Si è detto,ora non saprei più da chi la prima volta,e poi da mol tisièsoventeripetutocheGian BattistaVicoautorediunsistemache isuoi contemporanei non poteano intenderecome quello che dovea esse re la scienza di un'altra età , e il frullo di nuovi germogliamenti dello spirito,nonaveaperquestaragionepotuto raccogliereinvitailpre. miodiquellagloriacheinepotipiù idoneiagiudicare dellapoteoza dellasua menteedelvaloredellesuedottrine,glidoveanoalarga mano prodigaredopolamorte.Orquestomododiconsiderarlacosaè senza fallo giustissimo quando vel filosofo napoletano ,come in tutti i filosofidelmondo,anziintuttiquelliuominichesonosi piùchemez zanamente sollevati sull'universale , si voglia sceverare due parti es senzialmente diverse insieme , e che congiunte solo per accidente, co. stituiscono una dualità permanente nell'unità stessa dell'individuo.Di queste due parti,l'una tulla relativa è determinata dalle condizioni e. steriori della vita,da'luoghi eda'tempi a cui siappartiene ,dagli uo. mini da'qualisiècircondato,dall'educazionestessachesièricevuta, daglistudiiacuipiùsièpiegatalamente,dal primo librochesiè letto,dalleprimeimpressionid'infanzia,dalle seguenti occupazioni G. BATTISTA VICO dallafamiglia,da'parenti,dagliamici.L'altra parte sottrattaatul te queste contingenze non si appartiene veramente a njun luogo o tempo determinato ma a tutti del pari,nè ha da farsullacon alcunaspecialecondizionedivita.Laprima diquesteduepartiscen de insieme col corpo nel sepolcro e dopo della morte non se rimango no più tracce, la seconda per contrario sopravvive all'ultimo giorno ed assicura all'uoino coll'immortalità la perpetuità della sua presenza fra'più lontani nepoti. Similmente in ogni sistema per quanto nuovo e profondoefruttifero essosia,trovasiunapartecheèdireltamentede terminata non solo dalle proprie particolarità dell'indole e dell'ingegno delsuoautore,ma siancoradaquelledelluogoedeltempoincui vennefuori,inmodochediquesticonservandosempre laspecialfiso nomia , ne parlecipa spesso agli errori e a'pregiudizii. Questa è quella p a r t e c a d u c a d e ' s i s t e m i, l a q u a l e n o n s o p r a v v i v e m a i a q u e l l e c o n d i zionispezialichelehannodatoorigine,eche,quandoquelleson cam biate,non ba più niun valore, ed è condannata all'obblio imman. cabile delle età posteriori,quando caduta nel dominio dell'istoria, non fapiùpartedellascienzavivaefeconda di conseguenzeediap plicazioni le cui tracce si scorgono presenti, quasi all'insaputa di tutti, in ogni ramo del sapere e in ogni manifestazione della vita.Concios siachènonsoloogninazione,ma ognisecolohaunasuaimpronta particolare, ha uno special modo di veder le cose , una sua propria lo gica,perlaqualeancheaquellecose chetieneperveredalleetàpre cedenti,nongiungeperimedesimi procedimenti,ma peraltrevie, per altri melodi, per argomentazioni e prove di diversa natura . L'altraparte,quasi l'altroelementocostitutivodiognigran sis tema , è per contrario indipendente da ogni condizione di luogo e di tempo,nonhainsénullachesiamomentaneoorelativo,ma stadi per se come un frammino della verilà assolula che mai non rivelasi lulla intera e nella sua irionfatrice purità nè alla mente di piano uo m o , nè alle investigazioni di niun secolo , imperciocchè è la conquista ideale dell'umanità che a fierissimo sudore della sua fronte ne va a po co a poco conquistando ora una ora un'altra parte in mezzo a errori ed acolpe,amensogneedaviolenze,ainganni ed a pregiudiziid'ogni maniera.L'edifiziointantodelsapere insepsibilmentema irreparabil. 268 MUSEO DI SCIENZE E LETTERATURA m e n t e s i a c c r e s c e ,a t t e s o c h e l o s p i r i t o u m a n o n o n d ' a l t r a c o s a a i u l a t o c h e dall'opera del tempo , va d'ogni sistema sceverando le parti false e vane e relative a cerle determinate contingenze,va spogliando della superflua ed incomoda scoria quella parte di eterna verità che in ciascuno si rac chiude,la fa diffinitivamente sua e la trasmetle come sacro deposito e in dubitabile acquisto alla seguente ,che facendone suo pro,l'arricchisce di nuovi progressi,ne'quali quelli che vengono dopo di essa banno ad esercitare il medesimo lavoro di purificar l'eredità ricevuta e di accre s c e r e il p a t r i m o n i o . C o s i l a p i a n t a f e c o n d i s s i m a d e l l a s c i e n z a c r e s c e d i secolo in secolo con non interrotta germinazione , non altrimenti che cresceunalberofraleassiduecure dell'agricoltore cheneinnaffiae lelama diligentemente le radici ,e a suo tempo ne taglia colla scure i sermenti vecchiedisutili.Questaèquell'aureacatenadicui,senon vado errato , parlava Platone , per la quale l'un secolo trasmette all'al tro l'eredità del sapere , come un sacro deposito che esso è tenuto di accrescereasuopotereetramandarloalsusseguente;benchènon tutti isecolipossonougualmenteaccrescere queldeposito,non intuttigli elementi secondarii e contingenti che circondano i frammenti della v e rità eterna son della medesima natura e nella medesima proporzione con essa. E questo è pure quell'ecletismo pon artificiale , quale può farloun uomoounascuolaecheomancadicriteriooneha uno in cerloesirisolvepiù tostoinsincretismo,ma reale edistoricoilqua lehapersuo autorelospiritoumano stessochedisecoloinsecolova sceverando da sistemi la parle condizionata e temporanea da quella che come frammento della verilà assoluta dee restare senza alterazione niusa in suo perenne dominio . Cosi il frullone abburrattando la farina de discevera il fiore dalla crusca inutile , e cosi molte verità da' tempi nondicodiArislotilemadiParmenide ediZenone diElea,sonori maste tuttavia sulla terra , dove che tutto l'insieme di que'sistemi non è adeguato nè alla forma nè al fondo del pensiero di generazioni cosi lontanead essiperdistanzadiluoghieperdiversitàditempi. Secondo queste considerazioni è indubitato che in tutto l'insieme del sistema del Vico trovasi una parte di un valore assoluto che è ri masta per sempre nella scienza ,ed a cui eran troppo immature le menti de'suoiconleinporanei,iqualionoa neinlesero affattoosolone G. BATTISTA VICO 269 $ 270 MUSEO DI SCIENZE E LETTERATURA frantesero e ne misconobbero la vera importanza. M a accanto a que staun'altracenehaper laqualeilfilosofonapoletanolegasi diretta menteco'suoitempi,echemeglio intesaeviepiùapprezzatada'coe. lanei non ha più per noiniun valore , ed è caduta come cosa vieta in dimenticanza. Sicché a lui , come a tutti igrandi uomini,è avvenuto che per una parteè uomoassolutamentede'suoi tempi,econessi perquella partesièmorto,dove cheperun'altraè contemporaneo de'suoi nepoti , e per essa a se medesimo sopravvive. Non giả che i puovi filosofi da lui abbiano preso il concetto della filosofia dell'isto ria,come alcunisono andatidicendo,credendo cosidiaccrescere, quando invece diminuivan la gloria e impicciolivan lavera grandez za di colui che voleano magnisicare. Conciossiache picciolissima glo ria,eche soloapochi,eforseaniuno anche dei mediocrissimie mancata,sièquelladicomporreun sistemache adaltriinunaltro secolo piacerà poi di seguire. M a grandissima si è quella d’indovina re e quasi divinare tutta una scienza per la quale la pienezza de' tempi non è ancor venuta , ed a cui un'altra età dovrà essere condotta per i nuovi progressi dello spirito , comunque per altre vie , per altri metodi e come per dialettica deduzione di principii di diversa natura , siccome appunto èavvenutoperlafilosofiadell'istoria moltotempo dopodel Vico,cheprimolapresenti.Manonpotendo,com'eranaturale, presentir tutto ,procedette senza metodo e senza principii proporziona. ti da cui dedurla ,sol per induzione da fatti troppo speciali ,e in mez zo a tali tendenze intellettive che rendeano impossibile qualunque ancorchè immaturo saggio diquelle costruzioni speculativesu cui solo potea la nuova scienza solidamente stabilirsi.Sicché cadde e rima. se infruttifero l'isolato tentativo sino a che la stagione più propizia non fu giunta ,a cui non furono nascoste levere vie che poteano condurre allanuova terrapromessa,scovertadalungida unarditissimonavi. gatore che per difetto de'necessarii aiuti appena vi avea potuto appro dare,manon prendernesicuramentepossesso.Quasiparechelospi ritotravedendo dilontanolanovellascienza,avesse fattoun primo tentativo per conseguirla , m a destituito degli altrezzi e delle armi che a q u e l l a c o n q u i s t a si r i c h i e d e a n o , a v e s s e d o v u t o t e m p o r p e a m e n t e m e t tersi giù dell'opera per fornirsi in silenzio de'mezzi che gli abbisogna G. BATTISTA VICO 271 vano, e quando ebbeli tutti presti ed apparecchiati, ritornare con m a g giorconfidenzaall'interrottaimpresa,eriuscirvicon migliorsuccesso. Non si vede egli talora quando già la fióe dell'inverno si avvicina m a ancora la primavera è di lungi ,un solitario fiorellino quasi racco gliendoiprimicalorichesicominciano amuovereperlegelateaiuole, spuntare tra'bronchi eirovi ancora arsidal freddoebianchidalla Deve? M a quel primo sforzo e troppo precoce della natu ra riman solo, nèèseguitoda altri sinoacheallastagioneavanzata,nuovitorrenti di calore tutte compenetrando le zolle più mature ,covrono di famiglie innumerevoli di fiori la faccia de'prati e i dossi delle colline. Qui m a g gioreèlacopiaelabellezza,ma piùammiratoèilfiore delfebbraio, infrulluoso e solitario indizio d'una ricchezza a venire di cui tutti lar gamente godranno , m a che poca o niuna maraviglia non saprà più ri svegliareaglisguardiassuefatti. Se poi prendiamo quel sistema del Vico nel quale appunto ha tra scesoiconfini del suotempodivinandol'avvenire,vitroveremoma pifestada pertuttolapresenzadelgiureconsultonepoletano dellafine del decimo settimo secolo , e accanto a que'principii che si veggono diventati proprietà eterna della scienza e son passati quasi nella c o scienza universale del genere umano,ne troveremo altria cui nessuno piùnonsaprebbeattribuirealcunvalore,echesipossondire caduti per terra e dispersi come cadono e sono disperse dal vento le poche fo glieseccheche ancorasitrovanoinsu'ramideglialberiamezzono vembre per lasciare nudo il tronco che alla nuova primavera di più rigogliosa vegetazione si dovrà rivestire. Troveremo lui aver messo a capodelsuosistemaundualismoicuiduetermininon possonostare insieme , quello cioè di una mente ,di una ragione, di un mondo delleideechefacollesueproprieleggiilmondo de'fatti,equellodi unavolontàestraneadicuilascienzanonpuòtenere niunconto,es ·sendocheisuoiattiappuntoperessere volontarii nonsipossonosot tomettere a niuna costruzione scientifica,cioè a priori,ma sono essen zialmente contingenti. Troveremo lui aver detto che la sua scienza del lastoria è una vera teologia delle idee divine , la qual cosa se può es serverainaltrisistemi,appuntonelsuoèfalsa.Troveremo averegli traveduto il principio che la storia dell'umanità si va facendo per m e z zo di un successivo passaggio da una fortuna più materiale a una più spirituale,dauna piùoscuraeincertadisèauna più chiaraepiù c o n s a p e v o l e , m a n o n a v e r p o t u t o v e d e r e n é il c o m e n è l e l e g g i d i q u e sto cammino , nè tutte le sue conseguenze, nè tutto l'insieme delle sue applicazioni. Troveremo che dopo di aver veduto la correlazione che è tra le idee e i fatti , la concepi però a rovescio dicendo che l'ordine delleideedee procederesecondol'ordine dellecose,ilche sepureè veroinunsenso tutto psicologico eaposteriori,è falsissimo,anzi privo affatto di senso,negli ordini dell'ontologia e dell'istoria.Or lutto quanto illibro della scienza nuova procedendo a questo modo svela costantemente agli occhi del riguardante la presenza di due uo mini,l'uno giureconsulto napolelanodeldecimo settimosecolo,e l'altro filosofo divinatore di un pensiero che dovea esser quello di al tri secoli a venire , e predicente una scienza che egli stesso non in tendeacheamezzo.Ma nellealtreoperequestadualità scomparisce, oalmenoilsecondoenuovouomo sieclissatantodarestarquasi tuttointeroilcampoalprimo,cioèall'uomodottodell'età incuigli era sortito di vivere. Le opere contenute nel volume il cui titolo è in capodiquestoscrittosonopiùtostodiquestaseconda specieche del la prima , quantunque non bisogna dimenticare quello che del resto è quasi inutile di dire , cioè che la parte più universale dalla sua mente non si nasconde mai tanto che e'non si veggano sempre e da per tut topresenti le traccediquello spiritoche ha pensatoilprimo sulla terra una scienza dell'istoria. Io non parlerò delle diverse orazioni suvariisubbietti,dellequalilelatineson tradotteinitalianodalPo. modoro , che con tanto amore si è volto il primo tra noi a dare una raccolta compiuta delle opere del filosofo napoletano. Neppure parlerò della sua vita scritta da lui medesimo e che anche trovasi nel presente volume,importante sopra tutto per questo,che in essa trovasi delinea -la la storia intima della mente del Vico , e vi si assiste alla generazio ne di tutto il sistema nato nel suo pensiero ( cosa straordinaria e quasi incredibile ) non di un principio metafisico , che dee essere la sua vera sorgente , m a più tosto da particolari considerazioni sull'insieme del dritto romano e sull'istoriadi Roma. L'opera di cui più particolarmente mi propongo di ragionare è 272 MUSEO DI SCIENZE E LETTERATURA G. BATTISTA VICO 273 38 quella dell'antichissima sapienza degli Italiani,la quale se pure io non m'inganno stranamente , non solo ci rappresenta più chiaro il Vico del suosecolo,ma noncirappresentaaltrochequesto,nèmaisenzalei dee e le teoriche che erano in voga a quell'età,e fino senza i pregiudi zi i e gli errori del tempo non sarebbe stata concepita , nė mai , neppure iltitolo,potrebbeorasaltarenellamentediniuno.Io non parlo delle speciali teoriche professatevi,di cui alcune si hanno o poco o niun v a lore, e altre ne hanno uno grandissimo m a non si appartengono al V i co propriamente,anzi a tutta la filosofia da Parmenide al Leibnitz e dal Leibnitz all'Hegel, ma quello che merita di esser considerato come pro prio di lui , si è il modo di deduzione e il procedimento con cui vi è pervenuto , pel quale una volta messosi,ne ha tirato delle conseguenze istoricheecredutodigiungereaunaseriascovertafilosologica, quan tutto riposava sopra due o tre falsi supposti che sono il perno intorno a cui si aggira tutta l'opera, e ne formano non meno la conchiusione che labase.Or ecco in che consiste tutto ilsistema.Nell'uso di alcune vo ciemodididirede'LatiniilVicoha vedutoo credutodi vedere un profondo significatometafisico, che dimostrava un gran progresso fatto in questa scienzapressoilpopolo che in quelmodo parlava; dall'uso che essi facevano delle voci causa eeffetto vero e fallo , ed altre simili egli deduce il sistema metafisico di cui quelle lo cuzioni erano l'immagine e che dovea trovarsi nelle menti dico loro che le avean irovale e che cosi le adoperavano. A questa prima scoverta poi tutta filosofica di sua natura,se ne veniva ad accoppiarecome perconsegnenza un'altrafilologicao istorica intorno alpopolo che era giunto a cosi profonda sapienza,a cosi riposta dottri na da essere autore e di quella filosofia e di que'modi di parlare.Certo ilromanononpotèessere,delqualesisaindubitatamentenon avere attesoad altro sino al tempodiPirro che all'agricoltura ed alla guerra, diche è mestieri di risalire più indietro sino al popolo da cui quello di R o m a ricevette con la lingua quelle locuzioni ,e lui senza più dichiarare popolodiprofondadottrina,epressoilqualelametafisicaavea dovuto giungere a uno non comune grado di eccelleoza.Nè lastoria ci può la sciarelungamenteincertinellascelta,sapendosiche iduepopoliconcui iRomani ebbero ab antico più strelte relazioni si furono i Joni della Apao XVII,Vol.VII. Questa serie di dedazioni ci mena alla giustificazione nel titolo dell'o pera,dell'antichissimasapienzadegl'Italiani,ciòsonoiJoniegli Etru schi,iquali per questa via si scovre aver dovuto essere dollissimi in m e tafisica,epoichèdaessipreseroiLatinigran partedellalorolingua,si trovò questa come per eredità o più presto per invasione straniera picha di concelli metafisici,comunque ilpopolochelaparlavanefosseesso medesinioinconsapevole, ničsipotessedasèsolosollevarea tanlaal tezza.Ne qui le deduzioni istoriche si arrestano,anzi partendo da quel lepremesse,siècondottiassaipiùlungi,fino acongetturarechegli Egiziani quando fioriva appresso di essi e l'imperio e la potenza e l'ar. dimento delle lontane spedizioni,navigando per il mare interno che lut to signoreggiavano,avessero doyuto dedurre floride colonic per le cosle diquelle,ecosiportareinToscanalalorofilosofia.Quivi poiessendo s u r t o u n a s s a i g r a n r e g n o c h e d i e d e il n o m e a l u l t o q u e l t r a t t o d i m a r e che Lagna di Toscana fino a Reggio l'Italia,anche la lingua degli Etru schi si dovette per quello diffondere, e di questa più dovellero prendere i popoli più vicini del Lazio. Per la qual cosa non si dec credere che Pitagora avesse dalla Ionia portato in Italia la sua filosofia, m a sibbene esser venuto in Italia ad impararla , e sol dopo di essersi ammaestrato nellametafisicaitaliana,cioèetrusca,laqualenoneraaltroche l'egi ziana,essersistabilitoinCotrone e quivifondatolascuola.Diquila sua filosofia si sparse, cando necessariamente imprimendo le sue trac ce nella lingua, della quale gran parte passò poi a'Latini,iu guisa che sc ci ha vocc latina di filosofica signicazione,quella si dee tenere essere stala prima in Egillo,poi in Toscana e quindi passala in Magna Grecia. Perquestomodo ne'fossilidellalingualatinasitrovatuttalasapienza degli Etruschi, e dalla notomia di quelli noi possiamo ricavare tutta la anctafisica che era in voga sulle rive di Arno prima che il Tevere ba e 274 MUSEO DI SICENZE E LETTERATURA magna Grecia e gli Etruschi,dei quali d'altra parte si sa che furon pc. poli dottissimi, gli uni avendo dato nascimento alla filosofia italica dell'antichissima sapienza degli altri facendo ampia fede la purità del la loro religione, l'augusto concetto che essi aveano dell'ente supremo, i sontuosi sagrisizii, la teologia civile onorata , la naturale praticata, e con questo l'architettura antichissima e semplicissima,a far testimo. nianza che essi furon dotti nella geometria prima de'Greci. G. BATTISTA VIC ) 278 ! gnasse la città de'sette colli. Con un passo di più m a senza allontanar ci dal sistema del Vico,anzi seguendolo fedelmente, solo affidandoci al l'uso di poche parole latine, noi possiamo esser sicuri di essere in pie no possesso della cosmologia e teogonia egiziana. 6 1 1 Ho volutoinsisterealquantopiùalungosullevere pretensioni di questo libro del filosofo napoletano ,sol perchè basta l'esporle nettamen leperchèsenevegganochiaroilatideboliche sononè più nèman co che tutti isuoi lati,la cui poca consistenza połea essere nascosta un secolo e mezzo fa, m a ora non ha più scudo che la possa difendere da piun colpo della moderna critica. In alcuni punti poi esso ha contro di sè un inimico domestico e cognato nel Vico della scienza nuova,ilquite lecondotto da altre divinazioni più vicino alla scienza de'nostri tempi epiùlontano a quella de'suoi,poevade'principiiiqualinegano le basi su cui poggia tutto il libro dell'antichissima sapienza degl'Italiani. E in fatti in quel sistema che più lo ravvicina a noi e più lo stacca da'suoi contemporanei , egli riconosce tutta l'opera del popolo nella formazione delle lingue , e quasi lo riguarda senza ambagi come una creazionespontancadiquello,quandospiegatuttelediversitàchesono fra le une e le altre per mezzo della diversità che passa fra la natura o icostumi de'differenti popoli.Ma questo principio che veduto in tutta lasuaplenitudineesvoltosecondoilrigoredellalogicasarebbe stato fecondissimo d'importanti conseguenze, non gl'impedi di arrestarsi m a ravigliato innanzi alle locuzioni che a lui parvero troppo metafisiche dellalingualatina,pertalmodochedimenticodel popolo edelmon do delle nazioni, ostinatamente volle vedere in quelle l'opera meditata de'filosofi che dopo di averlo composte e sanzionate coll'autorità del loro sapere, le sparsero e le feccio adottare al popolo , da cui poi le c b beroineredità gli altri che la dottrina e ingran parte la lingua diquelloereditarono. Ora non iprincipii,comunque ancora incerti, dellascienzanuovacondusseroilVicoaquestascried'idee,ma sibbc ne la filosofia del suo tempo , contro la qualc egli in gran parte prote stava,etuttoilgeneralmodo concuisiriguardavanoalloralecose,e cheeglisenzasaperloesenzavolerlo,etalvoitapurvolendo ilcontra rio,avca comune con tutti.Ora uno de'punti principali della filosofia del secolo passato si è il non aver riconosciuto in piente l'opera sponla nea dell'umanità e l'aver veduto da pertutto il prodotto volontario e riflesso e però consapevole e determinato dello spirito. Nel fatto della società civile non vide altra cosa che un contratto con cui gli uomini si eranovolontariamenteconvenutifrasèdivivereinsieme per ilmag giorcomodoelamaggiorsicurezzaditutti;nellereligioninon vide cheiltrovatode'pochipercontenereimolti,e farlipiegare coll'au torità di esseri superiori agli umani , a quelle cose che essi avean risoluto essere di universale vantaggio o di loro particolare utilità; nella poesia e nelle arti non vide che l'occupazione di alcuni uomini di più squisita immaginazione e di maggiore ozio che gli altri, i quali perloropropriodilettoeperaltruisidecideano didarsiaquell'eser cizio, seguitando delle regole parte tirate dalla natura stessa delle co se,e parte stabilite per reciproca convenzione fra quelli che si era no volti al medesimo non so se mestiero o passatempo ; finalmente nellelinguenon iscorse altro cheunsottilritrovatoeunauniversa. le convenzione degli uomini , iquali essendosi accorti di avere l'organo delle voce vie più pieghevole che quello degli altri animali , si erano risolutamentedecisi,non senzaesame,divolermettereaprofittoquel Ja flessibilità della gola , e servirsene senza più a render più facili e speditelelororeciprocherelazioni.Daquestateoricanon eralungo il cammino da percorrere per giungere all'ipotesi,o per dir meglio,al laconchiusionedelVico,ilquale,come primasifuimbattutoinlo c u z i o n i c h e g l i p a r v e r o a v e r e d e l f i l o s o f i c o i n s é , s u b i t o g i u d i c ò n o n il popolo ignorante,ma sibbene ifilosofiaverne dovuto esseregliautori. Di che senza por tempo in mezzo,si diede a ricercare dove doveano poter esser que'filosofi da cui eran venuti parlari filosofici a un popo lo che non aveva filosofia , e trovolli nell'Etruria e nella Magna Grecia e,risalendo,nellapatriade'Faraoni.Maisistemi talvoltasoncuriosi davvero;ecuriosissimisieran questi,iquali negavanolecosepiù ovvie,ilfatto,lastoria,lavita,l'uomo,peraccordar tuttoa'filosofi; razzanobilissimaed'ogniconsiderazionedegnissima,ma cosipocodi sua natura operativa e fattiva da non poter creare non che tutta una Jingua,un solverbooun articolo.Ora ilfattosiècheilpopolo,equi, intendiamocibene,popolovalquantogenereumano ospiritoumano , 276 MUSEO DI SCIENZE E LETTERATURA G. BATTISTA VICO 277 il popolo adunque in cerle cose non è da meno e in certe altre è da più de'filosofi. Ancora non si dee credere che nello spirito de'filosofi trovi siassolutamentepiùdiquello che ènello spiritodiogniuomo,cioè nel popolo.E se nelle coloro menti trovasi tutta chiara ed aperta la teorica della ragione e degli elementi che la costituiscono,e la scienza delle sue leggi e del nodo come esse operano,la mente del popolo per mancare di quella teorica o per ignorar quellascienza non è men ri. schiarata dalla medesima ragione , nè men costituita dagli stessi ele. menti,nè men regolata dalle medesime leggi , conciossiache se cosi non fosse, la filosofia non sarebbe più la scienza dello spirito umano , ma lascienzadellospiritode’filosofi;ilche,seiononm'inganno,do vrebbe sufficientemente nuocere alla sua importanza ;la sola differen• za che passa tra il filosofo e colui che non è filosofo ,si è che l'uno sa quelcheegliha,laddovel'altroloha senzasaperlo;l'unopossiedee pur possedendo e usando della sua possessione,non ha mai posto mente a quel che egli possiede,dove che l'altro non solo possiede ma si è oc cupatodisapere lanatura,ilvalore,leleggi,l'importanza,gliele menti,ilmodo dioperare,lerelazioni e le condizionidiquelloonde egli è in possesso. Oralelinguesoncomefigliuoledidue madri,cioèsonoilpro. dotto di due cause che operano ngualmente nella loro formazione, v a le a dire delle attitudini naturali e delle fisiche condizioni degli orga ni della voce da un lato, e dall'altro della natura morale dell'uomo e delleleggisostanzialidellospirito.Dicheogni lingua senella parte puramente esternae fonetica de'suoni,della lorotrasformazione e cor ruzione,edel loropassaggioadaltrisecondariiederivati,eintutto quello che riguarda l'istoria naturale della parola , segue invariabil mente le leggi naturali dell'organizzamento fisico della gola, in quanto al contenuto interno di essa parola rappresenta tutti i principii psicolo gici del pensiero,tuttiglielementi ontologici che in esso si rinchiudono, esecondoleleggilogichedelpensierostessocoordinaedispone l'e s p r e s s i o n e e s t r i n s e c a d i t u t t o q u e l l o c h e il p e n s i e r o h a l a v o r a t o , e c h e nelle misteriose profondità della mente è stato apparecchiato.Certo si nella formazione che nell'esplicamento delle lingue non tutto si può ridurre e principii razionali,e qualche cosa ci ha che si sottrae all'ana lisi e dipende da quella parte inesplicabile dello spirito umano ,che senza essere ilprodotto o l'espressione di una o di un'altra sua legge determinata,risultadall'azione nė descrivibile nè determinabiledi tutte quante insieme , e dall'opera simultanea di tutte quelle forze in cui si appalesa la vita nelle sue infinite manifestazioni.M a oltre a q u e sta parte che si sottrae ad ogni investigazione e ad ogni esplicazione scientifica,l'edificiodiognilinguaèlegatoper la parteestrinsecaal le leggi anatomiche e fisiologiche del corpo,e per l'intrinseca alle leg. gi morali dello spirito, in modo che siccome ogni sintassi nel coordina mento delle parole e delle frasi è regolata dalle leggi logiche del pen siero, e cosi ogni etimologia rinchiude in sè un sistema compiuto di tutte le categorie dellaragione ; e siccome non può trovarsi nello spiri to più o m e n o di quel che trovasi nella lingua , in cui talti i suoi ele menti raggiungono un'esistenza estrinseca ed oggettiva, e cosi non tro vasi nelle lingue nè più né meno di quel che sia nello spirito nel qua leesseelecategoriedicui esse sono l'espressionehannolaloroesi stenzaintrinsecaesoggettiva.Perlaqual cosa nonciè nullachesia meno arbitrario e meno convenzionale delle liogue ,nè ci la lingua di popolo così barbaro o selvaggio che non rappresenti e non contenga in sé un intero sistema di logica,e un intero sistema delle più recondite categorie della ragione. Ben si vede da quesle cose che egli è possibile di rendere ragiona di quelle parole latine che sembrano contenere un significato più a stratto e metafisico , senza avere a ricorrere all'ipotesi di un popolo progredito assai oltre nelle vie della dottrina e deHa filosofia, da cui i Romani nè dottiné filosofiabbiano dovuto ricavarle.Già l'ipotesidel Vico incontra nel fatto di tali difficoltà che niuno oggidi ancorchè men che mediocramente iniziato in certi studii, non avrebbela concepita nella mente senza voler che di lui si dicesse col proverbio che egii fossesi posto a pestar l'acqua nel mortaio.E in prima le parole su cui spezialmente cadono lo investigazioni filosofiche e istoriche del Vice sono di origine e di formazione cosi puramente latina che e'non si ve de che cosa abbian da fare con esse gli Etruschi o įJonii ,o come a b bia poluto saltare altrui in mente che iRomani lc abbiano prese dalle costorolingue,oalmenoimitatoda essiilmodo diadoperarle.Tan!e 278 MUSEO DI SCIENZE E LETTERATURA 1 G. BATTISTA VICO 279 più che se in ana lingua si possono trovar parole di origine straniera, ilmododiadoperarlenonèmaistraniero opresoinprestanzadaal tri,ma propriodelpopolochelaparla,ilquale nell'usarne,imprime in esse il suggello della propria nazionalità e le fa sue , senza dire che un popolo per imparare da un altro ad usare secondo un concello metafisico lesue proprie o le altrui parole,dovrebbe innanzi imparare daquellotuttoilsistemadellasuametafisica,quando nonsivuolri conoscere che ogni lingua, qualunque siesi il popolo che la parla, e indipendentemente da ogni dojtrina acquisita,è naturalmente e sponta neamente l'espressione di un sistema di metafisica riposto nel fondo dellaragione,echecostituiscel'essenzastessadiessaragione. PerilVico intantoiLatiniaveanoaogni modo dovutoimparar qnelle parole e que'modi di dire du altri popoli più dotti che essi non erano , e questi popoli non poteano essere che iJonii e gli Etruschi popoli dottissimi e con cui i Latini aveano strette relazioni. Vediamo oraquelchenongiàioounaltroma tuttoilsaperedelsecoloincuivi. viamo oppone senza paura di contradizione al più dotto napoletano del XVIII secolo. Ne è possibile d'incominciare questo esame senza fermarsi in primo luogo ad un'improprietà di linguaggio che niente nonpuò giustificareecheinnessunsistemaeinnessuna ipotesi non si può difendere. E veramente non vi è niuno il quale abbia mai p e n satoa'Joniioaldialettojonicoper sostenerelaparenteladifiliazio netra ilGrecoeilLatino,elecolonic grechedicui parlail Vico, ca cui attribuisce nella formazione della lingua latina un'importanza che nonsihanno maiavuta,noneranodiJuniima diDori.Ilfatto sloricochelastoria latinaèposterioreallagrecaunitoall'altrofatto della relazione di simiglianza fra le due lingue avca condotto alla con chiusione che l'una lingua dovesse essere derivata dall'altra,nè lasciato alcunluogoadubitarequalesidovesse esserelamadreequalelafi gliuola fra la più giovine e la più vecchia. La stessa argomentazione poi avea fatto determinare più particolarmente questa relazione di m a ternitàfraillatinoeildialettoeolico,che èquellofra'dialettidella Greciachepiù diaffinitàsihacollalingua delLazio.Intantolenuo vescovertedellascienzadellelinguehanno dimostratoquestaipotesi impossibile , havno scoverto nel Latino tracce di maggiore antichità che pel Greco si nel sistema de'suoni e si nelle forme grammaticali non che nella genesi etimologica e nello stato attuale delle parole ; hanno scoverto la stessa specie e lo stesso grado di aslioilà , e talvolta anche maggiore,che è tra ilGreco e ilLatinotrovarsi eziandio fra le duelin gue classiche ed altre ancora o meno conosciute o quasi del tutto igno te prima di a questi ultimi tempi, sicchè è stato forza di ricorrere all'ai. tra ipotesi di una lingna più antica di esse lulte , da cui come da comune stipitetuttequanteesse,elealtreadessesimilidiscen dessero , allontanandosene quale più e quale meno , quale in una e quale in un'altra cosa, ma ritenendone tutte e la general fisonomia, eilsistemagrammaticale,eilcomune materialedelleradici,in mezzo a quelle differenze che debbono fra’i varii rami di uno stesso tronco essere cagionale dalle speziali condizioni fra cui ciascuno di essi si è venuto separatamente formando ed esplicando , sicché la relazione di parentela è rimasta , anzi la famiglia si è trovata cre sciutadimoltialtrimembri creduliprimaaffattoestranei,masiè trovato quella parentela essere di fraternità e non già di filiazione. N ė si può negare che il dialetto eolico sia quello tra gli altri dialetti dell'anticaGreciachepiùsirassomigliaalLatino,ma invecedi con chiuderne che questo sia nato da quello,si è dovuto inferirne che esso è come l'anello intermezzo, ilpunto di passaggio tra le due diverse forme di una medesima lingua, appunto come la storia naturale ci dimostra molte specie di animali , molte famiglie di piante, le quali sono l'anello intermezzofraduespeciediversedelmondoanimaleotra due diverse famigliedelvegetabile,equasicome ilponte percui mezzolanatura che non procede per salti,dall'una è passata all'altra.Cerlo molte paro le si possono trovare nel Latino che vi si sono introdotte direttamente dalGreco,ma questeosonodidataassaipiù recente o sirisesconoa oggetti speciali,ad usi e invenzioni,a trovati comunicati dal conımercio e dalle esterne relazioni tra due popoli in quell'epoca e a quella parte della lingua a cui si riferiscono le investigazioni etmologiche e istoriche delVico.Diparolestranierecheperaccidentesienpassatedauna lin gua a un altra ancorché di diversa indole e di diverse famiglie se ne trova in tutte le lingue, m a si è questo un fatto tutto contingente di cui sirenderagionepermezzodelfattodelleesternerelazionisenzachenulla 280 MUSEO DI SCIENZE E LETTERATURA G. BATTISTA.VICO 281 se ne possa conchiudere per la forniazione della lingua stessa. La parola kalamos che è ab antico nel Greco per dinotare la penna o uno stru mento aguzzo , una capna qualunque da scrivere,non è di origine greca,nèsenetrovalaradicenellelingueaffinialgreco,ma èdi patriaaffattostraniera,parendoesserenèpiùnèmanco che ilsemi ticoKalem che inArabodinotalapenna.Certoverisimilmente è da crederecheavendoiGreciantichissimiappresoda'Fenici,po poli di stirpe e di lingua semitica , l'arte dello scrivere abbian preso a n c h e d a e s s i il n o m e d e l l o s t r u m e n t o d a e s e r c i t a r e , l a n u o v a a r t e . M a dove sono le parole greche , eoliche, e joniche, come impropria mente ilfilosofo napoletano direbbe, corrispondenti a quelle con cui i Latini esprimeano non già un utensile materiale,lo strumento di un'ar te ignola prima e poi appresa , m a i concetti più intimi e più astratti dello spirito senza di cui il pensare stesso è impossibile? Lemedesimecose,ma adassaipiùforteragionesivogliono ripetere per l'Etrusco. Che da questa lingua si sieno potute intro durreuel Latinodelleparolerelativeadusidellavitaeacerimonie sacre , è cosa che facilmente sipuò concedere massime chi pensi che molti riti religiosi dall'Etruria hauno dovuto passare in R o m a , m a non èpossibileditrasformare questaazionetuttaestrinseca,questa introduzione accidentale di alcune speciali parole , in un'azione più internaequasi primitivadell'EtruscosulLatino.Veroèche questa non è propriamente l'idea del Vico , nè la conchiusione a cui egli intende di giungere coi suoi procedimenti etmologici. E già la qui. stione delle lingue era così poco avanzata , anzi così poco sopposta a' tempi del Vico, che non ad essa la sua mente si rivolse , non di es sa egli si occupò come conseguenza e coronamento della sua ipote si,masibbenediquelladellafilosofia.Einfaltinon altrovechein questo punto egli vide l'importanza della sua scoverta , e assai più che nel libro stesso v'instette nelle sue riposte a varie obbiezioni mossegli allora contro con una critica , che non vedea,e in gran parte non poteavedereiveripuntidebolieimpossibiliasosteneredi tutto ilsistema. Quivi si vede che il Vico pensava di aver fatto una stupenda sco verta istorica , perocchè vi è detto chiaramente che essendo gli Etru. Apno XVII.Vol.VII. 36 schi cosi doltissimi in cosi remotissima eti , come si vedea manife. b'o da' modi di dire metafisici che sol dalla loro lingua avean poluto passare nella latina , si dovea credere fermamente che la dottrina non avea poluto passare dalla Grecia in Italia, ma si da questa , cice dall'Etruria in quella , e quindi coordinando tutte le parti del siste na , ne conchiude che Pitagora non avesse portato allronde la soa fi losofia inItalia,quando alcontrariosiavea dacredere che venulo quivi ad appararla , riuscitovi poi dottissimo , si fosse fermato nella Magna Grecia a formar la sua scuola , sicchè quest'antichissima silo. sofia che la rappresentava avea dovuto passare dall' Etruria nel La. zio e dal Lazio nella Magna Grecia , e in Etruria avea dovuto primitivamente venire dall'Egitto. Ecco perchè io diceva più sopra che secondo questo sistema, le vere origini di certe parole e modi di dire della lingua latina si convengono cercarle senza più nella patria deiFaraoni.Ma tuttequeste ipotesiriposano sul falsoconcelloche ogni vocedi un contenuto edi un valore metafisico supponga un sistema metafisico divenuto popolare nel popolo che la parla , ogni sistema metafisico debba essere stato da un popolo portato nel l'altro. Se i Greci non avean potuto escogitarlo da sè , ma riceverlo da'Latini,eiLatini dagliEtruschi,egli EtruschidagliEgiziani, non so perchè non si abbiano da spingere anche più oltre le investi gazioni,ecercare daquale angolopiùremoto dellaterra avessedo vato venir trapiantata sulle rive del Nilo. 282 MUSEO DI SCIENZE E LETTERATURA La scienza moderna che è meno corriva alle ipotesi , e comunque sia spesso accusata di sognare , più riconosce l'importanza de' fatti prima di edificare un sistema , va più guardinga in questa qui stione degli Etruschi, e non ostante la grande abbondanza de'falli che sono a sua disposizione ,non ha sapulo per anche decidere che cosa eglino fossero stati e donde venuteci , nè che cosa si fosse la loro lin gua ,se cioè semitica o di origine arja ,nè che relazioni si abbia avu ta la loro civiltà coll'egiziana. A ogni modo le induzioni per cui giungeva ilVico allesue opinioni intorno all'Etruria niunoè ora cheardirebbedicrederledialcun peso o diprenderle in sulserio. Ben sonostatialcunipiùmodernichelehannosostenute,e avregnac chè l'istoria dimostri come cosa quasi indubitata che la civillà tenga G. BATTISTA VICO 283 nel suo corso ilmedesimo cammino che il sole cioè da oriente în occidente,hanvolutocheiprimiprincipiidiessa fosseropassatidal l'Etruria nellaGrecia,ma han cercato con fatlieargomenti edo cumenti che al Vico mancavano di sostener la loro teorica ,comunque non sieno mai riusciti a sostenerla tanto da farla aceellare almeno permediocremeuteprobabilea'piùdottiinquestematerie. Enonha guari abbiam veduto mancare a'viviio Napoli uno deisuoi ultimi sostenitori,uomo picchissimodiabbondanteerudizione istorica,ina corrivo non so se ad:ingegno o per la natura stessa del suo spirito. ad abbracciar le opinioni più strane e le meno simili alle più comune . mentericevute.Spessosièripostocome unaspeciediamorproprio Nazionale a sostenere colesta emigrazione del sapere dall'Etruria nella Grecia.quasiperaggiungereunaltroperiodo digloriaallegloriedel l'istoria italiana E veramente pjente non è più giusto o più sacro quantoquel sentimentoper cui un popolosistudia diaccrescerei tesoro delle sue grandezze non meno presenti che future o passate, diquesteperpetuarelaricordanza nellamemoria degliuomini.Ma per esser gelosi custodi di questo tesoro noi altri Italiani non abbiamo afarviolenzaallaistoria,evolervendicareanoiquelche nonciap partiene,tantopiùchequellodicui non sipuòdubitarechesiano stro è più che bastevole a non farci desiderosi di altro.Or la nostra ve ra e indubitata istoria incomincia da Peoma ; ilche mi sembra itd'an lichitàabbaslanzaremota,eunagrandezzaabbastanza gloriosapera. verseneacontentare.Tuttoquellocheèprima diRoma,egiàèassat incertochecosafosse,nonci appartiene.E veramenteItalia nonera ancorailpaeserinchiuso traleAlpieilmare,nėHalianieranoi Grecidell'estremitàmeridionale,iSiculiogliAborigeni delLazioo gliEtruschi,Celtiogl'Iberi,sealcun trattogl'Iberineoccupavano, ma beneeranoessiglielementiprimordialiiqualistrituraliefasiin sieme dall'opera del tempo e dalla forza assimilatrice di Roma ,d o veano comporreilpopolo dicui ha fattol'istoriaTitoLivio,Niccolò Macchiavellie Carlo Botta;lavoro lentoe gigantescoele con diver se proporzioni e solto diverse condizioni si è operato per altri popoli ancora;perquestasolaragioneiMacedoni eranGreci,eAlessan droche sefossenatodu'secoliprimasarebbestatobarbaro,fualsuo Innanzi di conchiudere questo scritto che avrebbe potuto esser piùbreve,machepotrebbeprolungarsi ancora dimolto,noncredo essereinutilepermegliofarcomparirelavera naturadelleobiezioni chehomossealfilosofonapoletano,ilricordarecomeeglinon a veapercosaaffattonuovailmodo dellesueinvestigazionietimologi che , anzi fin dal principio del suo scrillo afferma che egli è per fare quel medesimo per la lingua latina che avea già fatto Platone per la greca,ilqualedalleetimologieecomposizione delle parolediquella avea voluto scourire l'antichissima sapienza de'popoli che l'avean parlata.SenonchesiformavailVico un conceltoassairistrettodal C r a t i l o s e c r e d e a a q u e s t o s o l o o r d i n a t o q u e l d i a l o g o , il q u a l e a b b r a c cia tutta quanta la quistione della lingua ,della sua origine e del suo valore,coordinandola colla teorica socratica delle idee.Ben è vero che Platone anche delle etimologie si occupa in quel dialogo , e che ,ove non il fa ironicamente e come per istrazio , intende di cavare delle in . duzioni intorno a'primitivi concetti del popolo fra cui quelle parole a . veanoavutonascimento.Ma adonoredelfilosofoateniese,siconviene confessareche ilmetododellesuericerchenondeviavada'giusticon fini,nèpoteacondurload induzioniofalseoimmaginarieo arbitra rieocontrarieallagenesi delle lingueoripugnantialla vera palura. dellametafisicacheinquellesipuò trovare.Non abbiamnoiveduto che ogni lingua contiene in sè un intero sistema di metafisica , ma di netafisica spontanea che in quella si trova all'insaputa dello stesso p o 281 MUSEO DI SCIENZE E LETTERATURA t e m p o il r a p p r e s e n t a n t e d e l l o s p i r i t o e d e l l a c i v i l t à d e l l a G r e c i a , e u n a delle più alte figure dell'istoria greca.Cosi le felci gigantesche del mondo antidiluviano non sono ilcarbon fossile ma debbono divenirlo, poiché , collo scorrere del tempo e coll'azione invisibile delle forze naturali si macerano a poco a poco , le differenze scompariscono, e da ultimo si trovano riunite in una sola massa che dee poi divenire uno de'motoripiù irresistibilinelle mani dell'uomo; ma leproprie tà che fanno onnipotente il carbon fossile non si appartengono alle umide foglie delle piante naufragate nel diluvio . Così le glorie q u a si mitologiche de'Pelasgi e de' Rasena , de' Tirreni e de'Siculi non siappartengonoa'discendenti delpopolo di GiulioCesaree di Tra jano. G. BATTISTA VICO 285 polo che la parola , e che ve l'ha senza saperlo , depositata ? Imperocchè le lingue figliuole tulle dell'identica natura dello spi rito e dell'identica struttura degli organi della voce sol differisco no nella loro composizione in quanto che quell'identica natura vede da diversi o opposti lati le cose , e diversamente concepisce le relazioni obbiettive che passano fra quelle.Per la qual cosa si può dalla natura di una lingua scovrire il modo in cui il popolo che prima l'ha parla la concepiva le relazioni fra le cose,e ilmodo con cui iconcetti meta fisici che presiedono segretamente alla composizione di essa si presen taronoalsuospirito.E sequestolavoroèancora oggi pienod'incer tezzeedidifficoltà,seeraimpossibilea'tempi diPlatone,che fae glicotesto?BastacheildiscepolodiSocrateabbia vedulounaverità che solo ilontanissimi nepoti poteano dimostrare ,e tentato un lavoro per compiere ilquale,moltissimi secoli di esperienze e di scoverte non han potuto somministrare finora tuttiimezzi necessarii.Ma non cre dea Platone che una setta di filosofi avesse introdotto nella lingua i concettimetafisici,apziliattribuivaalpopolo stesso,cheegliperle esigenzedelsuolinguaggio filosofico,chiamaillegislatore,ilquale nellasuccessivacostruzionedellalinguave livenivaspontaneamente e però inconsapevolmente trasfondendo.Në pensò mai Platone che da filosofi di altra nazione dovessero quelle parole tirar la prima loro ori gioe,e quindi esser passate a'primitivi abitatori della Grecia,che per essereancoraignoragtinonleavrebberopotutemaipiù ritrovareda sèmedesimi.Sonquesteledue ipotesisucuièfondatoillibrodel l'antichissima sapienza degl'Italiani,ma nè dell'una nè dell'altranon è colpevole l'autore del Cratilo, Seiohotroppoinsistitosuquestecose,non ègià perdesiderio eheioavessidiappiccareun'inutilegiornata colmaggiore de'filosofi napoletani,ma sipervolermostrarecolsuoesempiocome camminan d o il s a p e r e c o l l a n d a r e d e l t e m p o ,e t r a s f o r m a n d o s i q u a s i i n o g n i s e c o l o lasuafisonomia,evedendo gliuomininellediverseetàsempre diver samentepurlemedesimecose,lagrandezzade'grandiuomininon si vuol misurare dal numero delle verità che eglino possono ancora inse guarea'lontaninepoli,acuipureessendo grandissimi,nonpossono lalvolta insegnare più niente,ma sibbene dal grado a cui eglino si so no innalzati al di sopra de'loro contemporanei , dalle nuove vie che prima degli altri hanno aperle allo spirito, nelle quali altri c a m m i p a n do sonosi arricchiti di verità ad essi rimaste ignote , e dagli sforzi con cui hanno potuto faticosamente e oscuramente veder da lungi quel che alle seguenti generazioni è stato poi agevole di veder chiaramente e di loccare con mano , senza che per questo si possano dir sempre seguaci de'primi, alleso che avviene soventi volte che una verità giunta alla sua maturità e alla pienezza de'tempi, si mostri per nuove e più facili vieancheaspiri!imenoalli,quando altempocheeratuttaviaimma lura appena si era svelata per astrusissi mi sentieri alla potenza divina trice di solitarii ingegni. Chi è più grande di Aristotile ? m a quale è oggiscolarecheintutte lespezialiquistioni non ne sappiaepiùe meglio del maestro di coloro che sanno ? O quale è scuola filosofica a cui basterebbe il proporre la massima parte de'problemi della scienza inquelmodoappuntoincuisitrovanoproposti nell'Organoene'libri della Melafisica, anche in quei punti in cui il pensiero arislolelico quanto alla sostanza delle cose è identico col moderno ? 236 MUSEO DI SCIENZE E LETTERATURA L'altra cosa su cui io voleva insistere siè questa ,che un uomo pec quantograndeeglisia,perquantos'innalzialdisopra de'suoicon temporanei e de'suoi tempi , par non si può mai taplo da questi sepa rare che la più parle delle sue idee , anzi esse tulle non abbiano in quellilalororadice,siche eglinon puòmaisepararsi dalgeneral modod'intenderedell'etàchelovidenascere,anziappuntoperque slo ègrande , che egli tutta la compendia ed esprime , aprendole le vie agli altri nascoste che la legano coll'avvenire. Se non che se tul teleideede'suoitempiinlujsiriflollono,insiemeconquelle anche gli errori e i pregiudizii comuni penetrano nel suo spirito , nè per quanto egli se ne distacchi può giunger mai ad emanciparsene intera menle . Di che si vede quanto sia grande la semplicità di coloro che siappoggianoall'autoritàde'grandi uomini inque'punticheeglino. hanno in comune con tutta la loro generazione e che non costituisco no la loro vera e più squisita individualità.Molle volle mi è avvenuto di udir dire a proposito di speziali quistioni ; o siele voi più grande G. BATTISTA VICO 287 di Dante Alighieri il quale pensava appunto cosi come voi negate di consentire.Or cerloilcanlore de'tre regni dellamorle si fuilpiù grande uomo del suo secolo,nè ci ha oggidi chi in potenza di menle e grandezza di comprensione poelica possa venire con lui in paragone , ma ilpubblicislaeilfilosofodelXIII secolo era figliuolo delmedio eroeaveacinquesecolidieducazione filosoficaed isloricamenodi noi, e il cilladino di Firenze nato l'anno di grazia mille duecento sessantacinque in molte cose non potea non pensare come frale Cipolla e Guccio Imbralta.Or chi è che vorrebbe piegarsi innanzi all'autorità di questi nomi ?Cerlo,che io mi creda,niuno. Quesle cose poi che si dicono dell'antorità de'grandi uomini van . no deltealmedesimo modo dell'autorità dell'istoriaingenerale.La sentenza di Tullio che dice l'istoria maestra della vita è veris ima se s'intendeinunsenso,ma fontedimoltierrorises'intendeinun altro. Verissima è in un senso universale e scientifico in quanto che l'istoria facendoci come assistere allo spellacolo delle diverse generazioni clic si sono succedute sulla terra,ci rende quasi contemporanei del pas sato.Permezzodiessanoipossiainoalloraformarciunconcello ge nerale del cammino del genere umano ,e delle leggi ideali che presie dono alsuccedersi dellecivilti,delleleggi,degliistituti,delle religio ni, degli stati e di tutte quante sono le manifestazioni dello spirito u - mano.Allora noi partendo da queste considerazionipossiainocom p r e n d e r e il p o s t o c h e a n c h e n o i o c c u p i a m o n e l l a s t o r i a d e l m o n d o , d e terminare le nostre relazioni con le generazioni che si sono prima di noi affaticalesullaterra,edivinarquellecheabbiamocollealtreche dopo di noi bagneranno col loro sangue e coloro sudori la patria dell'uomo. In questo senso veramente la sloria è maestra della vita, c o m e q u e l l a c h e n e p o r g e il p i ù s t u p e n d o a m m a e s t r a i n e n t o c h e si p o s . sa , la comprensione della vila slessa in tulle le sue manifestazioni, in tuttelesuerelazionicolpassalo,colpresenteecoll'avvenire.Ma inet ta e principio d'inganni è quella sentenza presa in un senso più ristrello edempirico,quasivolessedireche lastoriainsegnaagliuominico. gli esempii de'tempi passati a sapere come eglino si abbiano da con durre ne'casi agli antichi simiglianti,Il credere a questa specie di aulorilàistoricadipendedallafalsa supposizioneche gliavvenimenti si ripelano o si possanoripeterenellemedesimecondizioni,ilcheè tantofalsoquanto èfalsoilcrederecheilgenereumanononsimuo va , e che l'istoria non cammini. Ora ogni clà ha suoi proprii fatti e un'indole sua propria per la quale anche i fatli che sembrano rasso migliarsi in certe esterne condizioni, sono diversissimi di significato e divalore.Ilprincipiochenienteèma luttosi fa,nientepermanema tultosimuove,spezialmentenellastoriaenelcammino delgenereuma no si verifica.Ben la nalura fisica ne'rivolgimenti cosmici e tellurici si ripete,la natura morale dell'umanità non mai.A coloro iquali dicono: bencosìdeeavvenireperchècosìaltravoltaèavvenuto,ben sipuò rispondere che appunto perchè altra volta così è avvenuto non può più avvenire al medesimo modo.Dove il genere uinano cosi continua. mente agitandosi finalmente abbia da giungere , chi è che possa pre vederlo,oqualeèfilosofiachelopossaalmeno verisimilmentepre dire? Ma quando si pensa quel che era la famiglia umana al tempo delre de'reAgamennone,pernon salirepiù alto,equaleog gi è divenuta , chi non si sente di naufragare coll'anima in uti O c e a n o s e n z a f o n d o , a l l o r c h è v o l g e il p e n s i e r o a c o l o r o c u i s e p a r e r à d a noi la medesima distanza che divide noi dagli eroi dell'Iliade
Thursday, March 24, 2022
Subscribe to:
Post Comments (Atom)
No comments:
Post a Comment