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Tuesday, March 29, 2022

GRICE E FRANCHINI: LA FILOSOFIA DELLA STORIA DI VICO

 Una scelta di lettere di Carlo Antoni a Raffaello Franchini  a cura di Renata Viti Cavaliere   Nota introduttiva  Si offre al lettore una scelta di lettere di Carlo Antoni a Raffaello Franchini, tra le cui carte chi scrive ha rinvenuto una custodia, di colore verde sbiadito, contenente la preziosa raccolta 1 . Sul risvolto di copertina Franchini così annotava: «Sono 48 lettere di Antoni. Pubblicabili solo dopo molto tempo: mutilarle sarebbe un grave errore». Poco più avanti aggiungeva  a mo’ di  postilla: «+ 3 reperite in seguito. Sul non mutilarle farei riserve. + 1 reperita il 6-2- ‘66». In spirito di fedeltà, dunque, alla  palese intenzione del mio maestro di vedere un giorno stampate le lettere di Antoni, e consapevole della difficoltà a pubblicare ancor oggi integralmente il lascito  epistolare, ho preservato intatte alcune lettere ora destinate all’attenzione degli  studiosi, ma ntenendo la massima discrezione su quei contenuti “riservati” a cui si allude nell’appunto manoscritto.  Le lettere abbracciano un arco temporale che va dal 1948 al 1959 2 . Si è fatto in modo che non si perdesse - nella scelta operata -  il filo “logico” di  uno scambio epistolare intenso, che purtroppo conosciamo solo unilateralmente 3 , riguardante pensieri e dottrine che in quegli anni avevano impegnato molto Antoni incidendo non   poco sull’assai più giovane Franchini , che per tanti versi si considerò sempre idealmente suo allievo. Proprio allo scopo di non interrompere il dialogo sotteso al carteggio, non sono ovviamente state escluse, solo per il fatto di essere state già edite,  le 6 lettere di Antoni che Franchini riportò quasi per intero all’interno del sag gio  in memoriam , scritto nel ‘69 nel decimo anniversario della morte dello studioso  1  Un sentito ringraziamento ai figli Laura e Vincenzo per avermi messo a disposizione i materiali  dell’Archivio Franchini.  2   Su alcune buste compare l’indirizzo vomerese di Via Michetti, ma per lo più le lettere  sono indirizzate a «Il Giornale» in via Roma, e poi in Via Nardones, nel cuore dei Quartieri spagnoli a Napoli.  3  Non è stato in alcun modo possibile reperire le lettere di Franchini. Esse non sono presenti nel Fondo Antoni conservato a Roma a Villa Mirafiori, e si deve seriamente ritenere che siano andate perdutetriestino, costruendo intorno ad esse per buona parte l’affettuoso ricordo di una  magistrale lezione 4 . Dieci anni addietro infatti, nel corso del 1959, Franchini si era trovato ad  intervenire sul pensiero e l’opera di Carlo Antoni a distanza di appena un mese: nel  mese di luglio aveva recensito il volume   La restaurazione del diritto di natura , edito con Neri Pozza, in una lunga nota sul «Mondo» dal titolo   Le leggi di Antigone , e  nell’agosto fu chiamato purtroppo a scrivere nel giro di poche ore, con sincero  rammarico,   In morte di Carlo Antoni. Amico della verità 5 , un corposo necrologio rivolto a celebrare la maestrìa del grande discepolo di Croce, così fedele e al tempo stesso del tutto originale. Le lettere qui pubblicate aiutano a focalizzare, per rapidi lampi di luce, quel tratto di strada relativo ai precedenti anni Cinquanta, vissuti da  entrambi per lo più all’in terno della tradizione crociana, dalla quale sentirono di non dover prescindere, a partire dagli ultimi anni di vita del filosofo  (morto nel ’52)  sino alla prematura scomparsa di Antoni  nel ‘59 .  Sorprende per certi aspetti l’ incipit   della lettera di Antoni del 6 novembre  1948: «È da tempo che seguo con vivo interesse la Sua attività di studioso….», se si  considera la giovane età di Franchini, allora ventottenne.  E’ pur vero però ch’egli  poteva già vantare una significativa produzione scientifica, tra articoli di giornale e saggi, non soltanto di esordio, e che i primi scritti risalgono già al 1944. Franchini aveva infatti pubblicato una serie di brevi articoli su quotidiani napoletani come «Il Corriere» e «La Voce», e saggi su riviste di pregio come «Ethos» diretta da Gabriele Pepe e «Lo Spettatore italiano» curato da Elena Croce e Raimondo Craveri 6 . Non credo si sbagli ad indicare nella recensione al volume di Antoni  Considerazioni su  4  Il saggio dal titolo  Carlo Antoni, lo storicismo e la dialettica  è nel volume R. Franchini,   Interpretazioni.  Da Bruno a Jaspers , Napoli, Giannini, 1975, alle pp. 355-379. Era già uscito, con titolo diverso, nella miscellanea di AA. VV.,  Umanità e Storia. Scritti in onore di Adelchi Attisani , Napoli, Giannini, 1971, vol. I, pp. 507- 527. A quarant’anni dalla stesura, il testo di Franchini su Antoni appartiene ad un legato non  agevolmente reperibi le, per cui le lettere in esso contenute risultano per i lettori d’oggi “come se” inedite.   5  Franchini racconta nelle sue note autobiografiche di aver redatto in breve tempo, rinunciando ad andare ai  funerali, l’ampio articolo commemorativo per «Il Mondo».  Cfr. R. Franchini,   Autobiografia minima , Roma, Bulzoni, 1973.  6  Sulla prima produzione di Franchini si veda il volumetto di G.M. Pagano,  Storicismo e azione. Gli scritti giovanili di Raffaello Franchini (1940-1955) , Roma, Cadmo, 1983. Il periodo dal ’40 al ’43 fu di  formazione e di studio tra le difficoltà della guerra, privo però di documentazione a stampa   Sent from the all new AOL app for iOSHegel e Marx   del ’46 (pubblicata in quell’anno  nella rivista  «Ethos») l’atto d’inizio di  un dialogo filosofico che andrà via via intensificandosi. Si può presumere infatti che Carlo Antoni, nella prima delle lettere da me rinvenute, esprimesse un giudizio assai positivo sul lavoro del giovane studioso avendo anche chiaro il ricordo di  quell’articolo di due anni addietro, nel quale si tracciava di lui un bel profilo con  riferimento ai precedenti volumi   Dallo storicismo alla sociologia  (del 1940) e   La lotta contro la ragione  (del 1942). In realtà Franchini da allora in poi, e in   più d’una  occasione, ebbe sempre gran cura di rievocare i pensieri di Antoni sia in segno di  consenso sia comunque per un doveroso riconoscimento dei suoi meriti d’interprete.  Valga ad esempio la recensione allo   Hegel  di De Ruggiero (in «Lo Spettatore Italiano», 1948 7 ) dove compare un significativo riferimento alla lettura che Antoni aveva proposto circa il carattere intellettualistico e astrattivo della dialettica hegeliana nella prima triade della  Scienza della logica . In quella occasione, peraltro, Franchini non si limitò ad illustrare i termini di una questione dai risvolti complessi, ma  suggeriva d’intendere il rapporto dell’essere col nulla, reali solo nel divenire, come la  prova evidente dell’uscita dalla immobilità tautologica della vecchia identit à senza  vita. In altre parole egli non mostrò di approvare del tutto l’idea di un “tradimento”  della dialettica operato da Hegel nei confronti della sua creatura più preziosa, perché  l’essere e il nulla in quanto opposti, o contrari, animano il movimento d ella realtà lungi dal fissarlo per dir così in uno schema triadico posticcio. Non per caso,  nell’esaminare i saggi raccolti da Antoni nel ’46, Franchini mirò subito al problema -Hegel che per il filosofo triestino rappresentò a lungo un cruccio insuperabile, anche  negli anni a venire. Tra critiche all’illuminismo e all’irrazionalismo romantico si può  dire che Hegel abbia redatto la  magna charta  della speculazione moderna che è la dialettica, quasi un segreto di difficile decriptazione. Mentre, però, Antoni si  arrovellava sul “rompicapo” che è l’essere da cui sprizza la scintilla del divenire  vitale, cogliendo in Hegel il restauratore della metafisica tradizionale, Franchini  7  Ristampato nel volume   Esperienza dello storicismo , Napoli, Giannini, 1953, pp. 181-185. Il ricordo di   De   Ruggiero: lo studioso e l’uomo  sta nel volumetto   Dalla filosofia della storia alla ragione storica , Napoli, Giannini, 1953, pp. 115-118mostrava maggiore apertura alla nuova logica che di fatto assorbe la metafisica in una logica non più matematizzante. Molto acuta gli era pertanto sembrata la critica di Antoni al «ritmo dialettico hegeliano come risultante da una sorta di contaminazione tra sillogistica e dialettica degli opposti» 8 , perché in tal caso cominciava ad emergere il problema di una preferenza del filosofo di Stoccarda rivolta in ogni modo al sillogismo piuttosto che al giudizio. Il tema della dialettica si trova al centro dello scambio epistolare dei primi anni  Cinquanta. Croce, nonostante l’età avanzata e gl i acciacchi che lo assillavano, aveva  scritto nuove e profonde analisi intorno all’origine della dialettica in Hegel e sul tema  della vitalità che per un verso complicava il sistema, mentre, peraltro, lo arricchiva  ulteriormente dall’interno. Nella recensione all’ultimo libro di Croce   Indagini su  Hegel e schiarimenti filosofici  Franchini aveva chiamato ancora una volta in causa Antoni, attribuendogli finanche il merito di aver suscitato nel maestro il bisogno di un ripensamento della questione della dialettica 9 . Antoni ne fu lusingato ma al tempo  stesso si preoccupò dell’opinione del vecchio filosofo. Scrisse al Croce un biglietto di scuse per avere impropriamente adoperato l’espressione “dialettica” dei distinti, e a  Franchini una lunga lettera (del 31 marzo 1952) in cui chiariva forse anche a se stesso che la differenza da lui messa in luce, alla fine degli anni Quaranta, tra la dialettica  hegeliana della contraddizione e la crociana dialettica dell’opposizione, comunicata a  Croce pur con molta discrezione, aveva forse finito per condurre il filosofo proprio là dove egli non avrebbe voluto e dove per la verità non si sentì mai di seguirlo: vale a  8  Cfr. R. Franchini,   Il razionalismo hegeliano , in Id.,   Dalla filosofia della storia alla ragione storica , cit., p. 67.  9  Vedi R. Franchini,   La crudele dialettica , in «Il Mondo», 29 marzo 1952. Si chiedeva Franchini: che cosa è accaduto nei quarantasei anni che intercorrono tra il  Saggio sullo Hegel  del 1907 e gli ultimi scritti crociani su Hegel? Cosa ha spinto Croce a tornare sul tema della dialettica in Hegel? Certo non la pubblicazione degli scritti giovanili di Hegel, neppure il cosiddetto rinascimento esistenzialistico-fenomenologico del filosofo di Stoccarda, e neppure i brillanti saggi di De Negri. Semmai era stato Carlo Antoni a sottolineare  l’aporia i ntellettualistica nella hegeliana formulazione del movimento dialettico. Croce, pur non  rispondendo direttamente alla questione posta da Antoni, aveva voluto infine includere l’opposizione nella  logica dei distinti in modo che non si perdesse di vista la d rammaticità dell’atto generativo del prodursi del  reale nel suo significato logico-spiritualedire ad una sorta di primato della vitalità nel suo dialettico rapporto con la vita morale 10 . Intorno alla metà  degli anni Cinquanta, come si legge nelle lettere dal ’54 al ‘57, l’intreccio di varie vicende offre snodi teorici, e non solo teorici, particolarmente  interessanti. Direi che tre possono essere considerate le questioni più significative, che di necessità  coinvolgono filosoficamente il lettore al di là dell’apparenza di  alcune diatribe contingenti. In primo luogo si deve collocare il fatto importante della pubblicazione del libro di Carlo Antoni  Commento a Croce  (1955), coevo al Congresso di filosofia che si svolse a Napoli (con la relazione introduttiva di Antoni)  sul tema della “conoscenza storica”. Connessa alla stampa del libro di Antoni è la  vicenda relativa al caso- Fiore (1957), che com’è evidente molto amareggiò l’Antoni,  e, infine, la questione, aperta da Croce molti anni addietro (che per ovvi motivi torna  in queste lettere), intorno al significato dell’insegnamento della “filosofia della storia” nelle università italiane. Gustosa, infine, l’osservazione ironica di Antoni a  proposito del libro di S  prigge dedicato a Croce, relativa al celebre saggio del ’42  Perché non possiamo non dirci cristiani.  Val la pena, quando ancor oggi si torna spesso a discettare sul senso e sul ruolo di questo scritto, commentare la strana insinuazione sui motivi prettamen te politici, benché anacronistici, che l’avrebbero,  secondo lo studioso inglese, ispirato. La recensione di Franchini al  Commento a Croce  uscì dunque nel giugno del  ’55 sulla «Nuova Antologia». Non so se furono pochi i lettori che ne presero visione,  come  ipotizzava Antoni; certo è che ampia fu l’analisi di quel libro all’interno del  puntuale racconto (non però un esaustivo resoconto) scritto da Franchini sul congresso napoletano di Filosofia, racconto-resoconto che uscì negli «Atti»  dell’Accademia Pontaniana l’anno seguente 11 . L’illustre interprete di Croce dichiarò  poi onestamente, con l’umiltà dello studioso intelligente, di aver  potuto vedere con  10  Rimando alla monografia di G. Sasso,   L’illusione della dialettica .  Profilo di Carlo Antoni , Roma,  Edizioni dell’Ateneo, 1982. Si veda anche l’esauriente saggi o di M. Biscione,  Carlo Antoni interprete di  Hegel , in «Filosofia», XLVII, II (1996), pp. 173-192, con particolare riferimento al volume postumo di Antoni,   Lezioni su Hegel 1947-57  , Napoli, Bibliopolis, 1988.  11  R. Franchini,   La conoscenza storica , in «Att i» dell’Accademia pontaniana, N.S., V, Napoli, 1956, pp.  277-288 (rist. in   Metafisica e Storia , Napoli, Giannini, 1958, da cui si cita) maggiore chiarezza i suoi pensieri, quasi in virtù del diradarsi di una sorta di nebbia,  attraverso l’illustrazione che ne  aveva fatta il giovane discepolo. Che posto ebbe dunque il  Commento a Croce  nella discussione svoltasi durante il XVII Congresso di filosofia intorno al cruciale problema della conoscenza storica? 12  Anzitutto Franchini poneva una questione di politica culturale, assegnando alla relazione introduttiva di Antoni il significato di un  “riscatto” del valore filosofico dello storicismo crociano rispetto alle posizioni “sistematiche” o, che è lo stesso, “problematicistiche”, di  coloro cioè che comunque presuppongono un assoluto, sia esso raggiungibile oppure no. Franchini vide in Antoni una voce laica in grado di contrastare dogmatismi annosi e quelle forze culturali poco sensibili alle inquietudini dello spirito liberale anche  nell’organizzazione degli studi. La scelta di chiamare Antoni ad aprire i lavori del Congresso era stata “politicamente” rilevante e teoreticamente acuta, perché si trattò del riconoscimento di una linea di ricerca filosofica, tutt’uno c on la ricerca storiografica, che appunto Antoni   –   così scriveva Franchini - «ha spinto alle estreme  conseguenze […] nei capitoli dedicati all’origine storica della distinzione e ai rapporti tra l’Assoluto e la storia» 13 . Il  Commento a Croce   fu in quell’occa sione lo strumento di una militanza filosofica di tenore essenzialmente etico-politico. «Solo un filosofo  della storia, nel senso metodologico e non metafisico dell’espressione, poteva in  piena consapevolezza gridare alto e forte il no dell’Etica contro le  usurpazioni del politicismo comunista» 14 . Così Franchini, forse con enfasi eccessiva ma  correttamente, collocava Antoni dalla parte dell’antitotalitarismo, anche memore  degli studi da lui fatti sulla tragedia totalitaria della Germania nazista.  Sull’ibridazione di socialismo e liberalismo Antoni non era d’accordo, come si sa,  pur tuttavia mai egli aveva negato il carattere solidaristico di una politica economica curvata sul sociale, come infatti emerge in alcuni tratti delle lettere a Franchini.  12   Il Congresso affiancò al tema della conoscenza storica quello su “Arte e linguaggio”. Era stato  organizzato da Felice Battaglia e dalla SFI napoletana, e vide partecipi i principali esponenti degli schieramenti filosofici del tempo, come Stefanini, Bontadini, Spirito, Calogero, Fazio Allmayer, Paci, Filiasi-Carcano, e tra gli organizzatori Cleto Carbonara. Antoni fu primo relatore e animatore, con numerosi interventi, delle accese discussioni sino alla fine dei lavori.  13    Ibid. , p. 305Antoni fu l ieto d’aver partecipato al Congresso napoletano, sì da trarne soddisfazione  morale e politica, benché anche in seguito continuò a vedere nella cultura italiana sempre e solo schiere di combattenti non proprio ad armi pari, specie là dove le idee  “confessionali”  tornavano per lo più a compattarsi in vista di un certo potere. La presenza di Antoni aveva ottenuto un esito importante: aveva consentito agli esponenti di una tradizione storicistica  sui generis , alla quale Franchini si univa seguendo il cammino già di Ciardo, Attisani, Parente, di testimoniare la volontà di un  confronto con le altre correnti della filosofia italiana e straniera. D’altronde, al solito  pregiudizio che tendeva  a stanziare gli studi “crociani” nel Sud dell’Italia, era stato  p roprio l’Antoni, nel discorso di chiusura delle sessioni del Congresso, ad opporre la realtà del pensiero di Croce, per eccellenza europeo e mondiale nell’ispirazione e nei suoi fecondi risultati. Franchini non si fece tuttavia sfuggire l’occasione di denu nciare  i limiti di presunte filosofie d’avanguardia. Tra l’altro lo stesso problema della conoscenza storica, così posto nella sua purezza, poteva indurre nell’errore di non  considerarne il rapporto con la volontà e la vita morale, di trascurare cioè il ruolo  dell’individuo umano, che è un nulla se si vuole rispetto all’infinito, ma è quel tutto che si realizza nell’opera singola e si trasmette storicamente alle generazioni future  in nome di una tradizione critica 15 . Non aveva forse Croce detto chiaramente che « storicismo  è creare la propria azione, il proprio pensiero, la propria poesia, muovendo dalla coscienza presente del passato»? Chi, se non un individuo concreto e responsabile, potrebbe essere  mai l’artefice di tanta “proprietà”? Cos’è lo  storicismo se non il vero umanismo dei nostri giorni? 16  Ad Antoni Franchini tributava in definitiva il migliore degli omaggi sottolineando la teoreticità del libro su Croce, di  quel “commento” messo lì a dissimulare forse con un eccesso di pudore la nuova  filosofia che nasceva dalla lettura intrinseca del grande pensatore. I capitoli sulla Distinzione e sul Giudizio sono cruciali nel libro di Antoni, profondi e utili quelli  sull’individuo nella Storia e sull’idea di progresso. Più d’ogni altro principio quello  15   In particolar modo Calogero e Attisani avevano messo in discussione la concezione dell’individuo in  Croce e Antoni.  16  B. Croce,   La storia come pensiero e come azione  (1938), Bari, Laterza, 1966: Storicismo e umanismo, p.della distinzione è appartenuto allo spirito italiano, da Machiavelli a Galilei, da Vico a Croce attraverso Labriola e De Sanctis. Nella logica crociana poi la distinzione correggeva, secondo Antoni, gli effetti indebiti di una contraddizione perenne pur  nell’unità che ne è lo sfondo. L’identità allora diventa non già l’accordo presupposto dei contrari ma il reale incontro dell’universale col concreto nella forma conoscitiva  del giudizio storico. Croce restaurava così   –   secondo Antoni -  il principio d’identità,  rigenerandolo tuttavia nella nuova vita di un rapporto asimmetrico racchiudibile nella formula a=A. E tra le categorie non passa spazio come per un salto dall ’ uno all ’ altro contesto. «In realtà il sistema   –   scriveva Antoni   –    è quello di un’unica categoria reale   e attiva, che è l’Io, di cui le categorie sono articolazioni. Lo stesso trapasso della conoscenza nell’azione non può essere inteso come un passaggio radicale da una categoria all’altra, quasi che la conoscenza d’una situazione storica non fosse già  guida ta da una volontà e da un interesse e l’azione non fosse guidata, lungo l’intero  suo svolgimento, dalla conoscenza» 17 . La lettera del 2 luglio del ’56, più avanti  riportata, è davvero illuminante a tal proposito: Antoni, platonicamente, indicava  nell’Idea del Bene l’idea -guida dello spirito umano, incisa in noi per definirsi nel  tempo in quella che felicemente chiamiamo “storia della civiltà”.   Profonda fu l’amarezza di Antoni dopo aver letto la recensione di Tommaso Fiore al suo “Commento” sul numero di dicembre della rivista «Il Ponte» del ‘56 18 . Il suo dispiacere nasceva anche dal fatto che i direttori, succeduti al Calamandrei nella gestione della rivista, erano almeno dichiaratamente suoi amici 19 . Nella recensione  non si sottolineavano, com’è pur giusto fa re, eventuali spunti critici per una filosofica  discussione, ma si assumeva nei confronti dell’Autore un atteggiamento ostile in  partenza, probabilmente per motivi che non si direbbero solo di carattere teorico. E  difatti si accusava Antoni, «l’unico supe rstite del crocianesimo in un mondo che crociano non è» (come se il mondo aspettasse di assumere un colore politico o una preferenza culturale per decreto della Storia) di aver discettato di problemi morali e  17  Franchini cita da Antoni,  Commento a Croce , Venezia, Neri Pozza, 1955, p. 170.  18  Vedi T. Fiore, rec. a C. Antoni,  Commento a Croce,  in «Il Ponte», 12 (1956), pp. 2155-2157.  19   Tumiati assunse la direzione della rivista fondata da Calamandrei, in un primo tempo, dal ‘56 fino al  1965, insieme con Agnolettipolitici in maniera distaccata dalla realtà, realtà che pure in gioventù lo aveva attratto  e animato. Le “infedeltà” o presunte tali riscontrate dal recensore nei riguardi di  Croce venivano prima denunciate in nome di un crocianesimo fossilizzato, quasi che lo si volesse difendere a tutti i costi, e poi segnalate come devianze, talvolta vere e proprie concessioni a un larvato gentilianesimo. Inutile dire che questo avveniva, e poteva esser fatto, solo sminuzzando il discorso di Antoni e calcando la mano su alcune frasi o concetti che risultavano distorti nel loro effettivo significato. Date le premesse, non stupisce la conclusione cui giungeva il recensore quando si chiedeva:  “ ma quale crocianesimo è questo? ”  se, difatti, Antoni si era permesso di seminare dubbi, di rivelare incertezze e contraddizioni nel sistema. La peggior cattiveria nello  scritto del Fiore consistette però nell’attribuire ad Antoni una sorta di astenia  emotiva, ben altra cosa rispetto alla passione democratica del De Ruggiero e al  civismo mazziniano dell’Omodeo, entrambi già scomparsi . Eppure Tommaso Fiore era andato da amico e sodale ad accogliere Antoni a Bari in una precedente visita dello studioso nella città pugliese; Fiore era un antifascita convinto e aveva fatto parte del movimento democratico meridionale con De Martino, Dorso, in continuità con Salvemini, Gobetti e Carlo Rosselli 20 . Un po’ d’anni addietro, nel ’40 Guido Calogero e nel ’41 Tommaso Fiore , si videro rifiutare e aspramente criticare il manifesto liberalsocialista da Croce, il quale tendeva a separare il concetto di libertà,   per lui superiore, dall’idea di giustizia. Dissonanze politiche pesarono probabilmente  più del dovuto sulla “scombinata” e certo solo velatamente scientifica recensione che il Fiore aveva redatto nel ’56 sul libro di Antoni.  Per una curiosa ironia della sorte sia Antoni che Franchini hanno ricoperto, a  distanza di un decennio, incarichi universitari nell’ambito del settore filosofico 21  sulla disciplina della Filosofia della storia, tanto avversata da Croce. Pur tra molte difficoltà burocratico-isti tuzionali Antoni riusciva nel ’54 a cambiare titolarità  (adempiendo ad un impegno preso col filosofo), chiamato infine sulla cattedra di  20   A Tommaso Fiore è stato dedicato nel ’67 un intero fascicolo della «Rivista Pugliese» di  Bari, comprensivo del carteggio con Carlo Rosselli e con Guido Dorso.  21  Antoni aveva precedentemente insegnato Letteratura tedesca a Padova dal 1942  politici in maniera distaccata dalla realtà, realtà che pure in gioventù lo aveva attratto  e animato. Le “infedeltà” o presunte tali riscontrate dal recensore nei riguardi di  Croce venivano prima denunciate in nome di un crocianesimo fossilizzato, quasi che lo si volesse difendere a tutti i costi, e poi segnalate come devianze, talvolta vere e proprie concessioni a un larvato gentilianesimo. Inutile dire che questo avveniva, e poteva esser fatto, solo sminuzzando il discorso di Antoni e calcando la mano su alcune frasi o concetti che risultavano distorti nel loro effettivo significato. Date le premesse, non stupisce la conclusione cui giungeva il recensore quando si chiedeva:  “ ma quale crocianesimo è questo? ”  se, difatti, Antoni si era permesso di seminare dubbi, di rivelare incertezze e contraddizioni nel sistema. La peggior cattiveria nello  scritto del Fiore consistette però nell’attribuire ad Antoni una sorta di astenia  emotiva, ben altra cosa rispetto alla passione democratica del De Ruggiero e al  civismo mazziniano dell’Omodeo, entrambi già scomparsi . Eppure Tommaso Fiore era andato da amico e sodale ad accogliere Antoni a Bari in una precedente visita dello studioso nella città pugliese; Fiore era un antifascita convinto e aveva fatto parte del movimento democratico meridionale con De Martino, Dorso, in continuità con Salvemini, Gobetti e Carlo Rosselli 20 . Un po’ d’anni addietro, nel ’40 Guido Calogero e nel ’41 Tommaso Fiore , si videro rifiutare e aspramente criticare il manifesto liberalsocialista da Croce, il quale tendeva a separare il concetto di libertà,   per lui superiore, dall’idea di giustizia. Dissonanze politiche pesarono probabilmente  più del dovuto sulla “scombinata” e certo solo velatamente scientifica recensione che il Fiore aveva redatto nel ’56 sul libro di Antoni.  Per una curiosa ironia della sorte sia Antoni che Franchini hanno ricoperto, a  distanza di un decennio, incarichi universitari nell’ambito del settore filosofico 21  sulla disciplina della Filosofia della storia, tanto avversata da Croce. Pur tra molte difficoltà burocratico-isti tuzionali Antoni riusciva nel ’54 a cambiare titolarità  (adempiendo ad un impegno preso col filosofo), chiamato infine sulla cattedra di  20   A Tommaso Fiore è stato dedicato nel ’67 un intero fascicolo della «Rivista Pugliese» di  Bari, comprensivo del carteggio con Carlo Rosselli e con Guido Dorso.  21  Antoni aveva precedentemente insegnato Letteratura tedesca a Padova dal 1942 10  Storia della filosofia moderna e contemporanea nell’Università di Roma. Franchini ottenne l’incarico didattico nell’Uni versità di Napoli dopo aver conseguito la libera  docenza, inaugurando il corso nel ’56 con una prolusione sulla  Filosofia della storia , materia che si accingeva ad insegnare. Antoni non riuscì a recarsi a Napoli per assistervi, ma poté leggerne il testo su «Criterio» con sincero compiacimento 22 .  Franchini tracciò in quell’occasione il profilo storico della questione, dai pensatori cristiani fino a Hegel, a Spengler e Toynbee, difendendo l’insegnabilità di una  disciplina che mira a conoscere «un secolare biso gno dell’animo umano» rivolto a dare un senso generale alle epoche storiche. S’intende che  la filosofia della storia, in quanto caso particolare della metafisica, andava svecchiata e in un certo senso riformulata attraverso la metodologia storica non disgiunta dalle sempre essenziali  ricerche di storia della storiografia. Egli si appellava alla tradizione “locale” ma  europea di Vico, De Sanctis, Bertrando Spaventa, Omodeo. Non faceva però il nome di Antonio Labriola, ricordato invece da Antoni (lettera del 14 gennaio 1956) insieme al caso Ferrero e alla oramai lontana, nel tempo, battaglia contro la filosofia della storia in un celebre discorso che Croce tenne al Senato del Regno nel maggio del 1913 23 . La prolusione di Franchini si chiudeva con un omaggio «al primo docente  ufficiale che di questa materia l’Italia abbia avuto, il nostro Maestro ed Amico Carlo Antoni…» 24 . La recensione al libro di Sprigge merita qualche nota in margine, anche a  difesa dell’interprete inglese sul quale potrebbe pesare fin troppo l’icastica  osservazione di Antoni che gli attribuisce una lettura del rapporto di Croce col cristianesimo sulla base di mere considerazioni politicistiche. Franchini cercò allora  22   La Prolusione uscì in due puntate su «Criterio», la rivista diretta a Firenze da Ragghianti, nel ’57, I, n. 4,  pp. 277-284 e I, n. 5, pp. 354-363. «Criterio» fu poi ripresa da Franchini nella Nuova Serie Filosofica, e da lui diretta dal 1983 al 1990.  23  Il discorso in Senato non conteneva, contrariamente a quanto talvolta si è lasciato intendere, alcun riferimento a Ferrero (per il quale si veda invece la nota di Croce in  Conversazioni critiche , serie I, Bari, Laterza 1918. Il testo del discorso in Senato del 29 maggio 1913 si può leggere in   Discorsi parlamentari , con un saggio di M. Maggi, Bologna, Il Mulino, 2002. Su  Croce e Ferrero  si veda la nota di F. Tessitore in «Rivista di Studi crociani», 1 (1964), pp. 147-150. Sulla riconciliazione di Croce e Ferrero, in nome di un comune sentire negli anni bui del fascismo, rimando a A. Parente,  Croce per lumi sparsi , Firenze, La Nuova Italia, 1975, pp. 270-273.  24  La Prolusione fu poi ristampata in Franchini,   Metafisica e Storia , cit., pp. 105-13311  di dipanare la controversa materia 25 , riconoscendo allo Sprigge la buona fede pur nella ripetizione del luogo comune per il quale si attribuivano a Croce inclinazioni e spirito conservatori. In effetti Croce aveva mostrato sempre  “comprensione” per la Chiesa cattolica, ciò non pertanto lo scritto del ’42, che pure piacque molto per  evidenti ragioni a taluni cattolici, fu una risposta alla sfida dei fatti sulla base di principi teorici che in ogni modo ispirarono il filosofo, il cui sguardo per necessità  mirava ad assumere connotati universali “oltre” la mera contingenza delle circostanze  politiche. E tuttavia il contenuto di quel testo è sempre “presente” nel suo significato  inequivocabile. La figura di Gesù, al centro del cristianesimo, ha rappresentato un messaggio ancora fermamente iscritto nel cuore della modernità e dentro la storia del mondo contemporaneo, sia per gli appartenenti ad una chiesa sia per i laici credenti e  non credenti. Non in poco conto pertanto dev’essere  tenuto il plurale espresso in quel  “noi” ( Perché   [noi]  non possiamo non dirci cristiani ), che difatti esclude il discorso in prima persona, ed esclude che si tratti della confessione di un sentimento segreto.  Parimenti estranee all’argomento crociano furon o le polemiche anticlericali, del tutto fuori luogo in un contesto che, come può verificare ogni attento lettore, fu di carattere teoretico e storiografico. Il cristianesimo non è stato un miracolo, ma un processo storico; anche se proprio il fatto di aver intersecato profondamente le vicende storiche di una così vasta parte del mondo lo rende una sorta di evento straordinario, non però  diversamente, in chiave ontologica, dal miracolo che ogni ente è, e dall’eccezione che  noi tutti siamo. Le lettere, fatt esi più rare tra il ’58 e i primi mesi del ’59, raccontano di vicende  accademiche e di fatti quotidiani, di brevi viaggi e di alcuni malanni che affliggevano Antoni già da qualche tempo. Al centro peraltro sta la figura di Luigi Scaravelli, scomparso tragicamente nella primavera del 1957. Nella Commemorazione pisana 26  Antoni aveva tracciato dello Scaravelli, a pochi mesi dalla morte, un profilo davvero  25  La recensione al libro di C. Sprigge,   Benedetto Croce, l’uomo e il pensatore  (Napoli, Ricciardi, 1956) apparve su «Criterio» con il titolo  Un profilo del Croce , 2 (1957), pp. 165-167 e fu ristampata nel volume   L’oggetto della filosofia , Napoli, Giannini, 1962, pp. 253-258.  26  La commemorazione letta nella Sala degli Stemmi della Scuola Normale Superiore il 23 novembre 1957 è nel volume di C. Antoni,  Gratitudine , Milano-Napoli, Ricciardi, 1969, pp. 32-521956 Caro Franchini, ho letto la recensione, che Le restituisco. Mi rallegro con Lei per il fatto che il Suo libro sia stato recensito dalla «Historische Zeitschrift», che resta tuttora la migliore rivista tedesca di studi storici 49 . È un onore per Lei. In quanto alla recensione stessa, essa ha il consueto carattere informativo delle recensioni tedesche, nelle quali di rado si prende posizione. Naturalmente noi, abituati allo stile delle recensioni crociane, ci impazientiamo dinanzi a tanta acriticità. Ignoro chi sia questo Funke. Con i più cordiali saluti Suo Antoni Ha visto il mio  Tramonto delle ideologie  sul «Mondo»? 50  Roma, 4 sett. 1956 Mio caro Franchini,  49  Si tratta della recensione di G. Funke al libro di Franchini   Esperienza dello storicismo , in «Historische Zeitschrift», Bd. 181, 3, (1956), pp. 596-600. Antoni aveva scritto sul «Mondo» (marzo 1954) un lungo e denso articolo sul volume di Franchini, che si può leggere nella raccolta   Il tempo e le idee , a cura di M. Biscione, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1967, pp. 447-451.  50  Vedi «Il Mondo», luglio 1956, in   Il Tempo e le idee , cit., pp. 232-24 12  partecipe, in spirito di amicizia e di stima per un uomo schivo e assai colto, conversatore brillante che sapeva «passare dalla musica classica al romanzo francese, dalla pittura alla fisica nucleare». Giunto alla filosofia da studi scientifici, di matematica e di medicina, Scaravelli si era infatti misurato con i grandi della tradizione filosofica specie su temi di logica pura per certi versi, ma in virtù  dell’intento di far pre valere  il capire sull’esistere. A Croce e Gentile aveva dedicato con acume le sue fatiche d’interprete, non meno che a Platone, Cartesio, Kant,  Heidegger, Heisenberg. In ogni modo egli aveva cercato di risolvere un suo problema teoretico. Antoni scrive a Franchini (lettera del 3 dic. 1958): «Il problema di  Scaravelli era quello di dedurre il molteplice dall’identico, cioè di scoprire o “capire”  come la grande madre genera i suoi figli». Problema insolubile perché pur muovendo  dal principio d’identità indispensabile per la comprensione dei significati, Scaravelli  dovette infine arrendersi alla sua dissolvenza aprendosi piuttosto al giudizio delle  forme concrete dell’esistere storico. Si trattava  del problema della creazione del mondo, concludeva Antoni, riassumendo così in una formula efficace le puntuali analisi contenute nella  Critica del capire 27  , ch’ebbero il merito di rompere il silenzio  con cui il libro fu accolto, nonostante il parere molto   positivo espresso nel ’42 dallo  stesso Croce.  Mancò, infine, il tempo per discutere tra amici intorno all’ultimo libro di  Antoni   La restaurazione del diritto di natura . Franchini ne aveva parlato nel numero di luglio del «Mondo», accogliendo senza riserve la proposta, in apparenza assai poco  storicistica, di un “ritorno” al principio dell’etica universalmente umana, la sola  capace però «di evitare le pericolose conseguenze del predominio della tecnica e della civiltà di massa». Egli ebbe forse bene a mente le parole adoperate da Antoni in una lettera di qualche anno prima 28 : alla base del giudizio storico e dell’azione morale  e politica sta la luce di un concetto universale dello spirito umano che tuttavia, proprio nella forma di un umanesimo rinnovato, non contrasta affatto con la visione  27  Si veda la lunga recensione di Antoni a L. Scaravelli,  Critica del capire , in «Giornale critico della filosofia italiana», Seconda serie, II (1942), pp. 232-234.  28  Vedi lettera del 2 luglio 1956, più avanti riportatastoricistica e dialettica della vita con tutte le sue imprevedibili e particolarissime circostanze. *** Roma, 6 novembre 1948 Caro dott. Franchini, è da tempo che seguo con vivo interesse la Sua attività di studioso. Così ho letto la Sua bella recensione del libro del Ciardo 29  e il Suo articolo sul Gramsci, comparso sullo «Spettatore» 30 . Ho ricevuto oggi la sua memoria su  Storicismo e   relativismo 31 , che ho letto subito. Penso che il suo esame del rapporto e la differenza  tra “storicismo” e “istorismo” ossia relativismo storicistico sia molto opportuno oltre  che acuto. Ella mi muove un lieve appunto: quello di aver attribuito al Troeltsch il merito  di aver introdotto nell’uso comune il termine di “storicismo”. Mi sembra però di aver  detto una verità incontestabile: anche se al termine il Troeltsch continuava a dare un significato deteriore, tuttav ia egli ha introdotto l’uso del termine stesso nel dominio  della storiografia e della riflessione sui metodi della storiografia. Soltanto dopo di lui si parla di storicismo moderno, di problemi, crisi ecc. dello storicismo. Se Ella ha occasione di venire a Roma, sarò assai lieto di vederla e di conversare con lei. Con cordiali saluti  29  La recensione al libro di M. Ciardo,   Le quattro epoche dello storicismo , era uscita in «La parola del passato», 6 (1947), pp. 368-373 (rist. nel volume R. Franchini,   Esperienza dello storicismo , Napoli, Giannini, 1953).  30   Si tratta dell’articolo   La “metodologia dell’azione” di A. Gramsci , uscito in «Lo Spettatore italiano», 6 (1948). La rivista si pubblicava a Roma per iniziativa di Elena Croce, figlia maggiore del filosofo, e del marito Raimondo Craveri.  31  Cfr. R. Franchini,  Storicismo e relativismo , in «Atti» dell’Accademia Pontaniana, N.S., I (1949), pp. 241 -255 (rist. in   Esperienza dello storicismo,  cit.)Roma, 12 marzo 1950 Caro Franchini, di ritorno da Bari, dove sono  stato a tenere una conferenza agli “Amici della cultura”, trovo la sua lettera e mi affretto a rispondere, ossia a rilasciarle il “certificato” che desidera 32 . Con cordialissimi auguri Suo Carlo Antoni Roma, 12 marzo 1950 È da qualche anno che seguo con molta attenzione gli scritti che il prof. Raffaello Franchini va pubblicando nelle riviste. Alcuni di essi, infatti, hanno già recato un contributo di chiarificazione e di critica assai notevole nel campo degli studi storico- filosofici: Tutti, poi, indistintamente sono la testimonianza d’un ingegno  assai vivace, fine, sensibile ai più urgenti problemi della filosofia e della   vita. Oltre a rivelare una preparazione culturale assai ricca e sostanziosa, essi indicano anche un  raro senso di umanità. Tra i giovani dell’ultima generazione il Franchini è certamente  uno dei più promettenti. Per le sue doti intellettuali e morali ritengo anche che possa  32   Segue la lusinghiera lettera di presentazione di Antoni sull’operosità del giovane Franchini, i l quale di lì a poco entrò a far parte del corpo docente del liceo classico della Scuola militare napoletanaessere un magnifico insegnante, tale da mantenere alto il prestigio di cui ha sempre  goduto il collegio della “Nunziatella”.  Carlo Antoni Roma, 1 ottobre 1951 Mio caro Franchini, ho letto con grande interesse il Suo saggio 33  e soprattutto la parte che mi riguarda. Ella ha afferrato perfettamente il mio pensiero (La ringrazio anche per averne messo in rilievo la novità), tanto perfettamente da trarne le conseguenze, che  io non avevo voluto trarne, malgrado che mi avvedessi che c’erano. In effetti Le confesso che ho i miei dubbi intorno ad una “dialettica” dei distinti. Di questo dubbio  Lei trova traccia del resto nella recensione  che feci allo “Hegel” di De Ruggiero.  In ogni caso sono assai lieto della penetrante attenzione che Ella dedica ai miei scritti. Suo Carlo Antoni Roma, 25 marzo 1952 Mio caro Franchini,  33  Il saggio è:   Morte e resurrezione della dialettica da Hegel a Croce , in «Letterature moderne», 3 (1951), pp. 292-302 (rist. in   Esperienza dello storicismo , cit.) il Suo articolo 34   mi ha fatto, com’è naturale, un immenso piacere. Attribuirmi il  merito di aver provocato in Croce il bisogno di riesaminare la questione della dialettica è, non occorre dirlo, rendermi il massimo degli onori. Ma Croce stesso che ne dice? Vorrei sapere se approva il Suo articolo. Con saluti cordialissimi Suo Carlo Antoni Roma, 31 marzo 1952 Mio caro Franchini, La ringrazio per la Sua lettera e per le notizie che mi dà. Come Ella può comprendere, la questione, da Lei sollevata nel Suo articolo, ha per me una grande  importanza. Le dirò come io veda la cosa. Quando pubblicai nel ’45 il mio saggio  sulla Dialettica di Hegel, in cui ne denunciavo il carattere intellettualistico, saggio ri stampato nel ’46 nelle mie “Considerazioni” 35 , Croce ne prese conoscenza, tanto che mi segnalò il Suo articolo in proposito, ma non si propose il problema. Erano  tempi in cui Croce, tutto preso dall’attività politica, non aveva probabilmente l’agio  di ritor nare sulle sue idee intorno alla dialettica. Il mio scritto suscitò l’interesse di De Ruggiero, che lo ha citato con molta lode nel suo “Hegel”, ma senza prender  posizione. Per quanto riguarda questa mia prima osservazione, penso che Croce abbia ragione nel negare che la sua revisione sia stata provocata da me.  34   Il riferimento è all’articolo:   La crudele dialettica , uscito su «Il Mondo» il 29-3- ’52. Tutti gli scritti di  Franchini che uscirono nella rivista di Mario Pannunzio dal 1950 al 1966 sono raccolti nel volume  Pensieri   sul “Mondo” , a cura di R. Viti Cavaliere, C. Gily, R. Melillo, con una Presentazione di G. Cotroneo, Napoli, Luciano, 2000.  35  C. Antoni,   La dialettica di Hegel , in «Poesia e verità», 1 (1945); rist. in Id.,  Considerazioni su Hegel e  Marx , Napoli, 1946. Si ricorda che Franchini recensì le  Considerazioni  nella rivista «Ethos», II (1946), pp. 87-90Ma nel ’49 io giunsi all’altra osservazione e cioè alla netta distinzione tra la hegeliana dialettica della contraddizione e la crociana dialettica dell’opposizione.  Essa si connetteva alla mia prece dente attribuzione (del ’46) a Croce della restaurazione del principio d’identità.  Ero molto incerto se comunicare o no a Croce questa mia osservazione, che  avevo svolto nel corso universitario di quell’anno. Mi rendevo conto, cioè, che essa  avrebbe provocato un grave turbamento ed un bisogno di una radicale revisione del pensiero crociano nei confronti di Hegel e della dialettica in generale. Mi consultai con parecchi amici. Tra costoro Riccardo Bacchelli, al quale ricorsi e per la sua sensibilità umana e psicologica e per la devozione che aveva per la persona di Croce, mi dissuase dal farlo, dicendo che oramai era meglio lasciare tranquillo il glorioso vegliardo e non costringerlo alla sua età a un siffatto sforzo. Tuttavia la cosa mi tormentava, dato che ritenevo che Croce avesse attribuito a Hegel la sua propria gloria e mi dispiaceva che potesse morire senza essersi reso conto della propria originalità nei confronti di quel suo maestro. Dopo che si fu ripreso dalla grave malattia, che lo colpì, mi feci coraggio e gli scrissi. Croce mi rispose con una lettera  che era un’accettazione di massima, ma contenuta in termini un po’ generici. Si vedeva che si riservava di meditare per suo conto l’intera questione. E infatti poco  dopo cominciarono a uscire i suoi nuovi scritti intorno alla vitalità e al suo carattere dialettico, e in genere intorno a Hegel e alla origine della dialettica hegeliana. Il punto di partenza di questi scritti, però, è fornito dal momento della vitalità, al quale Croce riporta tutta la dialettica: sia la teoria hegeliana per sé stessa, sia la dialettica della vita e dello spirito in sé. In questo modo Croce andava, in certo senso, più in là della  mia osservazione, scavalcandola e prendendo tutt’altra direzione. Le dirò che, invece,  per mio  conto ho proseguito in direzione ben diversa. Nel corso di quest’anno ho svolto un esame dell’intera questione, che mi ha portato a risultati che contrastano  con le tesi recentissime espresse da Croce.Per concludere penso che Croce, pur essendo stimolato dalla mia seconda osservazione, a riproporsi lo studio della natura della dialettica, è stato condotto alle  sue nuove idee dal senso più accentuato dell’importanza della vitalità.  Con cordialissimi saluti Suo Carlo Antoni Roma, 2-12-52 Mio caro Franchini, La ringrazio di aver pensato a me in questi giorni. Come sempre succede, nei primi momenti dopo la scomparsa di persona cara, non ci si rende conto del tutto della perdita. Il senso di vuoto viene dopo. Così accadrà per noi tutti: ma dovremmo anche cercare di restare uniti. Il Suo articolo comparso nel «Mondo» 36  mi è molto piaciuto. Vorrei vedere il fondo del «Times»: non potrebbe spedirmelo in prestito? Glielo restituirei subito. Arrivederci tra breve Suo Carlo Antoni Roma, 6 ottobre 1953  36  R. Franchini,   Benedetto Croce tra i due secoli , in «Il Mondo», 29-1 Caro Franchini, ho ancora sul mio tavolo la lettera, che ho ritrovato al mio ritorno dalle vacanze. Vorrei che Lei mi desse qualche notizia sul concorso, di modo che io possa eventualmente intervenire presso i commissari. Ho letto con piacere i Suoi due articoli: quello su Mann 37  e quello sul libro del Sainati 38 . Sulla personalità di Mann faccio molte riserve. Si parlò di lui con Croce,  l’ultima volta che lo vidi, ed in fondo Croce era d’accordo, quando dicevo che dagli  scritti di Mann veniva su un certo lezzo di frollo, se non addirittura di marcio. Attendo il Suo volume. Suo Carlo Antoni Roma, 11 aprile 1954 Caro Franchini,  con l’editore Pozza, che era qui in questi giorni, ho esaminato la questione della traduzione d’una scelta di lettere di Hegel 39 . I due volumi della nuova edizione  37   Su Mann era uscito l’articolo   Nobiltà dello spirito  sia in «Il Giornale» del 30-9- ‘53 sia in «Il Gi ornale di Trieste» del 6-10- ‘53.   38   Di Sainati si parlava a lungo nell’articolo  Studi crociani , apparso su «Il Mondo» del 6 ottobre 1953.  39   Il progetto di curatela dell’Epistolario hegeliano presentava più d’una difficoltà: la nuova edizione dell’Hoffmeister avrebbe dovuto far fede, assai più dell’edizione curata dal figlio del filosofo, ma era al momento incompleta. L’idea allora di rifarsi alla precedente edizione, da integrare eventualmente con le  lettere ritenute significative, si mostrò impraticabile. Franchini avrebbe dovuto occuparsi della traduzione di  una scelta di lettere e della stesura dell’introduzione storico -critica. Non se ne fece nulla, nonostante la   buona disposizione dell’editore Pozza e l’interessamento di Ragghiant   Sent from the all new AOL app for iOSdel Meiner, curata da Hoffmeister, arrivano al 1822. Sono previsti altri due volumi. La nuova edizione reca il copyright con espressa riserva dei diritti di traduzione. Per mia esperienza prevedo che le pretese del Meiner sarebbero esose. Da un rapido  confronto con la vecchia edizione del 1887, curata dal figlio, ho tratto l’impressione  che la nuova non rechi molto di nuovo. In ogni caso, se ci si volesse attenere a  quest’ultima, si dovrebbe attendere l’uscita dei due ultimi volumi, che chi sa quando  si attuerà. Con Pozza sono quindi giunto alla conclusione che ci conviene rifarci alla prima edizione, che reca anche sufficienti note. Ove risultasse qualche nuova lettera molto importante nella nuova edizione, il Pozza chiederebbe il diritto di traduzione per essa. Ella dovrebbe quindi cominciare il lavoro di scelta. Non le nascondo che dalla lettura delle lettere il compito della traduzione mi è apparso molto arduo. Con cordiali saluti Suo Carlo Antoni Roma, 5 maggio 1955 Caro Franchini, grazie per  le Sue parole. Si tratta in fondo d’un semplice cambiamento del titolo della mia cattedra, che era poi una sorta d’impegno che avevo assunto con Croce. Ancora l’ultima volta che lo vidi, Croce mi raccomandò di fare cambiare quel titolo di “filosofia della   storia”, che proprio non gli andava giù 40 . Gli spiegai allora  40   Alla notizia dell’ottenuto conferimento della cattedra di Filosofia della storia nella Facoltà di Lettere dell’Università di Roma, Croce nel congratularsi con l’Antoni, così gli scriveva: «Se la parola  sociologia  è screditata per la sua volgare origine positivistica, quella di  Filosofia della  storia è del pari screditata per la sua origine teologica e metafisica. Lei si deve subito dar da fare per cangiarlo». Cfr. Lettera di Croce ad che la procedura non era facile, ed infatti ci sono voluti parecchi anni, con modifiche allo statuto, per raggiungere il risultato 41 . Sono ansioso di leggere sulla «Nuova Antologia» la Sua recensione: peccato che sarà letta da pochi!  L’intervento di Tagliacozzo mi ha sorpreso: è un esempio del cattivo modo in  cui un discepolo può seguire un maestro, cui è affezionato. Con cordialissimi saluti, Suo Carlo Antoni Roma, 22 maggio 1955 Mio Caro Franchini, bellissima la Sua recensione, per cui Le sono molto grato 42 . Mi dispiace soltanto che essa compaia nella «Nuova Antologia», dove sarà letta da pochi. La Sua osservazione o previsione sulla sorpresa di molti che scopriranno quanto complessa sia la filosofia crociana, mi ha divertito e fatto ricordare come spesso mi sia toccato  di sentire che quella filosofia non era interessante, perché non era “problematica”. Mi  è piaciuto anche il modo, assai fine, con cui Ella ha saputo definire la mia posizione verso le dottrine del Maestro.  Antoni, 26 dicembre 1946, in  Carteggio Croce-Antoni , a cura di M. Musté, introduzione di G. Sasso, Bologna, Il Mulino, 1996, p. 73.  41  Dal 1954 Antoni fu chiamato alla cattedra di Storia della filosofia moderna e contemporanea.  42  La recensione al libro di Antoni  Commento a Croce  uscì con questo titolo sulla rivista «Nuova  Antologia» nel giugno di quell’anno Ottimo pure l’articolo sulla Storia e conomica del Kulischer 43 , anche dal punto di vista giornalistico. Sarà bene che ci vediamo prima della scadenza dei termini per la presentazione delle domande di libera docenza 44 . Il 26 mi reco a Firenze per incontrarmi con Ragghianti e Pozza, e sarò di ritorno soltanto il 30. Cordialmente Suo Carlo Antoni Roma, 14 gennaio 1956 Mio caro Franchini, una bronchite con i fiocchi   –   si direbbe ch e quest’anno sono iettato –   mi ha tenuto a letto per una settimana e ancora non so quando potrò uscire di casa. Prevedo che dovrò rinunciare al progetto di venire a Napoli per la Sua prolusione 45 : è un vero dispiacere per me, perché ci tenevo ad essere presente.  Il primo insegnante di “filosofia della storia” è stato, a quanto mi consta,  Terenzio Mamiani, poi a Roma Labriola tenne tale insegnamento per incarico, con  43   Antoni si riferiva all’articolo dal titolo  Una storia del progresso  uscito su «Il Giornale» del 13-5- ‘55 (rist.  in R. Franchini,   L’oggetto della filosofia , cit.).  44  Antoni  si era prodigato l’anno prima per l’inserimento della Filosofia della storia nell’elenco delle libere  docenze. Nel 1956 Franchini sostenne gli esami di abilitazione alla libera docenza in Filosofia della storia superandoli brillantemente. Tra i commissari Felice Battaglia, Adelchi Attisani e lo storico Giorgio Falco.  45   Franchini inaugurò il suo Corso di Filosofia della Storia nell’Università di Napoli nel 1956 con una  prolusione dal titolo   La Filosofia della storia,  il cui testo uscì poi, nel 1957, sulla rivista «Criterio» diretta da C.L. Ragghianti, in due puntate. Il testo della lezione inaugurale venne infine ristampato nel volume   Metafisica e Storia , cit.molto successo. Nella mia prolusione del 1946 46  tenni ad accennare alla continuità ideale, tramite Croce. La proposta di attribuire la cattedra a Ferrero, provocata da un clamoroso intervento del presidente Teodoro Roosevelt, fu bocciata dal Senato. Croce tenne allora un famoso discorso 47 , che valse a far cadere la proposta, del resto poco gradita dal mondo accademico di allora. Suo Carlo Antoni Roma, 14 giugno 1956 Mio caro Franchini, Ella può ben immaginare con quanto piacere ho letto e riletto la Sua memoria alla Pontaniana 48 . Anzitutto essa mi ha confortato confermando l’ utilità del mio intervento al Congresso di Napoli. Ma anche la parte che più propriamente riguarda il  mio “Commento” mi è stata di grande vantaggio. In fondo, si guardano i propri scritti sempre un po’ attraverso una nebbia: un osservatore acuto ed esperto , come Lei, è di grande aiuto a discernere le linee principali del proprio pensiero. La ringrazio, dunque, con molto affetto  46  La Prolusione dal titolo   La dottrina dialettica della storia  è nel volume postumo  Storicismo e antistoricismo , a cura di M. Biscione, introduzione di A. Pagliaro, Napoli, Morano, 1964, nella Collana di Filosofia diretta da E.P. Lamanna e P. Piovani.  47  Antoni si riferisce al celebre discorso di Croce al Senato del Regno, nella seduta del 29 maggio 1913,  Sul  disegno di legge “Istituzione di una cattedra di Filosofia della storia presso la Università di Roma” , che ora è possibile leggere nel volume   Benedetto Croce. Discorsi parlamentari , con un saggio di M. Maggi, cit., pp. 59-64.  48  La memoria accademica  di cui si parla riguardava l’ampio resoconto critico che Franchini scrisse intorno  al XVII Congresso di Filosofia che si era tenuto a Napoli nel marzo del 1955, dove Antoni era stato invitato a tenere la relazione introduttiva sul tema della conoscenza storica. Antonio Aliotta sul «Giornale  d’Italia» del 26 marzo 1955 aveva sottolineato l’importanza di una tradizione di storicismo crociano nell’ultimo decennio. La memoria di Franchini, dal titolo   La conoscenza storica , uscì negli «Atti»  dell’Accademia Pon taniana, N.S., V, 1956, pp. 277-288 (rist. in   Metafisica e Storia,  cit.Roma, 2 luglio 1956 Mio caro Franchini, la Sua osservazione tocca un punto, che aveva già suscitato le perplessità del mio amico Attisani. Nel mio articolo esso era trattato troppo sommariamente. Bisognerà che ci ritorni sopra. In ogni caso voglio subito avvertirla che non penso a qualcosa di medio tra conoscenza storica e azione, ma al semplice fatto che noi   pensiamo e giudichiamo la storia alla luce di quel concetto universale dell’uomo o  dello spirito umano, che è il medesimo che orienta la nostra azione morale e politica.  Questo concetto, in quanto principio dell’azione morale, è l’idea del Bene. Essa è  vera, anzi è la verità che abita in noi, ma si va definendo e chiarendo attraverso la storia, che per questo è storia della civiltà. Aggiungo che non vi è distinzione tra categoria e coscienza della categoria, anche  se la prima appare eterna e l’altra  storicamente relativa: la categoria è sempre coscienza di sé, ma si va rendendo sempre più cosciente, come, mi sembra, sia insegnato da Croce nelle parti storiche dei suoi trattati.  Ha fatto bene ad accettare l’invito al “Simposio” laterziano. Sono curioso di  sapere quali sono gli altri invitati. Ella non manca di combattività, sicché sono tranquilli per la buona causa. Non sono sicuro di resistere al caldo fino alla fine del mese. Tuttavia la prego di telefonare a casa mia al Suo passaggio da Romagrazie per la Sua lettera di consenso al mio articolo sul socialismo 51 . Era una  conferenza, che tenni nel gennaio dell’anno scor  so a Zurigo e che poi fu raccolta in un volume pubblicato in Svizzera. Avendo avuto una certa eco in Svizzera e Germania, pensai che era utile farla conoscere, anche in relazione alla situazione dei  “radicali”. In effetti mi sembra di aver ottenuto qualcos a: un socialista come Silone  ha sentito il bisogno di telefonarmi per dirmi che era d’accordo. Come Ella si sarà accorto, la parte più importante è l’ultima, dove io cerco di venire incontro alle “istanze” sociali senza cadere nelle confusioni del liberal -socialismo calogeriano. Mi sembra che proprio avendo attribuito al liberismo un carattere etico-politico, si possa  dargli anche un nuovo carattere positivo, liberatore, “sociale”.   In quanto all’indirizzo del «Mondo», alcuni amici mi hanno fatto osservare c he  da alcune settimane era piuttosto “moderato”. Poiché le critiche, che io Le esposi  nella nostra conversazione per strada, le vado facendo a Pannunzio appunto da alcune settimane, forse non è presunzione la mia, se suppongo di aver ottenuto qualcosa anche in questo senso. Va benissimo per la recensione allo Sprigge 52 , dove c’è da obiettare ad una sorta d’insinuazione (Croce avrebbe scritto l’articolo sul perché non possiamo non  dirci cristiani   –   che sappiamo aver avuto carattere anti-nazista   –   perché prevedeva  l’alleanza con la Dem. Cristiana, nel 1942!)  Suo Antoni Roma, 24 nov. 1956  51  Le convinzioni di Antoni sul socialismo, sul liberalismo e sulla incongruità di un liberalsocialismo furono sempre chiare e lineari. Franchini concordava. Qui esse emergono nella concretezza del dibattito politico che coinvolse gli intellettuali del «Mondo».  52  La recensione di Franchini alla traduzione italiana del libro di C. Sprigge,   Benedetto Croce, l’uomo e il   pensatore  (Napoli, Ricciardi, 1951) uscì su «Criterio» con il titolo  Un profilo del Croce , 2 (1957), pp. 165-167 (rist. nel volume   L’oggetto della filosofia , cit., pp. 253-258Caro Franchini,  l’infiammazione agli occhi, che mi aveva impedito di venire a Napoli e che  sembrava scomparsa, mi dà nuovamente fastidio, sicché devo riguardarmi.  Penso che Ella dovrebbe scrivere l’articolo sul primo decennio dell’Istituto 53 . Come forse Ella sa, nei tempi in cui Croce stava progettandolo, io insistetti presso  Mattioli, affinché scoraggiasse l’iniziativa. Infatti non avevo  nessuna fiducia nella  utilità dell’istituzione. Devo riconoscere che mi ero sbagliato, anche se difatti, errori,  inconvenienti non sono mancati. In complesso, mi sembra, il nostro giudizio deve essere positivo. Anche se ne hanno profittato alcuni furfante lli, se, cioè, l’eterogenesi dei fini o l’astuzia della ragione hanno operato in senso negativo, parecchi bravi giovani hanno avuto modo di studiare e lavorare. In quanto all’indirizzo “storico” dell’Istituto, esso non soltanto corrisponde al nome, ma al p reciso pensiero di Croce. Con i più cordiali saluti Suo Carlo Antoni Roma, 18 gennaio 1957 Mio caro Franchini, purtroppo devo rinunciare definitivamente alla mia gita a Napoli: non sono ancora completamente ristabilito e devo riguardarmi da una ennesima ricaduta. Non  53   Il 17 dicembre del ’57 fu pubblicato infatti sul «Mondo» l’articolo di Franchini   Dieci anni   nell’anniversario della fondazione dell’Istituto Italiano di Studi Storici avvenuta nel 1947 nella s ede di Palazzo Filomarino in Napoli ho ancora ripreso ad uscire di casa. Le faccio quindi per lettera gli affettuosi auguri che avrei voluto farle a voce. Spero di leggere la Sua prolusione in «Criterio» 54 . Le sono grato per il Suo   proposito di propormi per la “Pontaniana”: onore che accetto e che mi è molto  gradito 55 . Eccole i miei dati biografici: nato a Senosecchia (Trieste) il 15-8-1896; volontario nella guerra  ’15 - ’18, ferito, medaglia di bronzo e croce di guerra;  laureato in Filosofia a Firenze nel 1928; professore nei Licei scientifici dal 1924 al 1932 a Messina e a Roma;  assistente dell’Istituto Italiano di Studi Germanici dal 1932 al 1942. Libero  docente di Storia della filosofia nel 1937; professore di Letteratura tedesca a Padova nel 1942; membro della Giunta del Partito Liberale, Consultore nazionale, Commissario  dell’IRCE nel periodo 1944 -1946; chiamato nel 1946 alla cattedra di Filosofia della storia di Roma. Premio Einaudi per la filosofia 1952;  socio corr. dell’Accademia dei Lincei, dell’Arcadia, dell’Acc. Peloritana, socio  della Mont- Pelagia Society e dell’Archäologische Institut.  Chiamato alla cattedra di Storia della filosofia moderna e contemporanea 1954. Suo Carlo Antoni Roma, 15-2- ‘57   54  Cosa che avvenne. Vedi sopra la nota 44.  55   Franchini era diventato socio ordinario dell’Accademia Pontaniana di Napoli nel 1954 su proposta di  Fausto Nicolini. Rinvio per queste ed altre notizie biografiche al volumetto R. Franchini,   Autobiografia minima , Roma, Bulzoni, 1973. Antoni fu dal ’57 socio della prestigiosa Accademia Caro Franchini,  sono lieto per la notizia che Ella mi dà: così Ella potrà assumere l’incarico, che,  mi auguro, sia anche compensato. Lessi con piacere le notizie della Sua prolusione. Esse mi diedero qualche conforto in un momento di amarezza, quando cioè mi capitò di leggere sul «Ponte» la cattiva e balorda recensione di Tommaso Fiore al mio  Commento 56  .  E dire che costui, appena letto il libro, mi scrisse una lettera entusiastica! Tumiati 57 , al quale avevo espresso la mia sorpresa per la pubblicazione di siffatta sconcezza, mi scrisse una lettera piena di deplorazioni o scuse. Ma chi mi ha recato la serenità è stato Ragghianti, che, dopo aver fatto un breve ritratto del Fiore, mi ha suggerit o di seguire l’aurea massima di Flaubert: «Mon cul vous  contemple». Ottimo il Suo articolo in «Criterio» 58 . Suo Carlo Antoni Roma, 23 maggio 1957 Caro Franchini, non ho voluto che Ella attendesse il mio libro dalla ERI e Le ho spedito oggi una delle copie a mia disposizione. Pannunzio accoglierà volentieri la Sua recensione 59 .  56  La recensione di T. Fiore al  Commento a  Croce (1955) di Antoni era uscita in «Il Ponte», Rivista mensile di politica e letteratura, a. XII, 12 dicembre 1956, pp. 2155-2157.  57  Corrado Tumiati assunse la direzione della rivista «Il Ponte», fondata da Piero Calamandrei, a partire dal  1956, direzione che condivise per un certo periodo con Agnoletti (fino al ’65).   58   Antoni si riferisce all’artic olo di Franchini sul libro di Sprigge (vedi nota 51).  59  Si tratta del libro di Antoni   Lo storicismo,    pubblicato nel ’57 dalle edizioni ERI, in cui sono raccolte le conferenze da lui tenute nell’estate dell’anno precedente per il Terzo Programma della Radio italiana; la 957 Mio caro Franchini, è da un pezzo che non mi faccio vivo con Lei. Non Le scrissi quando Ella mi annunciò la fine del «Giornale», ultimo quotidiano liberale, che, oltre a tutto, era un bel giornale, assai bene redatto. Faceva onore a Napoli 60 . Per Lei, forse, l’esser  costretto ad abbandonare una continuata attività giornalistica è stato un vantaggio. Ella è ad un punto in cui deve concentrare i suoi spazi. Non le ho neppure scritto che la prefazione al Suo nuovo libro mi ha dato molta soddisfazione e mi ha trovato pienamente consenziente. Attendo ora il libro 61 , di cui voglio occuparmi in un articolo sul «Mondo» oppure in «Criterio» (che, dopo un intervallo dovuto a indisposizioni di Ragghianti, riprende ora ad uscire). Sono  d’accordo con Lei anche per quanto riguarda i collaboratori del «Mondo», tra i quali  la qualità non corrisponde spesso alla quantità. Tornato dalla villeggiatura   –   sono stato sul lago di Como e in Svizzera -, ho  avuto la sessione d’esami e una sessione del Consiglio Superiore. Altra sessione di  detto Consiglio è prevista per il 23 c.m. Alla fine del mese sarò a Marburgo, invitato dai filosofi tedeschi a partecipare ad un loro congresso e a intervenirvi con una  conferenza. Cercherò d’istruirli.  Con affettuosi saluti Suo  recensione di Franchini dal titolo  Una storia dello storicismo  uscì puntualmente su «Il Mondo» nel giugno  del ’57 (rist. in   Metafisica e Storia , cit.).  60  «Il Giornale», quotidiano liberale come ben sottolineava Antoni, uscì a Napoli dal 1954 al 1957. Fu fondato da Quinto Quintieri e Tommaso Astarita. Franchini lavorò nella redazione del «G iornale» dal ’49  alla fine: vi era entrato su pressione e interessamento dello stesso Croce.  61  Il libro di Franchini in uscita era   Metafisica e Storia , edito poi nel ’58 presso l’editore Giannini di Napoli 1958 Caro Franchini, La ringrazio per aver pensato a me per una conferenza alla Società filosofica di   Napoli e ringrazio pure l’amico Carbonara e gli altri componenti del Consiglio. La  prego, anzi, di esprimere loro la mia più viva gratitudine per un invito che mi lusinga. Ma è da un pezzo che non accetto di tenere conferenze. Esse mi recano, infatti, molta tensione e fatica: non amo leggere, ma il parlare richiede uno sforzo, che mi lascia prostrato. La prego quindi di scusarmi presso la Società filosofica. Mi auguro di vederla tra breve qui a Roma. Con saluti affettuosi Suo Carlo Antoni Roma, 20 marzo 1958 Caro Franchini, ho una certa intenzione di muovermi per Pasqua, anche per togliermi di dosso  una certa malinconia e irritazione, ma penso che sarò a Roma per l’assemblea dell’Associazione. In caso contrario La avvertirei in tempo. Ho un vivo desiderio di32  parlare a lungo con Lei di molte cose, anche perché mi vado sempre più isolando 62 : ciò che non fa bene alla salute. Con cordialissimi saluti Suo Carlo Antoni  Roma, 22 sett. ‘58  Caro Franchini, La ringrazio anzitutto per il Suo interessamento al caso del ragazzo, che Le avevo raccomandato. Ella ha fatto più di quanto potessi sperare. Il trafiletto mi sembra andare benissimo: contiene alcune frecciate brillanti. Naturalmente recherà un dispiacere al nostro Battaglia. Il quale potrà sempre  rispondere che l’organizzazione del Congresso è stata diretta da un comitato, che  conteneva fior di laici e che costoro sono stati sempre consenzienti 63 . A mio avviso il  difetto sta nell’assurdo di un congresso filosofico, dove i filosofi laici , se decidono di intervenire, si presentano necessariamente in ordine sparso, ciascuno con idee proprie, mentre le chiese vi inviano schiere compatte e disciplinate. Ho pure qualche  riserva da fare sulle parole dell’amico Calogero, che hanno un significato  che non condivido: dialogare sta bene, ma bisogna guardarsi dal ridurre la filosofia a mero dialogo, ché si rischia di ridurla ad un attualismo del dialogare, dove il dialogo stesso diventa fine a sé stesso. Ma questo è un altro discorso. Con cordialità  62  Trovano in un certo modo conferma le consideraz ioni sulla “nobile solitudine” tipica di uno studioso schivo e riservato come fu l’Antoni. Rinvio alla Introduzione di G. Sasso al  Carteggio Croce-Antoni , cit., p. XVIII.  63  Ancora strascichi polemici sui Congressi di filosofia in Italia1958 Mio caro Franchini,  in effetti quella mia frase sull’insolubilità del problema di Scaravelli è p iuttosto sibillina e può sembrare campata in aria. Mi piace molto che Ella me ne faccia quasi un rimprovero. Tuttavia in una commemorazione non potevo passare ad una critica e  soprattutto non potevo affrontare per mio conto l’intera questione 64 . Il problema  di Scaravelli era quello di dedurre il molteplice dall’identico, cioè di scoprire o “capire” come la grande madre genera i suoi figli. Era, insomma, il  problema della creazione del mondo. Se vogliamo, era anche il problema di derivare  l’estetica dalla logica, l’individuale esistenza dall’universale categoria. Questo, se non erro, era per lui il problema del “capire”, che, come Ella ben vede, era insolubile.  Ma Ella vede anche che se avessi dovuto spiegare perché il problema era mal posto, avrei dovuto tenere una vera e propria lezione. Con saluti cordialissimi Suo Carlo Antoni Roma, 8 gennaio 1959  64  Antoni aveva tenuto una splendida commemorazione di Luigi Scaravelli nella Sala degli Stemmi alla Scuola Normale di Pisa il 23 novembre 1957. Scaravelli era scomparso tragicamente nella primavera di  quell’anno. Così Antoni scriveva a Franchini in data 8 maggio ’57: «Ella  avrà saputo della tragica morte del mio vecchio, carissimo amico Scaravelli. Sono stato a Firenze ai suoi funerali. Era uno spirito amabile, brillante, fine, buono e un galantuomo anche nelle cose filosofiche: era uno dei nostri ed io contavo su di lui. Per me è una perdita dolorosissima».Caro Franchini, eccellente il Suo articolo su M. Weber 65 . Ella ha indubbiamente ragione nel trovare un presupposto kantiano o neo-kantiano nella sua teoria del tipo ideale. Io ne avevo avvertito la presenza, ma non vi avevo insistito. Assai utile il Suo articolo per quei fessi in mala fede che pretendono di scoprire Weber e di utilizzarlo, assieme a  Dilthey, contro Croce. Raramente il rancore, l’arrivismo, la petulanza hanno messo  insieme tanta stupidità. Ma che cosa credono di concludere con questa impresa sballata? Suo Carlo Antoni Roma, 3 marzo 1959 Caro Franchini,   penso anch’io che la Sua appartenenza alla Nunziatella possa essere d’ostacolo  ad un alleggerimento dei suoi incarichi scolastici, reso urgente dai suoi incarichi universitari. Ho ricevuto il Suo  Kant  66 , ma Le devo confessare che non ho trovato il tempo per leggerlo. Lo farò nei prossimi giorni. Alla fine di gennaio sono stato a Zurigo, dove ho tenuto una conferenza e ho parlato alla radio: è stata una gita splendida, un tempo magnifico, nella Svizzera coperta di neve. Suo Carlo Antoni  65   L’articolo di Franchini su  Weber e il “regresso”   era uscito nel gennaio del ’59 su «Il Mondo».   66  Si tratta del volume: I. Kant,  Critica della ragion pratica , a cura di R. Franchini, Bari, Laterza, 1959.

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