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Friday, March 25, 2022

GRICE E GALLUPPI

 PASQUALE GALLUPPI. ( 1770-1816 ). 1. Il Galluppi è stato detto a ragione gran riformatore della filosofia italiana ; e aspetta ancora un degno illustratore della sua vita e del suo pensiero . Noi ne diremo soltanto quanto è neces sario al disegno di questo lavoro . Nacque a Tropca, in Calabria , il 2 aprile 1770 ( lo stesso anno di Hegel) dal barone Vincenzo e da Lucrezia Galluppi, una delle più antiche famiglie patrizie di quella cittaduzza. Fattii primi studi di latino, tredicenne fu mandato a scuola di filosofia e ma tematica da « un abile maestro » ( 1 ) , tal Giuseppe Antonio Ruffa, che gli pose in mano la Logica del Genovesi e la Geometria di Euclide; e l'innamorò talmente di questi autori e di queste disci pline, che il Galluppi , anche innanzi negli anni , non rivedeva quei libri senza una certa commozione. Ma non si fermò al Ge novesi ; perchè alcuni suoi compagni l'indussero a leggere la Teodicea del grande avversario di Bayle. E il Galluppi ne fu in vogliato a studiare tutto il sistema nelle opere del Wolff, come anche ad applicarsi alla teologia , poichè nella scuola « si era in trodotto, scrive egli stesso , un certo misticismo » . 2. Studi teologici e metafisici continuò a coltivare a Na poli , dove si recò nel 1788 , da Palermo, ove il padre qualche anno prima aveva condotto la famiglia . Frequentò le lezioni di teologia di Francesco Conforti, il Sarpi napoletano, e quelle di greco di Pasquale Baffi ; entrambi vittime gloríose del 1799. Studiò la Bibbia, la storia antica , l'ecclesiastica, la patristica, ( 1 ) Vedi il brano autobiografico pubblicato dal prof. F. PIETROPAOLO nella Rivista di filosofia scientifica di E. Morselli, &. 1887, e ripubblicato da CARLO TORALDO nel suo Saggio sulla filos. del Galluppi e le sue relazioni col kantismo, Napoli , Morano , 1902, p. 29 ( dove per una gvista è stampato amabile per abile ) . PASQUALE GALLUPPI 217 specialmente s . Agostino. Ma, per la morte del suo minor fratello Ansaldo, dovette nel 1794 rimpatriare per attendere all'azienda do mestica ; e sposò Barbara d'Aquino di Cosenza , dalla quale ebbe quattordici figli ! Negli Elementi di psicologia ( 1 ) egli stesso ricorda la sua numerosa figliuolanza, che nella sua casa non grande gli avrebbe impedito co'suoi strepiti infantili di studiare la filosofia e le matematiche, senza la sua grande passione per questi studi. Persistetti, egli dice, e « l'esercizio mi pose in istato , che io me ditavo tranquillamente, non ostante i giuochi strepitosi, i pianti e le grida de ' ragazzi > ( 2 ) . Nel 1795 , per rispondere alle censure che certi ecclesiastici avevano fatto di alcune sue proposizioni , pubblicò una Memoria apologetica (3) Nè tralasciava frattanto di coltivare la filosofia : « ma i libri filosofici che leggeva, com'egli c’informa, erano tutti della scuola cartesiana » . Intorno al 1800 lesse Condillac, e « qui cominciò la seconda epoca della sua vita filosofica . Le opere di questo filosofo fecero cambiare la direzione dei suoi studi nella filosofia » , « lo compresi , - ci dichiara il Galluppi, – che prima di affermare qualche cosa su l'uomo, su Dio e su l'universo , bisognava esaminare i motivi legittimi dei nostri giudizi e porre una base solida alla filosofia ; che bisognava perciò risalire all'origine delle nostre co noscenze, e rifare in una parola il proprio intendimento » ( 4) . 3. Così egli scriveva nel 1822 , quando era molto progredito nella critica della conoscenza , e aveva, si può dire, approfondito il problema. Forse la prima lettura di Condillac non gli diede quella netta coscienza, che parrebbe da queste parole , dell'im portanza della questione gnoseologica . Certo, l'avviò per questa strada, che è la strada maestra delle filosofia moderna, facendolo ritornare sul Saggio del Locke. E primo frutto di questi nuovi studi fu nel 1807 un opuscolo Sull'analisi e la sintesi ( 5 ) ; le due ( 1) § LVI ; 2.a ed. , Firenze, Pagani, 1832, p. 103 . ( 2) Anche il Vico nella sua vita ricorda con quella sua disinvolta vanità di esser * uso sempre a leggere o scrivere, o meditare » tra lo strepito de' suoi non pochi figliuoli. ( 3 ) In Napoli , pei torchi di Vincenzo Mozzola - Vocola . ( 4 ) Autobiografia citata. (5) Napoli, Giuseppe Verriento , 1807. Tirato in pochi esemplari non messi in vendita, quest'opuscolo è divonuto oggi rarissimo. Una copia è conservata dalla Biblioteca Univer sitaria di Napoli, nella Miscellanea Imbriani. 218 CAPITOLO I facoltà che occuperanno un posto primario nella filosofia dello spirito galluppiana. Tutto intento a' suoi studi , e senza allontanarsi mai da Tro pea, se di là « con l'occhio e col pensiero » , come immaginava in un suo affettuoso elogio Luigi La Vista, non si sarà rivolto « alla prossima Cotrone, ed ai suoi costumi ed alle sue idee trovato un modello nella vita e nella sapienza del divino Pita gora » ( 1 ) ; certo avrà seguito gli avvenimenti politici dei for tunosi tempi del decennio francese in Napoli , com'è certo che partecipò vivamente con l'animo alle riforme liberali allora at tuate o vagheggiate. Scrisse anche un opuscolo Su la libertà com patibile con ogni forma di governo, rimasto inedito . E nel 1809 da re Gioacchino fu nominato controllore delle contribuzioni della provincia di Catanzaro ( 2) . Della parte da lui presa alla vita pub blica contemporanea si ricorda pure un opuscolo stampato nel 1820, Lo sguardo dell'Europa sul Regno di Napoli, in difesa degli ordini costituzionali napoletani minacciati dal Congresso di Lai bach, e contro l'intervento straniero . E altri due opuscoli avrebbe indirizzati al Parlamento napoletano , l'uno Sulla libertà dell co scienza e l'altro Sulla libertà della stampa ( 3) ; opuscoli ora irrepe ribili, ma che non dovevano contenere niente di diverso dallo scritto Su la libertà compatibile con ogni forma di governo, di cui larghi squarci e transunti furono pubblicati nel 1865 ; nei quali il Nostro mostrasi largo fautore di ogni libertà (4) , 4. Quando scrisse l'opuscolo Sull'analisi e la sintesi il Gal luppi ancora non conosceva nulla di Kant, secondo che egli stesso ci attesta. « La conoscenza di questa filosofia, egli dice, non cam biò punto la direzione dei miei studi ; io continuai le mie appli ( 1 ) Memorie e scritti di L. LA VISTA, Firenze, Le Monnier, 1863, pag. 257. ( 2) Vedi quel che no dice P. E. TULELLI in un'interessante memoria Intorno alla dottrina ed alla vita politica del bar . P. G. - Notizie ricavate da alcuni suoi scritti ine diti e rari, negli Alti della r. Acc. delle scienze mor . e pol. di Napoli, I ( 1865 ), 201 e sgg. Il TULELLI pubblicò un'altra memoria : Sopra gli scrilli inediti del bar, P. G. negli stessi Atti del 1867, III, 81 e sgg. ( 3) Vedi l'opuscolo più sotto citato di F. S. BISOGNI, Omaggio , p. 9. (4) Vedi la prima delle due memorie del Tulelli. Pare tuttavia che nella reazione del '99 il Galluppi , che allora trovavasi a Tropea , non abbia mantenuta quella condotta che si conveniva a un amico della libertà . Nell'Eco di Tropea del agosto 1902 II , n. 35 ) il prof. C. TORALDO , al quale pure si deve il citato Saggio sulla filosofia del Gal luppi con appendice di scritti inediti, ha pubblicato questo bruttissimo sonetto recitato dal Nostro noll'Accademia degli Affaticati di quella città : PASQUALE GALLUPPI 219 cazioni su l'intendimento umano, ma profittai molto delle fati che del filosofo di Koenisberg ; io riconobbi il merito dei problemi elevati dalla filosofia critica , sebbene trovai insufficiente la so luzione che questa ne avea dato . Le meditazioni da me por tate su la filosofia critica , elevarono molto più alto i miei pensieri e mi presentarono delle nuove vedute nella scienza dell'intendi mento umano » ( 1 ) . E vedremo infatti quanta parte del criticismo kantiano si rispecchi nel Saggio filosofico sulla critica della co noscenza , di cui il Nostro pubblico i primi due volumi a Napoli nel 1819 ( 2 ) , Questa prima conoscenza di Kant provenne al Galluppi dalle esposizioni nè complete nè esatte del Villers ( 3 ) e del Kinker ( 4 ) e Della Patria il dolore , il lutto , il pianto , La rea sorte fatal veder non voglio , Di Marto, di Bellona il fler orgoglio , L'augusto trono di Minerva infranto , Spesso sedendo al bel Sebeto accanto Col cor trafitto dal più fler cordoglio , Pria che de' Franchi vacillasse il soglio , Dico nel mio pensiere, e piango intanto. Un ferro io prendo. Occhi mici, non piangete, Grido nel mio furore ; io corro or ora Sollecito a varcar l'onda di Loto . Ma già l'Angiol divin , che accanto giace, Di man mi toglie il ferro , e grid'allora Verrà Fernando : tornerà la paco ! Il sonetto è conservato su un foglio volante, che reca dalla parte opposta queste parole che sono la conclusione di un discorso accademico : « Ferdinando augusto , principe ma gnanimo, nell'impetuoso turbino che minaccia l'indipendenza nazionale, corri a salvarci. I destini della nostra nazione son legati alla tua esistenza . Ferdinando viene, Napoli è salvo. Il mio discorso accademico è terminato » . E poi : « Pasquale Galluppi fra gli Af fatigati il Furioso . Siegue dietro il Sonetto dello stesso accademico » A me pare che discorso e sonetto possano riferirsi alla reazione del 1799 . ( 1 ) Le frasi in corsivo di questo passo meritano particolar considerazione per quel cho si dirà più innanzi del pensiero galluppiano. ( 2) Pei torchi di Domenico Sangiacomo. Seguirono altri 2 vol. Messina , Pappalardo , 1822 ; poi un 5.° e un 6. ° , per cui l'opera fu compiuta, nel 1832 , presso lo stesso Pappalardo. Nel 1833 in Napoli fu incominciata la 2.a edizione migliorata ed accresciuta . ( 3) Philos. de Kant, ou principes fondamentaux de la philos. trascendentale, Metz, 1807. ( 4) Essai d'une exposition succincte de la Critique de la Raison pure ; trad. du l'ol landais par. J. le F. , 1801; vedi su questi e gli altri primi scritti francesi sul Kant l'im portante memoria del PICAVET, La philos. de Kant en France de 1773 à 1814 , proposta alla sua trad. della Critica della Ragion pratica (Paris, Alcan, 1888 ). 220 CAPITOLO VII dalla Storia comparata dei sistemi filosofici ( 1803) del Degerando. Egli non seppe mai il tedesco ( 1 ) , nè mai conobbe la traduzione latina di alcune opere kantiane, già ricordata, fatta dal Born ( 1796-98 ) ; nè era uscita peranco la traduzione che il cav. Man tovani fece della Critica della ragion pura ( 1820-26) , e che sarà poi la sua fonte principale. 5. Nel 1820 pubblico i primi due volumetti di Elementi di filo sofia contenenti la Logica pura e la Psicologia , e prometteva l'Ideologia , La logica mista , la Filosofia morale, che infatti uscirono in altri tre volumetti nel 1826 ( 2) , e una Storia filosofica ragionata, che un avvertimento dell'editore al quinto volumetto annunziava non si sarebbe piu pubblicata avendo l’autore « su l'oggetto intra presa un'opera estesa » ( 3) . E questi libri , i migliori testi di filo sofia per le scuole che si siano avuti finora in Italia , per i loro squisiti pregi didattici d'ordine e di chiarezza , si divulgarono presto per tutta Italia , procacciando molta fama al benemerito autore . Intorno al 1821 scrisse alcune lettere sulla storia della fi losofia moderna, indirizzate al canonico don Goffredo Fazzari, che nel seminario vescovile di Tropea insegnava gli Elementi di lui e desiderava da lui stesso di essere orientato in mezzo al « caos delle opinioni , che al presente scrive il Galluppi nella prima lettera — agitano il mondo filosofico » , e di essere sovrattutto informato della filosofia critica. E queste lettere l'autore nel 1827 raccoglieva in un bel libro, piccolo di mole ma che è il primo degno saggio di storia della filosofia in Italia ( + ) , il quale diede ( 1 ) Nè soppe tanto di francose da tradurre da questa lingua sonza errori di senso . Vodi per un esempio curiosissimo la mia prefazione al Saggio citato del prof. C. TO RALDO , p. IX, n . 1 . ( 2) Aggiunse più tardi gli Elementi di teologia naturale. Nel 1835 si fece a Firenzo una edizione di tutti questi Elementi di filosofia con aggiunte dell'autore e note di P.(OMPILIO ) T.(ANZINI) S. ( COLOPIO ), pubblico lettore ; ristampata a Bologna nel 1837. ( 3) Di questa Storia della filosofia non fu pubblicato poi che il primo volume conte nento il primo dei duo libri di Archeologia filosofica , che l'autore intendeva premettere al l'opera. Ne conosco solo l'odizione di Milano, Silvestri, 1847, nella quale precode l'Elogio funebre scritto da ENRICO PESSINA . ( 4) Lellere filosofiche sulle vicende della filosofia relatiramente ai principii delle cono scenze umane da Cartesio sino a Kant inclusicamente , Messina, Pappalardo, 1827. Le let tere in questa edizione erano tredici. Una 14. ne aggiunse l’A. alla 2.a edizione (Napoli, 1838) , con un Discorso di LUIGI BLANCH per venire fino al Cousin e al Rosmini. E questa 2. edizione fu riprodotta in quella di Firenze, Fraticelli, 1842 , che noi citeremo. PASQUALE GALLUPPI 221 occasione al Romagnosi ( 1 ) di scrivere una Esposizione storico -cri tica del kantismo e delle consecutive dottrine ( 2) . E altre cinque Lettere sull’ontologia indirizzd a un amico tra il 1820 e il 1822 , dove si adoperò a mettere in chiaro, da un punto di vista kan tiano, la futilità dell'ontologia wolfiana ( 3) . Ma queste lettere non sono venute in luce che recentemente . 6. Per tutti gli scritti già divulgati il Galluppi s'era reso noto per tutta Italia ; e il giovane Rosmini l'11 novembre 1827 , ap pena stampato il primo volume de' suoi Opuscoli filosofici, glielo inviava da Milano, dichiarandoglisi obbligato se egli , che aveva « arricchita la filosofia , quella scienza avvilita e profanata nei no stri tempi, anzi distrutta » , avesse voluto aggradire l'opera e comunicargli « qualche lume relativo alle materie che sono in esse contenute » . E si stabilì fra i due filosofi un carteggio assai istruttivo per chi voglia conoscere le relazioni storiche delle ri spettive loro dottrine ( 4 ) . Varie accademie fin da prima del 1822 l'avevano aggregato a’loro soci ; fra esse la Sebezia e la Pontaniana di Napoli. Quivi il Galluppi tornò il maggio del 1831 ; e subito vi pubblicò una traduzione dei Frammenti del Cousin , con una prefazione e una « Dissertazione del traduttore , in cui si confuta il domma del l'unità della sostanza » , ove però son comprese le osservazioni del Galluppi intorno alle altre dottrine del Cousin non accettate ( 5 ) . « Avendo meditato su di questo sistema filosofico, ho creduto di trovare in esso delle vedute sublimi, ed insieme un errore pe ( 1 ) Che ne aveva scritto prima una recensiono nella Biblioteca Italiana , di Milano, vol. L, p. 163 e ss . ( 2 ) Nella stessa Biblioteca , LIII, 180 e ss . Vedi Opp. filos . ed . e ined . , di G. D. R. con annotazioni di A. DE GIORGI, Milano, 1842, pp. 575-605. Su questo scritto e in generale sul Kantismo in G. D. Romagnosi vedi l'art. del CREDARO nella Riv. di filos. italiana , an . 1887, vol . II . ( 3) Vedi ciò che ne ho detto nella prefazione al citato Saggio del Toraldo. Dovo que ste lettere sono stato tutte cinquo pubblicato per la prima volta . Solo le prime due erano state edito da F. PIETROPAOLO , Scritti inediti di P. Gall. nella Riv, filos. scient., VII ( 1888 ), 128-44. ( 4) Vedi il nostro Rosmini e Gioberti, pp. 75-82 ( Pisa , Nistri , 1898 ). ( 5) La filosofia di V. Cousin , trad . dal francese, ed esaminata dal bar. P. Galluppi , a spese del N. Gabinetto lotterario, 1831 , vol. I. Il vol. II è del 1832. A pag. 197 del vol. I si incontra anche una postilla del tradut tore relativa ad alcune massime morali del Cousin , 222 CAPITOLO VII ricoloso » . Quindi, accompagnando la traduzione con la detta dis sertazione, ei credeva di porre « il lettore filosofo in istato di conoscere non solo la filosofia del sig . Cousin , ma di giudicarla » . Il libro frutto presto molto favore all'eclettismo francese a Na poli , e specialmente al suo capo , che dal canto suo fece conoscere il Galluppi in Francia ( 1 ) , e anche fuori per mezzo dell'amico Ha milton, che in un giornale filosofico di Edimburgo scrisse un ar ticolo sul Nostro . 7. A Napoli nello stesso anno 1831 fu persuaso da amici a chiedere la cattedra di logica e metafisica vacante nell'Univer sità . Presentato al ministro degli interni marchese di Pietraca tella, questi , udito il suo desiderio , l'invito a cimentarsi a un esame. Ma egli con sdegnosa semplicità calabrese rispose : E chi c'è a Napoli che possa esaminare Pasquale Galluppi? – L'amico che l'aveva presentato , rimase sconcertato . Ma il 4 ottobre 1831 il nostro filosofo aveva il suo decreto di nomina ( 2 ) . « Con che festa noi giovani , narrava il Settembrini con quanta calca tutte le colte persone si andò a udire la sua prolusione, e poi le lezioni che egli appollaiato su la cattedra dettava con l'accento tagliente del suo dialetto ! Ci sono sempre i maldicenti, i quali dicevano che egli era mezzo barbaro nel par lare, ma in quel parlare era una forza di verità nuova , ma l'in gegno cra grande, e il cuore quanto l'ingegno » ( 3 ) . Quell'anno stesso aveva dato una novella prova delle sue atti tudini didattiche dando alle stampe un'opericciuola : Introduzione allo studio della filosofia per uso dei fanciulli. Ma nel seguente anno, primo del suo insegnamento , coi primi due volumi della Filosofia della volontà dedicati al marchese di Pietracatella, poi e --- ( 1 ) Si conservano nella biblioteca del Cousin , appartenente alla Ropubblica, le lettere a lui del Galluppi. Vedi l'art. da me pubblicato su V. Cousin e l'Italia nella Rassegna bibliograf. della letter. ital. del 1898, VI , 213. Il Cousin fece tradurre in francese dal Peisse suo discepolo le lettere del Galluppi ; o questi da F. Trinchera le Lezioni del Cousin Sulla filosofia di Kant, aggiungendovi cgli delle note, come sarà notato a suo luogo . Un'affettuosa commemorazione del Galluppi fece il Cousin nel 1847 all'Accademia di Francia , o pubblicò nel Journal des Économistes del febbraio 1847, riportato nell'Omnibus di Napoli del 29 maggio 1847, dove il Galluppi aveva scritto sul Cousin, anno III ( 1835) , pag. 225 . ( 2 ) Vedi FIORENTINO, Man . di storia della filos., Napoli, 1887, pag. 609 ; L. SETTEM BRINI, Ricordanze , Napoli , 1898 , I , 75, e il Discorso cit . del BORRELLI, p . 6 . ( 3) Op. cit . , vol. I , pag. 76. PASQUALE GALLUPPI 223 ammontati a quattro , già composti a Tropea, cominciò a puh blicare le Lezioni di logica e metafisica, dettate all'Università , vero modello di quel lucidus ordo tanto raccomandato dal Veno sino . Nel 1834 ne compì la stampa in tre volumi ; di cui fece nel '40 una seconda edizione e una terza nel 1846 ; ristampata nel 1853 dal Tramater ; e questa stampa noi citeremo. 8. A proposta del Cousin il 30 dicembre 1838 , in concorrenza coll'Hamilton che ebbe un solo voto , veniva nominato socio cor rispondente dell'Accademia delle scienze di Francia. E il 28 aprile 1841 , a proposta del Guizot , Luigi Filippo lo insigniva della croce della Legion d'onore (1) Ei se ne sdebitava con le sue Considerazioni filosofiche sul l'idealismo trascendentale, ossia sul sistema di Fichte , memoria presentata il 1839 all'Istituto di Francia , accademia delle scienze morali e politiche ( 2) ; e mandando più tardi , poco prima di mo rire , uno scritto su la teodicea dei filosofi antichi, che fu inserito come il precedente negli Atti dell'Accademia. Nel 1842 pubblico il primo volume della Storia della filosofia , annunziata fin dal '26 . Vi si tratta della filosofia greca , non però secondo la successione delle scuole , sibbene « considerando e cri ticando le diverse opinioni dell'Antichità » su l'origine dell'uni verso e del genere umano fino ai neo-platonici . « Una siffatta opera, dice in un elogio funebre dell'autore un affettuoso discepolo saria stata monumento novello di gloria italiana , se a nostra disavventura la vecchiezza , le malattie , le sciagure non avessero di tale infievolito l'animo di lui , ch'ei non potè vederla compiuta, ed a perfezione condotta » (3) 9. Infatti gli ultimi anni della vita del nostro filosofo furono amareggiati da sciagure che ne affrettarono la morte . Già uno dei figli maschi era caduto , com'ei narra , « vittima del furore d'un giovane sconsigliato » . Ed egli ne aveva scritto e stampato (Mes sina, 1818) l'elogio . Nel 1834 poi gli era morta la moglie . Ora, nel 1844 in una insurrezione scoppiata a Cosenza perdeva la vita un altro suo figlio, Vincenzo, che era capitano . Il vegliardo ( 1) Vedi la lettera del Guizot in LASTRUCCI, P. G. studio critico , Firenze, Barbèra , 1890 , p. 112. ( 2) Stampate in italiano nel 1841 , da' torchi del Tramater ; un vol. di p. 159 in 4.° Negli Atti dell'Accademia francese furono pubblicato come la successiva memoria in francese. (3) Elogio funebre di P. G. , per E. PESSINA, in Op. cit . , p. XIII. 224 CAPITOLO VII ne fu profondamente addolorato e agli amici che tentavano con fortarlo disse : « Avrei desiderato che morisse per una causa più nobile e giusta » Morì il 13 dicembre 1846. P. Borrelli , come sopra s'è visto , ne disse degnamente le lodi presso al letto funebre, il 14, fra una folla di giovani discepoli , che recarono a spalla la salma compianta alla chiesa di S. Nicola ; e il giorno 21 gli celebrarono funerali solenni nella chiesa di Sant'Orsola a Chiaia , in cui recitò un'ora zione il gesuita Carlo Maria Curci . Giuseppe Campagna piangeva la morte del filosofo in un sonetto filosofico, lamentando che con lui si partisse dalla terra Una favilla dell'eterno lume ( 1 ) . Il 14 marzo 1867 dall'Accademia delle scienze morali e politiche al Galluppi veniva eretto un busto nella Università degli studi, da lui onorata con molti altri spiriti magni . 10. Molti scritti aveva ancora in animo di pubblicare , oltre i ricordati, e molti manoscritti di lui ci son rimasti , ora in depo sito presso la Biblioteca nazionale di Napoli, i quali fan testimo nianza della larga estensione degli studi fatti da lui in teologia , storia dell'antica e moderna filosofia , filologia greca e latina, sto ria , matematica, astronomia ( 2 ) . Meno vita modesta e di grande raccoglimento : assorto negli studi, visse veramente per la scienza , in cui riuscì ad imprimere orme profonde, rinnovando la filosofia italiana . Egli infatti fu il solo dei filosofi napoletani da noi studiati, dopo il Genovesi, che esercitasse una influenza molto notevole al di fuori del regno , su tutti gli studi filosofici nazionali ( 3 ) , ( 1 ) Pubblicato nel Museo di scienza e lett., X, 348 ; v. DE SANCTIS, La letter . ital. nel sec. XIX , Napoli, Morano , 1897, p. 96 , e nota del CROCE, p. 208 . ( 2) Oltre la memoria ricordata del Tulelli , vedi l'olenco dei mss. galluppiani nel l'opuscolo citato dell'avv. Pietropaolo . ( 3 ) Per la biografia v. anche L. PALMIERI, Elogio stor . del bar. P. G. con alcuni poe tici componimenti recitati in un'adunan za tenuta per cura di L. Palmieri in Napoli il di 10 del 1847 , di pp. 32. V'è oltre l'elogio un sonetto del Campagna, un carme latino di A, Mirabelli, alcune sestine di D. Anzelmi, un'ode latina di Quintino Guanciali e un so netto « improvvisato dall’egregio poeta sig . Giuseppe Regaldi che per una congiuntura si trovò presente alla nostra adunanza » , - Vedi anche la necrologia Morti e morenti di C. CORRENTI, pubbl. nella Rivista europea del decembro 1846 , ristamp. in Scritti scelti , ed. Massarani, Roma, tip . Sonato, 1891 , I , 481-83. L'articolo dell'ab. ANTONIO RACIOPPI, Il Bar, P. G. , nel Poliorama pittoresco, an. XI ( 1847 , 13 marzo e 20 marzo) , n. 32 e 33 ; l'opu scolo di F. S. BISOGNI , Omaggio alla memoria del b. P. G. nell'occasione che in Tropea il Munic. e la Prov. innalzano una statua all'illustre filosofo , Napoli, Morano, 1877 ( in PASQUALE GALLUPPI 225 11. Nella quattordicesima delle Lettere filosofiche il Galluppi, vo lendo determinare le relazioni della sua filosofia, ch'egli chiama sperimentale, col criticismo kantiano, si fa a descrivere le varie fasi attraverso le quali era passato il suo pensiero . Ma la de scrizione non è molto accurata ed esatta. Abbiamo visto come fino circa ai trent'anni ( al 1800) suoi autori fossero Leibniz, S. Agostino e i filosofi della scuola di Cartesio ; e si può dire che egli fosse in un periodo di dommatismo metafi sico , che rimase poi sempre nel fondo del suo pensiero ; non solo perchè molto più tardi, quando aveva studiato anche Kant , con tro di questo egli affermava che « la filosofia è essenzialmente dommatica, e non può essere che dommatica. Essa dee contenere delle verità assolute » ( 1 ) ; ma anche per altre ragioni: La lettura di Condillac gli fece intendere , che c'era una que stione preliminare dą risolvere prima di ogni metafisica : ricer care, cioè , i motivi legittimi dei nostri giudizi , quindi risalire all'origine delle nostre conoscenze , rifare, egli dice , l'intendimento. Condillac e Locke cangiarono insomma la direzione de' suoi studi . Segue perciò dal 1800 fino circa al 1810, quando venne a cono scenza del Villers e del Degerando, un periodo prekantiano di revisione della conoscenza ; al quale periodo appartiene l'opuscolo Sull'analisi e la sintesi, 12. In questo egli concedeva al Locke e ai suoi seguaci, che « tutte le nostre idee hanno origine da' sensi » , che pertanto « tutte le nozioni universali vengono a formarsi dal paragone degli oggetti particolari , e ... che le cognizioni particolari ci menano alle no zioni universali , e non già viceversa » ( 2) . Ma si proponeva la questione « se lo spirito , tosto che ha for mate le nozioni universali, possa paragonarle, scovrirne i rapporti, e quindi applicare questa cognizione universale alle idee parti colari , racchiuse nell'idea universale , che si è paragonata colle questo opuscolo è pubblicato uno scrittorello inedito del GALLUPPI Sulla semplice appren sione, pag . 17 e segg. ) . Uno studio biografico ha pure dato in luce il sig. F. PIETROPAOLO, nel Pensiero contemporaneo di Catanzaro , an. I , 1899, fasc . 6, 7 e 8. Non c'è riuscito di vedere la biografla pubblicata nel Giornale dell'equilibrio, 1841, n. 1 (citata dal Palmieri) scritta da P. E. TULELLI « sopra note comunicatemi questi diceva, accennando molto probabilmente a questa biografia dall'autore medesimo > ; Atti della R. Accad . d. scienze morali e polit ., 1865, I , 203. ( 1 ) Letl . filos. , p. 342 . ( 2) Sull'analisi, p. 20 . 15 226 CAPITOLO VII altre » ( 1 ) . Per es . , delle due proposizioni generali ogni cerchio ha tutti i suoi raggi uguali e ogni corpo è grave, nella seconda tra corpo e gravità non havvi una connessione necessaria e il loro rapporto non può affermarsi se non mediante il soccorso dell'espe rienza ; nella prima invece è nell'idea del cerchio la ragione di affermare l'uguaglianza de' suoi raggi; e fra le due idee v'è un legame necessario, che non dev'essere attestato dall'esperienza. V'ha dunque , conchiudeva il Galluppi, verità generali cui lo spi rito non perviene dalle verità particolari (sensazioni), « ma per mezzo del semplice paragone delle idee universali, ch'egli si ha formato » ; e v'ha poi verità generali che derivano dalla cognizione delle singole verità particolari , che ci fornisce l'esperienza. Le une costituiscono le conoscenze a priori e necessarie ; le altre le conoscenze a posteriori e contingenti. Le prime sono principii ana litici, in quanto si devono all'analisi delle idee“ generali già ac quisite per l'esperienza ; laddove le seconde sono un prodotto della sintesi delle verità particolari, non altrimenti che le idee universali . 13. Sicchè già nell'opuscolo del 1807 il Galluppi era arrivato a quella forza analitica e forza sintetica di cui farà nel Saggio ( lib . I , § 18 , 34) il fondamento di ogni giudizio, distinguendolo net tamente dalla sensibilità . In quell'opuscolo si poteva egli dire an cora puro empirista ? Certo, egli faceva ancora, come il Locke , derivare dalla sensazione ogni idea universale, e puramente speri mentale faceva ancora la materia delle conoscenze a priori . Giac chè le idee generali , fra cui può ammettersi un rapporto neces sario a priori, sono esse stesse sperimentali a posteriori . Tutta quanta la materia della nostra cognizione deriva dall'esperienza. Ma un a- priori si ammette nella sintesi , che, elaborando il dato immediato dei sensi , ci conduce alle idee universali e alle cono scenze contingenti, e più nell'analisi che ci fornisce conoscenze indipendenti dall'esperienza . In quell'opuscolo adunque l'empiri smo crudo cui il lockismo per mezzo dei sensisti francesi era stato ridotto , non era accettato. E notevole sovrattutto era in esso questa netta distinzione tra conoscenze a priori necessarie e co noscenze a posteriori contingenti , fatta dal Galluppi quando igno rava affatto la distinzione kantiana di giudizi analitici e sintetici alla quale corrisponde precisamente. Ne pare ch'egli allora cono scesse i Saggi filosofici sull’intelletto umano dell'Hume , nel quarto ( 1 ) Ivi , ibid . PASQUALE GALLUPPI 227 dei quali ritrovasi quella distinzione tra i legami di causalità, fon damento delle cose di fatto e relazione d'idee, scoperte per mezzo di semplici operazioni della mente, che giustamente si è voluto preluda alla teorica di Kant ( 1 ) . 14. Nel 1819 , nel libro I del suo Saggio, la posizione del Gal luppi si determina assai più chiaramente. Egli , bene o male, ha già studiato Kant, e combatte l'empirismo di Condillac, di Elvezio , di Destutt - Tracy ; di quel Tracy , che ancora nel 1827 a Firenze , al dire d'un arguto scolaro del Cousin, rappresentava le chef et maitre, celui qui l'a dit ( 2 ) ; e dichiarava che la geometria, « questa scienza pura , razionale, è la pietra immobile su cui va a rompersi la macchina debole dell'empirismo » (S 36 ) ; e che, infine, « non è vero esattamente » ciò che egli aveva ammesso o , almeno, non aveva combattuto, nell'opuscolo del 1807 : derivare cioè tutte le idee universali dal paragone delle particolari (S 40) . 15. Parve a lui che la critica di Kant fosse una vera rivolu zione . « La rivoluzione kantiana , scrisse nella prefazione del Sag gio (3 ), merita , più di quel che si crede , l'attenzione dei pensa tori » . Asseriva bensì , che il criticismo non fosse altro che un neo logismo, sotto il quale non si faceva passare che una questione vecchia, quella dell'origine delle nostre idee. Ma le prime parole della sua prefazione erano tuttavia le seguenti : « L'oggetto di quest'opera è la Critica della conoscenza , o l'esame della realtà della scienza dell'uomo . Che cosa posso io sapere ?... Son io ca pace di conoscenze reali ? Quali sono i motivi legittimi di queste conoscenze ? Quali sono i limiti prescritti al mio spirito , limiti che non gli è permesso di oltrepassare senza precipitare nell'abisso dell'errore ? Tali sono le ricerche sublimi ed importanti che mi occuperanno » ( 4) . Ora queste sublimi ricerche, come tutti sanno, sono appunto quelle del criticismo kantiano ; che se è una rivoluzione, sarà cer tamente una novità. ( 1) Vedi D. JAJA , Saggi filosofici , Napoli, Morano, 1886 , pag . 189 e sgg. E a quel saggio di Hame fu il Galluppi ricondotto dal Kant, nella IX delle sue Lettere filosofiche, per spiegare, esponendo la critica del concetto di causa fatta da D. Hume, perchè la lettura di essa svegliasse Kant dal suo sonno dommatico . Ma ivi ( p. 171 ) , ricordando la distin zione di Hume tra cose di fatto e relazione d'idee, non ne avverte punto la parentela con la divisione kantiana dei giudizi. ( 2 ) Vedi il mio Rosmini e Gioberti, pag . 14. ( 3) Tom . I , p. 9. Cfr. lib . III , § 76 ; tom . III , p. 268. ( 4) Cfr. lib. IV , $ 1 . 228 CAPITOLO VII Se non che, a giudizio del Galluppi , la critica di Kant , « lungi dallo stabilire la realtà della conoscenza , tende radicalmente a distruggerla » ; che i suoi risultati sono essenzialmente scettici ; e quindi una buona dottrina della conoscenza non può costruirsi se non in opposizione a quella critica . Una critica, insomma, ci vuole ; ma non quella di Kant. E quale dunque ? 16. Noi non esporremo ne' loro particolari le teorie del Gal luppi e le critiche delle altrui dottrine ond'egli stabilisce le pri me. E poichè col Saggio filosofico la sua dottrina è già fissata , senza seguire l'ordine cronologico delle opere , possiamo dall'una e dall'altra di esse raccogliere i tratti caratteristici della sua fi losofia e farne un corpo compiuto. 17. Il Galluppi, come gli antichi psicologi metafisici ammette un sistema di facoltà dello spirito ; e a capo di tutte pone la co scienza o sensibilità interna . Questa è la facoltà per la quale lo spirito percepisce , sente se stesso , il me, la cui esistenza è una di quelle verità primitive, che ci sono attestate dall'esperienza, ma non si possono dimostrare ; come già pensarono Cartesio e Leibniz . Nè vale l'obbiezione che noi non percepiamo se non le nostre modificazioni, e che l'idea del me si dedurrebbe percið da quella delle modificazioni, pel principio che non v'ha atto senza soggetto . Non v'ha sentimento delle proprie modificazioni donde si possa separare quello del proprio essere ; perchè non si può percepire l'astratto, ma il concreto, non il dolore, ma il me dolente . Il me adunque è un dato dell'esperienza, che bisogna ac cettare come una verità primitiva di fatto ; e l'atto con cui lo si apprende , è la percezione immediata. 18. Qui il Galluppi, ritornando alla posizione cartesiana, ne sente tutta l'importanza. Egli osserva nel Saggio filosofico, che il defi nire , come si fa comunemente, l'idea per la rappresentazione dell'oggetto nella mente, separando cosi l'oggetto dalla mente , e il far consistere quindi la norma della verità nella conformità della nostra rappresentazione con l'oggetto esteriore, apre irrepa rabilmente la porta allo scetticismo. « Se gli oggetti , se la re gione dell'esistenza son separati dallo spirito , chi getta un ponte per passare dal pensiero all'esistenza , all'oggetto ? Questo ponte si fa consistere nelle immagini degli oggetti. Lo spirito, dicesi , possiede le immagini degli oggetti ; ma in questo caso lo spirito non potrà giammai conoscere la conformità di queste immagini cogli originali, e la verità andrà sempre lungi da lui » ( 1 ) . Me ( 1) Saggio , lib . I , 8 15 ( I , 37) . PASQUALE GALLUPPI 229 morabili parole , per cui il Galluppi non solo non è un prekan tiano , come credono i più , ma va innanzi al Kant dei neokan tiani ; del quale egli in questo luogo discopre espressamente il vizio principale , notando che il fenomenismo critico è una con seguenza della falsa posizione volgare dell'oggetto rispetto al sog getto , presunta dalla definizione dell'idea testé riferita . 19. L'idea del me, a proposito della quale l'autore fa queste osservazioni, non ci deve esser data da una percezione che sup ponga il termine percepito opposto al soggetto percipiente : « L'Io ed i suoi modi non sono separati dall'atto della coscienza , ma gli sono presenti . La coscienza li prende dunque immediatamente, e fra questa percezione e gli oggetti percepiti non v'ha alcun intervallo . Questa coscienza , questa percezione è dunque l'appren sione e l'intuizione della cosa percepita » (§ 16) . E le intuizioni, secondo il Galluppi , « son vere , non perchè son di accordo cogli oggetti , ma perchè elleno agiscono immediatamente sugli oggetti , e li prendono » ( 1 ) . Nè bisogna cercare di definire la percezione, perchè non se n'ha se non una nozione semplice, e ognuno pud solo rimettersene alla propria coscienza per istruirsene . Il semplice, adunque , il principio da cui parte il Galluppi, è questa immediata coscienza di sè , che egli dice percezione o in tuizione ; la cui verità è fondata nella identità dell'essere e del pensiero, come in Cartesio . « Tutta la scienza dell'uomo riposa su la base unica della coscienza di se stesso » ( Saggio, lib . IV, § 3) . 20. Sicchè la filosofia del Galluppi è un vero soggettivismo , come si può vedere anche dal suo concetto della filosofia . « Che cosa è mai la filosofia ? Ella è , rispondono alcuni filosofi, la scienza di ciò che è . In conseguenza ella è la scienza dell'uomo , del mondo, di Dio. Una tal definizione suppone, che l'uomo possa giugnere a conoscere se stesso, il mondo e Dio. Ma, dicono altri filosofi, bisogna prima esaminare se l'uomo può saper qualche cosa ; e su qual fondamento può egli saperla . La conoscenza dei nostri mezzi di conoscere è certamente una conoscenza prelimi nare alla scienza delle cose . Da ciò segue che la filosofia pud riguardarsi sotto due aspetti , o come la scienza delle cose , o come la scienza della scienza umana . Considerata sotto il primo aspetto , ella può chiamarsi scienza oggettiva ; considerata poi sotto il se condo, può chiamarsi scienza soggettiva. Ma se la filosofia è la scienza prima, la quale dee contenere la legislazione di tutte le ( 1 ) Li investono, dice più innanzi. 230 CAPITOLO VII - altre scienze , voi vedete bene esser necessario di considerarla nel secondo aspetto . A cið tende la celebre massima dell'antichità conosci te stesso . Io dunque la riguarderò come scienza sogget tiva » ( 1 ) . E « scienza della scienza » la definisce già negli Ele menti di ideologia (S III). Negli Elementi di filosofia morale (SI) la dice : la scienza del pensiere umano, distinguendola in teoretica e in pratica , secondo che studia l'intelletto o la volontà . Egli ha insomma un concetto moderno della filosofia, giustificato dal suo principio : che è la coscienza di sè . 21. Ma come, partendo da tale principio, egli costruisce la realtà conoscitiva ? E qual carattere dà al suo soggettivismo la sua costruzione ? Prima di tutto , avverte giustamente il Galluppi , bisogna di stinguere l'ordine cronologico delle nostre conoscenze dall'ordine scientifico ( 2) , Noi abbiamo con la prima sensazione e come fonda mento di essa la coscienza del nostro Io ; ma essa non è certo una coscienza di riflessione ( 3 ) . Vale a dire , c'è di fatto questa co scienza che è il Primo scientifico ; ma non si rivela se non alla riflessione filosofica posteriore , molto posteriore, cronologicamente. Perchè questa coscienza primitiva si rivelasse effettivamente, lo spirito dovrebbe cominciare da un giudizio ( lo esisto ), ed essere già in possesso dell'idea astratta di esistenza , laddove ei comincia invece da una percezione o sensazione che voglia dirsi . Comincia da una percezione complessa : dalla percezione del me che riceve delle modificazioni, dalla percezione del me che percepisce il fuor di me. Ora lo spirito presta successivamente la sua attenzione ai diversi elementi che compongono l'oggetto di questa prima percezione, decompone , divide questo oggetto ; poi lo ricompone di nuovo e forma il giudizio, che è perciò il pro ( 1 ) Lett. filos., lett . I ; ediz . cit. , p. 37-8 . Questo stesso concetto è svolto nella Prolusione del 1831: Introduzione alle lezioni di logica e di metafisica del bar . P. G. , Napoli, Ga binetto bibliografico e tipografico , 1831, di pp. 30 in-8. ° (ristampata in fronte alle Le zioni di logica e di melafisica , vol. I) e nelle primo tre di questo lezioni. Vedi puro il suo articolo Filosofia nella 1." dispensa dello Ore solitarie del 1838 (rivista diretta al lora da Lorenzo Riola , P. S. Mancini e Luigi Curion , più tardi dal solo Mancini), pp. 9-11. Nella Continuazione delle Ore solitarie ovvero Giorn . di scienze morali, legislat. ed econom. , 1842, fasc . I e II , pp. 7-14, è un altro scritterello del GALLUPPI: Sul panteismo del signor Lamennais. ( 2) Saggio filos., lib. I , § 22 ; tom . I , p. 49. (3) Ivi, $ 20 ; I , 45 . PASQUALE GALLUPPI 231 dotto dell'analisi e della sintesi della percezione complessa ( 1 ) . Sic chè bisogna ammettere nello spirito , oltre la facoltà della sensibi lità ( interna o coscienza, ed esterna) , quelle dell'analisi e della sintesi. 22. Il fuor di me ci viene offerto adunque dal me, da quella coscienza che cogliendo il me lo coglie modificato dal fuor di me. Questa coscienza, che il Galluppi dice pure sensazione, corri sponde , come bene osservò lo Spaventa, alla coscienza sensibile dell'Hegel ; è l'unità ancora confusa ed indistinta di soggetto ed oggetto. Allorchè, dice il Galluppi, la modificazione esterna « è percepita col me, che modifica , io non ho ancora che una per cezione ; ma quando ella è riguardata come distinta dal me, e poi riunita a lui dall'atto dello spirito , io allora giudico » ( 2 ) ( Saggio, lib . I , § 18) . Ora, se conoscere è questo distinguere e unire , è chiaro che conoscere pel Galluppi non è sentire ( percepire) , ma giudicare . Quindi egli combatte i sensisti, insistendo sulla dif ferenza sostanziale che corre tra sentire e giudicare, notando come giudicare importi necessariamente un rapporto , e come non sia possibile indicare l'impressione esterna, l'organo sensorio che ci manifesta la conoscenza del rapporto ( 3) . La forza analitica e la forza sintetica dello spirito sono distinte dalla sensibilità (4) ; come già aveva sostenuto nell'opuscolo del 1807 . 23. La coscienza sensibile è adunque l'unità fondamentale del conoscere ; l'unità che è condizione dell'analisi e della sintesi , ne cessaria a tutti i nostri giudizi . Ma come si giustifica questa unita ? Il fuor di me è sentito , dice il Galluppi , come un molteplice del quale ciascuna parte è distinta dall'altra e le modificazioni di una parte non sono, nel mio sentimento, le modificazioni delle altre . Il tronco di un albero è distinto dai rami : ciascun ramo è distinto da un altro : il moto di un ramo può stare senza il moto di un altro e di tutto l'albero ( 5 ) . Questa molteplicità si raduna nel me, il quale alla coscienza si rivela sempre lo stesso , sia che ( 1 ) Saggio filos. , lib . I , § 18, ed Elem . di Psicologia , & VIII . ( 2) Lo stesso è detto negli Elem , di Psicol., 8 VIII in fine. ( 3) Saggio, lib. I , § 32 ; I , 69. II Galluppi riferisce un notevolissimo passo dell'Emilio di Rousseau ( lib . IV) sul valore del giudizio ; passo che conferma la parentela che col fllosofo ginevrino ha quello di Koenigsberg . ( 4) Ivi, 8 34 ; I , 73. (5) Elem . d'Ideologia , 8 XXIV , ediz . cit ., p. 56 . 232 CAPITOLO VII ragioni, che giudichi, o che percepisca ; talchè « il soggetto di un giudizio può avere una composizione fisica ed una unità logica ( 1 ) che gli vien conferita dal pensiero , che appunto sintetizza nella sua unità il molteplice fisico . Questa unità del pensiero s'addi manda unità sintetica , la quale se si ravvicina a quella forza analitica e forza sintetica che s'è accennata , s'intenderà come un'attività distintiva e unitiva insieme . E un'attività sintetica originaria dell'essere conoscitore appunto è ammessa dal Gal luppi ( 2 ) . 24. Ora la coscienza di sè coglie adunque l'Io che sintesizza , uno e semplice, indivisibile. E l'unità sintetica del me, suppone percið l'unità metafisica del me stesso che « è la semplicità o spi ritualità del principio pensante. Senza di essa non sarebbe possi bile la scienza, poichè la scienza suppone la riunione di tutti i pensieri da' quali si compone ; ed essendo un pensiere distinto dall'altro , come si farebbe l'unione di questi pensieri senza un centro di unione ? Ove si incontrerebbero i diversi raggi del sapere ?... L'agente che costruisce, è necessario che abbia tutti i materiali della costruzione » . « L’io di Newton , ripete qui il Galluppi, che ritrova il calcolo sublime è lo stesso io che ha ap appreso la numerazione aritmetica. Senza l'unità metafisica del me non sarebbe possibile l'unità sintetica del pensiere, e senza l'unità sin tetica del pensiere non sarebbe possibile alcuna scienza per l'uomo ( 3) . Questa unità sintetica della coscienza originaria ha una intrin seca parentela , come ognun vede, coll'appercezione originaria di Kant. Col quale il Galluppi s'accorda nel ritenere che « l'essenza particolare specifica dello spirito umano > ci è ignota affatto ( 4 ) . 25. Ma data questa coscienza originaria, che forza analitica e sintetica insieme , tutte le nostre conoscenze derivano , secondo il Galluppi , dai sensi ? Nel libro I del suo Saggio filosofico egli , rife rendosi allo scritto del 1807, scrive : « Io suppongo in tale opu scolo che tutte le idee universali derivano dal paragone delle particolari ; ma cið non è vero esattamente, poichè vi sono alcune idee soggettive > (8 40) . La tesi degli empiristi che non ammettono nella nostra conoscenza se non elementi oggettivi, è insostenibile . ( 1 ) Elem . d'Ideol., ivi. ( 2 ) Lettora ad A. Rosmini, Tropea , 23 aprile 1830, nella Sapienza, rivista di filos. e lettere , fasc . del 15 marzo 1885, p. 165. Cfr. il mio Rosmini e Gioberti, p. 79. ( 3 ) Elem . d'Ideol., & XXV, pp. 61-2 ; cfr . Saggio, lib . III , SS 50-1 . ( 4) Saggio, llb. IV , 8 98 , V, 418. PASQUALE GALLUPPI 233 ma In quell'autobiografia intellettuale che è nella quattordicesima delle sue Lettere filosofiche il Galluppi dice, che il problema della sua filosofia dell'esperienza fu questo : « Ma lo spirito umano è un agente ; e colla sua azione non potrebbe forse sviluppare dal suo interno qualche elemento che egli non riceve , ma che produce ? E questo elemento soggettivo non potrebbe forse esser tale , che lasciasse intero l'elemento oggettivo , che cooperando collo stesso non recasse alcun nocumento alla realtà della conoscenza , l'estendesse e la fecondasse ( 1 ) ? 26. Infatti, questa rimaneva la più grave difficoltà del Gal luppi contro l'a priori: che l'a priori con la sua soggettività scalzasse la realtà della conoscenza, come rimproverava a Kant per le forme dell'intuizione e dell'intelletto e come rimproverava al Rosmini per la idea dell'Ente indeterminato ( 2) . Perchè egli non ebbe il giusto concetto delle categorie kantiane , ritenendole quasi preformazioni dell'intelletto . Del resto , nella critica che fa delle idee innate , pure avendo combattuto nel primo libro del Saggio l’in natismo di Leibniz , si può ben dire che ne accetti il principio ne gli Elementi di ideologia (8 XXIII) . Egli distingue idee accidentali all'intelletto e idee essenziali. Le une non tutti gli uomini possono formarsele, perchè non a tutti è dato di avere le sensazioni che sono il materiale donde l'analisi può ricavare coteste idee . Le altre non mancano a nessun uomo, perchè derivanti da sensazioni co muni a tutti . Sicchè anche le idee essenziali dell'intelletto pre suppongono l'esperienza ; e « se per idee innate si vuole intendere idee , che non sono il prodotto della meditazione (analisi) su i sentimenti (sensazioni) , tali idee non hanno esistenza » . Ma, « se per idee innate s'intendono quelle idee , di cui ogni uomo porta costantemente in se stesso i germi per isvilupparle , e che ogni uomo capace di meditare pud in qualunque luogo ed in qua lunque tempo acquistare , idee che ho chiamato idee universali all ' intelletto, l'esistenza di siffatte idee mi sembra incontrastabile ... Noi conveniamo con Locke, che tutte le nostre idee hanno la loro origine ne' sentimenti : conveniamo ancora, che tutte le idee sono acquistate ; ma crediamo di dover fare distinzione fra idee generali , e di ammettere alcune idee per l'acquisto delle quali ogni uomo porta costantemente in se stesso i materiali necessari; da questi germi, che sono nello spirito si sviluppano le idee essen ( 1 ) Op. cit . , p. 343. ( 2) Vedi il mio Rosmini e Gioberti, p. 79 e sgg. 234 CAPITOLO VII ziali al pensiero umano, e che si ritrovano in tutte le lingue » . Donde è chiaro che il Galluppi tiene per innate nel senso leibni ziano , di attitudini, disposizioni, germi, coteste idee essenziali all'intelletto , quali sarebbero le idee di corpo , spazio, causa, unità , numero, ecc .; comecchè tutta la sua Ideologia sia una deduzione di queste e altre simili idee dalle sensazioni. 27. Ma, quali sono queste sensazioni o sentimenti portati costan temente da ogni uomo in se stesso ? Se ogni uomo li possiede co stantemente, essi sono necessari , essenziali costitutivi dello spi rito . Lo spirito è questi stessi sentimenti. E come potrebbe es sere altrimenti, se tali sentimenti devono servire alla formazione di idee essenziali all'intelletto ( facoltà conoscitiva in generale) ? Il Galluppi dice, che essi sono i sentimenti « che in qualunque luogo, ed in qualunque tempo modificano lo spirito di ogni indi viduo del genere umano » ( 1 ) . Dunque, essi sono immanenti real mente allo spirito , nè questo si può concepire senza di essi . Ora tal carattere nella filosofia del Galluppi compete solo ai senti menti del me e del non me inscindibilmente legati fra loro , costi tuenti il gran fatto , il Primo, dal quale deve cominciare la filosofia . « Questo fatto è universale per tutti gli uomini, per tutti i luoghi, e per tutti i tempi. Il complesso de ' sentimenti racchiusi in questo fatto dee dunque riguardarsi come essenziale all'umano intendi mento » ( 2 ) . Il quale, fornito della forza di analisi e di sintesi , può con la sua azione feconda sviluppare da questi sentimenti e così produrre tutte le idee che gli sono essenziali ( 3) . Ma la stessa produzione è essenziale , se i prodotti sono essenziali ; tal chè lo spirito , partendo dall'indistinta e oscura coscienza del me e del fuor di me, non raggiunge il grado dell'intelletto , se non per questa spontanea produzione che fa , mediante l'attività ond'è for nito , delle idee di sostanza, causa , corpo, spazio , tempo , unità , numero , ecc. , di cui ha in sé i germi indefettibili. 28. Intorno al valore di questo virtuale a priori del Galluppi si può esser tratti in inganno da certe sue espressioni, dalla sua polemica contro l'innatismo, dal bisogno da lui così spesso e for temente affermato dell'esperienza, che è esperienza sensibile, come unica sorgente delle conoscenze reali . Ma bisogna attender bene al valore della sensibilità nella teoria del Galluppi . La sua sen sibilità è coscienza , è sentir di sentire , è l'unità ancora indistinta di soggetto ed oggetto, che egli concepisce come Primo attivo e ( 1 ) Saggio , lib. III , § 49. Ivi. ( 3) Ivi. PASQUALE GALLUPPI 235 produttivo ; di cui vedremo quanto si gioverà a fondare l'ogget tività del conoscere . Ora , dato questo Primo come coscienza sen sibile , egli non può ammettere più un intelletto opposto al senso e ricco a priori di determinazioni dal senso indipendenti. Perchè l'intelletto è uno sviluppo del senso e le sue determinazioni es senziali non possono non essere contenute virtualmente nel senso insieme con l'attività che possa dallo stato virtuale portarle al l'attuale , fecondandone i germi. E questo è , come tutti sanno ora o dovrebbero sapere, il vero concetto dell'a -priori kantiano , preparato dalle virtualità innate di Leibniz ; e in que sto concetto il Galluppi evidentemente sorpassa e si lascia addietro il kantismo volgare, com'egli l'intese e come tuttavia si vuol sostenere dai neocrịtici , che concepiscono senso e intelletto in assoluta opposizione , in un dualismo inconciliabile . Questo punto della filosofia del Galluppi non è stato studiato e apprezzato ancora abbastanza ( 1 ) . La idea essenziale del Galluppi corrisponde preci samente all ' acquisitio originaria , con cui Kant definiva il suo a priori nella famosa lettera all'Eberhard, come l'idea accidentale all'acquisitio derivativa . Sono idee acquisite le idee essenziali come tutte le altre idee ; ma esse sono le acquisizioni originarie che la coscienza fa per la sua propria attività salendo al grado del l'intelletto . 29. Fermata questa teoria , il Galluppi ha ragione di scrivere : « Io non ho ammesso idee anteriori a ' sentimenti, in modo che non gli suppongano neppure come condizione ; ma ho ammesso alcune idee essenziali all'intendimento , ed ho stabilito questa dottrina sopra solidi fondamenti... lo nego le idee innate nel senso di idee anteriori ed indipendenti assolutamente da' senti menti ; io le ammetto nel senso di idee naturali, o d'idee per l'acquisto delle quali si possiede una disposizione o virtualità naturale » ( 2) . E poichè così viene a dire il medesimo del Kant bene inteso , a me pare che abbia pur ragione di soggiungere : « Io dunque credo di aver trovato il mezzo di conciliazione fra i due sistemi contrari su la formazione delle nostre idee » ; come è merito reale di Kant, che naturalmente il Galluppi non poteva riconoscere , di avere operato siffatta conciliazione del puro em pirismo e del puro intellettualismo . ( 1 ) Il meglio che se ne sia detto sono le tre pagine dello SPAVENTA, nella sua mo moria Kant e l'empirismo ( 1880) , rist . in Scrilti filosofici, Napoli, Morano, 1900, pp . 81-114. (2) Saggio , lib. III , 8 86 ; tom . III , pag. 303. 236 CAPITOLO VII 30. Per fare intendere meglio la propria dottrina il Galluppi la raffronta a quella del Leibniz. Conviene con l'autore dei Nuovi saggi sull’intelletto che lo spirito non è tabula rasa ; « che vi sono molte idee, che lo spirito ricava dal fondo del proprio essere , meditando (1) sul sentimento di se stesso » ; non solo gli accorda che sono in noi queste disposizioni e virtualità naturali, ma am mette certe modificazioni passive o sia i sentimenti, che contengono i materiali o le condizioni di tutte le idee naturali ( 2) . E, dichia rando meglio la dottrina del Leibniz , ripete che riconosce con lui esservi « molte idee essenziali all'intendimento , che l'anima non ha bisogno di ricavare dalle impressioni de ' sensi esterni, ma che può ricavare dal proprio fondo » ( 3) . Le idee sono innate come attitudini o virtualità naturali. E questo ritiene anche il Gal luppi. « Ma io non mi contento di rimanermi in idee vaghe : io determino le mie espressioni. L'anima nostra ha un'attitudine , una preformazione naturale per alcune idee ; poichè : 1. ° ella ha originariamente ed incessantemente i sentimenti necessari a for marsi tali idee ; 2. ° questi sentimenti sono i materiali delle idee , o le condizioni indispensabili per le idee ; 3.0 l'anima ha origi nariamente nella sua natura le facoltà necessarie per formarsi tali idee ; 4. ° l’anima ha in sé originariamente la disposizione, che pone in esercizio le facoltà elementari della meditazione » ( 4 ) . 31. Data questa dottrina, ch'egli ben dice non potrebbe esser contrastata dalla stessa scuola di Locke , s'intende agevolmente perchè il Galluppi continui sempre , in tutte le opere sue , a com battere l'a - priori kantiano , inteso come parte di conoscenza già formata avanti all'esperienza ; esperienza , che era per lui , come vedremo, la sorgente dell'oggettività, della realtà del sapere umano . La filosofia è essenzialmente dommatica, egli ha detto ; e kan tismo per lui significava scetticismo, in grazia appunto di quel l'a -priori soggettivo, anteriore ad ogni esperienza, onde reste rebbe inquinata, secondo la teoria di Kant, tutta la conoscenza. Pure riuscì anch'egli a certe idee soggettive , che ammise come costitutive della conoscenza , e innocue , benchè soggettive, allá realtà di essa . Quali sono cotali idee ? 32. Per rispondere a questa domanda bisogna dare un cenno delle sue teorie dell'analisi e della sintesi . Queste due facoltà non sono soltanto , come s'è visto , il fondamento di ogni giudizio , ma ( 1 ) Meditazione dice il Galluppi l'analisi e la sintesi insieme. ( 2) Ivi, pp. 305-6 . ( 3) Ivi, p. 309. (4) Ivi, pag . 812. PASQUALE GALLUPPI 237 il fondamento anche di ogni idea universale. Giacchè ogni idea universale nasce dalla sintesi degli elementi comuni che l'analisi discopre in più percezioni simili. L'analisi e la sintesi sono quindi le forze produttive di tutto il conoscere. L'analisi precede ; segue la sintesi . L'una si presenta sotto quattro forme : come atten zione propriamente detta , quando lo spirito si ferma a considerare un solo degli oggetti fornitigli dal senso , escludendo tutti gli al tri ; come attenzione parziale, quando lo spirito contempla soltanto una parte dell'intero oggetto , che gli si rappresenta ; come astra zione modale , quando lo spirito separa il modo dal soggetto cui inerisce ; e come astrazione del soggetto, nel caso inverso (1), 33. La sintesi è di tre specie : sintesi reale, quando lo spirito unisce ciò che gli vien dato congiunto dalla esperienza, cioè la relazione tra il soggetto e le sue modificazioni, o quella tra causa ed effetto ( epperò v'ha propriamente due specie di sintesi reale) ; sintesi ideale oggettiva, quando scopre relazioni logiche tra oggetti reali ; sintesi ideale soggettiva , quando scopre , come avviene nelle matematiche pure, relazioni logiche tra idee nostre , non imme diatamente forniteci dall'esperienza ( 2) ; cioè le relazioni tra le idee generali . 34. La siņtesi non può riunire se non per rapporti , le cui no zioni devono essere possedute dallo spirito , a mo' di categorie . E alle quattro maniere di sintesi corrispondono quattro nozioni di rapporti , le quali, per ciò che s'è osservato, dovrebbero essere di lor natura tutte soggettive : e sono le nozioni di sostanza , causa , identità e differenza ; idee essenziali all'intelletto umano, « sem plici vedute dello spirito , le quali derivano dalla sua facoltà di sintesi » (3) . 35. Rapporto, come aveva notato il Laromiguière nelle sue Le zioni di filosofia, è l'atto della comparazione o l'idea che risulta da questo atto . « Ora se la comparazione , dice il Galluppi, è una sintesi , e se il risultamento di questa sintesi è un'idea che non ( 1 ) Elementi di psicologia , $ 25 ; Saggio , lib. II , capo , $ 139 . ( 2) Saggio , lib. II , cap . XI, $ 147. Il Galluppi distingue ancora la sintesi immagi nativa come « la facoltà di riuscire in una percezione complessa , alla quale non corrisponda alcun oggetto naturalo, diverse percezioni di cui ciascuna ha un oggette naturale fuori dell'attuale combinazione ( Saggio , ivi, $ 148, e Psicologia , $ 35) . Ma s'intende cho questa sintesi non ha valore teorico o conoscitivo, ma solo pratico od estetico . ( 3 ) Saggio, lib. III , § 46. Alcune dello idee semplici, dice ivi più sotto , « sorgono dall'attività sintetica e queste sono i rapporti > . 238 CAPITOLO VII risulta da un'impressione, e che non ha percið un oggetto reale al di fuori, segue che vi sono idee semplici, le quali sono sola mente soggettive ed un prodotto della sintesi » ( 1 ) . Suppongono le sensazioni, ma sono prodotti semplici dell'attività sintetica dell'in telligenza. Infatti seguono, come ogni idea di rapporto , al para gone , che è un'azione dello spirito . « Pel paragone non basta che si abbiano nello spirito insieme due percezioni : è necessaria l'a zione che riferisce l'una all'altra » ( 2 ) . Parrebbe adunque, che le idee dei rapporti, queste vedute dello spirito , o modi della sua attività sintetica, non differissero punto dalle categorie kantiane . Ma l'autore afferma recisamente il contrario . Non vuole aver nulla di comune con Kant; vuol fondare una vera filosofia dell'esperienza , e afferma come una delle esigenze ineluttabili della filosofia , che la connessione fra le esistenze , per cui è possibile la scienza , non deve essere una creazione dello spirito , bensì un dato dell'esperien za ( 3 ) ; cioè del senso , che per lui , come vedremo, è norma dell'og gettività del conoscere . Insomma, nota un suo critico , gli elementi soggettivi ammessi dal Galluppi son sempre determinati da qualche cosa di reale che si trova negli oggetti ; e Kant percið è scettico , Galluppi no ( 4 ) . 36. Ed in verità esso, il Galluppi, scrive che la stessa connes sione deve essere un dato dell'esperienza , quando si tratta di og getti esistenti che dan luogo alla sintesi reale : e che questa sin tesi « riunisce gli elementi reali di un oggetto reale ; e li riunisce perchè li trova realmente riuniti. Così, dicendo : Io son sensitivo, riunisco al me le sensazioni : ora tanto l'io che le sensazioni son cose reali , e realmente le sensazioni son cose reali, c realmente le sensazioni sono unite al me. Quest'unione non è dunque l'opera del mio spirito : io non posso fare altro che conoscerla distinta mente . Questa sintesi copia dunque, dirò così , la realtà delle cose, ed è per cid che io la chiamo sintesi reale » ( 5) . 37. Or dunque, queste idee di rapporti sono o non sono un pro dotto dell'attività sintetica del soggetto ? Qui , s'è detto , havvi una flagrante contraddizione. Sentire un rapporto, secondo il Galluppi è un espressione assurda ; e la connessione delle esistenze , che è un rapporto necessario , non si potrebbe sentire ; eppure si deve . « Se fosse creata da noi cotestà connessione , scrive il Fioren ( 1 ) Saggio, lib. III , § 47. ( 2) Saggio , lib. II , 8 147. ( 3) Saggio, lib. II , & 74. ( 4) LASTRUCCI, Op. cit . , p. 213. ( 5) Saggio , lib . II , § 146 ; cfr . Psicologia , & XXXI. PASQUALE GALLUPPI 239 tino (1), la realtà della scienza sfumerebbe ; e Galluppi , impaurito delle conseguenze, contraddice ai suoi principii . Il nesso tra il me, sostanza , e le sue sensazioni , tra la sensazione e la causa esterna, cotesto doppio rapporto è sentito . Ei non osa dire sen tito , e dice : è dato » . La questione è importante e merita ogni più seria considerazione . 38. Prima di tutto bisogna distinguere , come fa il Galluppi , le due nozioni di causa e di sostanza , da quelle di identità e diver sità. Le une sono un prodotto della sintesi reale , le altre della ideale ; le une sono dei veri rapporti reali , le altre semplici rap porti logici . Ora questi rapporti logici sono veramente creati dallo spirito , nascono per l'attività di questo , sono idee dello spirito e nulla fuori di queste idee ( 2) . Di esse l’autore dice che « lo spi rito non riceve dal di fuori questi elementi semplici ed essenziali delle sue conoscenze , ma li ricava dal proprio essere » ( 3) , cioè li produce . Esse corrispondono appuntino alle categorie kantiane . Nè vale opporre , come altri ha fatto ( 4) , che anche questi rapporti presuppongono l'esperienza, e ricevono da questa i termini , fra cui intercedono . I termini fuori del rapporto , ho detto altrove, cioè prima del rapporto , sono termini del rapporto ? E si badi che dell'esperienza il Galluppi ha un concetto tutto kantiano, perchè essa consiste , secondo lui , « nel giudizio , il quale vede un rap porto fra i nostri sentimenti » ( 5) . 39. Il solo errore del criticismo , che ha de ' semi preziosi di verità, consiste nell’aver troppo generalizzato riguardando « tutti i modi di connessione fra le nostre percezioni come soggettivi » , negando la sintesi reale, confondendo l'esperienza primitiva, cui la sintesi reale dà luogo, con l'esperienza secondaria , scientifica e comparata , che è produzione soggettiva della sintesi ideale . Dunque, a confessione del Galluppi stesso ( 6) , egli è schietta mente kantiano nella teoria della sintesi ideale , come attività sin tetica generatrice delle due idee di rapporto , identità e diversità , all'occasione delle sensazioni , che ne sono condizione indispen sabile . ( 1 ) La filos. contemp. in Italia, Napoli , Morano , 1876, p . 195. ( 2) Psicologia, 8 32. ( 3) Saggio, libro III , § 77. ( 4) LASTRUCCI, p. 213. Il GALLUPPI ( lib. III , $ 77 del Saggio) non parla di esperienza , ma di sensazioni, supposte cronologicamente como a condizione indispensabile » delle idee d'identità e diversità . (5) Saggio , III, 76. ( 6) Vedi anche Lettere filosof ., XIV , p. 347. 240 CAPITOLO VII - 40. Soggettive pur sono le idee di causa e di sostanza . Ma il Galluppi distingue fra soggettivo e soggettivo . V'ha, egli dice , il soggettivo rispetto all'origine, e v’ha il soggettivo rispetto al valore ; e altrettanto dicasi dell'oggettivo. Altra è la questione dell'origine delle conoscenze , altra è la questione della realtà loro . « Io dichiaro , scrive l'autore , che per oggettivo in tendo ciò che nelle nostre cognizioni deriva dagli oggetti che si conoscono, e per soggettivo ciò che nelle stesse deriva dal soggetto conoscitore . Questi due vocaboli si prendono ancora in un altro senso, quando si parla della realtà delle nostre conoscenze : l'og gettivo dinota allora quell'elemento della nostra conoscenza , a cui corisponde una realtà in sè , ed il soggettivo dinota ciò a cui non corrisponde nessuna realtà » ( 1 ) . Dunque le idee di causa di sostanza sono soggettive per l'origine, ed oggettive rispetto alla realtà, epperò si dicono relazioni reali , laddove, quelle di identità e di diversità sono soggettive , e per l'origine e pel valore , e son dette perciò semplici relazioni logiche . E però resta fermo, che anche le idee di sostanza e di causa siano un prodotto dell'attività sin . tetica dell'intelligenza, perchè da essa derivano ; il senso è inca pace di darcele . Se non che esse, invece di avere un semplice valore logico , hanno una corrispondenza nella realtà , pel nesso, che è tra la sostanza e i modi, tra la causa e l'effetto . 41. Ma il Galluppi dice che il rapporto della sintesi reale ( sia di causa , sia di sostanza ) è dato dall'esperienza . Si , ma devesi inten dere, dato rispetto alla realtà oggettiva di cotesto rapporto. Dato in quel luogo del Galluppi , che pur bisogna metter di accordo con tutta la sua dottrina, vale solo oggettivo (rispetto al valore). 42. La difficoltà vera è la seguente : come ciò che è soggettivo rispetto all'origine , può essere oggettivo rispetto al valore ? Que sto è lo scoglio della filosofia della esperienza propugnata dal Gal luppi ; ma è pur uopo notare i grandi sforzi fatti da lui per evi tarlo. S'egli si fosse sempre ricordato dell'osservazione, dianzi ac cennata , relativa alla comune definizione delle idee : che cioè non bisogna separare ed opporre oggetto a soggetto, ove non si vo glia incorrere nello scetticismo , non avrebbe avvertita nessuna dif ficoltà in questa questione della sintesi , circa la soggettività della sua origine e l'oggettività del valore. Egli non avrebbe concepito un'oggettività distinta dalla soggettività. ( 1 ) Saggio, lib . III , $ 46 ; tom . III , p. 159-60 . PASQUALE GALLUPPI - 241 43. Di quell'osservazione fondamentale si ricorda certamente nella sua teoria dell'oggettività di tutte le sensazioni, quando af ferma che la sensazione è la intuizione dell'oggetto , e sog giunge : « Per non far nascere equivoco in una materia molto importante, io chiamo intuizione la percezione immediata dell'og getto , in modo che l'esistenza della percezione supponga neces sariamente quella dell'oggetto . Se ogni sensazione è di sua na tura la percezione di un oggetto esterno al principio sensitivo ( 1 ) , se quest'oggetto non è rappresentato dalla sensazione, esso è dunque reale, come è reale la sensazione. La realtà dunque del l'oggetto sentito mi è data dall'atto della coscienza ; il quale mi . dà la realtà della sensazione : ecco dunque la realtà esterna fra le verità primitive di fatto ; ecco risoluto uno dei problemi fon damentali nella critica della conoscenza » ( Saggio, lib . II , § 71 ) . In tutta la teoria dell'oggettività del conoscere si può dire adun que, che il Galluppi confermi ciò che aveva detto fin dal primo capitolo del suo Saggio circa la coscienza, o conoscenza prima , conoscenza del me e dei suoi modi ; coscienza fatta consistere appunto in un'intuizione immediata, tale che « fra questa perce zione e gli oggetti percepiti non v'ha alcun intervallo » . Pare che per tutta la sfera della conoscenza immediata ei sia disposto a chiedere, come aveva chiesto infatti a proposito della comune definizione delle idee in generale: « Se gli oggetti, se la regione dell'esistenza son separati dallo spirito , chi getta un ponte per passare dal pensiero all'esistenza , all'oggetto ? » - Argomento insolubile, com'egli dice , ai filosofi dommatici. 44. Senso ed oggetto , sia che si tratti di senso intimo o di senso esterno , non si possono scompagnare. Il senso è la misura adeguata e sicura della realtà, comecchè il dato del senso debba poi venire elaborato dalla forza analitica e sintetica dello spirito onde si perviene alle idee e a'giudizi. Il senso costituisce , per le idee e i giudizi cui dà luogo, l'esperienza primitiva o imme ( 1 ) Il Galluppi non ammette l'incosciente : « La scuola di Leibniz ammotte delle percezioni di cui non si ha coscienza : alcuni Allosofi adottano questa opinione ; ma molti altri, co' quali io son d'accordo, non ammettono alcuna percezione, di cui non si abbia coscienza ... Non si può percepiro alcun oggetto come un fuor di me, senza perco pire il me, poichè la percezione di un di fuori è ossenzialmente la porcezione di più oggetti ; se non vi ha due oggetti , non vi è un di fuori. Se la percezione di un ſuor di me non è possibile senza quella del me, segue che non possono esservi nello spirito delle percezioni senza osser sentite ) . Elem . di psicologia , 8 XVII. 16 242 CAPITOLO VII diata ( 1 ) ; immediata rispetto all'oggetto , in cui s'appunta imme diatamente nella intuizione. Dall'esperienza primitiva va distinta poi la comparata, o derivata o secondaria , la quale consta dei giu dizi d'identità o diversità che noi portiamo sulle idee offerteci dalla primitiva esperienza : giudizi d'un valore puramente logico e soggettivo . I giudizi della esperienza immediata hanno per og getto gl'individui . Questa acqua ha la qualità di estinguer la sete . Questo calorico liquefà la neve vicina . Sono giudizi particolari, che non si possono generalizzare, nè possono costituire l'esperienza secondaria , fondamento delle scienze , se con le impressioni sensibili , coi dati oggettivi non si combinano quegli elementi soggettivi , che sono le due vedute dell'identità e diversità . Per dire la propo sizione generale : l'acqua estingue le sete , - io devo, in seguito alle successive esperienze delle varie acque che m'hanno estinto la sete , comprendere sotto una nozione generale tutte queste acque , e le azioni loro di estinguer la sete ; il che significa che lo spirito dee vedere un rapporto d'identità fra questi soggetti particolari e fra le loro particolari qualità ( 2) ; rapporto d'identità che il senso non mi può fornire ; perchè esso non mi dà che successivamente le singole acque. 45. Della scienza si potrà dire giustamente che è una costru zione soggettiva per mezzo dei materiali offerti dalla esperienza primitiva. Il Galluppi, in verità , non può attribuire altro valore che questo , che è il kantiano , alla scienza. Se la conoscenza vera della natura ci vien fornita dalla scienza , anch'egli deve dire.col Kant, che lo spirito , legando gli sparsi caratteri datigli dal senso , costruisce il gran libro dalla natura . Eppure.egli ritiuta ( Saggio , III , S 83) una tal soluzione. « La distinzione delle due esperienze, egli dice , è della più alta importanza, per determi nare il valore delle nostre conoscenze » ( $ 78) . È della più alta importanza, perchè se i rapporti di sintesi ideale nell'esperienza derivata sono soggettivi , quelli di sintesi reale nell'altra espe rienza sono essenzialmente oggettivi; in questa esperienza (pri mitiva ) l'esistenze son date allo spirito : egli ne è spettatore , e non il conoscitore : una connessione fra l'esistenze gli è anche data : egli dee conoscerla , non ispiegarla o comprenderla » (S 83) . Ma questa distinzione non tocca punto la soggettività della scienza , in quanto prodotto della sintesi ideale ; anzi la conferma. Il Gal ( 1 ) Saggio , lib. III , $ 78, tom . III , p. 275 . ( 2) Soggio, loc . cit. PASQUALE GALLUPPI 243 luppi nella epistemologia è un kantiano puro. Checchè egli ne dica , tale è la sua dottrina. 46. Ed ecco la stridente contraddizione cui lo condusse il suo voluto sperimentalismo. La scienza , la parte più certa della cono scenza, è soggettiva ; e la conoscenza sensibile è di sua natura oggettiva ; che , per lui , è come dire che la scienza è rosa dal tarlo dello scetticismo , laddove l'esperienza sensibile è certa e reale . Le conoscenze necessarie ed universali , che sono il pernio di ogni specie di conoscenze, hanno un valore puramente logico, e le conoscenze contingenti e particolari sono reali . Il che avrebbe dovuto condurre il Galluppi al più schietto nominalismo ; perchè se le nostre conoscenze veramente oggettive , sono quelle dateci dai giudizi particolari dell'esperienza immediata, sfuma la realtà dell'universale . E un realista il Galluppi certamente non Egli combatte tuttavia l'empirismo nominalistico di taluni seguaci del Locke, come l'Helvetius , i quali negano le idee universali , asse rendo che quelle, che tali appariscono , non sono se non termini generali , vocaboli vôti di senso . « Perchè , dice il Galluppi , al ve dere un uomo che non abbiamo giammai veduto , noi diciamo è un uomo ? Se non avessimo un'idea universale di questa specie, come vi rapporteremmo quest'individuo ? L'esistenza delle idee universali nello spirito è talmente attestato dalla intima coscienza , che si dura fatica a supporre che vi sia stato chi l'abbia contra stata » ( Saggio, $ 27 , lib . I ) . Nè anche il Locke , secondo il Gal luppi ( 1 ) , nega le idee universali ; e come Locke egli è concettua lista . Siamo sempre lì : la cognizione universale , scientifica ha sì un valore , ma un valore logico . 47. E al Rosmini , che gli dichiarava in una sua lettera di non vedere « come dal soggetto possa venire l'universalità e la neces sità delle cognizioni . Il soggetto è essere particolare e contingente, e non può produrre un effetto maggiore di sè » ; egli rispondeva, che la necessità che ha luogo nelle cognizioni, è una semplice « legge logica del pensiero umano » , da non confondersi con la ne cessità metafisica; legge logica espressa dal principio di contrad dizione , e , come ogni altra modificazione dell'anima nostra , me ramente soggettiva . E aveva un bel ribattere il Rosmini , che la necessità logica e la necessità metafisica non sono in fondo che una sola necessità ( in questo punto è tutta la novità, non pic ( 1 ) Cita il lib. III , cap. 3. ° del Saggio , dove il Locke spiega la gonesi delle idee universali . 244 CAPITOLO VII cola , – del Rosmini verso il Galluppi) : « Io non suppongo mica, replicava il Galluppi, che vi sia una necessità metafisica distinta dalla necessità logica ; ma solamente combatto quei filosofi che riguardano quella necessità, che è meramente logica , come una necessità metafisica , che trasformano la prima nella seconda..... L'origine di tal necessità ( logica ) mi sembra già determinata ; essa è nella natura del soggetto ..... noi non dobbiamo cercarne la causa efficiente, ma arrestarci alla causa formale di tal neces sità » ( 1 ) . La sua scienza , perciò abbiamo detto altra volta , come quella di Kant, s'è chiusa nella cerchia invalicabile del fe nomeno ; sicchè egli riesce , per la scienza, a quel criticismo che voleva correggere . 48. Gli sarebbe bastato estendere la - sua teoria della sensibi lità o meglio dell'esperienza primitiva alla esperienza secondaria . Non l'ha fatto , perchè gli premeva salvare la realtà del mondo esterno ; e così s'è messo in disaccordo con se stesso , accoppiando al criticismo puro dell'epistemologia il più crudo dommatismo nella gnoseologia. I due elementi in lui non si fondono, e un'in tima contraddizione travaglia tutta la sua filosofia. 49. Infatti ammessa giustamente come soggettiva l'origine della nozione che abbiamo della connessione reale delle cose ( come sostanza o come causa , sussistenza, egli dice per lo più, ed effi cienza ), il valore oggettivo delle medesime non può essere e non è infatti nel Galluppi, che una semplice affermazione dommatica. La percezione del me è la percezione di un soggetto con le sue modificazioni. Sicchè, egli dice , nella coscienza del me , – che è il principio della nostra filosofia , è data « 1. ° la connessione fra la percezione e l'oggetto ; 2.º fra il soggetto e la modificazione ; 3." fra la causa e l'effetto , il che vale quanto dire , che in questo fatto primitivo ci è data la base della filosofia , e la realtà delle nostre conoscenze » ( 2 ) . Su per giù , è sempre questa la dimostra zione data dal Galluppi della realtà delle connessioni tra sostanza e modi, tra causa ed effetto. Le connessioni sono reali, perchè il me, termine reale della coscienza è soggetto (sostanza ) di modifi cazioni, e queste modificazioni a lor volta sono effetto dell'azione del mondo esterno . Ma i termini noi possiamo percepire, non i rapporti: e i termini in quanto connessi nel loro rapporto non pos siamo percepirli , se non applicando ad essi quelle nozioni di rap ( 1 ) Rosmini e Gioberti, pp. 77-80 . ( 2 ) Saggio , lib . II , 8 74 ; tom . II , p . 161-2. PASQUALE GALLUPPI 245 porto , onde già dobbiamo essere forniti. Chi ci garantisce che i rapporti, che con queste nostre vedute, di origine soggettiva , noi scorgiamo tra i termini percepiti , abbiano un fondamento ogget tivo ? Chi ci costruisce questa volta il famoso ponte di passaggio dal soggetto all'oggetto ? Chi ci sottrae a quell'argomento inso lubile ? Il dommatismo è evidente . 50. C'è un passo, nel terzo libro ( 1 ) del Saggio, contro la sin tesi a priori di Kant , che merita qui speciale considerazione. « Il filosofo di cui parliamo, – scrive il Galluppi, ha confuso l'operazione sintetica co'suoi prodotti, che sono le percezioni del rapporto fra le idee paragonate. Allora che lo spirito rapporta un termine della relazione all'altro, egli esegue una sintesi, la quale è il principio efficiente che pone un termine rapportato. Lo spi rito nel termine rapportato vede un rapporto, ed esegue con ciò un'analisi , indi unisce questo rapporto , che aveva separato dal termine rapportato allo stesso termine, e compie il giudizio. Lo spirito , prima della comparazione, non aveva che il termine della relazione : dopo la comparazione ha un termine rapportato : l’atti vità sintetica ha dunque posto dal suo fondo, nel termine della relazione , il rapporto , e questo rapporto è un elemento sogget tivo aggiunto all'oggettivo » . - Quale che sia il valore di questa osservazione contro il giudizio sintetico a priori ( io non credo che ne abbia alcuno ; chè il giudizio è già avvenuto con quella prima operazione dell'attività sintetica , che consiste nel rapportare i termini), certo è notevole e giusto il concetto del soggettivismo dei rapporti accennato qui dall'autore ; ma vi apparisce pure evidente falso concetto che ei s'è formato dell'oggetto . Ter mine e termine rapportato son cose differentissime; il primo è un dato , il secondo è il prodotto di quel principio efficiente, che è la sintesi . Ma il termine è termine in quanto è termine rapportato ; sicchè il termine si può dire che venga posto , rità , dall'attività sintetica dello spirito . E questa è la dottrina di Kant. Ma se il Galluppi ne avesse piena consapevolezza , non do vrebbe dire , che lo spirito PRIMA della comparazione non aveva che il termine della relazione. No , non aveva niente : non c'è prima il termine , l'elemento oggettivo, a cui dopo venga ad ag giungersi l'elemento soggettivo, il rapporto : termine e rapporto nascono ad un parto, nè lo spirito può percepire il termine della relazione , senza il rapporto , nè questo rapporto è nulla di con ( 1 ) $ 81 ; tom. III , pag. 283. 246 CAPITOLO VII creto fuori dei termini ai quali viene applicato . Questo prima e questo dopo, di cui parla il Galluppi, accusano quella separazione di oggetto e soggetto, quella opposizione da lui già criticata come punto di partenza donde non sia dato arrivare a una conoscenza certa . 51. Sicché , anche per le nozioni di identità e diversità ( alle quali , s'intende , egli si riferisce nel passo ora citato) il Galluppi si di batte nelle strette della soggettività , come qualcosa di differente e assolutamente opposta a quella oggettività , che s'era proposto di fondare contro il criticismo kantiano. Ma le sue velleità empi ristiche rompono sempre in quel principio fondamentale della co scienza di sè , preso dalla filosofia di Cartesio, onde si nutrì , come abbiamo notato , la mente di lui nel suo primo periodo speculativo . E la conclusione del Saggio filosofico è che tutti i motivi dei no stri giudizii (senso intimo, sensi esterni, evidenza, memoria, razio cinio e testimonianza degli altri uomini) « hanno per motivo me diato ed ultimo il senso intimo » : e quindi « tutta la scienza dell'uomo riposa su la base unica della coscienza di se stesso, e chiunque tenta di toglier questa base è indegno, che si ragioni con lui ; poichè non si ragiona col nulla » ( 1 ) . E così nella chiusa delle Lettere filosofiche: « Io ho poggiato – dichiara l'autore su la veracità della coscienza la veracità di tutti gli altri nostri mezzi di conoscere ... ; non si può supporre la veracità di alcun mezzo di conoscere senza supporre la veracità della coscienza, e supponendo la veracità della coscienza , la veracità di tutti gli altri nostri mezzi di conoscere segue necessariamente . Così , secondo me, l'aliquid inconcussum è nella coscienza, ed essa è la base di tutto il sapere umano » ( 2) . 52. Ma se si ricordasse sempre, che principio e aliquid incon cussum è la coscienza, il Galluppi non dovrebbe parlare mai di quella oggettività indipendente dal soggetto , alla quale vuol ripor tare le relazioni di sostanza e di causalità ; e in verità non riesce a scoprirne che una origine soggettiva e a darne una giustifi cazione, come s'è visto , fondata unicamente sul sentimento del me. Si potrebbe dire , che egli parla di un oggetto soggettivo for nitoci dalla sensazione, che da lui è detta di sua natura oggettiva . Egli , infatti, rigetta la distinzione di qualità primarie e secondarie, come arbitraria e falsa , e sostiene che tutte le nostre sensazioni ( 1 ) Saygio, lib . IV, § 3 ; tom . V , p. 58 . ( 2) Ediz . cit. , p. 348 . PASQUALE GALLUPPI 247 soggettive , nè più nè meno di quel senso del tatto , in cui Con dillac indicava il filo d'Arianna col quale si potesse uscire dal labirinto della soggettività, « convengono in ciò , che tutte sono le percezioni di un soggetto esterno ; son differenti, poichè sono i modi diversi di percepir questo soggetto : questi modi diversi di percepirlo costituiscono per noi le diverse qualità degli oggetti esterni , le quali sono perciò i diversi rapporti di questi oggetti con noi » ( 1 ) ; e che, « qualunque ipotesi si adotti su la natura de ' corpi , è incontrastabile che il mondo dei corpi non esiste nel modo in cui ci apparisce ; e che noi non conosciamo dei corpi se non le qualità relative » , talchè il pensiero bensì è una realtà in sè ( 2) , « ma l'estensione non è almeno certo se sia una realtà o un fenomeno » ( 3 ) e addirittura « la conoscenza che noi abbiamo de ' corpi è meramente fenomenica > ( 4 ) . E però il Galluppi non può parlare se non di un oggetto soggettivo , di un oggetto termine essenziale del soggetto . 53. Ma allora perchè contrapporre oggetto a soggetto , e sin tesi reale a sintesi ideale ? Siamo sempre nella sfera del soggetto, e l'attività sintetica dello spirito darà luogo sempre a una sin tesi ideale . Dov'è il punto di separazione tra la res e l'idea ? Non rampollano entrambe dalla coscienza di se ? 54. Per metter d'accordo Galluppi con se stesso dovremmo dire , che quello che ei dice sintesi reale e sintesi ideale non siano se non due gradi della sintesi soggettiva, qualche cosa di simile della sintesi di primo e di secondo grado, che lo Spa venta e il Tocco han rilevate in Kant. Vale a dire , bisognerebbe anche la sintesi reale ritenere pura operazione soggettiva; ma non tanto soggettiva quanto la ideale, perchè l'una si esercita su una relazione che la coscienza , questo ultimo motivo , questa. norma suprema della verità , attribuisce al mondo esterno, lad dove l'altra non ragguaglia che termini aventi un valore logico . La sintesi reale coglie, diciamo così , i rapporti degli individui , in cui , secondo il Galluppi, consiste la realtà ; la sintesi ideale co glie , invece , i rapporti che intercedono tra le idee generali, già formate per la forza analitica e sintetica dello spirito . Di modo che la materia della sintesi reale è oggettiva, nel senso che di ( 1 ) Elem , di Psicologia , S XVII , pp. 27-28 . ( 2) Non vi ha fenomeni nel santuario del mio essero , dice il GALLUPPI, Saggio, lib . IV , § 4 ; tom . V, p. 63. ( 3) Iri. ( 4) Saggio , lib. IV , S 100 ; tom . V, p. 420. 248 CAPITOLO VII cemmo poter avere pel Galluppi l'oggetto ; e la materia della ideale è una pura formazione soggettiva. E se la coscienza ha da es sere sempre la fonte della verità , se noi non possiamo parlare di altra verità , se non di quella che tale apparisce alla coscienza , i rapporti che si scoprono dall'attività sintetica nella materia og gettiva saranno rapporti reali, e si potrà pur dire che siano og gettivi pel valore ( poichè il valore è attestato dalla coscienza) ; e i rapporti che dalla stessa attività sintetica si scoprono nella materia soggettiva, non possono avere più che un valore logico , perchè sono rapporti di concetti, ci concetti nel concettualismo del Galluppi non sono reali . Alla coscienza i rapporti appariscono tali quali appariscono i termini che essi connettono ; fra termini oggettivi , rapporti reali; fra termini astratti e soggettivi , rap porti ideali . I termini infatti non possono essere percepiti per quel che sono, se non coi loro rapporti, coi quali e pei quali vengono ad essere quei dati termini. 55. Ma allora non bisogna separare la facoltà dell'analisi e della sintesi da quella della sensibilità ( o coscienza ), come fa il Galluppi ; perchè la sensibilità come tale non potrà mai percepire un rapporto , come bene ha avvertito il Galluppi stesso . Allora bisogna andare molto più addentro , che questi non sia andato , nel concetto dell'unità del me. 56. Certo è che il Galluppi, mosso a scrivere il suo Saggio, che è la sua opera capitale , dal bisogno di assodare la realtà del cono scere contro la Critica di Kant , non riesce a distrigarsi dal sog gettivismo nella epistemologia ; e nella gnoseologia vi riesce solo contrapponendo al criticismo kantiano un oggetto , che non è tale se non per un dommatismo preso dalla coscienza volgare , e che non può non metter capo nella tesi scettica del criticismo, appena venga innanzi alla riflessione scientifica ( 1 ) . La sua stessa critica perpetua al Kant, e quell'oscillare continuo tra le lodi più sincere e il biasimo più acerbo del criticismo, dimostrano l'acutezza del suo spirito, che intende la gravità del problema sol ( 1 ) Il Rosmini il 3 giugno 1840 scriveva al p. Giacomo Maso & Roma : « Pare a lei che la filosofia del prof. Galluppi sia veramente sana ? Noti bene, non metto in dubbio le intenzioni dell'ottimo calabrese, a cui professo sincera stima ; parlo solo della sua filo sofia ; di questa dubito , o piuttosto non dubito ; perocchè agli occhi miei ella si volge in circolo perpetuo dentro al soggetto -uomo, e nel soggetto -uomo non vi ha nulla d’immu tabilo : manca il punto fermo a cui appoggiare la leva » . Vedi La Sapienza del 1883, vol. VIII , p. 402. PASQUALE GALLUPPI 249 levato dal Kant , e insieme la sua impotenza ad uscire da quel cer chio sconfortante segnato dal filosofo di Koenigsberg attorno allo spirito umano ; l'impotenza in cui rimase per non essere salito al concetto adeguato di quella coscienza, che è il Primo della sua costruzione filosofica . E dopo quattro libri di discussioni, di polemiche contro quei filosofi, trascendentali, che non si sa « se siano filosofi che ragionano , oppure frenetici che delirano » ( 1 ) , il Saggio filosofico finisce anch'esso nella tristezza del mistero : « La scienza umana è limitata . Essa può successivamente perfezionarsi. Ma essa non può oltrepassare certi limiti » . Non fu più reciso l'ignorabimus del Du Bois Reymond ( 2) . 57. E il primo limite dello spirito umano , secondo il Galluppi, è questo : « noi abbiamo una nozione generale della sostanza , ma noi non conosciamo affatto la natura , o come suol dirsi , l'es senza di ciascuna sostanza in particolare ( 3 ) . E fin qui ha ragione Kant. Secondo limite : « ignorando le prime sostanze, ignorar dobbiamo il come le cause efficienti producono i loro effetti ; e l'efficienza è per noi un mistero » . Dunque nè anche nel ritener soggettivo il rapporto di causalità aveva poi un gran torto Kant! ( - ) . Ma « tutto quello , che è incomprensibile, non è mica assurdo » , avverte il Galluppi ; e questo basta a salvare la crea zione. Terzo limite : « noi ignoriamo affatto le qualità assolute de ' primi componenti de'corpi ; noi conosciamo alcune qualità rela tive di alcuni aggregati delle prime sostanze della materia ... I corpi non sono tali quali a noi si manifestano » ( $ 100 ). E que sto , in verità, è un po ' più di quel che sostiene Kant : pel quale, se il noumeno va distinto dal fenomeno, appunto perchè ignoto , non si può dire che differisca dal fenomeno stesso . Differirà ? Non differirà ? Se a queste domande si desse una risposta, non si avrebbe più un noumeno . Qui , dunque, Galluppi è più kantiano di Kant. Quarto limite : la conoscenza importa successione, processo , passare da un principio a ciò che ne procede : ma Dio è ne ( 1 ) Passo del Saggio che il prof. CREDARO raccomanda « a coloro che fanno del Gal luppi un kantiano » ; ni kantismo in G. D. Romagnosi, in Riv. ital. di filos . del 1887, vol . II , p. 59, n. 2. ( 2) Vedi il celebre opuscolo Ueber d. Grenzen d . Naturerkenntniss, Lipsia , 1872 ; e LANGE, Gesch . d . Materialismus, 3." ediz ., Iserlohn , 1876 , pp . 148 sogg. ( 3 ) Saggio , lib . IV , cap. X ed ultimo, & 98 ; tom . V, p . 418. ( 4) Saggio , ivi, $ 99. 250 CAPITOLO VII lui > gazione assoluta di ogni successione : « in questo essere infinito non vi è alcuna cosa che precede l'altra ; perciò la sua natura ci è perfettamente inesplicabile ed incomprensibile. I metafisici intanto non si credono tutti incapaci di comprendere la natura Divina > ; ma uno di essi , e de' più moderati, il Genovesi , avendo tentato, per esempio , di concepire in che modo questo mondo fosse architettato da Dio , non è riuscito che a una spiegazione contraddit toria . « Il volere spiegare l'atto creatore intelligente è una con traddizione ; poichè è un supporre qualche cosa antecedente a (come il Genovesi era costretto a porre in Dio prima l'essere e poi il conoscere , prima il conoscere e poi il volere o l'ope rare) . Questo è incomprensibile, e lo scrutatore della divina maestà resta oppresso dalla sua gloria Proposizioni che non hanno forse il rigore scientifico della Dialettica trascendentale, ma che riescono , mi pare , al medesimo risultato . Che più ? Kant riconosce come tutti i filosofi moderni il grande valore delle matematiche; ma anche in esse il Galluppi trova dei limiti. Noi conosciamo esattamente, egli dice , le relazioni logiche tra le nostre idee astratte ; e ne son prova l'aritmetica e la geo metria . « Ma noi non conosciamo tutte queste relazioni, perchè il loro numero è inesauribile; e la conoscenza di queste relazioni non si estende quanto le nostre idee » « La nostra scienza è percið molto limitata sotto tutti i riguardi » ( 1 ) egli conclude : ed è la conclusione del Saggio intero , vale a dire della sua filosofia sperimentale . 58. Questo mi pare criticismo schietto , sufficiente di certo a fare ascrivere il Galluppi alla direzione kantiana , pur con tutte le sue più o meno ragionevoli invettive contro il soggettivismo del Kant ; se anche Alfonso Testa , che altri disse « l'unico kantiano, che abbia avuto l'Italia » ( 2) , era pur persuaso che il Kant , distrug gendo il sensismo, non fosse riuscito a sostituirvi altro che « un sistema soggettivo che distrugge la scienza verace » ( 3) . 59. Molto ha contribuito a mascherare il kantismo galluppiano , e ben più che le sue dichiarazioni e le sue proteste , che non ( 1 ) Vedi il capo X ed ultimo del lib. IV del Saygio . ( 2) L. CREDARO, A. Testa e i primordii del kantismo in Italia , in Rendic. Acc. Lin cei, 1886, S IV, III , p. 241. Vedi dello stesso CREDARO Il kantismo in G. D. Romagnosi ( in Riv . it. d. filos., 1887, vol. II, p. 59 n. ) , dove si oppone a chi fa del Galluppi un kan tiano, uno dei soliti passi del Saggio contro il trascendentalismo. ( 3) Come scrisse nel suo ultimo libro La mente dell'ab. G. Taverna , Genova , 1851 , p. 82. PASQUALE GALLUPPI 251 hanno o non dovrebbero avere molto valore per la valutazione del critico -, alcune speciali dottrine , che basta accennare bre vemente. 60. E in primo luogo : rifiuta nientemeno che la stessa sintesi a priori , che è come dire il nocciolo sostanziale del kantismo . « La distinzione , che la scuola trascendentale pone fra i giudizii analitici ed i giudizii sintetici (a priori) è assurda » . Queste son parole del Galluppi . E qui non si tratta di una semplice afferma zione. C'è anche la prova. « Se le due idee A e B non hanno alcuna identità fra di esse , lo spirito non può riguardarle che come distinte, e senz'alcun legame fra di loro : è impossibile , dun que, ch'egli vi percepisca un rapporto necessario di convenienza fra di esse : dire in conseguenza che lo spirito dee percepire neces sariamente un rapporto di convenienza fra due idee diverse , è affermare, che lo spirito pud pronunciare una contraddizione evi dente... Tutt'i giudizi necessarii debbono, in ultima analisi , risol versi nel principio di contraddizione : essi son dunque tutti ana litici , ed i giudizii a priori non possono essere che necessarii. Ammettere dei giudizi necessarii non poggiati sul principio di contraddizione , è un assurdo manifesto . Se lo spirito non vede alcuna contraddizione nell'opposto di un suo giudizio, egli non può certamente riguardarlo come necessario . I giudizi sintetici a priori non possono dunque esistere » ( 1 ) . Somiglia non po ' , a dir vero, al ragionamento di quel tale aristotelico restio agl'inviti di Galileo di guardare attraverso il cannocchiale ; ma è il ragio namento del Galluppi ; e questo basta allo storico, il quale dirà che il filosofo di Tropea, chiuso nel cerchio della logica formale e nel ferreo apriorismo delle sue regole , non poteva ammettere e non ammise il risultato principale della Critica kantiana, che è la sintesi a priori. « In effetto , – egli dice negli Elementi di logica pura (S XV) , – un principio sintetico, puro , a priori come Kant lo suppone , è una cosa contraria alle nozioni fondamen tali di una sana logica » . Infatti, egli soggiunge , prescindendo dall'esperienza , nella sfera delle mie idee , io non posso unire B con A, se non riconoscendo che B è uguale ad A, o ne fa almeno parte . Che se B eccedesse realmente A in estensione , in valore , come potrei attribuire ad A, come sua proprietà, tale eccedente di B, non ritrovato in A ? ( 1 ) Saggio , lib. I , cap . IV , s 116 ; tom . I , p. 241-2. 252 CAPITOLO VII 61. Così la critica del Saggio è confermata negli Elementi con esplicito appello alle leggi della logica formale, per la quale cer tamente non è possibile la sintesi a priori kantiana, perchè l'iden tità non è conciliabile con la differenza, e se la necessità richiede l'identità , rifugge dalla differenza ( 1 ) . 62. È inutile mostrare il valore della critica galluppiana , fon data come quella del Degerando con cui va raffrontata , e quella stessa del Rosmini, sopra l'intelligenza della sintesi a priori de sunta dalla sola Introduzione alla Critica della ragion pura (nella 2.a edizione) coi famosi esempii: 7 + 5 12 ecc. Giova piuttosto ricordare che la vera sintesi a priori non con siste propriamente nell'unione di predicati a soggetti, onde siano già belli e formati i concetti ; bensi nella formazione medesima dei concetti: problema, di cui non s'accorse affatto il Galluppi, a proposito di Kant , ma riprodusse, del resto , e risolvette egual mente nella sua teoria dell'analisi e della sintesi , che , munite dei rapporti soggettivi dell'identità e diversità , servono anzi tutto alla formazione delle idee , e nella sua teoria del giudizio, essen zialmente distinto dal sentire, e necessario alla percezione di qualsiasi rapporto . 63. Questa della sintesi a priori è uno dei motivi prediletti della critica italiana intorno alle dottrine del Kant, e ricorre spesso nei libri del Galluppi ( 2 ) . Ma non è la sola teoria kantiana che egli ( 1 ) Ma, so sintesi a priori e logica formale sono assolutamente inconciliabili , non biso gna conchiudore : dunque, aut aut : o si rifiuta la sintesi a priori, o si rifiuta la logica formale . Su questo punto si fa , secondo me, molta confusione. Vi tornerò su in un mio prossimo lavoro ; qui voglio solamente aggiungere, che la dottrina della sintesi a priori fa parte della teoria della formazione delle conoscenze ; laddove la logica formale studia i rapporti delle conoscenze già formate o delle conoscenze in sè ; e notare, che se il pon siero non ha da essere un quissimile del vano lavoro delle Danaidi, non s'ha da far consistere solo in un accroscimento delle conoscenze , ma anche in un'intuiziono delle già acquisite. ( 2) Un anonimo già nel 1832 notava in un opuscolo molto arguto e tagliente contro il nuovo professore dell'Università, che le belle ed acute riflessioni, con cui il Galluppi combatte nel § XVII degli Elementi della logica pura il giudizio sintetico a priori, sono tolte da LAROMIGUIÈRE, Leçons de philos. , p. I , 1. 3 e 5. Vedi : Degli Elementi e della Introd . allo studio della filos. del celebre Bar. Galluppi, giudizio dato all'editore da un suo amico, Napoli , De Bonis, 1832, 8 37 , p. 42. · L'opuscolo reca la data di Napoli, 14 di cembre 1831. Scritto con molta vivacità e castigatezza di lingua, rimprovera al Galluppi l'inesattezze di certi suoi esempii presi dalla geometria e dall'algebra , l'ignoranza in ge nerale delle scienze fisiche e naturali, la scarna o niuna cognizione dei classici antichi PASQUALE GALLUPPI 253 combatta. Anzi, non v'è quasi teoria esposta nella Critica della ragion pura che venga risparmiata nel lib . III del Saggio gal luppiano e nelle parti delle altre opere che ne dipendono . Lo spa zio, il tempo, le categorie, lo schematismo, la dialettica trascen dentale gli offrono materia di lunghe e energiche discussioni, il cui scopo è sempre la confutazione del Kant. Aggiungi le fre quenti proteste contro il trascendentalismo e l'idealismo, che pel Galluppi equivalgono allo scetticismo, proteste nelle quali il Gal luppi unisce al Kant il Fichte e lo Schelling ( 1 ) , per quel poco che ne poteva conoscere da traduzioni o esposizioni francesi ; cd è evidente , che il lettore sbadato e il critico ottuso non potes sero e non possano vedere il filosofo di Tropea che agli antipodi di quello di Koenigsberg. 64. Il vero è che per un'esatta intelligenza delle dottrine di questo , il primo incontrava insormontabili difficoltà nei limiti della sua cultura ; la quale non si estendeva oltre la letteratura filosofica italiana e francese e alle traduzioni (allora pochissime e affatto insufficienti) che c'erano in queste lingue delle opere tedesche. Quello che poteva intravvederne indirettamente, era na turale che gli dovesse riuscire oscurissimo, e restargli innanzi con tali lacune, che s'egli ne avesse avuto coscienza, non sareb besi certo provato alla critica della filosofia tedesca. Egli, scrit tore chiarissimo e pensatore analitico per eccellenza , manifesta mente soffriva nello studio che poteva fare di quegli scrittori. Nella critica del Fichte, sforzandosi d'intendere il vero signifi della filosofia , la leggerezza nell'appigliarsi alla moda francese, e quindi la pedanteria e confusione del metodo analitico imitato dagli ideologi, e perfino i barbarismi e le im proprietà di espressione. L'opuscolo pare facesse una certa impressione. Il Galluppi ri spose col silenzio ; ma i suoi scolari con due opuscoli : Di un giudizio dato da ignoto giudice sur alcune parole del chiarissimo B. P. G. appella VINCENZIO MORENO , Napoli, Trani, 1832 ; Al giudizio dato da un anonimo su talune opere del chiarissimo P. G. risposta di GIUSEPPE PISANELLI, Napoli, Ruberto o Lotti, 1833. Curioso l'opuscolo del Pisanelli nella parte in cui difende il Galluppi scrittore, per l'enfatica digressione che vi è contro il purismo ( pp. 28-36 ). Per questa parte invece il Moreno riconosceva che il G. non fosse puro elegante e gentil dicitore ( p. 17) ; il che non toglieva ch'ei fosse, alla sua volta , pessimo scrittore . ( 1 ) Vodi le Considerazioni filosofiche su l'idealismo trascendentale e sul razionalismo assoluto ( Napoli , 1841 ). Di Schelling non pare che conoscosse nulla di originale , all'infuori della trad . francese del Bruno. Del Fichte cita la trad . francese della Bestimmung des Menschen . 254 CAPITOLO VII cato della costui dottrina dell'Io puro, dichiarava ai colleghi del l'Accademia francese : Qui l'oscurità alemanna comincia ad affliggermi; io che non amo ne' discorsi filosofici, se non che la chiarezza e la precisione , son qui circondato dalle più dense te nebre » ( 1) . E terminava la sua memoria invocando le regole wol fiane De stylo philosophico, e domandando agli amici della verità e del progresso della filosofia , se « lo scrivere i trattati filosofici in un modo più oscuro di quello , in cui è scritta la Teogonia di Esiodo, è esso un segno di progresso verso la verità o pure verso l'errore » (2) 65. Altri più recentemente si son lagnati dell'oscurità di alcuni scrittori filosofici, e si son levati in difesa del bello stile . Ma, come nel caso del Galluppi , molto spesso l'oscurità che si vede negli autori , non dipende da un loro difetto, sibbene dalla insufficienza nostra a intenderli ; chè nessuno è chiaro a chi non sia preparato e non procuri in ogni modo e con ogni mezzo d'intendere . Comunque, la dottrina del Galluppi è cosa ben distinta e diversa dalla sua intelligenza e dalla sua critica del Kant ; e della prima è indubitabile che s'ispira al Kant e non riesce a risul tati essenzialmente differenti ( 3 ) . 66. In sostanza egli è più kantiano di Kant. Questi , criticata la ragion pura , nega il valore scientifico , oggettivo, della meta fisica , ma le riconosce un ufficio regolativo , e scrive una meta fisica della natura come una metafisica dei costumi. Ma il Gal luppi si rinchiude in un assoluto psicologismo, per usare parola giobertiana ; e , pienamente conseguente alla sua filosofia dell'esperienza, tiene fermo alla dottrina dei limiti della scienza umana ; e alla metafisica sostituisce l'ideologia. La sua cattedra ufficiale era di logica e metafisica ; ma egli nella Prolusione an nunzia che tratterà della filosofia teoretica, ossia della scienza dell'umana scienza , e darà pertanto la legislazione suprema di tutte le scienze ( 4 ) . « La metafisica tratta , egli dice , delle idee essenziali all'umana ragione » ). Nella prima lezione rifiuta la definizione della filosofia data dal Wolf, sostenendo che egli volle una ( 1 ) Op. cit . , pag. 23. ( 2) lvi , pag. 133. ( 3 ) Ricordo per semplice curiosità che sostenne il kantismo del Galluppi CARLO Ro DRIQUEZ , Lett. su la filos . sogg . ed oggettiva del bar . Galluppi, Messina , 1833, p. 22 ; cui rispose ONOFRIO SIMONETTI, Analisi critica della Lettera ecc . ( Napoli ), Fernandes (1834 ), p. 31 e sgg. ( 4) Lezioni di log . e metafsira , p. XI. ( 5) Iri, p . XIV . PASQUALE GALLUPPI 255 definire piuttosto l'infinita sapienza conforme a quel suo enun ciato che Deus est philosophus absolute summus, e attribuendo alla filosofia wolfiana il difetto ascrittole appunto dal Kant, di confondere la cosa con l'idea della cosa. Nella seconda lezione commenta il suo concetto della filosofia come scienza del « pen siere umano ne' suoi elementi , nelle sue funzioni e nelle sue leggi » ; nozione , fa notare , della più alta importanza . 67. Prevede la possibile osservazione : ma è il pensiero il solo oggetto della filosofia ? E la ontologia, la cosmologia, la teologia naturale , la fisica ? — Queste scienze, risponde il Galluppi , in parte si riducono alla ideologia, scienza del pensiero , e in parte escono fuori dal campo della filosofia . L'ontologia studia « alcune nozioni universali , essenziali all'umano intendimento » ; e la dottrina delle nozioni , delle idee non appartiene forse alla scienza del pensiero ? Lo stesso dicasi della cosmologia e della teologia naturale. Sic chè il Galluppi conchiude : « Tutte le parti dunque della meta fisica appartengono alla scienza del pensiere umano » . Quanto alla fisica , in parte è filosofia ( psicologia, per le relazioni che que sta scienza studia tra i fatti fisici quali sono in sè e i fatti fisici quali appariscono a noi , e teologia) ; e in parte , quale si tratta comunemente nelle scuole, se non può ridursi a rigore alla scienza del pensiero , « è nondimeno una scienza che le è contigua , e che serve a rischiarare, ed a perfezionare la filosofia intellet tuale » . Sicché la metafisica, nel sistema del Galluppi, è bella e ita assolutamente. E se la filosofia per lui si divide com'è detto nella 3.4 lezione – in filosofia speculativa o teoretica , che studia l'anima ( soggetto del pensiero) in quanto conosce , e in filosofia pratica , che studia l'anima in quanto vuole , è chiaro che nè an che questa potrà essere fondata su alcun principio metafisico. Il Kant non era arrivato a questo punto. Ma prima di accennare i principii del Galluppi nella filosofia pratica , bisogna fare un'altra osservazione generale, che ci pare di non poca importanza . 68. Nella Prolusione il Galluppi , vantando le ragioni del me todo sperimentale , avvertiva che non bisogna però mutilarlo ; anzi prenderlo tutto intero nelle sue specie e ne ' suoi risultamenti ; ne confonderlo con l'empirismo ; giacchè la filosofia intellettuale, co me egli chiama quella che dovrà insegnare , < non ammette so lamente quelle esistenze , che cadono immediatamente sotto l'espe rienza ; ma quelle ancora , che le esperienze sperimentali suppon gono necessarie . Quindi ella deduce tanto dall'esistenza del mondo materiale , che da quella del mondo intellettuale, che a noi si ma 256 CAPITOLO VII nifesta, l'esistenza eterna di un ' Intelligenza creatrice . E ciò in modo simile a quello in cui l'astronomia , partendo dal cielo em pirico , pone un cielo razionale » ( 1 ) . Il cielo razionale sarebbe il cielo costruito dall'astronomo mercè la forza portentosa del cal colo, della geometria e del raziocinio , onde si « sbalza dal cen tro del planetario sistema la terra , e vi si pone il sole ; si tra sforma in masse di meravigliosa grandezza quei piccolissimi corpi , che sembrano tanti chiodi affissi nel firmamento, si determina le distanze , le orbite ed i tempi delle rivoluzioni de' pianeti » ( 2 ) . 69. Sicché, pel Galluppi, anche la filosofia intellettuale, la ideologia , la filosofia dell'esperienza, con tutti i suoi limiti , ha il suo cielo razionale ; come l'ha del resto il criticismo con la sua cosa in sé . Ma la cosa in sè per Kant è un puro concetto limite, di cui s'afferma l'essere non il come ; che si afferma, non si conosce; laddove il Galluppi dedica tutta la seconda parte della sua Ideologia, che intitola Teologia naturale , allo studio dell'Asso luto e de ' suoi attributi , come se Kant non fosse mai esistito . Il nome di questo qui non ricorre se non nelle ultime pagine, dove è detto insensato il suo « impegno di contrastarci la possibilità di una Teologia naturale e filosofica » ( 3 ) , 70. Ma tutta questa parte evidentemente è non solo in con traddizione con la Critica kantiana, ma anche con lo stesso Sag gio dell'autore, la cui conclusione riesce a quella dottrina dei limiti della scienza che sopra vedemmo. Che dire adunque del vero pensiero del Galluppi ? È vero , come è detto nel Saggio, che lo scrutatore della divina maestà resta oppresso dalla sua gloria ? O è vera la teologia delle Lezioni ? Le due dottrine sono certa mente inconciliabili. E io non dubito d’asserire , che se il Galluppi non avesse scritto le Lezioni per i giovani dell'Università in uno de ' periodi di più cupa servitù intellettuale che abbia attraversato il pensiero italiano, la seconda parte della Ideologia non sarebbe stata scritta . 7i . « Questa opera , diceva l'autore nella prefazione delle Le zioni, non è mica la ripetizione dei miei Elementi di filosofia pub blicati in cinque volumi, nè di altra mia opera antecedente » . E notava altresì che « serbando le leggi essenziali di un metodo, può questo ricevere delle variazioni accidentali » . Intendeva egli alludere alla teologia naturale, di cui trattava per la prima volta ( 1 ) Op. cit . , p. XIX . ( 2) Ivi , p, XVII . ( 3) Op . cit . , III , 306 . PASQUALE GALLUPPI 257 . in queste Lezioni ? ( 1 ) . Si noti che non parlava di nuovi svolgi menti del suo pensiero , ma di variazioni di metodo; onde non poteva accennare a parti ora per la prima volta trattate della sua filosofia che non importassero alcuna modificazione di principii . Si noti anche, che la seconda parte dell'Ideologia è come appiccicata alla prima. Solo alla fine della 108. lezione (1. della Ideologia ) l'autore dice : « L'essere è o finito o infinito ; io divido perciò l'ideologia in due parti , nell'ideologia del finito ed in quella del l'infinito » E in questa distinzione così accennata è tutta la ra gione della teologia naturale o ideologia dell'infinito , cui son de dicate le ultime dieci lezioni del corso universitario . Le dottrine non essoteriche hanno ben più stretti legami coi principii sostan ziali dello spirito d’un pensatore ; e questi le fa sempre sgorgare specialmente quando siano dottrine così importanti , rispetto a quella filosofia dell'esperienza, onde il Galluppi si proclamo sempre assertore le fa sempre sgorgare, bene o male , dalle dottrine per l'innanzi professate, le pone, bene o male , in ac cordo con esse , per rimanere esso stesso d'accordo con sè mede simo. Nell'opera del Galluppi nulla di tutto questo . 72. Io propendo pertanto a non attribuire alcun valore a quella parte delle Lezioni nel sistema delle idee galluppiane. Non penso già che egli le dettasse e le pubblicasse contro la sua coscienza, ma certo contro la sua coscienza filosofica . Egli pensava certamente quanto scrisse e insegno degli attributi divini ; ma quella parte del suo pensiero non era stata da lui elaborata filosoficamente ne coordinata quindi alla sua speculazione . Chi ha insegnato e non s'è trovato nel caso del nostro filosofo , di esser costretto da un programma a insegnare anche ciò che il suo spirito non ha ma turato e fatto suo , e insegnarlo quindi nella forma in cui ordi nariamente si dà , e in cui è pur bene che sia offerto all'intel letto dei discepoli ? Chi non si trova a dover insegnare qualcosa di più di quello che in buona fede e a rigore potrebbe dir di sapere , o di quello ond'egli può dirsi veramente persuaso ? Chi oltre a ciò che, per sè e per altrui , deduce chiaramente da ' propri principii non ha insegnato qualcos'altro, che da quei principii sinceramente non sa derivare nè per altrui nè per sè ? Il Galluppi non aveva per sè una teologia più filosofica di quella che è esposta nelle ( 1 ) Della religione tratta anche negli Elementi di filos. morale. Ma se la sbriga in un breve capitolo , che non ha nessuna pretensione filosofica , e si limita a una semplice notizia molto compendiosa del concetto della religione cristiana. 17 258 CAPITOLO VII sue Lezioni; in questa fermavasi il suo pensiero ; ma stimo che non vi s'acquetasse ; perchè una consapevole o inconscia insoddi sfazione doveva fargli sentire che nella sua filosofia dell'esperienza non c'era posto per quella teologia . 73. S'è accennato che sulla fine della teologia naturale l’au tore si ricorda dell'impegno insensato del Kant di contrastare la possibilità di una teologia. E che fa egli per combattere l'assunto kantiano ? Scrive così : « Kant insegna che i giudizii su cui ella ( teologia naturale e filosofica ) poggia, sono sintetici a priori e fenomenici, privi di una assoluta realtà. Egli dice che le verità necessarie della teologia naturale non sono mica identiche, ma sintetiche ; e che le verità di fatto non sono che mere apparenze, che fenomeni privi della realtà noumenica ed assoluta, indipen dente dal nostro modo di vedere. Io , nella mia Critica della co noscenza ( 1 ) ho seguito passo passo la dialettica kantiana ; e vo lendo parlar con giustizia , non può negarmisi, che l'ho invinci bilmente distrutta. Io ho mostrato, che i giudizii sintetici a priori sono assurdi ; ho mostrato eziandio , che le verità sperimentali ci danno pure delle conoscenze delle cose in se stesse considerate » ( 2) . Questo è tutto. Ora, poniamo che sia esatta l'esposizione del pen siero del Kant . Ma la critica della sintesi a priori non giustifica , tutto al più , che la posizione dell'assoluto, come avviene per l'ap punto nel Saggio dello stesso Galluppi ( lib . III , cap. XII) ; dove partendo dalla pretesa impossibilità dei giudizii sintetici a priori , si dice , contro Kant, che non è tale neppure il principio : dato il condizionale, si deve dare l'assoluto ; e si conchiude quindi che il condizionale dell'esperienza è reale in sé , non fenomenico, e che nella sua realtà è pur data quella dell'assoluto ( 3 ) . E nel Sag gio tutto finisce li . E la conclusione dell'opera è quella che ab ( 1 ) Acoopna al Saggio filosofico . ( 2) Lez ., III , 306. Quindi accenna alle critiche che alla sua confutazione della sin tesi a priori aveva mosse il MAMJANI nol Rinnovamento e lo ribatte. ( 3 ) Un'ottima osservazione contro questa deduzione fa col suo solito acume il Tesia , il quale crede come il Rosmini che il Galluppi non mova un passo fuori del soggetti vismo. È falsa , egli dice, la premessa che il condizionale sotto il rispetto del condizionale sia un termine dato dall'esperienza. Quosta non ci dà che sensazioni e sentimenti. Ma le sensazioni non sono il condizionale ? - Si , sono, ma non ci sono date come tali dall'esperienza . La qualità d'essere condizionale è una veduta dello spirito , non è nella sensazione, opperò non è trovata nella sensazione. Vedi Le ricerche apolog. del crist, del popolo dall'ab. G. Bignami esaminate, Lugano, 1841, p. 33 e seg . PASQUALE GALLUPPI 259 biamo vista. Gli attributi divini son dichiarati incomprensibili. Nè quell'assoluto del Saggio differisce molto dalla cosa in sè kan tiana . Ma nelle Lezioni non c'è solo l'assoluto, bensì la scienza del l'assoluto ; e non viene giustificata. La conclusione dell'opera si limita ad affermare che « mostrando l'oggettività delle nozioni di sostanza, di causa e dell'assoluto , il criticismo è rovesciato , e la realtà della conoscenza è stabilita » . Sono le ultime parole delle Lezioni; ma potrebbero essere a miglior ragione le ultime del Saggio, perchè in quelle s'era cercato di provare qualcosa più dell'oggettività della nozione che la mente possiede dell'as soluto. 74. Se la teologia naturale avesse avuto nella mente del Gal luppi la stessa saldezza dei principii più genuini della filosofia dell'esperienza, la sua etica non avrebbe mancato di esservi su bordinata. Invece ne è assolutamente indipendente . Anzi, pure inspirandosi , come si vedrà , all'idealismo kantiano , non tiene af fatto conto delle esigenze sentite dal Kant nella Critica della ra gion pratica e nella Fondazione della metafisica dei costumi. Forse egli non conobbe nulla direttamente di queste opere , e della mo rale kantiana non dovette avere che l'indiretta notizia fornitagli dalle solite esposizioni francesi. Non per questo si può dire con certi critici , che i suoi quattro volumi della Filosofia della volontà « non contengono nulla di nuovo, anzi , di fronte a Locke ed Hume, ed a tutta la specula zione contemporanea, segnano un sensibile regresso verso il vec chio rancidume metafisico e teologico » . Chi giudica così , non deve avere grande familiarità con questo rancidume, e certo è asso lutamente falsa la sua sentenza, che la morale galluppiana sia ispi rata all'idealità patristica e scolastica ( 1 ) . Non si potrebbe dire nulla di più inesatto intorno a quella morale. 75. Basta una sommaria esposizione per convincersene. Bisogna prima di tutto osservare , che il Galluppi insegnava nell'Università, come s'è visto , filosofia teoretica o , com'egli dice , intellettuale ; e non v'ebbe quindi occasione di trattar mai la morale. Ma egli aveva pubblicato nel '26 , nel quinto volumetto del suo ma nuale scolastico , gli Elementi della filosofia morale ; e prima d'as sumere l'insegnamento aveva scritto La filosofia della volontà , ( 1 ) Vedi l'art. La speculazione di P. G. , nella Rivista di filos, e sc. affini di Bolo gna , an. III , vol . V (ottobre 1901), p. 276 . 260 CAPITOLO VII in quattro volumi, che cominciò a pubblicare nel 1832 ( 1 ) . In essa , secondo che egli dichiara nella Prefazione , si proponeva di trat tare in un'opera estesa lo stesso argomento di quegli Elementi, ma col metodo stesso del Saggio filosofico, ossia con la discussione e l'esame delle varie dottrine relative ad ogni materia . Ma non do veva aver compiuto il lavoro prima di salire la cattedra di logica e metafisica ; e non pare che vi sia potuto più tornare ; sicchè non tutte le parti del volumetto degli Elementi vi sono riprese e no vellamente trattate con quella maggiore larghezza, che l'autore s'era proposta. E il disegno di essa , delineato sulla traccia degli Elementi, gli rimase colorito meno che a metà . 76. Nella Filosofia della volontà comincia dal distinguere nel l'uomo l'agente fisico della natura , « disposto o mosso ad operare pel fine della propria felicità , >> e l'agente morale, disposto o mosso ad operare dal principio del proprio dovere » . Distingue anche i movimenti « che nel corpo umano si osservano » , in mec canici, che non dipendono dalla volontà , e volontari, per cui sol tanto l'uomo può dirsi agente. Chiama quindi filosofia della vo lontà « quella scienza che fa conoscer l'uomo considerato come un agente » ; e divide questa scienza in quattro parti : « nella prima, dice , esamino l'uomo considerato generalmente come un agente ; nella seconda l’esamino sotto l'aspetto di agente morale ; nella terza sotto l'aspetto di agente fisico ; e nella quarta finalmente l'esamino riguardo alla sua esistenza in uno stato futuro, dopo il fenomeno della morte ; e ciò in conseguenza della sua virtù e de' suoi vizi » ( 2) . Questo il disegno. Ma delle quattro parti ideate i primi tre volumi dell'opera e il primo capitolo del quarto trattano solo la prima ; gli ultimi due capitoli di questo quarto volume e del l'opera iniziano appena la trattazione della seconda, com'è svolta negli Elementi; e della terza e della quarta non c'è nulla ; laddove negli Elementi l'una ( intitolata De' mezzi per esser felice, cap . VI) è trattata con relativa larghezza , e dell'altra c'è pure un cenno col titolo : Della religione. Sicché, quantunque l'autore appaiasse questa sua Filosofia della volontà col Saggio filosofico, come l'opera con tenente la sua filosofia pratica accanto a quella contenente la ( 1 ) I primi due volumi , pp. 338 0 452, nel 1832 presso C. L. Giachetti in Napoli ; il 3. ° vol , di pp. 388 nel 1839 presso la stamperia Tramater in Napoli; e il 4.° di pp. 361 nel 1840 ivi . La dedica del 1. ° vol. , a S. E D. Giuseppe Cova Grimaldi, marchese di Pie tracatella , reca la data di Napoli 30 aprile 1832. ( 2) Ed. cit. , I , 6-7 . PASQUALE GALLUPPI 261 a sua filosofia teoretica ; è evidente, che se la Filosofia della volontà presenta discusse con grande ampiezza questioni brevemente accennate negli Elementi, di questi non può fare meno chi voglia acquistare un concetto compiuto delle teorie pratiche gal luppiane ; e in essi deve principalmente attingere quella parte di coteste teorie , che spetta più propriamente alla morale. 77. Dal disegno stesso dell'opera maggiore si scorge un pre gio non comune in questo ramo della filosofia del Nostro : voglio dire la pienezza del suo concetto dello spirito pratico . Egli, com'è chiaro già da quelle semplici indicazioni, non vede tra la felicità e il dovere quella dualità inconciliabile, in cui si dibatte l'etica prima di Kant e nello stesso Kant; quella dualità che finisce ine vitabilmente, secondo l'uno o l'altro pensatore , o con la nega zione dell'uno o con la negazione dell'altro principio , o nel con cetto puramente utilitario o in quello del puro disinteresse . Il Gal luppi vede che sono due i fini dell'umano volere : due fini però conciliabili tra loro , sì che uno non importi la negazione dell'altro . L’uomo infatti è agente fisico e agente morale insieme ; e per es sere agente fisico non cessa di essere agente morale ; e viceversa : segno manifesto , che tra i due fini non c'è opposizione assoluta. La confutazione perentoria dell'utilitarismo dal punto di vista etico sta in questo concetto , che il Galluppi vide nettamente, come apparrà meglio dalla notizia che ora ne daremo. 78. Tutta la prima parte della sua filosofia pratica s'aggira adunque intorno all'attività in generale dell'uomo : è, come noi diremmo, una semplice psicologia pratica. Parla quindi del desi derio, della volontà, dell'influenza della volontà sull ' intelletto, e viceversa, e in generale dei principii motori della volontà , e della libertà umana . Questa è la trattazione più ampia, e occupa quasi per intero il secondo e il terzo volume della Filosofia della volontà ; non avendo voluto il Galluppi lasciare senza risposta nessuno degli argomenti che sono stati addotti contro l'esistenza del libero volere . 79. Della volontà il Nostro dice che non può definirsi. Ne fa una facoltà, avvertendo bensì , che « le diverse facoltà , che concepiamo nel nostro spirito , non sono certamente tanti agenti diversi : esse non sono che lo spirito stesso considerato relativa mente ad una determinata specie di modificazioni, che avvengono in lui » ( 1 ) (I , 15-16) . Si potrebbe intendere per volontà la facoltà ( 1 ) Quindi, secondo l'autore, è volontà « il nostro spirito stesso considerato relativa 262 CAPITOLO VII di volere ; ma questo come ogni atto semplice non può definirsi, e non se ne può altrimenti avere la nozione che « dirigendo la nostra attenzione sul sentimento che abbiamo di questo atto » , ossia ricorrendo alla nostra personale coscienza. La volontà senza gli atti di volere è indeterminata come volontà ; è lo spirito stesso in generale . La determinazione della volontà è la produzione de ' voleri particolari ; e siccome, dice Galluppi stesso, lo spirito è il principio efficiente de ' voleri , così può dirsi tanto che lo spi rito determina se stesso , quanto che la volontà determina se stessa ( I , 51 ) . 80. La volontà, come notò gia Locke, va ben distinta dal de siderio. Un idropico , malgrado il desiderio di bere , si astiene dall'acqua . Egli dunque desidera di bere , ma non vuol bere . In tali casi vi sono desiderii opposti , fra i quali la volontà si deter mina. Pel Galluppi tra desiderio e volere c'è una recisa differenza . Quello non è , come ordinariamente si crede , un fatto d'attività dello spirito , ma, come oggi si direbbe , un fatto puramente emo tivo ; quel misto di piacevole e di spiacevole onde lo spirito è af fetto per la percezione d'una sensazione in se stessa piacevole , ma assente , e però causa d'un dispiacere tanto maggiore, quanto più lontano è il futuro, in cui si pensa che essa sarà provata ( 1 ) , Quando, come fa il Wolff ( 2) , si vede nel desiderio uno sforzo, un'avversione, un'inclinazione, o ci si contenta di metafore fallaci, o si confonde col desiderio il volere, onde i movimenti corporei sono l'effetto. Sforzo, tendenza, inclinazione , allontanamento son tutti vocaboli, che applicati all'anima non presentano alcun senso ( 8) . ( I , 65) . 81. Come dal desiderio, la volontà va distinta dall'intelletto ; sicchè può parlarsi di un'influenza esercitata dalla volontà sul l'intelletto , come di un'influenza esercitata dall'intelletto sulla volontà. Quanto alla prima , il Galluppi vede un potere della vo lontà perfino nelle sensazioni, in quanto lo spirito « può esporre o pure sottrarre i propri sensi all'azione de ' corpi esterni ; e quindi procurarsi o privarsi di alcune date sensazioni » ( 4) . Quindi mente a quella specie di modificazioni, che abbiam chiamato voleri » ( I, 24 ). Insomma, gli atti singoli presuppongono un quid nella natura dello spirito ; o questo quid è la volontà . ( 1) Filos. d. vol., I , 63 e ss . (2) Psych , emp., SS 279 e 281. ( 3) Filos. d . vol. , I , 65 . ( 4) I , 112. L'autore s'accorge che questo potere della volontà si esercita indiretta PASQUALE GALLUPPI 263 ci parla di sensazioni volontarie e sensazioni involontarie ; e come i desiderii sono un effetto delle sensazioni , trova che vi sono e desiderii volontari e desiderii involontari; e come anche i fan tasmi seguono le sensazioni , anche tra i fantasmi pone la stessa distinzione nel campo dell'immaginazione. 82. Quando si passa dalla sensibilità alle facoltà dell'analisi e della sintesi , non si tratta più di un potere indiretto , ma im mediato della volontà sull'intelletto ; e dicesi attenzione ; nel cui studio l'autore si trattiene con diligenza e acutezza , che fan degne quelle pagine di esser lette ancora , pur dopo tanto progresso nella conoscenza dei fenomeni psicologici . E come l'analisi e la sintesi sono le due attività spirituali onde vengono prodotte tutte le conoscenze, l'impero su di esse vale l'impero su tutto il co noscere . 83. Che più ? L'associazione è anch'essa volontaria e involon taria. L'abito , questa seconda natura morale , può dirsi anch'esso volontario , quando consta della ripetizione volontaria di atti vo lontari ; e conferisce a quell'educazione onde ognuno è responsa bile , poichè egli ne è l'artefice. I giudizii temerarii sono colpevoli, perchè volontari ; in essi l'attenzione si volge a fantasmi , cui non dovrebbe rivolgersi , e l'uomo vuol manifestare i giudizii che da quei fantasmi deriva , confondendo l'immaginare col giudicare. Infine , da questo impero della volontà sull’intelletto la distin zione dei moralisti di ignoranza vincibile e invincibile ( 1 ) . 84. In quanto all'influenza dell'intelletto sulla volontà , è chiaro : che la vita dello spirito , come nota il Galluppi , comincia dalle sensazioni . Ora queste , secondo che sono piacevoli o no , deter minano lo sviluppo dell'attività dell'anima ( 1 ) ; suscitano i desiderii che influiscono sulla volontà. Quindi nasce il problema : in quanti modi l'intelletto influisce sulla volontà ? E se ciò che nel no stro spirito dispone o eccita la volontà all'atto di volere, dicesi principio attivo della volontà, si domanda : quanti sono i prin cipii attivi della volontà ? E non sono riducibili tutti ad un solo principio , come sue varie modificazioni ? 85. Elvezio concentrò tutti i principii dello spirito nella fi sica sensibilità . Ma, « annientata così tutta l'attività dell'anima, e mente ; ma non vede che pertanto in questi casi trattasi d'un impero del volere sul corpo , e non propriamente sull'intelletto . ( 1) Tutta questa dottrina dell'influenza della volontà sull'intelletto è anche negli Elem . , capp. II-VII. 264 CAPITOLO VII l’uomo riguardato come solamente sensitivo ed animale , la virtù negli scritti di Elvezio scomparve dall'universo, e vi fu rimpiaz zata da un grossolano egoismo » ( 1 ) . L'uomo per Elvezio è tutto ciò che le cause esterne lo fanno essere . Egli ricava le conse guenze logiche più rigorose dal sensismo del Condillac, che uso tutti i riguardi per la morale e per la religione, ma non ragionò coerentemente al suo principio della sensazione trasformata . Elvezio parte dallo stesso principio , e ne deduce illazioni che fanno or rore (2 ) 86. Ma, come è falso nella filosofia intellettuale che tutto sia sensibilità fisica o da essa derivi , com'è falso ridurre il giudizio che è attività sintetica e analitica, al mero fatto passivo della sen sazione, così è falso nella filosofia pratica non distinguere dalla passività del senso l'attività e la libertà della volontà , e non ri conoscere l'origine soggettiva del dovere ( 3) . 87. Non è vero che tutto lo spirito sia sensibilità ; e perciò il presupposto elveziano è privo di fondamento . Non è vero che i piaceri e i dolori che agiscono sul volere , sieno in ultima ana lisi sempre piaceri o dolori fisici provenienti da sensazioni ; è incontrastabile, che vi sono anche piaceri o dolori intellettuali provenienti da pensieri ( 4) . Quindi una prima divisione dei prin cipii motori della volontà o motivi : desiderii inriflessi, quelli in cui lo spirito è passivo , e principii riflessi, in cui lo spirito è at tivo. I primi si possono dire anche semplicemente desiderii, gli altri , ragioni ( 5) . I principii irriflessi si possono ridurre a sette ; appetito fisico ( fame, sete , amor fisico ), desiderio della propria ec cellenza, curiosità , sociabilità, desiderio della gloria , emulazione e potere, affezioni. 88. La ragione è principio di atti volitivi come principio eco nomico e come principio morale ; o , come il Galluppi dice , in quanto esamina ciò che conviene alla nostra felicità , fa il cal colo dei beni e dei mali , e dirige le nostre azioni a produrre un certo stato dell'anima ; e allora si chiama prudenza ; e in quanto ci mostra il bene e il male morale , e ci comanda di far l'uno e non far l'altro ; e allora può dirsi ragione legislatrice della nostra volontà (6) 89. I principii della prudenza sono quattro : un piacere che ci priva di maggiori piaceri è un male ; un piacere che ci pro ( 1 ) Op. cit . , I , 175. ( 2) I , 193. ( 3) I , 194. ( 4) I , 238 . ( 5) I , 286-7. ( 6) I , 318. PASQUALE GALLUPPI 265 duce maggiori dolori , è un male ; un dolore che ci libera da mag giori dolori , è un bene ; un dolore che ci produce maggiori pia ceri , è un bene ( 1 ) . 90. A questo punto l'autore si propone la questione della li bertà , alla quale , come s'è detto , dedica la maggior parte del l'opera sua , ma della quale noi ci sbrigheremo in poche parole . Questa è la parte più vecchia della sua filosofia, e una delle meno logicamente dedotte dai principii della sua speculazione . In essa egli sentì la forza del pregiudizio come impedimento insormonta bile alla visione della verità più evidente ; e ci si vede la soprav vivenza di una vecchia dottrina, che mal si connette all'orga nismo del nuovo pensiero ; anzi vi rimane aggiunta e giustap posta come membro morto che l'artificio collochi al posto di quello che manca in un corpo vivo . 91. Dal suo concetto dell'unità metafisica dell'Io, dal suo con cetto delle facoltà come semplici principii costitutivi della natura dello spirito , il Galluppi avrebbe dovuto esser condotto a più elevato e concreto concetto della libertà, che non sia quello da lui ancora difeso a forza di sottigliezze ingannevoli e d'illusorii ragionamenti. Egli vede la distinzione tra sensibilità , intelletto e volontà, di cui fa tre facoltà distinte , ma pur facendole scatu rire dall'unico Io , non giunge a scorgerne la recondita unità . E veramente , separato l'intelletto dalla volontà, da cid che v'ha di umano, di spirituale nella volontà , non è possibile altro con cetto di questa , all'infuori di quel vuoto volere , che è il fonda mento della libertà bilaterale. 92. Questa è la libertà a cui giunge il Galluppi : la libertà per cui nell'atto stesso che vogliamo , potremmo non volere ; quel po tere, che non si esercita , e la cui essenza stessa è di non esercitarsi nel momento stesso che lo sentiamo ( 2) . Questa libertà del volere è determinata nettamente dal suo confronto con la necessità del sillogismo . La coscienza ci attesta, che noi non siamo liberi di tirare o non da due premesse quella data conclusione , laddove ci attesta il contrario rispetto ai singoli atti del volere . E siccome ( 1 ) I , 318. Nella Filosofia della volontà tutto finisce con la enumerazione di queste leggi. Negli Elementi invece, come si disse, tutto il capitolo VI è dedicato ai Mezzi per esser felice ( pp. 210-292). Quivi fra i piaceri intellettuali si annovera il piacere estetico ; e quindi i 88 71-85 contengono una breve trattazione di estetica. ( 2) Elem . , V, 123. « La libertà , io dico, è il potere di volere, o di non volere un og getto percepito ; Filos. d. vol. , II , 811. 266 CAPITOLO VII la coscienza è quel fatto fondamentale, a cui il filosofo deve sem pre far capo, la sua testimonianza basta a provare la realtà della libertà ( 1 ) . Tutti gli argomenti contrari non reggono alla critica 93. Ma negli Elementi il Galluppi , prima di appellarsi al te stimonio della coscienza, ricorre a un argomento , che rivela su bito la paternità kantiana. Nella coscienza del dovere e del pre mio o delle pene che spettano alle azioni si comprende , egli dice, la coscienza della nostra libertà . « Non si comandano le azioni necessarie , come non si comanda ad un sasso il cadere se non è sostenuto . Le azioni necessarie non sono riguardate come meri tevoli nè di premio, nè di pena.... La coscienza della legge in teriore contiene la coscienza della propria libertà . Il comando suppone in colui , a cui è diretto , il potere di eseguirlo e di non eseguirlo » . Devi ; dunque , puoi, aveva detto Kant . 94. Non bisogna , del resto , porre il Galluppi fra le anticaglie pel suo concetto della libertà . L'indeterminismo anzi è una delle con cezioni oggi alla moda ; e non manca in Italia di rappresentanti ; i quali si sforzano di combattere il concetto della direzione unica ed unilineare degli atti del volere , ponendo nello spirito un irri conciliabile dualismo, che lacera internamente l'unità dell'indi viduo umano, e sta quasi condizione necessaria, se non sufficiente , della libertà morale ( 2) . E ancora uno dei più acuti psicologi che abbia l'Italia , afferma che il concetto del volere libero , « cioè non coatto estrinsecamente (libertas a coactione), nè intrinsecamente (li bertas a necessitate) è una verità , la quale, sebbene accanitamente combattuta da molti e sotto molti rispetti , resterà sempre incon cussa per chi , scevro da pregiudizii e forte nelle convinzioni morali , non si lascia smuovere da' sofismi ne turbare dalle difficoltà » ( 3) . Il vero è , che una questione mal posta non può aver mai la sua vera soluzione ; e potrà sempre far accettare or l’una or l'altra di due opposte soluzioni. Quella del libero arbitrio è stata ap punto una questione mal posta, per l'indeterminatezza del con cetto del volere , su cui si fondava. Giacchè, se si determina rigoro samente il volere, è impossibile escluderne la ragione , e non vedere quindi , che se han torto gl’indeterministi a difendere la libertas ( 1) Filos., II , 21 , 329 e passim ; cfr. gli Elem ., V, 123. ( 2) Vedi la lodata opera del prof. IGINO PETRONE, I limiti del determinismo scienti rico , Modena, 1900, pp. 105-6 ; 2.a ed ., Roma, 1903, pp. 110-111; cfr . BOUTROUX, De la con lingence des lois de la nature, Paris, 1895 , pp . 123 e sgg. ( 8) BONATELLI, Elem . di Psicologia e logica , Padova, 1895 , p. 210. PASQUALE GALLUPPI 267 a necessitate, non hanno minor torto i deterministi a combattere la libertas a coactione : gli uni perdendosi in una vuota creazione dell'intelletto astratto , gli altri rompendo nello scoglio fallace del meccanismo. E dire che non è mantato chi ponesse bene la questione , e le desse quindi una soluzione da soddisfare le oppo ste esigenze e dissipare tutte le difficoltà ! 95. Stabilita , comunque , l'esistenza della libertà morale, si tratta pel Galluppi di risolvere questo problema: esiste un bene e un male morale ? E ne chiede la soluzione , anche questa volta, alla coscienza . L'esistenza del bene e del male morale, e per conseguenza di una legge morale naturale, è una verità primitiva attestataci dalla nostra coscienza ( 1 ) . Darne una dimostrazione è impossibile, senza avvolgersi in circoli viziosi , al pari di chi vo lesse provare allo scettico l'esistenza e la realtà del nostro cono scere . La coscienza ci dice che esiste una legge morale naturale, ossia necessaria ed originaria che si dice dovere : indipendente dalla legge positiva , come dall'opinione altrui , valida nel segreto dell'anima nostra . Donde viene a noi la nozione di essa ? Chi indipendentemente dalla legge positiva mi comanda di non ucci dere un uomo, di rendergli il deposito , che mi ha confidato ? È la mia ragione , la quale comanda alla mia volontà . « Son io che comando interiormente a me stesso . Questo comando non mi viene dunque dal di fuori ; ma dall'interno del mio essere » . Il predi cato dei giudizii morali è l'idea del dovere ; e questa idea viene da noi , dice il nostro filosofo , non dagli oggetti. « La nozione del dovere , egli dice anche esplicitamente , è una nozione soggettiva essenziale alla nostra ragione » ( 2) . Meglio non si potrebbe dire. Altro che rancidume, e idealità patristica e scolastica ! Nessuna più esplicita e più coraggiosa proposizione avrebbe potuto pro nunziarsi in omaggio al moderno, al vero soggettivismo . Sog gettivo il dovere , ma anche essenziale : questa è la giusta defini zione non solo del vero soggettivo, ma anche del vero oggettivo , dopo Kant, quando bene s'intenda . E nella morale il Galluppi riproduce Kant bene inteso , senza esitazioni e senza limitazioni. Annunziata la soggettività del dovere egli dice con accento di sincerità commovente : « È questa una verità per me evidente , e credo che tale sembrerà a chiunque vi rifletta di buona fede » ( 3) . ( 1 ) Filos. d. vol ., IV , 38. ( 2) IV, 41 . Il corsivo è dello stesso Galluppi. ( 3) Ivi . Tutto ciò trovasi anche negli Elementi, V, 91 . 268 CAPITOLO VII 96. La nozione del dovere rende la ragione ragion pratica o legislativa (tutta terminologia kantiana, come si vede). Essa è essenziale alla ragione, e perciò potrebbe dirsi innata. Ma non sono già innati i principii della morale , ossia i singoli doveri . Non uccidere : se questo precetto fosse innato , dovrebbe esser tale anche l'idea di omicidio, la quale ci viene invece dall'esperienza. « L'uomo è però costituito di tal natura , che la nozione del do vere sorte, nelle occasioni , dal suo proprio fondo » ( 1 ) . Insomma, quel che vi ha di a priori in Galluppi, come in Kant , è la forma del giudizio pratico ; e la materia è data dall'esperienza . In che consista il dovere, non è determinato in quella nozione sogget tiva ed essenziale , che costituisce la Ragion pratica. Di a priori nello spirito e quindi di essenziale nei fatti etici non havvi che il predicato onde si giudicano le azioni morali : cioè appunto la forma. Soggettivista come Kant, Galluppi è del pari formalista nella morale . 97. « La nozione del dovere, egli dice , sorte dall'interno di noi medesimi, ed applicandosi alle azioni che si presentano allo spirito costituisce quei giudizii, che sono precetti o comandi » ( 2) . « Questi precetti, in conseguenza, son proposizioni sintetiche; poi chè essi sono un prodotto necessario della sintesi della ragione, che aggiunge ad alcuni dati atti liberi l'elemento del dovere... Questi giudizii , sebbene suppongano alcuni dati sperimentali, non sono però sperimentali; essi possono, in conseguenza, riguardarsi come giudizii a priori » ( 3) , - Questa dottrina non ha bisogno di commento. In essa l'implacabile avversario del Saggio filosofico riconosce la verità del sistema di quel grande uomo, com'egli lo chiama nella Morale , che fu Kant ( 4) , « In varie parti delle mie opere filosofiche, dice nella Filosofia della volontà ( 5) , io ho mo strato l'assurdità de' giudizii sintetici a priori , ammessi dalla scuola di Kant ; ma i giudizii sintetici di cui ho io parlato nelle mie opere di filosofia teoretica, sono giudizii teoretici , non già giudizii pratici » . E negli Elementi di morale, al $ 37 : « I giu dizii sintetici a priori teoretici mi sembrano assurdi . Ma dal l'esame profondo della nostra facoltà di volere son forzato di am mettere i giudizii sintetici a priori pratici, i quali son precetti. Mi sembra impossibile lo stabilire altrimenti la moralità delle azioni » . ( 1 ) Elem ., V, 92. (2) Ivi, ibid. (3) Filos. della vol. , IV , 46 ; Elem . , V, 120. ( 4) Elem ., V, 75. ( 5) IV, 46 . PASQUALE GALLUPPI 269 98. Fuori di questo soggettivismo morale il Galluppi , come il Kant, non vede altro che eudemonismo, o morale dell'interesse, come egli dice ; e questa gli pare soltanto una morale apparente (1). Quando s'intende la giustizia come un interesse bene inteso, si fi nisce necessariamente col sommettere la giustizia a qualche cosa che non è la giustizia . Distinguendo l'interesse bene inteso dal male inteso , « non si pongono in opposizione due interessi diffe renti ; al contrario, si pone in fatto, che non vi ha che un in teresse unico , che l'uomo giusto e l'uomo ingiusto hanno egual mente in veduta ; e che fra essi non vi ha che questa differenza , che l'uomo giusto è un uomo accorto , e l'ingiusto un imbecille » ( 2) . 99. Ora contro questa concezione morale militano tre argo menti. 1. ° « La volontà dell'uomo virtuoso differisce intrinseca mente da quella dell'uomo vizioso » . Laddove nella morale del l'interesse la volontà di entrambi è unica ; perchè entrambi vo gliono la cosa stessa : il proprio utile . 2. ° La virtù vera è una dote del volere ; e nella morale dell'interesse, invece , sta tutta nell'accortezza dell'operare ; poichè col cuore più perfido si può saper fare il proprio utile ( 3 ) . 3. ° La legge morale dee essere asso luta ed universale . Invece la morale utilitaria « è fondata su la situazione ipotica dell'uomo , la quale, cambiandosi, cambia pari menti nell'uomo il principio di direzione, e la virtù diviene vizio , il vizio virtù » . Sicché la morale utilitaria è falsa , distruggi trice di ogni vera virtù si privata che pubblica ( 4 ) . La virtù è causa della felicità ; poichè , se diviene mezzo, cessa di essere virtù ( 5) . 100. La morale è essenzialmente disinteressata : la virtù è amabile per se stessa, indipendentemente dal premio, che la segue. Ma « la coscienza di averla praticata dev'essere un piacere puro distinto dal piacere preveduto dal premio , ed indipendente da questo » ( 6) . Nella Filosofia della volontà ( 7 ) l'autore sostiene che se il principio dell'utile non può produrre la virtù , nondimeno può concorrere col principio del dovere a produrla. Non manca tuttavia di notare che tale concorrenza « non impedisce, che l'azione sia prodotta dal principio disinteressato del dovere; poichè il princi ( 1 ) Filos. d. vol., IV , 104. ( 2) Op. cit . , IV , 105 . ( 3) Il Galluppi non ammetto che dall'utile proprio possa nascere l'utile altrui , che l'egoismo, come ora si direbbe, possa generare l'altruismo . « L'uomo nulla può amare fuori di se stosso se non per se stesso » . Fil. d . vol ., IV, 105 . ( 4) Op. cit . , IV, 107-9 ; Elementi, V, 8 32, pp. 98-103. ( 5) IV , 113. ( 6) IV , 147. ( 7 ) IV, 164. 270 CAPITOLO VII pio dell’utile in tal caso toglie solamente o diminuisce gli ostacoli all'esercizio della virtù » ( 1 ) . Sicché , insomma, non è una vera e propria concorrenza : l'azione morale è effetto unicamente del principio del dovere assoluto e universale, categorico. Pare che il Galluppi si opponga alla rigidezza razionalistica della morale del Kant ; ma in realtà sono d'accordo nella medesima dottrina. 101. Negli Elementi l'autore pare accenni veramente al Kant, dove dice ( § 33) : « Alcuni filosofi alemanni hanno preteso che l'ubbidienza al dovere dee esser l'effetto del puro rispetto della ragione per la legge , senza alcuna specie di piacere , nè di amore. Una tal dottrina è falsa , e contraria alla testimonianza irrefraga bile della coscienza » . Ma egli spiega così il suo pensiero : « Non si dee esser giusto e benefico , per esser felice ; poichè anche quando la moralità non fosse una sorgente di felicità , non si do vrebbe abbandonare . Ma più la virtù sarà pura e disinteressata, più vivo sarà il piacere , che risulta dalla coscienza di averla praticata ..... Il piacere unito all'esercizio del proprio dovere di spone all'azione doverosa la volontà dell'essere ragionevole..... Ma non bisogna confondere le conseguenze di un fine col fine stesso .... L'uomo virtuoso vuole il dovere per se stesso : e questo è il fine ultimo della sua volontà ; egli , in conseguenza, non fa il dovere per lo piacere ; ma il piacere non lascia di accompa gnare la pratica del dovere » . Ora questa dottrina è in opposi zione a un kantismo mal inteso : al kantismo cui s'allude dallo Schiller nel famoso epigramma sullo Scrupolo di coscienza . Ma il Kant, in verità, non ammetteva meno del Galluppi quel piacere che consiste nella soddisfazione che ci dà la coscienza d'aver adem piuto il proprio dovere; ma come il Galluppi teneva a distinguere questo piacere morale consecutivo all'azione virtuosa dal piacere patologico a cui uò essere ispirata un'azione non virtuosa (2) ; ad affermare che il sentimento morale è conseguenza non principio ( 1 ) IV , 165. ( 2) P. es. nella prefazione alla Tugendlehre scrive : « Ich habe an einem Orte ( der Berlinischer Monatsschrift) den Unterschied der Lust, welche pathologisch ist, von der moralischen, wie ich glaubo, auf die einfachsten Ausdrücke zurückgeführt. Die Last nähmlich , welche vor der Befolgung des Gesetzes hergeben muss, damit diesem gemässgehandelt werde, ist pathologisch , und das Verhalten folgt der Naturordnung ; diejenige abor , vor welcher das Gesetz hergeben muss, damit sie empfunden werde, ist in der sittlichen Ordnung » . Werke ( ed . Rosenkr. ), IX , 221; cfr . Krit. pr. Vern . , in Werke, VIII , 152-3. PASQUALE GALLUPPI 271 della moralità . Il Kant bensì osservava che il piacere per l'atto virtuoso compiuto e il rimorso per il delitto presuppone che si sappia apprezzare il valore del dovere e l'autorità della legge mo rale'; ond’è che la legge morale è il fondamento di questi senti menti, non viceversa. Si deve essere , dice il Kant , almeno per metà di già galantuomini per potersi fare un'idea di tali senti menti . Osservazione che mi pare perentoria contro ogni specie di eudemonismo ( 1 ) . – Sicché, anche per questo rispetto, la morale del Galluppi riproduce quella del Kant. 102. Nella morale il Galluppi si attiene al criticismo del Sag gio filosofico . La sua morale, come quella di Kant , è indipendente dall'esistenza di Dio. All'ateo, con la sola considerazione dell'umana natura può provare l'esistenza del bene e del male morale, in dipendentemente dalla considerazione dell'utile ( 2) ; perchè l'ateo , qualora non voglia esser sordo alla voce della coscienza, non può non riconoscere una legge morale, che gli comanda di esser giu sto e benefico . Giacchè il dovere si conosce per se stesso , è un elemento semplice di tutte le verità morali , che sgorga dall’in timo di noi stessi . Le difficoltà da altri incontrate a dedurre dalla natura umana per sè considerata la legislazione morale, derivano dalla inesatta e incompleta comprensione di questa natura ; cui si attribuisce solo il principio dell'utile e si nega il principio mo rale . « Si parte dal principio che nella natura umana non vi può essere altro principio razionale di azione che quello della pro pria felicità ; ora qual meraviglia che partendo da un principio insufficiente a generare il dovere non si giunga ragionando con conseguenza ad una verità pratica ? » ( 3) . Anzi , secondo il Gal luppi , l'idea di Dio non è sufficiente a spiegarci l'origine del do vere : perchè una conoscenza teoretica non è sufficiente a generare un principio pratico. 103. Ma, diceva il Genovesi, la ragione umana è fallibile : è spesso traviata dal personale interesse ; epperd i suoi dettami non possono essere norma delle nostre azioni . E il Galluppi replica , che questo scoglio non si evita certo con la tesi dell'origine di ( 1 ) Cfr. del resto questo passo del GALLUPPI: « I difonsori della moralo dell'interesso bene riguardano il rimorso come motivi , che debbano determinar l'uomo a fare il proprio dovero ; ma noi sostenghiamo, che l'uomo virtuoso dee fare e fa il proprio dovore per se stesso , indipendentemente dagli effetti che seguono dalla pratica della virtù e da quelli del vizio » Filos. d. vol. , IV , 241. ( 2) Filos. d. vol. , IV , 238. ( 3) IV , 250 . 272 CAPITOLO VII vina della morale . Perchè la legge morale bisogna sempre che sia conosciuta dagli uomini ; e conosciuta , naturalmente, per mezzo della loro ragione . Nè maggior valore ha l'argomento a cui ar restavasi il Tamburini : che non si può concepire legge senza legi slatore . Il legislatore , dice il Galluppi , è essa la ragione , in quanto ragione pratica . 104. Un ultimo punto d'incontro del Galluppi col Kant è il seguente . Secondo il filosofo italiano è un principio essenziale della ragion pratica che la virtù è degna di premio , il vizio è degno di pena : giudizio sintetico a priori. Ora, se noi crediamo a questo principio , dobbiamo pure credere all'immortalità del nostro spirito ; perchè l'uomo virtuoso in questa terra non è sempre felice, nè sempre sfortunato il malvagio. Che il vizio dev'esser punito intanto è indimostrabile, come che la virtù debb’esser premiata : è indimostrabile, perchè è un giudizio sintetico . Ma è legge inalte rabilmente impressa nella realtà del mio essere ; è la voce di quella ragion pratica, che è la legislatrice delle nostre azioni , e che non ci pud ingannare, se la virtù non è nome vano . Uno stato è ne cessario in cui quel principio abbia il suo valore reale , la sua piena esecuzione . Inoltre , io trovo nel santuario del mio essere la necessità d'una ricompensa della virtù e d’una punizione del vi zio ; vi trovo pertanto la necessità di un giudice supremo. Vi è dunque un'intelligenza suprema, infinita , assoluta , che si manifesta a tutti gli esseri intelligenti . Questo supremo legislatore e giu dice è Dio ( 1 ) . È, comesi vede , su per giù , la teoria kantiana dei postulati della ragion pratica. 105. Ma il Galluppi sente la difficoltà che s'oppone a una de duzione teoretica da un'esigenza morale, e si domanda : possiamo noi su la semplice esistenza delle nostre affezioni in noi, stabilire la realtà degli oggetti di esse ? Anche al Kant si affacciava un problema simile ; e faceva escogitare quella teoria del primato della ragion pratica sulla ragion teoretica, che è una vera rinun zia a ogni diritto di vero e proprio filosofare , e perciò a ogni fondamento filosofico della stessa morale ( 2) . Il Galluppi non fa motto di questa teorica , forse convinto della sua manchevolezza, e tenta ogni via per distrigarsi dalla difficoltà ravvisata . Ma non pare che le ragioni trovate lo persuadano bene. Giacchè , infine, ( 1 ) Elem ., V, § 42, pp. 138-40 . ( 2) Vedi le ottime osservazioni del prof. SEBASTIANO MATURI , Principii di filosofia , Napoli, 1837-98, pp. 14 e sgg . PASQUALE GALLUPPI 273 1 si prova a dimostrare l'immortalità dell'anima, indirettamente, dimostrando che non si può provarne la mortalità . Se pure que sta può dirsi dimostrazione. 106. Egli dice in sostanza, dopo qualche esitazione : l'esperienza ci mostra che gli oggetti delle nostre affezioni sono reali ; ma fra le nostre affezioni c'è la tendenza alla immortalità ; dunque l'anima è realmente immortale. Bisogna riconoscere che in gene rale le nostre tendenze naturali non sono defraudate del loro oggetto . Una di queste tendenze è la curiosità . E « non possiamo noi forse, dice il Galluppi, spesso soddisfare la nostra curiosità ? » . Questo spesso , veramente , guasta, e non poco , l'argomentazione dell’autore ; il quale si contenta di constatare con l'esperienza : « non vi ha alcuna tendenza nel cuore umano la quale non possa qualche volta raggiungere l'oggetto cui ella tende » . Qualche volta ! Dunque l'asserzione dell'immortalità dell'anima non è nulla d'apodittico : è meramente problematica . Per dirla schietta, il nostro filosofo è convinto che « il domma dell'immortalità » im porti alla filosofia morale « come il più fermo sostegno della virtù infelice ed un freno potente alla licenza del vizio » ; ma chiuso nel suo sperimentalismo, ignaro degli espedienti mal fidi del Kant, non sa fondare teoricamente il suo principio , non sa darne una giustificazione filosofica ; più filosofo nella sua impo tenza degli odierni prammatisti, che con la maggiore disinvoltura creano una metafisica per uso e consumo della morale, quasi che lo spirito avesse fine più degno del vero ; quasi che il bene potesse fare a meno di essere il vero bene. 107. Stabiliti comunque i suoi principii generali della morale, che , come s'è notato , sono principii essenzialmente formali, come tutti i principii soggettivi, si può rimproverare al Galluppi ch'egli ne deduca i singoli doveri ( 1 ) . Ma anche in questo egli s'accorda col Kant, la cui Dottrina della virtù , nella seconda parte della Meta fisica dei costumi, per quanti sforzi facesse l'autore di salvare il suo formalismo , è in assoluta contraddizione col principio for male da cui si vuol derivare . Il formalista così nella logica come nella morale deve lasciare alla storia il compito di dare un con. tenuto alle leggi soggettive , epperò necessarie ed universali, dello spirito . 108. Certo , con tutti i suoi difetti , che non sono solamente suoi, anche nella morale il Galluppi rappresenta un progresso immenso ( 1 ) Elem . della filos. morale, cap. V. 18 274 CAPITOLO VII sui filosofi precedenti. In conchiusione , egli con le sue ispirazioni kantiane, co'suoi studi accuratissimi su tutta la moderna gno seologia post-cartesiana si libera dalle angustie del sensismo e dello spiritualismo dommatico ; e inizia in Italia un nuovo periodo speculativo ; nel quale il nostro pensiero, rinsanguato delle idee più vitali della filosofia tedesca . si solleva col Rosmini e col Gio berti a un'altezza non più toccata da noi dopo i grandi pensatori del Rinascimento.

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