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Monday, March 14, 2022

GRICE E GUICCIARDINI

 onesto ma utilitario,ambi ziosoepositivo,consideratoildramma dellaruina italica, in mezzo al quale si svolse l'agitata sua esi stenza, voi avrete nelle mani il segreto per giudicare la sua energia morale anche nelle opere scritte, in cui manifesta l'anima sua,che vibra d'ambizione,di collera,discoraggiamento,dibeffardoscetticismo e anche di nobili entusiasmi.  e 2 ZANONI.   INTORNO AI DISCORSI DEL MACHIAVELLI SULLA PRIMA DECA DI TITO LIVIO. NiccolòMachiavelliposemano aisuoiDiscorsisulle Deche diTitoLivionel1513,elifinìmoltopiùtardi: liandò leggendo negli Orti Oricellari,circondato dalla gioventù fiorentina,che pendeva ammirata dallesue labbra. Egli dice, sin dal principio, di essere stato spinto a svolgere sì alto argomento dal bisogno di o p e rare quelle cose che credeva adatte a recare comune beneficio a ciascuno. E se l'ingegno povero,la poca esperienza delle cose presenti, la debole notizia delle antiche, faranno questo suo conato difettivo e di non molta utilità, daranno almeno la via ad alcuno, il quale,con più virtù,discorso e giudizio,possa a questa sua intenzione soddisfare.Più apertamente manifesta questo suo desiderio,concludendo:«Benchè questa impresa sia difficile, nondimeno aiutato da coloro, che mi hanno ad entrare sotto questo peso confortato, credo portarlo in modo che ad un altro resterà breve cammino a condurlo al luogo destinato.'» Il Guicciar dini ne accettò l'invito e scrisse le sue osservazioni intorno ai Discorsi del Machiavelli,fermandosi a con 1Machiavelli,nel proemio al primo libro dei Discorsi.  CAPITOLO SECONDO. CONSIDERAZIONI DEL GUICCIARDINI   CONSIDERAZIONI INTORNO AI DISCORSI DEL MACHIAVELLI. 19 Il Machiavelli tratta delle origini delle città e os serva che se trovansi in luoghi sterili, i cittadini d i ventano energici ed operosi : m a se si stabiliscono in luoghi fertili, cadono nell'ignavia,se non si cerca con le leggi di correggere il male morale portato dalla fecondità della terra. Se non che la sterilità dei luo ghi non offre facile via alle conquiste,e per questo i Romani fondarono la loro città in luogo fertile e adatto a spianare ad essi la via dell'imperio : al ri manente rimediarono con leggi severissime,le quali resero armigero il popolo. Su quest'ultima parte il Guicciardini,che assaiammira l'arte militare deiR o mani e non troppo il governo e la politica loro, os serva che Roma era bensìposta in paese fertile,ma per non avere contado e essere cinta di popoli po tenti, fu forzata allargarsi con la virtù delle armi e con la concordia ;e questo si discorre non in una città chevogliavivereallafilosofica,ma inquellechevo  siderare i primi due libri e appena qualche capitolo del terzo,perchè gli mancò iltempo a continuare il lavoro intrapreso.In esse spicca la differenza di mente fra il Guicciardini e il Machiavelli : questi guarda le questioni da sublime altezza e sotto un aspetto più g e nerale,abbandonandosi alla sua geniale idealità,nello studiare l'organizzazione dello Stato ; il Guicciardini invece,ricco di tanta esperienza,vero genio del senso pratico,nonsegueilsuoamiconeivolipoetici,ma si ferma soltanto a rettificare quelle idee del Machia velli a lui sembrate erronee : in ciò mostra forza e sicurezza di indagine, conoscenza profonda dei go verni. Egli discute i mezzi di reggere le repubbliche e i principati, ne studia l'indole per cercare il go verno migliore : parla dei modi di comportarsi coi soggetti e di aumentare fuori l'imperio degli Stati,di condurre le guerre, dell'efficacia delle religioni sulla civiltà delle nazioni:ragiona sullanatura umana,do minata dai due istinti del bene e del male. <   20 CAPITOLO SECONDO. gliono governarsi secondo il comune uso del mondo, come è necessario fare;altrimenti sarebbono,essendo deboli, oppresse e conculcate da'vicini.'» Moltissime sono le osservazioni del Guicciardini circa le varie specie di governo,le guarentigie da prendersi per custodire la libertà, le qualità e condizioni necessarie ad un regime per essere forte.” Degne di studio sono pure quelle riguardanti il principato,ilgoverno popolare e quello degli ottimati. « Il frutto del governo regio,così il Guicciardini,è che molto meglio, con più ordine, con più celerità, con più segreto, con più risoluzione si governano le cose pubbliche quando dipendono dalla volontà di un solo, che quando sono nell'arbitrio di più.» Ma se il so vrano è cattivo, gli effetti ne sono pessimi. E però, secondo lui,è necessario farlo perpetuo,ma limitargli l'autorità, con fare che da sè solo non possa disporre di alcuna cosa e solamente abbia libertà d'azione in quelle che sono di minore importanza. Dichiara che nel governo degli ottimati è il bene, perchè essendo in più non possono cadere tanto facilmente nella ti rannide, come avviene nel principato :essendo uomini qualificati governano con più prudenza e intelletto del popolo.Il male è che favoriscono troppo le cose p r o p r i e e o p p r i m o n o il p o p o l o : l ' a m b i z i o n e f a n a s c e r e in essi le sedizioni e per via della tirannide si produce la ruina della città. Se poi, invece del governo degli ottimati, per elezione o per qualità, che si potrebbe rendere buono con acconci provvedimenti, si avesse quello degli ottimati per nascita o per eredità,questo sarebbe il peggiore di tutti. « Nel governo di popolo è di buono che mentre dura non vi è tirannide ; pos sono più le leggi che gli uomini ; e il fine di tutte le deliberazioni è badare al bene universale. Di male 1 F. GUICCIARDINI, Opere inedite, vol.I, pag.5. Firenze, Bar bèra,Bianchi e Comp.,1857.  7 2 Ibidem,pag.6.   CONSIDERAZIONI INTORNO AI DISCORSI DEL MACHIAVELLI. 21 Egli,nei suoi giudizî così temperato, lascia ogni prudenza allorchè parla del popolo che disprezza,m e n tre il segretario fiorentino lo esalta e l'ama.Intorno alla ignoranza e malvagità,fondate in sulla invidia, opina « che senza comparazione il popolo sia più in grato ; perchè, e per essere gli uomini distratti in varie faccende, e per altre cagioni, manco intende, manco distingue e manco conosce che non fa il prin cipe ; e quanto alla invidia,cade più facilmente negli uomini popolari,a’quali ogni grandezza punto emi nente o di nobiltà o di ricchezze o di virtù o di ri putazione è ordinariamente molesta ; nè cosa alcuna dispiace loro che vedere altri cittadini che abbino più qualità di loro e questi sempre desiderano abbas  vi è che il popolo,per la ignoranza sua,non è capace di deliberare le cose importanti. è instabile e desi deroso sempre di cose nuove e però facile a essere -mosso e ingannato dagli uomini ambiziosi e sediziosi ; batte volentieri i cittadini qualificati, che gli neces sita a cercare novità e perturbazioni.» Il Guicciar dini,inchinevole più al governo di uno, quando sia temperato da savie leggi,anzichè al popolare, si di scosta in ciò da Machiavelli,che nel popolo ripone grandi speranze : questo è uno dei punti,in cui la dif ferenza deigiudizî si fa più spiccata fra di essi.Del resto il Guicciardini reputava ottima la forma del governo misto di principe,popolo,ottimati,togliendo da ciascuna specie il buono e lasciando indietro il cattivo, cercando di conciliare tutti gl'interessi; la qual forma presenta delle somiglianze coi governi co stituzionali dei nostri tempi,ed è quellalodatapure dal Machiavelli. I due grandi statisti fiorentini discor rono dei governi secondo le idee di Polibio, ma il Guicciardini, profondo conoscitore delle condizioni dei suoi tempi,con acume più pratico parla dei varî re gimi e delle passioni e appetiti che muovono iprin cipi, i nobili e il popolo ad impadronirsi dello Stato.   1Op.cit.,pag.44,45 ec. 2 Op.cit.,pag.14,15,16 3 Op.cit.,pag.42,43. CAPITOLO SECONDO.  sare.'> Crede il Guicciardini di non saper bene ciò che voglia dire la questione presentata da Machia v e l l i, s e s i d e v e p o r r e l a g u a r d i a d e l l a l i b e r t à n e l p o polo o ne'grandi. Se intendesi discorrere di chi deve partecipare al governo,ciò spetta,nei governi misti c o m e quello di R o m a , tanto ai patrizî c o m e ai plebei , che salvarono spesso la libertà della patria. «Ma quando fosse necessario mettere in una città o un governo meramente di nobili o un governo di plebe, è manco errore farlo di nobili, perchè essendovi più prudenza ed avendo più qualità,sipotràpiùsperare si mettino in qualche forma ragionevole,che in una plebe,la quale essendo piena d'ignoranza,di confu sione e di molte male qualità, non si può sperare se non che precipiti e commetta ogni colpa. > Lo stesso disprezzo per il popolo lo rivela nelle pagine, in cui d i mostra essere stati i Romani meno ingrati degli Ate niesi verso iloro cittadini più illustri.Ciò accadeva per chènellanaturadeiRomani nonfulaleggerezzadegli Ateniesi e anche per la diversità del governo.In Atene poterono i cittadini con le arti popolari salire presto in potenza e farsi grandi : m a i capi, in questo g o verno popolare, caddero più facilmente in sospetto e con più leggerezza e meno considerazione furono op p r e s s i . L a p l e b e r o m a n a t r o v ò il c o n t r a p p e s o d e l l a n o biltà,poichè nel Senato si trattavano le cose più gravi. La qualità quindi del governo dei Romani,più tempe rato e prudente, fu causa che icittadini ebbero meno degli Ateniesi aperta la via alla tirannide e vi furon m e n o b a t t u t i . M a q u a n d o il G u i c c i a r d i n i v u o l d i m o strare che la costanza e la prudenza sono qualità meno del popolo regolato da leggi e più del principe e degli ottimati regolati dalle leggi,egli diviene aspro e quasi violento contro il popolo : « Perchè dove è   CONSIDERAZIONI INTORNO AI DISCORSI DEL MACHIAVELLI. 23 minor numero,èlavirtùpiùunita,epiùabileapro durre gli effetti suoi ; vi è più ordine nelle cose, più pensieroedesame,ne'negozîpiùrisoluzione;ma dove è moltitudine,quivi è confusione; e in tanta dissonanza di cervelli, dove sono varî giudizî,varî pensieri, varî fini, non può essere nè discorso ragionevole,nè riso luzione fondata, nè azione ferma. Però non senza cagione è assomigliata la moltitudine alle onde del mare,lequalisecondoiventichetiranovannoora in qua ora in là, senza alcuna regola, senza alcuna fermezza.'  I principi e con essi i più eminenti statisti della Rinascenza avevano la convinzione essere le istitu zioni un trovato dell'ingegno,e da questo unicamente dipendere senza badare alla responsabilità delle azioni, nè alla violenza che isovrani avrebbero esercitata so pra i soggetti. Essi non sospettavano che il governo di un popolo dovesse sgorgare direttamente dal suo spirito e trovare un sostegno nelle tradizioni del paese. Il Guicciardini soltanto in parte era di ciò persuaso ; vagheggiava un governo misto, ma inten deva accordare al popolo la minore ingerenza possibile in esso:pure ilregime desiderato da Firenze,eche era stato la gloria della repubblica,era il democra tico, malgrado gli errori in cui era caduto.Tuttavia a lui, osservatore profondo, non sfugge mại la realtà delle cose e dice che un popolo,uso a vivere sotto un principe, se diventa libero,con difficoltà mantiene gli ordini liberi:ciò non accade invece ad un altro che sia stato libero e per qualche accidente abbia perduto la libertà,perchè in questo caso si possono ripigliare gli ordini liberi, vivendo con chi già li pos sedette, ed essendo nei cuori la memoria dell'antica repubblica. Afferma anche la difficoltà di educare un popolo alla libertà se mai non la conobbe :in tal caso 1Op.cit.,pag.54,55.   necessita fondare un governo temperato,opprimere i nemici, lasciando sicuri quelli che vogliono vivere bene.E più avanti:un principe che ha inimico il popolo,per la oppressione male esercitata, vi rime dierà levando via le ingiurie e governando giusta mente,ma non vi rimedierà se si trova davanti un popolo che vuole essere libero per aver mano al go verno,perchè in questo caso sono vane le dolcezze.? Al Guicciardini, nel meditare sulle vicende storiche del passato, appariva vana la speranza di ritrovare il buono assoluto nelle forme di governo,perciò ne cer cava il buono relativo che potesse reggersi in mezzo al trambusto degli avvenimenti tempestosi che scon volgevano l'Italia,invasa dagli stranieri.La società trasformatasi manifestava nuove aspirazioni e nuovi bisogni che occorreva seguire e accontentare : si d o vevano evitare i mezzi estremi col cercare l'armonia dei varî interessi. M a , ripetiamo, egli accordava al popolo una piccola partecipazione al governo,mentre l'aveva avuta grandissima, e quindi urtava contro le tradizionipatrie:scordava che la natura delude con le sue leggi il nostro volere e si vendica di chi,col l'intenzione di dominarla, non cerca innanzi tutto di assecondarla. Nella Considerazione sul capitolo X V I , già da noi ricordata,ilGuicciardini mostra la differenza fra l'in dole sua e quella del Machiavelli, il quale assicurava che in Roma antica non si poteva trovare mezzo più efficace per cementare la libertà che ammazzare ifigli diBruto.IlGuicciardini,rispondendogli,riconosce la necessitàdituffareasuotempolemaninelsangue, tuttavia fa voti perchè « non desideri la nuova libertà che vi siano figliuoli di Bruto,cioè chi macchini contro allo Stato, per avere causa di acquistare riputazione e tenere con la severità ;perchè se bene è necessario in 1Op.cit.,Considerazione sul cap.XVI.  24 CAPITOLO SECONDO. 1   CONSIDERAZIONI INTORNO AI DISCORSI DEL MACHIAVELLI. 25 simili casi mettere mano nel sangue, sarebbe stato meglio non avere avuto necessità, e che Bruto non avesse figliuoli, che averne per avergli ammazzare.'> Nell'agitare la quistione sulla bontà dei governi, si discute,dal Guicciardini e dal Machiavelli,non solo intorno ai mezzi di ringagliardire la repubblica,ma a n c h e il p r i n c i p a t o . S e u n p r i n c i p e , s e c o n d o il G u i c ciardini, si trova di fronte a un popolo che ami la li bertà,ilsolo rimedio sarà quello « o di farsi dei par tigiani di qualità, che siano potenti a opprimere il p o p o l o , o v v e r o , c o l b a t t e r e e a n n i c h i l i r e il p o p o l o d i sorte che non possa muoversi,introdurre nuovi abi tatori e di qualità che non abbino a avere causa di d e s i d e r a r e l a l i b e r t à .? » C o s ì , s e n z a p a r e r e , e g l i s e m braaccostarsimoltoalleideediMachiavelli,ma tosto cerca di rendere meno cruda e assoluta la sentenza emessa. « Però bisogna che il principe abbia animo a usare questi estraordinarî,quando sia necessario; e nondimeno sia sì prudente che non pretermetta q u a lunque occasione se gli presenti di stabilire le cose sue con la umanità e co'benefizî, non pigliando così per regola assoluta quello che dice lo scrittore, al quale sempre piacquono sopra modo e rimedi estraor dinarî e violenti.?» Il Machiavelli è d'opinione che a fondare una re pubblica bisogni essere solo e che per questo fece bene Romolo ad ammazzare ilfratello.A luirisponde ilGuicciardini: «Non è dubbio che uno solo può porre migliore ordine alle cose che non fanno molti, e che uno in una città disordinata merita laude,se, non potendo riordinarla altrimenti,lo fa con la vio lenza e con la fraude e modi estraordinarî. M a è da pregare Dio che le repubbliche non abbino necessità diessereracconcepersimilevia,perchè glianimi  1 O p . c i t ., p a g . 3 4 . 2Op.cit.,pag.35. 3 O p . c i t ., p a g . 4 1 , 4 2 .   26 CAPITOLO SECONDO. degli uomini sono fallaci e può uno sotto questo onesto colore occupare la tirannide.> Inoltre « bi sogna prima bene leggere e considerare la vita di Romolo,ilquale,sebbene mi ricordo,sidubitò non fosse ammazzato dal senato,per arrogarsi troppa au torità.'> E mentre il Machiavelli entusiasmato parla della generosità d'animo del suo principe legislatore, che, compiuta l'opera, senza lasciare lo Stato ai figliuoli, lo affida alle cure vigili del popolo, ecco il Guicciardini interromperlo e osservare che « questi pensieri che i tiranni deponghino le tirannidi,e che i re ordinino bene i regni, privando la loro posterità della successione,si dipingono più facilmente in su'li bri e nelle immaginazioni degli uomini,che non se ne eseguiscono in fatto.”» Ammette,col Machiavelli, la frode, la violenza, l'inganno,per cementare salda mente uno Stato, ma vuole attenuare il fatto, e ne discorre con parole moderate e suggerite dal buon senso. Così pure non condivide gli entusiasmi del M a chiavelli sull'uomo destinato a dare nuova vita a un popolo, sebbene egli creda gli uomini meno cattivi di quelloche sono reputati dal segretario fiorentino. Dimostra il Machiavelli che si viene di bassa a gran fortuna, più con fraude che con la forza ;m a il Guicciardini osserva : « Se lo scrittore chiama fraude ogni astuzia o dissimulazione che si usa anche senza dolo, può essere vera la conclusione sua,che la forza sola,non dico mai,che è vocabolo troppo assoluto, ma rarissime volte conduca gli uomini da bassa a grande fortuna.Ma se chiama fraude quella che è proprio fraude, cioè il mancamento di fede, o altro procedere doloso,credo si trovino molti che hanno senza fraude acquistato regni e imperî grandissimi. Di questi fu Alessandro Magno,di questi Cesare,che di cittadino privato con altre arti che di fraude si 1-2 Op.cit.,pag.22,23,26.    CONSIDERAZIONI INTORNO AI DISCORSI DEL MACHIAVELLI. Presuppone il Machiavelli che tutti gli uomini sono cattivi ed essere necessario all'ordinatore di una re pubblica infrenarli con le leggi,perchè non operano mai ilbene se non per necessità.IlGuicciardini è con trario a questa sentenza eccessiva, e crede la maggior parte degli uomini inchinevoli più al bene che al male : e se alcuno ha altra inclinazione, è così diffe rente dagli altri e spoglio dell'istinto che ci porge lanatura,da doversipiùprestochiamaremostroche uomo.È adunqueogniuomoinclinatoalbene,ma, essendo la natura sua fragile, può essere deviata dal retto cammino,dalla volontà,dall'ambizione e dal l'avarizia:leleggisidevonofareinmanierada impe dirgli di fare il male di cui sente l'impulso, e nel tempo stesso allettarlo al bene coi premî. Sostiene il Machiavelli essere sempre la frode un mezzo di in grandimento : il Guicciardini talora la crede inutile e la vorrebbe lasciata da parte,non in nome della morale, m a di un ben inteso interesse. Il Machiavelli sostiene che nel mondo fu tanto di buono in un'età quanto in un'altra,benchè varino i  condusse a tanta grandezza,scoprendo sempre l'am bizione sua e lo appetito di dominare . . . . M a ,quanto alla fraude, può essere disputabile se sia sempre buono istrumento di pervenire alla grandezza ;perchè spesso coll'inganno si fanno di molti belli tratti,spesso anche l'avere nome di fraudolento toglie l'occasione di con seguire gl'intenti suoi.'> Tutti e due eran d'accordo che l'inganno è necessario per riuscire ad un buon fine, però il Guicciardini non accetta in modo asso luto le massime del Machiavelli e dimostra la diffe renza della sua indole, molto più pratica,se si para gona a quella del Machiavelli ; più sistematica nel venire a considerare i casi in cui la frode conduce o non conduce alla meta agognata. 1 O p . c i t ., p a g . 6 6 , 6 7 . ? O p . c i t ., C o n s i d e r a z i o n i a l p r o e m i o d e l l i b . I I , p a g . 6 0 , 6 1 .   luoghi, la qual cosa equivale a dire che sempre nella u m a n a f a m i g l i a il b e n e e il m a l e si e q u i l i b r a n o . A l l ' i n contro il Guicciardini, con mirabile penetrazione, e v o cando dinanzi a sè le età passate,risponde di no :e a n che riconoscendo che l'antica non è superiore ai tempi che la seguirono e che verranno,afferma che la somma del bene e del male è differente nelle diverse età e ne porge gli esempî : « Chi non sa in quanta eccellenza fussino a tempo de'Greci e poi de'Romani la pittura e l a s c u l t u r a , e q u a n t o d i p o i r e s t a s s i n o o s c u r e in t u t t o il m o n d o ; e c o m e d o p o e s s e r e s t a t e s e p o l t e p e r m o l t i secoli siano da centocinquanta o dugento anni in qua ritornate in luce ? Chi non sa quanto a'tempi antichi fiorì non solo appresso a'Romani,ma in molte pro vincie la disciplina militare, della quale i tempi n o stri e quelli de'nostri padri e avoli non hanno veduto in qualunque parte del mondo se non piccoli e oscuri vestigî ? Il medesimo si può dire delle lettere, della religione, che senza dubbio in alcune età sono state sepolte per tutto, in altre sono state in molti luoghi eccellenti e in sommo prezzo. Ha visto qualche età ilmondo pieno di guerre,un'altra ha sentito e go duto la pace ; dalle quali variazioni delle arti, della religione,dei movimeti delle cose umane,non èm a raviglia siano anche variati i costumi degli uomini, i quali spesso pigliano il moto suo dalla istituzione, dalle occasioni,dalla necessità.?» Pel Guicciardini è indispensabile ai popoli la reli gione, in ispecie quando viene usata come elemento di forza nello Stato, e ad esso sottomessa : tuttavia non condivide col Machiavelli l'opinione che iRomani abbiano dovuto alla religione una sì gran parte della loro potenza, e dimostra avere le armi maggiormente contribuito ai trionfi delle aquile latine sulla terra. Alla questione sulla religione dei Romani si collega  28 CAPITOLO SECONDO. 2 1 Op.cit.,Considerazioni al proemio del lib.II,pag.60,61. Op.cit.,pag.26,30. e e 2   CONSIDERAZIONI INTORNO AI DISCORSI DEL MACHIAVELLI. 29 quella particolare circa l'influenza del papato suide- '. stinid'Italia,in cuiidue eminentipensatorihanno punti di contatto e altri che li dividono. Afferma il Machiavelli avere la Chiesa cattolica di Roma tenuta l'Italia divisa, ed essere stata causa che non potesse venire sotto un capo e rimanesse sotto a più principi e signori, dai quali le venne tanta disunione e debo lezza da cadere preda dei barbari potenti e di chiun quel'assaltasse.IlGuicciardinirisponde:«Non si può dire tanto male della corte romana,che non m e riti se ne dica più,perchè è un'infamia,un esemplo di tutti i vituperî e obbrobrî del mondo.» È con vinto essere stata causa la grandezza della Chiesa che l'Italia non sia caduta in una monarchia. Pure è dubbioso se il non essersi organata nella monarchia sia stata felicitào infelicità di questa nostra terra, poichè la divisione sua in tanti dominî, malgrado le sofferte calamità, produsse le sue glorie comunali. Osservazione profonda e vera,poichè se l'Italia fosse caduta sotto il dominio di uno solo, le varie regioni, in cui si divise,non avrebbero prodotto l'energia in dividuale dei comuni, che creò tanti tesori in molte parti dello scibile e della attività umana, nei com merci e nelle industrie,preparando gli splendori della Rinascenza,che furono fiaccola alla civiltà del mondo . Il Guicciardini rimaneva ad osservare la realtà delle cose che aveva d'attorno e non voleva seguire ilM a chiavelli,che lanciava il suo guardo di aquila oltre i c o n f i n i d ' I t a l i a , a o s s e r v a r e il f o r m a r s i d e l l e n a z i o n i u n i t a r i e , g i o v a n i e f o r t i, a v e n t i u n v i v o s e n t i m e n t o p a trio. Secondo il segretario fiorentino,l'Italia,divisa e debole,non poteva difendersidalle loro cupidigie d'in g r a n d i m e n t o , e g i à c a d e v a s o t t o i l o r o c o l p i b r u t a l i, mentre nei secoli passati, senza la piaga del papato, essa pure avrebbe potuto divenire di mano in mano una nazione unita e forte sotto i suoi legislatori, ed ora non si sarebbe trovata immersa in tante infelicità.    Nella quistione sulla lotta fra la plebe e la nobiltà, che agitò Roma e Firenze,non vanno d'accordo. Il Machiavelli osserva che le divisioni di Firenze furono esiziali alla città, perchè la vittoria del popolo porto larovinadeigrandi:quellediRoma inveceriesci rono di grandezza allo Stato,perchè ilpopolo,rima sto a combattere sulla via della legalità,si accontentò di rivendicare isuoi giustidiritti;e,conseguitili,di vise coll'aristocrazia il governo. A queste giuste e originali osservazioni risponde ilGuicciardini,e com batte la maniera assoluta con cui sono dette : « Se da principio o non fosse stata questa distinzione tra patrizî e plebei, o se almanco si fosse data la metà degli onori alla plebe come si fece poi, non nasce vano quelle divisioni,le quali non possono essere lau dabili,nè si può negare non fossero dannose,sebbene in qualche altra repubblica manco virtuosa avrebbero fatto più nocumento. Laudare le disunioni è come laudare in uno infermo la infermità,per la bontà del rimedio che gli è stato applicato.?» E ponendo mente all'ambizione di uominicospicui, che approfittarono delle lotte fra popolo e nobiltà per impadronirsi del governo,ilGuicciardini dice come Appio Claudio fu rovesciato dal potere non per essersi unito ai grandi a combattere ilpopolo,mentre doveva fare altrimenti, m a perchè tentò di rovesciare la repubblica, la quale era allora governata da ottime leggi,piena di santis simi costumi e ardentissima nel desiderio della li bertà.Manlio Capitolino,sebbene procedesse contro ilSenatoconartemeramentepopolare,purefuop presso dal popolo medesimo, appena capì che cercava di spegnere la libertà. Silla occupò la tirannide a Roma elastabiliconl'aiutodellanobiltà;ilDuca d’Atene si fece tiranno a Firenze col favore dei grandi, che non seppe mantenersi fedeli per la sua impru O p . c i t ., p a g . 1 2 , 1 3 .  30 CAPITOLO SECONDO. 1   CONSIDERAZIONI INTORNO AI DISCORSI DEL MACHIAVELLI. 31 denza e leggerezza. Cesare si fece signore di Roma col favore della plebe.Così nell'una parte e nell'al tra si trovano molti esempi e ciascuna parte ha le sue buone ragioni. « I partiti non si possono pigliare con una regola generale, ma la conclusione s'ha a cavare dagli umori della città, dall'essere delle cose che varia secondo le condizioni dei tempi e altre oc correnze che girano.'> Secondo il Guicciardini chi ha seco la nobiltà ha un fondamento più gagliardo di riuscita : chi ha il popolo dalla sua parte ha più s e g u a c i , m a l a p o t e n z a s u a è m e n o s i c u r a , p e r il m u tarsi degli umori della moltitudine. Il principio annunziato dal Machiavelli che sono lodevoli i fondatori di una repubblica o di un regno quanto vituperevoli quelli di una tirannide, è dal Guicciardini trovato giusto. Però,egli dice con rettitu dine,non bisognaconfonderegliesempî,perchè qual che volta può darsi che le forme della libertà sieno così disordinate e le città ripiene tanto di discordie civili,da condurre qualche cittadino,non potendo sal varsi altrimenti,a cercare la tirannide o ad aderire a chi la cerca.Mentre è detestabile in Cesare,pieno dialtavirtù,ma oppressodall'ambizionedeldomi nare : accade pure al governo della plebe di diventare tirannico e allora,dai perseguitati,si desidera la m u tazione dello Stato. Il Guicciardini,quando siferma a meditare sulla storia di Roma antica, vi guarda dentro con l'occhio del politico,non con quello dello storico.Non si cura di ricercare se i re sono esistiti veramente ovvero se simboleggiano le varie età che si succedettero presso la gente romana così famosa : questi dubbî,già balenati alla mente degli umanisti delsecoloXV,nonlatoccanonemmeno.Egliguarda soltanto ai caratteri della politica romana,e,contro il parere del Machiavelli, afferma che, eccettuata la  2 1 O p . c i t ., p a g . 5 2 . O p . c i t ., p a g . 2 3 , 2 4 .   disciplina militare, Roma ebbe un governo in molte partidifettoso,come,peresempio,lafacoltà accor data ad un uomo di fermare le azionipubbliche e le deliberazioni della città,come feceroiconsoli,anche togliendo ilfreno deltribuno.In potestà dei consoli fu il diritto di privare dell'autorità senatoria uomini onorandicomeMamercoEmilio.'Eglièpuredelpa rere del Machiavelli che la prolungazione degl'imperî fu occasione grande a chi volle occupare la repub blica, perchè era istrumento a farsi amici i soldati eseguitocoire.Mailfondamentodeimalifulacor ruzione della città,la quale,datasi all'avarizia,alle delizie,era in modo degenerata dagli antichi costumi che ne nacquero le divisioni sanguinose della città, dalle quali sempre ne'popoli si viene alle tirannidi. Però quando Roma non fu corrotta,la prolungazione degl'imperî e la continuazione del consolato, che nei tempi difficili usò molte volte, furono cosa utile e santa. Conchiude che « se non fussino state le pro lungazioni,non sarebbe mancato nè a Cesare nè agli altri che occuparono la repubblica, nè pensiero ne facoltà di travagliarla per altra via,essendo la città c o r r o t t a .? »  32 CAPITOLO SECONDO. Non ostante la loro somiglianza,idue grandi po litici fiorentini avevano tendenze intellettuali diffe renti, e spesso si trovavano in disaccordo.Nelle m a s sime che risguardano laguerra,ilMachiavelli sostiene che si deve fare col ferro e non coll'oro :ibuoni sol dati soltanto sono il nervo della guerra e non l'oro : occorronocertoidanari,ma insecondoluogo,essendo impossibile che abbino a mancare ai buoni soldati. Il Guicciardini, che si attiene alla vita reale del se coloXVI,incuinonc'eranoarmiproprie,sesiec c e t t u a il t e n t a t i v o f a t t o i n F i r e n z e s o t t o il g o n f a l o n i e r e Pier Soderini, per impulso generoso del Machiavelli ; 1 O p . c i t ., p a g . 5 4 . 2 O p . c i t ., p a g . 7 8 , 7 9 .   CONSIDERAZIONI INTORNO AI DISCORSI DEL MACHIAVELLI. 33 ilGuicciardini,ilquale era stato governatore di pro vincie, commissario generale negli eserciti e cono sceva la venalità dei capitani e delle milizie, che per il danaro calpestavano la fede giurata e rinne gavano sin anche la patria,non poteva essere dello stesso avviso,sapendo per esperienza che occorreva danaro per avere illustri capitani, milizie e buone fortezze. Del resto, se egli sostiene che il danaro è il nervo della guerra, non intende che i danari soli bastino a fare la guerra, nè siano più necessarî dei soldati, perchè sarebbe stata opinione falsa e ridi cola. All'incontro intese « che chi faceva la guerra, aveva bisogno grandissimo di danari e che senza quelli era impossibile a sostenerla, perchè non solo sononecessarîperpagareisoldati,ma per provve derelearmi,levettovaglie,lespie,lemunizioni e tanti istrumenti che si adoperano nella guerra ;iquali ne ricercano tanto profluvio,che a chi non l'ha pro vato è impossibile a immaginarlo. E sebbene qualche volta un esercito scarso a danari con la virtù sua e col favore delle vittorie li provvede,nondimeno ai tempi nostri massime sono esempli rarissimi :e in ogni casoeinognitempononcorronoidanaridietroagli eserciti, se non da poi che hanno vinto.'» A questo disaccordo si aggiunse l'altro intorno alle fortezze e alle armi da fuoco,che ilMachiavelli, per stare troppo attaccato all'esempio dei Romani, non tiene in nessun conto,dicendo le fortezze più dan nose che utili. Il Guicciardini lo riprende con ragione e dice : « Non si deve lodare tanto l'antichità che l'uomobiasimituttigliordinimodernichenon erano in uso appresso a'Romani, perchè la esperienza ha scoperte molte cose che non furon considerate dagli antichi,e,peressereinoltreifondamenti diversi,con vengono o sono necessarie a una delle cose che non Op.cit.,pag.61,62.  1 3 ZANONI.   convenivano,o non erano necessarie all'altre.Però se iRomaninellecittàsudditenonusaronoedificarefor tezze,non è per questo che erri chi oggidi ve le edifica : perchè accadono molti casi,per i quali è molto utile avere fortezze. E quella ragione che si adduce nel Discorso, che le fortezze danno animo a'principi a essere insolenti e fare mali portamenti, è molto fri vola,perchè se s’avesse a considerare questo,avrebbe un principe a stare senza guardia, senza esercito, senza armi. Dipoi le cose che in sè sono utili,non si debbon fuggire, sebbene la sicurtà che tu trai da loro tipossa dare animo a essere cattivo:verbigra zia,sideve biasimarelamedicina,perchègliuomini, sotto fidanza di quella, si posson guardare manco da 'disordini e dalle cagioni che fanno infermare ? ' Certo si deve deplorare che queste fortezze il Guic ciardinilestimasseutilisoltantoaiprincipiper guar darsi dai popoli,desiderosi di cose nuove,e tenerli obbedienti col terrore. Però, come è maraviglioso questo duello tra due ingegni grandissimi che s'incontrano sul campo del l'antica sapienza governativa:sono due gigantiuguali di forze, muniti delle stesse armi,che si contendono una gloriosa vittoria nel più difficile conflitto.IlGuic ciardini, come uomo di Stato, supera d'assai il M a chiavelli,e bastano a dimostrarlole osservazioni che di mano in mano contrappone ai Discorsi del celebre segretario sulla prima Deca di Tito Livio,nelle quali, colla fredda acutezza della sua mente calma,colpisce sempre il lato debole dell'avversario e ne distrugge, colla sua logica implacabile,i ragionamenti poetici ed entusiastici,mettendone a nudo ora la fallacia, ora la indeterminata incertezza. Nella storia dei pen satori italiani non si trova una figura che possa reggergli a paro. È da lamentare che il tempo sia Op.cit.,pag.70,71.  34 CAPITOLO SECONDO . 1 >>   CONSIDERAZIONI INTORNO AI DISCORSI DEL MACHIAVELLI. 35 mancato al Guicciardini per continuare il suo esame intorno ai discorsi del Machiavelli sulla prima Deca di Tito Livio,perchè ci avrebbe rivelato maggior mente la potenza della vigorosa argomentazione del suo genio pratico di fronte a quello idealista del se gretario fiorentino.

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