Il riferimento esordiale alle tragiche contingenze politiche è per il G. ponte logico ai fondamenti filosofici del trattato: in Firenze sprovvista di giustizia e onestà, i cittadini sono come oggetti inanimati esteriormente simili, ma la cui essenza, isolata nella propria individualità, non stabilisce tra loro alcun legame sostanziale. Essi sono semplici simulacri di cittadini, poiché non sono in grado di percepire l'altro e percepirsi collettivamente, dunque di amare il bene comune più del proprio. Quest'ultimo tema ("bonum commune preferendum est bono particulari et bonum multitudinis"), motivo fondamentale del trattato remigiano, e argomento comunissimo nelle coeve trattazioni di filosofia morale e politica, discende dall'Ethica Nicomachea aristotelica (I, 2, 1094b9-10). Il tema ha in Aristotele, come nel G. e nei filosofi medievali che da Aristotele dipendono, una dimensione ontologica - l'intero ha più essere della parte, la quale esiste solo in subordine a esso - che è stata sviluppata in direzioni alquanto diverse: la realizzazione d'una potenzialità intellettiva comune a tutto il genere umano, che sembra asservire all'argomento politico l'interpretazione monopsichistica dell'intelletto attivo, è per esempio la via percorsa da Dante in Monarchia, I, 3, 8. Nel G. quest'idea ha una decisa impronta dionisiana - l'amore del singolo verso il tutto è mezzo di superamento dei limiti dell'individualità, uscita da sé (extasis) e congiungimento con Dio (Dionigi, De divinis nominibus, cap. 4) - e agostiniana - la congruenza della parte col tutto coincide con la bellezza dell'universo (Agostino, Confessiones, III) -. Tuttavia, come è merito del Panella aver chiarito, questo organon filosofico, applicato alla realtà comunale, determina nell'opera il passaggio dal concetto di bene comune alla concreta formulazione del bene del Comune, ch'è il tratto più originale del pensiero politico remigiano.Totalitas Ante Partes ovvero sul Bene Comune: spunti aristotelici, tomistici, marxiani, senesi e dal secondo emendamento della Costituzione americana Materiali di studio per Master Class 13 febbraio 2021 A cura di Massimo Morigi “n E Guercino, S. Tommaso scrive assistito dagli angeli, 1662, Basilica S. Domenico, Bologna Aristotele, Politica: sulla naturalità della famiglia: «La comunità che si costituisce per la vita quotidiana secondo natura è la famiglia, icui membri Caronda chiama «compagni di tavola», Epimenide cretese «compagni di mensa», mentre la prima comunità che risulta da più famiglie in vista di bisogni non quotidiani è il villaggio. Nella forma più naturale il villaggio par che sia una colonia della famiglia, formato da quelli che alcuni chiamano «fratelli di latte», «figli» e «figli di figli». Per questo gli stati in un primo tempo erano retti da re, come ancor oggi i popoli barbari: in realtà erano formati da individui posti sotto il governo regale - e, infatti, ogni famiglia è posta sotto il potere regale del più anziano, e lo stesso, quindi, le colonie per l’affinità d’origine.»: pp. 2-3 di Aristotele, Politica, documento caricato per Master Class su Internet Archive agli URL https://archive.org/details/politica-aristotele- file-creato-da-massimo-morigi-per-master-class-13-febbraio-2021-1 e https://ia601403.us.archive.org/7/items/politica-aristotele-file-creato-da-massimo-morigi-per- master-class-13-febbraio-2021- 1I/POLITICA % 2C%20ARISTOTELE %2C %20FILE%20CREATO %20DA % 20M ASSIMO %20MORIGI % 20PER %20MASTER%20CLASS%2013%20FEBBRAIO %202021%20%28 1%29.pdf. Aristotele, Politica: Lo stato è un dato di natura, ma un dato di natura generato dall’aggregarsi di altre subunità sociali, la famiglia e poi il villaggio, anch’esse naturali e che lo precedono. Inoltre, lo stato, come queste subunità, esiste non solo per rendere possibile la vita ma una vita felice, intendendo per felice non dal punto di vista meramente edonistico ma per realizzare in ogni uomo la sua entelechia che è il vivere associati e in armonia, cioè di realizzare la propria totalità umana nella totalità sociale: «La comunità che risulta di più villaggi è lo stato, perfetto, che raggiunge ormai, per così dire, il limite dell’autosufficienza completa: formato bensì per rendere possibile la vita, in realtà esiste per render possibile una vita felice. Quindi ogni stato esiste per natura, se per natura esistono anche le prime comunità: infatti esso è il loro fine e la natura è il fine,: per esempio quel che ogni cosa è quando ha compiuto il suo sviluppo, noi lo diciamo la sua natura, sia d’un uomo, ` d’un cavallo, d’una casa. Inoltre, ciò per cui una cosa esiste, il fine, è il meglio e l'autosufficienza è il fine e il meglio. Da queste considerazioni è evidente che lo stato è un prodotto naturale e che l'uomo per natura è un essere socievole: quindi chi vive fuori della comunità statale per natura e non per qualche caso o è un abietto o è superiore all'uomo, proprio come quello biasimato da Omero «privo di fratria, di leggi, di focolare»: tale è per natura costui e, insieme, anche bramoso di guerra, giacché è isolato, come una pedina al gioco dei dadi.»: p. 3 di Aristotele, Politica, documento caricato per Master Class su Internet Archive agli URL https://archive.org/details/politica-aristotele-file-creato-da-massimo-morigi-per-master-class- 13-febbraio-2021-1 e https://ia601403.us.archive.org/7/items/politica-aristotele-file-creato-da- massimo-morigi-per-master-class-13-febbraio-2021- 1/POLITICA % 2C%20ARISTOTELE %2C % 20FILE%20CREATO %20DA % 20M ASSIMO %20MORIGI % 20PER %20MASTER%20CLASS%2013%20FEBBRAIO %202021%20%28 1%29.pdf. Aristotele, Politica: La chiusura di quanto sopra affermato con un assai attuale insegnamento intorno alla retorica dei diritti (individuali, politici e/o sociali). Per Aristotele è evidente che quanti cercano di far prevalere i propri diritti a discapito dell’interesse comune, dell’interesse cioè della totalità sociale (che lo stagirita definisce come bene assoluto) sono pervasi da spirito di dispotismo, vogliono fare di sé stessi despota che comanda e/o ignora ogni altra istanza e necessità sociale. In realtà, ci dice Aristotele, il despota politico, altro non è che un despota privato che ha avuto maggior successo degli altri. Un grande ed attualissimo insegnamento riguardo a coloro che si piegano o praticano l’attuale retorica su una democrazia basata sulla dirittoidolatria a discapito della totalità sociale. Tutto ciò altro non fa che a pavimentare le strade del dispotismo e della morte, prima solo morale e poi anche ocrazia. Il bene comune è sempre in antitesi a tutte le forme di demagogia: «È evidente quindi che quante costituzioni mirano all'interesse comune sono giuste in rapporto al giusto in assoluto, quante, invece, mirano solo all'interesse personale dei capi sono sbagliate tutte e rappresentano una deviazione dalle rette costituzioni: sono pervase da spirito di despotismo, mentre lo stato è comunità di liberi .»: p. 33 di Aristotele, Politica, documento caricato per Master Class su Internet Archive agli URL https://archive.org/details/politica-aristotele-file-creato-da-massimo-morigi-per-master-class- 13-febbraio-2021-1 e https://ia601403.us.archive.org/7/items/politica-aristotele-file-creato-da- massimo-morigi-per-master-class-13-febbraio-2021- 1/POLITICA %2C %20ARISTOTELE %2C % 20FILE % 20CREATO %20DA %20MASSIMO %20MORIGI %20PER%20MASTER%20CLASS%2013%20FEBBRAIO %202021%20%28 1%29.pdf . Aristotele, Politica. Qui si ribadisce che lo stato è un fatto totale che presuppone dei dati fisico-geografici e/o economico- militari (scambi commerciali e difesa comune) ma che in questi non si esaurisce perché esso esprime una totalità sociale il cui fine è vivere felici, non però attraverso una felicità egoistica ed edonistica ma una felicità che solo si può realizzare realizzando sia a livello individuale che sociale attraverso una vita libera e una vita dedita alla realizzazione di opere buone e della amicizia fra tutti i membri della società. Siamo distanti milioni di anni luce dall’homo homini lupus di hobbessiana memoria e dall’individualismo metodologico e dalla socievole insocievolezza (Adam Smith, Locke, Kant) di liberalistica memoria: «È chiaro perciò che lo stato non è comunanza di luogo né esiste per evitare eventuali aggressioni e in vista di scambi: tutto questo necessariamente c’è, se deve esserci uno stato, però non basta perché ci sia uno stato: lo stato è comunanza di famiglie e di stirpi nel viver bene: il suo oggetto è una esistenza pienamente realizzata e indipendente. Certo non si giungerà a tanto senza abitare lo stesso e unico luogo e godere il diritto di connubio. Per questo sorsero nelle città rapporti di parentela e fratrie e sacrifici e passatempi della vita comune. Questo è opera dell’amicizia, perché l’amicizia è scelta deliberata di vita comune. Dunque, fine dello stato è il vivere bene e tutte queste cose sono in vista del fine. Lo stato è comunanza di stirpi e di villaggi in una vita pienamente realizzata e indipendente: è questo, come diciamo, il vivere in modo felice e bello. E proprio in grazia delle opere belle e non della vita associata si deve ammettere l'esistenza della comunità politica. Perciò uanti giovano sommamente a siffatta comunità hanno nello stato una parte più grande di coloro che sono ad essi uguali o superiori per la libertà e per la nascita ma non uguali per la virtù politica, e di coloro che li superano in ricchezza e ne sono superati in virtù.»: pp. 34-35 di Aristotele, Politica, documento caricato per Master Class su Internet Archive agli URL https://archive.org/details/politica-aristotele-file-creato-da-massimo-morigi-per-master-class- 13-febbraio-2021-1 e https://ia601403.us.archive.org/7/items/politica-aristotele-file-creato-da- massimo-morigi-per-master-class-13-febbraio-2021- I/POLITICA % 2C%20ARISTOTELE %2C %20FILE%20CREATO %20DA % 20M ASSIMO %20MORIGI %20PER%20MASTER%20CLASS%2013%20FEBBRAIO %202021%20%28 1%29.pdf. E che Aristotele fosse agli antipodi della concezione liberale dell’individualismo metodologico lo vediamo dal seguente passa della Politica dove il concetto di economia, che nella semantica dei moderni ha solo l’accezione del metodo su come accrescere la ricchezza, viene scisso fra oikonomé techné e kremastiché techné, la prima dedita a procurare alla casa e alla propria famiglia tutte le risorse per vivere bene ed in armonia col resto della società mentre la seconda, la kremastiché techné, è animata dal desiderio smodato dell’arricchimento personale e senza limiti. Per Aristotele, concludendo, la oikonomé techné è naturale e contribuisce al miglioramento della società contribuendo al miglioramento del suo telos olistico e volto al bene mentre la seconda è innaturale configurandosi piuttosto come un vizio che corrode le basi olistiche del vivere associato. Nulla di più distante dalla visione liberale e smithiana dove il macellaio non mi fornisce la carne per benevolenza nei miei confronti ma solo ed unicamente per averne un tornaconto personale: «Per ciò cercano una ricchezza e una crematistica che sia qualcosa di diverso, ed è ricerca giusta: in realtà la crematistica e la ricchezza, naturale sono diverse perché l'una rientra nell’amministrazione della casa, l’altra nel commercio e produce ricchezza, ma non comunque, bensì mediante lo scambio di beni: ed è questa che, come sembra, ha da fare col denaro perché il denaro è principio e fine dello scambio. Ora, questa ricchezza, derivante da tale forma di crematistica, non ha limiti e, invero, come la medicina è senza limiti nel guarire, e le singole arti sono senza limiti nel produrre il loro fine, (perché è proprio questo che vogliono raggiungere soprattutto) mentre non sono senza limiti riguardo ai mezzi per raggiungerlo (perché il fine costituisce per tutte il limite), allo stesso modo questa forma di crematistica non ha limiti rispetto al fine e il fine è precisamente la ricchezza di tal genere e l’acquisto dei beni. Ma della crematistica che rientra nell’amministrazione della casa, si da un limite giacché non è compito dell’amministrazione della casa quel genere di ricchezze. Sicché da questo punto di vista appare necessario che ci sia un limite a ogni ricchezza, mentre vediamo che nella realtà avviene il contrario: infatti tutti quelli che esercitano la crematistica accrescono illimitatamente il denaro. Il motivo di questo è la stretta affinità tra le due forme di crematistica: e infatti l’uso che esse fanno della stessa cosa le confonde l’una con l’altra. In entrambe si fa uso degli stessi beni, ma non allo stesso modo, che l’una tende a un altro fine, l’altra all'accrescimento. Di conseguenza taluni suppongono che proprio questa sia la funzione dell’amministrazione domestica _e_vivono continuamente nell’idea di dovere o mantenere o accrescere la loro sostanza in denaro all'infinito. Causa di questo stato mentale è che si preoccupano di vivere, ma non di vivere bene e siccome i loro desideri si stendono all’infinito, pure all'infinito bramano mezzi per appagarli. Quanti poi tendono a vivere bene, cercano quel che contribuisce ai godimenti del corpo e poiché anche questo pare che dipenda dal possesso di proprietà, tutta la loro energia si spende nel procurarsi ricchezze, ed è per tale motivo che è sorta la seconda forma di crematistica. Ora, siccome per loro il godimento consiste nell’eccesso, essi cercano l’arte che produce quell’eccesso di godimento e se non riescono a procurarselo con la crematistica ci provano per altra via, sfruttando ciascuna facoltà in maniera non naturale. Così non s’addice al coraggio produrre ricchezze ma ispirare fiducia, e neppure s’addice all'arte dello stratego o del medico, che proprio della prima è procurare la vittoria, dell’altra la salute. Eppure essi fanno di tutte queste facoltà mezzi per procurarsi ricchezze, nella convinzione che sia questo il fine e che a questo fine deve convergere ogni cosa.»: pp. 8-9 di Aristotele, Politica, documento caricato per Master Class su Internet Archive agli URL https://archive.org/details/politica-aristotele-file- creato-da-massimo-morigi-per-master-class-13-febbraio-2021-1 e https://ia601403.us.archive.org/7/items/politica-aristotele-file-creato-da-massimo-morigi-per- master-class-13-febbraio-2021- 1I/POLITICA % 2C%20ARISTOTELE %2C %20FILE%20CREATO %20DA % 20M ASSIMO %20MORIGI% 20PER %20MASTER%20CLASS%2013%20FEBBRAIO %202021%20%28 1%29.pdf. Passiamo ora a San Tommaso d’Aquino, dove sulla scorta dell’insegnamento aristotelico la legge deve essere gerarchicamente sottoposta al concetto di bene comune, bene comune che cristianamente (ed olisticamente secondo l’insegnamento di Aristotele) si deve risolvere nella ricerca del bene della società e non nella soddisfazione degli egoismi individuali: «Lex est quaedam rationis ordinatio ad bonum commune, ab eo qui curam communitatis habet promulgata»: Summa Theologica, Prima Secundae, q. 90, art. 4 [La legge è un ordinamento di ragione volto al bene comune, promulgata da chi abbia la cura della comunità]. Citazione riassuntiva da: http://www.unife.it/giurisprudenza/giurisprudenza- magistrale-rovigo/studiare/storia-del-diritto-medievale-e-moderno/materiale- didattico/sovranita-moderna, Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20210212071548/http://www.unife.it/giurisprudenza/giurisprude nza-magistrale-rovigo/studiare/storia-del-diritto-medievale-e-moderno/materiale- didattico/sovranita-moderna ma che con citazione completa: «Respondeo dicendum quod, sicut dictum est, lex imponitur aliis per modum regulae et mensurae. Regula autem et mensura imponitur per hoc quod applicatur his quae regulantur et mensurantur. Unde ad hoc quod lex virtutem obligandi obtineat, quod est proprium legis, oportet quod applicetur hominibus qui secundum eam regulari debent. Talis autem applicatio fit per hoc quod in notitiam eorum deducitur ex ipsa promulgatione. Unde promulgatio necessaria est ad hoc quod lex habeat suam virtutem. Et sic ex quatuor praedictis potest colligi definitio legis, quae nihil est aliud quam quaedam rationis ordinatio ad bonum commune, ab eo qui curam communitatis habet, promulgata.»: può essere ripresa da https://www.corpusthomisticum.org/sth2090.html, Wayback Machine https://web.archive.org/web/20210212072225/https://www.corpusthomisticum.org/sth2090.ht ml , cioè dal CORPUS THOMISTICUM Sancti Thomae de Aquino Opera Omnia, opera omnia dell’Aquinata on line all’URL http://www.corpusthomisticum.org/iopera.html, Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20210212072549/http://www.corpusthomisticum.org/iopera.html]. E che San Tommaso fosse totalmente compreso nell’olismo di stampo aristotelico non lo dobbiamo certo noi scoprire ma giova forse leggere il seguente passo, dal Dionysii De divinis nominibus expositio, Caput II, Lectio I, dove Tommaso arrischiando una definizione di Dio, arriva a definirlo “Totalitas ante partes ?: «Totum autem hic non accipitur secundum quod ex partibus componitur, sic enim deitati congruere non posset, utpote eius simplicitati repugnans, sed prout secundum Platonicos totalitas quaedam dicitur ante partes, quae est ante totalitatem quae est ex partibus; utpote si dicamus quod domus, quae est in materia, est totum ex partibus et quae praeexistit in arte aedificatoris, est totum ante partes». Citato da https://www.corpusthomisticum.org/cdn01.html, Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20210212075014/https://www.corpusthomisticum.org/cdn01.html Alla stessa stregua di Dio come “Totalitas ante partes”, per Tommaso anche la società deve essere considerata come “Totalitas ante partes” (Summa Thologiae), una Totalitas che non deve schiacciare l’individuo ma che lo precede consentendogli, appunto, alla fine del processo dialettico della sua paideia culturale e sociale che si svolge e si deve svolgere sempre in società, di essere un individuo libero e non soggiacente ai più bassi istinti egoistici e distruggenti il bene comune. Tema da sviluppare: Tommaso erede di Aristotele sia nelle categorie più prettamente teologico-filosofico-teoretiche sia nelle categorie sociali, economiche e politiche, categorie in entrambi i casi dominate dal primato della Totalità sulfinitiitane atomistico avverso al bene comune e rifiutante questo individualismo sul piano filosofico-teologico il concetto di totalità-Dio (e quindi di Dio tout court) e su quello socio-economico il concetto, altrettanto totale — o se ci fa paura il totalitario lemma ‘totale’, impieghiamo il termine ‘olistico’ — di bene comune che deve soggiacere all’atomismo filosofico e socio-economico (individualismo metodologico. Campioni di questa Weltanschauung: Adam Smith Hobbes, Locke, Kant). Altro tema: Marx e i suo libro primo del Capitale come controcanto materialistico-dialettico (ma in realtà alla fine di un assai ingenuo materialismo e assai poco dialettico, facendo Marx la stessa fine e epi ingenui materialisti illuministi che egli tanto giustamente critica) sul piano filosofico all’olismo idealistico della Du hegeliana e sul piano socio-economico alla Politica di Aristotele, nel senso della sottolineatura marxiana della società vista come una totalità e nell’adozione della critica aristotelica alla crematistica (Denaro Merce Denaro della società capitalistica mentre lo schema economico della Politica aristotelica era Merce Denaro Merce, cioè lo sviluppo ed il rafforzamento della oikonomé techné). Fallimento del marxismo perché ’ricaduto proprio nell’atomismo filosofico e socioeconomico degli economisti classici che voleva criticare (Marx, cioè, alla ricerca di una totalità che viene trovata nell’economia ma siccome l'economia marxiana dal punto di vista analitico si riduce sempre e solo nella critica alla crematistica, cioè alla critica agli economisti classici (Adam Smith, David Ricardo, Robert Malthus), cioè alla critica della moderna Kremastiché techné e non sviluppa sufficientemente (o meglio per niente) dal punto di vista teorico la portata olistica e volta al bene comune della oikonomé techné tutto il suo progetto frana miseramente. Ora tema iconologico: Gli affreschi allegorici di Ambrogio Lorenzetti (1290-1348) del Buon Governo, conservati nel Palazzo Pubblico di Siena e databili al 1338-1339. In realtà gli affreschi originariamente erano intitolati al Bene comune od anche della Pace e della guerra e solo in seguito all’illuminismo presero il nome di Affreschi del buon governo: http://www.gliscritti.it/blog/entry/4164, Wayback Machine: https://web.archive.org/web/2021021217321$8/http://www.glisc ritti.it/blog/entry/4164. Riflettere non solo sull’allegoria in questione ma anche sugli slittamenti semantici delle varie epoche. Infine sul Secondo emendamento della Costituzione degli Stati uniti, un saggio che compie una traslazione del concetto di bene comune dai “buoni” dei mass media nazionali ed internazionali che situano i desiderosi del rafforzamento dei vincoli comunitari in coloro che combattono in quel paese il libero possesso delle armi (in realtà secondo l’ autore questi non fanno altro che voler accelerare i processi di globalizzazione e di disintegrazione dei vincoli comunitari) ai “cattivi” che vogliono mantenere la vigenza del secondo emendamento che garantisce tale diritto, dove però il portare le armi non rappresenta un diritto ad uccidere ma è il simbolo del diritto di opporsi ad uno stato dispotico e che vuole eliminare i vincoli comunitari, uno stato, quindi, che va contro il bene comune, se per bene comune intendiamo il mantenimento di un concetto olistico del vivere associato. Il saggio in questione è Gianfranco Campa, Verso la guera civile. Il tramonto dell’impero USA, all’URL del blog dell’” Italia e il Mondo” http://italiaeilmondo.com/2020/05/16/verso-la-guerra-civile-il- tramonto-dellimpero-usa_2a-parte-di-gianfranco-campa, Wayback Machine: http://web.archive.org/web/20210129142310/https://italiaeilmo ndo.com/2020/05/16/verso-la-guerra-civile-il-tramonto- dellimpero-usa_2a-parte-di-gianfranco-campa/ e rinviamo infine alla riflessione del secondo emendamento recita come segue: «A well regulated Militia, being necessary to the security of a free State, the right of the people to keep and bear Arms shall not be infringed.» (Esortazione certamente non applicabile alla situazione italiana ed anche europea, tutte nazioni-stato che, comunque, nella loro travagliata mai videro il sorgere di un federalismo conflittuale, molto conflittuale, come negli Stati uniti, ma ricordiamo che Tommaso d’Aquino, proprio perché intriso dell’aristotelico concetto di bene comune e di prevalenza della totalità sull’individuo egoista affermava che il tiranno che andava contro le leggi di Dio poteva anche essere ucciso: «Colui che allo scopo di liberare la patria uccide il tiranno viene lodato e premiato quando il tiranno stesso usurpa il potere con la forza contro il volere dei sudditi, oppure quando i sudditi sono costretti al consenso. E tutto ciò, quando non è possibile il ricorso a un’istanza superiore, costituisce una lode per colui che uccide il tiranno»: Tommaso, Commento alle sentenze E, il tiranno per Aristotele come per Tommaso era colui che aveva fatto prevalere la legge del suo egoismo particolare sulle leggi naturali che regolano la vita della comunità (quando “non è possibile il ricorso ad un’istanza superiore”: cioè quando il tiranno non rispetta la legge degli uomini che è stata data ed ispirata da Dio). Il tiranno quindi non come un mostro che non ha nulla in comune con noi, ma come un egoista che ha avuto maggiore successo degli altri nella pratica della kantiana socievole insocievolezza. Il tirranno pubblico o privato che sia, quindi, nella nostra situazione originata non dalla nascita violenta di una federazione come negli Stati uniti ma da un passato poco glorioso di altrettanto sanguinari totalitarismi politici, non certo un nemico da abbattere fisicamente (coloro che vogliono compiere violenza in realtà altro non mirano che a sostituirsi, peggiorandolo, all’abbattuto, lo si vede nella grande storia delle rivoluzioni moderne e contemporanee ed anche nella piccola, piccolissima storia o cronaca politica di questi giorni, per farla breve dalle stelle alle stalle...) ma un modello psicologico prima ancora che sociale dal quale affermare interiormente e pubblicamente la siderale distanza.) storica, della dem
Monday, May 30, 2022
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