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Is Grice the greatest philosopher that ever lived?

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Thursday, September 16, 2021

Grice ed Aurelio

 Dal mio avolo Vero, la genti-  lezza del costume, e il non adirarmi.*   2. Dalla fama e dalla memoria del  mio genitore, lo esser verecondo e  maschio^   3. Dalla madre. Tesser pio; il do-  nar volentieri ; T astenermi non solo  dal fare il male ma anche dal ve-  nirne in pensiero. Ancora, Tesser   * Sottintendi, come nei paragrafi seguenti,  il verbo imparai, ovvero riconoico (nel senso  di iono riconoscente ili aver ricevuto chec-  chessia, cosa, 0 esempio di qualsivoglia cosa  0 virtù), 0 altra espressione che riempia  acconciamente le ellissi. P.   ^ Maschio, traduzione letterale del greco:  intendi forte^ costante, non molle ed effemi-  nato. P.     4    RICORDI.    frugale nel vitto e alienissimo dalle  usanze dei ricchi.   4. Dal mio bisavolo,' il non essere  andato alle pubbliche scuole; * l’avere  avuto di buoni maestri per casa, e  il conoscere che in siffatte cose non  si vuol guardare alla spesa.   5. Dal mio aio,* il non essere sta-  to nè di parte Prasina, nè di parte  Veneta,' nè parmulario, nè scuta-    1 Bisavolo paterno di Marcaurelio fu Au-  nio Vero, materno, Catilio Severo. Non è  chiaro di quale dei due si parli nel testo. P.   2 Intendi quand' era fanciullo o adole-  scente, poiché ognun sa che uomo fatto, ed  anche imperatore, Antonino frequentava as-  siduamente come scolaro le scuole dei fìlo-  sofl ed anche dei retori. P.   3 Non si conosce il nome di questo aio,  elio morendo lasciò grande desiderio di sè  in Marcaurelio. P.   * Erano i colori che distinguevano i due  grandi partiti degli aunghi del circo, che  non sono piccola parte nella storia delle  follie deir Impero. Nunc favent panno, pan-  num amant,’ disse energicamente Plinio il  giovane, IX, 6. Lucio Vero, collega di Mar-  caurelio, la pensava altrimenti, secondo le  parole di Capitolino. P.    Digìtized by Google     LIBRO PRIMO.    rio; ' il reggere alla fatica; l’aver bi-  sogno di poco; il saper fare da me ;  il non intromettermi nelle faccende  altrui, e il non porger facilmente  orecchio ai delatori.   6. iJa Diogneto,* il non occuparmi  d’inezie; il non dar fede a ciò che  i magi e i fattucchieri dicono intorno  alle malie, allo scongiurare gli spi-  riti, e altre cose di tal fatta; il non  avere atteso a nutrir quaglie* nè  essermi dilettato di simili cose; il  patire ehe altri mi parli franca-    ' Chiamavasi parmvlarius il gladiatore  armato di nn piccolo scudo di cuoio detto  parma o parmula, e scvtarius quegli che  portava lo scutum, grande e lungo. P.   * Questo Diogneto era non solamente filo-  sofo, ma anche pittore, secondo Capitolino,  ed avea dato intorno a quest' arte alcune  lezioni a Marcaurelio. F.   3 Si allude ad un giuoco che i Romani  aveano prego dai Greci,. od era uno dei più  antichi trastulli del popolo ateniese. Si fa-  ceano combattere fra loro questi uccelli, o  dai casi del combattimento si traevano pre-  sagi. P.    Digitized by Coogle     6 RICORDI.   mente ; V essermi dato alla filosofia ;  l’ avere udito, primieramente, Bac-  chio , poi Tandaride e Marciano ;  r avere scritto dialoghi, da ragazzo ; *  lo aver voluto il lettuccio con la pelle  sopravi e le altre cose che vanno ap-  presso nella educaziòn greca.   7. Da Rustico,* 1’ esser venuto in  pensiero che i miei costumi avean  bisogno di correzione e di coltura; il  non essermi sviato dietro ad un’am-  bizione di sofista, o scrivendo su ma-  terie speculative, o declamando ora-  zioncelle esortatorie, o facendo, per  dar nell’ occhio altrui, 1’ uomo au-  stero e benefico ; e lo avere abban-  donato la rettorica e la poetica e il  bel favellare; e il non passeggiare  togato per casa, e altre tali cose ; e  lo scriver le lettere semplicemente    1 Intendi nella mia prima, giovinezza. P.  * Era uno stoico come quell’ altro Roma-  no fatto uccidere da Domiziano per aver  lodato’ Trasea Peto. P.    Digitized by Coogle     LIBRO PRIMO.    7   e naturalmente, come quella eh’ egli  scrisse da Sinuessa a mia madre ;’e  il non serbar rancore verso le per-  sone che • si son , meco adirate e  m’ hanno offeso, e rappacificarmi vo-  lentieri con loro tosto eh’ elle si vo-  glion ricredere : e il leggere con at-  tenzione e non contentarmi di capire  così air ingrosso ; nè assentire troppo  di leggieri a quel che i circostanti  dicono; e lo avere avuto contezza  dei ricordi d’Epitteto, ch’egli mi  donò di suo proprio moto.   B. Da Apollonio , la libertà del-  r animo e la fermezza nel proposito  senza dar mai nulla al caso; il non  guardare ad altro mai, nè anche per  poco, che alla ragione; lo esser sem-  pre uguale, nei sommi dolori, nella  perdita del figlio, nelle lunghe ma-  lattie ; r aver veduto ad evidenza,  nel vivo esempio di lui, siccome può  la stessa persona essere gagliardis-  sima ad un’ ora e rimessa ; e il non     RICORDI.    8   impazientarsi nello spiegare;* e lo  aver conosciuto un uomo che manife-  stamente teneva pel minimo de’ suoi  pregi la pratica e la facilità eh’ egli  aveva del comunicare altrui la scien-  za; e lo avere imparato come con-  venga liceverc fiuelli che il volgo  cliiama benefizi dagli amici, senza  diventai;e loro divoto* per ciò, nè,  per altra parte, lasciando correre la  ('osa senza saperne grado.   0. Da Sesto, V amorevolezza, e  r esempio del governare da buon  padre una casa; e il concetto di vi-  vere secondo natura ; e la gravità  non affettata; e lo indagare con sol-  lecitudine quello di die gli amici  hanno uopo; e il sopportare gli igno-  ranti , ^ e il sapersi adattare a   * Nello spiegare. Intendi nel dare altrui  tutte le spiegazioni di die possa aver d’nopo  per ben capire le cose. P.   2 Intendi; senza diventar loro obbligato  in modo che nìccia alla Ina libertà. P.   3 Luogo corrotto. 0,    Digiiized by Google     LIBRO PRIMO.    9    tutti per modo che il conversare con  esso lui era più dolce cosa che l’ adu-  lare di chicchessia, ed era egli non-  dimeno in quello stesso punto ed  appo quelle stesse persone in vene-  razione grandissima; e la chiarezza  di mente e la sagacità con cui tro-  vava ed ordinava le verità filosofiche  necessarie alla vita; e il non aver  dato mai indizio di collera nè d’al-  tra passione , ma essere stato ad  un’ ora il più impassibile uomo ed  il più tenero; e il dir volentieri  liene d’ altrui, senza menar remore  per ciò; e la molta dottrina senza  che paresse.   10. Da Alessandro il grammatico,  il non isgridare ; e il non riprendere  ingiuriosamente chi faccia un bar-  barismo o un solecismo o un cattivo  accozzamento di suoni, parlando; ma  profferire destramente ciò che que-  gli avrebbe dovuto dire, per modo  di risposta, o di conferma, o come    Digitized by Coogle     RICORDI.    10   volendo esaminar con esso la cosa,  non già la parola, o per qualsivoglia  altro modo di suggerimento indi-  retto, garbatamente.   11. Da Frontone, quanta* invidia,  quanta malizia, quanta simulazione  sia nella tirannide. E siccome questi  da noi chiamati patrizi, son cattivi  padri anzi che no.   12. Da Alessandro ’ il platonico,  il non dir sovente nè senza neces-  sità a nessuno, nè scriver per let-  tera, ch’io sono occupato, nè con-  trarre r abito di disimpegnarmi in  tal modo dei doveri verso le persone  con le quali io vivo, allegando per  iscusa le faccende.   13. Da Catulo,* il non tener poco  conto delle doglianze di un amico,  quand’ anche si dolga fuor di ragione,   t   ‘ 1 Secondo Filostrato fn nn segretario di  Marcaurelio. P.   - Cinna Catulo, filosofo stoico, menzio-  nato da Capitolino. P.    Digitized by Googic     LIBRO PRIMO. 11   ma anzi sforzarmi di ricondurlo alle  maniere di prima; e il parlar bene  e volonterosamente dei maestri, co-  me si narra di Domizio e di Ateno-  doto; e lo amar i figli con vero af-  fetto.   i4. Dal mio fratello Severo,' l’af-  fezione ai dimestici ; * 1’ amor del  vero e del giusto ; lo avere, per mezzo  di lui, avuto contezza di Trasea,*  d’Elvidio,' di Catone,^ di Dione,®  di Bruto,’^ ed essere venuto in pen-  siero di un reggimento civile dove  la legge sia una per tutti e pari i    ' Neppure T eruditissimo e diligentissimo  Qataker potè chiarire chi fosse questo Se-  vero che Antonino chiama fratello. P.   * A tutto quello che ci è dimestico. 0.  8 Una delle più illustri vittime della cru-  deltà di Nerone. P.   ^ Genero di Trasea, esiliato da Nerone. P.  8 L'illustre stoico Catone Uticense. P.   6 L' amico di Platone , V avversario di  Dionigi tiranno di Siracusa, la cui vita fu  scritta da Plutarco. P.   7 Marco Bruto, la cui vita fu pure scritta   da Plutarco., P.    Digilized by Coogle     12    RICORDI.    diritti di ciascheduno, e di un go-  verno regio che sovra ad ogni altra  cosa tenga conto della libertà dei  governati. Ancora^ quel suo tenor  costante ed uniforme nel culto della  filosofia; e la beneficenza, e il far  parte altrui volentieri e senza rispar-  mio delle proprie sostanze; e lo spe-  rar bene; e lo aver fede nell’ami-  cizia degli amici ; e quel suo non  infìngersi con le persone quando dis-  approvava alcuna cosa in loro; e il  non aver mai avuto bisogno gli amici  di lui di andare indovinando che co-  sa egli volesse o non volesse, sendo  r animo di lui sempre aperto.   15. Da Màssimo, * il contener sè  medesimo, e non lasciarsi andare in  nulla malgrado suo; Tesser di buon  animo nelle malattie e negli altri  casi avversi; e quella temperatezza  di costume, soave ad un tempo e    1 Clandio Massimo filosofo stoico. P.    Digilized by Goog[c     LIBRO PRIMO.    13   dignitoso ; e lo eseguir prontamente  c senza querimonia qualunque cosa  gli accadesse di dover fare ; e la cre-  denza che tutti avevano di lui, eh’ egli  pensasse tutto che diceva e facesse a  lìn di bene tutto che faceva; e il non  istupir di nulla, non isgomentarsi di  nulla, non esser mai nè frettoloso,  nò tardo, nè imbarazzato, nè sfidu-  ciato, nè infingardo, nè ripentito del  consiglio preso, nè sospettoso; e il  beneficare e il perdonar volentie-  ri, e lo esse r veritiero, e il parer  piuttosto uomo per natura incon-  taminato che non per arte emen-  dato ; e siccome nessuno fu mai che  o si credesse dispregiato da lui, o  ardisse riputar sè migliore di lui;  e quel suo piacevoleggiare a pro-  posito.   16. Dmio padre, ^ 1’ esser bona-  rio, e irremovibilmente fermo non-   * Di adozione, cioè V imperatore Anto-  nino Pio.    Digitized by Coogle     RICOKDl.    14   dimeno nei partiti pi'esi dopo accu>  rata disamina ; il non trar vanità da  quelli che il volgo chiama onori;  l’amore al lavoro e l’assiduita; il  dare ascolto a chiunque avesse da  proporre qualche cosa di utile al  comune ; il non lasciare che nessuna  considerazione lo distornasse dal re-  tribuire a ciascuno secondo il me-  rito ; il conoscere dove bisognasse  esser rigido e dove indulgente;!’ aver  posto fine agli amori de’ ragazzi ; e il  sentire modestamente di sè e volere  stare ad uno stesso ragguaglio con gli  altri ; il permettere agli amici di non  cenar punto con lui, e di non accom-  pagnarlo nei viaggi, e lo accoglier  con gli stessi modi di prima chi per  qualche sua bisogna non lo avea po-  tuto seguire; e la diligenza e la per-  sistenza con che esaminava le cose  nei consigli, non come quell’ altro  di cui è stato detto che tòsto lasciò  la deliberazione contentandosi dei    Digitized by Google     LIBRO PRIMO.    15   primi pensieri che gli furon venu-  ti ; * e il conservar gli amici, non re-  candosi a fastidio nessuno, nè inca-  pricciandosi di nessuno ; e il sopperire  a sè stesso , sempre ; e la serenità del  volto ; e r antivederei da lontano e  prmio padre, ^ 1’ esser bona-  rio, e irremovibilmente fermo non-   * Di adozione, cioè V imperatore Anto-  nino Pio.    Digitized by Coogle     RICOKDl.    14   dimeno nei partiti pi'esi dopo accu>  rata disamina ; il non trar vanità da  quelli che il volgo chiama onori;  l’amore al lavoro e l’assiduita; il  dare ascolto a chiunque avesse da  proporre qualche cosa di utile al  comune ; il non lasciare che nessuna  considerazione lo distornasse dal re-  tribuire a ciascuno secondo il me-  rito ; il conoscere dove bisognasse  esser rigido e dove indulgente;!’ aver  posto fine agli amori de’ ragazzi ; e il  sentire modestamente di sè e volere  stare ad uno stesso ragguaglio con gli  altri ; il permettere agli amici di non  cenar punto con lui, e di non accom-  pagnarlo nei viaggi, e lo accoglier  con gli stessi modi di prima chi per  qualche sua bisogna non lo avea po-  tuto seguire; e la diligenza e la per-  sistenza con che esaminava le cose  nei consigli, non come quell’ altro  di cui è stato detto che tòsto lasciò  la deliberazione contentandosi dei    Digitized by Google     LIBRO PRIMO.    15   primi pensieri che gli furon venu-  ti ; * e il conservar gli amici, non re-  candosi a fastidio nessuno, nè inca-  pricciandosi di nessuno ; e il sopperire  a sè stesso , sempre ; e la serenità del  volto ; e r antivederei da lontano e  pral ovvedere senza scliifiltà anche alle  rnenome cose; e l’aver dato bando  alle acclamazioni e alle adulazioni  d’ ogni genere ; e il tenere allestito  sempre quanto era necessario per le  occorrenze dello stato, moderando le  spese, e sopportando di buon animo  la taccia che alcuni gli davano per  ciò;*e lo essere alieno e dalla su-  perstizione verso gli Dei e dalla pia-  genteria verso .gli uomini,* non cu-  randosi di acquistar grazia appo il  popolo o con le larghezze, o con le1 Luogo intricato. 0.   ^ Nota due modi condannevoli e vani: di  acquistar grazia» appo gli Dei, con pratiche  superstiziose; appo gli nomini, con 1' andar  loro a genio e secondarli anche a costo del  dovere. 0.    Digitized by Coogic     RICORDI.    16   lusinglie, o con lo imitare i modi  di quello,* ma sobrio in ogni cosa  e saldo, e non mai altro che dili-  cato e gentile e osservatore della  convenienza e del costume stabilito;  0 il servirsi seifza boria e senza scru-  polo di tutte quelle cose che confe-  riscono agli agi della vita, delle quali  la' fortuna è larga a’ suoi pari, per  modo che delle presenti ei si gio-  vava senza farne casa e le assenti  non desiderava; e siccome nessuno  avria mai detto di lui eh’ egli fosse  un sofista, o un dileggino, o un pe-  dante, ma sibbene un uom maturo,  perfetto, nemico dell’adulazione, ca-  pace a governar sè medesimo ed  altri. Eri inoltre quel suo onorare i  filosofi veri e non fare scherno de’ fal-  si, non lasciandosi nulladimeno fa-  cilmente ingannare da loro ; e il con-  versare sciolto, e quella sua grazia   • Come tanti imperatori die It) avevano  preceduto. P.    Digitized by Coogle     LIBRO PRIMO.    17    che non ristuccava; e il tener cura  del proprio corpo, non tanta da parer  tenero deliavita, o damerino, nè tanto  poca da parere trascurato, ma quanta  basta per non avere quasi punto biso-  gno di medicine o simili cose. E sovra  tutto quel suo cedere senza invidia a  chi avesse acquistato abilità in qual-  che cosa, come nell’ eloquenza, o  nella conoscenza delle leggi e dei  costumi de’ popoli, e altro di cotal  fatta; e lo adoprarsi insieme con essi  perchè ottenessero fama, ciascuno  nell’ arte in che primeggiava; e quel  suo fare ogni cosa secondo gli insti-  tnti de’ maggiori, senza dare a dive-  dere che avesse nessuno intento par-  ticolare, nè anche quello di volere  conservare essi institnti. Ancora il  non esser nè randagio nè avventato,  ma continuar volentieri a star nel  medesimo luogo e ad occuparsi delle  medesime cose; e dopo passati gli  accessi del dolor di capo, ritornar   iU^teu Aurelio. 2    Digitized by Coogic     18    RICORDI.    fresco e vigoroso ai lavori solidi; e  il non aver di molti segreti, ma anzi  pochissimi, e di rado, e solamente  nelle cose di stato ; e la prudenza e  la misuratezza nel dare spettacoli,  nell’ intraprendere opere pubbliche,  nel far distribuzioni ai soldati, e simili  cose; siccome uomo che riguardava  a quello che conveniva fare, e non .  alla fama che gli sarebbe venuta  dalle cose fatte. Non al bagno fuor  d’ ora, non la smania del fabbricare,  non ricercatezza nel cibo o nella tes-  situra de’ panni o tintura, o nella   appariscenza de’ servi. La toga *   dalla villa inferiore e da quelle di  Lanuvio il più sovente; i modi che  tenne col pubblicano in Tusculo, che  supplicava; e altre sue simili ma-  niere. Nulla di men che umano, nulla  d’ immisericorde, nulla di violento,  nè, come direbbe taluno, siìw al su-    1 Passo corrotto. 0.    Digitized by Google    LIBRO PRIMO.    19    dove; tutte le cose di lui, pensate,  distintamente avvertite, con paca-  tezza, con ordine, con vigore, e d’ac-  cordo le une con le altre, come se  le avesse premeditate per ozio. Ed  a lui si potrebbe applicare ciò che  » vien detto di Socrate, che egli po-  teva e astenersi e godere colà dove  a gran parte degli uomini manca la  forza per 1’ uno e la temperanza per  r altro. E il saper reggere con for-  tezza e con sobrietà ad ambedue non  appartiene se non a colui che ha  r animo sano ed invitto, quale egli  il dimostrò nella malattia di Mas-  simo.*   17. Dagli Dei, lo avere avuto buoni  avoli, buoni genitori, buona sorella,  buoni maestri, dimestici, congiunti,  amici, tutti, a un dipresso, buoni.  E il non avere offeso mai nessun di  loro, benché talmente disposto di    1 Claudio Massimo menzionato al § 15. P.     BICORDI.    20   natura, che io l’ avrei fatto forse,  ove fosse venuto il caso : ma per  bontà degli Dei non incontrò mai tal  concorso di cose che mi ponesse a  repentaglio. Il non essere statò più  lungamente allevato appresso la con-  cubina del mio avolo; l’avere serbato  nel fior degli anni la purezza del co-  stume, e non aver dato saggio di età  virile prima del tempo, anzi avere  soprastato anche più in là. L’ essere  stato sottoposto ad un principe e  padre il quale doveva sgombrar da  me ogni sorta di boria e farmi ca-  pace come egli si può vivere in corte  e iion aver bisogno nè di guardie nè  di vesti screziate nè di fiaccole nè  di statue, come s’ usa, nè d’ altre  simili pompe; ma anzi, che egli v’ha  un modo di ristrignersi quasi alla  condizione di privato^ e non perder  nulla però nè della dignità nè del  nerbo necessario al trattar le cose  dello stato. L’ essermi tocco in sorte    Digitized by Coogle     LIBRO PRIMO.    21    il fratello* ch’io ho, il quale, se è  d’incitamento a me, co’ suoi costumi,  ad invigilare sui miei, mi consola  nondimeno e mi rallegra con la ri-  verenza e con r amore eh’ egli mi  porta. L’ avere avuto figli nè ottusi  d’ ingegno nè contraffatti di corpo.   Il non aver fatto maggiori progressi  nella rettorica nè nella poetica nè  nelle altre arti, dove sarei forse ri- i  masto allacciato s’ io mi fossi accorto |  eh’ io vi riusciva. L’ essermi sbrigato \  di costituire in dignità i miei edu-  catori, come parve a me eh’ essi bra-  massero, e non avere indugiato con  la speranza del potere far cotesto  di poi, sendo essi ancor giovani. Lo  avere conosciuto Apollonio, Rustico,  Massimo. Lo aver concepito chiara-  mente e più volte qual sia la vita     1 Lucio Vero fratello per adozione, uomo  invero viziosissimo, più assai, probabilmen-  te, che non fosse noto ad Antonino; ma de-  votissimo e affezionatissimo a Ini. P.    Digitized by Google     22 RICORDI.   secondo natura: s'i che per gli Dei  non mancò, nè per aiuti e suggeri-  menti ed ispirazioni loro, eh’ io non  vivessi a quel modo; mancò bensì  por me, il quale non osservai gli  avvisi e, sto per dire, gli insegna-  menti che essi mi davano. Lo av^er  potuto reggere della persona durante  cotanto tempo in cotal vita. Il non  aver avuto a fare ne con Benedetta  nè con Teodoto ; e che di poi, caduto  novamente nella passion d’amore,  io abbia potuto guarirne. Che, essen-  domi adirato più volte con Rustico,  io non abbia fatto nulla di che avessi  poi a pentirmi; che, dovendo mia  madre morir giovane, abbia non-  dimeno vissuto con me gli ultimi  suoi anni; e che, ogni volta eh io  volli soccorrere alcuno, o povero o  altrimenti bisognoso, non mi fu mai  detto ch’io non avessi danari per  farlo; e il non essermi trovato mai  io medesimo in simigliante occor-    Digitized by Coog[e     LIBBO PRIMO. 2H   renza, da dovere aver ricorso ad al-  tri; Io avere la moglie* ch’io ho,  così docile, così amorevole, così alla  buona; il non essermi mancato ac-  conci educatori pe’ miei figli, V es-  sermi stati dati rimedi in sogno, e,  fra gli altri, contro lo sputo di san-  gue e contro le vertigini,’ e il non  essere caduto nelle mani di un qual-  che sofista, quando io venni in desi-  derio della filosofia, nè essermi posto  a far Io scrittore, o a risolver sillo-  gismi, o a speculare sui fenomeni del  cielo. Le quali cose tutte richiedono  l’aiutq degli Dei e della fortuna.   Fra i Quadi,  sulle sponde del Or amia.    * A FauRtiiia non dovè esser diffìcile il  celare coir astuzia o colla fìnta tenerezza!  suoi pessimi portamenti ad un nomo di sì  poco sospettosa natura qual era Antonino,  massime verso dii mostravagli affeziono. P.   * Luogo corrotto. 0.    Digilized by Coogle     LIBRO SECONDO.    1 . Al mattino, fa’ che tu dica a te  stesso : avrò da fare con un curioso,  con un ingrato, con un soperchia-  tore, con un furbo, con un invidioso,  con un insociale. Tutti questi difetti  han per causa la ignoranza dei beni  e dei mali. Ma io, il quale conosco  la natura del bene, e so ch’egli è  l’onesto; e quella del male, e so  eh’ egli è r inonesto; e quella di lui  medesimo che pecca, e so eh’ egli è  mio congiunto; non perch’egli sia  d’ uno stesso sangue o d’ uno stesso  seme con me, ma perchè partecipa  «r una stessa mente e d’ una stessa  origine divina; io non posso ricever    Digitìzed by Google    LIBRO SECONDO. 25   danno da nessun di loro; giacché  nessuno mi farà incappar mai nel-  r inonesto malgrado mio; nè adirar-  mi posso col mio congiunto, nè di-  ventargli inimico; perchè noi siam  nati per cooperare l’un coll’altro,  siccome i piedi, siccome le mani, sic-  come le palpebre, siccome i denti di  sopra e i denti di sotto. E però l’an-  dare a ritroso l’ un dell’ altro è cosa  contro natura ; ed è uno andare a  ritroso lo adirarsi 1’ un coll’ altro e  lo aversi in dispetto.   2 e 3. Questo checchessia, che io  mi sono, è un composto di carni, di  fiato, e della parte sovrana.* Lascia  stare i libri; non travagliartene più;  non ne hai più il tempo. Ma, come  quegli che sei presso a morire, metti  le carni in non cale; elle non sono  altro che sangue, ossicini, e una rez-  za, per così dire, di nervi, di vene   1 La parte «oorana, cioè la rag'iono o la  mente.    Digitized by Google     26    RICORDI.    e d’arterie. Vedi anche il fiato che  cos’è: im vento; e non sempre il  medesimo, ma di continuo rigettato  e rinnovellato. Rimane la parte so-  vrana. A questa hai da badare. Tu  sei vecchio ; non lasciare che ella  serva più oltre ; non lasciare che ella  sia tirata più oltre, quasi fantoccino,  da appetizioni insociali; non lasciare  che ella contraddica più oltre al de-  stino, 0 crucciandosi delle cose pre-  senti o respignendo da sè le cose  avvenire.   Le opere degli Dei sono ripiene di  provvidenza. Le opere della fortuna  non sono infuori della natura, cioè  di quella coordinazione e connes-  sione di cause cui la provvidenza  governa. Tutto scaturisce di là. Ag-  giugni che quanto è, di necessità è,  ed è utile all’ universo di che tu sei  parte. Ora, ad ogni parte della na-  tura è buono ciò che porta la natura  comune e che è sostentativo di quel-    Digitized by Googl     LIBRO SECONDO. 27   la. E sostentano il mondo, siccome  le mutazioni degli elementi, cosi an-  cora le mutazioni dei composti di essi  elementi. Queste cose ti bastino, que-  ste sieno sempre mai le tue ferme  credenze. E caccia via quella tua sete  di libri, affinchè tu non muoia mor-  morando, ma sereno e ringraziando  gli Dei sinceramente e di cuore.   4. Ricordati da quanto tempo tu  vai differendo queste cose, e quante  volte, avendo ricevuto opportunità  dagli Dei, non te ne sei valuto. E  convien pure che tu riconosca una  volta di qual mondo fai parte e da  quale reggitor del mondo sei ema-  nato ; e siccome un tempo ti è pre-  fìsso, del quale se tu non fai uso per  acquistare la tranquillità dell’ animo,  egli passerà, e tu passerai, e non sarà  più. per ritornare.   5. Sii sempre intento ad operar  gagliardamente, da romano e da ma-  schio qual sei, quel che hai por le    Digilized by Google     RICORDI.    28   mani, con serietà diligente e non  punto affettata, con amorevolezza,  con libertà, con integrità; e sgom-  bra l’animo tuo da ogni altra cui*a.  Lo sgombrerai, se farai ciascuna tua  azione come se fosse 1’ ultima della  tua vita, scevra affatto di leggerezza,  e di avversione appassionata ai con-  sigli della ragione, e di doppiezza, e  di amor proprio, e di scontentezza  per le cose condestinate* ab eterno  con te. Vedi quanto poco ci vuole  perchè altri possa vivere una vita  avventurosa e accetta agli Dei ! Chè  di fatti gli Dei non richiederanno  nulla più da chi osserva cotesto.   6. Disonorati su, disonorati, o ani-  ma; d’ onorarti poi, non ti rimarrà  più tempo. Perchè tanto di bene ha  ciascheduno, quanto la sua vita glie  ne arreca; e tu hai pressoché con-  sumato la tua, non già rispettando   • Con/’ala/ia, disse Cicerone, usando anch’e-  gli una voce ignota sinallora ai Latini. 0.    Digitized by GoogLe    LIBRO SECONDO. 2t)   te medesima, ma riponendo nelle  anime altrui la tua felicità. '   7. Se’ tu svagato dalle impressioni  del di fuori? Concedi agio a te stesso  di imparare alcun che di buono, o  cessa dall’ errare qua e là.   Ornai anche hai da guardarti da un  secondo svagamento. Perchè vaneg-  giano anche con le azioni gli uomini  stanchi della vita e non aventi uno  scopo a cui dirigano ogni loro sforzo  ed ogni lor pensiero qualunque (1).^   8. Per non avere avvertito ciò che  succede nell’ anima d’ un altro, di  rado r uomo fu mai veduto infelice;'  ma chi non avverte i moti dell’ anima  propria, è infelice di necessità.   9. Queste /ione conviene avere a  mente sempre : quale è la natura del-  r universo e quale la mia; qual rela-  zione ha questa con quella ; qual  parte è del tutto e di qual tutto; e    • Le note con numero progressivo tra  parentesi si trovano in fine del volume.     KlCOttDI.    30   come ^nessuno può impedirti dal far  sempre e dire ciò che è consentaneo  alla natura di che sei parte.   10. Filosoficamente Teofrasto, nel  paragone eh’ ei fa dei peccati, se-  condo che volgarmente ' si suole,  alferrna esser più gravi le colpe che  si commettono per concupiscenza che  non quelle che si commettono per  ira. Imperocché non senza un certo  dolore e raggricchiamento segreto  deir animo mostra 1’ uomo adirato  che egli si torca dalla ragione ; lad-  dove chi pecca per concupiscenza,  vinto dal piacere, sembra, in un certo  modo, più intemperante e più effe-  minato nel fallo. Rettamente adun-  que e con molta filosofia dice egli  essere maggiore la colpa di chi pecca  con piacere che non di chi pecca con  dolore. Ed infine, V uno rassomiglia  piuttosto a persona ingiustamente   t Yolgarmeutu: detto por opposiziono al  dettato stoico, essere ì peccati uguali. 0.    Digitized by Googl     LIBUU SKOONDO. 31   olTesa, che il dolore abbia sforzato a  sdegnarsi : ma l’ altro si muove spon-  taneo e da per sè all’ingiustizia, re-  candosi per concupiscenza a far chec-  chessia.   11. Convien pensare ed operare  ogni cosa come se tu dovessi uscir  di vita in quell’ ora. Uscir di vita, se  ci sono gli Dei, non è punto cosa  tremenda; da che non è possibile  che essi ti vogliano fare incappar nel  male ; e se non ci sono, o se non  curano le cose umane, a che vivere  in un mondo orbo di provvidenza e  d’Iddei? Ma e ci sono gl’Iddei, e si  piglian cura dell’ uomo ; e perch’egli  non inciampasse nei mali veri, po-  sero in arbitrio di lui la cosa; dei  rimanenti se alcun fosse male, a  quello ancora avrian provveduto, sì  che potesse ognuno guardarsene. Ma  quello che non fa peggiore 1’ uomo,  come farebbe peggiore la vita del-  r uomo? Oltre che la natura dell’ uni-    Digitized by Coogk     32 RICORDI.   verso non saria stata mai trascurata  a tal segno' (non, perdi’ ella non sa-  pesse ; non, perchè sapendo non po-  tesse); non saria mai, dico, nè per  impotenza nè per disavvedutezza in-  corsa in tanto errore da lasciare che  i beni e i mali toccassero del pari  e senza differenza nessuna ai buoni  ed ai tristi. E pur noi veggiamo che  la morte e la vita, la gloria e V in-  famia, il dolore e il piacere, le ric-  chezze o la povertà, cose tutte che  non sono nè oneste nè inoneste, toc-  cano senza differenza ai tristi ed ai  buoni. Adunque, nè benf olle sono  nè mali.   12. Come tosto svanisce e va a per-  dersi ogni cosa, nel vortice del mon-  do i corpi, e nello avvicendarsi del  tempo la memoria di quelli! quali  sono tutte le cose sensibili, e mas-  simamente quelle clic adescano col  piacere o atterriscono col dolore o  sono dalla vanità degli uomini cele-    Digitized by Goog[e     LIBRO SECONDO.    33   brate! quanto son vili, dispregevoli,  sucide, corrottibili, morte! questo è  . da considerare per una facoltà intel-  lettiva: che cosa son coloro le opi-  nioni dei quali e le voci distribui-  scono la fama ; che cosa è il morire ;  e siccome, chi lo considera solo da  per sè, separandolo con la mente da  tutto ciò che la fantasia v’ ha ag-  giunto, non se ne fa più concetto se  non come di operazione della natura :  ora il temere un’ operazione della na-  tura è cosa da fanciullo. E questa  non solo è operazione della natura,  ma operazione utile a quella. — In  che maniera 1’ uomo comunica con  Dio, e per qual parte di sè; e come  disposta debb’ essere allora questa  parte dell’ uomo.   13. Non v’ ha misero al pari di  colui che va esplorando in giro ogni  cosa, come disse quell’ altro, anche  le cose di sotterra, e vuol penetrare,  per via di congetture, ciò che sta   .V«rco Aurelio. 3    Digitized by Google     u    RICORDI.    nell’ animo del vicino, senza accor-  gersi che gli basterebbe pure tenersi  accanto al genio che è in- lui, e ser- |  vir quello di cuore. Servire il genio  che è in noi,' vuol dire mantenerlo  netto di passione, di operar teme-  rario, e di scontentezza per cosa che  venga dagli Dei o dagli uomini. Per-  chè quel che viene dagli Dei è ve-  nerabile, per la virtù eh’ è in loro :  quel che vien dagli uomini è ami-  chevole, per la parentela che abbiam  con loro; e talvolta anche compas- 1  sionevole ( 2 )^ per l’ ignoranza in che '  sono de’ beni e dei mali ; cecità non  minore di quella che impedisce di  scernere il bianco dal nero.   li. Quand’ anche tu avessi a vivere  tre migliaia d’ anni ed altrettante  diecine di migliaia, sovvengati non-  dimeno che r uomo non perde altra  vita che quella eh’ egli vive, nè vive    ' Inteudi la ragione.    Digitized by Goog[e    LIBRO SECONDO. 35   altra vita che quella ch’egli perde.  Ad uno stesso fine adunque riescono  e la più lunga vita e la più breve.  Perchè il presente è uguale per tutti,  se bene non è uguale lo spazio di  vita insino allora trascorso; e così  appare che il tempo che l’ uom perde  è un momento indivisibile. Nè il pas-  sato di fatti nè il futuro non può  perdere egli mai; come perdere ciò  che non ha ? Di questi due punti  adunque ti hai da ricordare; l’uno,  che il mondo va eternalmente sem-  pre ad un modo, ravvolgendosi come  in un cerchio, e che non v’ ha dif-  ferenza dal vedere le stesse cose per  cento anni al vederle per dugehto o  per la infinità dei secoli; l’ altro, che  ugual vita perde e chi muor decrepito  e chi muore'per tempissimo ; perchè  il presente è la sola vita che venga  lor tolta, essendo la sola che ciascun  d’ essi abbia, e nessuno non potendo  perdere quel che non ha.    Digitized by Google     36 BICORDI. I   15. Siccome tutto è opinione. È   «   noto il detto di Monimo il cinico. E  nota anche V utilità di quello, chi ne  colga il midollo per insino ai confini  del vero.*   16. L’anima umana fa onta a sè  stessa, primieramente quando ella ;  diventa, per quanto sta in lei, come  chi dicesse un apostema o tumore  del mondo, ritraendosi da quello co-  me fan gli umori guasti dal corpo. -  Perchè il crucciarsi di un accidente  qualunque è un ritrarsi dalla natura  univei-sale, dentro alla quale son  contenute, siccome parti di quella,  tutte le nature degli altri. In secondo  luogo, quando ha avversione a un   * Diceva che   «Ogni nostra opinione è fumo e boria.» 0.   ^ Apostema in greco vuol dire ad un tempo  ed apostema e ritiramento. È solenne agli  stoici il torre esempi, nelle cose morali,  dalla natura fisica, siccome quella in cui è  contenuta, secondo loro, ancho la natura  morale. 0.    Digilized by Google     LIBRO SECONDO. 37   qualche uomo, od anche se gli volge  contro per nuocergli, come le anime  degli adirati. In terzo luogo ella fa  onta a sè stessa quando si lascia vin-  cere dal piacere o dal dolore. Quarto,  quando ella s’ infinge ed opera o  parla con simulazione e contro la  verità. Quinto, quando ella non in-  dirizza a nessuno scopo una qualche  sua azione o una qualche sua deter-  minazione di volontà, ma opera a  caso e senza sapere che cosa si fac-  cia; laddove nè anche le minime cose  non (iovrian farsi mai se non con rela-  zione al fine. E il fine degli animali ra-  gionevoli è il conformai'si alla ragione  e legge della più antica fra le città e  le repubbliche e della più veneranda. *  17. Della vita umana, la durata è  un punto; la materia, fluente; il  senso, tenebre ; la compagine di tutto  il corpo , corruzione ; 1’ anima,* un   * La città e repubblica del mondo. 0.   * Per anima qui non s' intendo certamente    Digitized by Google     38    RICORDI.    ap^gintrsi perpetuo; la fortuna, cosa  mala a prevedere; la fama, cosa  senza giudizio. E a dirla in breve,  ciò che riguarda il corpo, è un tor-  rente ; ciò che riguarda l’ anima, so-  gno e fumo ; la vita tutta intera,  guerra e pellegrinaggio; e la rino-  manza che le vien dopo, oblio. Che i  adunque v’ ha a cui tu ti possa atte-  nere? Sola ed unica una cosa; la  filosofia. E questa consiste nel custo-  dire per tal modo il genio interno,  eh’ egli non riceva nè onta nè danno,  sia superiore al piacere e alla pena,  non operi nulla a caso, nè infìnta-  mente 0 con animo d’ ingannare, nè  abbia bisogno mai che altri faccia o  non faccia checchessia; inoltre ac-  cetti ogni avvenimento a lui desti-   r anima ragionevole, nè la mente, o la parte  sovrana, o il genio interno menzionato nelle ,  linee segnenti; ma solamente il principio ’  della vita animale. Vedi il § 16 del lib. Ili |  dei Bicordi, ove è fatta distinzione fra corpo,  anima c mente. P. I    Digilized by CoOa     LIBRO SECONDO. JÌ9   nato siccome cosa che gli viene di  colà d’ onde è venuto egli stesso ;  sovra tutto poi, aspetti la morte con  mente serena, siccome nulla più che  dissoluzione degli elementi onde ogni  animale è composto; ai. quali se non  è grave lo essere trasmutati di conti-  nuo r uno nell’ altro, per qual ca-  gione si avrà ella a temere la tras-  mutazione e la dissoluzione d’ essi  tutti in una volta? Ella è cosa se-  condo natura; e nulla che sia se-  condo natura non è mai un male.   Tn Carnvnto,    Digitized by Google     LIBRO TERZO.    1. Non solamonte è da conside-  rare che la vita si va consumando  ogni dì, e che sempre ce ne riman  meno, ma eziandio che egli è in-  certo, ove ancor 1’ uomo viva lunga-  mente, s’egli avrà sempre vigor 'di  mente che basti per la intelligenza  degli affari e la contemplazione che  ha per iseopo la conoscenza delle  cose divine ed umane. Perchè, quan-  do egli incominci a vaneggiare,* non  cesserà però, egli è vero, nè di tra-  spirare, nè di nudrirsi, nè di avere  immaginazioni, nè appetiti, nè altre   1 Vedi addietro, II, 7. 0.    Dìgitized by Google     LIBRO TERZO.    41   cose di tal fatta; ma valersi di sè  stesso, ma avvertire distintamente  tutti i numeri * del dovere, ma chia-  rire i propri concetti, ma, quel che  importerebbe allora, deliberare se  sia già tempo per lui di andatene,®  e quante altre cose richieggono una  raziocinativa molto bene esercitata,  cotesto non potrà egli più, chè la  facoltà sarà spenta anzi tempo. Con-  viene adunque affrettJirsi, non sola-  mente perchè ci facciamo ognora  più vicini alla morte , ma ancora  perchè cessano in noi anzi il finir  della vita la intelligenza e la com-  prensione delle cose.   2. È degno pure d’ osservazione  che anche quelle cose le quali sono  un mero accompagnamento neces-   1 c Onesto chiamano (gli stoici) il perfetto  bene per lo avere esso tutti i numeri che la  natura richiede.» 0.   - Secondo gli stoici non dovea rimanere  in vita r nomo che non potea più adempire  gli uffici d’uomo, 0.    Digilized by Coogle     RICORDI.    42   sario d’ ima operazione della natura  hanno un non so che di grazioso e  di dilettevole. Per esempio, cocen-  dosi il pane, si screpola in certi luo-  ghi. Or bene, anche quelle così fatte  screpolature che stan là, per così  dire, fuori dell’ intenzione del for-  naio, hanno un certo garbo o muo-  vono r appetito in un certo modo  lor proprio. Ancora i fichi, quando  sono ben maturi, si aprono. E nelle  ulive lasciate lunga pezza in su V al-  bero, quello stesso essere già vicine  a corrompersi, aggiugne al frutto  una certa bellezza particolare. E le  spighe che s’ inchinano, e la guar-  datura del leone, e la schiuma che  esce fuori di bocca al cinghiale, e  molte altre cose le quali, considerate  da per sè, sono lontane da ogni bel-  lezza, nondimeno, perch’ elle accom-  pagnano necessariamente un’ opera  della natura, aggiungono a quella  ornamento e dilettano altrui. Di ma-      Digitized by Coog[e     LIBRO TERZO.    43    niera che, chi avesse altezza d’ in-  gegno e considerasse ad una ad una  le cose che accadono nell’ universo  mondo, nessuna ne troverebbe per  avventura, anche di quelle che sono  mera conseguenza- necessaria delle  altre, la quale non gli paresse farsi  con una certa grazia. Costui vedreb-  be la gola spalancata d’ una fièra viva  con non meno piacere che quando  gli scultori o i pittori glie la fan  vedere imitata; e nelle vecchiarelle  e nei vecchi scorgerebbe un certo  che di finito e di maturo non meno  piacevole ai casti occhi di lui che  là venustà dei fanciulli ; e molte altre  cose gl’ incontrerebbe di vedere, che  non fan senso in tutti, ma solamente  in chi s’ è veramente addimesticato  con la natura e con le opere di  quella.   3. Ippocrate curò di molti amma-  lati, e poi s’ ammalò egli stesso e  morì. I Caldei predissero a molti la    Digilized by Cooglc     RICORDI.    44   morte, e poi venne anche per loro  la morte. Alessandro e Pompeo e  Caio Cesare, i quali distrussero dalle  fondamenta le tante città, e taglia-  rono a pezzi in giornata campale le  tante migliaia di cavalli e di fanti,  uscirono poi anch’ essi di vita, alla  fine. Eraclito, dopo avere con tanta  sapienza e ragioni naturali discorso  intorno alla conflagrazione del mon-  do, gonfiatosegli d’acqua il corpo,  coperto di letame se ne morì. De-  mocrito fu spento da’ pidocchi ; ' So-  crate da pidocchi d’ un’ altra sorta.  Che è ciò? Ti se’ imbarcato, hai na-  vigato, sei giunto; esci di nave. Se  per andare ad un’ altra vita, nessun  luogo è vuoto di Iddii, e nè anche   ^ Diogene Laerzio narra che Democrito  mori di vecchiaia; Lncrezio, che nscì spon-  taneamente di vita, perchè sentiva il suo  spirito indebolirsi per effetto degli anni.  Non trovasi nell' antichità a noi nota alcuna  tradizione che concordi con ciò che qni dice  Antonino. P.    \    Digitized by Coogic     LIBRO TERZO.    45   quello dove vai ; se per rimanere  senza sentimento, avrai Unito di sof-  frire i dolori e i piaceri, e di dovere  andare a versi ad un vaso che è di  tanto inferiore a quel che gli serve.  Perchè l’ uno è mente e genio, e  r altro è terra e sangue.   4. Non consumare quella porzione  che ti rimane di vita nel pensare ai  fatti altrui, ogni volta che * tu noi  faccia con un fine di comune utilità;  cioè nello andar fantasticando che  cosa opera il tale e per qual cagione,  e che dice, e che pensa, e che mac-  china, e somiglianti cose, le quali  tutte ti fan deviare dalla custodia  della tua parte sovrana. Conviene  adunque guardarsi, nella succession  dei pensieri, dall’ ozioso e dal vano,  ma molto ancora^più dal curioso e  dal maligno; ed avvezzar sè stesso  a pensar solo tali cose che, quando  altri, all’ improvviso ti domandasse,  che pensi ora? tu possa risponder    Digitized by Google     46    BICORDI.    tosto e senza tema: questo, o que-  st’ altro ; onde appaia subito mani-  festamente non avervi nulla in te  che non sia schietto e benevolo,  nulla che non convenga ad animai  socievole; il quale non si compiace  nelle immaginazioni di piacere^ o di  godimento qual eh’ ei sia, o di gaiti  o d’invidia o di sospetto, o di qua-  lunque altra cosa ti facesse arrossire  quando tu avessi a confessare che  l'avevi in mente. Un uomo di tal  fatta, il quale non indugia d’ oggi in  domani a por sè nel novero degli  ottimi, è come un sacerdote e un  ministro degli Dei, devoto, non meno  che agli altri, a quello che ha il suo  tempio in lui medesimo; per virtù  del quale l’ uomo diventa inconta-  minabile ad ogni jiiacere, invulne-  rabile ad ogni dolore, inviolabile ad  ogni ingiuria, insensibile ad ogni  malizia, sostenitore in campo della  massima fra le imprese, quella del    Digitized by Coogic     LIBRO TERZO. 47   non essere abbattuto da nessuna  passione, imbevuto di giustizia in-  sino al fondo, disposto ad accogliere  con tutta r anima quanto accàSe e  gli vien destinato, e non occupan-  tesi se non di rado nè mai senza  una grande e pubblica necessità, di  CIÒ che altri fa o dice o pensa ; per-  ch’ egli non ha altre azioni in sua  balìa che le proprie, e pensa conti-  nuamente alle cose che il fato del-  r universo gli arreca; per far si che  le prime sieno oneste, siccome ha  fede che le seconde sien buone ;  quando la sorte attribuita all’ uomo  procede dalla stessa causa che l’ uo-  mo e concorre insieme con 1’ uomo  ad un medesimo fine. Sa inoltre che  tutti gli esseri ragionevoli han pa-  rentela fra loro; che è quindi con-  forme alla natura dell’ uomo il tener  cura di tutti ; benché non sia da far  conto deir opinione di tutti, ma solo  di coloro che vivono secondo natura.    Digilized by Coogle     RICORDI.    48   Quanto a quelli che vivono altra-  mente, egli tien sempre a memoria  che sorta cT uomini sono, e quali, e  in casa e fuor di casa, e di notte e di  giorno, si dimostrano, e con quali  praticano; non ha quindi in pregio  nessuno la lode che gli può venire  da tallente, la quale nè anche a sè  stessa non piace.   5. Non operar mai nè contro al  tuo volere, nè senza relazione al  bene della società, nè senza avere  esaminato la cosa, nò con renitenza ;  non adornare con isquisitezza di frasi  il tuo pensiero: non esser uomo nè  di molte parole, nè di molte faccen-  de.' Ancora, fa’ che il Dio tuo in-  terno abbia a governare in te un  animale maschio, attempato, citta-  dino, romano, imperatore, apparec-  chiato di tutto punto, siccome quegli  che non aspetta ornai se non il suono   * Di molte faccende in cattivo senso, come  chi dicesse faccendone, o faccendiere. P.    Digilized by Coogl«     LIBRO TKRZO. IO   della tromba* per uscir della vita,  e non occorre sforzarlovi nè col giu-  ramento, nè con la testimonianza  (f altr’ uomo ; nel lieto aspetto del  quale ben si scorge non avere egli  bisogno nè dell’ aiuto che vien dal  di fuori, nè della tranquillità che gli  altri procurano. Conviene adunque  esser ritto in piedi già, e non riz-  zarui solamente.   6. Se tu trovi qualche cosa di me- •  glio nella vita dell’ uomo che la giu-  stizia, che la verità, che la tempe-  ranza. che la fortezza, e, in una pa-  rola, che quella disposizione della  mente per cui ella si appaga di sè  medesima nelle cose die ti fa ope-  rare secondo la retta ragione,, e del  fato, nelle cose che senza parteci-  pazione della tua volontà ti vengono  distribuite; se, dico, tu trovi alcun  che di meglio che questo, a quello   1 Similitudine tolta dagli ordini della  milizia appo i Romani. 0.   .Virco \urcIio. 4    Digitized by Google     RIOUBDI.    50   rivolgiti con tutta l’ anima e godine  siccome di cosa che hai ritrovato  esser V ottima. Ma se nulla ti si pre-  senta di meglio che il genio stesso  tuo interno, quando si è fatto signore  de’ propri moti, e rivoca ad esame  le proprie immaginazioni, e si è sot-  tratto^ come diceva Socrate, dalle  passioni del senso, e vive sottomesso  . agli Dei e pigliandosi cura degli uo-  mini ; se, a paragone di questa, tutte  . le rimanenti cose ti paion picciole  e vili, non dar più luogo appresso  te a nessuna altra, alla quale una  volta che tu ti sentissi propendere,  più non potresti senza repugnanza  preferire a tutti quel bene che è pro-  prio di te ed è il tuo; perchè al  bene j’azionale ed efficiente (3) non  vien contrapposto impunemente mai  nulla che sia di natura diversa, come  le lodi della moltitudine, o il co-  mandare, o i piaceri del senso ; tutte  queste cose, per poco che le si paiano    Digilized by Google     LIBRO TERZO.    Ò1   adattare,' ti sopralfamio in un attimo  e ti strascinano. Or tu, dico io, sce-  gli schiettamente e liberamente il  meglio, e a quello ti attieni. — Ma  il meglio è l’utile. — Se l’utile al-  r uomo in quanto è ragionevole, bene  sta, quello procura: se l’ utile all’ uo-  mo in quanto animale, dillo su aper-  tamente® e vivi di poi senza boria nò  fasto, secondo quella determinazio-  ne. Ma bada, ve’, che non ti inganni  nell’ esame.   7. Non riguardare giammai come    i Par che Antonino alluda qui alla teoria  dello adattare le nozioni generali alle cose  particolari, o, come diremmo noi, del con-  cetto alla rappresentazione, che è ciò in che  consisto il giudizio. 0.   * Dillo spiattellatamente, se ardisci, senza  avvolgerti in parole coperte: e ammetti poi  tutte le conseguenze di quel tuo detto: cioè,  vivi poi da animale mero e puro, senza in-  gerirti a parlare nè di moralità nè di virtù  nè di giustizia, nè d* altro simile, che in  quel caso sarebbero un vano fasto di pa-  role. E provocazione al senso intimo dell'uo-  mo. 0.     RICORDI.    52   Utile a te nulla che sia per isforzarti  un dì a violar la fede, abbandonare  il pudore, odiare alcuno^ sospettare,  maledire, simulare, desiderar cosa j  che abbia bisogno di pareti e di ve-  lame . Chi ha posto innanzi ad ogni  altra cosa la sua mente e genio, e  il culto della virtù eh’ è propria di  quello, non fa tragedie, non geme,  non ha bisogno di solitudine, non  di frequenza d’ uomini; quel che più  impoita, vive senza ricercar nulla  nè fuggire; abbia ad esser lungo o ,  abbia ad esser corto Tintèrv^allo di  tempo durante il quale sarà conte-  nuta nel corpo l’ anima con che egli  lia a fare,' non se ne piglia nè an-  clic il minimo pensiero; e quando   1 Con che egli ha a fare. Non veggo che  cosa abbia voluto dire V Ornato. Il senso  letterale del testo è: sia lungo o sia breve  il tempo, eh' egli avrà a far uso dell' ani-  ma contenuta nel corpo. Il che, parrai, equi-  vale a dire: sia lungo, o sia breve il tempo  ch'egli ha a vivere. V.    Digitized by     LIBRO TERZO. 53   è giunta V ora dello sgombrare, cosi  spiccio se ne va, come se impren-  desse un’ altra qualunque di quelle  azioni che si possono con verecondia  e con dignità operare; da questo  solo guardandosi per tutta la vita, ,  che veruno dei moti della sua men-  te non sia mai men che convene-  vole ad animale intelligente o so-  ciabile.   8. Nella mente dell’ uom castigato  e puro non troverai nulla di marcio,  nè tampoco nulla di contaminato o  che paia sano al di fuori e noi sia.  La vita di lui, a qualsivoglia ora lo  sorprenda la morte, non è mai im-  perfetta, come tu diresti quella tra-  gedia d’onde un attore si fosso riti-  rato prima d’ aver condotto a fine  la sua parte. Ancora non è in lui  nulla di villano, nè nulla di artata-  mente gentile; nulla che il leghi  alle cose esteriori nè nulla che lo  separi da quelle; nulla onde egli sia    Digiiized by Google     64    RICORDI.    palesemente ripreso,' nè nulla che  covi addentro nascosto.   9. Abbi in rispetto la facoltà giu-  dicativa.^ Per lei sta che non si ge-  neri nella tua parte sovrana nessuna  opinione che non sia consona alla  natura o al fine per che 1’ uomo è  ordinato. Ed essa promette la infal-  libilità,* e l’amicizia con gli uomini  e r ubbidienza agli Dei.   10. Messe adunque da banda tutte  le altre cose, queste poche sole abbi  in mente; ed ancora ricordati che i  r uomo non vive altro tempo che  questo presente, cioè un attimo; il  rimanente o lo ha vissuto o non sa  se il vivrà. Picciola cosa pertanto è   1 Intendi: nulla che appaia manifesta-  mente vizioso. P. '   2 Ossia la virtù del non cadere in er-  rore ; che vien definita da Zenono « la  scienza del quando conviene assentire ad i  un' apparenza, e quando no. > Questa ac-  compagna sempre il giudizio comprensivo,  che è il criterio della verità appo g-li  stoici. 0.    Digitizedh, Cnoi^li:     LIBRO TRRZO.    55    il tempo che l’ uom vive, picciola  cosa rangoletto della terra dov’egli  vive ; picciola cosa la fama anche la  più lunga eh’ egli lascerà dietro sè,  e questa tramandantesi per succes-  sione d’ omiciattoli in omiciattoli,  morti quasi appena nati, ed ignari  anche di sè medesimi, non che di  colui il quale moriva è già gran  pezza.   li. Agli avvertimenti dati sin qui  s’ aggiunga ancora quest’ uno, di de-  finir sempre o descrivere l’oggetto  che cade sotto al tuo senso, si che  tu lo scorga a parte a parte distin-  tamente e tutt’ insieme quale egli è  nella sua essenza nudo, e dir teco  stesso il nome proprio di quello e  il nome delle cose di che è compo-  sto e in che s’ ha da risolvere. Per-  chè non v’ ha nulla che sublimi  cotanto l’animo quanto il potere ar-  guire per la diritta via e con verità  ciascuna delle cose che incontrano    Digitized by Google     56    RICORDI.    nella vita, e saperle vedere per ino»  do da conoscere nello stesso tempo  di qual uso sendo questa tal cosa  al mondo, e a qual mondo, qual  valore ha rispetto al tutto e quale  rispetto air uomo, che è cittadino  della suprema fra le città, della  quale le altre città sono' come al-  trettante famiglie. Che cosa è, e di  che cosa è composto, e quanto tempo  è por duiare ij cesto che fa impres-  sione ora sul mio senso; di che virtù  s’ ha da far uso con esso, per esem-  pio, della mansuetudine, della for-  tezza, della veracità, della fede, della  semplicità, della frugalità, o simili.  Però, intorno a ciascuna cosa, con-  vien dire : questa mi viene da Dio ;  questa dalla sorte, dalla complica-  zione delle cause condestinate, e so-  miglianti cose; quest’ altra dal mio  consorto, dal mio congiunto, dal  partecipe d’ una stessa società con  me, il quale ignora nondimenò ciò    Digitized by Google    LIBRO TERZO. 57   che è secondo natura per lui. Ma   10 non lo ignoro ; e però mi governo  con lui secondo la legge naturale  della società, con benevolenza e giu-  stizia; e ad uno stesso tempo ho  riguardo, nelle cose mezzane,' al  valore di ciascheduna.   12. Se tu operi secondo la retta  ragione quel che hai fra mano, stu-  diosamente, c vigorosamente, placi-  damente, e non t’ occupi d’ altra cosa  tra via, ma conservi puro ed intatto   11 genio tuo, come se tu dovessi già  rassegnarlo ; * se a lui ti tieni stret-    1 Si chiamai! còse mezzane appo gli stoici  quelle che non sono nè ben nè male, cioè  nè virtù nè vizio. Le quali, comecché da  per sè non meritino d' esser cercato nè fug-  gite, si accettano nondimeno o si rigettano  per r aiuto o disainto che elle possono ar-  recare alla vita secondo natura. Quelle che  arrecan più aiuto, han più valore: quelle  che più disainto, più disvalore. Di questò  ha da tener conto il savio, ed accettare,  quando gli è data la scelga, quelle che han  più valore, o che han meno disvalore. 0.   ^ Sottintendi « a chi tol diede. » 0.    Digitized by Google     58    RICORDI.    to, nulla aspettando, da nulla rifug-  gendo, contentandoti dell’ azion tua  presente secondo natura e della eroi-  ca verità d’ ogni cosa che tu dica:  felicemente vivrai. Ora non v’ ha  nessuno' che ti possa questo impe-  dire.   13. Come i medici han pronti sem-  pre i loro ferri e strumenti per le  cure inopinate, così abbi tu alla mano  i principi! * per la cognizione delle  cose divine ed umane; e non far  nulla mai, per poco che sia, senza  ricordarti del legame che unisce  queste con quelle. Perchè nulla di  umano farai tu bene se non lo ri-  ferirai al divino, e viceversa.   14. Non andar più vagando; per-  chè non sei per rileggere oramai nè  i tuoi ricordi, hè le azioni degli an-  tichi romani e greci, nè gli estratti   * Punti fondamentali di credenza, cre-  denze prime, dommi : decreta .appo Cice-  rone. 0.    Digitized by Goog[     LIBRO TERZO.    59   d’ autori che riserbavi per la vec-  chiaia. Studiati dunque d’ arrivare  al fine, e poste da banda le spe-  ranze vane, soccorri a te stesso, se  pur ti cale di te, mentre che il puoi.   15. Non sanno * quanti significati  abbiano le parole rubare, seminare,  comperare, riposare, veder quel che  sia da fare, il che non si reca ad  effetto con gli occhi, ma con un’al-  tra sorta di vista.   16. Corpo, anima, mente ; del corpo  son le sensazioni, deh’ anima le ap-  petizioni, della mente le credenze.^  Ricevere impressioni nella fantasia  è cosa anche da giumento; esser  mosso da appetiti è cosa anche da  fiera, anche da androgino, anche  da Falaride, anche da Nerone; avere  per iscorta la mente a quello che  ci pare nostro ufficio,* è cosa anche    I Sottintendi c gli nomini del volgo. » 0.  ^ Dommi, decréta. 0.   Intendi, a quello che ci par eg$ere no-    Digitized by Coogle    60 RIGORDT.   da chi non crede che v’ abbiano  Dei, da chi abbandona la patria, da  chi fa, quando ha chiuso le porte,  ogni opera nefanda. Se adunque  tutte queste cose abbiam comuni  cogli anzidetti, resta che sia proprio  dell’ uomo dabbene lo amare ed ab-  bracciare gli accidenti ad esso con-  destinati e guardarsi dal macchiare  e turbare con immaginazioni sconce  il genio che risiede nel petto di lui,  ma conservarlo propizio, seguendolo  modestamente* come un Iddio, non  dicendo mai nulla che sia contro  al vero, nè dicendo *mai nulla che  sia contro al giusto. Che se nissuno    ttro interene. Questo è il significato gene-  rale della parola ufficio appo gli stoici. Solo  allor quando le si aggingne l'epiteto di  perfetto denota essa il dovere^ che è come  V intereae iublime dell' uomo. Noto questo  perchè alcuni degli interpreti, e per ultimo  anche il Corai, hanno maravigliosamente  scompaginato - e interpolato questo passo;  frantendendolo. V. Diog. Laerz.; Stobeo ; Cic.  de Officiùt otc. 0.    Digitized by Coogic     LIBRO TERZO.    61    degli uomini non gli vuol credere  eh’ egli viva con semplicità, con ve-  recondia, e di buon animo ; nè s’adira  egli contro costoro, nè si svia dalla  strada che conduce al fine della yita.  al quale si vuol giunger puro, tran-  quillo, spedito, e conformato di vo-  lontà col proprio destino.    Digiiized by Google     LIBRO QUARTO.    1. La parte che dentro di noi re-  gna,* quando è nel suo stato natu-  rale, ha tal disposizione verso gli  accidenti, che senza difficoltà si ri-  volge sempre al possibile e al dato.  Perch’ella non ama nessuna mate-  ria determinata ; ma si porta con  eccezione* a quello che si ha pro-  posto, e quando alcun che se le  viene ad attraversare per via, ella  si fa di quello stesso materia ; come  il fuoco, quando s’ impadronisce delle   I La parte sovrana o dominante.   ^.Eccezione : vocabolo stoico. Indica limi-  tazione del proponimento al possibile. Farò  la tal cosa, se non sarò impedito. O.    Digitized by Googl    LIBRO QUARTO. 63   cose die incontra, dalle quali una  picciola lampana sarebbe spenta ; ma  lo splendido fuoco assimila a sè tosto  ogni cosa che se gli butti dentro, e  la consuma, e per quella stessa s’in-  nalza più in su.   2. Nessuna azione sia fatta a caso  mai, nè altrimente che secondo una  delle regole costitutive dell’arte.*   3. Van cercando ritiri, alla campa-  gna, alla marina, sui monti; e tu  stesso suoli desiderare siffatti luoghi.  Ma cotesto è da uomo ignorantissi-  mo, potendo tu, a quell’ ora che tu  vuoi, ritirairti in te stesso. Perchè   * Ad ogni caso della vita corrispondo  una virtù da esercitare (vedi sopra, III, 11,  e più abbasso, IX, 11, 42): ed ogni virtù è  appo gli stoici nna scienza nello stesso  tempo ed un’ arte: parlo delle virtù pro-  priamente dette. Come scienza quindi e  come arte consta di certo proposizioni o re-  gole, ciascuna delle quali è parte integrante  di quella, e tutto insieme" la costituiscono.  Così abbiam veduto (HI, 1) e vedremo ancora  (VI, 26) che ogni ufficio consta di corti nu-  meri. 0.    Digitized by Goog[e     inroRDi.    «4   in nessuno altro luogo si ritira V uo-  mo con più tranquillità e con meno  brighe che nell’ anima sua ; massi-  mamente chi ci ha dentro tanto  alti oggetti di contemplazione che  il solo affacciarsi a loro procaccia  tosto ogni sorta di agevolezza. Quan-  do dico agevolezza, non voglio dir  altro che buon ordine. Concedi adun-  que sovente a te questo ritiro e rin-  novella quivi te stesso. Breve sia  r espressione ed elementare la forma  di quelle verità contemplative che  avran forza di rasserenare al primo  incontro V anima tua c. rimandarti  senza corruccio alle cose alle quali  ritorni. Perchè, di che cosa ti coi'-  rucci? Della malizia degli uomini?  Rammentati di quella sentenza, che  gli esseri ragionevoli son fatti gli uni  per gli altri; che il sofferire è parte  della giustizia; che malgrado loro  peccano ; che tanti si son già inimi-  cati, sospettati, odiati, ^perseguitatisi    LIBRO QOARTO. 65   a morte, i quali ora sono spenti, son  fatti cenere; e te ne darai pace. 0  ti crucci tu di quella parte che a te  Vien compartita dell’ universale de-  stino? Rinnovella il dilemma. 0 è  la provvidenza o son gli atomi,' op-  pure gli argomenti con che s’ è di-  mostrato che il mondo è come una  città. Ma forse tu ti contristi delle  affezioni del corpo? Pensa che non  han più nulla che fare con la mente  i moti o sieno soavi o sieno aspri  del senso, ogni volta che questa s’ è .  raccolta in sè medesima ed ha cono-  sciuto la sua propria potenza; al che  potrai aggiugnere quelle altre cose  che intorno al piacere e al dolore  hai apparato ed accettato per vere.   0 sarà forse T amor di gloria quello  che ti turba? Considera come è ratto   1 Vedi lib. VI, 44, lib. X, 6. Si allude al  sistema atomistico di- Epicuro, il quale ne-  gava la previdenza, e attribuiva il mondo e  tutti i fenomeni del mondo ad una causa  non intelligente.. P.   Marco Aurelio. *     66    RICORDI.    l’oblio d'ogni cosa, interminato dal -  runa parte e dall’ altra* il caos della  età, vana cosa il rumore, mutabile,  e inconsiderato chi in apparenza ti‘  esalta, angusto il luogo dove è cir-  coscritto il suo dire. Perchè tutta la  t.erra' è un punto: e qual parte di  essa è l’angoletto che tu abiti? e  quivi ancora quanti avrai lodatori, e  quali?— D’or innanzi adunque sov-  vengati di ritirarti in questa tua vil-  letta di te medesimo; e sopra tutto,  non. t' affannare, non t’agitare, ma  sii libero e vedi le cose da uomo, da ‘  maschio, da cittadino, da mortale.  Ed abbi in pronto, fra le verità alle  quali dovrai far ricprso, queste due  principalmente: 1’ una, che le cose  non arrivano sino all’ anima, anzi  stanno al di fuori immobili;* e i  turbamenti nascono dalla sola opi-   1 A parte ante e a parte pott come dice  la scuola. 0.   * Conferisci VII, 16; IX, 16. P.    Digitized by Googk     LIBRO QUARTO. 67   • nione, che è dentro. L’ altra, che  quanto tu vedi già già si muta e più  non è quel desso ; e rivolgi in mente  ciascuna delle mutazioni alle quali  tu stesso sei inten'enuto.   11 mondo^ alterazione. La vita, opi-  nione.   4. Se la intelligenza ci è comune  a tutti, anche la ragione per cui  siam ragionevoli ci è comune; se  cotesto è, anche la ragione impera-  tiva di ciò che si dee fare o non fare  ci è comune; adunque anche la legge  ò comune; aifunque siam concittadi-  ni ; adunque partecipiamo tutti ad  una specie di reggimento civile ;  adunque il mondo è come una città.  Perchè qual altro direm noi che sia  quel reggimento civile di cui tutto  il genere umano partecipa? Di colà,  da quella città comune, viene a noi  r intelligenza, la ragione, la legge,  o d’ onde verrebbon esse? perchè,  siccome quanto v’ ha in me di terreo    Digitized by Google     68 RICORDI.   viene da una certa terra di cui fa  parte; e quanto v’ ha in me d’umido,  da un altro elemento; e quanto v’ha  di caldo e d’ igneo, da una certa  sorgente propria (nulla venendo mai  dal nulla nè ritornando nel nulla);  così anche la intelligenza dee venire  da qualche cosa.   5. La morte è come la nascita, un  mistero della natura; composizione  e risoluzione di certi elementi in  quegli elementi medesimi. Ad ogni  modo non è cosa di che 1’ uomo  debba arrossire ; perchè non è cosa  che repugni alla natura dell’ animale  intellettivo o disconsegua* al prin-  cipio della formazione di quello.   6. Tali cose debbono di necessità  farsi in tal modo da questi tali; chi  le vuole altrimente, vuole che il fico  non abbia lattificcio. Del tutto, sov-  vengati che in brevissimo tempo e    * Intendi ripugni, non aia conforme. !'•    Digilized by Cooglc     LIBRO QUARTO. 69   tu e costui sarete morti: e che, poco  dopo, non rimarrà più di voi nè an-  che il nome.   7. Togli via r opinione, ed è tolto  via il « sono stato offeso : » togli via  il « sono stato offeso, » ed è tolta via  r offesa.   8. Quello che non fa peggiore l’ uo-  mo non fa nè anche peggiore la vita  di lui, nè le nuoce, nè esternamente  nè internamente.   9. È necessitata dall’ utile ‘ la na-  tura a far cotesto. ^   10. Siccome ogni cosa che accade,  giustamente accade; il che, se tu  osserverai con attenzione, troverai   1 Comune. 0.   2 Più letteralmente : « È necessitata la na-  tura deir utile a far cotesto.» La natura  deir utile, cioè il principio sostanziale del-  l’utile (chè vuol esser presa sostanzialmente  in questo luogo la voce natura), il quale  evolvendosi, come ragion seminale, succes-  sivamente nel tempo, fa che ogni cosa sia  bene. Perchè non conviene dimenticar mai  che, appo gli stoici, l'utile non è altro che  il bene. 0.    Digilized by Coogle     70    RIGOKDI. •    sempre vero: non solamente, dico,  secondo l’ ordine di conseguenza, ma  ancora secondo 1’ ordine di giustizia;  come se le cose procedessero da tale  che distribuisse a ciascuno secondo il  merito. Osserva adunque, come hai  cominciato ; ed ogni cosa che tu fai,  falla con questa condizione, che tu  sia uom dabbene, nel vero signifi-  cato della parola dabbene. Questo  carattere conserva in ogni tua azione.   .11. Non concepir le cose quali le  giudica colui che fa ingiuria, o quali  egli vuole che tu le giudichi; ma  vedile quali sono in realtà.   12. Conviene esser sempre pronto  a queste due cose ; fai' solamente  quello che la ragion dell’ arte regia  e legislativa ti suggerisce per 1’ uti-  lità degli uomini ; e cangiar partito,  quando altri viene a raddrizzarti e  rimuoverti da una qualche falsa opi-  nione. Ma questo cangiamento dee  farsi sempre per un qualche mo-    Digitized by Goog[e     LIBRO QUARTO.    71    livo plausibile, come di giustizia, o  d’ utilità comune, o somigliante ; e  non mai perchè la cosa ti piaccia o  sia per arrecarti gloria.   13. Hai la ragione? — Si. — Che  dunque non 1’ adoperi? Perchè, se  essa fa quanto le spetta, che ti resta  a desiderare ? .   14. Sei venuto al mondo qual par-  te ; disparirai dentro al tuo genera-  tore. 0, piuttosto, ti raccoglierai nella  ragion seminale di lui, per via di mu-  tazione.   15. Molti grani d’ incenso su uno  stesso altare: l’uno è caduto prima  e l’altro dopo. È lo stesso.   16. Tra dieci giorni parrai un Dio  a coloro, ai quali pari ora una bestia  e una scimmia, se fai ritorno ai prin-  cipii e al culto della ragione.   17. Non come se tu avessi a vi-  vere molte migliaia d’ anni. La morte  ti sovrasta: mentre vivi, mentre ti è  dato, fa’ che tu sia uom dabbene.    Dìgitized by Google     72    RIOORDT.    18. Di quante brighe si libera chi  non bada a quello che ha detto il vi-  cino, o ha fatto, o ha pensato, ma solo  a quello eh’ egli stesso fa, affinchè  r opera sua sia giusta, e santa, e  qual si richiede dall’ uomo dabbene !   Non andar guatando attorno i neri  costumi, ma corrér diritto in sulla  linea senza volgersi a destra nè a  manca.*   19 e 20. Chi vive abbagliato dal  pensiero di lasciar fama dopo morte,  non considera come ciascun di quelli  che si ricordano di lui morrà tosto  aneli’ egli, e poi ancora chi sarà a  costui succeduto, sinattantochè, pas-  sando da abbagliato in abbagliato e  da morente in morente, venga a spe-  gnersi affatto ogni memoria. Ma sup-  poni anche immortale chi s’ ha a ri-  cordare di te, ed immortale la fama ;  che fa ssi abbia, e nessuno non potendo  perdere quel che non ha.    Digitized by Google     36 BICORDI. I   15. Siccome tutto è opinione. È   «   noto il detto di Monimo il cinico. E  nota anche V utilità di quello, chi ne  colga il midollo per insino ai confini  del vero.*   16. L’anima umana fa onta a sè  stessa, primieramente quando ella ;  diventa, per quanto sta in lei, come  chi dicesse un apostema o tumore  del mondo, ritraendosi da quello co-  me fan gli umori guasti dal corpo. -  Perchè il crucciarsi di un accidente  qualunque è un ritrarsi dalla natura  univei-sale, dentro alla quale son  contenute, siccome parti di quella,  tutte le nature degli altri. In secondo  luogo, quando ha avversione a un   * Diceva che   «Ogni nostra opinione è fumo e boria.» 0.   ^ Apostema in greco vuol dire ad un tempo  ed apostema e ritiramento. È solenne agli  stoici il torre esempi, nelle cose morali,  dalla natura fisica, siccome quella in cui è  contenuta, secondo loro, ancho la natura  morale. 0.    Digilized by Google     LIBRO SECONDO. 37   qualche uomo, od anche se gli volge  contro per nuocergli, come le anime  degli adirati. In terzo luogo ella fa  onta a sè stessa quando si lascia vin-  cere dal piacere o dal dolore. Quarto,  quando ella s’ infinge ed opera o  parla con simulazione e contro la  verità. Quinto, quando ella non in-  dirizza a nessuno scopo una qualche  sua azione o una qualche sua deter-  minazione di volontà, ma opera a  caso e senza sapere che cosa si fac-  cia; laddove nè anche le minime cose  non (iovrian farsi mai se non con rela-  zione al fine. E il fine degli animali ra-  gionevoli è il conformai'si alla ragione  e legge della più antica fra le città e  le repubbliche e della più veneranda. *  17. Della vita umana, la durata è  un punto; la materia, fluente; il  senso, tenebre ; la compagine di tutto  il corpo , corruzione ; 1’ anima,* un   * La città e repubblica del mondo. 0.   * Per anima qui non s' intendo certamente    Digitized by Google     38    RICORDI.    ap^gintrsi perpetuo; la fortuna, cosa  mala a prevedere; la fama, cosa  senza giudizio. E a dirla in breve,  ciò che riguarda il corpo, è un tor-  rente ; ciò che riguarda l’ anima, so-  gno e fumo ; la vita tutta intera,  guerra e pellegrinaggio; e la rino-  manza che le vien dopo, oblio. Che i  adunque v’ ha a cui tu ti possa atte-  nere? Sola ed unica una cosa; la  filosofia. E questa consiste nel custo-  dire per tal modo il genio interno,  eh’ egli non riceva nè onta nè danno,  sia superiore al piacere e alla pena,  non operi nulla a caso, nè infìnta-  mente 0 con animo d’ ingannare, nè  abbia bisogno mai che altri faccia o  non faccia checchessia; inoltre ac-  cetti ogni avvenimento a lui desti-   r anima ragionevole, nè la mente, o la parte  sovrana, o il genio interno menzionato nelle ,  linee segnenti; ma solamente il principio ’  della vita animale. Vedi il § 16 del lib. Ili |  dei Bicordi, ove è fatta distinzione fra corpo,  anima c mente. P. I    Digilized by CoOa     LIBRO SECONDO. JÌ9   nato siccome cosa che gli viene di  colà d’ onde è venuto egli stesso ;  sovra tutto poi, aspetti la morte con  mente serena, siccome nulla più che  dissoluzione degli elementi onde ogni  animale è composto; ai. quali se non  è grave lo essere trasmutati di conti-  nuo r uno nell’ altro, per qual ca-  gione si avrà ella a temere la tras-  mutazione e la dissoluzione d’ essi  tutti in una volta? Ella è cosa se-  condo natura; e nulla che sia se-  condo natura non è mai un male.   Tn Carnvnto,    Digitized by Google     LIBRO TERZO.    1. Non solamonte è da conside-  rare che la vita si va consumando  ogni dì, e che sempre ce ne riman  meno, ma eziandio che egli è in-  certo, ove ancor 1’ uomo viva lunga-  mente, s’egli avrà sempre vigor 'di  mente che basti per la intelligenza  degli affari e la contemplazione che  ha per iseopo la conoscenza delle  cose divine ed umane. Perchè, quan-  do egli incominci a vaneggiare,* non  cesserà però, egli è vero, nè di tra-  spirare, nè di nudrirsi, nè di avere  immaginazioni, nè appetiti, nè altre   1 Vedi addietro, II, 7. 0.    Dìgitized by Google     LIBRO TERZO.    41   cose di tal fatta; ma valersi di sè  stesso, ma avvertire distintamente  tutti i numeri * del dovere, ma chia-  rire i propri concetti, ma, quel che  importerebbe allora, deliberare se  sia già tempo per lui di andatene,®  e quante altre cose richieggono una  raziocinativa molto bene esercitata,  cotesto non potrà egli più, chè la  facoltà sarà spenta anzi tempo. Con-  viene adunque affrettJirsi, non sola-  mente perchè ci facciamo ognora  più vicini alla morte , ma ancora  perchè cessano in noi anzi il finir  della vita la intelligenza e la com-  prensione delle cose.   2. È degno pure d’ osservazione  che anche quelle cose le quali sono  un mero accompagnamento neces-   1 c Onesto chiamano (gli stoici) il perfetto  bene per lo avere esso tutti i numeri che la  natura richiede.» 0.   - Secondo gli stoici non dovea rimanere  in vita r nomo che non potea più adempire  gli uffici d’uomo, 0.    Digilized by Coogle     RICORDI.    42   sario d’ ima operazione della natura  hanno un non so che di grazioso e  di dilettevole. Per esempio, cocen-  dosi il pane, si screpola in certi luo-  ghi. Or bene, anche quelle così fatte  screpolature che stan là, per così  dire, fuori dell’ intenzione del for-  naio, hanno un certo garbo o muo-  vono r appetito in un certo modo  lor proprio. Ancora i fichi, quando  sono ben maturi, si aprono. E nelle  ulive lasciate lunga pezza in su V al-  bero, quello stesso essere già vicine  a corrompersi, aggiugne al frutto  una certa bellezza particolare. E le  spighe che s’ inchinano, e la guar-  datura del leone, e la schiuma che  esce fuori di bocca al cinghiale, e  molte altre cose le quali, considerate  da per sè, sono lontane da ogni bel-  lezza, nondimeno, perch’ elle accom-  pagnano necessariamente un’ opera  della natura, aggiungono a quella  ornamento e dilettano altrui. Di ma-      Digitized by Coog[e     LIBRO TERZO.    43    niera che, chi avesse altezza d’ in-  gegno e considerasse ad una ad una  le cose che accadono nell’ universo  mondo, nessuna ne troverebbe per  avventura, anche di quelle che sono  mera conseguenza- necessaria delle  altre, la quale non gli paresse farsi  con una certa grazia. Costui vedreb-  be la gola spalancata d’ una fièra viva  con non meno piacere che quando  gli scultori o i pittori glie la fan  vedere imitata; e nelle vecchiarelle  e nei vecchi scorgerebbe un certo  che di finito e di maturo non meno  piacevole ai casti occhi di lui che  là venustà dei fanciulli ; e molte altre  cose gl’ incontrerebbe di vedere, che  non fan senso in tutti, ma solamente  in chi s’ è veramente addimesticato  con la natura e con le opere di  quella.   3. Ippocrate curò di molti amma-  lati, e poi s’ ammalò egli stesso e  morì. I Caldei predissero a molti la    Digilized by Cooglc     RICORDI.    44   morte, e poi venne anche per loro  la morte. Alessandro e Pompeo e  Caio Cesare, i quali distrussero dalle  fondamenta le tante città, e taglia-  rono a pezzi in giornata campale le  tante migliaia di cavalli e di fanti,  uscirono poi anch’ essi di vita, alla  fine. Eraclito, dopo avere con tanta  sapienza e ragioni naturali discorso  intorno alla conflagrazione del mon-  do, gonfiatosegli d’acqua il corpo,  coperto di letame se ne morì. De-  mocrito fu spento da’ pidocchi ; ' So-  crate da pidocchi d’ un’ altra sorta.  Che è ciò? Ti se’ imbarcato, hai na-  vigato, sei giunto; esci di nave. Se  per andare ad un’ altra vita, nessun  luogo è vuoto di Iddii, e nè anche   ^ Diogene Laerzio narra che Democrito  mori di vecchiaia; Lncrezio, che nscì spon-  taneamente di vita, perchè sentiva il suo  spirito indebolirsi per effetto degli anni.  Non trovasi nell' antichità a noi nota alcuna  tradizione che concordi con ciò che qni dice  Antonino. P.    \    Digitized by Coogic     LIBRO TERZO.    45   quello dove vai ; se per rimanere  senza sentimento, avrai Unito di sof-  frire i dolori e i piaceri, e di dovere  andare a versi ad un vaso che è di  tanto inferiore a quel che gli serve.  Perchè l’ uno è mente e genio, e  r altro è terra e sangue.   4. Non consumare quella porzione  che ti rimane di vita nel pensare ai  fatti altrui, ogni volta che * tu noi  faccia con un fine di comune utilità;  cioè nello andar fantasticando che  cosa opera il tale e per qual cagione,  e che dice, e che pensa, e che mac-  china, e somiglianti cose, le quali  tutte ti fan deviare dalla custodia  della tua parte sovrana. Conviene  adunque guardarsi, nella succession  dei pensieri, dall’ ozioso e dal vano,  ma molto ancora^più dal curioso e  dal maligno; ed avvezzar sè stesso  a pensar solo tali cose che, quando  altri, all’ improvviso ti domandasse,  che pensi ora? tu possa risponder    Digitized by Google     46    BICORDI.    tosto e senza tema: questo, o que-  st’ altro ; onde appaia subito mani-  festamente non avervi nulla in te  che non sia schietto e benevolo,  nulla che non convenga ad animai  socievole; il quale non si compiace  nelle immaginazioni di piacere^ o di  godimento qual eh’ ei sia, o di gaiti  o d’invidia o di sospetto, o di qua-  lunque altra cosa ti facesse arrossire  quando tu avessi a confessare che  l'avevi in mente. Un uomo di tal  fatta, il quale non indugia d’ oggi in  domani a por sè nel novero degli  ottimi, è come un sacerdote e un  ministro degli Dei, devoto, non meno  che agli altri, a quello che ha il suo  tempio in lui medesimo; per virtù  del quale l’ uomo diventa inconta-  minabile ad ogni jiiacere, invulne-  rabile ad ogni dolore, inviolabile ad  ogni ingiuria, insensibile ad ogni  malizia, sostenitore in campo della  massima fra le imprese, quella del    Digitized by Coogic     LIBRO TERZO. 47   non essere abbattuto da nessuna  passione, imbevuto di giustizia in-  sino al fondo, disposto ad accogliere  con tutta r anima quanto accàSe e  gli vien destinato, e non occupan-  tesi se non di rado nè mai senza  una grande e pubblica necessità, di  CIÒ che altri fa o dice o pensa ; per-  ch’ egli non ha altre azioni in sua  balìa che le proprie, e pensa conti-  nuamente alle cose che il fato del-  r universo gli arreca; per far si che  le prime sieno oneste, siccome ha  fede che le seconde sien buone ;  quando la sorte attribuita all’ uomo  procede dalla stessa causa che l’ uo-  mo e concorre insieme con 1’ uomo  ad un medesimo fine. Sa inoltre che  tutti gli esseri ragionevoli han pa-  rentela fra loro; che è quindi con-  forme alla natura dell’ uomo il tener  cura di tutti ; benché non sia da far  conto deir opinione di tutti, ma solo  di coloro che vivono secondo natura.    Digilized by Coogle     RICORDI.    48   Quanto a quelli che vivono altra-  mente, egli tien sempre a memoria  che sorta cT uomini sono, e quali, e  in casa e fuor di casa, e di notte e di  giorno, si dimostrano, e con quali  praticano; non ha quindi in pregio  nessuno la lode che gli può venire  da tallente, la quale nè anche a sè  stessa non piace.   5. Non operar mai nè contro al  tuo volere, nè senza relazione al  bene della società, nè senza avere  esaminato la cosa, nò con renitenza ;  non adornare con isquisitezza di frasi  il tuo pensiero: non esser uomo nè  di molte parole, nè di molte faccen-  de.' Ancora, fa’ che il Dio tuo in-  terno abbia a governare in te un  animale maschio, attempato, citta-  dino, romano, imperatore, apparec-  chiato di tutto punto, siccome quegli  che non aspetta ornai se non il suono   * Di molte faccende in cattivo senso, come  chi dicesse faccendone, o faccendiere. P.    Digilized by Coogl«     LIBRO TKRZO. IO   della tromba* per uscir della vita,  e non occorre sforzarlovi nè col giu-  ramento, nè con la testimonianza  (f altr’ uomo ; nel lieto aspetto del  quale ben si scorge non avere egli  bisogno nè dell’ aiuto che vien dal  di fuori, nè della tranquillità che gli  altri procurano. Conviene adunque  esser ritto in piedi già, e non riz-  zarui solamente.   6. Se tu trovi qualche cosa di me- •  glio nella vita dell’ uomo che la giu-  stizia, che la verità, che la tempe-  ranza. che la fortezza, e, in una pa-  rola, che quella disposizione della  mente per cui ella si appaga di sè  medesima nelle cose die ti fa ope-  rare secondo la retta ragione,, e del  fato, nelle cose che senza parteci-  pazione della tua volontà ti vengono  distribuite; se, dico, tu trovi alcun  che di meglio che questo, a quello   1 Similitudine tolta dagli ordini della  milizia appo i Romani. 0.   .Virco \urcIio. 4    Digitized by Google     RIOUBDI.    50   rivolgiti con tutta l’ anima e godine  siccome di cosa che hai ritrovato  esser V ottima. Ma se nulla ti si pre-  senta di meglio che il genio stesso  tuo interno, quando si è fatto signore  de’ propri moti, e rivoca ad esame  le proprie immaginazioni, e si è sot-  tratto^ come diceva Socrate, dalle  passioni del senso, e vive sottomesso  . agli Dei e pigliandosi cura degli uo-  mini ; se, a paragone di questa, tutte  . le rimanenti cose ti paion picciole  e vili, non dar più luogo appresso  te a nessuna altra, alla quale una  volta che tu ti sentissi propendere,  più non potresti senza repugnanza  preferire a tutti quel bene che è pro-  prio di te ed è il tuo; perchè al  bene j’azionale ed efficiente (3) non  vien contrapposto impunemente mai  nulla che sia di natura diversa, come  le lodi della moltitudine, o il co-  mandare, o i piaceri del senso ; tutte  queste cose, per poco che le si paiano    Digilized by Google     LIBRO TERZO.    Ò1   adattare,' ti sopralfamio in un attimo  e ti strascinano. Or tu, dico io, sce-  gli schiettamente e liberamente il  meglio, e a quello ti attieni. — Ma  il meglio è l’utile. — Se l’utile al-  r uomo in quanto è ragionevole, bene  sta, quello procura: se l’ utile all’ uo-  mo in quanto animale, dillo su aper-  tamente® e vivi di poi senza boria nò  fasto, secondo quella determinazio-  ne. Ma bada, ve’, che non ti inganni  nell’ esame.   7. Non riguardare giammai come    i Par che Antonino alluda qui alla teoria  dello adattare le nozioni generali alle cose  particolari, o, come diremmo noi, del con-  cetto alla rappresentazione, che è ciò in che  consisto il giudizio. 0.   * Dillo spiattellatamente, se ardisci, senza  avvolgerti in parole coperte: e ammetti poi  tutte le conseguenze di quel tuo detto: cioè,  vivi poi da animale mero e puro, senza in-  gerirti a parlare nè di moralità nè di virtù  nè di giustizia, nè d* altro simile, che in  quel caso sarebbero un vano fasto di pa-  role. E provocazione al senso intimo dell'uo-  mo. 0.     RICORDI.    52   Utile a te nulla che sia per isforzarti  un dì a violar la fede, abbandonare  il pudore, odiare alcuno^ sospettare,  maledire, simulare, desiderar cosa j  che abbia bisogno di pareti e di ve-  lame . Chi ha posto innanzi ad ogni  altra cosa la sua mente e genio, e  il culto della virtù eh’ è propria di  quello, non fa tragedie, non geme,  non ha bisogno di solitudine, non  di frequenza d’ uomini; quel che più  impoita, vive senza ricercar nulla  nè fuggire; abbia ad esser lungo o ,  abbia ad esser corto Tintèrv^allo di  tempo durante il quale sarà conte-  nuta nel corpo l’ anima con che egli  lia a fare,' non se ne piglia nè an-  clic il minimo pensiero; e quando   1 Con che egli ha a fare. Non veggo che  cosa abbia voluto dire V Ornato. Il senso  letterale del testo è: sia lungo o sia breve  il tempo, eh' egli avrà a far uso dell' ani-  ma contenuta nel corpo. Il che, parrai, equi-  vale a dire: sia lungo, o sia breve il tempo  ch'egli ha a vivere. V.    Digitized by     LIBRO TERZO. 53   è giunta V ora dello sgombrare, cosi  spiccio se ne va, come se impren-  desse un’ altra qualunque di quelle  azioni che si possono con verecondia  e con dignità operare; da questo  solo guardandosi per tutta la vita, ,  che veruno dei moti della sua men-  te non sia mai men che convene-  vole ad animale intelligente o so-  ciabile.   8. Nella mente dell’ uom castigato  e puro non troverai nulla di marcio,  nè tampoco nulla di contaminato o  che paia sano al di fuori e noi sia.  La vita di lui, a qualsivoglia ora lo  sorprenda la morte, non è mai im-  perfetta, come tu diresti quella tra-  gedia d’onde un attore si fosso riti-  rato prima d’ aver condotto a fine  la sua parte. Ancora non è in lui  nulla di villano, nè nulla di artata-  mente gentile; nulla che il leghi  alle cose esteriori nè nulla che lo  separi da quelle; nulla onde egli sia    Digiiized by Google     64    RICORDI.    palesemente ripreso,' nè nulla che  covi addentro nascosto.   9. Abbi in rispetto la facoltà giu-  dicativa.^ Per lei sta che non si ge-  neri nella tua parte sovrana nessuna  opinione che non sia consona alla  natura o al fine per che 1’ uomo è  ordinato. Ed essa promette la infal-  libilità,* e l’amicizia con gli uomini  e r ubbidienza agli Dei.   10. Messe adunque da banda tutte  le altre cose, queste poche sole abbi  in mente; ed ancora ricordati che i  r uomo non vive altro tempo che  questo presente, cioè un attimo; il  rimanente o lo ha vissuto o non sa  se il vivrà. Picciola cosa pertanto è   1 Intendi: nulla che appaia manifesta-  mente vizioso. P. '   2 Ossia la virtù del non cadere in er-  rore ; che vien definita da Zenono « la  scienza del quando conviene assentire ad i  un' apparenza, e quando no. > Questa ac-  compagna sempre il giudizio comprensivo,  che è il criterio della verità appo g-li  stoici. 0.    Digitizedh, Cnoi^li:     LIBRO TRRZO.    55    il tempo che l’ uom vive, picciola  cosa rangoletto della terra dov’egli  vive ; picciola cosa la fama anche la  più lunga eh’ egli lascerà dietro sè,  e questa tramandantesi per succes-  sione d’ omiciattoli in omiciattoli,  morti quasi appena nati, ed ignari  anche di sè medesimi, non che di  colui il quale moriva è già gran  pezza.   li. Agli avvertimenti dati sin qui  s’ aggiunga ancora quest’ uno, di de-  finir sempre o descrivere l’oggetto  che cade sotto al tuo senso, si che  tu lo scorga a parte a parte distin-  tamente e tutt’ insieme quale egli è  nella sua essenza nudo, e dir teco  stesso il nome proprio di quello e  il nome delle cose di che è compo-  sto e in che s’ ha da risolvere. Per-  chè non v’ ha nulla che sublimi  cotanto l’animo quanto il potere ar-  guire per la diritta via e con verità  ciascuna delle cose che incontrano    Digitized by Google     56    RICORDI.    nella vita, e saperle vedere per ino»  do da conoscere nello stesso tempo  di qual uso sendo questa tal cosa  al mondo, e a qual mondo, qual  valore ha rispetto al tutto e quale  rispetto air uomo, che è cittadino  della suprema fra le città, della  quale le altre città sono' come al-  trettante famiglie. Che cosa è, e di  che cosa è composto, e quanto tempo  è por duiare ij cesto che fa impres-  sione ora sul mio senso; di che virtù  s’ ha da far uso con esso, per esem-  pio, della mansuetudine, della for-  tezza, della veracità, della fede, della  semplicità, della frugalità, o simili.  Però, intorno a ciascuna cosa, con-  vien dire : questa mi viene da Dio ;  questa dalla sorte, dalla complica-  zione delle cause condestinate, e so-  miglianti cose; quest’ altra dal mio  consorto, dal mio congiunto, dal  partecipe d’ una stessa società con  me, il quale ignora nondimenò ciò    Digitized by Google    LIBRO TERZO. 57   che è secondo natura per lui. Ma   10 non lo ignoro ; e però mi governo  con lui secondo la legge naturale  della società, con benevolenza e giu-  stizia; e ad uno stesso tempo ho  riguardo, nelle cose mezzane,' al  valore di ciascheduna.   12. Se tu operi secondo la retta  ragione quel che hai fra mano, stu-  diosamente, c vigorosamente, placi-  damente, e non t’ occupi d’ altra cosa  tra via, ma conservi puro ed intatto   11 genio tuo, come se tu dovessi già  rassegnarlo ; * se a lui ti tieni stret-    1 Si chiamai! còse mezzane appo gli stoici  quelle che non sono nè ben nè male, cioè  nè virtù nè vizio. Le quali, comecché da  per sè non meritino d' esser cercato nè fug-  gite, si accettano nondimeno o si rigettano  per r aiuto o disainto che elle possono ar-  recare alla vita secondo natura. Quelle che  arrecan più aiuto, han più valore: quelle  che più disainto, più disvalore. Di questò  ha da tener conto il savio, ed accettare,  quando gli è data la scelga, quelle che han  più valore, o che han meno disvalore. 0.   ^ Sottintendi « a chi tol diede. » 0.    Digitized by Google     58    RICORDI.    to, nulla aspettando, da nulla rifug-  gendo, contentandoti dell’ azion tua  presente secondo natura e della eroi-  ca verità d’ ogni cosa che tu dica:  felicemente vivrai. Ora non v’ ha  nessuno' che ti possa questo impe-  dire.   13. Come i medici han pronti sem-  pre i loro ferri e strumenti per le  cure inopinate, così abbi tu alla mano  i principi! * per la cognizione delle  cose divine ed umane; e non far  nulla mai, per poco che sia, senza  ricordarti del legame che unisce  queste con quelle. Perchè nulla di  umano farai tu bene se non lo ri-  ferirai al divino, e viceversa.   14. Non andar più vagando; per-  chè non sei per rileggere oramai nè  i tuoi ricordi, hè le azioni degli an-  tichi romani e greci, nè gli estratti   * Punti fondamentali di credenza, cre-  denze prime, dommi : decreta .appo Cice-  rone. 0.    Digitized by Goog[     LIBRO TERZO.    59   d’ autori che riserbavi per la vec-  chiaia. Studiati dunque d’ arrivare  al fine, e poste da banda le spe-  ranze vane, soccorri a te stesso, se  pur ti cale di te, mentre che il puoi.   15. Non sanno * quanti significati  abbiano le parole rubare, seminare,  comperare, riposare, veder quel che  sia da fare, il che non si reca ad  effetto con gli occhi, ma con un’al-  tra sorta di vista.   16. Corpo, anima, mente ; del corpo  son le sensazioni, deh’ anima le ap-  petizioni, della mente le credenze.^  Ricevere impressioni nella fantasia  è cosa anche da giumento; esser  mosso da appetiti è cosa anche da  fiera, anche da androgino, anche  da Falaride, anche da Nerone; avere  per iscorta la mente a quello che  ci pare nostro ufficio,* è cosa anche    I Sottintendi c gli nomini del volgo. » 0.  ^ Dommi, decréta. 0.   Intendi, a quello che ci par eg$ere no-    Digitized by Coogle    60 RIGORDT.   da chi non crede che v’ abbiano  Dei, da chi abbandona la patria, da  chi fa, quando ha chiuso le porte,  ogni opera nefanda. Se adunque  tutte queste cose abbiam comuni  cogli anzidetti, resta che sia proprio  dell’ uomo dabbene lo amare ed ab-  bracciare gli accidenti ad esso con-  destinati e guardarsi dal macchiare  e turbare con immaginazioni sconce  il genio che risiede nel petto di lui,  ma conservarlo propizio, seguendolo  modestamente* come un Iddio, non  dicendo mai nulla che sia contro  al vero, nè dicendo *mai nulla che  sia contro al giusto. Che se nissuno    ttro interene. Questo è il significato gene-  rale della parola ufficio appo gli stoici. Solo  allor quando le si aggingne l'epiteto di  perfetto denota essa il dovere^ che è come  V intereae iublime dell' uomo. Noto questo  perchè alcuni degli interpreti, e per ultimo  anche il Corai, hanno maravigliosamente  scompaginato - e interpolato questo passo;  frantendendolo. V. Diog. Laerz.; Stobeo ; Cic.  de Officiùt otc. 0.    Digitized by Coogic     LIBRO TERZO.    61    degli uomini non gli vuol credere  eh’ egli viva con semplicità, con ve-  recondia, e di buon animo ; nè s’adira  egli contro costoro, nè si svia dalla  strada che conduce al fine della yita.  al quale si vuol giunger puro, tran-  quillo, spedito, e conformato di vo-  lontà col proprio destino.    Digiiized by Google     LIBRO QUARTO.    1. La parte che dentro di noi re-  gna,* quando è nel suo stato natu-  rale, ha tal disposizione verso gli  accidenti, che senza difficoltà si ri-  volge sempre al possibile e al dato.  Perch’ella non ama nessuna mate-  ria determinata ; ma si porta con  eccezione* a quello che si ha pro-  posto, e quando alcun che se le  viene ad attraversare per via, ella  si fa di quello stesso materia ; come  il fuoco, quando s’ impadronisce delle   I La parte sovrana o dominante.   ^.Eccezione : vocabolo stoico. Indica limi-  tazione del proponimento al possibile. Farò  la tal cosa, se non sarò impedito. O.    Digitized by Googl    LIBRO QUARTO. 63   cose die incontra, dalle quali una  picciola lampana sarebbe spenta ; ma  lo splendido fuoco assimila a sè tosto  ogni cosa che se gli butti dentro, e  la consuma, e per quella stessa s’in-  nalza più in su.   2. Nessuna azione sia fatta a caso  mai, nè altrimente che secondo una  delle regole costitutive dell’arte.*   3. Van cercando ritiri, alla campa-  gna, alla marina, sui monti; e tu  stesso suoli desiderare siffatti luoghi.  Ma cotesto è da uomo ignorantissi-  mo, potendo tu, a quell’ ora che tu  vuoi, ritirairti in te stesso. Perchè   * Ad ogni caso della vita corrispondo  una virtù da esercitare (vedi sopra, III, 11,  e più abbasso, IX, 11, 42): ed ogni virtù è  appo gli stoici nna scienza nello stesso  tempo ed un’ arte: parlo delle virtù pro-  priamente dette. Come scienza quindi e  come arte consta di certo proposizioni o re-  gole, ciascuna delle quali è parte integrante  di quella, e tutto insieme" la costituiscono.  Così abbiam veduto (HI, 1) e vedremo ancora  (VI, 26) che ogni ufficio consta di corti nu-  meri. 0.    Digitized by Goog[e     inroRDi.    «4   in nessuno altro luogo si ritira V uo-  mo con più tranquillità e con meno  brighe che nell’ anima sua ; massi-  mamente chi ci ha dentro tanto  alti oggetti di contemplazione che  il solo affacciarsi a loro procaccia  tosto ogni sorta di agevolezza. Quan-  do dico agevolezza, non voglio dir  altro che buon ordine. Concedi adun-  que sovente a te questo ritiro e rin-  novella quivi te stesso. Breve sia  r espressione ed elementare la forma  di quelle verità contemplative che  avran forza di rasserenare al primo  incontro V anima tua c. rimandarti  senza corruccio alle cose alle quali  ritorni. Perchè, di che cosa ti coi'-  rucci? Della malizia degli uomini?  Rammentati di quella sentenza, che  gli esseri ragionevoli son fatti gli uni  per gli altri; che il sofferire è parte  della giustizia; che malgrado loro  peccano ; che tanti si son già inimi-  cati, sospettati, odiati, ^perseguitatisi    LIBRO QOARTO. 65   a morte, i quali ora sono spenti, son  fatti cenere; e te ne darai pace. 0  ti crucci tu di quella parte che a te  Vien compartita dell’ universale de-  stino? Rinnovella il dilemma. 0 è  la provvidenza o son gli atomi,' op-  pure gli argomenti con che s’ è di-  mostrato che il mondo è come una  città. Ma forse tu ti contristi delle  affezioni del corpo? Pensa che non  han più nulla che fare con la mente  i moti o sieno soavi o sieno aspri  del senso, ogni volta che questa s’ è .  raccolta in sè medesima ed ha cono-  sciuto la sua propria potenza; al che  potrai aggiugnere quelle altre cose  che intorno al piacere e al dolore  hai apparato ed accettato per vere.   0 sarà forse T amor di gloria quello  che ti turba? Considera come è ratto   1 Vedi lib. VI, 44, lib. X, 6. Si allude al  sistema atomistico di- Epicuro, il quale ne-  gava la previdenza, e attribuiva il mondo e  tutti i fenomeni del mondo ad una causa  non intelligente.. P.   Marco Aurelio. *     66    RICORDI.    l’oblio d'ogni cosa, interminato dal -  runa parte e dall’ altra* il caos della  età, vana cosa il rumore, mutabile,  e inconsiderato chi in apparenza ti‘  esalta, angusto il luogo dove è cir-  coscritto il suo dire. Perchè tutta la  t.erra' è un punto: e qual parte di  essa è l’angoletto che tu abiti? e  quivi ancora quanti avrai lodatori, e  quali?— D’or innanzi adunque sov-  vengati di ritirarti in questa tua vil-  letta di te medesimo; e sopra tutto,  non. t' affannare, non t’agitare, ma  sii libero e vedi le cose da uomo, da ‘  maschio, da cittadino, da mortale.  Ed abbi in pronto, fra le verità alle  quali dovrai far ricprso, queste due  principalmente: 1’ una, che le cose  non arrivano sino all’ anima, anzi  stanno al di fuori immobili;* e i  turbamenti nascono dalla sola opi-   1 A parte ante e a parte pott come dice  la scuola. 0.   * Conferisci VII, 16; IX, 16. P.    Digitized by Googk     LIBRO QUARTO. 67   • nione, che è dentro. L’ altra, che  quanto tu vedi già già si muta e più  non è quel desso ; e rivolgi in mente  ciascuna delle mutazioni alle quali  tu stesso sei inten'enuto.   11 mondo^ alterazione. La vita, opi-  nione.   4. Se la intelligenza ci è comune  a tutti, anche la ragione per cui  siam ragionevoli ci è comune; se  cotesto è, anche la ragione impera-  tiva di ciò che si dee fare o non fare  ci è comune; adunque anche la legge  ò comune; aifunque siam concittadi-  ni ; adunque partecipiamo tutti ad  una specie di reggimento civile ;  adunque il mondo è come una città.  Perchè qual altro direm noi che sia  quel reggimento civile di cui tutto  il genere umano partecipa? Di colà,  da quella città comune, viene a noi  r intelligenza, la ragione, la legge,  o d’ onde verrebbon esse? perchè,  siccome quanto v’ ha in me di terreo    Digitized by Google     68 RICORDI.   viene da una certa terra di cui fa  parte; e quanto v’ ha in me d’umido,  da un altro elemento; e quanto v’ha  di caldo e d’ igneo, da una certa  sorgente propria (nulla venendo mai  dal nulla nè ritornando nel nulla);  così anche la intelligenza dee venire  da qualche cosa.   5. La morte è come la nascita, un  mistero della natura; composizione  e risoluzione di certi elementi in  quegli elementi medesimi. Ad ogni  modo non è cosa di che 1’ uomo  debba arrossire ; perchè non è cosa  che repugni alla natura dell’ animale  intellettivo o disconsegua* al prin-  cipio della formazione di quello.   6. Tali cose debbono di necessità  farsi in tal modo da questi tali; chi  le vuole altrimente, vuole che il fico  non abbia lattificcio. Del tutto, sov-  vengati che in brevissimo tempo e    * Intendi ripugni, non aia conforme. !'•    Digilized by Cooglc     LIBRO QUARTO. 69   tu e costui sarete morti: e che, poco  dopo, non rimarrà più di voi nè an-  che il nome.   7. Togli via r opinione, ed è tolto  via il « sono stato offeso : » togli via  il « sono stato offeso, » ed è tolta via  r offesa.   8. Quello che non fa peggiore l’ uo-  mo non fa nè anche peggiore la vita  di lui, nè le nuoce, nè esternamente  nè internamente.   9. È necessitata dall’ utile ‘ la na-  tura a far cotesto. ^   10. Siccome ogni cosa che accade,  giustamente accade; il che, se tu  osserverai con attenzione, troverai   1 Comune. 0.   2 Più letteralmente : « È necessitata la na-  tura deir utile a far cotesto.» La natura  deir utile, cioè il principio sostanziale del-  l’utile (chè vuol esser presa sostanzialmente  in questo luogo la voce natura), il quale  evolvendosi, come ragion seminale, succes-  sivamente nel tempo, fa che ogni cosa sia  bene. Perchè non conviene dimenticar mai  che, appo gli stoici, l'utile non è altro che  il bene. 0.    Digilized by Coogle     70    RIGOKDI. •    sempre vero: non solamente, dico,  secondo l’ ordine di conseguenza, ma  ancora secondo 1’ ordine di giustizia;  come se le cose procedessero da tale  che distribuisse a ciascuno secondo il  merito. Osserva adunque, come hai  cominciato ; ed ogni cosa che tu fai,  falla con questa condizione, che tu  sia uom dabbene, nel vero signifi-  cato della parola dabbene. Questo  carattere conserva in ogni tua azione.   .11. Non concepir le cose quali le  giudica colui che fa ingiuria, o quali  egli vuole che tu le giudichi; ma  vedile quali sono in realtà.   12. Conviene esser sempre pronto  a queste due cose ; fai' solamente  quello che la ragion dell’ arte regia  e legislativa ti suggerisce per 1’ uti-  lità degli uomini ; e cangiar partito,  quando altri viene a raddrizzarti e  rimuoverti da una qualche falsa opi-  nione. Ma questo cangiamento dee  farsi sempre per un qualche mo-    Digitized by Goog[e     LIBRO QUARTO.    71    livo plausibile, come di giustizia, o  d’ utilità comune, o somigliante ; e  non mai perchè la cosa ti piaccia o  sia per arrecarti gloria.   13. Hai la ragione? — Si. — Che  dunque non 1’ adoperi? Perchè, se  essa fa quanto le spetta, che ti resta  a desiderare ? .   14. Sei venuto al mondo qual par-  te ; disparirai dentro al tuo genera-  tore. 0, piuttosto, ti raccoglierai nella  ragion seminale di lui, per via di mu-  tazione.   15. Molti grani d’ incenso su uno  stesso altare: l’uno è caduto prima  e l’altro dopo. È lo stesso.   16. Tra dieci giorni parrai un Dio  a coloro, ai quali pari ora una bestia  e una scimmia, se fai ritorno ai prin-  cipii e al culto della ragione.   17. Non come se tu avessi a vi-  vere molte migliaia d’ anni. La morte  ti sovrasta: mentre vivi, mentre ti è  dato, fa’ che tu sia uom dabbene.    Dìgitized by Google     72    RIOORDT.    18. Di quante brighe si libera chi  non bada a quello che ha detto il vi-  cino, o ha fatto, o ha pensato, ma solo  a quello eh’ egli stesso fa, affinchè  r opera sua sia giusta, e santa, e  qual si richiede dall’ uomo dabbene !   Non andar guatando attorno i neri  costumi, ma corrér diritto in sulla  linea senza volgersi a destra nè a  manca.*   19 e 20. Chi vive abbagliato dal  pensiero di lasciar fama dopo morte,  non considera come ciascun di quelli  che si ricordano di lui morrà tosto  aneli’ egli, e poi ancora chi sarà a  costui succeduto, sinattantochè, pas-  sando da abbagliato in abbagliato e  da morente in morente, venga a spe-  gnersi affatto ogni memoria. Ma sup-  poni anche immortale chi s’ ha a ri-  cordare di te, ed immortale la fama ;  che fa egli a te cotesto? E non dico.    * Vedi infr. § 28. 0.    Digilized by Coogl(     LlBRf» QUARTO. 73   a te quando sarai morto, ma a te  mentre sei vivo : che è la lode, se  ^lon forse talora un mezzo per una  qualche dispensazione? (4) Lascia sta-  re ora, che sarebbe inopportuna, la  considerazione dello essere secondo  natura o no e cosa quindi che non  ha pregio se non per rispetto d’ una  qualche altra. — Tutto che è bello,  qual che egli sia, è bello da per sè,  ha il termine della sua bellezza den-  tro di sè, nè annovera tra le sue parti  la lode, e lodato, non diventa nè peg-  giore, nè migliore. Dico, anche i belli  volgari, le cose belle per materia o  per lavoro artificioso (perchè, in  quanto al bello per essenza, ha egli  mai bisogno di lode alcuna? No,  niente più che la legge, niente più  che la verità, niente più che la be-  nevolenza o la verecondia). Quale di  esse è bella per venir lodata o perde  per venir biasimata? Lo smeraldo  diventa egli peggiore, se non si loda?    Digilized by Cooglc     74 _ RICORDI.   E r oro, r avorio, la poi^pora, una ce-  tra, una spada; un fiorellino, un ar-  boscello? I   24. Se le anime sussistono dopo  morte, come può, dalla eternità in  qua, contenerle in sè 1’ aria? — E  come contiene la terra i corpi che  da tanti secoli vi sono seppelliti?  Perchè nell’ istesso modo che questi,  dopo essersi conservati alcun tratto  di tempo, col mutarsi di poi e col dis-  solversi dan luogo ad altri cadaveri :  cosi le anime che passano nell’ aria,  soffermatevisi un certo tempo, si mu-  tano si struggono e accendono, e ve-  nendo accolte nella ragion seminale  dell’universo, fan luogo alle altre che  lor vengono appresso. Questo si può  rispondere nella ipotesi che le anime  sussistono dopo morte. E convien  recarsi a mente il numero non solo  dei corpi seppelliti a questo modo,  ma anche di quelli che ogni di e da  noi e dagli altri animali si mangiano;    Digilized by Coogic     LIBRO QUARTO. 75   • perchè quanti se ne consuma egli e  se ne seppellisce, per così dire, nei  corpi di coloro che se ne cibano ! E  pur nondimeno li cape uno stesso  luogo, pel convertirsi, eh’ essi fanno,  in sangue, pel trasmutarsi loro in  aria od in fuoco.   Come giugnere, intorno a ciò, alla  cognizione del vero? Col distinguere  in materia ed in causa. ^   22. Non isviarti ; ma fa’ sì che ogni  atto della tua volontà rappresenti il  giusto e che ogni tuo giudizio serbi  il carattere di comprensivo.   23. Tutto a me conviene quel che  a te conviene, o mondo. Non è im-  matura per me nè tardiva nessuna  cosa che sia opportuna per te. Tutto  è frutto per me quel che portano le  tue stagioni, o natura. Da te viene   1 Lo stesso insegna Antonino lib. VII,  § 29, lib. Vili, § 11, lib. XII, §§ 10, 16, 29. 0.   Ma vedi massimamente, per T applicazio-  ne, lib. X, § 7. 0.     76 RICORDI. '   il tutto, in te è il tutto, a te ritorna  il tutto. — Queir altro dice: 0 amica  città di Cecrope ! ‘ e tu non dirai :  0 amica città di Giove?   24. « Fa’ poche cose » dice colui,*  se vuoi viver contento. Non era me-  glio il dire, fa’ le cose che son ne-  cessarie, quelle che vuol la ragione  d’ un animai socievole, e a quel modo  ch’ella le vuole? Cosi acquisterai la  contentezza non solo che nasce dal  far bene le cose, ma quella ancora  dell’ averne a far poche. Perchè, se  dalle cose che diciamo e facciamo lu  tronchi via le non necessarie, che  sono il maggior numero, assai più  agio ti rimarrà ed assai brighe avrai  meno. Quindi, ad ogni cosa che sei  per fare, domanderai a te stesso:  Non è questa una di quelle che non    1 Aristofane, nella commedia de' Conta-  dini. 0.   2 Democrito, in un frammento conserva-  toci dallo Stobeo. 0.    Digitized by Google     LIBRO QUARTO. 77   sono necessarie? —E conviene tron-  car via, non solo le azioni che non  son necessarie, ma anche i pensieri ;  perchè in questo modo non avrai nè  anche più* a temere che azioni so-  verchie li seguano.   25 e 26. Fa’ un po’ il saggio dei  come ti riesce la vita dell’ uomo dab-  bene, dell’ uomo che accetta con pia-  cere ogni cosa che gli venga com-  partita dal tutto * ed a cui basta che  r azion sua propria sia giusta e la  disposizione dell’ animo suo bene-  vola. Hai tu veduto quelle cose? Vedi  anco queste. Non turbar te medesi-  mo. Fa’ che tu sia semplice. Pecca  egli, un tale? A sè medesimo pecca.  T’ è accaduto qualche cosa? Bene sta;  ab eterno era stato destinato per te,  destinato insieme con te, tutto ciò  che ti accade. Al postutto, breve è  la vita: conviene far guadagno del    1 Vedi la noia (20) in fine del Tolnme     78    RICORDI.    presente, seguendo la ragione ed il  giusto.   26. Sii in te anche quando ti ricrei.   27. il mondo o è ordinato da una  mente, o è un accozzamento fortuito  di cose, venute d’ ogni parte, sì, ma  non di meno ordinate. 0 credi tu  che possa avervi un cotal ordine in  te e che nell’ universo alberghi il  disordine? massimamente quando ci  vedi, le cose cosi distinte le une dal-  r altre, così mescolate le une con  r altre e cosi intimamente collegate  tutte insieme col vincolo di reciproca  dipendenza?   28. Neri costumi, eiremminati co-  stumi, costumi duri, brutali, peco-  rini, puerili, infingardi, falsi, buffo-  neschi, taverneschi, tirannéschi.   29. Se è uno estraneo nel mondo  chi non sa che cosa c’ è nel mondo,  non è meno un estraneo chi non sa  che cosa vi si fa; un fuoruscito chi  esce fuori della ragion civile ; un    Digitized by Google     LIBRO QUARTO.    79    cieco chi chiude gli occhi della men-  te ; un mendico chi abbisogna d’ al-  trui e non ha in sè quanto gli fa  d’uopo alla vita: un apostema' del  mondo chi si separa é allontana dalla  ragione della natura comune, avendo  a male ciò che accade; perchè quella  te lo arreca la quale arrecò te* me-  desimo ancora; una smozzicatura di  città chi distacca la propria anima  dall’ anima comune degli esseri in-  telligenti, che è una.   30. Chi filosofa senza tunica, e chi  senza libro; quest’ altro, mézzo ignu-  do. Non ho pane, die’ egli, e pure  sto fermo nella ragione. — Ed io non  ho il cibo della dottrina, e pur ci sto  fermo anch’io.   31. Ama l’arte che hai apparato;  in essa ti acqueta ; e vivi il rimanente  della tua vita come quegli che ha  accomandato le cose sue con tutta    * Vedi lib. II, § 16. 0.    BICORDI.    80   r anima agli Dei, e che di nessun  uomo non vuol essere ne tiranno nè  servo.   32. Figurati, per esempio, i tempi  di Vespasiano; vedrai le stesse cose  che adesso: uomini che s'accasano,  che educan figli, che s’ammalano,  che muoiono, che fan guerra, che fan  festa, che mercatano, che coltivan la  terra, che adulano, che presumon di  sè, che sospettano, che tendono insi-  die, che desideran la morte di alcuno,  che mormorano del presente , che  fanno all’amore, che ammassan te-  sori, che voglion diventar consoli,  diventar principi. Or tutta quell età  è sparita. Passa ai tempi di Traiano .  le stesse cose di nuovo. Quella età  è spenta anch’ essa. Considera nello  stesso modo le altre generazioni d’ uo-  mini e le nazioni tutte intere, e vedi  quanti si travagliarono e straziarono  per morir poi poco stante e risol-  versi negli elementi. Massimamente    Digitized by Goog[e     LIBRO QUARTO. 81   ricorderai coloro i quali hai veduto  a’ tuoi di aiTaticarsi per cose da nulla  e trascurare quello per che eran nati,  dove era da attendere a questo uni-  camente e non cercare altra cosa.   Qui è pur necessario il rammen-  tarti che a ciascuna azione corri-  sponde un certo valore ^ e un grado  di applicazione proporzionato.* Per-  chè allora solamente eviterai il rin-  crescimento e la noia, quando non  ti occuperai più di quel che conven-  ga, nelle cose da poco.   33. Le voci che altre volte erano  in uso, or sono antiquate; così an-    ^ Termine stoico. Vedi sopra, lib. Ili,   8 11 . 0 .   ^ Un grado di applicazione (dovutale per  parte deir uomo) proporzionato al valore,  cioè air importanza di essa. E vuol dire che  dobbiamo attendere e applicarci a ciascuna  azione secondo il valore o l' importanza di  essa azione, cioè molto a quelle che hanuo  un gran valore, e meno a quelle che ne hanno  un minore; e fra due di valore ineguale,  attendere piuttosto alla più importante, che  alla meno importante. V.   .Marco Aurelio.    6     82 RICOEDI.   che i nomi di coloro che una volta  furon celebri, or sono, per cosi dire,  antiquati; Cammillo, Cesene, Voleso,  Leonnato ; e poco dopo, Scipione, Ca-  tone ; poscia Augusto, poscia Adriano  c Antonino. Incerti e favolosi presto  diventano ; presto ancora son sepolti  nell’ oblio universale. Parlo di co-  loro che in un qualche modo furon  chiari e ammirati ; perchè, quanto  agli altri, appena han reso l’ ultimo  soffio. «Nessun ne parla più, nessun  ne chiede. » — Ma che è ella poi,  alla fin fine, la. eternità del nome?  Vanità pura. — Che è dunque quello  a cui dobbiamo seriamente badare?  Questo solo : che le_ nostre intenzioni  sien giuste; le azioni, utili alla so-  cietà; le parole, non mai menzogne-  re; e r animo, disposto ad accettare  tutto che accade, siccome cosa ne-  cessaria, siccome cosa amica, sicco-  me cosa derivante dallo stesso prin-  cipio e dallo stesso fonte che noi.    Digitized by Coogle     LIBRO QUARTO. 83   Volontario i’ abbandona nelle  mani del Fato, lasciando eh’ egli ti  destini a quelle cose eh’ ei vuole.   35. E il ricordante e il ricordato,  ambidue han la vita d’ un giorno.   36. Osserva di continuo coipe ogni  cosa nasce per via di mutazione ; ed  avvezzati a pensare che nulla ama  tanto la natura dell’universo, quanto  di mutar le cose che esistono e farne  dell’ altre simili. Perchè ogni cosa  che esiste è seme, in un certo modo,  di quella che per essa esisterà. Ma  tu ti immagini come semi quelli so-  lamente che si gittano nella terra  0 nell’utero. Cotesto è da uomo rozzo  assai.   37. Or ora moirai, e non sei giunto  per anche ad esser semplice, nè im-  perturbato, nè senza sospetto che le  cose esterne ti possano nuocere, nè  sereno inverso tutti, nè a riporre la  prudenza nel solo operar con giu-  stizia,     84    RIOOBDI.    38. Guarda alle menti di costoro,  e dei prudenti fra loro; quali cose  fuggono, e quali cercano!   39. Nella mente d’ un altro non  istà il tuo male; nè tampoco in un i  qualche cambiamento o alterazione   di quello che ti circonda. Dove sta  egli adunque? — In quella parte di  te, che giudica intorno ai mali. Quella  parte adunque non giudichi, e tutto  andrà bene. Ancorché la cosa a lei  più vicina, io voglio dire il corpo,  sia tagliata, sia abbruciata, marcisca,  infracidisca, stiasi nondimeno quieta  la pjirte che giudica di siffatti acci-  denti; cioè giudichi non esser nè j  male nè bene ciò che può accadere !  ugualmente al tristo ed al buono.  Perchè quello che accade ugual- ^  mente e a chi vive contro natura e  a chi vive secondo quella, non è cosa  nè secondo natura nè contro.   40. Avvezzati a considerare il mon-  do come un animale unico, avente    Dìgitized by Google     LIBRO QUARTO. 85   un corpo unico ed un’ anima unica ;  e come ad un senso unico, che è il  senso di lui, ogni cosa risponda;  come con un impulso unico - ogni  cosa operi ; come ogni cosa concorra  alla produzione d’ogni cosa; e qual  sia la connessione e il concatena-  mento di tutte.   41. Sei una animuccia che porta  un cadavero, come diceva Epitteto.   42. Non è punto un male il ve-  nire a mutazione, come non è punto  un. bene F esser nato da mutazione.   43. L’età è come un fiume di cose  che accadono, e una corrente rovi-  nosa; ' appena vedi 1’ una, ed è già  passata ed un’ altra passa, ed un’al-  tra passerà.   44. Tutto quel che accade è cosa  tanto solita e tanto familiare quanto  le rose nella primavera e le frutta   * Intendi rapidissima e non cagione di  rovine , il che sarebbe nn disordine nel mondo,  che è 1' ordine per eccellenza. P.    Digitized by Coogk     RICORDI.    sa   nella state ; nè son da riguardare  altramente la malattia, la’ morte, le  calunnie, le insidie, e tutto quello  che allegra o attrista gli sciocchi.   45. Nella successione dei casi,  quelli che seguitano han sempre re-  lazione di parentela con quelli ché  li han preceduti. Perchè non è già  quivi come un novero di cose indi-  pendenti r una dall' altra, cui la sola  necessità * insieme costringa, ma  sibbene una connessione ragionevo-  le ; e come negli enti si ravvisa una  coordinazione armonica degli uni  con gli altri, cosi negli accidenti si  manifesta, non già semplicemente  la successione, ma un certo modo  di parentela mai'aviglioso.   4C. Abbi a mente ognora il detto  di Eraclito ; che la morte della terra  è il diventar acqua, la morte del-  r acqua è il diventare aria, la morte    I Intendi «necessità esterna.» O.    Digitized by Goog[e     LIBRO QUARTO. 87   dell’ aria il diventar fuoco e vicever-  sa.* Ricordati ancora di colui che  non sa dove inette la via;* e sicco-  me la ragione con la quale gli uo-  mini conversano il più assiduamente,  e che governa ogni cosa, è quella  per r appunto con che essi non van  d’ accordo ; e le cose in che s’ imbat-  tono ogni dì, son quelle che ad essi  paiono più strane. E siccome non  conviene fare nè dire a guisa di dor-  ■ mienti; perchè anche dormendo ci  par di fare e di dire; nè come fan-  ciulli che van dietro ai lor padri,  cioè nudamente e semplicemente a  quel modo che abbiamo appreso.   47. Come se un Dio ti avesse detto  che domani sarai morto, o posdomani    1 Pasfio famoso di Eraclito, rammentato  da Diog. Laorzio, Plutarco, Massimo Tirio,  Clem. Aless. Filone, ecc., allegati tutti dal  Gataker a questo luogo. 0.   ^ Anche questo, come i seguenti, pare un  detto di Eraclito. Vi fa allusione, credo,  Marco nostro al lib. VI, § 22. 0.    Digilized by Google     88    RICORDI.    al più, tu non ti cureresti gran fatto  dell’ avere a morire posdomani piut-  tosto che domani, ove tu non sia il  più codardo degli uomini; perchè,  quanto sarebbe il divario? così non  ti paia nè anche gran fatto l’avere  a morire piuttosto in capo a molte  diecine d’anni che domani.   48. Pensa di continuo quanti me-  dici son morti, che sovente in su  gli ammalati le ciglia aggrottarono ;  quanti astrologi, che la morte altrui,  come un gran caso, predissero; quan-  ti filosofi, che intorno alla morte o  alla immortalità migliaia di discorsi  fecero ; quanti prodi, che molti am-  mazzarono; quanti tiranni, che con  orribil ferocia, quasi non avessero  essi mai a morire, la podestà in sulle  vite esercitarono; quante città tutte  intere, per dir così, son morte. Eli-  ce, Pompei, Ercolano, altre senza  fine. Rammemora ancora quanti hai  conosciuto, l’ un dopo V altro : questi    Digitized by Googk     LIBBO QUARTO. 89   fece a colui la sepoltura, e poi morì  egli, e queir altro la fece a lui; tutto  ciò in breve. La somma è, che le  cose umane son da riguardare come  di nessuna durata nè pregio; un po’ di  moccio, ieri ; mummia o ceneri, doma-  ni. E quindi, questo attimo presente  di tempo, si vuol passarlo conforme  la natura richiede, e finirsela in  pace; come oliva matura che cada,  benedicendo la terra che la portò,  e ringraziando l’ albero da cui fu ge-  nerata.   49. Sii simile ad un promontorio,  contro al quale incessantemente s’in-  frangono fonde, e quegli sta saldo,  e s’ abbonacciano intorno a lui i  gorgogli dell’ acque. -- Sventurato  me, che la tal cosa ra’ è accadu-  ta. — Anzi, avventurato, che, la tal  cosa essendomi accaduta, me ne sto  nondimeno senza cruccio, nè ango-  sciato del presente nè pauroso del-  f avvenire. Ad ogni altro poteva ac-    Digilized by Coogle     RICORDI.    90   cadere ; ma ogni altro non 1’ avria  senza angoscia sopportata. Perchè  adunque sarà quello una sventura  piuttosto che questo una ventura.*  E poi, chiami tu. sventura per l’ uo-  mo quello che non defrauda punto  la natura dell’ uomo? E ti par egli  che defraudi la natura dell’ uomo  quello che non va contro al volere  di quella? E che? il volere della  natura tu il sai; forse che questo  accidente ti impedirà dall’ esser giu-  sto, magnanimo, temperante, pru-  dente, cauto, veritiero, verecondo,  libero, fornito, in somma, di tutte  quelle doti che. unite insieme appa-  gano e soddisfano intieramente la  natura dell’ uomo. Sovvengati adun-  que, ogni volta che una qualche  cosa ti contristerà, di ricoiTere a   1 Cioè a dire: c perchè chiameresti dun-  que sventura V esserti accaduta la tal cosa,  piuttosto che chiamare avventura felice  r aver tu saputo sopportarla con impertur-  bata costanza? » P.    Digitized by Google     LIBRO QUARTO. 91   questo pensiero: che non solamen-  te essa non è sventura, ma anzi  il sopportarla da forte. è una buona  ventura.   50. Volgare aiuto, sì, ma nondi-  meno efficace per disprezzar la morte  è il rimembrar coloro che durarono  lentamente vivendo sino all’ età più  decrepita. Che hanno essi ora di più  che gli spenti di morte immatura?  Kcco, son buttati là in un qualche  canto essi pure e Cadiciano e Fabio  e Giuliano e Lepido e quanti altri  ve n’ebbe di cotal fatta, i quali ac-  compagnarono molti alla tomba, e  poi ci furono accompagnati essi alla  fine. Breve, ad ogni modo, è l’in-  tervallo che l’uom vive, e questo  breve, tra quali cose, con quali uo-  mini, in qual corpicciuolo conviene  stentarlo! Non farne adunque gran  caso. Vedi, dietro a te, una eternità  senza fondo, e un’altra eternità in-  nanzi a te : posto così in mezzo, che      Digitized by Google     92    RICORDI.    divario fai tu ,da una vita di tre  giorni ad una di tre secoli?   51 . Fa’ che tu vada sempre per la  più corta via. E la più corta via è  la via secondo natura. Seguirai quin-  di, in ogni cosa che tu abbia da fare  o da dire, il più sano partito. Que-  sto proponimento ti libera dai tra-  vagli, dai combattimenti interni, e  da ogni sorta di dispensazioni* e  d’astuzie.   1 Vedi la nota (4) in fine del volume. P.    Digitized by Coogle     LIBRO QUINTO.    1. Al mattino, quando con difficoltà  ti svegli, abbi in pronto questo pen-  siero: Mi sveglio all’ufficio d’uomo;  come adunque m’ incresce, s’ io vo  a far quello per che son nato e in  grazia di che sono stato messo al  mondo? 0 sono io stato fbrmato  forse per riscaldarmi giacendo in  sul letto?* — Ma quest© mi dà più  gusto. — Per pigliarti gusto adunque  sei nato? e non anzi per operare?  per essere attivo? Non vedi le pian-  te, le passere, le formiche, i ragni,   1 Intendi: cO il fine a cui nacqui è for-  se di giacermi a godere questo tepore del  letto?» P.    Digilized by Coogle     94 BICORDI.   le pecchie, far ciascheduna l’ ufficio  suo, concorrer, ciascheduna all’ordi-  namento di quel mondo che le è  proprio? E tu non vuoi-far T ufficio  d’uomo? non intendi a quello che  è secondo natura per te? — Ma è  necessario poi anche il riposo. — È  necessario, è vero; ma la natura vi  ha posto un limite ; ve n’ ha posto  anche al mangiare ed al bere; e tu  nondimeno varchi quei limiti, vai al  di là del bisogno; quando si tratta  di fare,* poi, la è un’altra cosa, tu  stai sempre al di qua del possi-  bile. Gli è perchè tu non ami te  .stesso. Se tu amassi te stesso, ame-  resti anche* la natura tua, e la vo-  lontà di lei.* Gli artisti, che amano  l’arte loro, si consumano in sui la-  vori di quella, dimenticando il ba-  gno ed il cibo : ma tu, fai men caso  della tua natura che il tornitore del   1 Intendi agire, operare, essere attivo, e  non infingardo. P,    CiQitized by Google    LIBRO QUINTO. 95   torniare, che il ballerino del ballare,  che r avaro della moneta, che il va-  nitoso della gloriuzza. Quando la  passione ha preso. piede in costoro,  lascian piuttosto di mangiare e di  bere che di attendere ad avanzare  la cosa a che son portati.- E a te,  le azioni sociali paiono esse cosa di  men pregio, cosa men degna di ap-  plicazione?   2. Come è facile il respingere e  il cancellare ogni immaginazione  turbolenta o disconvenevole, e tro-  varsi tosto in piena calma!   3. Reputa degna di te ogni parola  ed azione che sia secondo natura;  e non ti persuada il biasimo od il  garrire che ne seguirà di taluni ; ma,  se è onesto il farla o il dirla, credi  eh’ ella è anche cosa da te. Perchè  quei tali hanno una mente lor pro-  pria per guida, ed operano per una  lor propria volontà; alle quali tu  non badare, ma va’ innanzi per la    Digitized by Coogic     96    RICORDI    diritta, seguendo la natura comune  e la tua. La via dell* una e dell’ al-  tra è una sola.   4. Vo per la carriera delle cose  secondo natura, sino a tanto che  cadendo io trovi requie ; esalando lo  spirito in quello di che ogni giorno  respiro; giacendo su quello di che  mio padre raccolse il seme, mia ma-  dre il sangue, la balia il latte; di  che da cotanti anni mi pascolo e mi  abbevero, che sopporta me il quale  lo calpesto e in tanti e sì vari modi  lo adopro.*   5. Non s’ ammirerà la prontezza  del tuo ingegno. — E sia. Molte altre   * Intendi: «Vo per la via per cui vanno  tutte le cose che sono secondo natura, in-  sino a che cadendo io trovi requie; esa-  lando lo spirito in quest' aria che ogni  giorno respiro, per essere sepolto in que-  sta terra onde mio padre raccolse il seme  dell* esser mio, mia madre il sangue, la ba-  lia il latte; dalla quale da tanti anni io  traggo di che nutrirmi e abbeverarmi, che  mi sostiene mentre ora la calco coi piedi  0 ne uso ed abuso in tanti modi.» P.    ✓    Digilized by Google     LIBRO QinNTO.    97    cose ei sono, delle quali non puoi  dire, la natura non mi ci ha dato  disposizione. In quelle adunque ti  esercita, le quali dipendono intera-  mente da te : la sincerità, la gravità,  r amore al lavoro, l’ indifferenza al  piacere, la rassegnazione, la fruga-  lità, la mansuetudine, la libertà dello  spirito, r incuriosità, la serietà, la  generosità. Non vedi quante cose  puoi acquistare, dove certo non ha  luogo la scusa dello esserci disadat-  to, e tralasci per colpa tua? 0 è ella  forse la tua mala disposizione natu-  rale quella che ti sforza a mormo-  rare, a star neghittoso, a piaggiare,  ad accagionare il corpo, a lusingare,  a millantare, a passare per tanti e  tanti turbamenti dell’animo? No, per  gli Dei ! Da lungo tempo tu potevi  esser libero da tutto cotesto ; ma  solo avevi a cuore, se pur l’avevi,  di non farti scorgere per uno ottuso  e di poca penetrativa! — E questo   .Ma tco .Aurelio.    Digilized by Coogle     98    RICORDI.    ancora si vuol correggere/ col por  mente alle cose, e non istar sopra  pensiero, nè compiacerti nella tua  propria infingardaggine.   0. V’ ha chi, quando ha prestato un  rpialclie servigio ad alcuno, è pronto  anche a domandargliene il contrac-  cambio. Un altro non domanda con-  traccambio veramente, ma riguarda  colui come suo debitore nel suo se-  greto,, e sa quello che lia fatto. Un  terzo poi, non sa, per cosi dire, nè  anclie quello che ha fatto, ma so-  miglia ad una vite che ha portato  un grappolo, e non cerca nulla più  in là, messo eh’ ella ha fuoià il frutto  a lei proprio. Il cavallo die ha ga-  loppato, il cane che lia ormato, l’ape  che ha fatto il miele, e cosi Tuomo   1 Intonili: e questo t/t/'cf/o ancora si vuol  nondimeno correggere, quello cioè dell’ es-  sere ottuso e di poca penetrativa. Il testo  in questo luogo, e nelle linee che precedo-  no, è molto ellittico e poco chiaro, e diver-  samente spiegato dagli interpreti. P,    Digilized by Google    ' LIBRO QUINTO. 09   che ha prestato un servigio, non  Lschiamazza,' ma passa atl altro, co-  me passa la vite a portar di nuovo un  grappolo d’ uva nella stagione. — S’ha  egli adunque ad essere un di coloro  che fanno il bene, per così dire,  senza saperlo? — Sì — • Ma convien  pure che 1’ uom sappia quello che  fa : sendo proprio dell’ animai socia-  bile il conoscere ch’egli opera so-  cialmente, e, per Giove, il votere  che anche colui, con chi egli ha a  fare, lo conosca. - Tu di’ il vero:  ma non. pigli pel lor verso lo mie  parole; quindi sarai anche tu un di  coloro di che ho fatto menzione  quassù. Perchè anche essi son tratti  in errore da una qualche apparenza  di ragione. Ma se vorrai intendere  che cosa è quello eh’ io dico, vivi si-  curo che non avrai a lasciare indie-  tro nessuna azione sociale per questo.   I Cioè non dee schiamazzare, ma passuire  ad altro ecc. Conferisci IX, 42. P.    Digitized by Google     100    RICORDI.    7. Preghiera degli A.teniesi: «Pio-  vi, piovi, o amico Giove, sui campi  degli Ateniesi e sui prati. )> 0 non  s’ha da pregare, o così alla buona  s’ ha da pregare e con libertà di pa-  role (5).   8. Come s’ usa di dire, Esculapio  ordinò a colui il cavalcare, o il ba-  gnarsi nell’ acqua fredda, o l’andare  a piè nudi, si dice del pari, e con  locuzione non diversa, la natura or-  dinò a colui una malattia, una stor-  piatura, una perdita, o altro simile.  In quella prima frase, di fatti, la  parola « ordinò » vuol dire assegnò  la tal cosa a colui siccome correla-  tiva alla salute; e in questa, i casi  che avvengono all’ uomo gli sono as-  segnati, in un certo modo, come  correlativi al destino. Così ancora si  dice « i casi (die avvengono a come  son dette dagli artefici « avvenii*si »  le pietre quadre nelle mura o nelle  piramidi quando elle s* adattano l’ una    Digitized by Coog[e     LIBRO QTOfTO. lOl   air altra secondo un disegno deter-  minato. Perchè del tutto l’ armonia  è una. E siccome di tutti i corpi  presi insieme è composto il gran  corpo del mondo, cosi di tutte le  c,ause prese insieme è composta la  gran causa del fato. Intendono ciò  eh’ io voglio dire anche i più rozzi,  quando dicono : * ella è toccata a lui.  Adunque ella andava a lui, adunque  era ordinata per lui. Riceviamo per-  tanto gli ordinamenti della natura  come facciamo quei d’Esculapio. An-  che in questi v’ ha molto dell’ amaro,  e pur gli accettiamo di buon grado  per la speranza della sanità. Or be-  ne, r adempimento di ciò che la  natura ha voluto sia lo stesso per te  che la tua sanità. Accetta di buon  grado, per dura che ti paia, ogni  cosa che accade,- pensando che ella  conferisce alla sanità del mondo e   * Vale a dire: « itiostrauo di intendere....»  quando dicono ecc. P.    Digitized by Coogle     102    RICORDI.    al buon successo dei disegni di Gio-  ve. Perchè ella non sarebbe venuta  a qualcheduno, se non fosse conve-  nuta al tutto: sendo questo il pro-  prio d’ogni natura, e poni anche la  più infima, che quanto ella arreca  sia sempre acconcio al governato da  iei. — Per due ragioni adunque dèi  tu aver caro ciò che accade: Tuna,  che questo accade a te, è ordinato  per te, ha attinenza in un certo  modo con te, essendo stato conde-  stinato di lassù con te dalla più an-  tica delle cause e dalla più veneran-  da; l’altra, che quanto tocca in sorte  a ciascuno, concorre, come causa par-  ticolare, alla prosperità, alla perfe-  zione, e, sto per dire, alla perma-  nenza istessa del reggitore del tutto.  Perchè diventa mozzo l’intero quando  tu tronchi via un minimo che, sia  dalla continuità delle parti, sia dalla  concatenazione delle cause. E tu lo  tronchi,- per quanto sta in te, e lo    Digitized by GoogI(    LIBRO QUINTO. lOR   distruggi, per così dire, quando ti  corrucci di quel di’ è accaduto.   9. Non dèi indispettirti, nè per-  derti d’ animo, nè impazientirti teco  stesso, se la non ti riesce cosi per be-  ne ogni volta il governarti secondo i  retti principii in quello che tu fai;  ma, uscito di via, ritornarci; quando  la maggior parte delle tue azioni  sono passabilmente degne d’un uo-  mo, contentartene; ed amare quello  a che ritorni ; ritornando alla filosofia,  non come ad un pedagogo, ma come  un eh’ abbia mal d’occhi alla spugna  ed all’ uovo, un altro al cataplasma  0 alla doccia. Così non ti darà più  fastidio il dovere ubbidire alla ra-  gione, ma anzi troverai in quella il  riposo. E ricordati che la filosofia  vuole quello solamente -che la tua  natura vuole; e che sei tu quegli il  quale volevi altro, che non era se-  condo natura. — Ma pure, che v’ha  egli di piii liisingliiero? — E il pia-     RICORDI.    104   cere, non t’ inganna egli appunto  perchè è lusinghiero? Ma vedi se  non fossero cosa più lusinghiera la  magnanimità, la libertà, la sempli-  cità, la bonarietà, la santità. Quanto  alla prudenza poi, v’ ha egli cosa più  lusinghiera di quella? se tu badi allo  andar esente da ogni fallo e all' avere  a seconda ogni cosa, che è il pro-  prio della virtù comprensiva e in-  tellettiva?   IO. Le cose stanno immerse, per  cosi dire, dentro a un buio tanto  folto, che a filosofi non pochi, e non  dei più volgari, elle son parate del  tutto incomprensibili. E gli stoici  essi medesimi tengono che elle sieno -  comprensibili sì, ma difficilmente:  e che ogni nostro assentimento sia  mal certo;* perchè, dove è fuomo   * Questa ed altri Inoghi dei Ricordi pro-  vano che gli Stoici dopo Crisippo venivan.<»i  facondo sempre più scettici, ed aveano essi  medesimi il sentimento della debolezza scien-  tìfica della loro scuola. P.    Dìgitized by Google      LIBRO Qmw»ro. 105   che non si sia mai ricreduto? —  Prendi quindi a considerare gli og-  getti in sè stessi; come poco dura-  no, come poco valgono, come possono  - cader nelle mani d’ un bagascione,  d’ una cortigiana, d’ un malandri-  no. “- Passa ai costumi degli uomini  con chi tu vivi; il più gentile dei  quali appena si può tollerare, per  non dire che appena v’ ha fra loro  chi possa tollerar sè medesimo. In  tanta caligine adunque, in tanto lez-  zo, in un tal flusso continuo e della  materia e del tempo, e del moto e  di quanto è in moto, qual cosa v’ ab-  bia mai che meriti la nostra stima,  o anche pur solo la nostra premura,  io noi so immaginare nè vedere.  Che anzi ci bisogna confortar noi  medesimi con 1’ aspettativa della dis-  soluzion naturale, e non adirarci  dell’indugio, ma acquietarci in que-  ste sole due cose : T una, che nulla  mi può accadere che non sia secondo    Digitized by Goog[e     RICORDI.    106   la natura dell’ universo ; l’ altra, che  è in mia potestà il non far nulla  contro il Dio e il Genio mio. Perchè  nissuno y’ ha che mi possa sforzare  mai ad offenderlo.   il. Che uso fo io ora della mia  anima? cpiesta interrogazione con-  vien fare a sè medesimo in ogni  circostanza, ed esaminar sè stesso,  che v’ ha egli ora in quella parte di  me la quale è detta sovrana? e che  sorta d’ anima è ella ora la mia? Non  è un’ anima di fanciullo? o di gio-  vinetto? o di donnicciuola? di tiran-  no? di giumento? di fiera.*   12 Quali sieno quelli die al volgo  })aion beni, tu il potrai conoscere  anche da questo. Chi ha preconce-  pito nella mente, qual bene, alcuna  di quelle cose che sono un bene  davvero, come, per esempio, la pru-  denza, la temperanza, la giustizia.    * Conferisci IX, 39. P.    by Google     107    LIBRO QUINTO.   la fortezza, non può, sincliè un tal  concetto gli dura, pre^star più orec-  chio a chi venga a dire in sulla scena,   «Tanta ho di ben dovizia .... eco.' »   I   perchè questo ripugnerà al bene al  (juale egli pensa. Ma chi ha precon-  cepito alcun dei beni volgari, ascol-  terà ed accoglierà con piacere sic-  come arrecato a proposito, quello  che il comico dice. Così persino il  volgo s’ accorge della differenza. Al-  trimenti non rigetterebbe nell' un  .de’ casi quel motto, che accoglie poi,’  siccome calzante e faceto, nell’altro,  quando lo vede applicato alle ric-  chezze o a quelle altre cose che fo-  mentano la effemminatezza o l’am-  bizione. Fàtti innanzi adunque e  domanda se si hanno da stimare e   1 Verso di tm autor comico, che dovea  esser famigerato in sul teatro a quei tem-  pi; il senso del quale, benché Tautore noi  citi intero, appare dall' ultime linee di que-  sto paragrafo. 0.    Digilized by Coogic     RicdRiii;    108   da riguardar come beni quelle cose  rispetto alle quali può molto accon-  ciamente venir soggiunto, che al  possessor loro, per la soverchia ab-  bondanza, non riman più luogo ove  fare i suoi agi.   13. Sono un composto di causa e  di materia. Ora nè questa nè quella  non è per ridursi a nulla mai; co-  me neppure non è venuta dal nulla.  Adunque ciascuna parte di me di-  venterà per via di mutazione una  qiìalche parte del mondo, e quella  poi ancora un’ altra parte del mon-  do, e così all’ infinito. Da una simi-  gliante mutazione ho avuto io resi-  stenza, e la ebbero i miei genitori, e  così risalendo, sino ad un^altro in-  finito; perchè nulla osta che si fa-  velli a questo modo, quand’ anche  vogliamo stabilire che il mondo si  regga a periodi determinati.'   1 Allusione alla c conflagrazione del mondo »  domma Eraolitico, la quale doveva accadere    -Digitized by Goc     LIBRO QUINTO. 109   14. La ragione e V arte ragionativa  sono facoltà che si contentano uni-  camente di sè medesime e delle  operazioni lor proprie. Piglian le  mosse dal principio peculiare a loro ;  vanno dirittamente al fine proposto;  ondechè son nomate catortosi * le  azioni di cotal sorta, significando col  nome la rettitudine della via.   15. Non è da dire che sia dell’uo-  mo nessuna di quelle cose che non  ispettano all' uomo in quanto uomo.  Non sono punto requisiti dell’uomo,  nè le promette la natura dell’ uo-   a certi tempi, e distruggersi allora tutto  r ordine esistente delle cose, per dar luogo  ad un nuovo. Fu accettato dagli stoici ante-  riori, modificato e cangiato dai posteriori :  tra i quali non volle decider nulla Antonino.  Vedi X, 7: . . . «por essere consumato ivi  dal fuoco, se T universo va soggetto a con-  flagrazioni periodiche, o per servire con  vicenda perpetua al rinnovamento di lui  s'egli dura eterno o incorrotto.» 0. .   1 Beota effectio appo Cicerone, lib. Ili de  Fin., cui vedi. 0. Ciò che in questo § è no-  mato catortoei è l'aziono conforme al dovere,  ed è voce solenne alla scuola. P.     Ilo RlCOUttl. .   lYio o attende complemento da quel-  le. Adunque non istà nè anche in  loro 11 fine dell’uomo, nè iLbene.  per conseguenza, che è parte inte-  grante del fine. Ancora, se alcuna  di queste coso spettasse all’ uomo,  non ispetterebbe a lui il dispregiarle  o r opporsi ad esse ; nè sarebbe lo-  devole chi mostrasse non averne  bisogno; nè sarebbe buono chi se  ne disdice alcuna, se buone elle  fossero, f^ppure, quanto più Tuoino  si priva di queste cotali cose, o so-  stiene d’ esserne privato, tanto più  buono è tenuto.'   IG. Quali saranno i tuoi pensieri  abituali, tale sarà la tua mente:  perché si tigne dai pensieri la men-  te.^ Tignila adunque con l’ abitudine   ' Dunque queste cotali cose non sono veri  beni per l' uomo in quanto è uomo, cioè ra-  gionevole. Questa conclusione è sott' in-  tesa. P.   * Demostene più di una volta nelle sue  Filipj iche disse che quali sono le azioni in    Digitized by Google      LIRHO <)UINTO.    111    (li pensieri come questo, per esem-  pio: Dove si può vivere, quivi si può  anche ben vivere. Nella corte si può  vivere; adunque anclie nella corti;  si può ben vivere. K come quest’ al-  tro: Una cosa eh’ ò fatta a contem-  plazione d' un’ altra, è fatta per qucl-  r altra; se è fatta per quell’ altra, a  quella ò portata; se a quella c por-  tata, quivi è il suo fine; se quivi è  il suo fine, quivi è anche il suo utile  e il suo bene. Adunque il bene del-  r animai ragionevole è la comunità;  sendo dimostrato già da lunga pezza  che per la comunità siam nati> O  non era evidente forse, che gli es-  seri men degni son fatti a contem-  plazione dei più degni, e i più de-  gni, a contemplazione gli uni degli  altri? che gli esseri animati son più  degni che gli inanimati, e i ragio-  nevoli più degni che gli animati?   cui sogliono versare gli uomini, tali soglio-  no pur essere i sentimenti deU’animo loro, P,    Dìgitized by Google     RICORDI.    112   17. Andar dietro all’ impossibile è  cosa da stolto. Ora è impossibile  che i malvagi non facciano cose di  questa sorta.*   18. Nulla accade a nessuno, che  egli non sia nato per sopportare.  Le stesse cose accadono a un altro,  il quale, o ignorando eh’ elle sieiio  accadute, o volendo dar a divedere  grandezza d’ animo, sta inaltérabile  e non se ne duole. Tristo a noi, se  la ignoranza o il rispetto umano  avran più forza che la prudenza.   19. Le cose, per sè stesse, non  toccano l’ anima punto; nè hanno  accesso all’ anima; nè posson volger  r anima nè muoverla. Si volge ella  e si muove da per sè sola; e quali  sono i giudizi di che ella si reputa  degna, tali ella fa che sieno per lei  gli oggetti che le stan presso.*   * Cioè, quali io le vedo fare a costui,  ora. 0. Conferisci Vili, 14, 15; IX, 42. P.   - Cioè a dire: «quali sono i giudizi che    Digitize" Coogk    LIBRO QUINTO. 113   20. Per un riguardo, l’ uomo è di  quelle cose che ci toccano il più  strettamente, in quanto convien far  del bene agli uomini e sopportarli;  ma in quanto si oppongono alcuni  alle azioni debite, diventa per me  cosa indifferente 1’ uomo, non meno  che il sole, non meno che il vento,  non meno che le bestie. Dalle quali  cose può benissimo venir impedita  una qualche azione; ma la volontà,  ma la disposizione interna non in-  contrano impedimento mai, per l’ ec-  cezione ‘ con che l’anima accompagna  i suoi conati e pel rimovere, eh’ ella  fa, l’ostacolo. Perchè l’anima ha  facoltà di rivolgere al suo scopo ogni  cosa che s’ opponga alla attività di  lei; e serve quindi ad un’ azione ciò  che impediva quella certa azione, e   ella stima degno di sè il fare delle cose  esteriori, cotali ella fa che per lei sieno le  dette cose. — Conferisci III, 9; IV, 8; Vili,  47; IX. 16. P.   1 Vedi sopra, IV, 1. 0.   Marco Aurelio. 8    Digiiized by Coogle     114 BICORDI.   diventa una via ciò che le sbarrava  quella certa via.   21 . Di quanto v’ lia al mondo, onora  r eccellentissimo. L’ eccellentissimo  ò quello che si vale di tutto il resto  e che tutto il resto governa. E così  ancora, di quanto v’ ha in te, onora  r eccellentissimo. L’ eccellentissimo  in te è quello che v’ ha in te di  congenere a quel primo. Di fatti esso  si vale in te di tutto il resto, e da  esso è governata la tua vita.   22. Quello che non offende la città,  non offende il cittadino. Ad ogni  pensiero di offesa che ti paia aver  ricevuto applica questa regola; se la  città non è offesa da costui, non  sono offeso nè anche io. Che se la  città è offesa, non conviene adirarsi,  ma insegnare ‘ a chi l’ha offesa  dove sta il mancamento.   * Do il mio pieno voto alla correzione  dello Schultz, preceduto dal Gatakero, ben-  ché questi non sapesse così bono porro al  suo luogo le pardo scadute. 0.    Digilized by Google     LIBRO QUINTO. 115   23. Considera sovente la rapidità  con die passa e si dilegua tutto  quello che esiste e che nasce. Per-  chè la materia, a guisa d’ un fiume,  è in un flusso perpetuo; le azioni,  in uno avvicendarsi continuo ; le  cause, in mille determinazioni di-  verse; nulla, per cosi dire, che stia;  e questo infinito che presso presso  t’incalza, del passato e del futuro,  è un abisso dentro al quale si spro-  fonda ogni cosa. Come adunque non  è uno stolto chi, fra questi termini,  si gonfia, o si travaglia, o guaisce,  per cosa che minimamente il mo-  lesti, come s’ ella avesse pure a du-  rare un buon tratto di tempo?   24. Pensa a tutta quanta la mate-  ria, della quale per una minima  parte partecipi; e a tutta quanta la  età, della quale un breve e momen-  taneo intervallo ti è assegnato; e  all’ universale destino, del quale che  parte aliquota sei?    Digitìzed by Google     RICORDI.    116   25. /Ucuno pecca. — A me che fa?  Tocca a lui il pensarci; sua è la  volontà, sua 1’ azione. Io ho adesso  quel che la natura comune vuol che  adesso io abbia, e fo quello che la  natura mia propria vuol che adesso  io faccia.*   26. La parte sovrana e dominante  deir anima tua stia salda ai moti  della carne, o sien piacevoli o in-  grati, e non vi partecipi, ma circo-  scriva sè stessa e tenga confinate  nelle membra quelle passioni. Che  se elle penetrano ciò nondimeno  sino alla mente, per la simpatia in-  volontaria che han fra loro le parti  d’ uno stesso tutto ; allora, al senso,  che è cosa naturale, non -si vuol  tentar di resistere; ma si guardi la  parte sovrana dallo aggiungervi del  suo r opinione che quello sia un  bene od un male.    * Conforisci VIU, 32. P.    Digilized by Coogle     LIBRO QUINTO. 117   27. Vivere con gli Dei. — E que-  gli vive con gli Dei, il quale di con-  tinuo appresenta loro T anima sua  disposta di tal maniera che élla si  contenti di quanto le vien distribui-  to e faccia quanto vuole il Genio cui  Giove distaccò da sè stesso e diede  a lei per reggitore e per guida.*  Questo è la mente e la ragione di  ciascheduno.   28. T’adiri tu con quello che sa  di caprino? T’adiri tu con quello a  cui pute la bocca? Che vuoi tu che  ci faccia? Egli ha la bocca a quel  modo, egli ha le ascelle a quel modo,  di necessità debbono uscirne esala-  zioni a quel modo. — Ma, odo chi  dice, r uomo ha la ragione, e può  scorgere, rillettendo, in che pecca. —  Egregiamente. E anche tu, dunque,  hai la ragione ; eccita, con la disposi-  zione razionale, in lui la disposizione    * Conferisci il § 21 di questo libro. P.    Digitized by Google     RICORDI.    118   razionale; ammaestralo; ammonisci-  lo. Perchè, s’egli ti ascolta, lo gua-  rirai, e non c’ è più uopo di collera.   28. ' Nè eroe di tragedia, nè putta.*   29. Come fai conto di vivere uscito  di qua,^ puoi vivere in quello stesso  modo anche qua. Che se non tei  permettono, allora esci pur anche  <lalla vita: ma come quegli a cui  non incontra nulla di male. C’è del  fumo qua, io me ne vado;* perchè  stimi questo gran cosa? — Ma sin-   1 Queste parole nella vulgata stanno alla  fine del § precedente; ma, se non sono cor-  rotte, debbono essere separate e formare da  por sè sole un paragrafo.   2 Cioè, non camminar sui trampoli, e non  istrascinartì per terra: non tanto alto da  parer gonfio o affettato, non tanto basso da  muovere a schifo altrui. 0.   ^ Cioè, dalla corto. 0.   * Allude, secondo che ci avverte il Gata-  kero, al proverbio :« tre esserle cose che ci  caccian fuori dì casa; il fumo, il pioverci  dal tetto, e la moglie astiosa.» Vuol dun-  que che r uomo esca di vita con quella in-  differenza con che uscirebbe dalla camera  dove vi avesse fumo. 0.    Digitized by Google      LIBRO QUINTO.    110    tantoché nulla di somigliante non  mi sforza a partire, me ne rimango  libero, e nessuno m’ impedirà dal  fare le cose eh’ io vorrò ; e vorrò se-  condo la natura d’un animai ragio-  nevole e sociabile.   30. La mente dell’ universo ama la  comunanza. Perciò ha fatto gli esseri  men degni in grazia dei più degni,  e i più degni ha conciliato gli uni con  gli altri. Tu vedi come essa gli ha  subordinati, coordinati, dato a cia-  scuno secondo il suo grado, e ridotto  a mutuo consenso i primi tra loro.   31. Come ti sei portato sinora con  gli Dei, co’ genitori, coi fratelli, con  la moglie, coi figli, coi maestri, co-  gli educatori, con gli amici, coi fa-  migliari, co’ servi; se, riguardo a  tutti, puoi dire insino ad ora:   « Nè d’ opre mai nè di parole oltraggio   A nullo io fea.* »   ' Omero, Odiss. IV, 690. 0.    Digitized by Coogle     120    RIOOBDI.    Kanimenta per quali traversie sei  passato e quali hai avuto la forza  di tollerare : e siccome è piena ornai  per te la storia della vita e termi-  nato r incarico. — Che cosa s’ è po-  tuto scorgere in te di bello; quanti  piaceri e quanti dolori hai dispre-  giato ; quante occasioni di gloria hai  negletto ; a quanti sconoscenti ti sei  dimostrato amorevole.*    1 Forse tutto il paragrafo sarà più chiaro,  e il pensiero di Antonino meno ambigua-  mente espresso se diremo : < Qual fosti  infino ad ora verso gli Iddii, i parenti, i  fratelli, la moglie, i figlinoli, i maestri, gli  educatori, gli amici, i servi? Puoi tu dire,  rispetto a tutti: nè d'opra mai, ni di parole  oltraggio a nullo io /«a ? De' passati tuoi  casi e delle passate fortune, quante hai  saputo tollerare da uomo? Conchiuso per te  oramai è il dramma della vita, finita la parte  che ti era assegnata. Ebbene, quante sono le  buone azioni che di te puoi ric-ordare?  Quanti piaceri, quanti dolori hai saputo  disprezzare? quante cose stimate gloriose,  * non curare? a quanti ingrati essere bene-  fico e amorevole?» In questo paragrafo il  Pierron ed altri dei migliori interpreti pre-  sero alcuni grossi granchi ; 1' Ornato intese    Digitized by Google     LIBRO QmNTO. 121   32. Per qual cagione certe anime  inesperte ed ignare confondono esse  una esperimentata e sapiente? —  Qual è dunque l’ anima esperimen-  tata e sapiente? Quella che sa il prin-  cipio ed il fine, e conosce la ragione  che penetra la materia delle cose e  governa, secondo cicli determinati,  per tutta la eternità 1’ universo.   33. Oramai sei cenere, e schele-  tro, e un nome, o nè anco un no-  me; e il nome è strepito e rimbombo  mero. Le cose di che si fa gran  conto nella vita son vuote, fracide,  picciòle, cagnolini che si mordono,  fanciullini astiosi che ridono e poco  stante guaiscono. E la fede, e la ve-  recondia, é la giustizia, e la verità,   oc Air Olimpo, la terra abbandonando  Dalle vie spaziose.* »    meglio di tutti ; ma troppo fedele alla let-  tera del testo, non fu chiaro abbastanza  nello esprimerne il senso. P.   ^ Esiodo, opere e giorni, v. 195. Sottin-    Digiiized by Google     RICORDI.    122   Che dunque ti può trattenere qui  ancora? quando le cose sensibili sono  senza costanza nè sussistenza; gli  organi del senso, ottusi- e pronti a  impressionarsi del falso; l’animuc-  cfa * tua stessa, non altro che una  esalazione del sangue ; e 1’ aver fama  appo cotali, cosa del tutto vuota.  Che dunque aspetti? — Con pazienza  il tuo qual eh’ ei sia o spegnimento  0 traslocamento. Ed intanto che quel-  lo viene, che cosa ti basta? — Che  altro, se non venerar gli Dei e bene-  dirli, beneficar gli uomini e soppor-  tarli e astenerti con loro,^ ricordan-  doti che quanto è fuor dei limiti del  tuo corpicciuolo e della tua aniinuc-  cia non è nè in tuo potere nè tuo?    tendi un verbo, recaronsi o altro che più  ti piaccia. P.   t Per antniuccta, intende* spesso Antonino  il principio animale mero, comune anche ai  bruti, vedi la nota (6) in fino del volume. P.   * Cioè nelle tue relazioni con loro. Conf.  lib. IV, § 3, e il § 20 di questo libro. P.    Digitized by Google     LIBRO QUINTO. 123   34. Tu puoi prosperar sempre,  giacché puoi andar per la diritta  sempre, giacché puoi giudicare di-  rittamente sempre ed operare. Due  proprietà son queste, comuni al-  l’anima e di Dio ' e dell’ uomo e  d’ogni animai ragionevole: il non  potere essere impedito da altrui, e  lo avere il proprio bene interamen-  te riposto nella disposizione interna  e nella azione conforme alla giu-  stizia, senza che il desiderio arrivi  più oltre.    1 Comuni all'anima e di Dio e dell'uo-  mo. Secondo il concetto stoico Iddio ora  un corpo o un essere vivente ed eterno,  non simile all' uomo, ma composto tuttavia,  come rnomo. d’anima e di corpo. L’unità  del corpo divino coll’anima divina ora per  essi il mondo, e quindi si accordavano a  dire che Dio è il mondo, cioè la materia,  dotata di una certa qualità e forma, colla  forza attiva in essa immanente. L'anima  di Dio sarebbe dunque questa forza attiva  immanente nel mondo, cioè nel corpo divi-  no. — Vedi la nota (20) alla fine del vo-  lume. P.    Digitized by Coogle     124 BICOKDI.   35. Se cotesto non è malizia mia,   ' nè azione procedente da malizia mia, '  nè riceve danno la società, perchè  me ne do io fastidio? — E qual dan-  no per la società v’ ha egli ?   36. Non lasciarti portar via dalla  immaginazione al primo incontro;  porgi aiuto altrui, sì, a tuo potere  e secondo l’ importanza .del caso,  qiiand’ anche lo scapito non sia se  non di cose mezzane ; * ma guardati •  dall’ immaginare che sia un danno.  Perchè è una cattiva abitudine. Co-  me quel vecchio che nel partirsi  domandava la trottola del suo allie-  vo, sapendo bene che ella era solo  una trottola: così hai da fare anche   tu * sui rostri. 0 uomo, hai tu   dimenticato che cose son queste? —  No; ma costoro ne fanno gran ca-  so. — E per questo hai da diventare  stolto anche tu ? ® Dovunque il   t Vedi UT, 11. 0.   t 3 Luogki corrotti. 0.    Digìtized by Google      LIBRO QUINTO.    125    colga la morte, uomo avventurato. —  E avventurato vuol dire che ha dato  buona ventura a sè stesso ; e buona  ventura sono i buoni moti dell’ ani-  mo, le buone volontà, le buone  azioni.    Digilized by Google     LIBRO SESTO.    1. La materia delle cose è ar-  rendevole e piglia volentieri ogni  forma. E la ragione che 1’ ammini-  stra non ha in sè nessuna causa di  mal fare, non avendo malizia, e non  fa (juindi male a nulla, nè nulla è  dannificato da lei. Ed ogni cosa av-  viene ed ha compimento per essa.   2. Non ti curare che tu stia al  freddo o che tu stia al caldo, quando  fai il tuo dovere; che tu caschi di  sonno 0 che tu abbia a sufficienza  dormito ; che te ne venga biasimo o  che te ne venga lode ; che tu muoia,  o che tu attenda ad un’ altra azione  qualunque. Perchè ella è anche    ! by Google     LIBRO SESTO.    127   una delle azioni pertinenti alla vita,  quella per cui si muore; e basta  anche quivi, per conseguenza, ben  disporre del presente.   3. Vedi addentro; nè la qualità  propria di nessuna cosa nè il valore  ti sfugga.   4. Tutti gli oggetti in brevissimo  tempo si mutano; ed o avvampe-  ranno, se la materia è unificata, o si  disperderanno.   5. La ragione governatrice sa bene  con qual intenzione e che cosa opera,  e su qual materia.   6. Il miglior modo di vendicarsi  d’ una ingiuria è il non rassomigliare  a chi r ha fatta.   7. D’ una sola cosa prendi piacere,  è di quella ti soddisfa; del passare  dall’ una azion sociale all’ altra azion  sociale,* ricordandoti di Dio.   < Intendi per aziono sociale una aziono  utile alla comunità dogli uomini, e qual si  conviene ad un animalo socievole qual è  r uomo. P.    Digitized by Google     128    RICORDI.    8. La parte sovrana è quella che  eccita e volge sè medesima; che fa  sè quale ella vuole,* e fa parere a  sè quali ella vuole tutte le cose che  aw^engono.   9. Secondo la natura dell’ universo  ogni cosa si fa; non potendosi fare  secondo una qualche altra natura la  (piale 0 conterrebbe in sè quella, o  sarebbe contenuta in quella, o sta-  rebbe separata al di fuori di quella.*   10. 0 confusion d’ ogni cosa, ac-  cozzamento d’atomi, e disperdimen-  to; o unità nel tutto, ordine, prov-  videnza. Se- il primo supposto ha  luogo, come desidero io di rimanere   1 Cioè che ha il potere di modificare sè  stessa come ella vuole. Conferisci Y, 19;  XI, 1. P.   2 Se contenesse in sè la prima, non sa-  rebbe più questa la natura universale, ma  r altra; se fosse contenuta in essa, quel  che si farebbe secondo lei sarebbe fatto, a  fortiori, secondo l' altra: e se stesse sepa-  rata al di fuori, ci sarebbe qualche cosa  fuori dell* universo, il che è assurdo. 0.    Digitized by Google     LIBRO SESTO.    129   più .a lungo in un guazzabuglio di  quella fatta e lordume? Che altro  mi debbe star a cuore che il « diven-  tare terra a qualunque modo? » E di  che mi turbo io? Verrà il disperdi-  mento a me, checché io mi faccia. —  Ma se è vero il secondo, adoro il  reggitore dell’universo, e in lui sto  fermo e confido.   11. Quando vieni sforzato punto  punto dalle circostanti cose a tur-  barti, rientra subitamente in te stes-  so, e non istar fuori del ritmo ’ pili  di quello che la necessità ti costringa.  Perchè ti farai più valente nella  misura col ritornare ad essa di con-  tinuo.   12. Se tu avessi la matrigna e la  madre nel tempo istesso, alla prima  faresti onore, ma torneresti pur non-  dimeno sempre accanto alla madre.  Cotali son per te la corte e la filo-    1 Paragona la vita alla mimica. 0.  Ifarco Aurelio 9     180 RICORDI.   sofia: torna sovente alla seconda e  in essa ti riposa, la quale fa a te  sopportabil la corte, e te sopporta-  bile in quella.   13. Come ti fai concetto di tale  o tal altra vivanda, dicendo teco  stesso: è un cadavero di pesce, è  un cadavero d’ uccello o di porco ;  e del falerno, è succo di grappoletti  d’uva; e della porpora, son peluzzi  di pecora intinti nel sangue d’ una  conchiglia; e del congiugnimento, è  attrito di membrane ed escrezione di  moccio con un po’ di spasmo ; come  tu giudichi allora, penetrando col  concetto sino alle cose esse mede-  sime e rappresentandole nella es-  senza loro quali sono; così hai da  fare in tutte le occorrenze della vita;  e quando le cose ti si fanno innanzi  con molta appariscenza, denudarle,  e scorgerne la bassezza, tolto che  avrai d' intorno a loro la pompa onde  si fan magnifiche. Imperocché gran    Digilized by Google     LIBRO SESTO.    131   madre illusioni è la boria; e quando  tu credi più fermamente eh’ elle sieno  serie le cose a cui attendi, allora sei  più affascinato. Vedi che cosa dice  Cratete di Senocrate stesso.’   14. Le cose che il volgo apprezza  sono per la maggior parte di estremo  genere ed infimo, di quelle cioè che  dall’ abito (0) o dalla natura son go-  vernate : pietre, legni, fichi, viti, ulivi,  (rii uomini un po’men rozzi tengono  in pregio quelle che son governate  dall’anima: greggio, per esempio, e  mandre. Gli uomini ancor più còlti,  quelle che son governate dall’anima  ragionevole; non tuttavia in quanto  è universale, ma in quanto è arti-  ficiosa o, come che sia, ingegnosa.    1 StìTiocrate tu discepolo di Platone, e  famoso per P austerità del suo carattere,  (guanto al Cratete qui menzionato, ignorasi  ^se fosse il filosofo Cratete di Atene, oppure  il cinico di Tebe; come ignorasi pariraentn  qual fosse il detto a cui si acceuna in que-  sto luogo. P.    Digilized by Google     1 m2 ricordi.   V   od anche senza relazione a nulla, '  come il possedere semplicemente  una moltitudine di schiavi.* Quegli  poi che fa stima dell’anima ragione-  vole universale e sociale, non si  cura delle altre cose più punto; ma  si studia di consolidare in istati ed  in moti conformi alla ragione e  volti al bene della società 1’ anima  sua, ed aiuta il suo congenere a far  lo stesso.   15. Una cosa s’affretta a nascere,  iin’ altra a venir meno, e di quella  stessa che nasce ima qualche parte  è già spenta; il flusso e l’alterazione  ringiovaniscono ad ogni ora il mondo,  come lo scorrere non interrotto del  tempo fa sempre nuova 1’ eternità.  Tn tal fiumana di cose che vengono  e passano, che v’ ha egli che altri   1 Intendi che costoro ameranno possedere*  nn gran numero di schiavi come i detti  pocanzi ameranno possedere nna mandra  numerosa. P.    Digitized by Google     LIBRO SESTO. 133   debba aver caro, quando ,su nulla  può' far fondamento? Gli è come se  imprendesse ad amare uno degli uc-  celletti che volano, e quegli è già  sparito via.   La vita di ciascheduno è non al-  trimenti che una esalazione del san-  gue o una respirazione dell’aria. Pei>  chè non v’ lia differenza, che tu tragga •  a te l’aria una volta e la renda, il  che tu fai tuttodì, o che tu renda  tutta insieme colà d’ onde l’ hai tratta  la facoltà respiratrice che ieri o ier  l’altro nascendo acquistavi.   16. Non il traspirare, come le  piante, è degno di stima, non il re-  spirare, come i giumenti e le bere,  non il. ricevere impressioni nella  fantasia, non Tesser mosso dagli ap-  petiti, non l’adunarsi in branco, non  il nutricarsi ; cosa non dissimile dal  mandar fuori il soverchiò del nutri-  mento. Che è degno di stima adun-  que? lo strepito? No. K per conse-    Digilized by Coogle     184 BICORDI.   guenza nè anche lo strepito delle  lingue. Ora le acclamazioni del volgo  non sono altro che strepito delle  lingue. Anche la gloriuzza hai posto  adunque da banda. Che rimane, che  s«i degno di stima? Il muoversi, pare  a me, e il ristarsi * secondo il prin-  cipio della propria costituzione, al  che conducono ancora le arti e le  culture diverse. Perché ogni arte ha  questo per iscopo, che il formato da  lei sia acconcio alPopra per la quale  è formato ; e il vignaiuolo che coltiva  la vite, e il cavallerizzo, e il canat-  tiere, cercano pur questo. E le edu-  cazioni, e le scuòle, a che tendono ?  Questo adunque è il degno di stima.  E se questo vien condotto a bene,  non occorre procacciar più altro. —  Non finisci di stimare ancora molte  altre cose?* Nè libero adunque sarai   1 L'operare e il non operare. 0.   ^ Cioè, non cesserai dallo avere in pre-  gio molte altre cose? P.    Digilizec' by nr>figle.    LIBRO SESTO.    135   tu mai, nè bastevole a te, nè im-  passibile ; perchè ti sarà mestieri  invidiare, ingelosire, sospettare chi  ti può tórre le cose che stimi, mac-  chinar contro a chi le ha; in fine,  conturbato convien che sia chi  d’ alcuna di quelle è privo, ed ol-  tracciò, che mormori contro agli Dei  bene' spesso; laddove la riverenza  della propria mente e la stima ti  farà accetto a te medesimo, accomo -  devole agli uomini e consonante agli  Dei,* io voglio dire, contento di tutto  che essi distribuiscono e di tutto che  hanno ordinato.   17. Air insù, all’ ingiù, a cerchio  intorno, son le mosse degli elementi.  La virtù non si muove in nessuna   ^ cDi modo che ciascheduno che procac-  cia di desiderare e fuggire solamente quello  che è da essere desiderato e fuggito, pro-  caccia al tempo medesimo di esser pio.»  (Epitteto, Manuale, cap. 32, § 4, traduz. di  G. Leopardi. Vedi tutto questo capitolo del  Manuale. Vedi anche il § 41 di questo libro  dei Bicordi). P.    Digitized by Google     BIOOEDI.    136   di queste guise, ma in una certa sua  più divina, e per via mal compren-  . sibile procedendo va di bene in  meglio.^   18. Che cosa è mai quel che fanno !  Ai loro contemporanei, che insieme  con essi vivono, non voglion dar lode ;  ed essi medesimi poi agognano di aver  lode dai posteri i quali non videro  mai, nè vedranno. Gli è come se tu  ti dolessi del ' non aver lode anche  da’ tuoi antenati.   . 19. Non ogni volta che una cosa  è malagevole a te, hai da credere  però eh’ ella sia impossibile all’uomo ;  anzi, ogni volta ch’ella è possibile  all’ uomo e dimestica, credi eh’ ella  è conseguibile anco da te.   20. Nell’ esercizio della lotta al-  . cuno talora ci graffia, o venendoci  addosso ci percote malamente col   1 Merico Casaabono cita qui, siccome  un bel comento a questo §, il cap. XXVIII  del libro di Giobbe, che vuol leggersi tutto  intero. 0.    Digitized by Google     LIBBO SESTO.    137   capo. Ma noi diamo a divedere, e  non ce ne tenghiamo olfesi, nè stiamo  in apprensione di lui quindi innanzi,  come se ci insidiasse ; ce ne guardia-  mo, sì, ma non come da nemico, nè  con. animo sospettoso; lo scansiamo  con piacevolezza. Questo medesimo  s’ha da fare in tutte le altre parti  della vita: molte cose lasciar correre,  come tra persone che lottano. Per-  ch’egli si può, come ho detto, schi-  vare altrui, e non averlo però a so-  spetto nè odiarlo.   21 e 22. Se altri mi può convincere  e far capace eh’ io penso ed opero  non rettamente, di buon grado son  per ricredermi; perchè io cerco la  verità, la quale non noeque mai a  nessuno. Nuoce bensì altrui il li-  manere nell’ inganno e nell’ igno-  ranza propria. •   Quanto a me, io fo 1’ ufficio mio;  le altre cose non me ne distolgono ;  perchè o sono inanimate, o irragio-    Digitized by Coogle     BICORDI.    138   nevoli, o vanno errate e non conoscon  la via.   23. Gli animali irragionevoli e le  cose in generale a te sottoposte,  quando esse non han la ragione e  tu r hai, usa senza riguardi altera-  mente; gli uomini, che han la ra-  gione, usa come vuol la legge di com-  pagnia. In ogni cosa poi, invoca gli  Dei. E non curarti del più o men  tempo che tu durerai a far cotesto :  perchè bastano anche tre sole ore  cotali.   24. Alessandro il Macedone e il  mulattiere di lui si ridussero, moren-  do, alla medesima stregua. Perchè,  o furon ricevuti ambidue nelle stesse  ragioni seminali del mondo,' o si  dispersero del pari in atomi. ^   25. Pensa quante cose, in un  medesimo istante, dentro a ciascuno   * Vedi lib. IV, § 14.   * Nel caso che sia vero il sìsteina ato-  mistico di Epicuro. P.    Digilized by Coogl(    LIBRO SESTO.    139    di noi han luogo, relative al corpo  nello stesso tempo ed all’ anima ; e  non istupirai che molte più, anzi  tutte quelle che avvengono, coesi-  stano simultanee in quel tutto ed  uno a cui diamo il nome di mondo.   26. Se qualcheduno ti domanda  come si scriva il nome d’ Antonino,  proferirai tu forse con isforzo di voce  ogni sillaba? E se quegli s’adira,  t’adirerai alla tua volta anche tu?  Non annovererai tu piuttosto, pa-  catamente procedendo, l’una dopo  l’altra le lettere? Cosi hai da fare  anche adesso. Ricordati che ogni  ufficio* consta di certi numeri; col-  r osservare i quali, e non col tur-  barti, e non coll’ adirarti con chi  s’adira, arriverai direttamente al fine ,  proposto.   27. Come è crudele il non per-  mettere agli uomini che seguano    1 Conferisci IV, 2, e la nota ivi. P.    Digitized by Google     RICORDI.    -140   quel che sembra a loro convenevole  ed utile? E tu noi permetti, in un  certo modo, quando ti corrucci del  loro fallire. Perchè del tutto e’ non  vi si indifcono se non in quanto il  credono convenevole ed utile a loro.  — Ma non è così. — Dunque ammae-  strali e falli capaci, senza corruc-  ciarti.   28. La morte è una pausa alla im-  pressione dei sensi, allo stimolo degli  appetiti, al discorrer della mente èd  alla servitù verso la carne.   29. È un vituperio che in quella  vita dove non ti s’è stancato ancora  il còrpo, ti si sia stancata innanzi  tempo r anima.   30. Bada a non incesarirti,* a non  imbrattarti; chè cosi suole avvenii-e.  Conservati adunque semplice, buono,   ^ Intendi : sebbene tu sia stato adottato  nella famiglia dei Cesari, bada a non t«cc-  sarirli, cioè cadere nei costumi viziosi di  molti dei Cesari o imperatori che. ti hanno,  preceduto. P..    Digitized by Google    LIBRO SESTO.    141    intemerato, grave, ingenuo, amico  del giusto, pio, mansueto, amorevo-  le, saldo nell’ adempire al tuo ufficio.  Combatti per mantenerti tale, quale  ti ha voluto fare la filosofìa. Venera  gli Dei, fa’del bene agli uomini. Breve  è la vita; e l’unico frutto di questa  esistenza terrena è la santa disposi-  zione deir animo e 1’ opere indiriz-  zate al comun bene. Ogni cosa da  vero discepolo di Antonino:* quel  suo vigor costante in ciò che operava  secondo ragione, e 1’ umor sempre  uguale, e la santità della condotta,  e la serenità del volto, e la soavità  dei modi, e il dispregio della vana  gloria, e l’ ardore nel voler compren-  der le cose'; e come non avrebbe  lasciato andar nulla mai, ch’egli non  avesse ben bene considerato in prima  e chiarito; e come sopportava quelli  che si dolevano di lui ingiustamente,   < Antonino Pio, suo padre di adozione. P,    Digitized by Google     142    RICORDI,    senza ridolersi egli di loro; come  non faceva mai nulla in furia ; come  non dava adito ai delatori; come era  diligente esploratore dei costumi e  delle azioni, non maldicente nè te-  mente i rumori, non sospettoso,  non sofistico; come si contentava di  poco, in materia . d’ abitazione, per  esempio, di letto, di vestito, di cibo,  di servidori; come era operoso, lon-  ganime, e di tal tempra da poter  durare in uno stesso luogo sino alla  sera, senza aver uopo, per la fruga-  lità del vitto, nè anche di uscire ai  bisogni del corpo fuor dell’ ora con-  sueta; e la costanza e il tenor sempre  uguale nelle amicizie ; e il sopportare  che altri contraddicesse con libertà  di parole al suo parere, e rallegrai’si  quando glien era mostro un migliore ;  e come era religioso senza supersti-  zione; affinchè, con una buona co-  scienza pari alla, sua, tu incontri  come egli incontrò l’ultima ora.    Digitized by Google     LIBRO SESTO.    143    31. Esci dall’ ebrezza, ritorna in  te; e cacciato via il sonno, e veduto  ch’eran sogni quelli che ti turba-  vano, risvegliati una seconda volta,  e guarda le cose della vita come tu  guardavi quelle altre.*   32. Son composto di un corpic-  ciuolo e d’ un’ anima.* Al corpicciuolo  tutte le cose sono indilferenti; non  potendo egli nè manco far differenza.  Air anima sono indifferenti tutte    1 Qui r Ornato volea fare una nota, come  è indicato nel manoscritto, ma non la fece.  Verosimilmente egli volea gìnstiiicare e il-  Instrare la sna interpretazione di questo  luogo, alquanto diversa da quella degli al-  tri interpreti. La traduzione letterale di  tutto il § è cEsci d'ebrezza, richiama te  stesso; e cacciato via il sonno, e veduto che  eran sogni quelli che ti turbavano, desto  una seconda volta, guarda queste cose, co-  me tu guardasti quelle altre. » P.   2 Intendi anima razionale, la quale per  gli Stoici non era altro che ragione e vo-  lontà, esclusa la sensibilità appartenente  solo airantmwccta, mero principio animale  comune anche ai bruti. Rivedi lib. V, § 38  e la nota ivi. P.    Digitized by Google     144 RICORDI.   . quelle che non sono azioni di lei. E  quelle che sono azioni di lei, stantìo  tutte in balia di lei. E di queste an-  cora, quelle sole che riguardano il  presente.* Perchè le azioni future  e le passate sono pure indififerenti  per lei.   33. Il lavoro non è cosa contro  natura nè per la mano nè pel piede,  sintantoché il piede fa le cose del  piede, e la mano le cose della mano. .  Quindi non è nè anche cosa contro  natura per V uomo, in quanto uomo,  fìnch’egli fa le cose dell’uomo. E  se non è cosa contro natura per lui,  non è nè anche per lui un male.   34. Quanti piaceri non godono i  malandrini, i bagascioni, i parricidi,  i tiranni?*   35. Non vedi come gli artisti mec- *  canici condiscendono bene in .qual-   < Sottintendi ; € hanno importanza per  lei.* 0.   * Vedi II, 11; V, 10; IX, 1 eoe. 0.    Digitized by Goog[e     LIBRO SESTO.    145    che cosa agli imperiti, ma non  seguitai! meno però la ragione del-  l’arte, e da quella non si vogliono  distaccare? Non è ella una vergogna  che l’architetto e il medico abbiano  più rispetto per la ragion dell’ arte  loro propria, che l’ uomo per la sua,  la quale egli ha in comune con gli  Dei?   36. L’ Asia e l’Europa son cantucci  del mondo; tutto il mare, una goc-  ciola del mondo ; l’ Athos, una zolletta  del mondo ; ciascuno degl’istanti pre-  senti del tempo, un punto dell’ eter-  nità. Tutto è piccola cosa, mutabile,  peritura. Tutto vien di colà, da quella  mente comune, o voluto da lei, o per  concomitanza.* E quindi la gola del  leone, e il veleno, ed ogni cosa ma-  lefica, come le spine ed il loto, sono  un accompagnamento e quasi una  produzion necessaria di quanto v’ha    1 Vedi III, 2. 0.   Mi»rco Aurelio. 10    Digitized by Goog[e     146 RICORDI.   d’eccelso e di bello. 'Non immaginai ti  adunque che sien cose aliene da  quello che tu veneri; ma pensa alla  sorgente del tutto.   37. Chi ha veduto le cose d’ adesso,  ha veduto tutte le cose, quante per  gl’ infiniti secoli furono e per gli  jiltri infiniti saranno ; perch’ elle son  tutte d' uno stesso genere e d’ uno  stesso coloi'e.   38. Considera sovente la concate-  nazione di tutte le cose nel mondo  e la relazione dell’ una all’altra. Per-  di’ elle son tutte intrecciate, dirò  così, r una colf altra, e tutte, per  (piesto motivo, amiche l’ una del-  l’altra. Di fatti all’ una vien sempre  dietro 1’ altra ; del che è cagione iJ  moto tonico e consenso di tutte e  r unità della rnateiia prima.   39. Alle cose che ti sono date in  sorte, ti devi adattare; e gli uomini,  coi quali hai comune la sorte, li devi  amai'e, ma amar veramente.    Digilized by Google .    LIBRO SESTO.    147    40. Uno strumento, un ordigno,  un arnese qualunque, se è atto, a  tutto quello per che è stato formato,  va bene; ancorché non ci sia più  chi r ha formato. Ma negli esseri  governati dalla natura è immanente  dentro e continua la virtù che li  formò; per lo che conviene ancor  più venerarla, e stimare .che, ove  secondo il voler di quella tu viva,  sia per riuscirti secondo il tuo in-  tento ogni cosa. E questo ò quello  che succede all’ universo, che gli  riesce secondo il suo intento ogni  cosa.   il. Quale che sia la cosa dove tu  riponi il tuo bene o il tuo male,  s’ ella è una di quelle che non di-  pendono dalla tua volontà, di neces-  sità debbe accadere che, incorrendo  tu in quel male, o non conseguendo  quel bene, tu accusi gli Dei, e che  tu odii inoltre gli uomini, i quali ti  saran causa, o i quali tu sospette-    Digilized by Coogle     148 RICORDI.   rai avere ad esserti causa del non  conseguir 1’ uno o dell’ incorrer nel-  l’altro; e molte iniquità, certo, com-  mettiam noi, per non essere indif-  ferenti a siffatte cose. Ma se noi  tenghiamo per beni o per mali quelle  cose soltanto che dipendono da noi,  nessuna causa rimane più nè di ac-  cusare Iddio, nè di stare in ostilità  verso l’uomo.*   42. Tutti cooperiamo ad un me-  desimo fine, gli uni scienti e intel-  ligenti, gli altri alla cieca; per modo  che anche i dormienti, come disse  Eraclito, se non erro, lavorano e  cooperano a ciò che si fa nel mon-  do. L’ uno ci lavora in una guisa,  r altro in un’altra; e ancorché senza  suo prò, ci lavora e coopera anche  colui che si va querelando e fa prova   ' Vedi il § 16 di questo medesimo libro.  Con questo § finisce il volgarizzamento del-  r Ornato, e col § seguente incomincia il vol-  garizzamento rifatto da me. Vedi la Prefa-  zione. P.    Digitized by Google     LIBRO SESTO.    149    di resìstere e distruggere l’opera  altrui: perchè anche di questi ha  bisogno il mondo. Rimane dunque  che tu vegga nel novero di quali tu  ti vuoi porre : perchè chi governa  il tutto, saprìi ben valersi di te in  ogni modo, ricevendoti in questa o  in queir altra banda de’ suoi lavora-  tori e cooperatori. Se non che hai  da badare che tu non sia tal parte  della brigata, qual è del dramma  quel povero e ridicolo verso di cui  parla Crisippo.^   43. Il sole vuol egli fare le veci  della pioggia? o Esculapio quelle di  Cerere? E gli astri non hanno essi  i loro uffici diversi, ciascuno il suo,    1 Plutarco {de comm. adv. Stoicot) cita le  parole di Crisippo, alle quali allude Anto-  nino: «In quel modo che le commedie hanno  talvolta dei versi ridicoli e facezie che non  hanno alcun valore in sè, ma giovano non-  dimeno all'effetto generale del poema; pa-  rimente il vizio è certamente riprovevole  in sè, ma non è inutile a tutto il rimanente  delle cose.» P.    Digitized by Coogle     150    RIOOMDI.    ma cooperanti tutti ad un medesi-  mo fine?   44. Se gli Dei hanno deliberato  intorno a me ed alle cose che deb-  bono incontrarmi, hanno bene deli-  berato e provveduto : perchè un Dio  senza senno e improvvido non pos-  siamo neppure immaginare. E farmi  del male, per qual motivo l’ avreb-  bero essi voluto? Qual pio ne sa-  rebbe venuto ad essi o al tutto di  che prendono sì gran cura? Che se  non hanno deliberato intorno a me  in particolare, essi hanno al certo  deliberato universalmente intorno a  tutto il complesso delle cose. Io  debbo quindi accettare e aver caro  tutto che mi accade, come conse-  guenza necessaria di quella loro ge-  nerale determinazione. Che se poi  non pensano nè provvedono a nulla  (è una empietà il crederlo ; o vera-  mente non facciam più sacrifici, nè  preghiere, nè alcuna di quelle cose    Digitized by Goo^lc     LIBRO SESTO.    1.51    che suppongono presenti gli Dei e  viventi con noi); ’ se, dico non pen-  sano nè provvedono in. alcun modo  a niuna delle cose mie; posso io  almeno pensare e provvedere a me  stesso: e mio primo pensiero debbe  essere di conoscere in che consiste  Futile mio. Ora egli è utile ad un  essere qualsivoglia ciò chcs è con-  forme alla costituzione e natura di  lui. La mia costituzione è ragione-  vole e socievole: la mia società e  la mia patria, come Antonino, è Ro-  ma; come uomo, è il mondo. Ciò  solo adunque che giova a queste  due patrie, ò utile a me.   45. Ciò che avviene a ciaschedu-  no, è utile al tutto : questo solo ba-  stava. Ma tu osserverai ancora, so  tu ci badi, che per F ordinario ciò  che succede ad un uomo, è utile an-  cora agli altri uomini. Intendo ora   ^ Intendi: «che suppongono la presenza J  e la provvidenza divina.» P.    Digitized by Goog[e     152    RICORDI.    r utile nel senso volgare, cioè attri-  buendo utilità alle cose medie.*   46. Quello effetto che fanno in te  gli spettacoli degli anfiteatri e di  simili luoghi, chè per essere sem-  pre le medesime cose, ti rechi a  noia il vederle, quello effetto me-  desimo facciano in te tutte le cose  della vita: perchè esse sono, dalla  cima al fondo, sempre le stesse, e  nate sempre dalle stesse. K fino a  quando adunque?   47. Non cessare di rappresentarti  al pensiero uomini’ trapassati di ogni  fatta 0 di ogni sorta di condizioni,  discendendo anche a Filistione, a  Febo e a Origanione;* passa di poi  ad altri generi di viventi. Colà dob-   I Conferisci III, li, o la nota ivi. P.   * Vi fu un Filistione poeta comico, con-  temporaneo di Socrate; vi fu ancora un  Filistione di Locri, il quale era medico, e  da alcuni creduto autore dei libri sulla  dieta che fanno parte della collezione ip-  pocratica. Quanto a Febo e Origanione ci  sono al tutto incogniti. P.    Digilized by Googlt      LIBRO SESTO. . 153   biamo andare anche noi dove sono  iti tanti valenti oratori, tanti gravi  filosofi, Eraclito, Pitagora, Socrate;  tanti eroi prima di loro, tanti capi-  tani dopo, tanti tiranni; e insieme  con loro Eudosso,* Ipparco,* Archi-  mede, altri acuti ingegni, uomini  magnanimi, laboriosi, scaltri, arro-  ganti, beffardi, schernitori di questa  povera vita di un giorno, siccome  fu Menippo,* ed altri simili a lui.  Pensa che tutti costoro sono spenti   1 II celebro matematico discepolo di Pla-  tone, il cui sistema è esposto nel XII della  Metafisica di Aristotele ; e che insieme cou  Speusippo assorbì tutto il Platonismo nella  teoria dei numeri. A lui si applica, non  meno che a Speusippo,!' osservazione di Ari-  stotele: «la matematica è divenuta tutta  la filosofia del nostro tempo.» P.   ^ Matematico contemporaneo di Tolomeo  Filadelfo, nato in Nicea. P.   3 Filosofi» cinico nato a Gadara, dal quale  un certo genere di satiro che furono dette  Menippee: orasi beffato dei filosofi e delio  loro dispute scrivendo con uno spirito e  una vena inesauribile, che gli fu invidiata,  come pare, anche da Luciano. P.    Digitized by Google     154    RICORDI.    da gran tempo. Ora che male per  essi? che male per coloro dei quali  non resta pure il nome? Solo una  cosa è qui da avere in gran pregio :  r osservar sempre la veracità e la  giustizia, comportandoci benevol-  mente anche verso i bugiardi e gli  ingiusti.   48. Quando vorrai rallegrare te  stesso, rappresentati al pensiero le  migliori qualità degli uomini coi  quali tu vivi: per esempio, l’ope-  rosità efficace di questo, la vere-  condia di quello, la liberalità di quel-  r altro, e cosi via via. Perciocché  non è cosa che tanto rallegri, quan-  to le sembianze della virtù espres-  se nei costumi delle persone colle  quali viviamo, e quanto più esser  possa, accumulate e frequenti. Vuoi-  si dunque averle pronte alla me-  moria.   49. Ti quereli tu del pesare solo  cotante libbre e non tre cento? Così    Digitized by Coogle     LIBRO SESTO.    155    non ti querelare dello aver a vivere  solo tanti anni e non più. Come ti  tieni per pago e lieto della quantità  di materia che ti fu assegnata, così  accontentati del tempo.   50. Fa’ prova di persuaderli ; ma  non lasciar di operare anchh mal-  grado loro, quando ragione di giu-  stizia il richieda. Che se altri ti  impedisce colla forza, volgiti alla  rassegnazione, e serba la serenità  dell’anima, facendo uso di quello  impedimento per l’ esercizio di un’al-  tra virtù.* E ricordati che tu vuoi  condizionalmente,* e che non si ri-  chiede da te r impossibile. Ora che  si richiede adunque? Una cotale de-  terminazione di volontà.* E questa   t Vedi lib. IV, 1 ; V, 20 ; Vili, 32, 35; IX,  11. P. •   s IV, 1; V, 20; XI, 37. P.   3 La volontà giusta è solo scopo e ter-  mine di sè medesima, sia o non sia ella  efficace, cioè a dire, sia o non sia seguita  dall' effetto esteriore, il che dipende dalle  circostanze esterne. P.    Digitized by Coog[e     156    BICORDI.    tu l’hai: il fine a cui sei venuto  nel mondo è conseguito.   51. L’ambizioso ripone il ben suo  nell’ azione altrui; il voluttuoso nelle  proprie passioni ; ' il savio nella sua  propria azione.   52. Io posso astenermi dal fare  concetto alcuno intorno a ciò, e non  turbarmene 1’ anima. Non le cose,  ma noi siamo gli autori dei nostri  giudizi.   53. Fa’ di avvezzarti ad ascoltare  senza distrazioni ciò che altri dice,  e ad entrare quanto più puoi nel-  l’animo di chi favella.   54. Ciò che non giova allo sciame,  non giova neppure alla pecchia.   55. Quando i naviganti mormorano   contro al nocchiero, o gli infermi   »   ^ Meno stoicamente direbbesi « nel sod-  disfacimento delle proprie passioni, » cioè  nel piacere procurato da questo soddisfaci-  mento. Perchè il piacere stesso è per gli  Stoici una passione, un patire e non un  agire dell' anima. P.    Di    ; Google     LIBRO SESTO.    157    contro al medico,' qual motivo può  moverli a ciò se non se il modo  con che il medico e il nocchiero  procacciano la sanità e la salvezza  loro?   56. Quanti di coloro, coi quali io  venni al mondo, se ne sono già an-  dati !   57. Agli itterici sembra amaro il  miele, l’acqua è spaventevole al-  r idrofobo, pel fanciullo è bellissim^ì^  una palla. A che dunque mi adiro?  Stimi tu men potente una falsa opi-  nione che la bile nell’itterico, o il  veleno nell’idrofobo?   * 58. Niuno può recarti impedimento  al vivere secondo la legge della tua  natura; nulla accaderti contro la  legge della natura comune.     LIBRO SETTIMO.    1. Che è il vizio? è ciò che tu  spesso hai veduto. E ad ogni acci-  dente che t’ intervenga abbi appa-  recchiato questo pensiero, che è cosa  da te spesso veduta. Su e giù, a  dritta e a manca troverai pur sem-  pre le stesse cose, di che sono piene  le antiche storie, le mezzane e le  moderne; di che ora son piene le  città e le case. Nulla di nuovo : tutto  consueto e di poca durata.   2. La fede nei domini come può  venir meno se non se collo spegnersi  di quei pensieri che sogliono ali-  mentarla? i quali sta in te jl ride-  «^tar di continuo. Posso pensare di    Digitized by Coogle    LIBRO SETTIMO. 159   una cosa quel che ne debbo pensare :  se questo è in mia facoltà, a che  mi turbo? Ciò che è fuori ilella mia  mente, non ha nulla che fare colla  mia mente. Fa’ di essere cosi dispo-  sto e sei ritto. Il risorgere sta in  poter tuo : vedi di nuovo le cose a  quel modo che tu le vedevi: sarà il  tuo risorgimento.'   3. Pompe, trionfi, vani apparati,  drammi che si recitano in sulla sce-  na, greggi, armenti umani, scara-  mucce, ossicciuolo gittate al cagno-  lino, tozzo di pane ai pesci nel vivaio,  affanni e lavorar di formiche,, discor-  rimenti qua e là di topi spaventati,  fantoccini mossi da un filo. È mestieri  assistere a codeste cose con viso  benevolo e non burbero, ma non  però dimenticare che tanto vale cia-   1 Pare che ad Antonino in un momento di  sconforto sombrasse aver perduta la fede  nei domrai della filosofia. E si conforta a ri-  cuperarla. Bello e profondo paragrafo, stoi-  camente considerato. 0.    Digitized by Google     160    RICORDI.    scuno quanto vaglion le cose cui dà  le sue cure.’   4. Conviene por mente parola per  parola a ciò che si dice, e atto per  atto a ciò che si fa. E veder tosto  nell’ una cosa qual è lo scopo ; nel-  l’altra, qual è il significato.   5. Basta, o non basta il mio in-  gegno a proccurare questo effetto?  Se basta, io ne fo uso come di uno  stromento che la natura dell’ uni-  verso mi diede. Se non basta, ove  non osti il dover mio, lascio fare  r opera a chi può condurla a fine  meglio di me; ovvero io la fo co-  me posso, giovandomi dell’aiuto di  tale, che possa, scorto dal mio pro-  prio consiglio, recare ad effetto ciò  che è utile ed opportuno alla co-  munità. Perchè questo deve esser  sempre il fine di ciò che io faccia,  sia da per me solo, sia coll’aiuto   1 Conf, V, 16. E vedi ivi la nota. P.    Diyiu^cu by CjOO^Il    .LIBRO SETTIMO. 161   altrui: l’utile e il convenevole al  comune.   6. Quanti lodatissimi sono già stati  dati all’oblio! e quanti che li loda-  rono sono scomparsi, già è gran  tempo!   7. Non ti vergognare dell’essere  aiutato. Tu ci sei per fare quello che  tocca a te, come un soldato ad una  battaglia murale. Ora se tu, offeso  in una gamba, non potessi solo salire  in sui merli, e ti venisse fatto col-  r aiuto di un compagno?   8. Non ti mettere affanno delle cose  future. Tu arriverai ad esso, se il  dovrai, recando teco quella mede-  sima ragione di che fai uso nelle  cose presenti.   D, Tutte le cose sono reciproca-  mente collegate fra loro; sacro è il  legame che le unisce, e niuna cosa  può dirsi estranea ad un’altra. Esse  sono tutte coordinate insieme e con-  corrono ad ornare lo stesso mondo.   Marco Aurelio. 11    Dìgitized by Google     162    RICORDI. .    Perchè uno è il mondo che è formato  di esse tutte, uno Iddio che penetra  tutto, una la materia prima, una la  legge, una la ragione comune a tutti  t?li esseri intellettivi, una la verità: .  essendo pur anche una sola la per-  fezione di tutti gli esseri congeneri  e partecipi della stessa ragione.   10. Presto svanisce ogni corpo, ri-  solvendosi nella sostanza universale ;  presto svanisce ogni causa, rientran-  do nella ragione universale; e la  memoria di ciascheduna cosa è presto  inghiottita nell’abisso del tempo.   11. Per l’animale ragionevole, la  stessa azione che è secondo natura,  è anche secondo ragione.   12. Se non sei ritto, dirizzati.   Id. Quella relazione che hanno fra   loro le membra del corpo nell’ ani- '  male individuo, hanno fra loro gli  esseri intelligenti nel corpo collet-  tivo della società: tutti sono fatti per  cooperare insieme ad uno scopo co-    I    Digitìze<Uiy CpiJgle    LIBRO SETTIMO.    16H    mane. E per meglio ricordartene  avrai cura di ripetere . spesso a te  medesimo: io sono un membro del  sistema degli esseri intelligenti. Ma  se tu di’ solamente : io sono una  parte, tu non ami ancora di cuore  gli uomini ; il beneficarli non è  ancora per te cosa che per se me-  desima ti diletti e ti contenti : tu il  fai tuttavia per pretto dovere, non  perchè tu senta di beneficare ad un  tempo te stesso.   14. Accada che vuole al di fuori a  quelle parti che possono ricevere  nocumento da cotali accidenti : se  ne dorranno esse che patiscono,’ se  il vogliono. Quanto si è a me, ove  io non faccia concetto di siffatti ac-  cidenti come di un male, non ne  ricevo nocumento veruno. E sta in  mia facoltà il non fare cotali concetti.   1.0. Che che altri faccia o dica, a    1 Ve<ìi la nota al § 2ft, lib. X. P.    Digilized by Coogl     164 RICORDI.   ine conviene essere uomo dabbene:  per appunto come se V oro, o la  porpora, o lo smeraldo dicesse : che  che altri faccia o dica, a me conviene  essere smeraldo, e avere il mio pro-  prio colore.   16. (7) La parte sovrana non dà  mai noia a sè stessa, vale a dire, non  è mai cagione nè di tristezza, nè di  timore, nè di concupiscenze a sè  stessa. Se altro v’ ha che possa mo-  verla a ciò, vi si adoperi. Quanto a  lei, operando razionalmente, non  sarà mai a sè stessa cagione di cotai  moti. Provveda il corpo, se può, al  non avere a soffrire; e se soffre, lo  dica. Quanto si è aU’animuccia,* nella  (filale veramente cade la tristezza e  il terrore, basterà solo che la parte  ove si formano i giudizi* del terribile    1 Animuccia ; intendi il principio della  &dìoi&1o   3 Conf. Ili, 9. Vedi anche la nota al § 26  del lib. X. P.    Digilized by Google     UBRO SETTIMO. 165   e del tristo, non dia luogo a quelli:  essa animuccia non ha attitudine a  formare giudizi cotali. La parte so-  vrana, considerata in sè, non ha mai  manco di nulla, ove ella non venga  meno a sè stessa: e similmente non  è mai turbata nè impedita, ove non  turbi o impedisca ella sè medesima.   17. Beatitudine vuol dire buon  genio, vuol dire mente buona. Che  fai dunque tu qui, o immaginazione?  Va’ via, te ne prego per gli Dei, vat-  tene come sei venuta: non ho bisogno  di te. Tu sei venuta secondo l’usanza  tua vecchia. Non mi adiro teco ; ma  vattene.   18. V’ha chi teme il mutamento?  Ma che può farsi mai senza muta-  mento e trasformazione? E che v’ha  di più caro, di più proprio e consueto  alla natura dell’universo? E puoi tu  stesso prendere un bagno se le legna  non si trasformano? puoi tu nutrirti,  se non si trasformano i cibi? E v’ha    Digitized by Goog[e     166 RICORDI,   egli alcuna delle altre cose necessarie  alla vita che possa elfettuarsi senza  trasformazione? Non vedi tu dunque  che il dovere tu ancora essere tras-  formato, va del pari con tutte le  altre trasformazioni,, ed è parimente  necessario alla natura dell* universo?   19. Per entro la sostanza dell' uni-  verso, come per entro a un torrente,  passano tutti i corpi connaturati a  (jiiello, siccome sono connaturate a  noi, e cooperano con noi le nostre  membra. Quanti Crisippi ha già in-  ghiottiti il tempo, quanti Socrati,  quanti Epitteti! Lo stesso sovvengati  (l* ogni altro uomo, o cosa qualsi-  voglia.   20. Una sola cosa mi turba : la tema  di far cosa che la natura dell’ uomo  non voglia, o come essa non voglia,  o quando essa non voglia.   21. Presto avrai tutto obliato, e  presto ancora sarai obliato da tutti.   22. È proprio dell’ uomo l’ amare    Digilized by Coo<^Ir    LIBRO SETTIMO. 167   anche colui che ci offende. Il che ti  verrà fatto se tu penserai che egli è  pur tuo congiunto,^ che ha peccato  per ignoranza e suo malgrado, che  fra poco sarete morti ambidue, e so-  pra tutto che egli non ti ha nociuto:  perchè non fece peggiore che olla  prima si fosse la tua parte sovrana.   “ÌS. La materia comune di tutte le  cose è nelle mani della natura uni-  versale, come la cera in quelle dello  scultore.^ Ora ella ne fa un cavallo,  poi, rifusa la materia del cavallo, ne  fa uso alla produzione di un albero,  poi a quella di un omiciattolo, poi  a quella di qualche altra cosa, e  ciascuna di queste cose dura un  brevissimo spazio di tempo. Ma e'non  è oggi più tremendo pel forzierino  r essere sconficcato e disfatto, che  non fu ieri 1’ esser fatto.   * Vedi II, 1. P.   * Il quale si serve di essa cera per fare  i modelli delle sue statue. P.    Digitized by Google     168 RTOORDT.   24. II livore in sul viso è cosa  contro natura, da che spesso vi al-  tera anche il colore che naturalmente   10 abbellisce, e che alla fine vi si  spegne in modo da non potervisi più  ravvivare. Questo ti provi che è cosa  eziandio contro ragione: perchè se  anche la coscienza del peccare si  perde, qual motivo di più vivere? (H)   25. Tutte le cose che vedi, già già  le viene mutando la natura reggitrice  del tutto, la quale ne farà altre della  materia loro, e poi altre della ma-  teria di queste, affinchè il mondo  sia sempre giovane.   26. Quando altri ti offende in che  che sia, considera tosto qual cosa  egli abbia dovuto estimare come un  bene o come un male perchè fosse  così mosso ad offenderti. La qual  cosa scorto che tu abbia, tu avrai  compassione airuomo,*e cesserai dal   * Vedi II, 13 e la nota ivi. Conferisci   11 § 62 di questo libro. P.    LIBRO SETTIMO. 169   maravigliarti e dallo adirarti. Perdiè  o tu stesso stimerai tuttavia come  un bene o come un male quella  medesima cosa od altra somigliante ;  e allora gli si vuol perdonare; o tu  farai altra estimazione ch’egli non  fece, e più facilmente benigno sarai  a chi travide malgrado suo.   27. Non pensare alle cose che tu  ancora non hai come se tu g»à le  avessi. ^Ma facendo piuttosto il no-  vero delle più comode tra quelle che  liai, sovvengati quale studio porresti  in procacciarle se tu non le avessi.  Bada nondimeno che questo tuo  averle in grado non ti venga avvez-  zando a stimarle in modo da turbar-  tene poi quando elle ti mancassero.   28. Ravvolgiti in te stesso. La parte  sovrana e ragionevole dell’ uomo ha  natura tale che basta a sè quando  agisce rettamente e sa trovare in  ciò la sua quiete.   29. Cancella le immaginazioni, raf-    Digilized by Google     170    RICORDI.    frena gli appetiti, circoscrivi il pre-  sente del tempo. Conosci ciò che  accade a te e ad altrui. Dividi e ri-  solvi ne’ suoi elementi, la parte  causale c la parte materiale, ogni  oggetto di appetizione o di aver-  sione. Pensa all’ ultima ora. Lascia  stare il peccato altrui colà dove ò  nato.   no. Segui col pensiero le altrui  parole. Penetra coll’ acume della  mente nelle cose che si fanno e nel-  r animo di coloro che le fanno.   31. Adornati di verecondia, di sem-  plicità e di indifferenza verso tutte  le cose che non sono nè virtù nè  vizio. Ama il genere umano : obbe-  disci a Dio (9). Tutto le cose, disse  colui, si fanno secondo una legge  immutabile. 0 gli Dei, o gli atomi.'  Ma basta il ricordare che tutto si fa    1 Cioè a dire : o v' ha una provvidenza  divina, o non v' ha, secondo il sistema ato-  mistico di Epicuro. P.    Digilized by Coogle      LIBRO SETTIMO. 171   secondo una legge. Ma troppo è anche  il poco già detto.   Quanto alla morte, o e.ssa à  un disperdimento, se la vita ò un  accozzamento fortuito di atomi o altra  aggregazione qualsiasi (10) ; ovvero  essa è uno spegnimento, ovvero un  traslocamento.   33. Quanto al dolore, se è intol-  lerabile, ti uccide; se dura, è tollera-  bile : e la mente conserva la sua tran-  quillità se si raccoglie in sè stessa:  e la parte dominante non si è fatta  peggiore. Quanto alle parti che sono  offese dal dolore, ce lo dicano se il  possono.   34. Quanto alla gloria, vedi le menti  loro, quali cose fuggono e quali cose  ricercano. E ancora, che a quel modo  stesso che gli strati di arena novel-  lamente gittati in sul lido ricoprono  i precedenti; similmente nella vita  le cose nuove ricoprono, sovrappo-  nendosi, per così dire, ad esse, e     172    RlCORDt.    fanno dimenticare quelle a cui suc-  cedono.   35. (Di Platone).^ « Ad uomo di  eccelsa mente, al quale sia dato di  abbracciar col pensiero tutta la serie  dei tempi e l’ università degli esseri,  credi tu che la vita sia per sembrare  un gran che? — Impossibile, disse  quegli : — E la morte, per conse-  guenza. non sarà punto stimata da  lui una tremenda cosa. — No certo. »   36. (Di Antistene). « Operar bene  ed essere lacerato* è cosa da re. »   37. È vergogna che il volto ubbi-  disca alla mente e si componga ed  assesti come ella vuole; e che la  mente poi non sappia comporre e«l  assestar sè medesima.   38. «Contro le cose lo adirarsi è vano,  Ch'esse non se ne curano. 3 »   1 Fiat. Rep. lib. VI. P.   2 Lacerato, intendi, dai maldicenti. Plu-  tarco negli Apoftegmi attribuisce questo  detto ad Alessandro. P.   3 Tratto dal Bellorofonte, tragedia per-  duta di Euripide. P.    Dkjitiz e d bv G oogle    LIBRO SKTTIMO.    173    «E gli immortali e noi di te fa lieti.* *   40. «Mieter la vita   Come spica matura, e morir l' uno,   E viver T altro.- »   41. «Sedimeuède’niieiglilddii non curano,   Ciò pure ha sua ragione.^»   4'2. «Che il bene e il dritto è dalla mia.' »   43. «Non pianger con altrui nè esultare. »   44. (Di Platone).^ «A chi mi favel-  lasse in colai guisa, potrei con giu-  stizia rispondere: Tu erri dal vero,  o amico, se tu credi che un nonio  di qualche vaglia debba, quando im-  prende a far che che sia, computare  le probabilità dello avere a morire  0 a vivere ; e non piuttosto conside-  rare unicamente se ciò ch’egli im-   t Nel testo è un verso esametro, ma igno-  rasi onde 1' abbia tratto Antonino. P.   2 Due versi dell' Isipile, tragedia perduta  di Euripide. P.   3 II primo di questi due versi è citato  anche al § 6 del lib. XI, come verso di un  tragico ; ma il nome del poeta non è noto. 1 .   * Di Aristofane negli Acarnesi. P.   5 I §§ 44 e 45 sono tratti dall’ Apologia  di Socrate; il § 46 dal Gorgia.' P.     174    RICORDI.    prende a fare sia giusto od ingiusto, se  azione da uomo dabbene, o da tristo.   45. » Perchè così è veramente, o  Ateniesi : quale che sia il posto che al-  tri scelse nell’ordinanza, giudicatolo  il migliore, o in che sia stato collocato  dal capitano; egli vi dee perseverare,  secondo che mi pare, e sostenervi tut-  ti i pericoli, non avendo in conto di  nulla la morte ne altro checchessia,  in paragone della disonestà e vergo-  gna che sarebbe lo abbandonarlo.   40. » -Ma bada bene, o valentuomo,  che altra cosa non sia la gentilezza,  d’animo e la virtù, ed altra il pro-  cacciare salvezza asèe ad altrui; e  che ufficio deir uomo, dico chi voglia  essere uomo veramente, non sia per  avventura, anziché lo ingegnarsi di  campar lungo tempo avendo cara  sopra ogni altra cosa la vita, il ri-  mettersene piuttosto a Dio; e pre-  stando fede a ciò che dicono le fem-  mine. essere inevitabile il destino di    Digitìzed by Goog[c     LIBRO SETTIMO.    175    ciascheduno, studiare il modo di vi-  vere, il più virtuosamente ch’ei può.  quel tempo che ha a vivere. »   47. Contemplai’e il giro degli astri  accompagnandoli, per cosi dire, nel  loro corso; e ripensare di continuo  al perpetuo tramutarsi degli elemen-  ti da una in altra forma. Cotali pen-  sieri purgano 1’ anima dalle lordure  di questa vita terrestre.   48. Bello è quel luogo di Platone:  « Chi ragiona* degli uomini, deve an-  che osservare, come da un’ alta ve-  detta, tutte queste cose terrene :  adunanze popolari, eserciti campeg-  gianti, agriculture, nozze, divorzi,  nascimenti',’ morti, strepiti di tribu-  nali, contrade inabitate, varietà di  nazioni, feste, lutti, mercati, e que-  sto miscuglio di tutti i contrari, e  l’ordine di questo miscuglio di che  si compone il mondo.*»    1 Questo brano di Platone non si trova  nelle opere che ci rimangono di lui. P.     RICORDI.    176   49. E’ giova il rimembrare le cose  che furono prima di noi: tanti mu-  tamenti, tanti e sì grandi rivolgi-  menti di stati. Puoi anche conside-  rare le cose che seguiranno in futuro,  perchè esse saranno pur sempre  ti’ un taglio, e non è possibile che  escano mai del tenore usato infino  ad ora. Onde che tanto vale il ri-  cercare gli eventi di che si compone  il vivere umano ^ in un periodo di  t^uarant’ anni, quanto in uno di dieci  mila. Che potresti trovare di più?   .50. E questo:   « Ciò die fu terreo torna alla terra ;   Ciò die d’ etereo seme è germoglio.   Del deio etereo torna allo sfere. »   Che vuol dir ciò? Separazione degli  atomi terrei che erano insieme ag-  gregati, e somigliante separazione  degli elementi attivi.^   ^ Intendi il vivere dell' umanità, o non  deir individuo umano. P.   * Gli elementi attivi erano, secondo gli    Digitized by Coogle     LIBRO SETTIMO.    177    51 . cE con cibi il torrente e con bevande  £ con incanti di stornar proccnra  Perchè a morte noi tragga. »    «Con quel vento   Che Dio ne manda navigar ci è d'uopo,  £ non spargere inutile lamento.»   52. Pili valente nella lotta, ma  non piò devoto al ben comune, non  piò verecondo, non piò indulgente  e piò benevolo verso il prossimo  che ha peccato.   53. Ogni volta che può condursi a  fine una impresa secondo i precetti  della ragione comune agli Dei e agli  uomini, non hai nulla da temere:  perchè dove sta in te lo avvantag-  giarti coir esercizio libero della tua  operosità, procedendo secondo la  costituzione dell’ uomo, quivi non è  luogo a timore di avere a soffrire  alcun danno.   stoici, Paria e il fuoco, con che intende-  vano il freddo e il caldo; i passivi, la terra  e V acqua. P.   Mirco Aorelio, l't    Digitized by Google     178    RICORDI.    54. In ogni luogo e in ogni tempo  è in tua facoltà lo acconciarti di  buon grado e con pia rassegnazione  all’ evento che ti occorre ; e il por-  tarti con rettitudine verso gli uomini  coi quali ti trovi; e il vegliare dili-  gentemente con quelli spedienti che  tu sai sopra ogni tuo pensiero pre-  sente, affinchè non v’entri inavver-  titamente nulla che tu non abbia  perfettamente compreso.   55. Non andare investigando in  qual modo credano di doversi go-  vernare gli altri,* ma guarda dritto   ^ Non andare investigando gli al-   tri. Intendo: non curarti di ciò che le menti  degli altri approvano o disapprovano; bada  dirittamente a ciò che approva la tua. Noto  questo perchè altri non creda essere il qui  detto da Antonino cosa contraria a ciò che  disse in molti altri luoghi, e segnatamente  nell’ Vili, 61: entrare nella parte sovrana di  ognuno. Le sono due cose diverse. In quanto  al tuo operare, non badare a ciò che le menti  degli altri prescrivono, bada a ciò che prescri-  ve la tua. In quanto ai giudizi che tu fai degli  altri, entra il più che puoi nelle menti loro,  per vedere quai motivi li spingano. 0.    Digitized by Coog[e     LIBRO SETTIMO.    ,179   allo scopo verso il quale ti scorge  la natura universale per mezzo degli  eventi che essa ti manda ; e la tua  propria natura per mezzo dei doveri  che essa ti impone. E dovere di cia-  scheduno sono quelle azioni che cor-  rispondono al fine pel quale è stato  formato. Ora gli esseri non ragio-  nevoli sono stati formati per gli es-  seri ragionevoli (come universal-  mente tutte le cose che hanno minor  valore, per quelle che ne hanno un  maggiore); e gli esseri ragionevoli,  gli imi per gli altri. Primo dovere  adunque dell’ uomo, in conseguenza  della sua costituzione, è di cooperare  al bene di tutti i suoi simili. Il se-  condo è lo star saldo contro gli ap-  petiti e le affezioni del corpo : essendo  proprio della forza razionate e intel-  lettiva il serbarsi pura e distinta,  circonvallando, come a dire, sè stes-  sa,* e noh essere vinta mai dalla  t Vale a dire che non deve ammettere in    %    Digiiized by Google     180    RICORDI.    forza sia sensitiva sia appetitiva. Per-  chè queste due forze sono animale-  sche, e sopra di esse quella vuole  aver primato e signoria, e non la-  sciarsi signoreggiare da esse. E con  ragione: quella essendo fatta per  servirsi di queste. Terzo dovere del-  r uomo \i è il procedere cautamente  ne’ suoi giudizi, per non cadere in  errore. A queste cose applicandosi  la parte tua sovrana, compia per la  diritta via il suo corso; ed ha tutto  ciò che le spetta.   56. Come se tu avessi dovuto mo-  rire testé e fornito già tutto il corso  della tua vita; vivi secondo natuia  (piei giorni che ti rimangono, con-  siderandoli come un soprappiù che  tu non avessi sperato.’   se alcuna mistura di elementi estranei alla  sua natura, . e apparir quindi distinta con  taglio nettissimo da tutto ciò che ha na-  tura diversa dalla sua. P.   t.Bene spiega il Dacier questo parakgrafo: « A  quel modo che se ci trovassimo al punto della    Digilized by Google        LIBRO SETTIMO. 181   57. Cari ti sieno quelli eventi sol-  tanto che t’ incontrano, e sono quin-  di come a dire contesti insieme collo  stame della tua vita. Che potresti  desiderare di più accomodato a te?   58. Ad ogni accidente che ti oc-  corre abbiti davanti agli occhi coloro  ai quali incontrarono le stesse cose;  ed essi se ne adirarono, parve loro  strano, se ne querelarono. Ora dove  sono coloro? In niun luogo. Perchè  vuoi tu dunque rassomigliar loro? e  non lasci piuttosto a chi li vuole  quei moti alieni da te, e non badi  unicamente all’ uso che devi fare  deir accidente intervenuto? Perchè  tu ne farai buon uso, e ti sarà nuova  materia a virtuosamente operare,  solo che tu intenda ad esser uomo   morte senza speranza di riaverci e consi-  derassimo la nostra vita trascorsa; ci dor-  remmo di averla male impiegata, e vor-  remmo caldamente impiegarla meglio per  l’avvenire, scampando; cosi dobbiamo vo-  lere ora ec. ^ 0.    Digitized by Google     182    BICORDI.    dabbene agli occhi tuoi propri, sia  qual si voglia la cosa che tu faccia ; e  ti sovvenga di queste due verità: im-  portare assai quale sia l’ azione, e non  importare nulla in che cada razione.'   59. Guarda dentro di te. Ivi è la  fonte del bene, la quale non sarà  esausta mai, solo che tu ci vada  scavando di continuo.   60. Anche il corpo, e nel cammi-  nare e nello stare, serbi un contegno  egualmente alieno dalla avventatezza  e dalla mollezza. Imperocché sicco-  me l’anima si rivela nel volto, im-  primendovi un certo che di assennato  e di composto; così ella dee rivelarsi  anche nel rimanente del corpo. Ma  ciò vuoisi fare naturalmente, senza  che vi appaia studio nè affettazione.   ' La volontà giusta è per gli Stoici solo  scopo e termine di sè medesima, sia, o non  sia ella efficace, cioè a dire sia o non sia  seguita dall' effetto esteriore, il che dipende  dalle circostanze esterne. La virtù sola è  huona.essa sola basta alla beatitudino. P.    Digitized by Goog[e     LIBRO SETTIMO.    183    61. L’arte del vivei e virtuosamente  rassomiglia piuttosto all’arte della  lotta che a quella della danza, in  quanto bisogna essere apparecchiati  ad ogni accidente non preveduto, e  saldi per non cadere.   62. Non cessare di recarti a mente  le qualità di coloro dai quali vorre-  sti essere lodato, e quelle delle menti  loro. Così non ti avverrà di trascor-  rere all’ ira contro uomini che fallano  malgrado loro, nè ti curerai dell’es-  sere da loro lodato o biasimato, ve-  dendo qual sia la fonte onde moiVono  i giudizi loro e le loro azioni.   63. Non per sua elezione, dicea  quegli, ma sempre malgrado suo, è  l’anima umana priva del vero.' E   * La sentenza è di Platone, ed è citata ^   anche da Epitteto (Dissert. I, 28; II, 22),  il quale nomina T autore. Nel Sofista parti-  colarmente, Platone intende a provare che  r ignoranza è sempre involontaria, e che  sempre malgrado suo è 1’ uomo privo della  cognizione dèi vero. P.    Digilized by Google     184    RICORDI.    parimente malgrado suo è priva della  giustizia, della temperanza, della  mansuetudine e di tutte le altre cose  cotali. Sommamente importa che tu  r abbi sempre a mente : sarai più  mite c be_nigno inverso di ognuno.   Oi. In ogni caso di dolore abbi  apparecchiato questo pensiero, che  non è cosa disonesta, non tale da  far peggiore la mente che ti gover-  na: perocché non le nuoce nè in  quanto ella è ragionevole, nè in quan-  to ella è socievole. Nel maggior nu-  mero dei casi troverai soccorso effi-  cace anche in quel detto di Epicuro:  il dolore non esser mai nè intolle-  rabile nè di lunga durata,* solo che  tu non lo ingrandisca colla tua im-  maginativa, nia lo vegga ne' limiti  suoi naturali. Avverti ancora che  molte cose ci muovono ad atti di  impazienza senza quasi che vi pon-    i Vedi VII, 33. P.    Digitized by Google      LIBRO SETTIMO. 185   ghiaino mente, le quali non sono  pur altro che dolore: siccome lo  aver sonno quando vorremmo veglia-  re, r essere travagliati dal caldo, o  r avere inappetenza. Ora quando tu  sostieni malvolentieri alcuna di que-  ste cotali cose, di’ a te medesimo  che tu hai ceduto al dolore.*   65. Bada a non comportarti mai  verso i disumani, come i disumani si  comportano verso gli altri uomini.   66. Come sappiamo noi che Te- .  lauge,* quanto alle disposizioni del-   r animo, non soprastasse a Socrate?   I Intendi che non basta reggere ai dolori  gravi, ma conviene saper vincere anche i  leggieri: coi quali sovente non ci pigliani  briga di combattere, perchè la loro piccio-  Iczza fa che non ci badiamo; o ci troviamo  vinti senza accorgercene. In quei casi, dico  r autore, di’ a te stesso: « ho ceduto al do-  lore: » qnasi volendo, col rammentare quel  nome, che è il vero, faro a sò stesso parere  più gravo il caso,o destare cosi la sua at-  tenzione. 0.   ^ Filosofo del quale Eschine Socratico  diede il nome ad uno de' suoi dialoghi. V,    Digitized by Google     186    BICORDI.    Imperocché non basta che la morte  di Socrate sia stata più famosa, nè  eh’ egli abbia fatto prova di mag-  giore sagacità nel disputar coi so-  fisti, di maggiore fortezza col pas-  sare la notte in sul ghiaccio, di più  nobile coraggio col disobbedire al  comando di andare a prendere quel-  r uomo di Salamina,' nè eh’ egli  camminasse per le vie con altero  contegno : la qual cosa sarebbe mas-  simamente da considerare quando  fosse vera. Ma vorrebbesi vedere  quale intimamente fosse l’animo di  Socrate : se egli potea contentarsi  dell’ esser giusto verso gli uomini e   1 Quest’ nomo chiamavasi Leone e posse-  dea grandi ricchezze. Delle quali i trenta  tiranni sperando poter fare lor preda, avea-  no comandato a Socrate che andasèe, ac-  compagnato da altri quattro, ad arrestarlo.  Socrate, con pericolo della sua vita, disub-  bidì al comando. Questo fatto è ricorda-  to nell’ Apologia di Platone, da Eschine  il Socratico, da Diogene Laerzio e da Epit-  teto. P.    Digitized by Google      LIBRO SETTIMO. 187   santo verso gli Dei/ se non gli ac-  cadesse mai di adirarsi ciecamente  contro il vizio, nè di servire all’altrui  ignoranza, nè di accogliere come  strana o incomoda o intollerabile  veruna delle cose che gli venivano  compartite dal tutto,* nè di lasciare  che la mente sua partecipasse delle  affezioni della carne.*    * Cioè 8’ egli riponeva in ciò solo, nella  santità e nella giustizia, la sua felicità,  Renza nulla desiderare di più. P.   2 Vedi lib. X, § 7 e la nota ivi. P.   3 Da queste parole di Antonino non bassi  ad inferire che egli particolarmente dubi-  tasse della grandezza mórale di Socrate;  ma esse vogliono piuttosto esser prese in un  senso generale, servendosi Antonino del no-  me illustre di Socrate, come di un esempio,  por avvertire quanto sia malagevole il giu-  dicare del valore morale degli uomini da  alcune loro azioni esteriori, sieno buone o  sieno cattive; e come l’eccellenza morale  non consista solamente nel compiere este-  riormente qualche grande atto di virtù, ma  richiegga inoltre tutte quelle disposizioni  intime e abituali di cui fa la rassegna. Ve-  di III, 6; XI, 18, n. 5; e nel lib. XI» § 13  0 la nota ivi, ciò che è detto di Fociono. P.    Digitized by Google    RICORDI    188   67. La mente non fu dalla natura  mescolata per modo e confusa in-  sieme col corpo che essa non possa  distinguersi da esso e come a dire  circonvallare sò medesima, ed eser-  citare libera signoria sopra ciò che  è ‘suo; sendo che possa darsi benis-  simo che un uomo sia sommamen-  te buono, e che nissùno il vegga.'  Questo abbiti a mente, e ancora, che  in pochissime cose consiste il vivere    * Ecco come intendo io questo luogo: Noi  conosciamo altrui dalle azioni e dalle pa-  role, quindi sempre per qualche organo cor-  poreo, quindi dal corpo. Ora può benissimo  immaginarsi il caso che un uomo moral-  mente eccellente sia posto in tali condizio-  ni, 0 per malattia, o per estrema povertà,  0 altra forza esteriore, da non poter usare  in verun modo del corpo per compiere al-  cnno di quelli atti che sono la manifesta-  zione esteriore delle disposizioni virtuose  deir animo. In questo caso esse non po-  tranno essere conosciute. E però quando  Antonino dice: «esercitare libera signoria  sopra ciò che è suo, ^ non vuol dire sopra  il corpo, ma sulle facoltà stesse della men-  te. P.    Digitized by Googl      LIBRO SETTIMO. 189   felice. E per ciò che tu abbia dispe-  rato di dover essere mai eccellente  nella dialettica o nella fìsica, non  disperare medesimamente di dover  esser libero, e verecondo, e socie-  vole, e obbediente a Dio.   68. Vivere non vinto da alcuna  forza esteriore e colla più grande  contentezza d’animo, ancora che tutti  gli uomini schiamazzino a posta loro  contro di te, e le fiere mettano in  brani le membra di codesta conge-  riedi carne e d’ ossa che ti è venuta  crescendo intorno; sì' tu lo puoi. E  che v’ ha in fatti in tutti questi co-  tali casi, che possa impedire la mente  tua dal serbarsi mai sempre imper-  turbata, dal fare sempre giusta esti-  mazione delle cose circostanti e uso  ragionevole degli accidenti che in-  tervengono ? Per tal modo che la tua  facoltà giudicativa dica all’ oggetto  presente: « secondo T opinione tu sei  altra cosa; ma Tessere tuo vero, è    Digitized by Google     190    RICORDI.cotale. » E la tua facoltà operativa  dica immantinente all’ accidente in-  tervenuto: « te appunto io cercava:  perchè io non ho altro intento che  di operare razionalmente e socievole  mente, e tutto che accada me ne  porge occasione, tutto può essere  materia ad esercitare questa virtù,  quest’ arte umana e divina. > Perchè  qualsiasi cosa che intervenga, ha qual-  che relazione di convenienza o con  Dio 0 con l’uomo, e può questi accon-  ciarvisi, e non è mai nuova nè dif-  ficile, ma sempre nota e consueta,  e facile 1’ uso che hassene a fare.   69. Perfettamente costumato è co-  lui il quale vive ciascun giorno come  se quello fosse l’ ultimo : non mai  affannosamente operoso, non neghit-  toso, non infinto mai.   70. Gli Dei che sono immortali,  non indispettiscono d’ avere del con-  tinuo a tollerare, e per tanta durata  di tempo, tanti e cotali dappochi: ed     LIBRO SKTTIMO. 191   oltre a ciò prendono ogni cura di  loro. E tu che oramai sei per finire,  tu rinneghi la pazienza, e quando sei  tu medesimo uno di quel novero?*   71. È cosa da ridere che l’uomo  non voglia fuggire la propria malizia,  il che è possibile ; e voglia poi fug-  gire la malizia degli altri, il che è  impossibile.   72. Tutto ciò che la ragione spe-  culativa e civile non vede essere ra-  gionevole e socievole, è da lei giu-  dicato inferiore a sè stessa.   73. Quando tu hai fatto del bene,  ed altri abbia ricevuto quel bene:   ' che vai tu cercando, come gli stolti,  una terza cosa di più, cioè che si  sappia aver tu fatto del bene, o che  te ne sia reso il contraccambio?   74. Nissuno si stanca del ricevere  giovamento ; ed è a giovamento no-   * Cioè del novero di quei dappochi, anche  per la ragione appunto che tu non sai tol-  lerarli, come sarebbe tuo dovere di fare. P.    Digitized by Goog[e     BICORDI.    192   stro e d’ altrui ogni azione conforme  alla natura. Non istancarti dunque  di giovare a te medesimo col gio-  vare ad altrui.   75. La natura universale produsse  il mondo. Ora o tutte le cose che  succedono nel mondo sono conformi  alla intenzione di quella; ovvero sa-  rebbero sragionevoli, cioè dilformi  dalla detta intenzione, anche talune  delle cose principali che si fanno  pel ministero particolare della mente  che governa il mondo. In molti casi  sarai più tranquillo, se avrai questo  a mente (11>.    Digitized by Google    LIBRO OTTAVO.    1. A ritrarti dal vano amore della  gloria gioverà anche il considerare  come non è più in poter tuo il fare  che tu sia vissuto da filosofo tutta  la tua vita, cioè insino dalla giova-  nezza: clìè anzi molti si ricordano  di un tempo, e te ne ricordi benis-  simo tu stesso, nel quale tu eri lon-  tano dalla filosofia. Sicché tu sei  contaminato: non è dunque più facil  cosa per te V acquistar rinomanza  di filosofo, al che si oppone anche  la condizione del tuo stato. E però,  se tu hai veramente scorto dove batta  il punto, lascerai da banda il pen-  siero deir opinione che altri sia per   Marco Aurelio. 19    Digitized by Google     194    RICORDI.    avere di te, e ti contenterai di vi-  vere conforme alla tua natura quel  rimanente di vita che ti è concedu-  to. Pensa' adunque che cosa vuole  la tua natura, e niuna altra cura ti  distragga da ciò. Perchè tu sai bene  di quante altre cose hai voluto fare  esperimento, e in nissuna di esse hai  trovato la beatitudine : non nei sillo-  gismi, non nelle ricchezze, non nella  gloria, non nel godimento dei piace-  ri, in niun luogo, insomma. Dove sta  essa adunque? nel fare ciò che richie-  de la natura dell’ uomo. E come farai  tu cotesto? Lo farai, se avrai credenze  che sieno produttrici di quelle azioni.  Quali credenze? Quelle intorno ai  beni ed ai mali : non essere bene per  Tuomo veruna cosa che non lo fac-  cia essere giusto, temperante, forte  e libero ; nò male veruna cosa che  non lo faccia essere il contrario.»   * Cioè non lo contamini dei vizi oppo-  sti alle dette virtù. P.    Digitìzed by Google     LIBRO OTTAVO.    195   2., Ad ogni tuo atto interroga te  medesimo : che relazione ha esso  con me? Non avrò io da pentirme-  ne? Ancora un poco e son morto, e  tutto è finito. Se ciò che fo ora, è  conforme alla natura di un essere  intelligente, socievole e isonomo a  Dio,' che cerco io di più?   3. Alessandro, Caio,* Pompeo, che  furono rispetto a Diogene, ad Era-  clito, a Socrate? Questi conobbero  le cose, e le cause e la materia loro;  e la parte sovrana era in essi vera-  mente sovrana:’ ma quelli, che cosa   ' Isonomo a Dio. Il lettore cui non piacesse  questo ellenismo, legga: «avente le stesse  leggi che Iddio. » Ma le espressioni isonomo,  isonomia paionmi degne di essere accettato  anche nelle buone scritture italiane non meno  che isocrono, autonomo, autonomia, antino-  mia ed altre simili. E parmi anche che iso-  nomo esprima qui T idea del testo meglio che  qualunque espressione italiana gli si potesse  sostituire. — Vedi IV, 4. P.   2 Giulio Cesare. 0.   3 Conferisci in proposito di Socrate quanto  è detto al § 66, VII, e nella nota ivi. P.    Digitized by Coogle     196 RICORDI.   seppero prevedere ? e di quante non  furono schiavi?   4. Credi pure che non cesseranno  di fare le' medesime cose quando  pure tu avessi a scoppiare predi-  cando il contrario.   5. In primo luogo non turbarti ;  perchè ogni cosa succede secondo la  natura dell' universo : e tra breve tu  non ci sarai più in nissun luogo,  siccome non ci sono più. nè Adriano  nè Augusto. Di poi affisando lo sguar-  do nella cosa,* vedi che è: e ram-  mentando che ti bisogna essere  uomo dabbene e quello che richiede  la natura dell’ uomo, fallo senza  guardarti indietro, e favella ciò che  a te sembra esser giusto, ponendo  mente soltanto che questo tu fac-  cia e dica sempre con amorevolez-  za, con verecondia e senza simula-  zione.    * Intendi la co»a che ti turba. P.    Digitized by Google     LIBRO OTTAVO. 197   6. Questa faccenda ha la natura  deH’universo : trasportare colà le cose  che sono qui, cangiarle, tramutarle  da uno in altro luogo. Tutto è mu-  tazione ; non però in modo che s’ ab-  bia a temere nulla di nuovo.' Tutto  è cosa solita, ed anche tutto è di-  stribuito egualmente.   7. Ogni natura qualsiasi è con-  tenta di sè, quando procede libera  nella propria via. E la natura ra-  gionevole procede libera nella sua  via, quando non- assente ad alcuna  rappresentazione- falsa od oscura,  quando indirizza i suoi sforzi verso  le sole cose che sono utili al co-  mune, quando nqn ischifa, nè ap-  petisce se non cose che sono in  nostro potere, quando si accomoda    1 Secondo una correzione del Gataker, ac-  cettata dal Goral, vorrebbesi piuttosto tra-  durre: «il tutto non è che un giro; onde  che non v' ha nulla di nuovo da temere. t >  Vedi la nota nell’ edizione di Torino. i P.    Digitized by Coogle     198    RICORDI.    di buon grado ad ogni cosa che le  venga compartita dalla natura comu-  ne. Perchè essa è parte di questa, a  (juel modo stesso che la natura della  foglia è parte della natura della  pianta: se non che la natura della  foglia è parte di ima natura senza  senso e senza ragione, e che può  essere impedita; dove che la natura  deir uomo è parte di una natura che  non è sottoposta a ricevere impedi-  mento ed è intelligente e giusta ;  poiché distribuisce egualmente, e  secondo i meriti di ciascheduno, i  tempi, la sostanza, la causa, razio-  ne, gli accidenti. La quale egualità  di disti ’buzione potrai osservai'e se  tu paragm. r^rai non già separatamen-  te r una cosa di questo con l’ una  cosa di quello, ma complessivamente  tutte le cose di questo con tutte  quelle di quell’ altro.   8, 9. Non puoi leggere ; ma repri-  mere ì moti insolentì dell’ animo, tu    Digitized by Google     LIBRO OTTAVO. l99   il puoi: ma non lasciarti signoreg-  giare nè dal piacere nè dal dolo-  re, tu il puoi: ma essere disprez-  zatore della gloriuzza, tu il puoi:  ma non adirarti contro gli stolti e  gli ingrati, ed anche pigliar cura  di loro, questo ancora tu il puoi.  •Fa’ che ninno t’ oda più quind’ in-  nanzi querelarti della vita in corte  nè della tua.   10. Il pentirsi è, come altri direb-  be, un rampognare se stesso dello  aver trascurato qualche cosa di utile.  Ora il bene conviene di necessità  che sia qualche cosa di utile, e però  l’uomo onesto deve averne gran cura. *  Ma r uomo onesto non si pentirà mai  dello aver trascurato un piacere.  Adunque il piacere non è nè un bene,  nè cosa utile.   11. Che è questa cosa considerata   t Sottintendi: e questa è la ragione per  cui r uomo onesto si pente di aver trascu-  rato di far del bene. 0.    Digitized by Coogle     200    RICORDI.    in se stessa e nell’ essere suo pro-  prio? che v’ ha in essa di sostanziale  e di materiale? che v’ ha di causale?  òhe fa essa nel mondo ? quanto tempo  è per durare?   12. Quando peni a riscuoterti dal  sonno, sovvengati essere particolar-  mente conforme all’ esser tuo e alla  natura dell’ uomo il fare opere so-  cievoli; dove che il dormire ti è co-  mune cogli animali irragionevoli.  Ora ciò che è più particolarmente  conforme alla nostra natura, è anche  più particolarmente accomodato a  noi, più facile e ancora più giocon-  do a fare.   13. Non ommetter in verun caso  «li esaminare, per quanto è pos-  sibile, ogni cosa, facendo uso de-  gli ammaestramenti della fisica, di  ([uelli dell’ etica e di quelli della lo-  gica.*   * Divisioni principali della filosofia appo  gli stoici: ^<tca, etica, logica. Antonino    Digitized by Google      LIBRO ottavo. 201   14. In chiunque tu ti avvenga, di’  ' tosto a te medesimo : che opinioni   ha costui intorno ai beni ed ai mali?  Perchè se egli ha intorno al piacere  e al dolore e alle cose che sono pro-  duttrici deir uno o dell’ altro, e in-  torno alla gloria e all’ infamia, alla  morte e alla vita, certe cotali opi-  nioni, non mi parrà rnaraviglioso nè  strano che faccia certe cotali cose :  e mi ricorderò sempre lui essere  sforzato ad operare in tal guisa.   15. Ricordati che siccome è da    vuol dire: esamiua ogni oggetto; rife-  rendolo alla natura generale, e vedendo, se-  condo i precetti della fisica, elio relazione  ha col tutto; 2» riferendolo a te stesso, in  quanto sei capace di felicità (la quale per  gli stoici non può mai andare disgiunta  dalla virtù ed è sostanzialmente identica  con essa), e vedendo a che cosa ti giova,  secondo i precetti dell' etica ; 3° parago-  nando il giudìzio che tu ne fai con altri  giudizi anteriori, e vedendo se non ìstà in  contraddizione con quelli; esaminando inoltre  le conseguenze che si possono dedurre da  questo giudizio: tutto ciò secondo i pre-  cetti della logica. 0. P.    Digitized by Coogle     202    RICORDI.    stolto il maravigliarsi che la ficaia  produca il fico, così è il maravigliarsi  che il mondo produca quelle cose  che è destinato a produrre; non al-  trimenti che stolti sarebbero quel  medico e quel pilota i quali si ma-  ravigliassero che altri avesse la feb-  bre e che il vento fosse contrario.   16. Non dimenticare essere da  uomo libero anche il mutar parere  e seguire il consiglio di chi propone  un avviso migliore del tuo: perchè -  egli è pur sempre tua l’ azione che  tu fai coir esercizio della tua volon-  tà, della tua facoltà giudicativa, e  secondo il tuo intendimento.   17. Se la cosa sta in poter tuo,  perchè la fai?' se sta in potere al-  trui, di chi ti lagni? degli atomi o  degli Dei? e di questi e di quelli il    ’ Pare che Antouino voglia dire; Se sta  in te il fare o non fare nna cosa, o T im-  pedire che si faccia da altri, perchè la fai,  0 lasci che ai faccia per dolertene poi? P.    Digilized by Cooglc     LIBRO OTTAVO. 203   lagnarsi è pazzia. Non occorre la-  gnarsi di nissuno. Perchè se il puoi,  hai a correggere 1’ uomo ; se non puoi  l’uomo, hai a correggere la cosa; e  se anche questa non puoi, il lagnarti  a che giova? Non vuoisi far nulla a  caso e senza scopo.   18. Fuori del mondo non può ca-  dere chi muore. E se riman quivi,*  quivi anche e non altrove si trasfor-  ma e -si risolve ne’ suoi principi!, che  sono gli elementi del mondo e tuoi.  E questi ancora si trasmutano d’una  in altra forma, e non mormorano.   19. Non è cosa che non sia nata  ad un certo fine: il cavallo , la  vite ecc. Qual meraviglia? anche il  sole dirà: io nacqui ad un certo fine :  e similmente gli altri Iddii. E tu a  che sei nato? a darti bel tempo?  vedi se ciò concorda col concetto  che tu fai dell’ uomo (12).   20. N on meno che il cominciare   1 Cioè nel mondo. P.    Digitized by Google     204 RICORDI.   e crescere delle cose la natura ha  in mira il loro decrescere e finire,  non altrimenti che il giocatore che  gitta la palla.* Ora c^ual bene per  questa il salire o il discendere, od  anche il cadere a terra? e qual bene  per la bolla d’aria il formarsi e qual  male il dileguarsi? il medesimo puoi  dire della lucerna.^   21. Arrovescialo codesto corpo* e  vedi qual è: e qual diventa invec-  chiando, e ammalandosi e depra-  vandosi.*   Di corta vita sono e il laudante  e il laudato, il ricordante e il ricor-  dato; ed anche ciò accade in un   * Il qual giocatore non lancia la palla  perchè abbia solo ad andare in alto, ma an-  cora perchè abbia a discendere. P.   ^ La quale si accende, arde e si spegne,  0 tutto è naturale egualmente. P.   S Àrrove$ ciato codc«lo corpo. Intendi: met-  tendo coir immaginazione al di fuori ciò  che sta al di dentro. P.   * Depravandosi coll’ abuso dei piaceri sen-  suali. P.    Digitized by Google     LIBRO OTTAVO.    205    angolo di questa contrada, nè quivi  pure sono tutti d’ accordo, e v’ ha  tale che non è neppure d’accordo  con sè medesimo: e tutta la terra  non è poi altro che un punto.   22. Applicati all’ oggetto, o al  domma, o all’ azione, o al signifi-  cato.*   È tua colpa se questo ti accade :  tu vuoi piuttosto diventare domani  che essere oggi uomo dabbene.   23. Fo io una cosa? La fo riferen-  dola al bene degli uomini. Mi ac-  cade una cosa? La ricevo riferen-  dola agli Dei e alla fonte di tutte  le cose, dalla quale procedono in-   ^ Cioè fa' che la tua attenzione sia sem-  pre rivolta ad una di queste quattro cose:  o all'oggetto su che tu operi, esaminando  che è in realtà: o al domma o credenza per  virtù della quale tu operi, esaminando se  ella è vera; o all’azione tua stessa, esami-  nando se tu la fai come vuoi farla; o al  significato delle parole, cioè riferendo il  particolare al generale, per capire l’essenza  della cosa significata. 0.    Digitized by Google     206 RICORDI.   sieme conserte le une colle altre  tutte le. cose che accadono.» _ '   24. Che ti pare che sia il lavarsi?  olio, sudore, sudiciume, acqua fec-  ciosa, cose tutte stomachevoli. Tali  sono tutte le singole parti della vita,  tutti ^li oggetti esteriori.*   25. Lucilla fe il corrotto a Vero,  poi altri a Lucilla; Seconda a Mas-  simo, poi altri a Seconda; Epitin-  cano a Diotiino, poi altri a Epitin-  cano; Antonino a Faustina, poi altri  ad Antonino; Celere ad Adriano,  poi altri a Celere. Sempre e in tutto  il medesimo tenore. E quei belli  spiriti, quelli antiveditori dell’ avve-  nire, quei burbanzosi dove sono egli-  no? Come per esempio, fra i belli  spiriti, Carace, Demetrio il Platonico,  Eudemone e simili? Tutti sono vis-  suti un giorno, tutti son morti da  lunga pezza; di alcuni non si è fatta   * Conferisci il § 2 del lib. XI, e la nota  ivi. P.    Digilized by Google     LIBRO OTTAVO.    207    più menzione nè anche per un poco ;  altri sono passati nelle favole, e al-  cuni di essi scomparvero già anche  dalle favole ! Sovvengati dunque come  bisognerà pure che o si dissolva co-  desto tuo composto, 0 si spenga co-  . desto tuo spirito vitale, o sia tramu-  tato altrove e vengagli assegnato un  altro posto.   26. È letizia dell’ uomo il fare ciò  che è proprio dell’ uomo. E proprio  dell’ uomo è il voler bene a’ suoi   ' congeneri , disprezzare i moti del  senso, distinguere fra le rappresen-  tazioni quelle che sono degne di  fede, contemplare la natura dell’uni-  verso e le cose che conformemente  a quella si producono.   27. Tre relazioni : l’ una colla causa  circostante; l’altra colla causa divi-  na, dalla quale procede tutto che  accade ad ognuno ; la terza cogli  uomini che vivono con noi.   28. 0 il dolore è un male pel cor-    Digitized by Google     208    RICORDI.    po : e se questo è, il corpo ce lo  dica ; 0 è un male per V anima : ma  questa ha in poter suo il conservar  sempre la sua calma e serenità, e  il non fare concetto del dolore come  di un male. Imperocché ogni giudi-  zio, ogni volizione, ogni appetizione '  o avversione qualsivoglia è un atto  del tuo principio interno, e niun male  può salire insino ad esso.'   29. Rimovi da te le false rappre-  sentazioni dicendo continuamente a  te stesso : ora sta in poter mio il  fare che in questa mia anima non  sia veruna malizia, veruna concupi-  scenza , veruna perturbazione , in  somma; e vedendo le cose nel vero  esser loro, fare uso di ciascheduna  secondo il valore di essa.   30. Nel senato e con chicchessia  parla compostamente, fuggendo il    ' Conferisci il § 41 di questo libro alla  fine. P.    Digitized by Coogle     LIBRO OTTAVO. 209   soverchio delle parole, e il tuo ra-  ’gionare sia senza orpello.   .31. Corte di Augusto : moglie, figlia,  nipoti, progenitori, sorelle. Agrippa,  congiunti, famigliari, amici. Ario,  Mecenate, medici, sacrificatori : tutta  una corte che è morta. Procedi in-  nanzi e considera il venir meno non  delle persone ad una ad una, ma,  per esempio, della famiglia Pompeia:  e quella scritta che si legge sui se-  polcri : (cT ultimo della sua schiatta ; w  e pensa quanto s’ ebbero a trava-  gliare gli antenati di colui perchè  non mancasse loro un successore..  Nondimeno è pur forza che qualche-  duno sia r ultimo, ed ecco allora la  morte di una intera prosapia.   3^2. Colla bontà delle singole azioni  vuoisi procacciare di ben comporre  la vita (13); e se ciascuna di esse,  per quanto è possibile, fa quelli ef-  fetti che dee fare, ti basti. Nè ciò  può essere impedito mai da chec-   Mafco Aurelio. li    Digitized by Google     RICORDI.    210   chessia. — Sorgerà qualche impedi-  mento esteriore. Ninno impedimento  che. possa toglierti di operar giusta-  mente, temperantemente, razional-  mente. — Tale 0 tale altra opera  potrà essere impedita. Ma se tu ac-  cetti di buon animo quello impedi-  mento, e passi alacremente a far  buon uso della nuova occasione che  ti vien data, ecco posta nella serie  degli atti di che si compone la vita,  in luogo di quella che ti avevi pro-  posta, un’ altra azione la quale non  è meno acconcia a quella buona  composizione della vita di che si fa-  vella.'   33. Ricevi * senza boria, lascia an-  dare senza ripugnanza.   34. Vedesti mai una mano tronca.    t Conferisci II, 5; VI, 2; Vili, 2. P.   * Cioè i beni della fortuna. Gli è come  se dicesse: Non tenerti per da più, quando  la fortuna ti viene a trovare; non tenerti  per da meno, quando ella se ne va. 0.    t    Digilized by Coog[«    LIBRO OTTAVO.    211    o un piede, o una testa giacenti  lungi dal corpo onde furono recisi?  Cotale si rende, per quanto sta in  lui, chi ripugna ad accomodarsi r  ciò che accade, e si separa a questo  modo dalla società comune, o fa  qualche atto contrario al bene di  quella. Tu te ne stai là gittate in un  canto, fuori dell’ unione naturale  degli esseri. Perchè tu eri nato parte  di quella, e te ne sei spiccato. Se  non che tu puoi sempre rappiccar-  viti di nuovo, usando della facoltà a  te concessa da Dio, e non concessa  a veruna altra parte di checchessia,  che spiccata una volta dall’ intero  potesse rappiccarvisi.Evedi di quanta  eccellenza volle Iddio adornare la  costituzione dell'uomo: chè, primie-  ramente, egli pose in potestà di lui  il non separarsi punto dal tutto ; e  poi il rapprendersi e compigliarsi di  nuovo con quello, quando se ne fosse  spiccato, e riprendere il suo posto    Digitized by Google     RICORDI. .    212   e le condizioni sue come parte ade-  rente qual era da prima.   35. Dalla natura degli intelligenti  ha ricevuto ciascuno di noi,’ come  tutte le altre facoltà (e sono tante  quasi e tali, quante e quali quella  medesima ne avea ricevute*), e così  anche quest’ una: che a somiglianza  di lei, la quale volge e dispone nella  serie del fato, facendone cosa sua e  quasi parte di sè medesima, tutto  che a lei si venga ad attraversare e  a resisterle; così può T animai ra-  gionevole far cosa sua di ogni im-  pedimento, pigliandone materia al  suo operare e all’ esercizio della  propria virtù ; sia pur qualsivoglia  la cosa nella quale venisse impe-  dito (14).   36. Non ti turbi il pensiero, quale    ^ Intendi : in qnanto siani ragione-  voli. 0.   - Sottintendi : da chi è maggioro di lei. 0.  Vedi la nota al § 76, VII. P.    Digitized by Goog[e     LIBRO OTTAVO.    213   sia per essere tutta la tua vita, e  non darti pena e sconforto coll’an-  dare fantafticando quanti e quali  travagli avrai forse ancora a soste-  nere : ma ad ogni caso presente in-  terroga te stesso col dire: che v’ha  in ciò d’impossibile a sopportare?  Perchè avrai vergogna di rispondere  affermando che v’ abbia alcun che  di tale. E poi ricorda a te medesi-  mo, non essere mai nè il futuro nè  il passato quello che ti grava, ma  pur sempre solo il presente. E que-  sto presente s’ impicciolisce assai  quando tu il consideri ne’ suoi pro-  pri confini, chiedendo poi alla tua  mente, se anche così impicciolito  ella non sia buona da sopportarlo.   37. Pantea o Pergamo stansi forse  tuttavia seduti presso alla tomba di  Vero? o Cauria e Diotiino presso a  quella di Adriano? è follia il chie-  derlo. Ma quando pure stessero tut-  tavia colà seduti, forse che ai loro     214    RICORDI.    r    signori ne giungerebbe notizia? e  quando ciò fosse, forse che ne avreb-  bero diletto? e quando ne avessero,  sarebbero Pantea e Pergamo e Caii-  rio e Diotimo immortali? non era  egli destino che anche questi invec-  chiassero e poi morissero? e morti  che fossero, che rimarrebbe a fare  ai loro signori ? fetore è tutto cote-  sto, e marciume in un sacco.   38. Se hai la vista acuta, dice egli, '  adoprala, giudicando saviamente del -  le cose.*   39. Una virtù che si opponga alla  giustizia non veggo nella costituzio-  ne deir animai ragionevole ; ma una  che si opponga al piacere veggo io  bene: la temperanza.   40. Togli via il tuo concetto in-   1 Epitteto. P.   2 Intendi: se hai P ingegno sottile, fa'  che la tna condotta il dimostri, cioè non  contentarti di dire le belle cose, falle. Dai  giudizi dipendono, secondo gli stoici, ne-  cessariamente le azioni. 0.    I    Digitized by Google     LIBRO OTTAVO. 215   torno alle cose che sembrano darti  noia, e tu ti troverai al sicuro. Ma  chi è questo tu a cui favelli? — La  ragione. — Ma io non sono ragione.  — Sta bene. La ragione non dia  dunque noia a se stessa. E se poi  v’ ha altro in te che si dolga, faccia  egli concetto di quel suo dolore.   41. Un male per la natura anima-  le è r impedimento del senso. An-  cora un male per lei è ciò che può  impedire la soddisfazione dell’appe-  tito. Medesimamente v’ hanno im-  pedimenti alla natura vegetale, e  sono quindi un male per essa. Adun-  (jue ciò'che può recare impedimento  alla mente è un male per la natura  intellettiva. Fa’ l’ applicazione di que-  sto ragionamento a te stesso. Il do-  lore ti tocca o il piacere? lascia che  ci badi il senso. Qualche ostacolo è  sorto ad impedire un effetto da te  voluto? se tu volesti senza la debita  riserva, questo invero fu un male     BICORDI.    216   per te, in quanto sei animale ragio-  nevole. Ma se fu una appetizione  nel significato comune, tu non hai  ricevuto nocumento nè impedimento  alcuno. Perocché tutto che è pro-  prio della mente non può essere  impedito che da lei stessa (15); non  è dato nè a fuoco, nè a ferro, nè  a tiranno, nè a maldicenza il giun-  gere insino ad essa: quando si è  fatta sferica, permane liscia e ro-  tonda.’    1 Allusione ad alcuni versi (Vedi il § 3,  XII) di Empedocle, il quale considerava la  sfera come la più perfetta delle figure ; onde  che appo Orazio la rotondità potè anche  essere immagine a significare T eccellenza  morale, Sat. II, 7; «Quisnara igitur liber?  Sapiens, sibique imperiosus: Quera neque  pauperies, neque mors, neque vincula ter-  reni: Responsare cupidinibus, contemnere  bonores Fortis, et in seipso totus teres,  atque rotundus: etc. » Ai quali versi di  Orazio alludeva pur forse Antonino in que-  sto luogo. Anche a Dante piacque una figura  geometrica come immagine di una virtù  morale quando disse: < Ben tetragono ai  colpi di ventura. > P.    Digiiized by Coogle     LIBRO OTTAVO.    217    42. Non debbo, io, che non ho mai  voluto contristare altrui, voler con-  tristare me stesso.   '43. Chi piglia piacere ad una cosa,  chi ad un’ altra. A me fa piacere se  ho una mente sana, che non abbia  avversione a verun uomo, nè a ve-  runa delle cose che sogliono acca-  dere all’ uomo, ma guardi ed accetti  ogni cosa con sereno occhio, facendo  uso di ciascheduna secondo il valore  di essa.   44. Pigliati questo tempo presente:  chi vuol piuttosto darsi pensiero  della fama che lascerà dopo sè, non  considera che i posteri saranno tali  tuttavia quali sono i contemporanei  eh’ egli ha in fastidio, e mortali essi  pure. A te che rileva al postutto che  dalle bocche loro s’ oda echeggiare  tale piuttosto o tal altro suono, e  che essi abbiano di te tale piuttosto  o tale altra opinione?   45. Toglimi di qua e gittami dove    Digilized by Google     218 RICORDI.   vuoi. Colà ancora* avrò meco il mio  genio propizio, vale a dire pago di  sè medesimo, quando le disposizioni .  sue sieno conformi alla sua propria  natura.   Ciò * vale il pregio che la mia ani-  ma se ne turbi e voglia farsi peg-  giore di sè, essere travagliata da  desiderii e timori, sconfortata, im-  miserita? E qual cosa troverai tu '  che lo valga?   4G. Air uomo non può nulla ac-  cadere che non sia un accidente  umano, nè al bue che non sia acci-  dente’ proprio del bue, nè alla vite  che non sia accidente proprio della  vite, nè alla pietra che non sia ac-  cidente proprio della pietra. Ora se  a ciascheduno accade quello che è  solito accadergli e gli è connatura-   * Intendi: colà ancora dove mi avrai git-  tato, e dove-che sia, avrò meco ec. P.   * Intendi : ciò che ora mi accade, o chec-  ché altro di somigliante. P.    Digilized by Google     LIBRO OTTAVO. 219   le, a che ti crucceresti? la natura  comune non può arrecarti nulla che  tu non sia fatto per tollerare.   47. Se ti attristi per alcuna cosa  esteriore, non è la cosa esteriore  quella che ti turba, ma si il giudizio  che tu ne fai. E lo annullare quel  giudizio sta in te. Se ti attristi per  alcun che del tuo stato interiore,  chi ti impedisce che tu non rad-  drizzi V opinione onde deriva quel  tuo stato? Che se ti attristi perchè  non fai tale o tal altra cosa che ti  par buona, chè non ti volgi al farla  anzi che attristarti? — Ma sorse osta-  colo più potente di me. — Non at-  tristarti adunque se tua non è la colpa  del non fare. — Ma non porta il pre-  gio di vivere, se questo non posso  fare. — Esci dunque pacatamente di  vita (dacché muore anche colui cui  vien fatta la cosa che imprende), o  con animo benevolo verso chi ti ha  contrariato.    Dìgitized by Google     RICORDI.    220   48. Sovvengati come divenga ines-  pugnabile la parte sovrana dell’ uomo  quando rinchiusa in sè stessa non  abbia altro proponimento'che di non  lasciarsi indurre a far cosa che essa  non voglia, anche nei òasi in' che  quel suo ostinarsi a non volere fosse  fuor di ragione. Ora che non sarà  quando la sua risoluzione proceda  da sano e ben ponderato consiglio?  La mente scevra da passioni è dun-  que una eccelsa rócca, nè 1’ uomo  ha luogo più validamente munito  ove raccogliersi per non esser vinto  mai. Chi non conosce questo- rifu-  gio, è un ignorante ; chi lo conosce  e non vi ricovera, è uno sciagurato.   49. Non dire tu a te stesso più  che non siati annunciato dalla per-  cezione immediata. Ti si annuncia  che il tale sparla di te. Questo ti si  annuncia ; ma che tu ne riceva no-  cumento, non ti è annunciato. Vedo  che il figliuolo è ammalato. Questo    Digiti by (.ìoojilc     LIBRO OTTAVO.    221    veggo io ; ma ch^ egli sia in pericolo  non vedo. Fa’ dunque di attenerti  sempre a ciò che ti dice la perce-  zione immediata, non aggiungendovi  nulla del tuo, e così non ti accadrà  nulla mai.' Anzi aggiiignivi pur qual-  che cosa, e siano le riflessioni di un  uomo che conosce le relazioni e le  con»lizioni vere di tutte lé cose che  accadono nel mondo.*   50. Il cocomero è amaro? non man-  giarlo. V’hanno sterpi nella via? fa  di non inciamparvi. Tanto ti basti.  Non farti a dire: che bisogno ci avea  anche di cotali cose nel mondo?  perchè ne avresti le beffe dell’ uomo  versato nella scienza della natura,  come avresti quelle del legnaiuolo    1 Nulla di male, intendi, perchè tutto  quello che sarà oggetto immediato della  percezione, senza alcuna aggiunta del tuo,  non sarà mai gran male. P.   2 Cioè che tutto che accade è nell' ordine  della natura, e vuol essere accettato di  buon grado. P.    \    Digitized by Google     222 RICORDI.   e del calzolaio se ti facessi a biasi-  marli del trovarsi trucioli e ritagli  nelle loro botteghe.' E nondimeno  per costoro v’ha luogo ove gittarli  fuori delle loro officineT mentre la  natura dell’ universo non ha fuori  dell’ universo alcun luogo. Ma que-  sto è appunto il mirabile dell’ arte  di costei, che essendo essa circo-  scritta da quei limiti che ella pose  a sè stessa, tutto ciò che nella sua  officina sembra guasto, vieto, non  più utile a nulla, ella riprende in  sè stessa e ne fa materia alla pro-  duzione di cose nuove. Perchè ella  non vuole aver bisogno mai nè di  estranea materia, nè di luogo este-  riore ove gittare il vietume, e a  lei basta il suo proprio luogo, la  sua propria materia e l’arte sua pro-  pria.   5i. Fa’ di non essere molle o ne-    4 Conferisci VI, 36. P.    Digitized by Google    LIBRO OTTAVO.    223    gligente nell’ operare, non confuso  nel favellare, non vagante qua e là  senza scopo nel pensare; fuggi, in  quanto si è agli affetti, lo scoramento  e la subitanea gioia, e nel tenore  della vita lo impigliarti in troppe  faccende. — Ammazzano, tagliano a  pezzi, fanno imprecazioni. Che vale  tutto questo ad impedire che la tua  mente non si conservi pura, assen-  nata, temperante e giusta? Se alcu-  no fattosi vicino ad una fontana lim-  pida e dolce si ponesse a maledirla,  forse che da quella cesserebbe di  scaturire acqua potabile? Vi gittasse  ancor dentro fango e sterco, essa lo  avrebbe sciolto ed espulso in poco  d’ ora, e non ne rimarrebbe conta-  minata. Come avrai tu dunque in te  una fontana limpida e perenne, e  non un pozzo? Col non cessare di  rivendicarti in libertà, serbandoti  sempre mansueto, schietto e vere-  condo.    Digitized by Google     224 RICORDI.   52. Chi non sa che cosa è il mondo,  non sa dove sia egli stesso. E chi  non sa a che il mondo e stato fatto,  non sa nò qual sia egli stesso, nè   " che cosa sia il mondo.* E chi ignoia  r una di queste due cose, non può  neppur dire a che fine egli stesso  sia nato. Ora che ti pare di colui  che ambisce esser lodato da tali che  non sanno nè dove essi sono, nè   quali essi sono?^   53. Vuoi tu essere lodato dall’uo-  mo che tre volte all’ora maledice  se stesso? Vuoi tu piacere all uomo  il quale non piace egli stesso a sè  medesimo? Piace egli a se medesimo  chi si ripente quasi di ogni cosa die  va facendo?   54. Oramai non ti basti' più sola-   1 E chi non so o che il mondo ..... nè  che cosa sto il mondo. StiU" interpretazione  di questo luogo diversamente inteso dagli  interpreti, si può vedere la nota nell' edi-  zione di Torino. P.   * Intendi quali ^ieno le loro condizioni. P.    Digitized by Google    LIBBO OTTAVO.    225    mente il respirare* con l’aria* che  ti circonda, ma fa’ eziandio di pen-  sare e di volere con l’ intelligenza  universale* che in sè contiene ogni  cosa. Perchè la potenza intellettiva  si diffonde e penetra per ogni dove,  chi voglia attingere da essa, non    ' Respirare : intendi vivere la vita sensi-  tiva per mezzo della respirazione. Il verbo  respirare e il corrispondente nel testo hanno  nelle dne lingue rispettive oltre al senso  proprio, quello di vivere. P.   * Con V aria : intendi coll’ aiuto e coope-  razione deir aria, conformemente - alla na-  tura di essa aria, e insieme con essa; chè  essa pure vive è spira, o respira. La pre-  posizione con e la corrispondente in greco  esprìmono nelle due lingue rispettive, oltre  alla relazione di compagnia, quella ancora  di conformità, aiuto o cooperazione', espri-  mono ancora il rapporto di causa sia istru-  mentale, sia materiale. Tutte queste rela-  zioni di compagnia, conformità, aiuto e causa  materiale, vogliono intendersi come simul-  taneamente espresse, confuse insieme in una  idea complessa, nelle dette preposizioni, così  in questa come nella frase seguente. P.   3 ColV intelligenza universale : intendi  coir aiuto di ossa, conformemente ad essa e  insieme con essa. ' P.   Uarco Aurelio. 1$    Digitized by Google     226    BICORDI.    meno che 1’ aria rispetto a chi la  aspira. (16).   55. Il vizio, universalmente, non  nuoce al mondo; e singolarmente,  non nuoce ad altrui. Nuoce solo a  colui al quale è dato di potersene  liberare al primo momento che il  voglia.'   56. Alla mia volontà la volontà  del vicino ò cosa tanto indifferente  quanto la anim uccia di lui e il cor-  picciuolo di lui. Perchè, sebbene  siam nati tutti gli uni per gli altri,  la parte sovrana di ciascuno di noi  ha nondimeno il suo proprio domi-  nio separato; altrimenti la malvagità  del vicino potrebbe essere un male  per me. Il che non fu voluto da Dio,  affinchè non fosse in potestà altrui  il far me infelice.   .57. Il sole sembra versarsi per  ogni dove, e effettivamente si diffonde   ' Cioè alPuomo vizioso, che può cessare  di esser tale tosto che il voglia. P.    Digitized by Google    LIBRO OTTAVO. 227   da tutti i lati, ma non però si effon-  de.* Quel suo diftbndersi è uno esten-  dersi: e però gli splendori di lui si  chiamano actines (raggi) da ecteine-  sthai (estendersi).* Tu puoi vedere  che cosa è un raggio guardando la  luce del sole che penetra per un  piccol buco in una camera oscura:  ella si allunga in diritta linea e va  come ad applicarsi sul corpo opaco  qual siasi, che le si fa incontro e  intercetta 1’ aria al di là.* Quivi si  ferma senza sdrucciolare giù nè ca-  dere. Cosi dee pure diffondersi la  mente, non effondersi, ma esten-  dersi ; e quando s’ appresenta un  ostacolo, applicarvisi senza violenza  nè urto, nè tampoco cader giù, ma    1 Non si versa fuori in modo eh' egli ab-  bandoni il luogo onde parte la sua luce. 0.   ^ Falsa etimologia, simile a tante altre  che puoi incontrare presso' gli antichi. 0.   3 Yale a dire intercetta come corpo opaco  il passaggio della luce agli strati d' aria  che sono al di là. F.    Digilized by Google     228 RICORDI.   star ferma e- illuminare 1’ obb ietto  che la riceve. Che se questo non  vorrà trasmettere la luce,* tal sia  di lui se rimarrà privo di essa.*   58. Chi teme la morte, teme o di  non dover più aver sentimento, o  di dover avere un sentimento diver-  so dal presente. Ma se tu non avrai  più sentimento, non sentirai verun  male; e se tu avrai un sentimento  diverso, sarai un animale diverso, e  non avrai cessato di vivere.   59. Gli uomini sono nati gli uni  per gli altri. Ammaestrali dunque,  o sopportali.   60. Altro è il moto della freccia,  altro quello della mente. Perchè la  mente anche quando procede cauta-  mente e s’ aggira* nel deliberare, va   1 Intendi: non vorrà lasciarsi penetrare  da essa luce, dandole passaggio nelle parti  più interne. P.   * Cioè illuminato solo esteriormente, ma  al buio nell' interno. Conferisci VI, 50:  Vili, 82. 0.    Digitized by Google    LIBRO OTTAVO.    229   nondimeno per la diritta via verso  Io scopo.   61. Entrare nella parte sovrana  di ciascheduno, e far sì che ognuno  possa penetrare nella parte sovrana  di noi medesimi.'     1    LIBRO NONO.    1. Chi fa ingiuria ad altrui, è reo  d’ empietà. Perchè la natura univer-  sale avendo fatto gli animali ragio-  nevoli gli uni per gli altri, affinchè  r uno giovi air altro, secondo il me-  rito, * e non gli noccia; il trasgre-  dire le intenzioni di lei, è manife-  stamente un peccare contro la più  veneranda fra le Dee. Chi mente, è  pur reo di quel medesimo peccato.  Perchè la natura universale è natura  degli enti, e gli enti hanno relazione  di parentela con tutti gli esistenti.*   ' Secondo il merito; frase stoica. O.   2 Di tutti gl'interpreti anteriori all* Or-  nato il Kmtz è il solo che intendesse bene    Digitized by Google    LIBRO NONO. 231   Oltre che ella è nomata la verità,  ed è la causa prima di tutti i veri:  e però chi mente con intenzione, è  reo verso di lei, in quanto fa torto  ad altrui ingannando; e chi mente  senza intenzione,' in quanto che ad  ogni modo discorda dalla natura  universale, e turba V ordine andan-  do a ritroso della natura del mon-  do ; * perchè va a ritroso di essa  non senza sua colpa anche colui  che insciente va a ritroso del ve-  ro; sendo che non per altro che  per non aver profittato di quelli  indirizzi e sussidi di cui gli fu prov-  vida la natura, non è egli più in  grado di distinguere il vero dal falso.  Ancora è reo di empietà chi segue  il piacere come un bene e schifa il  dolore come un male. Perchè non   questo luogo, ancora che un po' troppo pla-  tonicamente. Vedi la nota dell' Ornato nel-  l'edizione di Torino. P.   ' Cioè per ignoranza, o a caso. P.   * Che è l'ordine per eccellenza. P.    Digitized by Coogle     RICORDI.    232   può essere che costui non mormori  spesso contro la natura comune,*  quasi ’ ella non abbia riguardo al  merito nelle dispensazioni che va  facendo ai buoni ed ai tristi, veg-  gendosi spesso i tristi vivere nei  piaceri e nella abbondanza di tutte  le cose che li procurano, quando i  buoni cadono nel dolore e van sog-  getti a tutti gli accidenti che ne  sono cagione. Oltre che chi teme il  dolore, temerà pure talvolta alcune  delle cose che sono per accadere  nel mondo: il che è già da per sè  cosa empia;* e chi va in cerca del  piacere non si asterrà dal far torto  agli altri. Del resto, chi viiol seguire  la natura, dee consentire colla natura    * * Epitteto, Manuale XXXII, 4.   « Di modo che ciascuno che procacci di  desiderare e fuggire solamente quello che è  da essere desiderato e fuggito, procaccia al  tempo medesimo di esser pio » (traduz. di  G. Leopardi). Conferisci tutto il cap. XXXII  del Manuale fino al § 5. P.    Dioitized h'-' C;-'“ '     LIBRO NONO.    ed essere indifferente rispetto a tutte  quelle cose rispetto alle quali ella si  dimostra indifferente col far che suc-  cedano egualmente nel mondo. K •  però chi non fa eguale stima del  dolore e del piacere, della morte e  della vita, dell’ infamia e della glo-  ria, delle quali cose fa uso egual-  mente la natura universale, è mani-  festamente reo di empietà : dico che  la natura ne fa uso egualmente, vo-  lendo significare che sono accidenti  a cui sono deipari sottoposti secondo  la legge di anteriorità e posteriorità,'  tutti gli esseri che nascono e si suc-  cedono gli uni agli altri per conse-  guenza necessaria di .quello impulso  primordiale con cui la previdenza  concependo in sè certe ragioni del  futuro,* e determinando virtù gene-  ratrici di esistenze, di cangiamenti   1 Abbiamo seguito l' emenda^siono del Ce-  rai. P.   2 Ragioni seminali. 0.    Digìtized by Google     234 RICORDI.   e di successioni conformi a quelle,'  diè principio a questo ordinamento  di cose.   2. Certo meglio era per te serbarti  puro di menzogna e di ogni sorta di  finzione e di boria sino al punto  della tua dipartenza dagli nomini.  Ora il partire nauseato di queste  cose è, dopo quello, il miglior par-  tito che ti rimanga. 0 hai tu forse  deliberato di marcir sempre nel vizio,  e r esperienza stessa non ti persua-  de ancora a fuggire dalla peste?  Perchè è peste la corruzione della  mente ancor più che lo infettarsi c  corrompersi di quest’ aria che ne  circonda. L’ una è peste degli ani-  mali in quanto sono animali ; l’altro  è peste degli uomini in quanto sono  uomini.   3. Non disprezzare la morte, ma  accettala di buon grado, siccome    * Conformi a quelle ragioni seminali. P.       LIBRO NONO.    235    quella che è una delle cose che la  natura vuole. Perchè quale è il giun-  gere alla adolescenza, alla vecchiaia,  il crescere, il giungere alla virilità,  il mettere i denti e la barba, il ge-  nerare figliuoli, portarli, partorirli,  e tutti gli altri effetti che arrecano  le stagioni della vita, tale è ancorji  il dissolversi. Appartiensi dunque ad  uomo assennato il non procedere alla  cieca colla morte, nè all’ avventata  nè con superbia, ma aspettarla come  uno dei tanti effetti naturali: come  aspetti l’ora che dall’utero della mo-  glie esca il feto, a quello stesso modo  aspetta l' ora in che l’ anima tua  uscirà di codesto suo invoglio. Che  se ti è bisogno anche di uno em-  piastro da idiota il quale s’ applichi  al cuore,' ti gioverà il considerare   1 Che se ti è bisogno anche appli-   chi al cuore. Le parole del testo, chi ben  le intenda, non sono, a parer mìo, senza  una certa ironia. Perchè a far riguardare    Digitized by Google     RIGOBDI.    236   quali sieno le cose onde t’ hai a  dipartire, e gli umori degli uomini  tra i quali l’ anima tua non sarà più  impigliata. Non che tu abbia a re-  carteli a noia, chè anzi hai da averne  cura e sopportarli con amore ; ma  potrai ricordare che non sei per di-  partirti da uomini che la pensino  come te. Perchè, se ci avesse cosa   con indifferenza la morte, la ragione specu-  lativa data già innanzi dovrebbe, secondo  r autore, bastare al filosofo, al quale non  dovrebbero abbisognare argomenti che ai  indirizzino alla sensibilità, e che Antonino  chiama « empiastri da idiota che s’ appli-  cano al cuore. » L’ Ornato avea tradotto  questo luogo come segue: « che se vuoi  inoltre uno espediente da nomo materiale  che ti muova sensibilmente:» notando al  margine : c anzi tutto conveniva far capire  il senso, e qui era maggior fedeltà il la-  sciare la lettera. Il primo mezzo, dice An-  tonino, era da filosofo: questo secondo da  illetterato: e però quello era speculativo,  questo pratico. Ma vedi se puoi dir meglio,  chè sono scontento assai. » Per dir meglio  io ho stimato che fosse da conservare il  linguaggio figurato e l'ironia del testo, non  tanto difficile poi a capire anche nella tra-  duzione. P.    Digiiized by Google      LIBRO NONO.    237   che dovesse affezionarci alla vita,  questa sarebbe fuor di dubbio; lo  averla a passare con chi sente e  giudica come noi.   4. Chi pecca, pecca a suo danno :  chi commette ingiustizia, fa ingiuria  a sè medesimo, facendo sè malva-  gio.   5. È ingiusto soventi volte non  solo chi fa, ma ancora chi non fa.   6. Se il giudizio che tu fai nel  momento presente è vero ; se l’azione  che tu fai nel momento presente si  riferisce al ben comune ; se la dispo-  sizione in che sei nel momento pre-  sente è di accettare di buon grado  quanto avviene per virtù della causa  esteriore ; non ti abbisogna più  altro.   7. Togli via le false immagina-  zioni ; contieni i moti dell’ animo ;  spegni i desiderii troppo accesi ; fa’  che la mente sia padrona di sè.   8. Una è 1’ anima distribuita fra   9     238 RICORDI,   tutti gli animali irragionevoli; una  la ragione compartita a tutti i ra-  gionevoli come una è la terra di  tutte le cose terree, una la luce per  cui veggiamo, ed una 1 aiia che re-  spiriamo tutti quanti abbiamo vista !  e respiro.   9. Tutte le cose che hanno alcun  che di comune fra loro, tendono  l’ una verso dell’ altra. Il terreo  tende verso la terra, V umido s ac-  costa all’umido, l’aereo all’aereo.   Il fuoco va in su per cagione del  fuoco elementare ; e quaggiù è così  pronto ad unirsi con altro fuoco, che  ogni materia un po’ secca s accende  di leggieri per lo esservi mescolata  dentro minor quantità di ciò che  impedisce l’ unione, h sunilmente  ciò che partecipa della natura intel-  lettiva tende verso il suo congene-  re, e con più forza eziandio : perchè  quanto ha più eccellenza delle altre  cose, tanto ha maggiore inclinazione   n    Digilized by Google     LIBRO NONO.    239   ad unirsi con chi ha somigliante  natum, e a confondersi con esso.  E però tu trovi appo gli animali  privi di ragione sciami, mandre, ni-  diate, e come chi dicesse amori :  sono già anime in essi, e la virtù  unitiva, più intensa nel più perfet-  to, vi si manifesta quale non è an-  cora nelle piante, nelle pietre o nei  legni. Ed appo i ragionevoli tu vedi  città, amicizie, famiglie, radunanze  pubbliche ; e anco nelle guerre patti  e tregue. E appo gli esseri ancora  più eccellenti 1’ unione ha luogo in  certo modo anche fra i disgiunti e  lontani, come puoi vedere negli astri.'  Cosi un più alto grado di eccellenza  può generare scambievole corrispon-    ' Conferisci VI, 43; XI, 27. Molti degli  Dei popolari riferivano gli stoici ai gran  corpi celesti, al sole, alla luna, alle stelle.  Gli Dei medesimi non sono pure, agli oc-  chi degli stoici, ciascnno per sò medesimo;  ma tutti sono per tutti, per la loro comu-  nità, pel Dio supremo, pel mondo ec. P.    Digitized by Google     RICORDI.    240   dexiza negli esseri anche a mal grado  della distanza che è tra mezzo. Ma  vedi ora a che siamo : soli i ragio-  nevoli sembrano talora aver posto  in oblio la loro qualità che li chiama  ad unirsi reciprocamente gli uni cogli  altri, e quivi solo pare che non si  trovi sempre concorso reciproco.  Nondimeno con tutto che essi fug-  gano a poter loro, e’ sono da ogni  parte arrestati ; chè la natura è. più  potente di loro. Tu vedrai manifesto  (j nello che io dico, se tu saprai os-  servare. Perchè ti verrà più agevol-  mente fatto di trovar terra scompa-  gnata dalla terra, che non uomo  scompagnato dall’ uomo.   10. Porta il suo frutto anche l’ uo-  mo, ed anche Dio, ed anche il mon-  do: e ogni cosa nella sua stagione  porta il suo frutto. Che se l’uso ap-  plica questo modo di dire propria-  mente alla vite e alle altre cose di  simil fatta, non monta nulla. La ra-    Digitized by Google     LIBRO NONO.    241   gione poi porta un frutto c per gli  altri e per sè stessa,* e nascono da  lei cose che hanno natura e qualità  simili alle sue proprie.   11. Se tu il puoi, fa’ che si ricre-  da ; se non puoi, sovvengati che la  benignità ti è stata data per questo.*  Anche gli Dei sono benigni a questi  tali ; e in certe cose eziandio li aiu-  tano, come a conservare e ricupe-  rare la sanità, ad acquistare fama e  ricchezza : cotanto sono essi amore-  voli. Il medesimo puoi fare .tu an-  cora ; o veramente di’ chi ti impedi-  sce che tu noi faccia.   12. Lavora non già come un ta-  pino nè come chi voglia farsi com-  miscrare o ammirare ; ma intendi a  ciò solamente: operare e astenerti®   1 Conferisci XI, 1. 0.   2 Cioè per tollerare amorevolmente an-  che chi erra e non vuole o non può ricre-  dersi. P.   8 Intendi « agire o non agire, » frase so-  lenne appo gli stoici, non traducibile. 0.   Marco Aurelio. IG     242    RICORDI.    \    secondo che la ragion civile * ri-  chiede.   13. Oggi sono uscito d’ ogni mia  noia, 0 per dir più vero, ho cacciato  fuori ogni mia noia, perchè non era  fuori di me, ma dentro, nelle mie  opinioni.   14. Sion tutte cose, in quanto al  numero delle volte che si sono ripetu-  te, consuete ; in quanto alla durata,  transitorie ; in quanto alla materia,  sordide. Tutte sono ora quali erano  al tempo di coloro che abbiam sep-  pelliti.   15. Le cose stan fuori dell’ uscio, ^  dapersè, nulla sapendo disè, nè giu-  dicando. Chi è dunque che giudica  intorno a loro? la parte sovrana.^   * Intendi il bene della società. P.   2 Intendi fuori di noi, e non hanno adito  a noi nè potenza di turbarci, se noi non  apriamo loro l’uscio, facendo stima di loro  disuguale al vero. Ho creduto di dover con-  servare l'espressione figurata del testo greco.  — Conferisci IV, 3; VII, 16. P.   3 Cioè la ragione. P.    Digitizoc l •Gódgle    LIBRO NONO.    243   ' 16. Non nella "passione, ma nel-  r azione sta il bene e il male del-  r animai ragionevole e socievole ;  come non istà nella passione ma  nell’ azione la virtù di lui e il  vizio.   17. Alla pietra scagliata in aria  non è punto un male lo andare in  giù, nè un bene lo andare in su.   18. Penetra nell’interno delle menti  loro, e vedrai che gente è quella di  cui tu temi il giudizio, e che sorta  di giudici sono anche verso di sè me-  desimi.'   19. L’ esistenza delle cose è un  passare incessante da una in altra  forma. E tu stesso non perduri un  istante nel medesimo stato, ma ti  vai di continuo alterando e come a  dire dissolvendoti (17). ET universo  parimente.   I Cioè iniqui anche verso sè stessi, non  che verso gli altri; dannando essi la lo(o  parte sovrana a servire alla inferiore. 0.    Digitized by Google     RICORDI.    2iì   20. Il fallo altrui coiivien lasciarlo  dov’ è.‘   21. Il finire di una azione, il ces-  sare di una volontà o di un pensiero  e, per così dire, il morir loro, non  è punto un male. Considera ora le  diverse età : l’ infanzia, 1’ adolescen-  za, la giovinezza, la vecchiaia. Il ces-  sare di quella che precede per dar  luogo a quella che segue, è ancora,-  come a dire, una morte. È egli un  male ? Passa a considerare la vita  che vivesti sotto 1’ avolo, poi quella  sotto la madre, e rammenta ancora  molte altre diversità di stati, e mu-  tamenti dall’ uno in un altro, e ces-  sazioni ; e interroga te stesso ; è egli  cotesto un male? Adunque nò anco   il cessare e concludersi della vita,   /   nè il -totale mutamento di essa non  è punto un male.   1 Cioè in chi n’è autore, il quale non  nuoce che a sè medesimo. — Conferisci il  § 4 di questo modosimo libro. P.    Digitized by Coogle     LIBRO NONO.    245   22. Bada alla tua parte sovrana,  a quella dell’ universo, a quella di  costui. Alla tua, per ridurla giusta  ed imparziale ; a quella dell’ uni-  verso, per non dimenticare di che  sei parte; a quella di costui, per  chiarire s’ egli operò per ignoran-  za ovvero con intenzione, e ricor-  dati ad un tempo che egli ti è con -  giunto.   23. Come tu medesimo sei parte  del corpo sociale, così anche cia-  scuna delle tue azioni è parte inte-  grante della vita di quello. Adunque  se una qualsivoglia di esse non ha  per iscopo, o immediato o mediato,  il bene della società, ella turba la  vita comune rompendone l’ unità,  ed è sediziosa come è sedizioso chi  parteggia in una città e guasta,  per quanto è in lui, la comune con-  cordia.   24. Sdegni fanciulleschi, bambo-  late, animucce che portano cadave-    Digitized by Google     246    RICORDI.    ri,* cose che rappresentano al vivo  ciò che narra Omero delle anime  degli spenti.*   25. Considera la qualità della causa,  e separando quella dalla materia, fa’  di contemplarla distintamente in sè  stessa ; di poi vedi anche e circoscrivi  distintamente entro i suoi confini il  tempo che, al sommo, possa cotal  cosa per la natura sua durare.*   26. Hai sofferto mille travagli per  non aver voluto appagarti unicamente  del far quello a che sei stato ordi-  nato : * ma basti.   27. Quando altri ti lacera o ti odia,  o che schiamazzano contro di te,  come fanno ora,* pensa alle animucce   * Farla di tutte le cose di questo mon-  do. 0.   2 Odissea, lib. XI, discesa di Ulisse al-  r Inferno. 0.   3 Conferisci X, 9, 86.   * Intendi: per non aver riposto unica-  mente il tuo bene nel far quello ohe ec. 0.   3 Come schiamazzano ora ; relativo a  qualche caso particolare. P.    Digitized by Google      LIBRO NONO.    247    di questi tali, penetra loro adden-  tro e osserva che uomini sono. Ve-  drai che non ti conviene il dar;(:i  briga perchè essi abbiano di te piut-  tosto tale che tale altra opinione.  Hai nondimeno a voler loro bene :  chè sono per natura amici tuoi. IC  anche gli Dei non lasciano di giovar  loro in ogni modo, per mezzo di  sogni, di oracoli, sebbene in quelle  cose soltanto che da costoro si pre-  giano.   28. Cotale è il perpetuo giro delle  cose mondiali ; all’ insù all’ ingiù,  d’ età in età. 0 la mente dell’ uni-  verso determina con atti particolari  di volontà ciascuna cosa ; e se que-  sto è, tu hai da ricevere con amore  il voluto da lei : o ella ha voluto e  determinato una volta per sempre, o  tutto pende e procede da quella de-  terminazione ; e allora a che il ri-  calcitrare? Egli è, in certo modo,  come se non ci avesse altro che    Digitized by Google     RICORDI.    248   atomi e indivisibili.' Al postutto, o  egli v’ ha un Dio intelligente e prov-  vido, e tutto sta bene ; o le cose si  governano dal caso ; e tu almeno non  governare a caso te stesso. Oramai  la terra ci ricoprirà tutti quanti sia-  mo ; e poi anche la terra si trasfor-  merà; e poi si trasformerà quello  ancora in che si sarà trasformata la  terra ; e quest’ altro ancora di nuovo,  air infinito. Davvero chi ripensa a  un cotale incalzarsi di mutamenti e  di moti e alla rapidità con che si suc-  cedono, non può essere che al tutto  non disprezzi ogni cosa mortale.   29. La causa universale è un tor-  rente che trae seco ogni cosa. E que-  sti omicciuoli che al parer loro ma-  neggiano secondo filosofia gli affari  «li Stato, come son piccioli! Veri  bimbi in culla.* 0 uomo, attendi a   ‘ Conferisci IV, 3; VII, 75. P.   ^ Letteralmento : « pieni ,di moccio, moc-  ciosi, » cioè « bimbi col moccio al naso.    Digitized by Gixjgii    LIBRO NONO.    249   far quello, che che sia, che la na-  tura richiede da te nel momento  presente, e non andar guardando at-  torno se altri il saprà. Non isperare  la repubblica di Platone, e sii con-  tento ad ogni po’ di progresso che  tu vegga ; pensando che anche il ri-  durre questo ad- effetto non è pic-  cola cosa. Perchè le opinioni degli  uomini chi può mutarle? E senza  correggere le opinioni, che puoi tu  avere se non ischiavi che gemono e  s’infingono di obbedire ? Or va’, non  istar più ad allegarmi Alessandro,  Filippo, Demetrio Falereo. Buon per  loro, se conobbero che cosa vuol la  natura comune, e seppero raffrenare  e governar sè medesimi. Che se ope-  rarono solo per parere,' nissuno ha   moT'oeuXy direbbero i Francesi. Dal novero  di questi bimbi non pare che Antonino in-  tendesse escludere sè medesimo. P.   t Fare il bene per amor del bene piutto-  sto che della lode, voler essere piuttosto  che parere ottimo, è il tratto più essenziale    Digilized by Google     250    RICORDI.    condannato me ad imitarli. Semplice  e modesta è l’opera della filosofia.  Non indurmi ad ostentazione di gra-  vità.*   30. Contempla, come da un’ alta  vetta, mandre infinite d’uomini, usi  di religione innumerevoli, e un na-  vigar da ogni banda, in tempesta,  in bonaccia, e diversità di nascenti,  di conviventi, di morenti ; pensa an-  cora alla vita che si vivea per lo  addietro, e a quella che si vivrà dopo  te, e a quella che tra le nazioni  barbare si vive ora, e quanti v’ ha  che di te ignorano anche il nome,   dì un gran carattere morale, dipinto da  Eschilo con tre versi sublimi nei Sette a  Tebe parlando di Amfiarao, in parte fran-  tesi dal Belletti; e la cui traduzione let-  terale, per quanto è possibile, sarebbe : « non  sembrare, ma essere ottimo ei vuole, fa-  cendo fruttificare il fertile terreno della  sua mente, ove germinano gli assennati pen-  sieri. » P.   * Bellissimo e nobilissimo paragrafo !  quanti insegnamenti, e per quanti, si com-  pendiano in esso! P.    Digitized by Googl     LIBRO NONO.    251   e quanti che sono per dimenticarlo  in breve, e quanti che ti lodano  forse ora, e ti biasimeranno tantosto:  e come non è da fare stima nè della  ricordanza, nè della gloria, nè di ve-  runa cosa quaggiù.   31. Imperturbabilità rispetto alle  cose che procedono dalle cause este-  riori; rettitudine nelle cose di che  tu stesso sei causa : vale a dire, de-  terminazioni ed azioni non aventi  altro fine che sè medesime, cioè d’o-  perare socievolmente, siccome cosa  che è secondo la tua natura.   32. Fra le cose che ti molestano,  molte le quali hanno sede nella tua  opinione, tu puoi sgombrare da te, o  darai cosi campo ed agio a te stesso.   Fa’ di abbracciar colla mente l’uni-  verso mondo, e concepir nel pensie-  ro r eternità dei secoli, e considera  la rapida trasformazione di ciascuna  cosa particolare, e quanto è breve  l’intervallo dalla nascita alla dissolu-    Digitiz0d by Coogle     252    RICOllDI.    zione, e infinito il tempo che precedet-  te la nascita, e infinito del pari quello  che terrà dietro alla dissoluzione.   33. Tutte le cose che tu vedi si  tlissolverannò tra breve, e coloro che  le vedranno dissolversi, si dissolve-  ranno tra breve anch’essi. E chi  morrà d'estrema vecchiezza, si tro-  verà ad un medesimo ragguaglio  con chi mori anzi tempo.   34. Che menti son quelle di co-  storo ! e per che motivi amano e  onorano altrui! abbi in uso diveder  nude le loro animucce. Quando si  credono nuocere biasimando, o gio--  vare lodando, che vanità! '   35. Una perdita di che che sia non   è altro che una trasformazione : e di '  questo si compiace la natura del-  r universo, conforme alla quale tutto   I Intendi: « qual vanissimo errore! » Per-  chè la lode e il biasimo di chi che sia noii  aggiunge e non toglie nulla al valor vero  degli uomini o dello cose. Conf. IV, 20. P.    Digitized by Google    253    LIBRO NONO.   si fa bene. Per secoli innumerevoli  le cose si sono fatte a questo modo,  e continueranno a farsi' a questo  modo per altri secoli innumerevoli.  Che dirai dunque? Che sempre sensi  fatte male, e che continueranno a  farsi male per l’avvenire? Or nis-  suno dunque s’ è mai trovato fra co-  tanti Iddìi, il quale avesse potestà  <li correggere tutto questo? E il mon-  do è egli condannato a mali che  non avranno mai fine ? '   36. Vedi il marcio della materia  che sottosta alle cose: acqua, pol-  vere, ossicini, sudiciume (18) : il  marmo, callosità della terra; l’oro  e r argento, capomorto di quella ;  la veste, peli ; la porpora, sangue :  cosi di tutto il rimanente. E la ma-  teria organica vivente, altrettale : di   * La conclusione è che le perdite, i mu-  tamenti, e tante coso allo quali il^ volgo  dà il nome di mali, non sono mali veri. Con-  ferisci il § 75 del lib. VII, o la nota ivi. P.     RICORDI.    254   quei medesimi ingredienti si com-  pone, e in quelli si risolve.   37. Abbastanza hai tapinato, abba-  stanza hai mormorato, abbastanza  hai fatto la scimmia. Che ti turba?  Che t’interviene di nuovo? Che è  ciò che ti trae dal senno? La causa?  vedila. La materia? vedi la materia.  Da queste cose in fuori non v’ ha  nulla. Ma anche fa’ di essere più pio  verso gli Dei e più semplice.   Lo stare a veder queste cose tre  o cento anni è tutt’uno.   38. Se egli ha peccato, in lui sta  il male. Ma forse non ha peccato.'   39. 0 da una sola fonte intelligen-  te, come in corpo organato proce-  dono tutte le cose ; e se ciò è, non  appartiensi alla parte il querelarsi  di ciò che fassi ad utilità comune  del tutto ; o sono gli atomi ; * e tutto    * Conferisci VII, 67 e la nota ivi. P.  s Conferisci IV, 3, e la nota ivi. P.    Digilized by Googl    LIBRO NONO.    255    che esiste, accozzamento del caso,  vien dissipato dal caso. A che dun-  que ti turbi?   Di’ alla parte sovrana : sei tu mor-  ta ? sei tu fradicia ? sei tu altra cosa  che te? sei tu imbestiata? sei tu  giumento ? sei tu pecora ? ‘   40. 0 gli Dei non possono far nul-  la, o possono. Se non possono ; a  che li preghi? Ma se possono, che  non li preghi piuttosto perchè ti  concedano di non temere nè deside-  rare alcuna di queste cose, nè di  rattristarti per esse, anzi che pre-  garli che tu possa ottenerle o evi-  tarle? perchè ad ogni modo, se e’ pos-  sono aiutare gli uomini, debbono  poterli aiutare anche in questo. Di-  rai forse : cotesto gli Dei hanno posto  in mia facoltà. 0, non è dunque  meglio valerti con altezza d’ animo  indipendente di ciò che sta in poter  tuo, anzi c he affannarti abbietta-   1 Conferisci V, 11; IX, 39. P.    Digitized by Google     266 RICORDI.   mente e servilmente per ciò che non  dipende da te? E poi chi ti ha detto  che gli Dei non ci aiutino anche  nelle cose che stanno in poter no-  stro? provati di pregarli, e vedrai.  Altri prega : fa’ che io possa giacere  con colei. E tu prega: fa’ che io non  desideri di giacere con colei. Altri :  fa’ che io mi possa liberare dal tale.  E tu : fa’ che io. .non abbia bisogno  «li liberarmi dal tale. Altri ancora :  fa’ che io non perda il figliuolo. E  tu: fa’ che io non tema di perderlo.  In somma raddrizza cosi le tue pre-  ghiere, e sta’ a vedere che ne segue.   4L Dice Epicuro : « Ammalato, io  non facea mai parola delle affezioni  del mio corpicciuolo nè d’altre co-  tali cose, quali sogliono essere quelle  di che amano gli infermi inti’atte-  nersi con coloro che li vengono a  visitare. Ma attendeva tuttavia a ra-  gionare intorno ai punti principali  della filosofia naturale, soprasUmdo    Digitized by CoogI(     LIBRO NONO.    257    *   ad investigare e dimostrare ciò ap-  punto : come possa V anima, ancora  che partecipe dei moti del corpo,  serbarsi nondimeno imperturbata, e  conservare in sè quel bene che è  proprio di lei: nè dava, aggiunge  egli, materia ai medici d’insupei-  bire, come se facessero gran che :  chè la mia vita, anche in quello  stato, non era senza calma e giocon-  dità. » Ora fa’ tu altrettanto, sia,  ponghiamo caso, che tu ammali, o  t’ intervenga qualsivoglia altra mo-  lestia: perchè"' il dover serbar fede  alla filosofia in ogni congiuntura  qualsiasi, e non delirare con lo stolto  e con l’ignaro, è precetto comune  a tutte le sètte.   Bada unicamente a ciò che tu fai  nel momento presente, e all’ istro-  rnento con che il fai.*   42. Quando ti senti offeso dalla   1 Conferisci II, 5; IV, 26; VI, 2; Vili,  32. P.   Marco Aurelio. Ì7    Digitized by Google     258    RICORDI.    impudenza di alcuno, interroga tosto  te n'iedesimo : ò egli possibile che  non ci abbia impudenti nel mondo?  Non è. Non voler dunque l’impos-  sibile : questo è uno di quelli impu-  denti che di necessità hanno ad es-  sorci. Lo stesso hai da dirti e del  furbo e del disleale, e di qualunque  altro vizioso che pecchi in qualsi-  voglia modo. Perchè ricordandoti  essere impossibile che tal sorta di  gente non sia, tu ti farai più mite  verso ciascuno. Giova ancora il pen-  sare subito : * qual virtù ha dato al-  Tuomo la natura contro questo pec-  cato'?* Ha dato, per modo di eseni-    1 Intendi: tosto che ci sentiamo offesi por  tale 0 tal altro fatto biasimevole di chic-  chessia. P.   2 Intendi : contro al sentirsi offeso da  questo peccato del vicino. Perchè colle stesse  parole in altro luogo potrebbesi anche si-  gnificare: qual virtù diede all'uomo la na-  tura .per combattere in sè medesimo questo  peccato e serbarne puro sè stesso. Confe-  risci IV, 2, e la nota ivi. P.    Digitized by Google     MRRO NONO.    •259    pio, contro all’ ingrato la mansuotu-  dino, 0 contro a ciascuno altro vizio,  altre virtù. Ad ogni modo tu puoi  far prova di ravviare quel traviato;  perchè chi fallisce, fallisce Io scopo  a cui mirava, ed è quindi traviato.'  E ancora tu hai a pensare qual danno  te ne viene : eli è troverai nissuno  di costoro, contro ai quali ti adiri,  aver fatto cosa per cui la mente tua  sia. per divenir peggiore. Ed ogni tuo  male, ogni tuo danno, ben sai, non  poter essere altrove che in quella.  E poi che male ci ha, o che v’ ha  egli di strano se l’indotto fa cose  da indotto?- Vedi piuttosto che tu  non abbia a rampognar te medesi-  mo, il quale non hai aspettato da  colui tal sorta di fallo. Perchè a te  la ragione porgeva argomenti a pre-  vedere che costui fallirebbe proba-   1 Conferisci VII, 62, 63, o la nota ivi;  XI, 18. P.   2 Conferisci V, 17; Vili, 14, .15. P.    Digìtized by Google     260    RICORDI.    bilmente in quella guisa; ’ e tu non  badasti, ed ora ti vai maravigliando  eh’ egli abbia fallito. Massimamente  (juando parratti aver rimproveri a  fare a un disleale, a un ingrato, fa’  che tu rivolga contro te medesimo  r accusa : sendo manifestamente tuo  r errore se hai creduto che un uomo  in cotale disposizione d’animo fosse  ' per mantenere la fede; o,se facendo  tu del bene ad altrui, non l’hai fatto  senza un rispetto al mondo ad altra  cosa che al bene che volevi fare, nè  con r intento di avere a raccogliere  immediatamente e unicamente dal  fatto stesso dello aver compiuta una  buona azione, tutto ed intero il frutto  di essa.^ Nel vero quando tu hai  beneficato un uomo, che vuoi tu an-  cora di più?^ Non ti basta aver fatto   1 Conferisci IV, 6; Vili, 14, 15. P.   2 Conferisci V, 6. P.   3 II saggio, diceano gli stoici, avrà ami-  ci, ma li amerà per utile loro, e non di sè  stesso. P.    Digilized by Googl    LIBRO NONO. 261   un’azione che è conforme alla tua  natura, e vuoi inoltre ima mercede,  come se gli occhi avessero ad esser  pagati perchè vedono, e i piedi per-  chè camminano? Perchè siccome  queste membra furono così confor-  mate affinchè avessero a fare cotali  uffici, e quando hanno fatto i ser-  vigi a che furono ordinate, hanno  ricevuto tutto ciò che è dovuto loro;  cosi l’uomo, per 'natura benefico,  quando ha operato alcun che di bene,  o semplicemente aiutato altrui nelle  cose medie, ^ ha fatto quello a che  è stato ordinato ed ha ricevuto tutto  quello che gli è dovuto.   * Vedi III, 11. P.    Dìgitized by Google     LIBRO DECIMO.    I. E quando mai, o anima, sarai  tu buona, o schietta, ed una, e ignu- •  da, e più appariscente ' del corpo  che ti (àrconda? Quando gusterai tu  di quello stato che è tutto dilezione  ed amore? Quando sarai tu fornita  di tutto punto, non mancante di  nulla, non agognando nè desiderando  nissuna cosa, sia animata o sia ina-  nimata, per pigliarne diletto ? nè  tempo perchè il diletto più duri? nè '  luogo od opportunità di paese o di  clima, nè conformità d’uomini che  ti vadano a genio? ma sarai paga   1 Intendi visibile, chè questo senso ha  pure il vocabolo appariscente. Vedi XI, 27. P.    Digilized by Google     LIBRO DECIMO. 263   del tuo stato presente, facendo piacer  tuo di tutte le cose presenti, e per-  suadendo a te stessa che tu hai tutto  e che tutto va bene, e che tutto li  viene dagli Dei e tutto andrà bene,  checché piaccia ad essi d’ inviarti  per la salute di quello animale per-  fetto e buono e giusto e bello, il  quale genera tutte le cose, e tutte  le contiene ed abbraccia e riceve al-  lorché si dissolvono per la riprodu-  zione di altre simiglianti? Quando  mai sarai tale che, vivendo in una  società con gli' Dei e con gli uomi-  ni, non ti accada mai né di dolerti  di loro, né di essere condannato da  loro?   2. Vedi quello che richiede la tua  natura in quanto sei governato dalla  sola natura,’ e fàllo o accettalo ogni  volta che non sia per patirne danno  la tua natura d’animale; Di poi os-   * Cioè a dire in quanto soi organismo vi-  venti'. P. - ’    Digitized by Google     264    RICORDI.    serva quel che richiede la tua na-  tura d’ animale , e questo ancora ri-  duci ad atto ogni volta che non sia  per patirne danno la tua natura ra-  zionale.* Ma il razionale importa,  qual conseguenza immediata, il so-  cievole. Metti in pratica queste re-  gole, e non darti pensiero più d’altro.   3. Checché ti accada, è o non è  comportabile alla tua natura. Se è,  non hai motivo di crucciartene, ma   * Adunque Antonino, come già gli stoici  antichi, come i fllosofl moderni (vedi parti-  colarmente Burdach, Antropologia), tre di-  verse nature, o per dire più propriamente,  tre diversi gradi simultanei di vita distin-  gueva nell' uomo : la vita plastica o vegeta-  tiva, la vita animale, e la vita razionale.  Quanto al principio unico, o moltiplico di  queste tre vite, le idee degli stoici erano  confuse. E Antonino errava lungi dal vero  quando diceva, parlando della vita plastica  o vegetativa, questa essere « governata dalla  sola natura, » se con ciò intendea che a  produrne, o a spiegarne tutti i fenomeni  bastassero quelle leg^ che i moderni chia-  mano « leggi generali della natura. * (Vedi  nell* Appendice ai Ricordi nell'edizione di  Torino la Dissertazione del Burdach). P.    Digilized by Google     LIBRO DECIMO.    265   attendi a portartelo in pace, essendo  tu nato a ciò. Se non è, ancora non  crucciartene ; perchè verrà meno  come prima ti avrà consunto. Ma  sovvengati che sei tale per natura  da poter tollerare tutto ciò che sta  in potere della tua mente di rendere  tollerabile col persuaderti che ti  giovi 0 sia dover tuo il tollerarlo.   4. Se falla, correggilo amorevol-  mente, e mostragli in che ha falla-  to. Se noi puoi, incolpane te stesso,  o veramente nè anche te stesso.   5. Qualunque accidente ti occor-  ra, egli ti era da secoli innumere-  voli predestinato, e la serie fatale  delle cause * avea connesso insieme  quello accidente colla tua esistenza.   6. Atomi, o nature, quale che fosse  dei due (19), io pongo per fermo  in primo luogo che io sono parte di   ^ Concatenazione delle cause, o serie delle  cause è appo gli stoici la definizione stessa  del fato. 0.    Digiiized by Google     266    RICORDI.    un tutto governato da una natura;  e- in secondo luogo che io ho rela-  zione di affinità con tutte le parti a  ine congeneri. Avendo ferme nel-  r animo queste due cose, in quanto  io sono parte, non avrò a grave nulla  di ciò che mi viene compartito dal  tutto, non essendo nocevole alla  parte quello che al tutto è giovevo-  le ; nè potendo il tutto aver nulla in  sè che non conferisca al bene di  lui ; primieramente perchè questa è  proprietà generale di tutte le na-  ture, e poi perchè la natura del-  r universo ha questo ancora di più,  che non è càusa alcuna esteriore da  cui possa essere necessitata a pro-  durre mai cosa la quale sia per nuo-  cerle. Ricordandomi adunque che io  sono parte di un tutto cotale, avrò  caro ogni cosa che avvenga. E in  quanto ho relazione di affinità colle  parti a me congeneri, attenderò a  non far nulla mai che non si riferi-    Digilized by Google     LIBRO DKCIMO. 267   sca a quelle ; ma anzi mirando sem-  pre a» miei simili, rivolgerò tutte le  mie forze a procacciare il ben co-  mune, e mi asterrò da tutto che  possa ridondare in altrui danno. E  così governandomi' non può essere  che la vita non abbia un corso fe-  lice ; come felice stimeresti il corso  della vita del cittadino il quale pro-  cedesse d’ una in altra opera giove-  vole ai suoi compagni di patria, e  avesse caro tutto quello che fosse  voluto dal comune.   7. Alle parti del tutto, quante per  natura contengonsi nell’ universo, è  necessità il corrompersi: questo sia  •detto per significare lo alterarsi di  esse. Il quale alterarsi se fosse per  natura un male, come è una neces-  sità, poco felici sarebbero le condi-  zioni del tutto, le parti di lui es-  sendo, come a dire, avute in odio  da chi governa, e da lui fatte tali  da doversi chi in uno, chi in altro    Digitized by Google    268    RICORDI.    modo corrompere. Dove converrebbe  dire o che la natura avesse' voluto  nuocere ella stessa alle proprie sue  parti (20), sottoponendole al male, e  facendole tali che dovessero neces-  sariamente incappare ' nel male, o  che ciò sia avvenuto senza che sia  stato voluto nè avvertito da lei. Delle  quali cose nè V una nè 1’ altra ò da  credere. Che se taluno, messa da  canto la natura, presumesse espli-  care il nodo affermando le cose essere  nate a ciò, non sarà punto meno  strano il dire essere le parti del  tutto nate ai mutamenti, e ad un  tempo il maravigliarsi e dolersi quan-  do questi mutamenti si compiono:  massimamente quando noi veggiamo  che esse risolvonsi sempre in quei  medesimi elementi di che è compo-  sta ciascuna. Avvegnaché la corru-  zione o dissoluzione delle cose altro  non possa essere e non sia in ef-  fetto che una disgregazione e disper-    Digitized by Googl    LIBRO DECIMO.    269    sione di quegli elementi, del cui ag-  gregato esse si compongono, o vo-  gliam dire un ritorno al terreo di  I ciò che v’ ha in esse di solido, e al-  r aereo di ciò che v’ha in esse di  vitale,' di modo che la ragione se-  minale dell’universo riprenda di nuo-  vo in sè questi elementi, perchè al-  r ultimo sieho consunti dal fuoco, se  r universo è sottoposto a conflagra-  zioni periodiche,^ o servano con per-  petua vicenda al continuo rinnovel-  lamento di lui, se egli dura eterno  ed incorrotto.* E questo solido e que-  sto vitale non darti già a credere  I che sia quello che tu avesti dalla  madre nascendo : perchè ieri, e ier  r altro è venuto ad aggregarsi in te    1 Ricorda siccome appo gli stoici la vita  consiste nella respirazione, e quindi T es-  senza di quella è 1' aria. 0.   2 Opinione degli stoici più antichi: Ze-  none, Cleante, Crisippo. 0.   3 Opinione di molti stoici posteriori: Ze-  none da Tarso, Boeto, Posidouiu, Panezio. 0.     RICORDI.    270   e tiai cibi, e (-laU’aria die hai respi-  rata. Questo adunque che ti si è  assrefiato ora si trasforma, e non   oo o   più. quello che partoriva la madre.  Fa’ che tu vi sottoponga col pensiero  quel che ti lega sì strettamente a  ([ueste tali e tali altre cose, le quali  sono un nulla, cred’ io, jrispetto a  quello di che io ragiono (21).   8. Avendo tu imposto a te mede-  simo questi nomi di buono, di mc-  ciosto, di veritiero, di assennato, di,  consenziente, di magnanimo, fa’ che  non abbiansi a mutare nei loro con-  trari ; e ove mai ti accadesse di per-  dere quelli, fa’ che tu non tardi a ri-  cuperarli. E ricordati che con la pa-  rola assennata, tu volevi significare  r attenzione discernitiva a ciascuna  cosa presente, e il non pensare ad  altro in quel mentre ; con la parola  consenziente, V accettazione volon-  taria di quanto ti viene compartito  dalla natura comune; e con la pa-    Digitized by Coogle     LIBRO DP:CIM().    271    rola ma( filammo, la elevazione dello  spirito al di sopra di ogni moto soave  o insoave della carne, e al di sopra  I della gloriuzza, della morte c di si-  mili cose. Se adunque tu ti assicu-  rerai il possesso di quei nomi senza  bramare che ti vengano dati da al-  trui, sarai un alti ò uomo ed entrerai  in ima vita nuova. Percìiè il conti-  nuare ad essere per lo innanzi quale  sei stato infino ad ora, e il conti-  nuare a voltolarti fra le brutture e  I Je angosce di una vita cotale, troppo  è da uomo stupido e codardo, simile  a quei bestiari ' mezzo rosi dalle  fiere, i quali pieni di ferite e con-  taminati di sangue e di loto, pre-  gano pure di essere conservati infine  al domani, ancora che .consapevoli  di dover essere di nuovo esposti,  conci in quel modo, alle medesi-   1 Cosi chiamavano i Romani quelli ac-  coltollatori che negli spettacoli combatte-  vano contro le fiere. 1^,    272 RicoRm.   me unghie e ai medesimi denti.  Gittati adunque con animo delibe-  rato in su quei pochi nomi, e se  puoi tenertivi saldo ed eretto, tien-  tivi, non altrimenti che se tu fossi  venuto ad abitare in qualche isola  fortunata ; se ti accorgi che tu vi  tentenni, e non possa vincere la  prova, vattene animoso in qualche  cantuccio ove tu sia certo di vincer-  la ; od anche esci al tutto di vita,  senza adirarti, ma semplicemente,  liberamente, modestamente contento  di aver fatto pure una cosa nella  vita: Tesserne uscito in cotal modo.*  E al farti ricordare di quei nomi gio-  verà non poco il ricordarti degli Dei,  i quali non vogliono essere adulati ; *  ma bensì che tutti gli esseri ragio-  nevoli facciano di assomigliarsi a   1 Vedi III, 1. p.   2 Epitteto, Manuale XXXII, 1: « La pietà  verso gli Dei consiste massimanientG in  avere sane e rette opinioni intorno a quelli »  (traduz. del Leopardi). P.    Digitized by Google    LIBRO DECIMO.    273   loro, e che il fico faccia le cose che  s’appartengono al fico, il cane quelle  che si appartengono al cane, e Tuomo  quelle che s’appartengono all’ uomo.   9. Il teatro, la guerra, lo sbigot-  timento, la torpidezza, la servilità  andranno in te cancellando di giorno  in giorno quelle sante massime, le  quali tu apprendi bensì colla imma-  ginativa e confidi alla memoria, ma  senza dar loro fondamento nè fer-  marle colla considerazione del tut-  to 022) . Egli ti bisogna vedere le cose  e fare in modo che e il particolare  che è intorno a te, sia bene osser-  vato, e la relazione di quello al tutto  sia contemplata, e quella compia-  cenza di sè medesimo che nasce  dalla scienza di ciascuna cosa si con-  servi nell’ interno tuo, segreta, ma  non celata. Altrimenti quando godrai  i frutti della semplicità? quando  quelli della gravità e sodezza ? quan-  do quelli della conoscenza di cia-   Uatco Aurelio. IR    Digitized by Googlf     I    274 RICORDI.   scuna cosa, quale ella è per essen-  za, che posto occupa nel mondo,  quanto tempo è per sussistere, di  che è composta, in quali obbietti si  può trovare, e chi sono coloro che  possono darla o toglierla (23).   10. Il ragno superbisce se ha preso  una mosca ; altri, se un lepratto ;  altri, se un’ acciuga; altri, se un  cinghiale o un orso; altri, se fece  prigioni alcuni Sarmati. Non sono  dunque assassini costoro se tu con-  sideri i principii che li movono ?   11. Fa’ che tu impari il modo ac-  concio di contemplare come tutte le  cose si mutano le ime nelle altre,  e attendi senza ristare a questa parte  della filosofìa, e vienti esercitando  in essa. Perchè nuli’ altro è che  tanto innalzi 1’ animo. Chi è assiduo  in questa contemplazione si spoglia,  sto quasi per dire, del corpo, e con-  siderando siccome in poco d’ ora gli  converrà lasciare tutte le cose di    Digitized by Google    LIBRO DECIMO.    275    qua e partirsi dagli uomini, non at-  tende più ad altro che a conformarsi  alla. giustizia e alla natura dell’ uni-  verso in tutto che egli fa o patisce.  Che dirà un tale, che opinione avrà  di lui 0 che farà contro di lui uìi  tal altro, egli non se ne dà un pen-  siero al mondo, pago e contento di  queste sole due cose ; se egli fa con  giustizia ciò che egli fa nel mo-  mento presente, e s’ egli ha caro  qualsiasi cosa presentemente gli ac-  cada. Tutte le altre cure e negozi  lascia andare, e d’ altro non gli calo  che di camminare perla diritUivia,  tenendo dietro a chi sempre cam-  mina per la diritta via, a Dio.   12. A che il sospetto quando tu  puoi ricercare che cosa è da fare  nella congiuntura presente? Che se  tu il vedi, mettiti a ciò, e va’ in-  nanzi alacremente per quella via,  senza guardarti dietro ; se noi vedi,  sospendi il giud^io, e aiutati del    Digitized by Google     276    RICORDI.    consiglio degli ottimi. Se insorgono  ostacoli al compiere quello che hai  deliberato, governati razionalmente  secondo la nuova occasione che si  presenta,* attenendoti sempre a quel-  lo che ti par giusto. Perchè questa  è r ottima cosa da conseguire, sendo  che lo scostarsi dalla giustizia è un  decadere dalla natura umana. Egli  è un certo che di lento e posato e  insieme di mobile ed alacre, di ilare  e sereno e insieme di serio e grave,  colui che segue la ragione in ogni  cosa.   13. ' Appena riscosso dal sonno  chiedi a te medesimo se ti impor-  terà che da altri anzi che da te  si faccia quello che sta bene ed è  giusto. Non te ne importerà : o avre-  sti tu dimenticato quali sono costoro  che superbiscono nel farsi dispensa-   M   t Cioè volgi l'ostacolo a profitto, ser-  vendoti di Ini come di nuova materia ad  azione. Conferisci Vili, 32. P,    Digilized by Google    LIBRO DECIMO.    277    tori della lode e del biasimo, quali  nel letto, quali a mensa; e quali  cose facciano e quali fuggano, a quali  intendano, e quali rubino e quali  rapiscano ' non colle mani o coi pie-  di: ma colla parte più nobile di loro,  la quale può diventare, solo ch’ella  il voglia, fede, verecondia, verità,  legge, buon genio.*   14. Alla natura che dà e ritoglie  tutte le cose, 1’ uomo bene instituito  e modesto dice : « Da’ quello che vuoi,  togli quello che vuoi, o natura.* »  E questo dice non già con baldanza  orgogliosa, ma con intimo senso di  alfettuosa obbedienza verso di lei.    < Vedi § 15, III. 0.   * Appo gli stoici imà virtù è la parte so-  vrana deir anima talmente modificata. 0.   Conferisci VII, 17 ; X, 24. P.   ^ Natura per gli stoici è lo stesso che  Dio: vedi il § 7 di questo libro colla no-  ta (20). Queste parole di Marcaurelio corri-  spondono perfettamente a quelle di Giobbe:  Dominui dedita Dominus abstulit, osserva  qui bouissimo il Pierron. P    Digitized by Google     RICORDI.    278   15, Poco^ è questo che ti rimane  a vivere. Vivi dunque come in sulla  montagna. Perchè a qui, o colà,  nulla monta, se, dove che tu sii, tu  vivi sempre nel mondo come in una  città. E veggano e conoscano pure*  gli uomini un uomo davvero, il quale  vive secondo natura. Se noi possono  tollerare, uccidanlo. Meglio questo  che vivere com’ essi fanno.*   1(». Non è più tempo di far parola  intorno a ciò che deve essere Tiiomo  dabbene, ma di incominciare ad es-  serlo.   17. Il pensiero del tempo universo  e della materia universa ti sia del  continuo presente, e che tutte le  cose particolari sono, rispetto a que-  sta, un granello di miglio, e rispetto  a quello, un batter d’ occhiò.*   18. Considerando ciascuno degli  obbietti che offronsi alla tua osser-   ^ ConfoTisci il § 8 di questo libro. P.   “ Letteralmente: un volger di trapano. P.    Digilìzed by Googl    LIBRO DECIMO.    279    vazione, fa’ di rappresentartelo come  già in atto di dissolversi e trasfor-  marsi; d’ infradiciare, per esempio,  o dileguarsi in fumo, o altro, secondo  il genere di morte a cui nacque.   19. Vedili quando mangiano, quan-  do dormono, quando usano con fem-  mina, quando sono al cesso, o fanno  altre cose tali. Vedili poi (piando  stanno in sussiego o fan cipiglio,  quando van tronfi e pettoruti, o s'adi-  rano, rabbuffano altrui con alterigia.  E poco innanzi servivano pure come  schiavi a tante cose, e per quali  motivi ! E poco dopo ritorneranno  a quelle medesime cose.   20. Giova a ciascuno ciò che ar-  reca a ciascuno la natura comune.  Ed allora giova, quando essa lo ar-  reca.   21. (( La terra ama la pioggia; e  r ama ancora 1’ etere venerando. »  E il mondo ama far quello che è  per accadere. Dico adunque al mon-    Digitized by Google     w    280 RICOBDI.   do: Io amo con te. E non dicesi egli  parimenti che una tal cosa ama ac-  cadere ? (24)   22. 0 tu vivi qua, e ci sei già av-  vezzo ; 0 vai fuori, e questo tu desi-  deravi ; 0 muori, ed hai finito il tuo  compito. Fuori di questi tre casi non  v’ ha altro. Adunque stattene di buona  voglia.   23. Abbiti sempre per certo che  quel tuo vivere in villa * non è punto  diverso da questo, e che tutte son  qui le cose come in sulla cima del  monte, o sulla spiaggia del mare, o  dove che tu voglia. Perchè ti si pa-  rerà davanti a bella prima il detto  di Platone : « Egli sta nella reggia  come in una capanna sul monte,  mugnendo l’armento (25).»   24. Che è in questo istante la mia  parte sovrana ? e quale la fo io ? A  che Tadop ro io? Non è ella per av-   8Ìde«nd^‘°R sognando o de-    Digitized by Google    LIBRO DECIMO. 281   ventura vuota di ragione? Non è ella  separata, divelta dalla comunità?  Non è ella cosi congiunta, conglu-  tinata col corpo, da doverne seguire  tutti i moti?*   25. Chi fugge dal suo signore, è  servo fuggitivo. Ma la legge * è si-  gnora: chi trasgredisce la legge, è  dunque un servo fuggitivo. E simil-  mente chi s’ attrista, o teme, o non  vorrebbe che fosse accaduta o acca-  desse 0 fosse per accadere alcuna  qualsivoglia di quelle cose che ha  ordinato il reggitore di ogni cosa,  cioè la legge distributrice di quello  che tocca a ciascheduno. Adunque   t Conferisci V, 26; VII, 14, 16, 33; XII,  19. Bene rammenta qnì ìi Gataker ciò che  Platone avea già .detto nel Fedone: «Cia-  scun piacere e ciascun dolore, non altri-  menti che un chiodo confìgge l'anima al  corpo e con esso la unifica per modo che  ella, accetta per vero tutto che è affermato  dal corpo. » P.   ^ La legge di cui qui parla Antonino è la  legge universale, quella della natura, di  Dio. P.    Digilized by Google     282    RICORDI.    chi teme, o s’ attrista, o s’ adira, è  nn servo fuggitivo.   2(ì. Chi introdusse il seme nella  matrice, se ne va ; un’ altra causa  sottentra immantinente, e lavora e  conduce a termine il feto. Qual cosa  e da quale? Ancora, egli manda giù  il cibo per la gola : e tosto un’ altra  causa sottentrando produce senso,  moto, vita, vigore, eccetera. Quante  e quali cose ? Queste maraviglie, che  si compiono sotto un velo si impe-  netrabile, sianti spesso subbietto di  contemplazione (26), e sappi fare  concetto della potenza operatrice di  ({uelle, come facciamo della causa che  fa gravitare i corpi o li spinge in al-  to, la quale non vediamo cogli occhi,  ma non però meno certamente.   27. Non dimenticare che tutte  queste cose, che ora si fanno, si  sono fatte prima d’ ora: e pensa* che  si faranno per 1’ avvenire. Pònti da-  vanti agli occhi quanti drammi o    Digilized by Google    LIBRO DECIMO*    283    scene vedesti tu stesso, o leggesti  nelle antiche storie : come, verbi-  grazia, tutta intera la Corte di Adrian  no, tutta intera quella di Antonino,  tutta intera quella di Filippo, di  Alessandro, di Creso: perchè erano  tutte la stessa cosa che adesso, so-  lamente erano diversi gli attori.   28. Fa’ ragione che colui il quale  si attrista d’ alcuna cosa, o l’ ha a  male, non è punto dissomigliante  dal porcellino percosso dal ferro del  sagrifìcatore, il quale ricalcitra e  grida. Non altro concetto hai da  farti di chi lamenta solitario sul suo  lettuccio * le catene che ne strin-  gono. E pensa come al solo animale  ragionevole è dato seguire volonta-  rio gli eventi : che in quanto al se-  guirli ad ogni modo, è forza di ne-  cessità per tutti.   1 Lettuccio è qui come chi dicesse il  canapè su cui l’uomo lavora e studia. Cosi,  bene il Casaubono. 0.    Digitized by Google     284 RICORDI.   29. Considera segregatamente in  sè stessa ciascuna delle cose che vai  facendo, e interroga te medesimo se  la morte è un male perchè ti pri-  verà del potere di farla.   30. Quando per l’ altrui fallo ti  senti montare la collera, rivolgiti  tosto sopra te stesso ed esamina in  qual cosa simile a quella tu pecchi :  stimando, per esempio, che le ric-  chezze siano un bene, o il piacere,  o la gloria; secondo il genere del-  l’altrui peccato che ti sprona al-  r ira. Perchè se tu badi a ciò, presto  cesserà la tua collera : e ancora con-  sidererai che colui è forzato.* E in  vero che farebbe egli? Ovvero, se tu  il puoi, rimovi da lui ciò che lo  sforza.*   1 Vedi VII, 63; XI, 18. P.   2 Cioè a dire, rimovi dalla sua mente  l’errore, il falso giudizio; perchè gli stoici  deriTavano interamente il bene morale dal  giudizio razionale, e riferivano quindi uni-  camente alla luce della ragione le risoln-    Diqili^’jd bv Google    LIBRO DECIMO.    285    31 . Veggendo Satirione, immagina  di vedere Socratico o Imene : veg-  gendo Eufrate, immagina Eutichione  0 Silvano : quando vedi Alcifrone,  immagina Tropeoforo ; quando vedi  Senofonte, immagina Oritene o Se-  vero; e in te stesso figurati di ve-  dere qualcheduno dei Cesari ; e così  via via. Poi ti occorra alla mente :  ora dove sono costoro? In nissun  luogo, 0 chi sa dove. Di questa ma-  niera tu verrai avvezzandoti a consi-  derare le cose umane come un fumo  ed un nulla : massimamente se ti  rammenterai come ciò che fu mu-  tato una volta, non riprenderà mai  più quella forma in tutto il tempo  infinito. E tu in qual tempo ? ^ Che  non ti basta adunque il passare co-   zioni virtuose della volontà: secondo essi il  giudizio determina la volontà necessaria-  mente. P.   1 Intendi: se gli altri non ci ritornano  mai più, ti credi tu di averci a ritornare  tu solo? 0, *     RICORDI.    286   stumatamente questo poco che ti è  dato ? Da qual materia d’ azione, da  quale impresa rifuggi? Tutte queste  cose che ti accadono, sono esse altro  che occasioni di esercizio alla ra-  gione, la quale abbia diligentemen-  te, e come si addice allo studioso  della natura, considerate le cose che  avvengono nella vita? Rimanti adun-  que finché tu abbia assimilato a te  medesimo ancor questo,' come il  valente stomaco assimila a sè tutti  i cibi, come lo splendido fuoco fa  fiamma e luce di tutto che tu getti  in esso.   32. Nissuno sia veritiero il qua-  le dica di te che non sei sempli-  ce e schietto, che non sei uomo  dabbene: ma menta chiunque fac-  cia di te un tal giudizio. E tutto  ciò sta in poter tuo. Perchè chi è   • Intendi: ciò che ora ti è dato per ma-  teria di azione f frase solenne ad Antoni-  no. P.    Digitized by Coo<jI(    LIBRO DECIMO.    287    quegli che ti possa impedire che  tu non sii schietto e dabbene? So-  lo che tu abbia fermo nell’ animo  di non voler più vivere quando tu  non sii tale. Nè la ragione il vor-  rebbe.   33. Che è ciò che in questa occa-  sione che mi è data si può fare o  dire per lo meglio? Checché egli sia,  è in mia facoltà il farlo, o il dirlo.  Non iscusarti col dire che ne sei im-  pedito. Non prima cesserai ■ dai la-  menti che non sii fatto tale, che  r operare conforme air istituzione  tua in (jualsivoglia caso * non sia  per te la stessa cosa che è pel sen-  suale la voluttà. Perocché ciò ap-  punto vuoisi dall’ uomo avere in  conto di vero godimento : 1’ operare   * « In questa occasione - in qualsivoglia  caso.» Chi preferisse la frase stoica dica:  « in questa materia — in qualunque mate-  ria a te sottoposta » come disse T Ornato.  A me parve troppo alieno dall’ uso, ed an-  che poco chiaro in italiano. P.     RICORDI.    288   conformemente alla propria natura.  E questo può egli in ogni caso. Al  cilindro in tutti i casi non è dato  potersi muovere in quella forma di  moto che gli è propria, nè all’acqua,  nè al fuoco, nè a nissuna delle cose  che sono governate o da natura ina-  nimata, 0 da anima irrazionale : molti  sono gli impedimenti che loro si  frappongono, molte le resistenze. Ma  la mente, la ragione può seguire,  solo che il voglia, la sua propria via  vincendo tutti gli ostacoli. Questo  potere e agevolezza che ha la ra-  gione di seguire la sua via in tutte  le direzioni, all’alto, al basso, per   10 declive, come il fuoco, la pietra,   11 cilindro, pònti davanti agli occhi,  e non cercare più oltre. Tutti gli  ostacoli che tu puoi incontrare non  hanno relazione se non se al corpo  che è cosa morta ; o veramente, se  non sottentra l’ opinione, e se la  mente non cede, non possono nuo-    Digilized by Googl    LIBRO DECIMO. 289   cere nè far male veruno. Altrimenti  chi ne patisse, dovrebbe eziandio pa-  tire deterioramento, come veggiamo  di tutte le altre produzioni sia della  natura sia dell’ arte ; le quali tutte  trovansi deteriorate ove incolga loro  alcun male ; ma, qui al contrario,  r uomo, se ho a dirlo, si fa migliore  e più degno d’ encomio, quando fa  retto uso degli accidenti, quali essi  sieno, che gli incontrano. In som-  ma ricordati che non offende il ve-  ro cittadino ciò che non offende  la città; che non offende la città  ciò che non offende la legge ; e  che nissuna di tutte queste così  dette avversità offende la legge. E  se non offende la legge, non of-  fende adunque nè la città nè il cit-  tadino.   34. A colui che fu ben penetrato  dalle vere credenze, basta il più breve  detto, anche di quelli che sono a  tutti i più noti, a sgombrargli dal-   Marco Aurelio. 19    Digitized by Google     290 RICORDI.   r animo la tristezza o il timore. Per  esempio :   « Quali sono le foglie, e tali sono  Le schiatte degli umani. Quelle il vento  A terra sparge, ed altre ne produce  La germogliante selva a primavera.   Cosi le schiatte degli umani : questa ^  Or nasce, or quella muore (27). »   Foglie sono i tuoi figliuoli, foglie tutti  costoro che ti acclamano, e schia-  mazzano sì forte da far credere che  dicano il vero ; foglie questi altri che  altamente ti maledicono, o ti vilipen-  dono e lacerano in segreto. Foglie  sono ancora quelli che ricorderanno  il tuo nome dopo la tua morte. Tutte  queste cose spuntano fuori alla verde  stagione, poi fi vento le sparge a  terra, e(i altre in loro vece ne ri-  produce' la germofjliante selva. Il  durar poco è comune a tutte. Ma tu  le fuggi 0 le cerchi come se aves-  sero a durar sempre. Ancora un poco  e chiuderai gli occhi; e a quello che    Digitized by Googl    LIBRO DECIMO. 291   ti comporrà sul rogo, altri farà il  corrotto.   35. L’ occhio sano deve essere dis-  posto a vedere tutto ciò che è vi-  sibile, e non dire: io voglio vedere  solamente il verde ; perchè ciò è da  occhio ammalato. L’ orecchio sano  e r odorato debbono essere disposti  a udire tutti i suoni e a sentire tutti  gli odori. E lo stomaco sano deve  essere preparato a digerire tutti i  cibi, non altrimenti che la macina è  pronta a macinare tutto quello che  ella fu fatta per macinare. E così  pure la mente sana deve essere  pronta ad accettare tutto quello che  accade. Colui il quale dice : « sieno  salvi i figliuoli » e « tutti lodino le  mie azioni » è come 1’ occhio che  vuol vedere solamente il verde, o  come i denti che vogliono masticare  sol cose tenere.   36. Nissuno è tanto avventurato  che al suo morire non sia per avere    Digitized by Google     292    RICORDI.    intorno a sè chi si rallegrerà del  male che gli incontra. Savio e dab-  ben uomo sia stato ; non mancherà  all’ ultimo chi in sè stesso dirà :   « Respireremo una volta da questo  pedagogo. A nissuno di noi diede  noia con rampogne, è vero; ma ci  siam pure avveduti che in cuor suo  ci condannava. » Questo si dirà del-  r uom savio. E di noi, quante altre  cose possono fare a molti desiderare  che ce ne andiamo! A questo pen-  serai quando sarai per morire, e la  tua partenza ti verrà fatta più facile.  Ragionerai teco stesso: me ne vo  da questa vita, dalla quale questi  miei concittadini, pei quali ho in  essa tanti travagli sostenuto, tante  preghiere fatto, tante cure avuto,  vogliono ora essi medesimi. eh’ io me  ne vada, sperando forse che debba  seguirne loro qualche profitto. Chi  dunqu e potrebbe desiderare d’avere  a starci più lungamente? ■— Non per    Digitized by Google    LIBRO DROtMO.    ^93   questo partirai tu men benevolo  verso di quelli, ma, serbando inai-  terato il costume e 1’ indole tua,  amico loro tuttavia qual fosti, pro-  pizio e amorevole a tutti, e non  però mesto nè ripugnante. Ma co-  me veggiamo in chi muore di fa-  cile morte V anima soavemente scio-  gliersi dal corpo, cosi conviene che  si faccia la tua separazione da co-  loro. Perchè la natura ti avea pure  congiunto e complicato con essi. —  Ora me ne disgiunge ? — Ed io mi  lascio disgiungere come da amici  e carissimi congiunti, non però tur-  bato nè ripugnante, ma tranquillo  e di mio buon grado. Perchè anche  questa è una delle cose volute dalla  natura.   37. A ciascuna cosa che tu vegga  fare a chicchessia, vienti avvezzando,  per quanto è possibile, a ricercare,  ragionando teco medesimo : costui  a che riferisce quello che sta fa-    Digitized by Googl(    RICORDI.    294   cendo?' E incomincia da te, esami-  nando te stesso il primo.   38. Ricordati che chi dà V impulso  e muove, per cosi dire, le fila del  fantoccino, è il celato nel di dentro.  Quello è il dicitore che persuade,  t|uello è la vita, quello è, se vogliam  dire il vero, V uomo propriamente.  Guardati dal figurartelo come una  sola cosa con esso il vaso le cui pa-  reti lo circondano, o con questi in-  gegni che songli cresciuti intorno.*  Questi somigliano alla scure ; se non  che gli sono per natura aderenti.   ^ Conferisci VII, 68. Il lettore capirà fa-  cilmente che per ingegni bassi qui ad in-  tendere ordigni, cioè gli organi e le mem-  bra del corpo. Gli Inglesi e i Francesi  presero dai classici Italiani questa parola  ingegno con questo senso, e dicono quelli  engine e questi engin ; come ne presero  tante altre bellissime o utilissime dello  quali si servono quotidianamente ; e di tali  ancora che noi abbiamo interamente dimen-  ticato: e per significar poi quelle cose di  cui abbiamo dimenticato i nomi italiani, an-  diamo ad accattar vocaboli dai forestieri, . P,    Digilized by Coogle     LIBRO DECIMO.    295    E in effetto, allontanata la causa che  li muove, non è uso alcuno di essi  pili che non sia della spola, senza  la mano, al tesserandolo, nè della  penna allo scrittore, nè della frusta  al cocchiere.    Dìgitized by Google     LIBRO UNDECIMO.    1. È proprio deir anima razionale'  il veder sè medesima; il conoscere  partitamente sè medesima ; il far sè  meilesima quale ella vuole: il co-  gliere essa medesima il frutto che  ella produce, laddove i frutti delle  piante e i portati degli animali sono  colti da altrui; il giugnere sempre  allo scopo che è proprio di lei, in  qualsivoglia punto arrivi il termine  della vita : perchè 1’ azione di lei, in  qualsiasi momento ne sia arrestato  il corso, non rimane imperfetta, co-   J Razionale per distinguerla da quella  dei bruti, che dagli stoici è chiamata ani-  ma semplicemente. P.    Digitized by Googl    LIBRO UNDECIMO. 297   me nelle rappresentazioni sceniche  o nel hallo, o in simili cose; ma  anzi in qualsivoglia istante, in qual-  sivoglia luogo le sopravvenga la mor-  te, ella compie nondimeno intera-  mente, e in modo soddisfacente a sè  stessa, quanto si avea proposto (28),  e può dir sempre: io ho tutto il mio.  Ancora ella va spaziando colla spe-  culazione per tutto il mondo * e il  vuoto che lo circonda, e contempla  la forma di quello, e si estende nella  infinità dei secoli, e abbraccia col  pensiero i rinascimenti periodici della  università delle cose; e contemplan-  doli si fa capace che non rimane da  vedere nulla di nuovo ai nostri po-  steri, siccome nulla di più videro i  nostri antichi ; chè anzi 1’ uomo  giunto all’età di quaranf anni, per  poco che abbia di buon discorso, ha   1 Tvlto il mondo : intendi ciò che noi di-  remmo tntto il creato. Ma l'idea di crea-  zione era aliena dagli stoici. P.    Digitized by Google     298    RICORDI.    in certo modo veduto e conosciuto  tutto ciò che fu e tutto ciò che sarà  per la somiglianza che hanno le  cose fra loro. Ancora è proprio del-  r anima razionale l’ amore del pros-  simo, la veracità e la verecondia, e  il non anteporre nulla a sè mede-  sima: * il che è proprio eziandio della  legge. Onde segue che la retta ra-  gione e la ragione di giustizia sono  una sola cosa.   2. I canti aggradevoli e le danze  e gli esercizi ginnastici * ti cadranno   • ^Bene avverte qui il Gataker come an-  che la legge cristiana ci prescrive di non  avere a nulla maggior rispetto che alla pro-  pria anima (confer. s. Matt. Evang. XVI, 26;  s. Marco Vili, 36). E san Gregorio Nazian-  zeno: c nulla, disse, è più prezioso a ciascuno  che la propria anima» riproducendo quasi  nella sua prosa il verso 301 deU'Alceste di  Euripide. P.   “ Esercizi ginnastici, letteralmente il  pancrazio Ognuno sa che i Greci per mezzo  della ginnastica voleano esercitata la forza  del corpo con signiftcazione di leggiadria:  e quindi i giuochi ginnastici erano pur uno  degli spettacoli più graditi ad un popolo,    Digitìznd by Goo;';le    LIBRO UNDEOIMO.    299    in disprezzo, se tu dividi, per esem-  pio, la cantilena melodiosa in cia-  scuno dei suoni di che ella si com-  pone, e ad uno ad uno consideran-  doli, domandi a te stesso : « è egli  questo quel che mi vince? » perchè  ne avrai vergogna. E similmente in-  torno alla danza, considerando sepa-  ratamente ciascuno dei moti, cia-  scuno degli atteggiamenti; e così  per gli esercizi ginnastici. E gene-  ralmente in tutto ciò che non è  virtù, o che non procede da virtù, i  sovvengati di ricorrere alla divisione  delle cose nelle parti loro (29), si che  divise a quel modo elle ti cadano in  dispregio. Fa’ l’ applicazione di ciò  anche alla vita intera.’   3. * Quale debba essere 1’ anima   in tutto r ordine della cui vita regnava  sovranamente l'idea della bellezza. P.   * Cioè, dividi la vita umana in tante pic-  cole porzioni, per disprezzarla tutta insie-  me. 0.   2 Sottintendi ronsi'lera, o ricordati. P.    Digitized by Cìooglc     300    RtCORDI.    apparecchiata a sciogliersi, ove oc-  corra, immantinente dal corpo, a spe-  gnersi o a dissiparsi, o ad entrare in  una nuova condizione di esistenza.’  E questa disposizione proceda da  giudizio particolare della mente, non  da sola pervicacia di volontà, come  nei Cristiani ; * sia scevra da ogni  tragica ostentazione, non però senza  dignità, da poter anche persuadere  gli altri.*   4. Ho io fatto qualche cosa che  giovi alla società? Adunque ho gio-   * 0 ad entrare eiUtenta ; lette-   ralmente: 0 a perdurare. L’Ornato avea  tradotto : o a rimanere ancora dopo morte  Non mi piacque, ma la mia versione, che  svolge il pensiero dell’ autore, ha un coloro  troppo moderno. P.   ^ I Cristiani erano ancora comunemente  mal conosciuti, e creduti settari fanatici,  nemici dell’ impero. P.   8 Cioè a dire; sia tale, non solo intima-  mente. ma anche pe’ suoi caratteri esteriori,  da poter persuadere altrui che essa procede  da ben ponderato giudizio,* nòn da codardia  0 vanità o da intemperata esaltazione o  concitazione di mente. P.    Digilizeci by Googlr     LIBRO DNDECIMO.    301    vate a me stesso.' Questo pensiero  ti occorra sempre pronto alla mente,  e ti conforti a perseverare.   5. Qual è r arte tua? L’ esser buono.  E quest’ arte come altrimenti s’acqui-  sta, se non per le buone dottrine,  le une intorno alla natura dell’uni-  verso, le altre intorno alla costitu-  zione propria dell’ uomo?   6. Da prima fu istituita la tragedia  a ricordare i casi che sogliono av-  venire e come essi sieno così fatti  per natura, e ad avvertirci nel me-  desimo tempo essere una contrad-  dizione il pigliarne diletto quando  •li vediamo sulla scena del teatro e  dolercene poi quando accadono sopra  una scena maggiore. Voi vedete di   * Sono le parole di' Salomone, Prov. XI,  17: « Benefacit sibi ipsi vir beneficus.»  Epitteto svolgo il medesimo concetto, dis-  sert. I, 19; Seneca, epist. 48, disse: «Non  potest beate degere qui se tantum intuetur,  qui omnia ad utilitates suas couvertit: al-  teri viVas oportet, si vis tibi vivere.» P.    Digilized by Google     RICORDI.    302   fatti essere pur forza che 1’ azione si  compia a quel modo (30), e che deb-  bono ad ogni modo soffrirlo anche  coloro che esclamano : « 0 Citerone,  ahi lasso.* w E invero alcune cose  diconsi utilmente dagli autori di tra-  gedie siccome questa:   < Che se gli Iddìi   Di me nè de’ miei tigli non han cura,   Ragion pur anco a ciò li move. »   E quest’ altra:   « Contro alle cose lo adirarsi è vano. »   E ancora quest’ altra:   € Mieter la vita   Come spiga matura -»   E le altre di cotal fatta.   Dopo la tragedia fu introdotta hi   t Parole di Edipo. Vedi Sofocle, Edipo re,  vers. 1391. Ecco, secondo la traduzione del  Belletti, i tre versi che formano il periodo  intero di cui quelle parole sono il comin-  ciamonto:   Oh Citeron! perchè raccormi? o tosto  Perchè morte non darmi, ond' io giammai  L'origin mia non rivelassi al mondo! P.   2 Vedi VII, 38, 40, 41. P.    Digitized by Goo^le    LIBRO UNDECIMO. 303   vecchia commedia, la quale, con  quella sua libertà, facesse come da  aio al popolo, e con quel suo chia-  mare le cose coi nomi loro, ne ri-  cordasse agli uomini la vanità: i  quali modi assunse poi Diogene ezian-  dio ad un fine somigliante. Dopo la  vecchia, quale sia stata la mezzana  commedia, ed ultimamente poi la  nuova, e quale scopo abbia questa,  che a poco^a poco si è ridotta ad  , essere puro artificio di imitazione,  lascio a te il considerare. Che anche  da costoro si dicano alcune cose  utili, non è da negare : ma l’ inten-  zione generale di un tal genere di  poesia e di composizioni drammati-  che, qual è ella mai?   7. Come vedi tu chiaro nissun’ al-  tra setta' essere così acconcia al    1 Setta, intendo della setta illosodca in  che Marco vivea, e non dello stato o- con-  dizione sociale. 0.   Ho qualche dubbio, e parrai che il 3iou    Digitized by GoogLe     304 BICORDI.   filosofare, come quella in che sei   ora?   8. Un ramo spiccato da un altro  ramo non può non essere separato  dalla pianta intera. Parimente un  uomo diviso da un altro uomo è sca-  duto dalla società intera degli uo-  mini. Il ramo vien divelto per mano  d’ altri ; T uomo si separa egli stesso  dal suo vicino, quando egli l’ odia,  quando lo ha in dispetto; e non  s’ avvede eh’ egli si distacca ad un ,  tempo dalla intera comunità. Se non  che, per dono di Giove autore dplla  comunità, può ciascuno di noi che  siasi distaccato dal prossimo, riap-   ÙTTóOeo'.y potrebbe anche voler dire qualche  cosa che non fosse nè la condizione sociale-y  nè la setta filosofica^ ma bensi il modo e  r ordine ili vita adottato da Antonino nella  condizione sociale in cui vivea: e cosi l’in-  tesero anche il Gatakero e lo Schultz, i  quali_ tradussero vitee genus. Ma siccome  rOrriato pare che fosse ben fermo in quella  sua opinione, ho conservato la sua parola  fetta. P,    Digitized by Googl    LIBRO UNDKCIMO.    305    piccarvisi e farsi di nuovo parte in-  tegrante del tutto. Vero è che quan-  do ciò accade più volte, più diffìcile  diviene la riunione o il ristabili-  mento a suo luogo della parte stac-  cata. E ad ogni modo egli è diverso  il ramo che crebbe da principio in-  sieme cogli altri e sempre rimase  unito con essi, dal ramo che vi fu  innestato dopo esserne stato divelto:  checche ne dicano i giardinieri, fa  un albero solo cogli altri rami, ma  non un solo disegno.'    ' La vegetazione è una, ma la forma non  è una. 0.   Questo potrebbe dirsi di un ramo di pe-  sco, p. es,, che fosse innestato in quello di  un noce ; ma quando un ramo del uoco che  ne fosse stato spiccato fosse innestato in  un altro ramo del noce medesimo, sarebbe  una la vegetazione cd una ancora la forma.  Mi è anco sospetto quello ófJioJoyjjiaTetv  parlandosi di piante. Io propendo a credere,  coi migliori critici, questo luogo corrotto o  manchevole nel testo. Alcuni di quest' ulti-  ma frase fanno un paragrafo separato: e  remato stesso non era ben risoluto. P.   Marco Aurelio. SO    Digitized by Google     RICORDI. '    806   9. Chiunque voglia avversarti in  cosa che tu faccia secondo la retta  ragione, siccome non avrà forza dà  distoglierti dall’ azione incominciata,  cosi ancora non ti riinova dal sen-  timento di benevolenza che devi avere  per lui : ma fa’ che tu ti serbi co-  stante nel giudicare e nell’ operar  rettamente, e ad un tempo amore-  vole verso chi cerca di impedirti o  in qualsivoglia modo ripugni a ciò  che tu fai. Perchè non sarebbe mi-  nore fiacchezza lo adirarti contro  questi tali, che il ritrarti dall’ im-  presa e dar luogo per paura; essendo  egualmente disertore chi teine e  fugge dall’ ordinanza, e chi s’ allon-  tana dal congiunto e dall’ amico suo  naturale.   IO. Non è natura alcuna la quale  sia da meno dell’ arte che ne è imi-  tatrice ; nè la più perfetta fra le na-  ture, quella che comprende in sè  tutte le nature, può essere da meno    Digitized by Googk'    LIBRO UNDRGIMO.    807    di un’ arte qualsivoglia. Ora le arti  tutte fanno le parti inen nobili di  ciascuna delle opere loro per amore  delle più nobili;' adunque anche la  natura comune. Quindi ha origine la  giustizia, e da questa procedono tutte  le altre virtù : * perchè mal potrà  conservarsi giusto colui, il quale o  non sarà indiflerente verso le cose  medie, o si lascierà facilmente in-  gannare dalle apparenze, o sarà pre-    * Come, per esempio, un pittore farà ciò  che pone nel fondo di un suo quadro per  dare maggior risalto a ciò che ne è il sog-  getto principale. P.   - E (la questa procedono tutte le altre virtù.  Intendo che dallo aver la natura voluto che  si osservasse la giustizia, procedette che  essa natura istituisse le altre virtù; quelle  cioè di cui parla poco dopò ; le quali sono  necessarie alla pratica della giustizia e fu-  rono dalla natura istituite per amore di  essa giustizia, còme un artefice fa le parti  men nobili di una sua opera per amore delle  più nobili. Ricordi il lettore che appo gli  stoici posteriori parte sovrana della filosofia •  era la morale : la logica, anche per gli stoici  antichi, era subordinata alla morale. P.    Digitized by Coogle     RICORDI.    308   cipitoso nel giudicare, o mal fermo  nel giudizio fatto.   11. Non le cose, il cui desiderio  o timore ti turba, vengono alla volta  tua; ma tu in certo modo vai alla  volta loro.' Ora fa’ che il tuo giudi-  zio intorno a quelle stia cheto, e  quelle rimarransi quete del pari, e  tu non sarai veduto desiderar nulla  nè temere.   12. La sfera dell’anima ^ ha la for-  ma che è propria di lei, quando ella  nè si estende al di fuori verso chec-  chessia, nè si ritrae al di dentro, nè  si dissipa, nè si accascia,* ma splende  di una luce per la quale ella vede  la verità che è nell’ universo e quella  che è in lei.   13. Un tale mi disprezza? Tal sia  di lui. A me basta parlare e operare   1 Vedi IV, 8, 39; IX, 15. P.   * Vedi Vili, 48; XII, 8. P.   3 Inteudi che l' anima è nello stato con-  forme a natura, quando ella non ha nè de-  siderio, nè timore, nè piacere, nè dolore. P.    Digitized by '^'.oogl    LIBRO UNDKCIMO. 309   in modo che nissun mio detto o fatto  meriti disprezzo. Mi odierà ? Tal sia  di lui. Quanto si è a me, io mi ser-  berò mansueto e benevolo verso ognu-  no, pronto a chiarire dell’ error suo  anche colui che mi odia, non con  parole di rimprovero nè ostentando  pazienza, ma cortesemente e con sin-  cera amorevólezza, come Focione so-  lea fare (31), supposto che non s’infin-  gesse. Perchè la mansuetudine vuol  essere interna, sì che gli Dei veg-  gano in te un uomo disposto a non  ricevere nulla con isdegno nè a ma-  lincuore. Qual malej in fatti, per te,  se tu fai ora quel che s’ addice alla  tua natura e ricevi ciòcche ora è giu-  dicato opportuno dalla natura uni-  versale, tu uomo ordinato a questo  fine che sempre si faccia il comun  bene, sia qualsivoglia lo strumento  per cui si faccia?   14. Si disprezzano 1’ un 1’ altro, e  si vanno piaggiando 1’ un 1’ altro ;    Dìgitized by Google     310 ‘    MCOftÙI.    r uno vuol essere da pii» che l’altro,  e s’ inchinano 1’ uno all’ altro scawi-  bievolmente.   15. Che fradiciume e che doppiez-  za non è il dir di taluno : a Io ho  deliberato di trattar teco schietta-  mente. » 0 uomo che fai? Non è  bisogno' di questo preambolo. Alla  prova si vedrà. Sulla fronte conviene  ti si legga immantinente ciò che tu  di’, perchè è cosa di tal natura che  tosto si manifesta negli occhi, come  nello sguardo dell’ amante ogni cosa  conosce immantinente l’ amato. L’uo-  mo schietto e buono dev’ essere come  chi sa di caprino, sì che al solo ac-  costarsegli altri il senta, voglia o  non voglia. La schiettezza simulata  è un’ arme da traditore. Non è cosa  più turpe che l’amicizia del lupo.'   * L’ amicizia del lupo espressione pro-  verbiale presso i Greci, ed era allusione a  quella favola di Esopo, nella quale i lupi  persuadono le pecore a dar loro i cani come  ostaggi, e ad accettare alcuni giovani lupi    Digilized by Googl    LIBRO tTNDECIMO. 811   A tutto potere fuggi cotesto. Alfuom  dabbene, all’ uomo schietto, all’ uom  benevolo sono appariscenti negli oc-  chi tjuelle qìialità loro, e non è bi-  sogno di parole a manifestarle.   16. Vivere beatamente è cosa che  sta in potere dell’anima, solo ch’ella  voglia essere indifferente verso le  cose indifferenti.^ E questo le suc-  cederà se ella considererà ciasche-  duna di esse nelle sue parti e nelle  sue relazioni col tutto, non dimen-  ticando che nissuna di esse viene  alla volta nostra nè ci sforza a fare  di lei tale o tal altro concetto ; ma •  anzi elle si stanno tutte immobili  dove sono, e noi siamo quelli che  facciamo i. giudizi intorno ad esse,  e li scriviamo, per così dire, dentro  di noi, potendo non farlo; e ancora.    come gaardiatii in luogo di quelli; e divo-  rano poi le infelici che lascìaronsi gabbare  dalle belle parole e dalle belle promesse. P.  * Cioè le cose fuori di noi. 0.     312    RICORDI.    quando ciò ne venga fatto inavver-  titamente e senza avvedercene, po-  tendoli cancellare immediatamente :  e rammentando inoltre che pocd^ha  a durare questa fatica di considerare  le cose in tal modo, e saremo poi  fuori della vita per sempre. E che  v’ha poi di tanto arduo in esse? Se  sono secondo natura, pigliane pia-  cere, e ti diverranno facili ; se sono  contro natura, vedi tu che cosa è  secondo la tua natura, e a quello  attendi, ancora che sia senza gloria.  È sempre degno di scusa chi va in  traccia del proprio bene.   17. Donde sia venuta ciascuna  cosa,* di che elementi sia composta,  ed in che si trasformi, e qual di-  venga trasformata, e siccome non è  per soffrire alcun male per la trasfor-  mazione.   18. E in primo luogo,* quale rela-   * Sottintendi: considera. P.   ^ Sottintendi do considerare, o altra    Digitized by Googl    LIBRO UNDRCIMO.    313    4    zione io abbiaceli essi^ e come siam  nati gli uni per gli altri, ed io, per  altri rispetti sono nato per essere  loro guida, come 1’ ariete della greg-  gia e il toro deir armento. Risali più  in alto : se gli atomi non sono, la  natura è quella che governa l’uni-  verso ; e se questo è, gli esseri meno  perfetti sono nati pei più perfetti, e  questi gli uni per gli altri.   2'’ Quali essi sono a mensa, a letto,  negli altri momenti della vita. E  massimamente a che sorta di azioni •  siano necessitati per le credenze che  essi hanno, e con quanta presun-  zione di sapere fanno essi ciò che  fanno.   3° Che se essi fanno ciò a buon  diritto, e’ non ti bisogna avertelo a  male ; se a torto, essi il fanno indu-  bitatamente malgrado loro, non sa-  pendo quel che si fanno. Perciocché   frase cotale ; e cosi al principio di ciascuno  degli otto capi seguenti. P.    Digitized by Googl(     814    RICORDI.    siccome è involontaria negli uomini  la privazione del vero, così involon-  tario è ancora il non portarsi verso  altrui secondo le norme del giusto:  il che provano collo adirarsi quando  sono chiamati ingiusti, ingrati, cu-  pidi dello altrui, o rei di qualsivo-  glia colpa verso il vicino.   4° Che tu ancora pecchi non di  rado, e sei pur uno del numero loro;  e se da certi peccati ti astieni, hai  nondimeno la disposizione a com-  metterli, benché, sia per difetto di  audacia, sia per vanità o per altro  cotal vizio, tu noi faccia.   5® Ancora, che tu non sai di certa  scienza che essi pecchino: perchè  molte azioni, che paiono malvage  si fanno talora a fin di bene o per  meno male: e ad ogni modo è me-  stieri sapere di molte cose a poter  sentenziare convenientemente sulle  azioni altrui.   6® Quando senti che sìa per occu-    Digitized by GoogI(    LIBRO UNBKCIMO. 315   parti r ira od anche solo l’ impazien-  za ; che la vita umana dura un mo-  mento, e poi saremo tutti sotterra.   7«> Che non sono le azioni loro  quelle che ti turbano, standosi quelle  nei loro autori, ma bensì le nostre  opinioni. Adunque togli via, sappi  rimovere da te il concetto che tu  fai di quelle, e l’ ira se ne andrà  parimente. E come rimovere quel  concetto ? Col considerare che le  azioni altrui non hanno nulla di dis-  onesto per te. Che se il male tutto  non consistesse nella sola disonestà  dell’agente, di necessità peccheresti  tu ancora, e saresti tu pure assas-  sino, e macchiato di ribalderie d’ogni  forma.   8° Siccome le ire, i rammarichi  intorno a siffatte cose arrecano seco  troppo più gravi danni che non siano  quelli di che ci adiriamo e ramma-  richiamo.   9® Che r amorevolezza è sempre    Digitized by Google     RICORDI.    316   vittoriosa, quando sia schietta, e non  sia una affettazione o una parte che  tu reciti. E in vero che ti può egli  fare 1’ uomo il più iracondo e inso-  lente, se tu ti mostri a lui tuttavia  amorevole e se, venendo il caso, tu  lo ammonisci cortesemente e cerchi  di farlo ricredere in quel tempo me-  desimo che egli intende ad offen-  derti? — «No, figliuol mio; noi  siamo nati ad altro. A me tu non  nuoci; a te bensì, figliuol mio. » —  E gli dimostri e fai toccar con mano  che la cosa sta COSI universalmente;  e come nè le pecchie si comportano  in quella guisa, nè alcun altro ani-  male che sia nato a vivere in co-  munanza. Le quali cose vogliono es-  ser dette senza ombra alcuna di  ironia nè di rimprovero, ma bensì  con amorevolezza, e senza amaritu-  dine alcuna nell’animo; nè ancora  come si direbbero da un maestro in  iscuola, nè per farsi ammirare dai    Digilized by G< 'Oglc    LIBRO UNDECIMO. 817   circostanti; ma da solo a solo, e se  v’ha altri presente, *   Di questi nove capi fa’ che tu ti  ricordi come se tu li avessi ricevuti  in dono dalle muse; e incomincia  pure una volta ad esser uomo men-  tre hai vita.* E’ ti conviene ad un  tempo guardarti dallo adulare gli  uomini non mejio che dallo adirarti  contro di essi: perchè le sono cose  egualmente antisociali e nocive.  Quando ti sentirai provocato all’ira,  ti occorra alla mente questo pen-  siero: non esser punto cosa virile  lo adirarsi ; ma anzi la pacatezza, la  mansuetudine, siccome sono cose  più umane, così sono anche più vi-  rili ; e che la costanza, il vigore, la  fortezza sono nel mansueto, non in   ^ L'Ornato collo Schultz, anzi più riso-  Intamento che lo Schultz, stimò che qui il  testo fosse manchevole. P   ^ Vedi VII, 22; X,8. Seneca, De ira, 111,43,  disse: « Humanitatem colamns, dnm inter  homines snmus. » P.    Digitìzed by Google     RICORDI.    318   chi si adira o s’impazientisce. Per-  chè più quegli si avvicina alla im-  passibilità, tanto più partecipa della  forza; laddove l’ ira, siccome il do-  lore, è propria del debole : lo adirato  e lo addolorato furono egualmente  piagati e ambidue cedettero egual-  mente.   E un decimo ricordo ancora ri-   «   cevi, se vuoi, dal Musagete: * essere  da pazzo il volere che i malvagi non  pecchino, perch’ egli è un voler l’im-  possibile. Il voler poi che essi por-  tinsi da pari loro verso tutti gli altri  e noi facciano con te, è da stolto (32)  e da tiranno.   19. Contro quattro specie di de-  terminazioni* della parte tua prin-  cipale ti bisogna sopra tutto stare in  guardia, e tosto che una ti venga   > Conduttor delle muse, o Apollo, o se  vuoi. Ercole. Piuttosto quello che questo.  Vedi il Gatakero. 0.   * ^nsieri, moti, determinazioni, volon-    Digitized by Googlc     LIBRO ONDECIMO.    319    avvertita, cancellarla, ragionando te-  co medesimo intorno a ciascuna di  esse in questa guisa : Intorno a  quelle della prima specie : questo  pensiero non è necessario. Intorno  a quelle -della seconda : questo pen-  siero tende a sciogliere la società.  Intorno a quelle della terza : tu stai  ora per dire cose che intimamente  non credi: e il dir cose che inti-  mamente non credonsi è da essere  annoverato fra le massime assurdi-  tà. Intorno a quelle finalmente del-  la quarta specie, rampognerai te  medesimo dicendo: tu lasciasti che  fosse vinta la parte più divina di  te, e sottoposta a quella che è  men nobile e mortale, cioè a di-  re al corpo e ai grossi piaceri di  quello.*   1 Quattro cose da prevenire od allonta-  nare :   1° Pensieri inutili oziosi:   2" Volontà od azioni ingiuste, dove sono  anche compresi i moti di irascibilità;    Dìgitized by Google     320    RICORDI.    20. Quanto è in te di aereo e di  igneo, benché abbia naturale ten-  denza ad innalzarsi, acconciandosi  nondimeno all’ordinamento del tutto  si rimane quaggiù nel tuo corpo. E '  similmente le parti terree é le acquo- |  se, benché tendano naturalmente allo '  ingiù, tengonsi non pertanto solle-  vate ed erette in una forma che non  é loro naturale : tanto anche gli ele-  menti sono obbedienti alla legge  dell’ universo, e facendo forza a sé  medesimi serbano costantemente il  posto in che furono collocati, finché  da quella medesima legge sia dato  il segno dello scioglimento. Ora non  é egli singolarmente strano che sola  la parte intelligente dell’ esser tuo  non voglia obbedire e si rammarichi  del posto che le fu assegnato ? e  pure nulla di violento le è coman-   3® Disaccordo della mente e delle parole;  cioè falsità voluta, o non avvertita;   4‘* Moti di concupiscenza. 0.     Digilized by Google    LIBRO UNDBCIMO. 321   dato, ma cose soltanto che sono se-  condo la natura di lei. Con tutto ciò  non vi si vuole acconciare, e vuole  andare a ritroso. Perchè le ingiu-  stizie, le dissolutezze, 1’ ira, la tri-  stezza, il timore, sonò tutti moti a  ritroso della natura. E ancora allor-  quando r anima non s’ acconcia di  buon grado agli avvenimenti, ella  abbandona il suo posto, essendo ella  stata instituita alla santità, alla  pietà,* non meno che alla giustizia,  poiché quelle non meno di questa  fanno parte della sociabilità : chè  anzi gli atti di giustizia succedono  piuttosto (-he non precedano a quelli  della pietà e della santità.^   > Intendi la pietà religiosa, o la pietà  verso Dio o la natura, che è tutt’uno presso  gli stoici, e non dimenticare che il rasse-  gnarsi volentieri a tutti i casi esteriori, è  atto religioso appo gli stoici. P.   ^ Cioè Tnomo ha relazioni con Dio prima  che con gli nomini, e le sue relazioni con  questi hanno per fondamento le sne rela-  zioni con quello. 0.   Marco Aurelio. SI    Digitized by Google     RICORDI.    322   21. Chi non ha sempre il mede-  simo proposito, il medesimo istituto  di vita, non può essere in tutta la  vita il medesimo uomo. Ma ciò non  basta se non aggiungi ancora quale  esser debba questo proposito o isti-  tuto di vita. Perchè siccome non di  tutti quelli che al volgo paiono beni  è invariabile negli uomini il giudizio,  ma di quelli soltanto che sono univer-  sali e comuni; ' così lo scopo comune  e civile dell’ umana famiglia, è quello  che l’uomo dee proporre a sè stesso.  Colui adunque il quale indirizzerà a  questo scopo comune l’esercizio di  tutte le sue facoltà, quegli farà che  tutte le sue azioni sieno fra loro  somiglianti, e per tal guisa sarà egli  costantemente il medesimo uomo.   1 Intendi che T idea del bene privato varia  nella stessa persona, secondo che varia la  sensibilità; laddove l'idea del bene pubblico  è costante e invariabile, siccome quella che  dipende solo dalla ragione, la quale non  varia. 0.    LIBRO UNDECIMO. 323   22. Rammenta il topo di monta-  gna e il topo di casa, e lo spavento -  di questo e il correre precipitoso.'   Socrate chiamava befane le  credenze del volgo, spauracchi di  fanciulli.   24. I Lacedemoni nella loro solen-  nità ponevano pei forestieri i sedili  all’ ombra, ed essi sedevano dovun-  que.   25. A Perdicca, che gii chiedea  perchè non andasse a lui, Socrate  rispondea : « per non morire di pes-  sima morte » cioè a dire, « per non  ridurmi alla condizione di non poter  ricambiare beneficii eh’ io avessi ri-  cevuti. »   26. Nelle lettere degli Epicurei era  una esortazione all’ aver sempre pre-  sente al pensiero alcuno di quelli  antichi che praticarono la virtù.   27. I Pitagorici prescriveano che   1 Gli interpreti allegano Orazio, sat. VI,  lib. II. Ma riscontra in Esopo, fav. 301. 0.    Digilized by Google    324    RICORDI.    Ogni giorno di buon mattino si do-  vesse volgere gli sguardi al Cielo,  affinchè per la contemplazione di  quelli esseri che sempre percorrono  le medesime vie e sempre compiono  a un modo il loro ufficio, l’ uomo  avesse ad ìfver sempre vivo in sè il  pensiero dell’ordine, della purità e  della nudità.' Perchè le stelle non  hanno velo che le ricovera.   28. Qual fu a vedere Socrate cinto  di una pelliccia, allorché uscì fuori  Santippe colla veste di lui ; e le  cose che egli disse agli amici i quali  arrossivano e si ritraevano indietro,  vedendolo assettato in quel modo.*   29. Nell’arte dello scrivere nè in  quella del leggere non puoi essere  maestro se prima non fosti discepo-   ’ Conferisci X, 1. P.   * Il diligentissimo ed ernditissimo Gatalcer  non seppe egli pnre trovare qual fosse il  caso particolare della vita di Socrate, e il  detto di Ini, ai quali fa qui allusione An-  tonino. P.    Digitized by Googl     LIBRO UNDKOIMO. 825   lo. Meno amcora lo potrai nell’arte  (Iella vita.   30. c . . . . Sei servo, a te concesso   11 favellar non è.* »   31 . « .... Ed il mio cor ne rise.^ »   32- « .... E la virtute   Àccuseran con rigido parole.'' »   Pazzo* chi vuole aver fìchf di  verno ; pazzo ancora chi desidera  aver iigliolanza quando non è più  tempo da ciò.   34. Quando tu baci un tuo figliuo-  lo, esortava Epitteto, fa' che tu dica  teco medesimo : domani sarà forse  morto (33). — Cattivi augurii, cote-  sti. — Nulla è cattivo augurio di ciò  che accenna ad un effetto naturale.   ^15. Agresto, uva, zibibbo, tutte   ' Nei testo è un verso iambico di auto-  re incognito a noi. P.   * È la fine del verso 413, lib. I dell'Odis-  sea. P.   3 Nel testo è un verso esametro che ha  qualche somiglianza con un verso di Esio-  do — Opere, 1, 186. P.    Digilized by Coogle     326 RICORDI.   mutazioni ; non dall’ essere al non  essere, ma dall’ essere ciò che è  all’ essere ciò che ora non è.   36. Assassini della volontà non ci  sono ; sentenza di Epitteto.'   37. Diceva ancora (Epitteto) do-  vensi procacciare V arte dello assen-  tire ; stare all’ erta coi moti della  volontà, affinchè tutti sieno condi-  zionali, sempre indirizzati ad un fine,  al bene universale, sempre propor-  zionati in intensità al valore intrin-  seco delle cose; astenerci in tutto  dalla appetizione, e non dare luogo  mai all’ avversione per cose che non  sieno in nostra potestà.   .38. Piccolo adunque, diceva egli,  non è il frutto della vittoria o il  danno della sconfìtta ; ma l’ esser  savio, o r esser pazzo.   39. Socrate dicea: che volete voi!   1 Vuol dire Antonino che il libero eser-  cizio della volontà non può esserci tolto da  nìssuna forza esteriore. P.    /    Digilized by Googl    LIBRO UNOECIMO.    327   avere anime di animali ragionevoli,   0 di irragionevoli? Di ragionevoli. —  Di quali ragionevoli? di sani o di  corrotti ? — Di sani. — Perchè dun-  que non le cercate ? — - Perchè già  le abbiamo. Perchè dunque batta-  gliate fra voi e siete discordi?*   1 Anche il Gataker non potè trovare da  quale opera socratica abbia tratto Antonino  questa argomentazione: ma moltissimi scritti  della scuola socratica non abbiamo più noi,   1 quali esistevano ai tempi di Marco no-  stro. P.    Digitized by Coogle     LIBRO DUODECIMO.    1. Tutte quelle cose, alle quali tu  . studi di pervenire per mille andiri-  vieni, tu puoi avere immediatamente,  se tu non vuoi male a te stesso. E  ciò sarà, se tu metti da banda il pas-  sato e lasci alla Provvidenza la cura  del futuro, e attendi solo ad usare  il presente, secondo le norme della  santità e della giustizia: della san-  tità, coir accettare volonterosamente  i casi tutti che ti intervengono, es-  sendo essi dalla natura prodotti per  te, e tu per essi; della giustìzia,  col dire liberamente e senza am-  bagi la verità e far ciò che è con-  forme alla legge e alla dignità delle    Digilized by Googli     LIBRO DUODBUIMO. 329   l'ose,’ non lasciandoti frastornare mai  nè da malizia altrui, nè da opinione,  nè da discorso di chi che sia, nè da  affezione veruna di quel corpicciuolo  che ti è venuto crescendo all’ intor-  no : sta a lui che è il paziente a pen-  sarci. Or dunque, prossimo o lontano  sia per essere il termine della tua  vita, se tu, deposto ogni altro pen-  siero, non attenderai che ad onorare  la parte principale e divina dell’ os-  sei’ tuo, e tuo solo timore sarà, non  già di dover cessare quando che sia  di vivere, ma di non aver per anco  incominciato a vivere secondo natu-  ra; tu sarai uomo degno del mondo  che ti ha generato, non sarai più   1 Le prescrizioni della l^igge sono gene-  rali ; la dignità delle cose esteriori serve  di guida nell' applicazione della legge. Ta  altro modo si potea dire : « ciò che è confor-  me alla legge nelle circostanze particolari  in che ti’ trovi.» Ma quello è più stoica-  mente detto. 0.   Per dignità delle cose intendi il loro va-  lore ret»tivo.    Digitized by Google     BICORDI.    330   straniero nella tua patria, non ti  maraviglierai più di ciò che accade  tutto dì come di cosa insolita; non  sarai più dipendente da chi nè da  che che sia.   *2. Iddio vede tutte le menti de-  nudate di questi vasi materiali e in-  volucri e sudiciumi. Quelle solo egli  attinge colla pura sua intelligenza,  le quali da lui scaturite sono deri-^  vate in essi. Se ti avvezzi a far tu  pure il medesimo, tu avrai meno di  molte distrazioni e perturbazioni.  Perchè chi non guarda all’ involucro  della carne, si lascierà egli turbare  o distrarre alla vista dell’abito, o  delle case, o della riputazione, o di  altri cosi fatti involucri e addobbi?   3. Di tre cose sei composto : il  corpicciuolo, il soffio vitale e la  mente. Delle quali le due prime non  sono tue se non in quanto tu hai a  prenderne cura; la terza, questa  sola è tua veramente. Laonde se tu    Digitìzcd i / CjJ    LIBRO DUODECIMO. 331   rimovi da te, o per dir più proprio  dal tuo pensiero, tutte le cose che  altri fa e dice in presente, e le pas-  sate che tu facesti e dicesti, e le  future delle quali 1’ aspqttamento ti  turba, e quelle che riferendosi al  corpo onde sei circondato e al soffio  vitale congenito con esso, sono in  te involontarie, e quelle che il vor-  tice di fuori va agitando intorno a  te, si che pura e sciolta da ogni  esterna fatalità la potenza intellet-  tiva se ne viva libera da sè, ope-  rando il giusto, avendo caro ogni  evento qualsiasi, e dicendo il vero;  se, dico, tu rimovi da codesta parte  dell’ esser tuo tutto ciò che presen-  temente le sta come a dire appiccato  per mezzo dello appetito sensitivo,  e tutto r avvenire e tutto il passa-  to, e ti fai siccome quella di Empe-  docle   « ri tonda   Sfera che posa e in suo posar s’ appaga, *    Digilized by Google     ricordi.    332   e attendi solo a vivere quel tempo  che vivi, cioè il presente; ti verrà  fatto di passare tranquillamente, no-  bilmente e in pace col genio tuo,  quello che ti rimane ancora insino  al morire.   4. Soventi volte mi sono maravi-  gliato che ciascuno arai sè stesso  più che non arai qualunque altro  uomo, e faccia poi minor conto dei  propri giudizi intorno a sè mede-  simo, che di quelli degli altri.' Per-  chè se a taluno fosse da un Dio che  gli apparisse, o da qualche savio  maestro comandato che non pen-  sasse e non volgesse nulla in mente  che tosto, appena ne fosse conscio   ' Anche i Pitagorici, benché non ne fa-  cessero nn precetto assoluto, raccomanda-  vano che ciascuno avesse massimamente ri-  spetto a sè medesimo, cioè ai propri giudizi  intorno a sè stesso. Tra i versi dorati at-  tribuiti a Pitagora, ecco la traduzione di  quello che compendiosamente esprime la  detta raccomandazione : «Più che di chiun-  que altro abbi vergogna di te ste.««so. » P.    Digilized by Googl    LIBRO DUODECIMO.   a sè stesso, noi manifestasse; noi  sosterrebbe pure un solo giorno.  Tanto abbiamo noi maggiore rispetto  a ciò che di noi potrà pensare il vi-  cino, che a ciò che ne pensiamo  noi stessi.   5. Come mai avendo gli Dei pro-  pizi all’ uomo ottimamente ordinato  * ogni cosa, questo solo lasciarono  passare inavvertito, che anco i mi-  gliori fra gli uomini, quelli i quali  entrarono, sto per dire, in più stretta  alleanza colla divinità, e per la pietà  e santità loro vissero in più intimo  commercio con essa, quando una  volta sian morti, non abbiano più  mai a rivivere, ma sieno spenti  per sempre? Se tale è veramente la  condizione di tutti gli uomini indi-  stintamente, abbi per indubitato, che  ove avesse dovuto essere altrimenti,  avrebbero gli Dei altrimenti ordina-  to : perchè se un ordine diverso  fosse stato giusto, sarebbe anche    Digitized by Google     334    BIGOBDI.    Stato possibile ; e se fosse stato se-  condo natura, la natura lo avrebbe  recato ad effetto. Ora dal non essere  le cose in questi termini, supposto  che veramente non sieno, tu hai a  trarre argomento che non dovea es-  sere altrimenti da quello che è. Per-  chè tu vedi pure che mentre tu  vai facendo queste investigazioni, tu .  disputi del diritto con Dio; la qual  cosa non faremmo con gli Dei, se  essi non fossero ottimi e giustissimi ;  e tali essendo, non possono aver  mai tollerato nè lasciato correre  inavvertitamente nell’ ordinamento  del tutto, nulla che fosse ingiusto  0 irragionevole.   6. Vienti esercitando anche in ciò  a che tu credi aver poca attitudine.  La mano sinistra, la quale per di-  fetto di esercizio è disadatta ad altri  uffici, tiene il freno più saldamente  che noi faccia la destra, perchè a  ciò fu esercitata.    Digilized by Google    LIBRO DUODECIMO. B35   7. In che stato debba essere l’uo-  mo, e rispetto al corpo e rispetto  all’ anima, al sopraggiungere della  morte ; ' la brevità della vita, l’abisso  del tempo passato e del tempo avve-  nire, la debolezza di tutta la materia.   8. Osservare le cause denudate  della loro corteccia; il fine delle  azioni; che sia il dolore, che il pia-  cere, che la morte, che la gloria;  chi sia quegli che è cagione di tra-  vagli a sè stesso; siccome nissuno  è mai impedito da altrui; che tutto  è opinione (34).   9. Nel far uso dei precetti della  filosofia, fa’ di rassomigliare piutto-  sto al pugillatore che al gladiatore ;  perchè questi, lasciata cadere la  spada, vien morto ; ma quegli ha la  destra sempre, e non gli è mestieri  d’altro che di chiudere e scagliare  il pugno.    1 Sottintendi: contidera. P.    Digitized by Google     RICORDI.    386   fO. Vedere quali sono le cose  in sè stesse, risolvendole nei loro  elementi, la materia, la causa, il  fine.   H. Che potere ha 1’ uomo ! di non  fare se non ciò solamente che Iddio  sia per approvare, e di accettare  tutto che Iddio sia per inviargli.   Ciò che è conforme alla natura.*   12. Non ti dolere degli Dei, per-  chè gli Dei non peccano nè volon-  tariamente nè involontariamente;  nè degli uomini, perchè gli uomini  non peccano mai se non malgrado  loro. Di nessuno dunque ti devi do-  lere.   «   13. Quanto è mai ridicoloso e nuo-  vo colui che si maraviglia di al-  cuna delle -cose che accadono nella  vita !    • In tutte le edizioni che io conosco si  incomincia con questa frase il paragrafo se-  guente; ma non si fa alt^o che guastarvi  il senso. P.    Dìgilized by Google    LIBRO DUODECIMO. 387   14. O necessità fatale e ordine di  cose impreteribile, o‘ provvidenza  esorabile, o confusione a caso e senza  governo. Se necessità inflessibile *, a  che resisti? Se provvidenza esora-  bile ; fa’ che tu sia degno dell’ aiuto  divino. Se confusione senza governo;  pur beato che in tanta tempesta tu  hai dentro di te una mente gover-  natrice. Che se la bufera ti rapisce  seco, rapisca a sua posta il corpic-  ciuolo e la parte animale di te e  cotali altre cose; non potrà rapir  seco la mente.   ' 15. Che ? il lume della lampada,  fmch’ ella non si estingue, risplende  e non perde della sua luce; e in te,  prima che la vita si spegneranno la  verità, la giustizia, la temperanza?   10. Quando altri ti dà materia a  supporre che egli abbia permeato,  di’ teco stesso : come so io che ciò  sia un peccato? E se è peccato, ch’egli  non siasi già condannato da per sè ?   Mirco Aurelio. S2    Digitized by Google     388    • RICOBDl.    il che h come nn graffìarsi il pro-  prio volto. ' Pensa ancora che il non  volere che il dappoco erri, è un non  volere che il fico acerbo abbia lat-  tifìcìo, che i bambini vagiscano, che  il cavallo annitrisca, ed altri simili  effetti naturali e necessari. — E che  può egli fare in cotale disposizione ?  Se tu sei da tanto, incomincia a cu-  rar quella.   17. Se non è giusto, noi fare; se  non è vero, noi dire : perchè la tua  volontà è libera.   18. Esaminare in ogni incontro  che è la cosa che fa impressione in  te, ed esplicarla distinguendovi la  causa, la materia, il tempo entro il  quale avrà a cessare.*    * Seneca, De ira, IH, 26: € Nulla maior  pccna neqnìtiie est-, quiim quod sibi displi-  cet. » Conferisci IV. 6. P.   - Con questo paragrafo finisco Pinterpro'  taziono lasciata dalPOrnato, la quale, tran-  ne i luoghi indicati, io ho fodcljnonto .seguita  noi mio volg-arizzamento dal § 42 del lib. VI,    Digìlized by Google    LIBRO DUODRCIMO. 830   19. Accorgiti finalmente che tu hai  in te stesso alcun che di più potente,  di più divino che non sia ciò da cui  si generano gli affetti e che al tutto  ti trac qua e là come per ima fu-  nicella. Che è ora la mia mente?  Non è ella timore? Sospetto ? Cupi-  dità, 0 altra cosa cotale?   20. Primieramente nulla si faccia  a caso, nè senza uno scopo. Poi,  nulla sia riferito ad altro fine che a  quello universale e civile di tutta  1’ umanità.   21. Che in breve tu non sarai più,  nè alcuna delle cose che vedi, nè  alcuno di quelli che ora vivono. Per-  chè ogni cosa nacque per alterarsi,  mutarsi o morire, affinchè altre pos-  sano nascere secondo T ordine di  successione.    fin qni. Quanto all' interpretazione dei pa-  ragrafi che seguono, l'Ornato lasciò sola-  mente due otre note delle quali sarà parlato  al loro luogo. P,    Digilized by Google     340    RICORDI.    22. Che tutto è opinione, e questa  è in poter tuo. Adunque togli via,  quando ti piaccia, l’opinione, e come  navigante che appena superato il  passo di un promontorio, trovasi in  acque tranquille; così tu ti troverai  in perfetta calma e, come a dire,  entrato in un seno non agitati) da  .alcun flutto.   23. Una azione qualsivoglia, quando  cessa a suo tempo, non patisce al-  cun male per la cessazione. Ancora  r autore dell’ azione, per la medesi-  ma cessazione, non patisce alcun  male. Medesimamente il complesso,  0 vogliasi dire la serie di tutte le  azioni, che è quanto dire la vita,  quando cessa a suo tempo, non pa-  tisce alcun male per la cessazione,   , nè ancora chi cessa da questa serie  di azioni, soffre per ciò alcun male.  Il tempo proprio poi è determinato  dalla natura: talvolta dalla natura  .particolare, quando avviene nella    Digitized by Google    LIBRO DUODECIMO. 341   vecchiezza, ma ad ogni modo dalla  natura dell’ universo: le cui parti  trasformandosi e rinnovandosi del  continuo, ne segue che sempre nuovo  e sempre giovane si conserva nella  sua totalità il mondo. E bello sem-  pre e tempestivo è ciò che profitta  al tutto. Adunque la cessazione della  vita non è un male all’ uomo indi-  viduo, poiché non è cosa disonesta,  come quella che non dipende dal-  r arbitrio di lui, nè ripugna al fine  universale e sociale della umanità;  ed è in sé stessa un bene, perchè è  tempestiva e profittevole al tutto e  armonizzante con esso. E similmente  è divino r uomo che è mosso nella  medesima direzione e verso i mede-  simi fini che Iddio, ed ha caro di  essere mosso verso questi fini e in   «   questa medesima direzione.*   * Tutto questo periodo è nel testo gre-  co oscurissimo e diversamente inteso dai  comontatori. -r Chi è grecista vegga nella    Digitized by Google     U2    RICORDI.    ':i4. Queste tre cose non dimenti-  care : in primo luogo, per rispetto a  ciò che tu fai, che nulla sia fatto a  caso nè altrimenti che si farebbe  dalla giustizia in persona; e per  rispetto agli avvenimenti esteriori,  sieno essi effetti del caso o della  Provvidenza, che non vuoisi mai nè  incolpare il caso, nè mormorare con-  tro la Provvidenza. In secondo luo-  go, qual sia ciascun vivente dal mo-  mento della fecondazione sino a  quello della animazione, e da quello  della animazione fino a quello in cui  cessa la vita,' e di che elementi sia    nota a questo paragrafo nell' edizione di To-  rino le ragioni della nostra interpretazione  diversa da tntte le precedenti. P.   1 Bene ricorda qui il Gatakero com'egli  era opinione degli stoici il feto non essere  animato fino al momento in cui ^sce dal  seno materno. Fino a quel momento essi  consideravanlo come parte del corpo della  iinadre, come un ramo vegetante sul tronco  dell'albero a cui appartiene. Abbiamo ve-  duto (vedi la nota (26) in fine del volnme)    Digitized by Googl     LIBRO D0ODKOIMO. 343   composto e in quali sia per risol-  versi. In terzo luogo, che se tu le-  vato in altissima parte vedessi di là  tutte le cose umane e la grande  varietà loro, e vedessi ad un’ ora  quanta sia la moltitudine degli es-  seri aerei ed eterei che popolano  gli spazi all’ intorno; per quante  volte che tu venissi cosi levato in  alto, vedresti pur sempre le me-  desime cose, la somiglianza ^ che  sempre hanno fra loro e la breve  durata di tutte. Di cotali cose insu-  perbisci?   25. Espelli da te T opinione, e sei  salvo. Chi dunque ti impedisce que-  sta espulsione ?   26. Quando stai di mala voglia per  cagione di qualsisia cosa o persona,  tu dimentichi che tutto succede se-    come gli stoici fossero ignoranti di anato-  mia: lo erano ancora più di fisiologia. P. .   1 Intendi le succedenti rispetto allo an-  tecedenti. P.    D^itized by Googte     344    BICORDI.    condo la natura dell’ imiverso ; che  l’altrui colpa è male altrui; e inol-  tre che le cose che avvengono sono  sempre. avvenute e sempre avver-  ranno, e avvengono ora in ogni luo-  go al modo stesso; e ancora tu di-  mentichi quanto intima sia la pa-  rentela che ha ciascun uomo con  tutta la famiglia umana : perocché  non di sangue o di seme, ma è co-^  munanza di mente. Tu dimentichi  ancora che la mente di ciascun uomo  è divina e da Dio scaturita; che nulla  è proprio di nissuno, ma e il figlio-  lino, e il corpicciuolo e Tanimuccia  stessa, tutto venne da quello. Tu di-  mentichi finalmente che tutto è opi-  nione ; che ciascuno vive solo il mo-  mento presente, e perde solo il  momento presente.   27. Recati spesso al pensiero co-  loro i quali di alcun che fieramente  adiraronsi, coloro che per grandis-  simi onori, o sventure, o inimicizie,    Digitized by GcX)gIe    LIBRO DUODECIMO. 345   o altre fortune quali si fossero, di-  vennero illustri ; poi- chiedi a te  stesso; ora dove sono? Fumo, ce-  nere, languido romore di” fama, o  neppur questo. Poi ti occorrano alla  mente tutti questi cotali ; Fabio Ca-  tullinOjin villa, Lucio Lupo negli  .orti, Stertinio a Baia, Tiberio nel-  r isola di Capri, Rufo a Velia, e, per  dire in somma, tutte queste diverse  inclinazioni verso checchessia gene-  rate dall’ opinione; e quanto sieno  di poco pregio in sè medesime tutte  queste cose che con tanto studio si  ricercano; e quanto sia più da filo-  sofo il saper far buon uso delle cir-  costanze qualunque esse sieno, o per  dir più proprio, della materia quale ‘  ci è data, serbandoci sempre giusti,  temperanti e con semplicità obbe-  dienti a Dio. Perchè 1’ orgoglio del-   umiltà è di tutti il più abbomi-  nevple.   l28. A colóro che ti chiedono dove    Digitized by Gopglc     RICORDI.    S46   tu iibbia veduto gli Dei e donde  avuto certa notizia dell’ esser loro,  perchè tu abbia a venerarli -/rispondi  primieramente : « anche alla vista  sono percettibili;' » e poi: « nè an-  cora la mia mente veggo io, e non-  dimeno io l’ho in onore: e così da  quelli effetti che mi rivelano la loro  potenza argomentando che essi sono,  venero io gli Dei. »   29. Salvezza di tutta la vita è il  vedere ciascuna cosa quale sia in sè  stessa, quale la materia di essa, quale  la ' causa ; e attendere con tutta  r anima a operare il giusto e a dire  il vero. Poi, che ti rimane a faie, se  non se godere della vita, facendo  senza ristare che un bene succeda    ' Opportunamente avverto qui il Gatakero  come Antonino potesse, stoicamente, dire  benissimo, gli Dei essere visibili anche al-  r occhio, poiché il mondo primieramente  era per essi il Dio supremo; e poi fra gli  Dei generati essi veneravano il sole, gli  astri, gli elementi eo.    Digilized by Google    LIBRO DUODECIMO. * 347   immediatamente ad un altro, non  lasciando fra due neppure un me-  nomo intervallo ? '   30. Una è la luco del sole, ancora  che divisa all’ infinito da pareti, da  •monti, da altri obbietti innumerevoli.  Una è la materia comune, ancora  che divisa in una moltitudine innu-  merevole di corpi, ciascuno dei quali  ha le proprie qualità. Una è la vita,  ancora che distribuita in una molti-  tudine innumerevole di nature par-  ticolari. Una è r anima intelligente, '  ancora che sembri divisa in tante  unità. Ora tutte le altre cose sopra-  scritte, esseri organici viventi ed es-  seri privi di vita; non hanno comu-   < Intendi: Quando tu sia ben risolato di  non attendere ad altro chò ad operare il  giusto e a dire il vero, non avrai più briga  alcuna, e non avrai che a godere della vita;  il qual godimento consiste appunto nel dire  il vero e praticare la giustizia; e il godi-  mento .sarà continuo, se tu non cessi un  momento dalle azioni virtuose che sono il  vero bene. P.    Digitized by Coogle     BICORDI.    * 348   nanzà fra loro nè corrispondenza  alcuna di sensibilità, sebbene anche  ad esse il respirare e il gravitare  verso un centro sia a tutte comune.’  Ma alla mente è proprio il tendere  verso ciò che le è congenere, e con •  esso ella si unisce, nè può essere  esclusa da lei questa corrispondenza  di affetti e di sensi.   31. Che brami? Campare? -« Non  questo. — Che dunque? Aver sensa-  zioni, moto, incremento, appetiti?  Far uso della facoltà della parola,  di quella del raziocinio? (35) E che  di tutto ciò ti sembra degno da de-  siderare ? Se ciascuna di queste cose  ti sembra dunque in sè poco prege-  vole, volgiti à quella che sola rima-  ne, al seguire la ragione e Dio. Ma  a questo culto ripugna eh’ e’ ti gravi   * Il testo in questo luogo è certamente  corrotto. Chi ' vuol vedere come sia stato  emendato e quindi interpretato dair Ornato  in una lunga sua nota, ricorra all' Adizione  di Torino. P.    Digitized by Google    LIBRO DUODECIMO. 34^   il dover essere per la morte escluso  dalle cose dette dianzi.   82. Qual particella del tempo in-  finito fu assegnata a ciascuno? Tosto  perderassi nell’ eternità. Qual parti-  cella di tutfii la materia? Qual par-  ticella di tutta l’anima? Sopra qual  particella di tutta la .terra ti vai  strascicando? Questi pensieri ti ri-  . cordino che non hai a fare gran  caso di nulla, fuori l’operare se-  condo che la natura ti guida, e tol-  lerare tuttociò che la natura comune  ti arreca.   33. Che uso fa di sè stessa la  mente? Questo è il tutto per te.  Tutto il rimanente, sia o non sia  sottoposto alla tua volontà, è per te  cadavere e fumo.   34. A farti disprezzare la morte  gioverà il pensare come anche co-  loro che ebbero il piacere per un  bene e il . dolore per un male, non  di meno la disprezzarono.     BICORDI.    850   35. A colui al quale ciò solo che  è tempestivo è un bene, «poco im-  portandogli il maggiore o minor  numero di azioni virtuose che sa-  ràgli concesso di compiere, a co-  lui, dico, la morte non ha nulla di  pauroso.   36. O uomo, facesti le tue parti di  cittadino in questa grande città; che  rileva a te se per cinque o solo tre  anni ? Ciò che è secondo la legge, è  giusto ed equo per tutti. Come puoi  dunque rammaricarti se sei riman-  dato, non da un tiranno, non da un  giudice iniquo, ma dalla natura che  ti avea introdotto, non altrimenti  che un attore è rimandato dalla scena  dal direttore della commedia che ve  lo avea chiamato? -- Ma io non ho  recitato i cinque atti. — Bene dice-  sti ; ma nella vita anche tre atti ba-  stano a compiere il dramma. Per-  ciocché chi ne determina il fine, è  quel medesimo che allora fu autore    Digilized by Google    LIBRO DUODSOIKO. -i5t   della plasmazione, cd ora ò della  dissoluzione : tu non fosti autore nè  dell’ una nè dell’ altra. Vattene dun-  que in pace e contento, chè quegli  ancóra che ti accommiata è contento  e propizio.    ¥    Digilized by Google     Digitized by Google    NOTE:    Pag. 29, ]. 12.   (1) Due difetti, 0 cattivi abiti, nota  q^ui e contrappone Antonino: l’uno, del  lasciarci guidare unicamente dalle im-  pressioni che fan su di noi gli oggetti  esterni, divagando da questo a quello  secondo che quello ci attrae più forte-  mente che questo: l’altro del lasciarci  guidare unicamente dai pensieri o idee  che ci vengono in mente a caso, seguendo  quelli che eccitano più la nostra atten-  zione: due stati passivi, dove l’uomo   «   non esercita punto la volontà, nè l’in-  telletto, ma segue ciecamente, nel primo,  il caso esterno, o nel secondo, il caso   M.irco Altri lio. 28    Digitized by Google     RICORDI.    854   eh’ io chiamerò interno, cioè quella che  è stata nomata di poi legge di asso-  ciazione delle idee : due stati quindi  dove Tuomo non ha scopo; il primo  de’ quali ha luogo nella vita puramente  animale, e il secondo nel sogno: quello,  proprio del giovane troppo dedito al  senso; questo, del vecchio rimbambito.  E quindi, dopo avere esortato sè stesso  a fuggire il difetto del giovane, si esorta  a fuggire quello del vecchio. Il carattere  che fa riconoscere il vecchio per rim-  bambito è il vaneggiare, cioè il parlar  senza costrutto, ripetendo il già detto.  Ma Antonino avverte sè stesso che  l’uomo può essere rimbambito già an-  che quando non parla ancora senza co-  sti itto, non vaneggia ancora in parole,  se egli fa delle azioni senza costrutto,  o vaneggia nelle azioni: il che ha luogo  ogni volta che esse azioni non sono  collegate tra sè, non hanno unità, cioè  non sono riferite tutte ad uno stesso  ed unico scopo. Vedi XI, 21. 0.    Digitized by Googlc    NOTK.    355    Pag. 84, 1. 14.   ( 2 ) Questo lodare la compassione (e  Antonino sarà più esplicito in altri luo-  ghi), senza aggiungere con Epittcto che  ella debba essere puramente esteriore  e non di cuore, è certamente una con-  tradizione al principio stoico: la com-  passione essere^ come tutti gli altri affetti;  un moto irragionevole delV anima, e con-  trario alla natura, il saggio non essei'c  accessibile alla compassione; una con-  tradizione a ciò che è detto in questo  medesimo §, dovere il saggio mantenere  il suo genio interno netto da passione;  ma è una di quelle contradizioni ma-  gnanime per le quali il cuore corregge  talvolta gli errori dell’intelletto. Sul  punto particolarmente della compas-  sione, come su quello dell’aifezione versò  gli amici e i congiunti e verso tutti gli  uomini (vedi I, 13, 14; VI, 39; X, 36)  era Antonino uno stoico poco fedele ai  principii della sua scuola, e seguiva  piuttosto Platone e Aristotele, i quali    Digitized by Google     RICORDI.    356   insegnavano il sentimento della pietà  essere il carattere distintivo delle belle  e grandi anime; e quel detto di Fo-  cione, conservatoci dallo Stobeo: non  togliete nè Voltare dal tempio y nè dalla  natura umana la compasnione. F< in questa  deviazione, almeno in pratica, dal ri-  gore dell’antica dottrina del Portico,  Antonino era stato preceduto da altri  stoici illustri così greci come romani:  il che non potea non avvenire, perchè  secondo un antico senario greco, il cuore  soltanto del malvagio non è capace di  essere ammollito. E però il severissimo  Catone, già deliberato in quanto a sè  di morire, pianse, come narra Plutarco,  per pietà di tutti quelli amici e con-  cittadini suoi che eransi pur dianzi  affidati ad un maro procelloso per non  lasciarsi cogliere in Utica da Cesare  vincitore, come avea pur pianto alcuni  anni innanzi per un fratello amatissimo,  quando trovandosi esso Catone al co-  mando di una legione in Macedonia, alla  novella che il detto fratello era mo-    Digilized by Google    NOTE.    357   reute in Enos città della Tracia, salpò  immantinente con piccolo e fragil legno  da Tessalonica, contro l’avviso di tutti  i nocchieri, per un mare tempestosis-  simo, e giunto in Enos trovò il fratello  già spento (Plut., vita di Catone, XI).  E pianse certamente Cornelio Tacito,  benché stoico anch’egli, quando, dopo  aver narrato come era vissuto e morto,  non senza sospetto di veleno, Giulio  Agricola suo suocero, aggiungeva queste  patetiche parole: « Beato te. Agricola,  che vivesti sì chiaro e moristi sì a  tempo : abbracciasti la morte con forte  cuore e lieto ; quanto a te, quasi scol-  pandone il principe. Ma a me e alla  figliuola tua, oltre all’acerbezza dell’ a-  ver perduto un tanto padre, scoppia il  cuore che non ci sia toccato ad assi-  stere nella tua malattia, aiutarti man-  cante, saziarci di abbracciare, baciare,  affissarci nel tuo volto; avremmo pure  raccolti precetti e detti da stamparli nei  nostri animi. Questo è il dolore, il col-  tello al nostro cuore. — Senza dubbio.    Digitized by Googlc     RICORDI.    358   0 ottimo padre, per la presenza della  moglie tua amatissima, ti soverchiarono  tutte le cose al farti onore; ma tu se*  stato riposto con queste meno lagrime,  e pure alcuna cosa desiderasti vedere  al chiudere degli occhi tuoi. » (Tradu-  zione del Davanzati). P.   ' Pag. 50, 1. 19.   (3) Fra le varie divisioni dei beni  appo gli stoici, l’una è questa, che dei  beni altri sono finali, altri efficienti,  altri e finali insieme ed efficienti. I  beni finali sono parte della felicità e  la costituiscono : gli efficienti solo la  procurano : i finali ed efficienti insieme  e la procurano e sono parte di quella.  Del primo genere sono la letizia, la li-  bertà deir animo, la tranquillità, ecc.  Del secondo, l’uom prudente ed amico;  del terzo, tutte le virtù. L’uom pru-  dente ed amico è un bene efficiente,  perchè muove con la sua diapoaizion  razionale la tua diapoaizion razionale  (lib. V. 28), cioè è occasione a te di    Digitized by Googl    NOTE. 859   buone azioni. E nello stesso modo è un  bene di quel secondo genere ogni cosa,  o sia pensiero o altro, che è occasione  a te per camminare verso la perfezione.  Di questo bene parla ora Antonino. Il  quale, per lo esser solo efficiente, e non  finale, cioè pel non essere accompagnato  ancora da quel sentimento intimo di  gioia perfetta che costituisce la felicità,  non attrae invincibilmente il tuo volere;  ed è necessario quindi, perchè operi ve-  ramente sull’ uomo,* che questi si sot-  tragga da tutte le altre cose che ne  lo possono sviare (conferisci quello che  ne insegna la teologia intorno alla gra-  zia). E quando Antonino chiama questo  bene razionale (che è attributo generale  del bene appo gli stoici), il fa per op-  posizione al preteso bene degli Epicurei,  che è sensibile. Seneca, epistola ultima :  « Chi riguarda il piacere come sommo  bene, giudica che il bene sia sensibile :  noi il giudichiamo intelligibile. » E più  sotto: « Non è bene dove non è ra-  gione. » Tutte queste cose era neceà-    Digitized by Google     BICORDI.    360   sa rio notare per ìscliiarimento e con-  formazione del testo, dove la maggior  parte dei cementatori ed interpreti ha  voluto cangiare la parola efficiente in  civile 0 vuoi sociale^ con manifesto danno  del senso e del pensiero di Antonino. 0.   Pag. 73, 1. 4.   X   (4) Dispensazione^ in greco economia^  vale generalmente governo della casa,  amministrazione. E perchè molte cose  si fanno pel governo della casa, le quali  da per sè sole non si farebbero (come  per esempio il risparmiare certe spese  perchè le sostanze famigliar! sopperi-  scano al mantenimento di quella), quindi  è stata applicata questa voce ad ogni  cosa che si faccia con fine provviden-  ziale, benché sia di nessun pregio in  sè od anche noiosa; come p. e. il ga-  stigare i rei. È usata sovente in questo  senso dagli scrittori greci e latini di  tarda età, e stoici ed altri, e massima-  niente dai padri della Chiesa. È tra noi  disusata perchè è disusato il concetto    Dìgilized Ijy Google    NOTE. 361   eh’ ella esprime. Ma per provare la sua  antica cittadinanza in Italia allegherò  il passo seguente del Cavalca, l’ultimo  dei citati sotto essa voce nel V. della  Crusca (Medicina del cuore): Per di-   vina dispensazione avviene che, per li  pessimi vizi e gravi, grave e lunga tri-  bolazione ed infermitade arda e salvi  r anima. » 0.   Pag. 100 , 1 . 6 .   (5) Da una nota dell’ Ornato credo  che, quando la scrisse, inclinava^ per  l’ interpretazione di questo luogo, a dar  ragione allo Xilandro contro i posteriori.  Se non mutò poi di parere, il senso di  questa espressione con libertà di parole^  dovrebbe essere liberalmente^ cioè con  liberalità di parole, o generosamente ^ poi-  ché così anche lo Xilandro intende lo  £À6u0£.'iu)5 del testo. E con questo racco-  mandare la generosità nelle preghiere,  Antonino intenderebbe, come osserva il  Gataker, di biasimare le preghiere che  non mirano che all’interesse proprio di    9    Dìgitized by Googic     362 RICORDI,   chi lo fa. E però loda quella preghiera  degli Ateniesi, i quali, al dire di Pau-  sania, solevano pregare non solo per  tutta l’Attica, ma anche per tutta la  Grecia. P.    ^ Pag. 131, 1. 9.   (6) AUto^ nel senso peripatetico e  scolastico, è V affezione costante deWente:  e per quel carattere di costanza si di-  stingue dalla disposizione^ che è varia-  bile. Appo gli stoici è la forza o virtù  che mantien l’ente in quella affezione  costante; o, siccome essi favellano, < è  14 ) spirito (intendi aria) che mantiene U  corpo e il contiene: » perchè l’ente ò  corpo appo loro. « La mente dell’ uni-  verso, diceva Zenone, penetra per tutte  le cose particolari e le mantiene e go-  verna : ma non tutte nel medesimo modo:  perchè nelle une si manifesta come abito  (pietre, legni); nelle altre come natura  (intendi principio organico mero: piante,  alberi); nelle altre come anima (prin-  cipio animrle mero: bruti); nelle altre    Digilized by Googl    9    NOTB.    368   ancora come mente e ragione (anima  ragionevole universale e sociale appo  Antonino; uomini). » — Le cose gover-  nate dair abito sono adunque i corpi  dove non è altro principio costituente  che il generale di corpo : dove per con-  seguenza non è altro carattere distin-  tivo che quella affezione (modo d’es-  sere) costante por cui sono il tal corpo  anziché il tal altro. Sono la classe in-  fima e generalissima di corpi , che noi  chiamiamo inorganica. Nelle cose go-  vernate dalla natura, oltre al carattere  generale di corpo v’ ha già il carattere  d’organizzazione. Nelle cose governato  dall’anima, oltre al carattere di cor-  poreità e di organizzazione, v’ha di più  quello di animalità ecc. Le classi si van  cosi ristrignendo e innalzando sino al-  r ultima, che ha per carattere la razio-  nalità. 0.    Pag. 164, 1. 7.   (7) In questo § il testo è. in più d’un  luogo corrotto, e verìsimilmente havvi    Digitized by Google     RICORDI.    364   anche qualche lacuna. Non potrei dire  precisamente quali sieno le emendazioni  seguite 0 fatte dall’ Ornato, perchè una  sua lunghissima nota sulle difficoltà di  questo paragrafo, oltre che è piena di  cancellature e in gran parte non intel-  ligibile, è anche manchevole, essendone  stato lacerato via, non so da chi (forse  dall’ Ornato. medesimo per aver mutato  parere), un mezzo foglio. Nel voltare  in italiano io mi sono discostato il meno  possibile dalle parole stesse dell’ Ornato,  e ho serbato inalterato il senso della  sua interpretazione. P.   Pag. 168 , 1 . 9 .   (8) Questo paragrafo, essendo corrotto  in più luoghi, dei quali l’ emendazione fu  inutilmente tentata finora, è diversa-  mente inteso dagli interpreti. L’ Ornato  lasciò scritto al principio di una lunga  nota: «di questo veramente corrotto  paragrafo non so che partito trarre. »   La sua interpretazione che io seguii  nel volgarizzamento vuol dunque essere    Digllized by Google    NOTE. 365   accettata con quella medesima riserva  con che egli la propose. P.   Pag. 170, 1, 18.   (9) La parte che segue di questo para-  grafo è assai guasta, e fors’ anche muti-  lata. L’Ornato non la tradusse in alcun  modo, riserbandosi di farlo quando avesse  trovato una correzione che gli piacesse :  intorno a che lasciò molte note. Nel  mio volgarizzamento ho letto il testo  come fu letto dallo Schiiltz, non perchè  egli approvasse in tutto quella lezione,  ina perchè non seppe trovarne una mi-  gliore. P.    Pag. 171, 1. 10.   (10) Il testo di questo paragrafo è cor-  rotto, e chi corregge in un modo e chi in  un altro, e chi ancora difendo la vulgata.  Io ho seguito quella fra le molte e varie  emendazioni, dalla quale parvemi almeno  di poter trarre un senso chiaro. Chi  volesse studiar meglio questo luogo nel  testo, conferisca VI, 4, 10: VII, 50: Vili,    Digitized by Google     RIGOBDI.    366   17, 25; IX, 39; X, 7. Poi sensori tutto  il paragrafo conf. anche V, 33, e Seneca  epist. 65; « More quid est? aut finis,  aut transitus. > P.   Pag. 192, 1. 15.   (11) Tutti gli interpreti che io co-  nosco finora, compreso anche il Gata-  kero, il quale nondimeno si scosta dal  vero meno che gli altri, pigliano qui il  granchio (fan pietà il Dacier o il Joly  che seguono ciecamente il Gasauhono,  come fa pure il Barberini: il Milano poi  è la stessa pecora sempre, il tedesco  Hoffmann erra men grossamente col Ga-  takero), confondendo insieme, siccome  fossero una sola cosa, la toù 3Xou (fùaiv  e il ToO xóojjiou ’hys.uQvixdv ; quando anzi  nella distinzione di queste duo cose è fon-  dato il senso di tutto il paragrafo. La toO  SXou qjvlcjis è la potenza creatrice o faci-  trice primitiva; lo •óyepwvixòv toO xóopiou  è la potenza governatrice, dipendente da  quella prima, generata, o formata da quel-  la prima: siccome la natura dell’ uomo    Digitized by Google     NOTB. 367   forma l’nomo, cioè la mente dell’nomo non  meno che il corpo ; e la mente deH’uomo  poi gOTema il corpo. Il senso adunque  di tutto il paragrafo è questo : La natura  dell’universo decretò, determinò con de-  liberazione ragionevole il mondo, dan-  dogli, per così dire, un corpo ed una  mente. Ora, o questa mente, a cui è  affidato il governo del mondo, segue la  ragione (perchè la mente nel senso dello  ^ìf£|jiovixbv può anche talora essere sra-  gionevole); e allora tutte le cose che  ella fa, sono quali le ha determinate  generalmente dà principio la natura  formatrice del tutto, sono involute in  quella prima determinazione, sono con-  seguenza necessaria di quella prima de-  terminazione, ecc. ; ovvero essa mente  non segue sempre la ragione, e allora  essendo essa soggetta a capriccio, dovrà  accadere che non solamente le cose di  minor conto che ella fa, ma anche le  cose principali sieno sragionevoli. Ma  noi non veggiamo mai che nelle cose  principali ella sia sragionevole; dunque    Digitized by Google     RICORDI.    368   non può essere sragionevole nè anche  in quelle di minor conto; dunque tutte  le cose vanno secondo ragione. 0.   Godo di aver potuto deeiferare nel  manuscritto dell’Ornato e quindi trarre  in luce la precedente nota (la cui reda-  zione sarebbe certo migliore se l’ autore  avesse potuto ripulire e pubblicare egli  stesso il suo lavoro); perchè l’inter-  pretazione e illustrazione contenuta in  essa è ingegnosissima, naturalissima e  confermata da tutto quello che cono-  sciamo della fisica degli stoici. La na-  tura universale (n toù óXov (pdcjts), la  potenza facitricc 0 creatrice, come dice  l’Ornato, è il Dio puro, il quale trae  l’universo dalla sua propria sostanza, è  l’unità assoluta senza distinzioni e di-  versità di parti, è la natura naturane;  la potenza governatrice, la mente che go-  verna il mondo (TÓrìysixovixóv toù xó^jxou),  generata da quella prima, è all’incontro,  nell’attuale diversità delle cose,' nella  nauìra naturata, nel mondo propriamente  detto e composto di anima e di corpo,    Digitized by Googl    NOTE.    369    è, dico, la provvidenza, l’anima di esso  corpo (vedi la nota al § 7 del lib. X).  — Al novero degli interpreti che fran-  tesero questo § è ora da aggiungersi  Mr. Alexis Pierron, che pubblicò la sua  traduzione dei Ricordi un anno dopo  la morte dell’ Ornato. Ed è tanto più  da stupire che il sig. Pierron abbia egli  pure sì mal compreso, in quanto che,  avendo egli già prima tradotto la Me-  tafisica di Aristotele, dovea essere suf-  ficientemente versato nelle dottrine filo-  sofiche delle principali scuole della  Grecia. P.   Pag. 203, 1. 22.   (12) Quasi tutti i traduttori hanno  franteso questo luogo, pigliando l’iwoia  per intelletto^ ragione^ e traducendo quin-  di: vide ne intellectus hoc feraf.... il senso  letterale, aggiungendo ciò che è sottin-  teso, è: vedi se la nozione (che tu hai di te  stesso come uomo) soffre cotesto, soifre  cioè che tu dica esser nato a goder dei  piaceri. 0.   Marco .Parelio. ìk    Digllized by Google     RICORDI.    370   M. Alexis Pierron, seguendo l’ esempio  di tutti i suoi predecessori, pigliò an-  ch’egli Vhvo'.a per intelletto tradu-  cendo: vota a' il y a du bon aena à le  prétendre. P.   Pag. 209, 1. 21.   (13) Colia bontà delle singole azioni  vuotai procacciare di ben comporre la vita.  Il testo c brevissimo : l’ Ornato talvolta  troppo fedele alla lettera e studioso di  conservare tutta la brevità dell’ origi-  nale, avea tradotto: ai vuol comporre  la vita mettendo inaieme le azioni ad una  ad una; poi comporre inaieme la vita  accozzando le azioni ad una ad una;  poi allogando le azioni ad una ad^ una.  Non credo che so avesse potuto ripu-  lire e terminare egli stesso il suo la-  voro, si sarebbe contentato di alcuno  di questi tre modi, che tutti peccano  di oscurità e di ambiguità. A costo dì  essere men breve, io ho creduto di dover  essere piò chiaro non solo in questa  frase, ma in tutto questo paragrafo,    Digilized by Google     NOTE.    371   svolgendo un poco il concetto dell’au-  tore siccome io l’intendo. Conferisci  IV, 1; V, 20; Vili, 32. P.   Pag. 212, 1. 19.   (14) Quasi tutti gli interpreti fran-  tendono. 0.   Nel novero degli interpreti che fran-  tesero questo luogo comprendi ora an-  che Mr. Al. Pierron, che sdgue docil-  mente- jl Gataker e lo Schultz. L’errore  sta nel legare Io i^’oioy ctv xoti up^rìae  col ófUTw che precede ; laddove si   riferisce all’azione alla quale l’animale  ragionevole tendea e nella quale è stato  impedito. E ciò pare che abbia poi ca-  pito lo Schultz nella sua seconda edi-  zione del testo greco, avendo egli posto  una virgola dopo il óutù. P.   Pag. 216, 1. 7.   (15) Se tu vo/eafi ftema la debita ri-  tterva . . , che da lei etesaa; cioè a dire:  se tu volesti assolutamente e non a   - condizione soltanto che la cosa fosse    f    Digitieed by Coogle     872 ftICORDL   r   t)Ossibile; questo atto della tua volontà  fu veramente un male, perchè, come è  detto altrove (IV, 1; VI, 50), l’ animai  ragionevole non dee voler nulla che non  sìa in poter suo, ed anche il bene re-  lativo, non dee volerlo se non se con-  dizionalmente, cioè in quanto sia pos-  sibile; rimpossibilità essendo per gli  stoici sinonimo di non voluto dalla na-  tura e dal destino, al quale il savio  non dee ripugnare. Che se poi la cosa  voluta da te fu una di quelle che non  sono pur buone in senso relativo, e  quindi il volerla fu un appetito, pren-  dendo il vocabolo volere nel significato  volgare, cioè un moto del senso, piut-  tosto che della volontà ragionevole; tu  non ricevesti nocumento nè impedimento  veruno: perchè tu non sei «erwo, ma  bensì mento, ragione o volontà razio-  nale, (V. la nota al § 26 del lib. X),  e come tale, in quanto operi secondo  la tua propria natura non puoi essere  impedito da nissuna forza esteriore. —  Così intendo questo luogo, così certa-:    Digitized By Cooglt    NOTE.    373   mente è stato inteso dall’ Ornato (assai  diversamente dagli altri interpreti che  io conosco, il Gataker, lo Schultz e ul-  timamente il Pierron), e questo senso  ho procurato, di esprimere traducendo.  L’Ornato lasciò una breve nota a questo  luogo, ma in essa non fa che avver-  tire le difficoltà del tradurlo, stante la  povertà dell’italiano ,comparativameute  al greco, e scusare l’ oscurità e l’ ambi-  guità della traduzione tentata da lui. P.   Pag. 226, 1. 2.   (16) Di tutto questo paragrafo l’Ornato  avea fatto quattro tentativi diversi di  traduzione, tutti laboriosissimi, come  appare dalle molte cancellature e corre-  zioni. In margine alla quarta od ultima  prova scrisse: Sta qui fermo, perche  farai peggio se cangi. Non fu quindi  senza molto bilanciare che mi risolsi a  fare io, come feci, una quinta prova,  essendomi sembrato che il miglior par-  tito fosse qui di tradurre letteralmente,  e spiegare i sensi del testo nelle note.    Digitized by Coogle     RICORDI.    374   Ad illustrazione del senso stoico di  tutto il paragrafo ricordiamoci priiniera-  inente che secondo gli stoici: c Dio, con-  siderato dal lato fisico, è la forza motrice  della materia, è la natura generale, e  r anima vivificante del mondo; conside-  rato dal lato morale, è la ragione eterna  che governa e penetra l’universo, è la  provvidenza benefica, è il principio della  legge naturale che comanda il bone e  proibisce il male. » Ricordiamoci ancora  che l’aria, come uno dei due elementi  attivi e parte essa stessa della sostanza  divina, ò dagli stoici considerata come  il principio della vita sensitiva. Dice  adunque Antonino : non contentarti ora-  mai di essere unito con Dio a quel  modo solamente che sono uniti con lui  gli esseri solamente sensitivi, cioè per  mezzo della respirazione ; ma fa’ ancora  di unirti con lui a quel modo che si  appartiene agli esseri intellettivi, cioè  con cognizione e accettazione libera  dello scopo che Iddio ha proposto al-  r accettazione libera di quelli. E però,    «    Digitized by Googl    NOTE.    375   siccome tu traggi dall’aria ambiento  gli elementi della tua vita sensitiva,  traggi ancora dalla ragione ambiente  gli elementi della tua vita intelletti-  va. P.    Pag. 243, 1. 20.   (H) esistenza delle' cose . . . dissol-  vendotù (Tràvxa èv [xerai^oX-^. K«ì ocùrCg  cù év ^'.r,v£xet à^.Xoicoasi, \at xaxa ti (JiOo-  p^). Qui mi pare che fosse il caso  di dovere assolutamente abbandonare  la lettera e contentarci di esprimere il  senso del testo, piuttosto che cercar  di tradurne le parole, che non sono tra-  ducibili in italiano. L’Ornato avea detto:  tutte le, cose vanno soggette a mutazione.  E tu stesso ti alteri continuamente, e  peì'^isci, per cosi dire. Ma egli non era  contento, come appare dall’usato segno.  E in vero che significa quel tutte le cose  vanno soggette a mutazione f Significa, e  non può significare di più, che tutte le  cose possono essere mutate e lo saranno  effettivamente quando che sia; ma ciò    Digitized by Google     376 RICORDI.   liou esprime quella condizione delle cose,  per cui non hanno stato, o modo di es-  sere che perduri pure un istante senza  mutamento, che è la vera condizione  delle cose secondo il pensiero di Anto-  nino e voluta esprimere da lui. Chi do-  vesse tradurre questo luogo in tedesco,  lo potrebbe fare, parmi, benissimo di-  cendo : Alle (Unge aind in unaufhorlichem  anclera-werden ; come si dice in werden  non solo dai filosofi, ma anche nel lin-  guaggio famigliare, quando di una cosa  che non è ancora, ma si sta incomin-  ciando 0 si va facendo, si suol dire:  Die Saehc iat noch ini werden. Ma la  nostra lingua non ha tutta la flessibi-  lità del tedesco, uè sarebbe chiaro, uè  permesso il dire in italiano : tutte le coae  sano in un continuo mutarai. P,   Pag. 253, 1. 15.   (18) È una singolare coutradizione  di Marco nostro e di, altri stoici poate-  riori il venir cosi spesso parlando con  tanto dispregio della materia che aottoatà    Digitized by    NOTE.    377   alle cose ( tt ,? ii7:oy.e'.[xi\rng uXin?, — A"edi  anche YI, 13, e altrove). Il mondo è tut-  tavia per essi un animale perfetto e  bellissimo, il cui corpo è la materia, e  l’anima, Dio (vedi i Ricordi passim, e  specialmente X, 1). Le rughe sul volto  del vegliardo, le screpolature delle ulive  e del fico vicini ad infradiciare, la bava  del cignale ed altre sì fatte cose hanno  pure una certa grazia e venustà (III, 2),  perchè il mondo è perfetto, e nulla è  nelle suo parti che non conferisca alla  bellezza del tutto. Perchè dunque ora  tanto dispregio non solo per tale o tale  altra parte, ma universalmente per tutta  , la materia che sottosta, quando questa  materia, che non è poi altro per gli  stoici se non se il suhstratum indeter-  minato di tutto il contingente sensibile,  è essa pure sostanza divina secondo la  scuola? P.   Pag. 265, 1. 20,   (19) Intendi: « o tu voglia dire che  il mondo sia stato formato di atomi.    Digitized by Coogle    378 BICORDI,   ed abbia quindi origine dal caso; o che  sia stato formato di nature (essenze,  entelechie, monadi), ed abbia quindi  per origino l’ intelligenza, o la natura,  che qui è sinonimo di intelligenza ; que-  sta cosa pongo io certa anzi tutto, come  tratta dalla mia osservazione immediata,  che io sono attualmente parte di un tutto  governato da una natura. » Con altre  parole: « o tu faccia venire il mondo  dalla pluralità, o tu lo faccia venire  dall’unità, ella è cosa di fatto che io  ci ravviso attualmente una pluralità  governata da una unità. » Il qual me-  todo di filosofare, per cui, lasciata stare  la disputa intorno all’origine delle cose,  si viene ad esaminare la realtà attua-  le di esse; lasciato stare il lontano e  mediato, si viene ad osservare l’ imme-  diato e prossimo; lasciata stare la co-  gnizione dedotta, si viene a far capo  alla cognizione di fatto acquistata per  osservazione; è solenne ad Antonino.  Vedi il passo quassù, IV, 27 ; vedi an-  che XII, 14 ecc. 0. P.    Digilized bv '1^-    NOTE.    379    Pag. 268, 1. 4.   (20) Ricordi il lettore che appo  stoici mondo, tutto, natura, Dio sono   V   sostanzialmente la stessa cosa, e però  quelle che poco innanzi furono chiamate  parti del tutto, qui sono dette della  natura. Dìo, natura, mondo, tutto sono  espressioni diverse che corrispondono a  modi diversi di considerare una stessa  cosa, e questa diversità è relativa alla  mente finita dell’uomo che non può si-  multaneamente contemplare gli aspetti  e momenti diversi delle cose, e non alla  realtà obbiettiva. Quindi ò che le espres-  sioni soprascritte sono non di rado usate  runa per l’altra, poiché sostanzialmente  significano la medesima cosa. Il mondo  KÓrfixog), dice il Laerzio (VII, 70), era  dagli stoici considerato: 1® come causa  0 pbtenza informatrice di tutte le cose  che sono {natura nuturans, i; t£-   Xvtxfi, -ij ToO òlo\j q>0ai<é ), la quale, come  artefice e informatrice di sé medesima,  trae da sé stessa e informa tutte le coso    Digilized by Google     RICOUDI.    380   con suprema saviezza e divina necessità,  cioè secondo le sue leggi che sono quelle  della ragione ; 2" come la totalità delle  cose informate e ordinate dalla potenza  informatrice immanente in esse e go-  vernatrice di esse (dotta allora  xòv Toù xd^fjLou) e quindi come l’opera  vivente, il vivente organismo, o corpo  organato da quella {natura naturata) ;   finalmente come l’unità dei due, cioè  dell’ organismo vivente e della forza or-  ganatrice e governatrice, in quanto l’uno  non si distingue dall’altra se non se  per la contemplazione della mente finita  deU'uomo. Vedi i Prolog» nell’edizione  di Torino. P.   Pag. 270, 1. 9.   (21) Fa che tu vi sottoponga col pen^  siero ... di che io ragiono. Ho conser-  vato tutte le parole della interpreta-  zione dell’ Ornato, perchè non avrei  saputo quali altre più chiare sostituir  loro ; atteso che io non son sicuro di  intendere qui nè che cosa abbia voluto    Digitized by Google     NOTE.    881   dire r Ornato, nò che cosa Antonino.  L’Ornato volea faro a questo luogo una  nota ; ma non la fece, e non trovo altro,,  che si riferisca a questo luogo, ne’suoi  manoscritti, se non se un cenno pel  quale è indicato che egli lesse qui ò, ti  risolutamente^ ove tutti gli altri, che io  conosca, lessero &ti; e che egli intese  r Ù7TÓ0OU diversamente da tutti gli altri  interpreti. Il Gatakcr, e lo Schultz  che lo segue da vicino, non sono più  chiari. P.    Pag. ‘273, 1. 13.   (22) Le quali tu apprendi»,, conside-  razione del tutto. Così l’Ornato svolse ed  illustrò il pensiero di Antonino espres-  so brevissimamente e, parmì anche, poco  chiaramente nel tosto. Non ho mutato  quasi nulla alla versione di questo para-  grafo lasciata dall’ Ornato, sia perchè ho  motivo di credere che ne fosse già poco  meno che contento egli stesso, trovando  io questo paragrafo nettamente ricopiato; ^  sia perchè non avrei voluto correr peri-    Digitized by Google     382 RICORDI,   colo (li alterarne benché minimamente il  senso, trattandosi di un luogo che egli  intese assai diversamente da tutti gli  altri interpreti. Conferisci il senso di  tutto questo paragrafo con quello del  § 2, lib. VII. P.   Pag. 274, 1. 6.   {23) Vuol dire che non bastano le  impressioni buone che noi riceviamo per  mezzo della sensibilità, le quali possono  e sogliono venir cancellate da impres-  sioni contrarie, ma ci vuole anche il la-  voro deir intelletto che riduca quelle ad  unità e le fermi cosi nel nostro spirito,  formandone come un corpo di scienza.  Non basta l’osservazione, l’applicazio-  ne dello spirito alle cose di circostanza,  ma ci vuole ancora la contemplazione,  l’ applicazione dello spirito alle cose  permanenti , al generale immutabile.  Solo col ridurre ad unità il moltiplice,  a generalità il particolare, si possono  radicare le cognizioni nell’ anima, la  quale si compiace dell’unità, e quindi    Digilized by Cìoogl    NOTE.    383   della scienza: compiacenza cui la sem-  plicità del cuore dee far rimanere se-  creta naturalmente nel cuore, ma non  artatamente celata; ed allora è l’ani-  ma veramente grave e soda e come chi  dicesse, veneranda. Sul fine del para-  grafo fa la enumerazione delle diverse  categorie alle quali si dee riferire l’og-  getto osservato. 0.   Questa nota dell’ Ornato che per le  troppe citazioni del testo greco non  può qui darsi che in parte, trovasi in-  tera nell’edizione di Torino. P.   Pag. 280, 1. 3.   (24) Grecismo, per suole accadere. Non  era possibile il tradurre altrimenti.   Del resto vada a rilento chi per la  sola ragione del non potersi tradurre  sempre colla stessa voce una stessa  parola del testo, accusa Antonino qui  ed altrove di arguzia. Gli stoici crede-  vano che, là dove è una stessa parola,  debbe essere anche una stessa idea. Ed  anche Platone (vedi il Cratilo) il cre-    Digitized by Google     384 RICORDI. j   dette; e il credette il Vico: e tanti j  altri il credettero: e noi il crediamo. ,  Se quella idea generalissima che l’an- !  tichità avea attaccata al :p:?.eìv non si '  trova più annessa al nostro amare, ciò j  non prova altro se non che il greco e  l’italiano sono due lingue diverse. E  sap evadicelo. 0.   Pag. 280, 1. 19.   (25) Il passo di Platone è nel Tee-  teto, pag. 174, dove parlando dell’ uo-  mo filosofo liberalmente educato, dice:   « udendo egli lodare e magnificare un  tiranno od un re, gli par di udire lodato  e magnificato un pastore, perchè egli  munga di molto latte; e l’animale cui  pasce e munge il re, gli pare anche più  ritroso e più infido di quello cui pasce  e munge il pastore; nè men rozzo nè  meno ineducato stima egli l’uno che  l’altro, mancando ad amhidue il tempo  per badare a sè, e vivendo il primo fra  le mura della reggia a quello stesso  modo che l’altro nella capanna sul mon-    j   i    Digitizc-<; Coogk'     NOTE.    385   te. » Del resto , il senso generale di tutto  questo paragrafo, non bene inteso, se-  condo me, dagli interpreti, mi pare che  sia: Tu dèi farti capace sempre pih cho  tu puoi vivere da filosofo in questa tua  corte come faresti in. quella tua villa  .che agogni. Non incontri tu ad ogni  •passo esempi di quel che dice Platone:  uomini che vivono nei palagi come fa-  rebbe un rozzo pastore in sul monte:  ingolfati cioè quelli e questo nelle cure  materiali del governo dell’armen-toV E  sottintende: se per costoro il palagio  non è altrimenti che una capanna, non  può ella con più ragiono essere la reg-  gia per te come un ritiro filosofico ? 0.   Conferisci V, 16. P.   Paò. 282, 1. 14.   (26) Gran ragione ha qui Antonino  • di raccomandare a sè medesimo anche  ' questo genere di contemplazione, cioè  a dire lo studio dei fenomeni, e delle  maraviglie, come egli dice sapientemente,  “ dell’organismo corporeo degli animali e   Marco Aurelio. ' SS    Digitized by Google     RICORDI.    386   deir uomo massimamente: perchè non è  altro studio il quale possa per via più  compendiosa e sicura condurre alla co-  gnizione della infinita sapienza, e prov-  videnza infinita della causa reggitrice  del mondo. Nè l’uorao può presumere  di conoscere sè medesimo, sé non co-  nosce almeno un poco di queste mara-  viglie, cioè come si formi, cresca, si  conservi, si rinnovi e deperisca il suo  corpo, quale sia la natura e il modo  di operare della causa o principio a  cui dehbonsi riferire questi fenomeni,  quali le relazioni di questa vita orga-  nica del suo corpo con quella del prin-  cipio che in lui sente, vuole, e pensa,  e come possano questo due vite modi-  ficarsi fra loro scambievolmente. In vero  chi aspira a conoscere sè medesimo,  per quanto sia dato all* uomo di pur  conoscere sè stesso, e non cura di co-  noscere un po’intimamente anche que-  sta delle due parti di che si compone  Tesser suo, porta gran pericolo di er-  rare nel vano, e di prendere astrazioni    Digilized bv Co(    NOTE.    387   por realtà, il che avvenne appunto agli  stoici, ignorantissimi di anatomia o  quindi più ancora di fisiologia. Perchè  uno appunto degli errori fondamentali  della loro filosofia, quello por cui mu-  tilavano la natura umana escludendo  da essa la sensibilità che riferivano al  corpo come a cosa straniera all’ uomo  propriamente, il quale per essi non era  altro che ragione e volontà; questo er-  rore, dico, è in gran parte da attribuire  alla imperfezione delle loro cognizioni,  ai loro errori circa la costituzione fisi-  ca deH’uomo e le relazioni in che ella  si trova colla sua costituzione morale  e intellettuale; o per dire più vera-  mente, alla loro totale ignoranza dello  leggi che governano i fenomeni dell’or-  ganismo corporeo dell’uomo, delle rela-  zioni intimissime della vita di esso or-  ganismo corporeo con quella della mente,  e della natura egualmente spirituale di  ambidue. (Vedi nell’Appendice ai Ricordi  nell’edizione di Torino la dissertazione  del Burdach). P.    Digitized by Googlc     388    RICORDI.    Pag. 290, 1. 8.‘   (27) Questi versi sono di Omero e  sono dei più famosi nell’antichità, dei  più spesso citati e ripetuti, imitati dai  poeti posteriori; o però Antonino non  li scrisse per intero, ma solo quei brani  che sono stampati in corsivo, bastando  quelli a richiamare alla memoria i versi  interi, alle diverse sentenze contenuto  in essi alludendo egli poi nella parte se-  guente del paragrafo. Con questi versi,  nel VI deir Iliade,. Glauco (dopo aver  detto magnanimo Tidide a che mi chiedi  il mio lignaggio?) incomincia la sua ri-  sposta a Diomede, il quale, prima di  accettare il combattimento con lui,  aveagli chiesto qual fosse la sua stirpe.  Io li ho tradotti letteralmente, giovan-  domi in parte della traduzione del Monti,  la. quale, come nota a tutti i lettori,  avrei volentieri dato qui inalterata, se  in essa fosse più fedelmente espresso,  e nell’ ultimo verso non interamente  guasto il senso delle parole di Omero.    Digilized by Googk     NOTE. . 389   Il qual verso, voglio dire il 149\ è tra-  dotto dal Monti come segue: CosxVuom  • nasce e così muor: il che fa fare un falso  sillogismo a Glauco, il quale secondo  la traduzione del Monti, concludendo,  affermerebbe dell’wo/Ho ciò che dovea  affermare delle schiatte umane, mutando,  come direbbero i loici, nella conclusione  il piccolo termine, che nella premessa  minore- non era uomo ma schiatta^ o  stirpe, come disse il Monti. E pure- il  verso di Omero ò chiarissimo. Questo  strafalcione il Monti non avrebbe fatto  se, come quasi ignorante del greco, con  tante altre traduzioni avesse saputo •  consultare quella mirabilissima, non  solo per eleganza di stile ma ancora  per fedeltà, precisione e chiarezza, del  Voss, il quale in cinque bellissimi esa-  metri tedeschi traduce letteralmente i  cinque esametri greci. Anche il Pope,  sebbene i suoi lavori sui poemi di Omero,  tutto die pregevolissimi per altri rispet-  ti, non meritino il nome di traduzione,  non fece qui lo sproposito del Monti.    Digitized by Google     RICORDI.    390   Ed altri ancora potrei nominare dei  nostri che con nobilissimo intendimento  si diedero all’ardua impresa di recare  nella nostra lingua chi l’una e chi l’altra  di quelle poche reliquie che ci riman-  gono della greca poesia (dico poche  rispetto a ciò che fu divorato dal tem-  po); i quali avrebbero meglio inteso e  meglio tradotti moltissimi luoghi se  avessero potuto consultare, se non tutti  gli interpreti, cementatori ed espositori,  almeno i traduttori tedeschi. Ma basterà  che io nomini il più valente, a parer  mio, di tutti, il Belletti, al quale, tranne  forse una più intima notizia del greco,  nulla mancava, non valor d’arte, non  felicità d’ ingegno, a poter fare una tra-  duzione perfetta, o prossima alla per-  fezione, dei tragici greci. E in vero,  leggendo io le traduzioni del Bcllotti e  riscontrandolo diligentemente cogli ori-  ginali, ebbi in moltissimi luoghi ad am-  mirarne la eccellenza, anzi direi quasi  in tutti quei luoghi dov’egli capì ab-  bastanza intimamente il suo testo e    Digilized by    NOTK.    391    non erano difficoltà insuperabili a qual-  sivoglia traduttore. Ma anche in molti  altri luoghi io ebbi a lamentare che  egli pure non abbia saputo o potuto  giovarsi delle eccellenti traduzioni fatte  da* suoi predecessori alemanni. Nel solo  Agamennone, che anche considerato in  sè stesso e non come parte di una  grande e sublime trilogia, è forse il  più bel monumento della scena antica,  e certamente il più grande di tutti per  sublimità tragica, recondita filosofia,  splendore di immagini e copia di alti  e forti pensieri, quanti errori avrebbe  evitati il Belletti, quante meno scem-  piaggini avrebbe fatto dire a quella  grande anima e colossale ingegno di  Eschilo, so egli avesse solo potuto pro-  fittare della traduzione e dei Prolego-  meni di Guglielmo Humboldt? Non dirò  del libro di Federico Welcker sulla Tri-  logia di Eschilo^ che forse non era an-  cora pubblicato quando il Bellotti tra-  ducea l’ Agamennone. Ed è tanto più da  lamentare che al Bellotti siano mancati    Digitized by Gopgle     RICORDI.    392   questi sussidi, quanto è meno da sperare  che sia presto per sorgere un altro in-  gegno italiano, il quale possa fare quello  che avrebbe potuto il Bellotti.   Ritornando al paragrafo di Antonino  e al luogo citato di Omero, è da notare  come siffatti pensieri intorno al poco o  niun valore della vita considerata in sè,  e di tutte le cose umane e dell’ uomo  stesso, così frequenti nei poeti ebraici;  frequentissimi in questo scritto di An-  tonino e divenuti quasi abituali nei  cristiani dei primi secoli, si trovino  pure non di rado anche nei poeti greci  più antichi, voglio dire in quelli delle  prime e più splendide epoche della greca  letteratura, sebbene i Greci fossero un  popolo di allegra immaginazione. Forse  non dispiacerà al lettore il vederne  qui raccolti alcuni esempi : nell’ Odis-  sea, XVIII, 130 : — la terra non nutre nulla  di più infermo che Vuomo. Nell’ottava  delle Pitie di Pindaro, vers. 135: — Che  siatn noi dunque o che non siamo f Leg-  giero veder d* ombra che sogna (tradu-    Digilizt-J by GoOgIc    NOTE.    393   zione del Borghi). Letteralmente la se-  conda parte: V uomo è V ombra di un  sogno. Nel Prometeo di Eschilo vv. 548,  551 — e non vedevi V imbecille natura a  vano sogno eguale ond* è impedito il cieco  umano gregge? (traduzione del Belletti).  Nell’ Aiace di Sofoclé, — perocché veggo  non essere noi, quanti viviamo, altro che  larve ed ombra vana. Nel Filottete del  . medesimo Sofocle, vers. 946. Filottete  chiama sè medesimo: — ombra di un  fumo. Nella Medea di Euripide, vv. 1224:  — non ora soltanto incomincio a stimare  tutte le cose umane come un' ombra, E  vuoisi notare come appo i tragici ed  anche appo i) lepidissimo Aristofane la  parola effimeri, cioè quelli che durano  un giorno, è spessissimo usata come  sinonimo di uomini. A queste, o ad al-  tre simili sentenze d’ antichi ed illu-  stri poeti, le quali erano nella me-  moria di tutti gli eruditi del suo tempo,  ♦ alludeva evidentemente Antonino con  quelle sue parole: il più breve detto,  anche di quelli che sono i più noti ecc.,    Digitized by Google     RICORDI.    394   accennava poi per esempio quelli di  Omero.   [Questa nota fu scritta in tempo che  io, quasi appona ripatriato dopo trent’an-  ni di assenza, e mandato a stare in  un cantuccio al tutto vacuo di studi e  di lettere (prendendo i vocaboli in un  senso un po’ alto), e ridottomi a passare  nella solitudine i pochi momenti d’ozio  che r esercizio di un pubblico ufficio mi  lasciava, avea potuto, non saprei diro  perchè, immaginarmi che il valentis-  simo sig. Bellotti fosse già del numero  di quei felici che più non vivono altri-  menti sulla terra che per la memoria  di opere egregie che vi lasciarono. Av-  vertito ora (nel 1853), del mio errore, non  cangio nulla a quello che ho scritto di  lui; ma aggiungo V espressione di un voto,  che deve esser quello di tutti gli amatori  delle buone lettere desiderosi di vedere  vie più chiara e più grande la rino-  manza di un nobilissimo ingegno: ed '  è che l’esimio sig. Bellotti, come sta  ora, da quanto mi dissero, rivedendo o    Digitized by Google     note;    395   migliorando il suo Yolgarizzamento di  Sofocle, così possa egli poi rivedere ed  emeudare quello ancora di Eschilo, il  quale, a parer mio, ne ha maggiore bi-  sogno; perchè quello, tranne forse al-  cune eccezioni, non pecca gravemente  che nella parte lirica; laddove in questo  trovai, 0 parvemi certamente trovare,  molti luoghi da dover essere emendati  non solo nella parte lirica troppo spesso  non traducibile in italiano (come è in-  traducibile Pindaro, secondo che fu sen-  tenziato anche da Giacomo Leopardi  non ismentito dal tentativo più audace  che felice di Giuseppe Borghi) ; ma  eziandio nel dialogo.] P.   Paq. 297, 1. 7.   (28) Ella comjyie nondimeno..», si avea  proposto. Mi sono scostato, anche nel  senso, interamente dall’ Ornato, il quale  avea tradotto: ella rende intero e com-  piuto quanto ella avea fatto fino allora;  primieramente perchè il senso voluto  esprimere dall’ Ornato non mi sembrava    Digiiized by Google     BICORDI.    396   abbastanza chiaro ; e poi, e principal-  mente perchè mi parve troppo grande  licenza il tradurre per quanto avea fatto  fino allora, il tò irpoTcOiv, il quale mi  sembra qui usato nel senso il più ovvio  del verbo 7rp.oT{6T)|ju, che è quello di  proporre, e così l’ intende anche lo  Schultz contrariamente al’Gataker se-  guito dall’ Ornato. Veggo bene le ra-  gioni che possono avere indotto l’Or-  nato a interpretare a quel modo; ma  non mi persuadono. Il pensiero di An-  tonino mi sembra chiaramente: « l’a--  nima razionale, la quale non si propone  altro che di operare sempre secondo  ciò che richiede il momento presente,  e di aver caro tutto ciò che le inter-  viene, come cosa voluta dalla natura,  in qualunque istante le* sopravvenga la  morte, compie sempre interamente il  compito che ella si avea proposto, e  in modo soddisfacente a sè stessa; ella  ha tutto ciò che potea desiderare, ha  totalmente esaurita la sua parte come  attrice sulla scena del mondo ; e ap-    Digitized by Coogle     NOTE.    397   punto il morire quando la natura lo  vuole, è la conclusione, il compimento  della parte a lei assegnata e da lei li-  beramente accettata nel gran dramma  della vita universale. » P.   Pag. 299, 1. 15.   (29) Vedi III, 11; IX, 36; X, 18.  Bone avverte qui il Gataker aver già  Socrate usato il medesimo argomento  per indurre Alcibiade a disprezzare la  moltitudine, alla* quale peritavasi di  farsi innanzi a concionare: qual è, dis-  s’egli, di costoro quegli che ti impau-  risce? forse Micillo il ciabattieref Trigaió  il conciatore f Trochilo il ferravecchio?  ora non sono costoro quelli dei quali si  compone V adunanza del popolo? Che se  non temi di favellare a ciascuno di essi  separatamente, che è dò .che ti fa timido  a parlar loro riuniti insieme? Il ragio-  namento di Socrate era giustissimo ap- >  plicato ad una moltitudine di popolo  riunito, e avrebbe anche potuto ricor-  dare ad Alcibiade l’antico detto di So-    Digitized by Google     398 RICORDI.   Ione ai:li Ateniesi conservatoci da Plu-  tarco: preni ad uno ad uno »iete tante  volpi ; riuniti insieme siete tanti allocchi.  Ma il medesimo ragionamento applicato  allo cose di cui parla Marco nostro non  ò molto concludente. E una melodia,  per es., come qui avverte opportuna-  mente il Pierron, è qualche cosa di più  che una semplice successione di suoni,  e Antonino dimentica di considerare  ciò appunto per cui le note musicali  hanno potenza da commovere T anima  sì intimamente. P.   Pag. 302, 1. 2.   (30) Avverta il lettore che idea tra-  gica fondamentale ai poeti greci era la  lotta infelice della volontà e liberta  morale dell’ uomo contro l’ inflessibile  necessità ; o per dir più veramente,  quella fatale retribuzione di giustizia  che risulta inevitabilmente alla vita  umana dalle leggi necessarie dell’or-  dine morale. Perchè quella necessità^  che non era punto upa cosa cieca se-    Digilized by Google    NOTE.    39i^   condo gli stoici, apjio i quali il /«<o  non era altro che la concatenazione  delle cause secondo le leggi della na-  tura, cioè della ragione e quindi della  giustizia; quella necessità, dico, non  era punto una cosa cieca neppure nella  mente dei poeti: sendo che a Nemesi  figlia appunto di essa necessità e |iar-  ticolarmente incaricata di vendicare i  delitti e rovesciare le troppo grandi e-  immeritate prospérità, a Nemesi^ dico,  e alla Giustizia (5“tx-ri), che erano i due  concetti più puri fra tutte le divinità  immaginate dall’ antico politeismo, il  semplice, ma sublime buon senso dei  Greci riferiva tutto ciò che risguarda  il supremo governo del mondo. L’idea  dunque della giustizia era congiunta  con quella della necessità^ sebbene in  modo diverso, anche nella mento dei  poeti, come in quella degli stoici. Cho  se Antonino non fa qui esplicitamente  alcuna allusione a quella retribuzione  di giustizia, che era l’elemento morale  della tragedia greca, ma solo allude    Digitized by Google     4:00 RICORDI,   alla inutilità della lotta contro alla ne-  cessità, e sembra così impicciolire l’i-  dea nobilissima dell’antica tragedia;  egli è perchè questa inutilità intendeano  gli stoici e i poeti allo stesso modo, e  quasi esprimevano colle medesime pa-  role; laddove intendeano in modo di-  verso quella retribuzione: e non erano  forse i poeti quelli clie la intendeano  in modo men vicino al vero. P.   Pag. 309, 1. 10.   (31) Benissimo il Gataker ricorda qui  alcuni detti memorabili di Pocionc, con-  servatici da Plutarco, ai quali alludea  probabilmente Antonino in questo luogo.  Già condannato a morte per giudizio  iniquo de’ suoi cittadini, in proposito .  di uno che non ristava dal dirgli vil-  lanie, disse Focione: non sarà alcuno  che faccia costui cessare dal disonorar  «è medesimo ? E già vicino a morire,  questa sola ingiunzione fece al figliuolo:  dimenticasse il fatto ingiusto degli Ate-  niesi. — Quanto alle parole che seguono    Digitized by Google     NOTE.    401   di Marco nostro : mpposto che non e in-  fingenac, non debbono esser prese come ,  espressione di nn sospetto nel caso  particolare di Focione, ma bensì in un  senso generale, quasi dicesse Antonino  con istoica riserva, non bastar sempre  le parole a dar certo fondamento a un  giudizio sulle disposizioni interne del-  l’animo altrui, nè doversi mai fingere,  neppur quando il fingere potesse gio-  vare a bene edificare gli uomini. Con-  ferisci 66. P.   Pag. 818, 1. 15.   (32) Da stólto (à|*vu/jiov). L’Ornato avea  trodotto inìquo, seguendo lo Schultz  che tradusse iniquum. Ma l’Ornato non  era ben risoluto di aver bene interpre-  tato quello ayvofxov, come appare dal  consueto segno. E veramente non parmi  che lo ayvcofjLov possa esser preso in  questo senso, sebbene abbia quello  ingrato, disleale, disamorato. Il senso  più ovvio di questo aggettivo è privo  di senno, stolto, inavveduto, e parmi che  41 1 reo Aur»-lio. 20 -    Digitized by Google     RICORDI.    402   questo senso quadri benissimo in questo  , luogo, meglio che non faccia quello di  inìquo. Dopo aver detto Antonino es-  sere da pazzoy cioè a dire da stolto, il  volere che ì malvagi non pecchino; ag-  giunge che lo ammettere in tesi gene-  rale ed assoluta, poiché non si può fare  altrimenti, che essi debbano di neces-  sità peccare, e il volere ad un tempo  che essi facciano una eccezione a favor  tuo, è cosa non solo às. stolto^ ma an-  che da tiranno: da stolto perchè l’ec-  cezione, anche di un solo caso non è  possibile ai malvagi ; .da tiranno perchè  vuoi esser distinto e che ti si abbia  maggior rispetto che agli altri uomini.  Anche il Gataker intende 1’ àyvwi^ov  così; il Pierron segue lo Schultz. P.   Pag. 325, 1. 15.   (33) Parole di Epitteto (dissert. Ili,  24) malissimo interpretate da Al. Pier-  ron, che riferisce l’àiroOavTi al padre,  quando deve essere riferito al figliuolo,  corno fece l’Ornato, seguendo il Gata-    Digilized by Googk     NOTE. 403   ker e lo Schultz. La medesima sentenza  si trova anche nel Manuale del mede-  simo Epitteto con parole poco diverse, >  e fu benissimo tradotta dal Leopardi :   .Se tu hacer<fi per avventura un tuo Ji-  gliolino o la^moglie, dirai teco stesso:  io bacio un mortale. Manuale, III. P.   Pag. 335, 1. 14.   (34) Tutto è opinione. Il lettore com-  prenderà facilmente come il senso stoico  di questa frase, tante volte ripetuta  da Marco nostro, è al tutto alieno da  quello della famosa sentenza del sofista  Protagora: V uomo è misura di tutte le  cose. La sentenza del sofista si riferiva  ad ogni cosa, alla verità obbiettiva, alla  moralità come alla sensibilità, e tendea  quindi a distruggere la possibilità' di  ogni cognizione teorica, la morale come  la religione. La sentenza di Antonino al  contrario, il quale, per un errore direi  quasi magnanimo, riduceva, seguendo gli  stoici anteriori, tutta l’essenza dell’ uo-  mo alla ragione e alla volontà ra^ione-    Digitized by Google     RICORDI.    404   vele, non si riforisce ad altro che alla  sensibilità, cioè ai piaceri e ai dolori  di cui essa sensibilità è soggetto. P.    Pag. 348, 1. y.    (35) Intendi raziocinid nel senso pro-  prio dei loici, cioè facoltà del sillogiz-  zare, operazione propria dell’ intelletto;  e nota qui il carattere esclusivo del  Portico, il quale considerava e stimava  un nulla, non che la sensibilità ma l’in-  telletto stesso, a paragone dei buon  uso della volontà, cioè della moralità  della ragione. Traducendo ho usato il vo-  cabolo raziocinio piuttosto che intelletto,  perchè in italiano il senso della parola  intelletto può essere troppo facilmente  confuso con quello di ragione, la differen-  za fra i due non essendo così ben determi-    /»■   V.    nata nella nostra lingua, come è fra i  due corrispondenti tedoschi^fT0ft|KÌ e  Vernunft. Vedi il § 1 del P,   V-.   

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