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Monday, May 30, 2022

GRICE E CALDERONIE: il bono comune

 Il riferimento esordiale alle tragiche contingenze politiche è per il G. ponte logico ai fondamenti filosofici del trattato: in Firenze sprovvista di giustizia e onestà, i cittadini sono come oggetti inanimati esteriormente simili, ma la cui essenza, isolata nella propria individualità, non stabilisce tra loro alcun legame sostanziale. Essi sono semplici simulacri di cittadini, poiché non sono in grado di percepire l'altro e percepirsi collettivamente, dunque di amare il bene comune più del proprio. Quest'ultimo tema ("bonum commune preferendum est bono particulari et bonum multitudinis"), motivo fondamentale del trattato remigiano, e argomento comunissimo nelle coeve trattazioni di filosofia morale e politica, discende dall'Ethica Nicomachea aristotelica (I, 2, 1094b9-10). Il tema ha in Aristotele, come nel G. e nei filosofi medievali che da Aristotele dipendono, una dimensione ontologica - l'intero ha più essere della parte, la quale esiste solo in subordine a esso - che è stata sviluppata in direzioni alquanto diverse: la realizzazione d'una potenzialità intellettiva comune a tutto il genere umano, che sembra asservire all'argomento politico l'interpretazione monopsichistica dell'intelletto attivo, è per esempio la via percorsa da Dante in Monarchia, I, 3, 8. Nel G. quest'idea ha una decisa impronta dionisiana - l'amore del singolo verso il tutto è mezzo di superamento dei limiti dell'individualità, uscita da sé (extasis) e congiungimento con Dio (Dionigi, De divinis nominibus, cap. 4) - e agostiniana - la congruenza della parte col tutto coincide con la bellezza dell'universo (Agostino, Confessiones, III) -. Tuttavia, come è merito del Panella aver chiarito, questo organon filosofico, applicato alla realtà comunale, determina nell'opera il passaggio dal concetto di bene comune alla concreta formulazione del bene del Comune, ch'è il tratto più originale del pensiero politico remigiano.Totalitas Ante Partes ovvero sul Bene   Comune: spunti aristotelici, tomistici,   marxiani, senesi e dal secondo emendamento  della Costituzione americana    Materiali di studio per Master Class    13 febbraio 2021    A cura di Massimo Morigi    “n    E    Guercino, S. Tommaso scrive assistito dagli angeli, 1662, Basilica S. Domenico, Bologna       Aristotele, Politica: sulla naturalità della famiglia: «La comunità che    si costituisce per la vita quotidiana secondo natura è la famiglia, icui membri Caronda chiama       «compagni di tavola», Epimenide cretese «compagni di mensa», mentre la prima comunità che  risulta da più famiglie in vista di bisogni non quotidiani è il villaggio. Nella forma più naturale    il villaggio par che sia una colonia della famiglia, formato da quelli che alcuni chiamano  «fratelli di latte», «figli» e «figli di figli». Per questo gli stati in un primo tempo erano retti da  re, come ancor oggi i popoli barbari: in realtà erano formati da individui posti sotto il governo  regale - e, infatti, ogni famiglia è posta sotto il potere regale del più anziano, e lo stesso,  quindi, le colonie per l’affinità d’origine.»: pp. 2-3 di Aristotele, Politica, documento caricato    per Master Class su Internet Archive agli URL https://archive.org/details/politica-aristotele-    file-creato-da-massimo-morigi-per-master-class-13-febbraio-2021-1 e  https://ia601403.us.archive.org/7/items/politica-aristotele-file-creato-da-massimo-morigi-per-    master-class-13-febbraio-2021-  1I/POLITICA % 2C%20ARISTOTELE %2C %20FILE%20CREATO %20DA % 20M ASSIMO  %20MORIGI % 20PER %20MASTER%20CLASS%2013%20FEBBRAIO %202021%20%28    1%29.pdf.          Aristotele, Politica: Lo stato è un dato di natura, ma un dato di  natura generato dall’aggregarsi di altre subunità sociali, la  famiglia e poi il villaggio, anch’esse naturali e che lo  precedono. Inoltre, lo stato, come queste subunità, esiste non  solo per rendere possibile la vita ma una vita felice,  intendendo per felice non dal punto di vista meramente  edonistico ma per realizzare in ogni uomo la sua entelechia  che è il vivere associati e in armonia, cioè di realizzare la    propria totalità umana nella totalità sociale: «La comunità che risulta    di più villaggi è lo stato, perfetto, che raggiunge ormai, per così dire, il limite  dell’autosufficienza completa: formato bensì per rendere possibile la vita, in realtà esiste per  render possibile una vita felice. Quindi ogni stato esiste per natura, se per natura esistono  anche le prime comunità: infatti esso è il loro fine e la natura è il fine,: per esempio quel che  ogni cosa è quando ha compiuto il suo sviluppo, noi lo diciamo la sua natura, sia d’un uomo,    `    d’un cavallo, d’una casa. Inoltre, ciò per cui una cosa esiste, il fine, è il meglio e    l'autosufficienza è il fine e il meglio. Da queste considerazioni è evidente che lo stato è un  prodotto naturale e che l'uomo per natura è un essere socievole: quindi chi vive fuori della  comunità statale per natura e non per qualche caso o è un abietto o è superiore all'uomo, proprio    come quello biasimato da Omero «privo di fratria, di leggi, di focolare»: tale è per natura costui       e, insieme, anche bramoso di guerra, giacché è isolato, come una pedina al gioco dei dadi.»: p. 3  di Aristotele, Politica, documento caricato per Master Class su Internet Archive agli URL  https://archive.org/details/politica-aristotele-file-creato-da-massimo-morigi-per-master-class-       13-febbraio-2021-1 e https://ia601403.us.archive.org/7/items/politica-aristotele-file-creato-da-    massimo-morigi-per-master-class-13-febbraio-2021-  1/POLITICA % 2C%20ARISTOTELE %2C % 20FILE%20CREATO %20DA % 20M ASSIMO  %20MORIGI % 20PER %20MASTER%20CLASS%2013%20FEBBRAIO %202021%20%28    1%29.pdf.       Aristotele, Politica: La chiusura di quanto sopra affermato con  un assai attuale insegnamento intorno alla retorica dei diritti  (individuali, politici e/o sociali). Per Aristotele è evidente che  quanti cercano di far prevalere i propri diritti a discapito  dell’interesse comune, dell’interesse cioè della totalità sociale  (che lo stagirita definisce come bene assoluto) sono pervasi da  spirito di dispotismo, vogliono fare di sé stessi despota che  comanda e/o ignora ogni altra istanza e necessità sociale. In  realtà, ci dice Aristotele, il despota politico, altro non è che un  despota privato che ha avuto maggior successo degli altri. Un  grande ed attualissimo insegnamento riguardo a coloro che si  piegano o praticano l’attuale retorica su una democrazia  basata sulla dirittoidolatria a discapito della totalità sociale.  Tutto ciò altro non fa che a pavimentare le strade del  dispotismo e della morte, prima solo morale e poi anche ocrazia. Il bene comune è sempre in antitesi    a tutte le forme di demagogia: «È evidente quindi che quante costituzioni    mirano all'interesse comune sono giuste in rapporto al giusto in assoluto, quante, invece, mirano    solo all'interesse personale dei capi sono sbagliate tutte e rappresentano una deviazione dalle  rette costituzioni: sono pervase da spirito di despotismo, mentre lo stato è comunità di liberi .»: p.    33 di Aristotele, Politica, documento caricato per Master Class su Internet Archive agli URL  https://archive.org/details/politica-aristotele-file-creato-da-massimo-morigi-per-master-class-       13-febbraio-2021-1 e https://ia601403.us.archive.org/7/items/politica-aristotele-file-creato-da-  massimo-morigi-per-master-class-13-febbraio-2021-       1/POLITICA %2C %20ARISTOTELE %2C % 20FILE % 20CREATO %20DA %20MASSIMO  %20MORIGI %20PER%20MASTER%20CLASS%2013%20FEBBRAIO %202021%20%28    1%29.pdf .    Aristotele, Politica. Qui si ribadisce che lo stato è un fatto  totale che presuppone dei dati fisico-geografici e/o economico-  militari (scambi commerciali e difesa comune) ma che in  questi non si esaurisce perché esso esprime una totalità sociale  il cui fine è vivere felici, non però attraverso una felicità  egoistica ed edonistica ma una felicità che solo si può  realizzare realizzando sia a livello individuale che sociale  attraverso una vita libera e una vita dedita alla realizzazione  di opere buone e della amicizia fra tutti i membri della società.  Siamo distanti milioni di anni luce dall’homo homini lupus di  hobbessiana memoria e dall’individualismo metodologico e  dalla socievole insocievolezza (Adam Smith, Locke, Kant) di  liberalistica memoria: «È chiaro perciò che lo stato non è comunanza di luogo né    esiste per evitare eventuali aggressioni e in vista di scambi: tutto questo necessariamente c’è,  se deve esserci uno stato, però non basta perché ci sia uno stato: lo stato è comunanza di  famiglie e di stirpi nel viver bene: il suo oggetto è una esistenza pienamente realizzata e  indipendente. Certo non si giungerà a tanto senza abitare lo stesso e unico luogo e godere il  diritto di connubio. Per questo sorsero nelle città rapporti di parentela e fratrie e sacrifici e  passatempi della vita comune. Questo è opera dell’amicizia, perché l’amicizia è scelta  deliberata di vita comune. Dunque, fine dello stato è il vivere bene e tutte queste cose sono in    vista del fine. Lo stato è comunanza di stirpi e di villaggi in una vita pienamente realizzata e  indipendente: è questo, come diciamo, il vivere in modo felice e bello. E proprio in grazia delle       opere belle e non della vita associata si deve ammettere l'esistenza della comunità politica. Perciò  uanti giovano sommamente a siffatta comunità hanno nello stato una parte più grande di  coloro che sono ad essi uguali o superiori per la libertà e per la nascita ma non uguali per la    virtù politica, e di coloro che li superano in ricchezza e ne sono superati in virtù.»: pp. 34-35 di  Aristotele, Politica, documento caricato per Master Class su Internet Archive agli URL    https://archive.org/details/politica-aristotele-file-creato-da-massimo-morigi-per-master-class-       13-febbraio-2021-1 e https://ia601403.us.archive.org/7/items/politica-aristotele-file-creato-da-    massimo-morigi-per-master-class-13-febbraio-2021-  I/POLITICA % 2C%20ARISTOTELE %2C %20FILE%20CREATO %20DA % 20M ASSIMO       %20MORIGI %20PER%20MASTER%20CLASS%2013%20FEBBRAIO %202021%20%28  1%29.pdf.    E che Aristotele fosse agli antipodi della concezione liberale  dell’individualismo metodologico lo vediamo dal seguente  passa della Politica dove il concetto di economia, che nella  semantica dei moderni ha solo l’accezione del metodo su come  accrescere la ricchezza, viene scisso fra oikonomé techné e  kremastiché techné, la prima dedita a procurare alla casa e alla  propria famiglia tutte le risorse per vivere bene ed in armonia  col resto della società mentre la seconda, la kremastiché  techné, è animata dal desiderio smodato dell’arricchimento  personale e senza limiti. Per Aristotele, concludendo, la  oikonomé techné è naturale e contribuisce al miglioramento  della società contribuendo al miglioramento del suo telos  olistico e volto al bene mentre la seconda è innaturale  configurandosi piuttosto come un vizio che corrode le basi  olistiche del vivere associato. Nulla di più distante dalla visione  liberale e smithiana dove il macellaio non mi fornisce la carne  per benevolenza nei miei confronti ma solo ed unicamente per  averne un tornaconto personale: «Per ciò cercano una ricchezza e una    crematistica che sia qualcosa di diverso, ed è ricerca giusta: in realtà la crematistica e la  ricchezza, naturale sono diverse perché l'una rientra nell’amministrazione della casa, l’altra  nel commercio e produce ricchezza, ma non comunque, bensì mediante lo scambio di beni: ed  è questa che, come sembra, ha da fare col denaro perché il denaro è principio e fine dello  scambio. Ora, questa ricchezza, derivante da tale forma di crematistica, non ha limiti e,  invero, come la medicina è senza limiti nel guarire, e le singole arti sono senza limiti nel  produrre il loro fine, (perché è proprio questo che vogliono raggiungere soprattutto) mentre  non sono senza limiti riguardo ai mezzi per raggiungerlo (perché il fine costituisce per tutte il  limite), allo stesso modo questa forma di crematistica non ha limiti rispetto al fine e il fine è  precisamente la ricchezza di tal genere e l’acquisto dei beni. Ma della crematistica che rientra  nell’amministrazione della casa, si da un limite giacché non è compito dell’amministrazione  della casa quel genere di ricchezze. Sicché da questo punto di vista appare necessario che ci  sia un limite a ogni ricchezza, mentre vediamo che nella realtà avviene il contrario: infatti    tutti quelli che esercitano la crematistica accrescono illimitatamente il denaro. Il motivo di  questo è la stretta affinità tra le due forme di crematistica: e infatti l’uso che esse fanno della  stessa cosa le confonde l’una con l’altra. In entrambe si fa uso degli stessi beni, ma non allo  stesso modo, che l’una tende a un altro fine, l’altra all'accrescimento. Di conseguenza taluni  suppongono che proprio questa sia la funzione dell’amministrazione domestica _e_vivono  continuamente nell’idea di dovere o mantenere o accrescere la loro sostanza in denaro  all'infinito. Causa di questo stato mentale è che si preoccupano di vivere, ma non di vivere bene  e siccome i loro desideri si stendono all’infinito, pure all'infinito bramano mezzi per appagarli.          Quanti poi tendono a vivere bene, cercano quel che contribuisce ai godimenti del corpo e poiché  anche questo pare che dipenda dal possesso di proprietà, tutta la loro energia si spende nel  procurarsi ricchezze, ed è per tale motivo che è sorta la seconda forma di crematistica. Ora,  siccome per loro il godimento consiste nell’eccesso, essi cercano l’arte che produce quell’eccesso  di godimento e se non riescono a procurarselo con la crematistica ci provano per altra via,  sfruttando ciascuna facoltà in maniera non naturale. Così non s’addice al coraggio produrre    ricchezze ma ispirare fiducia, e neppure s’addice all'arte dello stratego o del medico, che  proprio della prima è procurare la vittoria, dell’altra la salute. Eppure essi fanno di tutte  queste facoltà mezzi per procurarsi ricchezze, nella convinzione che sia questo il fine e che a  questo fine deve convergere ogni cosa.»: pp. 8-9 di Aristotele, Politica, documento caricato per  Master Class su Internet Archive agli URL https://archive.org/details/politica-aristotele-file-       creato-da-massimo-morigi-per-master-class-13-febbraio-2021-1 e  https://ia601403.us.archive.org/7/items/politica-aristotele-file-creato-da-massimo-morigi-per-       master-class-13-febbraio-2021-  1I/POLITICA % 2C%20ARISTOTELE %2C %20FILE%20CREATO %20DA % 20M ASSIMO  %20MORIGI% 20PER %20MASTER%20CLASS%2013%20FEBBRAIO %202021%20%28    1%29.pdf.    Passiamo ora a San Tommaso d’Aquino, dove sulla scorta  dell’insegnamento aristotelico la legge deve essere  gerarchicamente sottoposta al concetto di bene comune, bene  comune che cristianamente (ed olisticamente secondo  l’insegnamento di Aristotele) si deve risolvere nella ricerca del  bene della società e non nella soddisfazione degli egoismi    individuali: «Lex est quaedam rationis ordinatio ad bonum commune, ab eo qui curam    communitatis habet promulgata»: Summa Theologica, Prima Secundae, q. 90, art. 4 [La legge  è un ordinamento di ragione volto al bene comune, promulgata da chi abbia la cura della  comunità]. Citazione riassuntiva da: http://www.unife.it/giurisprudenza/giurisprudenza-  magistrale-rovigo/studiare/storia-del-diritto-medievale-e-moderno/materiale-  didattico/sovranita-moderna, Wayback Machine:  https://web.archive.org/web/20210212071548/http://www.unife.it/giurisprudenza/giurisprude       nza-magistrale-rovigo/studiare/storia-del-diritto-medievale-e-moderno/materiale-    didattico/sovranita-moderna ma che con citazione completa: «Respondeo dicendum quod,  sicut dictum est, lex imponitur aliis per modum regulae et mensurae. Regula autem et  mensura imponitur per hoc quod applicatur his quae regulantur et mensurantur. Unde ad  hoc quod lex virtutem obligandi obtineat, quod est proprium legis, oportet quod applicetur  hominibus qui secundum eam regulari debent. Talis autem applicatio fit per hoc quod in  notitiam eorum deducitur ex ipsa promulgatione. Unde promulgatio necessaria est ad hoc  quod lex habeat suam virtutem. Et sic ex quatuor praedictis potest colligi definitio legis, quae  nihil est aliud quam quaedam rationis ordinatio ad bonum commune, ab eo qui curam  communitatis habet, promulgata.»: può essere ripresa da  https://www.corpusthomisticum.org/sth2090.html, Wayback Machine  https://web.archive.org/web/20210212072225/https://www.corpusthomisticum.org/sth2090.ht  ml , cioè dal CORPUS THOMISTICUM Sancti Thomae de Aquino Opera Omnia, opera  omnia dell’Aquinata on line all’URL http://www.corpusthomisticum.org/iopera.html,  Wayback Machine:  https://web.archive.org/web/20210212072549/http://www.corpusthomisticum.org/iopera.html].          E che San Tommaso fosse totalmente compreso nell’olismo di  stampo aristotelico non lo dobbiamo certo noi scoprire ma  giova forse leggere il seguente passo, dal Dionysii De divinis  nominibus expositio, Caput II, Lectio I, dove Tommaso  arrischiando una definizione di Dio, arriva a definirlo    “Totalitas ante partes ?: «Totum autem hic non accipitur secundum quod ex  partibus componitur, sic enim deitati congruere non posset, utpote eius simplicitati  repugnans, sed prout secundum Platonicos totalitas quaedam dicitur ante partes, quae est  ante totalitatem quae est ex partibus; utpote si dicamus quod domus, quae est in materia, est  totum ex partibus et quae praeexistit in arte aedificatoris, est totum ante partes». Citato da    https://www.corpusthomisticum.org/cdn01.html, Wayback Machine:  https://web.archive.org/web/20210212075014/https://www.corpusthomisticum.org/cdn01.html       Alla stessa stregua di Dio come “Totalitas ante partes”, per  Tommaso anche la società deve essere considerata come  “Totalitas ante partes” (Summa Thologiae), una Totalitas che  non deve schiacciare l’individuo ma che lo precede  consentendogli, appunto, alla fine del processo dialettico della  sua paideia culturale e sociale che si svolge e si deve svolgere  sempre in società, di essere un individuo libero e non    soggiacente ai più bassi istinti egoistici e distruggenti il bene  comune.    Tema da sviluppare: Tommaso erede di Aristotele sia nelle  categorie più prettamente teologico-filosofico-teoretiche sia  nelle categorie sociali, economiche e politiche, categorie in  entrambi i casi dominate dal primato della Totalità  sulfinitiitane atomistico avverso al bene comune e  rifiutante questo individualismo sul piano filosofico-teologico  il concetto di totalità-Dio (e quindi di Dio tout court) e su  quello socio-economico il concetto, altrettanto totale — o se ci  fa paura il totalitario lemma ‘totale’, impieghiamo il termine  ‘olistico’ — di bene comune che deve soggiacere all’atomismo  filosofico e socio-economico (individualismo metodologico.  Campioni di questa Weltanschauung: Adam Smith Hobbes,    Locke, Kant).             Altro tema: Marx e i suo libro primo del Capitale come  controcanto materialistico-dialettico (ma in realtà alla fine di  un assai ingenuo materialismo e assai poco dialettico, facendo  Marx la stessa fine e epi ingenui materialisti illuministi che  egli tanto giustamente critica) sul piano filosofico all’olismo  idealistico della Du hegeliana e sul piano socio-economico  alla Politica di Aristotele, nel senso della sottolineatura  marxiana          della società vista come una totalità e nell’adozione  della critica aristotelica alla crematistica (Denaro Merce  Denaro della società capitalistica mentre lo schema economico    della Politica aristotelica era Merce Denaro Merce, cioè lo  sviluppo ed il rafforzamento della oikonomé techné).       Fallimento del marxismo perché ’ricaduto proprio  nell’atomismo filosofico e socioeconomico degli economisti  classici che voleva criticare (Marx, cioè, alla ricerca di una  totalità che viene trovata nell’economia ma siccome  l'economia marxiana dal punto di vista analitico si riduce  sempre e solo nella critica alla crematistica, cioè alla critica  agli economisti classici (Adam Smith, David Ricardo, Robert  Malthus), cioè alla critica della moderna Kremastiché techné e  non sviluppa sufficientemente (o meglio per niente) dal punto  di vista teorico la portata olistica e volta al bene comune della  oikonomé techné tutto il suo progetto frana miseramente.    Ora tema iconologico: Gli affreschi allegorici di Ambrogio  Lorenzetti (1290-1348) del Buon Governo, conservati nel  Palazzo Pubblico di Siena e databili al 1338-1339. In realtà gli  affreschi originariamente erano intitolati al Bene comune od  anche della Pace e della guerra e solo in seguito  all’illuminismo presero il nome di Affreschi del buon governo:  http://www.gliscritti.it/blog/entry/4164, Wayback Machine:  https://web.archive.org/web/2021021217321$8/http://www.glisc  ritti.it/blog/entry/4164. Riflettere non solo sull’allegoria in  questione ma anche sugli slittamenti semantici delle varie  epoche.    Infine sul Secondo emendamento della Costituzione degli Stati  uniti, un saggio che compie una traslazione del concetto di  bene comune dai “buoni” dei mass media nazionali ed  internazionali che situano i desiderosi del rafforzamento dei    vincoli comunitari in coloro che combattono in quel paese il  libero possesso delle armi (in realtà secondo l’ autore questi  non fanno altro che voler accelerare i processi di  globalizzazione e di disintegrazione dei vincoli comunitari) ai  “cattivi” che vogliono mantenere la vigenza del secondo  emendamento che garantisce tale diritto, dove però il portare  le armi non rappresenta un diritto ad uccidere ma è il simbolo  del diritto di opporsi ad uno stato dispotico e che vuole  eliminare i vincoli comunitari, uno stato, quindi, che va  contro il bene comune, se per bene comune intendiamo il  mantenimento di un concetto olistico del vivere associato.    Il saggio in questione è Gianfranco Campa, Verso la guera  civile. Il tramonto dell’impero USA, all’URL del blog  dell’” Italia e il Mondo”    http://italiaeilmondo.com/2020/05/16/verso-la-guerra-civile-il-  tramonto-dellimpero-usa_2a-parte-di-gianfranco-campa,  Wayback Machine:  http://web.archive.org/web/20210129142310/https://italiaeilmo  ndo.com/2020/05/16/verso-la-guerra-civile-il-tramonto-    dellimpero-usa_2a-parte-di-gianfranco-campa/ e rinviamo  infine alla riflessione del secondo emendamento recita come    segue:    «A well regulated Militia, being necessary to the security of a free State, the right of the  people to keep and bear Arms shall not be infringed.»    (Esortazione certamente non applicabile alla situazione  italiana ed anche europea, tutte nazioni-stato che, comunque,  nella loro travagliata mai videro il sorgere di un federalismo  conflittuale, molto conflittuale, come negli Stati uniti, ma  ricordiamo che Tommaso d’Aquino, proprio perché intriso  dell’aristotelico concetto di bene comune e di prevalenza della    totalità sull’individuo egoista affermava che il tiranno che  andava contro le leggi di Dio poteva anche essere ucciso:   «Colui che allo scopo di liberare la patria uccide il tiranno viene lodato e premiato quando il  tiranno stesso usurpa il potere con la forza contro il volere dei sudditi, oppure quando i  sudditi sono costretti al consenso. E tutto ciò, quando non è possibile il ricorso a un’istanza    superiore, costituisce una lode per colui che uccide il tiranno»: Tommaso, Commento alle  sentenze    E, il tiranno per Aristotele come per Tommaso era colui che  aveva fatto prevalere la legge del suo egoismo particolare sulle  leggi naturali che regolano la vita della comunità (quando  “non è possibile il ricorso ad un’istanza superiore”: cioè  quando il tiranno non rispetta la legge degli uomini che è stata  data ed ispirata da Dio). Il tiranno quindi non come un mostro  che non ha nulla in comune con noi, ma come un egoista che  ha avuto maggiore successo degli altri nella pratica della  kantiana socievole insocievolezza. Il tirranno pubblico o  privato che sia, quindi, nella nostra situazione originata non  dalla nascita violenta di una federazione come negli Stati  uniti ma da un passato poco glorioso di altrettanto sanguinari  totalitarismi politici, non certo un nemico da abbattere  fisicamente (coloro che vogliono compiere violenza in realtà  altro non mirano che a sostituirsi, peggiorandolo,  all’abbattuto, lo si vede nella grande storia delle rivoluzioni  moderne e contemporanee ed anche nella piccola, piccolissima  storia o cronaca politica di questi giorni, per farla breve dalle  stelle alle stalle...) ma un modello psicologico prima ancora  che sociale dal quale affermare interiormente e  pubblicamente la siderale distanza.)  storica, della dem

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