La psicologia e la logica furono sempre risguar date o come parte integrante della filosofia o almeno come una preparazione essenziale allo studio di questa. E in vero essendo la filosofia la ricerca dei fon damenti ultimi d'ogni cosa conoscibile all' uomo e una tale ricerca suddividendosi in due grandi rami, che sono l'uno l'inves jigazione de' supremi prin cipii dell'essere e l'altro quella dei supremi prin cipii del conoscere, questa seconda parte della filo sofia domanda necessariamente lo studio del sub bietto conoscente e della funzione conoscitiva, cioè la psicologia, e lo studio delle forme e delle leggi della conoscenza, cioè la logica. Ecco perchè al breve trattato che precede si fanno qui seguire questi elementi di logica. 264 1 La logica poi differisce essenzialmente dalla psicologia per questo, che mentre la seconda studia il fatto del pensare e del conoscere ( oltre agli altri fatti interni o psichici) come effettivam ente avviene, la logica in cambio studia le norme secondo le quali deve essere conformato e diretto, perchè rag giunga il fine dell'attività conoscitiva che è il pos sesso della verità. Essa quindi è una scienza nor mativa o precettiva e potrebbe non male definirsi la scienza delle forme del pensiero in quanto sono ordinate alla conoscenza. La verità, oggetto della conoscenza, è di tre ma niere : a ) verità materiale, cioè la conformità del pensiero con la cosa a cui si riferisce ; b ) verità formale, che è l'armonia del pensiero con se stesso ; c ) verità melafisica o ideale od obbietliva in senso as soluto, che è l'intrinseca ragionevolezza degli esseri o delle essenze . La seconda, cioè la formale, è l'ob bietto speciale della logica ed è una condizione necessaria, sebbene non sufficiente, anche della prima. In quanto alla verità nel terzo significato, ella, come s'è visto, riguarda più presto l'essere che non il pensiero ; ma il pensiero è pensiero razio nale solo a condizione di partecipare a quella. La logica, secondo alcuni , è scienza puramente forinale cioè considera esclusivamente la forma del pensiero che è quanto dire il modo in cui gli ele menti di questo sono tra loro combinati) ; secondo altri essa è anche materiale, cioè risguarda anche la contenenza del pensiero. 265 Senza discutere qui una tal questione assai sottile e intricata noi ossserveremo : 1. ° Che una logica strettamente formale è possibile, benchè così se ne restringa il campo e si debbano lasciare insoluti de' problemi ch'essa medesima solleva. In questo campo ella è scienza rigorosamente esatta e offre delle affinità colla matematica. • 2.º Che a voler trattare a fondo le questioni logiche , è mestieri entrare in attinenze del pen siero, che oltrepassano la pura forma e toccano da una parte alla psicologia dall'altra alla metafisica. Il pensiero poi , oltre alle forme logiche, ne ha delle altre che si riferiscono vuoi all ' esercizio dell'attività pensante ( forme psicologiche) , vuoi al sentimento del bello ( forme estetiche ) , vuoi al l'espressione del pensiero per mezzo della parola ( forme grammaticali e retoriche) . Tutte queste non riguardano la logica ; ma le psicologiche e le grammaticali hanno colle logiche delle attinenze strettissime. Il valore della logica è doppio ; cioè essa ha in primo luogo un valore assoluto in quanto è un complesso sistematico di verità, una scienza per sé stante ; poi ha un valore relativo in quanto serve a dirigere il pensiero e gli addita le norme, a cui deve conformarsi se vuol raggiungere il suo fine. Il primo è nn valore puramente teoretico , il secondo è un valore pratico e in questo senso la logica chiamasi anche arte del pensiero. 266 Le parti principali della logica si possono ri durre a due, che sono 1.º il trattato delle forme logiche elementari , cioè del concetto , del giudizio e del raziocinio ; 2.º la metodologia logica ossia. l'applicazione delle forme logiche a ' fini speciali delle scienze . Questo manualetto si circoscrive quasi unica mente alla parte prima ; per la seconda dovremo contentarci di qualche breve cenno. SEZIONE PRIMA CAPITOLO I. Del concetto Il pensare , come funzione conoscitiva, è sem pre un giudicare (come s'è veduto nella psicolo gia) ; quindi la sua forma primitiva è il giudizio . Perciò il concetto , come forma del pensiero , nonché şia anteriore al giudizio, lo presuppone . Onde, con formemente alle dottrine esposte nella parte psicolo gica ( 1 ) , s ' ha a stimar falsa l'opinione di quelli che considerano il concetto come una rappresenta zione generale ; prima perchè una rappresentazione non può esser mai generale, poi perchè il concetto si compone di giudizi e questi non si possono in verun modo ridurre a rappresentazioni. Il concetto, psicologicamente considerato, è un sistema di giu dizi reso fisso , la cui unità solitamente è legata a un vocabolo o ad una espressione equivalente 2 ). ( 1 ) Cf. Sez. prima, cap . XX e XXIII. ( 2) Di qui lo sforzo delle lingue per foggiare nomi composti, come ferrovia , cromolitografia, Strafrecht ( diritto penale) ecc. 268 Obbiettivamente poi il concetto è l'essenza della cosa, che in esso si pensa, o vogliam dire la cosa in quanto pensabile. Ma per la logica il concetto è un tutt' insieme di più determinazioni o note . Conviene per altro che le note (caratteri) ineriscano a qualche cosa , di cui siano note e questo substratum si può chia mare la sostanza logica del concetto ; questa è sempre presupposta in ogni concetto , quando sia considerato in sè e come per sè stante (1) . Per altro il concetto, benchè sia un prodotto del pensiero e non della sensibilità, ha bisogno di un elemento rappresentabile (sensibile) a cui s'ap poggi . A questo fine servono principalmente quelle rappresentazioni sommarie, che abbiamo chiamato schemi fantastici (2) , e la parola ; talvolta la sola parola. Ci sono poi nelle nostre rappresentazioni, di qualunque specie sieno , delle relazioni le quali alla lor volta si riflettono nelle relazioni intrinseche dei concetti . Tra codeste relazioni principalissime sono quelle d'omogeneità e d'eterogeneità. Le rappre sentazioni omogenee formano generalmente una scala di disgiunzione, ossia una serie ordinata, in cui la differenza va aumentando dall'uno all'altro termine . Le rappresentazioni omogenee (disgiunte) ( 1 ) Sostantivamente e non aggettivamente direbbe la gram matica. (2) Cf. Psicologia, Sez. prima, cap . XVI. 269 non si escludono non solo le une dalle altre, ma possono nemmeuo inerire a un tertium quid identico ; le eterogenee o disparate, com'anco si chiamano, non possono immedesimarsi tra loro , ma ben pos sono inerire simultaneamente a una stessa cosa. Per quanto si proceda innanzi nel cercare la ragione delle differenze tra le rappresentazioni, non si può fare a meno d'arrestarsi finalmente davanti a delle differenze originarie, di cui non si può ren dere altra ragione se non il fatto. Il concetto è logicamente perfetto quando tut tociò che in esso si pensa armonizza seco stesso ; ma sotto il rispetto epistemologico ed obbiettivo il concetto per essere perfetto deve adeguare piena mente la cosa, cioè quel quid qualsiasi a cui si ri ferisce. Ciò non si avvera quasi mai in senso asso luto per l'uomo, anzi nella più parte de' casi i nostri concetti sono molto inadeguati . E qui vuolsi notare un equivoco, in cui spesso si cade per non aver distinto il concetto, in quanto è da noi effet tivamente pensato, dal concetto nella sua perfezione obbiettiva. Perocchè inteso in quest'ultimo signifi cato esso contiene già tutte le sue determinazioni e non è suscettivo di svolgimento e di perfeziona mento . Le qualità che il concetto deve possedere per accostarsi alla sua perfezione sono : 1.° la determinalezza. Se questa manca, esso è un frammento, un abozzo di concetto, non un con cetto compiuto. La determinatezza poi contiene 270 1 1 anche la chiarezza e la perspicuità ; la prima ri chiede che il concetto sia pensato in modo che si possa distinguere da ogni altro ; la seconda si ot tiene quando si distinguono perfettamente tra loro i suoi elementi e questi sono pensati nelle loro vere relazioni. 2.° L'universalità . E questa è di due maniere , cioè il concetto deve essere valido per tutti i pen santi e deve potersi applicare a tutti gli oggetti , che cadono entro il suo àmbito. 3.0 L'armonia ossia l'intrinseca congruenza ; la quale sotto l'aspetto negativo è l'assenza d'ogni contraddizione tra le parti del concetto , sotto l'aspet to positivo è la reciproca esigenza, il mutuo lega me delle parti stesse. Osservazione: -- Dall'universalità del concettto deriva ancora la sua indipendenza dal tempo ; onde si può dire immutabile ed eterno ( estra -temporario ). Nè a ciò osta punto se la materia del concetto sia per natura sua mutabile e soggetta al tempo. Il concetto di cosa che muta e passa, anche di ciò che ha l'esistenza appena d'un istante ( p . es. della vita umana, del temporale, dalla caduta dei corpi, ecc . ) non muta e non passa, anzi, è eternamente identico a se stesso . - 271 CAPITOLO II . . Comprensione ed estensione del concetto ; astrazione e determinazione Il concetto, come di sopra notammo, conside rato logicamente è l'unione di più determinazioni o note, le quali ineriscono a quella che fu detta sostanza logica del concetto . Si vedrà più innanzi che cosa sia e quel che importi codesta sostanza logica ; qui si osservi che essa pure può essere con siderata come una nota o un gruppo di note, on dechè il concetto si potrà risguardare come l'in - sieme di tutte le sue note . Ora il complesso di tutte le note d'un concetto costituisce quella che chia masi comprensione o tenore o contenenza del con . cetto stesso . Siccome poi un concetto si può pensare come determinazione di altri ( siano concetti , siano en tità quali si vogliano, per. es . il concetto mammi fero è determinazione de' concetti : cavallo , cane, topo, ecc. e cosi dei singoli cavalli, cani ecc. ) , l'in sieme di tuttoció, di cui quel concetto è una de terminazione, forma ciò che chiamasi estensione o sfera o ámbito del concetto medesimo . Così, posto che il concetto A riunisca in se soltanto le note a, b, c, queste nella loro totalità formeranno la comprensione di A. Se poi A è una 272 determinazione di in , n , pe nulla più, la totalità m , n , p, costituirà l'estensione di A. A significare il rapporto, che collega tra di loro le parti della comprensione ossiano le note di un concetto, si suole usare il simbolo algebrico della moltiplicazione ; onde comprensione di A = axbxc, o abc. Il rapporto invece delle parti dell' estensione tra di loro suolsi esprimere col simbolo dell'addi zione, onde estensione di A = m + n + p , E non a torto, perchè come nella moltiplica zione ogni fattore moltiplica tutti gli altri , così ogni nota determina l'insieme di tutte le altre ; mentre le parti dell'estensione si escludono tra di loro, come gli addendi, e sommate insieme costi tuiscono il tutto. Questa relazione, che corre tra le note del concetto, fu da molti disconosciuta e se ne accusò la logica, quasi essa pretenda ridurre i concetti più differenti tra di loro a un tipo unico, ignorando anzi cancellando le attinenze molto più essenziali che in ciascun concetto ne collegano tra di loro i vari elementi. Ma a torto, perchè non tutti gli ele menti, che entrano a comporre un concetto, possono per ciò dirsi note di questo. Nota veramente non 273 - è se non ciò che può legittimamente applicarsi a un concetto come un suo predicato . (Così p. es . nel concetto di triangolo entra senza fallo anche l'idea della linea ; ma siccome non può dirsi : il triangolo è una linea, così linea non è nota di triungolo. Il medesimo dicasi del numero tre). Ciò che entra in un concetto e non è nota di esso, sarà elemento d'una sua nota ; elemento che per costituire que sta nota deve essere pensato in certe speciali rela zioni con altri elementi ; ma queste non sono re lazioni logiche e appartengono alla materia, non alla forma logica del concetto. Se da un concetto si toglie qualche nota ( o, a , parlar più propriamente, se nel pensare un concetto si esclude dal nostro sguardo mentale qualche nota) questo processo si chiama astrazione. Il processo contrario, che consiste nell'aggiungere qualche nota a un concetto, prende il nome di determina zione, L'astrazione poi può essere di due maniere, ascendente o verticale l ' una, laterale od orizzon tale l ' altra . La prima si fa quando si tien fermo il concetto nella sua parte sostanziale e si abban dona una o più note del medesimo ( 1 ) . Per es , dato il concetto animale vertebrato mammifero, si lascia ( 1 ) La locuzione propria in tal caso è astrarre da, Nel l'esempio addotto di sopra si dirà : astraggo dal carattere mammifero. 18 274 da parte la nota mammifero e si mantiene il con cetto animale vertebrato. La seconda si effettua ritenendo del concetto dato una nota ( o un gruppo di note) , che viene cosi a costituire un nuovo con cetto , e lasciando andare tutto il resto . Per ciò fare è d'uopo comporre alla nota che si astrae una nuova sostanza logica ( 1 ) . Ad es . dato il concetto giglio, io ritengo la nota bianco e abbandono il rimanente ; qui il nuovo concetto non avrà più per sostanza logica fiore, ma colore o qualità. La determinazione è il processo contrario , come s'è veduto ; ma di regola si contrappone non all ' astrazione orizzontale , bensì alla verticale. Per essa da un concetto più generico, cioè di minor comprensione, se ne forma uno meno generico os sia di maggiore comprensione, aggiungendovi col pensiero qualche nuova nota. Per es. se al concetto governo io aggiungo il carattere costituzionale, for mando così il nuovo concetto meno generale go verno costituzionale, ho eseguito quell'operazione che dicesi determinazione. Tale aggiunta di nuove note non è del resto arbitraria del tutto ; occorre che il carattere aggiunto sia compatibile colla sostanza logica del concetto dato e col resto de'suoi elementi . Per es . non si potrà aggiungere al concetto triangolo la nota quadrilatero, al concetto virtù la nota verde, ( 1 ) In questo caso si usa il verbo astrarre transitiva mente. Nell'esempio di sopra : astraggo la bianchezza. 275 ecc . Donde si vede che la determinazione, per esser valida, presuppone la conoscenza della materia del concetto e della reale dipendenza de' suoi elementi tra di loro ; criteri che la logica formale è impo tente a somministrare. É poi chiaro che per l'astrazione ascendente si impicciolisce la compressione e con ciò si au menta l'estensione del concetto ; all'incontro per la determinazione si accresce la comprensione e si diminuisce l'estensione . Questo rapporto tra le estensioni e le compren sioni di due concetti , l'uno più l'altro meno astratto, si esprime dicendo , che la comprensione e l'esten sione stanno tra di loro in ragione inversa . Rap porto il quale perciò suppone che i due o più con cetti , che si considerano, appartengano allo stesso tronco ossia abbiano la stessa sostanza logica, in altri termini. appartengano alla medesima categoria. Di qui ci nasce il bisogno di considerare bre vemente che cosa s'intenda in logica per categoria. I concetti , considerati puramente sotto il ri . spetto della forma logica, si distinguono tra di loro solamente per la ricchezza maggiore o minore della comprensione e per la maggiore o minore am piezza dell' estensione, che è quanto dire pel vario grado della loro generalità e particolarità. Pure ci sono delle differenze fondamentali tra i concetti, che non si possono trascurare, sebbene propriamente riguardino più la materia loro che non la forma. Tali differenze vengono espresse anche 276 dal linguaggio (1) colla differente forma dei voca boli, significandosi per es.gli oggetti concreti in dividuali coi nomi propri, le classi di questi co'nomi comuni, le qualità cogli aggettivi, le azioni co' verbi e cosi via. Di qui i tentativi tante volte rinnovati per determinare le specie originarie de concetti os . siano le categorie. I più famosi tra codesti tenta tivi furono quello d'Aristotele fra gli antichi e del Kant fra i moderni. Le categorie aristoteliche sono dieci : oủoia (che contiene un' ambiguità, potendosi tradurre per so stanza e per essenza ), nogóv ( quantità), nolóv (qua lità) noóo ti ( relazione , noú ( il dove) , noté (il quando) , nemogai ( la giacitura) , èzelV ( l'avere, l ' abitus), TOLETV ( azione), náoxelv (passione) . In quanto alle categorie kantiane si noti che esprimono più presto le forme generali a priori, sotto le quali la nostra intelligenza è , necessitata a pensare qualunque dato ( stando alla teoria del Kant) che non le specie supreme dei concetti . Esse sono dodici , ripartite a tre a tre sotto quattro dif ferenti rispetti . Eccone il quadro : secondo la quantità Unità Pluralità Totalità secondo la secondo la secondo la qualità relazione modalità Realtà Sostanzialità Possibilità Limitazione Causalità Esistenza Negazione Az. reciproca Necessità ( 1) Parliamo qui delle lingue del ceppo indoeuropeo, & cui appartengono le classiche e quasi tutte le moderne europee. · 277 Il Kant le dedusse dalle varie forme del giu dizio, come apparirà della trattazione di queste. Ad Aristotele le sue furono suggerite dall'analisi delle forme grammaticali della lingua. Le categorie aristoteliche possono comodamen te ridursi alle quattro seguenti : 1.0 Sostanza. 2.º Proprietà ( che comprende la qualità e la quantità) . 3. Stato ( che comprende la giacitura, l'abito, il fare, il patire) . 4.° Relazione (che compende il n1980 ti, il luogo, e il tempo) . Finalmente alcuni le ridussero tutte a due ; sostanza e accidente. E qui voglionsi notare due cose, ciò sono : 1. Che la categoria costituisce propriamente quel che abbiamo chiamato sostanza logica o tronco del concetto, dimodochè levando via coll'astrazione ascendente tutte le note d'un concetto, quello che resta sarà in ogni caso una delle categorie. 2.º Che il nostro pensiero, pe ' suoi fini parti colari, usa sovente spostare la categoria de'concetti , concependo per es. una qualità quasi fosse una so stanza oppure un'azione, una relazione come qua lità ecc. L'astrazione orizzontale di solito implica uno spostamento di categoria. Di qui i così detti nomi astratti della grammatica, come bianchezza dall'aggettivo bianco, conoscenza del verbo cono scere, ecc. Del resto non sempre quando una pa 278 rola muta la categoria grammaticale ( facendo per es . d'un verbo un sostantivo, d'un aggettivo un verbo, ecc. ) si muta veramente anche la categoria logica. S'è creduto da molti che tutti i concetti po tessero essere così distribuiti o ordinati tra loro, salendo via via dagli infimi ( più concreti e parti colari ) ai superiori ( più astratti o generali) e da questi a uno supremo, che venissero a formare quasi una piramide appuntantesi in codesto concetto su premo . Ma questo a rigore è impossibile, perocchè: 1.0 Dato il concetto supremo ( che indicheremo con A) , donde si avrebbero le differenze che occor rono a costruire i concetti inferiori ? Poniamo in fatti che il concetto supremo A si divida in due, M ed N. In tal caso M dovrebbe essere A più una differenza d, N sarebbe = A più una differenza d' . Ma ded dunque non contengono la nota A ; dunque sono concetti anch'essi e originari al pari di A. . 2.° Il concetto supremo sarà l'ente o il qualche cosa . Ma in tal caso ci sarà almeno il concetto del nulla e della negazione, che ne saranno esclusi. Oltredichè sarà un far violenza non solo alle pa role ma anche al concetto, se si considerino come enti" p. es. le relazioni, come l'eguaglianza, la dif ferenza , ecc. Se poi vogliasi risguardare come concetto as solutamente supremo il pensabile ( lasciando stare che abbiamo pure il concetto dell'impensabile), è 279 bensì vero che tutti i concetti , (tranne appunto quello dell'impensabile ) si potranno subordinare a questo ; ma il pensabile è un genere puramente analogico, ossia non riguarda il contenuto de' con cetti , bensì soltanto la loro relazione estrinseca verso il subbietto pensante ( Come se v . gr. tutti gli oggetti ch'io posseggo li volessi ridurre al ge nere supremo : il mio ). Le note dei concetti furono distinte dai logici in essenziali e non essenziali ossia accidentali. Le essenziali si suddivisero in costitutive o primarie e consecutive o attributi. Per altro queste e altre distinzioni analoghe appartengono più presto alla metafisica che non alla logica, essendochè questa non ci fornisce criteri sicuri per siffatte distinzioni . Infatti se noi dichiariamo essenziali a un con cetto quelle note, tolte le quali il concetto non è più quello di prima, tutte diventano essenziali . Se poi si dichiarino essenziali solamente quelle note, levate le quali il concetto non solo si muta , ma si sfascia del tutto (come p. es . se dal concetto trian golo si tolga la nota figura o la nota trilatero), noi usciamo dalla logica. ? 280 CAPITOLO III Delle relazloni logiche che possono intercedere tra due concetti Affinché due concetti possano essere paragonati logicamente tra di loro all' uopo di determinarne la relazione, bisogna che abbiano la stessa sostanza logica ossia appartengano alla stessa categoria. Ciò fermato, le relazioni in cui possono tro varsi tra loro due concetti si ridurranno alle in frascritte. A. RELAZIONI DETERMINATE : 1.° Equipollenza . Alcuni chiamano equipollenti due concetti quando sono un medesimo concetto espresso in due differenti maniere . Questa denomi nazione crediamo sia impropria . Altri più esatta mente dicono equipollenti que' concetti , che hanno la stessa estensione, ma una differente compren sione. Tali sono p. es . triangolo equilatero e trian golo equiangolo . Ente infinito e spirito assoluto, ecc. 2.0 Sopra e sott'ordinazione. Questa relazione si avvera tra due concetti , quando l'estensione dell' uno fa parte dell ' estensione dell'altro ; per conseguenza la comprensione del secondo fa parte di quella del primo. - 281 ! Il più generale ( ossia quello che ha l'estensione maggiore e minore la comprensione) dicesi sopra ordinato, il più particolare subordinato. ( Per es. figura è sopraordinato, triangolo è subordinato ). Il superiore o sopraordinato dicesi anche genere, l' in feriore o subordinato specie. Ogni genere poi è alla sua volta specie rispetto ad uno che gli sia supe riore, ogni specie è genere rispetto a' suoi inferiori, e ciò finchè s'arrivi al supremo, che non può es sere più specie e all'infimo che non può essere mai genere. Notisi per altro che il concetto di un ente individuale, per es . di Tizio, logicamente non è per necessità infimo e può considerarsi ancora come genere in rispetto al medesimo come concetto preso con ultertori determinazioni. Così Tizio è genere riguardo a Tizio seduto, a Tizio addormentato, ecc. 3.0 Coordinazione. Sono coordinati tra di loro i concetti che sono subordinati in pari grado a uno stesso concetto superiore . Alcuni logici, col Wundt alla testa, distinguono cinque maniere di coordinazione . Noi le riportiamo qui sotto, osservando nel tempo stesso che la vera e propria coordinazione è soltanto la prima. Code ste varie specie di coordinazione pertanto hanno luogo : a) Quando due o più concetti, subordinati in pari grado a uno più generico, sono tra di loro di sgiunti, vale a dire quando le loro estensioni si escludono reciprocamente. Per es. rosso, verde, az zurro, ecc. , che sono tutti subordinati a colore. 282 b) Quando tra due concetti v' ha una relazione vicendevole ; per es. maschio e feminina, padre e figlio, agente e paziente, ecc. Questi si chiamano propriamente concetti correlativi. c) Quando due concetti, compresi sotto un terzo comune, hanno la massima differenza possi bile tra loro. Per es. buone e cattivo, bianco e nero , angolo acuto e ottuso, ecc . Tale relazione dicesi di contrarietà . d) Quando tra due concetti , compresi sotto un terzo comune, passa la minima differenza possibile . Per es. tra i sette colori dello spettro , giallo e verde ; tra i poligoni , pentagono ed esagono, ecc. Perché ciò avvenga occorre che la serie sia discreta ; chè se in cambio è continua, potendosi tra due termini qua lunque concepirne sempre uno intermedio, questa , relazione a rigore non si avvera mai . Tale rela zione si dice di contiguità ( 1 ) . e) Quando due concetti s'incrocicchiano, ossia le loro estensioni hanno una parte comune. Per es. figura rettangolare e figur'il equilatera , europeo e cattolico . Codesta relazione è detta da alcuni d' in ter: ferenza . 4. Dipendenza, che può essere unilaterale o reciproca. Ha luogo tra concetti , che senza essere tra loro nè coordinati nè subordinati , sono tali ( 1 ) Il termine contingenza adoperato da taluno in que st'uso è ambiguo. 283 che l ' uno determina l'altro ; e questa dipendenza può essere o non essere mutua. Per es . pena o colpa hanno una dipendenza unilaterale, perchè la pena dipende dalla colpa, ma non questa da quella ; fra il tempo occorrente a eseguire un dato lavoro e la quantità del lavoro v'è dipendenza reciproca, ecc . R. RELAZIONI INDETERMINATE 1. Concetti positivi e concetti negativi. Tale relazione ha luogo tra un concetto qualsiasi e la sua negazione ; essi si chiamano anche contradit torii. Il concetto negativo non si trova qui, come accade del contrario, in una opposizione determi nata verso il positivo, anzi , preso a tutto rigore, esprime l’indefinita sfera di tutto il pensabile ad esclusione del solo positivo opposto. Perciò Aristo tele chiama le espressioni non -uomo, non -albero, ecc . nomi indefiniti . Ma ne' casi concreti il concetto negativo si pensa solitamente come tale , che, in sieme col suo opposto positivo, costituisca l'esten sione d'un concetto prossimamente superiore. Così ad es . non -verde non verrà pensato come equiva lente a tutto il pensabile ad eccezione del verde ( 1) ; ma bensì sotto il superiore colore, di cui insieme col suo opposto verde costituisce tutta l'estensione. ( 1 ) In tal supposto il non - verde comprenderebbe i con cetti più disparati, per esempio giustizia , strada ferrata , mu sica, cilindro, balena , ecc. 284 2.º Concetti disparali. Si può dire che la re lazione che passa tra questi concetti consiste nel non avere tra loro veruna relazione . Del resto la disparatezza non è si può dir mai assoluta, po tendosi sempre trovare un qualche rispetto, sotto del quale i due concetti cessano d'essere tra loro disparati. - Per rappresentare graficamente le relazioni lo giche de' concetti tra di loro si ricorre solitamente al simbolo dei circoli tracciati in un piano . Per A es. la congruenza di due circoli simbo B leggia l'equipollenza. La subordinazione viene significata con l'in O o B clusione d'un circolo in altro dove A è il A subordinato e B il sopraordinato. La coordinazione dei concetti disgiunti in ge nerale è simboleggiata con vari circoli entro un D altro. B Questa rappresentazione per altro Oc è imperfetta, perchè esprime bensi l'inclusione delle estensioni di A, B, C in quella di D e la loro vi cendevole esclusione ; ma non già che la somma 285 delle tre estensioni degli inclusi eguaglia quella dell'includente . Se tuttavia i coordinati disgiunti sono due soli, tale relazione è significata meglio colla divisione d'un circolo per mezzo del dia с metro, А B Tra le varie maniere di coordinazione, che noi consideriamo come improprie, solo l'interferenza A B si rappresenta bene con questo sistema, O > Il Wundt propone degli altri simboli, consi stenti in linee rette, de' quali daremo qui una suc cinta idea per mezzo della figura seguente : n b с e f m Dove 1.° l'equipollenza è significata dal rap porto d'un segmento con se stesso ; per es . ad : ad. 2. ° La sopra- ordinazione del rapporto d'una retta con una sua parte : per es . ag : ab, e la su bordinazione inversamente, ab : ag. 286 3.0 La coordinazione a) di disgiunzione, dal rapporto di una parte del segmento totale con una qualunque altra parte, per es . ab : de. a) di correlazione, dal rapporto tra due parti collocate simmetricamente ; per es. bc : ef. c) di contrarieti, dal rapporto tra i due seg menti più distanti ; per es . ab : fg. a ) di contiguità, dal rapporto tra due porzioni contigue, per es . de : ef. e) d' interferenza , dal rapporto tra due seg menti che in parte coincidono ; per es . bd : ce. 4.° La dipendenza si esprime col rapporto di una retta ad un'altra, la cui situazione dipenda dalla prima, per es . ag : am . Se la dipendenza è reciproca, tale relazione è rappresentata meglio dal rapporto tra due rette , le quali si suppone che si determinino reciprocamente ; per es . am : an . CAPITOLO IV Della definizione A ben intendere la natura di questa operazione logica giovi considerarne i fini. E anzi tutto quando l ' uomo possedesse de' concetti obbiettivamente per fetti , non ci sarebbe bisogno di definizioni ; dun que la definizione sovviene in primo luogo alle imperfezioni del nostro pensiero . Le imperfezioni principali , a cui ripara la de finizione, sono a) l'incertezza del vincolo tra il 287 concetto e la parola con cui lo si esprime ; ) l'in debolimento del nesso psicologico tra gli elementi logici del concetto . Rispetto al primo fine la definizione è sempre nominale, perchè serve a fissare il senso del voca bolo, a far sì che a quel dato vocabolo si unisca sempre quel dato concetto. Rispetto al secondo fine la definizione è reale, perchè serve a fissare e chia rire l'organismo interno del concetto . Si aggiunga che la definizione ( per es. nelle scienze puramente formali, come le matematiche pure) spesso equivale alla formazione del concetto . Infatti l'unità concettuale , come individuo logico , è spesse volte arbitraria . In una moltitudine d'ele menti pensabili , la definizione ne fissa un certo gruppo per iscopi vuoi scientifici, vuoi didattici. La definizione pertanto è l'esposizione o me glio la determinazione della comprensione d'un con cetto e prende la forma d' un giudizio, il cui sog getto è il concetto di cui si tratta (detto il defi niendo ovvero definito) e il predicato ( che chiamasi definiente) è quel gruppo di note mediante le quali il primo viene definito. Non è per altro necessario e nemmeno oppor tuno che il concetto da definirsi si risolva in tutte le note che contiene ; bensì basta si indichino quelle che sono sufficienti a determinarlo perfetta- · mente, ossia a distinguerlo e dai concetti conge neri e da quelli che appartengono ad altri generi. A tal uopo servono il genere prossimo (cioè il con 288 cetto prossimamente superiore al definiendo ) e la differenza specifica cioè quel carattere che lo con traddistingue dai concetti coordinati ) . Non s' inten de tuttavia con ciò che ogni definizione debba es ser fatta per mezzo di due soli elementi ; soltanto si avverte che il tutt' insieme dei caratteri, che costituiscono il definiente, dee comprendere due parti, cioè le note generiche e le specifiche. L'in dicazione del genere serve anche a indicare a qual categoria il definiendo appartenga. Anche la regola del genere prossimo non vuole esser presa con pedantesco rigore. Una definizione può essere vera e logicamente irreprensibile anche servendosi d'un genere che non sia il prossimo. Del resto non è nemmeno sempre possibile il de terminare in via assoluta quale sia il genere pros simo a cui appartiene un dato concetto. Per es. nella definizione dell'uomo si suol as segnare come genere prossimo l'animale ; mentre senza fallo ve n'è di più prossimi , come a. verle bralo, mammifero, ecc. I logici , come già s'è accennato più sopra, sogliono distinguere varie maniere di definizione, come la nominale, che determina soltanto quel che si deve intendere sotto una data espressione, e la reale, che si riferisce all ' intrinseco valore del con cetto . Una sottospecie della definizione reale è la genelica, che esprime il processo onde la cosa de finita si forma. 289 Si noti per altro che la distinzione delle de finizioni in nominali e reali non è rigorosa, per che ogni definizione è reale, in quanto indica le note dell'oggetto ed è nominale, in quanto il con cetto così determinato si collega con un dato nome. Alcuni tuttavia intendono la distinzione tra la de finizione reale e la nominale in un senso alquanto differente ; e dicono la definizione essere nominale, quando ha per fine solamente di assegnare un dato vocabolo a un gruppo d'elementi pensabili , senza curarsi se codesto gruppo abbia poi un' intima con nessione ed unità, se quindi sia un concetto ob biettivamente valido ; chiamano invece reale una definizione, quando in essa apparisce anche la va lidità obbiettiva del definito . Gli errori , da cui conviene guardarsi per dare una buona definizione sono principalmente quelli che seguono : a ) L'angustia. Una definizione è angusta quando il definiente contiene qualche nota che non appar tiene a tutta l'estensione del definito . 0) L'ampiezza, la quale ha luogo quando, per mancanza di note specifiche sufficienti, il definiente oltrecchè al definito, conviene anche ad altri con cetti congeneri. c) La sovralbondanza, che consiste nell'aggiun gere note non essenziali e superflue rispetto al fine di distinguere il concetto dato da tutti gli altri . d ) La tautologia, che ha luogo quando il con cetto stesso da definirsi è contenuto, sia manifesta 19 290 mente sia copertamente, nel definiente. ( Per es. la legge è il comando del legislatore). " e ) Il circolo o diallele, che consiste nel defi nire A per mezzo di Be B daccapo per mezzo di A ; ovvero anche nel definire A per B, B per C , C per D, ecc . e D daccapo per A. Questo errore uel definire è analogo e spesso si confonde col pa ralogismo detto ysleron - proteron , pel quale si fon damenta una dottrina o un concetto sopra una dot trina o un concetto, che hanno bisogno dei primi per essere scientificamente validi. f) Le definizioni metaforiche. g ) Le definizioni negative, che è quanto dire quelle che si servono unicamente di negazioni. Pure la definizione negativa talvolta è giusti ficata, sia perché il concetto da definirsi è esso medesimo negativo, sia perch' esso è semplice e però non si può determinare in altro modo che di stinguendolo per via di negazioni da quelli coi quali potrebbe essere confuso . CAPITOLO V. Della divisione logica A determinare l ' estensione d'un concetto e insieme a mettere in chiaro le attinenze intrinseche di più concetti subordinati ad un altro serve la divisione logica . Essa consiste in un giudizio, di 291 - cui il soggetto è il concetto da dividersi (detto il dividendo o il diviso, secondochè la divisione si considera come già fatta oppure da farsi), e il pre dicato è una serie di concetti subordinati al primo o coordinati disgiuntivamente tra di loro (membri dividenti). In altre parole il soggetto è il genere e il predicato è l'enumerazione delle specie com prese sotto quel genere. Siccome le specie nascono dalle varie determi nazioni di cui il genere è suscettivo, quindi in ge nerale occorre per la divisione che il concetto da dividersi possegga una nota, la quale sia suscetti bile di varietà. Codesta nota chiamasi fondamento della divisione, che dicesi anche il rispetto , sotto cui il concetto dato si divide. Cosi il concetto uomo possiede la nota colore e questa essendo capace di varietà, se n'avrà una divisione dell'uomo sotto il rispetto o il fondamento del colore, in bianchi, neri, gialli, ecc . Lo Herbart pel primo fece osservare che, do vendo la nota, la quale serve di fundamentum di visionis, essere un concetto già diviso, ne segue che ogni divisione ne presupporrebbe un'altra già fatta . Ora è chiaro che per tal modo s' andrebbe all ' in finito e quindi niuna divisione sarebbe possibile . Donde segue che ci debbono essere alcnne di visioni primitive cioè senza un fondamento asse gnabile. Tale è per es. la divisione del colore in rosso, verde, ecc.; la divisione del numero in 1 , 2, 3 , ecc. 292 Secondo il numero de' membri dividenti la di visione chiamasi dicotomia , tricotomia, ecc. Ogni divisione può essere ridotta a una dico tomia, ponendo come primo membro il genere, col . l'aggiunta d'una differenza specifica e a questo contrapponendo il genere stesso più la negazione di quella. Così la divisione degli uomini sotto il rispetto del colore sarà sempre possibile nella forma dico tomia così : gli uomini sono bianchi o non bianchi . In generale A ¢ A b o A non b. Per altro, se le specie sono realmente più di due, il termine nega tivo resta indeterminato. La dicotomia presenta dei vantaggi ; per il che alcuni l'hanno considerata come la divisione più rigorosamente logica ; infatti in essa i membri dividenti costituiscono una perfetta contrarietà. Altri preferiscono la tricotomia, per la ragione che questa ci dà due termini opposti e uno che serve di mediatore tra essi . Queste considerazioni per altro, valide per certi casi e per certi determinati fini scientifici, non sono d'ordine generale nè applicabili a tutti i casi . La dicotomia però può considerarsi come un utile processo preparatorio affine di trovare tutte le spe cie d'un concetto. La divisione dicesi naturale, se il fondamento è preso tra le note essenziali del concetto ; artifi ciale ove sia preso tra le accidentali. Notisi tutta via che per gli speciali fini scientifici può riuscire 293 importantissima una divisione, la quale per il pen sar comune parrebbe frivola e artificiosissima. Quando tutti i membri dividenti d' una data divisione vengono divisi alla loro volta, si ha la suddivisione. Per la quale non è necessario che i membri dividenti della prima siano suddivisi tutti sotto lo stesso fondamento . Se all'incontro un concetto viene successiva mente diviso sotto più d'un fondamento, il com plesso di queste divisioni ci dà una codivisione. I membri di questa saranno in numero eguale al prodotto del numero di termini che si ottengono da ciascuna delle singole divisioni. Perché la co divisione sia possibile bisogna che ciascuno dei termini ottenuti con una delle divisioni sia atto a esser diviso sotto il medesimo fondamento . La divisione logica, per essere corretta, deve rispondere ai seguenti requisiti : 1. ° Ella dev'essere adeguata ; il che vuol dire che i membri dividenti presi insieme devono ri produrre tutta intera l'estensione del diviso. 2.° Membra sint opposita, vale a dire che le estensioni dei membri dividenti debbono escludersi tra di loro . 3.° Si deve sfuggire il saltus in dividendo, os sia la divisione dev'essere continua. Il salto con siste nel passare da termini ottenuti colla divisione fatta dietro un fondamento a termini ricavati da 294 una suddivisione fatta sotto un altro fondamento . (Come v. gr. se uno dividesse i verbi in transitivi, intransitivi e passivi) . 4.° La divisione non deve scendere a minuzie. se Osservazione. - Una divisione per essere logi camente compiuta domanderebbe che tutte le parti in cui il fondamento è già diviso, fossero applicate al concetto da dividersi . Ma in realtà ciò non si avvera se non rade volte , perchè spesso il dividendo non è suscettivo di assumere non alcune di quelle varietà ; perciò il numero effettivo delle spe cie d'un dato genere non è dato dal puro schema tismo logico, ma dalla natura delle cose. Così per es . gli uomini non possono dividersi , sotto il ri spetto del colore, in tante specie in quante é di viso il fondamento colore. Assai difficile a determinarsi logicamente è l'esclusione reciproca delle estensioni di più con cetti tra loro e quindi dei membri dividenti , quando l'uno' non sia la pura negazione dell'altro . In par ticolare manca la reciproca esclusione e perciò i concetti sono interferenti, quando sono risultati da una divisione fatta sotto più d'un fondamento ( Per es . europeo e musulmano, russo e marinaio, qua drilatero e figura regolare sono, a due, a due, con cetti interferenti e perciò non si escludono tra di loro ; il che deriva da ciò che la prima coppia fu ottenuta colla divisione di uomo sotto i due fon damenti parte del mondo e religione ; la seconda 295 colla divisione sotto i fondamenti nazionalità e pro fessione ; la terza sotto i fondamenti numero dei tati e grandezza relativa degli angoli e dei lati). Ma l'escludersi dei termini , in cui un concetto originariamente si divide ( i quali servono poi di fondamento a tutte le divisioni) è un fatto primi tivo, su cui la logica nulla può dire . CAPITOLO VI Del giudizio Le difficoltà incontrate dai logici ne' tentativi fatti per definire l'atto giudicativo o il rapporto obbiettivo che a quello corrisponde , nascono da ciò ch'esso è l'atto primitivo del pensiero e però as solutamente sui generis. Se per es. lo si definisce quell'atto per cui si afferma o si nega qualche cosa di qualche cosa, in realtà abbiamo fatto una definizione tautologica, perché l'affermare o negare è appunto ciò che co stituisce il giudizio, ond' è come dire : il giudizio è l'atto per cui si giudica. Riporteremo qui alcune altre definizioni del giudizio . Per es. questa : Il giudizio è la determinazione d'un concetto per mezzo d'un altro . E quest'altra : Il giudizio è il congiungimento o la disgiunzione di due elementi del pensiero in 296 corrispondenza all'unione o alla separazione delle cose . O anche : È la coscienza d'un rapporto esi stente tra due concetti . 0 : La rappresentazione o la coscienza del l'unità o della non unità di due concetti . Oppure : La decomposizione d'una rappresen tazione ne' suoi elementi, ecc. , ecc. • A proposito di queste due ultime definizioni ( la seconda è del Wundt) si noti il fatto, parados sale in apparenza, che la stessa cosa, cioè il giu dizio , possa essere definita in modi diametralmente opposti . Ma questo fatto appunto rivela meglio di ogni altra considerazione la vera natura del giu dizio, che è di essere sintesi e analisi ad un tempo, di dividere unendo e unire dividendo. E ciò è pro prio e caratteristico del pensiero, perchè io non posso separare mentalmente due elementi senza pensarli insieme l'uno e l'altro col medesimo atto indiviso, nè posso mentalmente riunirli senza te nerli al tempo stesso l'uno fuori dell'altro . Nel giudizio si distinguono tre parti o elementi che sono 1.º il soggetto, che è il concetto da de terminarsi ossia ciò di cui si afferma o nega qual che cosa. 2.' Il predicato , che è il concetto che serve a determinare il soggetto . 3.° La copula, che è la relazione tra il soggetto e il predicato, o guar dando il giudizio come atto della mente , è l'affer mazione stessa . La copula è espressa dalla lingua 297 propriamente ed esplicitamente colla voce è, ovvero è significata dalla flessione del verbo. Il giudizio senza fallo è una forma propria del pensiero ; nelle cose, a cui il pensiero si riferisce, ( tranne il caso in cui l'oggetto del pensiero con sista esso medesimo in pensieri) non ci sono giu dizi ; ma se il pensiero è vero , esso deve rappre sentare le cose, quindi in queste ci ha da essere alcun che, il quale corrisponda alla forma del giu. dizio. Che cosa è questa ? Un tal problema è metafisico e però esce dai termini della logica ; crediamo tuttavia opportuno di farne un brevissimo cenno. Ricordiamoci che l'atto di coscienza, base del pensiero , è essenzialmente reduplicazione, la cui forma più semplice è questa A è A. Ciò posto la prima occasione obbiettiva dei no stri giudizi potrebbero essere le differenze e i can giamenti delle cose e la loro costanza o persistenza ; le differenze come occasione che ne fa avvertire la costanza . Ora la costanza delle cose, la loro fedeltà per così esprimerci , a sè stesse , sono l'equivalente ob biettivo del giudizio d'identità e in generale del giudizio affermativo. La differenza è di regola il corrispondente del giudizio negativo. Il cangiamento poi , che del resto non può esser mai totale e as soluto, ma che si fa sopra un fondo che rimane identico a sè stesso, è rappresentato dai giudizi narrativi , p. es, il cane corre ( mentre prima era 298 fermo) ; l'albero perde le foglie (mentre prima era fronzuto) ece . Insomma le cose, con la loro essenza immuta bile, le qualità, gli avvenimenti, le relazioni , sono categorie obbiettive, che trovano il loro riscontro nel giudizio. Di più il giudizio, come s'è visto nella Psico logia, è per l'essenza sua un riferire ; ora le cose possono essere riferite o al subbietto pensante (p. es. io vedo, io percepisco, io penso la cosa A ) ; O a sè stesse (A è A, l'uomo è uomo, ecc. ) ; o le une alle altre ( come : la terra gira intorno al sole, ecc. ) ; o anche le parti tra di loro (p. es . le colonne so stengono la volta ) ; la cosa alle sue proprietà, a' suoi stati successivi , alle azioni e passioni e via via. Le relazioni poi si partono in due classi , cioè reali o del pensiero. Reali diciamo quelle che in teressano il modo d' esistere delle cose (p. es. cau salilà , paternità, reciproca azione ecc . ) ; diciamo ideali o del pensiero quelle che non interessano le cose, ma solo il nostro pensiero intorno alle cose , come uguaglianza, somiglianza, differenza , maggioranza. Per es. la grandezza relativa dei lati e quella degli angoli sono in una relazione reale ; all'incontro la relazione ch' io pongo fra un trian golo, pognamo, e un quadrilatero quando dico che questo ha un lato di più di quello , è del pensiero. 1 299 CAPITOLO VII . Giudizi analitici e sintetici ( 1 ) . E. Kant chiama analitici que' giudizi, il cui predicato si cava dalla semplice analisi del soggetto, che cioè anche prima del giudizio faceva parte del pensiero del soggetto ; sintelici quelli , il cui pre dicato è preso fuori del soggetto . Contro questa dottrina si sono sollevate fino dal tempo del Kant molte obbiezioni , alcune delle quali insussistenti. Tra cui questa : se il giudizio ha da esser vero, per necessità il soggetto deve contenere il predicato ; dunque tutti i giudizi sono analitici . Ora questa obbiezione suppone che il giu dizio sia anteriore a sè stesso . Quel predicato che dopo il giudizio, appartiene al soggetto, ha pure abbisognato d'un primo giudizio che glielo appli casse. Così io potevo ad es. conoscere la capra ab bastanza per distinguerla da ogni altro animale, eppure non sapere che è un ruminante. Quando vengo a scoprire questa sua proprietà, tale scoperta prende la forma del giudizio : la capra è un ru minante, il quale perciò è sintetico . D' allora in ( 1) So il professore crede la sua scolaresca immatura per questa questione, potrà o saltare questo capitolo o tras portarlo in fondo al trattato del giudizio. 300 poi, dato ch'io ripensi lo stesso giudizio, questo sarà per me analitico. Ciò mostra che, almeno per molti giudizi, la differenza tra l' essere sintetici o analitici, è relativa allo stato delle cognizioni di chi li fa . Ma la distinzione tra giudizio analitico e sin tetico potrebbe fondarsi sopra, un altro rispetto ; analitici sarebbero quelli, il cui predicato è un ele mento cosi essenziale al concetto del soggetto, che questo senza di esso non possa affatto esser pen sato . Tale sarebbe p. es . la trilateralità rispetto al concetto triangolo. Sintetici al contrario saranno quelli , il cui soggetto può essere pensato anche senza il predicato (p. es. Tizio scrive, il tale pro getto di legge è stato approvato dal Parlamento, ecc. ) . La dottrina del Kant del resto non coincide perfettamente nè colla prima interpretazione , nė colla seconda ; egli insiste sulla differenza tra l'es ser preso il predicato entro la comprensione del sog getto o fuori di essa. L'esempio di giudizio sinte tico addotto da lui e tanto criticato (7 + 5 12) , è realmente sintetico, perché chi pensa il numero 7 e il numero 5 e anche l'operazione significata dal +, non per questo ha già il concetto dell'unità nu merica 12, numero che è formato con quell'addi zione e che è quindi posteriore ad essa. In generale su questa contro versia e anche sul l ' altra che ne dipende, se cioè ( dato che ci siano de' giudizi sintetici ) altri di questi siano a poste 301 riori e altri a priori, ci contenteremo qui di que. sta osservazione . È chiaro che acciò siano possibili delle analisi , quindi dei giudizi analitici, fa d'uopo che anteriormente ci siano state delle sintesi. Ora codeste sintesi non sono opera del pensiero ? E il pensare non è sempre un giudicare ? Dunque ci devono essere dei giudizi sintetici . E siccome c'è un pensare , a posteriori e uno a priori, cosi pare innegabile che ci dovranno essere anche de' giudizi sintetici a priori ( 1 ). CAPITOLO VIII . Classificazione logica dei giudizi I giudizi rispetto alla forma si sogliono distin. guere anzitutto in semplici e composti. E qui si noti che debbono considerarsi come composti sol tanto quei giudizi , che si possono senza alterarne il valore risolvere in due o più giudizi semplici. I semplici si dividono primamente sotto il ri spetto della qualità in affermativi e negativi. Af fermativi sono quelli in cui il predicato è posto come, relativamente, identico al soggetto ; negativi quelli in cui il predicato è escluso dalla compren ( 1 ) Del resto la distinzione de' giudizi in analitici e sin tetici non è veramente logica, ma psicolog da un lato, dal l ' altro metafisica. 302 sione del soggetto ; ovvero, avendo riguardo alle estensioni, pel giudizio affermativo il soggetto vien posto nell'estensione del predicato, pel negativo ne è escluso . Osservazione 1. – A queste due specie si po trebbe aggiungerne una terza, ch' io proporrei di chiamare dei giudizi di disparatezza o per più bre vità disparanti ; e sono quelli i quali non esclu dono il predicato dalla comprensione del soggetto nė ve lo includono, ma affermano soltanto che il soggetto per sè non implica quel dato predicato, benchè lo possa ricevere. Per es . se io prendo per soggetto il ferro e per predicato ossidato, io non posso affermare che un tal soggetto includa un tal predicato e nemmeno che lo escluda e un tale rap porto ove sia affermato (p. es. colla formola : il ferro per sè, o in quanto ferro, non è ossidato ) costituisce un giudizio disparante. Del resto nes sun logico, per quanto mi consta, ha tenuto conto di questa classe speciale di giudizi. Osservazione 2. - Secondo alcuni logici la ne gazione, ne' giudizi negativi, non affetta la copula, ma bensì il predicato ( A non è B equivarrebbe al giudizio : A è non - B) . Ma questo modo di consi derare il giudizio negativo non è naturale nè rap presenta l'intenzione di chi pronuncia il giudizio, salvo in rari casi . Osservazione 3. – Oltre a' giudizi affermativi e negativi taluni col Kant ammettono una terza specie di giudizi , sotto il rispetto della qualità, cioè 303 - gl' indefiniti. Tali sarebbero quelli in cui è nega tivo il predicato ( A è un non B) . Ma è una classe superflua, perchè in realtà questi giudizi coincidono coi negativi. In secondo luogo i giudizi si distinguono sotto il rispetto della quantità, vale a dire secondo la estensione in cui è preso il concetto che fa da sog getto. Se l'estensione del soggetto è presa in tutta la sua totalità, il giudizio dicesi universale. ( Tutti gli A sono B o più brevemente A è B ; nessun A è B, o più brevemente A non è B) . Se in cambio il soggetto è preso solo con una parte della sua estensione, il giudizio è particolare (Alcuni A sono B ; alcuni A non sono B ). Stando a una teoria propugnata dallo Hamilton e da altri e oonosciuta sotto il nome di teoria della quantificazione del predicato, nel giudizio sarebbe determinata non solo l'estensione in cui si prende il soggetto, ma anche quella del predicato. Cosi nel giudizio : tutli gli uomini sono mor tali, il soggetto sarebbe preso in tutta l'estensione e il predicato solo in parte della sua estensione, cosicchè la forma rigorosamente logica sarebbe : tutti gli uomini sono alcuni mortali (vale a dire parte dei mortali ). Nel giudizio : alcuni animali sono mammiferi, il soggetto sarebbe preso in parte della sua esten sione e il predicato in tutta la sua estensione ; sic chè la sua forma rigorosa sarebbe : alcuni animali sono tutti i mammiferi. Così ogni giudizio affer 304 merebbe una congruenza di estensione e corrispon derebbe sempre ad un'equazione. Ma questa teoria non è accettabile, perché se anche la determina zione dell'estensione del predicato si può artificio samente dedurre da ogni giudizio , essa è innaturale non essendo effettivamente pensata da chi forma il giudizio, tranne certi casi speciali che la lingua suole esprimere con qualche suo spediente . Osservazione 1. – Secondo Aristotele a' giu dizı universali e particolari si dovrebbe aggiungere per terza la classe degli indefiniti o aorisli ( 1 ) sarebbero quelli, in cui al soggetto si attribuisce o si nega un predicato senza aver riguardo all'esten sione ( P. es. la virti merita premio ; concepito senza pensare se ci siano o no molte virtù e se il predicato meritevole di premio convenga a tutte o no) . Questa forma di giudizio coincide con quello che alcuni moderni chiamano giudizio della com prensione, per distinguerlo da quelli , in cui il pre dicato viene determinatamente attribuito a tutti o solo a una parte dei termini che formano l ' esten sione del soggetto e ch'essi denominano giudizi dell' estensione. Noi non accogliamo codesta classe di giudizi ; perchè, sebbene sia vero che chi forma il giudizio ' ora ha di mira la comprensione del sog getto ora l ' estensione, pure l ' una relazione trae ( 1 ) Da non confondersi cogli indefiniti del Kant, che sa rebbero una classe nel rispetto della qualità. Vedi sopra la Osservazione 3. 305 con sè l ' altra anche se non esplicitamente pen sata. Osservazione 2. – Altri , col Kant, a' giudizi universali e particolari aggiungono i singolari , quelli cioè in cui il soggetto ha il minimum pos sibile di estensione cioè è un individuo. Ma se que st' individuo è determinato, esso costituisce tutta l'estensione del concetto ( p. es . Giulio Cesare) e pertanto il giudizio è universale ; se é indetermi nato (p . es. un soldalo ), esso rappresenta una parte dell'estensione e perciò il giudizio cade nella classe dei particolari . Osservazione 3. - I giudizi particolari possono ricevere ulteriori determinazioni secondochè la parte che si prende dell'estensione del soggetto o è più o men determinata o si lascia affatto indeterminata (Per es. molti A sono B , pochissimi A sono B , la più parte degli A sono B, dodici A sono B , ovvero semplicemente parte degli A sono B ). Ma per la logica queste specificazioni hanno di regola poca importanza, salvo il caso che l'interesse del pen siero cada appunto su esse , come p. es . nel numero de' voti d'un corpo deliberante . Osservazione 4. – Il giudizio particolare dif ferisce d'assai quanto al suo valore secondochè preso indeterminatamente o determinatamente. In fatti il giudizio : alcuni A sono B , può significare o che almeno alcuni A sono B, o che soltanto al cuni A sono B. Nel primo significato esso è vero anche se tutti gli A sono B, nel secondo senso il 20 306 giudizio universale, tutti gli A sono B , è necessa riamente falso . I primi giudizi si chiameranno giudizi parti colari in luto senso , i secondi particolari in senso stretto. I giudizi in terzo luogo si distinguono in ri spetto alla relazione, vale a dire secondochè affer mano ( o negano) l'inerenza del predicato al sog getto ( g. categorici), oppure: la dipendenza del pre dicato dal soggetto ( g. ipotetici), o, finalmente, se al soggetto viene come predicato attribuita l'alter nativa fra due o più membri d'una disgiunzione, p. es. A è o Bo CoD (g . disgiuntivi). Osservazione Questa classificazione de' giu dizi sotto il rispetto della relazione, sebbene comu nemente accettata, pecca gravemente contro le leggi della divisione logica. E invero i giudizi disgiun tivi non sono veramente una specie coordinata alle altre due, ma piuttosto una sottospecie di quelle ; difatti tanto il giudizio categorico quanto l'ipotetico possono essere disgiuntivi ( Il tipo del y. categorico disgiuntivo è : A è o B o C , dell'ipotetico -disgiun tìvo : se A è B , o C è D, o M N ). In quarto luogo finalmente i giudizi o sono tali che il predicato si pensa come necessariamente pertinente al soggetto , e questi chiamansi giudizi necessari o apoditlici ; o sono tali che il predicato si pensa come di fatto appartenente al soggetto, senza necessità, e diconsi giudizi della realtà o as sertorii ; o, in terzo luogo, sono tali che il predi 307 cato si pensa come possibile ad appartenere al sog. getto e diconsi giudizi possibili o problematici. Que sto rispetto chiamasi modalità del giudizio. Osservazione. – Veramente in questa classifi cazione della modalità si confondono due rispetti differenti . I giudizi considerati obbiettivamente , sono o necessari, o della realtà, o possibili ; con siderati obbiettivamente sono apodittici, assertori o problematici. Vale a dire che nel primo rispetto si considera la necessità, la semplice realtà o la possibilità delle cose ; nel secondo rispetto si con sidera l'intensità della nostra affermazione. La dif ferenza tra i due rispetti apparisce principalmente nella terza classe, in cui il giudizio della possibi lità afferma che un concetto è suscettivo d'una data determinazione, benchè possa non averla ( Per es . una casa può essere di nove piani ) , mentre il problematico afferma soltanto la nostra incertezza (A è B ? ). Tuttavia , affine di non moltiplicare eccessiva mente le suddivisioni, nella logica si può prescin dere dal considerare queste differenze. Riassumendo, i giudizi si dividono : 1.º rispetto alla qualità , in affermativi e ne gativi ; 2.º rispetto alla quantità, in universali e par ticolari ; 3.º rispetto alla relazione, in categorici, ipo tetici e disgiuntivi (categorico -disgiuntivi e ipote tico - trovano il loro riscontro nel giudizio. Di più il giudizio, come s'è visto nella Psico logia, è per l'essenza sua un riferire ; ora le cose possono essere riferite o al subbietto pensante (p. es. io vedo, io percepisco, io penso la cosa A ) ; O a sè stesse (A è A, l'uomo è uomo, ecc. ) ; o le une alle altre ( come : la terra gira intorno al sole, ecc. ) ; o anche le parti tra di loro (p. es . le colonne so stengono la volta ) ; la cosa alle sue proprietà, a' suoi stati successivi , alle azioni e passioni e via via. Le relazioni poi si partono in due classi , cioè reali o del pensiero. Reali diciamo quelle che in teressano il modo d' esistere delle cose (p. es. cau salilà , paternità, reciproca azione ecc . ) ; diciamo ideali o del pensiero quelle che non interessano le cose, ma solo il nostro pensiero intorno alle cose , come uguaglianza, somiglianza, differenza , maggioranza. Per es. la grandezza relativa dei lati e quella degli angoli sono in una relazione reale ; all'incontro la relazione ch' io pongo fra un trian golo, pognamo, e un quadrilatero quando dico che questo ha un lato di più di quello , è del pensiero. 1 299 CAPITOLO VII . Giudizi analitici e sintetici ( 1 ) . E. Kant chiama analitici que' giudizi, il cui predicato si cava dalla semplice analisi del soggetto, che cioè anche prima del giudizio faceva parte del pensiero del soggetto ; sintelici quelli , il cui pre dicato è preso fuori del soggetto . Contro questa dottrina si sono sollevate fino dal tempo del Kant molte obbiezioni , alcune delle quali insussistenti. Tra cui questa : se il giudizio ha da esser vero, per necessità il soggetto deve contenere il predicato ; dunque tutti i giudizi sono analitici . Ora questa obbiezione suppone che il giu dizio sia anteriore a sè stesso . Quel predicato che dopo il giudizio, appartiene al soggetto, ha pure abbisognato d'un primo giudizio che glielo appli casse. Così io potevo ad es. conoscere la capra ab bastanza per distinguerla da ogni altro animale, eppure non sapere che è un ruminante. Quando vengo a scoprire questa sua proprietà, tale scoperta prende la forma del giudizio : la capra è un ru minante, il quale perciò è sintetico . D' allora in ( 1) So il professore crede la sua scolaresca immatura per questa questione, potrà o saltare questo capitolo o tras portarlo in fondo al trattato del giudizio. 300 poi, dato ch'io ripensi lo stesso giudizio, questo sarà per me analitico. Ciò mostra che, almeno per molti giudizi, la differenza tra l' essere sintetici o analitici, è relativa allo stato delle cognizioni di chi li fa . Ma la distinzione tra giudizio analitico e sin tetico potrebbe fondarsi sopra, un altro rispetto ; analitici sarebbero quelli, il cui predicato è un ele mento cosi essenziale al concetto del soggetto, che questo senza di esso non possa affatto esser pen sato . Tale sarebbe p. es . la trilateralità rispetto al concetto triangolo. Sintetici al contrario saranno quelli , il cui soggetto può essere pensato anche senza il predicato (p. es. Tizio scrive, il tale pro getto di legge è stato approvato dal Parlamento, ecc. ) . La dottrina del Kant del resto non coincide perfettamente nè colla prima interpretazione , nė colla seconda ; egli insiste sulla differenza tra l'es ser preso il predicato entro la comprensione del sog getto o fuori di essa. L'esempio di giudizio sinte tico addotto da lui e tanto criticato (7 + 5 12) , è realmente sintetico, perché chi pensa il numero 7 e il numero 5 e anche l'operazione significata dal +, non per questo ha già il concetto dell'unità nu merica 12, numero che è formato con quell'addi zione e che è quindi posteriore ad essa. In generale su questa contro versia e anche sul l ' altra che ne dipende, se cioè ( dato che ci siano de' giudizi sintetici ) altri di questi siano a poste 301 riori e altri a priori, ci contenteremo qui di que. sta osservazione . È chiaro che acciò siano possibili delle analisi , quindi dei giudizi analitici, fa d'uopo che anteriormente ci siano state delle sintesi. Ora codeste sintesi non sono opera del pensiero ? E il pensare non è sempre un giudicare ? Dunque ci devono essere dei giudizi sintetici . E siccome c'è un pensare , a posteriori e uno a priori, cosi pare innegabile che ci dovranno essere anche de' giudizi sintetici a priori ( 1 ). CAPITOLO VIII . Classificazione logica dei giudizi I giudizi rispetto alla forma si sogliono distin. guere anzitutto in semplici e composti. E qui si noti che debbono considerarsi come composti sol tanto quei giudizi , che si possono senza alterarne il valore risolvere in due o più giudizi semplici. I semplici si dividono primamente sotto il ri spetto della qualità in affermativi e negativi. Af fermativi sono quelli in cui il predicato è posto come, relativamente, identico al soggetto ; negativi quelli in cui il predicato è escluso dalla compren ( 1 ) Del resto la distinzione de' giudizi in analitici e sin tetici non è veramente logica, ma psicolog da un lato, dal l ' altro metafisica. 302 sione del soggetto ; ovvero, avendo riguardo alle estensioni, pel giudizio affermativo il soggetto vien posto nell'estensione del predicato, pel negativo ne è escluso . Osservazione 1. – A queste due specie si po trebbe aggiungerne una terza, ch' io proporrei di chiamare dei giudizi di disparatezza o per più bre vità disparanti ; e sono quelli i quali non esclu dono il predicato dalla comprensione del soggetto nė ve lo includono, ma affermano soltanto che il soggetto per sè non implica quel dato predicato, benchè lo possa ricevere. Per es . se io prendo per soggetto il ferro e per predicato ossidato, io non posso affermare che un tal soggetto includa un tal predicato e nemmeno che lo escluda e un tale rap porto ove sia affermato (p. es. colla formola : il ferro per sè, o in quanto ferro, non è ossidato ) costituisce un giudizio disparante. Del resto nes sun logico, per quanto mi consta, ha tenuto conto di questa classe speciale di giudizi. Osservazione 2. - Secondo alcuni logici la ne gazione, ne' giudizi negativi, non affetta la copula, ma bensì il predicato ( A non è B equivarrebbe al giudizio : A è non - B) . Ma questo modo di consi derare il giudizio negativo non è naturale nè rap presenta l'intenzione di chi pronuncia il giudizio, salvo in rari casi . Osservazione 3. – Oltre a' giudizi affermativi e negativi taluni col Kant ammettono una terza specie di giudizi , sotto il rispetto della qualità, cioè 303 - gl' indefiniti. Tali sarebbero quelli in cui è nega tivo il predicato ( A è un non B) . Ma è una classe superflua, perchè in realtà questi giudizi coincidono coi negativi. In secondo luogo i giudizi si distinguono sotto il rispetto della quantità, vale a dire secondo la estensione in cui è preso il concetto che fa da sog getto. Se l'estensione del soggetto è presa in tutta la sua totalità, il giudizio dicesi universale. ( Tutti gli A sono B o più brevemente A è B ; nessun A è B, o più brevemente A non è B) . Se in cambio il soggetto è preso solo con una parte della sua estensione, il giudizio è particolare (Alcuni A sono B ; alcuni A non sono B ). Stando a una teoria propugnata dallo Hamilton e da altri e oonosciuta sotto il nome di teoria della quantificazione del predicato, nel giudizio sarebbe determinata non solo l'estensione in cui si prende il soggetto, ma anche quella del predicato. Cosi nel giudizio : tutli gli uomini sono mor tali, il soggetto sarebbe preso in tutta l'estensione e il predicato solo in parte della sua estensione, cosicchè la forma rigorosamente logica sarebbe : tutti gli uomini sono alcuni mortali (vale a dire parte dei mortali ). Nel giudizio : alcuni animali sono mammiferi, il soggetto sarebbe preso in parte della sua esten sione e il predicato in tutta la sua estensione ; sic chè la sua forma rigorosa sarebbe : alcuni animali sono tutti i mammiferi. Così ogni giudizio affer 304 merebbe una congruenza di estensione e corrispon derebbe sempre ad un'equazione. Ma questa teoria non è accettabile, perché se anche la determina zione dell'estensione del predicato si può artificio samente dedurre da ogni giudizio , essa è innaturale non essendo effettivamente pensata da chi forma il giudizio, tranne certi casi speciali che la lingua suole esprimere con qualche suo spediente . Osservazione 1. – Secondo Aristotele a' giu dizı universali e particolari si dovrebbe aggiungere per terza la classe degli indefiniti o aorisli ( 1 ) sarebbero quelli, in cui al soggetto si attribuisce o si nega un predicato senza aver riguardo all'esten sione ( P. es. la virti merita premio ; concepito senza pensare se ci siano o no molte virtù e se il predicato meritevole di premio convenga a tutte o no) . Questa forma di giudizio coincide con quello che alcuni moderni chiamano giudizio della com prensione, per distinguerlo da quelli , in cui il pre dicato viene determinatamente attribuito a tutti o solo a una parte dei termini che formano l ' esten sione del soggetto e ch'essi denominano giudizi dell' estensione. Noi non accogliamo codesta classe di giudizi ; perchè, sebbene sia vero che chi forma il giudizio ' ora ha di mira la comprensione del sog getto ora l ' estensione, pure l ' una relazione trae ( 1 ) Da non confondersi cogli indefiniti del Kant, che sa rebbero una classe nel rispetto della qualità. Vedi sopra la Osservazione 3. 305 con sè l ' altra anche se non esplicitamente pen sata. Osservazione 2. – Altri , col Kant, a' giudizi universali e particolari aggiungono i singolari , quelli cioè in cui il soggetto ha il minimum pos sibile di estensione cioè è un individuo. Ma se que st' individuo è determinato, esso costituisce tutta l'estensione del concetto ( p. es . Giulio Cesare) e pertanto il giudizio è universale ; se é indetermi nato (p . es. un soldalo ), esso rappresenta una parte dell'estensione e perciò il giudizio cade nella classe dei particolari . Osservazione 3. - I giudizi particolari possono ricevere ulteriori determinazioni secondochè la parte che si prende dell'estensione del soggetto o è più o men determinata o si lascia affatto indeterminata (Per es. molti A sono B , pochissimi A sono B , la più parte degli A sono B, dodici A sono B , ovvero semplicemente parte degli A sono B ). Ma per la logica queste specificazioni hanno di regola poca importanza, salvo il caso che l'interesse del pen siero cada appunto su esse , come p. es . nel numero de' voti d'un corpo deliberante . Osservazione 4. – Il giudizio particolare dif ferisce d'assai quanto al suo valore secondochè preso indeterminatamente o determinatamente. In fatti il giudizio : alcuni A sono B , può significare o che almeno alcuni A sono B, o che soltanto al cuni A sono B. Nel primo significato esso è vero anche se tutti gli A sono B, nel secondo senso il 20 306 giudizio universale, tutti gli A sono B , è necessa riamente falso . I primi giudizi si chiameranno giudizi parti colari in luto senso , i secondi particolari in senso stretto. I giudizi in terzo luogo si distinguono in ri spetto alla relazione, vale a dire secondochè affer mano ( o negano) l'inerenza del predicato al sog getto ( g. categorici), oppure: la dipendenza del pre dicato dal soggetto ( g. ipotetici), o, finalmente, se al soggetto viene come predicato attribuita l'alter nativa fra due o più membri d'una disgiunzione, p. es. A è o Bo CoD (g . disgiuntivi). Osservazione Questa classificazione de' giu dizi sotto il rispetto della relazione, sebbene comu nemente accettata, pecca gravemente contro le leggi della divisione logica. E invero i giudizi disgiun tivi non sono veramente una specie coordinata alle altre due, ma piuttosto una sottospecie di quelle ; difatti tanto il giudizio categorico quanto l'ipotetico possono essere disgiuntivi ( Il tipo del y. categorico disgiuntivo è : A è o B o C , dell'ipotetico -disgiun tìvo : se A è B , o C è D, o M N ). In quarto luogo finalmente i giudizi o sono tali che il predicato si pensa come necessariamente pertinente al soggetto , e questi chiamansi giudizi necessari o apoditlici ; o sono tali che il predicato si pensa come di fatto appartenente al soggetto, senza necessità, e diconsi giudizi della realtà o as sertorii ; o, in terzo luogo, sono tali che il predi 307 cato si pensa come possibile ad appartenere al sog. getto e diconsi giudizi possibili o problematici. Que sto rispetto chiamasi modalità del giudizio. Osservazione. – Veramente in questa classifi cazione della modalità si confondono due rispetti differenti . I giudizi considerati obbiettivamente , sono o necessari, o della realtà, o possibili ; con siderati obbiettivamente sono apodittici, assertori o problematici. Vale a dire che nel primo rispetto si considera la necessità, la semplice realtà o la possibilità delle cose ; nel secondo rispetto si con sidera l'intensità della nostra affermazione. La dif ferenza tra i due rispetti apparisce principalmente nella terza classe, in cui il giudizio della possibi lità afferma che un concetto è suscettivo d'una data determinazione, benchè possa non averla ( Per es . una casa può essere di nove piani ) , mentre il problematico afferma soltanto la nostra incertezza (A è B ? ). Tuttavia , affine di non moltiplicare eccessiva mente le suddivisioni, nella logica si può prescin dere dal considerare queste differenze. Riassumendo, i giudizi si dividono : 1.º rispetto alla qualità , in affermativi e ne gativi ; 2.º rispetto alla quantità, in universali e par ticolari ; 3.º rispetto alla relazione, in categorici, ipo tetici e disgiuntivi (categorico -disgiuntivi e ipote tico -disgiuntivi) ; 308 4.º rispetto alla modalità , in apodittici, asser torii e problematici. Secondo alcuni logici poi la modalità nor non appartiene alla forma logica del giudizio, ma alla sua materia. Alle distinzioni sopra enumerate alcuni vogliono aggiunta anche questa in : a) giudizi narrativi, nei quali il predicato esprime un fatto e suol essere rappresentato da un verbo ; b ) descrittivi, nei quali il predicato è una pro prietà del soggetto e suole grammaticalmente essere espresso da un aggettivo ; c ) esplicativi, nei quali il predicato è un con cetto più generale, per se stante, nella cui esten sione viene collocato il soggetto e solitamente si esprime mediante un sostantivo (Esempi di queste tre specie : Cesare fu ucciso in Senato, il gelsomino è odoroso, il triangolo è una figura ). La qualità e quantità de' giudizi vengono de . signate per brevità colle lettere a, e, i, o, secondo i versi mnemonici : Asserit a negat e, sed universaliter ambo ; Asserit i negat o, sed particulariter ambo . Altri preferiscono i seguenti segni : a = 72 19 ta = giudizio universale affermativo negativo particolare affermativo Pр negativo. P 79 72 309 Osservazione sul giudizio ipotetico . - Codesta forma di giudizio è stata interpretata in quattro maniere, ciò sono : 1.º Come un giudizio, il cui soggetto e predi cato sono il soggetto e il predicato del conseguente, ma la copula è subordinata all' antecedente come a condizione. (Dato p . es. il giudizio ipotetico : Se A é B, C è D , il soggetto sarebbe C , il predicato D , e la copula ( ė ) è posta sotto la condizione che A sia B ). 2.º Come un giudizio, il cui soggetto è il con seguente e il predicato è il suo dipendere dall'an tecedente . Ossia, dato il tipo precedente, del nesso (Cé D) si afferma ch'esso dipende dal nesso (A é B) . 3º. Come un giudizio , in cui l ' antecedente fa da soggetto ed il conseguente equivale al predicato . Cioè del nesso (A è B) si afferma che da esso di pende la realtà del nesso ( CUD) . Questa interpre tazione, che è la preferita dalla scuola erbartiana, è comoda specialmente per la trattazione dei sillo gismi . 4.° Come un giudizio, il cui soggetto è il nu mero dei casi in cui si avvera l'antecedente, e di questo si afferma ch'esso coincide o non coincide, in tutto o in parte, col numero de casi in cui si avvera il conseguente, che costituisce il predicato. Secondo quest'ultinia interpretazione il giudi zio ipotetico non esprime la dipendenza o condi zionalità dell'un membro rispetto all'altro, ma sol tanto la loro connessione di fatto ossia la coincidenza. 310 Prendendo i giudizi ipotetici secondo una delle tre prime interpretazioni, questi non possono esser mai particolari. Infatti, posto un giudizio di questa forma : qualche volta , se A è, B'è che sarebbe la forma del giudizio ipotetico particolare) , non si po trebbe più dire che B dipenda da A. Un'altra questione sorge a proposito del giu dizio ipotetico , vale a dire quand' esso debba dirsi negativo. Secondo taluni il giudizio ipotetico ne gativo è quello, col quale si nega che il conseguente dipenda dall'antecedente. Ma hanno torto, o per lo meno questo modo di vedere sconvolge tutta la teoria del giudizio. Noi diremo a miglior diritto essere negativo quello, in cui è negativo il conse guente (p. es . se A è, B non è, oppure se A è B, C non è D) . Se fosse negativo l'antecedente e po sitivo il conseguente, il giudizio sarà ancora affer mativo (p. es . se A non è B, C è D, è un giudizio affermativo ). Quell' altra maniera di considerare il giudizio ipotetico negativo ( se A è, non ne segue che B sia , oppure se A è B, non ne segue che C sia D ) sarebbe più presto una forma di giudizio ipotetico parallela a quella dei giudizi categorici da noi chiamati disparanti. - 311 - CAPITOLO IX. Relazioni logiche possibili tra due giudizi considerati in rispetto alla loro qualità e quantità Perchè due giudizi possano essere paragonati logicamente tra di loro, occorre che abbiano la stessa materia, cioè che contengano i medesimi concetti. Osservazione. -- Ci sono relazioni logiche an che tra due giudizi , che hanno la stessa materia solo in parte ; per es . tra questi A è Be A è C ; oppure A è B, C è B. Ma queste speciali relazioni qui non si considerano, come quelle di cui si dovrà trattare nella teoria del sillogismo . Ciò posto, divideremo tutte le relazioni formali, che possono aver luogo tra due giudizi contenenti gli stessi concetti e considerati in rispetto alla loro qualità e quantità secondo lo schema seguente : Indicando con a la medesima posizione dei concetti ; con P la posizione inversa de' concetti ; con y la medesima qualità ne' due giudizi ; con 8 la qualità contraria ne' due giudizi ; con & la medesima quantità ne' due giudizi ; con Ġ la quantità differente ne' due giudizi, avremo : 312 E aye relazione d'identità (A è B , A è B ). 12 Ś - ays relazione di subalternazione ( A è B, qualche A. è B, A non è B , qualche a non è B) ; dove l'universale si chiama subalternante é il par ticolare subalternato. a E ada relazione di contrarietà ( se i giudizi sono uni versali ) ( A è B, A non è B ; di subcontrarietà ( se particolari ) qualche d è B, qualche A non è B ). 8 Ś = ad relazione di contradditorietà (tutti yli A sono B, qualche A non è B ; oppure : nessun A è B, qualche A è B ). E = Byɛ relazione di conversione semplice ( A è B, B è A; qualche A è B , qualche B é A ; A non è B, B ༡༨ non è A ; qualche A non è B, qualche B non è A ). Ś = By5 relazione di conversione accidentale ( A è B , qualche B é A ; A non è B, qualche B non è A). Bdɛ relazione di contrapposizione semplice ( A è B, ciò che non è B non è A ; qualche A è B , qual che non - B non è A; A non è B, ciò che non è Bè A ; qualche A non è B, qualche non- Bè 4). d Ś = 386 relazione di contrapposisione accidentale (A è B, qualche non - B non è A ; Anon è B, qual che non - B è A ; qualchè A è B , ciò che non è B non è A ; qualche A non è B, ciò che non è B è A ) ( 1 ). ( 1 ) La conversione e la contrapposizione si chiamano semplici, se i due giudizi , hanno la stessa quantità, cioè sono o ambedue universali o ambedue particolari; si dicono acci dentali ( per accidens) ove la quantità sia differente, cioè l'uno sia universale e l'altro particolare. 313 contra vorietà Le relazioni 2a, 3a, e 4a, cioè tutte le relazioni formali possibili tra due giudizi, data la stessa po sizione dei concetti (escludendo la 1a, d'identità, che non è veramente relazione tra due giudizi, giac che i giudizi identici non sono che un giudizio solo) furono dagli antichi simboleggiate nel se guente diagramma: a contrarietà e subalternazione subalternazione subcontrarietà Dove convien rammentarsi che a significa un giudizio universale affermativo, e un g. universale negativo, i un g. particolare affermativo, o un g. particolare negativo ( 1) . ( 1 ) Sarà un esercizio utile pei principianti di trovare esempi concreti per ciascuna delle relazioni di giudizi sopra indicate. Noi ce ne siamo astenuti per non ingrossare senza necessità il volume. Il medesimo diciamo in riguardo ai capitoli seguenti che trattano delle inferenze immediate e delle forme sillogi 314 CAPITOLO X. Delle inferenze immediate a) specie prima (dipendente dalla qualità e quantità) Quando da un giudizio dato se ne può rica vare un altro immediatamente, cioè senza uopo di un terzo giudizio, ha luogo quella che dicesi infe renza immediata . Noi distingueremo tre specie di tali inferenze : a) quelle che nascono dai rapporti formali tra due giudizi , dipendenti dalla qualità e quantità loro ; b) quelle che procedono dalla relazione ; c) quelle che dipendono dalla modalità . Noi indicheremo qui sommariamente le infe renze della specie accennata sub a, le quali dipen dono dai rapporti formali, che possono intercedere tra due giudizi, svolti nel capitolo precedente, omet tendo quello d'identità. 1.º Dalla subalternazione. Dal gudizio subal ternante si deduce legittimameute il subalternato, ossia se il subalternante è vero, sarà vero anche il stiche. Noi per brevità abbiamo dato il nudo schematismo ;: l'insegnante potrà proporre o far cercare agli alunni gli esempi opportuni a illustrarlo . – 315 1 subalternato. (Se è vero il giudizio : tutti gli A sono B , sarà vero anche il giudizio : alcuni A sono B. Se è vero : nessun A è B, sarà vero anche che qual che A non è B ). Ma dalla verità del subalternato non segue la verità del subalternante. I alla falsità invece del subalternato segue la falsità del subalternante. Ma dalla falsità del su balternante non segue la falsità del subalternato. Osservazione. Questa legge della subalter nazione è valida soltanto ove il giudizio partico lare sia preso in senso lato (cioè nel senso dell'al meno non in quello del soltanto ). Se invece il giu dizio particolare si prenda in senso stretto , dalla verità del subalternante segue la falsità del subal ternato e dalla verità del subalternato segue la falsità del subalternante ; ma dalla falsità del su balternante nulla segue rispetto al subalternato. 2.° Dalla contrarietà . Due giudizi contrari non possono essere amendue veri, ma possono bensì es sere amendue falsi; ossia dalla verità dell'uno segue la falsità dell'altro, ma dalla falsità d'nino nulla segue rispetto all'altro . 3. ° Dalla subcontrarietà . Due giudizi subcon trari possono essere amendue veri , ma non amendue falsi. Ossia dalla verità dell' uno nulla segue ri spetto all'altro ; ma se l'uno è falso, l'altro deb b' essere vero . Osservazione. Anche questa legge vale so lamente prendendo i giudizi particolari in lato - 316 senso. Prendendoli in senso stretto dalla verità del l'uno segue la verità anche dell'altro; ma dalla falsità di uno d'essi nulla segue rispetto all'altro . 4. Dalla contradittorietà . Due giudizi contra dittorii non possono essere nè amendue veri ne amendue falsi. Quindi dalla verità dell' uno segue la falsità dell'altro, dalla falsità dell'uno la verità dell' altro. 5.º. Dalla conversione. Un giudizio universale affermativo può essere convertito solo accidental mente ; l'universale negativo può essere convertito e semplicemente e accidentalmente. Un giudizio par. ticolare affermativo può essere convertito solo sem plicemente. Il particolare negativo non ammette conversione. Osservazione. -- Anche qui si prende il giudizio particolare in senso lato. Prendendolo in senso stretto, l'universale negativo non può essere con vertito accidentalmente e il particolare affermativo non si può convertire. 6.° Dalla contrapposizione. Il giudizio univer sale affermativo può essere contrapposto semplice mente e accidentalmente. L'universale negativo solo accidentalmente. Il particolare affermativo non ammette contrapposizione ; il particolare negativo può essere contrapposto semplicemente. Osservazione 1. – Anche per questa legge vale l'osservazione precedente . Osservazione 2. - La dimostrazione di tutte le inferenze, così valide come invalide, indicate in - 317 questo capitolo , è assai facile, qualora si ricorra al paragone delle estensioni , nel che serve di grande aiuto l'uso delle rappresentazioni simboliche. Pren dasi per es . la relazione di contrarietà . Tutli gli A sono B , nessun A i B. Che non possano essere amendue veri risulta intuitivamente dalla figura . Sia B vero il primo si avrà ; ora il contrario А non è compossibile col B. primo. Che poi possano essere falsi entrambi lo mostra il caso , che i due concetti A e B siano in A terferenti O ; il qual caso esclude B tanto che tutti gli A siano B , come che A А B nessun A sia B Però la O dimostrazione di tutte le leggi delle inferenze immediate può essere un utile esercizio da farsi dagli alunni. 318 CAPITOLO XI . b ) specie seconda ( inferenze della relazione) Diconsi inferenze della relazione quei giudizi che possono dedursi da un altro con mutamento della relazione. Così da un giudizio categorico affermativo si può dedurre un ipotetico affermativo e uno nega tivo . Infatti dato il giudizio : A e B si ha diritto d'inferirne che : se A è, B é, ed anche che, se B non è, A non é. La ragione è facile a intendersi ; perchè se B é un predicato di A , la realtà di A trarrà seco quella di B ; e togliendo B, la cui esten sione comprende quella di A, si toglie anche A. Dal giudizio categorico disgiuntivo si possono dedurre parecchi ipotetici , che qui brevemente in dicheremo. Sia dato il giudizio A é o M o N o P , ne segue : 1º. Se A è, Ô M o N o P è. 2." Se A è M, esso non è nè N nè P. 3.° Se A non è M , esso è o N o P. 4.° Se A non é nė M né N , esso é P. 5.° Se nè M nè N nè P è, A non é. 319 CAPITOLO XII . c ) specie terza ( inferenze modali) Chiamasi inferenza o conseguenza modale la deduzione d'un giudizio da un altro per mezzo di un cangiamento di modalità. Il principio che giustifica tali inferenze è que sto, che affermando il più si afferma implicitamente anche il meno e negando il meno si nega impli citamente anche il più : ma non inversamente. Quindi dalla verità d'un giudizio apodittico s' inferisce legittimamente la verità dell'assertorio e del problematico ; ma non in ordine inverso. Dalla falsità poi d'un giudizio problematico segue la falsità dell'assertorio e tanto più dell'apo dittico ; dalla falsità del giudizio assertorio segue la falsità dell'apodittico ; ma non viceversa . OSSERVAZIONE 1. – Le leggi precedenti sono giustificate da ciò che la negazione d'un giudizio problematico è un giudizio apodittico, mentre la ne gazione d'un apodittico, è un giudizio problematico. OSSERVAZIONE 2. Si avverta che il giudizio problematico negativo ha la forma A può non esser Be non già questa : A non può esser B. Quest'ul timo è un giudizio apodittico. . 320 Queste relazioni appariscono intuitivamente nella tabella seguente. 1 2 3 dover essere essere poter essere 4 5 6 non dover essere non essere non poter essere ! Dove si vede che le formole 4, 5, 6 sono le formole 1 , 2, 3 ' coll' aggiunta della negazione. Ora mentre il n. 1 è apodittico, il n. 4 è problematico : mentre il n . 3 è problematico, il n . 6 ė apodittico . Osservazione 3. -- Le formole 1 , 2, 3, potreb bero essere anche negative ; in tal caso la tabella precedente si trasforma in quest'altra. 1 1 2 3 dover non essere non essere poter non essere 4 6 non dover non essere non non - essere che equivale a poter essere che equivale a non poter non essere che equivale a essere dover essere Col confronto delle due tabelle è facile riscon trare le formole che si equivalgono : così il n. 6 della prima tabella equivale al n . 1 della seconda ; il n. 5 della prima è identico al n. 2 della seconda ; il n . 4 della prima equivale al n. 3 della seconda. Gli equivalenti dei numeri 4, 5, 6, della seconda tabella sono già stati indicati nella tabella stessa. 321 CAPITOLO XIII . Giudizi composti 1 Il giudizio disgiuntivo falsamente da taluni fu considerato come composto ; esso non è una somma di giudizi, ma un giudizio unico indecomponibile. Giudizi veramente composti sono : 1º. i copulativi, i quali possono essere : a ) copulativi nel soggetto. Es . A, B , C sono M. b ) copulativi nel predicato. Es. A è M , N , P. c ) copulativi in ambedue i termini . Es. A, B, C , sono M , N , P. 2.° I remotivi. Questi alla loro volta possono essere : a ) remotivi nel soggetto. Es. nè A, nè B , né C À M. b ) remotivi nel predicato Es. A non è nè M , nè N , nè P. In quanto ai giudizi complessi in forma attri butiva, logicamente considerati, sono giudizi sem plici, perchè l'attributo non è che una nota sia del soggetto sia del predicato . Essi o 1.º sono complessi nel soggetto ; es. A ( che è M) è N. o 2.º sono complessi nel predicato ; es . A è un M (che è N) ; o 3.º sono complessi in amendue i termini ; es. A (che è B) è un M ( che è N). 21 322 CAPITOLO XIV. Del sillogismo Il problema generale che un sillogismo si pro pone di risolvere è : dati due giudizi indipendenti tra di loro, i quali contengono un termine comune, ricavarne un terzo eliminando il termine comune. Se noi paragoniamo la forma rigorosamente sillogistica col processo reale del nostro pensiero, vedremo che di rado il secondo combacia esatta mente colla prima. Le cause principali di questo fatto sono le due infrascritte. 1.º Che i nostri pensieri e i discorsi con cui li significhiamo, anche se indirizzati a dimostrare qualche tesi , di solito contengono più sillogismi svariatissimamente intrecciati e allacciati insieme. 2.º Che molti giudizi, benchè formino una parte essenziale de' nostri ragionamenti, sono sottintesi e solo implicitamente pensati, ossia pensati senza averne piena coscienza. Ora la logica, non può e non deve proporsi di seguire i meandri psicologici del pensiero , sibbene di determinare le forme esatte, le quali debbono essere almeno implicitamente osservate se il nostro ragionamento ha da essere concludente. Contro il valore del sillogismo furono emesse, massime dai moderni, varie obbiezioni. Qui si ac I 323 cennano brevemente le più speciose, unendo a cia scuna una concisa risposta. 0b . 1. - Il sillogismo non produce verun au mento di cognizione, perché la conclusione era già racchiusa nelle premesse. Risposta Codesta obbiezione potrebbe tutt'al più esser valida se il pensare umano fosse istan taneo e tutto abbracciasse con uno sguardo. Ma siccome è discorsivo, quindi successivo , la combi nazione del soggetto col predicato della conclusione ha mestieri d' essere esplicitamente pensata ; il che è per 1 appunto ciò che si fa per mezzo del sillo gismo. 05. 2. - Il sillogismo è una pura petizione di principio, perchè la verità della premessa mag giore dipende dalla verità della conclusione, anzi chè questa da quella. Infatti non può esser vero per es. che tutti gli uomini sono mortali, se già non sia vero che Pietro, Paolo, Antonio ecc. sono mortali. Risposta. – Codesta obbiezione si fondamenta sul falso concetto che un giudizio universale altro non sia che la somma di tanti giudizi particolari . Ora ciò nella massima parte dei casi non è nem meno possibile, come se per es . io dovessi aspettare a formulare il giudizio : gli uomini sono mortali, d'aver prima verificato la morte in ciascun uomo. È vero invece che le premesse universali parte ri sultano dall'analisi del soggetto considerato nella sua comprensione, parte da nessi necessari tra un 324 concetto e un altro, parte da legittime induzioni. In generale sono indipendenti dai singoli giudizi particolari e il sillogismo applica a questi la regola già riconosciuta nel generale. 06. 3. - Il sillogismo potrà servire tutt'al più a rischiarare o ad esporre sistematicamente ve rità già note, ma non mai a scoprirne, perché la scoperta del nuovo si fonda su processi psicologici . Risposta. Prima di tutto è da notarsi, che tra i processi psicologici, onde può risultare la sco perta di nuove verità, ce ne sono anche di quelli che coincidono col sillogismo. Ma quel che più importa si è che un processo psicologico, in quanto tale, non ha alcun valore scientifico e quello che può avere è giustificato soltanto dal processo logico che lo informa. Finalmente contro tutte le predette obbiezioni e altre analoghe sta questa osservazione fondamen tale, che le premesse d'un sillogismo contengono la ragione della conseguenza. Certo se è vero che tutti gli uomini sono mortali e che Pietro è uomo, è già vero che Pietro è mortale ; ma questa pro posizione è vera appunto perché sono vere le prime due e il valore del sillogismo consiste nel mostrare questa dipendenza. 325 CAPITOLO XV. Classificazione dei sillogismi Tutti i sillogismi semplici possono ripartirsi nelle cinque classi seguenti : 1. ° categorici puri, e sono quelli in cui tanto le premesse come la conclusione sono giudizi ca tegorici ; 2.° categorico - ipotetici o ipotetici spurii, nei quali si le due premesse come la conclusione sono giudizii ipotetici ; 3.0 ipotetico -categorici o ipotetici in senso pro prio, che sono quelli la cui premessa maggiore è un giudizio ipotetico, la minore un giudizio cate gorico e la conclusione ordinariamente non sempre) un giudizio categorico ; 4. ° categorici disgiuntivi, nei quali la maggiore è un giudizio categorico disgiuntivo, la minore un giudizio categorico semplice o anche.categorico di sgiuntivo, la conclusione un giudizio categorico semplice o anche categorico - disgiuntivo ; 5.° ipotetici disgiuntivi, in cui la premessa mag giore è un giudizio ipotetico disgiuntivo, la minore è un giudizio categorico semplice o categorico di sgiuntivo, la conclusione un giudizio categorico semplice o disgiuntivo. - 326 Osservazione 1 . Alcuni considerano l'indu zione e l'analogia come forme speciali d'argomen tare distinte dal sillogismo ; ma noi vedremo a suo luogo che non sono se non casi particolari di questo. Osservazione 2. – C'è chi distingue prima di tutto i sillogismi in semplici e composti . Ma i così detti sillogismi composti non sono che serie di sil logismi semplici , i quali ricevono la loro unità dalla forma stilistico - grammaticale . CAPITOLO XVI. Del sillogismo categorico (puro) I due giudizi, da cui si cava il terzo , qui come in tutte le forme di sillogismo, si chiamano pré messe ; il terzo conclusione . I concetti o termini, che esso contiene, non possono essere nè più né meno di tre, perché le due premesse debbono avere un termine comune. S'intende da sè che i concetti o termini del sillogismo possono essere significati verbalmente o con una parola o con parecchie. Di questi tre concetti quello che è comune ad ambedue le premesse e che dev'essere escluso dalla conclusione dicesi medio , gli altri due diconsi - 327 estremi ; dei quali il soggetto della conclusione chiamasi minore, il predicato della conclusione, maggiore. Delle due premesse l ' una si dice maggiore e suol essere più generale, l'altra minore. Quella, nel sillogismo ordinato, si enuncia per prima, que sta per seconda. Per altro la premessa maggiore è distinta rigorosamente dalla minore solo nella fi gura prima, come si vedrà a suo luogo. Il sillogismo può avere diverse figure (oxńuara) secondo la posizione che occupa il termine medio. Se questo funge da soggetto nella maggiore e da predicato nella minore si ha la figura prima. Se è predicato in entrambe le premesse, si ha la figura seconda. Se è soggetto in tutte e due, si ha la fi gura terza. Fnalmente se è predicato nella mag giore e soggetto nella minore, avremo la quarta figura. Le tre prime furono scoperte da Aristotele ; la quarta è attribuita a Galeno. Eccone qui i tipi ; dove si noti che con S si indica il termine minore , con M il medio, con P il maggiore. Fig. 1. Fig. 2.a Fig . 3.a MP PM MP Fig . 4.8 PM SM Ş M MS MS SP SP SP SP - 328 SM Osservazione. – L'ordine in cui vengono enun ciate le premesse è indifferente rispetto al produrre la conclusione ; questo per altro è l'ordine normale. Ma rispetto alla figura 1.a alcuni, col Leibniz, so stennero come più naturale l'ordine inverso come quello in cui apparisce intuitivamente la con tinuità della subordinazione, conformemente al tipo matematico (S < M < P ). Codesta continuità però è intuitiva anche nell'ordine tradizionale, quando come appunto suol fare Aristotele, nell'enunciare il giudizio si parte dal predicato (P compete ad M , M ad S) . Siccome poi le premesse possono variare di qualità e di quantità, cosi si hanno tanti modi (τρόποι των σχημάτων ) quante sono le combinazioni che due giudizi possono presentare sotto questo rispetto. Queste in effetto sono sedici per ciascuna figura a a e a ia оа a e e e ie ое ( 1) αι ei i i o ¿ α Ο e o io 00 e pertanto sessantaquattro per tutte le figure. ( 1) Cioè amendue le premesse universali affermative ( a a) , la maggiore universale affermativa e la minore universale negativo (a e ), la maggiore universale affermativa e la minore particolare (a i) , ecc. 4 329 Ma dei 64 'modi possibili, ce n'è 41 che non danno conclusione ; sicchè i modi concludenti e quindi validi si riducono a 19 tra tutte le figure ; dei quali 4 appartengono alla figura prima, 4 alla seconda, 6 alla terza e 5 alla quarta. Essi sono enumerati nei seguenti versi barbari, che con qual che leggera variante si trovano per la prima volta nelle Sunmulae logicales di Petrus Hispanus , il quale fu poi papa Giovauni XXI. Barbara , Celarent, primae, Darii, Ferioque ; Cesare, Camestres, Festino , Baroco , secundae ; Tertia grande sonans recitat Darapti, Felapton , Disamis , Datisi, Bocardo. Ferison. Quartao Sunt Bamalip, Calemes, Dimatis, Fesapo, Fresinon . L'artifizio di questi versi mnemonici ( tante volte messi in ridicolo, eppure anche a ' giorni no stri reputati utilissimi, come sussidio alla memoria, da filosofi insighi d'oltralpe) consiste in questo : che le vocali di ciascun vocabolo denotante un modo indicano la qualità e quantità delle premesse e della conclusione. Per es. i tre 4 di Barbara significano che nel 1.º modo della 1.a figura sono universali afferma tive le due premesse e la conclusione ; l'e, i, o, di Festino significano che nel 3.º modo della 2. figura la maggiore è universale negativa (e ), la minore particolare affermativa (ë ), la conclusione particolare negativa (0) , ecc. In quanto alla consonante iniziale, questa nella figura prima esprime il numero d'or 330 dine nel modo (B essendo la prima consonante del l ' alfabeto, C la seconda, D la terza, F la quarta ) ; ma nelle altre figure indica a qual modo della 1.8 figura quel dato modo venisse ridotto nella logica aristotelico - scolastica per dimostrarne la validità. (Per es. l'iniziale di Cesáre e Camestres nella fi gura 2.a e di Calemes · nella 4.&, indicano che tutti e tre questi modi si dimostrano con ridurli al modo Celarent della 1.a figura ). Le altre consonanti, nella figura 1. sono puramente eufoniche ; ma nelle re stanti figure le lettere s, m , p, c, significano l'ope razione logica, che si deve eseguire per dimostrare la validità di quel dato modo riducendolo a un modo della figura 1. Così s significa conversio Sim plex, p conversio Per accidens, m Metathesis prae missarum , c ductio per Contradictoriam proposi tionern . Che se si chiedesse con qual metodo e secondo quali criteri siansi trascelti fra i 6+ modi possibili i 19 dati come concludenti, si risponde che Aristo tele e in generale gli antichi e gli scolastici si servirono a tal uopo d'un processo differente da quello che preferiscono i moderni . Aristotele di mostra dapprima quali modi siano validi e quali no nella figura 1.a ; e ciò fa sia partendo da' prin cipi generali del ragionamento, sia per via d'esempi. Per le altre figure procede in parte riducendone i modi a quelli della figura 1.“, in parte per via di esempi, ossia mostrando che, se si ammettesse la validità di certi modi, si avrebbero conclusioni ma 331 nifestamente false. Questo processo non è rigoro samente logico. I moderni in generale procedono per via d'eli minazione, cioè scartano via via tutti quei modi ne' quali dalle relazioni tra gli estremi e il medio contenute nelle premesse non risulta determinata la relazione tra i due estremi. E ciò fanno col con fronto delle estensioni, nel che ci si può giovare anche dei simboli grafici. Contro questo metodo si può obbiettare che è meccanico e che suppone che le premesse siano sempre giudizi di subassunzione e che il predicato sia sempre un concetto sostantivo, mentre in realtà esso può rappresentare anche un'attività, una pro prietà, uno stato del soggetto. A ciò si risponde 1.º che ogni giudizio, anche se narrativo o descrit tivo, contiene pur sempre una subassunzione ( 1) ; 2.º che per mezzo dello spostamento di categoria è sempre possibile concepire il predicato sostanti vamente. Ora applicando il detto processo d'eliminazione, si ripudiano 1.º i modi e e, eo, o e , oo in tutte o quattro le figure. Con che si giustifica l'antica re gola : ex mere negativis nihil sequitur. I rapporti tra le estensioni degli estremi e del ( 1 ) Pietro ieri passeggiava in giardino equivale alla subassunzione di Pietro sotto gli esseri che ieri passeggiavano in giardino. Indichiamo con P il complesso di tutti quelli che ieri passeggiavano in giardino e abbiamo Pietro e P. 332 medio si possono simboleggiare come segue nella ipotesi e e, ossia che entrambi le premesse siano universali negative. Mм P S M M S Dove si vede a colpo d'occhio , che stando ferma la esclusione re ciproca tra M e Pe tra Se M , la relazione di S con P può concepirsi in tutti i modi possi bili ; il che val quanto dire che niuna conclu. sione è legittima. Se poi una delle pre messe (come in eo e in o e) od amendue ( 0 o) siano particolari, l ' in determinazione è anco ra maggiore. Così sono scartati 16 modi. 2.° In guisa analoga si eliminano i modi che hanno amendue le premesse particolari e ciò per tutte le figure. Donde la regola : ex mere particu laribus nihil sequitur. I modi che per questa legge vengono esclusi sono i i, io, oi, oltre ad oo, che fu già eliminato in forza della legge precedente. Sono così espunti altri 12 modi. 3.° Si rifiutano similmente per tutte le figure M M SP 333 io, quei modi che hanno una maggiore particolare e insieme una minore negativa. Così si elimina i e in tutte le figure (giacchè io, o e, 00 sono già stati eliminati) e così altri 4 modi sono dimostrati in concludenti . 4.° In figura 1.a se la maggiore è particolare e del pari se la minore è negativa, non si ha con clusione. Restano cosi esclusi per la figura 1a, oa, o e , a o ( essendochè gli altri modi che cadono sotto questa legge sono già stati esclusi in virtù delle leggi precedenti ) . Ecco dunque eliminati altri 4 modi. 5.° In figura 2.a sono invalidi i modi , ne ' quali la premessa maggiore è particolare e quelli in cui entrambi le premesse sono affermative. Così, oltre a' già esclusi, sono eliminati dalla totalità dei 64 gli altri 4 modi i a , o a, a a, ai in fig . 2. * 6. ° In figura 3." sono esclusi i modi , che hanno la minore negativa ; quindi, oltre a' già esclusi , si espungono a e , a o. Altri due della totalità. 7.° In figura 4. non sono concludenti quei modi in cui sia contenuta una premessa particolare negativa. Sicché , oltre a' già esclusi, vengono eli minati i modi o a e ao. Di più in questa figura è invalido anche il modo che ha la maggiore univer sale affermativa con una minore particolare affer mativa ( a i) . Eliminati così altri tre modi, che coi precedenti sommano a 45, restano i 19 concludenti. 334 Con un processo simile si dimostra la validità di questi ( 1 ) . Dall'ispezione comparativa di tutti i modi con cludenti si ricavano le infrascritte regole per tutte le figure. 1.° Se amendue le premesse sono affermative, la conclusione sarà pure affermativa. 2. ° Se una delle premesse è negativa, negativa è pure la conclusione . 3.° Se ambe le premesse sono universali, la conclusione sarà universale nelle figure prima e se conda e talvolta nella quarta ; nella terza e talvolta nella quarta particolare. 4. ° Se una delle premesse è particolare, è par ticolare anche la conclusione. 5.° La figura prima ha conclusioni di tutte le forme; la figura seconda solamente negative, la terza solamente particolari . Le regole quassù esposte sono compendiate nel detto : conclusio sequitur pártern debiliorem ( dove s'intende che un giudizio negativo è più debole d'uno affermativo, uno particolare più debole d'uno ( 1) Un 'esercizio che potrà essere utilmente fatto dagli alunni, sarà di dimostrare quali siano i modi concludenti e i modi non concludenti per ciascuna figura, sia col metodo di raffrontare le estensioni dei termini , di cui s'è dato un esem pio rispetto a quelli che hanno ambedue le premesse nega tive, sia col metodo aristotelico - scolastico della riduzione alla figura prima. 335 universale ). Questa legge poi vale non solamente per la qualità e quantità delle conclusioni, ma an che per la loro modalità. Vero è che Aristotele in segna che con una premessa apodittica e una as sertoria si può avere una conclusione apodittica. Ma ciò non è rigorosamente vero, come già rico nobbero gli antichi. CAPITOLO XVII . Del sillogismo per sostituzione Se un dato concetto fa parte comecchessia (at tributivamente od obbiettivamente) del soggetto o del predicato d' un giudizio , servendo a determi narli , e se da un secondo giudizio risulta che quel concetto è equipollente a un altro, questo potrà es sere sostituito a quello nel primo giudizio. Così s'avrà un sillogismo che chiamasi di sostituzione. Eccone il tipo . 1 2 Am è P A è Pm in S m S dunque As è P dunque A è Ps. Ma se il giudizio, che funge da premessa mi nore non è un giudizio d'identità, sibbene di sub assunzione, in quali casi sarà lecito sostituire nella premessa maggiore il nuovo termine della minore ? 336 Se il dato concetto fa parte del soggetto della maggiore, potrà essere sostituito da qualunque con cetto che sia subordinato al primo . Se in cambio esso fa parte del predicato, vi si potrà sostituire qualunque concetto, che contenga il primo cioè che gli sia logicamente superiore. Così : 3 4 Am é P s è m A è Pm m è s dunque As è P ( 1 ) dunque A è Ps Questa regola vale se il concetto dato entra nella maggiore sotto forma positiva ; che se v'entra negativamente, allora vale la regola inversa 5 6 A non mè P m és A è P non m s è m dunque A non s è P dunque A è P non s La dimostrazione di queste leggi si trova fa cilmente col confronto delle estensioni e potrà as segnarsi per esercizio agli scolari, come pure l'esco gitare degli esempi concreti. ( 1) Si avverta esser facile a cadere in equivoco riguardo a questa formola, qualora si ritenga che la conclusione af. fermi che A è s, mentre afferma soltanto che se A è s, esso è P. 337 Noi daremo un esempio del tipo N. 3 . Lo studio delle lingue classiche giova a formare la mente. Il latino è una lingua classica. Dunque: Lo studio del latino giova a formare la mente. La logica aristotelico - scolastica ha trascurato questa forma di sillogismo , che pure è quella di cui si fa uso più frequente. CAPITOLO XVIII . Dei sillogismi ipotetici spurii o categorico- ipotetici Se entrambe le premesse d’un sillogismo sono giudizi ipotetici, si avrà una conclusione del pari. ipotetica e, quando s'adotti il sistema di risguar dare l'antecedente come soggetto e il conseguente come predicato, anche la posizione dei termini sarà identica a quella dei sillogismi categorici . Anzi , secondo alcuni trattatisti di logica, si avranno esat tamente tutte le figure e i modi del sillogismo ca tegorico. Figura 1. Figura 2.2 modo BARBARA modo CAMESTRES Se A è B, C è D Se E è F , A è B Se A e B, C e D Se E è F , C non è D Se E è F , CD . Se E è F, A non è B 22. · 338 Figura 3.2 Figura 4.a modo DARAPTI modo BAMALIP Se A e B, C D Se A i B, E È F se A è B , C i D se c è D, E è F Talvolta, se E é F, C è D. Talvolta, se E é F , A è B. E così dicasi degli altri modi delle varie figure. Senonchè contro questa dottrina si solleva una gravissima difficoltà ; poichè come abbiamo veduto, un giudizio ipotetico, ove s'interpreti come espri mente la dipendenza del conseguente dall'antece dente, non può esser mai particolare . Resterebbero quindi escluse le figure 3.8 e 4.a e tutti i modi delle altre due, in cui o nelle premesse o nella conclusione entri un giudizio particolare. Se in cambio s'interpreti il giudizio ipotetico come semplice coincidenza dell'antecedente col con seguente, tutte le figure e tutti i modi del sillo gismo categorico si potranno applicare anche ai giudizi ipotetici. Perocchè in tale ipotesi il giudizio ipotetico universale affermativo significa che la to talità dei casi, in cui s'avvera l'antecedente, coin cide con una parte almeno de' casi in cui s ' avvera il conseguente ; e il giudizio ipotetico particolare affermativo significa che una parte dei casi , in cui s'avvera l'antecedente, coincide con una parte al meno de' casi, in cui s'avvera il conseguente. Ana logamente dicasi dei negativi. Così p. es. nel modo Darapti in figura 3. recato qui sopra, la maggiore 339 significa che il numero totale dei casi , in cui A è B coincide con una parte almeno dei casi, in cui C è D ; la minore significa che la totalità dei casi, in cui A e B.coincide anche con una parte almeno dei casi , in cui E è F. Sicché è legittima la con clusione che una parte dei casi in cui E é F coin cide con una parte almeno de' casi in cui C e D. Conclusione espressa dal giudizio : Talvolta se E è F, C e D. Se pertanto al giudizio ipotetico voglia man tenersi il suo significato tradizionale, di esprimere cioè la dipendenza del conseguente, come condizio nato, dall'antecedente, come condizione, questa teo ria deve essere rigettata. Siccome per altro anche la semplice coincidenza o connessione è una rela zione , che effettivamente ha luogo tra i fatti, è pur legittimo anche il sillogismo inteso in questo senso. Solo a togliere gli equivoci, sarebbe neces sario farne una classe a parte e designarlo con un nome particolare. E ciò basti per la presente que stione, che il diffonderci di più sarebbe violare le proporzioni di questo trattatello elementare. 1 CAPITOLO XIX . Dei sillogismi ipotetici propriamente detti ossia ipotetico- categorici Sono questi quei sillogismi, di cui la maggiore è un giudizio ipotetico , la minore è un giudizio 340 categorico che afferma l'antecedente o nega il con seguente della maggiore e la conclusione è un giu dizio categorico il quale afferma il conseguente o nega l'antecedente della maggiore. Sicché questo sillogismo ha due modi fonda mentali, il modo ponente ( ponendo ponens) e il modo tollente ( lollendo -tollens). 1 2 MODO PONENDO PONENS MODO TOLLENDO - TOLLENS Se A e B, C è D A è B Se A è B, C e D C non è D Dunque CD Dunque \ non i B Il modo ponente segue il tipo della prima fi gura del sillogismo categorico, il tollente quello della figura seconda. La conclusione poi si giusti fica col metodo della riduzione all'assurdo ; perchè , supponendo falsa la conclusione, ne segue esser falsa una delle premesse . Onde la regola : posta la condizione, è posto il condizionato, ma non vice versa ; tolto il condizionato, è tolta la condizione, ma non vice versa. Che se nella premessa maggiore il conseguente sia negativo, si hanno due modi po nendo tollentes. . 3 4 MODO PONENDO TOLLENS MODO PONENDO TOLLENS Se A ¿ B, C non ¿ D A e B Se A è B, C non ¿ D Сер Dunque C non è D Dunque A non è B 341 Se l'antecedente è negativo e affermativo il conseguente, si hanno due modi lollendo ponentes. 5 6 MODO TOLLENDO PONENS MODO TOLLENDO PONENS Se A non è B, C è D A non è B Se A non è B, C è D C non è D Dunque C è D Dunque A è B Finalmente, ove siano negativi tanto l'antece dente quanto il conseguente, si avranno i due modi seguenti : 7 8 MODO TOLLENDO TOLLENS MODO PONENDO PONENS Se A non è B, C non è D A non è B Se A non è B , C non è D C è D Dunque C non è D Dunque A è B Un caso particolare di sillogismo ipotetico, che merita considerazione, sebbene per quanto a me consta non sia stato mai trattato dai logici , è il seguente. Sia la premessa maggiore un giudizio ipotetico copulativo nel soggetto, ossia tale che il condizio nato dipenda da più condizioni riunite ; se la mi nore afferma la realtà d'una o più di tali condizioni , non però di tutte , la conclusione sarà un giudizio ipotetico, nel quale il conseguente dipenderà da quella o quelle condizioni, che non sono state poste nella premessa minore. Tipo 342 1 MODO PONENTE Se A è B, C e D, ed E è F S è P A è B e C è D dunque Se E è F , S è P Ora siccome il progresso scientifico consiste per gran parte nel trasformare i giudizi ipotetici in categorici , è chiaro che questa forma d'argomen tazione non ha piccola importanza, come quella che tende ad eliminare via via le ipotesi, da cui dipende il conseguente e si accosta così sempre più allo scopo. Se poi la premessa minore sia negativa, avremo un modo tollente, in cui la conclusione affermerà la mancanza di tutte o d' alcune o almeno d' una delle condizioni . Tipo 2 MODO TOLLENTE Se A è B, C è D é E è F S è P S non è P dunque o nè A è B , nè C è D , né E é F o né A é B, né cé D o né A é B, né E é F oné C é D, né E é F O A non é B o C non ¿ D O E non é F 343 CAPITOLO XX . Sillogismi disgiuntivi a) CATEGORICI Il sillogismo categorico disgiuntivo ha per pre messa maggiore un giudizio categorico disgiuntivo, per premessa minore un giudizio categorico sem plicemente o categorico remotivo e per conclusione un giudizio categorico, disgiuntivo o no secondo i casi. I tipi principali di questa maniera di sillogismo possono ridursi ai quattro seguenti : 1 1 2 A è o BoCoD A é o Bo COD F non è nè B nè C nè D dunque Fio Bo CoD dunque F non é A 3 4 Аёо восор A non è nè B mè C A è o Bo COD A non è B dunque A è D dunque A è o COD b) IPOTETICI Il sillogismo ipotetico disgiuntivo è quello che ha come premessa maggiore un giudizio ipotetico 344 disgiuntivo . I principali suoi tipi sono i seguenti: 1 2 Se A ¢ B, o C é Do E é F A é B Se A e B, o C é Do E é F né Cé D, né E é F dunque o C é Do E é F dunque A non é B 3 4 Se A e B, o C é Do E é F А ё Весё D Se A é B, OC é Do E é F A é B e C non é D dunque E non é F dunque Eé F In tutte poi le forme dei sillogismi disgiuntivi, se la minore nega tutti i membri disgiunti della maggiore, la conclusione nega il soggetto ( o l'an tecedente) della maggiore. 1 2 A É O MONOP Né Mné N né P sono Se' A é B, o C é Do E é Fo G é H C non é D, E non é F , G non é H dunque A non é dunque A non é B Forma che dicesi dilemma, trilemma, quadri lemma, ecc. secondo il numero dei membri disgiunti . 345 CAPITOLO XXI. Dell induzione L'induzione ( erayoyń ) non è se non un sillo gismo , nel quale in luogo del termine medio (M) è data la serie completa o incompleta delle sue specie ( u , u' , u ' , u ' ', ecc. ) . Il suo tipo pertanto è questo : M, u ', u ' .... sono P My u ', u ' .... sono S dunque S è P Il quale è un sillogismo in figura 3.a, colla differenza che la conclusione è (o tende ad essere) universale. Se la serie delle specie di Mè completa così nell' una come nell'altra premessa, l'induzione di cesi completa o perfetta e , potendosi la minore con vertire , equivale a un sillogismo in Barbara : ( u, u ' u '') sono P Séoul, ou ou" dunque S e P Ma se i concetti specifici, in cui il medio ė risoluto, non esauriscono l'estensione di S , l'in duzione dicesi imperfetta e, stando alle leggi for 346 mali, non può dare se non una conclusione più o meno probabile. Infatti la conclusione attribuisce a tutta l'esten sione del genere di S quella proprietà P, che se condo la premessa maggiore è riconosciuta appar tenere a un certo numero delle specie di S. Perciò suol dirsi che, a differenza del sillogismo propriamente detto, il quale conchiude dall'univer sale al particolare, l'induzione dal particolare con chiude all ' universale. Ma per grande che fosse il numero dei casi particolari u , u' , u ', ecc . non si avrebbe giammai il diritto d' estendere il carattere P ai rimanenti che con quelli costituiscono tutta l'estensione di S , quando non s'avesse fondamento di supporre che P competa ai primi non accidentalmente, sibbene in forza della loro comune natura. Quindi la pro babilità della conclusione aumenta di molto qualora My u ', U " , ecc. , anzichè concetti specifici del genere S, siano esemplari d'un'unica specie . In tal caso può bastare che la proprietà P si scopra anche in un solo . Il principio fondamentale, su cui si appoggia l'induzione, è la ferma nostra persuasione dell'uni formità e della costanza delle leggi naturali. Que sto principio tuttavia non basterebbe a fondamen tare l'induzione senza la supposizione sopra accen nata : perché ove non si supponga che il carattere P appartenga a M, u' , u ', ecc. appunto in forza d'una legge di natura, non saremmo in diritto di attri buirlo ad S. 1 347 Ma stando ad alcuni empiricisti e positivisti moderni l'induzione è l'unica sorgente d'ogni no stra cognizione ; quindi anche il principio della uniformità e costanza della natura non potrebb’es sere ottenuto se non per mezzo dell'induzione. Ora ciò è contradittorio, e per fuggire questa contrad dizione si ricorse a uno spediente poco migliore della stessa contraddizione . Si disse che le prime nostre induzioni , non potendo appoggiarsi a un principio che non è ancora dato, si sostengono pu ramente sul numero dei casi, che presentano la proprietà P ; onde furono dette induzioni per enu meralionem simplicem . Ma se la semplice enumerazione basta per le prime induzioni, per quelle in particolare da cui poi risulterà il principio dell'uniformità di natura, perché non dovrebbe bastare per tutte, rendendo così inutile il detto principio ? E se non basta per le altre, come basterà per quelle ? Se la nostra credenza nell ' uniformità e costanza delle leggi di natura non ha fondamento logico, quindi è irragio nevole, come potranno aver valore le induzioni fon date sopra di essa ? Non si esce da questo laberinto di contraddi zioni e di assurdi se non si riconosca che l'uomo è particeps rationis, cioè possiede delle verità ori ginarie , le quali poi cumunicano il loro valore an che a quelle che si acquistano coll'esperienza, in quanto contengono la giustificazione dei processi sperimentali e in particolare del processo induttivo . 348 CAPITOLO XXII . Dell’analogia Con questo nome suole designarsi un raziocinio, che va da un particolare ad un altro particolare coordinato, ossia più specificatamente, un raziocinio, pel quale date due cose aventi un certo numero di caratteri comuni, un nuovo carattere che si co nosca appartenere all'una di esse viene attribuito anche all'altra. Il suo tipo è questo A (che è m , n, q ) é P S é m, n, a dunque S é P Paragonando questa formola col sillogismo pro priamente detto si vede ch'essa risulta di due sil logismi, che sono : 1 2 A é m , n , 9 S é m, n, 9 A é P S é A ( Dunque S ė A ?) Dunque $ é P È chiaro che il n . Í non autorizza a conchiu dere che Sè A, essendo un sillogismo in figura 24 con le premesse amendue affermative. Perchè la conclusione ( S è A), la quale deve servire di pre messa minore al n . 2, sia legittima e certa, biso gnerebbe che la premessa maggiore del n . 1 fosse 319 convertibile semplicemente ciò, che è m , n , q, è A) . Ora ciò di regola non si avvera e perciò le con clusioni dell'analogia non possono essere se non più o meno probabili a seconda che l'enumerazione dei caratteri m , n , q si accosta più o meno al tipo : ciò che è m , n, q, è A , ossia secondo che essi ser vono più o meno perfettamente a caratterizzare A. È restato celebre il raziocinio per analogia, col quale Franklin nel novembre 1749 argomentò che il fulmine dovesse essere attirato dalle punte me talliche. Esso risponde esattamente al tipo proposto di sopra. L'elettricità ( la quale è condotta dai metalli , dà una luce d'un certo colore, ha un movimento velocissimo, ecc. ) è attirata dalle punte metalliche. Il fulmine è condotto dai metalli , dà una luce di quel dato colore, ha un movimento velocissimo, ecc. Dunque : il fulmine sarà attirato dalle punte metalliche . Anche l'analogia, come l'induzione, si fonda menta sul principio dell'uniformità delle leggi della natura e della costanza dei tipi naturali. Vuolsi poi notare che se il fatto del riscon trarsi i medesimi caratteri m , n , q in S ed in A non basta a provare che S sia specie e A genere o viceversa , indicherà che almeno deve esserci tra loro una correlazione e una corrispondenza ; sicchè se non potremo a rigore attribuire ad $ il carat tere P , potremo attribuirgliene uno analogo Pin modo che s'abbia la proporzione : 4 : P = S : P' . 350 E il carattere P' sarà il prodotto di ciò per cui A coincide con S e di ciò per cui differiscono. Così in fatti ha considerato l'analogia il Dro bisch. Il quale istituisce questo ragionamento : Po niamo che G sia un genere di cui A e B siano specie . Dato che in A scoprasi una nota ", questa potrebbe spettare ad A per una di queste tre ra gioni: 1.° Perché y sia un carattere del genere G. In tal caso y competerà anche a B. 2. Perché y sia nota specifica di 4 (quella per cui esso si distingue da B) . In questo caso y non si può attribuire a B. 3.° Perché y sia il prodotto o la risultante della natura generica di A ( cioè di G) e della sua tura specifica. In tal caso a B si dovrà attribuire non già y , ma una nota y ' , che sia il prodotto della natura generica che B ha comune con de delia sua peculiar natura speclfica . Questo terzo caso sarebbe la propria e vera aualogia. Così un naturalista, che abbia scoperto in una specie animale un dato carattere, p. e . un certo organo, non attribuirà a un'altra specie con genere alla prima l'identico carattere ( organo) ; ma ben piuttosto uno analogo, cioè tale che raccolga , in sè la natura del genere e risponda insieme alla particolar natura della seconda specie. na 351 CAPITOLO XXIII . Della prova o dimostrazione Chiamasi con questo nome un ragionamento, il quale si propone non solamente di vedere quali conseguenze dipendano logicamente da certe pre messe, ma bensì di dedurre da premesse vere la verità di una conclusione. La verità da dimostrarsi dicesi tesi o anche teorema, le premesse si chia mano argomenti. La prova è di due specie, di cui l'una è la diretta, l'altra l ' indirelti o apagogica. Diretta è quella che, partendo dalla verità delle premesse, ne deduce per via sillogistica (sia poi qualunque la forma e il concatenamento dei sillo gismi) la verità della tesi . Indiretta o apagogica quella, che muove dal supporre falsa la tesi e da questa supposizione de duce una proposizione assurda in sé o tale che stia in contraddizione con una verità già riconosciuta. Dicesi anche riduzione all'impossibile o all'assurdo (ab assurdis, duà tõv aduvátov) . È una dimostrazione indiretta anche quella che, partendo da una premessa disgiuntiva, esclude ad uno ad uno tutti i membri di questa disgiun zione meno uno ; di che resta provato solo valido essere quell' uno che rimane. 352 La dimostrazione diretta ha un pregio maggiore in quanto, non solamente produce la certezza della verità della tesi, ma ne fa vedere anche la ragione. Codesto pregio è massimo quando il fondamento logico, da cui la prova è ricavata, coincide col fon damento reale della cosa ( dimostrazione dalla causa . L'indiretta in cambio ha il vantaggio d'essere, per dir così, più violentemente necessitante ; essa, in forza del principio di contraddizione, ci strappa l'assenso, benchè noi non vediamo il perchè della cosa. Osservazione: -- La dimostrazione detta ad ho minem , non è una vera dimostrazione, ma piuttosto un artifizio della discussione . Essa parte da un principio, non in quanto sia vero in sé, ma in quanto è accettato e ritenuto vero dall'avversario, onde questi è forzato ad accettare la tesi sotto pena di cadere in contraddizione con se stesso . Gli errori da fuggirsi nella dimostrazione o 1.º risguardano il modo in cui la conclusione fu dedotta dalle premesse ; o 2.º risguardano le pre messe (gli argomenti) ; o 3.º stanno nella conclu sione. Gli errori della prima specie consistono nella violazione di qualghe legge logica, in particolare delle leggi del sillogismo; e ad' evitarli, oltre la conoscenza pratica delle dette leggi, conviene por mente sopratutto al valore logico delle espressioni. In quanto agli errori della seconda classe, il principale è la falsità d'una o più delle premesse . 1 ! 353 E siccome questo per lo più si nasconde nel modo in cui il medio è connesso cogli estremi, così prende il nome di fallacia falsi medii. Nelle dimostrazioni apagogiche è assai fre quente l'errore della disgiunzione incompleta della premessa maggiore. Altro errore riguardante le premesse è la pe tizione di principio, la quale ha luogo quando si assume come principio una proposizione, che può anche esser vera, ma la cui verità dipende da quella della tesi che si vuol dimostrare. Gli errori della 3.* specie consistono in ciò che la proposizione effettivamente dimostrata non è quella che si suppone d'aver dimostrato ( éregosumnos ). Codesta differenza tra la conclusione realmente ot tenuta col nostro ragionamento e la tesi da dimo strarsi puo essere qualitativα ( μετάβασις εις άλλο γένος) ovvero quantitativa ( il provar troppo o troppo poco) . Nella disputa un vizio frequente è la consape vole o inconsapevole ignoratio elenchi ( ή του ελέγχου äyvora ) ; vale a dire il non avvertire o non voler avvertire qual sia il punto in discussione. Un caso particolare di quest'ultimo difetto della prova è lo scambiare la confutazione d'una data dimostrazione con la confutazione della tesi. Per rispetto al provar troppo o troppo poco notisi che si prova troppo poco quando la conclu sione effettiva è un giudizio meno ampio ossia meno generale della tesi ; quindi in tal caso la prova è senza fallo insufficiente . 354 Ma il provar troppo, se veramente esatto, non nuoce al valore della prova, anzi fornirebbe una dimostrazione a fortiori della tesi. Tuttavia accade generalmente che la proposizione, con quella gene ralità con cui sarebbe dimostrata se la prova fosse realmente corretta, è manifestamente falsa ; di che risulta ch'essa è destituita di valore anche per la tesi, che è più ristretta . Ogni dimostrazione poi suppone che le pre messe siano certe. Ora questa certezza o è il resul tato di altre dimostrazioni o converrà sia immediata . Quindi coloro che negano che ci sia verun princi pio immediatamente certo, tolgono con ciò la pos sibilità di qualsiasi dimostrazione e però d'ogni certezza. Il medesimo avviene anche per chi non am mette Verità se non relative ; perocchè anche la verità relativa, perche si possa dimostrare, abbisogna di qualche principio che sia vero di verità assoluta. Chi invece nega alcuni principii amnettendone altri , può essere convinto per via di ragionamento ; il che per lo più si ottiene mostrando che il ne gare la certezza immediata di quelli ch'egli nega conduce per logica necessità a negare anche quelli che ei riconosce per veri. Ma in genere si tratta più ch' altro di dissi pare un'illusione. L'avversario crede di ammettere soltanto questo o quel principio, ma poi ne' suoi ragionamenti presuppone tacitamente la verità an che di quelli ch'egli professa di non riconoscere . 355 L'argomentazione allora deve essere rivolta a pro vargli che implicitamente egli ammette anche que sti . (Cosi ad es . il famoso cogito ergo sum di Car. tesio, che egli pretendeva essere l'ultima e unica åncora di salvezza contro il dubbio universale, per aver valore e servire di base alle deduzioni ch'egli ne trae, richiede la verità anche del principio di identità e in genere de' principii logici) . CAPITOLO XXIV. Delle fonti da cui si ricavano le premesse dei nostri ragionamenti e in particolare del me todo sperimentale. La logica non può avere per ufficio di enume rare tutti i principii de' nostri ragionamenti ; ogni scienza particolare si occupa di quelli che la ri guardauo. Tuttavia ella può offrire delle norme generali valide per qualunque ordine di ricerche. I principii in genere consistono in un giudizio che può essere o analitico o sintetico. Un giudizio analitico è per sè evidente ogni qualvolta il con cetto di cui si tratta ( il soggetto del giudizio) sia valido (il che importa 1.º che non contenga ele menti contradittorii tra di loro ; 2.0 che rappresenti una sintesi legittima di elementi) e il predicato sia evidentemente contenuto nel soggetto . L 356 I giudizi sintetici o sono a priori ( e in questo caso essi debbono esser tali che il negarli conduca alla negazione della ragione e dello stesso pensiero) , ovvero sono a posteriori (e in tal caso l'ultimo criterio è l'esperienza si interna che esterna, si diretta che indiretta (storica] ) . Per rispetto alle cognizioni che provengono da quest'ultima fonte, cioè dall'esperienza, si vuol di stinguere l'osservazione dall'esperimento propria mente detto. L'osservazione non dipende da regole logiche o almeno quelle che vi si possono assegnare hanno ben poca efficacia ; essa dipende sopra tutto dalle attitudini naturali, che per altro possono essere educate e guidate. Uno de' maggiori ostacoli, che si oppongono alla buona osservazione è la facilità a vedere nelle cose più di quello che realmente c'è , ossia le false integrazioni della percezione . Un altro sta nel non distinguere le parti d'un tutto o, con tendenza con traria, nel concentrare e isolare l'attenzione sulle parti in guisa da perdere di vista il loro nesso ed il tutto ( che è quello che il proverbio tedesco esprime dicendo che gli alberi non lasciano vedere il bosco ). Nella grande complessità dei fenomeni naturali, la massima difficoltà, che s'incontra per distinguere le cause dagli effetti e a ciascun effetto assegnare la sua causa propria, nasce il più delle volte dal l'impossibilità, in cui siamo, di osservare gli uni separatamente dagli altri . 357 A superare questo scoglio l'osservazione si giova, sempre che lo possa, delle circostanze varie in cui un medesimo fatto si presenta. Ma a questo fine serve sopratutto l'esperimento con produrre artificialmente il fatto, che si vuol studiare, in circostanze differenti e isolandone fin dove è possibile i vari elementi. E l'esperimento s' avvantaggia sopra l'osser vazione non solo col variare le circostanze del fatto, ma col produrre per l'appunto quelle varietà che meglio servono all'uopo. ( Si confrontino p. es . le cognizioni intorno all'elettricità che si potrebbero ottenere dalla semplice osservazione dei temporali, dei lampi, dei fulmini, ecc. , con quella che il fisico ricava dagli esperimenti istituiti sistematicamente nel suo laboratorio ). Ma la via comoda e fruttuosa dell'esperimento non ci è sempre aperta ; moltissimi esperimenti per la natura della cosa e per la limitazione dei nostri mezzi sono impossibili (come sarebbe per es . il produrre una cometa artificiale, un uomo due teste, ecc . ) ; molti , benchè possibili , sono ille citi , come quelli che lederebbero dei diritti e vio lerebbero le leggi della morale ( P. es. l'allevare un bambino in un ambiente viziato, spaventare un uomo con una falsa notizia ecc. ) . Il famoso esperi mento di Psammetico, narrato da Erodoto nel 2.º libro delle Storie, sui due fanciulli, cui non fu in segnato a parlare e che probabilmente è una favola, sarebbe stato illecito . con 358 In generale se l'esperimento, quando è possi: bile, è superiore all'osservazione nello scoprire gli effetti di date cause, l'osservazione supera l'espe rimento nel determinare le cause di dati effetti. Perocchè se d'un effetto, che la natura ci presenta noi ignoriamo la causa o le cause, di dove potremmo muovere per produrlo artificialmente ? Se per altro l'osservazione ci mostra certi fatti preceduti sempre da certi antecedenti, si avrà ra gione di congetturare che tra questi antecedenti ci sia la causa, che cerchiamo. Allora interviene l'espe rimento e provando e riprovando scopre se e quale sia la vera causa. L'investigazione sperimentale, a cui la scienza della natura deve i meravigliosi progressi che ha fatto da due secoli in qua, si giova massimamente di due metodi, che secondo lo Stuart Mill, sono i seguenti : 1. ° Paragonare tra loro differenti casi , in cui il fenomeno che si studia, avviene. 2.° Paragonare i casi, in cui il fenomeno ay viene, con altri (simili nel rimanente) in cui quello non avviene. Il primo chiamasi metodo della concordanza, il secondo metodo della differenza. E qui si avverta che altra cosa è se si cerca la causa, altra se si cerca l'effetto d'un fenomeno qualsiasi , quantunque nella maggior parte dei casi queste due ricerche procedano per la stessa via. 359 Ciò posto, le regole del primo metodo si rias sumono in questa : Se due o più casi d'un dato fenomeno hanno comune una sola circostanza, que sta circostanza, ch'è la sola in cui tutti i casi combinano, conterrà la causa (oppure l'effetto) di quel fenomeno. Pel secondo metodo si assegna la regola se guente : Se un caso, in cui il fenomeno da esami narsi s' avvera, e un caso , in cui il medesimo non ha luogo, hanno comuni tutte le circostanze ad ec cezione d'una sola e quest'una s' incontra solo nel primo caso, questa circostanza, per la quale sol tanto i due casi differiscono, sarà l'effetto o la causa o una parte necessaria della causa del feno meno. Osservazione. -- Il metodo della concordanza serve specialmente ne' casi in cui l'esperimento è impossibile ; quello della differenza nei casi in cui è possibile . Siccome poi s'incontrano spesso' de' casi, in cui nè l'uno nè l'altro dei due metodi accennati , preso da sè , ci potrebbe condurre allo scopo, cosi l'uno può integrarsi per mezzo dell'altro ricor rendo a un terzo metodo, che è la riunione di que' due e che si formola in questa regola : Se due o più casi in cui un dato fenomeno ( A ) si avvera , hanno comune una sola circostanza (a) , mentre due o più casi , in cui quello non s'avvera, non hanno comune l'assenza di verun altro fra gli antecedenti di A, tranne quella di a, questa circostanza in cui 360 le due serie di casi unicamente differiscono, sarà l'effetto o la causa o una parte necessaria della causa del fenomeno ( 1 ) . Questo dicesi il metodo della concordanza e della differenza riunite. Altri due metodi della ricerca sperimentale sono : a) quello che dicesi dei residui, il cui canone può essere così formulato : Se da un fenomeno si detragga quella parte , che in forza di anteriori in duzioại si sa essere effetto di certi antecedenti , il ( 1 ) Lo Stuart Mill, da cui abbiamo preso la teoria sopra esposta dei metodi per la ricerca sperimentale, ha formolato questo terzo canone in altro modo, cioè precisamente cosi : Se due o più casi, in cui il fenomeno avviene, hanno sol tanto una circostanza comune, mentre due o più casi , in cui quello non avviene nulla hanno di comune tranne l'assenza di questa circostanza ; la circostanza in cui solamente le due serie di casi differiscono, è l'effetto o la causa o una parte indispensabile della causa di quel fenomeno (A system of Logic 5. edit. London 1862, pag. 435) . Ora noi abbiamo già osservato fino dal 1867 in una recensione della detta logica del Mill ( Rivista bolognese, novembre e dicembre 1867 ) che qui era corso un errore o ne abbiamo proposto la correzione colla formola riportata nel testo. 6 Perocchè scrivevamo - più casi che differiscano in tutto meno nella mancanza di una sola circostanza ( a) sono nonch'altro inescogitabili ; le coincidenze puramente negative sono infinite. » E a giustificare la mia formola io soggiungeva : « Supponiamo che si avverino i casi A B C , A DE, A FG, le conseguenze dei quali siano per or dine abc, ad e, afg ; noi non siamo ancora in diritto di ri tenere A come l'antecedente costante di a, potendo questo O 361 resto del fenomeno sarà l'effetto degli antecedenti che sopravanzano. b) Il metodo delle variazioni concomitanti. Il suo canone è questo . Se un fenomeno varia in qual siasi modo ogniqualvolta un altro fenomeno varia in una certa particolar maniera, quello sarà una causa o un effetto di questo o sarà connesso col medesimo per qualche vincolo causale . essere una volta l'effetto di B, un'altra di D, una terza di F , ecc. Se ora siano dati i casi G HL, MNO, ecc. , che non sono seguiti dal fenomeno a, il coincidere essi nella man. canza di A non prova nulla ; ma ben maggiormente provereb bero i casi BCH, DEL, FGM, perchè non avendo essi co mune l'assenza di nessuno tra gli antecedenti di a, tranne quella di A, ne risulta che nè B, nè C , nè D, nė E, nè F, nė G sono la causa di a, ossia che in tutti i casi osservati, in cui a ebbe luogo, esso fu sempre dovuto ad A. Il Mill ha notato essere difficile applicare il metodo della concordanza ai casi negativi, cioè ai casi in cui quel determinato fenomeno non succedo, ma non avverti che è ancora più enorme per non dire infinita la difficoltà di determinare la coincidenza nei caratteri negativi, vale a dire d'aver comuni delle mancanze. » ( Riv. bol. dicembre, pag. 594, 595) . { 1 > INDI
Tuesday, August 10, 2021
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