LA RETTORICA DI BKUJVKJ'X^I'O rvAUlIVI ■ w^^^^ y ^ip^^^iF^^y^'»'»^ Qui comincia lo 'usegnamento di rettorica, lo quale è ritratto in vulgare de' libri di Tullio e di molti filosofi per ser Bur- netto Latino da Firenze. Là dove è la lettera grossa si è il testo di Tullio, e la lettera sottile sono le parole de lo sponitore.- Incomincia il prologo. 1. Sovente e molto ò io pensato in me medesimo se Ila copia del dicere e lo sommo studio della eloquenzia àe fatto più bene o più male agli uomini et alle cittadi; però che quando io considero 10. li dannaggii del nostro comune e raccolgo nell' animo l' antiche aversitadi delle grandissime cittadi, veggio che non picciola parte di danni v' è messa per uomini molto parlanti sanza sapienza. W Qui parla lo sponitore. 1. Rettorica èe scienzia di due maniere: una la quale in- 15. segna dire, e di questa tratta Tulio nel suo libro; l'altra insegna dittare, e di questa, perciò che esso non ne trattò cosi del tutto apertamente, si nne tratterà lo sponitore nel processo del libro, in suo luogo e tempo come si converrà. 2. Rettorica s' insegna in due modi, altressì come l' altre 20. scienzie, cioè di fuori e dentro. Verbigrazia: Di fuori s'in- segna dimostrando che è rettorica e di che generazione, e quale sua materia e Ilo suo officio e le sue parti e lo suo S; .V' om. per ser B. L. da F. (m Latini); ma è il solo rlw, conservando la differenza di tcriUura fra testo e commento, allunga: Là dove ecc. — 7; m Sovente o io pensato molto — 8: m dictare. .V' d'eloquentia — 9: .W perciò che — 10: .V accolgo — 13: M-m om. sanza sapienza — m (m' nu) om. i ^ 1-lS del commento. — 16: il/' perciò clielgli — 17 : M tracta — 18: M del suo libro. (1) Sanza sapienza manca nel testo latino ; ma che 1' aggiunta sia dovuta al- l' autore è confermato dalle parole del commento, § 17. - 4 - propio strumento e la fine e lo suo artefice; et in questo modo trattò Boezio nel quarto della Topica. Dentro s'in- segna questa arte quando si dimostra che ssia da ffare sopra la materia del dire e del dittare, ciò viene a dire 5. come si debbia fare lo exordio e la narrazione e l'altre parti della dicieria o della pistola, cioè d'una lettera dittata; et in ciascuno di questi due modi ne tratta Tulio in questo suo libro. 3. Ma in perciò che Tulio non dimostrò che sia rettorica né quale è '1 suo artefice, sì vuole lo sponitore 10. per più chiarire l'opera dicere l'uno e l'altro. 4. Et èe rettorica una scienzia di bene dire, ciò è retto- rica quella scienzia per la quale noi saperne ornatamente dire e dittare. Inn altra guisa è così diffinita : Rettorica è scienzia di ben dire sopra la causa proposta, cioè per la 15. quale noi sapemo ornatamente dire sopra la quistione aposta. Anco àe una più piena difiìnizione in questo modo: Rettorica è scienza d'usare piena e perfetta eloquenzia nelle publiche cause e nelle private; ciò viene a dire scienzia per la quale noi sapemo parlare pienamente e perfettamente 20. nelle publiche e nelle private questioni; e certo quelli parla pienamente e perfettamente che nella sua diceria mette parole adorne, piene di buone sentenzie. Publiche questioni son quelle nelle quali si tratta il convenentre d'alcuna cittade o comunanza di genti. Private sono quelle 25. nelle quali si tratta il convenentre d'alcuna spiciale per- •sona. E ttutta volta è lo 'ntendimento dello sponitore che queste parole sopra '1 dittare altressì come sopra '1 dire siano, advegna che tal puote sapere bene dittare che non àe ardimento o scienzia di profiferere le sue parole davanti 30. alle genti; ma chi bene sa dire puote bene sapere dittare. 5. Avemo detto che è rettorica, or diremo chi è lo suo artefice : dico che è doppio, uno è « rector » e l'altro è « ora- 1 : M artificio — S-3 : M' si inpugna (o simpugna) — ■/: M' cioè vione a d. — 6: Af' della pistola 7 de la diceria — 6-7 : M' ciascheduno — 0-10 : jf ' ne quale si vuole lo spo- nitore al suo artefice ì si vuole lo sponitorc | per più chiarità l'opera (^cc. — i/:jf'Et e una recthorica - J3: S a questo punto tigriiuruie : Et secondo Aristotile, lietoric^i in torno a' medesimi subietti, che la Dialettica s'avvolgo, ciò viene a dire intorno alle modosime mate- rie si maneggia, et è fucultù, cioè sapere di potere considerai'o in ogni proposta cosa ciò che sin da l'arsi credere - /-/ : m 7 sciencia — 14: H cosa — 16: Jf' ancora — 18: M publiche cose 7 nelle private i|uistioni — SO-21 : Af' om. nelle publiche.... perfettamente — H: comu- nance — 25: m' spetial — 28 : .V om. siano — 29 : M ordinatamente, jf ' né se. — 29-30 : M' davanti le genti - 31 : M' sì diremo.... 7 dico ■ 32: M' l'altro orator. - &- tor ». Verbigi-azia : Rector è quelli che 'nsegna questa scienzia secondo le regole e' comandamenti dell'arte. Orator è colui che poi che elli àe bene appresa l'arte, sì ll'usa in dire et in dittare sopra le quistioni apposte, sì come sono 5. li buoni parlatori e dittatori, sì come fue maestro Piero dalle Vigne, il quale perciò fue agozetto di Federigo se- condo imperadore di Roma e tutto sire di lui e dello 'm- perio. Onde dice Vittorino che orator, cioè lo parlatore, è uomo buono e bene insegnato di dire, lo quale usa piena 10. e perfetta eloquenzia nelle cause W publiche e private. 6. Ora àe detto lo sponitore che è rettorica, e del suo artifice, cioè di colui che Ila mette in opera, l'uno inse- gnando l'altro dicendo. Ornai vuole dicere chi è l'autore, cioè il trovatore di questo libro, e che fue la sua intenzione 15. in questo libro, e di che tratta, e Ila cagione per che lo libro è fatto e che utilitade e che tittolo à questo libro. 7. L' autore di questa opera è doppio : uno che di tutti i detti de' filosofi che fuoro davanti lui e dalla viva fonte del suo ingegno fece suo libro di rettorica, ciò fue Marco 20. Tulio Cicero, il più sapientissimo de' Romani. Il secondo è Brunetto Latino cittadino di Firenze, il quale mise tutto suo studio e suo intendimento ad isponere e chiarire ciò che Tulio avea detto; et esso è quella persona cui questo libro appella sponitore, cioè ched ispone e fae inten- 25. dere, per lo suo propio detto e de' filosofi e maestri che sono passati, il libro di Tulio, e tanto più quanto all'arte bisogna di quel che fue intralasciato nel libro di Tulio, sì come il buono intenditore potràe intendere avanti. 8. La sua intenzione fue in questa opera dare inse- 30. gnamento a colui per cui amore e' si mette a ffare questo trattato de parlare ornatamente sopra ciascuna quistione proposta. S: Jf' 7 li com — 4: M' <lirc con diclaro — 3: M' l'ae {ma L fue).... Pietro — 9: Jf' 7 hiioino ~ 9-10 : M buona - Cause è di L ; u cose, m' cose, poi espunto l'o e sostituito au — il : li' om. e — 13: M (tiro - Jf' cheo — 14: x om. e che fue.... libro ~ 17-18: jtfchee ili lucti de phylosoli - 18: M' abe (£ ebbe) la viva fbnlana — 20: Afoni, il più ~ ^i : M' fue — 22: M' adisporre 7 a chiarire - 23: M' cui quella persona ~ 27 : M ritralassalo - 30: M om. e' ; L elli si mette, s ei. (1) Il testo latino ha causis. - & — 9. Et e' tratta secondo la forma del libro di Tulio di tutte e V. le parti generali di rettorica. Verbigrazia: Inventio, cioè trovamento di ciò che bisogna sopradire alla materia pro- posta; e dell'altre iiij° secondo che sono nel secondo libro 5. che Tulio fece ad Erennio suo amico, sopra le quali il conto dirà ciò che ssi converrà. 10. La cagione per che questo libro è fatto si è cotale, che questo Brunetto Latino, per cagione della guerra la quale fue traile parti di Firenze, fue isbandito della terra 10. quando la sua parte guelfa, la quale si tenea col papa e colla chiesa di Roma, fue cacciata e sbandita della terra. E poi si n'andò in Francia per procurare le sue vicende, e là trovò uno suo amico della sua cittade e della sua parte, molto ricco d'avere, ben costumato e pieno de grande senno, 15. che Ili fece molto onore e grande utilitade, e perciò l'ap- pellava suo porto, sì come in molte parti di questo libro pare apertamente; et era parlatore molto buono natural- mente, e molto disiderava di sapere ciò che' savi aveano detto intorno alla rettorica; e per lo suo amore questo 20. Brunetto Latino, lo quale era l)uono intenditore di lettera et era molto intento allo studio di rettorica, si mise a flfare questa opera, nella quale mette innanzi il testo di Tulio per maggiore fermezza, e poi mette "e giugne di sua scienzia e dell'altrui quello che fa mistieri. 25. 11. L' utilitade di questo libro è grandissima, però che ciascuno che saprà bene ciò che comanda lo libro e l'arte, sì saprà dire interamente sopra la quistione apposta. 12. Il titolo di questo libro, sì come davanti appare nel cominciamento, si è cotale : Qui comincia lo 'nsegnamtnto di 30. rettorica, il quale è ritratto in volgare de' libri di Tulio e di molti filosofi. E che lo titulo sia buono e perfetto assai chia- ramente si dimostra per effetto d'opera, che sanza fallo recato è in volgare il libro di Tulio e messo avanti in grossa lettera, si come di maggiore dignitade, e poi sono .35. recati in lettera sottile e' ditti di molti filosofi e Ho 'inten- 1 : M V' li-actii - 4: M oin. sncontlo [die sono] - M lihi'O di^ Tnlliiis - .5 : M lìi'inìo - 10: M la qualo tonoa — 11 : M sbandilo, .V isbandila - S agciiunge: l'anno M. OC. LX — 1S:M' Poi ac n'aniló.... procacciare — 14: M< 7 mollo ricco- yT/:.V(li gran spnno — /*: M< mollo Ijuono parladore — 19: .v intorno la v. ~ SI : M< de la rcclliorica - ?5 : .1/' perciò che -- 30: M' ritrovato, wn /. ritratto - M ' che titulo — 35: M' i detti de molli 1'. - 7 - dimento dello sponitore. E in questo punto si parte elli da questa materia e ritorna al propio intendimento del testo. 12. In questa parte dice lo sponitore che Tulio, vo- 5. gliendo che rettorica fosse amata e tenuta cara, la quale al suo tempo era avuta per neente, mise davanti suo pro- lago in guisa di bene savi, nel quale purgò quelle cose che pareano a Uui gravose. Che si come dice Boezio nel co- mento sopra la Topica, chiunque scrive d'alcuna materia 10. dee prima purgare ciò che pare a Uui che sia grave; e così fece Tulio, che purgò tre cose gravose. Primieramente i mali che veniano per copia di dire; apresso la sentenzia di Platone, e poi la sentenzia d'Aristotile. 13. La senten- zia di Platone era che rettorica non è arte, ma è natura, 15. per ciò che vedea molti buoni dicitori per natura e non per insegnamento d'arte. La sentenzia d'Aristotile fece cotale, che rettorica è arte, ma rea, per ciò che per elo- quenzia parca che fosse a venuto più male che bene a' co- muni e a' divisi. 14. Onde Tulio purgando questi tre gravi 20. articoli procede in questo modo: Che in prima dice che sovente e molto ae pensato che effetto proviene d'eloquen- zia. Nella seconda parte pruova lo bene e '1 male chende venia e qual più. Nella terza parte dice tre cose: in prima dice che pare a llui di sapienzia; apresso dice che pare a 25. llui d' eloquenzia ; e poi dice che pare a llui di sapienzia et eloquenzia congiunte insieme. Nella quarta parte sì mette le pruove sopra questi tre articoli che sono detti, e con- clude che noi dovemo studiare in rettorica, recando a cciò molti argomenti, li quali muovono d' onesto e d' utile (i) e 30. possibile e necessario. Nella quinta parte mostra Tulio di che e come elli tratterà in questo libro. 15. Et poi che Tulio nel suo cuminciamento ebbe detto 6-7 : m inanzi di suo prolagho a guisa — 7 .• M' de ben savi, L di ben savi — <S: m a Uui pareano — 11 : m Primamente — 12: M^ caveniano, »t che venieno — 13 : m, poi quella d'Ari- stotile — 14: m non fosse arte — 15: M' om. molti — »t dictatorì — 17 : m fosse arte — .V ma era — 19: M' Donde — SO : m che prima — 21 ■ m che molto - 22 : il' il bene o '1 male, m il benee limale — 23: .W che n'avenia,wi che ne seguia — 23.mche prima — 25:!H' om. deloquenzia.... a llui — 26: congiugne — 59 ■ ->/' 7 d'utile, ni d'onesto, d'utile, possibile — 32 : m ebbe dello nel suo chom. come. (1) Potrebbe anche leggersi ed utile. - 8 - come molte fiate e lungo tempo avea pensato del bene e del male che fosse advenuto, immantenente dice del male per accordarsi a' pensamenti delli uomini che ssi ricordano più d'uno nuovo male che di molti beni antichi; e cosi Tulio, 5. mostrando di non ricordarsi delli antichi beni, s' infigne di biasraare questa scienzia per potere più di sicuro lodare e difendere. 16. Et per le sue propie parole che sono scritte nel testo di sopra potemo intendere apertamente che in queste medesime parole ove dice che i mali che per elo- 10. quenzia sono advenuti e che non si possono celare, in quelle medesime la difende abassando e menimando la malizia. Che là dove dice « dannaggi » si suona che siano lievi danni de' quali poco cura la gente. Et là dove dice « del nostro comune » altressì abassa del male, acciò che più cura l'uomo 15. del propio danno che del comune; e dicendo «nostro comune» intendo Roma, però che Tulio era cittadino di Roma nuovo e di non grande altezza; ma per lo suo senno fue in sì alto stato che tutta Roma si tenea alla sua parola, e fue al tempo di Catellina, di Pompeio e di .Tulio Cesare, e per 20. lo bene della terra fue al tutto contrario a Catellina. Et poi nella guerra di Pompeio e di Julio Cesare si tenne con Pompeio, sicome tutti ' savi eh' amavano lo stato di Roma; e forse l'appella nostro comune però che Roma èe capo del mondo e comune d' ogne uomo. 17. Et là dove 25. dice «l'antiche adversitadi » altressì abassa il male, acciò che delli antichi danni poco curiamo. Et là dove dice « grandissime cittadi » altressì abassa '1 male, però che, sì come dice il buono poeta Lucano, nonn è conceduto alle grandissime cose durare lungamente; e l'altro dice che Ile .30. grandissime cose rovinano (i) per lo peso di sé medesime. 2: m che liinglio tempo fosse advonuto — U mantenenlo, in intnantanente (cfi'. Teso- retto, IH, 44) — 3: .)/' si ricordano (fiin nuovo — 5; il' demosti-ando — ó- [.)/ s'infinge] — 7 : VI om. Et — 8 : M' potremo — 10: il' cessare —11: il' menando — /;?.■ dannaggi è di L: il-ìii de magi, il' dai viaggi — M' sono, m sieno — 14: m om. l'uomo — 17 : il-ni et non di grande altezza, .S et di non troppa grande altezza — 18 : M-m sie fm s'iy in alto — 19: il' et di l'ompeio — 20: M' ftn tutto contrario — 20: m om. Bt — 2S : m lutti i savi — 2-1 : M ' in comune il ngnuomo — 23 • il abassan li mali, m abassa li mali — 26 • il-m chnrino 20-30: M L'altro disse — M ruvinavano, il'-l. dirovinano, .s rovinavano. (1) Cos'i leggo con m, perchè, trattandosi di un fatto clie si ripete, mi sembra necessario il presente, e perdio il passo latino da cui traduce Brunetto lia ruuvl (cfr. La Reltorica italiana ecc. già citata, p. 40). È notevole poi l'accordo sostan- ziale di m con W. Il rovinavano della stamp.i, piuttosto che risalire a un mano- — 9 — Et così non pare che eloquenzia sia la cagione (iel male che viene alle grandissime cittadi. Et là dove dice che danni sono advenuti per nomini molto parlanti 'sanza sa- pienzia, manifestamente abassa '1 male e difende rettorica, 5. dicendo che '1 male è per cagione di molti parlanti ne' quali non regna senno; e non dice che 1 male sia per eloquenzia, che dice Vittorino : « Questa parola eloquentia suona bene, e del bene non puote male nascere ». 18. Questo è bello ^ colore rettorico, difendere quando mostra di biasmare , 10. et accusax'e quando pare che dica lode. Et questo modo di parlare àe nome «insimiatio», del quale dicerà il libro in suo luogo. Et qui si parte il conto da quella prima parte del prologo nella quale Tulio àe detto il suo pensamento et àe detto li mali avenuti, e ritorna alla seconda parte IT), nella quale dimostra de' beni che sono pervenuti per elo- quenzia. Tullio. 2. Sì come quando ordino di ritrarre dell' anticiie scritte le cose che sono fatte lontane dalla nostra ricordanza per loro antichezza, 20. intendo che eloquenzia congiunta con ragione d'animo, cioè con sa- pienzia, piìie agevolemente àe potuto conquistare e mettere inn opera (i) ad hedifficare cittadi, a stutare molte battaglie, fare fer- missime compagnie et anovare santissime amicizie. Lo sponitore. 25. 1. Poi che Tulio àe divisati li mali che sono per elo- quenzia, sì divisa in questa parte li beni, e conta più beni che mali perciò che più intende alle lode. Et nota che dice 2: il' cavieno — 5 .• M-m cagioni — iV do nioUi — M-ìii pnrlamonli — 7 : m om. chb — 8: M boi — i 1 : M' è detto — in insinuatla — ^f di quale — »i? dirà.... nel suo luoglio — 13 : M' de quella prima parlo de conto prologo — 13: M-m nel quale — 15: M-m om. quale — M' i beni, m di beni di beni — 15: m venuti — 18: Jf Si elio quando — M scriiito coso, «I ciioso scritto — 19: .V om. per loro antichezza — 22 : il/' om. ad — .1/ a stroppiare, i/i a storpiare — 23: .V adunare, m anoverare — M santissimo compagnie, m fermissime amicitie — 2-i : M Spniiitnn: scritto, sarà opera dell'editore che volle concordare il tempo del verbo col disse della proposizione reggente. Qualche dubbio lascia il ruvinacano di M; rna non potrebbe derivare da un ruvlnano scritto erroneamente ruvinanano e poi letto rai:ina)iano2 (1) Cosi hanno tutti i codici ; mi trattiene dal correggere mettere opera il tro vare la stessa espressione mettere in opera, nei § 3, 2, 3 e 4. - 10 — « eloquenzia congiunta con sapienzia », però che sapienzia dà volontade di bene fare et eloquenzia il mette a compi- mento. 2. L'altre parole che sono nel testo, cioè «a edif- ficare cittadi, a stutare molte battaglie 7 e. » son messe 5. ordinatamente acciò che prima si raunaro gli uomini in- sieme a vivere ad una ragione et a buoni costumi et a multiplicare d' avere ; e poi che furo divenuti ricchi montò tra lloro invidia e per la 'nvidia le guerre e le battaglie. Poi li savi parladori astutaro le battaglie, et apresso gli 10. uomini fecero compagnie usando e mercatando insieme; e di queste compagnie cuminciaro a ffare ferme amicizie per eloquenzia e per sapienzia. 3. Ma ssi come dice e signifficano queste parole, per più chiarire l'opera è bene convenevole di dimostrare qui che è cittade e che è compagno e che è 15. amico e che è sapienzia e che è eloquenzia, perciò che Ilo sponitore non vuole lasciare un solo motto donde non dica tutto lo 'ntendimento. 4. Che è cittade. — Cittade èe uno raunamento di gente fatto per vivere a ragione; onde non sono detti cittadini 20. d'uno medesimo comune perchè siano insieme accolti den- tro ad uno muro, ma quelli che insieme sono acolti a vivere ad una ragione. 5. Che è compagno. — Compagno è quelli che per alcuno patto si congiugne con un altro ad alcuna cosa fare; e di 25. questi dice Vittorino che se sono fermi, per eloquenzia poi divegnono fermissimi. 6. Che è amico. — Amico è quelli che per uso di simile vita si congiugne con un altro per amore insto e fedele. Verbigrazia: Acciò che alcuni siano amici conviene che 30. siano d'una vita e d'una costumanza, e però dice «per uso di simile vita » ; e dice « giusto amore » perchè non sia a cagione di luxuria o d' altre laide opere ; e dice « fedele i'-3.- M' in compimento dell'altre parole ecc. — 3: Jf' cioè hediDcare — .»/ aslroppiarc, m a storpiare — 5.- M' caunano, corretto poi in raunarono — Af ad avere una ragione, m "al avere una medesima ragione — 7 : M l'uno, -If' fuor {cfr. Tesor., vii, 54) — il' montò loro — 9: M-m parlando anno attutato - 9: m le guerre — il.' M forme amicitio, »» forme d'amie— i^:mdichono— i^.- m dimostrare quello — io.- Af' 7 che sapientla 7 che eloq. - 17: .»/' volle intralasciare — 18: .V de genti — 20: .V-m raccolti - SI: m rachollì - 25: M son — S7 : M-m che è coiiipannia — M' si i> — 28 : .V ad un altro — 30: .U' por- ciò — 31 . .tf ' conduco insto am. fcerlo per scambio dell'abbreviatura di et con quella di con) — 32: U ad altre. - 11 - amore » perchè non sia per gnadagneria o solo per utili- tade, ma sia per constante vertude. Et cosi pare manife- mente che quella amistade eh' è per utilitade e per dilet- tamento nonn è verace, ma partesi da che '1 diletto e l'utti- 5. litade menoma. 7. Che è sajoiemia. — Sapienzia è comprendere la verità delle cose si come elle sono. 8. Che è eloquenzia. — Eloquenzia è sapere dire addome parole guernite di buone sentenzie. 10. TnUio. 3. Et così me lungamente pensante la ragione stessa mi mena in questa fermissima sentenza, che sapienzia sanza eloquenzia sia poco utile a le cittadi, et eloquenzia sanza sapienza è spessamente molto dampnosa e nulla fiata utile. Per la qual cosa, se alcuno in- l.ó. tralascia li dirittissimi et onestissimi studii di ragione e d'officio e consuma tutta sua opera in usare sola parladura, cert' elli èe citta- dino inutile al sé e periglioso alla sua cittade et al paese. Ma quelli il quale s' arma sie d'eloquenzia che non possa guerriere contra il bene del paese, ma possa per esso pugnare, questo mi pare uomo e 20. cittadino utilissimo et amicissimo alle sue (>) et alle publiche ragioni. Lo sponitore. I. Poi che Tulio avea dette le prime due parti del suo prologo, si comincia la terza parte, nella quale dice tre cose. Imprima dico che pare a llui di sapienzia, infino là dove 25. dice : « Per la qual cosa ». Et quivi comincia la seconda, nella quale dice che pare a llui d'eloquenzia, infino là ove dice : « Ma quello il quale s' arma ». Et quivi comincia la terza, ne la quale dice che pare a llui dell'una e dell'altra giunte insieme. 3: M' om. e — 4: M- pdesi — m diloclamento 7 l'util., .tf' l'utilitade 1 diloclo — 8-9: .»/ ad ongno parole, m ogni parole — 13.- M-m om. sia.... sapienza — i-J : M' om. molto ^ i5: M-m lassa indireotissimi (m idireuissimi) — IG: M-m sola la parlatura — 18: 3l-m sama — .)/ giuriare, m ingiuriare — Ì9-20.- .1/ luiomo cittadino, »i mi pare cittadino — .V-»i a' suoi — .?3 • .1/ conincìa — S4 : M insini, .)/' inlìn là ove (cfr. Tcsnr.. xi, 1074) — So: yr-ìii dice jiarla — M-m qui - 26: M insino — m là dove — 28 : M-m la (|ual dice. (1) Questa lezione è oonfennata dal § 5 del coniuiento: « utile a ssè et al suo paese ». - 12 - 2. Onde dice Vittorino: Se noi volemo mettere avac- ciamente in opera alcuna cosa nelle cittadi, sì ne conviene avere sapienzia giunta con eloquenzia, però che sai)ienzia sempre è tarda. Et questo appare manifestamente in alcuno V 5. savio che non sia parlatore, dal quale se noi domandassimo uno consiglio certe noUo darebbe tosto cosìe come se fosse bene parlante. Ma se fosse savio e parlante inmantenente ne farebbe credibile di quel che volesse. 3. Et in ciò che dice Tulio di coloro che 'ntralasciano li studii di ragione 10. e d' officio, intendo là dove dice « ragione » la sapienzia, e là dove dice « officio » intendo le vertudi, ciò sono prodezza, giustizia e l'altre vertudi le quali anno officio di mettere in opera che noi siamo discreti e giusti e bene costumati. 4. Et però chi ssi parte da sapienzia e da le vertudi e studia 15. pure in dire le parole, di lui adviene cotale frutto che, però che non sente quel medesimo che dice, conviene che di lui avegna male e danno a ssè et al paese, però che non sa trattare le propie utilitadi uè Ile (i) comuni in questo tempo e luogo et ordine che conviene. 5. Adunque colui che ssi 20. mette 1' arme d' eloquenzia è utile a ssè et al suo paese. Per questa arme intendo la eloquenzia, e per sapienzia intendo la forza; che sì come coli' arme ci difendiamo da' nemici e colla forza sostenemo 1' arme, tutto altressì per eloquenzia difendemo noi la nostra causa dall'aversario 2.5. e per sapienzia ne sostenemo (2) di dire quello che a noi potesse tenere danno. Et in questa parte è detta la terzia parte del prologo di Tulio. 6. Dunque vae il conto alla quarta parte del prologo, per provare ciò eh' è detto da- vanti et a conducere che noi dovemo studiare in rettorica i : M Lande — M' avacciatamente, ma L avacciamente — S: m si cci conv. — 0; m ODI. cosio, M e' noi darebb»; cos'i tosto — 8- M' credibile quello, m di quello — .)/' disse — 10: .Vi om. il 2' & — 12: .»/' et altro — 13: .»f' che non siano — i4.- .V-m dall'altre ver- tufli — 15:m adiviene — 16 : jn a lini — 18 : solo L nelle ; (jli altri mss. e S nelli (.)/' nel!) -- 19: M Adunque che colui — 22: M-m torma — M ne dil'ondono, m noi ci difendiamo — 23: il l'armi - 23-24: Af difendo — m così altresì la eloquenzia difendo noi dal nostro aversario la nostra cliausa — 25: m om. ne; S non sostenemo — 26: m a noi potesse ave- jjire (li danno, .V che noi potessimo tenere danno — 28-29: m dinanzi e; Jfi om. et. (1) Cos'i richiede il senso; la lezione nelli ò nata certamente dall'aver preso l'aggettivo comuni per un sostantivo. (2) Intendo ne sostenemo = « ci tratteniamo, ci asteniamo », coni' è richiesto dal senso e secondo gli esempii citati dal Vocabolario della Crusca. — 13 ~ per avere eloquenzia e sapienzia: e sopra ciò reca Tulio molti argomenti, li quali debbono e possono così essere, e tali che conviene che sia pur così, e di tali eh' è onesta cosa pur di cosi essere ; e sopra ciò ecco il testo di Tulio in lettera grossa, e poi seguisce la disposta in lettera sot- tile secondo la forma del libro. Tullio. 4i. Dunque se noi volemo considerare il principio d'eloquenzia la quale sia pervenuta in uomo per arte o per studio o per usanza lo. per forza dì natura, noi troveremo che sia nato d'onestissime cagioni e che ssia mosso d'ottima ragione, (e. li) Acciò che fue un tempo che in tutte parti isvagavano gli uomini per li campi in guisa di bestie e conduceano lor vita in modo di fiere, e facea ciascuno quasi tutte cose per forza di corpo e non per ragione l.j. d'animo; et ancora in quello tempo la divina religione né umano officio non erano avuti in reverenzia. Neuno uomo avea veduto le- gittimo managio, nessuno avea connosciuti certi figliuoli, né aveano pensato che utilitade fosse mantenere ragione et agguallianza. E così per errore e per nescìtade la cieca e folle ardita signorìa dell'animo, 20. cioè la cupìditade, per mettere in opera sé medesima misusava le forze del corpo con aiuto dì pessimi seguitatori. Lo sponitore. 1. In questa quarta parte del prologo vogliendo Tulio dimostrare che eloquenzia nasce e muove jper cagione e 2.5. per ragione ottima et onestissima, sì dice come in alcuno tempo erano gli uomini rozzi e nessci come bestie; e del- 3: ìl-m tale — .1/' jdii' che cosi sia - 4 : m pure ili dovere così essere-, .1/' de pur essere — .5 ■ J/ ' la spositione — 9-tO: .»/' o per l'orca di natura o per usanca — H: m d'ottime chagioni 7 ragione — 12: il-m in tempo — 13: it^ lor vita per li campi in modo de bestie 7 de fiere — 14: i/' om. e [non p. r.| — 17 : M maritaggio — M iihylosofi, m lilo- safi — 18: M j gualianoa - 19: il^-L ignoranza, m necessitade — .»A' la cieca la folle 7 ardita — 20: M-m per mette — M-m (fuivi susavano, l. masusavano — 21:31' seguitori — 23: M-1U nm. quarta — 24: m om. e per ragione — 26: il' nefa, m noscii. - 14 — l'uomo dicono li filosofi, e la santa scrittura il conferma, che egli è fermamento di corpo e d' anima razionale, la quale anima per la ragione eh' è in lei àe intero conoscimento delle cose. 2. Onde dice Vittorino: Sì come menoma la forza 5. del vino per la propietade del vasello nel quale è messo, cosie r anima muta la sua forza per la propietade di quello corpo a cui ella si congiunge. Et però, se quel corpo è mal di- sposto e compressionato di mali homori, la anima per gra- vezza del corpo perde la conoscenza delle cose, sì che 10. appena puote discernere bene da male, sì come in tempo passato neir anime di molti le W quali erano agravate de' pesi de' corpi, e però quelli uomini erano sì falsi et indiscreti che non conosceano Dio né lloro medesimi. Onde misusavano le forze del corpo uccidendo l'uno l'altro, tol- 15. liendo le cose per forza e per furto, luxuriando malamente, non connoscendo i loi'o proprii figliuoli né avendo legittime mogli. 3. Ma tuttavolta la natura, cioè la divina disposi- zione, non avea sparta quella bestialitade in tutti gli uo- mini igualmente; ma fue alcuno savio e molto bello dici- 20. tore il quale, vedendo che gli uomini erano acconci a ra- gionare, usò di parlare a lloro per recarli a divina conno- scenza, cioè ad amare Idio e '1 proximo, sì come lo sponi- tore dicerà per innanzi in suo luogo; e perciò dice Tulio nel testo di sopra che eloquenzia ebbe cominciamento per 25. onestissime cagioni e dirittissime ragioni, cioè per amare Idio e '1 proximo, che sanza ciò l' umana gente non arebbe durato. 4. Et là dove dice il testo che gli uomini isvaga- vano per li campi intendo che non aveano case né luogo, 1: M' i figluoli (corretto poi lilosofi) — M' sucra — S : M' eh ehi ì\ l'ormato — 3: in- tero è in M'-L; il lùlo (incerto?), m inerito — 4: M Ondee — 7 : m al (|uale — 8: M-m mali hiiomini — 9: m per la gravezza — .«' de corpo iO: M bone dal mali', hi il bone dal male — il: M'-L animo — .V-m i quali erano agravate, M'-L li quali orano aggra- vati — i2: W del peso de corpi, L de' pesi del corpo — 13: .V in lor medesimo — 14: lU-m Ivi susavano — 18: M-m nonn ào — M bestilitade — 10: M' oiii. savio o — SI: W tralloro — 23: M' qa\ dinanzi - S4: W e cornine, >S ha cornine. — 26-27: »l' non averla durata, L non avrìa durato — i« K colà. (1) È lezione congetìurale, ma l'unica possìbile : le quali si cambiò facilmente in li quali (o i quali) per effetto del molti che precedeva, e da li quali, natural- mente, venne in M'-L anche il maschile angraoati invece di aggravate. Che si tratti solo delle animo risulta da tutto il periodo, e in particolare dallo parole - la anima per gravezza del corpo ». - 15 — ma andavano qua e là come bestie. 5. Et là dove dice che viveano come fiere intendo che mangiavano carne cruda, erbe crude et altri cibi come le fiere. 6. Et là dove dice « tutte cose quasi faceauo per forza e non per ragione » 5. intendo che dice « quasi » che non faceano però tutte cose per forza, ma alquante ne faceano per ragione e per senno, cioè favellare, disidejare et altre cose che ssi muovono dall' animo. 7. Et là dove dice che divina religione non era reverita intendo che non sapeano che Dio (D fosse. 10. 8. Et là dove dice dell' umano ofiìcio intendo che non sa- peano vivere a buoni costumi e non conosceano prudenzia né giustizia né l'altre virtudi. 9. Et là dove dice che non mauteneano ragione intendo « ragione » cioè giustizia, della quale dicono i libri della legge che giustizia è perpetua e 15. ferma volontade d'animo che dae a ciascuno sua ragione. IO. Et là dove dice « aguaglianza » intendo quella ragione che dae igual i)ena al grande et al piccolo sopra li eguali fatti. 11. Et là doye dice « cupiditade ■» intendo quel vizio eh' è contrario di temperanza; e questo vizio ne -conduce 20. a disidei-are alcuna cosa la quale noi non dovemo volere, et inforza nel nostro animo un mal signoraggio, il quale noi permette rifrenare da' rei movimenti. 12. Et là dove dice « nescitade » intendo eh' è nnone connoscere utile et inutile; e però dice eh' è cupidità cieca per lo non sapere, 25. e che non conosce il prode e '1 danno. 13. Et là dove dice « folle ardita » intendo che folli arditi sono uomini matti e ratti a ffare cose che non sono da ffare. 14. Et là dove dice « misusava le forze del corpo » intendo misusare cioè i-2: M-m om. Et là.... come licre — 3 : M erbi ciiiili, .1/' 7 erbe crude — 4-6: m l'a- ceano quasi per forza; poi, saltando al 2° forza, continua: ma al([uanle ecc. — 7: .i/'-L dice quasi perciò ke ne faciano | tutte cose per forza 7 non per ragione intendo Ice dice quasi, ma alquante ne faceano \ — 7: M' che muovono — 9: M-m chi idio — 11: .1/' ne prudenza — 14: m' de legge — 14-15: m' ferma 7 perpetua voluntà — /": .1/ egual — 18: M' mìsfacti — M lae — .V quello e poi rasura su cui altra mano scrisse apetito, t quello che contrario, S quello appetito — 20: .V om. noi - 22: M-m non permette — 23-25: M-m necessilade, .V ignoranza che non conosce il prode ol danno ~ m intendo che non è — m dal danno — 27: .M-m e tratti, L orati — 2é?: J/ emusavano, jiiemisusavano — .u misusere, .V' misure, L misusare — m che misusare è usare. (1) Cioè « che Dio esistesse ». Così mi par preferibile per il senso; e la lezione di M-m è facilmente spiegabile da un che Mio diventato eh' idio, chi dio; è vero però che le ragioni paleografiche varrebbero anche per il caso inverso. - 16 - usare in mala parte ; che dice Vittorino che forza di corpo ci è data da Dio per usarla in fare cose utili et oneste, ma coloro faceano tutto il contrario. 15. Ora à detto lo sponi- tore sopra '1 testo di Tulio le cagioni per le quali elo- 5- quenzia cominciò a parere. Omai dicerae in che modo appario e come si trasse innanzi. Tullio. 5. Nel quale tempo lue uno uomo grande e savio, il quale cognobbe che materia e quanto aconciamento avea nelli animi delli 10. uomini a grandissime cose chi Ili potesse dirizzare e megliorare per comandamenti. Donde costrinse e raunò in uno luogo quelli uomini che allora erano sparti per le campora e partiti per le nascosaglie silvestre ; et inducendo loro a ssapere le cose utili et oneste, tutto che alla prima paresse loro gravi per loro disusanza, poi T udirò 15. studiosamente per la ragione e per bel dire; e ssì Ili arecò umili e mansueti dalla fierezza e dalla crudeltà che aveano. Lo sjaonitore. 1. In questa i)arte vuole Tulio dimostrare da cui e come cominciò eloquenzia et in che cose ; et è la tema cotale 20. In quel tempo che Ila gente vivea così malamente, fue un uomo grande per eloquenzia e savio per sapienzia, il quale cognobbe che materia, cioè la ragione che l' uomo àe in sé naturalmente per la quale puote l' uomo intendere e ragio nare, e l'acconciamento a fare grandissime cose, cioè a 25. ttenere i)ace et amare Idio e '1 proximo, a ffai-e cittadi, castella e magioni e bel costume, et a ttenere iustitia et a vivere ordinatamente se fosse chi Ili potesse dirizzare, cioè ritrarre da bestiale vita, e mellioi-are per comanda- menti, cioè per insegnamenti e per leggi e statuti che Ili 2: M' om. ci — 3-4: M-iii Or o della la sposilione — 5: M-m loninciò (hi coro). 7 pare — M' oggimai — 6: M-m apparve — 8: il' uno buono — iO: 31' adrinure — 12: M-m per campora — 12-13: M-w le nascose selve ■ - 13: M-m et facciendo loro as- sapere — 14: M' grave - L'i: M' si Hi recò — 16: M' crudelilà — 23: M-m nm. l'uomo — 24 : M-m el lo ncomincianiento, L el chominciamenlo — 25: M'el ad amare ~ 26: M' 7datener — 27: M' chi le polesse adrifrure - m om. potesse — 28: M' enirare da b. v. - 17 - afrenasse (1). 2. Et qui cade una quistione, che potrebbe alcuno dicere: « Come si potieno melliorare, da che non erano buoni? >. A cciò rispondo che naturalmente era la ragione dell'anima buona; adunque si potea migliorare nel 5. modo eh' è detto. 3. Donde questo savio costrinse - e dice che i « costrinse » però che non si voleano raunare - e raunò - e dice « raunò » poi che elli vollero. Che '1 savio uomo fece tanto per senno e per eloquenzia, mostrando belle ragioni, assegnando utilitade e metendo del suo in 10. dare mangiare e belle cene e belli desinari et altri piaceri, che ssi raunaro e patiero d'udire le sue parole. Et elli in- segnava loro le cose utili dicendo: « State bene insieme, aiuti l'uno l'altro, e sarete sicuri e forti; fate cittadi e ville *. Et insegnava loro le cose oneste dicendo : « Il pic- 15. colo onori il grande, il figliuolo tema il suo padre » etc. 4. Et tutto che, dalla prima, a questi che viveano bestial- mente paresser gravi amonimenti di vivere a ragione et ad ordine, acciò eh' elli erano liberi e franchi naturalmente e non si voleano mettere a signoraggio, poi, udendo il bel dire 20. del savio uomo e considerando per ragione che larga e li- bera licenzia di mal fare ritornava in lor gi"ave destruzione et in periglio de l'umana generazione, udirò e miser cura a intendere lui. Et in questa maniera il savio uomo li ri- trasse di loro fierezza e di loro crudeltade - e dice « fie- 25. rezza » perciò che viveano come fiere; e dice « crudeltade » perciò che '1 padre e '1 figliuolo non si conosceano, anzi uccidea l'uno l'altro - e feceli umili e mansueti, cioè vo- lontarosi di ragioni e di virtudi e partitori (2) dal male. 1 : m rafrenasse, S affrenassono — J/ " Et acade, L e ecci una (\. — 2 : il poneno (cerio per falsa lettura di potieno; cfr. Wiese in Zeilsch. f. Rom. Pini., VII, 330, g i33), m il' poteano — 4: m dunque — 6: it-iii om. che i — 9: W l'utilitade — i^l' metendo '1 suo - 10: m mangiare cene e desinari 19: il sottomettere — 20-23: it-m om. e considerando.... il savio uomo — 23-24: m si ritrassono — 24: il lore fier., M' lor fior, — me dalloro crud. — 24-25: H-m om. e dice.... crudeltade — 26: il' e li figluoli (ma L el figliuolo) - 28: il' partito, l. e'dipirtironsi, s partiti. (1) Parrebbe preferibile la lezióne di &'; ma è significativo il fatto che tutti i mss. abbiano il singolare. Invece di condannarlo come corruzione comune, basta pensare che sostantivi astratti come « insegnamenti, leggi e statuti » siano con- siderati formanti un complesso unico, sì da farli equivalere al singolare (p.es. «ciò»); e quest'uso del verbo è attestato da un altro passo di Brunetto, IO, 3, e dal Varchi, Ercolano, ediz. Bottari (Firenze, 17.S0), p. 225. (2) Senza ricorrere ai facili accomodamenti, conservo la lezione di M inten- dendo « partitore » in senso riflessivo : « colui che si parte, che si allontana ». Cfr. Manuzzi, s. V., § 2. - 18 — 5. Or à detto Tulio chi cominciò eloquenzia et intra cui e come; or dicerà per che ragione, eanza la quale non potea ciò fare. Tullio. 5. 6. Per la qual cosa pare a me che Ha sapienzia tacita e povera di parole non arebbe potuto fare tanto, che così subitamente fossero quelli uomini dipartiti dall'antica e lunga usanza et informati in diverse ragioni di vita. Lo sponitore. 10. 1. In questa parte dice Tulio la ragione sanza la quale non si potea fare ciò che fece '1 savio uomo; e dice « sa- pienzia tacita » quella di coloro che non danno insegna- mento per parole ma per opera, come fanno ' romiti. Et dice « povera di parole » per coloro che '1 lor senno non 15. sanno addornar di parole belle e piene di sentenze a ffar credere ad altri il suo parere. Et per questo potemo in- tendere che picciola forza è quella di sapienzia s'ella nonn è congiunta con eloquenzia, e potemo connoscere che sopra tutte cose è grande sapienzia congiunta con eloquenzia. 20. 2. Et là dove dice « così subitamente » intendo che quello savio uomo arebbe bene potuto fare queste cose per sapien- zia, ma non cosi avaccio né così subitamente come fece abiendo eloquenzia e sapienzia. (i) Et là dove dice « in di- verse ragioni di vita » intendo che uno fece cavalieri, un 25. altro fece cherico, e così fece d'altri mistieri. Tullio. 7. Et così, poi che Ile cittadi e le ville fuoron fatte, impreser gli uomini aver fede, tener giustizia et usarsi ad obedire l'uno l'altro per propia volontarie et a sofferire pena et affanno non solamente 2 : M-m om. e come — sanza (luale — 5: M-m Per ((ualcosa - 7 : M' luioniiiii quelli — 13: M' i romiti, m li romiti — 14: M-m alloro senno, L in loro senno — i7: M-m om. che — i9: M' giunta — 22: Af' si avaccio — 23: M-m om. e sapienzia — 28: m ad avere lede 7 tenere.... adusarsi — M l'uno a l'altro. (1) A qualcuno e sapienzia potrà sembrare un'aggiunta arbitraria; ma siccome non è inutile, preferisco mantenerlo. — 19 - per la comune utilitade, ma voler morire per essa mantenere. La qual cosa non s'arebbe potuta fare d) se gli uomini non avessor po- tuto dimostrare e fare credere per parole, cioè per eloquenzia, ciò che trovavano e pensavano per sapienzia. 8. Et certo chi avea forza e 5. podere sopra altri molti non averla patito divenire pare di coloro ch'elli potea segnoreggiare, se non l'avesse mosso sennata e soave parladura; tanto era loro allegra la primiera usanza, la quale era tanto durata lungamente che parea et era in loro convertita in natura. Donde pare a me che così anticamente e da prima nasceo 10. e mosse eloquenzia, e poi s'innalzò in altissime utilitadi delli uo- mini nelle vicende di pace e di guerra. Lo sponitore. I. In questa parte dice Tulio che cciò che sapienzia non avrebbe messo in compimento per sé sola, ella fece 15. avendo in compagnia eloquenzia; e però la tema èe cotale: Si come detto è davanti, fuoro gli uomini raunati et inse- gnati di ben fare e d'amarsi insieme, e però fecero cittadi e ville; poi che Ile cittadi fuor fatte impresero ad avere fede. 2. Di questa parola intendo che coloro anno fede che 20. non ingannano altrui e che non vogliono che lite né di- scordia sia nelle cittadi, e se vi fosse sì la mettono in pace. Et fede, sì come dice un savio, è Ila speranza della cosa promessa; e dice la legge che fede è quella che promette l'uno e l'altro l'attende. Ma Tulio medesimo dice in un 25. altro libro delli offici che fede è fondamento di giiistizia, veritade in parlare e fermezza delle promesse; e questa ée quella virtude eh' é appellata lealtade. 3. E così sommata- mente loda Tulio eloquenzia con sapienzia congiunta, che 2: ilf'-£ potuto - M' om. non — 4: Jlf> Certo — 5: M-m vinavea charebbono potuto divenire paii — 6: M-m chelli poteano, M^-L cui potea — M-m santa — 7: M^-L allegrezza — 8-9 : M era converita la loro natura, m era convertila in loro natura — 9 : m onde — 14-15: M^ il fece in compagnia d'eloquentia.... si ò cotale — 16: M-m detto oe dinanci 19: 3/' fede, 7 di q. p. — PO : M^ om. e — M' o discordia — 21-22: M-m in pace et in fede — m om. è - 23: M^ quello, ma L quella — 26: M-m et intermezza — M' de- lenpromesse — 27: M legheltade (?«a cfr. Texor., XVII, 15) — M somatamente, m asommatam. 28 : M' congiunta con sapienzia. (1) Sarà certo da legger così, e non sarebbe si sarebbe, poiché di quest'uso dell' ausiliare avere presso gli antichi non mancano esempli sicuri : cfr. la nota di M. Barbi nella sua ediz. della Vita Nuova, xxxvii, 2, e ciò che aggiunse il Parodi in Bullett. della Soc. Bant., N. S., XXI, 67-68. Lo stesso si dica per s'areb- hono del commento, § 3. - 20 — sanza ciò le grandissime cose non s'arebbono potute met- tere in compimento, e dice che poi àe molto de ben fatto in guerra et in pace. Et per questa parola intendo che tutti i convenenti de' comuni e delle speciali persone corrono per 5. due stati o di pace o di guerra, e nell' uno e nell'altro bi- sogna la nostra rettorica sì al postutto, che sanza lei non si potrebbono mantenere. Tullio. 9. Ma poi che Ili uomini, malamente seguendo la vìrtude sanza 10. ragione d'officio, apresero copia di parlare, usaro et inforzaro tutto loro ingegno in malizia, per che convenne che ile cittadi sine gua- stassero e li uomini si comprendessero di quella ruggine, (e. Ili) Et poi che detto avemo la cumincianza del bene, contiamo come cuminciò questo male. 15. Lo sponitore. 1. Poi che Tulio avea detto davanti i beni che sono advenuti per eloquenzia, in questa parte dice i mali che sono advenuti per lei sola sanza sapienzia; ma perciò che Ila sua intentione è più in laudarla, sì appone elli il male 20. a coloro che Ila misusano e non a Ilei. 2. Et sopra ciò la tema è cotale: Furono uomini folli sanza discrezione, li quali, vegga ndo che alquanti erano in grande onoranza e montati in alto stato per lo bell.o parlare ch'usavano se- condo li comandamenti di questa arte, sì studiaroO solo in 25. parlare e tralasciare lo studio di sapienzia, e divennero sì copiosi in dire che, per l'abondanza del molto parlare sanza condimento di senno, che (2) cumìnciaro a mettere 1 : M-m cioè — 2: M-in che poi {ni, om. poi) a molli a Dio ben facto — -J: M om. i — 5: M' duri stali — i 1 : M conviene, M' conveiiia — IS: M-m om. e li uomini si compren- dessero — 13: M \a cunincianza (e cluininciò)3/' il cuminciamento — 16: m ave... dinanzi — 18: M^ dopo advenuti ripete per eloquenlia in quesUi parte (ma ri son trticiie di etpun- zione) — 19: m om. elli — 20: M El perciii — 24: M' il comandamento.... studiavano — 25 : ilf intralassai-o, m e lasciaro - 20: M' de molto — 27: m om. elio. (1) Invece di si studiavo credo preferibile studiavo in senso assoluto, come già si è trovato, 3, § 4: « e studia puro in dire le parole *. (2) Sintatticamente questo che ò pleonastico; ma ò attestato da ambedue le famiglie di codici e non costituisce una rarità per il nostro volgare antico (anzi, per Brunetto stesso, cfr. IO, 1: « avegna che... ma tutta volta»). - 21 - sedizione e distruggi mento nelle cittadi e ne' comuni et a corrompere la vita degli uomini; e questo divenia però ch'ellino aveano sembianza e vista di sapienzia, della quale erano tutti nudi e vani. 3. Et dice Vittorino che eloquenzia 5. sola èe appellata « la vista », perciò che ella fae parere che sapienzia sia in coloro ne' quali ella non fae dimoro. Et queste sono quelle persone che per avere li onori e F utti- litadi delle comunanze parlano sanza sentimento di bene; così turbano le cittadi et usano la gente a perversi costumi. 10. 4. Et poi dice Tulio: Da che noi avemo contato '1 principio del bene, cioè de' beni che avenuti erano per eloquenzia, si è convenevole di mettere in conto la 'ncumincianza del male chende seguitò. Et dice in questo modo nel testo : Tullio tratta della comincianza del male 15. adveniito per eloquenzia. 10. Et certo molto mi pare verisimile: in alcuno tempo gli uomini che non erano parlatori et uomini meno che savi non usa- vano tramettersi delle publiche vicende, e che W gli uomini grandi e savi parlieri non si trametteano delle cause private. E con ciò 20. fosse cosa che sovrani uomini regessero le grandissime cose, io mi penso che furo altri uomini callidi e vezzati i quali avennero a trattare le picciole controversie delle private persone; nelle quali controversie adusandosi gli uomini spessamente a stare fermi nella bugia incon- tra la verità, imperseveramento di parlare nutricò arditanza 25. 11. Sì che per le 'ngiurie de' cittadini convenne per necessitade che' maggiori si contraparassono agli arditi e che ciascuno atoriasse le sue bisogne; e così, parendo molte fiate che quello eh' avea impresa sola eloquenzia sanza sapienzia fosse pare o talora più innanzi che quello che avea eloquenzia congiunta con sapienzia, i-2: m nelle loro ciltadi — M' om. et a corr.... uomini — 2: m avenia — 3 ■■ kelli aveano sombianca de giusta sap. — 4: m om. Et — 6: M' li quali — 7: M' questi — 10: m om. Et — 11: M' bone kavenuto era - 12: 1/' il cominciamento — i3: Jlf chende seguita, j/i che ne seguita - 16: M et certo mo, la Certo modo — 17: M meno di savi, m ch'erano meno che savi — 17-18: M-m non sapeano, L non osavano — M-m om. e — 19: Jlf sin- trametteano dele cose — 21: M-m om. uomini — M verrali — 3f' vennero — 22: M' om. delle pr.... controversie — 23: M-m om. spessamente — 24: M' il persev. - 26: M' aiutasse m adornasse — 29: M' giunta. (1) Un costrutto più regolare si avrebbe sopprimendo il che o inserendone un altro dopo verisimile; appunto. per questo conservo' il che, non sembrando proba- bile che un copista volesse complicare di suo. Questa maggiore libertà sintattica non è nuova. - 22 — aveni'a che, per giudicio di moltitudine di gente e di sé medesimo paresse essere (i) degno di reggiere le publiche cose. 12. E certo non ingiustamente, poi che' folli arditi impronti pervennero ad avere reggimenti delle comunanze, grandissime e 5. miserissime tempestanze adveniano molto sovente; per la qual cosa cadde eloquenzia in tanto odio et invidia che gli uomini d'altissimo ingegno, quasi per scampare di torbida tempestade in sicuro porto, così fuggiendo la discordiosa e tumultuosa vita si ritrassero ad al- cuno altro queto studio {"). Per la qual cosa pare che per la loro posa 10. li altri dritti et onesti studii molto perseverati vennero in onore. 13. Ma questo studio di rettorica fue abandonato quasi da tutti loro, e perciò tornò a neente, in tal tempo quando più inforzatamente si dovea mantenere e più studiosamente crescere; perciò che quando più indegnamente la presumptione e l'ardire de' folli impronti mani- 15. mettea e guastava la cosa onestissima e dirittissima con troppo gravoso danno dei comune, allora era più degna cosa contrastare e consigliare la cosa publica. (e. I V) Della qual cosa non fugìo il nostro Catone né Lelius né, al ver dire, il loro discepolo Àffricano, né i Gracchi nepoti d' Àffricano, ne' quali uomini era sovrana virtude et 20 altoritade acresciuta per la loro sovrana virtude; sì che la loro eloquenzia era grande adornamento di loro et aiuto e mantenimento della comunanza. Lo sponitore. 1. In questa parte divisa Tulio come divennero quelli 25. due mali, cioè turbare il buono stato delle cittadi e cor- rompere la buona vita e costumanza delli uomini; et avegna che '1 suo testo sia recato in sie piane parole che molto fae da intendere tutti, ma tutta volta lo sponitore dirae alcune parole per più chiarezza. 2. Et è la tema cotale: La elo- 1 : M-m avogiia — 2: M per essoi-o degno d'essere 7 di reggiere, M' paresse degno de reggere — 3: M' poi ke fuor iaiditi in pronti, m enpronti — 4-5 : M' pervennero i reggìm. — 7 de miserissime tempeste — spessamente — 7 : M' lempcstande — * : M-m la discordia (m echontumulosa) — 9 : Tutti i mss. questo, S posato - M-m possa — i i : itf ' do tutto loro " i4: M dì [olii — 18-19: M ne nelilio - M-m om. nò i G. n. d'AII'ricano — Jlf' erano sovrane vertudi — 26: M' la vita 7 la buona costumanca - 27: M< suo stato — m in se — 28: itf' om. tutti, ma — M' alcuna parola — S9: Af' Et la tema 6 cotale. De la el. ecc. (1) È possibile tanto la lezione di Af quanto quella di m; ma proferisco questa perchè corrisponde alle parole del commento, § 6: « pareano essere degni». (2) Il testo latino ha studium aliquod quieUtm. Lo scambio di queto por questo era facilissimo, e forse risalo r.llo iirimo copio. - 23 - quenzia mise in sì alto stato i parladori savi e guerniti di senno, che per loro si reggeano le cittadi e le comunanze e le cose publiche, avendo le signorie e li officii e li onori e le grandi cose, e non si trametteano delle cause private, cioè 5. delle vicende delli uomini speciali, né di fare lavoriere (i) né altre picciole cose. Ma erano altri uomini di due maniere: l'una che non erano parlatori, l'autra che non aveano sa- pienzia, ma erano gridatori e favellatori molto grandi; e questi non si trametteano delle cose publiche, cioè delle 10. signorie e delli officii e delle grandi cose del comune, ma impigliavansi a trattare le picciole cose delle private per- sone, cioè delli speciali uomini. 3. Intra' quali furono alcuni calidi e vezzati - cioè per la fraude e per la malizia che in loro regnava parea ch'avesse in loro sapienzia-; e questi 15. s' ausarono tanto a parlare che, per molta usanza di dire parole e di gridare sopra le vicende delle speciali persone, montare in ardimento e presero audacia di favellare in guisa d'eloquenzia tanto e sì malamente che teneano la menzogna e la fallacia ferma contra la veritade. 4. Onde, 20. per li grandi mali che di ciò adveniano, convenne che' grandi, ciò sono i savi parladori che reggeano le grandi cose, venissero et abassassero a trattare le picciole vicende di speciali persone, per difendere i loro amici e per conta- stare a quelli arditi. Et nota che arditi sono di due ma- 25. niere : l' una che pigliano a fifare di grandi cose con prove- dimento di ragione, e questi sono savi; li altri che pigliano a ffare le grandi cose sanza provedenza di ragione, e questi sono folli arditi. 5. Donde in questo contrastare i buoni e savi parlavano giustamente, ma i folli arditi, che non aveano 30. studiato in sapienzia ma pure in eloquenzia, gridavano e garriano a grandi boci e non si vergognavano di mentire e di dire torto palese; sicché spessamente pareano pari di senno e di parlare e talvolta migliori. Sì che per sentenza 4 : M' om. e non s. t. d. cause — 5: M-m ont.aò — 6: m odaltre p. o. — 7 ■■ M< parliei-i — iO: M' de comuni —11: M' dele piccole cose — 13-14 : M' cioè che jier la lYaude ecc. parean (/^ parea) cavassero sapienlia— lo.- 3f< pei' la molta — 17: M^ presero baldanza — 19: M' con- tro alla verità — 20: A/' ohi. che d. e. adveniano — m avenia — 21 :M' savi e parladori — m le cittadi — 23: M' appilgliano a taro le g. e. — 26: M^ om. di ragione — L l'altra — 27: L provedimento — 31-32: Me dire,moHi. mentire e di — 33:M' talocta m. visi che p.s (1) Cosi leggo con M, piuttosto che lavogarie di ilf' o lavorìi di m: oltre a lavareria, il Manuzzi registra esempii di lavoriera. - 24 - del popolo, la quale è sentenzia vana perciò che non muove da ragione, e per sentenza di sé medesimo, la quale è per neente, pareano essere degni di covernare le publiche e le grandi cose, e così furo messi a reggere le cittadi et alli 5. officii et onori delle comunanze. 6. Et poi che cciò avenne, non fue meraviglia se nelle cittadi veniano grandissime e miserissime tempestadi. Et nota che dice « grandissime » per la quantità e che duraro lungamente, e dice « mise- rissime » per la qualitade, ch'erano aspre e perilliose chende 10. moriano le persone ; e dice « tempestanza » per similitudine, che sì come la nave dimora in fortuna di mare e talvolta crescono (i) in tanto che perisce, così dimora la cittade per le discordie, et alla fiata montano sicché periscono in sé medesime e patono distruzione. 7. « Per la qual cosa elo- 15. quenzia cadde in tanto odio et invidia »... Et nota che odio non é altro se nno ira invecchiata; e così i buoni savi erano stati lungamente irosi, veggiendo i folli arditi segnoreggiare le cittadi. Et invidia è aflizione che omo àe per altrui bene; donde i buoni savi aveano molta aflizione per coloro ch'erano 20. segnori delle grandi cose et erano in onore. 8. Et perciò li buoni d'altissimo ingegno si ritrassero di quelle cose ad altri queti studii per scampare della tumultuosa vita in sicuro porto. Et nota: là dove dice « altissimo ingegno » dimostra bene eh' arebboro potuto e saputo contrastare 25. a' folli arditi, e perciò che no '1 fecero furo bene da ripren- dere. Et in ciò che dice « queti studi » intendo l' altre scienze di filosofia, sì come trattare le nature delle divine cose e delle terrene, e sì come l'etica, che tratta le virtudi e le costumanze; et appellali « queti studii » che non trat- 30. tano di parlare in comune, e perciò che ssi stavano partiti dal remore delle genti. Et appella « vita tumultuosa » che 2: Jl/i per ragione ~ 4: M furoro, M^ fuoro — 7 : M-m ismisuratissime ~ 8: SI durano, m duravano — 9: M' quantitade.... s\ elione moriano - 10: M' tempestade — 14: M' medesimo ~ 15: m om. Et — 16: m buoni e savi — 18: m om. Et — m i'uomo... l'al- trui — SO: M> et in lionore erano — 21-22: m ad altre — M-m questi, M' certi — 23 : M' om. Et noia la dove — 25 : M-m non fecero — 26 : Tutti i mss questi — 27 : M de trattare — 28: M-m sicome dice che l. — 29: M^ appellasi, L appellansi — mss. questi — (1) Cosi hanno tutti i codici; ma forse dopo crescono è andato perduto un sog- getto, richiesto dal senso o dalla sintassi, come i venti o l'onde (abbiamo anche altrove la prova che le due famiglie di codici risalgono a un capostipite già corrotto). Pure non sarebbe impossibile sottintendere dal precedente fortuna un soggetto le fortune. - 25 - spessamente l'iiuo uomo assaliva l'altro in cittade coll'arme e talvolta l'uccideva. 9. Et poi che' savi intralassar lo studio d'eloquenzia, ella tornò ad neente e non fue curata uè pre- giata. Ma l'altre scienzie di filosofia, nelle quali studiaro, 5. montaro in grande onore. 10. Et ora riprende Tulio questi savi e dice che fecior questo a quel tempo che eloquenzia avea più grande bisogno per lo male che faceano i folli arditi nelle cittadi, e perchè guastavano la cosa onestis- sima e dirittissima, cioè eloquenzia che ssi pertiene alle 10. cose oneste e diritte. U. Dalla qual cosa non fugio il nostro Catone né quelli altri savi ch'amavano drittamente il co- mune et aveano senno e parlatura; ma dimoraro fermi a consigliare et a difendere il comune da'garritori folli ar- diti; e però montaro in onore et in istato sì grande che 15. le loro dicerie erano tenute sentenze, e perciò dice che in loro era autoritade, che autoritade èe una dignitade degna d' onore e di temenza. 12. Ma da questo si muove il conto e ritorna a conchiudere per ragioni utili et oneste e pos- sibili e necessare che dovemo studiare in eloquenzia, e 20. lodala in molte guise. Tullio conclude che sia da studiare in rettorica. 14. Per la qual cosa, al mio animo, non perciò meno è da mettere studio in eloquenzia s' alquanti la misusano in publiclie et in private cose; ma tanto più clie ' malvagi non abbiano troppo di 25. podere con grave danno de' buoni e con generale distruzione di tutti. Maximamente cun ciò sia la verità che rettorica è una cosa la quale molto s'appartiene a tutte cose, è publiche e private, e per essa diviene la vita sicura, onesta, inlustre e iocunda; e per essa medesima molte utilitadi avengono in comune se fia presta la modonatrice di tutte 30. cose, cioè sapienzia; e per lei medesima abonda a coloro che H'acqui- stano lode, onore, dignitade; e per essa medesima anno li amici certissimo e sicurissimo aiutorio. 1: M-m spesse volte — 2: m tralassaro — 8: m le chose honestissime — 10: M (Iride, m diritte — 3f' Dela q. e. — 11: M' dirittamente, m om. — 12: M' dimorato y f. — 13: M 7 folli arditi, £ e da f. a. — 14: M^ J montaro perciò — 18: m e torna, M 7 condoura tornerà per ragioni, L e mosterrà per rag. — Jlf-;» honesti ~ 19: M -m ne- cessarie— 20: m lodarla — ^3: M* misuna, corretto poi misusa — 27: M' molto pertièno devegna — 28: M> y hon. 7 illustra 7 gioconia, m illustra — 29: M sia — 31: M^-m 7 honore 7 dignitade. 26 - Lo sponitore. 1. La tema di questo testo è cotale, (H che dice Tulio: Se alquanti di mala maniera usano malamente eloquenzia, non rimane pertanto che 11' uomo non debbia studiare in 5. eloquenzia, al mio animo (cioè per mia sentenza), acciò che ' rei uomini non abbiano podere di malfare a' buoni né di fare generale distruzione di tutti. Et nota che di- strutti sono coloro che soleano essere in alto stato et in ricchezza e poi divennero in tanta miseria che vanno men- 10. dicando. 2. Et poi dice le lode di rettorica, come tocca al comune et al diviso, e come per lei diviene l'uomo sicuro, cioè che sicuramente puote gire a trattare le cause, et ap- pena troverai (2) chi '1 sappia contradiare ; e dice chende diviene la vita « onesta », cioè laudato intra coloro che '1 15. cognoscono; e dice «illustre», cioè laudato intra li strani; e dice « ioconda », cioè vita piacevole, però che ' savi par- lieri molto piacciono ad sé et altrui. 3. Et altressi molto bene n'aviene alle comunanze jier eloquenzia, a questa con- dizione : se sapienzia sia presta, cioè se ella sia adiunta con 20. eloquenzia. Et dice che sapienzia è amodenatrice di tutte cose però che ella sae antivedere e porre a tutte cose certo modo e certo fine. 4. Et poi dice che questi che anno elo- quenzia giunta con sapienzia sono laudati, temuti et amati; e dice che Ili amici loro possono di loro avere aiutorio si- 25. curissimo, però che appena fie chi Ili sappia contrastare, poiché sanno parlare a compimento di senno. Et dice « cer- tissimo » però che '1 buono e '1 savio uomo non si lascia 2: M-m Lo testo èe cotale, M'-L La tema de questo è cotale — 3: M' aliijuanti — 6: M' de fare male — 7: m om. nota — 9: il' divegnono — 11: M huomo siguro — 13: M' troverà — 14: M-m laudata.... che cognoscono — 15: M' illustra, L illustro — 17: A/' ad altri — M-m nm. Et altressi e n— 19: Hin presta — M' giunta — 21 :M siae ad intivedere, m a ad antivedere — 22: m om. Et — 23: M^ 7 temuti — 25: m Tia chelli sappia, M' fie chelli il sappia — 37: M non so lascia. (1) Anche la lezione di ilf è possibile, ma forse nacque da un accomodamento arbitrario del testo già corrotto. Invece quella di M' è spiegabilissima collomis- sione della parola testo (la somiglianza con questo rese più facile l' errore) e riceve conforma dal principio del capitolo seguente, con quell'uniformità di espressione che è caratteristica di tutto il commento. (2) Troverai è preferibile come « lectio difflcillor ». Del resto anche in M' po- trebbe trattarsi non di troverà, ma troverà'. - 27 - corrompere per amore ne per prezzo né per altra simile cosa. Et qui si parte il conto e fae nn' ultima conclusione in questo modo: Tullio conclude in somma. 5. 15. Et però pare a me che gli uomini, i quali in molte cose sono minori e più fievoli che Ile bestie, in questa una cosa l'avan- zano, che possono parlare ; e donque pare che colui conquista cosa nobile et altissima il quale sormonta li altri uomini in quella me- desima cosa per la quale gli uomini avanzano le bestie. 10. Lo sponitore. I. La tema in questo testo è cotale : La veritade è che gli uomini in molte cose sono minori che Ile bestie e più fievoli, acciò che sanza fallo il leofante e molti altri ani- mali sono più grandi del corpo che nonn è l'uomo; e certo 15. il leone e molte altre bestie sono più forti della persona che ir uomo; e più ancora che in tutti e cinque ' sensi sono certi animali che avanzano lo senso dell'uomo. Che sanza fallo lo porco salvatico avanza l'uomo d'udire e '1 lupo cerviere del vedere e la scimmia del saporare, e l'avóltore 20. dell' anasare ad odorare, e '1 ragnol del toccare. 2. Ma in questa una cosa avanza 1' uomo tutte le bestie et animali, che elli sa parlare. Donque quello uomo acquista bene la sovrana cosa di tutte le buone, che di ben parlare soprastae alli altri uomini. 25. Tullio dice di che elli tratterà- 16. Et questa altissima cosa, cioè eloquenzia, non si acquista solamente per natura né solamente per usanza, ma per insegnamento d'arte altressi. Donque non è disavenante di vedere ciò che dicono coloro i quali sopra ciò ne lasciaro alquanti comandamenti. Ma anzi S: il-m un'altra condictione — 7 : M' costui — il-m conquesta — 8: M-m la quale; om. li — 9 : )» om. cosa e gli uomini — 11: il' de questo t. — 12: M' molti huomini.... minori 7 più fievoli chelle bestie — 15: U-m om. altre — 16: M' che tucti — 19-20: M-m 7 l'avóltore dell'odore, M']j lavoltoio delanasare adodorare, L del savorare e odorare, S et l'avoltoio del nasare et d'odorare — M-M' 7 rangnol, m il rangnolo (ohi. tulli gli e), L a ra- gnolo — M'-L ne! toccare — 22: M' chelli sanno - 25: M dico che {ma cfr. ^ \) — 27 : M' per la natura — 2S: M-m nm. d'arte — 29: m certi. — 28 — che noi diciamo ciò che ssi comanda in rettorica, pare che sia a trattare del genere d' essa arte e del suo officio e della fine e della materia e delle sue parti; imperochè sapute e cognosciute queste cose, più di legieri e più isbrigatamente potrà l'animo di ciascuno 5. considerare la ragione e ia via dell'arte. Lo sponitore. 1. Poi che Tulio avea lodata Rettorica et era soprastato alle sue commendazioni in molte maniere, sì ricomincia nel suo testo per dire di che cose elli tratterà nel suo libro. 10. Ma prima dice alcuni belli dimostramenti, perchè l'animo di ciascuno sia più intendente di quello che seguirà, e così pone fine al suo prolago e viene al fatto in questo modo: Tullio ae fiìiito il prolago, e comincia a dire di eloquenzia. 17. (e. V) Una ragione è delle cittadi la quale richiede et è 15. di molte cose e di grandi, intra Ile quali è una grande et ampia parte l' artificiosa eloquenzia, la quale è appellata Rettorica. Che al ver dire né cci acordiamo con quelli che non credono che Ila scienzia delle cittadi abbia bisogno d'eloquenzia, e molto ne discordiamo da coloro che pensano ch'ella del tutto si tegna in forza et in arte del 20. parladore. Per la qual cosa questa arte di rettorica porremo in quel genere che noi diciamo ch'ella sia parte della civile scienzia, cioè della scienzia delle cittadi. Lo sponitore. I. In questa parte del testo procede Tulio a dimosti-are 25. ordinatamente ciò che elli avea promesso nella fine del pro- lago. Et primamente comincia a dicere il genere di questa arte. Ma anzi che Ho sponitore vada innanzi sì vuole fare intendere che è genere, perchè l' altre parole siano meglio intese. 2. Ogne cosa quasi o è generale, sicché comprende 30. molte altre cose, o è parte di quella generale. Onde questa 1-2: M' (la tratto, poi corr. da trattar.; — 3: M-m generalmente della decta- arte — 3: m però che - 4: M-m più diligente, M' nm. più — 8: M A rinconincia — 11 : M' (luelle, ma L quello — 14-13: M'-L richiede molte cose grandi — 16: M-m cai ver diro — 18: M-m abbiano — 30: M-m [lorromo quel genero — SG: m quella — S8: M-m y perchè — 29: M ìì quasi generale, m è quasi geu. — 30: M onde jvirte quella gen. - 29 - parola, cioè « uomo », è generale, per ciò che comprende molti, cioè Piero e Joanni etc, ma questa parola, cioè « Piero, » è una parte- A questa somiglianza, per dire più in volgare, si puote intendere genere cioè la schiatta; che 5. chi dice « i Tosinghi » comprende tutti coloro di quella schiatta, ma chi dice « Davizzo » non comprende se no una parte, cioè un uomo di quella schiatta. 3. Onde Tulio dice di rettorica sotto quale genere si comprende, per meglio mostrare il fondamento e Ila natura sua. Et dice così che Ila 10. ragione delle cittadi, cioè il reggimento e Ila vita del co- mune e delle speciali persone, richiede molte e grandi cose, in questo modo: che è in fatti e 'n detti. 4. In fatti è la ra- gione delle cittadi sì come l'arte W de' fabbri, de' sartori, de' pannar! e l' altre arti che si fanno con mani e con piedi. In 15. detti è la rettorica e l'altre scienze che sono in parlare. Adonque la scienza del covernamento delle cittadi è cosa generale sotto la quale si comprende rettorica, cioè l'arte del bene parlare. 5. Ma anzi che Ilo sponitore vada più in- nanzi, pensando che Ha scienza delle cittadi è parte d' un 20. altro generale che muove di filosofia, sì vuole elli dire un poco che è filosofia, per provare la nobilitade e l'altezza della scienzia di covernare le cittadi. Et provedendo ciò ssi pruova l'altezza di rettorica. 6. Filosofia è quella sovrana cosa la quale comprende 25. sotto sé tutte le scienze; et è questo uno nome composto di due nomi greci : il primo nome si è phylos, e vale tanto a dire quanto « amore », il secondo nome è sophya, e vale - tanto a dire quanto « sapienzia ». Onde « filosofia » tanto vale a dire come « amore della sapienzia » ; per la qual cosa neuno 30. puote essere filosofo se non ama la sapienzia tanto eh' elli intralasci tutte altre cose e dia ogne studio et opera ad avere (2) intera sapienzia. Onde dice uno savio cotale difiì- / ■ M-m cioè che comprende — 2: Af' nm. o J cioè Piero — 5: M' ovi. chi — 4-6: m om. tutto il passo da che « quella schiatla — 8: m om. per — 9: M^ demostrare — 10: jU' i reggimenti — 12: M-m om. che b — 13: Af ' l'arti (ma anche L l'arto) — m e de'pan- nali, .)/ 7 de sartori de panni — 16-17: m o parte d'un altro generale — 18: M' de ben p. — 20: M in podio — 22: m om. della scienzia, 3/' niii. della scienzia l'al- tezza — 25: M sotto di sé — 26: m fue fdos, .W filis — 27 : m om. nome — 29: M^ de la scienza — 31: M-m tuote l'altre — J/' 7 da ~ 32: M-m. ad amare —' M' Donde. (1) Anche arte potrebbe essere qui un plurale, come in Tesar., X, 39-40; però lo ronde poco probabile la forma arti che subito segue. (2) La lezione amare di M-m fu certo suggerita dai precedenti amore e ama, e basterebbe a farla rifiutare la ripetizione di concetto a cui si riduce. - 30 - nizione di filosofia : ch'ella è inquisizione delle naturali cose e connoscimento delle divine et umane cose, quanto a uomo è possibile d' interpetrare. Un altro savio dice che filosofia è onestade di vita, studio di ben vivere, rimembranza della 5. morte e spregio del secolo. 7. Et sappie che diflfinizione d'una cosa è dicere ciò che quella cosa è, (i) per tali parole che non si convegnano ad un' altra cosa, e che se tu le rivolvi tuttavia signiffichino quella cosa. Per bene chiarire sia questo l'exemplo nella diffinizione dell'uomo, la quale 10. è questa: « L'uomo è animale razionale mortale ». Certo queste parole si convegnono sì all'uomo che non si puote intendere d'altro, né di bestia, né d'uccello, né di pescie, però che in essi nonn à ragione; onde se tue rivolvi le parole e di' cosi : « (/he è animale razionale e mortale ? * 15. certo non si puote d' altro intendere se non dell' uomo. 8. Or è vero che anticamente per nescietà delli uomini furon mosse tre quistioni delle quali dubitavano, e uon senza cagione, però che sopr'esse tre questioni si girano tutte le scienzie. La p-rima quistione era che dovesse l'uomo 20. fare e che lasciare. La seconda quistione era per che ra- gione dovesse quel fare e quell'altro lasciare. La terza quistione era di sapere le nature di tutte cose che sono. Et perciò che le questioni fuoro tre, sì convenne che' savi filosofi (2) partissero filosofia in tre scienzie, cioè Teorica, 25. Pratica e Logica, si come dimostra questo arbore. i: M inquistione, m inquestione, L inqulslione — 2: M^ quando — 3: M enpossib'ile — (5: Mss. quella cosa 7 per t. p. — 8: if-M' le rivuoli, L le rivolgi — il' el per bene — .9-/0: if' lo quale questo, L la i[ualo questo — 16: m necessità, M' neccssiladc — 16-17: .¥' luiomini in esse (L messe) — 18: sospeso, cnrr. sopresse — 19: .1/' liuomo — 20: m la seconda che lasciare — 20-21: lU-m om. la 2" quistione — 22.: M-m om. quistione — M-iii la natura — m tutte le oliose - 23: M-m Et però quelle quistioni furono tre — 23-24 : M si convenne i savi phylosoi)hy che partissero — jf > si conviene -^ 23: M mn. e. (1) Si potrebbe anche leggere (con una costruzione più regolare ma con una coordinazione poco opportuna) ciò eh' è quella cosa, e per tali parole ecc. (2) Questa lezione ò comune a codici di ambedue le famiglie, e perciò la pre- ferisco a quella di M, che pure si può difendere facendo transitivo conreìtne e intendendo i -savi filosofi come complem. oggetto. 31 — 10. 9. Et la prima di queste scienze, cioè pratica, è per dimostrare la prima questione, cioè che debbia uomo fare e che lasciai'e. La seconda scienzia, cioè logica, è per di- mostrare la seconda quistione, cioè per che ragione dovesse quel fare e quello altro lasciare. 10. Et questa scienza, cioè logica, sì ae tre parti, cioè dialetica, efidica, soffistica. La prima tratta di questionare e disputare l'uno coli' altro, e questa è dialetica; la seconda insegna provare il detto del- l' uno (1) dell' altro per veraci argomenti, e questa èe efi- dica; la terza insegna provare il detto dell'uno e dell'altro per argomenti frodosi o per infinte provanze, e questa è sofistica. Et questa divisione pare in questo arbore. 11. La tex'za scienzia, cioè teorica, si è per dimostrare le nature di tutte cose che sono, le quali nature sono tre; 15. e però conviene che questa una scienza, cioè teorica, sia pai'tita in tre scienzie, ciò sono Teologia, Fisica e Mate- matica, sì come dimostra questo arbore. 4: m cioè la ragione — 6: m sollislicha, epidicha, M' eflidica (un'altra mano aggiunse sotìslicha) — 7: i/' tractare.... contra l'altro - 9:m, ìt', l e dell'altro — i 1 : if infinite — M' argomenti frodolenti 7 jier infinita pruova — 12: m apare. (1) Conservo invece di e, comune a quasi tutti i codici, appunto per la sua singolarità e perchè sembra indicare una differenza tra l'efldica e la sofistica- la prima dimostra la verità di una delle due parti, la seconda pretende dimo- strare l'una e l'altra parte. - 32 - 12. Onde la prima di queste tre scienze, cioè teologia, la quale è appellata divinitade, si tratta la natura delle cose incorporali le quali non conversano in traile corpora, sì come Dio e le divine cose. La seconda scienzia, cioè 5. fisica, sì tratta le nature delle cose corporali, si come sono animali e He cose che anno corpo; e di questa scienzia fue ritratta l'.arte di medicina, che, poi che fue connosciuta la natura dell'uomo e delli animali e de' loro cibi e dell'erbe e delle cose, assai bene poteano li savi argomentare la sa- io, nezza e curare la malizia. La terza scienzia, cioè matema- tica, sì tratta le nature de le cose incorporali le quali sono intorno le corpora; e queste nature sono quattro, e perciò conviene che matematica sia partita in quattro scienze, ciò sono arismetrica, musica, geometria et astronomia, sì come 15. appare in questo arbore: 13. La prima scienzia, cioè arismetrica, tratta de' conti e de'nomeri, sì come l'abaco e più fondatamente. La se- conda scienza, cioè musica, tratta di concordare voci e suoni. La terza, cioè geometria, tratta delle misure e delle 20. proporzioni. La quarta scienza, cioè astronomia, tratta della disposizione del cielo e delle stelle. 14. Or si torna il conto dello sponitore di questo libro alla prima parte di filosofia, della quale è lungamente ta- ciuto, e dicerà tanto d'essa prima parte, cioè di pratica, 25. che pervegna a dire della gloriosa Rettorica. E sì come fue detto già indietro, questa pratica è quella scienza che dimostra che ssia da ffare e che da lasciare, e questo è di 3:m traile corpora — 7: #' dela mudicina — 9: M' assai poteo bone argomentare isani — 10-13 : M-m mltnno da matematica di l. 10 a l. 13 sia partita (m si e) — 16: m om. scien- 7.ia — 17: M' noveri — 18: M [a musica — SO: M astorlomia — M' tracta Io sponilore — 22: Af' si ritorna (L ritorna), m Ora torna lo spoiiiloro alla prima p. — 33: m ae, Jtf' oo — 24: m della prima parte — 25: m perverrà. - 33 - tre maniere: i>erciò conviene che di questa una siano tre scienze, cioè sono Etica, Iconoiiiica e Politica, sì come mostra la figura di questo arbore : 15. La prima di queste, cioè etica, sì è insegnamento di 5. bene vivere e costumatamente, e dà connoscimento delle cose oneste e dell'utili e del lor contrario; e questo fa per assennamento di quatro vertudi, ciò sono prndenzia, iusti- zia, fortitudo e temperanza, e per divieto de' vizi, ciò sono superbia, invidia, ira, avarizia, gula e luxuria; e così dimo- io, stra etica clie sia da tenere e che da lasciai-e jier vivere virtuosamente. 16. La seconda scienza, cioè iconomica, sì 'nsegna che ssia da ffare e che da lasciare per covernare e reggere il propio avere e la propia famiglia. 17. La terza scienza, cioè politica, sì 'nsegna fare e mantenere e reggere 15. le cittadi e le comunanze, e questa, sì come davanti è pro- vato, è in due guise, cioè in fatti et in detti, sì come si vede in questo arbore: 18. Quella maniera eh' è in fatti sì sono l'arti e' magi- sterii che in cittadi si fanno, (i) come fabbri e drappieri e li 1 : M-m però clic convion(3 — 3.m am. la ligura — ;>: Af' accostumatamente — 9 : M' om. ira — 10: M^ da necnto — 1 1: m virtmliosamonte — 13: m avere, la patria e la famiglia — 14: m fare, mantenere 7 r. — 16: M-M' 7 in due guise — M' in detti. 18: m om. tutto il g 18 — M' 7 mestieri — 19 : M che cittadini fanno (lì Si rimane incerti fra le due lezioni, perchè il senso è il medesimo e anclie paleograficamente la differenza è lieve: forse ì citladisi oxìgìno (i) cittadini'! Adot- tiamo la lezione un po' più diffìcile. - 34 — altri artieri, sanza i quali la cittade non potrebbe durare. Quella eh' è in detti è quella scien^ia che ss' adopera colla lingua solamente; et in questa si contiene tre scienze, ciò sono Grramatica, Dialettica, Rettorica, si come dimostra 5. questo altro albore: 19. Et che ciò sia la verità dice lo sponitore che gra- matica è intrata e fondamento di tutte le liberali arti et insegna drittamente parlare e drittamente scrivere, cioè per parole propie sanza barbarismo e sanza sologismo (i). 10. Adunque sanza gramatica non potrebbe alcuno bene dire né bene dittare. La seconda scienza, cioè dialetica, sì pruova le sue parole per argomenti che danno fede alle sue parole; e certo chi vuole bene dire e bene dittare conviene che mo- stri ragioni per che, sicché le sue parole abbiano provanza Ib. in tal guisa che Ili uditori le credano e diano fede a cciò che dice. La terza S(!Ìenza ciò è Rettorica, la quale truova et adorna le parole avenanti alla materia, per le quali l'udi- tore s'accheta e crede e sta contento e muovesi a volere ciò eh' è detto. 20. Adonque le tre scienze sono bisogno a 20. parlare et al dittare, che sanza loro sarebbe neente, acciò che '1 buono dicitore e dittatore de' sì dire e scrivere a diritto e per sì propie parole che sia inteso, e questo fae gra- matica; e dee le sue parole provare e mostrare ragioni (2), 1 : Af ' artefici sanza quali le cittadi non potrebbero durare — 3: M^ ■] questa si con- tiene — 6: m Et choncio sia la v., L Et cliome ciò sia — 7: M' l'arti liberali — 9: M- m om. e sanza sologismo; t-S silogismo — 10: M' om. alcuno — I-i: M ragione si che le s. p. — pruova — i7 : M-m advoncnti — 18-19 : M' per bisogno al parliere et al dicta- tore — S3: M-m mostrare con ragiono, L mostrare por ragione (1) Non credo necessario, data l' impossibilità di distinguer la grafia dei copisti da quella dell' autore, ristabilire la forma esatta solecismo; la stranezza della pa- rola spiega pure l'omissione di M-m e lo sproposito di L-S. (2) Che questa sia la giusta lezione è confermato dal § precedente, 1.16 («ra- gioni per che ») ; e si noti che mostrare con ragione o per ragione equivarrebbe a provare. - 35 - e questo fae dialetica; e dee sì mettere et addornare il suo dire che, i)oi che 11' uditore crede, che stia contento e faccia quello eh' e' vuole, e questo fa Rettorica. 21. Or dice lo spo- nitore che Ha civile scienza, cioè la covernatrice delle cit- 5. tadi, la quale èe in detti si divide in due: che ll'una è co llite e l'altra sanza lite. Quella co llite si è quella che sisi fa do- mandando e rispondendo, si come dialetica, rettoi'ica e lege; quella eh' è sanza lite si fa domandando e rispondendo, ma non per lite, ma per dare alla gente insegnamento e via di 10; ben fare, sì come sono i detti de' poeti che anno messo inii iscritta l'antiche storie, le grandi battaglie e l'altre vicende che muovono li animi a ben fare. 22. Altressì quella civile scienzia eh' è con lite è di due maniere, eh' è ll'una artifi- ciosa, l'altra non artificiosa. Artificiosa è quella nella quale 15. il parliere che connosce bene la natura e Ilo stato della materia, vi reca suso argomenti secondo che ssi conviene, e questo è in dialetica et in rettorica. Quella che non è artificiale è quella nella quale si recano argomenti pur per altoritade, si come legge, sopra la quale non si reca neuna 2'^ pruova né ragione per che, se non tanto l' altoritade dello 'mperadore che Ila fece. Et di questa che non è artificiale dice Boezio nella Topica eh' è sanza arte e sanza parte di ragione. 23. Alla fine conclude Tulio e dice che Rettorica è parte della civile scienzia. Ma Vittorino sponendo quella 25. parola dice che rettorica è la maggiore parte della civile scienzia; e dice « maggiore » per lo grande effetto di lei, che certo per rettorica potemo noi muovere tutto '1 popolo, tutto '1 consiglio, il padre contra '1 figliuolo, l'amico centra l'amico, e poi li rega(i) in pace e a benevoglienza. Or è detto 30. del genere; omai dicerà Tulio dello oflfizio di rettorica e del fine. 1: M ordinare, m e iliraeltero e ordinare lo siidire — 3: M^ cliolll stea — 5: M-m si vede in due — 7: M' y reclorica — 9: M' a. lo genti — i 1 : m-M in iscripto — M' 7 le g. b. 7 altro vicende — IS : M-m alla (certo da ((Ila), M' (|UOSta civ. — 13-14: mchS l'ima e art. 7 l'altro non art., 3f' l'unaarl. l'altra none art. (X non art.) — 16: m su argomenti che crede ohe si chenvieno, S secóndo la cosa — 19: M sopralla quale — 21 : J/' di que- sta non artificiosa — S6: m e M' alFecto, ma L el'ctto — S8 : m M' contro al f. — wchontro all'amico, M' contra amico. — 29: m li reca, Af' recalgli a pace 7 benev., L-S recarli a p. Q n h. — 80 : m M' oggimai. (1) Con libertà non nuova alla nostra ling'.ia antica, si può sottintendere il soggetto, « rettorica », dalle parole « per rettorica » che precedono. La lezione ? ecarli, appunto perchè piii semplice e chiara, mi par da scartare : non si vedrebbe - 36 Tullio dice che è l'ufficio di questa arte. 18. Officio di questa arte pare che sia dicere appostatamente per fare credere, fine è far credere per lo dire. Intra 11' ufficio e Ila fine èe cotale divisamente : che nell'officio si considera quello che 5. conviene alla fine e nella fine si considera quello che conviene al- l'officio. Come noi dicemo l'ufficio del medico curare apostatamente per sanare, il suo fine dicemo sanare per le medicine, e così quello che noi dicemo officio di rettorica e quello che noi dicemo fine in- tenderemo dicendo che officio sia quello che dee fare il parliere, e 10. dicendo che Ila fine sia quello per cui cagione eili dice. Lo sponitore. 1. In questa parte àe detto Tulio che è l'officio di que- sta arte e che è lo suo fine; e perciò che '1 testo è molto aperto, sì sine passerà lo spouitore brevemente. Et dice 15. cotale diffinizione : officio è dicere appostatamente per fare credere. Et nota che dice « appostatamente », cioè ornare parole di buone sentenze dette secondo che comanda que- st'arte; e questo dice per divisare il parlare di questo di- citore dal parlare de' gramatici, che non curanq d'ornare 20. parole. E dice « per far credere », cioè dicere sì composta- mente che ir uditore creda ciò che ssi dice. Et questo dice per divisare il detto de' poeti, che curano più di dire belle pai-ole che di fare credere. 2. L' altra diffinizione è del fine. Et dice che fine è far credere per lo dire. Et certo chi 25. considera la verità In questa arte e' troverà che tutto lo 'ntendimento del parliere è di far credere le sue parole all'uditore. Donque questo è la fine, cioè far credere; che 2: M* om. ilk'Oi'O — 3: M-M' 7 lar — M-m per 1 udire - 3-4: M' om. Inlra 11' udicio e ripete è cotale ilivisumento che no l'ollicio — M 7 è colalo — 0: m il' e curare — 9: t in- tenderemo cli6 olicio è quello ecc. — m om. e — JO: il ella, mi e la — i3 : .tf' et che il lino — 15: il apostamonle — M-m saltano dal l'ai ^ apposlatanicnto. — 10: .tf-m-.l/' or- nate — 20: m diro si ornatamente et cliom))ost. — 21 : M-m mn. Kl c|uesto dice - 23: M-m che farle credere - 24: M-m per 1 udire — 23: M 7 troverà - 26: M' del parlare la ragione per cui fu mutata negli altri codici, mentre ò facile ammettere che sia derivata da recahjli di M '. Quoista poi, a sua volta, non è che una variante di ìi reca, con una estensione del pronome enclitico a cui contraddice la cosiddetta legge del Mussafla (cfr., anche per Dante, in Bull. d. Soc. Dani., N. S., XIV, 90-91) - 37 - 'mmantenenle che l'uomo crede ciò eli' è detto si rivolve (1) lo suo animo a volere et a ffare ciò che '1 dicitore intende. 3. Ma dice Boezio nel quarto della Topica che '1 fine di que- sta arte è doppio, uno nel parladore et un altro nell'uditore. 5. Il parladore sempre desidera questo fine in sé: che dica bene e che sia tenuto d' aver bene detto. Neil' uditore è questo fine: che '1 dicitore a questo intende, che nell'udi- tore sia cotale fine che creda quello che dice; e questo fine non desidera sempre il parlatore sì come quello di sopra. 10. 4. Et per mostrare bene che è l' officio e che è il fine e che divisamento àe dall'uno all'altro, sì dice Tulio che officio è quello che '1 parliere de' fare nel suo parlamento secondo lo 'nsegnamento di questa arte. Ma fine è quello per cui cagione il parlieri dice compostamente; e certo questa ca- 15. gione e questo fine nonn è altro se non fare credere ciò che . dice. Et di ciò pone exemplo del medico, e dice che Ilo officio del medico è medicare compostamente per guerire r amalato; la fine del medico èe sanare lo 'nfermo per lo suo medicare. 5. Già è detto sofficientemente dell' officio 20. e della fine di rettorica; omai procederàe il conto a dire della materia. Della materia. 19. Materia di questa arte dicemo che ssia quella nella quale tutta l'arte e Ilo savere che dell'arte s'apprende dimora. Come se noi 25. dicemo che Ile malizie e le fedite sono materia del medico, perciò che 'ntorno quelle è ogne medicina, altressì dicemo che quelle cose sopra le quali s'adopera questa arte et il savere eh' è appreso (2) dell'arte sono materia di rettorica; le quali cose alcuni pensaro che 1 : M sinvolve, m si involve, M^-L si muove — S : M' quello olio. — 9 : M-m considera — 10: M' om. l)ene — 15: M-m non ae altro — m se none a faro — 16: Af ' in ciò — 17-18 : M Olii, è medicare.... del medico — 19: M-m Già ae d. s. (mi s. d.) — 20: M' del fine — ogimai procederà Tulio a dire — S,4: m e tutta l'arte — Jlf ' e sapere — S3: M-m le malizie, cioè le malattie (glossa) — 87: M e savere — tulli i inss, apresso (1) Questa è senza dubbio la lezione richiesta dal senso e giustificabile con ragioni paleografiche: un siriuolue in cui ri è parso un n ha originato il sinvolve di M; da questo, per correzione arbitraria, è nato si muore di Mi L. Invece di « si rivolve lo suo animo » (soggetto) si può anche intendere « (l'uomo) si rivolve lo suo animo », ma forse l'espressione riesce meno naturale. (2) La correzione è suggerita dalle parole precedenti : « lo savere che dell'arte s'apprende». Il testo latino ha facuUas oratoria. - 38 - fossero piusori et altri meno. Che Gorgias Leontino, che fue quasi il più antichissimo rettorico, fue in oppinione che el parladore possa molto bene dire di tutte cose. Et questi pare che dea a questa arte grandissima materia sanza fine. Ma Aristotile, il quale diede a questa 5. arte molti aiuti et adornamenti, extimò che II' officio del parlatore sia sopra tre generazioni di cose, ciò sono dimostrativo, diliberativo e giudiciale. Lo sponitore. 1. In questa parte dice Tulio che materia di rettorica 10. è quella cosa per cui cagione furo pensati e trovati li co- mandamenti di questa arte, e per cui cagione s'adoperala scienzia clie 11' uomo apprende per quelli comandamenti. Così fuoro trovati li comandamenti di medicina e gli ado- peramenti per le infertadi e per le ferute; et insomma 15. quella è Ila materia sopr' alla quale conviene dicere. Et sopra ciò fue trovata questa arte per dare insegnamento di ben dire secondo che Ila materia richiede e per fare che ir uditore creda. 2. Et di questo è stata diiferenzia tra' savi : che molti furo che diceano che materia puote 20. essere ogne cosa sopr' alla quale convenisse parlare. Et se questo fosse vero, donque sarebbe questa arte sanza fine, che non puote essere; e di questi fue uno savio, Gorgias Leontino, antichissimo rettorico; et in ciò che Tulio l'ap- pella antichissimo sì dimostra che non sia da credere. 25. 3. Ma Aristotile, a cui è molto da credere, perciò che diede molti aiuti et adornamenti a questa arte in perciò che fece uno libro d' invenzione et un altro della parladura, dice che rettorica èe sopra tre maniere di cose, e catuua maniera èe genei'ale delle sue parti; e queste sono dimo- 30. strativo, diliberativo e iudiciale, come in questi cercoletti apiiare : 2: m cliel parlaro — 3: M-m che (loggia (w dohbia) aiiiiistare — 6: M' generi — 7: M-m giiulicalivo - IS: M-m et per (incili comamlamenti. Af' aiiiirondo per qua com., S per qiialnni|ue com. (t bene) -- 13-14: M-m et por lo adoperamenlo et por lo inf. — M' fedito — 15: m. M'-L sopra la quale — 19: M' dissero — ?0: m sopra la ipiale l'uomo chonviene parlare, M' sopra la (pialo — SS: M-m di questo — S3-S4: M' 1 aix.'l- lava — S6: M-m (lice molti aiuti — M' in ciò che, m però che — S7: Mdinvctione, hi d'in- votione - S8: M-m materie — M' de cosa {ma L S di cose) — M^ ciasouna — 30-31: M-m om. come ecc. e la figura. - 39 - Et a questa sentenzia s'accorda Tulio, e sopra queste tre maniere è tutta l'arte di rettorica. 4. Ma ben puote essere oh' e' maestri in questo punto fanno divisamente intra dire e dittare; che pare che Ila materia di dittare sia si generale 5. che quasi sopra ogne cosa si possa fare pistola, cioè man- dare lettera. Ma dire non si puote per modo di rettorica se non delle dette tre maniere, perciò che Tulio reca tutta la rettorica in quistione di parole. Et intendo che quistione è una diceria nella quale àe molte parole sie impigliate 10. che ssine puote sostenere l'una parte e l'altra, cioè provare si e no' per atrebuti, cioè per propietadi del fatto o della persona. 5. Et ecco l' exemplo in questa diceria che fie pro- posta in questo modo: È da sbandire in exilio Marco Tulio Cicero no, che davanti (i) al popolo di Roma fece anegare 15. molti romani a tempo che '1 comune era in dubbio? In questa proposta à due parti, una del sì et un'altra del no. Quella del sì è cotale : « Cicero è da sbandire, perciò che à fatta la cotale cosa *. Quella del no è cotale: « Non è da sbandire, che ricordando pure lo nome signififica buona cosa 20. et isbandire et exìlio (2) sìgnifBca mala cosa, e non è da cre- dere che buono uomo faccia quello che ssia da sbandire degno né de exìlio ». 6. Grià è detto che è la materia di quest'arte, et afferma Tulio la sentenza d'Aristotile. Et però che elli l' àe confermata, sì dicerà di catuna dì quelle 25. tre maniere sì compiutamente che per lui e per lo sponì- 1 : m sachosta — 2: Mi tucta — 3:m tra dire od. — 4:mL del dittare ~ 5 : M' si puote — 6: M' lectoro — 7 : 3f ' se non le docte — om. perciò — m tutta rettorica — 9: M' ov'a — il: M-m et por atrebuti, M' per ai trebuti — m cioè i)roiiietadi — 12: M sie o fie, m Ila, M'-L fu - 14: m om. Cicero — M^ Cicerone che davanti il p. — 15: M' al tempo — 16: M imposta — 19: M' il suo nome ò buona cosa — 20: M' in exilio — 21-22: m dongno da sb., M' dengno di sbandire in oxilio — 24: J/' la conferma (1) Non e' è dubbio sul testo, in cui la tradizione manoscritta è concorde; quanto all'interpretazione cfr. Maggini, La Rettorica italiana di B. L., ediz. cit., p. 34. (2) Che et e non in sia la lezione originaria è comprovato dal seguente né de exilio (cambiato da M< in exilio per analogia colla prima alterazione). ~ 40 — tore potrà quelli per cui è fatto questo libro intendere la materia, lo movimento e la natura di rettorica. Ma ben guardi d'intendere ciò che dice questo trattato e di Con- noscere ciò che in esso si contiene, che altrimenti non po- trebbe intendere quello che viene innanzi; e dicerà prima del dimostrativo. Del dimostr amento. 20. Dimostrativo è quello che ssi reca in laude o in vituperio d'una certa persona- le. Lo sponitore. 1. In questa parte dice Tulio che, con ciò sia cosa che Ile cause e Ile quistioni sopr' alcuna vicenda indella quale l'uno afferma e l'altro niega siano di tre maniere, sì inse- gna Tulio avanti quale causa è dimostrativa. Ma lo sponi- 15. tore non lascerà intanto che non dica la natura e Ila radice di tutte e tre, oltx'e che dice il testo di Tulio; et in ciò dicerà chi è la persona del parliere che dice sopra la causa, e dicerà che è il fatto della causa. 2. La persona del par- liere è quella che viene in causa per lo suo detto o per lo 20. suo fatto: et intendo « suo detto » quello ch'elli disse o che ssi crede ragionevolemente ch'elli abbia detto, avegna che detto noll'abbia; altressì intendo «fatto» quello che fece o che ssi crede ragionevolemente che elli abbia fatto, avegna che fatto non sia. 3. Il fatto della causa è quel detto o quel fatto per 25. lo quale alcuno viene in causa e questione; et in ciò sia cotale exemplo: Dice Pompeio a Catellina: « Tu fai tra- 1: in poUà collii —è: M' c\ inovini. ~ 5: .W Jioooia, L ilice ora — 6: i/del dimoslratio, m (Iella dimostrationo — 8: S si moslra — 13-14: il' sia in ti-o maniero.... tulio avanti, m Tulio inprima — M-m cosa — il' sia doni. — 13: m oni. e la radice - lS-19: il-m Persona del ]). 7 quella — 19-20: il' per lo suo facto o per lo suo dello, m per lo s. d. e per lo s. f. intondo suo detto e latto (pielli (nni-he il (iiielli) - SS: il-m e così intondo quello — S4 : il' ijucl detto — SS- il' et in ipiest., m. ohi. — L siae -- 41 - dimento nel comune di Roma». Et Catellina risponde: « Non fo ». In questo convenente Pompeio e Catellina sono le persone de'parlieri; e la causa è questa: «Tu fai tradi- mento » — « Non fo »; e chiamasi causa però che 11' uno ap- 5. pone e dice parole contra l'altro e mettelo in lite. 4. Et per maggiore chiarezza dicerà lo sponitore che èe dimostra- mento e che deliberazione e che iudicamento, e così sopra che è ciascuna maniera di rettorica. Dimostramento. — 5. Dimostramento è una maniera di 10. cause tale che per sua propietade il parliere dimostra ch'al- cuna cosa sia onesta o disonèsta, e per questo mostra che è da laudare e che da vituperare; e questa causa dimostrativa è doppia: una speciale et un'altra che non si puote partire. 6. La speciale dimostrativa è quella nella quale i parlieri 15. si sforzano di provare una cosa essere onesta o disonesta, non nominando alcuna certa persona; et intendo certa per- sona a dire delli uomini e delle cittadi e delle battaglie e di cotali certe cose e determinate tra Ile genti, non intendo dell'altezza del cielo né della grandezza del sole o della 20. luna, che questa quistione non pertiene a rettorica. 7. Et di questa causa speciale dimostrativa sia cotale exemplo : « Il forte uomo è da laudare ». Dice l'altro: « Non è, anzi è da vituperare ». E di questo nasce quistione, se '1 forte è degno di lode o di vituperio, e perciò èe dimostrativa, ma 25. non nomina certa persona, e perciò è speciale. 8. La causa dimostrativa che non si puote partire è quella nella quale i parlieri vogliono mostrare alcuna cosa sia onesta o diso- nesta nominando certa persona, in questo modo: « Marco Tulio Cicero è degno di lode ». Dice 1' altro: « Non è »; e 30. di questo nasce quistione, se sia da lodare o da vituperare. Et questa quistione comprende due tempi : presente e pre- terito. Che al ver dire di ciò che 11' uomo fae presentemente è lodato biasmato, et altressì di ciò che fece ne' tempi pas- sati. 9. Et sopra ciò dicono 1' antiche storie di Roma che 35. questa causa dimostrativa si solca trattare in Campo Marzio, 5: 3/' perciò maggioro — 7 : ìlt' cheo... cheo (ma L clie... che) - saprà che è — 10: M' per sue propietadi il parladore — 14: M' i parladori — m spellale o dimostrativa — 16: M' nm. et intendo certa persona, vi om. et — 17: M' et dele ciltadi — 18: m cliase diterminate — 19: M-m et della gr. — 20: m non apartiene — ^i :?» om. speciale — M-m dimostrata — M k cotale lessemplo - So: M-m om. è — 27: M' alcuna persona essere — 31 : M-m di tre tempi — m pres., preter. e luturo — 32: M-m Et al ver dire — 33 : M-m om. di - 42 - nel quale s'asemblava la comunanza a llodare alcuna per- sona ch'era degna d'avere dignitade e signoria et a bia- smare quella che non era degna. E già è ben detto della causa dimostrativa; sì dicerà il maestro della causa deli- 5. berativa. Del diliber amento. 21. Diiiberativo è quello il quale, messo (^' a contendere et a dimandare tra' cittadini, riceve detto per sentenzia. Lo sponitore. 10. 1. In questa parte dice Tulio che causa diliberativa è quella eh' è messa e detta a' cittadini a contendere il lor pareri et a domandare a lloro quello che nne sentono; e sopra ciò si dicono molte et isvai'iate sentenze, perchè alla fine si possa prendere la migliore (2). 2. Et questo modo di 15. causare è quello che fanno tutto die i signori e le podestà delle genti, che raunano li consillieri per diliberare che ssia da fFare sopra alcuna vicenda e che da non fare; e quasi ciascuno dice la sua sentenza, sicché alla fine si prende quella che pare migliore. 3. Et in ciò sia questo 20. exemplo che propone il senatore: « E da mandare oste in Macedonia? » Dice l'uno sì e l'altro no. Et così diliberano qual sia lo meglio, e prendesi 1' una sentenza. Et questa quistione si considera pure nel tempo futuro, che al ver dire sopra le cose future prende l'uomo consiglio e dili- 25. bera che ssia da fare e che noe. 4. Et questa causa dilibe- rativa è doppia: una speciale et un'altra che non si puote partire. 5. Speciale è quella nella quale si considera d'ai cuna cosa s' ella è utile o s' eli' è dannosa, non nominando 1-3: M alcuno cli'era dengno — om. e signoria.... degna — 6: Tutti i mss. omesso, S è messo — H : M-m che in essa - m M' i loro pareri, L illoro pareri — 12: M' da loro - 13: M-m dicono — 14: M-m lo migliore — 15: M-m cassare (M 7 quello) — 16: M-m raunavano — 17: M-m non daffare — 20: M' ressom])ro — M-m che pone -22: M' il migliore — 24: m nel tempo futuro — ilf ' iirendo huomo(»nn L S l'uomo) — 25-26 : M-m Questa ì; causa, cioè cosa, diliberativa 7 doppia,. L e delib. e doppia — m una e spetiale — M-m om. che — 27: M-m alcuna cosa — 28: M-m om. sellò (1) Il testo latino non lascia alcun dubbio. La stessa corruzione, comune a tutti i codici, è nel successivo § 22 (e posto), e il costrutto insolito la rendeva facile. (2) Anche la lezione lo migliore è buona, ma preferisco quella di M' perchè corrisponde esattamente alla fino del § 2. — 43 — alcuna certa persona. Et ecco l'exemplo: Dice uno: « Pace è da tenere intra cristiani ». Dice l'altro: « Non è ». Et di ciò nasce causa diliberativa speciale, se Ila pace è da tenere o no. 6. L'altra che non si può partire è quella nella quale 5. i dicitori studiano di provare e' alcuna cosa sia utile o dan- nosa, nominando certe persone, in questo modo: Dice l'uno: « Pace è da tenere intra Melanesi e Cremonesi ». Dice l'al- tro: «Non è». 7. Et già è detto della causa diliberativa; omai dicerae il maestro del iudiciale. Ma questo sia conto 10. a ciascuno, che Ila propietade della diliberazione èe mo- strare che ssia utile e che dannoso in alcuno convenentre. Et questa diliberativa si solca trattare nel senato, e prima diliberavano li savi privatamente che era utile e che no e poi si recava il loro consiglio in parlamento e quivi si 15. fermava la loro sentenza, e talvolta si ne prendea un'altra migliore. Del iudiciale. 22. Judiciale è quello il quale, posto In iudicio, à in sé accu- sazione e difensione o petizione e recusazione. 20. Lo sponitore. l. La natura di iudicamento si è una forma la quale si conviene al parladore per cagione di mostrare la iustizia e la 'niustizia d'alcuna cosa, cioè per mostrare d'una cosa s' ella è insta o centra iustizia, in cotal modo : che uno ac- 25. cusa un altro e 11' accusato si difende elli medesimo o un altro per lui; overo che uno fa sua petizione e domanda guidardone per alcuna cosa eh' elli abbia ben fatta, et un altro recusa e dice che non è da guidardonare, e talvolta dice : « Anzi è degno di pena ». 2. Et questa causa si pone 30. in iudicio, cioè in corte davante a' indici, acciò eh' elli in- dichino tra Ile parti quale àe iustizia; e questo si fae in corte palese in saputa delle genti, acciò che Ila pena del S. in Iva — 3: M-m e so la p. — 4: M' L'altra la quale — 7 : Ai da melanesi, m tra mei. - Af ' e li crem. — M-m l'altro dice — *: J/ E già detto — U-m cosa — 9 : M ' oggi- mai dicera del giudioiale - 10: ;»/' om. a ciascuno — m e damostrare — 12: m ohe prima 14: m om. e — m M' in loro consiglio (ma L illoro cons.) — 14-15: A/' in loro sententia si fermava — 18: Tuttiimss. e [tosto — i9: m accnsatione, difensione, pctitiono — Tutta mas. recusatione {ma cfr. testo latino) — 24: m chontro a iust. — m om. che — 25: .V e me- desimo, L elli med. — 27: m fatta bene — 28: m om. e dice — 32: m traile genti. — 44 — malfattore dia exemplo di non malfare, e '1 guidardone de' benfattori sia exemplo agli altri di ben fare. Et sopra questa materia dice uno savio: « I buoni si guardano di peccare per amore della vertude, i malvagi si guardano 5. per paura della pena ». 3. Et è questa causa iudiciale dop- pia: una speciale et un' altra che non si puote partire. Speciale è quella nella quale il pai'lierc si sforza di mo- strare alcuna cosa che ssia insta o iniusta, non nominando certa persona; in questo modo: « Il ladro èe da 'mpendere, 10. perchè commette furto ». Dice l'altro: « Non è ». 4. Quella che non si puote partire è quella nella quale il parliere si sforza di mostrare una cosa essere iusta o no, nominando certa persona; in questo modo: « È da impendere Guido eh' à fatto furto, o no? » Od « E da guidardonare Julio 15. Cesare eh' à conquistata Francia, o no? » 5. Et tutte que ste cause iudiciali si considerano sopra '1 tempo preterito, perciò che di ciò che 11' uomo à fatto in arrietro è guidar- donato o punito. Tullio dice la sua sentenzia della materia di rettorica, 20. riprende quella d' Ermagoras. 23. Et sì come porta la nostra oppinione, l'arte del parliere (0 e la sua sctenzia è di questa materia partita in tre. (cai). VI) Che certo non pare che Ermagoras attenda quello che dice ne attenda C^) ciò che promette, acciò che dovide la materia di questa arte in causa 25. et in questione. 1 : VI exempro allo genti — -V far malo — M il guidardone — S: M' tini benfacloro — m om. VA — 4: M' o li malvagi seno guardano — 6: U' et una che — 7: il' il dicitore - 9: M-m om. modo — m è da mpichare — 10: M' un altro — 12-15: M-m om. ila nominando alla fine del paragrafo — i6: il-m om. si — i7: m per adietro — i8:m pulito SI : M-m parlare, M' parladore, L parlatore — 23: M Amagoras (1) Che sia da legger cosi dimostra non tanto la variante di M' quanto, spe- cialmente, il trovare nel § 1 del commento lo stesso errore di Mm di fronte a parliere di M'. (2) Conservo, coi codici, i due attenda, quantunque il tosto latino abbia nel primo caso attendere e nel secondo intellUjere: qui ci aspetteremmo dunque in- tenda, e l'alterazione, per analogia col primo verbo, sarebbe spiegabilissima. Ma anello con attenda il senso va bene; e forse una prova della somiglianza sostan- ziale per l'autore fra attendere e intendere si ha nel § 7 del commento, dove, riferendosi a questo passo, i due verbi sono invertiti di posto: «non pare che Ermagoras intendesse quello che dicea, nò che considerasse (= attendesse) quello che promettea ». Cfr. anche 25, § 7. 45 — Lo sponitore. 1. Poi elle Tulio àe detto davanti le tre partite della materia di rettorica sì come fue oppiuione d'Aristotile, in questa parte conferma Tulio la sentej^izia d'Aristotile; e 5. dice che pare a llui quel medesimo, e riprende la senten- zia d'Ermagoras, il quale diceva che Ila materia del par- liere è di due partite, cioè causa e quistione. 2. Ma certo e' dovea così riprendere coloro che giungeano alla materia di quest'arte confortameuto e disconfortamento e consola- lo, mento; e lui riprende Tulio nominatamente perciò ch'elli era più novello e però dovea elli essere più sottile, e ri- prendelo ancora però che ssi traea più innanzi dell'arte; e riprendendo lui pare che riprenda li altri. Ma però che Tulio non disfina (D lo riprendimento delli altri, si vuole 15. lo sponitore chiarire il loro fallimento, e dice così: 3. Vero è che, si come mostrato è qua in adietro, l' officio del par- liere si è parlare appostatamente per fare credere, e questo far credere è sopra quelle cose che sono in lite, e' ancora non sono pervenute all' anima ; ma chi vuole considerai*e 20. il vero, e' troverà che confortameuto e disconfortamento sono solamente sopra quelle cose che già sono pervenute all' anima. Verbigrazia : Lo sponitore avea propensato di fare questo libro, ma per negligenzia lo intralasciava; onde da questa negligenzia il potea bene alcuno ritrat- 25. tare ('-) per confortameuto, e questo conforto viene sopra cosa la quale era già pervenuta all'anima, cioè la negli- genzia. 4. Et se alcuno disconforta un altro che avea pro- posto di malfare, tanto che ssinde rimane, altressi viene lo sconforto in cosa la quale era già pervenuta all' anima. 30. Adunque è provato che conforto né disconforto non pos- 1 : m dinanzi — 3: L dico e conferma — 4: M-m la sciencia — 6-7 : M-m parlaro — 10: M'-L non mattamente —li: M-m om. elli — 14: m diffina (o anche disfina), ilf'-/y non examina delli altri — m om. si — 16: M^ in qua dietro — m del parlare — 17: M-m om. si — 18: M' et che ancora, m e anchora — SO: M' et trovare — 21: m om. già - S3 : L pensato, S per pensato — 23: M lo tralassava, m lo lasciava — 24: M' bene ritrarre alcuno, w lo potea alchuno ritrarre - 27 : vi sconforta — 30: M-m sconforto (1) Il Manuzzi registra disfinire per « compiere » e anclie por « dichiarare », che mi sembra qui il senso piìi adatto. (2) Non mancano esempii (cfr. Manuzzi, s. v.) che permettono di mantenm-e questa parola in senso di «ritrarre», come appunto sostituirono gh altri mss. -altì- sono essere materia di questa arte. 5. Ma consolamento puote anzi essere materia del parliere, perciò che puote venire sopra cosa e' ancora non sia pervenuta all' anima. Verbigrazia: Uno uomo avea fermato nel suo cuore di 5. menare dolorosa vita per la morte d' una persona cui elli amava sopra tutte cose. Ma un savio lo consolava, tanto elle propone d'avere allegrezza, la quale non era ancora pervenuta all'anima. Ma perciò che in questo consolamento non ha lite, perciò che '1 consolato non si difende né non 10. allega ragioni contra il consolatore, non puote essere ma- teria di questa arte. 6. Or è ben vero che altri dissen che dimostrazione non era materia di questa arte, anzi era ma- teria di poete, però eh' a' poete s' apartiene di lodare e di vituperare altrui. Et avegna che Tulio no Ili riprenda no- 15. minatamente, assai si puote intendere la riprensione di loro in ciò eh' e' conferma la sentenza d'Aristotile che disse che dimostrazione e deliberazione e iudicazione sono materia di questa arte. 7. Et sopra ciò nota che dimostrazione per- tiene a' poeti et a' parlieri, ma in diversi modi : che ' poeti 20. lodano e biasmano sanza lite, che non è chi dica contra, e '1 parlieri loda e vitupera con lite, che è chi dice contra il suo dire. Et perciò dice Tulio che non pare che Erma- goras intendesse quello che dicea, né che considerasse quello che prometea, dicendo che tutte cause e questioni 25. proverebbe per rettorica. Or dicerà Tulio le rii)rensioni d' Ermagoras sopra causa e sopra questione. Tullio seguita Ermagoras della causa, etc. 24. Causa dice che ssìa quella cosa nella quale abbia contro- versia posta in dicere con interposizione di certe persone; le quali 30. noi medesimo dicemo che è materia dell' arte e, sì come detto avemo dinanzi, che sono tre parti : iudiciale, dimostrativo e deliberativo. 2: M' innanzi — del parlatore — 3: m non 6 jiervenuta — 5-6: M ellamava — 6-7 : III lo chonsolò, M' il consola tutto sì clid iiropone — 8: M-m che questo cons. — .9: in e non allega — i3: m di poota.... a poeti, M' de poeti... ali poeti — M' o di vit. — i-i: M nelle, m non le, M' non gli — i6: M' elicgli conferma — 17: m dim., dilib. et iiivochationo — 19: M' ali poeti et ali pailadori— 5i : M II parlieri, »i 11 parlieri?, 3/« E! parladore — m pero che è chi dicha chontro al suo dire — S-1: A/' chelgli prom. — 26: m e questione, M' sopra questioni — 30: m nm. medesimo — itf' nm. o 47 Sponitore. 1. Poi che Tulio avea detto che Ei-magoras non intese se stesso dicendo che causa e questione sono materia di questa scienzia, sì dice in questa parte che Ermagoras 5. dicea che fosse causa. 2. Et causa appella una cosa della quale molti sono in controversia, perciò che 11' uno ne sente uno intendimento e l'altro ne trae un'altra diversa intenzione; sicché sopr' a cciò contendono di parole met- tendo e nominando alcuna certa persona, che non si possa 10. partire e che propiamente e determinatamente si partenga alle civili questioni. 3. Et di questo dice Tulio che ss' ac- corda co llui, che ciò àe elli detto davanti per sé e per Aristotile; ma dicerà omai com' elli errò in questione. Qtd rijivende Tullio Ermagoì ■as- 1.5 25. Questione apella quella che àe in se controversia posta in dicere sanza interposizione di certe persone, a questo modo: Che èe bene fuori d'onestade? Sono li senni (i) veri? Chente è la forma del mondo? Chente è la grandezza del sole? Le quali questioni inten- demo tutti leggiermente essere lontane dall'officio del parliere; 20. che molto n' è grande mattezza e forseneria somettere al parliere in guisa di picciole cose quelle nelle quali noi troviamo essere con- sumata la somma dello 'ngegno de' filosofi con grandissima fatica. Sponitore. 1. Ora dice Tulio che Ermagoras appellava questione 25. quella cosa sopra la quale era controversia intra molti, sicché contendeano di parole l'uno contra l'altro non no- 5: M diceva - m ch'era chausa — 7: M^ e un altro ne trae altra d. i., M na {sic) trae, m ne atrae — 8: M-m contendemo — 10: M' nominatamente — m sautenga — 13: Jf' oggimai — 15: M' la quale ae — 16-17: M' che ben — M-iii li senni vari — M' om. h — M-m la l'ama — 19: M-m del parlare — 20: M-m oiii. raaltozza, ilf ' om. e for- seneria — JZ-w parlare, M' parladore — SI: l/Tiusta,//i in vista— 24 ^/-w appella- lo: M' era questione — m tra molti — 26: M ne contendeano (1) Traduce il latino sensus con una forma che ritorna anche nel commento; è la stessa fusione, o confusione, cho troviamo nel francese. - 48 - minando certa persona la quale propiamente s'apartenesse alle civili questioni. 2. Et in ciò pone cotale exemplo: «Che è bene fuori d'onestade?» Grande contraversia fue intra' fi- losofi qual fosse il sovrano bene in vita: et erano molti 5. che diceano d'onestade, e questi fuoro i parepatetici; altri erano che diceano di volontade, e questi sono epicurii. 3. Altressì fue questione se ' senni sono veri, perciò che alcuna fiata s'ingannano, che se noi credemo che ricalco sia oro sanza fallo s' inganna il nostro senno. 4. Altressì 10. fue questione della forma del mondo, però eh' alcuni filosofi provavano che '1 mondo è tondo, altri dicono eh' è lungo, o otangolo(l\ o quadrato. 5. Altressì era questione della gran- dezza del sole, che alcuni dicono che '1 sole è otto tanti che Ila terra, altri più et altri meno. Et questa misura si sforza- lo, vano di cogliere i maestri di geometria misurando la terra, e per essa misura ritraeano quella del sole. 6. Et perciò mostra Tulio che Ermagoras non intese quello che dicea, ch'assai legiei'mente s'intende che queste cotali questioni non toccano l'ufficio del parliere. Et nota che dice « officio » 20. però che ben potrebbe essere che '1 parliere fosse filosofo, e così toccherebbe bene a lini trattare di quelle questioni, ma ciò non arebbe per officio di rettorica ma di filosofia. Donque ben è fuori della mente e vano di senno quelli che dice che '1 parliere possa o debbia trattare di queste que- 25. stioni, nelle quali tutto tempo si consumano et affaticano i filosofi. 7. Or à provato Tulio che Ermagoras non intese quello che disse. Ornai proverà come non attese quello che promise, in ciò che promettea di trattare per rettorica ogne causa et ogne questione. 8. Et ciò fae a guisa de' savi, i 1 : 3/' sì plenesse - 3: M-m fuori con lioneslade, M'-l di l'iiuri 7 lioii. 4' ili l'uori d'hon. — .W grande (juostione — mi traili lilosali — -I : m «m. et — 5 : .V diceano hon. — M-m OHI. questi fuoro — il pai'ei)atoiici, .W parclieiialetici — 6: il' diceano volontade (S ugg. cioè piacere) — 7: M-m se songni - 8: M' chel ricalco — 9: S il nostro senti- mento — iO: il perciò — id: il' diceano — IS: il Hangolo ('/), "i troangholo, .W'-i triangolo, S otangolo — m quadro — i3: il' cotanti che terra, i cotanti chella terj-a —16: m ritraevano la misura d. s. — 17: il' che elgli diceva. Kt assai ecc. — S3: M' Dunque ben — M' chi dice — 24: M' debbia parlare — 25: M' et faticano — S7: il-m non inteso — 28: M-m perche (> rectorica — 29: M-m di savi (1) La lezione di M ò incerta, ma sembra spiegata e confermata da quella di S che risalo all'altra famiglia di codici ; un segno male interpretato come abbre- viatura di ri può aver suggerito la lezione triangolo. Il commento di Vittorino a questo passo non parla nò di triangolo né di ottangolo. (2) Il latino Ila in ca. - 49 — quali vogliendo mostrare la loro sapienzia sì 11' apongono ad alcuna arte per la quale non si puote provare; come s' alcuno volesse trattare d' una questione di dialetica et aponessela a gramatica, per la quale non si pruova né ssi 5. potrebbe provare, e ciò mosterrebbe usando per argomenti la sua sapienzia; e sopr'a cciò ecco '1 testo di Tulio. Tullio dice in somma ciò ch'elli avea detto davanti. 26. Che se Ermagoras avesse in queste cose avuto gran savere acquistato per istudio e per insegnamento, parrebbe ch'elli, usando 10. la sua scienzia, avesse ordinata una falsa cosa dell'arte del parliere, e non avesse sposto quello che puote l'arte ma quello che potea elli. Ma ora è quella forza nell'uomo ch'alcuno li tolga più tosto retto- rica che no-lli concedesse filosofia. Ma perciò l' arte che fece non mi pare del tutto malmendosa, ch'assai pare ch'elli abbia in essad) locate 15. cose elette ingegnosamente e diligentemente ritratte delle antiche arti, et alcuna v'àe messo di nuovo; ma molto è piccola cosa dire del- l'arte sì come fece elli, e molto è grandissima parlare per l'arte, la qual cosa noi vedemo ch'esso non poteo fare. Per la qual cosa pare a noi che materia di rettorica è quella che disse Aristotile, della 20. quale noi avemo detto qua indietro. Lo sponitore. I. In questa parte dice Tulio che se Ermagoras fosse stato bene savio, sicché potesse trattare le quistioni e le cause, parrebbe eh' avesse detto falso, cioè che avesse dato 25. al parliere quello officio che nonn é suo; e così non avrebbe mostrata la forza dell'arte, ma averebbe mostrata la sua. 2. «Ma ora è quella forza nell'uomo», cioè tal fue questo Ermagoras, che neuno che dicesse eh' e' non sappia retto- rica no-lli concederae che ssia filosofo. 3. « Ma perciò l'arte 1 : 3f siila pongono — 3: m trattare una q. — 4-5: M' per la quale non si porla provare — M' om. per argomenti — 9: M^ o \)ev insegnamento parendo— 10: »i ordinato — M-m del parlare — 11 : M-m non avesse posto (»m in et n.) — M' ([nello puote — 13: M' che fece nolli cono. — 14-15: M-m messe, A/' in esse — M-m ^ locate le cose («4 nm. le cose) 7 lecte — 17: M dell'arti, in delle urti — itf' grandissimo — 18: Jl/ potea, M' ]jotero — 19: ni sia quella — 20: M' qua in adietro — S4: M-m ciò — M' cavesse detto — 25: Af a parliere — 28: M' ch'olii — 28-29: S che non lu veruno che dicesse ch'elli non sappia retorica non dirà giù che egli sia philosopho (1) Il testo latino ha in ea. - 50 - che fece non pare in tutto rea ». In questa parola il cuo- pre (1) Tulio e dimostra eh' elli avrebbe bene ijotuto dire X^egio. Et dice « non è del tutto rea » perciò eh' elli àe messo nel suo libro con molta diligenzia e con ingegno li 5. comandamenti delli altri maestri di questa arte, et alcuna cosa nuova v' agiunse. Et qui pare che Tulio lo lodi là ove il vitupera, dicendo che fosse furo in perciò che delle scritte d' altri maestri fece il suo libro. 4. « Ma molto è picciola cosa dire dell' arte », ciò viene a dire eh' al parliere non 10. s'apartiene dare insegnamenti dell'arte, sì come fece Er- magoras, ma apartiensi a llui in tutte guise parlare secondo li 'nsegnamenti e comandamenti dell" arte, la qual cosa non seppe fare esso. 5. Adonque è da tenere la sentenzia d'Ari- stotile, che dice che materia di questa arte è dimostrativo, 15. deliberativo e iudiciale. Et ornai è detto sofficientemente e diligentemente del genere, cioè generalmente, dell' officio e della fine di rettorica; or sì dicerà il conto delle sue parti, sì come Tulio promise nel suo testo qua indietro. Tullio dice le parti di rettorica. 20. 27. Le parti sono queste, sì come i più dicono: Inventio, di- spositio, elocutio, memoria e pronuntiatio. Lo sponitore. ì. Cinque parti dice Tulio che sono et assegna ragione per che, e quella ragione metterà lo sponitore in suo luogo. 25. Ma prima dicerà le ragioni che nne mostra Boezio nel quarto della Topica, che dice che se alcuna di queste cin- 1-2: S scuopre — 4: M' con non molto.... ingegni i com. — 6: J/' vi giiingnesse — i>f-»i la dove — 7:M* fosse ladro — m poro che dello dette scritte - 8-9: M' delli altri — om. Ma... arte — m cosa a dire — 10: M-m a dire — 12 : m egli noi seppe fare — 14 : m dice materia — 15-17 : M' Et oggimai ae solTicientemento detto del genere, dell' officio et del (ine dì rectorica. Si dicerà l'autore déle sue parti — M sulficientemcnte dilig. — m ora dirà — 20;mLLQ parti di rettoriclia — M' inveutione, dispositione, ccc — 24: S questa — M-m che dico se alcuna (1) Cioè «lo difonde». La lezione scuopre di S sarà nata da un ilcuopre letto iscuopre; come senso si ridurrebbe a una ripetizione di dimostra. - 51 - que ijarti falla nella diceria, non è mai compiuta; e se queste parti sono in una diceria o inn una lettera, certo l'arte di rettorica vi fie altressì. 2. Un'altra ragione n'ase- giia Boezio: che però sono sue parti perchè esse la 'nfor- 5. mano et ordinano e la fanno tutta essere, altressì come '1 fondamento, la i)ai'ete e '1 tetto sono parti d'una casa sì che la fanno essere, e s' alcuna ne fallisse non sarebbe la casa compiuta. 3. Et dice Tulio che queste sono le parti di rettorica sì come i più dicono, i)erò che furo alcuni 10. che diceano che memoria non è parte di rettorica perciò che non è scienzia, et altri diceano che dispositio non è parte d' essa arte. 4. Et così va oltre Tulio e dicerà di ciascuna parte perse, e primieramente dicerà della 'uven- zione, sì come di piti degna; e veramente è più degna, però 15. ch'ella puote essere e stare sanza l'altre, ma l'altre non possono essere sanza lei. Tullio dice della invenzione. 28. Inventio è apensamento a trovare cose vere o verisimili le quali facciano la causa acconcia a provare. 20. Sponitore. I. Dice Tulio che inventio è quella scienzia per la quale noi sapemo trovare cose vere, cioè argomenti necessarii - e nota « necessarii », cioè a dire che conviene che pure cosi sia - e sapemo trovare cose verisimili, cioè argomenti ac- 25. conci a provare che così sia, per li quali argomenti veri e verisimili si possa provare e fare credere il detto o '1 fatto d'alcuna persona, la quale si difenda o che dica in- contro ad un' altra. 2. E questo puote così intendere il porto dello sponitore. Verbigrazia: Aviene una materia 30. sopra la quale conviene dire parole, o difendendo 1' una i: .W manca — 3: m vi (ia, M' vi l'u - 3-4: M' dice Boelius, che poroiù — 5: m fannola tutta essere, Af' li fanno essere tutto alti-essi ecc. — 6: M' son parte — 8 : m om. Et — 10: m non era ~ 11: M^ dispositlone — 12: M-m dell'arte — 13: m primamente - 16: m essere o stare — 18: M' invontione (e coù semiire) — m pensamento — il' overo simili — 19: il-m la cosa — S3: SI' om. a dire — 23-24: m pure che cos'i sia. E sap- piano — 25: M' nm. acconci ~ 26: M-m el facto - 27-28: m chontro ad un altra - 52 - parte o dicendo centra l'altra; o per aventura sia materia sopra la quale si conviene dittare in lettera. Non sia don- que la lingua pronta a parlare né la mano presta alla penna, ma consideri che '1 savio mette alla bilancia le sue parole 5. tutto avanti clie Ile metta in dire né inn iscritta. 3. Con- sideri ancora che '1 buono difficiatore e maestro poi che propone di fare una casa, primieramente et anzi che metta le mani a farla, sì pensa nella sua mente il modo della casa e truova nel suo extimare come la casa sia migliore; e poi 10. eh' elli àe tutto questo trovato per lo suo pensamento, sì comincia lo suo lavorio. Tutto altressi dee fare il buono rettorico: pensare diligentemente la natura della sua ma- teria, e sopra essa trovare argomenti veri o verisimili sì che possa provare e fare credere ciò che dice. 4. Et già 15. é detto quello che è inventio. Ora procederà il conto a dire quello che è dispositio. Dice Tullio de dispositio. 29. Dispositio èe assettamento delle cose trovate per ordine. Sponitore. 20. 1. Perciò che trovare argomenti per provare e far cre- dere il suo dire non vale neente chi no Ili sae asettare per ordine, cioè mettere ciascuno argomento in quella parte e luogo che ssi conviene, per più affermamento della sua parte, sì dice Tulio che è dispositio. 2. E dice eh' è quella 25. scienzia per la quale noi sapemo ordinare li argomenti trovati in luogo convenevole, cioè i fermi argomenti nel principio, i deboli nel mezzo, i fermissimi, co' quali non si possa contrastare lievemente, nella fine. 3. Cosi fae il difficatore della casa, che poi eh' elli àe trovato il modo 1 : m chontro all'altra - 2 .• M sopralla ([ualo - M' oiii. don(|uo - 3: in o la mano alla penna - 5: m tutto prima, S tutto - m o in iscritta, M' o in iscriptura — 6-S:.il diliciatore prima che metta lo mani a lare — mr=.)/, ma o maestro - 9: m Poi - 10: M' U suo la- voro — i3: M-m si veri che possa - 14-16: M E già liecto, mi Ora e detto - M' om- quello - M-m Ora procederà il conto quello che è spositio, .«' Si procederà il conto a dire che k dispositione - SO: m diro il suo criMloro - Sfì: M trovai - ,W-»i ohi. i, m om. argo- pienti — 27: M' ali (piali - 53 — nella sua mente, elli ordina il fondamento in quel luogo che ssi conviene, e ila parete e '1 tetto, e poi 1' uscia e camere e caminate, et a ciascuna dà il suo luogo. 4. Già è detto che è dispositio; or diceva il conto che è elocutio. 5. Tullio dice della locuzione. 30. Elocutio è aconciamento di parole e di sentenzie avenanti alla invenzione. Sponitore. I. Perciò che neente vale trovare od ordinare chi non 10. sae ornare lo suo dire e mettere parole piacevoli e piene di buone sentenze secondo che ssi conviene alla materia trovata, sì dice Tulio che è elocutio. Et dice che è quella scienzia per la quale noi sapemo giungere ornamento di parole e di sentenze a quello che noi avemo trovato et 15. ordinato. 2. E nota che ornamento di parole èe una digni- tade la quale proviene per alcuna delle parole della diceria, per la quale tutta la diceria risplende. Verbigrazia: « Il grande valore che in voi regna mi dà grande speranza del vostro aiuto ». Certo questa parola, cioè « regna », fa tutte 20. risplendere l'altre parole che ivi sono. 3. Altressì nota che ornamento di sentenze è una dignitade la quale proviene di ciò che in una diceria si giugne una sentenza con un'al- tra con piacevole dilettamente. Verbigrazia : in queste pa- role di Salamene (1): «Melliori sono le ferite dell'amico che' 25. frodosi basci del nemico». 4. Et già è detto che è elocutio, cioè apparecchiamento di parole e di sentenzie che facciano la di- ceria piacevole et ordinata di parole e di sentenzie. Omai pro- cederà il conto alla quarta parte di retto rica, cioè memoria. i-2: m in quello che si chonvienc et il luogo.... l'ascia, charaere — — 3: M^ cam- minate, ciascuna in suo luogo. Et già ecc. — 0-7: M-m avenonti alla ntentione (anche S intenliono) — 9: M om. od — 10: M' sa adornare il suo dire — 15: m om. E - 16: M dignità della quale, m M' dignità la quale perviene — SO: M' vi sono — SI ■■ m ,»f' perviene — 22 .- M-m om. Ai — M un'altra seutenfa con un altro, m in un'altra diceria si giungne un'altra sententia chon un altro piacevole dil. — 23: M-m dice Salamene — 25: M' li frodolenli basci — m om. Et — 26-27: M om. e di sentenzie, m om. piacevole el; M om. che.... parole (1) Ambedue le lezioni sono possibili; ma con quella di M si spiega meglio una pretesa correzione in dice (chi avrebbe pensato, invece, a cambiare dice indi?), mentre poi il verbo dice renderebbe superflua l'espressione in queste parole. — 54 - Dice Tulio della memoria. 31. Memoria è fermo ricevimento nell'animo delle cose e delle parole e dell'ordinamento d'esse. Sponitore. 5. 1. Et perciò che neente vale trovare, ordinare o acon- ciare le parole, se noi nolle ritenemo nella memoria sicché ci'nde ricordi quando volemo dire o dittare, sì dice Tulio che è memoria. Onde nota che memoria èe di due maniere: una naturale et un'altra artificiale. 2. La naturale è quella 10. forza dell'anima per la quale noi sapemo ritenere a memo- ria quello che noi aprendemo per alcuno senno del corpo. 3. Artificiale è quella scienzia la quale s'acquista per in- segnamenti delli filosofi, per li quali bene impresi noi pos- siamo ritenere a memoria le cose che avemo udite o trovate 15. o aprese per alcuno de' senni del corpo; e di questa memo- ria artificiale dice Tulio eh' è parte di rettorica. 4. Et dice che memoria è quella scienzia per la quale noi fermiamo nell'animo le cose e le parole eh' avemo trovate et ordinate, sicché noi ci 'nde ricordiamo quando siemo a dire. Et già é 20. detto che è memoria; si dicerà il conto la quinta et ultima parte di rettorica, cioè pronuntiatio. Dice Tullio della pronunziagione. 32. Pronuntiatio è avenimento della persona e della voce se- condo la dignitade delle cose e delle parole. 25. Sponitore. 1. Et al ver dire poco vale trovare, ordinare, ornare parole et avere memoria chi non sae profFerere e dicere le sue parole con avenimento. Et perciò alla fine dice Tulio 5: *' Però che niente — ot acconciai-e — 7: w» cene, Af' cine — M volere — 9:mom, et — il: M' senso — IS: M' quella memoria — i-i: J»/' udito — i5: 4f' sensi — 16-, m nnu Et — i8 : m olle parole — i9: M' noi vegnamo a dire — SO- « ultra parte, hi ora dirà il conto la quinta jiarte, .W" il maestro - S6 : m o ornare — 27: in a chi non sae ■prollbrere o diro -òs- che è pronuntiatio; e dice eh' è quella scienzia per la quale noi sapemo profferere le nostre parole et amisurare et ac- cordare la voce e '1 portamento della persona e delle mem- bra secondo la qualitade del fatto e secondo la condizione 5. della diceria. 2. Che chi vuole considerare il vero, altro modo vuole nelle voci e nel corpo parlando di dolore che di letizia, et altro di pace che di guerra, ('he '1 parliere che vuole somuovere il populo a guerra dee parlare ad alta voce per franche parole e vittoriose, et avere argo- 10. glioso advenimento di persona e niquitosa ciera contra ' ne- mici. 3. Et se Ila condizione richiede che debbia parlamen- tare a cavallo, si dee elli avere cavallo di grande rigoglio, sì che quando il segnore parla il suo cavallo gridi et ana- trisca e razzi la terra col piede e levi la polvere e soffi per 15. le nari e faccia tutta romire la piazza, sicché paia che coninci lo stormo e sia nella battaglia. Et in questo punto non pare che ssi disvegna a la fiata levare la mano o per mostrare abondante animo o quasi per minaccia de' nemici. 4. Tutto altrimenti dee in fatto di pace avere umile adve- 20. nimento del corpo, la ciera amorevole, la voce soave, la parola paceffica, le mani chete; e '1 suo cavallo dee essere chetissimo e pieno di tanta posa e' sì guernito di soavitade che sopr'a llui non si muova un sol pelo, ma elli medesimo paia factore della pace. 5. Et così in letizia de' 1 parlatore 25. tenere la testa levata, il viso allegro e tutte sue parole e viste significhino allegrezza. Ma parlando in dolore sia la testa inchinata, il viso triste e li occhi pieni di lagrime e tutte sue parole e viste dolorose, sicché ciascuno sem- biante per sé e ciascuno motto per sé muova l'animo del- 30. r uditore a piangere et a dolore. 6.- Et già é detto delle cinque parti sustanziali di rettorica interamente secondo l'oppinione di Tulio, e sì come lo sponitore le puote fare meglio intendere al suo porto; sì ritorna Tulio a scu- sare sé medesimo di ciò che non àe mostrato ragione perché 2: m e misurare ~ 5: M' che a chi vuole — 0: M' noia boce — 7 : M' parlare, m Il parliere — 8: m smuovere — i/' om. il populo — 11 : M parlantare, m p-are — 12: m mn. elli — 14-15: M' delle nari, vi sozzi le anari — 16: il' incominci — 17: M-m om. per — 19-20: M' humili avenimenti — m nel chorpo — 21 : M' le parole pacefiche — 22 : L di tanta jwssa — 24 : M' om. Et — mss. del parlatore — 25 : M-m levata in suso - il' le sue parole — 26: il-m e signilichino — 27: m chinata, il' inchina, L inchinata — 28 : M-m parole iuste e dolorose — 29: il' muove — 30: m piangerò a dolore. Ora è detto — 31 : il' sustanziali parti — 32: M' il puote — 56 — quello sia genere et ofifìcio e fine di rettorica sì com' elli àe fatto della materia e delle parti, e dice in questo modo. Tullio dice che tratterà della materia e delle parti. 33. Oramai dette brievemente queste cose, atermineremo in 5 altro tempo le ragioni per le quali noi potessimo dimostrare il genere e IPofficio e Ila fine di quest'arte, però che bisognano di molte parole e non sono di tanta opera a mostrare la propietade e Ile comandamenta dell'arte. Ma colui che scrive l'arte rettorica pare a noi che 'I convenga scrivere dell'altre due, cioè della ma- io teria e delle parti. E io perciò voglio trattare della materia e delle parti congiuntamente. Adunque si dee considerare più intentivamente chente in tutti generi delle cause debbia essere inventio, la quale è principessa di tutte le parti. Sponitore. 15. 1. In questa parte dice Tulio che non vuole ora pro- vare perchè quello sia genere di i-ettorica che detto è davante, né Ilo officio né Ila fine, però che vorrebbe lunglie parole e non sono di molto frutto, e però l' atermina nel- r altro libro nel quale tratta sopr' a cciò; et in questo 20. presente libro tratta della materia, cioè dimostrazione, deliberazione e iudicazione, et altressì tratta delle pai'ti, cioè inventio, dispositio, elocutio, memoria e pronuntiatio. 2. Et di tutte queste tratterà insieme e comunemente. Ma però che inventio è la più degna parte, sì dicerà Tulio 25. chente ella dee essere in ciascuno genere di rettorica, cioè come noi dovemo trovare quando la materia sia di causa dimostrativa, e quando sia deliberativa, e quando sia iudiciale; e tratterà si comunemente che mosterrà come sia da trovare in catuna di queste cause, e come 30. ordinare e come ornare la diceria, e come tenere a me- moria e come profferere le sue parole. 1 : M-m quella — 4 : M' Ogimai — 7 : M admostrare, ni a dimostrare — M' le pro- picladi — 9: M-m che convenga - iO-H : M-m om. K io.... congiuntamente — IS: M-m chente e — i3: Af' do tutte l'arti — 16: M-m quella, M -L quel — M' detto davanti — 18: M' lo termina — 20: M-m dimostrative — 23: M' congiuntamente; m om. e — 24: M-m om. SI dicerà Tulio — i'S : M' om. sia — congiuntamente — S9: Af' come iu e. d. q. e. sa da trovare — 30: iii nm. e come ornare - 57 — Lo sponitore parla all' amico suo. — 3. Perciò lo sponi- tore priega '1 suo porto, poi ch'elli àe impresa altezza di tanta opera come questa èe, che a llui piaccia di si dare l'animo a cciò eh' è detto davanti, spezialmente in conno- 5. scere il dimostrativo e '1 deliberativo e '1 iudiciale che sono- il fondamento di tutta l'arte, e poi a quel che siegue per innanzi, eh' elli intenda tutto '1 libro di tal guisa che, per lo buono aprendimento e per lo bel dire che farà secondo lo 'nsegnamento dell' arte, il libro e lo sponitore ne riceve- JO. ranno perpetua laude. Della constitnzione e delle quattro sue parti. 34. (e. Vili) Ogne cosa la quale àe alcuna controversia in diceria o in questione contiene in se questione di fatto o di nome di genere o d'azione; e noi quella questione delia quale nasce 15. la causa apelliamo constituzione. E constitnzione è quella eh' è prima pugna delle cause, la quale muove dal contastamento della intenzione in questo modo : « Facesti » - « Non feci » o « Feci per ragione ». Sponitore. 20. 1. Poi che Tulio àe detto di mostrare e trattare della invenzione e della materia insieme, sì mostra lo sponitore in che ordine trattò de l'inventio; ma per maggiore chia- rezza dicerà tutto avanti in che significazione si prendono queste parole, cioè causa, controversia, constituzione e stato. 25. 2. Causa vale tanto a dire quanto il detto o '1 fatto d' al- cuno, per lo quale è messo in lite, ed è appellato causa tutto '1 processo dell' una e dell' altra parte. Et appellasi causa tutta la diceria e la contenzione cominciando al prolago e tìniendo alla conclusione; donde dice uomo: 3: M-m di darli l'animo — 7-10: M^ chel baono — ben dire — per tua laude, M-m dello sponitore, M ne rlcevemo, m ne riceva - 13: m o questione, ilf ' om. contiene in se questione — 14 : M-m di quella — 15: M^ constitutione ò la prima pugna — 21 : M' om. insieme — M' mosterra, ma L mostra — SS : M delinventia, m della inventia, M^ della inventione — 23: m tutto innanzi — Af' mi. si prendono — S7 : M' dell'una parte 7 del- l'altra — 28: M-m la 'nlentione — M' dal prol. - 58 - « La mia causa è giusta » cioè « la mia parte è giusta >. 3. Controversia vale a dire tanto come causa, e viene a dire controversare cioè usare l'uno coli' altro di diverse ragioni e contrarie. 4. Questione tant' è a dire come '1 primo detto 5. di colui che comincia contra un altro e '1 secondo detto di colui che ssi difende. Et appellasi quistione una diceria nella quale àe due parti messe in guisa di dubitazione, et appellasi questione per l'una e per l'altra parte della que- stione. 5. Constituzione si prende et intende in quelle me- 10. desime significazioni che sono dette davanti. 6. Stato è ap- pellato il detto e '1 fatto'l) dell'aversario, però che' parliere stanno a provare quel detto o quel fatto; e questo medesimo è appellato constituzione perciò che '1 parliere constituisce et ordina la sua ragione e la sua parte di quel detto o di 15. quel fatto. Et per ciò è appellato controversia che diversi diversamente sentono di quel detto o di quel fatto. Qui dice lo sponitore come Tullio tratterà della Invenzione. 7. Et poi che Ilo sponitore àe dette le significazioni di que- ste parole, dicerà in chente ordine Tulio tratta della 'nven- 20. zione. Et certo primieramente insegna invenire e trovare quelle questioni le quale trattano i parlieri, et appellale constituzioni e dice la proprietade di constituzione e divi- dela in parti. 8. Nel secondo luogo mostra qual causa sia simpla, cioè di due divisioni, e qual sia composta, cioè di 25. quattro o di più. 9. Nel terzo luogo mostra qual contra- versia sia in scritta e quale in dicere. 10. Nel quarto luogo mostra quelle cose che nascono di constituzione, cioè la diceria nella quale àe due divisioni e ragioni, e Ila giudi- cazione e '1 fermamento. 11. Nel quinto luogo mostra in 30. che guisa si debbono trattare le parti della diceria secondo rettorica. 12. Nel sesto luogo mostra quante sono esse parti e quali e che sia da ffare in ciascuna. 13. Et disponesi cosi 2 : Af' vale quasi tanto — 3: M' controversia — centra l'altro diverse ragioni — 4:M' k tanto a dire — M-m come primo — 5: m e secondo — 7: M-m parti in essere — M dn- bitatione sanfa dubitatione — 9: M' i s'intende — 10: m dinanzi — J8: m om. VA- IO: M' sì dicerà oggimai — 20: L a trovare — 23: m In quattro parti — M-m dimostra - M qual cosa, m ciualo luogho — 26 : M-m sia scripta - 28 : M'-L e la ragiono el iu- dicamento el fermamente — 29: m dimostra — 31: M luorao (tic) .— 32: M' ciascuno M Kt diponesi, m ('dispensi, M'-L Et dispone (1) Ci aspetteremmo o 'l fatto, anche per uniformità colle frasi seguenti ; ma la concordia dei codici per e lascia incerti sulla conesiione, che non è neppure indispensabile per il senso. — 59 — il testo di Tulio per fare intendere onde procedono le qui- stioni che toccano al parliere di questa ai'te. Sponitore. - 14. Ogne cosa la quale àe in sé controversia, cioè della quale i diversi diversamente sentono sicché al- 5. cuna cosa dicono sopr' a cciò con inquisizione, cioè per sapere se alcuna delle parti è vera o falsa, sì à' in sé que- stione di fatto, cioè questione la quale muove di ciò che alcun fatto è apposto altrui. Verbigrazia : Dice l'uno con- tra l'altro: « Tu mettesti fuoco nel Campidoglio »; et esso 10. risponde: « Non misi ». Di questo nasce una cotale que- stione, se elli fece questo fatto o no, et è appellata que- stione di fatto per quello fatto che a llui è apposto, etc. 15. Od è questione di nome, cioè che 11' una parte appone un nome a un fatto (D e l'altra parte n'appone un altro. 15. Verbigrazia: Alcuno à furato d'una chiesa uno cavallo o altra cosa che non sia sagrata. Dice 1' una parte contra lui : « Tu ài commesso sacrilegio ». Dice l'altro: « Non sacrile- gio, ma furto ». Et nota che sacrilegio è molto peggiore che furto, perciò che colui commette sacrilegio che fura 20. cosa sacrata di luogo sacrato. Donde di questo nasce una questione del nome di quel fatto, cioè se dee avere nome furto sacrilegio, e però è appellata questione del nome. 16. Od è questione del genere, cioè della qualitade d'alcuno fatto, in ciò che 11' una parte appone a quel fatto una qua- 25. litade e l' altra un' altra. Verbigrazia : Dice F uno : « Questi uccise la madre iustamente perciò ch'ella avea morto il suo padre» - Dice l'altro: « Non è vero, ma iniustamente l'à fatto»; e di ciò nasce cotal questione di questa qualitade: se l'à fatto iustamente o iniustamente, e perciò è appel- 30. lata questione di genere, cioè della qualità d'un fatto e di che maniera sia. 17. Od è questione d'azione, cioè viene a dire che contiene questione la quale procede di ciò, - e' alcuna azione si muta d' un luogo ad altro e d'un tempo ad altro. Verbigrazia : Dice uno contra un altro : « Tu m' ài 4: M' diversi — 6: M' se l'una parte — 8: 3f' un facto — 8-9: M' uno contra un altro — M' Elgli, mie— 12-13: m che 6 allui aposto, il/' perche il facto che allui e e apposto da questione ecc. — M-m Onde questione — i4 : M-m in nome o in facto, M' ialla dal 1° al 2° appone — 18: m M' oin. Et — M' peggio — 20: m Onde — 21: M' del nome del facto — 22: m di nome — 23: M-m Onde — m di genere — 25: M-m l'altro — 28: iW' OHI. e — 29: M-m om. se l'à fatto — 30: M' o di che m. - 31 : M-m Onde — mcioò che viene — 32-34: M' dico calcuna — ad un altro — om. e.... ad altro — uno a un altro (1) È lezione congetturale, ma sicura, come dimostra l'espressione analoga del § 16. — 60 - furato un cavallo »; et esso risponde: « Vero è, ma non tine rispondo in questo tempo, perciò che ttu se' mio servo, o perciò eh' è tempo feriato, o perciò eh' io non debbo rispon- derti in questa corte, ma in quella della mia terra >. Onde 5. di questo procede una questione, la quale Tulio dice che è d'azione, cioè se colui dee rispondere o no. 18. Et dice Tulio che tutte le quistioni che sono dette davanti sono appellate constituzioni, cioè c'anno questo nome. Et dice che constituzione è la prima pugna delle cause, cioè 10. quello sopra che da prima contendono i parlieri, cioè il detto dell'uno e '1 detto dell'altro, e questo sopra che de prima contendono i parlieri si è il nascimento, cioè che muove del contrastamento della intenzione, cioè del detto di colui che ssi difende contra le parole dell'accusatore. 15. 19. Onde contastamento è appellato el primo detto del difen- sore e intentione è appellata il primo detto dello accusa- tore. Et pare che il nascimento della constituzione vegna della difensione ch'è della accusa, non che nasca della di- fensione, ma perciò che del detto del difenditore si puote 20. cognoscere se Ila causa o Ila questione è di fatto o di ge- nere o di nome o d'azione, sì come appare nelli exempli che sono messi davanti. 20. Et omai dicerà Tulio le nomora e Ile divisioni e Ile proprietadi e He cagioni di tutte le dette questioni. 25. Del fatto, et è detto congettìirale. 35. Quando la controversia è di fatto, perciò che Ila causa si ferma per congetture, sì à nome constituzione congetturale. Sponitore. 1. In questa parte dice Tulio che quando la conten- 30. zione è per alcuno fatto che sia apposto ad altrui, sì come davanti si dice, sì conviene eh' ella sia provata per con- 1 : M' 0(1 cigli, VI et e — 3: m e però ch'io — M' rispondere — 6 : M' se quelli — m OHI. Et — 10: M i parliero, vi quello dello quale contendono da prima — 14: M di- fontu — 15: m M' il primo — 16: M' appellato - 17: M-m che nascimento — 19: M' owi. del — 23-24: M' om. e Ilo cagioni, mn scrive le detto | cagioni I (piestioni — SS: Moni. è — 26-27: M-vi om. è — per cometlere — 30: M' apposto altrui — 61 — gettare, cioè per suspezioni e per presunzioni. Verbigrazia: Dice uno contra un altro: « Veramente tu uccidesti Aiaces, ch'io ti trovai e vidi traiere il coltello del suo corpo ». 2. Et questa è faticosa questione, ciò dice Vittorino, perciò 5. che a provarla si faticano molto i parlieri, perciò ch'al- tressì ferme ragioni si possono inducere per 1' una parte come per 1' altra. E poi eh' è detto della constituzione di fatto, sì dicerà Tulio di quella eh' è di nome. Del nome, et è appellata ilifjìnitiva. 10. 36. Quando è la controversia del nome, perciò che Ila forza della parola si conviene diffinire per parole, sì è nominata diffi- nitiva. Lo sponitore. 1. In questa parte dice Tulio che quando la conten- 15 zione è del nome del fatto, cioè come quel fatto eh' è ap- posto altrui abbia nome, quella questione si è diffinitiva perciò che Ila forza, cioè la significazione di quella parola e di quel nome si conviene diffinire, cioè aprire e rispia- nare che viene a dire e che significa, non per exempli ma 20. per parole brevi e chiare et intendevole. 2. Verbigrazia : Un uomo è accusato che tolse uno calice d' uno luogo sa- crato et è Ili apposto che sia sacrilegio, et esso si difende dicendo che non è sacrilegio ma furto. Or sopra questa con- troversia si è tutta la questione per lo nome di questo fatto: 25. è sacrilegio o furto? 3. Onde per sapere la veritade si con- viene diffinire l'uno nome e 11' altro, cioè dire la signiffi- cazione e Ilo 'ntendimento di ciascuno nome, e poi che fie chiarito per le parole quello che '1 nome significa, assai bene si potrà intendere e provai*e qual nome si XJonga a 30. quel fatto. Et poi eh' è detto del nome, sì dicerà Tulio del genere. 3: m e viJili trarre, M' ol ti vidi trarre — 5-6: M'-L acciò che altress'i (L altre si) f. r. se ne possono — 7: in ora. E — *: m om. sì — W: M' la controversia è — ii: M'-L appellata — 13: M-m om. è — 3f ' 7 ilei facto — 16: M' om sì — 17:M' che ella airorca — M-m a quella parola - 21-22: M' del luogo sacro — 23: M' ma e furto — 24-25: AT» se questo facto è sacrilegio furto — 26: m l'altro — M-m dare - 28: M-m che nome — 30: m om. Ei e si 62 Dice Tullio del genere, et è appellato generale. 37. Quando è quistione della cosa qual sia, perciò clie Ila. controversia è della forza e del genere del fatto, sì è vocata con- stituzione generale. 5. Lo sponitore. 1. In questa parte dice Tulio che quando è questione della cosa quale ella sia, perciò che Ila controversia è della forza del fatto, cioè della quantitade, e della comparazione et altressì del genere, cioè della qualitade d'esso fatto, si è 10. vocata constituzione generale. 2. Verbigrazia : La quanti- tade del fatto si è cotale questione : se uno à fatto tanto quanto un altro, si come fue questione se Tulio avea tanto servito al comune di Homa quanto Catone. 3. La compa- razione del fatbo si è cotale: di due partiti qual sia migliore, 15. si come fue questione quando i Romani presono Cartagine qual era il meglio tra disfarla o lasciarla. 4. 11 genere del fatto si è questione della qualità del fatto sì come davanti fue messo F exemplo, cioè se colui che fece il fatto fece iustamente o iniustamente. 20. Dice Tullio dell'azione, et è appellata translativa. 38. Ma quando la causa pende di ciò che non pare che quella persona che ssi conviene muova la questione, o non la muove contra cui si conviene, o non appo coloro che ssi conviene.d) o non in tempo che ssi conviene, o non di quella lege o di quel peccato o di quella 25. pena che ssi conviene, quella constituzione à nome translativa, però che ir azione bisogna d' avere translazione e tramutamento. 8: M-m o decta forfa — 9: M-m sia — M' aiiiiellala — H : M-m senno - 14. m do fatto — i7: M-m qualità — 2'1: A/' l'accusa — 24: M convenne, M-m nm. o non (1) La frase o non appo coloro che ssi conviene manca in tutti i codici, ma si ricava dal latino aid non apud qiios e dal § 4 dol commento. - 63 Lo sponitore. I. In questa parte dice Tulio della controversia del- l'azione, che quando sopr'acciò è Ila questione e' si conviene che U'azione si tramuti in tutto o in parte, e perciò à nome 5. translativa, cioè trarautativa- Et questo è o puote essere Ijer sette maniere, le quali sono nominate nel testo, cioè: 2. Quando non muove la questione quella persona a cui la conviene di muovere. Verbigrazia: Dice uno scoiaio contra ad un altro : « Tu se' venuto troppo tardi a scuola ». Et 10. esso dice: « A te no'nde rispondo, che non ti si conviene muovermi questione di ciò, ma conviensi al nostro mae- stro ». 3. O non muove la questione contra quella persona che ssi conviene. Verbigrazia : Fue trovato che in Roma si trattava tradimento e fue alcuno che ll'aponea contra 15. lulio Cesare, et esso dicea : « Contra me non si conviene muovere di ciò questione, ma contra Catellina che 11' àe fatto e fa tutta fiata ». 4. non muove la questione appo coloro che ssi conviene, cioè davanti a quelle persone che dee. Verbigrazia : Fue accusato il vescovo di simonia da- 20. vanti al re di Navarra. Il vescovo dice: « Tu non m'accusi davante a giudice eh' io debbia rispondere, ma io son bene tenuto di ciò e d'altro davante l'appostolico ». 5. O non muove la quistione in quel tempo che ssi conviene. Ver bigrazia : Uno fue accusato il giorno di Pasqua ; esso di- 25. cea : « Non rispondo ora di questo, perciò che oggi non è tempo d' attendere (1) a cotali convenenti». 6. non muove questione a quella lege che ssi conviene. Verbigrazia : Uno cittadino di Roma era in Parigi e volea piatire contra uno francesco secondo la legge di Roma; ma quel francesco dice 3: Jtf -HI 7 si conviene, 3/' om. — 5: Af 7 puote, m e questo puole essere — M' in sette m. — 7-8: m si conviene — M' in contro a un altro — 9-iO: M' Ed elgli, m et elli — M-m om. ti — 12: M-m muovere, M' muove questione — i4: Af alcuna —16: m questione di ciò, M' di ciò non si conv. m. q. — ' 17: m tuttavia — M-m contra coloro — 18-19: M' che si dee.... Il vescovo fu acc. — 21: M davante a giudici, m /> davanti a giudici, M' davanti giudice - 24: m della Pasqua — egli — 25: M' non ti rispondo ora di ciò — 26: m M' da rispondere — 29: M' la legge romana — m il Francesco (1) Questa è la lezione miglioro per il senso, né si trova una valida ragione per considerarla arbitraria, quantunque dalle due famiglie di codici sembri risul- tare un da rispondere: sarà stato determinato dal rispondo con cui comincia la frase. — 64 - che non dee rispondere a quella legge ma a quella di Francia. 7. O non muove la questione di quel peccato che ssi conviene. Verbigrazia : Fue accusato uno, che non avea il membro masculino, ch'avesse corrotta una vergine; esso 5. dice: «Io non risponderò di questo peccato». 8. non muove questione di quella pena che ssi conviene. Verbi- grazia : Fue uno accusato ch'avea morto uno gallo et erali apposto che perciò dovea perdere la testa; esso dicea: « Non rispondo a questa pena, perciò che non tocca a questo pec- 10 cato ». 9. Donde tutte queste questioni sono translative, cioè che ssi tramutano in altro fatto e stato, tal fiata in tutto e tal fiata in parte, si come appare nelli exempli di sopra. Dice Tullio se l'una delle dette quattro cose non fosse 15. non sarebbe causa. 39. E così conviene che ssia l' una di queste inn ogne ma- niera di cause, perciò che in qual causa no 'nde fosse alcuna, certo in quella non porrebbe avere contraversia, e perciò conviene che non sia tenuta causa. 20. Lo sponitore. 1. Poi che Tulio àe divisate le parti della constituzione et àe detto che e come è ciascuna di quelle parti e le loro nomerà, sì vuole Tulio provare che quando l'una di queste questioni, che sono del fatto o del nome o della qua- 25. lità del tramutare l'azione, non è intra parlieri, certo intra loro non puote essere controversia ; e poi che 'ntra loro non à controversia, certo il fatto sopra il quale dicessero parole non sarebbe causa, e così non sarebbe materia di questa arte, cioè che non sarebbe dimostrativo né dilibe- 30. rativo né iudiciale. 2. Et provando questo sì dimostra Tulio i: i non si dee — 4-5: m M' Klgli dico -- 7: M' Fue accusalo uno — 8: M' nm_ perciò - m egli dice — M' non li lispondo — 9: M' non tocclia (piosto peccato — ti: M' in altro slato, m om. e stalo - J2:M' paro — 16: M' luna de ipicste sia - 17: M tn i|ualcosa, m in quale chosa - SS : M-M^ 7 ciascuna - S3: m provare Tulio - S3-S6: M-m om. ^ — m tralloro - 30: m quando ([U'-sto - 65 - che Ile predette cose in questa arte sono si congiunte in- sieme che qualuuiiue causa è dimostrativa o deliberativa o iudiciale sì conviene che sia constituzione o del fatto o del nome o della qualitade o dell' azione, et e converso che 5. qualunque constituzione è del fatto o del nome o della qualità o dell'azione sì conviene che sia dimostrativa o deliberativa o iudiciale. Et omai perseverra Tulio sua ma- teria per dicere di ciascuna parte per sé. Del fatto. 1(». 40. La contraversia del fatto si puote distribuire in tutti tempi: che ssi puote fare quistione che è essuto fatto, in questo modo: « Ulixes uccise Aiace o no ?» Et puotesi fare questione che ssi fa ora, in questo modo : « Sono i Fregelliani in buono animo verso lo comune o no ? » Et puotesi fare questione che ssi farà, in questo 15. modo : « Se noi lasciamo Cartagine intera, everranne bene al comune no? ». Lo spoìiitore. I. In questa pai'te dice Tulio che Ila controversia la quale è di fatto che ssia apposto ad altrui, la quale 20. àe nome constituzione congetturale sì come fue detto in adietro e messo in exempli, sì puote essere in tutti tempi, cioè preterito, presente e futuro. 2. Nel preterito pone Tulio r exemplo della morte d' Aiaces, che fue cotale. Stando l'assedio di Troia sì fue morto il buon Achilles, 25. et apresso la sua morte fue grande questione delle sue armi intra Ulixes et Aiaces. 3. Et certo Ulixes fue, secondo che contano le storie, il più savio uomo de' Greci e '1 milìor parliere, sicché per lo grande senno che i-llui regnava e per lo bene dire niettea in compimento le grandi vicende, 30. alle quali altre non sapea pervenire, e perciò adoperò e' più di male contra' Troiani per lo suo senno che non fecero 2: M dimoslraliva — 3: M' constitutione del facto — 4-6: M-m om. ot e conweiso.... dell'azione — 7 : M' Et oggimai perseguita — 10: M' in dui tempi — 11: m clie exututo — 13: M* de buono animo — 14: m om. che ssi farà — 15: M-m, L in terra — ikf' aver- ranne, m e veramente bene — S3 : M' Tulio la morto — 24: M* a Troia — 26-27: M' secondo che recitano le storie, fue — M-m et niilior — 29: M* per .ben dire — 30: Mie quali, m le quali oltre non sapeano — M adopio 7, m adoppio più, M' adopero elgli — 31 : M' in contro a — la non fé, L non fece -- 66 - quasi tutta l'oste per arme, et alla fine si parve uianife- stameute, eh' elli fue trovatore del cavallo per lo quale fue Troia perduta e tradita; ma veramente in guerra non si 5. fatigava molto con arme e non era di gran prodezza, ma tuttavolta dimandava che Ili fossono concedute V armi d'Achilles, e dicea che nn'era degno e ch'avea in quella guerra ben fatta l'opera perchè etc 4. Et dall' altra parte Aiaces era uno cavaliere franco e prode all'arme, di gran 10. guisa, ma non era pieno di grande senno e sanza molto** (D francamente avea portate l'armi in quella guerra, e perciò domandava l'armi d'Achilles e dicea che non si conveniano ad Ulixes. 5. Onde alla fine l'armi furono concedute ad Ulixes, per la qual cosa montò tra lloro tanta invidia che 15. divennero nemici mortali ; et in questo mezzo tempo fue morto Aiaces e fue della sua morte accusato Ulixes, et esso si difendea e negava ; e di questo sì era questione di fatto in preterito, cioè che già era fatto in tempo passato. 6. Inol presente tempo mette Tulio l' exemplo de' Fragel- 20. lani, che furo una gente i quali fui'ono accusati in Roma eh' elli aveano male animo contra il comune. Et elli si di- fendeano e diceano che 11' aveano buono e dritto ; e di ciò si era questione di fatto presente, cioè se sono ora presen- temente di buono animo o no. 7. Nel futuro mette Tulio 25. r exemplo di Cartagine, la quale fue una delle più nobili cittadi e delle più poderose del mondo, e tenne guerra contro a Roma, sì eh' alla fine i Romani vinsero e presero la terra ; e furo alcuni che voleano che Ila cittade si di- sfacesse per lo bene di Roma, et altri consigliaro del no, 30. perciò che '1 meglio ne potrebbe advenire s' ella rimanesse intera, e di ciò è questione del tempo futuro, cioè se bene o male n'averrà se Cartagine rimanesse intera o s'ella si disfacesse. 8. Ma poi che Tulio à detto della controversia del fatto, sì dicerà di quella del nome in questo modo. ■i: M' ne non era. — 6: M' ben dengno — 7 : M' ben l'opera perchè, L bene adope- rato perchè — 9: m orti, e sanza molto — 10: M-m provale — 14: m iim. mezzo — 15 : m 7 dela sua morte fue aco. — 16-17 : M-m onde di questo era già (piestione... in perciò che già ecc. (vi om. in perciò) — 18: M' Fregiani — 19: M' che fuoro accusati — SO: SI' comune de Roma — 22 : m om. si — S6: M incontra — S7 : m om. e — M' vollero (ma L voleano) — 28: m om. et — M' di no — ^9 : m pero che meglo ne potrebbe loro intervenire — 30 : M-m, L in terra — Af' e questo nel tempo futuro — M-m che bene — 31: M, L'in terra (1) Così hanno i mss. e perfino la stampa, ma evidentemente manca qualche parola (anzi itf " dopo molto lascia uno spazio bianco), come dire o parlare. Basti averlo notato, senza pretendere d' indovinare. - 67 - Del nome- Ai. Controversia del nome è quando lo fatto è conceduto, ma è questione di quello eh' è fatto in che nome sia appellato; et in questo conviene che sia controversia del nome, perciò che non 5. s'accordano della cosa; non che del fatto non sia bene certo, ma che quello ch'è fatto non pare all'uno quello eh' all' altro, e perciò l'uno l'appella d'un nome e l'altro d'un altro. Per la qual cosa in questa maniera la cosa dee essere diffinita per parole e breve- mente discritta, come se alcuno à tolta una cosa sacrata d'uno luogo 10. privato, se dee essere giudicato furo o sacrilego, che certo in essa questione conviene difinire l'uno e l'altro, che sia furo e che sacrilego, e mostrare per sua discrezione che Ila cosa conviene avere altro nome che quello che dicono li aversarii. Lo sponitore. 15. 1. In questa parte dice Tulio della controversia del nome ; e perciò che di questo è molto detto davanti, sì siue trapassa lo sponitore brevemente, dicendo solamente la tema del testo, sopra '1 quale il caso è cotale: 2. Roberto accusa Gualtieri ch'elli àe malamente tolta una cosa sa- 20. crata, si come uno calice o altra simile cosa la quale sia diputata a' divini mistieri, e dice che Ila tolse d'uno luogo privato, cioè d'una casa o d'altro luogo non sacrato. Viene l'accusato e confessa il fatto. Dice l'accusatore: « Tu ài fatto sacrilegio ». Dice l'accusato : « Non ò fatto sacrilegio, 25. ma furto ». Et così sono in concordia del fatto, ma non della cosa, cioè della proprietade per la quale si possa sa- pere che nome abbia questo fatto, perciò eh' all' accusatore pare una, che dice ch'è sacrilegio, et all'accusato pare un' altra, che dice eh' è furto. 3. Onde in questa maniera 30. di controversia si conviene che '1 parliere che dice sopra questa materia dififinisca e faccia conto in brevi parole 3 : it 7 (li questo — 9 : M-m distrecta —10: M- sacrato — M-m per furto o per sacri- legio, L furto sacrilegio —11: M-m con l'altro — m furto — 12: M-m che sacrilegio, A/' che sia sacrilego — il/' scriptione — 16:Mom. detto — M' nm. si — 18: m sopralla quale - J/' Uberto — 19: M' tolto — 19 : m cosa simile — SI: M-m ad veruno mistieri (m mistiere) — 23-24: M il l'atto. Et dice laccusato — m Non o, ma furto — 27-28: m però chellachusatorc... una diosa — 2H-29: M-m om. sacrilegio.... cli'ò — 30: jV' jjarladore — 3t: M' didinita - G8 - che cosa è sacrilegio e che è furto ; e così dee mostrare come questo fatto non à quel nome che dice l'aversario. Et è detto della controversia del nome; omai dicerà Tulio di quella del genere, in questo modo : 5. Del genere. ^Z. (e. IX) Controversia del genere è quando il fatto è conceduto e sono certi del nome d' esso fatto, ma è questione della quantitade del fatto o del modo o della qualitade, in questo modo : giusto ingiusto - utile o inutile - e tutte cose nelle quali è que- 10. stione chente sia quel fatto. Lo sponitore. l. in questa parte dice Tulio della questione del genere, e di questa è tanto detto dinanzi che 'n poche parole di- morerà lo sponitore ; e dice che quella controversia è del 15. genere nella quale Y accusato confessa il fatto et è in con- cordia coir accusatore del nome d' esso fatto, ma sono in discordia della quantitade del fatto, cioè se grande o pic- colo o molto o poco. 2. Verbigrazia : Un grande Romano quando dovea cacciare i nemici del suo comune si fugìo. 20. Fue accusato eh' avea fatto danno e male alla inaestà della città di Roma; l'accusato confessa il fatto e '1 nome del facto. Dice l'accusatore: «Questo è grande danno». Dice l'accusato : « Non è grande, ma piccolo ». Ed è la discordia tra lloro della quantità, cioè se quel male è grande o pic- 25. colo. 3. O sono in discordia del modo, cioè della compara- zione del fatto, sì come fue detto qua indietro nell'exemplo di Cartagine, qual fosse la migliore parte tra disfare o la- sciare. 4. O sono in discordia della qualitade del fatto, sì come pare in exemplo d'Orestes che uccise la sua madre, 30. e fue accusato che U' avea morta ingiustamente ; et esso si difende e dice che U'à morta giustamente, ma bene con- OM, 8: M'in modo della qualitndo — 9: m o non giusto — 12: M' tracia — i3: M-m detto — VI di questo — M die poclie p. — m dimora, Af' <limorra - 16-17: M' ohi. ma sono.... del fatto — 20: M-m t>m. e male — S3: M-m nm. Ed — So: >/' Or sono, M-m OHI. - 26: M' nm. si - 27 : M' o disfare - 2S : M-m quantitade - 29 : M' nelexemplo di ((uestl , M-vi dotesles — 30-.il : m nm. ot esso... giustamente, M' nm. si - M-m cliellavea - 69 — fessa il fatto e 1 nome del fatto; ma sono in discordia della qualità, cioè se 11' àe fatto giustamente o ingiustamente. 5. Ben è vero che Tulio non mette in exemplo della quàntitade nel testo, né della comparazione, se non solamente della 5. qualitade ; e questo fae perciò che più sovente ne vien tra Ile mani che non fanno l'altre, e perciò dice che tutte cose nelle quali si confessa il fatto e '1 nome del fatto, ma è questione della qualità d'esso fatto, sì è controversia del genere. 6. Et poi che Tullio à detto di questa questione 10. del genere secondo il suo parimento, sì procede immante- nente a riprendere Ermagoras dell'errore suo in questa controversia del genere. Dell' errore d' Ermagoras. 43. A questo genere Ermagoras sottopuose quattro parti, ciò 15. sono deliberativo, demostrativo, iudiciale e negoziale. Il quale suo fallimento non mezanamente pare che ssia da riprendere, ma in breve, perciò che sse noi ci ne passiamo così tacendo fosse pensato che noi lo seguissimo sanza cagione; o se lungamente soprastessimo in ciò, paia che noi facessimo dimoro et impedimento agli altri in- 20. segnamenti. 44. Se deliberamento e dimostramento sono generi delle cause, non possono essere diritte parti d'alcuno genere di causa, perciò che una medesima cosa puote bene essere genere d'una e parte d'un' altra, ma non puote essere parte e genere d'una me- desima. Et certo deliberamento e dimostramento sono genera delle 25. cause. Ma o non è alcuno genere di cause, o è pur iudiciale sola- mente, è iudiciale e dimostrativo e deliberativo. Dicere che non sia alcun genere di cause, con ciò sia cosa eh' e' medesimo dice che Ile cause sono molte e sopra esse dà insegnamento, è grande for- seneria. Un genere, cioè pur iudiciale solamente, non puote essere, 30. acciò che diliberamento e dimostramento non sono simili intra lloro e molto si discordano dal genere iudiciale, e ciascuno à suo fine al quale si dee ritornare. Adunque è certo che tutti e tre son ge- neri delle cause, e così deliberamento e dimostramento non possono 4: M> nel testo exemiilo - 5: M' in tra le mani — iO: m om. secondo il suo pari- mente — M mantenente — 13: M-m II (juale lue — i7 : 3/' nm. i)erciò — cene passas- simo — 18: m stessomo - 19: M' dimora, m imped. 7 dimoro — 20: M-m dim. — 22 : m M' causa — M-m genere 7 parte d' una medesima - 23 : M' Ma none, vi Ma anno ale. — 26: M-m om. e deliberativo — 27: M' ch'elli - 28: M' essi... inseffnamenti — 28-29 : M 7 grandi; fors (?), m 7 grande forma, M' 7 grandi mattezze. Genere ere. — .12 : M 7 certo — 3:i : M' de cause... dimost. 7 del. - 70 — essere a diritto tenute parti d'alcuno genere dì causa. Dunque ma- lamente disse ch'elli fossero parte della constituzione del genere. 46. (e. X) Et s'elle non possono essere tenute diritte parti della causa del genere, molto meno fien tenute parti della diritta parte 5. della causa; e parte della causa è ogne constituzione; donde no la causa alla constituzione, ma la constituzione s'acconcia alla causa. Ma dimostramento e diliberamento non possono essere tenute diritte parti della causa del genere, perciò che sono generi: donque molto meno debbono essere tenuti parte di quello ch'esso dice. 46. Ap- 10. presso ciò, se Ila constituzione et essa e ciascuna parte della con- stituzione è difensione contra quello eh' è apposto, conviene che quella che no è difensione non sia constituzione ne parte di consti- tuzione. Et certo deliberamento e dimostramento non sono constitu- zione. Dunque se constituzione et ella e la sua parte è difensione 15. contra quello eh' è apposto, il dimostramento e '1 diliberamento non è constituzione ne parte di constituzione. Ma piace a Itui che ssia difensione. Dunque conviene che Ili piaccia che non sia constituzione, né parte di constituzione. Et in altrettale isconvenevile fie condotto, se esso dica che constituzione sia la prima confermazione dell' ac- 20. cusatore o Ila prima preghiera del difenditore ; e così seguiranno lui tutti questi sconvenevoli. 47. Appresso ciò, la causa congettu- rale, cioè di fatto, non puote d'una medesima parte inn un mede- simo genere essere congetturale e diffinitiva ; et altressì la diffinitiva causa non puote essere d'una medesima parte inn uno medesimo 25. genere diffinitiva e translativa. Et al postutto neuna constituzione ne parte di constituzione puote avere e tenere la sua forza et altrui; perciò che ciascuna è considerata semplicemente per sua natura ; se l'altra si prende, il nomerò delle constituzioni si radoppia, non si cresce la forza della constituzione. Veramente la causa deliberativa 30. insieme d'una medesima parte in un medesimo genere suole avere la constituzione congetturale e generale e diffinitiva e translativa, et alla fiata una e talvolta piusori. Adunque, essa non è constituzione né parte di constituzione. Et questo medesimo suole usatamente advenire della causa dimostrativa. Adunque sì come noi avemo detto 3,5. davanti, questi, cioè deliberamento e dimostramento, sono generi delle cause e non parti d'alcuna constituzione. 1 : M' a diricto essere tenute parte — 5: M-tn om. parto delln causa ì- — vi om. no - 7: JV' tenuti — 9 : m tenute parti, il/' im. tenuti — M-m cliossi dice — iO: M-m chella const. — 11: M-m ? difensione — M' (piella - IS: M-m non sia la constitutione — 13: m om. Et — 14: M 1 dunque le const., m Dunque la const. — 15: M' nm. e '1 dilibera- mento — 16-18: m om. i due periodi — ^0 : m seguiteranno - l' 1 : M-m si convenevoli - 23: M'^ diffinitiva, m chon dilf. — 25 : M-m om. e translativa - 26: M-m om. nk - M' ne te- nere — 2S: m il novero — il/ sic radoppia — 31: m coniotturalc generale — 32: i wim. illusori — (i Lo sponitore. I. In questa parte dice Tulio che Ermagoras dicea che Ila controversia del genere avea quattro parti sotto sé, ciò sono deliberativo, demostrativo, iudiciale e negoziale; della 5. qual cosa Tulio lo riprende in tutte guise, e mostra molte ragioni come Ermagoras errava malamente, e questo pruova manifestamente per argomenti dialetici: che dimostramento e deliberamento sono generi delle cause si che Ile cause sono parti di loro; e poiché sono generi, cioè il tutto delle 10. cause, non possono essere parte delle cause, acciò ch'una cosa non puote essere tutto d'una cosa e parte di quella medesima. 2. Et così per molte ragioni o vuoli argomenti conclude Tulio che Ermagoras avea mal detto, e poi se- guentemente dice la sua sentenza : quali sono le parti della 15. constituzione del genere, cioè della quantitade e del modo e della qualitade del fatto, sì come qui dinanzi fue detto. Et in ciò incomincia la sentenzia di Tullio in questo modo : Le parti della constituzione generale. 20. ^S. (e. XI) Questa constituzione del genere pare a noi ch'ab- bia due parti : Iudiciale e negoziale. Lo sponitore. 1. Poi che Tullio àe ripresa l' oppinione d' Ermagoras delle quattro parti, si dice la sua sentenza e dice che sono 25. pur due parti, cioè quelle altre due che dicea Ermagoras: iudiciale e negoziale ; et immantenente detta la sua sen- tenza, la quale vince quella d' Ermagoras e d'ogn' altro, sì dice e dimostra che è iudiciale e che è negoziale, in questo modo : X,. ^'^ 4: M' dimostrativo, deliberativo ecc. — 6: M-m provava — 9: m genero — 10: M el acciò — 11 : M-m tiicta — 13:M^ conchiude Tulio Ermagoras avere — 17 : il/' comincia — 23 : m ripreso — 28: M' che e iuridiciale {e cosi sempre), M-m che iudiciale 7 che {ni om. che) negotiale — 72 Di Indiciate. 49. ludiciale è quella nella quale si questiona la natura dì dritto e d' iguaglianza e la ragione di guiderdone o di pena. Sponitore. 5. 1. La iudiciale coustituzioue è quella nella quale per diritto, cioè per ragione provenuta per usanza e per igual- lianza, cioè per ragione naturale o per ragione scritta, si questiona sopra la quantitade o sopra la comparazione o sopra la qualitade d'un fatto, per sapere se quel fatto è 10. giusto o ingiusto o buono o reo. 2. Altressì è iudiciale quella nella quale è questione d'alcuno per sapere s'egli è degno di pena o di merito. Verbigrazia : « Alobroges è degno d'avere merito di ciò che manifestò la congiurazione di Catenina?» e questionasi del sì o del no. Et anche questo 15. exemplo : « È Giraldo degno di pena di ciò che commise furto ?» e questionasi del si o del no. 3. Et poi che à detto Tulio del iudiciale, si dicerà dell'altra parte, cioè della negoziale. Di negoziale. 20. 50. Negoziale è quella nella quale si considera chente ragione sìa per usanza civile o per equitade, sopra alla quale diligenzia sono messi i savi di ragione. Lo S2)onitore. 1. Dice Tulio che quella constituzione è appellata ne- 25. goziale nella quale si considera per usanza civile, cioè per quella ragione la quale i cittadini o paesani sono usati di tenere i-lloro uso o in loi'o costuduti, o per equitade, cioè per legi scritte, chente ragioni debbiano essere sopra quella 2: m quello nel (juale — 3: M'-L ella ragione di diritlo, S di merito — 6: m perve- nuta — 8.me sopra la comp. — 9: m se questo giusto —il: M^ si questiona d'alcuno selglie ecc. — 12-14: m o di morte — M-m o alabroges di Catenina et questionisi del si et del no (m di si o di no), L e questo exemplo —16: m quistionìsi... om. Et — A/ 7 del no — 16-17: M' Tulio a detto dela giuridicialo — 20: M' Di negotiale — 26: M' om. paesani — 27 : M' i loro costuduti m illoro chostuduli, M' in loro constituti — M-m equalitade — S8 : M' cliente ragione debbia — 73 - constituzione. 2. Et intra la iudiciale e la negoziale àe co- tale differenzia : che Ila iudiciale tratta sopra le cose pas- sate et intorno le leggi scritte e trovate ; ma la negoziale intende intorno le presenti e future (1) et intorno le legi et 5. usanze che saranno scritte e trovate. 3. Et questa è di molta fatica, perciò che' parlieri s'affaticano di grande guisa a provarla et a formare nuove ragioni et usanze allegando in ciò ragioni da simile o da contrario. Et questa questione si tratta davante a' savi di legge e di ragione, ma in pro- 10. vare la iudiciale basta dicere pur quello che Ila ragione ne dice. 4. Et poi che Tulio à detto che è la iudiciale e che è la negoziale, sì dicerà delle parti della iudiciale per meglio dimostrare lo 'ntendimento di ciascuno capitolo dell' Arte. 15. Di due parti di Iudiciale. 51. La iudiciale dividesi in due parti, ciò sono assoluta et assuntiva. Sponitore. 1. In questa parte dice Tulio che quella questione la 20. quale è iudiciale, sì come davanti è mostrato, sì à due parti : una eh' è appellata assoluta e l'altra la quale è ap- pellata assuntiva ; e dicerà di catuna per sé. 3 : M interno — 4: i mss. futuro — M' il presente — 8 : m in se ragioni — 9 : M assaivi, m si tratta da savi — 10: M pur di quello — 16: M' si divido — 21 : M' luna la quale è appellata - M-m e assunptiva (1) Per quanto la lezione di -Jf' (il presente e futuro) sembri ottima, prefe- risco ricorrere alla lieve correzione di futuro in future.: M* ha tendenza a cam- biare, e quindi non è improbabile che, trovando già l'errato futuro, abbia voluto accordare con esso l'aggettivo precedente, le presenti. Non saprei invece come spiegare un cambiamento inutile in M-m. - 74 - Dell' asoluta. 52. Assoluta è quella che in sé stessa contiene questione o di ragione o d' ingiuria. .Lo sponitore. 5. 1. Dice Tulio che quella questione iudiciale del genere èe appellata assoluta la quale in sé medesima è disciolta e dilibera, sì che sanza niuna giunta di fuori contiene in sé questione sopra la qualitade o sopra la quantitade o sopra la comparazione del fatto, il qual fatto si cognosce 10. s'egli é di ragione o d'ingiuria, cioè se quel fatto é giusto o ingiusto o buono o' reo, sì come in questo exemplo donde fue cotale questione. 2. Verbigrazia : Fecero quelli da Teba giusto o ingiusto quando per segnale della loro vittoria fe- cero un trofeo di metallo? Et certo questo fatto, cioè fare 15. un trofeo di metallo per segnale di vittoria, piace per sé sanza neuna giunta et in sé contiene forza della pruova, perciò ch'era cotale usanza. Asuntiva- 53. Assuntiva è quella che per sé non dà alcuna ferma cosa 20. a difendere, ma di fuori prende alcuna difensione ; e le sue parti sono quattro : concedere, rimuovere lo peccato, riferire lo peccato e comparazione. S:M-m slesso — 7: M-m nm. ai — fi: M-m «m. o sopra la (luantilude — 7 invece ili 0—9: M' in f|uel facto — 12: M-m Ino - »« di Teba — 14-13: m et cerio questo trofeo fatto faro per sengnale della loro Victoria jiiuce per so medesimo — 16: M' la forfa — 1 9 : M-m ohi. olio per sé non dà alcuna - 75 Sponitore. I. Tullio dice che quella constituzione è appellata as- suntiva della quale nasce questione, la quale in sé non à fermezza per difendersi da quello peccato eli' è allui appo- 5. sto, ma d'un altro fatto di fuori da quello prende argo- mento da difendersi; si come nella questione d'Orestes, che fue accusato eh' avea morta la sua madre, et elli dicea che ll'avea morta giustamente. Et certo il suo dire parca crudel fatto, sì che queste parole per sé non anno difensione 10. com'elli l'abbia fatto giustamente, ma prende sua difen- sione d'un altro fatto di fuori e dice: « Io l'uccisi giusta- mente, perciò ch'ella uccise il mio padre ». Et così pare che con questa giunta piaccia la sua ragione. 2. Efc questa co- tale questione assuntìva à quattro parti, delle quali il testo 15. dicerà di catuna perfettamente per sé. Di concedere. 54. Concedere e concessione è quando l'accusato non difende quello eh' è fatto ma addomanda che ssia perdonato ; e questa si divide in due parti, ciò sono purgazione e preghiera. 20. Sponitore. I. Poi che Tulio avea detto che è e quale la questione assuntìva e com' ella si divide in quattro parti, sì vuole di- cere di ciascuna per sé divisatamente perchè '1 convenentre sia più aperto. 2. Et primieramente dice che é concedere, 25. e dice che quella constituzione é appellata concessione quando l'accusato concede il peccato e confessa d'averlo fatto, ma domanda che ssia perdonato ; e questo puote es- sere in due maniere: o per purgazione o jjer preghiera, e di ciascuna di queste dirà Tulio partitamente, e prima 30. della purgazione. 3: M> non àe in se — 5: M' di quello — 7 : M' Pt elli rispondea — 8-iO: M-m om. Kt certo.... giustamente — i4: M' nm. assuntìva — 15: M' per se perfectamente — 17: M' o concessione - 18 : 3f ' domanda chelgli sia p. — m. 7 questo — 21 : m che e quale, M' che 7 quale 6 — 23: m di chatuna — 24: M-m concede — 26: m confessa il pechato d'averlo facto - 76 T)i purgazione. 55. Purgazione è quando il fatto si concede ma la colpa si ri- muove, e questa sì à tre parti : imprudenzia, caso e necessitade. Sponitore. ■ 5. I. Dice Tulio che quella maniera di concedere la quale è per purgazione sì è et aviene quando l'accusato confessa, ma lievasi la colpa e dice che quel fatto non fue sua colpa ; e questo puote fare in tre maniere, delle quali è prima Imprudenzia, cioè non sapere. 2. Verbigrazia : Mercatanti 10. fiorentini passavano in nave per andare oltramare. Sorvenne loro crudel fortuna di tempo che Ili mise in pericolosa paura, per la quale si botaro che s' elli scampassero e per- venissero a porto che elli offerrebboro delle loro cose a quello deo che là fosse, et e' medesimi F adorrebbero. Alla 15. fine arrivaro ad uno porto nel quale era adorato Malco- metto ed era tenuto deo. Questi mercatanti l' adoraro come idio e feciorli grande offerta. Or furono accusati ch'aveano fatto contra la legge ; la qual cosa bene confessavano, ma allegavano imprudenzia, cioè che non sapeano, e perciò 20. diceano che fosse perdonato. Et di ciò era questione, se doveano essere puniti o no. 3. La seconda maniera è caso, cioè impedimento eh' adiviene, sì che non si puote fare quello che ssi dee fare. Verbigrazia : Un mercatante caur- sino avea inprontato da uno francesco una quantità di pe- 25. cunia a pagare in Parigi a certo termine et a certa pena. 6: M-m om. b — 7 : M-m imi. non — 8: M' Kl puotesi l'art! — o In prima — tO: M per mare oltramare, di passavano per maro in nave — Jf sopravenne — li: mi miseli, JV/' om. che — 14: M' edelgli medesimi — 15: M' Macliometlo, m Maometto — 17: M' fecero grande oHerta. Fiioro ecc., m mii. Or — 19: M' noi sapeano — 21: m puliti — S4 : m inprontato moneta da uno franeesclio Avenne che '1 debitore, portando la moneta, trovò il fiume di Rodano si malamente cresciuto che non poteo passare né essere al termine che era ordinato. Colui che dovea avere domandava la pena, l' altro confessava bene eh' avea 5. fallito del termine, ma non per sua colpa, se non che '1 caso era advenuto ch'avea impedimentitotU la sua venuta, e però dicea che Ila pena non dovea pagare; e di ciò è questione, se Ila dovea pagare o no. 4. La terza maniera è necessitade, cioè che conviene che ssia così et altro non potea fare. 10. Verbigrazia : Statuto era in Costantinopoli che qualunque nave viniziana arrivasse nel porto loro, la nave e ciò che entro vi fosse si publicasse al segnore. Avenne che merca- tanti genovesi allogare una nave di Vinegia e passaro con grande carico d'avere. Convenne che per impeto di 15. tempo per forza di venti, (2) centra' quali non si poteano pa- rare, pervennero nel porto e fue presa la nave e le cose per lo segnore. Ben confessavano li mercatanti che Ila nave era veniziana, ma per necessitade erano venuti in esso porto, e però diceano che non doveano perdere le cose ; e di ciò 20. era questione, se Ile doveano perdere o no. Tutto altressì i Veniziani, cui fue la nave, raddomandavano la nave o la valenza; i mercatanti diceano che l'amenda non dovea es- sere domandata, perciò che per necessitade e non per vo- lontade erano iti in quel porto. 5. Et poi' che Tullio àe detto 25. della purgazione e delle sue parti, si dicerà della preghiera. Della preghiera. 56. Preghiera è quando l'accusato confessa ch'elli àe commesso quel peccato e confessa che 11' àe fatto pensatamente, ma sì domanda che Ili sia perdonato, la qual cosa molte rade fiate puote advenire. 1 : M-m avieno — S : M-m polea — 3: M' a. termine ordinato — 5 : M' al termine - 5-6: M impedimento, M* ma nel caso era avennlo 7 avea impedimentita — il: M' nel loro porto — 13: m una nave viniziana, 3/' una nave de Viniziani 7 passavano — 14-15: M per un tempo per impetto 7 per f., if ' per impedimento, m di vento — 18: M^ in quel porlo — SO: M' ora la questione — m dovea — 22: M' che por lamenda — 24 :m om. Et — 28-29: m domandasi — M' om. molto (1) Questa lezione di w è confermata da impedimentita di Jf*, cioè dall'altra fami- glia di codici. Lo scambio, avvenuto in M, con impedimento era facilissimo e lo favoriva il fatto che il senso restava quasi il medesimo : « la sua venuta avea avuto impedi- mento ^>. (2) Così leggo con w, poiché in if e ilf ' il passo è manifestamente guasto (impedimento è correzione arbitraria), mentre l'espressione impeto di tempo, ana- loga, a quella del § 2 fortuna di tempo, può bene corrispondere alla magna tempestas di cui parla l'esempio ciceroniano {De Inv., II, 98) sul quale è modellato il nostro. — 78 Lo sponitore. 1. Tullio dimostra in questa picciola parte del testo che cosa è appellata preghiera in questa arte. Et dice che allotta è questione di preghiera quando l'accusato confessa 5. e dice che fece quel peccato che gli è aposto e ricognosce che ir à fatto pensatamente, ma tutta volta domanda per- dono. 2. Onde nota che questa preghiera puote essere in due maniere, o aperta o ascosa. Verbigrazia : In questo modo è la preghiera aperta : Dice l' accusato : « Io confesso 10. bene ch'io feci questo fatto, ma prego vi per amore e per reverenza di Dio che voi mi perdoniate ». La preghiera ascosa è in questo modo : « Io confesso eh' io feci questo fatto e non domando che voi mi perdoniate ; ma se voi ripensaste quanto bene e come grande onore i' òe fatto al 15. comune, ben sarebbe degna cosa che mi fosse perdonato ». 3. Ma ssì dice Tullio che queste preghiere possono adve- nire rade volte, (l) spezialmente davante a' giudici che sono giurati a lege sie che non anno podere di perdonare. Ben puote alcuna fiata lo 'mperadore e '1 sanato avere prove- 20. denza in perdonare gravi misfatti, sì come poteano li an- ziani del popolo di Firenze ch'aveano podere di gravare e di disgravale secondo lo loro parimento. 4. Et poi che Tullio àe detto della prima parte della constituzione as- suntiva, cioè della concessione e che cosa è concedere, et à 25. delle due maniere di concedere detto, cioè di purgazione e di preghiera, sì dicerà della seconda parte, cioè rimuo- vere lo peccato. Di rimuovere. 57. Rimuovere lo peccato è quando l'accusato si sforza di 30. rimuovere quel peccato da se e da sua colpa e metterlo sopra un S : M' mostra — 5 : M' elicigli lece — 6' : M' nppensatainentc — 8 : M' nascosa — 14: M' om. bene — 17 : M^ fiato (ma L volte) — li ([uali sono — 18: M noniianno — 19: m prudenzia — SS: m eclisgravare, M> 7 disgravare — ni lo loro parere, L illoro pa- rere, S il loro piacimento — m om. Et — So: M' m e a detto delle duo maniere ecc. - 30 : M' mettelo (ma L metterlo) (1) Conservo volte appunto perchè questa parola in itf è meno frequente di fiate Q non si può considerare correzione arbitraria; invece fiate sarà stato sosti- tuito per uniformità col testo tradotto (v. pag. preced., 1. 29). - 79 - altro per forza e per podestà di lui ; la qual cosa si puote fare in due guise: o mettere la colpa o mettere lo fatto sopr'altrui. Et certo la colpa e la cagione si mette sopra altrui dicendo che quel sia fatto per sua forza e per sua podestade. Il fatto si mette sopr'altrui 5. dicendo che dovea un altro e potea fare quel fatto. Sponitore. I. In questo luogo dice Tullio eh' è rimuovere lo pec- cato e come si puote fare, et è cotale il caso : Uno è accu- sato d'uno malificio, et elli vegnendo a sua defensione si 10. leva da ssè quel maleficio e mettelo sopra un altro, o dice bene che 11' à fatto, ma un altro cli'avea in lui forza e si- gnoria il costrinse a ffare quel male ; e questo rimovimento del peccato dice Tullio che ssi puote fare in due guise : l'una si mette la colpa e la cagione sopra un altro, l'altra 15. si mette il fatto sopra altrui. 2. Et certo la colpa e la ca- gione si mette sopì'' altrui quando l'accusato dice che elli à fatto quel male per colpa d'alcuno il quale à sopra lui forza e signoria. Verbigrazia : Il comune di Firenze elesse ambasciadori e fue loro comandato che prendessero la paga 20. dal camarlingo per loro dispensa et immantenente andas- sero alla presenzia di messer lo papa per contradiare il passamento de' cavalieri che veniano di Cicilia in Toscana contra Firenze. Questi ambasciadori domandare il paga- mento e '1 signore no '1 fece dare, e'I camarlingo medesimo 25. negò la pecunia, sicché li ambasciadori non andaro e' ca- valieri vennero. Della qual cosa questi ambasciadori fuo- rono accusati, ma elli si levaro la colpa e la cagione e 3: m la chosa — 7: Af' die e rimuovere — 9: M' do malilicio - i4 : m luna mette, M' l'una si e mettere — ^5: M' si e mettere — m om. Kt - 20: Af inmanlenenente, it/' incontanente — 21 : m cliontradire - 23: M-m domandano — 24: M m il segnore — m e il chamarlengo — 25: m il nego di dare la pecliunia — 26:m li anbasciadori — 27 :M' si levano — 80 — miseria sopra '1 signore e sopra '1 camarlingo, i quali aveano la forza e la seguoria e non fecero lo pagamento. 3. Mettere il fatto sopr' altrui è quando l'accusato dice ch'egli quel fatto non fece e non ebbe colpa né cagione 5. del fare, ma dice che alcuno altro l'à fatto et ebbevi colpa e cagione, mostrando che quell'altro sopra cui elli il mette dovea e potea fare quel male. Verbigrazia : Catone e Ca- tenina andavano da Roma a Kieti, et incontrarono uno parente di Catone, a cui Catellina portava grande maia- lo, voglienza per cagione della coniurazione di Roma, e perciò in mezzo della via l'uccise; né Catone non avea podere di difenderlo, perciò eh' era malato di suo corpo, ma rimase intorno al morto per ordinare sua sopultura. Et Catellina si n'andò inn altra parte molto avaccio e celatamente. In que- 15. sto mezzo genti che passavano [per la via] per lo camino (i) trovaro il morto di novello, e Catone intorno lui, sì pen- saro certamente che Catone avesse fatto il malificio, e perciò fue esso accusato di quella morte; ond'elli in sua defensione levava da ssè quel fatto dicendo che fatto nol- 20. l'avea e che no'l dovea fare, perciò ch'era suo parente, e dicea che noU'arebbe potuto fare, perciò eh' elli era ma- lato di sua persona. Et così recava il fatto e la colpa sopra Catellina, perciò che '1 dovea fare come di suo nemico e poteal fare, eh' era sano e forte e di reo animo. 4. Et poi 25. che Tulio àe insegnato rimuovere lo peccato, sì insegnerà in questa altra partita riferire il peccato. Ttillio dice che è riferire il peccato. 58. Riferire il peccato è quando si dice che ssia fatto per ragione, in perciò che alcuno avea tutto avanti fatto a liuì 30. ingiuria. i : m 7 al chamai-lingo — 4-ò: M om. ch'egli... ma dice — m nel fare — 5 : Af ' che un altro — 9: VI om. grande — 12 : m di suo corpo malato — 15: M^ gente — J/' m om. per la via - 16: m il novello morto — 18 : M' tn fu elgli - 1!) : M' chelgli facto — 20-Sl : m avea nel dovea fare — o?n. e dicea che — Jlf ' ohe noi potea fare ~ ohi. elli — 23: m pero chelli dovea fare — 25: M-m om. si — M' insegna — 26: M' jxirte — M-m refre- nare (sempre) — 29 : vi pero che — da\anti (1) Le parole per la via sono con tutta probabilità una glossa o una variante di per lo camino; infatti mancano in codici delle due famiglie. 81 Lo sponitore. I. Dice Tullio che riferire il peccato è allora quando l'accusato dice ch'elli àe fatto a ragione quello di che elli é accusato, perciò e' a Uui fue prima fatta tale ingiuria che 5. dovea a rragione prendere tale vengianza, sì come apare neir exemplo d' Orestes, che fue accusato della morte di sua madre, et esso dicea che ll'avea morta a ragione, perciò che primieramente avea ella fatta a llui ingiuria, cioè ch'avea morto il padre d' Orestes; e di questo nasce cotale que- 10. stione se Orestes fece quel fatto a ragione o no. 2. Et poi che Tullio àe insegnato riferire lo peccato, sì insegnerà ornai che è comparazione. Tullio dice che è comparazione- 59. Comparazione è quando alcuno altro fatto si contende cfie 15. fue diritto et utile, e dicesi che quello del quale è fatta la ripren- sione fue commesso perchè quell'altro si potesse fare. Lo sjjonitore. I. In questo luogo dice Tullio che quella questione è ap- pellata comparazione nella quale l'accusato dice ch'à fatto 20. quello eh' è a llui apposto, i^er cagione di poter fare un altro fatto utile e diritto. Verbigrazia : Marco Tullio, stando nel più alto officio di Roma, sentìo che coniurazione si facea per lo male del comune, ma non potea sapere chi né come. Alla fine diede dell'avere del comune in grande quantitade 25. ad una donna la qiiale avea nome Fulvia, et era amica per amore di Quinto Curio, il quale era sapitore del tradimento ; e per lei trovò e seppe dinanzi tutte le cose in tale ma- niera eh' elli difese la cittade e '1 comune della molt'alta tradigione. 2. Ma alla fine fue ripreso ch'elli avea troppo ma- 2 : M' allocta — 4 : M' facla prima — 5 : M' prenderne (ma L prendere) tale vendctla — pare — 6: M' dela sua madre — 8: m prima — J/' facto, m aliai fatto - iO: m om. El — 14: M-m quanto un altro — 16: M' per quell'altro - 18: JW in questa parte — 19: M-m che facto — 26: M^ ora parteDce — 28: M' dela mortalo — 82 - lamente dispeso l'avere di Roma. Et elli in defensione di sé dicea che quelle spese avea fatte per fare un altro fatto utile e diritto, cioè per scampare la terra di tanta di- struzione, e quello scampamento non potea fare sanza 5. quella dispesa; e cosi mostra che '1 fatto del quale elli è ripreso fue fatto per bene. 3. Et poi che Tullio àe detto delle quattro parti della constituzione assùntiva, la quale è parte della iudiciale sì come pare davanti nel trattato della con- stituzione del genere, sì ridicerà elli brevemente sopra la 10. questione traslativa, della quale fue assai detto in adietro, per dire alcuna cosa che là fue intralasciata. Come Ermagoras fue trovatore della questione translativa. 60. Nella quarta questione, la quale noi appelliamo translativa, certo la controversia d'essa questione è quando si tenciona a cui 15. convegna fare la questione, o con cui od in che modo, o davante a cui, per quale ragione, o in che tempo ; e sanza fallo tuttora è controversia o per mutare o per indebolire l'azione. Et credesi che Ermagoras fue trovatore di questa constituzione; non che molti an- tichi parlieri non l' usassero spessamente, ma perciò che Ili scrittori 20. dell'arte non pensaro che fosse delle capitane e non la misero in conto delle constituzioni. Ma poi che da llui fue trovata, molti l'anno biasimata, i quali noi pensamo e' anno fallito non pur in pru- denzia;(i) che certo manifesta cosa è che sono impediti per invidia e per maltrattamento. 25. Sponitore. I. Questo testo di Tullio è assai aperto in sé medesimo, e spezialmente perciò che della questione o constituzione translativa è assai sufficientemente trattato indietro in i : M' l'avere del comune — 3:3/' diiicto 7 utile - 4: M' non si pelea fare — 7: M< om. assiintiva - 8: M' iuridiciale — //: M-m che ella l'uo translassala — lS:M-m emargonis — 13: M Uela quarta q. (e punto ilnpn translativa) — 15-1 (!: M' davanti cui — M-m sanfa follia — 19: M' parladori — 23: M' cambiano - S4 : M' per mal. (1) La traduzione non è esatta, poicliè il testo latino dice: quos non tamim- prudentia falli indamus (res enim perspìcua est) quam invidia atque óbtrectatione quadam inipediri. Si potrebbe proporre per congettura non per imprudenzia ; ma non sembra contraddirvi il 8 -3 del commento parlando di '' alquanti che non erano bene savi ,, ? — 83 - altra parte di questo libro, e là sono divisati molti exempli per dimostrare come si tramuta 1' azione quando non muove la questione quelli che dee, o centra cui dee, o in- nanzi cui dee, o per la ragione che dee, o nel tempo che . 5. dee. Z.Sicchè al postutto in(i) questa translativa conviene che sempre sia : o per tramutare l' azione in tutto, come ap- pare indietro nell'exemplo di colui che risponde all'aver- sario suo: « Io non ti risponderò di questo fatto né ora né giamai »; e così in tutto tramuta l'azione dell'aversario etc. 10. O é per indebolire l'azione in parte ma non del tutto, si come appare nell' exemplo di colui che risponde all' aver- sario suo : « Io ti risponderò di questo fatto, ma non in questo tempo» o «non davante a queste persone». 3. Et dice Tullio che Ermagoras fue trovatore della translativa con- 15. stituzione, cioè che Ha mise nel conto delle quatro consti- tuzioni sì come detto fue inn adietro. Et di ciò fue ripreso da alquanti che non erano bene savi e che aveano invidia e maltrattamento contra lui. Nota che invidia è dolore dell'altrui bene, e maltrattamento è dicere male d'altrui. 20. Tullio dice che davanti diceva exempli in ciascuna maniera di constituzioni (e. XII). 61. Già avemo disposte le constituzioni e le loro parti; ma li axempli di ciascuna maniera parrà che noi possiamo meglio divisare quando noi daremo copia di ciascuno de' loro argomenti; perciò 25. ch'allotta sarà più chiara la ragione d'argomentare, quando l'exemplo si potrà a mano a mano aconciare al genere della causa. Lo sponitore. 1. Vogliendo Tullio passare al processo del suo libro, brievemente ripete ciò eh' à detto avanti, dicendo che dimo- 2: M-m si traclava — 3: M^ che dee conLra cui dee ~ 6: M come pare — 8: M' non ti rispondo — iO: M-m Oo, M' Onde — M imparte — m non in tutto — H : M' pare — 13 : Mi dinanzi a ([. — 14: M translatore, m traslatotore — 15: M^ìa conto —17: 3f dal- quanti — 18 : M-m male tractamento con altrui — 21: M-m construclioni — 22: M exposte le e. 7 loro parti — 24: Mi di loro argomenti — 25: M' de l'argomentare — 26:m della cosa — 29: M ke detto, m che detto — Jlf ' dinanzi (1) L'essere attestato in da tutti i codici rende esitanti a toglierlo, come la sintassi e il senso sembrano richiedere. Forse si può sottintendere dal periodo pre- cedente la parola questione : " conviene che sia questione in questa transla- tiva „ ecc. - 84 - strato à che sono le constituzioni e le loro parti, ma in altra parte porrà certi exempli in ciascuno genere delle cause, cioè nel deliberativo e nel dimostrativo e nel iudiciale, quando ti'atterà il libro di ciascuno in suo stato. E da cciò si parte il conto e torna a trattare secondo che ssi con- viene all' ordine del libro per insegnamento dell' arte. Qual cai/sa sia simpla e quale congitmta. 62. Poi eh' è trovata la constituzìone della causa, ìmmantenente ne piace di considerare se Ila causa è simpla o congiunta. Et s'ella 10. è congiunta, si conviene considerare se ella è congiunta di piusori questioni o d'alcuna comparazione. Lo sponitore. 1. Apresso al trattato nel quale Tullio àe insegnato tro- vare le constituzioni e le sue parti, si vuole insegnare 1.5. qual causa sia simpla, cioè pur d'uno fatto e qiiale sia con- giunta, cioè di due o di più fatti, e quale sia congiunta d'alcuna comparazione, e di ciascuna dice exemplo in questo modo : Della causa simpla. 20. 63. Simpla è quella la quale contiene In sé una questione assoluta in questo modo: « Stanzieremo noi battaglia contra coloro di Corinto o non ? ». Lo sponitore. l. Dice Tullio che quella causa è simpla la quale è pur 25. d'uno fatto e che non è se non d'una questione solamente. Verbigrazia : La città di Corinto non stava ubidiente a Roma, onde i consoli di Roma misero a consiglio se paresse 2 : M-m om. parte — m delle cose — 4-5 : J/' Et di ciò si diparte l'autore, m 7 accio — 8: M mantenente, m inmantanento — 9: m simplice (sempre cos'i) M' sedella — li: M-m compi^ratione — 13: M' il tractato — 15: M (|ualcosa, «i quale chosa — /*: M< l'exeni- plo — 21: M' m (pielli — 25 : vi iliinn chosa — SO : M-m <m. stava — A/' ali Romani - 85 — loi-o di mandare oste a fai"e la battaglia centra loro, o no. Et così vedi che causa simpla è pur d'una questione del sì o del no. Della causa congiunta. 5. 64. Congiunta di piusori questioni è quella nella quale sì dimanda di piusori cose in questo modo: « È Cartagine da disfare da renderla a' Cartagiartesi, o è da menare inn altra parte loro abitamento ? » d). Lo sponitore. 10. 1. Poi che Tullio à detto della causa simpla, sì dice della congiunta, dicendo che quella causa è congiunta nella quale àe due o tre o quattro o più questioni. Verbigrazia : I Ro- mani vinsero a forza d'arme la cittade di Cartagine, et erano alcuni che diceano che al postutto si disfacesse; altri 1.5. diceano che Ila cittade fosse renduta agli uomini della terra, altri diceano che Ila cittade si dovesse mutare di quel luogo et abitare in altra parte. E così vedi che questa causa è congiunta di tre questioni che sono dette. Della causa congiunta di comparazione. 20. 65. Dì comparazione è quella nella quale contendendo si que- stiona qual sia il meglio o qual sia finissimo, in questo modo : « È da mandare oste in Macedonia contra Filippo inn aiuto a' com- pagni, è da tenere in Italia per avere grandissima copia di genti contra Anibal ? ». 25. . Lo spoìdtore. 1. Poi che Tullio avea detto della causa la quale è con- giunta di piusori questioni, sì dice di quella causa eh' è congiunta di comparazione di due o di tre o di quattro o i : M-m o fare — 2 : M^ om. Et — Jlf om. b — 5 : M' om. questioni — 6 : m di più sore — 7 : M' da. rendere a Cartaginesi — 12 : m due tre o quattro questioni — J3: m per forza — om. la cittade di — J4: M' elio a! postutto diceano cliella si disfacesse — 17: M-m om. che — 18: m essere coniunta di tre (luestioni dette — 21: 3/' o quale finis- simo — 22: M' incontro a Filippo — 28: M-m di due, di tre — m om. o di quattro (1) Certamente il traduttore ha frainteso il latino an eo colonia deducatur. — 86 - di più cose, nella quale si considera qual partito sia il mi- gliore de' due o di tre o di più, e se tutti sono buoni e l'uno migliore che 11' altro, per sape];e qual sia finissimo, cioè il sovrano di tutti. 2. Verbigrazia : I Romani aveano 5. mandata oste in Macedonia contrà Filippo re di quello paese, et in quello medesimo tempo attendeano alla guerra d'Anibal, che venia contra loro ad oste. Onde alcuni savi di Roma diceano che '1 migliore consiglio era mandare gente in Macedonia, per attare l'altra loro oste la quale 10. era in questa contrada; altri diceano che maggior senno era di ritenere la gente in Italia, per adunare grandissima oste contra Anibal ; e così contendeano qual fosse il mi- gliore o '1 finissimo partito : o tenere o mandare la gente. Della contraversia inn iscritto et in ragionamento. 15. 66. Poi è da pensare se Ila controversia è in scritta o è in ragionamento. Lo sponitore. 1. Apresso ciò che Tulio à dimostrato qual causa è sim- pla e quale è congiunta e quale di comf)arazione, sì vuole 20. fare intendere quale contraversia nasce et aviene di cose e di parole scritte, e qual nasce pur di ragionamento, cioè di dire parole e di cose che non sono scritte ; e cosi vuole Tullio aj)ertamente insegnare per rettorica ciò e' altre de' dire a ciascun ponto di tutte le cause che possano inter- 25, venire ; e perciò dicerà della scritta per sé e del ragiona- mento per sé, e di ciascuno partitamente in questo modo : Della contraversia che nasce di cose scritte. 67. Contraversia inn iscritta è quella che nasce d'alcuna qua- litade di scrittura Ce. XIII). Et certo le maniere di questa che 30. sono partite delle constituzioni sono cinque : Che talvolta pare che Ile i-2: m sia ihigloru ili lUie ecc. — il/' o Ire o iiifi — •/: iV/' ohi. cion il sovrano — 5: M'-L (li i|iielli del paoso, S di c|iielli paesi 7: m om. ad oste — * : hi elio mogio — iO: m J/i in ipiella contrada — il : M' om. di — m a rilenore gente — 12 : M contra nibal, i» contro ad Anibal — 15: M-m e scripla, If' e in scriplo o in ragionamento — /*' : M-m i|ual cosa — 19: m quale e — 22: M-m om. dire e che non sono scritte — 23: M' mo- strare - 24: m possono — 25: M'E cosi — 29: M da. questa — 30:M' dale constilutioni - 87 — parole medesimo iU siano discordanti dalla sentenzia dello scrittore ; e talvolta pare che due legi o più discordino intra sé stesse; e talvolta pare che quello eh' è scritto signiffichi due cose o più ; e talvolta pare che di quello ch'è scritto si truovi altro che non è 5. scritto ; e talvolta pare che ssi questioni in che sia la forza della parola, quasi come in diffinitiva constituzione. Per la qual cosa noi nominiamo la prima di queste maniere di scritto e di sentenzia; il secondo appelliamo di legi contrarie, la terza apelliamo dubiosa, la quarta appelliamo dì ragionevole, la quinta apelliamo diffinitiva. 10. Lo sponitore. Poi che Tullio à dimostrato qual causa sia pur d' un fatto o di più, immantenente vuole dimostrare qual con- traversia è in scritta e quale in ragionamento; et in questo dice primieramente di quella ch'è inn iscritto, cioè che 15. nasce d'alcuna scrittura. Et questo puote essere in cinque modi. 1. Il primo modo è appellato di scritto e di sentenza, pei'ciò che Ile parole che sono scritte non pare che suonino come fue lo 'ntendimento di colui che Ile scrisse. Verbi- grazia: Una lege era nella cittade di Lucca, nella quale 20. erano scritte queste parole: « Chiunque aprirà la porta della cittade di notte, in tempo di guerra, sia punito nella testa ». Avenne che uno cavaliere l'aperse per mettere dentro cavalieri e genti che veniano inn aiuto a Lucca, e perciò fue accusato che dovea perdere la testa secondo 25. la legge scritta. L'accusato si difendea dicendo che Ila sentenzia e lo 'ntendimento di colui che scrisse e fece la legge fue che chi aprisse la porta per male fosse punito ; e cosi pare che Ile parole scritte non siano accordanti alla sentenzia dello scrittore, e di ciò nasce controversia intra 30. loro, se si debbia tenere la scritta o la sentenza. 2. La seconda maniera è apiiellata di contrarie leggi, perciò che 1 : M' m medesime — m dalle sententie — 2: me téilora -- M' si discordino — 3: M' significa — 4: M-m o talvolta — M' che nono che scripto — 6: M-m nm. in — A/' mdilTì- nitiva ([uestione — 11: M-m qual cosa — 13: M-m e Sbripta - m e in ragionamento — 14 : m primamente — 18 : M om. fue — 20: M ai)iira, m apira — 21 : M-m om. in tempo di guerra — M' si sia punito della testa — 23: M' si difende — 30: m se si dee — M' lo scritto — 31 : M' om. maniera (1) Cfr. p. 46, 1. 30: nai medesimo. — 88 - pare che due leggi o più discordino intra sé stesse. Ver- bigrazia : Una legge era cotale, che chiunque uccidesse il tiranno prendesse del senato cheunque merito volesse. Et nota che tiranno è detto quelli che per forza di suo 5. corpo o d'avere o di gente sottomette altrui al suo podere. Un'altra legge dice che morto il tiranno dovessero essere uccisi cinque de' pili prossimani parenti. Or avenne che una femina uccise il suo marito, il quale era tiranno, e domandò al senato per guidardone e per nierito un suo 10. figlio: la prima legge concede che ssia dato, l'altra co- manda che ssia morto. Et così sono due leggi contrarie, e perciò nasce questione se alla femina debbia essere ren- duto il suo figliuolo o se debbia essere morto. 3. La terza maniera è apellata dubbiosa, perciò che pare che quel eh' è 15. scritto significhi due cose o più. Verbigrazia. Alexandro fece testamento nel quale fece scrivere così: «Io comando che colui eh' è mia reda dia a Cassandro cento vaselli d'oro e quali esso vorrà». Api^esso la morte d'Alexandre venne Cassandro e domandava cento vaselli al suo volere e che 20. a llui piacessero. Dice la reda : « Io ti debbo dare que'ch'io vorrò ». Et cosi di quella parola scritta nel testamento, cioè « i quali esso vorrà », si è dubbiosa a intendere del cui volere Alexandro avea detto ; e di ciò nasce questione intra loro. 4. La quarta maniera è appellata ragionevole, 25. perciò che di quello eh' è discritto si truova e se ne ritrae altro che no è scritto. Verbigrazia : Marcello entrò nella cliiesa di Santo Petro di Roma e ruppe il crocifixo, e tagliò le imagini di là entro. Fue accusato, ma non si truova neuna legge scritta sopra così fatto malificio, né conve- 30. nevole non era che nne scampasse sanza pena; e perciò il suo adversario ritraeva d'altre leggi scritte quella pena che ssi convenia a Marcello ragionevolemente. 5. La quinta maniera é appellata diffinitiva, perciò che pare che ssi questioni la forza d'una parola scritta, sicché conviene i : M' si discordino - M stesso — m tralloro - 5 : M^ di genti - 6-7: m L essere morti - Jl/' om. de' — 7 : M'-L una femina il suo marito.... uccise — 9 : m e merito — 10: M' che le sia dato, l'altra leggie — iS: m nasce controversia — Mm sella femina — 13: m se dee — 14-15: M' che lo scritto — i6: Jtf' cos'i scrivere — 1 7 : M-m om. coUii eh' è — 18: M' i quali — 19: M' cento vaselli d'oro — 20: J/' la rede. [o ti voglio dare - m om. dare - S3: M' 7 cosi - S5: M' che scripto - S6 : M-m Martello - S7 : M' San Piero — 38 : M-m om. Fue accusato - /. trovava — 29-30 : m alcuna legge.... colalo maliflcio, e convenevole non era che scampasse — 32 :M' che si conviene — Mm Martello — 89 — che quella parola sia diffinita e dicasi il proprio intendi- mento di quella parola. Verbigrazia : Dice una legge : « Se '1 signore della nave n'abandona per fortuna di tempo et un altro va a governarla e scampa la nave, sia sua ». 5. Avenne che una nave di Pisa venia in Tunisi e presso al porto sorvenne sì forte tempesta nel mare, che '1 signore uscio della nave et entrò inn una picciola barca; un altro ch'era malato rimase nella nave e tennesi tanto là entro che '1 mare tornò in bonaccia, e la nave campò in terra. 10. E perciò dicea che Ila nave era sua secondo la legge, perciò che '1 segnore l'avea abandonata et esso l'avea difesa. Il segnore dicea che perch'elli entrasse nella picciola barca non abandonava perciò la nave ; e cosi era questione intra loro sopra questa parola dell'abandono della nave ; e per 15. sapere la forza d'essa parola conviene che ssi difinisca e dicasi il proprio intendimento. 6. Già à detto Tullio di quella contraversia la quale è in iscritta e delle sue cinque parti. Omai dicerà di quella contraversia eh' è in ragio- namento. 20. Della contraversia la quale nasce di ragionamento. 68. Ragionamento è quando tutta la questione è inn alcuno argomento e non inn ìscrittura. Lo sjaonitore. I. Quella è contraversia in ragionamento nella quale 25. non si considera alcuna cosa che ssia per scrittura, ma prendesi argomento e pruova per parole fuori di scritta a dimostrare che dee essere sopra quella questione. Ver- bigrazia : Dice Anibaldo che Italia è migliore paese che Frància ; dice Lodoigo che no ; e di ciò era questione ti'a 30. lloro, e perciò conviene recare argomenti in ragionando per mostrare che nne dee essere, e questo senza scritta acciò che sopra questo no è legge né scrittura. 3: m om. della nave — M' labandona — S : M' de Pisani — M-m di Tunisi — 6 : M sovenne, m venne, L sopravenne — M^ di mare — 7-8 : M' usci di fuori — un altro corse a governare la nave — 9: m campo intera —11: m et egli — 12: m pichola nave — 13: 3f' non avoa abbandonata perciò 1. n., m non pero elli abandonava la grande — 14: M' di questa parola, m sopra questo abandono — 15: M-m la forma — m ripete conviene — 16: m dicha — 22: m e none — 24 : M' Qurlla controversia 6 in rag. — 28: M' Anibal — 29 : m lodovico, M'-L loodico, S dice l'altro, dico che no — 31 : m 7 questo e senza scritta — 90 - Delle quattro parti della causa. 69. Adunque, poi che considerato è il genere della causa e cognosciuta la constituzione et inteso quale è simpla e quale è con- giunta, e veduto quale contraversia è di scritto e di ragionamento, 5. ornai fie da vedere quale è la quistione e quale è la ragione e quale è il giudicamento e quale è il fermamento della causa ; le quali cose tutte convengono muovere della constituzione. Lo sponitore. I. In questa parte dice Tullio che poi ch'elli à insa- lo, gnato che è lo genere delle cause, cioè dimostrativo e dili- berativo e giudiciale, et à fatto cognoscere che è la consti- tuzione, cioè e qual sia congetturale e quale diffinitiva e quale translativa e quale negoziale, et à fatto intendere quale è simpla e quale congiunta, cioè qual contiene in 15. sé una questione o più, et à fatto vedere qual contraversia è inn iscritto e quale in ragionamento, sì come tutti questi insegnamenti paionsi adietro là dove lo sponitore l'à messo inn iscritto e trattato di ciascuno sufficientemente, ornai vuole Tullio procedere e dimostrare apertamente qual sia 20. la questione e la ragione e '1 giudicamento e '1 fermamento della causa ; le quali cose tutte muovono e nascono della constituzione, ciò viene a dire che la constituzione è il cominciamento di queste cose. Della qiiestione. 25. 70. Questione è quella contraversia la quale s'ingenera del contastamento delle cause in questo modo : « Non facesti a ragione - Io feci a ragione». Questo è contastamento delle cause nella quaied) 2: m om. 6—3: m om. cognosciuta — M intesto — Af' qual congiunta — 4: M-m quale conti'aversia <ii scripto — m o di ragionamento — 5: A/' oggimai sarà — 5-6: M' ha sulo il primn b — M-m il confermamento — 6-7: M-m 7 tucte i|UOSte cose le quali conv. - 9: M chelle, m chebbe asengnato, M' che elgli 10: M' diliberativo, ilimostrativo — i2: in cioè qual sia — 13: M-m a facto cognoscere — 14: m quale simplice - 17: M' amaeslra- menti — M paio sàdietro, Mi-L jiaiono in adiotro — 18: M 7 tracio — 22: M-m um. ciò V. a d. e. la constituzione — 25 : M -L Di (|uistione — m si genera — 26-27 : M' de cause — M-m om. a — M' il contrastamento ~ L nele quali, S nel quale (1) Evidentemente dovrebbe dire nel quale; ma appunto per questo non saprei spiegare come alterazione volontaria né come svista il nella quale (dato tanto da M quanto da ikf'), e lo crederei piuttosto dovuto a una distratta traduzione del latino Causarum haec est conflictio, in qua constitiUio constai. — 91 — è la constituzìone, e di questa nasce contraversia la quale noi ap- pelliamo questione, in questo modo: se fatto l'à a ragione o no. Lo sponitore. 1. Nel testo il quale è detto davanti insegna Tullio 5. cognoscere e sapere che è la questione; et in ciò dice che questione è quella che ssi conviene considerare sopr' a cciò di che le parti tencionano, e così s'ingenera del contasta- mento delle parti, cioè di quello che 11' uno appone e l'altro difende. Verbigrazia : Dice la parte che appone all'altra . 10. « Tu non ài fatta i-agione, che tu prendesti il mio cavallo »; e la parte che ssi difende risponde e dice : « Si, feci ra- gione ». Or è la causa ordinata, cioè che ciascuna parte à detto, l'una accusando e l'altra difendendo, e questa è ap- pellata constituzione. 2. Sopra questo si conviene sapere se 15. n'accusato à fatta ragione o no. Questo è quello che Tullio appella questione. Dunque potemo intendere che quando le parti anno detto e quando l'accusatore àe apposto in. contra l'aversario suo e l'accusato àe risposto o negando o confessando, sì è la causa cominciata et ordinata ; e però 20. infine a questo punto èe appellata constituzione, cioè viene a dire che Ila causa è cominciata et ordinata ; da quinci innanzi, se l'accusato niega e diféndesi, si conviene che ssi connosca se Ila sua defensione è dritta o no, cioè quando dice : « Io feci ragione » conviensi trovare s' elli à fatto 25. ragione o no, e questa è appellata questione. 3. Et perciò che la scusa dell'accusato, a dire pur così semplicemente: « Io feci ragione », non vale neente se non ne mostra ra- gione per che e come, insegnerà Tullio immantenente che ragione sia. 30. Di ragione. 71. Ragione è quella che contiene la causa, la quale se ne fosse tolta non rimarrebbe alcuna cosa in contraversia. In questo modo mo sterremo, per cagione d'insegnare, un leggieri e manifesto 4: M-m nel quale - 6: M' 6 quella — m sopra quello — 10: M' facto ragione — i5: M dopo ragione ripete che tu prendesti il mio cavallo — 13: m luna luna — M' {(uesto — 15: M^ m facto — 15-16: M' Et questo.... comune questione — 17: M-m posto — 19: M S l'accusa - SO: M' m ciò viene a dire — SS: M-m om. sì — S4: M' facta — S5: M' e facta questione — S6: M-m om. Et - l'accusa — S7 : M' m se non mostra — S8 : M' si insegnerà — 31 : m se non fosse — 3S : M' non vi rim. — 33: M-m d'insegnare leg- gere manifesto exemplo — 92 - exemplo. Se Orestres fosse accusato di matricidio et elli non dicesse: « Io il feci a ragione, perciò eli' ella avea morto il mio padre », non avrebbe difensione; e se non l'avesse non sarebbe contraversia. Dunque la ragione dì questa causa è eh' ella uccise Agamenon. 5. Lo sponitore. 1. Si come appare nel testo di Tulio, ragione è quella clie sostiene la causa in tal modo che, chi non assegna e mostra la ragione della sua causa, certo non sarà contro- versia, cioè non à difensione; e cosi la causa dell'aversario IO. rimane ferma e non à contastamento. 2. Verbigrazia: Vero fue che Ila madre d'Orestres uccise Agamenon suo marito e padre d'Orestres ; per la qual cosa Orestres, per movi- mento di dolore, fece matricidio, cioè che uccise la madre. Fue accusato di matricidio, et elli confessa, ma dice che '1 15. fece a ragione; se non dice perchè e come, la sua difen- sione non vale neente, e se la difensione non vale neente non è contraversia né questione. 3. Ma se dice cosi : « Io lo feci a ragione perciò ch'ella uccise il mio padre », sì mantiene la sua causa e vale la sua difensa, mostrando la 20. ragione e la cagione perch'elli fece il matricidio. Et poi che Tullio à dimostrato che è questione e che ragione, sì dimosterrà che è giudicamento. Del giudicamento. 72. Giudicamento è quella contraversia la quale nasce de lo 'nde- 25. bolire e del confirmare la ragione. Et in ciò sia quel medesimo exemplo della ragione che noi aven detta poco davanti : « Ella avea morto il mio padre ». Dice il savio: « Sanza te figliuolo convenia eh' essa madre fosse uccisa ; perciò che 'I suo fatto si potea bene punire sanza tuo perverso adoperamento ». (e. XIV) Di questo 30. mostramento della ragione nasce quella somma controversia la quale noi appelliamo giudicamento, la quale è cotale: se fosse diritta cosa che Orestres uccidesse la madre, perciò ch'ella avea morto il suo padre. i : m di martecidio — 2 : M-m om. ella — 4 : M-ni chelluccise a ragione — 7-8 : M' mostra 7 assegna ragione — 10: M' m 0111. Vero — 13: M' om. cioè.... di matricidio — 16: M-m om. e so la difensione non vale neente (A/' ef))unge neente) —19: m difesa — 20: m om. El — 22: M-m dimostra — 24: M' om. quella — M-m ohi. nasce — 25: M-m in ciò a quel med. — 26: M' aveino dello — 27 : M' Dice l'avversario — 2S: M-m si potrà — 29 : M' sanila il tuo p. — — 31 : M' se fu 93 - Lo sponitore. I. Tullio avea detto et insegnato che è ragione; et perciò che della ragione nasce il giudicamento, sì tratta egli del giudicamento per dimostrare come e quando et in che 5. luogo sia. Verbigrazia : L'accusato assegna ragione perchè fece quel fatto e conferma la sua difensa per quella ra- gione. L'accusatore dice contra questa difensa et indebo- lisce la ragione dell'accusato, linde di ciò che conferma l'uno et inforza la sua difensione e l'altro la infievolisce 10. e falla debole, sì ne nasce una questione la quale è appel- lata giudicamento, perciò che quando ella è provata si puote giudicare. 2. Et in ciò sia quel medesimo exemplo di sopra : Orestres assegna la ragione per la quale elli uccise Clitemesta sua madre: perciò ch'ella avea morto 15. Agamenon ; e così conferma la sua defensione. Ma contra lui dice l'aversario : « Tu non la dovei punire né non con- venia ad te punirla di ciò, ma altre la dovea e potea pu- nire sanza tua perversità, e sanza tua così crudele opera, come del figliuolo uccidere sua madre ». Et così indebolia 20. la ragione d' Orestres e mettealo in vituperoso abominio, e sopra questo, cioè sopra '1 confermamento e sopra lo 'nde- bolimento della ragione, nasce questione la quale è appel- lata giudicamento perciò che ssi puote giudicare. 3. Et omai à detto Tullio che è questione e che è ragione e che è 25. giudicamento ; sì dicerà che è fermamento. Del fermamento. 73. Fermamento è il firmissimo et appostissimo argomento al giudicamento, come se Orestres volesse dire che ll'animo il quale la madre avea contra il suo padre, quel medesimo avea contra lui 30. e contra le sue sorelle e contra il reame e contra l'alto pregio della sua ingenerazione e della sua familia, sicché in tutte guise doveano i suoi figliuoli prendere in lei la pena. 2: M-m om. è — 3-4: M-m che deliboragione nasce del iuilicamento por dimostrare ecc. — 5: M' om. sia — M' assegno —7:3/' quella — 3/ difesa — 8-10: M' che rimo con- ferma 7 inforfa la sua ragione.... fa debole — M-m isforca — m la indebolisce — IS : m a quello med. — 13: M' assegna ragione — 16: M 7 non convenia, m e non si convenia — 17: m 7 convenia punirla — 18-19: M' om. tua e del — m la sua madre — 21-22: M< sopra confermamento dela ragione — 23: m om. Et — 24: M i ohe ragione, m nm. — 27: M-m om. è — 30: M' \n serocchie.... l'altro pregio - 94 - Lo sponitore. 1, Poi che Tullio aè dimostrato che è questione e ra- gione e giudicamento, sì dice in questa parte che è fer- mamento. E certo lo 'nsegnamento suo è molto ordinata- 5. , mente : che primieramente è questione intra Ile parti sopr'alcuna cosa la qual'è aposta ad uno e detto sopra lui che non à fatto bene o ragione, et elli in sua difesa dice ch'à fatto bene o ragione, e di questo nasce la questione, cioè se esso à fatto ragione o no. Apresso dice l'accusato 10. la cagione per la quale elli avea ragione di fare ciò, e questa è appellata ragione. Et quando l'accusato à detta la ragione, il suo adversario dice contra quella ragione et indebolisce quello dove l'accusato ferma la ragione, e questa è appellata giudicamento. 15 Fermamento.W 2. Poi che Ila questione del giudicamento è nata, si conviene che ll'accusato tragga innanzi i fermissimi argo- menti bene apposti contra il giudicamento. Verbigrazia : Orestres à detto che uccise la madre perciò ch'ella avea 20. morto il padre, e così assegna la ragione perch'elli l'uccise; il suo adversario mettendolo in questione di giudicamento dice c'a llui non si convenia ma ad altrui, e così indebo- lisce la sua ragione. 3. Or conviene che Orestres dica ma- nifesti argomenti, e dice così: « Tutto altressì coni' ella 25. uccise il suo marito mio padre, così avea ella conceputo d'uccidere me e le mie sorelle, cui ella avea ingenerate di suo corpo, e mettere il nostro regno a distruzione et abassare l'altezza del nostro sangue, e mettere in periglio la nostra famiglia ». Ed in questi argomenti accoglie fer- 30. missima defensione della sua ragione contra il giudicamento, e dice: « Perciò ch'ella fece così disperato maleficio et 2: M-m ragione 7 ((iiestione (m nm. 7) — 3: M' s\ dicerà (mn S dico) — 5: M-m que- stioni — 6: M' sopralcuna causa la qua'.e appella ad uno 7 detto contra lui — 8: Mhii om. ch'à fatto bene ragione — 9: M' se elgli, m selli — M' a l'acto a ragione — H : M\ m* detto — i3;Jf fermava — i4: m questo e apellato - 17:,AV nelaccusalo trarre — 18: M» appostati - i9: M' clielgli uccise.... chella uccise — SI: A/ niente dolo - S3: M' om. sua — JW i fermissimi argomenti — 29: M 7 dinquesti, »i 7 in <juesti, 3/' 7 di questi (1) La rubrica di M (clie di regola seguo) ha qui ludicamento, certo per effetto della parola precedente. - 95 - avea pensato di fare cotanta crudelitade, sì fue al postutto convenevole che Ili suoi propii figliuoli ne le dessero pena e non altri >. Et questi sono fermissimi argomenti ne' quali dice che '1 fatto della madre fue crudele, superbo e mali- 5. zioso. 4. Et nota che quel fatto è appellato superbo il quale alcuno adopera centra' maggiori, sì come quella fece ucci- dendo il re Agamenon. Et quello è crudele fatto il quale alcuno adopera contra' suoi, sì come quella fece contra la sua famiglia. Et quello è malizioso fatto il quale è molto 10. fuori d'uso, sì com'è contra naturale usanza ch'alcuna fe- mina uccida il suo marito e figliuoli e distrugga un alto reame. 5. Onde questi fermissimi argomenti e' quali l'ac- cusato mette davanti per confermare le sue ragioni et incontra lo 'ndebolimento che facea l'aversario, sì è ap- 15. pellato fei'mamento. In quale constiti izione non à gindicamento. 74. Et certo neil'altre constituzioni si truovano giudicamenti a questo medesimo modo ; ma nella congetturale constituzione, perciò che in essa non s'asegna ragione (acciò che '1 fatto non si concede) 20. non puote giudicamento nascere per dimostranza di ragione; e però conviene che questione sia quel medesimo che giudicamento: « fatto è, nonn è fatto, sé fatto o no ». Che al vero dire, quante consti- tuzioni lor parti sono nella causa, conviene che vi si truovino altrettante questioni, ragioni, giudicamenti e fermamenti. 25. Lo sponitore. 1. In questa parte del testo dice Tullio che, sì come per lui è stato detto davanti, così si possono trovare giu- dicamenti inn ogne constituzione; salvo che nella consti- tuzione congetturale, della quale è molto trattato inn 30. adietro, perciò che in essa l'accusato nonn asegna (i) neuna 1 : Af' avea pensala cotanta crudeltade — 2: M nelle, ÌU-L lene dessero — 3 : Mi lor- lissimi argomenti — 5: m nel quale — 7 : M Tde agnzenò {sic), m i ro Agamenon — m ohi. è — 8: M' luomo adopera — 9: m om. è ambedue le volte — il : A/ un altro — IS-i^-.M' om. et, 7» e contro allo — i7 : M' ì giudicamenti — 22: Mi se facto e. no ~ quante questioni — 26 : m om. che — 28 : vi nella questione (1) Si potrebbe anche leggere non n' asegna; ma in M' è scritto qui e qual- che riga più sotto non assegna, mentre la grafia col doppio n 6 frequente in M (cfr. pag. seg., 1. 6, nonn abisogna). - 96 - ragione, anzi niega, al postutto non ne puote nascere giu- dicamento. 2. Verbigrazia : Uno accusò Ulixes ch'elli avea morto Aiaces. Dice Ulixes : « Non feci » et cosi nega quel fatto che gli è apposto. Et perciò non conviene che sopra '1 5. suo negare assegni alcuna ragione. Et poi che nonn asegna ragione, il suo adversario nonn abisogna d' indebolire la ragione dell'accusato. Dunque nonde puote nascere giudi- camento ; e perciò conviene che in queste constituzioni congetturali la questione e lo giudicamento siano ad una 10. cosa: che là ove dice l'accusatore « Tu uccidesti » et Ulixes dice « Non uccisi », la questione e '1 giudicamento fie sopi-a questo, cioè se ll'uccise o no. 3, Poi dice Tullio che quante constituzioni à una causa, altrettante v'à questioni e ra- gioni e giudicamenti e fermamenti. 15. Dell'altre parti della causa. 75. Trovate nella causa tutte queste cose, son poi da consi- derare ciascuna parte della causa ; eh' al ver dire non si dee pur pensare prima ciò che ssi dee dicere in prima ; perciò che se le parole che sono da dire in prima tu vuoli inforzatamente congiungere 20. et adunare colla causa, conviene che d'esse medesime traghe quelle che sono da dire poi. Sponitore. 1. Or dice Tullio : Dacché '1 parliere connosce la causa et àe inteso ciò eh' elli n' àe insegnato per tutto il libro 25. insine a questo luogo, quando alcuna causa viene sopra la quale convegna che dica, sì dee il buono parliere pensare con molta diligenzia e considerare nella sua mente, anzi che cominci a dire, tutte le parti della sua causa insieme e non divise. Che s'elli pensasse in prima pur quella che 4: m chelli fu aposto - 6: M' non a bisogno, m non a ragione — 8: M-m om. e — 9: M-m la constituzione — i 1 : M' sie sopra q., m fla — i3: M-m otn. v'à — 17: M-m e al ver dire — 18: M' in prima quello — M-m om. dicere — S che è da dire inprlma — 19: M-m om. in prima — M' tu le vuoigli — M isforcatamonte, m sforfatamenie congiun- gnerle — 20: M' i raunaro — M-m elio esse medesime — S4: M'-L tutto il titolo, i' tutto il telo (tic) — S8: i/' causa sua — S9: M' pur quello che sia da dire (Z. aggiunge in prima) - 97 - 10. prima sia da dire e non pensasse ch'elli dovesse dire poi, senza fallo il suo cominciamento si discorderebbe dal mezzo et il mezzo dalla fine. 2. Ma chi accorda bene le sue parole colla natura della causa et in innanzi pensa che ssi con- venga dire davanti e che poi, certo la comincianza fie tale che nne nascerà ordinatamente il mezzo e la fine. Tutto altressì fae il buono drappiere, che non pensa prima pur della lana, ma considera tutto il drappo insieme anzi che Ilo cominci, e de' aver (D la lana e '1 coloi*e e la grandezza del drappo, e provedesi di tutte cose che sono mistieri, e poi comincia e fae il drappo.(2) Di sei parti della diceria. 76. Per la qual cosa, quando il giudicamento e quelli argo- menti che bisognano di trovare al giudicamento saranno diligente- 15. mente trovati secondo l'arte e trattati con cura e con cogitatione, ancora sono da ordinare l'altre parti della diceria, le quali pare a nnoi ai tutto che siano sei : Exordio, narrazione, partigione, confer- mamento, riprensione e conclusione. Sjtoììitore. 20 _ I. Poi che Tullio sufficientemente à dimostrato la chia- rezza delle cause et àe comandato che '1 buono parliere innanzi pensi tutte le parti della causa per accordare il mezzo e la fine colla comincianza del suo dire, si che sia l'una parola nata dell'altra, sì dice esso medesimo che poi 25. che tutto questo eh' è fatto,(3) e trovato il giudicamento della 1 : M' che sia da dire poi —4: M' m om. in — 5 : M' la incomincianca, m il comin- ciamento — 6: M' che nostera (corr. moslera), L mosterra, S mostra — 7: if ' in prima — 9-10: M' anzi che cominci.... accio mestieri — m sono mestiere — 11: M^ i\ suo drappo ordinatamente, L affare il s. d. ordinatamente — 14 : M^ che si bisognano -17: M' che sono sei.... petitione invece di partigione — 20 : M^ a sofficientemente dem. — S3: M' el Dne con la incomincianpa — M-m om. sì — 24: M om. nata — 25: M^-L questo e facto (1) Tutti i codici hanno 7 daver 7 davere, che può esser nato facilmente dall'aver preso il de' per la preposizione di. Tanto il senso quanto la sintassi sa- rebbero poco chiari leggendo e d'aver. (2) Preferisco la lezione di M perchè non è probabile che la parola ordinata- mente, che si trovava in evidenza in fine al discorso, sia sfuggita al copista. Forse l'aggiunta If' (L) fu determinata AaW ordinatamente di poche righe prima. (3) Cioè " dopo che tutto questo è fatto „ . Per il che pleonastico cfr. p. 20, n. 2, p. 21, n. 1 e qui dopo p. 99, 1. 18. Le lezioni di M^ e di L si spiegano con quelle di M-m, ma non viceversa. - 98 — causa e ciò che vi bisogna secondo i comandamenti di ret- torica (i quali si convengono trattare con molto studio e con grande deliberazione) ; anco sopra tutto questo si con- vengojio pensare l'altre parti della diceria, delle quali non 5. è detto neente, e sono sei ; e di ciascuna per sé tratterà il libro interamente. Lo sponitore chiarisce tutto ciò eh' è detto inn adietro. 2. Et sopra questo punto, anzi che '1 conto vada più innanzi, piace allo sponitore di pregare il suo porto, per 10. cui amere è composto il presente libro non sanza grande afanno di spirito, che '1 suo intendimento sia chiaro e lo 'ngegno aprenditore, e la memoria ritenente a intendere le parole che son dette inn adietro e quelle che seguitano per innanzi, sì che sia, come desidera, dittatore perfetto e 15. nobile parladore, della quale scienzia questo libro è lu- miera e fontana. 3. Et avegna che '1 libro tratti pur sopra controversie et insegni parlare sopra le cose che sono in tendone, et insegna cognoscere le cause e Ile questioni, e per mettere exempli dice sovente dell'accusato e dell' ac- 20. cusatore, penserebbe per aventura un grosso intenditore che Tullio parlasse delle piatora che sono in corte, e non d'altro. 4. Ma ben conosce lo sponitore che '1 suo amico è guernito di tanto conoscimento ch'elli intende e vede la propria intenzione del libro, e che Ile piatora s'aparten- 25. gono a trattare ai segnori legisti ; e che rettorica insegna dire appostatamente sopra la causa proposta, la qual causa no è pur di piatora né pur tra accusato et accusatore, ma é sopra l'altre vicende, sì coinè di sapere dire inn amba- sciarie et in consigli de' signori e delle comunanze et in 30. sapere componere una lettera bene dittata. 5. Et se Tullio dice che nelle dicerie intra le parti sono le constituzioni e questioni e ragioni e giudicamento e fermamento, ben si dee pensare un buono intenditore che tuttodie ragionano le 1: M' Olii, vi — S: vi làlluro — 3: M liberalione - M ancora, m aiicir — 4 : m le IKirli — 5: M-m oiii. per sé — 8-9: Mi cliel maestro.... più avanti — iO: m questo libro — i3: m mii. clie son — M' seguiranno — i4: in per lo innanzi — i8: vi insegni — o»n. o dinanzi a per — i9:m exenpro — 20: M-vi 7 penserebbe — .?;: if' trattasse — S2:m ha bene — 24-2.^: Af si pertegnono - m 7 a singnorì — M-m le giustitio — 26- M' ap- postamento — 28: M' in sapere — 29: M 7 nele comunanze, (L e dello), mi delle co- munanze — 31 : m trailo parti - 32: M-m im. e ragioni, e l'ermamento — m ohi. si — 99 - genti insieme di diverse materie, nelle quali adiviene so- vente che ir uno ne dice il suo parere e dicelo in un suo modo e l'altro dice il contrario, sì che sono in tencione ; e r uno appone e l'altro difende, e perciò quelli che appone 5. contra l'alti-o è appellato accusatore e quelli che difende èe appellato accusato, e quello sopra che contendono è ap- pellata causa. 6. Onde se 11' uno appone e l'altro niega, al postutto di questo non puote nascere questione se non di sapere se quella cosa che niega elli l'à fatta o detta o no. 10. Ma quando l'uno appone e l'altro difende, sì è la causa incominciata et ordinata tra lloro. Et questo è la consti- tuzione della quale nasce la questione, cioè se Ila sua difesa è a ragione o no; e poi ciascuno contende come pare a llui per confermare le sue parole e per indebolire quelle del- 15. l'altro, sì come appare per adietro nel trattato della que- stione e della ragione e del giudicamento e del fermamento. 7 Onde non sia credenza d'alcuno che, sì come dicono li exempli messi inn adietro, che Orestes fosse accusato in corte della morte di sua madre ; ma le genti ne conten- 20. deano intra loro, che 11' uno dicea che non avea fatto né bene né ragione, e questo è appellato accusatore, un altro dicea in defensione d'Orestes ch'elli avea fatto bene e ra- gione, e questo è appellato nel libro accusato. De consiglieri. 25. 8. Così aviene intra' consiglieiù de' signori e delle co- munanze, che poi che sono aserablati per consigliare sopra alcuna vicenda, cioè sopra alcuna causa la quale è messa e proposta davanti loro, all'uno pare una cosa et all'altro pare un'altra; e cosi è già fatta la constituzione della causa, 30. cioè eh' è cominciata la tencione tra lloro, e di ciò nasce questione s' elli à ben consigliato o no. Et questo è quello che Tullio appella questione. 9. Et perciò l' uno, poi ch'elli àe detto e consigliato quello che llui ne pare, immante- 2 : M ndicc — M' di.cela — m in suo modo ~ 3 : M' in contentione ~ 4: M n lalti-o appone, m laltio appone — M-m quel — 6: M quello che, m quello di che — 7-9: m om. al postutto.... che nioga — M che quella cosa — M' selgli la facta — il : m cominciata — M' intra loro 7 questa — 13: M-m è ragione - 16: M om. il 1" e 3° e, hì il 1" e S° - 20 : m tralloro — dicea chelli — 21 : m o ragione — 22: m ave fatto — 25: M' adiviene - mi tra cons. — 27: M-m. e in essa — 28: m davanti a loro — M-m om. cosa et — 30: M' lantentione — 31 : M-m selli alta consigliato — 33 ■■ m che allui — 100 - nente assegna la ragione per la quale il suo consiglio èe buono e diritto. Et questo è quello che Tullio appella ragione. 10. Et poi ch'elli àe assegnata la cagione e la ra- gione per che, si sforza di mostrare perchè s'alcuno con- 5. sigliasse o facesse il contrario come sarebbe male e non diritto ; e così infievolisce la partita che è contra il suo consiglio; e questo è quello che Tullio appella giudica- mento. 11. Et poi ch'elli àe indebolita la contraria parte, sì raccoglie tutti i fermissimi argomenti e le forti ragioni 10. che puote trovare per più indebolire l'altra parte e per confermare la sua ragione ; e questo è quello che Tullio appella fermamente. 12. Et certo queste quattro parti, cioè questione, ragione, giudicamento e fermamento, possono essere tutte nella diceria dell'uno de' parlatori, sì come .15. appare in ciò eh' è detto di sopra. Et puote bene essere la sua diceria pur dell'una, cioè pur infine alla questione, dicendo il suo parere e non assegnando sopra ciò altra ragione. Et puote bene essere pur di due, cioè dicendo il suo parere et assegnando ragione per che. Et puote bene 20. essere pur di tre, cioè dicendo il suo parere et assegnando ragione per che et indebolendo la contraria parte. Et puote essere di tutte e quattro sì come fue dimostrato di sopra. 13. Quest' è la diceria del primo parliere. E poi ch'elli à consigliato e posto fine al suo dire, immantenente si leva 25. un altro consigliere e dice tutto il contrario che àe detto colui davanti ; e così è fatta la constituzione, cioè la causa ordinata, e cominciata la tenciouB ; e sopra i loro detti, che sono varii e diversi, nasce questione, se colui avea bene consigliato o no. Poi dimostra la ragione perchè il suo 30. consiglio è migliore. Apresso indebolisce il detto e '1 con- siglio di colui ch'avea detto dinanzi da llui ; e poi ricon- ferma il consiglio suo per tutti i più fermi argomenti che può trovare. Adunque le predette quattro cose o parti possono essere nel detto del primo parliere e nel detto 35. del secondo e di ciascuno parlamentare. 14. Cosie usata- 3-4: M' la ragione 7 la cagione.... clie s'olciin — 6: M' a diriclo — m la parie — 8:m om Et - i5: M-m cagione, ragione ecc. — i4: 3f' d'uno — y5:3f'pare— i 6 : 3f-m om. cioè pur — 17: m pero — M' altre ragioni — 18-19: M-m ohi. pur ~ M-m in suo parere as- sengnanJo perche — SO: M' il suo pare — 21 : M^ la contraria partita - SS: m di tulli e q. — 25-26: Jlf' tutto il contrario di colui ca detto davanti — 27 : M' lunlcntione — m la tencionc sopra — S8: M' om. sono -- M 7 se colui — 31-32: in rilennu — 3/' il suo consiglio — 33: M' ([uattro jiarti — 33: M' ciascuno che vuole parlamentare - 101 D. 10, mente adviene che due persone si tramettono lettere l' uno all'altro o in latino o in proxa o in rima o in volgare o inn altro, (1) nelle quali contendono d'alcuna cosa, e così fanno tencione. Altressi uno amante chiamando merzè alla sua donna dice parole e ragioni molte, et ella si difende in suo dire et inforza le sue ragioni et indebolisce quelle del pregatore. In questi et in molti altri exempli si puote assai bene intendere che Ha rettorica di Tullio non è pure ad insegnare piategiare alle corti di ragione, avegna che neuno possa buono advocato essere né perfetto (2) se non favella secondo l'arte di rettorica. 15. Et ben è vero ohe Ilo 'nsegnamento ch'è scritto inn adietro pare che ssia molto intorno quelle vicende che sono in tencione et in contraversia tra alcune persone, le 15. quali contendano insieme 1' uno incontra l'altro; e potrebbe alcuno dicere che molte fiate uno manda lettera ad altro nela quale non pare che tendoni centra lui (altressi come uno ama per amore e fa canzoni e versi della sua donna, nella quale non à tencione alcuna intra llui e la donna), é di ciò riprenderebbe il libro e biasmerebbe Tullio e lo sponitore medesimo di ciò che non dessero insegnamento sopra ciò, maximamente a dittare lettere, le quali si co- stumano e bisognano più sovente et a più genti, che non fanno l'aringhiere e parlare intra genti. 16. Ma chi volesse bene considerare la propietà d'una lettera o d'una can- zone, ben potrebbe apertamente vedere che colui che Ila fa o che Ila manda intende ad alcuna cosa che vuole che 20. 25. 1: m adiviene - 3: M^ om. o inn altro ~ 6: m slorza — 7 : m i molti — 9: m in insegnare - M' piatire — 10: M-m neuno buono advocato possa essere perfetto— 11: M della rectorica — 13 : «i intorno a (pielle — 15 : m chontendono — M' conlra.... 7 parebbo — 16: Mi molte volte manda Inno lectere alaltro, m molto volte uno manda lettere a un altro (ma ambedue nela (piale) — 17 : M che contenda tencioni — 18: 1/' per amore, fa e, L uno che ama per amore fa e. — 19: m tra lui — 23: M-m om. et — 24: m traile genti (1) Le parole inn altro, che sembrano inutili, non possono essere un'ag- giunta di copisti, ai quali invece doveva venir fatto di ometterle, come in M* e in i.Dando a volgare il senso limitato di "volgare italico,,, si intenderà l'altro per gli altri linguaggi, specialmente il provenzale e il francese. (2) Brunetto vuol dire che la Rettorica di Cicerone non serve solo ai legisti, " quantunque nessuno possa divenire valente avvocato, e tanto meno perfetto, senza averla studiata „. Questa è l'idea espressa dalla lezione di ilf • ; con quella di M-m, più semplice a prima vista, non si spiega la relazione fra '' buono „ e " perfetto „ . - 102 — sia fatta per colui a cui e' la manda. Et questo i)uote essere o pregando o domandando o comandando o minac- ciando o confortando o consigliando ; e in ciascuno di questi modi puote quelli a cui vae la lettera o la canzone 5. o negare o difendersi per alcuna scusa. Ma quelli che manda la sua lettera guernisce di parole ornate e piene di sentenzia e di fermi argomenti, sì come crede poter muovere l'animo di colui a non negare, e, s'elli avesse alcuna scusa, come la possa indebolire o instornare in 10. tutto. Dunque è una tendone tacita intra loro, e così sono quasi tutte le lettere e canzoni d'amore in modo di ten- done o tacita o espressa ; e se cosi no è, Tullio dice ma- nifestamente, intorno '1 principio di questo libro, che non sarebbe di rettorica. 17. Ma tuttavolta, o tencione o no 15. tencione che sia, Tullio medesimo, luogo innanzi, isforza i suoi insegnamenti in parlare et in dittare secondo la rettorica ; e là dove Tullio sine pasasse o paresse che dica pur insegnamenti sopra dire tencionando, lo sponitore isforzerà lo suo poco ingegno in dire tanto e sì intende- 20. volemente che '1 suo amico potrà bene intendere l' una materia e l'altra. 18. Et ecco Tullio che incomincia a dire di quelle partite della diceria o d'una lettera dittata, delle quali non avea detto neente in adietro: e queste parti sono sei, sì come apare in questo arbore. I e. 2 / ^'Olii' /^M/ 25. Queste sono le sei parti che Tullio mostra certamente che sono nella diceria o nella pistola, specialmente in i: m per cholui che la manda — 2: M' essere pregando — 3: M-m o in — 6: Jf' manda guernisce la sua lederà d'ornati^ parole — il : M tucto lelcrre, m tutte lettere o clianzoni, M' o lo cannoni - iS: M-m o e tacita (mi o e sjirexa) - 13: m inloruo al pr. - 14-15: M' o di tenciono o di non tencione — da quello luogo innanci inforfa — 16: M' IH secondo rothorica ~ 18: M^ insegnauiento - 19: M' islbiva - intendevole - 21: M' m comincia — 22 : M' ohi. o duna lettera dittala - 23: M indietro - 24: il' pare in ipiesto albero - Nello gchetna M' ha l" l>roomio, 3» Divisione, ó" Uisjwnsionc - SO: M-m 7 nella pistola (ma c/r. l. 22) — 103 quelle che sono tencionando, sì come appare nel detto dello sponitore qui adietro ; e, sì come detto fue in altra parte di questo libro, Tullio reca tutta la rettorica alle cause le quali sono in contraversia et in tencione. Et ben . dice tutto a certo che Ile parole che non si dicono per tencione d'una parte incontra un'altra non sono per forma né per arte di rettorica. 19. Ma perciò che Ila pistola, cioè la lettera dettata, spessamente non è per modo di tencio- nare né di contendere, anzi è uno presente che uno manda 10. ad un altro, nel quale la mente favella et é udito colui che tace e di lontana terra dimanda et acquista la grazia, la grazia ne 'nforza e l'amore ne fiorisce, e molte cose mette inn iscritta le quali si temerebbe e non saprebbe dire a lingua in presenzia; sì dirae lo sponitore un poco 15. dell'oppinione de' savi e della sua medesima in quella parte di rettorica ch'apartene a dittare, si come promise al co- minciamento di questo libro. 20. Et dice che dittare é un dritto et ornato trattamento di ciascuna cosa, convene vo- lemente aconcio a quella cosa. Questa è la diffinizione del 20. dittare, e perciò conviene intendere ciascuna parola d'essa diffinizione. Unde nota che dice « dritto trattamento » perciò che Ile parole che ssi mettono inn una lettera dit- tata debbono essere messe a dritto, sicché s'accordi il nome col verbo, e '1 mascunino e '1 feminino, e lo singulare e '1 25. plurale, e la prima persona e la seconda e la terza, e l'altre cose che ssi 'nsegnano in gramatica, delle quali lo sponitore dirà un poco in quella parte del libro che fie i)iù avenente; e questo dritto trattamento si richiede in tutte le parti di rettorica dicendo e dittando. 21. Et dice « ornato trat- 30. tamento » perciò che tutta la pistola dee essere guernita di parole avenanti e piacevoli e piene di buone sentenze; et anche questo ornato si richiede in tutte le i)arti di ret- torica, sì come fue detto inn adietro sopra '1 testo di Tullio. 22. Et dice « trattamento di ciascuna cosa » perciò che, 35. si come dice Boezio, ogne cosa proposta a dire puote 1:M' pare — 4:M oin. sono — m le quali e In contr. e tencione. Et dico — 5-6: M' non sodono — m om. per te.ncione — a un altro — 8 : M'de tencione — iO : M' 7 ae udito —il: M' om. la grazia — 12-13: M la gra — M' sinlorca — m/ molte cose — M' m in iscriptura — Mi non, ma L e non — 14: m lo sponitore dira uno pocho — 16: M' om. di relto- rica — 19: M-m aconcia a quella cosa, !/'-/> a quella cosa aconcia — 23: M-m adietro, M' a diricto — 24-25: M' m el mascolino (m il maschulino)col leminino — 3/' el plurale el singulare — M-m pulare — 27 : m fia — 32 : M' in tutte parti — 33 : M-m nel lesto — 34 : m om. Et — 35 : m si puote — 104 - essere materia del dittatore ; et in questo si divisa dalla sentenzia di Tullio, che dice che Ila materia del parliere non è se non in tre cose, ciò sono dimostrativo, deliberativo e iudiciale. Et dice « convenevolemente aconcio a quella 5. cosa » perciò che conviene al dittatore asettare le parole sue alla sua materia. Et ben potrebbe il dittatore dicere parole diritte et ornate, ma non varrebbero neente s'elle non fossero aconcie alla materia. 23. Così è divisato il dit- tatore da cciò che dice Tullio; e perciò di queste due 10. materie, cioè del dire e del dittare, e dello 'nsegnamento dell'uno e dell'altro potrà l'amico dello sponitore prendere la dritta via. Et per questo divisamento conviene che Ile parti della pistola si divisino da queste della diceria che Tullio à detto che sono sei, ciò sono : exordio, narra- 15. zione, partizione, conferm amento, riprensione e conclusione. 24. 1. E oppinione di Tullio che exordio sia la prima parte della diceria, il quale apparecchia l'animo dell' uditore a l'altre parole che rimagnono a dire, e questo è appellato prologo della gente. //. Et dice che narrazione è quella 20. parte della diceria nella quale si dicono le cose che sono essute o che non sono essute, come se essute fossoro ; e questo è quando uomo dice il fatto sopra '1 quale esso ferma la forma della sua diceria. ///. Et dice che è parti- gione quando il parliere à narrato e contato il fatto et 25. e' si viene partiendo la sua, ragione e quella dell'aversario e dice : « Questo fue cosi, e quest'altro così » ; et in questo modo acoglie quelle partite che sono a lini più utili e pivi contrarie all'aversario, et afficcale all'animo dell' uditore ; et allora pare ch'ai tutto abbia detto tutto '1 fatto. IV. Et 30. dice che confermamento è quella parte della diceria nella quale il parlieri reca argomenti et assegna ragioni per le quali agiugne fede et altoritade alla sua causa. F. Et dice che riprensione (1) è quella parte della diceria nella quale il 5: Mi agoisare — 6: m om. Et — 7 : M' non varrebbe — 8: M' j cosi e divisato da ciò — 10: Jf maniere — i3: M^ da quelle — i6: M' Et oppinione di Tulio e, m Op- pinione di Tulio e — M exordìa — 18: M rimagnono udite, m om. a dire — 21 : M is- sate — 22: M 1 quando — M^ m l'uomo — om. esso 23 ■■ M' forma la sua diceria — 25 : M' edesso viene partendo, m e viene ripetendo.... del chonpagno — 28 -. M7 nfììcale (?), m e ficliale, M' 7 afficcalle — 29: M' paro cabbia detto — m detto il fatto - 30 : M' con- fermagione — 33: i mss. responsione — M-m 7 quella (1) Non esito a scostarmi dai codici per la concorde lezione degli altri luoghi, che corrisponde al latino reprehensio. Il passaggio da reprensione a responsione è facilissimo attraverso un repensione. - 105 — I)arliere reca cagioni e ragioni et argomenti per li quali attuta e menoma et indebolisce il confermamento dell'aver- sario. VI. Et dice che conclusione è Ila fine e '1 termine di tutta la diceria. 25. Queste sono le sei parti che dice 5. Tullio che sono e debbono essere nella diceria; e di cia- scuna tratterà qua innanzi il libro sofficientemente. Ma in questo eh' è detto puote uomo bene intendere che queste sei medesime possono convenire inn una pistola, di tal ma- teria puote ella essere. Ma tuttavolta, di qualunque materia 10. sia, nelle tre di queste sei parti s'accorda bene la pistola colla diceria, cioè nello exordio, narrazione e nella con- clusione; ma ll'altre tre, cioè partigione, confermamento e reprensione, possono più lievemente rimanere e non avere luogo nella pistola. Tutto altressì la pistola àe cinque 15. parti, delle quali l'una può bene rimanere e non avere luogo nella diceria, cioè «salutatio»; l'autra, cioè «petitio», avegnachè Tulio no Ila nominasse in tra Ile parti della diceria, sì vi puote e dee avere luogo in tal maniera ch'ap- pena pare che diceria possa essere sanza petizione. Dunque 20. le parti della pistola sono cinque, ciò sono salutazione, exordio, narrazione, petizione e conclusione, sì come ap- pare in questo arbore : 26. Et se alcuno domandasse per qual cagione Tullio in- tralasciò la salutazione e non ne trattò nel suo libro, certo 25. lo sponitore ne renderà bene ragione in questo modo. Certa cosa è che Tullio nel suo libro tratta delle dicerie che ssi l-S: m ragioni 7 cagioni — Jlf' l'aiingatore — wn. cagioni e — per li ifiiali allassa - M-m il fermamente — 3 : 3/' il line — 4-5 : m Questo.... che Tulio dico che debbono essere — 6 : M' m illibro qua innanzi — 7 : jn luomo -- Af ' om. bone — m che tutte 7 queste sei — 8-9 : M tal maniera — M-m da qualunque, M^ de ([ualunque — li : 3f' in exordio — M' m 7 conclusione —12: M' om. tre e soitiiuisce di\hione rt partigione — 14: — M salta dal lo al 2" aver luogo — 22: M' pare 'in questo albero — 24: ilf intrallassò, m lasciò — 25: Af' ne renda, L ne rende - 26: M^ cliellibro di Tulio tracia — 106 - fanno in presenzia, nelle quali non bisogna di contare'!) il nome del parlieri né dell' uditore. Ma nella pistola bisogna di mettere le nomora del mandante e del ricevente, c'altri- mente non si puote sapere a certo né l'uno né l'altro. 5. Apresso ciò, la salutazione pare che sia dell'exordio ; che sanza fallo chi saluta altrui 'per lettera già pare che co- minci suo exordio. Et Tullio trattòe dello exordio com- piutamente, non curò di divisare della salutazione né di- stendere il suo conto intorno le saluti, maximamente perciò 10. che pare che rechi tutta la rettorica a parlare et in con- troversia tencionando. 27. Et in perciò furo alcuni che diceano che Ila salutazione non era parte della pistolaj ma era un titolo fuor del fatto. Et io dico che la salu- tazione è porta della pistola, la quale ordinatamente chia- 15. risce le nomora e' meriti delle persone e l'affezione del mandante. Et nota che dice « porta », cioè entrata della pistola, e che chiarisce le nomora, cioè del mandante e del ricevente; e dice «i meriti delle persone», cioè il grado e l'ordine suo, sì come a dire: « Innocenzio papa», « Fe- 20. derigo Imperadore », « Acchilles cavaliere », « Oddofredi Judice », e cosi dell'altre gradora. Et dice « ordinata- mente », cioè che mette il nome e '1 grado di ciascuno come s'a viene; e dice «l'affezione del mandante», cioè com'elli manda al ricevente salute o altra parola di bene, o per 25. aventura di male, secondo la sua affezione, cioè secondo la sua volontade. 28. Adunque pare manifestamente che Ila salutazione è così parte della pistola come l' occhio del- l' uomo. Et se l'occhio è nobile membro del corpo dell'uomo, dunque la salutazione é nobile parte della pistola, c'altressi 30. allumina tutta la lettera come l'occhio allumina l'uomo. Et al ver dire, la pistola nella quale non à salutazione è altrettale come la casa che non à porta né entrata e come '1 1 : M-m bisogna contare — S-3 : M' nome del dicitore — M-m bisogna mettere - M 7 dell' uditore 7 del ricevente, m om. 7 del ricevente — M-m 7 altrimente — 4: M' non si porrebbe — 7-9: M-m om. dello exordio — non curo divisare salutalione 7 distemdere - ìli intorno alle salutationi — 10: M' om. et — 11-12: M' Et jìerciò funro — ciie saluta- lione — 15: m e mèli — 16: m om. Et -17: M-m om. 1° e, hi 01». cioè — S3 : M' om. di — 24 : M' 7 altra — 2,5 : M eirectione — m om. secondo la sua afTezione cioè — 26: M' parte (ma t espunto) — 28 : M 3/' om. dell'uomo, m om. del corpo (A completo) — 29: iW' e la salutatione n. p. — m e altres'i — 32 : il/' ne jiorta (1) La lezione bisogna contare darebbe piuttosto il senso di « conviene dire », mentre qui si richiede un «c'è bisogno di dire». - Itì7 - corpo vivo che non à occhi. Et perciò falla chi dice che salutazione è un titolo fuor del fatto; anzi si scrive e s' in- chiude W e sugella dentro ; ma '1 titolo della pistola è la soprascritta di fuori, la quale dice a cui sia data la lettera. 5. 29. Ben dico c'alcuna volta il mandante non scrive la salu- tazione, o per celare le persone se Ila lettera pervenisse ad altrui o per alcun' altra cosa o cagione. (2) Né non dico che tutta fiata convenga salutare, ma o per desiderio d'amore, o per solazzo, talora (3) si mandano altre parole che 10. portano più incarnamento e giuoco che non fa a dire pur salute. Et a' maggiori non dee uomo mandare salute, ma altre parole che significhino reverenzia e devozione; e tal- volta no scrivemo a' nemici altro che Ile nomora e tacemo la salute, o per aventura mettemo alcuna altra parola che 15. significa indegnamento o conforto di ben fare o altra cosa; sì come fa il papa che scrivendo a' giudei o ad altri uomini che non sono della nostra catholica fede o a' nemici della Santa Chiesa tace la salute, e talvolta mette in quel luogo spirito di più sano consiglio o connoscere la via della veritade 20. o ahundare inn opera di pietade et altre simili cose. 30. Adunque provedere dee il buono dittatore che, si- milemente come saluta l'uno uomo l'antro trovandolo in persona, così il dee salutare in lettera mettendo et ador- nando parole secondo che la condizione del ricevente ri- 25. chiede. Che quando uomo va davante a messer lo papa o davante ad imperadore o a alti-o segnore ecclesiastico o seculare, certo elli va con molta reverenzia et inchina la testa, et alla fiata si mette in terra ginocchioni per basciare 2-3: M' anche — M-ìn si richiude — M' ma titolo — M 7 \a. s. — 5 •■ m iscrive salu- tatione — 6-7: M' venisse ilata altrui per alcuna cagione — Mo per cagione dalcunaltra cosa cagione ; m id., ma oiii. cagione — 8-9 : M^-L ma ora per d. d'a. or (ina L 0) per s. si man- dano, M-m per solazzo di loro si mandano — il: M' a maggiore — M-m non debbono - 12: M* che significanza abbiano di revercntia 7 dev. — 13-14: M' a nomici non scrivemo — M-m 7 per aventura —16: M-m il papa scrivendo... om. altri —19: M-m di chonnoscere — M' conoscere via de veritade— 20: M' opere (mai opera) — om. altre — 21 ■ il/' dee prevedere — 22 ■■ M' un huomo un altro— ^ó:ni Quando luomo — 26:M' davanti imperadore od altro, >« davante a lom- j)eradore — 27 : Jf certo e va - ^S: in M una macchia cunpre in — M' ginocohione in terra (1) S'inchiude è più esatto di si richiude. Lo scambio fra n e l'i occorre altre volte: cfr. p. 37, n. 1. (2) In 3f e' è qualcosa di troppo. Non importa dire che m ha accomodato di suo, perchè la parola cagione come finale è confermata da M'; forse 1' errore nacque dall'avere scritto subito pei- cagione e voler poi rimediare. (3) Scrivo così per avere un senso, ma non presumo davvero di avere indo- vinato; potrebbe anche mancare qualche parola. — 108 - il piede al papa o allo 'mperadore. Tutto altressì dee lo dettatore nominare lo ricevente e la sua dignitade coij parole di sua onoranza e metterlo dinanzi ; apresso dee nominare sé medesimo e la sua dignitade, e poi dee scri- 5. vere la sua affezione, cioè quello che desidera che venga a colui che riceve la lettera, sì come salute o altro che sia avenante, tuttavolta guardando che questa affezione sia di quella guisa e di quelle parole che ssi convegnono al man- dante et al ricevente. 31. Che quando noi scrivemo a' mag- io, giori di noi o di nostro paraggio o di minore grado, noi dovemo mandare tali parole che ssiano accordanti alle persone et allo stato loro. Et non pertanto eh' io abbia detto che '1 nome del maggiore si de' mettere dinanzi e del pare altressì, io oe ben veduto alcuna fiata che grandi 15. principi e signori scrivendo a mercatanti o ad altri minori , mettono dinanzi il nome di colui a cui mandano, e questo è contra l'arte ; ma fannolo per conseguire alcuna utilitade. Perciò sia il dittatore accorto et adveduto in fare la saluta- zione avenante e convenevole d'ogne canto, sicché in essa me- 20. desima conquisti la grazia e la benivoglienza del ricevente, sì come noi dimostramo avanti secondo la rettorica di Tullio. 32. Et bene è questa materia sopr'alla quale lo sponitore po- trebbe lungamente dire e non sanza grande utilitade. Ma considerando che Ila subtilitade perché '1 verbo non si mette 25. nella salutazione, e che "1 nome del mandante si mette in terza persona per significamento di maggiore umilitade, e che tal fiata si scrive pur la primiera lettera del nome, par che tocchi più a' dittatori in latino che 'n volgare, sene passex'à lo sponitore brevemente e seguirà la materia 30. di Tullio per dicere dell'altre parti della diceria e di quelle della pistola, sì come porta l'ordine. 33. Et in questo luogo si parte il conto della salutazione, e dirà dell' exordio in due guise: l'una secondo ciò che nne dice Tullio e che i : M' y allomperudoi'o — S-3: M-m dignilailo corporale di — m aggiunge di reve- renza 7 ^ 4: M^ nm. S" e — 3: M-m oirectione — ([nella — 7 : m tuttavia — M' guani ino clic l'airectione — 9-10: M' ali maggiori — M-m ili nostro .grado — i2: M' alloro slato — M-m om. ch'io abbia dolio — i3: in il nome — M' si debbia — 13-16: m sengnori — M-m scrivono -- m e mellone — M' elgli mandano — 17: Af-w por sognile — 18: mom. et adveduto — 19: M' dongiii jìarle — 20: M-mnm.ìa grazia e — 21-SS: il/' dimoslor- remo, m dimostraiiio davanti — Af' m Et bene cpiesta — 24: JZ-m uhella subtitade, A/' che sotti! itude — 23: M<- in salutalione 7 perche! nome — 26: M-m utilitade — 27: M' 7 per- che.... pur una lederà — m la prima — 28: m om. in Ialino — 31-32: L Et in questa parte — ilf' dala salutalione — 33: M' om. ci6 — 109 - pare che ss'apartegna a diceria, l'altra secondo che ssi con- viene ad una lettera dittata et ad una medesima diceria, oltre quello che porta il testo di Tullio. Exordio. 5. 77. Et perciò che exordio dee essere principe di tutti, e noi primieramente daremo insegnamenti in fare exordio. Sponitore- I. Vogliendo Tullio trattare dell' exordio prima che dell'altre parti della diceria, sì ll'apella principe dell'altre 10. parti tutte ; e certo è de ragione (i) : l' una perciò che ssi mette e si dice tuttora davanti a l'autre, l'altra perciò che nel exordio pare che noi aconciamo et apparecchiamo r animo dell' uditore ad intendere tutto ciò che noi vo- lemo dire di poi. 15. Dell' exordio. 78. (e. XV) Exordio è un detto el quale acquista convene- volemente 1' animo dell' uditore all' altre parole che sono a dire ; la qual cosa averrà se farà l' uditore benivolo, intento e docile. Per la qual cosa chi vorrà bene exordire la sua causa, ad lui 20. conviene diligentemente procedere e conoscere davanti la qualitade della causa. Lo sponitore. 1. Poi che Tullio avea contate le parti della diceria, sì vuole in questa parte trattare di ciascuna per se divi- 25. satamente, e prima dello exordio, del quale tratta in questo 2 : Af' e la diceria medesima — 3: m oltre a quello — 5 : M-mom.e — 6: M' oxordii — iO: m nm. tutte — M-m certo e (m a) ragione, L e certo eglie ragione — 10-li ■■ M' luna pei che, m luna che — M-m 7 davanti si dice — 13-14 : m quello die noi poi volerne diro — M' dire poi — 18: m dolce (cosi sempre in seguito) — 20 : M' converrà — om. procedere e — 24 : M' divisamente, ma L divisatamente (1) Questa lezione è quella che spiega meglio le altre: soppresso il de, nacque è ragione di M, che m, colla pretesa di accomodare,' peggiorò in a ragione; la variante di L deriva certo dal non aver inteso il significato di de ragione (= se- condo ragione). - no - modo: Primieramente dice che è exordio, mostrando che tre cose dovemo noi lare nell'exordio, cioè fare che 11' udi- tore davanti cui noi dicemo sia inver noi benivolente et intento e docile a cciò che noi volemo dire. Et perciò ne 5. conviene connoscere la qualitade del convenente sopra '1 quale noi dovemo dire o dittare. 2. Nel secondo luogo divide l'exordio in due parti, cioè principio et « insinuatio », e mo- strane in qual convenentre noi dovemo usare principio et in quale « insinuatio ». 3. Nel terzo luogo ne fa intendere 10. donde noi potemo trarre le ragioni per acquistare beni- voglienza et intenzione e docilitade, e come noi dovemo queste tre usare in quello exordio eh' è appellato principio e come in quello eh' è appellato « insinuatio ». 4. Nel quarto luogo pone le virtù e' vizi dell'exordio. 5. Et perciò dice 15. che exordio è uno adornamento di parole le quali il par- lieri e '1 dittatore propone davanti nel cominciamento del suo dire in maniera di prolago, per lo quale si sforza di dire e di fare sì che l'uditore sia benivolo verso lui, cioè che Ili piaccia esso e '1 suo parlamento, e procacciasi di 20. dire e di fare sì che l'uditore sia intento a llui et al suo detto; similemente si studia di dire e di fai'e sì che 11' udi- tore sia docile, cioè che pi'enda et intenda la forza delle parole. 6. Et perciò dico che immantenente che 11' uditore è docile sicché voglia intendere e connoscere la natura 25. del fatto e la forza delle parole, sì è elli intento ; ma perchè l' uditore sia intento a udire, puote bene essere che non sia docile ad intendere. Et di ciascuno di questi tre dirà il conto quando verrà il suo luogo. 7. Ma perciò che '1 par- liere che non conosce dinanzi di che maniera e di cliente 30. ingenerazione sia la sua causa non puote bene advenire alle tre cose che sono dette inn adietro, cioè che 11' uditore sia benivolo, intento e docile, si dicei'à Tullio quante e quali sono le generazioni delle cause, in questo modo: 1 : m Prima — MM' nm. è — 2-3 : m liiditore sia inverso noi benivolo intonlo 7 dolco a quello ecc. — 4-5: m ci conviene — 7-8: m nm. et — e mostra — 9: M' nensegna, L insegna dove — JO: M' potremo — ii: M' ,allenlione - 13: M nm. in — 15: m i parlieri, M' il parladore —17: M' perla (piai cosa — 19: ni jiiaoci il suo p. — procliac- cisi — 20 : M-m 7 fare sicché — m attento — 21 : M' 7 fare — 22 : il/' ciò che imprenda — «1 le parole — ^.5: hi nm. e la l'orza delle i>arole - 26: m che non 0—27: M' ohi. tre — 28-29: M' vorrà suo luogo — chel dicitore — 7 di che ìnjj. - Ili - Qualitadi delle cause. 79. Le qualitadi delle cause sono cinque: onesto, mirabile vile, dubitoso et oscuro. Sponitore. 5. I. In questa picciola parte nomina Tullio le qualitadi delle cause, cioè di quante generazioni sono le dicerie. Et s' alcuno m' aponesse che Tullio dice contra ciò che esso medesimo avea detto in adietro, cioè che le generazioni e le qualitadi sono tre, deliberativo, dimostrativo e iudiciale, 10. et or dice che sono cinque, cioè onesto, mirabile, vile, du- bitoso et oscuro, io risponderei che Ile primiere tre sono qualitadi substanziali sie incarnate alhi causa che non si possono variare. Onde quella causa eh' è deliberativa non puote essere non deliberativa, e quella eh' è dimostrativa 15. non puote essere non dimostrativa ; altressì dico della iudi- ciale. 2. Ma quella causa eh' è onesta puote bene essere non onesta, e quella eh' è mirabile puote essere non mirabile, e così dico della vile e della dubbiosa e della oscura. Adunque sono queste qualitadi accidentali che possono 20. essere e non essere; ma le prime tre sono substanziali che non si possono mutare. Dell'onesta. 80. Onesta qualitade di causa è quella la quale incontanente, sanza nostro exordio, piace all'animo dell'uditore. 25. Lo sponitore. I. Quella causa è onesta sopr'alla quale dicendo parole, immantenente, sanza fare prolago, l' animo dell' uditore si muove a credere et a piacere le parole che '1 parliere dice sopra '1 convenente ; et in questo non fa bisogno usare pa- 3: M' dubbioso — 7 : M' m cholgli medesimo — 8: M-m om. elio - M^ li generi — 10: M' dubbioso — 1 1: m io rispondo che le prime tre — 13 -.M' puole — 13-14: M-m ml- lann dal lo al S° deliberativa — 15 : M-m essere dimostrativa — 17 : L bone essere bene non mir. — 19: M-m om. queste — 23: M incontenenlo — 27: M-m mantenente - 112 - iole per acquistare la benivoglienza dell'uditore, perciò che ll'onestade della causa l'à già acquistata per sua di- gnitade, sì come nella causa di colui che accusa il furo o che difende il padre o l'orfano o le vedove o le chiese. 5. Mirabile. 81. Mirabile è quello dal quale è straniato l'animo di colui che de' audìre. Sponitore. I. Quella causa è appellata mirabile la quale è di tale 10. convenente che dispiace all'uditore, perciò eh' è di sozza e di crudele operazione. Et perciò l'animo dell'uditore è centra noi et è straniato dalla nostra parte; et in questo abisogna d'acquistare benivolenzia sì che l'uditore intenda, sì come nella causa di colui c'avesse morto il suo padre 15. o fatto furto o incendio. 2. Dunque potemo intendere che una medesima causa puote essere onesta e mirabile : onesta dall'una parte, cioè di colui che difende il suo padre, mi- rabile dall'altra parte, cioè di colui medesimo che è coutra la sua madre propia. E di questo uno exemplo si puote 20. intendere tutti i somiglianti. Del vile. 82. Vile è quello del quale non cura l'uditore e non pare che sia da mettere grande opera a intendere. Lo sponitore. 25. 1. Quella causa è appellata vile la quale è di picciolo convenente, sì che non pare che ne sia molto da curare e l'uditore non sine travaglia molto ad intendere, sì come la causa d' una gallina o d'altra cosa che sia di poco valere. Et in questa causa dovemo noi procacciare di fare sì che 30. ir uditore sia intento alle nostre parole. 1: M' om. la — id: M' o l'uiiiino - i2: vi e straniato — i3: M' bisogna — 14: M-m om. nella oanaa di colui c'avcsso morto — 15: M a facto, m a l'atto — 19: M\a sua iiropria madre — 26: M-m om. ne — 27 : M' non si maraviglia — 28: hi di jioclio valoro, Jt/' de piccolo valoro — 89: Mi nm. di l'are si - 113 - Diibitoso. 83. Dubitoso è quello nel quale o la sentenzia è dubia o la causa è In parte onesta et In parte è sozza e disonesta, sicché Ingenera benlvolenzla e offenslone. 5. Sponitore. I. Quella causa è appellata dubitosa nella quale l'udi- tore non è certo a che la cosa debbia pervenire o a che sentenzia alla fine torni, sì come nella causa d'Orestes che dicea ch'avea morta la sua madi*e giustamente per due 10. ragioni : 1' una perciò ch'ella avea morto il suo padre, l'altra perciò che '1 deo Apollo glile comandò. Onde l'uditore non è certo la quale di queste due cagioni cagia in sentenzia. 2. Altressì è dubitosa quella causa nella quale àe parte d'onestade e perciò piace all'uditore, et àe parte di diso- 15 nestade e perciò dispiace all' uditore, si come nella causa de filio: O d'un furo che fue accusato d'un furto e '1 suo figliuolo si sforzava (ii difenderlo in tutte guise. Certo la causa era onesta quanto in difender lo padre, ma era diso- nesta quanto in difendere lo furo. 20. Dell'oscuro. 84. Oscuro è quello nel quale l' uditore è tardo, o per aventura la causa è Iv^plgllata di convenentl troppo malagevoli a conoscere. Lo sponitore. 1. Dice Tullio che quella causa è appellata oscura nella 25. quale l'uditore è tardo, cioè che non intende ciò che portano le parole del dicitore sì bene ne sì tosto come si conviene, perciò che non è forse ben savio o forse eh' è fatigato per 2: M-m eia sentenzia — 3: M' in parte socca — 4: M-m o offensione — 7-8: M' o in clie sententia torni ala fino — 10: m il suo marito — li: M chel deo apellollil, m chello lio appello il, M^-L che dio appello glile comando — 13: M' quella parte dove parte — 16: M do fili?, *i demi?, Mi-L dun figluolo dun ladro - do furto, el figUiolo ~ 17 : m s\ sforza — 19: M' lo furto — 24: ino oschura apellata — 23-26: 3f-»i portava — del dicta- tore - M' om. nò, L e si tosto, m o si tosto ~ 27:M' om. il 1" forse — M-m 7 forse - faligata (1) L'abbreviatura insolita ài M e m porta a supporre una formula giuridica latina, quantunque tale abbreviatura non sembri equivalere proprio a un de filio (la lezione di M'-L è certamente secondaria). forse nella sigla si nasconde qualche nome proprio? - 114 - li detti d'altri parlieri che aveano detto innanzi; o per aventura la causa è impigliata di cose e di ragioni che sono oscure e malagevoli ad intendere. Della divisione dell' exordio. 5. 85. Et perciò che Ile qualitadi delle cause sono tanto diverse, sì convene che li exordii siano diversi e dispari e non simili in ciascuna qualitade di cause; per la qua! cosa exordio si divide in due parti, ciò sono principio et « insinuatio ». Lo sponitore. 10. I. Perciò - dice Tullio - che le generazioni e le quali- tadi delle cause sono tanto diverse, cioè che sono in cinque modi sì come detto è qui di sopra, e l'uno modo non è accordante all'altro, sì conviene che in ciascuna qualità di cause et in catuno de' detti cinque modi abbia suo modo 15. di fare exordio, tale che ssi convegna alla qualitade so- pr'alla quale noi dovemo parlamentare o dittare. 2, Et vogliendo Tullio insegnare ciò apertamente, sì dice che exordio è di due maniere : una eh' è appellata principio et un'altra ch'jè appellata « insinuatio » ; e di ciascuna dirà elli 20. interamente. E così dovemo e potemo sapere che le cause sopra le quali dice alcuno parlieri o sopra le quali scrive alcuno dittatore sono cinque, cioè sono: onesto, mirabile, vile, dubitoso et oscuro, sì come apare in adietro. Et sopra tutte qualitadi sono due modi de exordio e non più, cioè 25. principio et « insinuatio ». Del principio. 86. Principio è un detto il quale apertamente et in poche parole fa l'uditore benivolo o docile o intento. Lo sponitore. 30. 1. Quella maniera de exordio è appellata principio quando il parlieri o '1 dittatore quasi incontanente alla 1 : M^ parladori — 3: M' mn. oscuro o — fi: m diversi, dispari — 7:m di cose — 8:M' cioè principio 7 insiniiatione (sempre) — / i : m dolio cose — M' dele qualitadi sono tante divei-se -- Melo che sono— 13: M' coU'altro — i4-i5: M' si abbia s. m. in fare — A/' «hi.cìò — 18-19: m una che apjinllala ins. 7 una che ajiiiollata pr., M' uno che sajiplla pr. 7 un altro che apellnlo ins.,7 di ciascuno — 21 : vi .ilchimo parlinre dice — M-m 7 sopra — M' dice alcuno dictalon» — 22: M-m honesta - 23: M* jiare — 31 : M' il dicitore ol dictatore — M-m incontenonte - 115 — comincianza del suo dire, sanza molte parole e sanza neuno infingimento ma parlando tutto fuori et apertamente, fa l'animo dell'uditore benvolente a llui et alla sua causa, o talora il fa docile o intento, si come fece Pompeio par- 5. landò a' Romani sopra '1 convenente della guerra con Julio Cesare, che fece tale exordio : « Perciò che noi avemo il diritto dalla ifostra parte e combattemo per difendere la nostra ragione e del nostro comune, si dovemo noi avere sicura spei'anza che li dii saranno in nostro adiuto ». (i) ■ 10. Dell' insimiatio. 87. Insinuatio è un detto il quale, con infingimento parlando dintorno, covertamente entra nelF animo dell'uditore. Lo sponitore. \. Tullio dice che quella maniera de exordio è apellata 1.5. « insinuatio » quando il parlieri o '1 dittatore fa dinanzi un lungo prolago di parole coverte, infingendo di volere ciò che non vuole, o di non volere quello che dee volere, e così va dintorno con molte parole per sorprendere l'animo dell'uditore sì che sia benevolo o docile o intento; sì come 20. disse Sino parlando a coloro che riteneano la sua persona in gravosi tormenti: « Insin a oi"a v'ò io pregato che mi traeste di tante pene ; oimai non dimando se non la morte, ma grandissimi tesauri avrei dato a chi m' avesse scam- pato ». Et in questo modo covertamente s'infingea di non 25. volere quello che volea, per venire in animo di loro che Ilo scampassero per avere, da che mercè non valea. 2. Et cosie à divisato il conto che è principio e che è «insinuatio»; omai dicerà quale di questi due modi de exordio dovemo usare in ciascuno de' cinque modi delle cause, cioè nell'onesto, 30. nel vile, nel mirabile, nel dubitoso e nell' oscuro. i: M' alancomincianza — m sanza alcliuno - 2-- M' om. et — 3: M' benivolente, m benivolo — M^ o ala sua causa — 4 : m come fé — 5-6: M' a Romani parlando del convenente, — cotale — 9: M diede saranno — IS: m intorno — 15: M-m i parlieri, M' il parliere — M o dictatore — 17 : m quello che non vuole — iW' in (juello che vuole — 20-21 : L Sitio — m teneano... gravi tormenti — 2S: M' oggimai non domando io — 23: M' dati — wi dato chi — 26: m merco domandare — 27: M' a divisatoli maestro — 28 : M-m (|uali — M' noi dovemo — 29: M' de cause, M in ciascuno di delle causo, m in ciascheduna delle chause (1) Per tutte le citazioni di autori classici, che da questo punto alla fine son molto frequenti, rimando al mio studio su La «Rettorica» italiana di Brunetto Latini pp. 35-50; ivi son ricercate e discusse le fonti di questi esempii, e così riesce anche piti facile rendersi conto della costituzione del testo. — 116 — Della mirabile. 88. Nella mirabile generazione di causa, se il'uditore non fosse al tutto turbato contra noi, ben potemo acquistare benivoglienza per principio. Ma s'ei troppo malamente fosse straniato ver noi, allora 5. ne conviene rifuggire a « insinuatio », in però che volere così isbri- gatamente pace e benivoglienza dalle persone adirate non solamente non si truova, ma cresce et infiamasi l'odio. Lo sponitore. 1. Inn adietro è bene detto che quella causa è appel- lo, lata mirabile la quale è di rea operazione, sicché pare che dispiaccia all'uditore. Et perciò dice Tullio che quando la nostra causa è mirabile puote bene essere alcuna fiata che Il'uditore non sia del tutto coruccioso contra noi. Et allora potemo noi acquistare la sua benivolenza per quel modo 15. de exordio eh' è appellato principio, cioè dicendo un breve prologo in parole aperte e poche. 2. Ma se 11' uditore fosse adiroso e curicciato contra noi malamente, certo in quel caso ne conviene ritornare ad altro modo de exordio, cioè « insi- nuatio », e fare un bel prologo di parole infinte e coverte, 20. sicché noi possiamo mitigare l' animo suo et acquistare la sua benivolenza e ritornare in suo piacere. Ch'ai ver dire, quando l' uditore èe adirato e curiccioso, chi volesse acqui- stare da llui pace così subitamente per poche et aperte parole dicendo il fatto tutto fuori, certo non la troverebbe, 25. ma crescerebbe l' ira et infiamerebbe l' odio ; e perciò dee andare dintorno et entrarli sotto covertamente. Della causa vile. 89. Nella causa la quale è di vile convenente, per cagione di trarrela di vilanza e di dispetto, ne conviene fare l'uditore intento. S : M-m Della mirabile — ?» e solluditoro — 3 : M^ del tutto — 4 : 3/' se — m se troppo fosse crucciato — 5: Mi fuggire — m ci conviene.... chosi di presente - 7: m crescesi — 9: M-m ubiamo detto — i2: M^ alcuna volta — 13: m crucciato — 14: M' potremo (ma L lìotemo) — 15: M-m in breve — 17 : M' iroso 7 crucciato verso noi, m adirato contra noi molto, — 18: m tornarne — M alaltro modo —19: M-m nni. fare — converte — M iulì- nito — 20: M' otii. la — SS: M^ cruccioso, m crucciato — S3: in per i)Oclie )iaroIo 7 aperte — S6: M-m darò dintorno — M entrali, M' intrarli, wi rilrarlo sottilmente sotto coverta — S8 : M e diviene convenente m udiviene e. — S9 : M' trarla de viltanca 7 de dispregio 117 — Lo sponitore. I. Quando la nostra causa ella è vile, cioè di piccolo convenente sicché l' uditore poco cura d' intendere, allora ne conviene usare principio et in esso fare che 11' uditore 5. sia intento alle nostre parole; e questo potenio ben fare traendola di viltanza e facciendola grande et innalzandola, sì come fece Virgilio volendo trattare de l'api: «Io dicerò cose molto meravigliose e grandi delle picciole api ». Della dubbiosa qualità. 10. 90. Nella dubbiosa qualità di causa, se Ila sentenza è dubbia si conviene incominciare l'exordio dalla sentenzia medesima. Ma se Ila causa è in parte onesta e in parte disonesta si conviene acqui- stare benivolenzia, sicché paia che tutta la causa ritorni in onesta qualitade. 15. Lo sponitore. I. La causa dubitosa, si come fue detto in adietro, èe in due maniere: 1' una che Ila sentenzia è dubbia, sì come apare nelF exemplo d' Orestes, che per due ragioni e cagioni dicea ch'avea ben fatto d'uccidere la madre. Et in quel caso 20. dovea elli incuninciare il suo exordio da quella ragione dalla quale (0 elli più ferma nel suo animo di voler pro- vare, e per la quale crede avere la sentenzia inn aiuto. 2. Ma se '1 convenente è dubitoso perciò che sia in parte onesto et in parte disonesto, in quello caso dee il buono parlieri 25. neir exordio acquistare la benivolenzia dell' uditore per principio, sicché tutta la causa paia che sia onesta. 2: M' m om. ella — m cioè di vile convenente 7 di picciolo — ,9: 3f' -Ldelontendere — 4-5 : M 7 mezzo, m e mezzo a fare... atento — 6: m vilanza, >/' vllezza 7 inalr. et f. g. — 7 : m tràre — 8: M' om. molto — iO: M' Dela dubitosa — li: m cominciare — i2 : M-in om. è in parte onesta — M' parte lionesla 7 parlo dis. — i7 : M-m cliella causa — hi dub- biosa — i8: M> om. apare — cagioni 7 ragioni — m om. 7 cagioni — 19-20 : m in questo dovea elli com. — 21 : M' la (juale — 22: M-m 7 per qua! (?;i om. 7) — M' sigli crede davere — 23: m om. sia — M'-L honesta.... disonesta — 25: M' acquistare nelexordio benivolenca daluditore — M libenivolentia — 26 : M-m om. che sia (1) Cioè « fondandof3i sulla quale egli si propone di dimostrare la sua causa >. L'oscurità della frase ha determinato la falsa correzione in ilf'. 118 - La causa onesta. 91. Quando la causa fie onesta, o potemo intralasciare lo prin- cipio, 0, se ne pare convenevole, comincieremo alla narrazione o dalla legge, o d' alcuna fermissima ragione della nostra diceria. 5. A\a se ne piace usare principio, dovemo usare le parti di benivo- glienza per accrescere quella che è. Lo sponitore. 1. Quando il conveniente sopra '1 quale ne conviene dire è onesto, certo per la natura del fatto propia avemo noi la 10. benivoglienza dell'uditore sanza altro adornamento di pa- role. Perciò quando noi venimo a dire (l) noi potemo bene intralasciare lo principio e non fare neuno exordio né prolago di parole, e cominciare la nostra diceria alla nar- razione, cioè pur dire lo fatto; e bene potemo cominciare 15. da quella legge che tocca alla nostra materia o da quella ragione che sia più fermo argomento e più certo. 2. Ma se nne piace usare ijrincipio e fare alcuno prologo, certo noi lo potemo bene, non per acquistare benivolenza ma per crescere quella che v' è. Et perciò in detto caso il nostro 20. principio dee essere in parole apropiate a benivolenza. Della causa ohscura. 92. (e. XVI) Nella causa la quale è oscura conviene che nel nostro principio noi facciamo che ir uditore sia docile. Lo sponitore. 25. 1. In adietro fue dimostrato qual causa e quando sia oscura. Et perciò dice Tullio che nella causa la quale sia 2 : M' m tia — 3 : i« / Se ci paro — -i : M-m o alla legge, J/' o data leggo — M o alcuna, )/i adalcluina, Mi o dalcuna — 5: Miw paro, m non paro — 6 : il/i om. che h - 9: M-m nm. certo - facto pro])io — iO: M-m sanja molto ailorn. — i i : Mi j perciò — M noi doviamo a dire, m noi doviamo diro — i2: m alchuno oxordio — 13-15: M-m no comin- ciare ~ M' 1 cominciare do quella legge - M-m o a ([uolla ragione — 16: M' la (jualo sia — 18: M' ben faro — 19: M-m il docto, M' in (juesto caso — 25: M' mostrato (|ualo causa e 7 (juando sia (ma L ([uando sia) — 26: M' la quale e (l) Cioè «quando cominciamo a parlare». L'accordo di Jlf e JVf ' ronde sicuro a dire, e con questo si escludo la lezione, buona in apparenza, di m {doviamo dire) come evidente accomodamento di M. - 119 - oscura all' uditore a intendere noi dovemo usare quella parte de exoi'dio la quale è appellata principio, et in quello dovemo noi si dire che 11' uditore sia docile, cioè ch'elli intenda e ch'elli senta la natura del fatto, in que- 5. sto modo: che noi diremo in poche parole sommatamente la sustanzia del fatto dell' una parte e dell' altra. Et poi che noi vedremo che U' uditore sia apparecchiato in via d' intendere (1) il fatto, noi andremo innanzi a dire la nostra ragione sì come si conviene al fatto. 10. Le ragioni delle cose. 93. Et perciò che infìn ad ora noi avemo detto che ssi con- viene fare nell' exordio, oimai rimane a dimostrare per quali ra- gioni ciascuna cosa si possa fare. Sponito7-e. 15. 1. Infino a questo luogo à insegnato Tullio tutto ciò che ssi conviene dire o fare nello exordio; e perciò ch'elli àe detto in quale exordio ed in qual causa ne conviene usare parole per acquistare benivolenza, sì vuole elli da qui in- nanzi mostrare le ragioni come si puote ciò fare ; e questo 20. insegnamento fa bene di sapere. De' quattro luoghi della temperanza. 94. Benivolenza s' acquista di quatro luogora : dalla nostra persona, da quella de' nostri adversarii, da quella dell! giudici e dalla causa. 25. Lo sponitore. I. In questa parte insegna Tullio acquistare benivo- lenza, e perciò ch'ella non si puote avere se non per quello che ss' apartiene alle persone et al fatto, sì dice che quattro luogora sono dalle quali muove benivolenza. Il primo luogp i: if-»» om. all'uditore a intendere — 2.M^As lexordio — 4: Af' chela intenda et senta - 5: m dopo diremo r(pe(e in ([uesto modo — 6:m la natura — om. Et — 7-8: 3f' apparec- chiato 7 intendere, m-L appareccliiato a intendere — 12: m a mostrare — 15: M-m In ipiosto luogo — om. tutto - 17: M-m 7 di qual causa, M' iu quale causa, i e in quale causa — 2S: M-m luoghi, della nostra p. — 27-28: M' da quello... alla persona (1) L' espressione certamente è ridondante {in via sembra quasi una variante di apparecchiato), e perciò quasi tutti i testi l' hanno ridotta alla forma pili sem- plice e comune. Il segno 7 di M' deriva da una errata lettura di a, che anche in quel codice ha una forma simile alla nota tironiana. — 120 - si è la nostra persona e di coloro per cui noi dicemo. Il secondo luogo si è la persona de' nostri adversarii e di coloro contra cui noi dicemo. Il terzo luogo si è la persona de' giudici, cioè la persona (l) di coloro davanti da cui noi 5. dicemo. Il quarto luogo si è la causa e '1 fatto e '1 conve- nente sopra '1 quale noi dicemo. E di ciascuno di questi dicerà il conto ordinatamente e sofficientemente. Tallio sopra lo lìvolago. 95. Dalla nostra persona se noi dicemo sanza superbia de' 10. nostri fatti e de' nostri officii; e se noi ne leviamo le colpe che nne sono apposte e le disoneste sospeccioni; e se noi contiamo i mali che nne sono advenuti et li 'ncrescimenti che nne sono pre- senti; e se noi usiamo preghiera o scongiuramento umile et inclino. Sponitore. 15. 1. Conquistare benivolenza dalla nostra persona si è dicere della persona nostra, o di coloro per cui noi dicemo, quelle pertenenze perle quali l' uditore sia benivolo verso noi. Et sappie che certe cose s' apartengono alle persone e certe alla causa; e di queste pertinenze tratterà il conto 20. sofficientemente, e fie molto bella et utile materia ad impren- dere. Et qui pone Tullio quattro modi d'acquistare benivo- lenza dalla nostra persona. 2. Il i)rimo modo si è se noi di- cemo sanza soperbia, dolcemente e cortesemente, de' no- stri fatti e de' nostri officii. Et intendi (2) che dice « fatti » 25 quelli che noi facemo non per distretta di leggo o per forza, ma per movimento di natura. Et così dicendo Dido 1 : m Olii, si — 2: M-m om. luogo — m ohi. si — 5 : m om. si — J : M-in om. la jiersoiia — Afiia coloro — m davanti a chui, il/' davanti cui — 5: M^ il facto — m om. ól convonento — 6-7 : M' om. di questi — dioera lautore — m om. e soBìcientemento — 9-10: M-m Alla nostra p. — di nostri faoti — Ai' lo nostre colpo — 12: il/' che sono presenti — 13: M' i scongiura- mento — 16: M^ dola nostra persona 7 di coloro — 17: m aparlenentle — 20: m om. suflicientementc — M-mom. materia — 22: m om. moiio — 2-i:M-m intende, L intendo — 25: m diciamo per distretta — 26: M-m dicendo didio (1) Le parole la persona sono superflue, e perciò a prima vista si preferirebbe la lozione di M-m; ma è molto più probabile l'omissione di parole inutili che la loro aggiunta in Af'. (2) Scrivo cosi per analogia col § 4; ma anche la lezione di Mm, intende, potrebbe conservarsi come una forma di 2" persona dell' imperativo (per la desi- nenza e non mancano esempii). - 121 - d' Eneas acquistò la benivolenza degli uditori: « Io » dice ella, « accolsi e ricevetti in sicura magione colui eh' era cacciato iu periglio di mare, et quasi anzi eh' io udisse il nome suo li diedi il mio reame ». Et cosi dice che ella 5. si mosse a pietade sopra Eneas quando elli fugia dalla distruzione di Troia. 3. Et al ver dire noi avemo merzè e pietade delle strane genti per natura, non per distretta. Ma offici sono quelle cose le quali noi facemo per distretta, non per movimento di natura. Onde dice Tullio che dell'uno 10. e dell'altro dovemo dire temperatamente sanza superbia. 4. Il secondo modo si è se noi ne leviamo da dosso a noi et a' nostri le colpe e le disoneste sospeccioni che cci sono messe et apposte sopra; et intendi che colpe sono appellati que' peccati che sono apposti altrui apertamente davanti al 15. viso, sì come fue apposto a Boezio eh' elli avea composte lettere del tradimento dello 'mperadore. Il quale pec- cato removeo elli per una pertenenza di sua persona, cioè per sapienza, dicendo cosi: «Delle lettere composte falsa- mente che convien dire ? la froda delle quali sarebbe mani- 20. festamente paruta se noi fossimo essuti alla confessione dell' accusatore ». 5. Le disoneste sospeccioni sono le colpe eh' altre pensa in centra ad un altro, ma nolle pone davante al viso, sì come molti pensavano che Boezio adorasse i do- moni per desiderio d'avere le dignitadi; e questa sospeccione 25. si levò elli parlando alla Filosofìa, che disse: « Mentirò che pensaro ch'io sozzasse la mia coscienza per sacrilegio (o per parlamento de' mali spiriti). Ma tu, filosofìa, commessa in me cacciavi del mio animo ogne desiderio delle mortali cose ».• Et così parve che volesse dire: « Poi che in me avea sapien- 30. zìa, non era da credere che in me fosse così laido fallimento ». Tutto altressì Elena, voglìendosi levare la sospeccione che '1 suo marito avea dì lei, disse: «Elli che ssi fida in me della vita, dubita per la mia biltade; ma cui assicura pro- dezza non dovrebbe impaurire l'altrui bellezza ». 6. Il terzo 1 : M' deluditore — 2: S m sicuro porto — 4: M' il suo nomo — Mìi dica — m il roame mio — 5: A/' dela — 7: m M' 7 non — 0: m L ^ non por m. — 13-14: m ci sono aposto (om. sopra) — M' appellate.... apjioste — 16: M \e lectoro — 17: M' elgli rimovca — ciò fu — 18: M' falsamente composte — 20-21 : M-m jiartita ....stati.... dellaccusato — 22: m centra un altro — ^f' appone — 25: m parlando olii — 25-27: M-m Mentita chi solcasse — om. per sacrilegio.... spiriti — 28: cacciavi (il latino ha pellebas) è solo in L; M-m chaccia, Jf' cacciava con un i aggiunto tra v e a, s caccia via — 29: M-m paro — 31 : m schusare 7 levare — 33: m della biltade mia — 122 - modo è se noi contiamo i mali elie sono advenuti e li 'ncre- scimenti che sono presenti. Così Boezio, contando ciò ch'ave- nuto era, acquistò la benivolenza dell'uditore dicendo: « Per guidardone della verace vertude sofferò pene di falso incol- 5. pamento ». Et Dido, dicendo i suoi mali dopo il dipartimento d'Eneas, acquistò la benivolenza per la sua misa ventura, e disse : « Io sono cacciata et abandono il mio paese e Ila casa del mio marito e vo fuggendo i)er gravosi cammini in caccia de' nemici». Altressì Julio Cesare, vedendosi in perillio di 10. guerra, contò i mali c'a llui poteano advenire, per confortare i suoi a battaglia, e disse: «Ponete mente alle pene di Ce- sare, guardate le catene e pensate che questa testa è presta a' ferri e' membri a spezzamento». 7. Il quarto modo è se noi usiamo preghiera o scongiuramento umile et inclino, 15. cioè devotamente e con reverenza chiamare merzede con grande umilitade. Et intendi che preghiera è appellata sanza congiuramento. Verbigrazia : Pompeio, vegiendosi alla pugna della mortai guerra di Cesare, confortando i suoi di battaglia disse: «Io vi priego de' miei ultimi fatti 20. e delli anni della mia fine, perchè non mi convenga essere servo in vecchiezza, il quale sono usato di segnoreggiare in giovane etade » (0. Et queste pi'eghiere talfiata sono aperte, sì come quelle di Pompeio, talfiata sono ascose, sì come quelle di Dido in queste parole ch'ella mandò ad 25. Eneas: «Io » disse ella « non dico queste parole perch'io ti creda potere muovere; ma poi ch'io ao perduto il buon 4 : M-m fossero peno — 5 : M-m Et dicio dicondo — 6-7: m dicendo — M-m chaccialo — 8: M el mio marito, m om. - 9: M Tullio Cosarn, m Tulio corr. in .Tulio — 12-13 : itf' epresso — li membri — M 7 membri, m 7 i membri — La sprezzamento — 14: M-m 7 scongiura- mento — Mi panclino, m e parlino, M'-L o incliino - 13: m om. cioè — chiamando — 19: m abattagla — 20: M delli anni ilelli amici lino, m delli anni /siche — 21: M servo in vilezza la (piale, m servo 7 in vilczza il quale — 22-23: M-m om. sono aperte, m anlhe il 2° talfiata — 24: M di diedi — 26: M' o perduto, m chio perduto (l) Il testo di Lucano (Fars., VII, 380), da cui è tradotto questo esempio, ha ultima fata deprecar, tutti i codici della Eettorica portano ultimi fatti. Non credo che si possa pensare a uno sbaglio dei copisti, perchè un latinismo come fati (che del resto qui non sarebbe traduzione esatta) manca di ogni probabilità in quel tempo; sarà dunque da risalire a un'alterazione facilissima del latino, ultima facta, che certo riusciva più intelligibile della frase poetica originale. Quanto al servo in vecchiezza (che corrisponde a ne discam servire senex), se po- tesse supporsi una forma vegliezza {eelUczza) si spiegherebbe meglio come sia nato l'erroneo vilezza; ma è chiaro che la parola servo risvegliò l'idea di «condizione vile, meschina». — 123 — pregio e la castitade del corpo e dell' animo, non è gran cosa a perdere le parole e le cose vili ». 8. Ma scongiura- mento è quando noi preghiamo alcuna persona per Dio o per anima o per avere o per parenti o per altro modo di 5. scongiurare, sì come Dido fece ad Eneas: «Io ti priego » disse ella « per tuo padre, per le lance e per le saette de' tuoi fratelli e per li compagnoni che teco fuggirò, per li dei o per l'altezza di Troia » etc. 9. Or à detto il conto del primo luogo donde muove la benivolenza, cioè 10. della nostra persona e di coloro che sono a noi ; ornai dirà il secondo luogo, cioè della persona delli adversarii e di coloro contra cui noi dicemo. Sopra il secondo prolago. 96. Dalla persona delli aversarìi se no! li mettemo inn odio 15. invidia o in dispetto. Lo sponitore. 1. Acquistai'e benivolenza dalla persona de' nostri ad- versarii si è dire delle loro persone quelle pertenenze per le quali l' uditore sia a noi benivolo et contra 1' aversario 20. malivolo; et a cciò fare pone Tulio tre modi: Il primo modo è dicere le pertenenze delle loro persone per le quali siano inn odio dell'uditori; il secondo che siano in loro invidia; il terzo che siano in loro dispetto; e di cia- scuno di questi tre modi dirà il testo bene et interamente. 25. Tullio. 97. Inn odio saranno messi dicendo com' ellino anno fatta alcuna cosa isnaturatamente o superbiamente o crudelmente o ma- liziosamente. 2: M om. a — 711 lo chose vili 7 le i»arole — 4: M' o per parenti por avere — m oin. rli scongiurare — 6-7 : M' per lo tuo padre 7 per le 1. 7 [jor le s. de tuoi f., per li compagni — M 7 per saette di tuoi I"., m per le saette de tuoi parianti 7 per li compagni - 8-0 : M' om. etc. — Et ora a detto il maestro — om. la — Ì0:m dalla nostra parte — YS: 3i' odindispregio — 19: M-m om. a noi — 22-23: M' deluditore.... in invidia. Et il ter^^o che sia — m loro in invidia.... loro in dispetto — 26-27: M' comelgli anno alcuna cosa facta — vi 0»». isnatur. e o maliziosamente - 124 - Sjìonitore. 1. Noi potemo i nostri adversarii mettere ina odio del- l' uditore se noi dicemo eh' elli anno alcuna cosa fatta isna- turalmeute, contra l'ordine di natura, si come mangiare 5. .calane umana et altre simili cose delle quali lo sponitore si tace presentemente. O se noi dicemo eh' elli abian fatto superbiamente, cioè non temendo né curando de' signori né de' maggiori, avendoli per neente. O se noi dicemo ch'elli abbiano fatto crudelmente, cioè non avendo pietà né mise- 10. ricordia de' suoi minori né di persone povere, inferme o mi- sere. se noi dicemo ch'elli abbiano fatto maliziosamente, cioè cosa falsa e rea, disleale, disusata e contra buono uso. 2. Et di tutto questo avemo exemplo nelle parole che Boezio dice contra Nero imperadore: « Ben sapemo quante ruine 15. fece ardendo Roma, tagliando i parenti et uccidendo il fratello e sparando la madre ». Altressì fue malizioso fatto il qual racconta Eurifiles (l) di Medea, che stava scapigliata tra' monimenti e ricogliea ossa di morti. 3. Omai à detto lo sponitore sopra '1 testo di Tullio come noi potemo met- 20. tere il nostro adversario in odio et in malavoglienza del- l' uditore. Da quinci innanzi dicerà come noi li potemo mettere in loro invidia. Tullio. 98. In invidia dicendo la loro forza, la potenza, le ricchezze, 2.5. il parentado e le pecunie, e la loro fiera maniera da non sofferire, e come più si confidano in queste cose che nella loro causa. Sponitore. 1. Noi potemo conducere i nostri adversarii in invidia et in disdegno dell' uditore se noi contiamo la foi'za del 3-4: M' chaWi ahh'ia. {poi aggiunto no dalla stessa maria) — isnaluratamente contra online — 6: M' tace ora presentemente — m al ])rosonte — M-m 7 se noi dicemo che labian — 7-8: M tenendo M^ 7 non venerando de sig,... 7 avendoli, m curando.... do maggiori — M-m 3/' che- labbiano — 9-10: m misericordia.... di persone — H: M' 7 misero — M-m Et se dicemo cliollabbiano — 12: Af' cosa rea falsa et disleale 7 disusata contra b. u., m om. cosa — o disleale 7 contro a b. u. — 13: M' exemplo avemo — lo : M' uccidendo i parenti, talgllaiido il fratello — M-m i fratelli — 17 : S Euripide — M-m di medici — IS: M corresse moni- menti in moUimenti — 20: m om. in odio et - Af' in malavoglienca — 21-22: M Da ipii - 3f' diceremo.... li potremo mettere loro in invidia — 24 : M-m om. In —26: M' si lidano — 28-29: Af' i nostri avorsari conducere ....degliuditori (1) Cfr. Magoini, La ReUorica italiana di B. L., pp. Bl-52. - 125 - corpo e dell' animo loro ad arme e senza arme, et la po- tenza, cioè le dignitadi e le signorie, e le ricchezze, cioè servi, ancille e posessioni, e '1 parentado, cioè schiatta, lignaggio e parenti e seguito di genti, e le pecunie, cioè 5. denari, auro et argento, in cotal modo che noi diremo come ' nostri adversarii usano queste cose malamente et increscevolemente con male e con superbia, tanto che sof- ferire non si puote. 2. Cosi disse Salustio a' Romani : « Ben dico che Catenina è estratto d'alto lignaggio et à grande IO. forza di cuore e di corpo, ma tutto suo podere usa in tra- dimenti e distruzioni di terre e di genti ». Così disse Ca- tenina centra ' Romani : « Appo loro sono li onori e le potenzie, ma a nnoi anno lasciati i pericoli e le povertadi >. 3. Et ora è detto della invidia contra i nostri adversarii; 15. sì dicerà il conto come noi li potemo mettere in dispetto. Tullio. 99. In dispetto degli uditori saranno messi dicendo che siano sanza arte, neghettosì, lenti, e clie studiano in cose disusate e sono oziosi in iuxuria. 20. Sponitore. I. Noi potemo mettere i nostri adversarii in dispetto degli uditori, cioè farli tenei'e a vile et a neente, se noi diremo che sono uomini nescii sanza arte e sanza senno, da neuno uopo e da neuna cosa; o che sono neghettosì, 25. che tuttora si stanno e dormono e non sì muovono se non come per sonno; o diremo che sono lenti e tardi a tutte cose; o diremo che studiano in cose che non sono da neuno uso né d'alcuna utilitade; o diremo che sono oziosi in Iu- xuria dando forza et opera in troppo mangiare, in nebriare, 30. in meretrici, in giuoco et in taverne. 2. Et ora à detto il 2-5: Af' om. e le signorie, poi continua: E le pecunie, ciò sono i danari e seni 7 an- celle 7 possessioni. ¥A parentado... di genti, in cotal modo ecc. — 6: M' come i nostri aversarii — 11 : M^ in tradimento 7 distructione de terra 7 <le gente, m in tradimenti distructioni — 12: M-in a Romani — 13 : m lasciato — 14: M iì detta — L'i : M' o»i noi — in dispregio (l. 17 idem) — 17: M' om. degli uditori — 18: M disulate — 19: M octosi, m ottosi — 22: M' om. degli uditori — 23: 3f' siano, m sieno — M' sanza sonno? sanza arte di neuno huopo - 24: m om. da neuno uopo e — 25 : m si stanno, dormono - 26: M' per sonno/ 7 diceremo, L per sogno — 27-28 : m alclumo uso — M ' 7 dicoremo — 29-30: M' de troppo mangiare .T ebriare. in puttane — m 7 in bere — M in cliaverne — M' a decto luditore come — )?t om. Et - 126 — conto come noi potemo acqnistare la benivolienza dell'udi- tore dalla persona de' nostri adversarii mettendoli inn odio et in invidia et in dispetto, et à insegnato come si puote ciò fare. Ornai tornerà alla materia per dire come s' acqui- 5. sta benivolenzia dalla persona dell' uditore, e questo è il terzo luogo. La benivolenza dell'uditore. lOO. Dalla persona dell'uditori s'acquista benivolenza dicendo che tutte cose sono usati di fare fortemente e saviamente e man- 10. suetamente, e dicendo quanto sia di coloro onesta credenza e quanto sia attesa la sentenza e l'autoritade loro. Lo sponitore, (i) ' 1. Noi potemo acquistare la benivolenza delli uditori dicendo le buone pertenenze delle loro persone e lodando 15. le loro opere per fortezza e per franchezza e per prodezza, per senno e per mansuetudine, cioè per misurata umilitade, é dicendo come la gente crede di loro tutto bene et one- stade, e come la gente aspetta la loro sentenza sopra que- sto fatto, credendo fermamente che fie si giusta e di tanta 20. autoritade che in perpetuo si debbia così oservare nei si- mili convenenti. 2. Di forte fatto Tulio lodò Cesare dicendo: « Tu ài domate le genti barbare e vinte molte terre e sot- toposti ricchi paesi per tua fortezza». 3. Di senno il lodò e' medesimo parlando di Marco Marcello: «Tu nell'ira, 25. la quale è molto nemica di consellio, ti ritenesti a consel- lio ». 4. Di mansueto fatto il lodò Tulio dicendo: « Tu nella vittoria, la quale naturalmente adduce superbia, ritenesti mansuetudine ». 5. D' onesta credenza il lodò Tallio in 2-3: M' in odio deluditore, M innodio 7 invidia, m in odio, in invidia — M-m om. si — 8: Jf' m delludilore {ma il testo auditorum) ~ 9: M' sono usi — M-m 7 suavomento {m nm. 7) 10 : i mss., ambedue le volte, quando — M' di loro — li: M-m intesa — 13: M-m om. delli uditori — M^ deluditore — 14: M' dicendo che buone — 15 : M-m om. e per fran- chezza — M' 7 per senno — 17: m M' om. e — 19: Jtf' credendo che la loro sententia sia si giusta — m che sia — SO: M-m ne in simili, M'-L ne simili — 23-84: m e lodo, M' il lodano 7 medesimo parlano — m marche metcllo — 25 : M-m om. molto — Af tu ritenesti a consellio, m tu ritenesti consiglio — 26: M ilio Tullio tu ecc., m di mansueto fatto /7 nella vittoria — 27 : M adato, m adato, L odduce — 28: m om. credenza il lodò Tullio (1) In tutti 1 codici l'interpunzione di questo passo è variamente errata, né metterebbe conto darne notizia. - 127 - questo modo: Cesare volle alcuna fiata male a Tullio, ma tutta volta lo ritenne in sua corte; e non pertanto Tullio era sì turbato in sé medesimo che non potea intendere a rettorica si come solea, insin a tanto che Cesare non li 5. rendeo sua grazia. Et in ciò disse Tullio : « Tu ài renduto a me et alla mia primiera vita V usanza che tolta m' era, ma in tutto ciò m'avevi lasciata alcuna insegna per bene sperare »; e questo dicea perchè l'avea ritenuto in corte, sicché tuttora avea buona credenza. 6. D' attendere la sua 10. buona sentenza lodò Tullio Cesare parlando di Marco Mar- cello: «La sentenza eh' é ora attesa da te sopra questo con- venente non tocca pure ad una cosa, ma à ad convenire (D a tutte le somiglianti, perciò che quello che voi giudicarete di lui atterranno tutti li altri per loro ». 7. Or é detto come 15. s'acquista benivolenzia dalle persone delli uditori; sì dirà Tullio coni' ella s'acquista dalle cose. La benivolenza delle cose. 101. Da esse cose se noi per lode innalzeremo la nostra causa, per dispetto abasseretno quella delii adversarii. 20. Sponitore. 1. Noi potemo avere la benivolenza dell'uditori da esse cose, cioè da quelle sopra le quali sono le dicerie, dicendo le pertenenze di quelle cose in loda della nostra parte et in dispetto et in abassamento dell' altra; sì come disse 25. Pompeio confortando la sua gente alla guerra di Cesare : « La nostra causa piena di diritto e di giustizia, perciò eh' ella è migliore che quella de' nemici, ne dà ferma spe- 4 : M' om. non — 6: M-m la causa dm t. — i a me la mia primiera vila e liisanza — 7: tutti, eccetto L, m'avea — M-m la sua insegna — 8 : M' 7 in questo (?«re i et ((uesto) — 9: M' buona speranna — 10: M-m lodo Cesare di Tullio - IS: M-m ma ad {m a) con- venire, M-L ma dee convenire - 14: Mt per lui — i5: 3f' dele persone — i8:M-mom. so — L sar|uista bonivoglienza se noi ecc. (ma nel latino manca) —19: M' m 7 per disp. — 21 : M' deluditofo, m delli uditori — 24 : m nm. in dispetto — M-m om. idi — 25: M confer- mando la sua gente — 26: m M'-L e piena — Lo pero chella — 27 : m forma speranza (1) Aggiungo un' a, che nella scrittura del codice può considerarsi fusa (come avviene nella pronunzia) con quella precedente di ma con quella seguente di ad. Bel resto basterebbe anche « convenire, quasi come un futuro (« converrà ») scomposto nei suoi elementi. - 128 — ranza d'avere Dio in nostro adiuto(i)». 2, Et ornai à divisato il conto le quattro luogora delle quali si coglie et acquista la benivoglienza, molto apertamente et a compimento; sì ritornerà a dire come noi potemo fare l'uditore intento. 5. Di fare V uditore intento. 102. Intenti li faremo dimostrando che in ciò che noi diremo siano cose grandi o nuove o non credevoli, o che quelle cose toc- cano a tutti a coloro che 11' odono o ad alquanti uomini illustri, ai dei immortali, a grandissimo stato del comune, o se noi prof- 10. terremo di contare brevemente la nostra causa, o se noi propor- remo la giudicazione, o le giudicazioni se sono piusori. Sponitore. 1. Avendo Tullio dato (2) intero insegnamento d'acqui- stare la benivolenza di quelle persone davante cui noi 15. proponemo le nostre parole, sì che l' animo s' adirizzi et invìi in piacere di noi e della nostra causa e che siano contrarii e malevoglienti a'nostri adversarìi, sì vuole Tullio medesimo in questa parte del suo testo insegnare come noi I)otemo del nostro exordio, cioè nel prologo e nel comin- 20. ciamento del nostro dire, fare intenti coloro che noi odono, sì che vogliano achetare i loro animi e stare a udire la nostra diceria; e di questo potemo noi fare in molti modi de' quali sono specificati nel testo dinanti, et in altri simili casi. 2. Et posso ben dire manifestamente che ciascuna per- 25. sona sarà intenta e starà ad intendere se io nel mio comin- 1: m nm. Et — 3 : 3f' nm. la — hi odi. molto — 4: m alento — 8-9: A/' o aliquanlì.... o ali iilii imm. o a — M |)iQrRremo, vi protreremo {lat. pollicebimur) — iO: M-m owi. bre- vemente — VI proiroromo la giuil. — i3 •■ M-m Quamlo Tullio a dato — 14: — J/tlavento — — 7/1 (lavante a cimi — 13-16: 3/' loro siiivii 7 dlrirvi — 17: vi malagevoli — 19: M' nel nostro exorilio — vi nm. nel coniiiiciamento — 21 : 3f' si che noi vogliamo — 32-23: 3f ' Et questo.... i (jua'.i.... davanti — vi om. el — 25: M-m sono noi mio com. (1) Cfr. Lucano, Phars., VII, 349: " Causa iubet melior superos sperare secun- dos „. Solo la lezione di M corrisponde anche per la forma sintattica. (2) Si rimano alquanto in dubbio sulla lezione da preferire, perchè tra un Avendo e un Quando la differenza grafica ò lieve, data la somiglianza di una forma di A con Q. Ma il gerundio Avendo, con una costruzione meno comune, più difficilmente può esser dovuto a un copista; d'altra parte il quando in senso di " dopo che „ non è dell'uso di Brunetto, clie adopra continuamente la formula " Poi che Tullio ha detto „ "ha insegnato ,, (S'intende clie l'inserzione di a davanti a dato diveniva necessaria leggendo Quando). - 129 - ciamento dico eli' io voglia trattare di cose grandi e d'alta materia, sì come fece il buono autore recitando la storia d'Alexandro, che disse nel suo cominciamento : « Io diviserò e conterò così alto convenente come di colui che conquistò ó. il mondo tutto e miselo in sua signoria ». 3. Altressì fie inteso s' io dico eh' io voglia trattare di cose nuove e con- tare novelle e dire eh' è avenuto o puote advenire per le novitadi che fatte sono, sì come disse Catellina : « Poi che Ila forza del comune è divenuta alle mani della minuta 10. gente et in podere del populo grasso, noi nobili, noi (i) potenti a cui si convengono li onori, siemo divenuti vile populo sanza onore e sanza grazia e sanza autoritade ». 4. Altressì fie intento s' io dico eh' io voglia trattare di cose non credevoli, sì come '1 santo che disse : « Il mio 15. dire sarà della benedetta donna la quale ingenerò e par- turio figliuolo essendo tuttavolta intera vergine davanti e poi »; la quale è cosa non credevole, i^erciò che pare es- sere centra natura. Et si come diceano i Greci: « Non era cosa da credere che Paris avesse tanto folle ardimento che 20. venisse 'n essa terra (2) a rapire Elena ». 5. Altressì fie intento s'io dico che '1 convenente sopra '1 quale dee essere il mio parlamento a tutti tocca od a coloro che 11' odono, sì come disse Gate parlando della congiurazione di Catellina: « Con- giurato anno i nobilissimi cittadini incendere e distruggere 1 : M traclai-e cose, m cliio voglia di trattare chosa grande — 2 : M actoro, m attor.j — 4-5: M' recontcro.... conquise.... 7 mise — 5-6: M' fia inlento sic dica.... 7 contrario no- velle - 7: M' 7 puote — 9: M storca — m e venuta.... gente minuta — 10: m M'-L non potenti — iy : J>f' noi a cui — 13: M Altre si — 14-15: M'-L sicome disse il santo che disse - i II mio dotto — 16: M' partorie il figluplo — 17 : M^ -j di. poi — M-m om. la quale.... natura — 19: M-m oni. folle — m om. che venisse — SO: M nessa terra, m in essa terra, M'-L nela nostra terra — M arape — 22: M' tocclia a tutti coloro -- 24: M' anno nob. citt. dincendore (1) Nonostante l'accordo di tutti gli altri codici, mi attengo a M, la cui lezione è confermata dal testo di Sallustio: " omnes, strenui, boni, nobiles atque igno- biles „ ecc. Brunetto non traduce esattamente, ma vuol mettere in rilievo la dignità delle persone, e perciò ripete il noi; forse questa parola in qualcuno dei primi apografi fu scritta no (no') e quindi scambiata colla negazione: non potenti. Favoriva l'errore anche il tono insolito della frase " noi nobili, noi potenti ,., mentre le parole " in podere del populo grasso „ inducevano a considerare " non potenti „ i nobili. (•2) Intendo in essa terra (come scrive m), cioè " nella patria stessa „ , in ipsa terra. Leggendo con 21f » nella nostra terra si avrebbe lo stesso senso in forma più chiara; ma non saprei allora spiegare la variante di M-m. È possibile che, omesso il nostra, un nella sia stato letto nessa, che a prima vista non dà senso ? Invece nulla di più facile del caso inverso, e.ssendo l's di forma allungata cosi simile a l. — iso- la patria nostra, e '1 lor capitano ne sta sopra capo. Adun- que dovete compensare clie voi dovete sentenziare de' cru- delissimi cittadini che sono presi dentro nella cittade » (l). 6. Altressì fie intento s' io dico clie Ila mia diceria tocca 5. ad alquanti uomini illustri, cioè uomini di grande pregio e d'alta nominanza in traile genti sì come disse Pompeio parlando della battaglia civile: « Sappiate che l'arme de' ne- mici sono appostate per abbattere l'alto e glorioso sanato ». 7. Altressì fie inteso s'io dico che Ile mie parole toccano a'dei, 10. si come fue detto di Catellina poi ch'elli ebbe conceputo di fare cotanta iniquità: «Ma elli gridava ch'appena i dei di sopra potrebbero ornai trarre il populo delle sue mani » (2). 8. Altressì fie intento s' io dico nel principio di dire la mia causa brevemente et in poche parole, sì come disse il poeta 15. per contare la storia di Troia: «Io dirò la somma, come Elena fue rapita per solo inganno e come Troia per solo inganno fue presa et abattuta ». 9. Altressì fie intento s'io nel mio exordio propongo la giudicazione una o più, cioè quella sopra che io voglio fondare il mio dire e fermerò 20. la mia provanza, sì come fece Orestes dicendo: « Io pro- verò che giustamente uccisi la mia madre, imperciò che dio Apollo il mi à comandato, perciò che uccise il mio padre». IO. Et di tutti modi per fare l'uditore intento potemo noi coUiere exempli in queste parole che disse 25. Tullio a Cesare parlando per Marco Marcello: « Tanta 1 : M-m 7 lor — M' ne sopra capo — 2-3 : m dovete pensare, Mi pensale — M-m esmarn {m esimare) de nobilissimi citi. — M' ohe sono dentro ala cittade (anche m dentro alla) — 4 : M fue, m M' (la — 5-6: M' cioè de gr. — M-m 7 da tale nominanca — 7 : M-m che latine — 8: M-m sano, M' senato — 9: M' fia intonto — lO-ll: M-m poi chelll anno conceputo di faie tanti iniipii mali gridava (m om. gridava) — 12: M apena ornai — 13: 3f' nel cominciamento — 14: Jf' o in jioclie parole — 15-16: M' om. Io dirò.... e come Troia, M om. Troia [spazio bianco) — 18: m diclio 7 propongo nel mio exordio — 19: Mi sopra che infomliiro il mio dire e fondata — m sopralla quale — 22: M-m che io ajmllo il mio comandato, 3f' chol dio Appello lo ma com. (/.. lo mavea), 7 perciò cliella — 23: m atento — 24: M' exemiilo — 25: M-m om. a — M' parlando a lui (1) Questo periodo è d'incerta lezione, male varianti registrate in nota sono palesi accomodamenti, specialmente il pensate di Jtf ' per evitare la ripetizione di dovete; co.si esmare esimare può esser nato da una sigla di sentenziare (0 si tratterà di fmare, fermare?). Glie sia poi da leggere crudelissimi cittadini ò con- fermato, oltre che dal senso, dalla parola hostibiis che vi corrisponde i\el tosto di Sallustio ; nobilissimi ò derivato dalla frase del periodo precedente. (2) La lezione di M', che è tutta accettabile, dà ragione degli errori di Mm: il primo elli parve plurale, e quindi si fece elli anno; il ma unito con Mi divenne mali e portò con sé altri cambiamenti. Ma non giurerei che tutto sia genuino" - 131 - mansuetudine e cosi inaudita e non usata pietade e cosi incredebile e quasi divina sapienzia in nessuno modo mi posso io(l) tacere nò sofferire ch'io non dica». Et poi che Tullio à pienamente insegnato come per le nostre parole 5. noi potemo fare intento l'uditore, si dirà come noi il po- terne fare docile. Come l'uditore sia docile. 103. Docili faremo li uditori se noi proporremo apertamente e brevemente la somma della causa, cioè in che sia la contraversia. 10. E certo quando tu il vuoti fare docile conviene che tu insieme lo facci attento, in però che quelli è di grande guisa docile il quale è intentissimamente apparecchiato d'udire. Sponitore. I. Quelle persone davanti cui io debbo parlare posso io 15 fare docili, cioè intenditori, da tal fatto: se io nel mio exor- dio, alla 'ncviminciata della mia aringhiera, tocco un poco d^l fatto sopra '1 quale io dicerò, cioè brevemente et aper- tamente dicendo la somma della causa, cioè quel punto nel quale è la forza della contenzione e della controversia. Cosi 20. fece Saiustio docile Tulio dicendo: « Con ciò sia cosa ch'io in te non truovi modo né misura, brevemente risponderò, che se tu ài presa alcuna volontade in mal dire, che tu la perda in mal udire ». 2. Questo et altri molti exempli potrei io mettere per fare l'uditore docile, si come buono intendi- 25. tore puote vedere e sapere in ciò eh' è detto davanti. Et perciò che '1 conto à trattato inn adietro di due maniere exordii, cioè di principio e d'insinuazione, et àe divisato i : M consuetudine, m sollicituiline, L inmansuetudine — M'-L nm. lo e cosi — M man- dila — 2-3: M-m mi possono, M*-L io posso — m om. Et — 5: M' luditore intento, M nm. l'uditore — 8: M' Docile l'aremo luditore — M-m proi)onemo — iO: Af' Et credo quando tu vuoli — 12 : m nm. è — M' attentissimamente — 14 : m davanti a chui — 15 : 3/' docile cioè intenditori de tutto il facto — M-m sarò nel mio ex. — 16: M' incomincianza — M ar- rincliiera, M' aringheria — m cominciamo 7 toccho — 18: Af' om. dicendo — 19: M' nel quale e la contentione — 20: M' om. cosa (ma non L) —21: m o misura — M' ti li- spondo — 23 : M' om. io — 25 : m om. e sapere — 27 : M' doxordio (1) È chiaro che posso io fu dall'archetipo di M-m trasformato in possono perchè tutti i sostantivi che precedono parvero soggetti e non complementi og- getti ; e vi dovè contribuire una falsa lettura (cfr. un caso simile in 128, 23, seno per se io). La lezione di M'-L è solo un facile accomodamento. - 132 - ciò che ssi conviene fare e dire nel principio per fare l'uditore benivolo, docile et intento, sì dirà lo 'nsegnamento della insinuazione in questo modo: Lo 'nsegnamento della Insinuazione. 5. 104. (e. XVII) Oramai pare che sia a dire come si conviene trattare le insinuazioni. Insinuatio è da usare quando la qualitade della causa è mirabile, cioè, sì come detto avemo inn adietro, quando l'animo dell'uditore è contrario a noi; e questo adiviene maxima- mente per tre cagioni: o che nella causa è alcuna ladiezza, o coloro 10. e' anno detto davanti pare ch'abbiano alcuna cosa fatta credere al- l'uditore, se in quel tempo si dà luogo alle parole, perciò che quelli cui conviene udire sono già udendo fatigati; acciò che di questa una cosa, non meno che per le due primiere, sovente s'of- fende l'animo dell'uditore. 15. Sponitore. 1. In adietro è detto sofficientemente come noi potemo acquistare la benivolenza dell" uditore e farlo docile et in- tento in quella maniera de exordio la quale è appellata principio. Oramai è convenevole d' insegnare queste mede- 20. sime cose nell'autra maniera de exordio la quale è appellata « insinuatio ». 2. Et ben è detto qua indietro che « insinuatio » è uno modo di dicere parole coverte e infinte in luogo di prologo. Et perciò dice Tullio che questo tal prologo in- daurato dovemo noi usare quando la nostra causa è laida 25. e disonesta inn alcuna guisa, la qual causa è appellata mi- rabile, sì come pare in adietro là dove fue detto che sono cinque qualità U) di cause, cioè onesta, mirabile, vile, du- biosa et oscura. 3. E buonamente nelle quattro ne potemo noi passare per principio; ma in questa una, cioè mirabile, 1 : M cioè — M' om. fare e — S : M-m om. s\ — 6: 3f ' della ìnsinualiono — 7: m ohi. s'i — 8 •■ M-m 7 di questo diviene — iS: L Kt di questa — Iti: M-m a detto — 20: W nella maniera — 2i : m Bono dotto — S3: M-m cai prologo (m prolago danrato), 3/' cotale prolago — S6: M-m nm. in adiotro — 27: M modi ([ualità (hi qui è corroso, vin lo spazio fa supporre lo slesso), M'-L qualitadi dolio cause — 29: M' cioè nollamirabile (1) Conservo la parola qualità attestata da ambedue le tradizioni, tanto più Clio anche prima (cfr. p. Ili) Brunetto usa lo stesso vocabolo. In M abbiamo modi qualità: probabilmente si tratta di una sostituziono o variante, che venne poi introdotta nel testo (a mono clie non si voglia supporre un modi o qualità). - 133 - ne conviene usare insinuazione per sotrarre 1' animo del- l' uditore e tornare in piacere di lui ed in grazia quel che pare "essere in suo odio. Adunque ne conviene vedere in quanti e quali casi la nostra causa puote essere mirabile, 5 e poi vedere come noi potemo contraparare a ciascuno; e sono tre casi. 4. Primo caso si è quando sie nella causa alcuna ladiezza per cagione di mala persona o di mala cosa ; che al vero dire molto si turba l'animo dell'uditore contra il reo uomo e per una malvagia cosa. 5. Il secondo caso è 10. quando il parlieri ch'à detto davanti à sie et in tal guisa proposta la sua causa, eh' è intrata nell'animo dell'uditore e pare già che Ha creda sì come cosa vera; per la quale cosa r uditore, poi che comincia a credere alle parole che ir una parte propone et extima che Ila sua causa sia vera, 15. apena si puote riducere a credere la causa dell'altra parte, anzi sine strana et allunga (D. 6. Il terzo caso è d'altra ma- niera: che sovente aviene che quelle persone davanti cui noi dovemo proporre la nostra causa e dire i nostri con- venenti anno lungamente udito e stati a intendere altri 20. e' anno detto assai e molto, prima di noi, donde l'animo dell' uditore è fatigato sì che non vuole né agrada lui d'intendere le nostre parole; e questa è una cagione che offende l'animo dell'uditore non meno che 11' altre due Et perciò conviene a buon parliere mettere rimedi di pa- 25. role incontra ciascuno caso contrario, secondo lo 'nsegna- mento di Tulio. Della laidezza della causa. 105. Se la laidezza della causa mette l'offensione, conviene mettere per colui da cui nasce l'offensione un altro uomo che sia 30. amato, o per la cosa nella quale s'offende un'altra cosa che sia 1 : m ci conviene — 2: m om. ori in grazia — 3: M (im. come, m so noi potonio, il/' come ne polemo — 6 : 3/' 11 primo caso — nella causa sie — M om. riuando sie — m Primo sie «e ((ujgiunliì) n. e. o alcuna I. — 7 ; M-m mala causa — 9 : M^ un reo — m om. e — caso sie — 11 : m proposto — 13: m poi cliomincia — M' le parole — 15: M' raducere, L re- ducere — 16: M 7 luna 7 allunga — 16-17: m sie.... che spesso.... davanti a chui — 19: M' stato — 20: M^ 7 prima — m om. di noi — 22 : M' om. d'intendere — 23: M' om. duo — 24 : M' m al buono p. — M ' remodio — 25: m contro a ciascheuno caso — 28: M-m So laidezza, M^ Della laidezza d. e. alolfensione — m mette otfensione - 29 : M^ di cui — M-m in altro (1) Lo strano 7 luna di M (si noti che manca in m) mi sembra un semplice trascorso di penna del copista, che accortosi dell'errore riscrisse 7 allunga, di- menticandosi però di espungere le lettere precedenti. - 131 - provata, o per la cosa uomo o per l'uomo cosa, sicché l'animo dell'uditore si ritragga da quello che 'nnodia in quello ch'elli ama; et infingerti di non difendere quello che pensano che tu voglie difendere, e così, poi che 11' uditore fie più allenito, entrare in difen- 5. dere a poco a poco e dicere che quelle cose, le quali indegnano l'aversarii, a noi medesimi paiono non degne. Et poi che tu avrai allenito colui che ode, dei dimostrare che quelle cose non pertiene atte neente, e negare che tu non dirai alcuna cosa dell' aversarii, ne questo ne quello, sì eh' apertamente tu non danneggi coloro che 10. sono amati, ma oscuramente facciendolo allunghi quanto puoi da lloro la volontade dell'uditore; e proferere la sentenzia d'altri in somiglianti cose, o altoritade che sia degna d'essere seguita; et apresso dimostrare che presentemente si tratta simile cosa, o mag- giore minore. 15. SponHore. I. In questa parte dice Tullio che, se 11' uditore è tur- bato coutra noi per cagione della causa nostra che sia o che paia laida per cagione di mala persona o di mala cosa, allora dovemo noi usare insinuazione nelle nostre parole in 20. tal maniera, che in luogo della persona coutra cui pare corucciato l'animo dell'uditore noi dovemo recare un'altra persona amata e piacevole all'uditore, sì che per cagione e per coverta della persona amata e buona noi appaghiamo l'animo dell'uditore e ritraiallo del coruccio ch'avea coutra 25. la persona che lui semblava rea; si come fece Aiax nella causa della tendone che fue intra lui et Ulixes per l'arme eh' erano state d'Acchilles. 2. Et tutto fosse Aiax un va- lente uomo dell'arme, non era molto amato dalla gente né tenuto di buona maniera. Ma Ulixes, per lo grande senno 30. che in lui regnava, era molto amato. Onde Aiax, volendosi contraparare, nel suo dicere ricordò com' elli era nato di Telamone, il quale altra fiata prese Troia al tempo del forte 1 : M-m piT luionio — 2: M-m che non dia — 4: m sarà jiiu allenato — 3/' ih a difon- (li!i-G— 6: 3f medesime — 3/' paiano — m paiono a noi non degne. Poi l'Iie — 7: 3/dimislrarc — M' di ([uelle cose non tiene — 8: m om. tu -- iV neuno cosa — 9: M ne i(iiosliono i|iiollo, m ne cosa diclia aiiei'tamonte die non danneggi — li : m dalla loro volontà.... (corroso) ~ i2: M' oda aiiclol'itade — 13-14: M-iii simili cose o maggiori o minori — 16: M-m In lincila parto - 17: M' causa nominala — o jiaia — SI: M-m in altra — 22: M sij clic; — 23: m om. e |ier coverta — M' noi rappaghiamo - 24: M' om. e — M-m ritragalo — 25 : M' callui sembiava — m jiaroa rea — om. s\ — 26: M-m della intentalione {M expuniie ta) — 28: M-m darme — 29: M' temuto (ma L tenuto) — 31: M' amato di Telamone — M-m Telami ne - 135 — Hercole; e così mettea la persona avanti amata e graziosa in luogo di sé et in suo aiuto, per piacerne alla gente e per avere buona causa. 3. Et quando la causa è laida per cagione di mala cosa, si dovemo noi recare nel nostro parlamento 5. un' altra cosa buona e piacevole ; si come fece Catellina scusandosi della congiurazione che facea in Roma, che mise una giusta cosa per coprire quella rea, dicendo : « Eili è stata mia usanza di prendere ad atare li miseri nelle loro cause » (i\ i : Af' mettea avanti — 2: M j di suo auito — i/' per piacere — m om. per p. a. g. e — 6: li sensanrtosi, wi pensandosi — M' elio fece — 7: M-m iusla causa — 8-9: M Klli e stata sanca riprendere {M' fa pitntn dopo cigli, ma anche L dopo (JicenJo), m dicendo elli cosa sanza riprensione adatare li miseri nella loro cliaiisa. (1) A questo punto rimane interrotto il testo in tutti i codici. M-m hanno: Explicit iste liber. Scriptor sii crimine liher — Deo gratias — Amen {m om- Amen). Invece in 3f« si legge questa nota: Nonn è finito il libro, ma non sine tr uova più volgarizzato ; ma, a seguire l'ordine cominciato, dovrebbe seguire ancora chiosa nela quale dichiarasse come si mette la cosa per V uomo e V uomo per la cosa.
Tuesday, March 8, 2022
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