Origine ed evoluzione del linguaggio. - La que- stione del linguaggio è ancora un po’ oscura, ma fra le ipotesi cbe su tale questione si proposero, si può stabilire quale è la più legittima. Si esclude innanzi tutto l’ ipotesi che il linguag- gio sia stato inventato da un uomo più intelligente, e adottato dagli altri in virtù d’nna convenzione; ipotesi forse erroneamente attribuita a Democrito. E si esclude altresi che il linguaggio sia stato l’opera di una rivelazione, o di un miracolo. Due filologi contemporanei, Renan e Max Miiller, attribuirono l’ origine del linguaggio a una specie d’ istinto. Nell’umanità primitiva ogni idea avrebbe suggerito per sé stessa una parola, e la medesima parola a tutti gli spiriti: questo istinto, col tempo, si sarebbe atrofizzato. A proposito di questa ipo- tesi si osservò eh’ essa non spiega nulla , essendo questo istinto per sé medesimo inesplicabile, ed es- b) A proposito dei sofismi di parole ricorderemo ancora quel capitano greco clic avendo conchiuso col nemico una tregua di dieci giorni, si credette lecito attaccarlo di notte. E ricorderemo i seguenti sofismi di Eutidemo: — Qualcuno che si trova in Sicilia e vede in questo momento, col pensiero, il porto d’Atene, vede egli le due triremi che vi si trovano? E se non vede le dne triremi, come può egli vedere il porto d'Atene? — Quelli che imparano sono essi sapienti o ignoranti? Se sono gli igno- ranti che imparano, devono apprendere ciò che non sanno; ma come si può imparare quando non si sa neppure ciò che si devo imparare? E se Clinia risponde che sono i sapienti che imparano, la difficoltà resta la medesima: come possono i sapienti imparare dal momento che sanno? — Chi Ba qualche cosa possiede il sa- pere, eli’ 6 tutto: dunque chi sa qualche cosa sa tutto. CAPITOLO III 33 scudo esso stesso, per cosi dire, un miracolo. È strano infatti che quei 400 o 500 tipi fonetici, a cui il Mailer ridusse le parole delle varie lingue, aspettino, a ma- nifestarsi, le idee rispettive. Il linguaggio, disse Hum- boldt, è il prodotto necessario dello svolgimento dello spirito umano; e sta bene; ma questo svolgimento non è spiegato dall’ istinto di Réuan e Max Mailer, mentre importa appunto stabilire come il linguaggio si produca. Il filologo Whitney, nella sua opera sulla Vita del linguaggio, dice che l’origine del linguaggio è dovuta al concorso di tre cause, che s’ incontrano nella specie umana: 1° la facoltà di emettere un’ infinità di suoni e di riprodurli a volontà: 2° il desiderio, determinato da un bisogno di socialità superiore, di comunicare le idee per mezzo di segni: 3“ la facoltà di genera- lizzare, di giudicare, di concepire dei concetti e di per- cepirne i rapporti. E queste sono infatti le condizioni del sorgere e svilupparsi del linguaggio, ma come ef- fettivamente il linguaggio sia sorto e si sia sviluppato, esse non dicono. Si paragonò l’origine del linguaggio nelle razze, all’origine del linguaggio nel bambino. Il bambino per attività puramente riflessa emette un grido che manifesta in lui un dolore, un bisogno: al grido ac- corre la nutrice, e accorre ogni volta che il grido si ripete; cosi si va fissando un’ associazione mentale tra l’atto dell’ emettere il grido e il successivo accorrere della nutrice, onde, a chiamar questa, finuli j^ uXr ri- peterà, ma coscientemente , ìnlenzionalmew, il'^-WyoHl Marchesini, Logica 34 ELEME NTI PI LOGICA fl grido assumerà un significato logico. Tiù tardi altri suoni esprimeranno il pensiero di lui, come quando egli indicherà gli oggetti imitandone in qualche modo l’ impressione sensibile che ne riceve; dirà ad esempio Jcolcò per indicare il pollo, mìàou per indicare il gatto: riprodurrà un dato sensibile, nel nostro caso uditivo, a cui si associeranno altri dati sensibili, come quelli visivi. Da prima designerà con questo suono non sol- tanto gli oggetti dai quali l’ udì, ma anche altri og- getti consimili, che hanno in comune, oltre a quelle, altre qualità sensibili: con lo stesso suono sarà ad esempio da lui indicato, da prima, ogni uccello. Le distinzioni di linguaggio verranno piti tardi, mano mano che si distingueranno e aumenteranno nel bam- bino le percezioni. Questa è, a larghi tratti, la formazione e lo svol- gimento del linguaggio, nel bambino, a cui conti i- buiscono in modo particolare gli ammaestramenti spe- ciali che egli riceve da chi gli apprende la lingua. Si potrà inferirne che l’origine e lo sviluppo del linguaggio d’ una razza, avviene come nel bambino? Con tale inferenza si dimenticherebbe un fatto im- portantissimo, eh’ è fondamento d’una netta distin- zione: il fatto che il fanciullo nascendo porta anche per il linguaggio delle disposizioni funzionali orga- niche-psichiche, diverse da quelle che potevano avere gli uomini primitivi; il paragone adunque, e l’ infe- renza, non reggono. L’ipotesi piu accreditata intorno all’origine del linguaggio è quella di Darwin, illustrata particolar- CAPITOLO III 35 mente dallo Spencer, per cui il linguaggio è opera dell’evoluzione, come ogni altro fatto naturale ed umano. Originariamente gli uomini si servivano del gesto indicativo o imitativo ; poi, provveduti, per evoluzione organica, di organi capaci di mandar suoni articolati, accompagnarono questi al gesto, ed espressero cosi le proprie sensazioni e i propri bisogni, e designarono gli oggetti. Tale espressione e tale designazione avevano da prima carattere essenzialmente imitativo, conser- vatosi, quanto al suono articolato, nell 'onomatopeici; ed erano piuttosto istintive. In progresso di tempo i movimenti del gesto e dell’ articolazione si utilizza- rono più largamente, e venne cosi a sostituirsi al lin- guaggio naturale un linguaggio convenzionale. Cominciato per evoluzione, il linguaggio di un po- polo (come quello dell’individuo) continuò a svolgersi pure per legge evolutiva, mediante i rapporti sempre più ampi e riflessi che si stabilirono successivamente tra i segni e la cosa significata. Si ebbero cosi nel linguaggio la forma mimica , l’ ideografica, e la fone- tica : 1 e la parola divenne per ultimo il linguaggio per eccellenza. 1 Presso certe tribù selvagge la parola non può comprendersi senza il gesto. Anche presso gli antichi la mimica aveva la mas- sima importanza, come presso i sordo-muti, che devouo esprimere il pensiero col gesto proprio, naturale e artificiale. La l'orma ideografica, che troviamo presso gli Egiziani, i Chinesi e altri popoli, è un disegno abbreviato e più o meno convenzionale, in cui ogni carattere esprime direttamente un'idea. I popoli ocei- ELEMENTI PI LOGICA 86 Innumerevoli sono le forme che la parola assunse presso i vari popoli o razze, poiché ogni popolo o razza ebbe la sua lingua. Tuttavia si riuscì a ricondurre tutte le lingue a un piccolo numero di tipi, che sem- brano corrispondere agli stadi successivi dell evolu- zione della parola. 1° Tipo: lingue monosillabiche (es. la chinese) Sono composte di sillabe che costituiscono ciascuna una parola rappresentante un’idea astratta e generale. Secondo l’ ordine nel quale i monosillabi si dispongono, si esprimono le diverse combinazioni e modificazioni delle idee. 2° Tipo: lingue agglutinanti o •polisintetiche , (es. le lingue delle tribù americane). Sono composte di ra- dici di cui le une esprimono le idee più importanti, le altre le idee accessorie: messe insieme, cosi dal costituire spesso una parola straordinariamente lunga c complessa, esprimono sia le modificazioni d’un idea principale, sia una combinazione più o meno com- plessa di idee principali e accessorie. 3° Tipo: lingue a flessione : (es. le lingue semitiche, e indo-europee). Sono composte di parole ciascuna delle quali esprime un’idea principale modificata da una accessoria; le diverse modificazioni dell’idea prin- cipale si esprimono per il modificarsi, per l’ inflettersi, della terminazione delle parole stesse. dentali non se ne servono più se non per certi usi (cifre, segni algebrici eoe.). Usano invece della scrittura fonetico, in cui ciascun carattere è il seguo non d'nu idea uia di un suono. CAPITOLO III 37 Di questi tre tipi, il secondo sarebbe derivato dal primo, per Y addizione delle radici accessorie alle ra- dici principali; e le lingue a flessione sarebbero de- rivate da lingue agglutinanti piu antiche, per la fu- sione delle radici accessorie con le radici principali. § 5. Trasformazione del significato dei termini. - Con le parole non comunichiamo soltanto delle idee, ma anche delle credenze, dei fatti. E poiché le no- stre credenze, le nostre rappresentazioni dei fatti, e la interpretazione di questi, mutano, mutano anche i significati delle parole. Una mutazione che si può ritenere primitiva, quanto è costante, l' abbiamo nella trasformazione del senso di una parola, da proprio a traslato-, ciò avviene per quella certa somiglianza che si riconosce tra il signi- ficato proprio, o etimologico, e quello traslato. Una casa grande e sontuosa oggi si chiama pa- lazzo, parola che indicava prima una costruzione dei Romani più antichi, eretta in onore della dea Pale. La parola palazzo oggi sopravvive, ma con significato diverso dal primitivo. Pagano originariamente significava 1’ abitante del pagus , poi significò l’idolatra, l’adoratore di divinità antiche, perché, all’epoca in cui il cristianesimo si propugnava, mentre gli abitanti delle città erano i primi a convertirsi alla nuova fede, gli abitanti della campagna erano gli ultimi. Villano si diceva, durante il regime feudale, chi era soggetto a minori oneri, ed era, per conseguenza, oggetto di disprezzo da parte dell’ aristocrazia mili- 38 ELEMENTI PI LOGICA tare. A lui si attribuivano, con qualche esagerazione, I vizi e delitti: villano divenne perciò una qualifica in- giuriosa. _ . . 1 Il significato adunque di questi tre termini, pa- ■ lazzo , pagano, villano, si trasformò generalizzandosi J come si trasformarono generalizzandosi., per citare an- j cora due esempi, il termine sale, che da prima era soltanto il cloruro di sodio, e il termine olio, che da prima indicava soltanto l’olio d’oliva. Nella trasformazione della parola si ha pure un . processo inverso, di specializzazione. Cosi il termine j vitriolo (da vitruni) che da prima significava ogni corpo j cristallino, poi si attribui a una specie particolare. Il termine oppio (da ònòg succo) che voleva dire un i succo qualunque, ora indica soltanto il succo del pa- J pavero. E il termine fecula (da foex, feccia) proprio a significare originariamente ogni materia che si depo- j siti spontaneamente in un liquido, poi lo si applicò al- 1’ amido che si deposita quando si agita, nell’acqua, della farina di frumento. E il significato di questa parola si specificò poi ancor più, venendo a indicare un principio vegetale particolare che, come l’amido, è insolubile nell’acqua fredda, ma è completamente solubile nell’acqua bollente, con la quale forma una soluzione gelatinosa. ... Il cocchiere chiamai suoi cavalli le mie bestie-, un cacciatore può intendere per uccelli le pernici. V’ è adunque nel significato delle parole una tran- sizione, della quale, nel loro uso, devesi tener conto. Si consideri, ad esempio, il vario significato della pa- CAPITOLO III 30 rola lettera (lettera dell’ alfabeto, lettera missiva, let- teratura) e della parola gusto (sentimento estetico, e facoltà di distinguere il bello). E quanto alle meta- fore, si consideri, ad esempio, il significato che la pa- rola luce acquista quando si applica all’istruzione, e la parola fuoco applicata alla collera e allo zelo: e si considerino le parole nascere e morire , che si usano in un senso molto piu largo che non sia quello stret- tamente biologico. A tale varietà di significato nelle medesime parole, contribuiscono anche la metonimia (es. corona per re- (/no), i suffissi (es. pregiudizio, difetto, illimitato), le pe- rifrasi (es. padre della storia), la composizione (es. strada-ferrata, acquavite ecc.). Vediamo adunque come, o per circostanze acciden- tali, o per bisogni veri, si trasformi il significato di una parola, cosicché non sarebbe né possibile né utile restar fedeli al significato primitivo. E ciò dicasi sia del linguaggio tecnico di una scienza, che si muta col progredire e con lo trasformarsi di questa, sia del linguaggio familiare. Non possiamo pertanto accontentarci del dizio- nario, dove il senso di una parola è spesso piuttosto indicato che non esattamente precisato. La precisione del significato deriva dall’uso, nel quale pertanto trovasi il migliore ammaestramento. Chi tenesse a sola guida il dizionario, non riconoscerebbe somiglianze e diffe- renze, e anche semplici sfumature di significato, di cui il dizionario non tiene conto; come avvertiamo fa- cilmente in chi parla una lingua di cui non ha il più sicuro e largo possesso. -10 — 1 ELEMENTI HI LOGICA
Wednesday, March 2, 2022
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