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Wednesday, March 2, 2022

GRICE E MARCHESINI -- EUGENIA

 Origine ed evoluzione del linguaggio. - La que-  stione del linguaggio è ancora un po’ oscura, ma fra  le ipotesi cbe su tale questione si proposero, si può  stabilire quale è la più legittima.   Si esclude innanzi tutto l’ ipotesi che il linguag-  gio sia stato inventato da un uomo più intelligente,  e adottato dagli altri in virtù d’nna convenzione;  ipotesi forse erroneamente attribuita a Democrito.   E si esclude altresi che il linguaggio sia stato  l’opera di una rivelazione, o di un miracolo.   Due filologi contemporanei, Renan e Max Miiller,  attribuirono l’ origine del linguaggio a una specie  d’ istinto. Nell’umanità primitiva ogni idea avrebbe  suggerito per sé stessa una parola, e la medesima  parola a tutti gli spiriti: questo istinto, col tempo,  si sarebbe atrofizzato. A proposito di questa ipo-  tesi si osservò eh’ essa non spiega nulla , essendo  questo istinto per sé medesimo inesplicabile, ed es-    b) A proposito dei sofismi di parole ricorderemo ancora quel  capitano greco clic avendo conchiuso col nemico una tregua di  dieci giorni, si credette lecito attaccarlo di notte. E ricorderemo  i seguenti sofismi di Eutidemo: — Qualcuno che si trova in  Sicilia e vede in questo momento, col pensiero, il porto d’Atene,  vede egli le due triremi che vi si trovano? E se non vede le  dne triremi, come può egli vedere il porto d'Atene? — Quelli  che imparano sono essi sapienti o ignoranti? Se sono gli igno-  ranti che imparano, devono apprendere ciò che non sanno; ma  come si può imparare quando non si sa neppure ciò che si devo  imparare? E se Clinia risponde che sono i sapienti che imparano,  la difficoltà resta la medesima: come possono i sapienti imparare  dal momento che sanno? — Chi Ba qualche cosa possiede il sa-  pere, eli’ 6 tutto: dunque chi sa qualche cosa sa tutto.    CAPITOLO III    33    scudo esso stesso, per cosi dire, un miracolo. È strano  infatti che quei 400 o 500 tipi fonetici, a cui il Mailer  ridusse le parole delle varie lingue, aspettino, a ma-  nifestarsi, le idee rispettive. Il linguaggio, disse Hum-  boldt, è il prodotto necessario dello svolgimento dello  spirito umano; e sta bene; ma questo svolgimento  non è spiegato dall’ istinto di Réuan e Max Mailer,  mentre importa appunto stabilire come il linguaggio  si produca.   Il filologo Whitney, nella sua opera sulla Vita del  linguaggio, dice che l’origine del linguaggio è dovuta  al concorso di tre cause, che s’ incontrano nella specie  umana: 1° la facoltà di emettere un’ infinità di suoni  e di riprodurli a volontà: 2° il desiderio, determinato  da un bisogno di socialità superiore, di comunicare  le idee per mezzo di segni: 3“ la facoltà di genera-  lizzare, di giudicare, di concepire dei concetti e di per-  cepirne i rapporti. E queste sono infatti le condizioni  del sorgere e svilupparsi del linguaggio, ma come ef-  fettivamente il linguaggio sia sorto e si sia sviluppato,  esse non dicono.   Si paragonò l’origine del linguaggio nelle razze,  all’origine del linguaggio nel bambino. Il bambino  per attività puramente riflessa emette un grido che  manifesta in lui un dolore, un bisogno: al grido ac-  corre la nutrice, e accorre ogni volta che il grido si  ripete; cosi si va fissando un’ associazione mentale tra  l’atto dell’ emettere il grido e il successivo accorrere  della nutrice, onde, a chiamar questa, finuli j^ uXr ri-  peterà, ma coscientemente , ìnlenzionalmew, il'^-WyoHl     Marchesini, Logica    34 ELEME NTI PI LOGICA fl   grido assumerà un significato logico. Tiù tardi altri  suoni esprimeranno il pensiero di lui, come quando  egli indicherà gli oggetti imitandone in qualche modo  l’ impressione sensibile che ne riceve; dirà ad esempio  Jcolcò per indicare il pollo, mìàou per indicare il gatto:  riprodurrà un dato sensibile, nel nostro caso uditivo,  a cui si associeranno altri dati sensibili, come quelli  visivi. Da prima designerà con questo suono non sol-  tanto gli oggetti dai quali l’ udì, ma anche altri og-  getti consimili, che hanno in comune, oltre a quelle,  altre qualità sensibili: con lo stesso suono sarà ad  esempio da lui indicato, da prima, ogni uccello. Le  distinzioni di linguaggio verranno piti tardi, mano  mano che si distingueranno e aumenteranno nel bam-  bino le percezioni.   Questa è, a larghi tratti, la formazione e lo svol-  gimento del linguaggio, nel bambino, a cui conti i-  buiscono in modo particolare gli ammaestramenti spe-  ciali che egli riceve da chi gli apprende la lingua.  Si potrà inferirne che l’origine e lo sviluppo del  linguaggio d’ una razza, avviene come nel bambino?  Con tale inferenza si dimenticherebbe un fatto im-  portantissimo, eh’ è fondamento d’una netta distin-  zione: il fatto che il fanciullo nascendo porta anche  per il linguaggio delle disposizioni funzionali orga-  niche-psichiche, diverse da quelle che potevano avere  gli uomini primitivi; il paragone adunque, e l’ infe-  renza, non reggono.   L’ipotesi piu accreditata intorno all’origine del  linguaggio è quella di Darwin, illustrata particolar-    CAPITOLO III    35    mente dallo Spencer, per cui il linguaggio è opera  dell’evoluzione, come ogni altro fatto naturale ed  umano.   Originariamente gli uomini si servivano del gesto  indicativo o imitativo ; poi, provveduti, per evoluzione  organica, di organi capaci di mandar suoni articolati,  accompagnarono questi al gesto, ed espressero cosi le  proprie sensazioni e i propri bisogni, e designarono gli  oggetti. Tale espressione e tale designazione avevano  da prima carattere essenzialmente imitativo, conser-  vatosi, quanto al suono articolato, nell 'onomatopeici;  ed erano piuttosto istintive. In progresso di tempo i  movimenti del gesto e dell’ articolazione si utilizza-  rono più largamente, e venne cosi a sostituirsi al lin-  guaggio naturale un linguaggio convenzionale.   Cominciato per evoluzione, il linguaggio di un po-  polo (come quello dell’individuo) continuò a svolgersi  pure per legge evolutiva, mediante i rapporti sempre  più ampi e riflessi che si stabilirono successivamente  tra i segni e la cosa significata. Si ebbero cosi nel  linguaggio la forma mimica , l’ ideografica, e la fone-  tica : 1 e la parola divenne per ultimo il linguaggio  per eccellenza.    1 Presso certe tribù selvagge la parola non può comprendersi  senza il gesto. Anche presso gli antichi la mimica aveva la mas-  sima importanza, come presso i sordo-muti, che devouo esprimere  il pensiero col gesto proprio, naturale e artificiale. La l'orma  ideografica, che troviamo presso gli Egiziani, i Chinesi e altri  popoli, è un disegno abbreviato e più o meno convenzionale, in  cui ogni carattere esprime direttamente un'idea. I popoli ocei-    ELEMENTI PI LOGICA    86    Innumerevoli sono le forme che la parola assunse  presso i vari popoli o razze, poiché ogni popolo o razza  ebbe la sua lingua. Tuttavia si riuscì a ricondurre  tutte le lingue a un piccolo numero di tipi, che sem-  brano corrispondere agli stadi successivi dell evolu-  zione della parola.   1° Tipo: lingue monosillabiche (es. la chinese) Sono  composte di sillabe che costituiscono ciascuna una  parola rappresentante un’idea astratta e generale.  Secondo l’ ordine nel quale i monosillabi si dispongono,  si esprimono le diverse combinazioni e modificazioni  delle idee.   2° Tipo: lingue agglutinanti o •polisintetiche , (es. le  lingue delle tribù americane). Sono composte di ra-  dici di cui le une esprimono le idee più importanti,  le altre le idee accessorie: messe insieme, cosi dal  costituire spesso una parola straordinariamente lunga  c complessa, esprimono sia le modificazioni d’un idea  principale, sia una combinazione più o meno com-  plessa di idee principali e accessorie.   3° Tipo: lingue a flessione : (es. le lingue semitiche,  e indo-europee). Sono composte di parole ciascuna  delle quali esprime un’idea principale modificata da  una accessoria; le diverse modificazioni dell’idea prin-  cipale si esprimono per il modificarsi, per l’ inflettersi,  della terminazione delle parole stesse.    dentali non se ne servono più se non per certi usi   (cifre, segni algebrici eoe.). Usano invece della scrittura fonetico,   in cui ciascun carattere è il seguo non d'nu idea uia di un suono.    CAPITOLO III    37   Di questi tre tipi, il secondo sarebbe derivato dal  primo, per Y addizione delle radici accessorie alle ra-  dici principali; e le lingue a flessione sarebbero de-  rivate da lingue agglutinanti piu antiche, per la fu-  sione delle radici accessorie con le radici principali.   § 5. Trasformazione del significato dei termini. -  Con le parole non comunichiamo soltanto delle idee,  ma anche delle credenze, dei fatti. E poiché le no-  stre credenze, le nostre rappresentazioni dei fatti, e  la interpretazione di questi, mutano, mutano anche  i significati delle parole.   Una mutazione che si può ritenere primitiva, quanto  è costante, l' abbiamo nella trasformazione del senso di  una parola, da proprio a traslato-, ciò avviene per  quella certa somiglianza che si riconosce tra il signi-  ficato proprio, o etimologico, e quello traslato.   Una casa grande e sontuosa oggi si chiama pa-  lazzo, parola che indicava prima una costruzione dei  Romani più antichi, eretta in onore della dea Pale.  La parola palazzo oggi sopravvive, ma con significato  diverso dal primitivo.   Pagano originariamente significava 1’ abitante del  pagus , poi significò l’idolatra, l’adoratore di divinità  antiche, perché, all’epoca in cui il cristianesimo si  propugnava, mentre gli abitanti delle città erano i  primi a convertirsi alla nuova fede, gli abitanti della  campagna erano gli ultimi.   Villano si diceva, durante il regime feudale, chi  era soggetto a minori oneri, ed era, per conseguenza,  oggetto di disprezzo da parte dell’ aristocrazia mili-    38      ELEMENTI PI LOGICA   tare. A lui si attribuivano, con qualche esagerazione, I  vizi e delitti: villano divenne perciò una qualifica in-  giuriosa. _ . . 1   Il significato adunque di questi tre termini, pa- ■   lazzo , pagano, villano, si trasformò generalizzandosi J  come si trasformarono generalizzandosi., per citare an- j  cora due esempi, il termine sale, che da prima era  soltanto il cloruro di sodio, e il termine olio, che da  prima indicava soltanto l’olio d’oliva.   Nella trasformazione della parola si ha pure un .  processo inverso, di specializzazione. Cosi il termine j  vitriolo (da vitruni) che da prima significava ogni corpo j  cristallino, poi si attribui a una specie particolare.  Il termine oppio (da ònòg succo) che voleva dire un i  succo qualunque, ora indica soltanto il succo del pa- J  pavero. E il termine fecula (da foex, feccia) proprio a   significare originariamente ogni materia che si depo- j  siti spontaneamente in un liquido, poi lo si applicò al-  1’ amido che si deposita quando si agita, nell’acqua,  della farina di frumento. E il significato di questa  parola si specificò poi ancor più, venendo a indicare  un principio vegetale particolare che, come l’amido,  è insolubile nell’acqua fredda, ma è completamente  solubile nell’acqua bollente, con la quale forma una   soluzione gelatinosa. ...   Il cocchiere chiamai suoi cavalli le mie bestie-, un  cacciatore può intendere per uccelli le pernici.   V’ è adunque nel significato delle parole una tran-  sizione, della quale, nel loro uso, devesi tener conto.  Si consideri, ad esempio, il vario significato della pa-     CAPITOLO III    30    rola lettera (lettera dell’ alfabeto, lettera missiva, let-  teratura) e della parola gusto (sentimento estetico, e  facoltà di distinguere il bello). E quanto alle meta-  fore, si consideri, ad esempio, il significato che la pa-  rola luce acquista quando si applica all’istruzione, e  la parola fuoco applicata alla collera e allo zelo: e  si considerino le parole nascere e morire , che si usano  in un senso molto piu largo che non sia quello stret-  tamente biologico.   A tale varietà di significato nelle medesime parole,  contribuiscono anche la metonimia (es. corona per re-  (/no), i suffissi (es. pregiudizio, difetto, illimitato), le pe-  rifrasi (es. padre della storia), la composizione (es.  strada-ferrata, acquavite ecc.).   Vediamo adunque come, o per circostanze acciden-  tali, o per bisogni veri, si trasformi il significato di  una parola, cosicché non sarebbe né possibile né utile  restar fedeli al significato primitivo. E ciò dicasi sia  del linguaggio tecnico di una scienza, che si muta  col progredire e con lo trasformarsi di questa, sia  del linguaggio familiare.   Non possiamo pertanto accontentarci del dizio-  nario, dove il senso di una parola è spesso piuttosto  indicato che non esattamente precisato. La precisione  del significato deriva dall’uso, nel quale pertanto trovasi  il migliore ammaestramento. Chi tenesse a sola guida  il dizionario, non riconoscerebbe somiglianze e diffe-  renze, e anche semplici sfumature di significato, di  cui il dizionario non tiene conto; come avvertiamo fa-  cilmente in chi parla una lingua di cui non ha il più  sicuro e largo possesso.    -10    — 1   ELEMENTI HI LOGICA 

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