary force of I, has a special Oxonian pedigree, perhaps as motivated by Humes challenge, that Grice has occasion to study and explore for his M. A. Lit. Hum. with Locke’s Essay as mandatory reading. Locke, a philosopher with whom Oxford identifies most, infamously defends this memory-based account of I. Up in Scotland, Reid reads it and concocts this alleged counter-example. Hume, or Home, if you must, enjoys it. In fact, while in the Mind essay he is not too specific about Hume, Grice will, due mainly to his joint investigations with Haugeland, approach, introjecting into the shoes of Hume ‒ who is idolised in The New World ‒ in ways he does not introject into Lockes. But Grices quandary is Hume’s quandary, too. In his own approach to I, the Cartesian ego, made transcendental and apperceptive by Kant, Grice updates the time-honoured empiricist mnemonic analysis by Locke. The first update is in style. Grice embraces, as he does with negation, a logical construction, alla Russell, via Broad, of this or that “I” (first-person) utterance, ending up with an analysis of a “someone,” third-person, less informative, utterance. Grices immediate source is Gallie’s essay on self and substance in Mind. Mind is still a review of psychology and philosophy, so poor Grice has not much choice. In fact, Grice is being heterodoxical or heretic enough to use Broad’s taxonomy, straight from the other place of I utterances. The logical-construction theory is a third proposal, next to the Bradleyian idealist pure-ego theory and the misleading covert-description theory. Grice deals with the Reids alleged counterexample of the brave officer. Suppose, Reid says, and Grice quotes verbatim, a brave officer to have been flogged when a boy at school, for robbing an orchard, to have taken a standard from the enemy in his first campaign, and to have been made a general in advanced life. Suppose also, which must be admitted to be possible, that when he2 took the standard, he2 was conscious of his having been flogged at school, and that, when made a general, hewas conscious of his2 taking the standard, but had absolutely lost the consciousness of his1 flogging. These things being supposed, it follows, from Lockes doctrine, that he1 who is flogged at school is the same person as himwho later takes the standard, and that he2 who later takes the standard is the same person as himwho is still later made a general. When it follows, if there be any truth in logic, that the general is the same person with him1 who is flogged at school. But the general’s consciousness does emphatically not reach so far back as his1 flogging. Therefore, according to Locke’s doctrine, he3 is emphatically not the same person as him1 who is flogged. Therefore, we can say about the general that he3 is, and at the same time, that he3 is not the same person as him1 who was flogged at school. Grice, wholl later add a temporal suffix to =t yielding, by transitivity. The flogged boy =t1 the brave officer. And the brave officer =t2 the admiral. But the admiral ≠t3 the flogged boy. In Mind, Grice tackles the basic analysans, and comes up with a rather elaborate analysans for a simple I or Someone statement. Grice just turns to a generic affirmative variant of the utterance he had used in Negation. It is now someone, viz. I, who hears that the bell tolls. It is the affirmative counterpart of the focus of his earlier essay on negation, I do not hear that the bell tolls. Grice dismisses what, in the other place, was referred to as privileged-access, and the indexicality of I, an approach that will be made popular by Perry, who however reprints Grices essay in his influential collection for the University of California Press. By allowing for someone, viz. I, Grice seems to be relying on a piece of reasoning which hell later, in his first Locke lecture, refer to as too good. I hear that the bell tolls; therefore, someone hears that the bell tolls. Grice attempts to reduce this or that I utterance (Someone, viz. I, hears that the bell tolls) is in terms of a chain or sequence of mnemonic states. It poses a few quandaries itself. While quoting from this or that recent philosopher such as Gallie and Broad, it is a good thing that Grice has occasion to go back to, or revisit, Locke and contest this or that infamous and alleged counterexample presented by Reid and Hume. Grice adds a methodological note to his proposed logical-construction theory of personal identity. There is some intricacy of his reductive analysis, indeed logical construction, for an apparently simple and harmless utterance (cf. his earlier essay on I do not hear that the bell tolls). But this intricacy does not prove the analysis wrong. Only that Grice is too subtle. If the reductive analysis of not is in terms of each state which I am experiencing is incompatible with phi), that should not be a minus, or drawback, but a plus, and an advantage in terms of philosophical progress. The same holds here in terms of the concept of a temporary state. Much later, Grice reconsiders, or revisits, indeed, Broads remark and re-titles his approach as the (or a) logical-construction theory of personal identity. And, with Haugeland, Grice re-considers Humes own vagaries, or quandary, with personal identity. Unlike the more conservative Locke that Grice favours in the pages of Mind, eliminationist Hume sees ‘I’ as a conceptual muddle, indeed a metaphysical chimæra. Hume presses the point for an empiricist verificationist account of I. For, as Russell would rhetorically ask, ‘What can be more direct that the experience of myself?’ The Hume Society should take notice of Grices simplification of Hume’s implicaturum on I, if The Locke Society won’t. As a matter of fact, Grice calls one of his metaphysical construction routines the Humeian projection, so it is not too adventurous to think that Grice considers I  as an intuitive concept that needs to be metaphysically re-constructed and be given a legitimate Fregeian sense. Why that label for a construction routine? Grice calls this metaphysical construction routine Humeian projection, since the mind (or soul) as it were, spreads over its objects. But, by mind, Hume does not necessarily mean the I. Cf. The minds I. Grice is especially concerned with the poverty and weaknesses of Humes criticism to Lockes account of personal identity. Grice opts to revisit the Lockeian memory-based of this or that someone, viz. I utterance that Hume rather regards as vague, and confusing. Unlike Humes, neither Lockes nor Grices reductive analysis of personal identity is reductionist and eliminationist. The reductive-reductionist distinction Grice draws in Retrospective epilogue as he responds to Rountree-Jack on this or that alleged wrong on meaning that. It is only natural that Grice would be sympathetic to Locke. Grice explores these issues with Haugeland mainly at seminars. One may wonder why Grice spends so much time in a philosopher such as Hume, with whom he agreed almost on nothing! The answer is Humes influence in the Third World that forced Grice to focus on this or that philosopher. Surely Locke is less popular in the New World than Hume is. One supposes Grice is trying to save Hume at the implicaturum level, at least. The phrase or term of art, logical construction is Russells and Broads, but Grice loved it. Rational reconstruction is not too dissimilar. Grice prefers Russells and Broads more conservative label. This is more than a terminological point. If Hume is right and there is NO intuitive concept behind I, one cannot strictly re-construct it, only construct it. Ultimately, Grice shows that, if only at the implicaturum level, we are able to provide an analysandum for this or that someone, viz. I utterance without using I, by implicating only this or that mnemonic concept, which belongs, naturally, as his theory of negation does, in a theory of philosophical psychology, and again a lower branch of it, dealing with memory. The topic of personal identity unites various interests of Grice. The first is identity “=” simpliciter. Instead of talking of the meaning of I, as, say, Anscombe would, Grice sticks to the traditional category, or keyword, for this, i. e. the theory-laden, personal identity, or even personal sameness. Personal identity is a type of identity, but personal adds something to it. Surely Hume was stretching person a bit when using the example of a soul with a life lower than an oyster. Since Grice follows Aristotles De Anima, he enjoys Hume’s choice, though. It may be argued that personal adds Locke’s consciousness, and rational agency. Grice plays with the body-soul distinction. I, viz someone or somebody, fell from the stairs, perhaps differs from I will be fighting soon. This or that someone, viz. I utterance may be purely bodily. Grice would think that the idea that his soul fell from the stairs sounds, as it would to Berkeley, harsh. But then theres this or that one may be mixed utterance. Someone, viz. I, plays cricket, where surely your bodily mechanisms require some sort of control by the soul. Finally, this or that may be purely souly ‒ the one Grice ends up analysing, Someone, viz. I, hear that the bell tolls. At the time of his Mind essay, Grice may have been unaware of the complications that the concept of a person may bring as attached in adjective form to identity. Ayer did, and Strawson and Wiggins will, and Grice learns much from Strawson. Since Parfit, this has become a common-place topic for analysis at Oxford. A person as a complexum of a body-soul spatio-temporal continuant substance. Ultimately, Grice finds a theoretical counterpart here. A P may become a human, which Grice understands physiologically. That is not enough. A P must aspire, via meteousis, to become a person. Thus, person becomes a technical term in Grices grand metaphysical scheme of things. Someone, viz. I, hear that the bell is tolls is analysed as  ≡df, or if and only if, a hearing that the bell tolls is a part of a total temporary tn souly state S1 which is one in a s. such that any state Sn,  given this or that condition, contains as a part a memory Mn of the experience of hearing that the bell tolls, which is a component in some pre-sequent t1n item, or contains an experience of hearing that the bell tolls a memory M of which would, given this or that condition, occur as a component in some sub-sequent t2&gt;tn item, there being no sub-set of items which is independent of the rest. Grice simplifies the reductive analysans. Someone, viz. I, hears that the bell tolls iff a hearing that the bell tolls is a component in an item of an interlocking s. with emphasis on lock, s. of this or that memorable and memorative total temporary tn state S1. Is Grice’s Personal identity ever referred to in the Oxonian philosophical literature? Indeeed. Parfit mentions, which makes it especially memorable and memorative. P. Edwards includes a reference to Grices Mind essay in the entry for Personal identity, as a reference to Grice et al on Met. , is referenced in Edwardss encyclopædia entry for metaphysics. Grice does not attribute privileged access or incorrigibility to I or the first person. He always hastens to add that I can always be substituted, salva veritate (if baffling your addressee A) by someone or other, if not some-body or other, a colloquialism Grice especially detested. Grices agency-based approach requires that. I am rational provided thou art, too. If, by explicitly saying he is a Lockeian, Grice surely does not wish us to see him as trying to be original, or the first to consider this or that problem about I; i.e. someone. Still, Grice is the philosopher who explores most deeply the reductive analysis of I, i.e. someone. Grice needs the reductive analysis because human agency (philosophically, rather than psychologically interpreted) is key for his approach to things. By uttering The bell tolls, U means that someone, viz. himself, hears that the bell tolls, or even, by uttering I, hear, viz. someone hears, that the bell tolls, U means that the experience of a hearing that the bell tolls is a component in a total temporary state which is a member of a s. such that each member would, given certain conditions, contain as an component one memory of an experience which is a component in a pre-sequent member, or contains as a component some experience a memory of which would, given certain conditions, occur as a component in a post-sequent member; there being no sub-set of members which is independent of the rest. Thanks, the addressee might reply. I didnt know that! The reductive bit to Grices analysis needs to be emphasised. For Grice, a person, and consequently, a someone, viz. I utterance, is, simpliciter, a logical construction out of this or that Humeian experience. Whereas in Russell, as Broad notes, a logical construction of this or that philosophical concept, in this case personal identity, or cf. Grices earlier reductive analysis of not, is thought of as an improved, rationally reconstructed conception. Neither Russell nor Broad need maintain that the logical construction preserves the original meaning of the analysandum someone, viz. I, hears that the bell tolls, or I do not hear that the bell tolls ‒ hence their paradox of reductionist analysis. This change of Subjects does not apply to Grice. Grice emphatically intends to be make explicit, if rationally reconstructed (if that is not an improvement) through reductive (if not reductionist) analysis, the concept Grice already claims to have. One particular development to consider is within Grices play group, that of Quinton. Grice and Quinton seem to have been the only two philosophers in Austins play group who showed any interest on someone, viz. I. Or not. The fact that Quinton entitles his thing “The soul” did not help. Note that Woozley was at the time editing Reid on “Identity,” Cf. Duncan-Jones on mans mortality. Note that Quintons immediate trigger is Shoemaker. Grice writes that he is not “merely a series of perceptions,” for he is “conscious of a permanent self, an I who experiences these perceptions and who is now identical with the I who experienced perceptions yesterday.” So, leaving aside that he is using I with the third person verb, but surely this is no use-mention fallacy, it is this puzzle that provoked his thoughts on temporal-relative “=” later on. As Grice notes, Butler argued that consciousness of experience can contribute to identity but not define it. Grice will use Butler in his elaboration of conversational benevolence versus conversational self-interest. Better than Quinton, it is better to consider Flew in Philosophy, 96, on Locke and the problem of personal identity, obviously suggested as a term paper by Grice! Wiggins cites Flew. Flew actually notes that Berkeley saw Lockes problem earlier than Reid, which concerns the transitiveness of =. Recall that Wigginss tutor at Oxford was a tutee by Grice, Ackrill. identity, the relation each thing bears just to itself. Formally, a % b Q EF(Fa P Fb); informally, the identity of a and b implies and is implied by their sharing of all their properties. Read from left to right, this biconditional asserts the indiscernibility of identicals; from right to left, the identity of indiscernibles. The indiscernibility of identicals is not to be confused with a metalinguistic principle to the effect that if a and b are names of the same object, then each may be substituted for the other in a sentence without change of truth-value: that may be false, depending on the semantics of the language under discussion. Similarly, the identity of indiscernibles is not the claim that if a and b can be exchanged in all sentential contexts without affecting truth-value, then they name the same object. For such intersubstitutability may arise when the language in question simply lacks predicates that could discriminate between the referents of a and b. In short, the identity of things is not a relation among names. Identity proper is numerical identity, to be distinguished from exact similarity (qualitative identity). Intuitively, two exactly similar objects are “copies” of each other; still they are two, hence not identical. One way to express this is via the notions of extrinsic and intrinsic properties: exactly similar objects differ in respect of the former only. But we can best explain ‘instrinsic property’ by saying that a thing’s intrinsic properties are those it shares with its copies. These notions appear virtually interdefinable. (Note that the concept of an extrinsic property must be relativized to a class or kind of things. Not being in San Francisco is an extrinsic property of persons but arguably an intrinsic property of cities.) While qualitative identity is a familiar notion, its theoretical utility is unclear. The absolute notion of qualitative identity should, however, be distinguished from an unproblematic relative notion: if some list of salient properties is fixed in a given context (say, in mechanics or normative ethics), then the exactly similar things, relative to that context, are those that agree on the properties listed. Both the identity of indiscernibles and (less frequently) the indiscernibility of identicals are sometimes called Leibniz’s law. Neither attribution is apt. Although Leibniz would have accepted the former principle, his distinctive claim was the impossibility of exactly similar objects: numerically distinct individuals cannot even share all intrinsic properties. Moreover, this was not, for him, simply a law of identity but rather an application of his principle of sufficient reason. And the indiscernibility of identicals is part of a universal understanding of identity. What distinguishes Leibniz is the prominence of identity statements in his metaphysics and logical theory. Although identity remains a clear and basic logical notion, identity questions about problematic kinds of objects raise difficulties. One example is the identification of properties, particularly in contexts involving reduction. Although we know what identity is, the notion of a property is unclear enough to pose systematic obstacles to the evaluation of theoretically significant identity statements involving properties. Other difficulties involve personal identity or the possible identification of numbers and sets in the foundations of mathematics. In these cases, the identity questions simply inheritand provide vivid ways of formulatingthe difficulties pertaining to such concepts as person, property, or number; no rethinking of the identity concept itself is indicated. But puzzles about the relation of an ordinary material body to its constituent matter may suggest that the logician’s analysis of identity does not cleanly capture our everyday notion(s). Consider a bronze statue. Although the statue may seem to be nothing besides its matter, reflection on change over time suggests a distinction. The statue may be melted down, hence destroyed, while the bronze persists, perhaps simply as a mass or perhaps as a new statue formed from the same bronze. Alternatively, the statue may persist even as some of its bronze is dissolved in acid. So the statue seems to be one thing and the bronze another. Yet what is the bronze besides a statue? Surely we do not have two statues (or statuelike objects) in one place? Some authors feel that variants of the identity relation may permit a perspicuous description of the relation of statue and bronze: (1) tensed identity: Assume a class of timebound propertiesroughly, properties an object can have at a time regardless of what properties it has at other times. (E.g., a statue’s shape, location, or elegance.) Then a % t b provided a and b share all timebound properties at time t. Thus, the statue and the bronze may be identical at time t 1 but not at t 2. (2) relative identity: a and b may be identical relative to one concept (or predicate) but not to another. Thus, the statue may be held to be the same lump of matter as the bronze but not the same object of art. identity identity 415 4065h-l.qxd 08/02/1999 7:39 AM Page 415 In each case, only detailed study will show whether the variant notion can at once offer a natural description of change and qualify as a viable identity concept. (Strong doubts arise about (2).) But it seems likely that our everyday talk of identity has a richness and ambiguity that escapes formal characterization.  identity, ‘is’ of. See IS. identity, psychophysical. See PHYSICALISM. identity, theoretical. See PHILOSOPHY OF MIND. identity of indiscernibles, any of a family of principles, important members of which include the following: (1) If objects a and b have all properties in common, then a and b are identical. (2) If objects a and b have all their qualitative properties in common, then a and b are identical. (3) If objects a and b have all their non-relational qualitative properties in common, then a and b are identical. Two questions regarding these principles are raised: Which, if any, are true? If any are true, are they necessarily true? Discussions of the identity of indiscernibles typically restrict the scope of the principle to concrete objects. Although the notions of qualitative and non-relational properties play a prominent role in these discussions, they are notoriously difficult to define. Intuitively, a qualitative property is one that can be instantiated by more than one object and does not involve being related to another particular object. It does not follow that all qualitative properties are non-relational, since some relational properties, such as being on top of a brown desk, do not involve being related to some particular object. (1) is generally regarded as necessarily true but trivial, since if a and b have all properties in common then a has the property of being identical with b and b has the property of being identical with a. Hence, most discussions focus on (2) and (3). (3) is generally regarded as, at best, a contingent truth since it appears possible to conceive of two distinct red balls of the same size, shade of color, and composition. Some have argued that elementary scientific particles, such as electrons, are counterexamples to even the contingent truth of (3). (2) appears defensible as a contingent truth since, in the actual world, objects such as the red balls and the electrons differ in their relational qualitative properties. It has been argued, however, that (2) is not a necessary truth since it is possible to conceive of a world consisting of only the two red balls. In such a world, any qualitative relational property possessed by one ball is also possessed by the other. Defenders of the necessary truth of (2) have argued that a careful examination of such counterexamples reveals hidden qualitative properties that differentiate the objects. Grice learned about idem, ipsum and simile via his High Church maternal grandfather. “What an iota can do!”Under visum we should have: ideo-motor actionthe idea of ‘ideo-‘ is cognate with Latin ‘visum’”Grice.  a theory of the will according to which “every representation of a movement awakens in some degree the actual movement which is its object” (William James). Proposed by physiologist W. B. Carpenter, and taught by Lotze and Renouvier, ideo-motor action was developed by James. He rejected the regnant analysis of voluntary behavior, which held that will operates by reinstating “feelings of innervation” (Wundt) in the efferent nerves. Deploying introspection and physiology, James showed that feelings of innervation do not exist. James advanced ideo-motor action as the psychological basis of volition: actions tend to occur automatically when thought, unless inhibited by a contrary idea. Will consists in fixing attention on a desired idea until it dominates consciousness, the execution of movement following automatically. James also rejected Bain’s associationist thesis that pleasure or pain is the necessary spring of action, since according to ideo-motor theory thought of an action by itself produces it. James’s analysis became dogma, but was effectively attacked by psychologist E. L. Thorndike (1874– 1949), who proposed in its place the behavioristic doctrine that ideas have no power to cause behavior, and argued that belief in ideo-motor action amounted to belief in sympathetic magic. Thus did will leave the vocabulary of psychology. Refs.: The main references covering identity simpliciter are in “Vacuous Names,” and his joint work on metaphysics with G. Myro. The main references relating to the second group, of personal identity, are his “Mind” essay, an essay on ‘the logical-construction theory of personal identity,’ and a second set of essays on Hume’s quandary, The H. P. Grice Papers, BANC.

 

valitum: Oddly Vitters has a couple of lectures on ‘value,’ that Grice ‘ignored.’ Valitum should be contrasted from‘validum.’ ‘Valid,’ which is cognate with ‘value,’ a noun Grice loved, is used by logicians. In Grice’s generalised alethic-cum-deontic logic, ‘valid’ applies, too. ‘Valid’ is contrasted to the ‘satisfactoriness’ value that attaches directly to the utterance. ‘Valid’ applies to the reasoning, i.e. the sequence of psychological states from the premise to the conclusion. How common and insidious was the talk of a realm of ‘values’ at Oxford in the early 1930s to have Barnes attack it, and Grice defend it? ‘The realm of values’ sounds like an ordinary man’s expression, and surely Oxford never had a Wilson Chair of Metaphysical Axiology.  validum is the correct form out of Roman ‘valeor.’ Grice finds the need for the English equivalent, and plays with constructing the ‘concept’ “to be of value”! There’s also the axiologicum. The root for ‘value’ as ‘axis’ is found in Grice’s favourite book of the Republic, the First! Grice sometimes enjoys sounding pretentious and uses the definite article ‘the’ indiscriminately, just to tease Flew, his tutee, who said that talking of ‘the self’ is just ‘rubbish’. It is different with Grice’s ‘the good’ (to agathon), ‘the rational,’ (to logikon), ‘the valuable’ (valitum), and ‘the axiological’. Of course, whilesticking with ‘value,’ Grice plays with Grecian “τιμή.” Lewis and Short have ‘vălor,’ f. ‘valeo,’ which they render as ‘value,’ adding that it is supposed to translate in Gloss. Lab, Grecian ‘τιμή.’ ‘valor, τιμή, Gloss. Lab.’ ‘Valere,’ which of course algo gives English ‘valid,’ that Grice overuses, is said by Lewis and Short to be cognate with “vis,” “robur,” “fortissimus,” cf. debilis” and they render as “to be strong.” So one has to be careful here. “Axiology” is a German thing, and not used at Clifton or Oxford, where they stick with ‘virtus’ or ‘arete.’ This or that Graeco-Roman philosopher may have explored a generic approach to ‘value.’ Grice somewhat dismisses Hare who in Language of Morals very clearly distinguishes between deontic ‘ought’ and teleological, value-judgemental ‘good.’ For ‘good’ may have an aesthetic use: ‘that painting is good,’ the food is good). The sexist ‘virtus’ of the Romans perhaps did a disservice to Grecian ‘arete,’ but Grice hardly uses ‘arete,’ himself. It is etymologically unrelated to ‘agathon,’ yet rumour has it that ‘arete,’ qua ‘excellence,’ is ‘aristos,’ the superlative of ‘agathon.’ Since Aristotle is into the ‘mesotes,’ Grice worries not. Liddell and Scott have “ἀρετή” and render it simpliciter as “goodness, excellence, of any kind,” adding that “in Hom. esp. of manly qualities”: “ποδῶν ἀρετὴν ἀναφαίνων;” “ἀμείνων παντοίας ἀρετὰς ἠμὲν πόδας ἠδὲ μάχεσθαι καὶ νόον;” so of the gods, “τῶν περ καὶ μείζων ἀ. τιμή τε βίη τε;” also of women, “ἀ. εἵνεκα for valour,” “ἀ. ἀπεδείκνυντο,” “displayed brave deeds.”  But when Liddell and Scott give the philosophical references (Plathegel and Ariskant), they do render “ἀρετή,” as ‘value,’ generally, excellence, “ἡ ἀ. τελείωσίς τις” Arist. Met. 1021b20, cf. EN1106a15, etc.; of persons, “ἄνδρα πὺξ ἀρετὰν εὑρόντα,” “τὸ φρονεῖν ἀ. μεγίστη,” “forms of excellence, “μυρίαι ἀνδρῶν ἀ.;” “δικαστοῦ αὕτη ἀ.;” esp. moral virtue, o “κακία,” good nature, kindness, etc. We should not be so concerned about this, were not for the fact that Grice explored Foot, not just on meta-ethics as a ‘suppositional’ imperratives, but  on ‘virtue’ and ‘vice,’ by Foot, who had edited a reader in meta-ethics for the series of Grice’s friend, Warnock. Grice knows that when he hears the phrases value system, or belief system, he is conversing with a relativist. So he plays jocular here. If a value is not a concept, a value system at least is not what Davidson calls a conceptual scheme. However, in “The conception of value” (henceforth, “Conception”) Grice does argue that value IS a concept, and thus part of the conceptual scheme by Quine. Hilary Putnam congratulates Grice on this in “Fact and value,” crediting Bakeri. e. Judyinto the bargain. While utilitarianism, as exemplified by Bentham, denies that a moral intuition need be taken literally, Bentham assumes the axiological conceptual scheme of hedonistic eudaemonism, with eudaemonia as the maximal value (summum bonum) understood as hedone. The idea of a system of values (cf. system of ends) is meant to unify the goals of the agent in terms of the pursuit of eudæmonia. Grice wants to disgress from naturalism, and the distinction between a description and anything else. Consider the use of ‘rational’ as applied to ‘value.’ A naturalist holds that ‘rational’ can be legitimately apply to the ‘doxastic’ realm, not to the ‘buletic’ realm. A desire (or a ‘value’) a naturalist would say is not something of which ‘rational’ is predicable. Suppose, Grice says, I meet a philosopher who is in the habit of pushing pins into other philosophers. Grice asks the philosopher why he does this. The philosopher says that it gives him pleasure. Grice asks him whether it is the fact that he causes pain that gives him pleasure. The philosopher replies that he does not mind whether he causes pain. What gives him pleasure is the physical sensation of driving a pin into a philosopher’s body. Grice asks him whether he is aware that his actions cause pain. The philosopher says that he is. Grice asks him whether he would not feel pain if others did this to him. The philosopher agrees that he would. I ask him whether he would allow this to happen. He says that he guesses he would seek to prevent it. Grice asks him whether he does not think that others must feel pain when he drives pins into them, and whether he should not do to others what he would try to prevent them from doing to him. The philosopher says that pins driven into him cause him pain and he wishes to prevent this. Pins driven by him into others do not cause him pain, but pleasure, and he therefore wishes to do it. Grice asks him whether the fact that he causes pain to other philosophers does not seem to him to be relevant to the issue of whether it is rationally undesirable to drive pins into people. He says that he does not see what possible difference can pain caused to others, or the absence of it, make to the desirability of deriving pleasure in the way that he does. Grice asks him what it is that gives him pleasure in this particular activity. The philosopher replies that he likes driving pins into a philosopher’s resilient body. Grice asks whether he would derive equal pleasure from driving pins into a tennis ball. The philosopher says that he would derive equal pleasure, that into what he drives his pins, a philosopher or a tennis ball, makes no difference to himthe pleasure is similar, and he is quite prepared to have a tennis ball substituted, but what possible difference can it make whether his pins perforate living men or tennis balls? At this point, Grice begins to suspect that the philosopher is evil. Grice does not feel like agreeing with a naturalist, who reasons that the pin-pushing philosopher is a philosopher with a very different scale of moral values from Grice, that a value not being susceptible to argument, Grice may disagree but not reason with the pin-pushing philosopher. Grice rather sees the pin-pushing philosopher beyond the reach of communication from the world occupied by him. Communication is as unattainable as it is with a philosopher who that he is a doorknob, as in the story by Hoffman. A value enters into the essence of what constitutes a person. The pursuit of a rational end is part of the essence of a person. Grice does not claim any originality for his position (which much to Ariskant), only validity. The implicaturum by Grice is that rationalism and axiology are incompatible, and he wants to cancel that. So the keyword here is rationalistic axiology, in the neo-Kantian continental vein, with a vengeance. Grice arrives at value (validitum, optimum, deeming) via Peirce on meaning. And then there is the truth “value,” a German loan-translation (as value judgment, Werturteil). The sorry story of deontic logic, Grice says, faces Jørgensens dilemma. The dilemma by Jørgensens is best seen as a trilemma, Grice says; viz. Reasoning requires that premise and conclusion have what Boole, Peirce, and Frege call a “truth” value. An imperative dos not have a “truth” value. There may be a reasoning with an imperative as premise or conclusion. A philosopher can reject the first horn and provide an inference mechanism on elementsthe input of the premise and the output of the conclusion -- which are not presupposed to have a “truth” value. A philosopher can reject the second horn and restrict ‘satisfactory’ value to a doxastic embedding a buletic (“He judges he wills…”). A philosopher can reject the third horn, and refuse to explore the desideratum. Grice generalizes over value as the mode-neutral ‘satisfactory.’ Both ‘p’ and “!p” may be satisfactory. ‘.p’ has doxastic value (0/1); ‘!p’ has buletic value  (0/1). The mode marker of the utterance guides the addresse you as to how to read ‘satisfactory.’ Grice’s ‘satisfactory’ is a variation on a theme by Hofstadter and McKinsey, who elaborate a syntax for the imperative mode, using satisfaction. They refer to what they call the ‘satisfaction-function’ of a fiat. A fiat is ‘satisfied’ (as The door is closed may also be said to be satisfied iff the door is closed) iff what is commanded is the case. The fiat ‘Let the door be closed’ is satisfied if the door is closed. An unary or dyadic operator becomes a satisfaction-functor. As Grice puts it, an inferential rule, which flat rationality is the capacity to apply, is not arbitrary. The inferential rule picks out a transition of acceptance in which transmission of ‘satisfactory’ is guaranteed or expected. As Grice notes, since mode marker indicate the species ‘satisfactory’ does. He imports into the object-language ‘It is satisfactory-d/p that’ just in case psi-d/b-p is satisfactory. Alla Tarski, Grice introduces ‘It is acceptable that’: It is acceptable that psi-d/b-p is satisfactory-b/d just in case ‘psi-d/b-p is satisfactory-d/b’ is satisfactory-b/d. Grice goes on to provide a generic value-assignment for satisfactoriness-functors. For coordinators: “φ Λ ψ” is 1-b/d just in case φ is 1-b/d and ψ is 1-b/d. “φ ν ψ”  is 1-b/d just in case one of the pair, φ and ψ, is 1-b/d. For subordinator: “φψ” is 1-b/d just in case either φ is 0-b/d or ψ is 0-b/d. There are, however, a number of points to be made. It is not fully clear to Grice just how strong the motivation is for assigning a value to a mode-neutral, generic functor. Also he is assuming symmetry, leaving room for a functor is introduced if a restriction is imposed. Consider a bi-modal utterance. “The beast is filthy and do not touch it” and “The beast is filthy and I shall not touch it” seem all right. The commutated “Do not touch the beast and it is filthy” is dubious. “Touch the beast and it will bite you,” while idiomatic is hardly an imperative, since ‘and’ is hardly a conjunction. “Smith is taking a bath or leave the bath-room door open” is intelligible. The commutated “Leave the bath-room door open or Smith is taking a bath” is less so. In a bi-modal utterance, Grice makes a case for the buletic to be dominant over the doxastic. The crunch comes, however, with one of the four possible unary satisfactoriness-functors, especially with regard to the equivalence of  “~psi-b/d-p” and “psi-b/d-~p). Consider “Let it be that I now put my hand on my head” or  “Let it be that my bicycle faces north” in which neither seems to be either satisfactory or unsatisfactory. And it is a trick to assign a satisfactory value to “~psi-b/d-p” and “~psi-b/d~p.” Do we proscribe this or that form altogether, for every cases? But that would seem to be a pity, since ~!~p seems to be quite promising as a representation for you may (permissive) do alpha that satisfies p; i.e., the utterer explicitly conveys his refusal to prohibit his addressee A doing alpha. Do we disallow embedding of (or iterating) this or that form? But that (again if we use ~!p and ~!~p  to represent may) seems too restrictive. Again, if !p is neither buletically satisfactory nor buletically unsatisfactory (U could care less) do we assign a value other than 1 or 0 to !p (desideratively neuter, 0.5). Or do we say, echoing Quine, that we have a buletically satisfactoriness value gap? These and other such problems would require careful consideration. Yet Grice cannot see that those problems would prove insoluble, any more than this or that analogous problem connected with Strawsons presupposition (Dont arrest the intruder!) are insoluble. In Strawsons case, the difficulty is not so much to find a solution as to select the best solution from those which present themselves. Grice takes up the topic of a calculus in connection with the introduction rule and the elimination rule of a modal such as must. We might hope to find, for each member of a certain family of modalities, an introduction rule and an elimination rule which would be analogous to the rules available for classical logical constants. Suggestions are not hard to come by. Let us suppose that we are seeking to provide such a pair of rules for the particular modality of necessity □. For (□,+) Grice considers the following (Grice thinks equivalent) forms: if φ is demonstrable, φ is demonstrable. Provided φ is dependent on no assumptions, derive φ from φ. For  (□,-), Grice considers From φ derive φ. It is to be understood, of course, that the values of the syntactical variable φ would contain either a buletic or a doxastic mode markers. Both !p and .p would be proper substitutes for φ but p would not. Grice wonders: [W]hat should be said of Takeuti’s conjecture (roughly) that the nature of the introduction rule determines the character of the elimination rule? There seems to be no particular problem about allowing an introduction rule which tells us that, if it is established in P’s personalised system that φ, it is necessary, with respect to P, that φ is doxastically satisfactory/establishable. The accompanying elimination rule is, however, slightly less promising. If we suppose such a rule to tell us that, if one is committed to the idea that it is necessary, with respect to P, that φ, one is also committed to whatever is expressed by φ, we shall be in trouble. For such a rule is not acceptable. φ will be a buletic expression such as Let it be that Smith eats his hat. And my commitment to the idea that Smiths system requires him to eat his hat does not ipso facto involve me in accepting volitively Let Smith eat his hat. But if we take the elimination rule rather as telling us that, if it is necessary, with respect to X, that let X eat his hat, then let X eat his hat possesses satisfactoriness-with-respect-to-X, the situation is easier. For this person-relativised version of the rule seems inoffensive, even for Takeuti, we hope.  Grice, following Mackie, uses absolutism, as opposed to relativism, which denies the rational basis to attitude ascriptions (but cf. Hare on Subjectsivism). Grice is concerned with the absence of a thorough discussion of value by English philosophers, other than Hare (and he is only responding to Mackie!). Continental philosophers, by comparison, have a special discipline, axiology, for it! Similarly, a continental-oriented tradition Grice finds in The New World in philosophers of a pragmatist bent, such as Carus. Grice wants to say that rationality is a value, because it is a faculty that a creature (human) displays to adapt and survive to his changing environments. The implicaturum of the title is that values have been considered in the English philosophical tradition, almost alla Nietzsche, to belong to the realm irrational. Grice grants that axiological implicaturum rests on a PRE-rational propension. While Grice could play with “the good” in the New World, as a Lit. Hum. he knew he had to be slightly more serious. The good is one of the values, but what is valuing? Would the New Worlders understand valuing unattached to the pragmatism that defines them? Grice starts by invoking Hume on his bright side: the concept of value, versus the conception of value. Or rather, how the concept of value derives from the conception of value. A distinction that would even please Aquinas (conceptum/conceptio), and the Humeian routine. Some background for his third Carus lecture. He tries to find out what Mackie means when he says that a value is ultimately Subjectsive. What about inter-Subjectsive, and constructively objective? Grice constructs absolute value out of relative value. But once a rational pirot P (henceforth, PGrice liked how it sounded like Locke’s parrot) constructs value, the P assigns absolute status to rationality qua value. The P cannot then choose not to be rational at the risk of ceasing to exist (qua person, or essentially rationally human agent). A human, as opposed to a person, assigns relative value to his rationality. A human is accidentally rational. A person is necessarily so. A distinction seldom made by Aristotle and some of his dumbest followers obsessed with the modal-free adage, Homo rationale animal. Short and Lewis have “hūmānus” (old form: hemona humana et hemonem hominem dicebant, Paul. ex Fest. p. 100 Müll.; cf. homo I.init.), adj., f. “homo,” and which they render as “of or belonging to man, human.” Grice also considers the etymology of ‘person.’ Lewis and Short have ‘persōna,’  according to Gabius Bassus ap. Gell. 5, 7, 1 sq., f. ‘persŏno,’ “to sound through, with the second syllable lengthened.’ Falsa est (finitio), si dicas, Equus est animal rationale: nam est equus animal, sed irrationale, Quint.7,3,24:homo est animal rationale; “nec si mutis finis voluptas, rationalibus quoque: quin immo ex contrario, quia mutis, ideo non rationalibus;” “a rationali ad rationale;” “τὸ λογικόν ζῷον,” ChrysiStoic.3.95; ἀρεταὶ λ., = διανοητικαί, oἠθικαί, Arist. EN1108b9; “λογικός, ή, όν, (λόγος), ζῶον λόγον ἔχον NE, 1098a3-5. λόγον δὲ μόνον ἄνθρωπος ἔχει τῶν ζῴων, man alone of all animals possesses speech, from the Politics. Grice takes the stratification of values by Hartmann much more seriously than Barnes. Grice plays with rational motivation. He means it seriously. The motivation is the psychological bite, but since it is qualified by rational, it corresponds to the higher more powerful bit of the soul, the rational soul. There are, for Grice, the Grecians, Kantotle and Plathegel, three souls: the vegetal, the animal, and the rational. As a matter of history, Grice reaches value (in its guises of optimum and deeming) via his analysis of meaning by Peirce. Many notions are value-paradeigmatic. The most important of all philosophical notions that of rationality, presupposes objective value as one of its motivations. For Grice, ratio can be understood cognoscendi but also essendi, indeed volendi and fiendi, too. Rational motivation involves a ratio cognoscendi and a ratio volendi; objective, “objectum,” and “objectus,” ūs, m. f. “obicio,” rendered as “a casting before, a putting against, in the way, or opposite, an opposing; or, neutr., a lying before or opposite (mostly poet. and in postAug. prose): dare objectum parmaï, the opposing of the shield” “vestis;” “insula portum efficit objectu laterum,” “by the opposition,” “cum terga flumine, latera objectu paludis tegerentur;” “molis;” “regiones, quæ Tauri montis objectu separantur;” “solem interventu lunæ occultari, lunamque terræ objectu, the interposition,” “eademque terra objectu suo umbram noctemque efficiat;” “al. objecta soli: hi molium objectus (i. e. moles objectas) scandere, the projection,” transf., that which presents itself to the sight, an object, appearance, sight, spectacle;” al. objecto;  and if not categoric. This is analogous to the overuse by Grice of psychoLOGICAL when he just means souly. It is perhaps his use of psychological for souly that leads to take any souly concept as a theoretical concept within a folksy psychoLOGICAL theory. Grice considered the stratification of values, alla Hartmann, unlike Barnes, who dismissed him in five minutes. “Some like Philippa Foot, but Hare is MY man,” Grice would say. “Virtue” ethics was becoming all the fashion, especially around Somerville. Hare was getting irritated by the worse offender, his Anglo-Welsh tutee, originally with a degree from the other place, Williams. Enough for Grice to want to lecture on value, and using Carus as an excuse! Mackie was what Oxonians called a colonial, and a clever one! In fact, Grice quotes from Hares contribution to a volume on Mackie. Hares and Mackies backgrounds could not be more different. Like Grice, Hare was a Lit. Hum., and like Grice, Hare loves the Grundlegung. But unlike Grice and Barnes, Hare would have nothing to say about Stevenson. Philosophers in the play group of Grice never took the critique by Ayer of emotivism seriously. Stevenson is the thing. V. Urmson on the emotive theory of ethics, tracing it to English philosphers like Ogden, Barnes, and Duncan-Jones. Barnes was opposing both Prichard (who was the Whites professor of moral philosophyand more of an interest than Moore is, seeing that Prichard is Barness tutor at Corpus) and Hartmann. Ryle would have nothing to do with Hartmann, but these were the days before Ryle took over Oxford, and forbade any reference to a continental philosopher, even worse if a “Hun.” Grice reaches the notion of value through that of meaning. If Peirce is simplistic, Grice is not. But his ultra-sophisticated analysis ends up being deemed to hold in this or that utterer. And deeming is valuing, as is optimum. While Grice rarely used axiology, he should! A set of three lectures, which are individually identified below. I love Carus! Grice was undecided as to what his Carus lectures were be on. Grice explores meaning under its value optimality guise in Meaning revisited. Grice thinks that a value-paradeigmatic notion allows him to respond in a more apt way to what some critics were raising as a possible vicious circle in his approach to semantic and psychological notions. The Carus lectures are then dedicated to the construction, alla Hume, of a value-paradeigmatic notion in general, and value itself. Grice starts by quoting Austin, Hare, and Mackie, of Oxford. The lectures are intended to a general audience, provided it is a philosophical general audience. Most of the second lecture is a subtle exploration by Grice of the categorical imperative of Kant, with which he had struggled in the last Locke lecture in “Aspects,” notably the reduction of the categorical imperative to this or that counsel of prudence with an implicated protasis to the effect that the agent is aiming at eudæmonia. The Carus Lectures are three: on objectivity and value, on relative and absolute value, and on metaphysics and value. The first lecture, on objectivity and value, is a review Inventing right and wrong by Mackie, quoting Hare’s antipathy for a value being ‘objective’. The second lecture, on relative and absolute value, is an exploration on the categorical imperative, and its connection with a prior hypothetical or suppositional imperative. The third lecture, on metaphycis and value, is an eschatological defence of absolute value. The collective citation should be identified by each lecture separately. This is a metaphysical defence by Grice of absolute value. The topic fascinates Grice, and he invents a few routines to cope with it. Humeian projection rationally reconstructs the intuitive concept being of value. Category shift allows to put a value such as the disinterestedness by Smith in grammatical subject position, thus avoiding to answer that the disinterestedness of Smith is in the next room, since it is not the spatio-temporal continuan prote ousia that Smith is. But the most important routine is that of trans-substantatio, or metousiosis. A human reconstructs as a rational personal being, and alla Kantotle, whatever he judges is therefore of absolute value. The issue involves for Grice the introduction of a telos qua aition, causa finalis (final cause), role, or métier. The final cause of a tiger is to tigerise, the final cause of a reasoner is to reason, the final cause of a person is to personise. And this entails absolute value, now metaphysically defended. The justification involves the ideas of end-setting, unweighed rationality, autonomy, and freedom. In something like a shopping list that Grice provides for issues on free. Attention to freedom calls for formidably difficult undertakings including the search for a justification for the adoption or abandonment of an ultimate end. The point is to secure that freedom does not dissolve into compulsion or chance. Grice proposes four items for this shopping list. A first point is that full action calls for strong freedom. Here one has to be careful that since Grice abides by what he calls the Modified Occams Razor in the third James lecture on Some remarks about logic and conversation, he would not like to think of this two (strong freedom and weak freedom) as being different senses of free. Again, his calls for is best understood as presupposes. It may connect with, say, Kanes full-blown examples of decisions in practical settings that call for or presuppose libertarianism. A second point is that the buletic-doxastic justification of action has to accomodate for the fact that we need freedom which is strong. Strong or serious autonomy or freedom ensures that this or that action is represented as directed to this or that end E which are is not merely the agents, but which is also freely or autonomously adopted or pursued by the agent. Grice discusses the case of the gym instructor commanding, Raise your left arm! The serious point then involves this free adoption or free pursuit. Note Grices use of this or that personal-identity pronoun: not merely mine, i.e. not merely the agents, but in privileged-access position. This connects with what Aristotle says of action as being up to me, and Kant’s idea of the transcendental ego. An end is the agents in that the agent adopts it with liberum arbitrium. This or that ground-level desire may be circumstantial. A weak autonomy or freedom satisfactorily accounts for this or that action as directed to an end which is mine. However, a strong autonomy or freedom, and a strong autonomy or freedom only, accounts for this or that action as directed to an end which is mine, but, unlike, say, some ground-level circumstantial desire which may have sprung out of some circumstantial adaptability to a given scenario, is, first, autonomously or freely adopted by the agent, and, second, autonomously or freely pursued by the agent. The use of the disjunctive particle or in the above is of some interest. An agent may autonomously or freely adopt an end, yet not care to pursue it autonomously or freely, even in this strong connotation that autonomous or free sometimes has. A further point relates to causal indeterminacy. Any attempt to remedy this situation by resorting to causal indeterminacy or chance will only infuriate the scientist without aiding the philosopher. This remark by Grice has to be understood casually. For, as it can be shown, this or that scientist may well have resorted to precisely that introduction and in any case have not self-infuriated. The professional tag that is connoted by philosopher should also be seen as best implicated than entailed. A scientist who does resort to the introduction of causal indeterminacy may be eo ipso be putting forward a serious consideration regarding ethics or meta-ethics. In other words, a cursory examination of the views of a scientist like Eddington, beloved by Grice, or this or that moral philosopher like Kane should be born in mind when considering this third point by Grice. The reference by Grice to chance, random, and causal indeterminacy, should best be understood vis-à-vis Aristotles emphasis on tykhe, fatum, to the effect that this or that event may just happen just by accident, which may well open a can of worms for the naive Griceian, but surely not the sophisticated one (cf. his remarks on accidentally, in Prolegomena). A further item in Grices shopping list involves the idea of autonomous or free as a value, or optimum. The specific character of what Grice has as  strong autonomy or freedom may well turn out to consist, Grice hopes, in the idea of this or that action as the outcome of a certain kind of strong valuation  ‒ where this would include the rational selection, as per e.g. rational-decision theory, of this or that ultimate end. What Grice elsewhere calls out-weighed or extrinsically weighed rationality, where rational includes the buletic, of the end and not the means to it. This or that full human action calls for the presence of this or that reason, which require that this or that full human action for which this or that reason accounts should be the outcome of a strong rational valuation. Like a more constructivist approach, this line suggests that this or that action may require, besides strong autonomy or freedom, now also strong valuation. Grice sets to consider how to adapt the buletic-doxastic soul progression to reach these goals. In the case of this or that ultimate end E, justification should be thought of as lying, directly, at least, in this or that outcome, not on the actual phenomenal fulfilment of this or that end, but rather of the, perhaps noumenal, presence qua end. Grice relates to Kants views on the benevolentia or goodwill and malevolentia, or evil will, or illwill. Considers Smiths action of giving Jones a job. Smith may be deemed to have given Jones a job, whether or not Jones actually gets the job. It is Smiths benevolentia, or goodwill, not his beneficentia, that matters. Hence in Short and Lewis, we have “bĕnĕfĭcentĭa,” f. “beneficus,” like “magnificentia” f. magnificus, and “munificentia” f. munificus; Cicero, Off. 1, 7, 20, and which they thus render as “the quality of beneficus, kindness, beneficence, an honorable and kind treatment of others” (omaleficentia, Lact. Ira Dei, 1, 1; several times in the philos. writings of Cicero. Elsewhere rare: quid praestantius bonitate et beneficentiā?” “beneficentia, quam eandem vel benignitatem vel liberalitatem appellari licet,” “comitas ac beneficentia,” “uti beneficentiā adversus supplices,”“beneficentia augebat ornabatque subjectsos.” In a more general fashion then, it is the mere presence of an end qua end of a given action that provides the justification of the end, and not its phenomenal satisfaction or fulfilment. Furthermore, the agents having such and such an end, E1, or such and such a combination of ends, E1 and E2, would be justified by showing that the agents having this end exhibits some desirable feature, such as this or that combo being harmonious. For how can one combine ones desire to smoke with ones desire to lead a healthy life? Harmony is one of the six requirements by Grice for an application of happy to the life of Smith. The buletic-doxastic souly ascription is back in business at a higher level. The suggestion would involve an appeal, in the justification of this or that end, to this or that higher-order end which would be realised by having this or that lower, or first-order end of a certain sort. Such valuation of this or that lower-order end lies within reach of a buletic-doxastic souly ascription. Grice has an important caveat at this point. This or that higher-order end involved in the defense would itself stand in need of justification, and the regress might well turn out to be vicious. One is reminded of Watson’s requirement for a thing like freedom or personal identity to overcome this or that alleged counterexample to freewill provided by H. Frankfurt. It is after the laying of a shopping list, as it were, and considerations such as those above that Grice concludes his reflection with a defense of a noumenon, complete with the inner conflict that it brings. Attention to the idea of autonomous and free leads the philosopher to the need to resolve if not dissolve the most important unsolved problem of philosophy, viz. how an agent can be, at the same time, a member of both the phenomenal world and the noumenal world, or, to settle the internal conflict between one part of our rational nature, the doxastic, even scientific, part which seems to call for the universal reign of a deterministic law and the other buletic part which insists that not merely moral responsibility but every variety of rational belief demands exemption from just such a reign. In this lecture, Grice explores freedom and value from a privileged-access incorrigible perspective rather than the creature construction genitorial justification. Axiologyv. axiological.  Valitum -- Fact-value distinction, the apparently fundamental difference between how things are and how they should be. That people obey the law or act honestly or desire money is one thing; that they should is quite another. The first is a matter of fact, the second a matter of value. Hume is usually credited with drawing the distinction when he noticed that one cannot uncontroversially infer an ‘ought’ from an ‘is’ the isought gap. From the fact, say, that an action would maximize overall happiness, we cannot legitimately infer that it ought to be done  without the introduction of some so far suppressed evaluative premise. We could secure the inference by assuming that one ought always to do what maximizes overall happiness. But that assumption is evidently evaluative. And any other premise that might link the non-evaluative premises to an evaluative conclusion would look equally evaluative. No matter how detailed and extensive the non-evaluative premises, it seems no evaluative conclusion follows directly and as a matter of logic. Some have replied that at least a few non-evaluative claims do entail evaluative ones. To take one popular example, from the fact that some promise was made, we might it appears legitimately infer that it ought to be kept, other things equal  and this without the introduction of an evaluative premise. Yet many argue that the inference fails, or that the premise is actually evaluative, or that the conclusion is not. Hume himself was both bold and brief about the gap’s significance, claiming simply that paying attention to it “wou’d subvert all the vulgar systems of morality, and let us see, that the distinction of vice and virtue is not founded merely on the relations of objects, nor is perceiv’d by reason” Treatise of Human Nature. Others have been more expansive. Moore, for instance, in effect relied upon the gap to establish via the open question argument that any attempt to define evaluative terms using non-evaluative ones would commit the naturalistic fallacy. Moore’s main target was the suggestion that ‘good’ means “pleasant” and the fallacy, in this context, is supposed to be misidentifying an evaluative property, being good, with a natural property, being pleasant. Assuming that evaluative terms have meaning, Moore held that some could be defined using others he thought, e.g., that ‘right’ could be defined as “productive of the greatest possible good” and that the rest, though meaningful, must be indefinable terms denoting simple, non-natural, properties. Accepting Moore’s use of the open question argument but rejecting both his non-naturalism and his assumption that evaluative terms must have descriptive meaning, emotivists and prescriptivists e.g. Ayer, C. L. Stevenson, and Hare argued that evaluative terms have a role in language other than to denote properties. According to them, the primary role of evaluative language is not to describe, but to prescribe. The logical gap between ‘is’ and ‘ought’, they argue, establishes both the difference between fact and value and the difference between describing how things are and recommending how they might be. Some naturalists, though, acknowledge the gap and yet maintain that the evaluative claims nonetheless do refer to natural properties. In the process they deny the ontological force of the open question argument and 302 F   302 treat evaluative claims as describing a special class of facts.  Refs.: The main source is The construction of value, the Carus lectures, Clarendon. But there are scattered essays on value and valuing in the Grice Papers. H. P. Grice, “Objectivity and value,” s. V, c. 8-f. 18, “The rational motivation for objective value,” s. V, c. 8-f. 19, “Value,” s. V, c. 9-f. 20; “Value, metaphysics, and teleology,” s. V, c. 9-f. 23, “Values, morals, absolutes, and the metaphysical,” s. V., c. 9-f.  24; “Value sub-systems and the Kantian problem,” s. V. c. 9-ff. 25-27; “Values and rationalism,” s. V, c. 9-f. 28; while the Carus are in the second series, in five folders, s. II, c-2, ff. 12-16, the H. P. Grice Papers, BANC. value, the worth of something. Philosophers have discerned these main forms: intrinsic, instrumental, inherent, and relational value. Intrinsic value may be taken as basic and many of the others defined in terms of it. Among the many attempts to explicate the concept of intrinsic value, some deal primarily with the source of value, while others employ the concept of the “fittingness” or “appropriateness” to it of certain kinds of emotions and desires. The first is favored by Moore and the second by Brentano. Proponents of the first view hold that the intrinsic value of X is the value that X has solely in virtue of its intrinsic nature. Thus, the state of affairs, Smith’s experiencing pleasure, has intrinsic value provided it has value solely in virtue of its intrinsic nature. Followers of the second approach explicate intrinsic value in terms of the sorts of emotions and desires appropriate to a thing “in and for itself” or “for its own sake”. Thus, one might say X has intrinsic value or is intrinsically good if and only if X is worthy of desire in and for itself, or, alternatively, it is fitting or appropriate for anyone to favor X in and for itself. Thus, the state of affairs of Smith’s experiencing pleasure is intrinsically valuable provided that state of affairs is worthy of desire for its own sake, or it is fitting for anyone to favor that state of affairs in and for itself. Concerning the other forms of value, we may say that X has instrumental value if and only if it is a means to, or causally contributes to, something that is intrinsically valuable. If Smith’s experiencing pleasure is intrinsically valuable and his taking a warm bath is a means to, or Valentinus value 948   948 causally contributes to, his being pleased, then his taking a warm bath is instrumentally valuable or “valuable as a means.” Similarly, if health is intrinsically valuable and exercise is a means to health, then exercise is instrumentally valuable. X has inherent value if and only if the experience, awareness, or contemplation of X is intrinsically valuable. If the experience of a beautiful sunset is intrinsically valuable, then the beautiful sunset has inherent value. X has contributory value if and only if X contributes to the value of some whole, W, of which it is a part. If W is a whole that consists of the facts that Smith is pleased and Brown is pleased, then the fact that Smith is pleased contributes to the value of W, and Smith’s being pleased has contributory value. Our example illustrates that something can have contributory value without having instrumental value, for the fact that Smith is pleased is not a means to W and, strictly speaking, it does not bring about or causally contribute to W. Given the distinction between instrumental and contributory value, we may say that certain sorts of experiences and activities can have contributory value if they are part of an intrinsically valuable life and contribute to its value, even though they are not means to it. Finally, we may say that X has relational value if and only if X has value in virtue of bearing some relation to something else. Instrumental, inherent, and contributory value may be construed as forms of relational value. But there are other forms of relational value one might accept, e.g. one might hold that X is valuable for S in virtue of being desired by S or being such that S would desire X were S “fully informed” and “rational.” Some philosophers defend the organicity of intrinsic value. Moore, for example, held that the intrinsic value of a whole is not necessarily equal to the sum of the intrinsic values of its parts. According to this view, the presence of an intrinsically good part might lower the intrinsic value of a whole of which it is a part and the presence of an intrinsically bad part might raise the intrinsic value of a whole to which it belongs. Defenders of organicity sometimes point to examples of Mitfreude taking joy or pleasure in another’s joy and Schadenfreude taking joy or pleasure in another’s suffering to illustrate their view. Suppose Jones believes incorrectly that Smith is happy and Brown believes incorrectly that Gray is suffering, but Jones is pleased that Smith is happy and Brown is pleased that Gray is suffering. The former instance of Mitfreude seems intrinsically better than the latter instance of Schadenfreude even though they are both instances of pleasure and neither whole has an intrinsically bad part. The value of each whole is not a “mere sum” of the values of its parts.  Valitum -- axiology: value theory, also called axiology, the branch of philosophy concerned with the nature of value and with what kinds of things have value. Construed very broadly, value theory is concerned with all forms of value, such as the aesthetic values of beauty and ugliness, the ethical values of right, wrong, obligation, virtue, and vice, and the epistemic values of justification and lack of justification. Understood more narrowly, value theory is concerned with what is intrinsically valuable or ultimately worthwhile and desirable for its own sake and with the related concepts of instrumental, inherent, and contributive value. When construed very broadly, the study of ethics may be taken as a branch of value theory, but understood more narrowly value theory may be taken as a branch of ethics. In its more narrow form, one of the chief questions of the theory of value is, What is desirable for its own sake? One traditional sort of answer is hedonism. Hedonism is roughly the view that i the only intrinsically good experiences or states of affairs are those containing pleasure, and the only instrinsically bad experiences or states of affairs are those containing pain; ii all experiences or states of affairs that contain more pleasure than pain are intrinsically good and all experiences or states of affairs that contain more pain than pleasure are intrinsically bad; and iii any experience or state of affairs that is intrinsically good is so in virtue of being pleasant or containing pleasure and any experience or state of affairs that is intrinsically bad is so in virtue of being painful or involving pain. Hedonism has been defended by philosophers such as Epicurus, Bentham, Sidgwick, and, with significant qualifications, J. S. Mill. Other philosophers, such as C. I. Lewis, and, perhaps, Brand Blanshard, have held that what is intrinsically or ultimately desirable are experiences that exhibit “satisfactoriness,” where being pleasant is but one form of being satisfying. Other philosophers have recognized a plurality of things other than pleasure or satisfaction as having intrinsic value. Among the value pluralists are Moore, Rashdall, Ross, Brentano, Hartmann, and Scheler. In addition to certain kinds of pleasures, these thinkers count some or all of the following as intrinsically good: consciousness and the flourishing of life, knowledge and insight, moral virtue and virtuous actions, friendship and mutual affection, beauty and aesthetic experience, a just distribution of goods, and self-expression. Many, if not all, of the philosophers mentioned above distinguish between what has value or is desirable for its own sake and what is instrumentally valuable. Furthermore, they hold that what is desirable for its own sake or intrinsically good has a value not dependent on anyone’s having an interest in it. Both of these claims have been challenged by other value theorists. Dewey, for example, criticizes any sharp distinction between what is intrinsically good or good as an end and what is good as a means on the ground that we adopt and abandon ends to the extent that they serve as means to the resolution of conflicting impulses and desires. Perry denies that anything can have value without being an object of interest. Indeed, Perry claims that ‘X is valuable’ means ‘Interest is taken in X’ and that it is a subject’s interest in a thing that confers value on it. Insofar as he holds that the value of a thing is dependent upon a subject’s interest in that thing, Perry’s value theory is a subjective theory and contrasts sharply with objective theories holding that some things have value not dependent on a subject’s interests or attitudes. Some philosophers, dissatisfied with the view that value depends on a subject’s actual interests and theories, have proposed various alternatives, including theories holding that the value of a thing depends on what a subject would desire or have an interest in if he were fully rational or if desires were based on full information. Such theories may be called “counterfactual” desire theories since they take value to be dependent, not upon a subject’s actual interests, but upon what a subject would desire if certain conditions, which do not obtain, were to obtain. Value theory is also concerned with the nature of value. Some philosophers have denied that sentences of the forms ‘X is good’ or ‘X is intrinsically good’ are, strictly speaking, either true or false. As with other forms of ethical discourse, they claim that anyone who utters these sentences is either expressing his emotional attitudes or else prescribing or commending something. Other philosophers hold that such sentences can express what is true or false, but disagree about the nature of value and the meaning of value terms like ‘good’, ‘bad’, and ‘better’. Some philosophers, such as Moore, hold that in a truth of the form ‘X is intrinsically good’, ‘good’ refers to a simple, unanalyzable, non-natural property, a property not identical with or analyzable by any “natural” property such as being pleasant or being desired. Moore’s view is one form of non-naturalism. Other philosophers, such as Brentano, hold that ‘good’ is a syncategorematic expression; as such it does not refer to a property or relation at all, though it contributes to the meaning of the sentence. Still other philosophers have held that ‘X is good’ and ‘X is intrinsically good’ can be analyzed in natural or non-ethical terms. This sort of naturalism about value is illustrated by Perry, who holds that ‘X is valuable’ means ‘X is an object of interest’. The history of value theory is full of other attempted naturalistic analyses, some of which identify or analyze ‘good’ in terms of pleasure or being the object of rational desire. Many philosophers argue that naturalism is preferable on epistemic grounds. If, e.g., ‘X is valuable’ just means ‘X is an object of interest’, then in order to know whether something is valuable, one need only know whether it is the object of someone’s interest. Our knowledge of value is fundamentally no different in kind from our knowledge of any other empirical fact. This argument, however, is not decisive against non-naturalism, since it is not obvious that there is no synthetic a priori knowledge of the sort Moore takes as the fundamental value cognition. Furthermore, it is not clear that one cannot combine non-naturalism about value with a broadly empirical epistemology, one that takes certain kinds of experience as epistemic grounds for beliefs about value.  Valitum -- valid, having the property that a well-formed formula, argument, argument form, or rule of inference has when it is logically correct in a certain respect. A well-formed formula is valid if it is true under every admissible reinterpretation of its non-logical symbols. If truth-value gaps or multiple truth-values are allowed, ‘true’ here might be replaced by ‘non-false’ or takes a “designated” truth-value. An argument is valid if it is impossible for the premises all to be true and, at the same time, the conclusion false. An argument form schema is valid if every argument of that form is valid. A rule of inference is valid if it cannot lead from all true premises to a false conclusion. Refs.: H. P. Grice, “The conception of value,” The Paul Carus Lectures for the American Philosophical Association, published by Oxford, at the Clarendon Press.

 

variable: in semantics, a symbol interpreted so as to be associated with a range of values, a set of entities any one of which may be temporarily assigned as a value of the variable. Grice uses more specifically for a variable for a ‘grice,’ a type of extinct pig that existed (‘in the past’) in Northern England“There is a variable number of grices in the backyard, Paul.” An occurrence of a variable in a mathematical or logical expression is a free occurrence if assigning a value is necessary in order for the containing expression to acquire a semantic value  a denotation, truth-value, or other meaning. Suppose a semantic value is assigned to a variable and the same value is attached to a constant as meaning of the same kind; if an expression contains free occurrences of just that variable, the value of the expression for that assignment of value to the variable is standardly taken to be the same as the value of the expression obtained by substituting the constant for all the free occurrences of the variable. A bound occurrence of a variable is one that is not free. Grice: “Strictly, a variable is the opposite of a constant, but a constant variesain’t that paradoxical?” -- H. P. Grice, “The variable and the constant;” H. P. Grice, “Variable and meta-variable,” “Order and variable.”

 

velia -- Velia -- Grice as Eleatic -- School, strictly, two fifth-century B.C. Grecian philosophers, Parmenides and Zeno of Elea. The Ionian Grecian colony of Elea or Hyele in southern Italy became Velia in Roman times and retains that name today. A playful remark by Plato in Sophist 242d gave rise to the notion that Xenophanes of Colophon, who was active in southern Italy and Sicily, was Parmenides’ teacher, had anticipated Parmenides’ views, and founded the Eleatic School. Moreover, Melissus of Samos and according to some ancient sources even the atomist philosopher Leucippus of Abdera came to be regarded as “Eleatics,” in the sense of sharing fundamental views with Parmenides and Zeno. In the broad and traditional use of the term, the Eleatic School characteristically holds that “all is one” and that change and plurality are unreal. So stated, the School’s position is represented best by Melissus. Grice: “Crotone and Velia are the origins of western philosophy, since Greece is eastern!”Refs.: Luigi Speranza, “Grice a Velia,” Villa Grice.

 

venn diagram, a logic diagram invented by the English philosopher J. Venn in which standard form statements the four kinds listed below are represented by two appropriately marked overlapping circles, as follows: Syllogisms are represented by three overlapping circles, as in the examples below. If a few simple rules are followed, e.g. “diagram universal premises first,” then in a valid syllogism diagramming the premises automatically gives a diagram in which the conclusion is represented. In an invalid syllogism diagramming the premises does not automatically give a diagram in which the conclusion is represented, as below. Venn diagrams are less perspicuous for the beginner than Euler diagrams. Grice: “I tried to teach Strawson some Euler first; but English as he is, he said, ‘Stick with Venn.’”Refs.: H. P. Grice, “From Euler to Strawson via Venn: diagramme and impicaturum.”

 

VERVM: verum: Grice: “Cognate with German ‘wahr’” -- there’s the ‘truth table’ and the ‘truth’ -- truth table, a tabular display of one or more truth-functions, truth-functional operators, or representatives of truth-functions or truth-functional operators such as well-formed formulas of propositional logic. In the tabular display, each row displays a possible assignment of truthvalues to the arguments of the truth-functions or truth-functional operators. Thus, the collection of all rows in the table displays all possible assignments of truth-values to these arguments. The following simple truth table represents the truth-functional operators negation and conjunction: truth, coherence theory of truth table 931   931 Because a truth table displays all possible assignments of truth-values to the arguments of a truth-function, truth tables are useful devices for quickly ascertaining logical properties of propositions. If, e.g., all entries in the column of a truth table representing a proposition are T, then the proposition is true for all possible assignments of truth-values to its ultimate constituent propositions; in this sort of case, the proposition is said to be logically or tautologically true: a tautology. If all entries in the column of a truth table representing a proposition are F, then the proposition is false for all possible assignments of truth-values to its ultimate constituent propositions, and the proposition is said to be logically or tautologically false: a contradiction. If a proposition is neither a tautology nor a contradiction, then it is said to be a contingency. The truth table above shows that both Not-P and Pand-Q are contingencies. For the same reason that truth tables are useful devices for ascertaining the logical qualities of single propositions, truth tables are also useful for ascertaining whether arguments are valid or invalid. A valid argument is one such that there is no possibility no row in the relevant truth table in which all its premises are true and its conclusion false. Thus the above truth table shows that the argument ‘P-and-Q; therefore, P’ is valid.  Verum -- truth-value, most narrowly, one of the values T for ‘true’ or F for ‘false’ that a proposition may be considered to have or take on when it is regarded as true or false, respectively. More broadly, a truth-value is any one of a range of values that a proposition may be considered to have when taken to have one of a range of different cognitive or epistemic statuses. For example, some philosophers speak of the truth-value I for ‘indeterminate’ and regard a proposition as having the value I when it is indeterminate whether the proposition is true or false. Logical systems employing a specific number n of truthvalues are said to be n-valued logical systems; the simplest sort of useful logical system has two truth-values, T and F, and accordingly is said to be two-valued. Truth-functions are functions that take truth-values as arguments and that yield truth-values as resultant values. The truthtable method in propositional logic exploits the idea of truth-functions by using tabular displays. Verum -- truth-value semantics, interpretations of formal systems in which the truth-value of a formula rests ultimately only on truth-values that are assigned to its atomic subformulas where ‘subformula’ is suitably defined. The label is due to Hugues Leblanc. On a truth-value interpretation for first-order predicate logic, for example, the formula atomic ExFx is true in a model if and only if all its instances Fm, Fn, . . . are true, where the truth-value of these formulas is simply assigned by the model. On the standard Tarskian or objectual interpretation, by contrast, ExFx is true in a model if and only if every object in the domain of the model is an element of the set that interprets F in the model. Thus a truth-value semantics for predicate logic comprises a substitutional interpretation of the quantifiers and a “non-denotational” interpretation of terms and predicates. If t 1, t 2, . . . are all the terms of some first-order language, then there are objectual models that satisfy the set {Dx-Fx, Ft1, Ft2 . . . .}, but no truth-value interpretations that do. One can ensure that truth-value semantics delivers the standard logic, however, by suitable modifications in the definitions of consistency and consequence. A set G of formulas of language L is said to be consistent, for example, if there is some G' obtained from G by relettering terms such that G' is satisfied by some truth-value assignment, or, alternatively, if there is some language L+ obtained by adding terms to L such that G is satisfied by some truth-value assignment to the atoms of L+. Truth-value semantics is of both technical and philosophical interest. Technically, it allows the completeness of first-order predicate logic and a variety of other formal systems to be obtained in a natural way from that of propositional logic. Philosophically, it dramatizes the fact that the formulas in one’s theories about the world do not, in themselves, determine one’s ontological commitments. It is at least possible to interpret first-order formulas without reference to special truth-table method truth-value semantics 932   932 domains of objects, and higher-order formulas without reference to special domains of relations and properties. The idea of truth-value semantics dates at least to the writings of E. W. Beth on first-order predicate logic in 9 and of K. Schütte on simple type theory in 0. In more recent years similar semantics have been suggested for secondorder logics, modal and tense logics, intuitionistic logic, and set theory. Truth, the quality of those propositions that accord with reality, specifying what is in fact the case. Whereas the aim of a science is to discover which of the propositions in its domain are true i.e., which propositions possess the property of Trinity truth 929   929 truth  the central philosophical concern with truth is to discover the nature of that property. Thus the philosophical question is not What is true? but rather, What is truth?  What is one saying about a proposition in saying that it is true? The importance of this question stems from the variety and depth of the principles in which the concept of truth is deployed. We are tempted to think, e.g., that truth is the proper aim and natural result of scientific inquiry, that true beliefs are useful, that the meaning of a sentence is given by the conditions that would render it true, and that valid reasoning preserves truth. Therefore insofar as we wish to understand, assess, and refine these epistemological, ethical, semantic, and logical views, some account of the nature of truth would seem to be required. Such a thing, however, has been notoriously elusive. The belief that snow is white owes its truth to a certain feature of the external world: the fact that snow is white. Similarly, the belief that dogs bark is true because of the fact that dogs bark. Such trivial observations lead to what is perhaps the most natural and widely held account of truth, the correspondence theory, according to which a belief statement, sentence, proposition, etc. is true provided there exists a fact corresponding to it. This Aristotelian thesis is unexceptionable in itself. However, if it is to provide a complete theory of truth  and if it is to be more than merely a picturesque way of asserting all instances of ‘the belief that p is true if and only if p’  then it must be supplemented with accounts of what facts are, and what it is for a belief to correspond to a fact; and these are the problems on which the correspondence theory of truth has foundered. A popular alternative to the correspondence theory has been to identify truth with verifiability. This idea can take on various forms. One version involves the further assumption that verification is holistic  i.e., that a belief is verified when it is part of an entire system of beliefs that is consistent and “harmonious.” This is known as the coherence theory of truth and was developed by Bradley and Brand Blanchard. Another version, due to Dummett and Putnam, involves the assumption that there is, for each proposition, some specific procedure for finding out whether one should believe it or not. On this account, to say that a proposition is true is to say that it would be verified by the appropriate procedure. In mathematics this amounts to the identification of truth with provability and is sometimes referred to as intuitionistic truth. Such theories aim to avoid obscure metaphysical notions and explain the close relation between knowability and truth. They appear, however, to overstate the intimacy of that link: for we can easily imagine a statement that, though true, is beyond our power to establish as true. A third major account of truth is James’s pragmatic theory. As we have just seen, the verificationist selects a prominent property of truth and considers it to be the essence of truth. Similarly the pragmatist focuses on another important characteristic  namely, that true beliefs are a good basis for action  and takes this to be the very nature of truth. True assumptions are said to be, by definition, those that provoke actions with desirable results. Again we have an account with a single attractive explanatory feature. But again the central objection is that the relationship it postulates between truth and its alleged analysans  in this case, utility  is implausibly close. Granted, true beliefs tend to foster success. But often actions based on true beliefs lead to disaster, while false assumptions, by pure chance, produce wonderful results. One of the few fairly uncontroversial facts about truth is that the proposition that snow is white is true if and only if snow is white, the proposition that lying is wrong is true if and only if lying is wrong, and so on. Traditional theories of truth acknowledge this fact but regard it as insufficient and, as we have seen, inflate it with some further principle of the form ‘X is true if and only if X has property P’ such as corresponding to reality, verifiability, or being suitable as a basis for action, which is supposed to specify what truth is. A collection of radical alternatives to the traditional theories results from denying the need for any such further specification. For example, one might suppose with Ramsey, Ayer, and Strawson that the basic theory of truth contains nothing more than equivalences of the form, ‘The proposition that p is true if and only if p’ excluding instantiation by sentences such as ‘This proposition is not true’ that generate contradiction. This so-called deflationary theory is best presented following Quine in conjunction with an account of the raison d’être of our notion of truth: namely, that its function is not to describe propositions, as one might naively infer from its syntactic form, but rather to enable us to construct a certain type of generalization. For example, ‘What Einstein said is true’ is intuitively equivalent to the infinite conjunction ‘If Einstein said that nothing goes faster than light, then nothing goes faster than light; and if Einstein said truth truth 930   930 that nuclear weapons should never be built, then nuclear weapons should never be built; . . . and so on.’ But without a truth predicate we could not capture this statement. The deflationist argues, moreover, that all legitimate uses of the truth predicate  including those in science, logic, semantics, and metaphysics  are simply displays of this generalizing function, and that the equivalence schema is just what is needed to explain that function. Within the deflationary camp there are various competing proposals. According to Frege’s socalled redundancy theory, corresponding instances of ‘It is true that p’ and ‘p’ have exactly the same meaning, whereas the minimalist theory assumes merely that such propositions are necessarily equivalent. Other deflationists are skeptical about the existence of propositions and therefore take sentences to be the basic vehicles of truth. Thus the disquotation theory supposes that truth is captured by the disquotation principle, ‘p’ is true if and only if p’. More ambitiously, Tarski does not regard the disquotation principle, also known as Tarski’s T schema, as an adequate theory in itself, but as a specification of what any adequate definition must imply. His own account shows how to give an explicit definition of truth for all the sentences of certain formal languages in terms of the referents of their primitive names and predicates. This is known as the semantic theory of truth. Grice: “From ‘verum’ we have to ‘make’ true, as the Romans put it, ‘verificare’ -- verificatum -- verificationism, a metaphysical theory about what determines meaning: the meaning of a statement consists in its methods of verification. Verificationism thus differs radically from the account that identifies meaning with truth conditions, as is implicit in Frege’s work and explicit in Vitters’s Tractatus and throughout the writings of Davidson. On Davidson’s theory, e.g., the crucial notions for a theory of meaning are truth and falsity. Contemporary verificationists, under the influence of the Oxford philosopher Michael Dummett, propose what they see as a constraint on the concept of truth rather than a criterion of meaningfulness. No foundational place is generally assigned in modern verificationist semantics to corroboration by observation statements; and modern verificationism is not reductionist. Thus, many philosophers read Quine’s “Two Dogmas of Empiricism” as rejecting verificationism. This is because they fail to notice an important distinction. What Quine rejects is not verificationism but “reductionism,” namely, the theory that there is, for each statement, a corresponding range of verifying conditions determinable a priori. Reductionism is inherently localist with regard to verification; whereas verificationism, as such, is neutral on whether verification is holistic. And, lastly, modern verificationism is, veil of ignorance verificationism 953   953 whereas traditional verificationism never was, connected with revisionism in the philosophy of logic and mathematics e.g., rejecting the principle of bivalence. Refs.: H. P. Grice, “The taming of the true.” Porphyry called the verum one of the four transcendental, along with unum, pulchrum and bonumGrice agreed. Grice’s concern with the ‘verum’ is serious. If Quine is right, and logical truth should go, so truth should go. Grice needs ‘true’ to correct a few philosophical mistakes. It is true that Grice sees a horse as a horse, for example. The nuances of the implicaturum are of a lesser concern for Grice than the taming of the true.  The root of Latin ‘vero’ is cognate with an idea Grice loved: that of ‘sincerity.’ The point is more obviously realised lexically in the negative: the fallax versus the mendax. But ‘verum’ had to do with candidumand thus very much cognate with the English that Grice avoided, ‘truth,’ cognate with ‘trust.’ quod non possit ab honestate sejungi The true and simple Good which cannot be separated from honesty, Cicero, Academica, I, 2, but also for the ontological which one can find in Cicero’s tr. Topica, 35 of etumologia ἐτυμολογία by veriloquium. Most contemporary hypotheses propose that verus —and the words signifying true, vrai, vérité, G. wahr, G. Wahrheit — derive from an Indo-European root, *wer, which would retain meanings of to please, pleasing, manifesting benevolence, gifts, services rendered, fidelity, pact. Chantraine Dictionnaire étymologique de la langue grecque links it to the Homeric expression êra pherein ἦϱα φέϱειν, to please, as well as to ἐπίηϱα, ἐπίηϱος, and ἐπιήϱανος, agreeable Odyssey, 19, 343, just like the Roman verus cf. se-vere, without benevolence, the G.  war, and the Russian vera, faith, or verit’ верить, to believe. Pokorny adds to this same theme the Grecian ἑοϱτή, religious feast, cult. And from the same basis have come terms signifying guarantee, protect: Fr.  garir and later garant, G.  Gewähren, Eng. warrant, to grant. According to Chantraine, this root *wer should be distinguished from another root ver-, whence eirô εἴϱω in Grecian , verbum in Roman word in English, etc., and words from the family of vereor, revereor, to fear, to respect, verecundia respectful fear. According to Chantraine, this root *wer should be distinguished from another root ver-, whence eirô εἴϱω in Grecian , verbum in Roman word in English, etc., and words from the family of vereor, revereor, to fear, to respect, verecundia respectful fear. Alfred Ernout does not support this separation. We should recall that plays on the words verum and verbum were common, as Augustine mentions verbum = verum boare, proclaiming the truth, Dialectics 1. P. Florensky, following G. Curtius, “Grundzüge der griechischen Etymologie,” also claims a single root for the ensemble of these derivations, including the Sanskrit vratum, sacred act, vow, promise, the Grecian bretas βϱέτας, cult object, wooden idol Aeschylus, Eumenides, v. 258, and the Roman “ver-bum.” The signification of verus must be considered as belonging first to the field of religious ritual and subsequently of juridical formulas: strictly speaking, verus means protected or grounded in the sense of that which is the object of a taboo or consecration Pillar and Ground. Then there’s from the juridical to the philosophical. “Verum” implies a rectification of an adversarial allegation considered to be fraudulent, as is indicated by the original opposition verax/fallax-mendax. It thus signifies the properly founded in fact or in the rules of law: crimen verissimum a well-founded accusation Cicero, In Verrem, 5, 15. In texts of grammar and rhetoric, but also in juridical texts as well, verus and veritas signify the veracity of the rule, inasmuch as it can be distinguished from usage. “Quid verum sit intellego; sed alias ita loquor ut concessum est I know what is correct, but sometimes I avail myself of the variation in usage, Cicero, De oratore, Loeb Classical Library; Consule veritatem: reprehendet; refer ad auris: probabunt If you consult the strict rule of analogy, it will say this practice is wrong, but if you consult the ear, it will approve 1586. The juridical connotation of the word verus and thus of veritas is retained and subsequently reinforced. In the glosses of the Middle Ages, verus signifies legitimate and the Roman sense of the word, legal and authentic or conforming to existing law. One normally finds “verum est” in legal texts to certify that a new rule conforms to preexisting ones Digest, 8, 4, 1. It is this juridical dimension that produces the meaning of verus as authenticated, authentic in contrast to false, imitative, deceiving and thus real as in real cream or a genuine Rolex watch.  The juridical here provides a foundation not only for the moral Verum et simplex bonum. The paradigm of “verum” is not easy to separate from any epistemological dimensions, as is evident in the varied fates of the Indo-European root *wer, from which derives, in addition to vera in Russian, belief, the old Fr.  garir, in the sense of certifying as true, designating as true, whence the participle garant. The evolution of these derived words inscribes G. “wahr,” and “Wahrheit” in a semantic network from which emerge two directions, belief and salvation. Belief. “Wahr” is often linked back, in composite words, to the idea of belief, in the sense of true belief, to take as true. “Wahrsagen,” to predict, “wahr haben,” to admit, agree upon, “für wahr halten,” to hold as true, to believe. This is the term that Kant employs in the Critique of Pure Reason, Transcendental theory of method, ch.2, 3 On Opinion, Science, and Belief: “das Fürwahrhalten” is a belief, as a modality of subjectivity, that can be divided into conviction Überzeugung or persuasion Überredung and that is capable of three degrees: opinion Meinung, belief Glaube, and science Wissenschaft. Safeguarding, conservation. Similarly “wahren,” “bewahren” in the sense of to guard, to conserve is linked to “Wahrung” in the sense of defending one’s interests or safeguarding. One might refer to Heidegger’s use of this etymological and semantic relation in reference to Nietzsche. It remains to be said that many common or colloquial expressions, in Fr.  as well as in English, play on the semantic slippages of vrai and real, between the ontological sense and linguistic meanings. Thus in Fr. , c’est pas vrai! does not mean it is false, but rather that it is not reality. In English, the opposite is the case: get real! means come back down to earth, accept the truth. Grice’s main manoeuvre may be seen as intended to crack the crib of reality. For he wants to say some philosophers engaged in conceptual analysis are misled if they think an inappropriate usage reveals a truth-condition. By coining ‘implicaturum,’ his point is to give room for “Emissor E communicates that p,” as opposed to ‘emissum x ‘means’ ‘p.’ Therefore, Grice can claim that an utterance may very well totally baffling and misleading YET TRUE (or otherwise ‘good’), and that in no way that reveals anything about the emissum itself. This is due to the fact that ‘Emissor E communicates that p’ is diaphanous. And one can conjoin what the emissor E communicates to what he explicitly conveys and NOT HAVE the emissor contradicting himself or uttering a falsehood. And that is what in philosophy should count. H. P. Grice was always happy with a ‘correspondence’ theory of truth. It was what Aristotle thought. So why change? The fact that Austin agreed helped. The fact that Strawson applied Austin’s shining new tool of the performatory had him fashion a new shining skid, and that helped, because, once Grice has identified a philosophical mistake, that justifies his role as methodologist in trying to ‘correct’ the mistake. The Old Romans did not have an article. For them it is the unum, the verum, the bonum, and the pulchrum. They were trying to translate the very articled Grecian ‘to alethes,’ ‘to agathon,’ and ‘to kallon.’ Grecian Grice is able to restore the articles. He would use ‘the alethic’ for the ‘verum,’ after von Wright. But occasionally uses the ‘verum’ root. E. g. when his account of ‘personal identity’ was seen to fail to distinguish between a ‘veridical’ memory and a non-veridical one. If it had not been for Strawson’s ‘ditto’ theory to the ‘verum,’ Grice would not have minded much. Like Austin, his inclination was for a ‘correspondence’ theory of truth alla Aristotle and Tarski, applied to the utterance, or ‘expressum.’ So, while we cannot say that an utterer is TRUE, we can say that he is TRUTHFUL, and trustworthy (Anglo-Saxon ‘trust,’ being cognate with ‘true,’ and covering both the credibility and desirability realms. Grice approaches the ‘verum’ in terms of predicate calculus. So we need at least an utterance of the form, ‘the dog is shaggy.’ An utterance of ‘The dog is shaggy’ is true iff the denotatum of ‘the dog’ is a member of the class ‘shaggy.’ So, when it comes to ‘verum,’ Grice feels like ‘solving’ a problem rather than looking for new ones. He thought that Strawson’s controversial ‘ditto’ was enough of a problem ‘to get rid of.’ VERUM. Along with verum, comes the falsum. fallibilism, the doctrine, relative to some significant class of beliefs or propositions, that they are inherently uncertain and possibly mistaken. The most extreme form of the doctrine attributes uncertainty to every belief; more restricted forms attribute it to all empirical beliefs or to beliefs concerning the past, the future, other minds, or the external world. Most contemporary philosophers reject the doctrine in its extreme form, holding that beliefs about such things as elementary logical principles and the character of one’s current feelings cannot possibly be mistaken. Philosophers who reject fallibilism in some form generally insist that certain beliefs are analytically true, self-evident, or intuitively obvious. These means of supporting the infallibility of faculty psychology fallibilism 303   303 some beliefs are now generally discredited. W. V. Quine has cast serious doubt on the very notion of analytic truth, and the appeal to self-evidence or intuitive obviousness is open to the charge that those who officially accept it do not always agree on what is thus evident or obvious there is no objective way of identifying it, and that beliefs said to be self-evident have sometimes been proved false, the causal principle and the axiom of abstraction in set theory being striking examples. In addition to emphasizing the evolution of logical and mathematical principles, fallibilists have supported their position mainly by arguing that the existence and nature of mind-independent objects can legitimately be ascertained only be experimental methods and that such methods can yield conclusions that are, at best, probable rather than certain. false consciousness, 1 lack of clear awareness of the source and significance of one’s beliefs and attitudes concerning society, religion, or values; 2 objectionable forms of ignorance and false belief; 3 dishonest forms of self-deception. Marxists if not Marx use the expression to explain and condemn illusions generated by unfair economic relationships. Thus, workers who are unaware of their alienation, and “happy homemakers” who only dimly sense their dependency and quiet desperation, are molded in their attitudes by economic power relationships that make the status quo seem natural, thereby eclipsing their long-term best interests. Again, religion is construed as an economically driven ideology that functions as an “opiate” blocking clear awareness of human needs. Collingwood interprets false consciousness as self-corrupting untruthfulness in disowning one’s emotions and ideas The Principles of Art, 8.  . false pleasure, pleasure taken in something false. If it is false that Jones is honest, but Smith believes Jones is honest and is pleased that Jones is honest, then Smith’s pleasure is false. If pleasure is construed as an intentional attitude, then the truth or falsity of a pleasure is a function of whether its intentional object obtains. On this view, S’s being pleased that p is a true pleasure if an only if S is pleased that p and p is true. S’s being pleased that p is a false pleasure if and only if S is pleased that p and p is false. Alternatively, Plato uses the expression ‘false pleasure’ to refer to things such as the cessation of pain or neutral states that are neither pleasant nor painful that a subject confuses with genuine or true pleasures. Thus, being released from tight shackles might mistakenly be thought pleasant when it is merely the cessation of a pain. verisimile -- verisimilitude -- truthlikeness, a term introduced by Karl Popper to explicate the idea that one theory may have a better correspondence with reality, or be closer to the truth, or have more verisimilitude, than another theory. Truthlikeness, which combines truth with information content, has to be distinguished from probability, which increases with lack of content. Let T and F be the classes of all true and false sentences, respectively, and A and B deductively closed sets of sentences. According to Popper’s qualitative definition, A is more truthlike than B if and only if B 3 T 0 A 3 T and A 3 F 0 B 3 F, where one of these setinclusions is strict. In particular, when A and B are non-equivalent and both true, A is more truthlike than B if and only if A logically entails B. David Miller and Pavel Tichý proved in 4 that Popper’s definition is not applicable to the comparison of false theories: if A is more truthlike than B, then A must be true. Since the mid-0s, a new approach to truthlikeness has been based upon the concept of similarity: the degree of truthlikeness of a statement A depends on the distances from the states of affairs allowed by A to the true state. In Graham Oddie’s Likeness to Truth 6, this dependence is expressed by the average function; in Ilkka Niiniluoto’s Truthlikeness 7, by the weighted average of the minimum distance and the sum of all distances. The concept of verisimilitude is also used in the epistemic sense to express a rational evaluation of how close to the truth a theory appears to be on available evidence. verificatum: Grice: “Strictly, what is ‘verified’ is therefore ‘made true,’ analytically.” -- see ayerism. Grice would possibly NOT be interested in verificationism had not been for Ayer ‘breaking tradition’ “and other things” with it --. Oppoiste Christian virtuous –ism: falsificationism. Verificationism is one of the twelve temptations Grice finds on his way to the City of Eternal Truth. (Each one has its own entry). Oddly, Boethius was the first verificationist. He use ‘verifico’ performatively. “When I say, ‘verifico’, I verify that what I say is true.” He didn’t mean it as a sophisma (or Griceisma, but it was (mis-)understood as such! “When I was listing the temptations, I thought of calling this ‘Ayerism,’ but then I changed my mind. verification theory of meaning The theory of meaning advocated by the logical positivists and associated with the criterion of verifiability. The latter provides a criterion of meaningfulness for sentences, while the verification theory of meaning specifies the nature of meaning. According to the criterion, a sentence is cognitively meaningful if and only if it is logically possible for it to be verified. The meaning of a sentence is its method of verification, that is, the way in which it can be verified or falsified, particularly by experience. The theory has been challenged because the best formulations still exclude meaningful sentences and allow meaningless sentences. Critics also claim that the theory is a test for meaningfulness rather than a theory of meaning proper. Further, they claim that it fails to recognize that the interconnectedness of language might allow a sentence that cannot itself be verified to be meaningful. “The verification theory of meaning, which dominated the Vienna Circle, was concerned with the meaning and meaningfulness of sentences rather than words.” Quine, Theories and Things verificationism Philosophical method, philosophy of science, philosophy of language A position fundamental to logical positivism, claiming that the meaning of a statement is its method of verification. Accordingly, apparent statements lacking a method of verification, such as those of religion and metaphysics, are meaningless. Theoretical expressions can be defined in terms of the experiences by means of which assertions employing them can be verified. In the philosophy of mind, behaviorism, which tries to reduce unobserved inner states to patterns of behavior, turns out to be a version of verificationism. Some philosophers require conclusive verification for a statement to be meaningful, while others allow any positive evidence to confer meaning. There are disputes whether every statement must be verified separately or theories can be verified as a whole even if some of their statements cannot be individually verified. Attempts to offer a rigorous account of verification have run into difficulties because statements that should be excluded as meaningless nevertheless pass the test of verification and statements that should be allowed as meaningful are excluded. “For over a hundred years, one of the dominant tendencies in the philosophy of science has been verificationism, that is, the doctrine that to know the meaning of a scientific proposition . . . is to know what would be evidence for that proposition.” Putnam, Mind, Language and Reality verisimilitude Philosophy of science [from Latin verisimilar, like the truth] The degree of approximation or closeness to truth of a statement or a theory. Popper defined it in terms of the difference resulting from truth-content minus falsity-content. The truthcontent of a statement is all of its true consequences, while the falsity-content of a statement is all of its false consequences. The aim of science is to find better verisimilitude. One theory has a better verisimilitude than competing theories if it can explain the success of competing theories and can also explain cases where the other theories fail. Popper emphasized that verisimilitude is different from probability. Probability is the degree of logical certainty abstracted from content, while verisimilitude is degree of likeness to truth and combines truth and content. “This suggests that we combine here the ideas of truth and content into onethe idea of a degree of better (or worse) correspondence to truth or of greater (or less) likeness or similarity to truth; or to use a term already mentioned above (in contradistinction to probability) the idea of (degrees of ) verisimilitude.” Popper, Conjectures and Refutations.Refs: Grice, “Rationality and Trust,” Grice, “The alethic.” “P. F. Strawson and the performatory account of ‘true’”, The Grice Papers.

 

villa grice: -- Kept by Luigi Speranza -- Grice kept a nice garden in his cottage on Banbury Road, not far from St. John’s. It was more of a villa than his town house at Harborne. While Grice loved Academia, he also loved non-Academia. He would socialize at the Flag and Lamb, at the Bird and Baby, and the cricket club, at the bridge club, etc. In this way, he goes back to Plato’s idea of an ‘academy,’ established by Plato at his villa outside Athens near the public park and gymnasium known by that name. Although it may not have maintained a continuous tradition, the many and varied philosophers of the Academy all considered themselves Plato’s successors, and all of them celebrated and studied his work. The school survived in some form until A.D. 529, when it was dissolved, along with the other pagan schools, by the Eastern Roman emperor Justinian I. The history of the Academy is divided by some authorities into that of the Old Academy Plato, Speusippus, Xenocrates, and their followers and the New Academy the Skeptical Academy of the third and second centuries B.C.. Others speak of five phases in its history: Old as before, Middle Arcesilaus, New Carneades, Fourth Philo of Larisa, and Fifth Antiochus of Ascalon. For most of its history the Academy was devoted to elucidating doctrines associated with Plato that were not entirely explicit in the dialogues. These “unwritten doctrines” were apparently passed down to his immediate successors and are known to us mainly through the work of Aristotle: there are two opposed first principles, the One and the Indefinite Dyad Great and Small; these generate Forms or Ideas which may be identified with numbers, from which in turn come intermediate mathematicals and, at the lowest level, perceptible things Aristotle, Metaphysics I.6. After Plato’s death, the Academy passed to his nephew Speusippus, who led the school until his death. Although his written works have perished, his views on certain main points, along with some quotations, were recorded by surviving authors. Under the influence of late Pythagoreans, Speusippus anticipated Plotinus by holding that the One transcends being, goodness, and even Intellect, and that the Dyad which he identifies with matter is the cause of all beings. To explain the gradations of beings, he posited gradations of matter, and this gave rise to Aristotle’s charge that Speusippus saw the universe as a series of disjointed episodes. Speusippus abandoned the theory of Forms as ideal numbers, and gave heavier emphasis than other Platonists to the mathematicals. Xenocrates who once went with Plato to Sicily, succeeded Speusippus and led the Academy till his own death. Although he was a prolific author, Xenocrates’ works have not survived, and he is known only through the work of other authors. He was induced by Aristotle’s objections to reject Speusippus’s views on some points, and he developed theories that were a major influence on Middle Platonism, as well as on Stoicism. In Xenocrates’ theory the One is Intellect, and the Forms are ideas in the mind of this divine principle; the One is not transcendent, but it resides in an intellectual space above the heavens. While the One is good, the Dyad is evil, and the sublunary world is identified with Hades. Having taken Forms to be mathematical entities, he had no use for intermediate mathematicals. Forms he defined further as paradigmatic causes of regular natural phenomena, and soul as self-moving number. Polemon led the Academy, and was chiefly known for his fine character, which set an example of self-control for his students. The Stoics probably derived their concept of oikeiosis an accommodation to nature from his teaching. After Polemon’s death, his colleague Crates led the Academy until the accession of Arcesilaus. The New Academy arose when Arcesilaus became the leader of the school and turned the dialectical tradition of Plato to the Skeptical aim of suspending belief. The debate between the New Academy and Stoicism dominated philosophical discussion for the next century and a half. On the Academic side the most prominent spokesman was Carneades. In the early years of the first century B.C., Philo of Larisa attempted to reconcile the Old and the New Academy. His pupil, the former Skeptic Antiochus of Ascalon, was enraged by this and broke away to refound the Old Academy. This was the beginning of Middle Platonism. Antiochus’s school was eclectic in combining elements of Platonism, Stoicism, and Aristotelian philosophy, and is known to us mainly through Cicero’s Academica. Middle Platonism revived the main themes of Speusippus and Xenocrates, but often used Stoic or neo-Pythagorean concepts to explain them. The influence of the Stoic Posidonius was strongly felt on the Academy in this period, and Platonism flourished at centers other than the Academy in Athens, most notably in Alexandria, with Eudorus and Philo of Alexandria. After the death of Philo, the center of interest returned to Athens, where Plutarch of Chaeronia studied with Ammonius at the Academy, although Plutarch spent most of his career at his home in nearby Boeotia. His many philosophical treatises, which are rich sources for the history of philosophy, are gathered under the title Moralia; his interest in ethics and moral education led him to write the Parallel Lives paired biographies of famous Romans and Athenians, for which he is best known. After this period, the Academy ceased to be the name for a species of Platonic philosophy, although the school remained a center for Platonism, and was especially prominent under the leadership of the Neoplatonist Proclus. 

 

villa speranza: the grander sourroundings where the Casino Grice belongsGrice used to call it ‘Villa Grice.’ Villa Speranza counts with an excellent host in the charming A. M. G. -- . Villa Speranza holds a grand swimming pool where Grice would keep his Loeb collection (“Loeb is all you need”)It became known in the neighbourhood as The Swimming-Pool Library. Anna Speranza has been a splendid host and gardener at the Villa.

 

vio: essential Italian philosopher. Grice was irritated that when ‘vio’ became a saint, the Italians list them under ‘c’. He wrote extensively on freewill, and had a colourful dispute with, of all people, Calvinwell represented in a painting Grice adored. Viotomasso di vio -- cajetan, original name, -- H. P. Grice thinks that Shropshire borrowed his proof for the immortality of the soul from Cajetan -- Tommaso de Vio, prelate and theologian. Born in Gaeta from which he took his name, he entered the Dominican order in 1484 and studied philosophy and theology at Naples, Bologna, and Padua. He became a cardinal in 1517; during the following two years he traveled to G.y, where he engaged in a theological controversy with Luther. His major work is a Commentary on St. Thomas’ Summa of Theology 1508, which promoted a renewal of interest in Scholastic and Thomistic philosophy during the sixteenth century. In agreement with Aquinas, Cajetan places the origin of human knowledge in sense perception. In contrast with Aquinas, he denies that the immortality of the soul and the existence of God as our creator can be proved. Cajetan’s work in logic was based on traditional Aristotelian syllogistic logic but is original in its discussion of the notion of analogy. Cajetan distinguishes three types: analogy of inequality, analogy of attribution, and analogy of proportion. Whereas he rejected the first two types as improper, he regarded the last as the basic type of analogy and appealed to it in explaining how humans come to know God and how analogical reasoning applied to God and God’s creatures avoids being equivocal. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e de Vio.” The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

violence: Grice: “I would define ‘violence’ as the use of force to cause physical harm, death, or destruction physical violence;  the causing of severe mental or emotional harm, as through humiliation, deprivation, or brainwashing, whether using force or not psychological violence; more broadly, profaning, desecrating, defiling, or showing disrespect for i.e., “doing violence” to something valued, sacred, or cherished; extreme physical force in the natural world, as in tornados, hurricanes, and earthquakes. Physical violence may be directed against persons, animals, or property.” Grice goes on: “In the first two cases, harm, pain, suffering, and death figure prominently; in the third, illegality or illegitimacy the forceful destruction of property is typically considered violence when it lacks authorization. Psychological violence applies principally to persons. It may be understood as the violation of beings worthy of respect. But it can apply to higher animals as well as in the damaging mental effects of some experimentation, e.g., involving isolation and deprivation. Environmentalists sometimes speak of violence against the environment, implying both destruction and disrespect for the natural world. Sometimes the concept of violence is used to characterize acts or practices of which one morally disapproves. To this extent it has a normative force. But this prejudges whether violence is wrong. One may, on the other hand, regard inflicting harm or death as only prima facie wrong i.e., wrong all other things being equal. This gives violence a normative character, establishing its prima facie wrongness. But it leaves open the ultimate moral justifiability of its use. Established practices of physical or psychological violence  e.g., war, capital punishment  constitute institutionalized violence. So do illegal or extralegal practices like vigilantism, torture, and state terrorism e.g., death squads. Anarchists sometimes regard the courts, prisons, and police essential to maintaining the state as violence. Racism and sexism may be considered institutional violence owing to their associated psychological as well as physical violence. Refs.: H. P. Grice, “Causes and reasons.” 

 

virno: essential Italian philosopher. Grice: “Virno, like me, is a semiotician.” Virno (n. Napoli), filosofo.  Paolo Virno (Napoli), filosofo. Di orientamento marxista operaista, docente di filosofia del linguaggio presso il Dipartimento di Filosofia, Comunicazione e Spettacolo dell'Università Roma Tre. Tra i principali esponenti dell'organizzazione della sinistra extraparlamentare Potere Operaio, negli anni '60 e '70 il suo nome ricorse nelle cronache dei cosiddetti "anni di piombo" in Italia. Accusato di appartenere ad una formazione armata eversiva fu arrestato e detenuto in prigione per diversi anni sino alla sua definitiva assoluzione. Nel corso della detenzione elaborò il suo pensiero che trovò espressione nella rivista Luogo comune.  «Democrazia è il fucile in spalla agli operai», slogan attribuito a Potere Operaio «Mi sono formato politicamente a Genova, dove la mia famiglia viveva e io facevo liceo. Genova era esposta all’influenza di Torino, dove vi furono le prime occupazioni nel ’67; quindi nell’estate di quell’anno si mobilitarono gli studenti medi (più vivaci di quelli universitari, che invece erano in contatto con le organizzazioni tradizionai dei partiti, UGI e via dicendo).  Come studenti medi fondammo dunque il Sindacato degli Studenti, che nell’autunno del ’67 fece i primi scioperi su tematiche già sessantottesche, la lotta all’autoritarismo, solidarietà con gli studenti greci dopo il golpe dei colonnelli e quant’altro...nell’autunno del ’68, sempre per un trasferimento della famiglia, sono venuto ad abitare a Roma, e di lì a non molto ho preso contatti e rapporti con il gruppo che sarebbe diventato Potere Operaio, che allora sostanzialmente nella capitale era il gruppo delle facoltà scientifiche... Entro in Potere operaio dopo gli episodi cruciali della primavera ’69 a Torino.»  Negli anni tra il 1970 e il 1972 lavorò a Milano come insegnante all'Alfa Romeo di Arese e all'Innocenti, organizzando anche azioni collettive nelle fabbriche sino alla dissoluzione di Potere operaio nel 1973.  Nel 1977 Virno presentò la sua tesi di laurea sul concetto di lavoro e la teoria della coscienza di Theodor Adorno e partecipò attivamente alle manifestazioni del 1977 ad opera dei lavoratori precari e di altri emarginati. Fondò assieme a Oreste Scalzone e a Franco Piperno la rivista Metropoli organo ideologico del movimento politico.  Nel giugno del 1979, nell'ambito dell'inchiesta giudiziaria nota come "7 aprile", la redazione della rivista viene accusata di appartenere in blocco all'organizzazione eversiva «costituita in più bande armate variamente denominate».  «siamo arrestati io, Castellano, Maesano e Pace (che però sfugge all’arresto, di nuovo, giuro, non per sagacia). Noi siamo arrestati il 6 giugno ’79, poi ci fanno confluire nel 7 aprile, ritroviamo gli altri nel cortile di Rebibbia, nel braccio speciale, stiamo un po’ di mesi lì, poi c’è la diaspora, cioè il Ministero ordina di mandare ognuno di questi detenuti in un carcere speciale diverso, perché ovviamente, tramite avvocati, visite, benché ci fosse il regime di braccio speciale, quello era diventato una specie di luogo in cui si elaboravano documenti, lettere a giornali, si faceva campagna politica, c’erano state delle lotte interne.  Quindi, c’è la diaspora, io vado a Novara, Oreste va a Cuneo, quell’altro va a Favignana, quell’altro ancora da un’altra parte. Comincia questo giro negli speciali, e ci ritroviamo non tutti ma in parte nel carcere di Palmi, inaugurato nell’autunno del ’79, carcere per soli politici o per detenuti comuni completamente politicizzati, una specie di “Kesh”. Là dentro c’era una situazione curiosa, anche molto spettacolare, perché si incontrano assolutamente tutti. Infatti, per un primo periodo con i compagni delle BR o con Alunni o quelli dei NAP, si pensò anche di approfittare di questa situazione per avviare una discussione larga, di carattere "costituente": però, il problema è che anche lì c’è il fatto che i più spregiudicati di loro, come Curcio, erano d’accordo, avevano capito di aver perso l’essenziale, cioè il cambio di paradigma del ’77, cioè il fatto che i giovani operai erano non più riconducibili a quelli del ’69; altri invece no.[...]  Riassumendo in breve, la mia detenzione fu un anno dal ’79 all’80, poi due anni liberi in cui curai la serie continua di Metropoli nell’81, due anni ancora di carcere, condanna a 12 anni in primo grado, un anno di arresti domiciliari ... l’assoluzione (insieme a tanti altri imputati del 7 aprile) fu nell’87, la conferma nell’88.»  La travagliata esperienza politica e esistenziale di questi anni sarà trasfusa da Virno nella pubblicazione di Luogo Comune una rivista dedicata all'analisi della vita nella situazione sociale del "postfordismo".  Nel 1993 Virno lasciò il lavoro di editore della rivista per insegnare filosofia nell'Urbino --  è stato professore invitato all'Montréal e al suo ritorno in Italia occupò la cattedra di filosofia del linguaggio, semiotica ed etica della comunicazione nell'Università della Calabria da dove si trasferirà all'Università Roma Tre.  Pensiero Paolo Virno, convinto della necessità di un nuovo linguaggio della politica che chiarisca le trasformazioni economiche, sociali e culturali che da più di un decennio caratterizzano le società occidentali, introduce nell'opera Grammatica della moltitudine, una riflessione sul contrasto tra i termini di "popolo" e "moltitudine" che generarono una accesa polemica teorico-filosofica nel secolo XVII. Quando avvenne la formazione degli stati nazionali fu il termine popolo a prevalere e Virno si domanda se non sia venuto il tempo di restaurare l'altro concetto.  I primi a discutere sulla contrapposizione di popolo-moltitudine furono Spinoza e Hobbes. Per Spinoza, la "multitudo" è quell'insieme di persone che nell'azione politica e in quella economica, pur agendo collettivamente non perdono il senso della propria individualità, resistendo sempre alla riduzione a unica massa informe com'è nel termine di "popolo". Per Spinoza moltitudine è dunque la base delle libertà civili.  Al contrario Hobbes vede nel concetto di moltitudine, cioè in una pluralità che non si sintetizza nell'uno, il più grave pericolo per l'autorità dello Stato che esercita il «supremo imperio».  «Dopo i secoli del «popolo» e quindi dello Stato (Stato-nazione, Stato centralizzato ecc.), torna infine a manifestarsi la polarità contrapposta, abrogata agli albori della modernità. La moltitudine come ultimo grido della teoria sociale, politica e filosofica? Forse.»  Opere L'idea di mondo. Intelletto pubblico e uso della vita, Editore: Quodlibet,  Saggio sulla negazione. Per una antropologia linguistica, Editore: Bollati Boringhieri,  E così via, all'infinito. Logica e antropologia, Editore: Bollati Boringhieri,  Motto di spirito e azione innovativa. Per una logica del cambiamento, Editore: Bollati Boringhieri, 2005 Quando il verbo si fa carne. Linguaggio e natura umana, Editore: Bollati Boringhieri, Scienze sociali e «natura umana». Facoltà di linguaggio, invariante biologico, rapporti di produzione, Editore: Rubbettino, 2003 Grammatica della moltitudine. Per una analisi delle forme di vita contemporanee, Editore: DeriveApprodi, Esercizi di esodo. Linguaggio e azione politica, Editore: Ombre Corte, 2002 Il ricordo del presente. Saggio sul tempo storico, Editore: Bollati Boringhieri, Parole con parole. Poteri e limiti del linguaggio, Editore: Donzelli, Mondanità. L'idea di «Mondo» tra esperienza sensibile e sfera pubblica, Editore: Manifestolibri, Convenzione e materialismo, Editore: Theoria [Ristampa Editore: DeriveApprodi,   Scheda docenteUniversità Roma Tre  Intervista a Paolo Virno21 aprile 2001  Intervista di P. Virno a Hecceitasweb  «Questo termine è entrato nel linguaggio corrente negli anni '90 per indicare un insieme di caratteristiche economiche, sociali e istituzionali del nostro presente, avvertite [pessimisticamente] come profondamente diverse rispetto al nostro recente passato» e in genere come molto negativamente mutate. (In articolo di Maria Turchetto, Fordismo e postfordismo. Qualche dubbio su alcune "certezze" della sinistra italiana., edito nel n° 67 di Protagonisti)  Grammatica della moltitudine. Per una analisi delle forme di vita contemporanee, ed.DeriveApprodi, Anni di piombo Potere operaio"General intellect". In Zanini, A.; Fadini, U. . Lessico postfordista: dizionario di idee della mutazione. Feltinelli, 2001 (visualizzazione parziale su Google Books; Testo completo in inglese). Virno Giovanni Copertino, sito "Filosofico.net".

 

Viroli: essential Italian philosopher. Actually “Viroli-Cavalieri”? Grice, “I shall be fighting soon.” “The loyalty for one’s country is not based on evidence.”Maurizio Viroli (Forlì), filosofo. Durante il settennato di Carlo Azeglio Ciampi ha servito la Presidenza della Repubblica Italiana. Attualmente è Professore alla Università del Texas ad Austin e all'Università della Svizzera Italiana a Lugano. I suoi campi di ricerca sono la Filosofia politica e la Storia del Pensiero politico. I suoi autori di riferimento sono Niccolò Machiavelli, Jean-Jacques Rousseau, Giuseppe Mazzini, Benedetto Croce, Carlo Rosselli e Nello Rosselli. La sua ricerca si basa sul metodo contestualista di Quentin Skinner a cui ha apportato alcune innovazioni. Il suoi riferimenti politico-ideali sono il Repubblicanesimo e l'Azionismo (Partito d'Azione). Alle numerose pubblicazioni scientifiche affianca l'attività di saggista e quella di editorialista. Collabora e ha collaborato ad alcune testate giornalistiche, tra cui La Stampa, il Sole 24 ORE e Il Fatto Quotidiano. Nel 2008 ha acquisito anche la cittadinanza statunitense.. Maurizio Viroli ha frequentato il Liceo scientifico statale Fulcieri Paulucci di Calboli di Forlì. Come egli stesso racconta nel libro L'autunno della Repubblica, per mantenersi agli studi ha lavorato fin da giovanissimo come garzone di bottega, come cameriere d'albergo e come operaio presso lo zuccherificio della sua città. Di quegli anni dice:" [...] quando ero bambino abitavo a Forlì con i miei genitori, in via Archimede Mellini, in un appartamento angusto e freddissimo, riscaldato soltanto da una stufa a gas tenuta, per la nostra povertà, sempre con la fiammella azzurrognola al minimo."  Al termine degli studi liceali si è iscritto alla facoltà di Lettere e Filosofia dell'Bologna. Nel 1976 si è laureato magna cum laude in Filosofia con una tesi dal titolo Metodo e Sistema in Friedrich Engels.  Dal maggio 1976 al maggio 1977 ha svolto il Servizio di leva a Casarsa della Delizia, in Friuli-Venezia Giulia.  Il ritorno alla vita civile è stato all'insegna del precariato. Percepiva un piccolo salario organizzando convegni e lavorando come redattore alla rivista Problemi della transizione presso Istituto Gramsci di Bologna.  Nel 1982 è stato ammesso al dottorato di ricerca presso l'Istituto Universitario Europeo di Firenze. Nel 1985, di fronte alla commissione composta dai Professori Werner Maihofer, Quentin Skinner, Norberto Bobbio, Maurice Cranston, Athanasios Moulakisha, ha discusso la tesi dal titolo La théorie de la société bien ordonnée chez Jean-Jacques Rousseau, pubblicata prima in francese poi, nel 1988, per la Cambridge University Press con il titolo di Jean Jacques Rousseau and the 'Well-Ordered Society', e nel 1993 per Il Mulino con il titolo Jean-Jacques Rousseau e la teoria della società bene ordinata.  Ha perfezionato la sua formazione svolgendo attività di ricerca al Clare Hall dell'Cambridge e al Max-Planck Institut für Gesellschaftsforschung in Köln.  Posizione accademica Maurizio Viroli è Professore Emerito all'Princeton dal . A Princeton è giunto nel 1987, dopo aver vinto un concorso come Assistant Professor. Nel 1993 ha ottenuto tenured appointment ed è diventato Associate Professor. Nel 1997 è diventato Full Professor .  È Professore di Government all'Università del Texas ad Austin, e di Comunicazione politica all'Università della Svizzera italiana. Dirige il Laboratorio di Studi civili presso l'Università della Svizzera italiana.  Con Letizia Tedeschi (Accademia di Architettura di Mendrisio), Michele Luminati (Lucerna) e Jean-Philippe Garric (Sorbonne Université), nel  ha vinto il finanziamento del FNSNF (Fondo Nazionale Svizzero per la Ricerca Scientifica) per gli anni -2022 con il progetto di ricerca Milan and Ticino (1796-1848): Shaping the Spatiality of a European Capital, che prevede l'impegno di un folto gruppo di ricercatori.  I suoi interessi di studio ruotano intorno alla Filosofia politica e alla Storia del Pensiero politico. Studia il Repubblicanesimo nella sua accezione classica (da Machiavelli a Rousseau) e in quella contemporanea. Si occupa e scrive di religione e politica, di retorica classica, libertà e tirannide, di patriottismo e nazionalismo, di etica civile, di diritti e doveri. Pone particolare attenzione ai fondamenti della convivenza civile. I suoi periodi storici di riferimento sono il Rinascimento, il Risorgimento e l'Antifascismo. I suoi autori di riferimento sono Niccolò Machiavelli, Jean-Jacques Rousseau, Giuseppe Mazzini, Benedetto Croce, Carlo e Nello Rosselli.  Come impegno civile si occupa di Educazione civica e della difesa e dell'attuazione della Costituzione della Repubblica Italiana. Ha collaborato con la Direzione Generale dell'Ufficio Scolastico Regionale per le Marche a progetti di Educazione alla Cittadinanza. Nel 2006 ha fondato e dirige il Master in Civic Education presso l'associazione Ethica di Asti. Ha coordinato e diretto progetti di Educazione civica per la Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo. Con il professor Gianni Sinni dirige il progetto Designing Civic Consciousness presso Università degli Studi della Repubblica di San Marino. Dirige il progetto Lezioni di Casa Cervi-Scuola di Etica civile presso Casa Cervi. Ha preso parte attivamente alle campagne referendarie svoltesi in occasione del referendum costituzionale del 2006, contro la riforma proposta dal centro-destra, e del referendum costituzionale del , contro la cosiddetta riforma costituzionale Renzi-Boschi.  Ha collezionato inviti e incarichi di insegnamento presso prestigiose istituzioni culturali internazionali come l'Institute for Advanced Study di Princeton, Georgetown University, Yale University, Harvard University, UCLA, Università Complutense di Madrid, Universidad Nacional de Cuyo di Mendoza, New School for Social Research di New York, Peking University, Pontifica Universitad Catolica del Cile, Cambridge University, University of Brisbane, Columbia University, Queen Mary, University of London, United Arab Emirates University, Università Nazionale Autonoma del Messico, Hebrew University di Gerusalemme, il Collège de France  In Italia ha insegnato presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, Università degli Studi di Trento, l'Università del Molise, l'Ferrara, la Scuola Superiore di Catania e l'Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo".  Ha collaborato e collabora con istituzioni quali il Collegio di Milano e la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione, Scuola superiore di polizia, Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo, il Collegio Carlo Alberto e l'Associazione Nazionale Comuni Italiani, laFondazione Alcide Cervi presso Casa Cervi.  Ideali politici Maurizio Viroli, nel libro L'autunno della Repubblica, spiega così le sue posizioni politiche "Non sono soltanto uno studioso del repubblicanesimo, mi sento repubblicano. Amo i princìpi fondamentali di questa tradizione e cerco di applicarli nella vita e nell’analisi dei fatti politici e sociali." Più oltre, in riferimento al Presidente Carlo Azeglio Ciampi racconta: "La prima volta che lo incontrai provai la sensazione di trovarmi di fronte ad un uomo di straordinaria energia morale, l’esempio vero della migliore cultura del Risorgimento e dell’azionismo. Rammento ancora le parole che mi disse dopo aver ascoltato con attenzione le mie considerazioni sul significato del concetto di amor di patria: «Quello che lei dice, professore, l’ho sempre sentito e vissuto nella mia coscienza». Fu allora che realizzai che io sono prima uno studioso di repubblicanesimo e poi un repubblicano; Ciampi è repubblicano nell’intimo della coscienza: repubblicano e azionista; anzi, credo, repubblicano perché azionista."  Anche l'Antifascismo é rilevante nel patrimonio ideale di Maurizio Viroli. Ne L'Autunno della Repubblica si legge: "Ho trovato nelle pagine di Benedetto Croce, Carlo Rosselli, Ferruccio Parri, Ernesto Rossi, Piero Calamandreiper citare soltanto i nomi più notinon solo idee e argomenti in perfetta sintonia con il mio antifascismo assoluto e intransigente, ma anche e soprattutto le più convincenti riflessioni sulle ragioni della fragilità della libertà italiana."  Il patriottismo di Maurizio Viroli si oppone al nazionalismo, anzi, ne è l'antidoto. Ancora ne L'Autunno della Repubblica si legge a proposito del libro Per amore della patria: "In Italia abbiamo una tradizione di patriottismo di straordinario valore morale e politico, la migliore che io conosca. Mi riferisco in primo luogo al patriottismo di Giuseppe Mazzini, fondato sul principio che la patria non è il territorio bensì un principio di libertà, e al patriottismo degli antifascisti di «Giustizia e Libertà», concordi nell’affermare che la nostra patria coincide con il mondo morale delle persone libere [...] non era poi idea tanto peregrina sostenere [in Per amore della patria. Patriottismo e nazionalismo nella storia. n.d.r.] che il patriottismo repubblicano potesse essere il mezzo più efficace per combattere la marea del nazionalismo che cominciava a montare. Oggi, credo sia troppo tardi."  Infine, Maurizio Viroli ci spiega il suo relativismo: "Sulle questioni etiche sono stato sempre un convinto relativista, con comprensibile scandalo di molti amici e colleghi. Di fatto, se il dovere esiste soltanto là dove la coscienza morale personale lo riconosce come tale, segue necessariamente che ci sono persone che riconoscono quali loro doveri determinati princìpi, altre che riconoscono quali loro doveri princìpi diversi, se non del tutto opposti. Il pluralismo e il contrasto dei doveri sono sotto gli occhi di tutti. Ad alcuni il dovere indica il servizio e la pratica della carità, ad altri la pura e semplice affermazione di sé stessi, anche a costo di usare altri esseri umani come mezzi. [...] La ragione, tante volte invocata quale guida sicura all’agire umano, non detta i fini ma solo i mezzi. Lo ha spiegato in modo esemplare un filosofo morale completamente dimenticato, Erminio Juvalta: «La ragione per sé non comanda nulla; né l’egoismo, né l’altruismo, né la giustizia. La ragione cerca, e mostra, se le riesce, i mezzi che servono a conservar la vita a chi la vuol conservare, a distruggerla a chi la vuol distruggere; addita ai pietosi le vie della pietà, ai giusti le vie della giustizia, e le vie del proprio tornaconto agli uomini senza scrupoli. Ma l’egoismo non è per sé più ‘razionale’ dell’altruismo, né il regresso più razionale del progresso, né la conservazione dell’individuo più razionale di quella della specie, né l’utile proprio più razionale che l’utile della collettività. Razionali non sono i fini, ma le relazioni dei mezzi ai fini. Ed è così ragionevole che dia la vita per un’idea chi pregia più l’idea che la vita, come che taccia la verità per un ciondolo chi ama più i ciondoli che la verità.»"  Incarichi Istituzionali È stato consulente della Presidenza della Repubblica Italiana per le attività culturali durante il settennato del Presidente Carlo Azeglio Ciampi. Ha collaborato con la Presidenza della Camera dei Deputati durante la presidenza di Luciano Violante. È stato coordinatore del Comitato Nazionale per la Valorizzazione della Cultura della Repubblica presso il Ministero dell'Interno.  È stato Presidente nazionale dell'Associazione Mazziniana Italiana.  Onorificenze Ufficiale dell'Ordine al merito della Repubblica italiananastrino per uniforme ordinariaUfficiale dell'Ordine al merito della Repubblica italiana «Di iniziativa del Presidente della Repubblica» Pubblicazioni Questa voce è da wikificare Questa voce o sezione sull'argomento scrittori non è ancora formattata secondo gli standard. Contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni di . Segui i suggerimenti del progetto di riferimento. Monografie (con indicazione delle rispettive traduzioni)   Nazionalisti e patrioti, Roma-Bari, Laterza    Etica del servizio e etica del comando, Napoli, Editoriale Scientifica.    The Quotable Machiavelli, Princeton, Princeton University Press.  How to choose a leader. Machiavelli’s advice to citizens, Princeton, Princeton University Press.  L’autunno della Repubblica, Roma-Bari, Laterza.    Redeeming The Prince: The Meaning of Machiavelli’s Masterpiece, Princeton, Princeton University Press. Traduzione italiana, La redenzione dell’Italia. Saggio sul «Principe» di Machiavelli, Roma-Bari, Laterza, . Traduzione spagnola, La redención de El príncipe: el significado de la obra maestra de Maquiavelo, Bogotá, Universidad de los Andes: Ediciones Uniandes, .  Il sorriso di Niccolò. Storia di Machiavelli, nuova edizione, Roma-Bari, Laterza.  Scegliere il principe. I consigli di Machiavelli al cittadino elettore, Roma-Bari, Laterza. traduzione spagnola, La elección del príncipe: los consejos de Maquiavelo al ciudadano elector, tradotto da Paula Caballero Sánchez, Barcelona, Paidós, . Traduzione coreana, (Nugu reul ppobaya haneunga), tradotto da Jaejung Gim, 안티고네, Anyang : Antigone, . In uscita la traduzione portoghese.    L’Intransigente, Roma-Bari, Laterza.  Le parole del cittadino, Roma-Bari, Laterza.  La libertà dei servi, Roma-Bari, Laterza (paperback edition: ). Traduzione inglese, The liberty of servants: Berlusconi’s Italy, tradotto da Antony Shugaar, con una nuova prefazione dell'autore, Princeton, Princeton University Press, .  Lo scrittore di ricami, Reggio Emilia, Diabasis.    Come se Dio ci fosse. Religione e libertà nella storia d’Italia, Torino, Einaudi. 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Parel, ‘The Machiavellian Cosmos’, Renaissance Quarterly,   ‘Il significato storico della nascita del concetto di Ragion di Stato’, in Enzo Baldini (ed.), Aristotelismo politico e ragion di Stato. Atti del Convegno internazionale di Torino, 11-13 febbraio 1993, Firenze, Olschki.  ‘Patrioti o Traditori?’, L’Indice, April 1995.  ‘Il ritorno della Nazione’, I democratici,   ‘L’etica politica ciceroniana e il suo significato moderno’, Nuova Civiltà delle Macchine, 12, n. 1 (January-March 1994),  197-202.  ‘La cattiva retorica dell’autonomia della politica’, Il Mulino, ‘Politika kot državljanska filozofija’, Časopis za kritiko znanosti,   ‘Nazionalismo e patriottismo’, Il Mulino,  ‘Politics as Civil Philosophy’, in William R. Shea and Antonio Spadafora (eds.), From the Twilight of Probability: Ethics and Politics, Canton (MA), Science History Publications.  ‘The Revolution in the Concept of Politics’, Political Theory,  Review of Sebastian De Grazia, ‘Machiavelli in Hell’, Political Theory, ‘Una filosofia civile tra comunitari e liberali’, Ragioni Critiche,  ‘Introduction’, in Quentin Skinner, Le origini del pensiero politico moderno, Bologna, Il Mulino.  Review of Michael Walzer, ‘The Company of Critics’, L’Indice, n. 3.  ‘Machiavelli and the classical idea of politics’, in Gisela Bock, Quentin Skinner and Maurizio Viroli (eds.), Machiavelli and Republicanism, Cambridge, Cambridge University Press.  1989  ‘Republic and Politics in Machiavelli and Rousseau’, History of Political Thought,  ‘Machiavelli e Rousseau: i dilemmi della politica republicana’, Teoria Politica, ‘The concept of “order” and the language of classical republicanism in Jean Jacques Rousseau’, in Anthony Pagden (ed.), The Languages of Political Theory in Early-Modern Europe, Cambridge, Cambridge University Press.  ‘“Revisionisti” e “ortodossi” nella storia delle idee politiche’, Rivista di filosofia,  ‘La Théorie du Contrat Social et le concept de “Republique” chez Jean-Jacques Rousseau’, Archiv fur Recht-und-Sozialphilosophie,‘Dovere morale e pluralismo etico in Erminio Juvalta’, Rivista di Storia della Filosofia,  ‘La “Morale dei Positivisti” e l’etica del socialismo’, in Paolo Rossi Monti (ed.), L’età del positivismo, Bologna, Il Mulino.  ‘Il Marxismo e l’ideologia del socialismo italiano’, in Georges Labica  l’oeuvre de Marx, un siecle apres, Paris, Presses Universitaires de France.  ‘Despotismo e cittadini’, Transizione, Erminio Juvalta e la teoria della giustizia, Rivista di filosofia,  ‘Antonio Labriola “filosofo del socialismo”’, Giornale critico della filosofia italiana, ‘Aspetti della recezione di Engels in Italia. Tra socialismo scientifico e crisi del marxismo’, in Franco Zannino (ed.), L’Antidühring: affermazione e deformazione del marxismo? Annale V della Fondazione Lelio e Lisli Basso -Issoco, Milano, Franco Angeli.  ‘Il problema dell’etica razionale in Erminio Juvalta’, Studi sulla cultura filosofica italiana tra Ottocento e Novecento, Bologna, CLUEB.  ‘Etica e marxismo. A proposito di una recente discussione’, Problemi della Transizione,  Socialismo e cultura, 'Studi Storici’,   Il dialogo fra Engels e Labriola, ‘Critica marxista’,  ‘Nella crisi del positivismo: la ricerca teorica del «Divenire Sociale» Giornale critico della filosofia italiana,  ‘Filosofia e politica nel “Federico Engels” di Mondolfo’, in Antonio Santucci (ed.), Pensiero antico e pensiero moderno in Mondolfo, Bologna, Cappelli.  Curatele  Con Nerio Alessandri, Wellness. Storia e cultura del vivere bene, Milano, Sperling & Kupfer. Traduzione inglese , Wellness. History and culture of living well, Milano, Sperling & Kupfer,  Niccolò Machiavelli, The Prince, tradotto da Peter Bondanella, Oxford, Oxford University Press.  Libertà politica e virtù civile. Significati e percorsi del repubblicanesimo classico, Torino, Fondazione Giovanni Agnelli.  2Lezioni per la repubblica: la festa è tornata in città, Reggio Emilia, Diabasis.   Con Domenico Losurdo, Ascesa e declino delle repubbliche, Urbino, Quattro Venti. Machiavelli and Republicanism, Cambridge, Cambridge University Press. L'Autunno della Repubblica, Laterza, L'Autunno della Repubblica, Laterza, L'Autunno della Repubblica, Laterza, L'Autunno della Repubblica, Laterza, .Per Amore della patria. Patriottismo e nazionalismo nella storia, Laterza, L'Autunno della Repubblica, Laterza, L'Autunno della Repubblica, Laterza, Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.  Blog ufficiale, su maurizioviroli.blogspot.com.  Opere su openMLOL, Horizons Unlimited srl.  Registrazioni di Maurizio Viroli, su RadioRadicale.it, Radio Radicale.  issuu.com/edizioni-in-magazine/docs/forli_in_1- pagina personale a Princeton Viroli da Emsf-Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche della RAI Maurizio Viroli, profilo biografico da Ethica Forum Maurizio Viroli, profilo dall'Università della Svizzera italiana Nello Ajello, Quanti servi in giro per l'Italia, recensione a La libertà dei servi, la Repubblica, 6 La libertà dei servi, dal sito dell'Associazione Paolo Sylos Labini La libertà dei servi, recensione del libroBrian Lamb, Intervista su Niccolo's Smile: A Biography of Machiavelli, Booknotes da C-SPAN (video e trascrizione) L'intransigente, con Maurizio Viroli, da Fahrenheit del 22 febbraio , Radio Tre.

 

Virtuosum: Grice: “The etymology of ‘virtue’ is fantastic: it is strictly a bit like ‘manliness,’ only the Romans were never sure who was ‘vir’ and who wasn’t!” -- “virtue is entire”“Do not multiply virtues beyond necessity” -- virtue ethics, also called virtue-based ethics and agent-based ethics, conceptions or theories of morality in which virtues play a central or independent role. Thus, it is more than simply the account of the virtues offered by a given theory. Some take the principal claim of virtue ethics to be about the moral subject  that, in living her life, she should focus her attention on the cultivation of her or others’ virtues. Others take the principal claim to be about the moral theorist  that, in mapping the structure of our moral thought, she should concentrate on the virtues. This latter view can be construed weakly as holding that the moral virtues are no less basic than other moral concepts. In this type of virtue ethics, virtues are independent of other moral concepts in that claims about morally virtuous character or action are, in the main, neither reducible to nor justified on the basis of underlying claims about moral duty or rights, or about what is impersonally valuable. It can also be construed strongly as holding that the moral virtues are more basic than other moral concepts. In such a virtue ethics, virtues are fundamental, i.e., claims about other moral concepts are either reducible to underlying claims about moral virtues or justified on their basis. Forms of virtue ethics predominated in Western philosophy before the Renaissance, most notably in Aristotle, but also in Plato and Aquinas. Several ancient and medieval philosophers endorsed strong versions of virtue ethics. These views focused on character rather than on discrete behavior, identifying illicit behavior with vicious behavior, i.e., conduct that would be seriously out of character for a virtuous person. A virtuous person, in turn, was defined as one with dispositions relevantly linked to human flourishing. On these views, while a person of good character, or someone who carefully observes her, may be able to articulate certain principles or rules by which she guides her conduct or to which, at least, it outwardly conforms, the principles are not an ultimate source of moral justification. On the contrary, they are justified only insofar as the conduct they endorse would be in character for a virtuous person. For Aristotle, the connection between flourishing and virtue seems conceptual. He conceived moral virtues as dispositions to choose under the proper guidance of reason, and defined a flourishing life as one lived in accordance with these virtues. While most accounts of the virtues link them to the flourishing of the virtuous person, there are other possibilities. In principle, the flourishing to which virtue is tied whether causally or conceptually may be either that of the virtuous subject herself, or that of some patient who is a recipient of her virtuous behavior, or that of some larger affected group  the agent’s community, perhaps, or all humanity, or even sentient life in general. For the philosophers of ancient Greece, it was human nature, usually conceived teleologically, that fixed the content of this flourishing. Medieval Christian writers reinterpreted this, stipulating both that the flourishing life to which the virtues lead extends past death, and that human flourishing is not merely the fulfillment of capacities and tendencies inherent in human nature, but is the realization of a divine plan. In late twentieth-century versions of virtue ethics, some theorists have suggested that it is neither to a teleology inherent in human nature nor to the divine will that we should look in determining the content of that flourishing to which the virtues lead. They understand flourishing more as a matter of a person’s living a life that meets the standards of her cultural, historical tradition. In his most general characterization, Aristotle called a thing’s virtues those features of it that made it and its operation good. The moral virtues were what made people live well. This use of ‘making’ is ambiguous. Where he and other premodern thinkers thought the connection between virtues and living well to be conceptual, moral theorists of the modernist era have usually virtue ethics virtue ethics understood it causally. They commonly maintain that a virtue is a character trait that disposes a person to do what can be independently identified as morally required or to effect what is best best for herself, according to some theories; best for others, according to different ones. Benjamin Franklin, e.g., deemed it virtuous for a person to be frugal, because he thought frugality was likely to result in her having a less troubled life. On views of this sort, a lively concern for the welfare of others has moral importance only inasmuch as it tends to motivate people actually to perform helpful actions. In short, benevolence is a virtue because it conduces to beneficent conduct; veracity, because it conduces to truth telling; fidelity, because it conduces to promise keeping; and so on. Reacting to this aspect of modernist philosophy, recent proponents of virtue ethics deny that moral virtues derive from prior determinations of what actions are right or of what states of affairs are best. Some, especially certain theorists of liberalism, assign virtues to what they see as one compartment of moral thought and duties to a separate, and only loosely connected compartment. For them, the life and theory of virtue is autonomous. They hold that virtues and duties have independent sources of justification, with virtues chiefly concerned with the individual’s personal “ideals,” self-image, or conception of her life goals, while duties and rights are thought to derive from social rules regulating interpersonal dealings. Proponents of virtue ethics maintain that it has certain advantages over more modern alternatives. They argue that virtue ethics is properly concrete, because it grounds morality in facts about human nature or about the concrete development of particular cultural traditions, in contrast with modernist attempts to ground morality in subjective preference or in abstract principles of reason. They also claim that virtue ethics is truer to human psychology in concentrating on the less conscious aspects of motivation  on relatively stable dispositions, habits, and long-term goals, for example  where modern ethics focuses on decision making directed by principles and rules. Virtue ethics, some say, offers a more unified and comprehensive conception of moral life, one that extends beyond actions to comprise wants, goals, likes and dislikes, and, in general, what sort of person one is and aims to be. Proponents of virtue ethics also contend that, without the sensitivity and appreciation of their situation and its opportunities that only virtues consistently make available, agents cannot properly apply the rules that modernist ethical theories offer to guide their actions. Nor, in their view, will the agent follow those rules unless her virtues offer her sufficient clarity of purpose and perseverance against temptation. Several objections have been raised against virtue ethics in its most recent forms. Critics contend that it is antiquarian, because it relies on conceptions of human nature whose teleology renders them obsolete; circular, because it allegedly defines right action in terms of virtues while defining virtues in terms of right action; arbitrary and irrelevant to modern society, since there is today no accepted standard either of what constitutes human flourishing or of which dispositions lead to it; of no practical use, because it offers no guidance when virtues seem to conflict; egoistic, in that it ultimately directs the subject’s moral attention to herself rather than to others; and fatalistic, in allowing the morality of one’s behavior to hinge finally on luck in one’s constitution, upbringing, and opportunities. There may be versions of virtue ethics that escape the force of all or most of the objections, but not every form of virtue ethics can claim for itself all the advantages mentioned above.  virtue epistemology, the subfield of epistemology that takes epistemic virtue to be central to understanding justification or knowledge or both. An epistemic virtue is a personal quality conducive to the discovery of truth, the avoidance of error, or some other intellectually valuable goal. Following Aristotle, we should distinguish these virtues from such qualities as wisdom or good judgment, which are the intellectual basis of practical  but not necessarily intellectual  success. The importance, and to an extent, the very definition, of this notion depends, however, on larger issues of epistemology. For those who favor a naturalist conception of knowledge say, as belief formed in a “reliable” way, there is reason to call any truth-conducive quality or properly working cognitive mechanism an epistemic virtue. There is no particular reason to limit the epistemic virtues to recognizable personal qualities: a high mathematical aptitude may count as an epistemic virtue. For those who favor a more “normative” conception of knowledge, the corresponding notion of an epistemic virtue or vice will be narrower: it will be tied to personal qualities like impartiality or carelessness whose exercise one would associate with an ethics of belief. H. P. Grice, “Philosophy, like virtue, is entire;” H. P. Grice, “Virtutes non sunt multiplicanda praeter necessitatem,” H. P. Grice, “Aristotle’s mesoteswhere virtue lies.”

 

vis: When in a Latinate mood, Grice would refer to a ‘vis’ of an expression. Apparently, ‘vis’ is cognate with ‘validum,’ transf., of abstr. things, forcenotionmeaningsenseimportnatureessence (cf. significatio): “idin quo est omnis vis amicitiae,” Cic. Lael. 4, 15: “eloquentiae vis et natura,” id. Or. 31, 112: “vis honesti (with natura),” id. Off. 1, 6, 18; cf. id. Fin. 1, 16, 50: “virtutis,” id. Fam. 9, 16, 5: “quae est alia vis legis?” id. Dom. 20, 53: “visnaturagenera verborum et simplicium et copulatorum,” i.e. the sensesignificationid. Or. 32, 115: “vis verbi,” id. Inv. 1, 13, 17id. Balb. 8, 21: “quae vis insit in his paucis verbissi attendessi attendesintelleges,” id. Fam. 6, 2, 3: “quae vis subjecta sit vocibus,” id. Fin. 2, 2, 6: “nominis,” id. Top. 8, 35μετωνυμία, cujus vis est, pro eo, quod dicitur, causam, propter quam dicitur, ponere, Quint. 8, 6, 23.

 

vital lie: Grice: “I would define a vital life as an instance of self-deception or lying to oneself when it fosters hope, confidence, self-esteem, mental health, or creativity; or any false belief or unjustified attitude that helps people cope with difficulties; or  a lie to other people designed to promote their wellbeing; e.. g.: self-deceiving optimism about one’s prospects for success in work or personal relationships may generate hope, mobilize energy, enrich life’s meaning, and increase chances for success. Grice considers the optimism law as basic in folk-psychology. Ibsen dramatises “life-lies” as essential for happiness The Wild Duck, and O’Neill portrays “pipe dreams” as necessary crutches The Iceman Cometh. Nietzsche endorsed “pious illusions” or “holy fictions” about the past that liberate individuals and societies from shame and guilt On the Advantage and Disadvantage of History for Life. In Problems of belief, Schiller praised normal degrees of vanity and self-conceit because they support selfesteem. Refs.: H. P. Grice: “Optimism,” in “Method in philosophical psychology: from the banal to the bizarre.”


vittielo: essential Italian philosopher. Vincenzo Vitiello (n. Napoli), filosofo. È stato Professore di Filosofia teoretica all'Salerno. Studioso di Vico, dell'idealismo tedesco e del pensiero di Friedrich Nietzsche e Martin Heidegger in rapporto con la filosofia greca e la tradizione cristiana, ha elaborato una teoria ermeneutica, la "Topologia", fondata su una reinterpretazione del concetto di spazio come orizzonte trascendentale dell'operare umano. Gli sviluppi recenti della topologia riguardano in particolare la genealogia del linguaggio e del tempo. Ha affrontato più volte il tema della fede, da un punto di vista laico, collaborando con teologi quali Bruno Forte e Piero Coda.  Ha fondato la rivista di filosofia Paradosso,  di cui è stato condirettore con Massimo Cacciari, Umberto Curi, Sergio Givone, Carlo Sini e Giacomo Marramao. Collabora all'annuario Filosofia, edito da Laterza, e a numerose altre riviste specialistiche del settore filosofico, tra cui aut aut. Dirige la rivista di filosofia Il pensiero. Ha collaborato all'Annuario Filosofia, curato da Gianni Vattimo, e all'Annuario Europeo sulla Religione, curato da Jacques Derrida e Gianni Vattimo. Scrive su Teoria, Celan-Jahrbuch (Heidelberg), ER. Revista de Filosofía (Barcellona), Revista de Occidente (Madrid), Sileno (Madrid), Criterio (Buenos Aires) ed altre ancora. Ha svolto un'intensa attività pubblicistica su quotidiani e periodici italiani.  Ha tenuto cicli di conferenze e seminari in Europa (Germania, Francia, Spagna, Croazia), negli USA (New York, Chicago), e in America latina (Messico, Argentina). Suoi scritti sono stati tradotti in tedesco, francese, inglese e spagnolo.  Opere Monografie Filosofia della pratica e dottrina politica in Benedetto Croce, Napoli,  Etica e liberalismo nel pensiero di B. Croce, Napoli,  Il carattere discorsivo del conoscere, Napoli, Carlo Antoni interprete di Croce, Napoli, Storiografia e storia nel pensiero di Benedetto Croce, Libreria Scientifica Editrice, Napoli, Feeling e relation nella filosofia del conoscere di David Hume, Napoli, 1968 Storiografia e storia nel pensiero di Benedetto Croce, Napoli, Heidegger: il nulla e la fondazione della storicità, Argalia, Urbino, Dialettica ed ermeneutica: Hegel e Heidegger, Guida, Napoli, Utopia del nichilismo, Guida, Napoli, Studi Heideggeriani, Roma, Ethos ed eros in Hegel e Kant, ESI, Napoli, Logica e storia in Hegel (in collaborazione con R. Racinato), Napoli,  Bertrando Spaventa ed il problema del cominciamento, Guida, Napoli La palabra hendida, Barcellona, Hegel e la comprensione della modernità, Topologia del moderno, Marietti, Genova, La voce riflessa. Logica ed etica della contraddizione, Lanfranchi, Milano,  Elogio dello spazio. Ermeneutica e topologia, Bompiani, Milano, Cristianesimo senza redenzione, Laterza, Roma-Bari, Non dividere il sì dal no. Tra filosofia e letteratura, Laterza, Roma-Bari, Filosofia teoretica: le domande fondamentali: percorsi e interpretazioni, Milano, La favola di Cadmo, Laterza, Roma-Bari Vico e la topologia, Cronopio, Napoli La vita e il suo oltre. Dialogo sulla morte (in collaborazione con Bruno Forte), Roma  Il Dio possibile, esperienze di cristianesimo, Città Nuova, Roma Hegel in Italia, Milano  Dire Dio in segreto, Roma Cristianesimo e nichilismo: Dostoevskij-Heidegger, Morcelliana, Brescia Estetica e ascesi, Modena, E pose la tenda in mezzo a noi, AlboVersorio, Il Decalogo. Ricordati di Santificare le feste (in dialogo con Emanuele Severino),  I tempi della poesia. Ieri/oggi, Mimesis, Milano Dipingere Dio (con Bruno Forte e Serena Nono), AlboVersorio, Vico. Storia, linguaggio, natura, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma  Ripensare il cristianesimo-De Europa, Ananke, Oblio e memoria del sacro, Moretti & Vitali, Bergamo Grammatiche del pensiero. Dalla kenosi dell'io alla logica della seconda persona, Edizioni ETS, Celan Heidegger (con Félix Duque), Mimesis,  I comandamenti. Non dire falsa testimonianza, Il Mulino,  L'ethos della topologia. Un itinerario di pensiero, Le Lettere, Firenze  Paolo e l'Europa. Cristianesimo e filosofia (con G. Rossé), Città Nuova, Roma L'immagine infranta. Linguaggio e mondo da Vico a Pollock, Bompiani, Milano  Articoli (parziale) Vico: tra storia e natura, in aut aut,  Complessità e aporie del moderno, in Filosofia politica, Dall'ermeneutica alla topologia, in aut aut,  Goethe interprete della modernità, in aut aut, Per amicizia: Epochè e metafora, in aut aut, Sentire le Radici, la Terra stessa, in aut aut, Andrea Zanzotto, ovvero: la poesia come genealogia della parola in aut aut, Enrico Redaelli, Il nodo dei nodi. L'esercizio del pensiero in Vattimo, Vitiello, Sini, Edizioni ETS, Pisa, Luoghi del pensare. Contributi in onore di Vitiello, Mimesis Edizioni, Milano,Vitiello, scheda personale e link ai contributi per l'EMSF-Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche di RAI Educational Intervista a Vitiello di Federico Lijoi, nel sito "Filosofia.it". l

 

volition – voluntas – volle -- cf. desideratum. a mental event involved with the initiation of action. ‘To will’ is sometimes taken to be the corresponding verb form of ‘volition’. The concept of volition is rooted in modern philosophy; contemporary philosophers have transformed it by identifying volitions with ordinary mental events, such as intentions, or beliefs plus desires. Volitions, especially in contemporary guises, are often taken to be complex mental events consisting of cognitive, affective, and conative elements. The conative element is the impetus  the underlying motivation  for the action. A velleity is a conative element insufficient by itself to initiate action. The will is a faculty, or set of abilities, that yields the mental events involved in initiating action. There are three primary theories about the role of volitions in action. The first is a reductive account in which action is identified with the entire causal sequence of the mental event the volition causing the bodily behavior. J. S. Mill, for example, says: “Now what is action? Not one thing, but a series of two things: the state of mind called a volition, followed by an effect. . . . [T]he two together constitute the action” Logic. Mary’s raising her arm is Mary’s mental state causing her arm to rise. Neither Mary’s volitional state nor her arm’s rising are themselves actions; rather, the entire causal sequence the “causing” is the action. The primary difficulty for this account is maintaining its reductive status. There is no way to delineate volition and the resultant bodily behavior without referring to action. There are two non-reductive accounts, one that identifies the action with the initiating volition and another that identifies the action with the effect of the volition. In the former, a volition is the action, and bodily movements are mere causal consequences. Berkeley advocates this view: “The Mind . . . is to be accounted active in . . . so far forth as volition is included. . . . In plucking this flower I am active, because I do it by the motion of my hand, which was consequent upon my volition” Three Dialogues. In this century, Prichard is associated with this theory: “to act is really to will something” Moral Obligation, 9, where willing is sui generis though at other places Prichard equates willing with the action of mentally setting oneself to do something. In this sense, a volition is an act of will. This account has come under attack by Ryle Concept of Mind. Ryle argues that it leads to a vicious regress, in that to will to do something, one must will to will to do it, and so on. It has been countered that the regress collapses; there is nothing beyond willing that one must do in order to will. Another criticism of Ryle’s, which is more telling, is that ‘volition’ is an obscurantic term of art; “[volition] is an artificial concept. We have to study certain specialist theories in order to find out how it is to be manipulated. . . . [It is like] ‘phlogiston’ and ‘animal spirits’ . . . [which] have now no utility” Concept of Mind. Another approach, the causal theory of action, identifies an action with the causal consequences of volition. Locke, e.g., says: “Volition or willing is an act of the mind directing its thought to the production of any action, and thereby exerting its power to produce it. . . . [V]olition is nothing but that particular determination of the mind, whereby . . . the mind endeavors to give rise, continuation, or stop, to any action which it takes to be in its power” Essay concerning Human Understanding. This is a functional account, since an event is an action in virtue of its causal role. Mary’s arm rising is Mary’s action of raising her arm in virtue of being caused by her willing to raise it. If her arm’s rising had been caused by a nervous twitch, it would not be action, even if the bodily movements were photographically the same. In response to Ryle’s charge of obscurantism, contemporary causal theorists tend to identify volitions with ordinary mental events. For example, Davidson takes the cause of actions to be beliefs plus desires and Wilfrid Sellars takes volitions to be intentions to do something here and now. Despite its plausibility, however, the causal theory faces two difficult problems: the first is purported counterexamples based on wayward causal chains connecting the antecedent mental event and the bodily movements; the second is provision of an enlightening account of these mental events, e.g. intending, that does justice to the conative element. Refs.: H. P. Grice, “A. J. P. Kenny on voliting.”

 

volpe. Essential Italian philosopher. Galvano della Volpe (Imola), filosofo.  Si laurea in filosofia con Mondolfo al Bologna, insegnando dapprima Storia e Filosofia presso il liceo bolognese "Luigi Galvani" e il liceo "Dante Alighieri" a Ravenna. Storia della Filosofia ed Estetica presso l'Messina.  Legato inizialmente alla tradizione gentiliana, dedica gran parte dei propri lavori giovanili e della prima maturità a questioni strettamente teoretiche e storico-filosofiche, attestandosi infine su posizioni fortemente anti-idealistiche. Approda così attraverso la rivalutazione dell'empirismo a un umanesimo positivo di ispirazione marxista, mantenendo un'impostazione fondamentalmente dialettico-materialistica in costante confronto critico e polemico soprattutto con la dialettica hegeliana e l'idealismo post-hegeliano, ma anche con le correnti positivistiche contemporanee (positivismo logico e neo-empirismo) e con l'esistenzialismo tanto laico (Heidegger, ma soprattutto Jaspers) quanto religioso (Berdjaev e Marcel).  Questa svolta filosofica, testimoniata dal Discorso sull'ineguaglianza, lo conduce a un sempre maggiore interesse per i problemi della filosofia politica e dell'etica, considerati comunque in stretto rapporto con le questioni teoretiche (logiche e gnoseologiche). Non abbandona comunque i propri interessi storico-filosofici, rivolgendoli principalmente alle opere postume di Marx e alla storia dell'estetica. Tra gli scritti della maturità quello che oltre ad aver avuto più ampia diffusione rappresenta il più perspicuo esempio della capacità dell'autore di muoversi con piena consapevolezza critica tra i piani teoretico, storico e politico è senz'altro il saggio Rousseau e Marx. Per della Volpe il concetto di libertà implicitamente contenuto nel pensiero marxiano è perfettamente integrabile con quello esplicitamente formulato da Rousseau, il quale quindi non sarebbe da considerarsi né tra i teorici della rivoluzione borghese né tra i nostalgici di una società parcellizzata in piccolissime unità politiche cittadine, ma tra i più attuali preconizzatori della società senza classi o egualitaria.  Un altro dei punti nodali del pensiero di della Volpe è il tentativo di elaborare una teoria estetica rigorosamente materialistica. Egli sottolinea il ruolo delle caratteristiche strutturali e del processo sociale di produzione delle opere d'arte nella formazione del giudizio estetico e in forte polemica con la dottrina crociana dell'intuizione, da lui considerata in continuità con la tradizione romantica e misticheggiante dell'Ottocento, elabora il concetto di gusto come principale fonte del giudizio estetico stesso. In complesso la sua opera presenta nell'ambito del marxismo e della cultura filosofica italiani una posizione originale e controcorrente, ripresa negli anni sessanta dal più noto dei suoi allievi, ovvero Lucio Colletti.  Opere L'idealismo dell'atto e il problema delle categorie, Bologna, Zanichelli, Le origini e la formazione della dialettica hegeliana, I, Hegel romantico e mistico  Firenze, Le Monnier, Il misticismo speculativo di maestro Eckhart nei suoi rapporti storici, Bologna, Cappelli, La filosofia dell'esperienza di David Hume,  Firenze, Sansoni, Fondamenti di una filosofia dell'espressione, Bologna, Meridiani, Il principio di contraddizione e il concetto di sostanza prima in Aristotele. Contributo a una critica dei pensieri logici, Bologna, Azzoguidi, Crisi dell'estetica romantica, Messina, D'Anna,  Critica dei principi logici, Messina, D'Anna, Discorso sull'ineguaglianza. Con due saggi sull'etica dell'esistenzialismo, Roma, Ciuni, La teoria marxista dell'emancipazione umana. Saggio sulla trasmutazione marxista dei valori, Messina, Ferrara, La libertà comunista. Saggio di una critica della ragion “pura” pratica, Messina, Ferrara,  Studi sulla dialettica mistificata, I, Marx e lo stato moderno rappresentativo, Bologna, UPEB, Per la teoria di un umanesimo positivo. Studi e documenti sulla dialettica materialistica, Bologna, Zuffi,  Logica come scienza positiva, Messina-Firenze, D'Anna, Eckhart o della filosofia mistica, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 1Poetica del Cinquecento. La poetica aristotelica nei commenti essenziali degli ultimi umanisti italiani con annotazioni e un saggio introduttivo, Bari, Laterza,Il verosimile filmico e altri scritti di Estetica, Roma, Edizioni Filmcritica,  Roma, La nuova sinistra, Rousseau e Marx e altri saggi di critica materialistica, Roma, Editori Riuniti,Critica del gusto, Milano, Feltrinelli, Chiave della dialettica storica, Roma, Samonà e Savelli,  Umanesimo positivo e emancipazione marxista, Milano, Sugar, Critica dell'ideologia contemporanea. Saggi di teoria dialettica, Roma, Editori Riuniti, Schizzo di una storia del gusto, Roma, Editori Riuniti, Opere, Ignazio Ambrogio, Roma, Editori Riuniti, Carlo Violi, Galvano della Volpe: testi e studi  introduzione di Nicolao Merker, La Libra, Messina Nicolao Merker, DELLA VOLPE, Galvano, in Dizionario biografico degli italiani,  Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Galvano della Volpe, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Galvano della Volpe, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Galvano della Volpe, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Opere di Galvano della Volpe, . Galvano della Volpe, su Goodreads. 

 

volpi: essential Italian philosopher. Volpi (n. Vicenza), filoso. “Wild clarity” in Heidegger! Franco Volpi (filosofo)   Franco Volpi Franco Volpi (Vicenza), filosofo. Storico della filosofia, fu Professore di storia della filosofia a Padova e insegnò in varie università europee, canadesi e latinoamericane. Borsista della Fondazione Alexander von Humboldt di Bonn, membro dell'"Institut International de Philosophie" di Parigi, dell'Istituto veneto di scienze, lettere ed arti e dell'Accademia Olimpica di Vicenza, fu insignito dei premi "Montecchio" e "Nietzsche.” Tra le sue numerose pubblicazioni: Heidegger e Brentano, La rinascita della filosofia pratica in Germania, Heidegger e Aristotele,  Il nichilismo (tradotto in varie lingue), Guida a Heidegger,  I prossimi Titani. Conversazioni con Jünger (con Antonio Gnoli), Dizionario delle opere filosofiche, Il Dio degli acidi. Conversazioni con Albert Hofmann (con A. Gnoli), L'ultimo sciamano. Conversazioni heideggeriane (con A. Gnoli), Storia della filosofia dall'antichità a oggi (con Enrico Berti).  Per Adelphi curò opere di Schopenhauer, Heidegger e Carl Schmitt. Collaborò al quotidiano "la Repubblica" e occasionalmente alla "Frankfurter Allgemeine Zeitung".  Mentre era in sella alla sua bicicletta a San Germano dei Berici, venne investito da un'auto e cadde in coma irreversibile. Morì il giorno successivo. Fu commemorato dal preside Paolo Bettiolo assieme a tutto il corpo docente dell'Padova.  Le sue ceneri sono al cimitero Carpaneda di Creazzo.  Note  Istituto veneto di scienze, lettere ed arti  Lorenzo Parolin, Commozione al Bo per l'addio a Volpi Il Giornale di Vicenza, Opere principali Heidegger e Brentano. L'aristotelismo e il problema dell'univocità dell'essere nella formazione filosofica del giovane Martin Heidegger, Cedam, Padova, La rinascita della filosofia pratica in Germania, Francisci, Albano/Padova, in:Filosofia pratica e scienza politica, Francisci, Abano/Padova, (con Carlo Natali, Laura Iseppi, Claudio Pacchiani) Heidegger e Aristotele, Daphne, Padova,  (ristampa Bari, Laterza, ) Lexikon der philosophischen Werke, Kröner, Stuttgart, Sulla fortuna del concetto di decadence nella cultura tedesca: Nietzsche e le sue fonti francesi, "Filosofia politica",Il nichilismo, Biblioteca Universale Laterza, Laterza, Roma-Bari,   trad. port. O niilismo, Edicoes Loyola, Sao Paulo, Guida a Heidegger, Laterza, Roma-Bari Hegel e i suoi critici, Per i licei e gli istituti magistrali, Laterza, Roma-Bari, Ángel Xolocotzi, La aventura de interpretar: los impulsos filosóficos de Franco Volpi, México D.F., Eón,  Francisco de Lara López, Entre fenomenología y hermenéutica: in Memoriam Franco Volpi, Madrid, Plaza y Valdés, . Franco Volpi interprete del pensiero contemporaneo, Atti dell'incontro internazionale di studio, Padova, Vicenza, Accademia Olimpica,  Ricordando Franco Volpi filosofo: Atti dell'Incontro internazionale, Lavarone, Comune di Lavarone,  Franco Volpi: il pudore del pensiero, Brescia, Morcelliana, Opere di Franco Volpi, Franco Volpi [Breve biografia con elenco pubblicazioni e traduzioni], su istitutoveneto.it, Istituto veneto di scienze, lettere ed arti. Essere, tempo, esistenza, lezione-intervista concessa dal prof. Franco Volpi all'Associazione Asia, sul valore e la funzione della filosofia, e sul significato e lo statuto di Essere e tempo di Heidegger.

 

volpicelli: essential Italian philosopher. Grice: “I read with intereset his early “Nature and spirit.” At that time at Oxford, there was not much of an Oxford spirit, so it spirited me.” Arnaldo Volpicelli (Roma),  filosofo. Fratello maggiore di Luigi Volpicelli. Prese parte come sottotenente alla prima guerra mondiale. Si laureò prima in Giurisprudenza e poi in Filosofia nel 1923. Allievo di Giovanni Gentile, fu docente prima alle Urbino e Pisa e alla Sapienza di Roma di Filosofia del diritto e poi di Dottrina dello Stato. Seguace del pensiero di Santi Romano, Fu, con Ugo Spirito, un teorico del "corporativismo integrale". Fu direttore delle riviste "Nuovi studi di diritto, economia e politica" e, con Giuseppe Bottai, di "Archivio di studi corporative,” Epurato dall'insegnamento alla caduta del fascismo, fu poi reintegrato, insegnando alla Facoltà di Scienze politiche. Opere: Natura e spirito, L'educazione politica dell'Italia,  I presupposti scientifici dell'ordinamento corporativo, Corporativismo e scienza giuridica, La certezza del diritto e la crisi odierna,Dizionario di Filosofia  Giovanni Franchi, Arnaldo Volpicelli Per una teoria dell'autogoverno, ESI, Napoli, Carlotta Latini, Arnaldo Volpicelli, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero: Diritto, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, .  Arnaldo Volpicelli, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.

 

voltaggio: essential Italian philosopher. Grice: “I enjoyed “What Leibniz actually saidand not just implicated.” “He also clarified Husserl to me.”  Francesco Voltaggio, detto Franco (Palermo, 29 settembre 1934), è un filosofo, storico della scienza e della medicina italiano.  Ha studiato presso l'Roma La Sapienza, dove ha avuto come amici e colleghi Gabriele Giannantoni, Ari Derecin, Enzo Siciliano, Muzi Epifani e Ester Fano, per poi laurearsi con Carlo Antoni.  Ha insegnato nelle Roma (“La Sapienza”), Mogadiscio e Macerata. Già caporedattore della rivista Sapere, ha collaborato fra gli altri con Il manifesto, Lettera Internazionale (di cui è socio fondatore), Apeiron, Janus e Medical. Consulente scientifico della Fondazione SigmaTau di Roma e dell'Istituto Psiconanalitico per le Ricerche Sociali (IPRS), è membro permanente del “Workshop internazionale di Storia, Filosofia e Antropologia della Medicina” di Senigallia.  Il figlio Stefano è un noto sceneggiatore cinematografico e televisivo.  Opere originali: Fondamenti della logica di Husserl, Milano, Edizioni di Comunità; Fondamenti della funzione critica, Roma; Che cosa ha veramente detto Leibniz, Roma, Ubaldini; Bernard Bolzano e la dottrina della scienza, Milano, Edizioni di Comunità; I filosofi e la storia: per le scuole medie superiori, Milano, Principato; L'arte della guarigione nelle culture umane, Torino, Bollati Boringhieri; Il medico nel bosco, Roma, Di Renzo Editore; La medicina come scienza filosofica (Collana Lezioni Italiane), Roma, Laterza; Italia Mediterranea. I flussi migratori nelle principali città rivierasche, Roma, Edizioni Edup; Antigone tradita. Una contraddizione della modernità: libertà e Stato nazionale (), Roma, Editori Internazionali Riuniti. Volumi curati Bernard Bolzano: I paradossi dell'infinito, Prefazione e Appendice FV, Milano, Feltrinelli; Gerard Radnitzky: Epistemologia e politica della ricerca, FV., Roma, Armando; Conrad Hal Waddington: L'evoluzione di un evoluzionista, FV., Roma, Armando; Michael Polanyi: La conoscenza inespressa, FV., Roma, Armando; Yves Christen: L'ora della sociobiologia, FV, Roma, Armando; W. I. B. Beveridge: L'arte della ricerca scientifica, FV, (Roma, Armando; David C. McClelland: Il potere: processi e strutture: un'analisi dall'interno, FV, Roma, Armando; Gerard Radnitsky et al: Progresso e razionalita della scienza Gerard Radnitzky, Gunnar Andersson ; prefazione di Francesco Barone; traduzione e premessa di FV, (Armando, Roma; Donald Philip Verene: Vico: La Scienza della fantasia; con prefazione di Vittorio Mathieu, FV, 1984, Armando, Roma; Gerald Holton: L'intelligenza scientifica: un'indagine sull'immaginazione creatrice dello scienziato, FV, Roma, Armando; Filosofi per la pace / Jeremy Bentham... [et al.], Daniele Archibugi e FV, Roma, Editori Riuniti; Galeno: Trattato sulla bile nera, FV,Torino, Nino Aragno Editore.  Refs.: Luigi Speranza, “Voltaggio: what Leibniz implicatedas explicated by Grice.” H. P. Grice, “Voltaggio,” BANC MSS 90/135 c.

 

voluntas -- voluntarism: -- W. James: “I will that the chair slides over the floor toward me. It doesn’t.” cf. Grice on the volitivedesiderative -- any philosophical view that makes our ability to control the phenomena in question an essential part of the correct understanding of those phenomena. Thus, ethical voluntarism is the doctrine that the standards that define right and wrong conduct are in some sense chosen by us. Doxastic voluntarism is the doctrine that we have extensive control over what we believe; we choose what to believe. A special case of doxastic voluntarism is theological voluntarism, which implies that religious belief requires a substantial element of choice; the evidence alone cannot decide the issue. This is a view that is closely associated with Pascal, Kierkegaard, and James. Historical voluntarism is the doctrine that the human will is a major factor in history. Such views contrast with Marxist views of history. Metaphysical voluntarism is the doctrine, linked with Schopenhauer, that the fundamental organizing principle of the world is not the incarnation of a rational or a moral order but rather the will, which for Schopenhauer is an ultimately meaningless striving for survival, to be found in all of nature.  Refs.: H. P. Grice, “The will”

 

vyse: an unfortunate example by Grice. He wants to give an ambiguous sentence, “Strawson is caught in the grip of a vice.” Oddly, in The New World, Webster noticed this, and favoured the spelling ‘vyse.’ “But what Webster fails,” Grice adds, “to note, is that ‘vice’ and ‘vyse’ ARE cognate, hence no need for double talk!” “They both can be traced to ‘violence.’” Sir Cecil Vyse happens to be a character in Forster’s “A room with a view,” which gives a triple ambiguity, to “Strawson was caught in the grip of a Vyse.” Vyse was wonderfully played by Daniel Day Lewis in the film. “What is your profession, Mister Vyse?” Vyse: “Must one have a profeesion?”Vyse’s favourite motto applies to Grice, “Ingelese italianato, diavolo incarnate.”Grice: “Stupidly, when this is reversed the implicature is lost.

 

ward: j. English philosopher and psychologist. Influenced by Lotze, Herbart, and Brentano, Ward sharply criticized Bain’s associationism and its allied nineteenth-century reductive naturalism. His psychology rejected the associationists’ sensationism, which regarded mind as passive, capable only of sensory receptivity and composed solely of cognitive presentations. Ward emphasized the mind’s inherent activity, asserting, like Kant, the prior existence of an inferred but necessarily existing ego or subject capable of feeling and, most importantly, of conation, shaping both experience and behavior by the willful exercise of attention. Ward’s psychology stresses attention and will. In his metaphysics, Ward resisted the naturalists’ mechanistic materialism, proposing instead a teleological spiritualistic monism. While his criticisms of associationism and naturalism were telling, Ward was a transitional figure whose positive influence is limited, if we except H. P. Grice who follows him to a T. Although sympathetic to scientific psychologyhe founded scientific psychology in Britain by establishing a psychology laboratory he, with his student Stout, represented the beginning of armchair psychology at Oxford, which Grice adored. Through Stout he influenced the hormic psychology of McDougall, and Grice who calls himself a Stoutian (“until Prichard converted me”). Ward’s major work is “Psychology” (Encyclopedia Britannica, 9th ed., 1886), reworked as Psychological Principles (1918). “one of the most philosophical psychologists England (if not Oxford) ever produced!”H. P. Grice -- cited by H. P. Grice. -- English philosopher. Influenced by Lotze, Herbart, and Brentano, Ward sharply criticized Bain’s associationism and its allied nineteenth-century reductive naturalism. His psychology rejected the associationists’ sensationism, which regarded mind as passive, capable only of sensory receptivity and composed solely of cognitive presentations. Ward emphasized the mind’s inherent activity, asserting, like Kant, the prior existence of an inferred but necessarily existing ego or subject capable of feeling and, most importantly, of conation, shaping both experience and behavior by the willful exercise of attention. Ward’s psychology stresses attention and will. In his metaphysics, Ward resisted the naturalists’ mechanistic materialism, proposing instead a teleological spiritualistic monism. While his criticisms of associationism and naturalism were telling, Ward was a transitional figure whose positive influence is limited, if we except H. P. Grice who follows him to a T. Although sympathetic to scientific psychology  he founded scientific psychology in Britain by establishing a psychology laboratory   he, with his student Stout, represented the beginning of armchair psychology at Oxford, which Grice adored. Through Stout he influenced the hormic psychology of McDougall, and Grice who calls himself a Stoutian “until Prichard converted me”. Ward’s major work is “Psychology” Encyclopedia Britannica, 9th ed., 6, reworked as Psychological Principles 8. 

 

warnock:  Irish philosopher, born in the north of England (“He was so Irish, I could sing ‘Danny Boy’ to him all day longDame Mary Warnock). “One of my most intelligent collaborators.” Unlike any other of the collaborators, Warnock had what Grice calls “the gift for botanising.” They would spend hours on the philosophy of perception. His other English collaborators were, in alphabetic order: Pears, Strawson, and Thomson. And you can see the difference. Thomson was pretty obscure. Pears was a closet Vittersian. And Strawson was ‘to the point.’ With Warnock, Grice could ramble at ease. Warnock became the custodian of Austin’s heritage which somehow annoyed Grice. But the Warnock that Grice enjoyed most was the Warnock-while-the-SchoolMaster-Austin-was-around. Because they could play. And NOT in the play group, which was “anything but.” But Grice would philosophise on ‘perception,’ and especially ‘see’with Warnock. Their idiolects differed. Warnock, being Irish, was more creative, and less conservative. So it was good for Warnock to have Grice to harness him! Through Warnock, Grice got to discuss a few things with Urmson, the co-custodian of Austin’s legacy. But again, most of the discussions with Urmson were before Austin’s demise. Urmson and Warnock are the co-editors of Austin’s “Philosophical Papers.” Would Austin have accepted? Who knows. The essays were more or less easily available. Still. warnockianism: Grice: “I told Warnock, ‘How clever language is!” “He agreed, for we realised that language makes all the distinctions you need, and when you feel there is one missing, language allows you to introduce it!” --. Refs.: H. P. Grice and G. J. Warnock, The philosophy of perceptionFolderBANC MSS 90/135c, The Bancroft Library, The University of California, Berkeley.

 

weapon: Grice’s shining new tool. The funny thing is that his tutee Strawson didn’t allow him to play with it ONCE! Or weapon. Grice refers to the implicaturum as a philosopher’s tool, and that the fun comes in the application. Strawson and Wiggins p. 522, reminds us of Austin. Austin used to say that when a philosopher “forges a new weapon, he is also fshioning new skids to put under his feet.” It is perhaps inappropriate that a memorial should mention this, but here they were, the memorialists. They were suggesting that Grice forged a shining new tool, the implicaturum, or implicaturumrather, he proposed a rational explanation for the distinction between what an emissor means (e. g., that p) and what anything else may be said, ‘metabolically,’ to “mean.” Suggesting an analogy with J. L. Austin and his infelicitious notion of infelicity, which found him fashioning a shining new skid, the memorialists suggest the same for Gricebut of course the analogy does not apply.

 

well-formed formula (Villa Grice: formula).  For Grice, an otiositysurely an ill-formed formula is an oxymoron -- a grammatically wellformed sentence or structured predicate of an artificial language of the sort studied by logicians. A well-formed formula is sometimes known as a wff pronounced ‘woof’ or simply a formula. Delineating the formulas of a language involves providing it with a syntax or grammar, composed of both a vocabulary a specification of the symbols from which the language is to be built, sorted into grammatical categories and formation rules a purely formal or syntactical specification of which strings of symbols are grammatically well-formed and which are not. Formulas are classified as either open or closed, depending on whether or not they contain free variables variables not bound by quantifiers. Closed formulas, such as x Fx / Gx, are sentences, the potential bearers of truth-values. Open formulas, such as Fx / Gx, are handled in any of three ways. On some accounts, these formulas are on a par with closed ones, the free variables being treated as names. On others, open formulas are structured predicates, the free variables being treated as place holders for terms. And on still other accounts, the free variables are regarded as implicitly bound by universal quantifiers, again making open formulas sentences. 

 

“what-is-hinted” -- hint hinting. Don’t expect Cicero used this. It’s Germanic and related to ‘hunt,’ to ‘seize.’ As if you throw something in the air, and expect your recipient will seize it. Grice spends quite a long section in “Retrospective epilogue” to elucidate “Emissor E communicates that p via a hint,” versus “Emissor E communicates that p via a suggestion.” Some level of explicitness (vide candour) is necessary. If it is too obscure it cannot be held to have been ‘communicated’ in the first place! Cf. Holdcroft, “Some forms of indirect communication” for the Journal of Rhetoric. Grice had to do a bit of linguistic botany for his “E implicates that p”: To do duty for ‘imply,’ suggest, indicate, hint, mean, -- “etc.” indirectly or implicitly convey.

 

what the eye no longer sees the heart no longer grieves for. Grice. Vide sytactics. Grice played with ‘elimination rules’ for his scope device. Once applied, Grice said: “What the eye no longer sees the heart no longer grieves for.” “As they say,” he added.

 

whewell: English philosopher of science. He was a master of Trinity , Cambridge. Francis Bacon’s early work on induction was furthered by Whewell, J. F. W. Herschel, and J. S. Mill, who attempted to create a logic of welfare economics Whewell, William 970   970 induction, a methodology that can both discover generalizations about experience and prove them to be necessary. Whewell’s theory of scientific method is based on his reading of the history of the inductive sciences. He thought that induction began with a non-inferential act, the superimposition of an idea on data, a “colligation,” a way of seeing facts in a “new light.” Colligations generalize over data, and must satisfy three “tests of truth.” First, colligations must be empirically adequate; they must account for the given data. Any number of ideas may be adequate to explain given data, so a more severe test is required. Second, because colligations introduce generalizations, they must apply to events or properties of objects not yet given: they must provide successful predictions, thereby enlarging the evidence in favor of the colligation. Third, the best inductions are those where evidence for various hypotheses originally thought to cover unrelated kinds of data “jumps together,” providing a consilience of inductions. Consilience characterizes those theories achieving large measures of simplicity, generality, unification, and deductive strength. Furthermore, consilience is a test of the necessary truth of theories, which implies that what many regard as merely pragmatic virtues of theories like simplicity and unifying force have an epistemic status. Whewell thus provides a strong argument for scientific realism. Whewell’s examples of consilient theories are Newton’s theory of universal gravitation, which covers phenomena as seemingly diverse as the motions of the heavenly bodies and the motions of the tides, and the undulatory theory of light, which explains both the polarization of light by crystals and the colors of fringes. There is evidence that Whewell’s methodology was employed by Maxwell, who designed the influential Cavendish Laboratories at Cambridge. Peirce and Mach favored Whewell’s account of method over Mill’s empiricist theory of induction. Refs.: H. P. Grice, “From induction to deduction, via abduction.”

 

whistle. If you can’t say it you can’t whistle it eitherBut you can implicate it. “To say” takes a ‘that’-clause. “To implicate” takes a ‘that’-clause. Grice: “ ‘To whisle’ takes a ‘that’-clause, “By whistling, E communicates that he intends his emissee to be there.” “Whistle and I’ll be there”Houseman to a Shropshire farmer.

 

whitehead: cited by H. P. Grice, a. n., philosopher of science, educated first at the Sherborne School in Dorsetshire and then at Trinity , Cambridge, Whitehead emerged as a first-class mathematician with a rich general background. In 5 he became a fellow of Trinity  and remained there in a teaching role until 0. In the early 0s Bertrand Russell entered Trinity  as a student in mathematics; by the beginning of the new century Russell had become not only a student and friend but a colleague of Whitehead’s at Trinity . Each had written a first book on algebra Whitehead’s A Treatise on Universal Algebra won him election to the Royal Society in 3. When they discovered that their projected second books largely overlapped, they undertook a collaboration on a volume that they estimated would take about a year to write; in fact, it was a decade later that the three volumes of their ground-breaking Principia Mathematica appeared, launching symbolic logic in its modern form. In the second decade of this century Whitehead and Russell drifted apart; their responses to World War I differed radically, and their intellectual interests and orientations diverged. Whitehead’s London period 024 is often viewed as the second phase of a three-phase career. His association with the  of London involved him in practical issues affecting the character of working-class education. For a decade Whitehead held a professorship at the Imperial  of Science and Technology and also served as dean of the Faculty of Science in the , chair of the Academic Council which managed educational affairs in London, and chair of the council that managed Goldsmith’s . His book The Aims of Education 8 is a collection of essays largely growing out of reflections on the experiences of these years. Intellectually, Whitehead’s interests were moving toward issues in the philosophy of science. In the years 922 he published An Enquiry Concerning the Principles of Natural Knowledge, The Concept of Nature, and The Principle of Relativity  the third led to his later 1 election as a fellow of the British Academy. In 4, at the age of sixty-three, Whitehead made a dramatic move, both geographically and intellectually, to launch phase three of his career: never having formally studied philosophy in his life, he agreed to become professor of philosophy at Harvard , a position he held until retirement in 7. The accompanying intellectual shift was a move from philosophy of science to metaphysics. The earlier investigations had assumed the self-containedness of nature: “nature is closed to mind.” The philosophy of nature examined nature at the level of abstraction entailed by this assumption. Whitehead had come to regard philosophy as “the critic of abstractions,” a notion introduced in Science and the Modern World 5. This book traced the intertwined emergence of Newtonian science and its philosophical presuppositions. It noted that with the development of the theory of relativity in the twentieth century, scientific understanding had left behind the Newtonian conceptuality that had generated the still-dominant philosophical assumptions, and that those philosophical assumptions considered in themselves had become inadequate to explicate our full concrete experience. Philosophy as the critic of abstractions must recognize the limitations of a stance that assumes that nature is closed to mind, and must push deeper, beyond such an abstraction, to create a scheme of ideas more in harmony with scientific developments and able to do justice to human beings as part of nature. Science and the Modern World merely outlines what such a philosophy might be; in 9 Whitehead published his magnum opus, titled Process and Reality. In this volume, subtitled “An Essay in Cosmology,” his metaphysical understanding is given its final form. It is customary to regard this book as the central document of what has become known as process philosophy, though Whitehead himself frequently spoke of his system of ideas as the philosophy of organism. Process and Reality begins with a sentence that sheds a great deal of light upon Whitehead’s metaphysical orientation: “These lectures are based upon a recurrence to that phase of philosophic thought which began with Descartes and ended with Hume.” Descartes, adapting the classical notion of substance to his own purposes, begins a “phase of philosophic thought” by assuming there are two distinct, utterly different kinds of substance, mind and matter, each requiring nothing but itself in order to exist. This assumption launches the reign of epistemology within philosophy: if knowing begins with the experiencing of a mental substance capable of existing by itself and cut off from everything external to it, then the philosophical challenge is to try to justify the claim to establish contact with a reality external to it. The phrase “and ended with Hume” expresses Whitehead’s conviction that Hume and more elegantly, he notes, Santayana showed that if one begins with Descartes’s metaphysical assumptions, skepticism is inevitable. Contemporary philosophers have talked about the end of philosophy. From Whitehead’s perspective such talk presupposes a far too narrow view of the nature of philosophy. It is true that a phase of philosophy has ended, a phase dominated by epistemology. Whitehead’s response is to offer the dictum that all epistemological difficulties are at bottom only camouflaged metaphysical difficulties. One must return to that moment of Cartesian beginning and replace the substance metaphysics with an orientation that avoids the epistemological trap, meshes harmoniously with the scientific understandings that have displaced the much simpler physics of Descartes’s day, and is consonant with the facts of evolution. These are the considerations that generate Whitehead’s fundamental metaphysical category, the category of an actual occasion. An actual occasion is not an enduring, substantial entity. Rather, it is a process of becoming, a process of weaving together the “prehensions” a primitive form of ‘apprehension’ meant to indicate a “taking account of,” or “feeling,” devoid of conscious awareness of the actual occasions that are in the immediate past. Whitehead calls this process of weaving together the inheritances of the past “concrescence.” An actual entity is its process of concrescence, its process of growing together into a unified perspective on its immediate past. The seeds of Whitehead’s epistemological realism are planted in these fundamental first moves: “The philosophy of organism is the inversion of Kant’s philosophy. . . . For Kant, the world emerges from the subject; for the philosophy of organism, the subject emerges from the world.” It is customary to compare an actual occasion with a Leibnizian monad, with the caveat that whereas a monad is windowless, an actual occasion is “all window.” It is as though one were to take Aristotle’s system of categories and ask what would result if the category of substance were displaced from its position of preeminence by the category of relation  the result would, mutatis mutandis, be an understanding of being somewhat on the model of a Whiteheadian actual occasion. In moving from Descartes’s dualism of mental substance and material substance to his own notion of an actual entity, Whitehead has been doing philosophy conceived of as the critique of abstractions. He holds that both mind and matter are abstractions from the concretely real. They are important abstractions, necessary for everyday thought and, of supreme importance, absolutely essential in enabling the seventeenth through nineteenth centuries to accomplish their magnificent advances in scientific thinking. Indeed, Whitehead, in his philosophy of science phase, by proceeding as though “nature is closed to mind,” was operating with those selfsame abstractions. He came to see that while these abstractions were indispensable for certain kinds of investigations, they were, at the philosophical level, as Hume had demonstrated, a disaster. In considering mind and matter to be ontological ultimates, Descartes had committed what Whitehead termed the fallacy of misplaced concreteness. The category of an actual occasion designates the fully real, the fully concrete. The challenge for such an orientation, the challenge that Process and Reality is designed to meet, is so to describe actual occasions that it is intelligible how collections of actual occasions, termed “nexus” or societies, emerge, exhibiting the characteristics we find associated with “minds” and “material structures.” Perhaps most significantly, if this challenge is met successfully, biology will be placed, in the eyes of philosophy, on an even footing with physics; metaphysics will do justice both to human beings and to human beings as a part of nature; and such vexing contemporary problem areas as animal rights and environmental ethics will appear in a new light. Whitehead’s last two books, Adventures of Ideas 3 and Modes of Thought 8, are less technical and more lyrical than is Process and Reality. Adventures of Ideas is clearly the more significant of these two. It presents a philosophical study of the notion of civilization. It holds that the social changes in a civilization are driven by two sorts of forces: brute, senseless agencies of compulsion on the one hand, and formulated aspirations and articulated beliefs on the other. These two sorts of forces are epitomized by barbarians and Christianity in the ancient Roman world and by steam and democracy in the world of the industrial revolution. Whitehead’s focal point in Adventures of Ideas is aspirations, beliefs, and ideals as instruments of change. In particular, he is concerned to articulate the ideals and aspirations appropriate to our own era. The character of such ideals and aspirations at any moment is limited by the philosophical understandings available at that moment, because in their struggle for release and efficacy such ideals and aspirations can appear only in the forms permitted by the available philosophical discourse. In the final section of Adventures of Ideas Whitehead presents a statement of ideals and aspirations fit for our era as his own philosophy of organism allows them to take shape and be articulated. The notions of beauty, truth, adventure, zest, Eros, and peace are given a content drawn from the technical understandings elaborated in Process and Reality. But in Adventures of Ideas a less technical language is used, a language reminiscent of the poetic imagery found in the style of Plato’s Republic, a language making the ideas accessible to readers who have not mastered Process and Reality, but at the same time far richer and more meaningful to those who have. Whitehead notes in Adventures of Ideas that Plato’s later thought “circles round the interweaving of seven main notions, namely, The Ideas, The Physical Elements, The Psyche, The Eros, The Harmony, The Mathematical Relations, The Receptacle. These notions are as important for us now, as they were then at the dawn of the modern world, when civilizations of the old type were dying.” Whitehead uses these notions in quite novel and modern ways; one who is unfamiliar with his metaphysics can get something of what he means as he speaks of the Eros of the Universe, but if one is familiar from Process and Reality with the notions of the Primordial Nature of God and the Consequent Nature of God then one sees much deeper into the meanings present in Adventures of Ideas. Whitehead was not religious in any narrow, doctrinal, sectarian sense. He explicitly likened his stance to that of Aristotle, dispassionately considering the requirements of his metaphysical system as they refer to the question of the existence and nature of God. Whitehead’s thoughts on these matters are most fully developed in Chapter 11 of Science and the Modern World, in the final chapter of Process and Reality, and in Religion in the Making 6. These thoughts are expressed at a high level of generality. Perhaps because of this, a large part of the interest generated by Whitehead’s thought has been within the community of theologians. His ideas fairly beg for elaboration and development in the context of particular modes of religious understanding. It is as though many modern theologians, recalling the relation between the theology of Aquinas and the metaphysics of Aristotle, cannot resist the temptation to play Aquinas to Whitehead’s Aristotle. Process theology, or Neo-Classical Theology as it is referred to by Hartshorne, one of its leading practitioners, has been the arena within which a great deal of clarification and development of Whitehead’s ideas has occurred. Whitehead was a gentle man, soft-spoken, never overbearing or threatening. He constantly encouraged students to step out on their own, to develop their creative capacities. His concern not to inhibit students made him a notoriously easy grader; it was said that an A-minus in one of his courses was equivalent to failure. Lucien Price’s Dialogues of Alfred North Whitehead chronicles many evenings of discussion in the Whitehead household. He there described Whitehead as follows: his face, serene, luminous, often smiling, the complexion pink and white, the eyes brilliant blue, clear and candid as a child’s yet with the depth of the sage, often laughing or twinkling with humour. And there was his figure, slender, frail, and bent with its lifetime of a scholar’s toil. Always benign, there was not a grain of ill will anywhere in him; for all his formidable armament, never a wounding word.  Refs.: H. P. Grice, “Definite descriptions in Whitehead and Russell and in the vernacular,” “Definite descriptions in Whitethead’s and Russell’s formalese and in Strawson’s vernacular” -- BANC.

 

weiner kraus -- Vienna Circle  vide ayerism -- a group of philosophers and scientists who met periodically for discussions in Vienna from 2 to 8 and who proposed a self-consciously revolutionary conception of scientific knowledge. The Circle was initiated by the mathematician Hans Hahn to continue a prewar forum with the physicist Philip Frank and the social scientist Otto Neurath after the arrival in Vienna of Moritz Schlick, a philosopher who had studied with Max Planck. Carnap joined in 6 from 1 in Prague; other members included Herbert Feigl from 0 in Iowa, Friedrich Waismann, Bergmann, Viktor Kraft, and Bela von Juhos. Viennese associates of the Circle included Kurt Gödel, Karl Menger, Felix Kaufmann, and Edgar Zilsel. Popper was not a member or associate. During its formative period the Circle’s activities were confined to discussion meetings many on Vitters’s Tractatus. In 9 the Circle entered its public period with the formation of the Verein Ernst Mach, the publication of its manifesto Wissenschaftliche Weltauffassung: Der Wiener Kreis by Carnap, Hahn, and Neurath tr. in Neurath, Empiricism and Sociology, 3, and the first of a series of philosophical monographs edited by Frank and Schlick. It also began collaboration with the independent but broadly like-minded Berlin “Society of Empirical Philosophy,” including Reichenbach, Kurt Grelling, Kurt Lewin, Friedrich Kraus, Walter Dubislav, Hempel, and Richard von Mises: the groups together organized their first public conferences in Prague and Königsberg, acquired editorship of a philosophical journal renamed Erkenntnis, and later organized the international Unity of Science congresses. The death and dispersion of key members from 4 onward Hahn died in 4, Neurath left for Holland in 4, Carnap left for the United States in 5, Schlick died in 6 did not mean the extinction of Vienna Circle philosophy. Through the subsequent work of earlier visitors Ayer, Ernest Nagel, Quine and members and collaborators who emigrated to the United States Carnap, Feigl, Frank, Hempel, and Reichenbach, the logical positivism of the Circle Reichenbach and Neurath independently preferred “logical empiricism” strongly influenced the development of analytic philosophy. The Circle’s discussions concerned the philosophy of formal and physical science, and even though their individual publications ranged much wider, it is the attitude toward science that defines the Circle within the philosophical movements of central Europe at the time. The Circle rejected the need for a specifically philosophical epistemology that bestowed justification on knowledge claims from beyond science itself. In this, the Circle may also have drawn on a distinct Austrian tradition a thesis of its historian Neurath: in most of G.y, science and philosophy had parted ways during the nineteenth century. Starting with Helmholtz, of course, there also arose a movement that sought to distinguish the scientific respectability of the Kantian tradition from the speculations of G. idealism, yet after 0 neo-Kantians insisted on the autonomy of epistemology, disparaging earlier fellow travelers as “positivist.” Yet the program of reducing the knowledge claim of science and providing legitimations to what’s left found wide favor with the more empirical-minded like Mach. Comprehensive description, not explanation, of natural phenomena became the task for theorists who no longer looked to philosophy for foundations, but found them in the utility of their preferred empirical procedures. Along with the positivists, the Vienna Circle thought uneconomical the Kantian answer to the question of the possibility of objectivity, the synthetic a priori. Moreover, the Vienna Circle and its conventionalist precursors Poincaré and Duhem saw them contradicted by the results of formal science. Riemann’s geometries showed that questions about the geometry of physical space were open to more than one answer: Was physical space Euclidean or non-Euclidean? It fell to Einstein and the pre-Circle Schlick Space and Time in Contemporary Physics, 7 to argue that relativity theory showed the untenability of Kant’s conception of space and time as forever fixed synthetic a priori forms of intuition. Yet Frege’s anti-psychologistic critique had also shown empiricism unable to account for knowledge of arithmetic and the conventionalists had ended the positivist dream of a theory of experiential elements that bridged the gap between descriptions of fact and general principles of science. How, then, could the Vienna Circle defend the claim  under attack as just one worldview among others  that science provides knowledge? The Circle confronted the problem of constitutive conventions. As befitted their self-image beyond Kant and Mach, they found their paradigmatic answer in the theory of relativity: they thought that irreducible conventions of measurement with wide-ranging implications were sharply separable from pure facts like point coincidences. Empirical theories were viewed as logical structures of statements freely created, yet accountable to experiential input via their predictive consequences identifiable by observation. The Vienna Circle defended empiricism by the reconceptualization of the relation between a priori and a posteriori inquiries. First, in a manner sympathetic to Frege’s and Russell’s doctrine of logicism and guided by Vitters’s notion of tautology, arithmetic was considered a part of logic and treated as entirely analytical, without any empirical content; its truth was held to be exhausted by what is provable from the premises and rules of a formal symbolic system. Carnap’s Logical Syntax of Language, 4, assimilated Gödel’s incompleteness result by claiming that not every such proof could be demonstrated in those systems themselves which are powerful enough to represent classical arithmetic. The synthetic a priori was not needed for formal science because all of its results were non-synthetic. Second, the Circle adopted verificationism: supposedly empirical concepts whose applicability was indiscernible were excluded from science. The terms for unobservables were to be reconstructed by logical operations from the observational terms. Only if such reconstructions were provided did the more theoretical parts of science retain their empirical character. Just what kind of reduction was aimed for was not always clear and earlier radical positions were gradually weakened; Reichenbach instead considered the relation between observational and theoretical statements to be probabilistic. Empirical science needed no synthetic a priori either; all of its statements were a posteriori. Combined with the view that the analysis of the logical form of expressions allowed for the exact determination of their combinatorial value, verificationism was to exhibit the knowledge claims of science and eliminate metaphysics. Whatever meaning did not survive identification with the scientific was deemed irrelevant to knowledge claims Reichenbach did not share this view either. Since the Circle also observed the then long-discussed ban on issuing unconditional value statements in science, its metaethical positions may be broadly characterized as endorsing noncognitivism. Its members were not simply emotivists, however, holding that value judgments were mere expressions of feeling, but sought to distinguish the factual and evaluative contents of value judgments. Those who, like Schlick Questions of Ethics, 0, engaged in metaethics, distinguished the expressive component x desires y of value judgments from their implied descriptive component doing zfurthers aim y and held that the demand inherent in moral principles possessed validity if the implied description was true and the expressed desire was endorsed. This analysis of normative concepts did not render them meaningless but allowed for psychological and sociological studies of ethical systems; Menger’s formal variant Morality, Decision and Social Organization, 4 proved influential for decision theory. The semiotic view that knowledge required structured representations was developed in close contact with foundational research in mathematics and depended on the “new” logic of Frege, Russell, and Vitters, out of which quantification theory was emerging. Major new results were quickly integrated albeit controversially and Carnap’s works reflect the development of the conception of logic itself. In his Logical Syntax he adopted the “Principle of Tolerance” vis-à-vis the question of the foundation of the formal sciences: the choice of logics and languages was conventional and constrained, apart from the demand for consistency, only by pragmatic considerations. The proposed language form and its difference from alternatives simply had to be stated as exactly as possible: whether a logico-linguistic framework as a whole correctly represented reality was a cognitively meaningless question. Yet what was the status of the verifiability principle? Carnap’s suggestion that it represents not a discovery but a proposal for future scientific language use deserves to be taken seriously, for it not only characterizes his own conventionalism, but also amplifies the Circle’s linguistic turn, according to which all philosophy concerned ways of representing, rather than the nature of the represented. What the Vienna Circle “discovered” was how much of science was conventional: its verificationism was a proposal for accommodating the creativity of scientific theorizing without accommodating idealism. Whether an empirical claim in order to be meaningful needed to be actually verified or only potentially verifiable, or fallible or only potentially testable, and whether so by current or only by future means, became matters of discussion during the 0s. Equally important for the question whether the Circle’s conventionalism avoided idealism and metaphysics were the issues of the status of theoretical discourse about unobservables and the nature of science’s empirical foundation. The view suggested in Schlick’s early General Theory of Knowledge 8, 2d. ed. 5 and Frank’s The Causal Law and its Limitations 2 and elaborated in Carnap’s “Logical Foundations of the Unity of Science” in Foundations of the Unity of Science I.1, 8 characterized the theoretical language as an uninterpreted calculus that is related to the fully interpreted observational language only by partial definitions. Did such an instrumentalism require for its empirical anchor the sharp separation of observational from theoretical terms? Could such a separation even be maintained? Consider the unity of science thesis. According to the methodological version, endorsed by all members, all of science abides by the same criteria: no basic methodological differences separate the natural from the social or cultural sciences Geisteswissenschaften as claimed by those who distinguish between ‘explanation’ and ‘understanding’. According to the metalinguistic version, all objects of scientific knowledge could in principle be comprehended by the same “universal” language. Physicalism asserts that this is the language that speaks of physical objects. While everybody in the Circle endorsed physicalism in this sense, the understanding of its importance varied, as became clear in the socalled protocol sentence debate. The nomological version of the unity thesis was only later clearly distinguished: whether all scientific laws could be reduced to those of physics was another matter on which Neurath came to differ. Ostensively, this debate concerned the question of the form, content, and epistemological status of scientific evidence statements. Schlick’s unrevisable “affirmations” talked about phenomenal states in statements not themselves part of the language of science “The Foundation of Knowledge,” 4, tr. in Ayer, ed., Logical Positivism. Carnap’s preference changed from unrevisable statements in a primitive methodologically solipsistic protocol language that were fallibly translatable into the physicalistic system language 1; see Unity of Science, 4, via arbitrary revisable statements of that system language that are taken as temporary resting points in testing 2, to revisable statements in the scientific observation language 5; see “Testability and Meaning,” Philosophy of Science, 637. These changes were partly prompted by Neurath, whose own revisable “protocol statements” spoke, amongst other matters, of the relation between observers and the observed in a “universal slang” that mixed expressions of the physicalistically cleansed colloquial and the high scientific languages “Protocol Statements,”  tr. in Ayer, ed., Logical Positivism. Ultimately, these proposals answered to different projects. Since all agreed that all statements of science were hypothetical, the questions of their “foundation” concerned rather the very nature of Vienna Circle philosophy. For Schlick philosophy became the activity of meaning determination inspired by Vitters; Carnap pursued it as the rational reconstruction of knowledge claims concerned only with what Reichenbach called the “context of justification” its logical aspects, not the “context of discovery”; and Neurath replaced philosophy altogether with a naturalistic, interdisciplinary, empirical inquiry into science as a distinctive discursive practice, precluding the orthodox conception of the unity of science. The Vienna Circle was neither a monolithic nor a necessarily reductionist philosophical movement, and quick assimilation to the tradition of British empiricism mistakes its struggles with the formcontent dichotomy for foundationalism, when instead sophisticated responses to the question of the presuppositions of their own theories of knowledge were being developed. In its time and place, the Circle was a minority voice; the sociopolitical dimension of its theories  stressed more by some Neurath than others Schlick  as a renewal of Enlightenment thought, ultimately against the rising tide of Blutund-Boden metaphysics, is gaining recognition. After the celebrated “death” of reductionist logical positivism in the 0s the historical Vienna Circle is reemerging as a multifaceted object of the history of analytical philosophy itself, revealing in nuce different strands of reasoning still significant for postpositivist theory of science. Refs.: H. P. Grice, “What Freddie brought us from Vienna.”

 

williams: “There are many Williams in Oxford, but only one “B. A. O., “ as he pretentiously went by!”H. P. Grice. B. A. O. London-born Welsh philosopher who has made major contributions to many fields but is primarily known as a moral philosopher. His approach to ethics, set out in Ethics and the Limits of Philosophy 5, is characterized by a wide-ranging skepticism, directed mainly at the capacity of academic moral philosophy to further the aim of reflectively living an ethical life. One line of skeptical argument attacks the very idea of practical reason. Attributions of practical reasons to a particular agent must, in Williams’s view, be attributions of states that can potentially explain the agent’s action. Therefore such reasons must be either within the agent’s existing set of motivations or within the revised set of motivations that the agent would acquire upon sound reasoning. Williams argues from these minimal assumptions that this view of reasons as internal reasons undermines the idea of reason itself being a source of authority over practice. Williams’s connected skepticism about the claims of moral realism is based both on his general stance toward realism and on his view of the nature of modern societies. In opposition to internal realism, Williams has consistently argued that reflection on our conception of the world allows one to develop a conception of the world maximally independent of our peculiar ways of conceptualizing reality  an absolute conception of the world. Such absoluteness is, he argues, an inappropriate aspiration for ethical thought. Our ethical thinking is better viewed as one way of structuring a form of ethical life than as the ethical truth about how life is best lived. The pervasive reflectiveness and radical pluralism of modern societies makes them inhospitable contexts for viewing ethical concepts as making knowledge available to groups of concept users. Modernity has produced at the level of theory a distortion of our ethical practice, namely a conception of the morality system. This view is reductionist, is focused centrally on obligations, and rests on various fictions about responsibility and blame that Williams challenges in such works as Shame and Necessity 3. Much academic moral philosophy, in his view, is shaped by the covert influence of the morality system, and such distinctively modern outlooks as Kantianism and utilitarianism monopolize the terms of contemporary debate with insufficient attention to their origin in a distorted view of the ethical. Williams’s views are not skeptical through and through; he retains a commitment to the values of truth, truthfulness in a life, and individualism. His most recent work, which thematizes the long-implicit influence of Nietzsche on his ethical philosophy, explicitly offers a vindicatory “genealogical” narrative for these ideals.

 

willkür, v.  Hobson’s choice. Grice: “‘will-kuer’ is a fascinating German expression, literally will-care’.”

 

wilson’s ultimate counterexample to Grice -- Grice’s counterexample“the ultimate counter-example” -- counterinstance, also called counterexample. 1 A particular instance of an argument form that has all true premises but a false conclusion, thereby showing that the form is not universally valid. The argument form ‘p 7 q,p / , ~q’, for example, is shown to be invalid by the counterinstance ‘Grass is either red or green; Grass is not red; Therefore, grass is not green’. 2 A particular false instance of a statement form, which demonstrates that the form is not a logical truth. A counterinstance to the form ‘p 7 q / p’, for example, would be the statement ‘If grass is either red or green, then grass is red’. 3 A particular example that demonstrates that a universal generalization is false. The universal statement ‘All large cities in the United States are east of the Mississippi’ is shown to be false by the counterinstance of San Francisco, which is a large city in the United States that is not east of the Mississippi. V.K. counterpart theory, a theory that analyzes statements about what is possible and impossible for individuals statements of de re modality in terms of what holds of counterparts of those individuals in other possible worlds, a thing’s counterparts being individuals that resemble it without being identical with it. The name ‘counterpart theory’ was coined by David Lewis, the theory’s principal exponent. Whereas some theories analyze ‘Mrs. Simpson might have been queen of England’ as ‘In some possible world, Mrs. Simpson is queen of England’, counterpart theory analyzes it as ‘In some possible world, a counterpart of Mrs. Simpson is queen of a counterpart of England’. The chief motivation for counterpart theory is a combination of two views: a de re modality should be given a possible worlds analysis, and b each actual individual exists only in the actual world, and hence cannot exist with different properties in other possible worlds. Counterpart theory provides an analysis that allows ‘Mrs. Simpson might have been queen’ to be true compatibly with a and b. For Mrs. Simpson’s counterparts in other possible worlds, in those worlds where she herself does not exist, may have regal properties that the actual Mrs. Simpson lacks. Counterpart theory is perhaps prefigured in Leibniz’s theory of possibility. 

 

wilson: this is the way to quote J. C. Wilson. Grice loved him, and thanked Farquarhson for editing his papers. A favourite with Grice and Collingwood. In the chapter on “Language” in “The idea of art,” Collingwood refers to the infamous, “That building is the Bodelian.”which may repreeent two propositions: one as an answer to what building is that? The other as an answer to Which building is the Bodleian? Grice would consider that the distinction is impilcatural, and that stress is merely implicaturaland only one proposition is at stakedo not multiply propositions beyond necessity. not to be confused with wilson, author of “Grice: The ultimate counterexample” -- Oxonian philosopher, like Grice. Cook Wilson studied with T. H. Green before becoming Wykeham Professor of Logic at Oxford and leading the Oxford reaction against the then entrenched absolute idealism. More influential as a tutor than as a writer, his major oeuvre, Statement and Inference, was posthumously reconstructed from drafts of papers, philosophical correspondence, and an extensive set of often inconsistent lectures for his logic courses. A staunch critic of Whitehead’s mathematical logic, Wilson conceived of logic as the study of thinking, an activity unified by the fact that thinking either is knowledge or depends on knowledge “What we know we kow”. Wilson claims that knowledge involves apprehending an object that in most cases is independent of the act of apprehension and that knowledge is indefinable without circularity, views he defended by appealing to common usage. Many of Wilson’s ideas are disseminated by H. W. B. Joseph, especially in his “Logic.” Rejecting “symbolic logic,” Joseph attempts to reinvigorate traditional logic conceived along Wilsonian lines. To do so Joseph combined a careful exposition of Aristotle with insights drawn from idealistic logicians. Besides Joseph, Wilson decisively influenced a generation of Oxford philosophers including Prichard and Ross, and Grice who explores the ‘interrogative subordination’ in the account of ‘if.’ “Who killed Cock Robin”.

 

winchism: After P. WinchLondon-born philosopher. He quotes  Grice in a Royal Philosophy talk: “Grice’s point is that we should distinguish the truth of one’s remark form the point of one’s remarksGrice’s example is: “Surely I have neither any doubt nor any desire to deny that the pillar box in front of me is red, and yet I won’t hesitate to say that it seems red to me”Surely pointless, but an incredible truth meant to refute G. A. Paul!” Winch translated Vitters’s “little essay on value” which Grice “did not use for [his] essay on the conception of value.” (“Kultur und Wert.”). Grice: “Not contented with natural science, Winch wants a social one!”

 

winspeare: winspeare, filosofo italiano. winspeare: essential Italian philosopher“My Italian friends do not consider me Italian, though!”His ancestors were from Yorkshire in a bad timeHenry VIII. “So the king’s option was clear: either your head off or move to CapriI chose the second.” (n. Portici), filosofo. Delle confessioni spontanee de' rei, Stamp. Simoniana, Napoli  Storia degli abusi feudali, Tip. Trani, Napoli  Voti de' napolitani, s.e., Napoli  La voce di Napodano, o sia Quarta illustrazione del patto di Capuana e Nido, Tip. Trani, Napoli  I libri delle leggi di Cicerone volgarizzati, Tip. Trani, Napoli  Delle chiese ricettizie del Regno. Dissertazione, Tip. Trani, Napoli  Saggi di filosofia intellettuale, Tip. Trani, Napoli  Dissertazioni legali, G. Winspeare, Tip. Agrelli, Napoli  La colonia perpetua ed i diritti feudali aboliti, Tip. Pesole, Napoli. Grice: “Hailing remotely from the Catholic North Riding of Yorkshire and settling in the most beautiful coastline in the world, Winspeare knew all you need to know about Cudworth, and what he calls ‘percezione.’ I would call him an Oxonian.” Refs.: H. P. Grice, “Winspeare, Speranza, Napoli, and me!”The Grice Papers, BANC MSS 90/135c, The Bancroft.

 

wodeham: “If Adam of Wodeham was called Wodeham, I should, by the same token, be called “Harborne””H. P. Grice. Oxonian philosopher, like Grice. Adam de English Franciscan philosopher-theologian who lectured on Peter Lombard’s Sentences at London, Norwich, and Oxford. His published works include the Tractatus de indivisibilibus; his Lectura secunda Norwich lectures; and an abbreviation of his Oxford lectures by Henry Totting of Oyta, published by John Major. Wodeham’s main work, the Oxford lectures, themselves remain unpublished. A brilliant interpreter of Duns Scotus, whose original manuscripts he consulted, Wodeham deemed Duns Scotus the greatest Franciscan doctor. William Ockham, Wodeham’s teacher, was the other great influence on Wodeham’s philosophical theology. Wodeham defended Ockham’s views against attacks mounted by Walter Chatton; he also wrote the prologue to Ockham’s Summa logicae. Wodeham’s own influence rivaled that of Ockham. Among the authors he strongly influenced are Gregory of Rimini, John of Mirecourt, Nicholas of Autrecourt, Pierre d’Ailly, Peter Ceffons, Alfonso Vargas, Peter of Candia Alexander V, Henry Totting of Oyta, and John Major. Wodeham’s theological works were written for an audience with a very sophisticated understanding of current issues in semantics, logic, and medieval mathematical physics. Contrary to Duns Scotus and Ockham, Wodeham argued that the sensitive and intellective souls were not distinct. He further develops the theory of intuitive cognition, distinguishing intellectual intuition of our own acts of intellect, will, and memory from sensory intuition of external objects. Scientific knowledge based on experience can be based on intuition, according to Wodeham. He distinguishes different grades of evidence, and allows that sensory perceptions may be mistaken. Nonetheless, they can form the basis for scientific knowledge, since they are reliable; mistakes can be corrected by reason and experience. In semantic theory, Wodeham defends the view that the immediate object of scientific knowledge is the complexe significabile, that which the conclusion is designed to signify. Oxonian philosopher, like Grice. Adam de (c. 1295–1358), English Franciscan philosopher- who lectured on Peter Lombard’s Sentences at Oxford. His oeuvre includes a “Tractatus de indivisibilibus, divisum in cinque partibus”; his “Lectura secunda”  and “Lecturae Oxonienses” as transcribed by Henry Totting of Oyta, and published by John Major. Wodeham’s main work, like Grice’s, the Oxford lectures, themselves remain only partially published. A brilliant interpreter of Duns Scotus, whose original manuscripts he consulted in his main unpublication, Wodeham deems Duns Scotus the greatest Franciscan doctor. Occam, Wodeham’s teacher, is the other great influence on Wodeham (“I treasure the razor he gave me for my birthday.”) Wodeham defends his tutor Ockham’s views against attacks mounted by Walter Chatton. Grice was familiar with Wodeham (“from Wodeham, as it happens”) because he wrote the prologue to Ockham’s Summa logicae. Wodeham’s own influence rivals that of Ockham. Among the authors he strongly influenced are Gregory of Rimini, John of Mirecourt, Nicholas of Autrecourt, Pierre d’Ailly, Peter Ceffons, Alfonso Vargas, Peter of Candia (Alexander V), Henry Totting of Oyta, John Major, and lastly, but certainly not leastly, H. P. Grice. Wodeham’s lectures were composed for tutees with a very sophisticated understanding of current issues in semantics, logic, and mathematical physics. Contrary to Duns Scotus and Occam, Wodeham arguesand this is borrowed by Grice -- that the sensitive and intellective souls are not distinct (vide Grice, “The power structure of the soul”). Wodeham further develops the theory of intuitive cognition, distinguishing intellectual intuition of our own acts of intellect, will, and memory from sensory intuition of external objects. This is developed by Grice in his contrast of “I am not hearing a noise,” and “That is not blue.” Thus, knowledge based on experience can be based on intuition, according to Wodeham. Wodeham goes on to distinguishs different grades (or degrees, as Grice prefers, which Grice symbolises as ‘d’) of evidence (for credibility and desirability) and allows that this or that sensory perception may be mistaken (“but if all were, we are in trouble’). Nonetheless, they can form the basis for knowledge, since they are, caeteris paribus, reliable. “A mistake can always be corrected by reason and experience. In semantic and pragmatic theories, Wodeham defends the view that the immediate object of knowledge is what he calls the “complexum significabile,” that which the conclusion is designed to signify. wodeham, adam. Obviously born at Wodeham, or Woodham as the current spelling goes (“But I prefer the old, vide Occam”Grice). Like Gregorio da Rimini, obsessed with the complexe significabile, “which has obvious connections with what I call the propositional complexus.”

 

wollaston: when Grice is in a humorous mood, or mode, as he prefers, he cites Wollaston at large! Wollaston is notorious for arguing that the immorality of this or that action lies in an utterer who describes it implicating a false proposition. Wollaston maintains that there is harmony between reason (or truth) and happiness. Therefore, any ction that contradict truth through misrepresentation thereby frustrates human happiness and is thus “plain evil.” Wollaston gives the example of Willard [Quine] who, to pay Paul [Grice], robs Peter [Strawspm] stealing his watch.  Grice comments: “In falsely epresenting Strawson’s watch as his own, Willard makes the act wrong, even if he did it to pay me what he owed me.” Wollaston’s views, particularly his taking morality to consist in universal and necessary truths, were influenced by the rationalists Ralph Cudworth and Clarke. Among his many critics the most famous is, as Grice would expect, Hume, who contends that Wollaston’s theory implies an absurdity (“unless you disimplicate it in the bud.”). For Hume, any action concealed from public view (e.g., adultery) conveys (or ‘explicates’) no false proposition and therefore is not immoral, since one can annul it, to use Grice’s jargon. Refs.: H. P. Grice, “Wollaston and the longitudinal unity of philosophy.” cited by H. P. Grice. English moralist notorious for arguing that the immorality of actions lies in their implying false propositions. An assistant headmaster who later took priestly orders, Wollaston maintains in his one published work, The Religion of Nature Delineated 1722, that the foundations of religion and morality are mutually dependent. God has preestablished a harmony between reason or truth and happiness, so that actions that contradict truth through misrepresentation thereby frustrate human happiness and are thus evil. For instance, if a person steals another’s watch, her falsely representing the watch as her own makes the act wrong. Wollaston’s views, particularly his taking morality to consist in universal and necessary truths, were influenced by the rationalists Ralph Cudworth and Clarke. Among his many critics the most famous was Hume, who contends that Wollaston’s theory implies an absurdity: any action concealed from public view e.g., adultery conveys no false proposition and therefore is not immoral. Refs.: H. P. Grice, “Why bother with Wollaston?” BANC.

 

wollheim: R. A. London-born philosopher of Eastern-European ancestry, BPhil Oxon, Balliol (under D. Marcus) and All Souls.  Examined by H. P. Grice. “What’s two times two?” Wollheim treasured that examination. It was in the context of a discussion of J. S. Mill and I. Kant, for whom addition and multiplication are ‘synthetic’a priori for Kant, a posteriori for Mill. Grice was trying to provide a counterexample to Mill’s thesis that all comes via deduction or induction. Refs.: I. C. Dengler and Luigi Speranza, “Wollheilm and Grice,” for the Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

woodianism: Roy Hudd: “Not to be confused with the woodianisms of Victoria Wood.” -- Grice loved O. P. Wood, as anyone at Oxford dideven those who disliked Ryle! Refs.: H. P. Grice, “O. P. Wood and some remarks about the senses,” --  O. P. Wood, “Implicatura in Hereford,” for The Swimming-Pool Library, custodian: Luigi SperanzaVilla Grice, Liguria, Italia.

 

woozleyianism: R. M. Harnish discussed H. P. Grice’s implicaturum with A. D. Woozley. Woozley would know because he had been in contact with Grice since for ever. Woozley had a closer contact with Austin, since, unlike Grice, ‘being from the right side of the tracks,’ he socialized with Austin in what Berlin pretentiously calls the ‘early beginnings of Oxford philosophy,’ as if the Middle Ages never happened. Woozley edited Reid, that Grice read, or reed. Since the first way to approach Grice’s philosophy is with his colleagues at his Play Group, Woozley plays a crucial role. Grice: “While Woozley would attend Austin’s Sat. morns., he wouldn’t say muchin fact, he seldom said much.” Refs.: R. M. Harnish and A. D. Woozley, “Implicatura,” for The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

wyclif: “It never ceased to amaze me how Wyclif was able to find Anglo-Saxon terms for all the “Biblia Vulgata”!”H. P. Grice. English Griceian philosophical theologian and religious reformer. He worked for most of his life in Oxford as a secular clerk, teaching philosophy and writing extensively in the field. The mode of thought expressed in his surviving works is one of extreme realism, and in this his thought fostered the split of Bohemian, later Hussite, philosophy from that of the G. masters teaching in Prague. His worldline philosophical summa was most influential for his teaching on universals, but also dealt extensively with the question of determinism; these issues underlay his later handling of the questions of the Eucharist and of the identity of the church respectively. His influence on English philosophy was severely curtailed by the growing hostility of the church to his ideas, the condemnation of many of his tenets, the persecution of his followers, and the destruction of his writings. Refs.: H. P. Grice: “The problem of universals: from Bologna to Oxford,” Villa Grice.

 

x: Grice: “I use ‘x’ to mean ‘token,’ and ‘X’ to mean ‘type.’” Grice: “The idea is to use ‘x,’ ‘y,’ and ‘z.’” “In an early tutorial, Strawson asked me, ‘What if we need four, don?” Strawson later reminisced: “My question stuck with Grice, and he never again used x, y, and z, but x1, x2, x3, …, xn“That will teach you a lesson,” he said.”

 

x-question: Grice: “I prefer the idea of a qu-question. It sounds like a stammeras in do-do-dodgson, but it ain’t!” --.

 

Xy-question. Grice: “This would be a qu-1-qu-2 question, as in “He’s meeting a woman this evening?” “Who and where?” “His wife, in his home,”where ‘who and where?” is a qu-1 and qu-2 question.

 

Xyz-question. “He is meeting a woman this evening.” “Who, who, and where?” “Smith, his wife, his home.”

 

X1-x2-x3-…xn-question: Grice: “Since in theory the number of variables in a conversational remark is almost infinite“but never infinite,” as Peano remarksI shall use numerical subscripts. “Letters are nice, but numbers are nicer.”

 

Xmas: Grice: “The implicature of the “X” is the cross where allegedly Jesus died.”

 

y: Grice: “I shall use ‘y’ as a second variable; and z as a third, if need be.”

 

yog and zog: Grice: “This is my paradox on ‘si’‘if’All philosophers have a paradox named after them, and I thought it was high time to name a paradox after me.” --. “My inspiration was Carroll’s “What the tortoise said to Achilles.” Trust me to go to the defense of the underdog, or undertortoise!” “Achilles had enough praise by the Romans!” -- “If” (Cicero’s ‘si’) is a problem for Grice. “Especially in it being the only subordinate particle I have seriously explored.” According to Strawson and Wiggins, this was Grice having forged his shining new toolthe distinction between ‘By emitting x, An emissor coomunicates that p” and “The emissum x ‘means’ ‘p.’ Apply that to ‘if.’ In Strawson and Wiggins’s precis, for Grice, ‘p yields q’ is part of the conversational implicaturumfor Strawson and Wiggins it is part of the conventional implicaturum. They agree on ‘p  horseshoe q’ being the explicit emissum or explicatum in “Emissor explicitly conveys and communicates that p horseshoe q.” For Grice, the implicaturum, which, being conversational is cancellable, is calculated on the assumption that the addressee can work out that the emissor has non-truth-functional grounds for the making of any stronger claim. For Strawson, that non-truth-functional reason is precisely ‘p yields q,’ which leads Strawson to think that the thing is not cancellable and conventionally implicated. If Strawson were right that this is Grice forging a new shining tool to crack the crib of reality and fashioning thereby a new shining skid under his metaphysical feet, it would be almost the second use of the tool!  This is an expansion by Grice on the implicaturum of a ‘propositio conditionalis.’ Grice, feeling paradoxical, invites us to suppose a scenario involving ‘if.’ He takes it as a proof that his account of the conversational implicaturum of ‘if’ is, as Strawson did not agree, correct, and that what an utterer explicitly conveys by ‘if p, q’ is ‘p > q.’  that two chess players, Yog and Zog, play 100 games under the following conditions. Yog is white nine of ten times. There are no draws.  And the results are:  Yog, when white, won 80 of 90 games. Yog, when black, won zero of ten games.  This implies that:  8/9 times, if Yog was white, Yog won. 1/2 of the time, if Yog lost, Yog was black.  9/10 that either Yog wasnt white or he won.  From these statements, it might appear one could make these deductions by contraposition and conditional disjunction: If Yog was white, then 1/2 of the time Yog won. 9/10 times, if Yog was white, then he won.  But both propositions are untrue. They contradict the assumption. In fact, they do not provide enough information to use Bayesian reasoning to reach those conclusions. That might be clearer if the propositions had instead been stated differently. When Yog was white, Yog won 8/9 times. No information is given about when Yog was black. When Yog lost, Yog was black 1/2 the time. No information is given about when Yog won. (9/10 times, either Yog was black and won, Yog was black and lost, or Yog was white and won. No information is provided on how the 9/10 is divided among those three situations. The paradox by Grice shows that the exact meaning of statements involving conditionals and probabilities is more complicated than may be obvious on casual examination. Refs.: Grice’s interest with ‘if’ surely started after he carefully read the section on ‘if’ and the horseshoe in Strawson’s Introduction to Logical Theory. He was later to review his attack on Strawson in view of Strawson’s defense in ‘If and the horseshoe.’ The polemic was pretty much solved as a matter of different intuitions: what Grice sees as a conversational implicaturum, Strawson does see as an ‘implicaturum,’ but a non-defeasible onewhat Grice would qualify as ‘conventional.’ Grice leaves room for an implicaturum to be nonconversational and yet nonconventional, but it is not worth trying to fit Strawson’s suggestion in this slot, since Strawson, unlike Grice, has nothing against a convention. Grice was motivated to formulate his ‘paradox,’ seeing that Strawson was saying that the so-called ‘paradoxes’ of ‘entailment’ and ‘implication’ are a momer. “They are not paradoxical; they are false!” Grice has specific essays on both the paradoxes of entailment and the paradoxes of implication-. The H. P. Grice Papers, BANC MSS 90/135c, The University of California, Berkeley.

 

zabarella: zabarella (n. padova), filosofo. Grice: “Zabarella is what I would call a proto-Griceain.” In fact, at Villa Grice, Grice was often called the English Zabarella, after philosopher Jacopo Zabarella, of Padova. Zabarella produces extensive commentaries on Grice’s favourite tract by Aristotle, “De Anima,” and Physica and also discussed some Aristotelian interpreters. However, Zabarella’s most original contribution is his work in semantics, “Opera logica.” Zabarella regards semantics as a preliminary study that provides the tools necessary for philosophical analysis. Two such tools are what Zabarella calls “order” (cf. Grice, ‘be orderly’). Another tool is what Zabarella calls “ method.” Order teaches us how to organize the content of a discipline to apprehend it more easily. Method teaches us how to draw a syllogistic inference. Zabarella reduces the varieties of orders and methods classified by other interpreters to compositive order, and resolutive order, and composite method and and resolutive method. The compositive order from a principle to this or that corollary applies to this or that speculative, alethic or theoretical discipline. The ‘resolutive’ order, from a desired end to the means appropriate to its achievement applies to this or that practical discipline, such as ‘pragmatics’ understood as a manual of rules of etiquette. This much is already in Aristotle. However, Zabarella offers an original analysis of ‘method.’ The compositive method infers a particular consequence or corollary from a ‘generic’ principle. The ‘resolutive’ method INFERS an originating gneric principle from this or that particular consequence, corollary, or instantiantion, as in inductive reasoning or in reasoning from effect to cause. Zabarella’s terminology influenced Galileo’s mechanics, and has been applied to Grice’s inference of the principle of conversational co-operation out from the only evidence which Grice has, which is this or that ‘dyadic’ exchange, as he calls it. In Grice’s case, his corpus is intentionally limited to conversations between two philosophers: A: What’s that? B: A pillar box? A: What colour is it? B: Seems red to me. From such an exchange, Grice infers the principle of conversational co-operation. It clashes when a cancellation (or as Grice prefers, an annulation) is on sight: “I surely don’t mean to imply that it MIGHT actually be red.” “Then why be so guarded? I thought you were cooperating.”H. P. Grice. “We can regard Jacopo as an Aristotelian philosopher who taught at the  of Padua. He wrote extensive commentaries on Aristotle’s Physics and On the Soul and also discussed other interpreters such as Averroes. However, his most original contribution was his work in logic, Opera logica 1578. Zabarella regards logic as a preliminary study that provides the tools necessary for philosophical analysis. Two such tools are order and method: order teaches us how to organize the content of a discipline to apprehend it more easily; method teaches us how to draw syllogistic inferences. Zabarella reduces the varieties of orders and methods classified by other interpreters to compositive and resolutive orders and methods. The compositive order from first principles to their consequences applies to theoretical disciplines. The resolutive order from a desired end to means appropriate to its achievement applies to practical disciplines. This much was already in Aristotle. Zabarella offers an original analysis of method. The compositive method infers particular consequences from general principles. The resolutive method infers originating principles from particular consequences, as in inductive reasoning or in reasoning from effect to cause. It has been suggested that Zabarella’s terminology might have influenced Galileo’s mechanics. Grice liked to recite Zabarella’s works by heart. Opera Logica, Venezia; De methodis; De regressu, Venezia; Tabula logicae, Venezia; In duos Aristotelis libros Posteriores Analyticos commentarii, Venezia; De doctrinae ordine apologia, Venezia; De naturalis scientiae constitutione, Venezia; De rebus naturalibus, Venezia; In libros Aristotelis Physicorum commentarii, Venezia; Opera Physica, Francoforte; De generatione et corruptione et Meteorologica commentarii, Francoforte; In tres libros Aristotelis De anima commentarii, Venezia. Refs.: Luigi Speranza, Notes on I Tatti’s edition of Zabarella, “On methods,” -- H. P. Grice, “Zabarella,” Speranza, “Grice and Zabarella,” Villa Grice.

 

zamboni. Grice: “Not everybody knows his zamboni.” There’s Giorgio Zamboni.

 

zamboni: Essential Italian philosopher. Giovanni Zamboni (n. Verona), filosofo.  Zamboni. Herbert Spencer:  commemorazione e polemica, tip. Garagnani, Bologna,  La filosofia neo-scolastica secondo un professore positivista, Tip. vescovile G. Marchiori,Verona, Il valore scientifico del positivismo di Roberto Ardigò e della sua “conversione”, Verona, La dottrina morale e la psicologia del volere nel testo di etica di un discepolo dell’Ardigò, Società Editrice Veronese, Verona, La gnoseologia dell’atto come fondamento della filosofia dell’essere. Saggio di interpretazione sistematica delle dottrine gnoseologiche di S. Tommaso d’Aquino, Milano, Introduzione al corso di gnoseologia pura, Soc. Ed. Vita e Pensiero (Tip. S. Giuseppe), Milano, L' origine delle idee: breve saggio analitico introspettivo, proposto alla riflessione personale degli studenti... , Società editrice veronese, Verona, Sistema di gnoseologia e di morale: basi teoretiche per esegesi e critica dei classici della filosofia moderna ,Editrice Studium, Roma,Studi esegetici, critici, comparativi sulla «Critica della Ragione pura», La tipografica veronese, Verona,  Metafisica e gnoseologia, Risposta a Mons. Francesco Olgiati, La Tipografica Veronese, Verona, Il realismo critico della gnoseologia pura. Risposta al «Caso Zamboni» (P. A. Gemelli, Mons. F. Olgiati e P. A. Rossi), Verona, Realismo Metafisica Personalità (Rilievi Note Discussioni), La Tipografica Veronese, Verona, 1937. La persona umana. Soggetto autocosciente nell’esperienza integrale. Termine della gnoseologia. Base della metafisica, Verona, Giulietti G., Vita e pensiero, Milano, Precisazioni e complementi ai testi scolastici. 1. La Religione naturale e l’essenza della Religione Cristiana, La tipografica veronese, Verona. La «filosofia dell’esperienza immediata, elementare, integrale» per la completa autoconsapevolezza dello spirito umano, La Tipografica Veronese, Verona, Itinerario filosofico dalla propria coscienza all’esistenza di Dio, La Tipografica Veronese, Verona (parte dell’opera fu pubblicata autonomamente). Teodicea, Rodella A., Vita veronese, Verona, La dottrina della coscienza immediata (struttura funzionale della psiche umana) è la scienza positiva fondamentale, La tipografica veronese, Verona, Dizionario filosofico; introduzione e note di Ferdinando L. Marcolungo, Vita e Pensiero, Milano, Idee e giudizi, Marcolungo F.L., IPL ,Milano, L' io e le nozioni soprasensibili; introdotta da Giovanni Giulietti ; curata da Giovanni Giulietti e Albarosa Vighi Zonzini, IPL, Milano Corso di gnoseologia pura elementare. 1.1, Spazio, tempo, percezione intellettiva; introdotta e curata da Ferdinando L. Marcolungo ; presentazione di Giovanni Giulietti, IPL, Milano, Corso di gnoseologia pura elementare, Idee e giudizi; Ferdinando L. Marcolungo, IPL, Milano,  Corso di gnoseologia pura elementare. L' io e le nozioni soprasensibili; introdotta da Giovanni Giulietti; curata da Giovanni Giulietti e Albarosa Vighi Zonzini, IPL, Milano,  Giuseppe Zamboni : autobiografia di una personalità integrale, Serio De Guidi,Archivio storico Curia diocesana, Verona, Studi sulla Critica della ragione pura; Ferdinando Luigi Marcolungo, QuiEdit,Verona, . Sistema di gnoseologia e di morale; Ferdinando Luigi Marcolungo, QuiEdit, Verona, . Refs.: H. P. Grice, “Gnoseologia,” The Grice Papers, BANC MSS 90/135c, Bancroft, University of California, Berkeley.

 

zanini: Essential Italian philosopher. Grice: “There are some resemblances between what Zanini intelligently calls “the rhetorics, sic in plural, of truth, and my idea of theoretical argument as a sort of deep down practical argument.” Adelino Zanini (Legnago), filosofo. Laureato in filosofia all'Padova con Umberto Curi, è stato borsista presso la Fondazione L. Einaudi di Torino, ove ha studiato con Siro Lombardini. È professore di Filosofia politica e di Etica economica presso l'Università Politecnica delle Marche. I suoi studi sono indirizzati, in particolare, al rapporto tra pensiero politico e scienza economica tra 1700 e secondo '900. È tra i principali interpreti italiani del pensiero di Adam Smith e di Joseph Schumpeter.  Opere principali Filosofie del soggetto. Soggettività e costituzione, Ila Palma, Palermo, Keynes: una provocazione metodologica, Bertani, Verona, Schumpeter impolitico, Istituto della Enciclopedia ItalianaTreccani, Roma Il moderno come residuo. Dieci lemmi, Pellicani, Roma 1989; Genesi imperfetta. Il governo delle passioni in Adam Smith, Giappichelli, Torino, Modernità e nomadismo, Calusca, Padova; Adam Smith. Economia, morale, diritto, B. Mondadori, Milano (II edizione, Liberilibri, Macerata, ). Macchine di pensiero. Schumpeter, Keynes, Marx, Ombre corte, Verona; oseph A. Schumpeter, B. Mondadori, Milano, Lessico postfordista, (cura con U. Fadini), Feltrinelli, Milano Retoriche della verità. Stupore ed evento, Mimesis Edizioni, Milano Filosofia economica. Fondamenti economici e categorie politiche, Bollati-Boringhieri, Torino(tr. ingl., Peter Lang, Oxford); L'ordine del discorso economico. Linguaggio delle ricchezze e pratiche di governo in Michel Foucault, Ombre corte, Verona . Principi e forme delle scienze sociali. Cinque studi su Schumpeter, Il Mulino, Bologna .  A. Graziano, Adam Smith ou les passions de l'homme moderne. Sur deux ouvrages de Adelino Zanini, “Critique”, A. Negri, Una traccia per gli anni settanta, “Belfagor”, E. Garin, L'etica della simpatia, “L'indice”, A. Salanti, L'economia politica come critica della società (capitalistica): note sparse a Adelino Zanini, Filosofia Economia. Fondamenti economici e categorie politiche, “Quaderni del Dipartimento di Ingegneria gestionale”,  Università degli studi di Bergamo. S. Caruso, Alla ricerca della filosofia economica, “Storia del pensiero economico”,  Fumagalli, Sfera politica e sfera economica: un difficile rapporto. A proposito di "Filosofia economica" di Adelino Zanini, “Economia politica”,  Opere di Adelino Zanini, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di Adelino Zanini, .  Registrazioni di Adelino Zanini, su RadioRadicale.it, Radio Radicale.  Pagina docente nel sito dell'Università Politecnica delle Marche, su univpm.it. Adelino Zanini in SWIFSito web italiano per la filosofia, su swif.uniba.it.  l'8 gennaio  (archiviato dall'url originale l'8 gennaio ). Intervista ad Adelino Zanini su J.A. Schumpeter. Video Mediaset, su video.mediaset.it. Legnago. Refs.: Luigi Speranza, “Grice and Zanini: the rhetorics of truth,” The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia; H. P. Grice, “Zanini,” The Grice Papers, BANC MSS 90/135c, University of California, Berkeley.

 

zanotti: zanotti (n. bologna), filosofo. Della forza dei corpi che chiamiamo viva; Filosofia morale; De viribus centralibus, Bononiae, Lelio dalla Volpe; Ragionamento sopra la filosofia; Paradossi; Epistolario. Refs.: H. P. Grice, “Zanotti and me,” The Grice Papers, BANC MSS 90/135c, The Bancroft Library, The University of California, Berkeley.

 

zimara: Essential Italian philosopher. Grice: “Zimara shows that Aristotle was popular not just in Oxford!” -- zimara (n. Galatina), filosofo. Marcantonio o Marco Antonio Zimara o Zimarra (San Pietro in Galatina, filosofo. Marcantonio o Marco Antonio Zimara, si laureò in medicina e filosofia all'Padova e vi insegnò. Sindaco di Galatina,  si recò a Napoli per difendere la città dai soprusi dei Duchi Castriota.. Insegnò filosofia a Salerno con la stesura di una guida alle opere di Aristotele. Curò la pubblicazione di alcune opere del grande filosofo tedesco e dottore della Chiesa Alberto Magno e di Giovanni di Jandun   Dizionario di filosofia, riferimenti in .  Vedi Delio Cantimori in Enciclopedia Italiana, riferimenti in .  Opere : Zimara Marcantonio, Questio de primo cognito, Papie, Iacob de Burgofranco impresse, Studi  Galatinesi illustri, Guida Biografica, TorGraf Galatina, Galatina 1998. Altri progetti Collabora a Wikisource Wikisource contiene una pagina dedicata a Marcantonio Zimara  Marcantonio Zimara, su Treccani.itEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  Marcantonio Zimara, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Opere di Marcantonio Zimara, .  Zimara, Marco Antonio, in Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Grice: “It’s amazing how much Zimara loved Aristotle.”Refs.: H. P. Grice, The Grice Papers, BANC MSS 90/135c.

 

zini : zini (n. Firenze), filosofo. Proprietà individuale o proprietà collettiva?, Torino, Fratelli Bocca; Il pentimento e la morale ascetica, Torino, Bocca; Giustizia: storia d'una idea, Torino, F.lli Bocca  -- cf. Grice, “Justice in Plato’s Republic,” “Social justice,” The Grice Papers; La morale al bivio, Torino, Fratelli Bocca; La doppia maschera dell'universo: filosofia del tempo e dello spazio, Torino, Fratelli Bocca; Il congresso dei morti, Roma, Libreria editrice del Partito comunista d'Italia, ed. con introduzione di Giancarlo Bergami e prefazione di Nerio Nesi, Calabritto, Mattia&Fortunato; Poesia e verità, Milano, Corbaccio, I fratelli nemici: dialoghi e miti moderni, Torino, Einaudi; La tragedia del proletariato in Italia: diario, Prefazione di Giancarlo Bergami, Milano, Feltrinelli; Appunti di vita torinese, Firenze, Olschki  Pagine di vita torinese: note del diario, Torino, Centro studi piemontesi. Grice enjoyed Zini’s approach. “His essay on justice is divided into six parts. The first is ‘the real and the ideal” (‘il relae e l’ideale”); the second is “La giustizia come idea ed emozione” (Fairness as idea and as emotion), the first is “I fruit del lavoro e la loro distribuzione scondo giustizia” (The fruits of labour and their distribution according to fairness”), the fourth is “Libertà od egualiglianza,”Grice: “Note the ‘od,’ which need not be exclusive.”The fifth is “Analisis del merito,” an analysis of merit, and the last is “La pena riparatrice”the punishment that teaches.”Grice: “In liberty or freedom versus equality, Zini approaches the Roman attitude, rather brusque to those Anglo-Saxon attitudes!” -- Refs.: H. P. Grice, “Justice from Plato to Zini: the history of an idea, alla Berlin,” Luigi Speranza, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia, The Grice Papers, BANC MSS 90/135c, The Bancroft Library, The University of California, Berkeley.

 

zolla: Essential Italian philosopher. zolla è un filosofo italiano. Etica e estetica, Spaziani, Torino Eclissi dell'intellettuale, Bompiani, Milano Volgarità e dolore, Bompiani, Milano Le origini del trascendentalismo, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma Storia del fantasticare, Bompiani, Milano Le potenze dell'anima: morfologia dello spirito nella storia della cultura, anatomia dell'uomo spirituale, Bompiani, Milano I letterati e lo sciamano, Bompiani, Milano Che cos'è la tradizione? Bompiani, Milano Le meraviglie della natura: introduzione all'alchimia, Bompiani, Milano Archetipi, Marsilio, Venezia L'androgino: l'umana nostalgia dell'interezza, Red, Como Incontro con l'androgino: l'esperienza della completezza sessuale, Como Aure: i luoghi e i riti, Marsilio, Venezia L'amante invisibile: l'erotica sciamanica nelle religioni, nella letteratura e nella legittimazione politica, Marsilio, Venezia Il sincretismo, Guida, Napoli Verità segrete esposte in evidenza: sincretismo e fantasia, contemplazione e esotericità, Marsilio, Venezia Tre discorsi metafisici, Guida, Napoli Uscite dal mondo, Adelphi, Milano La luce. La ricerca del sacro, Tallone, Alpignano Ioan Petru Culianu, Tallone, Alpignano Lo stupore infantile, Adelphi, Milano Le tre vie, Adelphi, Milano Un destino itinerante: conversazioni tra Oriente e Occidente con Doriano Fasoli, Marsilio, Venezia La nube del telaio: Ragione e irrazionalità tra Oriente e Occidente, Arnoldo Mondadori Editore, Milano La filosofia perenne. L'incontro fra le tradizioni d'Oriente e d'Occidente, Mondadori, Milano Catabasi e Anastasi, Tallone, Alpignano Discesa all'Ade e resurrezione, Adelphi, Milano Minuetto all'inferno, Einaudi, Torino Cecilia o la disattenzione, Garzanti, Milano I moralisti moderni, Garzanti, Milano (con Alberto Moravia) Saggi, Bompiani, Milano La psicanalisi, Garzanti, Milano Emily Dickinson, Selected Poems and Letters, Mursia, Milano Il Marchese de Sade, Le opere. Scelte e presentate da Elémire Zolla, Longanesi & C., Milano I mistici, Garzanti, Milano Herman Melville, Clarel, Einaudi, Torino; nuova ed. Adelphi, Milano Nathaniel Hawthorne, Settimio Felton o l'elisir di lunga vita, Neri Pozza, Vicenza 1966; poi Garzanti, Milano Il superuomo e i suoi simboli nelle letterature moderne, La Nuova Italia, Firenze Pavel Florenskij, Le porte regali. Saggio sull'icona, Adelphi, Milano Novecento: Lucarini, Roma L'esotismo nella letteratura, La Nuova Italia L'esotismo nelle letterature moderne, Liguori, Napoli Il dio dell'ebbrezza: antologia dei moderni dionisiaci, Einaudi, Torino Conoscenza religiosa, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma Gli arcani del potere: elzeviri, Rizzoli, Milano 2009 Gli usi dell'immaginazione e il declino dell’Occidente, A.I.R.E.Z., Montepulciano Filosofia perenne e mente naturale, Venezia Il serpente di bronzo. Scritti antesignani di critica sociale, Venezia Civiltà indigene, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma Archetipi. Aure. Verità segrete. Dioniso errante. Tutto ciò che conosciamo ignorandolo, Marsilio, Venezia  (contiene Archetipi, Aure e Verità segrete esposte in evidenza, e l'introduzione all'antologia Il dio dell'ebbrezza) Le tre vie. Soluzioni sovrumane, Grazia Marchianò, Marsilio, Venezia. Refs.: H. P. Grice, The Grice Papers, BANC MSS 90/135c, The Bancroft Library, The University of California, Berkeley.

 

zorzi: Essential Italian philosopher. Grice: “For some reason, in the Veneto area, they cannot pronounce the /dg/, which becomes /z./ as everyone who is familiar with Giorgoneas used by Quine, would know! –“ zorzi (n. ) è un filosofo.  L'armonia del mondo, S. Campanini, "Il Pensiero Occidentale", Bompiani, Milano De harmonia mundi, pref. C. Vasoli, Lavis-Firenze, La Finestra editrice-Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. L'Elegante Poema & Commento sopra il Poema, J.-F. Maillard, ArchéEdidit, MilanoParis. S. Onda, Le vicende costruttive della chiesa e del convento. Il progetto di Jacopo Sansovino e il «memoriale» di Francesco Zorzi; Le teorie ermetiche di frate Zorzi, in La chiesa di San Francesco della Vigna e il convento dei Frati Minori, Venezia (Edizione a cura della Parrocchia di San Francesco della Vigna), Venezia; Saverio Campanini, Zorzi's Criticism of the Vulgata: Hebraica Veritas or Mendosa Traductio? in G. Busi (ed.), Hebrew to Latin, Latin to Hebrew. The Mirroring of Two Cultures in the Age of Humanism, Berlin Studies in Judaism 1, N. Aragno Editore, Torino; Saverio Campanini, Ein unbekannter Kommentar zum „Hohelied“ aus der kabbalistischen Schule von Francesco Zorzi: Edition und Kommentar, in G. FrankA. HallackerS. Lalla (edd.), Erzählende Vernunft, Akademie Verlag, Berlin, Saverio Campanini, Le fonti ebraiche del De Harmonia mundi di Francesco Zorzi, in «Annali di Ca' Foscari»; G. Busi, Francesco Zorzi. A Methodical Dreamer, in The Christian Kabbalah. Jewish Mystical Books and their Christian Interpreters, ed. J. Dan, Harvard. S. Campanini, Haophan betoc haophan. La struttura simbolica del De Harmonia mundi di Francesco Zorzi, in «Materia Giudaica». Alfonso Vesentini Argento. Il cardinale e l'architetto. Girolamo Aleandro e il rinascimento adriatico veneziano. Apostrofo edizioni-Pieve San Giacomo-Cremona; S. Campanini, Ein christlicher Kabbalist liest Ficino: Francesco Zorzi, in J. Eming und M. Dallapiazza unter Mitarbeit von F. Quenstedt und T. Renz, Marsilio Ficino in Deutschland und Italien. Renaissance-Magie zwischen Wissenschaft und Literatur, Harrassowitz Verlag, Wiesbaden. Refs.: H. P. Grice, The Grice Papers, BANC MSS 90/135c, The Bancroft Library, The University of California, Berkeley.

 

zucca: zucca (n. Villaurbana), filosofo. Grice: “I like his surname. Mine means ‘pig.’ His means ‘punpkin.’!” --. L'uomo e l'infinito, Imola, Tipografia sociale; Il lamento del genio, parodia, Sassari, Gallizzi; Dopo il dolore, canto, Chiari, Rivetti; Il grande enigma, Modena, Formiggini; Le lotte dell'individuo, “Rivista di Filosofia”: Le lotte dell'individuo, Modena, Formiggini; Essere e non essere, “Rivista di Filosofia”; Essere e non essere, Roma, Formiggini; Pensieri, “Rivista sarda; Leggenda e realtà, “Rivista sarda”, “Ardigò e il vescovo di Mantova (un'intervista nel sogno), Roma, Rivista sarda; “Ardigò e il vescovo di Mantova (un'intervista nel sogno),’ Roma, Ferri; Un filosofo di un filosofo, “Mediterranea”;  I rapporti fra l'individuo e l'universo, Padova, Cedam. Refs.: H. P. Grice, The Grice Papers, BANC, MSS The Bancroft Library, The University of California, Berkeley.

 

zuccarelli: Grice: “Not really a philosopher, but someone involved in the death of one!” “Nonostante i dubbi, la questione venne ben presto chiusa; secondo l'incaricato Zuccarelli, era plausibile che quelli fossero parte dei resti di Leopardi. Il medico parla esplicitamente di aver rinvenuto una parte di rachide e una di sterno entrambe deviate.”

 

zubiena: Grice: “I would call him the Italian Parkinson – Like G. W. H. Parkinson, he edited a volume on ‘semantics’, and I would also call him the Italiaann A. G. N. Flew. Like Flew he edited a volume on “Langauge and philosophy.”” enrico castelli gattinara di zubiena (n. Torino), filosofo. Professore a Roma. Ha fondato l'Archivio di Filosofia e ha organizzato i "Colloqui Castelli"—Grice: “He should have called them Zubiana”) incontri che riuniscono filosofi per discutere temi di filosofia della religione, Vicina all'esistenzialismo, la sua opera, partita da posizioni spiritualiste, si caratterizza per uno stile filosofico dal tratto autobiografico. Si è interessato di temi legati al rapporto tra ragione, arte e religione; e ha introdotto il dibattito sulla demitizzazione. Nel suo pensiero convergono suggestioni tratte da Agostino, Kierkegaard, Lev Isaakovič Šestov, Heidegger, in una ricerca volta a delineare una teologia della storia sulla base della considerazione del tema del peccato originale. Nei Colloqui, nati dall'intento di contribuire ad una rinascita culturale dell'Europa, convennero in Italia personalità di rilievo della scena filosofica religiosa, teologica, ontologica, fenomenologica ed ermeneutica. Vi fecero la loro comparsa Gouhier, Breton, Brun, Bruaire, Tilliette, Lacan, Ricœur, Lévinas, Ellul, Argan, Starobinski, Benveniste, Eco, Scholem, Vahanian, Giannini. Ha preso il suo posto, come organizzatore dei Colloqui e direttore dell'Archivio di Filosofia, Marco Maria Olivetti. Panikkar fu suo grande amico e collaboratore.  Principali pubblicazioni; Il tempo esaurito, Ed. della Bussola, Roma, 1947. Existentialisme théologique, Herman & Co., Paris 1948. I presupposti di una teologia della storia, Cedam, Padova 1952. Il demoniaco nell'arte, Electa, Milano, 1952; rist. Bollati Borighieri, Torino 2007. Pensieri e giornate, Cedam, Padova, 1963. Simboli e Immagini, Edizioni Rinascimento, Roma, 1966. I presupposti di una teologia della storia, Cedam, Padova 1968. Il tempo invertebrato, Cedam, Padova 1969. I paradossi del senso comune, Cedam, Padova, La critica della demitizzazione, Cedam, Padova, Il tempo inqualificabile, Cedam, Padova, Diari, Cedam, Biblioteca dell'Archivio di Filosofia, Padova,  sul pensiero filosofico di Castelli Marco Maria Olivetti, Enrico Castelli in E. CORETHW.M. NEIDLG. PFLIGERDORFFER , La filosofia cristiana nei secoli XIX e XX, Edizione italiana G. Mura e G. Penzo, Città Nuova, Roma, Pietro Prini, L'esistenzialismo teologico di Enrico Castelli, in Pietro Prini, La filosofia cattolica italiana del Novecento, Laterza, Roma-Bari, Enciclopedia Treccani  SapienzaRoma, su archivio.uniroma1.it. Filosofia della religione Esistenzialismo Teologia razionale  Istituzioni collegate, su filosofia.uniroma1.it. Archivio di filosofia, su libraweb.net. Livio Sichirollo, «CASTELLI GATTINARA di Zubiena, Enrico» in Enciclopedia Italiana, Appendice, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Enrico Castelli, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana. Opere di Enrico Castelli. Refs.: Luigi Speranza: “Grice, Flew, Parkinson, and Zubiena,” The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria.

FINE

Dedicated to A. M. G. Grice loved Italian philosophy, and Oxford philosophy! Because he loved Roman philosophy. There are many keys to the classical Roman philosophical tradition, which later becomes the Italian philosophical influence (e. g. Boethius, or Boezio, as the Italians call him)  in the oeuvre of H. P. Grice. Most manuals about this philosopherGrice, that is, not Boezio--  lack alas the required expertise on Roman and Italian philosophywith which Grice was so well acquainted with since his days at Clifton and later at Corpus for his Lit. Hum. The following thesaurus is meant to fill that gap. More than a dictionary this is what Roger Bacon would call an abecedarium philosophicumabecedarium griceianum, if you want. There are no proper names in this alphabetum, so you won’t find an entry for Grice, but one for Griceian.  Luigi Speranza, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.  Dedicated to A. M. G. A: SUBJECT INDEX: ABDICATVMABSOLVTVMACTUM -- ANIMA -- A: NAME INDEX: FILOSOFO ITALIANO: ABANOABBÀ -- ABBAGNANOABBRIACCARSIACCETTOACHILLINI -- ACITOACONZIO -- ACQUASPARTA -- ACQUISTOD’ -- ACRI -- ADDIEGO-D’ADORNOAGAMBEN -- AGAZZI-Em -- AGAZZI-EvAGOSTINO -- AGOSTINO-D’AGRESTA -- AGRIGENTOAJELLO—ALBERGANO -- ALBERTIALBERTIALBERTINIALDEROTTIALEMANNOALFIERI -- ALFONSO-D’ -- ALGAROTTIALICI -- ALIGHIERI  -- ALIOTTAALLEGRETTIALLIEVO -- ALLMEYER-FAZIO -- ALTAN-TullioAMADUZZIAMANTEA -- AMBROGIO  -- AMBROSOLINIAMERIOAMIDEIAMUCOANCESCHIANDINA -- ANDREA-D’ANDRIAANGELIANGIULLI -- ANNUNZIO-D’ANTISERIANTONI -- ANTONINI -- AOSTAAPPOLINARE -- AQUINO ARCAIS ARANGIO ARCAISARCHIBUGIARCHIDIACONO -- ARCO-L’ -- ARDIGÒ ARE ARENA -- ARIMINO-Grego DaARMETTAARRIGHETIASSUNTOASTORINIAURELIO -- AURELIO-- AUSTINJLAZEGLIOAZULAI -- NAME INDEX: ENGLISH: -- AARON -- ACKRILL (Grice’s tutee at St. John’s)AELFRIC -- AUSTIN (collaborator with H. P. Grice) -- AYER (Anglo-Jewish)  B: SUBJECT INDEX: BULETIC -- B: NAME INDEX: -- FILOSOFO ITALIANO: BACCHINBACCIBADALONIBAFFABAGLIETTOBALBOBALDINIBALDINOTTIBALDUINOBANFIBARATONOBARBABARBAROBARCELLONABARIEBARICELLIBARLAAMBARONCELLI -- BARONE-F -- BARONE-GBARSIO BARTOLI BARZAGHIBARZELLOTTIBATTAGLIABAUSOLABAZZANELLABECCARIABECCHIBEDESCHIBELLEOBEDONIBELLONIBELLUTOBENARDIBENCIVENGA -- BENE-BENEDETTOBENINCASABENVENUTOBENVENUTTIBERNARDIBERNARDO -- BERNERIBERTIBERTINARIABERTOBIANCOBOBBIOBOCCADIFERRO -- BOCCANEGRABOCCHI -- BODEIBOELLA -- BOEZIOBOLANOBONATELLIBONAVINOBONCINELLIBONIOLOBONOMIBONOMOBONTADINIBONTEMPELLIBONVECCHIObordon (scaligero) -- BORELLI-D -- BORRELI-PBORSABOTEROBOTTABOTTIROLLI BOTTONI -- BOVIO -- BOZZELLI -- BOZZETTIBRANCIFORTE -- BRANDALISEBRECCIABRESSANI -- BRUNETTO LATINIBRUNI -- BRUNOBUONAFEDE -- BUONAMICIBUONARROTIBUONASANTIBUONSANTOBURGIOBURTIGLIONEB: NAME INDEX: ENGLISHBACON-R BACON-F BOSTOCK (Grice’s tutee at St. John’s)BRADLEYBRAITHWAITEBROAD C: SUBJECT INDEX: CONCEPTVS -- C: NAME INDEX: ITALIANOCABEO -- CACCIARI  -- CACCIATORECAFFARELLICAFFICAFFOCALBOLI-PaulucciDiCalboli -- CALDERONICALOGEROCALOPRESECAMBRIACAMILLACAMMARATACAMPA-RCAMPA-RCAMPAILLA -- CAMPANELLACANTONICAPITINICAPIZZICAPOCASALECAPOCCI  -- CAPOGRASSICAPORALICAPPELLETTICAPRACAPUA-DiCARABELLESECARACCIOLOCARAMELLACARAMELLOCARANDOCARAVITA --  CARBONARACARBONECARBONICARCANOCARCHIACARDANOCARDIACARDONECARIFICARLECARLINICARO-DeCARRAVETTACARULLICASALE—GiovanniDaCASALEGNOCASANOVACASATICASINICASOTTI -- CASTELLI -- CASSIODOROCASTRUCCICATALFANOCATARA-LetieriCATENACATTANEO-CCATTANEO-MCATTANI-DaDiacetoCATUCCICAVALCANTICAVALIERICAVALLOCAZZANIGACECCATOCEDRONICELLUCCICENTICENTOFANTICEREBOTANICERETTICERONETTICERRONICERTANICERUTICERUTTICERVICESACESARINI-SforzaCESENA-MicheleDaCHERCHICHIAPPELLICHIAROMONTECHIAVACCI -- CHIOCCHETTICHIODICHITTI -- CICERONECILIBERTOCINATTICIONECOCOCODRONCHICOLAZZACOLECCHICOLLETTICOLLICOLLINI-CosimoCOLOMBECOLOMBO -- COLONNACOLONNELLOCOLORNICONTECONTESTABILESchinella-Conti, Antonio -- CONTI-AngeloCONTI-AugustoCONTRICORBELLINICORDESCHICORLEOCORNELIOCORRADOCORSINICORTESECORVAGLIACOSICOSMACINICOSIMO-Collini?COSMI-DeCOSSOTTINICOSTACOSTA-IICOSTANZI -- COTTRONEOCOTTACREDARO -- CREMONINICRESPICRESPO -- CROCECURCIO-CorradoCURICUSANICUTELLIC: NAME INDEX: ENGLISHCOLLINGWOOD D: SUBJECT INDEX: DEMONSTRATUM -- D: NAME INDEXITALIANDalmassoDandoloDaniele -- Annunzio/AnnunziDatiDelficoMDelfinoFedericoDeliaDelminioDeloguDemariaDemetrioDesideriDianoDionDionigiDisertoriDodaroDomaninDonàDonatelliDonatiDondiDorflesDoriaDottarelliDuniDusoD: NAME INDEX: ENGLISH: DUMMETT E: SUBJECT INDEX: EXPLICATVM -- E: NAME INDEX: ITALIAN: -- ECOENESIDEMO -- EMILIANIEMOENRIQUESENTREVESA ENZO EPICOCO -- EPITTETOERCOLE-D’ESPOSITO -- EVOLAE: NAME INDEX: ENGLISH. F: SUBJECT INDEX -- F: NAME INDEXITALIANO -- FABRIFABROFAGGINFALCIGLIA-DaSaleniGFALLARMONICA -- FALZEAFANO -- FARDELLA –-- FASSOFAZIO -- FAZZINIFELICEFERDINANDOFiorettiFERGNANIFernando (Epifanio) -- FERRABINOFERRANDO -- FERRARIFERRARIFERRARISFERRARIS-DeFERRETTIFERRI --  FICINOFIDANZAFIGLIUCCIFILANGIERI –– FILLIPIS-DeFINESCHI -- FIOREFIORMONTEFIORENTINOFIORETTIFISICHELLAFLORIDIFonnesuForneroForlìJacopoDaFormaggioFornariFracastoroFrancescoDiFranchiniFranciFrancia(ToraldodiFrancia) -- FranziniFrixioneFrontinoFrosiniFusaroFuschi -- F: NAME INDEXENGLISHMEN: FLEWG: SUBJECT INDEX: GOAL-ORIENTED BEHAVIOURGRAMMARGESTUREGUSTUMGUSTATUM -- G: NAME INDEX: FILOSOFO ITALIANO:GaetaniGagliardiGaleffiGalianiGalileiGalimbertiGalliGalloGalliGalloGalluppiGalvanoGangaleGarboDinoDelGarganiGarinGarroniEmilioGarroniStefanoGattiGelliGemmisDeGenoveseGenovesiGentile -- GentileGentileMarinoGentiliGerratanaGeymonatGhezziGhisleriGiacchéGiacomoGiacomoDiGiandomenicoDiGiamettaGiamnettiGianiNGianiRGiannantoniGiannettoGiannoneGiobertiGioiaGiorelloGiorgiGiorgiDePiierPaoloGiorgiDeRaffaeleGiovanniDeBiagioGiraldiGirardiGirgentiGirottiGiudiceGiudiceDelGiudiceLo --  Giuliano (imperatore) --  GiussaniGiussoGivoneGobettiGobboGonnellaGorettiGoriGramsciGrandiGrassiErnestoGrassiLGrataroliGraziaDe -- Gregorio-da-RiminiGregorioIlGrandeGregory -- Grice, H. P.GrifferoGrimaldiCGrimaldiDGrimaldiFGruppiGuastelaGuicciardiniGiuducciGuzziGuzzo G: NAME INDEX: ENGLISHMEN (Oxonian tutors)GARDINERGRICEH: -- PHILOSOPHICAL SUBJECT INDEX: HABITVSHERMENEUTICHOC -- H: NAME INDEXITALIANFILOSOFO ITALIANO -- DON’T EXPECT AN ITALIAN PHILOSOPHER HERE: but you’ll find one: Hoesle.- Hampshire, S. N.-- Hare, R. M. -- Hart, H. L. A. -- Hillel ben SamuelHösle -- H: NAME INDEXENGLISHMEN (Oxonian philosophy dons) male ENGLISH OXONIAN PHILOSOPHERHALESOWENHAMPSHIREHARE -- HARTI: PHILOSOPIHCAL SUBJECT INDEX: IN-, philosophical prefix. Notably in “in plicaturum.” Antonym: ex-; INTER-, philosophical prefixIUSthe basis for all philosophy of right, or philosophical jurisprudence -- I: NAME INDEXFILOSOFO ITALIANO: IaconoIlluminatiIncardonaInfantino -- IorioD’I: NAME INDEXmale ENGLISH OXONIAN PHILOSOPHERJ: PHILOSOPHICAL SUBJECT INDEXNone: because all “J” words in Italian came from “I” words in Roman, as in ius, etc. J: NAME INDEX: FILOSOFO ITALIANO: jadelli -- JajaJammelli  JerocadesJervolinoJavèlliJoriJuliaJuvaltaJ: NAME INDEX: ENGLISHMEN (Oxonian tutors) male ENGLISH OXONIAN PHILOSOPHER.Other (provided cited by Grice or Speranza): Jevons, Johnson. k: PHILOSOPHICAL SUBJECT INDEXSperanza: “I cannot find any pedigreed Roman vocabulary with ‘k’ since this is barbaric!” -- K: NAME INDEX: FILOSOFO ITALIANO (none!) -- K: NAME INDEX: ENGLISHMEN (Oxonian philosophy dons)maleENGLISHOXONIANPHILOSOPHER:Kneale.Other(eithercitedbyGriceorSperanza):Kneale KNEAL L: PHILOSOPHICAL SUBJECT INDEX -- L: NAME INDEXLIGATUMLEXLECTUMLEKTONLOGOSLIBER -- FILOSOFO ITALIANOLabriolaLagallaLallaDeLamannaLamiLampronti -- Landi (Rossi-Landi)LandinoLanducci -- Lanza(vVasto) –– Latini -- LazzarelliLecaldanoLeonLeoniLeonicoLeopardiGLeopardiMLevi –Lettieri --  LetieriLiberatoreLiceti  LiguoriDeLillaLiviLimentaniLimoneLodoviciLodovici --  LombardiLombardiaLombardoLonganoLosanoLosurdoLottieriLucaLucrezioLuporiniLuzzagoLuzzattoL: NAME INDEXENGLISHMEN (Oxonian philosophy dons)male ENGLISH OXONIAN PHILOSOPHER: LOCKE M: SUBJECT INDEX: MATERIAMATERIALISMUS -- MENS -- MENTATUMMENTALISMENTITUMMENTITURAMENTATURAMENTATURUMMOS -- M: NAME INDEXITALIAN: MachiavelliMaderaMaffetoneMagalottiMaggiMagiMagnaniMagniMainardini -- MaistreMalatestaMalfitanoMalipiero -- Mamiani (Rovere) -- Mamini (v. Rovere)ManciniMangioneManfrediManiconeManneliMantovaniMarassiMarcaMarcaFrancDellaMarchesiniGMarchesiniRMarchettMarchiMarchiDeMarconiMarianoMarinMarlianiMarottaMarramaoMarsiliMarsilioMarsilioPadovaMartelliMartinettiMartiniMartinoMartinoDeMarzanoMasciMasiMassarentiMastriMassoloMastrofiniMasulloMatassiMateraAlanoDa --Mathieu --– MaturiMauriziMazzantiniMazzarellaMazzeiMazziniMazzoniMedigoEliaDelMeisDeMelandriMelchiorreMelliMercurialeMerkerMessereMicaloriMiccoliMiccolisMichelstaedterMieliMiglioMiragliaMisefariModioMoisoMoleschottMondinMondolfo (his son is a brilliant architect)MontaniMonteDelMontefoschi –MontinariMonti-MontiMoramarcoMoraviaMordacciMordecaiMorelliMorettiG– Mori -- MoriggiMoscaMottaDellaAvogadroMotterliniMusattiMustè -- M: NAME INDEXENGLISHMEN (Oxonian philosophy dons) N: SUBJECT INDEX: NATURANATURALISMNOTUM -- N: NAME INDEX: ITALIAN: Nannini –– NardiNatoliNegri– NeriNesiNicolettiNifoNizolioNoce --   NolaNorciaNotoNovaro -- Nowell-SmithH. (vide under “Smith”) -- N: NAME INDEX: ENGLISHMEN (Oxonian philosophy dons)NOWELL-SMITH O: SUBJECT INDEX: OB- prefix, OB-JAECTUM. “ALS OB”“OB” cognate with “IF”“OTHER” “OR”Italian “O,” “OD” “OVVERO.” -- O: NAME INDEX: ITALIAN  -- OconeOddiOffrediOlgiatiOlivettiOliviOpocherOrdineOrestanoOrioli –Ornato –OrsiD’OrtesOtrantoNicolaDiOttavianoO: NAME INDEXENGLISHMEN (Oxonian philosophy dons) P: SUBJECT INDEX: prae-, prefix (antonym: post-), pro- (antonym: retro-), prefix, post- prefix,  PRAEDICATVM -- PERSONPOSSE -- PROBABILITYPROPOSITVM -- P: NAME INDEX: ITALIAN: PacePacePaciPadovaMarsilioDaPadovaniPaganiPaganiniPaganoPaggiPagliaroPalazzaniPanellaPanunzioSergioPanunzioSilvano --– Paolino -- PapiParaviaParetoPareysonParinettoParrasioParriniPascoliPasser-RadicatiDiPasser -- PasseriPasiniPasqualinoPasqualottoPassavantiPasseriPasseriniPastorePatriziPeano -- Pears, D. F.PecoraroPelacaniAntonioPelacaniBagioPellegriniPennisiPeraPeregalliPergolaPaoloDellaPerniolaPeronePersioPessinaPetrarcaPetronePezzarossaPezzellaPianaPiccolominiPicoPicoPieralisiPievaniPigliaruPigliucciPiovaniPirandelloPirroPitagora (Crotone)PizziPizzornoPlebePoggiPojeroGiusAmatoPoliPoliteoPollastriPomisPomponazziPontara -- Ponte (DaPonte)Ponzio -- PonzioPortaPorzioPorzioPortaDella –PossentiPozzaDallaPozzo --- PraDalPrepostinoPrestipinoPretiPrevePriniProdiProsperoPucciPuccinotti PunzoPurgottiP: NAME INDEX: ENGLISH: PEARS (Grice’s collaborator) Q: SUBJECT INDEX: QUIDDITAS, QV- Grice’s term for an x-question.the interrogative nature obvious in ‘quale’ and ‘quantum.’  Q: NAME INDEX: ITALIAN: -- Quarta -- Quattromani -- Quinto -- Q: NAME INDEX: ENGLISH: QUINTON (Grice’s collaborator) R: SUBJECT INDEX: radix, ratio, res. R: NAME INDEX ITALIAN: RaguseRaimondiRaioRealeReggioReghiniReginaRenierRensiRestaRestainoRicasoliRietaMosèbI -- Da RignanoRicordiRighettiRignanoRigobelloRiminiGregorioDaRinaldiniRiondatoRipaGiovanniDaRiversoRoccoRodanoRomagnosiRomanoBrunoRomanoJudahbMRomanoEgidioRoncagliaRonchiRoccoRosattiRoselliRosminiRosselliCRosselliNRossettiRossiARossiFrancescodellaMarca -- RossiMRossiP –RossoRotaRotondiRovattiRovattiRovellaRovereRucellaiRuffoloRuggieroDeRuscaRusconiRutaR: NAME INDEX: ENGLISH: RYLE S: SUBJECT INDEX: sub-, prefx. As in substance, substratum. SIGNUM, SIGNATUMSIGNATURASEMEIONSOMA-SEMASPIRITUSSPERANZASPEMESPERATUMSTRAWSONISE -- S: NAME INDEX ITALIAN:  SacchiSacheliSaittaSalutatiSamuel -- SanctisSanseverinoSantilliSantorioSantucciSanzoSarloDeSarnoSarpi -- SassoSavaScalaScalfari -– ScaranoScaravelliScarpelliSciaccaGSciaccaMSchinellaScupoliSelvatico-Estense -- SemerariSemmolaSenofane -- Senone (Velia)SerraSettaraSeverino -- Sforza-CesariniSforzaSgalambroSicilianiSignaBoncompagnoSimioniSimoneSimoniSiniSiracusaAlcaldinoSirenioSoaveSolariSoleriSomenziSordiSerfainoSoriaDeSorrentinoSotione -- Sozzini -- SpadaroSpartiSpaventaSpedalieriSperanzaSperanza, UgoSperanza, AlessandroSperanza, EttoreSperanza, GianniSperanza, PaolaSperanza, Anna-MariaSperanza-GhersiSperanza -- SperoniSpinelliFSpinelliTSpiritoSpisaniSraffa -- StabileStefaniniStellaStelliniSterlichSteuco -- StrawsonF.—Strozzi -- Szecchi -- S: NAME INDEX ENGLISH: SIBLEY -- STRAWSON -- T: SUBJECT INDEX: TRANSCENDENTALETEMPUSTROPOSTOPOSTELOSTELICThomason -- T: NAME INDEX ITALIAN: TaddioTagliabueTagliagambeTaglialatelaTagliapietraTamburinoTafuriTarantinoFTarantinoGTari -- TartarottiTataranniTassoTelesioTertulliano -- TessitoreTravisTestaThaulero -- TilgherTimossiTincaniToccoToderiniTolomeiTomatisTomeo -- TomitanoTornoliaTorricelliTrabuccoTragellaTrapèTrasci -- TrevesTriaTrincheriTrissinoTroiloTrontiTulelliTurcoTuroldoTuveri -- T: NAME INDEX ENGLISH: THOMSON (Grice’s collaborator) -- TURING TOULMIN U: SUBJECT INDEX: USEUSUSUSATUM -- U: NAME INDEX ITALIAN: UBALDIUbaldiUnicorno -- Urmson, J. O.-- U: NAME INDEX ENGLISH: URMSON (Grice’s collaborator) V: PHILOSOPHICAL SUBJECT INDEX: VAGUM, VARIABILIS,  V: NAME INDEX  -- ITALIAN V: FILOSOFO ITALIANO: VACCAVACCARINOVACCARO -- VAILATIVALENT -- VALENTINOVALERI -- VALLAVALLAURI-LuigiLombardiVALLETTAVALOREVALPERGA-DiCaluso -- VANINIVANNI -- VANNINIVARISCO -- VARRONE -- VARZIVASAVASALLO(Nicla)VASTARINI –- VATTIMOVECA– VEDOVELLI -- VEGETTI -- VENANZIO –VENEZIA -- VENTURA --  VERAVERCELLONEVERDIGLIONEVERNIAVERONELLI -- VERRECHIA -- VERRI  --  VESEY -- VIANOVIAZZI -- VICO (n.Napoli)VIERIVIGNAVIGNOLI -- VIOVIOTTO -- VIRNO  -- VIROLI-Cavalieri? -- VITIELLO-Vincenzo?VOLPE-DellaVOLPIVolpicelliVoltaggio -- V: NAME INDEX ENGLISH: -- VESEYOther: Grice’s club member: VandervekenW: PHILOSOPHICAL SUBJECT INDEX: WORLDWELTWAHRWORTHWISE -- W: DON’T EXPECT AN ITALIAN PHILOSOPHER WITH THIS BARBARIC LETTER“but actually you shall find one, although he wasn’t even sure where his surname came! Winspeare!” (Grice)WarnockWinspeare -- W: NAME INDEX: ENGLISH: WARNOCK (Grice’s collaborator)WILSON -- X: SUBJECT INDEX: -- X: NAME INDEX: XENOPHANESXENOPHONXMASY: SUBJECT INDEX: YOG-AND-ZOG Z: PHILOSOPHICAL SUBJECT INDEX: ZEIGARNICK -- ZETTELZWECKRATIONALITÄTZ NAME INDEX: FILOSOFI ITALIANI: -- ZABARELLAZAMBONI-GioZAMBONI-GiuZANINI -- ZANOTTIZECCHI ZIMARA -- ZINI -- ZOLLA -- ZORZI (Giorgi)ZUCCAZUCCARELLIZUBIENA ENGLISH  OTHER: ZOROASTROReferences (Following the tradition of H. P. Grice’s Playgroup, only Oxonian English-born male philosophers of Grice’s generation listed)Abano, Pietro D’ (n. d.). Filosofia. Abbà.  Abbagnano, N. Dizionario di filosofia. Abbagnano, Storia della filosofia.Austin, J. L. Philosophical papers, edited by J. O. Urmson and G. J. Warnock. Oxford: Clarendon Press. Austin, J. L. Sense and sensibilia, reconstructed from manuscript notes by G. J. Warnock. Oxford: Clarendon Press.Austin, J. L. How to do things with words, ed. by J. O. Urmson. Oxford: Clarendon Press.Blackburn, S. W. Spreading the word. Oxford. Bostock, D. Logic.Croce, B.  EsteticaFlew, A. G. N. Logic and language. Oxford: Blackwell.Galileo, ScienzaGentile, Storia della filosofiaGhersi, A. M. Griceiana. Grice, H. P. Studies in the Way of WordsGrice, H. P. Negation and privationGrice, H. P. The conception of value. Oxford, at the Clarendon Press.Grice, H. P. Aspects of reason, Oxford, at the Clarendon Press.Grice, H. P., D. F. Pears, and P. F. Strawson, ‘Metaphysics,’ in D. F. Pears, The nature of metaphysics. London: Macmillan. Hampshire, S. N. Thought and action. London: Chatto and Windus.Hampshire, S. N. and H. L. A. Hart, Intention, decision, and certainty. Mind. Hare, R. M. The language of morals. Oxford, at the Clarendon Press.Hart, H. L. A. ReviewofHolloway, The Philosophical Quarterly’Leonardi, FilosofiaMachiavelli, Il principeMondolfo, Storia della filosofiaNowell-SmithH. Ethics. Middlesex: PenguinPears, D. F. Philosophical psychology. London: Duckworth. Pears, D. F. Motivated irrationality.Pears, D. F. and H. P. Grice, The philosophy of action.Speranza, Minutes of H. P. Grice’s Play-GroupThe Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia. StrawsonF. Introduction to Logical Theory.StrawsonF. Logico-Linguistic Papers.StrawsonF. and H. P. Grice, In defense of a dogma.StrawsonF. and H. P. Grice, CategoriesStrawsonF. and H. P. Grice, Meaning.Thomson, J. F. and H. P. Grice, The philosophy of action.Urmson, J. O. Philosophical Analysis: its development between the two wars.Vico, Scienza nuovaWarnock, G. J. The object of moralityWarnock, G. J. Language and MoralsWinspeare, Il libro delle leggi di Cicerone.Winspeare, FilosofiaPalazzo d’Acquaviva, Via Atri. Woozley, A. D. On H. P. Grice.(A. M. G. is Anna Maria GhersiGhersi instilled and keeps instillingnever ceases to instill -- in Luigi Speranza a love for philosophy), The Gricce Club. Zabarella, De regressu, I Tatti.Zabarella, De methodis, I Tatii.Zamboni, Giorgio. Grice: “Described himself as a philosopher.”Zamboni, G. Gnoseoloogia pura.Zanetti, A.Retoriche della veritàZanotti, La vita e lo vivo. Zimara, De primo cognitoCommentaria ad AristotelemZini, Giustizia: storia d’una idealiberta od …Zolla, L’androgino. Zorzi, L’armonia del mondo. Zucca, L’uomo e l’infinito.Zuccarelli, “La morte di Leopardi.”

 

 

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