The Grice Club

Welcome

The Grice Club

The club for all those whose members have no (other) club.

Is Grice the greatest philosopher that ever lived?

Search This Blog

Monday, November 22, 2021

#velia https://www.facebook.com/media/set/?vanity=j.l.speranza&set=a.4420384541306840 #griceevelia

 #velia 

https://www.facebook.com/media/set/?vanity=j.l.speranza&set=a.4420384541306840 

#griceevelia

Grice e Velia -- Zenone (Velia). Filosofo. f. senofane, parmenide -- Velia --  (or as Strawson would prefer, Zeno). Sometimes spelt ‘Senone’ "Senone *loved* his native Velia. Vivid evidence of the cultural impact of Senone's arguments in Italia is to be found in the interior of a red-figure drinking cup (Roma, Villa Giulia, inv. 3591) discovered in the Etrurian city of Falerii. It depicts a heroic figure racing nimbly ahead of a large tortoise and has every appearance of being the first known ‘response’ to the Achilles (or Mercurio, Ermete) paradox. “Was ‘Senone’ BORN in Velia?”that is the question!”Grice. Italian philosopher, as as such, or as Grice prefers, ‘senone’ -- Zenos paradoxes. “Since Elea is in Italy, we can say Zeno is Italian.”H. P. Grice. “Linguistic puzzles, in nature.”  H. P. Grice. four paradoxes relating to space and motion attributed to Zeno of Elea fifth century B.C.: the racetrack, Achilles and the tortoise, the stadium, and the arrow. Zeno’s work is known to us through secondary sources, in particular Aristotle. The racetrack paradox. If a runner is to reach the end of the track, he must first complete an infinite number of different journeys: getting to the midpoint, then to the point midway between the midpoint and the end, then to the point midway between this one and the end, and so on. But it is logically impossible for someone to complete an infinite series of journeys. Therefore the runner cannot reach the end of the track. Since it is irrelevant to the argument how far the end of the track is  it could be a foot or an inch or a micron away  this argument, if sound, shows that all motion is impossible. Moving to any point will involve an infinite number of journeys, and an infinite number of journeys cannot be completed. The paradox of Achilles and the tortoise. Achilles can run much faster than the tortoise, so when a race is arranged between them the tortoise is given a lead. Zeno argued that Achilles can never catch up with the tortoise no matter how fast he runs and no matter how long the race goes on. For the first thing Achilles has to do is to get to the place from which the tortoise started. But the tortoise, though slow, is unflagging: while Achilles was occupied in making up his handicap, the tortoise has advanced a little farther. So the next thing Achilles has to do is to get to the new place the tortoise occupies. While he is doing this, the tortoise will have gone a little farther still. However small the gap that remains, it will take Achilles some time to cross it, and in that time the tortoise will have created another gap. So however fast Achilles runs, all that the tortoise has to do, in order not to be beaten, is not to stop. The stadium paradox. Imagine three equal cubes, A, B, and C, with sides all of length l, arranged in a line stretching away from one. A is moved perpendicularly out of line to the right by a distance equal to l. At the same time, and at the same rate, C is moved perpendicularly out of line to the left by a distance equal to l. The time it takes A to travel l/2 relative to B equals the time it takes A to travel to l relative to C. So, in Aristotle’s words, “it follows, Zeno thinks, that half the time equals its double” Physics 259b35. The arrow paradox. At any instant of time, the flying arrow “occupies a space equal to itself.” That is, the arrow at an instant cannot be moving, for motion takes a period of time, and a temporal instant is conceived as a point, not itself having duration. It follows that the arrow is at rest at every instant, and so does not move. What goes for arrows goes for everything: nothing moves. Scholars disagree about what Zeno himself took his paradoxes to show. There is no evidence that he offered any “solutions” to them. One view is that they were part of a program to establish that multiplicity is an illusion, and that reality is a seamless whole. The argument could be reconstructed like this: if you allow that reality can be successively divided into parts, you find yourself with these insupportable paradoxes; so you must think of reality as a single indivisible One. Senza le premesse di tale discussione e problematica si precisano chiaramente nei finissimi argomenti di Zenone di Velia, diseepolo e difensore di Parmenide, in cui si vede bene il taglio netto tra l'essere che è e in cui tutto si annulla, e il mondo umano costruito dall'uomo stesso. All'inizio del “Parmenide” Platone narra che una volta, durante le grandi Panatenee, Parmenide e Zenone vennero ad Atene. Parmenide era allora molto innanzi negli anni, tutto bianco, ma d'aspetto bello e nobile, e aveva circa sessantacinque anni. Zenone si avvicinava allora ai quaranta anni, di grande statura e bell'uomo (Parmenide, 127b). Platone dice, poi, che in quell'occasione Zenone lesse un saggio che scrive per difendere la tesi di Parmenide, ma k:he quel libro egli compose per amor di polemica e che per giunta un tale glielo aveva sottratto, per cui, Platone fa dire a Zenone. Nnon ebbi neppure il ternpo di pensare se fosse o no il caso di darlo alla luce (128a). Platone, forse, per dare avvio alla sua discussione, probabil-mente nei confronti dell'eleatismo megarico, si riallaccia di proposito a Zenone e a Parmenide mettendoli in rapporto con Socrate, allora giovanissimo, quel Socrate di cui poi i megarici furono discepoli. Può darsi, dunque, che Platone forza la notizia di Zenone ad Atene insieme a Parmenide, in un'epoca, il 455-450, in cui sembra difficile, per ragioni cronologiche, che Parmenide sia potuto venire ad Atene, o avesse circa sessantacinque anni. Nulla vieta, invece, di pensare che Zenone sia stato effettivamente ad Atene, anche se in epoca diversa, e che sia nato tra il 500 e il 490. Discepolo di Parmenide, Zenone nacque ad Elea nel 500/490. ·Platone (Parmenide, 127b) narra che nel 452 circa Zenone, venuto con Parmenide ad Atene, aveva circa quaranta anni. Tutte le fonti lo presentano come uomo prestante e altamente intelligente, che prese attiva parte alla vita politica della sua città, dove sarebbe eroicamente morto combattendo il tiranno Ncarco, quando, preso da Nearco e torturato, per non parlare si spezza la lingua con i denti, sputandola addosso al tiranno. Sembra che la struttura originaria del saggio di Zenone (o dei suoi saggi) fosse antinomica, e che [Altro punto sospetto è che Platone dice che il saggio che Zenone scrive e stato fatto circolare senza il permesso dell'autore. Potrebbe questo essere indice che Platone, in effetto, non espone la tesi vera di Zenone, anche se, nella finzione del dialogo, Zenone stesso approvi, con qualche riserva, il sunto che dei punti salienti dà Socrate. Platone, nel Parmenide tende a dimostrare l'impossibilità di pensare l'essere di Parmenide che porta dietro di sé l'altrettanta impossibilità di pensare i molti, onde, postici sul piano di Parmenide, risulta impossibile il discorso, un qual- sivoglia giudizio. Non interessa ora la soluzione di Platone e il suo tentativo di poter pensare l'Essere come dialetticità corrispondente alla dialetticità del pensiero, per cui si rendeva possibile porre un tutto oggettivo. come ordine dialettico e misura su cui scandire, attraverso la conoscenza di sé, lo stesso ordine politico. È tuttavia importante sottolineare che nei confronti dell'uno di Parmenide e delle opere di Zenone (che accettando l'ipotesi di Parmenide e anche accettando che l'uno di Parmenide si può, all'estremo, ritenere assurdo, vuoi dimostrare che altrettanto assurdo è porre unità accanto a unità, come i pitagorici, quando si ritenga che queste siano realtà per sé e non puri nomi), la polemica di Platone chiarifica quella che storicamente dev'essere stata l'aporia fondamentale in cui doveva trovarsi il lettore del saggio di Zenone. In verità - abbietta Zenone nel Parmenide di Platone - questo mio saggio vuol essere in certo modo una difesa della dottrina di Parmenidc contro quelli che cercano di metterla in ridicolo sostenendo che la tesi dell'esistenza dell'uno va incontro a molte conseguenze ridiwlc c contraddittorie. Vuole confutare perciò questo mio saggio quelli che asseriscono l'esistenza dei molti c render loro la pariglia e anche di piu, cercando di mostrare che la loro ipotesi dell'esistenza dei. molti va incontro a conseguenze ancor piu ridicole di quella dell'uno se si vuole andare in fondo alla ricerca (l28c-d). In effetto qui Platone corregge la sua prima affermazione che Zenone e Parmenide avessero detto la stessa cosa ("dite su per giu la cosa medesima ": 128b}, e per i suoi intenti lascia cadere la precisazione di Zenone. Ma ciò è fondamentale, perché, in genere, è con questi abili accenni che Platone distingue quello che a lui importa da quello che accantona, ma che corrisponde, quasi sempre, alla verità storica. Zenone, quaranta fossero gli argomenti contro la tesi che sostiene il molteplice e il moto. Platone che vede in Zenone il difensore dell"Uno di Parmenide, lo chiamò il "PALAMEDE eleatico" (Fedro, 26ltl). ] dunque, sarebbe parmenideo alla rovescia. Egli accetterebbe che l'Uno tutto di Parmenide porti alla finale contraddizione dell'impensabilità - proprio sulla via del pensiero - dell'Uno stesso. Solo che la facile critica dell'annullarsi dell'Uno deve tener presente che, ammessa la esistenza dei molti, di punti accanto a punti, come enti reali, si cade nelle stesse contraddizioni di chi pone l'uno. Zenone non dice mai cosa sia l'Essere. Zenone nega che posti i molti come esistenti, sul piano logico i molti esistano, confermando cosi la tesi parmenidea che i molti in quanto tali, in quanto definizioni, non sono che puri nomi. Ammessa, dunque, pitagoricamente, l'esistenza di punti reali costituenti le cose, bisogna necessariamente ammettere che ciascuna di tali unità in quanto punto ha una grandezza, anche se minima, onde in ogni punto vi sono infiniti punti e quindi ogni punto-unità sarà infinitamente grande; se il punto poi non ha gradezza, poiché le cose si costituiscono come aventi grandezza per l'unione dei punti, come sarà mai possibile che punti senza grandezza diano luogo a grandezze? n punto dunque, se non ha grandezza, non è (fr. l, 2). Ancora: ammesse piu cose costituite di punti, esse saranno ad un tempo in numero finito e infi.t;lito, il che è contraddittorio: saranno in numero finito, perché non possono essere piu o meno di quante sono; infinito perché tra l'una e l'altra ve ne sarà un'altra ancora, e tra questa e l'altra un'altra ancora all'infinito (fr. 3). Ancora: ammessa la molteplicità di cose reali per sé, bisogna ammettere o che sono continue, onde la molteplicità si annulla nella continuità, che, essendo divisibile all'infinito, è costituita di infiniti punti a loro volta divisibili all'infinito, fino al nulla; oppure che ogni cosa, limitando l'altra, occupa uno spazio e si distingue dal- l'altra per uno spazio: ma allora ogni spazio in quanto luogo implica un altro luogo e cosi all'infinito, sino all'unico luogo cioè l'uno, cioè il nulla (Aristotele, Fisica, 209a-210b; Simplicio, Fisica, 140, 34, 562, 1). Entro questa linea rientra anche il cosiddetto argomento del grano di miglio. Un grano o la decimillesima parte di un grano di miglio fa rumore: ora se fra un grano di miglio e un medimmo c'è proporzione, vi sarà proporzione anche tra i suoni, per cui se un medimmo di miglio fa rumore lo farà anche un solo grano (Aristotele, Fisica, 250a~ 19; Simplicio, Fisica, 1108, 18), ma ciò non avviene. Evidentemente quest'ultimo argomento rientra nei termini dei primi. Se l'uno, o la totalità, è impensabile irrelativamente, altrettanto impensabili sono i molti qualora si pongano quali realtà accanto a realtà. Nessuna parte del molteplice costituirà il limite ultimo e nessuna sarà senza una relazione con un'altra" (fr. 1). Poiché i molti sono impensaolli, se non. determinati come variazione di quantità di un CONTINUO, e poiché IL CONTINUO si può rappresentare come retta all'infinito, fino al nulla, i molti, se posti come realtà per sé, non sono. Cosi nell'ipotetica retta (nulla è pensabile se non in quanto estensione ed estensione che si qualifica) altrettanto inconcepibile è il moto, o meglio la possibilità dello spostamento e del passaggio da punto a punto, ché, dato, ad esempio, un segmento AB, tra A e B posta una metà A', necessariamente tra A e A', vi sarà una metà A" e cosi vita all'infinito – eis apeiron -- (argomento della dicotomia, cioè della divisione in due: Aristotele, Fisica, 233a, 239b, 263a; Simplido, Fisica, 1013; 4). Evidentemente non vi è allora passaggio tra un ipotetico primo punto A e il punto della linea accanto ad A, onde si può dire che Achille piè veloce" (in A) non raggiungerà mai la tartarugà che sia un passo avanti (in A"), ché, in effetto, logicamente, né l'uno né l'altra si muovono (argomento dell'Achille: cfr. Aristotele, Fisica, 239b; Simplicio 1013, 31), tanto piu che la linea, essendo costituita d'infiniti punti, è divisibile all'infinito, e quindi, all'infinito, si annulla. Analogamente LA FRECCIA non raggiungerà mai il bersaglio, dovendo percorrere l'infinito e rimanendo sempre ferma al punto di partenza (argomento della freccia: cfr. Aristotele, Fisica, 239b; Simplicio, Fisica, 1015, 19; Filopono, Fisica, 816, 30; Temistio, Fisica, 199, 4). Infine, dei presunti quaranta argomenti con i quali Zenone avrebbe dimostrato la contraddittorietà in cui pone o l'esperienza sensibile o la definizione dei dati che implicano la molteplicità o il movimento, abbiamo l'argomento detto dello stadio. Considerando in uno stadio un punto mobile che va ad una certa velocità, se lo si considera rispetto ad un punto fermo andrà, ad esempio, a dieci chilometri l'ora, se lo si considera invece rispetto a un altro punto mobile che vada alla sua stessa velocità in senso opposto, quello stesso mobile va a venti chilometri all'ora. Il quarto argomento - dice Aristotele - è quello delle due serie di masse uguali che si muovono in senso contrario nello stadio, lungo altre masse uguali, le une cioè a partire dalla fine dello stadio, le altre dalla metà, con velocità uguale; la conseguenza è, secondo Zenone, che la metà del tempo è uguale al doppio (Fisica, 239b; cfr. anche Simplicio, Fisica, 1016, 9 sgg). I celebri argomenti sul movimento, con cui, accettata la premessa che esiste il moto, con ferrea consequenzialità, di deduzione in deduzione, si dimostra come-sul piano logico, contraddicendosi, non si possa se non negare il moto (onde, appunto, Aristotele, secondo Diogene Laerzio, VIII, 57, nel “Sofista” andato perduto - ha potuto dire che Zenone fu padre della DIALETTICA, come arte del confutare), ci sono rimasti attraverso le discussioni e le critiche di Aristotele. Non sappiamo, in effetto, se tali argomenti fossero proprii del saggio di Zenone, ché le fonti precedenti, ivi compreso Platone (che fa intravedere solo gli argomenti contro l'esistenza della molteplicità), ne tacciono. Certo gli argomenti sul movimento potevano essere conseguenza di quelli sulla pluralità, che, portando a dimostrare l'intraducibilità della fisica in termini logico-matematici, per l'impensabilità del CONTINUO SPAZIALE, portavano anche a rendere impensabile il continuo temporale-spaziale su cui si determinano, definendoli, i punti-geometrici, i cui rapporti di movimento divenivano rapporti spaziali e, quindi, ancora una volta impensabili o contraddittori. La polemica di Zenone sembra quindi rivolta sia contro i punti- cose dei primi pitagorici (o se si vuole contro la riduzione a numeri interi delle cose da parte dei primi pitagorici), supponendo i numeri irrazionali, sia contro l'impossibilità di ridurre le esperienze della vita, della mutevolezza, alla sfera della ragione e dei numeri, senza perdere in puri nomi quella stessa vitalità. Le conseguenze della discussione di Zenone, tenendo presenti certe posizioni a lui contemporanee o immediatamente posteriori - lasciando da parte le implicazioni che vi hanno veduto certi storici, riferendo le tesi di Zenone ad alcune delle concezioni della matematica e della fisica moderna, - sembrano potersi indicare nei seguenti punti: l. impossibilità di ridurre la fisica in termini matematici; 2. conseguente impossibilità di pensare, e quindi di definire, sia l'Essere come totalità, sia la molteplicità; 3. consapevolezza che ogni ricostruzione matematica è valida, in quanto ipotetica e che altrettanto ipotetica è ogni ricostruzione fisica. Sul piano storico si determinano cosi: posizioni diverse, a seconda di quale aspetto della problematica, impostata da Zenone, veniva approfondito. O si insistito sul continuo giungendo a risolvere e ad an- nullare i molti (che restano come determinazioni valide su di un piano puramente linguistico) nel continuo stesso, cioè nell'infinita unità (Me- lisso); o si è risolto l'uno su di un piano puramente matematico, per cui l'uno non è nessuno dei punti della serie, né il pari né il dispari, ma la possibilità dell'uno e dell'altro, e che nell'opposizione-armonia dà luogo a un'ipotesi logica che spiega un'ipotesi fisica (Filolao e piu tardi Archita); o si è assunta l'ipotesi fisica del continuo divisibile al- l'infinito in infiniti punti ognuno dei quali, infinito, ha in sé tutte le infinite possibilità, gl'infiniti semi vitali, onde in ogni punto tutto è tutto (Anassagora); o si è fatta l'ipotesi che gli infiniti punti, proprio perché infiniti e quindi escludenti un passaggio dall'uno all'altro all'infinito costituiscono infiniti limiti, d'onde una infinita serie di limiti, d'indivisibili (atomi) implicanti nel limite una separazione, cioè un altro limite come vuoto (Leucippo, che fu discepolo di Zenone, e Democrito). Infine, se da un lato la problcmatica di Zenone portava a impo- stare l'intelligibilità del reale non come afferrante la struttura in sé del reale stesso, ma come ipotesi o fisica o matematica, dall'altro lato portava, nella consapevolezza dell'impossibilità logica dell'Essere o del divenire, della Verità, a rimanere sul piano dell'opinione c del discorso umani, entro i termini dello stesso mondo dègli uomini e dei loro rapporti (Protagora, Gorgia). Senone di Velia. Keywords: reductio ad absurdum, alievo di Parmenide di Velia, scuola di Velia, scuola di Crotone, i veliati, i veliani, Adorno. Refs.: H. P. Grice, “Zeno’s sophisma;” Luigi Speranza, "Senone e Grice," “Grice e Zenone” -- The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.

 

 

No comments:

Post a Comment