Anche il latino fu lingua di tutta Italia, ma gl'Italici non erano tulli romani e i dialetti ne ftmno testimonianza. La serbata integrità nativa delle molteplici favelle del Cau- caso di fronte alle indo-perse riflette l'imagine di quelle che popolavano l'Italia innanzi che la coprisse lo strato Ialino. Ne invasioni armale, né importazioni di civiltà, ne so- vrapposizioni di lingue alterarono i confini etnografici dei Tusci, dei Liguri, dei Cisalpini, dei Veneti e d'ogni altra . Non cono- sciamo ancora le svariate forme naturali del nostro paese, e nemmeno i nostri dialetti e le riposte loro derivazioni; non conosciamo i secreti nessi che collegano questa lin- gua nostra alla civiltà precoce della Persia e dell' India, e alla lunga barbarie dell' antico settentrione. La filologia è una scienza nuova che classifica le due- mila lingue e dialetti morti e vivi in famiglie, come si co- stuma nelle faune e nelle flore. La scienza delle lingue è luce aggiunta alla scienza dei luoghi, dei tempi e dei monumen- ti, a rischiarare il buio dell'istoria. Per lei si scoprono le cause onde i popoli comunicarono tra loro con certi modi peculiari i propri pensieri; per lei si rileva, da lieve indizio di scrittura salvata, una gente ignota alla storia; si sorpren- dono sorelle nazioni che l' idioma apparentemente diverso inimicò, e in un dialetto si palesano segni di origine disfor- me e di antichi odii in nazione stimata omogenea: per lei si assiste al ritorno su straniere labbra d'un vocabolo esulato PREFAZIONE. 63 i. I ■il dalla patria in età remola; per lei si rintracciano in una valle le reliquia di lingua fuggita dalla pianura negli attriti del commercio o della conquista: per lei contemplasi il tran- sito d'una favella celebrala da una letteratura, e l'ascen- sione d'oscuro dialetto a dignità di idioma illustre in com- pagnia della fortuna di un popolo; per lei rilucono le alfinità e le diversità delle lingue tutte. La nostra lingua ha una nota affinità primamente col latino e colle altre lingue dal latino derivate: fran- cese, spagnuola, portoghese e rumena o moldo-valacca. Queste sei lingue viventi e li innumerevoli loro dialetti si classificano dai linguisti sotto il nome commune di lingue romane o romanze o latine; come una famiglia. si deduce che i dialetti e pronuncie provinciali sono fili conduttori alle origini prime: si deduce che la va- rietà dei dialetti, delle pronuncie e dell'aspetto delle genti moderne trova esplicazione e commento nella varietà delle stirpi e delle lingue primitive: si deduce che l' azione cemen- tatrice delle lingue s* è compiuta soltanto sovra popoli bar- bari, e tali erano gU europei alla comparizione delle caste asiatiche; che avendo raggiunto un certo grado di coltura, ì Baschi resistettero alla lingua latina Quando noi troviamo nel tedesco e nel gotico la radice della parola latina ^iraesagus, dobbia- mo indurre che qualche antichissima relazione vi fu tra li avi dei Romani e li avi de' Goti. Nello stesso modo in cui possiamo riferire l'italiano, il francese e lo spagnolo alla commune loro madre, la lingua latina, possiamo ri- ferire il latino,, il greco, il sanscrito, il zendo ad una commune origine celata nella notte dei tempi. Se si paragona il latino alle lingue sue figlie, si trova che queste, cioè le lingue moderne, hanno maggior copia di voci astratte. Il latino ha la voce fortis e non ha la voce forza; da vir abbiamo il latino virtus, l'italiano e il francese virtù, vertu; ma l'italiano e il francese hanno inoltre le parole derivate virtuoso, vir- tuosamente, vertueux, vertueusement ; e il francese ha inoltre il verbo évei^tuer. Le voci italiane ente, entità, essenza , essenziale , essenzialmente , se vengono ricon- i 280 IDEOLOGIA. dotte alla forma latina, ens, entitas, essentia, essentialis, essentialiter non si trovano mai nelli scrittori antichi , ma solo in quelli dei bassi tempi. l'inglese, che per una metà de' suoi vocaboli deriva dall'antica lingua anglo- sassone e per l'altra metà dal latino. Nelle lingue indo-europee la radice è quasi sempre unisillaba. Le poche radici bisillabe come aìiima, columna, vidua, susurrus, titubare, vacillare, oscillare^ tentennare, dondolare si possono considerare o come raddoppiamenti o come derivazioni di voci semplici più antiche. In latino un verbo semplice p. e. mitto, fero, traho colle sue inflessioni di persona, di numero, di tempo, di modo, e coi diversi casi de' suoi participj. IDEOLOGIA. 283 produce nella sola forma attiva , circa un centinaio dì inflessioni {mitto, mittis, mittens, missuriis etc. etc.) coir aggìuiìta della forma passiva (mittor, mitteris, missus, mittendus) e dei nomi ed aggettivi verbali {missio, missilis y missivus) ne forma forse duecento. Questo numero può ripetersi tante volte quanti sono i verbi derivati e composti, p. e. mittito, admitto, amitto , eie. epperò dalla sola radice unisillaba di mitt-o possono diramarsi tremila suoni piìi o meno diversi, ciascuno dei quali esprime un'idea in qualche grado modificata e distinta p. e. nelle tre voci mitto, misi, mitfam, vi è per lo meno la dilFerenza del tempo, nelle voci missuris e mittendis sono espresse tutte quelle idee che in italiano significhiamo con dire: a quelli che manderanno , ovvero a quelli che devono essere man* dati. Cosicché qui tre sillabe latine equivalgono da sette a tredici sillabe italiane. 6. Codesti tremila vocaboli nelT idioma primitivo furono rappresentati da una sola sillaba: mit. È come la quercia rappresentata da una ghianda. Qualunque sia dunque la dovizia delle forme nelle lingue derivate, abbiamo questa terza legge di linguistica che le lingue veramente primitive hanno potuto consistere in poche centinaia di radici monosillabe. È un fatto lingui- stico che le lingue madri, nel propagarsi di paese in paese e nel venir adottate da numerose nazioni, hnnno perduto gran numero delle loro inflessioni. L'italiano paragonato al latino, non ha più i verbi passivi, né i participi futuri, né i partecipali, né il genere neutro, e le declinazioni dei nomi sono ridutte a due sole de- sinenze, singolare e plurale. Per rilevare le affinità non basta paragonare isolatamente una lingua con un'altra, ma è necessario ravvicinarla a tutta la serie delle lingue della stessa fa- miglia. A prima vista non appare similitudine tra il vo- cabolo dormire e il tedesco traumen, che vuol dire so- gnare; ma appare di più nelP inglese dream, che ha le stesse consonanti del latino e lo stesso senso del tedesco; inoltre nelle due voci latine somniis e somnium, e nelle IDEOLOGIA. 289 italiane sonno e sogno si trova il doppio senso di dor- mire e sognare. La pronuncia dei |)opoli proviene dalle loro ori- gini, ossia dal genio imitativo più o meno delicato, dalli organi vocali più o meno flessibili, e dalle abitudini pas- sate in tradizione. E più facile mutare il vocabolario d'un popolo, dargli una nuova lingua, che non mutare la sua pronuncia. Questa sopravvive nei dialetti, anche dopo che le lingue ^ono mutate. Ancora oggidì la pro- nuncia e il dialetto segnano in Italia precisamente i con- 292 IDEOLOGIA. fini antichi della Gallia Cisalpina e della Carnia con la Venezia , la Toscana e la Liguiia. In Italia due soli dialetti hanno aspirazione: il toscano e il bergamasco. I due dialetti più dolci sono il veneto e il siciliano, alle opposte estre- mità dell'Italia. Vico rinvenne nelle radici latine le vesti-jia d'una antica sapienza. \fa essendo a quei tempi ignota ancora la scienza linguistica e non osservata la consonanza del latino col zendo e col sanscrito, egli attribuì quella sa- pienza alli aborigeni dell'Italia, e perciò scrisse il li- bro De antiqiiissima Italorum sapientia et latinae Un- gnae originibus emenda,
Sunday, May 1, 2022
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