The Grice Club

Welcome

The Grice Club

The club for all those whose members have no (other) club.

Is Grice the greatest philosopher that ever lived?

Search This Blog

Wednesday, March 23, 2022

GRICE E GENTILE

 Questa soluzione della trascendenza è cara, s'intende, ai :filosofi che per la loro indole amano starsene alla fine­ stra a godere dello spettacolo che essi contemplano, ma di cui non hanno la responsabilità (né merito, né demerito). Nella strada la gente ignara soffre, combatte, muore; alla .lìnestra il filosofo (che come tale deve essere puro pensiero) imperturbato, spiega, si rende conto e si frega le mani. Il vecchio ideale di Lucrezio, che è alla base della eterna leggenda del filosofo che si libera delle passioni e rinunzia all'azione per chiudersi nel pensiero: Suave, mari magno turbantibus aequora ventis e terra magnum alterius spectare laborem; non quia vexari qucmquam'st iucunda voluptas sed quibus ipse malis careas quia cernere suave'st: suavc ctiam belli certamiua magna tueri per campos instrncta tua sine parte perieli: sed nil dulcius est, bene quam munita tenere edita doctrina sapienlum tempia serena, despicere unde queas alios passimque videre errare atque viam palantis quaerere vita.e, certarc ingenio, contendere nobilitate, noctes atque dies niti praestante labore ad summas emergere opes rerumqne potiri. O miseras hominum mentes, o pectora caeca I T.ucR. Il, 1-14.L'etica come legge . . p. 9 1. Disciplina. - 2. Positivismo ed empirismo. - 3. Legge. - 4. Prammatismo. - 5. Prassi e teoria. - 6. Oggetto del volere. - 7. Volontà- autoctisi. - 8. Praticità del conoscere. - 9. Unità cli teorico e pratico. - 1a."L·atto. JJ}-L'individuo ............... p.II i) Senso realistico e senso idealistico della individualità. - 'i; Individuo e società. - _J) Comunità immanente ali' individuo come sua legge. - ,f.) La comunità ideale e la gloria. - �; Vox populi. - 6:)La concretez1.a dell'individuo. - Ì} La conquista dei valori. - 8) li processo d<>IJa individualità. - g. La parti­ colarità dell'individuo nello spazio e nel tempo. III.-Ilcarattere. . . . . . . . p. 25 1. Velleità, volere, carattere. - 2. 11 carattere attraverso la condotta emJ?irica. - 3. Critica del concetto della molteplicità degli atti o l'unità del volere. - 4. Presente ed estemporaneo nel carattere. - 5. Trascendentalità del carattere. - 6) Il coraggio civile. - i> La socialità origmaria. \r:v1-Società trascendentale o società in interiore homine. . . . . . . . . . . . . . . .!' Alte" e socius. - Dalla cosa al socio. - 5. Il dialogo intemo, o trascendentale. - G'. Il momento dell'alteriEà. - 7. La dialettica pratica. - 8. La crisi dell'Universo. sare più al clovere che ai doveri - 0. Il bene e il male Avvertenza V. - La categoria etica e l'esperienza. . 'z. Dialettica dell'Io. - 3. li nulla. - 4. p. H 1. Unicità della categoria logica. 2. La legge dell'uomo: Pett.sa/ 3. Intendere e amare. - .4., Intendere pratico. - 5. La categoria etica. - 6. li senso morale e la sua inattualità. - 7. Dovere e doveri. - 8. Errore di metodo nell'etica. -'..i Necessità cli pen­ --,_ p. 33    190 INDICE VI. - Lo Stafo. p. 57 1. Concetto dello Stato. - 2. Nazione e Stato. - .3. Diritto. - 4. Governo e governati. - !1· Autorità e libertà, -f Il liberalismo. - 7. Etica e politica. 8. Stato etico. - 9. Moralismo, VII1 - Stato ed econoraia . . . . . . . . . . . . p. 71 t. Economicità dell'uomo e quincù dello Stato. - 2. Umanità dell'operare economico. - 3. Operare utilitario o utile? - 4. Umano e subumano. - 5. Il corpo e l'anima. - 6. Naturalità dell'utile. - 7. Le scienze della logica dell'astratto. -8. Lo schema del naturalismo nella logica dell'astratto. - q. La forma mate­ matica dell'economia. - ro. [L'utilitarismo. - n. L'edonismo. - 12. Moralità ed eudemonia.-13. Natura e Spirito. -14. Economia e politica. I VIII. - Stato e religione. . . . . . . . . . . . . p. 88 1. Rapporto essenziale tra i due termiai. - 2. Laicità. - 3. Rel-igio 1nstntme111u,n regni. - 4. Immanenza della religione nello Stato. IX. - Stato e scienza . . . . . . . . . . . . 1. Scienza e filosofia; e rapporto di questa con lo Stato. - 2. Necessità cli questo rapporlo.-31 Cultura. -4.Scienze naturali. - 5. L'obbligo dj critica della filosofia. - 6. Immanenza della .filosofia nrlla politica dello Stato. 'X.-LoStatoegliStati............ p.101 u Libertà e infinità dello Stato. - 2. P!ui:alità degli Stati, unità dello Stato. - 3. Critica del punto di vista intellettualistico. - 4. Concreto punto di vista pratico. - .'i_- Il riconoscimento degli altri Stati e il Diritto internazionale, - 6,_ )La guerra. -7.) La pace e la collaborazione umana. -fil Impero e ordine nuovo. Xl.-LaStoria................ p.106 r. La Storia come storia dello Stato. - 2. Storia dell'uomo. - 3. Statolatria. - 4. Autocritica dello Stato. - 5. Rivoluzione. - 6. L'Unico. - 7. Umaoesùno del lavoro. - 8. Famiglia - 9. Categorie di lavoratori e rappresentanza politica. 1XII.-LaPolitica............... p.u5 'I) Definizione della politica. �j':)Etica e politica. -;) Im­ possioilità cli un'etica apolitica. -:;,:11 privato e il pubblico. - 5) La teoria dei limiti dello Stato.-� Stato a�toritario e demo­ crazia. - � L'anarchismo e il Jiberalis1:no. - 8. Bellum omnium contra 01mies. - 9. Guerra e pace. - ro. Ordine. - u. Senti­ mento politico. - 12. Genio politico. - 13. La politica del fanciullo. - 141 La politica in ogni forma di attività umana. - 15. Politica dell'arte. - 16. Politica della scienza.- 17. Politica della lede. - 18. Chiesa e proselitismo. - 19. La dottrina della tolleranza. - 20, La politica diritto e dovere. p. 93   l:).'DICE 19r XIII. - La Società trascendentale, la morte e l' im­ mortalità.................. p.138 1. 11 motivo della fede ncll' immortalità. - 2. Immortalità e religione. - 3. L'equivoco. - 4. Illusioni. - 5. Fuga tn01-t1s. - 6. La difficoltà del problema e la soluzione. - 7. La morte. APPENDICE: L'immanenza dell'azione.NUOVI INDIZI DI (( IIEGELLOSIGKEIT )) ITALIANA    11 prof. Bollami dell' Università di Leida in un suo inte¬  ressante opuscolo *, qualche anno fa mettev a in, mostra una  lunga fdza di evidenti spropositi commessi da filosofi con¬  temporanei di ogni risma nel parlare di Hegel. E dopo  avere rilevato con 1 ’ Herbart, con l’Alexander, col Barth.  col Taggart, che Hegel non concepì mai la follìa 4 Lde-  durre dal pensiero auro ciò che non è puro pensier o (realtà  naturale e realtà storica), ma volle solo sistemare logica¬  mente, — comunque poi si giudichi questa sistemazion e e  la sua possibilità. — la cognizione necessariamente empi-  rica della natura e della storia, soggiungeva: «Intanto  anche F. Paulsen in vólliger Hcgellosigkeit afferma (nel  suo Kant, p. 177) che Hegel deduce a priori la stessa  natura ». *" L -      yOVt      Di questa Hegellosigkeit, che non saprei davvero come  tradurre in italiano, di questo stato d' hegeliana innocenza,  cosi caro tuttavia agli studiosi di filosofia italiani, fu dato  recentemente dal Croce 2 qualche cenno' significativo dove  si mostrò con quanta competenza sia stato spesso giudi¬  cato in Italia 1 Hegel da quelli che volevano passare per    1 Alte I ernunft unii netto I’erstami, Leiden, 1002,  3 Critica, IV, 410-11.    n — Saggi critici.          i    — /»x4it'w® \    TU) , Kvuf^vru?    - xtiekW^o * ** '   — 162 —    jpt uJQy>^òfjO    suoi avversari. Una prova recentissima ne ha avuta però  lo scrivente per aver curata una nuova ristampa degli Lh -  menti di filosofia 1 di Francesco Fiorentino secondo la pri¬  mitiva edizione del 1877, dall’autore più tardi parzialmente  rifatta e radicalmente mutata nell’ indirizzo dottrinale. Al¬  cuni (tra i quali uomini dotti nella storia della filosofia)  han rimproverato il nuovo editore di aver voluto dare un  Fiorentino hegeliano, laddove il Fiorentino dagli studi  degli ultimi anni della sua vita era stato costretto ad ab¬  bandonare le dottrine di Hegel per accostarsi al neokan¬  tismo. E un insegnante di liceo, a chi proponeva il libro  per testo scolastico, opponeva senz'altro ch’egli non po¬  teva adottare «un libro prettamente hegeliano!)).   Molto probabilmente l’unico fondamento di quest’as¬  serzione, che io denuncio soltanto per richiamare ancora  una volta l’attenzione sulla comune Hegellosigkeit, è in  ciò, che questo libro è stato ristampato per cura mia, e  da me consigliato ai colleghi dei nostri licei. Ma, trala¬  sciando i motivi che mi hanno indotto ad additare il ma¬  nuale del Fiorentino, nella sua forma originaria, come  l ’unico , fra quanti ne abbiamo in Italia, degna , ancoraci  es ser m esso nelle mani dei giov ani e tolto a base d’un  p j nmp~ìnsegnamento filosofico (motivi che credo di avere  sufficientemente accennati nella mia prefazione alla detta  ristampa), qui voglio solo annunziare, col debito  permesso dei colleglli accusatori, che il libro del Fioren¬  tino nella prima edizione non è punto hegeliano;  e che la differenza tra la prima e la seconda edizione non è  divario tra hegelismo e kantismo, ma tra kan¬  tismo ed empirismo spenceriano.   Poiché ne avevo l’occasione, a me parve opportuno to¬  gliere di mano ai giovani, che cominciano a riflettere su  cose filosofiche, un libro, — raccomandato al nome di  Francesco Fiorentino, per tanti titoli benemerito della cul¬  tura filosofica italiana, — nel quale s’insegnava a riflet¬  tere su verità di questo genere : « Kant intende • per a  priori soltanto ciò che non‘è derivato dalla sperienza, ma  che invece è condizione indispensabile, perchè la sperienza    1 Torino, Paravia, 1007: voi I: Psicologia e Logica       i63 —    sia possibile. Egli non investiga, se questo a priori abbia  potuto originarsi da una associazione di esperienze ante¬  riori accumulate, trasmessa poi per eredità; nè poteva ai  suoi tempi, e prima del Darwin, porre il problema in questi  nuovi termini. L ’q trio ri kantiano è una funzione dell o  spinto , non già un dato : e questo ritenghiamo anche noi :  ma ciò non toglie, che pure di questa funzione si possa  cercare di spiegare la genesi», un libro, in cui si dichia¬  rava che l’d priori kantiano è una semplice fer¬  mata al concetto dell’ attività preformata a  compiere certe funzioni, senza di cui la  sperienza non si farebbe; e che « la filosofia  moderna.... domanda: come si è preformata ? E cerca di  trovar la risposta in due fattori: l’asso¬  ci a z i o n è e la eredità; la prima che accumula, la  seconda che trasmette. Per loro mezzo, l’a priori  dell’individuo sarebbe ciò ch’è poste¬  riori per la specie» (23* ed., pp. 30-31 n.).   E altrove : « Se il fine etico, che è la vita comune, è  stato il risultato di una lunga lotta per l’esistenza, è pur  sempre vero che cotesto primo acquisto viene  oggi trasmesso come eredità, che gl’in¬  dividui trovano, e non debbono più riacquistare »  tp. 288 n.). Proposizioni che si equivalgono nei due campi  della conoscenza e della pratica, e di cui lo stesso Fio¬  rentino. ci dice la fonte, dove avverte (p. 304) che «nella  filosofia dello Spencer ogni a priori è sbandito, e tutto è  spiegato con l’adattamento, o con la trasmissione eredita¬  ria ». E tutta la seconda edizione è ispirata a questo prin¬  cipio della negazione di ogni assoluto a priori: onde si  costruisce nèi primi capitoli una teoria psicologica della  conoscenza che non occorre qui valutare. Quello che non  ha bisogno certamente d’ulteriore schiarimento, è che tale  negazione dell'a priori e tale confusione del problema psi¬  cologico con lo gnoseologico, non può a niun patto ac¬  cettarsi come integrazione del kantismo.   C’era un Fiorentino, che pur poteva presentarsi ai gio¬  vani, e che io ho rimesso in luce; un Fiorentino che non  s’era lasciato sfuggire il vero punto di questa questione  fondamentale dell'a priori, che è pòi il problema di vita        — i&4 —    o di morte per Io spirito, e quindi della scienza e della  moralità Nella prima edizione lo stesso Fiorentino aveva  detto « Vuoisi avvertire, che l’o priori non si deve inten¬  dere come qualche cosa di preesistente, di preformato.... ma  come una funzione essenziale dello spirito » (nuova ediz.,  P 33 )- Aveva discusso, opponendole l’una all altra, le dot¬  trine di Kant e di Spencer intorno all’apriorità o aposterio¬  rità della coscienza, e aveva dimostrato che non se ne può  dare nessuna derivazione empirica perchè « la coscienza è un  rapporto tale, di cui nel mondo esterno non si trova il cor¬  rispondente; ed è un rapporto semplice, che non si può de¬  durre dalla risultante delle nostre rappresentazioni. L’Io, la  coscienza è originaria » (51). « 11 fondamento dell'esperienza  non può essere attinto mediante l’esperienza » (57). E que¬  sto fondamento è nella coscienza e nelle sue categorie.  « Se tutto derivasse davvero da dati sperimentali, nè l’idea  di sostanza, nè quella di causa, quali noi le concepiamo,  sarebbero ammissibili » (63).   Questo mi pare puro e schietto kantismo ; e se. il con¬  cetto d’una possibile integrazione di Kant per via delle  ricerche psicogenetiche è uno sproposito, che oggi non ha  più bisogno d'essere dimostrato tale, mi pare anche evi-,  dente che ricondurre il manuale del Fiorentino a’ suoi  principii fosse dovere imprescindibile d’ ogni nuovo edi¬  tore, hegeliano o non hegeliano. Perchè, dato e. non con¬  cesso che empiristi si possa essere per proprio conto,  certo per nessuno è più sostenibile una svista di questo  genere per cui, appunto a proposito dell interpretazione  di Kant, una questione gnoseologica si scambia con una  questione psicogenetica.   Hegel, dunque, non c’ è entrato proprio per nulla, be  ci fosse stata del Fiorentino un’edizione hegeliana ante¬  riore alla kantiana, chi sa!, avrei preferito il Fiorentino  hegeliano al kantiano. Ma gabellare per hegeliano quello  che ho dovuto e potuto scegliere, francamente, mi pare  indizio di Hegellosigkeit ! Pur troppo, anche nella prima  redazione del suo manuale il Fiorentino rende omaggio  al fantasma della materia opposta all’attività formale dello  spirito; e nell’etica, invece di correggere il timido forma¬  lismo kantiano col formalismo assoluto, crede di compierlo      — 165 —    con l’eudemonismo aristotelico. Non importa: sempre me¬  glio, infinitamente meglio Kant, anche se non perfezio¬  nato, che Spencer!   Si sente, per esser sinceri, negli Elementi del Fioren¬  tino un’eco lontana dei Principii di filosofia (1867) dello  Spaventa. Ma non più che un'eco, nel paragrafo sull’auto¬  coscienza (pp. 66-7). Ma, se Hegel s'avesse a rannicchiare  in quell'a u t o c t i s i della coscienza accordata con tutto  il formalismo astratto accettato e difeso dal Fiorentino,  io ritengo che potrebbero andare a braccetto con lui tutti  i kantiani più scrupolosi del mondo.   1907. LA FILOSOFIA A NAPOLI  DOPO G. B. VICO (1750-1850).   1. Nel 1743 A. Genovesi cominciò a pubblicare in  Napoli i suoi Elemento, metaphysicae. Nel 1744 morì G. B.  Vico. Questi aveva avuto due profonde intuizioni fon¬  damentali: una intorno alla potenza costruttiva dello  spirito, per cui anticipò il principio di soggettivismo  kantiano; P altra intorno al concetto dell’ assoluto come  sviluppo nella natura e nel pensiero, per cui anticipò  il principio della nuova metafisica dimostrata dalla Lo-  >jica di Ucgel. Ne’ 6tioi Elementi di metafisica il Geno¬  vesi invece si mostra seguace di un incoerente sincre¬  tismo, in cui la monadologia leibniziana s’ accoppia con  l’empirismo di Locke. Così la tradizione del grande  pensiero di Vico è spenta sul nascere, e finita con  1’ uomo che nella solitaria meditazione del diritto, anzi  di tutto lo spirito come vive nella storia, aveva attinto  una forza speculativa che lo pose al di sopra e fuori  del tempo suo, episodio solenne nella storia del pen¬  siero italiano. Gl’ interpetri del pensiero di Vico non  furono nè i suoi coetanei, nè i suoi immediati successori  nella filosofia italiana in genere e napoletana in ispecie.        58    STORIA DELLA FILOSOFIA   La vera interpetrazione cominciò in Germania col Jacobi, 1  dopo Kant, e fu compiuta in Italia in quel fervore di  pensiero nuovo, che venne suscitato dall’ hegelismo, da  Bertrando Spaventa.* *   2. Tra Vico e Spaventa — i cui primi scritti cadono  attorno al 1850, — per tutto un secolo, c’ è un’ inter¬  ruzione nello sviluppo dell’ idealismo iniziato dalle opere  di \ ico ; nella quale il pensiero napoletano si appropria ed  elabora per conto suo la moderna filosofia europea. Questo  movimento, che riempie tutto il secolo che va dalla  metà del secolo XVIII alla metà del XIX, può essere  designato dai nomi dei due pensatori che aprono e chiu¬  dono tale periodo, Dal Genovesi al Galluppi. E così  appunto s’intitola la monografia, nella quale ho cercatq  d’illustrare tutti gli studi speculativi più notevoli di  cotesto periodo. 3   Può recar meraviglia, che la ricerca sia così limitata  dentro i brevi confini di spazio accennati dai nomi stessi  del Genovesi e del Galluppi, e corrispondenti ai confini  del reame di Napoli, ila chi ponga mente alle condizioni  d Italia per tutto il tempo del dominio borbonico, alle  piofonde differenze civili e politiche e letterarie, in una  paiola, storiche, tra la parte meridionale e il resto della  penisola, troverà ovvia e storicamente esatta la linea  da me tracciata intorno ai pensatori che ho studiati e    Vedi lo scritto Voti den gòtlUchen Lìingen unii ihrer Offenbarung  (1811), in Werke, Leipzig. 1816, III, 358. Sul kantismo vicinano cfr.  specialmente Tocco, Descartes jugé par Vico in Reme de métaphy-  sigue et de morale del luglio 1896, pp. 568-78, e gli scritti da me  citati nel Discorso premesso agli Scritti filosofici di B. Si’avknta Na-  poli, 1901, p. LXXV.   • Vedi tfli Scritti cit., pp. lxxxiv lxxxix, 139-45, 303 e segg.   3 Studi di letteratura , storia , filosofia , pubbi. da B. Crock, voi. I  (Napoli, Edizione della Critica , 1903 ).         LA FILOSOFIA A NAPOLI 59   considerati come formanti una speciale serie storica  a sé.   3. Pel carattere generale della loro filosofia questi  pensatori costituiscono una continuata corrente di em¬  pirismo, a cominciare dal Genovesi stesso, in cui ben  presto il principio critico dominante nell’ empirismo  lockiano corrode ogni concetto metafisico, fino ad Ottavio  Colecchi (1773-1847), filosofo abruzzese pochissimo noto  — benché i suoi scritti consacrati all’ interpretazione di  Kant, quelli specialmente relativi alla filosofia pratica,  possano ancora esser letti con profitto — il quale, pur  combattendo la «filosofia dell’esperienza» del Galluppi  dal punto ili vista del kantismo, insiste tuttavia su  talune correzioni eh’ ei vorrebbe apportare alla Critica  Mia ragion pura in un senso decisamente empirico¬  oggettivo.   Ma tutti quosti empiristi si potrebbero dividere in  due generazioni: 1 una di ideologi e l’altra di criiicisti;  e tra mezzo a queste un gruppo di seguaci della filosofia  scozzese e di eclettici. Tra gl’ ideologi scrittori come  Melchiorre Delfico (1744 - 1835), Pasquale Borrelli (1782-  1849) e Francesco Paolo Bozzelli (1786-1864) meritano  certamente di esser posti accanto agl’ ideologi contem¬  poranei francesi, ai Cabanis, ai Destutt de Tracy, coi  quali essi formano quasi una sola famiglia, rispecchian¬  done spesso il pensiero pur senza ripeterlo. Anzi il Bor-  relh e il Bozzelli stanno, 1’ uno per la sua genealogia del  pensiero (com’ ei chiamava la sua filosofia dello spirito) e  per la sua critica di Kant, e 1’ altro pel suo tentativo di  morale intellettualistico-utilitaria, al di sopra dei francesi;    di 8 ‘ ba,la a " a dala di P“*»bUM*lone delle opere   di quest! filosofi e al tempo (leir influenza da essi esercitata; giacché  per a nascita due degli ideologi furono più giovani dei criiicisti.       60 STORIA DELLA FILOSOFIA   il cui valore nondimeno fu giustamente rivendicato nella  storia della filosofia dall’ ottima monografia del profes¬  sore F. Picavet su Les idéologues pubblicata nel 1891.  Una pari rivendicazione in prò dei confratelli italiani  vuol essere in parte il mio lavoro, mediante una larga  notizia e uno schiarimento delle loro dottrine. Onde ci  son rimasti documenti notevolissimi in libri ed opuscoli  estremamente rari, nelle riviste del tempo e in mano¬  scritti ancora inediti.   4. In mezzo alle due generazioni alcuni pensatori le-" '  vano la voce contro le tendenze materialistiche, palesi   o nascoste, proprie del pensiero speculativo di questi  ideologi, traendo autorità e argomenti dalla filosofia del  senso comune del Reid o dall’ eclettico spiritualismo del  Cousin e della sua scuola. Non hanno nessuna origina¬  lità di dottrine : ma con le loro esposizioni e coi loro  commenti di molti libri francesi, eco, per quanto fioea,  di celebri filosofie europee, valgono a suscitare o pro¬  muovere un moto di studi e di partecipazione al lavoro  filosofico straniero, onde a poco a poco si ringagliardisce  la fibra del pensiero napoletano, e si prepara una scuola  di veramente alto e libero filosofare: da cui uscirà l’e¬  stetica di Francesco De Sanctis e la metafisica e la  storia della filosofia di Bertrando Spaventa. In questa  parte la mia monografia studia scrittori mediocri, testi¬  moni di cotesta preparazione al risveglio filosofico po¬  steriore.   5. Nella seconda generazione campeggiano due figure  principali: P. Galluppi e 0. Colecchi: due kantiani, di  cui si può dire che la vita speculativa si consumi tutta  nella meditazione del criticismo. Ed entrambi riescono  per due vie opposte al medesimo risultato, che è di  accettarlo sostanzialmente e di farne penetrare profonda¬  mente lo spirito nella filosofia del loro paese. Il Galluppi   À            61    LA FILOSOFIA A NAPOLI   combatte sempre, o quasi sempre, un Kant immaginario  con le armi del Kant reale ; e il Colecchi combatte con  le armi stesse un immaginario Galluppi, o almeno un  Galluppi che non è il vero, poiché non vede di lui che  la dichiarata opposizione al kantismo, e non scorge mai  il valore intrinseco delle dottrine da lui professate. Dalla  curiosa situazione di questi due pensatori, che genera  altre false posizioni nella filosofia italiana successiva,  nascono, com’è agevole pensare, due conseguenze: 1°  che la scuola dei galluppiani continuerà a combattere  Kant e tutta la filosofia tedesca posteriore, sempre meglio  conosciuta in grazia dell’influsso francese già accennato;  2° che la scuola del Colecchi e dei tedescheggianti con¬  tinuerà per un pezzo a disconoscere il vero valore del  pensiero del Galluppi e di quella filosofia italiana, che  da lui prende le mosse : ossia della rosminiana e gio-  bertiana.   6. Se da queste ricerche si sottrae la parte che con¬  cerne il Genovesi e il Galluppi, si può dire che esse  scoprano una regione presso che sconosciuta nel campo  della filosofia moderna. E poiché anche del Genovesi e  del Galluppi questo studio analitico della serie in cui  essi rientrano, pono sotto una luce in parte nuova e in  parte più chiara il significato e il valore, può pure af¬  fermarsi, che l’insieme di queste ricerche colmi una  lacuna nella storia della filosofia italiana, anzi della  europea. Vico, infatti, e l’interpetrazione di Vico, i due  termini al cui intervallo coleste ricerche si riferiscono,  non sono due capitoli della storia della filosofia italiana,  ma due capitoli della storia della filosofia europea: ed  è difetto gravissimo quello che può notarsi in proposito  in tutte le recenti storie straniere della filosofia moderna.  A. Genovesi, M. Delfico, P. Borrelli, F. P. Bozzelli,  P. Galluppi e 0. Colecchi sono nomi ai quali, una     62    STORIA DELLA FILOSOFIA    volta conosciuti gli scritti a cui sono legati, devesi pur  rovare un posto, e non degl’ infimi, nel quadro degli  u imi tentativi dell’empirismo naturalistico e materia¬  listico del secolo XVIII e delle feconde discussioni  suscitate dalle Critiche di Kant in ogni paese civile.   1903. DOCUMENTI INEDITI  SULL’ HEGELISMO NAPOLETANO 1    « Il trionfo dell’ Idea » in Italia :   Antonio Tari e Floriano Del Zio   Fin dal 29 ottobre 1860 B. Spaventa era stato nomi¬  nato professore di Filosofìa nell’ Università di Napoli ;  e la sua nomina — scriveva a lui stesso il De Meis, da  Napoli — era stata accolta in questa città « con una  commovente impazienza dai giovani e dal pubblico ». Ma   10 Spaventa chiese ed ottenne di tornare e restare qualche  tempo a Bologna, dove nel maggio era passato, da Mo¬  dena, a insegnare Storia della filosofìa, per farvi almeno   11 primo corso semestrale e « non mancare al suo dovere  verso quella Università». A Napoli, dopo una rapida  corsa nel novembre, non andò se non negli ultimi  mesi dell’ anno appresso. Era a Torino dall’aprile, perchè  eletto deputato di Atessa (ma la sua elezione fu annul¬  lata il 25 giugno per eccedenza del numero legale di  deputati professori, * quando gli pervenne la seguente    1 Già pubblicato nella Critica del 1906; ma qui ristampato con  molte aggiunte.   * Vedi per questi particolari il mio B. Spaventa, Firenze, Vai-  lecchi, 1925, p. 109.     182    STORIA DELLA FILOSOFIA    lettera di Floriano Del Zio, che è un curioso documento  delle disposizioni degli animi verso 1’ hegelismo nella  gioventù colta di Napoli, da cui lo Spaventa era atteso :   Napoli, 30 giugno 61.   Amico carissimo,   Mi prendo licenza di togliervi con questa mia una piccola  parte del tempo che cosi lodevolmente sacrate alla scienza.   E per due ragioni. Per procurarmi il bene di aver vostre  novello, e per dirvi poi alcunché sul trionfo dell’ Idea, alla  qualo abbiamo data la nostra fede.   Sono pervenute qui in Napoli parecchie copie del nuovo  libro di Vera (V Hégélianisme et la Fhilosophie). T. lavoro  scritto con molta spiritosità, e che non solo porrà a dovere  1’ intelletto superficialissimo degli ecclettici francesi, ma farà  pure il suo buon effetto in mezzo al dilettantismo filosofico  de’ nostri dominatici. Si comincia a sentire come il Pensiero  sia P infinita misura e forza, che, battuto ogni positivismo  storico e morale, eleverà ad armonia vivente Essere e Spirito,  Natura ed Umanità. — Son persuaso p. es. che il signor Pes¬  ame, che tanto ride dell’ Jissere-per-si — e della Fila ridotta  a Pensiero da De Meis, cesserà di sparlarne così frequeu-  temeute, dopo che avrà contemplato il gaio spettacolo che ha  dato di sé Monsieur Jauet.   Come Hegel disse che ai tempi della Rivoluzione francese  una nuova vita, un nuovo sole sorgevano per risplendere in  mezzo agli uomini, noi possiamo dire che oggi il suo proprio  principio filosofico, l’Assoluto Spirito, è la forza che dovrà  consapevolmente invadere ogni cosa, e chiarificare le creature  tutte quante di un raggio della idealità infinita. Affrettatevi,  amico, a partecipare alla gran vittoria. Felice voi, che siete  sì bene apparecchiato a questa lotta, che chiude nel proprio  grembo 1’ adempimento della libertà assoluta dell’ Uomo, e  quel regno di giustizia e di amore, a cui tutte cose corrono  come al bacio dell’ Universo, giusta il bel dotto di Schiller:  Diesen Kur der ganzen IVelt !   Il punto però che nel libro del Vera avrei desiderato più  estesamente sviluppato, è quello della pluralità dei mondi. I,a  dottrina di Hegel su questa materia non può essere difesa  che movendo dal principio dell’ Unità della Coscienza di si    L’ HEGELISMO NAPOLETANO    183    dello Spirito, unità che, nel presupposto della pluralità de’  mondi, avrebbe fuori di sè i circoli della vita siderea oltre¬  tellurici ; e cesserebbe d’ essere in conseguenza la pieua ed  una Coscienza di sè. A questa è necessario che tutto 1* essere  sia suo sapere.   La dottrina poi dello Spirito assoluto, ne andrebbe, in quel  presupposto, interamente falsata. Noi non conosceremmo pili  l’Assoluto, come vuole Hegel, ma l’Assoluto umano. E, non  potendo darsi ripetizioni nello spirito, si dovrebbero porre,  post’ i mondi come innumerabili, intellezioni intinite, infinita¬  mente diverse, dell’ istesso Assoluto. E dove sarebbe l’idealità,  1’ unificamento di esse? Se si risponde: nell’Idea medesima  dell’Assoluto — , altri potrebbe osservare che quest’ idea ap¬  punto è quella che deve essere concreta nell’Umanità. L’U¬  nità della Rivelazione universale dello Spirito sarebbe sempre  un postulato. Krause immagina una sintesi superiore do’  pianeti e delle stelle; ma la comunione dell’Umanità terrestre  colla solare è sempre data da lui come un’ intuizione, come  un desiderio!   Anche il signor Tari, riconosce nella sua Lettera la necessità  della pluralità de’ mondi. Ma in questa ipotesi vedo sempre  che 1’ indeterminato piglia il Inogo del sistematico, e che il  fantastico si sostituisce alla scienza. Diventa oramai neces¬  sario di approfondire maggiormeute 1’ infinito matematico nel-  1’ influito filosofico, e sottomettere cosi 1’ astronomia al con¬  cetto della finalità assoluta, lo Spirito.   La lettera però del Tari appunto perchè, com’ ei dice,  tiene il germe del suo proprio sistema, avrebbe dovuto essere  più lunga e scritta più chiaramente.   Vi prego intanto mandarmi una copia della vostra prolu¬  sione alla storia della filosofia italiana, perché n’ ebbi ili dono  nell’anno scorso una copia dal vostro fratello D. Silvio; ma  quando scesi in Basilicata per 1’ insurrezione, la sperdei a  Potenza, e non ho potuto procurarmene un’ altra. Se poi con  questa mia preghiera dovessi riuscire indiscreto, allora usa¬  temi la cortesia dirmi presso chi è vendibile a Torino, perchè  sarà mia cura farla richiedere da librai napoletani.   Quando portate a stampa il vostro libro su Gioberti f Esso  dovrà levar grido straordinario, secondo che mi accennano i  comuni amici, e per quanto ancor io presagisco dal vostro  ingegno. Date presto ; e nel frattempo compiacetevi di tenermi         184 STORIA DELLA FILOSOFIA   di tanto in tanto consapevole de’ vostri stndii, e segnatemi •   quelle opere che possono concorrere all’ aumento vero della  scienza.   I miei ossequi a Tari ed all’ egregio De Sanctis. Se posso  attestarvi in alcunché la uiia devozione, comandatemi libe¬  ramente.   Vostro amico  Flokiano Dei. Zio.   AH’ Egregio Bertrando Spaventa   Deputato al Parlamento Italiano in  Torino.   II libro, da cui il Del Zio prende le mosse, è 1 ’ Hé-  gélianisme et la Philosophie (Paris, Detken 1861), che il  Vera, allora professore di Storia della filosofia nell’Ac¬  cademia di Milano, aveva pubblicato poco innanzi per  ribattere le critiche mosse ali* hegelismo da Paul Janet  e da altri scolari del Cousin. — Enrico Pessima, già di¬  scepolo del Galluppi, dal Galluppi era passato al Gio¬  berti e dal Gioberti al Krause; e mormorava contro  Hegel e gli hegeliani 1 .   La lettera di Antonio Tari, a cui il Del Zio accenna,  è un articolo, uscito appunto nel fascicolo di giugno  del 1861 della torinese Rivista contemporanea, col titolo:   De’ rapporti del Kantismo collo stato della filosofia in  Alemagna, Lettera filosofica. Il difetto di chiarezza la¬  mentato in questo scritto dal Del Zio, e divenuto  poi sempre maggiore e sempre più caratteristico del-  P ingegno del Tari, — che ingegno ebbe e una certa  bizzarra genialità — aveva fatto dire allo Spaventa, in  una lettera a suo fratello Silvio, dell’8 marzo 1858:   «Ho letto molti mesi fa un articolo di Totonno... Un    1 Vedi il mio B. Spaventa, p. 114; Spaventa, La fllos. ital. in re¬  lazione con la fllos. europea,' p. 275 e una lettera dello stesso Pes-  sina nella Critica V (1907), 494-5.   ♦        L’HEGELISMO NAPOLETANO 185   articolo filosofico, come puoi immaginarti, sopra un  punto di estetica. Mi pare che abbia studiato finora per  imparare a non farsi capire. I tedeschi non sono facili  a comprendersi, e la colpa è un po’ anche loro. Ma i  più difficili tedeschi sono facilissimi di fronte a Totonno;  il quale mi pare che abbia preso da costoro più i di¬  fetti che i pregi. Ti dico, in confidenza, che sono ri¬  masto trasecolato; e che, dopo tanti anni e con tanto  ozio, mi aspettavo qualcosa di meglio da lui »*.   « Dopo tanti anni ! » S’erano conosciuti a Cassino, quando  Bertrando insegnava a Montecassino (tra il 1838 e il  1840); e il secondo giorno, seduti fraternamente sulla  sponda d’ un letto, Bertrando apriva così la conversa¬  zione: «Dunque, che ne pensate delle categorie kan¬  tiane?»-. Da lui lo Spaventa aveva appreso i rudimenti  del tedesco ; e, col suo aiuto, acquistato familiarità con  la letteratura filosofica tedesca. Nella quale il Tari,  chiuso dal 1849 al 18G0 nella solitudine di un villaggio  (Terelle, in provincia di Caserta), s’era sprofondato,  accumulando una meravigliosa erudizione. Questa però  non valse in verità a rischiarare il suo pensiero. Il  quale dall’assoluto idealismo di Hegel finì nell’agno¬  sticismo del suo cosidetto Innominabile ; in cui credette  si '_ lovesse fondere in una unità superiore lo spinozismo  e 1’hegelismo; in quanto il divenire della logica pre¬  suppone un principio, che, essendo fuori del divenire,  è fuori della logica; e non si può chiamare Volontà, nè  Monade, nè Inconscio, nè Noumeno, nè altro; poiché  ogni nome importerebbe conoscenza, quindi un movi¬  mento di pensiero, quindi il divenire. È un’ essenza    p 'ri SPAVBNTA ’ Dal 184i al i8G1 < leU < scruti e (toc., ed. Croce,»   R. Cotuono, Le lettere di A. Tari in diresa dell’ « Innomina¬  bile», Iranl, Vecchi, 1905, p. XVI.     186    STORIA DELLA FILOSOFIA    non battezzata e non battezzatile, l’Innominabile. « An-  ch’ io, Bpecie di Lohengrin, difendo il santo Graal.  Sapete qual’ è? La dotta ignoranza, che Hegel chia¬  mava l’ignoranza dotta».   Non è questo il luogo di chiarire questo innominabi-  liBmo o limitiamo, — com’ egli anche lo chiamò, — del  Tari *. Giova piuttosto ricordare un aneddoto dello Spa¬  venta. Il quale, richiesto di consiglio da uno scolaro  del Tari per una dissertazione di laurea circa il diritto  di punire, il 29 settembre 1882, gli scriveva : « Ti vo¬  levo suggerire di chiedere consiglio al nostro caro Tari.  Chi sa, l’Innominabile! Ma come cavare da lui il di¬  ritto di punire? Mi ricordo di aver detto a Tari, quando  fu nominato professore ordinario (nel 1873), che la sua  nomina era in contradizione coll’ esistenza dell’Innomi¬  nabile, principio, essenza, natura, causa di ogni cosa  e avvenimento. Figurati il diritto di punire!» 1 . — Il  Tari, che di questa lettera doveva aver notizia dallo  scolaro, rispondeva a questo, il 23 ottobre 1882 : « Par¬  liamo ora un pò del quesito, con cui mi tenta 1’ ami¬  cissimo Bertrando Spaventa. Eccolo: —Come concilie¬  remo il diritto di punire con la dottrina dell’ Innomi¬  nabile? — Se fossi profeta, o figlio di profeta, di  rimbecco direi : Vade retro, Satana. Noli tentare Tariiim  admiratorem tuum! —- Ma, non essendo Gesù, nè gesuita,  mi contento di rispondere con un tibi quoque. Ossia: —  Anche a te, o pensatore liberissimo, fa intoppo questa  pietra di giuridico scandalo? Anche a te metterebbe  conto salvar capra e cavolo ; cioè la capra della Feno¬  menalità di ogni fatto umano, ed il cavolo della pretesa    * V. le mie Orig. della / Uos. contemp. in Italia, III, pari. II,  pp. 28-37.   * COTI’GNO, Leu. cit M p. 43.        L’HEGELISMO NAPOLETANO 187   Giustizia Assoluta? — Eppure ricordo che, disputando  con me di questo brocardico, uscisti in questa categorica  sentenza: — La pena non è che una valvola di sicu-  rezza che la società impiega a garentirsi di chi la in¬  sidia 1 . E di fatto, il voler costruire a priori un ma¬  nifesto modus rivendi essenziale, epperò cangevole etno-  crono-topograflcamente è marcia follia. La Idea Giustizia  Assoluta anzidetto, s’ ha a lasciare nel natio concavo  della luna, insieme al cervello dei tanti Astolfì dell’in¬  natismo. Chi ben pensa, riconosce la deplorevole povertà  di siffatte deduzioni... Diritti e doveri, Pene e ricom¬  pense non giacevano in seno a Giove, a mo’ delle uova  dell’aquila esopiana, ad aspettare che lo scarafaggio  umano le facesse rotolare nel basso mondo; ma si for¬  marono, con un quasi stillicidio psicologico, a poco a  poco scavandosi un bucherello nel naturale egoismo...   E tutta la giustificazione delle pene, da quella del ta¬  glione e quella penitenziaria, che è ancora in Werden  si riduce a formare la necessità di salvarsi al bosco  dalle belve accoppandole, ed alla città dai birboni ren¬  dendoli incapaci di nuocere. Ora quali sono i birboni?  ** U1 e 11 busil tis; e qui interviene P Innominabile a  comporre la gran lite, illuminando i legislatori sul da  fare in sullo sdrucciolo del dispotismo, dove si trovano  sempre... Il codice penale, non che un bene in sè, è un  necessario male, presso a poco simigliante alla chirurgica  estirpazione di un arto, il quale, se curabile, anche a  dilungo, l’operatore rispetta religiosamente... Un inno-    mi 'n^ 10 S , paventa avrà l )ure " sa[0 '(«està frase. Ma la valvola per  del delino, ! V ? Cbe neCessaria ' c °“>« necessaria era l'insidia   dello s r n e a,,a | S0Cie,A: d ’"' ,a necf8sUà Andata su"» natura  o spirito, ossia sul concetto concreto del bene. Il genuino pensiero  dello spaventa intorno all'assoluta giustificazione della pena é ne  suoi Principi di dica, ed. Gentile, p. 102 sgg.        188    STORIA DELLA FILOSOFIA    minabilista può solo affermare, in barba a tutti i dot¬  trinari criminalisti del mondo, come qualmente il bar¬  baro Kedivè egiziano funzionerà legalmente, da par suo,  fucilando e forse impalando 1’ eroe Arabi pascià, reo di  non aver saputo nascere dove e quando dovea. Ed in-  neggerà al magnanimo Umberto, il quale, facendo grazia  all’abietto Passannante, confondeva molti tirannelli stra¬  nieri e mostravasi anche dappiù del Re Galantuomo  suo padre, cioè filantropo e progressista. In Oriente il  palo, in Occidente 35 legislazioni che aboliscono il car¬  nefice (v. ult. lett. di Victor Hugo): chi ha ragione?  Secondo l’illustre prof. Vera ha ragione il palo!... 1  Insomma, le cose anzidette tumultuariamente, a modo  mio, rispondono su per giù al caro mio tentatore Asmo-  deo Spaventa »*. — Avviatosi per la sua striida, il Tari,  dunque, negava coraggiosamente jT diritto come diritto.  Poeto-1’ assoluto di là dal divenire, nel divenire, ch’egli  vedeva indirizzato a un Nirvana iperindividualistico, non  poteva trovare niente d’ assoluto. Per lui il magnifico  proemio dello Spaventa ai Prineipii di etica (1869) in¬  torno al rapporto dell’assoluto col relativo, e quindi al  concetto dell’ assoluta relazione (per cui 1’ assoluta giu¬  stizia non solo comporta, ma richiede per la propria  realizzazione tutti i modi di esistema cangevoli etno-crono-  topouraficamentc), non era stato scritto. E come in quel  concetto è il segreto dell’ hegelismo, era naturale che  egli non riuscisse ad orientarsi e a vedere la nullità  del suo Innominabile in quanto tale, in quanto sostanza,  cioè di qua dallo spirito.   Il Tari fu insomma de’ tanti che girarono attorno a    1 A. Vbra nel 1883 pubblicò un opuscolo La pena iti morte (risi,  nel Sappi filosofici, Napoli, Morano, 1883. pp. 37-381, dove svolgeva le  ragioni del sistema hegeliano in sostegno della pena di morte.   * COTUONO, pp. 22-6.      189    L’HEGELISMO NAPOLETANO   Hegel, ricevendone magari ispirazione e suggestioni fe¬  conde, senza scoprire il principio vero del suo pensiero.  Molti si ritrassero presto sconfortati dall’impresa; etra  questi il Del Zio, che con tanto entusiasmo nel ’61  studiava le opere e la letteratura hegeliana; e ansiosa¬  mente aspettava gli scritti dello Spaventa (la prolusione  letta a Modena sul Carattere e sviluppo della filosofia  italiana del secolo A VI sino al nostro tempo ‘ e la Filo¬  sofia di Gioberti, di cui il I» volume usci nel 1863) per  fede vaga che indi potesse venirgli la luce.   Il Del Zio allora si preparava a un corso di lezioni,  sulla Enciclopedia di Hegel. Al quale infatti proluse  alcuni mesi dopo con una enfatica lettura, la quale,  come documento aneli’ essa de’ tempi, merita d* essere  ricordata: Prolusione al corso di lezioni sulla Enciclopedia  delle scienze filosofiche di Hegel; letta in privato con¬  vegno ne’ dì 16 e 18 novembre 1861*: scritto pieno di  giovanile entusiasmo e di ardore filosofico. Oltre le opere  del Vera, fin allora pubblicate, l’Autore vi cita ed esalta  1 aurea operetta di Karl Werder (Logile, als Commentar  u. Ergdnzung zu Hegels ÌViss. der Logik, 1 Abili, Ber¬  lino Idèi) « restuta incompiuta con grave danno di co¬  loro che s’ iniziano alla filosofia hegeliana » (p. 22);  i Esquisse de logique di K. L. Michelet (Paris, 1866); e    1 Risi, in Scritti filosofici, ed. Gentile pp. 115 sgg. Giorgio Pallavi¬  cino, a una figliola del quale lo Spaventa aveva privatamente Im¬  partito qualche lezione, gii scriveva per questo opuscolo:   Amico pregiatissimo,   l.a ringrazio della sua Prolusione — un magnifico lavoro — il quale  rnfiìf. -u- l Sn me . *' (le ?. l . ller ‘° di vp| ter presto pubblicata la grande  Opera eli Ella sta meditando. Ammiratore di Vincenzo Giohprti. posso  io non ammirare il suo degno interprete: II. Spaventa? lo l’ammiro  e i amo!    Giorgio Palla vicino.   * Napoli, S. Marchese, IMI, di pp. 8-1 In 16». Reca quest'epigrafe:  « Essere, sapersi e volersi come la Personalità eterna dello Spirito,  ecco il line della lilosofla ».       190    STORIA DELLA FILOSOFIA    di questo le lezioni Ueber die Persònliehkeit Oottes u.  Unsterblichkeit der Seele, oder die ewige Persònliehkeit des  Geistes (Berlin, 1841) ; le quali « quando furono pub¬  blicate, tenevano aspetto di polemica negativa in rap¬  porto a certi donimi dell’ intelletto ; ma 1’ avanzato  sviluppo della scienza ha tolto loro il senso irreligioso,  che gli avversarti accaniti dell’ hegelianismo volevano  a forza vedervi dentro. E debbono così considerarsi come  la teorica potente della nuova sintesi dall’ umanità »  (p. 41): ciò che appare, nota il Del Zio, dell’opera  maggiore del Michelet, Die Epvphanie der ewigen Per-  sònlichkeit des Geistes (in tre diali., 1844, 47 e 52). A  proposito del problema hegeliano del punto di partenza  fenomenologico e logico della filosofia, l’Autore dichiarava  di sperare che le difficoltà sarebbero state da lui sciolte  più chiaramente nelle note a una sua traduzione del  System der Wissenschaft, ein philosophisches Eincheiridion  (Koenigsberg, 1850) del Rosenkranz : « che avrei di già  pubblicata senza la tirannide borbonica, o la guerra che  tutto il mondo ha fatto e fa presso noi al libero pensiero»  (p. 23). Un altro suo lavoro concerneva la filosofia di  Krause, la quale, specialmente per mezzo di Ahrens  (il cui Corso di diritto naturale , 1838, era molto letto  dagli avvocati di Napoli, ed era stato anche tradotto  già due volte in italiano, da Francesco Trincherà e da  Vincenzo De Castro 1 ) poteva dirsi « in qualche modo  popolare nelle nostre province ». « Le sue Lezioni sul  sistema della scienza (Vorlesungen nb. System der Philos.,  1828)», dice il Del Zio, « e 1’ampio sviluppo enciclo-    1 Corso Ul Diruto naturale o della ftlos. del dir. traci, da Fr. Trin¬  cherà, Napoli. 18-11, e Capolago, 1812. Nuova trad. eseguita sulla  quarta ed. dal prof. V. De Castro, 2. voli., Napoli, Stab. Tip. dell'An¬  cora, 1860. Più tardi la sesta ed. (uscita in ted., Vienna, 1870-71) fu Irad.  in italiano da A. Margllieri, Napoli 1872.     191    L’HEGELISMO NAPOLETANO   pedico eh’ egli tentò dare a tutto lo scibile rivelano in  classico modo il fermento incommensurabile dal quale  era travagliata 1’ intera Allemagna alla vigilia dell’ ap¬  parizione d’ Hegel sul teatro della scienza. Ma in Krause  c’ è il presentimento della scoperta, che fu fatta invece  da Hegel »; e questo giudizio era il « risultamento di una  conveniente disamina » . « A tanto speriamo di adempiere  più tardi, pubblicando un nostro lavoro, che ha per ti¬  tolo: Studii sul rapporto del Sistema della scienza di  Krause a quello di Hegel » . Appunto per quella certa  popolarità che il Krausismo aveva acquistata anche nel  Napoletano, il Del Zio stimava opportuno che fosse di¬  scussa la sua teorica generale da’ cultori della filosofia.  « Se non cominciamo a disputare pubblicamente sulle  nostre convinzioni speculative, il trionfo della scienza  e il progresso della nazione non saranno nè liberi nè  universali » (pp. 27-8).   L’opuscolo era dedicato Alia gioventù napoletana con  parole di questo tono : « A voi dedico, o fratelli, questo  piccolo lavoro, il quale non è altro che il programma  dell andamento scientifico, a cui dovrebbe avviarsi, se¬  condo le mie convinzioni, il nostro paese, per essere  in armoniu coll’ indirizzo generale della scienza in Eu¬  ropa. Se vi parrà vero, Voi, più che me, potrete con¬  durlo ad atto, perchè 1’ amico vostro, comechè giovane,  è già percosso dai dolori dell’ animo e dalle sofferenze  lei corpo che 1’ opera dissolutrice della tirannide seppe  in molti generare negli anni scorsi». Continuava an¬  nunziando che, accettato il suo programma, tre fiamme  divine sarebbero venute ad accendere 1’ anima dei gio¬  vani napoletani : tre sedendovi d’ un unico sole, il libero  Pensiero ; le tre fiamme della Filosofia, della Rivoluzione,  dell’Amore. «Colla prima darete fine alla superstizione  del Papato, la più maligna fra quelle che ancora cor-    192    STORIA DELLA FILOSOFIA   rodono lo spirito moderno. Colla seconda scrollerete il  Dritto divino ed ogni altra specie d’irragionevole im¬  perio. E coll’ ultimo tramuterete le rovine in creazione  eterna di bellezza e di verità ; costituirete I* Italia, e  getterete il fondamento alla fratellanza democratica di  tutta Europa».   Svolto brevemente il concetto della Fenomenologia  dello spirilo, per mostrare come lo spirito sia necessa¬  riamente condotto dalla sua interna dialettica al punto  di vista del sapere assoluto, il Del Zio schizzava con  pochi tratti l ’ideale della scieina, a cui egli invitava  con molto calore : « Deliberando di seguirmi fraterna¬  mente nel mondo del sapere, renderete testimonianza  dell’ istinto divino che move lo spirito del nostro tempo,  e della vita novella d’Italia resa a sè stessa ed alla  sua naturale grandezza... Il nuovo metodo dell’insegna¬  mento filosofi co è il metodo della morte e dell’ amore  assoluto», della morte alle cose finite e a se stesso, e  dell’ amore per 1’ assoluto, in cui lo spirito deve rina¬  scere. Quindi combatteva le obbiezioni mosse all’ hege¬  lismo «dalla corta vista dell’intelletto 1 o del sentimen¬  talismo ipocrita della santocchieria » . Ai filosofi dell’ in¬  telletto, del pensare finito addebitava la loro incosciente  predilezione dello scetticismo e del nullismo: e dimo¬  strava che « non solo il sapere assoluto è possibile, ma  che esso è 1’ unicamente possibile » ; poiché ninna realtà  finita, naturale o spirituale, può dirsi conosciuta fuori  del sistema, in cui essa va concepita. Ai mistici di  buona o di mala fede, cercava d’ additare il carattere  intrinsecamente religioso della filosofia hegeliana, nella  quale la verità della religione non è negata, ma trasfi¬  gurata e fatta valere per la ragione, assolutamente. In-    1 Intelletto (Verstand), nel senso di Hegel.      L' HEGELISMO NAPOLETANO    193    fine, combattendo anche lui il pregiudizio, allora sal¬  dissimo tra i giobertiani di Napoli, del primato italico-  e della filosofia nazionale, sosteneva, a simiglianza dello  Spaventa, ohe « la grandezza del nostro spirito non è  tanto nel sapersi precursore di tutto l’incivilimento  occidentale, quanto nel prevedere che dev’ esserne il  successore eterno ». Si ammira Vico: ma egli « travagliò  por tutta la vita per provare che uno spirito solo regge  il mondo delle nazioni, che una è la mente dell’ Uma¬  nità, e che un piano ideale stringe in armonia assoluta  la totalità de’ fatti politici e le forme svariatissime del-  1’ intera vita sociale». «La storia della filosofia è dav¬  vero un’ opera unica, una sola attività produttrice...  Le frutta abbondanti di quei primi pensieri filosofici,  che gl’ italiani del XV e XVI secolo destarono nella  coscienza umana sono appunto i grandi sistemi della fi¬  losofia moderna... Nutricandoci del supere e della vita  europea, noi vendicheremo lo spirito de’ padri nostri,  celebreremo la festa di commemorazione a quel Risor¬  gimento, che il papato e l’Impero soffocarono nel sangue  di tutta la Penisola» : sopra tutto a Bruno, la cui vita  randagia per 1’ Europa, ma cominciata in Italia e in  Italia tragicamente finita, sembra al Del Zio il sim¬  bolo divino del corso storico della filosofia mo¬  derna nel mondo. E col ricordo della vita del Bruno e  un invito a vendicarne la morte facendo tornare in  Italia la sua filosofia arricchita nel suo secolare viaggio,  termina questa prolusione.   Cinque giorni dopo leggeva nell’ Università la prolu¬  sione al suo corso lo Spaventa, tornando a trattare il  tema : Della nazionalità nella filosofia.    13 — Gentile. Storia della filosofia.      194    STORIA DELLA FILOSOFIA    2 .   Marianna Fiorenti Waddingtoìi e D. Spaventa   Affrettando col desiderio la pubblicazione dell’ impor¬  tante carteggio della marchesa M. Fiorenti Waddington  tuttavia posseduto dalla famiglia di Francesco Fio¬  rentino, gioverà spigolare tra le carte dello Spaventa,  alcune lettere e ricordi di questa egregia donna, che  non ci paiono inutili alla storia della fortuna di  Hegel in Italia. Quando la Florenzi entrò in rela¬  zione con lo Spaventa aveva passata la sessantina,  essendo nata nel 1802: da Schelling era giunta fino a  Hegel : dall’ ammirazione del Mamiani, per la conver¬  sazione frequente col Fiorentino, che da Bologna andava  spesso a Perugia ospite suo, era potuta passare a quella  del critico severo della prefazione, che il Mamiani nel  1844 aveva premessa alla sua traduzione del Bruno di  Schelling 1 . Prefazione desiderata da lei, che ne caròla  promessa con un certo imperio di belletta che. ancor pos¬  siede, come il Mamiani scriveva al suo fratello Giuseppe  il 7 aprile 1844 ;* prefazione piaciuta già allo stesso  Schelling. 3 Ma ben presto la marchesa tedescheggiente  e libera pensatrice e il conte italianissimo e cantore dei  santi cattolici, s’ erano accorti di non potersi intendere.  Già in una lettera del 1846, 4 il Mamiani le rimprove-    ' Vedi B. Spaventa, Saggi di critica. Napoli, Gliio. 1867, pp. 366 sgg.  Intorno alla Florenzi v. le mie Origini della, fllos. contemp. in Italia  III, parte II, pp 37-50.   * Mamiani, Leti, dall’ esilio a cura di E. Viterbo. Roma, 1809. 1, 211.   * In una sua lettera a un suo amico, del 26 dicembre 1845, il Ma-  raiant scriveva: «Quantunque lo vi discorra della tllosolla tedesca  moderna con gran franchezza di giudicio, lo Schelling non se ne tiene  punto mal soddisfatto, e scrivendo alla traduttrice, che è la march.  Florenzi, ha detto di me parole onorevolissime » (op. cit. I, 320). Cfr.  il Bruno stesso, ed. I.e Monnier, 1859, p. 213.   * Leti, cit.. Il, -10. Cfr. la lett. al fratello del 28 ag. 1846 (II, 33).     L'HEGELISMO NAPOLETANO    195    rava di ragionare un po’ alla tedesca, e , non avendo alla  mano ragioni ferme ed evidenti, essersi rairolta della  nebbia del suo grande maestro, lo Schelling. L’ anno ap¬  presso le scriveva: « ìli congratulo molto con voi dello  studiare indefesso che fate e dello involgervi coraggiosa  tra le tenebre sacre della metafisica dello Schelling». 1  Era quasi un addio dalla spiaggia a chi si avventurava  per il rischioso viaggio!   Sul principio del 18GB, la Fiorenti aveva pubblicato  i suoi Filosofemi di Cosmologia e di Ontologia (Perugia,  V. Bartelli) ; e il Fiorentino, che doveva scriverne una  recensione, nella Rivista Italiana (o Effemeridi della P.  di Torino, del 20 aprile 1863, a. IV, pp. 250-52), la  incitò a mandarne un esemplare allo Spaventa. Quindi  la seguente lettera :   Signore,   Se un nostro amicissimo, e molto suo conoscente, non m’ in¬  coraggiasse a mandarle il mio libretto testé stampato, io non  oserei inviarglielo. Esporlo al giudizio d’ uno de’ più distinti  lilosofi è al certo temerità più die grande. Ma io mi affido  più assai all’ indulgenza di cui sono capaci i grandi uomini,  e temo maggiormente i piccoli. Ardisco ancora dimandare il  suo leale, franco giudizio e la sua severa censura; ed ancbo  la disapprovazione mi sarà più cara assai di qualsiasi com¬  plimento.   È dunque sotto l’egida del nostro amico che il mio libretto  vieue a cercarla. Mi abbia per iscusata s’ io l’incomodo por  cosa di sì poco valore; ma, le ripeto, io riposo nella indulgenza  sua. Me le offerisco e raccomando.   Perugia, li 20 marzo 1863.   Obb.ma   M. Marianna Florbnzi WAnDiNcroN.   Lo Spaventa in ricambio le mandò il suo volume  Prolusione e introduzione alle lezioni di filosofia, starn-    1 Lett., li, 314.     196    STORIA DELLA FILOSOFIA    pato 1’ anno innanzi ; a cui la Florenzi fece gran festa,  diffondendolo nel circolo di letterati e filosofi, 1 che si  raccoglievano intorno a lei.   € Dono prezioso, scriveva all’ autore il 9 maggio  del '63, di cui mi valgo per miu istruzione e per  ammirare uno de’ più grandi filosofi (o il più grande),  che ora dia fama alla nostra nazione » .   Da altre lettere della colta gentildonna si rileva che  tra gli ammiratori guadagnati da lei allo Spaventa, de¬  siderosi di leggere i suoi scritti, v’ erano anche delle  donne. Tanto poteva 1’ esempio della Florenzi !   Il 25 maggio questa mandava allo Spaventa un suo  piccolo discorso sojrra l' Eleroyenia che doveva essere stam¬  pato coi Filosofemi. Era instancabile : quando, nel giugno  1864, lo Spaventa le ebbe mandata la memoria su Le  prime categorie della logica di Hegel, ella poteva annun¬  ziargli un suo nuovo lavoro, che avrebbe toccato anche  quell’argomento (Saggio di psicologia e di logica, Fi¬  renze, 1864): «Mi preme sempre di leggere le cose sue,  e per questo ho indugiato a dirmene grata e ricono¬  scente. Non ho parole per esprimerle quanto quella  lettura mi abbia soddisfatta. Un ingegno come il suo  non poteva a meno di escogitare fino al fondo l’argo¬  mento trattato, ed in vero non c’ è nessuno che abbia  penetrato tanto addentro la dottrina e le intenzioni di  llegel, il più formidabile dei tedeschi filosofi.   «Ella ha ragione: chi è mai entrato sì puramente  nella scienza del filosofo?   « Tanto più piacere mi ha recato il suo scritto in  quanto che io aveva già compiti due capitoli del libro  che scrivo ora : Il divenire e V essere e il non essere, pen-    1 Cfr. la Necrologia che scrisse di lei il Fiorentino, in Scritti vari,  Napoli, 1876, p. 410-1.        L' HEGELISMO NAPOLETANO    197    siero ed essere. Quanta istruzione io posso ricavare da  lei ! Dunque, per tutto il piacere e per tutto 1’ utile ri¬  cevuto io ne la ringrazio di cuore ed anima » (Lettera  del ló giugno ’64).   In una poscritta d’ una delle sue lettere la Florenzi  scriveva allo Spaventa: «Vi prego di fare il grande  sforzo di rispondermi al pili presto » . Lo Spaventa, in¬  fatti, era tardissimo a scrivere, anche se chi aspettava  era una dama così gentile. Il Fiorentino badava a fare  le sue scuse. Così, in una lettera allo Spaventa del 19  novembre 1804, gli scriveva : « Alla marchesa Florenzi  ho parecchie volte detto quale sia la vostra indole, perciò  non ho durato fatica a persuaderla della vostra trascu-  ranzn nello scrivere. Ella ha sotto i torchi due saggi,  uno di logica e 1’ altro di psicologia, ed aspetta di averli  in pronto per rispondervi. Credo che li avrà prima che  il mese finisca. Li ha composti con l’intendimento di  dare due lavoretti elementari, e mi sembrano molto giu¬  diziosi e precisi e chiari, da qualche capitolo almeno  che ho scorso, correggendo gli stamponi che le venivano  quando io ero colà. A proposito di lei, che cosa avete  fatto per l’Accademia, di cui mi parlaste costà? Io non  le ho detto nulla, com’ era vostro desiderio ; e sarebbe  cosa ben fatta se si potesse effettuare, perchè veramente  è una donna meravigliosa per 1’ ardore che ha per la  scienza » .   Lo Spaventa aveva pensato di premiare la nobilissima  operosità e il virile animo, onde la Florenzi proseguiva  gli studi filosofici, facendola ascrivere all’Accademia  delle scienze morali e politiche di Napoli. Nomina che  la scrittrice gradì molto, e ne fregiò il frontespizio  de’ suoi libri pubblicati dopo il 1865. Primo il Saggio  sulla natura (Firenze, 1866), che è dedicato appunto allo  Spaventa: non per orgoglio , ma soltanto perla fiducia...       198    STORIA DELLA FILOSOFIA    che gl’ ingegni, quanto più sono alti , tanto maggiore in¬  dulgenza tisano alle persone di buona volontà. Gliene chiese  licenza il 14 dicembre 1865 con una lettera molto mo¬  desta, dove sono espressi gli stessi sentimenti della de¬  dica a stampa, e da cui s’ apprende che il Saggio era  da tre mesi in tipografia.   Nell’aprile del ’G6 fu a Napoli il'cav. Evelino Wad-  dington, marito della marchesa, ed ebbe dallo Spaventa  liete accoglienze. «Egli se n’è tornato», scriveva il  Fiorentino, « contento di aver conosciuto un uomo  del vostro ingegno e con quella franca ed ingenua indole,  che è segno infallibile». E come a Napoli si prepa¬  rava, in occasione d’ una esposizione di cotone, un Con¬  gresso scientifico italiano, la Florenzi contava di venirci  anche lei; come infatti ci venne: «Ebbi la vostra me¬  moria 1 che ho letta con grande attenzione per racco¬  glierne quell’ utile che sogliono apportare i vostri scritti.  Evelino fu molto contento di conoscervi e lo sarò pur  io fra poco, perchè ai primi di agosto contiamo di essere  costì nuli’ ostante gli eventi del monito.   « Mi faceste dire di fare un qualche piccolo discorso  per 1’ occasione del Congresso; e 1’ ho tracciato alquanto,  e per distenderlo vorrei la certezza se si fa o no codesto  Congresso.   « Io presumo che no, stante 1’ imminenza della  guerra ; nulla di meno vi prego a scrivercene una riga ;  ed ancora più mi preme sapere se vi troverete in Na¬  poli a quell’epoca, o alla campagna, ed in quale cam¬  pagna, od in quale città ; infine, mi direte dove dimo¬  rerete » (15 giugno ’6G).    1 La dottrina della conoscema di G. Bruno, pubbl. negli Atti  dell'Acc. delle Se. mor. e poi. di Napoli del 1865; risi. In Saggi di cri¬  tica pp. 100-S55.     199    L'HEGELISMO N U'OLETANO   Un’ ultima lettera del 8 agosto 1867, ha un certo in¬  teresse, per l’accenno che vi si fa al discorso Della  immortalità dell’ anima umana, che la Florenzi pubblicò  nel maggio 1868 :   « Io mi preparo o mi sono già preparata a scrivere  un opuscolo sulla immortalità dell’anima: problema  scabroso! ma che voglio sostenere perchè sento 1’ im¬  mortalità dentro di me e voglio essere immortale a tutti  i costi. Sarà dolorosa ai feuerbachiani miei amici 1 la  mia assoluta opposizione».   Nè anche gli amici hegeliani, non feuerbachiani, d’ I-  talia fecero plauso all’ assunto della marchesa. E lo  Spaventa alluderà forse, con quell’ ironia che gli era  propria, al discorso poco persuasivo della Florenzi,  quando nello stesso maggio 1868, scrivendo al De Meis,  la chiamava: « la nostra immortale Marchesa, — immortale  almeno come, socia della Beale nostra Accademia » . !   L’intimo pensiero dello Spaventa sull’ immortalità  dell’ anima individuale apparisce dal principio d’ una  malinconica lettera da lui scritta al De Meis il 13  luglio 1880 ; dove ricorda la sua prima figliuola morta  a tre anni :   Napoli, 13 luglio 80.   Mio caro Camillo,   Spero che la festa di quel sant’ nomo del De Lellis, 3 tuo  omonimo concittadino e la tua, ti riconoilieranno cogli amici.  In particolare io conto sulla reminiscenza, anche involontaria,  di que’ maccheroni al pomidoro; di quella Irittata e di quelle  cocozzelle, oramai divenuti celebri no’ nostri annali domestici.  Via de’ Fiori a San Salvario, n... 4 . Il numero non lo ricordo    1 II Ff.ii* *riiach, coni' è noto, nel Gcdanhen iiber Tod und Sterb-  li chheil (183(1) sostenne la mortalità dell'anima.   J v. scritti filoio/lci. ed. Gentile, p. 303 n.   8 San Camillo De I.ellis, di Bucchianico, patria del De Meis.   • Recapito dello Spaventa a Torino. Il numero era 23. Isabella  Scano. moglie dello Spaventa, a lui sopravvissula, morta il 18  die. 1001.      200      STORIA DELLA FILOSOFIA   più, e non ho tempo (li consultare la signora Isabella, che  attende alle faccende di casa. Non lo ricordo; ma fa lo stesso:  ricordo il luogo, il prato, la soala, il piano, le stanze e il  mio tavolino da lavoro, e tutte le miuchionerie che scrivevo :  le cose futili e le serie; il mio chiodo Bolare e i misturi he¬  geliani svelati ; e te che venivi ogni giorno, angelo consola¬  tore, e le chiacchiere che facevamo insieme; e la mia povera  prima Mimi e lo sue ultime parole: — Papà lavorai — Papà  lavora! — Io non so so (|uella casa sia rimasta ancora in piedi;  oramai non vedo piti Torino da circa vent’ anni : ma ella sus¬  siste tuttora qui, come forse non ha mai meglio esistito iu  realtà, nel mio cervello, o, come (licevano una volta, nell’ a-  nima mia; o non si dileguerà se non quando questo cervello  (Papà lavora, Papà lavora), non ci sarà piti. E che ne sarà!  Che significa nou esserci pi fi i Diverrà proprio nullaf Eppure  è stato ed è. O ci è proprio uu modo di essere che non è  sussisterei E sussistere cos’ài 1/orgoglio e la balordaggine  umana ha trovato lo consolazione: — tutto nasce e perisce, è  vero, ma gli atomi restano, e son sempre quelli, non mutali  mai. — Bella scoperta! me li fo fritti gli atomi, io.   Troppo serio per la festa di San Camillo ; troppo malinco¬  nico, anzi. Ma va e freua la mia fantasia!...   Lo Spaventa, non occorre dirlo, non era materialista.  Ma nella concezione hegeliana della natura e dello spi¬  rito non trovava posto per lo spiritualismo astratto, e  quindi neppure per l’immortalità personale.   3.   Il primo scolaro (li B. Spaventa (F. Fiorentino).   Battaglie carducciane ancddote.   Nella nota polemica del 1876 con l’Acri il Fiorentino  dice di aver conosciuto tardi lo Spaventa, e poco prima  i suoi libri. « Letti i suoi libri, intravidi un altro  mondo, e mi parve rinascere. Allora (1861-1862) ero  professore a Maddaloni, e stavo a Napoli. Tra i molti            L’HEGELISMO NAPOLETANO    201    che si preparavano a combatterlo c’ero io; ma, lettolo,  mi sentii tirare verso lui, e capii che i suoi avversarii  non valevano neppure i suoi calzari. Quale fu la mia  maraviglia, quando dai più sinceri riseppi, ch’ei non  avevano lotto nulla di lui, e che lo combattevano,  perchè volevano combatterlo, senza sapere perchè! ». 1  Allora infatti egli si presentò allo Spaventa. Ma, quando,  sullo scorcio del ’62, andò a Bologna professore di Storia  della filosofia, non E aveva visto che due volte o tre. * *  L’ultima di queste ne ebbe consigli e suggerimenti  circa gli studi per cui la Biblioteca Universitaria di  Bologna avrebbe potuto offrirgli E opportunità. Giacché  dallo Spaventa egli fu stimolato a intraprendere quelle  ricerche sui nostri filosofi del Risorgimento, da cui pro¬  vennero le sue opere più importanti. E quando si di¬  visero, lo Spaventa dovette annunziargli il libro, che  allora stampava, Prolusione e introduzione alle lezioni  di filosofia , dove il Fiorentino avrebbe trovato uno  schema della storia della filosofia italiana. Glielo inviò  poi infatti con una lettera, della quale possediamo la  risposta :   Mio carissimo amico,   La vostra lettera e il vostro libro lungamente aspettati  mi sono arrivati carissimi. Mi son messo subito a leggerlo,  e posso dirvi di averne scorsa quasi la metà; se non che  intendo rifarmici sopra, come prima avrò satisfatto l'impa¬  ziente desiderio con questa prima lettura. Voi mi riuscite  sempre profondo e stringato ragionatore ; oogliete nel criticare  il nodo del sistema, c ne mostrate lo scioglimento cosi luci¬  damente che meglio non si può. lo vi ho sempre tenuto, e  vi tengo a ninno secondo nell’arto difficilissima della critica  filosofica, eh’ è quella appuuto, di cui noi Italiaui abbiamo    ' La fllos. contemp. in Italia, Napoli, 1876, p. 150.   * O. c., p. 152.        202    STORIA DELLA FILOSOFIA    specialmente bisogno, serondochè voi avete maestrevolmente  notato. Le considerazioni su la lìlosofia nazionale sono esatte,  e l’indole della filosofìa del Risorgimento, che io ho letta  fino al Bruno, è scolpita cou molta fiuezza, e contorni assai  rilevati. Le osservazioni su l’antichissima sapienza degl’i¬  taliani del Vico, e ricavate qunuto al fondo dalla Scienza  nuova, sono inappuntabili ; ed a rifiutarlo bisognerebbe di¬  sconoscere la teorica della parola dal Vico medesimo adottata.  Io mi rallegro di tutto cuore con voi, mio carissimo amico,  ed auguro all’ Italia molti uomini che vi rassomiglino.   Negli scrittori, come negli uomini, a me piace la lealtà del  manifestare le proprie convinzioni, quali che si fossero; la  coscienziosa ricerca nel formarsele, ed il saldo proposito del  sostenerle. Ora invece si scrivacchia e si cinguetta a spro¬  posito, e più ilei nomi e dell’autorità si fa caso, che non  della verità eterna ed immutabile. Voi siete molto opportuno  nelle condizioni poco prospero del nostro paese, e gran bene  potrete fare. Esperto come siete di gran parte delle nostre  città, dovete conoscere meglio di me, che cotesta o nessuna  può spingere e continuare il movimento della italiana filo*  sofìa. Qui se ne ha pochissima cura: alla mia scuola usano  pochi uditori, alle altre della mia facoltà meno che pochi,  o nessuno. Per buona ventura è venuto qua a continuare i  suoi studi filosofici un bravo giovane delle provincia meri¬  dionali, un tal Donato Jaja, quel medesimo che mi accom¬  pagnava, quando presi commiato da voi. Ila buon ingegno,  e buona volontà, eh’è ancora più rara no’ nostri giovani.  Altri vanno e vengono più per curiosità che per vaghezza ili  studio: sono le comete di tutte le cattedre.   Tra pochi altri giorni vi manderò la Prolusione che lessi  qui, e che ho fatta inserire sul Progresso che si stampa costà.  Me no aspètto vostro giudizio, che quanto so che sia com¬  petente, altrettanto voglio che sia ingenuo e franco. Voi  sapete che io non mi sdegno dell’essere appuntato e corrotto:  amo la verità più del mio amor proprio...   A libri filosofici qui si sta molto male, e sebbene mi sia  stato promesso che qualcheduno dei più necessari si farebbe  venire, pure io ci conto molto poco per la scarsezza dell’as¬  segnamento di cui gode questa Universitaria Biblioteca. Avrei  bisogno di buoni espositori di Platone e di Aristotile, perchè  questo anno mi occupo della filosofia greca, e intanto, tranne    L’HEGELISMO NAPOLETANO    203    alcuni commentatori antichi, non si trova altro. Ho fatto ve¬  nire «lei mio la esposizione della Logica aristotelica di Bar-  thólemy; ina a far venire tutto a proprie spese come si riescef  ìi questo per me un gran contrattempo, c, senza le vostre  prevenzioni, quasi inaspettato o iuusputtabile. Chi diamine  poteva credere che la dotta Bologna viveva ancora in pieno  Medio Evo»   pi Pomponazzi ci è il solo libro dell'Immortalità. I mano¬  scritti di Boccaferrato versano più su la tisica aristotelica, che  su la metafisica: ed oltre a ciò sono poco agevoli a leggere,  e a parer mio ili poco giovamento. Ho trovato pori» Scoto  Krigena, e Patrizzi, che costà non mi era riuscito avere. Oopo  che avrò letti questi, mi metterò a studiare la storia della  filosofia indiana del Colebrooke, che voi mi diceste buona. * 1  Mi dimenticai l’altra volta di dirvi, che Vittorio Cousin  scriveva alla Florenzi una lettera sn quel mio lavoretto in¬  torno al Bruno, dove sentenziava degl’italiani a modo suo.  È piuttosto una lunga lettera, di cui io ho copia, che vi  manderò, se vi aggrada leggerla. Parla altresì del Vera.®  Ecco quante ve no ho dette, e forse vi avrò annoiato: ma  io sentiva il bisogno di trattenermi con voi, e P ho fatto alla  mia usanza, e senza riserva. Io, oltre all’ammirarvi, vi amo  assai, e stimo che questo all’etto che vi porto renila più  scusabili le molte ciarle che faccio nello scrivervi. Quando  avrete tempo scrivetemi, perchò mi è caro comunicare con  qualche spirito privilegiato ed amico in tanta solitudine in  cui vivo. Se potessi in qualche cosa adoperarmi per voi, mi  terrei fortunatissimo di farlo. Addio, adunque, mio carissimo  amico, ed amate   Di Bologna, 12 del 1863.   Il tutto vostro  Francesco Fiorentino.    1 Enrico Tommaso Colebrooke (1765-1837), celebre indianista, pre¬  sidente della Società Asiatica londinese, autore degli Kssai/s on thè  Vedas and on thè phtlosophu of thè llindous nel I voi dei Miscclla-  neous Essaj/s (London, 1837, 3.» ediz., 1873); — e a parte: Essays on  thè relii/ion and phtlos. of thè Hlndous, 3.» ediz., London, 1858.   1 Tra la corrispondenza Inedita del Cousin ci sono lettere del  Fiorentino: vedi Gentile, Albori delta nuova Italia, I, 150.           204    STORIA DELLA FILOSOFIA    La Prolusione al corso di storia della filosofia (letta  il 25 novembre 1862) fu dal Fiorentino pubblicata nel  Progresso di Napoli (a. IL voi. II, 1863, pp. 22-33) ;  ma non venne più ristampata. È infatti ancora un do¬  cumento della fase giobertiana del pensiero del Fio¬  rentino, quantunque vi appariscano le prime tracce dei  nuovi studi e delle nuove tendenze dell’ autore. Giova  riferirne qualche brano:   Il pensiero, o signori, regola il mondo o lo riempie, perché  esso è la pienezza ed il vigore dell’ essere : è la sua compe¬  netrazione, e la sua identità. L’ essere senza il pensiero è spar¬  pagliato, disterminato, e però incompiuto e Unito. Imperocché  l’essere compie se medesimo geminandosi, vale a dire facen¬  dosi principio e fine; ed il mezzo, pel quale esso si pone e  conclude, è il pensiero, la relazione, l'identità suprema...  (p. 23).   Se non che esso nel mondo inorganico si occulta inconsa¬  pevole, eil in certo modo seppellito, comincia ad agitarsi  operoso nel vegetale, si va sempre pifi disimpacciando dal  grave involucro della materia nella forma dell’animale; e si  sveglia libero e padrone di sé filialmente nella coscienza  umana... Il pensiero divino che trasparisce attraverso tutto  il creato, si che ogui cosa, secondo la frase biblica, appaia  piena dello spirito di Dio, non parla poi e non si rivela am¬  piamente, se non nella coscienza dell’uomo. Il resto della  natura è parola scritta, rinchiusa, direi quasi cristallizzata:  l’uomo solo è parola viva e palpitante... (p. 24)   La dualità di natura e spirito non è insuperabile.  Essa inette capo « nell’ unità cosmica ». E in virtù di  questa la natura tende allo spirito; che comincia bensì  aneli’ esso come forza individua partecipante all’ uni¬  versità del cosmo ; ma esso si generalizza pensandosi.   ...Do spirito è l’attuazione compiuta dell’unità cosmica, e  ciò che questa è in potenza, ed esso è in atto. Or quando  lo spirito si abbia assimilato la natura e sé stesso per quella  serie di sviluppamenti che va spiegata nella Fenomenologia,       L'HEGELISMO NAPOLETANO    205    egli, a rendere scientifico il suo processo spontaneo ed in-  cosoio di sé, si rifà sopra il cammino fatto. E può rifarsi in  tre modi. Quando rigira sè in sò, dà luogo a quel ripensa¬  mento che si dice riflessione psicologica; e quando si ripete  su la natura, partorisce la riflessione detta dal Gioberti ontolo¬  gica. Ma sopra eoteste due guise di riflettere, ve u’ ba una  terza, che lo vince di pregio e di amplitudine, vale a dire  la riflessione logica, nella quale lo spirito si rivolgo su la  sua azione medesima, sul proprio pensiero... su la natura e   10 stesso spirito è Dio, ossia l’unità vera, l’unità che non  è il moltiplico, ma lo fa. Se l’unità cosmica fosso tutto, 1’ ul¬  timo grado del pensiero sarebbe la riflessione psicologica e  l’ontologica, e la logica non sarebbe possibile. V’è logica,  perché v’ha un assoluto perfettamente uno; v’è la logica,  perchè v’è Dio... Da logica è dunque l’unità finale della  cosmologia e della psicologia, come la protologia n’ era stata  1’ unità primitiva. L’ unità assoluta, 1’ unità cosmica, 1' anima,   11 concetto; ecco le quattro gradazioni, per le quali passa il  pensiero speculativo, produceudo una scienza eh’è la prima  e la massima, e che comprende la protologia, la cosmologia,  la psicologia e la logica. . (p. 2fi)   Venendo alla storia della filosofia, il Fiorentino di¬  chiara che il disegno della storia si deve modellare  su quello della scienza : sicché la storia dev’ essere essa  medesima un sistema. « Una storia che non fosse un  sistema ma un’ imbastitura di fatti racimolati qua e là,  non sarebbe meritevole di tanto nome». Quindi la con¬  nessione da preferire tra i vari sistemi è quella logica.   So bene io essersi talvolta tenuto conto o della successione  cronologica, o della continuità etnografica; confesso che  queste maniere contengono qualche parte di vero ; che il  tempo maturi ed incalzi le deduzioni della logicn ; che la  scienza alcune volte si sviluppi come un dramma vivente in  una nazione: nondimeno il pensiero, essendo di natura estem¬  poranea ed eslraspaziale, mal si potrebbe acconciare tra questi  angusti cancelli... Egli è da maravigliaro intanto come fra  tanti che hanno trattato la storia della filosofia quasi uiuno  abbia fatto capo dellu genesi logica dei sistemi, salvo l’Hegel    206    STORIA DELLA FILOSOFIA    in cui celesta legge si appalesa inflessibile come il fato; e  nelle cni mani la storia si trasforma in una geometria, dove  nulla viene lasciato all’arbitrio del pensatore. Hegel accorcia  e distende i sistemi come il Procuste della favola, affinché  tutti ripetessero costantemente il ritmo prescelto della trico¬  tomia. Il Richtor inchina per contrario a sostenere l’au¬  tonomia delle scuole e dei sistemi ; sminuzza, taglia i nervi,  e leva di mezzo ogni addentellato. Nel primo 1’ uniformità ò  monotona, nell’altro la varietà rimaue disordinata ed inor¬  ganica. Contemporaro però questi due estremi, badare alla  continuità del pensiero universale, senza disconoscere l'in¬  fluenza individuale, è proprio mettersi sul giusto mezzo, ed  in postura convenevole, onde si possa portar giudicio sopra  i sistemi. E qnando dico sistemi, io non guardo alla breccia (f),  ma alla radice: non all’aspetto subbiettivo, o nlla convinzione  del filosofo, ma alla materia, eli’ è stata fondamento della  sua opinione. Voglio vedere non quel ch’egli crede, ma quali  cause lo abbiano sforzato a questa credenza... (p. 29)   La storia della filosofia presuppone un sistema, che  sia come il regolo con cui conviene riscontrare e mi¬  surare le dottrine. E dalla maggiore o minore ampiezza  del criterio di una storia, dipende il valore di questa.   Hegel ha immedesimato la storia della filosofia col suo si¬  stema, affermando non essere tutti gli altri se non momenti del  suo, e (singolare ardimento!! egli non si è peritato di pian¬  tare le colonne di Ercole della filosofia ! L’avvenire giudicherà  di lui, provando coi fatti, se dopo la grande Enciclopedia  ancora allo spirito umano qualche cosa rimarrà da fare.   Infine il Fiorentino toccava la questione di una filo¬  sofia italiana contestata dagli storici stranieri.   Mettendo n rassegna le nazioni filosofiche di Europa, Hegel  tripartisce il mondo della filosofia moderna, maiorasco ina¬  lienabile, tra l’Inghilterra la Germania e la Francia... Il  Cousin di poi, n cui non tornava conto una terza nazione,  non avendo una tripartizione a fare, ridusse le partite, e  diede luogo a due nazioni soltanto, alla Germania ed alla  Francia... Il professore di Berlino e quello della Sorbona si       L’ HEGELISMO NAPOLETANO    207    trovano peri» d’accordo nel diseredare l’Italia. E perchè 1  Forse Telesio e Galileo non parlarono mai del metodo spe¬  rimentale ? Giordano Bruno non mosse dall’unità della sostanza  prima ancora dello stesso Spinoza? Campanella non iniziò la  osservazione psicologica? K Vico non partì dalla conversione  del vero col fatto, statuendo il fondamento più solido cito  potesse avere la filosofia? Nulla di tutto questo, o signori;  tre termini bisognarono all’ Hegel, due al Consin, e per noi  non rimase luogo. L’Italia, se diamo retta alle divisioni di  oltremonte non ha fatto mai nulla, non ha pensato mai a  nuli», e sola, spogliata del comune retaggio dell’urnan go-  nero, ella è costretta a stare spettatrice stupida od ingloriosa  delle maraviglie altrui. Troppo beata, se il passato della Ger¬  mania o della Francia potesse diventare il suo presente;  troppo venturosa se, chiamata dalla straniera magnanimità, le  venisse consentito di spigolare nel campo, ove a si larghi  manipoli hanno gli altri mietuto.   Mi rincresce, o signori, di dover prorompere in parole  amare verso uomini al cui ingegno porto di cuore molta ri-  vegenza; me ne rincresce ancora più forte per dover rinfre¬  scare titoli lunga stagione abusati, quando la gloria dei padri  fu chiamata a coprire la riprovevolissima inerzia de’ figli. No,  io protesto, signori, die noi non vogliamo addormentarci sugli  allori dei nostri padri, che noi non vogliamo farci belli della  loro gloria, fragile schermo alle immeritate rampogne... (p. 31)   Il Fiorentino ricordava la « gran sollecitudine » che  a Napoli egli aveva visto « affaticare gl’ intelletti traen¬  done argomento a bene sperare e ad asserire che forse  la filosofìa era « deputata a maturare i fati della patria».  Faceva voti cho quel « desiderio ardentissimo » si dif¬  fondesse da Napoli per tutta Italia ; « lieto di poter  proseguire l’impresa, che qui (a Bologna) inaugurava il  suo illustre predecessore»; cioè lo Spaventa. Infine,  una patriottica perorazione :   Por gli altri, o signori, la scienza può essere forse un ad¬  dobbo ed un decoro, por noi italiani è desiderio di riscossa,  è condizione indispensabile di vita. Noi non sapremmo pas¬  sarcene senza tralignare dalla nostra antica fierezza, senza    208    STORIA DELLA FILOSOFIA    disconoscere la missione nostra nella storia. E poi grandi  cose ancora ne avanzano a fare, nè potremmo meglio allenarci,  che fortificandoci la mento di profondi studi. Nella infanzia  dei popoli era la fede che operava prodigi, e remica possibili  le Crociate; nella loro virilità non si possono aspettare altri  miracoli, che lineili della scienza... Un pensiero che non fosse  progenitore fecondo di magnanimi fatti, io lo disdegnerei;  ma esso avventurosamente non sarebbe nemmeno da dire  pensiero, si bene fantasma vano, e passeggero capriccio. Io  nel filosofo anzi tutto voglio guardare l’uomo coni’esso è, e  voglio trovarcelo vergine, schietto, maschio e vigoroso. Io  batto le mani a Socrate che combatte u Potidca, sento un cotal  orgoglio di coltivare la scienza elio mantenne serena la fronte  di Giordano Bruno avanti al rogo: applaudo a Kicbte che  lascia la cattedra di Jena e corre sui campi di Lipsia; e non  so rifinire di ridurmi nella memoria Sl’acteria, Mestre e Cur-  tatouo, ove siete caduti voi, Santarosa, Poerio e Pilla, va¬  lorosi ingegni, valorosissimi cittadini.   Sì, o giovani, di profondi veri e di magnanimi fatti noi  abbiamo bisogno, e 1’ Italia sarà. Addoppiate gli sforzi... Per¬  corriamo di conserva e con alacrità 1' arduo arringo della  scieuza, e siamo certi di cooperare in tal guisa potentemente  al riscatto della patria nostra. La scieuza lo iniziò, ed essa  indubitatamente lo coronerà, snebbiando le nienti, aprendo il  cuore a piò candidi alletti ed utlbrzando le braccia della no¬  vella ed adulta generazione. Un ultimo sforzo ancora, e quanto  prima il Ponte di Rialto risuouerà dell’ eco dell’ inno nazionale  cantato sulle serve lagune dell’Adriatico, e le piume dei nostri  bersaglieri si agiteranno al vento che spira dai sette colli  (pp. 32-33).   Dagli studi sulla filosofia greca pel corso universitario  annunziato nella lettera del 12 gennaio 1863, fatti sotto  l’ispirazione dello Spaventa, uscì il Saggio storico sulla  filosofia greca (Firenze, Le Monnier, 1864), dove il gio-  bertiuno di tre anni innanzi, autore dell’ opuscolo 11  Panteismo e G. Bruno, si palesava hegeliano e scolaro  dello Spaventa, di cui infatti metteva a proposito la  memoria su Le prime categoi'ie della Logica ili Hegel (1864).   Così il Fiorentino si staccava coraggiosamente da’          L* HEGELISMO NAPOLETANO    209    vecchi amici di Napoli : onde nella conclusione del Saggio  (p. 302) accennava: «Devoto alla verità, non mi ter¬  ranno del certo impastoiato nè vecchie preoccupazioni,  nè codarde paure». Non gli mancarono, infatti, silenzii  sdegnosi e tacite rampogne, seguite da una rottura,  che fu la prima origine della polemica scoppiata dodici  anni dopo con l’Acri e il Eornari. Nella seguente lettera  ne abbiamo il più antico documento:   Mio carissimo amico,   Vi so infinitamente grado di llo coso gentili che mi dito  del mio libro, o non vi nascondo che le vostro parole mi  sono valso di sprone efficacissimo a seguitare. Voi sapete di  quanto peso io tenga il vostro parere? o come lo anteponga  ad ogni nitro che potessi avere in Italia, o anche (V oltre¬  mente 5 onde me n* è venuta allegrezza o buona voglia da  non potersi misurare. Per me la filosofìa è stata sempre un  amore, e perciò mi vi sou messo in buona fede, e senza preoc¬  cupazione di partigiano. Non timido amico del vero, io  dirò sempre aperto il mio modo di vedere; ed in ciò debbo  confessare che voi mi siete stato esempio e conforto. Delle  altrui dicerie non mi brigo; conserverò P amicizia a chi me  la continua non ostante il dissidio delle opinioni, coni’ è mio  costume; uon mi dorrà di perdere amici, i quali pretendessero  d impormi un treno, e di vincolarmi con pastoie, che Panimo  mio, non che nou comportare, anzi disdegna.   Questo anno mi occuperò «Iella filosofìa tedesca, e epocial-  nmnte di Kant, lo cui opere ho già tutte, oltre ad altre espo¬  sizioni, tra le quali quella del Cousin. Sopra tutto ho in  pn.'gio il vostro lavoro su Kant e Rosmini, dove mi pare ve¬  dere il kantismo scolpito con tutP i suoi pregi e le sue la¬  cune.   Mi vo procacciando i nostri filosofi «lei Risorgimento, per  occuparmene in un lavoro che ho in animo di stendere que-  st’anuo medesimo. Ditemi voi se le biblioteche di Torino,  dove siete stato, ne hanno qualcuno, e quale; perchè potrei  chiedere al Ministro che fossero di mano in ninno mandati a  questa hibliot«^ca por studiarli...   Vi ricordo e rnccomando da ultimo l’affare della Metafisica  1-1 — Gentili:. Storia della filosofia.      210 STORIA DELLA FILOSOFIA   Aristotile del Bonghi, avendo egli ora il tempo di de¬  dicarsi alla continuazione di quella stampa. Add.o, uno ca¬  rissimo amico, e ricordate ed amate    Di Bologna, 19 novembre 1864.    Il tutto rostro        £—5S-Svt*-- —   Addio.   Dal lavoro su Kant e Rosmini dello Spaventa ossia  La filosofia di Kant e la sua relazione con la filosofie  italiana (Torino, 1860, rist. in Scritti filos pp. 1- 9)  il Fiorentino aveva mostrato nel Saggio di avere ben  compreso il valore della categoria kantiana. Ma poco  vantaggio potè certo cavare dalla esposizione <  Cousifr^Li «fe filosofìa di Kano che - 18«  era stata pure tradotta in italiano da F. Irmctiera  eredità, probabilmente, dei primi studi di Napoli, avan  alla conoscenza dello Spaventa. Della tradurne della  Metafisica di Aristotele, di cui il Bonghi aveva pubblicati  i primi sei libri a Torino nel 1854, il Fiorent.no in¬  sieme col Bonatelli, che allora gli era collega a Bologna  procurava di rendere possibile, con una sottoscrizione .  resto della stampa, anzi la pubblicazione completa, con  hTristampa della prima parte; ed è a deplorare che non  ‘ S riusci», e che Jop» il Bonghi ne .1*» *»b.n.  donato il pensiero, quantunque la sua interpretazione   non sia senza difetti.   TTT^ale che allora pubblicavano a Napoli il De Sancii» e .1  Settembrini.           L’HEGELISMO NAPOLETANO    211    Il corso 1864-65 fu in effetti consacrato a Kant. Della  prolusione è notizia in quest’ altra lettera, dove il Fio¬  rentino torna a lagnarsi del silenzio del Fornari, dando  a divedere quanto pur ne soffriva il suo animo affettuoso':   Carissimo amico,   ...Io sono venuto qua a passarvi le feste, ed ieri, appena,  arrivato, vi ho trovato la vostra lettera rinviatami da Bologna.  Aspetto con premura la vostra lunga lettera, ora che le va¬  canze ve ne lasciano il tempo.   Ho letto a Bologna una prolusione su Kant, di cui questo  anno mi occupo precipuamente. Sarà stampata a Firenze in  un nuovo giornale scientifico, elio ha per titolo La civiltà  italiana, e eh’è diretto da De Gubernatis. Quando ne avrò  gli estratti, ve ne manderò uno subito. Se voi voleste scrivere  qualche rosetta, o in qualche modo valervi di questo nuovo  giornale, so che De Gnbernatis no sarebbe lietissimo, fc un  bravo giovane, che io ho conosciuto, e che vi ammira molto.   Sapete voi, che, avendo mandato il mio libro ad alcuni a  Napoli, non ne ho avuto neanche risposta! Che voglia dire,  non so ; ma mi par barbara usanza il voler imprigionare la  mente umana. La mia, non si lascia inceppare, e rinunzio vo¬  lentieri ad alcuno amicizie, quando queste non possono con¬  ciliarsi con l’amore della verità.   Por la soscrizione ili Bonghi vi rinnovo le premuro, perchè  egli sta aspettando che io gli rimandi i manifesti. So come  si vada incontro ad inconvenienti, ma noi non assumiamo  nessun obbligo personale. Addio, mio carissimo amico, ed  amate   Di Perugia, 26 dicembre 1861.   Il vostro afet.mo sempre  F. Fiorentino.   La Civiltà italiana pubblicò nei primi tre numeri (I  trimestre, gennaio 1865) il discorso del Fiorentino : Em-  manuele Kant ed il mondo moderno; come pubblicò di  lui stesso il 19 febbraio 1865 (n. 8) lo scritto su I dia-    1 Cfr. quello che se ne dice nella Filos. contemp., p. 139.       212 STORIA DELLA FILOSOFIA   Ioghi di Orazio Rucellai; dall’aprile al giugno dello  stesso anno (II trimestre, nn. 1, 2, 5, 7, 11 e 12), le  lettere Stilla Scienza Nuova di Vico / e nel luglio, il  discorso Dell’armonia del concelto di Dante come filologo,  come storico, come statisla (II semestre, nn. 1 e 2): lavori  tutti ristampati più tardi dall’ autore, salvo il primo,  negli Scritti vari (1876).   Del discorso su Kant dimenticato conviene riferire  qualche pagina, la quale dimostra quanto il fiorentino  avesse profittato della lettura degli scritti dello Spaventa.   Ecco, per esempio, come poneva il problema kantiano :   jjji sperienzu prima di Kant era stata smaltita siccome il  fondamento più stallilo della scienza, o come le colonne di  Ercole, di là dalle quali non era dato allo spirito umano  travalicare senza pericolo d’imminente naufragio. Kant ri¬  flette, clic la sperieuza è tiu fatto, e ebe perciò non può  essere primitivo; essendo un risultamento, del quale si può  e si deve cercare la guisa e la ragione del nascimento. Egli  adunque propone una domanda nuova nella storia della tìlosoiìa.  coni’è possibile la sperienzat E più generalmente ancora:  coni’ è possibile il conoscerei Con la quale domanda 1 oriz¬  zonte della scienza si trova onninamente cangiato, e i vecchi  filosofi seriamente imbrogliati. Il Galluppi, che primo in Italia  giudicò convenevolmente il movimento kantiano, si accolse  di questa novità di problema, e con la Bolita sua semplicità  di linguaggio la espose così: — Prima di Kant la filosofia era  dommutio .1 o scettica: con lui comincia una nuova forma, la  critica. E prima, difatti, i filosofi o ammettevano la sperieuza,  o no; Kant uè l’nmmise, nè la rifiutò; ma disse: come si  formai II problema così mutato non versava più sull’esi¬  stenza del fatto, ma sul suo nascimento; e cotesto è la mu¬  tazione più sostanziale che Kant avesse recato in mezzo nella  scienza filosofica.   I.a Scolastica mutuava or dalla tradizione religiosa, or dalla  storia, or finalmente dalla filologia il contenuto della sua  scienza: presupponeva l’anima, il mondo, Dio, i loro attributi,  la loro origine, e vi attagliava una forma scientifica per pal¬  liare l’intrinseco difetto. Cartesio se ne sdegnò, e sopprimendo       213    L’ HEGELISMO NAPOLETANO   quel vuoto ingombro, fece capo alla coscienza, dove credette  trovare il punto stabile, sul quale puntellando la leva onni¬  potente del pensiero si mettesse in grado di smuovere il mondo  antico, e di sfasciarlo. La filosofia sperimentalo sotterra¬  tagli ridusse lo spirito a tavola rasa, e vi disegnò sopra le  prime linee della scienza nascente. Kant sorpassò l’uno e  l’altra, e soffiò su tutto il sapere precedente, perfino su la  coscienza di Cartesio, pertìuo su la sperienza di Locke ; es¬  sendoché entrambe contenevano degli elementi variabili,  ed egli, messo su l'avviso dalle rigide deduzioni di limile]  non voleva più far entrare nella scienza nulla elio avesse  sembianza di mutabilità.   Esposte rapidamente la unificazione del molteplice,  onde nell’esperienza kantiana s’intuisce il sensibile e  onde si giudica per mezzo delle categorie le intuizioni,  il fiorentino dimostra come la vera unificazione ancora  non sia compiuta, essendosi passati dall’ opposizione  della materia e della forma dell’intuizione a quella di  intuizione e categoria.   Il legame primitivo, ove si rannoda il multiplo sì della  sensibilità, come della intuizione, è l’unità trascendentale  della coscienza. E badiamo che non ci tragga in inganno il  nome medesimo di coscienza, di cui Kant si vale in due si¬  gnificazioni ben differenti. Questa coscienza trascendentale ò  primitiva ed originaria; producondo gli opposti, non può ella  essere un opposto; se no, si andrebbe all’infinito. L’altra  coscienza di soconda muno vien oontraseguata con la giunta  di empirica, ed è una fattura di quella primo, come ogni  altro fenomeno: va costruita con la forma del tempo, con le  categorie di possanza, di causa, di relazione, e via via. La  coscienza empirica, insomma, ò posteriore assai alla coscienza  trascendentale, la quale sola ò unità originaria e feconda.   L non è senza ragione se ho ribadito questa distinzione,  essendo capitalissima nel sistema che stiamo abbozzando, il  vero merito di Kant non è di avere trovato i concetti a priori,  ma di avere posto a capo della sintesi quella eli’ ei chiama  energia porlentota, vale a dire la unità sintetica originaria della  coscienza. L’illustre prof. Spaventa lia con molto aocorgimento      214    STORIA DELLA FILOSOFIA   messo in sodo questo punto, criticando la esposizione che il Ro-  smiui aveva fatto del Kant. Non è gii che gli opposti sieno  dati, e che lo spirito, trovandoli, se ne impadronisca e li  vada elaborando: questo processo ci era prima di Kant, ed  egli lo ha sorpassato, vedendone la insufficienza. Imperocché  quale conoscenza potessi avere, posto che i termini, ond ella  si compone, fossero stati accoppiati per caso e alla rinlusaf  Data da uua parte la intuizione, dall’altra la categoria, e  poi lo spirito che le sforza ad un’ unione innaturale, o per  lo meno arbitraria ; non si vede che il giudizio sarebbe  un’imbastitura come quella che descrive Orazio, e non già  un processo dello spirito, il cui carattere specialissimo è  l’intimità? Se lo spirito adunque unisce gli opposti, è perchè  entrambi scaturiscano da una sorgente comune, e perchè il  riunirli è per lui una scria necessità.   Ma Kant non fu coerente a questo concetto della sua  energia portentosa. Confusa la coscienza trascendentale  pura con l’empirica, ritenne impossibile la deduzione  logica delle categorie, che ripescò perciò empiricamente  attraverso i giudizi ; stralciò il pensiero dall’ essere, fa  cendo della sua attività una forma affatto vuota ; e finì  nel noumeno inconoscibile.   E la conseguenza è giusta, ogni volta che si ammetti' un  pensiero che non pensa nulla, e, di rincontro, un essere che  non può essere pensato. Se non che lo sbaglio sta appunto  in questa concessione. Un pensiero vuoto non è : un essere  non pensato non è: sono due astratti, ai quali voi accordate,  con soverchia larghezza, forma e persona. Che vuol dir mai  cotesta cosa in sè, che fatalmente sfugge al nostro intelletto?  Cotesto essere oscuro, che brilla per la sua mancanza, e dopo  balenato alla mente, si cela per sempre? Voi diti' di non co¬  noscerlo ed io vi replico con 1’ Hegel, chi' nulla è più Incile  a conoscere di questo punto oscuro. Esso è l’oggetto del  pensiero spogliato di ogni determinazione, vuotato di ogni  contenuto, ridotto alla mingherlina condizione il’ identità pu¬  ramente astratta. Or dunque non raffigurate in lui uuu crea¬  tura vostra?....     L’HEGELISMO NAPOLETANO    215    Nè le altre due Critiche riescono a sanare pienamente  le conseguenze prodotte da questa opposizione risorta  tra pensiero ed essere nella Critica della ragion pura.   Nella stessa Civiltà italiana (II sem., n. 10, 17 set¬  tembre 1865) il Fiorentino inserì una recensione del  primo di quei tanti libri che poi Ruffaele Mariano venne  compilando sui libri altrui : Lassalle e il suo Eraclito,  € saggio di filosofia hegeliana » (Firenze, 1865). Recen¬  sione benevola verso il giovine autore, nella quale giova  rilevare due osservazioni, che mostrano già nel ’65 ben  determinate le due direzioni divergenti degli scolari del  Vera da una parte e di quelli dello Spaventa dall’ altra.  Una è questa : « Perchè chiamate rivoluzionaria, in senso  di... retriva la filosofia di Rosmini? Perchè dir filastrocca  quelln del Gioberti? Questo acerbo procedere verso due  illustri italiani, quando anche si fondasse sul vero, non  sarebbe certo modesto consiglio il tenerlo. Nè veggo che  l’essere hegeliano debba di necessità far avere in poco  conto le loro dottrine, perchè la critica imparziale e  seria, che P illustre prof. Spaventa ha fatto dell’ uno e  dell’altro, prova il contrario».   L’altra è anche più notevole: «Ammesso come pre¬  feribile [a quello di Lassalle] il giudicio di Hegel sopra  Eraclito, non v’ha proprio nulla a ridire, specialmente  su la relazione che P Hegel pone tra Eraclito e P ultimo  degli Eleatici? E forse vero che Eraclito segni un  progresso sopra Zenone? Pare che, Eraclito essendo stato  prima di Zenone, la dialettica obbiettiva di quello sa¬  rebbe apparsa alla coscienza speculativa prima della  dialettica zenoniana ; onde l’andamento storico, per lo  meno, sembra essere stato da Hegel capovolto. Dico ciò,  allinchè l’egregio Mariano si tenga in guardia inverso  la eccessiva fiducia nell’ autorità di maestri, per grandi  che fossero. Le colonne di Ercole dell’ ingegno umano.     216 STORIA DELLA FILOSOFIA   bisogna tenerle discoste più che si può ; e se si potesse  affondarle nell’Oceano, tanto meglio. Anche lo Spa¬  venta era di quest’avviso.   Nel 1865 il Fiorentino si accinse al suo lavoro sul  Pomponazzi, pur continuando all’Università i corsi sulla  filosofìa tedesca moderna. E scriveva allo Spaventa:    Mio carissimo amico,   È trascorso gran tempo che manco <li vostre nuovo, non  ostante die vi abbia scritto durante le vacanze, quando il  Settembrini mi fece sapere ch’oravate a diporto nella cam¬  pagna. Ora che il oholèra si sente a Napoli, io sono divenuto  inquieto per causa di qualche amico elle vi ho, e più d ogni  altro per causa vostra. Levatemi da questa iuquietitudine  scrivendomi due parole che m’informassero della vostra salute.   Io sono tornato qui prima della riapertura della Università,  e vi ho riprese le mie lozioni. Ho passate le vacanze qualche  giorno a Ravenna, un po’ a Firenze, un po’ a Perugia, e poi  il più del tempo in villa.   Sto esponendo la filosofìa tedesca da Kant in qua ; e ciò  alla Università. Sto preparando una biografia ilei Pomponazzi  ricavata dalle sue opero medesime, per leggerla nella Società  di Storia Patria, di cui faccio parte. Se questa prima non  dispiacerà, o non parrà inutile, ne farò qualche altra di  qualche pensatore più importante che abbia insegnato a Bo¬  logna. Oltre l’Acbillini, chi altro mi suggerireste voif Forse  potrei farla ancora del Cromonini, che, stato a Ferrara, può  dirsi delle stesse provinole di Emilia: del Zabarella no, eh’è  stato soltanto a Padova. Io poi a queste biografie, elle leggerò  nella Deputazione di Storia Patria, aggiungerò per conto mio  la esposizione e la critica del contenuto filosofico dei loro  libri, compiendo di ciascuno una monografia. Che ve ne  pare t   ...Col medesimo ordinario vi spedisco un libretto conte¬  nente alcune mie lettere su la Scienza Nuova. Le scrissi per  compiacere a De Gubernatis, che mi chiese qualcosa per la  sua Civiltà italiana. Non sapendo se abbiate o no avuto quel  periodico, ve le mando così radunato, come le feci estrarre;      L’HEGELISMO NAPOLETANO 217   e vi prego di accettarla come testimonianza della mia sincera  stima ed amicizia.   Addio adunque, datemi presto vostre nuove, e ricordate ed  amato   Di Bologna, 30 novembre 1865.   Il vostro afi.mo amico  P. Fiorentino.   E questo il primo disegno del Pomponazzi, la cui  biografìa fu prima inserita negli atti della Deputazione  di Storia Patria per le provincie di Romagna (1867), e  poi riprodotta in capo al volume pubblicato nel maggio  1868. Il 19 giugno 1867 il Fiorentino, che diventava  sempre più intrinseco dello Spaventa, tornava a darne  notizia all’ amico : « Io aspetto la nuova ristampa [della  tua memoria] sul Campanella, 1 perché essendomene  quest’ anno occupato nel corso scolastico, sono desideroso  di vedere come tu l’hai trattato. Ora sono attorno ad  una monografia sul Pomponazzi, attorno a cui raggrup¬  però i più celebri suoi contemporanei. Me lo stampa il Le  Monnier... Me ne dà cinquanta copie e 150 lire pei libri  che mi sono occorsi ». E il 26 aprile 1868: « La stampa  del mio libro è finita, e sono attorno a scrivere due  parole di conclusione, per le quali ho aspettato di ri¬  leggere tutto il libro, che non avevo riletto, nè ricopiato,  dopo scrittolo. A Firenze, nella Magliabechiana, trovai  di Pomponazzi un manoscritto inedito col titolo di Quae-  sliones ammostiate : * le chiesi al Napoli. 3 Mi promise di  spedirle subito, ed ancora non le vedo. Ciò mi turba  non poco, non potendo sbrigare subito la stampa. Ma¬  ledetta fiaccona degl’italiani! ».    1 III Saggi ili critica, Napoli, 1867.   5 Cfr. Fiorentino, Pomponazzi, p. 509.   «Federigo Napoli, allora segretario generale del Ministero della I. P.         218    STORIA DELLA FILOSOFIA    Uscito il libro, il Fiorentino, mandato che l’ebbe allo  Spaventa, ne attendeva con la solita ansietà un giudizio.  E giudice, in altro campo, era stato quell’anno lo Spa¬  venta a Bologna, tra ire, sospetti e timori, di cui un’eco  risuona anche nella lettera qui appresso riferita del  Fiorentino. Era stato col Brioschi e il Messedaglia a  fare quella ispezione alla Università, di cui parla il  Carducci in Ceneri c faville ; e aveva riferito lui al Mi¬  nistero.   Mio Carissimo amico,   Ilo ricevuto i manoscritti del Gatti, che ho consegnato  subito al Siciliani, uonchè lo due dispense che mi mancavano,  e di cui ti ringrazio vivamente... Non ho visto incora l>e  Meis, ma fari) di tutto per leggere la lettera di venti pagine: 1  ci dovrà essere una epopea intera.   Qui si fa un grati dir male di te per la famosa relazione: *  io uon l’ho letta, e se non la leggerò, non me ne sto al detto  di nessuno. Mi si è detto cose, alle quali, come puoi pensare,  non ho potuto dar credito: tra le altre cose che voi avete  dato una patente d’ignoranti a tutta l’università in massa,  e che in difetto di scienza, si va in cerca di popolarità nello  associazioni politiche, lo per me, se fosBe vero il detto, nou  protesterei per l’ignoranza, che sento di averne una grossa  dose in corpo, nm protesterei per la popolarità, perchè non  no ho avuto mai gran voglia ; e se si acquista nei cliilie, ci  vorrà un pezzo prima che me ne tocchi un briciolo. Manco  male se si acquistasse dormendo, perchè allora potrei averci  delle pretensioni. Fuori di scherzo, quello che si bucina qui,  e che ha prodotte molte ire, nò senza ragione se fosse vero,    1 La lettera al De Meis che fu pubblicala col titolo Paolotttsmo,  positivismo e raslonallsmo , c che é qui appresso citata.   « Si allude a una Relazione da lo Spaventa presentata al Ministero  della P. I. in seguito ad una inchiesta da lui fatta in commissione  col Brioschi e col Messedaglia, nell’ Università di Bologna, iter ragioni  d'ordine politico, nel 1868. Un articolo del Carducci su questa faccenda,  pubblicato Dell'Amico del popolo, di Bologna, del 29-H0 luglio iami. si  può vedere nel volume teneri e faville, serie I: Opere, V, 61 sgg.     L’HEGELISMO NAPOLETANO    219    è qnell’aver messo sotto nini tuie cntegorin, e tutti in un  fascio, i professori bolognesi, lo sono nn mezzo proscritto, perchè  sapendomi tuo amico, o si guardano di me, o mi tempestano  a tutta furia.   Lasciamo questa miseria. Ho letto i documenti che il Berti  lui stampato della vita di Bruno. Il processo veneto, se  non e stato adulterato il contenuto, fa mostra di poca fer¬  mezza, o non so persuadermene. Che cosa ne dici tu! Gli hai  visti! 1   Ho tra le mani pure la seconda edizione delle opere di  Comte, e voglio leggerla tutta, perchè ne ho Ietto soltanto  esposizioni, benché assai larghe.   Il mio libro è (inito, almeno le correzioni ultime le mandai  una settimana fa, ma ancora noi vedo. Appena uscirà, scriverò  a Firenze, che di là stesso te ne mandino mia copia, per far  più presto. Tu poi leggila col tuo comodo, e dimmene il tuo  parere, quando potrai. Capisco che hai molto da fare, o che  non puoi tutto quello che vuoi.   Mi prometto di avere qualcosa di tuo pel giornale; qualcosa  del Settembrini, fosse anche tuia pagina. Il Siciliani spesso  me ne fa premura... Io non solo non ti ammazzo, ma ti rin¬  grazio, e col vecchio adagio ti ripeto: meglio tardi che inai.  Non credo però a quel « subito », con cui vuoi darmi ad in¬  tendere che mi scriverai del lavoro di Labriola.* * Sii contenterei  che fosse tra nn mese.   Hai avuto il libro del De Meis! 3 Dopo il Don Chisciotte non  ho letto libro che mi avesse fatto rider tanto : le cause del  riso sono spesso gravide di grandi pensieri. Mi piace molto,  ma molto. Qui l’hanno con lui tutti, il dott. Rossi perchè  noi trova abbastanza filosofo, le donne per essere state chiamate  animali domestici, e portino i bambini per essere stati ingiuriati    1 II Fiorentino, esaminali più lardi gli atti del processo veneto,  si confermò Infatti nel sospetto che fossero adulterati. Vedi un suo  scritto nel Oiorn. napol. di fllos. e teli., luglio 1878.   * Non saprei dire a qual lavoro si alluda.   * Il Dopo la laurea del l)e Meis (1808-69).       220    STORIA DELLA FILOSOFIA    per tignosetti. La contessa Gozzadiui 1 gli scrisse una lettera,  nella quale si firmava: « l’animale domestico di Gozzadini*.   Addio, mio carissimo Spaventa, veglimi bene come te ne  voglio io   Di Bologna, 19 maggio ’68.   Aff.mo tuo amico  F. Fiorentino.   Lo Spaventa dovette rassicurarlo sul contenuto della  famosa Relazione. Quindi quest’ altra lettera del Fio¬  rentino :   Mio carissimo amico,   Ero capacitato anche prima, che tu non potevi aver detto  tutta quella roba da chiodi di questa Università, che altri  diceva, ed i pih credevano, lo perù, come amico, mi tenui  in obbligo di informartene, non per conto mio, ma per tua  regola. Tu puoi già pensarti, che con gli altri ho detto, e  gridato, e asseverato, esser impossibile che tu avessi voluto,  e potuto dire quello che non era; e elio la verità poi non si  può, nè si dove tacere. La tua lunga lettera mi ha fatto bene,  perchè mi ha snebbiato adatto la meute: il cuore, già s’in¬  tendo, propendeva sempre a darti ragione, e non ci era bi¬  sogno di altri eccitamenti. Io dunque non solo non ti ammazzo,  ma neppure ti muovo un rimprovero, molto meno poi per  mie personali considerazioni, lo sono un misto di stoico, di  cinico, e di scettico, che di questi tre elementi non so quale  prevalga pih. Dal Ministero non voglio nastri, dagli studenti  non voglio applausi; dunque, mi sento in grado di resistere  ad ogni tentazione. Ad una sola cosa non resisto, ed è il  bisogno di voler bene agli amici, e di dir loro franca, ed  anche brusca la verità.   Tu avrai dovuto ricevere a quest’ ora una copia del mio  Pomponazti; perchè io, vedendo il ritardo di Le Monnier a  spedirmene le copie, commisi ad un mio amico di spedirne    1 Maria Teresa G., di cui scrisse la Vi la 11 marito, Giovanni Goz-  zadini (Bologna, Zanichelli, 1884), con pref. di G. Carducci. V. pure  Carducci, Opere, III, 369 ss.         221    L’HEGELISMO NAPOLETANO   una copia almeno a te ila Firenze stessa. Fa il tuo commotlo  nel leggerlo, ma poi dammene il piìl severo giudizio die tu  possa, perchè da nessuno me lo aspetto piìi aspro e più  istruttivo. Chi mi dica: bravo, non ini mancherà; ed anzi  più me lo dirà chi meno me ne crederà degno, nè io ho da  peccar contro la modestia per accettarli, o per pronunziarmeli  io stesso; ma chi mi mancherà di certo sarà chi mi dica: qui  hai sbagliato, là avresti dovuto pensar meglio: queste pagine  avresti dovuto bruciarle intere intere. Kbbene, voglio che  quest’uno non mi manchi, e dovrai essere tu. Mettiti al naso  l’inseparabile occhiale, aggrotta le ciglia, prendi quel cipiglio  mezzo tragico che hai nella fotografìa di Napoli ; e per dir  tutto in una parola, figurati di scrivere una pagina di quella  relazione, per la quale vivrai eterno tra gli archivi del Mi¬  nistero, e poi scrivimi un letterone quanto quello che scrivesti  a De Meis. Più male parole ci troverò, e più te ne renderò  grazie.   A proposito, quella tua lettera, con partito unanime, fu li¬  cenziata alla stampa, riseoandone certi nomi propri, e certe  espressioui che ricordavano il Candelaio di Brano... Io mi oc¬  cuperò in alcuni articoli successivi dei tuoi lavori. Vorrei  farne tre o quattro, o quanti me ne verranno, per far notare  lo sviluppo della filosofia italiana secondo la tua critica, che  a me pare una vera scoperta. Ma aspetto prima di finire le  lezioni, perchè tu sai che questa rivista non è tanto facile...  Addio, mio carissimo Spaventa, e veglimi bene come te no  voglio io   Di Bologna, 3 giugno 1868.   Ajff.mo tuo amico  F. Fiorentino.   La lettera dello Spaventa, stampata nella Rivisiti Bo¬  lognese, , che allora il Fiorentino pubblicava con l’Al-  bicini, il Siciliani e il Panzacchi, è quella al De Meis,  col titolo Paolottismo, positivismo e razionalismo (rist.  in Scritli filosofici, pp. 291 sg.). Gli articoli che il Fio¬  rentino aveva in animo di scrivere sulla scoperta dello  Spaventa, non furono più scritti. Ma egli se ne occupò  qualche anno più tardi in quello inserito nell’itoh'a  dell’ Hillebrand.       222    STORIA DELLA FILOSOFIA    E poiché abbiamo accennato alle brighe universitarie  bolognesi del 1868, di cui fu tanta parte il Carducci,  diamo pure un altro curioso brano di lettera del Fioren¬  tino, diretta allo Spaventa poco dopo la sua partenza  da Bologna, dove si serba il ricordo d’una polemica  del Carducci col De Meis e col Fiorentino:   « Io sono stato poco bene, parte per la stagione che  corre, parte ancora per una certa polemica, nella quale  ci siamo trovati De Meis ed io, e di cui non so se ti  è pervenuto rumore. Or dunque, hai da sapere, che il  Carducci, credendo dall’articolo di De Meis, intitolato  Il sovrano, 1 offesa la dignità del suo partito, gli scrisse  contro nell’-Amico del popolo parole aspre. Gli diede del-  l’imbecille, chiamò citrullerie le cose dette dal De Meis...  L’ articolo non era firmato ; ma io sapeva esserne stato  autore il Carducci, per aver questi scritto le stesse cose  in una lettera particolare al Siciliani. s Risposi io, di¬  cendo... potersi combattere le opinioni, senza insultare  le persone. Il Carducci si rivolse contro di me una prima  volta ; ed io lo avvertii privatamente, che lo avrei jHinto  sul vivo. Non si stette a questo avviso, e ripigliò da  capo una tirata contro di De Meis e di me ad un tempo »  (18 marzo 1868).   Il Fiorentino replicò, ed ebbe, a quel che sembra,  l’ultima parola. Ma, «tutto ciò mi ha irritato», egli  scriveva nella stessa lettera, « ed il povero De Meis  n’era rimasto seriamente afflitto : dopo avuta la rivincita,  che tutta Bologna ha approvato, si è rinfrancato ; ed ora    * Pubbl. nella Rivista bolognese del 1868.   * Documenti dell’amicizia del Carducci per P. Siciliani sono i  giudizi del primo sul Rinnovamento della filosofia positiva in Italia  del Siciliani, In Ceneri e faville, 8. II, Opere , VII, 362-68: e le af¬  fettuose parole Alla bara di P. Siciliani, in Ceneri e faville, s. Ili,  Opere, XI, 313-316.      L’HEGELISMO NAPOLETANO    223    è allegro e sta bene... Eccoti descritta la nostra battaglia,  eh’è finita con nostro decoro».   Quegli articoli il Carducci non li volle pili ristampati.  Ma insieme con quelli del Fiorentino sono stati rin¬  tracciati dal Croce, che ha così potuto tessere la storia  di questo aneddoto. 1   In un’altra lettera di due anni appresso (25 maggio  1870) del Fiorentino allo Spaventa si legge ancora: « Io  sono sul punto di rientrare in lizza col Carducci, che  mi ha provocato con una nuova lettera insolentissima.  Questa nuova contesa, alla quale non ho potuto sot¬  trarmi, mi fa crescere il desiderio di allontanarmi de¬  finitivamente da Bologna ». Nel novembre 1871 il Fio¬  rentino, infatti, si fece tramutare nell’ Università di  Napoli, come professore di Filosofia della storia.   Ma non aveva lasciato Bologna quando cominciò a  lavorare intorno al Telesio. Ecco infatti che cosa scriveva  allo Spaventa il 14 gennaio 1869:   Mio carissimo amico,   Sono passati sei lunglii mesi che uè ti ho piti visto, nò ho  avuto tue nuove, tranne questa che mi diede tuo fratello,  che tu eri stato a villeggiare negli Abruzzi. Ora è cominciato  un anno nuovo, e voglio ritentare se tu, chi sa, volessi pure  incominciare una vita nuova. Dalla parte mia non voglio  mancare di mandarti i miei augnrii, tra i quali non ultimo  quello di scrivere un poco più frequentemente agli amici. Vedi,  che non ho detto di pensare o di voler bene ad essi, perchè  so che per questo riguardo non ci è bisogno di miglioramenti.   Io quest’ anno mi occupo di Leibniz o di Spinoza princi¬  palmente, poi dei seguaci, e, se mi avanzerò il tempo, di Ma¬  lebranche. Mi servo, oltre alle opere loro, di varii espositori  e critici, tra i quali della stupenda storia di lCuiio Fischer.    1 Vedi B. Crocb, Documenti carducciani: una dimenticata potè-  mica tra II Carducci, F. Fiorentino e A. C. De Mele, nella Critica  vili (1910), pp. 401-421.       t    224 STORIA DELLA FILOSOFIA   Avrei intenzione di scrivere quulclie cosa sul movimento  telesiano, ed ho scritto per avere alcuni manoscritti che ri¬  guardano Telesio, e che si trovano parte costà, parte a  Firenze. 1 lo aspetto sempre il tuo parere sul mio libro;  parere, che per essere più aspettato, e piìì pregiato di tutti,  si fa lungamente desiderare. Ma verràf Lo spero.   Hai letto che cosa ne scrisse Franti sul Centralblatt? Egli  stesso mandommi con molta cortesia un numero di quel gior¬  nale, dove ci era la sua rivista sul mio libro.   Con De Meis ci vediamo spesso, ma egli non è in grado di  darmi tue nuove, più che io non sia riguardo a lui. La  neve ieri si è fatta vedere la prima volta in città: tu però  quest’anno non verrai a goderne lo spettacolo. Io quasi quasi  sarei tentato di pregare che a qualche professore saltasse in  capo di tribuneggiare per la tassa del macinato, per vederti  comparire in commissione straordinaria. Ma non vorrei poi il  danno del prossimo: in questo sono cristiano.   Tra questi giorni scriverò a Vera per invitarlo a scrivere  qualche cosa su la nostra Rivista. 11 Siciliaui, con le suo  velleità ortodosse, n’ò uscito, come saprai, ed io e l’Albicini  vorremmo tenerla in piedi, anche uu po’ più decorosamente.  Con te non ci vogliono inviti; ma, lo so purtroppo, non c’è  neppure da far grande assegnamento.   Addio, mio carissimo, scrivimi qualche riga, anche per dire  a chi mi doumnda di te, che sei vivo o sano.   Di Bologna, 14 del 1869.   Aff.mo tuo amico  F. Fiokentino.   L’articolo del Franti sul Pomponazzi uscì nel Cen-  tralblait del 30 ottobre 1868, e fu tradotto dal Tocco e  pubblicato in Italia, in una difesa dell’opera del maestro  contro gli attacchi della Civiltà Cattolica (nella Rivista  contemporanea di Torino, a. 1860, voi. LVI, pp. 247 58).   Del Telesio si torna a parlare in una lettera del 9  novembre 1869 : « Tocco ti ha mandato la prima dispensa    1 Vedi L. Settembrini, Epistolario, con pref. e note di F. Fio¬  rentino, 3.* ed. Napoli. 1898, pp. 285-88S. 835-8.     225    L’HEGELISMO NAPOLETANO   delle sue Lezioni, * 1 e so che aspetta il tuo giudizio. Io  ho cominciato a scrivacchiare le prime pagine di un  lavoro sul Telosio, che non so come mi potrà riuscire.  Aspetto la tua memoria completa su P Etica di Hegel. 1  Quanti più ne conosco, tanto più ti stimo e ti voglio  bene. Dimmi ora una cosa; vorrei dedicare a te ed  a De Meis questo mio lavoruccio sul Telesio, quando'  sarà finito: accetteresti tu la dedica? Tra me e te non  ci sono timori di adulazione, o di altri secondi fini :  è una pubblica professione di stima e di amicizia, che  mi piacerebbe di fare...». Il primo volume del Telesio  (18<2) fu dedicato, infatti, allo Spaventa: non solo  come testimonianza di amicizia, ma come dovere di gra¬  titudine e di giustizia: di giustizia verso chi aveva  scritto i saggi sul Bruno e sul Campanella ; di grati¬  tudine per l 'insolita luce che scintillava da essi, e da  cui il I iorentino era rimasto colpito. In questi studi  storici sui filosofi italiani del risorgimento il Fiorentino  infatti non fu, come s’è detto, se non uno scolaro dello  Spaventa: da lui avviato e da lui guidato.   Ecco come cou lo Spaventa si consigliava per pre¬  pararsi al primo corso di Filosofia della storia da tenere  a Napoli :   Camerino, 26 luglio 1871.   Mio carissimo amico,   Ti Borivo da Camerino, per sapere come stai, poiché non  mi iti dato di rivederti a Bologna, dove sperava poter passare  qualche giornata cou te. Avevo anzi desiderio di discorrere    1 F. Tocco, Lezioni di filosofia ad uso de’ Licei, Bologna, R. Ti¬  pografia, 1889, con pref. del Fiorentino.   1 il proemio a gli Studi sull'mica di Hegel era uscito nel 1869 nella  Riv. bolognese; ma l’anno stesso fu ristampalo con gli Studi negli  Atti della R. Acc. delle se. mor. e poi. di Napoli; e il tutto fu ripub¬  blicato da me nel 190-1 col titolo di Principti di Elica (Napoli, Pierro)..   15 - Gkntilb. Storia della filosofia.       226    STORIA DELLA FILOSOFIA   teco seriamente, per sapere che cosa avresti creduto meglio,  ch’io potessi insegnare nel corso dell’unno venturo in coleste  Università. Tu sai meglio di me i bisogni, i desideri!, ed  anche i gusti di costà, lo per me vorrei far poche chiacchiere  sui generali, e, detto quel tanto eli’è indispensabile come in¬  troduzione, entrare a dirittura nel tema, che sarebbe, salvo  tuo avviso in contrario, il mondo grimo. Dol mondo orientale  so poco: avrei bisogno di studiare prima; ed il tempo, per  questo anno almeno, mi manca. Della Grecia conosco qualche  cosa, e con questi tre mesi di studio mi preparerei suffiiiien-  temente. Che cosa ne dici tu? Quali libri mi consigli di leg¬  gere ? lo sto rileggendo gli storici greci ; e dopo averli riletti  testualmente, uii gioverò del Grote e del Curtius. Per la parte  letteraria ho il Milller (Ottofrodo); per le religioni, la Storia  di Alfredo Minirv; per la parte filosofica, il Zeller; per arte  greca forse mi gioverebbe il Winckelmann, ...a noi so, perchè  ancora non lMio lotto.   Da tutti questi potrei attingerò, si sa, i materiali; ma U  resto è da fare. Le poche linee di Hegel nella Filosofia Mia  storia mi servirebbero di traccia: sui tuoi consigli poi faccio  largo assegnamento. Intanto comincia dal darmene qualcuno,  e fa presto...   Tutto tuo  F. Fiorentino.    Aggiungo qui appresso un altro gruppetto di lettere  o frammenti di lettere dello stesso Fiorentino allo Spa¬  venta, di cui trassi copia alcuni anni fa dalla carte  dello Spaventa ora depositate presso la biblioteca della  Società napoletana di storia patria ; poiché anche queste  lettere e frammenti / gettano qualche luce sugli studi,  sulle passioni, sulle idee, che si agitavano in Italia in¬  torno allo Spaventa.   (Pisa, 14 aprile 1873). — Ieri sera parti di Pisa Silvio, ed  a quest’ora sarà a Milano, e domani parlerà a Bergamo. Si  trattenne con me la giornata d’ ieri, ed arrivò qni avantier-  sera. Sta benissimo, e me ne sono consolato tanto. Gli dissi     L’HEGELISMO NAPOLETANO 227   elle ti avrei scritto stamattina ed al solito ti mando queBta  lettera col liciti. 1   K la tna lunga lettera? 15 rimasta tra i pii desiderii, di  cui è lastricato, dicono, 1’ inferno.   Io ho scritto una risposta all' accademico linceo Pietro Hu-  cione. 1 Si sta stampando a Napoli, e vorrei che tu ne guardassi  le prove prima di pubblicarsi. Ne ho scritto al Zumbini,  perchè te la mostrasse. Gli ho fatta una lavata di capo delle  mie solite. La presunzione e P ignoranza nel Ferri si bilan¬  ciano tanto, che non so a quale delle due dare la preferenza.   Aspetto tua lettera dopo letto questo articolo: mi preme  sapere il tuo giudizio, e ti do piena facoltà di mutare, e di  cancellare anche qualche cosa, die non ti paia conveniente,  o inesatta.   (Portici, 9 settembre ’73). — Ieri tornai da Soma, dove la¬  sciai Silvio che stava benissimo. Ho trovato qui una lettera  dello Zeller, clic mi annunziava la sua venuta a Napoli. Oggi  P ho visto, ed ho insieme saputo dal Labriola, che tu sei a  Maddaloni. Vuoi vederlo? Oggi si è parlato di te, ed egli de¬  sidererebbe di conoscerti di persona, come ti conosce di fama.  Dimora questa settimana...   (Pisa, 31 dicembre ’7(i) — Prima che tramonti l’ultimo sole  ili questo anno, e sta già per tramontare, voglio scriverti. Il  tuo ostinato silenzio avrebbe scoraggiato ogni altro, non me,  ohe quando si tratta di te, il peggio che possa pensare è,  che il calamaio l'abbi o smarrito, o asciutto come la sabbia.  Kccoci ora intesi : tu taci, io scrivo.   Io sto bene, e tutti di casa pure, salvo la Tuta 3 eh’è un  po raffreddata. E tu? E donna Isabella? E Camillo e la  Mimi f 4 Speriamo che stiate bene, ed auguriamo che stiate  meglio.    Pisa 1501 ** 0 ’* malenla lico, che insegnava nella Università di   lll0R0, '° Luigi Ferri, cui era sialo tra gli amici dello Spaventa  applicato tale nomignolo dopo elle Vittorio Imbruni nel Olorn  Napol. di filo.,, e leu , I (18 2) 397, aveva rilevato lo strafalcione dal  j ,, commesso nel trascrivere f.V. Antologia, voi. XX, 1872) l'epitrrafe  della tomba del Cusano in S. Pietro In Vincoli leggendo: Promise*  Pelei lìucionts [invece di retri — bucionisj non fefetut eum »   HestItuta Trebbi, moglie del Fiorentino.   * Isabella Scano moglie dello Spaventa; Camillo e Mimi tigli.        228    STORIA DELLA FILOSOFIA   Ln disfatta del nostro partito mi ha commosso non por me,  che sai quanto io stimi il genere umano in massa; ma pe  miei amici, per tuo fratello specialmente, che non ha alte  vita, si può dire, che la politica. Ne sono stato costernato,  ancora è scemata l’impressione. Nicotor» è dunque 1 arbitro  dell’Italia, e tutti, o quasi, gli si curvano, gl. si prosternano  innanzi. Quanta viltà 1 Quanta corruzione! Vaie il pregio <  curarsi del prossimo! E una terribile domanda : piò si conosce  il moudo, e piti si devo disprezzare: Leopardi non aveva  torto. Ma... c’ è un ma; ed io ti confesso che non mi “ ,re “ do -  con tutte le ragioni in contrario. Mi sono chiuso, vivo tra.  miei ed i libri, non vedo nessuno, non conosco e “   conosciuto, e mi sento beato in questo silenzio ed in questa  oscurità. 11 mio Niuarello cresce eh’è una delizia, ad ha tonto  alletto e tanto accorgimento, che mi diverte e mi ristora,  tess’io vederlo giovane fatto come il tuo (.umilio   Non Io perchè, mi sento ora più legato alla vita, come non   Cì iTn povero 1 Settembrini f ■ A casa mia ci fu lutto come  se fosse morta persona nostra: lessi la notizia su la Gazze a  dell’Emilia, ed insieme appresi la scondita di bihio.  colpi in una volta. Ma Silvio tornerà alla Camera, e al Mi¬  nistero, se il senso dell’ onestà non sarà spento nel nostro  nomilo ; il povero Settembrini non tornerà piu .   • Penso di scrivere per lui un articolo sul Giornale napoletano;  è la sola cosa ch’io possa fare per lui. Ma lasciamo questo   tr Che3 U rfacendo t lo sto scrivendo certe lezioni di  filosofia pei Licei: il Morano mi è stato addosso, e finalmente  mi ci sono piegato. È cosa molto ardua, ed il noti poterti  allargare quante vorresti, toglie gran parte della scioltezza  del pensiero, ed anche dello stilo. Farò alla meglio e quel  eli’è peggio, in fretta. 11 Morano commise lo sbaglio di un   f..U, munirò ...» »». «■,•«•*>   fogli, ora con la spada alle reni ni’...calza per la tonti   n u azione.   i n settembrini mori addi 3 novembre 1878. Il Fiorentino non   scrisse poi l'articolo di cui parla in questa lettera; del rimpianto  scrisse P°' ,, u Scriui va .u di tener, polii, ed atte   (Napoli, Morano. 1873; e V Epistolario (ivi, 1883), premettendo agl.   uni e all'altro belle e affettuose prelazioni.      L’HEGELISMO NAPOLETANO    229    All’ Università faccio nu corso di Etica, ed lio riletto la  tua memoria su l’Etica di Hegel. Hai visto il giudizio  portato dal Berlini 1 su di te, o di Hegel f Ci ho avuto molto  gusto, perchè la sua autorità non è sospetta, come In mia,  appresso la filosofia italiana. Povero Bortini, spento anche lui 1   Scrivimi, se puoi, e se vuoi: lascio la cosa al tuo arbitrio ;  non cosi, il volormi bene che in mezzo a tanti disiugauni  mi preme e mi giova assai.   Alla tua famiglia di tanti augurii anche da parte della  mia, e tu credimi sempre, e non a parole.   S. — Vedi se puoi sorivere qualche cosa pel Giornale  napoletano.   (Samhinse, 25 agosto 1877). — Ed ora un’altra notizia.  L’arciprete Pompa mi perseguita per causa tua: ha scritto  su l' Eburino, giornale che si stampa ad Elicli, una recensione  di un uuovo capolavoro artistico dell’Acri, e dico che io sono vo¬  tato a te anima e corpo. Fin qui non erra : ma il reverendo, pos¬  sessore de’ documenti della storia antidiluviana, non sa farsi  capace della mia polemica contro il vice-gesh, ed il vice-  Fornari; cioè contro il Fornari, e l’Acri.   Quest'ultimo, dopo di aver ponzato altri 14 mesi, è venuto  fuori con un opuscolo su Spinoza ; non so che cosa dica, e  come c’entri coi giudizi su la filosofia italiana, ch’egli doveva  convalidare. Non ho nessuna intenzione di rispondere, qua¬  lunque sia il libro, che ancora non conosco, se non per la  receusione dell’arciprete noetico».    1 Su G. M. Berlini (1818-1876) v. lo mio Origini della fllos. contemp.  in Italia. 1,* 129-201. Il giudizio cui alludo 11 Fiorentino, é contenuto  in una lettera del Berlini al prof. P. Merlo, pubblicala nel Giornale  napoletano di fllos. e letl. (ottobre 1876) IV, 823, dov’é detto: « Vi ringra¬  zio di avermi mandato lo scritto dello Spaventa, che io considero corno  il più serio e il più chiaroveggente degli Hegeliani d'Italia. Volendo lo  terminare un corso di filosofia elementare ad uso de’ licei... mi sono  creduto in obbligo di tener conto delle dottrine di quel valentuomo,  tanto più che io sono sempre in questa persuasione, che II restringere  il vocabolo scienza a significare puramente i risultati dell'esperienza,  dell'osservazione e dell’induzione, come si fa oggidì, negando ogni  valore scientifico alle discipline speculative, sia non solo arbitrario,  ma contradittorio... Quindi io credo che sla salutare un ritorno ad  Hegel, o per dir meglio, al suo metodo, e a quella sua assoluta, e  direi quasi eroica fiducia nelle forze della ragione umana ».       230    STORIA DELLA FILOSOFIA    (Pisa, 16 giugno 1878). — Prima di scordarmi, ae hai por¬  tata la Vita di Giordano Urlino, 1 dalla al Betti che me la  porterà: se no, mandala a Domenico Morano, affinchè me  la l'accia pervenire.   li Bruno si sta copiando, e dentro questa settimana co-  mincerò a mandare il manoscritto. Spero che tu hai con¬  certato pei caratteri, pel formato, per la carta. Se non avessi  ancora stabilito niente, scrivo che aspettino Beuz’altro il tuo  ritorno.   Il Peipers mi ha risposto che a Gottinga si conserva sol¬  tanto il manoscritto delP Oratio coneolatona ; ma non mi dice  neppure s’è autografo. Quest’ orazione io la trovai a Roma  tra la collezione degli opuscoli del Cardinal Valenti, ed è  rarissima. Vale la pena di far veniro il manoscritto? Nota  che a Gottinga, la copia stampata non l’hanno neppure.   L’edizione del Gfrorer ! non si trova in commercio : il  Zeller uii ha mandato la sua, la quale però è mancante della  quinta dispensa. Ne ho data commissione, ma non so se mi  riuscirà pescarla.   Ho scritto per l’edizione del Tugiui, Ve Umbrie idearum.   Ho riscontrato il Buhle : non dice nulla di manoscritti : porta  un catalogo delle opere abbastanza esatto. Ho trovato qualche  altra notizia sul Bruno uelPAoidalio. 3   Dopo che tu partisti di Roma, riseppi che nell’archivio  della congregazione di San Giovanni decollato c’ era la no¬  tizia del giorno della esecuzione del Bruno, e che questa  data non corrisponde a quella generalmente ritenuta (17 Feb¬  braio 1600).* * Mi è stata promessa una copia, benché quei  fratacchioni non vogliano far supero nulla. La notizia ag¬  giunge, che a nessun patto si volle convertire. Come sai,  questa notizia è un documento autentico, perchè finora non  c’ è altro che la lettera di quel furfante dello Scioppio.    ■ I.a Vita scritta da D. Berti (Torino, Paravia, 1888).   * Ossia il volume degli Scritti latini del Bruno, pubblicati nel 1838  (frontespizio 1831) da A. Kr. Gfrorer a Stoccarda.   * Cfr. la pref. dello stesso Fiorentino alle Opere latine del Bruno,  ed. naz , I, p. XX.   * Il doc. pubbl. in facsimile nel voi. Ili delle Opere latine del  Bruno a cura di F. Tocco e G. Vitelli (Firenze. 1891).     L’HEGELISMO NAPOLETANO    231    Inoltre il cav. Podestà 1 * mi disse, che a lui orati venute sot-  t’occhio parecchie carte mauoscritte concernenti il Bruno: non  sapeva però dove. Cercai una giornata intera, ma ce ne vo¬  levano delle dozzine di giornate, ed io avevo fretta di tornare.  Il Podestà mi promise di continuare le ricerche: se no, ci  andrò io per lina settimana.   Mi ci sono messo, o voglio riuscire.   Tornato tjiti, trovai Nino ammalato di febbre gastrica: com¬  parvero lo macchie difteriche; in un giorno si pennellarono tre  volte; due altre volte il giorno appresso: disparvero. Ma come  fossi stato io d’animo, tu puoi pensarlo. I nervi mi ballano  ancor», o tra giorni andremo in campagna, in una villa che  ho trovata in iptel di Lucca.   Ilo avuto i titoli di Bàrbera, 5 quelli del Siciliani non ancora:  conosco gli uni e gli altri; ma r/itid agenduml Sono tra l’in¬  cudine e il martello, e non so a qual partito appigliarmi.   E tu dimorerai a Napoli? Ovvero andrai in campagna, e  dovei Vorrei saperlo.   Il Labriola mi ha mandato un suo articolo su la libertà; 3 * e  vorrebbe ne dicessi qualche parola: mi ci trovo imbrogliato.  Capisco il Labriola, quando parla, non lo capisco quando  Bcrive. Non ha stabilità di pensiero, ondeggia in aria, ed  ha la pretensione di parere elaborato, come egli mi scrive.  Capisco Herbart, non capisco lui. L’oscurità non è nelle  parole, o nello stile, è dentro la testa.   Ilo letto il discorso di Silvio, e poi Insita sdegnosa lettera  all’Opinione, tritai maturità ili pensiero nel primo, e qual forza  di carattere nella seconda! Il discorso appartiene al mondo  moderno, ma la lettera è di altri tempi, ed ora non tutti  possono gustarla.   Salutamelo tanto, anche da parte della mia famiglia, che  fa lo stesso con te.    1 11 bibliotecario Bartolomeo P. <m. noi 1910), allora nella Vltt.   Emanuele di Roma.   ’ Luigi Bàrbera, che fu professore di Filosofia morale nella R. Uni¬  versità di Bologna.   * Del concetto della libertà, studio psicologico, nell'Archivio di sta¬   tìstica del 1S78 (risi, in Lakkiola, Scritti cori, ed. Croce, pp. 135-189).        232    STORIA DELLA FILOSOFIA    /). 5. M’ero dimenticato di raccomandarti il Persiani. È  impaurito, perché il relatore 1 non sei tn, ina un lombardo  (forse il Teneaf), e par che dalla Lombardia non si riprometta  gran che di bene. Son certo però che tn potrai njutarlo  sempre.   (Pisa, 22 marzo 1877). — Avantieri ti scrissi a Napoli,  ed ora avendo saputo che il Betti ò stato chiamato per tele¬  grafo, ti rescrivo da capo, e ti manderò questa lettera per mezzo  suo. Io non gliela posso portare di persona, perchè sono al¬  quanto infreddato a causa della lezione d’ieri.   Tu che sei la fenice dei Presidenti, specialmente quanto  a prudenza, vedi se non entra fra le attribuzioni presidenziali  quello che ti chiedo io.   Ho bisogno di venire a Roma, perchè il primo volume è  finito, e per continuare la stampa voglio esser certo che il  ministro non adduca cavilli : nel qual caso pianterei 11 la  baracca. Premesso ciò, e visto e considerato che il Ministero  ha premura pel Siciliani, e poca o punta premura pel concorso  di Torino, visto e considerato, che sta alla chiaroveggente  perspicacia del Presidente il decidere se necessiti la convo¬  cazione del concilio: io riproporrei che tu ci convocassi; che,  convocati nell’ interesse del pubblico erario, stimoli i padri  ecumenici di Roma a finir la eterna questione di Torino; e  son certo, come ogni dottor Pangloss, che tutto andrò per lo  meglio in questo perfettissimo mondo, tranne il mio raffreddore  che sempre piò s’ inasprisce.   Ed ora che ti ho detto il mio desiderio, tu con quell’occhio  critico che ti rende (che cosa dico!) che ti rende piuttosto  singolare che raro, farai quel che crederai.   Ed orn da capo, ma su di un altro argomento, una notizia.  Nell’ultima puntata (stile mamianico) della Filosofia delle  scuole italiane, il sullodato Conte scrivendo all’amico Ferri,  sai che cosa gli dico f Che in tutta Europa (le pelli rosse e gli  Zulus non ci vanno compresi) a parlare di Platouo e delle  idee non ci sono rimasti altri che loro due. Povero Platone !  Chi glielo avrebbe detto, che dopo tante feste, e tanti conviti,    1 Nel Consiglio Superiore della P. I., di cui Carlo Tenca, come lo  Spaventa, faceva parte, e da cui il Persiani aspettava 1’ abilitazione  all' insegnamento.       L'HEGELISMO NAPOLETANO    233    <• tanti commensali (a 20 franchi l’uno) che lo ringiovanirono,  lo restaurarono, lo rinnovarono, oramai, finita la digestione del  pranzo, ognuno lift preso la sua via e di idee non ne vuol  sapere nessuno più? Chi avrebbe creduto che perfino quello  ragazze, tanto belline, tanto plutoniche, si son buttate anche  loro al materialismo 1 1 Ah ragazzo, ragazze: da voi me lo  aspettavo, che sareste rimaste platoniche lino ad aver  trovato un marito, o un facente funzione; ma il Finali, il  Monabrea, il Borgatti, tutta gente massiccia, chi avrebbe mai  creduto ohe avrebbero lasciato nelle peste il Conte ed il suo  illustre oommilitonef   Vista la brutta china, direbbe il Sella, io proporrei (il  raffreddore mi ha dato un diluvio di proposte) che il Ma-  miani ed il Ferri siano impagliati, e ben conservati nell’atrio  dell’Accademia de’ Licei con questa memore iscrizione:   QUESTI BIPEDI IMPLUMI  ULTIMI DELLA SPECIE ESTINTA  RIMASERO platonici,   ESSI SOLI IN EUROPA  DOPO IL PRANZO PLATONICO* *   DEL 1874.   Dopo della qual cerimonia vorrei che l’Accademia prelodata  a voti unanimi incaricasse il poeta pindarico B. Spaventa  perchè ne celebrasse condegnamente l’eroismo. E diamine 1  Alle Termopili furono treceuto finalmente, eppure Simonide  s’incaricò di cantarne: qui si tratta di line soli, in Europa,  non contro schiere barbariche, ma contro eserciti di dotti, e non  ti paro che ci sia più materia di canto? Ridettici bene, e poi  dimmi il tuo avviso.   Tu duuque hai leggicchiato il mio amico Marino! 5 Beato te,    1 Scolare dell’ Istituto superiore di Magistero, allora fondato a  Roma: le quali — era la prima volta che si vedevano tante signorine  in una Università — frequentavano alla Sapienza le lezioni di D. Berti.   * Su questo pranzo v. le mie Orig. della fllos. contemp., I, 1 p. 117.   * Una critica che I.uigi Marino (che fu poi professore di Filosofia  morale nella Università di Catania) aveva pubblicata degli Elementi  di flloso/la del Fiorentino.       234    STORIA DELLA FILOSOFIA    che hai tanto tempo da marineggiare. Io l’ho qui il suo  libro, ma non mi è avanzato un briciolo di tempo: ed ho una  sua lettera autografa, che impaglierò pure. Povero giovane!  Mi ha scritto con una ingenuità, ohe se mi fosse vicino, lo  abhraccerei. Abbracciarlo sì, ma leggere no. Non gli ho neppure  risposto, ed ho fatto male. Volevo leggere prima e poi scri¬  vere. La bestia che sono stato! Bisogna fare il rovescio: uè  senza un perchè i metodi moderni fanno precedere la scrittura  alla lettura. Berti, p. es., fondatore della moderna pedagogia  prima lm scritto lo suo opere, e solo da qualche mese iu qua,  a quanto mi assicurano, si sta esercitando nella lettura.   A proposito, vorrei venire a Berna per informarmi da lui,  perchè Camoeraceneie, che vuol «lire di Cambrai, egli l'ha  tradotto della Sorbona : facendo poi una dottn osservazione,  che cioè il Bruno or* saltato a piè pari dentro la rocca dol-  1’ aristotelismo eco.   E poi vorrei sapere, perchè dice che il De immenso, è un  libro, uno tA’ tanti in cui è divisa l’opera De monade, nu¬  mero et figura; quando il De immenso ole. contiene otto libri,  ed il De monade, che sarebbe il contenente, non contiene nè  otto, nè due, perchè è un libro solo, unico tiglio di madre  vedova.   Sono piccoli nèi, lo so, ma che dimostrano una piccolissima  cosa: il precetto pedagogico che testò avevo 1’onore di dirti,  cioè ch’egli prima scrisse, poi lesse ; o forse scrisse, e poi  spese, nello stampare, il tempo che doveva impiegare nella  lettura.   11 Barzelletti 1 però assicura eh’è il gran capolavoro della  critica italiana : così mi han dotto, perchè io, al solito, non  1’ ho visto ; e poiché 1’ articolo sarà tradotto certamente dnl-  l’inglese nella lingua degli Zulus, io mi tiguro la festa che  faranno quegli eruditi di laggiù.   A furia di scrivere, mi sono snebbiato un poco il capo,  ina temo forte di averlo annebbiato a te; legge di compen¬  sazione. Quando io mi trovavo a discorrere di lilosotia col  Berti, rimanevo muto: tu eri più fortunato di me, avevi il  pretesto di andare a fumare. Io che ho abborrito sempre il    1 Nell’ art. sulla Filoso/la in Italia pubbl. in una rivista inglese,  e poi tradotto nella Muova Antologia del 15 febbraio 187».     L’ HEGELISMO N APOLETANO    235    tabacco, »e tornassi deputato, per non dovermi ingoiare quelle  forti dosi di filosofia scientifica, che mi somministrava il nostro  Berti, m’imparerei a fumare. Meglio lo stomaco sconvolto,  elle il cervello come un mulino. Spero bene però che non  sarò costretto a nessuno di questi tormenti.   Non mi dicesti se il Morano ti diede o no la prima parte  del Manuale ili moria della filosofia. Fattelo ilare, e leggic¬  chialo: invece di Marino, potresti dure un’ occhiata al libro  mio. Vorrei sapere se quel tanto è sullìciente per la coltura  generale, o s'ò dippiit, o di meno. Mi servirebbe di norma  per le altre duo parti.   (Portici 26 settembre 1873). — Ebbi lettera dal Zeller,  che ancora ò a Roma, e seppi del viaggio che faceste insieme  felicemente. M’incaricò pure di dirti tante cose per la lettera  che poi gli scrivesti da Napoli. Egli è in giro dalla mattina  nlla sera, e crede che noi ci vediamo quotidianamente, e non  che siamo a due poli opposti.   Ebbi la ricetta : si è fatta la bobba, ma non li’ è venuta  fuori la storia delle prove dell’esistenza di Uio.   Per un concorso a una cattedra universitaria, della  cui commissione faceva parte il Fiorentino ed era pre¬  sidente io Spaventa, questi lo aveva pregato di rac¬  cogliere gli appunti per una relazione sulla voluminosa  Storia delle prove dell! esistenza di Dio di Romualdo Bobba.  Il Fiorentino, il 19 aprile 1879, da Pisa gli rispondeva:   Letto il tuo, piò volte espresso, desiderio, ho posto mano  alla lettura del Itobbu. Un corto estro maccaronico mi invase  alla prima pagina; ma ho lasciato il poema lutino ai primi  due versi e mezzo. Eccoteli:   Iufainem, liertrunde, iubes supportare laborcm,   Insipidimi scilicet putidumqiie ingoiare bobatam ;   Obediain tamen etc.   E sto prendendo appunti; ma che diavolo vuoi appuntaret  Finirà prima la pazienza mia, che le sue sciocchezze. È un  pover’ uomo, e noi uccideremo un morto.      236 STORIA DELLA FILOSOFIA   (Pisa, 8 dicembre 1879). — E poi c’è il secondo libro della  Legge morale del De Crescenzio: il titolo è Francesco Fiorentino.  Te lo saresti sognato eh’ io dovessi diventare nn secondo libro  della legge morale! Neppure per idea: la Puglia fa miracoli.   Ma la cosa non Unisce qui : il terzo libro sarai tu. 1 u  in persona! con gli occhiali, con gli stivali alla prussiana,  tu sarai un libro di un’ opera.   Non so se l’opera avrà molti altri libri : a congetturare  dall’opera de intellectn dello stesso autore, ch’era divisa in  100 libri, par checi debbano entrare il mellifluo D’Èrcole, il  veronese Bertinaria, ed il truculento Ferri, con parecchi altri  personaggi minori. Ogni libro costa 20 centesimi : ed io per  ora sono venduto a questo prozzo : tu iorse salirai a cinque  soldi ; o calerai a tre, secondo che P opera seguirà il processo  ascensivo o il discensivo.   Il bello consiste ne' documenti. Nella copertina 1 autore di¬  mostra che io sono causa di parecchie depredazioni e gras¬  sazioni nei pressi di Casale. La mia influenza venefica s è  esercitata, per non so quale selezione, su la provincia di Ales¬  sandria: e la tua! Probabilmente verso Girgenti, o in quei  pressi. Che non ci sii stato non preme, l’etica hegeliana è come  la filossera, si estende per salti di 70 chilometri la volta.   Delle stroncature, come oggi si direbbe, dei De Cre¬  scenzio ormai chi se ne ricorda più ? Ma c’ è sempre  qualche De Crescenzio in giro, pronto a dimostrare,  come quattro e quattro fanno otto, che il tal filosofo o  il tal altro sovverte la legge morale, il buon senso, o  le leggi fondamentali della logica ecc. Ma il filosofo può  accogliere siffatte dimostrazioni con lo stesso buon umore  del Fiorentino. 1    * Intorno al Fiorentino v. le mie Origini della fllosofla Conlem-  poranea in Italia , III, part. I, pp. 7-50. 

No comments:

Post a Comment