DELLA FILOSOFIA ROMANA. 3 La filosofia romana può dirsi , che cominci da Cicerone , cui è dovuta la lode di aver dato la cittadinanza latina alle greche discipline , e di avere eccitato in questi studî l' emulazione de' suoi cittadini. Suo è il vanto di avere richiamato la scienza a' principî di Socrate e di Platone di averla applicata alla vita si domestica che publica , e di averle dato un linguaggio che prima non aveva ; pe’quali meriti raccolse in se la gloria de’greci mae stri. Sapiente come Socrate , eloquente come Platone , erudito come Aristo tele , e austero come Zenone, Cicerone compendið in se le più chiare menti della Grecia , sì che risplende nel mondo intelligente , non solamente come il luminare della filosofia latina , ma come il più ornato , il più elegante , e il più retto ingegno , che abbia onorato la spezie umana. Che se mancogli il 2 CAPO V. 31 merito dell'invenzione , ne ebbe bene un altro , che quello eguaglia ed avan za , cioè l'essere stato tra gli antichi il più utile alla filosofia pratica , avendo rimosso dalla speculativa la investigazione delle cause naturali, e dimostralo l'unità del principio , a cui si annodano la teologia naturale , la psicologia , e la morale . Infatti avendo , come Socrate , stabilito per iscopo d'ogni filo sofia la conoscenza di se medesimo, da questo fece nascere la conoscenza di Dio , la celeste origine delle anime umane l'ordine morale degli Esseri creati , il fine de' beni e de' mali, la cognizione del sommo bene , il prin cipio delle obligazioni naturali , e la nozione di quella eterna legge che tutto modera e governa (a ). Avendo così dato alla filosofia un fine vero , e utile alla umana vita , poco entrar volle ne'concetti metafisici, e forse disprezzogli al par di Socra te ; il che ha fatto a molti dire , che Cicerone nell' esporre le dottrine delle greche scuole non sempre avesse penetrato addentro nel senso loro , e fosse quasi rimaso straniero a quella esoterica sapienza , che taluni tanto più pre dicano e ammirano , quanto più di tenebroso trovano nelle sue concezioni. E qui domanderemmo , se non è arroganza de'moderni il tassare di poca penetrazione la più luminosa mente dell'antichità , la quale abbracciò le parti tutte dell' umano sapere , svolse le più gravi quistioni della filosofia intellet tuale , e spogliandole de’sofismi della dialettica le rendette facili e popolari? E vorremmo ancora sapere , se possa imputarsi a difetto di scienza l' avere ommesso quelle controversie , che non solamente non contribuiscono alla per fezione della cognizione , ma la fanno in falsa parte piegare ? Sarà facile il rispondere a chiunque farassi a considerare le parti singole della filosofia da lui trattate , prendendole dal quadro ch'egli stesso ne fece nella introduzione d ' uno de' suoi libri filosofici (6). Ne' libri accademici volle egli dimostrare la prima e più importante ve rità dell'umana cognizione , la certezza delle sorgenti delle idee. In ciò fare, Origine e realità della umana seguì per rispetto a' sensi la dottrina di Zenone , che a quelli dato aveva cognizione. più che non aveva concesso Aristotele , o sia defini e determinò il compren sibile de'sensi ne'termini stessi di quella scuola ( c); dal che dedusse , esser la verità de' sensi una condizione necessaria della natura , comprovata dalla differenza che la natura stessa ha stabilito tra 'l piacere e il dolore (d ). Ma a canto al principio della sensazione , collocò la virtù intuitiva dell' anima come affalto distinta da quello , o sieno le prime nozioni impresse dalla na tura , senza le quali la mente non avrebbe potuto nè intendere nè ragio I. ( a) Tuscul. Lib. V. Cap. IV . De legib. Lib. I. Cap. VIII , XIII , XXIII. (6) Academ . Lib . I. ( c) Visum , impressum , effictumque ex eo unde esset ; quale esse non possel ex eo , unde non esset. Lucullus Cap. VI. ( d) Ibid . cap. VII. CAPO V. 52 II . nare ( 18) . Circa la dottrina delle idee , espose storicamente il concello delle idee di Platone , senza impugnarlo o sostenerlo ; narrò lo strazio che fatto ne aveva Aristotele , insieme co'suoi peripatetici ; lasciò da banda la qui stione del come le nozioni nascose e adombrate nell'anima si sviluppassero, ma riconobbe come indispensabile la necessità d' un secondo principio tutto intellettuale , senza del quale sarebbe stato impossibile spiegare le operazioni della mente , l'astrarre , il generalizzare , l'inventare, e sopratutto il prodi gioso fenomeno della memoria ( a ). Conforme a' principi della umana cognizione fu il resto del suo sistema Conoscenza intellettuale , che espose nelle tusculane e ne' libri intorno a ' fini de' beni e di se medesimo. de mali. Per la contemplazione di se medesimo, introdusse l'anima alla co gnizione della immortalità ed immaterialità della sua sostanza , della origine divina da cui emana , dello scopo della vita , e del sommo bene cui debbe aspirare. E in prima, la più importante qualità dell'anima , siccome Cicerone avverti, è l'intuizione di se medesimo (6), la qual dote è appunto una conse guenza di quel principio d'intellezione che la natura ha in lei impresso, che non si acquista co' sensi , e che nella più matura età quando i sensi decli nano , diviene più retto e perspicace. Dalla virtù , che l'animo ha di vedere se medesimo e le qualità sue , e dalla forza che ha in se di volere e di muovere , sente l'uomo essere cotesta virtù un principio proprio , non prodotto da altra esterna forza , e scopre essere quel principio stesso il quale muove la materia , affatto simile all'azione, che dà moto e vita all'universo ; d'onde conclude non essere materiale o corporea , nè terrena o mortale , ma celeste ed eterna . Nè solamente dal principio della volontà e del moto ricava l'im mortalità e l'immaterialità della sostanza sua , ma si bene dalle altre doti intellettuali , di cui scorgesi arricchita : dalla facoltà di pensare , di ritenere e di richiamare le idee e le nozioni passate , di antivedere le future , e di abbracciare col pensiero la Divinità , le opere sue , e l'infinito stesso , che n'è il principale attributo. In somma sviluppando il precetto di Socrate , co nosci te stesso , o sia investiga quale sia l animo tuo , Cicerone fa da quello derivare i tre primi dogmi della naturale sapienza dell' uomo , l' esi stenza di Dio , l'immaterialità , e l' immortalità dell' anima umana ( 19) . E allorchè dalla interna investigazione dell'animo passa alla contemplazione de gli obbietti esterni, e delle altre opere della natura , quanto più luminoso non diviene il concetto della Divinità , della dignità dell'uomo, della sua futura sorte , e del vero scopo della vita ? Delle quali magnificenze sarebbe l'uomo muto e indifferente spettatore al pari dei bruti , se non avesse sviluppato entro di se le nozioni del proprio essere , e delle relazioni sue colle altre creature , e coll'Autore stesso dell'universo (20) . ( a ) Academ . Lib . I. Cap. VIII. (6 ) Animo ipso animum videre . CAPO V. 53 A stabilire poi la vera nozione della Divinità , ne' libri de natura deo rum volle Cicerone esporre le principali opinioni delle greche scuole , l'ac cademica , la stoica , e l'epicurea ; e sbandita questa ( la quale dava alla Di vinità per suo unico fondamento la pratica credenza degli uomini e rendevala affatto inutile alla vita ) , dimostrò come gli accademici discordassero dagli stoici nelle parole più che nella sostanza . Ciascuna di quelle due scuole non pertanto aveva una parte vera : il concetto della Divinità , ricavato dall'opera dell'universo , era degli accademici , i quali ereditato l'avevano da’socratici: l'altro della provvidenza , che tutto regge é dispone per la utilità dell'uomo, era degli stoici. Ma costoro d'altra parte ammetlevano dogmi, e commettevano insieme principî tra loro incompatibili, come la natura animata cogli attributi della Divinità , il fato colla provvidenza e colla libertà delle umane azioni. La stessa loro virtù , o il sommo bene non polevasi accomodare al viver pra tico degli uomini , dapoichè era collocata in un estremo tale , che per esso toglievasi ogni merito o biasimo a'fatti , buoni o tristi che fossero , se pur non toccassero l'apice della perfezione : per esso l'uom sapiente diveniva un Essere ideale , che non potevasi scontrare sulla terra : i doni della natura la sanità , il vigore, la bellezza , le sostanze erano agguagliate a' difetti e alle privazioni contrarie : il piacere scambiayasi col dolore : le relazioni tra gli uomini , gli ufizi della vita , la prudenza , l'ordine , le virtù civili , la cura de'publici negozî, e la domestica economia , divenivan tutte qualità di convenzione, estranee alla sapienza e alla vera virtù (a ). A rimuovere l'osten tazione di questa scabrosa virtù , dopo avere esposto le opinioni delle greche scuole , Cicerone dimostrò quanto di vano fosse nelle parole e ne' nuovi vo caboli introdotti dagli stoici, e come il giusto mezzo si trovasse nelle emen dazioni di Panezio , il quale aveva conciliato Zenone , cogli accademici e co' peripatetici. Tale fu lo scopo de' suoi cinque libri intorno a' fini de' beni e de' mali , insieme co'quali va letto l'altro del fato , che scrisse per accor dare insieme la dottrina dell'ordine della natura colla Provvidenza , e colla libertà delle umane azioni ; libro , per altro , di cui ci rimane soltanto un mal concio avanzo. Non oseremmo fare la stessa apologia de' libri intorno alla divinazione, nè sapremmo dire , se avesse egli inteso sostenere la verità delle scienze divinatorie per l'autorità degli stoici , o per la necessità di ri spettare una dottrina popolare, a cui non avrebbe potuto impunemente con traddire. Forse la maggior lode di quella opera potrebbe ricavarsi dal filo sofico concetto che in essa sovente traluce , cioè che v' ha una provvidenza conservatrice , della cui assistenza la mente umana senle il bisogno, per modo che gli stessi prestigî e le superstizioni delle arti divinatorie sono la pratica espressione di tal bisogno. (a ) Quae est causa istarum angustiarum ? gloriosa ostentatio in constituendo sum mo bono. De Finibus Lib. IV. Cap. XXV. CAPO V. III . 1 Le opere sin qua esposte abbracciano tutta la filosofia speculativa di Ci Filosofia pralica. cerone. Non sono meno luminose quelle della filosofia pratica : i libri degli ufizi contengono l'applicazione della dottrina stoica , secondo le emendazioni di Panezio , a' portamenti della vita ; siccome i libri della republica e delle leggi derivarono dagli stessi principi le regole per la vita publica, e per lo civile reggimento de' popoli. Per lui in somma, la filosofia nacque in Roma matura , senza passare per l'età dell'infanzia , siccome aveva falto in Grecia. Negli studi della umana sapienza la ragione romana ebbe per guida la spe rienza , o sia la storia delle opinioni e degli errori del più perspicace e il luminato popolo del mondo , il quale aveva figurato come l'antesignano e il luminare di tutti gli altri nella carriera delle lettere e delle scienze. Cicerone fu eclettico , perchè altra parte non resta a chi sopraggiugne nella maturità del sapere , fuorchè il giudicare e lo scegliere. Ma l'avere esercitato il giudi zio e la scelta in tutte le parti della filosofia ; lavere signoreggiato i pensieri de' greci con un criterio sempre libero e retto ; e l'aver dato ai pensieri della scienza l’espressione , o sia il linguaggio di cui i romani mancavano , gli meritarono presso i suoi un primato , che altro sapiente mai non ebbe presso la propria nazione. In conferma di che giova osservare , che in tutta la durata del romano impero , e in mezzo a tanti sommi uomini i quali ar ricchirono ogni parte del sapere cogli scritti loro ; non apparve più alcuno che fosse stato a lui comparato , si che egli è solo modello della sana filo , sofia tra'latini , come Socrate tra'greci. Della filosofia pratica sopratutto fu benemerito , dapoichè per lui la dot trina degli stoici passò dalla scuola nel foro , e nel grande tealro del mon do. Da questa la giurisprudenza attinse le cardinali nozioni della giustizia , e delle obligazioni, proprie a stringere e consolidare i legami delle civili as sociazioni. E sebbene nelle mani de'giureconsulti la dottrina stoica acquistato avesse una tinta di disputabile , aliena dalla sua naturale rigidezza , e avesse da Seneca ricevulo un certo orpello declamatorio ; pur tuttavolta fu da Ar riano nel manuale di Epitteto richiamata a' severi principî di Zenone e di Cleanto . Certamente in Roma ottenne successi maggiori che in Grecia , per chè ivi divenne madre della sapienza civile , ed ebbe il vanto di aver dato al mondo due perfetti modelli di re , nelle persone di Marco Aurelio e di Antonino . Restiamo dall' internarci negli ultimi periodi della filosofia del basso impero , si greco che latino ; tra perchè le vecchie nazioni che il compone vano , nella condizione stessa della loro vita civile trovavano invincibili osta coli a' progressi della ragione ; e perchè gli ultimi aneliti della filosofia an darono in quel tempo a scontrarsi col grande avvenimento , che rinnovar doveva la religione , la coltura e i costumi di tutti i popoli. Basterà dire , che il ritratto delle opinioni e de'costumi della ultiina età dell'impero ro mano sta in quel che abbiamo già detto deļla scuola alessandrina : lo scet CAPO VI. 55 ticismo e l'indifferenza per ogni verità formavano la doltrina de' sapienti : la corruzione scioglieva ogni giorno i vincoli sociali : la superstizione e l'igno ranza avevano ottenebrato la superficie della terra .
Monday, November 22, 2021
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