Gaetani
(Martano).
Filosofo. Grice: “I like Gaetani, for one, he is a duke – and kept beautiful
gardens at Martano – he philosophised on the ‘ottocento’, as any philosopher
from the Novecento would!” Figlio di Carlo, conte di Castelmola, e Giuseppina
Chiriatti. La famiglia Gaetani annovera oltre al ramo dei Castelmola, anche
quello dei Laurenzana, di cui si ricorda il Barone Di Laurenzana, esponente del
movimento radicale. L'insegna araldica dei Castelmola è costituita da uno scudo
forgiato di due strisce blu ondeggianti che lo attraversano in senso
trasversale. I Gaetani, prima Caetani, vantarono alcuni papi, tra cui Bonifacio
VIII. Il padre, Carlo, avvocato, fu
ripetutamente eletto tra le file dei radicali nel Consiglio comunale di Napoli.
Da Napoli attiene, fino a tutta la Grande Guerra, alla cura del patrimonio
fondiario in Martano, acquisito dal matrimonio con Chiriatti. Questa infatti si
era trasferita a Napoli dopo l'uccisione del facoltosissimo padre Paolo,
nell'ambito di una torbida vicenda che vide infine coinvolta la madre di lei,
Maria Fortunato, quale mandante, assieme al prete Mariano, dato che i due erano
in tresca. Diviso il patrimonio tra le due figlie Giuseppina e Paolina
Chiriatti, e la madre stessa, vennero iniziati i lavori di costruzione del
palazzo Chiriatti-Gaetani. A Palazzo Chiriatti-Gaetani la famiglia venne a dimorare
mentre man mano la gestione delle fortune familiari passava in capo a Gaetani,
che si impegna in un'ardua opera di bonifica e di razionalizzazione colturale,
culminata con l'acquisto di diversi macchinari ad alta tecnologia. E però
proprio il malfunzionamento dell'attrezzatura finalizzata all'estrazione
dell'acqua dai pozzi, bene capitale nelle aride campagne della zona, a
determinare l'infiacchimento del capitale di famiglia e il progressivo
indebitamento verso il Banco di Napoli, che culmina con la fine del
fascismo. Frattanto Gaetani, che si fregiava del titolo di duca, a
seguito del matrimonio con la duchessa d'Ascoli, Leopoldina, si dedica alla
filosofia, mentre, del resto, ebbe a ricoprire la carica di Provveditore a
Potenza. La sua filosofia e ispirata dalla Francia, della che fu un grande
amatore, nonostante il fascismo e nonostante la sua adesione al regime, che ad
un certo punto ne impedì la circolazione in Italia. Crociano, segue lo schema
tracciato dal maestro, mentre l'ultimo ricordo della natia Martano fu un canto
dedicato alle tradizioni grike, di cui raccomandava appassionatamente la
conservazione e il culto. Nei giorni
furenti che precedettero il Referendum istituzionale appoggiò in pubblici
comizi la Monarchia, e per questo pagò dazio dovendosi allontanare all'indomani
del voto e rifugiarsi in Napoli, tutto teso negli studi letterari. Altre opere: Villon (Napoli); “Un carteggio
inedito di F. Bozzelli (S. Gaetani, F.Bozzelli), L'Aquila, Masseria, Martano
(Lecce); “Un bilancio letterario” (Roma); “Per onorare un maestro: il Torraca,
Napoli); “Catullo” (Roma); L'Ottocento” (Napoli); La bancarotta del rosso: commedia
in tre atti, Lecce); Per la venuta del Duce” (Lecce); “Bernardo Bellincioni,
Galatina (Lecce); “Il benedettino-cistercense d. Mauro cassoni nel Tempio,
nella scuola, negli studi: ), Leccel “Ricordi di Benedetto Croce, Napoli); Vicende
tipi e figure del Casino dell'Unione, Napoli); Napoli ieri e oggi: passeggiate e
ricordi, Milano-Napoli); Apud Neapolim..., Napoli); Fonti storiche e letterarie
intorno ai martiri di Otranto, Napoli.
Martano Caetani. Salvatore Gaetani. Gaetani. Keywords: l’implicatura di
croce -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gaetani” – The Swimming-Pool Library,
Villa Speranza.
Gagliardi.
(Marino).
Filosofo. Grice: “I like Gagliardi;
I spent some time with medics at Richmond, talking Greek! Anyhow, Gagliardi
shows why the Angles prefer physician – since ‘medicare’ is such a trick!” –
Grice: “Philosophically interesting bit is that Gagliardi applies ‘medico’ and
qualifies it with ‘morale’!” –Nacque a Marino, feudo dei Colonna, nell'area dei
Colli Albani, come riferisce lMoroni nel suo Dizionario di erudizione, e come
riferito dallo stesso Gagliardi nel in "L'idea del vero medico fisico e
morale formato secondo li documenti ed operazioni di Ippocrate" (Roma). In
effetti, il cognome Gagliardi esiste all'epoca a Marino ed è tuttora
tramandato. Fu impegnato in ricerche morfologiche, microscopiche ed anatomo-patologiche
a proposito delle ossa, compiendo importanti scoperte in questo campo: in “Anatomia
delle ossa illustrata con le nuove scoperte", Roma) descrisse per primo la
struttura lamellare delle ossa. Inoltre effettua alcuni esami e ricerche
comparative tra le ossa umane e quelle del vitello. Descrisse probabilmente per
primo un caso di tubercolosi ossea. La sua opera fu piuttosto lodata, e l'
“Anatomia” fu ristampato. Fece importanti studi sul "mal di petto". Filosofa
sull'educazione morale. Diede anche ammonimenti contro i guaritori ciarlatani e
fornì alcuni suggerimenti deontologici.
Abitava nel rione Sant'Angelo, presso via delle Botteghe Oscure. In
questa strada un suo servo fu ucciso misteriosamente nottetempo. Durante le
villeggiature dei papi presso la Villa Pontificia di Castel Gandolfo Gagliardi
ha il privilegio di offrire la frutta al papa. Alessandro VIII gli conferì un
titolo nobiliare, ma non sappiamo quale.
I suoi lavori, conservati nelle maggiori biblioteche di Roma, rivestono
un particolare interesse se anche duecento anni dopo la loro scrittura, il
vice-direttore dell'Ospedale San Martino di Genova, Arata, diede alle stampe
una lettera inedita del Gagliardi sull'itterizia. Si ha svolto un proficuo lavoro
di ricerca su Gagliardi, scoprendo anche una firma del medico in margine ad un
saggio discusso all'Università La Sapienza.
Altre opere: “L'infermo istruito nelle scuole” (Roma); “Consigli
preventivi e curativi in tempo di contagio dati in forma di dialogo” (Roma); “Relazione
de' Mali di Petto che corrono presentemente nell'Archiospedale di Santo Spirito
in Sassia” (Roma); “L'educazione morale” (Roma). “Come sopra l'influenza
catarrale che presentemente regna in Roma e Stato ecclesiastico” (Roma). Note: Si
veda l'annotazione di “Due baiocchi” in "Castelli Romani", Bossi,
Dell'Istoria d'Italia antica, Enciclopedia TreccaniGagliardi, Domenico, Luciano
Sterpellone, I protagonisti della medicina, Girolamo Tiraboschi, Storia della
letteratura italiana, Lucarelli,
Domenico Gagliardi, Giornale de'
letterati d'Italia, Guillermo Olagüe de Ros, La "Relazione de' Male di
Petto" en el ambiente anatomo-clínico romano, in Dynamis: Acta hispanica
ad medicinae scientiarumque historiam illustrandam, Gaetano Moroni, Dizionario
di erudizione storico-ecclesiastica, Venezia, Tipografia Emiliani, Antonia Lucarelli,
Memorie marinesi, 1ª ed., Marino, Biblioteca di interesse locale "Girolamo
Torquati", Ordinamento universitario dello Stato Pontificio Tubercolosi
ossea Domenico Gagliardi, su
TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Domenico
Gagliardi. Gagliardi. Keywords: “a dull (if at a certain level adequate) answer
to the fundamental question about the conversational categoric imperative”; moralia,
etica, mos, ethos – Grice on morality – morals – educazione – “We learn not to
tell lies from our parents” Hardie, Ethica Nichomachaea, la formazione del
carattere. “Empirical fact we’ve learned
since childhood and it would be difficult to diverge from the practice” – “This
is a dull empirical.” -- Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Gagliardi” – The Swimming-Pool Library, Villa Speranza.
Galetti Enea?
Galilei (Pisa). Filosofo.
Galileo Galilei. Grice: “His father was, like mine, a musician.” – “La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che
continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l'universo), ma non si
può intendere se prima non s'impara a intender la lingua, e conoscer i
caratteri, ne' quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i
caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali
mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi
vanamente per un oscuro laberinto”. Personaggio chiave della rivoluzione
scientifica, per aver esplicitamente introdotto il metodo scientifico (detto
anche "metodo galileiano" o "metodo sperimentale"), il suo
nome è associato a importanti contributi in fisica e in astronomia. Di primaria
importanza fu anche il ruolo svolto nella rivoluzione astronomica, con il
sostegno al sistema eliocentrico e alla teoria copernicana. I suoi principali
contributi al pensiero filosofico derivano dall'introduzione del metodo
sperimentale nell'indagine scientifica grazie a cui la scienza abbandonava, per
la prima volta, quella posizione metafisica che fino ad allora predominava, per
acquisire una nuova, autonoma prospettiva, sia realistica che empiristica,
volta a privilegiare, attraverso il metodo sperimentale, più la categoria della
quantità (attraverso la determinazione matematica delle leggi della natura) che
quella della qualità (frutto della passata tradizione indirizzata solo alla
ricerca dell'essenza degli enti) per elaborare ora una descrizione razionale
oggettiva[N 6] della realtà fenomenica. Sospettato di eresia e accusato di
voler sovvertire la filosofia naturale aristotelica e le Sacre Scritture,
Galilei fu processato e condannato dal Sant'Uffizio, nonché costretto, il 22
giugno 1633, all'abiura delle sue concezioni astronomiche e al confino nella
propria villa di Arcetri. Nel corso dei secoli il valore delle opere di Galilei
venne gradualmente accettato dalla Chiesa, e 359 anni dopo, il 31 ottobre 1992,
papa Giovanni Paolo II, alla sessione plenaria della Pontificia accademia delle
scienze, riconobbe "gli errori commessi" sulla base delle conclusioni
dei lavori cui pervenne un'apposita commissione di studio da lui istituita nel
1981, riabilitando Galilei. La casa natale di Galilei Abitazione
all'800 Abitazione in via Giusti Dal libretto di battesimo di Galileo
riportante come luogo "in Chapella di S.to Andrea", si credeva fino alla
fine dell'800 che Galileo potesse essere nato vicino alla cappella di
Sant'Andrea in Kinseca nella fortezza San Gallo, il che presumeva che il padre
Vincenzo fosse un militare. In seguito fu identificata casa Ammannati, vicino
alla Chiesa di Sant'Andrea Forisportam, come la vera casa natale. Nacque a
Pisa, figlio di Vincenzo Galilei e di Giulia Ammannati. Gli Ammannati,
originari del territorio di Pistoia e di Pescia, vantavano importanti origini; Vincenzo
Galilei invece apparteneva ad una casata più umile, per quanto i suoi antenati
facessero parte della buona borghesia fiorentina. Vincenzo era nato a Santa
Maria a Monte, quando ormai la sua famiglia era decaduta ed egli, musicista di
valore, dovette trasferirsi a Pisa unendo all'esercizio dell'arte della musica,
per necessità di maggiori guadagni, la professione del commercio. La
famiglia di Vincenzo e di Giulia, contava oltre Galileo: Michelangelo Galilei,
che fu musicista presso il granduca di Baviera, Benedetto Galilei, morto in
fasce. Dopo un tentativo fallito di inserire Galileo tra i quaranta studenti
toscani che venivano accolti gratuitamente in un convitto di Pisa, fu ospitato
"senza spese" da Tebaldi, doganiere della città di Pisa, padrino di
battesimo di Michelangelo Galilei, e tanto amico di Vincenzo da provvedere alle
necessità della famiglia durante le sue lunghe assenze per lavoro. A Pisa,
Galilei conobbe Bartolomea Ammannati che curava la casa del rimasto vedovo
Tebaldi il quale, nonostante la forte differenza d'età, la sposò, probabilmente
per metter fine alle malignità, imbarazzanti per la famiglia Galilei, che si
facevano sul conto della giovane nipote. Successivamente fece i suoi primi
studi a Firenze, prima col padre, poi con un maestro di dialettica e infine
nella scuola del convento di Santa Maria di Vallombrosa, dove vestì l'abito di
novizio. Vincenzo iscrisse il figlio a Pisa con l'intenzione di fargli studiare
medicina, per fargli ripercorrere la tradizione del suo glorioso antenato
Galileo Bonaiuti e soprattutto per fargli intraprendere una carriera che poteva
procurare lucrosi guadagni. Nonostante il suo interesse per i progressi
sperimentali di quegli anni, la sua attenzione fu presto attratta dalla semiotica,
la logica, e la matematica – lo studio del segno -- che comincia a studiare
dall'estate del 1583, sfruttando l'occasione della conoscenza fatta a Firenze
di Ostilio Ricci da Fermo, un seguace della scuola matematica di Tartaglia. Caratteristica
del Ricci era l'impostazione che egli dava all'insegnamento della matematica:
non di una scienza astratta o formale, ma di una disciplina materiale che
servisse a risolvere i problemi pratici legati alla meccanica e alle tecniche
ingegneristiche. Fu, infatti, la linea di studio "Tartaglia-Ricci"
(prosecutrice, a sua volta, della tradizione facente capo ad Archimede) a
insegnare a Galileo l'importanza della precisione nell'osservazione dei dati e
il lato ‘prammatico’ della ricerca scientifica. È probabile che a Pisa abbia
seguito anche i corsi di filosofia naturale (fisica) tenuti dall'aristotelico
Bonamici. Durante la sua permanenza a Pisa arriva alla sua prima, personale
scoperta, che chiama l' “iso-cronismo” nelle oscillazioni di un pendolo.
Rinuncia a proseguire gli studi di medicina e anda a Firenze, dove approfondì i
suoi nuovi interessi, occupandosi di meccanica e di idraulica. Trova una
soluzione al "problema della corona" di Gerone inventando uno
strumento per la determinazione idrostatica del peso specifico dei “corpi”. L'influsso di Archimede e dell'insegnamento
del Ricci si rileva anche nei suoi studi sul centro di gravità dei solidi.
Cerca intanto una regolare sistemazione economica: oltre a impartire lezioni
private a Firenze e a Siena, andò a Roma a richiedere una raccomandazione per
entrare nello Studio di Bologna a Clavius, ma inutilmente, perché a Bologna gli
preferirono alla cattedra Magini. Su invito dell'Accademia Fiorentina tenne due
Lezioni circa la figura, sito e grandezza dell'Inferno, difendendo le ipotesi
già formulate da Manetti sulla
topografia dell'Inferno. Galilei si rivolse allora a Monte, matematico
conosciuto tramite uno scambio epistolare su questioni matematiche. Monte e fondamentale
nell'aiutare Galilei a progredire nella carriera universitaria, quando,
superando l'inimicizia di Giovanni de' Medici, un figlio naturale di Cosimo de'
Medici, lo raccoma al fratello cardinale Francesco Maria Del Monte, che a sua
volta parlò con il potente Duca di Toscana, Ferdinando I de' Medici. Sotto la
sua protezione, ebbe un contratto triennale per una cattedra a Pisa, dove
espose chiaramente il suo programma, procurandosi subito una certa ostilità
nell'ambiente accademico di formazione aristotelica. Il metodo che sigue e
quello di far dipendere quel che si dice da quel che si è detto, senza mai
supporre come vero quello che si deve spiegare. Questo metodo me l'hanno
insegnato i miei matematici, mentre non è abbastanza osservato da certi
filosofi quando insegnano elementi fisici. Per conseguenza quelli che imparano,
non sanno mai le cose dalle loro cause, ma le credono solamente per fede, cioè
perché le ha dette Aristotele. Se poi sarà vero quello che ha detto Aristotele,
sono pochi quelli che indagano; basta loro essere ritenuti più dotti perché
hanno per le mani maggior numero di testi aristotelici [...] che una tesi sia
contraria all'opinione di molti, non m'importa affatto, purché corrisponda alla
esperienza e alla ragione”. Frutto dell'insegnamento pisano è “De motu
antiquiora”, che raccoglie una serie di lezioni nelle quali egli cerca di dar
conto del problema del movimento. Base delle sue ricerche è il trattato,
pubblicato a Torino, “Diversarum speculationum mathematicarum liber d
Benedetti, uno dei fisici sostenitori della teoria dell'impeto come causa del
moto violento. Benché non si sapesse definire la natura dell’impeto impresso a
un corpo, questa teoria, elaborata da Filopono e poi sostenuta dai fisici parigini,
pur non essendo in grado di risolvere il problema, si opponeva alla
tradizionale spiegazione aristotelica del movimento come prodotto del mezzo nel
quale il corpo animato stesso si muove. A Pisa Galilei non si limitò alle
sole occupazioni scientifiche: risalgono infatti a questo periodo le sue “Considerazioni
sul Tasso” che avrebbero avuto un seguito con le Postille all'Ariosto. Si
tratta di note sparse su fogli e annotazioni a margine nelle pagine dei suoi
volumi della Gerusalemme e dell'Orlando furioso dove, mentre rimprovera al
Tasso la scarsezza della fantasia e la monotonia lenta dell'immagine e del
verso, ciò che ama nell'Ariosto non è solo lo svariare dei bei sogni, il mutar
rapido delle situazioni, la viva elasticità del ritmo, ma l'equilibrio armonico
di questo, la coerenza dell'immagine l'unità organica – pur nella varietà – del
fantasma poetico. La morte del padre lo lasciando l'onere di mantenere tutta la
famiglia: per il matrimonio della sorella Virginia, dovette provvedere alla
dote, contraendo dei debiti, così come avrebbe poi dovuto fare per le nozze
della sorella Livia con Galletti, e altri denari avrebbe dovuto spendere per
soccorrere le necessità della numerosa famiglia del fratello Michelangelo. Del
Monte intervenne ad aiutare nuovamente, raccomandandolo al prestigioso Studio
di Padova, dove era ancora vacante una catedra dopo la morte di Moleti. Le
autorità della Repubblica di Venezia emanarono il decreto di nomina, con un
contratto, prorogabile, di quattro anni e con uno stipendio di 180 fiorini l'anno.
Tenne a Padova il discorso introduttivo e dopo pochi giorni cominciò un corso
destinato ad avere un grande seguito presso gli studenti. Vi sarebbe restato
per diciotto anni, che avrebbe definito «li diciotto anni migliori di tutta la
mia età. Arriva a Venezia solo pochi mesi dopo l'arresto di Bruno a
Venezia. Nel dinamico ambiente di Padova (risultato anche del clima di
relativa tolleranza religiosa garantito dalla Repubblica veneziana), intrattenne rapporti cordiali anche con
personalità di orientamento filosofico lontano dal suo, come Cremonini,
filosofo rigorosamente aristotelico. Frequenta anche i circoli colti e gli
ambienti senatoriali di Venezia, dove strinse amicizia con Sagredo, che Galilei
rese protagonista del suo Dialogo sopra i massimi sistemi, e Sarpi, esperto di
semiotica. È contenuta proprio nella lettera
al frate servita la formulazione della legge sulla caduta dei gravi. Gli
spazii passati dal moto naturale esser in proportione doppia dei tempi, e per
conseguenza gli spazii passati in tempi eguali esser come ab unitate, et le
altre cose. Et il principio è questo: che il mobile naturale vadia crescendo di
velocità con quella proportione che si discosta dal principio del suo moto.
Galileo tiene a Padova lezioni di meccanica: il suo “Trattato di meccaniche” dovrebbe
essere il risultato dei suoi corsi, che avevano avuto origine dalle “Questioni
meccaniche” di Aristotele. A Padova Galileo attrezza con l'aiuto di un
artigiano che abitava nella sua stessa casa, una officina nella quale eseguiva
esperimenti e fabbricava strumenti che vendeva per arrotondare lo stipendio.
Perla macchina per portare l'acqua a livelli più alti ottenne dal Senato veneto
un brevetto ventennale per la sua utilizzazione pubblica. Da anche lezioni
private e ottenne aumenti di stipendio: dai 320 fiorini percepiti annualmente
passa ai 1.000. Una nuova stella fu
osservata d’Altobelli, il quale ne informò Galilei. Luminosissima, fu osservata
successivamente anche da Keplero, che ne fece oggetto di uno studio, il De Stella
nova in pede Serpentarii. Su quel fenomeno astronomico Galileo tenne tre
lezioni, il cui testo non ci è noto, ma contro le sue argomentazioni scrisse un
opuscolo Lorenzini, sedicente aristotelico originario di Montepulciano,su
suggerimento di Cremonini, e intervenne a sua volta con un opuscolo anche
Capra. Interpreta il fenomeno della ‘nuova stella’ come prova della mutabilità
dei cieli, sulla base del fatto che, non presentando la "nuova
stella" alcun cambiamento di parallasse, essa dovesse trovarsi oltre
l'orbita della Luna. A favore della tesi si pubblica “Dialogo de Cecco di
Ronchitti da Bruzene in perpuosito de la Stella Nuova. Ronchitti difende la
validità del metodo della parallasse per determinare la distanza minima di cose
accessibili all'osservatore solo visivamente, quali sono gli astri. Rimane
incerta l'attribuzione del dialogo, se cioè sia opera dello stesso Galilei o di
Spinelli. Compose due trattati sulla fortificazione, la Breve introduzione
all'architettura militare e il Trattato di fortificazione. Fabbricò un compasso,
che descrisse in “Le operazioni del compasso geometrico et militare” (Padova). Il
compasso era strumento già noto e, in forme e per usi diversi, già utilizzato,
né Galileo pretese di attribuirsi particolari meriti per la sua invenzione; ma
Capra lo accusa di aver plagiato una sua precedente invenzione. Ribalta le
accuse di Capra, ottenendone la condanna da parte dei Riformatori dello Studio
padovano e pubblicò una Difesa contro alle calunnie et imposture di Baldessar
Capra milanese, dove ritorna anche sulla precedente questione della nuova
stella. L'apparizione della nuova stella crea grande sconcerto nella società e
Galileo non disdegna di approfittare del momento per elaborare, su commissione,
oroscopi personali, al prezzo di 60 lire venete. Peraltro, e messo sotto accusa
dall'Inquisizione di Padova a seguito di una denuncia di un suo
ex-collaboratore, che lo aveva accusato precisamente di aver effettuato
oroscopi e di aver sostenuto che gli astri determinano le scelte dell'uomo. Il
procedimento, però, fu energicamente bloccato dal Senato della Repubblica
veneta e il dossier dell'istruttoria venne insabbiato, così che di esso non
giunse mai alcuna notizia all'Inquisizione romana, ossia al Sant'Uffizio. Il
caso venne probabilmente abbandonato anche perché Galileo si era occupato di
astrologia natale e non di astrologia pro-gnostica o previsionale. La sua
fama come autore di oroscopi gli portò richieste, e senza dubbio pagamenti più
sostanziosi, da parte di cardinali, principi e patrizi, compresi Sagredo,
Morosini e qualcuno che si interessava a Sarpi. Scambia lettere con Gualterotti,
e, nei casi più difficili, con Brenzoni. Tra i temi natali calcolati e
interpretati figurano quelli delle sue due figlie, Virginia e Livia, e il suo
proprio, calcolato tre volte. Il fatto che si dedicasse a questa attività anche
quando non era pagato per farlo suggerisce che egli vi attribuisse un qualche
valore. Non basta guardare, occorre guardare con occhi che vogliono vedere, che
credono in quello che vedono. (if you see that p, because you want that p). Non
sembra che, nella polemica sulla "nuova stella", Galilei si fosse già
pubblicamente pronunciato a favore della teoria elio-centrica di Copernico. Si
ritiene che egli, pur intimamente convinto copernicano, pensasse di non
disporre ancora di prove sufficientemente forti da ottenere invincibilmente
l'assenso della universalità dei filosofi. Tuttavia, espressa privatamente la
propria adesione al copernicanesimo a Keplero – che aveva pubblicato il suo
Prodromus dissertationum cosmographicarum scriveva. Ho già scritto molte argomentazioni
e molte confutazioni degli argomenti avversi, ma finora non ho osato
pubblicarle, spaventato dal destino dello stesso Copernico, nostro maestro. Questi
timori, però, svaniranno proprio grazie al cannocchiale, che Galileo punterà
per la prima volta verso il cielo. Di ottica si erano occupati già Porta nella
sua Magia naturalis e nel De refractione e Keplero negli Ad Vitellionem
paralipomena, opere dalle quali era possibile pervenire alla costruzione del
cannocchiale. Lo strumento fu costruito indipendentemente da Lippershey, un
ottico tedesco naturalizzato olandese. Galileo decise allora di preparare un
tubo di piombo, applicandovi all'estremità due lenti, ambedue con una faccia
piena e con l’altra sfericamente concava nella prima lente e convessa nella
seconda. Quindi, accostando l’occhio alla lente concava, percepii l’astro
abbastanza grande e vicino, in quanto essi apparivano tre volte più prossimi e
nove volte maggiori di quel che risultavano guardati con la sola vista
naturale. Presenta l'apparecchio come sua costruzione al governo di Venezia
che, apprezzando l'invenzione, gli raddoppiò lo stipendio e gli offrì un
contratto vitalizio d'insegnamento. L'invenzione, la riscoperta e la
ricostruzione del cannocchiale non è un episodio che possa destare grande
ammirazione. La novità sta nel fatto che Galileo è il primo a portare questo
strumento, usandolo in maniera prettamente logica e concependolo come un
potenziamento del sentire – il vedere. La grandezza di Galileo nei riguardi del
cannocchiale è stata proprio questa. Supera tutta una serie di ostacoli
concettuali (cf. Galileo sees that the star is nice +> without a telescope –
I could see the cow from the window) -- utilizzando suddetto strumento per
rafforzare le proprie tesi. Grazie al cannocchiale, Galileo propone una
nuova visione del mondo celeste. Giunge alla conclusione che, alle stelle
visibili ad occhio nudo, si aggiungono altre innumerevoli stelle mai scorte
prima d’ora. L'Universo, dunque, diventa più grande; Non c’è differenza di
natura fra la Terra e la Luna. Galileo arreca così un duro colpo alla visione
aristotelico-tolemaica geo-centrica del mondo, sostenendo che la superficie
della Luna non è affatto liscia e levigata bensì ruvida, rocciosa e costellata
di ingenti prominenze. Quindi, tra gli astri, almeno la Luna non possiede i caratteri
di assoluta perfezione che ad essa erano attribuiti dalla tradizione. Inoltre,
la Luna si muove, e allora perché non dovrebbe muoversi anche la Terra che è
simile dal punto di vista della costituzione? Vengono scoperti i un satellite
di Giove, che Galileo denomina “la stelle medicea”. Questa consapevolezza l’offre
l'insperata visione in cielo di un modello più piccolo dell'universo
copernicano. Le scoperte furono pubblicate nel Sidereus Nuncius, una copia del
quale Galileo invia a Cosimo II, insieme con un esemplare del suo cannocchiale
e la dedica dei quattro satelliti, battezzati da Galileo in un primo tempo
Cosmica Sidera e successivamente Medicea Sidera («pianeti medicei»). È evidente
l'intenzione di Galileo di guadagnarsi la gratitudine della Casa medicea, molto
probabilmente non soltanto ai fini del suo intento di ritornare a Firenze, ma
anche per ottenere un'influente protezione in vista della presentazione, di
fronte al pubblico degli studiosi, di quelle novità, che certo non avrebbero
mancato di sollevare polemiche. Chiede a Vinta, Primo Segretario di Cosimo
II, di essere assunto allo Studio di Pisa, precisando. Quanto al titolo et
pretesto del mio servizio, io desidererei, oltre al nome di Matematico, che S.
A. ci aggiugnesse quello di “filosofo”, professando io di havere studiato più
anni in filosofia, che mesi in matematica pura. Il governo fiorentino comunica
a Galileo l'avvenuta assunzione come «Matematico primario dello Studio di Pisa
et di” “Filosofo” del Ser.mo Gran Duca, senz'obbligo di leggere e di risiedere
né nello Studio né nella città di Pisa, et con lo stipendio di mille scudi
l'anno, moneta fiorentin. Galileo firma il contratto e raggiunse Firenze.
Qui giunto si premura di regalare a Ferdinando, figlio del granduca Cosimo, la
migliore lente ottica che aveva realizzato nel suo laboratorio organizzato
quando era a Padova dove, con l'aiuto dei mastri vetrai di Murano confezionava
occhialetti sempre più perfetti e in tale quantità da esportarli, come fece con
il cannocchiale mandato all'elettore di Colonia il quale a sua volta lo prestò
a Keplero che ne fece buon uso e che, grato, concluse la sua opera Narratio de
observatis a se quattuor Jovis satellitibus erronibus, così scrivendo. “Vicisti
Galilaee” -- riconoscendo la verità delle scoperte di Galilei. Ferdinando ruppe
la lente. Galilei gli regala qualcosa di meno fragile: una calamita armata, cioè
fasciata da una lamina di ferro, opportunamente posizionata, che ne aumenta la
forza d'attrazione in modo tale che, pur pesando solo sei once, il magnete sollevava
quindici libbre di ferro lavorato in forma di sepolcro. In occasione del trasferimento
a Firenze lascia la sua convivente, la veneziana Marina Gamba, conosciuta a
Padova, dalla quale aveva avuto tre figli: Virginia e Livia, mai legittimate, e
Vincenzio, che riconobbe. Affida a Firenze la figlia Livia alla nonna, con la
quale già convive l'altra figlia Virginia, e lascia Vincenzio a Padova alle
cure della madre e poi, dopo la morte di questa, a Bartoluzzi. In
seguito, resasi difficile la convivenza delle due bambine con Ammannati,
Galileo fece entrare le figlie nel convento di San Matteo, ad Arcetri
(Firenze), costringendole a prendere i voti non appena compiuti i rituali
sedici anni. Virginia assunse il nome di suor Maria Celeste, e Livia quello di
suor Arcangela, e mentre Virginia Galilei si rassegna alla sua condizione e
rimase in contatto epistolare con il padre, Livia non accetta mai
l'imposizione. La pubblicazione del Sidereus Nuncius suscita apprezzamenti ma
anche diverse polemiche. Oltre all'accusa di essersi impossessato, con il
cannocchiale, di una scoperta che non gli apparteneva, fu messa in dubbio anche
la realtà di quanto egli asseriva di aver scoperto. Sia Cremonini, sia Magini,
che sarebbe l'ispiratore del libello “Brevissima peregrinatio contra Nuncium
Sidereum” da Horký, pur accogliendo l'invito di Galilei a guardare attraverso
il telescopio che egli aveva costruito, ritennero di *non* vedere alcun
supposto satellite di Giove. Solo più tardi Magini si ricredette e con
lui anche Clavius, che aveva ritenuto che i satelliti di Giove individuati da
Galilei fossero soltanto un'”illusione” prodotta non direttamente dal corpo di
Galileo mai dalla lente del telescopio. Quest’obiezione e difficilmente
confutabile. Conseguente sia alla bassa qualità del sistema ottico del primo
telescopio, sia all'ipotesi che la lente potessero deformer la vision natural
all’occhio nudo. Un appoggio molto importante fu dato a Galileo da Keplero,
che, dopo un iniziale scetticismo e una volta costruito un telescopio sufficientemente
efficiente, verifica l'esistenza effettiva dei satelliti di Giove, pubblicando
a Francoforte la “Narratio de observatis a se quattuor Jovis satellitibus
erronibus quos Galilaeus Galilaeus mathematicus florentinus jure inventionis
Medicaea sidera nuncupavit”. Poiché i gesuiti del Collegio Romano sono considerati
tra le maggiori autorità scientifiche del tempo, si recò a Roma per presentare
le sue scoperte. Fu accolto con tutti gli onori da Paolo V e da Cesi, che lo
iscrisse nei Lincei. Galileo scrive a Vinta che i gesuiti avendo finalmente
conosciuta la verità dei nuovi Pianeti Medicei, ne hanno fatte da due mesi in
qua continue osservazioni, le quali vanno proseguendo; e le aviamo “riscontrate
con le mie” e si rispondano giustissime. Però, a quel tempo non sapeva ancora
che l'entusiasmo con il quale anda diffondendo e difendendo le proprie scoperte
e teorie suscita resistenze e sospetti precisamente in ambito ecclesiastico.
Bellarmino incarica i matematici vaticani di approntargli una relazione sulle
nuove scoperte fatte da un valente matematico per mezo d'un istrumento chiamato
cannone overo ochiale e la Congregazione del Santo Uffizio precauzionalmente
chiese all'Inquisizione di Padova se fosse mai stato aperto, in sede locale,
qualche procedimento a carico di Galilei. Evidentemente, la Curia Romana
comincia già a intravedere quali conseguenze avrebbero potuto avere questi singolari
sviluppi della filosofia sulla concezione generale del mondo e quindi,
indirettamente, sui sacri principi del cristanensimo. Scrisse il Discorso
intorno alle cose che stanno in su l'acqua, o che in quella si muovono, nel
quale appoggiandosi alla teoria di Archimede dimostra, contro Aristotele, che i
corpi galleggiano o affondano nell'acqua a seconda del loro peso specifico non
della loro forma, provocando la polemica risposta del Discorso apologetico
d'intorno al Discorso di Galileo Galilei di Colombe. Al Pitti, presenti il
granduca, la granduchessa Cristina e Barberini, allora suo grande ammiratore,
diede una pubblica dimostrazione sperimentale dell'assunto, confutando
definitivamente Colombe. Galilei accenna anche alle macchie solari, che
sosteniene di aver già osservate a Padova, senza però darne notizia: scrisse
ancora, l'Istoria e dimostrazioni intorno alle macchie solari e loro accidenti,
pubblicata a Roma dall'Accademia dei Lincei, in risposta a tre lettere di Scheiner
che, indirizzate a Welser, duumviro di Augusta, mecenate delle scienze e amico
dei Gesuiti dei quali era banchiere. A parte la questione della priorità della
scoperta, Scheiner sosteneva erroneamente che le macchie consistevano in sciami
di astri rotanti intorno al Sole, mentre Galileo le considerava materia fluida
appartenente alla superficie del Sole e ruotante intorno ad esso proprio a
causa della rotazione stessa della stella. L'osservazione delle macchie
consentì, quindi, a Galileo la determinazione del periodo di rotazione del Sole
e la dimostrazione che il cielo e la terra non erano due mondi radicalmente
diversi, il primo solo perfezione e immutabilità e il secondo tutto variabile e
imperfetto. Infatti, ribadì a Federico Cesi la sua visione copernicana
scrivendo come il Sole si rivolgesse «in sé stesso in un mese lunare con
rivoluzione simile all'altre de i pianeti, cioè da ponente verso levante
intorno a i poli dell'eclittica: la quale novità dubito che voglia essere il
funerale o più tosto l'estremo e ultimo giudizio della pseudofilosofia,
essendosi già veduti segni nelle stelle, nella luna e nel sole; e sto
aspettando di veder scaturire gran cose dal Peripato per mantenimento della
immutabilità de i cieli, la quale non so dove potrà esser salvata e celata».
Anche l'osservazione del moto di rotazione del Sole e dei pianeti era molto
importante: rendeva meno inverosimile la rotazione terrestre, a causa della
quale la velocità di un punto all'equatore sarebbe di circa 1700 km/h anche se
la Terra fosse immobile nello spazio. La scoperta delle fasi di Venere e
di Mercurio, osservate da Galileo, non era compatibile col modello geocentrico
di Tolomeo, ma solo con quello geo-eliocentrico di Tycho Brahe, che Galileo non
prese mai in considerazione, e con quello eliocentrico di Copernico. Galileo,
scrivendo a Giuliano de' Medici il 1º gennaio 1611, affermava che «Venere
necessarissimamente si volge intorno al sole, come anche Mercurio e tutti li
altri pianeti, cosa ben creduta da tutti i Pittagorici, Copernico, Keplero e
me, ma non sensatamente[N 36] provata, come ora in Venere e in Mercurio». Difese
il modello eliocentrico e chiarì la sua concezione della scienza in quattro
lettere private, note come "lettere copernicane" e indirizzate a
padre Benedetto Castelli, due a monsignor Pietro Dini, una alla granduchessa
madre Cristina di Lorena. L'horror vacui Magnifying glass icon mgx2.svgLo
stesso argomento in dettaglio: Vuoto (filosofia). Secondo la dottrina
aristotelica in natura il vuoto non esiste poiché ogni corpo terreno o celeste
occupa uno spazio che fa parte del corpo stesso. Senza corpo non c'è spazio e
senza spazio non esiste corpo. Sostiene Aristotele che "la natura rifugge
il vuoto" (natura abhorret a vacuo), e perciò lo riempie costantemente;
ogni gas o liquido tenta sempre di riempire ogni spazio, evitando di lasciarne
porzioni vuote. Un'eccezione però a questa teoria era l'esperienza per la quale
si osservava che l'acqua aspirata in un tubo non lo riempiva del tutto ma ne
rimaneva inspiegabilmente una parte che si riteneva fosse del tutto vuota e
perciò dovesse essere colmata dalla Natura; ma questo non si verificava.
Galilei rispondendo a una lettera inviatagli nel 1630 da un cittadino ligure
Giovan Battista Baliani confermò questo fenomeno sostenendo che «la ripugnanza
del vuoto da parte della Natura» può essere vinta, ma parzialmente, e che,
anzi, «lui stesso ha provato che è impossibile far salire l’acqua per
aspirazione per un dislivello superiore a 18 braccia, circa 10 metri e mezzo. Galilei
quindi crede che l'horror vacui sia limitato e non si chiede se in effetti il
fenomeno fosse collegato al peso dell'aria, come dimostrerà Evangelista
Torricelli. La disputa con la Chiesa Magnifying glass icon mgx2.svgLo
stesso argomento in dettaglio: Disputa tra Galileo Galilei e la Chiesa. La
denuncia del domenicano Tommaso Caccini. Il cardinale Roberto Bellarmino Il 21
dicembre 1614, dal pulpito di Santa Maria Novella a Firenze il frate domenicano
Tommaso Caccini lanciava contro certi matematici moderni, e in particolare
contro Galileo, l'accusa di contraddire le Sacre Scritture con le loro
concezioni astronomiche ispirate alle teorie copernicane. Giunto a Roma, il 20
marzo 1615, Caccini denunciò Galileo in quanto sostenitore del moto della Terra
intorno al Sole. Intanto a Napoli era stato pubblicato il libro del teologo
carmelitano Paolo Antonio Foscarini, la Lettera sopra l'opinione de'
Pittagorici e del Copernico, dedicata a Galileo, a Keplero e a tutti gli
accademici dei Lincei, che intendeva accordare i passi biblici con la teoria
copernicana interpretandoli «in modo tale che non gli contradicano affatto». Bellarmino,
già giudice nel processo di Giordano Bruno, tuttavia affermava che sarebbe
stato possibile reinterpretare i passi della Scrittura che contraddicevano
l'eliocentrismo solo in presenza di una vera dimostrazione di esso e, non
accettando le argomentazioni di Galileo, aggiungeva che finora non gliene era
stata mostrata nessuna, e sosteneva che comunque, in caso di dubbio, si
dovessero preferire le sacre scritture. L'anno dopo il Foscarini verrà,
per breve tempo, incarcerato e la sua Lettera proibita. Intanto il Sant'Uffizio
stabilì, il 25 novembre 1615, di procedere all'esame delle Lettere sulle
macchie solari e Galileo decise di venire a Roma per difendersi personalmente,
appoggiato dal granduca Cosimo: «Viene a Roma il Galileo matematico» – scriveva
Cosimo II al cardinale Scipione Borghese – «et viene spontaneamente per dar
conto di sé di alcune imputazioni, o più tosto calunnie, che gli sono state
apposte da' suoi emuli». Il papa ordinò a Bellarmino di convocare Galileo
e di ammonirlo di abbandonare la suddetta opinione; e se si fosse rifiutato di
obbedire, il Padre Commissario, davanti a un notaio e a testimoni, di fargli
precetto di abbandonare del tutto quella dottrina e di non insegnarla, non
difenderla e non trattarla». Il cardinale Bellarmino diede comunque a Galileo
una dichiarazione in cui venivano negate abiure ma in cui si ribadiva la
proibizione di sostenere le tesi copernicane: forse gli onori e le cortesie
ricevute malgrado tutto, fecero cadere Galileo nell'illusione che a lui fosse
permesso quello che ad altri era vietato. Comparvero nel cielo tre comete,
fatto che attirò l'attenzione e stimolò gli studi degli astronomi di tutta
Europa. Fra essi il gesuita Orazio Grassi, matematico del Collegio Romano, tenne
con successo una lezione che ebbe vasta eco, la Disputatio astronomica de
tribus cometis anni MDCXVIII: con essa, sulla base di alcune osservazioni
dirette e di un procedimento logico-scolastico, egli sosteneva l'ipotesi che le
comete fossero corpi situati oltre al «cielo della Luna» e la utilizzava per
avvalorare il modello di Tycho Brahe, secondo il quale la Terra è posta al
centro dell'universo, con gli altri pianeti in orbita invece intorno al Sole,
contro l'ipotesi eliocentrica. Galilei decise di replicare per difendere
la validità del modello copernicano. Rispose in modo indiretto, attraverso lo
scritto Discorso delle comete di un suo amico e discepolo, Mario Guiducci, ma
in cui la mano del maestro era probabilmente presente. Nella sua replica Guiducci
sosteneva erroneamente che le comete non erano oggetti celesti, ma puri effetti
ottici prodotti dalla luce solare su vapori elevatisi dalla Terra, ma indicava
anche le contraddizioni del ragionamento di Grassi e le sue erronee deduzioni
dalle osservazioni delle comete con il cannocchiale. Il gesuita rispose con uno
scritto intitolato Libra astronomica ac philosophica, firmato con lo pseudonimo
anagrammatico di Lotario Sarsi, attaccava direttamente Galilei e il
copernicanesimo. Galilei a questo punto rispose direttamente: fu pronto
il trattato Il Saggiatore. Scritto in forma di lettera, fu approvato dagli
accademici dei Lincei e stampato a Roma. Dopo la morte di papa Gregorio XV, con
il nome di Urbano VIII saliva al soglio pontificioBarberini, da anni amico ed
estimatore di Galileo. Questo convinse erroneamente Galileo che risorge la
speranza, quella speranza che era ormai quasi del tutto sepolta. Siamo sul
punto di assistere al ritorno del prezioso sapere dal lungo esilio a cui era
stato costrett, come scritto al nipote del papa Francesco
Barberini. Galileo resenta una teoria rivelatasi successivamente erronea
delle comete come apparenze dovute ai raggi solari. In effetti, la formazione
della chioma e della coda delle comete, dipendono dall'esposizione e dalla
direzione delle radiazioni solari, dunque Galilei non aveva tutti i torti e
Grassi ragione, il quale essendo avverso alla teoria copernicana, non poteva
che avere un'idea sui generis dei corpi celesti. La differenza tra le
argomentazioni di Grassi e quella di Galileo era tuttavia soprattutto di
metodo, in quanto il secondo basava i propri ragionamenti sulle esperienze. Galileo
scrisse infatti la celebre metafora secondo la quale la filosofia è scritta in
questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi
“(io dico l'universo)” mettendosi in contrasto con Grassi che si richiamava
all'autorità dei maestri del passato e di Aristotele per l'accertamento della
verità sulle questioni naturali. Giunse a Roma per rendere omaggio al
papa e strappargli la concessione della tolleranza della Chiesa nei confronti
del sistema copernicano, ma nelle sei udienze concessegli da Urbano VIII non
ottenne da questi alcun impegno preciso in tal senso. Senza nessuna
assicurazione ma con il vago incoraggiamento che gli veniva dall'esser stato
onorato da papa Urbano – che concesse una pensione al figlio Vincenzio –
Galileo ritenne di poter rispondere finalmente, nel settembre del 1624, alla
Disputatio di Francesco Ingoli. Reso formale omaggio all'ortodossia cattolica,
nella sua risposta Galileo dovrà confutare le argomentazioni anticopernicane
dell'Ingoli senza proporre quel modello astronomico, né rispondere alle
argomentazioni teologiche. Nella Lettera Galileo enuncia per la prima volta
quello che sarà chiamato il principio della relatività galileiana: alla comune
obiezione portata dai sostenitori della immobilità della Terra, consistente
nell'osservazione che i gravi cadono perpendicolarmente sulla superficie
terrestre, anziché obliquamente, come apparentemente dovrebbe avvenire se la
Terra si muovesse, Galileo risponde portando l'esperienza della nave nella
quale, sia essa in movimento uniforme o sia ferma, i fenomeni di caduta o, in
generale, dei moti dei corpi in essa contenuti, si verificano esattamente nello
stesso modo, perché «il moto universale della nave, essendo comunicato all'aria
ed a tutte quelle cose che in essa vengono contenute, e non essendo contrario
alla naturale inclinazione di quelle, in loro indelebilmente si conserva».[65]
Dialogo Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Dialogo
sopra i due massimi sistemi del mondo. Galilei comincia il suo nuovo lavoro, un
Dialogo che, confrontando le diverse opinioni degli interlocutori, gli avrebbe
consentito di esporre le varie teorie correnti sulla cosmologia, e dunque anche
quella copernicana, senza mostrare di impegnarsi personalmente a favore di
nessuna di esse. Ragioni di salute e familiari prolungarono la stesura
dell'opera. Dovette prendersi cura della numerosa famiglia del fratello
Michelangelo, mentre il figlio Vincenzio, laureatosi in legge a Pisa si sposa con
Sestilia Bocchineri, sorella di Geri Bocchineri, uno dei segretari del duca
Ferdinando, e di Alessandra. Per esaudire il desiderio della figlia Maria Celeste,
monaca ad Arcetri, di averlo più vicino, affitta vicino al convento il villino
«Il Gioiello». Dopo non poche vicissitudini per ottenere l'imprimatur
ecclesiastico, l'opera venne pubblicata. Nel Dialogo i due massimi
sistemi messi a confronto sono quello geo-centrico e quello elio-centrico. Tre
sono i protagonisti: due sono personaggi reali, amici di Galileo, Salviati e
Sagredo, nello cui palazzo si fingono tenute la conversazione. Il terzo
protagonista è ‘Simplicio,’ un commentatore di Aristotele, oltre a
sottintendere il suo semplicismo scientifico. Simplicio è il sostenitore del
sistema geo-centrico, mentre l'opposizione elio-centrica è sostenuta da
Salviati e Sagredo. Il Dialogo ricevette molti elogi, ma si diffusero le voci
di una proibizione. Riccardi scrive ad Egidi che per ordine del Papa il
“Dialogo” non doveva più essere diffuso. Gli chiedeva di rintracciare le copie
già vendute e di sequestrarle. Il Papa adirato accusa Galileo di aver raggirato
i ministri che avevano autorizzato la pubblicazione. L’Inquisizione romana
sollecita quella fiorentina perché notificasse a Galileo l'ordine di comparire
a Roma entro il mese di ottobre davanti al Commissario generale del
Sant'Uffizio. Galileo, in parte perché malato, in parte perché spera che la
questione potesse aggiustarsi in qualche modo senza l'apertura del processo,
ritarda per tre mesi la partenza; di fronte alla minacciosa insistenza del
Sant'Uffizio, parte per Roma in lettiga. Il processo comincia con il
primo interrogatorio di Galileo, al quale Maculano contesta di aver ricevuto un
precetto con il quale Bellarmino gli avrebbe intimato di abbandonare la teoria
elio-centrica, di non sostenerla in nessun modo e di non insegnarla. Nell'interrogatorio
Galileo nega di aver avuto conoscenza del precetto e sostenne di non ricordare
che nella dichiarazione di Bellarmino vi fossero le parole “quovis modo” (in
qualsiasi modo) e “nec docere” (non insegnare). Incalzato dall'inquisitore,
Galileo non solo ammise di non avere detto cosa alcuna del sodetto precetto, ma
anzi arriva a sostenere che nel detto Dialogo mostra il contrario di detta
opinione del Copernico, e che le ragioni di Copernico sono invalide e non
concludenti. Concluso il primo interrogatorio, Galileo fu trattenuto, pur sotto
strettissima sorveglianza, in tre stanze del palazzo dell'Inquisizione, con
ampia e libera facoltà di passeggiare. Il giorno successivo all'ultimo
interrogatorio, nella sala capitolare del convento domenicano di Santa Maria
sopra Minerva, presente e inginocchiato Galileo, fu emessa la sentenza dai inquisitori
generali contro l'eretica pravità, nella quale si riassume la lunga vicenda del
contrasto fra Galileo e il cristanesimo, cominciata con lo scritto Delle
macchie solari e l'opposizione dei cristiani al modello Copernicano. Nella
sentenza si sostiene poi che il documento fosse un'effettiva ammonizione a non
difendere o insegnare la teoria copernicana. Imposta l'abiura con cuor
sincero e fede non finta e proibito il Dialogo, e condannato al carcere formale
ad arbitrio nostro e alla pena salutare della recita settimanale dei sette
salmi penitenziali per tre anni, riservandosi l'Inquisizione di moderare, mutare
o levar in tutto o parte le pene e le penitenze. Se la leggenda della frase di
Galileo, «E pur si muove», pronunciata appena dopo l'abiura, serve a suggerire
la sua intatta convinzione della validità del modello copernicano, la conclusione
del processo segna la sconfitta del suo programma di diffusione della filosofia,
fondata sull'osservazione rigorosa dei fatti e sulla loro verifica sperimentale
– contro il cristenesimo che produce esperienze come fatte e rispondenti al suo
bisogno senza averle mai né fatte né osservate – e contro i pregiudizi del
senso comune, che spesso induce a ritenere reale qualunque apparenza: una
filosofia che insegna a non aver più fiducia nell'autorità, nella tradizione e
nel senso commune e che vuole insegnare a pensare. La sentenza di condanna
prevedeva un periodo di carcere a discrezione del Sant'Uffizio e l'obbligo di
recitare per tre anni, una volta alla settimana, i salmi penitenziali. Il
rigore letterale fu mitigato nei fatti. La prigionia consistette nel soggiorno
coatto per cinque mesi presso Palazzo Niccolini, a Trinità dei Monti e di qui,
in Palazzo Piccolomini a Siena. Quanto ai salmi penitenziali, Galileo incarica
di recitarli, con il consenso della Chiesa, la figlia Livia, suora di clausura.
Piccolomini favore Galileo, permettendogli di incontrare personalità della
città e di dibattere questioni scientifiche. A seguito di una lettera che
denunci l'operato, il Sant'Uffizio provvide, accogliendo una stessa richiesta
avanzata in precedenza da Galilei, a confinarlo nell'isolata villa del
Gioiello, che possede nella campagna di Arcetri. Si l’intima di stare da solo,
di non chiamare ne di ricevere alcuno, per il tempo ad arbitrio di Sua Santita.
Solo i familiari poaaono fargli visita, dietro preventiva autorizzazione: anche
per questo motivo gli fu particolarmente dolorosa la morte di Livia. Poté
tuttavia mantenere corrispondenza con amici ed estimatori: a Diodati consolandosi
delle sue sventure che l'invidia e la malignità “mi hanno machinato contro” con
la considerazione che l'infamia ricade sopra i traditori e i costituiti nel più
sublime grado dell'ignoranza. Da Diodati seppe della versione in latino che
Bernegger anda facendo a Strasburgo del suo Dialogo e gli riferì di Rocco, purissimo
peripatetico, e remotissimo dall'intender nulla di filosofia che scrive a
Venezia mordacità e contumelie contro di lui. Questa, e altre lettere, dimostrano
quanto poco Galileo avesse rinnegato le proprie convinzioni copernicane. Dopo
il processo scrive e pubblica “Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a
due nuove scienze attinenti la mecanica e i moti locali”, organizzato come un
dialogo che si svolge in quattro giornate fra i tre medesimi protagonisti del
precedente Dialogo dei massimi sistemi: Sagredo, Salviati e Simplicio. Nella
prima giornata si tratta della resistenza dei materiali. La diversa resistenza
deve essere legata alla struttura della particolare materia e Galileo, pur
senza pretendere di pervenire a una spiegazione del problema, affronta
l'interpretazione atomistica di Democrito, considerandola un'ipotesi capace di
rendere conto di fenomeni fisici. In particolare, la possibilità dell'esistenza
del vuoto – prevista da Democrito – viene ritenuta una seria ipotesi
scientifica e nel vuoto – ossia nell'inesistenza di un qualunque mezzo in grado
di opporre resistenza – Galileo sostiene giustamente che tutte le cose
discendeno con eguale velocità, in opposizione con Aristotele che ritiene
l'impossibilità concettuale di un moto in un vuoto. Dopo aver trattato
della statica e della leva nella seconda giornata, nella terza e nella quarta
si occupa della dinamica, stabilendo le leggi del moto uniforme, del moto
naturalmente accelerato e del moto uniformemente accelerato e delle oscillazioni
del pendolo. Intraprende corrispondenza con Bocchineri. La famiglia
Bocchineri di Prato aveva dato una giovane, di nome Sestilia, sorella di
Alessandra, per moglie al figlio di Galilei, Vincenzio. Quando Galilei
incontra Bocchineri, questa è una donna che si è affinata e ha coltivato la sua
intelligenza, sposa di Buonamici, un importante diplomatico che diventerà buon
amico di Galilei. Bocchineri e Galilei si scambiano numerosi inviti per
incontrarsi e Galilei non manca di elogiare l'intelligenza di Bocchineri dato
che sì rare si trovano donne che tanto sensatamente discorrino come ella fa. Con
la cecità e l'aggravarsi delle condizioni di salute è costretto talvolta a
rifiutare gli invite NON *SOLO* per le molte indisposizioni che mi tengono
oppresso in questa mia gravissima età, ma perché son ritenuto ancora in
carcere, per quelle cause che benissimo son note. L'ultima lettera mandata di "non volontaria brevità". «Vide
/ sotto l'etereo padiglion rotarsi / più mondi, e il Sole irradïarli immoto,
onde all'Anglo che tanta ala vi stese / sgombrò primo le vie del firmamento. E tumulato
nella Basilica di Santa Croce a Firenze. Il Cristenesimo mantenne la sorveglianza
anche nei confronti degli allievi. Quando i seguaci diedero vita al Cimento,
esso intervenne presso il Granduca, e il Cimento e sciolto. Convinto della
correttezza della cosmologia copernicana, Galileo era ben consapevole che essa
fosse ritenuta in contraddizione con il testo cristiano che sostenevano invece
una concezione geocentrica dell'universo. Il cristanesimo considera le Sacre
Scritture ispirate dallo Spirito Santo, la teoria eliocentrica poteva essere
accettata, fino a prova contraria, soltanto come semplice ipotesi (“ex supposition”)
o modello matematico, senza alcuna attinenza con la reale posizione dei corpi
celesti. Proprio a questa condizione il “De revolutionibus orbium coelestium”
di Copernico non e condannato dalle autorità ecclesiastiche e menzionato
nell'Indice dei libri proibiti. Galileo si inserì nel dibattito sul rapporto
fra scienza e fede con la lettera a Castelli. Difese il modello copernicano
sostenendo che esistono *due* verità necessariamente non in contraddizione o in
conflitto fra loro. La Bibbia è certamente un testo sacro di ispirazione divina
e dello Spirito Santo, ma comunque scritto in un preciso momento storico con lo
scopo di orientare il lettore verso la comprensione della vera religione. Per
questa ragione, come già avevano sostenuto molti esegeti tra i quali *Lutero* e
Keplero, i fatti della Bibbia sono stati necessariamente scritti in modo tale
da poter essere compresi anche dagli antichi e dalla gente comune. Occorre
quindi discernere, come già sostenuto da Agostino, il messaggio propriamente
basato nella fede dalla descrizione, storicamente connotata ed inevitabilmente
narrativa e didascalica, di fatti, episodi e personaggi. Dal che seguita, che
qualunque volta alcuno, nell'esporla, volesse fermarsi sempre nel nudo suono
litterale, splicito, potrebbe, errando esso, far apparire nelle Scritture non
solo contraddizioni e proposizioni remote dal vero, ma gravi eresie e bestemmie
ancora. Poi che sarebbe necessario dare a Dio e piedi e mani e occhi, e non
meno affetti di un corpora quasi-umanio, come d'ira, di pentimento, d'odio ed
anco tal volta la dimenticanza delle cose passate e l'ignoranza delle future.” Lettera
alla granduchessa di Toscana. Il noto episodio biblico della richiesta di
Giosuè a Dio di fermare il Sole per prolungare il giorno era usato in ambito
ecclesiastico a sostegno del sistema geo-centrico. Galileo sostenne invece che
in quel modo il giorno non si sarebbe allungato, in quanto nel sistema geo-centrio la rotazione diurna (giorno/notte)
non dipende dal Sole, ma dalla rotazione del Primum Mobile. La Bibbia deve
essere re-interpretata e bisogna “alterar” il “senso” delle parole, e dire che
quando la Scrittura dice che Dio ferma il Sole, voleva dire che ferma 'l primo
mobile, ma che, per accomodarsi alla capacità di quei che sono a fatica idonei
a intender il nascere e 'l tramontar del Sole, lo Spirito Santo dice al
contrario di quel che avrebbe detto parlando a uomini sensati. Nel sistema
elio-centrico la rotazione del Sole sul proprio asse provoca sia la rivoluzione
della Terra attorno al Sole, sia la rotazione diurna (giorno/notte) della Terra
attorno all'asse terrestre. Quindi l'episodio biblico ci mostra manifestamente
la falsità e impossibilità del mondano sistema aristotelico e Tolemaico, e
all'incontro benissimo s'accomoda co 'l Copernicano.. Infatti se Dio avesse
fermato il Sole assecondando la richiesta di Giosuè, ne avrebbe necessariamente
bloccato la rotazione assiale (unico suo movimento previsto nel sistema
copernicano), provocando di conseguenza - secondo Galileo - l'arresto sia della
(ininfluente) rivoluzione annuale, sia della rotazione terrestre diurna
prolungando quindi la durata del giorno. A questo proposito, è interessante la
critica proposta da Koestler, in cui sostiene che Galileo sape meglio di
chiunque altro che se la terra si fermasse bruscamente, montagne, case, città,
crollerebbero come un castello di carte. Il più ignorante dei frati, senza
sapere nulla del momento di inerzia, sape benissimo quel che succedeva quando i
cavalli e la carrozza frenavano di colpo o quando una nave finiva contro gli
scogli. Se si interpreta la Bibbia secondo Tolomeo, il brusco arresto del Sole
non aveva effetti fisici degni di nota e il miracolo rimaneva credibile al pari
di qualsiasi altro miracolo. In base all'interpretazione di Galileo, Giosuè
avrebbe distrutto non soltanto gli Amorrei, ma la terra intera! Sperando di far
passare queste sciocchezze penose, Galileo rivela il suo disprezzo per gli
avversari. Fece analoghe considerazioni in lettere a Dini, le quali destarono
preoccupazione negli ambienti conservatori per le idee innovative, il carattere
polemico e l'ardimento coi quali Galilei sostene che alcuni passi della Bibbia
dovessero venir re-interpretati alla luce del sistema copernicano. Le Sacre Scritture
si occupano di Dio. La filosofia naturale, che fa indagini sulla Natura si fondarsi
su «sensate esperienze» e «necessarie dimostrazioni». La Bibbia e la Natura non
possono contraddirsi perché derivano entrambe da Dio. Di conseguenza, in caso
di discordia apparente, non sarà la scienza a dover fare un passo indietro,
bensì gli interpreti del testo sacro che dovranno cercare al di là del “significato”
splicito superficiale (explicatura). Le Sacre Scritture sono conforme soltanto
"al comun modo del volgo", ossia si adatta non già alle competenze
degli "intendenti", ma ai limiti conoscitivi dell'uomo comune,
velando così con una sorta di “allegoria” il “senso più profondo” di un
enunciato.. Se il “messaggio” “letterale” diverge da un enunciato del filosofo
naturale, non lo può mai il suo “contenuto” "recondito" e più
autentico, ricavabile dall'interpretazione delle Sacre Scriture oltre i suoi “significato”
più epidermico. Circa il rapporto tra filosofia e la rivelazione, celebre è la
sua frase: «intesi da persona ecclesiastica costituita in eminentissimo grado,
l'*intenzione* dello Spirito Santo essere d'*in-segn-arci* come si vadia al
cielo, e non come vadia il cielo», usualmente attribuita Baronio. Si noti che,
applicando tale criterio, Galileo non avrebbe potuto usare il passo biblico di
Giosuè per cercare di dimostrare un presunto accordo tra testo sacro e sistema
copernicano o la supposta contraddizione tra la Bibbia e il modello tolemaico.
Deriva invece proprio da tale criterio la teoria di Galileo secondo la quale
esistono *due* sorgenti di *conoscenza* che sono in grado di rivelare la stessa
verità che proviene da Dio. Il primo è le
Sancte Scritture, scritte dal spirito santo in termini comprensibili al
"volgo", che ha essenzialmente valore salvifico e di redenzione
dell'anima, e richiede quindi un'attenta inter-pretazione delle affermazioni
relative ai fenomeni naturali che in essa sono descritti. Il secondo è questo
grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico
l'universo), scritto in simboli», che va letto (decifrato) secondo la ragione
(non la fede) e non va pos-posto alle Sancte Scriture ma, per essere *ben* o
corretamente interpretato, deve essere studiato con gli strumenti di cui Dio –
nostro genitore -- ci ha dotati: sentire, il giudicare, il discorrire. Nella
disputa filosofica di problemi naturali non si dovrebbe cominciare dalla
autorità di luoghi delle Sancte Scritture, ma dall’esperienza sensata (a
posteriori) e dalla di-mostrazioni necessaria (dall’assiomi, a priori): perché,
procedendo di pari dal Verbo divino la Scrittura Sacra e la Natura – la fisi
dei grecchi --, quella come ‘dettatura’ (dictature – dettato ed impiegato) dello
Spirito Santo, e questa ‘dettatura’ come osservantissima esecutrice de gli ordini
di Dio, nostro genitore.” La filosofia – regina scientiarum – La ‘materia’
della filosofia la rende d'importanza primaria (metafisica come filosofia
prima, filosofia naturale come filosofia seconda. La flosofia non pretendere di
pronunciare giudizi su una verità specifica (la porta e chiusa). Al contrario,
se una certa esperienza non si accorda con un assioma, allora e quest’assioma
che deve essere ri-letti alla luce della experienza. Non vi può essere, in
definitiva, dis-accordo tra ragione ed experienza, essendo, per definizione,
entrambe vere. Ma, in caso di *apparente* contraddizione su un fenomeno
naturale, occorre modificare l'interpretazione dell’assioma per adeguarla
all’esperienza. Aristotele – con il suo geo-centrimo -- non differe
sostanzialmente da Galileo. Aristotele ammetteva la necessità di rivedere
l'interpretazione dell’esperienza. Ma nel caso del sistema elio-centrico, Bellarmino
sostenne, ragionevolmente, che non vi fossero una prova conclusive a suo
favore. Dico che quando ci fusse vera demostratione che il sole stia nel centro
del mondo (o nostro sistema pianetario) e la terra nel terzo cielo, e che il
sole (elio) non circonda la terra (gea), ma la terra circonda il sole, allhora
bisogneria andar con molta consideratione in esplicare le Scritture che paiono
contrarie, e più tosto dire che “non l'intendiamo” – cf. Grice on metaphor and
‘My neighbour’s three-year old is an adult”), che dire che sia “falso” (‘You’re
the cream in my coffee”, “My neighbour’s three-year old understands Russell’s
Theory of Types”) quello che si dimostra. Ma io non crederò che ci sia tal
dimostratione, fin che non mi sia mostrata. L’ esperienzia di visione –
osservazione -- con gli strumenti allora disponibili, della parallasse stellare
(che si sarebbe dovuta riscontrare come l’effetto dello spostamento della Terra
rispetto al cielo delle stelle fisse) costituiva invece evidenza contraria alla
teoria elio-centrica. In tale contesto, Aristotele ammetteva quindi che si
parlasse di una teoria o ipotesi o modello elio-centrico solo “ex suppositione”
(come ipotesi matematica geometrica o aritmetica). La difesa di Galileo ex
professo (con cognizione di causa e competenza, di proposito e intenzionalmente)
della teoria geo-centrica quale “reale” descrizione fisica del sistema solare e
delle orbite dei pianete si scontrò quindi, inevitabilmente, con la posizione
ufficiale d’Aristotele. Tale contrapposizione sfociò nel processo a Galilei, che
si concluse con la condanna per veemente sospetto di eresia" e l'abiura forzata
delle sue concezioni astronomiche. RiAl di là dal giudizio storico,
giuridico e morale sulla condanna a Galilei, le questioni di carattere
epistemologico filosofico e di “ermeneutica” che furono al centro del processo
sono state oggetto di riflessione da parte di Grice. che spesso ha citato la
vicenda di Galileo per esemplificare, talora in termini volutamente
paradossali, il suo pensiero in merito a tali questioni. Contro Feyerabend,
sostenitore di un'anarchia epistemologica, Grice sostenne che Aristotele si
attenne alla ragione più che Galilei, e prese in considerazione anche le
conseguenze etiche e sociali della teoria elio-centrica. La sentenza
aristotelica contro Galilei e razionale e giusta, e solo per motivi di
opportunità politica se ne può legittimare la revision. Questa provocazione sarà
poi ripresa da Ratzinger, dando luogo a contestazioni da parte dell'opinione
pubblica. Ma il vero scopo per cui Grice espresso tale provocatoria
affermazione e "solo mostrare la contraddizione di coloro che approvano
l’eliocentrismo di Galileo e condannano il geo-centrismo aristotelico, ma poi
verso il lavoro dei loro contemporanei sono rigorosi come lo erano
gl’aristotelichi ai tempi di Galileo. Nel corso dei secoli che seguirono,
l’aristotelismo modifica la propria posizione nei confronti di Galilei. Il Sant'Uffizio
concesse l'erezione di un mausoleo in suo onore nella chiesa di Santa Croce in
Firenze. Benedetto XIV olse dall'Indice i libri che insegnavano il moto della
Terra (“e pur si muove”) con ciò ufficializzando quanto già di fatto aveva
fatto Alessandro VII con il ritiro di un dicreto. La definitiva
autorizzazione all'”in-segna-mento” del moto della terra e dell'immobilità del
sole arriva con un decreto della Sacra Congregazione dell'inquisizione
approvato da Pio VII. Particolarmente significativo risulta il contributo
di Newman, a pochi anni dalla abilitazione dell'insegnamento dell'eliocentrismo
e quando le teorie di Newton sulla gravitazione risultavano ormai affermate e
provate sperimentalmente. Newman riassume il rapporto dell'elio-centrismo con Aristotele.
«Quando il sistema copernicano comincia a diffondersi, quale aristotelico non
sarebbe stato tentato dall'inquietudine, o almeno dal timore dello scandalo,
per l'apparente contraddizione che esso implicava con una certa autorevole tradizione?
Generalmente si accetta che la terra e immobile e che il sole, fissato in un
solido firmamento, ruota intorno alla terra. Dopo un po' di tempo, tuttavia, e
un'analisi completa, si scoprì che Aristotele non aveva deciso quasi niente su
questioni come questa e che la scienza fisica poteva muoversi in questa sfera
di pensiero quasi a piacere, senza timore di scontrarsi con l’adagio, “Master
dixit””. Newman compie della vicenda Galileo come conferma, e non negazione, di
Aristotele. E certamente un fatto molto significativo, considerando con quanta
ampiezza e quanto a lungo fosse stata sostenuta dai aristotelichi una certa interpretazione
di questa affermazione fisica geo-centrica, che Aristotele non l'abbia
formalmente riconosciuta (la teoria del geocentrismo, ndr). Guardando alla
questione da un punto di vista umano, e inevitabile che essa dovesse far
propria quell'opinione. Ma ora, accertando la nostra posizione rispetto
all’esperienza, troviamo che malgrado gli abbondanti commenti che fin
dall'inizio essa ha sempre fatto su Aristotele, com'è suo compito e suo diritto
fare, tuttavia, è sempre stata indotta a spiegare formalmente Aristotele o a
dar loro un senso di autorità che l’esperienza può mettere in discussione. Paolo
VI fece avviare la revisione del processo e con l'intento di porre una parola
definitiva riguardo a queste polemicheGiovanni Paolo II auspicò che fosse intrapresa
una ricerca interdisciplinare sui difficili rapporti di Galileo con la Chiesa e
istituì una Commissione per lo studio della controversia tolemaico-copernicana nella
quale il caso Galilei si inserisce. Il papa ammise, nel discorso in cui
annuncia l'istituzione della commissione, che"Galileo ebbe molto a
soffrire, non possiamo nasconderlo, da parte di uomini aristotelichi. Si
cancella la condanna e chiarì la sua interpretazione sulla questione teologica
scientifica galileiana riconoscendo che la condanna di Galilei fu dovuta
all'ostinazione di entrambe le parti nel non voler considerare le rispettive
teorie come semplici ipotesi non comprovate sperimentalmente e, d'altra parte,
alla mancanza di perspicacia, ovvero di intelligenza e lungimiranza, dei
filosofi aristotelichi che lo condannarono, incapaci di riflettere sui propri
criteri di interpretazione di Aristotele e responsabili di aver inflitto molte sofferenze
a Galilei. Come dichiara Giovanni Paolo II, come la maggior parte dei suoi
avversari aristotelichi, Galileo non fa distinzione tra quello che è
l'approccio scientifico ai fenomeni naturali e la riflessione sulla natura, di
ordine “filosofico”, che esso generalmente richiama. È per questo che Galilei rifiutò
il suggerimento che gli era stato dato di presentare come un'ipotesi il sistema
di Copernico, fin tanto che esso non fosse confermato da prove irrefutabili.
Era quella, peraltro, un'esigenza del metodo sperimentale di cui egli fu
l’iniziatore. Il problema che si posero dunque i aristotelichi era quello della
compatibilità dell'eliocentrismo e Aristotele. Così l’esperienza, con i suoi
metodi e la libertà di ricerca che essi suppongono, obbligava gl’aristotelichi
ad interrogarsi sui loro criteri di interpretazione di Aristotele. La maggior
parte non seppe farlo. Il giudizio pastorale che richiedeva la teoria
copernicana e difficile da esprimere nella misura in cui il geocentrismo
sembrava far parte dell’insegnamento stesso d’Aristotele. Sarebbe stato
necessario contemporaneamente vincere delle abitudini di pensiero e inventare
una pedagogia capace di illuminare il popolo. La storia del pensiero
scientifico del Medioevo e del Rinascimento, che si comincia ora a comprendere
un po' meglio, si può dividere in due periodi, o meglio, perché l'ordine cronologico
corrisponde solo molto approssimativamente a questa divisione, si può dividere,
grosso modo, in tre fasi o epoche, corrispondenti successivamente a tre
differenti correnti di pensiero: prima la fisica aristotelica; poi la fisica
dell'impetus, iniziata, come ogni altra cosa, dai Greci ed elaborata dalla
corrente dei Nominalisti; e infine la fisica galileiana. Fra le maggiori
scoperte che Galilei fece guidato dagli esperimenti, si annoverano un primo
approccio fisico alla relatività, poi noto come “relatività galileiana”, la
scoperta delle quattro lune principali di Giove, dette appunto “satelliti
galileiani” (Io, Europa, “Ganimede” e Callisto), il principio di inerzia,
seppur parzialmente. Compì anche studi sul moto di caduta dei gravi e
riflettendo sui moti lungo i piani inclinati scoprì il problema del "tempo
minimo" nella caduta dei corpi materiali, e studia varie traiettorie, tra
cui la spirale paraboloide e la cicloide. Nell'ambito delle sue ricerche
di matematica – geometria ed aritmetica -- si avvicinò alle proprietà
dell'infinito introducendo un celebre paradosso di Galileo. Galilei incoraggiò Cavalieri
a sviluppare le idee del maestro e di altri sulla geometria con il metodo degli
indivisibili, per determinare aree e volumi: questo metodo rappresentò una
tappa fondamentale per l'elaborazione del calcolo infinitesimale. Quando
Galilei fece rotolare le sue sfere su di un piano inclinato con un peso scelto
da lui stesso, e Torricelli fece sopportare all’aria un peso che egli stesso
sapeva già uguale a quello di una colonna d’acqua conosciuta fu una rivelazione
luminosa per tutti gli investigatori della natura. Essi compresero che la
ragione vede solo ciò che lei stessa produce secondo il proprio disegno, e che essa
deve costringere la natura a rispondere alle sue domande; e non lasciarsi
guidare da lei, per dir così, colle redini; perché altrimenti le nostre
osservazioni, fatte a caso e senza un disegno prestabilito, non metterebbero capo
a una legge necessaria. Galilei fu uno dei protagonisti della fondazione del
metodo scientifico espresso con linguaggio matematico e pose l'esperimento come
strumento a base dell'indagine sulle leggi della natura, in contrasto con
Aristotele e la sua analisi qualitativa del cosmo. Hanno sin qui la maggior
parte dei filosofi creduto che la superficie della luna fosse pulita tersa e
assolutissimamente sferica, e se qualcuno disse di credere, che ella fusse
aspra e muntuosa fu reputato parlare più presto favolusamente, che
filosoficamente. Ora io questa istessa lunare asserisco il primo, non più per
immaginazione, ma per sensata esperienza e necessaria dimostrazione, che egli è
di superficie piena di innumerevoli cavità ed eminenze, tanto rilevate che di
gran lunga superano le terrene montuosità. Già nella lettera a Welser a
proposito della polemica sulle macchie solari, Galilei si domandava che cosa
l'uomo nella sua ricerca vuole arrivare a conoscere. «O noi vogliamo
specolando tentar di penetrar l'essenza vera ed intrinseca delle sustanze
naturali; o noi vogliamo contentarci di venir in notizia d'alcune loro
affezioni» Ed ancora: per conoscenza intendiamo l'arrivare a cogliere i
principi primi dei fenomeni o come questi si sviluppano? «Il tentar
l'essenza, l'ho per impresa non meno impossibile e per fatica non men vana
nelle prossime sustanze elementari che nelle remotissime e celesti: e a me pare
essere egualmente ignaro della sustanza della Terra che della Luna, delle nubi
elementari che delle macchie del Sole; né veggo che nell'intender queste
sostanze vicine aviamo altro vantaggio che la copia de' particolari, ma tutti
egualmente ignoti, per i quali andiamo vagando, trapassando con pochissimo o
niuno acquisto dall'uno all'altro. La ricerca dei principi primi essenziali
comporta dunque una serie infinita di domande poiché ogni risposta fa nascere
una nuova domanda: se noi ci chiedessimo quale sia la sostanza delle nuvole,
una prima risposta sarebbe che è il vapore acqueo ma poi dovremo chiederci che
cos'è questo fenomeno e dovremo rispondere che è acqua, per chiederci subito
dopo che cos'è l'acqua, rispondendo che è quel fluido che scorre nei fiumi ma
questa «notizia dell'acqua» è soltanto «più vicina e dependente da più sensi»,
più ricca di informazioni particolari diverse, ma non ci porta certo la
conoscenza della sostanza delle nuvole, della quale sappiamo esattamente quanto
prima. Ma se invece vogliamo capire le «affezioni», le caratteristiche
particolari dei corpi, potremo conoscerle sia in quei corpi che sono da noi
distanti, come le nuvole, sia in quelli più vicini, come l'acqua. Occorre
dunque intendere in modo diverso lo studio della natura. «Alcuni severi
difensori di ogni minuzia peripatetica», educati nel culto di Aristotele,
credono che «il filosofare non sia né possa esser altro che un far gran pratica
sopra i testi di Aristotele» che portano come unica prova delle loro teorie. E
non volendo «mai sollevar gli occhi da quelle carte» rifiutano di leggere
«questo gran libro del mondo» (cioè dall'osservare direttamente i fenomeni),
come se «fosse scritto dalla natura per non esser letto da altri che da
Aristotele, e che gli occhi suoi avessero a vedere per tutta la sua posterità.
Invece i discorsi nostri hanno a essere intorno al mondo sensibile, e non sopra
un mondo di carta.A fondamento del metodo scientifico quindi ci sono il rifiuto
dell'essenzialismo e la decisione di cogliere solo l'aspetto quantitativo dei
fenomeni nella convinzione di poterli tradurre tramite la misurazione in numeri
così che si abbia una conoscenza di tipo matematico, l'unica perfetta per
l'uomo che la raggiunge gradatamente tramite il ragionamento così da eguagliare
lo stesso perfetto conoscere divino che la possiede interamente e
intuitivamente. Però...quanto alla verità di che ci danno cognizione le
dimostrazioni matematiche, ella è l'istessa che conosce la sapienza divina. Il
metodo galileiano si dovrà comporre quindi di due aspetti principali: sensata
esperienza, ovvero l'esperimento distinto dalla comune osservazione della
natura, che deve infatti seguire a un'attenta formulazione teorica, ovvero a
ipotesi (metodo ipotetico-sperimentale) che siano in grado di guidare
l'esperienza in modo che essa non fornisca risultati arbitrari. Galileo non
ottenne la legge di caduta dei gravi dalla mera osservazione, altrimenti ne
avrebbe dedotto che un corpo cade più rapidamente tanto più è pesante (un sasso
nell'aria arriva prima a terra di una piuma per via dell'attrito). Studiò
invece il moto dei corpi in caduta controllandolo con un piano inclinato,
costruendo cioè un esperimento che gli permettesse di ottenere risultati più
precisi. Anche l'esperimento mentale può essere un utile strumento di
dimostrazione e permise a Galileo di confutare le dottrine aristoteliche sul
moto. necessaria dimostrazione, ovvero un'analisi matematica e rigorosa dei
risultati dell'esperienza, che sia in grado di trarre da questa risultati
universali e ogni conseguenza in modo necessario e non opinabile espressi dalla
legge scientifica. In questo modo Galileo concluse che tutti i corpi nel vuoto
precipitano con una velocità proporzionale al tempo di caduta, anche se
chiaramente non aveva effettuato esperimenti considerando tutti i possibili
corpi con differenti forme e materiali. La dimostrazione va ulteriormente
verificata, con ulteriori esperienze, ovvero il cosiddetto cimento che è
l'esperimento concreto con cui va sempre verificato l'esito di ogni
formulazione teorica. Sintetizzando la natura del metodo galileiano, Rodolfo
Mondolfo infine aggiunge che: «Il vincolo stabilito da Galileo tra
osservazione e dimostrazione le esperienze fatte mediante i sensi e le
dimostrazioni logico-matematiche della loro necessità – era un vincolo
reciproco, non unilaterale: né le esperienze sensibili dell’ osservazione
potevano valere scientificamente senza la relativa dimostrazione della loro
necessità, né la dimostrazione logica e matematica poteva raggiungere la sua
"assoluta certezza oggettiva" come quella della natura senza
appoggiarsi all’ esperienza nel suo punto di partenza e senza trovare la sua
conferma in essa nel suo punto d’ arrivo. È questa l'originalità del metodo
galileiano: avere collegato esperienza e ragione, induzione e deduzione,
osservazione esatta dei fenomeni e elaborazione di ipotesi e questo, non
astrattamente ma, con lo studio di fenomeni reali e con l'uso di appositi
strumenti tecnici. La terminologia scientifica in Galilei Fondamentale è
stato il contributo di Galileo al linguaggio scientifico, sia in campo
matematico, sia, in particolare, nel campo della fisica. Ancora oggi in questa
disciplina molto del linguaggio settoriale in uso deriva da specifiche scelte
dello scienziato pisano. In particolare, negli scritti di Galileo molte parole
sono tratte dal linguaggio comune e vengono sottoposte ad una
"tecnificazione", cioè l'attribuzione ad esse di un significato
specifico e nuovo (una forma, quindi, di neologismo semantico). È il caso di
"forza" (seppur non in senso newtoniano), "velocità",
"momento", "impeto", "fulcro", "molla"
(intendendo lo strumento meccanico ma anche la "forza elastica"),
"strofinamento", "terminatore", "nastro". Un
esempio del modo in cui Galileo nomina gli oggetti geometrici è in un brano dei
Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze: «Voglio
che ci immaginiamo esser levato via l'emisferio, lasciando però il cono e
quello che rimarrà del cilindro, il quale, dalla figura che riterrà simile a
una scodella, chiameremo pure scodella. Come si vede, nel testo ad una
terminologia specialistica ("emisferio", "cono",
"cilindro") si accompagna l'uso di un termine che denota un oggetto
della vita quotidiana, cioè "scodella". Galilei è ricordato nella
storia anche per le sue riflessioni sui fondamenti e sugli strumenti
dell'analisi scientifica della natura. Celebre la sua metafora riportata nel
Saggiatore, dove la matematica viene definita come il linguaggio (o la
semiotica, o i ‘signi’ – il segno -- in cui è scritto libro della natura:
La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta
aperto innanzi a gli occhi (io dico l'universo), ma non si può intendere se
prima non s'impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali è
scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli,
cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a
intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un
oscuro laberinto. In questo brano Galilei mette in collegamento le parole
"matematica", "filosofia" e "universo", dando
così inizio a una lunga disputa fra i filosofi della scienza in merito a come
egli concepisse e mettesse in relazione fra loro questi termini. Ad esempio,
quello che qui Galileo chiama "universo" si dovrebbe intendere,
modernamente, come "realtà fisica" o "mondo fisico" in
quanto Galileo si riferisce al mondo materiale conoscibile matematicamente.
Quindi non solo alla globalità dell'universo inteso come insieme delle
galassie, ma anche di qualsiasi sua parte o sottoinsieme inanimato. Il termine
"natura" includerebbe invece anche il mondo biologico, escluso
dall'indagine galileiana della realtà fisica. Per quanto riguarda
l'universo propriamente detto, Galilei, seppur nell'indecisione, sembra
propendere per la tesi che sia infinito: «Grandissima mi par l’inezia di
coloro che vorrebbero che Iddio avesse fatto l’universo più proporzionato alla
piccola capacità del loro discorso che all’immensa, anzi infinita, sua potenza»
Egli non prende una posizione netta sulla questione della finitezza o infinità
dell'universo; tuttavia, come sostiene Rossi, «c'è una sola ragione che lo
inclina verso la tesi dell'infinità: è più facile riferire l'incomprensibilità
all'incomprensibile infinito che al finito che non è comprensibile». Ma Galilei
non prende mai esplicitamente in considerazione, forse per prudenza, la
dottrina di Giordano Bruno di un universo illimitato e infinito, senza un
centro e costituito di infiniti mondi tra i quali Terra e Sole che non hanno
alcuna preminenza cosmogonica. Lo scienziato pisano non partecipa al dibattito
sulla finitezza o infinità dell'universo e afferma che a suo parere la
questione è insolubile. Se appare propendere per l'ipotesi della infinitezza lo
fa con motivazioni filosofiche in quanto, sostiene, l'infinito è oggetto di
incomprensibilità mentre ciò che è finito rientra nei limiti del comprensibile.
Il rapporto fra la matematica di Galileo e la sua filosofia della natura, il
ruolo della deduzione rispetto all'induzione nelle sue ricerche, sono stati
riportati da molti filosofi al confronto fra aristotelici e platonici, al
recupero dell'antica tradizione greca con la concezione archimedea o anche
all'inizio dello sviluppo nel XVII secolo del metodo sperimentale. La
questione è stata così ben espressa dal filosofo medievalista Moody. Quali sono
i fondamenti filosofici della fisica di Galileo e quindi della scienza moderna
in genere? Galileo è sostanzialmente un platonico, un aristotelico o nessuno
dei due? Si limitò, come sostiene Duhem, a rilevare e perfezionare una scienza
meccanica che aveva avuto origine nel Medioevo cristiano e i cui principi
fondamentali erano stati scoperti e formulati da Buridano, da Nicola Oresme e
dagli altri esponenti della cosiddetta "fisica dell’ impetus" del XIV
secolo? Oppure, come sostengono Cassirer e Koyré, voltò le spalle a questa
tradizione dopo averla brevemente processata nella sua dinamica pisana e
ripartì ispirandosi ad Archimede e Platone? Le controversie più recenti su
Galileo sono consistite in larga misura in un dibattito circa il valore
fondamentale e l’ influsso storico che su di lui avevano esercitato le
tradizioni filosofiche, platoniche e aristoteliche, scolastiche e antiscolastiche.
Galileo viveva in un'epoca in cui le idee del platonismo si erano diffuse
nuovamente in tutta Europa e in Italia e probabilmente anche per questa ragione
i simboli della matematica vengono da lui identificati con entità geometriche e
non con numeri. L'uso dell'algebra derivato dal mondo arabo nel dimostrare
relazioni geometriche era invece ancora insufficientemente sviluppato ed è solo
con Leibniz e Isaac Newton che il calcolo differenziale divenne la base dello
studio della meccanica classica. Galileo infatti nel mostrare la legge di
caduta dei gravi si servì di relazioni e similitudini geometriche. Da una
parte, per alcuni filosofi come Alexandre Koyré, Ernst Cassirer, Edwin Arthur
Burtt (1892–1989), la sperimentazione fu certamente importante negli studi di
Galileo e giocò anche un ruolo positivo nello sviluppo della scienza moderna.
La sperimentazione stessa, come studio sistematico della natura, richiede un
linguaggio con cui formulare domande e interpretare le risposte ottenute. La
ricerca di questo linguaggio era un problema che aveva interessato i filosofi
sin dai tempi di Platone e Aristotele, in particolare rispetto al ruolo non
banale della matematica nello studio delle scienze della natura. Galilei si
affida a esatte e perfette figure geometriche che però non possono mai essere
riscontrate nel mondo reale, se non al massimo come rozza
approssimazione. Oggi la matematica nella fisica moderna è utilizzata per
costruire modelli del mondo reale, ma ai tempi di Galileo questo tipo di
approccio non era affatto scontato. Secondo Koyré, per Galileo il linguaggio
della matematica gli permette di formulare domande a priori prima ancora di
confrontarsi con l'esperienza, e così facendo orienta la stessa ricerca delle
caratteristiche della natura attraverso gli esperimenti. Da questo punto di
vista, Galileo seguirebbe quindi la tradizione platonica e pitagorica, dove la
teoria matematica precede l'esperienza e non si applica al mondo sensibile ma
ne esprime la sua intima natura. La visione aristotelica Altri studiosi di
Galilei, come Stillman Drake, Pierre Duhem, John Herman Randall Jr., hanno
invece sottolineato la novità del pensiero di Galileo rispetto alla filosofia
platonica classica. Nella metafora del Saggiatore la matematica è un linguaggio
e non è direttamente definita né come l'universo né come la filosofia, ma è
piuttosto uno strumento per analizzare il mondo sensibile che era invece visto
dai platonici come illusorio. Il linguaggio sarebbe il fulcro della metafora di
Galileo, ma l'universo stesso è il vero obbiettivo delle sue ricerche. In
questo modo secondo Drake, Galileo si allontanerebbe definitivamente dalla
concezione e dalla filosofia platonica per accostarsi invece alla filosofia
aristotelica per cui ogni realtà deve avere in sé stessa le leggi del proprio
costituirsi. La sintesi tra platonismo e aristotelismo Secondo Eugenio Garin
Galileo invece, con il suo metodo sperimentale, vuole identificare nel fatto
osservato "aristotelicamente" una necessità intrinseca, espressa
matematicamente, dovuta al suo legame con la causa divina "platonica"
che lo produce facendolo "vivere". Alla radice di gran parte della
nuova scienza, da Leonardo a Galileo, accanto al desiderio tutto rinascimentale
di non lasciare intentata via alcuna, è viva la certezza che il sapere ha
aperta innanzi a sé la possibilità di una salda cognizione. Se noi
ripercorriamo la Teologia platonica, vi troviamo al centro questa tesi,
largamente e minutamente discussa nel libro secondo: alla mente di Dio sono
presenti tutte le essenze; la divina volontà, che poteva non creare, ha
manifestato la sua generosità col dare concreta e mondana realizzazione alle
eterne idee facendole vivere. La fecondità del concetto di creazione si rivela
nel dono della vita che Dio ha dato, e poteva non dare. Ma la volontà non tocca
quel mondo razionale che costituisce l'eterna ragione divina, il verbo divino,
cui dunque si conforma e si adegua questo mondo il quale, platonicamente,
rispecchia l'ideale razionalità per il tramite dell'intermediario matematico:
"numero, pondere et mensura". La mente umana, raggio del Verbo
divino, è nelle sue radici impiantata essa pure in Dio; è in Dio partecipe in
qualche modo dell'assoluta certezza. La scienza nasce così per il
corrispondersi di questa struttura razionale del mondo, impiantata nell'eterna
sapienza divina, e della mente umana partecipe di questa luce divina di
ragione. Studi sul moto La descrizione quantitativa del movimento
Rappresentazione dell'evoluzione moderna dei diagrammi utilizzati da Galileo
nello studio del moto. Ad ogni punto di una linea corrisponde un tempo e una
velocità (segmento giallo che termina con un punto blu). L'area gialla della
figura così ottenuta corrisponde quindi allo spazio totale percorso nell'intervallo
di tempo (t2-t1). Dilthey vede Keplero e Galilei come le massime espressioni
nel loro tempo di "pensieri calcolatori" che si disponevano a
risolvere, tramite lo studio delle leggi del movimento, le esigenze della
moderna società borghese: «Il lavoro degli opifici urbani, i problemi
sorti dall’invenzione della polvere da sparo e dalla tecnica delle fortificazioni,
i bisogni della navigazione relativamente ad apertura di canali, a costruzione
e armamento di navi, avevano fatto della meccanica la scienza preferita del
tempo. Specialmente in Italia, nei Paesi Bassi e in Inghilterra, questi bisogni
erano assai vivaci, e provocarono la ripresa e continuazione degli studi di
statica degli antichi e le prime ricerche nel nuovo campo della dinamica,
specialmente per opera di Leonardo, del Benedetti e dell'Ubaldi. Galilei fu
infatti uno dei protagonisti del superamento della descrizione aristotelica
della natura del moto. Già nel medioevo alcuni autori, come Giovanni Filopono
nel VI secolo, avevano osservato contraddizioni nelle leggi aristoteliche, ma
fu Galileo a proporre una valida alternativa basata su osservazioni
sperimentali. Diversamente da Aristotele, per il quale esistono due moti
"naturali", cioè spontanei, dipendenti dalla sostanza dei corpi, uno
diretto verso il basso, tipico dei corpi di terra e d'acqua, e uno verso
l'alto, tipico dei corpi d'aria e di fuoco, per Galileo qualunque corpo tende a
cadere verso il basso nella direzione del centro della Terra. Se vi sono corpi
che salgono verso l'alto è perché il mezzo nel quale si trovano, avendo una
densità maggiore, li spinge in alto, secondo il noto principio già espresso da
Archimede: la legge sulla caduta dei gravi di Galileo, prescindendo dal mezzo,
è pertanto valida per tutti i corpi, qualunque sia la loro natura. Per
raggiungere questo risultato, uno dei primi problemi che Galileo e i suoi contemporanei
dovettero risolvere fu quello di trovare gli strumenti adatti a descrivere
quantitativamente il moto. Ricorrendo alla matematica, il problema era quello
di capire come trattare eventi dinamici, come la caduta dei corpi, con figure
geometriche o numeri che in quanto tali sono assolutamente statici e sono privi
di alcun moto. Per superare la fisica aristotelica, che considerava il moto in
termini qualitativi e non matematici, come allontanamento e successivo ritorno
al luogo naturale, bisognava dunque prima sviluppare gli strumenti della
geometria e in particolare del calcolo differenziale, come fecero
successivamente fra gli altri Newton, Leibniz e Cartesio. Galileo riuscì a
risolvere il problema nello studio del moto dei corpi accelerati disegnando una
linea ed associando ad ogni punto un tempo e un segmento ortogonale
proporzionale alla velocità. In questo modo costruì il prototipo del diagramma
velocità-tempo e lo spazio percorso da un corpo è semplicemente uguale all'area
della figura geometrica costruita. I suoi studi e le sue ricerche sul moto dei
corpi aprirono inoltre la via alla moderna balistica. Sulla base degli studi
sul moto, di esperimenti mentali e delle osservazioni astronomiche, Galileo
intuì che è possibile descrivere sia gli eventi che accadono sulla Terra che
quelli celesti con un unico insieme di leggi. Superò quindi in questo modo
anche la divisione fra mondo sublunare e sovralunare della tradizione
aristotelica (per la quale il secondo è governato da leggi diverse da quelle
terrestri e da moti circolari perfettamente sferici, ritenuti impossibili nel
mondo sublunare). Il principio d'inerzia e il moto circolare Sfera sul
piano inclinato Studiando il piano inclinato, Galilei si occupò dell'origine
del moto dei corpi e del ruolo degli attriti; scoprì un fenomeno che è
conseguenza diretta della conservazione dell'energia meccanica e porta a
considerare l'esistenza del moto inerziale (che avviene senza l'applicazione di
una forza esterna). Ebbe così l'intuizione del principio di inerzia, poi inserito
da Isaac Newton nei principi della dinamica: un corpo, in assenza d'attrito,
permane in moto rettilineo uniforme (in quiete se v=0) fino a quando forze esterne
agiscono su di esso. Il concetto di energia non era invece presente nella
fisica del Seicento e solo con lo sviluppo, oltre un secolo più tardi, della
meccanica classica si arriverà ad una precisa formulazione di tale
concetto. Galileo pose due piani inclinati dello stesso angolo di base θ,
uno di fronte all'altro, ad una distanza arbitraria x. Facendo scendere una
sfera da un'altezza h1 per un tratto l1 di quello a SN notò che la sfera,
arrivata sul piano orizzontale tra i due piani inclinati, continua il suo moto
rettilineo fino alla base del piano inclinato di DX. A quel punto, in assenza
d'attrito, la sfera risale il piano inclinato di DX per un tratto l2 = l1 e si
ferma alla stessa altezza (h2 = h1) di partenza. In termini attuali, la
conservazione dell'energia meccanica impone che l'iniziale energia potenziale
Ep = mgh1 della sfera si trasformi - man mano che la sfera discende il primo
piano inclinato (SN) - in energia cinetica Ec = (1/2) mv2 sino alla sua base,
dove vale mgh1 = (1/2) mvmax2. La sfera si muove quindi sul piano orizzontale
coprendo la distanza x tra i piani inclinati con velocità costante vmax, fino
alla base del secondo piano inclinato (DX). Risale poi il piano inclinato di
DX, perdendo progressivamente energia cinetica che si trasforma nuovamente in
energia potenziale, fino a un valore massimo uguale a quello iniziale (Ep =
mgh2 = mgh1), al quale corrisponde velocità finale nulla (v2 = 0).
Rappresentazione dell'esperimento di Galileo sul principio d'inerzia. Si
immagini ora di diminuire l'angolo θ2 del piano inclinato di DX (θ2 < θ1),e
di ripetere l'esperimento. Per riuscire a risalire - come impone il principio
di conservazione dell'energia - alla medesima quota h2 di prima, la sfera dovrà
ora percorrere un tratto l2 più lungo sul piano inclinato di DX. Se si riduce
progressivamente l'angolo θ2, si vedrà che ogni volta aumenta la lunghezza l2
del tratto percorso dalla sfera, per risalire all'altezza h2. Se si porta
infine l'angolo θ2 ad essere nullo (θ2 = 0°), si è di fatto eliminato il piano
inclinato di DX. Facendo ora scendere la sfera dall'altezza h1 del piano inclinato
di SN, essa continuerà a muoversi indefinitamente sul piano orizzontale con
velocità vmax (principio d'inerzia) in quanto, per l'assenza del piano
inclinato di DX, non potrà mai risalire all'altezza h2 (come prevederebbe il
principio di conservazione dell'energia meccanica). Si immagini infine di
spianare montagne, riempire valli e costruire ponti, in modo da realizzare un
percorso rettilineo assolutamente piano, uniforme e senza attriti. Una volta
iniziato il moto inerziale della sfera che scende da un piano inclinato con
velocità costante vmax, questa continuerà a muoversi lungo tale percorso
rettilineo fino a fare il giro completo della Terra, e ricominciare quindi
indisturbata il proprio cammino. Ecco realizzato un (ideale) moto inerziale
perpetuo, che avviene lungo un'orbita circolare, coincidente con la
circonferenza terrestre. Partendo da questo "esperimento ideale",
Galileo sembrerebbe erroneamente ritenere che tutti i moti inerziali debbano
essere moti circolari. Probabilmente per questo motivo considerò, per i moti
planetari da lui (arbitrariamente) ritenuti inerziali, sempre e solo orbite
circolari, rifiutando invece le orbite ellittiche dimostrate da Keplero.
Dunque, ad essere rigorosi, non pare essere corretto quanto afferma Newton nei
"Principia" - fuorviando così innumerevoli studiosi - e cioè che
Galilei avrebbe anticipato i suoi primi due principi della dinamica. Misura
dell'accelerazione di gravità File:Isocronismo.webm Spiegazione del
funzionamento dell'isocronismo nella caduta dei gravi lungo una spirale su un
paraboloide. Galileo riuscì a determinare il valore che egli credeva costante
dell'accelerazione di gravità g alla superficie terrestre, cioè della grandezza
che regola il moto dei corpi che cadono verso il centro della Terra, studiando
la caduta di sfere ben levigate lungo un piano inclinato, anch'esso ben
levigato. Poiché il moto della sfera dipende dall'angolo di inclinazione del
piano, con semplici misure ad angoli differenti riuscì a ottenere un valore di
g solamente di poco inferiore a quello esatto per Padova (g = 9,8065855 m/s²),
nonostante gli errori sistematici, dovuti all'attrito che non poteva essere
completamente eliminato. Detta a l'accelerazione della sfera lungo il
piano inclinato, la sua relazione con g risulta essere a = g sin θ per cui,
dalla misura sperimentale di a, si risale al valore dell'accelerazione di
gravità g. Il piano inclinato permette di ridurre a piacimento il valore
dell'accelerazione (a < g), facilitandone la misura. Ad esempio, se θ = 6°,
allora sin θ = 0,104528 e quindi a = 1,025 m/s². Tale valore è meglio
determinabile, con una strumentazione rudimentale, rispetto a quello
dell'accelerazione di gravità (g = 9,81 m/s²) misurato direttamente con la
caduta verticale di un oggetto pesante. Misura della velocità della luce
Guidato dalla similitudine con il suono, Galileo fu il primo a tentare di
misurare la velocità della luce. La sua idea fu quella di portarsi su una
collina con una lanterna coperta da un drappo e quindi toglierlo lanciando così
un segnale luminoso ad un assistente posto su un'altra collina ad un chilometro
e mezzo di distanza: questi non appena avesse visto il segnale, avrebbe quindi
alzato a sua volta il drappo della sua lanterna e Galileo vedendo la luce
avrebbe potuto registrare l'intervallo di tempo impiegato dal segnale luminoso
per giungere all'altra collina e tornare indietro.Una misura precisa di questo
tempo avrebbe consentito di misurare la velocità della luce ma il tentativo fu
infruttuoso data l'impossibilità per Galilei di avere uno strumento così
avanzato che potesse misurare i centomillesimi di secondo che la luce impiega
per percorrere una distanza di pochi chilometri. La prima stima della
velocità della luce fu opera, nel 1676, dell'astronomo danese Rømer basata su
misure astronomiche. Apparati sperimentali e di misura Termometro di
Galileo, in un'elaborazione successiva. Gli apparati sperimentali furono
fondamentali nello sviluppo delle teorie scientifiche di Galileo, che costruì
diversi strumenti di misura originalmente o rielaborandoli sulla base di idee
preesistenti. In ambito astronomico costruì da sé alcuni esemplari di
cannocchiale, provvisti di micrometro per misurare quanto distasse una luna dal
suo pianeta. Per studiare le macchie solari, proiettò con l'elioscopio
l'immagine del Sole su un foglio di carta per poterla osservare in sicurezza
senza danni alla vista. Ideò anche il giovilabio, simile all'astrolabio, per
determinare la longitudine usando le eclissi dei satelliti di Giove. Per
studiare il moto dei corpi si servì invece del piano inclinato con il pendolo
per misurare intervalli temporali. Riprese anche un rudimentale modello di
termometro, basato sulla dilatazione dell'aria al variare della temperatura. Il
pendolo Schema di un pendolo Galileo scoprì nel 1583 l'isocronismo delle
piccole oscillazioni di un pendolo; secondo la leggenda l'idea gli sarebbe
venuta mentre osservava le oscillazioni di una lampada allora sospesa nella
navata centrale del Duomo di Pisa, oggi custodita nel vicino Camposanto Monumentale,
nella Cappella Aulla. Questo strumento è semplicemente composto da un grave,
come una sfera metallica, legato ad un filo sottile e inestensibile. Galileo
osservò che il tempo di oscillazione di un pendolo è indipendente dalla massa
del grave e anche dall'ampiezza dell'oscillazione, se questa è piccola. Scoprì
anche che il periodo di oscillazione {\displaystyle T}T dipende solo dalla
lunghezza del filo {\displaystyle l}l:[135] {\displaystyle T=2\pi {\sqrt
{\frac {l}{g}}}}T=2\pi {\sqrt {\frac {l}{g}}} dove {\displaystyle
g}g è l'accelerazione di gravità. Se ad esempio il pendolo ha {\displaystyle
l=1m}{\displaystyle l=1m}, l'oscillazione che porta il grave da un estremo
all'altro e poi di nuovo indietro ha un periodo {\displaystyle
T=2,0064s}{\displaystyle T=2,0064s} (avendo assunto per {\displaystyle g}g il
valore medio {\displaystyle 9,80665}{\displaystyle 9,80665}). Galileo sfruttò
questa proprietà del pendolo per usarlo come strumento di misura di intervalli
temporali. La bilancia idrostatica Galileo nel 1586, all'età di 22 anni quando
era ancora in attesa dell'incarico universitario a Pisa, perfezionò la bilancia
idrostatica di Archimede e descrisse il suo dispositivo nella sua prima opera
in volgare, La Bilancetta, che circolò manoscritta, ma fu stampata postuma
«Per fabricar dunque la bilancia, piglisi un regolo lungo almeno due braccia, e
quanto più sarà lungo più sarà esatto l'istrumento; e dividasi nel mezo, dove
si ponga il perpendicolo [il fulcro]; poi si aggiustino le braccia che stiano
nell'equilibrio, con l'assottigliare quello che pesasse di più; e sopra l'uno
delle braccia si notino i termini dove ritornano i contrapesi de i metalli
semplici quando saranno pesati nell'acqua, avvertendo di pesare i metalli più
puri che si trovino. Viene anche descritto come si ottiene il peso specifico PS
di un corpo rispetto all'acqua: {\displaystyle P_{S}={\frac {\operatorname
{peso\;in\;aria} }{\operatorname {peso\;in\;aria} -\operatorname
{peso\;in\;acqua} }}}{\displaystyle P_{S}={\frac {\operatorname {peso\;in\;aria}
}{\operatorname {peso\;in\;aria} -\operatorname {peso\;in\;acqua} }}}. Ne La
Bilancetta si trovano poi due tavole che riportano trentanove pesi specifici di
metalli preziosi e genuini, determinati sperimentalmente da Galileo con
precisione confrontabile con i valori moderni. Il compasso proporzionale
Una descrizione dell'uso del compasso proporzionale fornita da Galileo Galilei.
Il compasso proporzionale era uno strumento utilizzato fin dal medioevo per
eseguire operazioni anche algebriche per via geometrica, perfezionato da
Galileo ed in grado di estrarre la radice quadrata, costruire poligoni e
calcolare aree e volumi. Fu utilizzato con successo in campo militare dagli
artiglieri per calcolare le traiettorie dei proiettili. Galilei e l'arte
Letteratura Gli interessi letterari di Galilei Durante il periodo pisano Galileo
non si limitò alle sole occupazioni scientifiche: risalgono infatti a questi
anni le sue Considerazioni sul Tasso che avranno un seguito con le Postille
all'Ariosto. Si tratta di note sparse su fogli e annotazioni a margine nelle
pagine dei suoi volumi della Gerusalemme liberata e dell'Orlando furioso dove,
mentre rimprovera al Tasso «la scarsezza della fantasia e la monotonia lenta
dell'immagine e del verso, ciò che ama nell'Ariosto non è solo lo svariare dei
bei sogni, il mutar rapido delle situazioni, la viva elasticità del ritmo, ma
l'equilibrio armonico di questo, la coerenza dell'immagine l'unità organica –
pur nella varietà – del fantasma poetico. Galilei scrittore. D'altro più non si
cura fuorché d'essere inteso» (Giuseppe Parini) «Uno stile tutto cose e
tutto pensiero, scevro di ogni pretensione e di ogni maniera, in quella forma
diretta e propria in che è l'ultima perfezione della prosa.» (Francesco
De Sanctis, Storia della Letteratura Italiana) Dal punto di vista letterario,
Il Saggiatore è considerata l'opera in cui si fondono maggiormente il suo amore
per la scienza, per la verità e la sua arguzia di polemista. Tuttavia, anche
nel Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo si apprezzano pagine di
notevole livello per qualità della scrittura, vivacità della lingua, ricchezza
narrativa e descrittiva. Infine Italo Calvino affermò che, a suo parere,
Galilei è stato il maggior scrittore di prosa in lingua italiana, fonte di
ispirazione persino per Leopardi. L'uso della lingua volgare L'uso del volgare
servì a Galileo per un duplice scopo. Da una parte era finalizzato all'intento
divulgativo dell'opera: Galileo intendeva rivolgersi non solo ai dotti e agli
intellettuali ma anche a classi meno colte, come i tecnici che non conoscevano
il latino ma che potevano comunque comprendere le sue teorie. Dall'altro si
contrappone al latino della Chiesa e delle diverse Accademie che si basavano
sul principio di auctoritas, rispettivamente biblico ed aristotelico. Si viene
a delineare una rottura con la tradizione precedente anche per quanto riguarda
la terminologia: Galileo, a differenza dei suoi predecessori, non trae spunti
dal latino o dal greco per coniare nuovi termini ma li riprende, modificandone
l'accezione, dalla lingua volgare. Galileo, inoltre, dimostrò atteggiamenti
diversi nei confronti delle terminologie esistenti: terminologia
meccanica: cauto accoglimento; terminologia astronomica: non respinge i
vocaboli che l'uso abbia già accolto o tenda ad accogliere. Li utilizza, però,
come strumenti, insistendo sul loro valore convenzionale ("le parole o
imposizioni di nomi servono alla verità, ma non si devono sostituire a essa).
Lo scienziato poi segnala gli errori che nascono quando il nome travisa la
realtà fisica o che nascono dalla suggestione esercitata dagli usi comuni di un
vocabolo sul significato figurato assunto come termine scientifico; per evitare
questi errori, egli fissa esattamente il significato dei singoli vocaboli: sono
preceduti o seguiti da una descrizione; terminologia peripapetica: rifiuto
totale che si manifesta con la sua messa in ridicolo, servendosene come puri
suoni in un gioco di alternanze e rime. Arti figurative «L'Accademia e
Compagnia dell'Arte del Disegno fu fondata da Cosimo I de' Medici nel 1563, su
suggerimento di Giorgio Vasari, con l'intento di rinnovare e favorire lo
sviluppo della prima corporazione di artisti costituitasi dall'antica compagnia
di San Luca. Annoverò tra i primi accademici personalità come Buonarroti,
Bartolomeo Ammannati, Agnolo Bronzino, Francesco da Sangallo. Per secoli
l'Accademia rappresentò il più naturale e prestigioso centro di aggregazione
per gli artisti operanti a Firenze e, al tempo stesso, favorì il rapporto fra
scienza e arte. Essa prevedeva l'insegnamento della geometria euclidea e della
matematica e pubbliche dissezioni dovevano preparare al disegno. Anche uno
scienziato come Galileo Galilei fu nominato membro dell'Accademia fiorentina
delle Arti del Disegno. Galileo, infatti, prese pure parte alle complesse
vicende riguardanti le arti figurative del suo periodo, soprattutto la
ritrattistica, approfondendo la prospettiva manieristica ed entrando in
contatto con illustri artisti dell'epoca (come il Cigoli), nonché influenzando
in modo consistente, con le sue scoperte astronomiche, la corrente
naturalistica. Superiorità della pittura sulla scultura Per Galileo nell'arte
figurativa, come nella poesia e nella musica, vale l'emozione che si riesce a
trasmettere, a prescindere da una descrizione analitica della realtà. Ritiene
inoltre che tanto più dissimili sono i mezzi usati per rendere un soggetto dal
soggetto stesso, tanto maggiore l'abilità dell'artista. Perciocché quanto più i
mezzi, co' quali si imita, son lontani dalle cose da imitarsi, tanto più
l'imitazione è maravigliosa.” Ludovico Cardi, detto il Cigoli, fiorentino, fu
pittore al tempo di Galileo; ad un certo punto della sua vita, per difendere il
suo operato, chiese aiuto al suo amico Galileo: doveva, infatti, difendersi
dagli attacchi di quanti ritenevano la scultura superiore alla pittura, in
quanto ha il dono della tridimensionalità, a discapito della pittura
semplicemente bidimensionale. Galileo rispose con una lettera. Egli fornisce
una distinzione tra valori ottici e tattili, che diventa anche giudizio di
valore sulle tecniche scultoree e pittoriche: la statua, con le sue tre
dimensioni, inganna il senso del tatto, mentre la pittura, in due dimensioni,
inganna il senso della vista. Galilei attribuisce quindi al pittore una
maggiore capacità espressiva che non allo scultore poiché il primo, tramite la
vista, è in grado di produrre emozioni meglio di quanto faccia il secondo
mediante il tatto. “A quello poi che dicono gli scultori, che la natura fa
gli uomini di scultura e non di pittura, rispondo che ella gli fa non meno
dipinti che scolpiti, perché ella gli scolpe e gli colora.” Il padre di Galileo
era un musicista (liutista e compositore) e teorico musicale molto noto ai suoi
tempi. Galileo fornì un contributo fondamentale alla comprensione dei fenomeni
acustici, studiando in modo scientifico l'importanza dei fenomeni oscillatori
nella produzione della musica. Scoprì anche la relazione che intercorre fra la
lunghezza di una corda in vibrazione e la frequenza del suono emessa. Nella
lettera a Lodovico Cardi, Galileo scrive: «Non ammireremmo noi un musico,
il quale cantando e rappresentandoci le querele e le passioni d'un amante ci
muovesse a compassionarlo, molto più che se piangendo ciò facesse? ... E molto
più lo ammireremmo, se tacendo, col solo strumento, con crudezze et accenti
patetici musicali, ciò facesse...» (Opere XI) mettendo sullo stesso piano
la musica vocale e quella strumentale, dato che nell'arte sono importanti solo
le emozioni che si riescono a trasmettere. Dediche Banconota da 2.000
lire con la raffigurazione di Galileo 2 euro commemorativi italiani per
il 450º anniversario della nascita di Galileo Galilei A Galileo sono stati
dedicati innumerevoli tipi di oggetti ed enti, naturali o creati
dall'uomo: la Galileo Regio, una regione della superficie del satellite
Ganimede; l'asteroide 697 Galilea; una sonda spaziale, la Galileo; un sistema
di posizionamento spaziale, il sistema Galileo; il gal (unità di
accelerazione); il Telescopio Nazionale Galileo (TNG), situato sull'isola di La
Palma (Spagna); l'aeroporto internazionale "Galileo Galilei" di Pisa;
un gruppo musicale giapponese, Galileo Galilei; un album degli Haggard dal
titolo "Eppur si muove"; una canzone scritta e interpretata dal cantautore
pugliese Caparezza intitolata "Il dito medio di Galileo"; il
sottomarino Galileo Galilei; una nave da guerra italiana, la Galileo Galilei;
la banconota da 2.000 lire; una canzone Messer Galileo cantata da Edoardo
Pachera durante la 52ª edizione dello Zecchino d'Oro; una società, produttrice
di strumenti scientifici, ottici ed astronomici e denominata Officine Galileo;
una moneta commemorativa da 2 euro nel 2014 per il 450º anniversario della sua
nascita; un supercomputer di potenza di calcolo pari a circa 1 PetaFlop,
installato presso il consorzio interuniversitario CINECA e classificato per
diverso tempo fra le prime 500 strutture di calcolo al mondo; una cattedra di
storia della scienza dell'Università di Padova, detta appunto cattedra
galileiana, istituita per Enrico Bellone a cui poi successe William R. Shea che
la resse fino al 2011, più la Scuola Galileiana di Studi Superiori della stessa
università, nonché l'Accademia galileiana di scienze, lettere ed arti di
Padova. Galileo Day Galileo Galilei viene ricordato con celebrazioni presso
istituzioni locali il 15 febbraio, il Galileo Day, giorno della sua nascita.
Altre opere: La bilancetta (postuma), Tractatio de praecognitionibus et
precognitis and Tractatio de demonstration. Le mecaniche, Le operazioni del
compasso geometrico et militare, Sidereus Nuncius, Discorso intorno alle cose che stanno in su
l'acqua, Istoria e dimostrazioni intorno alle macchie solari e loro accidenti
(pubblicato dall'Accademia dei Lincei), 1613 (su archive.org, BEIC) Discorso
sopra il flusso e il reflusso del mare, Roma, Il Discorso delle Comete, Il
Saggiatore, Roma, Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, Firenze, Due
nuove scienze, Leida, Trattato della sfera, Roma 1656 (su BEIC) Lettere Lettera
al Padre Benedetto Castelli, Lettera a Madama Cristina di Lorena, Lettera a Pietro
Dini, Edizione nazionale Opere di Galileo Galilei, Edizione Nazionale, a cura
di Antonio Favaro, Firenze, G. Barbera, Le opere di Galileo Galilei. Edizione
nazionale sotto gli auspicii di Sua Maestà il Re d'Italia. Firenze, Tipografia di G. Barbera, Le opere di
Galileo Galilei, Edizione Nazionale, Appendice, Firenze, Giunti, 2013 ss. in
quattro volumi: Vol. 1: Iconografia galileiana, a cura di F. Tognoni, Carteggio,
a cura di M. Camerota e P. Ruffo, con la collaborazione di M. Bucciantini, Testi,
a cura di A. Battistini, M. Camerota, G. Ernst, R. Gatto, M. Helbing e P.
Ruffo, Documenti, a cura di M. Camerota e P. Ruffo (Edizione digitale delle
Opere Letteratura e teatro Vita di Galileo è il titolo di un'opera teatrale di Brecht
in più versioni, a partire dalla prima risalente agli anni 1938-39. Gli ultimi
anni di Galileo Galilei è il titolo di un'opera teatrale giovanile di Ippolito
Nievo. Galileo è uno spettacolo teatrale del 2010 di Francesco Niccolini e
Marco Paolini. Film Galileo Galilei è un cortometraggio sullo scienziato
pisano. Galileo è un film di Cavani. Galileo si chiama anche il film di Joseph
Losey tratto dal dramma Vita di Galileo di Bertolt Brecht. Per testuali parole
di Puccianti, Galileo fu veramente cultore e propugnatore della Natural
Filosofia: in effetti egli fu matematico, astronomo, fondatore della Fisica nel
senso attuale di questa parola; e queste varie discipline considerò sempre e
trattò come intimamente connesse tra loro, e insieme ad altri studi vari, come
diversi aspetti e atteggiamenti di una stessa attività dello spirito: filosofo
dunque, anche perché portò su questa attività la riflessione e la critica; ma
non incurante delle conseguenze o, come ora si direbbe, delle applicazioni
pratiche. I problemi più importanti e centrali lo impegnarono per tutta la
durata della sua vita scientifica, non con continua opera su ciascuno di essi,
ma con ritorni successivi sempre più approfonditi e più generali, e in fine risolutivi»
(da: Luigi Puccianti, Storia della fisica, Firenze, Felice Le Monnier, Fondamentali
furono inoltre le sue idee e riflessioni critiche sui concetti fondamentali
della meccanica, in particolare quelle sul movimento. Tralasciando l'ambito
prettamente filosofico, dopo la morte di Archimede, il tema del movimento cessò
di essere oggetto di analisi quantitativa e discussione formale allorché
Gerardo di Bruxelles, vissuto nella seconda metà del XII secolo, nel suo Liber
de motu riprese la definizione di velocità, già peraltro considerata dal
matematico del III secolo a.C. Autolico di Pitane, avvicinandosi alla moderna
definizione di velocità media come rapporto fra due quantità non omogenee quali
la distanza e il tempo (cfr. Gerard of Brussels, "The Reduction of
Curvilinear Velocities to Uniform Rectilinear Velocities", edito da
Clagett, in Grant, A Source Book in Medieval Science, Cambridge (MA), Harvard
University Press, e Mazur, Zeno's
Paradox. Unraveling the Ancient Mystery Behind the Science of Space and Time,
New York/London, Plume/Penguin Books, Ltd., Achille e la tartaruga. Il
paradosso del moto da Zenone a Einstein, a cura di Claudio Piga, Milano, Il
Saggiatore, Grazie al perfezionamento del telescopio, che gli permise di
effettuare notevoli studi e osservazioni astronomiche, fra cui quella delle
macchie solari, la prima descrizione della superficie lunare, la scoperta dei
satelliti di Giove, delle fasi di Venere e della composizione stellare della
Via Lattea. Per maggiori notizie, si veda: Luigi Ferioli, Appunti di ottica
astronomica, Milano, Editore Ulrico Hoepli, Cfr. pure Vasco Ronchi, Storia
della luce, IBologna, Nicola Zanichelli Editore, Dal punto di vista storico,
un'ipotesi autenticamente "eliocentrica" fu quella di Aristarco di
Samo, poi sostenuta e dimostrata da Seleuco di Seleucia. Il modello copernicano
invece, contrariamente a quanto generalmente ritenuto, è
"eliostatico" ma non "eliocentrico" (vedi nota seguente).
Il sistema di Keplero, poi, non è né "eliocentrico" (il Sole occupa
infatti uno dei fuochi dell'orbita ellittica di ciascun pianeta che gli ruota
attorno) né "eliostatico" (a causa del moto di rotazione del Sole
attorno al proprio asse). La descrizione newtoniana del sistema solare, infine,
eredita le caratteristiche cinematiche (i.e., orbite ellittiche e moto
rotatorio del Sole) di quella kepleriana ma spiega causalmente, tramite la
forza di gravitazione universale, la dinamica planetaria. ^ A proposito del
modello copernicano: «È da notare che, sebbene il Sole sia immobile, tutto il
sistema [solare] non ruota intorno ad esso, ma intorno al centro dell'orbita
della Terra, la quale conserva ancora un ruolo particolare nell'Universo. Si
tratta cioè, più che di un sistema eliocentrico, di un sistema eliostatico.»
(da G. Bonera, Dal sistema tolemaico alla rivoluzione copernicana, E non più
soggettiva, come era stata fino ad allora condotta. ^ Secondo Giorgio Del
Guerra, nella casa sita al n. 24 dell'attuale via Giusti in Pisa (G. Del
Guerra, La casa dove, in Pisa, nacque Galileo Galilei, Pisa, Tipografia
Comunale. Verosimilmente, Galileo non dovette avere buoni rapporti con la madre
se non ricorda mai gli anni della sua infanzia come un periodo felice. Il
fratello Michelangelo ebbe occasione di scrivere a questo proposito a Galileo,
quasi augurandosene l'ormai imminente dipartita: «[...] di nostra madre
intendo, con non poca meraviglia, che sia ancora così terribile, ma poiché è
così discaduta, ce ne sarà per poco, sì che finiranno le lite.» Un Tommaso
Ammannati fu fatto cardinale da Clemente VII nel 1385, mentre il fratello Bonfazio
Ammannati ottenne la porpora da uno dei successori di Clemente, l'antipapa
Benedetto XIII; quanto a Giacomo Ammannati Piccolomini, cardinal, fu umanista,
continuatore dei Commentarii di Pio II e autore di una Vita dei papi che è
andata perduta. ^ Si ricorda un Tommaso Bonaiuti, che fece parte del governo di
Firenze dopo la cacciata del Duca di Atene e un Galileo Bonaiuti, medico noto
al suo tempo e gonfaloniere di giustizia, il cui sepolcro nella Basilica di
Santa Croce divenne la tomba dei suoi discendenti; a partire da Galileo
Bonaiuti, il cognome della famiglia cambiò in Galilei. ^ Così scriveva Muzio
Tedaldi a Vincenzo Galilei: «per la vostra ho inteso quanto havete concluso con
il vostro figliuolo [Galileo]; et come, volendo cercar di introdurlo qua in
Sapienza, vi ritarda il non esser la Bartolomea maritata, anzi vi guasta ogni
buon pensiero; et che desiderate che la si mariti, e quanto prima. Le
considerationi vostre son buone, et io non ho mancato né manco di far
quell'opera che si ricerca; ma sino a qui son venuti tutti partiti, per non dir
obbrobriosi, poco aproposito per lei… Per concludere, ardisco di dire che credo
che la Bartolomea sia così casta come qual si vogli pudica fanciulla; ma le lingue
non si possono tenere; pure io crederrò, con l'aiuto che do loro, di levar via
tutti questi romori et farli supire; per il che a quel tempo potrete facilmente
mandare il vostro Galileo a studio; et se non harete la Sapienza, harete la
casa mia al vostro piacere, senza spesa nessuna, et così vi offero et prometto,
ricordandovi che le novelle son come le ciriegie; però è bene credere quel che
si vede, e non quel che si sente, parlando di queste cose basse.» Obbligatoriamente
l'iscrizione doveva avvenire per gli studenti toscani in quell'Università. Chi
voleva andare in un'altra Università avrebbe dovuto pagare una multa di 500
scudi stabilita da un editto granducale per scoraggiare la frequenza in un
ateneo diverso da quello pisano (In: A. Righini, Op. cit.). ^ Lo
testimonierebbe la coincidenza di argomentazioni esistente tra gli Juvenilia,
gli appunti di fisica abbozzati da Galileo in questo periodo, e i dieci libri
del De motu del Bonamico. (In: Storia sociale e culturale d'Italia, La cultura
filosofica e scientifica, La filosofia e le scienze dell'Uomo, La storia delle
scienze, Milano, Bramante Editrice, Ne descrive i dettagli nel breve trattato
La bilancetta, circolato prima fra i suoi conoscenti e pubblicato postumo nel
1644 (Annibale Bottana, Galileo e la bilancetta: un momento fondamentale nella
storia dell'idrostatica e del peso specifico, Firenze, Leo S. Olschki Editore).
Studi riportati nel Theoremata circa centrum gravitatis solidorum, pubblicato
in appendice ai Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove
scienze attinenti alla meccanica e ai moti locali. ^ Galileo sottopose a
Clavius una sua insoddisfacente dimostrazione della determinazione del
baricentro dei solidi. (Lettera a Clavius). Giovanni de Medici aveva progettato
una draga per il porto di Livorno. Su questo progetto il granduca Ferdinando
aveva chiesto una consulenza a Galilei che dopo aver visto il modellino affermò
che non avrebbe funzionato. Giovanni de Medici volle comunque costruire la
draga che in effetti non funzionò. (Giovan Battista de Nelli, Vita e commercio
letterario di Galileo Galilei, Losanna, con tale Benedetto Landucci che Galilei
raccomandò a Cristina di Lorena riuscendo a fargli ottenere nel 1609 il posto
di pesatore al saggio; il lavoro, consistente nel pesare gli argenti che
venivano venduti, procurava un guadagno di circa 60 fiorini. Lettera a Cristina
di Lorena (Ed. Naz., Vol. X, Lettera N., Alla dote per la sorella Livia avrebbe
dovuto contribuire anche il fratello Michelangelo. (Lettera a Michelangelo Galilei,
Michelangelo ... fu versatissimo nella musica e la esercitò per professione;
essendo stato buon liutista non v'è dubbio che fosse allievo egli pure di suo
padre Vincenzo. visse in Polonia al servizio di un conte palatino; nel 1610 era
a Monaco di Baviera ove insegnava musica, e in una lettera datata del 16 agosto
di quell'anno, egli pregava il fratello Galileo, di acquistargli grosse corde
di Firenze per suo bisogno et dei suoi scolari...» (Dizionario universale dei
musicisti, Milano, Casa Editrice Sonzogno). Le spese per i viaggi in Polonia e
Germania furono sostenute da Galileo. Michelangelo appena sistematosi in
Germania volle sposarsi con Anna Chiara Bandinelli e, anziché saldare il debito
per la dote che aveva con il cognato Galletti, spese tutto il denaro che aveva
in un lussuoso ricevimento nuziale. ^ «Mi dispiace ancora di veder che V.S. non
sia trattata second'i meriti suoi, e molto più mi dispiace che ella non habbi
buona speranza. Et s'ella vorrà andar a Venetia questa state, io l'invito a passar
di qua, che non mancarò dal canto mio di far ogni opera per aiutarla e
servirla; chè certo io non la posso veder in questo modo. Le mie forze sono
deboli, ma, come saranno, io le spenderò tutte in suo servitio. (Lettera di Guidobaldo Del Monte a Galilei.
In: Ed. Naz., Vol. X, Lettera N. 35, Ancora vivente, Galileo fu ritratto da
alcuni dei più famosi pittori del suo tempo, come Santi di Tito, Caravaggio,
Domenico Tintoretto, Giovan Battista Caccini, Francesco Villamena, Ottavio
Leoni, Domenico Passignano, Joachim von Sandrart e Claude Mellan. I due
ritratti più famosi, visibili alla Galleria Palatina di Firenze e agli Uffizi
sono invece di Justus Suttermans che rappresenta Galileo ormai anziano come
simbolo del filosofo conoscitore della natura. ( In "Portale
Galileo") ^ Per moto «naturale» s'intende quello di un grave, ossia di un
corpo in caduta libera, diversamente dal moto «violento», che è quello di un
corpo che sia soggetto ad un «impeto». ^ L'esatta formulazione della legge è stata
data da Galileo nel successivo De motu accelerato: «Motum aequabiliter, seu
uniformiter, acceleratum dico illum, qui, a quiete recedens, temporibus
aequalibus aequalia celeritatis momenta sibi superaddit», ove l'accelerazione
di gravità è indicata essere direttamente proporzionale al tempo e non allo spazio.
(Ed. Naz.) ^ Con lettera da Verona, l'Altobelli riferiva a Galileo, senza dar
credito, che la stella, «quasi un arancio mezzo maturo», sarebbe stata
osservata. In verità, dietro Antonio Lorenzini (da non confondere col vescovo
Antonio Lorenzini) si celava il Cremonini; cfr. Uberto Motta, Antonio
Querenghi. Un letterato padovano nella Roma del tardo Rinascimento,
Pubblicazioni dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano, Vita e
Pensiero, «Nacque in Padova intorno al 1580. Poco più che ventenne professò i
voti nell’Ordine Benedettino, e nei primi anni del secolo XVII si trovava nel
monastero di S. Giustina di Padova, legato in molta intimità col Castelli,
insieme col quale fu discepolo di Galileo, prendendo le parti del Maestro nelle
questioni relative alla stella nuova dell’ottobre 1604.» (Da Museo Galileo). Usus
et fabrica circini cuiusdam proportionis, per quem omnia fere tum Euclidis, tum
mathematicorum omnium problemata facili negotio resolvuntur, opera & studio
Balthesaris Capræ nobilis Mediolanensis explicata. (In: Patauij, apud Petrum
Paulum Tozzium, 1607) ^ Alcuni calcoli astrologici, anche risalenti al periodo
fiorentino, furono conservati da Galileo e compaiono nel volume 19 dell'Opera
omnia (sezione "Astrologica nonnulla", pp. 205-220). Da notare che
per lo più si tratta di calcoli del tema natale, solo in qualche caso
accompagnati da interpretazioni o pronostici. ^ È stata ritrovata una lista
della spesa dove Galilei, insieme a ceci, farro, zucchero, ecc., ordinava di
acquistare anche pezzi di specchio, ferro da spianare e quanto di utile per il
suo laboratorio ottico. (Da una nota di una lettera di Ottavio Brenzoni conservata nella Biblioteca Centrale di
Firenze) ^ Espressione tradizionalmente attribuita da scrittori cristiani
all'imperatore pagano Flavio Claudio Giuliano che in punto di morte avrebbe
riconosciuto la vittoria del Cristianesimo: «Hai vinto o Galileo» riferendosi a
Gesù nativo della Galilea. ^ Il comportamento di Galileo è stato variamente
giudicato: vi è chi sostiene che egli le chiuse in convento perché «doveva
pensare a una loro sistemazione definitiva, cosa non facile perché, data la
nascita illegittima, non era probabile un futuro matrimonio» (come se egli non
potesse legittimarle, come fece con il figlio Vincenzio e come se una
monacazione coatta fosse preferibile a un matrimonio non prestigioso; cfr.
Sofia Vanni Rovighi, Storia della filosofia moderna e contemporanea. Dalla
rivoluzione scientifica a Hegel, Brescia, Editrice La Scuola), mentre altri
ritengono che «alla base di tutto stava il desiderio di Galileo di trovare per
esse una sistemazione che non rischiasse di procurargli in futuro alcun nuovo
carico [...] tutto ciò nascondeva un profondo, sostanziale egoismo» (cfr. Ludovico
Geymonat,). ^ «quel mirare per quegli occhiali m'imbalordiscon la testa»,
avrebbe detto Cremonini secondo la testimonianza di Paolo Gualdo. (Da una
lettera del Gualdo a Galilei. Scheiner pubblicò ancora sull'argomento il De
maculis solaribus et stellis circa Iovem errantibus. La priorità della scoperta
andrebbe all'olandese Johannes Fabricius, che pubblicò a Wittenberg, il De
Maculis in Sole observatis, et apparente earum cum Sole conversione. Cioè con i
sensi, con l'osservazione diretta. ^ «Egli pensava infatti che una colonna
d’acqua troppo alta tendeva a spezzarsi sotto l’azione del suo stesso peso,
così come si spezza una fune di materiale poco resistente quando, fissata in
alto, viene tirata dal basso. Fu quindi proprio questa analogia fondata sull’esperienza
osservativa a portare il Galilei fuori strada.» (in IL VUOTO – Elisa Garagnani
– Isis Archimede). Salmi che la figlia di Galileo, suor Maria Celeste,
s'incaricò di recitare, con il consenso della Chiesa. Baretti, in una sua
ricostruzione, avrebbe fatto nascere la leggenda di un Galilei che una volta
alzatosi in piedi, colpì la terra e mormorò: "E pur si muove!" (In
Giuseppe Baretti, The Italian Library). Tale frase non è contenuta in alcun
documento contemporaneo, ma nel tempo fu ritenuta veritiera, probabilmente per
il suo valore suggestivo, a tal punto che Berthold Brecht la riporta in
"Vita di Galileo", opera teatrale dedicata allo scienziato pisano
alla quale egli si dedicò a lungo. ^ In Paschini è riportato che: «secondo le
norme del Sant'Offizio» questa condizione «era equiparata ad una prigionia per
quanto egli facesse per ottenere la liberazione. Si ebbe il timore
probabilmente ch'egli riprendesse a fare propaganda delle sue idee e che un
perdono potesse significare che il Sant'Offizio si fosse ricreduto a proposito
di esse» (cfr. pure Alceste Santini, "Galileo Galilei", L'Unità). Conceditur
habitatio in eius rure, modo tamen ibi in solitudine stet, nec evocet eo aut
venientes illuc recipiat ad collocutiones, et hoc per tempus arbitrio Suae
Sanctitatis.» (Ed. Naz.) ^ A Galileo era infatti proibito stampare qualunque
opera in un paese cattolico. ^ Fonti di questa corrispondenza si trovano in:
Paolo Scandaletti, Galilei privato, Udine, Gaspari editore, Antonio Favaro,
Amici e corrispondenti di Galileo Galilei, Alessandra Bocchineri, Venezia,
Pubblicazioni del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Valerio Del
Nero, Galileo Galilei e il suo tempo, Milano, Simonelli Editore, A. Righini,
Galileo: tra scienza, fede e politica, Bologna, Editrice Compositori, 2008, p.
150 e sgg.; Geymonat, Giorgio Abetti, Amici e nemici di Galileo, Milano,
Bompiani, Banfi, «Galileo fu invitato
alla villa di S.Gaudenzio, sulle colline di Sofignano, alla fine di luglio del
1630, ospite di Giovanni Francesco Buonamici, che con lo scienziato vantava una
parentela da parte della moglie Alessandra Bocchineri: la sorella di lei,
Sestilia, aveva sposato a Prato l'anno prima il figlio di Galileo, Vincenzo.»
(In Comune di Vaiano) Fu permessa a Galilei l'assistenza del giovane allievo
Vincenzo Viviani e, dall'ottobre 1641, anche di Evangelista Torricelli. ^ «La
prego a condonare questa mia non volontaria brevità alla gravezza del male; e
le bacio con affetto cordialissimo le mani, come fo anche al Signor Cavaliere
suo Consorte.» (In Le Opere di Galileo Galilei, a cura di Eugenio Albèri,
Firenze, Società Editrice Fiorentina, 1848, p. 368) Anfossi
pubblicava–anonimamente–in Roma un libro in cui le leggi di Keplero e di Newton
erano presentate come «cose che non meritano la menoma attenzione» e si
chiedeva come mai «tanti uomini santi» ispirati dallo Spirito Santo, «ci han
detto ottanta e più volte che il Sole si muove senza dirci una volta sola che è
immobile e fermo?» (Sebastiano Timpanaro, Scritti di storia e critica della
scienza, Firenze, G.C. Sansoni, L'edizione curata da Favaro si basava sulle
copie allora disponibili, perché l'originale non era stato ritrovato (Avvertimento.
Il manoscritto originale è stato scoperto nell'agosto 2018 e pubblicato come
appendice a Michele Camerota, Franco Giudice, Salvatore Ricciardi, "The
reapparance of Galileo's original letter to Benedetto Castelli". L'effetto
di parallasse stellare, che dimostra la rivoluzione della Terra attorno al
Sole, sarà misurato da Friedrich Wilhelm Bessel solo nel 1838. Per il testo
della condanna, vedi: Sentenza di condanna di Galileo Galilei, su
it.wikisource.org. Per il testo dell'abiura, vedi: Abiura di Galileo Galileisu
it.wikisource.org. ^ Questa frase è stata citata in un intervento molto
criticato di Joseph Ratzinger (cfr. "La crisi della fede nella
scienza" in Svolta per l'Europa? Chiesa e modernità nell'Europa dei
rivolgimenti, Roma, Edizioni Paoline. Ratzinger aggiunge da parte sua che:
«Sarebbe assurdo costruire sulla base di queste affermazioni una frettolosa
apologetica. La fede non cresce a partire dal risentimento e dal rifiuto della
razionalità, ma dalla sua fondamentale affermazione e dalla sua inscrizione in
una ragionevolezza più grande. Qui ho voluto ricordare un caso sintomatico che evidenzia
fino a che punto il dubbio della modernità su se stessa abbia attinto oggi la
scienza e la tecnica.» ^ Già chiaramente indicati nella Lettera a Madama
Cristina di Lorena granduchessa di Toscana. L'Accademia del Cimento, fra le più
antiche associazioni scientifiche al mondo, fu la prima a riconoscere
ufficialmente, in Europa, il metodo sperimentale galileano. Fu fondata a
Firenze da alcuni allievi di Galileo, Evangelista Torricelli e Vincenzo
Viviani. Si lasci alla storiografia stabilire, caso fosse mai possibile, se
Galileo concepisse il moto inerziale unicamente come circolare [...] o se
ammettesse anche la possibilità in natura della prosecuzione indefinita del
moto rettilineo, anche perché in Galileo non si può sensatamente parlare di
formulazione del principio d'inerzia come se fossimo nell'ambito della moderna
fisica newtoniana, ma solo di alcune considerazioni preliminari al principio
della relatività del moto.» Portale Galileo, su portalegalileo.museogalileo.it.Testi
non compresi nella prima edizione dell'Edizione Nazionale curata da Antonio
Favaro, ma in quella curata da William F. Edwards e Mario G. Helbing, con
Introduzione, Note e Commenti di William A. Wallace, per Le opere di Galileo
Galilei. Edizione Nazionale, Appendice al Volume III: Testi, Firenze, G.C.
Giunti. Bibliografiche Abbagnano, Albert Einstein, Leopold Infeld,
L'evoluzione della fisica. Sviluppo delle idee dai concetti iniziali alla
relatività e ai quanti, Torino, Editore Boringhieri, Mario Gliozzi,
"Storia del pensiero fisico", in: Luigi Berzolari (a cura di),
Enciclopedia delle matematiche elementari e complementi, Vol. III, Parte II, Milano,
Editore Ulrico Hoepli, Paolo Straneo, Le teorie della fisica nel loro sviluppo
storico, Brescia, Morcelliana, Giuliano Toraldo di Francia, L'indagine del
mondo fisico, Torino, Giulio Einaudi editore, George Gamow, Biografia della
fisica, Biblioteca della EST, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, Max Born, La
sintesi einsteiniana, Torino, Editore Boringhieri, Natalino Sapegno, Compendio
di storia della letteratura italiana, Firenze, La Nuova Italia Editrice, Centro
di Studi Filosofici di Gallarate (a cura di), Dizionario dei Filosofi, Firenze,
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della Scienza Treccani, Aliotta e Carbonara, p. 36. ^ Alberto Righini, Galileo.
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Muzio Tedaldi a Vincenzo Galilei, «mi è grato di saper che haviate rihavuto
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Galileo Galilei, National Maritime Museum, su collections.rmg.co.uk. URL
consultato l'8 gennaio 2018. ^ Discorso intorno alla Nuova Stella, In Padova,
appresso Pietro Paolo Tozzi,Consideratione astronomica circa la Nova &
portentosa Stella che nell'anno MDCIIII adì X ottobre apparse. Con un breve
giudicio delli suoi significati, In Padova, nella stamparia di Lorenzo
Pasquati, 1605. ^ Antonio Favaro, "Galileo Galilei ed il «Dialogo de Cecco
di Ronchitti da Bruzene in perpuosito de la Stella Nuova». Studi e
ricerche", Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti, Enciclopedia
Treccani alla voce "Ronchitti, Cecco di" ^ Difesa di Galileo Galilei
nobile fiorentino, lettore delle matematiche nello studio di Padova, contro
alle calunnie & imposture di Baldessar Capra milanese, usategli sì nella
«Considerazione astronomica sopra la Nuova Stella del MDCIIII» come (&
assai più) nel pubblicare nuovamente come sua invenzione la fabrica & gli
usi del compasso geometrico & militare sotto il titolo di «Usus &
fabrica circini cuiusdam proportionis & c.» (In: Venetia, presso Tomaso
Baglioni). ^ Antonio Favaro, "Galileo astrologo secondo documenti editi e
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galileiana di scienze, lettere ed arti Arcetri Astronomia Bibliografia su
Galileo Galilei Cannocchiali di Galileo Casa di Galileo Galilei Domus
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galileiana Villa Il Gioiello Vincenzo Galilei Virginia Galilei Vita privata di
Galileo Galilei. Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Galileo Galilei, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia
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scientifici originali di Galileo European Cultural Heritage Onlinesu
echo.mpiwg-berlin.mpg.de. Scheda su Galileo Galilei accademico della Crusca sul
sito dell'Accademia, su adcrusca.it.Fondo "Antonio Favaro", su
domusgalilaeana.it. Archivio "Scienza & Fede", su disf.org.
Laboratorio storico "G. Galilei", su illaboratoriodigalileogalilei.it.
Lo scherzo d'un uomo di genio dice cose più serie che non le cose serie
dell'uomo volgare ; anzi primo indicio della superiorità è il sorriso. Il volgo
andava ripetendo che la caduta di un pomo preannunziò la scoperta della
gravitazione universale : e Byron scherzando di ceva essere stata la prima
volta, da Adamo in qua, che un pomo e una caduta dessero qualche vantaggio al
genere umano. Altro che pomo ! voleva dire il poeta : esatte premesse occorrono
alle grandi scoperte e non il caso . Il pensiero è una catena e ciò che ai più
par caso entra nella serie. Togliete Galilei e Keplero e avrete soppresso le
premesse immediate a Newton. Togliete Copernico, e li avrete soppressi tutti.
Togliete le tradizioni pitagorichealle univer sità italiane e sparisce
Copernico . Dov'è il caso ? Il pomo no : una serie di grandi pensieri che
furono grandi scoperte sgombrò le vie del firmamento all' anglo. Un fatto può essere
occasionale, ma per quegli uomini che portano nel cervello quella preparazione,
che rias sumendo la serie, afferra il fatto e lo trasforma. Così
nell'astronomia e così proprio in tutte le altre scienze. To gliete Bruno e
Campanella, e non troverete Vico. Togliete Telesio , e li perdete tutti.
Togliete le tradizioni naturalistiche dell'antica scuola italica— già greca di
origine —e sparisce Telesio. È la me desima serie ed è una riprova della
cognatela tra tutte le scienze. E questa serie non si smentisce neppur dove la
reazione crede spennare le reni agl'ingegni alati. Non fu una reazione il libro
della Ragion di Stato —che creò tanti discepoli-contro il Principe, che aveva
già tutta una scuola , cioè Bottero non ebbe il disegno aperto di reagire trionfalmente
contro Machiavelli ? Ebbene, mentre il prete Bottero mandava ad uno de'più
grandi e sventurati ingegni 215 italiani quante maledizioni gli erano ispirate
dalla triplice reazione di Parigi, di Madrid e di Roma, era nel tempo istesso
tirato dalla logica a prendere da Machiavelli la teorica de’ mezzi, come il
secre tario di Firenze aveva preso la teorica de'fini pubblici da Dante e da
Petrarca, ispirati — alla loro volta —dall'antica tradizione ro mana. Ed ecco
la reazione entrare nella serie, come appunto la santa alleanza insinuava ne
'codici tanti principii della rivoluzione. E ciò non accade soltanto rispetto
ai sistemide'quali l'uno suppone l'altro anche dove il secondo reagisce al
primo, ma alle singole teo riche di ciascuno, le quali non segnano un progresso
che non sia una conclusione di ciò che si era pensato prima. A che mira,
infatti, la critica di Galilei ? A reintegrare l'unità della natura. Ma se
Bacone lo chiama filosofo telesiano, voi dovete ricordare che Telesio non solo
aveva propugnato il metodo sperimen tale, ma tentato comporre il dissidio
lasciato aperto da Aristotile tra materia e forma, come Pomponazzi e Campanella
avevano troncato il dualismo tra intelletto e senso, e Bruno tra natura e Dio .
Non è un gruppo, è una catena nella quale il nome di ciascuno s’inanella nel
precedente, e tutti insieme presentano il disegno della rinnovata natura . Per
questi il risorgimento fu naturalismo, fu ita liano, mentre la scolastica era
stata europea. Se dalla serie e dal proprio posto nella serie voi spiccate il
nome di Galilei, vi accorgerete che resterà il nome di un astronomo più o meno
insigne, di un improvvisatore di qualche teorica, dello scopri tore fortunato
di qualche astro e di qualche istrumento, ma che cosa egli abbia aggiunto al pensiero,
per quale via e con quali effetti voi non saprete dire. Ammirerete un mito e
sarà volgare ammirazione. Voi, in somma, assisterete ai miracoli di un
prestigiatore non alle scoperte del genio. Or sospettate voi che io vi voglia
esporre ad una ad una le pre messe di Galilei e di Klepero per arrivare
sino a Newton ? che io voglia indicarvi da quali parti specialmente della
meccanica terre stre emerse la meccanica celeste e come la dimostrazione
de'quadrati de' tempi delle rivoluzioni che stanno fra loro come i cubi degli
assi maggiori delle orbite abbia aperto a Newton la conclusione che la forza
era proporzionale alla massa ? Sarebbe riuscire, pel cammino peggiore, a
nessuna meta. I dotti · non imparerebbero una sillaba di nuovo e vedrebbero in
espressioni difettive snaturate quelle forme che chiedono un'analisi esatta , e
i meno dotti si allontanerebbero storditi e infastiditi. Io, dunque, . 216
senza guastare la serie, debbo dirvi quel che penso io intorno ad al cuni
pensieri di quell'uomo sommo e scelgo — non a caso —i punti seguenti: 1.º Come
intese Galilei il metodo sperimentale ? 2. ° Quale valore oggettivo dette egli
alla conoscenza ? 3. ° Quale fu il risulta mento scientifico e morale delle sue
dottrine ? Non è poco, e più che nella cortesia --cosa mediocre— confido nella
serietà con la quale voi ed io vogliamo che sia discusso il pa trimonio
glorioso della mente. II. « Non vogliamo costruzioni scientifiche, non metodi
aprioristici, vogliamo il metodo sperimentale: » Così gridano, e vogliamolo pure,
io scrivevo, ma vogliamolo davvero. Non fu forse proclamato ed eser citato con
diverso intento e diversa fortuna ? Non fu fecondo o arido, secondo
l'intelletto e la mano che presero a trattarlo ? Non si distin gue
dall'empirismo ? Bisogna dunque sapere che è veramente me todo sperimentale.
Galilei si trova a pari distanza tra Telesio e Bacone, due che pro pugnarono il
metodo sperimentale senza scoprire nulla nel mondo naturale, e si trova ad un
secolo di distanza da Leonardo da Vinci, che, professando il metodo
sperimentale, strappò più di un segreto alle cose reali . Perchè dunque
l'istesso metodo, arido nelle mani di Telesio e di Bacone, diventa fecondo
nelle mani di Leonardo e di Ga lilei ? Ecco il punto. E la risposta è chiara :
— Perchè il metodo non è veramente lo stesso . Per Telesio e Bacone comincia e
resta nel fenomeno e dove al fenomeno aggiunge qualche ipotesi, è soggettiva,
cioè puro ri torno all'antico. Per Leonardo e Galilei comincia dal fatto e sale
alle alte sfere della ragione, mediante il linguaggio stesso delle cose che è
la matematica . La matematica è formale come la logica —dice Bacone. La
matematica è reale come le cose afferma Galilei. Con la matematica sei arrivato
a far girare la terra -è un frizzo di Bacone contro Galilei. E la terra gira --
grida il pisano. Pur tu ti sei disdetto —rincalza Bacone. Stolto ! dice Galilei
-- potevo disdirmi cento volte, e la prova re sta e la terra continua il suo
giro. 217 Ma chi ti malleva la realtà della matematica ? Il fatto stesso che
misuratamente si move, misuratamente per corre il tempo e lo spazio, nella
misura costituisce l'ordine. -La misura è aggiunta. - La misura è : io la
colgo: chi non la coglie non vede il fatto. Telesio non lo dice. Leonardo lo
disse, e scoprì. Telesio e tu non avete scoperto. Il fatto a voi è stato muto ;
a noi ha parlato . Fermiamoci. Il divario è grande. Potete voi dire che sia
l'istesso metodo ? Fu Bacone l'anglo che intese Galilei o un altro ? Quando si
parla di metodo sperimentale, di senso, di fatto, biso gna cogliere tutto il
fatto, il quale non è qualità soltanto, è quan tità ; e questi due termini
s'integrano a vicenda, in modo che la quantità si qualifica, e la qualità si
quantifica. Questo pro cesso graduale ed intimo delle cose è l'evoluzione, e la
legge che la traveste, affaticandola di moto in moto, è la causalità, che in
Newton si determina come gravitazione universale. Il fatto dunque non è
fenomeno soltanto, è fenomeno e legge. Così Galilei lo intuisce e così lo
intuisce intero ; Bacone coglie un termine solo e mutila il fatto. L'esperienza
che in Galilei è piena, in Bacone è unilaterale; quel metodo che in Galilei è
sperimentale, in Bacone diventa empirico; e quel processo che nell'uno è
fecondo di scoperte, nell'altro è gonfio di precetti pom posi . Ha un bel
rimuovere Bacone tutti quelli ch'ei chiama idoli, se innanzi agli occhi gli
rimane fisso l'idolo peggiore, il fatto eslege. Così aveva fatto Leonardo da
Vinci notando nel fenomeno la legge, e così fa Galilei, entrambi con pochi
precetti e con effetti amplissimi, tirandone l'uno applicazioni mirabili alla
meccanica , e specialmente all'idraulica, l'altro al sistema planetario. E si
ripeta pure che in Galilei l'esperienza naturale è senso pieno, ma quì un fatto
contemporaneo ci deve fermare e impensie rire. Bruno senza i computi di
Copernico, senza il metodo speri mentale e il teloscopio di Galilei, e senza il
calcolo superiore di Newton, non era pervenuto per sola forza di pensiero, alle
medesi me anzi a più larghe conclusioni che non si trovino nell'astronomo
tedesco, nell'italiano e nell'inglese, affermando cose che facevano sgomento a
Klepero e furono trovate poi vere dal progresso poste riore ? Il pensiero, da
solo, non valse altrettanto che l'esperienza, e 218 ciò che lo scienziato
induceva computando, il genio non poteva co struire ? L'esempio di Bruno, non
bene inteso, potrebbe inficiare la cri tica di Galilei, nè per il genio vale
ricorrere ad eccezioni, che com plicano la quistione e non spiegano nulla . Il
vero è che Bruno intese il fatto e l'esperienza come Galilei, e movendo dal
medesimo punto, l'uno giunse con la logica dove l'altro con la matematica. La
conseguenza è che la matematica è la logica delle cose , e che se rispetto alla
mente , come dice Leibintz, pensare è calcolare, rispetto alle cose moversi
misurata mente vuol dire evolversi razionalmente. Bruno è la riprova , non
l'eccezione. Appena, infatti, il nolano intese il sistema copernicano,
n'esultò, cercò alla matematica la riprova della logica, e come Campanella
scrisse l'apologia di Ga lilei, così Bruno di Copernico. Era dal medesimo punto
di partenza la medesimezza del pensiero logico e del pensiero matematico, con
medesimezza di disegno e di effetti. E-ora si dirà-Cartesio non intese fare la
medesima cosa, cioè costruire la fisica col pensiero, come il nolano,
introducendovi la matematica , come Galilei, e perchè egli riuscì a costruire
una fi sica falsa, disconoscendo Bruno in tutto e in gran parte il disegno di
Galilei ? Perchè egli non muove come que due dal fatto, bensì dall'idea
astratta , dal puro cogito , che non è la cosa , ma l'ombra della cosa, e
l'ombra ei tratta come cosa salda . Perciò non solo non giunse per forza di
logica, agl’infiniti mondi del nolano , ma nep pure per forza di matematica a
riconoscere l'importanza del siste ma eliocentrico dimostrato da Copernico e da
Galilei . Bacone errò, mutilando il fatto e attenendosi al solo fenomeno,
Cartesio errò, correndo dietro l'ombra del fatto e improvvisando la legge.
L'uno cadde nell'empirismo l'altro nell'apriorismo. In Bacone riconosciamo il
merito di avere insistito sulla indu zione, e in Cartesio, come dice Comte , il
merito di aver convertito la qualità in quantità, e la quantità continua nella
discreta. Ma l'uno e l'altro, non avendo colto il punto di partenza, non aggiun
sero nulla alla scienza della natura . Justus Liebig , parlando dell'intima
gioia degli scopritori - ne gata a Bacone - nomina Galilei, Klepero, Newton . E
perchè non ricorda Bruno ? Quanta non è la sua gioia dove saluta le comete come
testimoni della sua filosofia , e parlando di Copernico, ag giunge qualche
felicità essere toccata al secolo suo, quando dai 219 lidi dell'oceano
germanico un grande astronomo sorse a con forto della sua filosofia . In quella
gioia c'è — come ho detto— l’unità del pensiero logico col matematico, e nella
medesimezza de' risultati c'è la cognatela tra la natura e il pensiero, la
quale vuol essere riaffermata , supe rando da una parte il vecchio idealismo
metafisico e dall'altra il positivismo empirico. Ed ora , dopo il metodo
sperimentale, dobbiamo esaminare in Ga lilei il valore che egli dà alla
conoscenza . III . Non è di piccolo momento questo esame ; involge il massimo
pro blema della filosofia ed è un punto importante della mente, e dirò, del
carattere di Galilei. Si può formularlo così: Il metodo speri mentale condusse
Galilei a quel relativismo filosofico che dà alla conoscenza un valore
precario, cioè o relativo al soggetto pensante ( sofistica) o relativo ad un
certo tempo e luogo (empirismo) ? In altre parole : per Galilei nulla di
permanente, di assoluto, di uni versale entra nella conoscenza , o c'è invece
delle conoscenze che per loro necessità intrinseca s' impongono a tutti gli
uomini, e alla natura come agli uomini , e a Dio come alla natura ? Ci sono— risponde
il Pisano - e il fatto ci dice che sono, e ci dice che sono le conoscenze
matematiche sian pure o applicate, perchè non mutano per variare di luogo e di
tempo, e perchè tali si riscontrano nelle cose quali si trovano nella mente. La
natura le impone, la mente le sugella, neppur Dio potrebbe negarle, ma o il
sofista o il pazzo. L'affermazione è solenne, e bisogna lasciargli la parola.
Quanto alla verità, egli dice di che ci danno cognizione le dimostrazioni
matematiche, ella è l'istessa che conosce la sapienza divina. Nessun divario,
dunque, in questo tra la sapienza divina e umana ? Di vario di modo, egli dice,
lo ammettiamo, perchè in Dio è sapienza intuitiva quella che nell'uomo è
discorsiva; di numero pure, perchè Dio le sa tutte quelle verità, e l'uomo una
parte; ma di necessità no : sono del pari necessarie per lui e per noi , e
mille Demosteni e Aristotili e-voleva dire—mille Dei non potrebbero scemare la
certezza di una sola di quelle. Partecipa di questa certezza la scienza della
natura, le cui leggi sono matematiche. E il processo fu questo : Telesio
affermò che il 220 libro della filosofia è la natura ; Bruno aggiunse che quel
libro è scritto in carattere assoluti : Galilei conchiuse che i caratteri sono
matematici. Anche Cartesio disse come Galilei : Apud me omnia sunt ma thematice
in natura ; ma lo disse dopo e timidamente, essendoci questa differenza tra’due
pensatori, che per Galilei le verità mate matiche leggibili nella natura hanno
l'istesso valore per la mente sia divina o umaņa, e per Cartesio niente è
limite alla onnipotenza di Dio, neppure il principio di contraddizione. Se lo
disse davvero o per vivere tranquillo, specialmente dopo le persecuzioni fatte
a Galilei, non - so; ma, certo , l'italiano lo a vanza di tempo e di fermezza .
Delle altre scienze che non sono le naturali Galilei dubitò, perchè si
sottraggono alle matematiche e l'uomo vi mette del suo. Le abbandonò al
relativismo. Ma se tutto è evoluzione e tutto procede da natura , noi ben pos
siamo affermare che i suoi Dialoghi delle Scienze Nuove saranno quasi
prefazione di una Scienza Nuova intorno alla comune natura delle nazioni. Le
teoriche sulla psico-fisi e sulla fisica sociale hanno assai allargato il campo
di applicazione alle matematiche. Noi, è vero, non possiamo mutare le leggi
naturali, ma possiamo forse mutare le leggi sociali e costruire a nostro
talento le società umane ? La storia non rientra ogni giorno più nelle leggi
della natura e però della misura ? La morale par certo la cosa più im
ponderabile, ed è pure altrettanto graduale e necessaria nel suo processo che
il suo moto si potrebbe dire uniformemente accelerato. Dal pensiero si traduce
nella volontà , dall'azione alle istituzioni, e se rea , dal fastigio all ' imo
( 1 ) . Signori, ho esaminato quelli che nella scienza di Galilei mi parevano i
punti principali ed ho tentato liberare dagli equivoci volgari il metodo
sperimentale. Non a pompa letteraria mi sono giovato di rapidi raffronti ma per
delineare quello che fu il cervello più equilibrato di quanti al mondo furono
scienziati . Le conse guenze scientifiche e morali di quella profonda
rivoluzione intel lettuale io ve le ho segnate senza orgoglio nazionale e con
pura coscienza di uomo. Era cosí alto il tema, così pieno di pensiero, di ( 1 )
Qui manca qualche pagina intorno all'applicazione delle matematiche ai fenomeni
sociali e morali, non potuta trovare. 221 poesia, di storia, di gloria e di
dolori che a me non che il tempo, mancò il volere di divagare. Abbasserei
l'occhio da Telesio, da Co pernico, da Galilei per posarlo sulla politica ?
Farei allusioni, rim proveri, programmi? Mail monumento che divisate è
mondiale; una sillaba aggiunta al tema macchierebbe la prima pietra: e, per
rien trare nella mediocrità de ' Parlamenti, invidieremmo a noi questa breve fortuna
che ci solleva a colloquio coi legislatori degli astri . Che sono i nostri
codici, i nostri statuti, i disegni nostri, che durata hanno e che sapienza di
fronte alle leggi onde Galilei sta biliva il ritmo dei cieli, Machiavelli la
vicenda degli Stati, e Vico il corso dell'umanità ? C'è qualcosa al di sopra
dei codici ed è la pa rola dei fondatori delle religioni, che lasciano libri
sacri e parlano ai millenarii. Pur viene il secolo che mette nella pagina più
au tentica di quei libri il tarlo del pensiero . Ma qualcuno c'è stato che
senza chiamarsi messia nè profeta misurò una parola a lettere di stelle, la
pose nel firmamento, e nessuno la cancellerà . Come chia mate un uomo che vi
trasmette un libro più duraturo di una bib bia ? Alzate il monumento e non mi
chiedete altro.Galileo Galilei. Galilei. Keywords: “the sun rises in the east”
“the sun sets in the west” “you’re the cream in my coffee” ‘disimplicature’ -- esperienza,
observazione, visione, nature, aristotele, filosofia naturale, fisis, natura,
interpretazione, semiotica, segno naturale, Refs: Luigi Speranza,
“Galileo, Grice e il saggiatore,” The Swimming-Pool Library, Villa Grice.
Galimberti (Monza). Filosofo.
Grice: “I like Galimberti: he has philosophised on amore, amicus, amicizia –
all topics of my interest – while I am into vyse, he is into the seven capital
vyses! He also has spoken about speech: the ‘parole nomade,’ and the ‘equivoci’
of the ‘anima.’ – In general his philosophy is about nihilism and the idea of
man in the age of ‘techne’ (ars).” Il suo maggior
contributo riguarda lo studio del inconscio e il simbolo (contractio), inteso
come la base primeva e più autentica dell’uomo – ‘logica simbolica’. Nasce
a Monza, la mamma maestra di elementari e il padre deceduto. Le necessità della
famiglia l’obbligano a lavorare. Frequenta le scuole superiori in seminario.
Terminati gli studi liceali classici, si iscrive al corso di laurea in Filosofia a Milano.
Si laurea quindi con Emanuele Severino con lode, con
“La logica di Jaspers”. Fra i suoi maestri, anche Bontadini. Studia
fenomenologia del corpo con Borgna a Novara. Insegna a Monza e Venezia. Studia
con Trevi.“E se "filo-sofo" non volesse dire "amante del
sagio" ma "saagio dell'amore", così come "teo-logo"
vuol dire dotto *su* Dio e non ‘parola di Dio’, o come "metro-logo"
vuol dire scienzato delle misure e non misura della scienza?” “Perché per la
forma greca ‘filo-sofo’ questa *inversione* della morfologia nella implicatura?
Perché il filosofo greco si struttura come un logico che formalizza il
reale, sottraendosi al mondo della vita, per rinchiudersi nell’academia, dove,
tra iniziati, si trasmette da maestro a discepolo quesso che lo face un
‘sagio,” e che non ha nessun impatto sull'esistenza e sul modo di condurla. E
per questo cheda Socrate, che indica come la sua condotta "l'esercizio di
morte", ad Heidegger, che tanto insiste sull' “essere-per-la-morte”, il
filosofo si e innamorato più del saper morire che del saper vivere. Al centro della sua riflessione sta il corpori degli
uomini, che, in un mondo sempre più dominato dalla tecnica, si sentono un
"mezzo" nell'"universo dei mezzi", riuscendogli sempre più
difficile trovare e dare un senso alla sua vita, alla sua esistenza. Si deve
trovare un senso al radicale disagio, alla tragicità del suo esistere, anche
attraverso il recupero dell'ideale antico greco-romano, evitando mitologie.
Il suo maggior contributo consiste nel porre la dimensione del simbolo (coniactum
– the idea is that you throw two things together so that the recipient may
compare them, one becomes the ‘symbol’ – coniactum – of the other – cf. Grice
on Peirce on symbol) alla base primordiale della ragione conversazionale, che
ha inteso ordinare il simbolo (mito, no logos) – dunque l’ambilavenza delle
cose ma non l’equivalenza generale di significati. Il simbolo (coniactum) è il
sustratto pre-razionale. Rappresenta un caos originario che ragione tenta di
arginare. Siamo razionali (apolineo) per difenderci dal simbolo dionisiaco. Il concetto
fondamentale del simbolo non è l’equi-valenza generale, ma l’ambi-valenza.
Riprende Freud e Jung, fondendone con Nietzsche, Severino e Heidegger. Importante
è stato il costante riferimento a Husserl e Jaspers. Il filosofo cerca la “comprensione”
(verstaendnis – cf.. Grice on ‘understand’ – ‘understanding,’ literally, slang
for a leg) e non la spiegazione (verklaerung) del comportamento umano. La psicologia
filosofica o rationale (l’anima di Aristotele) non può operare una
trasposizione tout-court dei metodi e dei modelli concettuali delle scienze
naturali perché, così facendo, l'uomo verrebbe ridotto a mero evento naturale,
fisico, come ha luogo, per esempio, in psichiatria. Contrario, poi, al
dualismo di Cartesio, Galimberti ha anche fatto riferimento al metodo
fenomenologico e al funzionalismo per consentire altresì, alla psicologia
filosofica o rationale, la comprensione e la descrizione fenomenologica di
quelle strette relazioni che intercedono fra nostri corpori assieme al
significato che queste relazioni comportano. E e tutto ciò lo porterà ad
abolire, di conseguenza, ogni distinzione concettuale fra ”salute“ e
”malattia.” Insiste sull'inconsistenza della contrapposizione tutta occidentale
fra scienza e fede – fiducia -- individuando come questa seconda – la fiducia,
cf. English ‘trust,’ truth’ -- sia in realtà l'elemento fondativo dell'intera
coscienza occidentale, all'interno anche della scienza e della tecnica. Scienza
e fede non dovrebbero mai confliggere, è importante che nessuna delle due
invada il campo dell'altra. Tematizza innanzitutto il passo della Genesi
in cui Adamo è definito "dominatore della Terra, sui pesci dei mari e
sugli uccelli del cielo", collocando l'uomo in una posizione privilegiata
rispetto agli animali e la Natura in sé e legittimandolo a operare su di essi
per alimentare la propria esistenza. In quanto il progresso è l'affermazione di
questo primato umano, la tecnica (Greco techne, Latino, ars) è indubbiamente
l'ipostasi che sigilla costantemente quest'affermazione sull'indifferenza
naturale. La coscienza della techne (Latin ‘ars’) tecnica è formulata come una
risposta alle fatiche naturali, si appellerebbe, dunque, a una condizione
strutturale di eminenza consegnata da Dio e propugnata dalla persistenza di un
animale sui generis. Riconosce la cristianità come il carattere di una
scansione temporale che identifica il passato come spazio del peccato, il
presente dell'espiazione, il futuro della redenzione e salvezza. Questo semplice
modello triadico ha una ricorrenza quasi ossessiva nelle forme occidentali, fra
le quali la medicina (malattia, diagnosi, cura), psicoanalisi (disturbo,
terapia, guarigione), scienza (ignoranza, sperimentazione, scoperta). La triade
è il "coefficiente a-storico" necessario a profilare la possibilità
di un progresso, che si esercita eminentemente nello scenario tecnico. Qui,
l'uomo che soccombe alle fatiche naturali della sopravvivenza, del parto e del
lavoro (così come minacciato nella Bibbia) ha modo di riscattare la propria
difficoltà attraverso mezzi che ne purificano endemicamente l'opera, al costo
di un esaurimento delle risorse naturali. Ma, in fondo, la loro esistenza è
preposta a questo. Non si definisce né "credente" (in senso
cattolico) né "non-credente", ma "greco-romano", nel senso
di colui che vuole recuperare la visione del mondo della civiltà greco-romana,
in modo nietzschiano e heideggeriano (si veda anche Il detto di Anassimandro,
un noto saggio di Heidegger sul pensiero greco arcaico), fondendola però con la
pur antitetica visione cristiana: la morte e la vita vanno pertanto prese sul
serio, e non minimizzate pensando a un'altra vita ultraterrena. La ragione è
importante perché, come nel detto "Conosci te stesso", fornisce
all'uomo il senso del proprio limite. Approfondisce molto la tematica del
concetto di tempo e del suo rapporto con l'uomo. La sua indagine evidenzia come
nell'età degli antichi – eta greco-romana, eta classica -- non si pensasse al
tempo come lineare ed escatologico, tanto meno vi era associata l'idea di
progresso. Essi concepivano l'essere come kyklos (tempo ciclico, l’eterno
ritorno di Nietzsche), come un ciclo in cui ogni evento è destinato a
ripetersi. Nella filosofia greco-romana antica era impensabile che l'uomo
potesse esercitare un controllo sul cosmo, o di imporre su di esso i propri
fini. La dimensione dell'uomo era inserita armonicamente all'interno dei cicli
naturali che si susseguivano necessariamente e senza alcuno scopo. Nel ciclo
infatti il fine (in greco telos) viene a coincidere con la fine e la forza
propulsiva (in greco energheia, actus) porta all'attuazione dell’ergon,
l'opera, ciò che è compiuto. Il ciclo si manifesta dunque con l'esplicitarsi
dell'implicito.Il seme diventerà frutto solo alla fine del ciclo di crescita e
maturazione stagionale, e il frutto coinciderà con il fine del seme, con il
dispiegarsi completo dell'energia e delle potenzialità implicitamente contenute
in esso. Nel ciclo, in cui tutto si ripete, non si dà progresso: di conseguenza
divengono fondamentali la memoria dei cicli passati e quindi la parola dei
vecchi, deposito di esperienza, e l'educazione, come trasmissione della memoria
e dell'esperienza passata. Tuttavia, l'uomo è da sempre tentato di conciliare
il tempo ciclico della natura con il tempo umano, che è un tempo “scopico” (dal
greco skopein, che indica un guardare mirato). Con questa operazione l'uomo
vuole reintrodurre scopi umani nel tempo naturale, naturalmente privo di scopi.
Emerge qui dunque la necessità propriamente umana di progettarsi, cioè di
gettarsi-fuori di sé verso un obiettivo, cercando di dotare di senso la propria
esistenza. Questa tendenza tuttavia, può armonizzarsi con il “kyklos” solo se
l'uomo vive con la consapevolezza tragica di non poter oltrepassare i limiti
posti dalla natura, primo tra tutti la sua mortalità. In caso contrario, egli
si macchierà di hybris (superbia), la tracotanza, l'unico vero peccato riconosciuto
dalla saggezza greco-romana.In termini esemplificativi, il cacciatore esercita
il suo guardare mirato nel bosco (skopos) e solo in questo tempo progettuale e
nella compresenza di mezzi e fini, il suo arco diventa strumento e la lepre
l'obiettivo. Si tratta di un tempo lineare che si muove tra due estremi: i
mezzi e i fini (la ragione come phronesis or prudentia).V'è tuttavia un elemento
che si inserisce tra questi termini, impossibile da controllare, ovvero il kairos,
il tempo opportuno, che è anche imprevedibilità, e che può determinare o meno
l'incontro tra mezzi e fini. Non è dunque nelle possibilità dell'uomo il
tessere il proprio destino. Egli deve saper cogliere il kairos, la circostanza
favorevole, e in essa espandere sé stesso. Questo equilibrio tra tempo
naturale, umano e del kairos è stato sconvolto dall'uomo nell'età della
tecnica: obiettivo di quest'ultima è infatti quello di ridurre fino ad
annullare la distanza tra mezzi e scopi (in cui si inseriva il kairos,
l'imprevedibile) per realizzare così un controllo e un dominio assoluti sul
mondo, che da cosmo a cui accordarsi è divenuto natura da dominare, e per
portare a compimento una tirannia completa del tempo umano. Con l'età della
tecnica abbiamo scatenato il Prometeo che gli dèi avevano incatenato,
determinando il trionfo del potere della techne sulla necessità (in greco
ananke) della natura, fino alla paradossale situazione in cui la tecnica non è
più strumento nelle mani dell'uomo ma è l'uomo a trovarsi nella condizione
di mero ingranaggio, funzionario inconsapevole dell'apparato tecnico. Riflettendo
sulle modalità in cui l'uomo abita il mondo, approfondisce il concetto di
‘corpori.’ Studiando genealogicamente il concetto di corpo dal periodo romano
antico – quale e la etimologia di corpo? Quella di Platone e terribile: soma
sema -- mette in contrasto le diverse modalità
in cui esso è stato osservato. I corpori – corpus romano, pl. corpora – corpore
-- sono visto come organismi da sanare per la scienza, come forza lavoro da
impiegare per l'economia (body-abled man), come carne da redimere per la
religione, come inconscio (id) da liberare per la psicoanalisi, come supporto
di segni (semiotica corporale – la semiotica dei corpi) -- da trasmettere per
la sociologia – un segno e un medio fisico – l’immagine e percipita per un
corpo – un corpo mittente – un corpo che recive il messagio – semiotica fisica.
L'uomo e capace di cappire significatum ambi-valente (uno senso Fregeiano e una
implicatura – “He is a fine friend +> He is a scoundrel). Questo
significatum ambivalente e fluttuante e quello che il corpo ha da sempre
assunto. Questa ambivalenza del segno fra corpo 1 e corpo 2 nasce dal suo
sottrarsi all'uni-vocità (or aequi-vocita – or aequi-segno) di una teoria
psicologica categorizzante, concedendosi invece una “con-fusione” de un codex
di senso fregiano e un codex di implicatura, con i quali i corpori sono costituito.
Per salvarsi di un panico creato da questa ambivalenza (significatum fregeano,
significatum griceianum), si sigue il principio d'identità, collocando i corpori
di volta in volta sotto un equi-valente generico che gli garantisse uni-vocità
o aequi-vocita (quando l’implicatura e cancellata). Cogliendo lo sfondo in cui
i corpori si mostrano, si evidenzia la legge fondamentale che lo governa,
ovvero lo “scambio” (o ‘con-versazione’) simbolica – il simbolo e il
significatum griceiano -- in cui tutto è re-versibile e non vi è demarcazione
tra significati – questo che Grice chiama la ‘indeterminazione disgiontiva
infinita: il corpo significa che p1 o p2 o p3 o … L'ambivalenza del segno è una
legge inclusiva per cui ciò che è, è sì sé stesso (principio d’identita), ma
anche altro da sé (principio della negazione – diaphoron). In questo modo i corpori conservano la sua
oscillazione simbolica tra vita e morte: oscillazione che non posse eliminarsi
tracciando una violenta disgiunzione tra vita e morte, tra ciò che è (l’ente,
il ‘being’ di Grice) e ciò che non è (vide Grice, “Negazione e privazione).Proposito
conclusive è quello non tanto di emancipare o liberare i corpori dalla
restrizione impostagli dal senso apolineo fregeiano (che non avrebbe altro
effetto che confermare i limiti in cui i due corpori sono reclusi), bensì
quello di restituire i corpori alla sua originaria innocenza. Si è sempre
schierato su posizioni fortemente anticapitaliste, esprimendosi e professandosi
inequivocabilmente comunista. è stato ufficialmente richiamato da Venezia a
volersi attenere alle corrette regole di citazione degli scritti di altri
autori. Questo per aver riportato alcuni brani di altri autori senza citarli
in. Tutto ha avuto inizio quando in seguito a un articolo de Il Giornale è emerso
che aveva copiato "una decina di brani" di Sissa per un saggio. Ha
ammesso di aver violato il diritto d'autore riservandosi di riparare al danno. Ciò
non ha comunque soddisfatto Sissa perché “quello non chiedere scusa, piuttosto
un cercare delle scuse, un patetico arrampicarsi sugli specchi. Con il passare
del tempo sono emersi altri precedenti analoghi. Infatti anche per il saggio su
Heidegger, copia Zingari. I due arrivarono a un accordo che prevedeva
l'ammissione da parte di Galimberti dell'indebita appropriazione intellettuale
nelle successive edizioni del libro e da parte di Zingari l'impegno "a non
tornare più sulla questione". Oltre a Sissa e Zingari sono stati copiati
testi di Cresti, Natoli e Bradatan. Per difendersi, dice che "in ogni ri-elaborazione
però, c'è uno scatto di novità". L'inchiesta giornalistica de Il Giornale ha
accertato che due dei saggi, presentati al concorso a Venezia erano stati
copiati da altri autori. La commissione giudicante composta all'epoca non si
accorse del fatto. Il rettore ha detto che "non ho, ora come ora, estremi
per sollecitare il ministero, deve essere un professore del raggruppamento a
farlo. Di mio posso dire che in ambito umanistico si producono troppi testi e
che questo è uno dei fattori che causano l'impossibilità di fare controlli
accurati. Nello specifico, secondo me dovrebbe essere Galimberti, nel suo
interesse, a chiedere la convocazione di un giurì o comunque a rispondere e a
specificare le sue posizioni.”Nel giugno
la rivista L'indice dei libri del mese ha pubblicato nel proprio sito un
lungo articolo su altri copia-incolla. In particolare il saggio sul mito è
stato indicato come costituito al 75% da un "riciclaggio" di suoi
scritti precedenti, per il restante 25%, una ristesura di intere frasi e
paragrafi, presi da altri autori, quasi identici agli originali. Le accuse
mosse a Galimberti sono poi diventate un saggio, “La mistificazione
intellettuale (Coniglio Editore, ), in Bucci, elenca i nomi dei pensatori da
cui avrebbe tratto parti di testi senza citare la fonte. Vattimo ha dichiarato
al Corriere della Sera: «si scrive anche a distanza d'anni dalla lettura; la
spiegazione è plausibile. Lui cita l'autore la prima volta; poi ci mette quelle
frasi che ricorda anche senza virgolettarle. Il sapere umanistico è retorico.
Noi si lavora su altri testi, si commenta. Platone e Aristotele sono stati
saccheggiati da tutti. Nella filosofia è tutto un glossare. C'è chi copia dagli
altri e chi da sé stesso».Altre opere: ROMA SERMO ROMANVM -- Milano, Mursia). Agire
(Milano, Apogeo); Amore. Assisi,
Cittadella Editrice, .Tra il dire e il fare. – dire e una forma di fare -- Il viandante della filosofia, con Marco
Alloni, Roma, Aliberti, .Parole d'ordine, Milano, Apogeo, . Amore. Milano, AlboVersorio. Amante, amato,
amico --” Napoli-Nocera Inferiore (SA), Orthotes, . “Il bello” Napoli-Nocera Inferiore (SA), Orthotes,
. Eros e follia, Mariapia Greco, Lecce, Milella Editore. Fenomenologia del corpo,
Milano, Feltrinelli – cf. Grice on ‘body’ – in “Personal Identity” “I fell from
the stairs” -- Dall'inconscio al simbolo, Milano, Feltrinelli, 2“Equivoci” (Milano,
Feltrinelli); Parole nomadi, Milano, Feltrinelli; I vizi capitali e i nuovi
vizi, Milano, Feltrinelli. Amore, Milano, Feltrinelli. Treccani. Umberto
Galimberti. Galimberti. Keywords: Why did the Romans need to distinguish between
‘amatus’ and ‘amicus’? -- amore, follia, Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Galimberti” –
The Swimming-Pool Library.
Galli (Carru). Filosofo. Celestino Galli. Interesting philosopher. Not
to be confused with Galli.
Galli
Montecarotto).
Filosofo. Compiute gli studi classici con assoluta regolarità, si iscrive alla
Facoltà di Filosofia a Roma, dove ha come maestri, tra gli altri, Varisco e Barzellotti. Da Varisco apprende il
rigore del metodo negli studi filosofici. Da Barzelotti aprende la passione per
le ricerche storiche e le vaste esplorazioni letterarie. Si laurea sotto
Barzellotti con il massimo dei voti dopo aver discusso “Kant e Rosmini” (Lapi,
Citta di Castello); Insegna a Senigallia, Bologna, e Firenze. In “I principii
della scuola, con particolare riguardo alla scuola elementare” (Il Risveglio
Scolastico, Milano). Insegna a Cagliari e Torino. Figura centrale della
filosofia italiana, Galli esordisce con una ricerca sullo sviluppo della
filosofia kantiana e quella di Rosmini; temi che non solo non si stanca mai di
ampliare ma affina in ulteriori indagini. Esegue vaste indagini sulla storia
della filosofia. Socrate, Platone, Aristotele, Cartesio, Bruno, Leibniz, e Renouvier. «L'uno e i molti” (Chiantore, Torino) certifica
la teoria. Gli procura l'interesse di larga parte del mondo filosofico italiano
per le conclusioni sui rapporti tra il sentimento e la reflessivita. Ampie le
discussioni, e talora vivacissime, su autori contemporanei, dai quali esige
rigore, chiarezza e intransigenza speculativa. Organo di polemiche e di
interventi nella vita della cultura italiana contemporanea è «Il Saggiatore»,
da lui fondata, Privo di ambizioni mondane, sempre affabile, ama la compagnia
delle persone colte e la conversazione delle anime semplici, destinate al bene
e alla verità. Confida soprattutto nella scuola, veicolo ideale per dare alle
generazioni nuove volontà, serietà, cultura adeguata ai tempi. Una scuola che
studia, senza divagare e che sappia attingere costantemente alle fonti del
sapere, ama ripetere. Grazie al suo ininterrotto lavoro di studioso, il mondo
accademico italiano ha beneficiato di un numero impressionante di sue
pubblicazioni, fatto di saggi, manuali per le scuole, opuscoli e articoli per
riviste specializzate. Si dedica all'arte e alla religione, completando, in
questa maniera, il panorama delle sue indagini. La Scuola media statale di
Montecarotto ha aggiunto all'intestazione il nome di "Gallo
Galli". Altre opere: La filosofia
teoretica dei manuali, Oderisi, Gubbio, Dialettica dello spirito” (I., Oderisi,
Gubbio); “Lineamenti di filosofia, Azzoguidi, Bologna; La dimostrazione
dell'esistenza del mondo esterno e il valore pratico delle qualità sensibili
secondo Cartesio, Oderisi, Gubbio); Renouvier. II. La legge del numero, D. Alighieri,
Milano, Le prove dell'esistenza di Dio in Cartesio (Valdes, Cagliari); :La
dottrina cartesiana del metodo, D. Alighieri, Milano); “La filosofia di Leibniz:
Facoltà di Magistero, Torino, Statuto, Torino); “Studi cartesiani, Chiantore,
Torino); “Cartesio, Chiantore, Torino, “Dall'essere alla coscienza, Chiantore,
Torino); “L’idealismo” (Gheroni, Torino); “PComenio, Gheroni, Torino); “La Filosofia
greca: I sofisti, Socrate, Platone. Torino. Facoltà di Magistero. heroni,
Torino, Leibniz, Cedam, Padova); “Carlini ed altri studi; da Talete al
"Menone" di Platone; il problema di Cartesio, per la fondazione di un
vero e concreto immanentismo, Gheroni, Torino, Corso di storia della Filosofia:
Aristotele, Gheroni, Torino, Da Talete al menone di Platone, Gheroni, Torino, Tre
studi di filosofia: pensiero ed esperienza, sulla persona, su Dio e sull'immortalità,
Gheroni, Torino Socrate ed alcuni dialoghi platonici: Apologia, Convito,
Lachete, Eutifrone, Liside, Jone, Giappichelli, Torino, Linee fondamentali
d'una filosofia dello spirito, Bottega d'Erasmo, Torino, L'idea di materia e di
scienza fisica da Talete a Galileo, Giappichelli, Torino, L'uomo nell'assoluto,
Giappichelli, Torino, La vita e il pensiero di Giordano Bruno, Marzorati,
Milano Sguardo sulla filosofia di Aristotele, Pergamena, Milano, Platone,
Pergamena, Milano 1974. Di carattere pedagogico Filosofia (Oderisi, Gubbio). Idealismo,
spiritualismo ed esistenzialità nella metafisica in Galli; Cartesio, in Italia.
Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 51, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, Persée. Portail de revues en
sciences humaines et sociales, su persee.fr. There is another Galli, who also
did philosophical studies – but his brother was more famous, the author of
Tabula philological. Gallo Galli. Galli. Keywords: l’uno e i molti, unum et
multa – the one and the many – Plato – Aristotle – Parmenides’s aporia – D. F.
Pears, “Universals” in Flew. Rosmini, Bruno, Carlini, idealismo, idealismo
critico, dialettica dello spirito, Renouvier. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Galli” – The Swimming-Pool Library.
Galluppi (Tropea). Filosofo. “Gallupi is a
great one; and much can be philosophised about his philosophy of the ‘parola
come segno del pensiero’” – Grice: “On top, he was a Baron!” -- Eessential
Italian philosopher. Figlio del barone Vincenzo e della nobildonna Lucrezia Galluppi,
entrambi della stessa famiglia Galluppi, una delle antiche famiglie patrizie di
Tropea. Dopo lo studio della lingua latina, apprese filosofia sotto
Ruffa. Trasferitosi a Santa Lucia del Mela, compì il corso elementare di
filosofia e presso il Seminario vescovile della cittadina peloritana.
Intraprese dunque lo studio a Napoli sotto Conforti. Sposa Barbara
d'Aquino, da cui ebbe quattordici figli, otto maschi e sei femmine.
Trascorreva le giornate di libertà nella residenza privata di famiglia, cioè
Palazzo Galluppi, sulla Strada Provinziale a Caria, frazione di Drapia, alla
biblioteca o al giardino. Pubblicò a Napoli “Sull'analisi e la sintesi”.
Durante i moti aderì alla causa liberale sostenendo la riforma costituzionale
dello Stato e protestando quindi contro l'intervento repressivo degli
Austriaci. Si riavvicina alla monarchia. Insegna Filosofia a Napoli. Membro
dell'Accademia Sebezia e dell'Accademia Pontaniana di Napoli, dell'Accademia
degli Affatigati di Tropea, di quella del Crotalo di Catanzaro e della
Florimentana di Monteleone. Il suo merito maggiore consiste nell'avere
introdotto in Italia Kant. Le Lettere filosofiche furono definite il primo
saggio in Italia di una storia della filosofia. A Pasquale Galluppi sono
dedicati il Convitto nazionale, il Liceo Classico di Catanzaro e il Liceo
Classico di Tropea. A Tropea, la sua città natale, è attivo il Centro
studi Galluppiani, associazione culturale dedita alla ripubblicazione
dell'opera omnia del filosofo e che di recente ha decretato l'ampliamento dei
fini statutari, fino ad accogliere e curare altre interessanti iniziative di un
certo spessore culturale. Periodicamente, il Centro organizza il
Congresso degli Studi Galluppiani, importante appuntamento di respiro
nazionale, animato da studiosi e saggisti provenienti da tutta Italia.
L'attuale presidente è Luciano Meligrana. Altre personalità di notevole
importanza nella storia del Centro studi Galluppiani sono stati Pugliese e Cane,
filosofo, appassionatissimo studioso dell'opera di Galluppi. Una vera
dedizione, la sua che non è mai venuta meno fino alla fine della sua vita.
Organizzatore infaticabile di seminari, simposi e conferenze, ha cercato di far
conoscere il pensiero del Galluppi, favorendo la pubblicazione dell'opera
inedita "La Filosofia della Matematica" la cui edizione lo ha visto
anche quale curatore. Su Galluppi ha pubblicato numerosi saggi ed articoli in
quotidiani e riviste specializzate. Altre opere: “Memoria apologetica”
(Napoli, Vincenzo Mozzola-Vocola); “Grice, ovvero, Sull'analisi e la sintesi”
(Napoli, Verriento); “La conoscenza, o sia analisi distinta del pensiere umano,
con un esame delle più importanti questioni dell'Ideologia, del Kantismo e
della Filosofia trascendentale” (Napoli, Sangiacomo); “Filosofia” (Messina,
Pappalardo); “Lettere filosofiche sulle vicende della filosofia, relativamente
a' principii della conoscenza umana da Cartesio insino a Kant inclusivamente” (Messina,
Pappalardo); “Logica”; “Metafisica” (Firenze, Tipografia della Speranza); “La
volontà” (Napoli, Giachetti); “Storia della filosofia” (Napoli); “Opera
compresa in nove capitoli a cui si aggiunge l ‘Elogio funebre scritto da Errico
Pessina, autore del Quadro storico dei sistemi filosofici” (Milano, Gio.
Silvestri); “Autobiografia”, “Scritti”
(Milano, Dumolard); La filosofia del Galluppi e le sue relazioni col
Kantismo, (Napoli, Morano); “Lettere filosofiche” (Bonafede, Palermo); “Epistolario
Lettere private. Inedite e rare, Franco Ottonello, Milano, Franco Angeli
("Filosofia e scienza nell'età moderna" Collana a cura della Sezione
di Milano dell'Istituto per la storia della filosofia. Dizionario biografico
degli italiani. Pasquale Galluppi. “Galluppi errs in calling natural
semiotics, ‘il linguaggio dell natura,’ since no tongue is involved!” But we
can forgive him for that since he genially realizes, unlike King Alfred, that
one can use ‘dire’, ‘con questo moto del ditto, egli dice al compagno che vada
da B in C” Segno figurato, motto dei bracci quando imito il moto de pesare para
figurar paragonare. – Grice: “Gallupi’s scheme is a complex, and much better
than Locke. He notes that ‘natural’ can apply to ‘sign’, and it is a natural
fact that men will start using ‘natural’ signs in an artificial way – this he
calls ‘natural sign’ – in that it is already an utterer making the gesture, as
when he sneezes, intentionally. Galluppi has always in mind the dyad, what he
calls il ‘compagno’ – so he plays with fifty variants on a theme. A makes a
gesture – with the finger, with the arm --. Galluppi speaks of the ‘proposizione’
being communicated even in these cases – a ‘grido’ is equivalent to the
proposizione that the compagno is to ‘turn his attention towards the utterer’ –
In the ‘natural’ sign, as used in communication, we are already in the realm of
the artificial – only a black cloud naturally means rain – Galluppi hardly
dwells on a ‘grido’ signifying pain in a natural way. He notes that we
progress. And he keeps looking for the reasons in the utterer and the addressee
for all this. So like me, he looks for a motivational rationale – a ‘semantic’
freedom – or ‘prammatica’ as he would say. Since he is an illuminista, he is
only concerned about this in terms of a minimal taxonomy of signs. So between
the signs used in communication he distinguishes three types: the imitative,
the indicative (different criteria) and the figured sign – not figurative –
‘segno figurato’ – when a lot of pantomime takes place. It is only THEN that he
explores the arbitrariness: one loses one’s compagno, and utters, “Where are
you?” – so since this worked, they agree that ‘Where are you’ will mean, “I
lost you – where are you?” --. And then we have a full lingo – or semiosis. He
rightly thinks that his is an improvement over Lucrezio!” Gallupi. Keywords: gesto, grido, gemito, moto
del ditto, dolore, causa del dolore, circustanza, segno naturale, segno
istituito, segno commune (istituito per la comprensione mutua), segno
arbitrario, segno artificiale, segno imitative, segno indicatore, segno figurato,
segno analogico, segno figurativo -- gesto della mano, lo sguardo, communicare,
sentire, volere. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Galluppi," per Il
Club Anglo-Italiano,The Swimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria, Italia.
Galvano (Torino). Filosofo. Grice: “I like
Galvano; he has philosophised on aesthetics, on ‘spirit and blood,’ and on polytheism,
citing Sallust!” Frequenta la scuola a via Galliari, animata da Casorati. Fonda L'Unione Culturale di Torino. Promuove il “Movimento Arte Concreta” – cf.
Arte Astratta – Insegna all’Accademia Albertina. Dizionario Biografico degli
Italiani. Albino Galvano. Galvano. Keywords: Gallupi, Peirce, Grice. By
uttering x (gestus), U means that p” gesto, gestus, Grice’s use of gesture. il
concreto, l’astratto. Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Galvano: implicatura concreta”– The Swimming-Pool Library. Luigi
Speranza, “Grice e Galvano:
Gangale (Cirò Marina).
Filosofo. Grice: “I like Gangale; the fact that I taught for years in front of the
martyrs memorial helps!” Porta a termine gli a San Demetrio Corone. Si iscrive
alla facoltà di Filosofia di Firenze. Si laurea con “La logica della
probabilita”. Iniziato in Massoneria, nella Gran Loggia d'Italia . Porta avanti la difesa dell’idioletto e del
dialetto. Opere "Rivoluzione
Protestante" (Torino, Gobetti); “Calvino (Roma, Doxa); “Apocalissi della
cultura arabresca” (Roma, Doxa); “Il Protestantesimo in Italia” (Roma, Doxa);
“Il dio straniero” (Milano, Doxa); “Giacomo della Marca” (Napoli); “Salve regina”;
“Fragmenta ethnologica arberesca medio-calabra, Soveria Mannelli, Rubbettino.
“L’arbërisht: l’utopia. Giuseppe Gangale. Giuseppe Tommaso Saverio Domenico
Gangale. Gangale. Keywords: idiolect, dialect, ethno-lect, idio-letto,
dia-letto, ethno-letto. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gangale: dall’idioletto
al dia-letto” – The Swimming-Pool Library.
Garbo
(Firenze).
Filosofo. Grice: “I like Garbo; for one I like Firenze, for another I like a
Renaissance man – I’m one!” Grice: “Garbo is extremely interesting at a time
when physis did mean ‘nature’ – the physicist and the physician were the
natural philosophers! At Oxford Transnatural philosophy was created against
Natural Philosophy,” – Grice: “Garbo made the greatest comment on “Love
unrequited” by G&S – by focusing on a ditty by Cavalcanti – Boccaccio loved
the pretentious prose by Garbo on ‘eros,’ ‘amore,’ and ‘cupidus.’ –“ Studia sotto Alderotti a Bologna. Figlio di Bono, medico e
chirurgo. Sotto il consiglio del padre, fu
allievo a Bologna di Alderotti, suo cognato, poi uno dei più importanti
rappresentanti di un riorientamento della filosofia, all che Garbo diede un
contributo importante. Studia sotto Alderotti per un breve period. Torna presso
la casa paterna a Firenze a seguito della guerra tra Bologna e Ferrara e fu
iscritto, a fianco del padre, nella gilda di Firenze di medici e farmacisti. Le
condizioni politiche migliorate gli consentirono di riprendere i suoi studi e
si laurea, successivamente si sposta a Bologna, dove insegna. Quando Orsini scomunicò Bologna e, quindi, escluse i
cittadini bolognesi dal frequentare lo studio generale, fu, ancora una volta,
costretto a lasciare Bologna. Si transferice a Siena, con l'insolitamente alto
stipendio di 90 fiorini d'oro come "dotore del chomune di Siena". Saltuariamente
si recasse a Bologna nonostante la scomunica. E
fu a Bologna che completa il suo commento su una parte del libro IV del Canon
di Avicenna, tanto da guadagnare il soprannome di "espositore.” Torna a
Bologna, inizia la sua “Dilucidatorium totius pratice scientie” un commento sul
Libro I del Canon. Insegna a Padova, a causa del "propter malum statum
civitatis Paduae" (come afferma nel suo commento ad Avicenna), riprese a
peregrinare tra un'università e l'altra (anche se è un percorso poco chiaro, a
causa delle scarse informazioni fornite dai biografi e dell'assenza dei documenti).
Torna a Firenze e completa Dilucidarium. Sulla scia dell'esodo della Facoltà di
Filosofia da Bologna a Siena, venne nuovamente nominato dal Comune di Siena,
questa volta con uno stipendio annuo esorbitante di 350 fiorini d'oro, più 100
fiorini, perché teneva letture a casa sua, la sera. Lavora al suo commento al
trattamento con piante medicinali nel libro II di Avicenna, Canon, cioè
"l'Expositio super canones generales de virtutibus medicamentorum
simplicium secundi canonis Avicennae", che complete dopo il ritorno a Firenze.
Commenta sul “Donna mi prega” di Cavalcanti. Questo commento è conservato in un
manoscritto di Boccaccio ed è stata tradotta in una versione in lingua “volgare”. A causa dell'invidia dei suoi colleghi di
Bologna, fu accusato di essersi appropriato del commento a Galeno di
Torrigiani. Le lezioni riscuotevano molto successo, allora i suoi
colleghi, invidiosi, dettero il compito a un allievo che viveva con il medico
di spiarlo; quest'ultimo scoprì che prepara le sue lezioni basandosi sul
comment a Galeno di Torrigiani, che conserva segretamente. Il plagio e reso
pubblico, addiruttura Cecco D'Ascoli ne fece scherno con i suoi allievi, e
Garbo e costretto a allontanarsi da Bologna. Sia Tiraboschi che Colle notarono
delle incongruenze cronologiche della vicenda. Torrigiani
e co-etaneo e collega del medico alla scuola di Aldreotti, e successivamente si
fece certosino in tarda età e solo da quel momento, o dopo la sua morte,
avrebbe potuto prendere i suoi scritti. L'episodio,
probabilmente, indica l'atmosfera ostile – tossica -- in cui era immerso Garbo
a Bologna, per questo è plausibile che decidesse di accettare l'offerta di Padova,
che dopo la crisi causata dalla guerra contro Enrico VII, cerca insegnanti di
fama. Tornato a Firenze, incontra Mussato in preda a un malanno, che
probabilmente aveva conosciuto in precedenza a Padova e che era a Firenze in
veste di ambasciatore di Padova. A Firenze, la sua stima di filosofo si riprese
dai colpi bassi inflitti dai bolognesi; mostra un ritratto cordiale, sapiente
ma non scontroso, con un atteggiamento affidabile e umano, che cercava di
capire i segreti della natura e molto disponibile, questa era la maniera in cui
appariva ai fiorentini. Descritto come una persona arguta in episodi riportati
da Petrarca, che non conosceva direttamente, ma che aveva avuto contatti con Garbo.
Pesso un cimitero, rispose a dei vecchi che lo volevano schernire con queste
parole. La disputa è ingiusta, qui: infatti voi siete più coraggiosi perché
siete a casa vostra. (Rerum memorandum libri, risposta simile a quella di Cavalcanti
nel Decameròn. Un altro episodio, invece, fu la volta in cui un uomo prende in
giro il suo piccolo cavallo dicendogli: "e gli insegni a camminare, ma
dove hai imparato quest'arte?", e Garbo rispose: "A casa
tua". Quanto torna scrisse le "Recollectiones in Hippocratem de
natura foetus" (Venezia), con la "Expositio super capitula de generatione
embryonis" di Tommaso Del Garbo, suo figlio, e la "Expositio in
Avicennae capitulum de generatione embrionis" di Torre. Il trattato di
Garbo mostra quanto fosse dipendente dall'astrologia araba. Distingue
l'anatomia dalla fisiologia. Indaga la causa delle malattie ereditarie, dicendo
che dipendono da un vizio organico del cuore, dal quale ha origine lo spirito
che il seme del padre trasmette al nascituro. Tratta anche di argomenti molto
discussi dai filosofi del secolo, come la trasmissione dell'intelligenza tra
generazioni, dell'origine del calore animale e della nascita di piante e
animali per “fermentazione.” Dice nell'Expositio che torna a Firenze non per la
crisi di Siena, ma per altri motivi di cui non si hanno documentazioni. Per
Tiraboschi e Colle, Garbo non sarebbe mai uscito dall'Italia, mentre De Sade
dice che ad Avignone avrebbe incontrato Ascoli.
Quest'ultimo è il motivo della grave colpa di cui Garbo, insieme al figlio, fu
macchiato dopo il plagio già nominato. Ascoli venne allontanato da Bologna e
sospeso dall'insegnamento poiché accusato di eresia, successivamente giunse a
Firenze con la fama di mago e negromante, al servizio del duca Carlo di
Calabria. Ascoli scrisse "Commentarii in Sphaeram Mundi Ioannis de
Sacrobosco", che si ritiene fosse trattato che egli porta sul rogo,
trattato che fu aspramente criticato da Garbo che gravemente accesi di rabbia e
d'odio contro di lui, perché invidiosi che d'Ascoli fosse preferito come medico
dal duca Carlo. I. Garbo accusa Ascoli di fronte al vescovo d'Aversa e
successivamente lo denuncia all'inquisizione. Questo spinse il duca di Calabria
ad allontanare Ascoli dalla sua corte e dopo fu arrestato dall'inquisitore
Bonfantini. L’accusa era di essere "alieno dal vero dogma della
fede". Ascoli fu bruciato sul rogo. E evidente la responsabilità di Garbo
in questa condanna, per invidia e non per motivi religiosi. Garbo muore poco dopo l'esecuzione d’Ascoli. Questo, dice
Grice, e causato da un incantesimo di vendetta lanciato da Ascoli. Altre
opere: La figura di Del Garbo campeggia se non come il più grande filosofo di
Firenze, sicuramente come quello più nominato, sia nel bene che nel male, a
prescindere dal valore che possono avere le sue opere a livello della storia
della filosofia, infatti rappresenta, nell'opinione comune, il tipo ideale di
filosofo, sia con i suoi pregi, che con i suoi difetti. Tra le opere che
sicuramente possiamo attribuirgli ci sono ricettari, commenti e trattati. Tra i vari, ci sono
i "Super IV Fen primi Avicennae praeclarissima commentaria, quae
Dilucidatorium totius practicae generalis medicinalis scientiae noncupatur"
(Venezia), dedicati agli studenti bolognesi che l'avevano seguito a Siena;
"Chirurgia cum tractatu eiusdem de ponderibus et mensuris nec non de
emplastris et unguentis" (Ferrara) insieme ad un trattato sulla lebbra di
Gentile da Foligno e uno sulle giunture ossee di Gentile da Firenze, ampio
commento ad Avicenna, Abū l-Qāsim az-Zahrāwī e ar-Rāzī. In questo e in altri
testi, rileva molte inesattezze di Avicenna e parla con tono di ammirazione dei
antichi greco-romani. Altre opere invece non sono state stampate: "De
militia complexionis diversae"; una "quaestio" sulla flebotomia
secondo Ugo da Siena (Bergamo, Biblioteca civica) "Recolectiones super cirurgia
Avicennae" (Modena, Bibl. Estense); Tractatus podagre (San Candido, Bibl.
della Collegiata). E non va dimenticato il commento alla canzone "Donna mi
prega" di Cavalcanti: "Scriptum super cantilena Guidonis de
Cavalcantibus" ("De natura et motu amoris venereis cantio cum
enarratione Dini de Garbo", Venezia, introvabile). Il commento riguardo a
“Donna mi prega” considera l'amore (eros) da un punto di vista strittamente patologico,
come passione, e anche se a volte tende a sovrapporsi a “Donna mi prega”,
esponendo le idee sull'amore di se stesso (“amore proprio”) che quelle di
Cavalcanti, resta un importante document. Suddivide
il testo in tre parti. Nella prima parte, Garbo dimostra quante e che sono le
cose, che dello amore si dicono. Nella seconda parte, Garbo filosofa di quelle,
che esser ne determina. Nella terza parte, la chiusa, Garbo dimostra la
sufficienza di quelle cose, ch'egli ha dette. Nella seconda parte, la più
importante, si segue la dimostrazione sulle *otto* caratteristiche dell'amore: I)
dove si produce (nell’appetito sensitivo); II) chi lo genera? la disposizione
naturale del corpo dell’amante – per non fare menzione digli influssi di Marte
su Venere. III) quale virtù ha l’amore, dato che è passione d'appetito? Nulla.
IV) Quale e l’effetto dell’amore? La
morte che impedisce le operazioni della virtù vegetativa; V) quale e l’essenza
dell’amore? E una passione naturale. VI). Che alterazione provoca? Infermità,
malinconia, morte. VII) Che spinge a filosofare sull’amore, dato che non si può
celare la passione? Lo spirito platonico. VIII) Se l'amore (o strittamente,
l’amare) si dimostri via il sentire? Si. È evidente che parli come filosofo
aristotelico. Per Garbo, l'amore è una malattia, una passione dell'appetito
sensitivo, che può causare a sua volta molte altre malattie, e per questo va
curata, con la dimenticanza e l'allontanamento, l'"accidente fero" di
Cavalcanti è il maligno influsso di Marte, in congiunzione col Toro e la Bilancia,
quando si trova nella casa di Venere. Altre opere: “Dynus super quarta
Fen primi cum tabula” (Venezia: Lucas Antonius Giunta Florentinus); “Expositio
super tertia, quarta, et parte quintae fen IV. libri Avicennae” (Venezia:
Johann Hamann für Andreas Torresanus); “Dilucidatorium totius pratice
medicinalis scientie Expositio super canones generales de virtutibus
medicamentorum simplicium secundi canonis Avicennae (Venezia); “Recollectiones in
Hippocratem de natura foetus; “Dilucidatorium Avicennae (Ferrara) Expositio
super parte quintae Fen quarti Canonis Avicennae (Ferrara, André Beaufort); “Super
IV Fen primi Avicennae praeclarissima commentaria, quae Dilucidatorium totius
practicae generalis medicinalis scientiae noncupatur (Venezia); Chirurgia cum
tractatu eiusdem de ponderibus et mensuris nec non de emplastris et unguentis
(Ferrariae); “De militia complexionis diversae; di cui un saggio è pubblicato
da Puccinotti; Recolectiones super cirurgia Avicennae (Modena, Bibl. Estense); De
generatione embrionis; Dizionario biografico degli italiani. Aldrobrandino Del
Garbo. Garbo. Keywords: appetitus, appetitus sensitives – spiegatura dell’amore
in termine aristotelichi – amare, sentire, il patico – fornicazione –
latino/volgare – Boccaccio – Petrarca – Alighieri – Cavalcanti --. de militia
complexionis diverae, eros, amore, malattia, Aristotele, passione, ragione,
appetite sensitive, amore, sentire – re-cognosenza da parte dell’amato
dell’amore dell’amante – via senso? Marte – self-love, other-love, amore
proprio, amore a se stesso, amore all’altro. Refs.: Luigi Speranza, “Garbo e
Grice: amore, passione, implicatura” – The Swimming-Pool Library.
Gargani
(Filosofo).
Genova. Grice: “I like Gargani; many of his essays are pretty interesting: he’s
written on the ‘sense’ of ‘true,’ and on the ‘endless phrase,’ – la frasse
infinita – which according to Griceian principles, must rely on implicature,
since it involves a communicational impossibility!” -- «È un fatto che gli
uomini hanno prodotto assai più cose di quanto siano propensi ad ammettere; ma
ciò che essi hanno eretto nella forma di costruzioni concettuali elevate e
sublimi, come se fossero separate dal caso e dal disordine, corrisponde ad un
uso che essi hanno fatto della propria vita.” Aldo Giorgio Gargani (Genova),
filosofo. Si laurea a Pisa sotto Barone.
Collaborando con Lepschy, allora
professore all'University College di Londra, e conducendo le sue ricerche al
Queen's sotto la guida di Geordie McGuinness.
È stato il massimo studioso italiano di Vitters, e ha contribuito alla
diffusione della filosofia di D. F. Pears. I suoi ambiti di studio sono stati
prevalentemente la filosofia del linguaggio, l'estetica, l'epistemologia, e la
psicoanalisi. Di particolare interesse è anche il suo tentativo di una
scrittura filosofica narrativa, come in Sguardo e destino” (Laterza, Roma-Bari);
“L'altra storia” (il Saggiatore, Milano); Il testo del tempo” (Laterza,
Roma-Bari). Altre opere: “Esperienza in
Vitters” (Le Monnier, Firenze); “Hobbes” (Einaudi, Torino); “Vitters” (Laterza,
Roma-Bari); “Il sapere senza fondamenti. La condotta intellettuale come strutturazione
dell'esperienza commune” (Einaudi, Torino ); “Vitters a Cambridge” (Stampatori
Editore, Torino); “Kafka” (Guida, Napoli); “Lo stupore e il caso” (Laterza,
Roma-Bari); “La frase infinita”
(Laterza, Roma-Bari); “Il coraggio di essere” (Laterza, Roma-Bari); “Stili di
analisi” (Feltrinelli, Milano); “L'organizzazione condivisa. Comunicazione,
invenzione, etica” (Guerini, Milano); “Il pensiero raccontato” (Laterza,
Roma-Bari); “Una donna a Milano” (Marsilio, Venezia); “Il filtro creative”
(Laterza, Roma-Bari); “Dalla verità al senso della verità” (Plus, Pisa); “Mondi
intermedi e complessità” (Ets, Pisa); “Il gesto” (Cortina, Milano); “La filosofia
della cura” (ASMEPA Edizioni, Bentivoglio); “L'arte di esistere contro i fatti”
(Lamantica Edizioni, Brescia); “Crisi della ragione. Nuovi modelli nel rapporto
tra sapere e attività umane” (Einaudi, Torino). Altri contributi Relazione
d'aiuto, sintonia comunicativa e organizzazione sociale, in Il vaso di Pandora,
Dialoghi in psichiatria e scienze umane, Fondazionalismo e antifondazionalismo,
Relativismo e nuovi paradigmi filosofici, Inquietudine, empatia, identità e
narrazione (Pordenone). Aldo Giorgio Gargani. Gargani. Keywords. scambio, organisazzione condivisa –
communicazione – implicatura come condivisa – empatia – d. f. pears --.
Mcguinness -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gargani” – The Swimming-Pool
Library.
Garin (Rieti). Filosofo. Grice:
“Garin is a serious student of what we may call the longitudinal, rather than
latitudinal, unity of Italian philosophy! If ever there is one!” -- Italian philosopher, author of a very rich,
“La cultura filosofica del rinascimento italiano.” And “L’umanesimo
italiano”Grice was Lit. Hum. Oxon, so he knew. Linceo.
Studia sotto Limentani. Frequenta il Liceo classico Galileo. Si laurea sotto Limentani.
Vari studi sull'Illuminismo che confluiranno nel volume sui moralisti inglesi.
Subito dopo la laurea sostenne e vinse il concorso per insegnare nei licei,
cosa che continuò a fare fino a quando vinse la cattedra da ordinario
all'università. Tra i commissari del concorso liceale c'era Guzzo, una figura
che costituirà un punto di riferimento per Garin quanto meno fino ai primi anni
del dopoguerra. I suoi riferimenti culturali non erano costituiti da
intellettuali e politici come Gramsci, ma da filosofi di matrice spiritualista
e cattolica come Lavelle, Senne, Castelli
Gattinara di Zubiena, Michele Federico Sciacca e lo stesso Guzzo. Iscritto al
Partito Nazionaledal 1931, pronuncia al Lyceum di Firenze una commemorazione a Gentile.
Una svolta nelle prospettiva politica, filosofica e storiografica (le tre cose
non vanno separate) si ha con l'uscita dei Quaderni del carcere di Gramsci, che
hanno fortemente influenzato la sua filosofia nel costante riferimento alla
concretezza del pensiero, e con la pubblicazione delle Cronache di filosofia
italiana”, fortemente sollecitato da Laterza. Storico della filosofia molto
legato al rigore filologico e al lavoro sui testi, rifiuta la definizione di
filosofo; è tuttavia considerabile tale proprio in virtù delle sue polemiche
anti-speculative e come influente teorico della storiografia filosofica.
Insegna a Firenze. Si ttrasferì a Pisa a causa
dei perduranti disordini della rivolta studentesca iniziata nel '68, di cui non
condivideva le modalità di lotta e che considerava espressione di astratto
rivoluzionarismo. La sua infaticabile avidità di letture filosofiche lo
rese consigliere prezioso. L’Accademia dei Lincei gli ha conferito il Premio
Feltrinelli per la Filosofia. Altre opere: “Giovanni Pico della Mirandola. Vita
e dottrina”; “Gli illuministi inglesi. I Moralisti; “Il Rinascimento italiano”;
“L'Umanesimo italiano”; “Medioevo e Rinascimento”; “Cronache di filosofia
italiana”; “L'educazione in Europa”; “La filosofia come sapere storico”; “La
filosofia nel Rinascimento italiano”; “La cultura italiana tra Ottocento e
Novecento”; “Scienza e vita civile nel Rinascimento italiano”; “Storia della
filosofia italiana”; “Dal Rinascimento all'Illuminismo” “Filosofi italiani”; “ Rinascite e
rivoluzioni”; “Lo zodiaco della vita”; “Tra due secoli”; “Cartesio”; “L’Ermetismo
del Rinascimento”; “Gli editori italiani tra Ottocento e Novecento”; “La cultura
del Rinascimento”. Ciò non toglie che l'importanza della interpretazione del
Rinascimento che Garin ci dà nei suoi scritti e ci documenta nelle sue
edizioni, pubblicazioni, finissime traduzioni di testi umanistici di ogni tipo
(filosofico, politico, critico, letterario) possa essere, senza iperbole,
confrontata con l'importanza della evocazione del Burckhardt» in Cantimori,
Studi di storia, Torino, Einaudi, la Repubblica, Mecacci L., La Ghirlanda
fiorentina e la morte di Giovanni Gentile, Adelphi, Milano, su lincei. Fondo
Eugenio Garin, Il percorso storiografico di un maestro, Firenze, Le Lettere, Marino
Biondi, Dopo il diluvio. Eugenio Garin, l'ombra di Gentile e i bilanci della
filosofia, in Un secolo fiorentino, Arezzo, Helicon, ,Olivia Catanorchi e Valentina
Lepri , Dal Rinascimento all'Illuminismo (Atti del convegno Firenze), Roma,
Edizioni di Storia e Letteratura, . Michele Ciliberto, Eugenio Garin. Un
intellettuale nel Novecento, RomaBari, Laterza, . Raffaele Liucci, Quelle ombre
sul delitto Gentile in "Treccani Magazine", La Ghirlanda fiorentina e
la morte di Giovanni Gentile, Adelphi, Milano, "Il Gramsci di Eugenio
Garin", in Archetipi del Novecento. Filosofia della prassi e filosofia
della realtà, Napoli, Bibliopolis, Umanesimo e umanesimi. Saggio introduttivo
alla storiografia di Garin, Milano, FrancoAngeli, TreccaniEnciclopedie
Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Eugenio Garin, su BeWeb, Conferenza
Episcopale Italiana. Opere di Eugenio Garin, .
Eugenio Garin. Garin. Keywords: cicerone come umanista – umanesimo e
unamenismi – garin, umanista del Novecento – umanisti e il ritorno dei filosofi
antichi – umanesimo, ovvero, il primo secolo del rinascimento – il ritorno dei
filosofi antichi – retorica umanista – castelli e garin -- le griceianisme est
un humanism!” humus, human, homo sapiens, homo sapiens sapiens, human vs.
person, sapientia, persona -- human, umano, umanesimo – filosofia romana -- Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Garin – umano, troppo umano – The Swimming-Pool
Library.
garron
Garroni
(Roma). Filosofo. Grice: “I like Garroni; he writes very
Griceianly: on lying, on Pinocchio, on semiotics, on Kant – ‘quasi-Kant’ --,
and on sense perception (‘senso e paradosso’, ‘immagine, figura, communicazione’).
Inizia la sua attività in Rai, dove era entrato per un invito di Gualainsieme come
intervistatore e autore di trasmissioni sulla filosofia. Affianca a questo
lavoro l'opera intellettuale di critica e di riflessione sull'estetica,
grazie anche alla sua frequentazione del mondo artistico dell'epoca anni
cinquanta, redigendo anche presentazioni e cataloghi d'arte. Insegna a Roma.
Pur essendosi tenuto fino a quel momento ai margini della vita accademica, con “La
crisi semantica dell’arte” (Roma, Officina), insegna estetica. Porta un rinnovamento
dell'estetica italiana dopo Croce, culminante in una innovativa traduzione
della Critica della facoltà di giudizio di Kant tesa a sottolinearne la co-appartenenza
di tematiche estetiche (l’estetico) ed epistemologiche (il noetico). Cura
Arnheim, Macherey, Mannoni, Lukács, Brandi, Dufrenne, akobson e del Circolo
linguistico di Praga e collaborato alla rivista Rassegna di filosofia, alle
riviste cinematografiche Cinema Nuovo e Filmcritica e alla Enciclopedia Einaudi.Cura
Benedetto, Bottari, Melis, Fieschi,
Vacchi, Greco ecc. L’estetica è una "filosofia non speciale" il
cui compito non deve limitarsi allo studio delle espressioni artistiche
("il bello", “l’arte” e “la natura”), ma è finalizzato ad una visione
e ad una "costruzione" del mondo fondata sull'esperienza del “senso”
(il sensibile, sentire, sensate). Ciò che va rivendicata è la portata
iudicativa (e non solo volitiva) delle riflessioni kantiane, che trascendono lo
stato empirico delle scienze e vivono
operanti nel meglio degli indirizzi novecenteschi, magari di ciò inconsapevoli.
(L’orizzonte di senso). Altre opere: “Il mito negative” (Roma, Officina); “Semiotica
ed estetica. L'eterogeneità del linguaggio e il linguaggio cinematografico”
(Bari, Laterza); “Progetto di semiotica: il concetto di messagio” (Roma-Bari,
Laterza); “Pinocchio uno e bino” (Roma-Bari, Laterza); “Estetica ed
epistemologia. Riflessioni sulla "Critica del Giudizio"” (Roma,
Bulzoni); “Ricognizione della semiotica” (Roma, Officina); “Estetica e
linguistica” (Bologna, Il Mulino); “Senso e paradosso. L'estetica, filosofia
non speciale” (Roma-Bari, Laterza); “Estetica. Uno sguardo-attraverso” (Milano,
Garzanti); “Sul mentare e il mentire” (Castrovillari, Teda); “Altro dall'arte. Saggi
di estetica” (Roma-Bari, Laterza); “Senso e storia dell'estetica: studi offerti
a Emilio Garroni” (Pietro Montani, Parma, Pratiche Editrice);
"Interpretare", in Il testo letterario. Istruzioni per l'uso,
Roma-Bari, Laterza); “Critica della facoltà di giudizio” (Torino, Einaudi);
“Immagine e figura” (Roma-Bari, Laterza); “Scritti sul cinema: pubblicati dalla
rivista "Filmcritica"; Edoardo Bruno e Alessia Cervini, Torino,
Aragno, Creatività, introduzione di Paolo Virno, Macerata, Quodlibet); “La
macchia gialla’ (Milano, Lerici, Dissonanzen quartett. Una storia” (Parma,
Pratiche); “Racconti morali, o Della vicinanza e della lontananza, Roma, Editori
riuniti); “Sulla morte e sull'arte: racconti morali, Parma, Pratiche); Lettere
alla TV”, Monteleone, Storia della Radio e della Televisione italiana,
Marsilio; Una puntata del 1961, tratta da Rai Teche, del programma TV "Arti
e Scienze", in cui Garroni parla del Bauhaus e intervista Zevi e Gropius Presentazione della mostra dell'Autoritratto;
Articolo de La Repubblica; Intervista che riassume la nozione di estetica come
"filosofia non speciale". L'intervista fa parte dell'Enciclopedia
multimediale delle scienze filosofiche. Treccani
L'Enciclopedia italiana". Legalità / Creatività.: Garroni legge Kant di
Romeo Bufalo, in Studi di estetica, Bologna. Emilio Garroni. Garroni. Keywords:
Freges Sinn – Germanic ‘sinn’ *not* via Latin cognate ‘sentire’ -- senso, senso
fregeiano – senso freegan – “Fregean sense” – Do not multiply senses -- mentire/mentare/meinen/mean -- messagio,
message, semiotic – sender, recipient, message, emittente, mittente,
recipiente, message, emission, utterance, emitire, to utter – to ‘out’ -- ‘to ex-press’ ---- Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Garroni” – The Swimming-Pool Library.
Gatti (Napoli).
Filosofo. Grice: “I like Gatti. Gatti is a good’un; for one, he philosophised
on Aristotle’s Poetics, something we hardly do at Oxford! And many other
things, too!!” -- Nato di Stanislao e Marianna De Nigro. Studia a Napoli sotto Puoti
ed ebbe, come colleghi, Cusani e Sanctis. Collabora a “Il concetto di progresso.”
E a “Filosofia,” il baluardo del hegelianismo a Napoli. Le
fondamenta del suo pensiero sono da ritrovarsi nell'eclettismo di Cousin, sul
quale scrisse “Di una risposta di Cousin ad alcuni dubbi intorno alla sua
filosofia.” Sostiene che vi sia un fondo di verità comune a tutte le scuole
filosofiche e reputa indispensabile fonderle in un'unica sintesi. Abbandona la
filosofia cousiniana avvicinandosi in maniera decisa all'Idealismo tedesco. Dall’idealismo
nasce la convinzione secondo la quale lo sviluppo interiore della coscienza e
l'evolversi della storia provengono entrambe da un principio comune: la legge
universale della ragione. Influenzato da Hegel e da Schelling, considera la
filosofia attuabile solo all'interno della realtà storica in quanto è la
scienza generale di tutto l'esistente. Si indirizza verso l'estetismo in
“L’arte.” Critica la dottrina aristotelica secondo la quale l'arte è una
riproduzione (mimesi) della natura, contrapponendole la filosofia hegeliana che
ritiene l'arte riproduzione (mimesi) del sovra-sensibile, delle idee, del
noetico. (“L’estetico e mimesi del noetico). In “Della filosofia in Italia” si
sofferma sul pensiero e la cultura italiani contestualizzandoli nella filosofia
europea. Esauritosi il periodo florido della diffusione della scuola hegeliana,
la rivista del Gatti andò incontro ad un lento declino e fallì anche nella
creazione di una nuova testata editoriale chiamata Rivista napoletana di
politica, letteratura, scienze, arti e commercio. Altre opere: “Della fenomenologia”; “Fichte e
il concetto di scienza; “La filosofia della storia in Grecia”;“Filosofia”. Dizionario
biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. treccani. Stanislao Gatti. Gatti. Keywords: Vico,
Filosofia Italiana, Scritti filosofici – implicature italiane – il vico di
Gatti -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gatti” – The Swimming-Pool Library.
Gelli (Firenze). Filosofo. Grice: “I like Gelli; he is a difficult
philosopher, in a typical Italian fashion, mixing semiotics, philosophy,
philology, and literature! His reflections on Adam’s tongue (lingua adamitica)
is genial – and he proposes a distinction, which I often ignored, as Austin
did, between ‘sweet language’ (lingua dolce, qua expression, or materia) and
‘content’ (forma) – The issue was central for Italians: Tuscan Italian was THE
lingua because it was the sweetest – at least to Florence-born Gelli’s ears!” “Ricordati
un poco di Matteo Palmieri, che era tuo vicino, che fece sempre lo speziale, e
non di manco s'acquistò tante lettere ch'e' fu mandato da' Fiorentini per
imbasciadore al Re di Napoli; la quale degnità gli fu data solamente per vedere
una cosa sì rara, che in un uomo di sì bassa condizione, cadessono così nobili
concetti di dare opera agli studi, senza lasciare il suo esercizio; e mi
ricorda avere inteso che quel re ebbe a dire: pensa quel che sono a Firenze i
medici, se gli speziali vi son così fatti.”. Figlio di Carlo, un agiato mercante
di vini originario di Peretola e trasferitosi a Firenze col fratello, nacque in
San Paolo. Esercita per tutta la vita il
mestiere di calzolaio e studia filosofia da amateur – cf. Grice, “Gioccatore di
cricket amateur e filosofo profesionale” -- Discepolo di Francini, Verini, 3 Ficino
e poeta di ispirazione savonaroliana, e vicino alla filosofia piagnona,
participa, anche se in disparte, alle riunioni dell'Accademia, agli Orti
Oricellari. Fedele a Cosimo I, ricopre cariche pubbliche di scarso rilievo,
dapprima in qualità di magistrato delle arti, poi come membro del collegio dei
dodici Buonomini, organo consuntivo del governo mediceo. Membro degli Umidi. Ne
approva la trasformazione in Accademia Fiorentina l'anno successivo e ne fu
console. Ivi tenne la sua prima lezione, commentando un passo sulla lingua di
Adamo, tratto dal canto XXVI del Paradiso di Dante. Tenne saltuariamente
lezioni su Dante e Petrarca. Le sue opere più famose sono I capricci del
bottaio, ragionamenti fra un bottaio e la propria anima (inserito nel primo
indice dei libri proibiti) e La Circe, un dialogo fra Ulisse e i propri
compagni trasformati in animali. Tra le tesi sostenute nelle sue opere vi sono
quelle della discendenza diretta da Noè dei fondatori di Firenze, dovuta
probabilmente all'influenza sul Gelli degli “Antiquitatum variarum volumina
XVII”; un falso confezionato da Annio da Viterbo, e quella della superiorità
della lingua fiorentina sulle altre. ---
nominato da Cosimo I lettore ordinario della Commedia presso l'Accademia e
recita nove letture dantesche, pubblicate con cadenza annuale, che ebbero
grande influenza sugli interpreti di Dante durante tutto il Cinquecento fiorentino.
Altre opere: “L'apparato et feste nelle nozze dello Illustrissimo Signor Duca
di Firenze et della Duchessa sua Consorte”; “Egloga per il felicissimo giorno 9
di gennaio nel quale lo Eccellentissimo Signor Cosimo fu fatto Duca di
Firenze”; “La sporta” “Dell'origine di Firenze”; “I capricci del bottaio”; “La
Circe”; “Ragionamento sopra la difficultà di mettere in regole la nostra
lingua”; “Lo errore”; “Polifila”; “Lezioni pubblicate”; “Il Gello sopra un
luogo di Dante, nel XVI canto del Purgatorio della creazione dell'anima
rationale”; “La prima lettione di Gelli fatta da lui l'anno, sopra un luogo di
Dante nel XXVI capitol del Paradiso”; “Il Gello sopra un sonetto di M. Franc.
Petrarca”; “Il Gello sopra que'due Sonetti del Petrarcha che Lodano il ritratto
Della Sua M. Laura” “Il Gello sopra ‘Donna mi viene spesso nella mente’ di M.
F. Petrarca, Tutte le lettioni di Gelli, fatte da lui nell'Accademia
Fiorentina, Letture sopra la Commedia di Dante, Delmo Maestri, Opere di Giovan
Battista Gelli, UTET, Claudio Mutini, I dialoghi morali di Giambattista Gelli
in "Storia generale della letteratura italiana V", Federico Motta
Editore, Delmo Maestri, op. cit. Claudio
Mutini, op. cit. Giovan Battista Gelli,
Dialoghi, Scrittori d'Italia 240, Bari, Laterza, F. Reina , Delle opere di G.
B. Gelli, Società tipografica de' classici italiani, B. Gamba, , G. B. Gelli,
La Circe, Venezia, Tip. d'Alvisopoli, G. B. Gelli, La Circe e i Capricci del
Bottaio (Milano, Silvestri); A. Gelli , Opere di G. B. Gelli, Firenze, Le
Monnier, C. Negroni , “Lezioni petrarchesche” (Bologna, Romagnoli); C. Negroni
, Letture edite e inedite di sopra la Commedia di Dante, Firenze, Bocca, A.
Fabre , La Circe di G. B. Gelli, Torino, Tip. Salesiana, M. Barbi, “Trattatello
dell'origine di Firenze” di Giambattista Gelli (nozze Gigliotti-Michelagnoli),
Firenze, Tip. Carnesecchi, A. Ugolini, Le opere di Giambattista Gelli, Pisa,
Tip. Mariotti, C. Bonardi, Giovan Battista Gelli e le sue opere, Città di
Castello, Tip. Lapi, A. Ugolini , G. B. Gelli, Scritti scelti, Milano,
Vallardi, U. Fresco, G. Battista Gelli. I Capricci del Bottaio, Udine, Tip. Del
Bianco. M. Bontempelli , G. B. Gelli. La Circe e i Capricci del Bottaio, Istituto
editoriale italiano, I. Sanesi ,Opere di G. B. Gelli (Torino, UTET, R. Tissoni
, G. B. Gelli, Dialoghi, Bari, Laterza, A. Corona Alesina , G. B. Gelli, Opere,
Napoli, Fulvio Rossi, Bonora, “Retorica e invenzione” (Milano, Rizzoli); A.
Montù, “Gelliana”. Dizionario biografico degli italiani. Giovan Battista Gelli.
Gelli. Keywords: lingua, linguaggio, Grice on English, idiolect, dialect,
Language, ---. Noe – origine della lingua, la lingua di Adamo – la lingua
fiorentina -- Accademia agli Orti Oricellari; Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Gelli” – The Swimming-Pool Library.
Gemmis (Terlizzi). Filosofo. Grice: “I love Gemmis.” Grice: “Gemmis is a
good example of how an Italian philosopher differs from a philosophy don at
Oxford – ‘don’ is derogatory; whereas de’ Gemmis is a barone! – And he writes
about ‘reason,’ ‘ragione’ – with Abate Genovesi --; unlike a ‘don’ at Oxford
who would over-do reason to keep a post at his college!” – Grice: “In them
days, Italian illuminists took reason very seriously, and possibly ‘light,’
too!” Ferrante de Gemmis (Terlizzi), filosofo. Figlio del Barone di Castel Foce
Tommaso de Gemmis e di Francesca Bruni dei baroni di Cannavalle, fu fratello di
Gioacchino, rettore dell'Altamura, di Giuseppe de Gemmis, Presidente della
Regia Camera della Sommaria, e di Giovanni Andrea, Consigliere della Suprema
Corte di Giustizia. Si trasferì in Napoli
affidato al prozio, il potente Ministro Ferrante Maddalena, dove studia dai più
prestigiosi precettori. Fu allievo di Genovesi, di cui divenne amico e con cui
mantenne una cospicua corrispondenza epistolare raccolta nelle Lettere
familiari del celebre illuminista. Si laurea a Napoli, il ministro Maddalena lo
introdusse negli ambienti più esclusivi della corte partenopea istituendolo
erede universale con la clausola di aggiungere il suo cognome, obbligo mai
rispettato dai discendenti. Morto il pro-zio, e nominato dal sovrano giudice a
Cava de' Tirreni e fu malvisto a corte poiché rinunzia alla carica per
ritirarsi a Terlizzi, per stare vicino al padre malato. Qui si dedica ai suoi
studi di filosofia e da vita ad una fervida attività culturale rivelandosi
l'esponente primario dell'illuminismo. Istituì una Accademia, vero e proprio
cenacolo culturale con scopo di ricerca scientifica e di attuazione pratica di
conoscenze in campo agricolo. Purtroppo, non ottenendo l'approvazione Reale
perché sospetto centro di idee liberali, l'Accademia dovette chiudere, ma gli
incontri culturali proseguirono ufficiosamente per anni grazie anche all'incoraggiamento
epistolare di Genovesi. Sposa Caterina Lioyi, di nobile famiglia di orientamento
massonico. Fu governatore de promosse il riscatto della città dal diritto di
molitura che aveva la duchessa di Giovinazzo donna Eleonora Giudice. Fonda il
Conservatorio delle Orfanelle a la scuola pubblica con reale approvazione. Fu
inoltre incaricato da Ferdinando I di Borbone al riordinamento
dell'amministrazione della Città, che fu divisa in tre ceti in base ai ranghi.
Ebbe sette figli, tra cui Tommaso de Gemmis Maddalena, capitano dei R. R.
eserciti e governatore militare di Terlizzi; Elisabetta, moglie di Giuseppe de
Samuele Cagnazzi, fratello del celebre Luca de Samuele Cagnazzi; Cecilia,
sposatasi con Pietro Lupis e Giuseppe, sposato a Donna Maria de Introna, dalla
cui discendenza avrà origine il ramo di Gennaro de Gemmis. De Gemmis scrisse
numerose opere letterarie e filosofiche, che volle pubblicate anonime per
modestia e che oggi sono andate perdute, salvo “Tavole cronologiche della
Storia Universale” (Napoli, Samperia della Soc. Letteraria e tipografica).
Gaetano Valente Feudalesimo e feudatari Terlizzi nel Settecento, Molfetta,
Mezzina, 2Cabreo de Gemmis, Biblioteca Provinciale "de Gemmis", Bari
Ruggiero Di Castiglione, La Massoneria nelle Due Sicilie e i «fratelli»
meridionali del '700 , Gangemi Editore, Roma. Ferrante de Gemmis. Gemmis. Keyowords:
tavola cronologica della storia universal. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Gemmis” – The Swimming-Pool Library.
Genovese (Napoli). Filosofo. Grice: “I like Genovese; for one, he has
explored the philosophy of ‘vincoli,’ which is all that my theory of
communication is about!” Grice: “Genovese has explored the etymology of
‘tribe,’ as originating with Romolo!” Gricce: “Genovese has punned on Kant’s
silly ‘pure reason,’ surely what Kant meant was a pure critique of reason –
since ‘pure’ is hardly synonymous with ‘theoretical,’ which the treatise is all
about! When Kant goes on to write Part II, he qualifies ‘reason,’ as ‘practical,’
HARDLY impure!” – Studia a Pisa e Parigi sotto Foucault al Collège de France. Interessato
alla teoria dei sistemi, entra in contatto con Luhmann. La teoria sociologica
costituirà da allora una parte importante della sua riflessione. Membro della Fondazione
per la critica sociale, fa parte della redazione della rivista La società degli
individui e lascia la redazione di Il Ponte per contrasti sulla direzione della
rivista. Formatosi in una prospettiva hegelo-marxista vicina alla Scuola
di Francoforte, se ne allontana progressivamente (come si può osservare già in
“Dell’ideologia inconsapevole. attraverso Schopenhauer, Nietzsche, Adorno”
(Napoli, Liguori), assumendo sempre più nettamente una postura
scettico-relativista con un’attenzione alle scienze sociali e, in esse, alla
funzione, appunto relativistica, svolta dall’antropologia culturale. Indicativo
di questo passaggio è l’articolo su “Hume e la filosofia antropologica” in “Tra
scetticismo e nichilismo” (Pisa, Ets), in cui nel contempo si nota l’interesse
per la teoria dei sistemi. La forma
compiuta dell’evoluzione della sua filosofia si trova in “La tribù
occidentale”, “Per una nuova teoria critica” (Torino, Bollati Boringhieri), e :Un
illuminismo autocritico. La tribù occidentale e il caos planetario” (Torino,
Rosenberg e Sellier), in cui, nella presa di distanze dalla soluzione di
Habermas (v. Speranza, “Grice e Habermas”), si profila una logica
dell’ibridazione e del paradosso come fuoriuscita dalla dialettica di marca
hegeliana. Questa linea è approfondita,
in senso più strettamente politico con il rilancio di un’idea di socialismo,
nel successivo “Convivenza difficile” (Milano, Feltrinelli), “L’Occidente tra declino
e utopia” (Milano, Feltrinelli), e soprattutto, facendo i conti finali con la
teoria dei sistemi, nel “Trattato dei vincoli. Conoscenza, comunicazione,
potere” (Napoli, Cronopio), a tutt’oggi
la sua opera teoricamente più significativa. Si è dedicato in modo particolare
ai temi politici e civili con “Che cos’è il berlusconismo” (Roma, Manifesto); “Il
destino dell’intellettuale” (Roma, Manifesto), “Totalitarismi e populismi”
(Roma, Manifesto) -- tutti pubblicati dalla casa editrice Manifesto di Roma, e
intervenendo regolarmente in rete nel sito “Le parole e le cose” e in quello
della rivista Il Ponte. I suoi interessi estetico-letterari si esprimono
dapprima con “Teoria di Lulu. L’immagine femminile e la scena intersoggettiva”
– keywords: scena intersoggetiva – (Napoli, Liguori), in cui, nel rivisitare il
mitico personaggio teatrale, e poi anche filmico, creato da Wedekind, affronta
il tema della cosiddetta lotta dei sessi, ripreso con un romanzo breve in forma
epistolare (“L’anti-eros”, Firenze, Ponte alle Grazie) in cui sono presenti sia
una chiara vena satirica sia il tentativo di fare filosofia in altro modo, in
una vaga ispirazione kierkegaardiana. Seguono i libri di viaggio, o
apparentemente tali nella miscela di finzione narrativa e saggismo, Falso
diario e Tango italiano (Torino, Bollati Boringhieri); “L’Occidente (“Roma,
Manifestolibri), e ancora quello che probabilmente è il suo libro più sofferto,
insieme documento di una crisi e stravolta autobiografia visionaria, “Ci sono
le fate a Stoccolma. Dal diario dell'esilio mentale” (Reggio Emilia, Diabasis).
Altre opere: “Modi di attribuzione” (
Napoli, Liguori); “Figure del paradosso” (Napoli, Liguori); “Critica della
ragione impure” (Milano, Bruno Mondadori); “Gli attrezzi del filosofo” (Roma,
Manifesto). “L'idea, o forse dovrei dire il gesto, mi sembra felice: invece di
scrivere un saggio su x (ideologico, politico, storico) scrivere di sé come
turista a disagio che vorrebbe scrivere un libro su x», G. Bollati a R.
Genovese, leGiulio Bollati. Lo studioso, l'editore, Torino, Bollati
Boringhieri, A. Tricomi, La Repubblica delle Lettere, Macerata, Quodlibet. “Genovese
è quasi costretto non semplicemente ad alternare, ma addirittura a sovrapporre,
ad arricchire l'uno con le peculiarità degli altri, e infine a rendere, più che
reversibili, indistinguibili, registri argomentativi e stilistici tra loro
assai diversi. Ci sono le fate a Stoccolma diventa perciò il libro di un filosofo, senza che mai si possano individuare
luoghi del testo in cui una delle anime che lo ispirano prenda nettamente il
sopravvento». Rino Genovese. Genovese. Keywords: attribution, self-ascription,
ascription, labelling, power, language, illuminism, critical illuminism,
critical theory, critica della ragione impura; tribu occidentale; Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Genovese” – The Swimming-Pool Library.
Genovesi (Castiglione del Genovese). Filosofo. Grice: “I like Genovesi.”
Grice: “Genovesi is a good’un – he reminds me of Oxford – his treatise on logic
he called ‘per gli giovenetti,’ which is, as Piaget would say, as it would.” Grice:
“Genovesi reminds me of Strawson, or rather of myself teaching logic to
Strawson back in that infamous term of 1938!” – Grice: “I like Genovesi; I
don’t think Socrates taught logic to Alcebiades; he couldn’t teach since the
‘dialogue’ is hardly the way to do it; and then Socrates did not teach logic to
Plato; Plato did not teach logic to Aristotle, since the dialogue is not the
way to go – so it is possibly Aristotle who first ‘taught’ logic to Alexander –
this would indicate that he felt the need to change the form from silly
dialogical exchanges to actual propositions that Alexander could swallow –
“Sign” is what stands for something – a word is the sign of an idea – the idea
is the sign for a thing.” – and so on. “Some things imply others; others
IMPLICATE others.” – Grice: “Genovesi has an interesting bunch of things to say
about logic, but then any writer of a ‘tractatulus’ in logic would: so he
explores the natural/conventional distinction as applied to signs, and then the
affirmation and negation, and pragmatic concerns with obscurity and ambiguity –
and sophismata – and complex ‘causal’ propositions, -- quite a genius – and if
a palaeo-Griceian, if I may myself say so!” Figlio di Salvatore, calzolaio e
piccolo imprenditore, e di Adriana Alfinito di San Mango. Il padre lo indirizza
in tenera età verso gli studi. E affidato agli insegnamenti di Niccolò Genovese,
un congiunto, medico tornato da Napoli, il quale lo istruì in filosofia
peripatetica per due anni e in quella cartesiana per un anno. Nel corso degli
studi filosofici, si innamora di Angela Dragone. Questo amore non trovò
l'approvazione del severissimo genitore il quale condusse immediatamente il
figlio a Buccino, dove abitavano alcuni parenti, presso il convento dei Padri
Agostiniani dove seguì gli insegnamenti filosofici di Abbamonte, appassionandosi
al latino di Catone e Varrone. Insegna retorica a Salerno dove incontra Doti, dal
quale riceve lezioni di perfezionamento nel latino.Si trasferì a Napoli, dove
intraprese dapprima la carriera forense, che lasciò presto. Fonda una scuola
privata di metafisica e teologia. A Napoli fu in contatto con Vico e ottenne la
cattedra di metafisica. Alcune sue posizione contenute in “Elementa Metaphysicae”
furono dai suoi nemici considerate eretiche, e dovette servirsi dell'intervento
dell'arcivescovo di Taranto Celestino Galiani, e di Benedetto XIV per
conservare l'abito talare. In seguito a queste denunce lascia l'insegnamento
della metafisica a Napoli, per passare all'etica, cattedra che era stata tenuta
in passato da Vico. L'evoluzione dalla metafisica- all'etica prosegue con
il passaggio all' “economia” quando si compì la trasformazione 'da metafisico a
mercante', come egli stesso ebbe a scrivere nella sua autobiografia. Insegna'commercio
e meccanica, con fondi privati da Intieri, la prima cattedra di economia di cui
si abbia traccia in Europa, se non consideriamo cattedre di economia quelle
istituite negli anni venti Professorei n Prussia nell'ambito della tradizione
camerale. Il suo lavoro come economista è stato quello più fecondo, tanto che
Genovesi divenne un autore fondamentale. Si diffondevano in quel tempo i primi
accenni di rivolta allo spirito e al costume della Contro-Riforma: gli spunti
di polemica antigesuitica e anticlericale, la ripresa della lotta in difesa
dell'autonomia di un sato laico contro ogni interferenza del cattolicesimo, ai
primi elementi di una teoria delle monarchie illuminate e del regime
paternalistico, nonché, sul piano letterario, l'avvento di una poetica e di una
critica più aperte e coraggiose. In pratica, fu l'inizio della vera
rivoluzione culturale che si attuò nella seconda metà del Settecento sotto il
segno dell'Illuminismo caratterizzata dalla necessità di trasformare integralmente
i cardini dciviltà in tutte le sue manifestazioni. In questo ambito, la
filosofia politica di Genovesi e decisamente di tipo riformatore, un anglofilo
sotto spoglie francesi. Nella sua filosofia, persegue un compromesso tra
idealismo ed empirismo, cercando ad ogni costo di salvare gli essenziali valori
religiosi della filosofia cristiana. Riceve l'influenza del nuovo panorama
culturale italiano, con la voglia di cercare con studi ed esperimenti il
concetto della pubblica felicità, consistente nel far uscire l'uomo dallo stato
di "oscurità" (Illuminismo, che in Francia era già in atto: Les
Lumières). Prese coscienza della decadenza culturale, materiale e spirituale
dopo il periodo d'oro del Napoletano e, quindi, si rese conto della necessità
di intervenire per riportare le arti, il commercio e l'agricoltura a nuovi
splendori. “Io, che era cominciato a tediarmi di questi intrighi teologici
e che cominciava ad avere in orrore studi si turbolenti, e spesso sanguinosi,
feci di più: mi ripresi i miei manoscritti, e deliberai permanentemente di non
pensare più a queste materie.» Per tale motivo, abbandona la metafisica e
si dedica all’economia affermando tra le altre cose, che l’economia deve
servire ai governi per alimentare la ricchezza e la potenza del stato. Ritiene
che per favorire il benessere “sociale” sia necessario promuovere la cultura e
la civiltà, per questo motivo è il primo cattedratico ad impartire le sue lezioni
in italiano. Docente di economia politica, occupa una cattedra istituita
appositamente per lui di “commercio e meccanica” a Napoli da Intieri. Soggiorna
più volte nel palazzo proprio di Intieri a Massaquano per lunghi periodi dove
si rifugiava per trovare "la musa ispiratrice" e lì infatti scrisse
alcune sue opere. Sostiene che anche le donne e i contadini abbiano
diritti alla cultura poiché questa è uno strumento fondamentale per realizzare
l'ordine e l'economia nelle famiglie, e di conseguenza nella società, è inoltre
importante anche l'educazione degli uomini e in particolar modo lo sviluppo
delle arti e delle scienze, contrapponendosi all'idea di Rousseau per il quale
il progresso costituisce la fonte di tutti i mali. Denuncia anche la presenza di
un numero eccessivo di persone che vivono esclusivamente di rendita e affronta tematiche
importanti come problemi di debito pubblico, inflazione e circolazione
monetaria. Il suo pensiero economico è espresso in Lezioni di commercio o
sia di economia civile e considerate una
delle prime opere di filosofia economica. Cerca, così, di indicare la via per
alcune riforme fondamentali: dell'istruzione, dell'agricoltura, della proprietà
fondiaria, del protezionismo governativo su commerci e industrie. Tenne
sempre le sue lezioni in italiano grazie alla sua passione per il civile: viene
ricordato per essere stato il primo docente a esprimersi in italiano durante i
suoi corsi e per essere stato tra i primi a scrivere trattati di metafisica e
di logica in italiano. Così operò, anche e soprattutto, per diffondere lo
studio dell'Economia e delle scienze nel popolo: in questo atteggiamento
Genovesi è ancora una volta in piena continuità con gli umanisti, giudicando
anche questo un mezzo di incivilimento. Altre opera: Lezioni di commercio (Milano,
Fondazione Mansutti). Altre opera: Elementa metaphysicae mathematicum in morem
adornata, Napoli; Elementorum artis logicae-criticae libri quinque Gli elementi
dell'arto logico-critica, Venezia) Meditazioni filosofiche; Lettere
filosofiche; Lettere Accademiche;
Memorie Autobiografiche; Lezioni di commercio o sia d'economia civile; Della
diceosina o sia della Filosofia del Giusto e dell'Onesto; Delle Scienze
Metafisiche per li giovanetti 1767; Altre opere da ricordare sono La logica per
i giovanetti, Istituzioni di Metafisica per Principianti e Lettere familiari,
che testimoniano l'intensa corrispondenza epistolare tra l'abate e il letterato
dell'epoca Ferrante de Gemmis, uno dei pochi testimoni dell'illuminismo
pugliese. Corpaci, F., Antonio Genovesi; note sul pensiero politico,
Giuffrè, Peter Jones , Reception of David Hume in Europe, Continuum, Palatano,
Rosario; Genovesi, Antonio. Antonio Genovesi: teoria del commercio, LUISS
University Press, .Antonio Genovesi, in Dizionario biografico degli italiani,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana. 10 maggio . Lucio Villari, Il pensiero economico di Antonio
Genovesi, Le Monnier, Chines, Loredana. Su alcuni aspetti linguistici degli
scritti di Genovesi, Pensiero politico, Davide Alessandra, Antonio Genovesi:
uno dei padri dell'illuminismo meridionale, su historiaiuris.com, . M.
Bonomelli (a cura di, Quaderni di sicurtà. Documenti di storia
dell'assicurazione, Fondazione Mansutti, schede bibliografiche di C. Di
Battista, note critiche di F. Mansutti. Milano: Electa, Luigino Bruni, Voce
"Antonio Genovesi" in Il Pensiero Economico Italiano, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana Treccani.
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A. M. Fusco, Antonio Genovesi e il suo mercantilismo "rinnovato", in
A. M. Fusco, Visite in soffitta. Saggi di storia del pensiero economico, Napoli,
Editoriale Scientifica, Giuseppe Galasso, Il pensiero religioso di Antonio
Genovesi, Rivista storica italiana, G. Genovese, Contro le "Penelopi della
filosofia". Note sulle Lettere accademiche di Antonio Genovesi,
L'acropoli, G. Genovese, Tra Vico e Rousseau: le autobiografie di Antonio Genovesi,
L'acropoli, D. Ippolito, Antonio Genovesi lettore di Beccaria, Materiali per
una storia della cultura giuridica, C. Passetti, Una fragile armonia: felicità
e sapere nel pensiero di Antonio Genovesi, Rivista storica italiana, M.L.Perna,
Eluggero Pii e l'edizione delle opere di Antonio Genovesi Dialoghi e altri
scritti. Intorno alle Lezioni di Commercio, Il pensiero politico: rivista di
storia delle idee politiche e sociali, A. M. Rao, Etica e commercio: i Dialoghi
di Antonio Genovesi nell'edizione di Eluggero Pii, Il pensiero politico:
rivista di storia delle idee politiche e sociali, Wolfgang Rother, Antonio Genovesi, in
Johannes Rohbeck, Wolfgang Rother : Grundriss der Geschichte der Philosophie,
Die Philosophie des 18. Jahrhunderts, Italien. Schwabe, Basel, Rosario Villari,
Antonio Genovesi e la ricerca delle forze motrici dello sviluppo sociale, «Studi
Storici», E. Zagari, Il metodo, il progetto e il contributo analitico di
Antonio Genovesi, Studi economici, 2V. Gleijeses, Napoli nostra e le sue
storie, Società Editrice Napoletana, Napoli, Pietro Napoli Signorelli, Treccani,
Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Antonio Genovesi, sConferenza Episcopale
Italiana. Opere di Antonio Genovesi /
Antonio Genovesi (altra versione), su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere
di Antonio Genovesi, . Luigino Bruni,
Genovesi, Antonio, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero:
Economia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Saverio Ricci, Genovesi, Antonio, in Il
contributo italiano alla storia del Pensiero: Filosofia, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, . 13 novembre . Corrado Barbagallo, Antonio
Genovesi, Estratto da: Rassegna Storica Salernitana. Antonio Genovesi.
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--. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Genovesi: critica della
ragione economica” -- per Il Club
Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria, Italia.
Gentile (Taggia). Filosofo. Grice: “It seems every philosopher has a
catabasis – as Eneas did!” “Falamonica spends a ‘stagione’ in hell, too!” -- “I
do like Falamonica – the way he makes ‘Aristoteil’ rhyme! “E vidi alfin colui,
che fra’ mortali / più degno par di tutto quell Collegio, / levarsi contra
tutti, e batter l’ali; / dico Aristotil.” – Grice: Falamonica is interesting:
there is Socrates teaching Alcibiades, and Socrates teaching Plato, and Plato
teaching Aristotle, and Aristotle teaching Alexander!” Figlio di Pancrazio
Falamonica Gentile e Violantina Piccamiglio. Venne in contatto coll’astrologia.
Compose i Canti, poema dottrinale in terzine di 42 canti, chiaramente derivato
dalla Commedia di Dante. Grice: “It is a fun philosophical comedy: “E vidi
alfin colui, che fra’ mortali / più degno par di tutto quell Collegio, /
levarsi contra tutti, e batter l’ali; / dico Aristotil.” Opere: “Canti.
Dizionario Biografico degli Italiani. Falamonica. Bartolomeo Fallamonica
Gentile. Gentile. Keywords: parodies of the Divine Comedy, Raimondo Lullo,
Bruno e Lullo, il libro dell’amante e dell’amato, ars amative. Commedia
filosofica. Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Gentile” – The Swimming-Pool Library.
Gentile.
(Castelvetrano).
Filosofo. Grice: “Do not multiply the senses of ‘state’ (normative,
prerogative) beyond necessity.” Grice: “It’s difficult to assess the philosophy
of Gentile; he is a Peirceian, like me –. He ie into ‘conventional sign’ and
‘natural sign’ – and considers intersubjectivity as a way to suprass the type
of Berkeleyan idealism – his tradition is Plathegel, mine is Ariskant!” Grice:
“The roots of Gentile’s philosophy are in Hegel’s logic, as are Bradley’s,
Bosanquet, and Collingwood’s! – and Croce’s!” -- idealist philosopher. He
taught philosophy at Pisa. Gentile rejects Hegel’s dialectics as the process of
an objectified thought. Gentile’s actualism or actual idealism claims that only
the pure act of thinking or the transcendental subject can undergo a
dialectical process. All reality, such as nature, God, good, and evil, is
immanent in the dialectics of the transcendental subject, which is distinct
from the empirical subject. Among his major works are “La teoria generale dello
spirito come atto puro” and “Sistema di logica come teoria del conoscere.” Gentile
sees conversation is a concerted act that overcomes the apparent difficulties
of inter-subjectivity and realizes a unity within two transcendental subjects.
Actualism was pretty influential. With Croce’s historicism, it influenced two
Oxonian idealists discussed by H. P. Grice: Bernard Bosanquet and R. G.
Collingwood (vide: H. P. Grice, “Metaphysics,” in D. F. Pears, The Nature of
Metaphysics, London, Macmillan). Insieme a Croce uno
dei maggiori esponenti del idealismo, nonché un importante protagonista della
cultura, fonda L’Istituto dell'Enciclopedia Italiana e artifice della riforma
della pubblica istruzione (Riforma Gentile). La sua filosofia è detta
attualismo. Inoltre fu figura di spicco del fascismo italiano. In seguito
alla sua adesione alla Repubblica Sociale Italiana, fu assassinato durante la
seconda guerra mondiale da alcuni partigiani comunisti dei GAP. «Era un
omone che ispirava grande simpatia; con la pancia incontenibile, i bei capelli
brizzolati sopra un faccione rosso acceso, di carnale cordialità. Tutto fuorché
un filosofo: così mi apparve, benché fossi pieno di entusiasmo per i suoi
Discorsi di religione, freschi di lettura. Bonario, familiare (paternalista),
mi fece l'impressione di un vigoroso massaro siciliano, che fonda la sua
autorità sull'indiscusso ruolo di patriarca” (Geno Pampaloni, Fedele alle
amicizie. Figlio di Giovanni e Teresa Curti. Frequenta il ginnasio/liceo
"Ximenes" a Trapani. Vince quindi il concorso per posti di interno di
Pisa, dove si iscrive alla facoltà di lettere e filosofia. A Pisa ha come maestri,
tra gli altri, Ancona, professore di letteratura, legato al metodo storico e al
positivismo e di idee liberali, Crivellucci, professore di storia, e Jaja,
hegeliano seguace di Spaventa, che influirono molto su Gentile. Dopo la laurea,
con massimo dei voti e ottenimento del diritto di pubblicazione della tesi, ed
un corso di perfezionamento a Firenze, ottiene una cattedra in filosofia presso
il convitto nazionale Pagano di Campobasso. Si sposta a Napoli. Sposa
Erminia Nudi, conosciuta a Campobasso: dal loro matrimonio nasceranno Federico
Gentile, i gemelli Gaetano Gentile e Giovanni Gentile junior, Giuseppe Gentile,
e Tonino Gentile Ottiene la libera docenza in filosofia teoretica. Ottiene poi
la cattedra a Palermo, dove frequenta il circolo di Pojero e fonda “Nuovi
Doveri.” A Pisa e Roma. Insegna a Palermo, Pisa, Roma e Milano. Durante gli studi
a Pisa incontra Croce con cui intratterrà un carteggio continuo. Uniti
dall'idealismo (su cui avevano comunque idee diverse), contrastarono assieme il
positivismo e le degenerazioni dell'università italiana. Insieme fondano “La
Critica” al rinnovamento della cultura
italiana. L'attualismo ha configurazione sistematica. Divenne membro del
Consiglio superiore della pubblica istruzione. All'inizio della prima guerra
mondiale, tra i dubbi della non belligeranza, si schiera a favore della guerra
come conclusione del Risorgimento. Rivela a sé stesso la passione politica che
gli stava dentro e assunse una dimensione che non era più soltanto quella del
filosofo che parla “ex cathedra”, ma
quella dell'"intellettuale" militante, che si rivela al pubblico. Partecipa
attivamente al dibattito politico e culturale. E tra i firmatari del manifesto
del “Gruppo Nazionale Liberale”, che, insieme ad altri gruppi nazionalisti e di
ex combattenti forma l' “Alleanza” per le elezioni politiche, il cui programma
politico prevede la rivendicazione di uno stato forte, anche se provvisto di
larghe autonomie regionali e comunali, capace di combattere la metastasi
burocratica, il protezionismo, le aperture democratiche alla Nitti, rivelatosi
«inetto a tutelare i supremi interessi della Nazione, incapace di cogliere e
tanto meno interpretare i sentimenti più schietti e nobili». Fonda il “Giornale
critico della filosofia italiana”. Diviene
consigliere comunale al Municipio di Roma, mentre l'anno successivo viene
nominato anche assessore supplente alla X Ripartizione, A. B. A., ovvero alle “Antichità”
e alle “Belle Arti”, sempre del Municipio di Roma. Diviene socio dell'Accademia
dei Lincei. Gentile non mostra particolare interesse nel confronto del
fascismo. Fu solo allora che prese posizione in merito, dichiarando di vedere
in Mussolini un difensore di un “liberalismo” risorgimentale nel quale si riconosce.“Mi
son dovuto persuadere che il ‘liberalismo’, com'io l'intendo e come lo
intendeno gli uomini della gloriosa destra che guida l'Italia del Risorgimento,
il liberalismo della libertà nella legge, e perciò nello stato forte, e nello stato
concepito come una realtà etica, non è oggi rappresentato in Italia dai ‘liberali’,
che sono più o meno apertamente contro di Lei, ma per l'appunto, da Lei.” (Lettera
a Mussolini). All'insediamento del regime viene nominato ministro della Pubblica
Istruzione, attuando La Riforma Gentile, fortemente innovativa rispetto alla
precedente riforma basata sulla legge Casati di più di sessant'anni prima! Diviene
senatore del Regno. Si iscrive al Partito Nazionale con l'intento di fornire un
programma ideologico e culturale. Dopo la crisi Matteotti, date le dimissioni
da ministro, Gentile viene chiamato a presiedere la Commissione dei Quindici
per il progetto di riforma dello Statuto Albertino (poi divenuta dei Diciotto
per la riforma dell'ordinamento giuridico dello stato). Resta fascista e pubblica
il “Manifesto degli intellettuali” in cui vede la filosofia come un possibile
motore della rigenerazione degli italiani e tenta di collegarlo direttamente al
Risorgimento. Questo manifesto sancisce l'allontanamento di Gentile da Croce,
che gli risponde con un tipico “contro-manifesto”. Promuove la nascita
dell'Istituto di Cultura. Per le numerose cariche, esercita un forte influsso
sulla cultura italiana, specialmente nel settore filosofico. È imembro dell'Istituto
Treccani. A Gentile si devono in gran parte il livello culturale e l'ampiezza
della visione dell'Enciclopedia Italiana. Invita infatti a collaborare alla
nuova impresa 3.266 filosofi di diverso orientamento, poiché nell'opera si deve
coinvolgere tutta la cultura italiana, compresi molti studiosi notoriamente
anti-fascisti, che ebbero spesso da tale lavoro il loro unico sostentamento. Riesce
in tal modo a mantenere una sostanziale autonomia, nella redazione
dell'Enciclopedia Italiana, dalle interferenze del regime. È coinvolto
nell'istituzione del Giuramento di fedeltà al regime che causerà
l'allontanamento di alcuni dall'Università. Inaugura a Genova l'Istituto
mazziniano. Fonda il Centro nazionale di studi manzoniani. Fonda la Domus
Galilaeana a Pisa. Non mancano comunque i dissensi col regime. In
particolare, la sua filosofia subisce un duro colpo alla firma dei Patti
Lateranensi tra il cattolicesimo e lo stato. Sebbene riconosca il cattolicesimo
come una forma della spiritualità , ritiene di non poter accettare uno stato
NON laico. Questo evento segna una svolta nel suo impegno politico militante, è
inoltre contrario all'insegnamento del cattolicesimo nel ginnasio e nel liceo.
Il Sant'Uffizio mette all'”Indice” le sue opere a causa del loro
riconoscimento, nel solco dell'idealismo, del cattolicesimo come una mera
"forma dello spirito” -- totalmente inferiore alla filosofia: ‘theologia
ancilla philosophiae.” “La mia religione, in cui vi sono anche alcune velate
critiche al cattolicesimo e ispirata da Alighieri, Gioberti e Manzoni.” Degna
di nota anche la sua difesa di Bruno, il filosofo eretico condannato al rogo
dall'Inquisizione, al quale dedica una apologia, impegnandosi anche presso
Mussolini perché la statua di Bruno in Campo de' Fiori e opera dello scultore
anticlericale Ettore Ferrarinon fosse rimossa, come richiesto da alcuni
cattolici. Comincia una lunga polemica contro Vecchi, che Gentile accusa
di “inquinare la cultura”.“Roma non ebbe mai un'idea che fosse esclusiva e
negatrice.”“Roma accolse sempre e fuse nel suo seno, idee e forze, costumi e
popoli.” “Così poté attuare il suo programma di fare dell'urbe, l'orbe.” “La Roma
antica volgendosi con accogliente simpatia e pronta e conciliatrice
intelligenza a ogni persona a ogni forma di vivere civile, niente ritenendo
alieno da sé che fosse umano.”“Sono i popoli – come i longobardi! -- piccoli e
di scarse riserve quelli che si chiudono gelosamente in se stessi in un nazionalismo
schivo e sterile.”In La mia religione dichiara di essere credente nello stato
laico – ‘stato no laico e una contradictio in terminis’ -- Nel Discorso
del Campidoglio esorta all'unità. Si ritira a Troghi, dove filosofa su la “Genesi
e struttura della società” nel nel quale teorizza su la politica
dell’umanesimo. Considera “Genesi e struttura della societa” il coronamento dei
suoi studi speculativi tanto che mostrando il manoscritto, scherzando disse. "I
vostri amici possono uccidermi ora se vogliono.”“Il mia missione nella vita è
compietata.”La caduta di Mussolini non preoccupa particolarmente Gentile che
intese il tutto come un avvicendamento al governo. Inoltre la nomina nel primo
governo Badoglio di alcuni ministri che precedentemente erano stati suoi
collaboratori lo conforta. In particolare la amicizia con Severi spinse Gentile
ad inviargli una lettera di auguri per la nomina e a sottoporgli alcune
questioni rimaste in sospeso con il governo precedente. Severi rispose a
Gentile lanciandogli un duro e inatteso attacco. Travisandone volontariamente i
contenuti evitando però di renderli noti avvalorò l'idea che Gentile gli si
fosse proposto come consigliere ponendolo quindi in obbligo a respingerne la
proposta. Gentile replica a Severi e rassegna le dimissioni da Pisa. Gentile
respinse in un primo tempo la proposta di Biggini di entrare al Governo, dopo
un incontro con Mussolini sul lago di Garda si convinse ad aderire alla
Repubblica Sociale Italiana. Divenne presidente della Reale Accademia d'Italia,
con l'obiettivo di riformare L’Accademia dei Lincei che fu assorbita
dall'Accademia. “Venne qui tempo fa un amico a cercarmi, ed io dissi francamente
i motivi politici per cui desideravo restare in disparte.”“Ma egli mi assicurò
che io potevo benissimo restare in disparate.”“Ma dovevo fare una visita al mio
amico che desidera vedermi ed era addolorato di certe manifestazioni recenti,
ostili alla mia persona.”“Negare questa visita non era possibile.”“Feci comodamente
il viaggio con Fortunato.”“Ebbi un colloquio di quasi due ore, che fu
commoventissimo.”“Dissi tutto il mio pensiero, feci molte osservazioni, di cui
comincio a vedere qualche benefico aspetto”“Credo di aver fatto molto bene
all’Italia.”“Non mi chiese nulla, non mi fece offerta.”“Il colloquio fu a
quattr'occhi.”“La nomina fu poi combinata col ministro amico e portata qui da
me da un Direttore generale.”“Non accettarla sarebbe stata suprema
vigliaccheria e demolizione di tutta la mia vita.”Sostenne la chiamata alle
armi e la coscrizione militare dei giovani nell'esercito della RSI, auspicando
il ri-pristino dell'unità nazionale sotto la guida ancora una volta di
Mussolini. Intanto il figlio, Federico Gentile, capitano d'artiglieria
del Regio Esercito, era stato internato dai tedeschi in un campo di prigionia a
Leopoli in condizioni particolarmente severe.Federico Gentile e l'unico
ufficiale italiano del campo a non ricevere la posta di ritorno. Federico
Gentile aveva aderito alla RSI, ma non aveva accettato l'arruolamento
nell'Esercito Nazionale Repubblicano, preferendo tornare in Italia da civile.Gentile
elogia pubblicamente al "Condottiero della grande Germania", e
lodando l'alleanza italiana con le Potenze dell'Asse.Pochi giorni dopo,
Federico Gentile, venne trasferito in un campo meno duro.Infine, gli fu
permesso il ritorno. Per il suo appoggio dichiarato alla leva per la difesa
della RSI, riceve diverse missive contenenti
minacce di morte. In una in particolare era riportato: "Tu sei
responsabile dell'assassinio dei cinque". L'accusa era riferita alla
fucilazione di cinque renitenti alla leva rastrellati dai militi della R. S. I.
-- fucilazione orchestrata da Carità, che detesta Gentile, ricambiato. Ha
infatti minacciato di denunciare le eccessive violenze del suo reparto allo
stesso Mussolini.Gentile non e assolutamente collegato con tale evento. Il
governo repubblicano gli offre quindi una scorta armata che però Gentile
declina.“Non sono così importante, ma poi se hanno delle accuse da muovermi sono
sempre disponibile.”Considerato in ambito resistenziale come il filosofo del regime,
apologo della repressione e di un regime ostaggio di un esercito occupante, e ucciso
isulla soglia di Villa di Montalto al Salviatino, da gappisti di ispirazione comunista.
Il commando si apposta circa nei pressi della villa.Appena giunse in auto, il
gappista Fanciullacci si avvicina, tenendo sotto braccio un libro di filosofia
– “Apperance and Reality,” di Bradley -- per nascondere la rivoltella e farsi
così credere un filosofo.Abbassa il vetro per prestare ascolto.E subito
raggiunto dai colpi della rivoltella. Fuggito il gappista in bicicletta,
l'autista si diresse all'ospedale Careggi per trasferirvi il filosofo
moribondo.Gentile, colpito direttamente al cuore e in pieno petto, in breve
spira.Fu un episodio che divise lo stesso fronte di resistenza e che è al
centro di polemiche non sopite, venendo infatti già all'epoca disapprovato dal
CLN toscano con la sola esclusione del Partito Comunista, che ri-vendicò l'esecuzione.
Fu sepolto nella basilica di Santa Croce, il foscoliano tempio dell'itale
glorie. Dopo l'attentato, le autorità della R. S. I., dopo aver sospettato all'inizio lo stesso
Mario Carità promisero mezzo milione di lire in cambio di informazioni su
Fanciulacci.Venne disposto l'arresto di cinque, indicati da come i mandanti
morali.Grazie al diretto intervento della famiglia, gli arrestati sono rimessi
in libertà. All'interno di Santa Croce si inaugura un convegno di studi
gentiliani. La filosofia di Gentile fu da lui denominata “attualismo” o idealismo
attuale.L'unica vera realtà è un “atto” puro del «pensiero che pensa», cioè
l'auto-coscienza, in cui si manifesta lo spirito che comprende tutto l'esistente.Solo
quello che si realizza tramite lo spirito rappresenta la realtà in cui il
filosofo si riconosce. Il Pensiero è attività perenne in cui all'origine non
c'è distinzione tra “soggetto” e “oggetto” – dunque l’intersoggetivita e un
pseudo-problema. Avversa pertanto ogni dualismo rivendicando il monismo e l'unità
di natura (corpo, materia) e spirito (anima, forma) (monismo).Al'interno, assieme
al primato, la auto-coscienza è vista come “sintesi” della tesi del soggeto e
l’antitesi dell’oggetto.Questo e un atto in cui il primo, la tesi, il soggetto,
pone se stesso e pone il secondo (auto-concetto).In ciò consiste l'”autoctisi”
–Non hanno quindi senso un orientamento solo spiritualista o solo materialista
(naturalista).Non ha senso la divisione netta tra spirito (l’astratto) e
materia (astrazzione) del platonismo, in quanto la realtà è Una.Qui è evidente
l'influsso dell’aristotelismo (hyle-morphe) e il panteismo rinascimentale e
anche dell’ “immanentismo” (contro il transcendentalismo) più che
dell'hegelismo.Di Hegel, a differenza di Croce, che era fautore di uno
storicismo assoluto (o idealismo storicista), per cui tutta la realtà è “storia”
e non “atto” in senso aristotelico (energeia/dunamis – actus – cf. Grice, “What
is actual”), non apprezza tanto l'orizzonte storicista, quanto l'impianto
idealistico relativo alla auto-coscienza.La auto-coscienza è considerata il fondamento
del reale. Anche vi è un errore in Hegel nella formulazione della “dialettica”.
Ma questo non consiste unicamente, come afferma Croce. Croce infatti sostiene che
"tutto è Spirito". La critica di Croce non è sufficiente.Gentile
sostiene che Hegel confunde la dialettica del “implicare” (‘impiegare”) (che ha
individuato correttamente) con la dialettica dell’ “implicatum” ‘empiegato’. Lascia
forti residui della dialettica dell’impiegato,cioè quella del determinato e delle
scienze. Gentile inoltre non accetta la “dialettica dei distinti” (A distinto
da B) che Croce, in base al adagio che "non ogni negazione è
opposizione") introduce posto accanto alla “dialettica degli opposti"
(A opposto B). Infatti Gentile ritiene la
‘dialettica dei distinti’ un'aggiunta arbitraria, che snatura la dialettica
propria.Questa invece si esplica in un “atto” in cui utilizza la dialettica (A
opposto B, sintesi C) in un atto puro.Questa dialettica si esplica quindi nel
rapporto dell’impiegare e l’impiegato.Recuperando La Dottrina della scienza di
Fichte, Gentile afferma che lo spirito (anima, forma) è fondante in quanto
unità di autocoscienza, atto; l'atto puro –, è il principio e la forma della
realtà diveniente, non esistente (Gott im Werden – dall’divenire all’essere). La
dialettica dell'atto puro e l’opposizione tra la soggettività (il soggeto)
rappresentata dall'espressione --
intention-based semantics -- (tesi) e l'oggettività (oggeto) – cf.
inter-soggetivo -- rappresentata dal positivism scientism. (antitesi), cui fa
da soluzione nell’atto puro (sintesi). L'atto puro si fonda sull'opposizione
della «logica del pensiero pensante» e la «logica del pensiero pensato” – cfr.
implicans – implicatum. impiegatore – impiegante – impiegato --. La prima è una
dialettica materiale– implicans/impiegante --, la seconda una logica formale –
l’impiegato --.Gentile dedica la sua attenzione al tema della soggettività
dell'espressione nel vivere del spirito. Se da un lato l'espressione è il
prodotto di un sentimento soggettivo o una intenzione, dall'altro l’espressione
è un atto puro “sintetico” – “composito” -- non analitico – or divisso -- che
coglie tutti i momenti della vita dello spirito, acquistando dunque alcuni
caratteri del questo che Grice chiama il discorso razionale o la conversazione
come cooperazione razionale. Sviluppando fino in fondo la filosofia di
Spaventa, la filosofia dell’atto puro, per il quale la realtà esiste solo
nell'atto puro che pensa la realta.è stato interpretato come un idealismo
soggettivo (una forma di soggettivismo – o intersoggetivismo), sebbene Gentile
tende a respingere tale definizione, non essendo quell'atto preceduto né dal “soggetto”
né tantomeno dall'”oggetto” -- bensì coincidente con l'Idea stessa, e a differenza
di Fichte, in cui l'Infinito (come aveva già affermato Hegel) è un
"cattivo infinito" è in realtà immanente (non trascendente) all'esperienza,
proprio perché l’atto puro e creatore d una esperienza (datum). Gentile e un
ideologo del regime.La filosofia politica di Gentile è fortemente attivista e attualista (cioè
trasponte l'attualismo del atto puro nel campo veramente inter-soggetivo dello
scambio sociale.La politica coniughi «prassi e pensiero» (lo pratico e lo
speculative) che sia insieme «una azione a cui è immanente una ‘dottrina’
condivisa.’”Essendo insoddisfatto di fronte alla realtà, in Gentile troviamo il
primato del futuro, l’utopia, l’ideale regolativo. Ma, allo stesso tempo, un
recupero della concezione romantica illuminsita di una Ragione intesa come
Spirito universale che tutto pervade, avversa al materialismo e alla ragione
meramente strumentale mezzo-fine. In questo, l’analogia con Grice e obvia. Per
Gentile, ad esempio, il «modo generale di concepire la vita» proprio della sua
dottrina è di tipo «spiritualistico». La dottrina non è la sola qualificazione
politica che dà dello speculative.Gentile infatti e un ‘liberale’ -- nonostante
sembri respingere quasi in toto il ‘liberalismo ottocentesco’ ne La dottrina del
regime.Difatti la sua concezione politica riprende la concezione di Hege di un
stato etico o morale -- per cui ‘libero’ (free) non è primariamente l'individuo
o persona atomisticamente e materialisticamente inteso, ma soltanto lo stato stesso
nel suo processo storico. Un individuo e ‘libero’ se esplica la sua moralità nella
forma istituzionale di suo stato libero -- come chiarisce nella 'Enciclopedia
italiana. L'individuo esprime la sua libertà individuale personale solo
all'interno di un stato libero ("libertà nella legge" – lo giuridico
-- ), con ciò a dire in un contesto istituzionale organizzato (positivismo
kelseniano). Un esempio di questa concezione lo si può trovare nella destra
storica, la quale governa l'Unità d'Italia.Impone un governo autoritario (concezione
ereditata poi dalla sinistra storica di Crispi) che riusce a moderare
l'individualità dei singoli, quella che Gentile definisce come la spinta alla
disgregazione.Questo modello di governo forte è giusto (lo giuridico) in quanto,
per definizione, un stato libero e un stato etico, definito alla Mazzini come
"stato educatore". Se Gentile voglia uno stato totalitario vero e
proprio è questione invece incerta.Di certo nella sua fase prettamente del
regime, Gentile fa riferimento a un ‘stato totale", l'organismo che
accoglie tutto in sé.Con il regime si può avere vero "liberalismo" in
quanto riporta al valore primigenio del Risorgimento. Gentile dimostra un forte
approccio storicistico, secondo il quale il regime trade la sua legittimazione
dalla storia, sarebbe appunto una vera fase storica, non una mera mistica o
dottrina o ideologia. Il Risorgimento non e olo un'operazione politica, ma un
"atto di fede".Il campione di suddetto atto di fede e Mazzini:
anti-illuminista e romantico, anti-francese, spiritualista e nemico dei
principi materialistici. Lo stato giolittiano rappresenta invece un tradimento
dei valori risorgimentali.Per rompere questo “status quo” degenerativo del
processo italiano e necessario una rivoluzione. Porta un nuovo assetto, ma
anche statale, perché va a colmare una lacuna che vige nel sistema del stato. Insiste
molto sulla novità di questa rivoluzione. è un modo nuovo di concepire una nazione,
ha una consapevolezza mistica di ciò che sta compiendo. Un duce viene perciò
dipinto come un vero eroe idealistico. La missione della rivoluzione è quella
di creare l'Uomo nuovo: un uomo di fede, spirituale, anti-materialista, volto a
grandi imprese. Questo nuovo tipo di uomo e anti-tetico al carattere che Giolitti
tentò di imprimere a una nazione e che connota l'Italia come una nazione scettica,
mediocre e furbastra. In quanto ideologo, Gentile sostiene che la dottrina
revoluzionaria si deve istituzionalizzare: ciò avverrà nei fatti attraverso
l'istituzione del Gran Consiglio. La dottrina si deve inoltre far assorbire
dall'italianità (e non il contrario). Il fine è che nella società italiana non
vi siano più contra-dizioni, nessuna differenza tra cultura italiana e cultura
della dottrina. Bisogna arrivare ad una comunità omogenea e compatta anche in
ambito lavorativo. Attraverso
l'istituzione della cooperative e la corporazione,
la quale deve sanare la frattura sindacati-datori di lavoro tramite la
collaborazione o cooperazione di classe. Anche qua Gentile riprende le teorie di
Mazzini, oltre che il distributismo. Il corporativismo (di cui le estreme
realizzazioni saranno la democrazia organica e la “socializzazione” dell'economia,
progettate nella R. S. I.) permette di giungere ad uno stato di fatto in cui i
problemi economici si risolveranno all'interno della corporazione stessa, senza
provocare fratture all'interno della società, ed evitando una lotta di classe
(classe bassa, casse media, classe alta) grazie alla “terza via” della
dottrina. Gentile sostenne, opponendosi all'ala estrema e intransigente l'idea
una riconciliazione, la più ampia possibile, di tutti gli italiani.Pur
riconoscendosi nella R. S. I., invita pubblicamente il “popolo sano” ad
ascoltare “la voce della Patria”, esortandolo alla pacificazione e ad evitare
una “lotta fratricida", di cui comunque non vedrà la fine. Il gentilismo
fu una delle cinque correnti culturali del regime, assieme alla sinistra
"rivoluzionario" di Malaparte, Maccari, Bottai, e Marinetti; la
dottrina clericale; la mistica di Giani, Arnaldo, e Mussolini; e il neo-ghibellinismo
pagano di Evola. Per l'idealista Gentile, a differenza di Croce, che ritene il
Marxismo solo "passione politica", causata da uno sdegno morale a
causa delle ingiustizie sociali, il marxismo è una filosofia della storia
derivata da Hegel. Gentile afferma infatti che la concezione materialistica
della storia è costruita da Marx sostituendo la Materia -- la struttura
economica -- allo Spirito. Per Hegel lo Spirito è l'essenza di tutta la realtà,
che comprende la materia (all'interno della Filosofia della natura), come
momento del suo sviluppo.Secondo Marx invece, avendo scambiato il relativo con
l'assoluto, si finisce con l'attribuire a un mero momento (la materia, cioè, il
fatto economico) la funzione dell'Assoluto che per Hegel si sviluppa
dialetticamente ed è determinato a priori rendendo così determinato a priori
l'empirico: la struttura economica. Nonostante che la filosofia della storia
marxiana sia pertanto una errata filosofia della storia hegeliana
"rovesciata", però la filosofia di Marx possiede ugualmente un
pregio: è una "filosofia della prassi". Nelle Tesi su Feuerbach, che
Gentile cura, il "Moro" infatti critica il materialismo volgare.Questo
concepisce metafisicamente l'oggetto come dato e il soggetto come mero
ricettore dell'essenza-oggetto. Nonostante ciò, secondo Gentile, Marx, attribuisce
alla “prassi”, considerata come attività sensibile umana, la funzione di far
derivare a torto il pensiero medesimo.I filosofo di Treviri infatti considera
il pensiero una forma derivata dell'attività sensitiva e non un atto che ponga
l'oggetto. Gentile sostiene invece (contro Marx e il Marxismo) come sia l'atto
del pensiero ,come atto puro a porre l'oggetto, e quindi, in ultima istanza, a
crearlo.Gentile riflette a lungo sulla funzione pedagogica e unisce la
pedagogia con la filosofia, avviando una rifondazione in senso idealistico
della prima, negandone i nessi con la psicologia e con l'etica. L'educazione
deve essere intesa come un attuarsi, uno svolgersi dello spirito stesso che
realizza così la propria autonomia. L'insegnamento è spirito in atto, di cui
non si possono fissare le fasi o prescrivere il metodo.Il metodo è il maestro o
tutore, il quale non deve attenersi ad alcuna didattica programmata ma
affrontare questo compito sulla scorta delle proprie risorse interiori.
Programmare la didattica sarebbe come cristallizzare il fuoco creatore e
diveniente dello spirito che è alla base dell'educazione. Al maestro o tutore è
richiesta una vasta cultura e null'altro.Il metodo verrà da sé, perché il
metodo risiede nella Cultura stessa che si forma continuamente da sé nel suo
processo infinito di creazione e ri-creazione.Il dualismo scolaro-maestro (tutore/tutee)
deve risolversi in unità – il dialogo socratico -- attraverso la comune
partecipazione alla vita dello spirito che tramite la cultura muove l'educatore
(tutore) verso l'educando (tutee – Gentile qui usa una forma romana, ‘educando’
– cfr. ‘implicandum’ -- e lo riassorbe nell'universalità dell'atto spirituale.
«Il maestro è il sacerdote, l'interprete, il ministro dell'essere divino, dello
spirito». Il maestro incarna lo spirito stesso, l'allievo (l’educando, il
tutee, lo scolareo) deve allora entrare in sintonia nell'ascolto col maestro,
proprio per partecipare anche lui dell'attuarsi dello spirito, per farsi libero
ed autonomo, e in questa relazione arriva ad auto-educarsi (auto-diddatica),
facendo del tutto propri i grandi contenuti presentati.Questi concetti ispirano
la riforma scolastica attuata da Gentile in veste di ministro della Pubblica
istruzione, anche se solo una parte furono applicati secondo i suoi desideri.
Altri principi della filosofia di Gentile presenti nella riforma scolastica
sono in particolare la concezione della scuola come membro fondamentale dello stato
(viene infatti istituito un esame di stato che sancisce la fine di ogni ciclo
scolastico, anche se gli studi sono effettuati in un istituto privato) e il
predominio delle discipline del gruppo umanistico-filologico.Gentile fu
ministro della pubblica istruzione e mise in atto la sua riforma scolastica, e
definita da Mussolini "la più riformante delle riforme", in
sostituzione della vecchia legge Casati. Essa era fortemente meritocratica e
censitaria; dal punto di vista strutturale Gentile individua l'organizzazione
della scuola secondo un ordinamento gerarchico e centralistico. Una scuola di
tipo piramidale, cioè pensata e dedicata ai migliori e rigidamente suddivisa a
livello secondario in un ramo classico-umanistico per i dirigenti e in un ramo ‘professionale’
per il popolo. I gradi più elevati erano riservati agli alunni più meritevoli,
o comunque a quelli appartenenti ai ceti più abbienti. Furono istituite borse
di studio perché gli studenti dotati di famiglia povera potessero proseguire
gli studi (cf. Grice, a “Midlands scholarship boy bound to Corpus!”). La logica
e messa in secondo piano, poiché e una materia priva di valore universale, che ha la sua importanza
solo a livello ‘professionale’.Difatti Giovanni Gentile, a differenza di Croce
che sosteneva l'assoluta preponderanza sociale delle materie classiche sulla
scienza, pur criticando gli eccessi del positivismo e considerando anch'egli le
materie letterarie come superiori, intrattenne anche rapporti, improntati al
dialogo, con matematici e fisici italiani (come Majorana, collaboratore di
Enrico Fermi nel gruppo dei "ragazzi di via Panisperna", che divenne
anche amico del figlio Giovanni Gentile jr., coetaneo del Majorana) e cercò di
instaurare un confronto costruttivo con il scientism.L'”obbligo” scolastico fu
innalzato a 14 anni e fu istituita la scuola elementare da sei ai dieci anni.
L'allievo che termina la scuola elementare ha la possibilità di scegliere tra
il ginnasio/liceo classico e la scuola scientifica oppure un istituto tecnico.Solo
il ginnasio-liceo permette l'accesso alla faculta di filosofia nella universita
di Bologna.In questo modo però viene mantenuta una profonda divisione tra classi
– l’elite, la classe alta, la classe media, e la classe basssa (questo vincolo
fu rimosso completamente). Ciò anda incontro alla visione patriarcale del Duce.Anche
Gentile nel complesso mostrò posizioni poco ricettive verso il femminismo
("il femminismo è morto" dirà), sebbene più sfumate, sostenendo che i
licei dovessero formare i "futuri capi" guerrieri.Nel triennio
dell'istruzione classica viene poi introdotta, in sostituzione, la filosofia,
adatta alla elite o classe dominanti e alla futura classe dirigente, ma non al
popolo minuto. Gentile è un filosofo della secolarizzazione e della risoluzione
della trascendenza in prassi in ciò accomunato a Marx -, determinante
addirittura per lo stesso comunismo italiano attraverso la ripresa che ne fece Gramsci.
Da sottolineare che già sulla rivista L'Ordine Nuovo, Gobetti nota sche Gentile
«format la cultura filosofica italiana.”. Di tutt'altro avviso Sasso, secondo
il quale a dover essere rivalutata non è affatto la disastrosa prassi politica
di Gentile, la cui «passionale» adesione alla dottrina «fu filosofica, forse, a
parole ma nelle cose no». Ciò che merita ancora di essere studiato, sostiene
Sasso, è invece «la filosofia dell'atto in atto», e tra essa «e la dottrina non
c'è, né ci può essere, alcun nesso». La filosofia di Gentile e la «fascistizzazione
dell'attualismo» e pertanto una «deformazione dell'idealismo”. Al di là della
sua appartenenza politica, si attribuisce comunque a Gentile un notevole spessore
filosofico. Gentile fu fascista e pagò con la vita la sua fedeltà alla dottrina.
Ma fu anche profondo pensatore. Lo riconobbero, nel primo dopoguerra, persino
Gramsci e Togliatti. Per approfondire gli studi sull'opera di Gentile e create
l' “Istituto di studi gentiliani” e la "Fondazione Giovanni Gentile"
a Roma. La filosofia gentiliana è stimata anche dal Severino, che ravvisandovi
una condivisione del sostrato filosofico tecno-scientifico del nostro tempo la
considera uno dei tratti più decisivi della cultura mondiale. Gentile e
certamente un romantico, forse l'ultima più vigorosa figura del Romanticismo europeo.Gli
venne dedicato un francobollo delle Poste italiane, unico tra le personalità di
primo piano del regime ad avere questa celebrazione da parte della Repubblica
Italiana. L'assassinio di Gentile fu una carognata ingiusta e vigliacca.
Gentile non era fascista. Che gli antifascisti furono dei acasotto perché uccisero
un grande e inerme filosofo mentre non ebbero il coraggio di sminare i ponti di
Firenze che i tedeschi avevano minato.Cavaliere di gran croce insignito del
gran cordone dell'ordine dei Santi Maurizio e Lazzaronastrino per uniforme
ordinaria Cavaliere di gran croce insignito del gran cordone dell'ordine dei
Santi Maurizio e Lazzaro, Cavaliere di gran croce insignito del gran cordone
dell'ordine della Corona d'Italianastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di
gran croce insignito del gran cordone dell'ordine della Corona d'Italia, Cavaliere
di II classe dell'Ordine dell'Aquila Tedesca (Germania nazista)nastrino per
uniforme ordinaria Cavaliere di II classe dell'Ordine dell'Aquila Tedesca
(Germania). “L'atto del pensare come atto puro; La riforma della dialettica hegeliana”
(Firenze, Sansoni); La filosofia della guerra; Teoria generale dello spirito
come atto puro, Firenze, Sansoni); I fondamenti della filosofia del diritto; “Sistema
di logica come teoria del conoscere; Guerra e fede (raccolta di articoli
scritti durante la guerra) Dopo la vittoria (raccolta di articoli scritti
durante la guerra) Discorsi di religione; Il modernismo e i rapporti tra
religione e filosofia; Frammenti di storia della filosofia”; “La filosofia
dell'arte”; “Introduzione alla filosofia”; “Genesi e struttura della società” “L'attualismo
V. Cicero e con introduzione di E. Severino, Bompiani, Milano Di carattere storiografico Delle commedie di Antonfrancesco
Grazzini detto il Lasca”; “Rosmini e Gioberti”; “Marx”; “Dal Genovesi al
Galluppi”; “Telesio; “Studi vichiani” “Le origini della filosofia contemporanea
in Italia”; “Il tramonto della cultura siciliana; Giordano Bruno e il pensiero
del Rinascimento; Frammenti di estetica e letteratura; La cultura piemontese; Gino
Capponi e la cultura toscana del secolo XIX; Studi sul Rinascimento; I profeti
del Risorgimento italiano: Mazzini e Gioberti; Bertrando Spaventa; Manzoni e
Leopardi; Economia ed etica; Giovanni Gentile un filosofo scomodo; L'insegnamento
della filosofia nei licei; Scuola e filosofia; Sommario di pedagogia come scienza
filosofica” “I problemi della scolastica e il pensiero italiano; Il problema scolastico
del dopoguerra; La riforma dell'educazione, Bari, Laterza); Educazione e scuola
laica; La nuova scuola media; La riforma della scuola in Italia; “Manifesto
degli intellettuali”; Che cos'è la cultura? Origini e dottrina”; “La mia
religione”; “Discorso agli Italiani”; “Essenza” la prima parte si trova nella
Civiltà Fascista, Torino U.T.E.T.: la prima e la seconda si trovano in
l’Essenza del Fascismo, Libreria del Littorio, Roma; un'altra opera in cui si
trova questo testo è in Origini e dottrina del fascismo, istituto nazionale
fascista di cultura, Roma; altro testo in cui si trova si intitola Lo stato
etico corporativo). La filosofia del fascismo (Origini e dottrina del fascismo;
si trova in Politica e Cultura, oppure lo si può trovare le libro intitolato
L’Identità” un altro libro in cui si trova si chiama, Italia d’oggi, edizioni
de Il libro italiano del mondo, Roma); Che cosa è il fascismo-discorsi e
polemiche (Firenze, Vallecchi). Fascismo al governo della scuola; Giovanni
Gentile Scritti per il Corriere. Note Vi
è chi attribuisce al neoidealismo di Gentile e Croce il motivo che avrebbe
posto l'istruzione scientifica in un ruolo subordinato rispetto a quella filosofico
letteraria ( L'Italia della scienza negata, in Il Sole; altri invece respingono
questa interpretazione, ricordando che durante l'egemonia gentiliana nacquero
numerosi enti scientifici ( Croce e Gentile amici della scienza, in Corriere
della Sera. 10 giugno .). Cit. di Geno
Pampaloni tratta da Nicola Abbagnano, Ricordi di un filosofo, Marcello
Staglieno, Milano, Rizzoli. Manifesto cit. in Eugenio Di Rienzo, Storia
d'Italia e identità nazionale. Dalla Grande Guerra alla Repubblica, Firenze, Le
Lettere, Cfr. Vito de Luca, Un consigliere comunale di nome Giovanni Gentile.
Attività amministrativa a Roma e linguaggio politico, "Nuova Storia
contemporanea", Dello stesso autore,cfr. "Giovanni Gentile. Al di là
di destra e sinistra. Il linguaggio politico del filosofo, dell'assessore e del
ministro", Chieti, Solfanelli, ,Scheda senatore GENTILE Giovanni
Paolo Simoncelli41. Amedeo Benedetti, "L'Enciclopedia Italiana
Treccani e la sua biblioteca", Biblioteche Oggi, Milano, Testo qui Ripubblicato nel 1991 come Giordano Bruno e
il pensiero del Rinascimento, ed. Le Lettere, collana La nuova meridiana. S.
saggi cult. cont. Giordano Bruno. LE
VICENDE DELLA STATUA «De Vecchi, Cesare
Maria», Treccani Paolo Simoncelli207.
La scelta di campo, Marco Bertoncini, Giovanni Gentile, la razza e le
bufale, l'Opinione, 30 marzo Paolo
Mieli, Gentile criticò in pubblico l'antisemitismo del regime. Uno sforzo
vano Paolo Simoncelli43. Paolo Simoncelli40. Paolo Simoncelli34. Francesco Perfetti, Assassinio di un
filosofo; "Giovanni Gentile" di Gabriele Turi; Giovanni Gentile in
“Il Contributo italiano alla storia del PensieroFilosofia”Treccani Francesco Perfetti, Assassinio di un
filosofo23. Francesco Perfetti,
Assassinio di un filosofo24. Francesco Perfetti, Assassinio di un
filosofo, Luciano Canfora, La sentenza. Concetto Marchesi e Giovanni Gentile,
Palermo, Sellerio, Francesco Perfetti, Assassinio di un filosofo26. Vittorio Vettori, Giovanni Gentile, Editrice
Italiana, Roma, Simonetta Fiori, dirigere la casa editrice Sansoni esecondo la
testimonianza dell'ex interermania.html Io, italiano prigioniero in Germania,
in La Repubblica, Antonio Carioti, Quando Gentile s'inchinò a Hitler per
salvare il figlio, in Corriere della Sera, Renzo Baschera, "Chiese la
grazia per molti partigiani ma non riuscì a salvarsi", "Historia",
Raffaello Uboldi, Vigliacchi perché li uccidete?, Storia Illustrata; Arnoldo
Mondadori Editore, Milano56: "Gentile, sdegnato, ha minacciato di
denunciarlo a Mussolini" Elio Chianesi,
La Benvenuti non volle mai raccontare i precisi particolari, dal suo punto di
vista: «Questa è una cosa che non dirò mai. Perché potrei fare rovesciare tutte
le cose. Perché non è come è stato detto. Come è andata l’azione dei Gap io non
lo voglio dire. Me l’hanno chiesto in tanti ma non l’ho rivelato mai a
nessuno». Vedi un intervento della Benvenuti anche in M. C. Carratù (). Paolo Paoletti, "Il Delitto
Gentile" esecutori e mandanti, Ed. Le Lettere, L'omicidio raccontato da
Giuseppe Martini "Paolo" uno dei due esecutori
materiali"...Sicuramente (Fanciullacci l'altro esecutore) gli chiese se
era il professore e subito dopo gli sparammo insieme dalla stessa parte, non
attraverso i due finestrini posteriori..."
Resistenza: "Angela", la ragazza col fiore rosso Antonio Carioti, Sanguinetti venne a dirmi
che Gentile doveva morire, in Corriere della Sera, «Per fare in modo che i gappisti incaricati
dell'agguato potessero riconoscerlo, alcuni giorni prima li accompagnai presso
l'Accademia d'Italia della Rsi, che lui dirigeva. Mentre usciva lo indicai ai
partigiani, poi lui mi scorse e mi salutò. Provai un terribile imbarazzo.»
(Teresa Mattei) Luciano Canfora,
"Giovanni Gentile nella RSI" in La Repubblica Sociale Italiana Poggio,
Annali della Fondazione Luigi Micheletti, Brescia, Antonio Carioti, Sanguinetti
venne a dirmi che Gentile doveva morire, sul Corriere della Sera,: "L'omicidio
di Gentile, anziano e inerme, suscitò una forte impressione e fu disapprovato
dal CLN toscano, con l'astensione dei comunisti. Tristano Codignola, esponente
del Partito d'Azione, scrisse un articolo per dissociarsi." Maria Cristina Carratù, E dopo 70 anni nuovi
scenari dietro l'esecuzione di Giovanni Gentile, La Repubblica, 24 aprile Renzo Baschera, "Chiese la grazia per
molti partigiani ma non riuscì a salvarsi", articolo su "Historia",
Ecco le carte che assolvono l'archeologo
Romano302. Gabriele Turi, "Giovanni
Gentile" Così Gaetano Gentile ricordò il suo intervento presso la
prefettura: «Quella sera stessa, per desiderio di mia Madre, io mi recai dal
capo della Provincia e gli parlai della voce [di rappresaglie] diffusasi in
città, esprimendogli la ferma e calda preghiera di mia Madre che quel
proposito, se effettivamente esisteva, venisse abbandonato e anzi gli arrestati
rilasciati. Dissi anche, naturalmente, come a me sembrasse in fondo superfluo
dover esprimere tale preghiera proprio in quella stanza in cui ancora quella
mattina la voce di mio Padre si era levata a deplorare la tragica inutilità di
un metodo, dal quale non poteva seguire che il ripetersi indefinito di una
crudele successione di attentati e rappresaglie. Era ovvio poi che,
indipendentemente dalla eventuale giustificazione politica o militare di atti
simili, nulla del genere poteva aver luogo in occasione della morte di mio
Padre, alla quale si doveva da parte del Governo e delle autorità fiorentine
questo gesto di rispetto delle sue convinzioni e del suo costante
atteggiamento». Firenze: due
consiglieri, via tomba Giovanni Gentile da Santa Croce, su liberoquotidiano. 15
novembre 16 novembre ). «Attualismo», Enciclopedia Treccani
Diego Fusaro , Giovanni Gentile Sull'importanza
della riforma della dialettica idealista di matrice hegeliana in Gentile, si
veda quest'intervista a Gennaro Sasso. L'intervista è compresa
nell'Enciclopedia Multimediale delle Scienza Filosofiche. Bruno Minozzi, Saggio di una teoria
dell'essere come presenza pura, Il Mulino, Gentile quindi contestava a Fichte
la trascendenza dell'Io assoluto rispetto al non-io, e di restare così in un
dualismo,che non viene mai superato dall'attualità del pensiero, ma solo da un
agire pratico dilatato all'infinito ("cattivo infinito"), fermo alla
contrapposizione fra teoria e prassi, per la quale Fichte «s'irretisce in un
idealismo soggettivo in cui invano l'Io si sforza di uscire da sé» (Discorsi di
religione, Firenze, Sansoni). Giovanni Gentile, Benito Mussolini, La
dottrina del fascismo. Nicola Abbagnano,
Ricordi di un filosofo, Marcello Staglieno, Nella Napoli nobilissima, Milano,
Rizzoli, Vito de Luca, Giovanni Gentile e il liberalismo, Mussolini, Gioacchino
Volpe, Giovanni Gentile, Fascismo, Enciclopedia Italiana. Augusto Del
Noce, L'idea del Risorgimento come categoria filosofica in Giovanni Gentile, in
"Giornale Critico della Filosofia Italiana", G. Belardelli, Il
fascismo e Giuseppe Mazzini Giovanni Gentile, Manifesto degli
intellettuali fascisti Giovanni Gentile,
"Ricostruire" in Corriere della Sera, Cfr. Libertà e liberalismo
("Conferenza tenuta all'Università di
Bologna"), in Scritti Politici, tratti da Politica e Cultura H.A.
Cavallera, Firenze, Le Lettere, Il pensiero pedagogico di Giovanni Gentile
La riforma Gentile, su pbmstoria. Si veda anche ne Il fascismo al governo della
scuola, in Annali, Milano, Istituto Giangiacomo Feltrinelli, «[Boffi:] Qual è il criterio su cui si è
fondata Vostra Eccellenza nella limitazione delle iscrizioni? — Gentile: Questa
limitazione non c'è nella scuola complementare come non ci sarà nella scuola
d'arte e nelle scuole professionali; essa è propria delle scuole di cultura e
risponde alla necessità di mantenere alto il livello di dette scuole
chiudendole ai deboli e agli incapaci; dipende anche dalla riduzione del numero
degli scolari nelle singole classi fatta per evidenti ragioni didattiche,
quelle stesse che hanno consigliato l'abolizione delle classi aggiunte; ma
soprattutto dalla necessità di consigliare agli italiani un diverso indirizzo
nella loro attività. Noi abbiamo troppi ed inutili, quando non son
valenti, professionisti, ed abbiamo invece molto bisogno di industriali, di
commercianti, di artieri, di minuti professionisti, che portino nella esplicazione
delle loro arti e dei loro mestieri quello spirito fine della Nazione che
finora li ha spinti a disertare le scuole industriali, commerciali e
professionali per seguire la scuola umanistica.» ( R.Sandron, Il fascismo
al governo della scuola, iscorsi e interviste, Ferruccio E. Boffi, Giuseppe
Spadafora, Giovanni Gentile: la pedagogia, la scuola: atti del Convegno di
pedagogia e altri studi, Armando Editore, 1997261. Enrico Galavotti, La filosofia italiana e il
neoidealismo di Croce e Gentile, Homolaicus.
Il mistero di Ettore Majorana Eleonora Guglielman, Dalla scuola
per signorine alla scuola delle padrone: il Liceo femminile della riforma
Gentile e i suoi precedenti storici, in Da un secolo all'altro. Contributi per
una "storia dell'insegnamento della storia" (M. Guspini), Roma,
Anicia, Una parte del lavoro è stata in precedenza pubblicata, con alcune
varianti, sulla rivista "Scuola e Città" con il titolo Il liceo
femminile Manacorda D'Amico, Katia Romagnoli , Donne, la Resistenza
"taciuta". L'esclusione delle donne nella società fascista G. Gentile, La donna nella coscienza moderna,
in La donna e il fanciullo. Due conferenze, Firenze, Sansoni, De Grazia, Le
donne nel regime fascista, G.
Ricuperati, La scuola italiana e il fascismo, Bologna, Consorzio Provinciale
Pubblica Lettura, De Grazia, Le donne nel regime Giovanni Gentile, La riforma
della scuola in Italia, Milano citata in: Manacorda Le omissioni, qui tra
parentesi tonde, sono nel testo di Manacorda. Noce, Gentile. Per una
interpretazione filosofica della storia contemporanea, Bologna, il Mulino, Giovanni Bedeschi, Il ritorno del maestro, sta
in Il Sole 24 ore Domenica, 1Gennaro Sasso, Le due Italie di Giovanni Gentile,
Bologna, il Mulino, Martin Beckstein,
Giovanni Gentile und die 'Faschistisierung' des Aktualismus. Zur Deformation
einer idealistischen Philosophie, in «Acta Universitatis Reginaehradecensis, Humanistica
I» Filosofia: A Firenze Convegno Studi Gentiliani Fondazione Gentile | Dipartimento di
Filosofia | SapienzaRoma Liberiamo la filosofia di Giovanni Gentile dalla
faziosità del '900 Emanuele Severino:
Ecco perché la giovane Italia sta andando in malora, da Il Fatto
Quotidiano È Gentile il profeta della civiltà
tecnica. «I nemici di Giovanni Gentile»,
puntata de Il tempo e la storia, documentario Rai Emanuele Severino, dalla quarta di copertina
de L'attualismo, Milano, Giunti, Nicola
Abbagnano, Ricordi di un filosofo, Nella Napoli nobilissima, Milano, Rizzoli,
"La partigiana Fallaci fa a pezzi l'antifascismo", pubblicato da Il Giornale.
Monografie principali Armando Carlini, Studi gentiliani, VIII di Giovanni Gentile, la vita e il
pensiero a cura della Fondazione Giovanni Gentile per gli Studi filosofici,
Firenze, Sansoni, Aldo Lo Schiavo, Introduzione a Gentile, Bari, Laterza, Sergio
Romano, Giovanni Gentile. La filosofia al potere, Milano, Bompiani, Luciano
Canfora, La sentenza. Concetto Marchesi e Giovanni Gentile, Palermo, Sellerio,Augusto
del Noce, Giovanni Gentile. Per una interpretazione transpolitica della storia
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Quaderni Leif, Antonio Giovanni Pesce, L'interiorità intersoggettiva
dell'attualismo. Il personalismo di Giovanni Gentile, Roma, Aracne, . Antonio
Giovanni Pesce, La filosofia della nuova Italia. Il progetto etico-politico del
giovane Gentile, Viagrande, Algra, . Vincenzo Pirro, Regnum hominisl'umanesimo
di Giovanni Gentile, Roma, Nuova Cultura,
Vincenzo Pirro, Dopo Gentile dove va la scuola italiana, Firenze, Le
Lettere Vincenzo Pirro, Filosofia e
Politica in Giovanni Gentile, Roma, Aracne, . Rossana Adele Rossi, La presenza
e l'ombra. La pedagogia del giovane Gentile, Roma, Anicia, Giovanni Rota,
Intellettuali, dittatura, razzismo di Stato, Milano, Franco Angeli, 2008 Primo
Siena, Gentile. la critica alla democrazia, Volpe editore, 1966 Primo Siena,
Giovanni Gentile. Un italiano nelle intemperie, Solfanelli, Michele Tringali, L'attualismo è sempre
attuale. Saggio su Giovanni Gentile nel 130° della nascita, Vittorio Vettori,
Giovanni Gentile, Roma, Editrice Italiana, Marcello Veneziani , Giovanni
GentilePensare l'Italia, Le Lettere, Firenze,
Attualismo (filosofia) Fascismo Idealismo italiano Manifesto degli
intellettuali fascisti Riforma Gentile Uccisione di Giovanni Gentile Ugo
Spirito, TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Giovanni Gentile, in
Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Giovanni Gentile, in Dizionario di storia,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Giovanni Gentile, su Enciclopedia
Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
Giovanni Gentile, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Giovanni
Gentile, su accademicidellacrusca.org, Accademia della Crusca. HGiovanni
Gentile. Keywords: Reale Accademia d’Italia -- Refs.: Luigi Speranza,
The Swimming-Pool Library, Villa Grice – Luigi Speranza, “Grice e Gentile:
implicatura conversazionale” -- Conversation and inter-subjectivity. – The
Swimming-Pool Library, Villa Speranza.
Gentile (Trieste). Filosofo. Grice: “I love Gentile; like me, he is
interested in Aristotle’s immotum motor, and the idea of number in Plato – but
he extends his views to all the rest of philosophy of language; if Vitters
wrote a ‘trattato,’ so did Gentile!” – Si laurea a Pisa sotto Carlini. Insegna
a Mantova, Vigevano, Padova e Trieste. Fonda il Bollettino filosofico. Considerato
il fondatore della "scuola padovana" di metafisica neo-aristotelica. Altre opera: “La dottrina platonica delle
idee numeri e Aristotele” (Pisa : Tip. Pacini-Mariotti); “I fondamenti
metafisici della morale di Seneca” (Milano : Vita e pensiero); “La metafisica
presofistica; con un'appendice su Il valore classico della metafisica antica,
Padova : CEDAM); “La politica di Platone, Padova : CEDAM); Institutio : sommario
storico di filosofia dell'educazione, Verona : La Scaligera); “Umanesimo e
tecnica, Verona : Arti grafiche Chiamenti); “Bacone, Brescia : La Scuola); “Didattica
: testo ad uso degli istituti magistrali e dei giovani maestri, Milano :
Marzorati); “Filosofia e umanesimo, Brescia : La scuola); “Il problema della
filosofia moderna, Brescia : La scuola); “Come si pone il problema metafisico,
Padova : Liviana); I grandi moralisti, Torino : Edizioni Radio Italiana); “La
riforma silenziosa della scuola : il completamento dell'istruzione primaria ma
inferiore, Bologna : G. Malipiero); “Se e come è possibile la storia della filosofia,
Padova : Liviana); “Storia della filosofia ( I : Periodo antico e
medioevale; II : Dal Rinascimento fino a
Kant; III : La filosofia contemporanea),
Padova : RADAR); Saggi di una nuova storia della filosofia, Padova : CEDAM); Breve
trattato di filosofia, Padova : CEDAM). Dizionario biografico degli italiani. Marino
Gentile. Gentile. Keywords: storia della filosofia period antico – filosofia
romana -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gentile” – The Swimming-Pool Library.
Gentili (Valnontone). Filosofo. Grice: “I love Gentile, and Austin and
Ryle do too – he is a classicist – from central Italy therefore he FEELS Roman
– he has explored the beginnings of philosophical thinking in Lazio, as opposed
to the old schools of Velia, Crotone, and Agrigento --.” Si laurea a Roma sotto Mercati e Perrotta. Isegna a Urbino.
Fonda Il Centro di studi sulla metrica latina. Figlio di Attilio e Giuseppina
Cicciarelli. Frequent il Liceo Classico "Ovidio" di Sulmona. Studia a
Roma sotto Romagnoli, laureandosi sotto Mercati con “Un Studio critico intorno
alla storia di Agatia e alla sua tradizione manoscritta”. Insegna a Roma, al Liceo
Classico "Virgilio" di Roma. Quando Perrotta si avvicendò a
Romagnoli a Roma, Gentili ne fu subito conquistato e Perrotta
lo volle come assistente. Dal
suo maestro Gentili apprese l'arte della filologia e la passione per la metrica
latina (“Metrica e ritmica”). Influenza significativamente gli allora giovani
della filologica latina capitolina, tra cui Rossi e Privitera che ricorda come
quelle "lezioni non avevano il tono pacato delle lezioni ex cathedra. Come
docente, Gentili era bifronte. Si può, anzi, dire che bifronte fosse sempre;
secondo i casi poteva essere flessibile o intransigente, giocoso o severo"
. Le sue erano esercitazioni, erano seminari. Bbasava l'insegnamento sulle sue
ricerche. Gli anni '50 non sono facili,
sono anni di studio intensi e febbrili per lo studioso che culmineranno,
insieme ai volumi sulla metrica, con una serie di lavori sui lirici: oltre alla
già ricordata antologia Polinnia, il saggio Bacchilide. Studi e l'edizione di
Ancreonte, Insegna a Lecce dove ebbe modo di frequentare Prato insieme al quale
divenne coautore della teubneriana edizione dei Poetae elegiaci.La svolta
decisiva, tuttavia, fu rappresentata dalla chiamata a Urbino dove nello stesso
anno venne inaugurata la Facoltà di Lettere grazie all'impegno di Bo. Cura la
Medea di Seneca (Istituto Nazionale del Dramma Antico, Mazara del Vallo). Altre
opere: “Lo spettacolo nel mondo antico, Roma, Bulzoni); “Storia e biografia nel
pensiero antico” Bari-Roma, Laterza. Cfr. Bruno Gentili, Eric R. Dodds
mentitore? “La idea della comunicazione nella tradizione classica"
Treccani. Bruno Gentili. Gentili. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Gentili” – The Swimming-Pool Library.
Gerratana (Scicli). Filosofo. Grice: “I like
Gerratana; for one, he translated Rousseau, and I have been called a
contractualist, if not like Grice [G. R. Grice].” Grice: “Gerratana carefully
edited Pintor’s oeuvre.” – Grice: “I like Gerratana; they – Italian
philosophers, generally -- philosophise on the working people – operaio --; at
Oxford we usually do not!” Partecipa alla resistenza a Roma, nelle file dei
GAP, legandosi a Salinari e Pintor, conosciuto al corso allievi ufficiali di
Salerno, e ricordato in “Sangue d'Europa.” Prende parte alla ricostruzione del
PCI romano e si laurea a Roma. Insegna a Salerno e Siena. Studioso sobrio e
rigoroso del marxismo, cura Labriola e Gramsci. La sua edizione, con
un'accurata ricostruzione cronologica, archiviò definitivamente l'edizione
tematica. Gerratana mette in luce lo stile "frammentario" e
"antidogmatico" di Gramsci. Altre opera: “L'eresia di Rousseau, Roma,
Editori Riuniti), Il marxismo, Roma, Editori Riuniti); “Labriola di fronte al
socialismo giuridico, Milano, Giuffrè editore); “Gramsci. Problemi di metodo,
Roma, Editori Riuniti); “Quaderni dal carcere. Treccani L'Enciclopedia
italiana". Biografia di Gerratana nel sito dell'ANPI Associazione
Nazionale Partigiani d'Italia. Valentino Gerratana. Gerratana. Keywords. Rousseu,
Grice on social justice, Gramsci, Labriola, Grice’s ontological Marxism, eresia
di roussea, labriola a fronte del socialismo, il metodo di gramsci – gappismo –
G. A. P. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gerratana” – The Swimming-Pool
Library.
Geymonat (Torino). Filosofo. Grice: “I like Geymonat – he calls himself a
neo-rationalist, like Canova – whereas I go for the real thing! Plato!” –
Grice: “Geymonat has explored the origin of infinity in the triangle of
Tartaglia.” – Grice: “Geymonat has explored what he calls ‘the images of man’ –
Grice: “Geymonat has a curious essay on darkness (‘tenebre’) – and a longer
essay on ‘reason.’ – Grice: “Like me, Geymonat has explored the philosophy of
probability – from Latin ‘probare’ – and he was an anti-fascista1” –Figlio di Giovanni
Battista, un geometra liberale di origini valdesi, e da Teresa Scarfiotti.
Frequenta la scuola privata del Divin Cuore e poi l'Istituto Sociale, un liceo
classico torinese gestito dai gesuiti, dal quale fu espulso l'ultimo anno di
corso a causa di un tema su Giovanna d'Arco non in linea con l'ortodossia e
così conseguì la maturità nel Liceo classico Cavour. Si laurea a Torino
con “Il problema della conoscenza nel positivism” sotto Pastore e sotto Fubini
lcon “Sul teorema di Picard per le funzioni trascendenti intere”. La sua scelta
di unire, nella sua ricerca, filosofia e logica, tenute separate in Italia
dall'imperante cultura idealistica del tempo, quella gentiliana che, con la sua
riforma della scuola, privilegia la cultura umanistica, e quella crociana, con
la sua concezione svalutativa della scienza, creatrice, ad avviso del filosofo
abruzzese, di un “pseudo-concetto”, mostra l'apertura europea delle prospettive
di ricerca intravista allora da Geymonat e la sua estraneità al provincialismo
culturale italiano. Un rifiuto che egli estese anche alla politica del regime
allora dominante. Assistente di Analisi algebrica nell'Torino ma avversario del
fascismo, rifiutò l'iscrizione al partito fascistacio è di prendere la
cosiddetta tessera del pane vedendosi così preclusa la possibilità di una carrier
statale. Si avvicinò altresì a Martinetti, non tanto per comunanza di
prospettive filosofiche quanto per averlo riconosciuto un esempio di impegno
civile e morale, essendo stato tra i pochissimi filosofi a rifiutare il
giuramento di fedeltà al Fascismo. Come Ayer. Anda in Vienna per approfondire
la dottrina del Circolo di Schlick, e
pubblica “La filosofia della natura”
e “Nuovi indirizzi della filosofia.” e iscritto clandestinamente al
Partito comunista, si guadagna da vivere insegnando matematica nella scuola
privata «Giacomo Leopardi» di Torino, dove Pavese insegna italiano. Con il nome
di battaglia Luca fu partigiano in Piemonte nella 105ª Brigata Carlo Pisacane
e, dopo la Liberazione, assessore comunista al Comune di Torino, quando, vinto
il concorso a cattedra, e nominato professore a Cagliari. Insegna a Pavia e
Milano. Fonda il Centro di studi metodologici a Torino. Ebbe uno stile di
pensiero razionalista ateo. La sua filosofia può essere inquadrata nel filone
del neopositivismo (ebbe diversi contatti con il Circolo di Vienna), da lui ri-elaborato
nell'ottica del marxismo! Nell'evoluzione della sua filosofia, si possono
tracciare due fasi. Nella prima fase, approfondisce temi tipici del
positivismo. Nella seconda fase, si sforza di analizzare la realtà oggettiva ed
a questo scopo utilizza concetti caratteristici del materialismo
dialettico. Interpreta la concezione della matematica di Galilei come un strumento
d'interpretazione della realtà. Approfondisce alcuni temi teorici come quello
della causalità, il fondamento della probabilità, il continuo, l’intuizione,
centrali nell'epistemologia. Politicamente fu vicino inizialmente al Partito
Comunista Italiano, da cui si allontanò poi per aderire a Democrazia Proletaria
e successivamente ai movimenti che diedero vita al Partito della Rifondazione
Comunista. Nel corso di questo viaggio politico ha partecipato alla Fondazione,
a Roma, dell'Associazione Culturale Marxista e collabora nella rivista Marxismo
Oggi (editore Teti). Ha compiuto alcune ricerche sul teorema di Picard e
sul teorema di Carathéodory per le funzioni armoniche. In “Neo-razionalismo”,
spiega che un'indagine efficace della realtà, e svolta solamente tramite lo
strumento della ragione. Per fare
questo, propose di scarnificare la razionalità di ogni verità e da ogni sistema
di riferimento assoluti. Il neoilluminismo, capeggiato da Abbagnano e coinvolgente
numerosi altri filosofi italiani, rappresentò per Geymonat il suo corso del neo-razionalismo,
che avrebbe dovuto accogliere i metodi e i risultati della scienza, perseguendo
un duplice obiettivo: ummanizare la scienza e concretizzare la filosofia – e
l'utilizare un'impostazione storicistica al posto di quella metafisica. Per
storicismo, intese l'analisi storica della struttura di un modello scientifico. Pur
condividendo inizialmente l'anti-idealismo di Popper, sostenne che vi era la più
manifesta e totale incompatibilità tra il marxismo e l'epistemologia
popperiana. Alle sue accuse di essere il filosofo ufficiale
dell'anti-comunismo, reo di difendere i regimi liberali, Popper gli rispose: “I
nostri intellettuali dicono che vivono in un inferno, mentre di fatto questo
mondo non è stato, fin da Babilonia, mai così vicino al paradiso come lo è ora
il mondo occidentale. Per contrasto, in Unione Sovietica, si dice alla gente
che vivono in paradiso, e tanti lo credono e sono moderatamente contenti; è
questo, credo, l'unico aspetto per il quale la società sovietica è migliore
della non-sovietica. Si deve a Geymonat l'introduzione in Italia di Kuhn.
Altre opera: “Il problema della conoscenza nel positivismo” (Torino, Bocca); La
nuova filosofia della natura in Germania, Torino, Bocca, “Per un nuovo
razionalismo, Torino, Chiantore, Neo-razionalismo. Torino, Einaudi, Galileo
Galilei, Collana Piccola Biblioteca Scientifica, Torino, Einaudi, La filosofia
della scienza, Feltrinelli, Milano); Filosofia nella storia della civiltà, con
Renato Tisato, Garzanti, Milano, Storia della filosofia, Garzanti, Milano, Il materialismo
dialettico, Editori Riuniti, Roma, Scienza e realismo, Feltrinelli, Milano); “Paradossi
e rivoluzioni. scienza e politica, Giulio Giorello e Marco Mondadori, Il
Saggiatore, Milano, La probabilita, con Feltrinelli, Milano, Kuhn e Popper,
Dedalo, Bari. Lineamenti di filosofia della scienza, Mondadori, Milan); “Le
ragioni della scienza” (Laterza, Roma-Bari, La libertà, Rusconi, Milano, La
società come milizia, Minazzi, I sentimenti, Rusconi, Milano, Filosofia,
scienza e verità, Rusconi, Milano, La Vienna dei paradossi. Controversie
filosofiche e scientifiche nel Wiener Kreis, Mario Quaranta, Il poligrafo,
Padova, Dialoghi sulla pace e la libertà, cCuen, Napoli, La ragione, con
Minazzi e Sini, Piemme, Casale Monferrato, Attualità del Marxismo. Quaderni di
Città Futura, Ancona); “Storia e filosofia dell'analisi infinitesimale, Bollati
Boringhieri, Torino. Emanuele Vinassa de Regny, «Corrado Mangione: breve storia
di una lunga amicizia», «AppendiceL'Associazone Culturale Marxista», in
Attualità del Marxismo. Filosofia e dintorni, Intellettuali non fate ideologia.
L'Occidente non è quest'inferno, Dario Antiseri, articolo su «Il Mattino di
Padova», lincei. Geymonat Mario Quaranta, Geymonat filosofo della contraddizione,
Sapere, Padova, Mangione , Scienza e filosofia. Saggi in onore di Geymonat,
Garzanti, Milano, Pasini, Rolando , Il neo-illuminismo italiano. Cronache di
filosofia, Il Saggiatore, Milano, Minazzi, Scienza e filosofia in Italia negli
anni Trenta: il contributo di Persico, Abbagnano e Geymonat. Norberto Bobbio,
Ricordo, "Rivista di Filosofia" Silvio Paolini Merlo, Consuntivo
storico e filosofico sul "Centro di Studi Metodologici" di Torino, Pantograf
(Cnr), Genova, Minazzi, “La passione
della ragione” Thélema Edizioni Milano-Mendrisio, Mario Quaranta, Una ragione
inquieta, Seam, Formello, Minazzi , Filosofia, scienza e vita civile inGeymonat,
La Città del Sole, Napoli, Fabio Minazzi, Contestare e creare. La lezione
epistemologico-civile di Geymonat, La Città del Sole, Napoli, Silvio Paolini
Merlo, Nuove prospettive sul "Centro di Studi Metodologici" di
Torino, in «Bollettino della Società Filosofica Italiana», Bruno Maiorca ,Scritti
sardi. Saggi, Cagliari, Minazzi , Ludovico Geymonat, un Maestro del Novecento.
Il filosofo, Edizioni Unicopli, Milano, Pietro Rossi, Avventure e disavventure
della filosofia. Saggi sul pensiero italiano del Novecento, il Mulino, Bologna,
Minazzi, Geymonat epistemologo, Mimesis Edizioni, Milano Positivismo logico Circolo di Vienna Scuola
di Milano. Treccani Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Geymonat,
in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario biografico degli italiani,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Massimo Mugnai, Scienza e filosofia:
Geymonat e Preti, in Il contributo italiano alla storia del Pensiero:
Filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, . Articoli della stampa italiana
su L. Geymonat, dal Sito Web Italiano per la Filosofia L'eredità intellettuale
di Ludovico Geymonat (C.Preve). Ludovico Geymonat. Geymonat. Keywords: temperament
romano – concretto – pratico – Catone – il trionfo di Catone con la lingua
latina – la gioventu romana entusiasta con Carneade – I Scipioni ellenisane –
la gioventu delle megliore familie – grand tour a Grecia! -- il teorema di
Picard, il teorema di Caratheodory per le funzione armoniche. Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Geymonat” – The Swimming-Pool Library.
Ghersi: philosopher -- curator of The
Swimming-Pool Library at Villa Grice, Liguria, Italia. Ghersi has an interest
in Grice’s philosophybut finds Strawson pretty enjoyable, too!Theere’s
something about the Oxonian nonsensical philosophical humour that Ghersi
appreciates like none other. Ghersi often makes candid fun of some of Grice’s
inventions, such as that of the conversational “common-ground status”!Ghersi
enjoys the full-time paradoxes of the bald king of France. Ghersi’s favourite
humorist is J. K. Jerome, but also enjoys Wodehouse.And finds Dodgson just
fascinatingThe Swimming-Pool Library is mainly organised along Ghersis’s
personal tastes, as a personal library should!Ghersi is not particularly
appreciative of poetry, but will enjoy the ballad set to piano! Ghersi’s
favourite genre is drama, since “it is so clear in implicature.” Grice is a
frequent contributor to cultural circles and societies and a host like none
otherVilla SperanzaSperanza appreciates Ghersi’s talent to infuse enthusiasm in
all type of endeavours --. Keywords: love, soul, life, inghilterra. Refs.:
Ghersi e GriceGrice e Watson --. Refs. BANC MSS 90/135c. Vide Speranza.Vide
SperanzaVide SperanzaVide Speranza. – The Swimming-Pool Library.
Ghezzi (Milano). Filosofo. Grice: “I love Ghezzi: he has explored
‘turdus,’ as in ‘sturdy,’ ‘drunk as a thrush’ – but also a count who was
condemned by the church; he has explored the history of masonry – in Italy it
started in Calabria – from a semiotic point of view, ‘il segno del compassso,’
– and he has explored on Ayax’s ‘nichilismo razioale’ – among many other topics
– also an ‘epistemology of willing’ – epissttemologia della volonta --.” Grice:
“Typically of Italian philosophers, he has explored Italian history, ‘ceneri del diritto,’ and a
confrontation between people and ‘stato’. Si laurea a Milano sotto Bobbio con “La
Filosofia del Diritto.” Gran Maestro Onorario del Grande Oriente
d'Italia. Marginalità e Società, ell'Università
degli Studi dell'Insubria (sede di Como). Sociologia della Devianza. Studia il
positivism giuridico dal punto di vista del concetto di diritto. Affrontato il
tema del pluralismo dei valori e degli ordinamenti giuridici, del federalismo, criminalità,
devianza, marginalità e pluralismo nell'ambito della Sociologia del Diritto
Penale, sulla giustizia e sulla legittimità degli ordinamenti giuridici, con
particolare riferimento alla figura del "deviante giuridico",
introducendo i concetti che porteranno alle teorie della "divergenza”
sociale, marginalità, Si rileva essersi principalmente dedicato al tema del
nichilismo giuridico, proponendo una visione nichilista, definite come
“l’assenza del valore” -- del tutto neutra circa la potenzialità “regolatrice”
e la potenzialita ordinatrice di una norma. L’approfondimento del nihilismo assiologico
o valuativo risulta essersi svolto attraverso il confronto con filosofi
contemporanei di questo ambito, tra cui Ferrari, Severino, e Giorello. Scetticismo.
La Rivoluzione del Diritto come Estetica, in estensione del suo libro Il Diritto
come Estetica. Nel volume è stata inclusa, come Appendice, una Raccolta di diversi
saggi di filosofi contenenti riflessioni ed approfondimenti interamente
riferiti a Ghezzi. Altre opera: “Socialismo e sociologia giuridica:
"Centro lombardo studi socialisti, Milano, “Devianza tra fatto e valore
nella sociologia del diritto” (Giuffrè, Milano); “Federalismo, I e II, Patera Palermo Editore, Diversità e pluralismo. La sociologia del
diritto penale nello studio di devianza e criminalità, Raffaello Cortina,
Milano, “Il segno del compasso. La massoneria e i suoi persecutori attraverso
simboli, idee, fatti e processi, Mimesis, Milano. “Le Ceneri del Diritto. La
dissoluzione dello Stato democratico in Italia, Mimesis, Milano . Le lacrime di
Hiram. Autobiografia incompleta di un Libero Muratore, Edizioni della
Confraternita Sufi Jerrahi Halveti in Italia, Milano “La Scienza del dubbio.
Volti e temi di sociologia del diritto, Mimesis, Milano Federalismo laico e democratico, Mimesis,
Milano; “I tordi ubriachi” Un viaggio iniziatico, Mimesis, Milano , Sociologia giuridica del lavoro, Mimesis,
Milano , Il Diritto come Estetica. Epistemologia della conoscenza e della
volontà: il nichilismo/nihilismo del dubbio, Mimesis, Milano Della vita e della
morte. Vulnerant omnes ultima necat, Mimesis, Milano; “Nichilismo razionale e
mistico. Indicazioni per il nuovo mondo, Mimesis, Milano); “Stranieri, ospiti,
alieni, alienati e pluralismo culturale” (Mimesis, Milano); “Nichilismo come
valore senza valori, Mimesis, Milano); “Abusi di stato: Risarcimento del danno
al cittadino, Mimesis, Milano); In ricordo di Riccardo Bauer, di Ghezzi e Arduino,
C.R.E.A., Milano; “Educare alla democrazia e alla pace. Bauer. Scritti scelti, L.I.D.U.,
edizioni Raccolto, Alle origini
dell'Umanitaria, Ghezzi e Canavero Raccolta Edizioni-Umanitaria, L'immagine
pubblica della Magistratura italiana, di Ghezzi Giuffrè, Milano Curatele . “Etica
contro politica”; Morris L. Ghezzi, edizione Iesi, Ferrari, Ghezzi,‘’Diritto,
cultura e libertà. Atti del convegno in memoria di Renato Treves’’ (Milan),
Giuffrè, Milano, Studi preliminari di sociologia del dirittoTheodor Geiger,
Morris L. Ghezzi, Nicoletta Bersier Ladavac e Michele Marzulli, traduzioni di
Leonie Schröder, Mimesis, Milano); “Criminologia” (Mimesis, Milan). Pubblica
amministrazione. Diritto penale. Criminalità organizzata, Osservatorio
permanente sulla criminalità organizzata, Carola Parano, Giuffrè Editore, Stefano
Carluccio, In ricordo di Morris Ghezzi, anima della Società Umanitaria, su
CriticaSociale.net. 1 Dei delitti e delle pene. Rivista dell'Agenzia del
territorio, L'Agenzia, rif. Archivio Università degli Studi dell’Insubria. Cura
“Studi preliminari di sociologia del diritto” (Mimesis, Milano); “Socialismo e sociologia
giuridica: introduzione Arduino, Centro lombardo studi socialisti); La scienza
del dubbio. Volti e temi di sociologia del diritto, Legge di Hume e tesi
giusnaturalistica: un’antitesi teorica nel pensiero di Norberto Bobbio , su
dialettica e filosofia. Etica contro
politica, di Elias Diaz, Ghezzi, edizione Iesi,
L' immigrato extracomunitario non marginale. Una ricerca empirica sul
territorio Milanese, in ‘’Marginalità e Società’ Berzano, Renzo Gallini,
Giovani E “Violenza: Comportamenti Collettivi in Area Metropolitana, Ananke, con
richiamo ad art. Di Ghezzi in “Marginalità e Società, II”. Le ceneri del diritto. La dissoluzione dello
Stato democratico in Italia, Mimesis, Milano, al Ghezzi fa riferimento Rosario
Minna in Crimini associati, norme penali e politica del diritto: aspetti
storici, Giuffrè Editore, Morris L. Ghezzi, Federalismo Laico e Democratico,
Mimesis, Milano Arturo Colombo, Franco Della Peruta “et al.”, in Carlo
Cattaneo: i temi e le sfide, Ed. Casagrande, Milano, Con riferimento al
Federalismo del Ghezzi: “mentre ci sarà chicome Ghezzi pur con tagli molto
diversi, collegherà la prospettiva degli Stati Uniti d'Europa con l’altra
formula cattaneana degli Stati Uniti d’Italia.»
Edmondo Bruti Liberati in "PostfazionePotere e Giustizia",
richiama Morris L. Ghezzi 3 in: Governo dei giudici. La Magistratura tra
diritto e politica, E. Bruti Liberati et al., Ed. Feltrinelli, Berzano,
Gallini, cita di Ghezzi “Alle origini della labelling theory e del concetto di
devianza”, da Marginalità e società, Ghezzi e Simonetta Balboni, Mimesis,
Milano , Cirus Rinaldi fa suo il concetto di Devianza di Ghezzi. “come sostiene
Ghezzi essa svolge un ruolo euristico [empirico] non solo nella spiegazione di
fenomeni di stigmatizzazione di intere categorie, ma anche penetrando
nella marginalizzazione, che agisce all’interno delle categorie” in Devianze e
crimine. Antologia ragionata di teorie classiche e contemporanee, Cirus Rinaldi
e Pietro Saitta, PM edizioni, Scrive M. Marzulli, BRÜCKE als sein Ordinamento
sociale come ponte tra tradizione e futuro nella descrizione del diritto come
estetica, in Ermeneutica del "Ponte". Materiali per una ricerca,
Silvio Bolognini, Mimesis, Ferrari, in Ciò che resta. Le ultime parole diGhezzi,
in Sociologia del Diritto, Fascicolo gennaio , ed. F. Angeli, Emanuele Severino, nel capitolo 4 di Dispute
sulla verità e la morte (Rizzoli) prende a riferimento un libro di Ghezzi (Il
Diritto come Estetica) e s’intrattiene lungamente sul pensiero dell’autore. Giulio Giorello si intrattiene sul testo del
Ghezzi (“Il Diritto come Estetica”), lo commenta, ne riporta il pensiero,
secondo cui « "la morale non è altro che una forma dell’estetica"» e
ricorda la figura "nihilista" dell'autore. Da
"Introduzione" di Giorello, Piacere, Diritto e Burocrazia. In ricordo
di Morris Ghezzi, inGhezzi. Ciò che resta. La rivoluzione del diritto come
estetica, Furio S. Ghezzi e Simonetta Balboni, Mimesis, Milano, Il Diritto come
Estetica. Epistemologia della conoscenza e della volontà: il nichilismo/nihilismo
del dubbio, Ghezzi. Ciò che resta. La rivoluzione del diritto come estetica
(Domenico Mazzullo, ‘’Prefazione’’, “Appendice“: saggi di: Isabella Merzagora,
Riflessioni di una criminologa prestata alla filosofia del diritto, Claudia
Roxana Dorado, El devenir del derecho: reflexiones acerca de las concepciones
jurídicas de Ghezzi, Il futuro del
diritto: riflessioni sulle concezioni giuridiche di Ghezzi, Metodo di ricerca sul rischio sociale, Marco A. Quiroz Vitale, Esistenzialismo e Nihilismo come confini
aperti del Giurispositivismo; Enrico Damiani di Vergata Franzetti, Il Diritto
come Estetica, Emanuele Severino,
Dispute sulla verità e la morte, Rizzoli, Ghezzi. Ciò che resta. La rivoluzione
del diritto come estetica, Simonetta Balboni e Furio S. Ghezzi, Mimesis, Milano
, “Prefazione” di Domenico Mazzullo, “Introduzione” di Giulio Giorello, In
“Appendice” saggi di: Isabella Merzagora, Claudia Roxana Dorado, Marco A.
Quiroz Vitale, Damiani di Vergata Franzetti. Michele Marzulli, "BRÜCKE als
sein” Ordinamento sociale come ponte tra tradizione e futuro nella descrizione
del diritto come estetica." in Ermeneutica del "Ponte".
Materiali per una ricerca, Silvio Bolognini, Mimesis , Vincenzo Ferrari, Ciò che resta. Le ultime
parole diGhezzi, in Sociologia del Diritto, Fascicolo, ed. F. Angeli, Cirus
Rinaldi e Pietro Saitta (a cura) in Devianze e crimine, Antologia ragionata di
teorie classiche e contemporanee, a cura di, PM edizioni, ,Rosario Minna,
Crimini associati, norme penali e politica del diritto: aspetti storici,
Giuffrè Editore, Sociologia del diritto
Filosofia del diritto Criminologia. Morris Lorenzo Ghezzi. Morris L. Ghezzi. Gezzi.
Keywords: “drunk as a thrush/newt” turdus ubriacus – sturdy – I turdi -- nihilism
about values, Mackie, Inventing right and wrong, Hare, emotivism, Grice, The
conception of value, valitum – valore – axiology -- Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Ghezzi: l’implicatura del tordo” – The Swimming-Pool Library.
Ghisleri (Cascina Sant’Alberto). Filosofo. Grice: “Whereas to many,
Ghisleri’s best work is that on Ancient Rome and counter-revolution, I treasure
the details: ‘the pen is like a sword’ – ‘the pen and the sword.’ “The pen is
my sword.’ Note that the first is a mere simile – as used by Ghisleri, but his
executor turns it into a metaphor just by eliding the ‘like’ (“come”). Grice:
“I like Ghisleri – a typical Italian philosopher; wrote on geography, on ‘la
penna d’oca,” and a fabulous history of Roman philosophy!” -- “He was into politics, too!” L'Italia non è
studiata, non è conosciuta dagli italiani. Dobbiamo rifare la nostra educazione
politica e civile sulla base di una nuova e più razionale conoscenza del nostro
paese. Dobbiamo studiare l'Italia regione per regione nella natura del suolo,
nella sua topografia, ne' suoi prodotti nelle sue industrie, ne' suoi dialetti,
nelle sue tradizioni, nelle sue varie necessità politiche e sociali.” Fonda La
Società dei Liberi Pensatori (L’'Associazione Nazionale del Libero Pensiero
"Giordano Bruno") di chiare simpatie democratiche e repubblicane. Iniziato
in Massoneria, l'anno seguente entrò nella Loggia "Pontida" di
Bergamo e nel 1906 fu affiliato alla Loggia "Carlo Cattaneo" di
Milano. Ghisleri diede alle stampe una nuova
rivista mensile, Cuore e critica, rivolta all'educazione civile e agli studi
sociali ed espressione di un'avanguardia intellettuale impegnata nella
costruzione di una coscienza repubblicana e progressista. Sorta a Savona, la
redazione della rivista si trasferì a Bergamo, in coincidenza con il trasferimento
del Ghislèri al Sarpi di quella città. Si dedica con assiduità agli studi di
geografia e di cartografia, che aveva cominciato a coltivare quando insegnava a
Matera. Allora si era sentito mortificato nel constatare che nelle scuole
italiane venivano adottati atlanti stranieri, assai carenti nel trattare la
geografia storica dell'Italia. Dopo aver pubblicato il “Piccolo manuale di
geografia storica” (Bergamo) volle perciò cimentarsi in un'impresa che non era
mai stata tentata: la realizzazione di un testo-atlante che desse il dovuto
rilievo all'evoluzione storico-geografica dell'Italia. Al progetto fu
interessato lo stabilimento "Fratelli Cattaneo di Bergamo" che,
grazie al successo delle iniziative editoriali promosse da Ghisleri, si
trasformò in Istituto italiano d'arti grafiche e s'impose nel settore della
cartografia. Ghisleri concepì il suo atlante in modo da offrire per una stessa
regione molteplici carte e cartine con le denominazioni e le divisioni
topografiche proprie di ogni epoca. L'apparizione dell'atlante fu salutata
dalle lodi di esperti e studiosi, ma suscitò anche riserve di parte del mondo
accademico, che rimproverava al Ghisleri superficialità e la commistione tra la
geografia fisica e la storia dei popoli, delle civiltà, delle esplorazioni, dei
commerci. Commistione del resto ricercata dal Ghisleri che, in polemica con il
tradizionale approccio alla geografia e senza sentirsi condizionato dai limiti
angusti dei programmi scolastici di allora, perseguiva metodi nuovi nello
studio e nell'insegnamento della materia. Tenne la cattedra di filosofia nel
Liceo di Lugano. Giornalista, fu direttore di «La geografia per tutti» e «Le
comunicazioni di un collega».Di idee mazziniane, recepite soprattutto nella versione
che ne proponeva Saffi, in campo politico fu vicino ai movimenti rivoluzionari
e collabora con Gaudenzi alla fondazione del Partito Repubblicano Italiano.
Tuttavia Ghisleri non fu un ideologo sistematico: una sistematizzazione del suo
pensiero è soprattutto opera di Conti.
Diresse la rivista Preludio di stampo filosofico positivista e
progressista. Diresse L'Italia del popolo.
Al Congresso del Partito Repubblicano, tenuto a Forlì, intervenne con
una relazione su La questione meridionale e la sua logica soluzione. Demofonti,
La riforma nell'Italia del primo Novecento: gruppi e riviste di ispirazione
evangelica, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, Vittorio Gnocchini,
L’Italia dei Liberi Muratori, Milano-Roma, Mimesis-Erasmo. Altre opera: “La
Scapigliatura democratica: carteggi” ( Pier Carlo Masini,Milano), L'archivio di
Ghisleri fu ritrovato da Pier Carlo Masini ed è depositato presso la Domus
Mazziniana di Pisa. Democrazia come civiltà. Il carteggio Ghisleri-Conti , Antonluigi
Aiazzi, Libreria Politica Moderna, Firenze, Tripolitania e Cirenaica dai più
remoti tempi sino al presente, Emporium, novembre, Tripolitania e Cirenaica,
dal Mediterraneo al Sahara, monografia storico-geografica, Società Editoriale
Italiana, Istituto Italiano d'Arti Grafiche, Bergamo, Le meraviglie del globo
esplorato e le zone non ancora conosciute Letture geografiche Società Editoriale
Italiana, Milano, Bagdad e la Mesopotamia nel passato e nell'avvenire,
Emporium, giugno, Lombroso nella vita intima, Emporium, luglio 1917 L'ultima
colonia africana della Germania, Emporium, Atlante scolastico di Geografia
moderna astronomica-fisica-antropologica,Istituto Italiano d'Arti Grafiche,
Bergamo (a cura dei professori Magg. G.Roggero, G.Ricchieri, A.Ghisleri) Saffi.
La vita, gli studi, l'apostolato, Libreria politica moderna, Roma, La questione
meridionale nella soluzione del problema italiano, Libreria politica moderna,
Roma, “Testo-atlante di geografia storica generale e d'Italia in particolare,
espressamente compilato per le scuole italiane conforme ai loro programmi- I
Mondo Antico; II Storia Romana; Fratelli Cattaneo e poi Istituto di Arti
Grafiche, Bergamo. Medio Evo, Evo Moderno e contemporaneo Atlante d'Africa,
Istituto Italiano d'Arti Grafiche, Bergamo, Antipode, a Radical Journal of
Geography, Berardi, Verso un nuovo Risorgimento. Il Carteggio tra Ghisleri e
Belloni, Acireale-Roma, Bonanno, Dizionario biografico degli italiani, L'Italia risorgimentale di Ghisleri, Milano,
Angeli, Aroldo Benini, Vita e tempi di Ghisleri, con appendice bibliografica,
Manduria, Lacaita, Tomasi, Scuola e liberta in Arcangelo Ghisleri: con una
scelta di lettere inedite dell'archivio Ghisleri, Pisa, Nistri-Lischi, Ghisleri:
mente e carattere: L'Italia e la rivoluzione italiana, Milano, Sandron Editore,
Treccani. Arcangelo Ghisleri, su siusa.archivi.beniculturali, Sistema
Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche. Opere di Arcangelo Ghisleri, su Liber
Liber. Opere di Arcangelo Ghisleri, su
openMLOL, Horizons. Arcangelo Ghisleri. Ghiseri. Keywords. tavola I, tavola II,
tavola III, -storia romana, eta romana – classe V ginnasiale -- storia romana e
filosofia. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Ghisleri: storia romana e filosofia”–
The Swimming-Pool Library.
Giacchè (Perugia).
Filosofo. Grice: “I like Giacché; for one, he philosophises on theatre, which
any Sheldonian should appreciate!” Grice: “Giacché is what I would call a
philosophical anthropologist.” Grice:”Giacché has an ability with language:
“l’altre vision dell’altro,” for example – difficult to translate, but genial
nonetheless, or perhaps genial because uneasily translatable!” – “He has
philosophised on spectator and participant, which is conversational in tone –
there’s no monologue, but dialogue --.” “He has criticised authoritarian types
of performances like traditional teaching which he has compared to religion!”
Insegna a Perugia. Si occupa di varie problematiche socio-culturali quali
condizione giovanile, devianza, comunicazione di massa, solitudine abitativa,
politica culturale. Opere: Una nuova solitudine. Vivere soli fra integrazione e
liberazione, Roma, Lo spettatore partecipante. Contributi per un'antropologia
del teatro, Guerini e Associati, Milano, Carmelo Bene. Antropologia di una
macchina attoriale, Bompiani, L'altra visione dell'altro. Una equazione fra
antropologia e teatro, Ancora del Mediterraneo, Napoli, Ci fu una volta la
sinistra. Ovvero il silenzio dei post-comunisti, Edizioni dell'asino, Roma. Piergiorgio
Giacchè. Giacchè. Keywords: Clifton, religion and education, ego et tu. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Giacchè: A Cliftonian implicature” – The Swimming-Pool
Library.
Giacomo (Avola). Filosofo. Studia estetica. Il rapporto tra estetica e
figura, immagine, rappresentazione. Si laurea sotto Garroni. Insegna a Parma e
Roma. Fonda la Società Italiana d'Estetica. Nell'affrontare il concetto di
‘immagine’ è necessario rifiutare sia l'interpretazione che vede una'immagine
come lo specchio di una cosa (“Fido”-Fido). E necessario rifiutare anche quella
interpretazione del concetto di ‘imagine’ che la considera esclusivamente come
un segno significante di se stesso. Il concetto di ‘rap-presentazione’ implica
qualcosa che si mostra e nel manifestarsi resta ‘altro' dalla ‘percivibilita’ della
rappresentazione stessa. Così, nel ‘presentare’ se stessa, una immagine
manifesta l'altro del perceptible, del rappresentabil. Quell'altro che si
rivela nel perceptibile, nascondendosi a esso. Ed è proprio così che una
immagine si fa un ‘icono’ di quello che e altro il perceptibile. Afferma la
tendenziale perdita di ‘figurativita’ di una immagine e del continuare a
sussistere dell'immagine stessa. Una immagine, infatti, è una segno e insieme
una non-segno. E il paradosso di una “irrealta reale”. Si riferisce al
tentativo di scindere la natura ancipite dell'immagine negli elementi che la
compongono. Da una parte in un “readymade” (come l’urinale di Duchamp), nel
quale la dimensione rap-presentativa si dissolve in una dimensione puramente PRE-sentativa,
e dall'altra in una pura immagine soggetiva, dotata di un debole supporto
materiale. Una immagine e una meta-immgine: l’immagine di una immagine
(homuncular regressus ad infinitum of Griceian theories of representation,
according to Cummings, but not Grice!). Di questo modo, una immagine non e
neppure propriamente immagini quanto piuttosto una ‘simul-azioni’, simile allo
imperceptibile, un “simul-acro”. Non a
caso una immagine, in quanto ri-produzione (doppia) ha uno scarso valore di
immagine, giacché quello a cui tende è l’assumere dell’ ‘aspetto’ di una cosa. L’immagine perde così quella connessione di ‘trasparenza’
o ‘opacità’ che caratterizza una immagine autentica. Di qui, appunto, la questione
di realizzare una immagine vera e propria. Troviamo il superamento della dimensione
epifanica che è propria dell'icona, dove appunto il perceptibile è il luogo di
mani-festazione di la cosa impercetibile – l’Assoluto di Bradley. Emerge una
concezione dell'immagine che, nella consapevolezza dell'impossibilità di ogni
pretesa di esaurire ‘il reale’ e insieme di ‘manifestare’ l'Assoluto, può
essere interrogata come testimonianza di quanto non si lascia ‘tradurre’
(translation) in immagine: testimoniare, infatti, è raccontare ciò che è
impossibile raccontare del tutto. In questo modo, la testimonianza fa tutt'uno *non*
con la memoria in quanto conformità con l'accaduto, ma con l’immemoriale -- qualcosa
che non possiamo né ricordare né dimenticare, che non è “dicibile” né
“indicibile”. Insomma, il testimone “parla” (spiega, dispiega) soltanto a
partire da l’impossibilità concettuale di spiegare o dispiegare. Che l'immagine
valga allora come testimonianza significa che il tentativo di dire l'indicibile
(spiegare l’inspiegabile) è un compito infinito. La questione dell'immagine è
una questione di fidanza, di etica. In una immagine, non essendoci alcuna
compiutezza, non si dà alcuna redenzione né alcuna pacificazione nel confronto
col reale. Analissare l’immagine come testimonianza equivale a vedere l’immagine
come il luogo di una tensione sempre irrisolta tra memoria e oblio, e quindi
come l'espressione del dover essere (il possibile) del senso in un orizzonte,
come l’attuale. quale sempre di più sia il mondo che l'arte sembrano essere
abbando il NON-senso. Altre opera: “Dalla logica all'estetica” (Parma,
Pratiche); “Icona” “L’immagine tra presentazione e rappresentazione” (Palermo,
Centro internazionale studi di estetica); Estetica e letteratura. Il grande
romanzo tra Ottocento e Novecento, Roma-Bari, Laterza. Introduzione a Paul
Klee, Roma-Bari, Laterza, "Ripensare le immagini", Mimesis,
Milano, "Volti della memoria", Mimesis, Milano,
Narrazione e testimonianza. Quattro scrittori italiani del Novecento, Milano,
Mimesis, "Malevic. Pittura e filosofia dall'Astrattismo al
Minimalismo", Carocci, Roma, Fuori dagli schemi. Estetica e figura
dal Novecento a oggi, Laterza, Roma-Bari, "Arte e modernità. Una
guida filosofica", Carocci, Roma, "Una pittura filosofica: l'informale",
Mimesis, Milano, "F. Nietzsche. L'eterno ritorno", Alboversorio,
Milano, Media e divulgazione Art
and Perspicuous Perception in Wittgenstein’s Philosophical Reflection, L’immagine-tempo
da Warburg a Benjamin e Adorno. Il saggio più importante per il rapporto tra
estetica e letteratura è Estetica e letteratura. Il grande romanzo tra
Ottocento e Novecento, Laterza, Cf. "Dalla logica all'estetica”, "Alle
origini dell'opera d'arte contemporanea" “Astrazione e astrazioni”, "La questione dell'aura tra Benjamin e
Adorno", Rivista di Estetica, “Volti della memoria”. Giuseppe Di Giacomo. Giacomo.
Keywords: aura; ‘impiegatura como spiegatura dell’inspiegabile” -- Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Giacomo: impiegatura come spiegatura dell’inspiegabile” –
The Swimming-Pool Library.
Giamnetti
Gia
Giametta (Frattamaggiore). Filosofo. Grice: “Giammetta is a good’un, but you gotta
be an Italian to appreciate him fully, or at least have gone to Clifton, as I
did!” -- Grice: Giametta’s philosophy is
full of Italianateness: ‘il volo d’Icaro,’ and then there’s his ‘Croceian
heterodoxies,’ and most Italianate of all, the Dantean reference to Nisso,
Chiron, and Folo in the “Inferno”! Sublime!” Cura Nietzsche a Firenze. Ha
scritto saggi di critica "eterodossa" su Croce. Cura Cesare. È anche
romanziere, estraneo a scuole o correnti, con storie dalla forte valenza
filosofica e morale; attitudine
stilistica: la prosa di Giametta pare quella di un centauro: sorprendente
incontro di letteratura e filosofia. Nella
"Trilogia dell'essenzialismo" (composta da “Il Bue squartato” -- L'oro prezioso dell'essere e Cortocircuiti),
elabora un proprio sistema di filosofia erede del naturalismo rinascimentale.
L’Essenzialismo è una nuova filosofia, fondata esclusivamente sulla natura, intesa
nei suoi due aspetti, sia come “naturans” (cf. Grice, implicans, implicaturus) sia come “naturata” (cf. Grice implicatum,
implicatura, implicaturus, implicata). Grice: “The problem: ‘is ‘naturare’ a
good verb?’ --. L’essenzialismo descrive la condizione umana come determinata
dalla combinazione di due elementi eterogenei: dall’essenza di tutto ciò che
esiste, che è divina, e dalle condizioni di esistenza, che sono spesso fin
troppo diaboliche, a cui sono sottoposte tutte le creature. Il con-temperamento
di questi due elementi (essenza ed esistenza), diverso in ogni individuo,
spiega le ragioni per cui si afferma o si nega la vita, si è ottimisti o
pessimisti...". Alter opera: “Oltre
il nichilismo” (Tempi moderni, Napoli); “Poeta e filosofo” (Garzanti, Milano); Palomar,
Han, Candaule e altri. Scritti di critica letteraria, Palomar, Bari Nietzsche e
i suoi interpreti. – cfr. ‘Grice interprete di se stesso” – “Erminio; o, della
fede. Dialogo con Nietzsche di un suo interprete. Spirali, Milano); “Saggi nietzschiani”
(La Città del Sole, Napoli); “Croce” (Bibliopolis, Napoli); “Il mondo”
(Palomar, Bari); “Madonna con bambina e altri racconti morali, BUR, Milano);
“Commento allo Zarathustra” Mondadori Bruno, Milano); “Filosofia come dinamita”
BUR, Milano), “Croce, il pazzo” (La Città del Sole, Napoli); “Eterodossie
crociane” (Bibliopolis, Napoli); “La caduta di Icaro” (Il Prato, Padova); Introduzione
a Nietzsche. Opera per opera, BUR, Milano, Il bue squartato e altri macelli. La
dolce filosofia, Mursia, Milano . L'oro dell'essere. Saggi filosofici, Mursia,
Milano . Cortocircuito e implicatura -- Mursia, Milano . Adelphoe, Unicopli,
Milano . Il dio lontano, Castelvecchi, Roma); “Tre centauri, Saletta dell'Uva,
Napoli . Filosofi, Saletta dell'Uva, Napoli . Una vacanza attiva, Olio Officina,
Milano . Grandi problemi risolti in piccoli spazi. Codicillo
dell'essenzialismo; Bompiani, Milano . Colli, Montinari e Nietzsche, BookTime,
Milano . Capricci napoletani. Pagine di diario (Marco Lanterna), OlioOfficina,
Milano; “Il colpo di timpano, Saletta dell'Uva, Napoli); “Dio impassibile” (Babbomorto,
Imola . Contromano, BookTime, Milano. Il bue squartato e altri macelli, Mursia,
Milano . La passione della conoscenza. Pensa
Multimedia, Lecce, . Marco Lanterna, Le grandi oscurità della filosofia risolte
in lampeggianti parole. Marco Lanterna, Contributo alla critica di Sossio (in
Giametta, Capricci napoletani, OlioOfficina, Milano ). Friedrich Nietzsche Arthur Schopenhauer
Giorgio Colli Mazzino Montinari. Sossio Giametta. Giametta. Keywords:
l’implicatura di Croce – eterodossie crociane – Cosi parlo Zoroaster; cosi
implico!”—cortocircuito e implicature, la pazzia di Croce, il pazzo di Croce –
la caduta di Icaro? No, il vuolo di Icaro! – Colli e Montanari! -- Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Giametta: cortocircuito ed implicatura” – The
Swimming-Pool Library.
Giandomenico
(Carunchio). Filosofo. Grice: “I like Giandomenico; he makes
excellent commentary on Bernard’s controversial, deterministic idea of life –
from amoeba to man, in Russell’s words --.” Grice: “Surely this has connections
with my method in philosophical psychology, from the banal to the bizarre,
which actually starts with philosophical BIO-logy!” Grice: “Giandomenico shows
that while Bernard never thought he had to provide a ‘conceptual analysis’ of
‘vivente,’ he does propose this or that criterio: for one he tries to prove
that self-nourishment cannot be the criterion – but I’m not sure what the
positive he poes, if any!” Si laurea con Corsano all’istituto di filosofia di Bari.Insegna
a Brindis, Lecce, Foggia, e Bari. Studia l'insegnamento di Filosofia nei Licei. Studia filosofia della
comunicazione. Fonda il Laboratorio di Epistemologia Informatica e il Centro per
la Metodologia della Sperimentazione. Studia pragmatica computazionale e
Informatica umanistica. Membro della Società Filosofica Italiana. Si occupato della
storia della fisiologia, la storia sdell’informatica, l’informatica pragmatica,
teoria della comunicazione, teoria dell’implicatura conversazionale, e teoria
del segno. Pubblicato uno studio su Tommasi, che aderì alla sperimentazione. Ha
trattato il contributo scientifico di Pende. Analizza i fondamenti
dell'informatica nei suoi rapporti con le teorie filosofiche, mettendo in
evidenza le strutture epistemiche reciprocamente significative. “Filosofia ed
informatica”, Inoltre, ha sperimentato applicazioni delle tecnologie informatiche
nella ricerca umanistica. Le ricerche condotte nell'ambito
dell'informatica linguistica si sono proposte l'analisi
linguistico-computazionale. L'obiettivo è stato quello di andare al di là del
livello “lessicografico” – il filosofese – o terminologia filosofica, como
‘implicatura’ -- e di implementare una rete sintattica automatica con l'ausilio
di software dedicati. Il primo progetto ha riguardato l'analisi della
conversazione nel “Dialogo sopra i due massimi sistemi” di Galileo. Usando un
software, creato dal Laboratorio di Epistemologia Informatica di Bari, ricava
un “vocabolario” (filosofese, terminologia filosofica, vocabolario filosofico)
galileiano, procedere ad una prima valutazione dello stile ed avviare l'analisi
“semantica” di un “concetto” utilizzato da Galileo. Ha raccolto, infine, questi
spunti in una riflessione sui linguaggi dell'artificiale, intersecati con
quelli della vita, sulle nuove tecnologie della comunicazione e sull'etica.
Altre opera: “Tommasi, filosofo, Bari, Adriatica; “Filosofia e sperimento”
Bari, Adriatica; “Scienza, filosofia, letteratura, Verona, Bertani; “
Introduzione a Charcot, Fasano, Schena); “Epistemologia informatica, Bologna,
Transeuropa); “ Filosofia e informatica. Bari: G. Laterza); “L'uomo e la
macchina trent'anni dopo: Filosofia e informatica, Società Filosofica Italiana,
Bari, G. Laterza); “Dall'offerta formativa alla creazione di un nuovo lavoro:
la laurea umanistica” in Convegno per il corso "Informatica umanistica”
BARI: G. Laterza); “Laboratori di psicologia tra passato e futuro, Lecce, Pensa
Multimedia); “La prosa di Galileo: la lingua la retorica la storia, Lecce, Argo);
“La filosofia come strumento di dialogo tra le culture, Bari, Mario Adda Editore);
La Società Filosofica Italiana, Roma, Armando, . Note M. Triggiani, Cultura, un fronte unico.
Università e Comune per una rete dei contenitori, in Gazzetta del Mezzogiorno,
3 A.L., Dopo la laurea faccio il master in orecchiette, in Specchio.
Supplemento di La Stampa, F. Di Trocchio, Dall'archivio al futuro, in
L'Espresso,de Ceglia, l. Dibattista, Semi di storia della scienza. Milano, Franco Angeli, Mauro Di Giandomenico. Giandomenico.
Keywords: “How Pirots Karulise Elatically” – pirots karulise elatically –
pirots karulise – ‘implicazione’ – aperture semantica -- Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Giandomenico: l’implicatura conversazionale: ‘Pirots karulise elatically;
therefore, pirots karulise!” – The Swimming-Pool Library.
Giamnetti
Giani
(Muggia). Filosofo. rice: “It’s hard for me to judge Giani’s
philosophy because I fought against the Italians during the so-called ‘second
world war,’ so-called!” Grice: “But I would be willing to expand: if Giani
developed what he aptly called a ‘mystique’ – so did we at Oxford – Churchill
surely held his ‘mystique.’ Of course the Italian, being more scholastic, had
to call it ‘scuola di mistica,’ – and the idea was that of an all-male chivalry
order – aptly set at Milan!” Fonda la corrente filosofica nota come
"Mistica". Partì come volontario di guerra e morì sul fronte. Dopo
aver frequentato il Liceo ginnasio Dante Alighieri di Trieste si trasferì a
Milano, dove si iscrisse a Milano e quindi ai Gruppi Universitari, laureandosi.
Anticipa l'imminente apertura della scuola sul foglio dei Gruppi Universitari,
"Libro e moschetto" della Scuola di Mistica. Ne divenne direttore,
carica che lasciò alla fine dell'anno seguente dopo aver scritto il suo ampio
discorso da tenersi a Roma in occasione dellaI iunione della Società Italiana
per il Progresso delle Scienze che coincideva anche con il decennale della
Marcia su Roma in cui enuncia i principi della nuova scuola. Su impulso
di Giani si comincia inoltre a pubblicare i Quaderni della scuola di
mistica. Poche settimane dopo la riunionesi dimise da direttore con una
lettera inviata a Mussolini, per contrasti interni con il segretario politico
dei Gruppi Universitari. Imputa le dimissioni al mancato trasferimento della
Scuola nella vecchia sede de Il Popolo d'Italia chiamato anche "Il
covo" La richiesta di entrare in possesso de "Il Covo" puntava
ad ottenere il possesso di uno degli ambienti più importanti dell'immaginario
fascista. Continua quindi a collaborare con diversi quotidiani come "Il
Popolo d'Italia" e "Gerarchia". "Lineamenti
sull'ordinamento sociale dello Stato" gli fece ottenere la libera docenza
e e quindi la cattedra di Storia a Pavia ma parte volontario per la guerra
d'Etiopia arruolandosi col grado di capomanipolo della Milizia Volontaria per
la Sicurezza Nazionale nel CXXVIII Battaglione"Vercelli".
Rientrato in Italia, riassunse la guida della scuola, qui in occasione della chiusura
dell'anno scolastico nell'aula della casa del Fascio di Milano. Rientrato in
Italia riassunse la carica di direttore della "Scuola di Mistica"
lanciando due importanti iniziative, rilancia la pubblicazione della serie di
"Quaderni" che affrontavano differenti problematiche e sempre per sua
iniziativa fu creata nell'ambito della scuola la rivista mensile, Dottrina che
divenne l'organo ufficiale della Scuola, in cui pubblica il "Decalogo dell'italiano nuovo”. Si
dedica inoltre al giornalismo diventando direttore a Varese di "Cronaca
prealpina" e collaborando a diverse testate, tra cui Tempo (Direttore:
Alfredo Acito). Dalle pagine di "Cronaca prealpina" prese parte alla
campagna fondata sui propri convincimenti del ‘spirito’ contrapposto al
"biologico" La Cronaca
prealpina dopo la nomina di Giani a direttore arriva a quadruplicare la tiratura.
L'incontro a Roma con Mussolini in cui si decise la cessione del
"Covo" ai "mistici" della Scuola. Su impulso di Giani, con
una cerimonia presieduta di Starace, la sede ufficiale della Scuola di Mistica
si spostò nel medesimo edificio che ospitò ai suoi primordi il giornale Il
Popolo d'Italia, chiamato "il Covo". Il "Covo" negli anni era
stato trasformato in una galleria. La palazzina e proclamata monumento nazionale
con tanto di guardia d'onore svolta da
squadristi e combattenti. Per esplicita decisione di Mussolini, fu ufficialmente
consegnata ai mistici della scuola. L'evento fu vissuto come una autentica
consacrazione dei insegnanti riuniti intorno a Giani. In realtà la consegna era
già stata disposta come risulta da un foglio d'ordini del PNF e in
quell'occasione il consiglio direttivo era stato ricevuto a Roma da Mussolini.
Mussolini li aveva spro continuare nella loro attività. A Milano, in
occasione del decennale dalla fondazione della scuola, organizzò il
"Convegno nazionale di mistica" che nelle sue intenzioni avrebbe
dovuto essere il primo della serie. Obiettivo che sfumò a causa dell'entrata in
guerra. L'incontro vide oltre 500 partecipanti ed ebbe l'adesione della maggior
parte degli filosofi dell'epoca. Come gran parte dei "mistici",
partecipa nuovamente come volontario alla seconda guerra mondiale, conflitto
nel quale vedeva il presagio di una rivoluzione in vista di una nuova
era. Inquadrato nell'11º reggimento alpini prese parte alla battaglia
delle Alpi Occidentali contro la Francia e venendo decorato con la medaglia
d’argento al valor militare.Terminata la campagna di Francia in seguito
all'armistizio tornò alla vita civile ma incominciata nel frattempo la guerra
in nord Africa richiese più volte di partire volontario senza ottenere
soddisfazione. Alla fine ottenne di partire
come corrispondente di guerra de Il Popolo d'Italia, della Cronaca
prealpina e de L'Illustrazione Italiana presso i reparti della Regia
aeronautica. Per quest'ultima realizza anche diversi servizi fotografici. All'attività
di giornalista affiance anche quella di militare prendendo parte ad alcune
azioni e ottenendo una medaglia di bronzo al valor militare. E richiamato in
Italia dove riassunse la guida de "La cronaca prealpina".Nuovamente
incorporato nell'11º reggimento alpini riparte infine come volontario per la
campagna di Grecia, dove cadde sul fronte greco-albanese nella battaglia per la
conquista della Punta Nord del Mali Scindeli. Si offre volontario per una pericolosa
missione che prevede la conquista di una munita postazione greca. L'attacco
ebbe inizialmente successo con la conquista della posizione ma riorganizzatisi
i greci condussero un contrattacco. Nello scontro cadde. Il periodico
L'Illustrazione Italiana scrisse, senza riportare dove o come avrebbe potuto
registrare tali parole, che l'ufficiale greco che lo aveva colpito a morte
avrebbe raccontato che nello scontro Giani gli si era parato davanti "come
un dio o un demone". Il corpo di Giani andò disperso e gli altri
assaltatori che avevano preso parte all'attacco dovettero ritirarsi rapidamente
incalzati dai soldati greci. Fu pochi giorni dopo incaricato delle ricerche Carati
che era anche vice-direttore della Scuola di mistica. Le ricerche a causa della
perdurante situazione di guerra furono nulle, e riuscì solo ad individuare il
luogo in cui era caduto. In quell'occasione, richiesta un'udienza al
Duce, chiese che potessero partire per l'Albania il cognato Guido Giani e il
fratello Aldo Sampietro. Questi ultimi rinvennero la salma sepolta in maniera
anonima in territorio greco. Di qui la salma fu translata nel piccolo cimitero
militare di Klisura. Mussolini fu preso come principale punto di riferimento
dalla Scuola di Mistica. Elabora un discorso programmatico in cui enuncia i
principi fondanti della Scuola e della Mistica fascista. Compito nostro deve
essere soltanto quello di coordinare, interpretare ed elaborare il pensiero del
Duce. Ecco perché è sorta una Scuola di mistica ed ecco il suo compito:
elaborare e precisare i nuovi valori che
sono nell'opera del Duce. (Giani in La
marcia sul mondo). Inizialmente i principi esposti da Giani facevano parte di
un discorso più ampio da tenersi a Roma in occasione di una riunione della
Società Italiana per il Progresso delle Scienze. L'ampio discorso fu poi
pubblicato nella serie dei "Quaderni" voluti da Giani con il titolo
"La marcia sul mondo della Civiltà". Si impone un ritorno alle
origini, ovvero al movimentismo rivoluzionario, riallacciandosi idealmente
all'esperienza delle prime squadre d'azione e degli arditi della Grande Guerra
quindi, secondo Veneziani "una più radicale rivoluzione coniugata al
recupero di una più integralistica tradizione". Ma più che legati agli
enunciati politici del manifesto di sansepolcro i mistici di quella esperienza
esaltavano soprattutto la lotta contro la borghesia affaristica del primo
dopoguerra. La mistica si considera rappresentante proprio di questo mondo
ispirato dall'amore di patria e posta a guardia della rivoluzione permanente e
in contrasto con gli opportunisti e i trasformisti. Individuava nell'epoca
contemporanea *quattro* principali mistiche, destinate ad apportare in un primo
tempo dei benefici ma poi a fallire: liberale, democratica, socialista e
comunista. Liberalismo, democrazia, socialismo e comunismo sono le quattro
mistiche dominanti nella societa. Il bilanciolo abbiamo già visto è per tutte
negativo. Il liberalismo porta all'anarchia. La democrazia porta all'instabilità
politica e sociale. Il socialism porta alla otta civile. Il comunismo porta
alla vita primitiva. Queste quattro mistiche sono pertanto anti-storiche. A
fronte di esse l'unica mistica in grado di superare tali crisi era quella come
sviluppato nel capitolo intitolato "La marcia ideale" la cui
conoscenza e diffusione presso le masse era compito della élite. Medaglia
d'argento al valor militarenastrino per uniforme ordinariaMedaglia d'argento al
valor militare «Volontario nella guerra d'Africa ove prese parte volontario a
diverse pattuglie esploratori, chiese ed ottenne di essere anche in quest
guerra assegnato ad un reparto combattente. Destinato all'11º alpini volontario
a due azioni del battaglione Bolzano chiese di partecipare alla ardita discesa
di due compagnie del battaglione Trento effettuata in una valle occupata dal
nemico e avanzò con la prima pattuglia sotto intenso bombardamento, sprezzante
del grave pericolo di sorprese e di accerchiamento nemico, esempio trascinante
a ufficiali e soldati, e prova di dedizione alla patria, di alta fede e di
valore.» Medaglia di bronzo al valor militarenastrino per uniforme ordinariaMedaglia
di bronzo al valor militare «Corrispondente di guerra presso una squadra aerea
disimpegnava il suo particolare e delicato servizio con alto senso di
responsabilità. Spesso presente sugli aeroporti più avanzati e maggiormente
battuti dall'offesa nemica allo scopo di rendersi conto di ogni particolare,
partecipava volontariamente a difficili e rischiose missioni di guerra, dando
sicura prova anche nelle più critiche circostanze di sereno sprezzo del
pericolo e completa dedizione al dovere.» Medaglia d'oro al valor militarenastrino
per uniforme ordinaria Medaglia d'oro al valor militare «Volontariamente, come aveva
fatto altre volte, assumeva il comando di una forte pattuglia ardita, alla
quale era stato affidato il compimento di una rischiosa impresa. Affrontato da
forze superiori, con grande ardimento le assaltava a bombe a mano, facendo
prigioniero un ufficiale. Accerchiato, disponeva con calma e superba decisione
gli uomini alla resistenza. Rimasto privo di munizioni, si lanciava alla testa
dei pochi superstiti, alla baionetta, per svincolarsi. Mentre in piedi lanciava
l'ultima bomba a mano ed incitava gli arditi col suo eroico esempio, al grido
di: «Avanti Bolzano! Viva l'Italia», veniva mortalmente ferito. Magnifico
esempio di dedizione al dovere, di altissimo valore e di amor di Patria.» —
Punta NordMali Scindeli (Fronte greco), 14 marzo 1941. Opere: “La via della
gloria, anni 20 La marcia sul mondo della Civiltà Fascista, Lineamenti su
l'ordinamento sociale dello Stato, Giuffré ed. La mistica come dottrina. Perché
siamo, A. Nicola. Perché siamo mistici. Mistica della rivoluzione. Antologia di
scritti, Il Cinabro, Longo, “I vincitori
della guerra perduta” (sezione su Giani), Edizioni Settimo sigillo, Roma.Carini,
Giani e la scuola di mistica fascista,
Mursia, Antonellis, Come doveva essere il perfetto, su storia
illustrate,Antonellis, Come doveva essere il perfetto, su storia illustrate, Tomas
Carini nella prefazione su Giani, La
marcia sul mondo, Novantico Editore, Pinerolo,Carini, Giani e la scuola di mistica, Mursia,Tomas
Carini, Giani e la scuola di mistica, Mursia, Carini, Giani e la scuola di
mistica fascista, Mursia, Tomas Carini nella prefazione su Giani, La marcia sul
mondo, Novantico Editore, Pinerolo,Grandi, Gli eroi, Giani e la Scuola di mistica,
Cfr. a tale proposito le ricerche di Enzo Laforgia, una cui sommaria sintesi è
nel sito varesenews Archiviato. Tomas Carini nella prefazione su Niccolò Giani,
La marcia sul mondo, Novantico Editore, Pinerolo, Il saggio, edito da Dottrina
Fascista, riporta in forma integra la conferenza inaugurale tenuta da Giani per
l'inaugurazione del corso per maestri della Scuola di Mistica. Cfr. a tale
proposito le ricerche di Enzo Laforgia in Aldo Grandi, Gli eroi di Mussolini,
BUR, Milano, Antonellis, Come doveva essere il perfetto, su storia illustrate, Veneziani,
La rivoluzione conservatrice in Italia, Sugarcoedizioni, Varese, Longo, Gli
eroi della guerra perduta, edizioni settimo sigillo, Roma, L'Illustrazione italiana, Grandi, Gli eroi di
Mussolini. Niccolò Giani e la Scuola di mistica fascista, cAldo Grandi, Gli
eroi di Mussolini. Niccolò Giani e la Scuola di mistica fascista, cNiccolò
Giani, La marcia sul mondo, Novantico Editore, Pinerolo, , Tomas Carini nella
prefazione su Niccolò Giani, La marcia sul mondo, Novantico Editore, Pinerolo,Marcello
Veneziani, La rivoluzione conservatrice in Italia, Sugarcoedizioni, Varese, Giani,
La marcia sul mondo, Novantico Editore, Pinerolo, , Tomas Carini nella
prefazione su Giani, La marcia sul mondo, Novantico Editore, Pinerolo, Tomas
Carini nella prefazione su Giani, La marcia sul mondo, Novantico Editore,
Pinerolo, Tomas Carini, Giani e la
Scuola di mistica, prefazione di Marcello Veneziani, Mursia, Milano, Grandi,
Gli eroi di Mussolini. Giani e la Scuola di mistica, BUR Biblioteca Univ.
Rizzoli, RaidoSpeciale Scuola di Mistica, Raido, Roma, Arnaldo M., Coscienza e dovere.
Niccolò Giani. Giani. Keywords: mistico, il mistico – la mistica del
liberalismo – la mistica del comunismo – la mistica della democrazia – la
mistica del socialismo – filosofia politica – dottrina liberale – dottrina
comunista – dottrina democratica – dottrina socialista --. Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Giani” – The Swimming-Pool Library.
Giani.
(Torino). Filosofo. Grice: “I love Giani; for one, he was less
fanatic than Nietzsche, even if it is Nietzsche’s fanaticism that attracts
Strawson! For one Giani is more careful: if ‘music’ comes from the muses, which
are Apollonian, why has Nietzsche to emphasise in a piece of bad rhetoric, that
tragedy has its birth in the ‘spirit’ of “music” – surely Nietzsche means
‘Dionysian,’ but there’s no ‘music’ in Dionysus, only noise! Trust an Italian
to correct Nietzsche on that point!” --
Appartene ad una famiglia dell'alta borghesia torinese con spiccate
inclinazioni per la musica e per l'arte: lo zio Giuseppe (Cerano
d'Intelvi) fu pittore piuttosto noto, docente all'Accademia Albertina, così
come il figlio di lui Giovanni (Torino). Si dedica al violino e condusse
contemporaneamente gli studi fino alla
laurea. Si interessa inoltre al fermento filosofico di fine Ottocento, a Spencer,
ma soprattutto Nietzsche: di Così parlò Zarathustra eavrebbe in seguito dato
una traduzione, a partire dalla seconda edizione italiana (Torino, Bocca). Si
appassiona, inoltre, al teatro musicale di Wagner, così come altri intellettuali
torinesi, e lo difende. Risale la fondazione, per opera sua e dell'amico
editore Bocca, della Rivista musicale italiana, in cui inizialmente hanno parte
preponderante gli scritti di Giani, soprattutto recensioni sul teatro musicale
contemporaneo e note sui testi poetici da musicare, anche se va probabilmente
ascritto a Giani anche l'editoriale programmatico del primo numero, all'interno
di una rivista che si propone di ospitare scritti musicologici ispirati al
metodo positivistico diffuso tra i due secoli, pur restando aperta all'apporto
di altre correnti filosofiche quali quelle dell'idealismo. In “Per l'arte
aristocratica”, dimostra le doti di polemista che lo avrebbero accompagnato per
tutta la vita: in esso si confuta un giudizio di Torchi e si afferma che la
cosiddetta "arte per l'arte" non solo non è immorale, ma è anzi la
naturale evoluzione e conclusione dello sviluppo storico di questa
manifestazione dello spirito umano. Dedica un saggio al “Nerone” di Boito,
che egli da allora considerò incondizionatamente un maestro: al tempo Boito
aveva reso pubblico il solo testo del Nerone, che venne accolto molto
vivacemente e con alterna fortuna dall'ambiente letterario italiano. La
posizione intorno al Nerone è singolare e indicativa di quali fossero i
requisiti che la cerchia di Giani e Bocca ricercava nell'opera musicale. Questa
tragedia farebbe parte del novero delle tragedie vere, quelle in cui ritmo,
suono della parola, gesto, musica concorrono alla creazione di un che di
superiore. Tuttavia, quando la musica del Nerone fu resa nota postuma, dichiara
una certa delusione. Uomo dalla cultura enciclopedica, versato con competenza
anche negli studi di letteratura, Giani cura L'estetica di Leopardi. Vede inLeopardi
il luogo in cui le immagini della sua poesia si comporrebbero in un universo
etico ed estetico coerente. All'interno della storia della critica leopardiana,
pare avvicinabile ora alla posizione di Croce, di distinzione tra il momento
della poesia e il momento della riflessione, ora a quelle positivistiche.
Singolarmente,parla di musica e dell'analogia tra il ruolo del coro greco e il
ruolo del coro nelle Operette morali solo nella conclusione, benché in termini
acuti. Avrebbe contribuito ad un ulteriore campo degli studi letterari,
quello della musica nel mondo antico. Apparve “Gli spiriti della musica nella
tragedia” -- Fin dal saggio, si richiama alla nota opera di Nietzsche, “La
nascita della tragedia dallo spirito della musica”. Giani non condivide
l'opinione di Nietzsche secondo cui il razionalismo del teatro di Euripide
avrebbe spento la portata dionisiaca della tragedia. La tragedia di Euripide
permane ad un livello musicale altissimo. Per affermare questo ricostruisce il
ruolo della musica nei testi tragici sulla base delle fonti antiche,
dedicandosi alle singole parti e forme musicali dei drammi, sempre attento a
sottolineare la valenza estetica complessiva della tragedia o melodramma, ma
nel contempo senza trascurare le posizioni metodologiche della scuola
filologica. Fino ad allora non aveva stretto profondi legami con i
musicisti coevi (eccettuato Boito), si avvicina sempre più alle compositori.
Saluta con favore Bastianelli e Pizzetti, approvandone principalmente le
posizioni estetiche e la ricerca di una certa spiritualità nella music, tipica
dei due esponenti del circolo fiorentino della Voce, ma prese le distanze ben
presto dalle loro prove compositive, in particolare dai drammi musicali di Pizzetti,
che non parvero a opere d'arte totalmente compiute. Un legame creativo e
biografico molto più stretto strinse con Ghedini, anche per via delle comuni
frequentazioni torinesi: per Ghedini, che sta ancora cercando una personale
posizione estetica e anda raggiungendo progressivamente le conquiste di stile e
di linguaggio che lo avrebbero reso famoso, Giani valse come una sorta di
pigmalione, suggerendo testi da musicare per le liriche e esaminando con occhio
critico le composizioni di Ghedini. Giani stesso fu librettista. Ridusse
L'Intrusa di Maeterlinck, musicata da Ghedini ma mai rappresentata, e scrisse
Esther per Pannain.Verso il termine della sua vita, divenne molto noto in tutta
Italia per i suoi scritti di radicale confutazione di Croce. Non era
particolarmente ostile all'idealismo di Croce, anzi considerava la teoria
dell'arte come intuizione una delle chiavi per la valutazione della creatività
anche musicale e teatrale. Tuttavia, a mano a mano che l'estetica di Croce veniva
sistematizzata dal suo stesso autore, ma soprattutto da alcuni suoi pedestri
seguaci mal tollerati dal nostro, attaccò tale concezione con il bellicoso
pseudonimo di Luigi Pagano in La fionda di Davide, criticando che in essa non
vi fosse posto per il lato tecnico e materiale della creazione e che
addirittura la stessa musica non fosse stata debitamente considerata da Croce
al medesimo livello delle altre arti che diedero lustro al passato
italiano. Il posto di Giani nella storia della musicografia è tutto
particolare.Pestalozza vi ha addirittura visto un predecessore della
“fenomenologia musicale.”In realtà, ad un attento esame quantitativo dei suoi
scritti, pare essersi dedicato assai poco a questa o quella musica in
particolare, mentre il suo contributo fu assolutamente preponderante nei temi
di estetica musicale.Fu una voce originale, fuori dal coro, che inizialmente
difese il dramma di Wagner, quindi auspice fermamente all'interno dei testi
musicati dai compositori qualità come la purezza e la letterarietà, infine spronò,
pur da lontano, i compositori ad una libertà adogmatica e ad una ricerca
continua di stile e di linguaggio, rendendoli attenti alla peculiarità della
musica, che doveva essere cosa che egli ripete spessissimo nei suoi scrittila
"figuratrice dell'invisibile", cioè l'elemento che dà corpo alle
sensazioni, alle suggestioni, alle fantasie suscitate dai testi musicati e non
immediatamente in essi esplicate. Una posizione la sua che può essere
paragonata a quella del "critico-artista" teorizzata da Wilde, che
Giani ben conosceva: un "critico-artista" nel senso di ri-creatore
dei percorsi attraverso cui la composizione è venuta alla luce, e ignoti al
compositore stesso, ma nei quali quest'ultimo riesce a identificarsi una volta
che il critico li rivela a lui e al mondo. Dispose per testamento che i
suoi libri venissero donati "ad una biblioteca di piccola Città preferibilmente
Pinerolo" e proprio presso la Biblioteca Civica "Camillo
Alliaudi" di Pinerolo ora si trovano, presso il Fondo che prese il suo
nome. Altre opera: “Per l'arte aristocratica (in proposito di uno studio
di Luigi Torchi), in “Rivista Musicale Italiana”, Il “Nerone” di Arrigo Boito,
in “Rivista Musicale Italiana”, L'estetica di Leopardi, Torino, Bocca, con lo
pseudonimo di Anticlo: Gli spiriti della musica nella tragedia greca, in
“Rivista Musicale Italiana”,Milano, Bottega di Poesia, L'amore nel Canzoniere
di Francesco Petrarca, Torino, Bocca, con lo pseudonimo di Luigi Pagano:
La fionda di Davide. Saggi critici (Boito, Pizzetti, Croce), Torino, Bocca.Dizionario
Biografico degli Italiani Cesare Botto Micca, in morte di Romualdo Giani, in
“Rivista Musicale Italiana”, Annibale Pastore, In memoria,, in “Rivista Musicale
Italiana”, Massimiliano Vajro, “Rivista Musicale Italiana”, Luigi Pestalozza,
Introduzione a «La Rassegna Musicale». Antologia, Luigi Pestalozza, Milano,
Feltrinelli, Guido M. Gatti, Torino musicale del passato, in «Nuova Rivista
Musicale Italiana». Guglielmo Berutto, Il Piemonte e la musica, Torino, in
proprio, ad vocem. Stefano Baldi, “Fotografare l'anima” -- Romualdo Giani e
Giorgio Federico Ghedini, in “Bollettino della Società Storica Pinerolese”, Paolo
Cavallo ,La vita, il fondo musicale, le collaborazioni musicologiche e gli
interessi letterari, Pinerolo, Società Storica Pinerolese, . Con contributi di
Casagrande, Baldi, Betta, Cavallo,
Balbo, Fenoglio.Romualdo Giani. Giani. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice
e Giani” – The Swimming-Pool Library.
Giannantoni
(Perugia).
Filosofo. Grice: “I love Giannantoni; for one, he believes, with me, that there
is Athenian dialectic, Roman dialectic, Florentine dialectic and Oxonian
dialectic; like me, he has explored mostly ‘Athenian dialectic,’ and he has
noted that its birth (‘nascita’) is in the ‘dialogo socratico,’ so it should
surprise nobody that I have based my philosophy on the facts of conversation!” Si
laurea a Roma sotto Calogero. In “Il dialogo di Socrate e la dialettica di
Platone” attribuisce a Socrate una concezione molto laica della divinità e
della religiosità («Religiosità, che Socrate, il quale era certamente una
personalità religiosa, intendeva in modo del tutto diverso da come comunemente
era sentita a quell'epoca»). La sua dottrina storico-filosofica si fonda sul
principio che ogni seria riflessione filosofica si debba basare su un'accurata
e rigorosa ricerca filologica delle fonti. Questo spiega l'enorme dispiego di tempo
dedicato all'elaborare la sua opera monumentale, “Reliche di Socrate” (“Socratis
et Socraticorum reliquiae”). Giannantoni ha sempre seguito il criterio di Croce
e Gramsci, secondo cui l'esposizione di un filosofo debba avvenire tramite
l'esame storico cronologico (unita longitudinale) delle sue opere, allo scopo
di prendere consapevolezza dell'evoluzione della dottrina e di separare da
questa ogni sovrapposizione interpretativa personale non adeguatamente basata
sulle fonti. Convinto dell'onestà
intellettuale come valore fondamentale cui deve rifarsi ogni interprete della
storia della filosofia, capace perciò di rinunciare di fronte alla
ricostruzione filologica dei testi anche alle proprie più profonde convinzioni
personali. Traccia un profilo “ideale” dello «storico autentico» della
filosofia, che ha il «dovere di farsi filologo rigoroso per avvicinarsi il più
possibile al mondo del filosofo da lui studiato», ben sapendo che ciò «non
basta ancora se non è accompagnato da una sensibilità filosofica e da una
consapevolezza teoretica e storica insieme. Di qui conclude il fascino di una
ricerca che, rendendoci consapevoli di una grande quantità di problemi
altrimenti inavvertiti, termina in un autentico arricchimento spirituale. Il
suo insegnamento è stato caratterizzato dalla volontà di essere semplice e
chiaro nell'espressione del pensiero considerando questo un dovere morale
dell'intellettuale nei confronti degli altri studiosi. Anche allo scopo di realizzare una scrittura
filosofica quanto più scientificamente precisa, ha compiuto studi approfonditi
sulla logica di Aristotele e sulla storia della semantica filosofica (teoria
del segno). Nella sua vita e nella
dottrina si è sempre impegnato nel mettere in pratica l'insegnamento socratico,
così come fece il suo maestro Calogero: insegnando la conversazione basatio
sulla regola d’oro: il rispetto verso il co-conversazionalista. Cura I Presocratici
di Diels e Kranz. Altre opere Aristotele: la metafisica / G. Giannantoni, W.
Kullmann, E. Lledò.[Roma] : Rai Trade, [1 DVD, Aristotele teoretico.Roma:
Istituto della enciclopedia italiana, Aristotele teoretico, interviste a
Gabriele Giannantoni, Andreas Kamp, Wolfang Kullmann, Emilio Lledó. Che cosa ha
veramente detto Socrate / G. Giannantoni.Roma: Ubaldini, Cirenaici: raccolta delle
fonti antiche e studio introduttivo / Gabriele Giannantoni.Firenze: Sansoni, Considerazioni
su un convegno militante / Epicureismo romano:
atti del Congresso internazionale: Napoli, Gabriele Giannantoni e Marcello Gigante.Napoli:
Bibliopolis, Epicuro: opere, frammenti, testimonianze sulla sua vita / Ettore
Bignone; introduzione di Gabriele Giannantoni.Bari: Laterza, La filosofia greca
dal 6. al 4. secolo / Armando Plebe, Pierluigi Donini].Milano: Vallardi;
Padova: Piccin, Le filosofie e le scienze contemporanee, Torino: Loescher, Le
filosofie e le scienze contemporanee, schede di laboratorio Francesco
Aronadio.Nuova ed.Torino: Loescher, I fondamenti della logica di Aristotele /
Guido Calogero; nuova edizione con appendici integrative di G. Giannantoni e G.
Sillitti. Firenze: La nuova Italia, Le forme classiche / Torino: Loescher, “Volpe
/ Gabriele Giannantoni.Roma: Editori riuniti, Socrate. Tutte le testimonianze:
Da Aristotfane e Senofonte ai Padri cristiani; Bari: Laterza, Aristotele.
Opere; introduzione e indice dei nomi, Roma; Bari: Laterza, Epicuro. Opere,
frammenti, testimonianze sulla sua vita; Bignone; .Bari: Laterza, I
presocratici: testimonianze e frammenti / Bari: Laterza, Profilo di storia
della filosofia, Torino: Loescher. La razionalità moderna, Torino: Loescher, Socratis
et Socraticorum Reliquiae. Collegit, disposuit, apparatibus notisque instruxit
G. Giannantoni, 2090, quattro volumi,
Bibliopolis 1991. Note Anthropine
Sophia. Studi di filologia e storiografia filosofica in memoria di Gabriele Giannantoni;
Introduzione di Francesco Adorno: per Gabriele Giannantoni: un dialogo, Editore
Bibliopolis (collana Elenchos), 2009
Deputati della V, VI, VII legislatura.
Op.cit. Bruno Centrone, ed.Bibliopolis, Enciclopedia Treccani, Bruno
Centrone, Bibliopolis , Edizioni di filosofia, ILIESI CNR La traduzione dei Presocratici da parte di
Giannantoni è stata criticata da Giovanni Reale nell'introduzione alla sua
nuova traduzione dei Presocratici del 2006, critiche riportate in due
articoli-intervista comparsi sul "Corriere della Sera" nei quali Giannantoni, di formazione gramsciana veniva
accusato come curatore della "vecchia" edizione laterziana di avervi
perpetrato «una certa manomissione del sapere filosofico», in ossequio
all'ideologia e all’egemonia culturale marxista. Interpretazioni del pensiero
di Socrate#Socrate: l'interpretazione di Giannantoni Guido Calogero La teoria sul
pensiero greco arcaico. Gabriele Giannantoni. Giannantoni. Keywords: Epicuro a
Roma -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Giannantoni” – The Swimming-Pool
Library.
Giannetti
(Albiano
di Magra). Filosofo. Grice: “I like Giannetti; for one, he is the only
philosopher I know whose first name is ‘Pascasio.’ He taught at Pisa, but not
in the tower – Oddly, while he is from Tuscany, there is a street (‘via’) in La
Spezia named after him!” – Grice: “His logic was considered heretic, at least
by the duke, who diligently expelled him from any obligation of teaching!” –
Insegna a Pisa. Quando lascio la cattedra, gli successe Grandi. Di formazione galileiana,
fu un acceso nemico dei Gesuiti. Sollecitato da Grandi, che lo aveva anche
introdotto a Newton, cura Galilei (Firenze). Rimosso da Pisa da Cosimo III de'
Medici, vi fece rientro alla morte di quest'ultimo. NC. Preti, Dizionario Biografico degli
Italiani, Memorie storiche d'illustri scrittori e di uomini insigni dell'antica
e moderna Lunigiana, Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 54, Roma,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Pascasio Giannetti. Gianetti. Keywords: implicature
corpuscolare, Isaaco Newton, Galilei, Grandi, Giannetti -- Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Giannetti: implicatura corpuscolare – The Swimming-Pool Library.
Giannetta search – another
time?
Giannone (Ischitella). Filosofo. Grice: “Giannone is an interesting
philosopher. He philosophised on the ‘citta terrena,’ which is a back-fromation
from ‘celestial city,’ and by which he meant Rome! – Then he compared men – in
their collectivity, to apes, even if ingenious ones!” “Non solo i corpi, ma, quel che è più, anche
le anime, i cuori e gli spiriti de' sudditi si sottoposero a' suoi piedi e
strinse fra ceppi e catene.” Esponente di spicco dell'Illuinismo italiano, discendente
da una famiglia di avvocati (anche se il padre era uno speziale), lasciò il
paese natale per intraprendere gli studi a Napoli. Si laurea entrando ben
presto in contatto con filosofi vicini a Vico. Fu praticante presso Argento,
che disponeva di una vasta biblioteca, la frequentazione della quale fu
essenziale per la sua formazione. I suoi interessi non si limitarono
soltanto al diritto ed alla filosofia, appassionandosi anche agli studi storici
e dedicandosi alla stesura della sua opera storica più conosciuta Dell'istoria
civile del regno di Napoli, che gli causò tuttavia numerosi problemi con la
Chiesa per il suo contenuto. Costretto a riparare a Vienna, ottenne
protezione e sovvenzioni da Carlo VI, il che gli permise di proseguire
indisturbato i suoi studi filosofici. Il suo tentativo di rientrare in
patria fu ostacolato dalla Chiesa, nonostante i buoni uffici dell'arcivescovo
di Napoli recatosi a Vienna per convincerlo a tornare a Napoli. Fu costretto a
trasferirsi a Venezia dove, apprezzatissimo dall'ambiente culturale della città,
rifiutò sia la cattedra a Padova, sia un posto di consulente giuridico presso
la Serenissima. Il governo della Repubblica lo espulse, dopo averlo
sottoposto a stretti controlli spionistici, per questioni inerenti alle sue
idee sul diritto marittimo e nonostante la sua autodifesa con il trattato
Lettera intorno al dominio del Mare Adriatico. Dopo aver vagato per
l'Italia (Ferrara, Modena, Milano e Torino), giunse a Ginevra, dove compose un
altro lavoro dal forte sapore anticlericale “Il Triregno: il regno terreno, il
regno celeste, e il regno papale, che gli costò nuovamente la persecuzione
delle alte sfere ecclesiastiche culminate con la sua cattura in un villaggio
della Savoia, ove fu attirato con un tranello. Rimasto nelle prigioni
sabaude, fu costretto a firmare un atto di abiura che non gli valse tuttavia la
libertà. Fu tenuto prigioniero nella fortezza di Ceva, dove scrisse alcuni dei
suoi componimenti più famosi. Trasferito alla prigione del mastio della
Cittadella di Torino. +“Dell'istoria civile del regno di Napoli” ebbe enorme
fortuna mentre la Chiesa ne avversò le tesi ponendola all'Indice dei libri
proibiti, comminando al filosofo una scomunica la quale obbligava Giannone a
riparare all'estero. I temi trattati nell'Istoria, sviluppati su precisi
riferimenti giuridici, forniscono una lucida descrizione dello stato di degrado
civile del Regno di Napoli, attribuendone le cause all'influenza preponderante
della Curia romana. Auspica in primis con quest'opera, «il rischiaramento delle
nostre leggi patrie e dei nostri propri istituti e costumi». Nel
Triregno, opera aspramente avversata anch'essa dagli ambienti ecclesiastici, presenta
la religione secondo un prospetto evolutivo: la Chiesa, col suo "regno
papale", si contrappone al "regno terreno" degli Ebrei ma anche
a quello "celeste" idealizzato dal Cristianesimo e il superamento del
male, che lo Stato Pontificio così incarna, si realizzerà soltanto attraverso
un cambiamento di rotta deciso, mediante ulteriore consapevolezza individuale
raggiunta dall'uomo nel corso della sua vicenda Storica. Indi teorizza uno
Stato laico capace di sottomettere l'istituzione papale, anche mediante
un'espropriazione dei beni materiali del clero. La Chiesa porta avanti una
forma di negazione di quella libertà individuale che deve essere posta come
fondamento giuridico e sociale. Al filosofo sono intestati vari istituti
scolastici, tra cui lo storico Liceo classico Pietro Giannone di Caserta,
quello di Benevento, quello di Foggia, e quello di San Marco in Lamis. Nel Capitolo settimo della Storia della
colonna infame, Manzoni dedica al Giannone ampio spazio elencandone i
numerosissimi plagi e gli errori che anche Voltaire gli rimprovera. Inizia
paragonandolo a Muratori e indicandolo come "scrittore più rinomato di
lui" , poi aggiunge un lungo elenco (e raffronto) delle opere plagiate e
degli autori, tra cui Nani, Sarpi, Parrino, Bufferio, Costanzo e Summonte:
"...e chissà quali altri furti non osservati di costui potrebbe scoprire
chi ne facesse ricerca". E conclude che se non si sa se fosse "pigrizia
o sterilità di mente", fu certo "raro il coraggio". Altre
opera: Autobiografia: i suoi tempi, la sua prigionia, appendici, note e
documenti inediti, Augusto Pierantoni, Roma, E. Perino, I discorsi storici
sopra gli Annali di Tito Livio, Apologia dei teologi scolastici Istoria del
pontificato di Gregorio Magno, “L'Ape ingegnosa” “Istoria civile del Regno di
Napoli. 1, Napoli, Giovanni Gravier); Pietro Giannone, Istoria civile del Regno
di Napoli. 2, Napoli, Giovanni Gravier, Pietro Giannone, Istoria civile del
Regno di Napoli. 3, Napoli, Giovanni Gravier, Pietro Giannone, Istoria civile
del Regno di Napoli. 4, Napoli, Giovanni Gravier, Pietro Giannone, Istoria
civile del Regno di Napoli. 5, Napoli, Giovanni Gravier, aprile . Note
Pietro Giannone, Istoria civile del regno di Napoli, Capolago,
Tipografia Elvetica, l Ibidem, note da 80 a 89 Fausto Nicolini, La fortuna di Pietro
Giannone: ricerche bibliografiche, Bari, Laterza, Marini, Il giannonismo (Bari,
Laterza). Vigezzi, PGiannone riformatore e storico. Milano, Feltrinelli, 1Giannoniana:
autografi, manoscritti e documenti della fortuna di Giannone, Sergio Bertelli,
Milano-Napoli, Ricciardi, Giuseppe Ricuperati, L'esperienza civile e religiosa
di Giannone., Milano-Napoli, Ricciardi, Mannarino, Le mille favole degli
antichi. Ebraismo e cultura europea nel pensiero religioso di Giannone,
Firenze, Le Lettere, Giuseppe Ricuperati, La città terrena di Pietro Giannone:
un itinerario tra crisi della coscienza europea e illuminismo radicale,
Firenze, Olschki, TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Vita scritta da lui medesimo, Feltrinelli, testo in versione digitale
della Biblioteca Italiana, 2003.//filosofico.net/giannone.htm. Pietro Giannone.
Giannone. Keywords: autobiografia, ego-grafia – Vico, Giannone, Genovesi –
Liguria – commento su Livio – regno terreno, regno celeste, regno papale --.
Storia di roma antica -- giannonismo. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Giannone”
– The Swimming-Pool Library.
Gioberti (Torino). Filosofo. Grice: “I like Gioberti; he published ‘Del
bene, del bello,’ suggesting they are etymologically connected, and they are:
BONUS alternates with BENE in Roman, and the dimintuvie, BENETULUS, gives
‘bellus’ – So the Roman implicature is that the ‘bello’ is a ‘little’ ‘bene’ –
or gracious, comfortable, and proportionate, rather than having to do with
‘bene’ itself. – “like bene” – and affectionate diminutive, one hopes!” –
Laureato, e parzialmente influenzato da Mazzini, lo scopo principale della sua
vita divenne l'unificazione dell'Italia sotto un unico regime: la sua
emancipazione, non solo dai signori stranieri, ma anche da concetti reputati
alieni al suo genio e sprezzanti del primato morale e civile degli italiani.
Questo primato era associato alla supremazia del Papa, anche se inteso in un
modo più letterario che politico. Carlo Alberto di Savoia lo nomina suo
cappellano. La sua popolarità e l'influenza in campo privato, tuttavia, erano
ragioni sufficienti per il partito della corona per costringerlo all'esilio;
non era uno di loro e non poteva dipendervi. Sapendo questo, si ritirò dal suo
incarico ma fu arrestato con l'accusa di complotto e bandito dal Regno sabaudo
senza processo. Andò a Parigi e Bruxelles per insegnare filosofia. Nonostante
ciò, trovò il tempo per filosofare con particolare riferimento al suo paese e
alla sua posizione. Essendo stata dichiarata un'amnistia da Carlo Alberto,
divenne libero di tornare in patria. Al
suo ritorno a Torino, fu ricevuto con il più grande entusiasmo. Rifiutò la
dignità di senatore che Carlo Alberto gli aveva offerto, preferendo
rappresentare la sua città natale nella Camera dei deputati, della quale fu
presto eletto presidente. Cadde il governo. Il re nominò Gioberti nuovo
presidente del Consiglio. Il suo governo terminò. Con la salita al trono di
Vittorio Emanuele II lla sua vita politica giunse alla fine. Ebbe un posto nel
consiglio dei ministri, anche se senza portafoglio, ma un diverbio
irriconciliabile non tardò a maturare. Fu allontanato da Torino con
l'affidamento di una missione diplomatica a Parigi, da cui non fece più
ritorno. Rifiutò la pensione che gli era stata offerta e ogni promozione
ecclesiastica, visse in povertà e passò il resto dei suoi giorni a Bruxelles,
dove si trasferì dedicandosi agli studi filosofici. I primi due licei istituiti
a Torino celebrarono uno l'opera diplomatica di Cavour (il Liceo classico
Cavour) e l'altro il pensiero, anche politico, di Gioberti (il Liceo classico
Vincenzo Gioberti). Gli scritti sono più importanti della sua carriera
politica; come le speculazioni di Rosmini-Serbati, contro cui scrisse, sono
state definite l'ultima propaggine del pensiero medievale. Anche il sistema di
Gioberti, conosciuto come “ontologismo”, più nello specifico nelle sue più
importanti opere iniziali, non è connesso con le moderne scuole di pensiero.
Mostra un'armonia con la fede che spinse Victor Cousin a sostenere che la
filosofia italiana era ancora fra i lacci della teologia e che Gioberti non e
un filosofo. Il metodo per lui è uno strumento sintetico, soggettivo e
psicologico. Ricostruisce, come afferma, l'ontologia e comincia con la formula
ideale, per cui l'Ens crea l'esistente ex nihilo. Dio è l'unico ente Ens. Tutto
il resto sono pure esistenze. Dio è l'origine di tutta la conoscenza umana (le
idee), che è una e diciamo che si rispecchia in Dio stesso. È intuita
direttamente dalla ragione, ma per essere utile vi si deve riflettere, e questo
avviene tramite i mezzi del linguaggio. Una conoscenza dell'ente e delle
esistenze (concrete, non astratte) e le loro relazioni reciproche, sono
necessarie per l'inizio della filosofia. Gioberti è, da un certo punto di
vista, un platonico. Identifica la religione con la civiltà e nel suo trattato
Del primato morale e civile degli Italiani giunge alla conclusione che la
chiesa è l'asse su cui il benessere della vita umana si fonda. In questo
afferma che l'idea della supremazia dell'Italia, apportata dalla restaurazione
del papato come dominio morale, è fondata sulla religione e sull'opinione
pubblica. Tale opera e la base teorica del neoguelfismo. In “Rinnovamento e
Protologia” si dice che abbia spostato il suo campo sull'influenza degli
eventi. La sua prima opera aveva una ragione personale per la sua
esistenza. Un amico, avendo molti dubbi e sfortune per la realtà della
rivelazione e della vita futura, lo ispirò alla stesura de “La teorica del
sovrannaturale”. Dopo questa, sono
passati in rapida successione dei trattati filosofici. La “Teorica” è seguita
dalla “Filosofia”, dove afferma le ragioni per richiedere un nuovo metodo e una
nuova terminologia. Qui riporta la dottrina per cui la religione è la diretta
espressione dell'idea in questa vita ed è un unicum con la vera civiltà nella
storia. La Civiltà è una tendenza alla perfezione mediata e condizionata, alla
quale la religione è il completamento finale se portato a termine. È la fine
del secondo ciclo espresso dalla seconda formula, l'ente redime gli
esistenti. I saggi “Del bello” e “Del buono hanno” seguito
l'introduzione. Del primato morale e civile degl'Italiani e Prolegomeni sulla
stessa e a breve trionfante esposizione dei Gesuiti, Il Gesuita moderno,
pubblicato clandestinamente a Losanna da Bonamici, ha senza dubbio accelerato
il trasferimento di ruolo dalle mani religiose a quelle civili. È stata la
popolarità di queste opere semi-politiche, aumentata da altri articoli politici
occasionali e dal suo Rinnovamento civile d'Italia, che lo ha portato ad essere
acclamato con entusiasmo al ritorno nel suo paese natio. Tutte queste opere
sono state perfettamente ortodosse e hanno contribuito ad attirare l'attenzione
del clero liberale nel movimento che è sfociato, sin dai suoi tempi,
nell'unificazione italiana. I Gesuiti, tuttavia, si sono raduttorno al Papa più
fermamente dopo il suo ritorno a Roma e alla fine gli scritti di Gioberti
furono messi all'indice. I resti delle sue opere, specialmente “La filosofia
della rivelazione” e la Prolologia espongono i suoi punti di vista maturi in
molte parti. Tutti gli scritti giobertiani, tra cui quelli lasciati nei
manoscritti, sono stati pubblicati daMassari (Torino). Il Ministero dei beni
culturali ha affidato la redazione dell'edizione nazionale all'Istituto di
Studi Filosofici "Enrico Castelli", presso l'Università La Sapienza di
Roma. Altre opera: Prolegomeni del Primato morale e civile degli italiani,
Enrico Castelli; Primato morale e civile degli italiani, Ugo Redanò; Introduzione
allo studio della filosofia, Alessandro Cortese; Teorica del sovrannaturale,
Alessandro Cortese; Del rinnovamento civile d'Italia; Vincenzo Gioberti, Del
rinnovamento civile d'Italia, Del rinnovamento civile d'Italia, Scrittori
d'Italia Bari, Laterza. Cfr. lettera di V. Gioberti a G. Leopardi in Scritti vari inediti di Giacomo Leopardi
dalle carte napoletane, Firenze, Successori Le Monnier. Gioberti visse in Rue
des marais S. Germain, hotel du Pont des Arts n° 3. In lingua latina: "dal nulla", vedi
anche la locuzione Ex nihilo nihil fit di Lucrezio. Antonio, su Sistema
Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche. Istituto Castelli-Roma
in . Anteprima disponibile su Anteprima della II edizione disponibile su
books.google. Giuseppe Massari, Vita di
Gioberti, Firenze, Antonio Rosmini Serbati, Gioberti e il panteismo, Milano, Spaventa,
La Filosofia di Gioberti, Napoli, Achille Mauri, Della vita e delle opere di
Gioberti, Genova, Giuseppe Prisco, Gioberti e l'ontologismo, Napoli, Pietro
Luciani, Gioberti e la filosofia nuova italiana, Napoli, Domenico Berti,
Di Gioberti, Firenze, Giorgio Rumi, Gioberti,
Bologna, Il mulino, Mario Sancipriano, Gioberti: progetti etico-politici nel Risorgimento,
Roma, Studium, Francesco Traniello, Da
Gioberti a Moro: percorsi di una cultura politica, Milano, Angeli, Gianluca
Cuozzo, Rivelazione ed ermeneutica. Un'interpretazione di Gioberti, Milano,
Mursia, Mustè, La scienza ideale. Filosofia e politica in Gioberti, Soveria
Mannelli, Rubbettino, Mustè, Il governo federativo, Roma, Gangemi, Alessio
Leggiero, Il Gioberti Frainteso. Sulle tracce della condanna, Roma, Aracne, Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Il
contributo italiano alla storia del Pensiero: Filosofia, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Vincenzo Gioberti. Gioberti. Keywords: estetico, il
bello, metessi, implicatura metessica – mimesi – Plato on mimesis and metexis,
protologia, ontologismo, statua all’aperto, Milano -- Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Gioberti," per Il
Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia
Gioia (Piacenza). Filosofo. Grice: “I joked with the maxim, ‘be polite’
– surely it’s difficult to make that universalisable into the conversational
categoric imperative (‘be helpful conversationally) – but apparently Italians
are less Kantian than I thought!” -- Grice: “I love Gioia; he is like me, an
economist when it comes to pragmatics – see my principle of ECONOMY of rational
effort; I studied thoroughly his fascinating account about the origin of
language, before I ventured with my pritological progressions!” Dopo gli studi
nel Collegio Alberoni veste l'abito talare, mantenendo tuttavia un orientamento
di pensiero tutt'altro che ortodosso tanto in filosofia, per l'influenza
dell'utilitarismo di JBentham, dell'empirismo di Locke e del sensismo di
Condillac, quanto in teologia per l'influenza del pensiero di
Giansenio. Il suo interesse si rivolge ben presto anche alle questioni
politiche. Vince il concorso bandito dalla Società di Pubblica Istruzione di
Milano sul tema "Quale dei governi liberi meglio convenga alla felicità
d'Italia", alla quale partecipano 52 concorrenti. La sua dissertazione, in
cui sostiene la tesi di un'Italia libera, repubblicana, retta da istituzioni
democratiche e basata su comuni elementi geografici, linguistici, storici e
culturali, prefigura, come la maggioranza di quelle presentate, l'unità
italiana, benché questa tesi non sia gradita ai francesi che in quel periodo
occupano il nord Italia. La notizia del premio ricevuto gli giunge però in
carcere. Nel frattempo è stato arrestato con l'accusa di aver celebrato a scopo
di lucro più di una messa al giorno, anche se sono in realtà le sue idee
politiche giacobine a renderlo inviso all'autorità. Viene scarcerato grazie,
forse, alle pressioni di Bonaparte, e ripara a Milano. Il Trattato di
Campoformio, con la cessione di Venezia ad Austria da parte della Francia in
cambio del riconoscimento austriaco della Repubblica Cisalpina, lo spinge però
ben presto a diventare oppositore della Francia. Dopo aver rinunciato al
sacerdozio, si impegna nella professione giornalistica fonda "Il Giornale
filosofico politico", stroncato dalla rigida censura austriaca per le
posizioni sempre più apertamente patriottiche che Gioja vi sostiene. Dalle
colonne del "Giornale Filosofico Politico" scrive una lettera aperta
al duca Ferdinando d'Asburgo-Este, in cui denuncia i danni patiti in carcere.
Bonaparte viene sconfitto dalle truppe austriache nella Battaglia di Novi
Ligure e Gioia viene arrestato nuovamente dagli austriaci, per essere
scarcerato in seguito alla vittoria francese a Marengo. Viene nominato
storiografo della Repubblica Cisalpina: l'anno successivo pubblica "Sul
commercio de' commestibili e caro prezzo del vitto" , ispirato dai tumulti
per il rincaro del pane, e "Il Nuovo Galateo". Viene rimosso dalla
carica per le polemiche seguite alla pubblicazione e alla difesa del suo
trattato "Teoria civile e penale del divorzio, ossia necessità, cause,
nuova maniera d'organizzarla" L'apprezzamento per i suoi solidi e
realistici studi di economia e di statistica, ai quali sono prevalentemente
rivolti il suo interesse e la sua attività, gli valgono però la nomina alla
direzione del nascente Ufficio di Statistica: in questa veste inizia una
febbrile attività fatta di studi corredati da tabelle, quadri sinottici,
raffronti demografici, causa di nuove ed accese polemiche e della rimozione
dall'incarico. Tale attività gli rese uno dei primi studiosi ad applicare i
concetti di Statistica alla gestione economica dei conti pubblici (ad esempio
per le tasse, gabelle, e così via). Grazie alle sue conoscenze statistiche
ed economiche elabora concetti fortemente innovativi per l’epoca che ne fanno
il precursore del moderno dibattito giuridico in materia di risarcimento del
danno alla persona con una concezione che supera la questione patrimoniale.
Notissima in medicina legale la sua regola del calzolaio, che anticipa il
concetto di riduzione della capacità lavorativa specifica: "...un
calzolaio, per esempio, eseguisce due scarpe e un quarto al giorno; voi avete
indebolito la sua mano che non riesce più che a fare una scarpa; voi gli dovete
dare il valore di una fattura di una scarpa e un quarto moltiplicato per il
numero dei giorni che gli restano di vita, meno i giorni festivi.."
. E ancora, seppur meno noti, concetti come: "Ne' casi
d'indebolimento o distruzione di forze industri, considerando il
soddisfacimento come uguale al lucro giornaliero diminuito o distrutto,
moltiplicato per la rimanente vita utile dell'offeso, noi restiamo molto al di
sotto del valore reale, giacché una forza umana può essere riguardata come
Mezzo di sussistenza Mezzo di godimento Mezzo di bellezza Mezzo di difesa
Filosofia della Statistica (libro originale) “Rendendo paralitico, per
es., l'altrui braccio destro o la mano, voi togliete al musico il mezzo con cui
si procura il vitto divertendo gli altri, al proprietario il mezzo con cui si
sottrae alla noia divertendo se stesso, alla donna il mezzo con cui
gestisce e porge con grazia, a chiunque il mezzo con cui si schernisce da
mali eventuali difendendosi". Si tratta di principi rivoluzionari
per l’epoca, forse frutto di quel particolare mix di cultura che deriva dalla
sua formazione che inizia da sacerdote e approda a concezioni rivoluzionarie; è
il primo che riesce a prefigurare nell’uomo non solo una sorta di macchina che
produce reddito, ma anche un soggetto che attraverso il lavoro realizza la
propria personalità. In Italia oltre un secolo e mezzo dopo, negli anni
’80 del novecento, in sede giuridica inizierà il dibattito sul superamento del
risarcimento del mero danno patrimoniale per tener conto degli aspetti
relazionali e dinamici della persona riassunti nel concetto di danno biologico.
Sul filone di queste tematiche gli veniva intestata a Pisa un'ssociazione
scientifica medico giuridica che raccoglie giuristi, medici legali e
assicuratori. Il "Nuovo Galateo" Testo fondamentale nella
storia dei Galatei, il "Nuovo Galateo" di Gioja fu scritto per
contribuire alla civilizzazione del popolo della Repubblica Cisalpina. Il testo
conosce ben tre edizioni. La prima si sofferma in particolar modo sulla
definizione laica di "pulitezza" – cf. Grice, ‘be polite’ -- intesa
come ramo della civilizzazione, arte di modellare la persona e le azioni, i
sentimenti, i discorsi in modo da rendere gli altri contenti di noi e di loro
stessi. È divisa in tre parti: "Pulitezza dell'uomo privato",
"Pulitezza dell'uomo cittadino", "Pulitezza dell'uomo di
mondo". Nella seconda edizione, Gioja ridimensiona il concetto di
"pulitezza" come l'arte di modellare la persona, le azioni, i
sentimenti, i discorsi in modo da procurarsi l'altrui stima ed affezione. La
vecchia ripartizione è sostituita da: "Pulitezza Generale",
"Pulitezza Particolare", "Pulitezza Speciale". Nella
terza edizione risale, a differenza dell'edizioni precedenti, enfatizza l'importanza
del concetto di "ragione sociale", considerato dall'autore il
fondamento etico del galateo che avrebbe portato felicità e pace sociale
mediante le buone maniere. Fu membro della Loggia massonica "Reale Amalia
Agusta" di Brescia, che prese il nome dalla moglie del principe Eugenio di
Beauharnais, primo Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia. A lui è intestata
la loggia N. 1114 di Piacenza all’obbedienza del Grande Oriente d’Italia.
Crollato il dominio napoleonica, Gioja produce le sue opere maggiori: il
"Nuovo prospetto delle scienze economiche”; il trattato "Del Merito e
delle Ricompense"; "Sulle manifatture nazionali";
"L'ideologia". Gli ultimi tre libri vengono messi all'Indice e il suo
fecondo lavoro è interrotto da un nuovo arresto per aver cospirato contro
l'Austria partecipando alla setta carbonara dei "Federati".
Dopo quest'ultima peripezia, nonostante i sospetti da parte del governo
austriaco, ha finalmente davanti a sé qualche anno di serenità e compone la sua
ultima opera, "La filosofia della statistica.” Nel cimitero della Mojazza
fra tante ossa ignorate dormono senza fasto di mausoleo le ceneri di Melchiorre
Gioia. Prende il suo nome il Liceo Classico di Piacenza. Rosmini, suo
avversario in politica come in religione, lo accusò di pretendere di proporre
un codice morale, fondato su principi palesemente opportunistici, mentre con
disinvoltura richiedeva sussidi e regali dai titolari del potere politico per
elogiarne le benemerenze nelle proprie pubblicazioni periodiche, e lo dichiara
pubblicamente un "ciarlatano". Altre opera: Del merito e delle
ricompense, 2, Filadelfia, s.n.,
Riflessioni sulla rivoluzione. Scritti politici, Nuovo Galateo, Il Nuovo
prospetto delle scienze economiche, Distribuzione delle ricchezze, Milano,
presso Gio. Pirotta in santa Radegonda, Melchiorre Gioia, Produzione delle
ricchezze, 2, Milano, presso Gio.
Pirotta in santa Radegonda, Consumo delle ricchezze, Milano, presso Gio.
Pirotta in santa Radegonda, Melchiorre Gioia, Azione governativa sulla
produzione, distribuzione, consumo delle ricchezze, 2, Milano, presso Gio. Pirotta in santa
Radegonda, Sulle manifatture nazionali,
Dell'ingiuria, dei danni, del soddisfacimento e relative basi di stima
avanti i tribunali civili. L’Ideologia. Filosofia della statistica. Note:
Francesca Sofia nel Dizionario Biografico degli Italiani. Ettore Rota nella Enciclopedia Italiana, Cfr.
Solmi, L'idea dell'unità italiana nell'età di Napoleone in Rassegna storica del
Risorgimento, Fonte: Francesca Sofia, Dizionario Biografico degli Italiani,
rTreccani L'Enciclopedia Italiana, riferimenti in . Vittorio Gnocchini, L'Italia dei Liberi
Muratori,Mimesis-Erasmo, Milano-Roma, Ignazio Cantù, Milano, nei tempi antico,
di mezzo e moderno: Studiato nelle sue vie; passeggiate storiche, Antonio
Saltini, Maria Teresa Salomoni, Stefano Rossi, Via Emilia. Percorsi inusuali
fra i comuni dell'antica strada consolare , Il Sole, Barucci, Il pensiero
economico di Gioia, Milano, Giuffre, Manlio Paganella, Alle origini dell'unità
d'Italia: il progetto politico-costituzionale di Gioia, Milano, Ares,Dizionario
Biografico degli Italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Nicola
Pionetti, Melchiorre Gioia: il progetto politico per un'Italia unita e
repubblicana, Piacenza, EdizioniLir, . Luisa Tasca, Galatei. Buone maniere e
cultura borghese nell'Italia dell'Ottocento, Firenze, Le Lettere, Gioia
(metropolitana di Milano). Treccani Enciclopedie on line, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. MEnciclopedia
Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario di storia, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana, . Melchiorre
Gioia, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Melchiorre Gioia, Melchiorre Gioja. Gioia. Keywords: galateo,
pulitezza, Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gioia” – The Swimming-Pool Library.
Giorello (Milano). Filosofo. – Grice:
“I like Giorello: he philosophises on evil and good – the devil wrestles with
the angel – but also on Mickey Mouse that he calls ‘topolino’ – “la filosofia
del topolino” – and perhaps ore exotically for us Oxonians, on ‘la filosofia di
Tex,’ a ‘fiumetto’ of 1948!” –Si laurea a Milano sotto Geymonat). Insegna a
Milano. Membro de la Società Italiana di Logica” e de la Societa Italiana di
Filosofia della Scienza. Giorello divise i suoi interessi tra lo studio di
critica e crescita della conoscenza con particolare riferimento alle discipline
fisico-matematiche e l'analisi dei vari modelli di convivenza politica. Dalle
sue prime ricerche in filosofia e storia della matematica, i suoi interessi si
erano poi ampliati verso le tematiche del cambiamento scientifico e delle
relazioni tra scienza, etica e politica. La sua visione politica e di stampo liberal
democratico e si ispira, tra gli altri, a Mill. Si occupa anche di storia
della scienza in particolare le dispute novecentesche sul "metodo"e
di storia delle matematiche (“Lo spettro e il libertino”). Cura “Sulla libertà”
di Mill. Ateo, filosofa in “Senza Dio. Del buon uso dell'ateismo.” Altre opere:
Opere Filosofia della matematica, Milano, L’nfinito, Milano, UNICOPLI, Lo
spettro e il libertino. Teologia, matematica, libero pensiero, Milano, A. Mondadori, Le ragioni della scienza, Roma-Bari, Laterza,Filosofia
della scienza, Milano, Jaca Book, Le stanze della ricerca, Milano, Mazzotta, Europa
universitas. sull'impresa scientifica europea, Milano, Feltrinelli, La filosofia
della scienza, Milano, R.C.S. libri & grandi opere, Quale Dio per la
sinistra? Note su democrazia e violenza, Milano, UNICOPLI, La filosofia della
scienza, Roma-Bari, Laterza, “Lo specchio del reame: riflessioni sulla
comunicazione: Longo, Epistemologia applicata. Percorsi filosofici, e Milano,
CUEM, I volti del tempo, e Milano, Bompiani,
Prometeo, Ulisse, Gilgameš. Figure del mito, Milano, Cortina, Di nessuna chiesa. La libertà del laico,
Milano, Cortina, Dove fede e ragione si incontrano?, con Bruno Forte, Cinisello
Balsamo, San Paolo, La libertà della vita, Milano, Cortina, Il decalogo. I dieci comandamenti commentati
dai filosofi, II, Non nominare il nome di Dio invano, Milano, Albo Versorio, Giulio
Giorello relatore al convegno internazionale "Science for Peace",
Milano, La scienza tra le nuvole. Da Pippo Newton a Mr Fantastic, Milano,
Cortina, Kos. Rivista di medicina, cultura e scienze umane, 4: Dio, Patria e Famiglia, Milano, Editrice
San Raffaele, Libertà. Un manifesto per credenti e non credenti, Milano, Bompiani,
Il peso politico della Chiesa, Cinisello
Balsamo, San Paolo, Viaggio intorno all'Evoluzione, Mascella, Zikkurat Edizioni
& Lab, Harsanyi visto da Giorello, Milano, Luiss University press, Lo
scimmione intelligente. Dio, natura e libertà, Milano, Rizzoli, Ricerca e
carità. Due voci a confronto su scienza e solidarietà, Milano, Editrice San
Raffaele, Introduzione a Apostolos
Doxiadis e Christos H. Papadimitriou, Logicomix, Parma, Guanda, Lussuria. La passione della conoscenza,
Bologna, Il Mulino, . Senza Dio. Del buon uso dell'ateismo, Milano, Longanesi,
. Il tradimento. In politica, in amore e non solo, Milano, Longanesi, . Premio
Nazionale Rhegium Julii Saggistica. La filosofia di Topolino, Parma, Guanda,
. Noi che abbiamo l'animo libero. Quando
Amleto incontra Cleopatra, Milano, Longanesi, TreccaniEnciclopedie on line,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Giulio
Giorello. Giorello. Keywords, implicatura speculativa – specchio e il reame: la
communicazione -- “il fantasma e il desiderio” “lo spettro e il libertino” “lo
specchio del reame” – “il libertino” “lo scimmione intelligente” -- -- Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Giorello” – The Swimming-Pool Library, Villa Speranza.
Giorgi (Cavallino).
Filosofo. Si laurea a Perugia con Givone con “L’estetico” --. studia con Seppilli
e Arcangeli Studia etnomusicologia della “Grecìa salentina”, rivalutando i
brani in "grico". Altre opere: “Pizzica e rinascita”, La Gazzetta del
Mezzogiorno”. Cura “La danza delle spade e la tarantella. Insegna a Lecce. “Le
strade che portano al Subasio passando dal Salento” (Ed. Del Grifo, Lecce), “Tarantismo
e rinascita: i riti musicali e coreutici della pizzica-pizzica e della
tarantella” (Lecce, Argo); “La danza delle spade e la tarantella: saggio
musicologico, etnografico e archeologico sui riti di medicina” (Argo, Lecce). “Pizzica-Pizzica,
la musica della rinascita. La tarantella del tarantismo e la sua resurrezione:
struttura musicale, stato dell'arte e neotarantismo” (Lecce, Pensa MultiMedia);
“L'estetica della tarantella: pizzica, mito e ritmo, Congedo Editore, Galatina);
“Pizzica e tarantismo: la carne del mito dall'etnomusicologia all'estetica
musicale, Galatina, Edit Santoro); “Il tarantismo come mito: dagli errori di De
Martino alla rivalutazione del pensiero mitico, Galatina, Congedo); “Il mito
del tarantismo: dalla terra del rimorso alla terra della rinascita, Galatina,
Congedo); “I poeti del vino, Galatina, Congedo); “La pizzica, la taranta e il
vino: il pensiero armonico, Galatina, Congedo, “La rinascita della pizzica,
Galatina, Congedo); Husserl e la Krisis,
3ª in “Segni e comprensione”, Milano); Il francescanesimo tra idealità e
storicità, 3ª in “Segni e comprensione”, Porzincula (S.Maria degli Angeli); “Il
canto popolare salentino, in Convegno Di Studi Demologici Salentini, Copertino.
F. Noviello e D. Severino, Capone, Cavallino Pierpaolo De Giorgi, Il tarantismo
secondo Schneider: nuove prospettive di ricerca, in , Quarant'anni dopo De
Martino: il tarantismo, Atti del Convegno, Galatina, La iatromusica carne del
mito: la pizzica pizzica tra etnomusicologia ed estetica musicale, in , Mito e
tarantismo Pellegrino, Pensa MultiMedia, Lecce, La pizzica pizzica immensa
risorsa culturale del Sud, in , Terra salentina: i Sud e le loro arti,
materiali del Convegno di Arnesano, La Stamperia, Leverano, Pierpaolo De
Giorgi, “Il ritorno di Dioniso” a proposito di un libro diPellegrino, in “Segni
e comprensione”, Fra aborigeni e tarantismo, in , Settimana di promozione culturale
pugliese C. Minichiello, Pensa MultiMedia, Lecce, Le tradizioni popolari nei
disegni di Nino Severino, greco, Copertino, Diario di bordo, in , La czarda e
il vento: antologia di autori salentini, G. Conte, Congedo Pierpaolo De Giorgi,
Poesia sintetica, in , Il cuore di Amleto: testi, grafiche e fotografie di
autori contemporanei salentini e ungheresi, nota introduttiva di G. Conte,
traduzioni di F. Baranyi e A. Menenti, Veszprém, Pierpaolo De Giorgi, I fogli, in
“L'Immaginazione”; Chiedendo e schiodando, La vita amico è l'arte dell'incontro
e Maestà delle volte, in Omaggio al Salento, Torgraf, Galatina, In marcia di
pace verso Assisi e Trilogia del molto e ben comunicare, in Omaggio a Maglie cuore del Salento, Torgraf,
Galatina, Fantastica pizzica, in , Salentopoesia, festival nazionale di poesia
con musica e danza, Gallipoli, Conte, Lecce, Gheriglio in disegno e preghiera,
in , Salentopoesia, festival nazionale
di poesia con musica e danza, Lecce, 5Conte, Lecce, Isola nel Trasimeno, in , Salentopoesia, festival
nazionale di poesia con musica e danza, Monteroni, Conte, Lecce, Pierpaolo De
Giorgi, S'è cambiato il mondo? e Leggeri Cieli da Leggere, in Luigi Marzo:
mostra di pittura, Spello, catalogo, Spello, Lascio un cielo di luce cinica, in
Sulle ali di Pegaso senza mai cadere. Marzo: mostra di pittura, Città della Pieve,
Tipografia Pievese, Città della Pieve 1998. Discografia Album Fantastica
Pizzica (MCDiscoexpress) Pizzica e Trance (MCDiscoexpress) Pizzica e Rinascita
(CDSorriso) Il tempo della taranta: pizzica d'autore (CDDrim) 5Pizzica grica:
to paleo cerò (CDPlanet Music Studio) Pizzica e RinascitaRistampa (CDC&M) Taranta
Taranta (CDIrma records). Pierpaolo De Giorgi. Giorgi. Keywords: il ritorno di
Dioniso; mito. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Giorgi” – The Swimming-Pool
Library.
Giorgi (Vernole). Filosofo. Grice:
“Giorgi discovered a phenomenon I often overlooked: meta-trust: ‘la fiducia
nella fiducia e, alla Parsons, la fiducia di ego con alter, e alter con ego. Grice:
“I love Giorgi, for various reasons; unlike Sir Geoffrey Warnock, or me, who
base our Kantian-type morality on trust, Giorgi recognises a very apt
distinction between trust and ‘meta-trust’ – fiduccia nella fiduccia: fiduccia
nell’altro!” Insegna a Salento. Si laurea a Roma con “il giuridico e il
deontico” – Fonda il Centro Studi sul Rischio a Lecce. Studia i sistemi
sociali. Altre opera: “Sociologia del diritto” Manuale di diritto del lavoro e
legislazione sociale” “Azione e imputazione” “La società”; “Diritto e
legittimazione” “Mondi della società” o, con Stefano Magnolo” “Filosofia del
diritto” “Futuri passati” Raffaele De Giorgi. Giorgi. Keywords. il giuridico, il
deontico, imputazione, azione, fiduzia nella fiducia. Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Giorgi” – The Swimming-Pool Library, Villa Speranza.
Giovanni (Napoli). Filosofo. Grice:
“The Italians love ‘divenire’ as in ‘being and becoming’ – but if I say Mary is
becoming a princess, ain’t Mary being?” Grice: “I like Giovanni; only in Italy,
you write an essay on Marx on cooperation and on Kelsen; and then of course an
Italian philosopher HAS to philosophise on Vico: ‘divvenire della ragione,’
Giovanni calls what I would call a critique of conversational reason!” Ha
aderito successivamente alla Rosa nel Pugno.
Simpatizzò per la monarchia e l'11 giugno 1946 fu tra coloro che presero
parte agli scontri che causarono la strage di via Medina; in seguito avrebbe
spiegato la sua partecipazione con queste parole: “Già leggevo Hegel ero
monarchico perché credevo all'unita dello Stato.” “Scappai quando la situazione
s'incanaglì». Si laurea a Napoli con la tesi “Vico: natura e ius.” Insegna a Bari. Direttore di “Il Centauro. Rivista di
filosofia". Altre opere: “L'esperienza come oggettivazione: alle origini
della scienza”; “La teoria delle classi sociali nel Capitale di Marx”; “Hegel e
il tempo storico della società borghese”; “Marx e la costituzione della
praxis”; “Marx dopo Marx” (cf. Luigi
Speranza, “Grice dopo Grice.” Impilcature: Not Grice! --; “La nottola di
Minerva”; “Dopo il comunismo”; “L'ambigua potenza dell'Europa”; “Da un secolo
all'altro: politica e istituzioni”; “La filosofia e l'Europa”; “Sul partito
democratico. Opinioni a confronto”; “A destra tutta. Dove si è persa la
sinistra?” “Elogio della sovranità politica, Editoriale scientifica, “Le Forme
e la storia. Scritti in onore di Giovanni, Napoli, Bibliopolis, La parabola di Giovanni. Biagio di Giovanni. Giovanni.
Keywords: essere/divenire – dall’essere al divenire -- divenire della ragione
conversazionale: Vico, Hegel, Marx, nottola di Minerva; monarchia – stato -- Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Giovanni: il divennire della ragione conversazionale”
– The Swimming-Pool Library, Villa Speranza.
Giraldi (Ventimiglia). Filosofo. Grice: “Only a Ligurian philosopher would
philosophise on Hegel’s real logic and lobsters!” -- Grice: Grice: “One good
thing about Giraldi is that he is from Ventimiglia and moved to Noli – the most
charming corners of Italy!” – Grice: “Giraldi calls his position ‘romatnic
essentialism;’ having born in Ventmiglia he would, wouldn’t he?”“I like
Giraldi; nobody in England would dare write “The son of Peter Pan,” but
Giraldi, otherwise known as the author of ‘Essenzialismo,’ did write ‘Il figlio
di Pinocchio’”! Il padre di Giovanni Giraldi, originario di Dolceacqua e di
estrazione contadina, dopo il servizio militare riuscì la scalata del successo
al Casinò di Monte Carlo, affermandosi anche come uomo di grande saggezza e
religiosità. La madre invece era originaria di Ventimiglia, dove Giraldi stesso
nacque e trascorse la sua infanzia. Sebbene la famiglia fosse benestante, egli
soffriva per la grande conflittualità interna, continuamente vessato dalla
sorella maggiore che non esitava ad usare violenza nei suoi confronti, mentre
la madre non faceva parola con il padre di quanto assisteva. Racconta che in
questo periodo riusciva a trovare pace solo in chiesa. Con una bugia astuta riuscì a scappare di
casa, entrando in un collegio, dunque l'anno successivo si trasferì in un altro
collegio di Roma, ove tuttavia non riuscì a trovare la tranquillità sperata. Riuscì
a compiere studi classici a Roma, iscrivendosi poi all'Università. Non
frequenta le lezioni delle materie filosofiche curricolari, ma studia per conto
proprio. Tuttavia sigue abbastanza regolarmente le lezioni di Ponzo, anche se
non era materia d'esame. Si laurea e presta servizio militare durante la
seconda guerra mondiale. Si laurea in filosofia discutendo molto animatamente
la tesi con Spirito, il quale ironizzò
sulle sue pretese di "fare una nuova filosofia". Insegna a Milano. Partendo
dalla teoria gentiliana, che vede in tutto una “mediazione”, e da quella di Consentino,
che sostiene al contrario la totale "immediatezza", afferma che anche
l'atto puro, in quanto nuovo e spontaneo, non può che nascere senza alcuna
mediazione, quindi è l'equivalente dell'immediatezza, o del sentire puro. Pertanto
prova a risolvere le contraddizioni di entrambe le posizioni in una sintesi
hegeliana che possa superare sia il “divenirismo,” sia il coscienzialismo
antidivenirista. La soluzione è che l'immediatezza sarebbe sostanziata di
mediazione, e viceversa.L'immediatezza è così colma di mediazione, perché senza
di essa sarebbe cieca e una mediazione senza una immediatezza sarebbe nulla.
Inoltre, per avere una identità distinguibile, si dovrebbe avere già dentro di
sé quanto necessario per identificarsi e per distinguersi. In Etica del sentiment, ancorando il
principio morale proprio alla sfera sentimentale, si focalizza sul sentimento
di libertà e propone nuove argomentazioni alla tesi di derivazione stoica del
sentirsi responsabili, pur entro un tutto già dato. In Gnoseologia del
Sentimento, parte proprio dalla
posizione del Consentino per ripercorrere gli itinerari di una filosofia
dell'essere indiveniente e per affrontare gli aspetti dinamici e volontaristici
dell'Io. In Filosofia giuridica espone la concezione di diritto naturale quale
sentimento fondamentale giuridico, condizione trascendentale di ogni diritto
positive. Pertanto il diritto naturale non sarebbe un codice sovrapponibile ad
altri codici, ma la precondizione che permette alle leggi positive di essere
leggi e non atti religiosi, estetici, scientifici o di altro tipo. Si occupa anche
della riflessione su temi politici. L'opera Storiografia come rettorica tende
ad inquadrare l'unitarietà artistica e scientifica della ricostruzione storica,
coerentemente con la tesi di Cicerone della historia opus oratorum maxime e con
quella aristotelica dell'entimema, in altre parole quel sillogismo retorico che
si differenzia da quello della necessità. In Epistemologia invoca una
"demitizzazione" anche delle teorie cosmologiche e scientifiche più
accreditate (l'evoluzionismo, la teoria del Big Bang, la meccanica quantistica),
poiché tenderebbero pure esse a cadere in paralogismi e contraddizioni logiche,
nonostante gli apprezzabili sforzi a riferirsi alla filosofia da parte di
alcuni notevoli scienziati. Ad esempio nota che anche i migliori epistemologi
che irridono il concetto di sostanza, di fatto, riferiscono i dati sperimentali
ad una sottintesa sostanza soggiacente. In numerose opere dedicate alla
religione, analizzata nelle molteplici forme di spiritualità, avanza la tesi
che il proprium della religione sia la soteriologia, quindi non tanto il
contenuto di una dottrina, ma la speranza di salvazione dal negativo della vita
e della morte. Il principio cardine diventa dunque la speranza, e non più la
fede, che viene ricondotta ad un ruolo funzionale alla realizzazione della salvezza. L'analisi della religiosità tenta perciò di
emanciparsi dagli usuali preconcetti filosofici: se alla religione è stato
assegnato per oggetto l'uomo immediatamente e Dio mediatamente, alla teologia
Dio si dà immediatamente e l'uomo mediatamente. Altresì in Immortalità
dell'anima mostra come sia improponibile lo sforzo di svincolare l'unità del
Pensiero con la determinazione individualizzata della persona. Il Dizionario di
Estetica e Linguistica generale, con alcune integrazioni filologiche presenti
in alcune successive pubblicazioni, alcune in Sistematica, si distingue anche
per l'attenzione dedicata all'estetica e sulle concezioni dei primitivi
"di ieri e di oggi". La proposta
avanzata per una filosofia della scelta e decisione si apre con una riflessione
sul dogmatismo e l'agnosticismo, dalle quali l'autore vuole prendere le
distanza. Non si considera dogmatico, perché il suo metodo gli consente di
aderire ad un'idea solamente dopo la caduta di ogni riserva, ma ciò non lo
porta neppure ad approdare ad una concezione scettica né agnostica, in quanto
la non possibilità di dimostrare (ad esempio l'immortalità, la vita
ultraterrena o l'esistenza di Dio) non equivale ad affermare la loro non
esistenza. Tra le numerose acquisizioni
che lo difenderebbero dalle accuse incrociate di scetticismo e agnosticismo
enumera la consapevolezza di un patrimonio di verità circa le possibilità di
pensiero; la ricchezza dell'atto di conoscenza anche nelle forme meno
esplicate; l'emancipazione dalla divisione del conoscere in intuizioni e
concetto, sensazione e concetto; la pretestuosità di coloro che esigono una
purezza del conoscere senza inquinamenti sentimentali; le aporie di una scienza
oggettivante e insieme soggettivante al massimo e dell'arte che, mentre il
mondo odierno nega il reale, si riferisce continuamente ad essa,
particolarmente nella negazione. Non
potendosi dare una irruzione nel trascendente, è tuttavia possibile affermare
la vasta pregnanza del trascendentale, in altre parole di un terreno comune per
l'esperienza e il pensiero. Si considera pertanto idealista, nel senso che non
esiste pensiero senza pensiero, spirito senza spirito, “ideato” (significato) senza
“ideante” (significans). Tuttavia, differentemente dalle posizioni di Gentili,
non crede che affatto il pensiero sia liquido, tutt'altro; proprio perché
l'idea diventa comune, e in essa il Pensiero trova la sua pace, occorre una
verità fondamentalmente ferma, non mobilizzabile. Da questi presupposti sorge
così una debita attenzione per la scelta e la decisione. Distinguendo le scelte apparenti, che sono
totalmente arbitrarie, da quelle reali, quando al termine dell'analisi si opera
con un atto di buona volontà, una decisione autentica ci si trova di fronte ad
un bivio metafisico: impossibilità di afferrare la realtà dei tre nominati
reali (Dio, Anima e Mondo) e impossibilità di negarli. Sorge appunto la
decisione autentica, cui si arriva solamente secondo una corretta formulazione di
intenti e seguendo una fine immanente ad ogni forma di scelta.
Aristotelicamente e anche kantianamente la causa finale riveste una primaria
importanza. Se ogni uomo sceglie per sé, nessuna scelta avrebbe una portata
teoretica di cogenza, ma aprirebbe le vie della libertà vera, dalla quale ne
derivano conseguenze radicali e speculazioni abissali a partire da una
decisione, che può essere quella dell'anima unica immortale, o quella del
pensiero che viene ad essere dopo la materia, o la non esistenza di Dio. Ciò
permetterebbe anche di evitare il depauperamento culturale, con una
rivitalizzazione delle esperienze antiche.
La decisione personale propende per una concezione dell'anima unitaria,
di stampo aristotelico. Se l'immortalità naturale di tomistica memoria è da lui
considerata "la più materialistica, e più grezza", preferisce pensare
ad una immortalità conseguita, oppure chiesta a Chi può donarla e concessa a
chi la chiede. Sul mondo reale fisico resta una indecisione, ma propende verso
un residuo di natura mentale, una sorta di noumeno mentale sulla scia di Kant e
Galluppi oltre il grande telone dei fenomeni. In questo caso però occorrerebbe
rapportarlo ad una mente divina, perché parlare di mondo senza Dio non avrebbe
connotazioni filosofiche. Infine, riguardo l'esistenza di Dio, punto in cui la
scelta diviene decisione pura, egli tende a negare la validità delle
dimostrazioni, pur scorgendo in esse una bella prova della potenza della mente
umana. La conclusione non è però la non esistenza di Dio, ma la non
dimostrazione della sua esistenza. Chi
ammette l'esistenza di Dio, tuttavia, deve assumere la radicalità di tale
affermazione "guardando il mondo dagli occhi di Dio" e non facendo
etsi deus non daretur. Chi prendesse la scelta teistica dovrebbe tacersi per
sempre e rinunciare ad intenderlo. Giraldi mette in risalto anche la Volontà,
definendola potenza fattiva dell'Idea, e constatandone il carattere
generativo-spermatico, per collocare in una prospettiva differente il vitalismo
dell'élan vital bergsoniano e della Wille di Schopenhauer. Questo permette di
pensare l'Idea non solo quale conoscenza filosofica, ma anche negli aspetti
attivi, vitali e di sentimento. Ad essere eroicamente divini non sono pertanto
solo i pochi giunti al massime vette di autocoscienza teoretica, ma anche gli
umili che vivono inconsapevoli della propria dignità divina, folgoranti però di
una autocoscienza morale. Bàrel Dal
punto di vista poetico, l'opera principale di Giovanni Giraldi è il Bàrel,
iniziato negli anni trenta e sorto dall'ispirazione di un progetto di Papini
esposto nell'autobiografia Un uomo finito per un poema apocalittico, mai
scritto. Altri spunti furono la lettura di Lord of the World di Robert Hugh
Benson e dell'Apocalisse. Il primo dei
tre volumi di cui si compone il Bàrel, terminato in versi nel 1937, fu
presentato a Eugenio Giovannetti de Il Giornale d'Italia, che propose come
titolo Il Dio Eroico. Gli anni seguenti, segnati dalla Seconda Guerra Mondiale,
furono l'occasione per trasporlo in prosa. Questa versione, appena terminata la
guerra, fu proposta a vari editori ma che per una serie di sfortunate
coincidenzeMondadori non disponeva della carta, e dopo alcuni anni, quando la
carta è disponibile, cambia idea sulla pubblicazione; la casa editrice Api di Mazzucchelli
nel frattempo fallìl'idea di pubblicazione venne temporaneamente accantonata.
Nel frattempo alcuni versi furono pubblicati frammentariamente. Il 1964 fu
l'anno del riordino delle due versioni in un unico libro che contenesse sia
versi, sia prosa, in uno spiccato pluristilismo sperimentale. La pubblicazione
avverrà, in tre libri, tra gli anni sessanta e gli anni settanta sotto lo
pseudonimo I. Tanarda e poi in raccolte unitarie successive. Il tema è insolito e il contenuto, con
riferimenti religiosi e culturali di ogni tipo, non è di semplice
accessibilità. Se il primo libro può essere collocato in un momento simbolico
dell'arte, il secondo è classico e il terzo romantico, nei canoni dell'estetica
hegeliana. Nel primo, Apocalisse grande, il protagonista Bàrel sovrappone le
passioni alle idee; nel secondo, La cerca di Barel, ritorna in proporzioni
umane e nel terzo, La morte degli dèi, scende negli abissi vertiginosi del
Pensiero, che la poesia tenta di inseguire. È stato tradotto anche in lingua francese
dalla poetessa e latinista Geneviève Immè dell'Pau. Altre opera: “Organon
Philosophicum”, Ironia, morale, educazione, Editrice Gheroni, Torino, “Etica
del sentiment” Edizioni di "Filosofia
dell'Unicità", Gnoseologia del sentimento, Pergamena Editrice, La
filosofia giuridica, Edizioni di "Filosofia dell'Unicità", Milano “Filosofia
della religione”. Lezioni accademiche, Edizioni di "Filosofia
dell'Unicità", Epistemologia. Una nostra riforma della Logica Hegeliana,
Pergamena Editrice, La Metafisica. Pergamena Editrice, Iesous Eléutheros. La
liberazione di Gesù: lettera sistematica ai miei figli, Pergamena Editrice, Dizionario di Estetica, Pergamena Editrice,
Studi successivi anel periodico Sistematica. Res Publica. Educazione civica,
Pergamena Editrice, Res Publica. Teoria dell'Ineguaglianza, Pergamena Editrice,
Nel Pleròma. Da Dio alla Materia, Pergamena Editrice, Storiografia come
rettorica. Autobiografia come filosofia, Pergamena Editrice, Memoriale
Ambrosiano e Memoriale Italico, Pergamena Editrice, Dio, Pergamena Editrice, Estetica
della Musica, Pergamena Editrice, scon Colloquia Edizioni. Meditazioni Hegeliane,
Pergamena Editrice, Meditazioni Platoniche, Pergamena Editrice, Capitoli sulla
Scienza Moderna, Pergamena Editrice, L'immortalità dell'anima, Pergamena
Editrice, Ricerche filosofiche La filosofia del sentimento di A. Consentino, in
Quaderni, Milano, Rabelais e l'educazione del principe, Edizioni Viola, Milano;
ora in Paideia grande. Un mistico bergamasco: Sisto Cucchi, Secomandi, Amiel
Morale, Il Saggiatore, Torino,
L'educazione dei ciechi, Armando Editore, Roma, Società e Stato da Spedalieri a
Marx, Pergamena Editrice, L'estetica
italiana nella prima metà del secolo XX : figure e problemi., Nistri-Lischi,
Pisa, Storia della pedagogia, Armando Editore, Roma "le edizioni successive alla X sono state
scempiate da interventi dell'Editoreriporta Giraldi in Sistematica). Il
pensiero politico tra Ottocento e Novecento, Pergamena Editrice, Adolfo
Ferrière. Psicologia, attivismo, religione, Armando Editore, Roma, Giuseppe
Lomabardo Radice tra poesia e pedagogia, Armando Editore, Roma, Gentile.
Filosofo dell'educazione Pensatore politico Riformatore della Scuola, Armando
Editore, Roma Raffaello Lambruschini. Armando Editore, Roma, Silvio Tissi
filosofo dell'ironia, Pergamena Editrice, Moralistica francese, Pergamena
Editrice, Saggi su Francesco di Sales, il Quietismo, La Rochefoucault, Prevost.
Filosofi teoretici e Morali, Pergamena Editrice, saggi su Condillac, Senancour,
Rensi, Hume, Camus, Barié, Galli, Lazzarini, Castelli, Capitini. Gramsci e
altri miti, Pergamena Editrice, Storia della filosofia, Trevisini Editore,
Milano L'Italia nella dittatura e nella non democrazia, Pergamena Editrice, Paideia
Grande, Pergamena Editrice, Rabelais, Rosmini, Boncompagni, Gentile. Storia del
Liberalismo nel sec. XX, Pergamena Editrice, Riviste Moltissimi saggi e studi
di politica, religione, filosofia, filologia e critica sono stati pubblicati
nelle seguenti riviste fondate da Giraldi stesso: L'Idea Liberale, Sistematica, attiva sino al .
Filologia Giovanni Michele Alberto Carrara, De fato et fortuna. Giovanni
Giraldi, Tipografia A. Ronda, Milano, Studi sul Rinascimento, Pergamena Editrice, Saggi
su: Seneca e la filologia; Petrarca viaggiatore; Leonardo scrittore; Le fonti
del Pontano lirico; Gli errori di Dante in un poema umanistico inedito; Il
Rinaldo di T. Tasso; Il T. Tasso corregge il Floridante; Rime inedite di Cecco
d'Ascoli. G. M. A. Carrara, I, Giovanni
Giraldi, Pergamena Editrice,G. M. A. Carrara,
II, Armiranda. Inedito umanistico, Giovanni Giraldi, Pergamena Editrice,
Commedia inedita, testo latino e traduzione G. M. A. Carrara, III, De choreis Musarum, Pergamena Editrice,
1984. Testo sistematico latino. Segue un Saggio monografico sull'umanista. G.
M. A. Carrara, IV, Sermones
objurgatorii, Pergamena Editrice, Sui tragici greci. Da mio diario filologico,
Pergamena Editrice, Filologia. Teoria e saggi, Pergamena Editrice. Su Dante con
verità, Pergamena Editrice, Il Manzoni, in Sistematica, Pergamena Editrice, Gesù,
Pergamena Editrice, . Poesia e prosa d'arte Collana dei "Tredici". La
Scala, novelle e poesie; Casa Editrice Mutarsio, Torino Bàrel. I. Apocalisse
grande, La cerca di Bàrel, La morte degli dèi; Pergamena Editrice.
Hendecasyllabi aliaque scripta, Pergamena Editrice, L'aragosta. Romanzo Ligure,
Pergamena Editrice, Il figlio di Pinocchio, Pergamena Editrice, Fratelli
Frilli, Il dono delle Muse. Cento novelle,
Pergamena Editrice, Quadri Intemelii, Pergamena Editrice, Miniature. Codex
aureus, Codex recens. Codex quadraticus, Pergamena Editrice, Cento tavole,
alcune con testi latini parzialmente editi in Hendecasyllabi. Il Codex recens
presenta soggetti del Bàrel; il Codex aureus è a soggetto libero e vario; il
Codex quadraticus comprende le figure degli scacchi. Con rubriche annesse che
spiegano tempi, temi, tecniche. Pergamene Musa latina, Pergamena Editrice, Il ramo d'oro, Pergamena Editrice, Scritti in
Italiano, Latino, Francese, Romanesco, Biblico. Profili di gente nel mio tempo,
Pergamena Editrice, 1993. Splendido novellare, Pergamena Editrice, Cento
racconti e novelle. Musis amicus, Pergamena Editrice, Versi e prose in Latino.
Mimì o E tutto è amore, Pergamena Editrice, Sorridono i gigli. Liriche e
restauro filologico di Saffo, Pergamena Editrice, Tevere amico, Pergamena
Editrice, Pedagogia e Filosofia esposte nel dialetto Romanesco da un popolano
di Trastevere. Paradiso, Pergamena Editrice, Faust mediterraneo, Pergamena
Editrice, Atlantidos persis, Pergamena Editrice, François Villon, Il
Testamento, traduzione e saggio critico Giovanni Giraldi, Pergamena Editrice, Amitiés
françaises, Pergamena Editrice, Nel Sublime, Pergamena Editrice, Il mio
Ponente, Pergamena Editrice, . Letture belle, Pergamena Editrice, . Piero
Pastorino, Pinocchio, un figlio nato da una bugia, in La Repubblica, sez.
Genova. «Giraldi, nato a Ventimiglia,
docente universitario a Milano di Storia generale della filosofia, è stato
ripetutamente consulente all'Accademia di Svezia per il conferimento dei Nobel
per la letteratura. Ha al suo attivo un dizionario di estetica e linguistica,
una storia della pedagogia e ha scritto novelle raccolte in due volumi. Vive a
Noli, di cui è cittadino onorario.». Piotr
Zygulski, È morto Giraldi, filosofo liberale, in Termometro Politico Giraldi37.
Giraldi43. Pierre-Philippe Druet,
Giovanni Giraldi, Silvio Tissi, filosofo dell'ironia, Revue Philosophique de
Louvain, John Dudley, Giovanni Giraldi,
Sui tragici greci. Dal mio diario filologico, Revue Philosophique de Louvain, Giraldi,
Giovanni, Da "Autobiografia come filosofia" (Milano) e pagine
integrative in Sistematica, Milano, Pergamena, Angelo Grimaldi, Illuministi
inglesi e francesi, in Disegno storico del costituzionalismo moderno, Roma,
Armando, Giancarlo Ottaviani, La scuola del Risorgimento. Cinquant'anni della
scuola italiana 1860-1910, Roma, Armando, Giovanni Semerano, La favola
dell'indoeuropeo, Milano, Paravia Bruno Mondadori. Giovanni Battista Giraldi. Giradi.
Keywords. essenzialismo, essenzialismo romantico, storia della filosofia
romana, etica del sentimento, autobiografia come filosofia, mio ponente, filosofia
ligure, ‘l’aragosta’ – romanzo ligure -- Riviera di ponente -- Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Giraldi” – The Swimming-Pool Library.
Girgenti
(Girgenti).
Filosofo. Grice: Ritter thinks Girgenti is related to the Velia – and Pareto to
the Crotone – so it’s amazing that Bruto never liked those three Greeks of the
Athenian embassy seeing that most pre-Platonic philosophy came from Magna
Grecia, that is, Italy! Some must have remained in the genes!” -- Grice: “I
like Girgenti; obviously Mussolini didn’t!” Grice: “I love Girgenti – he
philosophised in verse, not prosa – rhyme being unexistant, it was all about
the metre – he talks of ‘amicizia,’ which is none other than Love that unites
all things! And then he fell in the Etna!” “Mussolini thought it was rude of
the Girgentians to call their land ‘Girgenti,’ so he formulated a
self-referential ‘decretto’: “From now on, Girgentians shall be called
Agrigentians.’” Peano objected: “Your decree is self-contradictory or invokes a
vicious regressus ad infiniutum!” -- filosofo italiano. Siceliota. Nacque da una famiglia antica, nobile e ricca di Girgenti.Come
suo padre Metone, che ebbe un ruolo importante nell'allontanamento del tiranno
Trasideo, egli partecipò alla vita politica della città, schierandosi dalla
parte dei democratici e contribuendo al rovesciamento dell'oligarchia formatasi
all'indomani della fine della tirannide, un governo chiamato dei
"Mille". La tradizione gli attribuisce
uno spirito severo verso gli aristocratici. Dai suoi nemici fu poi esiliato nel
Peloponneso. Tra i suoi discepoli vi fu anche Gorgia. Successivamente
Empedocle abolì anche l'assemblea dei Mille, costituita per la durata di tre
anni, sì che non solo appartenne ai ricchi, ma anche a quelli che avevano
sentimenti democratici. Anche Timeo
nell'undicesimo e nel dodicesimo libro - spesso infatti fa menzione di lui -
dice che Empedocle sembra aver avuto pensieri contrari al suo atteggiamento
politico. E cita quel luogo dove appare vanitoso ed egoista. Dice infatti:
'Salve: io tra di voi dio immortale, non più mortale mi aggiro'. Etc. Nel tempo
in cui dimorava in Olimpia, era ritenuto degno di maggiore attenzione, sì che
di nessun altro nelle conversazioni si faceva una menzione pari a quella di
Empedocle. In un tempo posteriore, quando Girgenti era in balìa delle contese
civili, si opposero al suo ritorno i discendenti dei suoi nemici; onde si
rifugiò nel Peloponneso ed ivi morì. Si iscrisse alla Scuola di Crotone,
divenendo allievo di Telauge, il figlio di Pitagora. Seguì la dieta pitagorica e
rifiutò i sacrifici cruenti. Secondo la leggenda, dopo una vittoria olimpica
alla corsa dei carri, per attenersi all'usanza secondo cui il vincitore doveva
sacrificare un bue, ne fece fabbricare uno di mirra, incenso ed aromi, e lo
distribuì secondo la tradizione. Secondo altri seguì gli insegnamenti di
Brontino e di Epicarpo. La sua oratoria brillante, la sua conoscenza
approfondita della natura, e la reputazione dei suoi poteri meravigliosi, tra
cui la guarigione delle malattie, e il poter scongiurare le epidemie, hanno
prodotto molti miti e storie che circondano il suo nome. coppiata una
pestilenza fra gli abitanti di Selinunte per il fetore derivante dal vicino
fiume, sì che essi stessi perivano e le donne soffrivano nel partorire, pensò
allora di portare in quel luogo a proprie spese le acque di altri due fiumi di
quelli vicini. Con questa mistione le acque divennero dolci. Così cessa la
pestilenza e mentre i Selinuntini banchettavano presso il fiume, apparve
Empedocle; essi balzarono, gli si prostrarono e lo pregarono come un dio. Volle
poi confermare quest'opinione di sé e si lanciò nel fuoco. Si diceva che fosse
un mago e capace di controllare le tempeste, e lui stesso, nella sua famosa
poesia Le purificazioni sembra avesse affermato di avere miracolosi poteri,
compresa la distruzione del male, e il controllo di vento e pioggia. I
sicelioti lo veneravano come profeta e gli attribuivano numerosi
miracoli. Le numerose testimonianze che riguardano la sua biografia sono
alquanto discordanti e non consentono di attribuire un'identità precisa alla
sua figura. A conferma di ciò sono le numerose leggende sul suo conto. I suoi
amici e discepoli raccontano ad esempio che alla morte, essendo amato dagli
dèi, fu assunto in cielo. Mentre Eraclide Pontico, Luciano di Samosata e
Diogene Laerzio sostengono che si suicidò gettandosi nel cratere dell'Etna. Il
vulcano avrebbe eruttato, dopo qualche istante, uno dei suoi famosi sandali di
bronzo.In realtà non sappiamo neanche se sia morto in patria o forse nel
Peloponneso. Si afferma che visse fino all'età di 109. Una biografia di Empedocle
scritta da Xanto, suo contemporaneo, è andata perduta. A Empedocle la
tradizione attribuisce numerose opere, fra cui anche alcuni trattati – sulla
medicina, sulla politica e sulle guerre persiane – e tragedie. A noi sono
giunti però solo frammenti dei due poemi: “Sulla natura” e “Purificazioni”. Di
“Sulla natura”, di carattere cosmologico e naturalistico, sono rimasti circa
400 frammenti. Delle “Purificazione”, di carattere teologico e mistico, abbiamo
poco meno di un centinaio. Il timore di Girgenti appare fin dalle prime righe
di “Sulla natura”. “O dèi, stornate dalla mia lingua follia di argomenti,
e da sante labbra fate sgorgare una limpida sorgente, e a te, musa agognata, o
vergine dalle candide braccia, io mi rivolgo. Ciò che spetta agli effimeri
ascoltare, tu porta, guidando avanti il carro ben governato dell'amore devoto.
Ma non ti turbi il cogliere fiori di nobile gloria fra i mortali con un
discorso, ricolmo di santità, che sia ardimentoso; e allora tu giunga leggera
alla vetta della saggezza. La filosofia di Empedocle si presenta come un
tentativo di combinazione sintetica delle precedenti dottrine ioniche,
pitagoriche, eraclitee e parmenidee. Distingue la realtà che ci circonda,
mutevole, dagli Quattro elementi primi, immutabili, che la compongono. Chiama
tali elementi "radici", non nate ed eternamente uguali e afferma che sono in tutto solo quattro,
associando ognuno di essi a un particolare dio, sulla base di concezioni
orfiche e misteriche proprie dei riti iniziatici allora in uso presso la
Sicilia. I quattro elementi (e i rispettivi dèi associati) dunque sono:
fuoco (Giove), aria (sua moglie, Era), terra (Edoneo), ed acqua (Nesti). L'unione
delle quattro radici (Giove-Era-Edoneo-Nesti) determina la nascita di una cosa.
Si tratta perciò dell’ *apparente* nascita di una cosa, dal momento che
l'Essere (le quattro radici) non si crea. “Ma un'altra cosa ti dirò: non vi è
nascita di nessuna cosa. Solo c'è mescolanza.” In questo modo, i primi principi si empiono
così dell'essenza e del soffio vitale del potere divino. In Empedocle, Amore
(Φιλότης) e la «natura divina che tutto unisce e genera la vita. Are, o Marte, e
il dio del conflitto. Per Empedocle, l'uomo, essendo di origine divina,
raggiunge la vera felicità che quando si riune alla compagnia di Deo. Accanto
alle quattro "radici", e motore del loro divenire nei molteplici cose
della realtà, si pongono due ulteriori principi: Amore ed Odio (Discordia,
Contesa). Amore ha la caratteristica di "legare", "congiungere",
"avvincere" («Amore che avvince.” L’Odio ha la qualità di
"separare", "dividere" mediante la
"contesa". Così Amore
nel suo stato di completezza è lo Sfero, immobile, uguale a se stesso e
infinito. Amore è Dio e le quattro "radici" le sue
"membra", e quando Odio distrugge lo Sfero, tutte, l'una dopo
l'altra, fremevano le membra del dio. Infatti sotto l'azione dell'Odio, presente
alla periferia dello Sfero, le quattro radici si separano dallo Sfero perfetto
e beante, dando origine al cosmo e alle sue creature viventi. Prima bi-sessuate
e poi sotto l'azione determinante di Odio, si differenziano ulteriormente in
maschi e non-maschi, e ancora in esseri mostruosi e infine in membra isolate. Alla
fine di questo ciclo, Amore riprende l'iniziativa e dalle membra isolate,
nascono esseri mostruosi e a loro volta maschi e non-maschi, poi esseri bi-sessuati
che finiscono per riunirsi, con le quattro radici che li compongono, nello
Sfero. Nelle Purificazioni, sostiene la metempsicosi, affermando l'esistenza di
una legge di natura che fa scontare agli uomini le proprie colpe attraverso una
serie continua di nascite, tramite cui l'anima, di origine divina, trasmigra da
un essere vivente all'altro. In questo poema gli esseri viventi, parti
costitutive dello Sfero di Amore divengono dèmoni errando nel cosmo. “È
vaticinio della Necessità, antico decreto degli dèi ed eterno, suggellato da
vasti giuramenti: se qualcuno criminosamente contamina le sue mani con un
delitto o se qualcuno per la Contes abbia peccato giurando un falso giuramento,
i demoni che hanno avuto in sorte una vita longeva, tre volte diecimila
stagioni lontano dai beati vadano errando nascendo sotto ogni forma di creatura
mortale nel corso del tempo mutando i penosi sentieri della vita. L'impeto
dell'etere invero li spinge nel mare, il mare li rigetta sul suolo terrestre,
la terra nei raggi del sole splendente, che a sua volta li getta nei vortici
dell'etere: ogni elemento li accoglie da un altro, ma tutti li odiano. Anch'io
sono uno di questi, esule dal dio e vagante per aver dato fiducia alla furente
Contesa.” L'Amore non interviene nella storia delle peregrinazioni del demone decaduto?
Con ogni probabilità, è l'Amore stesso che ci parla in questo frammento.
L'"io" dei due ultimi versi è l'autore del poema. Ma è anche, se
andiamo più a fondo, l'Amore. I demoni esiliati lontano dagli dèi saranno
allora dei frammenti espulsi dalla massa centrale dell'Amore e condannati a
errare tra i corpi cosmici sotto l'influenza separatrice del suo nemico, la
Discordia. Quando le parti dell'Amore che sono i demoni si riuniscono
nell'unità immobile della sfera, il mondo stesso diviene un essere vivente. Sotto l'influenza di Amore il mondo stesso si
trasforma in dio. Questa concezione conduce al rifiuto assoluto dei sacrifici,
poiché in ogni essere vivente vi è un'anima umana, che sta compiendo il suo
ciclo di reincarnazione. Se nel corso di questo ciclo l'anima si è comportata
secondo giustizia, al termine potrà tornare nella sua condizione divina. Dal
che, come Pitagora, anche a Empedocle ripugnano i sacrifici animali e
l'alimentazione carnea. “Onde, uccidendoli e nutrendoci delle loro carni,
commetteremo ingiustizia ed empietà, come se uccidessimo dei consanguinei; di
qui la loro esortazione ad astenersi dagli esseri animali e la loro
affermazione che commettono ingiustizia quegli uomini «che arrossano l'altare
con il caldo sangue dei beati», ed Empedocle dice in qualche luogo: Non
cesserete dall'uccisione che ha un'eco funesta? Non vedete che vi divorate
reciprocamente per la cecità della mente?” “Il padre sollevato l'amato figlio,
che ha mutato aspetto, lo immola pregando, grande stolto! e sono in imbarazzo
coloro che sacrificano l'implorante; ma quello sordo ai clamori dopo averlo
immolato prepara l'infausto banchetto nella casa. E allo stesso modo il figlio
prendendo il padre e i fanciulli la madre dopo averne strappata la vita mangiano
le loro carni.” Rispetto alla sua precedente opera vi sono delle contraddizioni
che è stato difficile per i suoi esegeti conciliare. Ad esempio, ad una visione
naturalistica del poema Sulla natura si contrappone la teoria della
reincarnazione delle Purificazioni: nel primo scritto l'anima è anche detta
mortale, mentre è definita immortale nel secondo. C'è chi ha spiegato tali
incongruenze con la versatilità di Empedocle, scienziato e profeta al tempo
stesso, medico e taumaturgo. C'è invece chi ha ipotizzato una paternità diversa
delle due opera. Uno dei busti ritrovati nella Villa dei Papiri a Ercolano,
identificato dapprima come Eraclito, solo più recentemente con Empedocle. Lo
stile di Empedocle viene lodato dagli antichi. “Dicantur ei quos physikoús
Graeci nominant eidem poetae, quoniam Empedocles physicus egregium poema
fecerit» «Siano pure detti poeti anche coloro che i greci chiamano fisici,
dal momento che il fisico Empedocle scrisse un poema egregio» (Cicerone,
De Oratore 1, 217) «padre della retorica» (Aristotele fr. 1, 9, 65)
Lucrezio (De rerum natura 727 ss.) lo prende addirittura come modello.
Renan lo definisce «uomo di multiforme ingegno, mezzo Newton e mezzo
Cagliostro» Gli viene intitolato il Regio Liceo Classico di Girgenti, dove studiarono,
fra gli altri, Pirandello e Camilleri. Secondo le discordanti fonti sulla
vita di Empedocle la cronologia andrebbe fissata tra il 484-1 e il 424-1.Cfr.
Gabriele Giannantoni, I presocratici. Roma-Bari). Secondo Bignone (“Empedocle”,
Torino) Empedocle sarebbe vissuto tra il 492 a.C. e il 432 a.C. Anche Robin
ritiene che la sua vita sembra sia scorsa tra il primo decennio del secolo V e
il 430 circa. Schiefsky ritiene che Empedocle sia nato nel 490 a.C. e morto nel
430 a.C. Platone, Parmenide, 127 B
Platone, Parmenide, 127 C.
Diogene Laerzio, VIII. 51 Diogene
Laerzio, VIII. 73. Timeo, ap. Diogene
Laerzio, VIII. 64, comp. 65, 66.
Aristotele ap. Diogene Laerzio, VIII. 63; cfr. Timeo, ap. Diogene
Laerzio, 66, 76. Diogene Laerzio, VIII,
66, 67. Mannucci, La cena di Pitagora,
Carocci editore. Satiro, ap. Diogene Laerzio, VIII. 78; Timeo, ap. Diogene
Laerzio, 67. Diogene Laerzio, VIII. 60,
70, 69. Plutarco, de Curios. Princ.,
Adv. Colote, Plinio, HN XXXVI. 27, e altri.
Così nella letteratura antica, come riferisce Bertrand Russel nella sua
Storia della filosofia occidentale, citando un poeta anonimo: «Grande Empedocle
che, l'anima ardente, saltò in Etna, ed è stato arrostito intero». Diogene Laerzio, VIII. 67, 69, 70, 71;
Orazio, ad Pison. 464, ecc. Ippoboto riferisce che egli, levatosi, si diresse
all'Etna e, giunto ai crateri di fuoco, vi si lanciò e scomparve, volendo
confermare la fama che correva intorno a lui, che era diventato dio.
Successivamente fu riconosciuta la verità, poiché uno dei suoi calzari fu
rilanciato in alto. Infatti, egli era solito usare calzari di bronzo.”
(Diogene Laerzio, Vite dei Filosofi, 8.68-69). Cfr. anche Eraclide Pontico, fr.
83 Wehrli. “E questo tutto abbrustolito chi è? - Empedocle. Si può sapere
perché ti gettasti nel cratere dell'Etna? Per un eccesso di malinconia. No: per
orgoglio, per sparire dal mondo e farti credere un dio. Ma il fuoco rigettò una
scarpa e il trucco fu scoperto. (Luciano di Samosata, I dialoghi). Timeo ci
attesta esser lui finito di morte naturale. Dicono alcuni che trovandosi egli
in Messina a cagion di una festa sia ivi caduto da un carro, e rottasi la
coscia, sia morto. Credono altri che in mare naufragasse: altri che si fosse strangolato
da sé. Scinà, Memorie sulla vita e filosofia d'Empedocle gergentino, GERENTI –
no GIRGENTI -- ed. Lo Bianco, Palermo – empedocle gergentino -- Apollonio, ap.
Diogene Laerzio, VIII. 52, comp. 74, 73.
Wolfgang Haase, 2, Principat ; 36, Philosophie, Wissenschaften, Technik
6, Philosophie (Doxographica [Forts.]), ed. Walter de Gruyter, Franco Volpi,
Dizionario delle opere filosofiche, Bruno Mondadori). Jori, Empedocle in
Dizionario delle opere filosofiche, Milano, Bruno Mondadori. Avverte infatti il
Jaeger. Dobbiamo guardarci dal prendere per pura metafora poetica l'espressione
della religiosità che lo trattiene dal seguire sino in fondo i predecessori
troppo sicuri di sé.” Cardin, Empedocle, in Enciclopedia filosofica, Milano, Bompiani,
Reale, Storia della filosofia greca e romana, vol.1 p.213 D-K 31 B 7.
D-K 31 B 17 Kingsley, Misteri e
magia nella filosofia antica. Empedocle e la tradizione pitagorica, Il Saggiatore,
In corrispondenza con le quattro primarie anti-tesi del caldo (fuoco), del
freddo (aria), dell'asciutto (terra), e dell'umido (acqua). Le quattro radici di
Empedocle risultano essere poi i quattro elementi di Aristotele e Tolomeo. Edoneo è un appellativo proprio del dio degli inferi
Ade, cfr. in tal senso Esiodo Teogonia, 913; o anche inno omerico A
Demetra. Forse si riferisce a Persefone;
per una dotta riflessione su questo nome, certamente un teonimo poco
conosciuto, si rimanda a Gallavotti in Empedocle, Poema fisico e lustrale,
Milano, Mondadori/Lorenzo Valla. Secondo Empedocle (B 62; 63) i due sessi (maschi,
non-maschi) furono determinati dalla separazione di creature "di natura
integra", che si erano a loro volta evolute da forma di vita più
primitive. Un papiro di recente ritrovamento, contenente aforismi di Empedocle,
ha consentito tuttavia di integrare le due versioni, portando a ritenerle
complementari. Le due opere, quindi, farebbero forse parte di uno stesso
trattato o poema filosofico. In tempi più recenti, è stata avanzata l'ipotesi
che si tratti di Empedocle gergentino. Tale proposta trova conforto sia nella
notizia di Diogene Laerzio in merito alla folta chioma del personaggio sia alla
specifica collocazione del bronzo all'interno della villa dove faceva pendant
con il bronzo raffigurante Pitagora (inv. 5607), che fu suo maestro» (Museo
archeologico Nazionale di Napoli. “Sulle
origini”. Ne conservavamo trecentocinquanta versi.”Martin ha consegnato
complessivi settantaquattro esametri dei quali venticinque coincidono con
quelli già posseduti. “Ma da ogni parte
è uguale a se stesso, e ovunque senza confini, lo sfero rotondo che gioisce di
avvolgente solitudine.» (Empedocle, D-K 31 B 28, Poema fisico e Lustrale,
Milano, Mondadori, 1975. Tonelli, Empedocle di Agrigento. Frammenti e
testimonianze. “Origini,” “Purificazioni,” con i frammenti del papiro di
Strasburgo” (Milano: Bompiani). Bignone, Empedocle. Studio critico, traduzione
e commento delle Testimonianze e dei Frammenti, ristampa, Roma, L'Erma di
Bretschneider, [Torino: Bocca]. Colli, Empedocle, Pisa, La Goliardica, Traglia,
“Studi sulla lingua di Empedocle” Bari, Adriatica, Bodrero, “Il principio
dell’amore nella filosofia d’ Empedocle” Roma, G. Bretschneider, La lingua di
Empedocle, Bari, Levante, Volpi, Empedocle: i suoi misteri rivelati in una
biblioteca, 13 novembre 1996. Empedocle
di Agrigento (PDF), su Università di Milano,1.
Filosofi: Empedocle, scoperto papiro a Strasburgo. Per gli studiosi è
l'unica testimonianza diretta, Strasburgo, Adnkronos, Pigliando il nostro
Empedocle a trattar le cose naturali , cui sopra d'oga ' altro in tendea , ebbe
egli a sdegno di seguir set ta e maestro . E come egli era franco di animo , e
grande d'ingegno; così immagi nò giusta la moda de' tempi , e l' usanza de' filosofi
un sistema novello . Questo di vulgato gli acquistò tal fama , ch'emulo ei
divenne per gloria e per sapere de' fisici più famosi di sua età Democrito e
Anassa gora . I Greci di fatto accolsero con ammi razione i suoi belli poemi ;
e chi vennero poi ricordarono con onore Empedocle e i pensamenti di lui .
Incerta fra tanto , manca , é corrotta è venuta la sua dottrina sino a noi .
Man cate per l'ingiuria de' tempi le opere del nostro Gergentino , chi ha
voluto conoscer ne lo spirito , è stato costretto di rintrac 6 ciarlo presso
gli storici dell'antica filosofia . I quali non ebbero affatto cura di notare
il vincolo , con cui destramente iva quegli legando i suoi pensieri . Anzi
costoro così disparati li rapportano , che si possan te nere non altrimenti che
rottami , da' quali non si pud il disegno ricavar dell'edifizio , cui prima
apparteneano . Però eglino non che han male e tortamente fatto conoscere Ja
fisica d'Empedocle ; ma nè pur bene e dirittamente apprezzare la forza e la
virtir della sua mente . Giacchè l'eccellenza de' sistemi è riposta nell' union
delle parti , che si rispondon tra loro ; e da questo le. game si misura
l'ingegno di chi l'hanno inventato . Empedocle inoltre scrisse in versi , e
‘abbellì le sue idee , come fanno i poeti . Per lo che pigliando alcuni
letteralmente le finzioni della sua fantasia gli apposero o pinioni assurde e
grossolane . Illusi altri dal le immagini poetiche , che per lo più sono
equivoche , travidero ; e più presto ci tra mandarono le loro illusioni , che i
pensa - 7 menti del nostro filosofo . Varie di fatto so . no le forme , sotto
cui ci presentano Em pedocle gli antichi e i moderni scrittori . Ora egli è
dualista , e ora è scettico : ora pla tonizza ', e or favoleggia : e non ha
gnari fu , non so come , anche gridato qual pre cursore di Newton ( 1 ) .
Sicchè Empedocle , tra biasimato , lodato , e sfigurato , è stato sempre mal
conosciuto , e sempre calunniato . Volendo adunque richiamare in luce la
filosofia di lui , ho cercato e raccolto i frammenti de' suoi poemi , che per
avvene. tura ci restano , e sparsi qua e là si leg gono presso diversi
scrittori . Coll ' ajuto di questi , che sono gli onorati avanzi della sua vera
fisica , son ito raccapezzando pri e poi restituendo la sua filosofia , Per chè
tra le opinioni , che gli storici appon gono ad Empedocle , ho quelle scelto ,
che ben s'adattano , e naturalmente si legano colle idee , le quali si traggono
da? fram menti di lui , e le altre rigettato , che a queste si disdicono , o ne
sono contrarie . Ho fatto in somma ciò , che suol praticara ma 8 si da chi
'voglioso di restaurare un'antica statua o colonna raccoglie e mette insieme
que' pezzi ,, che tra loro s' incastrano , e ben si connettono . Questo metodo
che stimerà diritto chiunque non è privo di senno , deve specialmente poter
convenire ad Empedocle . Poichè Aristotile ci atte sta : colui più che altro
fisico della sua età , aver detto delle cose , ch' eran tra loro ben legate e
concordi ( 2 ) . Ho quin di fatto ogni sforzo per richiamare alla sua purezza e
integrità la dottrina del nostro filosofo quando da lui stesso , quando dall'
autorità degli antichi scrittori , sempre met. tendo in accordo le idee , che
si traggono da questi e da quello . Però non è da ma ravigliare , se con sì
fatto accorgimento , ab. bia liberato il nostro fisico di non poche assurdità ,
e se mi sia venuto fatto d'ab bozzare almeno il vero sistema di lui . La prima
origine , e i primi elementi delle cose , sono , per quanto pare , fuori la
sfera del nostro intelletto , perchè oltre: passano la sfera de' nostri
sentimenti . Pure . i Greci , cominciando da Talete , s' occupa ron tutti in si
fatta vana ricerca , e tutti si smarrirono . Alcuni degli Jonici coll'acqua ,
altri coll' aria , altri col fuoco formaron le cose , e fabbricarono presto
l'universo . Non così piacque a Parmenide , e a Pittagora . Costoro , lasciato
il mondo materiale , come indegno delle loro meditazioni , si misero per strade
diverse in un mondo astratto ed intellettuale . Parmenide spiritualizzò l'u
nico elemento degli Jonici ; e pose unica , e terna , immutabile sostanza . Uno
è tutto , dicea egli, e tutto è uno ; sicchè le mu tazioni della materia non
altro eran per lui', che modi e semplici apparenze . Pit tagora dal mondo
materiale rifuggi alla Geo metria . E se bene questa scienza non fos che un
parto della nostra mente ; pú re l’ehbe quegli , non si sa come , per lo
modello , e 'l vero esemplar dell'universo . Però nella Geometria leggeya i
rapporti e le proporzioni , che debbono aver le co se , ch'eran materiali ; e
vide nell'unità i primi e veri principj de' corpi . Furon gli se 8 b 10 ingegni
presi da prima di maraviglia così pel filosofo di Flea , come per quello di
Samos ; e corsero tutti a ' loro insegnamen ti . Ma stanchi di poi di
contemplare un mondo o metafisico , o geometrico , ritor narono naturalmente
alla materia ; e nac que la filosofia corpuscolare . I primi a far questo
ritorno furono Empedocle ; Anassagora ; Leucippo e Demo crito . Costoro calando
dal mondo di Pit tagora alla materia materializzarono le u nità di costui .
Atomi chiamarono Leucip po e Democrito i principj delle cose ( 3 ) ; particelle
simili Anassagora ; ed Empedocle col nome li distinse di elementi degli ele
menti ( 4) . Ma in verità i loro principi altro non erano , che le unità di
Pittago ra fatte materiali , espresse e indicate con vocaboli diversi .
Democrito lasciò a suoi atomi l'indi visibilità , di cui le unità di Pittagora
eran fornite nello stato suo intellettuale . Questa stessa indivisibilità
secondo alcuni , negd al le parti simili Anassagora . Differente dall' uno e
dall'altro fu per Aristotile l'opinio . ne d’Empedocle ( 5 ) . Costui cercò
nella materia le sue unità , e dividendo e sud dividendo i corpi giunse a
quelle moleco le , che più non si potean dividere . Ma dove i sensi mancarono ,
suppli colla ra gione , e proseguendo la division delle mo. lecole col suo
pensiero , s'accorse potersi queste sempre pit di nuovo dividere . Ven ne però
affermando che i suoi elementi de gli elementi eran divisibili ; ma solo colla
mente non gia col fatto . Distinse , così di cendo , le unità di Pittagora
dalle sue , ch'eran materiali ; e provvida in bel mo do alla durata della
natura '. Perchè essen do i principi delle cose incapaci , secondo lui , d'ogni
fisica alterazione , quelle deb bono sempre durare come al presente sono :
Tennero tutti tre que' fisici non che per cosa assurda , ma impossibile , la
crea : zione dal nulla . Ne venne loro in mente , come ad alcuni indi piacque ,
di supporre la materia nuda d'ogni qualità . Chiama vano essi la materia senza
forma , e senza 3 b 2 12 qualità ciò che non è ( 6) : Ciò ch'è , dicea
Empedocle , è impossibile venire da quello , che non è ( 7 ) . Ma diverse furon
le quali tà , ch ' attribuiron costoro alle loro unità secondo che diversamente
riguardò ciascun di essi i corpi e la natura . Anagsagora ebbe le sue
particelle non altrimenti che briccioli minutissimi, ma simili in propieta a
corpi , ch'eran destinati a formare . E come varj sono i corpi e differenti le
lor propietà ; così yarie e differenti pose in corrispondenza le qualità delle
sue particelle. Per lo che tras portò egli le qualità delle masse a' fram menti
di esse , e ,e ristandosi alle apparenze ricayò , come suol dirsi , da grande
in pic colo . Gli atomi per Democrito erano al contrario tutti della stessa
natura ; e solo differiyan tra loro per sito , ordine , e fi gura . Idea , che
ben si conviene alla sem plicità della natura ; la quale con pochi mezzi suol
produrre fenomeni, che sono pressochè infiniti , attesa la lor varietà , la lor
moltitudine . Empedocle , ciò non o stante , rigettò il pensier di Democrito ;
e 13 or 1 volendo spiegare la varietà materiale, de? corpi , piglio , com '
egli dovea , e genno consiglio dall'esperienza.. Gli Jonici addensando o
rarefacendo acqua , or l'aria , or l'aria insieme e ' l fuoco , diedero forma e
qualità a ' cor pi dell'universo . Da questi e dal loro me: todo si dilungo il
nostro fisico . Studiava egli i corpi, e separandone le particelle cer cava
prima , e raccoglieva poi i loro com . ponenti. Però in luogo di fingere ,
ritro vava ne' corpi i loro elementi ; nè i corpi a capriccio componea alla
maniera degli Jo nici , na li analizzava come fanno i chi. niici . Le sue
esperienze , furono egli è ve . ro , incerte e imperfette , come si leggono ne'
versi di lui . Perchè dirizzandosi per una via non ancora usata nelle fisiche
ri. cerche , mancava d'ajuti e di stromenti ; massime che la fisica era allora
metafisica e bambina . Ma ciò non pertanto que' pri mi e rozzi saggi del nostro
Empedocle so no da stimarsi un chiaro testimonio del suo metodo, ch'era tutto
pratico e sperimen . 14 tale . Coll'ajuto in fatti delle sue esperien ze
agginnse , a giudizio d' Aristotile ', la terra all' aria , all' acqua , al
fuoco , e ' l primo stabilì la dottrina de' quattro ele menti ( 8 ) . Quattro ,
dicea egli , son le radici di ogni cosa : Giove , Giunone , Plu tone e, Nesti ,
figurando, sotto questi sim, boli il fuoco , la terra , l ' aria ,, ee l'acqua
' . Per lo che nella sua fisica le unità mate riali eran le parti , che diconsi
integranti de quattro elementi ; e questi le costituen ti di tutti i corpi ,
che si trovano in na tura , Sebbene il fisico di Gergenti avesse di stinto l'
aria , l'acqua e la terra per le diverse lor qualità '; pure in riguardo al
fuoco l'ebbe e' tutte tre , come se state fossero d' unica e medesima natura .
Le particelle dell'aria e dell'acqua tendono , secondo lui ' , a condensarsi ,
come fa la terra . E al contrario credea Empedocle es sere propietà del fuoco
d'assottigliare , se parare , e levare ogni solidezza alle parti celle dell'
aria e dell' acqua . Di fatto fu C 1 15 sua opinione che la luna si condensò a
ca gione del fuoco , che da essa si partì , non altrimenti che avviene
nell'acqua , quando si riduce in gelo ( 9 ) . E se il fuoco indu. ra i corpi
umidi , e vetrifica talvolta i so lidi , ciò accade per Empedocle , perchè
scioglie e separa l'aria e l' acqua in quel li dimoranti ( 10 ) . Gli elementi
dunque aria e acqua sarebbero stati solidi , se la forza dissolvente del calore
portato non l' avesse alla liquidità , che lor si conviene Non conobbe , egli è
vero , così pensando , qualunque corpo per via del fuoco poter pigliare ,
passare , ritornare allo stato soli do , o liquido , o aerifornie ; ma giunse a
comprendere l'aria e l'acqua dovere al fuoco la loro fluidità . Questa verità ,
che in tempi più felici avrebbe potuto gene rarne tant' altre , fu allor qual
baleno in notte huja , che illumina in un attimo , poi l' oscurità lascia più
grande . Tal veri ta o affatto non fu avvertita , o punto non fu ben compresa
da’ filosofi d' allora . Ari stotile si lagna d’Empedocle , come di chi e 16
avesse usato de quattro elementi , non al trimenti che fossero stati due ;
contando quegli per uno i tre , che questi avea real. mente diviso aria , terra
, é acqua ( 11 ) . Anzi chi furon dopo ( quasi Empedocle non già quattro , nia
un solo elemento avesse stabilito nella sua filosofia ) si diedero fal samente
a credere il fuoco essere stato te nuto dal nostro fisico per lo principio , da
cui ogni cosa veniva , e in cui ogni cosa doveasi risolvere ( 12 ) . Ma
comunque ciò, sia , egli è certo , da che. Empedocle manifestò quattro po ter
essere gli elementi delle cose , tutti abbracciarono la sua opinione . Di
leggieri ciascun' s'avvide l'aria , l'acqua , la terra il fuoco aver gran parte
nella composizio ne de' corpi , e ne' cangiamenti più notabi li , che avvengono
nel nostro globo e nel la nostra atmosfera '. Di fatto non più a capriccio come
prima si solea , s' accrebbe o diminui il numero degli elementi , e tol ta
ogn'instabilità tra le scuole , comune fu , e ferma rimase la sentenza de'
quattro ele 17 Conta area la dem fial menti . Sicchè su questa dottrina , qual
ferma base , venendo assai dopo a posare la moderna fisica ; questa Empedocle
ricono scere deve' , e lui onorare qual suo capo e fondatore . Hanno le scienze
, come ogni cosa umana i lor giri , e le loro vicende , che si distinguono da'
metodi, dalle opi. nioni , dalle verità , ed eziandio dagli er rori che son
dominanti . La fisica nella sua infanzia nise tra gli elementi l' aria , l'
acqua , il fuoco , la terra . Questi , non ha guari , ha gia scomposto la
chimica . Altri ne sostituiranno i nostri posteri , ch' al presente non si
conoscon da noi . Ma niuno negherà la debita lode al nostro fi losofo , che
fondo il primo periodo della fisica colla dottrina de' quattro elementi , e
regoló i primi debolissimi passi dello spiri to umano nello studio non che
vasto ma difficile delle cose naturali . - Più alto senno , e più forza d'in ,
gogno mostrò Empedocle , quando si mise a cercar le forze , che mettono in
movie mento la materia e gli elementi . Si fatta 2, D i leta plaža matukio ered
ܐܐ F Table tol fue ele 8 1 ricerca , siccome molto ardua , non era
sta. ta sin allora impresa d'alcuno . Anassago ra , attese le sue particelle
prive di moto e di vita , non sapendo altro che specola re , ricorse a Dio ; e
colla forza onnipoten te di lui agitò e sospinse le sue parti si mili , o loro
impresse quel moto , che que. ste naturalmente non aveano . Fece costui , come
chi a muover la macchina , in luogo di peso , o di molla , cerca la man dell'
artefice . Però Aristotilo contro lui si sde gna , e giustamente il rampogna (
13 ) . Ba sto a Democrito di fornire il moto a' suoi atomi, nè curò di saper
come e d'onde quello venisse . Al più facilitò il movimen to immaginando un
voto , ove ogni sorta d'atomi avesse potuto agevolmente dime narsi ; e
particolarmente attribuendo agli atomi del fuoco la figura sferica , come
quella , che avesse questi potuto render atti a scorrere e sdrucciolare . Ma
Empe docle fu il primo al dir d' Aristotile , che con molto senno in natura
conobbe due come cagioni del moto degli ele St & © S forze C 19 menti ( 14)
. Una di quelle chiamò amo. re , amicizia , concordia , o l'altra come
contraria o lio , inimicizia , lite . L'amore d'Empedocle non è quel del la
favola , di Parmenide , d' Esiodo , o d ' altri fabbri di cosmogonia . Era
forse per costoro un principio attivo che vivificava 1 universo . Ma questa era
un'idea , vaga , generale , e nulla utile alla fisica . Non è così l'amicizia
d'Empedocle . La quale è una forza , fornita di particolari propietà , e tanto
intriseca alla materia , quanto si stima da noi la sua gravità . In virtù di sì
fatto amore le particelle simili tendono a unirsi tra loro , e congiungendosi
forma no a mano a mano le masse . Masse che vie più van sempre crescendo ;
perchè la maggiore sempre ne trae a se la minore , e l'una all'altra
infallibilmente s' unisce . Aria , diceva Einpedocle , si aggiunge ud aria ,
etere a etere , fuoco a fuoco in mo do che il minore al maggiore s’ accoppia .
Sospinte del pari dall ' amore le particelle di natura diversa tendono a unirsi
tra lo C 2 E ro , e compongono gli aggregati colla loro unione . L'amore in somma
unisce la ma teria si fattamente , che se in natura si gnoreggiasse la sua sola
forza diverrebbe l' universo unica męssa , unica sfera ( 15 ) . Perchè è
propietà peculiare dell ' amicizia di ridurre le cose , che son più , a una so
la . La forza quindi per Empedocle simbo leggiata dall' amore , amicizia , e
concordia non è se non quella stessa , che oggi da' Chimici si chiama affinità
. L'odio , non altrimenti che l'amore , è parimente intriseco agli elementi de'
cor pi , ma le qualità d'uno son del tutto op poste a quelle dell'altro . Tende
l'inimis cizia a disunir le particelle congiunte ; scio gliendo le masse , e
scomponendo gli ag gregati . E' singolar propietà di quella ri durre l ' uno in
più : tal che se l'universo fosse una sola massa e unica sfera , que sio in
forza dell'odio si dovrebbe tutto quan : to sciogliere in minutissimi briccioli
. Odio in somma , inimicizia , lite per Empedocle son e valgono forza
dissolvente , o 1 tutt'uno 21 repulsiva . Di fatto chiamava egli anche il fuoco
inimicizia ; perchè questa come quel lo distrugge e separa ogni cosa ( 16 ) .
Dą ambidue queste forze tra loro op poste , d'ailinità una , e dissolvente l'
al tra , significate dall' amore e dall'odio , il nostro Empedocle ne ricava il
moto ne' cor pi . L'amicizia sollecita gli elementi all' u nione tra lor l'
avvicina , e nell' avvicinarli tra loro parimente li muove . L'inimicizia
all'incontro cospinge le molecole unite , so spintele a poco a poco le stacca ,
staccate le del pari le muove . Forze adunque so no l'amore , e l'odio del
nostro fisico ; co me quelle che avvicinando o respingendo gli elementi
cagionano lor movimento . Fors ze ch'egualmente son chimiche , conie quel le ,
che uniscono e separano ; compongono e scompongono i corpi in natura . Ma co me
furono esse adombrate sotto le forme morali d'amore e odio , di lite e concora
dia ; sono state mal comprese e capriccio samente interpetrate . Alcuni videro
in quel. le due forze la divinità e la materia (17) : 22 altri : l'ordine e'l
disordine ; il bene e ' l male ( 13 ) : chi la luce e le tenebre ; chi l'
Oromaze e l'Arimanio de' Persiani , o altre cose simili ( 19) . Tanto egli è
vero , che il suo linguaggio , come poetico , ha recato ingiu ria a' suoi
pensamenti e alla sua filosofia . L'amore e l' odio , siccome dice il no stro
fisico , han que signorie ; ma alternan ti e separate tra loro . Comincia
l'impero dell'odio , quando finisce quiel dell'amore , e declinando la signoria
dell' inimicizia , l' amicizia ritorna a' suoi primieri onori . E come una sifatta
vicenda non ha mai fi ne ; così costante si mantiene il movimen to in natura ,
e gli elementi in eterno s' uniscono e separano . Esprime egli tal con tin : io
e scambievole impero dell'odio e dell' aniore coll'immagine , e somiglianza
d'un cerchio , che si revolve . Perché il cerchio la periodi finiti , che
all'infinito si posso no rinovare . Ma tolte le voci d'impero e signoria , che
son propie della poetica , si potrebbe il pensiero d'Empedocle raſfigura re
nella vicenda delle forze , mercè la qua . 23 bene i ebre; chi ni, oabe ero,
chei ell'aur Onn '. le i pianeti si'movono . In questi or preva le la forza
centripeta e viene a farsi mag. gior la centrifuga ; or prevale la centrifu ga
, e viene a farsi maggior la centripeta . Sicchè alternativamente prevalendo le
due forze centrali , i pianeti s' accostano e dis costano dal sole , e
costantemente si mo vono nelle loro orbite ellittiche . Tale dellº amicizia , e
inimicizia d'Empedocle . Come gli elementi s' uniscono ; comincia a preva ler
l' inimicizia , che tende a separar le cose unite . E come gli elementi
dividonsi ; principia a superar l'amicizia , che tende a unir le separate . Per
lo che ambidue sempre operano , e si a vicenda prevalgono , che gli estremi
dell'odio occupa l'amore , e l' inimicizia que' dell' amicizia . Giusta questa
legge Empedocle fa e ternaniente operar l'amore e l'odio . Così , e ' dice ,
comanda o il füto , o la necessi tà , o l'antico giuramento degli Dei . Ma il
fato del nostro filosofo non è quello de. gli Stoici , o degli Eleatici . Egli
null’ al tro indica colla parola necessità , che l'ins etarr Itale ம் care
PA umpert 2. ប ។ la que 24 tima natura di quelle due forze . Siccome eterna ei
reputava la materia , ed eterne le forze , da cui essa era animata ; così l '
amore e l'odio volea dover sempre e ne cessariamente operare . Gli elementi
secon do lui o son separati, e ſrettolosa corre l ' amicizia a unirli ; o sono
uniti , e impa ziente va l'inimicizia a separarli. Se per poco lascerebbe l'
una o l ' altra di congiun gere le cose separate , o segregar le con giunte ,
l'amore e l'odio , mutata natura , non sarebbero più nè odio , nè amore . E'
quindi pel nostro fisico così necessaria l'e terna vicenda delle due forze ,
come invin cibile si stima il decreto del fato e della necessità . Il fato
adunque nel dizionaria del nostro filosofo altro non significa , che l' intima
indole , e l'immutabile natura delle due forze senza più . Però a torto
Aristotile riprende lui , come chi avesse introdotto nela la fisica il fato é
la necessità ( 20 ) . Posti questi principj va Empedocle squa dernando il suo
sistema , qual poeta , qua si collocato su d'un eminenza , di la con 25 ta ; ON
ie . Sasa templando la natura dichiara agli uomini le sublimi lezioni di sua
filosofia . Nulla , egli dice , manca , nulla ridonda nell'us niverso ; perchè
la quantità della materia nè cresce nè manca . Tutto nasce , tutto muore ,
tutto in altra forma trasformato ri sorge , L'accozzamento di parti , che son
disgiunte , n'è la nascita ; e la separazion di quelle , che sono accozzate ,
n'è la morte , La natura quindi null altro è , che ” se parazione e miscuglio .
Essa è eterna ; per che l'amore e l'odio sempre fa e disfà , strugge e compone
. Mancherà il presente ordine di cose , sorgerà subito un altro . Questo distrutto
, di nuovo , e sotto altra , guisa si verrà a formare . Così senz' alcuna fer
posa uno in un altro ordine successivamena te , e sempre sarà permutato . Nè
per que : sti continui giri si cangia la natura , ne ha od te luogo o
confusione , o simmetria . La materia non è stata , nè sarà mai senza moto . La
natura è stata sempre qual sempre sarà : cioè amore e odio , separazione e
union d' elementi . Cosi parlava Empedocle nel suo d ali 200 € c). och eta,
Jade 26 poema sulla natura , o per dir meglio cosi egli smentì anzi tempo chi
dopo lui dovean supporre aver lui voluto il caos immagina to sol da' poeti ( 21
) . Lo stato di confu sione e di caos pel nostro fisico , o non è stato , nè
sarà mai , o sempre egli è stato e sarà . La natura quella è ora , ch'è sta ta
, e sempre sarà : miscuglio e separazio ne : amicizia e inimicizia : nascita e
morte . Passando Empedocle d'una in un ' al tra idea strettamente legava i suoi
pensie ri . Siccome la materia è tutta divisa ne' quattro elementi ; così i
corpi per lui eran composti presso a poco de'medesimi. Ma perchè ciò nulla
ostante quelli tra lor son tutti diversi; quindi andava ricercando in che ,
e.come si differisser tra loro . Tal difie renza ei rinvenne con gran
perspicacia nella njaniera diversa , con cui gli elementi com binansi . Però
non è nè l'aria , nè l'acqua , nè la terra , nè ' l fuoco che distingue le co
se ; ma la misurata lor mescolanza ; in bre . ve , la proporzione in cui
trovansi due o piti di quelli componenti . Rappresentando da € st CL T 1 C 27
c2003 de poeta le sue idee ch'eran fisiche , dicea : i dipintori mischiano
colori diversi , e col mi schio di questi van figurando uomini , pian te ,
fabbriche , uccelli , e anche gli stessi Dei . Non altrimenti fa la natura . Ha
el la , come quattro colori , che sono i quat tro elementi , e va coll '
accozzare un poco di questo , di quello , e quell' altro forman do uomini,
piante , animali , donne leg giadre , e chiarissimi Dei . Tutto lo studio
d'Empedocle era quel di scomporre i corpi , e scomponendoli cercava la ragione
, in cui stavan tra loro le parti componenti . Per chè era persuaso , che la
loro varietà veni va , ed era tutta riposta nella varia pro porzion degli
elementi . Aristotile che am mira un sì bel pensamento da ad Empedo cle il
vanto d'aver lui il primo conosciuto una tal verità ( 22 ) . Non si può quindi
negare il metodo d’Empedocle , come quel lo , che volea l'analisi de' corpi ,
esser chi mico ; chimiche esser le forze amore e os dio , che inprimean moto
alla materia ; e chimica esser tutta la sua fisica ; perchè tra lai arch nemt
22 نماز کی P.; Det ue opad ando de d 2 28 P ch for pa me pre me an CO fondata
sulla proporzion delle parti , che compongono i corpi pressochè infiniti della
natura . Può ora essere a chiunque manifesto Empedocle il primo aver delineato
il siste. ma dinamico , che oggidi leva tanto rumo re in Alemagna . Pone questo
sistema al cune sostanze semplici e primitive , che col le loro diverse
combinazioni producono la varietà de'corpi. Questo stesso fece Empe docle ammettendo
i primi elementi , e com binandoli in varia e differente lor propor zione ,
Forze attrattive e repulsive vogliono i Dinamici ; ed Empedocle immaginò affini
tà e forza dissolvente , o sia odio e amo re . Che se quegli a spiegare gli
stati e i volumi de' corpi si fondano sul contrasto e rapporto , in cui si
tiene la forza attratti va colla repulsiva ; anche Empedocle dicea , che
l'inimicizia sta appiattata nelle parti de' corpi pronta a vincer l'amicizia
nel tem po opportuno . Ma io non mi maraviglio punto di tal corrispondenza tra
Dinamici e il nostro fisico . Gli uomini gireranno sem at c ) in D gi ti 29 pre
nella stessa orbita , e torneranno sem pre a riunirsi nelle medesime ipotesi
ogni qual volta , che si aggireranno sì oggetti , che illustrar non si possono
con osservazio . ni , e co' fatti . Perchè limitate essendo le forze del nostro
spirito , limitato sarà del pari il numero delle sue combinazioni . ' I
metafisici di fatto sogliono ricondurre sem . pre in iscena più o meno vaghe ,
più o meno adornate le opinioni medesime . Gli antichi vollero rappresentar
l'essenza de' corpi. Però Democrito immagind il sistema atomistico ; Empedocle
il dinamico . Oggi , che alcuni han pensato di tentar lo stesso , in Francia è
risalito in alto il sistema di Democrito , e quel d'Empedocle in Aloma gna .
Dobbiamo persuaderci una volta che le scienze s' accrescono non già colle
nostre opinioni , che sono semplici fantasmi della nostra mente , ma coll'
esservare , ed espri mere co' nostri pensieri i fatti e le consue. tudini della
natura . Questo metodo per avventura non era ignoto in quella stagione in
Gergenti . An 30 [ a crone l'amico d'Empiedocle , poste giù le ipotesi ,
fondava la medicina sull'esperien za , e fu capo della setta empirica . Il no
stro fisico cercava e stabiliva la varietà de' corpi cercando e stabilendo la
proporzion de' lor componenti . Ma i tempi imprimono nel nostro spirito la lor
forma , il lor caratte re , le loro opinioni; operando su noi non altrimenti
dell' aria la qual si respira . Non è quindi da maravigliare se Empedo cle
s'occupò , come allor si facea , su i principi delle cose , e sulla generazion
dell' universo . Il romanzo della nascita del mondo era in que' tempi
un'introduzione , che si stimava necessaria alla fisica . Niuno affat to potea
meritare il titolo di sapiente , se non prima avesse ordito la sua cosmogonia .
Quindi i filosofi cominciavano allora i lor poemi dalla creazione del mondo ;
molto più , che a ciò fare non dovean perdere gran tempo , nè durar molta
fatica . Le loro cosmogonie erano un lavoro più di fan tasia , che di ragione .
Si fatti lavori me 31 . glio che cosmogonie potevan chiamarsi ro manzi , in cui
i paragoni tenendo luogo di raziocini affermiare è lo stesso che dimostra re ;
e le capricciose finzioni si scambiano come opere della natura . Empedocle dun
que al par degli altri intese alla formazion dell' universo ; svolgendo e
dichiarando l' impero della sua inventata amicizia . Diede prima nascita
all'etere , indi al fuoco , poi alla terra . Da questa trasse l'acqua , l'a ria
, l'atmosfera ; indi le piante , gli uomi, ni, e gli animali ( 23 ) . Pose più
diligen za e più tempo a formar dalla terra ; ma per opera dell'amore il genere
umano . Rimescolando gli uomini colle piante , e co gli animali , tenne costoro
come unica ma teria , in cui tutti si fossero contenuti qua si in ischizzo , ma
senza che distinta aves ser presentato la irma , leggiadria , e ata titudine
delle loro membra . Queste a po co a poco ideò egli essersi sviluppate , ed
esserne venute fuori delle immagini , prive di noto e di vita , simili alle
pitture, ale le statue . Nella terza generazione di poi 32 furon distinti i
maschi dalle femmine . Nel. la quarta s' ebbero degli uomini, che na. scono gli
uni dagli altri ; perché , distinto il sesso , si mosse il carnale appetito (
24) . Le piante secondo lui fitte restarono in ter ra per trarne l'alimento ; e
gli animali qua e la si divisero per cercare un abituro con veniente alla loro
natura ( 25 ) . Queste co se sconce , incredibili , e simiglianti sognò il
nostro fisico , che dovrebbero passarsi sot to silenzio , se non giovasse
d'accennarle per dare șin' utile lezione allo spirito uma no . Il quale ardito
, com ' egli è , malgrado gli assai folgoranti brillantissimi lumi non che
della religione , ma della moderna de parata filosofia , a dì nostri va sempre
fi sicando geogonie e cosmogonie . Darwin di fatto adottò gli errori del nostro
Empedocle , e certamente da lui ebbe a trarre l'idea della successiva
perfezione , e a grado a grado del regno animale . L'uno e l'altro fece nascere
i vegetabili prima degli anima li nel tempo e nello stato , che le cose e rano
imperfette. Entrambi del pari segna 33 # rono gli animali essersi a poco a poco
svie luppati, e aver tratto tratto acquistato quel. la perfezione , di cui
oggidi son forniti . Vogliono tutti due , che dal principio i ses si fossero
stati confusi si negli animali che negli uomini . Ambidue affermano che l '
universo giunse al grado di sua perfezione, allorchè separati i sessi nacquero
gli ani mali gli uni dagli altri . Darwin in somma dice unica essere stata la
specie dei fila menti' , che diede origine a tutti i corpi , che sono
organizzati ( 26) . E parimente fu opinione d'Empedocle , che unica fu la pasta
, da cui vennero vegetabili , animac li , uomini , e Dei (27) . Tanto egli è ve
ro , che i nostri pensatori sempre , o al men per lo più copiano , e s '
arrogano le speculazioni degli antichi . Nella cosmogonia d'Empedocle sicco me
a chiunque è maniſesto , non intervie ne , ne opera alcuna cosa la Divinità .
Ma così pensando , intendea egli di recarle 0 nore più presto che ingiuria .
Avendo egli ' la materia , come allor si pensava , per co 34 I sa vilissima ,
temeva che la sapienza si fos se bruttata , se avessé preso a ordinare co se ,
che son del tutto materiali . Per lo che a intendere la formazione
dell'universo , lasciata la mente divina , invocò il caso , e commise gli
elementi in poter della for : tuna . In sì fatti grossolani sciocchissimi er
rori s' imbatte chi stoltamente , e senza una precedente saggia e matura
riflessio ne , vuol togliere il supremo artefice dal la fabbrica del mondo . Il
caso , fantasti cano essi , siccome racchiude in se tutte le combinazioni
possibili ad avvenire ; così tra le molte , e assai e infinite , che son mo
struose , quelle poche ancora contiene , che son regolari . Infinite , dicea
Empedocle , sono state le forme , che ha preso teria ' , e senza numero le
combinazioni de. gli elementi . Ma queste si son succedute senz' alcuna . posa
sin dall'eternità , e forse non han potuto durare perchè prive so no state di
regola e simmetria . Dopo tan . te é tante strane vicende , gli elementi in
fine , conchiude egli , essersi disposti in la ma 35 quell'ordine , che il
mondo ritiene , e da tutti con ragione , s ' ammira . Dal caso a dunque
Empedocle formò l'universo . Al caso attribui egli quel , che privativamente è
sol propio della sapienza , e dell'infinito potere d'un esser supremo . Da un
acci dente sogna egli essersi condotto il presen te ordine , ma dopo lungo ,
vario , e suc cessivo disordine . Queste idee và Empedocle adornandh colla sua
fantasia vivace , e poetica . Figir ra egli mani, piedi , gambe , busti , oc
chi , braccia , spalle , teste di animali , di uomini , che tra lor misti é
confusi si por tan qua e là únendosi- senza regola , e sen za misura . Ora egli
vede petti senza spalı le ; teste senza cervici ; e fronti prive d' occhi. Or
egli osserva piedi congiunti a colli , occhi a spalle , teste å gambe , di ta a
fronti , e altre irregolari unioni . Quando immagina egli de' tori in volto u e
uomini colla testa di bue ; e quando nota nell'uomo l'impronta della pecora ',
e in questa quella dell'uomo . Em mano e 2 36 1 1 a i pedocle in somma finge ,
trasfornia , è com pone mille e mille specie di mostri , che per lui una volta
furono , e di quando in quando appariscono . Ma dopo forme si sconce é fuor di
natura dispone egli ca guialmente quelle membra nelle proporzio ni , e misure
che al presente veggiamo . Che maraviglia è dunque , ei conchiude , che dopo tanta
varietà di mostri sieno a sorte venute le belle e ben disposte mac chine degli
uomini e degli animali ? In tal modo si sforzava il nostro fisico di render
credibile ciò ch'è falsissimo ; facendo come chi gli occhi s'acceca per meglio
e più chiaramente vedere , Ma i suoi sforzi tutti quanti gli tornarono vani .
Non cape ne capirà in intelletto umano , che il mondo il quale spira ordine ,
sapienza , e nia , sia l'opera del cieco , e dello stolto accidente . Ciascuna
parte d'un essere forma un sistema ; un sistema formano tutte le sue parti ; un
sistema tutti gli esseri , che tra loro legati corrispondono tutti al gran di
fi armo 37 c scuna , segno dell'universo . I moti varj e multi plici de corpi
celesti son regolati da poche e semplicissime leggi ; le quali nascono e de
rivano da unica propietà della materia . Se dunque ogni sistema indica
combinazione , e questa suppone disegno e architetto; chi contemplando la
fabbrica dell'universo , ch ' è un grande e maraviglioso sistema in cia . e in
tutte le sue parti , potrà non ammirar la mente di chi seppe non che idearlo ,
má farlo ? Se il mondo è così per fetto , qual dovrebbe essere , se fosse l'o
pera d'un supremo fattore ; se l'universo non mostra in ciascuna sua parte ,
avvegna chè minima , alcun segno o piccolo o lon. tano di casualità ; chi senza
empietà o stol. tezza , potrà riconoscerlo per opera del ca. so e non della
mente d'un Dio ? Ma senza più travagliarci a dimostrar cid ch'è chiarissimo ;
l'esistenza d'un som . mo fattore , oltre all'essere scritta nell' ani. mo
nostro , si.legge ne' cieli , e a noi per viene da ogn'angolo della terra . Da
che Anassagora disse agli uomini la mente di l 38 SO vina con singolar
magistero è giusta leggi invariabili , áver ordinato la materia , niu. no vi fu
, che nol consentisse . Il popolo d'Atene alzò allora un tempio a Dio , qual
supremo fabbro degli esseri , e onorò quel filosofo del soprannome di mente .
Anzi la ragione del volgo ha vinto in cið , e vincerà sempre i lunghi
ragionamen ti di qualunque filosofo . Il volgo non lo rigetta con orrore le
cavillazioni degli atei , che tentano invano negar l'esistenza d'un eterno
fattore , ma poco o nulla cura altresì le speculazioni di que' sapienti , che
vogliono dimostrarla . E in vero tal verità alla classe appartiene , attesa la
somma evi denza , di quelle che sdegnan le pruove , e che si possono guastar
più tosto che ras sodare co' lunghi e sottili raziocinj d'una filosofia
illuminata . Empedocle e Democrito sebbene fossero stati superati da Anassagora
, perchè non già una mente divina , ma il caso avesser posto , come autor
dell'universo ; pure son degnissimi d'onore per i loro metodi , o bel 39 osta k
.. ** dias li pensamenti nelle fisiche discipline . Poté Democrito per sua
particolar virtù concepi re egli il primo un sistema meccanico del mondo ,
fondato sulle propietà de' corpi , o sulle leggi del niovimento . Valse Empedo.
cle per forza di sua mente a immaginare anch'egli il primo un sistema chimico
dell' universo , che posando su i quattro elemen ti , è regolato da forze , e
sottoposto alle leg. gi dell'affinità . Ambidue tennero in onor l'esperienza ,
che certo e naturalmente con duce alla scoperta della verità . Se chi do po lor
filosofarono , fossero stati poco più sensati ; avrebber dovuto mettersi dietro
la loro scorta , e collegare insienre i modi chi mici d'Empedocle e i meccanici
di Demo: crito . Si sarebbe allora abbreviato il corso degli errori , e
anticipato il principio di quella filosofia naturale , che fa tant' onore a '
nioderni . Ma le sette smarrirono i filoso fanti d' allora , e costrinser
costoro tanto più a errare , quanto più essi s' attennero alla metafisica , e
si scostarono dall'esperi. mentare e asservare . Dovettero scorrer piů Dice ?
17 bile su 40 secoli , perchè venisse in grande stato lo studio della natura .
S'apparteneva veramen te a'nostri tempi , che congiunte chimica e meccanica
avesser portato la fisica a quel grado d'altezza , in cui oggi si trova . Ma è
sempre da confessarsi Empedocle e De. mocrito aver gettato i primi semi di que'
vantaggi , che cal favore del tenipe la fi . sica ha oggi ottenuto . Le
opinioni d’Empedocle sų gli ele menti , e sull'origine delle cose , se non son
vere , almeno non sono ingiuriose nè al la sua mente , nè alla sua filosofia .
Splen dono tra gli abbacinamenti chiari i lampi d'ingegno , e un metodo sopra
ogn' altro riluce , che l'avrebbe guidato alle più bel, se gli errori de' tempi
non gliel' avessero contrastato . Ma non è così , quando il nostro filosofo
alle cose si rivol ge , che trattan d'Astronomia . I suoi sen timenti su gli
astri sono altrettanti assurdi . Empedocle il fisico pare altr' uomo , e tut.
to diverso da Empedocle astronomo . Tal differenza , che veramente è notabile ,
se 1 le scoperte , 41 non m'inganno , nasce da ciò , che la sua fisica si trae
in gran parte da' frammenti de' poemi di lui ; là dove le sue opinioni
astronomiche ci vengon quasi tutte dagli Storici degli antichi filosofi . ' Non
senza ra gione quindi si può sospettare , che i suoi pensieri non sono strani e
deformi , quan do egli stesso l'annunzia ; e al contrario pajono sconci ee
mostruosi ,, allorchè altri parlano in vece di lui . E ' maggiore tal
congettura , qualor si considera que com pilatori essere stati grossissimi
delle cose a stronomiche . Costoro affastellano in confu 90 le opinioni de '
filosofi , e o abbreviando le mozzano , o interpolando le allungano , o pure in
qualunque altra manieria , senz' alcuno intendimento , ogni cosa deformando's
le alterano . Non è quindi duro a com prendersi , gli storici del nostro
filosofo , tra per l'imperizia delle cose del cielo , e per l'espressioni di
lui , ch'eran tutte fi gurate e poetiche , averne contraffatto la sua
astronomia . Non si negan con ciò gli errori , in cui egli per avventura avesse
po f 42 . tuto cadere . So benissimo l' astronomia dei Greci , sfornita
.com'era in que' tempi d ' osservazioni , ridursi , tolto il nascere o trae
montar d' alcune stelle , a una raccolta d' antiche tradizioni , o di opinioni
bizzarre . Si conviene pure Empedocle aver potuto di: re il movimento del Sole
essere stato da prima più lento , che a' suoi tempi non e. ra . Si concede
altresi aver lui potuto opi nare l'asse della terra aver pigliato una po
sizione all' Eclittica inclinata , che prima non avea : ( usanza de' cosmogoni
acconciare a lor talento le parti dell'universo , e condur le allo stato , in
cui ne' suoi tempi si trora no ) . Ma non si può affatto credere , Empe docle
aver tenuto i tropici quasi due mura glie , cui giunto il Sole , essere stato
stretto a torcere il suo cammino ; e aver segnato și fatti circoli non
altrimenti che due confi. ni , che impediscono il Sole camminando verso i poli
d'oltrepassare il suo termine . Chiamò egli que circoli con linguaggio fi .
gurato i confini del Sole ; perchè a quel li il Sole giungendo par che il suo
cam , 1 43 mino rivolga . In breve intese egli indica re l'obbliquità
dell'eclittica , e segnar lo spazio in cui il Sole fornisce l'anquo ap parente
suo corso . Giacchè l'anno si com putava allora da’ solstizj , i quali dall'om
bre osservar comodamente si possono coll? ajuto dell'ago . Con tali e simili
sconcezze si è guastata l ' astronomia d’Empedocle ; Però se tra per difetto di
memorie di lui , e per ignoranza degli storici , ė , ben diff cile d' indagar
ciò ch' Empedocle penso sul. le cose del cielo ; è assai più difficile sa per ,
ciò ch'egli non disse , e a torto a lui appongon gli storici , Temendo gli
Ateniesi , che la terra fosse stata un'abitazione mal soda , furon solleciti
della sua stabilità . Provvidero e glino alla propią sicurezza , e a quella del
genere umano : ma colla sola fantasia a modo del volgo . S'appresentarono la
ter ra in forma d'un monte , le cui barbe vanno a profondare e perdersi negli
ultimi lontani confini dello spazio . Assegnarono ina sieme alla terra già
divenuta nionte il suo f 2 44 co vertice di forma rotonda ; e quivi loc:arono
ferma sicura l'abitazione degli uomini . A mente dunque di quel popolo il Sole
e gli astri non givan mai sotto la terra , che nol poteano ; ma spuntavano e
tramonta vano girando intorno intorno a quel verti. ce . Questa opinione , che
in Atene era un pubblico dogma , non si potea contra star da filosofi senza
grave lor danno . Il popolo pigliava alto sdegno di chi osava sen tirne in
contrario , e contro lui si scaglia va , come contro chi avesse tentato di som.
muover la terra é perdere a capriccio.il genere umano . I filosofi d'allora tra
per che adularan la plebe , come chi più che gli altri soglion fuggire i
pericoli ; o per ehe su ' ciò nulla dissimili dal volgo crede van lo stesso ;
non mai vi fu alcuno , che avesse ardito negare il monte , le radici , il
vertice , e la finta figura della terra . Non cosi fece il nostro filosofo ,
che molto perito nelle cose naturali , anche da Sici lia si scaglid contro sì
fatta sentenza . Ri dea egli del monte , delle radici , del ver 45 tice.e
aspramente ripiglio , Xenofane , che avea per immensa la profondità della ter
ra ( 28 ) . Chi , dicea Empedocle , tali co se divulgano , o poco veggono , o
nulla san . no dell'universo . ; Altri e lontani da quelli del volgo fu . rono
i sentimenti d' Empedocle intorno al la terra . Fu opinione di lui , che fuoco
bruciasse nel centro di questa . I sassi i dirupi , gli scogli , ei riguardò
come sco rie , che la virtù di quel fuoco avea in alto levato . L'acque , che
sorgon terma li , quelle sono , a suo credere , che sotter ra scorrendo piglian
calore dal quel mede simo fuoco ( 29 ) . Empedocle in somma im maginò sin
d'allora l'ipotesi del fuoco cen . brale , che Buffon , non è guari , più bel
la e vistosa ha richiamato alla luce . Pensavano gli Jonici , che la terra
sospinta dal vortice che occupava tutta la sfera , era stata condotta nel
centro di ques sta . Ma non sapeano essi comprendere , come quella , sfornita
d' appoggio , ben li brata si stesse nel punto di mezzo . Timi 1 46 di quindi i
filosofi al par del volgo , ne dilatavan la base , e tormentando i loro ingegni
si sforzavan di sostenerla colle ipo: tesi . Talete avvisò la terra restar
sospesa nell'aria , non altrimenti che un galleggian te sull'acqua , Democrito
e Anassagora ne fecero la base non che larga , ma conca va ; aifinchè l' aria
quivi sotto racchiusa la potesse sostentar con sodezza . Parmenide credette
sostenerla col principio della ra gion sufficiente . La terra a suo pensare
stava nel centro , perchè non avea ragio ne , che la portasse per questo più
tosto , che per quel verso , Ma il nostro fisico si dilung) da co storo , e con
altri principj prese a spiegar sie la stabilita . L'acqua nella cosmogonia di
lui s' era separata dalla terra per l'im peto del giro , che questa facea (30 )
. Pe. rò la terra nel suo sistema rotaya . Rota va del pari secondo lui il
cielo ; è altra differenza non pose nella rotazion dell' una e dell' altro ,
che nella velocità , Minore la yolea nella terra , che stava nel centro ; 47 1
rola, ando il cla colo come star galo raal Po maggiore nel cielo , che in giri
smisurati si volgea . Da cid appunto egli ne trasse e perchè quella stesse in
aria sen za cadere . Se girate , egli dicea , con pre stezza una secchia ;
l'acqua non cadrà , ancorchè nel girarsi si tenga capovolta ( 31 ) . Tal è
nella sfera i La conversion celerissi ma del cielo vince ogni peso e ritiene la
terra . Al moto dunque del cielo egli in catenava la posizion della terra nel
cen . tro , il suo rotare , e lo starne , Si sihar rì , egli è vero , in quella
spiegazione al par degli altri ; perchè allor s'ignorava la gravità della terra
esser diretta al suo cen . tro . Ma il suo metodo di ridurre più fe nomeni a un
solo , e ripescare ne' fatti la ragione di quelli , è molto degno di lode .
Dall'esperienza della secchia , che pre stamente si volge , han preso argomento
chi son portati per l'antichità , aver co nosciuto il nostro filosofo la forza
centrifu . ga , Ma a pensar giusto , ignorandosi allos ra le leggi del moto ,
niuno ebbe , nè as ver potea l'idea vera e matematica di quel, 1 ajd a $ permas
30, ho murah ento : 48 d he Te la forza . Egli è vero essersi saputo in que'
tempi , e da Empedocle essersi ben dimo strato la velocità del girare impedir la
ca duta de' gravi. Ma questo era fatto , non forza , e più esempio , che
principio . Eran sì lontani Empedocle e gli antichi di cono scer quella forza ,
che presso loro fu fer ma e costante opinione , i corpi a cagion di
circolazione avvicinarsi al centro se pe santi , fuggir dal centro se leggieri
( 32 ) . Ma se'a lui si può contrastare la co gnizion della forza centrifuga ,
gli si deve certamente quella concedere della rotazion della terra . Opinione
era questa comune presso noi ne' tempi greci , e propia in ve rità della nostra
Sicilia · Giacchè Ecfanto e Iceta la divulgarono in Siracusa ; ma sin da tempi
antichissimi Empedocle l' insegno nella nostra Gergenti . Avea il nostro
Astronomo il Sole e le Stelle , come se fossero della stessa natura . Opinava
egli quello e queste esser di fuo co ( 33 ) . Ma non perciò è da credere , ch '
ei tenesse la luce per eguale o simile al R te te e 1 49 1 fuoco terrestré .
Non sapendo egli qual fose se la natura della luce , che per altro è ignota
anche a noi , tenea il Sole come una massa ignita , che lanciava nella sua
sfera le sottili sue particelle ( 34) . Queste ei credea , che dal Sole si
moveano , e pro gressivamente propagandosi giungeano agli occhi . La luce ,
dicea , va prima nel mez zo , e poi perviene sino a noi ( 35 ) . An ticipava
così la scoperta bellissima della pro pagazione della luce , che i Satelliti di
Gio ve doveano in tempi avvenire rivelare a Roemero . La vide , egli è vero ,
coll' in telletto , e senza ridurla a fatto , la lascið nel posto di semplice
opinione . Ma nel tempo de' sogni e dell'ipotesi è degna cer to d'ammirazione
quella opinione , che coll' andar de' tempi è stata condotta al grado eminente
di fisica verità . L'emission della luce fu l'ipotesi , ch' allor tenne
Empedocle', e cui oggi s' acco stano chi non vogliono vaneggiar per no velle
bizzarie . Questa a dì nostri d ' alcu ni è rigettata , e in que' tempi era
ancor مه 50 : contrastata . L'ipotesi che il Sole quanti raggi manda ,
altrettanti ne perde , fece al lora , e ha fatto oggi credere a parecchi , ch '
egli raggi mandando , e raggi perden do sì gradatamente impoverirà di luce ,
che collo scorrer de' secoli giungerà sino a spe. gnersi . Newton all'incontro
dimostra in sensibile essere stata la perdita della luce solare dal principio
delle cose sino a noi . Anzi egli quasi sforzandosi d'assicurar la luce alle
future generazioni , cerca di sup plir la massa solare con quella delle co mete
. Le quali attratte dal Sole , quan do nel suo giro sono vicinissime a lui , e
su lui cadendo , colla loro materia vanno a risarcire la perdita diurna delle
particel. le solari . Ma Empedocle in un modo , che se non sarà forse il più
vero , è certamente assai più ingegnoso , s' industrið provedero alla durata
del Sole . Siccome i raggi lan. ciati dal Sole son poi riflessi dalla terra ;
cosà egli pensd , che quelli dopo la rifles , sion concentrandosi , ritornano
al Sole ( 36) . 51 Però questi per riflessione acquista quel , che per
enuission perde ; e atteso un sì fat to circolo durerà sempre lo splendore del
Sole . Empedocle quindi potė ben dire la luce essere al presente una
riflessione di quella che fu una volta lanciata dal Sole : Ma i compilatori
dell'antica filosofia non capirono i sensi del nostro filosofo . Credette ro
essi due essere i Soli d'Empedocle , uno invisibile , visibile l' altro , che
collocati in due opposti emisferi si guardavan tra lo ro . La terra , eglino
dissero , riflette al se condo i raggi invisibili lanciati dal primo ; e quello
poi in forma di luce li rimanda alla terra (37) . Ecco con quali sconcez ze
quegli storici guastarono i divisamenti del nostro filosofo sull' emission
della luce . Non meno speziosa fu la difficoltà , che s'oppose a Empedocle ne'
suoi tempi contro la succesiva propagazion della luce . Siccome nel tempo che
la luce viene a noi , il Sole si move ; così l'occhio astretto a seguire la
direzion della luce , vedrà il Sole in un punto , in cui fu , e poi non g 52 è
più . Empedocle a rispondere , non prese scampo nella prodigiosa velocità della
luce , o in qualche sottigliezza , cui i fabbri di si stemi soglion rifuggire .
Non è il Sole , ei di cea , ma la terra che in ventiquattro ore si volge : La
terra' dunque nel rotare s’im hatte ne' raggi solari , ed essa prolungan doli
va a trovare il Sole nel punto , in cui egli sta . Non si potrebbe di certo a
di nostri in miglior forma rispondere a chi in quel modo vclesse attaccar l '
emissione e successiva propagazion della luce ( 38 ) . • Empedocle ebbe la Luna
come opaca , perchè frapponendosi tra il Sole e la ter ra cagiona l' ecclisse .
Plutarco a lui so lo ( 39) , mettendo in non cale tutti gli altri , da il vanto
d' aver divolgato la Lu. na essere un corpo privo affatto di luce , che
riflette i soli raggi solari . La chiarez za della Luna' ei chiamava non che dolce
e bénigna , ma insieme straniera . Una lu ce straniera , dicea Empedocle qual
poeta , circola intorno alla 'terra (40) . Ma Empe docle ebbe la disgrazia d'
aver avuto gua 53 stato ogni suo sentimento . Achille Tazio dall' epiteto di
straniera dato alla luce lunare da Empedocle , ricavo , non so come , il medesi
mo aver tenuto la Luna qual pezzo svelto dal Sole . Ma buon per noi che ci sia
re stato il verso d'Empedocle , che smentisca l'interpetrazione di Tazio (41 )
: Anassagora per dare una misura del So le riferì la grandezza di quest' astro
al solo Peloponneso . Il nostro filosofo fu il primo , cui venne in pensiero di
comparar Sole e Luna tra loro . Egli credea che il Sole fosse stato più della
Luna distante dalla terra so pra due volte (42) . Ciò non ostante affermo
quello essere stato assai più grande di que sta ; sebbene ambidue fossero
appariti dello stesso diametro ( 43 ) . In somma l'ineguale distanza fu per lui
certo argomento della lo ro diversa grandezza . Parrà ad alcuno ciò essere
stata cosa di lieve momento ; e pure fu un passo , e un avanzamento che allora
fece la scienza del cielo . Giacchè niun altro prima d'Empedocle , ed egli fu e
il solo e il primo , che insegnò gli astri lontani 54 . doverci comparire
piccoli più de' vicini . E gli pure fu il primo che pose in confronto tra lor
gli astri non solo , ma i loro diame tri . Dopo hui in fatti prima Eudosso misu
rò i diametri apparenti della Luna e del Sole ; e poi cominciarono i Greci a
stabili re i periodi lunisolari , da cui nacque , e s’ avanzò l'astronomia de'
medesimi . Si potrebbe quì aggiungere a formar tutto il quadro dell'astronomia
del nostro fi losofo , aver lui forse conosciuto che la Luna rotando intorno a
se stessa si mova circa la terra . Ma punto non conviene dar a Empe docle una
gloria o dubbia o sospetta ( 44) . Basta aver levato a suoi pensieri
astronomici quella ruggine , di cui li bruttò l'imperi zia di quegli storici.
Appresso l' onorano al cuni qual autore d'un poema sulla sfera in cui si
descrive , secondo l'uso de' tem pi il nascere e ' l tramontar d' alcune stel
le . Ma i critici illuminati han quello come opera d'ignoto autore e non di lui
( 45 ) . Io non discordo da loro ; anzi confesso non essere stato Empedocle
intento a osservare , 1 55 1 come si conviene nell' astronomia . In quell' età
si costruiva il cielo da' filosofi non si osservava . Era quella la stagione
della fan tasia , delle opinioni , e dell'ipotesi , che suol sempre precedere
l' altra , che porta seco il raziocinio , l'osservazione , la veri tà . Però
non è poca la gloria d’Empedo cle nell' aver conosciuto la ' successiva pro
pagazion della luce , la rotazion della ter ra , l'opacità della Luna , è
scostandosi dalle volgari stravaganze nell' aver compa rato il primo le masse
tra loro della Lu na e del Sole . Se non può egli quindi emulare Timocari e
Aristillo , Ipparco e Tolomeo , che nella Greca astronomia fu ron chiarissimi ;
pure non è da negare lui aver saputo delle cose del cielo assai più che la sua
età non portava . Vennero quel. li assai dopo , e in tempi assai più illu
minati e felici ; e non è maraviglia , che questi fossero stati di quello
migliori . Una fiaccola più o meno brilla , quanto più o meno pura è l ' aria ,
in cui brucia . Dal cielo tornando alla terra non più 56 & troviamo il nostro
filosofo , che immagina l' origin delle cose ; ma che studia e in terpetra con
senno la natura . La prima verità , che c'insegna , non già ragionando ma
coll'esperienza , è il peso e la molla dell' aria . Mette egli in opera in
difetto di macchine e di strumenti la clessidra , che s'usava allora da' nostri
come orolo gio a misurare il tempo . Avea questa la sua figura conica ; la base
forata a guisa di minutissimo vaglio ; e il collo lungo che stringendosi sempre
più andava a fi nire in un sottil bucolino . Si tenea allora la clessidra col
collo all'ingiù ; e l'acqua , di cui era piena , lentamente gocciolando
misurava le ore . Questa appunto fu la macchina d'Empedocle , che nelle sue ma
ini diventò indice e misura di fisiche verità . Introduce ei da poeta una
donzella , che trastullando colla clessidra la vuol en piere d'acqua . Ne tura
essa l'orifizio col le dita , e postane la base all' ingiù , cala quella
verticalmente in un fonte . Entra allora l'acqua per la base forata ; ma per SC
ay is ce 9 in C 57 quanto la donzella prema , e travagli , la clessidra non si
può mai empiere tutta . Stanca finalmente la verginella , alza le di ta , con
cui chiudea quell'orifizio ; ed ec co l'acqua che sale , e giunge alla cima .
Proposta l' esperienza , Empedocle ne' suoi versi ne soggiunge lo spiegamento .
L' aria , dice egli, che sta racchiusa nella cavità della clessidra , colla sua
molla, resiste all' acqua , e la ripara di venire all'in su . Ma appena la
donzella alza , le dita , l'aria e sce , e però l'acqua non più impedita dall'
aria sale , e tutta empie la clessidra . In altro modo ci presenta ei la don
zella . Finge egli che questa volti la cles sidra ; e allora un altra prova
egli ci reca del peso e della molla dell' aria . Chiude es. sa colla mano il
bucolin della clessidra , questa piena d'acqua volge colla base all' in giù ;
affinchè l'acqua tutta fuori si ver si . Ma non senza sua sorpresa s' accorge
che l'acqua , lungi di cadere da ’ forellini della base , si ferma : Alza ella
quindi la mano con fretta ; ed ecco l'acqua goccio h 58 re il a lare , e a poco
a poco cadendo tutta fuori versarsi . Dichiarato il primo , ſu agevole a Em
pedocle spiegare il secondo esperimento . L' acqua , dicea egli , si sforza d'
uscire da' fo. rami della base . Ma l'aria sottoposta si resiste colla sua
molla , che venga a vince peso dell' acqua . Subito che la don zella alza la
mano , l'aria di sopra preme l'acqua sottoposta ; e questa , ajutata dall' aria
soprastante , vince ogni restistenza , o vien fuori . Con tali esperienze ,
delle propietà dell' aria mostrava egli e il peso , e la molla . Ciò nulla
ostante furon quelle nell'età d'ap presso poste ingiuriosamente in obblio . Se
noti fossero stati al rinascer delle scienze gli esperimenti d ' Empedocle ,
non si sareb be certo levato tanto grido per l'invenzion del barometro . Ivi il
mercurio sta sospeso dalla forza dell'aria , come l'acqua sta so spesa entro la
clessidra dalla forza egual. mente dell'aria . Si fatte esperienze , che oggi
son volgari , allora erano rade e uti € 59 lissime alla fisica . Smarriti i
Greci in que? tempi o dalla lor fantasia , o dalla lor me tafisica , non
pigliavan cura nè d ' esperien . ze , nè d'osservazioni ; e privi di fatti , co
storo eran pur privi di scienza · Ne' versi d'Empedocle quindi il principio si
trova , e la nascita dirò così della fisica ; perchè ivi si trovano i primi
esperimenti . Democrito al par d'Empedocle piglia va anch'egli allora la via
de' fatti : sebene ambidue ne fossero stati presto raggiunti dal divino
Ippocrate. Sicché questi tre som mi uomini cercarono allor di fondare un epoca
novella nella Greca filosofia , sfor zandosi di condurre gl'ingegni a studiar
la natura coll' esperienza , e colla osservazio ne . Ma tal metodo , ch'è lento
, ostenta to , non potea esser gradito a Greci , che impazienti erano e caldi ;
e però da pochi fu pregiato ed impreso . Sebbene Empedocle avesse posto ogni
studio nello sperimentare ; pure fu solo in Sicilia , senza stromenti ,
nell'infanzia dela la fisica . Ne si creda Democrito , e Ippo h 2 60 crate
avergli potuto giovare , essendo e co lui di region lontanissima e questi de
tempi d'appresso . Pochi eran quindi i fat, ti , che potea egli raccogliere . I
medesimi non gli eran mica bastevoli all' uopo , ch' era assai vasto , e che
giusta l'usanza de tempi abbracciava tutta la natura . Di che veniva , ch'egli
spesso era costretto a suppli re il difetto de' fatti ; e ciò il fece con assai
sagacità e senno : cui nercè l'arte inventò del congetturare . Questa non gia
che fosse stata da lui ridotta in canoni come si svol presso noi , che in ogni
cosa abbondiamo di regole ; ma intriseca si tro va , e quasi nascosta ne' suoi
ragionamen ti . Anzi io credo non potersi in miglior modo rilevar l'artifizio
del suo metodo , che descrivendo l'andamento del suo spi rito ; allor quando
pigliò ei a comparare i vegetabili agli animali . Furon tanti , e di tal
momento i rapporti , con cui egli quel li a questi lego , che giunse a scoprir
del, le verita , che son degne non che di ricor, F S a 8 danza , ma di stupore
. 62 Il seme , il sesso , la generazione , la nutrizione , la traspirazion de’
vegetabili fu. rono i varii sorprendenti oggetti su cui fil filo s'applicò la
sua mente . Da prima avverte. Empedocle comune essere il fine assegnato dalla
natura 'e agli animali e a ' vegetabili . Un animale , o una pianta , egli dioe
, voglion produrre animali, o piante simili a se ( 46) . Questo fu messo da lui
come base delle sue illazioni, e co nie fermo segnale d'un punto , da cui egli
partendosi non s' avesse potuto mica smarri re nel proceder più oltre nelle sue
nuove scoperte . Soggiunge egli appresso : come l' animale viene dall'uovo ,
così la pianta dal seme (47) . Attesi questi fatti comincia o ' specolando a
filosofarvi , e da quelli guidato va con franchezza formando le sue conget ture
. Se l'uovo e il seme , egli prosegue , comune hanno il fine , ch' è la
produzio ne ; debbono l'uno e l'altro colla stessa attitudine , e col medesimo
impeto tendere al medesimo fine (48 ) . Da sì fatto fine ad ambi comune egli
argomenta , come da 62 un indice , comune dover essere la natura del seme e
dell' uovo . Ma Empedocle forse à tal indizio si ferma ? Nullameno . Egli torna
di nuovo a fatti , mette in opera da capo osservazioni ; e si sforza
rintracciar co. sì la natura dell' uno e dell'altro . Empedocle tirando avanti
la sua stes sa traccia , trova e distingue sì nell' uovo che nel seme , non che
germe , ma materia che il germe nutrisce . L'animaletto fin , chè non nasce , o
la pianticella finchè non abbarbica ' , traggono alimento da quella , Non è già
, aver lui conosciuto le foglie seminali ; o aver lui detto la placenta u
terina portar nutrimento all' embrione per via del funicolo umbilicare . Egli
non al tro conobbe , che due esser debbano nell' uovo e nel senię le parti principali
e muni : il germe e i cotiledoni , che l'ali mento preparano alla pianticella ,
o all’em . brione , o nel seme , o nell' uovo . Il nostro fisico quindi più non
distinse dirò così ani mali da piante . Ebhe egli il seme qual uovo de
vegetabili ; e chiamò le piante col CO 63 soprannome d ' ovipare ( 49 ) . Ecco
avere Em . pedocle svelato agli uomini assai prima d’Ar véo tutto ciò , che
nasce' , non d ' altro pro venir che dall'uovo . Teofrasto infatti , e A
ristotile ( 50 ) a Empedocle solo attribuiscon la gloria della scoperta di tal
verità , e gliela dan come propria . La fatica d ' Arvéo , fu egli è vero ,
utilissima all'avanzamento del le scienze , e degna di tutta la lode . Ma egli
pubblicando di nuovo lo stesso ritrova mento d' Empedocle , null' altro fece
che as sodar vie più colle prove ogni cosa nascer dall'uovo . Chi adesso non
giudicherà mag. gior l'eccellenza dell'ingegno di chi colla mente va
congetturando ciò , che del tutto s’ è ignorato in preterito , e prevede ciò
che sarà da scoprirsi in futuro ? Il nostro fisico , guidato com' egli era
dall' induzione , spinse più oltre i suoi ra gionamenti'. Affermd le piante al
par de gli animali dover essere tutte fornite di ses so . Conosciutosi da lui
il seme null' altro esser che uovo , come l'uovo si feconda per l' union del
maschio colla femina ; co $ 64 sì argomentò egli del pari il seme per la
mescolanza di que' sessi doversi fecondare. Franco ' quindi e sagace stabili
egli il pri mo , ed egli il primo distinse il sesso ma schile e feminile in
ogni vegetabile . Non si dubita prima di lui essersi conosciuti ma schi e
femine tra ' vegetabili : ma ciò soltan to attribuivasi a palme , fichi ,
canape , pi stacchi . Però dal nostro fisico prende ori gine il sistema , su
cui oggi posa tutta la Botanica . Egli è vero non aver lui allora ne cercato ,
nè mostrato gli organi genita li nelle piante , come poi han fatto con grande
studio i moderni; ma ciò facea e gli sempre col ragionare , e quelli vedea dirò
così , coll' intelletto . Nella testa de' grand' uomini , come dotati d'una
specie di tatto pella verità , la forza delle con getture si sostituisce
talvolta all' evidenza de ' fatti . Facea Empedocle a guisa d'un gran dipintore
, che solo abbozza il quadro con poche , ma pennellate maestre ; e la scia poi
agli altri la cura di compirne il disegno , di colorirlo , e abbellirlo . Arveo
65 definì tutto nascer dall'uovo : Zalunziaski , Millington , Camerario ,
Vaillant prima , e poi Linnéo mostrarono il sesso nelle piante . Ma costoro
tutti quanti assodaron la dottri na , e compiron l'idea tracciata dal nostro
Gergentino . In verità non è poca la glo ria che a costui torna nell' aver lui
il pri mo schizzato degli originali , che di mano in mano col favore del tempo
si van tro vando in natura . Contemplare Empedocle , che conget tura è uno
spettacolo degno d'un filosofo . Ora egli scorto dall'analogia supera tutti i
suoi contemporanei', e più oltre proce dendo va diritto a trovare altre belle
ve rità . Ora privo di fatti , non ostante il vi. gor di sua mente , tentoni
cammina incer to tra verità , ed errore . Conobbe egli il sesso sol nelle
piante . Ma altro non pote va egli conoscere , attese le poche anzi le rade
verità solamente allor note . Quante altre osservazioni , quante altre verita
gli mancarono ? Ignoto era allora l'antere , e gli stigmi esser gli organi
genitali delle pian i 06 cer te , e questi trovarsi ne' fiori. Niun sapea il
polline portato da venti aderire allo sti gma per via dell'umore , che in
questo si stà . Chi aveva allora osservato la Passiflo ra , la Graziola ; e ' l
Tulipano , che come agitati d'estro venereo , erranti van cando la polvere ,
che loro fecondi ? Chi s'era accorto , in que' tempi la Valisneria , e l'altre
piante acquatiche sul punto de’ loro amori alzar lo stigma dall? acque , per
accoglier cupide , e aperte la polvere de' loro maschi ? Non è però da recar
mara viglia , se nell'ignoranza di tali fatti non seppe Empedocle comprendere,
come le pian. te , che fitte stan sulla terra , si potesser congiungere per far
la lor generazione a guisa degli animali . Ma tenne egli come cosa non che non
dubbia , ma certissima , e l'induzione già gliel' aveva indicato , che il seme
per l'unione si feconda della fe mina col maschio . Però egli , posti in cia
scuna pianta , come sullo stesso talamo , quasi marito , e moglie , disse tutte
le pian. te dover essere ermafrodite (51) . Fil que: 67 sto , egli è vero , un
errore ; perchè in al cune piante i due sessi son del tutto se parati , e
distinti . Ma altresì , egli è vero , la più parte delle piante alla classe ap
partenersi dell'ermafrodite ; oltr'a quelle , che sono androgine , e poligame .
Empedocle appresso , il mistero passo a indagare della generazion de’
vegetabili , con quella confrontandola degli animali . Gran cose in prima osò
egli dire sul la generazione animalesca . ' Immaginò egli starsi divise ne'
liquor seminali de’due ses si particelle analoghe al corpo d'ogni ani male .
S'ideò egli queste nella unirsi , e l'embrion formare del corpo or ganizzato
(52 ). Il carnale appetito egli ri pose in quelle particelle , che , separato
trovandosi nel maschio e nella femina , ten . dono naturalmente a unirsi . Ad
abbondan za de' due semi la cagione ei riferisce del parto o doppio , o triplo
; e a scarsezza o disordine degli stessi la nascita d'ogni sor ta di mostri .
La prole secondo lui al pa dre o alla madre somiglia in proporzione generazione
i 2. 68 del più o men prevalere del liquor semi nale quando della femina ,
quando del ma schio . La ragione inoltre crede lui dare della sterilità delle
mule , che all' angustia attribuisce e obbliquita de canali della loro figura (
53 ) . Varie spiegazioni va in com ma egli fantasticando , che io piglierei ros
sore di chiamar sogni , se chi han tratta to della generazione , non avessero
sinora sognato al pari di lui . Le molecole orga niche di Buffon , i vermi
spermatici di Le wenoek , l'uova di Bonnet e ,di Haller , il filamento nervoso
di Darwin , non sono clie ipotesi più o meno , false o tutte immagi narie . La
fantasia inoltre , che tutte domi le umane , s' avvide Empedocle , poter avere
anch'essa una parte nella ge nerazione . Ricordava ei delle donne , che aveaito
dato in luce bainbini simili a sta. tue o pitture , cui quelle , essendo gravi.
de , aveano a caso fisamente guardato ( 54 ) . Opinò egli quindi la fantasia
della femin na , non altrimenti del tornitore sul legro , na cose 69 2oho da
ede lidt ? po 12.06 maa Potere dar forma , e simiglianza al feto . Non inancan
.oggi , chi credono poter più operare l' immaginazione del padre che alle quella
della madre . Ma niun disconviene , ato quasi secondo il linguaggio d '
Empedoc!e , che la fantasia o della femmina o del nia schio , giunge talvolta a
tratteggiar , dirò cosi , le membra , e la fisonomia della pro le nel ventre
della madre . Da si fatte cose , stabilitasi. anzi tem po da Empedocle la
famosa analogia tra' vegetabili , e animali , trasse egli, e cona chiuse del
tutto eguale a questi duver es sere la generaztone di quelli . Ne men
dissimigliante tra loro , disse Empedocle , dover essere la nutrizione de gli
uni e degli altri. I vegetabili e gli a nimali dicea il nostro filosofo , gli
alimenti scompongono , e quel traggon da éssi , ch' è conveniente e accomodato
alla loro na turá ( 55 ) . Ciò egli credea farsi in ambi due per via dell'affinità
insieme e de' pori. Dell'affinità cosi egli parlava . Siccome le cose amare
all'amare si uniscono , le dol UD Eury 7 Pizze ,the is on sullink 70 ei de 1
dis Tec cer ci alle dolci ; ogni sinile in somma al suo simile : cosi gli
esseri organizzati quel pren dono dagli alimenti , che lor si confa , e può
nutrire ciascuna delle propie parti . Chiaro fu eziandio il suo parlare de' po
ri . La nutrizione , egli è certo , separarsi e dividersi negli animali , e ne'
vegetabili per mezzo de' pori , che son differenti in dia metro ( 56) . Le
particelle , dette nutribi li , è certo altresì non potere indistinta mente
entrare per qualunque di quelli : ma ciascuna insinuarsi nell' orifizio di que'
bucolini , ch'è analogo alla propia gran dezza . Un vino , egli dice , è diverso
da un altro , attesa la differenza non che del terreno ma della stirpe ( 57 ) .
Ecco come par , che il nostro filosofo avesse voluto vie più assodar la sua
opinione della forza dell' affinità , e de' pori , massime su i vegeta bili (
ch'è poi propietà d'ogni corpo orga nizzato ) i quali giusta la propia organiz
zazione han da quelli preparato gli ali menti , e si rendon capaci di saporé
diver so . A senno dunque d'Empedocle la nu se su red nog Ila ti co re со ali
71 Fari trizione si opera tra per l'affinità , e la ti que varia ampiezza de '
pori per canali diversi , ce e va svariatamente , ma sempre in pari re
preciproco modo , vigore é aumento porgendo agli organi diversi sien de'
vegetabili , sien degli animali Empedocle frattanto , il modo volendo indicare
, con cui la nutrizione si sparge e dividesi fra gli organi diversi , abbiam
noi veduto essersi rifuggito all' affinità , ch'è certamene un'ipotesi . Ma che
maraviglia ; se dopo la serie di tanti secoli da questo suo pensare non sono
mica iti lontani pa recchi pur tra’ moderni ? Grande in verità e diligentissima
è stata oggidì la fatica de nostri fisiologi nell'indagare i fenomeni del la
nutrizione , Gli hanno essi ridotto a ' fat, ti , o a leggi generali , che son
propie e comuni a tutti i corpi organizzati. Nè pu re eglino han trascurato di
trovare nella contrattilità organica la forza , con cui gli alimenti son
trasportati in canali opportuni non sol negli animali , ma eziandio ne've
getabili sino all'alto delle propie foglie . Ma TX , ام د ገን muito
73 con tutto cið o nulla o poco si sono essi avanzati nell'additar la maniera ,
con cui si fa la nutrizione per gli organi diversi . Non si nega oggi darsi da'
più a varii organi , una specie di gusto , cui mercè quel suc chino , e tirino
, che a ciascuno in partico lar si conviene . Ma poi tal fatto pensa mento
mostra forse esser del tutto falso il ritrovato d'Empedocle ? E' troppo vero ,
cho la natura yince in molte cose , e vincera sempre ogni nostra speculazione e
fatica e da filosofi per lo più non si recano, cho sole congetture , ed ipotesi
, Fattisi vedere eguali da Empedocle i rapporti degli animali co' vegetabili
nel se nie e sesso , nel generarsi e nutrirsi , non re . stava altro a lui che
applicarsi sulla tra spirazione comune ad entrambi . Conobbe egli , che gli uni
e gli altri per via de' pori similmente traspirano , e quella parte degli
alimenti tramandano che loro è su perflua . Alla traspirazione di fatto
attribuì costui o il perdersi dagli alberi nella fred da stagione , o il
serbarsi quelle foglie , che 1 73 1 dalla natura , non a caso , ma particolar
mente sono ordinate al traspirare e al nu trir delle piante . I primi , ei
disse , tra spiran molto in estate , e spossati levan le foglie in autunno
. I secondi traspiran po co in estate , e robusti ritengon le foglie in inverno
. Fondava egli la copia o scarsez za del lor traspirare sull' ineguale diame
tro , e contraria posizion de' lor pori . Gli uni a suo giudizio hanno
larghi i pori del le radici , angústi quelli de' rami . Gli al tri all'opposto
angusti i pori delle radici, larghi quelli de' rami. Però i primi più ,
succhiando , e men traspirando non levan le foglie . I secondi men succhiando e
più traspirando perdon le foglie ( 58 ) . Se una si fatta posizione di pori ,
che immagind il nostro fisico , fosse stata confermata dalle osservazioni ,
avrebbe sin d'allora egli sciola to un problema , che non poco fastidio
grandissimo stento ha recato a ' moderni . Era rizio comune a quell' età
organizzare ad arbitrio gli esseri della natura a fin di . poterne presto
dichiarare i fenomeni . Egli k e . 0 1 è vero non esser mancati a di nostri ,
chi abbian conosciuto e distinto ne' vegetabili non meno di quattro specie di
pori ( 59 ) ; Ma chi ha potuto , o con qual microscopio potrà mai rinvenire ,
che a ' pori o larghi o stretti delle radici corrispondano a rove scio quelli
de' rami ? Pur tuttavia a Empe. docle in parte siam noi debitori della ragio.
ne , che mostra il come dagli alberi cadan le foglie . La famosa traspirazione
ne' vege tabili , da lui allora scoperta , scioglie og gi a noi con somma
nostra ammirazione o senza nostra molta fatica un sì bel pro blema . Ognun vede
le foglie cader più pre sto , quando la state è più calda . Ognun pur vede gli
alberi robusti più de' deboli più tardi svestirsi di foglie . Anzi ognun vede
altresì quegli alberi in inverno rite ner le foglie , che poco traspirano . I
100 derni al più han distinto le foglie , che cadono in pezzi da quelle , che
intere si staccano , secondo che l'une o l'altre sono al tronco diversamente
attaccate . Costoro 75 di più son giunti a conoscere , che alcuno foglie cadono
intere , prima che le nuovo dalle lor gemme si svolgano , e altre ristan no
finchè non ispuntin le nuove ( 60) . Da ciò essi han tratto , che quegli alberi
, i quali gettan le foglie dopo lo spuntar del le gemme , debbon mostrarsi
verdeggianti in inverno . E che all'incontro quegli altri , i quali gettan le
foglie pria dello spuntar delle gemme, debbon vedersi nudi nella stege sa
stagione ( 61 ) : Che perciò ? i nostri fisiologi forse san . no oggi della
caduta delle foglie dagli al beri assai più di quel , che ne seppe al. lora il
nostro filosofo ? Abbian quanto si vo glia convenuto oggi i moderni le foglie
tra . spirar più quanto più abbondano di pori. Abbiano quanto si voglia pure
costoro af fermata la copia o della traspirazione o de' succhi si travagliar le
foglie, e i lor vasi ostruire , che finiscan di vegetare , muoja no , e cadano
. Eziandio ne abbiano essi inferito tutti gli alberi dovere perder le fos glie
, chi in Autunno , chi in Primavera . Ma k 2 26 de 60 fu NI tal differenza non
è se non perchè le fo glie di quelli più , e le foglie di questi meno'
traspirano , e l'une servon più , l' altre meno alla nutrizion delle piante ? E
non è questa la grande scoperta appunto d' Empedocle , e che forma uno de' suoi
gran di elogi ? Il pigliare i vegetabili e gli animali au mento dal calore , il
goder di gioventù , il cadere in malattia , il giungere alla vecchiez za , sono
altresì que' tratti di simiglianza perfetta , che il nostro fisico andava a
quel. li aggiungendo . Nè lascid ei di notare , che i vegetabili al par degli
animali si muv vano , resistano , si raddrizzino ( 62 ) . Gran de com' egli era
di mente , e degno d' in. terpetrar la natura , talmente s’ ingegna va di
legare il primo con poche o comu ni leggi i due regni , che paion tanto di
stanti e discordi tra loro , il vegetabile e l' animale . Gli antichi presero
maraviglia di questo specolazioni di lui , e si ne restaron convinti , che si
sforzarono aggiungervi qual che cosa del loro , Empedocle aveva già 0 PE C te
77 detto , che il seme senza più è nella ter ra ciò , che il feto nell'utero (
63 ) ed egli no procedendo più oltre' non ebbero a schi fo affermare la pianta
essere un animale fitto in terra per le radici, e l'animale una pianta , che
cammina . I moderni poi non han tralasciato punto di assai profittar de
pensamenti d' Empedocle, cui mercè tira ta avanti la traccia e allungati ,
diciam.co sì , i suoi stessi passi , sono iti scoprendo nuovi rapporti , che
agli attimali legan le piante . Le piante dormire come gli anima li ; respirare
coni'essi ; avere i lor muli ; pro. pagarsi i polpi al par delle piante ;
esservi animali ( che son quei , che vivono attacca ti alle pietre ) che
cercano la luce e vergo essa rivolgonsi , come appunto fanno le pian te :
questi e simiglianti sono i grandi ogo getti , su cui i moderni profittando d'
Em pedocle si sono fissati. Ciò non ostante 90 no tante , e di tal momento le
differen ze , che separano gli animali da' vegetabili , che non è stato
possibile di ridurli in tut. to giusta la pretesa d'Empedocle alle me 78 desime
leggi . Pare soltanto che nel presen te stato delle nostre cognizioni tutto con
corra a dimostrare aver la natura espresso e racchiuso dirò così quasi sotto
unica fore mola il gran fenomeno della nuova produ . zione de' corpi
organizzati . Questa appun to cercò , e questa rinvenne il nostro fisi co .
Perchè distinse il sesso nelle piante , e conobbe il seme non esser altro che
uovo : e affermò apertamente le piante , come gli animali , dover essere
ovipare . Tali meditazioni d'Empedocle su gli esseri organizzati', in difetto
d'oga' altra pruova , basterebbero sole a indicare la for, za , e l'eccellenza
del suo intendimento . Dovea egli supplir la mancanza de' fatti ,
inventar de' metodi per non ismarrirsi , ras. sodare i suoi pensieri
incatenandoli , anti veder congetturando , Operazioni, che vo gliono tutte
ostinazione , sagacità ; avvedi mento . Tal è la condizione dell' umana natnra
, che la nostra mente non può senza stento riflettere , ragionare , scorrer le
dub bie vie delle fisiche ricerche . No creda al 7.9 cuno , ch ' ei qual poeta
, o cosmogono aves se ravvisato quelle somiglianze tra i vege tabili e gli
animali più colla fantasia che colla ragione . La fantasia crea non isco pre ;
finge non ragiona ; abbellisce non in catena ; e se talora connette , i suoi
lega mi sono immaginari e non reali . Molti fu rono i cosmogoni tra gli antichi
, Ma Em . pedocle solamente s' addita come chi com prese in egual modo operarsi
la generazio ne negli animali e ne' vegetabili. Fu egli è vero intento a legare
questi a quegli esse ri , come suol farsi dalla fantasia , che cor ca e ritrova
più le somiglianze delle cose che le lor differenze . Ma ciò avvenne dal metodo
, con cui il nostro Gergentino aju tava la sua mente , ch' altro non era , nè
esser poteą nella sua età , che quel dell' analogia . La quale , siccome essa
suole , argomentando da cose simili , potea soltana to condurlo , a veder
somiglianze . Se dun que Empedocle col favor dell' analogia pro pose congetture
, che poi si son trovate ve re dalle nostre osservazioni , e ben da dir 80 si
ch' egli fu nobile di monte , robusto ne suoi raziocinj , e di gran sentimento
nelle cose naturali . , Un altro e più vasto teatro s' apre o rą di altre e
nuove specolazioni, Empedo cle , posti da parte e vegetabili e bruti , staccò
l’ Uomo dagli esseri organizzati , con cui l'avea egli sin allora confuso .
Prese costui a considerar l’ Uomo solo e isolato non che in metafisica e morale
, ma in pa recchie fisiche scienze . Rivolse ei le sue prime indagini alla
fisica dell'Uomo , cui i corpuscolisti con gran cura in quel tema po attendeano
. Empedocle , Anagsagora , De mocrito scrissero sulla natura ; ebbero tutti tre
il soprannome di fisici : e tutti tre ten tarono di svolgere l'economia ,
giusta cui vive , si muove , si regola la macchina u mana . Fu forse un tale
studio sull' uomo che sopra ogn'altro lor distinse dagli altri filosofi . I
quali , senza più , aveano fino allora quello riguardato come un soggetto
soltanto metafisico , o morale , o politico . Ma ' le fisiche ricerche
d'Empedocle 81 sull’ Uomo trapassarono di gran lunga quel le di Democrito e
d’Anassagora . Perchè , sagace , com'egli era , si mise in investigazio ni non
prima tentate d'altri , e utilissime . Tanti furono i punti di vista , sotto
cui e' prese a contemplare il corpo umano ; e al trettante può dirsi essere
state le scienze , cui diede principio il vigor di sua mente . Egli il primo
applicò la chimica ' , e sie a nalisi al corpo umano ; segnd le prime li nee
d'anatomia : fece sforzi se non sempre efficaci , sempre almen generosi a
gettare i fondamenti della fisiologia dell' Uomo :: Il sistema d'Empedocle
sulla natura fu chimico ; così chimiche del pari furono le sue prime ricerche
sull'uomo . Comincio egli a esaminar questo nelle sue parti , e quanto più
allor si potèa , ne imprese an cora l'analisi . La carne , ei dicea è coma
posta di parti eguali di ciascun de' quattro elementi . Di due parti eguali di
fuoco e di terra sono formati i nervi , e le unghie son similmente nervi
raffreddati dall'aria ( 64) . Otto furon le parti , ch'ei distinse nelle os 1
82 sa : due di terra , altrettante di acqua , e quattro di fuoco (65) . Se non
si corresse un qualche pericolo di travedere , chi non direbbe aver lui trovato
l'ossa abbondare di fuoco , perchè abbondan di fosforo ? Ma che che ne sia ,
non v'ha dubbio , aver lui dato principio con sì fatte analisi a un novello
rano di chimica · Ramo , che dopo Empedocle fu del tutto posto in non cale : ma
che oggi , attesa la sua grand' utiltà con ardor si coltiva , e che va sempre
più smisuratamente crescendo sotto il nome di chimica de corpi organizzati :
Erasistrato , Herofilo , Serapione fu ron tra ' Greci , che s ' applicarono con
som mo studio all' Anatomia . Ma innanzi a co storo , vinti gli errori della
religione e de' tempi , aveano cominciato a coltivarla De mocrito in Abdera ,
ed Empedocle in Ger genti. Descrive quest'ultimo la spina del dorso , e tienla
, come di fatto è , non ' altri menti che la carena del corpo umano ( 66 ) .
Distingue egli di più inspirazione da espi razione mostra i canali per cui si
re r 83 spira dalle narici ( 67 ) . Ricerca egli inti ne l'organo del sentire ,
e trapassando il neato uditorio , discopre quella parte dell' udito , che
attesa la sua forma torta e spi rale , chiamò egli allora , e chiamasi anco ra
la chiocciola (68 ) . Questo è il poco a vanzo delle sue cognizioni anatomiche
, che per sorte sono arrivate sino a noi . Ma que sto stesso poco mostra il suo
gran sapere in questa scienza . Un gran pezzo di capi tello o di bảse' , il
rottape d ' una colon na , o pilastro , bastan sovente a indicar e la
magnificenza di un edificio , e la perizia di un architetto . La sola scoverta
della chiocciola dimostra assai meglio , che non fecero ' gli antichi
scrittori', essersi il nostro filosofo molto avanzato nelle cose anatomi che .
Questa situata in luogo riposto dell' udito non si potea discoprir certamente
se non da chi fosse stato molto prima versa - to e perito nelle materie
anatomiche . M eno scarse son le notizie delle fun . zioni della vita e
de' sensi dell’ Uomo : e che per fortuna ci restano della fisiologia
d'Empedocle . 1 84 : ; Il sangue umano , come ciascun sa , sempre alto , e sempre
allo stesso modo co stanțe mantiene il calore . Ippocrate pien di maraviglia
l'attribuì a cagione sovrana turale e divina . Empedocle all'opposto eb be il
calore , come cosa ingenita e conna turale al sangue medesimo . In cid a lui
s'accostarono ne' tempi d'appresso Aristoti le , Galeno , e tanti altri , Ma
egli fu il primo , che a formare un sistema , trasse dal calore del sangue ,
come da prima ca gione , una spiegazione non già vera , ma certo artificiosa ,
delle funzioni della vita . Le regolate , pulsazioni delle arterie a véano gia
indicato al nostro filosofo , che il muove nelle vene . Ma igno ta era a lui '
, come ignota fu all'antichi tà ,, la circolazione del sangue . Però in ve ce
di questa suppose egli in quel fluido un movimento d'oscillazione . Il sangue ,
ei dicea , occupa parte , e non tutta la ca vità delle vene , e in queste va
quello giul $ u continuatamente oscillando (69) . La for : che lo stesso agita
, era secondo lui il sangue si za 85 calore : . e questo essendo ingenito al san.
gue costante ne mantiene e l'oscillazione e il moto . A tal movimento legò il
nostro filoso fo la respirazione , altra operazion della vi ta . Quando il
sangue , ei dicea , va giù verso il fondo de' vasi , l'aria tosto s ' insi nua
ne' sottili prominenti meati delle vene , ed entrando occupa quel vano , che
nell' andare si lascia in queste da quello . Ne perciò egli aggiungea l' aria
quivị restarsi : perchè il sangue , secondo Empedocle , spin to dal calore , e
su tornando , preme dolce mente quella , e fuori la caccia col suo ri tornare (
70) . Accade , seguiva egli a dire , ciò che nella clessidra si osserva ( 71 )
.." Ivi l' aria respinge l'acqua , o da questa quella è re spinta . Non
altrimenti nella respirazione l' aria esce o entra secondo che il sangue si
porta o giù o su nelle vene . Però all'an dare o venire del sangue risponde
alter nando il venire o andare dell'aria . Ques sta forma , entrando , l '
inspirazione ; ilscen. 86 . do 'l' espirazione e nell’unal e nell' altra è
riposto giusta il suo sistema il respirare d'ognuno . L'aria , che nella
respirazione esce ed entra nelle vene toglie al sangue a giu dizio d'Empedocle
una porzion di calore . Ciò indusse gli antichi medici , che abbrac ciarono tal
sua opinjone , a curar coll'aria fresca e matutina i ' morbi d'eccesivo 'calo
re . Il respirar dunque cagionava secondo il nostro filosofo diminuzion di
calore . Da ciò anch'egli iuferiva la necessità , che strin. ge gli animali a
dormire . Il sonno in fat ti egli diceva ; null' altro essere , che dimi nuzion
di calore. ( 72 ) . In quella parte quindi di fisiologia d ' Empedocle che
riguarda le funzioni vitali , il sonno vien dal respirare , e questo dall'
oscillazione del sangue . Sicchè sonno , spirazion , movimento di sangue tra
lor son connessi , e tutti quanti a un tempo dal calore provengono. Nel calore
in somma e' pose la cagione di vita e di moto . La morte ( 73 ) , egli dicea ,
è privazion di ca re 87 lore però riguardava sonno come .egli il principio di
morte . Giacchè questa , a suo credere , è privazione , e quello diminu zion di
calore . Tali principj di medicina , ch'eran teorici , guidavano lui eziandio
nel la pratica . A quel piccol' calore., da noi già osservato , che ritenea la
donna Ger gentina caduta in asfissia ( 24) conobbe Empedocle , ch'ella era
ancor capace dell' aiuto della medicina . Tanto egli è vero , che la sua
pratica era alla sua teorica con corde , e questa per l'andamento naturale del
suo spirito era legata tutta e formava un sistema . Ecco in qual povero stato
erano allo ra l' anatomia , e la fisiologia , la fisica in breve del corpo
umano . Nuda era questa di fatti , e piena d'errori , e d'ipotesi . Ma tale è
la condizione delle fisiche discipline : Nascono esse imbecilli , a stento
s'accresco no , e vanno non di rado alla verità per la via degli errori . A chi
allor poteva vee nire in mente , che l'aria nel respirare' in luogo di toglier
calore , ñe porga al san 88 ana ? gue e ne porga gran copia ? Come potea
Empedocle anticipar specolando in que di tante yerità , che suppongono la
cognizion di tante altre , e d'un immenso numero di fatti , che allora
ignoravansi ? Segnd e gli quindi , non v'ha alcun dubbio , po che e imperfette
linee di chimica , d' tomia ; di fisiologia del corpo umano . Ma tali schizzi ,
avvegnachè informi, ma co me primi , e originali , son titoli degnissimi di sua
gloria , e gli concedono un sublime posto d'onore nella storia delle scienze .
Appartiene a nobilissimi ingegni ( i quali sono ben pochi ), di mostrare almen
da lon tano quelle scienze , ch'al dir di Bacone son da supplirsi , e che del
tutto s'igno rano . Empedocle fece ancor di più . Dino to egli la chiniica del
corpo umano , analiz zando gli ossi e la carne ; accennò l'ana tomia
discoprendo la chiocciola ; indicò la fisiologia legando al calore , come a un
sol fatto , le principali funzioni della vita . Su periore e' quindi al suo
secolo non avrebbe certamente lasciato ad altri la gloria d' ac 8 89 crescere
queste utili scienze . Ma nol poté , come chi privo fu di stromenti , e di tut.
ti que' mezzi non solo opportuni ma ancor necessari a ridurre in effetto i
nuovi e và . sti disegni , che a ora a ora a lui sugge riva il suo genio , Ma
se non ebbe Empe docle la fortuna di accrescerlo tutte , ebbe quella di
stabilir meglio la fisiologia e get tare lui il primo le basi di quell' altra
parto d' essa , che riguarda i sensi dell' uomo , Andavano i Corpuscolisti
indagando 80 pra d'ogn'altro nella lor fisiologia come i nostri organi avessero
potuto sentir gli oga getti che, son fuori di noi . Credevan co storo tutti i
corpi venire in ogn’ istante in alterazione , cangiare , ed esalare particel le
sottili , e invisibili . Eran queste , sécon do loro , trasportate dall'aria ,
dall' acqua , dal fuoco su nostri organi , e ivi adatta te eccitavan le sensazioni
di que'corpi , da quali esse spiccavansi . Piacque quindi a costoro le
sensazioni null' altro essere , che impressioni eccitate negli organi da
particel m go le , che si parton dagli oggetti , di cui quel le son , come
quasi le immagini . Empedocle intanto non dissenti mica da loro . Ma il suo
spirito , come quello che non erane certo , non se ne mostrava del tutto
convinto . Messosi costui quindi a esaminare i sensi a uno a uno , adatto a
ciascun di loro la sua propia e particolare spiegazione. Fece egli così
un'analisi de' sensi e sensazioni più profonda , che sin ' al lora non s'era
punto fatta d'alcuno . Ma quel ch'è più aperto egli dimostrò non es ser lui
punto ne' suoi pensamenti nè se . guace , nè schiavo delle comuni e dominan ti
opinioni . Giacchè egli nel chiarir questo o quel senso ora abbandona i
corpuscoli , or recali innanzi , o ora aggiunge agli stes si qualche nuovo
argomento . Trattando Empedocle dell' odorato , e del gusto non altro mette in
opera , ch'e salazioni , e corpuscoli . Questi , agli dice , trasportati
dall'aria s ' acconciano a ' pori del naso , e muovono il sentir dell' odorato
. I cani , ei soggiunge , cosi e non altrimenti 91 indagan futando l'orme della
fiera , Che se il catarro , dice egli di più , irrigidisce le narici ; allora i
pori di questo tosto s ' alterano , si respira a stento , e l'odor non si sente
( 75 ) . Tratta egli appresso dell'udito , e la sciati e pori , e corpuscoli ,
piglia dall'ana tomia il suo nuovo argomento . L'udito , ei dice , nasce dalla
battitura dell' aria nel la parte dell'orecchia , la quale a guisa di
chiocciola è torta in giro , stando essa so spesa dentro , e come un sonaglio
percossa . L'anatomia , ch'era allor grossolana piccol conforto a lui porse nel
dichiarare la vista . Conobbe Empedocle un de' tre umori , ch'è l' aqueo , e
qualche membra na , senza più , di quelle , che coprono il globo visivo . Però
sfornito dell' ajuto dell' anatomia era egli dubbio e incerto . Em pedocle
nondimeno giunse a comprendere dover la luce avere gran parte nella visio ne
degli occhi. Ma come , e perchè , per quanto si fosse ei travagliato , nol potè
af fatto conoscere . 1 m 2 92 Suppone il nostro filosofo entro dell' occhio ,
non che , acqua , ma luce , che chia ma fuoco nativo . L'una , e l'altra a suo
credere, ivi stanno in tal quantità , che per lo più sono ineguali . Così egli
distingue gli occhi azzurri da' neri . Iprimi egli af ferma abbondar di fuoco ,
scarseggiare d ' acqua ; là dove i secondi esser poveri di fuoco s ricchissimi
d’aequa (76) . Però ei soggiunge gli uni mal veggon di notte per difetto di
acqua ; e gli altri veggon male di giorno per iscarsezza di fuoco ( 77) . Ma
sía o poca , ó molta la luce che stanzia nell'occhio , ei la riguarda qual lu
me dentro una lanterna . Lo splendore del lume , ei dice ., fuori della
lanterna si span de , e nella notte ci guida . Così i raggi di luce fuori dell'
occhio si spargono , .e ci di mostran gli oggetti . Empedocle talora aga giunge
a raggi della luce i corpuscoli. I raggi secondo lui , che dall'occhio si
lancia no , prima s' imbattono nelle particelle , che si spiccan da corpi. Poi
raggi e corpusco li si congiungono giusta il medesimo : e 93 insiene congiunti
si portano all'occhio , e muovono il senso visivo (78) . Aristotile disapprova
tali pensamenti d'Empedocle . La visione degli ocohi , egli dice , è da
riſerirsi solamente all'acqua , e niente al fuoco ( 79 ) . Nella storia dello
spirito umano accade sovente , che un er rore un altro ne " caccia , e ' l
falso al falso di mano in mano succeda . Aristotile oltrº a ciò rimprovera il
nostro filosofo , che dub. bio egli e incerto abbia , fatto cagion del vedere
ora i raggi uniti a' corpuscoli , e.o ra i soli corpuscoli (80) . Ma in ciò sem
bra Aristotile a torto riprendere Empedocle . Non sapea persuadersi il nostro
Gergen tino , che totalmente passiva fosse la se de del senso visivo . Non
potea egli inol tre comprendere , che niuna parte avesse la luce nel gran
magistero del nostro vedere . Incerto restò quindi di se , di sue idee , e
delle spiegazioni volgari ; ma tale incertez. za o quanto onore a lui reca !
Dubitar del le opinioni , che son false , e in voga , è il primo ma più
difficil passo , che si può fare verso del vero . 94 La fisiologia , che va a
di nostri spa ziando per tutte le scienze , comunica ezian. dio colla
metafisica e colla morale . Quest' unione , ch'è il frutto naturale dell'avan
zamento delle scienze , fu dirò così presen tita dal nostro Gergentino . E di
fatto sul la sodissima base della fisiologia cercò egli stabilire si l'una , che
l' altra . Da che Pittagora , e Parmenide ab bandonarono i priini la
testimonianza de' sensi , come ingannevole , i Greci tenzona chi contro la
ragione , chi contro i sensi . Questi , è quella vennero quindi in discredito :
6 sorsero intanto i sofisti , e gli scettici . Socrate , Ippocrate', e altri di
si mil sorte tentaron conciliar la ragione co ' sensi . Ma vani furono i loro
sforzi . Duro la gran lite durante la Greca filosofia . La stessa rinacque al
rinascer tra noi delle scienze . Di nuovo si pugnò allor quando contro i sensi
, quando contro la ragione ; e di nuovo si giunse allo scetticismo . Ma nggi
simili dispute sono già state bandite da noi ; e si terran lontane , finchè lo
studio rono , 95 delle fisiche , e delle Matematiche avrà in Europa stato , e
onore . Ne' tempi d'Empedocle la scuola d ' Eléa orgogliosa facea ogni sforzo
ad atter rare i sensi , e a inalzar la ragione . Cid ch'è , dicevan gli
Eleatici , è unico , eter no , immutabile . E come i sensi ci mostra no il
multiplo , il mortale , il mutabile ; co sì essi c' ingannano . Però
conchiudean co storo la ragione poter sola conoscere cid , che è , ed essa
solamente decidere della realtà delle cose . Contro i medesimi entrarono in
lizza i corpuscolisti. Questi disdegnando lo sotti. gliezze di quella scuola ,
fisici com'erano , difesero i sensi , senza annullar la ragione . Anagsagora
con sottile avvedimento distinse le particelle simili da ' loro composti ; Demo
crito gli atomi da' loro aggregati : ed Enia pedocle gli elementi dalle lor combinazioni
. Particelle simili , atomi , elementi , dicean costoro , sono eterni ,
immutabili . Non son tali le combinazioni , gli aggregati , i com posti, che
mancano , e cangiano . Questi 96 si conoscon da’sēnsi , quelli dalla ragione .
Eglino quindi tolsero ogni contrasto tra' sen si , e ragione : assegnando a
questa , e a quelli due provincie del tutto separate , e distinte . I corpi ,
come composti , operano a senno d'Empedocle , e di Democrito su i nostri organi
, che sono del pari composti . Eccitano quelli le nostre sensazioni ; ma queste
a parer d' entrambi non son tali , che i corpi , La'scuola di Jonia avea tal
mente confuso le sensazioni cogli oggetti , che scambiava questi con quelle , e
tenea le" une , non altrimenti , che immagini fe delissime degli altri .
Non così pensarono i Corpuscolisti. Questi separarono , dirò co si , le
sensazioni dagli oggetti , che le ca gionano ; è muovono , ed ebbero quelle ,
come soli , e semplici modi , quali di fatto sono , del nostro sentire . Il
bianco o il ne ro , il caldo o il freddo, l'amaro o il dol ce esistono ,
diceano essi , ne' nostri organi , nelle nostre sensazioni , e non già negli
ogo getti. Costoro quindi solean chiamare co 1 97 1 . eglia gnizioni , di
apparenza , e di opinione , e non gia di verità , e di realtà quelle , che si
traggon da' sensi . Ma non perciò credea Empedocle , co me alcuni vogliono , le
nostre sensazioni es sere immaginarie . Cangiano queste , vero , secondo che a
lui piaeque , come can gia lo stato de' corpi , o come s’ înmuta la disposizione
degli organi . Ma vero , e reale è altresì il sentimento , che si desta da' cor
pi . Tal' è della sua dottrina , al pari di quella di Newton intorno a colori .
Vege giamo ne' corpi o rosso , o giallo . Ma ne i raggi di luce , che percuoton
l'occhio , sono o rossi o gialli ; ne' rossi ne' gialli so no i corpi , che
que' raggi colorano . Il ros ò il giallo è in somma nell'occhio , e
nell'impressione , che in esso fanno i rag gi di luce : Così a creder
d'Empedocle le sensazioni sono reali . Ma le medesime non rappresentan mai le
qualità , che ne' corpi appariscono ; null'altro essendo , che altret tanti
modi del nostro sentire , Diversa da quella de sensi , credeano SO , n 98 . E 1
. i corpuscolisti , esser la via , con cui s'ac quista da noi la conoscenza
degli elemen ti , o degli atomi. Questi non si poteano secondo loro , come
semplici, conoscer da' sensi , che sono composti . Ogni simile , era antico
assioma , non si può conoscere , non col suo simile . Però Democrito ed
Empedocle , tolta a' sensi la cognizione de' sempliei , la riservarono
all'anima . Per questo l'anima , giusta Democrito , era for mata d'atomi ; e
secondo Empedocle degli elementi , ma uniti alle due forze di amo. re , e di
odio . Colla terra , dicea il Ger gentino , veggiamo la terra , r acqua coll'
acqua , l ' aria coll' dria , il fuoco col fuo co ; e coll' odio e l'amore
altresì l' odio , e l'amore : Empedocle portava , dove potea , l'oc chio alla
fisica costruzione del corpo uma mo, e dava alle sue opinioni una veduta anatomica
. Credetto ei di veder nel cuo. re umano un centro , diciam così , di siste ma
; e ivi egli pose la sede dell'anima . Ma come Empedocle in tutto , e sempre 99
era concorde a sestesso , cosi loco quella particolarmente nel sangue , che
asperger e bagna il cuore dell' uomo ( 81 ) . Perchè ripostosi da lui il
principio e di moto , e di vita nel calore del sangue , li ancor e gli dovea
ripor l’anima ; Era questa dota ta , a suo credere , di sentimento al pari de'
sensi . Ma ambidue ricevevano le loro impressioni : l'anima dagli elementi i
sen si dalle combinazioni . L' una acquistava la cognizione delle cose eterne ,
e immutabili , e gli altri la notizia delle mortali , e mu tabili . I corpi
esterni in somma oporavan sulla macchina dell' uomo in due modi di versi : come
elementi sull'anima , come com binazioni su i sensi : e quella & questi e
ran passivi . Nacque da ciò , che Protagora , lo scoo ' lar di Democrito ,
portð opinione : l'intel letto altro non esser che la facoltà di sen è nelle
sensazioni stare ogni cogni zione , e scienza : Per questo Crizia , qua si
accostandosi al nostro filosofo , affermo , pensare esser lo stesso che il
sentire tire , e 1 ni 2.' 100 anima stanziarsi nel sangue . Ma Empedo. çle non
si fermè quì al par di costoro : passò molto innanzi . A parte dell' anima ,
che conosce gli elementi , un altra ne sup pose egli entro noi , che è
destinata a ver sarsi nella contemplazion delle cose intellet. tuali e divine .
Iddio secondo lui , non è una combi nazione a guisa de corpi ; ne un unità ma
teriale cone son gli elementi . Dio , egli dice , non ha forma nè membra umane
; non si può veder cogli occhi , nè toccar col . le mani. Iddio è santa mente ,
Costui non si può render colle parole , e muove l'uni verso co' suoi veloci
pensieri . Iddio in sostan za per lus è mente , e la sua vita è il pensare .
Così il nostro filosofo abbandona va la compagnia di Domocrito, e le cose
materiali : per tornare a Pittagora , e alle cose , intellettuali . ins.
L'anima dunque , destinata da Em . pedocle a conoscer cose spirituali , e
divine , dovea essere , e fu per lui altresì senza dubbio spirituale , e divina
. Questa proce . 101 dea , secondo che dicevano Empedocle , e i Pittagorici ,
da Dio , ed era particella del la sostanza divina . Se ne appresentavano essi
la ġenerazione sotto varie immagini : or di fiaccola , che tante altre ne
accende ; or d'idea che tante altre no genera ; or di parola , che trasmette à
chi ascolta , la ragion di chi parla : o di cose simili , che sarebbe lungo il
ridirle : Però paghi que' filosofi di esse agevolmente popolarono il mondo d'
innumerabili spiriti , che tutti e. ran partecipi della natura divina . Di
questa classe prese dirò così il nos,. stro filosofo le anime spirituali . Le
due a: nime , quindi annesse da lui nel corpo dell' uomo forman la primaria
base di sua me tafisica dottriną . Una egli sostenne essero immateriale ,
materiale l' altra , ' quella ese sere immortale ed eterna , e questa mori re
insieme col corpo : la primą versarsi in contemplazion di cose intellettuali ,
e astrat te ; e la seconda in cognizione di elemen ti , e di due forze odio , e
amore .. Ma non mancherà çerto , cui si fatta 102 opinion di dire anime in
ciascun corpo di o gn' uomo semibri del tutto strana , e inde gna della gravità
d'un filosofo : Ma chi al tresì avea ' manifestato allora , é chi fin' og . gi
ci ha detto cose più vere , o più sapien . ti sull' union dell'anima col corpo
, e sul reciproco loro influsso , e commercio ? Chi presi di boria , annullato
lo spirito , tutto riducono a macchina . Protagora volea , che giudicare ,
e ragionare fosse la stessa facol. tà del sentire . Ma questa è un'empietà ;
una mattezza . Tal la dimostrano l' unità del pensiero , e l'attività del
ragionare dell' uomo . Taglián costoro , come suol dirsi , non isciolgono il
nodo . Chi presi d' entusias mo , annullato dirò così il sistema organi co ,
tutto l' uomo riducono a spirito . Stahl volea , che l'anima sola operava tutte
quan te le funzioni del corpo . Ma questa è u• na falsità , e una follia .
Talla dimostra : no i movimenti involontarj , e organici . Vo glion costoro ,
como suol dirsi , occultare il sol colla rete . Chi poco più 'ragionevoli ,
pigliata una via di mozzo , vollero .combi . 103 nare ambidue le forze
dell'anima , e del corpo . Leibnitz volea un'armonia prestabi lita , cui mercè
lo spirito segua ne' pensie ri , voleri i moti del corpo , cui quegli è
congiunto : Ma questa è una ciancia , è una fola più complicata della cosa
stessa , che si vuole spiegare . . Lo spirito umano in somma ha immaginato
tante ipotesi su ciò , tanto più , o meno bizzarre , quanto più o meno son le .
teste scaldate di tutti filosofi . Nè vi è inoltre mai stata ipotesi , che
tosto non sia stata accolta , e non ab hia avuto assai partigiani : tanto vale
quel la specie di prestigio , che la novità ope ra sull’intendimento dell'uomo
! Qual ma raviglia dunque , ch’ Empedocle abbia sup posto in ogni corpo due
anime ? Non fu egli certo nè tanto delirante , quanto Pro tagora , tutto
macchina ; nè tanto immagi nario quanto Ştahl , tutto spirito ; nè cost
fantastico qual Leibnitz tutto armonia pri initiva . Dichiarò egli a .
rincontro della falsa dottrina di Protagora , che le idee spirituali non
procedono dal sentire . Svi 104 luppò anzi tempo contro Stahl le funzioni de'
nostri organi , e quelle della vita con fisiologiche ipotesi non di rado
fondate sull' anatomia .. Prevenne Empedocle alla fine l' erroneo sisteina di
Leibnitz , e i sensi , dis se , e le sensazioni esser capaci di eccitar
nell'anima la ricordanza di ciò , che prinia el!a sa , e poscia., atteso il
contatto colla materia , la stessa del tutto dimentica . Non è quindi Empedocle
colla ipotesi delle due anime o men ragionevole , o più strano di tutti i
filosofanti , che sono stati finora . E ' da confessare che il problema intorno
alla reciproca azion dell'anima sul corpo forse appartenga alla classe di
quelli , che vincono qualunque intendimento dell' uo-. mo . Però non si sono
recate da noi , ne' si recheran per lo innanzi , che ipotesi , e sogni , che il
tempo , il quale suol confer mare i soli , e veri giudizi della natura andrà a
mano a mano struggendo . Non è già , che queste due anime', che noi leggiamo
presso molti degli antichi , e sopra ogn'altro' de' Pittagorici , sieno da 105
na , prendersi secondo la lettera . Intendean co storo distinguere il sensibile
e l'intellettuale : due maniere di facoltà , che sono entro l' uomo . Ma
adombrarono essi , come ' era u sanza d'allora , sotto vive impagini quelle
facoltà , o , diciam cosi , fecero le medesime divenire persona . Empedocle di
fatto secon do la testimonianza di Sesto Empirico d ' ambidue quelle facoltà
compose la sola ra . gione . Questa , egli dice ; è in parte uma in parte
divina , e porta il nome di retta ragione (82 ) . Perchè questa corrego ge gli
errori de'sensi , e può sola discer nere il vero dal falso . Tanto egli è vero
che le due anime d'Empedocle, non rape presentavano , che la facoltà sensibile
e la facoltà intellettuale , e ambidue faceano u. na cosa sola . Chi potrà or
tolerare Empedocle cole locato tra la classe de' filosofi scettici ( 83) . Egli
non mai affermd essere inutile , o va« na la testimonianza de' sensi . Apzi i
sensi , egli disse , mostrarci i rapporti, che han. no i corpi , e tra loro , e
coll' individuo d' . 106 ognuno . I sensi , egli disse del pari , sve . gliare
nelle intellettuali facoltà le idee spi rituali , e , astratte . Al più al più
diffida va Empedocle de' giudizi de' sensi , che so vente sogliono esser
fallaci , o ingannevoli . Però egli volle , che i medesimi fossero sta. ti
guidati unicamente dalla retta ragione . Questa potea solo a sentimento di lui
discer nére il falso dal vero . Forse , dicea ai suoi tempi Cicerone parlando
d'Empedocle , costui ci acceca , e ci priva de' sensi ; allor quan do egli
crede , che non fosse in essi gran forza per giudicar di cose , che sieno sot
toposte agli stessi ( 84) ? Par , egli è vero , Empedocle degli e lementi
trattando , quali esseri semplici , ga gliardamente scatenarsi contro de'sensi
. Par lui scatenarsi altresi contro gli stessi , allor ehé , dirizzandosi al
suo amico Pausania , e con lui trattando dell'amore e dell' odio , ambidue
forze immutabili , gli avverte a non fidarsi.de' sensi , e a guardar le cose
non già cogli occhi del corpo , ma con que' della mente . Pare eziandio
finalmente , giue 107 sta cid , che., Cicerone ine dice , lui andare in furia,
contro i medesimi gridando : niuna cosa poter noi nè veder , nè sentir , ne.co
noscere ( 85 ) : Ma altri , che questi 'argomenti ci vo gliono a definire come
scettico il nostro fi losofo . Chi è intento a esperienze e ad a nalisi ; chi
cerca con somina cura de' fat ti; chi da questi tenta d'investigare l'ope
razioni della natura sotto la guida dell' a nalogia : certamente non sa , nè
può esse re scettico . I fisici potranno non prender cura di cose spirituali ,
e astratte ; ma non mai l'esistenza negar di que' corpi, le cui propietà con
ardore cercano , e la cui in dole con diligenza studiano . L' espres sioni
quindi di quelle parole , non v'è dubbio ' dover valutarsi secondo e il pen
sare , e il parlare di quella stagione . Si chiamava allora pero , e ciò che è
; quel ch' è eterno , e immutabile , o sia quello , che sotto i sensi non cade
: Però Empedo cle a ragione parlando di elementi , e di farze , come quelli ,
che sono eterni e im 0 2 . 108 1 mutabili , rigettd affatto i sensi : @ niuna
cosa noi , disse , mercè loro potere o ve dere , o sentire , o conoscere . Fra
tanto , chi il crederebbe ? che nel volersi definire il carattere , o la
dottrina d'uno stesso soggetto , si passi anche da' gran filosofi da uno all'
altro estremo del tutto contrario . Anche i grandi uomini tal. volta
precipitano i loro giudizi , e nel pre: cipitarli ·traveggono . E' cosa da
farci stor : dire il sapere , che la dove alcuni filosofi dichiaravano scettico
Empedocle ; altri all! opposto avessero lui materialista definito , Aristotile
, e altri con lui tacciano di ma: terialismo il nostro Gergentino . Nel siste
ma d'Empedocle il pensare , dico Aristoti le , lo stesso val che il sentire ;
ogni nostra cogaizione viene dalle sensazioni : e con que : ste quella s'
accresce ( 86) . Ma questo stesso è altresì una calunnia . Passivi sono , 4.
senno d'Empedocle , i nostri sepsi ; pas siva è parimenté una di quelle due ani
me , ch'egli suppone materiale entro noi . Pero la nostra scienza , disse egli
, accre. 109 scersi colle nostre sensazioni . Ma dall' una anima e dall'altra ,
dalle facoltà cioè sen . sibile , e intellettuale , si forma , come a lui
piacque , quella ragiono , che noi già abbiamo osservato . Questa , secondo
'lui , pesa , compara , giudica : in breve ragiona . Due sono i principj ,
giusta gli avanzi di sua filosofia , cui mercè la ragione rettifica i giudizi
de' sensi . Primo : il nulla viene unicamente dal nulla . Secondo : il simile
si può solamente conoscer col simile . La ra gione quindi secondo lui ,
riferisce le sens sazioni a tali , e ad altri principj ( se pur altri ne avesse
ammesso costui ) , o coll' ajuto di questi quella ci mostra il roro. @ il falso
. Poteva , cio posto , tal essere lui , qual co lo dipinge Aristotile , un
materia . lista ? Chi ammette principi di conoscere ; di giudicare , assoluti ,
non ricavati da' sen . si , eterni , immutabili non può affatto cre dere , che
il pensare lo stesso sia che il sentire , nè punto può essere imputato co stui
di materialismo . Non v'è uomo , quanto si voglia grana. de , che non abbia i
suoi nei ; e anche i gran genj sono soggetti sovente a censure . Si dice
d’Empedocle in metafisica non essere stato lui originale . Convien forse ora
smen tire tal voce ? Nulla meno . Si bisogna esse re ingenuo ; nè l'amor di
colui , ehe si loda dee sì impaniarci , che ci debba far supera : re l'amore
del.vero . Si confessi pure Em . pedocle , al par de' corpuscolisti , in metafi
sica non essere stato mai originale . Empe docle qnal allievo de' pitta gorici,
e degli e leatici non seppe abbandonar punto le idee da lui apprese in ambidue
quelle scuole . La stessa venerazione egli ritenne , che ave van costoro verso
i principj astratti , Si diparti egli sol da' medesimi ( e co si avvicinossi
alle scuole contrarie ' ) nel non aver lui rigettato del tutto la testimonian
za de sensi . Egli in que' dì si sforzo di sedare colla sua nuova dottrina
l'accesa pu gna di que' , che litigavano chi contro del, la ragione , chi contro
de' sensi . Combind egli , e mirabilmente congiunse i sensi cola la ragione , a
questa , e a quelli assegno 111 - uffizj, e diritti separati e distinti : e sen
za nulla scemare dalla realtà di nostre sen sazioni , gran forza , e autorità
diede a prin. cipj generali ; e astratti : Tutti i corpusco listi furono in
quella stagione eziandio , chi più , chi meno concordi al nostro filosofo ; e
tutti egualmente in metafica tennero le parti di conciliatori tra i due partiti
allor dominanti . Tal'è la natura dello spirito u mano . Fatica egli senza
stancarsi , e riflet te anche sino al cavillo , quando è sospin to dall'ardor
del partito , e dall' amor del sistema ! Ma poi stanco ei di meditare , o
pugnare , cerca la quiete , e 'l riposo ; e componendo insieme le opinioni
contrarie si lusinga d'aver trovato gia il vero . Avven ne allora in somma ciò
, che la storia filo sofica ci presenta a ogni passo . Sempre dall'urto . di
due opposti sistemi n' è il ter zo spuntato , che li ha conciliato , giunto .
Anzi quando molti in contrasto so no i sistemi ; allora è appunto , che sorgon
gli ecclettici , che scegliendo opinioni , or da un partigiano , orda un altro
, tutti con accozzano i partiti tra loro , e li riducono & uno . Sarebbe
tempo ora mai di volgerci dalla metafisica alla morale d'Empedocle . Ma
portatesi assai più avanti da lui le sue ricerche , e le sue vedute sull'anima
, di storna noi pure per ora d'imprender tal via . La fisica ( abbiam noi
osservato espo nendo la dottrina d’Empedocle ) , essere stata quella scienza ,
in cui ei sopra ognº altro si distinse , e cui mercè alto ha so nato , e
sonerà eternamente il nome di lui . Mà nello studio della natura quello ,
che più l'allettava , e cui principalmente egli intendeva , era la
contemplazione de' corpi organizzati . Riferi egli da prima ( sic. come abbiam
noi pure os servato ) , gli a. nimali a ' vegetabili , e da questi
portando le sue specolazioni sull' uomo giunse sino alla metafisica . Dall'
uomo poi tornò Em pedocle ad ambidue quegli oggetti quasi al le sue
considerazioni primjere ,e domesti che · Ando egli indagando , se i vegetabili
fossero stati provveduti di gentimento , e se 113 gli animali e vegetabili
fossero stati tutti due al par dell'uomo forniti di anima . Si fatta
investigazione non fu punto difficile al nostro filosofo , come chi piglia va
l'analogia per sua guida . I corpi non organizzati , egli dicea , nulla hañ di
comu ne co' vegetabili ; perd se quelli son privi di senso , questi
all'incontro nę debbono esser partecipi. I vegetabili all'opposto , ei
sogglungea , molto aver di comune cogli a nimali ( 87 ) . Ambidue han tra loro
comu . ni le primarie funzioni vitali : son dotati di sesso , si nutriscono ,
crescono , traspira ban gioventù , han yeochiezza , han no indozzamenti ,
malattie , sanità , nasco no , muojono . Però se gli animali son for niti di
sentimento , anche i vegetabili in ciò debbono essere a quelli compagni . Fu
quindi sua opinione essere gli alberi , 6 le piante capaci di tristezza , di
gaudio , di voluttà , di dolore , di desiderio , di sde gno ; e di ogn'altro
animalesco appetito (88) . Anzi spingendo egli più oltre la forza di sua
analogia , posti eguali i fisici rapporti > P 114 1 tra l'uomo, e gli
animali , e tra questi e i vegetabili , fu di parere , che l' avere un'anima
materiale non fosse un privilegio sol conceduto all' umana natura , ma comu ne
eziandio a tutti quanti i corpi organiz zati . Anima quindi , e sentimento egli
die de , non che agli animali ; ma anima e sentimento altresì a ' vegetabili ,
e a ogni sorte d'erbe , e di piante (89 ) . Anima e sentimento diede Empedocle
a ' vegetabili ! fiori che si rattristano ; erbe che si adirano ; pianto , che
' o si rallegra no o piangono ! Quanti , non che qual fan. tastico piglieranno
il nostro filosofo , ma ne rideranno ancora al sentirlo ? Ma non rideranno
certo , chi più sag. gi e più istrutti , non ignorano punto , che anche i
Democriti , gli Anassagori , i Pla toni abbracciaron si fatta sentenza ( 90 ) .
La quale non è già , che faccia a lui ono re , perchè, abbia in cið avuto e
compagni , e seguaci così solenni filosofi . Ciò sarebbe un argomento
d'autorità , che nulla , o po co conchiuderebbe in suo pro : perchè filo- , 115
sofi ' ancor di gran nome stan sottoposti a errori grossolani , e massicci . E'
che la co sa non è in se stessa sì strana ; come a pri ma vista apparisce .
L'anima materiale da que' gran filosofi negli animali , e vegetabi li ammesza ,
in sostanza altro non era , che la fisica sensibilità de' moderni . Questa vole
van costoro , che fosse ne' vegetabili tal qua le tra gli animali si trova : In
virtù di que sta ', credevan gli stessi , i vegetabili al par degli animali
ésser capaci d'amore , odio , e d'ogn' altro animalesco appetito . Empe docle
in breve , e que gran filosofi ebbero e uomini , e bruti , e vegetabili come do
tati di senso , e la fisica lor sensibilità chia marono anima . Chi adesso
potrà dirittaa mente riprendere Empedocle ? Di poi non vi sono a di nostri de '
fi siologisti famosi , che nelle piante trovano senso d' umido , di secco , di
caldo , di fred do , di luce , di tenebre ; perchè non po che di quelle
chiudono o aprono i loro pe tali atteso il freddo o il caldo , il secco o l'
umido , il lune o lo scuro ? Non vi soa P 2 116 no del pari quelli , che veggon
nelle pian. te , chi il senso del tatto , come nella sen sitiva ; chi quel
dell' amore , come nella valisneria , chi una specie di gusto nell'e. stremità
d'ogni radice , cui mercè questa sceglio , e trae quella nutrizione , che si
con. viene a ciascuna ? Non son finalmente o Darwin e le Metherie , che van
cercando , é credono d'aver già trovato ne' vegetabili e senso , o sensorio ?
Qual assurdo egli è dunque, se Empedocle , che ne' suoi con cetti abbracciava
tutta la natura , abbia u . nito insieme tutti i corpi organizzati per via
della fisica sensibilità , che credea essere a quelli comtine ? La natura , non
v'è dub bio , aver distinto , e separato il vegetabile dall' anirnale con
differenze , e caratteri ben contrassegnati , e rivissimi. Ma l' estendere la
sensibilità dagli animali sino alle piante è una idea grande , bella , e degna
di un sommo filosofo . Non v'è , chi a prima vi sta non ne debba restar preso ,
e non bra mi trovar vera quella , che vera sin ora non è . 117 Ma comunque ciò
sia , una cosa ' solit è verissima , Empedocle aver riguardato i corpi organici
in un aspetto diverso di quel, che fece Pittagora , o i filosofi prima di lui .
Costoro non ebbero nè pure in pen siero di considerar le piante , di bruti ,
come dotati di sentimento , e di anima , Empedocle fu il primo , almen tra
pittagori ci, a pensare in tal modo . Egli fu , cho ebbe e uomini , e bruti, e
piante , quali esseri congiunti tra loro dalla sensibilità , come quasi comune
strettissimo vincolo , o che suppose in tutti un' anima materiala egualmente . Però
egli fu anche il primo , che strinse l'uomo colle piante , o co ' brus ti ad
alquanti sognati doveri , che nasco Ro da quella ideata parentela , con cui e
gli legò quello con questi . Ecco ora come chiaro si vede su qual base vada a
poggiar la morale d'Empedo cle . Sulla fisica fondo ei la sua , metafisia ca ,
e su quella fondd egli ancora gran parte di quest'altra scienza . Con si fatte
vedute costui pubblico due gran poemi sul . Ii8 la natura il primo , e gulle
purgazioni il secondo . In questo Empedocle stabilì la sua etiça ; in quello la
fisica : ma fece precede re il primo al secondo , come argomento pri mario
della sua raffinata morale . La morale d'Empedocle fu in verità nel suo fondo
la stessa di Pittagora . Pu re lni citano gli antichi scrittori , come chi.
avesse alterato la prima antica dottrina di quel sommo filosofo , e i tempi di
lui ad ditano come la seconda epoca del pittago ricisino . Ma ciò avvenne ,
perchè Empedo cle , aggiustata la morale di Pittagora a suo modo , e conforme
al suo fisico pensa rė gi scostò al quanto dagl' insegnamenti di lui . La colpa
degli spiriti ; una diversa maniera di metémpsicosi : l'astinenza di qualche
sorta di cibo , furono in tutto le gran novità , ch'egli introdusse nel corpo
della morale di quello . Tra queste come principale , e primaria è da reputarsi
l'o pinion della colpa degli spiriti . Non d ' al tra fonte , che da questa ,
qual prima ca. il .119 gione , il nostro filosofo fece dipendere la
metempsicosi e le purificazioni, che sono i due çardini della morale
pittagorica . Fu opinione d'Empedocle , che varj spiriti , mentre menavano yita
beata , avesser pec: cato . Però a cagion di delitto , si credet te da lui ,
quelli , scacciati dal cielo , e pri vi degli onori divini , essere stati così
astret ti ad espiare i lor falli . Esuli , erranti , ra minghi , egli diceva ,
vanno lungi dal cie lo per trenta mila anni , e pagan vagando il fio meritato
del propio loro delitto . L' etere quindi , e' soggiungea , precipita gli
spiriti nel mare , il mare sulla terra gli sbalza , la terra gli sospinge
nell'aria , l ' aria sino all' etere gl' inalza . A quelli sų giù sospinti
perciò , e quà e la circolando risospinti , oyunque era d'uopo in mare , in
aria , in terra vivere in miseria e in lutto . Tali spiriti , secondo che
piacque a costui , andavan successivamente informan do varj corpi , e questi
appunto erano le infelici anime degli uomini. Queste quindi 120 ta stavano in
pena delle lor colpe racchius e ne' corpi ; i corpi eran le prigioni delle ani
me , e la matempsicosi , di cui Empedocle formo il primo cardine di sua morale
, giu ata il parer del medesimo , era una pena delle stesse , ch'aveano prima
fallato . Di si fatta reità delle anime che ragion fa della metempsicosi , non
si trova vestigio alcuno presso que' filosofi , che furono in nanti d '
Empedocle . Questa per la prima volta si legge ne' versi di lui . Ai suoi tem
pi fu , che la medesima divenne comune , o volgare : e Platono dopo fu quello ,
che l' abbelli sopra ogn' altro . Pero da Empe docle comincia una nuova età del
pittago ricismo ; perchè da lui comincia l'opinione della fallenza delle anime
, qual base e ra gione della trasmigrazion delle stesse . Egli è vero , la
metempsicosi , comu ne a pittagorici , essere stata antichissima presso gli
Egizi (91 ) . Non si dubita ne anche aver costoro diviso in più periodi il
tempo della trasmigrazion dalle anime, assegnato a ciascuno la durata di tre
mila 121 anni . In ogni periodo , credeano i medesi mi ogni anima , informato
prima solamen te il corpo di un uomo , andar poi tratto tratto passando non più
ne' corpi d' altri uomini , ma di qualunque animale , . che abita o l' aria , o
il mare , o la terra . E' vero altresì tal dottrina essere stata dall' Egitto
portata da Pittagora presso de' Gre ci ( 92 ) . Non si dubita nè pure i Greci
filosofi coll' andar del tempo averla molto alterata . Altri restrinsero la
metempsicosi ai soli corpi umani , altri pari agli Egizj ľ1° . estesero dagli
uomini ai bruti . Vi fu pa. rimente , chi disse que periodi esseri tre , chi
dieci , chi nove . Nè mancavan di quei , che ridussėro la durata d'ogni periodo
da tre mila a soli mille anni . Empedocle fra tanto afferind il nume ro di que'
periodi esser dieci , e la durata di ciascuno di tre mila anni . Ma l ' anime
secondo lui migravano in ognuno di que' periodi in ogni sola volta nel corpo
d'un uomo , e in tutto il resto a ' finire il cir colo di ciascun degli stessi
, andavano mion 122 1 che ne' bruti , ma eziandio nelle piante . Fui fanciullo
, dicea Empedocle , fui don zella , augello , albero , pesce . Chi è or , che
non vegga esser questa un altra delle alterazioni recate da costui alla
metempsi cosi di Pittagora , e degli Egiziani ? Questi la voleano solamente
negli uomini , o ne' bruti . Empedocle agli uomini , e a ' bruti aggiunse la
trasmigrazione ancor nelle pian te (93 ) : Ma non si creda mica , che tale ag
giunta d'Empedocle alla dottrina della me tempsicosi di Pittagora , e degli
Egiziani , fosse stata in lui l'opera del capriccio , o del caso . Sarebbe cid
indegno di un nuo vo , ' e original pensatore . Chi si risovviene del fisico
sistema del primo , conosce che si dovea far certamente quest' alterazione
notabile alla metempsicosi del secondo , Gia si sa aver avuto Empedocle le
piante , al par degli animali , dotate di sentimento , o d'anima materiale . Ma
non così aveano pensato nè Pittagora , nè gli Egiziani . Pero quegli fece
passar le anime e dagli uomi 1 123 ni , e da bruti alle piante , e questi cre
dean , che le anime migrassero dagli uo mini nel corpo solamente de' bruti . Le
a mirne in somma in forza del sistema d ' Em . pedocle , dovean circolare
informando tutti que' corpi , che in qualunque maniera fos. sero stati
organizzati. Ecco le due novità recate dal nostro filosofo alla morale di
Pittagora , ma novi tà ben legate tra loro qual cagione ad ef fetto . Alla
colpa delle anime aggiunse Em . pedocle la metempsicosi , come al delitto va
compagna la pena . Ma quel ch'è più , a questa e a quella unite insieme andò
egli pure legando la demonologia : articolo fon damentale della teologia de'
pagani . i Vedea egli quasi ingeniti all' uomo i semi si della virtù , che del
vizio . Allor si pensava lo spirito ' tendere naturalmente à cose spirituali ed
eterne , e la materia al le materiali e caduche . Credette ei quin di i semi
della virtù nascer nell' uomo dall' anima , e gli altri del vizio nascere in
lui della materia . Ma l'anima , a suo pre q 2 12-1 dere , chiusa nel corpo ,
restava contamina. ta dalla materia , e . però era sospinta assai più verso il
male , che il bene . Oimè , di cea egli , come è misero , come. è infelice il
genere umano . A quali guai , a qua li pianti non è ei sottoposto Queste due
tendenze dell'uonio al be : ne , e , al mal fare raffigurò Empedocle , giu. sta
il costume di quell'età , sotto le imma gini di due opposti genj. Due , egli
disse , sono i genj, che quali direttori delle azio ni degli uomini ,
accompagnano ciascun uo « mo in tutto il corso della vita d ' ognuno di loro .
Buono è l'uno , l'altro è malva gio . Il primo guida , o conforta lui alla
virtù ; il secondo spinge e conduce il me desimo al vizio (94) . Ma ambidue
questi genj non indicavano , che questa stessa dop pia tendenza . Pure tutto il
volgo allora venne nel credere , che ciascun uomo dal nascere al morire fosse'
stato realmente as. sistito da un genio buono , e da un altro malvagio . Tanto
egli è vero , che le im magini , sotto cui adombravano gli antichi 125 >
filosofi le loro specolazioni , fossero state ca gioni di superstizione , e di
errori. L'uomo non solo ha tendenze al be ne e al male , ma è capace altresì d'
ope. rar l' uno , o l'altro . Quante virtù , e quanti vizi di fatto ei mette in
pratica ! Ma questi stessi ebbe la bizzaria Empedoc cle di designare sotto la
figura di genj . Singolari , non cho speciosi furono i nomi, con cui egli
distinse i demoni, che rap presentavano i vizi , ' e le sfrenate passioni degli
uomini , De nomi di Chtonia , d' He liope , d ' Asafia , di Nemerte , o di
parec shi altri ne sjamo debitori a Plutarco (95) . Singolari eziandio , non
che speciosi , esser dovettero i nomi, con cui distinse lo stesso l'opposta
classe di genj, che rappresenta vano le virtù , e le passioni imbrigliate de
gli uomini , Mą il tempo , che rode ogni cosa , non ha fatto quelli pervenir
sino a noi . Pure è sfuggita da sifatta ingiuria la nominazione , con cui
Empedocle appel 10. le virtù , felice prodotto, delle regolate passioni. I
pittagorici furono usi chiamare 126 il mondo spelonca , ed Empedocle , qual
pittagorico , chiamò le virtù , e passioni virtuose ' potestà conducitrici
delle anime : quasi giunte nel mondo , come in un an tro (96 ) . Il popolo ,
che in ogni cosa vede portenti , e finge de' genj , accolse quasi revelazione
venuta dal cielo , la de monologia del nostro filosofo . Gli antichi scrittori
, pari al volgo , non compresero nè pure il vero intentimento di lui . Que sti
però dipinsero Empedocle , come chi avesse popilato l'intero universo di demo
nj, e attribuito a virtù de' genj ogni ope razion di natura . Ma questa stessa
dottrina de' genj fu il fondamento della magia , e teurgia fa mosa d'Empeclocle
. Questa , in que' tempi cra un metodo di purificar le anime col favore degli
Dei benefici , che dovean con dir quelle all'unione con Dio . Gli Dei bendici
non eran che virtù astratte deifi . cate da lui : è nella pratica delle sante o
pere era riposto tutto il culto di quelli . Credea egli , non poter le anime
ritornare 1 27 agli onori divini , da cui erat cadute , che coll' ajuto di
quegli Dei , perchè credeva altreşi non potersi quelle inalzare a Dio , che
coll' esercizio delle sante virtù . La teur gia in somma d'Empedocle fu un
retto , e diritto nietodo di purificar le anime colle opere buone . Sembra cosa
veramente incredibile che uomini abbandonati al debile filo della pro pia
imbecille ragione , e privi di qualunque superior lume di rivelazione divina ,
avessero potuto architettare un piano di quasi per fetta morale . Non fu gia la
metempsicosi quella , che giusta i pittagorici avesse po tuto purificar le
anime . Questa non era purificazione e virtù , ma pena dovuta al. delitto .
Questa non si poteva in alcuna an corchè menomisssima parte , o abbreviare , o
alterare . Esser questa un decreto divis no , essere un santo giuramento si
spaccia va a tutti da Empedocle . Ciascun anima avvegnachè virtuosa , e
purissima ( così és . si pensavano ) non potea unirsi a Dio , se non compiti i
periodi, e il tempo tutto di esilin . 128 Le purificazioni altro cardine della
mo rale d’Empedocle eran propiamente , secon do tutti i Pittagorici, le sule ,
che a poco a poco lavavan le anime , e toglievan loro in quel tempo , che
informavano i corpi umani , ogni macchia , di cui le medesime potevano essere
dalla materia bruttate . Pur gate poi le sozzure , e finiti i periodi tut ti
del bando , allora era , che le anime già nette , secondo che allar si credeva
, fos sero agli antichi onori tornate , e alla vita divina ... I sagri riti poi
, lo studio delle scien ze , la pratica della virtù erano i tre mo di di
purificazione inventati all' uopo da que' sommi filosofi . Sembra à prima vista
o superfluo o inutile essere stato il primo di questi mo di , e tutti gli
augusti riti , e quelle ceri- , monie solenni , che si metteano in opera al lor
da Teurgici. Ma si poteva scuotere , e infiammare altrimenti l'immaginazione de
gli uomini , affinchè questa si fosse resa docile agl' insegnamenti della virtù
? L'110 { 129 - mo materiale si solleva dal mondo materia le merce cose
eziandio materiali . Le ceri. monie , ei riti sono i soli , che colle san . te
immagini níuovono i sensi , e astraendo li dalle cose impure alle pure gli
inalza no . I riti sono il verace linguaggio de sen si , che efficacemente
parlando destano la fantasia . A questa è sol conceduto ' creare tra il mondo
materiale l'altro spirituale : Disadatto pure si crederà forse essere stato lo
studio delle scienze a purificar le anime . Ma non è egli questo , che aliena
lo spirito : dai vizi , che l'introduce alle co se intelligibili ; e che
sveglia in lui le idee immateriali e celesti ? Non è egli vero al tresì l'anima
, esercitata nelle cose dell' in telletto , districarsi da' fantasmi del corpo
, e . dalle false opinioni del volgo ? Era certa mente un ridicolo sogno quello
de pittago rici , che collo studio delle severe discipli ne fosse tornata alle
nostr' anime la mé. moria delle cose divine . Ma certamente all' opposto è un
dogma incontrastabile , . che tanto più la nostra mente si allontana dal r 130
> la materia e dagli appetiti carnali , quan to più la medesima s' aggira
sulla contem. plazione o de' principj delle cose , o delle matematiche , o
elogn'altra scienza . Ma in verità e uso di riti , e studio di scienze , e ogni
qualunque altra cosa , che avessero potuto specolare gli antichi , sa rebbe lor
tornata inutile , ne sarebbe mai giunta a purificar nè meno da lungi le a nime
, se a tutto ciò non avessero costoro accoppiato del pari la pratica della
virtù . Questo in fine dovea essere il bersaglio , cui dovean dirizzarsi que'
grandi filosofi : o questo l'ultimo e principal metodo di pu rificazione . Non
si può infatti ne pure ideare quanto studio avessero posto costoro ad astenersi
da ogni ancorchè minimo fal lo . Tutti quanti ( tranne il loro raffinato
orgoglio , e la loro squisita 'boria e super bia ) furono del tutto .virtuosi .
Di e nota te si recavan essi sopra se stessi , scrupo losamente ogni lor fatto
esaminando , e c gni movimento del propio loro cuore . In estimabile era la
diligenza , ch' essi adope 131 rzano a nettar d'ogni ruggine l'animo lo ro , e
a far bene ogni cosa . Tutta la vita į medesimi spendevano in contemplare
oggetti spirituali , e. in praticar virtù , e que pre cetti , che si leggono
scritti ne' versi dorati . Si crederebbe quì finito il lavoro della loro morale
, Pure come eglino avevano que sta diviso in due parti , così alla purifica
zione aggiunsero altresì la perfezione (97 ) . Non bastò a Pittagora l' essersi
lusingato , che l'anima , mercè la prima si fosse e mondata da vizi , e
separata dalla materia , e liberata quasi dal vincolo , che la ren deva
prigione . Volle di più immaginarsi , che l' anima , mercè la seconda già prima
purificata , si fosse poi inalzata a Dio , o ripigliati gli antichi abiti , e
forma , si fos se confusa colla divinità medesima. Le ar nine in somma , che
secondo Pittagora ed Empedocle , erano di loro natura divi ne , ma contaminate
dalla colpa e mate ria ' , dovean prima purificarsi , e poi sì per fezionarsi ,
che fossero state degne di tor nare a Dio , e agli onori primieri . Però l' 132
immacolato , e innocente viver d'Empedo cle obbligo lui a spacciarsi qual Dio ,
e a promettere ai puri , e perfetti la Divinità come premio . Sin quì Empedocle
, e Pittagora furon d'accordo , e quegli fece uno con questo . L' essere stata
comune l ' opinione tra loro nel principio , da cui la purificazione , e
perfezione avesse avuto sua origine , non fece punto discrepar l'uno dall'altro
, Cre deano ambidue le anime tutte degli uomi ni , e tutti gli spiriti altresì
formare uni ca , e sola famiglia con Dio . Là poi , ove i sistemi loro non
furon punto d'accordo si fatti filosofi furon del tutto discordi . Em . pedocle
, altrimenti che Pittagora , riguardo uomini , bruti , piante come unica
famiglia . Non è più quindi da far sorpresa , se si ve de ora entrare in iscena
una terza novità d'Empedocle , come riforma alla moral di Pittagora . Se si
vuol prestar fede ad Aristotile ad Aristosseno , e Teofrasto , Pittagora e i
Pittagorici della prima età uccidevano , ec. 133 cettine i bovi destinati ai
lavori , ogni sor ta d'animali , e tranne i loro cuori e ma trici ne mangiavan
le carni : s ' astenevan solamente da' pesci . Empedocle all'incontro fu il
primo che proibì affatto qualunque uso di carne ; e riputò sacrilegio
l'uccidere quale che si fosse animale . Non veggo , dicea egli , perchè alcuni
animali debbano serbarsi in vita , e altri all'incontro si pog sano uccidere .
Una è la legge per tutti , é questa è pubblica per tutta la terra . Vedeva
costui in tutti gli esseri organiz zati , facendone un sol corpo morale , quasi
unica é sola farniglia , Perd non sapeva egli scorgere differenza notabile tra
uomini , e bruti . Smanioso egli quindi si scaglia con tro chi avesse
sagrificato in que' tempi vit. time agli Dei , che' attesa la metempsicosi ,
potevano per lo più esser uomini sottom bra di bruti . Cessate , gridava
Empedocle , o crudeli , di fare strage , e lordarvi di san gue : Pazzo il padre
, che sotto altra sem. bianza scanna il propio figliuolo , e vane preghiere
disperge all'aria e al vento . Stol i 134 ti non veggono , che divorando le
fumanti sanguinose carni di animali le menbra pa. rimente divorano de' lor
padri , figliuoli , o congiunti . Si riderebbe oggi la presente età del : la
severità d'Empedocle , e si reputerà cer tamente stravagante la sua pietà verso
i bruti . Ma ad altro , e più nobil fine ten devan le idee del nostro filosofo
. L'uomo è in mezzo a' suoi simili , e l' amore è il principale anello , che
dee le garlo cogli altri . L'amor verso i simili è il principale dovere di un
uomo di società : e la pieta n'è la base . Ma questa non si potrà avere giammai
, se non campeggia e dilatasi sopra tutti gli oggetti, che circon dano lui . Se
l'uomo deve avere pietà ver 80 gli uomini , uop' è non che estenderla , mia
cominciarla da' bruti . Qualor ' si eser- : citasse ferocia contro i medesimi,
agevol mente il reo costume l'andrebbe portando ancor contro gli uomini . Anche
tra noi , se non può recarsi a effetto sì fatta proibizio. ne di scannar gli
animali , sempre egli 1 135 vero , che debbasi tener come parte di e ducazione
gentile , quella d'insinuare ne gli animi ancor teneri de' giovani la pietà
verso i bruti . Non son dunque da ripren , dersi , così tentoni , gli antichi
filosofi per quegli insegnamenti , che oggi, mutate le usa nze , ci sembrano
stolti . La proibizio . ne ch' Empedocle diede a' suoi scolari d ' uccidere gli
animali , e cibarsene , ebbe in mira non sol di non essere crudeli , e feroci
cogli altri ; ma di dispor loro ad amarsi l ' un l'altro a vicenda , e nelle
disgrazie scam . bievolmente aiutarsi . Egli non senza sotti le avvedimento si
sforzò così in persona de? suoi compatriotti svegliare allora in tutta la
generazione degli uomini quell'attitudine , che porta loro a prender parte
nell' altrui traversie : attitudine , che di sua natura è debole , languida ,
spesso sopita , e quasi sempre soffogata , ed estinta . Però Empc docle a
ingentilir gli animi umani , e rasla dolcire i costumi degli uomini, volle che
questi non si avessero bruttato le mani del sangue , né avessero mangiato le
carni de' 136 bruti. Chi è beniguo co ' bruti non può certo negare agli uoinini
amore , pietà , cor tesia , frattellanza . Pittagora nulla conse guente a' suoi
stabiliti principj della metem psicosi , trascurando quasi tutti gli anima li ,
ſecesi soltanto scrupolo , e proibi , che si fosse recata alcuna ingiuria alle
piante , che non fossero state nocevoli . Ma Empe docle fece molto più , e'
meglio assai di Pittagora . Egli dotate prima quelle di sen timento , proibi
poi che si fosse fatto loro del male : ailinchè non si fossero avvezza ti gli
uomini ad offendere esseri forniti di sensi e di organi. Fu in somma intendi
mento di lui in tutte le maniere , quasi tirando tutte le linee a un centro ,
stabili re tra gli uomini fratellanza e amicizia Però fu, sollecito ei d '
ordinare , che oltre agli animali , si avesse avuto compassione sin anche alle
stesse piante.. Sarebbe stata finalmente non che man. chevole , ma mulla la
morale d'Empedocle , s' egli non avesse presentato o un premio , una pena agli
osservanti , o violatori de' 737 ciò , precetti da lui stabiliti . La speranza
del premio , e il timor della pena , interni po. tentissimi stimoli dell'animo
umano , inco raggiano i buoni a operar la . virtù , spa ventano i mali a
praticare il vizio . E' ben ragionevole quindi , ch ' Empe docle avesse
pigliato una via come stabili re e premio' , e pena , sì alla virtù , che al
vizio : e il fece appunto combinando al par de pittagorici , colla dottrina
della metempsicosi . Il tempo di tre mila anni di ciascuno de' dieci periodi di
essa non era destinato da Empedocle a far cir colare sempre le anime da un
corpo in un altro . Le anime in ogni giro di tre mila anni informavano secondo
lui e vegetabili , e bruti . Di poi andavano esse in ultimo E luogo ad avvivare
il corpo di un uomo . questo finalmente morto , passavan quelle ad abitare un
luogo o di gaudio o di lutto secondochè le medesime avessero o bene , o male
operato . Quivi doveano esse restare , finchè finito avessero il primo periodo
di tre mila anni. Dovean le medesime torna . S 138 To appresso a cominciare il
secondo di al tri tre mila anni , passando tratto tratto ne corpi: d' altri
bruti , di altre piante , o finalmente di altri uomini. Così successiva mente
doveano esse fare in tutto il corso degli interi dieci periodi : e cosi le
medesi mo doveano essere o premiato , o punite in ciascuno di essi . Ma al
finire di tutti i dieci circoli quelle anime, ch'eran tenaci ne' vizi , giusta
Empedocle , bandite dal cie . lo , eran dannate in mezzo alle tenebre , e in un
continuo lutto , o un eterno suppli zio . Le altre poi , che virtuose al compir
di quo' circoli si fossero trovate belle e det. te secondo lui , si portavano
all'etere puro , e collocate in mezzo alla luce , sedcano in vi a mensa coi
forti Danai , in eterno go dimiento , nell' unione con Dio . Tutto ciò si
raccoglie da ' versi d ' Empedocle . Così pur si pensava da' pittagorici di
Sicilia ; nè al trimenti si canto da Pindaro nelle sue odi dirette a Gerone , e
Terone ( 98 ) . Ecco tutto , il quadro compito della intera mora le d'Empedocle
. 139 Egli è senz' alcun dubbio , essere stata questa assai raffinata , e ,
molto diversa da quella del volgo . E ' cosa da recar mara . viglia l'osservare
, com ' essa in tempi assai caliginosi , fosse stata tanto bene architetta ta ,
cosi brillante , e del tutto diretta a ri. pulire il costume , a liberar
l'uonio , quan to più s' avesse potuto dai vizi , e a nobi litar l'anima e la
mente di lui . Cid nulla ostante ella ha eziandio i suoi gran difetti .
L'essere stata la stessa riservata ai soli sapienti , e ai soli iniziati ne fu
il principale . Quel sistema d'Etica , che non è fatto per tutti gli uomini ,
non può esser giusto , santo , verace . Tutti quan . ti gli uomini sono
astretti agli stessi doveri , e a una sola virtù , Si può considerare , &
gli è certo , la scuola pittagorica , qual .ce nobio , é i pittagorici quali
religiosi dell' antica Grecia . Ma l'orgoglio guastava le loro azioni , rendea
yane le loro fatiche , avvelenava ogni loro virtù . Pure è sem pre da reputarsi
degno di lode il nostro filosofo , che osservantissimo de' precetti pit § 2 110
tagorici non ebbe difficoltà di manifestarli , e divolgarli nel suo poema delle
parilica zioni per solo e semplice amore di onestà , e di virtù , Empedocle ,
tranne la super bia , radice infetta dell' operare d'ogni an tico filosofo , è
da celebrarsi , come quel lo , che ornato di cortesia , amante degli uomini , e
virtuoso , avesse aspirato sempre a perfezionar molto se stesso . Ma gli onori
, che si rendono a' tra passati ; le lodi , di cui s' onora la memo ria de gran
genj, non possono nè recar loro diletto , che più non sono , nè tocca re il lor
cenere , che affatto è privo di senso . Tutti i loro elogi , come quelli , che
eccitano l'orgoglio e la vanità de' viventi , noi guardano e a noi son diretti
. Siam noi, che dagli omaggi , che si tributano a quelli, prendiamo speranza di
poter forse nieritare la stessa gloria , e acquistar la fa na stessa presso le
generazioni avvenire . Del nome d'Empedocle fu una volta ne è oggi , e ne sarà
sempre piena la ter, . La filosofia di lui fu tenuta assai in 141 pregio presso
tutta l'antichità tra Greci e Latini ( 99) . Quella occupa tal sublime posto di
onore nella storia delle scienze , ch' Empedocle si può dir , che appartenga a
tutte le più colte nazioni . La Sicilia fra tanto è la sola che a giusta
ragione lui vanta : qual suo . Felice quel suolo , beato quel clima , cho dà il
natale a' grandi uomini ! La memoria e la fama loro è un fecondissimo germe ,
che in ogni età ne desta l' emulazione , e ne riproduce il sapere . Tal
dovrebbe essere a noi il dolce nome d'Empedocle , caro alla yirtù , caro alle
lettere . Anatomia , fisiologia , chimica de cor pi organizzati possono lui
chiamare padre inventore . L' essersi ridotta la materia a quattro elementi ;
l' essersi trovate due for ze in natura di repulsione, di affinità ; 1"
essersi intrapreso il metodo di fisiche espe. rienze , la terra n'è a lui
debitrice . La scoperta della chiocciola ; della successiva propagazion della
luce ; del peso e della molla dell' aria ; del nutrirsi , del traspira* e 142
re , dell'essere ovipare le pianto al par de gli animali son cose tutte propie
di lui . Divolgati appena sì fatti suoi ritrovamenti, tosto si rese celebre il
suo nome in tutta la Grecia , ed egli uno de' concorrenti di venne tra
Anassagora e Democrito , La gloria d'Empedocle , che in gran parte è ancor
nostra , ci dee infiammare a battere lo stesso sentiero . La Sicilia è la
stessa oggi, ch'era allora ai tempi d'Em pedocle . Ella in ogn'angolo , e in
tutta quanta la sua superficie presenta a' nostri occhi oggetti sempre degni di
nostre filoso fiche ricerche . Piante d'ogni sorte , acque d'ogni specie ',
minerali d'ogni genere , e i più distinti volcani esistono nel nostro suolo .
Il Fisico , il Chinico , il Botanico lo storico naturale trova ovunque ampia
materia d'appagar le sue brame . E ' no stra somma vergogna il vedere oggi, che
vengan tra noi gli stranieri a insegnare a noi le cose nostre . Si saran forse
cam . biati il cielo , il clima , la terra , che un di furono ne' tempi de'
nostri antichi filo 1 143 sofi ? 0 pur saran venuti meno gli inge gni tra noi ?
Non sono eglino i Siciliani dotati ancora o d' acume nello specolare , e di
prontezza nel riflettere , e di pre stezza nell' eseguire , che loro hanno in o
gni tempo distinto ? La Sicilia una volta e. mula della Grecia in ogni genere
di colo tura non potrà anche a di ‘ nostri con correre e gareggiar nelle
scienze colle più polite nazioni ? Si pigli dunque orgoglio dell' aggiustata
idea di nostra antica grandezza . Questo , scossa l'inerzia , ci sarà di stimo.
lo ad una nuova carriera da imprendere . La fatica è l'unica via , che conduce
al sa pere , e questa ci porta , certamente alla fama . Si desti quindi in
ciascuno di noi la virtuosa imitazione d’Empedocle , e si co minci la
grand'opera con ardore e franchez za . Un felice evento coronerà allora ogni
nostro travaglio : la posterità ricorderà noi collo stesso onore , con cui
pieni d'ammi razione noi ricordiamo Empedocle . Empedocle non che fu eccellente
filo sofo : ma fu del pari profondo politico . Si 144 ciliani , non andate quà
là ad apprender ta pini da questo e da quello ordini civili , e fogge di
governo . Guardate i maestosi avanzi delle nostre antiche città ;specchia .
tevi su li nostri passati famosi legislatori ; richiamate alla memoria i fatti
chiarissimi , non che della nostra Greca Sicilia , ma del la vita d'Empedocle .
Così tratto tratto di verrete atti a maneggiar le cose pubbliche , e ben presto
vi sarà tra voi politica non cabala , libertà non licenza '. Empedocle ,
convinti un dì i nobili di Gergenti di peculato , atterrò ivi la lor si gnoria
: Non è disdicevole quindi l'imma ginarcelo , ch'egli colla stessa voce gli ota
timati così riprenda di nostra età . Finito è il tempo , in cui usurpata un
ingiusta franchigia de' pubblici dazj, generosi offri vate al Re il denaro del
popolo , a fine e di ottener da quello nuove insopportabi li prerogative , e di
stringer questo vie più nuove insoffribili catene . Finito è il tempo in cui
macchinando l'esenzion delle taglie , scaricavate gran parte del pubblico con
145 peso sulle città immediatamente al Re sotto poste a fine di disertar
qrieste , e di rau nare schiavi in gran copia nelle terre a voi immediatamente
soggette . Finito è il tem po , in cui voi assumendo la voce e qualità di
nazione , che non avevate , minacciosi vi rivolgevate contro del trono per non
paga re , e taglieggiare il popolo ogni tre anni . Già il Principe si è
congiunto col popolo . ' Gia la voce del Re , ch'è quella dell'ins tera nazione
, è divenuta oggi più imperio , sa insieme e sicura . Essa ha già rivelato il
grande arcano del vostro tirannico impe ro essere stato riposto nell'aver voi
voluto fin'ora poco o nulla soffrire de’ dazj , e far li tutti a carico andare
della povera gen te . Chi di voi potrà or tolerare con ani mo tranquillo tra
vecchi debitori dello sta to non altri nonni leggersi che i vostri , e de'
vostri antenati ? Chi sarà tanto scelleras to , che rivelando il falso , voglia
occulta re l'immensa estensione de' suoi ricchi fon di ; affinchè a danno del
meschino e del povero , pagasse egli quanto meno si possa 2 t 140 Chi sarà cosi
ribaldo , che voglia sgravar d ' imposta la terra , unica e sola sorgente di
ricchezza in Sicilia , per istrappare con mano rapace qualche misero tozzo
dalla bocca faa melica dello stanco e affannato agricoltore ? Şe cið han fatto
i vostri maggiori , sono essi stati i più tristi nemici , anzi i più crudeli
tiranni dell' infelice Sicilia . Si appartiene ora a voi lavar le macchie di
quelli , e onorar voi stessi , contribuendo alla pubblica feli cità col pagarsi
prontamente da voi a pro porzione della vostra opulenza , Ma Empedocle
dovrebbero avere ezian dio qual modello non che i nobili , chi presi del
fantasma di democrazia vo lessero condurre a sfrenatezza la plebe . Quante
altre cose possiamo noi idearci a ver potuto lui dire , a costoro ! Egli poten
do in Gergenti stabilire un governo collo cato tutto nella potestà del popolo ,
af fatto nol volle . A' popolari uni costui gli ottimati in quella città ; e
teniperò così gli uni cogli altri . L'equilibrio de' poteri , con cui
s'amministrano le cose pubbliche , è la ma 147 solida base , su cui dee
riposare , volendo si e florido e durevole , il presente gover no .
L'equilibrio morale , non altrimenti che il fisico , viene da contrarietà ed
egua glianza di forze . Il popolo ' non deve mai essere . -oppresso , ma
all'incontro non dee ne pure essere costui un oppressore . Se la sua forza
sbilancia , lo stato andrà tutto a soqquadro , e ruinerà senza meno . La ven
detta piglierà allora il nome di forza , di senno il delirio , di libertà la
licenza . I poteri legislativo , giudiziario , esecutivo si debbono a vicenda
venerazione e rispetto ; tutti debbono riunirsi , e cospirare a un sol centro :
e se per caso ne sia uno avvalla dee tosto corrersi con mano presta a rialzarlo
. Quanto è difficile mantenere og gi in Sicilia un sl fatto equilibrio ! Appe
na vi basterebbe un Empedocle . Egli ad assodar vie più la novella for ma di
governo stabilita da lui nella sua patria , ebbe in fin l' accorgimento di
pian. tarla sulla pubblica coltura , e sul pub blico civile costume . Qual
sublime lezio to , t 2 148 è un sogno , zione ella è questa da adottarsi da'
nostri legislatori d'oggidi , se vogliono eternare , più che si può , il
presente governo stabi lito di fresco . Un impero assoluto si può fondare tra
selvaggi e tra barbari , e vien prosperando in mezzo a gente corrotta . Ma è un
delirio il pretender fer mo un governo costituzionale senza nè col tura nè
costume per base . Nello stato , in cui è il nostro suolo , non potrà
certamente portare la novella libera costituzione senza che fosse prima quello
preparato e divelto . Voglia Iddio che i nostri , posti giù l'e goismo , le
false massime , gl ' impeti , glodj imprendessero a imitare Empedocle , e i
nostri antichi felicissimi tempi . Ma se i Siciliani tutti debbon trarre
qualche utile insegnamento dal nostro filo sofo ; i Gergentini massime ne
dovrebbero emular la virtù . La patria de' grand ' uomi ni è quella su cui
sfolgora , riflette e va a concentrarsi, la gloria di loro . Si dovreb bero
ricordare i Gergentini , ch ' essi prin cipalmente a Empedocle son debitori
d'esa 149 ser tanto chiari , e così famosi nella nostra sicola storia . Si
dovrebbero eglino pur ri cordare , che vicino a que' tempi , che vis sita oggi
lo straniero , e sopra lo stesso suo . lo , che calcano i Gergentini 'medesimi,
det tò allora Empedocle a Gorgia l'eleganti , avvegnachè prime lezioni di
Rettorica . Gli stessi quindi a ripigliare in loro l'antico u sato splendore
dovrebbero richiamare tra loro e le fisiche e le matematiche discipli ne , e
ogn'altra amena e polita lettera tura . Allor si potranno i Gergentini glo
riare a ragione d' aver prodotto , e dato la culla a Empedocle . Così eglino
saran vera mente degni concittadini di lui . Ne altri menti si potranno
lusingare gli stessi di far risorger tra loro il verace spirito d' Empe docle ,
e di poter quivi dire allo straniero . Dell' eccelsa sua mente i sacri versi
Cantansi d'ogn'intorno , e vi s'impara Si dotte invenzioni , e si preclare Che
credibil non par , ch'egli d'umana Progenie fosse . 1 PRUOVE E ANNOTAZIONI A L
LA TERZA MEMORIA . 153 PRUOVE E ANNOTAZIONI A L I A TERZA MEMORIA . >
Il n'est pas ) Freret raffigura l'attrazione e re pulsione di Newton nell'amore
e odio d ' Empedocle . E però dice besoin d'un long discours pour montrer que
le fond du systeme Newtonien , dé pouillé de l'appareil et du détail de ses
cal. culs se réduit a celui d ' Empedocle , Hi stoire de l'Académie Royale Des
Inscripti ons et belles lettres T. 18 Memoires p. 102 . ( 2 ) Και γαρ ονπερ
οιηθαη λεγειν αν τις μα . λιστα ομολογουμένως αυτω . Εμπεδοκλης και TYTO TAUTO
TETOVIE „ Empedocle , di cui al cuno potrebbe portare opinione aver, detto
sopra di ogn'altro cose tra loro e a se stes so concordi ; egli cadde nel medesimo
in 60veniente Arist. Metaph. 1. 3 cap. 4 il • 54 πος και 8το! O (3 ) Arist. de
Coelo 1.3 cap. 4 Λευκίπι και Δημοκρίτος Αβδερίτης φασι είναι τα πρωτα μεγεθη
πληθ. μεν απαρα και μεγεθα δε αδιαιρετα τροπον γαρ τινα παντα τα οντα ποικσιν
αριθμους και εξ αριθ. μων • και γαρ ει μη σαφως δηλεσιν ομως τετο βελονται
λεγαν , Leucippo e Democri to dicono le prime grandezze essere infini te di
numero , ma indivisibili . Essi in cer to modo fanno gli esseri o numeri , o
da' numeri . E se ben non lo mostrano chiu ro ; pure questo vogliono dire . » (
4) Εμπεδοκλης περι ελαχιστα εφη προ των τεσσαρων στοιχειων θραυσματα ελαχιστα
οιονα στοιχεία προ των στοιχεων ομοιομερη και Empe docle prima de' quattro
elementi supponeva de minimi bricioli , ch'erano non altrimen ti che gli
elementi degli elementi , e par ti simili Stob. Εcl. Phys. 1. 1 p. 33. Ε più
chiaramente Plutarco de Pl. Ph. dice οιονα στοιχεια των στοιχείων »και elementi
degli elementi . ( 5 ) Ει δε στήσεται που διαλυσις ητοι ατος μον εσται το σωμα
εν ω ισταται η διαίρετον μεν ι 155 8 μεν του διαι εθησομενον εδε ποτε καθαπερ
εoικεν Εμπεδοκλης βελεσθαι λέγειν . » Se lo scioglinzento delle parti si
fermerà in qual che luogo , domando : o il corpo in củi ri starà è indivisibile
, o è divisibile ; ma in alcun tempo mai non si potrà dividere , co me pare ch
' Empedocle abbia voluto dire , Arist. de Coelo l . 3. cap. 6. Sicchè Empe
docle ammettea la divisibilità col pensiero non già col fatto . ( 6) Era un
assioma presso gli antichi εκ τε μη οντος μηδεν γινεσθαι nulla farse da ciò che
non è , Presso i Greci dev significava ciò ch ' esiste e il under ciò che non è
. Epicuro talvolta piglia il des per corpo e il under per yoto . Ma diverso era
il significato dell' del ov . Empedocle ed Anassago ra chiamavano Oy la materia
dotata di qualità sensibili . E Democrito ed Epicuro la materia fornita di
figura . Al contrario i primi due indicavano col un oy la mate ria priva di
qualità , e i secondi la mates . ria senza figura . Di fatto Aristotile de GV e
156 gener. et corrupt. 1. 1 cap. 3 dice εστι γη το ον , το δε μη ον υλη της γης
και πυρος ωσαύτως . L Latini tradussero il δεν per res o corpus il jend Ev per
nihil o vacuum . E come non aveano parole corrisponden ti all' oy e' un or ;
cosi l'indicarono colle stesse parole res et nihil . E ' nato da ciò un
equivoco nell' intendere i Greci . Questi non solo dissero nulla farsi da nulla
; ia tal volta alcuni di loro pensarono niuna cosa , che ha qualità , poter
venire dalla materia priva di qualità . ( 8) Απαντα γαρ κακείνος ( Σμκεδοκλής )
ταυτα ομολογήσας , ότι εκ τε μη ιοντος αμηχα • γον εστι γενεσθαι και Concedendo
Empedocle tutte le cose medesime , .e che sia impossi bile venire un essere
fornito di qualità de ciò , che ne è privo je Arist. de Xenophane Zenone et
Gorgia . ( 8) Εμπεδοκλης δε τα τετταρα προς τους ειρημενοις γην προσθας
τεταρτον και Empedoclc disse esser quattro gli elementi , aggiungen do la terra
per quarto a’tre già detti Aristot . Metaph. 1. 1 cap. 3 . 157 (9 ) Σεληνην δε
φησι συστηναι καθ' εαυτην εκ τα απολειφθεντος αερος υπο τα πυρος • τατον γαρ
παγηναι καθαπερ την χαλαζαν . La lu πα , dice Empedocle , essersi condensata da
se a cagione dall'aria , che fu abbando nata dal fuoco ; perciocchè questa 'si
con densò a guisa di grandine Euseb. Praep. Evang. I. 1. cap. 5. Lo stesso
dice Plut. de Pl. Ph. Origen. Phylosoph. etc. ( 10) I sassi e gli scogli sulla
terra so no stati giusta Empedocle formati dalla forza del fuoco . Plut. de
primo frigid . Ne per altra ragione credea il nostro filosofo , chę i cieli
siensi formati in guisa di çri stallo , che per l'azione del fuoco . Plut. de
Plac. Philos. ( 11 ) Ως εν υλης « δ λεγομενα στοιχα τετταρα πρωτος ( Εμπεδοκλης
) , απεν . και μεν χρηται γε τετταρσιν αλλ ως δυσιν ουσι μονοις . πυρι μεν καθ'
αυτο τοις δε αντικειμένοις ως Em . μια φυσα γη τε και αερι και υδατι , pedocle
fu il prinio che affermò quattro ese ser gli elementi nella materia . Nondime
no di questi non fu egli uso come se fos 158 } νω sero ' quattro , ma due soli
. Mette il fuoco per se ' , e' come al fuoco opposte l'acqua , ' la terra ,
l'aria , quasi avessero. queste uni ca natura .,, Aristot . Metaph. 1. 1 cap .
4 . ( 12 ) Origen. Phylosoph. cap. 3. Clem. Alex. Strom . ( 13 ) Αναξαγορας
μηχανη χρηται τω προς την κοσμοπίλαν » Anassagora usa della mente nella sua cosmogonia
non altrimen ti che d'una macchina Arist . Metaph. 1. 1 Cap. 4 . ( 14 )
Πολλαχου γουν αυτω ( Εκπεδοκλα ) η μεν φιλια διακρινει το δε νεικος συγκρινα •
μεν γαρ ε ! ς τα στοιχεία διαστήται το παν υπο τ8 14κας τότε το πυρ «ς
συγκρίνεται και των αλλων στοιχων εκαστον , οταν δε παντα υπο της φιλιας
συνιωσιν ας το εν αναγκαίον εξ εκαστε τα μορια διακρίνεσθαι παλιν . Εμπεδοκλης
μεν 89 παρα τ8ς προτερον πρωτος ταυτην την ατίας διελων εισενεγκεν ου μιαν
ποιήσας την της κινη σεως αρχη, αλλ' έτερας τε και εναντιας. Non di rado presso
d'Empedocle l'amicizia sepa ra ; e l'inimicizia unisce . Imperocchè quan . do
per l'inimicizia l'universo si scioglie ne • OTULY 159 gli elementi ; allora il
fuoco si unisce , e al par del fuoco , ciascuno degli altri elemen ii . Quando
poi per via dell ' amicizia tutti gli elementi si uniscono ; allora è di ne
cessità che le parti di ciascun elemento si separino . Però Empedocle fu il
primo , che superiore agli altri più antichi di lui , divi dendo questa causa ,
intro lusse non un solo , ma piii e contrarj principj di movimento :
l'anticizia cioè e l' inimicizia Arist. Me taph, I. i cap. 4. L ' vero che qui
Aristo tile cerca di cogliere in assurdo il nostro Empedocle"; perchè
cerca di mostrare che l' amicizia talvolta separa , e l'inimicizia ta lora
unisce . Ma ciò non di meno confes sa che giusta Empedocle l'amicizia e l'ini.
micizia eran due principj di moto . E in ciò loda il n'ostro filosofo , e l '
inalza so pra tutti que' ch'erano stati prima di lui . ( 15 ) Molti sono i versi
d' Empedocle che lo pruovano , che noi rapporteremo ne' fram menti di lui . Ma
Aristotile lo dice chia. rissimo . Es un evný to vemos ev Tols peyuceo σιν , εν
αν ην απαντα ως φησιν ( Εμπεδοκλης ) 160 ,, Se non fosse l ' inimicizia
inerente alle cose , tutte queste non farebbero che uno come dice lo stesso
Empedocle ,, Aristot. Metaph. 1. 3. cap. 4. Simplicio inoltre de Coelo l. 1 Com
. 29 ,, rapporta che giusta Empedocle è propietà dell'amicizia ridurre tutto in
una sfera lovely o zipov ( 16 ) ( Εμπεδοκλης ) το μεν πυρ κκκος καιλο . μενον
προσαγορευων και Empedocle chiamo il fuoco lité perniciosa Plut. de primo fri
gido . E lo stesso Plutarco ne soggiunge la ragione : Giacchè il fuoco ha la
facoltà di dividere e separare . ( 17 ) Clem . Alexand. ad gentes cap. 5 . ( 18
) Aristot. Metaphys. 1. 1 cap. 4 . (19) Plut. de Isid. et Osirid. Wolf. de
Manich . ante Man. S. 30 Bayle Dict. Art. Xenoph. ( 20 ) Aristotile"
riferendo l . 3 taph. l'opinione d'Empedocle sul circolo pe renne delle cose in
virtù delle due forze amicizia e inimicizia si lagna del nostro filosofo , che
introduce la necessità senza recare alcima cagione della necessità ws ay . 1
cap. 4 Me. 161 αγκαιον μεν ον μεταβαλλεινκαι αιτίαν δ ' εξ ενο αγκής εδεμιαν
δηλοι . ( 21 ) Brukero T. 1 p. 2 1. 2 cap . 10 Sect. 2. de discipulis
Pythagorae . Moshem . nelle note a Cudwort . ( 22) Αρχη η φυσις μαλλον της υλης
. εγί άχου δηπου αυτη και Εμπεδοκλης περίπιπτα αγομενος υπ' αυτης της αληθεας ,
και την εσι . αν , και την φυσιν αναγκαζεται φαναι τον λογον ειναι : οιον
οστουν αποδιδους τι εστιν . ετε γάρ εν τι των στοιχεων λεγει αυτο ατε δυο ή
τρια ατε παντα αλλα λογος της μιξεως αυτων etc. Il principio delle cose è più
presto la nä tura che la materia delle cose.. Empedocle tirato dalla forza
stessa della verità spesso è costretto di confessare che la sostanza e la
natura altro non sia che la ragione o proporzione : ' come fa allorchè ei dice
coså šia .l osso . Poichè dice che l'osso non cen ga da questo o du quel
elemento', nè da due elementi , nè da tre , nè da tutti , ma dalla ragione in
cui questi nell' osso si stan. no ec . is Arist. de par. Animae l . 1. cap. E
poi lo stesso Aristotile soggiunge che 1 362 2 i filosofi prima d Empedocle non
fecerd lo stesso perchè non soleano definire ciò che fosse la cosa astion de to
. pen en San τ8ς προγενέστερες επί τον τροπον τέτον , το τι ην αναι , και το
ορισασθαι την ασιαν εκ OTI My • :- ( 23) Plut. de Plac. 1. ì cap. 6 Gal. Hist.
Ph. ( 24) Plut. de Plac. Ph. 1. 5 cap. 19 Gal. ibid . ( 25) Plut. de Plac. Ph.
1. 5 cap. 19 Arist. de Resp. cap. 14 etc. Credea Em pedocle che gli animali ,
subito che nacque ro dalla terra , si divisero e portarono in luoghi
convenienti al loro temperamento . Que' che abbondavan di fuoco o nell' ac qua
o nell'aria . Gli altri ch'erano più gravi , abitarono la terra ec . ( 26)
Darwin Zoonomia . Vol. 3 Sez, 39 cap. 4 ediz. di Milano , (27) La massa tutta
del seme , che noz mostrava alcuna forma , o figura chiama va Empedocle.
8ioques che potrebbe significa . re tutta la natura organica secondo Simpl. 163
1 de Phy. aud. 1 , 2. Com. 68 pag. 134 ediz . di Aldo : ( 28 ) Aristotile l. 2
de Coelo cap. 8 par lando dell opinione di Xenofane che credea la terra
infinita estendere sino alſ infinito le sue radici , soggiunge do
xakt.Eptidoxing ετως επεπλήξεν Per lo che Empedoche co si lo sferzò , e
soggiunge i versi d' Empe docle , che noi rapporteremo 'ne' frammenti di lui .
(29) Ταυτι δε τα εμφανη κρημνες και σκο : πελες και πετρας και Εμπεδοκλης μεν
υπο τα πυ ρος οιεται το εν βαθει της γης εσταται και ανε χεσθαι . Empedocle è
d'opinione che que sti sassi , questi scogli, questi dirupi , che sono agli
occhi di tutti , sieno stati inalza ti dal fuoco che sta nelle profondità dela
la terra „ Plut. de primo frigido , Quare quaedam aquae caleant", quae dam
etiam ferveant in tantum , ut non pog sint esse usui nisi aut in aperto
evanuere , aut mixtura frigidae intepuere, plures causae redduntur . Empedocles
existimat ignibus , quos multis locis terrà opertos tegit , aquam ! X 2 164
calescere, si subjecti sunt solo per quod aquis transcursus est . Facere
solemus dracones et miliaria , et complures formas , in quibus gere tenui
fistulas struimus per declive cir. cumdatas ; ut saepe eundem ignem ambiens
aqua per tantum fluat spatii quantum ef . ficiendo calori sat est . Frigida
itaque in trat , effluit calida . Idem sub terra Em. pedocles existimat fieri .
Seneca Quest. Nat. i . 3 . ( 3ο) Την γην εξ ης αγαν περίσφεγγομενης τη ρυμη της
περιφοράς αναβλυσαι το υδωρ la terra , da cui , come fu condensata , per
l'impeto della girazione spicciò l' ac qμα 15 Ρlut. de ΡΙ. Ρh. 1. 2 cap. 6 . (
31 ). Οτι δε μενα ( γη ) ζητεσι την αιτίαν και λέγεσιν οι μεν τυτον τον τρόπον,
οτι το πλα τος και το μεγεθος αυτης αιτιον , οι δε ωσ : περ Εμπεδοκλης την τε
κραγε φοραν κυκλω περιθεασαν και θαττον φερομενην την της γης φοραν κωλυειν
καθαπερ το εν τοις κυαθοις υ δωρ και και γαρ τατο κυκλω το κυαθε φερομείς
πολλάκις κατω τα χαλκά γινομενον ομως ου φερεται κατω πεφυκος φερεσθαι δια την
αυτην 165 Citidy , 99 Alcuni cercano il perchè la ter ra stia ferma nel mezzo,
e dicono esserne cagione la sua grandezza e larghezza , Al tri poi , siccome
Empedocle , son di pare re , che il cielo girando più velocemente del. la terra
sia la cagione , per cui la terra non cada nello stesso modo , che avviene allac
qua nel calice . Poichè seben questo si giri e stia col fondo su , e il labro
all' in giù ; pure l' acqua , che di sua natura tende al basso , non cache per
la ragione medesima della girazione ,, Arist. de Coelo l. 2 cap. 13 . ( 32 )
Plut. de fac. in orbe Lunae , ( 33 ) Plut. de Pl. Ph. 1, 2. cap. 13 Laert. in
Emp. (34 ) Arist. de anima 1 , 2 cap. 2 . ( 35) Καθαπερ Εμπεδοκλής φησιν ,
αφικνειο σθαι προτερον το απο τα ηλιο φως ας το μετα ξυ πριν προς την οψιν , η
επί την γην , δοξα δ ' ευλογως συμβαινειν Empedocle dice che la luce , la quale
viene dal Sole prinra giunge nel mezzo , e poi all'occhio ed aļla terra . Il
che pare che accada con buona ragio ne » s . Arist. de sensų et sensili cap. 6
. 166 tor . ( 36 ) Empedocle in prima avea il Sole per una gran massa ignita'
non già per una rijlessione di un altro sole šíecome attesta Laerz, in Emp. Era
in secondo opinione di Empedocle che il simile si va sempre ad u nire al suo
simile . Però venne a lui na turale il dire che la luce lanciata dal So. le ,
dopo d' essersi riflettuta sulla terra , nasse di nuovo ad unirsi al Sole , e
poi di nuovo movendosi da quest' astro, tornasse a risplendere . Per altro
Plutarco stesso aper . tamente dice de Pyth. orac.. che la luce del Sole
secondo Empedocle risplende di nuovo αυθις ανταυγαν • ( 37 ) Plut. de Pl. Ph.
Gal. Hist . Ph. Stobeo Ecl. Phys. e tunti altri, appongono ad Empedocle l'
opinione di due Soli , che si riguardavano , de quali l'uno mandava rag gi
invisibili e l'altra visibili ec. ( 38) Empédocle , sans recourir á l’in
stanatneité de cette émission ou á sa pro digieuse velocité disoit que cette
objection se roit vraie , si le soleil lui même étoit en mouvement ; mais que
la terre tournant au 167 tour de son axe , venoit au devant, du ra yon , et
voyoit l'astre dans sa prolonga tion . On ne répondroit pas mieux aujourd hui a
cette objection , si quelqu'un la pro posoit contre la propagation successive
de la lumière et son emission . Montucla . Hist. des Mathematiques Tom. 1 P. i
lib. 3 pag. 142 . ( 39) Απολείπεται τοινυν το τα Εμπεδοκλεος ανακλάσει τιγί τα
ηλια προς την σεληνην γεγες; σθαι τον ενταύθα φωτος οιον απ' αυτης οθεν 80's .
Jequor de deep porn Resta dunque co me vera la sentenza d'Empedocle . Però la
luce lunare non è nè calda nè assai splen. Plut. de fac in orb. Lunae . (40 )
Est - il rien de plus juste que ce vers , dont voici la traduction litterale de
Greg en latin circulare circa terram yolvitur a lienum lumen dit- il en parlant
de lo lu ne ? Achille Tatius en tire une preuve qu' Empedocle a regardé cette
planéte comme un morceau détaché du soleil . Il n'a pas conçu que cet alienum
lumen vouloit dire lumière empruntée, ce qui est très-confor me a la verité .
Montucla Hist. des Math . dida ,, 168 Tom. 1 p . 1 1. 3 pag. 111 . (41 ) Isag.
in Arat. ( 42 ). Empedocles plus duplo lunam dia stare censet a terra quam a
sole . Galen . Hist. Ph. Plut. de Pl. Ph . (4.3 ) Και τον μεν ήλιον φησι πυρος
αθροισο μα μεγα και σεληνης μαζω » Empedocle di. ce il Sole essere una gran
massa di fuoco più grande della Luna Laert. in Emp. (44) Plutarco de ' fac. in
orbe Lunae , afferma che la Luna al dir d'Empedocle giraya a simiglianza d'una
ruota : Ora in que' tempi si esprimea la rùvoluzione d'un corpo intorno al
propio asse sotto la figura ra d'una rủota , Cosi di fatto indicarono Seleuco
d'Eritrea , Heraclide di Ponto , Eco fanto di Siracusa , il movimento della
tere ra intorno al propio asse . Per altro i Pit tagorici sapeano che la Luna
girando in torno alla terra çi presenta sempre lo stes so emisfero . Il che
come ciascun sa non può aver luogo , se la Luna girando intor no la terra ſon
rotasse intorno al propio asse : Sicché è da credersi cl’Empedocle non 169 ou
esse ignorato questo movimento della Lu na . Ma come Plutarco non ne fa che un
sol cenno , che può essere equivoco ; cosi io non ho creduto di doverlo
affermare come sicura opinione d'Empedocle . (45) Fabricio Bibl. Graeca T. (46)
Arist . de plant. 1. cap. (47 ) Arist. nel med. luogo . (48) Arist. nel med,
luogo . (49 ) Τα δε σπερματα παντων εχ τινα τροφην εν αυτός και συναποτίκτεται
τη αρχή καθαπερ εν τοις ωοίς . η και κακως Εμπεδοκλης αρήκε φασκων ωοτοκαν
μακρα δενδρα Ogni semè contiene in sè qualche cosa d' alimen to uñitaniente al
principio che genera , sic come è nell' uovo . Per lo che Empedocle disse bene
che gli eccelsi alberi sono ovipa ri Theofrasto 1. i cap. ' 7 de Caus. Plant.
Και τατο καλως λεγει Εμπεδοκλης ποιησάς : Ούτω δ ' ωοτοκεί μικρα δενδρα πρωτον
ελαίας • . Το τε γαρ ωον κυημα εστι , και εκ τινος αυτα γίγνεται το ζωον , το
δε λοιπον , τροφη τα σπερ ματος , και εκ μερες γιγνεται το φύομενον , το δε
λοιπον τροφη γιγνεται το βλαστω και τη y 170 pión en xpern » Questo ben disse
Emperor cle affermando , che i piccoli alberi ezian dio sono ovipari . Poichè
da una parte dell' uovo nasce l'animale , e dal resto si fa la nutrizione di
questo . Nello stesso modo ac cade nel seme . Da una parte si formá la
pianticella , ed il resto serve per nutrirla Arist. de Gen. anim . l. i cap. 23
. (50) Arist, de Gen. anim . I. 1 cap. 18 & lib . cap. 6. Theofrasto 1. i
cap. z de Caus. Plant. Indi è che Malpighi aper : tamente dice Plantarum ova
esse semina vetus est Empedoclis dogma . Anat. Plant. pag. 92 * 93 . In questi
ultimi tempi Young è stato il primo a dire che le piante ven gono, dal seme.
Rozier journ. de Phys . Auril. 1789 p . 241 e Bonnet Deur. v. 5 p . 256 ha
dimostrato l'analogia del seme coll' uovo . (51) ο δε μαλιστα και κυρίως εστι
ζη = τητεoν εν ταυτη τη επίσημη τετο οστιν » όπερ ειπεν Εμπεδοκλής ηγουν α
ευρίσκεται εν τοις φύτοις γενος θηλυ και γένος αρρεν και ει εστιν ειδος
κεκραμενον εκ τετων των δυο γενών και Cio 171 she in questa scienza sia sopra
d'ogn' al tro , e propiamente da ricercare , lo disse Em pedocle: cioè se nelle
piante si ritrovi il sesso maschile e feminile , e se questi due sessi sien in
quelle mischiati ed uniti ,, Arist. de Pl. 1. cap. 2. Per lo che è da ripu.
ţarsi particolar opinione d'Empedocle , quel, la del sesso nelle piante , e che
queste fos sero state ermafrodite . Si legga lo stesso Aristotile de Pl. I. i
cap. 1 . Haaly 005 - λομεν ζητειν πότερον ευρισκονται ταυτα τα δυο γενή
κεκραμενα εν τοις φυτοις ως απεν Εμπε doxninis : ,, Dobbiamo ricercare se i dųe
ses si nelle piante sien mischiati , come vuole Empedocle. » ( 52) Empedocles
quidem divulsa esse so bolis membra aiebat , ut in faeminae alia alia in maris
semine continerentur , atquo inde oriri animalibus venerei complexus ap ..
petentiam , dum partes illae inter se di stractae conjungi atque uniri
concupiscunt. Galen. de semine 1. , 2. cap. 3 . Si legga parimente Aristot. de
Gener, ànim . l, i cap. 18 , 172 (53) Plutarco de plac. Ph. 1. 5 cap. & 10
12 Arist. de Gener. anim. 1. 2 cap. 8 . ( 54) Εμπεδοκλης τη κατα συλληψιν φαντα
. σια της γυναικος μορφουσθαι τα βρεφη και πολ : λακις γαρ εικονων και
αδριαντων ηρασθησαν γυναίκες και ομοία τετοις απετέκον . » Empe docle dice che
dalla fantasia della donna piglia forma îl feto . Poichè spesso le don ne hanno
la lor prole partorito simile a statue o. a immagini , che hanno amato Plut. de
Pl. Ph . I. 5 ' cap. 12 , (55 ) Plut. de Pl. Ph. 1. 5. cap . 27 . (56 ) Tutta
la dottrina d Empedocle , siccome in appresso diremo , era fondata su i pori, e
sugli effluvj , che si spiccano secondo lui da' corpi , o per quelli s'intro
ducono , ( 57 ) Plut. de Pl. Ph. I. 5. cap. 26 . ( 58) Frondes amittere quibus
aestatis ca. lor humorem ahsumpserit ; semper fronde re quae majorem succi
copiain habent , ut laurum , oleam , palmam 4 Hist. Ph . Gal. Lo stesso dice
Plut. de Pl. Ph. l . 5 cap. 26 . 173 Plutarco Symp. 1. 2. Si propone la
questione , perchè l' ellera conserva le fo glie , e gli altri alberi le
perdono. Ei ri sponde con Empedocle per la disposizione de* pori. Perche τοις
δε φυλλoφoυσιν εκ έστι για μανοτητα των αγω και στενότητα των κάτω πι:,, ρων ,
οταν οι μεν επίπεμπωσιν οι δε φυλαττω σιν , αλλ' ολίγον αθρουν λαβόντες
εκχέωσιν ωσ . περ εν αγδηροις τισιν ουχ ομαλοις » » A quel le piante , le cui
foglie cadono į alimen to on basta a cagion della rarità de? pori superiori , e
della strettezza degl inferiori . Poichè per questi pori s’ introduce poco ali
mento , e per quelli molto se ne dissipa . Indi è che quel poco che hanno
ritratto tosto lo perdono . Avyiene ciò che suole ac cadere negli attignitoi ,
che sono inegual mente forați . ( 59) Flore française troisieme edition par MM.
de La Marck et Decandolle T. pag. 67 . ( 60 ) Floré française ibid. pag. 86 . (
61 ) Flore francaise ibid. pag. 108 (62) Plut. de Pl. Ph. 1. 5 cap. 26 Gal.
Hist. Ph. 3 174 (63) Galeno Hist. Ph. Plut. de Pl. Ph. 1. 5 cap. 26 . ( 64)
Ρlut . de Pl. Ph. 1. 5 cap. 22 Gal. Hist. Ph. ( 65) Plut. ' nel med. luogo . (
66) Gal. Hist. Ph. Plat. de Pl. Ph. ( 67 ) Ρlut. de ΡΙ.. Ρh. 1. 4 cap. 22 . (
68 ) Ρlut. de ΡΙ. Ρh. 1. 4 cap. 16 Gal. Hist. Ph. ( 69 ) Arist. de Respirat.
cap. z ( 70 ) Arist. 'de Respirat. cap. 7 Gal. Hist. Ph . (71) Arist, de ,
Resp. cap. 7 Plut. de PI. Ph. 1. 4 cap. 22 . (72 ) Pluit . de ΡΙ. Ρh. 1. 5 cap.
24 . ( 73 ) Plut. nel med . luogo. Gal. Hist. Ph. (74) Si vegga la niemoria
seconda sulla Vita d ' Eimpedocle T. 1 pag. 132 . (75) Ρlut. de Pl. Ph. 1. 4
Cap. 17 • (76) Τα μεν γλαυκα πυρωδη καθαπερ Εμ . πεδοκλής φησι τα δε
μελανoμματα πλεον υδατος εχιν η πυρος . » Che gli occhi az zurri , come dice
Empedocle , abbondano di fuoco , ed i rieri abbiano più d ' acqua che 175 di
fuoco , Arist. de gener. An 1. 5 cap. i . (77 ) Τα μεν ημερας εκ οξυ βλεπεις τα
γλαυκα. δι ενδιαν υδατος . θατερα δε νυκτωρ δι ενδααν πυρός και che gli occhi
azzurri non veggano bene di giorno per difetto d' ac qua , ed i neri di notte
per difetto di fuo: εο , Arist. de Gen. an. 1. 5 cap . 1 . ( 78) Gal. Ηist .
Ph. Ρlut. de P. Ph. 1. 4 Cap , 13 . ( 79 ) Ειπερ μη πυρος την οψιν θετεον αλλ'
υδατος πασαν ,, Perclie la visione non e d ' attribuirsi al fuoco , ma tutta
all'acqua » Arist. de Gen. anim. 1. .5 . cap. (80 ) Arist. de sensu et sénsili
l . 1.cap . 2 . (81 ) Empedocles animum esse censet cor di suffusum sanguinem .
' Cic. Tusc. quaest. 1. 1 cap. 9 e Ρlut. de ΡΙ . Ρh. 1. 4 cap . 5. Εν τη τα
αιματος συστασε. (82 ) Αλλοι δε ήσαν οι λεγοντες κατα Εμ " πεδοκλεα
πριτηριον αγαι της αληθεας και τας αισθησεις αλλα τον ορθον λογον και τα δε
ορθα λογα τον μεν τίνα θαον υπαρχειν τον δε αν - θρωπινον . ων τον μεν θαον
ανεξοισθον ειναι . τον δε ανθρωπινον εξοισθαν . Ci sono stao 1 O 176 ti alcuni
, che han dettò con Empedocle esé sere il criterio della verità non già i sensi
, ma la retta ragione . Questa poi essere in parte umana e in parte divina : la
prima potersi da noi manifestare , e l'altra nòi , Sext: Emp. adv. Log. 1. 7 p.
396 . (83 ) Hụezio Debolezza dello spiritous mano.. ( 84) Furere tibi
Empedocles videtur : at mihi dignissimum rebus iis ' , de quibus lo quitur
sonum fundere . Num. ergo is ex. caecat nos , aut orbat sensibus , si parum
magnam vim censet in iis esse ad ea , quae sub eos subjecta sunt , judicanda ?
Cic. Lu cullus c . 23. (85) Empedocles quidem , ut interdum mi hi furere
videatur , abstrusa esse omnia , ni hil nos sentire , nihil cernere , nihil
omni quale sit , posse reperire . Cic. Lucullus c. 5 , ( 86 ) Αρχαίοι το φρονων
και το αισθανεσθαι ταυτον αναι φασιν ωσπερ και Εμπεδοκλης (δη 01. ,, Gli
antichi , come disse Empedocle , vogliono che sia lo stesso sentire , che ra
177 € 2 . gionare . Arist. de anima, l. 3. cap . 3 . ( 87 ) Arist. de Plant..
.1. 11. cap . 1 ( 88 ) Αναξαγορας μεν και Εμπεδοκλης επί θυμια ταυτα κινεισθαι
λεγουσιν αισθανεσθαι τε και λυπεισθαι » Anassagora ed Empedo cle dicono che le
piante sien mosse da de . siderio , da tristezza , e da voluttà , Arist, de P1.
1. 1 Cap 1 . ( 89 ) Αναξαγοράς δε και ο Δημοκρίτος και ο Εμπεδοκλής και νουν
και γνωσιν εχεις απον τα φυτα Anässagora , Democrito , ed Em pedocle dissero le
piante esser fornite di men te e di cognizione » , Arist. de Pl. l. 1 cap. 1.
Ρlut . de Plac. Ph . 1. 5 cap. 26 . ( 90) Arist . de.ΡΙ. 1. 1 cap. 1 Ρlut. de
P. Ph. 1. 5 cap. 26 . (91) Πρωτοι δε και τονδε τον λογον Αιγυ πτιοι ασι αποντές
, ως ανθρωπα ψυχη αθα γατος εστι . τα σωματος δε καταφθινοντος ες αλλο ζωον αια
γενομενον εσδυεται . επεαν δε περιελθη παντα τα χερσαια και τα θαλασσια και τα
πτηνα , αυτις ες ανθρωπό σωμα γινομες γον εσβυνειν . την περιαλησιν δε αυτή
γίνεσθαι εν τρισχιλίοισι ετεσι . Sono gli Egizi i pri Z 178 ηι . mi che dicono
l'anima essere immortale ; ma che 'morto il corpo va questa sempre informando
un altro animale ; dimodochè dopo d' esser passata per tutti gli animali o
terrestri , o marini , o aerei torna di nuo ro ad informare il corpo d'un uomo
. Que sto giro compie l anima in tre mila an Herod. Euterp. 1. 2 cap. 123 . (
92 ) Τατω λογω ασι οι Ελληνων εχρησαντο οι μεν προτερον οι δε υστερον , ως ιδιω
εωυτων εοντι . των εγω αδως τα ονοματα και γραφω . Tra Greci alcuni prima
alcuni dopo han divulgato' la metempsicosi degli Egizi come opinione propria .
E di quelli non vo. glio scrivere i nomi ; ancorche mi sieno, co Herod. 1. 2
cap. 123 . ( 93 ) Sext . Emp. adν.. Math . 1. 8 . (94) Ου γαρ ωσ. ο Μεγανδρος
φησιν απαντι δαιμων ανδρι συμπαράστατα ' ευθυς γενομεγω μυσταγωγος τα βιε
αγαθος , αλλα μαλλον ως Εμπεδοκλης διτται τιγες εκαστον ημων γενομες γον
παραλαμβαγεσι και καταρχoνται μοίραι κα! d'alluoves . ,, Non è da credere come
dice Menandro , che a ciascun di noi , come ea gniti , 170 gli nasce , assista
un genio buono condut tor di tutta la vita , ma piuttosto è da te nersi
l'opinione d'Empedocle , il quale di che ciascuno di noi dal punto della na
scita è preso e governato da due genj e da due . fati Plut. de anim .
tranquill. E sog giunge lo stesso Plutarco che co' nomi de gen ; si esprimono
σπερματα των παθων i se mi , delle passioni . ( 95 ) Plut. de animi tranq. (
96) Αφ ων οίμαι ορμώμενοι και οι πυθα : γορεοι και μετα τατος Πλατων αντρον και
στην λαιον τον κοσμον απεφηναντο . παρα τε γαρ Εμπεδοκλα αι ψυχοπομποι δυναμας
λεγεσιν Ηλυθομεν τοδ ' υπ' αντρον υποστεγον E da queste cose , siccome io stino
i Pittagorici , e Platone dopo costoro , pre sero occasione di chiamar questo
mondo an tro e spelonca . Poichè presso Empedocle le potestà conducitrici delle
anime dicono : che siano finalmente giunte sotto quest' aniro coperto ; Porph.
de Ant. Nymph . p. 9 ed . Van - Goens . (97 ) Clem, Αlex. Strom. 1. 2. Stob.
Εcl. 180 Eth . cap . 3. Jambl. Portrep. cap. g Hierocl. in Com. Scheffer de
Secta Italica . ( 98) Pindaro nella prima ode olimpica dirizzata a Gerone ;
dopo: d' aver descritto il supplizio di Tantalo , che chiama atau λαμον βιον
εμποσομοχθον vita priva do gni ajuto e perpetuamente laboriosa » 'sog giunge „
questo supplizio forma il quarto dopo d' averne sofferto altri tre » Mesta Tpl
. ων τεταρτον πονον . Non si puo comprendere a prima vista , come questo quarto
suppli zio fosse stato perpetuo . Ma ciò è intera mente dichiarato nella seconda
ode . olim pica diretta a Terone Gergentino. Quivi e gli dice : que' , che dopo
d'esser dimorati tre volte nella terra e nell'inferno ocou do ετολμησαν ες τρις
εκατερωθι μειγαντες : seppero contener ľanimo loro nella pratica della virtil ,
arriveranno per la via di Giove al la regia di Saturno , dove laure dell' O.
ceano spirano dolcemente attorno le isole fortunate , e splendono i fiori d'oro
. vede quindi dal confronto di queste due o . di , che la metempsicosi giusta
Pindaro con Si 181 sisteva in tre articoli : iº che l'anima del lo stesso uomo
informava tre volte corpi u mani , che ' v'era un intervallo tra la morte e'l
rinascimento in cui i giusti go deano di felicità , e i malvagi eran puni ti ,
3º che le anime perseveranti nella giu stizia per tutto il corso delle tre vite
umia ne , andavano poi. cogli eroi nell'impero di Saturno ; e quelle , che s'
erano mac chiate di colpe in quello stesso tempo , an davano in fine a soffrire
un supplizio eter πο : απαλαμον βιον εμπεδoμοχθον . Gli sco liasti stessi di
Pindaro , non altriinenti che noi abbiamo fatto ' , lo dichiarano : uno di essi
dice υπεραγαν μεχρι τριτης μετεμψυχοσέως Ev 8 %a740015 Tols peeport „
sostennero ( le a nime ) sino alla terza metempsicosi nell' uno e nell'altro
luogo cioè a dire nel la terra e nell' inferno . Ora trina di Pindaro pare che
allora fosse sta ta conosciuta da' soli sapienti . Poichè dopo che il poeir
avea esposta la triplice trasmi grazione soggiunge lo tengo sotto il mio gomito
e dentro la faretra delle sette vo: questa dot 182 lanti , il cui fischio si
sente dal solo sa piente . Ma la moltitudine ha lisogno d' interpetri ες δε το
παν ερμηνεων χατιζα . Η saggio è colui che conosce la natura , gli altri, che
įmparano da lui , sono loquaci nxo Root Taivajaworick e come i corvi inutilmente
gracchiano . Per lo che pare , che Pindaro s'astenea di parlar chiaramente per
non ri velare al volgo il dogma pittagorico della metempsicosi , ed opponea la
furgawcola o loquacità del profano al silenzio del pit tagorico . (99) Tutti
gli antichi fanno onorata men zione della filosofia d'Empedocle. Lascian do
stare Aristotile e Teofrasto , noi sappia . mo da Laerzio l . 10 Sect. 25 ch'
Herma co l'epicureo la espose in 24 libri moto - λικων περι Εμπεδοκλεας : Τra
Iatini poί α parte di Lucrezio e di Cicerone, che ne fan sommi elogi , siano
avvertiti da Cicerone me . desinio che si era stato un Sallustio , il quale
area trattato la filosofia d'Empedocle nel la stessa guisa , che avea fatto
Lucrezio per quella di Epicuro. Tria per quanto si rac 183 coglie dalle parole
di Cicerone quell' auto re non era riuscito cosi bene , come Lucre . zio .
Lucretii poemata , ut scribis , ita sunt multis luminibus ingenii : multae
tamen ar . tis . Sed cum veneris , virum te putabo , si Sallustji Empedoclea
legeris ; hominem non putabo , cioè a dire se potrai sostener ne la lettura ti
'stimerò invitto e paziente . ma privo di senso . Cic. Ep. ad Q.fr . 1. 2 . Non
che Plutarco ne' tempi d'appres. 80 , ma tutti gli scrittori ecclesiastici
ricor dano con lode Empedocle ed i suoi pensu. menti . Vi ha un luogo di
Temistio nell orazione 12 all' Imperator Gioviano , in cui egli loda quest'
imperadore per la lege ge da esso lui stabilita circa la libertà del la
religione. In questo luogo ei dice agar σθαι μεν εν και τις αλλες το νομο
προσηκ4 τον θαοτατον Αυτοκρατορα και μαλιστα δε οίς ουκ εφιασι μονον την
ελευθερίαν , αλλα και τις θεσμες εξηγείται και φαυλοτερον Εμπεδοκλεας και Ma
All Excave te Teals . Varia è stata l' interpetrazione di piu autori intorno a
que ste parole , e principalmente per l'Empe 184 parere che docle , di cui fa
menzione Temistio . Al cuni hanno sognato un altro Empedocle di verso e
posteriore al nostro . Petavio , non si sa come , crede , che sotto il nome d'
Empeclocle abbia quegli voluto significare G. C. Petit è di per Empedocle
s'inten la un cinico chiamato Peregrino. Nè marican di quei , che credono
essere stato rcfurrito in quel luogo S. Policarpo marti re . Iru biti
gl'inteipetri Casaubono in not. ad M. Anton, pas 87 è stato a giudizio di
Fabricio Bibl. Graec. T. 8 p. 56 , corui che meglio l'hi interpetrato . AgarIsi
Mesy XV x2 . Toń andy ( ita malo quam tos are 285 , quod tamen ferri potest ,
nec' senten tiae , quam volumus , repugnat ), 78 roles .po : σηκ ή τον θιοτατον
Αυτοκρατορα μαλιστα δε οίς ( idest τετων vel εκεινων οις ) εκ εφιησι Ꭸporgy etc. , Degnissimo è l '
imperadore di ammirazione e di venerazione non che per le cose , che in quella
legge si contengono , ma sopra di ogn'altro e per la libertà del la religione ,
e perchè spiega quelle leggi , che sono state da Dio dettate , con perizia 185
non minore di quella, per · Giove , che non fece quell'antico Empedocle . , Di
che si vede , ch'era tanta e tale la stima , in cui allora si tenea il nostro
filosofo , che ad esso si comparava l ' Imperadore Gioviniano , allorchè si
volea lodare . Abulfarage presso gli Arabi , secondo che dice Fabric. Bibl.
Graec. T. 1 p. 474 loda Empedocle , come chi avea ottimamen te conosciuto gli
attributi divini . Finalmente la filosofia d'Empedocle è stata vinovata da
Campanella , da Magna. no o Maignano. Fahr. Bib. Graec. nel me desimo luogo .
Per lo che si vede chiarissimo quanto male Orazio conoscea il nostro filosofo ;
allorchè disse . Ep. 12 ! . 1 v. 20 . Empedocles ; an Stertinii deliret acumen
. a a 187 MEMORIA QUARTA Su i Franmenti delle opere di Empedocle
Gergentino . ROM nico è l' oggetto di questa ultima mes moria : presentare a un
colpo d'occhio tute ti accozzati gli avanzi delle opere d'Empe. docle . Egli ne
detò molte , e quasi tutte , com'era usanza in que' di , le scrisse in versi..
Pure niun poema di lui è venuto sino à noi , e pochi sono i frammenti , che di
questi ci restano L'inno ad Apollo , e 'l poema de' Persiani , furono , lui
morto , bruciati . Il poema sulla sfera si reputa oggi opera d'incerto autore ,
Del suo discorso sulla medicina non ce n ' è restato nè anche vestigio : anzi
ignorasi , se questo fosse stato scritto in versi secon do Laerzio , o pure in
prosa secondo Sui da . I frammenti in somma delle opere d' Empedocle , che da
noi si conoscono , ri guardano e fan parte di due famosi poe e non sia . a , a
2 188 ni : l' uno sulle purgazioni, l'altro sulla natura . Il primo fu
intitolato a Gergen tini ; il secondo a Pausania il medico el amico di lui . La
raccolta quindi de' fram menti de' versi d' Empedocle , di cui qui si parla ,
appartiene soltanto a questi due gran poemi. Piü Eruditi , e tuti di gran nome
assai prima , e in varj tempi praticaron lo stesso . Errico Stefano no pubblicò
il pri mo non pochi nel suo Ibro della poesia fi. losofica . Giovanni Alberto
Fabricio prese appresso il pensiero d'ampliar la raccolta di Stefano ; e giusta
il Mosenio quegli mol to l'accrebbe . Ma ogni fatica di lui, co me attesta il
Reimaro , tornò vana ; perchè morto Fabricio si perderono i suoi origina li , ,
e il pubblico non potè coglierne il frut. to . Van - Goens di poi nell'edizione
, ch ' ei fece del libro della Groita delle Ninfe di Porfirio , manifestò aver
già raunato più di trecento versi d'Empedocle , e promiso al più presto di
recarli in luce . Avea , se condo ch' attesta egli stesso , tratto gran pro 189
1 da' manoscritti che si conservano nella libre ria di Leyden , e invitato
tutti i dotti ad aiutarlo in si fatio travaglio . Ma punto non si sa , se abbia
o nò costui pubblica to la raccolta de' versi del nostro filosofo , giusta la
promessa di lui nel 1765 sotto titolo di raccolta Empedoclea . E' sempre una
singolar disgrazia il non potere profittar delle fatiche degli uomini grandi .
Le nostre librerie een prive non che di manoscritti , ma scarseggiano ancora di
libri . Non ci è venuto fatto di ritroe' vare in esse nè pure lo stesso Errico
Ste fano della poesia filosofica . Però , mancan. ti gli aiuti , si è ito sù
giù rifrustando an tichi scrittori per cogliere or uno or due e di rado o sei ,
o dieci' o più versi di Emperlocle , che sparsi si leggono in que sto , e in
quell'altro. Fatica assai penosa , e ' tanto più dura , quanto ha obbligato a
durar quello stento , che farebbe chi il pri mo si mettesse ad imprenderla,
senza la spe . ranza di poter acquistare la gloria debita a chi il primo
l'avesse intrapreso . Unico 190 > conforto ne fu un Simplicio dell'edizione
d' Aldo , trovato nella libreria de' PP. Tea tini di Palermo ( giacchè questi
ne' suoi co . mentari d ' Aristotile rapporta molti versi d ' Empedocle ) . Da
questo libro furon tratti non pochi de' versi d ' Empedocle, che si tro van
messi insieme. in quest'ultima parte . Ma il medesimo disgraziatamente fu ruba
. to in quella libreria . Però non fu conco duto di potersi più riscontrare i
versi rac colti col testo ; e si è dovuto , congetturan , do quasi tentoni ,
quando supplir qualche parola a caso tralasciata , quando correg gere alcuni
versi , che per la prima volta erano stati o male lètti , o falsamente scrit ti
. Si è detto tutto ciò non perchè s' am. bisca lode di questa qualunque siesi
fati ca ; ma perchè se ne abbia anticipato come patimento . In altri paesi
d'Europa la race colta de' versi d' Empedocle o gia è stata egregiamente recata
in pubblico ; o se non è stata ancor fatta , si potrà certamente fare e più
abbondante , e più corretta , e più dotta , che non è questa . Non è quin 191
di la stessa da considerarsi come un ope. ra perfetta , o degna degli sguardi
de' Dot ti . Si desidera soltanto , che si tenga la medesima , come un
annotazione , con cui si provano i pensamenti d' Empedocle espo sti nella terza
Memoria. Ma comunque ciò sia egli è certo , che i versi d'Empedocle smentiscono
coloro , che portano opinione lui essere stato o di niú no o di poco valore in
poetica . Si fondan costoro sopra Plutarco ( 1 ) , il quale dice Empedocle
avere ornato col metro i suoi discorsi per evitare l'umiltà della prosa . Ma
non si accorgono aver loro o mal inte so o sinistramente interpetrato Plutarco
, il quale pretese sol definire , che sia stata di dascalica la maniera poetica
del nostro fie losofo . Questa , come quella , ehe tratta e di filosofia , e di
precetti sdegna le finzio . ni e l'invenzione , in cui il pregio , il bel lo ,
e la natura consiste d'ogni poesia . Per rò quegli disse , ch'Empedocle avea
preso ( 1 ) De Aud. Poet. 192 dalla poesia , senza più , e la pompa , e il
meiro . Questo stesso avea già gran tempo prima annunziato Aristotilo , che fu
non che savio ma di gran sentimento nelle co se poetiche . Egli , a distinguer la
poesia d' Omero da quella d'Empedocle , affermò i uno e l'altro , tranne il
metro , nulla tra loro aver di comune . Perché Omero era un Poeta , com’ei diee
, ed Empedocle un fisiologo ( 1 ) . Ma se Empedocle , qual didascalico , non
merita é nome e lode , che si convie ne a poeta , non si pao negare aver lui
necupato in que' dì il primo luogo tra di dascalici, Aristotile di fatto non
seppe in miglior modo contrassegnare la differenza tra la vera poesia e la
didascalica , che comparando tra loro il più gran poeta e il più eccellente
didascalico ; Omero ed Em pedocle . Nè altrimenti si pensò ne ' tempi d'
appresso . Cicerone chiama egregio il poe ( 1 ) De Poet. cap. 1 . 793 ma
d'Empedocle sulla natura ( 1 ) . Anzi mettendo egli a confronto i versi di Par menide
, di Xenofane , e d' Empedocle , che furon tutti tre poeti didascalici , dice
aper tamente , che più belli ed eleganti erano i versi del nostro filosofo ( 2
) . Che se poi mancasse ogn'altro argomento ad apprez zare il merito di lui ,
sarebbe certamente bastevole il sapere i poemi d'Empedocle es sersi cantati ne'
pubblici giuochi di Grecia . Ognun sa , che questa , piena allora di gu sto , e
severa nel gindicare , non concedea tali onori se non a soli grandiuomini . Nel
resto ciascuno su cið , o del raffinamento del la poetica d'Empedocle , ne può
da ise giu dicare . Il solo leggere i frammenti , che ci sono restati , basta a
far che chiunque ne resti persuaso e convinto . Il dialetto de' Siciliani e de'
Pittagorici era comune ; e questo appunto era il Dori co . Pure Empedocle
avvegnache fosse stato ( 1 ) Lib. 1 de Orat. ( 2 ) Acad . Quaest. l. 4 . Ъь 194
o Siciliano e Pittagorico , non mise in opera , che il dialetto Jonico , coine
quello , ch'era tra Greci poeti il più polito e gentile . Fu inoltre la musa d
? Empedocle dolcissima . E. gli ne' suoi versi non sol si servì di quel
dialetto , ma nel farli scelse le parole più dolci e sonore . Platone ,
parlando d ' Era clito , d'Empedocle , dice che le muse di quello eran più dure
, e le altre di questo più molli ( 1 ) ancorchè l' uno e l'altro aves sero
usato il dialetto medesimo degli Jonj Plutarco stesso poi non lascia di notare
, che gli epiteti apposti da Empedocle non erano , come per lo più esser '
sogliono ne' poeti , di puro ornamento , ma esprimeano la natura delle cose ( 2
) . Ne cita egli di fatto l'aggiunto dato da Empedocle a Ve. nere qual datrice
di vita ; il sempre verdeg: giante dato all'alloro ; l'abbondante di san gue
adattato al fegato : e altri simiglianti . Anzi il medesimo Plutarco da a
Empedocle ( 1 ) Plut. in Sophista . ( 2 ) Plut. Sympos. l. 6 Erotic. 195 il
vanto d' aver meglio e più : destramento usato d'aleuni epiteti d'Omero (1) :
Ne reca ' egli in pruova l'aggiunto d'agglome rator di nubi , che questi
attribuisce a Gio ve , e quegli all' aria , e l'altro di difena SOF del corpo ,
che Omero dà allo seudo , ed Empedocle all'anima . Ma perchè più dilungarci in
rapporta : re antichi testimonj su cið ? I franımenti stessi d ' Empedocle
chiaro ci mostrano l' éc cellenza della sua poesia . Basta dirsi aver lui
tenuto Omero per modello nelle sue o pere poetiche. Le voci , le frasi , le me
taforé , la giacitura delle parole , le desi nenze de' versi son le medesime in
quello , che in questo . Si può quindi dir con ra gione l'apparenza de' suoi
versi , e la sein bianza de' suoi poemi essere stata tutta di Omero . Oltre che
riluce in lui una viva cità nelle immagini, e una novità sin" nel le
stesse parole . Moltissimi sugi epitéti ed espressivi e leggiadri non si
trovano in al ( 1 ) Plut. Symp, l . 6 . bb 2 196 cun altro poeta : 1. pesci,
per tacer d i tant altri , " sono chiamati da lui quando nutriti ,
quando abitatori dell'acqua ; gli uccelli cimbe volanti ; gli Dei ' di
lunghissi. mi secoli . Anzi Aristotile nella sua poeti ca indica come una
metafora assai bella , e allora nuova , quella con cui Empedocle esprime
la vecchiaja ; chiamandola l'occa. so della vita. Chiunque poi legge nelle sue
opere la descrizione della natura ; " che qual pittore con quattro colori
, fa tutte le co se con quattro elementi ; o l' altra della visione , che
comparata a una lucerna , fa le sue funzioni ; o quella della clessidra , o
cose simiglianti ', non gli potrà certo ne gare il pregio , che si conviene a
vaga e bella fantasia . Per lo che da' framinenti d' Empedocle si prende quel
diletto , che pigliar si suole guardando i rottami d'una qualche nostra Greca
Sicola anticaglia . Nel mettersi insieme si fatti frammen , ti si sono in prima
distinti i versi , che appartengono al poema della natura , da. quelli , che
fan parte dell'altro sulle pur 197 1 lande prezi Foce cck que nal elle gazioni
. Ciò non è riuscito punto difficile , Perchè il primo tratta di cose fisiche ,
e 'l secondo di cose morali . In quello d'ordi nario , perchè diretto al colo
Pausania i verbi si trovano in singolare . In questo all'oppesto perchè
indirizzato ' a Gergenti ni , i verbi si leggono in plurale . Perd e dalla
sintassi e dalla materia è stato age vole il se parare i frammenti d'un poema
da quelli dell'altro . Si sa oltr'a ciò il poema d'Empedo cle sulla natura
esser . diviso in tre libri . Molti stenti ha costato il congetturare qua li
sieno stati trà versi , che ci restano , quel li che appartengono o al primo ,
o al se condo , o al terzo , In çiò fare è stato di mestieri ricercare se per
avventura gli scrit tori , che ne riferiscono i frammenti , aba biano citato il
libro . Talora d' alcuni ver si , che certamente si sa dalla testimonian za
degli scrittori doversi collocare in uno de' tre libri , si è rilevata la
materia , che in ciascuno di essi trattavasi dal no stro Gergentino , Stabilita
poi la materia la ni che ung en . he da ur. 198 stato ben facile il riferire
allo stesso li bro tutti que' frammenti , che si versano sullo stesso soggetto
. Ma non di rado con frontando i frammenti tra loro si è trova to , che alcuni
finiscono con versi , che son principio di altri . Con tale studio quindi e
simigliante artifizio si è cercato di collo care o prima , o dopo alcuni
frammenti , che sono dello stesso libro . Nel resto sarà meglio il tutto
giustificato nelle note , e l' ordine con cui sono rapportati i frammen ti , e
l'autore , da cui sono stati ricavati e l'intelligenza , con cui sono stati
interpe trati '. Fra tanto se questo qualunque siesi lavoro non sarà stimato
degno di lode , po trà almeno, meritare, nell' emenda de dete ti il perdono del
pubblico . RACCOLTA D E FRAMM ENTI. 200 ΠΕΡΙ ΦΥΣΕΩΣ βιβλ . α . Παυσανία συ δε
κλυθι δαίφρονος Αγχίτου υιε ( 1 ) . Εστί αναγκης χρημα θεων σφραγισμα παλαιον
Αϊδιον πλατεεσσι κατεσφραγισμενον ορκοις ( 2 ) Τεσσαρα των παντων ριζωματα
πρωτον ακους Ζευς αργής , ηρητε φερεσβιος η αίσθωγευς Νηστις θ' ' δακρυοις
τεγγα κρενωμα βρoταον Των δε συνερχομενων εξ εσχατων ιστατο νακος ( 3 ) Διπλ'
ερεω : τοτε γαρ εν αυξηθη μονον ειναι Εκ πλεονων τοτε δ ' αυ διεφυ πλέον εξ
ενος ειναι Δοιη δε θνητων γενεσις δοιη και απολαψις Την μεν γαρ παντων συνοδος
τικτατ’ ολεκτιτε Ηδε παλιν διαφυαμενών θρυφθασα γε δρυπτα Και ταυτ αλλασσοντα
διαμπερες εποτε λήγα 201 DELLA NATURA Lib . I. Pausania figliuol del saggio
Anchito Tu ciò, ch ' io dico , attentamente ascolta E' volere del Fato , è
degli Dei Decreto antico , che ab eterno fue Segnato con solenni giuramenti .
Il bianco Giove , la vital Giunone , E Pluto , e Nesti , che piangendo irriga I
canali dell'uom , son d'ogni cosa , Odimi in prima , le quattro radici . Ma
come quelli tra di lor s'accozzano Dall' ultimo confin sorge la lite . Dųe son
le cose , ch' a narrarti io prendo : Ora l'uno dal più risulta , ed ora Nasce
dall' uno il più : cosa mortale Doppio ha nascimento , e doppia ha morte .
Genera , e strugge l ' union del tutto ; E questa sciolta , torna pur di nuovo
CC 20 2 Αλλοτε μεν φιλοτητί συνερχομεν ’ ας εν απαντα Αλλοτε αυ διχα παντα
φορεμενα νακεος εχθα Εισοκες αν συμφωντα το παν υπενερθε γενητα . Ουτως η μεν
εν εκ πλεογων μεμαθηκε φυέσθαι Η δε παλιν διαφυγτος ενος πλεον εκτελεθεσ: Τη
μεν γίγνονται τε και και σφισιν εμπεδος αιων Η δε διαλλασσονται διαμπερες αποτε
ληγει Ταυτη α εν εασσιν ακινητα κατα κυκλoν . Αλλ' αγέ μυθον κλυθι - μεθη γαρ
τοι φρεγας αυξ Ως γαρ και πριν ειπα πιφασκων πειρατα μυθων Διπλ’ ερεω : τοτε
μεν γαρ εν αυξηθη μονον ειναι Εκ πλεονων τοτε δ' αυ διεφυ πλεον εξ ενος αναι
Πυρ και υδωρ και γαια και κερος απλετον υψος Νικοστ' αλομενον διχα των
αταλαντον εκαστον Και φιλοτης εν τοισιν ιση μηκοστε πλατοστε Την συν νω δερκε
μη δ ' ομμασιν ησο τεθηπως Ητις και θνητοισι νομιζεται εμφυτος αρθροίς Tητε
φιλαφρονεας ιδ ' ομοιϊα εργα τελεσι Γιθοσυνην καλεοντες επωνυμον ιδ "
αφροδιτην Την στις μετ ' οτοίσιν ελίσσομενην δεδαηκε . Θνητος ανηρ συ δ' ακ8ε
λογων στoλoν εκ απατηλον Ταυτα γαρ ισα τε παντα και ηλικα γενναν εατσι Τιμης δ'
αλλης αλλο μεδα παρα δ ' ήθος εκαστω Εν δε μερά κρατεεσι περίπλομενοιο χρονοιο
. Και προς τους ατ' αρ' επιγιγεται δ ' απολήγα 203 Ogni cosa , ch' è nata , a
separarsi . Tutto alterna cosť , e così dura Eternamente : ed ora in un si
accozza Per la virtù dell' amicizia , ed ora Per l'odio della lite si
sparpaglia , Standosi in aria , finchè non si unisca , Cosi l'uno dal più
nascer costuma . Cosi dall' un già nato il più rinasce . Entrambi han vita ; ma
la lor durata Non è mai stabil . Perchè l' uno e l'altro Alterna , e l'alternar
non ha mai fine Sopra di un cerchio eternamente gira . Ma tu il mio parlare
attento ascolta , Che lo spesso sentire , e risentire La mente aguzza . Come
pria ti dissi Raccogliendo la somma del discorso Due son le cose , ch'a
'narrarti io prendo . Ora l'uno dal più si forma , ed ora Nasce dall' uno il
piii ; ch'è terra , e fuoco, και ed aria d'un'immensa altezza , Oltre di questi
, che tra lor son pari , Havi lite dannosa , ed amicizia , Ch'ha per lungo , e
per largo egual misura . ?' u colla mente la contempla . Invano Ed acqua , CC 2
304 Η Ειτε γαρ εφθαροντο διαμπερες εκετ ’ αν καισαν . Τατο δ ' επαυξησε το παν
τι κε ; και ποθεν ελθον ; Πη δε κεν απολοιτο επει των δ ' δεν ερημον ; Αλλ '
αυτ ’ εστιν ταυτα διαλληλων δε θεοντα Γινεται αλλοτε αλλα διηνεκες αιεν ομοια (
4) . 205 Stupidi gli occhi sopra dessa fisi . Questa d'ogni mortal nelle
giunture Si vuole innata , e chi n'han senso in mente Fanno , comº essa fa ,
opre leggiadre . Di Venere col nome o d'allegrezza La chiamano , sebben finor
niuno Seppe indicare dentro a quali cose Si aggirasse involuta . O tu niortale
, Ascolta i detti , che non son fallaci : L'amicizia , e la lite sono eguali ,
Hanno la stessa età , l' origin stessa Sol con diverso onor l ' una sull'altra
Impera , e piglia , com'è lor costume , Il comando a vicenda al fin del tempo,
Scritto a ciascuna dal voler del fato . Nulla viene oltr' a ciò , ch' ancor non
è Nulla di quel , che è , desser finisce ; Se pur finisse ., riaver non mai
Potrebbe in alcun tempo l'esistenza . Doy ' andrebbe a perir , se non v'ha
luogo Di ciò solingo , ch'al presente esiste ? E se quel', che non è , ora
venisse D ' onde verrebbe ? e che ? come potrebbe Accrescer questo tutto , s'
egli è tutto ?? 206 ! 3. • Επι νεικος μεν ενερτατον ικετο βενθος Δινης εν δε
μεση φιλοτης στροφαλιγγα γένηται Εν τη δη ταδε παντα συνερχεται εν μονον είναι
Ουκ αφαρ αλλα θελυμμα συνισταμεν αλλοθεν αλλο Των δε μισγομενων χειτ' εθνεα
μυρια θνητων Πολλα δ' αμικτ ’ εστηκε κερασσαμένoίσιν εναλλαξ Οσσ ' ετι νεικος
ερυκς μεταρσίον • 8 γαρ αμεμτώς Το παν εξέστηκεν επ ' εσχατα τερματα κυκλα Αλλα
τα μεν τ ' εμιμνε μελεων τα δε τ ’ εξεβεβηκεν Οσσον δ ' αιεν υπεκπροθεει τοσον
αιεν επηει Η επιφρων φιλοτης αμεμπτως αμβροτος ορμη Αιψα δε θνητ’ εφυοντο τα
πριν μαθον αθανατ’ είναι Ζωρα δε τα πριν ακρητα διαλλαξαντα κελευθες Των δε τε
μισγομενων χειτ' εθνεα μυρία θνητων EΠαγτ οιαις ιδεησιν αρηροτα θαυμα ιδεθαι (
5) 207 Sempre dunque le cose son le stesse , Si mischian , si separano , a
vicenda Movendosi tra lor , e nascon sempre Novelle forme , ma tra lor simili .
Avea la lite già toccato il fine Ultimo del girar , quando amicizia Del cerchio
, in cui si volge , al centro arriva . Tutte le cose allor vanno ad unirsi Per
fare l'un ; ma a poco a poco il fanno , Base a base di quà di là giungendo .
Dagli elementi , che tra lor si mischiano Razza infinita di mortali nasce . Ma
in mezzo a que' , che s'accozzar , vi furo Altri , che ' ncontro senzı alcun
miscuglio Restaron puri ; perchè lite ancora In alto li tenea Piena di colpa
Ella com'è , voleva il tutto scisso Sull' estremo confin del cerchio trarre .
Però de' membri , alcuni fuor spuntaro , Ed altri nò . Ma quanto innanzi corre
Sempre la lite , tanto sempre è pronta L ' amicizia a venir saggia , divina ,
Nuda di colpe, d' immortale forza > 208 Σ Η δε χθων τατοισιν ιση συνεχυρσε
μαλιστα Ηφαιστω τ ' ομβρωτε και αθερι παμφανοωντι Κυπριδος ορμησθεισα τελειοις
εν λιμενεσσιν Ειτ ' ολίγον μειζων ειτα πλεον εστιν ελασσων Ίων αιματ’ εγένοντο
και αλλης ειδεα σαρκος ( 6) . Η δε χθων επικαιρος εν ευτυκτοις χοανοισι Τα δυο
των οκτω μερεων λαχε νηστιδος αιγλης Τεσσαρα δ ' ηφαιστοιο . Τα δ ' οστεα λευκα
γένοντο Αρμογιης κολλησιν αρηροτα θεσπεσιηθεν ( 7 ) . 209 E nascer ecco , e
divenir nascendo Della morte alla falee sottoposti Que', che prima sapean
esserne immuni , E mutando sentier trovarsi misti Que' , che puri eran pria
senza miscuglio . Formasi in somma dalle cose miste Un numero infinito di
mortali , Che d'ogni specie son , d'ogni figura , Si , ch'a vederli è certo
maraviglia . Ne'porti estremi della bella Dea Giunse la Terra là dov' ogni cosa
Or di massa crescendo , ed or mancando Il più meno si fa , e 'l meno più . Ivi
la Terra in parte egual s'avvenne All' aria trasparente , al fuoco , all'acqua
, E da tale union indi formossi Qualunque specie di carne , e di sangue .
Quando la terra era d'amor sospinta In pevere ben salde a sorte trasse
Dell'otto parti , d' acqua chiara due, Quattro di fuoco : e per divin volere
Col glutin d'armonia tutte s'uniro : dd διο Βελιον μεν θερμoν οραν και λαμπρον
απαντη Αμβροτα γ οσσ ' εδεται και αργέτι δευεται αυγη Ομβρον δ ' εν πασι
νιφρεντα τε ριγηλοντε Εν δ ' αιης προρεεσι θελυμγα τε και στερεωμα . Εν δε κοτω
διαμορφα και αν διχα παντα πελονται Συν δ εβη εν φιλοτητι και αλληλοισι ποθκται
. Εκ τετων γαρ παντ' ην οσσα τε εστι και εσται Δενδρατο βεβλαστηκε και ανερες
ηδε γυναικες Θηρεστ’ οιωνοίτε και υδατο θρεμμονες ιχθυς Και τι θεοι δολιχαιωνες
τιμησι Φεριστοι και Αυτα γαρ εστι ταυτα δι αλληλων θεοντα Γινεται αλλείωτα ( 8
) , 1 911 E l'ossa bianche furon tosto fatte . Da per tutto si vede il Sol ,
che desta Calore , e lancia della luce i raggi , E quegli ancor , che senza
morte sono , Quasi da fame o pur da sete spinti , L'aria ricercar bianco
splendente . Puossi ovunque veder l'acqua ; che in neve : Talòr si muta , e
facilmente gela : o pur la terra , da cui vengon fuori Le salde cose . Quando
impera lira Tutto è biforme , ed ogni cosa è scissa , Ma regnando amicizia il
tutto corre Pronto ad unirsi , e l'una all' altra cosa Per interno desir
s'abbraccia , e stringe . Tutto viene da quelli , e per l'amore , Ciò , che fu
, cid , che è , ciò che sard , Germogliaro cosi alberi , e piante Nacquero
maschi , e donne , e fiere , e uccelli , E pesci ancor , che son d'acqua
nutriti ; O pur gli Dei di secoli lunghissimi Chiari per gl' inni, e per gli
onor prestanti . Sempre in somma le cose soil le stesse , Sempre tra loro han
moto , e cangian forma . d d 2 212 Ως δ ' oπoταν γραφεες αναθηματα ποικιλλωσιν
Ανερεσ αμφί τεχνης υπο μη τινος δεδαωτες Οιτ ' επει καιν μαρψωσι πολυχροα
φαρμακα χερσι Αρμονια μιξαντε τα μιν πλεω αλλα και ελασσω . Εκ των αδεα πασ'
εναλίγκιά πορσυνέσι Δενδρεάτε κτιζοντες και ανερας nde γυναίκας Θηρας τ’ οιωνες
τε και υδατο θρέμμονες ιχθυς Και τε θεες δολιχαιωνας τιμησι φεριςτες Ουτω μη σ
' απατα φρενα ως νυ κεν αλλοθεν «να Θνητων οσσα γε δηλα γεγαασιν εσπετα πηγήν .
ταυτ ' ισθί θεα παρα μυθον ακουσας ( 9 Αλλα τορώς Εν δε μερα κρατεεσι
περίπλομενοίο κυκλοίο Χα, φθιγει ας αλληλα και αυξεται εν μέρει αισης Αυτα γαρ
εστι ταυτα οι αλληλων δε θεοντα Γιγοντα ανθρωποιτε και αλλων εθνέα θνητων :
Αλλοτε μεν φιλοτητα συνερχομεν ασ ενα κοσμου 213 Qual dipintor nell'arte sua
perito Sa' i quadri variar , che la pietate Del tempio alle colonne, appende in
dono A santi numi . Egli con man piglian do Ora più , ora men di questo , è
quello Colore , insiem con ' armonia li vmischia , E poi con essi va pingendo
immagini Che son del tutto simili agli oggetti : Uomini , donne , fiere ,
uccelli , e piante ; . Ed i pesci , che son đ 0 pur gli Dii di secoli
lunghissimi Chiari per glinni , e per gli onor prestanti ; Cosi la mente certo
non s'inganna Dº ogni nato mortal qualora dice Esserne fonte sol quegli
elementi . Tu .ciò , che ho detto , tieni pur per fermo. Di tutto il nascer sai
, fuorchè di Dio , Sul quale il mio parlar non è diretto . acqua nutriti Or
l'amicizia , ed or la lite impera Del cerchio intorno rivolgendo i passi , E
luña e l'altra , come vuole il fatoo Manca a vicenda , ed a vicenda sorge .
Sempre le stesse son , sempre alternando 214 Αλλοτε δ ' αυ διχ' εκάστα φορεμενα
νικεος εχθα Εισοκεν αν συμφωντα το παν υπεγερθα γενηται . Ουτως η μεν εν εκ
πλεονων μεμαθηκε φνεσθαι Η δε πάλιν διαφωντος ενος πλεον εκτελεθεσι . Τη μεν
γίνονται και και σφισιν εμπεδος αιων Η δε τα διαλλάσσοντα διαμπερές δαμα λογια
Ταυτη αιεν εασσιν ακινητα κατα κυκλος (1ο) . Σ Τεσσαρα των παντων ριζωματα
πρωτον ακα! Πυρ και υδωρ και γαιαν η αιθερος απλετον υψος Εκ γαρ των οσατ' ην
οσατ ' εσσεται οσσα τ ' εσσι(11 Αυταρ επε μεγα νεικος ενι μελεεσσιν ετρέφθασε
Ες τίμαστ' ανορεσε τελιoμενοιο χρονοιο Ο σφιν αμοιβαιος πλατεος παρεληλατο ορκα
( 12 ) 15 Si muovono . Deil' uom la razza nasce , Tant' altre razze di mortali
han vita . Talor per amicizia in ordin bello Tutto si unisce ; ma talor per
stizza Di lite il tutto si separa , è stassi Sospeso in alto , finchè non
s'unisca . Cosi l'uno dal più nascer costuma . Così dall' un già nato il più
rinasce . Entrambi han vita , ma la lor durata Non è mai stabil . Perchè l'uno
, e l' altro Alterna , e l'alternar non ha mai fine Sopra d'un cerchio
eternamente gira . Quattro , figliuol d'Anchito , in prima ascolta Son radici
di tutto : il fuoco , e l'acqua , La terra , e l ' aer d'un immensa altezza ;
Perchè da questi sol viene , e deriva Ciò , che fu ', ciò , che è , ciò , che
sard . Dopo , che lite , la gran lite ascosa Era stata ne' membri , il tempo
scorso , Agli onori salt . Perchè l'impero Alternar si dovea , com'era scritto
Con solenne , ed eterno giuramento . 256 Αρτια μεν γαρ αυτα εαυτων παντα
μερέσσιν Ηλεκτωρτε Χθωντε και κρανος ηδε θαλασσα Οσσα Φιν εν θνητοίσιν
αποπλ.αχθεκτα πεφυκέν . Ως δ ' αυτως οσα κρασιν' επαρκεα μαλλον εασσιν Αλληλοις
εστερνται ομοιωθεντ' αφροδιτη . Εχθρα πλειστον επ', αλληλων διεχεσι μαλιστα
Γεννητε κρασατε και αδεσιν εκμακτρισι Παντη συγγίγεσθαι αηθεα και μαλα λυγρα
Νακεσ γεννηθεντα οτι σφισι γεννας οργα ( 13 ) , . Αλλο δε τοι ερεω • φυσις
αδενος εστιν απαντων Θνητων εδε τις ολομενα θανατοιο τελευτη Αλλα μογον μιξις
τε διαλλαξις τε μιγεντων Εστι . φυσις δε βρoτοις ονομαζεται ανθρωποισι ( 14) Οι
δ ' οτε δε κατα φωτα μιγεν φως αιθερι κυρα Η κατα θηρων αγροτέρων γενος και
κατα θαμνων Ηε κατα οιωνων τοτε μεν τα δε φασι γενεσθαι 217 Tutto è perfetto ,
perchè tutto ha pari Íl numer delle parti , che il compone . Tal è la Terra ,
il Sole , il Cielo , il Marc E tutto quel , che tra mortali errando Miste ha le
parti giusta sua natura . Ciò , che ridonda poi al lor miscuglio Da Venere s '
unisce al suo simile , Giacchè le cose simiglianti forte S'aman tra lor . Na
spesso le divide L'inimicizia . Nascon quindi mostri Strani assai per la
stirpe., e per la tempra , E per le forme , ch' hanno in loro impresse ; Perchè
la lite li produce allora Ch' appetiscon le cose il generare . Un altra cosa a
dichiararti io prendo : Nulla ha natura , nè mortale ha morte , Che danno
arrechi . Perch' è sol miscuglio , E delle cose miste è scioglimento Ciò , che
natura gli uomini chiamaro . Quando a caso nell'aria s'imbatte Il miscuglio ,
che fa dell' uom la razza , O quella degli uccelli , o delle piante , 218 Ευτε
ο αποκριθωσι τα δ ' αυ δυσδαιμονα ποτμαν Ειναι καλεσιν ( 15 ) . Βιβλ . β. Νυν δ
' αγε πως ανδρωντε πολυκλαυτωντε γυναικων Εννυχιες ορπηκας ανήγαγε κρίνομενον
πυρ Των δε κλυθ' .8 γαρ μυθος αποσκοπος εδ' αδας μων Ουλοφυες μεν πρωτα τυποι
χθονος εξανατελλον Αμφοτερων υδατοστε και αδεος αι σαν εχοντες τετ' ανέπεμπε
θελον προς ομοίον ευεσθα Ουτε τυπω μελεων ερατον δεμας εμφαινοντες Ουτ’ ενοπην
ετ ' αυ επιχωριον ανδρασι , ηουν ( 16 ) Πυρ μεν Πολλα μεν αμφιπροσωπα και
αμφιστερνα φυέσθαι Βεγενη ανδροπρωρα τα δ ' εμπαλιν εξανατέλλας Ανδροφυη
βεκρανα μεμιγμεγα τη μεν υπ ανδρων Τη γυναικοφυη σκιεροις ήσκημενα γυιοις (17)
. 219 O de' bruti selvaggi , allor si dice Che nascon essi ; e quando si
discioglie Il miscuglio di lor , ch' han trista morte , Lib. II. Come nel
separarsi il fuoco trasse De' maschi i germi oscuri , e delle donne , Che
piungon molto , odimi , che 'l dire Rozzo non è , nè fuor sen va del segno .
Perfetti in prima dalla terra i tipi Spuntaron tutti . Ma siccome il fuoco Su
n'esulò il suo simil -bramando , Restaron quelli sol umide forme , e l'immago
per lor parti aventi . Però nel tipo de' lor membri ancora Non mostravan
ľamabili fattezze Del corpo , non ancor l'organ di voce , Nè la natia degli
uomini favella . L'acqua , Nascon de' mostri con due facce , o petti.. Bovi son
questi con umano volto , Comini quelli con bovina testa , D'opachi membri son
forniti , e tutti e e 2 2 20 Η μεν πολλαι κορσαι αγαυχενες εβλαστησαν Οφθαλμοι
δε επλασθησαν γαρ πτωχοί μετωπων ( 18 Βραχιονες γυμνοι χωρίς μορφονται γε .
ωμων (19) . Τατον μεν βρoτεων μελεων αριδαιαστον ογκον • Αλλοτε μεν φιλοτητα
συνερχομεν' ας εν απαντα Για το σωμα λελογχε βια θαλέθοντος εν ακμή . Αλλοτε δ
' αυτε κακησι διατμηθοντ ’ εριδεσσιν Πλαζεται ανδιχο εκαστα περι ρηγμινι βιοιο
. Ως αυτως θαμνοισι και ιχθυσιν , υδρομελαθροις Θηρσιτ’ οραμελεεσσιν ιδε
πτεροβασμισι κυμβας ( 20 Σδε δ αναπνα παντα και εκπγ : πασι λιφαιμο ! Σαρμων
συριγγες πυματον κατα σωμα τετανται Και σφιν επιστομίοις πυκνοις τετρηντα αλοξι
Ριγων εσχατα τερθρα διαμπερες . ωστε φαγον μεν Σ 221 L'han di maschio , e di
donna insiem confusi Sorsero teste senz' aver cervici . Privi di fronte furon
fatti gli occhi . Nude le braccia senza spalle fatte , I membri umani giaccion
tutti in massa Bella , e vistosa . Per anior talvolta S' uniscono tra loro , e
corpo a caso Nel fior si forma della verde etate . All'opposto talor spiccansi
i membri Per trista lite , e quà e là d' intorno Alla spiaggia di vita erran
divisi . Apvien ciò pure agli alberi , alle fiere Che montanine son , a pesci
ancora Abitator dell acqua , ed agli uccelli Che solcan l ' aria coll ' alate
cimbe Ecco nel respirar come da tutti L' aer dentro si tira , é fuor si manda ,
Delle vene i canali si propagano Agli estremi del corpo , e metton capo Delle
nari ne' solchi , in cui le punte 2 2 2 Σ Kευθαν αιθερι δ ευπορίαν διο οισι
τετμησθαι Ενδεν επαθ οποτ.ν μεν επαίζη τερεν αμα Αιθαρ παφλαζων καταϊσσεται
οίδματι μαργω. Ευτε δ ' αναθρησκ 4 πμλιν εκπν: 1 . ωσπερ οταν πας Κλεψυδρας
παιζοσα δι ευποτρος καλκoιο Ευτε μεν αυλα πορθμον επ' ευκαδα χερι θισα Εις
υ2τος βαπτητι τερεν δεις αργυφεοιο Ουδε γ' ες αγγος ετ’ ομβρος εσέρχεται αλλα
μιν εργ ! Αερος όγκος εσωθι πεσων επί τρηματα πυκνα Σισοκ α τ οστεγασι πυκνον
ρέον . αυταρ επάτα Πνευματος ελλειποντος εσέρχεται αισιμων υδωρ . Ως γ' αυτως
οθ' υδωρ μεν εχω κατα βενθεα καλκα Πορθμα χωσθέντος βρoτεί » χροι ηδε πορο! ο
Αιθήρ δ' εκτος εσω λελιημενος ομβρον ερυκα Αμφι πυλας ισθμοιο δυσηχεος ακρα
κρατύνων Εισοκε χέρι μεθ, τοτε δ' αυ παλιν εμπαλιν και πριν Πνεύματος
εμπίπτοντος υπεκθι αισιμον υδωρ - Ως δ' αυτως τερέν αιμα κλαδισσομενον δια
γυιων Οπποτέ μεν παλινoρσον επαιν5 μυχονδε Θατερον ευθυ , ρεμα κατερχεται οι
ματι θυον Ευτε δ' αναθρων Α4 παλίν ειπν.4 ισον οπισσα ( 21) . 223 Hanno sturate
, Ma di sangue in parte Sono que tubi , e non del tutto pienii . Però calando
giù s'occulta il sangue , E lascia all ' aer libera ed apertit Dell'entrata lu
vir per le bouciucce . Avvien cosi , che quando il sangue molle In gil si
lancii nell'interno , tosto L'aria , che ferve , con sue vacue bolle Entra con
furia . E quando poi balzando Ritorna il sangue , torna fuor di nuovo Uscendo
l'aria . Guarda quà donzella Intenta a trastullare colla clessidra Di facil
bronzo , ch'al martello regge . Empier d'acqua la vuol : perciò ne tura Colla
sua bella man prima la bocca Dell'orifizio , e quindi per la base Di spessi
forellin tutta bucata L'immerge in mezzo della limpid' acqua . in questa
intanto dentro non penétra Perché l'aria racchiusa nella clessidra Sovrastando
a' forami con la molla L ' acqua preme , sospinge , ed allontana . Che se
appena riapre la donzella Il già chiuso orifizio , di repente Ως δ ' οτε τις
προοδον νοεων ωπλίσσάτο λυχνον Χειμεριην δια νυκτα πυρος σέλας αιθομελοιο 225
L'aria sen fugge ; e come questa manca L'acqua fatale , che presiede all' ore,
Ch'entrar pria non potea , entra nel vaso . La clessidra è già piena : or la
donzella In altra guisa guarda là , che gioca . Ella con man turandone la bocca
Dalla base forata vuol che cada L' acqua fatale , di cui quella è zeppa . Ma
cupido d ' entrar laer di fuori Quasi forte confin l ' acqua ritiene Intorno á
forellini gorgogliante . Se quella poi leva la mano , allora All'opposto di
pria laer di sopra Cadendo all ' acqua ý giù la manda , è questa Per gli forami
della base gronda . Tal è del sangue , che colante scorre Per le membra . Se
presto si ritira Affollandosi in dentro , allor di colpo Schiumosa l' aria con
vigor rientra . Poi quel ratto s' avanza , e questa fuori Esce coil passo egual
retrocedendo . Come d'inwerno per l'oscura notte Chi prende a viaggiar prima prepara
- ff 226 Αγας παντοίων ανεμων λαμπτηρας αμοργός Οιτ ' ανεμων μεν πνευμα
διασκιανασι αεντων Φως δ ' εξω διαθρωσκον οσον ταγαωτερον ηεν Λαμπεσκεν κατα
βηλον αταρεσι ακτινεσσιν . Ως δε τον εν μηνιγξιν εεργμενον ωγυγίον πυρ Λεπτησιν
οθονησιν εχευατο κακλοπα κερης Αι δ ' υδατος μεν βενθος απεστεγον αμφινααντος
Πυρ δ ' εξω διαθρωσκον οσον τανάωτερον Μεν ( 22) U Βιβλ . και Ου τοσε τι θεος
εστιν και τοτε και τοδε Ουκ έστιν πελασθαι εν οφθαλμοίσιν εφικτος Ημετέροις η
χέρσι λαβαν υπερτε μέγιστη Πειθες ανθρώποισιν αμαξιτος ας φρεγα πιπτα . Ου μεν
γαρ βροτεη κεφαλη κατα γυια κεκασθα Οι μεν απαι γωτων γε δυο κλαδοι ασσεσιν (
227 Lampade,.e lume di un ardente fiamma , E poi li mette dentro una lanterna ,
Che da venti difenda la fiammella ; Perchè di questi come van spirando Disperge
il soffio . Ma di fuor si lancia La luce, intanto , e quanto più si estende ,
Tanto illumina più presso la struda Corai di notte vincitor non vinti ; Cosi il
naturale antico fuoco , Che la pupilla circolure irradia , Stassi dell' occhio in
le membrane chiuso Sottili al par di vel , che dall ' umore , Il quale in copia
dall' intorno scorre Tutto il difendon . Ma di là movendo Quanto più lungi puà
fuori sį spande . Lib. III: 1 Nè questo , o quello , nè quell' altro è Dio , A
noi cogli occhi non è mai concesso Di poterlo veder , nè colle mani Di poterlo
trattar : che della mente Esser suole la via grande , e comune , Per cui
persuasion entra nell' uomo . 228 Οι ποσες και θοα γουνα παι μηδεα λαχνηεντα
Αλλα Φρην ιερη και αθεσφατος επλετο μενον, Φροντισι κοσμον άπαντα καταϊσσεσα
θοησιν ( 23 ) ΠΕΡΙ ΦΥΣΕΩΣ . Ει δ ' αγε νυν λεξω πρωθ ηλιον αρχην Εξ ων δη
εγενοντο τα νυν εσoρωμεγα παντα Ταράτε και ποντος πολυκυμων ηδ' υγρος αηρ Τιταν
η δ αθηρ σφιγγων περί κυκλoν απαντα ( 24) 229 Iddio non è di mortal capo ornato
, Che su membri s'estolle . A lui sul dorso Non spiegansi i due rami . Egli non
have Ginocchia , che al cammin ci fan veloci . Egli piedi non ha , nè quelle
parti Che vergogna , e lanugine ricopre . E mente sol , è sacra mente Iddio ,
Ch'esprimer non si può da nostra lingua : In un istante tutta la natura Col
veloce pensier ricerca , e scorre . DELLA NATURA . V B R SI Che non si sa a
quale de tre Libri appartengono . Dirotti in prima co' mięi versi d' onde Ebbe
origine il Sole , e d'onde ogn'altro Che noi veggiam ; l ' ondoso mar , la
terra L'aria , che nel suo sen chiude , e raccoglie Ogni umido vapor , la luce
, e letere Che tutto cinge , e tutto intorno avvolge . 23ο Πως και δενδρεα
μακρα και ειναλιοί καμασκνες (25 ) Ειπερ , απαρονα γης τε βαθη και δαψιλος αθηρ
Ως δια πολλων δη γλωσσης ρηθεντα ματαιως Εκκέχυται στοματων ολιγον τε παντος
ιδόντων ( 26) Ουδε τι τα παντος κεγεον πελα ουδε περισσον ( 27 ) Ως γλυκυ μεν
γλυκυ μαρπτε πικρον δ ' επι πικρον Ορέσες οξυ ο επ ' οξυ εβη θερμον δ εποχευετο
θερμος ( 28) : Γνους οτι παντων « σιν απορροια οσσ ' εγένοντο ( 29) Kευθεα
θηριων μελεων μυκτηρσιν ερευνων (3ο) Ούτω γαρ συνεχυρσε θεων τοτε πολλακι δ '
αλ λος ( 31) . 23 In qual maniera furon pria formati E gli arbor alti , ed į
marini pesci . Per la lingua di molti invan discorre La terra , e l ' Eter non
dver con fine Quella nelle radici e questo in alto . Ciò la bocca di color si
sparge per Che nulla , o poco sanno , e guardan lungi Colla veduta corta d'una
spanna » Vacuo non c'è , e nulla pur ridonda ; U Dolce a dolce s' unisce , ed
all' amaro Corre l'amaro , e l'aspro all aspro vanne , E verso il caldo si
conduce il caldo . Ogni corpo , ch ' esiste , il dei sapere , Vibra lungi da se
parti vaganti , Fiutando indaga le ferine tane , Tale in quel punto s’intoppò
correndo Ma in altra guisa per lo più s' avviene 233 οπη συγεκυρσεν απαντα (
35) . Η δ ' αυ φλοξ ιλααρα μινυνθαδικαις τυχε γαιης ( 33 ) Κυπρίοδος εν παλαμης
πλασέως τοιηστε τυχοντα ( 34 ) Τη δε μεν ιοτητι τυχης πεφρονήκεν απαντα ( 35 )
( Και καθ' οσον μεν αρμοτατα συγκυρσε πεσοντα( 36) Αλλα οπως αν τυχη ( 37 )
ΓIαντα γαρ εξακης πελειζετο γυια θεσιο (38) Και δα παρ’ ο δη καλαν έστιν
ακουσαι ( 39) Ενθ' ουτ' ηελιοιο διειδετο ωκεα γυια (40) Αρμογιης πυκίγως κρυφα
εστηρικτα (41 ) Σφαιρος κυκλοτερης μοί1 περίγ 19 εκων ( 42 ) 237 Dove ogni cosa
s' imbatte i Fiamma lunare s' incont Insiem con Terra , che Nelle man di
Ciprigna cost Col parer di fortuna al tutto intese In quanto a caso s'accordar
tra loro Nell'incontrarsi Ma come sorte volle Tutte di mano in man le membra
scosse Furon del Dio Ciò , che è bello convien , che si ripeta Le pronte membra
non vedeano il Sole Salde in occulto d' armonia fur fatte In tonda sfera
stretto quasi il tuttó 234 Αυξα δε χθων μεν σφετέρος γενος αθερα δ ', αι : θηρ
( 43 ) . Κατα το μαζων εμιγνυτο δαιμονι δαμων (44) . Αιθηρ μακρησι κατα χθονα
δυετο ριζας ( 45 ) . Οινος απο φλοιου πελεται σαπεν εν ξυλω υδωρ (46) Αλλα
διεσπασθαι μελεως φυσις ή μεν εν ανδρος Η γ ' εν γυναικος (47 ) . Μηνος εν
ογδοατα δεκάτη που επλετο λευκον (48) Ως δ ' οτ’ οπος γαλα λευκών εγομφώσει και
εδη - σεν ( 49) . Ουτω δε ωοτοκει μικρα δενδρα πρωτον ελαιας ( 5ο ) Νυκτα δε
γαια τιθησιν υφισταμενη φαεισσι ( 51 ) 235 Lieto dell'unità solingo gode : >
Aria ad aria s ' aggiunge , e terra a terra ; Il minore al maggior spirto s'
unisce : Della terra le barbe aer penetra ; L'acqua scomposta sotto la
corteccia Vino diventa , Della prole le membra stan dis ise Parte nel maschio ,
e parte nella femina , Al giorno dieci dell' ottaro mese Nelle poppe si forma
il bianco latte . Come gaglio rappiglia il bianco latte , Cosi da prima
partoriscon l'uovo Gli arbor non alti della verde uliva Luce impedendo fa la
terra notte . an 2 236 Ήλιος οξυβελης ηδε ιλαϊρα σεληνη ( 52 ) . απέσκεδασε
.αυγας Ες γαμαν καθυπερθεν απεσκιφωσε δε γαιης Τοσσον οσοντ ’ ευρος γλαυκωσιδος
επλετο μηνης ( 53 . Гщи ру тар уцау апожариву детi * Uдор Ηερι δε ηερα διον
ατάρ πυρι πυρ αιδηλον Στοργην δε,στοργη κακος δε τε νεικεί λυγρω (54) . Παντα
γαρ ισθι φρονησιν εχαν και σωματος αισαν(53 Λιματος εν πελαγεσι τετραμμενα
αντιθρωντος Τη τε νοημα μαλιστα κικλεσκεται ανθρωποισιν Αιμα γαρ ανθρωπους περι
καρδιον εστι νοημα ( 56). Προς παρεον γαρ μητες αεξεται ανθρωποισι ( 57 ) .
οθεν σφισιν ας Και το φρογαν αλλοια παριστατα ( 58 ) . 1. 237 Dolce è la Luna ,
e durdeggiante il Sole . Disperge i raggi sulla Terra , e sopra Tant è la luce
, che le fura , quanto Il disco è largo della glauca Luna . Terra veggiam con
terra , acqua con acqua , Aer divin con aere , e lucente Fuoco con fuoco , e
con amore ' amore , E veggian lite con dannosa lite . Uomini , bruti e piante
ben lo sai Han tutii mente , e parte di ragione, Stassi la mente dove più
ridonda II sangue , che su giù sempre si muove , Perchè dal sangue , che
circonda il core Il pensiero nell' uom sua forza prende ; Il pensare dell' uom
cresce e al presente Però il pensare sempre a lui diverse Mostra le cose . 238
Ενδ ' εχυθη καθαροισι τα δε τελετουσι γυναικες Ψυχεος αντιασαντα ( 59 ) .
Νηπιοι και γαρ σφιν δολιχοφρονες ασι μεριμνα Οι δε γενεσθαι παρος εκ εον
ελπιζασιν Ητοι καταθνησκαν τε και εξολλυσθαι απαντη ( 6ο ) , Αλλα κακοίς μεν
καρτα πελ4 κρατ€8 σιν απιστών, Ως δε παρ' η ιετερης κελεται πιστωματα μεσης
Γναθη διατμεζεντα ενι σπλαγχνοισι λογοιο ( 61 ) Ταυτα τριχες και φυλλα και
οιωνων πτερα πυκνα Και λεπίδες γιγνονται επί στιβαροισι μελεσσιν (62 ) αυταρ
ελικος οξυβελας νωτοισι δ ' ακανθι επιπεφρικασι ( 63 ) . Της δαφνης των φυλλων
απο παμπαν εχεσθαι ( 64) 239 Col solito calor si forma il maschio Ma se l'utero
poi s'affredda a caso La famina ne vien . Stolti non lungi col pensier veggendo
Prendon lusinga di poter esistere Ciò , che innanzi non fu , o quel , ch'esiste
Potersi in tutto struggere , e perire . Il malvagio non crede , e non cedendo
Alla forza del ver , trionfo meni , Ma cosi detta , e vuole , che tu creda La nostra
musa . Tu dentro l'interno I detti scissi , ne penétra il senso . Della stessa
natura sono i peli , Degli arbori le frondi , e degli uugelli Le fulte piume ,
o pur le squame sparse De' pesci sopra la ben soda carne . Ed il riccio marin ,
a cui le spine Acute gli si arricciano sul dorso , Dalle foglie d' allor la man
ritieni 240 Τετο μεν εν κογχασι θαλασσονομοις βαρυνωτοις Και μην κηρυκαντε
λιθορρινων χελυωντε Ενθ οψε χθονα χρωτος υπερτατα ναιεταεσαν ( 65) Βυσσω δε
γλαυκης κροκο καταμισγεται (66) . Φυλος αμουσον άγουσα πολυστερεων καμασκηνων(
67 κορυφας ετεράς ετεραισι προσαπτων Μυθων μητε λεγαν ατραπον μιαν (68) .
Νυκτος ερκμαιης αλαωπιδος ( 69) . Αλφιτον υδατι κολλησας ( 7ο) . θαλλαν Καρπων
αφθονιισι κατ ηερα παντ εγιαυτον (71 ) . Ουδε τις ην κανοισιν Αρης θεος , ουδε
Κυδοιμος Ουδε Ζευς Βασιλευς , ονδε Κρονος , ουδε Ποσειδων Αλλα Κπρις Βασιλαα .
241 Del mar le conche di pesante dorso , Il murice riguarda , e le testuggini
Che son coperte di petrose scaglie : Bene in questi aninai veder tu puoi Come
del corpo sta la terrợ in cima . Si mischia al bisso il fior del croco azzurro
. La goffa turba de' fecondi pesci Guidando Somma a sonima giungendo del
discorso Per diversi sentier prender cammino Della solinga tenebrosa notte Coll
acqua unendo la farina d'orzo . Germoglian ricchi di lor frutta in tutte Le
stagioni dell'anno in mezzo all' aria . Marte non han qual Nume, nè Minerva Del
tumulto guerriero eccitatrice : A Nettuno , a Saturno , Giove il rege hh ) 242
Την οιν' ευσεβεεσσιν αγαλμασιν ιλασκονται Γραπτοις δε ζωοισι , μυροισι τε
δαδαλεοδμοις , Σμυρνης τ' ακρητου θυσιαις λιβανου τε θυωσους Ξουθων τε σπονδας
μελιτων ριπτοντες ες ουδας ( 72 Στανωποι μεν γαρ παλαμαι κατα για κέχυνται
Πολλα δε σαλεμπη α τατ ’ αμβλυνεσι μεριμνας Παυρον δε ζωησι βια μερος αθροισαντος
Ωκυμοροι καπνοίo δικην αρθεντες απεπταν . Αυτο μονον πασθεντες οτω προσεκυρσεν
εκαστος Παντος ελαυνομενοι και το δε ολον ευχεται ευρειν Ουτως ατ’ επιδερκτα τα
δ' ανδρασιν ετ ' επακιστα Ουτε νοω περιληπτα ( 73) . ή και συ 80 επα ωο "
ελιασθης Πευσεαι.ε πλεον γε βροτάη μητις ορωρε ( 74) . 243 Negano omaggio ; e
prestan solo il culto A Venere Regina , che sdegnata Placan con santi simulacri
, e pinti Animali , e con mille odor , che l'arte Ingegnosa travaglia , o co'
profumi Di pura mirra , e d'incenso spirante Soave odore , e fanle sagrifizio
Sopra la terra il biondo miel spargendo . In parte angusta delle membra è
sparsa La nostra mente . Abbonda pur la cispa Ch' ottenebra il pensier , e ne'
viventi Poch'è la porzioni di vital forza , Che qual fumo sen fugge , allorchè
morte Di repente ei fura . E quindi ognuno , D' ogni parte sospinto , sol di
quello , Cui per sorte s' avvien , resta sicuro . Altero intanto di trovar
presume Tutto , e saper ciò , che non puossi ancora Nè veder , nè sentir , nè
colla mente Comprendere dall ' uom . Giacchè vagando in guisa tal ti scosti
Prendi consiglio da ragion ; che l'uomo hh 2 244 Αλλα θεοι των μεν μανιην
αποτρεψατε γλωσσης Εκ δ ' οσιων στοματων , καθαρην οχετευσατε πηγην Και σε
πολυμνηστη λευκο λενε παρθενε μεσα Αντομαι ων θεμις εστιν εφημερoισιν ακ84ν
Πεμπε παρ' ευσεβιης ελασσ' ευημιoν αρμα Μηδε σεγ ευδοξοιο βιησεται ανθεα τιμης
Προς θνατων αγελεσθαι εφ ω ' οσιη πλεον απον Θαρσα και τοτε δη σοφιης επ
ακροισι θοαζη Αλλα γαρ αθρεα πας παλαμη πη δηλον εκαστον Μητε τιν οψιν εχων
πιστει πλεον η κατ’ ακτην Η ακοην εριδαπών υπερ τρανωματα γλωσσης Μητε τι των
αλλων οποση πορος εστι νοησαι Γυιων πιστην ερυκε γορα θ ' η δηλον εκαστον (75).
245 Col suo saper più oltre non s'inalza . Dalla lor lingua , santi numi , tale
Furor cacciate , e dalle vostre bocche La purissima vena in lor sgorgate . Te
Verginella bianchibraccia musa , Cui più corteggian disiosi amanti , Te prego
attente a porgermi l'orecchie A fin di quello udir , che lice all ' uomo , E
come te non pungerà la gloria Fiori a coglier d'onor presso i mortali , Perciò
più cose ti potrò svelare . Ma agitando i destrier docili al freno Porta da
Religion lontano il carro . Prendi fidanzı : andrai ratta a sedere Di sapienza
allor sull’ alta cima . Colla ragion contempla il tutto , e vedi Ciascuna cosa
chiarų si , che certa Ti si dimostri . Ne maggior la fede Presta al senso di
vista , che all' udito ; Nè all'orecchio , che raccoglie i suoni Credi più
della lingua , che discopre Le cose . Nè all'una più , ch' all'altra Credi di
quelle vie , per cui ci viene 246 Πεση Φαρμακα και οσσα γεγασι κακών και γηραος
αλκας ετα μενω σοι εγω κρανεω ταδε παντα . Παυσις δ ' ακαματων ανεμων μενος
οιτ' επι γαιαν Ορνόμενοι πνοιαισι καταφθινυθουσιν αρουραν Και παλιν ην και
εθελησθα παλιντονα πνευματ' επαξές Θησεις δ ' εξ ομβροια κελαινα καιριον αυχμον
Ανθρωποις θησας δε εξ αυχι8οίο θεραου Ρευματα δενδρεοθρεπτα τα δ' εν θερι
αησαντα Αξας δ ' εξ αΐδαο καταφθίμενου μενος ανδρος (76) . 247 La notizia de'
corpi , ed il pensare . De' sensi in somma poni giù la fede : Ti sia guida
ragion , onde discerna In ogni cosa chiaramente il vero . Quanti i rimedi
fugator de' morbi , Come vecchiezza si conforti , udrai . Che tutto a te io
solamente suelo , De' venti infaticabili frenare L'ira saprai ; che con furor
piombando Sopra la terra , col soffiare , i campi Guastano tutti ; o pur se
n'hai piacere Concitar li potrai , se son tranquilli . Saprai d'inverno tra
procelle scure Produr di state il lucido sereno , O pur nel fitto della secca
state Produr le piogge , che nutriscon gli alberi , E del caldo l'ardor tempran
movendo Aure soavi . Giungerà tua forza Sin dall'inferno a richiamar gli
estinti . 248 ΠΕΡΙ ΚΑΘΑΡΜΩΝ . Ω Φιλοι οι μεγα αστυ κατα ζανθου Ακραγαντος Ναιετ
ακρην πολεως αγαθων μεληδεμονες εργων χαιρετ . εγω δ υμιν θεος αμβροτος ουκ ετι
θνητος ΓΙωλευμα μετα πασι τετιμένος ωσπερ εοικε Ταινίας τε περιστεπτος στεφεσιν
τε θαλαιης Τοισιν αμ’ ευτ ’ αν ικωμα ες αστεα τηλεθοωντα Ανδρασι ηδε γυναιξι
σεβιζομαι . οι δ ' αμ' εποντα Μυριοί εξερεοντες σπη προς κερδος αναρπος Οι μεν
μαντοσυνεών κεχρημενοι οι δε τι νουσων Παντοίων επυθοντο κλύειν ευηκέα βαξιν
(77) . Αλλα τι τοις δ ' επικειμ' ωσει μέγα χρημα τι πραση σών Ει θνητων
περιειμι πολυφθορεων ανθρωπων ; ( 78 ) . 249 . DELLE PURGAZIONI . Salvete , o
miei diletti , abitatori Dell' alta rocca , e della gran cittate , Che del
biondo Acragante bagnan l’acque . Salvete , o cari , cui virtute è cura .
Immortale sori Dio , nè qual mortale Sto più tra voi , d'onor , siccom'è giusto
, Pieno fra tutti . Allorchè cinto il capo Di larghe bende , e di festanti
serti Io porto il piè sulle città fiorenti , Corrono , e maschi , e donne a
darmi culto . E mille , e mille , che là van col passo Dove dritto il sentier
li mena al lucro , Ali s'affollan d'intorno nel cammino : E mi seguono ancor quelli
, che intenti Stansi a svelar dell'avvenir gli arcani , Ed altri , che saper
bramano l'arte Sagace di guarir qualunque morbo . Ma perchè mi dilungo tali
cose Nel riferire , quasichè d'eccelse Gesta pur si trattasse , se vincendo
Ogni mortal , sopra di lor m’inalzo ? ii 25ο Σ Εστι δε αναγκης χρημα θεων
ψηφισμα παλαιον Ευτε τις αμπλακιησι φονω φιλα γυια μιανη Δαιμονες οιτε
μακραιωνος λελογχασι βιοιο Τρις μιν μυριας ωρας απο μακαρων αλαλησθαι Την και
εγω νυν αμι φυγας θεοθεν και αλήτις Νακεί μαινομεγω πισυνoς (79) . Αιθεριων μεν
γαρ σφε μενος ποντον δε διωκεα Ποντος δ ' ες χθονος ουδας ανεπτυσε γαιαδες αυ
γας Ηελία ακαμαντος οδ ' αιθερος εμβαλε δινας Αλλος δ ' εξ αλλε δεχεται
στυγερσι δε παντες (8ο αγα λοιμωγατε και σκοτος ηλεσκέσις (81) . 251 be E ' volere
del fato , è degli Dei Decreto antico , che s'alcun peccando Di quegli spirti ,
che sortiron vita Lunghissima , lordò le proprie mini Quasi di sangue , sia
costui cacciato Lungi dall' alte sedi , in cui beata Vivon, vita gli Dei , e
vada errante In репа del fallir tapino in terra , Finché ritorni primavera ai
campi Tre volte dieci mila ; ed un di questi Io son , ch' ora dal Ciel men vo
lontano Vagando quà , e là esul ramigo , Solo in poter di furibonda lite . }
L'aria gli spirti , che falliro , caccia In mar con forza , il mar li getta in
terra , La terra li rigetta su lanciando Del sole infaticabile ne' raggi , D '
aria nel turbo il sole infin gli scaglia . L'un dopo l'altro van cosi girando ,
E tutti traggan pien di duolo i giorni . Van per gli prati , e per lo scuro
erranti ii 2 252 Ενθα φόνoστε κοτοστε και αλλων εθνεα κηρων ( 82 ) Κλαυσα τε
και κοκυσα ιδων ασυγηθεα χωρον ( 83 ) Ω πoπoι η δειλον θνητων γενος ω
δυσανολβον Οιων εξ εριδων εκ τε στoναγων εγεγεσθε (84). Εξ οιης τιμης και οι
μηκεος ολβα ( 85) . Εκ μεν γαρ ζωων ετιθεα νεκρα «δε' αμκβων (86) Σαρκων
αλλογνωτί περιστελλασα χιτωνε Και μεταμπεχασα τας ψυχας (87) . Ηλυθομεν του '
νπ ' αντρον υποστεγον (88) . Ηδη γαρ ποτ' εγω γενομενην κεροστε κορητε Θαμνοστ’
οιωνοστε και εν αλι ελλοπος ιχθυς (89) . Εν θηρσι δε λεοντες οραλεχεες
χαμαιεύναι Γιγονται σαν ναι εγι δενδρεσιν ηύκομοισιν ( go ) . 253 Ivi la
stragge , e l'ira , ivi tant' altri Mali hanno sede . Insolito abitar vedendo
piansi . Ah ! La razza mortal quant' è meschina ! Quanto infelice ! Quali affanni,
e liti Siete nati a soffrir ! Da quale onor son misero caduto , Da qual
grandezza di felicitate , Da vita a morte son , forma mutando L'alme involgendo
, e quasi ricoprendo Della straniera veste delle carni . inIn quest'antro
coperto al fin siam giunti . Fanciullo io fui un di , donzella , uccello ,
Albero , e senza voce in mar fui pesce , Qual sopra ogn'animal s'alza il Leone
Giacente in terra , abitator de monti 254 Εν9 ' ησαν χθονιητε και Ηλιοπη
ταναίτις Δηρίς θ ' αιματοεσσα και αρμονίη ιμερωπις Καλλιστω τ’ αισχρητε θοωσατε
Δαναητε Νημερτης τεροεσσα . μελαγκαρπος Ασαφια (91 ) Ξεινων αιδοιοι λίμενες
κακοτητος απαροι (92) . 2 φιλοι οιδα μεν εν οτ ' αληθαη παρα μυθους , Oυς εγω
εξερεω , μαλα δ' αργαλειτε τετυκται Ανδρωση και δυσζηλος επι φρενα πιστέος ορμη
(93) Ουκ αν ανηρ τοιαυτα σοφος Φρεσι μαιτεύσατο Ως όφρα μεν τε βιωσι το δε
βιοτον καλεσιν Τοφρα μεν εν εστι και σφι παρα δειγα και εσθλα Πριν δε παγασαι
βροτοι λυθεντες τ ’ εδεν αρ' εισιν( 94 Αλλα το μεν παντων νομημον δια τ’
ευρυμέδοντος 255 Tal su gli arbor fronduti il lauro eccelle . Chtonia gº era là
con Eliope Di larghi occhi , e la cruenta Deri Con armonia , piena d'amor, nel
volto . Vera del par Thoòsa , e Deinèa E la turpe Callisto , e insiem l'amabile
Nemerte , ed Asafia , che il tutto oscura O Gergentini di mal fürè ignari Degno
porto d'onor degli stranieri . Io , mici cari , so ben ', che nel mio dire
Stassi la verità dentro nascosa , Ala della fe la forza l'uom travaglia E pena
, e dispiacer gli reca in mente . Saggio non v'è , che possa con sua mente
Pensar , che l'uomo mentre vive questa , Che chiaman vita , esista solo , e
colga E beni , e mali ; si che l'uomo nulla Sia prima il nascimento , e dopo
morte . Ma questa legge pubblicata a tutti 156 ' . Αιθερος ηνεκεός τετατα δια τ
' απλέτε αυγης (95) . Ου παυσεσθε Φονοιο δυσηχεος' ; 8κ εσoρατε Αλληλες
δαπτόντες ακηδεμησι νοοιο ;. Μορφήν δ ' αλλαξαντα πατηρ φιλον υιόν αερας Σφαζα
επευχομενος μεγα νηπιος και οι δε πορευντα Λισσομενοι θυοντες οδ ' ανηκοστος
ομοκλεων Σφαξας εν μεγαροισι κακης αλεγυνατο δαχτα Ως δ ' αυτως πατερ' υιος
ελων και μητερα παιδες Θυμoν απορραισαγτα. φιλας κατα σαρκας εδεσι (96) 4.
Oιμοι οτ’ και προσθεν με διωλεσε νηλεές ημας Πριν σχετλι’ εργα περι χειλεσι
μητισασθα ! (97 ) 257 Dell' aria si distende per l'immenso Splendore , e l'alta
region dell Etere Che per lunghezza , e per larghezza è vasto . ? Ancor si
sparge per le vostre mani IL sangue gorgogliante degli animai ? Ah non vedete
colla mente piena Di sprezzo , che sbranandovi , a vicenda Vi diorate ? E che
mutata forma Il padre alzando il suo caro figliuolo Lo scanna , e pazzo grandi
cose prega Tutti color , che sacrifizj fanno , Sen van supplici orando ; ma
quest'altro Nell'atto di scannar gridi mandando D' udirsi indegni , in segno di
minaccia Malvagio in casa desinar prepara . Cosi talora avvien , che danno
morte Il figlio al padre , ed alla madre i figli , E questa , e quel fucendo
privi d'anima Le care in cibo ne trangugian carni . Perchè crudele il di ah non
mi spense Prima , ch'avessi fatto il gran peccato D' appor tal cibo sopra le
mie labbra ! kk 558 Ταυρων δ ' ακρίτοισι φονοις και δευετο βωμος Αλλα μυσος τετ
' εσκεν εν ανθρωποισι μεγιστον Θυμoν απορρασαντας εεδμεναι ηϊα γυια ( 98 ) .
Τοι γαρ τοι χαλεπησιν αλυοντες καιστησιν Ου ποτε δαλαιων αγιων λεωφησετε θυμον
( 99) . Ολβιος ος θαων πραπιδων εκτησατο πλετον Διαλος δω σκοτοεσσα θεων περι
δοξα μεμπλε ( ιοο) Εις δε τελος μαντάστε και να τοπολοι και 1ητροι Και προμοι
ανθρωποισιν επιχθονίοισι πίλονται Ενθεν αναβλαστασιν θεοι τιμηση φεριστοι ( 101
) . Αθανατους αλλοισιν ομεστιοι αυτοτραπεζοι Ανδρομεων αχεων αποκληροι εοντες
απειροι (102) . 259 Non macchiava l'altar sangue innocente De’ tori un di . Ma
sommo allor misfatto Dagli uomin si credea privar dell' anima Gli animai , e
divorarne i membri in cibo . Chi dalla colpa , che da se molesta , E '
tormentato , non avrà nell' animo Mai requie al suo misero dolore . Felice è
quegli , che possiede i beni Della mente divina , ed infelice E' quel , che
male degli Di pensando Ne porta tenebrosa opinione . 7 I vati infine , ed i
cantor degl' inni I medici , ed i forti capitani , Che de' terrestri uomini son
guida Ivi rinascon Dü d'onor prestanti . Nella stessa magion , a mensa stessa
Stando cogli altri Dii , d'ogni vicenda D'ogni umarło dolor futti già privi .
kk 2 16ο Ην δε τις .ν κανοισιν ανηρ περιωσια αθως Ος δη μηκιστον τραπιδων
έκτησατο πλετον Παντοίων τε μάλιστα σοφων επικράνος έργων Οπποτε γαρ πασησι
ορεξατο πραπιδεσσι Ραγε των οντων παντων λευσεσκεν εκαστα Και τε δεκ ' ανθρωπων
και τ' ακoσιν αιωνεσσι ( 103) ΕΠΙΓΡΑΜΜΑΤΑ Περι Ακρωνος • Ακρον ιατρον Ακρων
ακραγαντινον πατρος ακρου Κρυπτα κρημνος ακρος πατριδος ακροτατης Τιγες δε το
δευτερον στιχον ουτω προφέρονται Ακροτατης κορυφής τυμβως ακρος κατεχα ( 104)
261 5 Tra quelli o'era l' uom sopra d'ogn ' altro Eccelso nel saper , che della
mente L' altissimo tesor chiudea .nel seno . Egli pieno d'amor tutti indagava
De' sapienti i fatti , e le scoperte Dotte di lor . E quando del suo spirto
Ogni forza intendeva , ad una ad una Tutte schierate le cose reali In dieci o
venti secoli abbracciando Rapidamente col pensier vedea . EPIGRAMMI INTORNO AD
ACRONE . L'alto di gran saper medico Acrone , Nato dun alto padre in Agrigento
Alta , rupe tien alta per sepolcro Della sua patria posto in alta cima . Alcuni
leggono così il secondo verso Alta tomba ritien sull' alta cima аба . Περι
Παυσαγικς Παυσαγι: ιητρον επωνυμον Αγχίτου υιον Φωτ’ Ασκλεπιαδης πατρις εθρεψε
Γελα Ος πολλούς μογεροίσι μαρανομένους κεματοισι Φωτας ατέστρεψαν Φερσεφονης
αδυτων ( 1ο5) . . Δειλοί πανδειλοι κυαμας απο χειρος, εχεσθαι , Ισον τοι κυαμες
τρωγειν κεφαλασθα τοκων ( 106 ) Ναν μα τον αμετερας σοφίας ευρoντα τετρακτην
Παγον αεγνας φυσεως ριζωμα τ' εχεσαν ( 107) . 263 Di Pausania . Il medico che
nomasi Pausania E' d' Anchito figliuol', è discendente Degli Asclepiadi , ed ha
per patria Gela , Che lo nutri . Costui molti languenti I'er penosi malor dalle
segrete Di Persefone stanze a forza trasse . Versi d' incerto Autore attribuiti
da alcuni ad Empedocle . Scostate , o miseri , del tutto in felici Dalle fave
la mun : mangiar di queste Egli è privare i genitor del capo . Giuro per quel ,
che nella nostra scuola Scoperse il qucttro , che racchiude il forte , E la
radice eterna di natura + . ANNOTAZIONI ALLA R A O COITA D E F R A M M ENTI.
". 267 ANNOTAZIONI ALLA RACCOLTA D E FRA MM EN TI. ( 1 ) Questo verso si
trova presso Laerz. 1. 8 in Emp. Egli dice ny de o lavraylas spwjeevas αυτε , ω
δη και τα περι φυσεως προσπεφωνηκεν Pausania era amato da Empedocle , e que sti
gli intitolò il suo poema sulla ' natura E siccome questo verso forma la dedica
; cosi si è collocato il primo . La frase per quanto pare è Omerica come si può
vedere Iliad . 11 V. 450 Iliad. 1 : V. 451. ( 2 ) Presso Simplicio de Phys.
aud. l. 8 p. 272 ediz . d'Aldo . Perchè questi due ver si si suppongono dagli altri
, che li seguono , si son collocati prima . Per altro Plut. de exil . afferma
che cosi cominciava la filosofia d'Empedocle . ( 3 ) IL 2. 3 verso son
rapportati da Laerz . 11 2 263 che se 1. 8 in Emp. I primi tre da Sext. Emp.
adv: Phys. 1. ģ , da Plut. de Pl. Ph . l . 1 cap. Tutti quattro poi da Stobeo
Ecl. Phys. 1. i p. 26. Questi si sono premessi per la ragio ne ch'esprimono i
quattro elementi , che sono base di tutta la filosofia d'Empedocle . Si
conviene da tutti che sotto Giove è in : dicato il fuoco , e da Nesti l'acqua ,
condo Vossio de Idol. 1. 2. cap. 7 e Fabricio nelle note à Sesto Empirico
deriva da yalay fluere . Vi è solo un disparere tra gli Scitiori per gli due
simboli. Giunone e Plutone . Pois chè secondo Cic. de Nat. Deor . l . 2.cap. 26
Plut. l. 1. cap. 3. de Pl. Ph. Macrob. Satur. l i cap. 15 , da Giunone è
espressa l'aria ; ed al contrario giusta Athen. Apol. 22. Achill. Tazio in
Arat. Laert. I. 8 in Emp. Stobeo Ecl. Phys. 1. i Heracl. Allegaz , Omeriche,p.
443., -sotto il simbolo di Giunone è indicata la terra . E però per questi
Plutone era la• ria , e per quelli la terra . Aïd oyeus in luogo di aïdris Om .
11. 20 V. 61. Esiod . Theog. v. 913. Hpn epoßios Omer. Hyinn . in matr. o .
mnium '. Nella traduzione si è formato GIOTATO 2 per tmesi . 269 9 col . ( 4 )
Di questi versi il 7 e l'8 sono riferi ti da Laerz. in Emp. I. 8. Stobeo Ecl.
Phys. 1. 1 p: 26. Dal 10 sino al 15 si trovano presso · Arist. Natur. Auscult.
l. 8 cap. 1. Il. 22 presso Ciem . Alex. Strom . I. 5., ed il 21 e 22 presso
Plut. Amat. Tutti poi eccetto il g e'l 10 sono rapportati da Simplicio de Phys.
Aud. I. 1 p. 34 ediz. d'Aldo . Siccliè si è supplito il 10 con Aristotile , e'l
lo stesso Simplicio come si vedrà alla ( 10 ) . Questi versi che sono al numero
di 36 fan parte del primo libro della natura . Poichè lo stesso Simplicio dice
chiaramente sy 7pUTW TO φυσικών .99 και nel primo libro delle cose fisiche I
versi 3 , 4 , 5 pajono d ' essere un'imi, täzione d'Omero . II . 6.v., 146 , e
149. Il 5 portá P&T Th , ma si è cangiato in.dpuntu come più confacente al
senso . Nel 6 in luo go di xdcepecei dinge si è posto 8T0T€ anges.co me Omero .
Il. -10. V. 164. Nel z la paro la Qiaotati amicizia non significa in verità che
ainore , siccome fa Omero . Il. 6 v. 161 c in quasi tutta l'ariade che dice
QLXOTNTO felgympia rab . Dal 7 al 12 sembra di essere una sem 270 * plice
imitazione d' Esiodo nella Theog. Poichè Empedocle mette in contrasto l'amore e
lo dio come Esiodo fa colla notte e'l giorno . Ne’ versi 6 , 13 e 32 si trova
la parola ' deau Trepes. collocata nello stesso modo che suol fa re Opiero .
Il. 10 v. 325 e 331. II. 12 v . 398 . II. 19 v. 272. Odys. 4 V. 209. Odys. 7.
v. 96. Odys. 10 v. 38. Odys.. 14 v. 11 . Sicchè pare che l'orecchio d Empedocle
era educato al suono de' versi Omerici , Nel verso 14 aloy Euroly alla maniera
d'Omero . Il. 1 v. 290. Nel 16 reipata pewIwon siccome 0 . mero παρατα τεχνης .
Nel 20 1 ’ αταλαντον co me Il. 15 v. 302. Nel 21 è da dirsi che intanto ,
l'amicizia sia di lunghezza e larghez za eguale , in quanto i corpi possono
risulta re da parti eguali de quattro elementi. Al meno questa interpetrazione
pare più confa cente al suo sistema ; se non si vuole abbrac ciare quella , che
deriva dal pittagoricismo , per cui il numero quattro era il più perfetto . Nel
22 100. TEINTWS per attonito e Omerico . II . 4 v. 246. Nel 24 cina poves's
dovrebbe esser nominativo giusta la Grammatica . Na si v . 271 lasciato in
accusativo ; perchè gli Attici alcuna, volta , coře si vede presso Aristof. in
avibus , sogliono usare l'accusativo in luogo del nomi nativo . L'epye texti si
trova spesso in Omero e in Esiodo : cosi Odys. 7 V. 272.Esiod. Theog. V, 89. Il
25 è simile a quello dell' Iliad . 9 v. 558 , e pile d'ogni altro ad Esiod .
Theog. v. 595. Nel 27 laratnaon è d ' Omero . II. 1 v . 526. Nel 30 il
Trepiadojevolo è pari mente adattato al tempo e all'anno presso Omero' . Odys.
iv. 16 ed Esiod. Opera v . ' 384. Nel 31 si osserva l'id atoange in fi. ne del
verso come in Omero . Il. 6 v. 149 . (5) I versi 12 e 13 si trovano presso
Arist, Poet. cap. 25 , e Ateneo lib . 10 p. 424 . Tutti poi sono rapportati da
Simplicio de Phys. aud . 1. i'p. 7 d' Aldo . Essi sono stati posti nel primo
libro del poema ; perchè Simplicio li riferice come quelli che precedeano altri
, che da lui sono notati per versi del primo lix bro προ τετων των επων • Nel
verso 7 è 11 si è scritto a Jey.TTW5 in luogo di queuent Ews come si legge in
Sims plicio . Nel 10 si trova vtsupper feri ch'è d' 272 Omero II . 9 V. 502,
Nell'ultimo, si ha l espressione Jaunese idiogui ch ' è comune presso Omero ed
Esiodo : cosi Il. 18 v. 83. Odys. 13 v. 108. De scụto Herc. v. 140 ' , ed in
tanti altri lunghi dell' uno e dell'altro poe ta . Teocrito nell' Idyl.. 17 v.
77. non è dif ficile che avesse imitato Empedocle , dicendo egli εθνεα μυρια
φωτων α εinmiglianzα di quel che dice il nostro poeta nel 8 verso e nel 14 , (6
).Simplic. de . Phys. aud. I. 1 p . 7. Quer sti versi sono quegli stessi
innanzi a' quali di ce Simplicio ch' erun collocati quelli della na: ta ( 5 )..
... L' epiteto Truji Payowymi è Omerico . II. 8 v. 320 e 435. Orfeo nell'inno
all' etere , chiama l ' etere dotepo@ eyzes ( 7 ) I primi tre' versi sono
presso Arist. de anima li i càp . 7 , e tutti presso Simp. de Phys. aud. I. 2 p
. 66 Aldo . Simplicio af ferma che appartengano al primo libro d' Em . pedocle
λεγει εν πρωτω . Ε come sono dello stesso tenore della nota ( 6) ; cosi si sono
si tuati vicino a quelli . Nel 1 verso επικαιρος in luogo di επίκρανος 273 è
d'Omero . II. 1 v . 572 , e il v. 572 , e il xoayolai é ' Esiod. Theog. v. 865.
Nel 3 l’ oGTEL deuxa è parimente d ' Esiod . Theog. v. 540 , e 557 e d'Omero .
Il. 24 v. 793 . ( 8 ) I primi due versi si trovano presso Plut. de primo frigid
. , e il 7 , 8 , 9 presso Arist. de gen. et corrupt. Tutti presso Simpl. de
Phys aud. l . 1 p. 8 , e nella pag. 34 sono pre ceduti da due seguenti versi .
1 እእእ. αγε των δ * οαρων προτερων επί μαρτυρα δερκεί Ει τι και εν
προτερoισι λιποξυλον επλετο μορφη • 1 Di questi due versi non si sa che voglia
dire quel Altofurov legno pingue : Perchè pa- . re ch? Empedocle voglia
rapportarsi a' prece: denti colloquj dove forse v'era qualche for. ma
Altrotuloy . Si è cercato di sostituire Action Yugov , ma neppure s intende .
Però si sono trascurati nel testo questi due versi . Nel 3 verso si legge
presso Plut. Svopa EVTA xep ply a negyté , ch ? è spiegato tenebroso , ed
crribile . Ma come non si sa ď' onde poss m m 274 sa derivare played soy si è
sostituito plyndor , che più si conviene all'acqua . Indi è che si è scritto VIOOEYTA
,xoh pigns.ovte . E' vero che il vero so diventa spondaico ; ma gli epiteti
dell' ac qua sono più confacenti alla sua natura , e corrispondono più
all'intendimento d'Empedo cle , che in questi versi vuol dare i caratteri di
ciascuno dei quattro elementi , siccome at testa Simplicio de Phys. aud. - p .
7. Nel 4 προρε8σι θελυμνα τη luogo di προθελυμνα . It' 9 vi 537. Il 5 verso è
simile a quello d. Omero . Il. 18 v. 511 , ilil 7 al v. 70. Il. e al . v . 38
d' Esiod . Theog. , e l'8 al v. 163 Odys. 15. Nel 9 , e 10 l ' epiteto de'
pesci υδατοθρεμμονες , e quello degli Dei δο. arxay wres sono tutti due propj
d'Empedocle ; giacchè non si leggono presso altro poeta . Il Tlpenoi Ospirtoi
pare che sia preso dal v. 494 1 11. 9 • (9 ) Simplic. de Phys. aud . 1. 1 p. 34
. Egli li rapporta dopo quelli della nota (8) e dice , che Empedocle li
soggiunge in esempio . Non v'è quindi dubbio , che debbono essere collocati nel
primo libro , e dopo di quelli . Vi 275 si trovano alcuni versi ripetuti alla
maniera Omerica , e nel g versa ľws YÜ XEV come nel v. 749 Il. 11 , e nel v. 11
della Theog. d' Esiod. Nel 10 si e mutato l'acheta in fore, e nell' 11 vi si
troνα μυθον ακεσας nel miodo stesso d'Omero II. 7 v. 54. Odys. 2 z v: 560 , (
19 ) Simplic. de Phys. aud. l . 1. Costui , dopo d' avere rapportato i versi
delle note ( 8) • (9 ) 80ggiunge και ολιγον δε προελθων αυθις Çnti . Però si
son collocati dopo , e come ap partenenti al primo libro . Il 7 di questi ver
si è quello stesso , ch ' è stato inserito da 9 nes versi della notą ( 4) . (
11) Il 2 verso si trova presso Plut. net lib . de adulat. et amici discrimine :
il terzo presso Aristot. Metaph. 1. 3. cap. 4.- Tutti tre presso Clem. Alex.
Strom . I. 6 . Il secondo verso , si rapporta d'alcuni ne : pos nilov ufos , ma
Empedocle nel 19 della nota (4) dice c7 NETOV , e per altro pare più armonioso
ed Omerico . Questi versi , come quel li , che indicano i quattro clementi ' ,
non si possono collocare che nel primo libro . m m 2 276 ! ( 12 ) Arist. Metaph
. l. 3 cap . 4. Simplic . de Phys. ' aud. 1. 6 p . 272. Plutaroo nel lib. de
Reip. geć. praecept. vi allude dicen da τιμας ονομαζω κατ' Εμπεδοκλεα . Questi
ver si non possono appartenere , che al primo li bro ; perchè in esso dichiara
Empedocle le due forze amicizia e lite . ( 13 ) Simp. 1. i de Phys. aud . p.
34. La parola aprice del primo versa può significare pari di numero , perfetto
, ed adatto . Si è tradotta pari ; perciocchè si è trovato che i corpi , di cui
Empedocle enumera le parti de gli elementi , da cui quelli son composti , non
sono che di numero pari . Cosi l'ossa di oi to parti nota ( 7 ) , la carne di
parti eguali de quattro elementi nota ( 6 ) et.. ( 14 ) Arist. de Gen. et
Corrupt. l . i cap. 1 , e De Xenoph. Gorg., at Zenon. Plut. de Pl. Ph. l. 1 e
adv. Golot. Si sono collocati nel primo libro perchè Plutarco dice chiaramente
de Pl . Ph. l . i λεγα δε ετως και των πρώτων φυσικών και Anno de Tol spaced è
modo turto ď Omero II. 1 v . 797. Odys. 11 V. 453. Odys. 10 2 : 7 V. 495 ec.
L'a.JavaTolo TEMBUTn è d' Esiod . in Scuto Herc. , ' e nell'ultimo verso
Bpomois "QvIpomolol è maniera greca che spesso si tra , va presso Omero ed
Esiodo che dicono Bpotox ardpa . Il Duris nel principio come opposto a 76 deutn
pare che indicasse la nascita . Ma co me in fine significa natura si è lasciato
cob. la sua propia significazione di natura . ( 15 ) Plut. adv. Colot. Questi
versi , come si vede dalla materia , sono una continuazio ne di que' della nota
antecedente . Si sospetta che questi versi fossero sta ti alterati da qualche
copista . Vi si osserva ows per uomo in genere neutro , che suol esa sere
presso i Greci di genere maschile . ( 16 ) Simpl. de Phys. aud. 1 , 2 , pag. 85
Aldo . E siccome queg!i dice « TOTO'S AS T8 Εμπεδοκλεας εν τω δευτερη των
φυσικών προ της ανδριων και γυναικιων σωμάτων διαρθρωσεως TAUTU TC ETn ,
Empedocle nel secondo libro delle cose fisiche canta questi versi prima di
parlare della formazione e articolazione de' corpi de maschi e delle femine Non
vi ha 278 quindi alcun dubbio , che questi versi fan par te del secondo libro ,
e che il soggetto di que . sto libro si versa sulla nascita degli uomini , e
de' corpi de' maschi e delle femine . Però è , che tutti i versi che riguardano
la formazio ne degli uomini , e de' loro membri , e delle parti del corpo umano
e loro funzioni sono stati da noi posti nel secondo libro . IL 3 verso è
un'imitazione d'Omero nel v. 157 dell' Iliad. 4 , 810Quais secondo Simpli cio
esprime la massa tutta, del seme , che an cora' non indicava la forma de'
membri . ( 17 ) Aeliano de Nat. anim . I. 16 cap. 29 . Le forme descritte in
questi versi sono ricor date da tutti gli antichi scrittori come singo lari .
Cosi Arist. Nat. ausc. l. 2. cap. 8. Es se non poterono durare , perchè non
eran tra loro convenienti. Di quando in quando ne na. sconto de' simili , e
questi sono i mostri . : ( 18) Simpl. de coelo 1. 2. Arist. de coel. 1. 3 cap.
2. De Gen. I. i cap. i8 . Isaac. Tzetze in Comm . ad Lycophr. Epi vax65 • ( 19
) Simpl. de coelo l . 2 . ( 20 ) Simpl. de Phys. aud. 1. 8 p . 258 279 Aldo .
Nel terzo verso si è spiegato pngjely! al la maniera d'Omero Il . 1. v. 437.
Nel 6 e nel 7 - sono da notarsi ud poplene Opols , opsta μελεσσι , €
πτεροβαμμoσι κυμβας clie sono ma niere originali d' Empedocle . ( 21 ) Aristot.
de respir. cap. 7. Questo è il più bel frammento d'Empedocle , e forse l '
avanzo più , venerando dell'antica fisica , in cui non solo si spiegà da
Empedocle il modo a suo credere del nostro respirare , ma si di mostra eziandio
il peso , e la molla dell' a . ria . Egli è stato tradotto per quanto si può
letteralmente, e solamente si è ito aggiungen . do talora la forma della
clessidra , senza di che non si avrebbe potuto chiaramente com prendere Il
coros del 4 verso corrisponde al cruor de’latini . Il. 16 y. 162. Chi si
conosce – Omero può accorgersi come va adattando Em . pedocle tutte le parole e
frasi d'Omero nel 5. sino all ': 8 verso . Lo stesso WTTEL OTAY Trays è ď Omero
nel v. 362 Il. 15 .. L'EUTETEOS , che Omero applica ail' acqua' . Ili 16 v. 174
, Empedocle l'adatta alla duttilità del bronzo 200 Verso . It all'acqua , nel 9
TEPEY Ejedes dell' 11 è d' 0. mero Il. 14 v. 406. L'autap ETHTU nel 15 è forma
parimente Omerica Il . 11 V. 304 Odys. l . 9 v. 371 ec. L'ayrilor ud wp nel 16
si trova applicato al giorno in Oniero , e qui che non può esser fatale se non
per che nella clessidra è destinata a notare le ore che scorrono . Nel 18 verso
Bpotew Xpor presso Esiod. Opera è preso per umano corpo , qui per la mano . Nel
20 ilil duonysos è applica to alla guerra . Il. v. 395 ec. Da Empedocle si
acconcia al gorgogliamento dell'acqua ( 22 ) Arist. de sensu et sensili lib. i
cap. Nel 2 verso σελας πυρος αθομενοιo e d ' Omero . Il. 9 v. 559. Il. 10 v ..
246. II. 11 v. 219. II. 6 v . 282 ec. Il 24uepiny νυκτα e simile all' αμβροσιην
δια νυκτα d' O mero . Il. 2. v. 57. Nel 3 si trova apopg85 ch'e' una metafora ,
quasi che le lanterne di fendendo il lume da venti se li succhiassero ; giacchè
quopges vuol dire succhianti . Il mayo Town dyepewr Odys. 5 v. 293 e 304. Nel 4
verso il divanid ve si aeyrwy si trova in Omero Il. 5 v. 526. Nel 5 ci ha un
epiteto de' 2. Nel dia 282 indomiti ; per raggi ch ' è molto ardito UTCpert chè
non sono vinti dalla notte . La stessa pa rola walioruto nel i verso per
preparare è Omerica . Il. il v. 86 ' . In quanto poi alla costruzione delle
lanterne è da dirsi , che for se allora erano di corno trasparente . ( 23 ) Il
i e gli ultimi due versi presso Giov. Tzetze Chil. 5 p. 382. Il 2 presso Theod.
de Curat. Graec. l . 1. IlIl 22 ,, 3 , e 4 pres SO Clem. Aless. Strom . 1. 5.
Dal 5 sino all ' ultimo presso lo stesso Giov. Tzetze Chil. 13 p. 476. Gli
ultimi due versi sono anche rap portati da Chalcid . in Tim. Pl. Essi sono sta
ti tutti disposti nell' ordine , in cui sono no tati , che sembra non esser
disconveniente , e fanno certamente parte del lib. 3. Poichè Tzetze nella Chil.
7 p. 382 nel rapportarli soggiunge Εμπεδοκλης τω τιτω των φυσικων δεικ : VUOY
TIS ' N. sold togey το θεα κατ' επ'ος ετω λεγων . 9 , Empedocle nel terzo libro
delle cose fisiche. volendo indicare quale sia la sostanza di Dio dice cosi Il
pendea nel senso in cui qui lo pigliu Empedocle è comune ad Omero nell' Odissea
n n . 282 o ad Esiodo nella Theng. ( 24) Clem. Alex. Strom. 1. 5. Il . 1 ver so
manca d'un piede , e si potrebbe compiere leggenda Ει ο αγε τοι μεν εγω λεξω .
Vi si os serva poi la stessa maniera d Oniero nell ' ap porre degli epiteti al
mare , all'aria , aile tere . ( 25) Athen . Dipnosoph. 1. 8 p. 334. Il devd
pece pecupce è d'Omero . Il. 9 v. 537. Lo stesso Athen. nel medesimo luogo
attesta che tutti i pesci da Empedocle furon chiamati zce paglves . ( 26 )
Aristot. 1. 2 de coelo cap . 8 e De Xenoph. Zenon, et Gorg. Gli ultimi due
versi presso Clem . Aless. Strom. 1. 6 . (27 ) Plut. de Pl. Ph . I. i cap. 18.
Theo dort. de mater. et mundo Serm. 4 p. 1080 . (28) Plut. Symp. l . 4 quaest.
1. Macro bio Saturn . l . 7 p. 521. E siccome in Plut. si leggono alterati ;
cosi sono stati correlti con Macrobio . ( 29 ) Plut. quaest. Nat. p. 916 . ( 30
) Plut. quaest. Nat. p. 917 , et de Curiosit. Alcuni leggono Keuuata , altri
rappese . ( 283 ra , ma si è sostituito xeu-ged , che pare più acconcio al
senso dell'autore ( 31 ) Arist. Nat. Auscult. 1. ? cap. 4 , e De Part, Anim .
I. i cap. 1 , Simpl. I. Phys. ( 32 ) Simpl. de Phys. and. I. 2 p . 73 . ( 33 )
Simpl. 1. 2 de Ph. aud. p. 23. L' epiteto de incepa come dice ' Hesichio' è
propio d' Empedocle.; ed il polyurgadins d'Omero II. 1 v. 352 , ( 34) Simpl. l.
2 de Phys. aud. p. 74 Aldo . ( 35) Simpl. 1. 2 nel med. luog. ( 36) Simpl. 1. ,
nel med. luog. ( 37) Simpl . 1. 2 de Ph. aud. p. 73 . ( 38 ) Simpl. l . 8 de
Ph. aud. p. 272 . ( 39 ) Plut. in l . non posse suaviter vivi jut . xta epicuri
decreta . ( 40 ) Simpl. de Ph. aud. l. 8 p . 272 . (41 ) Simpl. nel med. luog.
( 42 ) Simpl. nel med. luog. ( 43) Arist. de Gen. et Corrupt. l. i cap. 6 . (
44) Simpl. de coelo Com. 21. p. 88 . ( 45 ) Arist. de Gener. et Corrupt. 1. i
cap. 6. La frase zgova dupsyo, presso Omero Il. 6 y. 411 . nn 2 284 (46) Plut.
quaest. Nat. p. 916 . (47 ) Arist. de Gener. anim. 1..1 cap . 18 . ( 48) Arist.
de Gener. anim. I. 4 cap. 1 . (49) Plut. nel lib . de Amic. multitud. (50)
Arist. de Gener. anim . 1. i cap. 23 . Alcuni leggono μακρα δενδρεα . ( 51 )
Plut. quaest. Platon . p. 1006.4 . (52 ) Plut. de fac. in orbe lunae dove in
luogo d' ožupeans è da leggersi očußeans e in vece di naiyo Iraupe come si è
rapportato nel. la nota (35) . ( 53) Plut. de fac. in orbe lunae . Questi versi
sono stati corretti da Xilandro . ( 54) Arist. Metaph. l. 3 cap. 4 de anim, 1.
i cap. 2. Sesto Emp. adv. Gram. l . i cap. 13 e adv. Log. l . 7 Chalc. in Tim.
cap. 21 p. 131 . Pare che in questi versi Empedocle abbia imitato Omera Il. 13
v. 31 , e Il. 16 v. 215. Il tip apo ndoy Omerico . Il . 2 v. 455 . L'epiteto
della lite rugpw , che da Omero si adatta alla vecchiaja , e talora alla ferita
ec. è situato in fine del verso come in Omero II . 5 v. 153 , e Il. 10. v. 79.
Il. 16 v. 393 ec. 285 3 . ( 55 ) Sext. Emp. adv. logic. l . - 8 p. 512 . ( 56)
Stobéo Ecl. Plys. l . 1 p. 131. L' última verso è anche rapportato da Chalcid .
in Tim. Pl. p. 29 ,, ed è un imitazione di quello d' Esiodo nella Theog. 7 spe
pezy 750" T δες , περι δε εστι νοημα • ( 57 ) Aristot. de anima 1. 3 сар.
( 58) Aristot. de anima" nel med. luog. ( 59 ) Aristot. de Gener. 1. i
cap. 13. ( 60) Plut. adv. Colot. ( 61 ) Clem. Alex. Strom. l . 5 Theodor. de
curat. aegritud . Ethnic. Acciaolus Theod, interpres I. i contra Graecos . ( 62
) Arist. Meteorol. l . 4 cap. 9 , atspao TURVO è d ' Omero . Il. 11 y. 454 , e
otißola pous pedeerol è d ' Esiodo opera v. 148 . ( 63 ) Plut. Symp. 1. i cap.
3. Deve lege gersi andyl . ( 64 ) Plut. Symp. 1. 3. quaest. 1 . ( 65) Plut.
Symp. I. ,1 quaest. 2 , e nel lib. de fac. in orbe lunae . ( 66) Put. de Orac
defectu. Per finire il verso si è supplito nella traduzione artos . ( 67 )
Plut. Simp. I. ? quaest. 10 , 286 . ( 68) Plut. de Orac. defect: (69) Plut.
Simp. 1. 8 quaest. 3 . ( 70) Arist. Poet. cap. 25 c Meteor. l . 4 . 71)
Theophr. de Caus. Plant. 1. i cap. 14 . ( 72 ) Athen. Dipnosoph. l. 8 p. 365.
Que sti versi si son collocati come appartenenti al poema 'della natura ;
perchè parlano di Ve nere , che indica l'amicizia . Vi si trova il Soydan
codpots parola composta da Empedocle , che non si legge in altro poeta . Si dee
lege gere Κυπρις nel testo , e non Kπρις . ( 73 ) Sesto Emp. adv. Log. 1. ? Gli
ul. timi due versi sono anche rapportati da Plut. nel 1. de áud. Peet. Nel 2
yerso Scalig. legge suve ETEITA , ed Erric. Stef. dely ETECL ; ma ne' MSS. si
trova SaneM.T , Si è quindi conservata , come sta ne' MSS. , e si è ritratta da
dep @ os che più s' adatta al senso dell'autore . Questi versi unitamente agli
altri delle note ( 24) e ( 75 ) sono riferiti da Sesto Emp. come quelli , che
con poche interruzioni si suc vedono . E come Empedocle si dirizza ad un solo ,
ch'è Pausania ;' cosi tutti fan parte del 287 Chil . 1 , pra poema sulla natura
, ( 74) Sesto Emp. adv . Log. l . 2 ( 75 ) Sesto Emp. nel med . luog. ( 70)
Laerz. in Emp. 1. 8. Joan. Tzetze I versi 3 , 4 , 5 sono anche pres. so Clen) .
Alex. Strom. 1. 6. Nel 5 si legge d' alcuni παλιγτιτα c d' altri παλιντινα ; mα
da Casaub. si vuole raditova , e fondasi so Suida . Nell'ultimo verso è da
notare che il sanare gl' infermi si esprime , presso gli an tichi avastne
dall'inferno . Plut. in amat. Horaz. l . 2 Sat. 1 V. 82 . ( 77 ) Laerz. l . 8
in Emp. I versi 3 € 4 si trovano presso Sesto Emp. adv. Gramm . 1 . i cap. 13 ,
e presso Philost. Vit. Apoll. Se condo Laerzio cosi Empedocle avea dato prin .
cipio al suo poema delle purgazioni cvcpzopese νός των καθαρμων φησίν . ( 78)
Sesto Emp. adv. Gram . I. 1 e Laerz. in Emp. 1. ' 8. Sesto Empirico mette
questi due versi dopo quelli della nota ( 77 ) e soge . giunge nas nary. Sicchè
icon c'è dubbio che appartengano alle purgazioni . ( 79) Plut. de exil. I. 2 ,
e l'ultimo meza 288 zo verso è presso Hierocle in aur. carm . , il quale lo '
rapporta unitamente al penultimo ως Εμπεδοκλης Φυσι ο Πυθαγοραος • ( 80) I
primi tre versi presso Plut. nel lib. de vit . aere alieno , e tutti quattro
presso lo stesso Plut. de Isid . et Osir. , e presso Eusebio . ( 81 ) Hierocl.
in aur. carm. ( 82) Hierocl. in aur. carm. (83 ) Clem. Alex. Strom. 1. 3 . (
84) Clem. Alex. Strom. I. 3 0 70xO1 peegee herdos Il. 1 v. 254 . ( 85) Clem . '
Alex, Strom. I. 3 . ( 86) Clem. Alex. nel med. luog. ( 87 ) Stob. Ecl. Phys. 1.
i . ( 88 ) Porph. de Antr. Nymph. Ediz. di Van - Gcens p. 9 . ( 89 ) Clem.
" Alex. Strom. 1. 5 Origen, Phy losophumera . Phil. in V. Apoll. Athen.
Dipn. In luogo di do7Os , che è un epiteto dato da Esiodo e da Poeti Greci al
pesce , presso d' al .cuni si legge eurupos . A prima vista pare che l' epiteto
ignito non abbia luogo ; mu ove si voglia riflettere che giusta Empedocle , gli
ani mali molto caldi cercarono l'acqua , ed ivi 289 soggiornarono , si può
comprendere in qual senso abbia potuto adattare al pesce l ' epiteto Europos .
( 90) Eliano de Nat. anim. I. 12 cap. 7 . Questi versi appartengono al poema
delle pur gazioni . Perchè Eliano nel rapportarli soggiun ge λεγει δε και
Εμπεδοκλης την αριστην αναι με : τοικησιν την τα ανθρωπου ει μεν ας ζωον η
ληξις αυτην μεταγαγα λεοντα γινεσθαι και δε ας φυτον dadyny . » Empedocle dice
che ottima sia da stimarsi la trasmigrazione dell'uomo , se do vendo passare in
un bruto la sorte lo porta nel corpo del leone , e se in una pianta lo porta
nell' alloro L' epiteto ηύκομοισιν Ο . mnerico . ( 91 ) Plut. de animi
tranquill. L'epiteto έροέσσα e d' Esiodo che dice Θαλιη εροεσσα και ma non s'
intende quello di μελαγκαρπος che vuol dire produttrice di frutti neri che Empe
docle adatta ad Asafia o sia al genio dell' oscurità . Giovanni Tzetze Chil. 12
dice Ecco πεδοκλης προ παντωντε φιλοσοφος ο μέγας • γα γαρ την ασαφα αν
μελαγκορον υπαρχαν ως κελαινωπας τον θυμον ο Σοφοκλης που λεγα 25 * Ο Ο 290 SO
• Empedocle filosofo , grande sopra d'ogn'al tro , chiama Asafia o sia
l'oscurità di nera pupilla conie Sofocle dice l'animo di nero via In sostanza
poi vuol qui indicare Em pedocle quello che noi diciamo animo cupo , che tutto
è coperto , e tutto fa con riserva . ( 92 ) Diod. Sic. Bibl. Hist. 1. 13 p. 204
. (93) Clem. Alex. Strom. 1. 5 . ( 94) Plut. adv. Colot. L'ultimo verso è stato
corretto da Giov. Clerc. Bibl. Choisie Tom . 1 . (95) Arist. Rhet. l. i cap.
13. Si son collocati in questo poema delle purgazioni ; perchè Aristotile dice
che riguardano la proi bizione d uccidere gli animali . xoy ws EyeTedo κλης
λεγα περι τε μη κτιγαν το εμψυχσν . τετο γαρ τισι μεν δικαιον τισι δε και
δικαιον . » Co me dice Empedocle parlando della proibizione d' uccidere
qualunque animale . Poichè que sto non può essere giusto per alcuni e per al
tri nò L' epiteto supurtedortos é d' Omero e quello d'atletoy è d ' Esiodo . (
98 ) Sesto Empir. adv. Phys. I. 9 p. 580 . Plut. de Superst. Nel 5 verso
l'entBTT05 si 291 è tradotto per indegno d'essere udito come půs letterale . Na
potrebbe avere due altri sensi cioè : da non essere compreso , o pure come
colui , che è pieno di Qyaxer 116 che vuol dire contumacia , o inobbedienza ;
perchè senza di ciò non si ritrae un senso che sembra ragio nevole . Nel 6 a
legurato d'apra è d' Omero nell' Odys. 13 v. 23 . ( 97 ) Porphyr. de non
necandis ad epulan dum animalibus l . 2 pag. 137 ediz. di Lio ne 0285dic epga
per scelleraggini è d'Omero Odys. 14 v. 83 . ( 98 ) Porphyr. de non necandis ad
epul. anim. I. 2 pag. 131. Il primo verso somiglia a quello ď Omero Il . 24 v.
69. Alcuni leg, gono appatolor in luogo d ' cxpitolob . ( 99 ) Clem. Alex .
exhortat. ad gentes. Awe Q10ste Odys. 11 v. 460 . ( 100 ) Clem . Alex. Strom.
I. 5 . ( 101 ) Clem. Alex. Strom. I. 4 Bpotol o pu. re ardpes sain horlon . Il
. 1 v. 266 , e 273 . ( 102 ) Clem . Alex, Strom . 1. 5. Questi due versi sono
stati corrotti . Nel primo verso Sca . ligero legge fyte TPUDEGcus in luogo d'
AUTOTA . OO 2 292 che non FIG . In verità questa seconda maniera cor risponde
meglio all'opertio . Nel secondo leg ge Ευγιες ανδρειων αχεων αποκηροι ατειρεις
. dla ad altri è piaciuto all' aydpelwy di sostituire l' and pouleur ch'è più
adatto e pie Omerico ; all' електро! ľ Anouampor ch'è anche più ragione vole ;
ed in fine all ατειρείς I'' ατηρείς si sa donde possa derivare . Si potrebbe
dire più presto artelpon . Vi sono poi di quei che in luogo di amewn leggong
amoywy ; dimodochè spiegano coi forti achivi . ( 103 ) I primi due versi sono
presso Laerz. 1. 8 in Emp. , e tutti si leggono presso Janibl . de Vit. Pyth .
p. 54. Questi versi si sono col locati nel poenia delle purgazioni ; perchè in
questo poema Empedocle dichiara la morale pittagorica . ( 104) Presso Suida
voce Axpwr e Laerz. I. 8. in Emp. Questo epigramma , come dicono e Suida e Laerzio
, è diretto a punzecchiare Acrone , che domanda a la grazia di ergere un gran
monumento a suo padre in un luo. go alto della città di Gergenti . Empedocle va
scherzando .col nome di Acrone e la parola 293 acron che in Greco significa
alto e altezza . Ma questo scherzo non si può rendere nel no stro linguaggio .
( 105) Laerz. in Emp. I. 8 & Towvoploy indi ca nome conveniente alla cosa .
Perchè liquo gavin in greco può significare che fa cessar i mali , e i dolori .
Perciò Empedocle scherza col nome del suo amico . ( 106) Questi due versi s'
attribuiscono dit Aulo Gellio Noct. Att. 1. 4 cap. 11 ad Em pedocle , e da
altri ad Orfeo . Ma in verità so no della scuola pittagorica . Si legga Didym .
1. 2. Geoponicon cap. 35. Varii sono i sen timenti degli Scrittori sulla
proibizione , che facea la scuola Pittagorica , di mangiar del le fuve .
Secondo alcuni , perchè non sono sa lutari , e secondo altri perchè sono simili
agli organi della generazione . Di fatto Gellio dice che l'astinenza delle fave
era un simbolo , eon cui si volea indicare da Empedocle l'a ' stinenza delle
cose veneree . ( 107 ) Questi versi esprimono il giuramen to che si facea nella
scuola Pittagorica . Si leggono presso Jambl, de vit. Pyth. p. 125 , 294 Ma non
semhrano d'esser d'Empedocle cosi perchè non corrispondono allo stile del
nostro poeta , come ancora perchè vi si osserva il dia . letto dor ico , che
non mai egii usò ne' suoi poemi. ROMA BIBLIOTECA 295 Note mancanti nel Tomo I.
pag. 67 . MEMORIA SECONDA . ( 121 ) Απηρεν ασ Κροτωνα της Ιταλίας και κακοι
τομές θες τοις Ιταλιωταις εδοξασθη συν τοις μας θεματας και οι περι τας
τριακοσίες οντες ωκoνoμαν αριστα τα πολιτικα ωστε σχεδον αριστοκρατίας αναι την
πολιτααν και Pittagora si porto in Cro tona d'Italia ; ed ivi dando leggi agľ
Italias ni fu egli in onore unitamente a' suoi disce poli . Trecento de' quali
amministravano otti mamente le cose politiche , si che quella re pubblica era
di posta a governo di ottimati , Laerz. in Pythag. ( 122 ) La persecuzione
della scuola pitta gorica nacque da ciò , giusta Jamblico nella Vita di
Pittagora cap. 35 , che i pittagorici allontanavano il popolo dalle
magistrature , e da' pubblici consigli, e voleano essi soli , come sapienti ,
regolar le cose pubbliche.Grice:
“If people call William of Ockham, Surrey, Occam, I shall call Empedocles of
Agrigentum Agrigentum, or Agrigento simpliciter in the vulgar.” Vide “Italic
Griceians”While in the New World, ‘Grecian philosophy’ is believed to have
happened ‘in Greece,’ Grice was amused that ‘most happened in Italy!’ Empedocle
da Girgenti – Keywords: Girgenti -- Refs.: Luigi
Speranza, "Grice ed Empedocle," per Il Club Anglo-Italiano, The
Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia.
Girgenti (Palermo). Filosofo. Grice: “I love Girgenti for many reasons! For
one, he has edited Boezio ‘as he is’! – then he has elaborated on Socratic
irony, a concept that needs some elucidation, if ever one did! Also, he has
edited the ‘logica retorica’ of Cicero, which is welcome!”Frequenta gli studi
classici a Palermo, sotto Brighina, Franchina, Armetta, Mirabelli e Puglisi) e
poi si è trasferito a Milano sotto Bontadini, Bausola, Melchiorre e Giussani.
Si laurea sotto Reale con “Platonismo e Cristianesimo in San Giustino Martire”
– Studia “Porfirio tra henologia e ontologia riproponendo la questione degli
universali come origine del "pensiero forte". Insegna a Milano I suoi
studi sono concentrati sul rapporto tra filosofia greco-romana e Cristianesimo,
e in particolare nell'influenza che il platonismo ha esercitato sui Padri della
Chiesa. Per analizzare questo tema, applica due categorie ermeneutiche: la
"storia del’effetto" e la "fusione dell’orizzonte”. Secondo la
storia dell’effeto, la Patristica latina deve essere considerata una fase
importante della storia del platonismo antico, che fa da tramite rispetto alla
filosofia medioevale. Secondo la fusione dell’orizzonte, il rapporto tra
platonismo e Cristianesimo deve essere analizzato superando due opposte
posizioni: la "praeparatio evangelica" di Eusebio di Cesarea, secondo
cui la filosofia pre-cristiana sarebbe stata di per sé una preparazione al
Cristianesimo e la "Ellenizzazione del cristianesimo" di Adolf von
Harnack, secondo cui nell'incontro con la filosofia, il Cristianesimo avrebbe
smarrito la vocazione originaria (e dovrebbe pertanto “de-“ellenizzarsi,
de-filosofarsi). Una posizione mediana potrebbe contribuire a superare le rigidità
del cristianesimo cattolico e le chiusure del cristianesimo protestante
non-cattolico. Altre opera: “Porfirio: catalogo ragionato” (Vita e Pensiero,
Milano); “Giustino Martire, il primo cristiano platonico” Vita e Pensiero,
Milano); “Porfirio, Vita e Pensiero, Milano); Porfirio, Laterza, Roma-Bari; “Platone,
G. Girgenti, Rusconi, Milano, Incontri con Gadamer, G. Girgenti, Bompiani,
Milano “Platone” G. Girgenti, Bompiani, Milano; Atene e Gerusalemme. Una
fusione di orizzonti, Il Prato, Padova ; Il bue squartato e altri macelli. La
dolce filosofia, libro-intervista con Sossio Giametta, Mursia, Milano. G.
Giorello, Corriere della Sera, 1ºScheda biografica, curriculum e nel sito dell'Università Vita-Salute San
Raffaele, su unisr. Giuseppe Girgenti. Girgenti. Keywords: Giustino martire. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Girgenti” – The Swimming-Pool Library.
Girotti (Adria). Filosofo. Grice: “I like Girotti; for one, he has
explored the idea of ‘beauty,’ which Sibley should, but did not!” Si laurea a
Padova, sotto Santinello e Berti. Pubblica “Filosofia” (La Scuola, Brescia). Pubblica:
“Gouhier e la sua storia storica della filosofia” (Unipress, Padova). “Comunicazione
filosofica” “Società Filosofica Italiana.” Altre opera: Aristotele, dal
platonismo all’autonomia, Polaris, Faenza, La filosofia di Schopenhauer,
Polaris, Faenza; “Modelli di razionalità nella filosofia”, Sapere, Padova; Discorso
sui metodi, Pensa, Lecce; Medioevo vs oggi: tra tabula rasa e innatismo,
Sapere, Padova; Riforma Gelmini e filosofia Sapere, Padova; Essere e volere,
Pensa multimedia, Lecce; Siamo completamente liberi di volere ciò che
vogliamo?, Il Giardino dei Pensieri, Bologna; Aristotele, Diogene Multimedia,
Bologna . Hegel, Diogene Multimedia, Bologna . Schopenhauer, Diogene
Multimedia, Bologna; Bellezza e responsabilità, Diogene Multimedia, Bologna .
Kant, Diogene Multimedia, Bologna; Cercasi anima disperatamente, Diogene
Multimedia, Bologna; Giovanni Gentile; Diogene Multimedia, Bologna; Il fico
proibito dell’Eden e la giustificazione del male, Diogene Multimedia, Bologna; Un
viaggio intorno all’io: Da Atene a Delfi dialogando, Diogene Multimedia,
Bologna; Sul permesso di morire, Diogene Multimedia, Bologna; Comunità di ricerca,
Gouhier in Enciclopedia Filosofica Bompiani,
La collana si chiama Briciole di Filosofia “una storia storica che si
fermi all’esibizione dei dati diventa semplice una ‘cronaca’; infatti, nel
momento in cui si espone la filosofia di Grice, per poter abbracciare
l'oggettività si dovrebbe rimanere all’interno di un'asettica descrizione,
quella che Girotti definisce como “fenomenologia dello spirito metafisico.”Girotti
distingue “la fenomenologia” (come metodo) e “lo spirito metafisico” (come
oggetto). Seguendo il metodo della fenomenologia, il filosofo-storiografo
sarebbe invitato a fermarsi alla lettura del dato per descrivere ciò che esso
mostra. Seguendo “lo spirito metafisico”, il filosofo- storiografo ritroverebbe
l'”oggetto” (topico) della sua ricerca, cioè il “fatto spirituale.” È su questo “fatto spirituale” che Girotti
refina Gouhier in quanto trova che Gouhier, quando ha messo le vesti dello “storico”
della “storia storica” della filosofia, sia scivolato in una loro descrizione
bergsoniana, ammessa anche da Gouhier. Cf. Grice on the longitudinal history of
philosophy. “We should treat those who are dead and great as if they were great
and living – it’s a matter of introjecting into his shoes, or sandals!” -- “La
distillazione filosofica” Armando Girotti. Girotti. Keywords: storia storica,
non filosofica – unita longitudinale – longamiranza, distillizione filosofica
-- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Girotti” – The Swimming-Pool Library.
Giudice (Napoli). Filosofo. Grice: Grice: “Giudice amply proves my trust
in the worth of the longitudinal unity of philosophy, for Giudice has unearthed
some philosophical minutiae in Bruno – like his tract to Sir Philip Sidney on
‘Atteone,’ which are jewels of implicature!” -- “For Italian philosophy, Bruno
is interesting: it’s not all saints like Aquinas; they had hereetics, too – and
usually the heretics had a better philosophical background – into what the
Italians called the lovely ‘hermetic tradition’ – we used to have one at Oxford
in pre-lib days!” -- Grice: “If I am a Griceian, Giudice is a Brunoian – the
Italians prefer ‘brunista’ or ‘bruniano,’ but I follow Katz is respecting the
full surname – if it is ‘bruno,’ you add things, you don’t substract things!” Essential
Italian philosopherwho has studied in depth the origin of philosophy in the
Eleatic school. Guido del Giudice (Napoli),
filosofo. Si laurea a Napoli e studia Bruno e la filosofia del rinascimento. Fonda
la Societa Giordano Bruno.
Altre opera: “Bruno” (Marotta
e Cafiero Editori, Napoli); “La coincidenza degli opposti” (Di Renzo Editore,
Roma); “Bruno, Rabelais e Apollonio di Tiana, Di Renzo Editore, Roma); “Due
Orazioni. Oratio Valedictoria e Oratio Consolatoria, Di Renzo Editore, Roma, “La
disputa di Cambrai. Camoeracensis acrotismus, Di Renzo Editore, Roma); “Il Dio
dei Geometri” quattro dialoghi, Di Renzo Editore, Roma); “Somma dei termini
metafisici”; “Tra alchimisti e Rosacroce, Di Renzo Editore,Roma, “Io dirò la
verità. Intervista a Giordano Bruno, Di Renzo Editore, Roma, “Contro i
matematici, Di Renzo Editore, Roma, “Il profeta dell'universo finite” – “Epistole
latine, Fondazione Mario Luzi, . Scintille d'infinito” (Di Renzo Editore).
Guido del Giudice. Giudice. Refs.: Luigi Speranza, "Grice,
del Giudice, e la filosofia greco-romana," per il Club Anglo-Italiano, The
Swimming-Pool Library, Villa Grice, Liguria, Italia. Keywords: universe finite,
infinito, geometrici, alchimisti, matematici – rinascimento – scintilla
d’infinito” -- Refs: Luigi Speranza, “Grice
e Giudice: implicatura e scintilla” – The Swimming-Pool Library.
Giudice (Lucera). Filosofo. Grice: “Riccardo del Giudice is a
philosopher; he wrote an essay on Telesio.” Allievo e collaboratore di Gentile, si laurea
in filosofia, rivelando i suoi vasti e solidi interessi culturali, che, insieme
ad una rara volontà di studio e ad una seria attività politica formarono il suo
principale merito. Apprezzato per le doti oratorie e l'accuratezza nella
scrittura, fu parlamentare di chiara fama nella
Camera dei Deputati. Di profonda ed esemplare preparazione filosofica.
Insegna a Roma. Riccardo Del Giudice. Giudice. Keywords: Telesio. Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Giudice: l’implicatura di Telesio” -- The Swimming-Pool
Library.
Giudice (Antillo). Filosofo. Grice:
“Giudice has written an essay that poses a conceptual query for Austin’s
conceptual query. It’s “Sull pudore” – “But do we have that in ordinary
language?”” – Grice: “Giudice has also written on more standard forms of
philosophy of language, and Nietzsche.” Dopo aver espletato studi classici si
laurea con la tesi “Ideologia e Sociologia” -- Ricercatore all'Istituto di
Filosofia di Messina. Direttore della collana "Filosofia Teoretica".
Altre opera: La Nuova Filosofia, Messina, Sortino editore, “Il discorso filosofico”
“Gli echi del corpo” Verona, Edizioni del Paniere, “Il lessico di Nietzsche” Roma,
Armando, Nietzscheana. Esercizi di lettura, Messina, Alfa, “Il tribunale
filosofico” di Heine, Nietzsche e i simboli delle cose più alte, Fedeltà alla
terra, Profili della contemporaneità, Cosenza, Pellegrini Editore, “Stare
insieme” Cosenza, Pellegrini Editore, La filosofia del finito, Cosenza,
Pellegrini Editore, Nietzsche e gli echi del corpo, Cosenza, Pellegrini Editore,
Il Corpo e l'espressione, Cosenza, Pellegrini Editore, Scritti di filosofia ed
etica, Cosenza, Pellegrini Editore, Emozioni e cognitività in Nietzsche. Un
approccio fisiologico, Cosenza, Pellegrini Editore, Sul pudore -- Sul pudore e
sull'osceno, Cosenza, Pellegrini Editore, Breve documento sulla "nuova
filosofia", Cosenza, Pellegrini Editore, , Scritti di filosofia ed etica, Cosenza,
Pellegrini Editore, Su Messina e altri scritti, Cosenza, Pellegrini Editore, Morelli, Puoi fidarti di te, Milano, Edizioni Mondadori,
Battaglia, Storia e cultura in Popper, Cosenza, L. Pellegrino, Battaglia, Guicciardini
tra scienza etica e politica, Cosenza, L. Pellegrino, , varie Giovanni Coglitore, Kant: cristianesimo
come impegno morale, in Il contributo,
L'Espresso, Studi etno-antropologici e sociologici, . Santi Lo Giudice. Giudice.
Keywords: corpo, espressione, pudore, osceno -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Giudice: corpi
ed espressioni” – The Swimming-Pool Library.
Giuliano – Grice: “When I think Giuliano, I think Donizetti – and Poliuto’s
lions!” -- Flavio Claudio Giuliano (in latino: Flavius Claudius Iulianus;
Costantinopoli), filosofo. L’ultimo sovrano dichiaratamente pagano, che tentò,
senza successo, di riformare e di restaurare la religione romana dopo che essa
era caduta in decadenza di fronte alla diffusione del cristianesimo. Giuliano.
Giussiani (Desio). Filosofo. Grice: “I like
Giussiani; of course at Oxford he would be a no-no, being a Catholic; but he
understands the pragmatics of conversation!” Ricevette la prima introduzione dalla
madre Angelina Gelosa, operaia tessile; il padre Beniamino, disegnatore e
intagliatore, era un socialista. Entra nel seminario diocesano San Pietro
Martire di Seveso dove frequenta i primi quattro anni di ginnasio. Si trasferì
a Venegono Inferiore, nella sede principale del seminario dove frequenta
l'ultimo anno di ginnasio, i tre anni del liceo e dove svolse i successivi
studi di filosofia. Ebbe come docenti, fra gli altri, Colombo, Corti,
Carlo, e Figini. In quella sede conobbe i compagni di studio Manfredini e
Biffi. Si interessò di Leopardi e delle chiese ortodosse. Il 26 maggio 1945
Giussani, ventitreenne, ricevette l'ordinazione sacerdotale dal cardinale
Ildefonso Schuster. Dopo l'ordinazione, rimase nel seminario di Venegono
come insegnante e si specializzò nello studio della teologia orientale (specie
sugli slavofili), della teologia protestante e della motivazione razionale
dell'adesione alla Chiesa. Lascia l'insegnamento in seminario per quello
nelle scuole superiori. Inizia l'insegnamento della religione nelle scuole
superiori a Milano dove fu suo alunno Giorello. Le riunioni di suoi studenti si
tennero con il nome di Gioventù Studentesca (GS), che fonda insieme a Ricci e
che fece parte dell'Azione Cattolica. Inizia anche un'attività
pubblicistica volta a porre attenzione sulla questione educativa. Redasse la
voce "Educazione" per l'Enciclopedia Cattolica. Sotto Colombo continuò gli studi di teologia
protestante per i quali soggiornò per cinque mesi negli Stati Uniti. Ottenne la
cattedra di Introduzione alla Teologia a Milano. :Lo Spirito Santo ha suscitato
nella Chiesa, attraverso di lui, un Movimento, il vostro, che testimoniasse la
bellezza di essere cristiani in un'epoca in cui andava diffondendosi l'opinione
che il cristianesimo fosse qualcosa di faticoso e di opprimente da vivere. Giussani
s'impegnò allora a ridestare nei giovani l'amore verso Cristo "Via, Verità
e Vita", ripetendo che solo Lui è la strada verso la realizzazione dei
desideri più profondi del cuore dell'uomo, e che Cristo non ci salva a dispetto
della nostra umanità, ma attraverso di essa. Il movimento da lui creato prese
il nome di Comunione e Liberazione; ne assunse la guida presiedendone il
consiglio generale. Il Pontificio Consiglio per i Laici riconobbe la
Fraternità di Comunione e Liberazione e Giussani ne guidò la Diaconia
Centrale. Contribuì alla costituzione della Fondazione Banco Alimentare.
Fra le sue numerose opere vi è la trilogia del Per Corso, redatta a partire
dagli appunti delle lezioni di religione che aveva tenuto negli anni cinquanta
al liceo Berchet e in seguito all'Università Cattolica. L'opera, pubblicata in
successive edizioni prima da Jaca e poi da Rizzoli, è composta da “Il senso
religioso, All'origine della pretesa cristiana e Perché la Chiesa. Propone la
concezione della fede e dell'esperienza cristiana come incontro con Cristo
attraverso la Chiesa cattolica. La fede è un «riconoscere una Presenza» ed
occupa ogni singolo spazio della vita individuale (i rapporti umani,
l'esperienza lavorativa, la vita sociale e politica). Da ciò nasce anche una
critica alla ragione illuminista. L'idea della ragione come principale
strumento offerto all'uomo nel rapporto con la realtà e della fede come metodo
di conoscenza sono le premesse metodologiche per un'analisi dell'esperienza
religiosa. Dopo la morte, sono stati dedicati a Giussani: Desio:
nel paese natale di Giussani, la piazza retrostante il municipio e un monumento
opera di Cristina Mariani a Milano: parcoGiussani, in predenza parco Solari
Trivolzio: il piazzale adibito all'accoglienza delle auto dei pellegrini alla
chiesa parrocchiale che ospita le spoglie di San Riccardo Pampuri. Finale
Ligure: l'ultimo tratto del sentiero che porta all'antica chiesa di San Lorenzo
di Varigotti: lì si tennero alcuni dei primi incontri di Comunione e
Liberazione, che ancora si chiamava Gioventù Studentesca Castronno (VA): un
largo presso la rotatoria all'uscita dell'Autostrada dei laghi. Ascoli Piceno:
la scuola primaria e dell'infanzia "Giussani". Portofino: la
piazzetta del faro Kampala (Uganda): la scuola secondaria Giussani Pozzolengo:
il parco comunale adiacente al castello San Leo: un basso-rilievo in bronzo, opera
dell'artista riminese Ceccarellia, sulla facciata del convento di Sant'Igne Rimini:
la rotonda davanti al Palacongressi, nei pressi dell'area della demolita Fiera
dove si sono svolte le prime edizioni del Meeting per l'amicizia fra i popoli Chiavari:
un tratto del lungoporto Verona: i giardini presso ponte Garibaldi a Borgo
Trento Cinisello Balsamo: un largo urbano nei pressi del comune Segrate: il
centro sportivo della frazione di Redecesio Strade comunali sono state
intitolate a don Giussani a Cagliari, Morrovalle, Rapallo, Treviglio, Mestre,
ecc. La maggior parte delle opere deriva dalla trascrizione di dialoghi,
conversazioni e lezioni svolte in pubblico durante raduni, convegni, esercizi
spirituali. I suoi libri sono stati pubblicati dall'editore milanese Jaca. Rizzoli
ha iniziato a rieditare i testi di Giussani in nuove edizioni aggiornate dotate
spesso di un nuovo apparato di note e di nuovi contenuti editoriali e a volte con
titoli diversi. Rizzoli ha anche pubblicato le opere inedited e volumi
antologici di conversazioni precedentemente disponibili sotto forma di
fascicoli pro manuscripto o di redazionali per varie riviste. Volumi di inediti
o di riedizioni di testi sono poi usciti
anche per altri editori, tra i quali Marietti,
San Paolo, SEI, Piemme e Messaggero di Sant'Antonio. Trascrizioni di
conversazioni e lezioni nel corso di incontri con i responsabili di Comunione e
Liberazione, di esercizi spirituali e di incontri con appartenenti ai Memores
Domini sono state di norma pubblicate come inserti redazionali o allegate come
fascicoletti nelle riviste Tracce (precedentemente nota come CL-Littere
Communionis, organo ufficiale del movimento), Il Sabato e 30 giorni nella Chiesa
e nel mondo. Un gran numero di questi testi è stato poi pubblicato in volumi antologici.
-- è iniziata la catalogazione sistematica dei testi e degli scritti di
Giussani. Giussani Scritti, curato dalla Fraternità di Comunione e Liberazione,
inizia la pubblicazione di schede riassuntive dei testi. Ha diretto la collana
editoriale I libri dello spirito cristiano per la Biblioteca Universale
Rizzoli. La collana e poi sostituita da un'analoga iniziativa sotto il nome di
Biblioteca della spirito cristiano, ha pubblicato titoli scelti fra quelli che
più hanno segnato l'esperienza di Giussani e di Comunione e Liberazione. Ha
diretto la collana discografica Spirto gentil, CD musicali di «introduzione
alla musica» con allegato un booklet di norma contenente una nota introduttiva
di Giussani, una scheda storica sui compositori o sui musicisti e una guida
all'ascolto. Altre opere: “Il senso religioso: all'origine della pretesa
cristiana, Perché la Chiesa e Il rischio educativo. “Il senso religioso, Jaca, Reinhold
Niebuhr, Jaca Book, Teologia protestante, La Scuola Cattolica, Jaca Book, Marietti,
“L'impegno del cristiano nel mondo, con Hans Urs von Balthasar, Jaca Book, Tracce
di esperienza e appunti di metodo cristiano, Jaca Book, Dalla liturgia vissuta:
una testimonianza, Jaca, San Paolo, Il rischio educativo, Jaca, SEI, Rizzoli, Tracce
d'esperienza cristiana, Jaca Book, Decisione per l'esistenza, Jaca Book,
L'alleanza, Jaca Book, Il senso della nascita, colloquio con Testori, BUR
Rizzoli, Moralità: memoria e desiderio, Jaca, Alla ricerca del volto umano,
Jaca Book, Rizzoli, Pregare, illustrazioni di Marina Molino, Jaca Book, La fede
e le sue immagini, illustrazioni di Marina Molino, Jaca Book, La coscienza
religiosa nell'uomo moderno, Jaca, Il
senso religioso, PerCorso, Jaca Book, Rizzoli, All'origine della pretesa Cristiana,
Jaca Book, Rizzoli, Perché la Chiesa, Jaca, Rizzoli, Un avvenimento di vita,
cioè una storia, EDITIl Sabato L'avvenimento cristiano, BUR Rizzoli, Il senso
di Dio e l'uomo moderno, BUR Rizzoli, Si può vivere così?, BUR Rizzoli, Rizzoli
Il PerCorso, Jaca, Opere: Jaca Book, Il tempo e il tempio, BUR Rizzoli, Realtà
e giovinezza: la sfida, SEI; Rizzoli, . Il cammino al vero è un'esperienza,
SEI, Rizzoli, Le mie letture, Rizzoli, Si può (veramente?!) vivere così?, BUR
Rizzoli, Porta la speranza, Marietti Riconoscere una presenza, San Paolo, Lettere
di fede e di amicizia a Majo, San Paolo, Generare tracce nella storia del
mondo, con Alberto e Prades, Rizzoli, L'uomo e il suo destino, Marietti Scuola
di Religione, SEI, L'io, il potere, le opere, Marietti Tutta la terra desidera
il Tuo volto, San Paolo, Che cos'è l'uomo perché te ne curi?, San Paolo, Avvenimento
di libertà, Marietti L'opera del movimento. La Fraternità di Comunione e
Liberazione, San Paolo, Il miracolo dell'ospitalità, Piemme,Il Santo Rosario,
San Paolo, Egli solo è. Via Crucis, San Paolo, La libertà di Dio, Marietti, Come
si diventa cristiani, Marietti La familiarità con Cristo, San Paolo, Vivere
intensamente il reale, Editrice La Scuola, . Spirto gentil, BUR Rizzoli, .
Cristo compagnia di Dio all'uomo, Edizioni Messaggero Padova, Collana
Quasi Tischreden "Tu" (o dell'amicizia), BUR Rizzoli, Vivendo nella
carne, BUR Rizzoli, L'attrattiva Gesù, BUR Rizzoli, L'auto-coscienza del cosmo,
BUR Rizzoli, Affezione e dimora, BUR Rizzoli, Dal temperamento un metodo, BUR
Rizzoli, Una presenza che cambia, BUR Rizzoli, Collana L'Equipe Dall'utopia
alla presenza BUR Rizzoli, Certi di
alcune grandi cose, BUR Rizzoli, Uomini senza patria BUR Rizzoli, Qui e ora BUR
Rizzoli, “L'io rinasce in un incontro” BUR Rizzoli, Ciò che abbiamo di più
caro, BUR Rizzoli, Un evento reale nella vita dell'uomo BUR Rizzoli, In cammino
BUR Rizzoli, Collana Cristianesimo alla prova Una strana compagnia, BUR
Rizzoli, La convenienza umana della fede, BUR Rizzoli, La verità nasce dalla
carne, BUR Rizzoli, Un avvenimento nella vita dell'uomo, BUR Rizzoli, Interviste Comunione e Liberazione.
Interviste Robi Ronza, Milano, Jaca Book, Un caffè in compagnia. Conversazioni
sul presente e sul destino, colloqui conFarina, Milano, Rizzoli. Il fondatore: Comunione
e Liberazione. Camisasca "C’altro Sessantotto", da
"L'Osservatore Romano" ORIGINE, in Banco Alimentare, Elemedia
S.p.A.Area Internet, Il mistero di don Giussani. Rivelato dai suoi scritti, su
chiesa.espresso.repubblica. Oggi l'addio a don GiussaniIl Tirreno, in
ArchivioIl Tirreno.Società Coop. Edit. Nuovo MondoVia Porpora, Milano Tracce
N.10,«Cristo è veramente tutto, è il compiersi dell’umano», su tracce. Repubblica
» politica » Milano, i funerali di Don Giussani, su repubblica Milano,
profanata la tomba di don Giussani, Corriere della Sera su corriere. Chiesta
l'apertura della causa di beatificazione e canonizzazione, in Tracce, Società
Coop. Edit. Nuovo Mondo, Passo avanti verso la beatificazione di don Giussani,
in Tempi, Società Coop. Edit. Nuovo Mondo, Savorana, Don Luigi Giussani,
fondatore di CL, nominato monsignore, in Avvenire, Don Giussani: vince il
premio della cultura cattolica, in Adnkronos, Mia giovinezza, in Tracce, Coop.
Editoriale Nuovo Mondo, Premio Isimbardi Città metropolitana di Milano.Tettamanzi,
La famiglia a scuola, in Tracce, Coop. Editoriale Nuovo Mondo, La Festa dello
StatutoEdizione Sigilli longobardi, su Consiglio Regionale della Lombardia. Desio,
rinasce il monumento per don Giussani a dieci anni dalla scomparsa, in Il
Cottadino, Il parco Solari sarà dedicato
a Giussani, in Il Giornale, Tornielli, Don Giussani nel solco di San Pampuri,
in La Provincia Pavese, Finale: intitolazione strada a Giussani, in Savona News, Castronno, intitolata a Don Giussani la
nuova rotonda, in Varese News, 2Emidio Cagnucci, al musicista ascolano
intitolata una scuola, in il Quotidiano,Francesca Nacini, Don Giussani «faro»
di Portofino, in Il Giornale, Uganda. La Luigi Giussani High School inaugurata
a Kampala tra i canti delle donne del Meeting Point, su AVSI, 16 febbraio . 30
gennaio (archiviato il 30 gennaio
). Pozzolengo, raid vandalici nei
parchi, in qui Brescia, Un bassorilievo per don Giussani a San Leo, in Rimini
Today, Rotatoria del Palacongressi dedicata a Don Luigi Giussani, in Altarimini,
Chiavari, lungoporto don Giussani per il fondatore di Cl, in Il Secolo XIX, In
Borgo Trento giardini intitolati al fondatore di CL, in Verona Notte, Melati,
Jaca Book. Santa editrice della rivoluzione, in Il Venerdì di Repubblica,
Gruppo Editoriale L'Espresso SpA, Le opere di Comunione e Liberazione. Chi siamo, su Giussani
Scritti, Fraternità di Comunione e Liberazione. Collana I libri dello spirito cristiano, Comunione
e Liberazione. Collana musicale Spirto gentil, di Comunione e Liberazione. Bosco,
Giussani, Torino, Elledici, Guy Bedouelle; Graziano Borgonovo; Olivier Clément;
Antonio Olinto; Julien Ries, Gli uomini vivi si incontrano: scritti per
Giussani, Milano, Jaca Book, Camisasca, Comunione e Liberazione: Le origini Cinisello
Balsamo, Edizioni San Paolo, Massimo Camisasca, Comunione e Liberazione: La
ripresa, Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo,Elisa Buzzi , Scola, Un pensiero
sorgivo, Marietti DPerillo , Caro Giussani. Dieci anni di lettere a un padre, Piemme,
Camisasca, Comunione e Liberazione: Il riconoscimento, Appendice, Cinisello
Balsamo, Edizioni San Paolo, Farina, Giussani. Vita di un amico, Piemme, Farina, Maestri. Incontri e dialoghi sul senso
della vita, Piemme, Ceglie, Giussani. Una religione per l'uomo, 1ª ed., Cantagalli,
AGamba , Allargare la ragione, Vita e Pensiero, Massimo Camisasca, Giussani. La
sua esperienza dell'uomo e di Dio,Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo,Savorana,
Vita di don Giussani, 1ª ed., Milano, Rizzoli Editore, Savorana , Un'attrattiva
che muove, 1ª ed., Milano, BUR Saggi, Scholz-Zappa, Giussani e Guardini. Una lettura
originale, Milano, Jaca Book, Marta Busani, Gioventù studentesca. Storia di un
movimento cattolico dalla ricostruzione alla contestazione, 1ª ed., Roma,
Edizioni Studium, Massimo Camisasca, L'avventura di Gioventù Studentesca, fotografie
di Elio Ciol, Milano, Mondadori Electa, G. Paximadi, E. Prato, R. Roux e A.
Tombolini , Giussani. Il percorso teologico e l'apertura ecumenica, Siena, Edizioni
Cantagalli Eupress FTL. Scritti di
Giussani, su Giussani Scritti, Fraternità di Comunione e Liberazione. Giussani
su Comunione e Liberazione, Fraternità di Comunione e Liberazione. Luigi
Giovanni Giussani. Giussiani. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Giussani” – The Swimming-Pool Library.
Giusso (Napoli). Filosofo. Grice: “I like Giusso: he has explored
philosophers from his country like Leopardi and Bruno, and tdhe whole
‘tradizione ermetica nella filosofia italiana,’ but also French – Bergson – and
especially “Dutch,” i. e. Deutsche or tedesca – Spengler, and Nietsche – All
very Italian!” Nato in una famiglia aristocratica, dal conte Antonio Giusso e
da Maria Imperiali d'Afflitto. La sua maturazione culturale avvenne in un
terreno fertile, costituito da un ambiente familiare che aveva contribuito allo
sviluppo non solo culturale della città (il nonno, Girolamo Giusso, uno dei
fondatori del quartiere Bagnoli, ne era stato sindaco). Si laurea in filosofia
a Napoli sotto Aliotta. Seguì con passione l'attualismo gentiliano e proprio il
suo carattere passionale lo portò anche nel campo filosofico ad un tipo di
critica "scenografica", così come fu definita. Le sue "frizioni"
con Croce, inizialmente orientate su temi politici, presero più tardi una forma
"sotterranea", genericamente orientata contro l'idealism. Giusso si
richiamava al fatalismo di Leopardi, al demiurgo di Nietzsche, allo storicismo
di Dilthey, al nichilismo dello Spengler: e a causa di quest'ultimo, oltre che
per la sua interpretazione della Scienza nuova vichiana (che si attirò una
severa recensione dello stesso Croce, Giusso fu criticato dall'ambiente
crociano. Giusso critico e storico delle idee s'identificava con la visione
della vita di autori che sentiva a lui vicini per temperamento ed interessi
come Bruno, Vico (dall'analisi degli scritti del quale nacque l'infastidita
reazione di Croce), Giacomo, Bacchelli, Barilli, Papini, Soffici, Palazzeschi,
Borgese, Gozzano, che molto ispirò la sua composizione poetica Don Giovanni
ammalato. I suoi Tafferugli a Montecavallo meriterebbero forse di essere più
conosciuti. Tra le due guerre, egli partecipò all'atmosfera culturale della
Napoli segnata dal cenacolo di Croce, da cui molto presto si distaccò (comeTilgher,
che egli difese e mostrò di apprezzare) assumendo posizioni
"eretiche" e ispirandosi piuttosto a un ideale di vitalismo romantico
che risulta evidente dai numerosi autori e dalle molte opere cui dedicò la sua
attenzione: in particolare in una fase iniziale, Spengler e Nietzsche. Intelligenza precoce, prima di intraprendere
l'insegnamento universitario che lo avrebbe allontanato da Napoli portandolo ad
insegnare Filosofia a Bologna, Pisa, e Cagliari, Giusso avviò una copiosa
pubblicazione di articoli, collaborando con numerosi quotidiani icome Il Popolo
d'Italia, Il Secolo, Il Mattino, Il Resto del Carlino, ed ancora il Giornale,
Il Tempo, Il Messaggero, La Gazzetta di Sicilia, La Stampa ed altri
ancora. Giornali questi dove fu autore
di elzeviri, volti alla diffusione dei più diversi aspetti della cultura
europea e alla conoscenza dei suoi principali esponenti, soprattutto scrittori.
Nel dopoguerra, superati i miti dell'irrazionalismo e dell'energia vitalistica,
si riavvicinò alla fede Cristiana. Era sua intenzione realizzare una revisione
del pensiero italiano dal Rinascimento all'età barocca, approfondendo in
particolare lo studio e l'interpretazione dell'umanesimo, inteso come vasto
tentativo sincretistico volto a ravvicinare la filosofia della Roma antica e
quello cristiano. In chiave revisionista
rispetto alla tradizione laica si era avvicinato anche alla figura di Bruno. Di
ritorno da un viaggio nella sua adorata Spagna morì a A Napoli gli venne
intitolata una strada. Opere: “Le
dittature democratiche dell'Italia” Milano, Alpes, Leopardi, Stendhal, Nietzsche,
Napoli, Guida, Tre profili: Dostojewsky, Freud, Ortega y Gasset, Napoli, A.
Guida, Idealismo e prospettivismo, Napoli, A. Guida, Leopardi e le sue due ideologie,
Firenze, Sansoni, Spengler, Roma, società anonima La nuova antologia, Cadenze
di Sigismondo nella Torre, Modena, Guanda, G. B. Vico fra l'Umanesimo e l'Occasionalismo,
Roma, Perrella, Wilhelm Dilthey e la
filosofia come visione della vita, Napoli, R. Ricciardi, Elegie del torso della
saggezza mutilata, Milano, Corbaccio, Il viandante e le statue: saggi sulla
letteratura contemporanea, Roma, Cremonese, Nietzsche, Milano, Fratelli Bocca, Lo
storicismo, Milano, F.lli Bocca, Gioberti, Milano, A. Garzanti, Bergson, Milano,
Bocca, L'anima e il cosmo, Milano,
Bocca, “La tradizione ermetica nella
filosofia italiana, Milano, Ed. F.lli Bocca, Due scritti sul nazionalsocialismo,
Roma, Settimo Sigillo, Quaderno, Napoli, Università degli Studi Suor Orsola
Benincasa, . Tafferugli a Montecavallo, La Finestra editrice, Lavis, L. Giusso, Il fascismo e Benedetto Croce, "Gerarchia",
"La Critica", rist. in Nuove
pagine sparse, Panteismo e magia in G. Bruno / Sassari, Scienze e filosofia in
G. Bruno, Napoli Roma,Enciclopedia Italiana III Appendice, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, Fabrizio Intonti, «GIUSSO, Lorenzo» in Dizionario Biografico degli
Italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2002. Necrologio in Corriere
della sera, La Fiera letteraria, Giornale di metafisica,F. Bruno, L. G., in
Italia che scrive, Filiasi Carcano, in Logos, IE. Falqui, Di noi contemporanei,
Firenze 1940, ad indicem; G. Villaroel, Gente di ieri e di oggi, Bologna, ad
indicem; L. Fiumi, Giunta a Parnaso, Bergamo 1954, ad indicem; G. Artieri,
Romantico napoletano, in Il Tempo, R. Maran, L. G. e la ricerca d'un sistema,
in Sophia, A. Spaini, Ricordo di L. G., in Il Messaggero, 1° febbr. 1960; G.
Toffanin, G. e Ortega, in Nuova Antologia, Boni Fellini, G. dieci anni dopo, in
L'Osservatore politico letterario, Diz. della letteratura mondiale dLorenzo
Giusso, in Enciclopedia Italiana, Dizionario biografico degli italiani, Lorenzo
Giusso. Giusso. Keywords: il vico di giusso. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Giusso” – The Swimming-Pool Library.
Givone (Buronzo). Filosofo. Grice: “I like Givone, especially his two
essays on ‘eros’: ‘eros and ethos’ and the more controversial, ‘eros and
knowledge.’ Si laurea
Torino sotto Pareyson. Insegnato a Perugia, Torino e Firenze. Alcuni suoi
lavori riguardano la poetica e l’estetica all’ombra del nichilismo. Da questa
riflessione nasce anche la sua ricerca sulla “Storia naturale del nulla” -- e sulle implicazioni sullo tragico. In sua
estetica e forte è ancora il richiamo filosofico. Il malinconico, ‘l’ibrido --
Altre opere: La storia della filosofia secondo Kant” (Milano, Mursia); “Hybris
e Malinconia: Studi sulle poetiche del Novecento, Milano, Mursia); “William
Blake. Arte e religione, Milano, Mursia, “Ermeneutica e romanticismo, Milano,
Mursia, Dostoevskij e la filosofia, Roma-Bari, Laterza, Storia dell'estetica,
Roma-Bari, Laterza, Disincanto del mondo e il tragico, Milano, Il Saggiatore, La questione romantica, Roma-Bari, Laterza, Storia
del nulla, Roma-Bari, Laterza, Favola delle cose ultime, Torino, Einaudi, Eros/ethos,
Torino, Einaudi, Nel nome di un dio barbaro, Torino, Einaudi, Prima lezione di estetica, Roma-Bari, Laterza,
Il bibliotecario di Leibniz. Torino, Einaudi, Non c'è più tempo, Torino, Einaudi, Premio Metafisica
della peste. Colpa e destino, Torino, Einaudi, .Luce d'addio. Dialoghi
dell'amore ferito, Firenze, Olschki, Sull'infinito, il Mulino, Pantragismo Treccani.
Grice: “I like Givone; he philosophises on ‘eros,’ but fails to notice that for
Butler there’s self-love and other love; instead, Givone prefers to contrast
‘eros’ with ‘ethos’!” “His ramblings on Phanes are fun, though!” -- Sergio
Givone. Givone. Keywords: phanes. eros/ethos; storia naturale dell nulla,
unelongated history of negation; Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Givone” – The Swimming-Pool Library.
Gobetti (Torino). Filosofo. Grice: “Italian philosophy is political in a
way pinko Oxonian one ain’t: Gobetti is the exception that DISproves the rule!”
-- “Lo Stato non professa un'etica, ma esercita un'azione politica.” (La Rivoluzione
Liberale.) Considerato un degno erede della tradizione
filosofico-politica post-illuminista e liberale che aveva guidato molte delle
migliori menti dell'Italia dal Risorgimento fino a poco tempo prima,
purtuttavia di stampo profondamente sociale e sensibile alle istanze del
socialismo e di conseguenza alle rivendicazioni del movimento operaio, fondò e
diresse le riviste Energie Nove, La Rivoluzione liberale e Il Baretti, dando
fondamentali contributi alla vita politica e culturale, prima che le sue
condizioni di salute, aggravate dalle aggressioni subite, ne provocassero la
morte prematura a nemmeno 25 anni durante l'esilio francese. Gaetano Salvemini
«Era alto e sottile, disdegnava l'eleganza della persona, portava occhiali a
stanghetta, da modesto studioso: i lunghi capelli arruffati dai riflessi rossi
gli ombreggiavano la fronte. (Levi, in «Introduzione agli Scritti politici di
Gobetti»,). Figlio unico di Giovanni Battista, commerciante, e di Angela
Canuto, una «piccola donna bruna e tonda, gentile e modesta, capace tuttavia
non solo di grande abnegazione per il figlio unico che adorava, ma anche di
strenuo lavoro e di sagace giudizio». I suoi genitori, originari entrambi di
Andezeno, avevano aperto nel capoluogo piemontese una drogheria nella centrale
via XX Settembre. “Mio padre e mia madre avevano un piccolo commercio.
Lavoravano diciotto ore al giorno. Il mio avvenire era il loro pensiero
dominante. L'impegno del loro lavoro era di arricchire permettersi e
permettermi una vita dignitosa. In quanto a me pensavano di dovermi dare
un'istruzione, quella che essi non avevano potuto avere.” Dopo gli studi
elementari presso la scuola Giacinto Pacchiotti, s'iscrive al ginnasio Cesare
Balbo: scrive di sé di quegli anni, in terza persona, che «gli pesava
un'amarezza, uno sconforto, che nei ragazzi di dodici anni segnano inquietudini
fruttuose. Si vedeva troppo poco stimato, troppo solo, troppo malsicuro del
domani. Aveva dei dubbi strani sulle sue stesse attitudini. Un'adolescenza che
s'ispirava a motivi così integrali doveva dargli una tragica forza. Trasferitosi
poi presso il liceo classicoVincenzo Gioberti, dove conosce Prospero, sua
futura moglie, ha per professori Cosmo e Giuliano, un gentiliano che collabora
alla rivista L'Unità Salvemini. Questi
gli ispira quei sentimenti di patriottismo e di interventismo democratico che
sono propri del Salvemini, spingendolo ad anticipare di un anno l'esame di
maturità per poter così andare, libero da impegni, volontario nella prima
guerra mondiale. Luigi Einaudi La guerra è ormai conclusa s'iscrive a Torino,
la stessa che egli aveva già frequentato, ancora liceale, per seguirvi alcuni
corsi di filosofia. Tra i suoi insegnanti vi sono Einaudi, da cui «rafforza il
suo primitivo, spontaneo anti-statalismo, in cui s'incontrano liberalismo,
liberismo e quello stesso libertarismo che gli è congeniale --, Farinelli,
Mosca, Prato, Ruffini e Solari, con il quale sosterrà la tesi di laurea, “La
filosofia politica di VAlfieri. Non solo: a settembre aveva scritto
all'amica Ada di aver deciso di fondare un periodico che s'occuperà di filosofia,
questioni sociali è fatto di soli giovani si tratta di opera di intensificazione
di cultura e di azione e tutti i giovani devono aiutarla. Esce il primo numero
del quindicinale “Energie Nove” nel quale scrive di voler «ortare una fresca
onda di spiritualità nella gretta cultura di oggi non c'è mai momento inopportuno
per lavorare seriamente. Ispirata alle
idee liberali di Einaudi, è vicina all'Unità di Salvemini, del quale riporta,
nel secondo numero, l'aspra critica alla classe dirigente. L'Italia ha vinto.
Ma se avesse avuto una classe dirigente meno incolta, più consapevole delle sue
tradizioni e dei suoi doveri, meno avida moralmente, l'Italia avrebbe vinto
assai prima e assai meglio. È finita o sta per finire una guerra. Ne comincia
un'altra. Più lunga, più aspra, più spietata. L'altra «guerra più lunga e
spietata è quella della riforma del Paese, una riforma che dev'essere, nelle sue
intenzioni Gobetti, innanzi tutto culturale e morale, e per la quale occorre
serietà e intensità al lavoro secondo i motivi di quellidealismo militante che
ha animato La Voce di Prezzolini, altro nume ispiratorei. Era doveroso partecipare
in prima persona al dibattito politico e intellettuale contemporaneo. Levi, in
«Introduzione agli Scritti politici di Piero Gobetti. Sospende la pubblicazione
della rivista per poter partecipare, a Firenze, al I Congresso degli Unitari, i
sostenitori della rivista di Salvemini, della quale egli è fondatore e
rappresentante del Gruppo torinese. Può così conoscere di
persona l'intellettuale pugliese e ne è entusiasta. “Salvemini è un
genio.” “Me lo immaginavo proprio così. L'uomo che sviscerale questioni, che la
fa smettere agli importuni e ti presenta tutte le soluzioni in due minuti,
definitive.” “Un'altra persona di cui sono entusiasta è Prezzolini, franco, semplice,
pratico.” “Editore propriamente come lo pensavo io.” “L'editore più
intelligente d'Italia.” A seguito del Congresso, gli Unitari fondano la Lega
democratica per il rinnovamento della politica nazionale, una formazione
politica che non riuscirà nemmeno a presentarsi alle elezioni e avrà vita
breve. Alle elezioni politiche dell'anno seguente, Salvemini si candiderà con
successoin una formazione di ex-combattenti. Salvemini deve aver compreso
le qualità di Gobetti se arriva a offrirgli la direzione de L'Unità, una proposta
che però, lascia cadere. Non si sente pronto per tanto impegno, come scrive nel
suo diario: “Com'è vasta la cultura che devo conquistare!” E non basta
conquistare il vecchio. Sono giovane e devo anche produrre, creare quel po' che
si può creare. Ho tutta la vita davanti per sedermi in campagna, davanti al
camino, a mangiare pane e noci. Ho una responsabilità. Devo espormi in prima
persona. Perciò faccio la rivista. Voglio impormi nel lavoro». E s'impone un
piano di studi. “Gentile, ciò che non conosco ancora, rileggerò Croce avvierò
lo studio del Marxismo. Per ora non mi preme. Basta che mi formi un'idea
generale di Marx e della critica marxista (Sorel, Labriola, ecc.). “D'altra
parte studio il bolscevismo, minutamente». Un suo grande ispiratore fu
certamente il socialista Jaurès. Il primo numero di Energie Nove
Queste note sembrano riflettere anche la polemica che, appena riprese le
pubblicazioni, Energie Nove aveva avuto con L'Ordine Nuovo al tempo
sprezzantemente definito dallo stesso Gobetti un «giornaletto torinese di
propaganda» di Togliatti, che aveva accusato Gobetti di idealismo astratto, e
di Gramsci, che aveva definito velleitaria la Lega democratica, un ricettario
per cucinare la lepre alla cacciatora senza la leper. Ora ivi è il segno di
un'inquietudine nuova, provocatagli dall'esperienza della rivoluzione russa e
dallo sviluppo del movimento operaio, molto attivo a Torino. Pubblica due
numeri unici sul socialismo, conosce personalmente Gramsci, stimandolo e
venendone apprezzato, del quale pubblica un articolo, studia il russo con la
fidanzata Ada insieme curano “Il figlio dell'uomo” di Andreev, pubblicato
dall'editore Sonzogno ed scrive, criticando la politica sviluppata da d'Annunzio
in forma di retorica, che la politica oggi deve essere realizzata come forma di
educazione. La simpatia che io provo per Trotzchi [sic] e Lenin sta nel fatto
che essi in un certo modo sono riusciti a realizzare questo valore. Sebbene
restio a sposarla (emblematica fu la risposta «Grazie, non fumo…»), nella
considerazione del rapporto con la fidanzata si rivela anche la sua profonda
maturità e serietà morale: Ho dovuto rifarmi un senso morale, un senso della
vita forte a sedici anni, in gran parte a diciassette, e siccome me lo son
fatto pensando a lei, gliene sarò grato sempre. Una fanciulla come io la
sognavo sola poteva darmi un senso immediato di elevazione. Ho creduto in lei e
la amo tanto perché mi fa credere ancora adesso. La rivista Energie Nove cessa
le pubblicazioni. Sentivo bisogno di maggiore raccoglimento e pensavo una
elaborazione politica assolutamente nuova, le cui linee mi apparvero di fatto
nel settembre al tempo dell'occupazione delle fabbriche. Devo la mia
rinnovazione dell'esperienza salveminiana al movimento dei comunisti torinesi
da una parte (vivi di un concreto spirito marxista) e dall'altra agli studi sul
Risorgimento e sulla rivoluzione russa che ero venuto compiendo in quel tempo»,
e in giugno si consuma anche il distacco con la Lega democratica degli amici di
Salvemini. Continua le traduzioni dal russo ed intraprende quelle dal francese dei
modernisti Blondel e Laberthonnière lo studio sulla filosofia di quest'ultimo
gli è suggerito da Solarie cerca di rintracciare le radici del Risorgimento
italiano studiando la cultura piemontese del Sette-Ottocento. Io seguo con
simpatia gli sforzi degli operai che realmente costruiscono un ordine nuovo.
Non sento in me la forza di seguirli nell'opera loro, almeno per ora. Ma mi par
di vedere che a poco a poco si chiarisca e si imposti la più grande battaglia
del secolo. Allora il mio posto sarebbe dalla parte che ha più religiosità e
spirito di sacrificio. (Piero Gobetti, lettera ad Ada Prospero). Quando, ai
primi di settembre, la FIAT e le altre maggiori fabbriche torinesi sono
occupate dagli operai, Gobetti scrive: Qui siamo in piena rivoluzione. Io seguo
con simpatia gli sforzi degli operai che realmente costruiscono un mondo nuovo il
mio posto sarebbe necessariamente dalla parte che ha più religiosità e volontà
di sacrificio. La rivoluzione si pone oggi in tutto il suo carattere religioso.
Si tratta di un vero e proprio grande tentativo di realizzare non il
collettivismo ma una organizzazione del lavoro in cui gli operai o almeno i
migliori di essi siano quel che sono oggi gli industriali». Si tratta, a suo
avviso, di una rivoluzione che se non rinnoverà gli uomini, e perciò neanche la
nazione, potrà almeno rinnovare lo Stato, creando una nuova classe dirigente:
«si può rinnovare lo Stato solo se la nazione ha in sé certe energie (come ora
appunto accade) che improvvisamente da oscure si fanno chiare e acquistano
possibilità e volontà di espansione». La presa di distanza dall'azione
politica di Salveminila sua ammirazione personale nei suoi confronti resterà
comunque intattaè ora piena: gli rimprovera, come scriverà pochi anni dopo,
diintendere l'azione politica unicamente come «una questione di morale e di
educazione»: il suo «moralismo solenne, mentre costituisce il suo più intimo
fascino, appare il segreto delle sue debolezze, La sua concezione razionalista
si risolve in un'azione di illuminismo e di propagandismo, che può riuscire
utile a una società di cultura, non a un partito». Prosegue i suoi studi
sul Risorgimento e sulla Russia, terminando in ottobre La Russia dei Soviet: è
la volontà di comprendere funzioni e limiti di due esperienze rivoluzionarie,
al cui centro è sempre il problema della formazione della classe politica che
diriga un Paese e dei suoi rapporti con la popolazione. Ne conclude che il
Risorgimento non può considerarsi un'esperienza rivoluzionaria, dal momento che
i dirigenti politici che espresse rimasero estranei rispetto al popolo,
diversamente dalla rivoluzione sovietica che, a suo avviso, ha espresso
dirigenti come Lenin e Trotskij, che non sono soltanto dei bolscevichi, ma
«uomini d'azioni che hanno destato un popolo e gli vanno ricreando un'anima» e,
del resto, la creazione dal basso di un nuovo Stato, nel quale il popolo abbia
fiducia proprio in quanto avvertito come opera propria, «è essenzialmente
un'affermazione di liberalismo» Sono concetti ripresi in un articolo pubblicato
su L'Educazione nazionale, il Discorso ai collaboratori di Energie Nove, nel
quale individua nel movimento operaio un «valore nazionale»: la novità, venuta
dalla Russia e che sembra farsi strada anche in Italia, consiste nel fatto che
«il popolo diventa Stato. Nessun pregiudizio del nostro passato ci può impedire
la visione del miracolo. Questo non avrebbero fatto i liberali, questo non
possono fare dei marxisti. Il movimento operaio è un'affermazione che ha
trasceso tutte le premesse. È il primo movimento laico d'Italia. È la libertà
che s'instaura». Il suo avvicinamento alle posizioni dei giovani
comunisti dell'Ordine Nuovo ha anche il concreto effetto di una collaborazione
e Gobetti diventa il critico teatrale della rivista. A luglio, a Torino, deve
assolvere gli obblighi di leva: «la vita militare è la consacrazione di tutti
gli egoismi e di tutte le meschinità la meccanicità pervade ogni forma di vita;
tutto si riduce a elemento, a vegetazione. La caserma è l'antitesi del
pensiero. Esce il primo numero della sua nuova rivista settimanale, La
Rivoluzione liberale, in cui collaboreranno spesso anche Fortunato, Gramsci e Sturzo:
l'obiettivo, come indicato nell'Avviso ai lettori, è pur sempre quello di
Energie Nove, ossia di formare una classe politica nuova ma, ora si aggiunge,
che sia cosciente delle esigenze sociali nascenti dalla partecipazione del
popolo alla vita dello Stato. E poiché l'Unità di Salvemini ha cessato le pubblicazioni,
La Rivoluzione Liberale intende proseguire quegli sforzi di riorganizzazione
morale che nell'Unità si avvertirono. E nel Manifesto inaugurale espone il
programma della rivista. La Rivoluzione Liberale pone come base storica di
giudizio una visione integrale e rigorosa del nostro Risorgimento; contro
l'astrattismo dei demagoghi e dei falsi realisti esamina i problemi presenti
nella loro genesi e nelle loro relazioni con gli elementi tradizionali della
vita italiana; e inverando le formule empirico-tradizionaliste del liberismo
classico all'inglese, afferma una coscienza moderna dello Stato, che prenda in
considerazione anche i più sottili, ma non di certo trascurabili, trapassamenti
dialettici della storia. Vi pubblica la Storia dei comunisti torinesi scritta
da un liberale e a maggio dedica un numero intero all'emergente movimento
fascista. Il mese successivo consegue la laurea e, l'anno seguente, pubblicherà
la sua tesi sull'Alfieri. E vivamente colpito dagli scritti del patriota e
federalista italiano Cattaneo, del quale è uscita in quei giorni un'antologia
curata da Salvemini, che egli incontra a Torino. Su Cattaneo ci siamo intesi,
egli è assai vicino alle idee che gli ho espresso. Su Cattaneo scrive un
articolo sull'Ordine Nuovo sono i giorni della devastazione fascista della sede
della rivista comunista firmandosi Giuseppe Baretti: rappresentante della
critica del processo unitario risorgimentale, Cattaneo fu emarginato dalla
classe dirigente moderata. Eppure Cattaneo avversò non l'unità, ma l'illusione
di risolvere con il mito dell'unità tutti i problemi che invece si potevano
intendere soltanto nella loro specifica realtà autonoma, regionale senza
atteggiarsi a profeta, senza l'enfasi dell'apostolo, capì che il fondare una
nazione non era impresa di letterati entusiasti, cercò nelle tradizioni un
linguaggio di serietà, un ammaestramento di cautela. E lo condannarono alla
solitudine e all'impopolarità, e diedero a lui, uomo positivo e realista, un
ufficio di Cassandra, predicante al deserto. Favorito dall'inerzia dei Savoia e
dalla complicità dei dirigenti liberali, il fascismo procede alla conquista del
potere e Gobetti non s'illude che con esso si possa venire a compromessi e lo
si possa acquistare alla causa democratica. Scrive L'elogio della ghigliottina:
bisogna sperare «che i tiranni siano tiranni, che la reazione sia reazione, che
ci sia chi abbia il coraggio di levare la ghigliottina, che si mantengano le
posizioni fino in fondo. Chiediamo le frustate, perché qualcuno si svegli,
chiediamo il boia, perché si possa veder chiaro» e che «noi siamo come la dura
scorza di una noce: proteggeremo i nostri ideali dalla sopraffazione con tutte
le nostre forze e fin quando possibile». Sposa Prospero: vanno ad abitare
nella sua casa natale di via XX Settembre 60, che diviene anche la sede della
casa editrice che egli fonda, col suo nome: la Gobetti editore, che
pubblicherà, in poco più di due anni, oltre cento titoli. In qualità d'editore,
Gobetti porta in Italia, traducendoli, alcuni dei libri e degli autori simbolo
del pensiero liberale classico, come Mill. È tra i primi a pubblicare i libri di Einaudi
ed è lui a pubblicare la prima edizione di Ossi di seppia, una delle più famose
raccolte di poesia di Montale. I libri editi furono in molti casi dati alle
fiamme o comunque distrutti sotto il fascismo e, per questo motivo, sono in
molti casi introvabili, come il volume dedicato al socialista Matteotti, di cui
esistono pochissime copie. Tutti i suoi libri riportano in copertina un
motto liberale, scritto in greco antico in modo circolare, che recita
testualmente "Cosa ho a che fare io con gli schiavi?". Gobetti e Prospero
si trasferiranno poi in via Fabro 6, attuale sede del Centro di studi a lui
intitolato. E arrestato perché sospetto di appartenenza a gruppi sovversivi che
complottano contro lo Stato. Rilasciato cinque giorni dopo, subisce un nuovo
arresto , provocando un'interrogazione parlamentare alla quale il governo
risponde che era stato redattore dell'Ordine Nuovo di Torino, giornale anti-nazionale;
la rivista che egli dirige, conduce da tempo una campagna contro le istituzioni
e il governo fascista; il prefetto si è perciò sentito in diritto di far
operare una perquisizione e il fermo di Gobetti per misure di ordine
pubblico». Gobetti replica con una lettera ai giornali, ribadendo la sua
funzione di oppositore del fascismo, e aggiunge, nei libri stampati dalle sue
edizioni, il motto «Che ho a che fare io con gli schiavi?». Dopo aver preso le
distanze dal Prezzolini, che ha scelto il disimpegno di fronte al fascismo,
rinnega anche il suo originario gentilismo. Gentile è incapace di dar ragione
di ogni fatto politico, nel suo semplicismo pratico la filosofia gentiliana
mostra caratteristicamente i suoi limiti e la nessuna aderenza al reale. Le
tematiche liberali maggiormente sentite trovano una prima e ultima sistemazione
in La rivoluzione liberale. Saggio sulla lotta politica in Italia, frutto
maturo delle esperienze giornalistiche precedenti, dato alle stampe. L'opera è
divisa in quattro parti: L'eredità del Risorgimento, La lotta politica in
Italia, La critica liberale, Il fascismo. La fretta con cui vuol dare alle
stampe questo saggio di lucida analisi politica gli impedisce di curare bene le
parti marginali. Così succede che "L'eredità del Risorgimento"
venga solo abbozzata: «Il problema italiano non è di autorità, ma di autonomia:
l'assenza di una vita libera fu attraverso i secoli l'ostacolo fondamentale per
la creazione di una classe dirigente, per il formarsi di un'attività economica
moderna e di una classe tecnica progredita. Un Risorgimento calato dall'alto,
che di popolare non aveva nulla. La sfida era riempire di liberalità le
istituzioni liberali formalmente create. Nel primo dopoguerra assiste a
qualcosa di assolutamente nuovo: la nascita dei partiti di massa (Partito
Popolare Italiano e Partito Comunista d’Italia saranno una prima versione dei
due partiti più importanti della cosiddetta Prima Repubblica. Ma questo non
basta. Per anni la lotta politica non riuscì a dare la misura della lotta
sociale. Una cosa erano le questioni politiche, un'altra le esigenze sociali,
ma queste «non possono essere separate dalla politica al pari di come un felino
astuto non si ciberà del formaggio ma ne farà da esca per il topo». La seconda
parte si divide in sei capitoli. Ciascun capitolo è un fattore della lotta
politica: sono presenti liberali e democratici, popolari (sviluppate le figure
di Toniolo, Meda e Sturzo), socialisti, comunisti (grande spazio dato a Antonio
Gramsci), nazionalisti (emblematico il pensiero di Alfredo Rocco) e repubblicani. La
terza parte è il cuore pulsante del saggio: una proposta concreta per fare
politica senza dimenticare la società. La lotta di classe è per Gobetti
strumento di formazione di una nuova élite, una via di rinnovamento popolare.
Insomma, la lotta politica deve essere lotta sociale. In politica
ecclesiastica, si rifà alla pregiudiziale cavouriana della laicità, come
necessità da mantenere (cosa che verrà invece negata dai Patti Lateranensi).
Per la discussione sulle modalità d'elezione, è convinto fautore della proporzionale. Il
collegio uni-nominale aveva corrotto il rappresentante in tribuno. Solo
con la proporzionale gli interessi si organizzano, così che l'economia venga
elaborata dalla politica. Di grandissima attualità è la parte dedicata al
problema dei contribuenti. Il contribuente italiano paga bestemmiando lo Stato.
Non ha coscienza di esercitare, pagando, una vera e propria funzione sovrana.
L'imposta gli è imposta. Una rivoluzione di contribuenti in Italia in queste
condizioni non è possibile per la semplice ragione che non esistono
contribuenti. Era quindi necessario per lui raggiungere una maggiore maturità
economica e sociale. Il popolo doveva comprendere l'importanza di contribuire
nello Stato, e imparare il valore dell'onestà. Per questo richiama attenzione
sul problema scolastico. In un mondo fatto per grossa parte da analfabeti o
semi--analfabeti, la questione era fondamentale. Manca un numero sufficiente di
maestri, perciò si sarebbe dovuto mobilitare chiunque in grado di saper
insegnare (anche preti, massoni, bolscevichi e così via). La questione
non evita di trattare l'aspetto economico. Contro il parassitismo pensa che
fosse utile tagliare stipendi e investimenti, così da distinguere la vocazione
all'insegnamento dalla vocazione al parassitare. In politica estera prospetta
un ruolo importante per l'Italia a Versailles. E convinto della possibilità di
ottenere un buon accordo attraverso una mediazione. Nella quarta ed ultima
parte vi è una rapida esposizione del perché si oppone con ogni mezzo al
fascismo. Si è detto che per l'autore la lotta sociale deve essere portata in
Parlamento e dar vita a una lotta politica efficiente ed efficace. Mussolini
invece fece in modo da soffocare la lotta politica, quando questa più di ogni
altra cosa era necessaria all'Italia. Così il Duce e «l'eroe rappresentativo di
questa stanchezza e di questa aspirazione di riposo» che si esplicava nel
tacito consenso della popolazione allo sradicamento di ogni lotta politica
nella nazione. In modo profetico, da esperto conoscitore del pensiero di Hegel
qual era, prevede e mette in guardia delle conseguenze della concessione del
potere a Mussolini secondo le dinamiche della dialettica “servo-signore”
ipotizzando una guerra civile imminente. Il saggio è fortemente militante.
Nella nota a conclusion, è chiaro: cerca collaboratori, non lettori. vuole la
"rivoluzione liberale", cioè un nuovo liberalismo; nutre una forte
avversione per il fascismo, anche perché non è qualcosa di nuovo ma, anzi, il
risultato ottenuto da coloro che hanno governato l'Italia: è quindi una
condanna della vecchia classe dirigente liberale. Il fascismo nasce
dall'invadenza del cattolicesimo e dalla demagogia dell'Italia liberale: Fascismo
come autobiografia della nazione, il fascismo è, insomma, solo l'incancrenirsi
dei mali tradizionali della società italiana. La società tradizionale
italiana re-agisce sostenendo una forza conservatrice come quella del fascismo,
anche se in realtà qualcosa di buono nell'Italia del primo dopo-guerra vi era
stato: il proletariato (soprattutto quello torinese) che tenta di assumere su
di sé la responsabilità di mutare lo stato delle cose. La borghesia ha perso ogni
funzione propositiva. La borghersia è una classe parassitaria che si è adagiata
e aspetta tutto dallo Stato. Si blocca così ogni istanza di rinnovamento. La
funzione liberale e libertaria è assunta dal proletariato. Le considerazioni
politiche di risentono della sua opinione sulla storia italiana, in “Risorgimento
senza eroi” Gobetti descrive questo periodo come un'epopea patriottarda di cui
simbolo è Mazzini (tante parole, pochi fatti): al Risorgimento sono mancati il
pragmatismo e il realismo. Ci sono due eroi nel Risorgimento e sono Cattaneo
e Cavour, due figure assai distanti tra loro ma accomunabili per il loro
pragmatismo: Cattaneo gli piace a per la sua volontà di operare, per la
capacità di propugnare istanze pragmatiche e vuote di retorica. Cavour è uomo
che media per raggiungere degli obiettivi, ha mire di lungo periodo. Il
Risorgimento di Cattaneo è sconfitto, ma non quello di Cavour. Entrambi, però,
hanno instillato nella società italiana lo spirito della competizione e
l'ideale di assunzione di responsabilità. La società italiana si regge su ruoli
e cariche già predefiniti, è statica e stagnante: il proletariato, però, si
ribella a ciò, rifugge situazioni già prestabilite per costruire una società
nuova in cui ciascuno sarà libero di esprimersi. La persecuzione, l'esilio
e la morte. Si reca in Francia, a Parigi e poi a Palermo, per incontrare alcuni
amici conosciuti durante il recente viaggio di nozze. I suoi spostamenti sono
seguiti dalla polizia italiana e, Mussolini telegrafa al prefetto di Torino,
Palmieri: “Mi si riferisce che noto Gobetti sia stato recentemente a Parigi e
che oggi sia a Palermo. Prego informarmi e vigilare per rendere nuovamente
difficile vita questo insulso oppositore di governo.” Il prefetto obbedisce. Viene
percosso, la sua abitazione perquisita e le sue carte sequestrate. Come scrive
a Lussu, la polizia sospetta che egli intrattenga rapporti in Italia e
all'estero per organizzare le forze antif-asciste. È il giorno che precede
la scomparsa di Matteotti, il cui corpo verrà ritrovato solo in agosto, ma
subito si ha la certezza che si tratti di un omicidio perpetrato da sicari
fascisti. Ne traccia un profile. Non ostenta presunzioni teoriche: dichiara
candidamente di non aver tempo per risolvere i problemi filosofici perché
doveva studiare i bilanci e rivedere i conti degli amministratori socialisti vide
nascere nel Polesine il movimento fascista come schiavismo agrario, come
cortigianeria servile degli spostati verso chi li paga; come medievale crudeltà
e torbido oscurantismo Sente che per
combattere utilmente il fascismo nel campo politico occorre opporgli esempi di
dignità con resistenza tenace. Farne una questione di carattere, di
intransigenza, di rigorismo. Auspica, dalle colonne della sua rivista, la
formazione di "Gruppi della Rivoluzione Liberale", formati da uomini
di tutti i partiti anti-fascisti, che combattano il fascismo, questo fenomeno
politico che trae i motivi del suo successo e della sua conservazione dalla
creazione di «un esercito di parassiti dello Stato». Occorre, a questo scopo,
formare un'economia moderna con un'industria libera da ogni protezionism e da
ogni paternalismo di Stato e con una classe proletaria politicamente intransigente
aiutare i partiti seri e moderni a liberarsi dei costumi giolittiani. La guerra
al fascismo è questione di maturità storica, politica, economica. Questi
articoli e quello in cui accusa il deputato fascista, grande invalido di
guerra, Delcroix, di manovre parlamentari definite aborti morali, provocano il
sequestro della rivista ed una violenta aggressione da parte di uno squadrone
fascista. Persino un articolo di Fiore contro il criminale fascista Dumini,
apparso su La Rivoluzione Liberale, fornisce il pretesto al prefetto di Torino
di sequestrare la rivista. Con Fiore e conDorso pubblica un Appello ai
meridionali e con il Saluto all'altro Parlamento appoggia l'iniziativa
aventiniana, dalla quale si aspetta un'opposizione intransigente e un esempio
di rinnovamento dei costumi parlamentari italiani. Fonda una nuova rivista,
Il Baretti, alla quale collaborano, tra gli altri, Monti, Sapegno, Croce e Montale.
Come La Rivoluzione Liberale è dedicata a temi storico-politici, così la nuova
rivista vuole essere riservata alla critica letteraria e all'estetica. Il
riferimento a Baretti, letterato italiano vissuto a lungo all'estero, e alla
sua Frusta letteraria, esempio di polemica vivace e irriverente, sottintende,
scrive nel numero d'esordio, «una volontà di coerenza con le tradizioni di
battaglia contro culture e letterature costrette nei limiti della provincia,
chiuse dalle frontiere di dogmi angusti e di piccole patrie». In ossequio
alle direttive mussoliniane, proseguono i sequestri della sua rivista. Rimedieremo
ai sequestri rifacendo l'edizione, scrive Gobetti e anche quel numero viene sequestrato
con il pretesto di scritti diffamatori dei poteri dello Stato e tendenti a screditare
le forze nazionali. Cura La Libertà di Mill, con la prefazione di Einaudi, il
quale scrive che quando, per fiaccare la voce dei ribelli, si assevera dai
dominatori la unanimità del consenso, giova rileggere i grandi libri sulla
libertà. Anche produrre citazioni di scrittori del passato che non collimino
col pensiero del Regime può essere tendenzioso e perciò provocare il sequestro
della rivista. E arrestato Salvemini, che ha pubblicato sul foglio clandestino
Non Mollare l'articolo Mussolini il mandante. Altri sequestri de La Rivoluzione
Liberale avvengono. Un periodo di serenità per Piero e la moglie Ada che
aspetta un bambino è rappresentato da un viaggio a Parigi e a Londra. A Parigi
pensa di stabilire una sua casa editrice: «Credo che solo da Parigi, solo in
francese, solo con la solidarietà dello spirito francese un italiano possa fare
con utilità un'opera pratica di intelligenza europea. S'intende senza
chauvinisme francese. D'altra parte, intende ancora rimanere in Italia. Rimarrò
in Italia fino all'ultimo. Sono deciso a non fare l'esule. A metà agosto fanno ritorno a Torino e è
nuovamente vittima dei pestaggi squadristi, ma è ancora intenzionato a rimanere
in Italia. Bisogna amare l'Italia con orgoglio di europei e con l'austera
passione dell'esule in patria, scrive nell'articolo Lettera a Parigi, per
capire con quale serena tristezza e inesorabile volontà di sacrificio noi
viviamo nella presente realtà fascista. Le nostre malattie e le nostre crisi di
coscienza non possiamo curarle che noi. Dobbiamo trovare da soli la nostra
giustizia. E questa è la nostra dignità di anti-fascisti. Per essere europei
dobbiamo su questo argomento sembrare, comunque la parola ci disgusti,
nazionalisti. Poiché i ripetuti
sequestri a nulla hanno valso, e che il periodico in parola, sotto l'aspetto di
critiche e di discussioni politiche, economiche, morali e religiose, che
vorrebbero assurgere ad affermazioni e sviluppi di principi dottrinari, mira in
realtà, con irriverenti richiami, alla menomazione delle Istituzioni
Monarchiche, della Chiesa, dei Poteri dello Stato, danneggiando il prestigio
nazionale, e nel complesso può dar motivo a reazioni pericolose per l'ordine
pubblico, persistendo in violazioni sempre più gravi ai vigenti decreti sulla
stampa», il prefetto d'Adamo diffida «il Direttore responsabile del periodico
La Rivoluzione Liberale, ai sensi e per
gli effetti di cui all'art.” ad adeguarsi alle direttive del Regime e poiché
l'8 novembre la rivista disattende l'ordine, il prefetto ingiunge la cessazione
definitiva delle pubblicazioni e la soppressione della stessa casa editrice per
attività nettamente anti-nazionale. D'ora in avanti sarò palesatamente costretto
all'infelice dissenso. La libertà d'opinione è stata soppressa come una rete
che viene sradicata: senza possibilità di dialogare sono destinato ad essere
sopraffatto. A cosa serve più, ora, fare finta? Gobetti, che ora soffre anche
di scompensi cardiaci,
provocati o aggravati dalle violenze subite, pensa di lasciare l'Italia per
proseguire in Francia l'attività editoriale. Nasce a Torino il figlio Paolo, che
durante la seconda guerra mondiale diventerà partigiano e poi giornalista per l'Unità,
oltreché storico del cinema. Scrive una lettera a Fortunato. Parto per Parigi
dove farò l'editore francese, ossia il mio mestiere che in Italia mi è
interdetto. A Parigi non intendo fare del libellismo, o della polemica
spicciola come i granduchi spodestati di Russia; vorrei fare un'opera di
cultura, nel senso del liberalismo europeo e della democrazia moderna. Parte da
solo per Parigi. Alla stazione di Genova viene a salutarlo Montale. Si ammala di una bronchite, che
esacerba gravemente i suoi problemi cardiaci. Trasportato in una clinica di
Neuilly-sur-Seine, vi muore assistito da Fausto, Nitti, Prezzolini e Emery. È
sepolto nel cimitero parigino di Père-Lachaise. Opere: “La filosofia
politica di Alfieri” (Torino, Gobetti); “La frusta teatrale, Milano, Corbaccio,
Felice Casorati. Pittore, Torino, Gobetti, “Dal bolscevismo al fascismo. Note
di cultura politica” (Torino, Gobetti); Il teatro di Enrico Pea, in Enrico Pea,
Rosa di Sion, Torino, Gobetti, Matteotti, Torino, Gobetti, Postfazione di Marco
Scavino, Edizioni di Storia e Letteratura, col titolo Per Matteotti. Un
ritratto, Il Melangolo, Genova, “La rivoluzione liberale. Saggio sulla lotta
politica in Italia, Bologna, Cappelli,
Opere edite e inedited; “Risorgimento senza eroi” “Piemonte nel Risorgimento,
Torino, Edizioni del Baretti, Paradosso dello spirito russo, Torino, Edizioni
del Baretti, Opera critica “Arte, religione, filosofia, Torino, Baretti, ITeatro,
letteratura, storia, Torino, Baretti, Scritti attuali, Roma, Capriotti, 1945. Coscienza
liberale e classe operaia, Paolo Spriano, Torino, Einaudi,Opere complete di
Piero Gobetti I, Scritti politici, Paolo Spriano, Torino, Einaudi, Scritti storici, letterari e filosofici, Spriano,
Torino, Einaudi,III, Critica teatrale,
Guazzotti e Gobetti, Torino, Einaudi, L'editore ideale. Frammenti
autobiografici con iconografia, Franco Antonicelli, Milano, All'insegna del
pesce d'oro, Energie nove, Torino, Bottega d'Erasmo, Il Baretti, Torino,
Bottega d'Erasmo, Lettere dalla Sicilia, nota di Giovanna Finocchiaro Chimirri,
introduzione di Nicola Sapegno, Palermo, Nuova editrice meridionale, Nella tua breve esistenza. Lettere on Ada
Gobetti, Ersilia Alessandrone Perona, Collana NUE Torino, Einaudi, Nuova ed.
riveduta e integrata, Collana Piccola Biblioteca.Nuova serie, Einaudi, Con
animo di liberale. Gobetti e i popolari. Carteggi Bartolo Gariglio, Milano, F.
Angeli, Dizionario delle idee, Bucchi, Roma, Editori Riuniti, Antifascismo
etico. Elogio dell'intransigenza, M. Gervasoni, Milano, M&B Publishing,
Carteggio Ersilia Alessandrone Perona, Torino, Einaudi, Che ho a che fare io
con i servi? Zibaldone politico, Reggio Emilia, Aliberti, Il giornalista arido Articoli Collana Classici
idel giornalismo, Torino, Aragno, Carteggio Ersilia Alessandrone Perona, Torino,
Einaudi, , Biografia di Gobetti M. Brosio, Riflessioni su Gobetti, Gobetti, L'editore
ideale,P. Gobetti, L'editore ideale, c N. Bobbio, Italia fedele. Il mondo di
Gobetti, Nella tua breve esistenza. LettereGobetti, Energie Nove, Lettera ad Ada Prospero, Nella tua breve
esistenza, Diario, Piero Gobetti L'editore ideale, Carlo Levi, in
«Introduzione agli Scritti politici di Piero Gobetti», Togliatti, I parassiti
della cultura, in «L'Ordine Nuovo», Gramsci, Contributi a una nuova dottrina
dello Stato e del colpo di Stato, in «L'Ordine Nuovo»,Nella tua breve
esistenza, cAlberto Cabella, Elogio della libertà. Biografia di Piero Gobetti,
Torino, Il Punto, L'editore ideale, Gobetti, Rivoluzione liberale, Nella tua
breve esistenza, Gobetti, La Rivoluzione liberale, in «Scritti politici», Scritti
politici, Nella tua breve esistenza, Manifesto
della Rivoluzione Liberale, Nella tua
breve esistenza, La rivoluzione Liberale, Elogio della Ghigliottina, Dizionario Biografico degli Italiani La Rivoluzione Liberale, I miei conti con
l'idealismo attuale, Gobetti, La rivoluzione liberale. Saggio sulla lotta politica
in Italia, cCarlo Levi, in «Introduzione agli Scritti politici di Gobetti», La
Rivoluzione Liberale, Gruppi della Rivoluzione Liberale, La Rivoluzione
Liberale, Come combattere il fascismo,Arturo Colombo, Hutchings, Gobetti,
GOBETTI AND MATTEOTTI, Il Politico, In ,
La cultura francese nelle riviste e nelle iniziative editoriali di Gobetti, Lettera
ad Prospero, Basso, Anderlini, Le riviste di Gobetti, Feltrinelli,Prezzolini,
Gobetti e «La Voce», Firenze, Sansoni, Manlio Brosio, Riflessioni su Piero
Gobetti, Quaderni della Gioventù liberale italiana di Torino, Giancarlo
Bergami, Guida bibliografica degli scritti su Piero Gobetti, Collana Opere
diGobetti, Torino, Einaudi, Paolo Spriano, Gramsci e Gobetti, Torino, Einaudi, Antonio
Carlino, Politica e dialettica in Gobetti, Lecce, Milella, Paolo Bagnoli, Gobetti. Cultura e politica di un liberale
del Novecento, Firenze, Passigli, Umberto Morra di Lavriano, Vita di Piero
Gobetti, pref. di N. Bobbio, Torino, Unione Tipografico-Editrice Torinese, Piero
Gobetti e la Francia, Milano, Franco Angeli, Luigi Anderlini, Gobetti critico,
in Letteratura italiana. I critici, Milano, Marzorati, Gobetti e gli
intellettuali del Sud, Napoli, Bibliopolis, Giacomo De Marzi, Piero Gobetti e
Benedetto Croce, Urbino, Quattroventi, Alberto Cabella, Elogio della libertà.
Biografia di Piero Gobetti, Torino, Il Punto, Marco Gervasoni, L'intellettuale
come eroe. Piero Gobetti e le culture del Novecento, Firenze, La Nuova Italia, Bagnoli,
Il metodo della libertà. Piero Gobetti tra eresia e rivoluzione, Reggio Emilia,
Diabasis, Gariglio, Progettare il postfascismo. Gobetti e i cattolici, Milano,
Franco Angeli, Virgilio, Gobetti. La cultura etico-politica del primo Novecento
tra consonanze e concordanze leopardiane, Manduria-Bari-Roma, Lacaita, Angelo
Fabrizi, «Che ho a che fare io con gli schiavi?». Gobetti e Alfieri, Firenze,
Società Editrice Fiorentina, Flavio Aliquò Mazzei, Piero Gobetti. Profilo di un
rivoluzionario liberale, Firenze, Pugliese, Bartolo Gariglio , L'autunno delle libertà Lettere
ad Ada in morte di Gobetti, Torino, Bollati Boringhieri, Erba, Piero Gobetti,
in Intellettuali laici nel '900 italiano, Padova, Grasso editore, Ciampanella,
Senza illusioni e senza ottimismi. PGobetti. Prospettive e limiti di una
rivoluzione liberale, Roma, Aracne, Socialismo liberale Liberalismo
socialeSalvemini Amendola Croce AlfieriMatteotti Il Baretti La Rivoluzione
liberale. Treccani Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Enciclopedia
Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario biografico degli
italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
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Opere di Piero Gobetti, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Opere di
Piero Gobetti, . Il Centro Studi Piero
Gobetti, su centrogobetti. «La Rivoluzione Liberale» online, su erasmo.Gobetti,
Il liberalismo in Italia, su polyarchy.org. G. Iacchini, Quando la libertà è
rivoluzionaria: Piero Gobetti, su radicalsocialismo. La casa di Gobetti in via
XX Settembre a Torino, su multimedia.lastampa. Piero Gobetti. Gobetti. Keywords.
Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gobetti” – The Swimming-Pool Library.
Gobbo -- Federico Gobbo – esperantista -- He has
collaborated with philosophers.
Gonnella (Bari). Grice: “Like Foucault, and a few English philosophers who
explored the conceptual intricacies of the ‘justification’ of punishment, Gonnella’s
oeuvre is brilliant!” Opere: “Il diritto (non) ci salverà, Il Manifesto, Detenuti stranieri in Italia. Norme, numeri e
diritti, Editoriale Scientifica, . Carceri. I confini della dignità, Jacabook,
. La tortura in Italia, Derive Approdi, . Jailhouse Rock, cento musicisti
dietro le sbarre, Arcana, . Il carcere spiegato ai ragazzi, Il Manifesto libri,
. Patrie galere, Carocci, Sviluppo urbano e criminalità a Roma, Sinnos, Il collasso delle carceri italiane. Sotto la
lente degli ispettori europei, Sapere Consiglio d'Europa, Bisogna aver visto.
Il carcere nella riflessione degli antifascisti, Edizioni dell’Asino, . I
paradossi del diritto. Scritti in omaggio a Resta, Roma TrE-Press, Giustizia e carceri secondo papa Francesco, Jaca
Book, . Onorare gli impegni. L'Italia e le norme contro la tortura, Sinnos, Inchiesta
sulle carceri italiane, Carocci, Il Carcere trasparente. Primo rapporto
nazionale sulle condizioni di detenzione, Castelvecchi, Patrizio Gonnella. Gonnella.
Keyword: sanction, punishment. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gonella” – The
Swimming-Pool Library.
Goretti (Torino). Filosofo. Si laurea a Torino sotto Solari. Fequenta
Milano, dove incontra Martinetti. Segretario delCongresso Nazionale di
Filosofia, organizzato dalla Società filosofica italiana. Il Congresso è sciolto
dalle autorità dopo appena due giorni. Firmano la lettera di protesta
indirizzata al rettore Luigi Mangiagalli, nel quale si "protesta in nome
della libertà degli studi e della tradizione italiana contro un atto di
violenza che impedisce l'esercizio della discussione filosofica.” Al momento
del giuramento di fedeltà, necessario per entrare nella carriera universitaria
o per proseguirla, si rifiuta e resta così al di fuori della carriera
accademica; svolge attività professionale a Milano, e collabora alla
"Rivista di filosofia" (anche quale componente del comitato
direttivo). Frequenta Palazzo Fossati in Via Ciro Menotti a Milano. In
prossimità della morte, Martinetti lascia la sua biblioteca privata in legato a
Ruffini, Solari e Goretti. La Biblioteca verrà poi conferita dai rispettivi
eredi alla "Fondazione Piero Martinetti per gli studi di storia filosofica
" di Torino; oggi nel palazzo presso la Biblioteca della Facoltà di Filosofia. Goretti
è riammesso nel mondo universitario e assume per concorso la cattedra di
Filosofia del diritto; insegna all'Ferrara fino alla morte. Il Comune di
Ferrara ha intitolato una via a Cesare Goretti,
"filosofopatriota". L'animale come soggetto di diritto
Prolifico filosofo del diritto, autore di scritti su Kant, Sorel, Bradley, cura
Špir, Bradley, Green), a Goretti si deve il primo intervento che qualifica
l'animale come “soggetto di diritto”. Martinetti pubblica “L’animo del
animale” in cui aveva sottolineato che il animale possede intelletto e
coscienza e, in generale, un animo, come emergeva dagli lo studio dello “atteggiamento, gesto, la
fisionomia.” Questo animo e vita animale è “forse estremamente diversa e
lontana” da quella del homo sapiens” ma “ha anch'essa la carattere della
coscienza e non può essere ridotta ad un semplice meccanismo fisiologico. Goretti
va oltre, fino ad affermare che l’ animalee vero e proprio un “*soggetto*
(“soggetoodi diritto” e che l'animale ha una “coscienza giuridica” e una
percezione del giuridico. In tal modo, anticipa tematiche proprie della
bioetica e dell'etologia. Nonostante l'originalità e l'innovatività delle posizioni
assunte, il suo manifesto non ha avuto fortuna ed è stato del tutto trascurato
dal dibattito animalista e negli studi di etologia. Come non possiamo
negare all'animale in modo sia pure crepuscolare l'uso della categoria della
causalità, così non possiamo escludere che l'animale partecipando al nostro
mondo non abbia un senso di quello che può essere la proprietà e l'obbligazione.
Casi innumerevoli dimostrano come un cane e custode geloso della proprietà del
suo padrone e come ne compartecipa all'uso. Dve operare in esso questa visione
della realtà esteriore come cosa propria, che nell’homo sapinens arriva alle
costruzioni raffinate dei giuristi. È assurdo pensare che l'animale che rende
un servizio al suo padrone che lo mantiene agisca soltanto istintivamente. Deve
pure sentire in sé in modo sensibile questo rapporto di servizi resi e
scambiati – cf. Grice, lo scambio conversazionale --. Naturalmente l'animale
non potrà arrivare al concetto di ciò che è la proprietà e l'obbligazione.
Basta che dimostri di fare uso di questi principî che in lui operano ancora in
modo osensibile.» (“ L’animale quale soggetto – e soggeto di diritto”). Nella
filosofia del diritto si individuano tre teorie dell'"istituzionalità nel
giuridico": istitutismo: teoria del diritto quale insieme di istitutito e
concepito come una sorta di azione co-ordinata, costituente un equilibrio
tipico e costante di finalità che si fissa in un complesso di mezzi, una costruzione.
Per l istituzionalismo la istituzione (Romano, Hauriou). neo-istituzionalismo:
il diritto è rappresentato da un “fatto” istituzionale (McCormick, Weinberger).
Altre opera: “Il carattere formale della filosofia giuridica” (Casa Editrice
Isis, Milano); “Il sentimento giuridico” (Casa Editrice "Il Solco", Città
di Castello); “Sorel” (Athena, Milano); “I fondamenti del diritto, Libreria Editrice
Lombarda, Milano); “Il liberalismo giuridico” (Tip. Editrice L. Di Pirola,
Milano); “La norma giuridica e l’atto giuridico” (Tip. G. Bianciardi, Lodi);
“L’istituto giuridico” (Tip. G. Bianciardi, Lodi); “Normatività giuridica”
(CEDAM, Padova); “Green”, in A. C. Bradley, Thomas Green Hill, Etica, Bocca,
Torino); La filosofia politica di Spinoza, "Rivista di filosofia", L'animale,
soggetto, e soggeto di diritto, "Rivista di filosofia", Recensione di
Schmitt, Die Diktatur. Von den Anfängen des modernen Souveränitätsgedankens bis
zum proletarischen Klassenkampf, Duncher & Humblot, München-Leipzig,
"Rivista di Filosofia", Recensione di R. Smend, Verfassung und
Verfassungsrecht, "Rivista di Filosofia", Introduzione a A. Spir, La
giustizia, Libreria Editrice Lombarda, Milano, Il saggio politico sulla
costituzione del Württenberg, "Rivista di filosofia", “Sul valore
della distinzione tra legge e norma, "Rivista di filosofia", La
filosofia pratica W. Schuppe, "Rivista di filosofia", “F. H. Bradley, "Rivista di
filosofia", IBrentano e la conoscenza etica, "Rivista di
filosofia", L'idea di patria, "Rivista di filosofia", L'idealismo
rappresentativo diHamelin, "Rivista di filosofia", Recensione di P+Calamandrei,
Elogio dei giudici scritto da un avvocato, in "Rivista di filosofia",
La metafisica della conoscenza in Green, "Rivista di filosofia", Il dolore nel pessimismo di A. Spir, "Rivista
di filosofia", Il valore dell'individualità, "Rivista di
filosofia", Dal Saint-Simon al neo-saintsimonismo, "Rivista di
filosofia", Diritti e doveri giuridici in relazione alla norma giuridica,
"Archivio della Cultura italiana", L'istituzione dell'eforato in
Sparta, "Archivio della Cultura italiana", “La valutazione tecnica
della realtà, "Archivio della Cultura italiana", Martinetti, "Archivio
della Cultura italiana", L'impiego delle categorie o dei concetti puri ed
il valore della co-azione e inter-azione -- e dei postulati nella filosofia
giuridica kantiana, "Annali della Ferrara", Recensione diCandian, Avvocatura, Milano, in
"Annali della Ferrara", Il liberalismo, "Rivista internazionale
di filosofia del diritto", L’istituzione in senso tecnico ed l’istituto
giuridico nel realismo di Romano, "Annali della Ferrara", Il valore delle massime di equità,
"Scritti giuridici in onore di Carnelutti", I, Filosofia e teoria generale del diritto,
Cedam, Padova, L'umanesimo critico di France, "Rivista di filosofia del
diritto", Recensione di Erzbach, "Rivista trimestrale di diritto e
procedura civile", Rileggendo il Filomusi Guelfi, "Rivista
internazionale di filosofia del diritto", La filosofia di Martinetti,
"Memorie dell'Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna. Classe di
Scienze Morali", Bologna, Alcune considerazioni critiche sul diritto
sociale, "Annali della Ferrara", Scienze Giuridiche. Il valore dell'acquisto ideale nella
filosofia giuridica di Kant, "Rivista di filosofia del diritto", Sulla
sociologia della diada e del gruppo sociale”. "Scritti di sociologia e
politica in onore di Sturzo", Zanichelli, Bologna, Isu luigisturzo. Scritti su Cesare Goretti
Gioele Solari, Recensione di C. Goretti, I fondamenti del diritto, in "Rivista
di filosofia", Norberto Bobbio, Cesare Goretti in "Rivista
internazionale di filosofia del diritto", Giulio Bruni Roccia, Filosofia e
realizzazione spirituale in Cesare Goretti, in "Rivista internazionale di
filosofia del diritto", Orecchia, voce “Goretti” della Enciclopedia
filosofica, Venezia-Roma, Istituto per
la Collaborazione culturale, Goretti, in Orecchia, Maestri italiani di
filosofia del diritto, Bulzoni editore, Roma, Castignone, I diritti animali: la
prospettiva utilitaristica, "Materiali per una storia della cultura
giuridica", D'Agostino, I diritti degli animali, "Rivista
internazionale di filosofia del diritto", Pocar, Gli animali non umani,
Laterza, Roma-Bari, Martinetti, Pietà verso gli animali (Alessandro Di Chiara),
Il melangolo, Genova, Lucia, Goretti e la bioetica e l'etologia, "Annuario
di itinerari filosofici", "Piacere, dolore, senso", Mimesis,
Milano, Lorini, Atti giuridici istituzionali, in Lorini (cur.), L’atto giuridico,
Adriatica, Bari, Paolo Di Lucia, Filosofia del diritto, Raffaello Cortina
Editore, Milano); Colombo, La filosofia come soteriologia: l'avventura spirituale
e intellettuale di Martinetti, Vita e Pensiero, Milano, Carlo Galli, Schmitt
nella cultura italiana. Storia, bilancio, prospettive di una presenza
problematica, "Storicamente", , n. 6 testo online, su storicamente.org.
Giuseppe Lorini, Due a priori del diritto: l'a priori del giuridico in Cesare
Goretti vs l'a priori giuridico in Adolf Reinach, in Francesca De Vecchi
(cur.), Fenomenologia del diritto. Adolf Reinach, Mimesis, Milano, Attilio Pisanò, Diritti deumanizzati:
animali, ambiente, generazioni future, specie umana, Giuffrè, Milano, Lettera, Martinetti
e Goretti a Luigi Mangiagalli in Martinetti Lettere Firenze, Massimo Mori,
Rivista di filosofia, -- "Segni e comprensione", sBrixia Sacra.
Memorie storiche della Diocesi di Brescia, Solari, Fossati, Necrologio, "Rivista di
filosofia", Colombo, La filosofia come soteriologia: l'avventura
spirituale e intellettuale di Piero Martinetti, Vita e Pensiero, Milano, Luigi
FossatiArchivi del Garda, in Archivi del Garda. Paolo Di Lucia, Filosofia del
diritto, Raffaello Cortina editore, Milano, Attilio Pisanò, Diritti
deumanizzati: animali, ambiente, generazioni future, specie umana, Giuffrè,
Milano, Piero Martinetti, La psiche degli animali in Saggi e discorsi, Paravia,
Torino, ore in Pietà verso gli animali (Alessandro De Chiara), Il Melangolo,
Genova); “L'animale come soggetto di diritto, in Rivista di filosofia, per
estratto in Paolo Di Lucia, Filosofia del diritto, Raffaello Cortina editore,
Milano, Paolo Di Lucia, Filosofia del diritto, Raffaello Cortina editore,
Milano, Attilio Pisanò, Diritti deumanizzati: animali, ambiente, generazioni
future, specie umana, Giuffrè, Milano, Istitutismo è un neologismo coniato da
Pietro Piovani, Mobilità, sistematicità, istituzionalità della lingua e del
diritto, Giuffré, Milano, cfr. Giuseppe Lorini, Dimensioni giuridiche
dell'istituzionale, Cedam, Padova, Lorini, “La dimensione giuridica
dell'istituzionale, Cedam, Padova, 2Cosa resta dell'istituzionalismo giuridico,
“L'ircocervo”, Lorenzo Passerini Glazel,
“Tetracotomomia dell’ istituzionale” in René-Georges Renard, "Saggi in
ricordo di Tanzi", Giuffré, Milano, Massimo Brutti, Alcuni usi del
concetto di struttura nella conoscenza giuridica, "Quaderni fiorentini per
la storia del pensiero giuridico moderno", McCormick/Weinberger, Il diritto
come istituzione, M. La Torre, Milano, M. Torre, “Norma, l’istituzionale, il
valore: Per una teoria istituzionalistica del diritto, Bari. Cesare Goretti. Grice:
“I like Goretti: I rather casually referred to ‘the institution of a decision’
as the end of a conversational exchange – notably involving buletic
conversational moves; Goretti makes a whole system out of this. His example is
his conversation with his dog: ‘Surely my dog knows that he is providing me a
service – guarding my territory – and he is rightly deemed as a ‘subject’ in my
exchange with him – as we ‘institute a decision’ that there is a reciprocity
involved.” Goretti. Keywords: “the institution of decisions” --
l’istituzionale, A. C. Bradley, La massima d’equita; “segni e comprensione” -- Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Goretti” – The Swimming-Pool Library.
Gori (Roma). Filosofo. Grice:
“My favourite Gori are “L’eroe e la falce” and “Il mantello d’Arlecchino” –
nothing can be italianita with that!”. Opere: “Il mantello di Arlecchino (Roma);
“Il libbro rosso de la guera” (Roma); “Le bruttezze della Divina Commedia”
(Alatri); “Le bellezze della Divina Commedia” (Milano); “Estetica
dell'irrazionale” (Milano); Il mulino della luna (Milano); L'irrazionale, in
due volumi: Filosofia ed estetica. Sistema di una nuova scienza del bello; “Il
bello” -- L'eroe e la falce. Scorcio architettonico di letteratura europea
dalle origini ai nostri giorni (1924); Cagliostro (Milano); Il teatro
contemporaneo e le sue correnti caratteristiche di pensiero e di vita nelle
varie nazioni (Torino-Milano-Roma); L'oca azzurra (Roma); Il grande amore
(Firenze); Scenografia. La tradizione e la rivoluzione contemporanea (Roma); Il
grottesco nell'arte e nella letteratura (Milano). P.D. Giovanelli, Gino Gori. L'irrazionale e il
teatro, Roma, Bulzoni, U. Piscopo, Gino Gori, in E. Godoli , Dizionario del
futurismo, Firenze, U. Piscopo, Gori,
Gino, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Gino Gori. Keywords: bello, eroe, falce, irrazionale, mantello
dell’arlecchino – bellezza -- Gori.
Refs: Luigi Speranza, “Grice e Gori” – The Swimming-Pool Library.
Gramsci (Ales). Filosofo. Grice: “Some Italians don’t consider Gramsci
Italian on account of the fact that Gramsci is not an Italian last name!” Fu tra i fondatori del Partito Comunista d'Italia,
divenendone esponente di primo piano e segretario, ma venne ristretto dal
regime fascista nel carcere di Turi. In seguito al grave deterioramento delle
sue condizioni di salute, ottenne la libertà condizionata e fu ricoverato in
clinica, dove trascorse gli ultimi anni di vita. Considerato uno dei più
importanti pensatori del XX secolo, nei suoi scritti, tra i più originali della
tradizione filosofica marxista, analizza la struttura culturale e politica di
Italia. Elaborò in particolare il concetto di egemonia, secondo il quale le
classi dominanti impongono i propri valori politici, intellettuali e morali a
tutta la società, con l'obiettivo di saldare e gestire il potere intorno a un
senso comune condiviso da tutte le classi sociali, comprese quelle
subalterne. Gli antenati paterni derano originari della città di Gramshi
in Albania, e potrebbero essere giunti in Italia durante la diaspora albanese
causata dall'invasione turca. Documenti d'archivio attestano che nel Settecento
il trisavolo Gennaro Gramsci, sposato con Domenica Blajotta, possedeva a
Plataci, comunità ‘’arbëreshë’’ del distretto di Castrovillari, delle terre poi
ereditate da Nicola Gramsci. Questi sposò Maria Francesca Fabbricatore, e dal
loro matrimonio nacque a Plataci Gennaro Gramsci, che intraprese la carriera
militare nella gendarmeria del Regno di Napoli e, quando era di stanza a Gaeta,
sposò Teresa Gonzales, figlia di un avvocato napoletano. Il loro secondo figlio
fu Francesco, il padre di Antonio Gramsci. Le origini albanesi erano conosciute
dallo stesso Gramsci, che tuttavia le immaginava più recenti, come scriverà
alla cognata Tatiana Schucht dal carcere di Turi: «o stesso non ho alcuna
razza; mio padre è di origine albanese (la famiglia scappò dall'Epiro durante
la guerra del 1821, ma si italianizzò rapidamente). Tuttavia la mia cultura è
italiana, fondamentalmente questo è il mio mondo; non mi sono mai accorto di
essere dilaniato tra due mondi. L'essere io oriundo albanese non fu messo in
giuoco perché anche Crispi era albanese, educato in un collegio albanese.” Ghilarza:
casa museo Antonio Gramsci Francesco era studente in legge quando morì il
padre; dovendo trovare subito un lavoro, partì per la Sardegna per impiegarsi
nell'Ufficio del registro di Ghilarza. In questo paese, che allora contava
circa 2.200 abitanti, conobbe Marcias, figlia di un esattore delle imposte e proprietario
di alcune terre. La sposò malgrado l'opposizione dei familiari, rimasti in
Campania, che consideravano i Marcias una famiglia di rango inferiore alla
propria dal punto di vista sociale e culturale: Giuseppina aveva studiato fino
alla terza elementare. Dal matrimonio nascerà Gennaro e, dopo che Francesco
Gramsci fu trasferito da Ghilarza ad Ales, Grazietta ed Emma. Gramsci nasce secondo
il registro delle nascite dello stato civile del comune e registrato con i nomi
di Antonio, Francesco. Scondo il registro dei battesimi della parrocchia di San
Pietro nasce il giorno dopo, e viene
registrato con i nomi di Antonio, Sebastiano, Francesco. Il padre fu
trasferito, come gerente dell'Ufficio del Registro, a Sorgono e qui nacquero
gli altri figli, Mario, Teresina, e Carlo. Antonio si ammala del morbo di Pott,
una tubercolosi ossea che in pochi anni gli deformò la colonna vertebrale e gli
impedì una normale crescita: adulto, non supererà il metro e mezzo di altezza;
i genitori pensavano che la sua deformità fosse la conseguenza di una caduta e
anche Antonio rimase convinto di quella spiegazione. Ebbe sempre una salute
delicate. Soffrendo di emorragie e convulsioni, fu dato per spacciato dai
medici, tanto che la madre comprò la bara e il vestito per la sepoltura.
Il padre Francesco fu arrestato , con l'accusa di peculato, concussione e
falsità in atti, e venne condannato al minimo della pena con l'attenuante del
«lieve valore»: 5 anni, 8 mesi e 22 giorni di carcere, da scontare a Gaeta. Priva
del sostegno dello stipendio del padre, la famiglia trascorse anni di estrema
miseria, che la madre affrontò vendendo la sua parte di eredità, tenendo a
pensione il veterinario del paese e guadagnando qualche soldo cucendo
camicie. Proprio per le sue delicate condizioni di salute Gramsci comincia
a frequentare la scuola elementare soltanto a sette anni: la concluse ncon il
massimo dei voti, ma la situazione familiare non gli permise di iscriversi al
ginnasio. Già dall'estate precedente aveva iniziato a dare il suo contributo
all'economia domestica lavorando 10 ore al giorno nell'Ufficio del catasto di
Ghilarza per 9 lire al mese l'equivalente di un chilo di pane al giornos muovendo
«registri che pesavano più di me e molte notti piangevo di nascosto perché mi
doleva tutto il corpo». Grazie a un'amnistia, il padre anticipò di tre
mesi la fine della sua pena: inizialmente guadagnò qualcosa come segretario in
un'assicurazione agricola, poi, riabilitato, fece il patrocinante in
conciliatura e infine fu riassunto come scrivano nel vecchio Ufficio del
catasto, dove lavorò per il resto della sua vita. Così, pur affrontando gli
abituali sacrifici, i genitori poterono iscrivere il quindicenne Antonio nel
Ginnasio cdi Santu Lussurgiu, «un piccolo ginnasio in cui tre sedicenti
professori sbrigavano, con molta faccia tosta, tutto l'insegnamento delle
cinque classi». Con tale preparazione un poco avventurosa, riuscì
tuttavia a prendere la licenza ginnasiale a Oristano e a iscriversi al Liceo
classico Giovanni Maria Dettori di Cagliari, stando a pensione, prima in un
appartamento in via Principe Amedeo 24, poi, l'anno dopo, in corso Vittorio
Emanuele 149, insieme con il fratello Gennaro, il quale, terminato il servizio
di leva a Torino, lavorava per cento lire al mese in una fabbrica di ghiaccio
del capoluogo sardo. La modesta preparazione ricevuta nel ginnasio si
fece sentire, perché inizialmente Gramsci nelle diverse materie ottenne appena
la sufficienza, ma riuscì a recuperare in fretta: del resto, leggere e studiare
erano i suoi impegni costanti. Non si concedeva distrazioni, non soltanto
perché avrebbe potuto permettersele solo con grandi sacrifici, ma anche perché
l'unico vestito che possedeva, per lo più liso, non lo incoraggiava a
frequentare né gli amici, né i locali pubblici. A scuola, mostrò uno spiccato
interesse per le discipline umanistiche e per lo studio della storia, anche
perché il cattivo insegnamento ricevuto in matematica gli fece perdere
l'interesse per la materia. Nel frattempo, il giovane Gramsci, iniziò a
seguire le vicende politiche. Il fratello Gennaro, che era tornato in Sardegna
militante socialista, divenne cassiere della Camera del lavoro e segretario
della sezione socialista di Cagliari: «Una grande quantità di materiale
propagandistico, libri, giornali, opuscoli, finiva a casa. Nino, che il più
delle volte passava le sere chiuso in casa senza neanche un'uscita di pochi
momenti, ci metteva poco a leggere quei libri e quei giornali». Leggeva anche i
romanzi popolari di Carolina Invernizio, di Barrili e quelli di Deledda, ma
questi ultimi non li apprezzava, considerando folkloristica la visione che
della Sardegna aveva la scrittrice sarda; leggeva Il Marzocco e La Voce di Prezzolini, Papini, Emilio Cecchi «ma in cima
alle sue raccomandazioni, quando mi chiedeva di ritagliare gli articoli e di
custodirli nella cartella, stavano sempre Croce e Salvemini». Alla fine
della seconda classe liceale, alla cattedra di lettere italiane del Liceo salì Garzia,
radicale e anticlericale, direttore de L'Unione Sarda, quotidiano legato alle
istanze sarde, rappresentate, in Parlamento da Cocco-Ortu, allora impegnato in
una dura opposizione al ministero di Luigi Luzzatti. Gramsci instaurò con il
Garzia un buon rapporto, che andava oltre il naturale discepolato: invitato
ogni tanto a visitare la redazione del giornale, ricevette la tessera di
giornalista, con l'invito a «inviare tutte le notizie di pubblico interesse. Ebbe
la soddisfazione di vedersi stampato il suo primo scritto pubblico, venticinque
righe di cronaca ironica su un fatto avvenuto nel paese di Aidomaggiore.
In un tema dell'ultimo anno di liceo, che ci è conservato, Gramsci scriveva,
tra l'altro, che «Le guerre sono fatte per il commercio, non per la civiltà la
Rivoluzione francese ha abbattuto molti privilegi, ha sollevato molti oppressi;
ma non ha fatto che sostituire una classe all'altra nel dominio. Però ha
lasciato un grande ammaestramento: che i privilegi e le differenze sociali,
essendo prodotto della società e non della natura, possono essere sorpassate».
La sua concezione socialista, qui chiaramente espressa, va unita, in questo
periodo, all'adesione all'indipendentismo sardo, nel quale egli esprimeva,
insieme con la denuncia delle condizioni di arretratezza dell'isola e delle
disuguaglianze sociali, l'ostilità verso le classi privilegiate del continente,
fra le quali venivano compresi, secondo una polemica mentalità di origine
contadina, gli stessi operai, concepiti come una corporazione elitaria fra i
lavoratori salariati. Poco dopo Gramsci conoscerà da vicino la realtà
operaia di una grande città del Nord: il
conseguimento della licenza liceale con una buona votazione tutti otto e un
nove in italianogli prospetta la possibilità di continuare gli studi all'Università.
Il Collegio Carlo Alberto di Torino bandì un concorso, riservato a tutti gli
studenti poveri licenziati dai Licei del Regno, offrendo 39 borse di studio,
ciascuna equivalente a 70 lire al mese per 10 mesi, per poter frequentare Torino.
Fu uno dei due studenti di Cagliari ammessi a sostenere gli esami a
Torino. «Partii per Torino come se fossi in stato di sonnambulismo. Avevo
55 lire in tasca; avevo speso 45 lire per il viaggio in terza classe delle 100
avute da casa». Conclude gli esami: li supera classificandosi nono; al secondo
posto è uno studente genovese venuto da Sassari, Palmiro Togliatti. Si
iscrive alla Facoltà di Lettere, ma le settanta lire al mese non bastano
nemmeno per le spese di prima necessità: oltre alle tasse universitarie, deve
pagare venticinque lire al mese per l'affitto della stanza di Lungo Dora
Firenze 57, nel popolare quartiere di Porta Palazzo, e il costo della luce,
della pulizia della biancheria, della carta e dell'inchiostro, e ci sono i
pasti«non meno di due lire alla più modesta trattoria»e la legna e il carbone
per il riscaldamento: privo anche di un cappotto, «la preoccupazione del freddo
non mi permette di studiare, perché o passeggio nella camera per scaldarmi i
piedi oppure devo stare imbacuccato perché non riesco a sostenere la prima
gelata». Sono frequenti le richieste di denaro alla famiglia che però, da parte
sua, non se la passava di certo molto meglio. L'Università degli Studi di
Torino vantava professori di alto livello e di diversa formazione: Luigi
Einaudi, Ruffini, Manzini, Toesca, Loria, Solari e poi Bartoli, che si legò di
amicizia con Gramsci, come fece anche l'incaricato di letteratura italiana Cosmo, contro il quale indirizzò però un
articolo violentemente polemico. Anni dopo, durante la dura esperienza in
carcere, continuò comunque a ricordarlo con simpatia«serbo del Cosmo un ricordo
pieno di affetto e direi di venerazione era e credo sia tuttora di una grande
sincerità e dirittura morale con molte striature di quella ingenuità nativa che
è propria dei grandi eruditi e studiosi»ricordando anche che, con questi e con
molti altri intellettuali dei primi quindici anni del secolo, malgrado
divergenze di varia natura, egli avesse questo in comune: «partecipavamo in
tutto o in parte al movimento di riforma morale e intellettuale promosso in
Italia da Benedetto Croce, il cui primo punto era questo, che l'uomo moderno
può e deve vivere senza religione rivelata o positiva o mitologica o come altro
si vuol dire. Questo punto anche oggi mi pare il maggior contributo alla
cultura mondiale che abbiano dato gli intellettuali moderni italiani. Si
ritrovò a casa per le elezioni politiche, dopo la fine della guerra italo-turca
contro l'Impero ottomano per la conquista della Libia; votavano per la prima
volta anche gli analfabeti, ma la corruzione e le intimidazioni erano le stesse
delle elezioni precedenti. In Sardegna, il timore che l'allargamento della base
elettorale favorisse i socialisti portò al blocco delle candidature di tutte le
forze politiche contro i candidati socialisti, indicati come il comune nemico da
battere. In quest'obiettivo, "sardisti" e "non-sardisti" si
trovarono d'accordo e deposero le vecchie polemiche. Gramsci scrisse di
quest'esperienza elettorale al compagno di studi Tasca, dirigente socialista
torinese, il quale affermò che Gramsci «era stato molto colpito dalla
trasformazione prodotta in quell'ambiente dalla partecipazione delle masse
contadine alle elezioni, benché non sapessero e non potessero ancora servirsi
per conto loro della nuova arma. Fu questo spettacolo, e la meditazione su di esso,
che fece definitivamente di Gramsci un socialista». Tornò a Torino,
andando ad affittare una stanza all'ultimo piano del palazzo di via San Massimo
14, oggi Monumento nazionale; dovrebbe datarsi a questo periodo la sua
iscrizione al Partito socialista. Si trovò in ritardo con gli esami, con il
rischio di perdere il contributo della borsa di studio, a causa di «una forma
di anemia cerebrale che mi toglie la memoria, che mi devasta il cervello, che
mi fa impazzire ora per ora, senza che mi riesca di trovare requie né
passeggiando, né disteso sul letto, né disteso per terra a rotolarmi in certi
momenti come un furibondo». Riconosciuto «afflitto da grave nevrosi» gli fu
concesso di recuperare gli esami nella sessione di primavera. Prese anche
lezioni di filosofia da Pastore, il quale scrisse poi che «il suo orientamento
era originalmente crociano ma già mordeva il freno e non sapeva ancora come e
perché staccarsi voleva rendersi conto del processo formativo della cultura agli
scopi della rivoluzione come fa il pensare a far agire come le idee diventano
forze pratiche». Gramsci stesso scriverà di aver sentito anche la necessità di
«superare un modo di vivere e di pensare arretrato, come quello che era proprio
di un sardo del principio del secolo, per appropriarsi un modo di vivere e di
pensare non più regionale e da villaggio, ma nazionale» ma anche «di provocare
nella classe operaia il superamento di quel provincialismo alla rovescia della
palla di piombo come il Sud Italia e generalmente considerato nel Nord che
aveva le sue profonde radici nella tradizione riformistica e corporativa del
movimento socialista». L'iscrizione al partito gli permise di superare in parte
un lungo periodo di solitudine: ora frequentava i giovani compagni di partito,
fra i quali erano Tasca, Togliatti, Terracini. “Uscivamo spesso dalle riunioni
di partito mentre gli ultimi nottambuli si fermavano a sogguardarci continuavamo
le nostre discussioni, intramezzandole di propositi feroci, di scroscianti
risate, di galoppate nel regno dell'impossibile e del sogno». Nell'Italia che
ha dichiarato la propria neutralità nella Prima guerra mondiale in
corsoneutralità affermata anche dal Partito socialistascrive per la prima volta
sul settimanale socialista torinese Il Grido del Popolo l'articolo Neutralità
attiva e operante in risposta a quello apparso il 18 ottobre sull'Avanti! di
Mussolini Dalla neutralità assoluta alla neutralità attiva e operante, senza
però poter comprendere quale svolta politica stesse preparando l'allora
importante e popolare esponente socialista. Sostenne quello che sarà, senza che lo sapesse ancora,
il suo ultimo esame all'Università; il suo impegno politico si fece crescente
con l'entrata in guerra dell'Italia e con il suo ingresso nella redazione
torinese dell'Avanti!. Trascorse gran parte delle sue giornate all'ultimo
piano nel palazzo dell'Alleanza Cooperativa Torinese al numero 12 di corso
Siccardi (oggi Galileo Ferraris), dove, in tre stanze, erano situate la sezione
giovanile del partito socialista e le redazioni de Il Grido del Popolo e del
foglio piemontese dell'Avanti!, che comprendeva la rubrica della cronaca
torinese, Sotto la Mole; in entrambi i giornali Gramsci pubblicava di tutto,
dai commenti sulla situazione interna ed estera agli interventi sulla vita di
partito, dagli articoli di polemica politica alle note di costume, dalle
recensioni dei libri alla critica teatrale. Dirà più tardi di aver scritto in
dieci anni di giornalismo «tante righe da poter costituire quindici o venti
volumi di quattrocento pagine, ma esse erano scritte alla giornata e dovevano
morire dopo la giornata» e di aver contribuito «molto prima di Tilgher» a
rendere popolare il teatro di Pirandello: «ho scritto sul Pirandello tanto da
mettere insieme un volumetto di duecento pagine e allora le mie affermazioni
erano originali e senza esempio: Pirandello era o sopportato amabilmente o
apertamente deriso». Della commedia di Pirandello Pensaci, Giacomino! scrisse
che «è tutto uno sfogo di virtuosismo, di abilità letteraria, di luccichii
discorsivi. I tre atti corrono su un solo binario. I personaggi sono oggetto di
fotografia piuttosto che di approfondimento psicologico: sono ritratti nella
loro esteriorità più che in una intima ricreazione del loro essere morale. È
questa del resto la caratteristica dell'arte di Luigi Pirandello, che coglie
della vita la smorfia, più che il sorriso, il ridicolo, più che il comico: che
osserva la vita con l'occhio fisico del letterato, più che con l'occhio
simpatico dell'uomo artista e la deforma per un'abitudine ironica che è
l'abitudine professionale più che visione sincera e spontanea», mentre
considerò Liolà «il prodotto migliore
dell'energia letteraria di Luigi Pirandello. In esso il Pirandello è riuscito a
spogliarsi delle sue abitudini retoriche. Il Pirandello è un umorista per
partito preso troppo spesso la prima intuizione dei suoi lavori viene a
sommergersi in una palude retorica di una moralità inconsciamente predicatoria,
e di molta verbosità inutile». Il fu Mattia Pascal, secondo Gramsci, è
una sorta di prima stesura del Liolà che, liberato dalla zavorra moralistica
della vita, si è rinnovato diventando una pura rappresentazione, «una farsa che
si riattacca ai drammi satireschi della Grecia antica, e che ha il suo
corrispondente pittorico nell'arte figurativa vascolare è una vita ingenua, rudemente sincera una
efflorescenza di paganesimo naturalistico, per il quale la vita, tutta la vita
è bella, il lavoro è un'opera lieta, e la fecondità irresistibile prorompe da
tutta la materia organica». Severo fu invece il giudizio sul Così è (se
vi pare): dalla tesi pseudo-logistica che la verità in sé non esista,
Pirandello «non ha saputo trarre dramma e neppure motivo a rappresentazione
viva e artistica di caratteri, di persone vive che abbiano un significato
fantastico, se non logico. I tre atti di Pirandello sono un semplice fatto di
letteratura [puro e semplice aggregato di parole che non creano né una verità
né un'immagine il vero dramma l'autore l'ha solo adombrato, l'ha accennato: è
nei due pseudopazzi che non rappresentano però la loro vera vita, l'intima
necessità dei loro atteggiamenti esteriori, ma sono presentati come pedine
della dimostrazione logica». Rivolgendosi ai giovani, scrisse da solo il
numero unico del giornale dei giovani socialisti La Città future. Qui mostra la
sua intransigenza politica, la sua ironia, anche contro i socialisti
riformisti, il fastidio verso ogni espressione retorica ma anche la sua
formazione idealistica, i suoi debiti culturali nei confronti di Croce,
superiori perfino a quelli dovuti a Marx: «in quel tempo»scriverà«il concetto
di unità di teoria e pratica, di filosofia e politica, non era chiaro in me e
io ero tendenzialmente crociano». Lo zar di Russia Nicola II è facilmente
rovesciato da pochi giorni di manifestazioni popolari, per lo più spontanee,
che chiedono pane e la fine dell'autocrazia: viene instaurato un moderato
governo liberale e, insieme, si ricostituiscono i Soviet, forme di
rappresentanza su base popolare già creati nella precedente Rivoluzione russa
del 1905; le notizie giungono in Italia parziali e confuse: i quotidiani
«borghesi» sostengono che si tratta dell'avviamento di un processo di
democratizzazione in Russia, sull'esempio della grande Rivoluzione francese,
mentre Gramsci è convinto che «la rivoluzione russa è un atto proletario ed
essa naturalmente deve sfociare nel regime socialista i rivoluzionari socialisti non possono essere
giacobini: essi in Russia hanno solo attualmente il compito di controllare che
gli organismi borghesi non facciano essi del giacobinismo». Con il ritorno in
Russia di Lenin, che pone subito il problema della pace immediata e della
consegna del potere ai Soviet, la lotta politica si radicalizza. Gramsci è
convinto che Lenin abbia «suscitato energie che più non morranno. Egli e i suoi
compagni bolscevichi sono persuasi che sia possibile in ogni momento realizzare
il socialismo». Gramsci nega esplicitamente la necessità dell'esistenza di
condizioni obiettive affinché una rivoluzione trionfi, quando scrive che i
bolscevichi «sono nutriti di pensiero marxista. Sono rivoluzionari, non
evoluzionisti. E il pensiero rivoluzionario nega il tempo come fattore di
progresso. Nega che tutte le esperienze intermedie tra la concezione del
socialismo e la sua realizzazione debbano avere nel tempo e nello spazio una
riprova assoluta e integrale». È l'anticipazione dell'articolo, più famoso, che
scriverà subito dopo la notizia del successo della Rivoluzione d'ottobre.
Anche in Italia la guerra interminabile, costata già centinaia di migliaia di
morti e di mutilati, la penuria dei generi alimentari, la sconfitta di
Caporetto e la stessa eco provocata dalla rivoluzione russa portarono a insofferenze
che a Torino sfociarono in un'autentica sommossa spontanea duramente repressa
dal governo: oltre 50 morti, più di duecento feriti, la città dichiarata zona
di guerra con la conseguente applicazione della legge marziale, arresti a
catena che colpirono non solo i diretti responsabili ma, indiscriminatamente,
anche gli elementi politici d'opposizione e segnatamente l'intero nucleo della
sezione socialista, con l'accusa di istigazione alla rivoluzione. In
conseguenza dell'emergenza venutasi a creare, la direzione della Sezione
socialista torinese venne assunta da un comitato di dodici persone, del quale
fece parte anche Gramsci, il quale rimane l'unico redattore de Il Grido del
Popolo che cesserà le pubblicazioni. I bolscevichi avevano preso il potere in Russia
ma per settimane in Europa giunsero solo notizie deformate, confuse e censurate,
finché l'edizione nazionale dell'Avanti! uscì con un editoriale dal titolo La
rivoluzione contro il Capitale, firmato da Gramsci: «La rivoluzione dei
bolscevichi è materiata di ideologia più che di fatti essa è la rivoluzione
contro il Capitale di Marx. Il Capitale di Marx era, in Russia, il libro dei
borghesi, più che dei proletari. Era la dimostrazione critica della fatale
necessità che in Russia si formasse una borghesia, si iniziasse un'era
capitalistica, si instaurasse una civiltà di tipo occidentale prima che il
proletariato potesse neppure pensare alla sua riscossa, alle sue rivendicazioni
di classe, alla sua rivoluzione. I fatti hanno superato le ideologie. I fatti
hanno fatto scoppiare gli schemi critici entro i quali la storia della Russia
avrebbe dovuto svolgersi secondo i canoni del materialismo storico se i bolscevichi rinnegano alcune affermazioni
del Capitale, non ne rinnegano il pensiero immanente, vivificatore. Essi non
sono «marxisti», ecco tutto; non hanno compilato sulle opere del Maestro una
dottrina esteriore di affermazioni dogmatiche e indiscutibili. Vivono il
pensiero marxista, quello che non muore mai, che è la continuazione del
pensiero idealistico italiano e tedesco, che in Marx si era contaminato di
incrostazioni positivistiche e naturalistiche». In realtà Marx, almeno negli
ultimi anni, non aveva escluso che un Paese arretrato potesse giungere al
socialismo saltando fasi di sviluppo capitalistico: ma qui interessa rilevare
tanto la visione di Gramsci ancora idealistica, volontaristica, dell'azione
politica, quanto la critica che di fatto Gramsci rivolgeva ai dirigenti
socialisti europei, e italiani in particolare, di concepire lo sviluppo storico
in modo meccanicistico. Finita la guerra e usciti dal carcere i dirigenti
torinesi del partito, Gramsci lavorò unicamente all'edizione piemontese
dell'Avanti!, che allora si stampava in via Arcivescovado 3, insieme con alcuni
giovani colleghi: Giuseppe Amoretti, Alfonso Leonetti, Mario Montagnana, Felice
Platone; ma egli e altri giovani socialisti torinesi, come Tasca, Togliatti e
Terracini, intendevano ormai esprimere, dopo l'esperienza della rivoluzione
russa, esigenze nuove nell'attività politica, che non sentivano rappresentate
dalla Direzione nazionale del partito: «L'unico sentimento che ci unisse, in
quelle nostre riunioni, era quello suscitato da una vaga passione di una vaga
cultura proletaria; volevamo fare, fare, fare; ci sentivamo angustiati, senza
un orientamento, tuffati nell'ardente vita di quei mesi dopo l'armistizio,
quando pareva immediato il cataclisma della società italiana». Uscì il primo
numero dell'Ordine nuovo con Gramsci segretario di redazione e animatore della
rivista. La rivista ebbe un avvio incerto: all'inizio «il programma fu
l'assenza di un programma concreto, per una vana e vaga aspirazione ai problemi
concreti nessuna idea centrale, nessuna organizzazione intima del materiale
letterario pubblicato» Tasca intendeva farne una pubblicazione culturale: «per
"cultura" intendeva "ricordare", non intendeva
"pensare", e intendeva "ricordare" cose fruste, cose
logore, la paccottiglia del pensiero operaio fu una rassegna di cultura
astratta, di informazione astratta, con la tendenza a pubblicare novelline
orripilanti e xilografie bene intenzionate; ecco cosa fu l'Ordine nuovo nei
suoi primi numeri». Gramsci intendeva invece definirlo su posizioni nettamente
operaistiche, ponendo all'ordine del giorno la necessità d'introdurre nelle fabbriche
italiane nuove forme di potere operaio, i consigli di fabbrica, sull'esempio
dei Soviet russi: «Ordimmo, io e Togliatti, un colpo di Stato redazionale; il
problema delle commissioni interne fu impostato esplicitamente nel n. 7 della
rassegna il problema dello sviluppo della commissione interna divenne problema
centrale, divenne l'idea dell'Ordine nuovo; era esso posto come problema
fondamentale della rivoluzione operaia, era il problema della
"libertà" proletaria. L'Ordine nuovo divenne, per noi e per quanti ci
seguivano, "il giornale dei Consigli di fabbrica"; gli operai amarono
l'Ordine nuovo perché negli articoli del giornale ritrovavano una parte di se
stessi, la parte migliore di se stessi; perché sentivano gli articoli
dell'Ordine nuovo pervasi dallo stesso loro spirito di ricerca interiore:
"Come possiamo diventar liberi? Come possiamo diventare noi stessi?".
Perché gli articoli dell'Ordine nuovo non erano fredde architetture
intellettuali, ma sgorgavano dalla discussione nostra con gli operai migliori,
elaboravano sentimenti, volontà, passioni reali». Diversamente dalle
Commissioni interne, già esistenti all'interno dalle fabbriche, che venivano
elette soltanto dagli operai iscritti ai diversi sindacati, i Consigli dovevano
essere eletti indistintamente da tutti gli operai e avrebbero dovuto, nel
progetto degli ordinovisti, non tanto occuparsi dei consueti problemi
sindacali, ma porsi problemi politici, fino al problema della stessa
organizzazione, della gestione operaia della fabbrica, sostituendosi al
capitalista: nel s, alla FIAT furono eletti i primi Consigli. La
Confindustria, nella sua Conferenza nazionale, espresse chiaramente «la
necessità che la borghesia del lavoro attinga in se stessa il mezzo per
un'energica azione contro deviazioni e illusioni» e il 20 marzo i tre maggiori
industriali torinesi, Olivetti, De Benedetti e Agnelli fecero presente al
prefetto Taddei la loro volontà di ricorrere all'arma della serrata delle
fabbriche contro «l'indisciplina e le continue esorbitanti pretese degli
operai». Così quando in occasione di una controversia sindacale nelle Industrie
Metallurgiche tre membri delle commissioni interne furono licenziati e gli
operai protestarono con lo sciopero, l'Associazione degli industriali
metalmeccanici rispose il 29 marzo con la serrata di tutte le fabbriche
torinesi. La lotta si estese fino allo sciopero generale proclamato a Torino e in alcune province piemontesi, mentre il
governo presidiava il capoluogo con migliaia di soldati. I tentativi degli
ordinovisti di allargare la protesta, se non in tutta l'Italia, almeno nei
maggiori centri industriali del paese, fallì e alla fine d'aprile gli operai
furono costretti a riprendere il lavoro senza avere ottenuto nulla. Lo
sciopero fallì per la resistenza degli industriali ma anche per l'isolamento in
cui la Camera del Lavoro, controllata dai socialisti riformisti, contrari alla
costituzione dei Consigli operai, e lo stesso Partito socialista lasciarono i
lavoratori torinesi; l'8 maggio Gramsci pubblicò sull'Ordine Nuovo una sua
relazione, approvata dalla Federazione torinese, che denunciava l'inefficienza
e l'inerzia del Partito. Dopo aver sostenuto che era matura la trasformazione
dell'«ordine attuale di produzione e di distribuzione» in un nuovo ordine che
desse «alla classe degli operai industriali e agricoli il potere di iniziativa
nella produzione», alla quale si opponevano gli industriali e i proprietari
terrieri, appoggiati dallo Stato, Gramsci rilevava che «le forze operaie e
contadine mancano di coordinamento e di concentrazione rivoluzionaria perché
gli organismi direttivi del Partito socialista hanno rivelato di non
comprendere assolutamente nulla della fase di sviluppo che la storia nazionale
e internazionale attraversa nell'attuale periodo il Partito socialista assiste
da spettatore allo svolgersi degli eventi, non ha mai un'opinione sua da
esprimere non lancia parole d'ordine che possano essere raccolte dalle masse,
dare un indirizzo generale, unificare e concentrare l'azione rivoluzionaria il
Partito socialista è rimasto, anche dopo il Congresso di Bologna, un mero
partito parlamentare, che si mantiene immobile entro i limiti angusti della
democrazia borghese». Il numero dell'11 dicembre 1920 Rilevò la
mancanza di omogeneità nella composizione del partito, in cui continuavano a
essere presenti riformisti e «opportunisti», contrari agli indirizzi della III
Internazionale. Non solo: «mentre la maggioranza rivoluzionaria del partito non
ha avuto una espressione del suo pensiero e un esecutore della sua volontà
nella direzione e nel giornale, gli elementi opportunisti invece si sono
fortemente organizzati e hanno sfruttato il prestigio e l'autorità del Partito
per consolidare le loro posizioni parlamentari e sindacali se il Partito non
realizza l'unità e la simultaneità degli sforzi, se il Partito si rivela un
mero organismo burocratico, senza anima e senza volontà, la classe operaia
istintivamente tende a costituirsi un altro partito e si sposta verso tendenze
anarchiche ». Il Partito socialista non svolge alcuna funzione di
educazione e di spiegazione di quanto sta avvenendo nella scena internazionale,
dalla quale esso è assente, non partecipando nemmeno alle riunioni
dell'Internazionale comunista, le cui tesi non sono riportate nell'Avanti!.
Analogamente, le edizioni socialiste non stampano le pubblicazioni comuniste:
«valga per tutte il volume di Lenin Stato e rivoluzione». Occorre pertanto,
secondo Gramsci, che il Partito socialista acquisti «una sua figura precisa e
distinta: da partito parlamentare piccolo borghese deve diventare il partito
del proletariato rivoluzionario che lotta per l'avvenire della società
comunista i non comunisti rivoluzionari devono essere eliminati dal Partito ogni
avvenimento della vita proletaria nazionale e internazionale deve essere immediatamente
commentata per trarne argomenti di propaganda comunista e di educazione delle
coscienze rivoluzionarie le sezioni devono promuovere in tutte le fabbriche,
nei sindacati, nelle cooperative, nelle caserme la costituzione di gruppi comunisti
l'esistenza di un Partito comunista coeso e fortemente disciplinato [.è la
condizione fondamentale e indispensabile per tentare qualsiasi esperimento di
Soviet il Partito deve lanciare un manifesto nel quale la conquista
rivoluzionaria del potere politico sia posta in modo esplicito ». La
risoluzione dell'Internazionale comunista che chiedeva ai partiti socialisti
l'allontanamento dei riformisti, venne disattesa dal Partito Socialista
Italiano. Infatti, a dispetto dell'approvazione e dell'avallo ottenuto dagli
ordinovisti da parte di Lenin nel corso del II Congresso dell'Internazionale, alla
quale il PSI aveva aderito con il congresso di Bologna tenuto nell'ottobre del
1919, i vecchi dirigenti del partito erano riluttanti di fronte alla svolta
politica e sociale realizzatasi nel dopoguerra. In Italia, le
rivendicazioni salariali, rese necessarie dall'elevato indice d'inflazione, non
trovavano accoglienza presso gli industriali. Il 30 agosto 1920, a Milano, a
seguito della serrata dell'Alfa Romeo, 300 fabbriche furono occupate dagli
operai: la FIOM appoggiò l'iniziativa, ordinando l'occupazione di tutte le
fabbriche metalmeccaniche d'Italia, con la speranza che una tale, estrema
iniziativa provocasse l'intervento del governo a favore di una soluzione delle
trattative. All'inizio di settembre tutte le maggiori fabbriche d'Italia erano
occupate da mezzo milione di operai, parte dei quali armati, sia pure in modo
rudimentale; alla FIAT di Torino, tuttavia, ci fu una novità: dell'ufficio di
Giovanni Agnelli prese possesso l'operaio comunista Giovanni Parodi e i
Consigli di fabbrica decisero di continuare la produzione, per dimostrare che
una grande fabbrica poteva funzionare anche in assenza del proprietario.
Giovanni Giolitti Di fronte alla neutralità del governo Giolitti e alla
decisione della Confindustria di non cedere, il 10 settembre, nell'assemblea
milanese che vide riuniti i dirigenti del Partito socialista e della Camera del
Lavoro, questi ultimi si dimisero lasciando la gestione della difficile
situazione al Partito, che tuttavia non aveva alcuna intenzione di prolungare
l'agitazione: la proposta estrema dell'allargamento delle occupazioni a tutte
le fabbriche del paese e alle campagne fu respinta dalla maggioranza dei
rappresentanti. Un accordo salariale raggiunto con la mediazione di Giolitti
pose termine, alla fine di settembre, alle occupazioni delle fabbriche.
Quell'esperienza dimostrò tanto la mancanza di una strategia dei dirigenti
socialisti quanto l'impreparazione degli stessi operai a iniziative
rivoluzionarie, per le quali occorrevano organizzazione e disciplina. In previsione
del prossimo XVII Congresso del Partito socialista, Gramsci scrisse che «la
costituzione del Partito comunista crea le condizioni per intensificare e
approfondire l'opera nostra: liberati dal peso morto degli scettici, dei
chiacchieroni, degli irresponsabili, liberati dall'assillo di dover
continuamente, nel seno del Partito, lottare contro i riformisti e gli
opportunisti, di dover sventare le loro insidie, di dover analizzare e
criticare i loro atteggiamenti equivoci e la loro fraseologia pseudo-rivoluzionaria,
noi potremo dedicarci interamente al lavoro positivo, all'espansione del nostro
programma di rinnovamento, di organizzazione, di risveglio delle coscienze e
delle volontà». NSi riunì a Milano il gruppo favorevole alla costituzione
di un partito comunista e Amadeo Bordiga, Luigi Repossi, Bruno Fortichiari,
Gramsci, Nicola Bombacci, Francesco Misiano e Umberto Terracini costituirono il
Comitato provvisorio della frazione comunista del Partito Socialista. La
fondazione del Partito comunista Il congresso di Livorno La scissione si
realizzò , nel Teatro San Marco di Livorno, con la nascita del «Partito
Comunista d'Italia, sezione italiana dell'Internazionale». Il comitato centrale
fu composto dagli astensionisti (Amadeo Bordiga, Ruggero Grieco, Giovanni
Parodi, Cesare Sessa, Ludovico Tarsia e Bruno Fortichiari), dagli
ex-massimalisti (Nicola Bombacci, Ambrogio Belloni, Egidio Gennari, Francesco
Misiano, Anselmo Marabini, Luigi Repossi e Luigi Polano) e dagli ordinovisti
Gramsci e Terracini. Diresse l'Ordine nuovo, divenuto ora uno dei
quotidiani comunisti insieme con Il Lavoratore di Trieste e Il Comunista di
Roma, quest'ultimo diretto da Togliatti. Non venne eletto deputato alle
elezioni: Gramsci non ha capacità oratorie, è ancora giovane e anche la sua
conformazione fisica non lo agevola nell'apprezzamento di molti elettori.
Alla fine di maggio partì per Mosca, designato a rappresentare il Partito
italiano nell'esecutivo dell'Internazionale comunista. Vi arrivò già malato e
nell'estate fu ricoverato in un sanatorio per malattie nervose di Mosca. Qui
conobbe una degente russa, Eugenia Schucht, membro del Partito, figlia di
Apollon Schucht, dirigente del Pcus e amico personale di Lenin, che aveva
vissuto alcuni anni in Italia e, attraverso di lei, la sorella Giulia (Julka) che, violinista, aveva abitato diversi anni a
Roma diplomandosi al Conservatorio Santa Cecilia. Giulia, ventiseienne, è
bella, alta, ha un aspetto romantico; Gramsci ne è conquistato: ricorderà «il
primo giorno che non osavo entrare nella tua stanza perché mi avevi intimidito al
giorno che sei partita a piedi e io ti ho accompagnato fino alla grande strada
attraverso la foresta e sono rimasto tanto tempo fermo per vederti allontanare
tutta sola, col tuo carico da viandante, per la grande strada, verso il mondo
grande e terribile ho molto pensato a te, che sei entrata nella mia vita e mi
hai dato l'amore e mi hai dato ciò che mi era sempre mancato e mi faceva spesso
cattivo e torbido. E quell'immagine di
lei, viandante in un mondo grande e terribile, con il suo senso doloroso di
distacco, ritornerà ancora dal carcere: «Ricordi quando sei ripartita dal bosco
d'argento ti ho accompagnata fino all'orlo della strada maestra e sono rimasto
a lungo a vederti allontanare così ti vedo sempre mentre ti allontani a passi
brevi, col violino in una mano e nell'altra la tua borsa da viaggio, così
pittoresca». Si sposano e avranno due figli, Delio e Giuliano. Il figlio di
quest'ultimo porta il nome del nonno, vive a Mosca e pratica la musica
medievale. Giulia membro della OGPU, il servizio di Sicurezza sovietico. La
moglie di Gramsci e i figli Delio e Giuliano A differenza di Bordiga, tutto
inteso a salvaguardare la «purezza» programmatica del partito, e perciò
contrario a qualunque iniziativa al di fuori della dittatura del proletariato,
Gramsci guardava anche a obiettivi democratici, intermedi, raggiungibili
utilizzando le contraddizioni presenti negli strati sociali e le forze che
potevano rappresentare elementi di rottura, come il movimento sindacale cattolico
di Guido Miglioli e l'intellettualità progressista liberale di cui Piero
Gobetti è allora tra i maggiori rappresentanti. Tuttavia nei suoi scritti fino
al 1926 ribadisce che l'obiettivo finale era la eliminazione dello stato
borghese e la dittatura del proletariato e anche nei suoi scritti successivi
non si riscontrano critiche al regime sovietico. Nel III Congresso
dell'Internazionale comunista, di fronte al riflusso dell'ondata rivoluzionaria
rappresentata dalle sconfitte delle esperienze comuniste in Germania e in
Ungheria, si decise la tattica del fronte unito con la socialdemocrazia.
Bordiga e la maggioranza dei dirigenti comunisti italiani si oppose, elaborando
le Tesi di Roma, base programmatica del II Congresso del Partito, tenuto a Roma.
Gramsci vi aderì ma scrisse di aver «accettato le tesi di Amadeo perché esse
erano presentate come una opinione per il Quarto Congresso [dell'Internazionale
comunista] e non come un indirizzo di azione. Ritenevamo di mantenere così
unito il partito attorno al suo nucleo fondamentale, pensavamo che si potesse
fare ad Amadeo questa concessione senza nuove crisi e nuove minacce di
scissione nel seno del nostro movimento». Nel IV Congresso dell'Internazionale,
di fronte all'avvento al potere di Mussolini, ai delegati comunisti italiani fu
posta con ancora maggior forza la necessità di fondersi con corrente socialista
degli internazionalisti, capeggiata da Giacinto Menotti Serrati, e di
costituire un nuovo Esecutivo, mettendo in minoranza Bordiga, sempre contrario
a ogni accordo. Lo stesso Bordiga fu arrestato al suo rientro in Italia nel
febbraio 1923 e, in settembre, a Milano, furono incarcerati anche i
rappresentanti del nuovo Esecutivo: Gramsci restò così il massimo dirigente del
Partito e si trasferì a Vienna per seguire più da vicino la situazione
italiana. Fu allora che egli ritenne necessario rompere con la politica di
Bordiga: «Il suo stesso carattere inflessibile e tenace fino all'assurdo ci
obbliga a prospettarci il problema di costruire il partito ed il centro di esso
anche senza di lui e contro di lui. Penso che sulle quistioni di principio non
dobbiamo più fare compromessi come nel passato: vale meglio la polemica chiara,
leale, fino in fondo, che giova al partito e lo prepara ad ogni evenienza». Uscì
a Milano il primo numero del nuovo quotidiano comunista l'Unità e dal primo
marzo la nuova serie del quindicinale l'Ordine nuovo. Il titolo del giornale,
da lui scelto, venne giustificato dalla necessità dell'«unità di tutta la
classe operaia intorno al partito, unità degli operai e dei contadini, unità
del Nord e del Mezzogiorno, unità di tutto il popolo italiano nella lotta
contro il fascismo».Alle elezioni venne eletto deputato al parlamento, potendo
così rientrare a Roma, protetto dall'immunità parlamentare. Quello stesso mese,
nei dintorni di Como, si tenne un convegno illegale dei dirigenti delle
Federazioni comuniste italiane: pubblicamente, si fingevano dipendenti di
un'azienda milanese in gita turistica, con tanto di pubblici discorsi fascisti
e inni a Mussolini, mentre, a parte, discutevano dei problemi del
partito. Nel convegno si affrontò il «caso Bordiga», il quale aveva
rifiutato la candidatura al Parlamento, era in rotta con la maggioranza
dell'Internazionale e rifiutava ogni azione politica comune con le altre forze
politiche di sinistra. Delle tre mozioni presentate, che rispecchiavano le tre
correnti in seno al Partito, la corrente di destra di Tasca, di centro di
Gramsci e Togliatti, e di sinistra di Bordiga, questa raccolse l'adesione della
grande maggioranza dei delegati, confermando la notevole importanza di cui il
rivoluzionario napoletano godeva nel Partito. Il 10 giugno un gruppo di
fascisti rapì e uccise il deputato socialista Giacomo Matteotti; sembrò allora
che il fascismo stesse per crollare per l'indignazione morale che in quei
giorni percorse il Paese, ma non fu così; l'opposizione parlamentare scelse la
linea sterile di abbandonare il Parlamento, dando luogo alla cosiddetta
Secessione dell'Aventino: i liberali speravano in un appoggio della Monarchia,
che non venne, i cattolici erano ostili tanto ai fascisti che ai socialisti e
questi ultimi erano ostili a tutti, comunisti compresi. Gramsci avanzò al
«Comitato dei sedici»il nucleo dirigente dei gruppi aventinianila proposta di proclamare
lo sciopero generale che però fu respinta; i comunisti uscirono allora dal
«Comitato delle opposizioni» aventiniane il quale, secondo Gramsci, non aveva
alcuna volontà di agire: ha una «paura incredibile che noi prendessimo la mano
e quindi manovra per costringerci ad abbandonare la riunione». Giacomo
Matteotti Malgrado le divisioni dell'opposizione antifascista, Gramsci credeva
che la caduta del regime fosse imminente: «Il regime fascista muore perché non
solo non è riuscito ad arrestare, ma anzi ha contribuito ad accelerare la crisi
delle classi medie iniziatasi dopo la guerra. L'aspetto economico di questa
crisi consiste nella rovina della piccola e media azienda il monopolio del
credito, il regime fiscale, la legislazione sugli affitti hanno stritolato la
piccola impresa commerciale e industriale: un vero e proprio passaggio di
ricchezza si è verificato dalla piccola e media alla grande borghesia. L'apparato
industriale ristretto ha potuto salvarsi dal completo sfacelo solo per un
abbassamento del livello di vita della classe operaia premuta dalla diminuzione
dei salari, dall'aumento della giornata di lavoro. La disgregazione sociale e
politica del regime fascista ha avuto la sua piena manifestazione di massa
nelle elezioni del 6 aprile. Il fascismo è stato messo nettamente in minoranza
nella zona industrial. Le elezioni del 6 aprile segnarono l'inizio di quella
ondata democratica che culminò nei giorni immediatamente successivi all'assassinio
dell'on. Matteotti le opposizioni avevano acquistato dopo le elezioni
un'importanza politica enorme; l'agitazione da esse condotta nei giornali e nel
Parlamento per discutere e negare la legittimità del governo fascista si
ripercuoteva nel seno dello stesso Partito nazionale fascista, incrinava la
maggioranza parlamentare. Di qui l'inaudita campagna di minacce contro le
opposizioni e l'assassinio del deputato unitario”. “Il delitto Matteotti dette
la prova provata che il Partito fascista non riuscirà mai a diventare un
normale partito di governo, che Mussolini non possiede dello statista e del
dittatore altro che alcune pittoresche pose esteriori; egli non è un elemento
della vita nazionale, è un fenomeno di folklore paesano, destinato a passare
alla storia nell'ordine delle diverse maschere provinciali italiane, più che
nell'ordine dei Cromwell, dei Bolívar, dei Garibaldi». S'ingannava, perché
l'inerzia dell'opposizione non riuscì a dare alternative del blocco sociale in
cui la piccola borghesia teme il «salto nel buio» della caduta del regime e i
fascisti riprendono coraggio e ricominciano le violenze squadriste: in una
delle tante viene aggredito anche Gobetti. E dopo il 12 settembre, quando il
militante comunista Giovanni Corvi uccide in un tram il deputato fascista
Armando Casalini, per vendicare la morte di Matteotti, la repressione
s'inasprisce. Il 20 ottobre Gramsci propose vanamente che l'opposizione
aventiniana si costituisca in «Antiparlamento», in modo da segnare nettamente
la distanza e svuotare di significato un Parlamento di soli fascisti; ipartì per
la Sardegna, per intervenire al Congresso regionale del partito e per rivedere
i famigliari. Il 6 novembre si congedò dalla madre, che non avrebbe più
rivisto. Il deputato comunista Repossi rientrò in Parlamento, dove sedevano
solo i deputati fascisti e i loro alleati, per commemorare Matteotti a nome di
tutto il suo partito; il 26 vi rientrò anche tutto il gruppo parlamentare
comunista, a segnare l'inutilità dell'esperienza aventiniana. Il quotidiano di
Giovanni Amendola Il Mondo pubblicò le dichiarazioni di Cesare Rossi, già capo
ufficio stampa di Mussolini, a proposito del delitto Matteotti: «Tutto quanto è
successo è avvenuto sempre per la volontà diretta o per l'approvazione o per la
complicità del duce» e Mussolini, in un discorso rimasto famoso, a confermare
quella testimonianza, dichiara alla Camera dei deputati di assumersi «la
responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto», dando il
via a una nuova azione repressiva. In febbraio Gramsci andò a Mosca, per
stare con la moglie e conoscere finalmente il figlio Delio. Tornato in Italia a
maggio, il 16 tenne il suo primoe unicodiscorso in Parlamento, davanti all'ex
compagno di partito Mussolini, ora Primo ministro, che aveva descritto l'anno
prima come un capo che «è divinizzato, è dichiarato infallibile, è preconizzato
organizzatore e ispiratore di un rinato Sacro Romano Impero. Conosciamo quel
viso: conosciamo quel roteare degli occhi nelle orbite che nel passato
dovevano, con la loro ferocia meccanica, far venire i vermi alla borghesia e
oggi al proletariato. Conosciamo quel pugno sempre chiuso alla minaccia.
Mussolini è il tipo concentrato del piccolo-borghese italiano, rabbioso, feroce
impasto di tutti i detriti lasciati sul suolo nazionale da vari secoli di
dominazione degli stranieri e dei preti: non poteva essere il capo del
proletariato; divenne il dittatore della borghesia, che ama le facce feroci
quando ridiventa borbonica». Con il pretesto di colpire la Massoneria, il
governo aveva predisposto un disegno di legge per disciplinare l'attività di
associazioni, enti e istituti: continuamente interrotto, Gramsci respinse il
pretesto che il governo si era dato, «perché la Massoneria passerà in massa al
Partito fascista e ne costituirà una tendenza, è chiaro che con questa legge voi
sperate di impedire lo sviluppo di grandi organizzazioni operaie e
contadine». E ironizzando: «Qualche fascista ricorda ancora nebulosamente
gli insegnamenti dei suoi vecchi maestri, di quando era rivoluzionario e
socialista, e crede che una classe non possa rimanere tale permanentemente e
svilupparsi fino alla conquista del potere, senza che essa abbia un partito e
un'organizzazione che ne riassuma la parte migliore e più cosciente. C'è
qualcosa di vero, in questa torbida perversione degli insegnamenti
marxisti». Concluse: «Voi potete conquistare lo Stato, potete modificare
i codici, potete cercar di impedire alle organizzazioni di esistere nella forma
in cui sono esistite fino adesso ma non potete prevalere sulle condizioni
obbiettive in cui siete costretti a muovervi. Voi non farete che costringere il
proletariato a ricercare un indirizzo diverso da quello fin oggi più diffuso
nel campo dell'organizzazione di massa. Ciò noi vogliamo dire al proletariato e
alle masse contadine italiane, da questa tribuna: che le forze rivoluzionarie
italiane non si lasceranno schiantare, il vostro torbido sogno non riuscirà a
realizzarsi». Si svolse clandestinamente a Lione il III Congresso del
Partito. Vi parteciparono 70 delegati, con tutti i maggiori responsabili, Bordiga,
Gramsci, Tasca, Togliatti, Grieco, Leonetti, Scoccimarro: vi era anche Serrati,
che aveva lasciato da poco il Partito socialista di cui era stato a lungo
dirigente di primo piano. Assisteva, a nome dell'Internazionale, Jules
Humbert-Droz. Gramsci presentò le Tesi congressuali elaborate insieme con
Togliatti. Con un capitalismo debole e l'agricoltura base dell'economia
nazionale, in Italia si assiste al compromesso fra industriali del Nord e
proprietari fondiari del Sud, ai danni degli interessi generali della
maggioranza della popolazione. Il proletariato, in quanto forza sociale
omogenea e organizzata rispetto alla piccola borghesia urbana e rurale, che ha
interessi differenziati, viene visto, nelle Tesi, «come l'unico elemento che
per la sua natura ha una funzione unificatrice e coordinatrice di tutta la
società.» Secondo Gramsci il fascismo non è, come invece ritiene Bordiga,
l'espressione di tutta la classe dominante, ma è il frutto politico della
piccola borghesia urbana e della reazione degli agrari che ha consegnato il
potere alla grande borghesia, e la sua tendenza imperialistica è l'espressione
della necessità, da parte delle classi industriali e agrarie, «di trovare fuori
del campo nazionale gli elementi per la risoluzione della crisi della società
italiana» che tuttavia permette, per la sua natura oppressiva e reazionaria,
una soluzione rivoluzionaria delle contraddizioni sociali e politiche; le due
forze sociali idonee a dar luogo a questa soluzione sono il proletariato del
Nord e i contadini del Mezzogiorno. A questo scopo, il Partito andrà
bolscevizzato, ossia organizzato per cellule di fabbrica caratterizzate da una
"disciplina di ferro" negando al suo interno la possibilità
dell'esistenza delle frazioni. Il Congresso approvò le Tesi a grande
maggioranza (oltre il 90%) ed elesse il Comitato centrale con Gramsci segretario
del Partito. Da allora, la sinistra comunista di Bordiga non ebbe più un ruolo
influente nel Partito. Le Tesi di Lione, realizzate da Gramsci, ribadirono con
una certa durezza le posizioni del Pcd’I «la socialdemocrazia sebbene abbia
ancora la sua base sociale, per gran parte, nel proletariato per quanto
riguarda la sua ideologia e la sua funzione politica cui adempie, deve essere
considerata non come un'ala destra del movimento operaio, ma come un'ala
sinistra della borghesia e come tale deve essere smascherata». In questa
relazione venne sviluppata la cosiddetta bolscevizzazione del partito: «spetti
al partito russo una funzione predominante e direttiva nella costruzione di una
Internazionale communista. La organizzazione di un partito bolscevico deve
essere, in ogni momento della vita del partito, una organizzazione
centralizzata, diretta dal Comitato centrale non solo a parole, ma nei fatti.
Una disciplina proletaria di ferro deve regnare nelle sue file. La
centralizzazione e la compattezza del partito esigono che non esistano nel suo
seno gruppi organizzati i quali assumano carattere di frazione. Un partito
bolscevico si differenzia per questo profondamente dai partiti
socialdemocratici».Tornato a Romada via Vesalio si era trasferito in via
Morgagniebbe il tempo di passare alcuni mesi con la famigliala moglie Giulia e
il piccolo Delio, oltre alle cognate Eugenia e Tatianache abitano tuttavia in
un altro appartamento, in via Trapani: le squadre fasciste, superato da tempo
lo smarrimento provocato dal delitto Matteotti, avevano piena libertà d'azione
e non era prudente coinvolgere i familiari in loro possibili aggressioni; a
Firenze, era stato ucciso l'ex-deputato socialista Gaetano Pilati, la stessa
casa di Gramsci era stata messa a soqquadro dalla polizia il 20 ottobre. Mentre
gli esponenti dell'opposizione antifascista prendevano la via dell'emigrazione
Gobetti, che muore ia Parigi, in conseguenza delle bastonate squadriste,
Amendola, Salveminiun processo farsa condannava a una pena simbolica gli
assassini di Matteotti, difesi dal capo-squadrista Roberto Farinacci. La
moglie Giulia, che aspettava il secondo figlio Giuliano, lasciò l'Italia e il
mese dopo fu la volta della cognata Eugenia a tornare a Mosca con il figlio
Delio: Gramsci non l'avrebbe più rivisto. Giustino Fortunato
Elaborando temi già affrontati nelle Tesi di Lione, in settembre Gramsci iniziò
a scrivere un saggio sulla questione meridionale, intitolato Alcuni temi sulla
quistione meridionale, in cui analizzò il periodo dello sviluppo politico
italiano dal 1894, anno dei moti dei contadini siciliani, seguito nel 1898
dall'insurrezione di Milano repressa a cannonate dal governo Di Rudinì. Secondo
Gramsci, la borghesia italiana, impersonata politicamente da Giovanni Giolitti,
di fronte all'insofferenza delle classi emarginate dei contadini meridionali e
degli operai del Nord, piuttosto che allearsi con le forze agrarie, cosa che
avrebbe dovuto comportare una politica di libero scambio e di bassi prezzi
industriali, scelse di favorire il blocco industriale-operaio, con la
conseguente scelta del protezionismo doganale, unita a concessione di libertà
sindacali. Di fronte alla persistenza dell'opposizione operaia,
manifestatasi anche contro i dirigenti socialisti riformisti, Giolitti cercò un
accordo con i contadini cattolici del Centro-Nord. Il problema è allora di
perseguire una politica di opposizione che rompa l'alleanza
borghesia-contadini, facendo convergere questi ultimi in un'alleanza con la
classe operaia. La società meridionale, secondo Gramsci, è costituita da
tre classi fondamentali: braccianti e contadini poveri, politicamente
inconsapevoli; piccoli e medi contadini, che non lavorano la terra ma dalla quale
ricavano un reddito che permette loro di vivere in città, spesso come impiegati
statali: costoro disprezzano e temono il lavoratore della terra, e fanno da
intermediari al consenso fra i contadini poveri e la terza classe, costituita
dai grandi proprietari terrieri, i quali a loro volta contribuiscono alla
formazione dell'intellettualità nazionale, con personalità del valore di Croce
e di Fortunato e sono, con quelli, i principali e più raffinati sostenitori
della conservazione di questo blocco agrario. Croce e Fortunato sono, per
Gramsci, «i reazionari più operosi della penisola», «le chiavi di volta del
sistema meridionale e, in un certo senso, sono le due più grandi figure della
reazione italiana». Per poter spezzare questo blocco occorrerebbe la formazione
di un ceto di intellettuali medi che interrompa il flusso del consenso fra le
due classi estreme, favorendo così l'alleanza dei contadini poveri con il
proletariato urbano. Tuttavia Gramsci non aveva un'opinione positiva sui
contadini, scrisse: «Il solo organizzatore possibile della massa contadina
meridionale è l'operaio industriale, rappresentato dal nostro partito» «Non ho
mai voluto mutare le mie opinioni, per le quali sarei disposto a dare la vita e
non solo a stare in prigione vorrei consolarti di questo dispiacere che ti ho
dato: ma non potevo fare diversamente. La vita è così, molto dura, e i figli
qualche volta devono dare dei grandi dolori alle loro mamme, se vogliono
conservare il loro onore e la loro dignità di uomini» (Antonio Gramsci,
Lettera alla madre) In Unione Sovietica è in corso la lotta fra la maggioranza
di Stalin e Bucharin e la minoranza di sinistra del Partito comunista, guidata
da Trotskij, Zinov'ev e Kamenev, che critica la politica della NEP, la quale
favorisce i contadini ricchi a svantaggio degli operai, e la rinuncia alla
rivoluzione socialista mondiale attraverso la costruzione del «socialismo in un
solo paese» che porterebbe all'involuzione del movimento rivoluzionario. Il
dissidio, che porta all'esclusione di Zinov'ev dall'Ufficio politico del
Partito sovietico, si era fatto sempre più aspro con la costituzione in
frazione della minoranza e si era esteso anche all'interno del Partito
comunista tedesco, provocando una scissione. Il New York Times, forse su
ispirazione di Trotsky, pubblicava il testamento di Lenin, con i suoi noti
rilievi sul carattere di Stalin e sul pericolo rappresentato dal troppo potere
che la carica di segretario del Partito gli concedeva. Su incarico dell'Ufficio
politico, Gramsci scrisse a metà ottobre una lettera al Comitato centrale del
Partito sovietico. Egli si mostra preoccupato per l'acutezza delle polemiche che
potrebbero portare a una scissione che «può avere le più gravi ripercussioni,
non solo se la minoranza di opposizione non accetta con la massima lealtà i
principi fondamentali della disciplina rivoluzionaria di Partito, ma anche se
essa, nel condurre la sua lotta, oltrepassa certi limiti che sono superiori a
tutte le democrazie formali». Riconosciuto ai dirigenti sovietici il merito di
essere stati «l'elemento organizzatore e propulsore delle forze rivoluzionarie
di tutti i paesi», li rimprovera di star «distruggendo l'opera vostra, voi
degradate e correte il rischio di annullare la funzione dirigente che il
partito comunista dell'URSS aveva conquistato per l'impulso di Lenin: ci pare
che la passione violenta delle quistioni russe vi faccia perdere di vista gli
aspetti internazionali delle quistioni russe stesse, vi faccia dimenticare che i
vostri doveri di militanti russi possono e debbono essere adempiuti solo nel
quadro degli interessi del proletariato internazionale. Nel merito del
fondamento del contrastola contraddizione di un proletariato formalmente
«dominante» in URSS, ma in condizioni economiche molto inferiori alla classe
«dominata»Gramsci appoggia la posizione della maggioranza, rilevando che «è
facile fare della demagogia su questo terreno ed è difficile non farla quando
la quistione è stata messa nei termini dello spirito corporativo e non in
quelli del leninismo, della dottrina dell'egemonia del proletariato è in questo
elemento la radice degli errori del blocco delle opposizioni e l'origine dei
pericoli latenti che nella sua attività sono contenuti. Nella ideologia e nella
pratica del blocco delle opposizioni rinasce in pieno tutta la tradizione della
socialdemocrazia e del sindacalismo che ha impedito finora al proletariato
occidentale di organizzarsi in classe dirigente». Gramsci concludeva
esortando all'unità: «I compagni Zinov'ev, Trockij, Kamenev hanno contribuito
potentemente a educarci per la rivoluzione sono stati tra i nostri maestri. A
loro specialmente ci rivolgiamo come ai maggiori responsabili dell'attuale
situazione perché vogliamo essere sicuri che la maggioranza del comitato
centrale del partito comunista dell'URSS non intenda stravincere nella lotta e
sia disposta a evitare le misure eccessive. L'untà del nostro partito fratello
di Russia è necessaria per lo sviluppo e il trionfo delle forze rivoluzionarie
mondiali; a questa necessità ogni comunista e internazionalista deve essere
disposto a fare maggiori sacrifizi. I danni di un errore compiuto dal partito
unito sono facilmente superabili; i danni di una scissione o di una prolungata
condizione di scissione latente possono essere irreparabili e mortali». Togliatti,
allora a Mosca quale rappresentante italiano all'Internazionale, criticò le
ultime considerazioni che ripartivano, seppure in modo diseguale, le
responsabilità delle due fazioni, credendo ancora nella illusoria possibilità
di una compattezza del gruppo dirigente sovietico: a suo avviso, invece, «d'ora
in poi l'unità della vecchia guardia leninista non sarà più o sarà assai
difficilmente realizzata in modo continuo». Non ci sarà tempo e occasione per
approfondire la questione: lo stesso giorno in cui il Comitato centrale
comunista doveva riunirsi clandestinamente a Genova, Mussolini subì a Bologna
un attentato senza conseguenze personali, che provoca una tale pressione
poliziesca da far fallire il convegno. L'attentato Zamboni costituì il pretesto
per l'eliminazione degli ultimi, minimi residui di democrazia: il governo
sciolse i partiti politici di opposizione e soppresse la libertà di stampa. L'8
novembre, in violazione dell'immunità parlamentare, Gramsci venne arrestato
nella sua casa e rinchiuso nel carcere di Regina Coeli. Il giorno successivo fu
dichiarato decaduto, insieme agli altri deputati aventiniani. Dopo un periodo
di confino a Ustica, dove ritrovò, tra gli altri, Bordiga, fu detenuto nel
carcere milanese di San Vittore. Qui ricevette, in agosto, la visita del
fratello Mario, le cui scelte politiche erano state opposte alle suegià
federale di Varese, ora si occupava di commercioe, soprattutto, quella della
cognata Tatiana, la persona che si manterrà sempre, per quanto possibile, in
contatto con lui. L'istruttoria andò per le lunghe, perché vi erano difficoltà
a montare su di lui accuse credibili: fu anche fatto avvicinare da due agenti
provocatoriprima un tale Dante Romani e poi un certo Corrado Melanima senza
successo. Il processo a ventidue imputati comunisti, fra i quali Umberto
Terracini, Mauro Scoccimarro e Giovanni Roveda, iniziò finalmente a Roma;
Mussolini aveva istituito il Tribunale Speciale Fascista. Presidente è un
generale, Saporiti, giurati sono cinque consoli della milizia fascista,
relatore l'avvocato Buccafurri e accusatore l'avvocato Isgrò, tutti in
uniforme; intorno all'aula, «un doppio cordone di militi in elmetto nero, il
pugnale sul fianco ed i moschetti con la baionetta in canna» Gramsci è accusato
di attività cospirativa, istigazione alla guerra civile, apologia di reato e
incitamento all'odio di classe. Il pubblico ministero Isgrò concluse la sua
requisitoria con una frase rimasta famosa: «Bisogna impedire a questo cervello di
funzionare per venti anni»; e infatti Gramsci venne condannato a venti anni,
quattro mesi e cinque giorni di reclusione. Raggiunse il carcere di Turi, in
provincia di Bari. Fin da quando si trovava in carcere a Milano, era
intenzionato a occuparsi «intensamente e sistematicamente di qualche soggetto»
che lo «assorbisse e centralizzasse la sua vita interiore». Il detenuto 7.047
ottenne finalmente l'occorrente per scrivere e iniziò la stesura dei suoi
Quaderni del carcere. Il primo quaderno si apre proprio con una bozza di 16
argomenti, alcuni dei quali saranno abbandonati, altri inseriti e altri ancora
svolti solo in parte. Caratteristico era il suo modo di lavorare. Quasi tutti i
giorni, per alcune ore, camminando all'interno della cella, rifletteva sulle
frasi da scrivere e poi si chinava sul tavolino, scrivendo senza sedersi, un
ginocchio appoggiato sullo sgabello, per riprendere a camminare e a pensare. A
fare da tramite tra Gramsci e il mondo esterno, e in particolare con Sraffa e
tramite questi col Pcus e il PCd'I, fu la cognata Tatiana Schucht, essendo la
moglie di Gramsci tornata in Unione Sovietica. Intanto, il Congresso
dell'Internazionale comunista, tenutosi a Mosca aveva stabilito l'impossibilità
di accordi con la social-democrazia, che veniva anzi assimilata allo stesso
fascismo. Era la tesi di Stalin il quale, liquidata l'opposizione di Trockij,
eliminava anche l'influenza di Bucharin che, già suo alleato contro la sinistra
di Trockij, era rimasto il suo principale oppositore da destra. Al nuovo
orientamento dell'Internazionale, riaffermato nel X Plenum del Comitato
esecutivo ndovevano adeguarsi i Partiti nazionali, espellendo, se necessario, i
dissidenti. Il Partito comunista d'Italia si adeguò alle scelte
dell'Internazionale, espellendo Angelo Tasca in settembre e in successione, ma
con l'accusa di trotskismo, prima, iBordiga, poi, ifu la volta di Leonetti,
Tresso e Ravazzoli. Teneva, durante l'ora d'aria, dei
"colloqui-lezioni" con i compagni di partito: non esistono dirette
testimonianze delle opinioni espresse da Gramsci riguardo alla «svolta»
politica del movimento comunista, ma può costituire un indiretto riferimento un
rapporto che un suo compagno di carcere, Athos Lisa, amnistiato, inviò subito al
Centro estero comunista. Secondo quella relazione, riferì la teoria della
necessità dell'alleanza fra operai del Nord e contadini meridionali che già
stava elaborando nei suoi Quaderni: «L'azione per la conquista degli alleati
diviene per il proletariato cosa estremamente delicata e difficile. D'altra
parte, senza la conquista di questi alleati, è precluso al proletariato ogni
serio movimento rivoluzionario». Qui s'intende che il proletariatola classe
operaiadebba allearsi con i contadini e la piccola borghesia: «Se si tiene
conto delle particolari condizioni nei limiti delle quali va visto il grado di
sviluppo politico degli strati contadini e piccoli borghesi in Italia, è facile
comprendere come la conquista di questi strati sociali comporti per il partito
una particolare azione. La lotta per la conquista diretta del potere è un passo
al quale questi strati sociali potranno solo accedere per gradi il primo passo
attraverso il quale bisogna condurre questi strati sociali è quello che li
porti a pronunciarsi sul problema istituzionale e costituzionale. L'inutilità
della Monarchia è ormai compresa da tutti i lavoratori a questo obiettivo deve
improntarsi la tattica del partito senza tema di apparire poco rivoluzionario.
Deve fare sua prima degli altri partiti in lotta contro il fascismo la parola d'ordine
della Costituente». Ma l'azione del partito «deve essere intesa a svalutare
tutti i programmi di riforma pacifica dimostrando alla classe lavoratrice come
la sola soluzione possibile in Italia risieda nella rivoluzione
proletaria». La richiesta di una Costituente, e dunque di un'iniziativa
politica che si ponesse obiettivi intermedi, avrebbe comportato necessariamente
una convergenza, per quanto temporanea, con altre forze antifasciste, e se è
difficile considerare tale linea politica come «social-democratica», durante le
discussioni nel cortile del carcere qualche suo compagno arrivò a sostenere che
egli era ormai fuori del Partito comunista. Probabilmente le reazioni di alcuni
erano esasperate dal clima di detenzione» ma certo le posizioni dovevano
apparire in contrasto con la linea politica indicata in quegli anni dal Partito
comunista. È in questo periodo chevenne a contatto con Pertini, esponente del
PSI e detenuto anch'egli alla Casa Penale di Turi. I due, nonostante i pensieri
politici differenti, divennero grandi amici e Pertini, anche dopo la
scarcerazione, ricordò spesso nei suoi discorsi il compagno di prigionia e le
tristi condizioni di salute che lo stroncavano. Gramsci, oltre al morbo di Pott
di cui soffriva fin dall'infanzia, fu colpito da arteriosclerosi e poté così
ottenere una cella individuale; cercò di reagire alla detenzione studiando ed
elaborando le proprie riflessioni politiche, filosofiche e storiche, tuttavia
le condizioni di salute continuarono a peggiorare e in agosto ebbe un'improvvisa
e grave emorragia. Anche la moglie, in Russia, era sofferente di una seria
forma di depressione e rare erano le sue lettere al marito che, all'oscuro dei
motivi dei suoi lunghi silenzi, sentiva crescere intorno a sé il senso di un
opprimente isolamento. Scriveva alla cognata: Non credere che il sentimento di
essere personalmente isolato mi getti nella disperazione io non ho mai sentito
il bisogno di un apporto esteriore di forze morali per vivere fortemente la mia
vita tanto meno oggi, quando sento che le mie forze volitive hanno acquistato
un più alto grado di concretezza e di validità. Ma mentre nel passato mi
sentivo quasi orgoglioso di sentirmi isolato, ora invece sento tutta la
meschinità, l'aridità, la grettezza di una vita che sia esclusivamente volontà.
Quando la madre morì, i familiari preferirono non informarlo. Ebbe una seconda
grave crisi, con allucinazioni e deliri. Si riprese a fatica, senza farsi illusioni
sul suo immediato futuro. Fino a qualche tempo fa io ero, per così dire,
pessimista con l'intelligenza e ottimista con la volontà. Oggi non penso più
così. Ciò non vuol dire che abbia deciso di arrendermi, per così dire. Ma
significa che non vedo più nessuna uscita concreta e non posso più contare su nessuna
riserva di forze». Eppure lo stesso codice penale dell'epoca, all'art. 176,
prevedeva la concessione della libertà condizionata ai carcerati in gravi
condizioni di salute. A Parigi si costituì un comitato, di cui fecero parte,
fra gli altri, Rolland e Barbusse, per ottenere la liberazione sua e di altri
detenuti politici, ma venne trasferito nell'infermeria del carcere di
Civitavecchia e poi nella clinica del dottor Cusumano a Formia, sorvegliato in
camera e all'esterno. Mussolini accolse finalmente la richiesta di libertà
condizionata, ma Gramsci non rimase libero nei suoi movimenti, tanto che gli fu
impedito di andare a curarsi altrove, perché il governo temeva una sua fuga all'estero;
solo il poté essere trasferito nella clinica "Quisisana" di Roma,
dove giunse in gravi condizioni, poiché oltre al morbo di Pott e
all'arteriosclerosi soffriva di ipertensione e di gotta. Passò dalla
libertà condizionata alla piena libertà, ma era ormai in gravissime condizioni:
morì di emorragia cerebrale, nella stessa clinica Quisisana. Il giorno seguente
la cremazione si svolsero i funerali, cui parteciparono soltanto il fratello
Carlo e la cognata Tatiana. Le ceneri, inumate nel cimitero del Verano, furono
trasferite nel Cimitero acattolico di Roma, nel Campo Cestio. I 33 Quaderni del
carcere, non destinati da Gramsci alla pubblicazione, contengono riflessioni e
appunti elaborati durante la reclusione. Furono definitivamente interrotti a
causa della gravità delle sue condizioni di salute. Furono numerati, senza
tener conto della loro cronologia, dalla cognata Schucht, che li affidò
all'Ambasciata sovietica a Roma da dove furono inviati a Mosca e,
successivamente, conseg Palmiro Togliatti. Dopo la fine della guerra i
Quaderni, curati dal dirigente comunista Platone sotto la supervisione di Togliatti,
furono pubblicati dall'editore Einaudi unitamente alle sue Lettere dal carcere
indirizzate ai familiarii n sei volumi, ordinati per argomenti omogenei, con i
titoli “Il materialismo storico e la filosofia di Croce”; “Gli intellettuali e l'organizzazione della
cultura”; “Il Risorgimento”; “Note sul Machiavelli, sulla politica e sullo
Stato moderno”; “Letteratura e vita nazionale”; “Passato e presente”. I Quaderni furono pubblicati Valentino
Gerratana secondo l'ordine cronologico della loro elaborazione. Sono stati
raccolti in volume anche tutti gli articoli scritti da Gramsci nell'Avanti!, ne
Il Grido del Popolo e ne L'Ordine Nuovo. Conquistare la maggioranza
politica di un Paese vuol dire che le forze sociali, che di tale maggioranza
sono espressione, dirigono la politica di quel determinato paese e dominano le
forze sociali che a tale politica si oppongono: significa ottenere
l'egemonia. Vi è distinzione fra direzione egemonia intellettuale e
morale e dominio esercizio della forza repressive. Un gruppo sociale è
dominante dei gruppi avversari che tende a liquidare o a sottomettere anche con
la forza armata, ed è dirigente dei gruppi affini e alleati. Un gruppo sociale
può e anzi deve essere dirigente già prima di conquistare il potere governativo
(è questa una delle condizioni principali per la stessa conquista del potere. Dopo,
quando esercita il potere ed anche se lo tiene fortemente in pugno, diventa
dominante ma deve continuare ad essere anche dirigente. La crisi dell'egemonia
si manifesta quando, anche mantenendo il proprio dominio, le classi sociali
politicamente dominanti non riescono più a essere dirigenti di tutte le classi
sociali, non riuscendo più a risolvere i problemi di tutta la collettività e a
imporre la propria concezione del mondo. A quel punto, la classe sociale sub-alterna,
se riesce a indicare concrete soluzioni ai problemi lasciati irrisolti dalla
classe dominante, può diventare dirigente e, allargando la propria concezione
del mondo anche ad altri strati sociali, può creare un nuovo «blocco sociale»,
cioè una nuova alleanza di forze sociali, divenendo “egemone.” Il cambiamento
dell'esercizio dell'egemonia è un momento rivoluzionario che inizialmente
avviene a livello della sovra-struttura in senso marxiano, ossia politico, culturale,
ideale, morale –, ma poi trapassa nella società nel suo complesso investendo
anche la struttura economica, e dunque tutto il «blocco storico», termine che indica
l'insieme della struttura e della sovra-struttura, ossia i rapporti sociali di
produzione e i loro riflessi ideologici. Analizzando la storia di Italia e
il Risorgimento in particolare, rileva che la classe popolare non trova un
proprio spazio politico e una propria identità, poiché la politica dei liberali
di Cavour concepì l'unità nazionale come un allargamento dello Stato piemontese
e del patrimonio della dinastia, non come movimento nazionale dal basso, ma
come conquista regia. Rritiene che l'azione della borghesia avrebbe potuto
assumere un carattere rivoluzionario se avesse acquisito l'appoggio di vaste
masse popolari, in particolare dei contadini, che costituivano la maggioranza
della popolazione. Il limite della rivoluzione borghese in Italia consistette
nel non essere capeggiata da un partito giacobino, come in Francia, dove le campagne,
appoggiando la Rivoluzione, furono decisive per la sconfitta delle forze della
reazione aristocratica. Il partito politico italiano allora più avanzato
fu il “Partito d'Azione” di Mazzini e Garibaldi, che non seppe impostare il
problema dell'alleanza delle forze borghesi progressive con la classe
contadina. Garibaldi in Sicilia distribuì le terre demaniali ai contadini, ma
gli stessi garibaldini repressero le rivolte contadine contro i baroni
latifondisti. Per conquistare l'egemonia contro i moderati guidati dal liberale
Cavour, il “Partito d'Azione” avrebbe dovuto legarsi alle masse rurali,
specialmente meridionali, essere giacobino specialmente per il contenuto
economico-sociale. Il collegamento delle diverse classi rurali che si realizza
in un blocco reazionario attraverso i diversi ceti intellettuali
legittimisti-clericali poteva essere dissolto per addivenire ad una nuova
formazione liberale-nazionale solo se si faceva forza in due direzioni: sui
contadini di base, accettandone le rivendicazione di base e sugli intellettuali
degli strati medi e inferiori». Al contrario, i cavourriani liberali seppero
mettersi alla testa della rivoluzione borghese, assorbendo tanto i radicali che
una parte dei loro stessi avversari. Questo avvenne perché i moderati
cavourriani ebbero un rapporto organico con i loro intellettuali che erano
proprietari terrieri e dirigenti industriali come i politici che essi
rappresentavano. Le masse popolari restarono passive nel raggiunto compromesso
fra i capitalisti del Nord e i latifondisti del Sud. Il Piemonte assunse
la funzione di classe dirigente, anche se esistevano altri nuclei di classe
dirigente favorevoli all'unificazione. Questi nuclei non volevano dirigere
nessuno, cioè non volevano accordare i loro interessi e aspirazioni con gli
interessi e aspirazioni di altri gruppi. Volevano dominare, non dirigere e
ancora. Volevano che dominassero i loro interessi, non le loro persone, cioè
volevano che una forza nuova, indipendente da ogni compromesso e condizione,
divenisse arbitra della Nazione: questa forza fu il Piemonte, che ebbe una
funzione paragonabile a quella di un partito. Questo fatto è della massima
importanza per il concetto di “rivoluzione passive”, che cioè non un gruppo
sociale sia il dirigente di altri gruppi, ma che uno stato, sia pure limitato
come potenza, sia il dirigente del gruppo che di esso dovrebbe essere dirigente
e possa porre a disposizione di questo un esercito e una forza
politica-diplomatica. Che uno Stato si sostituisca ai gruppi sociali locali nel
dirigere la lotta di rinnovamento è uno dei casi in cui si ha la funzione di “dominio”
e non di dirigenza di questi gruppi: dittatura senza egemonia. Il concetto di “egemonia”
si distingue da quello di “dittatura”. La dittatura uesta è solo dominio, quella
è capacità di direzione. Non prese mai posizione contro la “dittatura del proletariato”
né espresse critiche significative al regime sovietico in Russia. Le
classi subalterne Gustave Courbet, Lo spaccapietre Le classi subaltern esotto
proletariato, proletariato urbano, rurale e anche parte della piccola
borghesianon sono unificate e la loro unificazione avviene solo quando giungono
a dirigere lo stato, altrimenti svolgono una funzione discontinua e disgregata
nella storia della società civile dei singoli stati, subendo l'iniziativa dei
gruppi dominanti anche quando ad essi si ribellano. Il "blocco
sociale", l'alleanza politica di classi sociali diverse, formato, in
Italia, da industriali, proprietari terrieri, classi medie, parte della piccola
borghesia, non è omogeneo, essendo attraversato da interessi divergenti, ma una
politica opportuna, una cultura e un'ideologia o un sistema di ideologie
impediscono che quei contrasti di interessi, permanenti anche quando siano
latenti, esplodano provocando la crisi dell'ideologia dominante e la
conseguente crisi politica dell'intero sistema di potere. In Italia,
l'esercizio dell'egemonia delle classi dominanti è ed è stata parziale. Tra le
forze che contribuiscono alla conservazione di tale blocco sociale è la Chiesa,
che si batte per mantenere l'unione dottrinale tra fedeli colti e incolti, tra
intellettuali e semplici, tra dominanti e dominati, in modo da evitare fratture
irrimediabili che tuttavia esistono e che essa non è in realtà in grado di sanare,
ma solo di controllare. La Chiesa è sempre stata la più tenace nella lotta per
impedire che ufficialmente si formino due religioni, quella degli intellettuali
e quella delle anime semplici, una lotta che ha fatto risaltare la capacità
organizzatrice nella sfera della cultura del clero che ha dato derte
soddisfazioni alle esigenze della scienza e della filosofia, ma con un ritmo
così lento e metodico che le mutazioni non sono percepite dalla massa dei
semplici, sebbene esse appaiano "rivoluzionarie" e demagogiche agli
"integralisti" ».Anche la dominante cultura d'impronta idealistica,
esercitata dalle scuole filosofiche di Croce e Gentile, non ha «saputo creare
una unità ideologica tra il basso e l'alto, tra i semplici e gli intellettuali,
tanto che essa, anche se ha sempre considerato la religione una mitologia, non
ha nemmeno «entato di costruire una concezione che potesse sostituire la religione
nell'educazione infantile, e questi pedagogisti, pur essendo non religiosi, non
confessionali e atei, concedono l'insegnamento della religione perché la
religione è la filosofia dell'infanzia dell'umanità, che si rinnova in ogni infanzia
non metaforica. La cultura laica dominante utilizza la religione proprio perché
non si pone il problema di elevare le classi popolari al livello di quelle
dominanti ma, al contrario, intende mantenerle in una posizione di sub-alternità.
Le classi dominanti hanno derubricato a “folklore” la cultura della classe sub-alterna.
Annota nel I Quaderno, che il “folklore”
non deve essere concepito come una bizzarria, una stranezza, una cosa ridicola,
una cosa tutt'al più pittoresca; ma deve essere concepito come una cosa molto seria
e da prendere sul serio, e va studiato in quanto «oncezione del mondo e della
vita di certi strati della società determi tempo e nello spazio, cioè del
popolo inteso come l'insieme della classi strumentale e sub-alterna di ogni
forma di società finora esistita». È dunque necessario mutare lo spirito delle
ricerche folkloriche, oltre che approfondirle ed estenderle. La frattura tra
gli intellettuali e i semplici può essere sanata da quella politica che non
tende a mantenere i semplici nella loro filosofia primitiva del senso comune,
ma invece a condurli a una concezione superiore della vita. L'azione politica
realizzata dalla «filosofia della prassi» così chiama il marxismo, non solo per
l'esigenza di celare quanto scrive alla repressiva censura carceraria opponendosi
alle culture dominanti della Chiesa e dell'idealismo, può condurre i subalterni
a una superiore concezione della vita. Se afferma l'esigenza del contatto tra
intellettuali e semplici non è per limitare l'attività scientifica e per
mantenere una unità al basso livello delle masse, ma appunto per costruire un
blocco intellettuale e morale che renda politicamente possibile un progresso
intellettuale di massa e non solo di scarsi gruppi intellettuali. La via che
conduce all'egemonia del proletariato passa dunque per una riforma culturale e
morale della società. Tuttavia l'uomo attivo di massa, cioè la classe operaia,
non è, in generale, consapevole né della funzione che può svolgere né della sua
condizione reale di sub-ordinazione, Il proletariat non ha una chiara coscienza
di questo suo operare che pure è un conoscere il mondo in quanto lo trasforma.
La sua coscienza anzi può essere in contrasto col suo operare. Esso opera
praticamente e nello stesso tempo ha una coscienza ereditata dal passato,
accolta per lo più in modo acritico. La reale comprensione di sé avviene attraverso
una lotta di egemonie politiche, di direzioni contrastanti, prima nel campo
dell'etica, poi della politica per giungere a una elaborazione superiore della
propria concezione del reale. La coscienza politica, cioè l'essere parte di una
determinata forza egemonica, è la prima fase per una ulteriore e progressiva
auto-coscienza dove teoria e pratica finalmente si unificano. Ma auto-coscienza
significa creazione di un gruppo di intellettuali, organici alla classe, perché
per distinguersi e rendersi indipendenti occorre organizzarsi, e non esiste
organizzazione senza intellettuali, uno strato di persone specializzate
nell'elaborazione concettuale e filosofica. Già Machiavelli indica nei moderni
Stati unitari europei l'esperienza che l'Italia avrebbe dovuto far propria per
superare la drammatica crisi emersa nelle guerre che devastarono la penisola
dalla fine del Quattrocento. “Il Principe” di Machiavelli non esisteva nella
realtà storica, non si presentava al popolo italiano con caratteri di
immediatezza obiettiva. E una pura astrazione dottrinaria, il simbolo del capo,
del condottiero ideale. Ma gli elementi passionali, mitici si riassumono e
diventano vivi nella conclusione, nell'invocazione di un principe realmente
esistente. In Italia non si ebbe una monarchia assoluta che unificasse la
nazione perché dalla dissoluzione della borghesia comunale si creò una
situazione interna economico-corporativa, politicamente la peggiore delle forme
di società feudale, la forma meno progressiva e più stagnante. Mancò sempre, e
non poteva costituirsi, una forza giacobina efficiente, la forza appunto che a
Francia ha suscitato e organizzato la volontà collettiva nazional-popolare e ha
fondato lo stato moderno. A questa forza progressiva si oppose in Italia la
«borghesia rurale, eredità di parassitismo lasciata ai tempi moderni dallo
sfacelo, come classe, della borghesia comunale. Forze progressive sono i gruppi
sociali urbani con un determinato livello di cultura politica, ma non sarà
possibile la formazione di una volontà collettiva nazionale-popolare, se le
grandi masse dei contadini lavoratori non irrompono simultaneamente nella vita
politica. Ciò intendeva Machiavelli attraverso la riforma della milizia, ciò
fecero i giacobini nella Rivoluzione francese. In questa comprensione è da
identificare un giacobinismo precoce del Machiavelli, il germe, più o meno
fecondo, della sua concezione della rivoluzione nazionale. Modernamente, il
Principe invocato dal Machiavelli non può essere un individuo reale, concreto,
ma un organismo e questo organismo è già dato dallo sviluppo storico ed è il
partito politico: la prima cellula in cui si riassumono dei germi di volontà
collettiva che tendono a divenire universali e totali. Il partito è
l'organizzatore di una riforma intellettuale e morale, che concretamente si
manifesta con un programma di riforma economica, divenendo così la base di un
laicismo moderno e di una completa laicizzazione di tutta la vita e di tutti i
rapporti di costume. Perché un partito esista, e diventi storicamente
necessario, devono confluire in esso tre elementi fondamentali. Primo, un
elemento diffuso, di uomini comuni, medi, la cui partecipazione è offerta dalla
disciplina e dalla fedeltà, non dallo spirito creativo ed altamente
organizzativo essi sono una forza in quanto c'è chi li centralizza, organizza,
disciplina, ma in assenza di questa forza coesiva si sparpaglierebbero e si
annullerebbero in un pulviscolo impotente. Secondo, L'elemento coesivo
principale dotato di forza altamente coesiva, centralizzatrice e
disciplinatrice e anche, anzi forse per questo, inventiva da solo questo
elemento non formerebbe un partito, tuttavia lo formerebbe più che il primo
elemento considerato. Si parla di capitani senza esercito, ma in realtà è più
facile formare un esercito che formare dei capitani». Terzo, Un elemento medio,
che articoli il primo col secondo elemento, che li metta a contatto, non solo
fisico, ma morale e intellettuale. Gramsci negli scritti compresi ribadì i
principi espressi dalla Terza Internazionale, insistendo sulla disciplina
ferrea del partito e contestando qualsiasi forma di frazionismo. Socialisti e
sindacalisti venivano pesantemente criticati e messi sullo stesso piano del
regime fascista. Tutti gli uomini sono intellettuali, dal momento che non
c'è attività umana da cui si possa escludere ogni intervento intellettuale. Nn
si può separare l'homo faber dall'homo sapiens, in quanto, indipendentemente
della sua professione specifica, ognuno è a suo modo un filosofo, un artista,
un uomo di gusto, partecipa di una concezione del mondo, ha una consapevole
linea di condotta morale, ma non tutti gli uomini hanno nella società la
funzione dell’ intellettuale. Storicamente si formano particolari categorie
di intellettuali, specialmente in connessione coi gruppi sociali più importanti
e subiscono elaborazioni più estese e complesse in connessione col gruppo
sociale dominante. Un gruppo sociale che tende all'egemonia lotta per
l'assimilazione e la conquista ideologica degli intellettuali tradizionali tanto
più rapida ed efficace quanto più il gruppo dato elabora simultaneamente i
propri intellettuali organici. L'intellettuale tradizionale è il letterato, il
filosofo, l'artista e perciò i giornalisti, che ritengono di essere letterati,
filosofi, artisti, ritengono anche di essere i veri intellettuali, mentre
modernamente è la formazione tecnica a formare la base del nuovo tipo di
intellettuale, un costruttore, organizzatore, persuasorema non assolutamente il
vecchio oratore, formatosi sullo studio dell'eloquenza motrice esteriore e
momentanea degli affetti e delle passioni il quale deve giungere dalla
tecnica-lavoro alla tecnica-scienza e alla concezione umanistica storica, senza
la quale si rimane specialista e non si diventa dirigente. Il gruppo sociale
emergente, che lotta per conquistare l'egemonia politica, tende a conquistare
alla propria ideologia l'intellettuale tradizionale mentre, nello stesso tempo,
forma i propri intellettuali organici. L'organicità degli intellettuali si
misura con la maggiore o minore connessione con il gruppo sociale cui essi
fanno riferimento. Essi operano tanto nella società civilel'insieme degli
organismi privati in cui si dibattono e si diffondono le ideologie necessarie
all'acquisizione del consenso, apparentemente dato spontaneamente dalle grandi
masse della popolazione alle scelte del gruppo sociale dominante quanto nella
società politica, dove si esercita il dominio diretto o di comando che si
esprime nello Stato e nel governo giuridico. Gli intellettuali sono così i
commessi del gruppo dominante per l'esercizio delle funzioni sub-alterne
dell'egemonia sociale e del governo politico, cioè, primo, del consenso
spontaneo dato dalle grandi masse della popolazione all'indirizzo impresso alla
vita sociale dal gruppo fondamentale dominante; secondo, dell'apparato di
coercizione statale che assicura legalmente la disciplina di quei gruppi che
non consentono. Come lo Stato, nella società politica, tende a unificare gli
intellettuali tradizionali con quelli organici, così nella società civile il
partito politico, ancor più compiutamente e organicamente dello Stato, elabora i
propri componenti, elementi di un gruppo sociale nato e sviluppatosi come
economico, fino a farli diventare intellettuali politici qualificati,
dirigenti, organizzatori di tutte le attività e le funzioni inerenti
all'organico sviluppo di una società integrale, civile e politica. Il compito
della riforma intellettuale e morale non potrà che essere ancora degli
intellettuali organici, non cristallizzati, che la determineranno e
organizzeranno, adeguando la cultura anche alle sue funzioni pratiche,
addivenendo a una nuova organizzazione della cultura. Il partito comunista si
pone come sintesi attiva di questo processo: intellettuale collettivo di
avanguardia, la direzione politica di classe lotterà per l'egemonia. Il partito
comunista, per Gramsci, è intellettuale collettivo; e l'intellettuale comunista
è organico alla classe e dunque a questo collettivo perché fa parte del blocco
storico-sociale che deve costruire il nuovo mondo. Pur essendo sempre
stati legati alle classi dominanti, ottenendone spesso onori e prestigio, gli
intellettuali italiani non si sono mai sentiti organici, hanno sempre
rifiutato, in nome di un loro astratto cosmopolitismo, ogni legame con il
popolo, del quale non hanno mai voluto riconoscere le esigenze né interpretare
i bisogni culturali. In molte linguein russo, in tedesco, in franceseil
significato dei termini «nazionale» e «popolare» coincidono: «in Italia, il
termine nazionale ha un significato molto ristretto ideologicamente e in ogni caso
non coincide con popolare, perché in Italia gli intellettuali sono lontani dal
popolo, cioè dalla nazione e sono invece legati a una tradizione di casta, che
non è mai stata rotta da un forte movimento popolare o nazionale dal basso: la
tradizione è libresca e astratta e l'intellettuale tipico moderno si sente più
legato ad Annibal Caro o a Ippolito Pindemonte che a un contadino pugliese o
siciliano. Si è assistito a un fiorire della letteratura popolare, dai romanzi
di appendice del Sue o di Ponson du Terrail, ad Alexandre Dumas, ai racconti
polizieschi inglesi e americani; con maggior dignità artistica, alle opere del
Chesterton e di Dickens, a quelle di Victor Hugo, di Émile Zola e di Honoré de
Balzac, fino ai capolavori di Dostoevskij e di Tolstoj. Nulla di tutto questo
in Italia. In Italia, la letteratura non si è diffusa e non è stata popolare,
per la mancanza di un blocco nazionale intellettuale e morale tanto che
l'elemento intellettuale italiano è avvertito come “più straniero degli
stranieri stessi”. Fa eccezione, per
Gramsci, il melodrama verista (“Cavalleria rusticana”, “Pagliacci”), che ha
tenuto in qualche modo in Italia il ruolo nazionale-popolare sostenuto altrove
dalla letteratura. Il pubblico icerca la sua letteratura all'estero perché la sente
più sua di quella italiana: è questa la dimostrazione del distacco, in Italia,
fra pubblico e scrittori. Ogni popolo ha la sua letteratura, ma essa può venirgli
da un altro popolo può essere subordinato all'egemonia intellettuale e morale
di altri popoli. È questo spesso il paradosso più stridente per molte tendenze
monopolistiche di carattere nazionalistico e repressivo: che mentre si
costruiscono piani grandiosi di egemonia, non ci si accorge di essere oggetto
di una egemonia straniera. Così come, mentre si fanno piani imperialistici, in
realtà si è oggetto di altri imperialism.. Hanno fallito nel compito di
elaborare la coscienza morale del popolo, non diffondendo in esso un moderno
umanesimo. La insufficienza dell’intelletuale è «uno degli indizi più
espressivi dell'intima rottura che esiste tra la religione e il popolo. Questo
si trova in uno stato miserrimo di indifferentismo e di assenza di una vivace
vita spirituale. La religione è rimasta allo stato di superstizione l'Italia
popolare è ancora nelle condizioni create immediatamente dalla Contro-Riforma.
La religione, tutt'al più, si è combinata col folclore pagano ed è rimasta in
questo stadio. Sono rimaste famose le note di Gramsci sul Manzoni: lo scrittore
più autorevole, più studiato nelle scuole e probabilmente il più popolare, è
una dimostrazione del carattere elitista della letteratura italiana. Ecco le
parole dai Quaderni del carcere, confrontandolo con Tolstoj. Il carattere
aristocratico di Manzoni appare dal compatimento scherzoso verso le figure di
uomini del popolo (ciò che non appare in Tolstoj), come fra Galdino (in
confronto di frate Cristoforo), il sarto, Renzo, Agnese, Perpetua, la stessa
Lucia i popolani, per Manzoni, non hanno vita interiore, non hanno personalità
morale profonda; essi sono animali. Manzoni è benevolo verso di loro proprio
della benevolenza di una società di protezione di animali niente dello spirito
popolare di Tolstoi, cioè dello spirito evangelico del cristianesimo primitivo.
L'atteggiamento di Manzoni verso i suoi popolani è l'atteggiamento della Chiesa
Cattolica verso il popolo: di condiscendente benevolenza, non di immediatezza
umana vede con occhio severo tutto il popolo, mentre vede con occhio severo i
più di coloro che non sono popolo; egli trova magnanimità, alti pensieri,
grandi sentimenti, solo in alcuni della classe alta, in nessuno del popolo non
c'è popolano che non venga preso in giro e canzonato. Vita interiore hanno solo
i signori: fra Cristoforo, il Borromeo, l'Innominato, lo stesso don Rodrigo il
suo atteggiamento verso il popolo e elitista ed aristocratico. Una classe che
muova alla conquista dell'egemonia non può non creare una nuova cultura, che è
essa stessa espressione di una nuova vita morale, un nuovo modo di vedere e
rappresentare la realtà; naturalmente, non si possono creare artificialmente
artisti che interpretino questo nuovo mondo culturale, ma «un nuovo gruppo
sociale che entra nella vita storica con atteggiamento egemonico, con una
sicurezza di sé che prima non aveva, non può non suscitare dal suo seno
personalità che prima non avrebbero trovato una forza sufficiente per esprimersi
compiutamente. Intanto, nella creazione di una nuova cultura, è parte la critica
della civiltà letteraria presente, e vede nella critica svolta da Sanctis un
esempio privilegiato. La critica di Sanctis è militante, non frigidamente
estetica, è la critica di un periodo di lotte culturali, di contrasti tra
concezioni della vita antagonistiche. Le analisi del contenuto, la critica
della struttura delle opere, cioè della coerenza logica e storica-attuale delle
masse di sentimenti rappresentati artisticamente, sono legate a questa lotta
culturale: proprio in ciò pare consista la profonda umanità e l'umanesimo di Sanctis.
Piace sentire in lui il fervore appassionato dell'uomo di parte che ha saldi
convincimenti morali e politici e non li nasconde. Sanctis opera nel periodo
risorgimentale, in cui si lotta per creare una nuova cultura: di qui la
differenza con Croce, che vive sì gli stessi motivi culturali, ma nel periodo
della loro affermazione, per cui la passione e il fervore romantico si sono
composti nella serenità superiore e nell'indulgenza piena di bonomia. Quando
poi quei valori culturali, così affermatisi, sono messi in discussione, allora
in Croce sub-entra una fase in cui la serenità e l'indulgenza s'incrinano e
affiora l'acrimonia e la collera a stento repressa: fase difensiva non
aggressiva e fervida, e pertanto non confrontabile con quella di Sanctis. Una
critica letteraria marxistica può avere nel critico campano un esempio, dal
momento che essa deve fondere, come Sanctis fece, la critica estetica con la
lotta per una cultura nuova, criticando il costume, i sentimenti e le ideologie
espresse nella storia della letteratura, individuandone le radici nella società
in cui quegli scrittori si trovavano a operare. Non a caso, progettava
nei suoi Quaderni un saggio che intendeva intitolare «I nipotini di padre Bresciani»,
dal nome di Bresciani, tra i fondatori e direttore della rivista La Civiltà
Cattolica e scrittore di romanzi popolari d'impronta reazionaria; uno di essi,
L'ebreo di Verona, fu stroncato in un famoso saggio di Sanctis. I nipotini di padre Bresciani sono gli
intellettuali e i letterati contemporanei portatori di una ideologia
reazionaria con un «carattere tendenzioso e propagandistico apertamente
confessato». Fra i «nipotini»individua, oltre a molti scrittori ormai
dimenticati, Antonio Beltramelli, Ugo Ojetti, la codardia intellettuale dell'uomo
supera ogni misura normale, Panzini, Bellonci, Bontempelli, Fracchia, Baratono
-- l'agnosticismo del Baratono non è altro che vigliaccheria morale e civile --
teorizza solo la propria impotenza estetica e filosofica e la propria coniglieria
– Bacchelli -- nel Bacchelli c'è molto brescianesimo, non solo
politico-sociale, ma anche letterario: la Ronda fu una manifestazione di
gesuitismo artistico -- Salvator Gotta --di Salvator Gotta si può dire ciò che
il Carducci scrisse del Rapisardi: Oremus sull'altare e flatulenze in
sagrestia; tutta la sua produzione letteraria è brescianesca», Ungaretti.
La vecchia generazione degli intellettuali è fallita (Papini, Prezzolini,
Soffici, ecc.) ma ha avuto una giovinezza. La generazione attuale non ha
neanche questa età delle brillanti promesse, Rosa, Angioletti, Malaparte,
ecc.). Asini brutti anche da piccoletti. Croce, il più autorevole intellettuale
dell'epoca, da alla borghesia italiana gli strumenti culturali più raffinati
per delimitare i confini fra gli intellettuali e la cultura italiana, da una
parte, e il movimento operaio e socialista dall'altra; è allora necessario
mostrare e combattere la sua funzione di maggior rappresentante dell'egemonia
culturale che il blocco sociale dominante esercita nei confronti del movimento operaio
italiano. Come tale, Croce combatte il marxismo, cercando di negarne validità
nell'elemento che egli individua come decisivo: quello dell'economia. Il Capitale
di Marx sarebbe per Croce un'opera di morale e non di scienza, un tentativo di
dimostrare che la società capitalistica è immorale, diversamente dalla
comunista, in cui si realizzerebbe la piena moralità umana e sociale. La non-scientificità
dell'opera maggiore di Marx sarebbe dimostrata dal concetto del “plusvalore.” Per
Croce, solo da un punto di vista morale si può parlare di “plusvalore” rispetto
al “valore”, legittimo concetto economico. Questa critica del Croce è in
realtà un semplice sofisma. Il “plusvalore” è esso stesso valore, è la
differenza tra il valore delle merci prodotte dal lavoratore e il valore della
forza-lavoro del lavoratore stesso. Del resto, la teoria del valore di Marx
deriva direttamente da quella dell'economista liberale Ricardo la cui teoria
del valore-lavoro non sollevò nessuno scandalo quando fu espressa, perché
allora non rappresentava nessun pericolo, appariva solo, come era, una
constatazione puramente oggettiva e scientifica. Il valore polemico e di
educazione morale e politica, pur senza perdere la sua oggettività, dove acquistarla
solo con la Economia critica. La filosofia crociana si qualifica come
storicismo, ossia, seguendo Vico, la realtà è storia e tutto ciò che esiste è
necessariamente storico ma, conformemente alla natura idealistica della sua
filosofia, la storia è storia dello Spirito, dunque storia speculativa, di
astrazionistoria della libertà, della cultura, del progresso non è la storia
concreta delle nazioni e delle classi. La storia speculativa può essere
considerata come un ritorno, in forme letterarie rese più scaltre e meno
ingenue dallo sviluppo della capacità critica, a modi di storia già caduti in
discredito come vuoti e retorici e registrati in diversi libri dello stesso
Croce. La storia etico-politica, in quanto prescinde dal concetto di blocco
storico, in cui contenuto economico-sociale e forma etico-politica si
identificano concretamente nella ricostruzione dei vari periodi storici, è
niente altro che una presentazione polemica di filosofemi più o meno interessanti,
ma non è storia la storia di Croce rappresenta figure disossate, senza
scheletro, dalle carni flaccide e cascanti anche sotto il belletto delle veneri
letterarie dello scrittore. L'operazione conservatrice di Croce storico fa il
paio con quella di Croce filosofo. Se la dialettica dell'idealista Hegel era
una dialettica dei contrariuno svolgimento della storia che procede per
contraddizioni la dialettica crociana è una dialettica dei distinti: commutare
la contraddizione in distinzione significa operare un'attenuazione, se non un
annullamento dei contrasti che nella storia, e dunque nelle società, si
presentano. Tale operazione si manifesta nelle opere storiche di Croce. La sua
Storia d'Europa, iniziando e tagliando fuori il periodo della Rivoluzione francese
e quello napoleonico, non è altro che un frammento di storia, l'aspetto passivo
della grande rivoluzione che si iniziò in Francia nel 1789, traboccò nel resto
d'Europa con le armate repubblicane e napoleoniche, dando una potente spallata
ai vecchi regimi e determinandone non il crollo immediato come in Francia, ma
la corrosione riformistica che durò fino al 1870. Analoga è l'operazione
operata dal Croce nella sua Storia d'Italia la quale affronta unicamente il
periodo del consolidamento del regime dell'Italia unita e si «prescinde dal
momento della lotta, dal momento in cui si elaborano e radunano e schierano le
forze in contrasto in cui un sistema etico-politico si dissolve e un altro si
elabora in cui un sistema di rapporti sociali si sconnette e decade e un altro
sistema sorge e si afferma, e invece Croce assume placidamente come storia il
momento dell'espansione culturale o etico-politico. Gramsci, fin dagli anni
universitari, fu un deciso oppositore di quella concezione fatalistica e
positivistica del marxismo, presente nel vecchio partito socialista, per la
quale il capitalismo necessariamente era destinato a crollare da sé, facendo
posto a una società socialista. Questa concezione mascherava l'impotenza
politica del partito della classe subalterna, incapace di prendere l'iniziativa
per la conquista dell'egemonia. Anche il manuale del bolscevico russo Nikolaj
Bucharin, eLa teoria del materialismo storico manuale popolare di sociologia,
si colloca nel filone positivistico. La sociologia è stata un tentativo di
creare un metodo della scienza storico-politica, in dipendenza di un sistema
filosofico già elaborato, il positivismo evoluzionistico è diventata la
filosofia dei non filosofi, un tentativo di descrivere e classificare
schematicamente i fatti storici, secondo criteri costruiti sul modello delle
scienze naturali. La sociologia è dunque un tentativo di ricavare
sperimentalmente le leggi di evoluzione della società umana in modo da
prevedere l'avvenire con la stessa certezza con cui si prevede che da una
ghianda si svilupperà una quercia. L'evoluzionismo volgare è alla base della
sociologia che non può conoscere il principio dialettico col passaggio dalla
quantità alla qualità, passaggio che turba ogni evoluzione e ogni legge di
uniformità intesa in senso volgarmente evoluzionistico. La comprensione della
realtà come sviluppo della storia umana è solo possibile utilizzando la
dialettica marxiana della quale non vi è traccia nel Manuale del Bucharin perché
essa coglie tanto il senso delle vicende umane quanto la loro provvisorietà, la
loro storicità determinata dalla prassi, dall'azione politica che trasforma le
società. Le società non si trasformano da sé. Già Marx aveva rilevato come
nessuna società si ponga compiti per la cui soluzione non esistano già le
condizioni almeno in via di apparizione né essa si dissolve, se prima non ha
svolto tutte le forme di vita che le sono implicite. Il rivoluzionario si pone
il problema di individuare esattamente i rapporti tra struttura e
sovrastruttura per giungere a una corretta analisi delle forze che operano
nella storia di un determinato periodo. L'azione politica rivoluzionaria, la
prassi, è anche catarsi che segna l passaggio dal momento meramente economico
(o egoistico-passionale) al momento etico-politico cioè l'elaborazione
superiore della struttura in super-struttura nella coscienza degli uomini. Ciò
significa anche il passaggio dall'oggettivo al soggettivo e dalla necessità
alla libertà. La struttura, da forza esteriore che schiaccia l'uomo, lo
assimila a sé, lo rende passivo, si trasforma in mezzo di libertà, in strumento
per creare una nuova forma etico-politica, in origine di nuove iniziative. La
fissazione del momento catartico diventa così il punto di partenza di tutta la filosofia
della prassi; il processo catartico coincide con la catena di sintesi che sono
risultate dallo svolgimento dialettico. La dialettica è dunque strumento di
indagine storica, che supera la visione naturalistica e meccanicistica della
realtà, è unione di teoria e prassi, di conoscenza e azione. La dialettica è dottrina
della conoscenza e sostanza midollare della storiografia e della scienza della
politica e può essere compresa solo concependo il marxismo come una filosofia
integrale e originale che inizia una nuova fase nella storia e nello sviluppo
mondiale in quanto supera (e superando ne include in sé gli elementi vitali)
sia l'idealismo che il materialismo tradizionali espressione delle vecchie
società. Se la filosofia della prassi [il marxismo] non è pensata che
subordinatamente a un'altra filosofia, non si può concepire la nuova
dialettica, nella quale appunto quel superamento si effettua e si esprime. Il
vecchio materialismo è metafisica; per il senso comune la realtà oggettiva,
esistente indipendentemente dall'uomo, è un ovvio assioma, confortato
dall'affermazione della religione per la quale il mondo, creato da Dio, si
trova già dato di fronte a noi. Ma va rifiutata «la concezione della realtà
oggettiva del mondo esterno nella sua forma più triviale e acritica» dal
momento che «a questa può essere mossa l'obbiezione di misticismo». Se noi
conosciamo la realtà in quanto uomini, ed essendo noi stessi un divenire
storico, anche la conoscenza e la realtà stessa sono un divenire. Come
potrebbe esistere un'oggettività extrastorica ed extraumana e chi giudicherà di
tale oggettività? La formulazione di Engels che l'unità del mondo consiste
nella sua materialità dimostrata dal lungo e laborioso sviluppo della filosofia
e delle scienze naturali contiene appunto il germe della concezione giusta,
perché si ricorre alla storia e all'uomo per dimostrare la realtà oggettiva.
Oggettivo significa sempre umanamente oggettivo, ciò che può corrispondere
esattamente a storicamente soggettivo. L'uomo conosce oggettivamente in quanto
la conoscenza è reale per tutto il genere umano storicamente unificato in un
sistema culturale unitario; ma questo processo di unificazione storica avviene
con la sparizione delle contraddizioni interne che dilaniano la società umana,
contraddizioni che sono la condizione della formazione dei gruppi e della
nascita delle ideologie. C'è dunque una lotta per l'oggettività (per liberarsi
dalle ideologie parziali e fallaci) e questa lotta è la stessa lotta per
l'unificazione culturale del genere umano. Ciò che gli idealisti chiamano
spirito non è un punto di partenza ma di arrivo, l'insieme delle soprastrutture
in divenire verso l'unificazione concreta e oggettivamente universale e non già
un presupposto unitario». La formazione linguistica di Antonio Gramsci inizia
durante gli anni universitari a Torino con la frequentazione delle lezioni di
Bartoli. Gramsci apprende che la lingua è un prodotto “sociale" e che non
può essere studiata senza tenere conto della storia generale: ciò vuol dire che
non è possibile comprendere i mutamenti di una lingua senza riflettere sui
mutamenti sociali, culturali e politici della popolazione che la parla. È stato
notato che fece aderire le teorie apprese da Bartoli alle letture filosofiche
che lo formarono politicamente; in primo luogo all'Ideologia Tedesca di Marx,
dove Marx afferma che il tessco, come la coscienza dei tedesci, appartiene alla
sfera degli istituti sovra-strutturali, cioè al mondo dell'organizzazione
politica e giuridica della società. Le più interessanti riflessioni
linguistiche gramsciane sono contenute nei Quaderni del carcere e riguardano da
una parte la questione delle lingue in Italia, ovvero lo studio delle ragioni che
hanno reso difficile la diffusione di una lingua per la nazione o tutta la
poppolazione, dall'altra il tema dell'insegnamento linguistico nelle scuole
primarie. Soprattutto il secondo tema è di fondamentale importanza per Gramsci,
perché riguarda direttamente il riscatto culturale delle grandi masse popolari
e la creazione di uno spirito nazionale in grado di superare ogni forma di
particolarismo regionale. I Quaderni del carcere sono costellati in
maniera asistematica di molte note dedicate a problemi di caratteri
linguistico; queste note tracciano una vera e propria storia della lingua
italiana e racchiudono le riflessioni di Gramsci in merito alla cosiddetta
questione della lingua in Italia. Questo tipo di argomento si riallaccia a un
altro importante tema dei Quaderni ovvero lo studio delle responsabilità degli
intellettuali italiani per la formazione di uno spirito nazionale unitario. A
tal proposito Gramsci scrive: «mi pare che, intesa la lingua come elemento
della cultura e quindi della storia generale e come manifestazione precipua
della nazionalità e popolarità degli intellettuali, questo studio non sia ozioso
e puramente erudito». Nell'affrontare una ricostruzione storica delle vicende
linguistiche italiane Gramsci cerca dei termini di confronto con altri paesi
europei come la Francia: mentre in Francia il volgare viene usato per la prima
volta nella storia per redigere un documento ufficiale di carattere
politico-istituzionale, in Italia il volgare appare per la registrazione di
documenti privati legati al commercio o a questioni giuridiche:
«l'origine della differenziazione storica tra Italia e Francia si può trovare
testimoniata nel giuramento di Strasburgo, cioè nel fatto che il popolo
partecipa attivamente alla storia (il popolo-esercito) diventando il garante
dell'osservanza dei trattati tra i discendenti di Carlo Magno; il
popolo-esercito garantisce giurando in volgare, cioè introduce nella storia
nazionale la sua lingua, assumendo una funzione politica di primo piano,
presentandosi come volontà collettiva, come elemento di una democrazia
nazionale. Questo fatto demagogico dei Carolingi di appellarsi al popolo nella
loro politica estera è molto significativo per comprendere lo sviluppo della
storia francese e la funzione che vi ebbe la monarchia come fattore nazionale.
In Italia i primi documenti di volgare sono dei giuramenti individuali per
fissare la proprietà su certe terre dei conventi, o hanno un carattere
antipopolare («Traite, traite, fili de le putte»).» (Quaderni del
carcere, V. Gerratana, Torino, Einaudi) In Francia i gruppi dirigenti si
rendono conto dell'importanza del popolo negli affari di Stato: la demagogia di
cui parla Gramsci è da intendere, oltre che come strumento di propaganda, anche
come un nuovo atteggiamento politico in grado di crearsi «una propria civiltà
statale integrale», in cui si stabilisce un rapporto diretto tra governati e
governanti: il popolo diventa testimone di un fatto storico legittimato dal suo
giuramento. Ricorda nei suoi appunti come in Italia l'uso del volgare si
diffonda con l'avvento dell'età comunale, non solo per la redazione di
documenti privati, tipo atti notarili o giuramenti, ma anche per la creazione
di opere letterarie: in particolare, il volgare toscano, lingua della
borghesia, ottiene un certo successo anche nelle altre regioni. Firenze
esercita una egemonia culturale, connessa alla sua egemonia commerciale e
finanziaria. Bonifazio VIII dice che i fiorentini sono il quinto elemento del
mondo. C'è uno sviluppo linguistico unitario dal basso, dal popolo alle persone
colte, rinforzato dai grandi scrittori fiorentini e toscani. Dopo la decadenza
di Firenze, l'italiano diventa sempre più la lingua di una casta chiusa, senza
contatto vivo con una parlata storica.” Da questo momento si verifica una cristallizzazione
della lingua. I promotori del nuovo volgare, provenienti dalla borghesia, non
scrivono più nella lingua della loro classe d'origine perché con essa non
intrattengono più nessun rapporto, nella visione di Gramsci essi “vengono
assorbiti dalle classi reazionarie, dalle corti, non sono letterati borghesi,
ma aulici.” In questo senso, vede sciupata l'occasione di una diffusione
graduale del volgare toscano su scala nazionale, occasione compromessa
soprattutto dalla frammentazione politica della penisola e dal carattere “elitario”
del ceto intellettuale italianio. Affronta con maggior vigore la questione
delle lingue in relazione al periodo post-unitario. Nella seconda metà
dell'Ottocento, lo stato e per gran parte “dialettofono”, mentre la lingua
della nazione venne usata solo a livello letterario e come lingua delle
istituzioni. La scarsa diffusione di una lingua per la nazione testimonia la
frammentazione politica e culturale della popolazione italiana. Questo fenomeno
venne avvertito come un problema politico, soprattutto da molti intellettuali
di tendenze democratiche come Manzoni. Nella sua ricostruzione storica
Gramsci scrive che “anche la questione delle lingue posta da Manzoni riflette questo problema, il problema
della unità intellettuale e morale della nazione e dello stato, ricercato
nell'unità della lingua.” Eppure, sebbene Gramsci riconosca al Manzoni di aver
compreso la questione linguistica italiana come una questione politica e
sociale, si distingue da lui nel modo di interpretare la risoluzione del problema. Durante
il suo apprendistato glottologico presso Bartoli a Torino ha modo di
confrontare le posizioni del Manzoni con quelle di Ascoli, del “Archivio Glottologico.”
Mentre Manzoni prevede la diffusione di una lingua per la nazione sul modello
fiorentino imposta per decreto statale e per mezzo di maestri di scuola di
origine toscana, Ascoli concepiva la nascita di una lingua nazionale come il
frutto di un'unificazione culturale prima ancora che linguistica. Secondo
Ascoli l'unità culturale e linguistica, prima di tutto, deve avere un centro
irradiante, cioè un determinato 'municipio' in cui si concentrano e da cui
provengono gli elementi essenziali della vita nazionale: beni di consumo,
stimoli culturali, mode, ritrovati della tecnica, istituti statali e giuridici,
ecc. Se quel dato municipio riuscirà a stabilire un primato politico, economico
e culturale su tutta la nazione, riuscirà anche a diffondere, per conseguenza,
il suo particolare idioma. Per Ascoli, una lingua nazionale altro non può e non
deve essere, se non l'idioma vivo di una data città. Deve cioè per ogni parte
coincidere con l'idioma spontaneamente parlato dagli abitatori contemporanei di
quel dato municipio, che per questo capo viene a farsi principe, o quasi stromento
livellatore, dell'intiera nazione. Ascoli, nel suo Proemio, prende la Francia
come esempio per avvalorare la sua tesi. Infatti, l'unità linguistica di
Francia corrisponde all'egemonia politico-culturale di Parigi. La Francia
attinge da Parigi la unità della sua favella, perché Parigi è il gran crogiuolo
in cui si è fusa e si fonde l'intelligenza della Francia intera. Dal
vertiginoso movimento del municipio parigino parte ogni impulso dell'universa
civiltà francese. Viene da Parigi il nome, perché da Parigi vien la cosa. E la
Francia avendo in questo municipio l'unità assorbente del suo pensiero, vi ha
naturalmente pur quella dell'animo suo; e non solo studia e lavora, ma si
commuove, e in pianto e in riso, così come la metropoli vuole. E quindi è necessariamente
dell'intiera Francia l'intiera favella di Parigi. Gramsci ricalca la lezione
ascoliana nei suoi Quaderni. Poiché il processo di formazione, di diffusione, e
di sviluppo di una lingua nazionale unitaria avviene attraverso tutto un
complesso di processi molecolari, è utile avere consapevolezza di tutto il
processo nel suo complesso, per essere in grado di intervenire attivamente in
esso col massimo di risultato. Questo intervento non bisogna considerarlo come
decisivo e immaginare che i fini proposti saranno tutti raggiunti nei loro
particolari, che cioè si otterrà una determinata lingua unitaria. Si otterrà
una lingua unitaria, se essa è una necessità e l'intervento organizzato
accelera i tempi del processo già esistente. Quale sia per essere questa lingua
non si può prevedere e stabilire. Alla nota Focolai di irradiazione
linguistiche nella tradizione e di un conformismo nazionale linguistico nelle
grandi masse, compila un elenco di tutti gli strumenti utili alla diffusione di
una lingua unitaria. Primo, La scuola. Secondo, i giornali. Terzo, gli scrittori d'arte e quelli popolari.
Quarto, il teatro e il cinematografo sonoro. Quinto, la radio. Sesto, le riunioni
pubbliche di ogni genere, comprese quelle religiose. Settimo, I rapporti di ‘conversazione’
tra i vari strati della popolazione più colti e meno colti. Ottavo, i dialetti
locali, intesi in sensi diversi (dai dialetti più localizzati a quelli che
abbracciano complessi regionali più o meno vasti: così il napoletano per
l'Italia meridionale, il palermitano o il catanese per la Sicilia ecc. Al primo
posto di questo elenco troviamo la scuola. Per tradizione, a scuola, gli
insegnanti introducono gli alunni allo studio di una lingua attraverso la
grammatica “normativa”. Gramsci definisce la grammatica normativa come una fase
esemplare, come la sola degna di diventare, organicamente e totalitarmente, la
lingua comune di una nazione, in lotta e in concorrenza con le altre fasi e
tipi o schemi che esistono già. Le riflessioni gramsciane in materia di
grammatica si pongono in netto contrasto con la riforma della scuola realizzata
da Gentile, di basi griceiana. La riforma, in linea con l'impianto idealista
gentiliano, prevede che l'apprendimento della lingua della nazione nelle classi
elementari si basasse su quello chi Gentile chiama la “espressione” viva o parlata
e non sulla grammatical normativa, considerata questa come una disciplina “astratta”
e meccanica. Nell'ottica di Gramsci il metodo apparentemente liberale di
Gentile-Grice, racchiude uno spiccato carattere “classista” o elitist, in
quanto gli scolari appartenenti alle classi sociali più alte sono avvantaggiati
dal fatto che apprendono l'italiano in famiglia, mentre gli scolari del basso
popolo possono contare su una comunicazione familiare realizzata esclusivamente
in “dialetto” --. In questo senso la grammatica normativa si presenta come uno
strumento in grado di livellare le differenze sociali permettendo a tutti la
conoscenza della lingua della nazione. Secondo Gramsci la conoscenza
della lingua della nazione presso le classi sub-alterne è fondamentale per la
loro organizzazione politica. Un proletariato “dialettofono” non può
partecipare alla vita politica di una nazione e non può sperare di crearsi un
ceto intellettuale in grado di competere con i ceti intellettuali tradizionali.
Il dialetto non deve sparire, ma restare funzionali a un tipo di comunicazione
familiare o locale che non può garantire, per cause interne al suo sistema, «la
comunicazione di un contenuto culturale ‘universale’, caratteristico della
nuova cultura esercitata dal proletariato. Gramsci prestò attenzione anche
alla lingua dell’impero romano. Espresse in più occasioni che lo studio del
latino fosse particolarmente utile nella formazione filosofica, in quanto abituare
il filosofo allo studio rigoroso e a pensare storicamente. Contesta il “nazionalismo”
degli studi e criticò ripetutamente gli intellettuali che, durante la prima
guerra mondiale, chiedevano che fossero messe al bando le edizioni dei testi
romani e la grammatica latina compilate da autori tedeschi! Anche nei Quaderni
del carcere si sofferma sulla questione e ribadì l'utilità intrinseca della
antica lingua romana, osservando che e uno strumento importante nella fase
della formazione filosofica nella quale è necessario un insegnamento
"disinteressato", cioè non legato a questioni pratiche. Però,
sottolineò anche che in futuro lo studio delle lingue morte avrebbe dovuto
essere sostituito da altre materie: era un cambiamento difficile, ma
necessario, per promuovere la formazione di un nuovo tipo di intellettuale.Scrisse
nel Quaderno 12: Bisognerà sostituire il latino e il greco come fulcro
della scuola formativa e lo si sostituirà, ma non sarà agevole disporre la
nuova materia o la nuova serie di materie in un ordine didattico che dia
risultati equivalenti di educazione e formazione generale della personalità,
partendo dal fanciullo fino alla soglia della scelta professionale. In questo
periodo infatti lo studio o la parte maggiore dello studio deve essere (e
apparire ai discenti) disinteressato, non avere cioè scopi pratici immediati o
troppo immediati, deve essere formativo, anche se «istruttivo», cioè ricco di
nozioni concrete. Machiavelli influenzò fortemente la teoria dello Stato
di Gramsci. Marx, filosofo, storico, critico dell'economia politica e fondatore
del materialismo storico Engels Lenin, Labriola, primo notevole teorico
marxista italiano, riteneva che la principale caratteristica del marxismo fosse
quella di aver creato uno stretto nesso fra la storia e la filosofia. Sorel —
sindacalista che ha respinto il principio dell'inevitabilità del progresso
storico. Pareto — economista e sociologo italiano (nato a Parigi di madre
francese), noto per la sua teoria sull'interazione fra masse ed élite. Croce —
liberale italiano, filosofo anti-marxista e idealista il cui pensiero fu
sottoposto da Gramsci a critica attenta e approfondita. Pensatori influenzati
da Gramsci. Gramscianesimo. Zackie Achmat Eqbal Ahmad Jalal Al-e-Ahmad,
Althusser Perry Anderson, Giulio Angioni Michael Apple Giovanni Arrighi Zygmunt
Bauman Homi K. Bhabha, Gordon Brown Alberto Burgio, Butler Alex Callinicos
Partha Chatterjee Marilena Chauí, Chomsky Alberto Mario Cirese Hugo Costa
Robert W. Cox Alain de Benoist Biagio de Giovanni Ernesto de Martino, Eco John
Fiske, Foucault Paulo Freire, Garin Eugene D. Genovese Stephen Gill Paul
Gottfried Stuart Hall Michael Hardt Chris Harman David Harvey Hamish Henderson
Eric Hobsbawm Samuel Huntington Alfredo Jaar Bob Jessop, Laclau, Mariátegui, Mouffe,
Negri, Nono, Omi, Pasolini, Pigliaru, Pira, Portantiero, Poulantzas Gyan
Prakash William I. Robinson Edward Saïd Ato Sekyi-Otu Gayatri Chakravorty
Spivak, Sraffa Edward Palmer Thompson Giuseppe Vacca Paolo Virno Cornel West
Raymond Williams Howard Winant, Wittgenstein Eric Wolf Howard Zinn. Gramsci
al cinema e in televisione Il delitto Matteotti, regia di Vancini, Antonio
GramsciI giorni del carcere, regia di Fra, Gramsci, regia di Maielloserie TV, Gramsci,
film in forma di rosa, regia di Gabriele Morleocortometraggio, Gramsci, regia di
Emiliano Barbucci, Nel mondo grande e terribile, regia di Daniele Maggioni,
Maria Grazia Perria e Laura Perini. Gramsci nel teatro Compagno Gramsci, di
Maricla Boggio e Franco Cuomo, regia di Maricla Boggio, Gramsci nella musica
Quello lì (compagno Gramsci), canzone di Claudio Lolli contenuta nell'album Un
uomo in crisi. Canzoni di morte. Canzoni di vita, Piazza Fontana, canzone dei
Yu Kung contenuta nell'album Pietre della mia gente Nino, canzone dei Gang
contenuta nell'album Sangue e Cenere () Gramsci, il teatro e la musica È nota
la passione di Gramsci per il teatro e per la musica, che si può leggere nelle
lettere scritte a Tania. Egli ha scritto circa il melodrama “verdiano” che per
lui segnava l’apertura dei teatri al pubblico, svolgendo una funzione
conoscitiva, pedagogica e politica in senso generale. Per Gramsci l’opera
diviene l’arte più popolare e i teatri aperti i luoghi dove si esercitava parte
del conflitto politico. Una frase quasi ironica di Gramsci da citare, per
quanto riguarda l’importanza dell’opera per l’Italia: “siccome il popolo non è
letterato e di letteratura conosce solo il libretto d'opera ottocentesco,
avviene che gli uomini del popolo melodrammatizzino”. Nelle sue lettere si può
leggere anche riguardo alla moda europea del jazz; egli sostiene che questa
musica aveva conquistato uno strato dell’Europa colta e aveva creato un vero
fanatismo: Opere: “Alcuni temi della questione meridionale, in Lo Stato
Operaio, Opere, Lettere dal carcere,
Torino, Einaudi, premio Viareggio, con centodiciannove lettere inedite, I
quaderni dal carcere, Il materialismo storico e la filosofia di Croce” (Torino,
Einaudi); “Gli intellettuali e l'organizzazione della cultura” Torino, Einaudi,
Il Risorgimento, Torino, Einaudi, Note sul Machiavelli sulla politica e sullo
stato moderno, Torino, Einaudi, Letteratura e vita nazionale, Torino, Einaudi,Passato
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NovaEuropa Edizioni, .Note Luigi Manias, Antonio Sebastiano Francesco
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Ma quando è nato Gramsci?, Marmilla Cultura,
Manias, Ales. La sua storia. I suoi problemi, Marmilla Cultura, Così
Gramsci ricordava con ironia l'episodio, nella lettera dal carcere alla cognata
Tatiana, aggiungendo che «una zia sosteneva che ero risuscitato quando lei mi
unse i piedini con l'olio di una lampada dedicata a una Madonna e perciò,
quando mi rifiutavo di compiere gli atti religiosi, mi rimproverava aspramente,
ricordando che alla Madonna dovevo la vita»
«Noi eravamo tutti molto piccoli. Lei dunque doveva anche accudire alla
casa. Trovava il tempo per i lavori di cucito rinunziando al sonno». Così
ricordava quegli anni la sorella Teresina Gramsci, in Fiori, Lettera a Tatiana
Schucht, così scriveva per invitare la cognata a non eccedere nelle sue
preoccupazioni sulla sua vita di carcerato. La lettera prosegue infatti: «Ho
conosciuto quasi sempre solo l'aspetto più brutale della vita e me la sono
sempre cavata, bene o male» Lettera a
Tatiana Schucht, Numerose sono le richieste di denaro al padre: gli scrive di essere «proprio indecente con
questa giacca che ha già due anni ed è spelacchiata e lucida [oggi non sono
andato a scuola perché mi son dovuto risuolare le scarpe» e, il 16 febbraio,
che «per non farvi vergognare non sono uscito di casa per dieci giorni
interi» Fonzo, Testimonianza in Fiori, Testimonianza
della sorella Teresina in Fiori, Fiori, L'articolo è riportato in Fiori, Riportato
in A. Gramsci, Scritti politici Antonio
Gramsci, Dizionario di Storia, Treccani
[«io pensavo allora che bisognava lottare per l'indipendenza nazionale
della regione: "Al mare i continentali". Poi ho conosciuto la classe
operaia di una città industriale e ho capito ciò che realmente significavano le
cose di Marx che avevo letto prima per curiosità intellettuale». Cfr. A.
Gramsci, lettera a Giulia Schucht, in A. Gramsci, Lettere. Gramsci e l'isola
laboratorio, La Nuova Sardegna A.
Gramsci. Lettere. Progettando, in carcere, uno studio di linguistica comparata,
mai realizzato, in una lettera dal carcere dalla cognata Tatiana, ricorda come
«uno dei maggiori "rimorsi" intellettuali della mia vita è il dolore
profondo che ho procurato al mio buon professor Bartoli dell'Torino, il quale
era persuaso essere io l'arcangelo destinato a profligare definitivamente i
"neogrammatici"» della linguistica. Tuttavia già l'economista Amartya
Sen aveva avanzato l'ipotesi che il passaggio ai giochi linguistici di Ludwig
Wittgenstein nelle Ricerche filosofiche fosse stato ispirato dai Quaderni dal
carcere. Nel suo recente studio Gramsci and Wittgenstein: an intriguing
connection, Pipero ha aggiunto nuovi elementi che dimostrano il collegamento
fra Gramsci e Wittgenstein tramite Sraffa. Infatti il filosofo viennese venne a
conoscenza del Quaderno 29, grazie proprio al suo amico Sraffa che aveva conosciuto
a Cambridge . Lettera dal carcere : in essa Gramsci ricorda ancora un simpatico
e patetico episodio. Dopo la rottura avvenuta a causa di quell'articolo che
fece «piangere come un bambino e stette chiuso in casa il Cosmo per alcuni
giorni», essi s'incontrarono nel nell'Ambasciata d'Italia a Berlino, dove il
professore era segretario: «il Cosmo mi si precipitò addosso, inondandomi di
lacrime e di barba e dicendo a ogni momento: Tu capisci perché! Tu capisci
perché! Era in preda a una commozione che mi sbalordì, ma mi fece capire quanto
dolore gli avessi procurato nel 1920 e come egli intendesse l'amicizia per i
suoi allievi di scuola» Lettera dal carcere
a TSchucht In Fiori, In A. Gramsci,
Scritti politici, I56-59 Davico12. Lettera dal carcere a Tatiana Schucht Lettera
dal carcere a Tatiana Schucht, Recensione Recensione Recensione Spriano, Note
sulla rivoluzione russa, ne Il Grido del Popolo, in Gramsci, I massimalisti russi, ne Il Grido del Popolo, iSpriano,
La rivoluzione contro il «Capitale», nell'Avanti!, Nella lettera Marx scriveva
a Vera Zasulič che la tipica proprietà comune agricola russa poteva essere
salvata dalla distruzione minacciata dallo sviluppo dei rapporti capitalistici:
«Per salvare la comune russa, occorre una rivoluzione russa. Se la rivoluzione
scoppierà a tempo opportuno, se l'intelligencija concentrerà tutte le forze
«vive del paese» nell'assicurare alla comune agricola un libero spiegamento,
allora la comune ben presto evolverà come elemento di rigenerazione della
società russa e, insieme, di superiorità sui paesi ancora asserviti dal regime
capitalistico». Inoltre, nella prefazione all'edizione russa del Manifesto,Marx
ed Engels avevano scritto che «l'odierna proprietà comune potrà servire di
partenza per una evoluzione comunista». È anche vero, tuttavia, almeno nel caso
della lettera alla Zasulič, che Gramsci all'epoca non poteva conoscerne il
contenuto. (Cfr. Cinella, L'altro Marx, Della Porta Editori, Pisa-Genova, A.
Gramsci, Ordine Nuovo, A. Gramsci, ibidem
Corriere della Sera, Archivio Centrale dello Stato, Min. Int., Dir. Gen.
PS, Ordine Nuovo, 8 maggio 1920, in Scritti politici, IConcluso con un ordine
del giorno che prospettava la conquista violenta del potere e la dittatura del proletariato Per un rinnovamento del Partito socialista,
ne L’ordine Nuovo, in Gramsci, Lenin, nel suo discorso all'Internazionale
Comunista, invitando a espellere dal partito socialista l'ala destra
riformista, disse che «all'indirizzo dell'Internazionale Comunista corrisponde
l'indirizzo dei militanti dell'Ordine Nuovo e non l'indirizzo dell'attuale
maggioranza dei dirigenti del partito socialista e del loro gruppo parlamentare».
Lenin, Opere, Ordine Nuovo, in Scritti politici, GRAMSCI La sposa mandata da Lenin Lettera, in A. Gramsci, Lettere Lettera dal
carcere. Un profilo di Antonio Gramsci junior, su channelingstudio.ru. Su alcune note di uno sconosciuto bolscevico
Vladimir Diogotche sosteneva, fra l'altro, di essere a conoscenza di un
tentativo di rovesciamento della monarchia italiana da parte di Nitti in
accordo con i socialistilo storico Jaroslav Leontiev ha sostenuto nche la
conoscenza tra Gramsci e la Schucht sia stata "pilotata" da Lenin in
persona: cfr. Link archivio del Corriere
Amendola, In Togliatti, In
Togliatti, Lettera di Gramsci a Giulia Schucht, Lettera a Giulia Schucht, La crisi italiana,
ne L’Ordine Nuovo, 1º settembre 1924, in Gramsci, Camera dei Deputati, XXVII
legislatura del Regno d'Italia, "Capo" , in L'Ordine Nuovo, pubblicato
successivamente col titolo di Lenin capo rivoluzionario, in l'Unità, «Capo», ne
L’ordine Nuovo, in Gramsci, Anche alle autorità francesi fu nascosto lo
svolgimento del Congresso. Sul III CongressoSpriano, Storia del Partito
comunista italiano, Spriano, Spriano, Spriano, Spriano, Antonio Gramsci, Tesi di Lione,
Lione, Antonio Gramsci, La questione meridionale, Editori Riuniti, «Alcuni temi della quistione meridionale».
Stato operaio, Citato in Rosario
Villari, Il Sud nella Storia d'Italia. Antologia della Questione meridionale,
Roma-Bari, Laterza, Antonio Gramsci, Cinque anni di vita del partito, L'Unità, Fiori, Spriano, Aurelio Lepre, Il
prigioniero. Vita di Antonio Gramsci, Editori Laterza, Bari, La lettera, non
datata, si ritiene sfu pubblicata per la prima volta in Francia da Tasca. Su
tutta la questione della lotta interna nel partito comunista sovietico di
questo periodoSpriano, cit., II, ca 3 e 5
A. Gramsci, Lettere Lettera di Togliatti a Gramsci, Commissione di
assegnazione al confino di Roma, ordinanza dcontro Antonio Gramsci (“Dirigenti
e deputati del PCd'I dichiarati decaduti”). In Pont, Carolini, L'Italia al
confino, Le ordinanze di assegnazione al confino emesse dalle Commissioni
provinciali (ANPPIA/La Pietra), Tornata Camera dei deputati Fiori, In Fiori, Sentenza contro Antonio Gramsci e
altri (“Ricostituzione di partito disciolto, propaganda, cospirazione,
istigazione alla lotta armata ecc.”). In Pont, Carolini, L'Italia dissidente e
antifascista. Le ordinanze, le Sentenze istruttorie e le Sentenze in Camera di
consiglio emesse dal Tribunale speciale fascista contro gli imputati di antifascismo,
Milano (ANPPIA/La Pietra),
Amendola142. Spriano, Lettera a
Tatiana Schucht, Fiori, Fiori, Fiori, Risoluzione
per l'espulsione di Amedeo Bordiga
Fiori, Pubblicato in «Rinascita», In «Rinascita», cit. Dalla biografia di Pertini pubblicata nel
sito web del Circolo Sandro Pertini di Genova: «Chiesi al maresciallo dei
carabinieri che comandava la scorta se poteva dirmi dove mi portavano. Quando
questi fece il nome di Turi me ne rallegrai. Ero contento perché sapevo che là
avrei incontrato Antonio Gramsci, un uomo che avevo sempre ammirato per il suo
coraggio». A Turi incontrai Gramsci in un angolo del cortile dove coltivava
un'aiuola di fiori; era piccolo di statura e con due gobbe: una davanti ed una
di dietro. Mi avvicinai a lui, mi presentai, gli affermai che venivo da Santo
Stefano e che ero onorato di fare la sua conoscenza. Gli davo del lei e lo
chiamavo Onorevole Gramsci. Lui si mise a ridere, dicendomi: "Perché mi
dai del lei? Siamo antifascisti, vittime del Tribunale speciale tutti e due. Io
gli ricordai che per loro, i comunisti, noi eravamo dei social-traditori. Disse
di lasciar stare quella polemica penosa. Ci vedemmo dopo qualche giorno e parlò
di Turati e Treves in maniera che mi sembrò offensiva ed io risposi con durezza.
Il giorno dopo si scusò, dicendo che il suo era un giudizio politico, non aveva
avuto intenzione di offendere le persone, e capiva la mia reazione in favore di
due compagni che si trovavano in Francia. Da allora diventammo buoni amici.
Parlavamo a lungo insieme anche perché era stato isolato dai suoi. Per certi
versi costoro lo consideravano un traditore e chiedevano la sua espulsione dal
partito, come poi fecero anche con Ravera. In cella Gramsci era perseguitato
dai carcerieri. L’ordine di non lasciarlo dormire arrivasse direttamente da
Roma. Io andai dal direttore del carcere a protestare perché i carcerieri, ogni
volta che Gramsci si addormentava, lo svegliavano facendo scorrere sulle sbarre
della finestra dei bastoni, con la scusa di controllare che le sbarre non
fossero state segate per un'evasione. Dissi al direttore che se la situazione
non fosse cambiata, avrei scritto una lettera al ministero. Il risultato fu che
Gramsci, già gravemente malato di tubercolosi poté dormire tranquillo. Le mie
proteste costrinsero il direttore del carcere di Turi a concedere a Gramsci
anche alcuni quaderni, delle matite, un tavolino ed una sedia. Così poterono
nascere i quaderni dal carcere. La mia amicizia mi mise in contrasto con il
direttore del carcere e forse non fu estraneo al mio trasferimento a Pianosa. Lettera
a Tatiana Schucht, Lettera a Tatiana Schucht,
Alla fine degli anni settanta cominciò a circolare la voce secondo la
quale Gramsci in punto di morte si sarebbe convertito alla fede cattolica. Tale
affermazione venne però ritrattata dallo stesso religioso che l’aveva
inavvertitamente messa in circolazione, chiamando a supporto della smentita
l’allora cappellano della clinica Quisisana. Nonostante le chiare
argomentazioni della rettifica, trent’anni dopo la medesima tesi fu riproposta
da un altro sacerdote. Essendo priva di riscontri documentali e di prove
testimoniali, la teoria della conversione di Gramsci non è mai stata avvalorata
dagli storici. Cfr. S.Fio., Gramsci e il sacerdote pentito, La Repubblica,
Il Vaticano: «Gramsci trovò la fede», Il Corriere della Sera, C. Daniele ,
Togliatti editore di Gramsci, Carocci, Quaderni del carcere, Il Risorgimento,
Einaudi, Torino, Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce Quaderni
del carcere, Quaderni del carcere, ed. Gerratana, Cirese, Baratta, Giulio Angioni, Gramsci e il
folklore come cosa seria, in Fare, dire, sentire. L'identico e il diverso nelle
culture, Il Maestrale, Note sul Machiavelli,
Gli intellettuali e l'organizzazione della cultura, Quaderni del carcere,
cLetteratura e vita nazionale, Il materialismo storico e la filosofia di Croce,
L. Rosiello, Problemi e orientamenti linguistici negli scritti di Antonio
Gramsci, Quaderni dell'Istituto di glottologia di Bologna,A. Gramsci, V. Gerratana,
Torino, Einaudi, A. Gramsci, Quaderni del carcere, V. Gerratana, Torino,
Einaudi, V. Gerratana, Torino, Einaudi, V. Gerratana, Torino, Einaudi, Gramsci,
Gerratana, Torino, Einaudi, G. I. Ascoli, Proemio, AGI, Gramsci, 'Quaderni del
carcere', V. Gerratana, Torino, Einaudi, Quaderni del carcere, V. Gerratana,
Torino, Einaudi, 'Quaderni del carcere', V. Gerratana, Torino, Einaudi, L.
Rosiello, Lingua nazione egemonia, Rinascita Il Contemporaneo, Rapone,
Leonardo, Cinque anni che paiono secoli : Gramsci dal socialismo al comunismo, 1a
ed, Carocci, , Fonzo, Maria Luisa Bosi, Antonio Gramsci, su
scuolalo divecchio. giovannicarpinelli, Gramsci e la musica, su Palomar, La
passione sconosciuta di Gramsci per la musica, in L’Huffington Post. Premio
letterario Viareggio-Rèpaci, Amendola, Storia del Partito comunista italiano Roma,
Editori Riuniti, Perry Anderson, Ambiguità di Gramsci, Bari, Laterza, Giulio Angioni,
Gramsci e il folklore come cosa seria, in Fare, dire, sentire. L'identico e il
diverso nelle culture, Il Maestrale, Francesco Aqueci, Il Gramsci di un nuovo
inizio, Quaderno, Supplemento al n. 19 di «AGON», Rivista Internazionale di Studi
Culturali, Linguistici e Letterari, Francesco Aqueci, Ancora Gramsci, Roma,
Aracne, . Nicola Auciello, Socialismo ed egemonia in Gramsci e Togliatti, Bari,
De Donato, Nicola Badaloni e altri, Attualità di Gramsci, Milano, Il
Saggiatore, Baratta, Antonio Gramsci in contrappunto. Dialoghi col presente,
Roma, Carocci, Bobbio, Saggi su Gramsci, Milano, Feltrinelli, Calamandrei e Calogero,
La conoscenza di Gramsci in Inghilterra. Una lettera di Guido Calogero e una
nota di Franco Calamandrei, in «L'Unità» Mauro Canali, Il tradimento. Gramsci,
Togliatti e la verità negata, Venezia, Marsilio, . Antonio Carrannante,
Sull'uso di 'galantuomo' in Gramsci, in "Studi novecenteschi", Antonio Carrannante, Antonio Gramsci e i
problemi della lingua italiana, in "Belfagor", Iain Chambers, Esercizi di potere. Gramsci,
Said e il postcoloniale, Roma, Meltemi editore, Cirese, Intellettuali,
folklore, istinto di classe, Torino, Einaudi, Marco Clementi, Le ceneri di
Gramsci in Stalinismo e Grande Terrore, Roma, Odradek, Guido Davico Bonino,
Gramsci e il teatro, Torino, Einaudi, Biagio De Giovanni e altri, Egemonia
Stato partito in Gramsci, Roma, Editori Riuniti, D'Orsi, Gramsci. Una nuova
biografia, Torino, Einaudi, . Dubla,Giusto (a cura), Il Gramsci di Turi, Testimonianze
dal carcere, Chimienti editore, Michele Filippini, Gramsci globale. Guida
pratica agli usi di Gramsci nel mondo, Bologna, Odoya, .Giuseppe Fiori, Vita di
Gramsci, Bari, Laterza, Fiori, Gramsci Togliatti Stalin, Roma-Bari, Laterza, Erminio
Fonzo, Il mondo antico negli scritti di Gramsci, Salerno, Paguro, Eugenio
Garin, Con Gramsci, Roma, Editori Riuniti, Valentino Gerratana, Gramsci.
Problemi di metodo, Roma, Editori Riuniti, Noemi Ghetti, Gramsci nel cieco
carcere degli eretici, Roma, L'Asino d'Oro Edizioni, Gramsci jr., La storia di
una famiglia rivoluzionaria, Roma, Editori Riuniti-University Press. Gruppi, Il
concetto di egemonia in Gramsci, Roma, Editori Riuniti, Hobsbawm, Gramsci in
Europa e in America, Roma-Bari, Laterza,Aurelio Lepre, Il prigioniero. Vita di
Antonio Gramsci, Bari, Laterza, Liguori e Voza , Dizionario Gramsciano, Roma,
Carocci, Piparo, “I due carceri di Gramsci”, Donzelli, Roma, Losurdo,Gramsci.
Dal liberalismo al comunismo critico, Roma, Gamberetti editrice, Mario
Alighiero Manacorda, Il principio educativo in Gramsci. Americanismo e
conformismo, Roma, Editori Riuniti, Michele Martelli, Gramsci filosofo della
politica, Milano, Unicopli, Mondolfo, Da Ardigò a Gramsci, Milano, Nuova
Accademia, Raul Mordenti, Gramsci e la rivoluzione necessaria, Roma, Editori
Riuniti University Press, Omar Onnis e Manuelle Mureddu, Illustres. Vita, morte
e miracoli di quaranta personalità sarde, Sestu, Domus de Janas, Paggi, Gramsci
e il moderno principe, Roma, Editori Riuniti, Pastore, Gramsci. Questione sociale
e questione sociologica, Livorno, Belforte, Portelli, Gramsci e il blocco
storico, Bari, Laterza,Rapone, Cinque anni che paiono secoli. Antonio Gramsci
dal socialismo al comunismo, Carocci, Roma, Rossi, Vacca, Gramsci tra Mussolini
e Stalin, Roma, Fazi editore, Angelo Rossi, Gramsci da eretico a icona. Storia
di un "cazzotto nell'occhio", Napoli, Guida editore, . Angelo Rossi,
Gramsci in carcere. L'itinerario dei Quaderni, Napoli, Guida editore, Santhià,
Con Gramsci all'Ordine Nuovo, Roma, Editori Riuniti, Santucci, Gramsci. Palermo,
Sellerio, Spriano, Storia di Torino operaia e socialista, Torino, Einaudi, Paolo
Spriano, Storia del Partito comunista italiano,I, Torino, Einaudi, Spriano,
Storia del Partito comunista italiano,II, Torino, Einaudi, Spriano, Gramsci e
Gobetti. Introduzione alla vita e alle opere, Torino, Einaudi, Paolo Spriano,
Gramsci in carcere e il partito, Roma, Editori Riuniti, Elettra Stamboulis,
Gianluca Costantini, Cena con Gramsci, Padova, Becco Giallo, . Giuseppe
Tamburrano, Gramsci: la vita, il pensiero e l'azione, Bari-Perugia, Lacaita,
1963. Palmiro Togliatti, La formazione del gruppo dirigente del Partito
comunista italiano Roma, Editori Riuniti, Togliatti, Scritti su Gramsci, Roma,
Editori Riuniti, Vacca, Gramsci e Togliatti, Roma, Editori Riuniti. Treccani, Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Casa museo Gramsci
a Ghilarza, Fondazione Istituto Gramsci. Antonio Sebastiano Francesco Gramsci.
Antonio Gramsci. Grice: “When Austin speaks of ‘ordinary language,’ he knows
what he is talking about; when Gentile, Gramsci, and Ascoli, do, they don’t!”
-- Grice: “Elites are so relative; when I came to Oxford, I was regarded as a
‘Midlands scholarship boy’ and thus assigned Corpus; there was no way I would
socialise with Hampshire, Austin, and the others who were philososophising at
All Souls on Thursday evenings – I had just been born on the wrong side of the
track. So it was particularly obtuse for me when Gellner started to criticise
me as elitist! Perhaps he had read too much Gramsci!?” Gramsci. Keywords: “Grice,
elite” – Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gramsci” – The Swimming-Pool Library.
Gregorio
(Roma).
Filosofo. Da roma -- il grande: Grice: “For one, he is the punning Pope!” Grice: “What WAS Gregorio’s implicatura? A
complex one, since he uses the counterfactual: “si angeli fuessent.” Grice: “In
The Sellars/Yeatman rewrite, the meta-implicata is that you must have read
Bede!” Grice: “Poor Gregorio Magno had to fight with the Lonbards, and the sad
thing is he lost!” -- Grice takes inspiration on Shropshire’s
argument for the immortality of the soul from Gregorio Magno (Dialogo, IV). Figlio di Gordiano, appartenente all'aristocrazia
senatoriale, la classe dominante dell'antica Roma che mantene prestigio
economico e sociale, nonostante la caduta dell'Impero, e di Silvia,
appartenente a una ricca famiglia siciliana. La sua "ars grammatica"
fu limitata e lo stile che denota i suoi scritti è in linea con quello degli
scrittori tardo-antichi. Di questi imita, in particolare, solo poche figure
retoriche come l'anafora ed il gusto dell'esempio e dell'aneddoto moralizzante.
La sua conoscenza del diritto si centra in Cicerone, da cui riprende anche
definizioni e nozioni filosofiche del stoicismo. Insegna su colle Celio. Secondo
la tradizione, mentre Gregorio attraversava, alla testa della processione, il
ponte che collegava l'area del Vaticano con il resto della città (chiamato
allora "Ponte Elio" o "Ponte di Adriano", oggi Ponte
Sant'Angelo), ebbe la visione dell'Arcangelo Michele che, in cima alla Mole
Adriana, rinfoderava la sua spada. La visione (che secondo alcune fonti fu
condivisa da tutti i partecipanti alla processione) venne interpretata come un “segno”
celeste pre-annunciante l'imminente fine dell'epidemia, cosa che effettivamente
avvenne. Da allora i romani cominciarono a chiamare la Mole Adriana
"Castel Sant'Angelo" e, a ricordo del prodigio, posero più tardi
sullo spalto più alto la statua di un angelo in atto di rinfoderare la spada. Ancora
oggi nel Campidoglio è conservata una pietra circolare con impronte dei piedi
che, secondo la tradizione, sarebbero quelle lasciate da Michele quando si
fermò per annunciare la fine della peste. Vede alcuni giovani schiavi
britannici esposti per la vendita, bellissimi di aspetto e pagani, tanto da
aver esclamato, rammaricato: "Non Angli, ma Angeli dovrebbero esser
chiamati…". Comunque in meno di due
anni diecimila Angli, compreso il re del Kent Ethelbert – e la famiglia di
Grice -- si convertirono.Obiettò invece sulla proibizione ai soldati imperiali
di diventare «soldati di Cristo», ovvero di entrare a far parte del clero. Gregorio
avrebbe dettato i suoi canti a un monaco, alternando la dettatura a lunghe
pause; il monaco, incuriosito, avrebbe scostato un lembo del paravento di
stoffa che lo separava dal pontefice, per vedere cosa egli facesse durante i
lunghi silenzi, assistendo così al miracolo di una colomba (che rappresenta
naturalmente lo Spirito Santo), posata su una spalla del papa, che gli dettava
a sua volta i canti all'orecchio. Opere: “Expositio super Cantica canticorum –
“Cantico dei cantici”; “Moralia in Job (Giobbe); “Homiliae in Evangelia”, omelie
sui Vangeli; Homiliae in Hiezechihelem prophetam, oomelie su Ezechiele; A
Sacramentarium Gregorianum con cui riformò il canone della messa, rendendola
più semplice ma più solenne; Antiphonarius centola nuova redazione del libro
dei canti liturgici; Dialoghi; Libro su santi italiani a lui coevi; “San
Benedetto da Norcia” “Sul destino dell'anima” “Su alcune profezie”; “Regula
Pastoralisun manuale per la vita e l'opera dei vescovi e in generale di coloro
che ricoprono il ministero pastorale; Le Epistolaeun registrum,«12 marzoA Roma
presso san Pietro, deposizione di san Gregorio I, papa, detto il grande, la cui
memoria si celebra il 3 settembre, giorno della sua ordinazione.» «3
settembreMemoria di san Gregorio Magno, papa e dottore della Chiesa: dopo avere
intrapreso la vita monastica, svolse l'incarico di legato apostolico a
Costantinopoli; eletto poi in questo giorno alla Sede Romana, sistemò le
questioni terrene e come servo dei servi si prese cura di quelle sacre.”“Si
mostrò vero pastore nel governare la Chiesa, nel soccorrere in ogni modo i
bisognosi, nel favorire la vita monastica e nel consolidare e propagare ovunque
la fede, scrivendo a tal fine celebri libri di morale e di pastorale.”Il
Proprio del santo in rito romano contiene la seguente colletta:[ «Deus, qui
pópulis tuis indulgéntia cónsulis et amóre domináris, da spíritum sapiéntiae,
intercedénte beáto Gregório papa, quibus dedísti régimen disciplínae, ut de
proféctu sanctárum óvium fiant gáudia aetérna pastórum. Per Dominum nostrum
Iesum Christum» La Chiesa di Manduria custodisce un frammento d'osso del
suo braccio destro. La Chiesa di Casola custodita un frammento d'osso della sua
mano destra. G. Pepe, Il Medio Evo barbarico d'Italia, Dizionario Biografico degli ItalianiVolume
59, Roma, Claudio Mareschini, Gregorio Magno e la cultura classica” Gregorio
scrisse di sé «ego quoque tunc urbanam praeturam gerens pariter subscripsi», ma
poiché in una variante del testo praeturam è sostituita da praefecturam, dalle
sue epistole non è possibile sapere con esattezza se fu "prefetto
dell'Urbe" o piuttosto "pretore dell'Urbe". S. Gasperri, Italia longobarda, Laterza, Dialogi,
Roma, Tipografia del Senato, Dizionario biografico degli italiani, Opera Omnia
dal Migne patrologia Latina con indici analitici. Gregorio da Roma – Grice:
“Gregory did not know what those were: ‘angeli,’ his companion answered.
Adamant, Gregory corrected him: “No. They are Anglicans, they are not angels!”
-- Gregorio il Grande, Gregorio I – Gregorio Magno. Gregorio. Keywords: ars
grammatica – Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gregorio: implicatura e
grammatical” – The Swimming-Pool Library.
Grandi (Cremona).
Filosofo. Grice:
“I like Grandi – and Grandy – for one, Grandi (if not Grandy) proves that
geometry is a branch of mathematics with his rose curve – a geniality!” – Figlio
di Piero Martire, ricamatore, e Caterina
Legati, compì i suoi primi studi di grammatica sotto la guida di Canneti e poi
nel locale Collegio dei Gesuiti, dove ebbe come maestro Saccheri. Entra nel monastero
camaldolese di Classe in Ravenna, assumendo il nome Guido in sostituzione degli
originari Francesco Lodovico, e qui ritrovò il maestro Canneti. Proseguiti gli studi a Roma e Firenze, insegna
a Firenze. Pubblica “La quadratura del cerchio” “La quadrature dell'iperbole”
al cui interno scopre il paradosso: la somma parziale di una serie (“serie di
Grandi) a segni alterni di numeri può non convergere (serie di Grandi). Divenne
membro della corte presso il granduca di Toscana. Insegna a Pisa. Studia la
curva algebrica da lui chiamata "rodonea" per la forma che ricorda il
rosone delle chiese e fu autore degli Elementi di Geometria di Euclide (Venezia,
Savioni). Fu il primo l’analisi degli infiniti. Altre opera:“De infinitis
infinitorum”; “Trattato delle resistenze” (Firenze) Geometrica demonstratio
Vivianeorum problematum” (Florentiae, ex Typographia Iacobi de Guiduccis propè
Conductam); “De infinitis infinitorum, et infinite parvorum ordinibus
disquisitio geometrica, Pisis, ex Typographia Francisci Bindi impress.
archiepisch., Epistola mathematica de momento gravium in planis inclinatis,
Lucae, typis Peregrini Frediani, Dialoghi circa la controversia eccitatagli
contro dal sig. Alessandro Marchetti, In Lucca, ad istanza di Francesco Maria
Gaddi librajo in Pisa, Prostasis ad exceptiones clari Varignonii libro De
infinitis infinitorum ordinibus oppositas circa magnitudinum
plusquam-infinitarum Vallisii defensionem et anguli contactus, Pisis, ex
Typographia Francisci Bindi impress. archiepisch., Del movimento dell'acque
trattato geometrico, Firenze. Relazione delle operazioni fatte circa il padule
di Fucecchio, In Lucca, per Leonardo Venturini, Trattato delle resistenze,
Firenze, per Tartini e Franchi, Compendio delle Sezioni coniche d'Apollonio con
aggiunta di nuove proprietà delle medesime sezioni, In Firenze, nella Stamperia
di S.A.R. per gli Tartini e Franchi, Instituzioni meccaniche, In Firenze, nella
Stamperia di S.A.R. per Gio: Gaetano Tartini e Santi Franchi, Istituzioni di
aritmetica pratica, In Firenze, nella Stamperia di S.A.R. per Gio: Gaetano
Tartini e Santi Franchi, Sectionum conicarum synopsis, Florentiae, ex
typographio Ioannis Paulli Giovannelli. Idraulici italiani , "Rodonea"
deriva dal greco Ροδή, rosa. La curva rodonea è anche chiamata "rosa di
Grandi" in suo onore. Giammaria
Ortes, Vita del padre D. Guido Grandi, abate camaldolese, matematico dello
Studio Pisano, Venezia, Giambatista Pasquali, Nicola Mangini, Guido Grandi, in
Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. 20 Amedeo Agostini, Guido Grandi, in Enciclopedia Italiana, Roma,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Rodonea Sofisma algebrico TreccaniEnciclopedie
on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Luigi Guido Grandi, su accademicidellacrusca.org, Accademia della
Crusca. Opere di Luigi Guido Grandi, su openMLOL, Horizons Unlimited srl.Carteggi
del padre camaldolese matematico Guido Grandi, su internetculturale. Francesco
Lodovico Grandi – Grice: “I like Grandi: I have two ways to deal with ‘mean’:
‘no sneaky intention allowed, including this – (o) all intentions are open
ones, including this one – self-reference; or ‘optimal infinite’ potential
infinite/actual infinite – titular versus de facto. In any case, both are
better than pseudo-Schiffer!” Grice: “While I say, “Schiffer and others,” it
should be pointed out that the first to show this was, of all people, my tutee
Strawson – Stampe and Patton came close! (I love them guys! Patton is a
gentleman, and Stampe, too! Both brilliant philosophical gentlemen, too!” -- Luigi
Guido Grandi. Grandi. Keywords: infinite implicature – Refs.: Luigi Speranza, “Grice
e Grandi: implicatura infinita” – The Swimming-Pool Library.
Grassi (Milano). Filosofo. Grice: “I like Grassi. He philosophised, like
I did, on the metaphysics of Plato.” Grice: “Grassi has the gift of the gab:
‘metafora inaudita,’ ‘potenza dell’imagine,’ –“ Grice: “Grassi has mainly
explored Heidegger.” – Grice: “I like Grassi’s general use of ‘imago’ to
re-approach rhetoric!” -- Si laurea a Milano sotto Martinetti. Opere:
“Metafisica platonica” (Laterza, Bari) – cf. A. D. Code on H. P. Grice on the
axioms of metaphysical Platonism --. “Apparire ed essere” (La Nuova Italia,
Firenze). “Il bello e l’antico” (Paravia, Torino).“Heidegger e il problema
dell'umanesimo” (Guida, Napoli). “La preminenza della metafora” (Mucchi
editore, Modena). “La filosofia dell'umanesimo. Un problema epocale” (Tempi
Moderni, Napoli). “La follia -- Umanesimo e retorica” (Mucchi, Modena) “Potenza
dell'immagine. Rivalutazione della retorica” Guerini e associati, Milano) “La
metafora inaudita, Massimo Marassi, Aestetica, Palermo “Potenza della fantasia”
Guida, Napoli Filosofare noetico non metafisico (Congedo Editore, Galatina “Vico
e l'umanesimo” Guerini e associati, Milano Il dramma della metafora. Ovidio,
Massimo Marassi, L'officina tipografica, Roma,“Arte e mito”La Città del Sole,
Napoli, “Retorica come filosofia. La tradizione umanistica”, Massimo Marassi,
La Città del Sole, Napoli; “Tra antropologia, logica e ontologia”; “l'incidenza
di Vico nell'antropologia di Grassi”; “Platone nell’onto-antropo-logia di
Ernesto Grassi, Dizionario Biografico degli Italiani, Ernesto Grassi. Grassi. Keywords:
metafora, Vico -- Refs.: Luigi Speranza, “Grassi e Grice: il Vico di Grassi:
metafora come implicatura” – The Swimming-Pool Library.
Grassi (Mascali). Filosofo. Grice:
“I like Grassi; he wrote on Faust!” Inizia gli studi ginnasiali presso il
seminario di Acireale fino alla terza ginnasiale, proseguendoli poi a Catania,
presso il liceo "Nicola Spedalieri".
Assiduo frequentatore della sala di lettura dell'Catania, conobbe
Rapisardi, cui lo legò una profonda stima ed affinità. Si laurea a Napolia con “La memoria delle
immagini acustica e visiva della parola in rapporto specialmente al tempo di
"fissazione", suggeritagli da Bianchi (Rivista di Freniatria). Si
trasferì a Messina dove divenne assistente di Weiss. Comincia a provare le
prime grosse delusioni per l'inconciliabile contrasto fra le esigenze pratiche
della professione, che rischiavano di piegarlo a umilianti compromessi, e le
alte aspirazioni della sua anima. Muta bruscamente
indirizzo, iscrivendosi alla facoltà di scienze naturali, conseguendo così la
laurea con Mingazzini sostenendo una tesi intorno ai pesci di Ganzirri e Faro,
che poi fu pubblicata su una rivista veneziana. Mingazzini, chiamato a Bologna,
era felice di averlo come assistente. Il suo spirito inquieto cercò altre vie
ed altri sbocchi, e così intraprese a frequentare le lezioni che si tenevano
nella facoltà di filosofia a Catania, nel Palazzo Grassi, a Via Firenze. Pprofondamente
influenzato dalle precedenti frequentazioni messinesi dove campeggiavano figure
come Pascoli, col quale strinse amicizia, Cesca, Barbi, Mancini, Ardigò, Dandolo
e Salvemini. Si laurea in filosofia presso l'ateneo catanese, con “L'unità dei
fatti psichici fondamentali” (Muglia, Messina). Insegna a Caltagirone e
Catania. Inizia un'intensa attività che vide tra i suoi maggiori corrispondenti
Gentile eSturzocon i quali intrattenne un copioso carteggiooltre al letterato
Villaroel, Farinelli, Varisco, Majelli, Carabellese e Fassò. Fonda Prisma a cui collaborò, tra gli altri,
anche Manlio Sgalambro. Altre oopere: “Preludi
a un commento alla vita del Faust” (Catania, Studio Editoriale Moderno); “Commento
alla vita di Faust, Torino, F.lli Bocca Editori); “Preludi storico attualistici
alla Critica della ragion pratica” (Catania, Crisafulli Editore); “Medico
mancato, Catania, Studio editoriale La Legione); “L’assoluto”, Roma,
Enciclopedia Treccani); “L’assoluto” Roma, Enciclopedia De Carlo). “Giornale critico
della filosofia italiana” “Logica e metafisica”. Membro della Fondazione
Giovanni Gentile per gli Studi Filosofici. Un filosofo dall'anima di poeta, Teoresi
Rivista di cultura Filosofica. Leonardo Grassi. Grassi. Keywords. Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Grassi” – The Swimming-Pool Library.
Grataroli (Bergamo). Filosofo. Grice: “I like Grataoroli, the Pope called
him ‘infamous heretic,” which is a good start! He wrote a book on ‘semiotics’
of the times, but it got lost – you cannot understand Bruno unless you do
Grataroli – he philosophised on many subjects, including dreams and alchemy!”
–Di una famiglia benestante dedita al commercio di tessuti di lana con la città
di Venezia. Questa, originaria del borgo di Oneta, frazione di San Giovanni
Bianco in val Brembana, oltre a possedere gran parte della contrada e dei
terreni circostanti (tra cui anche l'edificio che attualmente ospita la casa di
Arlecchino), annoverava tra i suoi membri una folta schiera di
"phisici", tra i quali si segnalarono il nonno di Grataroli,
fondatore del collegio dei fisici di Bergamo, e il padre di Grataroli,
Pellegrino, fisico presso la città orobica. Publica una dispensa inerente osservazioni
sul mondo della natura. Straparla de le cose pertinenti a la fede et di essa
fede et de la autorità del papa, nega il purgatorio, le indulgenze, i suffragi
per i defunti, la venerazione dei santi, la presenza del corpo di Cristo
nell'eucaristia. Eeretico pertinace et scandaloso et infame, peste contra la fede.
Insegna a Basilea. Presso l'ingresso dello studio aè presente un suo busto. Noti
sono i suoi trattati sul potenziamento e il mantenimento della memoria, sulle
epidemie di peste, sulle proprietà del vino, su erboristeria e veterinaria. Vi
sono anche alcuni scritti inerenti all'alchimia. Si segnala per la teoria
fisiognomica. Argomenta su Pomponazzi e da indicazioni sia per il mantenimento
della salute che per l'utilizzo dei bagni termali, nonché un saggio in cui
vengono raccontati i suoi viaggi e forniti consigli ai viaggiatori di quel
tempo. Altre opera: De memoria reparanda, augenda ser-vandaque. De salute
tuenda. De regimine iter argentium, vel aequitum, vel peditum, vel navi, vel
curru, seu rheda”; “Turba Philosophorum”; “De literatorum et eorum qui
magistratibus funguntur conservanda praeservandaeque valetitudine compendium,
Pietro Perna, Basilea); “Veræ alchemiæ artisque metallicae, citra aenigmata,
doctrina, certusque” (Pietro Perna, Basilea); “De fato, libero arbitrio et
providentia Dei” (Pietro Perna, Basilea); “Alchemiae, quam vocant, artisque
metallicae, doctrina, certusque modus” (Pietro Perna, Basilea); “De balneis”
(Bergamo). Quaderni brembani[collegamento iStoria di Milano Flavio Caroli, Storia della fisiognomica Arte
e psicologia da Leonardo a Freud Marco
Meriggi e Alessandro Pastore , Le regole dei mestieri e delle professioni: Alberto
Castoldi (coordinamento di), Bergamo ed il suo territorio. Bergamo, Bolis
edizioni, Giovanni Battista Gallizioli, Della vita degli studi e degli scritti
di Gulielmo Grataroli filosofo ( In Bergamo, dalla Stamperia Locatelli); Marco
Meriggi, Le regole dei mestieri e delle professioni: Cesare Vasoli, Le
filosofie del Rinascimento, Tarcisio Bottani e Wanda Taufer, Storie del Brembo.
Fatti e personaggi dal Medioevo al Novecento, Ferrari editrice, 1Girolamo
Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, Napoli, Nella Stamperia de'
classici. Fisiognomica Mnemotecnica Peste. Dizionario biografico degli
italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. openMLOL, Horizons Unlimited
srl.Guglielmo Grataroli. Grataroli. Keywords: de balneis, turba philosophorum.
Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Grataroli” – The Swimming-Pool Library.
Grazia (Mesoraca). Filosofo. Grice: “Grazia is important to understand
Galileo, whom Italians consider a philosopher!” Grice: “Grazia also wrote about
architecture – a truly Renaissance man!”. Studia a Napoli dove venne condotto,
dalla natia Calabria, da uno zio dell'ordine dei Teatini. Si laurea a Napoli.
Studia filosofia. Si oppose al Criticismo kantiano e all'Idealismo hegeliano in
nome dell'esperienza. Opere: “Discorso su l'architettura del teatro” (Napoli :
dai torchi di Saverio Giordano); “La scienza umana” (Napoli : Dalla tipografia
Flautina); “Logica speculative” (Napoli : Dalla tipografia de' Gemelli);
“Filosofia: eterodossa ed ortodossa” (Napoli : Stab. tip. del Poliorama pittoresco);
“Considerazioni di m. Vincenzo Di Grazia sopra 'l discorso di Galileo Galilei
intorno alle cose che stanno su l'acqua, e che in quella si muouono. All'Illustriss.
ed Eccellentiss. Sig. don Carlo Medici, In Firenze, presso Zanobi Pignonj).
“Della vita e delle opera: Dizionario Biografico degli Italiani, XXXVI (on-line). Vincenzo Di Grazia. Grazia. Keywords. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Grazia” – The Swimming-Pool Library.
Gregory (Roma). Filosofo. Fellow
of the British Academy. Grice: “I like Gregory; being a Roman, he studied Roman
philosophy in one of the most interesting epochs: the thirties! Then he
explored what he calls the ‘lessico filosofico,’ which Austin detested – “Why
do we need the philosopheer’s ‘volition’ when we have ‘would’??” Si laurea a
Roma con Nardi. Insegna a Roma. Direttore di Ricerche storico-filosofiche. Direttore
della sezione di Storia della filosofia Lessico Italiano. Diresse la collana
"I filosofi.” Opere: “Anima mundi” (Firenze, Sansoni); “Platonismo”
(Roma); “Scetticismo ed empirismo” (Bari, Laterza); “L'idea di natura”, “La filosofia
della natura (Passo della Mendola,
Firenze, Sansoni); “L’atomismo”, “Aristotelismo” “Il genio maligno”; “Mundana
sapientia. Theophrastus redivivus. Erudizione e ateismo” (Napoli, Morano); “Il
libertinismo: la filosofia clandestine” (Firenze, La Nuova Italia), “L’Etica
della critica libertine” (Napoli, Guida); “Forme di conoscenza” (Roma, Edizioni
di Storia e Letteratura); “Lo spazio come geografia del sacro” Della sobria
ebbrezza”; “La terminologia filosofica” (Firenze, Olschki); “Speculum natural”
( Roma, Edizioni di Storia e Letteratura); “Principe di questo mondo. Il diavolo”
(Roma-Bari, Laterza); “Della modernità, Pisa, Edizioni della Torre); “Vie della
modernità” (Firenze, Le Monnier Università). Treccani Enciclopedie on line,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Tullio Gregory. Gregory. Keywords: clandestino
– cognate with celare and occolto -- terminologia filosofica, libertinismo,
filosofia clandestina. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Gregory: l’implicatura”
– The Swimming-Pool Library.
Griffero
(Asti).
Filosofo: Grice: “I like Griffero; for one, he has a
taste for neologisms, like his atmospherelogy – He has understood that
aesthesis, qua sensatio, is the basis for aesthetics, and he has explored the
philosophies of Tarso, Spranger, and Schelling!” Insegna a Roma. Studia a Torino,
dove si laurea sotto la guida di Vattimo con “L’ermeneutica.” Studia Betti (“Interpretare.
La teoria di Betti e il suo contesto” -- Rosemberg & Sellier, Torin) ed il
concetto di Spirito e forma di vita. La filosofia della cultura (Franco Angeli,
Milano). Si dedica al rapporto tra arte e mito, scrivendo poi Senso e
immagine. Simbolo e mito (Guerini & Associati, Milano), Cosmo Arte Natura.
Itinerari (Cuem, Milano), nel quale si
concentra sulle caratteristiche del real-idealismo, e infine una ricostruzione
dell'apporto dato da questo autore all'estetica filosofica (Estetica -- Laterza,
Roma-Bari). La nozione di "immaginazione transitiva", è invece
affrontata in “Immagini Attive: beve storia dell'immaginazione transitiva (Le
Monnier, Firenze). Ricostruisce la storia della "credenza" secondo
cui una fantasia particolarmente forte sarebbe in grado di agire, cambiando o
addirittura generando la realtà esterna. In Realismo e Idealismo (Nike,
Segrate-Milano) analizza il Pietismo Speculativo. La corporeità spirituale è il
"fine ultimo delle opere di Dio. L'ampia storia del concetto e esposta in Il
corpo spirituale. Ontologie "sottili" (Mimesis, Milano). La
ricerca sulla fenomenologia del corpo e della percezione e l'estetica delle atmosfere
è affrontata in “Atmosferologia. Estetica degli spazi emozionali (Laterza,
Roma). Nel libro Quasi-cose. La realtà dei sentimenti (Bruno Mondadori, Milano
) Griffero indica e analizza sulla scorta dei un'estetica neofenomenologica i
sentimenti atmosferici, il dolore, la vergogna, lo sguardo, il crepuscono, il
corpo vissuto come quasi-cose, entità aggressive e decisive per la nostra
esistenza senza essere riducibili al paradigma cosale tipico della tradizione
occidentale Il libro Il pensiero dei sensi. Atmosfere ed estetica patica
(Guerini & Associati, Milano ) delinea, a partire dalla nozione estetico-fenomenologica
di “atmosfera”, i contorni di un'estetica orientata non allo gnosico ma al
patico, che non tematizza un oggetto (come una espressione) speciali come le
opere d'arte ma il modo in cui “ci si sente” quando ci si espone, soprattutto
involontariamente, ai sentimenti presenti nell'ambiente circostante. Il
tema è sviluppato, esteso a considerazioni sull'atmosfericità del linguaggio, sulla
presenza e la inter-soggettività re-interpretate in chiave fenomenologica.
Altre opera: Storia dell'estetica (Edizioni Nuova Cultura, Roma). Tonino
Griffero. Griffero. Keywords: Betti, ermeneutica, fenomenologia, Vico, il
circolo dell’implicatura -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Griffero” – The
Swimming-Pool Library.
Grimaldi (Cava de’ Tirreni). Filosofo. Grice: “I have spoken of ‘magic’ –
“two kinds of magic’ – actually, for Grimaldi there are THREE: ‘black magic,’
‘artificial magic,’ and my favourite, ‘natural magic’!” Nacque da nobile
famiglia locale di origini genovesi. Compì i suoi studi avvicinandosi a
Cartesio, di cui fu seguace e fece parte del gruppo chiamato degli epigoni
dell'Accademia degli Investiganti. Fu Consigliere Regio. Scrisse numerose opere, raccolte poi in
"Istoria dei libri di don Costantino Grimaldi. Scritta da lui
medesimo". Tra quelle più note si possono elencare le “Considerazioni
intorno alle rendite ecclesiastiche del Regno di Napoli” (Napoli), le “Discussioni
filosofiche” (Lucca), la “Dissertazione sulle tre magie, naturale, artificiale
e diabolica (Roma). Morì a Napoli nel
1750. Il figlio gli dedicò "Ragioni
genealogiche a' favore della Famiglia Grimaldi del Sig. Cons. D. Costantino
Grimaldi. Colli signori Grimaldi di Seminara, e con quelli patrizj di
Catanzaro" F. A. Meschini, nel Dizionario Biografico degli Italiani, indica
Napoli come città natale. Memorie di un
anticurialista del Settecento. Testo, introduzione note V.I. Comparato.
Firenze, Olschki, Biblioteca dell'«Archivio storico italiano», Franco Aurelio Meschini, Dizionario Biografico
degli Italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana Anticurialismo Costantino Grimaldi. Opere, su openMLOL, Horizons
Unlimited srl. Costantino Grimaldi. Grimaldi. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Grimaldi: implicatura peripatetica”– The Swimming-Pool Library.
Grimaldi (Seminara). Filosofo. Grice: “Grimaldi for some reason did some
deep research on cynicism – a wonderful etymology, too!” -- Esponente
dell'illuminismo. Fratello minore di Domenico Grimaldi, filosofo. Nato in una
famiglia aristocratica che faceva risalire le proprie origini alla nota
famiglia di Genova, dei principi di Monaco, ricevette la prima educazione dal
padre, il marchese Pio Grimaldi, un uomo colto che aveva cominciato a
introdurre criteri di conduzione innovativi nelle sue proprietà terriere
(peraltro non molto estese). Fu inviato a Napoli, dove conobbe Genovesi.
Comincia a interessarsi alle vicende culturali e politiche della Repubblica di
Genova: volle anch'egli essere iscritto fra i patrizi di Genova, esprimendo la
convinzione che l'aristocrazia genovese avrebbe dovuto riprendere la funzione,
svolta nei secoli precedenti, di classe dirigente della Repubblica. Studia il
diritto testamentario romano. Fu pertanto fautore del “fedecommesso”
istituzione risalente a Roma antica e prediletta dalla classe
aristocratica. Maestro venerabile della
loggia massonica di Genova. Partendo dalla filosofia romana, cerca di
analizzare l’interazione umana. Al di fuori della società l'uomo, in balia dei
"sentimenti fisici", diventerebbe “un vero bruto” – “como Romolo” --.
Tali riflessioni saranno approfondite nel "Saggio sull'ineguaglianza
umana”. Sostenne che, in natura, gli uomini non sono uguali e che le differenze,
sia fisiche che morali, ha origini soprattutto ambientali (per es., il clima,
la diffusione delle malattie). La inter-azione
non e uno stato di corruzione, ma lo stato "naturale"
dell'uomo. La struttura gerarchica dell'Ancien Régime era giustificata
dall'ineguaglianza degli uomini. L’ducazione non sarebbe riuscita ad appianare
tale disuguaglianza. Scrive gli Annali del Regno di Napoli. Fa una Descrizione
de' tremuoti accaduti nella Calabria. Altre opere: “De successionibus legitimis
in vrbe Neapolitana systema. Pars prima in qua ius Graecum Neapolitanum vetus,
& ius omne Romanum a 12 tabulis ad Iustinianum vsque absolutissime
expenditur” (Neapoli: ex typographia Simoniana); “Lettera sopra la musica
all'eccellentissimo signore Agostino Lomellini già doge della serenissima repubblica
di Genova (Napoli); “La vita di Ansaldo Grimaldi patrizio genovese, illustrata
con riflessioni politiche, e morali, e con una brieve narrazione del governo
politico della Repubblica di Genova dalla sua origine” (Napoli: nella Stamperia
Raimondiana); “La vita di Diogene Cinico” (Napoli: nella stamperia di Vincenzo
Mazzola-Vocola); “Riflessioni sopra l'ineguaglianza fra gli uomini” (Napoli:
presso Vincenzo Mazzola-Vocola, impressore di sua maestà). (Franco Crispini,
Vibo Valentia : Sistema Bibliotecario Vibonese) Annali del Regno di Napoli dedicati
a Ferdinando IV. re delle Due Sicilie. Epoca I. Dal primo anno
dell'edificazione di Roma sino alla fine del quarto secolo dell'era cristiana.,
Napoli : presso Giuseppe-Maria Porcelli librajo); “Annali del Regno di Napoli”
-- Epoca II. Dall'anno 409. dell'era volgare, sino all'anno 1211, Napoli :
presso Giuseppe-Maria Porcelli librajo); “Descrizione de' tremuoti accaduti
nelle Calabrie” (Napoli : presso Giuseppe-Maria Porcelli. (Saverio Napolitano,
Bordighera: Manago). La vita di Ansaldo Grimaldi patrizio genovese, Napoli :
Raimondiana, De successionibus legitimis
in urbe Neapolitana, Neapoli : Simoniana, Nico Perrone, La Loggia della
Philantropia. Un religioso danese a Napoli prima della rivoluzione. Con la
corrispondenza massonica e altri documenti, Palermo, Sellerio, La vita di
Diogene Cinico, Napoli : Mazzola-Vocola, Fulvio Tessitore, «Francesco Antonio
Grimaldi e l'ineguaglianza». In : Fulvio Tessitore, Nuovi contributi alla storia
e alla teoria dello storicismo, Roma : Edizioni di storia e letteratura, M. A.
Tallarico, «CESTARI (Cestaro), Giuseppe». In Roma : Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, Franco Crispini, Appartenenze illuministiche : i calabresi Francesco
Saverio Salfi e Francesco Antonio Grimaldi, Cosenza: Klipper, 2 M.L. Perna, Dizionario
Biografico degli Italiani, Roma: Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Giuseppe
Boccanera, «Grimaldi Francesc'Antonio». In: Emilio Amedeo De Tipaldo, Biografia
degli italiani illustri nelle scienze, lettere ed arti del secolo 18., e de'
contemporanei, compilata da letterati italiani di ogni provincia e pubblicata
per cura del professore Emilio De Tipaldo,
Venezia : dalla tipografia di Alvisopoli, Melchiorre Delfico, Elogio del
marchese don Francescantonio Grimaldi dei signori di Messimeri, patrizio di
Genova e assessore di Guerra e Marina, In Napoli : presso Vincenzo Orsino
(ristampato in Opere complete di Delfico, a cura dei professori Giacinto Pannella
e Luigi Savorini, ITeramo: Giovanni
Fabbri0). Roberto Ubbidiente, Il pensiero e l'opera di Domenico e
Francescantonio Grimaldi. Tesi di Laurea in Filosofia italiana. Università
degli Studi di Salerno, Facoltà di Magistero, Francescantonio Grimaldi, in Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Francescantonio
Grimaldi. Grimaldi. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Grimaldi: implicatura ed
inter-azione” – The Swimming-Pool Library.
Gruppi (Roma). Filosofo. Grice: “Gruppi is an Italian philosopher; at
Oxford, someone who writes only on politics is not considered usually one!” -- Il
concetto di egemonia in Gramsci Incipit Antonio Gramsci è senza alcun dubbio
quello che, tra i teorici del marxismo, ha maggiormente insistito sul concetto
di egemonia; e lo ha fatto in modo particolare richiamandosi a Lenin. Anzi,
direi che, se vogliamo vedere il punto di contatto più costante, più scavato,
di Gramsci con Lenin, questo mi pare essere il concetto di egemonia. L'egemonia
è il punto di approccio di Gramsci con Lenin.
Citazioni La scienza si ha quando si supera il dato immediato,
l'apparenza; si ha con un salto dialettico. In tutte le analisi che Gramsci
conduce, io trovo la presenza di un filo rosso che le guida, presente in tutti
i Quaderni. Luciano Gruppi, Il concetto di egemonia in Gramsci, Editori
Riuniti, Roma. Luciano Gruppi. Gruppi. Keyword: egemonia della filosofia del
linguaggio ordinario -- Refs.: Luigi Speranza: Grice e Gruppi” – The
Swimming-Pool Library.
Guastella (Misilmeri). Filosofo. Grice: “Guastella is an interesting
philosopher. A system-builder! He wrote on epistemology and metaphyusics in a
clear style.” Cosmo Guastella (Misilmeri), filosofo. Figlio di Vincenzo
farmacista e da Marianna Piazza, uno dei quattro figli della coppia, ancorché
di famiglia borghese non ebbe un'infanzia agiata. Sudia con l'ausilio di borse
di studio fino a laurearsi a Palermo. È ritenuto il capostipite del
fenomenismo. Insegna a Palermo. Opere: “La conoscenza”; “Metafisica”; e “Il fenomenismo”. Fonda la Biblioteca filosofica.
Dizionario Biografico degli Italiani, Dizionario di filosofia, openMLOL,
Horizons Unlimited srl. Cosmo Guastella. Guastella. Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Guastella: tra fenomenismo e noumenismo” – The Swimming-Pool Library.
Guicciardini (Firenze). Filosofo. Guicciardini. Grice:
“Guicciardini is what I call an Italian classic; some like Machiavelli, as
Austin used to say, “but Guicciardini is MY Renaissance man!” – Grice: “There
are various topics of interest: the italian of Machiavelli and Guicciardini in
the development of a philosophical political lexicon; there’s the trope of the
centaur –‘all’ombra del centauro.’ – Pure political philosophy of the type
enjoyed by members of the Debating Union at Oxford!” Terzogenito dei Guicciardini, famiglia tra le
più fedeli al governo mediceo. Dopo una prima formazione umanistica in ambito
familiare dedicata alla lettura dei grandi storici dell'antichità (Senofonte, Tucidide,
Livio, Tacito), studia a Firenze seguendo le lezioni di Pepi. Soggiornò a
Ferrara per poi trasferirsi a Padova per seguire le lezioni di docenti di
maggior importanza. Rientrato a Firenze, esercita l'incarico di istituzioni di
diritto civile. Nominato capitane dello Spedale del Ceppo. Inizia la stesura
delle Storie fiorentine e dei Ricordi. Esattamente dieci anni prima, ossia con
l'anno 1498, si chiudono quelle Cronache forlivesi di Leone Cobelli che
espongono le premesse degli avvenimenti riguardanti Caterina Sforza e Cesare
Borgia di cui Guicciardini si occupa, nelle sue Storie, per i notevoli riflessi
che hanno sulla politica fiorentina. In occasione della guerra contro
Pisa, venne chiamato a pratica dalla signoria, ottenendo l'avvocatura del
capitolo di Santa Liberata. Questi progressi portarono il Guicciardini anche ad
una rapida ascesa nella politica, ricevendo dalla Repubblica Fiorentina l'incarico
di ambasciatore presso Ferdinando il Cattolico. Da questa sua esperienza
nell'attività diplomatica nacque la Relazione, e anche il "Discorso di
Logrogno", un'opera di teoria politica in cui Guicciardini sostiene una
riforma in senso aristocratico della Repubblica fiorentina. Fece parte
degli Otto di Guardia e Balia ed entra a far parte della signoria, divenendo,
grazie ai suoi servigi resi ai Medici, avvocato concistoriale e governatore di
Modena, con la salita al soglio pontificio di Giovanni de' Medici, col nome di
Leone X. Il suo ruolo di primo piano nella politica emiliano-romagnola si
rinforza con la nomina a governatore di Reggio Emilia e di Parma. Nominato commissario generale dell'esercito
pontificio, alleato di Carlo V contro i francesi, matura quell'esperienza
che sarebbe stata cruciale nella redazione dei suoi Ricordi e della Storia
d'Italia. Alla morte di Leone X, si trova a contrastare l'assedio di
Parma, argomento trattato nella Relazione della difesa di Parma. Dopo
l'assunzione al papato di Giulio de' Medici, col nome di Clemente VII, venne
inviato a governare la Romagna, una terra agitata dalle lotte tra le famiglie
più potenti. Diede ampio sfoggio delle sue notevoli abilità diplomatiche.
Per contrastare lo strapotere di Carlo V, propaganda un'alleanza fra gli stati
regionali allora presenti in Italia e la Francia, in modo da salvaguardare in
un certo qual modo l'indipendenza della penisola. L'accordo fu sottoscritto a
Cognac, ma si rivelò ben presto fallimentare; di questo periodo è il Dialogo
del reggimento di Firenze, in cui si ripropone il modello della repubblica
aristocratica. La Lega subì una cocente disfatta e Roma fu messa al sacco dai
Lanzichenecchi, mentre a Firenze veniva instaurata la repubblica. Coinvolto in
queste vicissitudini, e visto con diffidenza dai repubblicani per i suoi
trascorsi medicei, si ritira nella villa Guicciardini di Finocchieto, nei
pressi di Firenze. Qui compose due orazioni, l'Oratio accusatoria e la
defensoria, ed una Lettera Consolatoria, che segue il modello dell'oratio
ficta, nella quale espose le accuse imputabili alla sua condotta con le
adeguate confutazioni, e finse di ricevere consolazioni da un amico. Scrisse le
Considerazioni intorno ai "Discorsi" del Machiavelli "sopra la
prima deca di Livio", in cui accese una polemica nei confronti della
mentalità pessimistica dell'illustre concittadino. Completa anche la redazione
definitiva dei Ricordi. Lasce Firenze e ritorna a Roma, per rimettersi di
nuovo al servizio di Clemente VII, che gli offrì l'incarico di diplomatico a
Bologna. Dopo il rientro dei Medici a Firenze, fu accolto alla corte medicea
come consigliere del duca Alessandro e scrisse i Discorsi del modo di riformare
lo stato dopo la caduta della Repubblica e di assicurarlo al duca Alessandro. Non
fu tenuto tuttavia in altrettanta considerazione dal successore di Alessandro,
Cosimo I, che lo lascia in disparte. Si ritira nella sua villa Guicciardini di
Santa Margherita in Montici ad Arcetri. Rriordina i Ricordi politici e civili,
raccolse i suoi Discorsi politici e scrisse la “Storia d'Italia. Morì ad
Arcetri, quando da circa due anni si era ormai ritirato a vita privata. Guicciardini
è noto soprattutto per la Storia d'Italia, vasto e dettagliato affresco delle
vicende italiane tra l’anno della discesa in italia del Re francese Carlo VIII e
il anno della morte di Papa Clemente VII. -- è un monumento al ceto italiano e
più specificamente alla scuola fiorentina di filosofi di cui fecero parte anche
Machiavelli, Segni, Pitti, Nardi, Varchi, Vettori e Giannotti. L'opera
districa la rete attorcigliata della politica degli stati italiani del
Rinascimento con pazienza ed intuito. L'autore volutamente si pone come
spettatore imparziale, come critico freddo e curioso, raggiungendo risultati
eccellenti come analista e filosofo (anche se più debole è la comprensione
delle forze in gioco nel più vasto quadro europeo). Guicciardini è l'uomo
dei programmi che mutano "per la varietà delle circunstanze" per cui
al saggio è richiesta la discrezione (Ricordi), ovvero la capacità di percepire
"con buono e perspicace occhio" tutti gli elementi da cui si
determina la varietà delle circostanze. La realtà non è quindi costituita da
leggi universali immutabili come per Machiavelli. Altro concetto saliente del
pensiero guicciardiniano è il particulare (Ricordi) a cui si deve attenere il
saggio, cioè il proprio interesse inteso nel suo significato più nobile come
realizzazione piena della propria intelligenza e della propria capacità di
agire a favore di se stesso e dello stato. In altre parole, il particulare non
va inteso ego-isticamente, come un invito a prendere in considerazione
solamente l'interesse personale, ma come un invito a considerare pragmaticamente
quanto ognuno può effettivamente realizzare nella specifica situazione in cui
si trova (dottrina che collima con quello di Machiavelli). In netta
polemica, Pitti scrisse l'opuscolo Apologia dei Cappucci, a difesa della
fazione dei democratici. E considerato il progenitore della storiografia
moderna, per il suo pionieristico impiego di documenti ufficiali a fini di
verifica della sua Storia d'Italia. La reputazione di Guicciardini poggia
sulla Storia d'Italia e su alcuni estratti dai suoi aforismi. I suoi
discendenti aprirono gli archivi di famiglia e diedero incarico a Canestrini di
pubblicare le sue memorie. Furono pubblicati i suoi Carteggi, che contribuirono
ad un'accurata conoscenza della sua personalità. «L’angolo di prospettiva
dal quale si prese a considerare, nella prima metà del secolo XVII,
l’opera guicciardiniana, la posizione di questa nel giudizio dei lettori
secenteschi, sono bene indicati da uno spirito acuto dell’epoca, A. G. Brignole
Sale. “Quindi non per altro, a mio giudizio, porta pregio il Guicciardini sopra
il Giovio, sol che questi, qual pittor gentile, de’ soggetti ch’egli ha per le
mani colorisce agli occhi altrui con vivacissimi ritratti, senza inviscerarsi,
la superficie, quegli per contrario, qual esperto notomista, trascurando anzi
dilacerando la vaghezza della pelle, vien con l’acutezza della sua sagacità
fino a mostrarci il cuore e il cervello de’ famosi personaggi ben penetrato.” All’affiatamento
con lo spirito dell’opera guicciardiniana si accompagnò, sul piano letterario,
una migliore intelligenza del suo stile, di cui si cominciò ad ammirare,
superando le pedanti riserve linguistiche, la scorrevolezza, l’intima misura e
precisione pur nel tono sostenuto. Tuttavia, proprio dal più accreditato
esponente letterario del tacitismo, Boccalini, fu formulato un giudizio tra i
meno benevoli alla Storia.» Il giudizio di Francesco De Sanctis
Copertina di un'antica edizione della Storia d'Italia Francesco De Sanctis non
ebbe simpatia per Guicciardini ed infatti non nascose di apprezzare
maggiormente il Machiavelli. Nella sua Storia della letteratura italiana il
critico irpino mise in evidenza come Guicciardini fosse, sì, in linea con le
aspirazioni di Machiavelli, ma se il secondo agì in linea con i suoi ideali, il
primo invece "non metterebbe un dito a realizzarli". De Sanctis
affirma:“Il dio del Guicciardini è il suo particolare.” “Ed è un dio non meno
assorbente che il Dio degli ascetici, o lo stato del Machiavelli.” “Tutti gli
ideali scompaiono.” “Ogni vincolo religioso, morale, politico, che tiene
insieme un popolo, è spezzato.” “Non rimane sulla scena del mondo che
l'INDIVIDUO.” “Ciascuno per sé, verso e contro tutti.” “Questo non è più
corruzione, contro la quale si gridi: è saviezza, è dottrina predicata e inculcata,
è l'arte della vita”. E poco più in basso aggiunse. “Questa base intellettuale
è quella medesima del Machiavelli, l'esperienza e l'osservazione, il fatto
e lo «speculare» o l'osservare. Né altro è il sistema. Guicciardini nega tutto
quello che il Machiavelli nega, e in forma anche più recisa, e ammette quello
che è più logico e più conseguente. Poiché la base è il mondo com'è, crede
un'illusione a volerlo riformare, e volergli dare le gambe di cavallo, quando
esso le ha di asino, e lo piglia com'è e vi si acconcia, e ne fa la sua regola
e il suo istrumento". Nel Romanticismo, la mancanza di evidenti
passioni per l'oggetto dell'opera era infatti vista come un grave difetto, nei
confronti sia del lettore che dell'arte letteraria. A ciò si aggiunga che Guicciardini
vale più come analista e filosofo che come scrittore. Lo stile è infatti
prolisso, preciso a prezzo di circonlocuzioni e di perdita del senso generale
della narrazione. "Qualsiasi oggetto egli tocchi, giace già cadavere sul
tavolo delle autopsie". Altre opera: Scritti autobiografici e rari
(Laterza), Storie fiorentine; Discorso di Logrogno, Considerazioni sui Discorsi
del Machiavelli, Ricordi politici e civili Dialogo del Reggimento di Firenze, Storia
d'Italia, Scritti sopra la politica di Clemente VII dopo la battaglia di Pavia
(Firenze, Olschki); Le cose fiorentine, R. Ridolfi , Firenze, Olschki, Carteggi,
presso Zanichelli, Bologna; presso Istituto per gli studi di politica, Firenze;
presso Istituto storico italiano, Roma; presso G. Ricci, Roma. "Donna di
grandissimo animo e molto virile", secondo il Guicciardini (Storie
fiorentine). Natalino Sapegno, Compendio
di storia della letteratura italiana, La Nuova Italia, Firenze, A. G.
BRIGNOLE-SALE, Tacito abburatato, Genova, «Or chi non vedescriveva il
Tassoniche questo è uno stil maestoso e nobile, quale appunto conviensi alla
grandezza delle cose proposte e alla prudenza politica dell’Istorico che le
tratta? e che non ostante i periodi sien tutti numerosi e sostenuti, per esser
ben collocate le parole fra loro, e però l’ordine, e ’l senso facile e piano in
maniera che ’l lettore non trova scabrosità né intoppi, come nello stil di Villani,
che va saltellando e intoppando a ogni passo etc... ». A. TASSONI, Pensieri
diversi, Venezia, Il legame del pensiero
politico tassoniano con quello di Guicciardini (incluso, a differenza del
Machiavelli, tra gli storici della «prima schiera» con Comines e Giovio, ossia
considerato pari agli antichi; v. Pensieri) e del Machiavelli è noto: i due
fiorentini, come dice il Fassò, furono «i due poli» a cui si volse la sua
riflessione politica. (Introduz. a TASSONI, Opere, Milano-Roma, T. BOCCALINI, Ragguagli di Parnaso e Pietra
del paragone politico, I, Bari, Walter
Binni, I classici italiani nella storia della critica: Da Dante al Marino,
Nuova Italia, Testi Dialogo e discorsi del reggimento di Firenze, Bari, Gius.
Laterza & Figli, Historia di Italia, Pisa, presso Niccolò Capurro; Historia
di Italia. Libri, In Venetia, appresso
Giorgio Angelieri, Guicciardini, Scritti autobiografici e rari, Bari, G.
Laterza e Figli, Guicciardini, Scritti
politici, Bari, G. Laterza, Storia d'Italia,
1, Bari, G. Laterza, Storia d'Italia,
Bari, G. Laterza, Storia d'Italia,
Bari, G. Laterza, Storia d'Italia,
Bari, G. Laterza, Storia d'Italia, Bari, G. Laterza, Storie fiorentine, Bari, G.
Laterza, Studi R. Ridolfi, 'Vita', Milano, Rusconi Treves, Il realismo
politico, Firenze, R. Ramat, Guicciardini e la tragedia d'Italia, Firenze, V.
De Caprariis, Guicciardini. Dalla politica alla storia, Napoli, (ristampa
Bologna, G. Sasso, Per Francesco Guicciardini. Quattro studi, Roma, E.
Cutinelli-Rèndina, Guicciardini, Roma, Famiglia Guicciardini. TreccaniEnciclopedie
on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana, . Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana. Liber Liber. openMLOL,
Horizons Propositioni, overo Considerationi in materia di cose di Stato, sotto
titolo di Avvertimenti, Avvedimenti Civili, & Concetti Politici di
Guicciardinii, Lottini, Sansovini, Venezia, Presso Altobello Salicato, Opere illustrate
da Giuseppe Canestrini, Firenze, Barbera, Bianchi e Comp.,Bari, Gius. Laterza
& figli,/biblioteca italiana/indice. Francesco Guicciardini. Guicciardini. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Guicciardini: l’implicatura particolarizzata” – The
Swimming-Pool Library.
Guzzi (Roma). Filosofo. Grice: “Myy favourite is his dictionary of the
unheard tongue – with a foreword like sounds like Blair on newspeak!” -- Marco
Guzzi (Roma), filosofo. Studia al Liceo classico statale Giulio Cesare. Direttore
dei seminari del Centro studi Eugenio Montale. La poetica di Guzzi, fin
dall'inizio, si è concepita come un'esperienza spirituale, una ricerca di stati
più dilatati della coscienza, sulla scia della linea che da Hölderlin, e
attraverso Rimbaud, arriva fino al nostro migliore ermetismo. La ricerca teoretica
di Guzzi ha affrontato, in particolare nel saggio filosofico La svolta,
significativamente sottotitolato "La fine della storia e la via del
ritorno", il tema del cambiamento epocale che a suo avviso l'uomo è
chiamato a conoscere e riconoscere, dentro e fuori di sé. Opere: Raccolte di
poesia Anima in vetrina, Il Giorno,
Scheiwiller, Teatro Cattolico, Jaca Book, Figure dell'ira e dell'indulgenza,
Jaca Book, Preparativi alla vita
terrena, Passigli, Nella mia storia Dio, Passigli, Parole per nascere, Edizioni
Paoline, Saggi di filosofia e di religione
La Svolta, Jaca Book, Rivolgimenti, Marietti, L'Uomo Nascente, Red, Passaggi di
millennio, Edizioni Paoline, L'Ordine del Giorno, Edizioni Paoline, Cristo e la
nuova era, Edizioni Paoline, La profezia dei poeti, Moretti e Vitali, Darsi
pace, Edizioni Paoline, La nuova umanità, Edizioni Paoline, Per donarsi,
Edizioni Paoline, Yoga e preghiera cristiana, Edizioni Paoline, Dalla fine
all'inizio, Edizioni Paoline, Dodici
parole per ricominciare, Ancora Il cuore
a nudo, Edizioni Paoline, Buone Notizie,
Ed. Messaggero Imparare ad amare,
Edizioni Paoline L'Insurrezione
dell'umanità nascente, Edizioni Paoline,
Fede e Rivoluzione, Edizioni Paoline
Il profilo dell'Uomo di Dio, Edizioni Paoline Alla ricerca del continente della gioia,
Edizioni Paoline “Dizionario della
lingua inaudita” Lingua e Rivoluzione, Edizioni Paoline. Marco Guzzi. Grice:
“Guzzi plays with ‘lingua inaudita’ – literally ‘unheard of’ – but
ultra-literally turns his dictionary into a magical oxymoron! Guzzi. Keywords: lingua
inaudita, lingua audita. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Guzzi” --- The
Swimming-Pool Library.
Guzzo (Napoli). Filosofo. Grice:
“I admire Guzzo; he founded ‘Filosofia,’ a philosophy magazine and led a school
at Torino, but he selected ‘pagine di filosofi per i giovani italiani.’ He
wrote interesting essays on “Gli hegeliani d’Italia” and Croce versus Gentile –
a very systematic philosopher. The logo of his revista shows Oedipus and thes
sphynx – that says it all!” Si laurea a Napoli, dove fu allievo di Maturi. Insegna
a Torino e Pisa. Fonda "Erma”. Esponente dell'idealismo, si avvicinò all'attualismo
di Gentile. È considerato quindi uno dei più grandi esponenti dello spiritualismo.
Opere: “Spinoza”; “Kant”; “Verità e realtà. Apologia dell'idealismo”;
“Idealisti ed empiristi”; “Aquino”, “Bruno”; “Storia della filosofia”, “L'uomo”
(Brescia, Morcelliana); “L'io e la ragione”; “Moralità”; “Scienza”; “Arte”;
“Religione; “Filosofia” – Pietro Fernando Quarta, “Guzzo e la sua scuola,
Urbino, Argalìa; Dizionario Biografico degli Italiani, Treccan. Augusto Guzzo. Guzzo.
Keywords: il Vico di Guzzo, il Galluppi di Guzzo -- Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Guzzo: tra idealismo ed empirismo” – The Swimming-Pool Library.
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