1. T) Indaro , figliuolo di Diifanto,e di Mirto, J» nacque in Tebe , città capitale della Beozia. Mono il padre , eh’ era sonator di tibie , la ma- dre , eh’ era ancor sonatrice sposò Scopelino , e , quindi , dopo la morte di lui , sposò Pagonida , ambi professori di musica. Di qui è,ché al no- stro Poeta si danno tre padri , de' quali due nel vero sono patrigni . Or questa sua sorte fece la sua virtù; imperciocché nacque, visse, e morì tra le Muse, le quali a quel t&mpo erano e ric- che, e nobili ,ed onorate. I suoi primi studj fu- rono la musica, e la poesia, che apprese da Laso Ermìoneo, e che peifezionò sotto Simonide , ed Eschilo i quali' fiorivano in quella età. Indi , , dato l'animo allo studio delle scienze, seguì la , tutta la sua v»ta al modello della pietà . Tra gii altri numi venerava spezialmente Pane, Rea, e Febo e siccome la sua casetta era vicina al tempio ; , propagata per la Beozia , e non la scuola Italica J mica ; onde fu scolare di Pittagora , e non di Talete. La sua dottrina dunque divenne sacra, e tnis ica in modo , che pieno di queste idee, formò di Rea , egli era o uno de' sacerdoti , o almeno il compagno e il partecipe de' sacri misteri. , a. La sua dotta e saggia pietà fu P ornaménto, e'1 retaggio della sua industre e faticosa famiglia. Imperciocché , ricevuti da Timossena , sua consor- te , un maschio , chiamato Diofanto', e due fem- mine, per nome Protomache , e Polimeri trasfu- , se col sangue la sua virtù per modo ne’ figli che gli mandava il giorno e la notte al tempio dej padre, e della madre de’ numi. La sua casetr A9 me • #- , § Digitized by Google a medesima era un tempietto dtvoto, in cui con vi- cenda soave si passava dai coro alla mensa , e dalla cetra atta tazza , cioè dal travaglio al riposo, e dal - ripeso al travaglio. Non senza ragione gli Spartani prima, e qnndi i Macedoni, liberarono dall'in- cendio comune l'albergo di lui riguardato qual ,, saero asilo delle Muse , e di Febo . Di fatti la faina di Pindaro era sparsa per tutta la Grecia , e al di là della Europa; già che Serse nella sua famosa spedizione n' ebbe ancor del rispetto , co- me dipoi n’ ebbe Alessandro gloria del re della Persia» 3. Or qual si fu la vita civile di Pindaro? Ap* plicato alla poesia , e alla musica , non cantava , che numi , ed eroi . L'antichità vide e lodò i suoi carmi , Inni , Ditirambi , Treni , Peani , ed altri Lirici,e Melici componimenti, rapportati da Sm- ela , che non vinsero la forza vorace dell' igno- ranza, dell'invidia, e del tempo, e de' quali so- lo si mostrano alcuni frammenti, da Stefano va- riamente, e con diligenza raccolti , Restano dunque eli lui quattro libri de’ Vincitori Olitnpj , Pizj , Ne- mei , ed istmici , de' quali Aristofane . grammatico di gran nome , ne fece una raccolta , ordinata a suo modo, e chiamata Periodo. Ed egli è qui da notarsi , che tra le opere di Esiodo si è serbata la Teogonia , e si è perduta 1’ Erogonia ; ma tra quellf di Pindaro al contrario si sono serbati gl' Inni degli Eroi , e gl* Inni degli Dei si sono perdu- ti . Queste opere f.inno la vita del nostro Poeta, siccome le guerre, e i viaggi fanno la vita d’A- chille^ d' Uhsse. Ma benché Pindaro per forma- re i suoi carmi divini dovea menar i giorni nella pace , nel silenzio , e nell’ozio, e vivere con se stesso , col mondo , e co’ numi ; non potea di- spensarsi dal viaggio > e dal cvmraercio co’ Prmci- ,1 , quasi emulando la Dìgitized by Google 5 pi del suo tempo, e dal conoscimento di varj po- poli , e di varj costumi senza i quali so'corsi ; non si può essere, nè si può fare il Poeta. Ol- tre il viaggio di rutto e quanto il mediterra- neo (eh* eia il viaggio alla moda in quel secolo) e’ vide Coma , Siracusa , e Cirene , e familiarmen- te u ò de’ Re e con confidenza trattò nelle Corti. , Nelle giostre festive fu più volte e spettatore, e spettacolo , e sceso al paragone con Corinna , pian- se la v.irtù della Musa vinta dalla beltà del- la Musa. In mezzo all’ armonia dunque il Teba- no cantore visse la sua vita dividendo le ore fra , lo s'adio,ei! teatro, le due scuole dell’antica vir- tù : e così finalmente morì , cadendo nelle brac- cia di Teosseno giovanetto di Tenedo, dopo , avere ascoltato con sommo piacere una festa teatra- le, ed armonica. N.ito nell' Olirne. 65. morì nell’ Olimp.36. di anni 84.,bìochè altri narrino altri- menti e la vita, e la morte di lui. La vita de* saggi , sempre disputata , non è il corso di peri- gliose avventure gravi di speciosi e nobili avve- 1 nimenti. Ella si legge ne loro libri , e tutti i qua- dri d’ un Poeta formano il quadro di lui . E qui si offre il nome eh’ e' diede a’ suoi carmi di qua- , dri . E’ chiamò ogni sua Canzone siSog, immagi- ne , simulacro , o per la varia sorte de’ versi Li- tici ; o perchè tal è la poesia, cioè pittura, e ri- tratto o perchè siccome ad ogni vincitore si al- $, zava una statua col nome dell'eroe, della pa- tria, e del giuoco $ e’ gliene voleva alzar un’altra di versi , di quella più perenne ed eterna . E' fece u- so del dialetto Dorico che più confassi con lo sti- , le sublime. Ma quello, che più distingue Pinda- ro dag i altri Poeti si è P uso smoderato degli , Episodj imitato non sempre felicemente , da ,, {'lacco .Lo stile delle sue poesie à Lirico-tragico, A3 e tal % e tal volta Lirico-comico; imperciocché , siccome in Omero ci ha favole, e favolette , co>l in Pindaro ci ha canzoni, e canzonette. Per questa ragione nel tradurle , ed esporle si è tenuta una maniera diversa, secondo che oggi è fuso d’ Europa. Di fatti oggi in Europa è in pregio solamente la poe- sia , e la musica Lirica , e questa è o tragica detta altrimenti Pindarica , e Alcaica ; o comica , altrimenti detta Anacreontica, e Saffica. Ne' tea- tri si unisce l'uno e l’altro stile Lirico , onde so- no i recitativi, come si dicono, e le arie. Ma l’Epica, e la Drammatica , tanto tragica quanto , comica , è poesia disgiunta oggidì dalla musica , ed *’sì deono rispettare le superbe vicende del seco- li . Ecco la ragione, onde ho tradotte ed espo- ste le Odi di Pindaro all' uso del Guidi ; e tal volta , ma di raro , all’ uso delle cantate da sce- na. Nèmisi parlidistrofe, d'antistrofe, ed’ epodo ? di ternioni quaternioni , e quinternioni ,j che oggi sono più che vecchie monete . Chi ha voluto tener le usanze antiche , si ha dato una legge importuna, che poi ha dovuto pagare col prezzo di tante gloriose fatiche. Chi non esalta il merito di Adimari , e Gauter ? E pochi sono , che apprezzano le loro Erculee imprese ; e spesso hanno errato per necessità di consiglio . Or la- sciando a tutti e traduttori , e cementatori di Pindaro la gloria immortale del nome; io ho ardito d’ incominciare ad uso mio questo faticoso lavoro, e ho ardito ancor di compirlo a mio mo- do. Se questa è una lode , io la confesso ; poiché mi è grato un onore, che mi venga dal merito. Sog- giungo ancora d'aver letta, a quest’ uopo , Plutar- co , Eliano , Pausania , Clemente , Stobeo , Euse- bio Quintiliano, Orazio, fra gli antichi ; Suida, , GiraJdi , Motóri , ">• Baile , Fabbiicio , Schmid io , A\ Be, , 6 Digitized by Google 1 Pindaro, il quale, quando è gustato, è conosciu- to • |o confesso ancora di aver vinto la causa , di cui la questione si fu: Se gl’inni Cristiani so- no da più , o da meno, degl* Inni Pagani ? Io proposi, son già molti anni passati, che sono da più ; e per dimostrarne l'assunto col fatto, tra- dussi ed esposi gl’inni Cristiani , e gl'inni Paga- ni, e lasciai la causa alla fede, e alla ragione de* - giudici. Pubblicati gl’inni d’ Orfeo e di altri e ,, quindi le Odi d’ Orazio, non restavano, che gli Inni di Pindaro al compimento dell’opera. Ecco la iuta fede legata già sciolta. Chi legge , se ha sénno vegga e conosca la 4; ,, verità . A non voler dir altro , basta il dire che , negl'inni Pagani o manca la persona, o rrnnca il soggetto, eh’ è la virtù., E se dicesi, che ap- presso i Pagani tal era la persona reale , e tale il soggetto dell* inno; io dico che cangiate le idee, , dubbiamo venerare le nostre. Ma le Liturgie, per una sorte comune sono ignorate da chi le , adora, e conosciute da chi le disprezza. Quindi è , che questa causa spetta al giudi ciò de’ posteri come accenna nella Od. i. Olimp. il nostro poe- ta. Nel resto non può negarsi, essere oscura e confusa 1 antichità, e chiara e distinta h nostra età, in cui quel che si legge, si vede, e quel che si vede , s’ intende . Per me m’inebbrio di gioja quando canto nel coro un inno de' nostri; e. nel cantare un inno Pagano , sia superbo e pomposo, non mi sento nel petto un senso di dolce pietà. £ non abbiamo noi i nostri agonistì, i campio- ni» -gli atleti r , gli atlanti, gli aicidi di Cristo? Altro che kcorsa f , e Ja lotta, sono le virtù del- Benedetti, Aditimi, Stefano, Gaìitefj ed altri fra i moderni e di averne tratto profitto ma , di. aver sempre apprezzato sovra di tutti lo stesso .*** A4 . la , ; , , Digitized by Google la Chiesa . Si legga solo F inno di Venanzio gio- , vanetto, e santo deli’ Umbria, e si vegga, quai sono in vero gii eroi. E’ non vi ha dubbio, che iti Pindaro vi sono le più belle sentenze e mo- , lali, e politiche che il suo stile spesso è orien- ; tale, come lo stile liturgico di Asaflfo, d' Orfeo d’Omero, e di Ossian; ma queste bellezze, che di rodo si ammirano ne' poeti Pagani, ne’ nostri sono e profuse, e neglette. 5. Mi resta a dir due parole su i Giuochi, che formano F argomento dell’ opera • I Giuochi , dette ancora feste giostre certami agojii , con- (,,, trasti ) erano o ginnici , o musici . I musici eran prode del conto, del suono, della poesia, della storia, e della eloquenza; e tal volta erano dispu- te circolari da scuoia. Questi si davano d' ordina- rio neU’Odèo, nel Musèo, nel Licèo, nel Tea- trone di rado assai nello Stadio, infra il romor delia turba, il vincitore avea la corona, la sta- tua, e il soldo pubblico,e forse Finno della vit- toria. Mi questi giuochi non eran molto famosi. I Giuochi ginnici erano o sacri , o profani . £ profanieranolascherma,ei! bersaglio,edaltri, destinati col tempo alle pene de’ rei., I sacri & solenni eran cinque, la corsa , la lotta, la pugna , la danza , la palla , detti in generale Pentatlo da' Greci , da* Latini Qoinquerzio , e tal volta Pan- crazio , benché il Pancrazio comprendea solamene te;la pugna, e la lotta* La corsa era a piedi, a nudo', o armato a cavallo , o frenato , o senza ; freno ; e col carro , tirato da due.> o da quattro cavalli £ Il premio della ,virtù eia kt stessa virtù; o pure una corona di olivo f di lauro , d’ apio , di rame , o di ferro ; una statua col nome so»* della patria, del giuoco; e un inno di lode, ond’ era accom- pagnato* litornapdo' in trionfo, alia patria* 11 Digitized by , 1 luogo di questi Giuochi era lo Stadio , in tre par-* t» diviso, e distinto con tre colonnette. Vi prese* devanoi pubblicimagistrati cometestimoni egiu- ,, dici delle contese. Tali feste, instituite da Ercole, da Pelope , da Enomao da Ifito e p;ù volte tralasciare , e più volte riprese si celebravano , nel principio d' ogni cinque anni piade non era diversa dal Lustro, che fu la gran festa degli antichi Romani. Questa città, eh’ è stata sempre la madre degl randó altre insegne e divise , onde vivano ignoti al mondo, e noti solo a se stessi. Vivi fra * morti , e mprti fra i vivi , passano in pace la vira e fanno il lor nome risonare nel silenzio , della virtù. Fra molti, che io venero, ha luogo Gaetano Ancora Napoletano giovane d’ alti ta- ,, lenti , e di aurei costumi . E’ rubando agli alti , affari politici, e al vigor giovanile, e alle ombre notturne poche ore del tempo le consacra a quel ,, profondo studio , che da' primi anni coltivò , d* una maschia e robusta Letteratura, Ebrea Greca, , e Latina , e va di quando in quando esponendo una parte di quella Sapienza vera, che nel tesoro delia età vetusta si serba come un sacro depost- , ,, <5. Molte,evarienotiziesisonodamericavate 11 da Pausania , da Natale de Conti , e da saggi scrittori delle Greche antichità , Ma disperando di poterne qui dare un Saggio compiuto che ser- , visse di scorta alla legione di Pindaro, ho prega- to il mio doke amico, e maestro Gaetano Anco- ra y il quale, tra le gravi cure della Corte, cori va . con applauso universale i più severi studj della Letteratura, oggimai quasi moribonda e spirante.- 1 ingegni , e la scuola di tutte le Muse non ar- , 1 disce più di onorare il nome de suoi gran figli col titolo di saggi e di dotti e va lor proccu- ,, , onde T Olim- JO to della umani , e divina ragione . Quindi la Re- pubblica delle lettere gode di tante dissertazioni dilui, chesonodiraro, diutile, edifestivo argomento , e che raccolte si daranno a. suo tem- po al'a luce. Or egli piegandosi gentilmente al- , le mie premurose preghiere, ha scritto un Saggio tu i Giuochi solenni di Grecia, il quale, stampa- to alla fine del libro la erudizione comune , , pagina 227. , serve al- e al rischiaramento delle ©ni di Pindaro. Perciò son io contento delle mie fatiche , le quali con questo lume compariranno , come spero , meno oscure , e meno importune $ e la Musa Dircèa sarà più sacra, e più venerata. A vero dire non deve un Poeta ri sublime , e sì sacro , come colui , che canta da eroe le virtù degli eroi giacersi nell' ingrato obblìo d' una fa- , cile indifferenza , o d' una criminosa ignoranza? eseiohofattosì, cheil suonomesiatranoi p ù conosciuto , ed imitato almeno nelle sentenze, * se non si può-nello stile, ^Sublimi feriam sidera
Friday, March 11, 2022
Subscribe to:
Post Comments (Atom)
No comments:
Post a Comment