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Monday, March 7, 2022

GRICE E LIBERATORE: il ramo d'olivo

 Segno è generalmente tutto ciò, che alla potenza conoscitiva rappresenta alcuna cosa,da se distinta.Perciò taldenominazione ben siaddicealconcetto,ilquale,come sièdetto,esprimeal vivo e rappresenta alla mente l'obbietto, intorno a cui si aggira . M a il c o n c e t t o è i n t e r n o a l l ' a n i m o ; e p e r p a l e s a r s i d i f u o r a h a b i sogno di un segno esterno.Questo segno esterno consiste ne'vo i caboli;iqualitratuttiisegoi ottennero la preminenza iq.or  CAPO PRIMO ARTICOLO I. 11   dine alla manifestazione delle cose , che internamente conce piamo. C o s ì il t e r m i n e m e n t a l e , c i o è il c o n c e t t o , e d il t e r m i n e o r a l e cioè il vocabolo , convengono tra loronella generica ragione di segno.Ma sidifferenziano grandemente nella ragione specifica. I m p e r o c c h è , p r i m i e r a m e n t e il c o n c e t t o è s e g n o n a t u r a l e ; il v o cabolo è segno convenzionale.Dicesi segno naturale quello,che di per sè e per sua natura mena alla cognizione di un'altra cosa; c o m e il f u m o , p e r e s e m p i o , r i s p e t t o a l f u o c o , e g e n e r a l m e n t e o g n i effetto, riguardoallacausa.Dicesisegnoconvenzionalequello, che arbitrariamente o per patto vien destinato a dinotare alcuna c o s a ; c o m e il r a m o d ' o l i v o si a d o p e r a p e r 3.°Iltermineorale, benchè prossimamentesignifichiilcon cetto,nondimeno medianteilconcettosignificalostessooggetto. A n z i , p o i c h è d a c h i p a r l a è a d o p e r a t o p e r d i n o t a r e il c o n c e t t o n o n subbiettivamente m a obbiettivamente, cioè in quanto è espres- sione della cosa percepita;ne segue che,quanto alla significazio ne,esso siconfondequasicolconcetto,dicuiècome lavestee l'esterna apparizione. E però la Logica a buon diritto tratta per  12 > Ora niunvocaboloèdisuanaturaconnessoconundeterminatocon cetto ; e però tanta varietà di loquela si scorge presso le diverse n a z i o n i . A l c o n t r a r i o , il c o n c e t t o d i p e r s è e n e c e s s a r i a m e n t e r a p presental'obbietto,essendoneuna naturalrassomiglianza;epe rò il discorso mentale è lo stesso appo tutti. Inoltre il concetto è segno formale;ilvocaboloèsegno istrumentale.Ad intendere q u e s t a d i f f e r e n z a , è n e c e s s a r i o o s s e r v a r e , c h e il v o c a b o l o p e r m e narci alla conoscenza della cosa significala, ha mestieri d'esser prima dạ noi compreso. E perd appartiene a quel genere di se gni ,a cui può applicarsi la seguente definizione :Segno è ciò che, conosciuto,adduce allaconoscenzadiun'altracosa.Ma delcon cetto non è così:giacchè esso,senza bisogno d'esser prima cono sciuto ,col solo attuare la mente , ci mena alla conoscenza del l'obbietto, sicchè questo appunto sia ilprimo ad essere diretta mente percepito. Ciò di leggieri apparisce, tanto solo che si con sidericheilconcettononpuòpercepirsi,senon percognizione riflessa e pel ritorno della mente sopra sè stessa. Laonde quello che sipercepisce per prima e diretta cognizione, non può essere essoconcetto,ma necessariamenteèunaqualchecosadiversadal medesimo.A dinotarepertanto una taldifferenza,venne intro dotta la distinzione del segno formale e del segno istrumentale Viene in quarto luogo l'abuso del linguaggio che è il mezzo dato all'uomo per esternare ad altrui gl’interni con cepimenti dell'animo.L'apalisi de'vocaboli è ordinariamente un grande aiuto allo spirilo per rischiarare le idee,merce chè essi sovente tengonchiusisottolalorospoglia iconcelli comuni dell'uomo. Ma accade altresì che si arroghino più diquellochelorodiragionsicompele,etentinonondies. sere esaminali e giudicali dall'intellello,ma manciparselo e deltargli legge acapriccio.Per quattro maniere principalmente i vocaboli introducono falsi concetti nell'animo.Prima per la loro ambiguità e confusione. Imperocchè ci ha delle voci d'incerlo significato, le quali han bisogno d'esser delermi. nale nel senso in cui si tolgono , altrimenti ingenerano con : cetto vago e mal fermo da cui procedon poi fallaci giudizii. Tale è a cagion d'esempio la voce natura,laquale suol pren dersiadesprimereorl'essenzadiunacosa,orilmondosen sibile; or l'autore dell'universo, or lull'altro a lalento di c o    foi chel'usa.Parimenteleideesignificatepe'vocaboliso vente sono assai complesse e complicate ;e pero ove non bene sirisolvanoperviad'analisine’loroelementi,son cagioneche siformiun assaiconfusoedinformeconcetto.Secondo,tal volta i vocaboli vengono adoperati a significar mere negazio ni o prodotti arbitrarii della immaginativa ,o semplici astrazioni dell'animo ; come la voce cecità,fortuna,centauro, località, e somiglianti.Oravvienecheperdifettodidebitaconsidera zione si cada nella credenza ch'esse esprimano cose positive e reali si nell'essere che nel modo onde sou concepite.Ter. zamente , ivocaboli delle cose immateriali son formati d'ordi nario per analogia presa dagli obbielli materiali,equindi av viene che talora si confondano le une cogli altri.In quarto Juogo ne'nomi derivati sebbene spesso l'origine e l'elimoa Jogiadel vocabolocoincidecolsensoinchecomunementesi prende, tuttavia non rade volte se ne dilunga. Nel qual caso per mancanza di allenzione può avvenire che l'una coll'altro si scambi.A queste cause può aggiugnersi lanovità de'voca boli di che taluni stranamente si piacciono, e l'uso incostante che fanno di quelli stessi che fuor di ragione introdussero.La H i l o s o f i a p e r q u a n t o p u ò n e l l ' a d o p e r a r e il l i n g u a g g i o n o n d e v e scostarsi dall’uso comune,nè cambiare a capriccio il senso delle voci ricevute o da sè stessa una volta determinale. 13. Da ultimo una indebila applicazione de'mezzi di co noscenzaè radicemalnalad'errore.Accadeciòinprimadal non bene distinguere con quali facoltàdebba l'oggetto.con cepirsi;come a cagion d'esempio in chi con la fantasia volesse comprender ciò che allrimenti non si può che con l'intellelto. Dippiù si bada talora più alla vivacità e felicità della rappre sentanza, che alla fermezza delmotivo che spinge all'assen so. E così le cose che vivacemente e prestamente feriscono l'animo più di leggieri si ammettono che allre non fornite di questa dote, ma più salde per forza di argomenti.Inoltre si procede temerariamente a giudizii senza prima considerare se l'obbietto è debitamente proposto giusta le leggi e le c o n dizioni volute dalla natura .Quinci le fallaciede'sensi,lo scam biarsi per i principii proposizioni arbitrarie, il formare as siomi illegittimi, ildedurre conseguenze erronee da sofistici ragionamenti.E perciocchèloschivarquestimalirichiedela  35   36 conoscenza del dritto cammino che deve tener la mente per le vie del vero, passiamo a traltar diligentemente questa m a teria, alla quale premettiamo ilseguente articolo,che ad essa valga come d'introduzione. Cum animi nostri sensus cogitationesque animo ipso la teant , nec per sese ceteris patefiant ; h o m o , qui ad societatem cum aliis coëundam enascitur, idoneis mediis a provido naturae Auctore instructus est, ut ideas suas aliis, quibuscum vivit, m a nifestet. Haec media signa quaedam sunt ; sic enim nominan tur quaecumque ad res alias innuendas sive natura sive volun tate sunt instituta.Ompibus vere signis, quibus conceptus nostros  28 LOGICAE De idearum signis.   PARS PRIMA 29 et affectus animi patefacimus, maximopere vocabula praestant. Etsi enim suspiria , gemitus , nutus, sensa animi nostri signifi cent; minime tamen id efficiunt eadem facilitate, perspicuitate, distinctione ac varietate, quae vocabulorum propria est. Q u a m quam non diffitear gestuum loquelam , si vivax sit, vehementius commovere , propterea quod imaginationem vividius feriat, et rem veluti ponat ob oculos. Vocabulum definiri potest : vox articulate prolata ad ideam aliquam significandam . Ex quo intelligitur , ope vocabulorum proxime et immediate conceptus, vi autem conceptuum ipsa ob iecta significari. 6. Ad originem sermonis guod spectat, nemini dubium est quin , etsi vis loquendi ingenita nobis sit , verborum tamen determinatio ab arbitrio generatim pendeat. Secus si quodlibet determinatum verbum determinatam rem natura sua innueret; qui fieri posset ut verbum idem apud diversas gentes , quibus certe eadem natura inest, non idem exprimat ? De hoc nulla est controversia; at quaestio in eo est utrum absolutae necessitatis fuerit ut sermo aliquis primis hominibus a Deo communicaretur, an homo sermocinandi tantum virtute ornatus sermonem ipse repererit vel saltem reperire potuerit. Qua de re in contrarias sententias philosophi distrahuntur.Nonnulli enim non modo pos sibilitatem , sed factum etiam tuentur, atque hominem sermone destitutum sermonis auctorem fuisse autumant.Alii id neutiquam evenire potuisse arbitrantur , cum sermo sine usu intelligentiae. efforinari nequeat , et ad usum intelligentiae sermonem necessa rium esse putent. Equidem sic existimo :ad absolutam possibilitatem quod at tinet, hominem per se potuisse ex insita propensione et facultate loquendi, quam accepit, determinatum sensum vocibus quibus dam tribuere,etsicspontesua efformaresermonem .Quid enim repugnasset ut homo rem sensibus occurrentem nutu aliquo com mopstraret aliis, atque ex innata viloquendi sonum syllabis qui busdam distinctum proferret et ad commonstratam rem signifi candam libere determinaret ? Expressis autem rebus sensibilibus, ad insensibiles significandas gradatim pervenire impossibile sane non erat; cum ad has exprimendas nomina quaedam ex rebus  ;   30 LOGICAE materialibus, propter analogiam , quam homo inter utrasque per spicit, transferri facile potuissent. At si non de absoluta et abstracta possibilitate, sed de f a cto loquimur , rem aliter contigisse certum est. N a m ex sacris litteris indubie colligimus elementa sermonis primo homini a Deo tributa esse , quantum saltem sufficeret ad domesticam societa tem , in qua ille conditus est, retinendam . Cuius rei congruen tia vel inde patet, quod si, ut supra dictum est, ad divinam pertinuit providentiam opportuna scientia instruere protoparen tem ; hoc multo magis de usu sermonis dicendum sit,cuius longe maior necessitas imminebat. An sapienter cogitari poterit totius generis humani parens et magister , qui quasi principium et fun damentum constituebatur futurae societatis civilis et sacrae,sine actuali copia illorum mediorum , quae ad munus hoc adimplen dum tantopere requirebantur? Accedit, quod eruditorum vestigationes, qui de origine lin guarum tractarunt, huc tandem concludendo devenerunt, ut omnes linguae tamquam dialecti linguae cuiusdam primitivae , quae perierit, habendae sint. At si sermo inventio esset h u m a na, singulae familiae, quae diversis populis originem dederunt, linguam sibi omnino propriam atque ab aliis radicitus discrepan tem creavissent. 7. De utilitate vero, quam ex sermone pro rerum intelligen tia mens capit , permulta fabulati sunt philosophi quidam , in primisque Condillachius.Putarunt enim illum esse necessarium ad analysim et synthesim idearum habendam , nec sine ipso ideas ge nerales efformari posse.Quin etiam eo progressi sunt,ut dicerent ipsam intelligentiam nonnisi ex usu loquelae progigni. At enim haec esse ridicula optimus quisque iudicabit, modo cogitet non posse loquendi usum concipi nisi iam antea intelligentia subau diatur. Non enim quia loquimur intelligimus, sed viceversa quia intelligimus loquimur. Unde bruta,quia intelligentia carent, id circo loquendi facultate privantur. Quod si intelligentia e ser mone non pendet , poterit illa quidem suis uti viribus ad ideas sive dividendas sive componendas sive etiam abstrahendas, quin idcirco sermo velut causa aut instrumentum adhibeatur. Sed de hac re fusius erit in Metaphysica disputandum .    Vera igitur emolumenta sermonis his continentur : I. Prae terquam quod ad ideas communicandas inserviat, ac proinde ve luti vinculum sit societatis ; intellectui subvenit, quatenus loco phantasmatum verba ut signa sensibilia in imagioatione substi tuit. II. Memoriae opitulatur ad ideas semel habitas revocan das. III. Mentis attentionem figit detinetque in obiecto , quod exprimit , quae secus ad alia contemplanda statim raperetur. IV. Mentis opificia conservat, efficitque, ut illa postquam con templationis suae partus vocabulis scriptura exaratis ad retinen dum tradiderit, soluta curis ad nova speculanda impune progredi possit. Hae potissimum utilitates e sermone in hominem profi ciscuntur ; ceterae, quae a nonnullis nimium exaggerantur, sine fundamento ponuntur, et animo humano sunt dedecori. Denique ad dotes loquendi quod attinet, sermo sit perspicuus, usitatus, brevis; non ea tamen brevitate,qua obscurior sententia fiat; sed ea , q u a m rite descripsit Tullius , ubi inquit brevitatem appellandamessecum verbum nullum redundat,velcum tantum verborum est, quantum necesse est 1.

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