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Friday, March 4, 2022

GRICE E LUCREZIO: ALMA FIGLIA DI GIOVE, INCLITA MADRE

 Ai-ma figlia di Giore, inclita madre  Del gran germe d'Enea, Venere bella,  Degli uomini piacere e degli Dei:   Tu che sotto i girevoli e lucenti  Segni del cielo il mar profondo, e tutta  D’ animai d'ogni specie orni la terra,   Che per se fora un vasto orror soUngo :   Te Dea , fnggono i venti: al primo arrivo  Tuo svaniscon le nubi: a te germoglia  Erbe e fiori odorosi il suolo indnstre :   Tu rassereni i giorni foschi, e rendi  Col dolce sguardo il mar chiaro e tranquillo,  E splender fai di maggior lume il ciclo.  Qualor deposto il freddo ispido manto  L'anno ringiovanisce, « la soave  Aura feconda di Favonio spira,,   Tosto tra fronde e fronde i vaghi augelli.     34 T. LUCREZIO CARO   Feriti il cor da' tuoi pungenti dardi ,   Cantan festosi il tuo ritorno, o Diva;   Liete scorron saltando i grassi paschi  Le fiere , e gonfi di nuor' acqae i fìami  Varcano a nuoto e i rapidi torrenti:   Tal da' teneri tuoi rezzi lascivi  Dolcemente allettato ogni animale  Desioso ti segue ovunque il gnidi.   In somma tu per mari e monti e fiumi,  Pe'boschi ombrosi e per gli aperti campi,  Di piacevole amore i petti accendi,   E cosi fai che si conservi '1 mondo.   Or se tu sol della Natura il freno  Reggi a tua voglia , e senza te non vede  Del di la luce desiata e bella,   Nè lieta e amabil fassi alcuna cosa:   Te , Dea, te bramo per compagna all'opra,  In cui di scriver tento in nuovi carmi  Di Natura i segreti e le cagioni  Al gran Memmo Gemello a te si caro ,  In ogni tempo, e d’ogni laude ornato.   Tu dunque , o Diva , ogni mio detto aspergi  D’eterna grazia, e fa’ cessare intanto  E per mare e per terra il fiero Marte,   Tu, che sola puoi farlo : egli sovente  D’ amorosa ferita il cor trafitto  Umil si posa nel divin tuo grembo.   Or mentr’ ei pasce il desioso sguardo  Di tua beltà, ch'ogni beltade avanza,   E che l’anima sua da te sol pende,   Deh ! porgi a lui , vezzosa Dea , deh ! porgi  A lui soavi preghi , e fa'ch’ ei renda  Al popol suo la desiata pace.   Che se la patria nostra è da nemiche  Armi abitata, io più seguir non posso  Con animo quieto il preso stile,   Nè può di Memmo il generoso figlio    L I B R O l. aS   l^egar sé stesso alla comaa salate.   Tu, gran prole di Memmo, ora mi porgi  Grate ed attente orecchie, e ti prepara,  Lungi da te cacciando ogni altra cura,   Alle vere ragioni , e non volere  I miei doni sprezzar pria che gl’ intenda.   Io narrerotti in che maniera il cielo  Con moto alterno ognnr si volga c giri j  Degli Dei la natura, e delle cose  Gli alti principi , e come nasca il tutto ;  Come poi -si nutrichi, e come cresca,   Ed in che finalmente ei si risolva :   £ ciò da noi nell’ avvenir dirassi  Primo corpo, 9 materia, o primo seme,   O corpo genitale , essendo quello  Onde prima si forma ogni altro corpo:   Che d'uopo é pur che’n somma eterna pace  Yivan gli Dei per lor natura , e lungi  Stian dal governo delle cose umane ,   Scevri d' ogni dolor, d' ogni periglio ,   Biechi sol di lor stessi, e di lor fuori  Di nulla bisognosi, e che nè metto  Nostro gli alletti, o colpa accenda ad ira.   Giacca l’ umana vita oppressa e stanca  Sotto religìon grave e severa.   Che mostrando dal ciel l’altero capo  Spaventevole in vista e minacciante  Ne soprastava. Un iiom d* Atene il primo  Fu, che d’ ergerle incontra ebbe ardimento  Gli occhi ancor che mortali, e le s’oppose.  Questi non paventò nè eie! tonante  Nè tremoto che ’l mondo empia d’ orrore ,  Nè fama degli Dei, nè fulmin torto j  Ma qual acciar su dura alpina cote  Quanto s’agita più tanto più splende.   Tal dell'animo suo mai sempre invitto  Nelle difficoltà crebbe il desio   a    Digitized by Google     T. LUCREZIO CARO    a6   Di spezzar pria d'ogni altro i saldi chiostri,  E r ampie porte di Natura aprirne.   Cosi vins' egli , e con l' eccelsa mente  Varcando oltre a' confin del nostro mondo,  Fu bastante a capir spazio infinito.   Quindi sicuramente egli n’ insegna  Gid che nasca o non nasca, ed in qual modo  Ciò che racchiude l' Universo in seno  Ha poter limitato , e tcrmin certo :   E la religion co’pié calcata,   L' alta vittoria sua c’ erge alle stelle.   Nè creder già che scelerate ed empie  Sian le cose eh’ io parlo ; anzi sovente  L' altrui religion ne’ tempi^antichi  Cose produsse scelerate ed empie.   Questa il fior degli eroi scelti per duci  Deir oste argiva in Aalide indusse  Di Diana a macchiar l' ara innocente  Col sangue d' Ifigenia , allor che cinto  Di bianca fascia il beLvirgineo crine  Vid’ella a se davanti in mesto volto  Il padre, e alni vicini i sacerdoti  Celar 1’ aspra bipenne , e '1 popol tutto  Stillar per gli occhi in larga vena il pianto  Sol per pietà di lei , che muta e mesta  Teneva a terra le ginocchia inchine.   Nè giovi punto all’ innocente e casta  Povera verginella in tempo tale ,   Ch’ a nome della patria il prence avesse  All’ esercito greco un re donato ;   Che tolta dalle man del suo consorte  Fu condotta all’ aitar tutta tremante:   Non perchè terminato il sacrifizio,   Legata fosse col soave nodo  D* un illustre imeneo ; ma per cadere  Nel tempo stesso delle proprie nozze  A* piè del genitore ostia dolente    I. 1 c n o I.    27    Per dar felice e fortunato evento  All' armata navale. Error si grave  Persuader la religion poteo.   Tu stesso dall' orribili minacce  De' poeti atterrito, a i detti nostri  Di negar tenterai la fe dovuta.   Ed oh! quanti potrei fìngerti anch'io  Sogni e chimere, a sovvertir bastanti  Del viver tuo la pace, e col timóre  Il sereno turbar della tua mente.   Ed a ragion, che se prescritto il fine  Vedesse l'uomo alle miserie sue.   Ben resister potrebbe alle minacce  Delle religioni, e de' poeti.   Ma come mai resister può, s' ei teme  Dopo la morte aspri tormenti eterni.  Perchè dell' alma è a lui 1' essenza ignota:  S' ella sia nata, od a chi nasce infusa,   E se morendo il corpo anch' ella muoia?   Se le tenebre dense , e se le vaste  Paludi vegga del tremendo Inferno ,   O s' entri ad informare altri animali  Per ^divino voler, siccome il nostro  Ennio cantò , che pria d' ogn' altro colse  In riva d'Elicona eterni allori.   Onde intrecciossi una ghirlanda al crine  Fra l'italiche genti illustre c chiara?  Bench' ci ne' dotti versi affermi ancora  Che sulle sponde d' Acheronte s' erge  Un tempio sacro a gl' infernali Dei ,   Ove non 1' alme o i corpi nostri stanno.   Ma certi simulacri in ammirande  Guise pallidi in volto, e quivi narra  D aver visto l'imagine d' Omero  Piangere amaramente, e di Natura  Raccontargli i segreti e le cagioni.   Dunque non pnr de’più sublimi effetti    Digilized by Googic     >8    T. LUCREZIO CARO    Cercar le cause, e dichiarar conviensi  Della luna e del sole i morimenti ;   Ma come possan generarsi in terra  Tutte le cose, e con ragion sagace  Principalmente investigar dell' alma,   £ dell'animo uman l’occulta essenza,   E ciò che sia quel, che vegliando infermi,  £ sepolti nel sonno, in guisa n'empie  D’alto terror , che di veder presente  Parne , e d’udir chi già per morte in nude  Ossa ò converso, e poca terra asconde.   £ so ben io qual malagevol’ opra   Sia r illustrar de’ Greci in toschi carmi  L’ oscure invenzioni, e quanto spesso  Nuove parole converrammi usare,   Non per la povertà della mia lingua  Ch’ alia greca non cede , e più d’ ogn’ altra  Piena è di proprie e di leggiadre vocij  Ma per la novità di quei concetti  Ch’esprimer tento, e che nuli’ altro espresse.  Pur nondimcn la tua virtude ò tale ,   £ lo sperato mio dolce conforto  Della nostr’amistà, eh’ ognor mi sprona  A soffrir volentieri ogni fatica,   E m’induce a vegliar le notti intere,   Sol per veder con quai parole io possa  Portare innanzi alla tua mente un lume,  Ond’ ella vegga ogni cagione occulta.   Or si vano terror , si cieche tenebre   Schiarir bisogna, e via cacciar dall’ animo  Non co’ be’ rai del sol, non già co’ lucidi  Dardi del giorno a saettar poc’ abili  Fuorché 1’ ombre notturne e i sogni pallidi ,  Ma col mirar della Natura , e intendere  D’occulte cause e la velata imagine.   Tu, se di conseguir ciò brami, ascoltami.   Sappi , che nulla per diyin volere    Digitized by Googl    Pad dal nalla crearsi, onde il timore,   Che qaind'il cor d'ogni mortale ingombra ,  Vano è del tutto, e se tu vedi ognora  Formarsi molte cose in terra e ’n cielo,  nè d'esse intendi le cagioni, e pensi  Perciò che Dio le faccia , erri e deliri.   Sia dunque mio principio il dimostrarti,  Che nulla mai si può crear dal nulla.  Quindi assai meglio intenderemo il resto  £ come possa generarsi il lutto  Senz'opra degli Dei. Or se dal nnlla-  Si creasser le cose, esse di seme  Non avrian d'uopo, e si vedrian produrre  Uomini ed animai nel seti dell' acque,   Nel grembo della terra uccelli e pesci,   £ nel vano dell’ aria armenti e greggi;   Pe' luoghi culli, e per gl' inculti il parto  D'ogni fera selvaggia incerto fora;   Nè sempre ne darian gl'istessi frutti  Gli alberi , ma diversi ; anzi ciascuno  D' ogni specie a produrgli allo sarebbe.  Poiché come potrian da certa madre  Nascer le cose, ove assegnati i propri  Semi non fosser da ^Natura a tutte 1  Ma or perché ciascuna è da principi  Certi creala , indi ha il natale ed esce  Lieta a godere i dolci rai del giorno ,   Ov'è la sua materia e -i-vorpi primi:   E quindi nascer d'ogni cosa il tutto  Non può, perchè fra loro alcune certe  Cose hall l'interna facoltà distinta.   Inoltre ond' è che primavera adorna   Sempre è d’ erlie e di fior? che di mature  Biade all' estiv' arsura ondeggia il campo ?  £ che sol quando Febo occupa i segni  O di Libra o di Scorpio, allor la vite  Suda il dolce liquor che inebria i sensi?    3o    T. LUCREZIO CARO    5e non perché a'ior tempi alcuni certi  Semi in un concorrendo, atti a produrre  Son ciò che nasce, alJor che le stagioni  Opportune il richieggono, e la terra  «I Di rigor genital piena c di succo ,   Puote all’ aure inalzar sicuramente  Le molli erbette e 1' altre cose tenere ì  Che se pur generate esser dal nulla  Potessero, apparir dovrian repente  In contrarie stagioni e spazio incerto ,   Non vi essendo alcun seme , che impedito  Dall' Union feconda esser potesse  O per ghiaccio o per sol ne' tempi avversi.  Né per crescer le cose avrian mestiere  Di spazio alcuno in cui si unisca il seme,  i' elle fosser del nulla atte a nutrirsi :   Ma nati appena i pargoletti infanti  Diverrebbero adulti , e in un momento  Si vedrebber le piante inverso il cielo  Erger da terra le robuste braccia.   Il che mai non succede ; anzi ogni cosa  Cresce, come conviensi , a poco a poco,   E crescendo, conserva e rende eterna  La propria specie. Or tu confessa adunque  Che della sua materia , e del suo seme  Nasce, si nutre e divien grande il tutto.   S’arroge a ciò, che non daria la terra  Il dovuto alimento ai lieti parti.   Se non cadesse a fecondarle il seno  Dal del 1' umida pioggia, e senza cibo  Propagar non potrebber gli animali  La propria specie, e conservar la vita,   Ond' è ben verisimile, che molte  Cose molti fra lor corpi comuni  Àbbian, come le voci han gli elementi j  Anzi, che sia senza principio alcuna.   In somma ond' è che non formò Natura      LIBRO 1.    3l    Uomini tanto grandi e si robusti,   Che potesser co’ piè del mar profondo  Varcar l’ acque sonanti , e con la mano  Sveller dall’imo lor l’alte montagne,   £ viver molt’ etadi , e molti secoli? 

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