carbonara Filosofare significa com vincersi che l'essere non è nulla, che il dovere è tutto ; significa riflettere sul proprio io empirico, individuale, unica ultivilà libera che tende incessantemente ad attuare ciò che dev' essere, ossia il Dovere, il Bene, /.’ Io asso¬ luto, universale; significa acquistare la coscienza di por- lare con sè la libertà che crea e soggioga il mondo, ap¬ punto per attuare il Dovere, il Bene, l'Ideale morale, l' “ Io „ o la Libertà assoluta. Il Kant aveva bene ammesso che il soggetto, ossia la ragione e la libertà, impone una forma e una legge agli oggetti della conoscenza: dell’ Io egli aveva fatto, si, il legislatore del mondo, ma non era giunto a farne addirit¬ tura il creatore; poiché aveva lasciato sussistere ancora, ili fronte al soggetto, uu oggetto, una cosa in sè, capace d’imporre un limite al soggetto. Per il Fichte, invece, il quale dà all’ io empirico un significato universale, questa pretesa cosa in sè, ultimo residuo del dogmatismo, è una chimera che bisogna esorcizzare, perchè è semplicemente la parte dell’ Io ancora incosciente che il progresso della conoscenza trae a poco a poco alla luce della coscienza ; sarebbe assurda, infatti, di fronte alla Libertà assoluta, al- V Io assoluto e universale, una materia non creata da lui e a lui imposta dal di fuori. E poi, questa misteriosa cosa icxxtv — in sè. supposta al ili là di ogni conoscenza, questo essere senza intelligenza, a che si riduce, se non a un contenuto mentale ( Oeilankending ) e quasi a un fantasma, creato da noi stessi a spiegarci le sensazioni e le rappresentazioni che in noi sorgono, non per libera creazione nostra, ma prodotte dal di fuori. Se un limite esiste all'attività del- ]> jo , gli è perchè l ’lo stesso lo pone liberamente alla pro¬ pria attività illimitata, con lo scopo di avere il modo di sop¬ primerlo e di esentare cosi quella stessa attività propria e di rivelare a si stesso la propria essenza, che è la libertà. La moralità e la virtù, del resto, non suppongono lo sforzo e la lotta? bisogna, dunque, per attuarle, crearsi perenue- mente ostacoli e superarli; onde V Io nel primo momento della propria evoluzione “ pone sè stesso „ (tesi), nel se¬ condo momento u contrappone a sè il non-lo „ (antitesi), e nel terzo momento “ si riconosce nel non-Io „ (sintesi); tre aiti, questi, a cui corrispondono i tre modi di esistenza, i tre oggetti del sapere, che sono l’uomo, il mondo, Dio. Guai se l’7o desistesse un solo istante dali’esercizio della propria libera attività! cesserebbe immantinente di esistere; di qui il carattere “ titanico „ che il Fischer ammira nel- p Jo fichtiano, destinato per natura sua a continuamente agire, produrre, volere ('). f (•) Per approssimarsi in qualche modo al concetto dell lo iich- tiauo nel quale va ricercato il fondamento di ogni esperienza, giova fare completamente astrazione da qualsiasi contenuto rappresentalo della nostra coscienza empirica. Dopo questa immensa sottrazione, si consideri la rappresentazione più vuota che possa pensarsi, 1 unica affermazione che non abbisogni di nessuna dimostrazione, il principio logico d’identità: A è A, col quale uon si afferma nemmeno che zi esiste, ma soltanto che: se A esiste, A dev’essere A. Orbene, quan¬ tunque con tale affermazione si formuli soltanto una vuota venta e — XXXV — Un cosi intenso idealismo non era mai sorto prima.del Pielite. Esso insegna che il variopinto e multisono mondo sensibile, che si estende nello spazio e si svolge nel tempo, non ha esistenza propria e indipendente : 1’ unico ch'e ve¬ ramente esista è l’ lo. E lo stesso Io esiste solo in quanto agisce. Dal suo operare, dal suo rifrangersi in In e non-lo, sorge per lui il mondo visibile, percepibile e connesso da non ■ i ponga nessuna esistenza, si compie, tuttavia, un atto del pen¬ siero, un giudizio, e un giudizio d’incrollabile certezza, il quale porta direttamente a porre e a riconoscere 1'esistenza reale dell’/o. Infatti, donde proviene il verbo “ è „, con cui il primo A è messo in rela¬ zione col secondo A, il soggetto col predicato? Il nesso tra i due ter¬ mini del giudizio è beu soltanto nell’/o e per opera dell’/o. Dunque, nellu precedente proposizioue: A è A, ebe è la più evidente, per quanto la più vuota di contenuto, che si possa formulare, si nasconde già l’ lo, si trova già l’attività certa di aè stessa; perché, meutre per A non si ha il diritto di fare, oltre il giudizio ipotetico: se A esiste, A è A, nnehe il giudizio categorico: A esiste, in quantiche anatale affermazione richiederebbe un’ulteriore dimostrazione, per V Io, invece, anello se non sappiamo assolutamente nulla più di questo: che è A, possiamo dire non solo: se V Io esiste, l’ Io è l’/o, ma altresì: l’ Io esiste (ciò elio ricorda l’agostiniano e il cartesiano: Cogito ergo sum).
Tuesday, May 17, 2022
Subscribe to:
Post Comments (Atom)
No comments:
Post a Comment