Questa soluzione della trascendenza è cara, s'intende, ai :filosofi che per la loro indole amano starsene alla fine stra a godere dello spettacolo che essi contemplano, ma di cui non hanno la responsabilità (né merito, né demerito). Nella strada la gente ignara soffre, combatte, muore; alla .lìnestra il filosofo (che come tale deve essere puro pensiero) imperturbato, spiega, si rende conto e si frega le mani. Il vecchio ideale di Lucrezio, che è alla base della eterna leggenda del filosofo che si libera delle passioni e rinunzia all'azione per chiudersi nel pensiero: Suave, mari magno turbantibus aequora ventis e terra magnum alterius spectare laborem; non quia vexari qucmquam'st iucunda voluptas sed quibus ipse malis careas quia cernere suave'st: suavc ctiam belli certamiua magna tueri per campos instrncta tua sine parte perieli: sed nil dulcius est, bene quam munita tenere edita doctrina sapienlum tempia serena, despicere unde queas alios passimque videre errare atque viam palantis quaerere vita.e, certarc ingenio, contendere nobilitate, noctes atque dies niti praestante labore ad summas emergere opes rerumqne potiri. O miseras hominum mentes, o pectora caeca I T.ucR. Il, 1-14.L'etica come legge . . p. 9 1. Disciplina. - 2. Positivismo ed empirismo. - 3. Legge. - 4. Prammatismo. - 5. Prassi e teoria. - 6. Oggetto del volere. - 7. Volontà- autoctisi. - 8. Praticità del conoscere. - 9. Unità cli teorico e pratico. - 1a."L·atto. JJ}-L'individuo ............... p.II i) Senso realistico e senso idealistico della individualità. - 'i; Individuo e società. - _J) Comunità immanente ali' individuo come sua legge. - ,f.) La comunità ideale e la gloria. - �; Vox populi. - 6:)La concretez1.a dell'individuo. - Ì} La conquista dei valori. - 8) li processo d<>IJa individualità. - g. La parti colarità dell'individuo nello spazio e nel tempo. III.-Ilcarattere. . . . . . . . p. 25 1. Velleità, volere, carattere. - 2. 11 carattere attraverso la condotta emJ?irica. - 3. Critica del concetto della molteplicità degli atti o l'unità del volere. - 4. Presente ed estemporaneo nel carattere. - 5. Trascendentalità del carattere. - 6) Il coraggio civile. - i> La socialità origmaria. \r:v1-Società trascendentale o società in interiore homine. . . . . . . . . . . . . . . .!' Alte" e socius. - Dalla cosa al socio. - 5. Il dialogo intemo, o trascendentale. - G'. Il momento dell'alteriEà. - 7. La dialettica pratica. - 8. La crisi dell'Universo. sare più al clovere che ai doveri - 0. Il bene e il male Avvertenza V. - La categoria etica e l'esperienza. . 'z. Dialettica dell'Io. - 3. li nulla. - 4. p. H 1. Unicità della categoria logica. 2. La legge dell'uomo: Pett.sa/ 3. Intendere e amare. - .4., Intendere pratico. - 5. La categoria etica. - 6. li senso morale e la sua inattualità. - 7. Dovere e doveri. - 8. Errore di metodo nell'etica. -'..i Necessità cli pen --,_ p. 33 190 INDICE VI. - Lo Stafo. p. 57 1. Concetto dello Stato. - 2. Nazione e Stato. - .3. Diritto. - 4. Governo e governati. - !1· Autorità e libertà, -f Il liberalismo. - 7. Etica e politica. 8. Stato etico. - 9. Moralismo, VII1 - Stato ed econoraia . . . . . . . . . . . . p. 71 t. Economicità dell'uomo e quincù dello Stato. - 2. Umanità dell'operare economico. - 3. Operare utilitario o utile? - 4. Umano e subumano. - 5. Il corpo e l'anima. - 6. Naturalità dell'utile. - 7. Le scienze della logica dell'astratto. -8. Lo schema del naturalismo nella logica dell'astratto. - q. La forma mate matica dell'economia. - ro. [L'utilitarismo. - n. L'edonismo. - 12. Moralità ed eudemonia.-13. Natura e Spirito. -14. Economia e politica. I VIII. - Stato e religione. . . . . . . . . . . . . p. 88 1. Rapporto essenziale tra i due termiai. - 2. Laicità. - 3. Rel-igio 1nstntme111u,n regni. - 4. Immanenza della religione nello Stato. IX. - Stato e scienza . . . . . . . . . . . . 1. Scienza e filosofia; e rapporto di questa con lo Stato. - 2. Necessità cli questo rapporlo.-31 Cultura. -4.Scienze naturali. - 5. L'obbligo dj critica della filosofia. - 6. Immanenza della .filosofia nrlla politica dello Stato. 'X.-LoStatoegliStati............ p.101 u Libertà e infinità dello Stato. - 2. P!ui:alità degli Stati, unità dello Stato. - 3. Critica del punto di vista intellettualistico. - 4. Concreto punto di vista pratico. - .'i_- Il riconoscimento degli altri Stati e il Diritto internazionale, - 6,_ )La guerra. -7.) La pace e la collaborazione umana. -fil Impero e ordine nuovo. Xl.-LaStoria................ p.106 r. La Storia come storia dello Stato. - 2. Storia dell'uomo. - 3. Statolatria. - 4. Autocritica dello Stato. - 5. Rivoluzione. - 6. L'Unico. - 7. Umaoesùno del lavoro. - 8. Famiglia - 9. Categorie di lavoratori e rappresentanza politica. 1XII.-LaPolitica............... p.u5 'I) Definizione della politica. �j':)Etica e politica. -;) Im possioilità cli un'etica apolitica. -:;,:11 privato e il pubblico. - 5) La teoria dei limiti dello Stato.-� Stato a�toritario e demo crazia. - � L'anarchismo e il Jiberalis1:no. - 8. Bellum omnium contra 01mies. - 9. Guerra e pace. - ro. Ordine. - u. Senti mento politico. - 12. Genio politico. - 13. La politica del fanciullo. - 141 La politica in ogni forma di attività umana. - 15. Politica dell'arte. - 16. Politica della scienza.- 17. Politica della lede. - 18. Chiesa e proselitismo. - 19. La dottrina della tolleranza. - 20, La politica diritto e dovere. p. 93 l:).'DICE 19r XIII. - La Società trascendentale, la morte e l' im mortalità.................. p.138 1. 11 motivo della fede ncll' immortalità. - 2. Immortalità e religione. - 3. L'equivoco. - 4. Illusioni. - 5. Fuga tn01-t1s. - 6. La difficoltà del problema e la soluzione. - 7. La morte. APPENDICE: L'immanenza dell'azione.NUOVI INDIZI DI (( IIEGELLOSIGKEIT )) ITALIANA 11 prof. Bollami dell' Università di Leida in un suo inte¬ ressante opuscolo *, qualche anno fa mettev a in, mostra una lunga fdza di evidenti spropositi commessi da filosofi con¬ temporanei di ogni risma nel parlare di Hegel. E dopo avere rilevato con 1 ’ Herbart, con l’Alexander, col Barth. col Taggart, che Hegel non concepì mai la follìa 4 Lde- durre dal pensiero auro ciò che non è puro pensier o (realtà naturale e realtà storica), ma volle solo sistemare logica¬ mente, — comunque poi si giudichi questa sistemazion e e la sua possibilità. — la cognizione necessariamente empi- rica della natura e della storia, soggiungeva: «Intanto anche F. Paulsen in vólliger Hcgellosigkeit afferma (nel suo Kant, p. 177) che Hegel deduce a priori la stessa natura ». *" L - yOVt Di questa Hegellosigkeit, che non saprei davvero come tradurre in italiano, di questo stato d' hegeliana innocenza, cosi caro tuttavia agli studiosi di filosofia italiani, fu dato recentemente dal Croce 2 qualche cenno' significativo dove si mostrò con quanta competenza sia stato spesso giudi¬ cato in Italia 1 Hegel da quelli che volevano passare per 1 Alte I ernunft unii netto I’erstami, Leiden, 1002, 3 Critica, IV, 410-11. n — Saggi critici. i — /»x4it'w® \ TU) , Kvuf^vru? - xtiekW^o * ** ' — 162 — jpt uJQy>^òfjO suoi avversari. Una prova recentissima ne ha avuta però lo scrivente per aver curata una nuova ristampa degli Lh - menti di filosofia 1 di Francesco Fiorentino secondo la pri¬ mitiva edizione del 1877, dall’autore più tardi parzialmente rifatta e radicalmente mutata nell’ indirizzo dottrinale. Al¬ cuni (tra i quali uomini dotti nella storia della filosofia) han rimproverato il nuovo editore di aver voluto dare un Fiorentino hegeliano, laddove il Fiorentino dagli studi degli ultimi anni della sua vita era stato costretto ad ab¬ bandonare le dottrine di Hegel per accostarsi al neokan¬ tismo. E un insegnante di liceo, a chi proponeva il libro per testo scolastico, opponeva senz'altro ch’egli non po¬ teva adottare «un libro prettamente hegeliano!)). Molto probabilmente l’unico fondamento di quest’as¬ serzione, che io denuncio soltanto per richiamare ancora una volta l’attenzione sulla comune Hegellosigkeit, è in ciò, che questo libro è stato ristampato per cura mia, e da me consigliato ai colleghi dei nostri licei. Ma, trala¬ sciando i motivi che mi hanno indotto ad additare il ma¬ nuale del Fiorentino, nella sua forma originaria, come l ’unico , fra quanti ne abbiamo in Italia, degna , ancoraci es ser m esso nelle mani dei giov ani e tolto a base d’un p j nmp~ìnsegnamento filosofico (motivi che credo di avere sufficientemente accennati nella mia prefazione alla detta ristampa), qui voglio solo annunziare, col debito permesso dei colleglli accusatori, che il libro del Fioren¬ tino nella prima edizione non è punto hegeliano; e che la differenza tra la prima e la seconda edizione non è divario tra hegelismo e kantismo, ma tra kan¬ tismo ed empirismo spenceriano. Poiché ne avevo l’occasione, a me parve opportuno to¬ gliere di mano ai giovani, che cominciano a riflettere su cose filosofiche, un libro, — raccomandato al nome di Francesco Fiorentino, per tanti titoli benemerito della cul¬ tura filosofica italiana, — nel quale s’insegnava a riflet¬ tere su verità di questo genere : « Kant intende • per a priori soltanto ciò che non‘è derivato dalla sperienza, ma che invece è condizione indispensabile, perchè la sperienza 1 Torino, Paravia, 1007: voi I: Psicologia e Logica i63 — sia possibile. Egli non investiga, se questo a priori abbia potuto originarsi da una associazione di esperienze ante¬ riori accumulate, trasmessa poi per eredità; nè poteva ai suoi tempi, e prima del Darwin, porre il problema in questi nuovi termini. L ’q trio ri kantiano è una funzione dell o spinto , non già un dato : e questo ritenghiamo anche noi : ma ciò non toglie, che pure di questa funzione si possa cercare di spiegare la genesi», un libro, in cui si dichia¬ rava che l’d priori kantiano è una semplice fer¬ mata al concetto dell’ attività preformata a compiere certe funzioni, senza di cui la sperienza non si farebbe; e che « la filosofia moderna.... domanda: come si è preformata ? E cerca di trovar la risposta in due fattori: l’asso¬ ci a z i o n è e la eredità; la prima che accumula, la seconda che trasmette. Per loro mezzo, l’a priori dell’individuo sarebbe ciò ch’è poste¬ riori per la specie» (23* ed., pp. 30-31 n.). E altrove : « Se il fine etico, che è la vita comune, è stato il risultato di una lunga lotta per l’esistenza, è pur sempre vero che cotesto primo acquisto viene oggi trasmesso come eredità, che gl’in¬ dividui trovano, e non debbono più riacquistare » tp. 288 n.). Proposizioni che si equivalgono nei due campi della conoscenza e della pratica, e di cui lo stesso Fio¬ rentino. ci dice la fonte, dove avverte (p. 304) che «nella filosofia dello Spencer ogni a priori è sbandito, e tutto è spiegato con l’adattamento, o con la trasmissione eredita¬ ria ». E tutta la seconda edizione è ispirata a questo prin¬ cipio della negazione di ogni assoluto a priori: onde si costruisce nèi primi capitoli una teoria psicologica della conoscenza che non occorre qui valutare. Quello che non ha bisogno certamente d’ulteriore schiarimento, è che tale negazione dell'a priori e tale confusione del problema psi¬ cologico con lo gnoseologico, non può a niun patto ac¬ cettarsi come integrazione del kantismo. C’era un Fiorentino, che pur poteva presentarsi ai gio¬ vani, e che io ho rimesso in luce; un Fiorentino che non s’era lasciato sfuggire il vero punto di questa questione fondamentale dell'a priori, che è pòi il problema di vita — i&4 — o di morte per Io spirito, e quindi della scienza e della moralità Nella prima edizione lo stesso Fiorentino aveva detto « Vuoisi avvertire, che l’o priori non si deve inten¬ dere come qualche cosa di preesistente, di preformato.... ma come una funzione essenziale dello spirito » (nuova ediz., P 33 )- Aveva discusso, opponendole l’una all altra, le dot¬ trine di Kant e di Spencer intorno all’apriorità o aposterio¬ rità della coscienza, e aveva dimostrato che non se ne può dare nessuna derivazione empirica perchè « la coscienza è un rapporto tale, di cui nel mondo esterno non si trova il cor¬ rispondente; ed è un rapporto semplice, che non si può de¬ durre dalla risultante delle nostre rappresentazioni. L’Io, la coscienza è originaria » (51). « 11 fondamento dell'esperienza non può essere attinto mediante l’esperienza » (57). E que¬ sto fondamento è nella coscienza e nelle sue categorie. « Se tutto derivasse davvero da dati sperimentali, nè l’idea di sostanza, nè quella di causa, quali noi le concepiamo, sarebbero ammissibili » (63). Questo mi pare puro e schietto kantismo ; e se. il con¬ cetto d’una possibile integrazione di Kant per via delle ricerche psicogenetiche è uno sproposito, che oggi non ha più bisogno d'essere dimostrato tale, mi pare anche evi-, dente che ricondurre il manuale del Fiorentino a’ suoi principii fosse dovere imprescindibile d’ ogni nuovo edi¬ tore, hegeliano o non hegeliano. Perchè, dato e. non con¬ cesso che empiristi si possa essere per proprio conto, certo per nessuno è più sostenibile una svista di questo genere per cui, appunto a proposito dell interpretazione di Kant, una questione gnoseologica si scambia con una questione psicogenetica. Hegel, dunque, non c’ è entrato proprio per nulla, be ci fosse stata del Fiorentino un’edizione hegeliana ante¬ riore alla kantiana, chi sa!, avrei preferito il Fiorentino hegeliano al kantiano. Ma gabellare per hegeliano quello che ho dovuto e potuto scegliere, francamente, mi pare indizio di Hegellosigkeit ! Pur troppo, anche nella prima redazione del suo manuale il Fiorentino rende omaggio al fantasma della materia opposta all’attività formale dello spirito; e nell’etica, invece di correggere il timido forma¬ lismo kantiano col formalismo assoluto, crede di compierlo — 165 — con l’eudemonismo aristotelico. Non importa: sempre me¬ glio, infinitamente meglio Kant, anche se non perfezio¬ nato, che Spencer! Si sente, per esser sinceri, negli Elementi del Fioren¬ tino un’eco lontana dei Principii di filosofia (1867) dello Spaventa. Ma non più che un'eco, nel paragrafo sull’auto¬ coscienza (pp. 66-7). Ma, se Hegel s'avesse a rannicchiare in quell'a u t o c t i s i della coscienza accordata con tutto il formalismo astratto accettato e difeso dal Fiorentino, io ritengo che potrebbero andare a braccetto con lui tutti i kantiani più scrupolosi del mondo. 1907. LA FILOSOFIA A NAPOLI DOPO G. B. VICO (1750-1850). 1. Nel 1743 A. Genovesi cominciò a pubblicare in Napoli i suoi Elemento, metaphysicae. Nel 1744 morì G. B. Vico. Questi aveva avuto due profonde intuizioni fon¬ damentali: una intorno alla potenza costruttiva dello spirito, per cui anticipò il principio di soggettivismo kantiano; P altra intorno al concetto dell’ assoluto come sviluppo nella natura e nel pensiero, per cui anticipò il principio della nuova metafisica dimostrata dalla Lo- >jica di Ucgel. Ne’ 6tioi Elementi di metafisica il Geno¬ vesi invece si mostra seguace di un incoerente sincre¬ tismo, in cui la monadologia leibniziana s’ accoppia con l’empirismo di Locke. Così la tradizione del grande pensiero di Vico è spenta sul nascere, e finita con 1’ uomo che nella solitaria meditazione del diritto, anzi di tutto lo spirito come vive nella storia, aveva attinto una forza speculativa che lo pose al di sopra e fuori del tempo suo, episodio solenne nella storia del pen¬ siero italiano. Gl’ interpetri del pensiero di Vico non furono nè i suoi coetanei, nè i suoi immediati successori nella filosofia italiana in genere e napoletana in ispecie. 58 STORIA DELLA FILOSOFIA La vera interpetrazione cominciò in Germania col Jacobi, 1 dopo Kant, e fu compiuta in Italia in quel fervore di pensiero nuovo, che venne suscitato dall’ hegelismo, da Bertrando Spaventa.* * 2. Tra Vico e Spaventa — i cui primi scritti cadono attorno al 1850, — per tutto un secolo, c’ è un’ inter¬ ruzione nello sviluppo dell’ idealismo iniziato dalle opere di \ ico ; nella quale il pensiero napoletano si appropria ed elabora per conto suo la moderna filosofia europea. Questo movimento, che riempie tutto il secolo che va dalla metà del secolo XVIII alla metà del XIX, può essere designato dai nomi dei due pensatori che aprono e chiu¬ dono tale periodo, Dal Genovesi al Galluppi. E così appunto s’intitola la monografia, nella quale ho cercatq d’illustrare tutti gli studi speculativi più notevoli di cotesto periodo. 3 Può recar meraviglia, che la ricerca sia così limitata dentro i brevi confini di spazio accennati dai nomi stessi del Genovesi e del Galluppi, e corrispondenti ai confini del reame di Napoli, ila chi ponga mente alle condizioni d Italia per tutto il tempo del dominio borbonico, alle piofonde differenze civili e politiche e letterarie, in una paiola, storiche, tra la parte meridionale e il resto della penisola, troverà ovvia e storicamente esatta la linea da me tracciata intorno ai pensatori che ho studiati e Vedi lo scritto Voti den gòtlUchen Lìingen unii ihrer Offenbarung (1811), in Werke, Leipzig. 1816, III, 358. Sul kantismo vicinano cfr. specialmente Tocco, Descartes jugé par Vico in Reme de métaphy- sigue et de morale del luglio 1896, pp. 568-78, e gli scritti da me citati nel Discorso premesso agli Scritti filosofici di B. Si’avknta Na- poli, 1901, p. LXXV. • Vedi tfli Scritti cit., pp. lxxxiv lxxxix, 139-45, 303 e segg. 3 Studi di letteratura , storia , filosofia , pubbi. da B. Crock, voi. I (Napoli, Edizione della Critica , 1903 ). LA FILOSOFIA A NAPOLI 59 considerati come formanti una speciale serie storica a sé. 3. Pel carattere generale della loro filosofia questi pensatori costituiscono una continuata corrente di em¬ pirismo, a cominciare dal Genovesi stesso, in cui ben presto il principio critico dominante nell’ empirismo lockiano corrode ogni concetto metafisico, fino ad Ottavio Colecchi (1773-1847), filosofo abruzzese pochissimo noto — benché i suoi scritti consacrati all’ interpretazione di Kant, quelli specialmente relativi alla filosofia pratica, possano ancora esser letti con profitto — il quale, pur combattendo la «filosofia dell’esperienza» del Galluppi dal punto ili vista del kantismo, insiste tuttavia su talune correzioni eh’ ei vorrebbe apportare alla Critica Mia ragion pura in un senso decisamente empirico¬ oggettivo. Ma tutti quosti empiristi si potrebbero dividere in due generazioni: 1 una di ideologi e l’altra di criiicisti; e tra mezzo a queste un gruppo di seguaci della filosofia scozzese e di eclettici. Tra gl’ ideologi scrittori come Melchiorre Delfico (1744 - 1835), Pasquale Borrelli (1782- 1849) e Francesco Paolo Bozzelli (1786-1864) meritano certamente di esser posti accanto agl’ ideologi contem¬ poranei francesi, ai Cabanis, ai Destutt de Tracy, coi quali essi formano quasi una sola famiglia, rispecchian¬ done spesso il pensiero pur senza ripeterlo. Anzi il Bor- relh e il Bozzelli stanno, 1’ uno per la sua genealogia del pensiero (com’ ei chiamava la sua filosofia dello spirito) e per la sua critica di Kant, e 1’ altro pel suo tentativo di morale intellettualistico-utilitaria, al di sopra dei francesi; di 8 ‘ ba,la a " a dala di P“*»bUM*lone delle opere di quest! filosofi e al tempo (leir influenza da essi esercitata; giacché per a nascita due degli ideologi furono più giovani dei criiicisti. 60 STORIA DELLA FILOSOFIA il cui valore nondimeno fu giustamente rivendicato nella storia della filosofia dall’ ottima monografia del profes¬ sore F. Picavet su Les idéologues pubblicata nel 1891. Una pari rivendicazione in prò dei confratelli italiani vuol essere in parte il mio lavoro, mediante una larga notizia e uno schiarimento delle loro dottrine. Onde ci son rimasti documenti notevolissimi in libri ed opuscoli estremamente rari, nelle riviste del tempo e in mano¬ scritti ancora inediti. 4. In mezzo alle due generazioni alcuni pensatori le-" ' vano la voce contro le tendenze materialistiche, palesi o nascoste, proprie del pensiero speculativo di questi ideologi, traendo autorità e argomenti dalla filosofia del senso comune del Reid o dall’ eclettico spiritualismo del Cousin e della sua scuola. Non hanno nessuna origina¬ lità di dottrine : ma con le loro esposizioni e coi loro commenti di molti libri francesi, eco, per quanto fioea, di celebri filosofie europee, valgono a suscitare o pro¬ muovere un moto di studi e di partecipazione al lavoro filosofico straniero, onde a poco a poco si ringagliardisce la fibra del pensiero napoletano, e si prepara una scuola di veramente alto e libero filosofare: da cui uscirà l’e¬ stetica di Francesco De Sanctis e la metafisica e la storia della filosofia di Bertrando Spaventa. In questa parte la mia monografia studia scrittori mediocri, testi¬ moni di cotesta preparazione al risveglio filosofico po¬ steriore. 5. Nella seconda generazione campeggiano due figure principali: P. Galluppi e 0. Colecchi: due kantiani, di cui si può dire che la vita speculativa si consumi tutta nella meditazione del criticismo. Ed entrambi riescono per due vie opposte al medesimo risultato, che è di accettarlo sostanzialmente e di farne penetrare profonda¬ mente lo spirito nella filosofia del loro paese. Il Galluppi À 61 LA FILOSOFIA A NAPOLI combatte sempre, o quasi sempre, un Kant immaginario con le armi del Kant reale ; e il Colecchi combatte con le armi stesse un immaginario Galluppi, o almeno un Galluppi che non è il vero, poiché non vede di lui che la dichiarata opposizione al kantismo, e non scorge mai il valore intrinseco delle dottrine da lui professate. Dalla curiosa situazione di questi due pensatori, che genera altre false posizioni nella filosofia italiana successiva, nascono, com’è agevole pensare, due conseguenze: 1° che la scuola dei galluppiani continuerà a combattere Kant e tutta la filosofia tedesca posteriore, sempre meglio conosciuta in grazia dell’influsso francese già accennato; 2° che la scuola del Colecchi e dei tedescheggianti con¬ tinuerà per un pezzo a disconoscere il vero valore del pensiero del Galluppi e di quella filosofia italiana, che da lui prende le mosse : ossia della rosminiana e gio- bertiana. 6. Se da queste ricerche si sottrae la parte che con¬ cerne il Genovesi e il Galluppi, si può dire che esse scoprano una regione presso che sconosciuta nel campo della filosofia moderna. E poiché anche del Genovesi e del Galluppi questo studio analitico della serie in cui essi rientrano, pono sotto una luce in parte nuova e in parte più chiara il significato e il valore, può pure af¬ fermarsi, che l’insieme di queste ricerche colmi una lacuna nella storia della filosofia italiana, anzi della europea. Vico, infatti, e l’interpetrazione di Vico, i due termini al cui intervallo coleste ricerche si riferiscono, non sono due capitoli della storia della filosofia italiana, ma due capitoli della storia della filosofia europea: ed è difetto gravissimo quello che può notarsi in proposito in tutte le recenti storie straniere della filosofia moderna. A. Genovesi, M. Delfico, P. Borrelli, F. P. Bozzelli, P. Galluppi e 0. Colecchi sono nomi ai quali, una 62 STORIA DELLA FILOSOFIA volta conosciuti gli scritti a cui sono legati, devesi pur rovare un posto, e non degl’ infimi, nel quadro degli u imi tentativi dell’empirismo naturalistico e materia¬ listico del secolo XVIII e delle feconde discussioni suscitate dalle Critiche di Kant in ogni paese civile. 1903. DOCUMENTI INEDITI SULL’ HEGELISMO NAPOLETANO 1 « Il trionfo dell’ Idea » in Italia : Antonio Tari e Floriano Del Zio Fin dal 29 ottobre 1860 B. Spaventa era stato nomi¬ nato professore di Filosofìa nell’ Università di Napoli ; e la sua nomina — scriveva a lui stesso il De Meis, da Napoli — era stata accolta in questa città « con una commovente impazienza dai giovani e dal pubblico ». Ma 10 Spaventa chiese ed ottenne di tornare e restare qualche tempo a Bologna, dove nel maggio era passato, da Mo¬ dena, a insegnare Storia della filosofìa, per farvi almeno 11 primo corso semestrale e « non mancare al suo dovere verso quella Università». A Napoli, dopo una rapida corsa nel novembre, non andò se non negli ultimi mesi dell’ anno appresso. Era a Torino dall’aprile, perchè eletto deputato di Atessa (ma la sua elezione fu annul¬ lata il 25 giugno per eccedenza del numero legale di deputati professori, * quando gli pervenne la seguente 1 Già pubblicato nella Critica del 1906; ma qui ristampato con molte aggiunte. * Vedi per questi particolari il mio B. Spaventa, Firenze, Vai- lecchi, 1925, p. 109. 182 STORIA DELLA FILOSOFIA lettera di Floriano Del Zio, che è un curioso documento delle disposizioni degli animi verso 1’ hegelismo nella gioventù colta di Napoli, da cui lo Spaventa era atteso : Napoli, 30 giugno 61. Amico carissimo, Mi prendo licenza di togliervi con questa mia una piccola parte del tempo che cosi lodevolmente sacrate alla scienza. E per due ragioni. Per procurarmi il bene di aver vostre novello, e per dirvi poi alcunché sul trionfo dell’ Idea, alla qualo abbiamo data la nostra fede. Sono pervenute qui in Napoli parecchie copie del nuovo libro di Vera (V Hégélianisme et la Fhilosophie). T. lavoro scritto con molta spiritosità, e che non solo porrà a dovere 1’ intelletto superficialissimo degli ecclettici francesi, ma farà pure il suo buon effetto in mezzo al dilettantismo filosofico de’ nostri dominatici. Si comincia a sentire come il Pensiero sia P infinita misura e forza, che, battuto ogni positivismo storico e morale, eleverà ad armonia vivente Essere e Spirito, Natura ed Umanità. — Son persuaso p. es. che il signor Pes¬ ame, che tanto ride dell’ Jissere-per-si — e della Fila ridotta a Pensiero da De Meis, cesserà di sparlarne così frequeu- temeute, dopo che avrà contemplato il gaio spettacolo che ha dato di sé Monsieur Jauet. Come Hegel disse che ai tempi della Rivoluzione francese una nuova vita, un nuovo sole sorgevano per risplendere in mezzo agli uomini, noi possiamo dire che oggi il suo proprio principio filosofico, l’Assoluto Spirito, è la forza che dovrà consapevolmente invadere ogni cosa, e chiarificare le creature tutte quante di un raggio della idealità infinita. Affrettatevi, amico, a partecipare alla gran vittoria. Felice voi, che siete sì bene apparecchiato a questa lotta, che chiude nel proprio grembo 1’ adempimento della libertà assoluta dell’ Uomo, e quel regno di giustizia e di amore, a cui tutte cose corrono come al bacio dell’ Universo, giusta il bel dotto di Schiller: Diesen Kur der ganzen IVelt ! Il punto però che nel libro del Vera avrei desiderato più estesamente sviluppato, è quello della pluralità dei mondi. I,a dottrina di Hegel su questa materia non può essere difesa che movendo dal principio dell’ Unità della Coscienza di si L’ HEGELISMO NAPOLETANO 183 dello Spirito, unità che, nel presupposto della pluralità de’ mondi, avrebbe fuori di sè i circoli della vita siderea oltre¬ tellurici ; e cesserebbe d’ essere in conseguenza la pieua ed una Coscienza di sè. A questa è necessario che tutto 1* essere sia suo sapere. La dottrina poi dello Spirito assoluto, ne andrebbe, in quel presupposto, interamente falsata. Noi non conosceremmo pili l’Assoluto, come vuole Hegel, ma l’Assoluto umano. E, non potendo darsi ripetizioni nello spirito, si dovrebbero porre, post’ i mondi come innumerabili, intellezioni intinite, infinita¬ mente diverse, dell’ istesso Assoluto. E dove sarebbe l’idealità, 1’ unificamento di esse? Se si risponde: nell’Idea medesima dell’Assoluto — , altri potrebbe osservare che quest’ idea ap¬ punto è quella che deve essere concreta nell’Umanità. L’U¬ nità della Rivelazione universale dello Spirito sarebbe sempre un postulato. Krause immagina una sintesi superiore do’ pianeti e delle stelle; ma la comunione dell’Umanità terrestre colla solare è sempre data da lui come un’ intuizione, come un desiderio! Anche il signor Tari, riconosce nella sua Lettera la necessità della pluralità de’ mondi. Ma in questa ipotesi vedo sempre che 1’ indeterminato piglia il Inogo del sistematico, e che il fantastico si sostituisce alla scienza. Diventa oramai neces¬ sario di approfondire maggiormeute 1’ infinito matematico nel- 1’ influito filosofico, e sottomettere cosi 1’ astronomia al con¬ cetto della finalità assoluta, lo Spirito. La lettera però del Tari appunto perchè, com’ ei dice, tiene il germe del suo proprio sistema, avrebbe dovuto essere più lunga e scritta più chiaramente. Vi prego intanto mandarmi una copia della vostra prolu¬ sione alla storia della filosofia italiana, perché n’ ebbi ili dono nell’anno scorso una copia dal vostro fratello D. Silvio; ma quando scesi in Basilicata per 1’ insurrezione, la sperdei a Potenza, e non ho potuto procurarmene un’ altra. Se poi con questa mia preghiera dovessi riuscire indiscreto, allora usa¬ temi la cortesia dirmi presso chi è vendibile a Torino, perchè sarà mia cura farla richiedere da librai napoletani. Quando portate a stampa il vostro libro su Gioberti f Esso dovrà levar grido straordinario, secondo che mi accennano i comuni amici, e per quanto ancor io presagisco dal vostro ingegno. Date presto ; e nel frattempo compiacetevi di tenermi 184 STORIA DELLA FILOSOFIA di tanto in tanto consapevole de’ vostri stndii, e segnatemi • quelle opere che possono concorrere all’ aumento vero della scienza. I miei ossequi a Tari ed all’ egregio De Sanctis. Se posso attestarvi in alcunché la uiia devozione, comandatemi libe¬ ramente. Vostro amico Flokiano Dei. Zio. AH’ Egregio Bertrando Spaventa Deputato al Parlamento Italiano in Torino. II libro, da cui il Del Zio prende le mosse, è 1 ’ Hé- gélianisme et la Philosophie (Paris, Detken 1861), che il Vera, allora professore di Storia della filosofia nell’Ac¬ cademia di Milano, aveva pubblicato poco innanzi per ribattere le critiche mosse ali* hegelismo da Paul Janet e da altri scolari del Cousin. — Enrico Pessima, già di¬ scepolo del Galluppi, dal Galluppi era passato al Gio¬ berti e dal Gioberti al Krause; e mormorava contro Hegel e gli hegeliani 1 . La lettera di Antonio Tari, a cui il Del Zio accenna, è un articolo, uscito appunto nel fascicolo di giugno del 1861 della torinese Rivista contemporanea, col titolo: De’ rapporti del Kantismo collo stato della filosofia in Alemagna, Lettera filosofica. Il difetto di chiarezza la¬ mentato in questo scritto dal Del Zio, e divenuto poi sempre maggiore e sempre più caratteristico del- P ingegno del Tari, — che ingegno ebbe e una certa bizzarra genialità — aveva fatto dire allo Spaventa, in una lettera a suo fratello Silvio, dell’8 marzo 1858: «Ho letto molti mesi fa un articolo di Totonno... Un 1 Vedi il mio B. Spaventa, p. 114; Spaventa, La fllos. ital. in re¬ lazione con la fllos. europea,' p. 275 e una lettera dello stesso Pes- sina nella Critica V (1907), 494-5. ♦ L’HEGELISMO NAPOLETANO 185 articolo filosofico, come puoi immaginarti, sopra un punto di estetica. Mi pare che abbia studiato finora per imparare a non farsi capire. I tedeschi non sono facili a comprendersi, e la colpa è un po’ anche loro. Ma i più difficili tedeschi sono facilissimi di fronte a Totonno; il quale mi pare che abbia preso da costoro più i di¬ fetti che i pregi. Ti dico, in confidenza, che sono ri¬ masto trasecolato; e che, dopo tanti anni e con tanto ozio, mi aspettavo qualcosa di meglio da lui »*. « Dopo tanti anni ! » S’erano conosciuti a Cassino, quando Bertrando insegnava a Montecassino (tra il 1838 e il 1840); e il secondo giorno, seduti fraternamente sulla sponda d’ un letto, Bertrando apriva così la conversa¬ zione: «Dunque, che ne pensate delle categorie kan¬ tiane?»-. Da lui lo Spaventa aveva appreso i rudimenti del tedesco ; e, col suo aiuto, acquistato familiarità con la letteratura filosofica tedesca. Nella quale il Tari, chiuso dal 1849 al 18G0 nella solitudine di un villaggio (Terelle, in provincia di Caserta), s’era sprofondato, accumulando una meravigliosa erudizione. Questa però non valse in verità a rischiarare il suo pensiero. Il quale dall’assoluto idealismo di Hegel finì nell’agno¬ sticismo del suo cosidetto Innominabile ; in cui credette si '_ lovesse fondere in una unità superiore lo spinozismo e 1’hegelismo; in quanto il divenire della logica pre¬ suppone un principio, che, essendo fuori del divenire, è fuori della logica; e non si può chiamare Volontà, nè Monade, nè Inconscio, nè Noumeno, nè altro; poiché ogni nome importerebbe conoscenza, quindi un movi¬ mento di pensiero, quindi il divenire. È un’ essenza p 'ri SPAVBNTA ’ Dal 184i al i8G1 < leU < scruti e (toc., ed. Croce,» R. Cotuono, Le lettere di A. Tari in diresa dell’ « Innomina¬ bile», Iranl, Vecchi, 1905, p. XVI. 186 STORIA DELLA FILOSOFIA non battezzata e non battezzatile, l’Innominabile. « An- ch’ io, Bpecie di Lohengrin, difendo il santo Graal. Sapete qual’ è? La dotta ignoranza, che Hegel chia¬ mava l’ignoranza dotta». Non è questo il luogo di chiarire questo innominabi- liBmo o limitiamo, — com’ egli anche lo chiamò, — del Tari *. Giova piuttosto ricordare un aneddoto dello Spa¬ venta. Il quale, richiesto di consiglio da uno scolaro del Tari per una dissertazione di laurea circa il diritto di punire, il 29 settembre 1882, gli scriveva : « Ti vo¬ levo suggerire di chiedere consiglio al nostro caro Tari. Chi sa, l’Innominabile! Ma come cavare da lui il di¬ ritto di punire? Mi ricordo di aver detto a Tari, quando fu nominato professore ordinario (nel 1873), che la sua nomina era in contradizione coll’ esistenza dell’Innomi¬ nabile, principio, essenza, natura, causa di ogni cosa e avvenimento. Figurati il diritto di punire!» 1 . — Il Tari, che di questa lettera doveva aver notizia dallo scolaro, rispondeva a questo, il 23 ottobre 1882 : « Par¬ liamo ora un pò del quesito, con cui mi tenta 1’ ami¬ cissimo Bertrando Spaventa. Eccolo: —Come concilie¬ remo il diritto di punire con la dottrina dell’ Innomi¬ nabile? — Se fossi profeta, o figlio di profeta, di rimbecco direi : Vade retro, Satana. Noli tentare Tariiim admiratorem tuum! —- Ma, non essendo Gesù, nè gesuita, mi contento di rispondere con un tibi quoque. Ossia: — Anche a te, o pensatore liberissimo, fa intoppo questa pietra di giuridico scandalo? Anche a te metterebbe conto salvar capra e cavolo ; cioè la capra della Feno¬ menalità di ogni fatto umano, ed il cavolo della pretesa * V. le mie Orig. della / Uos. contemp. in Italia, III, pari. II, pp. 28-37. * COTI’GNO, Leu. cit M p. 43. L’HEGELISMO NAPOLETANO 187 Giustizia Assoluta? — Eppure ricordo che, disputando con me di questo brocardico, uscisti in questa categorica sentenza: — La pena non è che una valvola di sicu- rezza che la società impiega a garentirsi di chi la in¬ sidia 1 . E di fatto, il voler costruire a priori un ma¬ nifesto modus rivendi essenziale, epperò cangevole etno- crono-topograflcamente è marcia follia. La Idea Giustizia Assoluta anzidetto, s’ ha a lasciare nel natio concavo della luna, insieme al cervello dei tanti Astolfì dell’in¬ natismo. Chi ben pensa, riconosce la deplorevole povertà di siffatte deduzioni... Diritti e doveri, Pene e ricom¬ pense non giacevano in seno a Giove, a mo’ delle uova dell’aquila esopiana, ad aspettare che lo scarafaggio umano le facesse rotolare nel basso mondo; ma si for¬ marono, con un quasi stillicidio psicologico, a poco a poco scavandosi un bucherello nel naturale egoismo... E tutta la giustificazione delle pene, da quella del ta¬ glione e quella penitenziaria, che è ancora in Werden si riduce a formare la necessità di salvarsi al bosco dalle belve accoppandole, ed alla città dai birboni ren¬ dendoli incapaci di nuocere. Ora quali sono i birboni? ** U1 e 11 busil tis; e qui interviene P Innominabile a comporre la gran lite, illuminando i legislatori sul da fare in sullo sdrucciolo del dispotismo, dove si trovano sempre... Il codice penale, non che un bene in sè, è un necessario male, presso a poco simigliante alla chirurgica estirpazione di un arto, il quale, se curabile, anche a dilungo, l’operatore rispetta religiosamente... Un inno- mi 'n^ 10 S , paventa avrà l )ure " sa[0 '(«està frase. Ma la valvola per del delino, ! V ? Cbe neCessaria ' c °“>« necessaria era l'insidia dello s r n e a,,a | S0Cie,A: d ’"' ,a necf8sUà Andata su"» natura o spirito, ossia sul concetto concreto del bene. Il genuino pensiero dello spaventa intorno all'assoluta giustificazione della pena é ne suoi Principi di dica, ed. Gentile, p. 102 sgg. 188 STORIA DELLA FILOSOFIA minabilista può solo affermare, in barba a tutti i dot¬ trinari criminalisti del mondo, come qualmente il bar¬ baro Kedivè egiziano funzionerà legalmente, da par suo, fucilando e forse impalando 1’ eroe Arabi pascià, reo di non aver saputo nascere dove e quando dovea. Ed in- neggerà al magnanimo Umberto, il quale, facendo grazia all’abietto Passannante, confondeva molti tirannelli stra¬ nieri e mostravasi anche dappiù del Re Galantuomo suo padre, cioè filantropo e progressista. In Oriente il palo, in Occidente 35 legislazioni che aboliscono il car¬ nefice (v. ult. lett. di Victor Hugo): chi ha ragione? Secondo l’illustre prof. Vera ha ragione il palo!... 1 Insomma, le cose anzidette tumultuariamente, a modo mio, rispondono su per giù al caro mio tentatore Asmo- deo Spaventa »*. — Avviatosi per la sua striida, il Tari, dunque, negava coraggiosamente jT diritto come diritto. Poeto-1’ assoluto di là dal divenire, nel divenire, ch’egli vedeva indirizzato a un Nirvana iperindividualistico, non poteva trovare niente d’ assoluto. Per lui il magnifico proemio dello Spaventa ai Prineipii di etica (1869) in¬ torno al rapporto dell’assoluto col relativo, e quindi al concetto dell’ assoluta relazione (per cui 1’ assoluta giu¬ stizia non solo comporta, ma richiede per la propria realizzazione tutti i modi di esistema cangevoli etno-crono- topouraficamentc), non era stato scritto. E come in quel concetto è il segreto dell’ hegelismo, era naturale che egli non riuscisse ad orientarsi e a vedere la nullità del suo Innominabile in quanto tale, in quanto sostanza, cioè di qua dallo spirito. Il Tari fu insomma de’ tanti che girarono attorno a 1 A. Vbra nel 1883 pubblicò un opuscolo La pena iti morte (risi, nel Sappi filosofici, Napoli, Morano, 1883. pp. 37-381, dove svolgeva le ragioni del sistema hegeliano in sostegno della pena di morte. * COTUONO, pp. 22-6. 189 L’HEGELISMO NAPOLETANO Hegel, ricevendone magari ispirazione e suggestioni fe¬ conde, senza scoprire il principio vero del suo pensiero. Molti si ritrassero presto sconfortati dall’impresa; etra questi il Del Zio, che con tanto entusiasmo nel ’61 studiava le opere e la letteratura hegeliana; e ansiosa¬ mente aspettava gli scritti dello Spaventa (la prolusione letta a Modena sul Carattere e sviluppo della filosofia italiana del secolo A VI sino al nostro tempo ‘ e la Filo¬ sofia di Gioberti, di cui il I» volume usci nel 1863) per fede vaga che indi potesse venirgli la luce. Il Del Zio allora si preparava a un corso di lezioni, sulla Enciclopedia di Hegel. Al quale infatti proluse alcuni mesi dopo con una enfatica lettura, la quale, come documento aneli’ essa de’ tempi, merita d* essere ricordata: Prolusione al corso di lezioni sulla Enciclopedia delle scienze filosofiche di Hegel; letta in privato con¬ vegno ne’ dì 16 e 18 novembre 1861*: scritto pieno di giovanile entusiasmo e di ardore filosofico. Oltre le opere del Vera, fin allora pubblicate, l’Autore vi cita ed esalta 1 aurea operetta di Karl Werder (Logile, als Commentar u. Ergdnzung zu Hegels ÌViss. der Logik, 1 Abili, Ber¬ lino Idèi) « restuta incompiuta con grave danno di co¬ loro che s’ iniziano alla filosofia hegeliana » (p. 22); i Esquisse de logique di K. L. Michelet (Paris, 1866); e 1 Risi, in Scritti filosofici, ed. Gentile pp. 115 sgg. Giorgio Pallavi¬ cino, a una figliola del quale lo Spaventa aveva privatamente Im¬ partito qualche lezione, gii scriveva per questo opuscolo: Amico pregiatissimo, l.a ringrazio della sua Prolusione — un magnifico lavoro — il quale rnfiìf. -u- l Sn me . *' (le ?. l . ller ‘° di vp| ter presto pubblicata la grande Opera eli Ella sta meditando. Ammiratore di Vincenzo Giohprti. posso io non ammirare il suo degno interprete: II. Spaventa? lo l’ammiro e i amo! Giorgio Palla vicino. * Napoli, S. Marchese, IMI, di pp. 8-1 In 16». Reca quest'epigrafe: « Essere, sapersi e volersi come la Personalità eterna dello Spirito, ecco il line della lilosofla ». 190 STORIA DELLA FILOSOFIA di questo le lezioni Ueber die Persònliehkeit Oottes u. Unsterblichkeit der Seele, oder die ewige Persònliehkeit des Geistes (Berlin, 1841) ; le quali « quando furono pub¬ blicate, tenevano aspetto di polemica negativa in rap¬ porto a certi donimi dell’ intelletto ; ma 1’ avanzato sviluppo della scienza ha tolto loro il senso irreligioso, che gli avversarti accaniti dell’ hegelianismo volevano a forza vedervi dentro. E debbono così considerarsi come la teorica potente della nuova sintesi dall’ umanità » (p. 41): ciò che appare, nota il Del Zio, dell’opera maggiore del Michelet, Die Epvphanie der ewigen Per- sònlichkeit des Geistes (in tre diali., 1844, 47 e 52). A proposito del problema hegeliano del punto di partenza fenomenologico e logico della filosofia, l’Autore dichiarava di sperare che le difficoltà sarebbero state da lui sciolte più chiaramente nelle note a una sua traduzione del System der Wissenschaft, ein philosophisches Eincheiridion (Koenigsberg, 1850) del Rosenkranz : « che avrei di già pubblicata senza la tirannide borbonica, o la guerra che tutto il mondo ha fatto e fa presso noi al libero pensiero» (p. 23). Un altro suo lavoro concerneva la filosofia di Krause, la quale, specialmente per mezzo di Ahrens (il cui Corso di diritto naturale , 1838, era molto letto dagli avvocati di Napoli, ed era stato anche tradotto già due volte in italiano, da Francesco Trincherà e da Vincenzo De Castro 1 ) poteva dirsi « in qualche modo popolare nelle nostre province ». « Le sue Lezioni sul sistema della scienza (Vorlesungen nb. System der Philos., 1828)», dice il Del Zio, « e 1’ampio sviluppo enciclo- 1 Corso Ul Diruto naturale o della ftlos. del dir. traci, da Fr. Trin¬ cherà, Napoli. 18-11, e Capolago, 1812. Nuova trad. eseguita sulla quarta ed. dal prof. V. De Castro, 2. voli., Napoli, Stab. Tip. dell'An¬ cora, 1860. Più tardi la sesta ed. (uscita in ted., Vienna, 1870-71) fu Irad. in italiano da A. Margllieri, Napoli 1872. 191 L’HEGELISMO NAPOLETANO pedico eh’ egli tentò dare a tutto lo scibile rivelano in classico modo il fermento incommensurabile dal quale era travagliata 1’ intera Allemagna alla vigilia dell’ ap¬ parizione d’ Hegel sul teatro della scienza. Ma in Krause c’ è il presentimento della scoperta, che fu fatta invece da Hegel »; e questo giudizio era il « risultamento di una conveniente disamina » . « A tanto speriamo di adempiere più tardi, pubblicando un nostro lavoro, che ha per ti¬ tolo: Studii sul rapporto del Sistema della scienza di Krause a quello di Hegel » . Appunto per quella certa popolarità che il Krausismo aveva acquistata anche nel Napoletano, il Del Zio stimava opportuno che fosse di¬ scussa la sua teorica generale da’ cultori della filosofia. « Se non cominciamo a disputare pubblicamente sulle nostre convinzioni speculative, il trionfo della scienza e il progresso della nazione non saranno nè liberi nè universali » (pp. 27-8). L’opuscolo era dedicato Alia gioventù napoletana con parole di questo tono : « A voi dedico, o fratelli, questo piccolo lavoro, il quale non è altro che il programma dell andamento scientifico, a cui dovrebbe avviarsi, se¬ condo le mie convinzioni, il nostro paese, per essere in armoniu coll’ indirizzo generale della scienza in Eu¬ ropa. Se vi parrà vero, Voi, più che me, potrete con¬ durlo ad atto, perchè 1’ amico vostro, comechè giovane, è già percosso dai dolori dell’ animo e dalle sofferenze lei corpo che 1’ opera dissolutrice della tirannide seppe in molti generare negli anni scorsi». Continuava an¬ nunziando che, accettato il suo programma, tre fiamme divine sarebbero venute ad accendere 1’ anima dei gio¬ vani napoletani : tre sedendovi d’ un unico sole, il libero Pensiero ; le tre fiamme della Filosofia, della Rivoluzione, dell’Amore. «Colla prima darete fine alla superstizione del Papato, la più maligna fra quelle che ancora cor- 192 STORIA DELLA FILOSOFIA rodono lo spirito moderno. Colla seconda scrollerete il Dritto divino ed ogni altra specie d’irragionevole im¬ perio. E coll’ ultimo tramuterete le rovine in creazione eterna di bellezza e di verità ; costituirete I* Italia, e getterete il fondamento alla fratellanza democratica di tutta Europa». Svolto brevemente il concetto della Fenomenologia dello spirilo, per mostrare come lo spirito sia necessa¬ riamente condotto dalla sua interna dialettica al punto di vista del sapere assoluto, il Del Zio schizzava con pochi tratti l ’ideale della scieina, a cui egli invitava con molto calore : « Deliberando di seguirmi fraterna¬ mente nel mondo del sapere, renderete testimonianza dell’ istinto divino che move lo spirito del nostro tempo, e della vita novella d’Italia resa a sè stessa ed alla sua naturale grandezza... Il nuovo metodo dell’insegna¬ mento filosofi co è il metodo della morte e dell’ amore assoluto», della morte alle cose finite e a se stesso, e dell’ amore per 1’ assoluto, in cui lo spirito deve rina¬ scere. Quindi combatteva le obbiezioni mosse all’ hege¬ lismo «dalla corta vista dell’intelletto 1 o del sentimen¬ talismo ipocrita della santocchieria » . Ai filosofi dell’ in¬ telletto, del pensare finito addebitava la loro incosciente predilezione dello scetticismo e del nullismo: e dimo¬ strava che « non solo il sapere assoluto è possibile, ma che esso è 1’ unicamente possibile » ; poiché ninna realtà finita, naturale o spirituale, può dirsi conosciuta fuori del sistema, in cui essa va concepita. Ai mistici di buona o di mala fede, cercava d’ additare il carattere intrinsecamente religioso della filosofia hegeliana, nella quale la verità della religione non è negata, ma trasfi¬ gurata e fatta valere per la ragione, assolutamente. In- 1 Intelletto (Verstand), nel senso di Hegel. L' HEGELISMO NAPOLETANO 193 fine, combattendo anche lui il pregiudizio, allora sal¬ dissimo tra i giobertiani di Napoli, del primato italico- e della filosofia nazionale, sosteneva, a simiglianza dello Spaventa, ohe « la grandezza del nostro spirito non è tanto nel sapersi precursore di tutto l’incivilimento occidentale, quanto nel prevedere che dev’ esserne il successore eterno ». Si ammira Vico: ma egli « travagliò por tutta la vita per provare che uno spirito solo regge il mondo delle nazioni, che una è la mente dell’ Uma¬ nità, e che un piano ideale stringe in armonia assoluta la totalità de’ fatti politici e le forme svariatissime del- 1’ intera vita sociale». «La storia della filosofia è dav¬ vero un’ opera unica, una sola attività produttrice... Le frutta abbondanti di quei primi pensieri filosofici, che gl’ italiani del XV e XVI secolo destarono nella coscienza umana sono appunto i grandi sistemi della fi¬ losofia moderna... Nutricandoci del supere e della vita europea, noi vendicheremo lo spirito de’ padri nostri, celebreremo la festa di commemorazione a quel Risor¬ gimento, che il papato e l’Impero soffocarono nel sangue di tutta la Penisola» : sopra tutto a Bruno, la cui vita randagia per 1’ Europa, ma cominciata in Italia e in Italia tragicamente finita, sembra al Del Zio il sim¬ bolo divino del corso storico della filosofia mo¬ derna nel mondo. E col ricordo della vita del Bruno e un invito a vendicarne la morte facendo tornare in Italia la sua filosofia arricchita nel suo secolare viaggio, termina questa prolusione. Cinque giorni dopo leggeva nell’ Università la prolu¬ sione al suo corso lo Spaventa, tornando a trattare il tema : Della nazionalità nella filosofia. 13 — Gentile. Storia della filosofia. 194 STORIA DELLA FILOSOFIA 2 . Marianna Fiorenti Waddingtoìi e D. Spaventa Affrettando col desiderio la pubblicazione dell’ impor¬ tante carteggio della marchesa M. Fiorenti Waddington tuttavia posseduto dalla famiglia di Francesco Fio¬ rentino, gioverà spigolare tra le carte dello Spaventa, alcune lettere e ricordi di questa egregia donna, che non ci paiono inutili alla storia della fortuna di Hegel in Italia. Quando la Florenzi entrò in rela¬ zione con lo Spaventa aveva passata la sessantina, essendo nata nel 1802: da Schelling era giunta fino a Hegel : dall’ ammirazione del Mamiani, per la conver¬ sazione frequente col Fiorentino, che da Bologna andava spesso a Perugia ospite suo, era potuta passare a quella del critico severo della prefazione, che il Mamiani nel 1844 aveva premessa alla sua traduzione del Bruno di Schelling 1 . Prefazione desiderata da lei, che ne caròla promessa con un certo imperio di belletta che. ancor pos¬ siede, come il Mamiani scriveva al suo fratello Giuseppe il 7 aprile 1844 ;* prefazione piaciuta già allo stesso Schelling. 3 Ma ben presto la marchesa tedescheggiente e libera pensatrice e il conte italianissimo e cantore dei santi cattolici, s’ erano accorti di non potersi intendere. Già in una lettera del 1846, 4 il Mamiani le rimprove- ' Vedi B. Spaventa, Saggi di critica. Napoli, Gliio. 1867, pp. 366 sgg. Intorno alla Florenzi v. le mie Origini della, fllos. contemp. in Italia III, parte II, pp 37-50. * Mamiani, Leti, dall’ esilio a cura di E. Viterbo. Roma, 1809. 1, 211. * In una sua lettera a un suo amico, del 26 dicembre 1845, il Ma- raiant scriveva: «Quantunque lo vi discorra della tllosolla tedesca moderna con gran franchezza di giudicio, lo Schelling non se ne tiene punto mal soddisfatto, e scrivendo alla traduttrice, che è la march. Florenzi, ha detto di me parole onorevolissime » (op. cit. I, 320). Cfr. il Bruno stesso, ed. I.e Monnier, 1859, p. 213. * Leti, cit.. Il, -10. Cfr. la lett. al fratello del 28 ag. 1846 (II, 33). L'HEGELISMO NAPOLETANO 195 rava di ragionare un po’ alla tedesca, e , non avendo alla mano ragioni ferme ed evidenti, essersi rairolta della nebbia del suo grande maestro, lo Schelling. L’ anno ap¬ presso le scriveva: « ìli congratulo molto con voi dello studiare indefesso che fate e dello involgervi coraggiosa tra le tenebre sacre della metafisica dello Schelling». 1 Era quasi un addio dalla spiaggia a chi si avventurava per il rischioso viaggio! Sul principio del 18GB, la Fiorenti aveva pubblicato i suoi Filosofemi di Cosmologia e di Ontologia (Perugia, V. Bartelli) ; e il Fiorentino, che doveva scriverne una recensione, nella Rivista Italiana (o Effemeridi della P. di Torino, del 20 aprile 1863, a. IV, pp. 250-52), la incitò a mandarne un esemplare allo Spaventa. Quindi la seguente lettera : Signore, Se un nostro amicissimo, e molto suo conoscente, non m’ in¬ coraggiasse a mandarle il mio libretto testé stampato, io non oserei inviarglielo. Esporlo al giudizio d’ uno de’ più distinti lilosofi è al certo temerità più die grande. Ma io mi affido più assai all’ indulgenza di cui sono capaci i grandi uomini, e temo maggiormente i piccoli. Ardisco ancora dimandare il suo leale, franco giudizio e la sua severa censura; ed ancbo la disapprovazione mi sarà più cara assai di qualsiasi com¬ plimento. È dunque sotto l’egida del nostro amico che il mio libretto vieue a cercarla. Mi abbia per iscusata s’ io l’incomodo por cosa di sì poco valore; ma, le ripeto, io riposo nella indulgenza sua. Me le offerisco e raccomando. Perugia, li 20 marzo 1863. Obb.ma M. Marianna Florbnzi WAnDiNcroN. Lo Spaventa in ricambio le mandò il suo volume Prolusione e introduzione alle lezioni di filosofia, starn- 1 Lett., li, 314. 196 STORIA DELLA FILOSOFIA pato 1’ anno innanzi ; a cui la Florenzi fece gran festa, diffondendolo nel circolo di letterati e filosofi, 1 che si raccoglievano intorno a lei. € Dono prezioso, scriveva all’ autore il 9 maggio del '63, di cui mi valgo per miu istruzione e per ammirare uno de’ più grandi filosofi (o il più grande), che ora dia fama alla nostra nazione » . Da altre lettere della colta gentildonna si rileva che tra gli ammiratori guadagnati da lei allo Spaventa, de¬ siderosi di leggere i suoi scritti, v’ erano anche delle donne. Tanto poteva 1’ esempio della Florenzi ! Il 25 maggio questa mandava allo Spaventa un suo piccolo discorso sojrra l' Eleroyenia che doveva essere stam¬ pato coi Filosofemi. Era instancabile : quando, nel giugno 1864, lo Spaventa le ebbe mandata la memoria su Le prime categorie della logica di Hegel, ella poteva annun¬ ziargli un suo nuovo lavoro, che avrebbe toccato anche quell’argomento (Saggio di psicologia e di logica, Fi¬ renze, 1864): «Mi preme sempre di leggere le cose sue, e per questo ho indugiato a dirmene grata e ricono¬ scente. Non ho parole per esprimerle quanto quella lettura mi abbia soddisfatta. Un ingegno come il suo non poteva a meno di escogitare fino al fondo l’argo¬ mento trattato, ed in vero non c’ è nessuno che abbia penetrato tanto addentro la dottrina e le intenzioni di llegel, il più formidabile dei tedeschi filosofi. «Ella ha ragione: chi è mai entrato sì puramente nella scienza del filosofo? « Tanto più piacere mi ha recato il suo scritto in quanto che io aveva già compiti due capitoli del libro che scrivo ora : Il divenire e V essere e il non essere, pen- 1 Cfr. la Necrologia che scrisse di lei il Fiorentino, in Scritti vari, Napoli, 1876, p. 410-1. L' HEGELISMO NAPOLETANO 197 siero ed essere. Quanta istruzione io posso ricavare da lei ! Dunque, per tutto il piacere e per tutto 1’ utile ri¬ cevuto io ne la ringrazio di cuore ed anima » (Lettera del ló giugno ’64). In una poscritta d’ una delle sue lettere la Florenzi scriveva allo Spaventa: «Vi prego di fare il grande sforzo di rispondermi al pili presto » . Lo Spaventa, in¬ fatti, era tardissimo a scrivere, anche se chi aspettava era una dama così gentile. Il Fiorentino badava a fare le sue scuse. Così, in una lettera allo Spaventa del 19 novembre 1804, gli scriveva : « Alla marchesa Florenzi ho parecchie volte detto quale sia la vostra indole, perciò non ho durato fatica a persuaderla della vostra trascu- ranzn nello scrivere. Ella ha sotto i torchi due saggi, uno di logica e 1’ altro di psicologia, ed aspetta di averli in pronto per rispondervi. Credo che li avrà prima che il mese finisca. Li ha composti con l’intendimento di dare due lavoretti elementari, e mi sembrano molto giu¬ diziosi e precisi e chiari, da qualche capitolo almeno che ho scorso, correggendo gli stamponi che le venivano quando io ero colà. A proposito di lei, che cosa avete fatto per l’Accademia, di cui mi parlaste costà? Io non le ho detto nulla, com’ era vostro desiderio ; e sarebbe cosa ben fatta se si potesse effettuare, perchè veramente è una donna meravigliosa per 1’ ardore che ha per la scienza » . Lo Spaventa aveva pensato di premiare la nobilissima operosità e il virile animo, onde la Florenzi proseguiva gli studi filosofici, facendola ascrivere all’Accademia delle scienze morali e politiche di Napoli. Nomina che la scrittrice gradì molto, e ne fregiò il frontespizio de’ suoi libri pubblicati dopo il 1865. Primo il Saggio sulla natura (Firenze, 1866), che è dedicato appunto allo Spaventa: non per orgoglio , ma soltanto perla fiducia... 198 STORIA DELLA FILOSOFIA che gl’ ingegni, quanto più sono alti , tanto maggiore in¬ dulgenza tisano alle persone di buona volontà. Gliene chiese licenza il 14 dicembre 1865 con una lettera molto mo¬ desta, dove sono espressi gli stessi sentimenti della de¬ dica a stampa, e da cui s’ apprende che il Saggio era da tre mesi in tipografia. Nell’aprile del ’G6 fu a Napoli il'cav. Evelino Wad- dington, marito della marchesa, ed ebbe dallo Spaventa liete accoglienze. «Egli se n’è tornato», scriveva il Fiorentino, « contento di aver conosciuto un uomo del vostro ingegno e con quella franca ed ingenua indole, che è segno infallibile». E come a Napoli si prepa¬ rava, in occasione d’ una esposizione di cotone, un Con¬ gresso scientifico italiano, la Florenzi contava di venirci anche lei; come infatti ci venne: «Ebbi la vostra me¬ moria 1 che ho letta con grande attenzione per racco¬ glierne quell’ utile che sogliono apportare i vostri scritti. Evelino fu molto contento di conoscervi e lo sarò pur io fra poco, perchè ai primi di agosto contiamo di essere costì nuli’ ostante gli eventi del monito. « Mi faceste dire di fare un qualche piccolo discorso per 1’ occasione del Congresso; e 1’ ho tracciato alquanto, e per distenderlo vorrei la certezza se si fa o no codesto Congresso. « Io presumo che no, stante 1’ imminenza della guerra ; nulla di meno vi prego a scrivercene una riga ; ed ancora più mi preme sapere se vi troverete in Na¬ poli a quell’epoca, o alla campagna, ed in quale cam¬ pagna, od in quale città ; infine, mi direte dove dimo¬ rerete » (15 giugno ’6G). 1 La dottrina della conoscema di G. Bruno, pubbl. negli Atti dell'Acc. delle Se. mor. e poi. di Napoli del 1865; risi. In Saggi di cri¬ tica pp. 100-S55. 199 L'HEGELISMO N U'OLETANO Un’ ultima lettera del 8 agosto 1867, ha un certo in¬ teresse, per l’accenno che vi si fa al discorso Della immortalità dell’ anima umana, che la Florenzi pubblicò nel maggio 1868 : « Io mi preparo o mi sono già preparata a scrivere un opuscolo sulla immortalità dell’anima: problema scabroso! ma che voglio sostenere perchè sento 1’ im¬ mortalità dentro di me e voglio essere immortale a tutti i costi. Sarà dolorosa ai feuerbachiani miei amici 1 la mia assoluta opposizione». Nè anche gli amici hegeliani, non feuerbachiani, d’ I- talia fecero plauso all’ assunto della marchesa. E lo Spaventa alluderà forse, con quell’ ironia che gli era propria, al discorso poco persuasivo della Florenzi, quando nello stesso maggio 1868, scrivendo al De Meis, la chiamava: « la nostra immortale Marchesa, — immortale almeno come, socia della Beale nostra Accademia » . ! L’intimo pensiero dello Spaventa sull’ immortalità dell’ anima individuale apparisce dal principio d’ una malinconica lettera da lui scritta al De Meis il 13 luglio 1880 ; dove ricorda la sua prima figliuola morta a tre anni : Napoli, 13 luglio 80. Mio caro Camillo, Spero che la festa di quel sant’ nomo del De Lellis, 3 tuo omonimo concittadino e la tua, ti riconoilieranno cogli amici. In particolare io conto sulla reminiscenza, anche involontaria, di que’ maccheroni al pomidoro; di quella Irittata e di quelle cocozzelle, oramai divenuti celebri no’ nostri annali domestici. Via de’ Fiori a San Salvario, n... 4 . Il numero non lo ricordo 1 II Ff.ii* *riiach, coni' è noto, nel Gcdanhen iiber Tod und Sterb- li chheil (183(1) sostenne la mortalità dell'anima. J v. scritti filoio/lci. ed. Gentile, p. 303 n. 8 San Camillo De I.ellis, di Bucchianico, patria del De Meis. • Recapito dello Spaventa a Torino. Il numero era 23. Isabella Scano. moglie dello Spaventa, a lui sopravvissula, morta il 18 die. 1001. 200 STORIA DELLA FILOSOFIA più, e non ho tempo (li consultare la signora Isabella, che attende alle faccende di casa. Non lo ricordo; ma fa lo stesso: ricordo il luogo, il prato, la soala, il piano, le stanze e il mio tavolino da lavoro, e tutte le miuchionerie che scrivevo : le cose futili e le serie; il mio chiodo Bolare e i misturi he¬ geliani svelati ; e te che venivi ogni giorno, angelo consola¬ tore, e le chiacchiere che facevamo insieme; e la mia povera prima Mimi e lo sue ultime parole: — Papà lavorai — Papà lavora! — Io non so so (|uella casa sia rimasta ancora in piedi; oramai non vedo piti Torino da circa vent’ anni : ma ella sus¬ siste tuttora qui, come forse non ha mai meglio esistito iu realtà, nel mio cervello, o, come (licevano una volta, nell’ a- nima mia; o non si dileguerà se non quando questo cervello (Papà lavora, Papà lavora), non ci sarà piti. E che ne sarà! Che significa nou esserci pi fi i Diverrà proprio nullaf Eppure è stato ed è. O ci è proprio uu modo di essere che non è sussisterei E sussistere cos’ài 1/orgoglio e la balordaggine umana ha trovato lo consolazione: — tutto nasce e perisce, è vero, ma gli atomi restano, e son sempre quelli, non mutali mai. — Bella scoperta! me li fo fritti gli atomi, io. Troppo serio per la festa di San Camillo ; troppo malinco¬ nico, anzi. Ma va e freua la mia fantasia!... Lo Spaventa, non occorre dirlo, non era materialista. Ma nella concezione hegeliana della natura e dello spi¬ rito non trovava posto per lo spiritualismo astratto, e quindi neppure per l’immortalità personale. 3. Il primo scolaro (li B. Spaventa (F. Fiorentino). Battaglie carducciane ancddote. Nella nota polemica del 1876 con l’Acri il Fiorentino dice di aver conosciuto tardi lo Spaventa, e poco prima i suoi libri. « Letti i suoi libri, intravidi un altro mondo, e mi parve rinascere. Allora (1861-1862) ero professore a Maddaloni, e stavo a Napoli. Tra i molti L’HEGELISMO NAPOLETANO 201 che si preparavano a combatterlo c’ero io; ma, lettolo, mi sentii tirare verso lui, e capii che i suoi avversarii non valevano neppure i suoi calzari. Quale fu la mia maraviglia, quando dai più sinceri riseppi, ch’ei non avevano lotto nulla di lui, e che lo combattevano, perchè volevano combatterlo, senza sapere perchè! ». 1 Allora infatti egli si presentò allo Spaventa. Ma, quando, sullo scorcio del ’62, andò a Bologna professore di Storia della filosofia, non E aveva visto che due volte o tre. * * L’ultima di queste ne ebbe consigli e suggerimenti circa gli studi per cui la Biblioteca Universitaria di Bologna avrebbe potuto offrirgli E opportunità. Giacché dallo Spaventa egli fu stimolato a intraprendere quelle ricerche sui nostri filosofi del Risorgimento, da cui pro¬ vennero le sue opere più importanti. E quando si di¬ visero, lo Spaventa dovette annunziargli il libro, che allora stampava, Prolusione e introduzione alle lezioni di filosofia , dove il Fiorentino avrebbe trovato uno schema della storia della filosofia italiana. Glielo inviò poi infatti con una lettera, della quale possediamo la risposta : Mio carissimo amico, La vostra lettera e il vostro libro lungamente aspettati mi sono arrivati carissimi. Mi son messo subito a leggerlo, e posso dirvi di averne scorsa quasi la metà; se non che intendo rifarmici sopra, come prima avrò satisfatto l'impa¬ ziente desiderio con questa prima lettura. Voi mi riuscite sempre profondo e stringato ragionatore ; oogliete nel criticare il nodo del sistema, c ne mostrate lo scioglimento cosi luci¬ damente che meglio non si può. lo vi ho sempre tenuto, e vi tengo a ninno secondo nell’arto difficilissima della critica filosofica, eh’ è quella appuuto, di cui noi Italiaui abbiamo ' La fllos. contemp. in Italia, Napoli, 1876, p. 150. * O. c., p. 152. 202 STORIA DELLA FILOSOFIA specialmente bisogno, serondochè voi avete maestrevolmente notato. Le considerazioni su la lìlosofia nazionale sono esatte, e l’indole della filosofìa del Risorgimento, che io ho letta fino al Bruno, è scolpita cou molta fiuezza, e contorni assai rilevati. Le osservazioni su l’antichissima sapienza degl’i¬ taliani del Vico, e ricavate qunuto al fondo dalla Scienza nuova, sono inappuntabili ; ed a rifiutarlo bisognerebbe di¬ sconoscere la teorica della parola dal Vico medesimo adottata. Io mi rallegro di tutto cuore con voi, mio carissimo amico, ed auguro all’ Italia molti uomini che vi rassomiglino. Negli scrittori, come negli uomini, a me piace la lealtà del manifestare le proprie convinzioni, quali che si fossero; la coscienziosa ricerca nel formarsele, ed il saldo proposito del sostenerle. Ora invece si scrivacchia e si cinguetta a spro¬ posito, e più ilei nomi e dell’autorità si fa caso, che non della verità eterna ed immutabile. Voi siete molto opportuno nelle condizioni poco prospero del nostro paese, e gran bene potrete fare. Esperto come siete di gran parte delle nostre città, dovete conoscere meglio di me, che cotesta o nessuna può spingere e continuare il movimento della italiana filo* sofìa. Qui se ne ha pochissima cura: alla mia scuola usano pochi uditori, alle altre della mia facoltà meno che pochi, o nessuno. Per buona ventura è venuto qua a continuare i suoi studi filosofici un bravo giovane delle provincia meri¬ dionali, un tal Donato Jaja, quel medesimo che mi accom¬ pagnava, quando presi commiato da voi. Ila buon ingegno, e buona volontà, eh’è ancora più rara no’ nostri giovani. Altri vanno e vengono più per curiosità che per vaghezza ili studio: sono le comete di tutte le cattedre. Tra pochi altri giorni vi manderò la Prolusione che lessi qui, e che ho fatta inserire sul Progresso che si stampa costà. Me no aspètto vostro giudizio, che quanto so che sia com¬ petente, altrettanto voglio che sia ingenuo e franco. Voi sapete che io non mi sdegno dell’essere appuntato e corrotto: amo la verità più del mio amor proprio... A libri filosofici qui si sta molto male, e sebbene mi sia stato promesso che qualcheduno dei più necessari si farebbe venire, pure io ci conto molto poco per la scarsezza dell’as¬ segnamento di cui gode questa Universitaria Biblioteca. Avrei bisogno di buoni espositori di Platone e di Aristotile, perchè questo anno mi occupo della filosofia greca, e intanto, tranne L’HEGELISMO NAPOLETANO 203 alcuni commentatori antichi, non si trova altro. Ho fatto ve¬ nire «lei mio la esposizione della Logica aristotelica di Bar- thólemy; ina a far venire tutto a proprie spese come si riescef ìi questo per me un gran contrattempo, c, senza le vostre prevenzioni, quasi inaspettato o iuusputtabile. Chi diamine poteva credere che la dotta Bologna viveva ancora in pieno Medio Evo» pi Pomponazzi ci è il solo libro dell'Immortalità. I mano¬ scritti di Boccaferrato versano più su la tisica aristotelica, che su la metafisica: ed oltre a ciò sono poco agevoli a leggere, e a parer mio ili poco giovamento. Ho trovato pori» Scoto Krigena, e Patrizzi, che costà non mi era riuscito avere. Oopo che avrò letti questi, mi metterò a studiare la storia della filosofia indiana del Colebrooke, che voi mi diceste buona. * 1 Mi dimenticai l’altra volta di dirvi, che Vittorio Cousin scriveva alla Florenzi una lettera sn quel mio lavoretto in¬ torno al Bruno, dove sentenziava degl’italiani a modo suo. È piuttosto una lunga lettera, di cui io ho copia, che vi manderò, se vi aggrada leggerla. Parla altresì del Vera.® Ecco quante ve no ho dette, e forse vi avrò annoiato: ma io sentiva il bisogno di trattenermi con voi, e P ho fatto alla mia usanza, e senza riserva. Io, oltre all’ammirarvi, vi amo assai, e stimo che questo all’etto che vi porto renila più scusabili le molte ciarle che faccio nello scrivervi. Quando avrete tempo scrivetemi, perchò mi è caro comunicare con qualche spirito privilegiato ed amico in tanta solitudine in cui vivo. Se potessi in qualche cosa adoperarmi per voi, mi terrei fortunatissimo di farlo. Addio, adunque, mio carissimo amico, ed amate Di Bologna, 12 del 1863. Il tutto vostro Francesco Fiorentino. 1 Enrico Tommaso Colebrooke (1765-1837), celebre indianista, pre¬ sidente della Società Asiatica londinese, autore degli Kssai/s on thè Vedas and on thè phtlosophu of thè llindous nel I voi dei Miscclla- neous Essaj/s (London, 1837, 3.» ediz., 1873); — e a parte: Essays on thè relii/ion and phtlos. of thè Hlndous, 3.» ediz., London, 1858. 1 Tra la corrispondenza Inedita del Cousin ci sono lettere del Fiorentino: vedi Gentile, Albori delta nuova Italia, I, 150. 204 STORIA DELLA FILOSOFIA La Prolusione al corso di storia della filosofia (letta il 25 novembre 1862) fu dal Fiorentino pubblicata nel Progresso di Napoli (a. IL voi. II, 1863, pp. 22-33) ; ma non venne più ristampata. È infatti ancora un do¬ cumento della fase giobertiana del pensiero del Fio¬ rentino, quantunque vi appariscano le prime tracce dei nuovi studi e delle nuove tendenze dell’ autore. Giova riferirne qualche brano: Il pensiero, o signori, regola il mondo o lo riempie, perché esso è la pienezza ed il vigore dell’ essere : è la sua compe¬ netrazione, e la sua identità. L’ essere senza il pensiero è spar¬ pagliato, disterminato, e però incompiuto e Unito. Imperocché l’essere compie se medesimo geminandosi, vale a dire facen¬ dosi principio e fine; ed il mezzo, pel quale esso si pone e conclude, è il pensiero, la relazione, l'identità suprema... (p. 23). Se non che esso nel mondo inorganico si occulta inconsa¬ pevole, eil in certo modo seppellito, comincia ad agitarsi operoso nel vegetale, si va sempre pifi disimpacciando dal grave involucro della materia nella forma dell’animale; e si sveglia libero e padrone di sé filialmente nella coscienza umana... Il pensiero divino che trasparisce attraverso tutto il creato, si che ogui cosa, secondo la frase biblica, appaia piena dello spirito di Dio, non parla poi e non si rivela am¬ piamente, se non nella coscienza dell’uomo. Il resto della natura è parola scritta, rinchiusa, direi quasi cristallizzata: l’uomo solo è parola viva e palpitante... (p. 24) La dualità di natura e spirito non è insuperabile. Essa inette capo « nell’ unità cosmica ». E in virtù di questa la natura tende allo spirito; che comincia bensì aneli’ esso come forza individua partecipante all’ uni¬ versità del cosmo ; ma esso si generalizza pensandosi. ...Do spirito è l’attuazione compiuta dell’unità cosmica, e ciò che questa è in potenza, ed esso è in atto. Or quando lo spirito si abbia assimilato la natura e sé stesso per quella serie di sviluppamenti che va spiegata nella Fenomenologia, L'HEGELISMO NAPOLETANO 205 egli, a rendere scientifico il suo processo spontaneo ed in- cosoio di sé, si rifà sopra il cammino fatto. E può rifarsi in tre modi. Quando rigira sè in sò, dà luogo a quel ripensa¬ mento che si dice riflessione psicologica; e quando si ripete su la natura, partorisce la riflessione detta dal Gioberti ontolo¬ gica. Ma sopra eoteste due guise di riflettere, ve u’ ba una terza, che lo vince di pregio e di amplitudine, vale a dire la riflessione logica, nella quale lo spirito si rivolgo su la sua azione medesima, sul proprio pensiero... su la natura e 10 stesso spirito è Dio, ossia l’unità vera, l’unità che non è il moltiplico, ma lo fa. Se l’unità cosmica fosso tutto, 1’ ul¬ timo grado del pensiero sarebbe la riflessione psicologica e l’ontologica, e la logica non sarebbe possibile. V’è logica, perché v’ha un assoluto perfettamente uno; v’è la logica, perchè v’è Dio... Da logica è dunque l’unità finale della cosmologia e della psicologia, come la protologia n’ era stata 1’ unità primitiva. L’ unità assoluta, 1’ unità cosmica, 1' anima, 11 concetto; ecco le quattro gradazioni, per le quali passa il pensiero speculativo, produceudo una scienza eh’è la prima e la massima, e che comprende la protologia, la cosmologia, la psicologia e la logica. . (p. 2fi) Venendo alla storia della filosofia, il Fiorentino di¬ chiara che il disegno della storia si deve modellare su quello della scienza : sicché la storia dev’ essere essa medesima un sistema. « Una storia che non fosse un sistema ma un’ imbastitura di fatti racimolati qua e là, non sarebbe meritevole di tanto nome». Quindi la con¬ nessione da preferire tra i vari sistemi è quella logica. So bene io essersi talvolta tenuto conto o della successione cronologica, o della continuità etnografica; confesso che queste maniere contengono qualche parte di vero ; che il tempo maturi ed incalzi le deduzioni della logicn ; che la scienza alcune volte si sviluppi come un dramma vivente in una nazione: nondimeno il pensiero, essendo di natura estem¬ poranea ed eslraspaziale, mal si potrebbe acconciare tra questi angusti cancelli... Egli è da maravigliaro intanto come fra tanti che hanno trattato la storia della filosofia quasi uiuno abbia fatto capo dellu genesi logica dei sistemi, salvo l’Hegel 206 STORIA DELLA FILOSOFIA in cui celesta legge si appalesa inflessibile come il fato; e nelle cni mani la storia si trasforma in una geometria, dove nulla viene lasciato all’arbitrio del pensatore. Hegel accorcia e distende i sistemi come il Procuste della favola, affinché tutti ripetessero costantemente il ritmo prescelto della trico¬ tomia. Il Richtor inchina per contrario a sostenere l’au¬ tonomia delle scuole e dei sistemi ; sminuzza, taglia i nervi, e leva di mezzo ogni addentellato. Nel primo 1’ uniformità ò monotona, nell’altro la varietà rimaue disordinata ed inor¬ ganica. Contemporaro però questi due estremi, badare alla continuità del pensiero universale, senza disconoscere l'in¬ fluenza individuale, è proprio mettersi sul giusto mezzo, ed in postura convenevole, onde si possa portar giudicio sopra i sistemi. E qnando dico sistemi, io non guardo alla breccia (f), ma alla radice: non all’aspetto subbiettivo, o nlla convinzione del filosofo, ma alla materia, eli’ è stata fondamento della sua opinione. Voglio vedere non quel ch’egli crede, ma quali cause lo abbiano sforzato a questa credenza... (p. 29) La storia della filosofia presuppone un sistema, che sia come il regolo con cui conviene riscontrare e mi¬ surare le dottrine. E dalla maggiore o minore ampiezza del criterio di una storia, dipende il valore di questa. Hegel ha immedesimato la storia della filosofia col suo si¬ stema, affermando non essere tutti gli altri se non momenti del suo, e (singolare ardimento!! egli non si è peritato di pian¬ tare le colonne di Ercole della filosofia ! L’avvenire giudicherà di lui, provando coi fatti, se dopo la grande Enciclopedia ancora allo spirito umano qualche cosa rimarrà da fare. Infine il Fiorentino toccava la questione di una filo¬ sofia italiana contestata dagli storici stranieri. Mettendo n rassegna le nazioni filosofiche di Europa, Hegel tripartisce il mondo della filosofia moderna, maiorasco ina¬ lienabile, tra l’Inghilterra la Germania e la Francia... Il Cousin di poi, n cui non tornava conto una terza nazione, non avendo una tripartizione a fare, ridusse le partite, e diede luogo a due nazioni soltanto, alla Germania ed alla Francia... Il professore di Berlino e quello della Sorbona si L’ HEGELISMO NAPOLETANO 207 trovano peri» d’accordo nel diseredare l’Italia. E perchè 1 Forse Telesio e Galileo non parlarono mai del metodo spe¬ rimentale ? Giordano Bruno non mosse dall’unità della sostanza prima ancora dello stesso Spinoza? Campanella non iniziò la osservazione psicologica? K Vico non partì dalla conversione del vero col fatto, statuendo il fondamento più solido cito potesse avere la filosofia? Nulla di tutto questo, o signori; tre termini bisognarono all’ Hegel, due al Consin, e per noi non rimase luogo. L’Italia, se diamo retta alle divisioni di oltremonte non ha fatto mai nulla, non ha pensato mai a nuli», e sola, spogliata del comune retaggio dell’urnan go- nero, ella è costretta a stare spettatrice stupida od ingloriosa delle maraviglie altrui. Troppo beata, se il passato della Ger¬ mania o della Francia potesse diventare il suo presente; troppo venturosa se, chiamata dalla straniera magnanimità, le venisse consentito di spigolare nel campo, ove a si larghi manipoli hanno gli altri mietuto. Mi rincresce, o signori, di dover prorompere in parole amare verso uomini al cui ingegno porto di cuore molta ri- vegenza; me ne rincresce ancora più forte per dover rinfre¬ scare titoli lunga stagione abusati, quando la gloria dei padri fu chiamata a coprire la riprovevolissima inerzia de’ figli. No, io protesto, signori, die noi non vogliamo addormentarci sugli allori dei nostri padri, che noi non vogliamo farci belli della loro gloria, fragile schermo alle immeritate rampogne... (p. 31) Il Fiorentino ricordava la « gran sollecitudine » che a Napoli egli aveva visto « affaticare gl’ intelletti traen¬ done argomento a bene sperare e ad asserire che forse la filosofìa era « deputata a maturare i fati della patria». Faceva voti cho quel « desiderio ardentissimo » si dif¬ fondesse da Napoli per tutta Italia ; « lieto di poter proseguire l’impresa, che qui (a Bologna) inaugurava il suo illustre predecessore»; cioè lo Spaventa. Infine, una patriottica perorazione : Por gli altri, o signori, la scienza può essere forse un ad¬ dobbo ed un decoro, por noi italiani è desiderio di riscossa, è condizione indispensabile di vita. Noi non sapremmo pas¬ sarcene senza tralignare dalla nostra antica fierezza, senza 208 STORIA DELLA FILOSOFIA disconoscere la missione nostra nella storia. E poi grandi cose ancora ne avanzano a fare, nè potremmo meglio allenarci, che fortificandoci la mento di profondi studi. Nella infanzia dei popoli era la fede che operava prodigi, e remica possibili le Crociate; nella loro virilità non si possono aspettare altri miracoli, che lineili della scienza... Un pensiero che non fosse progenitore fecondo di magnanimi fatti, io lo disdegnerei; ma esso avventurosamente non sarebbe nemmeno da dire pensiero, si bene fantasma vano, e passeggero capriccio. Io nel filosofo anzi tutto voglio guardare l’uomo coni’esso è, e voglio trovarcelo vergine, schietto, maschio e vigoroso. Io batto le mani a Socrate che combatte u Potidca, sento un cotal orgoglio di coltivare la scienza elio mantenne serena la fronte di Giordano Bruno avanti al rogo: applaudo a Kicbte che lascia la cattedra di Jena e corre sui campi di Lipsia; e non so rifinire di ridurmi nella memoria Sl’acteria, Mestre e Cur- tatouo, ove siete caduti voi, Santarosa, Poerio e Pilla, va¬ lorosi ingegni, valorosissimi cittadini. Sì, o giovani, di profondi veri e di magnanimi fatti noi abbiamo bisogno, e 1’ Italia sarà. Addoppiate gli sforzi... Per¬ corriamo di conserva e con alacrità 1' arduo arringo della scieuza, e siamo certi di cooperare in tal guisa potentemente al riscatto della patria nostra. La scieuza lo iniziò, ed essa indubitatamente lo coronerà, snebbiando le nienti, aprendo il cuore a piò candidi alletti ed utlbrzando le braccia della no¬ vella ed adulta generazione. Un ultimo sforzo ancora, e quanto prima il Ponte di Rialto risuouerà dell’ eco dell’ inno nazionale cantato sulle serve lagune dell’Adriatico, e le piume dei nostri bersaglieri si agiteranno al vento che spira dai sette colli (pp. 32-33). Dagli studi sulla filosofia greca pel corso universitario annunziato nella lettera del 12 gennaio 1863, fatti sotto l’ispirazione dello Spaventa, uscì il Saggio storico sulla filosofia greca (Firenze, Le Monnier, 1864), dove il gio- bertiuno di tre anni innanzi, autore dell’ opuscolo 11 Panteismo e G. Bruno, si palesava hegeliano e scolaro dello Spaventa, di cui infatti metteva a proposito la memoria su Le prime categoi'ie della Logica ili Hegel (1864). Così il Fiorentino si staccava coraggiosamente da’ L* HEGELISMO NAPOLETANO 209 vecchi amici di Napoli : onde nella conclusione del Saggio (p. 302) accennava: «Devoto alla verità, non mi ter¬ ranno del certo impastoiato nè vecchie preoccupazioni, nè codarde paure». Non gli mancarono, infatti, silenzii sdegnosi e tacite rampogne, seguite da una rottura, che fu la prima origine della polemica scoppiata dodici anni dopo con l’Acri e il Eornari. Nella seguente lettera ne abbiamo il più antico documento: Mio carissimo amico, Vi so infinitamente grado di llo coso gentili che mi dito del mio libro, o non vi nascondo che le vostro parole mi sono valso di sprone efficacissimo a seguitare. Voi sapete di quanto peso io tenga il vostro parere? o come lo anteponga ad ogni nitro che potessi avere in Italia, o anche (V oltre¬ mente 5 onde me n* è venuta allegrezza o buona voglia da non potersi misurare. Per me la filosofìa è stata sempre un amore, e perciò mi vi sou messo in buona fede, e senza preoc¬ cupazione di partigiano. Non timido amico del vero, io dirò sempre aperto il mio modo di vedere; ed in ciò debbo confessare che voi mi siete stato esempio e conforto. Delle altrui dicerie non mi brigo; conserverò P amicizia a chi me la continua non ostante il dissidio delle opinioni, coni’ è mio costume; uon mi dorrà di perdere amici, i quali pretendessero d impormi un treno, e di vincolarmi con pastoie, che Panimo mio, non che nou comportare, anzi disdegna. Questo anno mi occuperò «Iella filosofìa tedesca, e epocial- nmnte di Kant, lo cui opere ho già tutte, oltre ad altre espo¬ sizioni, tra le quali quella del Cousin. Sopra tutto ho in pn.'gio il vostro lavoro su Kant e Rosmini, dove mi pare ve¬ dere il kantismo scolpito con tutP i suoi pregi e le sue la¬ cune. Mi vo procacciando i nostri filosofi «lei Risorgimento, per occuparmene in un lavoro che ho in animo di stendere que- st’anuo medesimo. Ditemi voi se le biblioteche di Torino, dove siete stato, ne hanno qualcuno, e quale; perchè potrei chiedere al Ministro che fossero di mano in ninno mandati a questa hibliot«^ca por studiarli... Vi ricordo e rnccomando da ultimo l’affare della Metafisica 1-1 — Gentili:. Storia della filosofia. 210 STORIA DELLA FILOSOFIA Aristotile del Bonghi, avendo egli ora il tempo di de¬ dicarsi alla continuazione di quella stampa. Add.o, uno ca¬ rissimo amico, e ricordate ed amate Di Bologna, 19 novembre 1864. Il tutto rostro £—5S-Svt*-- — Addio. Dal lavoro su Kant e Rosmini dello Spaventa ossia La filosofia di Kant e la sua relazione con la filosofie italiana (Torino, 1860, rist. in Scritti filos pp. 1- 9) il Fiorentino aveva mostrato nel Saggio di avere ben compreso il valore della categoria kantiana. Ma poco vantaggio potè certo cavare dalla esposizione < Cousifr^Li «fe filosofìa di Kano che - 18« era stata pure tradotta in italiano da F. Irmctiera eredità, probabilmente, dei primi studi di Napoli, avan alla conoscenza dello Spaventa. Della tradurne della Metafisica di Aristotele, di cui il Bonghi aveva pubblicati i primi sei libri a Torino nel 1854, il Fiorent.no in¬ sieme col Bonatelli, che allora gli era collega a Bologna procurava di rendere possibile, con una sottoscrizione . resto della stampa, anzi la pubblicazione completa, con hTristampa della prima parte; ed è a deplorare che non ‘ S riusci», e che Jop» il Bonghi ne .1*» *»b.n. donato il pensiero, quantunque la sua interpretazione non sia senza difetti. TTT^ale che allora pubblicavano a Napoli il De Sancii» e .1 Settembrini. L’HEGELISMO NAPOLETANO 211 Il corso 1864-65 fu in effetti consacrato a Kant. Della prolusione è notizia in quest’ altra lettera, dove il Fio¬ rentino torna a lagnarsi del silenzio del Fornari, dando a divedere quanto pur ne soffriva il suo animo affettuoso': Carissimo amico, ...Io sono venuto qua a passarvi le feste, ed ieri, appena, arrivato, vi ho trovato la vostra lettera rinviatami da Bologna. Aspetto con premura la vostra lunga lettera, ora che le va¬ canze ve ne lasciano il tempo. Ho letto a Bologna una prolusione su Kant, di cui questo anno mi occupo precipuamente. Sarà stampata a Firenze in un nuovo giornale scientifico, elio ha per titolo La civiltà italiana, e eh’è diretto da De Gubernatis. Quando ne avrò gli estratti, ve ne manderò uno subito. Se voi voleste scrivere qualche rosetta, o in qualche modo valervi di questo nuovo giornale, so che De Gnbernatis no sarebbe lietissimo, fc un bravo giovane, che io ho conosciuto, e che vi ammira molto. Sapete voi, che, avendo mandato il mio libro ad alcuni a Napoli, non ne ho avuto neanche risposta! Che voglia dire, non so ; ma mi par barbara usanza il voler imprigionare la mente umana. La mia, non si lascia inceppare, e rinunzio vo¬ lentieri ad alcuno amicizie, quando queste non possono con¬ ciliarsi con l’amore della verità. Por la soscrizione ili Bonghi vi rinnovo le premuro, perchè egli sta aspettando che io gli rimandi i manifesti. So come si vada incontro ad inconvenienti, ma noi non assumiamo nessun obbligo personale. Addio, mio carissimo amico, ed amate Di Perugia, 26 dicembre 1861. Il vostro afet.mo sempre F. Fiorentino. La Civiltà italiana pubblicò nei primi tre numeri (I trimestre, gennaio 1865) il discorso del Fiorentino : Em- manuele Kant ed il mondo moderno; come pubblicò di lui stesso il 19 febbraio 1865 (n. 8) lo scritto su I dia- 1 Cfr. quello che se ne dice nella Filos. contemp., p. 139. 212 STORIA DELLA FILOSOFIA Ioghi di Orazio Rucellai; dall’aprile al giugno dello stesso anno (II trimestre, nn. 1, 2, 5, 7, 11 e 12), le lettere Stilla Scienza Nuova di Vico / e nel luglio, il discorso Dell’armonia del concelto di Dante come filologo, come storico, come statisla (II semestre, nn. 1 e 2): lavori tutti ristampati più tardi dall’ autore, salvo il primo, negli Scritti vari (1876). Del discorso su Kant dimenticato conviene riferire qualche pagina, la quale dimostra quanto il fiorentino avesse profittato della lettura degli scritti dello Spaventa. Ecco, per esempio, come poneva il problema kantiano : jjji sperienzu prima di Kant era stata smaltita siccome il fondamento più stallilo della scienza, o come le colonne di Ercole, di là dalle quali non era dato allo spirito umano travalicare senza pericolo d’imminente naufragio. Kant ri¬ flette, clic la sperieuza è tiu fatto, e ebe perciò non può essere primitivo; essendo un risultamento, del quale si può e si deve cercare la guisa e la ragione del nascimento. Egli adunque propone una domanda nuova nella storia della tìlosoiìa. coni’è possibile la sperienzat E più generalmente ancora: coni’ è possibile il conoscerei Con la quale domanda 1 oriz¬ zonte della scienza si trova onninamente cangiato, e i vecchi filosofi seriamente imbrogliati. Il Galluppi, che primo in Italia giudicò convenevolmente il movimento kantiano, si accolse di questa novità di problema, e con la Bolita sua semplicità di linguaggio la espose così: — Prima di Kant la filosofia era dommutio .1 o scettica: con lui comincia una nuova forma, la critica. E prima, difatti, i filosofi o ammettevano la sperieuza, o no; Kant uè l’nmmise, nè la rifiutò; ma disse: come si formai II problema così mutato non versava più sull’esi¬ stenza del fatto, ma sul suo nascimento; e cotesto è la mu¬ tazione più sostanziale che Kant avesse recato in mezzo nella scienza filosofica. I.a Scolastica mutuava or dalla tradizione religiosa, or dalla storia, or finalmente dalla filologia il contenuto della sua scienza: presupponeva l’anima, il mondo, Dio, i loro attributi, la loro origine, e vi attagliava una forma scientifica per pal¬ liare l’intrinseco difetto. Cartesio se ne sdegnò, e sopprimendo 213 L’ HEGELISMO NAPOLETANO quel vuoto ingombro, fece capo alla coscienza, dove credette trovare il punto stabile, sul quale puntellando la leva onni¬ potente del pensiero si mettesse in grado di smuovere il mondo antico, e di sfasciarlo. La filosofia sperimentalo sotterra¬ tagli ridusse lo spirito a tavola rasa, e vi disegnò sopra le prime linee della scienza nascente. Kant sorpassò l’uno e l’altra, e soffiò su tutto il sapere precedente, perfino su la coscienza di Cartesio, pertìuo su la sperienza di Locke ; es¬ sendoché entrambe contenevano degli elementi variabili, ed egli, messo su l'avviso dalle rigide deduzioni di limile] non voleva più far entrare nella scienza nulla elio avesse sembianza di mutabilità. Esposte rapidamente la unificazione del molteplice, onde nell’esperienza kantiana s’intuisce il sensibile e onde si giudica per mezzo delle categorie le intuizioni, il fiorentino dimostra come la vera unificazione ancora non sia compiuta, essendosi passati dall’ opposizione della materia e della forma dell’intuizione a quella di intuizione e categoria. Il legame primitivo, ove si rannoda il multiplo sì della sensibilità, come della intuizione, è l’unità trascendentale della coscienza. E badiamo che non ci tragga in inganno il nome medesimo di coscienza, di cui Kant si vale in due si¬ gnificazioni ben differenti. Questa coscienza trascendentale ò primitiva ed originaria; producondo gli opposti, non può ella essere un opposto; se no, si andrebbe all’infinito. L’altra coscienza di soconda muno vien oontraseguata con la giunta di empirica, ed è una fattura di quella primo, come ogni altro fenomeno: va costruita con la forma del tempo, con le categorie di possanza, di causa, di relazione, e via via. La coscienza empirica, insomma, ò posteriore assai alla coscienza trascendentale, la quale sola ò unità originaria e feconda. L non è senza ragione se ho ribadito questa distinzione, essendo capitalissima nel sistema che stiamo abbozzando, il vero merito di Kant non è di avere trovato i concetti a priori, ma di avere posto a capo della sintesi quella eli’ ei chiama energia porlentota, vale a dire la unità sintetica originaria della coscienza. L’illustre prof. Spaventa lia con molto aocorgimento 214 STORIA DELLA FILOSOFIA messo in sodo questo punto, criticando la esposizione che il Ro- smiui aveva fatto del Kant. Non è gii che gli opposti sieno dati, e che lo spirito, trovandoli, se ne impadronisca e li vada elaborando: questo processo ci era prima di Kant, ed egli lo ha sorpassato, vedendone la insufficienza. Imperocché quale conoscenza potessi avere, posto che i termini, ond ella si compone, fossero stati accoppiati per caso e alla rinlusaf Data da uua parte la intuizione, dall’altra la categoria, e poi lo spirito che le sforza ad un’ unione innaturale, o per lo meno arbitraria ; non si vede che il giudizio sarebbe un’imbastitura come quella che descrive Orazio, e non già un processo dello spirito, il cui carattere specialissimo è l’intimità? Se lo spirito adunque unisce gli opposti, è perchè entrambi scaturiscano da una sorgente comune, e perchè il riunirli è per lui una scria necessità. Ma Kant non fu coerente a questo concetto della sua energia portentosa. Confusa la coscienza trascendentale pura con l’empirica, ritenne impossibile la deduzione logica delle categorie, che ripescò perciò empiricamente attraverso i giudizi ; stralciò il pensiero dall’ essere, fa cendo della sua attività una forma affatto vuota ; e finì nel noumeno inconoscibile. E la conseguenza è giusta, ogni volta che si ammetti' un pensiero che non pensa nulla, e, di rincontro, un essere che non può essere pensato. Se non che lo sbaglio sta appunto in questa concessione. Un pensiero vuoto non è : un essere non pensato non è: sono due astratti, ai quali voi accordate, con soverchia larghezza, forma e persona. Che vuol dir mai cotesta cosa in sè, che fatalmente sfugge al nostro intelletto? Cotesto essere oscuro, che brilla per la sua mancanza, e dopo balenato alla mente, si cela per sempre? Voi diti' di non co¬ noscerlo ed io vi replico con 1’ Hegel, chi' nulla è più Incile a conoscere di questo punto oscuro. Esso è l’oggetto del pensiero spogliato di ogni determinazione, vuotato di ogni contenuto, ridotto alla mingherlina condizione il’ identità pu¬ ramente astratta. Or dunque non raffigurate in lui uuu crea¬ tura vostra?.... L’HEGELISMO NAPOLETANO 215 Nè le altre due Critiche riescono a sanare pienamente le conseguenze prodotte da questa opposizione risorta tra pensiero ed essere nella Critica della ragion pura. Nella stessa Civiltà italiana (II sem., n. 10, 17 set¬ tembre 1865) il Fiorentino inserì una recensione del primo di quei tanti libri che poi Ruffaele Mariano venne compilando sui libri altrui : Lassalle e il suo Eraclito, € saggio di filosofia hegeliana » (Firenze, 1865). Recen¬ sione benevola verso il giovine autore, nella quale giova rilevare due osservazioni, che mostrano già nel ’65 ben determinate le due direzioni divergenti degli scolari del Vera da una parte e di quelli dello Spaventa dall’ altra. Una è questa : « Perchè chiamate rivoluzionaria, in senso di... retriva la filosofia di Rosmini? Perchè dir filastrocca quelln del Gioberti? Questo acerbo procedere verso due illustri italiani, quando anche si fondasse sul vero, non sarebbe certo modesto consiglio il tenerlo. Nè veggo che l’essere hegeliano debba di necessità far avere in poco conto le loro dottrine, perchè la critica imparziale e seria, che P illustre prof. Spaventa ha fatto dell’ uno e dell’altro, prova il contrario». L’altra è anche più notevole: «Ammesso come pre¬ feribile [a quello di Lassalle] il giudicio di Hegel sopra Eraclito, non v’ha proprio nulla a ridire, specialmente su la relazione che P Hegel pone tra Eraclito e P ultimo degli Eleatici? E forse vero che Eraclito segni un progresso sopra Zenone? Pare che, Eraclito essendo stato prima di Zenone, la dialettica obbiettiva di quello sa¬ rebbe apparsa alla coscienza speculativa prima della dialettica zenoniana ; onde l’andamento storico, per lo meno, sembra essere stato da Hegel capovolto. Dico ciò, allinchè l’egregio Mariano si tenga in guardia inverso la eccessiva fiducia nell’ autorità di maestri, per grandi che fossero. Le colonne di Ercole dell’ ingegno umano. 216 STORIA DELLA FILOSOFIA bisogna tenerle discoste più che si può ; e se si potesse affondarle nell’Oceano, tanto meglio. Anche lo Spa¬ venta era di quest’avviso. Nel 1865 il Fiorentino si accinse al suo lavoro sul Pomponazzi, pur continuando all’Università i corsi sulla filosofìa tedesca moderna. E scriveva allo Spaventa: Mio carissimo amico, È trascorso gran tempo che manco <li vostre nuovo, non ostante die vi abbia scritto durante le vacanze, quando il Settembrini mi fece sapere ch’oravate a diporto nella cam¬ pagna. Ora che il oholèra si sente a Napoli, io sono divenuto inquieto per causa di qualche amico elle vi ho, e più d ogni altro per causa vostra. Levatemi da questa iuquietitudine scrivendomi due parole che m’informassero della vostra salute. Io sono tornato qui prima della riapertura della Università, e vi ho riprese le mie lozioni. Ho passate le vacanze qualche giorno a Ravenna, un po’ a Firenze, un po’ a Perugia, e poi il più del tempo in villa. Sto esponendo la filosofìa tedesca da Kant in qua ; e ciò alla Università. Sto preparando una biografia ilei Pomponazzi ricavata dalle sue opero medesime, per leggerla nella Società di Storia Patria, di cui faccio parte. Se questa prima non dispiacerà, o non parrà inutile, ne farò qualche altra di qualche pensatore più importante che abbia insegnato a Bo¬ logna. Oltre l’Acbillini, chi altro mi suggerireste voif Forse potrei farla ancora del Cromonini, che, stato a Ferrara, può dirsi delle stesse provinole di Emilia: del Zabarella no, eh’è stato soltanto a Padova. Io poi a queste biografie, elle leggerò nella Deputazione di Storia Patria, aggiungerò per conto mio la esposizione e la critica del contenuto filosofico dei loro libri, compiendo di ciascuno una monografia. Che ve ne pare t ...Col medesimo ordinario vi spedisco un libretto conte¬ nente alcune mie lettere su la Scienza Nuova. Le scrissi per compiacere a De Gubernatis, che mi chiese qualcosa per la sua Civiltà italiana. Non sapendo se abbiate o no avuto quel periodico, ve le mando così radunato, come le feci estrarre; L’HEGELISMO NAPOLETANO 217 e vi prego di accettarla come testimonianza della mia sincera stima ed amicizia. Addio adunque, datemi presto vostre nuove, e ricordate ed amato Di Bologna, 30 novembre 1865. Il vostro afi.mo amico P. Fiorentino. E questo il primo disegno del Pomponazzi, la cui biografìa fu prima inserita negli atti della Deputazione di Storia Patria per le provincie di Romagna (1867), e poi riprodotta in capo al volume pubblicato nel maggio 1868. Il 19 giugno 1867 il Fiorentino, che diventava sempre più intrinseco dello Spaventa, tornava a darne notizia all’ amico : « Io aspetto la nuova ristampa [della tua memoria] sul Campanella, 1 perché essendomene quest’ anno occupato nel corso scolastico, sono desideroso di vedere come tu l’hai trattato. Ora sono attorno ad una monografia sul Pomponazzi, attorno a cui raggrup¬ però i più celebri suoi contemporanei. Me lo stampa il Le Monnier... Me ne dà cinquanta copie e 150 lire pei libri che mi sono occorsi ». E il 26 aprile 1868: « La stampa del mio libro è finita, e sono attorno a scrivere due parole di conclusione, per le quali ho aspettato di ri¬ leggere tutto il libro, che non avevo riletto, nè ricopiato, dopo scrittolo. A Firenze, nella Magliabechiana, trovai di Pomponazzi un manoscritto inedito col titolo di Quae- sliones ammostiate : * le chiesi al Napoli. 3 Mi promise di spedirle subito, ed ancora non le vedo. Ciò mi turba non poco, non potendo sbrigare subito la stampa. Ma¬ ledetta fiaccona degl’italiani! ». 1 III Saggi ili critica, Napoli, 1867. 5 Cfr. Fiorentino, Pomponazzi, p. 509. «Federigo Napoli, allora segretario generale del Ministero della I. P. 218 STORIA DELLA FILOSOFIA Uscito il libro, il Fiorentino, mandato che l’ebbe allo Spaventa, ne attendeva con la solita ansietà un giudizio. E giudice, in altro campo, era stato quell’anno lo Spa¬ venta a Bologna, tra ire, sospetti e timori, di cui un’eco risuona anche nella lettera qui appresso riferita del Fiorentino. Era stato col Brioschi e il Messedaglia a fare quella ispezione alla Università, di cui parla il Carducci in Ceneri c faville ; e aveva riferito lui al Mi¬ nistero. Mio Carissimo amico, Ilo ricevuto i manoscritti del Gatti, che ho consegnato subito al Siciliani, uonchè lo due dispense che mi mancavano, e di cui ti ringrazio vivamente... Non ho visto incora l>e Meis, ma fari) di tutto per leggere la lettera di venti pagine: 1 ci dovrà essere una epopea intera. Qui si fa un grati dir male di te per la famosa relazione: * io uon l’ho letta, e se non la leggerò, non me ne sto al detto di nessuno. Mi si è detto cose, alle quali, come puoi pensare, non ho potuto dar credito: tra le altre cose che voi avete dato una patente d’ignoranti a tutta l’università in massa, e che in difetto di scienza, si va in cerca di popolarità nello associazioni politiche, lo per me, se fosBe vero il detto, nou protesterei per l’ignoranza, che sento di averne una grossa dose in corpo, nm protesterei per la popolarità, perchè non no ho avuto mai gran voglia ; e se si acquista nei cliilie, ci vorrà un pezzo prima che me ne tocchi un briciolo. Manco male se si acquistasse dormendo, perchè allora potrei averci delle pretensioni. Fuori di scherzo, quello che si bucina qui, e che ha prodotte molte ire, nò senza ragione se fosse vero, 1 La lettera al De Meis che fu pubblicala col titolo Paolotttsmo, positivismo e raslonallsmo , c che é qui appresso citata. « Si allude a una Relazione da lo Spaventa presentata al Ministero della P. I. in seguito ad una inchiesta da lui fatta in commissione col Brioschi e col Messedaglia, nell’ Università di Bologna, iter ragioni d'ordine politico, nel 1868. Un articolo del Carducci su questa faccenda, pubblicato Dell'Amico del popolo, di Bologna, del 29-H0 luglio iami. si può vedere nel volume teneri e faville, serie I: Opere, V, 61 sgg. L’HEGELISMO NAPOLETANO 219 è qnell’aver messo sotto nini tuie cntegorin, e tutti in un fascio, i professori bolognesi, lo sono nn mezzo proscritto, perchè sapendomi tuo amico, o si guardano di me, o mi tempestano a tutta furia. Lasciamo questa miseria. Ho letto i documenti che il Berti lui stampato della vita di Bruno. Il processo veneto, se non e stato adulterato il contenuto, fa mostra di poca fer¬ mezza, o non so persuadermene. Che cosa ne dici tu! Gli hai visti! 1 Ho tra le mani pure la seconda edizione delle opere di Comte, e voglio leggerla tutta, perchè ne ho Ietto soltanto esposizioni, benché assai larghe. Il mio libro è (inito, almeno le correzioni ultime le mandai una settimana fa, ma ancora noi vedo. Appena uscirà, scriverò a Firenze, che di là stesso te ne mandino mia copia, per far più presto. Tu poi leggila col tuo comodo, e dimmene il tuo parere, quando potrai. Capisco che hai molto da fare, o che non puoi tutto quello che vuoi. Mi prometto di avere qualcosa di tuo pel giornale; qualcosa del Settembrini, fosse anche tuia pagina. Il Siciliani spesso me ne fa premura... Io non solo non ti ammazzo, ma ti rin¬ grazio, e col vecchio adagio ti ripeto: meglio tardi che inai. Non credo però a quel « subito », con cui vuoi darmi ad in¬ tendere che mi scriverai del lavoro di Labriola.* * Sii contenterei che fosse tra nn mese. Hai avuto il libro del De Meis! 3 Dopo il Don Chisciotte non ho letto libro che mi avesse fatto rider tanto : le cause del riso sono spesso gravide di grandi pensieri. Mi piace molto, ma molto. Qui l’hanno con lui tutti, il dott. Rossi perchè noi trova abbastanza filosofo, le donne per essere state chiamate animali domestici, e portino i bambini per essere stati ingiuriati 1 II Fiorentino, esaminali più lardi gli atti del processo veneto, si confermò Infatti nel sospetto che fossero adulterati. Vedi un suo scritto nel Oiorn. napol. di fllos. e teli., luglio 1878. * Non saprei dire a qual lavoro si alluda. * Il Dopo la laurea del l)e Meis (1808-69). 220 STORIA DELLA FILOSOFIA per tignosetti. La contessa Gozzadiui 1 gli scrisse una lettera, nella quale si firmava: « l’animale domestico di Gozzadini*. Addio, mio carissimo Spaventa, veglimi bene come te ne voglio io Di Bologna, 19 maggio ’68. Aff.mo tuo amico F. Fiorentino. Lo Spaventa dovette rassicurarlo sul contenuto della famosa Relazione. Quindi quest’ altra lettera del Fio¬ rentino : Mio carissimo amico, Ero capacitato anche prima, che tu non potevi aver detto tutta quella roba da chiodi di questa Università, che altri diceva, ed i pih credevano, lo perù, come amico, mi tenui in obbligo di informartene, non per conto mio, ma per tua regola. Tu puoi già pensarti, che con gli altri ho detto, e gridato, e asseverato, esser impossibile che tu avessi voluto, e potuto dire quello che non era; e elio la verità poi non si può, nè si dove tacere. La tua lunga lettera mi ha fatto bene, perchè mi ha snebbiato adatto la meute: il cuore, già s’in¬ tendo, propendeva sempre a darti ragione, e non ci era bi¬ sogno di altri eccitamenti. Io dunque non solo non ti ammazzo, ma neppure ti muovo un rimprovero, molto meno poi per mie personali considerazioni, lo sono un misto di stoico, di cinico, e di scettico, che di questi tre elementi non so quale prevalga pih. Dal Ministero non voglio nastri, dagli studenti non voglio applausi; dunque, mi sento in grado di resistere ad ogni tentazione. Ad una sola cosa non resisto, ed è il bisogno di voler bene agli amici, e di dir loro franca, ed anche brusca la verità. Tu avrai dovuto ricevere a quest’ ora una copia del mio Pomponazti; perchè io, vedendo il ritardo di Le Monnier a spedirmene le copie, commisi ad un mio amico di spedirne 1 Maria Teresa G., di cui scrisse la Vi la 11 marito, Giovanni Goz- zadini (Bologna, Zanichelli, 1884), con pref. di G. Carducci. V. pure Carducci, Opere, III, 369 ss. 221 L’HEGELISMO NAPOLETANO una copia almeno a te ila Firenze stessa. Fa il tuo commotlo nel leggerlo, ma poi dammene il piìl severo giudizio die tu possa, perchè da nessuno me lo aspetto piìi aspro e più istruttivo. Chi mi dica: bravo, non ini mancherà; ed anzi più me lo dirà chi meno me ne crederà degno, nè io ho da peccar contro la modestia per accettarli, o per pronunziarmeli io stesso; ma chi mi mancherà di certo sarà chi mi dica: qui hai sbagliato, là avresti dovuto pensar meglio: queste pagine avresti dovuto bruciarle intere intere. Kbbene, voglio che quest’uno non mi manchi, e dovrai essere tu. Mettiti al naso l’inseparabile occhiale, aggrotta le ciglia, prendi quel cipiglio mezzo tragico che hai nella fotografìa di Napoli ; e per dir tutto in una parola, figurati di scrivere una pagina di quella relazione, per la quale vivrai eterno tra gli archivi del Mi¬ nistero, e poi scrivimi un letterone quanto quello che scrivesti a De Meis. Più male parole ci troverò, e più te ne renderò grazie. A proposito, quella tua lettera, con partito unanime, fu li¬ cenziata alla stampa, riseoandone certi nomi propri, e certe espressioui che ricordavano il Candelaio di Brano... Io mi oc¬ cuperò in alcuni articoli successivi dei tuoi lavori. Vorrei farne tre o quattro, o quanti me ne verranno, per far notare lo sviluppo della filosofia italiana secondo la tua critica, che a me pare una vera scoperta. Ma aspetto prima di finire le lezioni, perchè tu sai che questa rivista non è tanto facile... Addio, mio carissimo Spaventa, e veglimi bene come te no voglio io Di Bologna, 3 giugno 1868. Ajff.mo tuo amico F. Fiorentino. La lettera dello Spaventa, stampata nella Rivisiti Bo¬ lognese, , che allora il Fiorentino pubblicava con l’Al- bicini, il Siciliani e il Panzacchi, è quella al De Meis, col titolo Paolottismo, positivismo e razionalismo (rist. in Scritli filosofici, pp. 291 sg.). Gli articoli che il Fio¬ rentino aveva in animo di scrivere sulla scoperta dello Spaventa, non furono più scritti. Ma egli se ne occupò qualche anno più tardi in quello inserito nell’itoh'a dell’ Hillebrand. 222 STORIA DELLA FILOSOFIA E poiché abbiamo accennato alle brighe universitarie bolognesi del 1868, di cui fu tanta parte il Carducci, diamo pure un altro curioso brano di lettera del Fioren¬ tino, diretta allo Spaventa poco dopo la sua partenza da Bologna, dove si serba il ricordo d’una polemica del Carducci col De Meis e col Fiorentino: « Io sono stato poco bene, parte per la stagione che corre, parte ancora per una certa polemica, nella quale ci siamo trovati De Meis ed io, e di cui non so se ti è pervenuto rumore. Or dunque, hai da sapere, che il Carducci, credendo dall’articolo di De Meis, intitolato Il sovrano, 1 offesa la dignità del suo partito, gli scrisse contro nell’-Amico del popolo parole aspre. Gli diede del- l’imbecille, chiamò citrullerie le cose dette dal De Meis... L’ articolo non era firmato ; ma io sapeva esserne stato autore il Carducci, per aver questi scritto le stesse cose in una lettera particolare al Siciliani. s Risposi io, di¬ cendo... potersi combattere le opinioni, senza insultare le persone. Il Carducci si rivolse contro di me una prima volta ; ed io lo avvertii privatamente, che lo avrei jHinto sul vivo. Non si stette a questo avviso, e ripigliò da capo una tirata contro di De Meis e di me ad un tempo » (18 marzo 1868). Il Fiorentino replicò, ed ebbe, a quel che sembra, l’ultima parola. Ma, «tutto ciò mi ha irritato», egli scriveva nella stessa lettera, « ed il povero De Meis n’era rimasto seriamente afflitto : dopo avuta la rivincita, che tutta Bologna ha approvato, si è rinfrancato ; ed ora * Pubbl. nella Rivista bolognese del 1868. * Documenti dell’amicizia del Carducci per P. Siciliani sono i giudizi del primo sul Rinnovamento della filosofia positiva in Italia del Siciliani, In Ceneri e faville, 8. II, Opere , VII, 362-68: e le af¬ fettuose parole Alla bara di P. Siciliani, in Ceneri e faville, s. Ili, Opere, XI, 313-316. L’HEGELISMO NAPOLETANO 223 è allegro e sta bene... Eccoti descritta la nostra battaglia, eh’è finita con nostro decoro». Quegli articoli il Carducci non li volle pili ristampati. Ma insieme con quelli del Fiorentino sono stati rin¬ tracciati dal Croce, che ha così potuto tessere la storia di questo aneddoto. 1 In un’altra lettera di due anni appresso (25 maggio 1870) del Fiorentino allo Spaventa si legge ancora: « Io sono sul punto di rientrare in lizza col Carducci, che mi ha provocato con una nuova lettera insolentissima. Questa nuova contesa, alla quale non ho potuto sot¬ trarmi, mi fa crescere il desiderio di allontanarmi de¬ finitivamente da Bologna ». Nel novembre 1871 il Fio¬ rentino, infatti, si fece tramutare nell’ Università di Napoli, come professore di Filosofia della storia. Ma non aveva lasciato Bologna quando cominciò a lavorare intorno al Telesio. Ecco infatti che cosa scriveva allo Spaventa il 14 gennaio 1869: Mio carissimo amico, Sono passati sei lunglii mesi che uè ti ho piti visto, nò ho avuto tue nuove, tranne questa che mi diede tuo fratello, che tu eri stato a villeggiare negli Abruzzi. Ora è cominciato un anno nuovo, e voglio ritentare se tu, chi sa, volessi pure incominciare una vita nuova. Dalla parte mia non voglio mancare di mandarti i miei augnrii, tra i quali non ultimo quello di scrivere un poco più frequentemente agli amici. Vedi, che non ho detto di pensare o di voler bene ad essi, perchè so che per questo riguardo non ci è bisogno di miglioramenti. Io quest’ anno mi occupo di Leibniz o di Spinoza princi¬ palmente, poi dei seguaci, e, se mi avanzerò il tempo, di Ma¬ lebranche. Mi servo, oltre alle opere loro, di varii espositori e critici, tra i quali della stupenda storia di lCuiio Fischer. 1 Vedi B. Crocb, Documenti carducciani: una dimenticata potè- mica tra II Carducci, F. Fiorentino e A. C. De Mele, nella Critica vili (1910), pp. 401-421. t 224 STORIA DELLA FILOSOFIA Avrei intenzione di scrivere quulclie cosa sul movimento telesiano, ed ho scritto per avere alcuni manoscritti che ri¬ guardano Telesio, e che si trovano parte costà, parte a Firenze. 1 lo aspetto sempre il tuo parere sul mio libro; parere, che per essere più aspettato, e piìì pregiato di tutti, si fa lungamente desiderare. Ma verràf Lo spero. Hai letto che cosa ne scrisse Franti sul Centralblatt? Egli stesso mandommi con molta cortesia un numero di quel gior¬ nale, dove ci era la sua rivista sul mio libro. Con De Meis ci vediamo spesso, ma egli non è in grado di darmi tue nuove, più che io non sia riguardo a lui. La neve ieri si è fatta vedere la prima volta in città: tu però quest’anno non verrai a goderne lo spettacolo. Io quasi quasi sarei tentato di pregare che a qualche professore saltasse in capo di tribuneggiare per la tassa del macinato, per vederti comparire in commissione straordinaria. Ma non vorrei poi il danno del prossimo: in questo sono cristiano. Tra questi giorni scriverò a Vera per invitarlo a scrivere qualche cosa su la nostra Rivista. 11 Siciliaui, con le suo velleità ortodosse, n’ò uscito, come saprai, ed io e l’Albicini vorremmo tenerla in piedi, anche uu po’ più decorosamente. Con te non ci vogliono inviti; ma, lo so purtroppo, non c’è neppure da far grande assegnamento. Addio, mio carissimo, scrivimi qualche riga, anche per dire a chi mi doumnda di te, che sei vivo o sano. Di Bologna, 14 del 1869. Aff.mo tuo amico F. Fiokentino. L’articolo del Franti sul Pomponazzi uscì nel Cen- tralblait del 30 ottobre 1868, e fu tradotto dal Tocco e pubblicato in Italia, in una difesa dell’opera del maestro contro gli attacchi della Civiltà Cattolica (nella Rivista contemporanea di Torino, a. 1860, voi. LVI, pp. 247 58). Del Telesio si torna a parlare in una lettera del 9 novembre 1869 : « Tocco ti ha mandato la prima dispensa 1 Vedi L. Settembrini, Epistolario, con pref. e note di F. Fio¬ rentino, 3.* ed. Napoli. 1898, pp. 285-88S. 835-8. 225 L’HEGELISMO NAPOLETANO delle sue Lezioni, * 1 e so che aspetta il tuo giudizio. Io ho cominciato a scrivacchiare le prime pagine di un lavoro sul Telosio, che non so come mi potrà riuscire. Aspetto la tua memoria completa su P Etica di Hegel. 1 Quanti più ne conosco, tanto più ti stimo e ti voglio bene. Dimmi ora una cosa; vorrei dedicare a te ed a De Meis questo mio lavoruccio sul Telesio, quando' sarà finito: accetteresti tu la dedica? Tra me e te non ci sono timori di adulazione, o di altri secondi fini : è una pubblica professione di stima e di amicizia, che mi piacerebbe di fare...». Il primo volume del Telesio (18<2) fu dedicato, infatti, allo Spaventa: non solo come testimonianza di amicizia, ma come dovere di gra¬ titudine e di giustizia: di giustizia verso chi aveva scritto i saggi sul Bruno e sul Campanella ; di grati¬ tudine per l 'insolita luce che scintillava da essi, e da cui il I iorentino era rimasto colpito. In questi studi storici sui filosofi italiani del risorgimento il Fiorentino infatti non fu, come s’è detto, se non uno scolaro dello Spaventa: da lui avviato e da lui guidato. Ecco come cou lo Spaventa si consigliava per pre¬ pararsi al primo corso di Filosofia della storia da tenere a Napoli : Camerino, 26 luglio 1871. Mio carissimo amico, Ti Borivo da Camerino, per sapere come stai, poiché non mi iti dato di rivederti a Bologna, dove sperava poter passare qualche giornata cou te. Avevo anzi desiderio di discorrere 1 F. Tocco, Lezioni di filosofia ad uso de’ Licei, Bologna, R. Ti¬ pografia, 1889, con pref. del Fiorentino. 1 il proemio a gli Studi sull'mica di Hegel era uscito nel 1869 nella Riv. bolognese; ma l’anno stesso fu ristampalo con gli Studi negli Atti della R. Acc. delle se. mor. e poi. di Napoli; e il tutto fu ripub¬ blicato da me nel 190-1 col titolo di Principti di Elica (Napoli, Pierro).. 15 - Gkntilb. Storia della filosofia. 226 STORIA DELLA FILOSOFIA teco seriamente, per sapere che cosa avresti creduto meglio, ch’io potessi insegnare nel corso dell’unno venturo in coleste Università. Tu sai meglio di me i bisogni, i desideri!, ed anche i gusti di costà, lo per me vorrei far poche chiacchiere sui generali, e, detto quel tanto eli’è indispensabile come in¬ troduzione, entrare a dirittura nel tema, che sarebbe, salvo tuo avviso in contrario, il mondo grimo. Dol mondo orientale so poco: avrei bisogno di studiare prima; ed il tempo, per questo anno almeno, mi manca. Della Grecia conosco qualche cosa, e con questi tre mesi di studio mi preparerei suffiiiien- temente. Che cosa ne dici tu? Quali libri mi consigli di leg¬ gere ? lo sto rileggendo gli storici greci ; e dopo averli riletti testualmente, uii gioverò del Grote e del Curtius. Per la parte letteraria ho il Milller (Ottofrodo); per le religioni, la Storia di Alfredo Minirv; per la parte filosofica, il Zeller; per arte greca forse mi gioverebbe il Winckelmann, ...a noi so, perchè ancora non lMio lotto. Da tutti questi potrei attingerò, si sa, i materiali; ma U resto è da fare. Le poche linee di Hegel nella Filosofia Mia storia mi servirebbero di traccia: sui tuoi consigli poi faccio largo assegnamento. Intanto comincia dal darmene qualcuno, e fa presto... Tutto tuo F. Fiorentino. Aggiungo qui appresso un altro gruppetto di lettere o frammenti di lettere dello stesso Fiorentino allo Spa¬ venta, di cui trassi copia alcuni anni fa dalla carte dello Spaventa ora depositate presso la biblioteca della Società napoletana di storia patria ; poiché anche queste lettere e frammenti / gettano qualche luce sugli studi, sulle passioni, sulle idee, che si agitavano in Italia in¬ torno allo Spaventa. (Pisa, 14 aprile 1873). — Ieri sera parti di Pisa Silvio, ed a quest’ora sarà a Milano, e domani parlerà a Bergamo. Si trattenne con me la giornata d’ ieri, ed arrivò qni avantier- sera. Sta benissimo, e me ne sono consolato tanto. Gli dissi L’HEGELISMO NAPOLETANO 227 elle ti avrei scritto stamattina ed al solito ti mando queBta lettera col liciti. 1 K la tna lunga lettera? 15 rimasta tra i pii desiderii, di cui è lastricato, dicono, 1’ inferno. Io ho scritto una risposta all' accademico linceo Pietro Hu- cione. 1 Si sta stampando a Napoli, e vorrei che tu ne guardassi le prove prima di pubblicarsi. Ne ho scritto al Zumbini, perchè te la mostrasse. Gli ho fatta una lavata di capo delle mie solite. La presunzione e P ignoranza nel Ferri si bilan¬ ciano tanto, che non so a quale delle due dare la preferenza. Aspetto tua lettera dopo letto questo articolo: mi preme sapere il tuo giudizio, e ti do piena facoltà di mutare, e di cancellare anche qualche cosa, die non ti paia conveniente, o inesatta. (Portici, 9 settembre ’73). — Ieri tornai da Soma, dove la¬ sciai Silvio che stava benissimo. Ho trovato qui una lettera dello Zeller, clic mi annunziava la sua venuta a Napoli. Oggi P ho visto, ed ho insieme saputo dal Labriola, che tu sei a Maddaloni. Vuoi vederlo? Oggi si è parlato di te, ed egli de¬ sidererebbe di conoscerti di persona, come ti conosce di fama. Dimora questa settimana... (Pisa, 31 dicembre ’7(i) — Prima che tramonti l’ultimo sole ili questo anno, e sta già per tramontare, voglio scriverti. Il tuo ostinato silenzio avrebbe scoraggiato ogni altro, non me, ohe quando si tratta di te, il peggio che possa pensare è, che il calamaio l'abbi o smarrito, o asciutto come la sabbia. Kccoci ora intesi : tu taci, io scrivo. Io sto bene, e tutti di casa pure, salvo la Tuta 3 eh’è un po raffreddata. E tu? E donna Isabella? E Camillo e la Mimi f 4 Speriamo che stiate bene, ed auguriamo che stiate meglio. Pisa 1501 ** 0 ’* malenla lico, che insegnava nella Università di lll0R0, '° Luigi Ferri, cui era sialo tra gli amici dello Spaventa applicato tale nomignolo dopo elle Vittorio Imbruni nel Olorn Napol. di filo.,, e leu , I (18 2) 397, aveva rilevato lo strafalcione dal j ,, commesso nel trascrivere f.V. Antologia, voi. XX, 1872) l'epitrrafe della tomba del Cusano in S. Pietro In Vincoli leggendo: Promise* Pelei lìucionts [invece di retri — bucionisj non fefetut eum » HestItuta Trebbi, moglie del Fiorentino. * Isabella Scano moglie dello Spaventa; Camillo e Mimi tigli. 228 STORIA DELLA FILOSOFIA Ln disfatta del nostro partito mi ha commosso non por me, che sai quanto io stimi il genere umano in massa; ma pe miei amici, per tuo fratello specialmente, che non ha alte vita, si può dire, che la politica. Ne sono stato costernato, ancora è scemata l’impressione. Nicotor» è dunque 1 arbitro dell’Italia, e tutti, o quasi, gli si curvano, gl. si prosternano innanzi. Quanta viltà 1 Quanta corruzione! Vaie il pregio < curarsi del prossimo! E una terribile domanda : piò si conosce il moudo, e piti si devo disprezzare: Leopardi non aveva torto. Ma... c’ è un ma; ed io ti confesso che non mi “ ,re “ do - con tutte le ragioni in contrario. Mi sono chiuso, vivo tra. miei ed i libri, non vedo nessuno, non conosco e “ conosciuto, e mi sento beato in questo silenzio ed in questa oscurità. 11 mio Niuarello cresce eh’è una delizia, ad ha tonto alletto e tanto accorgimento, che mi diverte e mi ristora, tess’io vederlo giovane fatto come il tuo (.umilio Non Io perchè, mi sento ora più legato alla vita, come non Cì iTn povero 1 Settembrini f ■ A casa mia ci fu lutto come se fosse morta persona nostra: lessi la notizia su la Gazze a dell’Emilia, ed insieme appresi la scondita di bihio. colpi in una volta. Ma Silvio tornerà alla Camera, e al Mi¬ nistero, se il senso dell’ onestà non sarà spento nel nostro nomilo ; il povero Settembrini non tornerà piu . • Penso di scrivere per lui un articolo sul Giornale napoletano; è la sola cosa ch’io possa fare per lui. Ma lasciamo questo tr Che3 U rfacendo t lo sto scrivendo certe lezioni di filosofia pei Licei: il Morano mi è stato addosso, e finalmente mi ci sono piegato. È cosa molto ardua, ed il noti poterti allargare quante vorresti, toglie gran parte della scioltezza del pensiero, ed anche dello stilo. Farò alla meglio e quel eli’è peggio, in fretta. 11 Morano commise lo sbaglio di un f..U, munirò ...» »». «■,•«•*> fogli, ora con la spada alle reni ni’...calza per la tonti n u azione. i n settembrini mori addi 3 novembre 1878. Il Fiorentino non scrisse poi l'articolo di cui parla in questa lettera; del rimpianto scrisse P°' ,, u Scriui va .u di tener, polii, ed atte (Napoli, Morano. 1873; e V Epistolario (ivi, 1883), premettendo agl. uni e all'altro belle e affettuose prelazioni. L’HEGELISMO NAPOLETANO 229 All’ Università faccio nu corso di Etica, ed lio riletto la tua memoria su l’Etica di Hegel. Hai visto il giudizio portato dal Berlini 1 su di te, o di Hegel f Ci ho avuto molto gusto, perchè la sua autorità non è sospetta, come In mia, appresso la filosofia italiana. Povero Bortini, spento anche lui 1 Scrivimi, se puoi, e se vuoi: lascio la cosa al tuo arbitrio ; non cosi, il volormi bene che in mezzo a tanti disiugauni mi preme e mi giova assai. Alla tua famiglia di tanti augurii anche da parte della mia, e tu credimi sempre, e non a parole. S. — Vedi se puoi sorivere qualche cosa pel Giornale napoletano. (Samhinse, 25 agosto 1877). — Ed ora un’altra notizia. L’arciprete Pompa mi perseguita per causa tua: ha scritto su l' Eburino, giornale che si stampa ad Elicli, una recensione di un uuovo capolavoro artistico dell’Acri, e dico che io sono vo¬ tato a te anima e corpo. Fin qui non erra : ma il reverendo, pos¬ sessore de’ documenti della storia antidiluviana, non sa farsi capace della mia polemica contro il vice-gesh, ed il vice- Fornari; cioè contro il Fornari, e l’Acri. Quest'ultimo, dopo di aver ponzato altri 14 mesi, è venuto fuori con un opuscolo su Spinoza ; non so che cosa dica, e come c’entri coi giudizi su la filosofia italiana, ch’egli doveva convalidare. Non ho nessuna intenzione di rispondere, qua¬ lunque sia il libro, che ancora non conosco, se non per la receusione dell’arciprete noetico». 1 Su G. M. Berlini (1818-1876) v. lo mio Origini della fllos. contemp. in Italia. 1,* 129-201. Il giudizio cui alludo 11 Fiorentino, é contenuto in una lettera del Berlini al prof. P. Merlo, pubblicala nel Giornale napoletano di fllos. e letl. (ottobre 1876) IV, 823, dov’é detto: « Vi ringra¬ zio di avermi mandato lo scritto dello Spaventa, che io considero corno il più serio e il più chiaroveggente degli Hegeliani d'Italia. Volendo lo terminare un corso di filosofia elementare ad uso de’ licei... mi sono creduto in obbligo di tener conto delle dottrine di quel valentuomo, tanto più che io sono sempre in questa persuasione, che II restringere il vocabolo scienza a significare puramente i risultati dell'esperienza, dell'osservazione e dell’induzione, come si fa oggidì, negando ogni valore scientifico alle discipline speculative, sia non solo arbitrario, ma contradittorio... Quindi io credo che sla salutare un ritorno ad Hegel, o per dir meglio, al suo metodo, e a quella sua assoluta, e direi quasi eroica fiducia nelle forze della ragione umana ». 230 STORIA DELLA FILOSOFIA (Pisa, 16 giugno 1878). — Prima di scordarmi, ae hai por¬ tata la Vita di Giordano Urlino, 1 dalla al Betti che me la porterà: se no, mandala a Domenico Morano, affinchè me la l'accia pervenire. li Bruno si sta copiando, e dentro questa settimana co- mincerò a mandare il manoscritto. Spero che tu hai con¬ certato pei caratteri, pel formato, per la carta. Se non avessi ancora stabilito niente, scrivo che aspettino Beuz’altro il tuo ritorno. Il Peipers mi ha risposto che a Gottinga si conserva sol¬ tanto il manoscritto delP Oratio coneolatona ; ma non mi dice neppure s’è autografo. Quest’ orazione io la trovai a Roma tra la collezione degli opuscoli del Cardinal Valenti, ed è rarissima. Vale la pena di far veniro il manoscritto? Nota che a Gottinga, la copia stampata non l’hanno neppure. L’edizione del Gfrorer ! non si trova in commercio : il Zeller uii ha mandato la sua, la quale però è mancante della quinta dispensa. Ne ho data commissione, ma non so se mi riuscirà pescarla. Ho scritto per l’edizione del Tugiui, Ve Umbrie idearum. Ho riscontrato il Buhle : non dice nulla di manoscritti : porta un catalogo delle opere abbastanza esatto. Ho trovato qualche altra notizia sul Bruno uelPAoidalio. 3 Dopo che tu partisti di Roma, riseppi che nell’archivio della congregazione di San Giovanni decollato c’ era la no¬ tizia del giorno della esecuzione del Bruno, e che questa data non corrisponde a quella generalmente ritenuta (17 Feb¬ braio 1600).* * Mi è stata promessa una copia, benché quei fratacchioni non vogliano far supero nulla. La notizia ag¬ giunge, che a nessun patto si volle convertire. Come sai, questa notizia è un documento autentico, perchè finora non c’ è altro che la lettera di quel furfante dello Scioppio. ■ I.a Vita scritta da D. Berti (Torino, Paravia, 1888). * Ossia il volume degli Scritti latini del Bruno, pubblicati nel 1838 (frontespizio 1831) da A. Kr. Gfrorer a Stoccarda. * Cfr. la pref. dello stesso Fiorentino alle Opere latine del Bruno, ed. naz , I, p. XX. * Il doc. pubbl. in facsimile nel voi. Ili delle Opere latine del Bruno a cura di F. Tocco e G. Vitelli (Firenze. 1891). L’HEGELISMO NAPOLETANO 231 Inoltre il cav. Podestà 1 * mi disse, che a lui orati venute sot- t’occhio parecchie carte mauoscritte concernenti il Bruno: non sapeva però dove. Cercai una giornata intera, ma ce ne vo¬ levano delle dozzine di giornate, ed io avevo fretta di tornare. Il Podestà mi promise di continuare le ricerche: se no, ci andrò io per lina settimana. Mi ci sono messo, o voglio riuscire. Tornato tjiti, trovai Nino ammalato di febbre gastrica: com¬ parvero lo macchie difteriche; in un giorno si pennellarono tre volte; due altre volte il giorno appresso: disparvero. Ma come fossi stato io d’animo, tu puoi pensarlo. I nervi mi ballano ancor», o tra giorni andremo in campagna, in una villa che ho trovata in iptel di Lucca. Ilo avuto i titoli di Bàrbera, 5 quelli del Siciliani non ancora: conosco gli uni e gli altri; ma r/itid agenduml Sono tra l’in¬ cudine e il martello, e non so a qual partito appigliarmi. E tu dimorerai a Napoli? Ovvero andrai in campagna, e dovei Vorrei saperlo. Il Labriola mi ha mandato un suo articolo su la libertà; 3 * e vorrebbe ne dicessi qualche parola: mi ci trovo imbrogliato. Capisco il Labriola, quando parla, non lo capisco quando Bcrive. Non ha stabilità di pensiero, ondeggia in aria, ed ha la pretensione di parere elaborato, come egli mi scrive. Capisco Herbart, non capisco lui. L’oscurità non è nelle parole, o nello stile, è dentro la testa. Ilo letto il discorso di Silvio, e poi Insita sdegnosa lettera all’Opinione, tritai maturità ili pensiero nel primo, e qual forza di carattere nella seconda! Il discorso appartiene al mondo moderno, ma la lettera è di altri tempi, ed ora non tutti possono gustarla. Salutamelo tanto, anche da parte della mia famiglia, che fa lo stesso con te. 1 11 bibliotecario Bartolomeo P. <m. noi 1910), allora nella Vltt. Emanuele di Roma. ’ Luigi Bàrbera, che fu professore di Filosofia morale nella R. Uni¬ versità di Bologna. * Del concetto della libertà, studio psicologico, nell'Archivio di sta¬ tìstica del 1S78 (risi, in Lakkiola, Scritti cori, ed. Croce, pp. 135-189). 232 STORIA DELLA FILOSOFIA /). 5. M’ero dimenticato di raccomandarti il Persiani. È impaurito, perché il relatore 1 non sei tn, ina un lombardo (forse il Teneaf), e par che dalla Lombardia non si riprometta gran che di bene. Son certo però che tn potrai njutarlo sempre. (Pisa, 22 marzo 1877). — Avantieri ti scrissi a Napoli, ed ora avendo saputo che il Betti ò stato chiamato per tele¬ grafo, ti rescrivo da capo, e ti manderò questa lettera per mezzo suo. Io non gliela posso portare di persona, perchè sono al¬ quanto infreddato a causa della lezione d’ieri. Tu che sei la fenice dei Presidenti, specialmente quanto a prudenza, vedi se non entra fra le attribuzioni presidenziali quello che ti chiedo io. Ho bisogno di venire a Roma, perchè il primo volume è finito, e per continuare la stampa voglio esser certo che il ministro non adduca cavilli : nel qual caso pianterei 11 la baracca. Premesso ciò, e visto e considerato che il Ministero ha premura pel Siciliani, e poca o punta premura pel concorso di Torino, visto e considerato, che sta alla chiaroveggente perspicacia del Presidente il decidere se necessiti la convo¬ cazione del concilio: io riproporrei che tu ci convocassi; che, convocati nell’ interesse del pubblico erario, stimoli i padri ecumenici di Roma a finir la eterna questione di Torino; e son certo, come ogni dottor Pangloss, che tutto andrò per lo meglio in questo perfettissimo mondo, tranne il mio raffreddore che sempre piò s’ inasprisce. Ed ora che ti ho detto il mio desiderio, tu con quell’occhio critico che ti rende (che cosa dico!) che ti rende piuttosto singolare che raro, farai quel che crederai. Ed orn da capo, ma su di un altro argomento, una notizia. Nell’ultima puntata (stile mamianico) della Filosofia delle scuole italiane, il sullodato Conte scrivendo all’amico Ferri, sai che cosa gli dico f Che in tutta Europa (le pelli rosse e gli Zulus non ci vanno compresi) a parlare di Platouo e delle idee non ci sono rimasti altri che loro due. Povero Platone ! Chi glielo avrebbe detto, che dopo tante feste, e tanti conviti, 1 Nel Consiglio Superiore della P. I., di cui Carlo Tenca, come lo Spaventa, faceva parte, e da cui il Persiani aspettava 1’ abilitazione all' insegnamento. L'HEGELISMO NAPOLETANO 233 <• tanti commensali (a 20 franchi l’uno) che lo ringiovanirono, lo restaurarono, lo rinnovarono, oramai, finita la digestione del pranzo, ognuno lift preso la sua via e di idee non ne vuol sapere nessuno più? Chi avrebbe creduto che perfino quello ragazze, tanto belline, tanto plutoniche, si son buttate anche loro al materialismo 1 1 Ah ragazzo, ragazze: da voi me lo aspettavo, che sareste rimaste platoniche lino ad aver trovato un marito, o un facente funzione; ma il Finali, il Monabrea, il Borgatti, tutta gente massiccia, chi avrebbe mai creduto ohe avrebbero lasciato nelle peste il Conte ed il suo illustre oommilitonef Vista la brutta china, direbbe il Sella, io proporrei (il raffreddore mi ha dato un diluvio di proposte) che il Ma- miani ed il Ferri siano impagliati, e ben conservati nell’atrio dell’Accademia de’ Licei con questa memore iscrizione: QUESTI BIPEDI IMPLUMI ULTIMI DELLA SPECIE ESTINTA RIMASERO platonici, ESSI SOLI IN EUROPA DOPO IL PRANZO PLATONICO* * DEL 1874. Dopo della qual cerimonia vorrei che l’Accademia prelodata a voti unanimi incaricasse il poeta pindarico B. Spaventa perchè ne celebrasse condegnamente l’eroismo. E diamine 1 Alle Termopili furono treceuto finalmente, eppure Simonide s’incaricò di cantarne: qui si tratta di line soli, in Europa, non contro schiere barbariche, ma contro eserciti di dotti, e non ti paro che ci sia più materia di canto? Ridettici bene, e poi dimmi il tuo avviso. Tu duuque hai leggicchiato il mio amico Marino! 5 Beato te, 1 Scolare dell’ Istituto superiore di Magistero, allora fondato a Roma: le quali — era la prima volta che si vedevano tante signorine in una Università — frequentavano alla Sapienza le lezioni di D. Berti. * Su questo pranzo v. le mie Orig. della fllos. contemp., I, 1 p. 117. * Una critica che I.uigi Marino (che fu poi professore di Filosofia morale nella Università di Catania) aveva pubblicata degli Elementi di flloso/la del Fiorentino. 234 STORIA DELLA FILOSOFIA che hai tanto tempo da marineggiare. Io l’ho qui il suo libro, ma non mi è avanzato un briciolo di tempo: ed ho una sua lettera autografa, che impaglierò pure. Povero giovane! Mi ha scritto con una ingenuità, ohe se mi fosse vicino, lo abhraccerei. Abbracciarlo sì, ma leggere no. Non gli ho neppure risposto, ed ho fatto male. Volevo leggere prima e poi scri¬ vere. La bestia che sono stato! Bisogna fare il rovescio: uè senza un perchè i metodi moderni fanno precedere la scrittura alla lettura. Berti, p. es., fondatore della moderna pedagogia prima lm scritto lo suo opere, e solo da qualche mese iu qua, a quanto mi assicurano, si sta esercitando nella lettura. A proposito, vorrei venire a Berna per informarmi da lui, perchè Camoeraceneie, che vuol «lire di Cambrai, egli l'ha tradotto della Sorbona : facendo poi una dottn osservazione, che cioè il Bruno or* saltato a piè pari dentro la rocca dol- 1’ aristotelismo eco. E poi vorrei sapere, perchè dice che il De immenso, è un libro, uno tA’ tanti in cui è divisa l’opera De monade, nu¬ mero et figura; quando il De immenso ole. contiene otto libri, ed il De monade, che sarebbe il contenente, non contiene nè otto, nè due, perchè è un libro solo, unico tiglio di madre vedova. Sono piccoli nèi, lo so, ma che dimostrano una piccolissima cosa: il precetto pedagogico che testò avevo 1’onore di dirti, cioè ch’egli prima scrisse, poi lesse ; o forse scrisse, e poi spese, nello stampare, il tempo che doveva impiegare nella lettura. 11 Barzelletti 1 però assicura eh’è il gran capolavoro della critica italiana : così mi han dotto, perchè io, al solito, non 1’ ho visto ; e poiché 1’ articolo sarà tradotto certamente dnl- l’inglese nella lingua degli Zulus, io mi tiguro la festa che faranno quegli eruditi di laggiù. A furia di scrivere, mi sono snebbiato un poco il capo, ina temo forte di averlo annebbiato a te; legge di compen¬ sazione. Quando io mi trovavo a discorrere di lilosotia col Berti, rimanevo muto: tu eri più fortunato di me, avevi il pretesto di andare a fumare. Io che ho abborrito sempre il 1 Nell’ art. sulla Filoso/la in Italia pubbl. in una rivista inglese, e poi tradotto nella Muova Antologia del 15 febbraio 187». L’ HEGELISMO N APOLETANO 235 tabacco, »e tornassi deputato, per non dovermi ingoiare quelle forti dosi di filosofia scientifica, che mi somministrava il nostro Berti, m’imparerei a fumare. Meglio lo stomaco sconvolto, elle il cervello come un mulino. Spero bene però che non sarò costretto a nessuno di questi tormenti. Non mi dicesti se il Morano ti diede o no la prima parte del Manuale ili moria della filosofia. Fattelo ilare, e leggic¬ chialo: invece di Marino, potresti dure un’ occhiata al libro mio. Vorrei sapere se quel tanto è sullìciente per la coltura generale, o s'ò dippiit, o di meno. Mi servirebbe di norma per le altre duo parti. (Portici 26 settembre 1873). — Ebbi lettera dal Zeller, che ancora ò a Roma, e seppi del viaggio che faceste insieme felicemente. M’incaricò pure di dirti tante cose per la lettera che poi gli scrivesti da Napoli. Egli è in giro dalla mattina nlla sera, e crede che noi ci vediamo quotidianamente, e non che siamo a due poli opposti. Ebbi la ricetta : si è fatta la bobba, ma non li’ è venuta fuori la storia delle prove dell’esistenza di Uio. Per un concorso a una cattedra universitaria, della cui commissione faceva parte il Fiorentino ed era pre¬ sidente io Spaventa, questi lo aveva pregato di rac¬ cogliere gli appunti per una relazione sulla voluminosa Storia delle prove dell! esistenza di Dio di Romualdo Bobba. Il Fiorentino, il 19 aprile 1879, da Pisa gli rispondeva: Letto il tuo, piò volte espresso, desiderio, ho posto mano alla lettura del Itobbu. Un corto estro maccaronico mi invase alla prima pagina; ma ho lasciato il poema lutino ai primi due versi e mezzo. Eccoteli: Iufainem, liertrunde, iubes supportare laborcm, Insipidimi scilicet putidumqiie ingoiare bobatam ; Obediain tamen etc. E sto prendendo appunti; ma che diavolo vuoi appuntaret Finirà prima la pazienza mia, che le sue sciocchezze. È un pover’ uomo, e noi uccideremo un morto. 236 STORIA DELLA FILOSOFIA (Pisa, 8 dicembre 1879). — E poi c’è il secondo libro della Legge morale del De Crescenzio: il titolo è Francesco Fiorentino. Te lo saresti sognato eh’ io dovessi diventare nn secondo libro della legge morale! Neppure per idea: la Puglia fa miracoli. Ma la cosa non Unisce qui : il terzo libro sarai tu. 1 u in persona! con gli occhiali, con gli stivali alla prussiana, tu sarai un libro di un’ opera. Non so se l’opera avrà molti altri libri : a congetturare dall’opera de intellectn dello stesso autore, ch’era divisa in 100 libri, par checi debbano entrare il mellifluo D’Èrcole, il veronese Bertinaria, ed il truculento Ferri, con parecchi altri personaggi minori. Ogni libro costa 20 centesimi : ed io per ora sono venduto a questo prozzo : tu iorse salirai a cinque soldi ; o calerai a tre, secondo che P opera seguirà il processo ascensivo o il discensivo. Il bello consiste ne' documenti. Nella copertina 1 autore di¬ mostra che io sono causa di parecchie depredazioni e gras¬ sazioni nei pressi di Casale. La mia influenza venefica s è esercitata, per non so quale selezione, su la provincia di Ales¬ sandria: e la tua! Probabilmente verso Girgenti, o in quei pressi. Che non ci sii stato non preme, l’etica hegeliana è come la filossera, si estende per salti di 70 chilometri la volta. Delle stroncature, come oggi si direbbe, dei De Cre¬ scenzio ormai chi se ne ricorda più ? Ma c’ è sempre qualche De Crescenzio in giro, pronto a dimostrare, come quattro e quattro fanno otto, che il tal filosofo o il tal altro sovverte la legge morale, il buon senso, o le leggi fondamentali della logica ecc. Ma il filosofo può accogliere siffatte dimostrazioni con lo stesso buon umore del Fiorentino. 1 * Intorno al Fiorentino v. le mie Origini della fllosofla Conlem- poranea in Italia , III, part. I, pp. 7-50.
Wednesday, March 23, 2022
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