Egli é costume di chi spiega diritto naturalo il considerare certe classi Non si danno di doveri dell'un uomo verso V altro anteriori ad osili idea di società ; e tin tal modo di speculare è coerente con tulio il roto della dottrina al- lorchè la società si riguarda come una pura convenzione umana. Ma sic- come il fallo di questa convenzione per confessione di parecchi fra i , suoi difensori, non è, come poi vedremo, se non una finzione di diritto fictio juris) ed io non amo fondar sopra una finzione quanto vi ha di più sacro ed importante nel commercio fra gli uomini, mi vidi astretto a cer- care nel fatto reale altro miglior appoggio ; e sì mi parve averlo trovalo con nulla più che analizzare la idea che ognuno si forma allorché pronun- zia il vocabolo Società, o paragonar questa idea collo stalo naturale in cui ogni uomo trovasi sulla terra. Ecco per qual motivo non credei poter trattare d *i doveri reciprochi fra gli uomini se prima non li considerava formanti una qualche società. E in verità, come potrebbero esservi dot-tri reciprochi senza relazioni re- ciproche ? (*200) come relazioni senza qualche congiunzione? (’)comecon- giuzione senza qualche leggo ? come legge senza legislatore e senza au- torità ? Data poi la congiunzione di molli esseri intelligenti sotto una au-, lorità comune che altro ci manca per costituire una società ? Parventi dunque ripugnante la voce di relazioni eatrasociali , usata dal eli. C. di llaller (di cui per altro ammiro in molli punti la dottrina ), nù seppi come introdurmi a considerare i doveri reciprochi so prima non no stabiliva sul fatto lo fondamenta con una attenta osservazione dell’ essere sociale. dov< ri \ . società reci' ( Questi preliminari erano assolutamente indispensabili nel diritto sociale, diversissimo in origino dall’individuale; imperocché questo nascendo dallo essere umano consideralo nella sua unità personale, obbielto dello studio V operar so- c'3,° sodo , nù altro mi rimaneva che osservare i fenomeni di un essere già co- nosciuto. Ma il diritto sociale nasce dallo stalo di aggregazione , e questa dall’ operar degli uomini , obbielto proprio del naturai diritto. Il naturai diritto dee dunque chiarirne la nozione c la scienza, prima di entrare a scrutinarne le leggi. Dovetti dunque dividere in duo sezioni questa seconda parte del mio (*) Clic vuol dire relazione ? una cola! connessione che passa fia dtic csscil sia nell’ ordine fisico c nell’ astrailo. dai metafisici, mi presentava la sua base già assicurala da essi su terrea 300 f ni.^>«*re pòì Digllized by Google — 301 Analisi della idea di socie- tà X <32 X lavoro, tentando nella prima di appoggiar sul fatto la dottrina dell’ essere sociale, nella seconda la dottrina del sociale operare: ben inteso che certe leggi universali di operare dell’uom sociale considerato in astratto dovranno entrar nella prima sezione , non essendo possibile dare ragionata esistenza alla società reale, senza considerar le leggi di quei fatti da cui ella nasce. Non ignoro fra quanti scogli io mi inoltro , terribili e fortunosi non tanto pel profondo dei vortici in cui si ascondono quanto pel solTio tem- , pestoso delle contrastanti dottrine animose più che mai a’ di nostri e in- , tolleranti di opposizione. Dirò più : non ignoro che il conciliare le opposte sentenze è la più odiosa di tutte le imprese , che si lira addosso gli urti e lo maledizioni di ambi i lontani parlili. Ma queste ragioni debbono at- terrir coloro che cercano adulatori c laudi ; cui preme il vero o nulla più che il vero, altro paventar non può se non 1’ errore, ed avrà caro il camparne , a costo ancora di urti e di maledizioni. Del rimanente la Ve- rità (se ella parlerà veramente in queste carte) ben sa comandare al mare e ai venti e far tranquillità. SEZIONE PRIMA TEORIA DELL’ ESSERE SOCIALE CAPO I. Natura della società. Nell* allo che dall’ angusto recinto dell’ individuo io passo all’ aperto campo della società ove si nuova scena invita i miei sguardi conviene , che per qualche momento sulla soglia mi arresti e riconosca il terreno su cui prendo a viaggiare. Io non sono il solo uomo dell’ universo e co- , me ogni altra creatura ha una specie in cui la sua natura si ripete c più o mcn cresce di numero, così io pure trovo o ravviso in mille altri mille volte me stesso; e tosto che in essi mi ravviso mi unisce con esso loro se non I’ alletto almeno il pensiero, il quale segretamente mi dice che io con essi formo una cotale unità, cui dal volgar linguaggio è imposto no- me di Società. Or di questa creazione del mio pensiero domando io conto al mio pensiero medesimo , avido di comprendere appieno che cosa egli mi dice quando nominh Società. Vuol dire, moltitudine di individui ravvicinati nello spazio ? ma in tal caso sarebbe società un sacco di frumento , un semen- zaio, un vivaio, una mandra : al che ripugna il comun senso. Sebbene no che interamente non vi ripugna : fate che nella mandra poeticamente io consideri il toro come arbitro e guida delle sue vitelle ; clic nelle piante io finga amori e maritaggi ; che fra più esseri inanimati io «introduca con ingegnoso apologo conversazione ; ecco tosto comparir fra di loro senza 302 Ella è solo fra disdoro il nome di società , e potranno associarsi non dico boni e lori e esseri intel- ligenti 303 I.or legame capre o quercie e canne , ma la lima e il razzo e il sole o 1’ aquilone e qual altra si voglia inanimala anzi immaginaria creatura (‘). Società dun- que include 1’ idea di esseri intelligenti ; ma la sola intelligenza non ba- sta a far sì che molti costituiscano una qualche unità. Siccome ogni esse- re intelligente forma da sè un individuo completo , la riunione di molti formerebbe naturalmente pluralità non unità; per ridurli alla unità ci vuole un vincolo che gli stringa ; nè questo vincolo può essere il luogo non è la ti- o il tempo ; giacché dai confini e del luogo e del tempo non può essere mone di tem- stretta 1’ immensità della intelligenza; c sol una grossa materialissima fi- po o di luogo losofia potrìa considerar la società come una locale aggregazione , mentre (*) l'acca et Cappella et patiens Ovis injuriat Socu fuere cum Leone in saltibus. •l'Iiaeàr. Digitized by Google X '3» X molle società vivono sparse in luoghi disparatissimi eppure formano mo- , ralmente un solo essere. Qual vincolo sarà dunque capace di stringer fra loro, esseri intelligenti? Dtwjqug sono le facoltà essenziali della natura intel- ligente: facoltà di conoscere, facoltà di volere; la l.a le dà il principio dell’essere morale, la 2.a lo conduco a compimento (138). So dunque troviamo un vincolo che leghi queste due facoltà avrem trovato il princi- pio di unità per legare gli esseri morali. Ora ognun sa che la facoltà di conoscere non può essere legata se non dal vero , la facoltà di volere dal 504 bene. Dunque ogni qual volta molti esseri morali diretti dalla cognizione conseguire quel bene che in lui conoscono, polrem diro esservi unità fra iuio concor- v, .-- ^^di'uno co- di un vero istesso saranno moralmente necessitati a voler concordemente nosciuto e vo- di loro. Unità di fino derivante da unità di cognizione producente unione , di volontà, ecco la idea essenziale di società. Toglietene uno dei tre ele- menti , la società è perduta : fate che cinquanta eruditi si affatichino a trovare l’ interpetrazione di un papiro : lutti lo conoscono , tulli hanno per fine 1* interpretarlo ; ma se a questo fine non congiungono le lor vo- lontà manifestandosi reciprocamente i loro intenti in modo che ne risulti un intento comune niuno dirà che sia formata fra di loro una società. La comunanza non solo di obbielto , ma anche di intento è quella propria- mente che compie 1* essere sociale , facendo sì che il fine non sia più dei singoli ma della comunità ; talché niuno possa arrogarselo se non comu- nicandolo cogli altri , bramando e procacciando per essi ciò che brama e procaccia per sè. Dal che apparisce come la congiunzione degli sforzi è nello stato presente dell’ uomo conseguenza necessaria della associazione di intenti, cordemente Giunti che saremo al possedimento di quel bene infinito cui natura ci spinge , esisterà società per sola comunicazione di fine già posseduto ma ; procacciato mun j E° ^,aferiali finché vi aspiriamo , ogni nostra società sempre mira ad un intento non ancora ottenuto (òl), mira dunque ad un intento, c per ottenerlo essendo necessarj i mezzi , la concordia delle volontà induce per legittima conse- 306 guenza congiunzione di mezzi (46). Ed ecco come .una qualche unione materiale diviene necessaria alle società umane di qualunque specie ed ordine elle sieno , essendo impossibile il congiugnere menti e volontà u- mane ad ottenere un fine senza adoprarvi mezzi esterni , veicolo necessa- rio alfine di comunicarsi e le intenzioni, e gli aiuti reciprochi. S07 Dal fine qui detto possiamo trarre la definizione c generalissima di Definizione qualunque società, e meno universale della società fra gli uomini sulla de,la società terra. Società nel primo senso è — la cospirazione ossia concordia di molti esseri intelligenti nell’ amore di un bene da tutti conosciuto —. Società umana qui in terra è — la cospiraziono di molli uomini al conseguimento comune di un bene da tutti conosciuto, e voluto —. Gli elementi analitici dell’ essere nostro sociale sono dunque unità di fine, armonia di intelligenze, concordia di volontà coordinazione di mezzi. 308 Penetrala la natura di società non riuscirà difficile comprendere cl,e^ma e sia bene e perfezione sociale. So bene è quell’ obbietto a cui tende la na*od? perfòzio- tura (16) bene sociale sarà quello al cui possedimento aspira per sua na- ne tura la società la proporzione che esso ha col suo fine sarà la perfezione della società , ; e siccome la perfezione di ogni essere dee misurarsi dal- (13) proporzionalo alla capacità che ella avrà di ottener l’intento sociale. Quindi siccome il primo principio di ottenerlo è I’ essere società cioè u-talperfezione: nione, la prima essenziale perfezione sociale consisterà nella unità, e tan-un»ià efficacia to sarà maggiore la perfezione quanto maggiore sarà 1’ unità; siccome j| secondo principio per cui può ottenersi è 1’ efficacia con cui vi si tende , tanto sarà più perfetta la società quanto saranno più energici i mezzi con cui vi tende; che se finalmente ella giunga ad ottener l’ intento, allora nul- la più mancherà alla sua perfezione. Perfezione nell’ essere , nell’ operare , / ‘lcn,c,ll ° 305 Eppcrò^con- Trc cousc o« ira cu- jj Digitized by Google )( 13* )( nel conseguire , ecco i tre gradi di perfezione clic nella società . come in ogni altro essere, ponno considerarsi, e per cui gradatamente innalzandoci noi ghigniamo a trovar 1' apice della perfezione socialo in quella società beala che porta nomo di città di ilio, di Gerusalemme celeste, ove l'uni- tà delle intelligenze e delle volontà sarà somma ed eterna fra le braccia dell' eterno Amore (*) . il vincolo che le legherà sarà efficacissimo c soa- vissimo non altro essendo elio i’ irresistibile tendenza natia verso il bono appicn conosciuto , confortata da soprannatural carila ; il conseguimento sarà perfettissimo congiungendosi Dio e quasi immedesimandosi col nostro intelletto. Ma la società die va pellegrinando sulla terra non potrà mai giugnere a tal grado ili perfetta unità: si, potrà accostarvisi eolia unità del line, e dei mezzi, da cui principalmente dipende la unità di essere e completa distinto nell’individuo la perfezione inenmpleta. clic consiste nel tendere, la completa che nel possedere (il). Questa non ù propria della terra (XXXVIII), quella consiste nella unità e nella efficacia, che sono la perfe- zione dell’ essere c della operazione di tutto il creato, e l’ immagine del- la perfeziono del Creatore, uno nell’ essere, onnipotente nell’ operare. La legge fondamentale del civico operar sociale potrebbe dunque ri- dursi a questa — la socielà ( e per essa la autorità ) dee far sì che cia- scuno cooperi a difendere e crescere il bene altrui senza sua perdita . anzi con vantaggio proporzionato alla sua cooperaziono —. Ma questa regola è ancora espressa in forma sì astratta, che appena accenna alla pratica : con- viene abbassarla a poco a poco, e darlo corpo: tentiamolo. Se I’ ordine sociale dee produrre il bene pubblico senza danno dei privati, dee salvar loro interissimi i loro dritti. Ma di grazia, quali Sono drilli vici i veri dritti dei privati ? Sono quelli che dall’ urto di dritti più gagliardi non vengono arrestati e sospesi (351): quelli, c quelli soli sono veri po- teri secondo ragione di muovero le altrui volontà ; i dritti collisi non sono O È degno (li esser letto in tal proposito II Bentham t. II. pag. 189. (") Sebbene a dir vero la mia espressione non fu qui csatla mentre dissi che la socielà chiede oli’ individuo. Chi rende tulio ciò che riceve , ed anche più, non può dirsi che nulla chieda ; ma solo che ordina ad un bene maggiore I’ uso delle forze privale, le quali, da chi non conosce o norr cura il ben comune, verrebbero ordinate ad un bene minore. Così In una epoca ove ta pubblica autorità avea minor forza , ogni barone dovea fabbricarsi una fortezza e levar una truppa per ottenere sicurezza , eppure la sicurezza ne era assai minore di quella che ora ottiene con nuli,) più clic chiudere II suo portone, perchè veglia adesso con minor suo dispen- dio a coinu* sicurezza la pubblica proiezione. .m odo del suo Tutela dei Digitìzed by Google 742 X 256 X se non un principio ili tal potere, che non può ghignerò allo atto, non può muovere le ragioni associate. La legge dunque di procacciare il comur. bene senza perdita del pri- 743 (ìinslizia dei Le quali considerazioni possono far comprendere come i dritti emi- i « Secondo le — determinar la quota del cooperare di ciascuno leggi rigoro- vato potrà ridursi a questa se della col- secondo la legge della collisione dei dritti —. Or qual è questa legge fon- lisione — Il dritto più gagliardo prevale al più debole (363): 21*. più gagliardo è il dritto che riguarda un bene maggiore — Or il bene della oneslù ò maggior della vita ; il ben della vita maggiore della roba. Dun- que , benché a parità di circostanze il dritto di molti prevalga , mai potrà accadere che il dritto di molli alla roba escluda il dritto di pochi o an- che di un solo alla onestà, o alla vita. Ma quando i dritti di pochi o di uno vengono in collisione coi dritti omogenei di molti, é evidente che uno o * pochi debbono cedere al dritto dei molti, almeno in quanto vengono da questi contrastati, rimanendo per tutto il di più in pieno vigore (362). Cosi quando il dritto del pubblico alle comunicazioni commerciali pretende il transito nel campo di un privato, cadendo la collisione da ambe lo parti sul sito , il privato cede al comune il sito ; ma il comune gli compensa la rendita perduta, giacché quella rendita non cadea sotto la collisione, non essendo necessaria alla pubblica strada. damentale? 1. drilli cntinen nenti per cui la società dispone dei privati , lungi dall’ aver nulla di in- li segnali con giusto sono anzi una rigorosa applicazione dei principii di ordine, di giu- , lai legge stizia c di equità , vero bene dell’ uomo , e però principio unico di sua felicità qui in terra (20). E questo punto panni di molta importanza pe- rocché con una riprova analitica può rendere vieppiù evidente la legge, da noi qui stabilita, sinteticamente. Noi dalla natura della società abbiadi dedotta questa legge in forza dei principii universali di giustizia ; e abbiam concluso che ella dee for- sa legge col mare la felicità sociale: ora diciam al rovescio — questa legge forma la principio di felicità sociale ; dunque ella debbo essere legge di naturale onestà — One- 744 T)imoslraz o- nc della sles- utilità sta forma di argomentare va. per vero dire, soggetta a molti errori ; giac- ché utile felicità ec. sono voci che possono da vari* variamente interpre- , tarsi ed applicarsi : ma , quando venga adoperata con rette idee di felicità a conferma della antecedente dimostrazione a priori, essa può aggiugnere gran forza alla persuasione. Vediamo dunque se questa legge forma vera- mente la felicita sociale. È facile il vedere quanto giovi alla società la esatta applicazione del principio di collisione-dei-dritti nel determinare qual sia il ben pubblico : giacché senza tal principio clic cosa è il hai-pubblico? Ciò che piace a cia- scuno : se amate divertirvi sarà divertimenti, se arricchire sarà il commer- cio se conquistare sarà la guerra, se riposare sarà la pace ec. . . e a , nome ancor del ben pubblico vedrete in Francia il terrorismo alzar pati- boli e scannar innocenti , come vedeste già in Gerosolima la politica di Caifasso inchiodar 1’ Innocenza sulla croce per bene del popolo (*). Dal che ne seguirà nella società t. la rovina del debole, del povero, del meschino; giacché la costoro querela é compressa dalla prepotenza a nome del ben pubblico : così il ben pubblico a Sparla trucidava gli Iloti, a Roma martiriz- zava i Cristiani, in Inghilterra opprimea gli Irlandesi. 2. Il timor di ciascuno ; giacché ogni pubblico provvedimento potrà domandar la rovina di qualcuno, ed ottenerla agevolmente. Or questa per- petua tema ed incertezza formano uno dei più tormentosi pungoli all’ uomo onesto, e disgusta la miglior parte della società , gli amici della pace (“). (*) Expedit unum hominem mori prò populo. . . ut non tota gens pcrcat. (**) Questo punto è dilucidalo dal Berilli,im ove parla della attente trompée t. I, pag. 81 segg, ma al suo solito, sotto il falso lume del principio utilitario.
Wednesday, September 8, 2021
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