Indice generale 1. Introduzione 1 2. Una breve storia del salterio a died corde 2 3. Il Discorso n.9 di Agostino "Sul salterio a dieci corde" 4 4. Il "Salterio a dieci corde" di Gioacchino da Fiore: il contesto storico eilPrologo 8 5. Il "Salterio a dieci corde" di Gioacchino da Fiore: il Libro Primo....l2 5. Conclusione 20 Tavola Illustrativa 22 Bibliografia 23 IL SALTERIO A DIECI CORDE UN'IMMAGINE MUSICALE NELLA RIFLESSIONE TEOLOGICA MEDIEVALE Martino Mocchi 1. Introduzione La presente ricerca si colloca all'interno del seminario tenutosi presso l'Universita di Pavia nel secondo semestre del 2010 "Teologia e altri saperi nel Medioevo" e vuole essere un contributo alia comprensione del difficile rapporto tra teologia e musica in quest 1 epoca. In particolare verra presa in esame la figura del salterio a dieci corde come esempio di un punto di contatto tra le discipline. Quello die tradizionalmente e considerato lo strumento biblico per eccellenza, viene infatti "preso a prestito" da alcuni ambiti della riflessione teologica medievale, che attraverso una interpretazione simbolica e allegorica ne arricchisce l'originaria disposizione. Dopo una introduzione relativa alia storia dello strumento in epoca biblica e medievale si considereranno nello specifico il Discorso n. 9 di Agostino, in cui l'autore recupera l'immagme in un contesto prevalentemente teologico-morale, e si proporra quindi una disamina del Primo libro del Salterio a dieci corde di Gioacchino da Fiore, per mettere in luce la valenza mistico-escatologica che qui viene attribuita alio strumento. Il filo conduttore della ricerca consiste dunque nel rintracciare, nell'ambito di una riflessione che nasce e si sviluppa aH'interno di un contesto dichiaratamente teologico, ma che trae motivi e sostegno argomentativo dal riferimento all'immagine di uno strumento musicale, delle possibili influenze, o in qualche modo degli spostamenti di traiettoria, dovuti all'interazione tra le due discipline. 2. Una breve storia del salterio a dieci corde. L'interesse particolare per il salterio a dieci corde ha origine nel testo biblico. Il Libro dei Salmi indica questo strumento come il piu adatto per accompagnare il canto dei versi, e sembra essere attribuita alio stesso Davide una certa abilita nella pratica di tale arte. Se i risultati della moderna esegesi sembrano concordare nell'attribuire alia figura di Davide un ruolo fondamentale nel processo di rinnovamento e di consolidamento di una pratica musicale aH'interno della comunita ebraica 1 , risulta ben piu problematica la collocazione definitiva dello strumento in questione. La piu recente traduzione del Testo Sacro, in diversi punti, preferisce rendere attraverso la locuzione piuttosto generica di "strumento a corda" dei termini di poco chiara comprensione musicologica. Il libro della Genesi, particolarmente ricco di riferimenti a pratiche e strumenti musicali, identifica nel kinnor lo strumento nel quale Davide eccelleva. Dalla narrazione si evincono delle caratteristiche che potrebbero awicinare come tipologia di strumento il kinnor e la lira greca chiamata kithara 2 . D'altro canto, pero, la pratica musicale di tale strumento prevede l'utilizzo di un plettro per pizzicare le corde, il che sembra essere in contrasto con la traduzione proposta nella versione dei Settanta: il termine psalterion rimanda infatti etimologicamente al verbo psallein, che significa letteralmente "pizzicare con le dita". Nel periodo dei Re la scena musicale di Israele muta radicalmente: proprio sotto l'impulso di Davide e di Salomone si sviluppa un'organizzazione e un'istituzionalizzazione delle pratiche musicali all'interno della comunita. Nasce la figura del musicista di professione, comincia a distinguersi in modo netto la musica di corte dalla musica del Tempio, si costituisce una vera e propria accademia come luogo dell'educazione musicale, e vengono inseriti, accanto a quelli tradizionalmente usati, nuovi strumenti musicali. Alcuni di questi, come per esempio il nevel, possono fornire delle utili indicazioni a proposito del nostro strumento. Il nevel e certamente uno strumento a corda: nella versione dei Settanta il termine e reso attraverso l'utilizzo di tre parole distinte, una delle quali e proprio psalterion. La Una tale interpretazione prende le mosse direttamente dal testo biblico, che in piu punti sembra concordare nell'attribuire a Davide il ruolo di "poeta" e di "musico": cfr. 1 Sam 16, 16; 18, 10; 2 Sam 1, 17; 3, 33. Per l'argomento del presente capitolo si fara riferimento al testo di C. Sachs, Storia degli strumenti musicali, tr. it. M. Papini, Mondadori, Milano, 1996. Si vedano in particolare i capitoli V, VI, X. trasposizione latina di questo termine tende a far prevalere psalterium in tutti e tre i casi, tanto che nell'intera Vulgata questo termine occorre diciassette volte. La traduzione puo far pensare ad uno strumento simile all'arpa: lo stesso Gerolamo ci informa del fatto che «psalterium lignum illud concavum unde sonus redditur superius habet» 3 . Sembra quindi possibile associare la struttura del nevel a quella dell'arpa verticale angolare, diffusa sia nell'area greca che in quella fenicia. La questione e pero ulteriormente complicata da un altro termine che nel libro dei Salmi compare frequentemente associato a nevel, ed e legato strettamente alia problematica del salterio a dieci corde: il termine asor. Questa parola letteralmente significa "dieci". L'esegesi ha piuttosto uniformemente interpretato tale accostamento come il riferimento ad uno strumento musicale con dieci corde. Piu recenti studi musicologici hanno invece mostrato che il termine potrebbe essere piu correttamente inteso non come attributo riferito a nevel, ma come sostantivo. Come tale rimanderebbe quindi ad uno strumento autonomo, a riguardo del quale e difficile formulare ipotesi. Potrebbe essere infatti proprio questo lo strumento a dieci corde da cui ha preso spunto la traduzione greca, come del resto non sembra possibile escludere la possibility che il salterio a dieci corde sia stata una "invenzione" dei traduttori greci e latini che non trova una corrispondenza immediata nelle pratiche musicali ebraiche. La problematica relativa alia classificazione degli strumenti a corda in epoca medievale e ancora oggi piuttosto incerta 4 . Sicuramente e attestabile una ampia diffusione di arpe e cetre, che differivano pero tra loro anche notevolmente per quanto riguarda la forma, le dimensioni, il numero delle corde e le accordature. Il salterio e senza dubbio riconducibile alia famiglia delle cetre, e in particolare ad uno strumento a corde pizzicate provenienti dall'area meridionale del Vicino Oriente, il qanum. Tale strumento si distingue dal santir, che costituisce un'altra tipologia di cetra proveniente dall'area asiatica, la cui pratica musicale prevedeva la percussione delle corde attraverso l'utilizzo di bastoncini. Sembra interessante sottolineare che la prima rappresentazione grafica medievale di uno strumento simile al salterio risale ad un rilievo del 1184 che si trova a Santiago de Compostela, e che Dalla lettera di San Gerolamo a Dardano. La citazione si trova in C. Sachs, Storia degli strumenti musicali, cit., p. 127. Per una disamina della questione in epoca medievale, oltre al gia citato testo di Sachs, si veda: Giulio Cattin, La monodia nel medioevo, EDT Edizioni, Torino, 1979; e Alberto Gallo, La polifonia nel medioevo, EDT Edizioni, Torino, 1991. in generale tali rappresentazioni sono piuttosto rare prima del '300. Da queste considerazioni si puo dunque concludere che all'epoca in cui maturano le riflessioni di Agostino e di Gioacchino da Fiore esisteva uno strumento chiamato salterio. D'altro canto la sua diffusione comincia ad avere una certa ampiezza solo in una fase piuttosto tarda del medioevo. Bisogna infine tenere presente sullo sfondo il difficile rapporto in epoca medievale tra musica liturgica e pratiche strumentali, che rimane un tenia di ampio dibattito per la storiografia moderna. Questo sembra awalorare l'ipotesi secondo cui la ripresa deH'immagine dello strumento trae origine da un contesto esegetico-teologico molto prima che dall'osservazione di una pratica musicale vera e propria. 3. Il Discorso n.9 di Agostino "Sul salterio a died corde". Il Discorso di Agostino "Sul salterio a dieci corde" rappresenta un punto essenziale per la comprensione e la formazione dell'immagine "teologica" dello strumento in questione. Le attuali conoscenze del corpus agostiniano non permettono di individuare con certezza ne la data ne il luogo in cui tale discorso fu tenuto. Il recupero deirimmagine del salterio si inquadra in questo caso all'interno di un contesto propriamente teologico-morale: l'obiettivo e quello di delineare un percorso di crescita morale per il credente basato sull'osservanza dei dieci comandamenti. L'argomentazione trova quindi la sua forza nel parallelismo che si instaura tra i dieci precetti divini e le dieci corde del salterio. Il punto di partenza consiste nell'indicare la necessita di trovare un accordo con «l'avversario», che viene identificato con la parola di Dio, dal momento che «comanda cose contrarie a quelle che fai tu» 5 . In un certo senso, quindi, l'avversario sarebbe meglio identificabile con la nostra disposizione interiore, che ci allontana da un comportamento moralmente corretto in senso cristiano. Seguire le disposizioni interiori risulta infatti molto pericoloso nell'ottica agostiniana, in quanto da un lato si e spinti ad assecondarle poiche procurano un piacere immediato, dall'altro proprio tale piacere e ricondotto alia sfera del sensibile e rappresenta quindi una minaccia per la vita ultraterrena. Allora Agostino, Tractatus de decern chordis; tr. it. P. Bellini, F. Cruciani, V. Tarulli, Trattato sul salterio a dieci corde; in Agostino, Discorsi; sul vecchio testamento, Citta Nuova, Roma, 1979; p. 153. «perche dovremmo camminare allietati da inutili canti che non ci porteranno alcun vantaggio, dolci nel presente, amari in futuro?» 6 . L'emergere di questo tenia del canto ci permette di riferire lo stesso schema sopra rilevato alia musica. Sembra delinearsi infatti una concezione ambivalente di tale disciplina: da un lato, nel suo corretto uso, rappresenta uno strumento di grande forza ed espressivita interiore, che puo permettere all'uomo di innalzarsi verso la sfera divina. Dall'altro, se considerata nella sua dimensione sensibile, puo essere la fonte di un «appagamento dell'orecchio» che rappresenta un motivo di corruzione. Va notato che una tale impostazione e riscontrabile in numerosi passi di Agostino, in primis nel De musica, ed e un'eredita che l'ipponense riceve da una lunga tradizione filosofica riconducibile come minimo a Platone 7 . La problematica ha avuto una grande fortuna nella discussione della prima patristica 8 in relazione alle modalita della pratica religiosa, e rimane uno sfondo obbligato per la comprensione della musica cristiana in tutto il Medioevo 9 . Su questo sfondo Agostino introduce il tema piu propriamente morale, recuperando la figura del salterio: «ecco, porto il salterio, ha dieci corde [...]. Perche e aspro il suono del salterio di Dio? Cantiamo tutti con il salterio a dieci corde. Vi cantero quello che dovrete fare. Il decalogo della legge infatti ha dieci comandamenti». 10 L'asprezza attribuita al suono dello strumento non e evidentemente da ricondurre ad un ambito musicale, quanto da intendere in senso figurato come metafora della difficolta del cammino da compiere per ottenere la benevolenza divina. La giustificazione del recupero deirimmagine dello strumento e indicata nel legame ideale che si instaura tra i dieci comandamenti e le dieci corde. In relazione a questo tema e da rilevare come Agostino, riprendendo una esegesi molto diffusa, distingua i primi tre comandamenti, e quindi le prime tre 6 Ivi, p. 159. 7 Si veda il VII libro delle Leggi, e il III libro della Repubblica, per esempio. 8 Un'analisi piu puntuale di tale discussione, interpretata in relazione alia concezione agostiniana, si trova in: P. Sequeri, Musica e mistica, Libreria Editrice Vaticana, Citta del Vaticano, 2005, cap. 2, pp. 45-106. 9 Si veda in particolare l'ampia discussione sul rapporto tra musica cantata e musica strumentale, e il problema della musica vulgaris in relazione alia musica liturgica. Una disamina di tali questioni si trova nei testi gia citati di Giulio Cattin e Alberto Gallo. 10 Agostino, Sul salterio a dieci corde, cit., p. 159. corde, che rimandano ai doveri verso Dio, dai successivi sette, che danno disposizioni relative al comportamento verso i propri simili. Sebbene l'intento primario del discorso non sia un intento musicale, la metafora istituita tra il percorso cristiano e la figura del salterio e portata fino in fondo: dal corretto utilizzo dello strumento, che corrisponde al rispetto disciplinato dei comandamenti, emerge il «canto nuovo», che si contrappone al vecchio proprio come l'uomo nuovo, che nasce a seguito della venuta di Cristo, si contrappone all'uomo dell'Antico Testamento. Il canto d'amore che nasce con Cristo prende il posto del timore, che lega l'osservanza della legge alia paura della punizione divina. E 1 questo il nocciolo argomentativo del discorso, e il tema viene ribadito in piu punti. Al capitolo 8 Agostino afferma: «Cambiate il comportamento. Prima amavate il mondo, ora amate Dio. [...] Se lo fate con amore, cantate il canto nuovo. Se lo fate con timore, ma lo fate, portate si il salterio, ma ancora non cantate» n . Nel capitolo 13, che rappresenta il culmine del discorso, l'argomentazione viene ribadita attraverso l'utilizzo di una metafora che le conferisce una grande forza persuasiva. L'osservanza dei comandamenti deve implicare contemporaneamente un atto di ringraziamento a Dio per la grazia concessa, e un atto di repulsione e di lotta interiore contro la passione sensibile. Il credente, quindi, deve comportarsi da un lato come il suonatore di cetra che innalza le sue lodi a Dio, dall'altro come il gladiatore che uccide senza compassione le belve nell'arena. Il passo merita di essere citato testualmente: «Negli spettacoli dell'anfiteatro il gladiatore e diverso da chi suona la cetra. Nello spettacolo di Dio unica e la persona. Tocca le dieci corde e ucciderai le dieci belve: fai insieme tutte e due le cose. Tocchi la prima corda, con la quale si comanda di adorare un solo Dio, cade la bestia della superstizione. Tocchi la seconda corda con la quale non pronunci erroneamente il nome del Signore tuo Dio, cade la bestia dell'errore delle nefande eresie che hanno creduto falsamente. Tocchi la terza corda, per cui qualunque cosa fai la fai per nella speranza del riposo futuro, viene uccisa la bestia, piu crudele delle altre, dell'attaccamento a questo mondo» 12 . Lo stesso discorso vale per i successivi sette comandamenti, che enunciano i nostri doveri verso gli uomini, fino a che 11 M, p. 165. 12 Ivi, p. 173. «cadute tutte le bestie ti trovi sicuro e innocente nell'amore di Dio e in mezzo alia societa umana. Quante bestie uccidi toccando le dieci corde! Molti capi infatti si nascondono sotto questi vizi capitali. Nelle singole corde non uccidi singole bestie, ma greggi di bestie. Facendo in questo modo canterai il canto nuovo con amore, non con timore» 13 . Il «canto nuovo», dunque, si puo innalzare attraverso l'osservanza dei comandamenti divini. Si istituisce cosi una contrapposizione tra l'uomo vecchio dell'Antico Testamento che basa sul timore l'osservanza della Legge divina, e l'uomo nuovo che nasce con la rivelazione di Cristo che basa sull'amore verso Dio e verso il prossimo la propria condotta. In questa contrapposizione e centrale l'elemento del canto: il canto esteriore, che si fonda sull'appagamento sensibile, rappresenta la pratica musicale dell'uomo vecchio, mentre il canto interiore, che innalza il nostro animo a Dio, e proprio dell'uomo nuovo. E' quindi significativo come, attraverso il ricorso alia musica, Agostino voglia argomentare la pericolosita delle passioni terrene. Nella sua intrinseca ambivalenza e nella sua sfuggente duplicita, proprio la musica diventa il modello della fragilita e della corruttibilita dell'uomo: anche un elemento apparentemente cosi puro e spirituale puo trasformarsi in una causa di corruzione per colui che non si comporta in conformita alia parola di Dio. L'ammonimento, che trova il suo motivo e il suo compimento all'interno di un contesto teologico-morale, risulta certamente arricchito e reso persuasivo attraverso il ricorso a questa metafora musicale. Negli ultimi capitoli del discorso Agostino, seguendo uno schema piuttosto consolidato, traduce l'argomentazione fino a questo punto esposta in un lessico neotestamentario: il decalogo di Mose puo essere sintetizzato nelle formule evangeliche «ama il prossimo tuo come te stesso» 14 e «non fare agli altri cio che non vuoi sia fatto a te» 15 . Conseguentemente, l'immagine del canto interiore ed esteriore viene riformulata attraverso l'espressione «siate cristiani, perche e troppo poco chiamarsi cristiani». 16 E' importante notare come le riflessioni qui proposte siano presenti, seppur in maniera meno sistematica, nei commenti di Agostino ai Salmi: nel commento al Salmo 32 compare il paragone tra i dieci 13 Ivi, p. 175. 14 Mt 19, 19; Mc 12, 31; Lc 10, 27. 15 Mt 7, 12; Lc 6, 31. 16 Agostino, Sul salterio a dieci corde, cit., p. 187. comandamenti e le dieci corde del salterio, nel commento al Salmo 143 il tema centrale del canto nuovo che nasce attraverso la carita 17 . Questo particolare e di una certa rilevanza per la nostra ricerca, dal momento che permette di dare per scontata la conoscenza delle posizioni agostiniane da parte di Gioacchino da Fiore. E 1 del tutto implausibile infatti pensare che l'abate cistercense non conoscesse il testo delle Enarrationes, mentre non sarebbe altrettanto da dare per scontata la conoscenza del Discorso fin qui considerato. Senza voler in questa sede risolvere un problema che meriterebbe una piu approfondita indagine storiografica, si vuole rilevare che la ripresa delle posizioni agostiniane da parte di Gioacchino, in questo contesto argomentativo, si riferisce sicuramente ai passi citati dell 1 Esposizione sui Salmi, mentre sembra trascurare alcuni elementi che pur assumono una importanza non secondaria nel Discorso. 4. Il "Salterio a dieci corde" di Gioacchino da Fiore: il contesto storico e il Prologo Lo Psalterium decern chordarum rappresenta il principale contributo di Gioacchino da Fiore sul tema della trinita, ed e dunque da inquadrare aH'interno di uno dei dibattiti piu accesi della discussione teologica del XII secolo. In seguito al confronto, di vastissima risonanza, che vide contrapposte le figure di Abelardo e di Bernardo di Clairvaux, la disputa fu ravvivata dalla pubblicazione delle Sententiae di Pietro Lombardo, tra gli anni 1155-1157. Le tesi contenute in quest'opera suscitarono aspre 17 Si veda anche il commento al Salmo 91 dove compare il tema sintetizzabile nella massima «siate cristiani, non ditevi cristiani». Un altro tema particolarmente ricorrente nelle Enarrationes consiste nella differenza tra la cetra e il salterio. Nell'interpretazione agostiniana infatti in relazione alia differente disposizione della cassa di risonanza i due strumenti rappresentano lo spirito (il salterio, che ha la cassa disposta verso l'alto) e la carne (la cetra, la cui cassa e invece orientata verso il basso). Il tema compare in diversi passi: si veda 70 d 2, 11; 80, 5; 97, 5; 150, 6-7. Particolarmente interessante e la formulazione nel commento al Salmo 70: «c'e una differenza tra la cetra e il salterio. Gli esperti dicono che il salterio ha nella parte superiore quel legno concavo su cui sono tese le corde e fa da cassa di risonanza, mentre la cetra lo ha nella parte inferiore». Il riconoscimento di un particolare cosi macroscopico non sembra certo necessitare il riferimento a giudizi "esperti". Si potrebbe pensare, addirittura, che Agostino non avesse mai visto personalmente gli strumenti in questione. 8 critiche da parte di diversi opposition 18 , tra i quali proprio Gioacchino da Fiore. Quest'ultimo, infatti, prende una posizione decisa contro gli argomenti sostenuti dall'allievo di Abelardo, fino al punto di vedere condannata la sua stessa opera nel IV Concilio Lateranense, nel 1215. Il nocciolo della disputa e la distinzione tra sostanza e persone divine, che risulta comunemente accettata nelle principali scuole teologiche del XII secolo. Gioacchino arriva a sostenere la «follia» di una tale impostazione, teorizzando, al contrario, la perfetta compenetrazione e corrispondenza tra la sostanza e le persone della trinita. Nella sua ottica, l'unita inscindibile che caratterizza la trinita non puo prevedere distinzioni di alcuna sorta: e piuttosto il carattere relazionale che permette di garantire la fusione perfetta tra le tre persone, e alio stesso tempo il loro riconoscimento singolare, come dimostra chiaramente la figura del salterio. Distinguendo la sostanza dalle persone della trinita, invece, Lombardo «e come se mettesse tre dieci al posto delle tre persone, e un quarto dieci al posto della sostanza, come se Dio non fosse trinita, ma una quaternita» 19 . La figura argomentativa che viene posta al centro della critica e quella tradizionale dei tre rami provenienti dalla stessa radice: la sostanza, secondo questa metafora, sarebbe distinguibile dalle tre persone divine, proprio come i rami lo sono dalla radice, dalla quale pure tutti sono generati. Per Gioacchino, al contrario, l'immagine a cui si dovrebbe fare ricorso e quella dell'acqua, che come linfa vitale scorre aH'interno dei rami stessi. Da questi passi si puo dunque intuire come l'obiettivo polemico principale sia proprio l'autore delle Sententiae, anche se e da rilevare che il suo nome non viene mai citato esplicitamente. I nomi che ricorrono in piu punti, invece, sono quelli degli eretici Sabellio e Ario, le cui eresie consistono nel ridurre, il primo, la trinita ad una sola persona 20 , mentre il secondo nel separare in modo inconciliabile le tre persone, che vengono distinte per grado dimensionale: «come se al Padre offrisse dieci, al Figlio cinque, alio 18 Si ricorda ad esempio Gerhoh di Reichersberg, le cui posizioni ebbero grande influenza sul Papa Alessandro III, e Giovanni di Cornwall. Per un'analisi piu puntuale del dibattito si veda G. L. Potesta, J/ tempo dell'Apocalisse. Vita di Gioacchino da Fiore, Laterza, Roma Bari 2004, cap. 3, pp. 36-41. 19 Gioacchino da Fiore, ll salterio a dieci corde, tr. it. di F. Troncarelli, K. V. Selge, Viella, Roma 2004, p. 173. 20 Sabellio teorizza infatti la rigorosa unita e indivisibility di Dio, formato da una sola persona, l'ipostasi, e tre nomi, che descrivono le diverse forme o attributi propri della sua manifestazione. Il figlio e lo Spirito Santo sono quindi soltanto "modi" dell'apparire del Padre scelti in base al proprio volere. Spirito Santo un numero piu piccolo». 21 La stesura dell'opera si colloca all'interno di una vicenda biografica particolare, di cui e lo stesso Gioacchino ad informarci. Il Prologo dell'opera, infatti, consiste in un ripensamento a posteriori sulla genesi di questo «opuscolo dedicato alio Spirito Santo» 22 , che rappresenta la terza delle sue opere principali 23 . Il tenia principale su cui si insiste in queste pagine e la spontaneita e l'immediatezza che hanno caratterizzato l'elaborazione e la stesura di tale opera. Gli anni in cui questo awiene sono quelli del soggiorno presso l'abazia di Casamari: anni di grande entusiasmo intellettuale, in cui Gioacchino, «lontano dagli affari del mondo, o quasi», arriva a sentirsi addirittura «un abitante della citta superiore, celeste di Dio» 24 . Si tratta degli anni tra il 1182 e il 1185, in cui gli sforzi intellettuali dell'abate sono rivolti alia Concordia Novi ac Veteris Testament^ che sara portata a termine solo qualche tempo piu tardi. E 1 proprio durante la stesura di quest'opera, infatti, che l'animo di Gioacchino viene scosso da una inaspettata «esitazione nella fede della trinita» 25 , che impone una riflessione su questo difficile argomento. Il lavoro sulla Concordia viene quindi interrotto, nell'interesse di una problematica costitutiva ed imprescindibile per qualsiasi riflessione teologica. La stessa immediatezza che caratterizza il sorgere del problema si ritrova nel percorso che porta alia scoperta di una soluzione: «pregai [lo Spirito Santo] che si degnasse di mostrarmi il sacro mistero della Trinita. E dicendo questo incominciai a cantare i salmi. [...] Ed ecco subito mi si presento all'animo l'immagine del salterio 21 Gioacchino da Fiore, II salterio a dieci corde, cit., p. 173. La tesi fondamentale di Ario consiste nella negazione della consustanzialita tra il Padre e il Figlio, a partire dall'idea che l'unita di Dio e incompatibile con la pluralita delle persone divine. Il Figlio, quindi, non ha la stessa natura del Padre, ma e la sua prima creatura, con la conseguenza che l'incarnazione e la resurrezione di Cristo non possono essere considerati eventi divini. il dibattito sull'arianesimo infiammo la disputa teologica del IV secolo, e si concluse con la condanna delle tesi di Ario durante il Concilio di Nicea del 325. 22 Gioacchino da Fiore, Il salterio a died corde, cit., p. 4. 23 Le altre due opere che costituiscono il corpus principale gioachimita sono la Concordia Novi ac Veteris Testamenti e I'Expositio in Apocalypsim. Va qui notato che l'indicazione del "Salterio a dieci corde" come "terza" opera e sostenuta conformemente alle istruzioni date dallo stesso Gioacchino. Tale affermazione non e riconducibile a ragioni cronologiche, quanto probabilmente ad un ripensamento tematico sui propri scritti da parte dell'autore. 24 Gioacchino da Fiore, Il salterio a dieci corde, cit., p. 4. 25 Ibidem. 10 a dieci corde e racchiuso nella sua forma stessa in modo chiaro e comprensibile il mistero della trinita» 26 . Una vera e propria illuminazione, che scaturisce dalla grazia divina: un percorso che sembra orientarsi ben piu sul versante mistico che su quelle- speculativo-razionale. In questo contesto il tenia del canto riveste un ruolo essenziale, come chiave di accesso ad un'intima comunicazione con la parola di Dio. Il concetto viene ribadito in un altro passo del Prologo: «quando, con fervore di novizio cominciai ad amare il canto dei salmi a causa di Dio, molti aspetti della scrittura divina che prima leggendo non avevo potuto investigare, cominciarono a dischiudersi a me che cantavo i salmi in silenzio» 27 . Il carattere mistico del canto, che puo innalzare lo spirito verso quei misteri che risultano oscuri alia lettura razionale, emerge in queste righe con estrema efficacia. Alio stesso tempo, pero, non si puo trascurare l'elemento del «canto silenzioso», che sembra rimandare invece all'altro versante della concezione platonico-agostiniana: la valenza corruttrice dell'elemento sensibile. Un canto che viene quindi ricercato in un grado tale di purezza da poter arrivare addirittura ad annullare se stesso. L'indicazione di Gioacchino, in questo punto, non sembra volersi spingere fino a questa paradossale conclusione, che pur e stata teorizzata da diversi autori in epoca medievale. Il recupero dell'elemento musicale, come si vedra, procede piuttosto in conformita all'impianto complessivo dell'opera, finalizzato ad «esaltare le potenzialita figurali e le implicazioni visive della Sacra pagina. L'idea e di attingere a un repertorio di enti visibili per accedere ah"invisibile» 28 . Si potrebbe dire che l'elemento figurato incarna ed esplica, in un certo senso, il contenuto di verita degli argomenti teorici qui proposti. Se da un lato questa incarnazione segna anche il punto di partenza per un percorso spirituale che, pur procedendo al di fuori del confine della razionalita logica, puo innalzare alle sfere del divino, dall'altro lato la coerenza argomentativa non puo essere garantita se non all'interno del riferimento ad un elemento materiale, esperibile, concretamente attingibile. Il "canto silenzioso" non sembra quindi poter arrivare ad eliminare la musicalita del canto sensibile, quanto piuttosto si caratterizza come la prova tangibile di un dissidio non ancora risolto, 26 Ibidem. 27 Ivi.p. 3. 28 G. L. Potesta, II tempo dell'Apocalisse, cit., p. 37. 11 di un'ambivalenza strutturale nell'interpretazione della musica, che dovra passare anche il confine del XII secolo prima di trovare una soluzione. La struttura dell'opera permette una divisione interna in due parti: la prima comprendente il libro primo, la seconda il libro secondo e terzo. Tale distinzione interessa sia il contenuto semantico, sia il periodo di stesura: e lo stesso Gioacchino ad informarci del fatto che il secondo e il terzo libro «non li scrissi ne in quel luogo ne in quell'epoca, ma dopo circa due anni» 29 . E 1 un'informazione non sorprendente alia luce del contenuto, che sembra separato da una linea ben definita. La differenza consiste nel fatto che, mentre nella prima parte il "salterio" rappresenta lo strumento musicale fin qui considerato, e la sua ripresa e relativa alia disputa sulla trinita, lo stesso termine viene usato nella seconda parte per indicare il libro biblico dei Salmi, a partire dal quale viene costruita una prospettiva escatologica ed esegetica che si basa sul numero 150, che corrisponde appunto al totale dei Salmi. Se la prima parte si contraddistingue, come visto, per il carattere di immediatezza e spontaneita della riflessione, la seconda appare, invece, certamente piu pensata, piu costruita, in riferimento ad un ingente e puntuale recupero del testo sacro. Caratteristiche che la avvicinano certamente piu alia produzione escatologica di Gioacchino, che non al resto dell'opera. Si potrebbe pensare, come afferma Potesta, che il materiale che forma questi libri sia il risultato di una serie di appunti raccolti in circa un decennio di riflessioni sulla Concordia e sull'Expositio, e che trova una sistemazione definitiva piuttosto tarda. In ogni caso e evidente che e la prima parte dell'opera ad interessare piu direttamente il tema della nostra ricerca. Sara questa, dunque, l'oggetto del prossimo paragrafo. 5. Il "Salterio a dieci corde" di Gioacchino da Fiore: il Libro Primo Il Primo libro del Salterio a dieci corde parte dall'immagine dello strumento musicale per indagare la «ricchezza dei misteri» in essa contenuti. Misteri che derivano dall'origine divina, per cui «niente puo esservi di sterile o vano» 30 . Il riferimento e, ovviamente, in primo luogo al testo biblico, e in particolare alia figura di Davide, autore dei Salmi, 29 Gioacchino da Fiore, Il salterio a dieci corde, cit., p. 4. 30 Ivi, p. 6. 12 di cui vengono citati alcuni passi che rimandano all'utilizzo del salterio nelle pratiche liturgiche ebraiche 31 . La struttura del libro risulta divisa in sette capitoli, o "distinzioni", in cui progressivamente vengono introdotti nuovi elementi per una comprensione che passa dal piano della semplice descrizione alio svelamento della prospettiva escatologica contenuta nella forma dello strumento. La prima distinzione introduce la figura del salterio, che viene descritto come uno strumento «bello di forma, aggraziato per il suono, soave per la modulazione» 32 . Le caratteristiche che compaiono in questo passo sono notevolmente diverse da quelle che si sono viste prevalere nella descrizione agostiniana, in cui «aspro e il suono dello strumento di Dio» 33 . Il riferimento e il confronto con gli elementi contenuti nelle Enarrationes appare del resto evidente fin dalle prime righe del capitolo: Gioacchino riprende, seppur in maniera estremamente sintetica, la distinzione tra il salterio e la cetra nella loro differente funzione spirituale, il paragone tra le dieci corde e i dieci comandamenti, la differenza tra le prime tre corde e le successive sette. E in seguito compare il tema dell 1 «uomo nuovo che e stato creato a immagine di Dio» 34 , che nasce dal "canto nuovo" del salterio. Se e facile dunque riconoscere sullo sfondo la presenza e la conoscenza delle tesi agostiniane, risulta altrettanto semplice vedere come Gioacchino proceda, ben presto, verso l'elaborazione di un percorso autonomo, che per alcune implicazioni e addirittura contrastante con le posizioni dell'ipponense 35 . 31 Sal. 80, 3: "Intonate il cantico e suonate il timpano, il giocondo salterio e la cetra"; Sal. 150, 3: "Lodatelo col suono della tromba, lodatelo col salterio e la cetra". 32 Gioacchino da Fiore, II salterio a dieci corde, cit., p. 7. 33 Agostino, Sul salterio a dieci corde, cit., p. 159. 34 Ef. 4, 24. 35 La problematica relativa al complesso rapporto tra Agostino e Gioacchino esula dagli obiettivi di questa ricerca. Si vuole d'altra parte richiamare, almeno in termini generali, lo sfondo entro il quale collocare la discussione. Potesta indica proprio nel «confronto a distanza con l'inquietante ombra di Agostino un motivo per capire il laborioso ed esitante procedere della ricerca teologica di Gioacchino» (G. L. Potesta, Il tempo dell'Apocalisse, cit., p. 8). Il termine centrale del dibattito consiste nel divieto espresso da Agostino di interpretare l'Apocalisse in chiave millenaristica. Questo rappresenta un grande scoglio per lo sviluppo complessivo della ricerca dell'abate calabrese, interessato, in primo luogo, proprio ad un'interpretazione della storia a partire dall'analisi del testo dell'Apocalisse. In particolare, la chiave di volta del pensiero gioachimita si basa sull'interpretazione dei versetti del capitolo 20 come preannuncio di un'epoca terrena di cui e imminente l'instaurazione. Su questo sfondo diversi sono gli elementi di incompatibilita tra i due pensatori, che riguardano del resto le opere in cui la 13 Il punto di partenza di questo percorso consiste nell 1 inter pretare in primo luogo il salterio secondo la sua forma esterna, senza fare riferimento alia natura delle corde, che invece rappresenta il principale motivo di interesse della ripresa agostiniana. La forma triangolare rimanda alia perfezione e alia natura inscindibile dell'unita trinitaria: ad ogni vertice puo infatti essere associato il nome di una delle tre persone, come si puo vedere dalla figura 1 riportata in Appendice. Si puo quindi immediatamente notare come ogni persona sia costitutivamente messa in relazione alle altre: proprio come il vertice non puo essere individuato se non come punto di incontro delle rette che provengono dagli altri due. L'intero spazio delimitato dalla figura si caratterizza quindi come uno spazio indissolubilmente unitario, in cui ogni elemento non puo che definirsi nel rapporto con il tutto, ma alio stesso tempo e individuabile in uno dei tre vertici. In questo complicato rapporto e l'elemento relazionale a fondare le possibility di comprensione da parte della mente umana: ogni persona non e pensabile se non come relazione che si instaura con le altre due. «ll concetto di trinita si riferisce, dunque, alia categoria di relazione a qualcosa; e ugualmente quello di unita: la trinita a evitare il singolare della parola di persona; l'unita a evitare la divisione nel concetto di sostanza». 36 Sullo sfondo del riferimento polemico alle tesi di Pietro Lombardo, risulta evidente come sia dunque la categoria di relazione ad indirizzare e guidare la mente neiravvicinamento ad un mistero che per sua essenza rimane inarrivabile per le nostre facolta razionali. Di fronte a questa presa di coscienza non e piu concesso cercare di spingersi oltre, quanto piuttosto e da accettare la massima di Bernardo secondo cui «voler investigare cio e orgoglio, crederlo e pieta» 37 . Non resta dunque che un atto di fede di fronte ad un tale mistero, che per sua natura rimane «ineffabile» 38 . L'ineffabilita di tale mistero sembra riaprire nella prospettiva escatologica emerge in modo prevalente, come nel caso dell' Expositio. L'interesse per l'Agostino musicus e quindi del tutto marginale, nel complesso del pensiero di Gioacchino, e viene qui richiamato solo per favorire la comprensione della particolarita dell'approccio gioachimita nei confronti dello strumento del salterio. Un tale confronto, del resto, potrebbe fornire qualche interessante indicazione per una comprensione piu generale del problema. 36 Gioacchino da Fiore, II salterio a died corde, cit., p. 17. 37 Ivi, p. 20. 38 Ibidem. L'utilizzo di questo termine per descrivere Palterita del mistero trinitario rispetto alia nostra comprensione razionale avvicina curiosamente la riflessione di Gioacchino ad un'area di indagine che ha avuto grande fortuna nell'eta moderna, 14 riflessione uno spazio per l'elemento propriamente musicale: tra le arti e tradizionalmente la musica, infatti, proprio a causa della sua non corrispondenza con un corpo sensibile, della sua costitutiva impalpability, ad avere il carattere piu sfuggente, apparentemente altro. Ineffabile, appunto. Di fronte al fallimento delle nostre facolta razionali, che devono dichiarare la resa, resta quindi all'uomo ancora una possibility per mantenere aperto uno spiraglio, un punto di contatto con il mistero divino: l'elemento musicale, attraverso cui esprimere la propria invocazione di lode a Dio. Il salterio, in queste pagine, cessa di essere interpretato esclusivamente come una forma geometrica per cominciare ad essere considerato secondo la sua disposizione originaria di strumento musicale. Ai vertici si puo quindi collocare il termine "Santo", che ripetuto tre volte rappresenta la perfezione del canto di lode, mentre nel foro della cassa di risonanza si puo inscrivere il nome del "Signore Dio degli eserciti", simbolo dell'onnipotenza divina. E proprio questo foro da un lato rappresenta l'elemento da cui scaturisce la vibrazione sensibile che rende udibile il canto, dall' altro il fine stesso verso cui tale canto e rivolto. L'ultimo passo compiuto da Gioacchino in questa prima distinzione consiste nel mettere in relazione proprio questi due elementi geometrici che contraddistinguono la forma del salterio: il triangolo e il cerchio. Questa caratteristica permette di rimarcare la sfuggente natura del mistero trinitario: nei vertici del triangolo sono infatti distinguibili le persone divine, e d' altro canto il cerchio simboleggia la loro intima connessione che forma un'unita inscindibile. La metafora puo essere estesa al fatto che proprio in questa unita, cioe nell'elemento circolare che rappresenta la cassa armonica da cui fuoriesce il suono, lo strumento compie la sua funzione. La correttezza dell'argomentazione e ulteriormente giustificata attraverso il riferimento al versetto di Apocalisse 1, 8: "lo sono l'alfa e l'omega". L'essere atemporale di Dio, il suo essere al principio come nella fine, e espresso in questo passo biblico proprio in relazione alia prima e all'ultima lettera dell'alfabeto greco, le cui raffigurazioni grafiche consistono in un triangolo e in un cerchio. Il riferimento al passo biblico conclude gli sforzi di Gioacchino in questa prima distinzione: la perfezione del salterio, attraverso cui si incarna in una forma compiuta il mistero trinitario, eleva ad una proprio nell'ambito della riflessione filosofico-musicale: si veda in particolare Vladimir Jankelevitch, La musica e Vineffabile, 1961. Sebbene non si possa attribuire a Gioacchino, evidentemente, alcuna intenzionalita nell'utilizzo di questo termine, il confronto tra le prospettive potrebbe portare ad interessanti conclusioni. 15 prospettiva che permette di abbracciare la perfezione dell'immagine di Dio nella pienezza dei tempi. Di fronte a questo la ragione e costretta a fermarsi, e proprio in quel punto deve cominciare il canto. Nella seconda distinzione Gioacchino insiste sull'elemento relazionale come chiave interpretativa e risolutiva del mistero della trinita. Ricorrendo ancora una volta aH'immagine del salterio, la prospettiva e delineata attraverso l'osservazione per cui i tre vertici non possono essere considerati elementi autonomi, ma relazionali, prodotti dall'unione di due rette secanti. Rette che rappresentano proprio l'unione di ogni vertice con gli altri due, in modo che nessun punto potrebbe esistere se non in riferimento agli altri. Lo spazio che pertiene ad ogni persona, non e pero da intendersi come il singolo punto isolato, ma come l'angolo avente il suo vertice in quel punto, che come tale e rappresentato dall'area che sta in mezzo ai lati dell'angolo stesso. Si puo notare, quindi, che lo spazio di ogni persona coincide con l'intera area del triangolo. Anzi, ogni area si costituisce in quanto tale, cioe come porzione delimitata di spazio, proprio attraverso la relazione con le altre due, che le impediscono di estendersi all'mfinito. La terza distinzione contiene una discussione prettamente teologica sugli attributi delle tre persone divine, e riguarda in modo meno diretto il tema della nostra ricerca. Si vuole solo osservare come anche questa prospettiva permetta a Gioacchino di insistere sul concetto di relazione come elemento centrale per una corretta interpretazione del problema: la potenza, la sapienza e la carita, caratteristiche che vengono tradizionalmente attribuite al Padre, al Figlio e alio Spirito Santo, non sono da concepire come elementi distinti e separabili tra loro, dal momento che «tutta la trinita e perfetta potenza, tutta la trinita e perfetta sapienza, tutta la trinita e perfetto amore» 39 . Conseguentemente «non sono maggiori o hanno di piu le tre persone, di quello che ha ciascuna, e non ha meno una, di quello che hanno le tre insieme» 40 . Nella quarta distinzione si introduce un nuovo elemento nell'interpretazione del salterio, che consiste nell'osservare che il vertice superiore non e rappresentato attraverso un singolo punto, ma da un segmento. Questo esprime la priorita del Padre da cui viene generato il Figlio e successivamente lo Spirito Santo, che procede da entrambi. L'argomentazione assume in queste pagine dei tratti piuttosto originali, strutturandosi sulla base di un parallelismo ricercato tra 39 Gioacchino da Fiore, II salterio a died corde, cit., p. 31. 40 Ibidem. 16 l'argomento teologico e la nostra modalita di scrittura. Il procedere della scrittura cristiana da sinistra verso destra starebbe infatti a conferma del fatto che la creazione ha inizio col Padre, che genera in primo luogo il Figlio (lato e vertice sinistro), la cui unione produce lo Spirito Santo (inteso come vertice destro). Al contrario, stando alle Scritture, in epoca ebraica Cristo e stato concepito attraverso il corpo di Maria «per opera dello Spirito Santo» 41 . Questo fatto e testimoniato dal procedere della scrittura ebraica da destra verso sinistra. Gioacchino, del resto, si rende conto che gli elementi introdotti in queste pagine potrebbero indurre a pensare a una differenza di grado tra le persone divine, il che sarebbe assolutamente errato. E 1 necessario, quindi, spingere la lettura interpretativa ancora piu in la, osservando che il segmento superiore e tale dal momento che in origine non e soltanto il Padre, ma l'intera trinita, poiche «presso Dio non c'e mutamento, ne l'ombra della vicissitudine» 42 . La forma trapezoidale del salterio indica quindi che, fin dal principio, erano presenti le tre figure della trinita: e questo l'argomento della quinta distinzione. Il confronto tra la particolare considerazione del salterio che viene fatta nella quarta e nella sesta distinzione, permette di mettere in luce ancora una volta la peculiarity della riflessione di Gioacchino che, basandosi sul recupero di un'immagine "musicale", oscilla tra le due sponde della rigida argomentazione teologica e dell'emozione mistica rappresentata dal canto. Il termine "Onnipotente" che compariva nel vertice del Padre viene qui sostituito da "chiediamo": il salterio torna a essere uno strumento musicale attraverso cui innalzare la nostra invocazione a Dio. Ancora una volta, di fronte all'incertezza della ragione, che si trova a dover contemplare l'incommensurabile perfezione dell'eterna esistenza di Dio, sopravvive l'elemento musicale, inteso da un lato come strumento di comprensione mistica del mistero divino, dall'altro come ringraziamento per la grazia concessa. Su questo sfondo Gioacchino riprende il filo della riflessione teorica: l'affermazione dell'eterna esistenza della trinita lascia aperto il problema relativo al suo manifestarsi all'interno del tempo umano: perche Dio, essendo trino fin dal principio, non si e da subito rivelato all'uomo nella sua essenza piu autentica? La domanda introduce all'interno di una prospettiva escatologica, che Gioacchino argomenta attraverso una riflessione sul percorso di maturazione dell'uomo. Dio ha dovuto in un certo senso aspettare che 41 Mt 1,18; Lc 1,26-38; Gv 1,6. 42 Gcl,17. 17 l'uomo fosse in grado di comprendere la sua rivelazione: per questo a quel «popolo ancora rozzo» 43 che fu quelle- dell'Antico Testamento si mostro solo come Padre, perche la sua natura trina sarebbe stata fraintesa in senso politeista. In seguito solo a qualche spirito particolarmente elevato, come quello dei profeti, e stato dato di comprendere il mistero, come dimostra Isaia che in piu punti si rivolge "apertamente" al Figlio: «Signore, chi crede al nostro udito, e il braccio di Dio a chi e stato rivelato? E salira come un virgulto davanti a lui e come una radice dalla terra assetata» 44 . Solo con l'avanzare della maturazione dell'uomo, cioe con il popolo cristiano, «piu vecchio nell'eta» 45 , Dio si e potuto mostrare nella sua reale essenza. A questo schema apparentemente binario, che si struttura in riferimento alia contrapposizione Antico-Nuovo Testamento, Gioacchino fa seguire un'interpretazione ternaria del tempo della storia dell'uomo, che viene suddiviso in riferimento alle figure della trinita 46 . L'argomento viene meglio sviluppato nel libro secondo, in cui all'epoca del timore e a quella dell'amore, che tradizionalmente corrispondono al tempo della Legge e quello inaugurato con la venuta di Cristo, Gioacchino fa seguire una terza epoca, che sta per cominciare, sotto il segno dello Spirito Santo. Proprio questa epoca rappresenta il culmine del disegno divino: come la prima fu quella del Padre, e la seconda non solo del Figlio, ma del Padre e del Figlio insieme, cosi la terza sara l'epoca della trinita nella sua unita perfetta, in cui saranno presenti nello stesso tempo il Padre, il Figlio e lo Spirito. Di fronte aH'imminenza di questo tempo, che rappresenta il trionfo dei giusti, l'intento e quello di ammonire «coloro che abitano in mezzo a Babilonia, a fuggire da essa» 47 . Il richiamo al secondo libro permette di notare 43 Gioacchino da Fiore, II salterio a died corde, cit., p. 46. 44 Is 53,1. 45 Gioacchino da Fiore, Il salterio a died corde, cit., p. 47. 46 La compresenza di questi due modelli escatologici nel pensiero gioachimita e stato fin da subito una questione centrale tra gli studiosi. Attorno a questo nodo si e infatti orientato il dibattito ecclesiastico sulla duplice reputazione dell'abate, che da un lato poteva essere letto come ortodosso (in relazione al modello binario), dall'altro eterodosso (ponendo l'accento su quello ternario). La storiografia successiva ha a lungo sottovalutato il problema. Alcuni studiosi hanno provato ad interpretare il modello binario in relazione alia prospettiva storica e quello ternario a quella mistica. Si noti che la questione costituisce un altro elemento di forte distanza tra il pensiero di Gioacchino e quello di Agostino. Per una piu curata riflessione sul tema si veda ancora: G. L. Potesta, Il tempo dell'Apocalisse, cit. 47 Gioacchino da Fiore, Il salterio a died corde, cit., p. 172. La citazione rimanda al versetto di Ap. 18, 4. 18 come anche in questo contesto il limite della comprensione razionale, che si deve arrestare di fronte alia grandezza del disegno divino, rappresenta l'inizio di un nuovo percorso dove assolutamente centrale e l'elemento musicale: «a noi ormai deve bastare di avere in questo modo e fin qui contato le corde. [...] E 1 il tempo di dover cantare e salmodiare» 48 . Tornando alia sesta distinzione, Gioacchino procede facendo corrispondere alia tripartizione della storia tre tipologie di figure umane, distinte tra loro in riferimento alia propria mansione principale. Al livello piu basso si collocano i laici, di cui e proprio il lavoro manuale, poi i chierici, che hanno come compito lo studio e l'insegnamento, e infine i monaci che si caratterizzano per il canto di lode e la salmodia. E 1 da notare come il percorso che si delinea attraverso queste tre figure non rappresenta solo il riconoscimento di una differenziazione sociale tra gli uomini, ma e anche l'indicazione per una crescita individuale che innalza l'animo verso Dio. Questi tre stadi sono resi da Gioacchino attraverso una similitudine: «nello stato di timore baciamo i piedi, in quello di apprendimento baciamo le mani, nella salmodia baciamo la bocca». E dunque «e buono l'inizio nel bacio dei piedi, meglio la perseveranza nel bacio della mano, l'ottimo e il compimento nel bacio della sua bocca» 49 . L'elemento della bocca viene in questo contesto recuperato, sulla scia di un'esegesi molto diffusa, per intendere il mezzo attraverso cui si dispiega nel mondo la creazione e prende forma il Verbo. Questo rimando ideale al bacio della bocca sembra quindi voler ribadire come sia proprio l'elemento sonoro a mettere in comunicazione l'uomo e Dio: da un lato come canto della salmodia, mansione propria dell'uomo spiritualmente piu elevato, dall'altro come espressione della potenza creatrice di Dio. Solo nella settima distinzione Gioacchino prende in considerazione direttamente il tema delle dieci corde dello strumento. Anche in questo 48 Gioacchino da Fiore, II salterio a dieci corde, cit., p. 171. Si vuole osservare che la lettura qui proposta, che insiste sull'elemento musicale, permette di attribuire al terzo libro una valenza forse maggiore rispetto a quella che sembra generalmente assumere. Se l'elemento musicale della salmodia, che contraddistingue la terza epoca, e l'elemento che permette di oltrepassare le facolta della ragione, dal momento che l'avvento della pienezza divina sembra escludere la possibility di una comprensione razionale, le pagine finali, dal momento che istruiscono sulle modalita del canto, possono essere interpretate non solo come un «semplicissimo libro che si limita a fornire indicazioni per la recita dei salmi» (K.-V. Selge, Prefazione, 2006), ma come un ammonimento di Gioacchino sul modo di comportarsi per tutti coloro che vivranno il tempo dello Spirito. 49 Gioacchino da Fiore, II salterio a dieci corde, cit., p. 53. 19 caso possiamo distinguere un impiego musicale dell'immagine da uno piu propriamente teologico. Il primo approccio si basa sull'interpretazione delle corde come elemento produttore di suono. Da qui si osserva che le corde sono fissate indissolubilmente, alle loro estremita, ai lati che simboleggiano il Figlio e lo Spirito, mentre la loro vibrazione si propaga verso il vertice del Padre. Questo a intendere che il nostro canto deve essere innalzato verso quest'ultimo a partire dal messaggio della rivelazione contenuto nel Vangelo. D'altra parte, il suono e reso udibile e prende corpo attraverso la cassa armonica rappresentata dal cerchio, a sottolineare ancora una volta 1' indissolubility dell'essere trinitario. L'interpretazione piu propriamente teologica delle corde e da collocare nel contesto escatologico in cui si chiudeva la sesta distinzione. Il loro numero e la loro disposizione rappresentano i gradi e la gerarchia degli eletti nella citta divina, cosi che piu il grado si awicina a Dio, piu la corda e breve, dal momento che sono meno coloro che riescono ad arrivarci. Alio stesso modo ogni grado risuona secondo una propria nota, in modo che «la diversita degli onori adorna meravigliosamente quella santa e celeste patria, e la moderazione della diversita attraverso l'unita non lascia nascere il livore» 50 . Forse in questa richiamo del suono acuto delle corde piu vicine a Dio come espressione della difficolta insita nel percorso per arrivarci si puo vedere un ultimo elemento di ripresa delle argomentazioni agostiniane, che sembra del resto utile soltanto a rimarcare la differenza tra le due impostazioni. Piu rilevante sembra invece considerare come ultimo spunto di questo primo libro il tema dell'armonia musicale che fornendo delle regole per il bel canto awicina il nostro animo alia sfera divina. «Dio fece questo perche le corde, tra loro distinte, con i diversi suoni che producono, allietino con la soavita della loro melodia quella santa citta di Dio, nella quale tutti, gioiosi, hanno la loro dimora». 51 5. Conclusione Per tracciare un bilancio della ricerca condotta, bisogna affermare, in primo luogo, che non emerge dai testi considerati una tesi "forte" che possa sintetizzare una presa di posizione chiara. Certamente, nel 50 Ivi, p. 59. 51 Ivi, p. 60. 20 complesso, le indicazioni piu interessanti emergono dal testo di Gioacchino, in cui si nota che una lettura dell'opera orientata in senso un po 1 piu "musicale", potrebbe rappresentare una prospettiva attraverso cui reinterpretare alcuni passi e metterne in luce alcune sfumature. La ricerca, in definitiva, si pone quindi come un primo passo che schiude degli orizzonti per una ricerca che potrebbe essere ampliata in molte direzioni. Sullo sfondo, in primo luogo, e da rilevare che l'analisi dei testi considerati si inserisce nella complessa problematica del rapporto tra Gioacchino e Agostino, che deve trovare nell'ambito teologico e filosofico, ben prima che in quello musicale, i propri motivi argomentativi. In quest'ottica, il confronto tra le due prospettive musicali legate aH'immagine del salterio, proprio perche maturato inevitabilmente sullo sfondo di un riferimento teologico e morale, permette di mettere in evidenza qualche elemento utile per una riflessione piu generale. Certamente la considerazione sarebbe da allargare ad una analisi piu generale della problematica musicale nel pensiero dei due autori, in particolare, almeno, al De Musica di Agostino. Infine, le indicazioni che qui abbiamo presentato per via teorica potrebbero trovare sostegno da una ricerca piu dettagliata delle pratiche musicali diffuse in ambito monastico nel XII secolo. Si spera, in ogni caso, che la presente ricerca possa aver fornito qualche elemento per la comprensione di uno strumento estremamente affascinante e ricco di mistero, come il salterio a dieci corde. 21 Tavola Illustrativa Prima distinzione: %. i n s .2 Seconda distinzione: Quarta distinzione: /attraverso GesuCristo nell'unita dello Spirito \ fig. 4 Sesta distinzione: /attraverso GesuCristo nell'unita dello Spirito \ fig. 5 22 Bibliografia AGOSTINO, Tractatus de decern chordis [tr. it. P. Bellini, F. Cruciani, V. Tarulli, Trattato sul salterio a died corde; in Agostino, Discorsi sul vecchio testamento, Citta Nuova, Roma 1979]. AGOSTINO, Enarrationes in Psalmos, [tr. it. di T. Mariucci, V. Tarulli, Esposizione sui salmi; in Agostino, Opera Omnia, voll. 25, 26, 27, Citta Nuova, Roma 1979]. CATTIN, G., La monodia nel medioevo, EDT Edizioni, Torino 1979. GALLO, A., La polifonia nel medioevo, EDT Edizioni, Torino 1991. GIOACCHINO DA FIORE, Psalterium dececm chordarum [tr. it. di F. Troncarelli, K. V. Selge, II salterio a died corde, Viella, Roma 2004]. POTESTA, G. L., Il tempo dell'Apocalisse. Vita di Gioacchino da Fiore, Laterza, Roma Bari 2004. SACHS, C, The history of musical instruments, W. W. Norton & Company, 1940 [tr. it. di M. Papini, Storia degli strumenti musicali, Mondadori, Milano 1996]. SEQUERI, P., Musica e mistica, Libreria Editrice Vaticana, Citta del Vaticano 2005.
Wednesday, March 30, 2022
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