Dal mio avolo Vero, la genti- lezza del costume, e il non adirarmi.* 2. Dalla fama e dalla memoria del mio genitore, lo esser verecondo e maschio^ 3. Dalla madre. Tesser pio; il do- nar volentieri ; T astenermi non solo dal fare il male ma anche dal ve- nirne in pensiero. Ancora, Tesser * Sottintendi, come nei paragrafi seguenti, il verbo imparai, ovvero riconoico (nel senso di iono riconoscente ili aver ricevuto chec- chessia, cosa, 0 esempio di qualsivoglia cosa 0 virtù), 0 altra espressione che riempia acconciamente le ellissi. P. ^ Maschio, traduzione letterale del greco: intendi forte^ costante, non molle ed effemi- nato. P. 4 RICORDI. frugale nel vitto e alienissimo dalle usanze dei ricchi. 4. Dal mio bisavolo,' il non essere andato alle pubbliche scuole; * l’avere avuto di buoni maestri per casa, e il conoscere che in siffatte cose non si vuol guardare alla spesa. 5. Dal mio aio,* il non essere sta- to nè di parte Prasina, nè di parte Veneta,' nè parmulario, nè scuta- 1 Bisavolo paterno di Marcaurelio fu Au- nio Vero, materno, Catilio Severo. Non è chiaro di quale dei due si parli nel testo. P. 2 Intendi quand' era fanciullo o adole- scente, poiché ognun sa che uomo fatto, ed anche imperatore, Antonino frequentava as- siduamente come scolaro le scuole dei fìlo- sofl ed anche dei retori. P. 3 Non si conosce il nome di questo aio, elio morendo lasciò grande desiderio di sè in Marcaurelio. P. * Erano i colori che distinguevano i due grandi partiti degli aunghi del circo, che non sono piccola parte nella storia delle follie deir Impero. Nunc favent panno, pan- num amant,’ disse energicamente Plinio il giovane, IX, 6. Lucio Vero, collega di Mar- caurelio, la pensava altrimenti, secondo le parole di Capitolino. P. Digìtized by Google LIBRO PRIMO. rio; ' il reggere alla fatica; l’aver bi- sogno di poco; il saper fare da me ; il non intromettermi nelle faccende altrui, e il non porger facilmente orecchio ai delatori. 6. iJa Diogneto,* il non occuparmi d’inezie; il non dar fede a ciò che i magi e i fattucchieri dicono intorno alle malie, allo scongiurare gli spi- riti, e altre cose di tal fatta; il non avere atteso a nutrir quaglie* nè essermi dilettato di simili cose; il patire ehe altri mi parli franca- ' Chiamavasi parmvlarius il gladiatore armato di nn piccolo scudo di cuoio detto parma o parmula, e scvtarius quegli che portava lo scutum, grande e lungo. P. * Questo Diogneto era non solamente filo- sofo, ma anche pittore, secondo Capitolino, ed avea dato intorno a quest' arte alcune lezioni a Marcaurelio. F. 3 Si allude ad un giuoco che i Romani aveano prego dai Greci,. od era uno dei più antichi trastulli del popolo ateniese. Si fa- ceano combattere fra loro questi uccelli, o dai casi del combattimento si traevano pre- sagi. P. Digitized by Coogle 6 RICORDI. mente ; V essermi dato alla filosofia ; l’ avere udito, primieramente, Bac- chio , poi Tandaride e Marciano ; r avere scritto dialoghi, da ragazzo ; * lo aver voluto il lettuccio con la pelle sopravi e le altre cose che vanno ap- presso nella educaziòn greca. 7. Da Rustico,* 1’ esser venuto in pensiero che i miei costumi avean bisogno di correzione e di coltura; il non essermi sviato dietro ad un’am- bizione di sofista, o scrivendo su ma- terie speculative, o declamando ora- zioncelle esortatorie, o facendo, per dar nell’ occhio altrui, 1’ uomo au- stero e benefico ; e lo avere abban- donato la rettorica e la poetica e il bel favellare; e il non passeggiare togato per casa, e altre tali cose ; e lo scriver le lettere semplicemente 1 Intendi nella mia prima, giovinezza. P. * Era uno stoico come quell’ altro Roma- no fatto uccidere da Domiziano per aver lodato’ Trasea Peto. P. Digitized by Coogle LIBRO PRIMO. 7 e naturalmente, come quella eh’ egli scrisse da Sinuessa a mia madre ;’e il non serbar rancore verso le per- sone che • si son , meco adirate e m’ hanno offeso, e rappacificarmi vo- lentieri con loro tosto eh’ elle si vo- glion ricredere : e il leggere con at- tenzione e non contentarmi di capire così air ingrosso ; nè assentire troppo di leggieri a quel che i circostanti dicono; e lo avere avuto contezza dei ricordi d’Epitteto, ch’egli mi donò di suo proprio moto. B. Da Apollonio , la libertà del- r animo e la fermezza nel proposito senza dar mai nulla al caso; il non guardare ad altro mai, nè anche per poco, che alla ragione; lo esser sem- pre uguale, nei sommi dolori, nella perdita del figlio, nelle lunghe ma- lattie ; r aver veduto ad evidenza, nel vivo esempio di lui, siccome può la stessa persona essere gagliardis- sima ad un’ ora e rimessa ; e il non RICORDI. 8 impazientarsi nello spiegare;* e lo aver conosciuto un uomo che manife- stamente teneva pel minimo de’ suoi pregi la pratica e la facilità eh’ egli aveva del comunicare altrui la scien- za; e lo avere imparato come con- venga liceverc fiuelli che il volgo cliiama benefizi dagli amici, senza diventai;e loro divoto* per ciò, nè, per altra parte, lasciando correre la ('osa senza saperne grado. 0. Da Sesto, V amorevolezza, e r esempio del governare da buon padre una casa; e il concetto di vi- vere secondo natura ; e la gravità non affettata; e lo indagare con sol- lecitudine quello di die gli amici hanno uopo; e il sopportare gli igno- ranti , ^ e il sapersi adattare a * Nello spiegare. Intendi nel dare altrui tutte le spiegazioni di die possa aver d’nopo per ben capire le cose. P. 2 Intendi; senza diventar loro obbligato in modo che nìccia alla Ina libertà. P. 3 Luogo corrotto. 0, Digiiized by Google LIBRO PRIMO. 9 tutti per modo che il conversare con esso lui era più dolce cosa che l’ adu- lare di chicchessia, ed era egli non- dimeno in quello stesso punto ed appo quelle stesse persone in vene- razione grandissima; e la chiarezza di mente e la sagacità con cui tro- vava ed ordinava le verità filosofiche necessarie alla vita; e il non aver dato mai indizio di collera nè d’al- tra passione , ma essere stato ad un’ ora il più impassibile uomo ed il più tenero; e il dir volentieri liene d’ altrui, senza menar remore per ciò; e la molta dottrina senza che paresse. 10. Da Alessandro il grammatico, il non isgridare ; e il non riprendere ingiuriosamente chi faccia un bar- barismo o un solecismo o un cattivo accozzamento di suoni, parlando; ma profferire destramente ciò che que- gli avrebbe dovuto dire, per modo di risposta, o di conferma, o come Digitized by Coogle RICORDI. 10 volendo esaminar con esso la cosa, non già la parola, o per qualsivoglia altro modo di suggerimento indi- retto, garbatamente. 11. Da Frontone, quanta* invidia, quanta malizia, quanta simulazione sia nella tirannide. E siccome questi da noi chiamati patrizi, son cattivi padri anzi che no. 12. Da Alessandro ’ il platonico, il non dir sovente nè senza neces- sità a nessuno, nè scriver per let- tera, ch’io sono occupato, nè con- trarre r abito di disimpegnarmi in tal modo dei doveri verso le persone con le quali io vivo, allegando per iscusa le faccende. 13. Da Catulo,* il non tener poco conto delle doglianze di un amico, quand’ anche si dolga fuor di ragione, t ‘ 1 Secondo Filostrato fn nn segretario di Marcaurelio. P. - Cinna Catulo, filosofo stoico, menzio- nato da Capitolino. P. Digitized by Googic LIBRO PRIMO. 11 ma anzi sforzarmi di ricondurlo alle maniere di prima; e il parlar bene e volonterosamente dei maestri, co- me si narra di Domizio e di Ateno- doto; e lo amar i figli con vero af- fetto. i4. Dal mio fratello Severo,' l’af- fezione ai dimestici ; * 1’ amor del vero e del giusto ; lo avere, per mezzo di lui, avuto contezza di Trasea,* d’Elvidio,' di Catone,^ di Dione,® di Bruto,’^ ed essere venuto in pen- siero di un reggimento civile dove la legge sia una per tutti e pari i ' Neppure T eruditissimo e diligentissimo Qataker potè chiarire chi fosse questo Se- vero che Antonino chiama fratello. P. * A tutto quello che ci è dimestico. 0. 8 Una delle più illustri vittime della cru- deltà di Nerone. P. ^ Genero di Trasea, esiliato da Nerone. P. 8 L'illustre stoico Catone Uticense. P. 6 L' amico di Platone , V avversario di Dionigi tiranno di Siracusa, la cui vita fu scritta da Plutarco. P. 7 Marco Bruto, la cui vita fu pure scritta da Plutarco., P. Digilized by Coogle 12 RICORDI. diritti di ciascheduno, e di un go- verno regio che sovra ad ogni altra cosa tenga conto della libertà dei governati. Ancora^ quel suo tenor costante ed uniforme nel culto della filosofia; e la beneficenza, e il far parte altrui volentieri e senza rispar- mio delle proprie sostanze; e lo spe- rar bene; e lo aver fede nell’ami- cizia degli amici ; e quel suo non infìngersi con le persone quando dis- approvava alcuna cosa in loro; e il non aver mai avuto bisogno gli amici di lui di andare indovinando che co- sa egli volesse o non volesse, sendo r animo di lui sempre aperto. 15. Da Màssimo, * il contener sè medesimo, e non lasciarsi andare in nulla malgrado suo; Tesser di buon animo nelle malattie e negli altri casi avversi; e quella temperatezza di costume, soave ad un tempo e 1 Clandio Massimo filosofo stoico. P. Digilized by Goog[c LIBRO PRIMO. 13 dignitoso ; e lo eseguir prontamente c senza querimonia qualunque cosa gli accadesse di dover fare ; e la cre- denza che tutti avevano di lui, eh’ egli pensasse tutto che diceva e facesse a lìn di bene tutto che faceva; e il non istupir di nulla, non isgomentarsi di nulla, non esser mai nè frettoloso, nò tardo, nè imbarazzato, nè sfidu- ciato, nè infingardo, nè ripentito del consiglio preso, nè sospettoso; e il beneficare e il perdonar volentie- ri, e lo esse r veritiero, e il parer piuttosto uomo per natura incon- taminato che non per arte emen- dato ; e siccome nessuno fu mai che o si credesse dispregiato da lui, o ardisse riputar sè migliore di lui; e quel suo piacevoleggiare a pro- posito. 16. Dmio padre, ^ 1’ esser bona- rio, e irremovibilmente fermo non- * Di adozione, cioè V imperatore Anto- nino Pio. Digitized by Coogle RICOKDl. 14 dimeno nei partiti pi'esi dopo accu> rata disamina ; il non trar vanità da quelli che il volgo chiama onori; l’amore al lavoro e l’assiduita; il dare ascolto a chiunque avesse da proporre qualche cosa di utile al comune ; il non lasciare che nessuna considerazione lo distornasse dal re- tribuire a ciascuno secondo il me- rito ; il conoscere dove bisognasse esser rigido e dove indulgente;!’ aver posto fine agli amori de’ ragazzi ; e il sentire modestamente di sè e volere stare ad uno stesso ragguaglio con gli altri ; il permettere agli amici di non cenar punto con lui, e di non accom- pagnarlo nei viaggi, e lo accoglier con gli stessi modi di prima chi per qualche sua bisogna non lo avea po- tuto seguire; e la diligenza e la per- sistenza con che esaminava le cose nei consigli, non come quell’ altro di cui è stato detto che tòsto lasciò la deliberazione contentandosi dei Digitized by Google LIBRO PRIMO. 15 primi pensieri che gli furon venu- ti ; * e il conservar gli amici, non re- candosi a fastidio nessuno, nè inca- pricciandosi di nessuno ; e il sopperire a sè stesso , sempre ; e la serenità del volto ; e r antivederei da lontano e prmio padre, ^ 1’ esser bona- rio, e irremovibilmente fermo non- * Di adozione, cioè V imperatore Anto- nino Pio. Digitized by Coogle RICOKDl. 14 dimeno nei partiti pi'esi dopo accu> rata disamina ; il non trar vanità da quelli che il volgo chiama onori; l’amore al lavoro e l’assiduita; il dare ascolto a chiunque avesse da proporre qualche cosa di utile al comune ; il non lasciare che nessuna considerazione lo distornasse dal re- tribuire a ciascuno secondo il me- rito ; il conoscere dove bisognasse esser rigido e dove indulgente;!’ aver posto fine agli amori de’ ragazzi ; e il sentire modestamente di sè e volere stare ad uno stesso ragguaglio con gli altri ; il permettere agli amici di non cenar punto con lui, e di non accom- pagnarlo nei viaggi, e lo accoglier con gli stessi modi di prima chi per qualche sua bisogna non lo avea po- tuto seguire; e la diligenza e la per- sistenza con che esaminava le cose nei consigli, non come quell’ altro di cui è stato detto che tòsto lasciò la deliberazione contentandosi dei Digitized by Google LIBRO PRIMO. 15 primi pensieri che gli furon venu- ti ; * e il conservar gli amici, non re- candosi a fastidio nessuno, nè inca- pricciandosi di nessuno ; e il sopperire a sè stesso , sempre ; e la serenità del volto ; e r antivederei da lontano e pral ovvedere senza scliifiltà anche alle rnenome cose; e l’aver dato bando alle acclamazioni e alle adulazioni d’ ogni genere ; e il tenere allestito sempre quanto era necessario per le occorrenze dello stato, moderando le spese, e sopportando di buon animo la taccia che alcuni gli davano per ciò;*e lo essere alieno e dalla su- perstizione verso gli Dei e dalla pia- genteria verso .gli uomini,* non cu- randosi di acquistar grazia appo il popolo o con le larghezze, o con le1 Luogo intricato. 0. ^ Nota due modi condannevoli e vani: di acquistar grazia» appo gli Dei, con pratiche superstiziose; appo gli nomini, con 1' andar loro a genio e secondarli anche a costo del dovere. 0. Digitized by Coogic RICORDI. 16 lusinglie, o con lo imitare i modi di quello,* ma sobrio in ogni cosa e saldo, e non mai altro che dili- cato e gentile e osservatore della convenienza e del costume stabilito; 0 il servirsi seifza boria e senza scru- polo di tutte quelle cose che confe- riscono agli agi della vita, delle quali la' fortuna è larga a’ suoi pari, per modo che delle presenti ei si gio- vava senza farne casa e le assenti non desiderava; e siccome nessuno avria mai detto di lui eh’ egli fosse un sofista, o un dileggino, o un pe- dante, ma sibbene un uom maturo, perfetto, nemico dell’adulazione, ca- pace a governar sè medesimo ed altri. Eri inoltre quel suo onorare i filosofi veri e non fare scherno de’ fal- si, non lasciandosi nulladimeno fa- cilmente ingannare da loro ; e il con- versare sciolto, e quella sua grazia • Come tanti imperatori die It) avevano preceduto. P. Digitized by Coogle LIBRO PRIMO. 17 che non ristuccava; e il tener cura del proprio corpo, non tanta da parer tenero deliavita, o damerino, nè tanto poca da parere trascurato, ma quanta basta per non avere quasi punto biso- gno di medicine o simili cose. E sovra tutto quel suo cedere senza invidia a chi avesse acquistato abilità in qual- che cosa, come nell’ eloquenza, o nella conoscenza delle leggi e dei costumi de’ popoli, e altro di cotal fatta; e lo adoprarsi insieme con essi perchè ottenessero fama, ciascuno nell’ arte in che primeggiava; e quel suo fare ogni cosa secondo gli insti- tnti de’ maggiori, senza dare a dive- dere che avesse nessuno intento par- ticolare, nè anche quello di volere conservare essi institnti. Ancora il non esser nè randagio nè avventato, ma continuar volentieri a star nel medesimo luogo e ad occuparsi delle medesime cose; e dopo passati gli accessi del dolor di capo, ritornar iU^teu Aurelio. 2 Digitized by Coogic 18 RICORDI. fresco e vigoroso ai lavori solidi; e il non aver di molti segreti, ma anzi pochissimi, e di rado, e solamente nelle cose di stato ; e la prudenza e la misuratezza nel dare spettacoli, nell’ intraprendere opere pubbliche, nel far distribuzioni ai soldati, e simili cose; siccome uomo che riguardava a quello che conveniva fare, e non . alla fama che gli sarebbe venuta dalle cose fatte. Non al bagno fuor d’ ora, non la smania del fabbricare, non ricercatezza nel cibo o nella tes- situra de’ panni o tintura, o nella appariscenza de’ servi. La toga * dalla villa inferiore e da quelle di Lanuvio il più sovente; i modi che tenne col pubblicano in Tusculo, che supplicava; e altre sue simili ma- niere. Nulla di men che umano, nulla d’ immisericorde, nulla di violento, nè, come direbbe taluno, siìw al su- 1 Passo corrotto. 0. Digitized by Google LIBRO PRIMO. 19 dove; tutte le cose di lui, pensate, distintamente avvertite, con paca- tezza, con ordine, con vigore, e d’ac- cordo le une con le altre, come se le avesse premeditate per ozio. Ed a lui si potrebbe applicare ciò che » vien detto di Socrate, che egli po- teva e astenersi e godere colà dove a gran parte degli uomini manca la forza per 1’ uno e la temperanza per r altro. E il saper reggere con for- tezza e con sobrietà ad ambedue non appartiene se non a colui che ha r animo sano ed invitto, quale egli il dimostrò nella malattia di Mas- simo.* 17. Dagli Dei, lo avere avuto buoni avoli, buoni genitori, buona sorella, buoni maestri, dimestici, congiunti, amici, tutti, a un dipresso, buoni. E il non avere offeso mai nessun di loro, benché talmente disposto di 1 Claudio Massimo menzionato al § 15. P. BICORDI. 20 natura, che io l’ avrei fatto forse, ove fosse venuto il caso : ma per bontà degli Dei non incontrò mai tal concorso di cose che mi ponesse a repentaglio. Il non essere statò più lungamente allevato appresso la con- cubina del mio avolo; l’avere serbato nel fior degli anni la purezza del co- stume, e non aver dato saggio di età virile prima del tempo, anzi avere soprastato anche più in là. L’ essere stato sottoposto ad un principe e padre il quale doveva sgombrar da me ogni sorta di boria e farmi ca- pace come egli si può vivere in corte e iion aver bisogno nè di guardie nè di vesti screziate nè di fiaccole nè di statue, come s’ usa, nè d’ altre simili pompe; ma anzi, che egli v’ha un modo di ristrignersi quasi alla condizione di privato^ e non perder nulla però nè della dignità nè del nerbo necessario al trattar le cose dello stato. L’ essermi tocco in sorte Digitized by Coogle LIBRO PRIMO. 21 il fratello* ch’io ho, il quale, se è d’incitamento a me, co’ suoi costumi, ad invigilare sui miei, mi consola nondimeno e mi rallegra con la ri- verenza e con r amore eh’ egli mi porta. L’ avere avuto figli nè ottusi d’ ingegno nè contraffatti di corpo. Il non aver fatto maggiori progressi nella rettorica nè nella poetica nè nelle altre arti, dove sarei forse ri- i masto allacciato s’ io mi fossi accorto | eh’ io vi riusciva. L’ essermi sbrigato \ di costituire in dignità i miei edu- catori, come parve a me eh’ essi bra- massero, e non avere indugiato con la speranza del potere far cotesto di poi, sendo essi ancor giovani. Lo avere conosciuto Apollonio, Rustico, Massimo. Lo aver concepito chiara- mente e più volte qual sia la vita 1 Lucio Vero fratello per adozione, uomo invero viziosissimo, più assai, probabilmen- te, che non fosse noto ad Antonino; ma de- votissimo e affezionatissimo a Ini. P. Digitized by Google 22 RICORDI. secondo natura: s'i che per gli Dei non mancò, nè per aiuti e suggeri- menti ed ispirazioni loro, eh’ io non vivessi a quel modo; mancò bensì por me, il quale non osservai gli avvisi e, sto per dire, gli insegna- menti che essi mi davano. Lo av^er potuto reggere della persona durante cotanto tempo in cotal vita. Il non aver avuto a fare ne con Benedetta nè con Teodoto ; e che di poi, caduto novamente nella passion d’amore, io abbia potuto guarirne. Che, essen- domi adirato più volte con Rustico, io non abbia fatto nulla di che avessi poi a pentirmi; che, dovendo mia madre morir giovane, abbia non- dimeno vissuto con me gli ultimi suoi anni; e che, ogni volta eh io volli soccorrere alcuno, o povero o altrimenti bisognoso, non mi fu mai detto ch’io non avessi danari per farlo; e il non essermi trovato mai io medesimo in simigliante occor- Digitized by Coog[e LIBBO PRIMO. 2H renza, da dovere aver ricorso ad al- tri; Io avere la moglie* ch’io ho, così docile, così amorevole, così alla buona; il non essermi mancato ac- conci educatori pe’ miei figli, V es- sermi stati dati rimedi in sogno, e, fra gli altri, contro lo sputo di san- gue e contro le vertigini,’ e il non essere caduto nelle mani di un qual- che sofista, quando io venni in desi- derio della filosofia, nè essermi posto a far Io scrittore, o a risolver sillo- gismi, o a speculare sui fenomeni del cielo. Le quali cose tutte richiedono l’aiutq degli Dei e della fortuna. Fra i Quadi, sulle sponde del Or amia. * A FauRtiiia non dovè esser diffìcile il celare coir astuzia o colla fìnta tenerezza! suoi pessimi portamenti ad un nomo di sì poco sospettosa natura qual era Antonino, massime verso dii mostravagli affeziono. P. * Luogo corrotto. 0. Digilized by Coogle LIBRO SECONDO. 1 . Al mattino, fa’ che tu dica a te stesso : avrò da fare con un curioso, con un ingrato, con un soperchia- tore, con un furbo, con un invidioso, con un insociale. Tutti questi difetti han per causa la ignoranza dei beni e dei mali. Ma io, il quale conosco la natura del bene, e so ch’egli è l’onesto; e quella del male, e so eh’ egli è r inonesto; e quella di lui medesimo che pecca, e so eh’ egli è mio congiunto; non perch’egli sia d’ uno stesso sangue o d’ uno stesso seme con me, ma perchè partecipa «r una stessa mente e d’ una stessa origine divina; io non posso ricever Digitìzed by Google LIBRO SECONDO. 25 danno da nessun di loro; giacché nessuno mi farà incappar mai nel- r inonesto malgrado mio; nè adirar- mi posso col mio congiunto, nè di- ventargli inimico; perchè noi siam nati per cooperare l’un coll’altro, siccome i piedi, siccome le mani, sic- come le palpebre, siccome i denti di sopra e i denti di sotto. E però l’an- dare a ritroso l’ un dell’ altro è cosa contro natura ; ed è uno andare a ritroso lo adirarsi 1’ un coll’ altro e lo aversi in dispetto. 2 e 3. Questo checchessia, che io mi sono, è un composto di carni, di fiato, e della parte sovrana.* Lascia stare i libri; non travagliartene più; non ne hai più il tempo. Ma, come quegli che sei presso a morire, metti le carni in non cale; elle non sono altro che sangue, ossicini, e una rez- za, per così dire, di nervi, di vene 1 La parte «oorana, cioè la rag'iono o la mente. Digitized by Google 26 RICORDI. e d’arterie. Vedi anche il fiato che cos’è: im vento; e non sempre il medesimo, ma di continuo rigettato e rinnovellato. Rimane la parte so- vrana. A questa hai da badare. Tu sei vecchio ; non lasciare che ella serva più oltre ; non lasciare che ella sia tirata più oltre, quasi fantoccino, da appetizioni insociali; non lasciare che ella contraddica più oltre al de- stino, 0 crucciandosi delle cose pre- senti o respignendo da sè le cose avvenire. Le opere degli Dei sono ripiene di provvidenza. Le opere della fortuna non sono infuori della natura, cioè di quella coordinazione e connes- sione di cause cui la provvidenza governa. Tutto scaturisce di là. Ag- giugni che quanto è, di necessità è, ed è utile all’ universo di che tu sei parte. Ora, ad ogni parte della na- tura è buono ciò che porta la natura comune e che è sostentativo di quel- Digitized by Googl LIBRO SECONDO. 27 la. E sostentano il mondo, siccome le mutazioni degli elementi, cosi an- cora le mutazioni dei composti di essi elementi. Queste cose ti bastino, que- ste sieno sempre mai le tue ferme credenze. E caccia via quella tua sete di libri, affinchè tu non muoia mor- morando, ma sereno e ringraziando gli Dei sinceramente e di cuore. 4. Ricordati da quanto tempo tu vai differendo queste cose, e quante volte, avendo ricevuto opportunità dagli Dei, non te ne sei valuto. E convien pure che tu riconosca una volta di qual mondo fai parte e da quale reggitor del mondo sei ema- nato ; e siccome un tempo ti è pre- fìsso, del quale se tu non fai uso per acquistare la tranquillità dell’ animo, egli passerà, e tu passerai, e non sarà più. per ritornare. 5. Sii sempre intento ad operar gagliardamente, da romano e da ma- schio qual sei, quel che hai por le Digilized by Google RICORDI. 28 mani, con serietà diligente e non punto affettata, con amorevolezza, con libertà, con integrità; e sgom- bra l’animo tuo da ogni altra cui*a. Lo sgombrerai, se farai ciascuna tua azione come se fosse 1’ ultima della tua vita, scevra affatto di leggerezza, e di avversione appassionata ai con- sigli della ragione, e di doppiezza, e di amor proprio, e di scontentezza per le cose condestinate* ab eterno con te. Vedi quanto poco ci vuole perchè altri possa vivere una vita avventurosa e accetta agli Dei ! Chè di fatti gli Dei non richiederanno nulla più da chi osserva cotesto. 6. Disonorati su, disonorati, o ani- ma; d’ onorarti poi, non ti rimarrà più tempo. Perchè tanto di bene ha ciascheduno, quanto la sua vita glie ne arreca; e tu hai pressoché con- sumato la tua, non già rispettando • Con/’ala/ia, disse Cicerone, usando anch’e- gli una voce ignota sinallora ai Latini. 0. Digitized by GoogLe LIBRO SECONDO. 2t) te medesima, ma riponendo nelle anime altrui la tua felicità. ' 7. Se’ tu svagato dalle impressioni del di fuori? Concedi agio a te stesso di imparare alcun che di buono, o cessa dall’ errare qua e là. Ornai anche hai da guardarti da un secondo svagamento. Perchè vaneg- giano anche con le azioni gli uomini stanchi della vita e non aventi uno scopo a cui dirigano ogni loro sforzo ed ogni lor pensiero qualunque (1).^ 8. Per non avere avvertito ciò che succede nell’ anima d’ un altro, di rado r uomo fu mai veduto infelice;' ma chi non avverte i moti dell’ anima propria, è infelice di necessità. 9. Queste /ione conviene avere a mente sempre : quale è la natura del- r universo e quale la mia; qual rela- zione ha questa con quella ; qual parte è del tutto e di qual tutto; e • Le note con numero progressivo tra parentesi si trovano in fine del volume. KlCOttDI. 30 come ^nessuno può impedirti dal far sempre e dire ciò che è consentaneo alla natura di che sei parte. 10. Filosoficamente Teofrasto, nel paragone eh’ ei fa dei peccati, se- condo che volgarmente ' si suole, alferrna esser più gravi le colpe che si commettono per concupiscenza che non quelle che si commettono per ira. Imperocché non senza un certo dolore e raggricchiamento segreto deir animo mostra 1’ uomo adirato che egli si torca dalla ragione ; lad- dove chi pecca per concupiscenza, vinto dal piacere, sembra, in un certo modo, più intemperante e più effe- minato nel fallo. Rettamente adun- que e con molta filosofia dice egli essere maggiore la colpa di chi pecca con piacere che non di chi pecca con dolore. Ed infine, V uno rassomiglia piuttosto a persona ingiustamente t Yolgarmeutu: detto por opposiziono al dettato stoico, essere ì peccati uguali. 0. Digitized by Googl LIBUU SKOONDO. 31 olTesa, che il dolore abbia sforzato a sdegnarsi : ma l’ altro si muove spon- taneo e da per sè all’ingiustizia, re- candosi per concupiscenza a far chec- chessia. 11. Convien pensare ed operare ogni cosa come se tu dovessi uscir di vita in quell’ ora. Uscir di vita, se ci sono gli Dei, non è punto cosa tremenda; da che non è possibile che essi ti vogliano fare incappar nel male ; e se non ci sono, o se non curano le cose umane, a che vivere in un mondo orbo di provvidenza e d’Iddei? Ma e ci sono gl’Iddei, e si piglian cura dell’ uomo ; e perch’egli non inciampasse nei mali veri, po- sero in arbitrio di lui la cosa; dei rimanenti se alcun fosse male, a quello ancora avrian provveduto, sì che potesse ognuno guardarsene. Ma quello che non fa peggiore 1’ uomo, come farebbe peggiore la vita del- r uomo? Oltre che la natura dell’ uni- Digitized by Coogk 32 RICORDI. verso non saria stata mai trascurata a tal segno' (non, perdi’ ella non sa- pesse ; non, perchè sapendo non po- tesse); non saria mai, dico, nè per impotenza nè per disavvedutezza in- corsa in tanto errore da lasciare che i beni e i mali toccassero del pari e senza differenza nessuna ai buoni ed ai tristi. E pur noi veggiamo che la morte e la vita, la gloria e V in- famia, il dolore e il piacere, le ric- chezze o la povertà, cose tutte che non sono nè oneste nè inoneste, toc- cano senza differenza ai tristi ed ai buoni. Adunque, nè benf olle sono nè mali. 12. Come tosto svanisce e va a per- dersi ogni cosa, nel vortice del mon- do i corpi, e nello avvicendarsi del tempo la memoria di quelli! quali sono tutte le cose sensibili, e mas- simamente quelle clic adescano col piacere o atterriscono col dolore o sono dalla vanità degli uomini cele- Digitized by Goog[e LIBRO SECONDO. 33 brate! quanto son vili, dispregevoli, sucide, corrottibili, morte! questo è . da considerare per una facoltà intel- lettiva: che cosa son coloro le opi- nioni dei quali e le voci distribui- scono la fama ; che cosa è il morire ; e siccome, chi lo considera solo da per sè, separandolo con la mente da tutto ciò che la fantasia v’ ha ag- giunto, non se ne fa più concetto se non come di operazione della natura : ora il temere un’ operazione della na- tura è cosa da fanciullo. E questa non solo è operazione della natura, ma operazione utile a quella. — In che maniera 1’ uomo comunica con Dio, e per qual parte di sè; e come disposta debb’ essere allora questa parte dell’ uomo. 13. Non v’ ha misero al pari di colui che va esplorando in giro ogni cosa, come disse quell’ altro, anche le cose di sotterra, e vuol penetrare, per via di congetture, ciò che sta .V«rco Aurelio. 3 Digitized by Google u RICORDI. nell’ animo del vicino, senza accor- gersi che gli basterebbe pure tenersi accanto al genio che è in- lui, e ser- | vir quello di cuore. Servire il genio che è in noi,' vuol dire mantenerlo netto di passione, di operar teme- rario, e di scontentezza per cosa che venga dagli Dei o dagli uomini. Per- chè quel che viene dagli Dei è ve- nerabile, per la virtù eh’ è in loro : quel che vien dagli uomini è ami- chevole, per la parentela che abbiam con loro; e talvolta anche compas- 1 sionevole ( 2 )^ per l’ ignoranza in che ' sono de’ beni e dei mali ; cecità non minore di quella che impedisce di scernere il bianco dal nero. li. Quand’ anche tu avessi a vivere tre migliaia d’ anni ed altrettante diecine di migliaia, sovvengati non- dimeno che r uomo non perde altra vita che quella eh’ egli vive, nè vive ' Inteudi la ragione. Digitized by Goog[e LIBRO SECONDO. 35 altra vita che quella ch’egli perde. Ad uno stesso fine adunque riescono e la più lunga vita e la più breve. Perchè il presente è uguale per tutti, se bene non è uguale lo spazio di vita insino allora trascorso; e così appare che il tempo che l’ uom perde è un momento indivisibile. Nè il pas- sato di fatti nè il futuro non può perdere egli mai; come perdere ciò che non ha ? Di questi due punti adunque ti hai da ricordare; l’uno, che il mondo va eternalmente sem- pre ad un modo, ravvolgendosi come in un cerchio, e che non v’ ha dif- ferenza dal vedere le stesse cose per cento anni al vederle per dugehto o per la infinità dei secoli; l’ altro, che ugual vita perde e chi muor decrepito e chi muore'per tempissimo ; perchè il presente è la sola vita che venga lor tolta, essendo la sola che ciascun d’ essi abbia, e nessuno non potendo perdere quel che non ha. Digitized by Google 36 BICORDI. I 15. Siccome tutto è opinione. È « noto il detto di Monimo il cinico. E nota anche V utilità di quello, chi ne colga il midollo per insino ai confini del vero.* 16. L’anima umana fa onta a sè stessa, primieramente quando ella ; diventa, per quanto sta in lei, come chi dicesse un apostema o tumore del mondo, ritraendosi da quello co- me fan gli umori guasti dal corpo. - Perchè il crucciarsi di un accidente qualunque è un ritrarsi dalla natura univei-sale, dentro alla quale son contenute, siccome parti di quella, tutte le nature degli altri. In secondo luogo, quando ha avversione a un * Diceva che «Ogni nostra opinione è fumo e boria.» 0. ^ Apostema in greco vuol dire ad un tempo ed apostema e ritiramento. È solenne agli stoici il torre esempi, nelle cose morali, dalla natura fisica, siccome quella in cui è contenuta, secondo loro, ancho la natura morale. 0. Digilized by Google LIBRO SECONDO. 37 qualche uomo, od anche se gli volge contro per nuocergli, come le anime degli adirati. In terzo luogo ella fa onta a sè stessa quando si lascia vin- cere dal piacere o dal dolore. Quarto, quando ella s’ infinge ed opera o parla con simulazione e contro la verità. Quinto, quando ella non in- dirizza a nessuno scopo una qualche sua azione o una qualche sua deter- minazione di volontà, ma opera a caso e senza sapere che cosa si fac- cia; laddove nè anche le minime cose non (iovrian farsi mai se non con rela- zione al fine. E il fine degli animali ra- gionevoli è il conformai'si alla ragione e legge della più antica fra le città e le repubbliche e della più veneranda. * 17. Della vita umana, la durata è un punto; la materia, fluente; il senso, tenebre ; la compagine di tutto il corpo , corruzione ; 1’ anima,* un * La città e repubblica del mondo. 0. * Per anima qui non s' intendo certamente Digitized by Google 38 RICORDI. ap^gintrsi perpetuo; la fortuna, cosa mala a prevedere; la fama, cosa senza giudizio. E a dirla in breve, ciò che riguarda il corpo, è un tor- rente ; ciò che riguarda l’ anima, so- gno e fumo ; la vita tutta intera, guerra e pellegrinaggio; e la rino- manza che le vien dopo, oblio. Che i adunque v’ ha a cui tu ti possa atte- nere? Sola ed unica una cosa; la filosofia. E questa consiste nel custo- dire per tal modo il genio interno, eh’ egli non riceva nè onta nè danno, sia superiore al piacere e alla pena, non operi nulla a caso, nè infìnta- mente 0 con animo d’ ingannare, nè abbia bisogno mai che altri faccia o non faccia checchessia; inoltre ac- cetti ogni avvenimento a lui desti- r anima ragionevole, nè la mente, o la parte sovrana, o il genio interno menzionato nelle , linee segnenti; ma solamente il principio ’ della vita animale. Vedi il § 16 del lib. Ili | dei Bicordi, ove è fatta distinzione fra corpo, anima c mente. P. I Digilized by CoOa LIBRO SECONDO. JÌ9 nato siccome cosa che gli viene di colà d’ onde è venuto egli stesso ; sovra tutto poi, aspetti la morte con mente serena, siccome nulla più che dissoluzione degli elementi onde ogni animale è composto; ai. quali se non è grave lo essere trasmutati di conti- nuo r uno nell’ altro, per qual ca- gione si avrà ella a temere la tras- mutazione e la dissoluzione d’ essi tutti in una volta? Ella è cosa se- condo natura; e nulla che sia se- condo natura non è mai un male. Tn Carnvnto, Digitized by Google LIBRO TERZO. 1. Non solamonte è da conside- rare che la vita si va consumando ogni dì, e che sempre ce ne riman meno, ma eziandio che egli è in- certo, ove ancor 1’ uomo viva lunga- mente, s’egli avrà sempre vigor 'di mente che basti per la intelligenza degli affari e la contemplazione che ha per iseopo la conoscenza delle cose divine ed umane. Perchè, quan- do egli incominci a vaneggiare,* non cesserà però, egli è vero, nè di tra- spirare, nè di nudrirsi, nè di avere immaginazioni, nè appetiti, nè altre 1 Vedi addietro, II, 7. 0. Dìgitized by Google LIBRO TERZO. 41 cose di tal fatta; ma valersi di sè stesso, ma avvertire distintamente tutti i numeri * del dovere, ma chia- rire i propri concetti, ma, quel che importerebbe allora, deliberare se sia già tempo per lui di andatene,® e quante altre cose richieggono una raziocinativa molto bene esercitata, cotesto non potrà egli più, chè la facoltà sarà spenta anzi tempo. Con- viene adunque affrettJirsi, non sola- mente perchè ci facciamo ognora più vicini alla morte , ma ancora perchè cessano in noi anzi il finir della vita la intelligenza e la com- prensione delle cose. 2. È degno pure d’ osservazione che anche quelle cose le quali sono un mero accompagnamento neces- 1 c Onesto chiamano (gli stoici) il perfetto bene per lo avere esso tutti i numeri che la natura richiede.» 0. - Secondo gli stoici non dovea rimanere in vita r nomo che non potea più adempire gli uffici d’uomo, 0. Digilized by Coogle RICORDI. 42 sario d’ ima operazione della natura hanno un non so che di grazioso e di dilettevole. Per esempio, cocen- dosi il pane, si screpola in certi luo- ghi. Or bene, anche quelle così fatte screpolature che stan là, per così dire, fuori dell’ intenzione del for- naio, hanno un certo garbo o muo- vono r appetito in un certo modo lor proprio. Ancora i fichi, quando sono ben maturi, si aprono. E nelle ulive lasciate lunga pezza in su V al- bero, quello stesso essere già vicine a corrompersi, aggiugne al frutto una certa bellezza particolare. E le spighe che s’ inchinano, e la guar- datura del leone, e la schiuma che esce fuori di bocca al cinghiale, e molte altre cose le quali, considerate da per sè, sono lontane da ogni bel- lezza, nondimeno, perch’ elle accom- pagnano necessariamente un’ opera della natura, aggiungono a quella ornamento e dilettano altrui. Di ma- Digitized by Coog[e LIBRO TERZO. 43 niera che, chi avesse altezza d’ in- gegno e considerasse ad una ad una le cose che accadono nell’ universo mondo, nessuna ne troverebbe per avventura, anche di quelle che sono mera conseguenza- necessaria delle altre, la quale non gli paresse farsi con una certa grazia. Costui vedreb- be la gola spalancata d’ una fièra viva con non meno piacere che quando gli scultori o i pittori glie la fan vedere imitata; e nelle vecchiarelle e nei vecchi scorgerebbe un certo che di finito e di maturo non meno piacevole ai casti occhi di lui che là venustà dei fanciulli ; e molte altre cose gl’ incontrerebbe di vedere, che non fan senso in tutti, ma solamente in chi s’ è veramente addimesticato con la natura e con le opere di quella. 3. Ippocrate curò di molti amma- lati, e poi s’ ammalò egli stesso e morì. I Caldei predissero a molti la Digilized by Cooglc RICORDI. 44 morte, e poi venne anche per loro la morte. Alessandro e Pompeo e Caio Cesare, i quali distrussero dalle fondamenta le tante città, e taglia- rono a pezzi in giornata campale le tante migliaia di cavalli e di fanti, uscirono poi anch’ essi di vita, alla fine. Eraclito, dopo avere con tanta sapienza e ragioni naturali discorso intorno alla conflagrazione del mon- do, gonfiatosegli d’acqua il corpo, coperto di letame se ne morì. De- mocrito fu spento da’ pidocchi ; ' So- crate da pidocchi d’ un’ altra sorta. Che è ciò? Ti se’ imbarcato, hai na- vigato, sei giunto; esci di nave. Se per andare ad un’ altra vita, nessun luogo è vuoto di Iddii, e nè anche ^ Diogene Laerzio narra che Democrito mori di vecchiaia; Lncrezio, che nscì spon- taneamente di vita, perchè sentiva il suo spirito indebolirsi per effetto degli anni. Non trovasi nell' antichità a noi nota alcuna tradizione che concordi con ciò che qni dice Antonino. P. \ Digitized by Coogic LIBRO TERZO. 45 quello dove vai ; se per rimanere senza sentimento, avrai Unito di sof- frire i dolori e i piaceri, e di dovere andare a versi ad un vaso che è di tanto inferiore a quel che gli serve. Perchè l’ uno è mente e genio, e r altro è terra e sangue. 4. Non consumare quella porzione che ti rimane di vita nel pensare ai fatti altrui, ogni volta che * tu noi faccia con un fine di comune utilità; cioè nello andar fantasticando che cosa opera il tale e per qual cagione, e che dice, e che pensa, e che mac- china, e somiglianti cose, le quali tutte ti fan deviare dalla custodia della tua parte sovrana. Conviene adunque guardarsi, nella succession dei pensieri, dall’ ozioso e dal vano, ma molto ancora^più dal curioso e dal maligno; ed avvezzar sè stesso a pensar solo tali cose che, quando altri, all’ improvviso ti domandasse, che pensi ora? tu possa risponder Digitized by Google 46 BICORDI. tosto e senza tema: questo, o que- st’ altro ; onde appaia subito mani- festamente non avervi nulla in te che non sia schietto e benevolo, nulla che non convenga ad animai socievole; il quale non si compiace nelle immaginazioni di piacere^ o di godimento qual eh’ ei sia, o di gaiti o d’invidia o di sospetto, o di qua- lunque altra cosa ti facesse arrossire quando tu avessi a confessare che l'avevi in mente. Un uomo di tal fatta, il quale non indugia d’ oggi in domani a por sè nel novero degli ottimi, è come un sacerdote e un ministro degli Dei, devoto, non meno che agli altri, a quello che ha il suo tempio in lui medesimo; per virtù del quale l’ uomo diventa inconta- minabile ad ogni jiiacere, invulne- rabile ad ogni dolore, inviolabile ad ogni ingiuria, insensibile ad ogni malizia, sostenitore in campo della massima fra le imprese, quella del Digitized by Coogic LIBRO TERZO. 47 non essere abbattuto da nessuna passione, imbevuto di giustizia in- sino al fondo, disposto ad accogliere con tutta r anima quanto accàSe e gli vien destinato, e non occupan- tesi se non di rado nè mai senza una grande e pubblica necessità, di CIÒ che altri fa o dice o pensa ; per- ch’ egli non ha altre azioni in sua balìa che le proprie, e pensa conti- nuamente alle cose che il fato del- r universo gli arreca; per far si che le prime sieno oneste, siccome ha fede che le seconde sien buone ; quando la sorte attribuita all’ uomo procede dalla stessa causa che l’ uo- mo e concorre insieme con 1’ uomo ad un medesimo fine. Sa inoltre che tutti gli esseri ragionevoli han pa- rentela fra loro; che è quindi con- forme alla natura dell’ uomo il tener cura di tutti ; benché non sia da far conto deir opinione di tutti, ma solo di coloro che vivono secondo natura. Digilized by Coogle RICORDI. 48 Quanto a quelli che vivono altra- mente, egli tien sempre a memoria che sorta cT uomini sono, e quali, e in casa e fuor di casa, e di notte e di giorno, si dimostrano, e con quali praticano; non ha quindi in pregio nessuno la lode che gli può venire da tallente, la quale nè anche a sè stessa non piace. 5. Non operar mai nè contro al tuo volere, nè senza relazione al bene della società, nè senza avere esaminato la cosa, nò con renitenza ; non adornare con isquisitezza di frasi il tuo pensiero: non esser uomo nè di molte parole, nè di molte faccen- de.' Ancora, fa’ che il Dio tuo in- terno abbia a governare in te un animale maschio, attempato, citta- dino, romano, imperatore, apparec- chiato di tutto punto, siccome quegli che non aspetta ornai se non il suono * Di molte faccende in cattivo senso, come chi dicesse faccendone, o faccendiere. P. Digilized by Coogl« LIBRO TKRZO. IO della tromba* per uscir della vita, e non occorre sforzarlovi nè col giu- ramento, nè con la testimonianza (f altr’ uomo ; nel lieto aspetto del quale ben si scorge non avere egli bisogno nè dell’ aiuto che vien dal di fuori, nè della tranquillità che gli altri procurano. Conviene adunque esser ritto in piedi già, e non riz- zarui solamente. 6. Se tu trovi qualche cosa di me- • glio nella vita dell’ uomo che la giu- stizia, che la verità, che la tempe- ranza. che la fortezza, e, in una pa- rola, che quella disposizione della mente per cui ella si appaga di sè medesima nelle cose die ti fa ope- rare secondo la retta ragione,, e del fato, nelle cose che senza parteci- pazione della tua volontà ti vengono distribuite; se, dico, tu trovi alcun che di meglio che questo, a quello 1 Similitudine tolta dagli ordini della milizia appo i Romani. 0. .Virco \urcIio. 4 Digitized by Google RIOUBDI. 50 rivolgiti con tutta l’ anima e godine siccome di cosa che hai ritrovato esser V ottima. Ma se nulla ti si pre- senta di meglio che il genio stesso tuo interno, quando si è fatto signore de’ propri moti, e rivoca ad esame le proprie immaginazioni, e si è sot- tratto^ come diceva Socrate, dalle passioni del senso, e vive sottomesso . agli Dei e pigliandosi cura degli uo- mini ; se, a paragone di questa, tutte . le rimanenti cose ti paion picciole e vili, non dar più luogo appresso te a nessuna altra, alla quale una volta che tu ti sentissi propendere, più non potresti senza repugnanza preferire a tutti quel bene che è pro- prio di te ed è il tuo; perchè al bene j’azionale ed efficiente (3) non vien contrapposto impunemente mai nulla che sia di natura diversa, come le lodi della moltitudine, o il co- mandare, o i piaceri del senso ; tutte queste cose, per poco che le si paiano Digilized by Google LIBRO TERZO. Ò1 adattare,' ti sopralfamio in un attimo e ti strascinano. Or tu, dico io, sce- gli schiettamente e liberamente il meglio, e a quello ti attieni. — Ma il meglio è l’utile. — Se l’utile al- r uomo in quanto è ragionevole, bene sta, quello procura: se l’ utile all’ uo- mo in quanto animale, dillo su aper- tamente® e vivi di poi senza boria nò fasto, secondo quella determinazio- ne. Ma bada, ve’, che non ti inganni nell’ esame. 7. Non riguardare giammai come i Par che Antonino alluda qui alla teoria dello adattare le nozioni generali alle cose particolari, o, come diremmo noi, del con- cetto alla rappresentazione, che è ciò in che consisto il giudizio. 0. * Dillo spiattellatamente, se ardisci, senza avvolgerti in parole coperte: e ammetti poi tutte le conseguenze di quel tuo detto: cioè, vivi poi da animale mero e puro, senza in- gerirti a parlare nè di moralità nè di virtù nè di giustizia, nè d* altro simile, che in quel caso sarebbero un vano fasto di pa- role. E provocazione al senso intimo dell'uo- mo. 0. RICORDI. 52 Utile a te nulla che sia per isforzarti un dì a violar la fede, abbandonare il pudore, odiare alcuno^ sospettare, maledire, simulare, desiderar cosa j che abbia bisogno di pareti e di ve- lame . Chi ha posto innanzi ad ogni altra cosa la sua mente e genio, e il culto della virtù eh’ è propria di quello, non fa tragedie, non geme, non ha bisogno di solitudine, non di frequenza d’ uomini; quel che più impoita, vive senza ricercar nulla nè fuggire; abbia ad esser lungo o , abbia ad esser corto Tintèrv^allo di tempo durante il quale sarà conte- nuta nel corpo l’ anima con che egli lia a fare,' non se ne piglia nè an- clic il minimo pensiero; e quando 1 Con che egli ha a fare. Non veggo che cosa abbia voluto dire V Ornato. Il senso letterale del testo è: sia lungo o sia breve il tempo, eh' egli avrà a far uso dell' ani- ma contenuta nel corpo. Il che, parrai, equi- vale a dire: sia lungo, o sia breve il tempo ch'egli ha a vivere. V. Digitized by LIBRO TERZO. 53 è giunta V ora dello sgombrare, cosi spiccio se ne va, come se impren- desse un’ altra qualunque di quelle azioni che si possono con verecondia e con dignità operare; da questo solo guardandosi per tutta la vita, , che veruno dei moti della sua men- te non sia mai men che convene- vole ad animale intelligente o so- ciabile. 8. Nella mente dell’ uom castigato e puro non troverai nulla di marcio, nè tampoco nulla di contaminato o che paia sano al di fuori e noi sia. La vita di lui, a qualsivoglia ora lo sorprenda la morte, non è mai im- perfetta, come tu diresti quella tra- gedia d’onde un attore si fosso riti- rato prima d’ aver condotto a fine la sua parte. Ancora non è in lui nulla di villano, nè nulla di artata- mente gentile; nulla che il leghi alle cose esteriori nè nulla che lo separi da quelle; nulla onde egli sia Digiiized by Google 64 RICORDI. palesemente ripreso,' nè nulla che covi addentro nascosto. 9. Abbi in rispetto la facoltà giu- dicativa.^ Per lei sta che non si ge- neri nella tua parte sovrana nessuna opinione che non sia consona alla natura o al fine per che 1’ uomo è ordinato. Ed essa promette la infal- libilità,* e l’amicizia con gli uomini e r ubbidienza agli Dei. 10. Messe adunque da banda tutte le altre cose, queste poche sole abbi in mente; ed ancora ricordati che i r uomo non vive altro tempo che questo presente, cioè un attimo; il rimanente o lo ha vissuto o non sa se il vivrà. Picciola cosa pertanto è 1 Intendi: nulla che appaia manifesta- mente vizioso. P. ' 2 Ossia la virtù del non cadere in er- rore ; che vien definita da Zenono « la scienza del quando conviene assentire ad i un' apparenza, e quando no. > Questa ac- compagna sempre il giudizio comprensivo, che è il criterio della verità appo g-li stoici. 0. Digitizedh, Cnoi^li: LIBRO TRRZO. 55 il tempo che l’ uom vive, picciola cosa rangoletto della terra dov’egli vive ; picciola cosa la fama anche la più lunga eh’ egli lascerà dietro sè, e questa tramandantesi per succes- sione d’ omiciattoli in omiciattoli, morti quasi appena nati, ed ignari anche di sè medesimi, non che di colui il quale moriva è già gran pezza. li. Agli avvertimenti dati sin qui s’ aggiunga ancora quest’ uno, di de- finir sempre o descrivere l’oggetto che cade sotto al tuo senso, si che tu lo scorga a parte a parte distin- tamente e tutt’ insieme quale egli è nella sua essenza nudo, e dir teco stesso il nome proprio di quello e il nome delle cose di che è compo- sto e in che s’ ha da risolvere. Per- chè non v’ ha nulla che sublimi cotanto l’animo quanto il potere ar- guire per la diritta via e con verità ciascuna delle cose che incontrano Digitized by Google 56 RICORDI. nella vita, e saperle vedere per ino» do da conoscere nello stesso tempo di qual uso sendo questa tal cosa al mondo, e a qual mondo, qual valore ha rispetto al tutto e quale rispetto air uomo, che è cittadino della suprema fra le città, della quale le altre città sono' come al- trettante famiglie. Che cosa è, e di che cosa è composto, e quanto tempo è por duiare ij cesto che fa impres- sione ora sul mio senso; di che virtù s’ ha da far uso con esso, per esem- pio, della mansuetudine, della for- tezza, della veracità, della fede, della semplicità, della frugalità, o simili. Però, intorno a ciascuna cosa, con- vien dire : questa mi viene da Dio ; questa dalla sorte, dalla complica- zione delle cause condestinate, e so- miglianti cose; quest’ altra dal mio consorto, dal mio congiunto, dal partecipe d’ una stessa società con me, il quale ignora nondimenò ciò Digitized by Google LIBRO TERZO. 57 che è secondo natura per lui. Ma 10 non lo ignoro ; e però mi governo con lui secondo la legge naturale della società, con benevolenza e giu- stizia; e ad uno stesso tempo ho riguardo, nelle cose mezzane,' al valore di ciascheduna. 12. Se tu operi secondo la retta ragione quel che hai fra mano, stu- diosamente, c vigorosamente, placi- damente, e non t’ occupi d’ altra cosa tra via, ma conservi puro ed intatto 11 genio tuo, come se tu dovessi già rassegnarlo ; * se a lui ti tieni stret- 1 Si chiamai! còse mezzane appo gli stoici quelle che non sono nè ben nè male, cioè nè virtù nè vizio. Le quali, comecché da per sè non meritino d' esser cercato nè fug- gite, si accettano nondimeno o si rigettano per r aiuto o disainto che elle possono ar- recare alla vita secondo natura. Quelle che arrecan più aiuto, han più valore: quelle che più disainto, più disvalore. Di questò ha da tener conto il savio, ed accettare, quando gli è data la scelga, quelle che han più valore, o che han meno disvalore. 0. ^ Sottintendi « a chi tol diede. » 0. Digitized by Google 58 RICORDI. to, nulla aspettando, da nulla rifug- gendo, contentandoti dell’ azion tua presente secondo natura e della eroi- ca verità d’ ogni cosa che tu dica: felicemente vivrai. Ora non v’ ha nessuno' che ti possa questo impe- dire. 13. Come i medici han pronti sem- pre i loro ferri e strumenti per le cure inopinate, così abbi tu alla mano i principi! * per la cognizione delle cose divine ed umane; e non far nulla mai, per poco che sia, senza ricordarti del legame che unisce queste con quelle. Perchè nulla di umano farai tu bene se non lo ri- ferirai al divino, e viceversa. 14. Non andar più vagando; per- chè non sei per rileggere oramai nè i tuoi ricordi, hè le azioni degli an- tichi romani e greci, nè gli estratti * Punti fondamentali di credenza, cre- denze prime, dommi : decreta .appo Cice- rone. 0. Digitized by Goog[ LIBRO TERZO. 59 d’ autori che riserbavi per la vec- chiaia. Studiati dunque d’ arrivare al fine, e poste da banda le spe- ranze vane, soccorri a te stesso, se pur ti cale di te, mentre che il puoi. 15. Non sanno * quanti significati abbiano le parole rubare, seminare, comperare, riposare, veder quel che sia da fare, il che non si reca ad effetto con gli occhi, ma con un’al- tra sorta di vista. 16. Corpo, anima, mente ; del corpo son le sensazioni, deh’ anima le ap- petizioni, della mente le credenze.^ Ricevere impressioni nella fantasia è cosa anche da giumento; esser mosso da appetiti è cosa anche da fiera, anche da androgino, anche da Falaride, anche da Nerone; avere per iscorta la mente a quello che ci pare nostro ufficio,* è cosa anche I Sottintendi c gli nomini del volgo. » 0. ^ Dommi, decréta. 0. Intendi, a quello che ci par eg$ere no- Digitized by Coogle 60 RIGORDT. da chi non crede che v’ abbiano Dei, da chi abbandona la patria, da chi fa, quando ha chiuso le porte, ogni opera nefanda. Se adunque tutte queste cose abbiam comuni cogli anzidetti, resta che sia proprio dell’ uomo dabbene lo amare ed ab- bracciare gli accidenti ad esso con- destinati e guardarsi dal macchiare e turbare con immaginazioni sconce il genio che risiede nel petto di lui, ma conservarlo propizio, seguendolo modestamente* come un Iddio, non dicendo mai nulla che sia contro al vero, nè dicendo *mai nulla che sia contro al giusto. Che se nissuno ttro interene. Questo è il significato gene- rale della parola ufficio appo gli stoici. Solo allor quando le si aggingne l'epiteto di perfetto denota essa il dovere^ che è come V intereae iublime dell' uomo. Noto questo perchè alcuni degli interpreti, e per ultimo anche il Corai, hanno maravigliosamente scompaginato - e interpolato questo passo; frantendendolo. V. Diog. Laerz.; Stobeo ; Cic. de Officiùt otc. 0. Digitized by Coogic LIBRO TERZO. 61 degli uomini non gli vuol credere eh’ egli viva con semplicità, con ve- recondia, e di buon animo ; nè s’adira egli contro costoro, nè si svia dalla strada che conduce al fine della yita. al quale si vuol giunger puro, tran- quillo, spedito, e conformato di vo- lontà col proprio destino. Digiiized by Google LIBRO QUARTO. 1. La parte che dentro di noi re- gna,* quando è nel suo stato natu- rale, ha tal disposizione verso gli accidenti, che senza difficoltà si ri- volge sempre al possibile e al dato. Perch’ella non ama nessuna mate- ria determinata ; ma si porta con eccezione* a quello che si ha pro- posto, e quando alcun che se le viene ad attraversare per via, ella si fa di quello stesso materia ; come il fuoco, quando s’ impadronisce delle I La parte sovrana o dominante. ^.Eccezione : vocabolo stoico. Indica limi- tazione del proponimento al possibile. Farò la tal cosa, se non sarò impedito. O. Digitized by Googl LIBRO QUARTO. 63 cose die incontra, dalle quali una picciola lampana sarebbe spenta ; ma lo splendido fuoco assimila a sè tosto ogni cosa che se gli butti dentro, e la consuma, e per quella stessa s’in- nalza più in su. 2. Nessuna azione sia fatta a caso mai, nè altrimente che secondo una delle regole costitutive dell’arte.* 3. Van cercando ritiri, alla campa- gna, alla marina, sui monti; e tu stesso suoli desiderare siffatti luoghi. Ma cotesto è da uomo ignorantissi- mo, potendo tu, a quell’ ora che tu vuoi, ritirairti in te stesso. Perchè * Ad ogni caso della vita corrispondo una virtù da esercitare (vedi sopra, III, 11, e più abbasso, IX, 11, 42): ed ogni virtù è appo gli stoici nna scienza nello stesso tempo ed un’ arte: parlo delle virtù pro- priamente dette. Come scienza quindi e come arte consta di certo proposizioni o re- gole, ciascuna delle quali è parte integrante di quella, e tutto insieme" la costituiscono. Così abbiam veduto (HI, 1) e vedremo ancora (VI, 26) che ogni ufficio consta di corti nu- meri. 0. Digitized by Goog[e inroRDi. «4 in nessuno altro luogo si ritira V uo- mo con più tranquillità e con meno brighe che nell’ anima sua ; massi- mamente chi ci ha dentro tanto alti oggetti di contemplazione che il solo affacciarsi a loro procaccia tosto ogni sorta di agevolezza. Quan- do dico agevolezza, non voglio dir altro che buon ordine. Concedi adun- que sovente a te questo ritiro e rin- novella quivi te stesso. Breve sia r espressione ed elementare la forma di quelle verità contemplative che avran forza di rasserenare al primo incontro V anima tua c. rimandarti senza corruccio alle cose alle quali ritorni. Perchè, di che cosa ti coi'- rucci? Della malizia degli uomini? Rammentati di quella sentenza, che gli esseri ragionevoli son fatti gli uni per gli altri; che il sofferire è parte della giustizia; che malgrado loro peccano ; che tanti si son già inimi- cati, sospettati, odiati, ^perseguitatisi LIBRO QOARTO. 65 a morte, i quali ora sono spenti, son fatti cenere; e te ne darai pace. 0 ti crucci tu di quella parte che a te Vien compartita dell’ universale de- stino? Rinnovella il dilemma. 0 è la provvidenza o son gli atomi,' op- pure gli argomenti con che s’ è di- mostrato che il mondo è come una città. Ma forse tu ti contristi delle affezioni del corpo? Pensa che non han più nulla che fare con la mente i moti o sieno soavi o sieno aspri del senso, ogni volta che questa s’ è . raccolta in sè medesima ed ha cono- sciuto la sua propria potenza; al che potrai aggiugnere quelle altre cose che intorno al piacere e al dolore hai apparato ed accettato per vere. 0 sarà forse T amor di gloria quello che ti turba? Considera come è ratto 1 Vedi lib. VI, 44, lib. X, 6. Si allude al sistema atomistico di- Epicuro, il quale ne- gava la previdenza, e attribuiva il mondo e tutti i fenomeni del mondo ad una causa non intelligente.. P. Marco Aurelio. * 66 RICORDI. l’oblio d'ogni cosa, interminato dal - runa parte e dall’ altra* il caos della età, vana cosa il rumore, mutabile, e inconsiderato chi in apparenza ti‘ esalta, angusto il luogo dove è cir- coscritto il suo dire. Perchè tutta la t.erra' è un punto: e qual parte di essa è l’angoletto che tu abiti? e quivi ancora quanti avrai lodatori, e quali?— D’or innanzi adunque sov- vengati di ritirarti in questa tua vil- letta di te medesimo; e sopra tutto, non. t' affannare, non t’agitare, ma sii libero e vedi le cose da uomo, da ‘ maschio, da cittadino, da mortale. Ed abbi in pronto, fra le verità alle quali dovrai far ricprso, queste due principalmente: 1’ una, che le cose non arrivano sino all’ anima, anzi stanno al di fuori immobili;* e i turbamenti nascono dalla sola opi- 1 A parte ante e a parte pott come dice la scuola. 0. * Conferisci VII, 16; IX, 16. P. Digitized by Googk LIBRO QUARTO. 67 • nione, che è dentro. L’ altra, che quanto tu vedi già già si muta e più non è quel desso ; e rivolgi in mente ciascuna delle mutazioni alle quali tu stesso sei inten'enuto. 11 mondo^ alterazione. La vita, opi- nione. 4. Se la intelligenza ci è comune a tutti, anche la ragione per cui siam ragionevoli ci è comune; se cotesto è, anche la ragione impera- tiva di ciò che si dee fare o non fare ci è comune; adunque anche la legge ò comune; aifunque siam concittadi- ni ; adunque partecipiamo tutti ad una specie di reggimento civile ; adunque il mondo è come una città. Perchè qual altro direm noi che sia quel reggimento civile di cui tutto il genere umano partecipa? Di colà, da quella città comune, viene a noi r intelligenza, la ragione, la legge, o d’ onde verrebbon esse? perchè, siccome quanto v’ ha in me di terreo Digitized by Google 68 RICORDI. viene da una certa terra di cui fa parte; e quanto v’ ha in me d’umido, da un altro elemento; e quanto v’ha di caldo e d’ igneo, da una certa sorgente propria (nulla venendo mai dal nulla nè ritornando nel nulla); così anche la intelligenza dee venire da qualche cosa. 5. La morte è come la nascita, un mistero della natura; composizione e risoluzione di certi elementi in quegli elementi medesimi. Ad ogni modo non è cosa di che 1’ uomo debba arrossire ; perchè non è cosa che repugni alla natura dell’ animale intellettivo o disconsegua* al prin- cipio della formazione di quello. 6. Tali cose debbono di necessità farsi in tal modo da questi tali; chi le vuole altrimente, vuole che il fico non abbia lattificcio. Del tutto, sov- vengati che in brevissimo tempo e * Intendi ripugni, non aia conforme. !'• Digilized by Cooglc LIBRO QUARTO. 69 tu e costui sarete morti: e che, poco dopo, non rimarrà più di voi nè an- che il nome. 7. Togli via r opinione, ed è tolto via il « sono stato offeso : » togli via il « sono stato offeso, » ed è tolta via r offesa. 8. Quello che non fa peggiore l’ uo- mo non fa nè anche peggiore la vita di lui, nè le nuoce, nè esternamente nè internamente. 9. È necessitata dall’ utile ‘ la na- tura a far cotesto. ^ 10. Siccome ogni cosa che accade, giustamente accade; il che, se tu osserverai con attenzione, troverai 1 Comune. 0. 2 Più letteralmente : « È necessitata la na- tura deir utile a far cotesto.» La natura deir utile, cioè il principio sostanziale del- l’utile (chè vuol esser presa sostanzialmente in questo luogo la voce natura), il quale evolvendosi, come ragion seminale, succes- sivamente nel tempo, fa che ogni cosa sia bene. Perchè non conviene dimenticar mai che, appo gli stoici, l'utile non è altro che il bene. 0. Digilized by Coogle 70 RIGOKDI. • sempre vero: non solamente, dico, secondo l’ ordine di conseguenza, ma ancora secondo 1’ ordine di giustizia; come se le cose procedessero da tale che distribuisse a ciascuno secondo il merito. Osserva adunque, come hai cominciato ; ed ogni cosa che tu fai, falla con questa condizione, che tu sia uom dabbene, nel vero signifi- cato della parola dabbene. Questo carattere conserva in ogni tua azione. .11. Non concepir le cose quali le giudica colui che fa ingiuria, o quali egli vuole che tu le giudichi; ma vedile quali sono in realtà. 12. Conviene esser sempre pronto a queste due cose ; fai' solamente quello che la ragion dell’ arte regia e legislativa ti suggerisce per 1’ uti- lità degli uomini ; e cangiar partito, quando altri viene a raddrizzarti e rimuoverti da una qualche falsa opi- nione. Ma questo cangiamento dee farsi sempre per un qualche mo- Digitized by Goog[e LIBRO QUARTO. 71 livo plausibile, come di giustizia, o d’ utilità comune, o somigliante ; e non mai perchè la cosa ti piaccia o sia per arrecarti gloria. 13. Hai la ragione? — Si. — Che dunque non 1’ adoperi? Perchè, se essa fa quanto le spetta, che ti resta a desiderare ? . 14. Sei venuto al mondo qual par- te ; disparirai dentro al tuo genera- tore. 0, piuttosto, ti raccoglierai nella ragion seminale di lui, per via di mu- tazione. 15. Molti grani d’ incenso su uno stesso altare: l’uno è caduto prima e l’altro dopo. È lo stesso. 16. Tra dieci giorni parrai un Dio a coloro, ai quali pari ora una bestia e una scimmia, se fai ritorno ai prin- cipii e al culto della ragione. 17. Non come se tu avessi a vi- vere molte migliaia d’ anni. La morte ti sovrasta: mentre vivi, mentre ti è dato, fa’ che tu sia uom dabbene. Dìgitized by Google 72 RIOORDT. 18. Di quante brighe si libera chi non bada a quello che ha detto il vi- cino, o ha fatto, o ha pensato, ma solo a quello eh’ egli stesso fa, affinchè r opera sua sia giusta, e santa, e qual si richiede dall’ uomo dabbene ! Non andar guatando attorno i neri costumi, ma corrér diritto in sulla linea senza volgersi a destra nè a manca.* 19 e 20. Chi vive abbagliato dal pensiero di lasciar fama dopo morte, non considera come ciascun di quelli che si ricordano di lui morrà tosto aneli’ egli, e poi ancora chi sarà a costui succeduto, sinattantochè, pas- sando da abbagliato in abbagliato e da morente in morente, venga a spe- gnersi affatto ogni memoria. Ma sup- poni anche immortale chi s’ ha a ri- cordare di te, ed immortale la fama ; che fa ssi abbia, e nessuno non potendo perdere quel che non ha. Digitized by Google 36 BICORDI. I 15. Siccome tutto è opinione. È « noto il detto di Monimo il cinico. E nota anche V utilità di quello, chi ne colga il midollo per insino ai confini del vero.* 16. L’anima umana fa onta a sè stessa, primieramente quando ella ; diventa, per quanto sta in lei, come chi dicesse un apostema o tumore del mondo, ritraendosi da quello co- me fan gli umori guasti dal corpo. - Perchè il crucciarsi di un accidente qualunque è un ritrarsi dalla natura univei-sale, dentro alla quale son contenute, siccome parti di quella, tutte le nature degli altri. In secondo luogo, quando ha avversione a un * Diceva che «Ogni nostra opinione è fumo e boria.» 0. ^ Apostema in greco vuol dire ad un tempo ed apostema e ritiramento. È solenne agli stoici il torre esempi, nelle cose morali, dalla natura fisica, siccome quella in cui è contenuta, secondo loro, ancho la natura morale. 0. Digilized by Google LIBRO SECONDO. 37 qualche uomo, od anche se gli volge contro per nuocergli, come le anime degli adirati. In terzo luogo ella fa onta a sè stessa quando si lascia vin- cere dal piacere o dal dolore. Quarto, quando ella s’ infinge ed opera o parla con simulazione e contro la verità. Quinto, quando ella non in- dirizza a nessuno scopo una qualche sua azione o una qualche sua deter- minazione di volontà, ma opera a caso e senza sapere che cosa si fac- cia; laddove nè anche le minime cose non (iovrian farsi mai se non con rela- zione al fine. E il fine degli animali ra- gionevoli è il conformai'si alla ragione e legge della più antica fra le città e le repubbliche e della più veneranda. * 17. Della vita umana, la durata è un punto; la materia, fluente; il senso, tenebre ; la compagine di tutto il corpo , corruzione ; 1’ anima,* un * La città e repubblica del mondo. 0. * Per anima qui non s' intendo certamente Digitized by Google 38 RICORDI. ap^gintrsi perpetuo; la fortuna, cosa mala a prevedere; la fama, cosa senza giudizio. E a dirla in breve, ciò che riguarda il corpo, è un tor- rente ; ciò che riguarda l’ anima, so- gno e fumo ; la vita tutta intera, guerra e pellegrinaggio; e la rino- manza che le vien dopo, oblio. Che i adunque v’ ha a cui tu ti possa atte- nere? Sola ed unica una cosa; la filosofia. E questa consiste nel custo- dire per tal modo il genio interno, eh’ egli non riceva nè onta nè danno, sia superiore al piacere e alla pena, non operi nulla a caso, nè infìnta- mente 0 con animo d’ ingannare, nè abbia bisogno mai che altri faccia o non faccia checchessia; inoltre ac- cetti ogni avvenimento a lui desti- r anima ragionevole, nè la mente, o la parte sovrana, o il genio interno menzionato nelle , linee segnenti; ma solamente il principio ’ della vita animale. Vedi il § 16 del lib. Ili | dei Bicordi, ove è fatta distinzione fra corpo, anima c mente. P. I Digilized by CoOa LIBRO SECONDO. JÌ9 nato siccome cosa che gli viene di colà d’ onde è venuto egli stesso ; sovra tutto poi, aspetti la morte con mente serena, siccome nulla più che dissoluzione degli elementi onde ogni animale è composto; ai. quali se non è grave lo essere trasmutati di conti- nuo r uno nell’ altro, per qual ca- gione si avrà ella a temere la tras- mutazione e la dissoluzione d’ essi tutti in una volta? Ella è cosa se- condo natura; e nulla che sia se- condo natura non è mai un male. Tn Carnvnto, Digitized by Google LIBRO TERZO. 1. Non solamonte è da conside- rare che la vita si va consumando ogni dì, e che sempre ce ne riman meno, ma eziandio che egli è in- certo, ove ancor 1’ uomo viva lunga- mente, s’egli avrà sempre vigor 'di mente che basti per la intelligenza degli affari e la contemplazione che ha per iseopo la conoscenza delle cose divine ed umane. Perchè, quan- do egli incominci a vaneggiare,* non cesserà però, egli è vero, nè di tra- spirare, nè di nudrirsi, nè di avere immaginazioni, nè appetiti, nè altre 1 Vedi addietro, II, 7. 0. Dìgitized by Google LIBRO TERZO. 41 cose di tal fatta; ma valersi di sè stesso, ma avvertire distintamente tutti i numeri * del dovere, ma chia- rire i propri concetti, ma, quel che importerebbe allora, deliberare se sia già tempo per lui di andatene,® e quante altre cose richieggono una raziocinativa molto bene esercitata, cotesto non potrà egli più, chè la facoltà sarà spenta anzi tempo. Con- viene adunque affrettJirsi, non sola- mente perchè ci facciamo ognora più vicini alla morte , ma ancora perchè cessano in noi anzi il finir della vita la intelligenza e la com- prensione delle cose. 2. È degno pure d’ osservazione che anche quelle cose le quali sono un mero accompagnamento neces- 1 c Onesto chiamano (gli stoici) il perfetto bene per lo avere esso tutti i numeri che la natura richiede.» 0. - Secondo gli stoici non dovea rimanere in vita r nomo che non potea più adempire gli uffici d’uomo, 0. Digilized by Coogle RICORDI. 42 sario d’ ima operazione della natura hanno un non so che di grazioso e di dilettevole. Per esempio, cocen- dosi il pane, si screpola in certi luo- ghi. Or bene, anche quelle così fatte screpolature che stan là, per così dire, fuori dell’ intenzione del for- naio, hanno un certo garbo o muo- vono r appetito in un certo modo lor proprio. Ancora i fichi, quando sono ben maturi, si aprono. E nelle ulive lasciate lunga pezza in su V al- bero, quello stesso essere già vicine a corrompersi, aggiugne al frutto una certa bellezza particolare. E le spighe che s’ inchinano, e la guar- datura del leone, e la schiuma che esce fuori di bocca al cinghiale, e molte altre cose le quali, considerate da per sè, sono lontane da ogni bel- lezza, nondimeno, perch’ elle accom- pagnano necessariamente un’ opera della natura, aggiungono a quella ornamento e dilettano altrui. Di ma- Digitized by Coog[e LIBRO TERZO. 43 niera che, chi avesse altezza d’ in- gegno e considerasse ad una ad una le cose che accadono nell’ universo mondo, nessuna ne troverebbe per avventura, anche di quelle che sono mera conseguenza- necessaria delle altre, la quale non gli paresse farsi con una certa grazia. Costui vedreb- be la gola spalancata d’ una fièra viva con non meno piacere che quando gli scultori o i pittori glie la fan vedere imitata; e nelle vecchiarelle e nei vecchi scorgerebbe un certo che di finito e di maturo non meno piacevole ai casti occhi di lui che là venustà dei fanciulli ; e molte altre cose gl’ incontrerebbe di vedere, che non fan senso in tutti, ma solamente in chi s’ è veramente addimesticato con la natura e con le opere di quella. 3. Ippocrate curò di molti amma- lati, e poi s’ ammalò egli stesso e morì. I Caldei predissero a molti la Digilized by Cooglc RICORDI. 44 morte, e poi venne anche per loro la morte. Alessandro e Pompeo e Caio Cesare, i quali distrussero dalle fondamenta le tante città, e taglia- rono a pezzi in giornata campale le tante migliaia di cavalli e di fanti, uscirono poi anch’ essi di vita, alla fine. Eraclito, dopo avere con tanta sapienza e ragioni naturali discorso intorno alla conflagrazione del mon- do, gonfiatosegli d’acqua il corpo, coperto di letame se ne morì. De- mocrito fu spento da’ pidocchi ; ' So- crate da pidocchi d’ un’ altra sorta. Che è ciò? Ti se’ imbarcato, hai na- vigato, sei giunto; esci di nave. Se per andare ad un’ altra vita, nessun luogo è vuoto di Iddii, e nè anche ^ Diogene Laerzio narra che Democrito mori di vecchiaia; Lncrezio, che nscì spon- taneamente di vita, perchè sentiva il suo spirito indebolirsi per effetto degli anni. Non trovasi nell' antichità a noi nota alcuna tradizione che concordi con ciò che qni dice Antonino. P. \ Digitized by Coogic LIBRO TERZO. 45 quello dove vai ; se per rimanere senza sentimento, avrai Unito di sof- frire i dolori e i piaceri, e di dovere andare a versi ad un vaso che è di tanto inferiore a quel che gli serve. Perchè l’ uno è mente e genio, e r altro è terra e sangue. 4. Non consumare quella porzione che ti rimane di vita nel pensare ai fatti altrui, ogni volta che * tu noi faccia con un fine di comune utilità; cioè nello andar fantasticando che cosa opera il tale e per qual cagione, e che dice, e che pensa, e che mac- china, e somiglianti cose, le quali tutte ti fan deviare dalla custodia della tua parte sovrana. Conviene adunque guardarsi, nella succession dei pensieri, dall’ ozioso e dal vano, ma molto ancora^più dal curioso e dal maligno; ed avvezzar sè stesso a pensar solo tali cose che, quando altri, all’ improvviso ti domandasse, che pensi ora? tu possa risponder Digitized by Google 46 BICORDI. tosto e senza tema: questo, o que- st’ altro ; onde appaia subito mani- festamente non avervi nulla in te che non sia schietto e benevolo, nulla che non convenga ad animai socievole; il quale non si compiace nelle immaginazioni di piacere^ o di godimento qual eh’ ei sia, o di gaiti o d’invidia o di sospetto, o di qua- lunque altra cosa ti facesse arrossire quando tu avessi a confessare che l'avevi in mente. Un uomo di tal fatta, il quale non indugia d’ oggi in domani a por sè nel novero degli ottimi, è come un sacerdote e un ministro degli Dei, devoto, non meno che agli altri, a quello che ha il suo tempio in lui medesimo; per virtù del quale l’ uomo diventa inconta- minabile ad ogni jiiacere, invulne- rabile ad ogni dolore, inviolabile ad ogni ingiuria, insensibile ad ogni malizia, sostenitore in campo della massima fra le imprese, quella del Digitized by Coogic LIBRO TERZO. 47 non essere abbattuto da nessuna passione, imbevuto di giustizia in- sino al fondo, disposto ad accogliere con tutta r anima quanto accàSe e gli vien destinato, e non occupan- tesi se non di rado nè mai senza una grande e pubblica necessità, di CIÒ che altri fa o dice o pensa ; per- ch’ egli non ha altre azioni in sua balìa che le proprie, e pensa conti- nuamente alle cose che il fato del- r universo gli arreca; per far si che le prime sieno oneste, siccome ha fede che le seconde sien buone ; quando la sorte attribuita all’ uomo procede dalla stessa causa che l’ uo- mo e concorre insieme con 1’ uomo ad un medesimo fine. Sa inoltre che tutti gli esseri ragionevoli han pa- rentela fra loro; che è quindi con- forme alla natura dell’ uomo il tener cura di tutti ; benché non sia da far conto deir opinione di tutti, ma solo di coloro che vivono secondo natura. Digilized by Coogle RICORDI. 48 Quanto a quelli che vivono altra- mente, egli tien sempre a memoria che sorta cT uomini sono, e quali, e in casa e fuor di casa, e di notte e di giorno, si dimostrano, e con quali praticano; non ha quindi in pregio nessuno la lode che gli può venire da tallente, la quale nè anche a sè stessa non piace. 5. Non operar mai nè contro al tuo volere, nè senza relazione al bene della società, nè senza avere esaminato la cosa, nò con renitenza ; non adornare con isquisitezza di frasi il tuo pensiero: non esser uomo nè di molte parole, nè di molte faccen- de.' Ancora, fa’ che il Dio tuo in- terno abbia a governare in te un animale maschio, attempato, citta- dino, romano, imperatore, apparec- chiato di tutto punto, siccome quegli che non aspetta ornai se non il suono * Di molte faccende in cattivo senso, come chi dicesse faccendone, o faccendiere. P. Digilized by Coogl« LIBRO TKRZO. IO della tromba* per uscir della vita, e non occorre sforzarlovi nè col giu- ramento, nè con la testimonianza (f altr’ uomo ; nel lieto aspetto del quale ben si scorge non avere egli bisogno nè dell’ aiuto che vien dal di fuori, nè della tranquillità che gli altri procurano. Conviene adunque esser ritto in piedi già, e non riz- zarui solamente. 6. Se tu trovi qualche cosa di me- • glio nella vita dell’ uomo che la giu- stizia, che la verità, che la tempe- ranza. che la fortezza, e, in una pa- rola, che quella disposizione della mente per cui ella si appaga di sè medesima nelle cose die ti fa ope- rare secondo la retta ragione,, e del fato, nelle cose che senza parteci- pazione della tua volontà ti vengono distribuite; se, dico, tu trovi alcun che di meglio che questo, a quello 1 Similitudine tolta dagli ordini della milizia appo i Romani. 0. .Virco \urcIio. 4 Digitized by Google RIOUBDI. 50 rivolgiti con tutta l’ anima e godine siccome di cosa che hai ritrovato esser V ottima. Ma se nulla ti si pre- senta di meglio che il genio stesso tuo interno, quando si è fatto signore de’ propri moti, e rivoca ad esame le proprie immaginazioni, e si è sot- tratto^ come diceva Socrate, dalle passioni del senso, e vive sottomesso . agli Dei e pigliandosi cura degli uo- mini ; se, a paragone di questa, tutte . le rimanenti cose ti paion picciole e vili, non dar più luogo appresso te a nessuna altra, alla quale una volta che tu ti sentissi propendere, più non potresti senza repugnanza preferire a tutti quel bene che è pro- prio di te ed è il tuo; perchè al bene j’azionale ed efficiente (3) non vien contrapposto impunemente mai nulla che sia di natura diversa, come le lodi della moltitudine, o il co- mandare, o i piaceri del senso ; tutte queste cose, per poco che le si paiano Digilized by Google LIBRO TERZO. Ò1 adattare,' ti sopralfamio in un attimo e ti strascinano. Or tu, dico io, sce- gli schiettamente e liberamente il meglio, e a quello ti attieni. — Ma il meglio è l’utile. — Se l’utile al- r uomo in quanto è ragionevole, bene sta, quello procura: se l’ utile all’ uo- mo in quanto animale, dillo su aper- tamente® e vivi di poi senza boria nò fasto, secondo quella determinazio- ne. Ma bada, ve’, che non ti inganni nell’ esame. 7. Non riguardare giammai come i Par che Antonino alluda qui alla teoria dello adattare le nozioni generali alle cose particolari, o, come diremmo noi, del con- cetto alla rappresentazione, che è ciò in che consisto il giudizio. 0. * Dillo spiattellatamente, se ardisci, senza avvolgerti in parole coperte: e ammetti poi tutte le conseguenze di quel tuo detto: cioè, vivi poi da animale mero e puro, senza in- gerirti a parlare nè di moralità nè di virtù nè di giustizia, nè d* altro simile, che in quel caso sarebbero un vano fasto di pa- role. E provocazione al senso intimo dell'uo- mo. 0. RICORDI. 52 Utile a te nulla che sia per isforzarti un dì a violar la fede, abbandonare il pudore, odiare alcuno^ sospettare, maledire, simulare, desiderar cosa j che abbia bisogno di pareti e di ve- lame . Chi ha posto innanzi ad ogni altra cosa la sua mente e genio, e il culto della virtù eh’ è propria di quello, non fa tragedie, non geme, non ha bisogno di solitudine, non di frequenza d’ uomini; quel che più impoita, vive senza ricercar nulla nè fuggire; abbia ad esser lungo o , abbia ad esser corto Tintèrv^allo di tempo durante il quale sarà conte- nuta nel corpo l’ anima con che egli lia a fare,' non se ne piglia nè an- clic il minimo pensiero; e quando 1 Con che egli ha a fare. Non veggo che cosa abbia voluto dire V Ornato. Il senso letterale del testo è: sia lungo o sia breve il tempo, eh' egli avrà a far uso dell' ani- ma contenuta nel corpo. Il che, parrai, equi- vale a dire: sia lungo, o sia breve il tempo ch'egli ha a vivere. V. Digitized by LIBRO TERZO. 53 è giunta V ora dello sgombrare, cosi spiccio se ne va, come se impren- desse un’ altra qualunque di quelle azioni che si possono con verecondia e con dignità operare; da questo solo guardandosi per tutta la vita, , che veruno dei moti della sua men- te non sia mai men che convene- vole ad animale intelligente o so- ciabile. 8. Nella mente dell’ uom castigato e puro non troverai nulla di marcio, nè tampoco nulla di contaminato o che paia sano al di fuori e noi sia. La vita di lui, a qualsivoglia ora lo sorprenda la morte, non è mai im- perfetta, come tu diresti quella tra- gedia d’onde un attore si fosso riti- rato prima d’ aver condotto a fine la sua parte. Ancora non è in lui nulla di villano, nè nulla di artata- mente gentile; nulla che il leghi alle cose esteriori nè nulla che lo separi da quelle; nulla onde egli sia Digiiized by Google 64 RICORDI. palesemente ripreso,' nè nulla che covi addentro nascosto. 9. Abbi in rispetto la facoltà giu- dicativa.^ Per lei sta che non si ge- neri nella tua parte sovrana nessuna opinione che non sia consona alla natura o al fine per che 1’ uomo è ordinato. Ed essa promette la infal- libilità,* e l’amicizia con gli uomini e r ubbidienza agli Dei. 10. Messe adunque da banda tutte le altre cose, queste poche sole abbi in mente; ed ancora ricordati che i r uomo non vive altro tempo che questo presente, cioè un attimo; il rimanente o lo ha vissuto o non sa se il vivrà. Picciola cosa pertanto è 1 Intendi: nulla che appaia manifesta- mente vizioso. P. ' 2 Ossia la virtù del non cadere in er- rore ; che vien definita da Zenono « la scienza del quando conviene assentire ad i un' apparenza, e quando no. > Questa ac- compagna sempre il giudizio comprensivo, che è il criterio della verità appo g-li stoici. 0. Digitizedh, Cnoi^li: LIBRO TRRZO. 55 il tempo che l’ uom vive, picciola cosa rangoletto della terra dov’egli vive ; picciola cosa la fama anche la più lunga eh’ egli lascerà dietro sè, e questa tramandantesi per succes- sione d’ omiciattoli in omiciattoli, morti quasi appena nati, ed ignari anche di sè medesimi, non che di colui il quale moriva è già gran pezza. li. Agli avvertimenti dati sin qui s’ aggiunga ancora quest’ uno, di de- finir sempre o descrivere l’oggetto che cade sotto al tuo senso, si che tu lo scorga a parte a parte distin- tamente e tutt’ insieme quale egli è nella sua essenza nudo, e dir teco stesso il nome proprio di quello e il nome delle cose di che è compo- sto e in che s’ ha da risolvere. Per- chè non v’ ha nulla che sublimi cotanto l’animo quanto il potere ar- guire per la diritta via e con verità ciascuna delle cose che incontrano Digitized by Google 56 RICORDI. nella vita, e saperle vedere per ino» do da conoscere nello stesso tempo di qual uso sendo questa tal cosa al mondo, e a qual mondo, qual valore ha rispetto al tutto e quale rispetto air uomo, che è cittadino della suprema fra le città, della quale le altre città sono' come al- trettante famiglie. Che cosa è, e di che cosa è composto, e quanto tempo è por duiare ij cesto che fa impres- sione ora sul mio senso; di che virtù s’ ha da far uso con esso, per esem- pio, della mansuetudine, della for- tezza, della veracità, della fede, della semplicità, della frugalità, o simili. Però, intorno a ciascuna cosa, con- vien dire : questa mi viene da Dio ; questa dalla sorte, dalla complica- zione delle cause condestinate, e so- miglianti cose; quest’ altra dal mio consorto, dal mio congiunto, dal partecipe d’ una stessa società con me, il quale ignora nondimenò ciò Digitized by Google LIBRO TERZO. 57 che è secondo natura per lui. Ma 10 non lo ignoro ; e però mi governo con lui secondo la legge naturale della società, con benevolenza e giu- stizia; e ad uno stesso tempo ho riguardo, nelle cose mezzane,' al valore di ciascheduna. 12. Se tu operi secondo la retta ragione quel che hai fra mano, stu- diosamente, c vigorosamente, placi- damente, e non t’ occupi d’ altra cosa tra via, ma conservi puro ed intatto 11 genio tuo, come se tu dovessi già rassegnarlo ; * se a lui ti tieni stret- 1 Si chiamai! còse mezzane appo gli stoici quelle che non sono nè ben nè male, cioè nè virtù nè vizio. Le quali, comecché da per sè non meritino d' esser cercato nè fug- gite, si accettano nondimeno o si rigettano per r aiuto o disainto che elle possono ar- recare alla vita secondo natura. Quelle che arrecan più aiuto, han più valore: quelle che più disainto, più disvalore. Di questò ha da tener conto il savio, ed accettare, quando gli è data la scelga, quelle che han più valore, o che han meno disvalore. 0. ^ Sottintendi « a chi tol diede. » 0. Digitized by Google 58 RICORDI. to, nulla aspettando, da nulla rifug- gendo, contentandoti dell’ azion tua presente secondo natura e della eroi- ca verità d’ ogni cosa che tu dica: felicemente vivrai. Ora non v’ ha nessuno' che ti possa questo impe- dire. 13. Come i medici han pronti sem- pre i loro ferri e strumenti per le cure inopinate, così abbi tu alla mano i principi! * per la cognizione delle cose divine ed umane; e non far nulla mai, per poco che sia, senza ricordarti del legame che unisce queste con quelle. Perchè nulla di umano farai tu bene se non lo ri- ferirai al divino, e viceversa. 14. Non andar più vagando; per- chè non sei per rileggere oramai nè i tuoi ricordi, hè le azioni degli an- tichi romani e greci, nè gli estratti * Punti fondamentali di credenza, cre- denze prime, dommi : decreta .appo Cice- rone. 0. Digitized by Goog[ LIBRO TERZO. 59 d’ autori che riserbavi per la vec- chiaia. Studiati dunque d’ arrivare al fine, e poste da banda le spe- ranze vane, soccorri a te stesso, se pur ti cale di te, mentre che il puoi. 15. Non sanno * quanti significati abbiano le parole rubare, seminare, comperare, riposare, veder quel che sia da fare, il che non si reca ad effetto con gli occhi, ma con un’al- tra sorta di vista. 16. Corpo, anima, mente ; del corpo son le sensazioni, deh’ anima le ap- petizioni, della mente le credenze.^ Ricevere impressioni nella fantasia è cosa anche da giumento; esser mosso da appetiti è cosa anche da fiera, anche da androgino, anche da Falaride, anche da Nerone; avere per iscorta la mente a quello che ci pare nostro ufficio,* è cosa anche I Sottintendi c gli nomini del volgo. » 0. ^ Dommi, decréta. 0. Intendi, a quello che ci par eg$ere no- Digitized by Coogle 60 RIGORDT. da chi non crede che v’ abbiano Dei, da chi abbandona la patria, da chi fa, quando ha chiuso le porte, ogni opera nefanda. Se adunque tutte queste cose abbiam comuni cogli anzidetti, resta che sia proprio dell’ uomo dabbene lo amare ed ab- bracciare gli accidenti ad esso con- destinati e guardarsi dal macchiare e turbare con immaginazioni sconce il genio che risiede nel petto di lui, ma conservarlo propizio, seguendolo modestamente* come un Iddio, non dicendo mai nulla che sia contro al vero, nè dicendo *mai nulla che sia contro al giusto. Che se nissuno ttro interene. Questo è il significato gene- rale della parola ufficio appo gli stoici. Solo allor quando le si aggingne l'epiteto di perfetto denota essa il dovere^ che è come V intereae iublime dell' uomo. Noto questo perchè alcuni degli interpreti, e per ultimo anche il Corai, hanno maravigliosamente scompaginato - e interpolato questo passo; frantendendolo. V. Diog. Laerz.; Stobeo ; Cic. de Officiùt otc. 0. Digitized by Coogic LIBRO TERZO. 61 degli uomini non gli vuol credere eh’ egli viva con semplicità, con ve- recondia, e di buon animo ; nè s’adira egli contro costoro, nè si svia dalla strada che conduce al fine della yita. al quale si vuol giunger puro, tran- quillo, spedito, e conformato di vo- lontà col proprio destino. Digiiized by Google LIBRO QUARTO. 1. La parte che dentro di noi re- gna,* quando è nel suo stato natu- rale, ha tal disposizione verso gli accidenti, che senza difficoltà si ri- volge sempre al possibile e al dato. Perch’ella non ama nessuna mate- ria determinata ; ma si porta con eccezione* a quello che si ha pro- posto, e quando alcun che se le viene ad attraversare per via, ella si fa di quello stesso materia ; come il fuoco, quando s’ impadronisce delle I La parte sovrana o dominante. ^.Eccezione : vocabolo stoico. Indica limi- tazione del proponimento al possibile. Farò la tal cosa, se non sarò impedito. O. Digitized by Googl LIBRO QUARTO. 63 cose die incontra, dalle quali una picciola lampana sarebbe spenta ; ma lo splendido fuoco assimila a sè tosto ogni cosa che se gli butti dentro, e la consuma, e per quella stessa s’in- nalza più in su. 2. Nessuna azione sia fatta a caso mai, nè altrimente che secondo una delle regole costitutive dell’arte.* 3. Van cercando ritiri, alla campa- gna, alla marina, sui monti; e tu stesso suoli desiderare siffatti luoghi. Ma cotesto è da uomo ignorantissi- mo, potendo tu, a quell’ ora che tu vuoi, ritirairti in te stesso. Perchè * Ad ogni caso della vita corrispondo una virtù da esercitare (vedi sopra, III, 11, e più abbasso, IX, 11, 42): ed ogni virtù è appo gli stoici nna scienza nello stesso tempo ed un’ arte: parlo delle virtù pro- priamente dette. Come scienza quindi e come arte consta di certo proposizioni o re- gole, ciascuna delle quali è parte integrante di quella, e tutto insieme" la costituiscono. Così abbiam veduto (HI, 1) e vedremo ancora (VI, 26) che ogni ufficio consta di corti nu- meri. 0. Digitized by Goog[e inroRDi. «4 in nessuno altro luogo si ritira V uo- mo con più tranquillità e con meno brighe che nell’ anima sua ; massi- mamente chi ci ha dentro tanto alti oggetti di contemplazione che il solo affacciarsi a loro procaccia tosto ogni sorta di agevolezza. Quan- do dico agevolezza, non voglio dir altro che buon ordine. Concedi adun- que sovente a te questo ritiro e rin- novella quivi te stesso. Breve sia r espressione ed elementare la forma di quelle verità contemplative che avran forza di rasserenare al primo incontro V anima tua c. rimandarti senza corruccio alle cose alle quali ritorni. Perchè, di che cosa ti coi'- rucci? Della malizia degli uomini? Rammentati di quella sentenza, che gli esseri ragionevoli son fatti gli uni per gli altri; che il sofferire è parte della giustizia; che malgrado loro peccano ; che tanti si son già inimi- cati, sospettati, odiati, ^perseguitatisi LIBRO QOARTO. 65 a morte, i quali ora sono spenti, son fatti cenere; e te ne darai pace. 0 ti crucci tu di quella parte che a te Vien compartita dell’ universale de- stino? Rinnovella il dilemma. 0 è la provvidenza o son gli atomi,' op- pure gli argomenti con che s’ è di- mostrato che il mondo è come una città. Ma forse tu ti contristi delle affezioni del corpo? Pensa che non han più nulla che fare con la mente i moti o sieno soavi o sieno aspri del senso, ogni volta che questa s’ è . raccolta in sè medesima ed ha cono- sciuto la sua propria potenza; al che potrai aggiugnere quelle altre cose che intorno al piacere e al dolore hai apparato ed accettato per vere. 0 sarà forse T amor di gloria quello che ti turba? Considera come è ratto 1 Vedi lib. VI, 44, lib. X, 6. Si allude al sistema atomistico di- Epicuro, il quale ne- gava la previdenza, e attribuiva il mondo e tutti i fenomeni del mondo ad una causa non intelligente.. P. Marco Aurelio. * 66 RICORDI. l’oblio d'ogni cosa, interminato dal - runa parte e dall’ altra* il caos della età, vana cosa il rumore, mutabile, e inconsiderato chi in apparenza ti‘ esalta, angusto il luogo dove è cir- coscritto il suo dire. Perchè tutta la t.erra' è un punto: e qual parte di essa è l’angoletto che tu abiti? e quivi ancora quanti avrai lodatori, e quali?— D’or innanzi adunque sov- vengati di ritirarti in questa tua vil- letta di te medesimo; e sopra tutto, non. t' affannare, non t’agitare, ma sii libero e vedi le cose da uomo, da ‘ maschio, da cittadino, da mortale. Ed abbi in pronto, fra le verità alle quali dovrai far ricprso, queste due principalmente: 1’ una, che le cose non arrivano sino all’ anima, anzi stanno al di fuori immobili;* e i turbamenti nascono dalla sola opi- 1 A parte ante e a parte pott come dice la scuola. 0. * Conferisci VII, 16; IX, 16. P. Digitized by Googk LIBRO QUARTO. 67 • nione, che è dentro. L’ altra, che quanto tu vedi già già si muta e più non è quel desso ; e rivolgi in mente ciascuna delle mutazioni alle quali tu stesso sei inten'enuto. 11 mondo^ alterazione. La vita, opi- nione. 4. Se la intelligenza ci è comune a tutti, anche la ragione per cui siam ragionevoli ci è comune; se cotesto è, anche la ragione impera- tiva di ciò che si dee fare o non fare ci è comune; adunque anche la legge ò comune; aifunque siam concittadi- ni ; adunque partecipiamo tutti ad una specie di reggimento civile ; adunque il mondo è come una città. Perchè qual altro direm noi che sia quel reggimento civile di cui tutto il genere umano partecipa? Di colà, da quella città comune, viene a noi r intelligenza, la ragione, la legge, o d’ onde verrebbon esse? perchè, siccome quanto v’ ha in me di terreo Digitized by Google 68 RICORDI. viene da una certa terra di cui fa parte; e quanto v’ ha in me d’umido, da un altro elemento; e quanto v’ha di caldo e d’ igneo, da una certa sorgente propria (nulla venendo mai dal nulla nè ritornando nel nulla); così anche la intelligenza dee venire da qualche cosa. 5. La morte è come la nascita, un mistero della natura; composizione e risoluzione di certi elementi in quegli elementi medesimi. Ad ogni modo non è cosa di che 1’ uomo debba arrossire ; perchè non è cosa che repugni alla natura dell’ animale intellettivo o disconsegua* al prin- cipio della formazione di quello. 6. Tali cose debbono di necessità farsi in tal modo da questi tali; chi le vuole altrimente, vuole che il fico non abbia lattificcio. Del tutto, sov- vengati che in brevissimo tempo e * Intendi ripugni, non aia conforme. !'• Digilized by Cooglc LIBRO QUARTO. 69 tu e costui sarete morti: e che, poco dopo, non rimarrà più di voi nè an- che il nome. 7. Togli via r opinione, ed è tolto via il « sono stato offeso : » togli via il « sono stato offeso, » ed è tolta via r offesa. 8. Quello che non fa peggiore l’ uo- mo non fa nè anche peggiore la vita di lui, nè le nuoce, nè esternamente nè internamente. 9. È necessitata dall’ utile ‘ la na- tura a far cotesto. ^ 10. Siccome ogni cosa che accade, giustamente accade; il che, se tu osserverai con attenzione, troverai 1 Comune. 0. 2 Più letteralmente : « È necessitata la na- tura deir utile a far cotesto.» La natura deir utile, cioè il principio sostanziale del- l’utile (chè vuol esser presa sostanzialmente in questo luogo la voce natura), il quale evolvendosi, come ragion seminale, succes- sivamente nel tempo, fa che ogni cosa sia bene. Perchè non conviene dimenticar mai che, appo gli stoici, l'utile non è altro che il bene. 0. Digilized by Coogle 70 RIGOKDI. • sempre vero: non solamente, dico, secondo l’ ordine di conseguenza, ma ancora secondo 1’ ordine di giustizia; come se le cose procedessero da tale che distribuisse a ciascuno secondo il merito. Osserva adunque, come hai cominciato ; ed ogni cosa che tu fai, falla con questa condizione, che tu sia uom dabbene, nel vero signifi- cato della parola dabbene. Questo carattere conserva in ogni tua azione. .11. Non concepir le cose quali le giudica colui che fa ingiuria, o quali egli vuole che tu le giudichi; ma vedile quali sono in realtà. 12. Conviene esser sempre pronto a queste due cose ; fai' solamente quello che la ragion dell’ arte regia e legislativa ti suggerisce per 1’ uti- lità degli uomini ; e cangiar partito, quando altri viene a raddrizzarti e rimuoverti da una qualche falsa opi- nione. Ma questo cangiamento dee farsi sempre per un qualche mo- Digitized by Goog[e LIBRO QUARTO. 71 livo plausibile, come di giustizia, o d’ utilità comune, o somigliante ; e non mai perchè la cosa ti piaccia o sia per arrecarti gloria. 13. Hai la ragione? — Si. — Che dunque non 1’ adoperi? Perchè, se essa fa quanto le spetta, che ti resta a desiderare ? . 14. Sei venuto al mondo qual par- te ; disparirai dentro al tuo genera- tore. 0, piuttosto, ti raccoglierai nella ragion seminale di lui, per via di mu- tazione. 15. Molti grani d’ incenso su uno stesso altare: l’uno è caduto prima e l’altro dopo. È lo stesso. 16. Tra dieci giorni parrai un Dio a coloro, ai quali pari ora una bestia e una scimmia, se fai ritorno ai prin- cipii e al culto della ragione. 17. Non come se tu avessi a vi- vere molte migliaia d’ anni. La morte ti sovrasta: mentre vivi, mentre ti è dato, fa’ che tu sia uom dabbene. Dìgitized by Google 72 RIOORDT. 18. Di quante brighe si libera chi non bada a quello che ha detto il vi- cino, o ha fatto, o ha pensato, ma solo a quello eh’ egli stesso fa, affinchè r opera sua sia giusta, e santa, e qual si richiede dall’ uomo dabbene ! Non andar guatando attorno i neri costumi, ma corrér diritto in sulla linea senza volgersi a destra nè a manca.* 19 e 20. Chi vive abbagliato dal pensiero di lasciar fama dopo morte, non considera come ciascun di quelli che si ricordano di lui morrà tosto aneli’ egli, e poi ancora chi sarà a costui succeduto, sinattantochè, pas- sando da abbagliato in abbagliato e da morente in morente, venga a spe- gnersi affatto ogni memoria. Ma sup- poni anche immortale chi s’ ha a ri- cordare di te, ed immortale la fama ; che fa egli a te cotesto? E non dico. * Vedi infr. § 28. 0. Digilized by Coogl( LlBRf» QUARTO. 73 a te quando sarai morto, ma a te mentre sei vivo : che è la lode, se ^lon forse talora un mezzo per una qualche dispensazione? (4) Lascia sta- re ora, che sarebbe inopportuna, la considerazione dello essere secondo natura o no e cosa quindi che non ha pregio se non per rispetto d’ una qualche altra. — Tutto che è bello, qual che egli sia, è bello da per sè, ha il termine della sua bellezza den- tro di sè, nè annovera tra le sue parti la lode, e lodato, non diventa nè peg- giore, nè migliore. Dico, anche i belli volgari, le cose belle per materia o per lavoro artificioso (perchè, in quanto al bello per essenza, ha egli mai bisogno di lode alcuna? No, niente più che la legge, niente più che la verità, niente più che la be- nevolenza o la verecondia). Quale di esse è bella per venir lodata o perde per venir biasimata? Lo smeraldo diventa egli peggiore, se non si loda? Digilized by Cooglc 74 _ RICORDI. E r oro, r avorio, la poi^pora, una ce- tra, una spada; un fiorellino, un ar- boscello? I 24. Se le anime sussistono dopo morte, come può, dalla eternità in qua, contenerle in sè 1’ aria? — E come contiene la terra i corpi che da tanti secoli vi sono seppelliti? Perchè nell’ istesso modo che questi, dopo essersi conservati alcun tratto di tempo, col mutarsi di poi e col dis- solversi dan luogo ad altri cadaveri : cosi le anime che passano nell’ aria, soffermatevisi un certo tempo, si mu- tano si struggono e accendono, e ve- nendo accolte nella ragion seminale dell’universo, fan luogo alle altre che lor vengono appresso. Questo si può rispondere nella ipotesi che le anime sussistono dopo morte. E convien recarsi a mente il numero non solo dei corpi seppelliti a questo modo, ma anche di quelli che ogni di e da noi e dagli altri animali si mangiano; Digilized by Coogic LIBRO QUARTO. 75 • perchè quanti se ne consuma egli e se ne seppellisce, per così dire, nei corpi di coloro che se ne cibano ! E pur nondimeno li cape uno stesso luogo, pel convertirsi, eh’ essi fanno, in sangue, pel trasmutarsi loro in aria od in fuoco. Come giugnere, intorno a ciò, alla cognizione del vero? Col distinguere in materia ed in causa. ^ 22. Non isviarti ; ma fa’ sì che ogni atto della tua volontà rappresenti il giusto e che ogni tuo giudizio serbi il carattere di comprensivo. 23. Tutto a me conviene quel che a te conviene, o mondo. Non è im- matura per me nè tardiva nessuna cosa che sia opportuna per te. Tutto è frutto per me quel che portano le tue stagioni, o natura. Da te viene 1 Lo stesso insegna Antonino lib. VII, § 29, lib. Vili, § 11, lib. XII, §§ 10, 16, 29. 0. Ma vedi massimamente, per T applicazio- ne, lib. X, § 7. 0. 76 RICORDI. ' il tutto, in te è il tutto, a te ritorna il tutto. — Queir altro dice: 0 amica città di Cecrope ! ‘ e tu non dirai : 0 amica città di Giove? 24. « Fa’ poche cose » dice colui,* se vuoi viver contento. Non era me- glio il dire, fa’ le cose che son ne- cessarie, quelle che vuol la ragione d’ un animai socievole, e a quel modo ch’ella le vuole? Cosi acquisterai la contentezza non solo che nasce dal far bene le cose, ma quella ancora dell’ averne a far poche. Perchè, se dalle cose che diciamo e facciamo lu tronchi via le non necessarie, che sono il maggior numero, assai più agio ti rimarrà ed assai brighe avrai meno. Quindi, ad ogni cosa che sei per fare, domanderai a te stesso: Non è questa una di quelle che non 1 Aristofane, nella commedia de' Conta- dini. 0. 2 Democrito, in un frammento conserva- toci dallo Stobeo. 0. Digitized by Google LIBRO QUARTO. 77 sono necessarie? —E conviene tron- car via, non solo le azioni che non son necessarie, ma anche i pensieri ; perchè in questo modo non avrai nè anche più* a temere che azioni so- verchie li seguano. 25 e 26. Fa’ un po’ il saggio dei come ti riesce la vita dell’ uomo dab- bene, dell’ uomo che accetta con pia- cere ogni cosa che gli venga com- partita dal tutto * ed a cui basta che r azion sua propria sia giusta e la disposizione dell’ animo suo bene- vola. Hai tu veduto quelle cose? Vedi anco queste. Non turbar te medesi- mo. Fa’ che tu sia semplice. Pecca egli, un tale? A sè medesimo pecca. T’ è accaduto qualche cosa? Bene sta; ab eterno era stato destinato per te, destinato insieme con te, tutto ciò che ti accade. Al postutto, breve è la vita: conviene far guadagno del 1 Vedi la noia (20) in fine del Tolnme 78 RICORDI. presente, seguendo la ragione ed il giusto. 26. Sii in te anche quando ti ricrei. 27. il mondo o è ordinato da una mente, o è un accozzamento fortuito di cose, venute d’ ogni parte, sì, ma non di meno ordinate. 0 credi tu che possa avervi un cotal ordine in te e che nell’ universo alberghi il disordine? massimamente quando ci vedi, le cose cosi distinte le une dal- r altre, così mescolate le une con r altre e cosi intimamente collegate tutte insieme col vincolo di reciproca dipendenza? 28. Neri costumi, eiremminati co- stumi, costumi duri, brutali, peco- rini, puerili, infingardi, falsi, buffo- neschi, taverneschi, tirannéschi. 29. Se è uno estraneo nel mondo chi non sa che cosa c’ è nel mondo, non è meno un estraneo chi non sa che cosa vi si fa; un fuoruscito chi esce fuori della ragion civile ; un Digitized by Google LIBRO QUARTO. 79 cieco chi chiude gli occhi della men- te ; un mendico chi abbisogna d’ al- trui e non ha in sè quanto gli fa d’uopo alla vita: un apostema' del mondo chi si separa é allontana dalla ragione della natura comune, avendo a male ciò che accade; perchè quella te lo arreca la quale arrecò te* me- desimo ancora; una smozzicatura di città chi distacca la propria anima dall’ anima comune degli esseri in- telligenti, che è una. 30. Chi filosofa senza tunica, e chi senza libro; quest’ altro, mézzo ignu- do. Non ho pane, die’ egli, e pure sto fermo nella ragione. — Ed io non ho il cibo della dottrina, e pur ci sto fermo anch’io. 31. Ama l’arte che hai apparato; in essa ti acqueta ; e vivi il rimanente della tua vita come quegli che ha accomandato le cose sue con tutta * Vedi lib. II, § 16. 0. BICORDI. 80 r anima agli Dei, e che di nessun uomo non vuol essere ne tiranno nè servo. 32. Figurati, per esempio, i tempi di Vespasiano; vedrai le stesse cose che adesso: uomini che s'accasano, che educan figli, che s’ammalano, che muoiono, che fan guerra, che fan festa, che mercatano, che coltivan la terra, che adulano, che presumon di sè, che sospettano, che tendono insi- die, che desideran la morte di alcuno, che mormorano del presente , che fanno all’amore, che ammassan te- sori, che voglion diventar consoli, diventar principi. Or tutta quell età è sparita. Passa ai tempi di Traiano . le stesse cose di nuovo. Quella età è spenta anch’ essa. Considera nello stesso modo le altre generazioni d’ uo- mini e le nazioni tutte intere, e vedi quanti si travagliarono e straziarono per morir poi poco stante e risol- versi negli elementi. Massimamente Digitized by Goog[e LIBRO QUARTO. 81 ricorderai coloro i quali hai veduto a’ tuoi di aiTaticarsi per cose da nulla e trascurare quello per che eran nati, dove era da attendere a questo uni- camente e non cercare altra cosa. Qui è pur necessario il rammen- tarti che a ciascuna azione corri- sponde un certo valore ^ e un grado di applicazione proporzionato.* Per- chè allora solamente eviterai il rin- crescimento e la noia, quando non ti occuperai più di quel che conven- ga, nelle cose da poco. 33. Le voci che altre volte erano in uso, or sono antiquate; così an- ^ Termine stoico. Vedi sopra, lib. Ili, 8 11 . 0 . ^ Un grado di applicazione (dovutale per parte deir uomo) proporzionato al valore, cioè air importanza di essa. E vuol dire che dobbiamo attendere e applicarci a ciascuna azione secondo il valore o l' importanza di essa azione, cioè molto a quelle che hanuo un gran valore, e meno a quelle che ne hanno un minore; e fra due di valore ineguale, attendere piuttosto alla più importante, che alla meno importante. V. .Marco Aurelio. 6 82 RICOEDI. che i nomi di coloro che una volta furon celebri, or sono, per cosi dire, antiquati; Cammillo, Cesene, Voleso, Leonnato ; e poco dopo, Scipione, Ca- tone ; poscia Augusto, poscia Adriano c Antonino. Incerti e favolosi presto diventano ; presto ancora son sepolti nell’ oblio universale. Parlo di co- loro che in un qualche modo furon chiari e ammirati ; perchè, quanto agli altri, appena han reso l’ ultimo soffio. «Nessun ne parla più, nessun ne chiede. » — Ma che è ella poi, alla fin fine, la. eternità del nome? Vanità pura. — Che è dunque quello a cui dobbiamo seriamente badare? Questo solo : che le_ nostre intenzioni sien giuste; le azioni, utili alla so- cietà; le parole, non mai menzogne- re; e r animo, disposto ad accettare tutto che accade, siccome cosa ne- cessaria, siccome cosa amica, sicco- me cosa derivante dallo stesso prin- cipio e dallo stesso fonte che noi. Digitized by Coogle LIBRO QUARTO. 83 Volontario i’ abbandona nelle mani del Fato, lasciando eh’ egli ti destini a quelle cose eh’ ei vuole. 35. E il ricordante e il ricordato, ambidue han la vita d’ un giorno. 36. Osserva di continuo coipe ogni cosa nasce per via di mutazione ; ed avvezzati a pensare che nulla ama tanto la natura dell’universo, quanto di mutar le cose che esistono e farne dell’ altre simili. Perchè ogni cosa che esiste è seme, in un certo modo, di quella che per essa esisterà. Ma tu ti immagini come semi quelli so- lamente che si gittano nella terra 0 nell’utero. Cotesto è da uomo rozzo assai. 37. Or ora moirai, e non sei giunto per anche ad esser semplice, nè im- perturbato, nè senza sospetto che le cose esterne ti possano nuocere, nè sereno inverso tutti, nè a riporre la prudenza nel solo operar con giu- stizia, 84 RIOOBDI. 38. Guarda alle menti di costoro, e dei prudenti fra loro; quali cose fuggono, e quali cercano! 39. Nella mente d’ un altro non istà il tuo male; nè tampoco in un i qualche cambiamento o alterazione di quello che ti circonda. Dove sta egli adunque? — In quella parte di te, che giudica intorno ai mali. Quella parte adunque non giudichi, e tutto andrà bene. Ancorché la cosa a lei più vicina, io voglio dire il corpo, sia tagliata, sia abbruciata, marcisca, infracidisca, stiasi nondimeno quieta la pjirte che giudica di siffatti acci- denti; cioè giudichi non esser nè j male nè bene ciò che può accadere ! ugualmente al tristo ed al buono. Perchè quello che accade ugual- ^ mente e a chi vive contro natura e a chi vive secondo quella, non è cosa nè secondo natura nè contro. 40. Avvezzati a considerare il mon- do come un animale unico, avente Dìgitized by Google LIBRO QUARTO. 85 un corpo unico ed un’ anima unica ; e come ad un senso unico, che è il senso di lui, ogni cosa risponda; come con un impulso unico - ogni cosa operi ; come ogni cosa concorra alla produzione d’ogni cosa; e qual sia la connessione e il concatena- mento di tutte. 41. Sei una animuccia che porta un cadavero, come diceva Epitteto. 42. Non è punto un male il ve- nire a mutazione, come non è punto un. bene F esser nato da mutazione. 43. L’età è come un fiume di cose che accadono, e una corrente rovi- nosa; ' appena vedi 1’ una, ed è già passata ed un’ altra passa, ed un’al- tra passerà. 44. Tutto quel che accade è cosa tanto solita e tanto familiare quanto le rose nella primavera e le frutta * Intendi rapidissima e non cagione di rovine , il che sarebbe nn disordine nel mondo, che è 1' ordine per eccellenza. P. Digitized by Coogk RICORDI. sa nella state ; nè son da riguardare altramente la malattia, la’ morte, le calunnie, le insidie, e tutto quello che allegra o attrista gli sciocchi. 45. Nella successione dei casi, quelli che seguitano han sempre re- lazione di parentela con quelli ché li han preceduti. Perchè non è già quivi come un novero di cose indi- pendenti r una dall' altra, cui la sola necessità * insieme costringa, ma sibbene una connessione ragionevo- le ; e come negli enti si ravvisa una coordinazione armonica degli uni con gli altri, cosi negli accidenti si manifesta, non già semplicemente la successione, ma un certo modo di parentela mai'aviglioso. 4C. Abbi a mente ognora il detto di Eraclito ; che la morte della terra è il diventar acqua, la morte del- r acqua è il diventare aria, la morte I Intendi «necessità esterna.» O. Digitized by Goog[e LIBRO QUARTO. 87 dell’ aria il diventar fuoco e vicever- sa.* Ricordati ancora di colui che non sa dove inette la via;* e sicco- me la ragione con la quale gli uo- mini conversano il più assiduamente, e che governa ogni cosa, è quella per r appunto con che essi non van d’ accordo ; e le cose in che s’ imbat- tono ogni dì, son quelle che ad essi paiono più strane. E siccome non conviene fare nè dire a guisa di dor- ■ mienti; perchè anche dormendo ci par di fare e di dire; nè come fan- ciulli che van dietro ai lor padri, cioè nudamente e semplicemente a quel modo che abbiamo appreso. 47. Come se un Dio ti avesse detto che domani sarai morto, o posdomani 1 Pasfio famoso di Eraclito, rammentato da Diog. Laorzio, Plutarco, Massimo Tirio, Clem. Aless. Filone, ecc., allegati tutti dal Gataker a questo luogo. 0. ^ Anche questo, come i seguenti, pare un detto di Eraclito. Vi fa allusione, credo, Marco nostro al lib. VI, § 22. 0. Digilized by Google 88 RICORDI. al più, tu non ti cureresti gran fatto dell’ avere a morire posdomani piut- tosto che domani, ove tu non sia il più codardo degli uomini; perchè, quanto sarebbe il divario? così non ti paia nè anche gran fatto l’avere a morire piuttosto in capo a molte diecine d’anni che domani. 48. Pensa di continuo quanti me- dici son morti, che sovente in su gli ammalati le ciglia aggrottarono ; quanti astrologi, che la morte altrui, come un gran caso, predissero; quan- ti filosofi, che intorno alla morte o alla immortalità migliaia di discorsi fecero ; quanti prodi, che molti am- mazzarono; quanti tiranni, che con orribil ferocia, quasi non avessero essi mai a morire, la podestà in sulle vite esercitarono; quante città tutte intere, per dir così, son morte. Eli- ce, Pompei, Ercolano, altre senza fine. Rammemora ancora quanti hai conosciuto, l’ un dopo V altro : questi Digitized by Googk LIBBO QUARTO. 89 fece a colui la sepoltura, e poi morì egli, e queir altro la fece a lui; tutto ciò in breve. La somma è, che le cose umane son da riguardare come di nessuna durata nè pregio; un po’ di moccio, ieri ; mummia o ceneri, doma- ni. E quindi, questo attimo presente di tempo, si vuol passarlo conforme la natura richiede, e finirsela in pace; come oliva matura che cada, benedicendo la terra che la portò, e ringraziando l’ albero da cui fu ge- nerata. 49. Sii simile ad un promontorio, contro al quale incessantemente s’in- frangono fonde, e quegli sta saldo, e s’ abbonacciano intorno a lui i gorgogli dell’ acque. -- Sventurato me, che la tal cosa ra’ è accadu- ta. — Anzi, avventurato, che, la tal cosa essendomi accaduta, me ne sto nondimeno senza cruccio, nè ango- sciato del presente nè pauroso del- f avvenire. Ad ogni altro poteva ac- Digilized by Coogle RICORDI. 90 cadere ; ma ogni altro non 1’ avria senza angoscia sopportata. Perchè adunque sarà quello una sventura piuttosto che questo una ventura.* E poi, chiami tu. sventura per l’ uo- mo quello che non defrauda punto la natura dell’ uomo? E ti par egli che defraudi la natura dell’ uomo quello che non va contro al volere di quella? E che? il volere della natura tu il sai; forse che questo accidente ti impedirà dall’ esser giu- sto, magnanimo, temperante, pru- dente, cauto, veritiero, verecondo, libero, fornito, in somma, di tutte quelle doti che. unite insieme appa- gano e soddisfano intieramente la natura dell’ uomo. Sovvengati adun- que, ogni volta che una qualche cosa ti contristerà, di ricoiTere a 1 Cioè a dire: c perchè chiameresti dun- que sventura V esserti accaduta la tal cosa, piuttosto che chiamare avventura felice r aver tu saputo sopportarla con impertur- bata costanza? » P. Digitized by Google LIBRO QUARTO. 91 questo pensiero: che non solamen- te essa non è sventura, ma anzi il sopportarla da forte. è una buona ventura. 50. Volgare aiuto, sì, ma nondi- meno efficace per disprezzar la morte è il rimembrar coloro che durarono lentamente vivendo sino all’ età più decrepita. Che hanno essi ora di più che gli spenti di morte immatura? Kcco, son buttati là in un qualche canto essi pure e Cadiciano e Fabio e Giuliano e Lepido e quanti altri ve n’ebbe di cotal fatta, i quali ac- compagnarono molti alla tomba, e poi ci furono accompagnati essi alla fine. Breve, ad ogni modo, è l’in- tervallo che l’uom vive, e questo breve, tra quali cose, con quali uo- mini, in qual corpicciuolo conviene stentarlo! Non farne adunque gran caso. Vedi, dietro a te, una eternità senza fondo, e un’altra eternità in- nanzi a te : posto così in mezzo, che Digitized by Google 92 RICORDI. divario fai tu ,da una vita di tre giorni ad una di tre secoli? 51 . Fa’ che tu vada sempre per la più corta via. E la più corta via è la via secondo natura. Seguirai quin- di, in ogni cosa che tu abbia da fare o da dire, il più sano partito. Que- sto proponimento ti libera dai tra- vagli, dai combattimenti interni, e da ogni sorta di dispensazioni* e d’astuzie. 1 Vedi la nota (4) in fine del volume. P. Digitized by Coogle LIBRO QUINTO. 1. Al mattino, quando con difficoltà ti svegli, abbi in pronto questo pen- siero: Mi sveglio all’ufficio d’uomo; come adunque m’ incresce, s’ io vo a far quello per che son nato e in grazia di che sono stato messo al mondo? 0 sono io stato fbrmato forse per riscaldarmi giacendo in sul letto?* — Ma quest© mi dà più gusto. — Per pigliarti gusto adunque sei nato? e non anzi per operare? per essere attivo? Non vedi le pian- te, le passere, le formiche, i ragni, 1 Intendi: cO il fine a cui nacqui è for- se di giacermi a godere questo tepore del letto?» P. Digilized by Coogle 94 BICORDI. le pecchie, far ciascheduna l’ ufficio suo, concorrer, ciascheduna all’ordi- namento di quel mondo che le è proprio? E tu non vuoi-far T ufficio d’uomo? non intendi a quello che è secondo natura per te? — Ma è necessario poi anche il riposo. — È necessario, è vero; ma la natura vi ha posto un limite ; ve n’ ha posto anche al mangiare ed al bere; e tu nondimeno varchi quei limiti, vai al di là del bisogno; quando si tratta di fare,* poi, la è un’altra cosa, tu stai sempre al di qua del possi- bile. Gli è perchè tu non ami te .stesso. Se tu amassi te stesso, ame- resti anche* la natura tua, e la vo- lontà di lei.* Gli artisti, che amano l’arte loro, si consumano in sui la- vori di quella, dimenticando il ba- gno ed il cibo : ma tu, fai men caso della tua natura che il tornitore del 1 Intendi agire, operare, essere attivo, e non infingardo. P, CiQitized by Google LIBRO QUINTO. 95 torniare, che il ballerino del ballare, che r avaro della moneta, che il va- nitoso della gloriuzza. Quando la passione ha preso. piede in costoro, lascian piuttosto di mangiare e di bere che di attendere ad avanzare la cosa a che son portati.- E a te, le azioni sociali paiono esse cosa di men pregio, cosa men degna di ap- plicazione? 2. Come è facile il respingere e il cancellare ogni immaginazione turbolenta o disconvenevole, e tro- varsi tosto in piena calma! 3. Reputa degna di te ogni parola ed azione che sia secondo natura; e non ti persuada il biasimo od il garrire che ne seguirà di taluni ; ma, se è onesto il farla o il dirla, credi eh’ ella è anche cosa da te. Perchè quei tali hanno una mente lor pro- pria per guida, ed operano per una lor propria volontà; alle quali tu non badare, ma va’ innanzi per la Digitized by Coogic 96 RICORDI diritta, seguendo la natura comune e la tua. La via dell* una e dell’ al- tra è una sola. 4. Vo per la carriera delle cose secondo natura, sino a tanto che cadendo io trovi requie ; esalando lo spirito in quello di che ogni giorno respiro; giacendo su quello di che mio padre raccolse il seme, mia ma- dre il sangue, la balia il latte; di che da cotanti anni mi pascolo e mi abbevero, che sopporta me il quale lo calpesto e in tanti e sì vari modi lo adopro.* 5. Non s’ ammirerà la prontezza del tuo ingegno. — E sia. Molte altre * Intendi: «Vo per la via per cui vanno tutte le cose che sono secondo natura, in- sino a che cadendo io trovi requie; esa- lando lo spirito in quest' aria che ogni giorno respiro, per essere sepolto in que- sta terra onde mio padre raccolse il seme dell* esser mio, mia madre il sangue, la ba- lia il latte; dalla quale da tanti anni io traggo di che nutrirmi e abbeverarmi, che mi sostiene mentre ora la calco coi piedi 0 ne uso ed abuso in tanti modi.» P. ✓ Digilized by Google LIBRO QinNTO. 97 cose ei sono, delle quali non puoi dire, la natura non mi ci ha dato disposizione. In quelle adunque ti esercita, le quali dipendono intera- mente da te : la sincerità, la gravità, r amore al lavoro, l’ indifferenza al piacere, la rassegnazione, la fruga- lità, la mansuetudine, la libertà dello spirito, r incuriosità, la serietà, la generosità. Non vedi quante cose puoi acquistare, dove certo non ha luogo la scusa dello esserci disadat- to, e tralasci per colpa tua? 0 è ella forse la tua mala disposizione natu- rale quella che ti sforza a mormo- rare, a star neghittoso, a piaggiare, ad accagionare il corpo, a lusingare, a millantare, a passare per tanti e tanti turbamenti dell’animo? No, per gli Dei ! Da lungo tempo tu potevi esser libero da tutto cotesto ; ma solo avevi a cuore, se pur l’avevi, di non farti scorgere per uno ottuso e di poca penetrativa! — E questo .Ma tco .Aurelio. Digilized by Coogle 98 RICORDI. ancora si vuol correggere/ col por mente alle cose, e non istar sopra pensiero, nè compiacerti nella tua propria infingardaggine. 0. V’ ha chi, quando ha prestato un rpialclie servigio ad alcuno, è pronto anche a domandargliene il contrac- cambio. Un altro non domanda con- traccambio veramente, ma riguarda colui come suo debitore nel suo se- greto,, e sa quello che lia fatto. Un terzo poi, non sa, per cosi dire, nè anclie quello che ha fatto, ma so- miglia ad una vite che ha portato un grappolo, e non cerca nulla più in là, messo eh’ ella ha fuoià il frutto a lei proprio. Il cavallo die ha ga- loppato, il cane che lia ormato, l’ape che ha fatto il miele, e cosi Tuomo 1 Intonili: e questo t/t/'cf/o ancora si vuol nondimeno correggere, quello cioè dell’ es- sere ottuso e di poca penetrativa. Il testo in questo luogo, e nelle linee che precedo- no, è molto ellittico e poco chiaro, e diver- samente spiegato dagli interpreti. P, Digilized by Google ' LIBRO QUINTO. 09 che ha prestato un servigio, non Lschiamazza,' ma passa atl altro, co- me passa la vite a portar di nuovo un grappolo d’ uva nella stagione. — S’ha egli adunque ad essere un di coloro che fanno il bene, per così dire, senza saperlo? — Sì — • Ma convien pure che 1’ uom sappia quello che fa : sendo proprio dell’ animai socia- bile il conoscere ch’egli opera so- cialmente, e, per Giove, il votere che anche colui, con chi egli ha a fare, lo conosca. - Tu di’ il vero: ma non. pigli pel lor verso lo mie parole; quindi sarai anche tu un di coloro di che ho fatto menzione quassù. Perchè anche essi son tratti in errore da una qualche apparenza di ragione. Ma se vorrai intendere che cosa è quello eh’ io dico, vivi si- curo che non avrai a lasciare indie- tro nessuna azione sociale per questo. I Cioè non dee schiamazzare, ma passuire ad altro ecc. Conferisci IX, 42. P. Digitized by Google 100 RICORDI. 7. Preghiera degli A.teniesi: «Pio- vi, piovi, o amico Giove, sui campi degli Ateniesi e sui prati. )> 0 non s’ha da pregare, o così alla buona s’ ha da pregare e con libertà di pa- role (5). 8. Come s’ usa di dire, Esculapio ordinò a colui il cavalcare, o il ba- gnarsi nell’ acqua fredda, o l’andare a piè nudi, si dice del pari, e con locuzione non diversa, la natura or- dinò a colui una malattia, una stor- piatura, una perdita, o altro simile. In quella prima frase, di fatti, la parola « ordinò » vuol dire assegnò la tal cosa a colui siccome correla- tiva alla salute; e in questa, i casi che avvengono all’ uomo gli sono as- segnati, in un certo modo, come correlativi al destino. Così ancora si dice « i casi (die avvengono a come son dette dagli artefici « avvenii*si » le pietre quadre nelle mura o nelle piramidi quando elle s* adattano l’ una Digitized by Coog[e LIBRO QTOfTO. lOl air altra secondo un disegno deter- minato. Perchè del tutto l’ armonia è una. E siccome di tutti i corpi presi insieme è composto il gran corpo del mondo, cosi di tutte le c,ause prese insieme è composta la gran causa del fato. Intendono ciò eh’ io voglio dire anche i più rozzi, quando dicono : * ella è toccata a lui. Adunque ella andava a lui, adunque era ordinata per lui. Riceviamo per- tanto gli ordinamenti della natura come facciamo quei d’Esculapio. An- che in questi v’ ha molto dell’ amaro, e pur gli accettiamo di buon grado per la speranza della sanità. Or be- ne, r adempimento di ciò che la natura ha voluto sia lo stesso per te che la tua sanità. Accetta di buon grado, per dura che ti paia, ogni cosa che accade,- pensando che ella conferisce alla sanità del mondo e * Vale a dire: « itiostrauo di intendere....» quando dicono ecc. P. Digitized by Coogle 102 RICORDI. al buon successo dei disegni di Gio- ve. Perchè ella non sarebbe venuta a qualcheduno, se non fosse conve- nuta al tutto: sendo questo il pro- prio d’ogni natura, e poni anche la più infima, che quanto ella arreca sia sempre acconcio al governato da iei. — Per due ragioni adunque dèi tu aver caro ciò che accade: Tuna, che questo accade a te, è ordinato per te, ha attinenza in un certo modo con te, essendo stato conde- stinato di lassù con te dalla più an- tica delle cause e dalla più veneran- da; l’altra, che quanto tocca in sorte a ciascuno, concorre, come causa par- ticolare, alla prosperità, alla perfe- zione, e, sto per dire, alla perma- nenza istessa del reggitore del tutto. Perchè diventa mozzo l’intero quando tu tronchi via un minimo che, sia dalla continuità delle parti, sia dalla concatenazione delle cause. E tu lo tronchi,- per quanto sta in te, e lo Digitized by GoogI( LIBRO QUINTO. lOR distruggi, per così dire, quando ti corrucci di quel di’ è accaduto. 9. Non dèi indispettirti, nè per- derti d’ animo, nè impazientirti teco stesso, se la non ti riesce cosi per be- ne ogni volta il governarti secondo i retti principii in quello che tu fai; ma, uscito di via, ritornarci; quando la maggior parte delle tue azioni sono passabilmente degne d’un uo- mo, contentartene; ed amare quello a che ritorni ; ritornando alla filosofia, non come ad un pedagogo, ma come un eh’ abbia mal d’occhi alla spugna ed all’ uovo, un altro al cataplasma 0 alla doccia. Così non ti darà più fastidio il dovere ubbidire alla ra- gione, ma anzi troverai in quella il riposo. E ricordati che la filosofia vuole quello solamente -che la tua natura vuole; e che sei tu quegli il quale volevi altro, che non era se- condo natura. — Ma pure, che v’ha egli di piii liisingliiero? — E il pia- RICORDI. 104 cere, non t’ inganna egli appunto perchè è lusinghiero? Ma vedi se non fossero cosa più lusinghiera la magnanimità, la libertà, la sempli- cità, la bonarietà, la santità. Quanto alla prudenza poi, v’ ha egli cosa più lusinghiera di quella? se tu badi allo andar esente da ogni fallo e all' avere a seconda ogni cosa, che è il pro- prio della virtù comprensiva e in- tellettiva? IO. Le cose stanno immerse, per cosi dire, dentro a un buio tanto folto, che a filosofi non pochi, e non dei più volgari, elle son parate del tutto incomprensibili. E gli stoici essi medesimi tengono che elle sieno - comprensibili sì, ma difficilmente: e che ogni nostro assentimento sia mal certo;* perchè, dove è fuomo * Questa ed altri Inoghi dei Ricordi pro- vano che gli Stoici dopo Crisippo venivan.<»i facondo sempre più scettici, ed aveano essi medesimi il sentimento della debolezza scien- tìfica della loro scuola. P. Dìgitized by Google LIBRO Qmw»ro. 105 che non si sia mai ricreduto? — Prendi quindi a considerare gli og- getti in sè stessi; come poco dura- no, come poco valgono, come possono - cader nelle mani d’ un bagascione, d’ una cortigiana, d’ un malandri- no. “- Passa ai costumi degli uomini con chi tu vivi; il più gentile dei quali appena si può tollerare, per non dire che appena v’ ha fra loro chi possa tollerar sè medesimo. In tanta caligine adunque, in tanto lez- zo, in un tal flusso continuo e della materia e del tempo, e del moto e di quanto è in moto, qual cosa v’ ab- bia mai che meriti la nostra stima, o anche pur solo la nostra premura, io noi so immaginare nè vedere. Che anzi ci bisogna confortar noi medesimi con 1’ aspettativa della dis- soluzion naturale, e non adirarci dell’indugio, ma acquietarci in que- ste sole due cose : T una, che nulla mi può accadere che non sia secondo Digitized by Goog[e RICORDI. 106 la natura dell’ universo ; l’ altra, che è in mia potestà il non far nulla contro il Dio e il Genio mio. Perchè nissuno y’ ha che mi possa sforzare mai ad offenderlo. il. Che uso fo io ora della mia anima? cpiesta interrogazione con- vien fare a sè medesimo in ogni circostanza, ed esaminar sè stesso, che v’ ha egli ora in quella parte di me la quale è detta sovrana? e che sorta d’ anima è ella ora la mia? Non è un’ anima di fanciullo? o di gio- vinetto? o di donnicciuola? di tiran- no? di giumento? di fiera.* 12 Quali sieno quelli die al volgo })aion beni, tu il potrai conoscere anche da questo. Chi ha preconce- pito nella mente, qual bene, alcuna di quelle cose che sono un bene davvero, come, per esempio, la pru- denza, la temperanza, la giustizia. * Conferisci IX, 39. P. by Google 107 LIBRO QUINTO. la fortezza, non può, sincliè un tal concetto gli dura, pre^star più orec- chio a chi venga a dire in sulla scena, «Tanta ho di ben dovizia .... eco.' » I perchè questo ripugnerà al bene al (juale egli pensa. Ma chi ha precon- cepito alcun dei beni volgari, ascol- terà ed accoglierà con piacere sic- come arrecato a proposito, quello che il comico dice. Così persino il volgo s’ accorge della differenza. Al- trimenti non rigetterebbe nell' un .de’ casi quel motto, che accoglie poi,’ siccome calzante e faceto, nell’altro, quando lo vede applicato alle ric- chezze o a quelle altre cose che fo- mentano la effemminatezza o l’am- bizione. Fàtti innanzi adunque e domanda se si hanno da stimare e 1 Verso di tm autor comico, che dovea esser famigerato in sul teatro a quei tem- pi; il senso del quale, benché Tautore noi citi intero, appare dall' ultime linee di que- sto paragrafo. 0. Digilized by Coogic RicdRiii; 108 da riguardar come beni quelle cose rispetto alle quali può molto accon- ciamente venir soggiunto, che al possessor loro, per la soverchia ab- bondanza, non riman più luogo ove fare i suoi agi. 13. Sono un composto di causa e di materia. Ora nè questa nè quella non è per ridursi a nulla mai; co- me neppure non è venuta dal nulla. Adunque ciascuna parte di me di- venterà per via di mutazione una qiìalche parte del mondo, e quella poi ancora un’ altra parte del mon- do, e così all’ infinito. Da una simi- gliante mutazione ho avuto io resi- stenza, e la ebbero i miei genitori, e così risalendo, sino ad un^altro in- finito; perchè nulla osta che si fa- velli a questo modo, quand’ anche vogliamo stabilire che il mondo si regga a periodi determinati.' 1 Allusione alla c conflagrazione del mondo » domma Eraolitico, la quale doveva accadere -Digitized by Goc LIBRO QUINTO. 109 14. La ragione e V arte ragionativa sono facoltà che si contentano uni- camente di sè medesime e delle operazioni lor proprie. Piglian le mosse dal principio peculiare a loro ; vanno dirittamente al fine proposto; ondechè son nomate catortosi * le azioni di cotal sorta, significando col nome la rettitudine della via. 15. Non è da dire che sia dell’uo- mo nessuna di quelle cose che non ispettano all' uomo in quanto uomo. Non sono punto requisiti dell’uomo, nè le promette la natura dell’ uo- a certi tempi, e distruggersi allora tutto r ordine esistente delle cose, per dar luogo ad un nuovo. Fu accettato dagli stoici ante- riori, modificato e cangiato dai posteriori : tra i quali non volle decider nulla Antonino. Vedi X, 7: . . . «por essere consumato ivi dal fuoco, se T universo va soggetto a con- flagrazioni periodiche, o per servire con vicenda perpetua al rinnovamento di lui s'egli dura eterno o incorrotto.» 0. . 1 Beota effectio appo Cicerone, lib. Ili de Fin., cui vedi. 0. Ciò che in questo § è no- mato catortoei è l'aziono conforme al dovere, ed è voce solenne alla scuola. P. Ilo RlCOUttl. . lYio o attende complemento da quel- le. Adunque non istà nè anche in loro 11 fine dell’uomo, nè iLbene. per conseguenza, che è parte inte- grante del fine. Ancora, se alcuna di queste coso spettasse all’ uomo, non ispetterebbe a lui il dispregiarle o r opporsi ad esse ; nè sarebbe lo- devole chi mostrasse non averne bisogno; nè sarebbe buono chi se ne disdice alcuna, se buone elle fossero, f^ppure, quanto più Tuoino si priva di queste cotali cose, o so- stiene d’ esserne privato, tanto più buono è tenuto.' IG. Quali saranno i tuoi pensieri abituali, tale sarà la tua mente: perché si tigne dai pensieri la men- te.^ Tignila adunque con l’ abitudine ' Dunque queste cotali cose non sono veri beni per l' uomo in quanto è uomo, cioè ra- gionevole. Questa conclusione è sott' in- tesa. P. * Demostene più di una volta nelle sue Filipj iche disse che quali sono le azioni in Digitized by Google LIRHO <)UINTO. 111 (li pensieri come questo, per esem- pio: Dove si può vivere, quivi si può anche ben vivere. Nella corte si può vivere; adunque anclie nella corti; si può ben vivere. K come quest’ al- tro: Una cosa eh’ ò fatta a contem- plazione d' un’ altra, è fatta per qucl- r altra; se è fatta per quell’ altra, a quella ò portata; se a quella c por- tata, quivi è il suo fine; se quivi è il suo fine, quivi è anche il suo utile e il suo bene. Adunque il bene del- r animai ragionevole è la comunità; sendo dimostrato già da lunga pezza che per la comunità siam nati> O non era evidente forse, che gli es- seri men degni son fatti a contem- plazione dei più degni, e i più de- gni, a contemplazione gli uni degli altri? che gli esseri animati son più degni che gli inanimati, e i ragio- nevoli più degni che gli animati? cui sogliono versare gli uomini, tali soglio- no pur essere i sentimenti deU’animo loro, P, Dìgitized by Google RICORDI. 112 17. Andar dietro all’ impossibile è cosa da stolto. Ora è impossibile che i malvagi non facciano cose di questa sorta.* 18. Nulla accade a nessuno, che egli non sia nato per sopportare. Le stesse cose accadono a un altro, il quale, o ignorando eh’ elle sieiio accadute, o volendo dar a divedere grandezza d’ animo, sta inaltérabile e non se ne duole. Tristo a noi, se la ignoranza o il rispetto umano avran più forza che la prudenza. 19. Le cose, per sè stesse, non toccano l’ anima punto; nè hanno accesso all’ anima; nè posson volger r anima nè muoverla. Si volge ella e si muove da per sè sola; e quali sono i giudizi di che ella si reputa degna, tali ella fa che sieno per lei gli oggetti che le stan presso.* * Cioè, quali io le vedo fare a costui, ora. 0. Conferisci Vili, 14, 15; IX, 42. P. - Cioè a dire: «quali sono i giudizi che Digitize" Coogk LIBRO QUINTO. 113 20. Per un riguardo, l’ uomo è di quelle cose che ci toccano il più strettamente, in quanto convien far del bene agli uomini e sopportarli; ma in quanto si oppongono alcuni alle azioni debite, diventa per me cosa indifferente 1’ uomo, non meno che il sole, non meno che il vento, non meno che le bestie. Dalle quali cose può benissimo venir impedita una qualche azione; ma la volontà, ma la disposizione interna non in- contrano impedimento mai, per l’ ec- cezione ‘ con che l’anima accompagna i suoi conati e pel rimovere, eh’ ella fa, l’ostacolo. Perchè l’anima ha facoltà di rivolgere al suo scopo ogni cosa che s’ opponga alla attività di lei; e serve quindi ad un’ azione ciò che impediva quella certa azione, e ella stima degno di sè il fare delle cose esteriori, cotali ella fa che per lei sieno le dette cose. — Conferisci III, 9; IV, 8; Vili, 47; IX. 16. P. 1 Vedi sopra, IV, 1. 0. Marco Aurelio. 8 Digiiized by Coogle 114 BICORDI. diventa una via ciò che le sbarrava quella certa via. 21 . Di quanto v’ lia al mondo, onora r eccellentissimo. L’ eccellentissimo ò quello che si vale di tutto il resto e che tutto il resto governa. E così ancora, di quanto v’ ha in te, onora r eccellentissimo. L’ eccellentissimo in te è quello che v’ ha in te di congenere a quel primo. Di fatti esso si vale in te di tutto il resto, e da esso è governata la tua vita. 22. Quello che non offende la città, non offende il cittadino. Ad ogni pensiero di offesa che ti paia aver ricevuto applica questa regola; se la città non è offesa da costui, non sono offeso nè anche io. Che se la città è offesa, non conviene adirarsi, ma insegnare ‘ a chi l’ha offesa dove sta il mancamento. * Do il mio pieno voto alla correzione dello Schultz, preceduto dal Gatakero, ben- ché questi non sapesse così bono porro al suo luogo le pardo scadute. 0. Digilized by Google LIBRO QUINTO. 115 23. Considera sovente la rapidità con die passa e si dilegua tutto quello che esiste e che nasce. Per- chè la materia, a guisa d’ un fiume, è in un flusso perpetuo; le azioni, in uno avvicendarsi continuo ; le cause, in mille determinazioni di- verse; nulla, per cosi dire, che stia; e questo infinito che presso presso t’incalza, del passato e del futuro, è un abisso dentro al quale si spro- fonda ogni cosa. Come adunque non è uno stolto chi, fra questi termini, si gonfia, o si travaglia, o guaisce, per cosa che minimamente il mo- lesti, come s’ ella avesse pure a du- rare un buon tratto di tempo? 24. Pensa a tutta quanta la mate- ria, della quale per una minima parte partecipi; e a tutta quanta la età, della quale un breve e momen- taneo intervallo ti è assegnato; e all’ universale destino, del quale che parte aliquota sei? Digitìzed by Google RICORDI. 116 25. /Ucuno pecca. — A me che fa? Tocca a lui il pensarci; sua è la volontà, sua 1’ azione. Io ho adesso quel che la natura comune vuol che adesso io abbia, e fo quello che la natura mia propria vuol che adesso io faccia.* 26. La parte sovrana e dominante deir anima tua stia salda ai moti della carne, o sien piacevoli o in- grati, e non vi partecipi, ma circo- scriva sè stessa e tenga confinate nelle membra quelle passioni. Che se elle penetrano ciò nondimeno sino alla mente, per la simpatia in- volontaria che han fra loro le parti d’ uno stesso tutto ; allora, al senso, che è cosa naturale, non -si vuol tentar di resistere; ma si guardi la parte sovrana dallo aggiungervi del suo r opinione che quello sia un bene od un male. * Conforisci VIU, 32. P. Digilized by Coogle LIBRO QUINTO. 117 27. Vivere con gli Dei. — E que- gli vive con gli Dei, il quale di con- tinuo appresenta loro T anima sua disposta di tal maniera che élla si contenti di quanto le vien distribui- to e faccia quanto vuole il Genio cui Giove distaccò da sè stesso e diede a lei per reggitore e per guida.* Questo è la mente e la ragione di ciascheduno. 28. T’adiri tu con quello che sa di caprino? T’adiri tu con quello a cui pute la bocca? Che vuoi tu che ci faccia? Egli ha la bocca a quel modo, egli ha le ascelle a quel modo, di necessità debbono uscirne esala- zioni a quel modo. — Ma, odo chi dice, r uomo ha la ragione, e può scorgere, rillettendo, in che pecca. — Egregiamente. E anche tu, dunque, hai la ragione ; eccita, con la disposi- zione razionale, in lui la disposizione * Conferisci il § 21 di questo libro. P. Digitized by Google RICORDI. 118 razionale; ammaestralo; ammonisci- lo. Perchè, s’egli ti ascolta, lo gua- rirai, e non c’ è più uopo di collera. 28. ' Nè eroe di tragedia, nè putta.* 29. Come fai conto di vivere uscito di qua,^ puoi vivere in quello stesso modo anche qua. Che se non tei permettono, allora esci pur anche <lalla vita: ma come quegli a cui non incontra nulla di male. C’è del fumo qua, io me ne vado;* perchè stimi questo gran cosa? — Ma sin- 1 Queste parole nella vulgata stanno alla fine del § precedente; ma, se non sono cor- rotte, debbono essere separate e formare da por sè sole un paragrafo. 2 Cioè, non camminar sui trampoli, e non istrascinartì per terra: non tanto alto da parer gonfio o affettato, non tanto basso da muovere a schifo altrui. 0. ^ Cioè, dalla corto. 0. * Allude, secondo che ci avverte il Gata- kero, al proverbio :« tre esserle cose che ci caccian fuori dì casa; il fumo, il pioverci dal tetto, e la moglie astiosa.» Vuol dun- que che r uomo esca di vita con quella in- differenza con che uscirebbe dalla camera dove vi avesse fumo. 0. Digitized by Google LIBRO QUINTO. 110 tantoché nulla di somigliante non mi sforza a partire, me ne rimango libero, e nessuno m’ impedirà dal fare le cose eh’ io vorrò ; e vorrò se- condo la natura d’un animai ragio- nevole e sociabile. 30. La mente dell’ universo ama la comunanza. Perciò ha fatto gli esseri men degni in grazia dei più degni, e i più degni ha conciliato gli uni con gli altri. Tu vedi come essa gli ha subordinati, coordinati, dato a cia- scuno secondo il suo grado, e ridotto a mutuo consenso i primi tra loro. 31. Come ti sei portato sinora con gli Dei, co’ genitori, coi fratelli, con la moglie, coi figli, coi maestri, co- gli educatori, con gli amici, coi fa- migliari, co’ servi; se, riguardo a tutti, puoi dire insino ad ora: « Nè d’ opre mai nè di parole oltraggio A nullo io fea.* » ' Omero, Odiss. IV, 690. 0. Digitized by Coogle 120 RIOOBDI. Kanimenta per quali traversie sei passato e quali hai avuto la forza di tollerare : e siccome è piena ornai per te la storia della vita e termi- nato r incarico. — Che cosa s’ è po- tuto scorgere in te di bello; quanti piaceri e quanti dolori hai dispre- giato ; quante occasioni di gloria hai negletto ; a quanti sconoscenti ti sei dimostrato amorevole.* 1 Forse tutto il paragrafo sarà più chiaro, e il pensiero di Antonino meno ambigua- mente espresso se diremo : < Qual fosti infino ad ora verso gli Iddii, i parenti, i fratelli, la moglie, i figlinoli, i maestri, gli educatori, gli amici, i servi? Puoi tu dire, rispetto a tutti: nè d'opra mai, ni di parole oltraggio a nullo io /«a ? De' passati tuoi casi e delle passate fortune, quante hai saputo tollerare da uomo? Conchiuso per te oramai è il dramma della vita, finita la parte che ti era assegnata. Ebbene, quante sono le buone azioni che di te puoi ric-ordare? Quanti piaceri, quanti dolori hai saputo disprezzare? quante cose stimate gloriose, * non curare? a quanti ingrati essere bene- fico e amorevole?» In questo paragrafo il Pierron ed altri dei migliori interpreti pre- sero alcuni grossi granchi ; 1' Ornato intese Digitized by Google LIBRO QmNTO. 121 32. Per qual cagione certe anime inesperte ed ignare confondono esse una esperimentata e sapiente? — Qual è dunque l’ anima esperimen- tata e sapiente? Quella che sa il prin- cipio ed il fine, e conosce la ragione che penetra la materia delle cose e governa, secondo cicli determinati, per tutta la eternità 1’ universo. 33. Oramai sei cenere, e schele- tro, e un nome, o nè anco un no- me; e il nome è strepito e rimbombo mero. Le cose di che si fa gran conto nella vita son vuote, fracide, picciòle, cagnolini che si mordono, fanciullini astiosi che ridono e poco stante guaiscono. E la fede, e la ve- recondia, é la giustizia, e la verità, oc Air Olimpo, la terra abbandonando Dalle vie spaziose.* » meglio di tutti ; ma troppo fedele alla let- tera del testo, non fu chiaro abbastanza nello esprimerne il senso. P. ^ Esiodo, opere e giorni, v. 195. Sottin- Digiiized by Google RICORDI. 122 Che dunque ti può trattenere qui ancora? quando le cose sensibili sono senza costanza nè sussistenza; gli organi del senso, ottusi- e pronti a impressionarsi del falso; l’animuc- cfa * tua stessa, non altro che una esalazione del sangue ; e 1’ aver fama appo cotali, cosa del tutto vuota. Che dunque aspetti? — Con pazienza il tuo qual eh’ ei sia o spegnimento 0 traslocamento. Ed intanto che quel- lo viene, che cosa ti basta? — Che altro, se non venerar gli Dei e bene- dirli, beneficar gli uomini e soppor- tarli e astenerti con loro,^ ricordan- doti che quanto è fuor dei limiti del tuo corpicciuolo e della tua aniinuc- cia non è nè in tuo potere nè tuo? tendi un verbo, recaronsi o altro che più ti piaccia. P. t Per antniuccta, intende* spesso Antonino il principio animale mero, comune anche ai bruti, vedi la nota (6) in fino del volume. P. * Cioè nelle tue relazioni con loro. Conf. lib. IV, § 3, e il § 20 di questo libro. P. Digitized by Google LIBRO QUINTO. 123 34. Tu puoi prosperar sempre, giacché puoi andar per la diritta sempre, giacché puoi giudicare di- rittamente sempre ed operare. Due proprietà son queste, comuni al- l’anima e di Dio ' e dell’ uomo e d’ogni animai ragionevole: il non potere essere impedito da altrui, e lo avere il proprio bene interamen- te riposto nella disposizione interna e nella azione conforme alla giu- stizia, senza che il desiderio arrivi più oltre. 1 Comuni all'anima e di Dio e dell'uo- mo. Secondo il concetto stoico Iddio ora un corpo o un essere vivente ed eterno, non simile all' uomo, ma composto tuttavia, come rnomo. d’anima e di corpo. L’unità del corpo divino coll’anima divina ora per essi il mondo, e quindi si accordavano a dire che Dio è il mondo, cioè la materia, dotata di una certa qualità e forma, colla forza attiva in essa immanente. L'anima di Dio sarebbe dunque questa forza attiva immanente nel mondo, cioè nel corpo divi- no. — Vedi la nota (20) alla fine del vo- lume. P. Digitized by Coogle 124 BICOKDI. 35. Se cotesto non è malizia mia, ' nè azione procedente da malizia mia, ' nè riceve danno la società, perchè me ne do io fastidio? — E qual dan- no per la società v’ ha egli ? 36. Non lasciarti portar via dalla immaginazione al primo incontro; porgi aiuto altrui, sì, a tuo potere e secondo l’ importanza .del caso, qiiand’ anche lo scapito non sia se non di cose mezzane ; * ma guardati • dall’ immaginare che sia un danno. Perchè è una cattiva abitudine. Co- me quel vecchio che nel partirsi domandava la trottola del suo allie- vo, sapendo bene che ella era solo una trottola: così hai da fare anche tu * sui rostri. 0 uomo, hai tu dimenticato che cose son queste? — No; ma costoro ne fanno gran ca- so. — E per questo hai da diventare stolto anche tu ? ® Dovunque il t Vedi UT, 11. 0. t 3 Luogki corrotti. 0. Digìtized by Google LIBRO QUINTO. 125 colga la morte, uomo avventurato. — E avventurato vuol dire che ha dato buona ventura a sè stesso ; e buona ventura sono i buoni moti dell’ ani- mo, le buone volontà, le buone azioni. Digilized by Google LIBRO SESTO. 1. La materia delle cose è ar- rendevole e piglia volentieri ogni forma. E la ragione che 1’ ammini- stra non ha in sè nessuna causa di mal fare, non avendo malizia, e non fa (juindi male a nulla, nè nulla è dannificato da lei. Ed ogni cosa av- viene ed ha compimento per essa. 2. Non ti curare che tu stia al freddo o che tu stia al caldo, quando fai il tuo dovere; che tu caschi di sonno 0 che tu abbia a sufficienza dormito ; che te ne venga biasimo o che te ne venga lode ; che tu muoia, o che tu attenda ad un’ altra azione qualunque. Perchè ella è anche ! by Google LIBRO SESTO. 127 una delle azioni pertinenti alla vita, quella per cui si muore; e basta anche quivi, per conseguenza, ben disporre del presente. 3. Vedi addentro; nè la qualità propria di nessuna cosa nè il valore ti sfugga. 4. Tutti gli oggetti in brevissimo tempo si mutano; ed o avvampe- ranno, se la materia è unificata, o si disperderanno. 5. La ragione governatrice sa bene con qual intenzione e che cosa opera, e su qual materia. 6. Il miglior modo di vendicarsi d’ una ingiuria è il non rassomigliare a chi r ha fatta. 7. D’ una sola cosa prendi piacere, è di quella ti soddisfa; del passare dall’ una azion sociale all’ altra azion sociale,* ricordandoti di Dio. < Intendi per aziono sociale una aziono utile alla comunità dogli uomini, e qual si conviene ad un animalo socievole qual è r uomo. P. Digitized by Google 128 RICORDI. 8. La parte sovrana è quella che eccita e volge sè medesima; che fa sè quale ella vuole,* e fa parere a sè quali ella vuole tutte le cose che aw^engono. 9. Secondo la natura dell’ universo ogni cosa si fa; non potendosi fare secondo una qualche altra natura la (piale 0 conterrebbe in sè quella, o sarebbe contenuta in quella, o sta- rebbe separata al di fuori di quella.* 10. 0 confusion d’ ogni cosa, ac- cozzamento d’atomi, e disperdimen- to; o unità nel tutto, ordine, prov- videnza. Se- il primo supposto ha luogo, come desidero io di rimanere 1 Cioè che ha il potere di modificare sè stessa come ella vuole. Conferisci Y, 19; XI, 1. P. 2 Se contenesse in sè la prima, non sa- rebbe più questa la natura universale, ma r altra; se fosse contenuta in essa, quel che si farebbe secondo lei sarebbe fatto, a fortiori, secondo l' altra: e se stesse sepa- rata al di fuori, ci sarebbe qualche cosa fuori dell* universo, il che è assurdo. 0. Digitized by Google LIBRO SESTO. 129 più .a lungo in un guazzabuglio di quella fatta e lordume? Che altro mi debbe star a cuore che il « diven- tare terra a qualunque modo? » E di che mi turbo io? Verrà il disperdi- mento a me, checché io mi faccia. — Ma se è vero il secondo, adoro il reggitore dell’universo, e in lui sto fermo e confido. 11. Quando vieni sforzato punto punto dalle circostanti cose a tur- barti, rientra subitamente in te stes- so, e non istar fuori del ritmo ’ pili di quello che la necessità ti costringa. Perchè ti farai più valente nella misura col ritornare ad essa di con- tinuo. 12. Se tu avessi la matrigna e la madre nel tempo istesso, alla prima faresti onore, ma torneresti pur non- dimeno sempre accanto alla madre. Cotali son per te la corte e la filo- 1 Paragona la vita alla mimica. 0. Ifarco Aurelio 9 180 RICORDI. sofia: torna sovente alla seconda e in essa ti riposa, la quale fa a te sopportabil la corte, e te sopporta- bile in quella. 13. Come ti fai concetto di tale o tal altra vivanda, dicendo teco stesso: è un cadavero di pesce, è un cadavero d’ uccello o di porco ; e del falerno, è succo di grappoletti d’uva; e della porpora, son peluzzi di pecora intinti nel sangue d’ una conchiglia; e del congiugnimento, è attrito di membrane ed escrezione di moccio con un po’ di spasmo ; come tu giudichi allora, penetrando col concetto sino alle cose esse mede- sime e rappresentandole nella es- senza loro quali sono; così hai da fare in tutte le occorrenze della vita; e quando le cose ti si fanno innanzi con molta appariscenza, denudarle, e scorgerne la bassezza, tolto che avrai d' intorno a loro la pompa onde si fan magnifiche. Imperocché gran Digilized by Google LIBRO SESTO. 131 madre illusioni è la boria; e quando tu credi più fermamente eh’ elle sieno serie le cose a cui attendi, allora sei più affascinato. Vedi che cosa dice Cratete di Senocrate stesso.’ 14. Le cose che il volgo apprezza sono per la maggior parte di estremo genere ed infimo, di quelle cioè che dall’ abito (0) o dalla natura son go- vernate : pietre, legni, fichi, viti, ulivi, (rii uomini un po’men rozzi tengono in pregio quelle che son governate dall’anima: greggio, per esempio, e mandre. Gli uomini ancor più còlti, quelle che son governate dall’anima ragionevole; non tuttavia in quanto è universale, ma in quanto è arti- ficiosa o, come che sia, ingegnosa. 1 StìTiocrate tu discepolo di Platone, e famoso per P austerità del suo carattere, (guanto al Cratete qui menzionato, ignorasi ^se fosse il filosofo Cratete di Atene, oppure il cinico di Tebe; come ignorasi pariraentn qual fosse il detto a cui si acceuna in que- sto luogo. P. Digilized by Google 1 m2 ricordi. V od anche senza relazione a nulla, ' come il possedere semplicemente una moltitudine di schiavi.* Quegli poi che fa stima dell’anima ragione- vole universale e sociale, non si cura delle altre cose più punto; ma si studia di consolidare in istati ed in moti conformi alla ragione e volti al bene della società 1’ anima sua, ed aiuta il suo congenere a far lo stesso. 15. Una cosa s’affretta a nascere, iin’ altra a venir meno, e di quella stessa che nasce ima qualche parte è già spenta; il flusso e l’alterazione ringiovaniscono ad ogni ora il mondo, come lo scorrere non interrotto del tempo fa sempre nuova 1’ eternità. Tn tal fiumana di cose che vengono e passano, che v’ ha egli che altri 1 Intendi che costoro ameranno possedere* nn gran numero di schiavi come i detti pocanzi ameranno possedere nna mandra numerosa. P. Digitized by Google LIBRO SESTO. 133 debba aver caro, quando ,su nulla può' far fondamento? Gli è come se imprendesse ad amare uno degli uc- celletti che volano, e quegli è già sparito via. La vita di ciascheduno è non al- trimenti che una esalazione del san- gue o una respirazione dell’aria. Pei> chè non v’ lia differenza, che tu tragga • a te l’aria una volta e la renda, il che tu fai tuttodì, o che tu renda tutta insieme colà d’ onde l’ hai tratta la facoltà respiratrice che ieri o ier l’altro nascendo acquistavi. 16. Non il traspirare, come le piante, è degno di stima, non il re- spirare, come i giumenti e le bere, non il. ricevere impressioni nella fantasia, non Tesser mosso dagli ap- petiti, non l’adunarsi in branco, non il nutricarsi ; cosa non dissimile dal mandar fuori il soverchiò del nutri- mento. Che è degno di stima adun- que? lo strepito? No. K per conse- Digilized by Coogle 184 BICORDI. guenza nè anche lo strepito delle lingue. Ora le acclamazioni del volgo non sono altro che strepito delle lingue. Anche la gloriuzza hai posto adunque da banda. Che rimane, che s«i degno di stima? Il muoversi, pare a me, e il ristarsi * secondo il prin- cipio della propria costituzione, al che conducono ancora le arti e le culture diverse. Perché ogni arte ha questo per iscopo, che il formato da lei sia acconcio alPopra per la quale è formato ; e il vignaiuolo che coltiva la vite, e il cavallerizzo, e il canat- tiere, cercano pur questo. E le edu- cazioni, e le scuòle, a che tendono ? Questo adunque è il degno di stima. E se questo vien condotto a bene, non occorre procacciar più altro. — Non finisci di stimare ancora molte altre cose?* Nè libero adunque sarai 1 L'operare e il non operare. 0. ^ Cioè, non cesserai dallo avere in pre- gio molte altre cose? P. Digilizec' by nr>figle. LIBRO SESTO. 135 tu mai, nè bastevole a te, nè im- passibile ; perchè ti sarà mestieri invidiare, ingelosire, sospettare chi ti può tórre le cose che stimi, mac- chinar contro a chi le ha; in fine, conturbato convien che sia chi d’ alcuna di quelle è privo, ed ol- tracciò, che mormori contro agli Dei bene' spesso; laddove la riverenza della propria mente e la stima ti farà accetto a te medesimo, accomo - devole agli uomini e consonante agli Dei,* io voglio dire, contento di tutto che essi distribuiscono e di tutto che hanno ordinato. 17. Air insù, all’ ingiù, a cerchio intorno, son le mosse degli elementi. La virtù non si muove in nessuna ^ cDi modo che ciascheduno che procac- cia di desiderare e fuggire solamente quello che è da essere desiderato e fuggito, pro- caccia al tempo medesimo di esser pio.» (Epitteto, Manuale, cap. 32, § 4, traduz. di G. Leopardi. Vedi tutto questo capitolo del Manuale. Vedi anche il § 41 di questo libro dei Bicordi). P. Digitized by Google BIOOEDI. 136 di queste guise, ma in una certa sua più divina, e per via mal compren- . sibile procedendo va di bene in meglio.^ 18. Che cosa è mai quel che fanno ! Ai loro contemporanei, che insieme con essi vivono, non voglion dar lode ; ed essi medesimi poi agognano di aver lode dai posteri i quali non videro mai, nè vedranno. Gli è come se tu ti dolessi del ' non aver lode anche da’ tuoi antenati. . 19. Non ogni volta che una cosa è malagevole a te, hai da credere però eh’ ella sia impossibile all’uomo ; anzi, ogni volta ch’ella è possibile all’ uomo e dimestica, credi eh’ ella è conseguibile anco da te. 20. Nell’ esercizio della lotta al- . cuno talora ci graffia, o venendoci addosso ci percote malamente col 1 Merico Casaabono cita qui, siccome un bel comento a questo §, il cap. XXVIII del libro di Giobbe, che vuol leggersi tutto intero. 0. Digitized by Google LIBBO SESTO. 137 capo. Ma noi diamo a divedere, e non ce ne tenghiamo olfesi, nè stiamo in apprensione di lui quindi innanzi, come se ci insidiasse ; ce ne guardia- mo, sì, ma non come da nemico, nè con. animo sospettoso; lo scansiamo con piacevolezza. Questo medesimo s’ha da fare in tutte le altre parti della vita: molte cose lasciar correre, come tra persone che lottano. Per- ch’egli si può, come ho detto, schi- vare altrui, e non averlo però a so- spetto nè odiarlo. 21 e 22. Se altri mi può convincere e far capace eh’ io penso ed opero non rettamente, di buon grado son per ricredermi; perchè io cerco la verità, la quale non noeque mai a nessuno. Nuoce bensì altrui il li- manere nell’ inganno e nell’ igno- ranza propria. • Quanto a me, io fo 1’ ufficio mio; le altre cose non me ne distolgono ; perchè o sono inanimate, o irragio- Digitized by Coogle BICORDI. 138 nevoli, o vanno errate e non conoscon la via. 23. Gli animali irragionevoli e le cose in generale a te sottoposte, quando esse non han la ragione e tu r hai, usa senza riguardi altera- mente; gli uomini, che han la ra- gione, usa come vuol la legge di com- pagnia. In ogni cosa poi, invoca gli Dei. E non curarti del più o men tempo che tu durerai a far cotesto : perchè bastano anche tre sole ore cotali. 24. Alessandro il Macedone e il mulattiere di lui si ridussero, moren- do, alla medesima stregua. Perchè, o furon ricevuti ambidue nelle stesse ragioni seminali del mondo,' o si dispersero del pari in atomi. ^ 25. Pensa quante cose, in un medesimo istante, dentro a ciascuno * Vedi lib. IV, § 14. * Nel caso che sia vero il sìsteina ato- mistico di Epicuro. P. Digilized by Coogl( LIBRO SESTO. 139 di noi han luogo, relative al corpo nello stesso tempo ed all’ anima ; e non istupirai che molte più, anzi tutte quelle che avvengono, coesi- stano simultanee in quel tutto ed uno a cui diamo il nome di mondo. 26. Se qualcheduno ti domanda come si scriva il nome d’ Antonino, proferirai tu forse con isforzo di voce ogni sillaba? E se quegli s’adira, t’adirerai alla tua volta anche tu? Non annovererai tu piuttosto, pa- catamente procedendo, l’una dopo l’altra le lettere? Cosi hai da fare anche adesso. Ricordati che ogni ufficio* consta di certi numeri; col- r osservare i quali, e non col tur- barti, e non coll’ adirarti con chi s’adira, arriverai direttamente al fine , proposto. 27. Come è crudele il non per- mettere agli uomini che seguano 1 Conferisci IV, 2, e la nota ivi. P. Digitized by Google RICORDI. -140 quel che sembra a loro convenevole ed utile? E tu noi permetti, in un certo modo, quando ti corrucci del loro fallire. Perchè del tutto e’ non vi si indifcono se non in quanto il credono convenevole ed utile a loro. — Ma non è così. — Dunque ammae- strali e falli capaci, senza corruc- ciarti. 28. La morte è una pausa alla im- pressione dei sensi, allo stimolo degli appetiti, al discorrer della mente èd alla servitù verso la carne. 29. È un vituperio che in quella vita dove non ti s’è stancato ancora il còrpo, ti si sia stancata innanzi tempo r anima. 30. Bada a non incesarirti,* a non imbrattarti; chè cosi suole avvenii-e. Conservati adunque semplice, buono, ^ Intendi : sebbene tu sia stato adottato nella famiglia dei Cesari, bada a non t«cc- sarirli, cioè cadere nei costumi viziosi di molti dei Cesari o imperatori che. ti hanno, preceduto. P.. Digitized by Google LIBRO SESTO. 141 intemerato, grave, ingenuo, amico del giusto, pio, mansueto, amorevo- le, saldo nell’ adempire al tuo ufficio. Combatti per mantenerti tale, quale ti ha voluto fare la filosofìa. Venera gli Dei, fa’del bene agli uomini. Breve è la vita; e l’unico frutto di questa esistenza terrena è la santa disposi- zione deir animo e 1’ opere indiriz- zate al comun bene. Ogni cosa da vero discepolo di Antonino:* quel suo vigor costante in ciò che operava secondo ragione, e 1’ umor sempre uguale, e la santità della condotta, e la serenità del volto, e la soavità dei modi, e il dispregio della vana gloria, e l’ ardore nel voler compren- der le cose'; e come non avrebbe lasciato andar nulla mai, ch’egli non avesse ben bene considerato in prima e chiarito; e come sopportava quelli che si dolevano di lui ingiustamente, < Antonino Pio, suo padre di adozione. P, Digitized by Google 142 RICORDI, senza ridolersi egli di loro; come non faceva mai nulla in furia ; come non dava adito ai delatori; come era diligente esploratore dei costumi e delle azioni, non maldicente nè te- mente i rumori, non sospettoso, non sofistico; come si contentava di poco, in materia . d’ abitazione, per esempio, di letto, di vestito, di cibo, di servidori; come era operoso, lon- ganime, e di tal tempra da poter durare in uno stesso luogo sino alla sera, senza aver uopo, per la fruga- lità del vitto, nè anche di uscire ai bisogni del corpo fuor dell’ ora con- sueta; e la costanza e il tenor sempre uguale nelle amicizie ; e il sopportare che altri contraddicesse con libertà di parole al suo parere, e rallegrai’si quando glien era mostro un migliore ; e come era religioso senza supersti- zione; affinchè, con una buona co- scienza pari alla, sua, tu incontri come egli incontrò l’ultima ora. Digitized by Google LIBRO SESTO. 143 31. Esci dall’ ebrezza, ritorna in te; e cacciato via il sonno, e veduto ch’eran sogni quelli che ti turba- vano, risvegliati una seconda volta, e guarda le cose della vita come tu guardavi quelle altre.* 32. Son composto di un corpic- ciuolo e d’ un’ anima.* Al corpicciuolo tutte le cose sono indilferenti; non potendo egli nè manco far differenza. Air anima sono indifferenti tutte 1 Qui r Ornato volea fare una nota, come è indicato nel manoscritto, ma non la fece. Verosimilmente egli volea gìnstiiicare e il- Instrare la sna interpretazione di questo luogo, alquanto diversa da quella degli al- tri interpreti. La traduzione letterale di tutto il § è cEsci d'ebrezza, richiama te stesso; e cacciato via il sonno, e veduto che eran sogni quelli che ti turbavano, desto una seconda volta, guarda queste cose, co- me tu guardasti quelle altre. » P. 2 Intendi anima razionale, la quale per gli Stoici non era altro che ragione e vo- lontà, esclusa la sensibilità appartenente solo airantmwccta, mero principio animale comune anche ai bruti. Rivedi lib. V, § 38 e la nota ivi. P. Digitized by Google 144 RICORDI. . quelle che non sono azioni di lei. E quelle che sono azioni di lei, stantìo tutte in balia di lei. E di queste an- cora, quelle sole che riguardano il presente.* Perchè le azioni future e le passate sono pure indififerenti per lei. 33. Il lavoro non è cosa contro natura nè per la mano nè pel piede, sintantoché il piede fa le cose del piede, e la mano le cose della mano. . Quindi non è nè anche cosa contro natura per V uomo, in quanto uomo, fìnch’egli fa le cose dell’uomo. E se non è cosa contro natura per lui, non è nè anche per lui un male. 34. Quanti piaceri non godono i malandrini, i bagascioni, i parricidi, i tiranni?* 35. Non vedi come gli artisti mec- * canici condiscendono bene in .qual- < Sottintendi ; € hanno importanza per lei.* 0. * Vedi II, 11; V, 10; IX, 1 eoe. 0. Digitized by Goog[e LIBRO SESTO. 145 che cosa agli imperiti, ma non seguitai! meno però la ragione del- l’arte, e da quella non si vogliono distaccare? Non è ella una vergogna che l’architetto e il medico abbiano più rispetto per la ragion dell’ arte loro propria, che l’ uomo per la sua, la quale egli ha in comune con gli Dei? 36. L’ Asia e l’Europa son cantucci del mondo; tutto il mare, una goc- ciola del mondo ; l’ Athos, una zolletta del mondo ; ciascuno degl’istanti pre- senti del tempo, un punto dell’ eter- nità. Tutto è piccola cosa, mutabile, peritura. Tutto vien di colà, da quella mente comune, o voluto da lei, o per concomitanza.* E quindi la gola del leone, e il veleno, ed ogni cosa ma- lefica, come le spine ed il loto, sono un accompagnamento e quasi una produzion necessaria di quanto v’ha 1 Vedi III, 2. 0. Mi»rco Aurelio. 10 Digitized by Goog[e 146 RICORDI. d’eccelso e di bello. 'Non immaginai ti adunque che sien cose aliene da quello che tu veneri; ma pensa alla sorgente del tutto. 37. Chi ha veduto le cose d’ adesso, ha veduto tutte le cose, quante per gl’ infiniti secoli furono e per gli jiltri infiniti saranno ; perch’ elle son tutte d' uno stesso genere e d’ uno stesso coloi'e. 38. Considera sovente la concate- nazione di tutte le cose nel mondo e la relazione dell’ una all’altra. Per- di’ elle son tutte intrecciate, dirò così, r una colf altra, e tutte, per (piesto motivo, amiche l’ una del- l’altra. Di fatti all’ una vien sempre dietro 1’ altra ; del che è cagione iJ moto tonico e consenso di tutte e r unità della rnateiia prima. 39. Alle cose che ti sono date in sorte, ti devi adattare; e gli uomini, coi quali hai comune la sorte, li devi amai'e, ma amar veramente. Digilized by Google . LIBRO SESTO. 147 40. Uno strumento, un ordigno, un arnese qualunque, se è atto, a tutto quello per che è stato formato, va bene; ancorché non ci sia più chi r ha formato. Ma negli esseri governati dalla natura è immanente dentro e continua la virtù che li formò; per lo che conviene ancor più venerarla, e stimare .che, ove secondo il voler di quella tu viva, sia per riuscirti secondo il tuo in- tento ogni cosa. E questo ò quello che succede all’ universo, che gli riesce secondo il suo intento ogni cosa. il. Quale che sia la cosa dove tu riponi il tuo bene o il tuo male, s’ ella è una di quelle che non di- pendono dalla tua volontà, di neces- sità debbe accadere che, incorrendo tu in quel male, o non conseguendo quel bene, tu accusi gli Dei, e che tu odii inoltre gli uomini, i quali ti saran causa, o i quali tu sospette- Digilized by Coogle 148 RICORDI. rai avere ad esserti causa del non conseguir 1’ uno o dell’ incorrer nel- l’altro; e molte iniquità, certo, com- mettiam noi, per non essere indif- ferenti a siffatte cose. Ma se noi tenghiamo per beni o per mali quelle cose soltanto che dipendono da noi, nessuna causa rimane più nè di ac- cusare Iddio, nè di stare in ostilità verso l’uomo.* 42. Tutti cooperiamo ad un me- desimo fine, gli uni scienti e intel- ligenti, gli altri alla cieca; per modo che anche i dormienti, come disse Eraclito, se non erro, lavorano e cooperano a ciò che si fa nel mon- do. L’ uno ci lavora in una guisa, r altro in un’altra; e ancorché senza suo prò, ci lavora e coopera anche colui che si va querelando e fa prova ' Vedi il § 16 di questo medesimo libro. Con questo § finisce il volgarizzamento del- r Ornato, e col § seguente incomincia il vol- garizzamento rifatto da me. Vedi la Prefa- zione. P. Digitized by Google LIBRO SESTO. 149 di resìstere e distruggere l’opera altrui: perchè anche di questi ha bisogno il mondo. Rimane dunque che tu vegga nel novero di quali tu ti vuoi porre : perchè chi governa il tutto, saprìi ben valersi di te in ogni modo, ricevendoti in questa o in queir altra banda de’ suoi lavora- tori e cooperatori. Se non che hai da badare che tu non sia tal parte della brigata, qual è del dramma quel povero e ridicolo verso di cui parla Crisippo.^ 43. Il sole vuol egli fare le veci della pioggia? o Esculapio quelle di Cerere? E gli astri non hanno essi i loro uffici diversi, ciascuno il suo, 1 Plutarco {de comm. adv. Stoicot) cita le parole di Crisippo, alle quali allude Anto- nino: «In quel modo che le commedie hanno talvolta dei versi ridicoli e facezie che non hanno alcun valore in sè, ma giovano non- dimeno all'effetto generale del poema; pa- rimente il vizio è certamente riprovevole in sè, ma non è inutile a tutto il rimanente delle cose.» P. Digitized by Coogle 150 RIOOMDI. ma cooperanti tutti ad un medesi- mo fine? 44. Se gli Dei hanno deliberato intorno a me ed alle cose che deb- bono incontrarmi, hanno bene deli- berato e provveduto : perchè un Dio senza senno e improvvido non pos- siamo neppure immaginare. E farmi del male, per qual motivo l’ avreb- bero essi voluto? Qual pio ne sa- rebbe venuto ad essi o al tutto di che prendono sì gran cura? Che se non hanno deliberato intorno a me in particolare, essi hanno al certo deliberato universalmente intorno a tutto il complesso delle cose. Io debbo quindi accettare e aver caro tutto che mi accade, come conse- guenza necessaria di quella loro ge- nerale determinazione. Che se poi non pensano nè provvedono a nulla (è una empietà il crederlo ; o vera- mente non facciam più sacrifici, nè preghiere, nè alcuna di quelle cose Digitized by Goo^lc LIBRO SESTO. 1.51 che suppongono presenti gli Dei e viventi con noi); ’ se, dico non pen- sano nè provvedono in. alcun modo a niuna delle cose mie; posso io almeno pensare e provvedere a me stesso: e mio primo pensiero debbe essere di conoscere in che consiste Futile mio. Ora egli è utile ad un essere qualsivoglia ciò chcs è con- forme alla costituzione e natura di lui. La mia costituzione è ragione- vole e socievole: la mia società e la mia patria, come Antonino, è Ro- ma; come uomo, è il mondo. Ciò solo adunque che giova a queste due patrie, ò utile a me. 45. Ciò che avviene a ciaschedu- no, è utile al tutto : questo solo ba- stava. Ma tu osserverai ancora, so tu ci badi, che per F ordinario ciò che succede ad un uomo, è utile an- cora agli altri uomini. Intendo ora ^ Intendi: «che suppongono la presenza J e la provvidenza divina.» P. Digitized by Goog[e 152 RICORDI. r utile nel senso volgare, cioè attri- buendo utilità alle cose medie.* 46. Quello effetto che fanno in te gli spettacoli degli anfiteatri e di simili luoghi, chè per essere sem- pre le medesime cose, ti rechi a noia il vederle, quello effetto me- desimo facciano in te tutte le cose della vita: perchè esse sono, dalla cima al fondo, sempre le stesse, e nate sempre dalle stesse. K fino a quando adunque? 47. Non cessare di rappresentarti al pensiero uomini’ trapassati di ogni fatta 0 di ogni sorta di condizioni, discendendo anche a Filistione, a Febo e a Origanione;* passa di poi ad altri generi di viventi. Colà dob- I Conferisci III, li, o la nota ivi. P. * Vi fu un Filistione poeta comico, con- temporaneo di Socrate; vi fu ancora un Filistione di Locri, il quale era medico, e da alcuni creduto autore dei libri sulla dieta che fanno parte della collezione ip- pocratica. Quanto a Febo e Origanione ci sono al tutto incogniti. P. Digilized by Googlt LIBRO SESTO. . 153 biamo andare anche noi dove sono iti tanti valenti oratori, tanti gravi filosofi, Eraclito, Pitagora, Socrate; tanti eroi prima di loro, tanti capi- tani dopo, tanti tiranni; e insieme con loro Eudosso,* Ipparco,* Archi- mede, altri acuti ingegni, uomini magnanimi, laboriosi, scaltri, arro- ganti, beffardi, schernitori di questa povera vita di un giorno, siccome fu Menippo,* ed altri simili a lui. Pensa che tutti costoro sono spenti 1 II celebro matematico discepolo di Pla- tone, il cui sistema è esposto nel XII della Metafisica di Aristotele ; e che insieme cou Speusippo assorbì tutto il Platonismo nella teoria dei numeri. A lui si applica, non meno che a Speusippo,!' osservazione di Ari- stotele: «la matematica è divenuta tutta la filosofia del nostro tempo.» P. ^ Matematico contemporaneo di Tolomeo Filadelfo, nato in Nicea. P. 3 Filosofi» cinico nato a Gadara, dal quale un certo genere di satiro che furono dette Menippee: orasi beffato dei filosofi e delio loro dispute scrivendo con uno spirito e una vena inesauribile, che gli fu invidiata, come pare, anche da Luciano. P. Digitized by Google 154 RICORDI. da gran tempo. Ora che male per essi? che male per coloro dei quali non resta pure il nome? Solo una cosa è qui da avere in gran pregio : r osservar sempre la veracità e la giustizia, comportandoci benevol- mente anche verso i bugiardi e gli ingiusti. 48. Quando vorrai rallegrare te stesso, rappresentati al pensiero le migliori qualità degli uomini coi quali tu vivi: per esempio, l’ope- rosità efficace di questo, la vere- condia di quello, la liberalità di quel- r altro, e cosi via via. Perciocché non è cosa che tanto rallegri, quan- to le sembianze della virtù espres- se nei costumi delle persone colle quali viviamo, e quanto più esser possa, accumulate e frequenti. Vuoi- si dunque averle pronte alla me- moria. 49. Ti quereli tu del pesare solo cotante libbre e non tre cento? Così Digitized by Coogle LIBRO SESTO. 155 non ti querelare dello aver a vivere solo tanti anni e non più. Come ti tieni per pago e lieto della quantità di materia che ti fu assegnata, così accontentati del tempo. 50. Fa’ prova di persuaderli ; ma non lasciar di operare anchh mal- grado loro, quando ragione di giu- stizia il richieda. Che se altri ti impedisce colla forza, volgiti alla rassegnazione, e serba la serenità dell’anima, facendo uso di quello impedimento per l’ esercizio di un’al- tra virtù.* E ricordati che tu vuoi condizionalmente,* e che non si ri- chiede da te r impossibile. Ora che si richiede adunque? Una cotale de- terminazione di volontà.* E questa t Vedi lib. IV, 1 ; V, 20 ; Vili, 32, 35; IX, 11. P. • s IV, 1; V, 20; XI, 37. P. 3 La volontà giusta è solo scopo e ter- mine di sè medesima, sia o non sia ella efficace, cioè a dire, sia o non sia seguita dall' effetto esteriore, il che dipende dalle circostanze esterne. P. Digitized by Coog[e 156 BICORDI. tu l’hai: il fine a cui sei venuto nel mondo è conseguito. 51. L’ambizioso ripone il ben suo nell’ azione altrui; il voluttuoso nelle proprie passioni ; ' il savio nella sua propria azione. 52. Io posso astenermi dal fare concetto alcuno intorno a ciò, e non turbarmene 1’ anima. Non le cose, ma noi siamo gli autori dei nostri giudizi. 53. Fa’ di avvezzarti ad ascoltare senza distrazioni ciò che altri dice, e ad entrare quanto più puoi nel- l’animo di chi favella. 54. Ciò che non giova allo sciame, non giova neppure alla pecchia. 55. Quando i naviganti mormorano contro al nocchiero, o gli infermi » ^ Meno stoicamente direbbesi « nel sod- disfacimento delle proprie passioni, » cioè nel piacere procurato da questo soddisfaci- mento. Perchè il piacere stesso è per gli Stoici una passione, un patire e non un agire dell' anima. P. Di ; Google LIBRO SESTO. 157 contro al medico,' qual motivo può moverli a ciò se non se il modo con che il medico e il nocchiero procacciano la sanità e la salvezza loro? 56. Quanti di coloro, coi quali io venni al mondo, se ne sono già an- dati ! 57. Agli itterici sembra amaro il miele, l’acqua è spaventevole al- r idrofobo, pel fanciullo è bellissim^ì^ una palla. A che dunque mi adiro? Stimi tu men potente una falsa opi- nione che la bile nell’itterico, o il veleno nell’idrofobo? * 58. Niuno può recarti impedimento al vivere secondo la legge della tua natura; nulla accaderti contro la legge della natura comune. LIBRO SETTIMO. 1. Che è il vizio? è ciò che tu spesso hai veduto. E ad ogni acci- dente che t’ intervenga abbi appa- recchiato questo pensiero, che è cosa da te spesso veduta. Su e giù, a dritta e a manca troverai pur sem- pre le stesse cose, di che sono piene le antiche storie, le mezzane e le moderne; di che ora son piene le città e le case. Nulla di nuovo : tutto consueto e di poca durata. 2. La fede nei domini come può venir meno se non se collo spegnersi di quei pensieri che sogliono ali- mentarla? i quali sta in te jl ride- «^tar di continuo. Posso pensare di Digitized by Coogle LIBRO SETTIMO. 159 una cosa quel che ne debbo pensare : se questo è in mia facoltà, a che mi turbo? Ciò che è fuori ilella mia mente, non ha nulla che fare colla mia mente. Fa’ di essere cosi dispo- sto e sei ritto. Il risorgere sta in poter tuo : vedi di nuovo le cose a quel modo che tu le vedevi: sarà il tuo risorgimento.' 3. Pompe, trionfi, vani apparati, drammi che si recitano in sulla sce- na, greggi, armenti umani, scara- mucce, ossicciuolo gittate al cagno- lino, tozzo di pane ai pesci nel vivaio, affanni e lavorar di formiche,, discor- rimenti qua e là di topi spaventati, fantoccini mossi da un filo. È mestieri assistere a codeste cose con viso benevolo e non burbero, ma non però dimenticare che tanto vale cia- 1 Pare che ad Antonino in un momento di sconforto sombrasse aver perduta la fede nei domrai della filosofia. E si conforta a ri- cuperarla. Bello e profondo paragrafo, stoi- camente considerato. 0. Digitized by Google 160 RICORDI. scuno quanto vaglion le cose cui dà le sue cure.’ 4. Conviene por mente parola per parola a ciò che si dice, e atto per atto a ciò che si fa. E veder tosto nell’ una cosa qual è lo scopo ; nel- l’altra, qual è il significato. 5. Basta, o non basta il mio in- gegno a proccurare questo effetto? Se basta, io ne fo uso come di uno stromento che la natura dell’ uni- verso mi diede. Se non basta, ove non osti il dover mio, lascio fare r opera a chi può condurla a fine meglio di me; ovvero io la fo co- me posso, giovandomi dell’aiuto di tale, che possa, scorto dal mio pro- prio consiglio, recare ad effetto ciò che è utile ed opportuno alla co- munità. Perchè questo deve esser sempre il fine di ciò che io faccia, sia da per me solo, sia coll’aiuto 1 Conf, V, 16. E vedi ivi la nota. P. Diyiu^cu by CjOO^Il .LIBRO SETTIMO. 161 altrui: l’utile e il convenevole al comune. 6. Quanti lodatissimi sono già stati dati all’oblio! e quanti che li loda- rono sono scomparsi, già è gran tempo! 7. Non ti vergognare dell’essere aiutato. Tu ci sei per fare quello che tocca a te, come un soldato ad una battaglia murale. Ora se tu, offeso in una gamba, non potessi solo salire in sui merli, e ti venisse fatto col- r aiuto di un compagno? 8. Non ti mettere affanno delle cose future. Tu arriverai ad esso, se il dovrai, recando teco quella mede- sima ragione di che fai uso nelle cose presenti. D, Tutte le cose sono reciproca- mente collegate fra loro; sacro è il legame che le unisce, e niuna cosa può dirsi estranea ad un’altra. Esse sono tutte coordinate insieme e con- corrono ad ornare lo stesso mondo. Marco Aurelio. 11 Dìgitized by Google 162 RICORDI. . Perchè uno è il mondo che è formato di esse tutte, uno Iddio che penetra tutto, una la materia prima, una la legge, una la ragione comune a tutti t?li esseri intellettivi, una la verità: . essendo pur anche una sola la per- fezione di tutti gli esseri congeneri e partecipi della stessa ragione. 10. Presto svanisce ogni corpo, ri- solvendosi nella sostanza universale ; presto svanisce ogni causa, rientran- do nella ragione universale; e la memoria di ciascheduna cosa è presto inghiottita nell’abisso del tempo. 11. Per l’animale ragionevole, la stessa azione che è secondo natura, è anche secondo ragione. 12. Se non sei ritto, dirizzati. Id. Quella relazione che hanno fra loro le membra del corpo nell’ ani- ' male individuo, hanno fra loro gli esseri intelligenti nel corpo collet- tivo della società: tutti sono fatti per cooperare insieme ad uno scopo co- I Digitìze<Uiy CpiJgle LIBRO SETTIMO. 16H mane. E per meglio ricordartene avrai cura di ripetere . spesso a te medesimo: io sono un membro del sistema degli esseri intelligenti. Ma se tu di’ solamente : io sono una parte, tu non ami ancora di cuore gli uomini ; il beneficarli non è ancora per te cosa che per se me- desima ti diletti e ti contenti : tu il fai tuttavia per pretto dovere, non perchè tu senta di beneficare ad un tempo te stesso. 14. Accada che vuole al di fuori a quelle parti che possono ricevere nocumento da cotali accidenti : se ne dorranno esse che patiscono,’ se il vogliono. Quanto si è a me, ove io non faccia concetto di siffatti ac- cidenti come di un male, non ne ricevo nocumento veruno. E sta in mia facoltà il non fare cotali concetti. 1.0. Che che altri faccia o dica, a 1 Ve<ìi la nota al § 2ft, lib. X. P. Digilized by Coogl 164 RICORDI. ine conviene essere uomo dabbene: per appunto come se V oro, o la porpora, o lo smeraldo dicesse : che che altri faccia o dica, a me conviene essere smeraldo, e avere il mio pro- prio colore. 16. (7) La parte sovrana non dà mai noia a sè stessa, vale a dire, non è mai cagione nè di tristezza, nè di timore, nè di concupiscenze a sè stessa. Se altro v’ ha che possa mo- verla a ciò, vi si adoperi. Quanto a lei, operando razionalmente, non sarà mai a sè stessa cagione di cotai moti. Provveda il corpo, se può, al non avere a soffrire; e se soffre, lo dica. Quanto si è aU’animuccia,* nella (filale veramente cade la tristezza e il terrore, basterà solo che la parte ove si formano i giudizi* del terribile 1 Animuccia ; intendi il principio della &dìoi&1o 3 Conf. Ili, 9. Vedi anche la nota al § 26 del lib. X. P. Digilized by Google UBRO SETTIMO. 165 e del tristo, non dia luogo a quelli: essa animuccia non ha attitudine a formare giudizi cotali. La parte so- vrana, considerata in sè, non ha mai manco di nulla, ove ella non venga meno a sè stessa: e similmente non è mai turbata nè impedita, ove non turbi o impedisca ella sè medesima. 17. Beatitudine vuol dire buon genio, vuol dire mente buona. Che fai dunque tu qui, o immaginazione? Va’ via, te ne prego per gli Dei, vat- tene come sei venuta: non ho bisogno di te. Tu sei venuta secondo l’usanza tua vecchia. Non mi adiro teco ; ma vattene. 18. V’ha chi teme il mutamento? Ma che può farsi mai senza muta- mento e trasformazione? E che v’ha di più caro, di più proprio e consueto alla natura dell’universo? E puoi tu stesso prendere un bagno se le legna non si trasformano? puoi tu nutrirti, se non si trasformano i cibi? E v’ha Digitized by Goog[e 166 RICORDI, egli alcuna delle altre cose necessarie alla vita che possa elfettuarsi senza trasformazione? Non vedi tu dunque che il dovere tu ancora essere tras- formato, va del pari con tutte le altre trasformazioni,, ed è parimente necessario alla natura dell* universo? 19. Per entro la sostanza dell' uni- verso, come per entro a un torrente, passano tutti i corpi connaturati a (jiiello, siccome sono connaturate a noi, e cooperano con noi le nostre membra. Quanti Crisippi ha già in- ghiottiti il tempo, quanti Socrati, quanti Epitteti! Lo stesso sovvengati (l* ogni altro uomo, o cosa qualsi- voglia. 20. Una sola cosa mi turba : la tema di far cosa che la natura dell’ uomo non voglia, o come essa non voglia, o quando essa non voglia. 21. Presto avrai tutto obliato, e presto ancora sarai obliato da tutti. 22. È proprio dell’ uomo l’ amare Digilized by Coo<^Ir LIBRO SETTIMO. 167 anche colui che ci offende. Il che ti verrà fatto se tu penserai che egli è pur tuo congiunto,^ che ha peccato per ignoranza e suo malgrado, che fra poco sarete morti ambidue, e so- pra tutto che egli non ti ha nociuto: perchè non fece peggiore che olla prima si fosse la tua parte sovrana. “ÌS. La materia comune di tutte le cose è nelle mani della natura uni- versale, come la cera in quelle dello scultore.^ Ora ella ne fa un cavallo, poi, rifusa la materia del cavallo, ne fa uso alla produzione di un albero, poi a quella di un omiciattolo, poi a quella di qualche altra cosa, e ciascuna di queste cose dura un brevissimo spazio di tempo. Ma e'non è oggi più tremendo pel forzierino r essere sconficcato e disfatto, che non fu ieri 1’ esser fatto. * Vedi II, 1. P. * Il quale si serve di essa cera per fare i modelli delle sue statue. P. Digitized by Google 168 RTOORDT. 24. II livore in sul viso è cosa contro natura, da che spesso vi al- tera anche il colore che naturalmente 10 abbellisce, e che alla fine vi si spegne in modo da non potervisi più ravvivare. Questo ti provi che è cosa eziandio contro ragione: perchè se anche la coscienza del peccare si perde, qual motivo di più vivere? (H) 25. Tutte le cose che vedi, già già le viene mutando la natura reggitrice del tutto, la quale ne farà altre della materia loro, e poi altre della ma- teria di queste, affinchè il mondo sia sempre giovane. 26. Quando altri ti offende in che che sia, considera tosto qual cosa egli abbia dovuto estimare come un bene o come un male perchè fosse così mosso ad offenderti. La qual cosa scorto che tu abbia, tu avrai compassione airuomo,*e cesserai dal * Vedi II, 13 e la nota ivi. Conferisci 11 § 62 di questo libro. P. LIBRO SETTIMO. 169 maravigliarti e dallo adirarti. Perdiè o tu stesso stimerai tuttavia come un bene o come un male quella medesima cosa od altra somigliante ; e allora gli si vuol perdonare; o tu farai altra estimazione ch’egli non fece, e più facilmente benigno sarai a chi travide malgrado suo. 27. Non pensare alle cose che tu ancora non hai come se tu g»à le avessi. ^Ma facendo piuttosto il no- vero delle più comode tra quelle che liai, sovvengati quale studio porresti in procacciarle se tu non le avessi. Bada nondimeno che questo tuo averle in grado non ti venga avvez- zando a stimarle in modo da turbar- tene poi quando elle ti mancassero. 28. Ravvolgiti in te stesso. La parte sovrana e ragionevole dell’ uomo ha natura tale che basta a sè quando agisce rettamente e sa trovare in ciò la sua quiete. 29. Cancella le immaginazioni, raf- Digilized by Google 170 RICORDI. frena gli appetiti, circoscrivi il pre- sente del tempo. Conosci ciò che accade a te e ad altrui. Dividi e ri- solvi ne’ suoi elementi, la parte causale c la parte materiale, ogni oggetto di appetizione o di aver- sione. Pensa all’ ultima ora. Lascia stare il peccato altrui colà dove ò nato. no. Segui col pensiero le altrui parole. Penetra coll’ acume della mente nelle cose che si fanno e nel- r animo di coloro che le fanno. 31. Adornati di verecondia, di sem- plicità e di indifferenza verso tutte le cose che non sono nè virtù nè vizio. Ama il genere umano : obbe- disci a Dio (9). Tutto le cose, disse colui, si fanno secondo una legge immutabile. 0 gli Dei, o gli atomi.' Ma basta il ricordare che tutto si fa 1 Cioè a dire : o v' ha una provvidenza divina, o non v' ha, secondo il sistema ato- mistico di Epicuro. P. Digilized by Coogle LIBRO SETTIMO. 171 secondo una legge. Ma troppo è anche il poco già detto. Quanto alla morte, o e.ssa à un disperdimento, se la vita ò un accozzamento fortuito di atomi o altra aggregazione qualsiasi (10) ; ovvero essa è uno spegnimento, ovvero un traslocamento. 33. Quanto al dolore, se è intol- lerabile, ti uccide; se dura, è tollera- bile : e la mente conserva la sua tran- quillità se si raccoglie in sè stessa: e la parte dominante non si è fatta peggiore. Quanto alle parti che sono offese dal dolore, ce lo dicano se il possono. 34. Quanto alla gloria, vedi le menti loro, quali cose fuggono e quali cose ricercano. E ancora, che a quel modo stesso che gli strati di arena novel- lamente gittati in sul lido ricoprono i precedenti; similmente nella vita le cose nuove ricoprono, sovrappo- nendosi, per così dire, ad esse, e 172 RlCORDt. fanno dimenticare quelle a cui suc- cedono. 35. (Di Platone).^ « Ad uomo di eccelsa mente, al quale sia dato di abbracciar col pensiero tutta la serie dei tempi e l’ università degli esseri, credi tu che la vita sia per sembrare un gran che? — Impossibile, disse quegli : — E la morte, per conse- guenza. non sarà punto stimata da lui una tremenda cosa. — No certo. » 36. (Di Antistene). « Operar bene ed essere lacerato* è cosa da re. » 37. È vergogna che il volto ubbi- disca alla mente e si componga ed assesti come ella vuole; e che la mente poi non sappia comporre e«l assestar sè medesima. 38. «Contro le cose lo adirarsi è vano, Ch'esse non se ne curano. 3 » 1 Fiat. Rep. lib. VI. P. 2 Lacerato, intendi, dai maldicenti. Plu- tarco negli Apoftegmi attribuisce questo detto ad Alessandro. P. 3 Tratto dal Bellorofonte, tragedia per- duta di Euripide. P. Dkjitiz e d bv G oogle LIBRO SKTTIMO. 173 «E gli immortali e noi di te fa lieti.* * 40. «Mieter la vita Come spica matura, e morir l' uno, E viver T altro.- » 41. «Sedimeuède’niieiglilddii non curano, Ciò pure ha sua ragione.^» 4'2. «Che il bene e il dritto è dalla mia.' » 43. «Non pianger con altrui nè esultare. » 44. (Di Platone).^ «A chi mi favel- lasse in colai guisa, potrei con giu- stizia rispondere: Tu erri dal vero, o amico, se tu credi che un nonio di qualche vaglia debba, quando im- prende a far che che sia, computare le probabilità dello avere a morire 0 a vivere ; e non piuttosto conside- rare unicamente se ciò ch’egli im- t Nel testo è un verso esametro, ma igno- rasi onde 1' abbia tratto Antonino. P. 2 Due versi dell' Isipile, tragedia perduta di Euripide. P. 3 II primo di questi due versi è citato anche al § 6 del lib. XI, come verso di un tragico ; ma il nome del poeta non è noto. 1 . * Di Aristofane negli Acarnesi. P. 5 I §§ 44 e 45 sono tratti dall’ Apologia di Socrate; il § 46 dal Gorgia.' P. 174 RICORDI. prende a fare sia giusto od ingiusto, se azione da uomo dabbene, o da tristo. 45. » Perchè così è veramente, o Ateniesi : quale che sia il posto che al- tri scelse nell’ordinanza, giudicatolo il migliore, o in che sia stato collocato dal capitano; egli vi dee perseverare, secondo che mi pare, e sostenervi tut- ti i pericoli, non avendo in conto di nulla la morte ne altro checchessia, in paragone della disonestà e vergo- gna che sarebbe lo abbandonarlo. 40. » -Ma bada bene, o valentuomo, che altra cosa non sia la gentilezza, d’animo e la virtù, ed altra il pro- cacciare salvezza asèe ad altrui; e che ufficio deir uomo, dico chi voglia essere uomo veramente, non sia per avventura, anziché lo ingegnarsi di campar lungo tempo avendo cara sopra ogni altra cosa la vita, il ri- mettersene piuttosto a Dio; e pre- stando fede a ciò che dicono le fem- mine. essere inevitabile il destino di Digitìzed by Goog[c LIBRO SETTIMO. 175 ciascheduno, studiare il modo di vi- vere, il più virtuosamente ch’ei può. quel tempo che ha a vivere. » 47. Contemplai’e il giro degli astri accompagnandoli, per cosi dire, nel loro corso; e ripensare di continuo al perpetuo tramutarsi degli elemen- ti da una in altra forma. Cotali pen- sieri purgano 1’ anima dalle lordure di questa vita terrestre. 48. Bello è quel luogo di Platone: « Chi ragiona* degli uomini, deve an- che osservare, come da un’ alta ve- detta, tutte queste cose terrene : adunanze popolari, eserciti campeg- gianti, agriculture, nozze, divorzi, nascimenti',’ morti, strepiti di tribu- nali, contrade inabitate, varietà di nazioni, feste, lutti, mercati, e que- sto miscuglio di tutti i contrari, e l’ordine di questo miscuglio di che si compone il mondo.*» 1 Questo brano di Platone non si trova nelle opere che ci rimangono di lui. P. RICORDI. 176 49. E’ giova il rimembrare le cose che furono prima di noi: tanti mu- tamenti, tanti e sì grandi rivolgi- menti di stati. Puoi anche conside- rare le cose che seguiranno in futuro, perchè esse saranno pur sempre ti’ un taglio, e non è possibile che escano mai del tenore usato infino ad ora. Onde che tanto vale il ri- cercare gli eventi di che si compone il vivere umano ^ in un periodo di t^uarant’ anni, quanto in uno di dieci mila. Che potresti trovare di più? .50. E questo: « Ciò die fu terreo torna alla terra ; Ciò die d’ etereo seme è germoglio. Del deio etereo torna allo sfere. » Che vuol dir ciò? Separazione degli atomi terrei che erano insieme ag- gregati, e somigliante separazione degli elementi attivi.^ ^ Intendi il vivere dell' umanità, o non deir individuo umano. P. * Gli elementi attivi erano, secondo gli Digitized by Coogle LIBRO SETTIMO. 177 51 . cE con cibi il torrente e con bevande £ con incanti di stornar proccnra Perchè a morte noi tragga. » «Con quel vento Che Dio ne manda navigar ci è d'uopo, £ non spargere inutile lamento.» 52. Pili valente nella lotta, ma non piò devoto al ben comune, non piò verecondo, non piò indulgente e piò benevolo verso il prossimo che ha peccato. 53. Ogni volta che può condursi a fine una impresa secondo i precetti della ragione comune agli Dei e agli uomini, non hai nulla da temere: perchè dove sta in te lo avvantag- giarti coir esercizio libero della tua operosità, procedendo secondo la costituzione dell’ uomo, quivi non è luogo a timore di avere a soffrire alcun danno. stoici, Paria e il fuoco, con che intende- vano il freddo e il caldo; i passivi, la terra e V acqua. P. Mirco Aorelio, l't Digitized by Google 178 RICORDI. 54. In ogni luogo e in ogni tempo è in tua facoltà lo acconciarti di buon grado e con pia rassegnazione all’ evento che ti occorre ; e il por- tarti con rettitudine verso gli uomini coi quali ti trovi; e il vegliare dili- gentemente con quelli spedienti che tu sai sopra ogni tuo pensiero pre- sente, affinchè non v’entri inavver- titamente nulla che tu non abbia perfettamente compreso. 55. Non andare investigando in qual modo credano di doversi go- vernare gli altri,* ma guarda dritto ^ Non andare investigando gli al- tri. Intendo: non curarti di ciò che le menti degli altri approvano o disapprovano; bada dirittamente a ciò che approva la tua. Noto questo perchè altri non creda essere il qui detto da Antonino cosa contraria a ciò che disse in molti altri luoghi, e segnatamente nell’ Vili, 61: entrare nella parte sovrana di ognuno. Le sono due cose diverse. In quanto al tuo operare, non badare a ciò che le menti degli altri prescrivono, bada a ciò che prescri- ve la tua. In quanto ai giudizi che tu fai degli altri, entra il più che puoi nelle menti loro, per vedere quai motivi li spingano. 0. Digitized by Coog[e LIBRO SETTIMO. ,179 allo scopo verso il quale ti scorge la natura universale per mezzo degli eventi che essa ti manda ; e la tua propria natura per mezzo dei doveri che essa ti impone. E dovere di cia- scheduno sono quelle azioni che cor- rispondono al fine pel quale è stato formato. Ora gli esseri non ragio- nevoli sono stati formati per gli es- seri ragionevoli (come universal- mente tutte le cose che hanno minor valore, per quelle che ne hanno un maggiore); e gli esseri ragionevoli, gli imi per gli altri. Primo dovere adunque dell’ uomo, in conseguenza della sua costituzione, è di cooperare al bene di tutti i suoi simili. Il se- condo è lo star saldo contro gli ap- petiti e le affezioni del corpo : essendo proprio della forza razionate e intel- lettiva il serbarsi pura e distinta, circonvallando, come a dire, sè stes- sa,* e noh essere vinta mai dalla t Vale a dire che non deve ammettere in % Digiiized by Google 180 RICORDI. forza sia sensitiva sia appetitiva. Per- chè queste due forze sono animale- sche, e sopra di esse quella vuole aver primato e signoria, e non la- sciarsi signoreggiare da esse. E con ragione: quella essendo fatta per servirsi di queste. Terzo dovere del- r uomo \i è il procedere cautamente ne’ suoi giudizi, per non cadere in errore. A queste cose applicandosi la parte tua sovrana, compia per la diritta via il suo corso; ed ha tutto ciò che le spetta. 56. Come se tu avessi dovuto mo- rire testé e fornito già tutto il corso della tua vita; vivi secondo natuia (piei giorni che ti rimangono, con- siderandoli come un soprappiù che tu non avessi sperato.’ se alcuna mistura di elementi estranei alla sua natura, . e apparir quindi distinta con taglio nettissimo da tutto ciò che ha na- tura diversa dalla sua. P. t.Bene spiega il Dacier questo parakgrafo: « A quel modo che se ci trovassimo al punto della Digilized by Google LIBRO SETTIMO. 181 57. Cari ti sieno quelli eventi sol- tanto che t’ incontrano, e sono quin- di come a dire contesti insieme collo stame della tua vita. Che potresti desiderare di più accomodato a te? 58. Ad ogni accidente che ti oc- corre abbiti davanti agli occhi coloro ai quali incontrarono le stesse cose; ed essi se ne adirarono, parve loro strano, se ne querelarono. Ora dove sono coloro? In niun luogo. Perchè vuoi tu dunque rassomigliar loro? e non lasci piuttosto a chi li vuole quei moti alieni da te, e non badi unicamente all’ uso che devi fare deir accidente intervenuto? Perchè tu ne farai buon uso, e ti sarà nuova materia a virtuosamente operare, solo che tu intenda ad esser uomo morte senza speranza di riaverci e consi- derassimo la nostra vita trascorsa; ci dor- remmo di averla male impiegata, e vor- remmo caldamente impiegarla meglio per l’avvenire, scampando; cosi dobbiamo vo- lere ora ec. ^ 0. Digitized by Google 182 BICORDI. dabbene agli occhi tuoi propri, sia qual si voglia la cosa che tu faccia ; e ti sovvenga di queste due verità: im- portare assai quale sia l’ azione, e non importare nulla in che cada razione.' 59. Guarda dentro di te. Ivi è la fonte del bene, la quale non sarà esausta mai, solo che tu ci vada scavando di continuo. 60. Anche il corpo, e nel cammi- nare e nello stare, serbi un contegno egualmente alieno dalla avventatezza e dalla mollezza. Imperocché sicco- me l’anima si rivela nel volto, im- primendovi un certo che di assennato e di composto; così ella dee rivelarsi anche nel rimanente del corpo. Ma ciò vuoisi fare naturalmente, senza che vi appaia studio nè affettazione. ' La volontà giusta è per gli Stoici solo scopo e termine di sè medesima, sia, o non sia ella efficace, cioè a dire sia o non sia seguita dall' effetto esteriore, il che dipende dalle circostanze esterne. La virtù sola è huona.essa sola basta alla beatitudino. P. Digitized by Goog[e LIBRO SETTIMO. 183 61. L’arte del vivei e virtuosamente rassomiglia piuttosto all’arte della lotta che a quella della danza, in quanto bisogna essere apparecchiati ad ogni accidente non preveduto, e saldi per non cadere. 62. Non cessare di recarti a mente le qualità di coloro dai quali vorre- sti essere lodato, e quelle delle menti loro. Così non ti avverrà di trascor- rere all’ ira contro uomini che fallano malgrado loro, nè ti curerai dell’es- sere da loro lodato o biasimato, ve- dendo qual sia la fonte onde moiVono i giudizi loro e le loro azioni. 63. Non per sua elezione, dicea quegli, ma sempre malgrado suo, è l’anima umana priva del vero.' E * La sentenza è di Platone, ed è citata ^ anche da Epitteto (Dissert. I, 28; II, 22), il quale nomina T autore. Nel Sofista parti- colarmente, Platone intende a provare che r ignoranza è sempre involontaria, e che sempre malgrado suo è 1’ uomo privo della cognizione dèi vero. P. Digilized by Google 184 RICORDI. parimente malgrado suo è priva della giustizia, della temperanza, della mansuetudine e di tutte le altre cose cotali. Sommamente importa che tu r abbi sempre a mente : sarai più mite c be_nigno inverso di ognuno. Oi. In ogni caso di dolore abbi apparecchiato questo pensiero, che non è cosa disonesta, non tale da far peggiore la mente che ti gover- na: perocché non le nuoce nè in quanto ella è ragionevole, nè in quan- to ella è socievole. Nel maggior nu- mero dei casi troverai soccorso effi- cace anche in quel detto di Epicuro: il dolore non esser mai nè intolle- rabile nè di lunga durata,* solo che tu non lo ingrandisca colla tua im- maginativa, nia lo vegga ne' limiti suoi naturali. Avverti ancora che molte cose ci muovono ad atti di impazienza senza quasi che vi pon- i Vedi VII, 33. P. Digitized by Google LIBRO SETTIMO. 185 ghiaino mente, le quali non sono pur altro che dolore: siccome lo aver sonno quando vorremmo veglia- re, r essere travagliati dal caldo, o r avere inappetenza. Ora quando tu sostieni malvolentieri alcuna di que- ste cotali cose, di’ a te medesimo che tu hai ceduto al dolore.* 65. Bada a non comportarti mai verso i disumani, come i disumani si comportano verso gli altri uomini. 66. Come sappiamo noi che Te- . lauge,* quanto alle disposizioni del- r animo, non soprastasse a Socrate? I Intendi che non basta reggere ai dolori gravi, ma conviene saper vincere anche i leggieri: coi quali sovente non ci pigliani briga di combattere, perchè la loro piccio- Iczza fa che non ci badiamo; o ci troviamo vinti senza accorgercene. In quei casi, dico r autore, di’ a te stesso: « ho ceduto al do- lore: » qnasi volendo, col rammentare quel nome, che è il vero, faro a sò stesso parere più gravo il caso,o destare cosi la sua at- tenzione. 0. ^ Filosofo del quale Eschine Socratico diede il nome ad uno de' suoi dialoghi. V, Digitized by Google 186 BICORDI. Imperocché non basta che la morte di Socrate sia stata più famosa, nè eh’ egli abbia fatto prova di mag- giore sagacità nel disputar coi so- fisti, di maggiore fortezza col pas- sare la notte in sul ghiaccio, di più nobile coraggio col disobbedire al comando di andare a prendere quel- r uomo di Salamina,' nè eh’ egli camminasse per le vie con altero contegno : la qual cosa sarebbe mas- simamente da considerare quando fosse vera. Ma vorrebbesi vedere quale intimamente fosse l’animo di Socrate : se egli potea contentarsi dell’ esser giusto verso gli uomini e 1 Quest’ nomo chiamavasi Leone e posse- dea grandi ricchezze. Delle quali i trenta tiranni sperando poter fare lor preda, avea- no comandato a Socrate che andasèe, ac- compagnato da altri quattro, ad arrestarlo. Socrate, con pericolo della sua vita, disub- bidì al comando. Questo fatto è ricorda- to nell’ Apologia di Platone, da Eschine il Socratico, da Diogene Laerzio e da Epit- teto. P. Digitized by Google LIBRO SETTIMO. 187 santo verso gli Dei/ se non gli ac- cadesse mai di adirarsi ciecamente contro il vizio, nè di servire all’altrui ignoranza, nè di accogliere come strana o incomoda o intollerabile veruna delle cose che gli venivano compartite dal tutto,* nè di lasciare che la mente sua partecipasse delle affezioni della carne.* * Cioè 8’ egli riponeva in ciò solo, nella santità e nella giustizia, la sua felicità, Renza nulla desiderare di più. P. 2 Vedi lib. X, § 7 e la nota ivi. P. 3 Da queste parole di Antonino non bassi ad inferire che egli particolarmente dubi- tasse della grandezza mórale di Socrate; ma esse vogliono piuttosto esser prese in un senso generale, servendosi Antonino del no- me illustre di Socrate, come di un esempio, por avvertire quanto sia malagevole il giu- dicare del valore morale degli uomini da alcune loro azioni esteriori, sieno buone o sieno cattive; e come l’eccellenza morale non consista solamente nel compiere este- riormente qualche grande atto di virtù, ma richiegga inoltre tutte quelle disposizioni intime e abituali di cui fa la rassegna. Ve- di III, 6; XI, 18, n. 5; e nel lib. XI» § 13 0 la nota ivi, ciò che è detto di Fociono. P. Digitized by Google RICORDI 188 67. La mente non fu dalla natura mescolata per modo e confusa in- sieme col corpo che essa non possa distinguersi da esso e come a dire circonvallare sò medesima, ed eser- citare libera signoria sopra ciò che è ‘suo; sendo che possa darsi benis- simo che un uomo sia sommamen- te buono, e che nissùno il vegga.' Questo abbiti a mente, e ancora, che in pochissime cose consiste il vivere * Ecco come intendo io questo luogo: Noi conosciamo altrui dalle azioni e dalle pa- role, quindi sempre per qualche organo cor- poreo, quindi dal corpo. Ora può benissimo immaginarsi il caso che un uomo moral- mente eccellente sia posto in tali condizio- ni, 0 per malattia, o per estrema povertà, 0 altra forza esteriore, da non poter usare in verun modo del corpo per compiere al- cnno di quelli atti che sono la manifesta- zione esteriore delle disposizioni virtuose deir animo. In questo caso esse non po- tranno essere conosciute. E però quando Antonino dice: «esercitare libera signoria sopra ciò che è suo, ^ non vuol dire sopra il corpo, ma sulle facoltà stesse della men- te. P. Digitized by Googl LIBRO SETTIMO. 189 felice. E per ciò che tu abbia dispe- rato di dover essere mai eccellente nella dialettica o nella fìsica, non disperare medesimamente di dover esser libero, e verecondo, e socie- vole, e obbediente a Dio. 68. Vivere non vinto da alcuna forza esteriore e colla più grande contentezza d’animo, ancora che tutti gli uomini schiamazzino a posta loro contro di te, e le fiere mettano in brani le membra di codesta conge- riedi carne e d’ ossa che ti è venuta crescendo intorno; sì' tu lo puoi. E che v’ ha in fatti in tutti questi co- tali casi, che possa impedire la mente tua dal serbarsi mai sempre imper- turbata, dal fare sempre giusta esti- mazione delle cose circostanti e uso ragionevole degli accidenti che in- tervengono ? Per tal modo che la tua facoltà giudicativa dica all’ oggetto presente: « secondo T opinione tu sei altra cosa; ma Tessere tuo vero, è Digitized by Google 190 RICORDI.cotale. » E la tua facoltà operativa dica immantinente all’ accidente in- tervenuto: « te appunto io cercava: perchè io non ho altro intento che di operare razionalmente e socievole mente, e tutto che accada me ne porge occasione, tutto può essere materia ad esercitare questa virtù, quest’ arte umana e divina. > Perchè qualsiasi cosa che intervenga, ha qual- che relazione di convenienza o con Dio 0 con l’uomo, e può questi accon- ciarvisi, e non è mai nuova nè dif- ficile, ma sempre nota e consueta, e facile 1’ uso che hassene a fare. 69. Perfettamente costumato è co- lui il quale vive ciascun giorno come se quello fosse l’ ultimo : non mai affannosamente operoso, non neghit- toso, non infinto mai. 70. Gli Dei che sono immortali, non indispettiscono d’ avere del con- tinuo a tollerare, e per tanta durata di tempo, tanti e cotali dappochi: ed LIBRO SKTTIMO. 191 oltre a ciò prendono ogni cura di loro. E tu che oramai sei per finire, tu rinneghi la pazienza, e quando sei tu medesimo uno di quel novero?* 71. È cosa da ridere che l’uomo non voglia fuggire la propria malizia, il che è possibile ; e voglia poi fug- gire la malizia degli altri, il che è impossibile. 72. Tutto ciò che la ragione spe- culativa e civile non vede essere ra- gionevole e socievole, è da lei giu- dicato inferiore a sè stessa. 73. Quando tu hai fatto del bene, ed altri abbia ricevuto quel bene: ' che vai tu cercando, come gli stolti, una terza cosa di più, cioè che si sappia aver tu fatto del bene, o che te ne sia reso il contraccambio? 74. Nissuno si stanca del ricevere giovamento ; ed è a giovamento no- * Cioè del novero di quei dappochi, anche per la ragione appunto che tu non sai tol- lerarli, come sarebbe tuo dovere di fare. P. Digitized by Goog[e BICORDI. 192 stro e d’ altrui ogni azione conforme alla natura. Non istancarti dunque di giovare a te medesimo col gio- vare ad altrui. 75. La natura universale produsse il mondo. Ora o tutte le cose che succedono nel mondo sono conformi alla intenzione di quella; ovvero sa- rebbero sragionevoli, cioè dilformi dalla detta intenzione, anche talune delle cose principali che si fanno pel ministero particolare della mente che governa il mondo. In molti casi sarai più tranquillo, se avrai questo a mente (11>. Digitized by Google LIBRO OTTAVO. 1. A ritrarti dal vano amore della gloria gioverà anche il considerare come non è più in poter tuo il fare che tu sia vissuto da filosofo tutta la tua vita, cioè insino dalla giova- nezza: clìè anzi molti si ricordano di un tempo, e te ne ricordi benis- simo tu stesso, nel quale tu eri lon- tano dalla filosofia. Sicché tu sei contaminato: non è dunque più facil cosa per te V acquistar rinomanza di filosofo, al che si oppone anche la condizione del tuo stato. E però, se tu hai veramente scorto dove batta il punto, lascerai da banda il pen- siero deir opinione che altri sia per Marco Aurelio. 19 Digitized by Google 194 RICORDI. avere di te, e ti contenterai di vi- vere conforme alla tua natura quel rimanente di vita che ti è concedu- to. Pensa' adunque che cosa vuole la tua natura, e niuna altra cura ti distragga da ciò. Perchè tu sai bene di quante altre cose hai voluto fare esperimento, e in nissuna di esse hai trovato la beatitudine : non nei sillo- gismi, non nelle ricchezze, non nella gloria, non nel godimento dei piace- ri, in niun luogo, insomma. Dove sta essa adunque? nel fare ciò che richie- de la natura dell’ uomo. E come farai tu cotesto? Lo farai, se avrai credenze che sieno produttrici di quelle azioni. Quali credenze? Quelle intorno ai beni ed ai mali : non essere bene per Tuomo veruna cosa che non lo fac- cia essere giusto, temperante, forte e libero ; nò male veruna cosa che non lo faccia essere il contrario.» * Cioè non lo contamini dei vizi oppo- sti alle dette virtù. P. Digitìzed by Google LIBRO OTTAVO. 195 2., Ad ogni tuo atto interroga te medesimo : che relazione ha esso con me? Non avrò io da pentirme- ne? Ancora un poco e son morto, e tutto è finito. Se ciò che fo ora, è conforme alla natura di un essere intelligente, socievole e isonomo a Dio,' che cerco io di più? 3. Alessandro, Caio,* Pompeo, che furono rispetto a Diogene, ad Era- clito, a Socrate? Questi conobbero le cose, e le cause e la materia loro; e la parte sovrana era in essi vera- mente sovrana:’ ma quelli, che cosa ' Isonomo a Dio. Il lettore cui non piacesse questo ellenismo, legga: «avente le stesse leggi che Iddio. » Ma le espressioni isonomo, isonomia paionmi degne di essere accettato anche nelle buone scritture italiane non meno che isocrono, autonomo, autonomia, antino- mia ed altre simili. E parmi anche che iso- nomo esprima qui T idea del testo meglio che qualunque espressione italiana gli si potesse sostituire. — Vedi IV, 4. P. 2 Giulio Cesare. 0. 3 Conferisci in proposito di Socrate quanto è detto al § 66, VII, e nella nota ivi. P. Digitized by Coogle 196 RICORDI. seppero prevedere ? e di quante non furono schiavi? 4. Credi pure che non cesseranno di fare le' medesime cose quando pure tu avessi a scoppiare predi- cando il contrario. 5. In primo luogo non turbarti ; perchè ogni cosa succede secondo la natura dell' universo : e tra breve tu non ci sarai più in nissun luogo, siccome non ci sono più. nè Adriano nè Augusto. Di poi affisando lo sguar- do nella cosa,* vedi che è: e ram- mentando che ti bisogna essere uomo dabbene e quello che richiede la natura dell’ uomo, fallo senza guardarti indietro, e favella ciò che a te sembra esser giusto, ponendo mente soltanto che questo tu fac- cia e dica sempre con amorevolez- za, con verecondia e senza simula- zione. * Intendi la co»a che ti turba. P. Digitized by Google LIBRO OTTAVO. 197 6. Questa faccenda ha la natura deH’universo : trasportare colà le cose che sono qui, cangiarle, tramutarle da uno in altro luogo. Tutto è mu- tazione ; non però in modo che s’ ab- bia a temere nulla di nuovo.' Tutto è cosa solita, ed anche tutto è di- stribuito egualmente. 7. Ogni natura qualsiasi è con- tenta di sè, quando procede libera nella propria via. E la natura ra- gionevole procede libera nella sua via, quando non- assente ad alcuna rappresentazione- falsa od oscura, quando indirizza i suoi sforzi verso le sole cose che sono utili al co- mune, quando nqn ischifa, nè ap- petisce se non cose che sono in nostro potere, quando si accomoda 1 Secondo una correzione del Gataker, ac- cettata dal Goral, vorrebbesi piuttosto tra- durre: «il tutto non è che un giro; onde che non v' ha nulla di nuovo da temere. t > Vedi la nota nell’ edizione di Torino. i P. Digitized by Coogle 198 RICORDI. di buon grado ad ogni cosa che le venga compartita dalla natura comu- ne. Perchè essa è parte di questa, a (juel modo stesso che la natura della foglia è parte della natura della pianta: se non che la natura della foglia è parte di ima natura senza senso e senza ragione, e che può essere impedita; dove che la natura deir uomo è parte di una natura che non è sottoposta a ricevere impedi- mento ed è intelligente e giusta ; poiché distribuisce egualmente, e secondo i meriti di ciascheduno, i tempi, la sostanza, la causa, razio- ne, gli accidenti. La quale egualità di disti ’buzione potrai osservai'e se tu paragm. r^rai non già separatamen- te r una cosa di questo con l’ una cosa di quello, ma complessivamente tutte le cose di questo con tutte quelle di quell’ altro. 8, 9. Non puoi leggere ; ma repri- mere ì moti insolentì dell’ animo, tu Digitized by Google LIBRO OTTAVO. l99 il puoi: ma non lasciarti signoreg- giare nè dal piacere nè dal dolo- re, tu il puoi: ma essere disprez- zatore della gloriuzza, tu il puoi: ma non adirarti contro gli stolti e gli ingrati, ed anche pigliar cura di loro, questo ancora tu il puoi. •Fa’ che ninno t’ oda più quind’ in- nanzi querelarti della vita in corte nè della tua. 10. Il pentirsi è, come altri direb- be, un rampognare se stesso dello aver trascurato qualche cosa di utile. Ora il bene conviene di necessità che sia qualche cosa di utile, e però l’uomo onesto deve averne gran cura. * Ma r uomo onesto non si pentirà mai dello aver trascurato un piacere. Adunque il piacere non è nè un bene, nè cosa utile. 11. Che è questa cosa considerata t Sottintendi: e questa è la ragione per cui r uomo onesto si pente di aver trascu- rato di far del bene. 0. Digitized by Coogle 200 RICORDI. in se stessa e nell’ essere suo pro- prio? che v’ ha in essa di sostanziale e di materiale? che v’ ha di causale? òhe fa essa nel mondo ? quanto tempo è per durare? 12. Quando peni a riscuoterti dal sonno, sovvengati essere particolar- mente conforme all’ esser tuo e alla natura dell’ uomo il fare opere so- cievoli; dove che il dormire ti è co- mune cogli animali irragionevoli. Ora ciò che è più particolarmente conforme alla nostra natura, è anche più particolarmente accomodato a noi, più facile e ancora più giocon- do a fare. 13. Non ommetter in verun caso «li esaminare, per quanto è pos- sibile, ogni cosa, facendo uso de- gli ammaestramenti della fisica, di ([uelli dell’ etica e di quelli della lo- gica.* * Divisioni principali della filosofia appo gli stoici: ^<tca, etica, logica. Antonino Digitized by Google LIBRO ottavo. 201 14. In chiunque tu ti avvenga, di’ ' tosto a te medesimo : che opinioni ha costui intorno ai beni ed ai mali? Perchè se egli ha intorno al piacere e al dolore e alle cose che sono pro- duttrici deir uno o dell’ altro, e in- torno alla gloria e all’ infamia, alla morte e alla vita, certe cotali opi- nioni, non mi parrà rnaraviglioso nè strano che faccia certe cotali cose : e mi ricorderò sempre lui essere sforzato ad operare in tal guisa. 15. Ricordati che siccome è da vuol dire: esamiua ogni oggetto; rife- rendolo alla natura generale, e vedendo, se- condo i precetti della fisica, elio relazione ha col tutto; 2» riferendolo a te stesso, in quanto sei capace di felicità (la quale per gli stoici non può mai andare disgiunta dalla virtù ed è sostanzialmente identica con essa), e vedendo a che cosa ti giova, secondo i precetti dell' etica ; 3° parago- nando il giudìzio che tu ne fai con altri giudizi anteriori, e vedendo se non ìstà in contraddizione con quelli; esaminando inoltre le conseguenze che si possono dedurre da questo giudizio: tutto ciò secondo i pre- cetti della logica. 0. P. Digitized by Coogle 202 RICORDI. stolto il maravigliarsi che la ficaia produca il fico, così è il maravigliarsi che il mondo produca quelle cose che è destinato a produrre; non al- trimenti che stolti sarebbero quel medico e quel pilota i quali si ma- ravigliassero che altri avesse la feb- bre e che il vento fosse contrario. 16. Non dimenticare essere da uomo libero anche il mutar parere e seguire il consiglio di chi propone un avviso migliore del tuo: perchè - egli è pur sempre tua l’ azione che tu fai coir esercizio della tua volon- tà, della tua facoltà giudicativa, e secondo il tuo intendimento. 17. Se la cosa sta in poter tuo, perchè la fai?' se sta in potere al- trui, di chi ti lagni? degli atomi o degli Dei? e di questi e di quelli il ’ Pare che Antouino voglia dire; Se sta in te il fare o non fare nna cosa, o T im- pedire che si faccia da altri, perchè la fai, 0 lasci che ai faccia per dolertene poi? P. Digilized by Cooglc LIBRO OTTAVO. 203 lagnarsi è pazzia. Non occorre la- gnarsi di nissuno. Perchè se il puoi, hai a correggere 1’ uomo ; se non puoi l’uomo, hai a correggere la cosa; e se anche questa non puoi, il lagnarti a che giova? Non vuoisi far nulla a caso e senza scopo. 18. Fuori del mondo non può ca- dere chi muore. E se riman quivi,* quivi anche e non altrove si trasfor- ma e -si risolve ne’ suoi principi!, che sono gli elementi del mondo e tuoi. E questi ancora si trasmutano d’una in altra forma, e non mormorano. 19. Non è cosa che non sia nata ad un certo fine: il cavallo , la vite ecc. Qual meraviglia? anche il sole dirà: io nacqui ad un certo fine : e similmente gli altri Iddii. E tu a che sei nato? a darti bel tempo? vedi se ciò concorda col concetto che tu fai dell’ uomo (12). 20. N on meno che il cominciare 1 Cioè nel mondo. P. Digitized by Google 204 RICORDI. e crescere delle cose la natura ha in mira il loro decrescere e finire, non altrimenti che il giocatore che gitta la palla.* Ora c^ual bene per questa il salire o il discendere, od anche il cadere a terra? e qual bene per la bolla d’aria il formarsi e qual male il dileguarsi? il medesimo puoi dire della lucerna.^ 21. Arrovescialo codesto corpo* e vedi qual è: e qual diventa invec- chiando, e ammalandosi e depra- vandosi.* Di corta vita sono e il laudante e il laudato, il ricordante e il ricor- dato; ed anche ciò accade in un * Il qual giocatore non lancia la palla perchè abbia solo ad andare in alto, ma an- cora perchè abbia a discendere. P. ^ La quale si accende, arde e si spegne, 0 tutto è naturale egualmente. P. S Àrrove$ ciato codc«lo corpo. Intendi: met- tendo coir immaginazione al di fuori ciò che sta al di dentro. P. * Depravandosi coll’ abuso dei piaceri sen- suali. P. Digitized by Google LIBRO OTTAVO. 205 angolo di questa contrada, nè quivi pure sono tutti d’ accordo, e v’ ha tale che non è neppure d’accordo con sè medesimo: e tutta la terra non è poi altro che un punto. 22. Applicati all’ oggetto, o al domma, o all’ azione, o al signifi- cato.* È tua colpa se questo ti accade : tu vuoi piuttosto diventare domani che essere oggi uomo dabbene. 23. Fo io una cosa? La fo riferen- dola al bene degli uomini. Mi ac- cade una cosa? La ricevo riferen- dola agli Dei e alla fonte di tutte le cose, dalla quale procedono in- ^ Cioè fa' che la tua attenzione sia sem- pre rivolta ad una di queste quattro cose: o all'oggetto su che tu operi, esaminando che è in realtà: o al domma o credenza per virtù della quale tu operi, esaminando se ella è vera; o all’azione tua stessa, esami- nando se tu la fai come vuoi farla; o al significato delle parole, cioè riferendo il particolare al generale, per capire l’essenza della cosa significata. 0. Digitized by Google 206 RICORDI. sieme conserte le une colle altre tutte le. cose che accadono.» _ ' 24. Che ti pare che sia il lavarsi? olio, sudore, sudiciume, acqua fec- ciosa, cose tutte stomachevoli. Tali sono tutte le singole parti della vita, tutti ^li oggetti esteriori.* 25. Lucilla fe il corrotto a Vero, poi altri a Lucilla; Seconda a Mas- simo, poi altri a Seconda; Epitin- cano a Diotiino, poi altri a Epitin- cano; Antonino a Faustina, poi altri ad Antonino; Celere ad Adriano, poi altri a Celere. Sempre e in tutto il medesimo tenore. E quei belli spiriti, quelli antiveditori dell’ avve- nire, quei burbanzosi dove sono egli- no? Come per esempio, fra i belli spiriti, Carace, Demetrio il Platonico, Eudemone e simili? Tutti sono vis- suti un giorno, tutti son morti da lunga pezza; di alcuni non si è fatta * Conferisci il § 2 del lib. XI, e la nota ivi. P. Digilized by Google LIBRO OTTAVO. 207 più menzione nè anche per un poco ; altri sono passati nelle favole, e al- cuni di essi scomparvero già anche dalle favole ! Sovvengati dunque come bisognerà pure che o si dissolva co- desto tuo composto, 0 si spenga co- . desto tuo spirito vitale, o sia tramu- tato altrove e vengagli assegnato un altro posto. 26. È letizia dell’ uomo il fare ciò che è proprio dell’ uomo. E proprio dell’ uomo è il voler bene a’ suoi ' congeneri , disprezzare i moti del senso, distinguere fra le rappresen- tazioni quelle che sono degne di fede, contemplare la natura dell’uni- verso e le cose che conformemente a quella si producono. 27. Tre relazioni : l’ una colla causa circostante; l’altra colla causa divi- na, dalla quale procede tutto che accade ad ognuno ; la terza cogli uomini che vivono con noi. 28. 0 il dolore è un male pel cor- Digitized by Google 208 RICORDI. po : e se questo è, il corpo ce lo dica ; 0 è un male per V anima : ma questa ha in poter suo il conservar sempre la sua calma e serenità, e il non fare concetto del dolore come di un male. Imperocché ogni giudi- zio, ogni volizione, ogni appetizione ' o avversione qualsivoglia è un atto del tuo principio interno, e niun male può salire insino ad esso.' 29. Rimovi da te le false rappre- sentazioni dicendo continuamente a te stesso : ora sta in poter mio il fare che in questa mia anima non sia veruna malizia, veruna concupi- scenza , veruna perturbazione , in somma; e vedendo le cose nel vero esser loro, fare uso di ciascheduna secondo il valore di essa. 30. Nel senato e con chicchessia parla compostamente, fuggendo il ' Conferisci il § 41 di questo libro alla fine. P. Digitized by Coogle LIBRO OTTAVO. 209 soverchio delle parole, e il tuo ra- ’gionare sia senza orpello. .31. Corte di Augusto : moglie, figlia, nipoti, progenitori, sorelle. Agrippa, congiunti, famigliari, amici. Ario, Mecenate, medici, sacrificatori : tutta una corte che è morta. Procedi in- nanzi e considera il venir meno non delle persone ad una ad una, ma, per esempio, della famiglia Pompeia: e quella scritta che si legge sui se- polcri : (cT ultimo della sua schiatta ; w e pensa quanto s’ ebbero a trava- gliare gli antenati di colui perchè non mancasse loro un successore.. Nondimeno è pur forza che qualche- duno sia r ultimo, ed ecco allora la morte di una intera prosapia. 3^2. Colla bontà delle singole azioni vuoisi procacciare di ben comporre la vita (13); e se ciascuna di esse, per quanto è possibile, fa quelli ef- fetti che dee fare, ti basti. Nè ciò può essere impedito mai da chec- Mafco Aurelio. li Digitized by Google RICORDI. 210 chessia. — Sorgerà qualche impedi- mento esteriore. Ninno impedimento che. possa toglierti di operar giusta- mente, temperantemente, razional- mente. — Tale 0 tale altra opera potrà essere impedita. Ma se tu ac- cetti di buon animo quello impedi- mento, e passi alacremente a far buon uso della nuova occasione che ti vien data, ecco posta nella serie degli atti di che si compone la vita, in luogo di quella che ti avevi pro- posta, un’ altra azione la quale non è meno acconcia a quella buona composizione della vita di che si fa- vella.' 33. Ricevi * senza boria, lascia an- dare senza ripugnanza. 34. Vedesti mai una mano tronca. t Conferisci II, 5; VI, 2; Vili, 2. P. * Cioè i beni della fortuna. Gli è come se dicesse: Non tenerti per da più, quando la fortuna ti viene a trovare; non tenerti per da meno, quando ella se ne va. 0. t Digilized by Coog[« LIBRO OTTAVO. 211 o un piede, o una testa giacenti lungi dal corpo onde furono recisi? Cotale si rende, per quanto sta in lui, chi ripugna ad accomodarsi r ciò che accade, e si separa a questo modo dalla società comune, o fa qualche atto contrario al bene di quella. Tu te ne stai là gittate in un canto, fuori dell’ unione naturale degli esseri. Perchè tu eri nato parte di quella, e te ne sei spiccato. Se non che tu puoi sempre rappiccar- viti di nuovo, usando della facoltà a te concessa da Dio, e non concessa a veruna altra parte di checchessia, che spiccata una volta dall’ intero potesse rappiccarvisi.Evedi di quanta eccellenza volle Iddio adornare la costituzione dell'uomo: chè, primie- ramente, egli pose in potestà di lui il non separarsi punto dal tutto ; e poi il rapprendersi e compigliarsi di nuovo con quello, quando se ne fosse spiccato, e riprendere il suo posto Digitized by Google RICORDI. . 212 e le condizioni sue come parte ade- rente qual era da prima. 35. Dalla natura degli intelligenti ha ricevuto ciascuno di noi,’ come tutte le altre facoltà (e sono tante quasi e tali, quante e quali quella medesima ne avea ricevute*), e così anche quest’ una: che a somiglianza di lei, la quale volge e dispone nella serie del fato, facendone cosa sua e quasi parte di sè medesima, tutto che a lei si venga ad attraversare e a resisterle; così può T animai ra- gionevole far cosa sua di ogni im- pedimento, pigliandone materia al suo operare e all’ esercizio della propria virtù ; sia pur qualsivoglia la cosa nella quale venisse impe- dito (14). 36. Non ti turbi il pensiero, quale ^ Intendi : in qnanto siani ragione- voli. 0. - Sottintendi : da chi è maggioro di lei. 0. Vedi la nota al § 76, VII. P. Digitized by Goog[e LIBRO OTTAVO. 213 sia per essere tutta la tua vita, e non darti pena e sconforto coll’an- dare fantafticando quanti e quali travagli avrai forse ancora a soste- nere : ma ad ogni caso presente in- terroga te stesso col dire: che v’ha in ciò d’impossibile a sopportare? Perchè avrai vergogna di rispondere affermando che v’ abbia alcun che di tale. E poi ricorda a te medesi- mo, non essere mai nè il futuro nè il passato quello che ti grava, ma pur sempre solo il presente. E que- sto presente s’ impicciolisce assai quando tu il consideri ne’ suoi pro- pri confini, chiedendo poi alla tua mente, se anche così impicciolito ella non sia buona da sopportarlo. 37. Pantea o Pergamo stansi forse tuttavia seduti presso alla tomba di Vero? o Cauria e Diotiino presso a quella di Adriano? è follia il chie- derlo. Ma quando pure stessero tut- tavia colà seduti, forse che ai loro 214 RICORDI. r signori ne giungerebbe notizia? e quando ciò fosse, forse che ne avreb- bero diletto? e quando ne avessero, sarebbero Pantea e Pergamo e Caii- rio e Diotimo immortali? non era egli destino che anche questi invec- chiassero e poi morissero? e morti che fossero, che rimarrebbe a fare ai loro signori ? fetore è tutto cote- sto, e marciume in un sacco. 38. Se hai la vista acuta, dice egli, ' adoprala, giudicando saviamente del - le cose.* 39. Una virtù che si opponga alla giustizia non veggo nella costituzio- ne deir animai ragionevole ; ma una che si opponga al piacere veggo io bene: la temperanza. 40. Togli via il tuo concetto in- 1 Epitteto. P. 2 Intendi: se hai P ingegno sottile, fa' che la tna condotta il dimostri, cioè non contentarti di dire le belle cose, falle. Dai giudizi dipendono, secondo gli stoici, ne- cessariamente le azioni. 0. I Digitized by Google LIBRO OTTAVO. 215 torno alle cose che sembrano darti noia, e tu ti troverai al sicuro. Ma chi è questo tu a cui favelli? — La ragione. — Ma io non sono ragione. — Sta bene. La ragione non dia dunque noia a se stessa. E se poi v’ ha altro in te che si dolga, faccia egli concetto di quel suo dolore. 41. Un male per la natura anima- le è r impedimento del senso. An- cora un male per lei è ciò che può impedire la soddisfazione dell’appe- tito. Medesimamente v’ hanno im- pedimenti alla natura vegetale, e sono quindi un male per essa. Adun- (jue ciò'che può recare impedimento alla mente è un male per la natura intellettiva. Fa’ l’ applicazione di que- sto ragionamento a te stesso. Il do- lore ti tocca o il piacere? lascia che ci badi il senso. Qualche ostacolo è sorto ad impedire un effetto da te voluto? se tu volesti senza la debita riserva, questo invero fu un male BICORDI. 216 per te, in quanto sei animale ragio- nevole. Ma se fu una appetizione nel significato comune, tu non hai ricevuto nocumento nè impedimento alcuno. Perocché tutto che è pro- prio della mente non può essere impedito che da lei stessa (15); non è dato nè a fuoco, nè a ferro, nè a tiranno, nè a maldicenza il giun- gere insino ad essa: quando si è fatta sferica, permane liscia e ro- tonda.’ 1 Allusione ad alcuni versi (Vedi il § 3, XII) di Empedocle, il quale considerava la sfera come la più perfetta delle figure ; onde che appo Orazio la rotondità potè anche essere immagine a significare T eccellenza morale, Sat. II, 7; «Quisnara igitur liber? Sapiens, sibique imperiosus: Quera neque pauperies, neque mors, neque vincula ter- reni: Responsare cupidinibus, contemnere bonores Fortis, et in seipso totus teres, atque rotundus: etc. » Ai quali versi di Orazio alludeva pur forse Antonino in que- sto luogo. Anche a Dante piacque una figura geometrica come immagine di una virtù morale quando disse: < Ben tetragono ai colpi di ventura. > P. Digiiized by Coogle LIBRO OTTAVO. 217 42. Non debbo, io, che non ho mai voluto contristare altrui, voler con- tristare me stesso. '43. Chi piglia piacere ad una cosa, chi ad un’ altra. A me fa piacere se ho una mente sana, che non abbia avversione a verun uomo, nè a ve- runa delle cose che sogliono acca- dere all’ uomo, ma guardi ed accetti ogni cosa con sereno occhio, facendo uso di ciascheduna secondo il valore di essa. 44. Pigliati questo tempo presente: chi vuol piuttosto darsi pensiero della fama che lascerà dopo sè, non considera che i posteri saranno tali tuttavia quali sono i contemporanei eh’ egli ha in fastidio, e mortali essi pure. A te che rileva al postutto che dalle bocche loro s’ oda echeggiare tale piuttosto o tal altro suono, e che essi abbiano di te tale piuttosto o tale altra opinione? 45. Toglimi di qua e gittami dove Digilized by Google 218 RICORDI. vuoi. Colà ancora* avrò meco il mio genio propizio, vale a dire pago di sè medesimo, quando le disposizioni . sue sieno conformi alla sua propria natura. Ciò * vale il pregio che la mia ani- ma se ne turbi e voglia farsi peg- giore di sè, essere travagliata da desiderii e timori, sconfortata, im- miserita? E qual cosa troverai tu ' che lo valga? 4G. Air uomo non può nulla ac- cadere che non sia un accidente umano, nè al bue che non sia acci- dente’ proprio del bue, nè alla vite che non sia accidente proprio della vite, nè alla pietra che non sia ac- cidente proprio della pietra. Ora se a ciascheduno accade quello che è solito accadergli e gli è connatura- * Intendi: colà ancora dove mi avrai git- tato, e dove-che sia, avrò meco ec. P. * Intendi : ciò che ora mi accade, o chec- ché altro di somigliante. P. Digilized by Google LIBRO OTTAVO. 219 le, a che ti crucceresti? la natura comune non può arrecarti nulla che tu non sia fatto per tollerare. 47. Se ti attristi per alcuna cosa esteriore, non è la cosa esteriore quella che ti turba, ma si il giudizio che tu ne fai. E lo annullare quel giudizio sta in te. Se ti attristi per alcun che del tuo stato interiore, chi ti impedisce che tu non rad- drizzi V opinione onde deriva quel tuo stato? Che se ti attristi perchè non fai tale o tal altra cosa che ti par buona, chè non ti volgi al farla anzi che attristarti? — Ma sorse osta- colo più potente di me. — Non at- tristarti adunque se tua non è la colpa del non fare. — Ma non porta il pre- gio di vivere, se questo non posso fare. — Esci dunque pacatamente di vita (dacché muore anche colui cui vien fatta la cosa che imprende), o con animo benevolo verso chi ti ha contrariato. Dìgitized by Google RICORDI. 220 48. Sovvengati come divenga ines- pugnabile la parte sovrana dell’ uomo quando rinchiusa in sè stessa non abbia altro proponimento'che di non lasciarsi indurre a far cosa che essa non voglia, anche nei òasi in' che quel suo ostinarsi a non volere fosse fuor di ragione. Ora che non sarà quando la sua risoluzione proceda da sano e ben ponderato consiglio? La mente scevra da passioni è dun- que una eccelsa rócca, nè 1’ uomo ha luogo più validamente munito ove raccogliersi per non esser vinto mai. Chi non conosce questo- rifu- gio, è un ignorante ; chi lo conosce e non vi ricovera, è uno sciagurato. 49. Non dire tu a te stesso più che non siati annunciato dalla per- cezione immediata. Ti si annuncia che il tale sparla di te. Questo ti si annuncia ; ma che tu ne riceva no- cumento, non ti è annunciato. Vedo che il figliuolo è ammalato. Questo Digiti by (.ìoojilc LIBRO OTTAVO. 221 veggo io ; ma ch^ egli sia in pericolo non vedo. Fa’ dunque di attenerti sempre a ciò che ti dice la perce- zione immediata, non aggiungendovi nulla del tuo, e così non ti accadrà nulla mai.' Anzi aggiiignivi pur qual- che cosa, e siano le riflessioni di un uomo che conosce le relazioni e le con»lizioni vere di tutte lé cose che accadono nel mondo.* 50. Il cocomero è amaro? non man- giarlo. V’hanno sterpi nella via? fa di non inciamparvi. Tanto ti basti. Non farti a dire: che bisogno ci avea anche di cotali cose nel mondo? perchè ne avresti le beffe dell’ uomo versato nella scienza della natura, come avresti quelle del legnaiuolo 1 Nulla di male, intendi, perchè tutto quello che sarà oggetto immediato della percezione, senza alcuna aggiunta del tuo, non sarà mai gran male. P. 2 Cioè che tutto che accade è nell' ordine della natura, e vuol essere accettato di buon grado. P. \ Digitized by Google 222 RICORDI. e del calzolaio se ti facessi a biasi- marli del trovarsi trucioli e ritagli nelle loro botteghe.' E nondimeno per costoro v’ha luogo ove gittarli fuori delle loro officineT mentre la natura dell’ universo non ha fuori dell’ universo alcun luogo. Ma que- sto è appunto il mirabile dell’ arte di costei, che essendo essa circo- scritta da quei limiti che ella pose a sè stessa, tutto ciò che nella sua officina sembra guasto, vieto, non più utile a nulla, ella riprende in sè stessa e ne fa materia alla pro- duzione di cose nuove. Perchè ella non vuole aver bisogno mai nè di estranea materia, nè di luogo este- riore ove gittare il vietume, e a lei basta il suo proprio luogo, la sua propria materia e l’arte sua pro- pria. 5i. Fa’ di non essere molle o ne- 4 Conferisci VI, 36. P. Digitized by Google LIBRO OTTAVO. 223 gligente nell’ operare, non confuso nel favellare, non vagante qua e là senza scopo nel pensare; fuggi, in quanto si è agli affetti, lo scoramento e la subitanea gioia, e nel tenore della vita lo impigliarti in troppe faccende. — Ammazzano, tagliano a pezzi, fanno imprecazioni. Che vale tutto questo ad impedire che la tua mente non si conservi pura, assen- nata, temperante e giusta? Se alcu- no fattosi vicino ad una fontana lim- pida e dolce si ponesse a maledirla, forse che da quella cesserebbe di scaturire acqua potabile? Vi gittasse ancor dentro fango e sterco, essa lo avrebbe sciolto ed espulso in poco d’ ora, e non ne rimarrebbe conta- minata. Come avrai tu dunque in te una fontana limpida e perenne, e non un pozzo? Col non cessare di rivendicarti in libertà, serbandoti sempre mansueto, schietto e vere- condo. Digitized by Google 224 RICORDI. 52. Chi non sa che cosa è il mondo, non sa dove sia egli stesso. E chi non sa a che il mondo e stato fatto, non sa nò qual sia egli stesso, nè " che cosa sia il mondo.* E chi ignoia r una di queste due cose, non può neppur dire a che fine egli stesso sia nato. Ora che ti pare di colui che ambisce esser lodato da tali che non sanno nè dove essi sono, nè quali essi sono?^ 53. Vuoi tu essere lodato dall’uo- mo che tre volte all’ora maledice se stesso? Vuoi tu piacere all uomo il quale non piace egli stesso a sè medesimo? Piace egli a se medesimo chi si ripente quasi di ogni cosa die va facendo? 54. Oramai non ti basti' più sola- 1 E chi non so o che il mondo ..... nè che cosa sto il mondo. StiU" interpretazione di questo luogo diversamente inteso dagli interpreti, si può vedere la nota nell' edi- zione di Torino. P. * Intendi quali ^ieno le loro condizioni. P. Digitized by Google LIBBO OTTAVO. 225 mente il respirare* con l’aria* che ti circonda, ma fa’ eziandio di pen- sare e di volere con l’ intelligenza universale* che in sè contiene ogni cosa. Perchè la potenza intellettiva si diffonde e penetra per ogni dove, chi voglia attingere da essa, non ' Respirare : intendi vivere la vita sensi- tiva per mezzo della respirazione. Il verbo respirare e il corrispondente nel testo hanno nelle dne lingue rispettive oltre al senso proprio, quello di vivere. P. * Con V aria : intendi coll’ aiuto e coope- razione deir aria, conformemente - alla na- tura di essa aria, e insieme con essa; chè essa pure vive è spira, o respira. La pre- posizione con e la corrispondente in greco esprìmono nelle due lingue rispettive, oltre alla relazione di compagnia, quella ancora di conformità, aiuto o cooperazione', espri- mono ancora il rapporto di causa sia istru- mentale, sia materiale. Tutte queste rela- zioni di compagnia, conformità, aiuto e causa materiale, vogliono intendersi come simul- taneamente espresse, confuse insieme in una idea complessa, nelle dette preposizioni, così in questa come nella frase seguente. P. 3 ColV intelligenza universale : intendi coir aiuto di ossa, conformemente ad essa e insieme con essa. ' P. Uarco Aurelio. 1$ Digitized by Google 226 BICORDI. meno che 1’ aria rispetto a chi la aspira. (16). 55. Il vizio, universalmente, non nuoce al mondo; e singolarmente, non nuoce ad altrui. Nuoce solo a colui al quale è dato di potersene liberare al primo momento che il voglia.' 56. Alla mia volontà la volontà del vicino ò cosa tanto indifferente quanto la anim uccia di lui e il cor- picciuolo di lui. Perchè, sebbene siam nati tutti gli uni per gli altri, la parte sovrana di ciascuno di noi ha nondimeno il suo proprio domi- nio separato; altrimenti la malvagità del vicino potrebbe essere un male per me. Il che non fu voluto da Dio, affinchè non fosse in potestà altrui il far me infelice. .57. Il sole sembra versarsi per ogni dove, e effettivamente si diffonde ' Cioè alPuomo vizioso, che può cessare di esser tale tosto che il voglia. P. Digitized by Google LIBRO OTTAVO. 227 da tutti i lati, ma non però si effon- de.* Quel suo diftbndersi è uno esten- dersi: e però gli splendori di lui si chiamano actines (raggi) da ecteine- sthai (estendersi).* Tu puoi vedere che cosa è un raggio guardando la luce del sole che penetra per un piccol buco in una camera oscura: ella si allunga in diritta linea e va come ad applicarsi sul corpo opaco qual siasi, che le si fa incontro e intercetta 1’ aria al di là.* Quivi si ferma senza sdrucciolare giù nè ca- dere. Cosi dee pure diffondersi la mente, non effondersi, ma esten- dersi ; e quando s’ appresenta un ostacolo, applicarvisi senza violenza nè urto, nè tampoco cader giù, ma 1 Non si versa fuori in modo eh' egli ab- bandoni il luogo onde parte la sua luce. 0. ^ Falsa etimologia, simile a tante altre che puoi incontrare presso' gli antichi. 0. 3 Yale a dire intercetta come corpo opaco il passaggio della luce agli strati d' aria che sono al di là. F. Digilized by Google 228 RICORDI. star ferma e- illuminare 1’ obb ietto che la riceve. Che se questo non vorrà trasmettere la luce,* tal sia di lui se rimarrà privo di essa.* 58. Chi teme la morte, teme o di non dover più aver sentimento, o di dover avere un sentimento diver- so dal presente. Ma se tu non avrai più sentimento, non sentirai verun male; e se tu avrai un sentimento diverso, sarai un animale diverso, e non avrai cessato di vivere. 59. Gli uomini sono nati gli uni per gli altri. Ammaestrali dunque, o sopportali. 60. Altro è il moto della freccia, altro quello della mente. Perchè la mente anche quando procede cauta- mente e s’ aggira* nel deliberare, va 1 Intendi: non vorrà lasciarsi penetrare da essa luce, dandole passaggio nelle parti più interne. P. * Cioè illuminato solo esteriormente, ma al buio nell' interno. Conferisci VI, 50: Vili, 82. 0. Digitized by Google LIBRO OTTAVO. 229 nondimeno per la diritta via verso Io scopo. 61. Entrare nella parte sovrana di ciascheduno, e far sì che ognuno possa penetrare nella parte sovrana di noi medesimi.' 1 LIBRO NONO. 1. Chi fa ingiuria ad altrui, è reo d’ empietà. Perchè la natura univer- sale avendo fatto gli animali ragio- nevoli gli uni per gli altri, affinchè r uno giovi air altro, secondo il me- rito, * e non gli noccia; il trasgre- dire le intenzioni di lei, è manife- stamente un peccare contro la più veneranda fra le Dee. Chi mente, è pur reo di quel medesimo peccato. Perchè la natura universale è natura degli enti, e gli enti hanno relazione di parentela con tutti gli esistenti.* ' Secondo il merito; frase stoica. O. 2 Di tutti gl'interpreti anteriori all* Or- nato il Kmtz è il solo che intendesse bene Digitized by Google LIBRO NONO. 231 Oltre che ella è nomata la verità, ed è la causa prima di tutti i veri: e però chi mente con intenzione, è reo verso di lei, in quanto fa torto ad altrui ingannando; e chi mente senza intenzione,' in quanto che ad ogni modo discorda dalla natura universale, e turba V ordine andan- do a ritroso della natura del mon- do ; * perchè va a ritroso di essa non senza sua colpa anche colui che insciente va a ritroso del ve- ro; sendo che non per altro che per non aver profittato di quelli indirizzi e sussidi di cui gli fu prov- vida la natura, non è egli più in grado di distinguere il vero dal falso. Ancora è reo di empietà chi segue il piacere come un bene e schifa il dolore come un male. Perchè non questo luogo, ancora che un po' troppo pla- tonicamente. Vedi la nota dell' Ornato nel- l'edizione di Torino. P. ' Cioè per ignoranza, o a caso. P. * Che è l'ordine per eccellenza. P. Digitized by Coogle RICORDI. 232 può essere che costui non mormori spesso contro la natura comune,* quasi ’ ella non abbia riguardo al merito nelle dispensazioni che va facendo ai buoni ed ai tristi, veg- gendosi spesso i tristi vivere nei piaceri e nella abbondanza di tutte le cose che li procurano, quando i buoni cadono nel dolore e van sog- getti a tutti gli accidenti che ne sono cagione. Oltre che chi teme il dolore, temerà pure talvolta alcune delle cose che sono per accadere nel mondo: il che è già da per sè cosa empia;* e chi va in cerca del piacere non si asterrà dal far torto agli altri. Del resto, chi viiol seguire la natura, dee consentire colla natura * * Epitteto, Manuale XXXII, 4. « Di modo che ciascuno che procacci di desiderare e fuggire solamente quello che è da essere desiderato e fuggito, procaccia al tempo medesimo di esser pio » (traduz. di G. Leopardi). Conferisci tutto il cap. XXXII del Manuale fino al § 5. P. Dioitized h'-' C;-'“ ' LIBRO NONO. ed essere indifferente rispetto a tutte quelle cose rispetto alle quali ella si dimostra indifferente col far che suc- cedano egualmente nel mondo. K • però chi non fa eguale stima del dolore e del piacere, della morte e della vita, dell’ infamia e della glo- ria, delle quali cose fa uso egual- mente la natura universale, è mani- festamente reo di empietà : dico che la natura ne fa uso egualmente, vo- lendo significare che sono accidenti a cui sono deipari sottoposti secondo la legge di anteriorità e posteriorità,' tutti gli esseri che nascono e si suc- cedono gli uni agli altri per conse- guenza necessaria di .quello impulso primordiale con cui la previdenza concependo in sè certe ragioni del futuro,* e determinando virtù gene- ratrici di esistenze, di cangiamenti 1 Abbiamo seguito l' emenda^siono del Ce- rai. P. 2 Ragioni seminali. 0. Digìtized by Google 234 RICORDI. e di successioni conformi a quelle,' diè principio a questo ordinamento di cose. 2. Certo meglio era per te serbarti puro di menzogna e di ogni sorta di finzione e di boria sino al punto della tua dipartenza dagli nomini. Ora il partire nauseato di queste cose è, dopo quello, il miglior par- tito che ti rimanga. 0 hai tu forse deliberato di marcir sempre nel vizio, e r esperienza stessa non ti persua- de ancora a fuggire dalla peste? Perchè è peste la corruzione della mente ancor più che lo infettarsi c corrompersi di quest’ aria che ne circonda. L’ una è peste degli ani- mali in quanto sono animali ; l’altro è peste degli uomini in quanto sono uomini. 3. Non disprezzare la morte, ma accettala di buon grado, siccome * Conformi a quelle ragioni seminali. P. LIBRO NONO. 235 quella che è una delle cose che la natura vuole. Perchè quale è il giun- gere alla adolescenza, alla vecchiaia, il crescere, il giungere alla virilità, il mettere i denti e la barba, il ge- nerare figliuoli, portarli, partorirli, e tutti gli altri effetti che arrecano le stagioni della vita, tale è ancorji il dissolversi. Appartiensi dunque ad uomo assennato il non procedere alla cieca colla morte, nè all’ avventata nè con superbia, ma aspettarla come uno dei tanti effetti naturali: come aspetti l’ora che dall’utero della mo- glie esca il feto, a quello stesso modo aspetta l' ora in che l’ anima tua uscirà di codesto suo invoglio. Che se ti è bisogno anche di uno em- piastro da idiota il quale s’ applichi al cuore,' ti gioverà il considerare 1 Che se ti è bisogno anche appli- chi al cuore. Le parole del testo, chi ben le intenda, non sono, a parer mìo, senza una certa ironia. Perchè a far riguardare Digitized by Google RIGOBDI. 236 quali sieno le cose onde t’ hai a dipartire, e gli umori degli uomini tra i quali l’ anima tua non sarà più impigliata. Non che tu abbia a re- carteli a noia, chè anzi hai da averne cura e sopportarli con amore ; ma potrai ricordare che non sei per di- partirti da uomini che la pensino come te. Perchè, se ci avesse cosa con indifferenza la morte, la ragione specu- lativa data già innanzi dovrebbe, secondo r autore, bastare al filosofo, al quale non dovrebbero abbisognare argomenti che ai indirizzino alla sensibilità, e che Antonino chiama « empiastri da idiota che s’ appli- cano al cuore. » L’ Ornato avea tradotto questo luogo come segue: « che se vuoi inoltre uno espediente da nomo materiale che ti muova sensibilmente:» notando al margine : c anzi tutto conveniva far capire il senso, e qui era maggior fedeltà il la- sciare la lettera. Il primo mezzo, dice An- tonino, era da filosofo: questo secondo da illetterato: e però quello era speculativo, questo pratico. Ma vedi se puoi dir meglio, chè sono scontento assai. » Per dir meglio io ho stimato che fosse da conservare il linguaggio figurato e l'ironia del testo, non tanto difficile poi a capire anche nella tra- duzione. P. Digiiized by Google LIBRO NONO. 237 che dovesse affezionarci alla vita, questa sarebbe fuor di dubbio; lo averla a passare con chi sente e giudica come noi. 4. Chi pecca, pecca a suo danno : chi commette ingiustizia, fa ingiuria a sè medesimo, facendo sè malva- gio. 5. È ingiusto soventi volte non solo chi fa, ma ancora chi non fa. 6. Se il giudizio che tu fai nel momento presente è vero ; se l’azione che tu fai nel momento presente si riferisce al ben comune ; se la dispo- sizione in che sei nel momento pre- sente è di accettare di buon grado quanto avviene per virtù della causa esteriore ; non ti abbisogna più altro. 7. Togli via le false immagina- zioni ; contieni i moti dell’ animo ; spegni i desiderii troppo accesi ; fa’ che la mente sia padrona di sè. 8. Una è 1’ anima distribuita fra 9 238 RICORDI, tutti gli animali irragionevoli; una la ragione compartita a tutti i ra- gionevoli come una è la terra di tutte le cose terree, una la luce per cui veggiamo, ed una 1 aiia che re- spiriamo tutti quanti abbiamo vista ! e respiro. 9. Tutte le cose che hanno alcun che di comune fra loro, tendono l’ una verso dell’ altra. Il terreo tende verso la terra, V umido s ac- costa all’umido, l’aereo all’aereo. Il fuoco va in su per cagione del fuoco elementare ; e quaggiù è così pronto ad unirsi con altro fuoco, che ogni materia un po’ secca s accende di leggieri per lo esservi mescolata dentro minor quantità di ciò che impedisce l’ unione, h sunilmente ciò che partecipa della natura intel- lettiva tende verso il suo congene- re, e con più forza eziandio : perchè quanto ha più eccellenza delle altre cose, tanto ha maggiore inclinazione n Digilized by Google LIBRO NONO. 239 ad unirsi con chi ha somigliante natum, e a confondersi con esso. E però tu trovi appo gli animali privi di ragione sciami, mandre, ni- diate, e come chi dicesse amori : sono già anime in essi, e la virtù unitiva, più intensa nel più perfet- to, vi si manifesta quale non è an- cora nelle piante, nelle pietre o nei legni. Ed appo i ragionevoli tu vedi città, amicizie, famiglie, radunanze pubbliche ; e anco nelle guerre patti e tregue. E appo gli esseri ancora più eccellenti 1’ unione ha luogo in certo modo anche fra i disgiunti e lontani, come puoi vedere negli astri.' Cosi un più alto grado di eccellenza può generare scambievole corrispon- ' Conferisci VI, 43; XI, 27. Molti degli Dei popolari riferivano gli stoici ai gran corpi celesti, al sole, alla luna, alle stelle. Gli Dei medesimi non sono pure, agli oc- chi degli stoici, ciascnno per sò medesimo; ma tutti sono per tutti, per la loro comu- nità, pel Dio supremo, pel mondo ec. P. Digitized by Google RICORDI. 240 dexiza negli esseri anche a mal grado della distanza che è tra mezzo. Ma vedi ora a che siamo : soli i ragio- nevoli sembrano talora aver posto in oblio la loro qualità che li chiama ad unirsi reciprocamente gli uni cogli altri, e quivi solo pare che non si trovi sempre concorso reciproco. Nondimeno con tutto che essi fug- gano a poter loro, e’ sono da ogni parte arrestati ; chè la natura è. più potente di loro. Tu vedrai manifesto (j nello che io dico, se tu saprai os- servare. Perchè ti verrà più agevol- mente fatto di trovar terra scompa- gnata dalla terra, che non uomo scompagnato dall’ uomo. 10. Porta il suo frutto anche l’ uo- mo, ed anche Dio, ed anche il mon- do: e ogni cosa nella sua stagione porta il suo frutto. Che se l’uso ap- plica questo modo di dire propria- mente alla vite e alle altre cose di simil fatta, non monta nulla. La ra- Digitized by Google LIBRO NONO. 241 gione poi porta un frutto c per gli altri e per sè stessa,* e nascono da lei cose che hanno natura e qualità simili alle sue proprie. 11. Se tu il puoi, fa’ che si ricre- da ; se non puoi, sovvengati che la benignità ti è stata data per questo.* Anche gli Dei sono benigni a questi tali ; e in certe cose eziandio li aiu- tano, come a conservare e ricupe- rare la sanità, ad acquistare fama e ricchezza : cotanto sono essi amore- voli. Il medesimo puoi fare .tu an- cora ; o veramente di’ chi ti impedi- sce che tu noi faccia. 12. Lavora non già come un ta- pino nè come chi voglia farsi com- miscrare o ammirare ; ma intendi a ciò solamente: operare e astenerti® 1 Conferisci XI, 1. 0. 2 Cioè per tollerare amorevolmente an- che chi erra e non vuole o non può ricre- dersi. P. 8 Intendi « agire o non agire, » frase so- lenne appo gli stoici, non traducibile. 0. Marco Aurelio. IG 242 RICORDI. \ secondo che la ragion civile * ri- chiede. 13. Oggi sono uscito d’ ogni mia noia, 0 per dir più vero, ho cacciato fuori ogni mia noia, perchè non era fuori di me, ma dentro, nelle mie opinioni. 14. Sion tutte cose, in quanto al numero delle volte che si sono ripetu- te, consuete ; in quanto alla durata, transitorie ; in quanto alla materia, sordide. Tutte sono ora quali erano al tempo di coloro che abbiam sep- pelliti. 15. Le cose stan fuori dell’ uscio, ^ dapersè, nulla sapendo disè, nè giu- dicando. Chi è dunque che giudica intorno a loro? la parte sovrana.^ * Intendi il bene della società. P. 2 Intendi fuori di noi, e non hanno adito a noi nè potenza di turbarci, se noi non apriamo loro l’uscio, facendo stima di loro disuguale al vero. Ho creduto di dover con- servare l'espressione figurata del testo greco. — Conferisci IV, 3; VII, 16. P. 3 Cioè la ragione. P. Digitizoc l •Gódgle LIBRO NONO. 243 ' 16. Non nella "passione, ma nel- r azione sta il bene e il male del- r animai ragionevole e socievole ; come non istà nella passione ma nell’ azione la virtù di lui e il vizio. 17. Alla pietra scagliata in aria non è punto un male lo andare in giù, nè un bene lo andare in su. 18. Penetra nell’interno delle menti loro, e vedrai che gente è quella di cui tu temi il giudizio, e che sorta di giudici sono anche verso di sè me- desimi.' 19. L’ esistenza delle cose è un passare incessante da una in altra forma. E tu stesso non perduri un istante nel medesimo stato, ma ti vai di continuo alterando e come a dire dissolvendoti (17). ET universo parimente. I Cioè iniqui anche verso sè stessi, non che verso gli altri; dannando essi la lo(o parte sovrana a servire alla inferiore. 0. Digitized by Google RICORDI. 2iì 20. Il fallo altrui coiivien lasciarlo dov’ è.‘ 21. Il finire di una azione, il ces- sare di una volontà o di un pensiero e, per così dire, il morir loro, non è punto un male. Considera ora le diverse età : l’ infanzia, 1’ adolescen- za, la giovinezza, la vecchiaia. Il ces- sare di quella che precede per dar luogo a quella che segue, è ancora,- come a dire, una morte. È egli un male ? Passa a considerare la vita che vivesti sotto 1’ avolo, poi quella sotto la madre, e rammenta ancora molte altre diversità di stati, e mu- tamenti dall’ uno in un altro, e ces- sazioni ; e interroga te stesso ; è egli cotesto un male? Adunque nò anco il cessare e concludersi della vita, / nè il -totale mutamento di essa non è punto un male. 1 Cioè in chi n’è autore, il quale non nuoce che a sè medesimo. — Conferisci il § 4 di questo modosimo libro. P. Digitized by Coogle LIBRO NONO. 245 22. Bada alla tua parte sovrana, a quella dell’ universo, a quella di costui. Alla tua, per ridurla giusta ed imparziale ; a quella dell’ uni- verso, per non dimenticare di che sei parte; a quella di costui, per chiarire s’ egli operò per ignoran- za ovvero con intenzione, e ricor- dati ad un tempo che egli ti è con - giunto. 23. Come tu medesimo sei parte del corpo sociale, così anche cia- scuna delle tue azioni è parte inte- grante della vita di quello. Adunque se una qualsivoglia di esse non ha per iscopo, o immediato o mediato, il bene della società, ella turba la vita comune rompendone l’ unità, ed è sediziosa come è sedizioso chi parteggia in una città e guasta, per quanto è in lui, la comune con- cordia. 24. Sdegni fanciulleschi, bambo- late, animucce che portano cadave- Digitized by Google 246 RICORDI. ri,* cose che rappresentano al vivo ciò che narra Omero delle anime degli spenti.* 25. Considera la qualità della causa, e separando quella dalla materia, fa’ di contemplarla distintamente in sè stessa ; di poi vedi anche e circoscrivi distintamente entro i suoi confini il tempo che, al sommo, possa cotal cosa per la natura sua durare.* 26. Hai sofferto mille travagli per non aver voluto appagarti unicamente del far quello a che sei stato ordi- nato : * ma basti. 27. Quando altri ti lacera o ti odia, o che schiamazzano contro di te, come fanno ora,* pensa alle animucce * Farla di tutte le cose di questo mon- do. 0. 2 Odissea, lib. XI, discesa di Ulisse al- r Inferno. 0. 3 Conferisci X, 9, 86. * Intendi: per non aver riposto unica- mente il tuo bene nel far quello ohe ec. 0. 3 Come schiamazzano ora ; relativo a qualche caso particolare. P. Digitized by Google LIBRO NONO. 247 di questi tali, penetra loro adden- tro e osserva che uomini sono. Ve- drai che non ti conviene il dar;(:i briga perchè essi abbiano di te piut- tosto tale che tale altra opinione. Hai nondimeno a voler loro bene : chè sono per natura amici tuoi. IC anche gli Dei non lasciano di giovar loro in ogni modo, per mezzo di sogni, di oracoli, sebbene in quelle cose soltanto che da costoro si pre- giano. 28. Cotale è il perpetuo giro delle cose mondiali ; all’ insù all’ ingiù, d’ età in età. 0 la mente dell’ uni- verso determina con atti particolari di volontà ciascuna cosa ; e se que- sto è, tu hai da ricevere con amore il voluto da lei : o ella ha voluto e determinato una volta per sempre, o tutto pende e procede da quella de- terminazione ; e allora a che il ri- calcitrare? Egli è, in certo modo, come se non ci avesse altro che Digitized by Google RICORDI. 248 atomi e indivisibili.' Al postutto, o egli v’ ha un Dio intelligente e prov- vido, e tutto sta bene ; o le cose si governano dal caso ; e tu almeno non governare a caso te stesso. Oramai la terra ci ricoprirà tutti quanti sia- mo ; e poi anche la terra si trasfor- merà; e poi si trasformerà quello ancora in che si sarà trasformata la terra ; e quest’ altro ancora di nuovo, air infinito. Davvero chi ripensa a un cotale incalzarsi di mutamenti e di moti e alla rapidità con che si suc- cedono, non può essere che al tutto non disprezzi ogni cosa mortale. 29. La causa universale è un tor- rente che trae seco ogni cosa. E que- sti omicciuoli che al parer loro ma- neggiano secondo filosofia gli affari «li Stato, come son piccioli! Veri bimbi in culla.* 0 uomo, attendi a ‘ Conferisci IV, 3; VII, 75. P. ^ Letteralmento : « pieni ,di moccio, moc- ciosi, » cioè « bimbi col moccio al naso. Digitized by Gixjgii LIBRO NONO. 249 far quello, che che sia, che la na- tura richiede da te nel momento presente, e non andar guardando at- torno se altri il saprà. Non isperare la repubblica di Platone, e sii con- tento ad ogni po’ di progresso che tu vegga ; pensando che anche il ri- durre questo ad- effetto non è pic- cola cosa. Perchè le opinioni degli uomini chi può mutarle? E senza correggere le opinioni, che puoi tu avere se non ischiavi che gemono e s’infingono di obbedire ? Or va’, non istar più ad allegarmi Alessandro, Filippo, Demetrio Falereo. Buon per loro, se conobbero che cosa vuol la natura comune, e seppero raffrenare e governar sè medesimi. Che se ope- rarono solo per parere,' nissuno ha moT'oeuXy direbbero i Francesi. Dal novero di questi bimbi non pare che Antonino in- tendesse escludere sè medesimo. P. t Fare il bene per amor del bene piutto- sto che della lode, voler essere piuttosto che parere ottimo, è il tratto più essenziale Digilized by Google 250 RICORDI. condannato me ad imitarli. Semplice e modesta è l’opera della filosofia. Non indurmi ad ostentazione di gra- vità.* 30. Contempla, come da un’ alta vetta, mandre infinite d’uomini, usi di religione innumerevoli, e un na- vigar da ogni banda, in tempesta, in bonaccia, e diversità di nascenti, di conviventi, di morenti ; pensa an- cora alla vita che si vivea per lo addietro, e a quella che si vivrà dopo te, e a quella che tra le nazioni barbare si vive ora, e quanti v’ ha che di te ignorano anche il nome, dì un gran carattere morale, dipinto da Eschilo con tre versi sublimi nei Sette a Tebe parlando di Amfiarao, in parte fran- tesi dal Belletti; e la cui traduzione let- terale, per quanto è possibile, sarebbe : « non sembrare, ma essere ottimo ei vuole, fa- cendo fruttificare il fertile terreno della sua mente, ove germinano gli assennati pen- sieri. » P. * Bellissimo e nobilissimo paragrafo ! quanti insegnamenti, e per quanti, si com- pendiano in esso! P. Digitized by Googl LIBRO NONO. 251 e quanti che sono per dimenticarlo in breve, e quanti che ti lodano forse ora, e ti biasimeranno tantosto: e come non è da fare stima nè della ricordanza, nè della gloria, nè di ve- runa cosa quaggiù. 31. Imperturbabilità rispetto alle cose che procedono dalle cause este- riori; rettitudine nelle cose di che tu stesso sei causa : vale a dire, de- terminazioni ed azioni non aventi altro fine che sè medesime, cioè d’o- perare socievolmente, siccome cosa che è secondo la tua natura. 32. Fra le cose che ti molestano, molte le quali hanno sede nella tua opinione, tu puoi sgombrare da te, o darai cosi campo ed agio a te stesso. Fa’ di abbracciar colla mente l’uni- verso mondo, e concepir nel pensie- ro r eternità dei secoli, e considera la rapida trasformazione di ciascuna cosa particolare, e quanto è breve l’intervallo dalla nascita alla dissolu- Digitiz0d by Coogle 252 RICOllDI. zione, e infinito il tempo che precedet- te la nascita, e infinito del pari quello che terrà dietro alla dissoluzione. 33. Tutte le cose che tu vedi si tlissolverannò tra breve, e coloro che le vedranno dissolversi, si dissolve- ranno tra breve anch’essi. E chi morrà d'estrema vecchiezza, si tro- verà ad un medesimo ragguaglio con chi mori anzi tempo. 34. Che menti son quelle di co- storo ! e per che motivi amano e onorano altrui! abbi in uso diveder nude le loro animucce. Quando si credono nuocere biasimando, o gio-- vare lodando, che vanità! ' 35. Una perdita di che che sia non è altro che una trasformazione : e di ' questo si compiace la natura del- r universo, conforme alla quale tutto I Intendi: « qual vanissimo errore! » Per- chè la lode e il biasimo di chi che sia noii aggiunge e non toglie nulla al valor vero degli uomini o dello cose. Conf. IV, 20. P. Digitized by Google 253 LIBRO NONO. si fa bene. Per secoli innumerevoli le cose si sono fatte a questo modo, e continueranno a farsi' a questo modo per altri secoli innumerevoli. Che dirai dunque? Che sempre sensi fatte male, e che continueranno a farsi male per l’avvenire? Or nis- suno dunque s’ è mai trovato fra co- tanti Iddìi, il quale avesse potestà <li correggere tutto questo? E il mon- do è egli condannato a mali che non avranno mai fine ? ' 36. Vedi il marcio della materia che sottosta alle cose: acqua, pol- vere, ossicini, sudiciume (18) : il marmo, callosità della terra; l’oro e r argento, capomorto di quella ; la veste, peli ; la porpora, sangue : cosi di tutto il rimanente. E la ma- teria organica vivente, altrettale : di * La conclusione è che le perdite, i mu- tamenti, e tante coso allo quali il^ volgo dà il nome di mali, non sono mali veri. Con- ferisci il § 75 del lib. VII, o la nota ivi. P. RICORDI. 254 quei medesimi ingredienti si com- pone, e in quelli si risolve. 37. Abbastanza hai tapinato, abba- stanza hai mormorato, abbastanza hai fatto la scimmia. Che ti turba? Che t’interviene di nuovo? Che è ciò che ti trae dal senno? La causa? vedila. La materia? vedi la materia. Da queste cose in fuori non v’ ha nulla. Ma anche fa’ di essere più pio verso gli Dei e più semplice. Lo stare a veder queste cose tre o cento anni è tutt’uno. 38. Se egli ha peccato, in lui sta il male. Ma forse non ha peccato.' 39. 0 da una sola fonte intelligen- te, come in corpo organato proce- dono tutte le cose ; e se ciò è, non appartiensi alla parte il querelarsi di ciò che fassi ad utilità comune del tutto ; o sono gli atomi ; * e tutto * Conferisci VII, 67 e la nota ivi. P. s Conferisci IV, 3, e la nota ivi. P. Digilized by Googl LIBRO NONO. 255 che esiste, accozzamento del caso, vien dissipato dal caso. A che dun- que ti turbi? Di’ alla parte sovrana : sei tu mor- ta ? sei tu fradicia ? sei tu altra cosa che te? sei tu imbestiata? sei tu giumento ? sei tu pecora ? ‘ 40. 0 gli Dei non possono far nul- la, o possono. Se non possono ; a che li preghi? Ma se possono, che non li preghi piuttosto perchè ti concedano di non temere nè deside- rare alcuna di queste cose, nè di rattristarti per esse, anzi che pre- garli che tu possa ottenerle o evi- tarle? perchè ad ogni modo, se e’ pos- sono aiutare gli uomini, debbono poterli aiutare anche in questo. Di- rai forse : cotesto gli Dei hanno posto in mia facoltà. 0, non è dunque meglio valerti con altezza d’ animo indipendente di ciò che sta in poter tuo, anzi c he affannarti abbietta- 1 Conferisci V, 11; IX, 39. P. Digitized by Google 266 RICORDI. mente e servilmente per ciò che non dipende da te? E poi chi ti ha detto che gli Dei non ci aiutino anche nelle cose che stanno in poter no- stro? provati di pregarli, e vedrai. Altri prega : fa’ che io possa giacere con colei. E tu prega: fa’ che io non desideri di giacere con colei. Altri : fa’ che io mi possa liberare dal tale. E tu : fa’ che io. .non abbia bisogno «li liberarmi dal tale. Altri ancora : fa’ che io non perda il figliuolo. E tu: fa’ che io non tema di perderlo. In somma raddrizza cosi le tue pre- ghiere, e sta’ a vedere che ne segue. 4L Dice Epicuro : « Ammalato, io non facea mai parola delle affezioni del mio corpicciuolo nè d’altre co- tali cose, quali sogliono essere quelle di che amano gli infermi inti’atte- nersi con coloro che li vengono a visitare. Ma attendeva tuttavia a ra- gionare intorno ai punti principali della filosofia naturale, soprasUmdo Digitized by CoogI( LIBRO NONO. 257 * ad investigare e dimostrare ciò ap- punto : come possa V anima, ancora che partecipe dei moti del corpo, serbarsi nondimeno imperturbata, e conservare in sè quel bene che è proprio di lei: nè dava, aggiunge egli, materia ai medici d’insupei- bire, come se facessero gran che : chè la mia vita, anche in quello stato, non era senza calma e giocon- dità. » Ora fa’ tu altrettanto, sia, ponghiamo caso, che tu ammali, o t’ intervenga qualsivoglia altra mo- lestia: perchè"' il dover serbar fede alla filosofia in ogni congiuntura qualsiasi, e non delirare con lo stolto e con l’ignaro, è precetto comune a tutte le sètte. Bada unicamente a ciò che tu fai nel momento presente, e all’ istro- rnento con che il fai.* 42. Quando ti senti offeso dalla 1 Conferisci II, 5; IV, 26; VI, 2; Vili, 32. P. Marco Aurelio. Ì7 Digitized by Google 258 RICORDI. impudenza di alcuno, interroga tosto te n'iedesimo : ò egli possibile che non ci abbia impudenti nel mondo? Non è. Non voler dunque l’impos- sibile : questo è uno di quelli impu- denti che di necessità hanno ad es- sorci. Lo stesso hai da dirti e del furbo e del disleale, e di qualunque altro vizioso che pecchi in qualsi- voglia modo. Perchè ricordandoti essere impossibile che tal sorta di gente non sia, tu ti farai più mite verso ciascuno. Giova ancora il pen- sare subito : * qual virtù ha dato al- Tuomo la natura contro questo pec- cato'?* Ha dato, per modo di eseni- 1 Intendi: tosto che ci sentiamo offesi por tale 0 tal altro fatto biasimevole di chic- chessia. P. 2 Intendi : contro al sentirsi offeso da questo peccato del vicino. Perchè colle stesse parole in altro luogo potrebbesi anche si- gnificare: qual virtù diede all'uomo la na- tura .per combattere in sè medesimo questo peccato e serbarne puro sè stesso. Confe- risci IV, 2, e la nota ivi. P. Digitized by Google MRRO NONO. •259 pio, contro all’ ingrato la mansuotu- dino, 0 contro a ciascuno altro vizio, altre virtù. Ad ogni modo tu puoi far prova di ravviare quel traviato; perchè chi fallisce, fallisce Io scopo a cui mirava, ed è quindi traviato.' E ancora tu hai a pensare qual danno te ne viene : eli è troverai nissuno di costoro, contro ai quali ti adiri, aver fatto cosa per cui la mente tua sia. per divenir peggiore. Ed ogni tuo male, ogni tuo danno, ben sai, non poter essere altrove che in quella. E poi che male ci ha, o che v’ ha egli di strano se l’indotto fa cose da indotto?- Vedi piuttosto che tu non abbia a rampognar te medesi- mo, il quale non hai aspettato da colui tal sorta di fallo. Perchè a te la ragione porgeva argomenti a pre- vedere che costui fallirebbe proba- 1 Conferisci VII, 62, 63, o la nota ivi; XI, 18. P. 2 Conferisci V, 17; Vili, 14, .15. P. Digìtized by Google 260 RICORDI. bilmente in quella guisa; ’ e tu non badasti, ed ora ti vai maravigliando eh’ egli abbia fallito. Massimamente (juando parratti aver rimproveri a fare a un disleale, a un ingrato, fa’ che tu rivolga contro te medesimo r accusa : sendo manifestamente tuo r errore se hai creduto che un uomo in cotale disposizione d’animo fosse ' per mantenere la fede; o,se facendo tu del bene ad altrui, non l’hai fatto senza un rispetto al mondo ad altra cosa che al bene che volevi fare, nè con r intento di avere a raccogliere immediatamente e unicamente dal fatto stesso dello aver compiuta una buona azione, tutto ed intero il frutto di essa.^ Nel vero quando tu hai beneficato un uomo, che vuoi tu an- cora di più?^ Non ti basta aver fatto 1 Conferisci IV, 6; Vili, 14, 15. P. 2 Conferisci V, 6. P. 3 II saggio, diceano gli stoici, avrà ami- ci, ma li amerà per utile loro, e non di sè stesso. P. Digilized by Googl LIBRO NONO. 261 un’azione che è conforme alla tua natura, e vuoi inoltre ima mercede, come se gli occhi avessero ad esser pagati perchè vedono, e i piedi per- chè camminano? Perchè siccome queste membra furono così confor- mate affinchè avessero a fare cotali uffici, e quando hanno fatto i ser- vigi a che furono ordinate, hanno ricevuto tutto ciò che è dovuto loro; cosi l’uomo, per 'natura benefico, quando ha operato alcun che di bene, o semplicemente aiutato altrui nelle cose medie, ^ ha fatto quello a che è stato ordinato ed ha ricevuto tutto quello che gli è dovuto. * Vedi III, 11. P. Dìgitized by Google LIBRO DECIMO. I. E quando mai, o anima, sarai tu buona, o schietta, ed una, e ignu- • da, e più appariscente ' del corpo che ti (àrconda? Quando gusterai tu di quello stato che è tutto dilezione ed amore? Quando sarai tu fornita di tutto punto, non mancante di nulla, non agognando nè desiderando nissuna cosa, sia animata o sia ina- nimata, per pigliarne diletto ? nè tempo perchè il diletto più duri? nè ' luogo od opportunità di paese o di clima, nè conformità d’uomini che ti vadano a genio? ma sarai paga 1 Intendi visibile, chè questo senso ha pure il vocabolo appariscente. Vedi XI, 27. P. Digilized by Google LIBRO DECIMO. 263 del tuo stato presente, facendo piacer tuo di tutte le cose presenti, e per- suadendo a te stessa che tu hai tutto e che tutto va bene, e che tutto li viene dagli Dei e tutto andrà bene, checché piaccia ad essi d’ inviarti per la salute di quello animale per- fetto e buono e giusto e bello, il quale genera tutte le cose, e tutte le contiene ed abbraccia e riceve al- lorché si dissolvono per la riprodu- zione di altre simiglianti? Quando mai sarai tale che, vivendo in una società con gli' Dei e con gli uomi- ni, non ti accada mai né di dolerti di loro, né di essere condannato da loro? 2. Vedi quello che richiede la tua natura in quanto sei governato dalla sola natura,’ e fàllo o accettalo ogni volta che non sia per patirne danno la tua natura d’animale; Di poi os- * Cioè a dire in quanto soi organismo vi- venti'. P. - ’ Digitized by Google 264 RICORDI. serva quel che richiede la tua na- tura d’ animale , e questo ancora ri- duci ad atto ogni volta che non sia per patirne danno la tua natura ra- zionale.* Ma il razionale importa, qual conseguenza immediata, il so- cievole. Metti in pratica queste re- gole, e non darti pensiero più d’altro. 3. Checché ti accada, è o non è comportabile alla tua natura. Se è, non hai motivo di crucciartene, ma * Adunque Antonino, come già gli stoici antichi, come i fllosofl moderni (vedi parti- colarmente Burdach, Antropologia), tre di- verse nature, o per dire più propriamente, tre diversi gradi simultanei di vita distin- gueva nell' uomo : la vita plastica o vegeta- tiva, la vita animale, e la vita razionale. Quanto al principio unico, o moltiplico di queste tre vite, le idee degli stoici erano confuse. E Antonino errava lungi dal vero quando diceva, parlando della vita plastica o vegetativa, questa essere « governata dalla sola natura, » se con ciò intendea che a produrne, o a spiegarne tutti i fenomeni bastassero quelle leg^ che i moderni chia- mano « leggi generali della natura. * (Vedi nell* Appendice ai Ricordi nell'edizione di Torino la Dissertazione del Burdach). P. Digilized by Google LIBRO DECIMO. 265 attendi a portartelo in pace, essendo tu nato a ciò. Se non è, ancora non crucciartene ; perchè verrà meno come prima ti avrà consunto. Ma sovvengati che sei tale per natura da poter tollerare tutto ciò che sta in potere della tua mente di rendere tollerabile col persuaderti che ti giovi 0 sia dover tuo il tollerarlo. 4. Se falla, correggilo amorevol- mente, e mostragli in che ha falla- to. Se noi puoi, incolpane te stesso, o veramente nè anche te stesso. 5. Qualunque accidente ti occor- ra, egli ti era da secoli innumere- voli predestinato, e la serie fatale delle cause * avea connesso insieme quello accidente colla tua esistenza. 6. Atomi, o nature, quale che fosse dei due (19), io pongo per fermo in primo luogo che io sono parte di ^ Concatenazione delle cause, o serie delle cause è appo gli stoici la definizione stessa del fato. 0. Digiiized by Google 266 RICORDI. un tutto governato da una natura; e- in secondo luogo che io ho rela- zione di affinità con tutte le parti a ine congeneri. Avendo ferme nel- r animo queste due cose, in quanto io sono parte, non avrò a grave nulla di ciò che mi viene compartito dal tutto, non essendo nocevole alla parte quello che al tutto è giovevo- le ; nè potendo il tutto aver nulla in sè che non conferisca al bene di lui ; primieramente perchè questa è proprietà generale di tutte le na- ture, e poi perchè la natura del- r universo ha questo ancora di più, che non è càusa alcuna esteriore da cui possa essere necessitata a pro- durre mai cosa la quale sia per nuo- cerle. Ricordandomi adunque che io sono parte di un tutto cotale, avrò caro ogni cosa che avvenga. E in quanto ho relazione di affinità colle parti a me congeneri, attenderò a non far nulla mai che non si riferi- Digilized by Google LIBRO DKCIMO. 267 sca a quelle ; ma anzi mirando sem- pre a» miei simili, rivolgerò tutte le mie forze a procacciare il ben co- mune, e mi asterrò da tutto che possa ridondare in altrui danno. E così governandomi' non può essere che la vita non abbia un corso fe- lice ; come felice stimeresti il corso della vita del cittadino il quale pro- cedesse d’ una in altra opera giove- vole ai suoi compagni di patria, e avesse caro tutto quello che fosse voluto dal comune. 7. Alle parti del tutto, quante per natura contengonsi nell’ universo, è necessità il corrompersi: questo sia •detto per significare lo alterarsi di esse. Il quale alterarsi se fosse per natura un male, come è una neces- sità, poco felici sarebbero le condi- zioni del tutto, le parti di lui es- sendo, come a dire, avute in odio da chi governa, e da lui fatte tali da doversi chi in uno, chi in altro Digitized by Google 268 RICORDI. modo corrompere. Dove converrebbe dire o che la natura avesse' voluto nuocere ella stessa alle proprie sue parti (20), sottoponendole al male, e facendole tali che dovessero neces- sariamente incappare ' nel male, o che ciò sia avvenuto senza che sia stato voluto nè avvertito da lei. Delle quali cose nè V una nè 1’ altra ò da credere. Che se taluno, messa da canto la natura, presumesse espli- care il nodo affermando le cose essere nate a ciò, non sarà punto meno strano il dire essere le parti del tutto nate ai mutamenti, e ad un tempo il maravigliarsi e dolersi quan- do questi mutamenti si compiono: massimamente quando noi veggiamo che esse risolvonsi sempre in quei medesimi elementi di che è compo- sta ciascuna. Avvegnaché la corru- zione o dissoluzione delle cose altro non possa essere e non sia in ef- fetto che una disgregazione e disper- Digitized by Googl LIBRO DECIMO. 269 sione di quegli elementi, del cui ag- gregato esse si compongono, o vo- gliam dire un ritorno al terreo di I ciò che v’ ha in esse di solido, e al- r aereo di ciò che v’ha in esse di vitale,' di modo che la ragione se- minale dell’universo riprenda di nuo- vo in sè questi elementi, perchè al- r ultimo sieho consunti dal fuoco, se r universo è sottoposto a conflagra- zioni periodiche,^ o servano con per- petua vicenda al continuo rinnovel- lamento di lui, se egli dura eterno ed incorrotto.* E questo solido e que- sto vitale non darti già a credere I che sia quello che tu avesti dalla madre nascendo : perchè ieri, e ier r altro è venuto ad aggregarsi in te 1 Ricorda siccome appo gli stoici la vita consiste nella respirazione, e quindi T es- senza di quella è 1' aria. 0. 2 Opinione degli stoici più antichi: Ze- none, Cleante, Crisippo. 0. 3 Opinione di molti stoici posteriori: Ze- none da Tarso, Boeto, Posidouiu, Panezio. 0. RICORDI. 270 e tiai cibi, e (-laU’aria die hai respi- rata. Questo adunque che ti si è assrefiato ora si trasforma, e non oo o più. quello che partoriva la madre. Fa’ che tu vi sottoponga col pensiero quel che ti lega sì strettamente a ([ueste tali e tali altre cose, le quali sono un nulla, cred’ io, jrispetto a quello di che io ragiono (21). 8. Avendo tu imposto a te mede- simo questi nomi di buono, di mc- ciosto, di veritiero, di assennato, di, consenziente, di magnanimo, fa’ che non abbiansi a mutare nei loro con- trari ; e ove mai ti accadesse di per- dere quelli, fa’ che tu non tardi a ri- cuperarli. E ricordati che con la pa- rola assennata, tu volevi significare r attenzione discernitiva a ciascuna cosa presente, e il non pensare ad altro in quel mentre ; con la parola consenziente, V accettazione volon- taria di quanto ti viene compartito dalla natura comune; e con la pa- Digitized by Coogle LIBRO DP:CIM(). 271 rola ma( filammo, la elevazione dello spirito al di sopra di ogni moto soave o insoave della carne, e al di sopra I della gloriuzza, della morte c di si- mili cose. Se adunque tu ti assicu- rerai il possesso di quei nomi senza bramare che ti vengano dati da al- trui, sarai un alti ò uomo ed entrerai in ima vita nuova. Percìiè il conti- nuare ad essere per lo innanzi quale sei stato infino ad ora, e il conti- nuare a voltolarti fra le brutture e I Je angosce di una vita cotale, troppo è da uomo stupido e codardo, simile a quei bestiari ' mezzo rosi dalle fiere, i quali pieni di ferite e con- taminati di sangue e di loto, pre- gano pure di essere conservati infine al domani, ancora che .consapevoli di dover essere di nuovo esposti, conci in quel modo, alle medesi- 1 Cosi chiamavano i Romani quelli ac- coltollatori che negli spettacoli combatte- vano contro le fiere. 1^, 272 RicoRm. me unghie e ai medesimi denti. Gittati adunque con animo delibe- rato in su quei pochi nomi, e se puoi tenertivi saldo ed eretto, tien- tivi, non altrimenti che se tu fossi venuto ad abitare in qualche isola fortunata ; se ti accorgi che tu vi tentenni, e non possa vincere la prova, vattene animoso in qualche cantuccio ove tu sia certo di vincer- la ; od anche esci al tutto di vita, senza adirarti, ma semplicemente, liberamente, modestamente contento di aver fatto pure una cosa nella vita: Tesserne uscito in cotal modo.* E al farti ricordare di quei nomi gio- verà non poco il ricordarti degli Dei, i quali non vogliono essere adulati ; * ma bensì che tutti gli esseri ragio- nevoli facciano di assomigliarsi a 1 Vedi III, 1. p. 2 Epitteto, Manuale XXXII, 1: « La pietà verso gli Dei consiste massimanientG in avere sane e rette opinioni intorno a quelli » (traduz. del Leopardi). P. Digitized by Google LIBRO DECIMO. 273 loro, e che il fico faccia le cose che s’appartengono al fico, il cane quelle che si appartengono al cane, e Tuomo quelle che s’appartengono all’ uomo. 9. Il teatro, la guerra, lo sbigot- timento, la torpidezza, la servilità andranno in te cancellando di giorno in giorno quelle sante massime, le quali tu apprendi bensì colla imma- ginativa e confidi alla memoria, ma senza dar loro fondamento nè fer- marle colla considerazione del tut- to 022) . Egli ti bisogna vedere le cose e fare in modo che e il particolare che è intorno a te, sia bene osser- vato, e la relazione di quello al tutto sia contemplata, e quella compia- cenza di sè medesimo che nasce dalla scienza di ciascuna cosa si con- servi nell’ interno tuo, segreta, ma non celata. Altrimenti quando godrai i frutti della semplicità? quando quelli della gravità e sodezza ? quan- do quelli della conoscenza di cia- Uatco Aurelio. IR Digitized by Googlf I 274 RICORDI. scuna cosa, quale ella è per essen- za, che posto occupa nel mondo, quanto tempo è per sussistere, di che è composta, in quali obbietti si può trovare, e chi sono coloro che possono darla o toglierla (23). 10. Il ragno superbisce se ha preso una mosca ; altri, se un lepratto ; altri, se un’ acciuga; altri, se un cinghiale o un orso; altri, se fece prigioni alcuni Sarmati. Non sono dunque assassini costoro se tu con- sideri i principii che li movono ? 11. Fa’ che tu impari il modo ac- concio di contemplare come tutte le cose si mutano le ime nelle altre, e attendi senza ristare a questa parte della filosofìa, e vienti esercitando in essa. Perchè nuli’ altro è che tanto innalzi 1’ animo. Chi è assiduo in questa contemplazione si spoglia, sto quasi per dire, del corpo, e con- siderando siccome in poco d’ ora gli converrà lasciare tutte le cose di Digitized by Google LIBRO DECIMO. 275 qua e partirsi dagli uomini, non at- tende più ad altro che a conformarsi alla. giustizia e alla natura dell’ uni- verso in tutto che egli fa o patisce. Che dirà un tale, che opinione avrà di lui 0 che farà contro di lui uìi tal altro, egli non se ne dà un pen- siero al mondo, pago e contento di queste sole due cose ; se egli fa con giustizia ciò che egli fa nel mo- mento presente, e s’ egli ha caro qualsiasi cosa presentemente gli ac- cada. Tutte le altre cure e negozi lascia andare, e d’ altro non gli calo che di camminare perla diritUivia, tenendo dietro a chi sempre cam- mina per la diritta via, a Dio. 12. A che il sospetto quando tu puoi ricercare che cosa è da fare nella congiuntura presente? Che se tu il vedi, mettiti a ciò, e va’ in- nanzi alacremente per quella via, senza guardarti dietro ; se noi vedi, sospendi il giud^io, e aiutati del Digitized by Google 276 RICORDI. consiglio degli ottimi. Se insorgono ostacoli al compiere quello che hai deliberato, governati razionalmente secondo la nuova occasione che si presenta,* attenendoti sempre a quel- lo che ti par giusto. Perchè questa è r ottima cosa da conseguire, sendo che lo scostarsi dalla giustizia è un decadere dalla natura umana. Egli è un certo che di lento e posato e insieme di mobile ed alacre, di ilare e sereno e insieme di serio e grave, colui che segue la ragione in ogni cosa. 13. ' Appena riscosso dal sonno chiedi a te medesimo se ti impor- terà che da altri anzi che da te si faccia quello che sta bene ed è giusto. Non te ne importerà : o avre- sti tu dimenticato quali sono costoro che superbiscono nel farsi dispensa- M t Cioè volgi l'ostacolo a profitto, ser- vendoti di Ini come di nuova materia ad azione. Conferisci Vili, 32. P, Digilized by Google LIBRO DECIMO. 277 tori della lode e del biasimo, quali nel letto, quali a mensa; e quali cose facciano e quali fuggano, a quali intendano, e quali rubino e quali rapiscano ' non colle mani o coi pie- di: ma colla parte più nobile di loro, la quale può diventare, solo ch’ella il voglia, fede, verecondia, verità, legge, buon genio.* 14. Alla natura che dà e ritoglie tutte le cose, 1’ uomo bene instituito e modesto dice : « Da’ quello che vuoi, togli quello che vuoi, o natura.* » E questo dice non già con baldanza orgogliosa, ma con intimo senso di alfettuosa obbedienza verso di lei. < Vedi § 15, III. 0. * Appo gli stoici imà virtù è la parte so- vrana deir anima talmente modificata. 0. Conferisci VII, 17 ; X, 24. P. ^ Natura per gli stoici è lo stesso che Dio: vedi il § 7 di questo libro colla no- ta (20). Queste parole di Marcaurelio corri- spondono perfettamente a quelle di Giobbe: Dominui dedita Dominus abstulit, osserva qui bouissimo il Pierron. P Digitized by Google RICORDI. 278 15, Poco^ è questo che ti rimane a vivere. Vivi dunque come in sulla montagna. Perchè a qui, o colà, nulla monta, se, dove che tu sii, tu vivi sempre nel mondo come in una città. E veggano e conoscano pure* gli uomini un uomo davvero, il quale vive secondo natura. Se noi possono tollerare, uccidanlo. Meglio questo che vivere com’ essi fanno.* 1(». Non è più tempo di far parola intorno a ciò che deve essere Tiiomo dabbene, ma di incominciare ad es- serlo. 17. Il pensiero del tempo universo e della materia universa ti sia del continuo presente, e che tutte le cose particolari sono, rispetto a que- sta, un granello di miglio, e rispetto a quello, un batter d’ occhiò.* 18. Considerando ciascuno degli obbietti che offronsi alla tua osser- ^ ConfoTisci il § 8 di questo libro. P. “ Letteralmente: un volger di trapano. P. Digilìzed by Googl LIBRO DECIMO. 279 vazione, fa’ di rappresentartelo come già in atto di dissolversi e trasfor- marsi; d’ infradiciare, per esempio, o dileguarsi in fumo, o altro, secondo il genere di morte a cui nacque. 19. Vedili quando mangiano, quan- do dormono, quando usano con fem- mina, quando sono al cesso, o fanno altre cose tali. Vedili poi (piando stanno in sussiego o fan cipiglio, quando van tronfi e pettoruti, o s'adi- rano, rabbuffano altrui con alterigia. E poco innanzi servivano pure come schiavi a tante cose, e per quali motivi ! E poco dopo ritorneranno a quelle medesime cose. 20. Giova a ciascuno ciò che ar- reca a ciascuno la natura comune. Ed allora giova, quando essa lo ar- reca. 21. (( La terra ama la pioggia; e r ama ancora 1’ etere venerando. » E il mondo ama far quello che è per accadere. Dico adunque al mon- Digitized by Google w 280 RICOBDI. do: Io amo con te. E non dicesi egli parimenti che una tal cosa ama ac- cadere ? (24) 22. 0 tu vivi qua, e ci sei già av- vezzo ; 0 vai fuori, e questo tu desi- deravi ; 0 muori, ed hai finito il tuo compito. Fuori di questi tre casi non v’ ha altro. Adunque stattene di buona voglia. 23. Abbiti sempre per certo che quel tuo vivere in villa * non è punto diverso da questo, e che tutte son qui le cose come in sulla cima del monte, o sulla spiaggia del mare, o dove che tu voglia. Perchè ti si pa- rerà davanti a bella prima il detto di Platone : « Egli sta nella reggia come in una capanna sul monte, mugnendo l’armento (25).» 24. Che è in questo istante la mia parte sovrana ? e quale la fo io ? A che Tadop ro io? Non è ella per av- 8Ìde«nd^‘°R sognando o de- Digitized by Google LIBRO DECIMO. 281 ventura vuota di ragione? Non è ella separata, divelta dalla comunità? Non è ella cosi congiunta, conglu- tinata col corpo, da doverne seguire tutti i moti?* 25. Chi fugge dal suo signore, è servo fuggitivo. Ma la legge * è si- gnora: chi trasgredisce la legge, è dunque un servo fuggitivo. E simil- mente chi s’ attrista, o teme, o non vorrebbe che fosse accaduta o acca- desse 0 fosse per accadere alcuna qualsivoglia di quelle cose che ha ordinato il reggitore di ogni cosa, cioè la legge distributrice di quello che tocca a ciascheduno. Adunque t Conferisci V, 26; VII, 14, 16, 33; XII, 19. Bene rammenta qnì ìi Gataker ciò che Platone avea già .detto nel Fedone: «Cia- scun piacere e ciascun dolore, non altri- menti che un chiodo confìgge l'anima al corpo e con esso la unifica per modo che ella, accetta per vero tutto che è affermato dal corpo. » P. ^ La legge di cui qui parla Antonino è la legge universale, quella della natura, di Dio. P. Digilized by Google 282 RICORDI. chi teme, o s’ attrista, o s’ adira, è nn servo fuggitivo. 2(ì. Chi introdusse il seme nella matrice, se ne va ; un’ altra causa sottentra immantinente, e lavora e conduce a termine il feto. Qual cosa e da quale? Ancora, egli manda giù il cibo per la gola : e tosto un’ altra causa sottentrando produce senso, moto, vita, vigore, eccetera. Quante e quali cose ? Queste maraviglie, che si compiono sotto un velo si impe- netrabile, sianti spesso subbietto di contemplazione (26), e sappi fare concetto della potenza operatrice di ({uelle, come facciamo della causa che fa gravitare i corpi o li spinge in al- to, la quale non vediamo cogli occhi, ma non però meno certamente. 27. Non dimenticare che tutte queste cose, che ora si fanno, si sono fatte prima d’ ora: e pensa* che si faranno per 1’ avvenire. Pònti da- vanti agli occhi quanti drammi o Digilized by Google LIBRO DECIMO* 283 scene vedesti tu stesso, o leggesti nelle antiche storie : come, verbi- grazia, tutta intera la Corte di Adrian no, tutta intera quella di Antonino, tutta intera quella di Filippo, di Alessandro, di Creso: perchè erano tutte la stessa cosa che adesso, so- lamente erano diversi gli attori. 28. Fa’ ragione che colui il quale si attrista d’ alcuna cosa, o l’ ha a male, non è punto dissomigliante dal porcellino percosso dal ferro del sagrifìcatore, il quale ricalcitra e grida. Non altro concetto hai da farti di chi lamenta solitario sul suo lettuccio * le catene che ne strin- gono. E pensa come al solo animale ragionevole è dato seguire volonta- rio gli eventi : che in quanto al se- guirli ad ogni modo, è forza di ne- cessità per tutti. 1 Lettuccio è qui come chi dicesse il canapè su cui l’uomo lavora e studia. Cosi, bene il Casaubono. 0. Digitized by Google 284 RICORDI. 29. Considera segregatamente in sè stessa ciascuna delle cose che vai facendo, e interroga te medesimo se la morte è un male perchè ti pri- verà del potere di farla. 30. Quando per l’ altrui fallo ti senti montare la collera, rivolgiti tosto sopra te stesso ed esamina in qual cosa simile a quella tu pecchi : stimando, per esempio, che le ric- chezze siano un bene, o il piacere, o la gloria; secondo il genere del- l’altrui peccato che ti sprona al- r ira. Perchè se tu badi a ciò, presto cesserà la tua collera : e ancora con- sidererai che colui è forzato.* E in vero che farebbe egli? Ovvero, se tu il puoi, rimovi da lui ciò che lo sforza.* 1 Vedi VII, 63; XI, 18. P. 2 Cioè a dire, rimovi dalla sua mente l’errore, il falso giudizio; perchè gli stoici deriTavano interamente il bene morale dal giudizio razionale, e riferivano quindi uni- camente alla luce della ragione le risoln- Diqili^’jd bv Google LIBRO DECIMO. 285 31 . Veggendo Satirione, immagina di vedere Socratico o Imene : veg- gendo Eufrate, immagina Eutichione 0 Silvano : quando vedi Alcifrone, immagina Tropeoforo ; quando vedi Senofonte, immagina Oritene o Se- vero; e in te stesso figurati di ve- dere qualcheduno dei Cesari ; e così via via. Poi ti occorra alla mente : ora dove sono costoro? In nissun luogo, 0 chi sa dove. Di questa ma- niera tu verrai avvezzandoti a consi- derare le cose umane come un fumo ed un nulla : massimamente se ti rammenterai come ciò che fu mu- tato una volta, non riprenderà mai più quella forma in tutto il tempo infinito. E tu in qual tempo ? ^ Che non ti basta adunque il passare co- zioni virtuose della volontà: secondo essi il giudizio determina la volontà necessaria- mente. P. 1 Intendi: se gli altri non ci ritornano mai più, ti credi tu di averci a ritornare tu solo? 0, * RICORDI. 286 stumatamente questo poco che ti è dato ? Da qual materia d’ azione, da quale impresa rifuggi? Tutte queste cose che ti accadono, sono esse altro che occasioni di esercizio alla ra- gione, la quale abbia diligentemen- te, e come si addice allo studioso della natura, considerate le cose che avvengono nella vita? Rimanti adun- que finché tu abbia assimilato a te medesimo ancor questo,' come il valente stomaco assimila a sè tutti i cibi, come lo splendido fuoco fa fiamma e luce di tutto che tu getti in esso. 32. Nissuno sia veritiero il qua- le dica di te che non sei sempli- ce e schietto, che non sei uomo dabbene: ma menta chiunque fac- cia di te un tal giudizio. E tutto ciò sta in poter tuo. Perchè chi è • Intendi: ciò che ora ti è dato per ma- teria di azione f frase solenne ad Antoni- no. P. Digitized by Coo<jI( LIBRO DECIMO. 287 quegli che ti possa impedire che tu non sii schietto e dabbene? So- lo che tu abbia fermo nell’ animo di non voler più vivere quando tu non sii tale. Nè la ragione il vor- rebbe. 33. Che è ciò che in questa occa- sione che mi è data si può fare o dire per lo meglio? Checché egli sia, è in mia facoltà il farlo, o il dirlo. Non iscusarti col dire che ne sei im- pedito. Non prima cesserai ■ dai la- menti che non sii fatto tale, che r operare conforme air istituzione tua in (jualsivoglia caso * non sia per te la stessa cosa che è pel sen- suale la voluttà. Perocché ciò ap- punto vuoisi dall’ uomo avere in conto di vero godimento : 1’ operare * « In questa occasione - in qualsivoglia caso.» Chi preferisse la frase stoica dica: « in questa materia — in qualunque mate- ria a te sottoposta » come disse T Ornato. A me parve troppo alieno dall’ uso, ed an- che poco chiaro in italiano. P. RICORDI. 288 conformemente alla propria natura. E questo può egli in ogni caso. Al cilindro in tutti i casi non è dato potersi muovere in quella forma di moto che gli è propria, nè all’acqua, nè al fuoco, nè a nissuna delle cose che sono governate o da natura ina- nimata, 0 da anima irrazionale : molti sono gli impedimenti che loro si frappongono, molte le resistenze. Ma la mente, la ragione può seguire, solo che il voglia, la sua propria via vincendo tutti gli ostacoli. Questo potere e agevolezza che ha la ra- gione di seguire la sua via in tutte le direzioni, all’alto, al basso, per 10 declive, come il fuoco, la pietra, 11 cilindro, pònti davanti agli occhi, e non cercare più oltre. Tutti gli ostacoli che tu puoi incontrare non hanno relazione se non se al corpo che è cosa morta ; o veramente, se non sottentra l’ opinione, e se la mente non cede, non possono nuo- Digilized by Googl LIBRO DECIMO. 289 cere nè far male veruno. Altrimenti chi ne patisse, dovrebbe eziandio pa- tire deterioramento, come veggiamo di tutte le altre produzioni sia della natura sia dell’ arte ; le quali tutte trovansi deteriorate ove incolga loro alcun male ; ma, qui al contrario, r uomo, se ho a dirlo, si fa migliore e più degno d’ encomio, quando fa retto uso degli accidenti, quali essi sieno, che gli incontrano. In som- ma ricordati che non offende il ve- ro cittadino ciò che non offende la città; che non offende la città ciò che non offende la legge ; e che nissuna di tutte queste così dette avversità offende la legge. E se non offende la legge, non of- fende adunque nè la città nè il cit- tadino. 34. A colui che fu ben penetrato dalle vere credenze, basta il più breve detto, anche di quelli che sono a tutti i più noti, a sgombrargli dal- Marco Aurelio. 19 Digitized by Google 290 RICORDI. r animo la tristezza o il timore. Per esempio : « Quali sono le foglie, e tali sono Le schiatte degli umani. Quelle il vento A terra sparge, ed altre ne produce La germogliante selva a primavera. Cosi le schiatte degli umani : questa ^ Or nasce, or quella muore (27). » Foglie sono i tuoi figliuoli, foglie tutti costoro che ti acclamano, e schia- mazzano sì forte da far credere che dicano il vero ; foglie questi altri che altamente ti maledicono, o ti vilipen- dono e lacerano in segreto. Foglie sono ancora quelli che ricorderanno il tuo nome dopo la tua morte. Tutte queste cose spuntano fuori alla verde stagione, poi fi vento le sparge a terra, e(i altre in loro vece ne ri- produce' la germofjliante selva. Il durar poco è comune a tutte. Ma tu le fuggi 0 le cerchi come se aves- sero a durar sempre. Ancora un poco e chiuderai gli occhi; e a quello che Digitized by Googl LIBRO DECIMO. 291 ti comporrà sul rogo, altri farà il corrotto. 35. L’ occhio sano deve essere dis- posto a vedere tutto ciò che è vi- sibile, e non dire: io voglio vedere solamente il verde ; perchè ciò è da occhio ammalato. L’ orecchio sano e r odorato debbono essere disposti a udire tutti i suoni e a sentire tutti gli odori. E lo stomaco sano deve essere preparato a digerire tutti i cibi, non altrimenti che la macina è pronta a macinare tutto quello che ella fu fatta per macinare. E così pure la mente sana deve essere pronta ad accettare tutto quello che accade. Colui il quale dice : « sieno salvi i figliuoli » e « tutti lodino le mie azioni » è come 1’ occhio che vuol vedere solamente il verde, o come i denti che vogliono masticare sol cose tenere. 36. Nissuno è tanto avventurato che al suo morire non sia per avere Digitized by Google 292 RICORDI. intorno a sè chi si rallegrerà del male che gli incontra. Savio e dab- ben uomo sia stato ; non mancherà all’ ultimo chi in sè stesso dirà : « Respireremo una volta da questo pedagogo. A nissuno di noi diede noia con rampogne, è vero; ma ci siam pure avveduti che in cuor suo ci condannava. » Questo si dirà del- r uom savio. E di noi, quante altre cose possono fare a molti desiderare che ce ne andiamo! A questo pen- serai quando sarai per morire, e la tua partenza ti verrà fatta più facile. Ragionerai teco stesso: me ne vo da questa vita, dalla quale questi miei concittadini, pei quali ho in essa tanti travagli sostenuto, tante preghiere fatto, tante cure avuto, vogliono ora essi medesimi. eh’ io me ne vada, sperando forse che debba seguirne loro qualche profitto. Chi dunqu e potrebbe desiderare d’avere a starci più lungamente? ■— Non per Digitized by Google LIBRO DROtMO. ^93 questo partirai tu men benevolo verso di quelli, ma, serbando inai- terato il costume e 1’ indole tua, amico loro tuttavia qual fosti, pro- pizio e amorevole a tutti, e non però mesto nè ripugnante. Ma co- me veggiamo in chi muore di fa- cile morte V anima soavemente scio- gliersi dal corpo, cosi conviene che si faccia la tua separazione da co- loro. Perchè la natura ti avea pure congiunto e complicato con essi. — Ora me ne disgiunge ? — Ed io mi lascio disgiungere come da amici e carissimi congiunti, non però tur- bato nè ripugnante, ma tranquillo e di mio buon grado. Perchè anche questa è una delle cose volute dalla natura. 37. A ciascuna cosa che tu vegga fare a chicchessia, vienti avvezzando, per quanto è possibile, a ricercare, ragionando teco medesimo : costui a che riferisce quello che sta fa- Digitized by Googl( RICORDI. 294 cendo?' E incomincia da te, esami- nando te stesso il primo. 38. Ricordati che chi dà V impulso e muove, per cosi dire, le fila del fantoccino, è il celato nel di dentro. Quello è il dicitore che persuade, t|uello è la vita, quello è, se vogliam dire il vero, V uomo propriamente. Guardati dal figurartelo come una sola cosa con esso il vaso le cui pa- reti lo circondano, o con questi in- gegni che songli cresciuti intorno.* Questi somigliano alla scure ; se non che gli sono per natura aderenti. ^ Conferisci VII, 68. Il lettore capirà fa- cilmente che per ingegni bassi qui ad in- tendere ordigni, cioè gli organi e le mem- bra del corpo. Gli Inglesi e i Francesi presero dai classici Italiani questa parola ingegno con questo senso, e dicono quelli engine e questi engin ; come ne presero tante altre bellissime o utilissime dello quali si servono quotidianamente ; e di tali ancora che noi abbiamo interamente dimen- ticato: e per significar poi quelle cose di cui abbiamo dimenticato i nomi italiani, an- diamo ad accattar vocaboli dai forestieri, . P, Digilized by Coogle LIBRO DECIMO. 295 E in effetto, allontanata la causa che li muove, non è uso alcuno di essi pili che non sia della spola, senza la mano, al tesserandolo, nè della penna allo scrittore, nè della frusta al cocchiere. Dìgitized by Google LIBRO UNDECIMO. 1. È proprio deir anima razionale' il veder sè medesima; il conoscere partitamente sè medesima ; il far sè meilesima quale ella vuole: il co- gliere essa medesima il frutto che ella produce, laddove i frutti delle piante e i portati degli animali sono colti da altrui; il giugnere sempre allo scopo che è proprio di lei, in qualsivoglia punto arrivi il termine della vita : perchè 1’ azione di lei, in qualsiasi momento ne sia arrestato il corso, non rimane imperfetta, co- J Razionale per distinguerla da quella dei bruti, che dagli stoici è chiamata ani- ma semplicemente. P. Digitized by Googl LIBRO UNDECIMO. 297 me nelle rappresentazioni sceniche o nel hallo, o in simili cose; ma anzi in qualsivoglia istante, in qual- sivoglia luogo le sopravvenga la mor- te, ella compie nondimeno intera- mente, e in modo soddisfacente a sè stessa, quanto si avea proposto (28), e può dir sempre: io ho tutto il mio. Ancora ella va spaziando colla spe- culazione per tutto il mondo * e il vuoto che lo circonda, e contempla la forma di quello, e si estende nella infinità dei secoli, e abbraccia col pensiero i rinascimenti periodici della università delle cose; e contemplan- doli si fa capace che non rimane da vedere nulla di nuovo ai nostri po- steri, siccome nulla di più videro i nostri antichi ; chè anzi 1’ uomo giunto all’età di quaranf anni, per poco che abbia di buon discorso, ha 1 Tvlto il mondo : intendi ciò che noi di- remmo tntto il creato. Ma l'idea di crea- zione era aliena dagli stoici. P. Digitized by Google 298 RICORDI. in certo modo veduto e conosciuto tutto ciò che fu e tutto ciò che sarà per la somiglianza che hanno le cose fra loro. Ancora è proprio del- r anima razionale l’ amore del pros- simo, la veracità e la verecondia, e il non anteporre nulla a sè mede- sima: * il che è proprio eziandio della legge. Onde segue che la retta ra- gione e la ragione di giustizia sono una sola cosa. 2. I canti aggradevoli e le danze e gli esercizi ginnastici * ti cadranno • ^Bene avverte qui il Gataker come an- che la legge cristiana ci prescrive di non avere a nulla maggior rispetto che alla pro- pria anima (confer. s. Matt. Evang. XVI, 26; s. Marco Vili, 36). E san Gregorio Nazian- zeno: c nulla, disse, è più prezioso a ciascuno che la propria anima» riproducendo quasi nella sua prosa il verso 301 deU'Alceste di Euripide. P. “ Esercizi ginnastici, letteralmente il pancrazio Ognuno sa che i Greci per mezzo della ginnastica voleano esercitata la forza del corpo con signiftcazione di leggiadria: e quindi i giuochi ginnastici erano pur uno degli spettacoli più graditi ad un popolo, Digitìznd by Goo;';le LIBRO UNDEOIMO. 299 in disprezzo, se tu dividi, per esem- pio, la cantilena melodiosa in cia- scuno dei suoni di che ella si com- pone, e ad uno ad uno consideran- doli, domandi a te stesso : « è egli questo quel che mi vince? » perchè ne avrai vergogna. E similmente in- torno alla danza, considerando sepa- ratamente ciascuno dei moti, cia- scuno degli atteggiamenti; e così per gli esercizi ginnastici. E gene- ralmente in tutto ciò che non è virtù, o che non procede da virtù, i sovvengati di ricorrere alla divisione delle cose nelle parti loro (29), si che divise a quel modo elle ti cadano in dispregio. Fa’ l’ applicazione di ciò anche alla vita intera.’ 3. * Quale debba essere 1’ anima in tutto r ordine della cui vita regnava sovranamente l'idea della bellezza. P. * Cioè, dividi la vita umana in tante pic- cole porzioni, per disprezzarla tutta insie- me. 0. 2 Sottintendi ronsi'lera, o ricordati. P. Digitized by Cìooglc 300 RtCORDI. apparecchiata a sciogliersi, ove oc- corra, immantinente dal corpo, a spe- gnersi o a dissiparsi, o ad entrare in una nuova condizione di esistenza.’ E questa disposizione proceda da giudizio particolare della mente, non da sola pervicacia di volontà, come nei Cristiani ; * sia scevra da ogni tragica ostentazione, non però senza dignità, da poter anche persuadere gli altri.* 4. Ho io fatto qualche cosa che giovi alla società? Adunque ho gio- * 0 ad entrare eiUtenta ; lette- ralmente: 0 a perdurare. L’Ornato avea tradotto : o a rimanere ancora dopo morte Non mi piacque, ma la mia versione, che svolge il pensiero dell’ autore, ha un coloro troppo moderno. P. ^ I Cristiani erano ancora comunemente mal conosciuti, e creduti settari fanatici, nemici dell’ impero. P. 8 Cioè a dire; sia tale, non solo intima- mente. ma anche pe’ suoi caratteri esteriori, da poter persuadere altrui che essa procede da ben ponderato giudizio,* nòn da codardia 0 vanità o da intemperata esaltazione o concitazione di mente. P. Digilizeci by Googlr LIBRO DNDECIMO. 301 vate a me stesso.' Questo pensiero ti occorra sempre pronto alla mente, e ti conforti a perseverare. 5. Qual è r arte tua? L’ esser buono. E quest’ arte come altrimenti s’acqui- sta, se non per le buone dottrine, le une intorno alla natura dell’uni- verso, le altre intorno alla costitu- zione propria dell’ uomo? 6. Da prima fu istituita la tragedia a ricordare i casi che sogliono av- venire e come essi sieno così fatti per natura, e ad avvertirci nel me- desimo tempo essere una contrad- dizione il pigliarne diletto quando •li vediamo sulla scena del teatro e dolercene poi quando accadono sopra una scena maggiore. Voi vedete di * Sono le parole di' Salomone, Prov. XI, 17: « Benefacit sibi ipsi vir beneficus.» Epitteto svolgo il medesimo concetto, dis- sert. I, 19; Seneca, epist. 48, disse: «Non potest beate degere qui se tantum intuetur, qui omnia ad utilitates suas couvertit: al- teri viVas oportet, si vis tibi vivere.» P. Digilized by Google RICORDI. 302 fatti essere pur forza che 1’ azione si compia a quel modo (30), e che deb- bono ad ogni modo soffrirlo anche coloro che esclamano : « 0 Citerone, ahi lasso.* w E invero alcune cose diconsi utilmente dagli autori di tra- gedie siccome questa: < Che se gli Iddìi Di me nè de’ miei tigli non han cura, Ragion pur anco a ciò li move. » E quest’ altra: « Contro alle cose lo adirarsi è vano. » E ancora quest’ altra: € Mieter la vita Come spiga matura -» E le altre di cotal fatta. Dopo la tragedia fu introdotta hi t Parole di Edipo. Vedi Sofocle, Edipo re, vers. 1391. Ecco, secondo la traduzione del Belletti, i tre versi che formano il periodo intero di cui quelle parole sono il comin- ciamonto: Oh Citeron! perchè raccormi? o tosto Perchè morte non darmi, ond' io giammai L'origin mia non rivelassi al mondo! P. 2 Vedi VII, 38, 40, 41. P. Digitized by Goo^le LIBRO UNDECIMO. 303 vecchia commedia, la quale, con quella sua libertà, facesse come da aio al popolo, e con quel suo chia- mare le cose coi nomi loro, ne ri- cordasse agli uomini la vanità: i quali modi assunse poi Diogene ezian- dio ad un fine somigliante. Dopo la vecchia, quale sia stata la mezzana commedia, ed ultimamente poi la nuova, e quale scopo abbia questa, che a poco^a poco si è ridotta ad , essere puro artificio di imitazione, lascio a te il considerare. Che anche da costoro si dicano alcune cose utili, non è da negare : ma l’ inten- zione generale di un tal genere di poesia e di composizioni drammati- che, qual è ella mai? 7. Come vedi tu chiaro nissun’ al- tra setta' essere così acconcia al 1 Setta, intendo della setta illosodca in che Marco vivea, e non dello stato o- con- dizione sociale. 0. Ho qualche dubbio, e parrai che il 3iou Digitized by GoogLe 304 BICORDI. filosofare, come quella in che sei ora? 8. Un ramo spiccato da un altro ramo non può non essere separato dalla pianta intera. Parimente un uomo diviso da un altro uomo è sca- duto dalla società intera degli uo- mini. Il ramo vien divelto per mano d’ altri ; T uomo si separa egli stesso dal suo vicino, quando egli l’ odia, quando lo ha in dispetto; e non s’ avvede eh’ egli si distacca ad un , tempo dalla intera comunità. Se non che, per dono di Giove autore dplla comunità, può ciascuno di noi che siasi distaccato dal prossimo, riap- ÙTTóOeo'.y potrebbe anche voler dire qualche cosa che non fosse nè la condizione sociale-y nè la setta filosofica^ ma bensi il modo e r ordine ili vita adottato da Antonino nella condizione sociale in cui vivea: e cosi l’in- tesero anche il Gatakero e lo Schultz, i quali_ tradussero vitee genus. Ma siccome rOrriato pare che fosse ben fermo in quella sua opinione, ho conservato la sua parola fetta. P, Digitized by Googl LIBRO UNDKCIMO. 305 piccarvisi e farsi di nuovo parte in- tegrante del tutto. Vero è che quan- do ciò accade più volte, più diffìcile diviene la riunione o il ristabili- mento a suo luogo della parte stac- cata. E ad ogni modo egli è diverso il ramo che crebbe da principio in- sieme cogli altri e sempre rimase unito con essi, dal ramo che vi fu innestato dopo esserne stato divelto: checche ne dicano i giardinieri, fa un albero solo cogli altri rami, ma non un solo disegno.' ' La vegetazione è una, ma la forma non è una. 0. Questo potrebbe dirsi di un ramo di pe- sco, p. es,, che fosse innestato in quello di un noce ; ma quando un ramo del uoco che ne fosse stato spiccato fosse innestato in un altro ramo del noce medesimo, sarebbe una la vegetazione cd una ancora la forma. Mi è anco sospetto quello ófJioJoyjjiaTetv parlandosi di piante. Io propendo a credere, coi migliori critici, questo luogo corrotto o manchevole nel testo. Alcuni di quest' ulti- ma frase fanno un paragrafo separato: e remato stesso non era ben risoluto. P. Marco Aurelio. SO Digitized by Google RICORDI. ' 806 9. Chiunque voglia avversarti in cosa che tu faccia secondo la retta ragione, siccome non avrà forza dà distoglierti dall’ azione incominciata, cosi ancora non ti riinova dal sen- timento di benevolenza che devi avere per lui : ma fa’ che tu ti serbi co- stante nel giudicare e nell’ operar rettamente, e ad un tempo amore- vole verso chi cerca di impedirti o in qualsivoglia modo ripugni a ciò che tu fai. Perchè non sarebbe mi- nore fiacchezza lo adirarti contro questi tali, che il ritrarti dall’ im- presa e dar luogo per paura; essendo egualmente disertore chi teine e fugge dall’ ordinanza, e chi s’ allon- tana dal congiunto e dall’ amico suo naturale. IO. Non è natura alcuna la quale sia da meno dell’ arte che ne è imi- tatrice ; nè la più perfetta fra le na- ture, quella che comprende in sè tutte le nature, può essere da meno Digitized by Googk' LIBRO UNDRGIMO. 807 di un’ arte qualsivoglia. Ora le arti tutte fanno le parti inen nobili di ciascuna delle opere loro per amore delle più nobili;' adunque anche la natura comune. Quindi ha origine la giustizia, e da questa procedono tutte le altre virtù : * perchè mal potrà conservarsi giusto colui, il quale o non sarà indiflerente verso le cose medie, o si lascierà facilmente in- gannare dalle apparenze, o sarà pre- * Come, per esempio, un pittore farà ciò che pone nel fondo di un suo quadro per dare maggior risalto a ciò che ne è il sog- getto principale. P. - E (la questa procedono tutte le altre virtù. Intendo che dallo aver la natura voluto che si osservasse la giustizia, procedette che essa natura istituisse le altre virtù; quelle cioè di cui parla poco dopò ; le quali sono necessarie alla pratica della giustizia e fu- rono dalla natura istituite per amore di essa giustizia, còme un artefice fa le parti men nobili di una sua opera per amore delle più nobili. Ricordi il lettore che appo gli stoici posteriori parte sovrana della filosofia • era la morale : la logica, anche per gli stoici antichi, era subordinata alla morale. P. Digitized by Coogle RICORDI. 308 cipitoso nel giudicare, o mal fermo nel giudizio fatto. 11. Non le cose, il cui desiderio o timore ti turba, vengono alla volta tua; ma tu in certo modo vai alla volta loro.' Ora fa’ che il tuo giudi- zio intorno a quelle stia cheto, e quelle rimarransi quete del pari, e tu non sarai veduto desiderar nulla nè temere. 12. La sfera dell’anima ^ ha la for- ma che è propria di lei, quando ella nè si estende al di fuori verso chec- chessia, nè si ritrae al di dentro, nè si dissipa, nè si accascia,* ma splende di una luce per la quale ella vede la verità che è nell’ universo e quella che è in lei. 13. Un tale mi disprezza? Tal sia di lui. A me basta parlare e operare 1 Vedi IV, 8, 39; IX, 15. P. * Vedi Vili, 48; XII, 8. P. 3 Inteudi che l' anima è nello stato con- forme a natura, quando ella non ha nè de- siderio, nè timore, nè piacere, nè dolore. P. Digitized by '^'.oogl LIBRO UNDKCIMO. 309 in modo che nissun mio detto o fatto meriti disprezzo. Mi odierà ? Tal sia di lui. Quanto si è a me, io mi ser- berò mansueto e benevolo verso ognu- no, pronto a chiarire dell’ error suo anche colui che mi odia, non con parole di rimprovero nè ostentando pazienza, ma cortesemente e con sin- cera amorevólezza, come Focione so- lea fare (31), supposto che non s’infin- gesse. Perchè la mansuetudine vuol essere interna, sì che gli Dei veg- gano in te un uomo disposto a non ricevere nulla con isdegno nè a ma- lincuore. Qual malej in fatti, per te, se tu fai ora quel che s’ addice alla tua natura e ricevi ciòcche ora è giu- dicato opportuno dalla natura uni- versale, tu uomo ordinato a questo fine che sempre si faccia il comun bene, sia qualsivoglia lo strumento per cui si faccia? 14. Si disprezzano 1’ un 1’ altro, e si vanno piaggiando 1’ un 1’ altro ; Dìgitized by Google 310 ‘ MCOftÙI. r uno vuol essere da pii» che l’altro, e s’ inchinano 1’ uno all’ altro scawi- bievolmente. 15. Che fradiciume e che doppiez- za non è il dir di taluno : a Io ho deliberato di trattar teco schietta- mente. » 0 uomo che fai? Non è bisogno' di questo preambolo. Alla prova si vedrà. Sulla fronte conviene ti si legga immantinente ciò che tu di’, perchè è cosa di tal natura che tosto si manifesta negli occhi, come nello sguardo dell’ amante ogni cosa conosce immantinente l’ amato. L’uo- mo schietto e buono dev’ essere come chi sa di caprino, sì che al solo ac- costarsegli altri il senta, voglia o non voglia. La schiettezza simulata è un’ arme da traditore. Non è cosa più turpe che l’amicizia del lupo.' * L’ amicizia del lupo espressione pro- verbiale presso i Greci, ed era allusione a quella favola di Esopo, nella quale i lupi persuadono le pecore a dar loro i cani come ostaggi, e ad accettare alcuni giovani lupi Digilized by Googl LIBRO tTNDECIMO. 811 A tutto potere fuggi cotesto. Alfuom dabbene, all’ uomo schietto, all’ uom benevolo sono appariscenti negli oc- chi tjuelle qìialità loro, e non è bi- sogno di parole a manifestarle. 16. Vivere beatamente è cosa che sta in potere dell’anima, solo ch’ella voglia essere indifferente verso le cose indifferenti.^ E questo le suc- cederà se ella considererà ciasche- duna di esse nelle sue parti e nelle sue relazioni col tutto, non dimen- ticando che nissuna di esse viene alla volta nostra nè ci sforza a fare di lei tale o tal altro concetto ; ma • anzi elle si stanno tutte immobili dove sono, e noi siamo quelli che facciamo i. giudizi intorno ad esse, e li scriviamo, per così dire, dentro di noi, potendo non farlo; e ancora. come gaardiatii in luogo di quelli; e divo- rano poi le infelici che lascìaronsi gabbare dalle belle parole e dalle belle promesse. P. * Cioè le cose fuori di noi. 0. 312 RICORDI. quando ciò ne venga fatto inavver- titamente e senza avvedercene, po- tendoli cancellare immediatamente : e rammentando inoltre che pocd^ha a durare questa fatica di considerare le cose in tal modo, e saremo poi fuori della vita per sempre. E che v’ha poi di tanto arduo in esse? Se sono secondo natura, pigliane pia- cere, e ti diverranno facili ; se sono contro natura, vedi tu che cosa è secondo la tua natura, e a quello attendi, ancora che sia senza gloria. È sempre degno di scusa chi va in traccia del proprio bene. 17. Donde sia venuta ciascuna cosa,* di che elementi sia composta, ed in che si trasformi, e qual di- venga trasformata, e siccome non è per soffrire alcun male per la trasfor- mazione. 18. E in primo luogo,* quale rela- * Sottintendi: considera. P. ^ Sottintendi do considerare, o altra Digitized by Googl LIBRO UNDRCIMO. 313 4 zione io abbiaceli essi^ e come siam nati gli uni per gli altri, ed io, per altri rispetti sono nato per essere loro guida, come 1’ ariete della greg- gia e il toro deir armento. Risali più in alto : se gli atomi non sono, la natura è quella che governa l’uni- verso ; e se questo è, gli esseri meno perfetti sono nati pei più perfetti, e questi gli uni per gli altri. 2'’ Quali essi sono a mensa, a letto, negli altri momenti della vita. E massimamente a che sorta di azioni • siano necessitati per le credenze che essi hanno, e con quanta presun- zione di sapere fanno essi ciò che fanno. 3° Che se essi fanno ciò a buon diritto, e’ non ti bisogna avertelo a male ; se a torto, essi il fanno indu- bitatamente malgrado loro, non sa- pendo quel che si fanno. Perciocché frase cotale ; e cosi al principio di ciascuno degli otto capi seguenti. P. Digitized by Googl( 814 RICORDI. siccome è involontaria negli uomini la privazione del vero, così involon- tario è ancora il non portarsi verso altrui secondo le norme del giusto: il che provano collo adirarsi quando sono chiamati ingiusti, ingrati, cu- pidi dello altrui, o rei di qualsivo- glia colpa verso il vicino. 4° Che tu ancora pecchi non di rado, e sei pur uno del numero loro; e se da certi peccati ti astieni, hai nondimeno la disposizione a com- metterli, benché, sia per difetto di audacia, sia per vanità o per altro cotal vizio, tu noi faccia. 5® Ancora, che tu non sai di certa scienza che essi pecchino: perchè molte azioni, che paiono malvage si fanno talora a fin di bene o per meno male: e ad ogni modo è me- stieri sapere di molte cose a poter sentenziare convenientemente sulle azioni altrui. 6® Quando senti che sìa per occu- Digitized by GoogI( LIBRO UNBKCIMO. 315 parti r ira od anche solo l’ impazien- za ; che la vita umana dura un mo- mento, e poi saremo tutti sotterra. 7«> Che non sono le azioni loro quelle che ti turbano, standosi quelle nei loro autori, ma bensì le nostre opinioni. Adunque togli via, sappi rimovere da te il concetto che tu fai di quelle, e l’ ira se ne andrà parimente. E come rimovere quel concetto ? Col considerare che le azioni altrui non hanno nulla di dis- onesto per te. Che se il male tutto non consistesse nella sola disonestà dell’agente, di necessità peccheresti tu ancora, e saresti tu pure assas- sino, e macchiato di ribalderie d’ogni forma. 8° Siccome le ire, i rammarichi intorno a siffatte cose arrecano seco troppo più gravi danni che non siano quelli di che ci adiriamo e ramma- richiamo. 9® Che r amorevolezza è sempre Digitized by Google RICORDI. 316 vittoriosa, quando sia schietta, e non sia una affettazione o una parte che tu reciti. E in vero che ti può egli fare 1’ uomo il più iracondo e inso- lente, se tu ti mostri a lui tuttavia amorevole e se, venendo il caso, tu lo ammonisci cortesemente e cerchi di farlo ricredere in quel tempo me- desimo che egli intende ad offen- derti? — «No, figliuol mio; noi siamo nati ad altro. A me tu non nuoci; a te bensì, figliuol mio. » — E gli dimostri e fai toccar con mano che la cosa sta COSI universalmente; e come nè le pecchie si comportano in quella guisa, nè alcun altro ani- male che sia nato a vivere in co- munanza. Le quali cose vogliono es- ser dette senza ombra alcuna di ironia nè di rimprovero, ma bensì con amorevolezza, e senza amaritu- dine alcuna nell’animo; nè ancora come si direbbero da un maestro in iscuola, nè per farsi ammirare dai Digilized by G< 'Oglc LIBRO UNDECIMO. 817 circostanti; ma da solo a solo, e se v’ha altri presente, * Di questi nove capi fa’ che tu ti ricordi come se tu li avessi ricevuti in dono dalle muse; e incomincia pure una volta ad esser uomo men- tre hai vita.* E’ ti conviene ad un tempo guardarti dallo adulare gli uomini non mejio che dallo adirarti contro di essi: perchè le sono cose egualmente antisociali e nocive. Quando ti sentirai provocato all’ira, ti occorra alla mente questo pen- siero: non esser punto cosa virile lo adirarsi ; ma anzi la pacatezza, la mansuetudine, siccome sono cose più umane, così sono anche più vi- rili ; e che la costanza, il vigore, la fortezza sono nel mansueto, non in ^ L'Ornato collo Schultz, anzi più riso- Intamento che lo Schultz, stimò che qui il testo fosse manchevole. P ^ Vedi VII, 22; X,8. Seneca, De ira, 111,43, disse: « Humanitatem colamns, dnm inter homines snmus. » P. Digitìzed by Google RICORDI. 318 chi si adira o s’impazientisce. Per- chè più quegli si avvicina alla im- passibilità, tanto più partecipa della forza; laddove l’ ira, siccome il do- lore, è propria del debole : lo adirato e lo addolorato furono egualmente piagati e ambidue cedettero egual- mente. E un decimo ricordo ancora ri- « cevi, se vuoi, dal Musagete: * essere da pazzo il volere che i malvagi non pecchino, perch’ egli è un voler l’im- possibile. Il voler poi che essi por- tinsi da pari loro verso tutti gli altri e noi facciano con te, è da stolto (32) e da tiranno. 19. Contro quattro specie di de- terminazioni* della parte tua prin- cipale ti bisogna sopra tutto stare in guardia, e tosto che una ti venga > Conduttor delle muse, o Apollo, o se vuoi. Ercole. Piuttosto quello che questo. Vedi il Gatakero. 0. * ^nsieri, moti, determinazioni, volon- Digitized by Googlc LIBRO ONDECIMO. 319 avvertita, cancellarla, ragionando te- co medesimo intorno a ciascuna di esse in questa guisa : Intorno a quelle della prima specie : questo pensiero non è necessario. Intorno a quelle -della seconda : questo pen- siero tende a sciogliere la società. Intorno a quelle della terza : tu stai ora per dire cose che intimamente non credi: e il dir cose che inti- mamente non credonsi è da essere annoverato fra le massime assurdi- tà. Intorno a quelle finalmente del- la quarta specie, rampognerai te medesimo dicendo: tu lasciasti che fosse vinta la parte più divina di te, e sottoposta a quella che è men nobile e mortale, cioè a di- re al corpo e ai grossi piaceri di quello.* 1 Quattro cose da prevenire od allonta- nare : 1° Pensieri inutili oziosi: 2" Volontà od azioni ingiuste, dove sono anche compresi i moti di irascibilità; Dìgitized by Google 320 RICORDI. 20. Quanto è in te di aereo e di igneo, benché abbia naturale ten- denza ad innalzarsi, acconciandosi nondimeno all’ordinamento del tutto si rimane quaggiù nel tuo corpo. E ' similmente le parti terree é le acquo- | se, benché tendano naturalmente allo ' ingiù, tengonsi non pertanto solle- vate ed erette in una forma che non é loro naturale : tanto anche gli ele- menti sono obbedienti alla legge dell’ universo, e facendo forza a sé medesimi serbano costantemente il posto in che furono collocati, finché da quella medesima legge sia dato il segno dello scioglimento. Ora non é egli singolarmente strano che sola la parte intelligente dell’ esser tuo non voglia obbedire e si rammarichi del posto che le fu assegnato ? e pure nulla di violento le è coman- 3® Disaccordo della mente e delle parole; cioè falsità voluta, o non avvertita; 4‘* Moti di concupiscenza. 0. Digilized by Google LIBRO UNDBCIMO. 321 dato, ma cose soltanto che sono se- condo la natura di lei. Con tutto ciò non vi si vuole acconciare, e vuole andare a ritroso. Perchè le ingiu- stizie, le dissolutezze, 1’ ira, la tri- stezza, il timore, sonò tutti moti a ritroso della natura. E ancora allor- quando r anima non s’ acconcia di buon grado agli avvenimenti, ella abbandona il suo posto, essendo ella stata instituita alla santità, alla pietà,* non meno che alla giustizia, poiché quelle non meno di questa fanno parte della sociabilità : chè anzi gli atti di giustizia succedono piuttosto (-he non precedano a quelli della pietà e della santità.^ > Intendi la pietà religiosa, o la pietà verso Dio o la natura, che è tutt’uno presso gli stoici, e non dimenticare che il rasse- gnarsi volentieri a tutti i casi esteriori, è atto religioso appo gli stoici. P. ^ Cioè Tnomo ha relazioni con Dio prima che con gli nomini, e le sue relazioni con questi hanno per fondamento le sne rela- zioni con quello. 0. Marco Aurelio. SI Digitized by Google RICORDI. 322 21. Chi non ha sempre il mede- simo proposito, il medesimo istituto di vita, non può essere in tutta la vita il medesimo uomo. Ma ciò non basta se non aggiungi ancora quale esser debba questo proposito o isti- tuto di vita. Perchè siccome non di tutti quelli che al volgo paiono beni è invariabile negli uomini il giudizio, ma di quelli soltanto che sono univer- sali e comuni; ' così lo scopo comune e civile dell’ umana famiglia, è quello che l’uomo dee proporre a sè stesso. Colui adunque il quale indirizzerà a questo scopo comune l’esercizio di tutte le sue facoltà, quegli farà che tutte le sue azioni sieno fra loro somiglianti, e per tal guisa sarà egli costantemente il medesimo uomo. 1 Intendi che T idea del bene privato varia nella stessa persona, secondo che varia la sensibilità; laddove l'idea del bene pubblico è costante e invariabile, siccome quella che dipende solo dalla ragione, la quale non varia. 0. LIBRO UNDECIMO. 323 22. Rammenta il topo di monta- gna e il topo di casa, e lo spavento - di questo e il correre precipitoso.' Socrate chiamava befane le credenze del volgo, spauracchi di fanciulli. 24. I Lacedemoni nella loro solen- nità ponevano pei forestieri i sedili all’ ombra, ed essi sedevano dovun- que. 25. A Perdicca, che gii chiedea perchè non andasse a lui, Socrate rispondea : « per non morire di pes- sima morte » cioè a dire, « per non ridurmi alla condizione di non poter ricambiare beneficii eh’ io avessi ri- cevuti. » 26. Nelle lettere degli Epicurei era una esortazione all’ aver sempre pre- sente al pensiero alcuno di quelli antichi che praticarono la virtù. 27. I Pitagorici prescriveano che 1 Gli interpreti allegano Orazio, sat. VI, lib. II. Ma riscontra in Esopo, fav. 301. 0. Digilized by Google 324 RICORDI. Ogni giorno di buon mattino si do- vesse volgere gli sguardi al Cielo, affinchè per la contemplazione di quelli esseri che sempre percorrono le medesime vie e sempre compiono a un modo il loro ufficio, l’ uomo avesse ad ìfver sempre vivo in sè il pensiero dell’ordine, della purità e della nudità.' Perchè le stelle non hanno velo che le ricovera. 28. Qual fu a vedere Socrate cinto di una pelliccia, allorché uscì fuori Santippe colla veste di lui ; e le cose che egli disse agli amici i quali arrossivano e si ritraevano indietro, vedendolo assettato in quel modo.* 29. Nell’arte dello scrivere nè in quella del leggere non puoi essere maestro se prima non fosti discepo- ’ Conferisci X, 1. P. * Il diligentissimo ed ernditissimo Gatalcer non seppe egli pnre trovare qual fosse il caso particolare della vita di Socrate, e il detto di Ini, ai quali fa qui allusione An- tonino. P. Digitized by Googl LIBRO UNDKOIMO. 825 lo. Meno amcora lo potrai nell’arte (Iella vita. 30. c . . . . Sei servo, a te concesso 11 favellar non è.* » 31 . « .... Ed il mio cor ne rise.^ » 32- « .... E la virtute Àccuseran con rigido parole.'' » Pazzo* chi vuole aver fìchf di verno ; pazzo ancora chi desidera aver iigliolanza quando non è più tempo da ciò. 34. Quando tu baci un tuo figliuo- lo, esortava Epitteto, fa' che tu dica teco medesimo : domani sarà forse morto (33). — Cattivi augurii, cote- sti. — Nulla è cattivo augurio di ciò che accenna ad un effetto naturale. ^15. Agresto, uva, zibibbo, tutte ' Nei testo è un verso iambico di auto- re incognito a noi. P. * È la fine del verso 413, lib. I dell'Odis- sea. P. 3 Nel testo è un verso esametro che ha qualche somiglianza con un verso di Esio- do — Opere, 1, 186. P. Digilized by Coogle 326 RICORDI. mutazioni ; non dall’ essere al non essere, ma dall’ essere ciò che è all’ essere ciò che ora non è. 36. Assassini della volontà non ci sono ; sentenza di Epitteto.' 37. Diceva ancora (Epitteto) do- vensi procacciare V arte dello assen- tire ; stare all’ erta coi moti della volontà, affinchè tutti sieno condi- zionali, sempre indirizzati ad un fine, al bene universale, sempre propor- zionati in intensità al valore intrin- seco delle cose; astenerci in tutto dalla appetizione, e non dare luogo mai all’ avversione per cose che non sieno in nostra potestà. .38. Piccolo adunque, diceva egli, non è il frutto della vittoria o il danno della sconfìtta ; ma l’ esser savio, o r esser pazzo. 39. Socrate dicea: che volete voi! 1 Vuol dire Antonino che il libero eser- cizio della volontà non può esserci tolto da nìssuna forza esteriore. P. / Digilized by Googl LIBRO UNOECIMO. 327 avere anime di animali ragionevoli, 0 di irragionevoli? Di ragionevoli. — Di quali ragionevoli? di sani o di corrotti ? — Di sani. — Perchè dun- que non le cercate ? — - Perchè già le abbiamo. Perchè dunque batta- gliate fra voi e siete discordi?* 1 Anche il Gataker non potè trovare da quale opera socratica abbia tratto Antonino questa argomentazione: ma moltissimi scritti della scuola socratica non abbiamo più noi, 1 quali esistevano ai tempi di Marco no- stro. P. Digitized by Coogle LIBRO DUODECIMO. 1. Tutte quelle cose, alle quali tu . studi di pervenire per mille andiri- vieni, tu puoi avere immediatamente, se tu non vuoi male a te stesso. E ciò sarà, se tu metti da banda il pas- sato e lasci alla Provvidenza la cura del futuro, e attendi solo ad usare il presente, secondo le norme della santità e della giustizia: della san- tità, coir accettare volonterosamente i casi tutti che ti intervengono, es- sendo essi dalla natura prodotti per te, e tu per essi; della giustìzia, col dire liberamente e senza am- bagi la verità e far ciò che è con- forme alla legge e alla dignità delle Digilized by Googli LIBRO DUODBUIMO. 329 l'ose,’ non lasciandoti frastornare mai nè da malizia altrui, nè da opinione, nè da discorso di chi che sia, nè da affezione veruna di quel corpicciuolo che ti è venuto crescendo all’ intor- no : sta a lui che è il paziente a pen- sarci. Or dunque, prossimo o lontano sia per essere il termine della tua vita, se tu, deposto ogni altro pen- siero, non attenderai che ad onorare la parte principale e divina dell’ os- sei’ tuo, e tuo solo timore sarà, non già di dover cessare quando che sia di vivere, ma di non aver per anco incominciato a vivere secondo natu- ra; tu sarai uomo degno del mondo che ti ha generato, non sarai più 1 Le prescrizioni della l^igge sono gene- rali ; la dignità delle cose esteriori serve di guida nell' applicazione della legge. Ta altro modo si potea dire : « ciò che è confor- me alla legge nelle circostanze particolari in che ti’ trovi.» Ma quello è più stoica- mente detto. 0. Per dignità delle cose intendi il loro va- lore ret»tivo. Digitized by Google BICORDI. 330 straniero nella tua patria, non ti maraviglierai più di ciò che accade tutto dì come di cosa insolita; non sarai più dipendente da chi nè da che che sia. *2. Iddio vede tutte le menti de- nudate di questi vasi materiali e in- volucri e sudiciumi. Quelle solo egli attinge colla pura sua intelligenza, le quali da lui scaturite sono deri-^ vate in essi. Se ti avvezzi a far tu pure il medesimo, tu avrai meno di molte distrazioni e perturbazioni. Perchè chi non guarda all’ involucro della carne, si lascierà egli turbare o distrarre alla vista dell’abito, o delle case, o della riputazione, o di altri cosi fatti involucri e addobbi? 3. Di tre cose sei composto : il corpicciuolo, il soffio vitale e la mente. Delle quali le due prime non sono tue se non in quanto tu hai a prenderne cura; la terza, questa sola è tua veramente. Laonde se tu Digitìzcd i / CjJ LIBRO DUODECIMO. 331 rimovi da te, o per dir più proprio dal tuo pensiero, tutte le cose che altri fa e dice in presente, e le pas- sate che tu facesti e dicesti, e le future delle quali 1’ aspqttamento ti turba, e quelle che riferendosi al corpo onde sei circondato e al soffio vitale congenito con esso, sono in te involontarie, e quelle che il vor- tice di fuori va agitando intorno a te, si che pura e sciolta da ogni esterna fatalità la potenza intellet- tiva se ne viva libera da sè, ope- rando il giusto, avendo caro ogni evento qualsiasi, e dicendo il vero; se, dico, tu rimovi da codesta parte dell’ esser tuo tutto ciò che presen- temente le sta come a dire appiccato per mezzo dello appetito sensitivo, e tutto r avvenire e tutto il passa- to, e ti fai siccome quella di Empe- docle « ri tonda Sfera che posa e in suo posar s’ appaga, * Digilized by Google ricordi. 332 e attendi solo a vivere quel tempo che vivi, cioè il presente; ti verrà fatto di passare tranquillamente, no- bilmente e in pace col genio tuo, quello che ti rimane ancora insino al morire. 4. Soventi volte mi sono maravi- gliato che ciascuno arai sè stesso più che non arai qualunque altro uomo, e faccia poi minor conto dei propri giudizi intorno a sè mede- simo, che di quelli degli altri.' Per- chè se a taluno fosse da un Dio che gli apparisse, o da qualche savio maestro comandato che non pen- sasse e non volgesse nulla in mente che tosto, appena ne fosse conscio ' Anche i Pitagorici, benché non ne fa- cessero nn precetto assoluto, raccomanda- vano che ciascuno avesse massimamente ri- spetto a sè medesimo, cioè ai propri giudizi intorno a sè stesso. Tra i versi dorati at- tribuiti a Pitagora, ecco la traduzione di quello che compendiosamente esprime la detta raccomandazione : «Più che di chiun- que altro abbi vergogna di te ste.««so. » P. Digilized by Googl LIBRO DUODECIMO. a sè stesso, noi manifestasse; noi sosterrebbe pure un solo giorno. Tanto abbiamo noi maggiore rispetto a ciò che di noi potrà pensare il vi- cino, che a ciò che ne pensiamo noi stessi. 5. Come mai avendo gli Dei pro- pizi all’ uomo ottimamente ordinato * ogni cosa, questo solo lasciarono passare inavvertito, che anco i mi- gliori fra gli uomini, quelli i quali entrarono, sto per dire, in più stretta alleanza colla divinità, e per la pietà e santità loro vissero in più intimo commercio con essa, quando una volta sian morti, non abbiano più mai a rivivere, ma sieno spenti per sempre? Se tale è veramente la condizione di tutti gli uomini indi- stintamente, abbi per indubitato, che ove avesse dovuto essere altrimenti, avrebbero gli Dei altrimenti ordina- to : perchè se un ordine diverso fosse stato giusto, sarebbe anche Digitized by Google 334 BIGOBDI. Stato possibile ; e se fosse stato se- condo natura, la natura lo avrebbe recato ad effetto. Ora dal non essere le cose in questi termini, supposto che veramente non sieno, tu hai a trarre argomento che non dovea es- sere altrimenti da quello che è. Per- chè tu vedi pure che mentre tu vai facendo queste investigazioni, tu . disputi del diritto con Dio; la qual cosa non faremmo con gli Dei, se essi non fossero ottimi e giustissimi ; e tali essendo, non possono aver mai tollerato nè lasciato correre inavvertitamente nell’ ordinamento del tutto, nulla che fosse ingiusto 0 irragionevole. 6. Vienti esercitando anche in ciò a che tu credi aver poca attitudine. La mano sinistra, la quale per di- fetto di esercizio è disadatta ad altri uffici, tiene il freno più saldamente che noi faccia la destra, perchè a ciò fu esercitata. Digilized by Google LIBRO DUODECIMO. B35 7. In che stato debba essere l’uo- mo, e rispetto al corpo e rispetto all’ anima, al sopraggiungere della morte ; ' la brevità della vita, l’abisso del tempo passato e del tempo avve- nire, la debolezza di tutta la materia. 8. Osservare le cause denudate della loro corteccia; il fine delle azioni; che sia il dolore, che il pia- cere, che la morte, che la gloria; chi sia quegli che è cagione di tra- vagli a sè stesso; siccome nissuno è mai impedito da altrui; che tutto è opinione (34). 9. Nel far uso dei precetti della filosofia, fa’ di rassomigliare piutto- sto al pugillatore che al gladiatore ; perchè questi, lasciata cadere la spada, vien morto ; ma quegli ha la destra sempre, e non gli è mestieri d’altro che di chiudere e scagliare il pugno. 1 Sottintendi: contidera. P. Digitized by Google RICORDI. 386 fO. Vedere quali sono le cose in sè stesse, risolvendole nei loro elementi, la materia, la causa, il fine. H. Che potere ha 1’ uomo ! di non fare se non ciò solamente che Iddio sia per approvare, e di accettare tutto che Iddio sia per inviargli. Ciò che è conforme alla natura.* 12. Non ti dolere degli Dei, per- chè gli Dei non peccano nè volon- tariamente nè involontariamente; nè degli uomini, perchè gli uomini non peccano mai se non malgrado loro. Di nessuno dunque ti devi do- lere. « 13. Quanto è mai ridicoloso e nuo- vo colui che si maraviglia di al- cuna delle -cose che accadono nella vita ! • In tutte le edizioni che io conosco si incomincia con questa frase il paragrafo se- guente; ma non si fa alt^o che guastarvi il senso. P. Dìgilized by Google LIBRO DUODECIMO. 387 14. O necessità fatale e ordine di cose impreteribile, o‘ provvidenza esorabile, o confusione a caso e senza governo. Se necessità inflessibile *, a che resisti? Se provvidenza esora- bile ; fa’ che tu sia degno dell’ aiuto divino. Se confusione senza governo; pur beato che in tanta tempesta tu hai dentro di te una mente gover- natrice. Che se la bufera ti rapisce seco, rapisca a sua posta il corpic- ciuolo e la parte animale di te e cotali altre cose; non potrà rapir seco la mente. ' 15. Che ? il lume della lampada, fmch’ ella non si estingue, risplende e non perde della sua luce; e in te, prima che la vita si spegneranno la verità, la giustizia, la temperanza? 10. Quando altri ti dà materia a supporre che egli abbia permeato, di’ teco stesso : come so io che ciò sia un peccato? E se è peccato, ch’egli non siasi già condannato da per sè ? Mirco Aurelio. S2 Digitized by Google 388 • RICOBDl. il che h come nn graffìarsi il pro- prio volto. ' Pensa ancora che il non volere che il dappoco erri, è un non volere che il fico acerbo abbia lat- tifìcìo, che i bambini vagiscano, che il cavallo annitrisca, ed altri simili effetti naturali e necessari. — E che può egli fare in cotale disposizione ? Se tu sei da tanto, incomincia a cu- rar quella. 17. Se non è giusto, noi fare; se non è vero, noi dire : perchè la tua volontà è libera. 18. Esaminare in ogni incontro che è la cosa che fa impressione in te, ed esplicarla distinguendovi la causa, la materia, il tempo entro il quale avrà a cessare.* * Seneca, De ira, IH, 26: € Nulla maior pccna neqnìtiie est-, quiim quod sibi displi- cet. » Conferisci IV. 6. P. - Con questo paragrafo finisco Pinterpro' taziono lasciata dalPOrnato, la quale, tran- ne i luoghi indicati, io ho fodcljnonto .seguita noi mio volg-arizzamento dal § 42 del lib. VI, Digìlized by Google LIBRO DUODRCIMO. 830 19. Accorgiti finalmente che tu hai in te stesso alcun che di più potente, di più divino che non sia ciò da cui si generano gli affetti e che al tutto ti trac qua e là come per ima fu- nicella. Che è ora la mia mente? Non è ella timore? Sospetto ? Cupi- dità, 0 altra cosa cotale? 20. Primieramente nulla si faccia a caso, nè senza uno scopo. Poi, nulla sia riferito ad altro fine che a quello universale e civile di tutta 1’ umanità. 21. Che in breve tu non sarai più, nè alcuna delle cose che vedi, nè alcuno di quelli che ora vivono. Per- chè ogni cosa nacque per alterarsi, mutarsi o morire, affinchè altre pos- sano nascere secondo T ordine di successione. fin qni. Quanto all' interpretazione dei pa- ragrafi che seguono, l'Ornato lasciò sola- mente due otre note delle quali sarà parlato al loro luogo. P, Digilized by Google 340 RICORDI. 22. Che tutto è opinione, e questa è in poter tuo. Adunque togli via, quando ti piaccia, l’opinione, e come navigante che appena superato il passo di un promontorio, trovasi in acque tranquille; così tu ti troverai in perfetta calma e, come a dire, entrato in un seno non agitati) da .alcun flutto. 23. Una azione qualsivoglia, quando cessa a suo tempo, non patisce al- cun male per la cessazione. Ancora r autore dell’ azione, per la medesi- ma cessazione, non patisce alcun male. Medesimamente il complesso, 0 vogliasi dire la serie di tutte le azioni, che è quanto dire la vita, quando cessa a suo tempo, non pa- tisce alcun male per la cessazione, , nè ancora chi cessa da questa serie di azioni, soffre per ciò alcun male. Il tempo proprio poi è determinato dalla natura: talvolta dalla natura .particolare, quando avviene nella Digitized by Google LIBRO DUODECIMO. 341 vecchiezza, ma ad ogni modo dalla natura dell’ universo: le cui parti trasformandosi e rinnovandosi del continuo, ne segue che sempre nuovo e sempre giovane si conserva nella sua totalità il mondo. E bello sem- pre e tempestivo è ciò che profitta al tutto. Adunque la cessazione della vita non è un male all’ uomo indi- viduo, poiché non è cosa disonesta, come quella che non dipende dal- r arbitrio di lui, nè ripugna al fine universale e sociale della umanità; ed è in sé stessa un bene, perchè è tempestiva e profittevole al tutto e armonizzante con esso. E similmente è divino r uomo che è mosso nella medesima direzione e verso i mede- simi fini che Iddio, ed ha caro di essere mosso verso questi fini e in « questa medesima direzione.* * Tutto questo periodo è nel testo gre- co oscurissimo e diversamente inteso dai comontatori. -r Chi è grecista vegga nella Digitized by Google U2 RICORDI. ':i4. Queste tre cose non dimenti- care : in primo luogo, per rispetto a ciò che tu fai, che nulla sia fatto a caso nè altrimenti che si farebbe dalla giustizia in persona; e per rispetto agli avvenimenti esteriori, sieno essi effetti del caso o della Provvidenza, che non vuoisi mai nè incolpare il caso, nè mormorare con- tro la Provvidenza. In secondo luo- go, qual sia ciascun vivente dal mo- mento della fecondazione sino a quello della animazione, e da quello della animazione fino a quello in cui cessa la vita,' e di che elementi sia nota a questo paragrafo nell' edizione di To- rino le ragioni della nostra interpretazione diversa da tntte le precedenti. P. 1 Bene ricorda qui il Gatakero com'egli era opinione degli stoici il feto non essere animato fino al momento in cui ^sce dal seno materno. Fino a quel momento essi consideravanlo come parte del corpo della iinadre, come un ramo vegetante sul tronco dell'albero a cui appartiene. Abbiamo ve- duto (vedi la nota (26) in fine del volnme) Digitized by Googl LIBRO D0ODKOIMO. 343 composto e in quali sia per risol- versi. In terzo luogo, che se tu le- vato in altissima parte vedessi di là tutte le cose umane e la grande varietà loro, e vedessi ad un’ ora quanta sia la moltitudine degli es- seri aerei ed eterei che popolano gli spazi all’ intorno; per quante volte che tu venissi cosi levato in alto, vedresti pur sempre le me- desime cose, la somiglianza ^ che sempre hanno fra loro e la breve durata di tutte. Di cotali cose insu- perbisci? 25. Espelli da te T opinione, e sei salvo. Chi dunque ti impedisce que- sta espulsione ? 26. Quando stai di mala voglia per cagione di qualsisia cosa o persona, tu dimentichi che tutto succede se- come gli stoici fossero ignoranti di anato- mia: lo erano ancora più di fisiologia. P. . 1 Intendi le succedenti rispetto allo an- tecedenti. P. D^itized by Googte 344 BICORDI. condo la natura dell’ imiverso ; che l’altrui colpa è male altrui; e inol- tre che le cose che avvengono sono sempre. avvenute e sempre avver- ranno, e avvengono ora in ogni luo- go al modo stesso; e ancora tu di- mentichi quanto intima sia la pa- rentela che ha ciascun uomo con tutta la famiglia umana : perocché non di sangue o di seme, ma è co-^ munanza di mente. Tu dimentichi ancora che la mente di ciascun uomo è divina e da Dio scaturita; che nulla è proprio di nissuno, ma e il figlio- lino, e il corpicciuolo e Tanimuccia stessa, tutto venne da quello. Tu di- mentichi finalmente che tutto è opi- nione ; che ciascuno vive solo il mo- mento presente, e perde solo il momento presente. 27. Recati spesso al pensiero co- loro i quali di alcun che fieramente adiraronsi, coloro che per grandis- simi onori, o sventure, o inimicizie, Digitized by GcX)gIe LIBRO DUODECIMO. 345 o altre fortune quali si fossero, di- vennero illustri ; poi- chiedi a te stesso; ora dove sono? Fumo, ce- nere, languido romore di” fama, o neppur questo. Poi ti occorrano alla mente tutti questi cotali ; Fabio Ca- tullinOjin villa, Lucio Lupo negli .orti, Stertinio a Baia, Tiberio nel- r isola di Capri, Rufo a Velia, e, per dire in somma, tutte queste diverse inclinazioni verso checchessia gene- rate dall’ opinione; e quanto sieno di poco pregio in sè medesime tutte queste cose che con tanto studio si ricercano; e quanto sia più da filo- sofo il saper far buon uso delle cir- costanze qualunque esse sieno, o per dir più proprio, della materia quale ‘ ci è data, serbandoci sempre giusti, temperanti e con semplicità obbe- dienti a Dio. Perchè 1’ orgoglio del- umiltà è di tutti il più abbomi- nevple. l28. A colóro che ti chiedono dove Digitized by Gopglc RICORDI. S46 tu iibbia veduto gli Dei e donde avuto certa notizia dell’ esser loro, perchè tu abbia a venerarli -/rispondi primieramente : « anche alla vista sono percettibili;' » e poi: « nè an- cora la mia mente veggo io, e non- dimeno io l’ho in onore: e così da quelli effetti che mi rivelano la loro potenza argomentando che essi sono, venero io gli Dei. » 29. Salvezza di tutta la vita è il vedere ciascuna cosa quale sia in sè stessa, quale la materia di essa, quale la ' causa ; e attendere con tutta r anima a operare il giusto e a dire il vero. Poi, che ti rimane a faie, se non se godere della vita, facendo senza ristare che un bene succeda ' Opportunamente avverto qui il Gatakero come Antonino potesse, stoicamente, dire benissimo, gli Dei essere visibili anche al- r occhio, poiché il mondo primieramente era per essi il Dio supremo; e poi fra gli Dei generati essi veneravano il sole, gli astri, gli elementi eo. Digilized by Google LIBRO DUODECIMO. * 347 immediatamente ad un altro, non lasciando fra due neppure un me- nomo intervallo ? ' 30. Una è la luco del sole, ancora che divisa all’ infinito da pareti, da •monti, da altri obbietti innumerevoli. Una è la materia comune, ancora che divisa in una moltitudine innu- merevole di corpi, ciascuno dei quali ha le proprie qualità. Una è la vita, ancora che distribuita in una molti- tudine innumerevole di nature par- ticolari. Una è r anima intelligente, ' ancora che sembri divisa in tante unità. Ora tutte le altre cose sopra- scritte, esseri organici viventi ed es- seri privi di vita; non hanno comu- < Intendi: Quando tu sia ben risolato di non attendere ad altro chò ad operare il giusto e a dire il vero, non avrai più briga alcuna, e non avrai che a godere della vita; il qual godimento consiste appunto nel dire il vero e praticare la giustizia; e il godi- mento .sarà continuo, se tu non cessi un momento dalle azioni virtuose che sono il vero bene. P. Digitized by Coogle BICORDI. * 348 nanzà fra loro nè corrispondenza alcuna di sensibilità, sebbene anche ad esse il respirare e il gravitare verso un centro sia a tutte comune.’ Ma alla mente è proprio il tendere verso ciò che le è congenere, e con • esso ella si unisce, nè può essere esclusa da lei questa corrispondenza di affetti e di sensi. 31. Che brami? Campare? -« Non questo. — Che dunque? Aver sensa- zioni, moto, incremento, appetiti? Far uso della facoltà della parola, di quella del raziocinio? (35) E che di tutto ciò ti sembra degno da de- siderare ? Se ciascuna di queste cose ti sembra dunque in sè poco prege- vole, volgiti à quella che sola rima- ne, al seguire la ragione e Dio. Ma a questo culto ripugna eh’ e’ ti gravi * Il testo in questo luogo è certamente corrotto. Chi ' vuol vedere come sia stato emendato e quindi interpretato dair Ornato in una lunga sua nota, ricorra all' Adizione di Torino. P. Digitized by Google LIBRO DUODECIMO. 34^ il dover essere per la morte escluso dalle cose dette dianzi. 82. Qual particella del tempo in- finito fu assegnata a ciascuno? Tosto perderassi nell’ eternità. Qual parti- cella di tutfii la materia? Qual par- ticella di tutta l’anima? Sopra qual particella di tutta la .terra ti vai strascicando? Questi pensieri ti ri- . cordino che non hai a fare gran caso di nulla, fuori l’operare se- condo che la natura ti guida, e tol- lerare tuttociò che la natura comune ti arreca. 33. Che uso fa di sè stessa la mente? Questo è il tutto per te. Tutto il rimanente, sia o non sia sottoposto alla tua volontà, è per te cadavere e fumo. 34. A farti disprezzare la morte gioverà il pensare come anche co- loro che ebbero il piacere per un bene e il . dolore per un male, non di meno la disprezzarono. BICORDI. 850 35. A colui al quale ciò solo che è tempestivo è un bene, «poco im- portandogli il maggiore o minor numero di azioni virtuose che sa- ràgli concesso di compiere, a co- lui, dico, la morte non ha nulla di pauroso. 36. O uomo, facesti le tue parti di cittadino in questa grande città; che rileva a te se per cinque o solo tre anni ? Ciò che è secondo la legge, è giusto ed equo per tutti. Come puoi dunque rammaricarti se sei riman- dato, non da un tiranno, non da un giudice iniquo, ma dalla natura che ti avea introdotto, non altrimenti che un attore è rimandato dalla scena dal direttore della commedia che ve lo avea chiamato? -- Ma io non ho recitato i cinque atti. — Bene dice- sti ; ma nella vita anche tre atti ba- stano a compiere il dramma. Per- ciocché chi ne determina il fine, è quel medesimo che allora fu autore Digilized by Google LIBRO DUODSOIKO. -i5t della plasmazione, cd ora ò della dissoluzione : tu non fosti autore nè dell’ una nè dell’ altra. Vattene dun- que in pace e contento, chè quegli ancóra che ti accommiata è contento e propizio. ¥ Digilized by Google Digitized by Google NOTE: Pag. 29, ]. 12. (1) Due difetti, 0 cattivi abiti, nota q^ui e contrappone Antonino: l’uno, del lasciarci guidare unicamente dalle im- pressioni che fan su di noi gli oggetti esterni, divagando da questo a quello secondo che quello ci attrae più forte- mente che questo: l’altro del lasciarci guidare unicamente dai pensieri o idee che ci vengono in mente a caso, seguendo quelli che eccitano più la nostra atten- zione: due stati passivi, dove l’uomo « non esercita punto la volontà, nè l’in- telletto, ma segue ciecamente, nel primo, il caso esterno, o nel secondo, il caso M.irco Altri lio. 28 Digitized by Google RICORDI. 854 eh’ io chiamerò interno, cioè quella che è stata nomata di poi legge di asso- ciazione delle idee : due stati quindi dove Tuomo non ha scopo; il primo de’ quali ha luogo nella vita puramente animale, e il secondo nel sogno: quello, proprio del giovane troppo dedito al senso; questo, del vecchio rimbambito. E quindi, dopo avere esortato sè stesso a fuggire il difetto del giovane, si esorta a fuggire quello del vecchio. Il carattere che fa riconoscere il vecchio per rim- bambito è il vaneggiare, cioè il parlar senza costrutto, ripetendo il già detto. Ma Antonino avverte sè stesso che l’uomo può essere rimbambito già an- che quando non parla ancora senza co- sti itto, non vaneggia ancora in parole, se egli fa delle azioni senza costrutto, o vaneggia nelle azioni: il che ha luogo ogni volta che esse azioni non sono collegate tra sè, non hanno unità, cioè non sono riferite tutte ad uno stesso ed unico scopo. Vedi XI, 21. 0. Digitized by Googlc NOTK. 355 Pag. 84, 1. 14. ( 2 ) Questo lodare la compassione (e Antonino sarà più esplicito in altri luo- ghi), senza aggiungere con Epittcto che ella debba essere puramente esteriore e non di cuore, è certamente una con- tradizione al principio stoico: la com- passione essere^ come tutti gli altri affetti; un moto irragionevole delV anima, e con- trario alla natura, il saggio non essei'c accessibile alla compassione; una con- tradizione a ciò che è detto in questo medesimo §, dovere il saggio mantenere il suo genio interno netto da passione; ma è una di quelle contradizioni ma- gnanime per le quali il cuore corregge talvolta gli errori dell’intelletto. Sul punto particolarmente della compas- sione, come su quello dell’aifezione versò gli amici e i congiunti e verso tutti gli uomini (vedi I, 13, 14; VI, 39; X, 36) era Antonino uno stoico poco fedele ai principii della sua scuola, e seguiva piuttosto Platone e Aristotele, i quali Digitized by Google RICORDI. 356 insegnavano il sentimento della pietà essere il carattere distintivo delle belle e grandi anime; e quel detto di Fo- cione, conservatoci dallo Stobeo: non togliete nè Voltare dal tempio y nè dalla natura umana la compasnione. F< in questa deviazione, almeno in pratica, dal ri- gore dell’antica dottrina del Portico, Antonino era stato preceduto da altri stoici illustri così greci come romani: il che non potea non avvenire, perchè secondo un antico senario greco, il cuore soltanto del malvagio non è capace di essere ammollito. E però il severissimo Catone, già deliberato in quanto a sè di morire, pianse, come narra Plutarco, per pietà di tutti quelli amici e con- cittadini suoi che eransi pur dianzi affidati ad un maro procelloso per non lasciarsi cogliere in Utica da Cesare vincitore, come avea pur pianto alcuni anni innanzi per un fratello amatissimo, quando trovandosi esso Catone al co- mando di una legione in Macedonia, alla novella che il detto fratello era mo- Digilized by Google NOTE. 357 reute in Enos città della Tracia, salpò immantinente con piccolo e fragil legno da Tessalonica, contro l’avviso di tutti i nocchieri, per un mare tempestosis- simo, e giunto in Enos trovò il fratello già spento (Plut., vita di Catone, XI). E pianse certamente Cornelio Tacito, benché stoico anch’egli, quando, dopo aver narrato come era vissuto e morto, non senza sospetto di veleno, Giulio Agricola suo suocero, aggiungeva queste patetiche parole: « Beato te. Agricola, che vivesti sì chiaro e moristi sì a tempo : abbracciasti la morte con forte cuore e lieto ; quanto a te, quasi scol- pandone il principe. Ma a me e alla figliuola tua, oltre all’acerbezza dell’ a- ver perduto un tanto padre, scoppia il cuore che non ci sia toccato ad assi- stere nella tua malattia, aiutarti man- cante, saziarci di abbracciare, baciare, affissarci nel tuo volto; avremmo pure raccolti precetti e detti da stamparli nei nostri animi. Questo è il dolore, il col- tello al nostro cuore. — Senza dubbio. Digitized by Googlc RICORDI. 358 0 ottimo padre, per la presenza della moglie tua amatissima, ti soverchiarono tutte le cose al farti onore; ma tu se* stato riposto con queste meno lagrime, e pure alcuna cosa desiderasti vedere al chiudere degli occhi tuoi. » (Tradu- zione del Davanzati). P. ' Pag. 50, 1. 19. (3) Fra le varie divisioni dei beni appo gli stoici, l’una è questa, che dei beni altri sono finali, altri efficienti, altri e finali insieme ed efficienti. I beni finali sono parte della felicità e la costituiscono : gli efficienti solo la procurano : i finali ed efficienti insieme e la procurano e sono parte di quella. Del primo genere sono la letizia, la li- bertà deir animo, la tranquillità, ecc. Del secondo, l’uom prudente ed amico; del terzo, tutte le virtù. L’uom pru- dente ed amico è un bene efficiente, perchè muove con la sua diapoaizion razionale la tua diapoaizion razionale (lib. V. 28), cioè è occasione a te di Digitized by Googl NOTE. 859 buone azioni. E nello stesso modo è un bene di quel secondo genere ogni cosa, o sia pensiero o altro, che è occasione a te per camminare verso la perfezione. Di questo bene parla ora Antonino. Il quale, per lo esser solo efficiente, e non finale, cioè pel non essere accompagnato ancora da quel sentimento intimo di gioia perfetta che costituisce la felicità, non attrae invincibilmente il tuo volere; ed è necessario quindi, perchè operi ve- ramente sull’ uomo,* che questi si sot- tragga da tutte le altre cose che ne lo possono sviare (conferisci quello che ne insegna la teologia intorno alla gra- zia). E quando Antonino chiama questo bene razionale (che è attributo generale del bene appo gli stoici), il fa per op- posizione al preteso bene degli Epicurei, che è sensibile. Seneca, epistola ultima : « Chi riguarda il piacere come sommo bene, giudica che il bene sia sensibile : noi il giudichiamo intelligibile. » E più sotto: « Non è bene dove non è ra- gione. » Tutte queste cose era neceà- Digitized by Google BICORDI. 360 sa rio notare per ìscliiarimento e con- formazione del testo, dove la maggior parte dei cementatori ed interpreti ha voluto cangiare la parola efficiente in civile 0 vuoi sociale^ con manifesto danno del senso e del pensiero di Antonino. 0. Pag. 73, 1. 4. X (4) Dispensazione^ in greco economia^ vale generalmente governo della casa, amministrazione. E perchè molte cose si fanno pel governo della casa, le quali da per sè sole non si farebbero (come per esempio il risparmiare certe spese perchè le sostanze famigliar! sopperi- scano al mantenimento di quella), quindi è stata applicata questa voce ad ogni cosa che si faccia con fine provviden- ziale, benché sia di nessun pregio in sè od anche noiosa; come p. e. il ga- stigare i rei. È usata sovente in questo senso dagli scrittori greci e latini di tarda età, e stoici ed altri, e massima- niente dai padri della Chiesa. È tra noi disusata perchè è disusato il concetto Dìgilized Ijy Google NOTE. 361 eh’ ella esprime. Ma per provare la sua antica cittadinanza in Italia allegherò il passo seguente del Cavalca, l’ultimo dei citati sotto essa voce nel V. della Crusca (Medicina del cuore): Per di- vina dispensazione avviene che, per li pessimi vizi e gravi, grave e lunga tri- bolazione ed infermitade arda e salvi r anima. » 0. Pag. 100 , 1 . 6 . (5) Da una nota dell’ Ornato credo che, quando la scrisse, inclinava^ per l’ interpretazione di questo luogo, a dar ragione allo Xilandro contro i posteriori. Se non mutò poi di parere, il senso di questa espressione con libertà di parole^ dovrebbe essere liberalmente^ cioè con liberalità di parole, o generosamente ^ poi- ché così anche lo Xilandro intende lo £À6u0£.'iu)5 del testo. E con questo racco- mandare la generosità nelle preghiere, Antonino intenderebbe, come osserva il Gataker, di biasimare le preghiere che non mirano che all’interesse proprio di 9 Dìgitized by Googic 362 RICORDI, chi lo fa. E però loda quella preghiera degli Ateniesi, i quali, al dire di Pau- sania, solevano pregare non solo per tutta l’Attica, ma anche per tutta la Grecia. P. ^ Pag. 131, 1. 9. (6) AUto^ nel senso peripatetico e scolastico, è V affezione costante deWente: e per quel carattere di costanza si di- stingue dalla disposizione^ che è varia- bile. Appo gli stoici è la forza o virtù che mantien l’ente in quella affezione costante; o, siccome essi favellano, < è 14 ) spirito (intendi aria) che mantiene U corpo e il contiene: » perchè l’ente ò corpo appo loro. « La mente dell’ uni- verso, diceva Zenone, penetra per tutte le cose particolari e le mantiene e go- verna : ma non tutte nel medesimo modo: perchè nelle une si manifesta come abito (pietre, legni); nelle altre come natura (intendi principio organico mero: piante, alberi); nelle altre come anima (prin- cipio animrle mero: bruti); nelle altre Digilized by Googl 9 NOTB. 368 ancora come mente e ragione (anima ragionevole universale e sociale appo Antonino; uomini). » — Le cose gover- nate dair abito sono adunque i corpi dove non è altro principio costituente che il generale di corpo : dove per con- seguenza non è altro carattere distin- tivo che quella affezione (modo d’es- sere) costante por cui sono il tal corpo anziché il tal altro. Sono la classe in- fima e generalissima di corpi , che noi chiamiamo inorganica. Nelle cose go- vernate dalla natura, oltre al carattere generale di corpo v’ ha già il carattere d’organizzazione. Nelle cose governato dall’anima, oltre al carattere di cor- poreità e di organizzazione, v’ha di più quello di animalità ecc. Le classi si van cosi ristrignendo e innalzando sino al- r ultima, che ha per carattere la razio- nalità. 0. Pag. 164, 1. 7. (7) In questo § il testo è. in più d’un luogo corrotto, e verìsimilmente havvi Digitized by Google RICORDI. 364 anche qualche lacuna. Non potrei dire precisamente quali sieno le emendazioni seguite 0 fatte dall’ Ornato, perchè una sua lunghissima nota sulle difficoltà di questo paragrafo, oltre che è piena di cancellature e in gran parte non intel- ligibile, è anche manchevole, essendone stato lacerato via, non so da chi (forse dall’ Ornato. medesimo per aver mutato parere), un mezzo foglio. Nel voltare in italiano io mi sono discostato il meno possibile dalle parole stesse dell’ Ornato, e ho serbato inalterato il senso della sua interpretazione. P. Pag. 168 , 1 . 9 . (8) Questo paragrafo, essendo corrotto in più luoghi, dei quali l’ emendazione fu inutilmente tentata finora, è diversa- mente inteso dagli interpreti. L’ Ornato lasciò scritto al principio di una lunga nota: «di questo veramente corrotto paragrafo non so che partito trarre. » La sua interpretazione che io seguii nel volgarizzamento vuol dunque essere Digllized by Google NOTE. 365 accettata con quella medesima riserva con che egli la propose. P. Pag. 170, 1, 18. (9) La parte che segue di questo para- grafo è assai guasta, e fors’ anche muti- lata. L’Ornato non la tradusse in alcun modo, riserbandosi di farlo quando avesse trovato una correzione che gli piacesse : intorno a che lasciò molte note. Nel mio volgarizzamento ho letto il testo come fu letto dallo Schiiltz, non perchè egli approvasse in tutto quella lezione, ina perchè non seppe trovarne una mi- gliore. P. Pag. 171, 1. 10. (10) Il testo di questo paragrafo è cor- rotto, e chi corregge in un modo e chi in un altro, e chi ancora difendo la vulgata. Io ho seguito quella fra le molte e varie emendazioni, dalla quale parvemi almeno di poter trarre un senso chiaro. Chi volesse studiar meglio questo luogo nel testo, conferisca VI, 4, 10: VII, 50: Vili, Digitized by Google RIGOBDI. 366 17, 25; IX, 39; X, 7. Poi sensori tutto il paragrafo conf. anche V, 33, e Seneca epist. 65; « More quid est? aut finis, aut transitus. > P. Pag. 192, 1. 15. (11) Tutti gli interpreti che io co- nosco finora, compreso anche il Gata- kero, il quale nondimeno si scosta dal vero meno che gli altri, pigliano qui il granchio (fan pietà il Dacier o il Joly che seguono ciecamente il Gasauhono, come fa pure il Barberini: il Milano poi è la stessa pecora sempre, il tedesco Hoffmann erra men grossamente col Ga- takero), confondendo insieme, siccome fossero una sola cosa, la toù 3Xou (fùaiv e il ToO xóojjiou ’hys.uQvixdv ; quando anzi nella distinzione di queste duo cose è fon- dato il senso di tutto il paragrafo. La toO SXou qjvlcjis è la potenza creatrice o faci- trice primitiva; lo •óyepwvixòv toO xóopiou è la potenza governatrice, dipendente da quella prima, generata, o formata da quel- la prima: siccome la natura dell’ uomo Digitized by Google NOTB. 367 forma l’nomo, cioè la mente dell’nomo non meno che il corpo ; e la mente deH’uomo poi gOTema il corpo. Il senso adunque di tutto il paragrafo è questo : La natura dell’universo decretò, determinò con de- liberazione ragionevole il mondo, dan- dogli, per così dire, un corpo ed una mente. Ora, o questa mente, a cui è affidato il governo del mondo, segue la ragione (perchè la mente nel senso dello ^ìf£|jiovixbv può anche talora essere sra- gionevole); e allora tutte le cose che ella fa, sono quali le ha determinate generalmente dà principio la natura formatrice del tutto, sono involute in quella prima determinazione, sono con- seguenza necessaria di quella prima de- terminazione, ecc. ; ovvero essa mente non segue sempre la ragione, e allora essendo essa soggetta a capriccio, dovrà accadere che non solamente le cose di minor conto che ella fa, ma anche le cose principali sieno sragionevoli. Ma noi non veggiamo mai che nelle cose principali ella sia sragionevole; dunque Digitized by Google RICORDI. 368 non può essere sragionevole nè anche in quelle di minor conto; dunque tutte le cose vanno secondo ragione. 0. Godo di aver potuto deeiferare nel manuscritto dell’Ornato e quindi trarre in luce la precedente nota (la cui reda- zione sarebbe certo migliore se l’ autore avesse potuto ripulire e pubblicare egli stesso il suo lavoro); perchè l’inter- pretazione e illustrazione contenuta in essa è ingegnosissima, naturalissima e confermata da tutto quello che cono- sciamo della fisica degli stoici. La na- tura universale (n toù óXov (pdcjts), la potenza facitricc 0 creatrice, come dice l’Ornato, è il Dio puro, il quale trae l’universo dalla sua propria sostanza, è l’unità assoluta senza distinzioni e di- versità di parti, è la natura naturane; la potenza governatrice, la mente che go- verna il mondo (TÓrìysixovixóv toù xó^jxou), generata da quella prima, è all’incontro, nell’attuale diversità delle cose,' nella nauìra naturata, nel mondo propriamente detto e composto di anima e di corpo, Digitized by Googl NOTE. 369 è, dico, la provvidenza, l’anima di esso corpo (vedi la nota al § 7 del lib. X). — Al novero degli interpreti che fran- tesero questo § è ora da aggiungersi Mr. Alexis Pierron, che pubblicò la sua traduzione dei Ricordi un anno dopo la morte dell’ Ornato. Ed è tanto più da stupire che il sig. Pierron abbia egli pure sì mal compreso, in quanto che, avendo egli già prima tradotto la Me- tafisica di Aristotele, dovea essere suf- ficientemente versato nelle dottrine filo- sofiche delle principali scuole della Grecia. P. Pag. 203, 1. 22. (12) Quasi tutti i traduttori hanno franteso questo luogo, pigliando l’iwoia per intelletto^ ragione^ e traducendo quin- di: vide ne intellectus hoc feraf.... il senso letterale, aggiungendo ciò che è sottin- teso, è: vedi se la nozione (che tu hai di te stesso come uomo) soffre cotesto, soifre cioè che tu dica esser nato a goder dei piaceri. 0. Marco .Parelio. ìk Digllized by Google RICORDI. 370 M. Alexis Pierron, seguendo l’ esempio di tutti i suoi predecessori, pigliò an- ch’egli Vhvo'.a per intelletto tradu- cendo: vota a' il y a du bon aena à le prétendre. P. Pag. 209, 1. 21. (13) Colia bontà delle singole azioni vuotai procacciare di ben comporre la vita. Il testo c brevissimo : l’ Ornato talvolta troppo fedele alla lettera e studioso di conservare tutta la brevità dell’ origi- nale, avea tradotto: ai vuol comporre la vita mettendo inaieme le azioni ad una ad una; poi comporre inaieme la vita accozzando le azioni ad una ad una; poi allogando le azioni ad una ad^ una. Non credo che so avesse potuto ripu- lire e terminare egli stesso il suo la- voro, si sarebbe contentato di alcuno di questi tre modi, che tutti peccano di oscurità e di ambiguità. A costo dì essere men breve, io ho creduto di dover essere piò chiaro non solo in questa frase, ma in tutto questo paragrafo, Digilized by Google NOTE. 371 svolgendo un poco il concetto dell’au- tore siccome io l’intendo. Conferisci IV, 1; V, 20; Vili, 32. P. Pag. 212, 1. 19. (14) Quasi tutti gli interpreti fran- tendono. 0. Nel novero degli interpreti che fran- tesero questo luogo comprendi ora an- che Mr. Al. Pierron, che sdgue docil- mente- jl Gataker e lo Schultz. L’errore sta nel legare Io i^’oioy ctv xoti up^rìae col ófUTw che precede ; laddove si riferisce all’azione alla quale l’animale ragionevole tendea e nella quale è stato impedito. E ciò pare che abbia poi ca- pito lo Schultz nella sua seconda edi- zione del testo greco, avendo egli posto una virgola dopo il óutù. P. Pag. 216, 1. 7. (15) Se tu vo/eafi ftema la debita ri- tterva . . , che da lei etesaa; cioè a dire: se tu volesti assolutamente e non a - condizione soltanto che la cosa fosse f Digitieed by Coogle 872 ftICORDL r t)Ossibile; questo atto della tua volontà fu veramente un male, perchè, come è detto altrove (IV, 1; VI, 50), l’ animai ragionevole non dee voler nulla che non sìa in poter suo, ed anche il bene re- lativo, non dee volerlo se non se con- dizionalmente, cioè in quanto sia pos- sibile; rimpossibilità essendo per gli stoici sinonimo di non voluto dalla na- tura e dal destino, al quale il savio non dee ripugnare. Che se poi la cosa voluta da te fu una di quelle che non sono pur buone in senso relativo, e quindi il volerla fu un appetito, pren- dendo il vocabolo volere nel significato volgare, cioè un moto del senso, piut- tosto che della volontà ragionevole; tu non ricevesti nocumento nè impedimento veruno: perchè tu non sei «erwo, ma bensì mento, ragione o volontà razio- nale, (V. la nota al § 26 del lib. X), e come tale, in quanto operi secondo la tua propria natura non puoi essere impedito da nissuna forza esteriore. — Così intendo questo luogo, così certa-: Digitized By Cooglt NOTE. 373 mente è stato inteso dall’ Ornato (assai diversamente dagli altri interpreti che io conosco, il Gataker, lo Schultz e ul- timamente il Pierron), e questo senso ho procurato, di esprimere traducendo. L’Ornato lasciò una breve nota a questo luogo, ma in essa non fa che avver- tire le difficoltà del tradurlo, stante la povertà dell’italiano ,comparativameute al greco, e scusare l’ oscurità e l’ ambi- guità della traduzione tentata da lui. P. Pag. 226, 1. 2. (16) Di tutto questo paragrafo l’Ornato avea fatto quattro tentativi diversi di traduzione, tutti laboriosissimi, come appare dalle molte cancellature e corre- zioni. In margine alla quarta od ultima prova scrisse: Sta qui fermo, perche farai peggio se cangi. Non fu quindi senza molto bilanciare che mi risolsi a fare io, come feci, una quinta prova, essendomi sembrato che il miglior par- tito fosse qui di tradurre letteralmente, e spiegare i sensi del testo nelle note. Digitized by Coogle RICORDI. 374 Ad illustrazione del senso stoico di tutto il paragrafo ricordiamoci priiniera- inente che secondo gli stoici: c Dio, con- siderato dal lato fisico, è la forza motrice della materia, è la natura generale, e r anima vivificante del mondo; conside- rato dal lato morale, è la ragione eterna che governa e penetra l’universo, è la provvidenza benefica, è il principio della legge naturale che comanda il bone e proibisce il male. » Ricordiamoci ancora che l’aria, come uno dei due elementi attivi e parte essa stessa della sostanza divina, ò dagli stoici considerata come il principio della vita sensitiva. Dice adunque Antonino : non contentarti ora- mai di essere unito con Dio a quel modo solamente che sono uniti con lui gli esseri solamente sensitivi, cioè per mezzo della respirazione ; ma fa’ ancora di unirti con lui a quel modo che si appartiene agli esseri intellettivi, cioè con cognizione e accettazione libera dello scopo che Iddio ha proposto al- r accettazione libera di quelli. E però, « Digitized by Googl NOTE. 375 siccome tu traggi dall’aria ambiento gli elementi della tua vita sensitiva, traggi ancora dalla ragione ambiente gli elementi della tua vita intelletti- va. P. Pag. 243, 1. 20. (H) esistenza delle' cose . . . dissol- vendotù (Tràvxa èv [xerai^oX-^. K«ì ocùrCg cù év ^'.r,v£xet à^.Xoicoasi, \at xaxa ti (JiOo- p^). Qui mi pare che fosse il caso di dovere assolutamente abbandonare la lettera e contentarci di esprimere il senso del testo, piuttosto che cercar di tradurne le parole, che non sono tra- ducibili in italiano. L’Ornato avea detto: tutte le, cose vanno soggette a mutazione. E tu stesso ti alteri continuamente, e peì'^isci, per cosi dire. Ma egli non era contento, come appare dall’usato segno. E in vero che significa quel tutte le cose vanno soggette a mutazione f Significa, e non può significare di più, che tutte le cose possono essere mutate e lo saranno effettivamente quando che sia; ma ciò Digitized by Google 376 RICORDI. liou esprime quella condizione delle cose, per cui non hanno stato, o modo di es- sere che perduri pure un istante senza mutamento, che è la vera condizione delle cose secondo il pensiero di Anto- nino e voluta esprimere da lui. Chi do- vesse tradurre questo luogo in tedesco, lo potrebbe fare, parmi, benissimo di- cendo : Alle (Unge aind in unaufhorlichem anclera-werden ; come si dice in werden non solo dai filosofi, ma anche nel lin- guaggio famigliare, quando di una cosa che non è ancora, ma si sta incomin- ciando 0 si va facendo, si suol dire: Die Saehc iat noch ini werden. Ma la nostra lingua non ha tutta la flessibi- lità del tedesco, uè sarebbe chiaro, uè permesso il dire in italiano : tutte le coae sano in un continuo mutarai. P, Pag. 253, 1. 15. (18) È una singolare coutradizione di Marco nostro e di, altri stoici poate- riori il venir cosi spesso parlando con tanto dispregio della materia che aottoatà Digitized by NOTE. 377 alle cose ( tt ,? ii7:oy.e'.[xi\rng uXin?, — A"edi anche YI, 13, e altrove). Il mondo è tut- tavia per essi un animale perfetto e bellissimo, il cui corpo è la materia, e l’anima, Dio (vedi i Ricordi passim, e specialmente X, 1). Le rughe sul volto del vegliardo, le screpolature delle ulive e del fico vicini ad infradiciare, la bava del cignale ed altre sì fatte cose hanno pure una certa grazia e venustà (III, 2), perchè il mondo è perfetto, e nulla è nelle suo parti che non conferisca alla bellezza del tutto. Perchè dunque ora tanto dispregio non solo per tale o tale altra parte, ma universalmente per tutta , la materia che sottosta, quando questa materia, che non è poi altro per gli stoici se non se il suhstratum indeter- minato di tutto il contingente sensibile, è essa pure sostanza divina secondo la scuola? P. Pag. 265, 1. 20, (19) Intendi: « o tu voglia dire che il mondo sia stato formato di atomi. Digitized by Coogle 378 BICORDI, ed abbia quindi origine dal caso; o che sia stato formato di nature (essenze, entelechie, monadi), ed abbia quindi per origino l’ intelligenza, o la natura, che qui è sinonimo di intelligenza ; que- sta cosa pongo io certa anzi tutto, come tratta dalla mia osservazione immediata, che io sono attualmente parte di un tutto governato da una natura. » Con altre parole: « o tu faccia venire il mondo dalla pluralità, o tu lo faccia venire dall’unità, ella è cosa di fatto che io ci ravviso attualmente una pluralità governata da una unità. » Il qual me- todo di filosofare, per cui, lasciata stare la disputa intorno all’origine delle cose, si viene ad esaminare la realtà attua- le di esse; lasciato stare il lontano e mediato, si viene ad osservare l’ imme- diato e prossimo; lasciata stare la co- gnizione dedotta, si viene a far capo alla cognizione di fatto acquistata per osservazione; è solenne ad Antonino. Vedi il passo quassù, IV, 27 ; vedi an- che XII, 14 ecc. 0. P. Digilized bv '1^- NOTE. 379 Pag. 268, 1. 4. (20) Ricordi il lettore che appo stoici mondo, tutto, natura, Dio sono V sostanzialmente la stessa cosa, e però quelle che poco innanzi furono chiamate parti del tutto, qui sono dette della natura. Dìo, natura, mondo, tutto sono espressioni diverse che corrispondono a modi diversi di considerare una stessa cosa, e questa diversità è relativa alla mente finita dell’uomo che non può si- multaneamente contemplare gli aspetti e momenti diversi delle cose, e non alla realtà obbiettiva. Quindi ò che le espres- sioni soprascritte sono non di rado usate runa per l’altra, poiché sostanzialmente significano la medesima cosa. Il mondo KÓrfixog), dice il Laerzio (VII, 70), era dagli stoici considerato: 1® come causa 0 pbtenza informatrice di tutte le cose che sono {natura nuturans, i; t£- Xvtxfi, -ij ToO òlo\j q>0ai<é ), la quale, come artefice e informatrice di sé medesima, trae da sé stessa e informa tutte le coso Digilized by Google RICOUDI. 380 con suprema saviezza e divina necessità, cioè secondo le sue leggi che sono quelle della ragione ; 2" come la totalità delle cose informate e ordinate dalla potenza informatrice immanente in esse e go- vernatrice di esse (dotta allora xòv Toù xd^fjLou) e quindi come l’opera vivente, il vivente organismo, o corpo organato da quella {natura naturata) ; finalmente come l’unità dei due, cioè dell’ organismo vivente e della forza or- ganatrice e governatrice, in quanto l’uno non si distingue dall’altra se non se per la contemplazione della mente finita deU'uomo. Vedi i Prolog» nell’edizione di Torino. P. Pag. 270, 1. 9. (21) Fa che tu vi sottoponga col pen^ siero ... di che io ragiono. Ho conser- vato tutte le parole della interpreta- zione dell’ Ornato, perchè non avrei saputo quali altre più chiare sostituir loro ; atteso che io non son sicuro di intendere qui nè che cosa abbia voluto Digitized by Google NOTE. 881 dire r Ornato, nò che cosa Antonino. L’Ornato volea faro a questo luogo una nota ; ma non la fece, e non trovo altro,, che si riferisca a questo luogo, ne’suoi manoscritti, se non se un cenno pel quale è indicato che egli lesse qui ò, ti risolutamente^ ove tutti gli altri, che io conosca, lessero &ti; e che egli intese r Ù7TÓ0OU diversamente da tutti gli altri interpreti. Il Gatakcr, e lo Schultz che lo segue da vicino, non sono più chiari. P. Pag. ‘273, 1. 13. (22) Le quali tu apprendi»,, conside- razione del tutto. Così l’Ornato svolse ed illustrò il pensiero di Antonino espres- so brevissimamente e, parmì anche, poco chiaramente nel tosto. Non ho mutato quasi nulla alla versione di questo para- grafo lasciata dall’ Ornato, sia perchè ho motivo di credere che ne fosse già poco meno che contento egli stesso, trovando io questo paragrafo nettamente ricopiato; ^ sia perchè non avrei voluto correr peri- Digitized by Google 382 RICORDI, colo (li alterarne benché minimamente il senso, trattandosi di un luogo che egli intese assai diversamente da tutti gli altri interpreti. Conferisci il senso di tutto questo paragrafo con quello del § 2, lib. VII. P. Pag. 274, 1. 6. {23) Vuol dire che non bastano le impressioni buone che noi riceviamo per mezzo della sensibilità, le quali possono e sogliono venir cancellate da impres- sioni contrarie, ma ci vuole anche il la- voro deir intelletto che riduca quelle ad unità e le fermi cosi nel nostro spirito, formandone come un corpo di scienza. Non basta l’osservazione, l’applicazio- ne dello spirito alle cose di circostanza, ma ci vuole ancora la contemplazione, l’ applicazione dello spirito alle cose permanenti , al generale immutabile. Solo col ridurre ad unità il moltiplice, a generalità il particolare, si possono radicare le cognizioni nell’ anima, la quale si compiace dell’unità, e quindi Digilized by Cìoogl NOTE. 383 della scienza: compiacenza cui la sem- plicità del cuore dee far rimanere se- creta naturalmente nel cuore, ma non artatamente celata; ed allora è l’ani- ma veramente grave e soda e come chi dicesse, veneranda. Sul fine del para- grafo fa la enumerazione delle diverse categorie alle quali si dee riferire l’og- getto osservato. 0. Questa nota dell’ Ornato che per le troppe citazioni del testo greco non può qui darsi che in parte, trovasi in- tera nell’edizione di Torino. P. Pag. 280, 1. 3. (24) Grecismo, per suole accadere. Non era possibile il tradurre altrimenti. Del resto vada a rilento chi per la sola ragione del non potersi tradurre sempre colla stessa voce una stessa parola del testo, accusa Antonino qui ed altrove di arguzia. Gli stoici crede- vano che, là dove è una stessa parola, debbe essere anche una stessa idea. Ed anche Platone (vedi il Cratilo) il cre- Digitized by Google 384 RICORDI. j dette; e il credette il Vico: e tanti j altri il credettero: e noi il crediamo. , Se quella idea generalissima che l’an- ! tichità avea attaccata al :p:?.eìv non si ' trova più annessa al nostro amare, ciò j non prova altro se non che il greco e l’italiano sono due lingue diverse. E sap evadicelo. 0. Pag. 280, 1. 19. (25) Il passo di Platone è nel Tee- teto, pag. 174, dove parlando dell’ uo- mo filosofo liberalmente educato, dice: « udendo egli lodare e magnificare un tiranno od un re, gli par di udire lodato e magnificato un pastore, perchè egli munga di molto latte; e l’animale cui pasce e munge il re, gli pare anche più ritroso e più infido di quello cui pasce e munge il pastore; nè men rozzo nè meno ineducato stima egli l’uno che l’altro, mancando ad amhidue il tempo per badare a sè, e vivendo il primo fra le mura della reggia a quello stesso modo che l’altro nella capanna sul mon- j i Digitizc-<; Coogk' NOTE. 385 te. » Del resto , il senso generale di tutto questo paragrafo, non bene inteso, se- condo me, dagli interpreti, mi pare che sia: Tu dèi farti capace sempre pih cho tu puoi vivere da filosofo in questa tua corte come faresti in. quella tua villa .che agogni. Non incontri tu ad ogni •passo esempi di quel che dice Platone: uomini che vivono nei palagi come fa- rebbe un rozzo pastore in sul monte: ingolfati cioè quelli e questo nelle cure materiali del governo dell’armen-toV E sottintende: se per costoro il palagio non è altrimenti che una capanna, non può ella con più ragiono essere la reg- gia per te come un ritiro filosofico ? 0. Conferisci V, 16. P. Paò. 282, 1. 14. (26) Gran ragione ha qui Antonino • di raccomandare a sè medesimo anche ' questo genere di contemplazione, cioè a dire lo studio dei fenomeni, e delle maraviglie, come egli dice sapientemente, “ dell’organismo corporeo degli animali e Marco Aurelio. ' SS Digitized by Google RICORDI. 386 deir uomo massimamente: perchè non è altro studio il quale possa per via più compendiosa e sicura condurre alla co- gnizione della infinita sapienza, e prov- videnza infinita della causa reggitrice del mondo. Nè l’uorao può presumere di conoscere sè medesimo, sé non co- nosce almeno un poco di queste mara- viglie, cioè come si formi, cresca, si conservi, si rinnovi e deperisca il suo corpo, quale sia la natura e il modo di operare della causa o principio a cui dehbonsi riferire questi fenomeni, quali le relazioni di questa vita orga- nica del suo corpo con quella del prin- cipio che in lui sente, vuole, e pensa, e come possano questo due vite modi- ficarsi fra loro scambievolmente. In vero chi aspira a conoscere sè medesimo, per quanto sia dato all* uomo di pur conoscere sè stesso, e non cura di co- noscere un po’intimamente anche que- sta delle due parti di che si compone Tesser suo, porta gran pericolo di er- rare nel vano, e di prendere astrazioni Digilized bv Co( NOTE. 387 por realtà, il che avvenne appunto agli stoici, ignorantissimi di anatomia o quindi più ancora di fisiologia. Perchè uno appunto degli errori fondamentali della loro filosofia, quello por cui mu- tilavano la natura umana escludendo da essa la sensibilità che riferivano al corpo come a cosa straniera all’ uomo propriamente, il quale per essi non era altro che ragione e volontà; questo er- rore, dico, è in gran parte da attribuire alla imperfezione delle loro cognizioni, ai loro errori circa la costituzione fisi- ca deH’uomo e le relazioni in che ella si trova colla sua costituzione morale e intellettuale; o per dire più vera- mente, alla loro totale ignoranza dello leggi che governano i fenomeni dell’or- ganismo corporeo dell’uomo, delle rela- zioni intimissime della vita di esso or- ganismo corporeo con quella della mente, e della natura egualmente spirituale di ambidue. (Vedi nell’Appendice ai Ricordi nell’edizione di Torino la dissertazione del Burdach). P. Digitized by Googlc 388 RICORDI. Pag. 290, 1. 8.‘ (27) Questi versi sono di Omero e sono dei più famosi nell’antichità, dei più spesso citati e ripetuti, imitati dai poeti posteriori; o però Antonino non li scrisse per intero, ma solo quei brani che sono stampati in corsivo, bastando quelli a richiamare alla memoria i versi interi, alle diverse sentenze contenuto in essi alludendo egli poi nella parte se- guente del paragrafo. Con questi versi, nel VI deir Iliade,. Glauco (dopo aver detto magnanimo Tidide a che mi chiedi il mio lignaggio?) incomincia la sua ri- sposta a Diomede, il quale, prima di accettare il combattimento con lui, aveagli chiesto qual fosse la sua stirpe. Io li ho tradotti letteralmente, giovan- domi in parte della traduzione del Monti, la. quale, come nota a tutti i lettori, avrei volentieri dato qui inalterata, se in essa fosse più fedelmente espresso, e nell’ ultimo verso non interamente guasto il senso delle parole di Omero. Digilized by Googk NOTE. . 389 Il qual verso, voglio dire il 149\ è tra- dotto dal Monti come segue: CosxVuom • nasce e così muor: il che fa fare un falso sillogismo a Glauco, il quale secondo la traduzione del Monti, concludendo, affermerebbe dell’wo/Ho ciò che dovea affermare delle schiatte umane, mutando, come direbbero i loici, nella conclusione il piccolo termine, che nella premessa minore- non era uomo ma schiatta^ o stirpe, come disse il Monti. E pure- il verso di Omero ò chiarissimo. Questo strafalcione il Monti non avrebbe fatto se, come quasi ignorante del greco, con tante altre traduzioni avesse saputo • consultare quella mirabilissima, non solo per eleganza di stile ma ancora per fedeltà, precisione e chiarezza, del Voss, il quale in cinque bellissimi esa- metri tedeschi traduce letteralmente i cinque esametri greci. Anche il Pope, sebbene i suoi lavori sui poemi di Omero, tutto die pregevolissimi per altri rispet- ti, non meritino il nome di traduzione, non fece qui lo sproposito del Monti. Digitized by Google RICORDI. 390 Ed altri ancora potrei nominare dei nostri che con nobilissimo intendimento si diedero all’ardua impresa di recare nella nostra lingua chi l’una e chi l’altra di quelle poche reliquie che ci riman- gono della greca poesia (dico poche rispetto a ciò che fu divorato dal tem- po); i quali avrebbero meglio inteso e meglio tradotti moltissimi luoghi se avessero potuto consultare, se non tutti gli interpreti, cementatori ed espositori, almeno i traduttori tedeschi. Ma basterà che io nomini il più valente, a parer mio, di tutti, il Belletti, al quale, tranne forse una più intima notizia del greco, nulla mancava, non valor d’arte, non felicità d’ ingegno, a poter fare una tra- duzione perfetta, o prossima alla per- fezione, dei tragici greci. E in vero, leggendo io le traduzioni del Bcllotti e riscontrandolo diligentemente cogli ori- ginali, ebbi in moltissimi luoghi ad am- mirarne la eccellenza, anzi direi quasi in tutti quei luoghi dov’egli capì ab- bastanza intimamente il suo testo e Digilized by NOTK. 391 non erano difficoltà insuperabili a qual- sivoglia traduttore. Ma anche in molti altri luoghi io ebbi a lamentare che egli pure non abbia saputo o potuto giovarsi delle eccellenti traduzioni fatte da* suoi predecessori alemanni. Nel solo Agamennone, che anche considerato in sè stesso e non come parte di una grande e sublime trilogia, è forse il più bel monumento della scena antica, e certamente il più grande di tutti per sublimità tragica, recondita filosofia, splendore di immagini e copia di alti e forti pensieri, quanti errori avrebbe evitati il Belletti, quante meno scem- piaggini avrebbe fatto dire a quella grande anima e colossale ingegno di Eschilo, so egli avesse solo potuto pro- fittare della traduzione e dei Prolego- meni di Guglielmo Humboldt? Non dirò del libro di Federico Welcker sulla Tri- logia di Eschilo^ che forse non era an- cora pubblicato quando il Bellotti tra- ducea l’ Agamennone. Ed è tanto più da lamentare che al Bellotti siano mancati Digitized by Gopgle RICORDI. 392 questi sussidi, quanto è meno da sperare che sia presto per sorgere un altro in- gegno italiano, il quale possa fare quello che avrebbe potuto il Bellotti. Ritornando al paragrafo di Antonino e al luogo citato di Omero, è da notare come siffatti pensieri intorno al poco o niun valore della vita considerata in sè, e di tutte le cose umane e dell’ uomo stesso, così frequenti nei poeti ebraici; frequentissimi in questo scritto di An- tonino e divenuti quasi abituali nei cristiani dei primi secoli, si trovino pure non di rado anche nei poeti greci più antichi, voglio dire in quelli delle prime e più splendide epoche della greca letteratura, sebbene i Greci fossero un popolo di allegra immaginazione. Forse non dispiacerà al lettore il vederne qui raccolti alcuni esempi : nell’ Odis- sea, XVIII, 130 : — la terra non nutre nulla di più infermo che Vuomo. Nell’ottava delle Pitie di Pindaro, vers. 135: — Che siatn noi dunque o che non siamo f Leg- giero veder d* ombra che sogna (tradu- Digilizt-J by GoOgIc NOTE. 393 zione del Borghi). Letteralmente la se- conda parte: V uomo è V ombra di un sogno. Nel Prometeo di Eschilo vv. 548, 551 — e non vedevi V imbecille natura a vano sogno eguale ond* è impedito il cieco umano gregge? (traduzione del Belletti). Nell’ Aiace di Sofoclé, — perocché veggo non essere noi, quanti viviamo, altro che larve ed ombra vana. Nel Filottete del . medesimo Sofocle, vers. 946. Filottete chiama sè medesimo: — ombra di un fumo. Nella Medea di Euripide, vv. 1224: — non ora soltanto incomincio a stimare tutte le cose umane come un' ombra, E vuoisi notare come appo i tragici ed anche appo i) lepidissimo Aristofane la parola effimeri, cioè quelli che durano un giorno, è spessissimo usata come sinonimo di uomini. A queste, o ad al- tre simili sentenze d’ antichi ed illu- stri poeti, le quali erano nella me- moria di tutti gli eruditi del suo tempo, ♦ alludeva evidentemente Antonino con quelle sue parole: il più breve detto, anche di quelli che sono i più noti ecc., Digitized by Google RICORDI. 394 accennava poi per esempio quelli di Omero. [Questa nota fu scritta in tempo che io, quasi appona ripatriato dopo trent’an- ni di assenza, e mandato a stare in un cantuccio al tutto vacuo di studi e di lettere (prendendo i vocaboli in un senso un po’ alto), e ridottomi a passare nella solitudine i pochi momenti d’ozio che r esercizio di un pubblico ufficio mi lasciava, avea potuto, non saprei diro perchè, immaginarmi che il valentis- simo sig. Bellotti fosse già del numero di quei felici che più non vivono altri- menti sulla terra che per la memoria di opere egregie che vi lasciarono. Av- vertito ora (nel 1853), del mio errore, non cangio nulla a quello che ho scritto di lui; ma aggiungo V espressione di un voto, che deve esser quello di tutti gli amatori delle buone lettere desiderosi di vedere vie più chiara e più grande la rino- manza di un nobilissimo ingegno: ed ' è che l’esimio sig. Bellotti, come sta ora, da quanto mi dissero, rivedendo o Digitized by Google note; 395 migliorando il suo Yolgarizzamento di Sofocle, così possa egli poi rivedere ed emeudare quello ancora di Eschilo, il quale, a parer mio, ne ha maggiore bi- sogno; perchè quello, tranne forse al- cune eccezioni, non pecca gravemente che nella parte lirica; laddove in questo trovai, 0 parvemi certamente trovare, molti luoghi da dover essere emendati non solo nella parte lirica troppo spesso non traducibile in italiano (come è in- traducibile Pindaro, secondo che fu sen- tenziato anche da Giacomo Leopardi non ismentito dal tentativo più audace che felice di Giuseppe Borghi) ; ma eziandio nel dialogo.] P. Paq. 297, 1. 7. (28) Ella comjyie nondimeno..», si avea proposto. Mi sono scostato, anche nel senso, interamente dall’ Ornato, il quale avea tradotto: ella rende intero e com- piuto quanto ella avea fatto fino allora; primieramente perchè il senso voluto esprimere dall’ Ornato non mi sembrava Digiiized by Google BICORDI. 396 abbastanza chiaro ; e poi, e principal- mente perchè mi parve troppo grande licenza il tradurre per quanto avea fatto fino allora, il tò irpoTcOiv, il quale mi sembra qui usato nel senso il più ovvio del verbo 7rp.oT{6T)|ju, che è quello di proporre, e così l’ intende anche lo Schultz contrariamente al’Gataker se- guito dall’ Ornato. Veggo bene le ra- gioni che possono avere indotto l’Or- nato a interpretare a quel modo; ma non mi persuadono. Il pensiero di An- tonino mi sembra chiaramente: « l’a-- nima razionale, la quale non si propone altro che di operare sempre secondo ciò che richiede il momento presente, e di aver caro tutto ciò che le inter- viene, come cosa voluta dalla natura, in qualunque istante le* sopravvenga la morte, compie sempre interamente il compito che ella si avea proposto, e in modo soddisfacente a sè stessa; ella ha tutto ciò che potea desiderare, ha totalmente esaurita la sua parte come attrice sulla scena del mondo ; e ap- Digitized by Coogle NOTE. 397 punto il morire quando la natura lo vuole, è la conclusione, il compimento della parte a lei assegnata e da lei li- beramente accettata nel gran dramma della vita universale. » P. Pag. 299, 1. 15. (29) Vedi III, 11; IX, 36; X, 18. Bone avverte qui il Gataker aver già Socrate usato il medesimo argomento per indurre Alcibiade a disprezzare la moltitudine, alla* quale peritavasi di farsi innanzi a concionare: qual è, dis- s’egli, di costoro quegli che ti impau- risce? forse Micillo il ciabattieref Trigaió il conciatore f Trochilo il ferravecchio? ora non sono costoro quelli dei quali si compone V adunanza del popolo? Che se non temi di favellare a ciascuno di essi separatamente, che è dò .che ti fa timido a parlar loro riuniti insieme? Il ragio- namento di Socrate era giustissimo ap- > plicato ad una moltitudine di popolo riunito, e avrebbe anche potuto ricor- dare ad Alcibiade l’antico detto di So- Digitized by Google 398 RICORDI. Ione ai:li Ateniesi conservatoci da Plu- tarco: preni ad uno ad uno »iete tante volpi ; riuniti insieme siete tanti allocchi. Ma il medesimo ragionamento applicato allo cose di cui parla Marco nostro non ò molto concludente. E una melodia, per es., come qui avverte opportuna- mente il Pierron, è qualche cosa di più che una semplice successione di suoni, e Antonino dimentica di considerare ciò appunto per cui le note musicali hanno potenza da commovere T anima sì intimamente. P. Pag. 302, 1. 2. (30) Avverta il lettore che idea tra- gica fondamentale ai poeti greci era la lotta infelice della volontà e liberta morale dell’ uomo contro l’ inflessibile necessità ; o per dir più veramente, quella fatale retribuzione di giustizia che risulta inevitabilmente alla vita umana dalle leggi necessarie dell’or- dine morale. Perchè quella necessità^ che non era punto upa cosa cieca se- Digilized by Google NOTE. 39i^ condo gli stoici, apjio i quali il /«<o non era altro che la concatenazione delle cause secondo le leggi della na- tura, cioè della ragione e quindi della giustizia; quella necessità, dico, non era punto una cosa cieca neppure nella mente dei poeti: sendo che a Nemesi figlia appunto di essa necessità e |iar- ticolarmente incaricata di vendicare i delitti e rovesciare le troppo grandi e- immeritate prospérità, a Nemesi^ dico, e alla Giustizia (5“tx-ri), che erano i due concetti più puri fra tutte le divinità immaginate dall’ antico politeismo, il semplice, ma sublime buon senso dei Greci riferiva tutto ciò che risguarda il supremo governo del mondo. L’idea dunque della giustizia era congiunta con quella della necessità^ sebbene in modo diverso, anche nella mento dei poeti, come in quella degli stoici. Cho se Antonino non fa qui esplicitamente alcuna allusione a quella retribuzione di giustizia, che era l’elemento morale della tragedia greca, ma solo allude Digitized by Google 4:00 RICORDI, alla inutilità della lotta contro alla ne- cessità, e sembra così impicciolire l’i- dea nobilissima dell’antica tragedia; egli è perchè questa inutilità intendeano gli stoici e i poeti allo stesso modo, e quasi esprimevano colle medesime pa- role; laddove intendeano in modo di- verso quella retribuzione: e non erano forse i poeti quelli clie la intendeano in modo men vicino al vero. P. Pag. 309, 1. 10. (31) Benissimo il Gataker ricorda qui alcuni detti memorabili di Pocionc, con- servatici da Plutarco, ai quali alludea probabilmente Antonino in questo luogo. Già condannato a morte per giudizio iniquo de’ suoi cittadini, in proposito . di uno che non ristava dal dirgli vil- lanie, disse Focione: non sarà alcuno che faccia costui cessare dal disonorar «è medesimo ? E già vicino a morire, questa sola ingiunzione fece al figliuolo: dimenticasse il fatto ingiusto degli Ate- niesi. — Quanto alle parole che seguono Digitized by Google NOTE. 401 di Marco nostro : mpposto che non e in- fingenac, non debbono esser prese come , espressione di nn sospetto nel caso particolare di Focione, ma bensì in un senso generale, quasi dicesse Antonino con istoica riserva, non bastar sempre le parole a dar certo fondamento a un giudizio sulle disposizioni interne del- l’animo altrui, nè doversi mai fingere, neppur quando il fingere potesse gio- vare a bene edificare gli uomini. Con- ferisci 66. P. Pag. 818, 1. 15. (32) Da stólto (à|*vu/jiov). L’Ornato avea trodotto inìquo, seguendo lo Schultz che tradusse iniquum. Ma l’Ornato non era ben risoluto di aver bene interpre- tato quello ayvofxov, come appare dal consueto segno. E veramente non parmi che lo ayvcofjLov possa esser preso in questo senso, sebbene abbia quello ingrato, disleale, disamorato. Il senso più ovvio di questo aggettivo è privo di senno, stolto, inavveduto, e parmi che 41 1 reo Aur»-lio. 20 - Digitized by Google RICORDI. 402 questo senso quadri benissimo in questo , luogo, meglio che non faccia quello di inìquo. Dopo aver detto Antonino es- sere da pazzoy cioè a dire da stolto, il volere che ì malvagi non pecchino; ag- giunge che lo ammettere in tesi gene- rale ed assoluta, poiché non si può fare altrimenti, che essi debbano di neces- sità peccare, e il volere ad un tempo che essi facciano una eccezione a favor tuo, è cosa non solo às. stolto^ ma an- che da tiranno: da stolto perchè l’ec- cezione, anche di un solo caso non è possibile ai malvagi ; .da tiranno perchè vuoi esser distinto e che ti si abbia maggior rispetto che agli altri uomini. Anche il Gataker intende 1’ àyvwi^ov così; il Pierron segue lo Schultz. P. Pag. 325, 1. 15. (33) Parole di Epitteto (dissert. Ili, 24) malissimo interpretate da Al. Pier- ron, che riferisce l’àiroOavTi al padre, quando deve essere riferito al figliuolo, corno fece l’Ornato, seguendo il Gata- Digilized by Googk NOTE. 403 ker e lo Schultz. La medesima sentenza si trova anche nel Manuale del mede- simo Epitteto con parole poco diverse, > e fu benissimo tradotta dal Leopardi : .Se tu hacer<fi per avventura un tuo Ji- gliolino o la^moglie, dirai teco stesso: io bacio un mortale. Manuale, III. P. Pag. 335, 1. 14. (34) Tutto è opinione. Il lettore com- prenderà facilmente come il senso stoico di questa frase, tante volte ripetuta da Marco nostro, è al tutto alieno da quello della famosa sentenza del sofista Protagora: V uomo è misura di tutte le cose. La sentenza del sofista si riferiva ad ogni cosa, alla verità obbiettiva, alla moralità come alla sensibilità, e tendea quindi a distruggere la possibilità' di ogni cognizione teorica, la morale come la religione. La sentenza di Antonino al contrario, il quale, per un errore direi quasi magnanimo, riduceva, seguendo gli stoici anteriori, tutta l’essenza dell’ uo- mo alla ragione e alla volontà ra^ione- Digitized by Google RICORDI. 404 vele, non si riforisce ad altro che alla sensibilità, cioè ai piaceri e ai dolori di cui essa sensibilità è soggetto. P. Pag. 348, 1. y. (35) Intendi raziocinid nel senso pro- prio dei loici, cioè facoltà del sillogiz- zare, operazione propria dell’ intelletto; e nota qui il carattere esclusivo del Portico, il quale considerava e stimava un nulla, non che la sensibilità ma l’in- telletto stesso, a paragone dei buon uso della volontà, cioè della moralità della ragione. Traducendo ho usato il vo- cabolo raziocinio piuttosto che intelletto, perchè in italiano il senso della parola intelletto può essere troppo facilmente confuso con quello di ragione, la differen- za fra i due non essendo così ben determi- /»■ V. nata nella nostra lingua, come è fra i due corrispondenti tedoschi^fT0ft|KÌ e Vernunft. Vedi il § 1 del P, V-.
Thursday, September 16, 2021
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