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Tuesday, September 28, 2021

Grice ed Ambrogio

 IL DIRITTO ROMANO Fu sopratutto col pacifico apostolato della scienza e della virtù,chequeigrandi uomini,cuilaChiesagiustamentesaluta suoi padri,illuminaronoevinsero ilmondo pagano.Allo scetti cismo , frutto di astruse teorie filosofiche, che distruggevano senza edificare, essi opposero le verità cattoliche, profonde e s u blimi pei sapienti, chiare e popolari per la moltitudine,pratiche per tutti;alla spaventosa depravazione prodotta e mantenuta da una religione tutta materia e sensi,essi risposero coll'introdurre della sfibrata e morente società romana una moltitudine di uomini e di donne , i quali invece delle sterili declamazioni di Cicerone e di Seneca,offrivano sé stessi,ad esempio di Gesù Cristo, ostie viventi di sacrificio per la Chiesa e per l'umanità. I secolo IV segna appunto il massimo furore di quelle in cruente battaglie. S. Atanasio , S. Basilio , i due S. Gregorii , S.Girolamo,S.Agostino,S.Giovanni Grisostomodaunaparte; S. Antonio e le migliaja di monaci e di sante vergini dall'al tra.Nel mezzo del secolo poi e nel mezzo dell'Occidente com pare il grande Arcivescovo di Milano,S. Ambrogio,che rac coglie la penna di S. Atanasio per trasmetterla a S. Agostino, e colla voce, cogli scritti e cogli esempi propri e della santa sua sorella Marcellina popola, non ideserti,ma le corrotte città latine di una legione di angeli terreni. Sublime missione al certo,ma non unica,a cui laDivina Provvidenza destinava il figlio del Prefetto delle Gallie, allora che inconsapevole de'suoi destini,giungeva in Milano nel l'anno 373,per esercitarvi qual Consolare l'autorità del Vicario d'Italia nella Liguria ed Emilia.Infatti nel congedare il suo giovine amico,Petronio Probo Prefetto del pretorio e cristiano, gli aveva detto:ricordatevi,mio figlio, di operarenon da giu dice,ma davescovo(1).L'opulentoesaggiosenatoreromano con quelle parole manifestava , senza comprenderne la forza profetica , il vizio radicale ed il maggior pericolo dell'impero romano,e quale avrebbe dovuto esserne ilrimedio:la cristia nizzazione cioè veraceed intera del governo e delle leggi. 437  (1)Paulin,in vit.Amb.n.5.   438 S. AMBROGIO E IL DIRITTO ROMANO A quest'opera tuttavia richiedevasi non un greco od un barbaro,ma un nobile romane discendente dall'antica razza conquistatrice;era conveniente non un uomo di guerra ne un colto letterato,ma un giurisperito,che dalla magistratura dell'impero terreno passasse alla magistratura dell'impero spi rituale.Tal fu Ambrogio ,allorché nel 374 per mezzo di un prodigio fu eletto Vescovo di Milano. SealcunofossestatoalloraammessodaDio leggerenel futuro avrebbe ravvisato nel Consolare romano fuggente l'o noreela responsabilitàdiVescovo,ilsecondo fraiquattro Dottori della Chiesa, che sono rappresentati sostenere la cat tedra di S. Pietro in Vaticano ; ma insieme avrebbe meravi gliato contemplando da lungi la nuova società cristiana succe dere all'impero pagano,e S. Ambrogio,che formata la mente ed il cuore del grande Teodosio, ne congiunge la destra a tra verso isecoli con quella di Carlo Magno. Si ; è evidente che S. Ambrogio ritorna fra noi appunto nel momento del maggior bisogno della Chiesa e della società, quando il paganesimo redivivo ha consumato ormai presso tutte le nazioni cristiane l'apostasia dello Stato dalla Chiesa e va lentamente scristianizzando tutti i codici e tutte le leggi dei popoli civili.Non è pertanto meraviglia se dalla scoperta delle reliquie santambrosiane la setta anti-cristiana intraveda una minaccia misteriosa a quelle che essa chiama le gloriose conquiste dell'umanilà; mentre il popolo veramente e sincera mente cattolico si commove ed esulta, come all'arrivo di uno sperimentato e valente capitano.  Nondimeno chi fu che sospettasse in que'giorni questa importantissima missione religiosa ecivile del nuovo Ve scovo di Milano? Gli uomini invero sono istrumenti e spet tatori quasi sempre inconscii,dellemeraviglie di Dio.Ben po chi giungono a sorprenderne la mano onnipotente e miseri cordiosa, allorchè in mezzo alle angoscie dei secoli più trava gliati, quando lutto sembra avviarsi a rovina,getta silenziosa ed inosservata la semente, che fruttificherà a suo tempo pace e prosperità alle generazioni venture.Furono isecoli cristiani che riconobbero la lontana,ma efficace opera di S. Ambrogio ; ed è perciò con un trasalimento di gioja che noi, dopo quin dici secoli, da quel 74, in cui Dio lo dono alla Chiesa ed alla società, vediamo risvegliarsi l'eroe delle battaglie contro il paganesimo ed affacciarsi dalla sua tomba a riguardare le il lusioni , le convulsioni ed i terrori di questo secolo XIX , per errori e pericoli sociali tanto simile al secolo IV.   S. AMBROGIO E IL DIRITTO ROMANO 439 Alla domanda perciò che ispontanea si presenta alla mente di ognuno,in questi giorni,in cui collo spirito della Chiesa, che è spirito di preghiera, ci prepariamo ad onorare gli avanzi mortali del gran Santo , gran Dottore e grande cittadino del secolo IV,vale a dire: perché ritorna ora fra noi S. Ambrogio ? non si può chiedere una risposta intera ed adeguata che ai secoli avvenire.Essi ci mostreranno e spiegheranno laragione provvidenziale, per cui le reliquie del santo Arcivescovo e dei due martiri milanesi riapparvero in questi anni e non prima. Noi frattanto dal passato cercheremo di pronosticare il futuro ; e dalla influenza tutta santa e civilizzatrice, che il C o n solare romano eletto Vescovo esercitò sul governo, sulle leggi e sulla società del secolo IV,ciconforteremo a sperare che in modo eguale e maggiore vorrà ora farci sentire la potenza di sua intercessione presso Dio in pro della tribolata e perico Jonte società moderna ; speranza e consolazioni ben giuste,poi che nella Chiesa Cattolica anche le ossa dei santi profetano.  I. La divisione scientifica del Diritto in pubblico e privato era conosciuta,se non di nome,certo di fatto,anche nel l'anticoGiureRomano;eilprimo era fontedelsecondo,il quale sisvolgeva e modificava mano mano che si svolgevano e modificavano le istituzioni politiche. Un popolo eminenlemente guerriero e conquistatore,come era quello formato dai primi compagni e discendenti di Romolo, non poteva a meno di dare alla propria legislazione un impronta semplice,ma fiera e di spotica, spesse volte in aperta contraddizione co'diritti di na tura. Per essa la patria era tutto, l'individuo nulla, la famiglia un mezzo perdarguerrierialcampo,uominiprudentialforo lodata perció la madre dei Gracchi, che invece dei giojelli m u liebri fa pompa de'suoi figli, futuri tribuni della plebe; poi chèessaconciòrappresentavaladonnaromana,qualelavo leva il ferreo diritto repubblicano. Quella patria infatti, per cui tutti e tutto si doveva sagrificare, non era che l'interesse e l'ambizione di poche famiglie patrizie discendenti dall'antica razza conquistatrice: all'infuori dei senatori e cavalieri non si conoscevacheplebe,efuoridiRoma tuttoilmondo,secondo il diritto pubblico romano, non era abitato che da vinti o da nemici.Di qui nacque e si perpetuò dai primi tempi di Roma quell'antagonismo fra senato e plebe, che fu causa non ultima della caduta dellarepubblicaedell'intronizzazione del dispoti   440 S. ANBROGIO E IL DIRITTO ROMANO  smo cesareo;diqui anche quella lotta continua con tutte le nazioni confinanti coll'impero, lotta che fini colla inondazione dei barbari. L'aspettocaratteristicoperò dell'anticoDirittoRomano come di tutte le primitive legislazioni, è l'unione indissolubile dello Stato colla Religione.Essa presiede a tutti gli atti pubblici e privati; non si intima guerra ne si concede pace senza i feciali egliaruspici;senzaauspicj nonsiradunanoassemblee;nonsi stringono trattati che sotto la protezione degli dei, e la stessa proprietà privata è sotto la salvaguardia degli dei penati, cui i primi romani non si dimenticavano mai di salutare all'ingresso dellecase.La religione latina d'altra parteera essenzialmente nazionale,e si informava a quello spirito di famiglia, che appare l'anima ditutte leistituzioni romane;essa perciò rimaneva in carnatacollarepubblica,poichéRoma derivavadaglideiein taccar la religione era intaccare Roma ,ed essendo Roma il mondo,era un dichiararsi nemici del genere umano.Più tardi, all'avvenimento dell'impero,Augusto uni ilsommo pontificato alla soprema potenza civile e militare e collocò l'altare della Vittoria nel senato,come testimonio e simbolo dell'eterna al leanza fra lo Stato ed il paganesimo. Laonde,quandoaltempo dell'abbrutito Tiberio,alcunipe scatori di Galilea predicarono una nuova religione, che diceva doversi obbedienza prima a Dio che a Cesare - essere glidei nazionaliidoliedemonii nostrapatriailcielo la terra luogo non di piaceri ma di prova - gli uomini senza distin zione di sesso edi città,siailromano che ilgreco,ilbarbaro, "loschiavo,tuttifratelli- figlidiun comun padreIddio- idegradati nipoti diCincinnato siscossero,come all'annuncio di un nemico alle porte,che minacciasse di rovesciare l'antica maestà di Roma.Il cristianesimoinfatti non era un semplice culto religioso , una delle mille superstizioni che dall'oriente si importavano alla capitale colle spoglie delle vinte nazioni e che il fiero politeismo romano riceveva come arra di pace e difusionedeipopoliassoggettati;ilcristianesimoeraun in tero sistema teorico e pratico, che abbracciava tutto l'uomo e siimponeva a tutte le questioni sociali,esigendo un'intera ri voluzione di idee, di costumi e di leggi, un cambiamento ra dicale nel diritto pubblico e privato dell'impero.Appena pro mulgata questa nuova dottrina aveva trovati assecli ferventi ed indomabili in ogni classe e condizione dell'impero ; accolto sopratutto con trasporto fra quegli esseri, quanto spregiati al   S. AMBROGIO E IL DIRITTO ROMANO 441 trettanto numerosi, quali erano nella società romana ledonne e gli schiavi (1).Non ci meravigliamo pertanto che la giuri sprudenza e la politica romana si trovassero bentosto nella n e c e s s i t à d i r i s o l v e r e u n q u e s i t o , il q u a l e i n v o l g e v a l e s o r t i d e l l ' i m pero e dell'umanità. Se l'impero accoglieva il cristianesimo , questo che trasformava le donne ed i fanciulli in eroi, avrebbe salvato l'impero dallo sfascelo all'interno, all'esterno dai barbari , mansuefattidalvangelo;ma loStatoconciòcessavadiessere ilsupremo Iddio;laChiesa assumeva con esso le parti dim a dre ; lo schiavo, il vinto , la donna dovevano esser rispettati ; s'umiliava l'orgoglio;cadevano Venere e Mercurio;regnava Cristo. Se per contrario volevasi sostenere l'onnipotenza dello Stato, la divinità degli imperatori, l'eternità di Roma , la nuova religione si doveva far sparire dalla faccia della terra.Da Ne rone a Massenzio gli imperanti romani si decisero per questa seconda politica e ne affidarono la cura al carnefice; il quale per tre secoli stancò uomini e belve, e non riesci che a ren dere più splendido il trionfo del cristianesimo. Costantino cambiò sistema e dopo aver bandito tolleranza,dichiarossi per ilnuovo culto;seguitodalfiglioCostaozo,chefattosiperò da protettore giudice e padrone della Chiesa, divenne il triste modellodituttiipersecutorifinoadoggi.Sopragiunse Giu liano,col quale ilpaganesimo, domato ma non spento, tentò fe roce, sebbene effimera, riscossa. Quando Ambrogio entrò Consolare a Milano,regnava Va lentiniano I, successo al buon Gioviano. Scelto dall'esercito l'imperatore era prode guerriero;accorse al Reno e all'onda sanguinosa dei barbari, che scrosciava e trasbordava dalle frontiere, oppose, per allora, un argine di ferro.  Tuttavia se la spada valeva coi nemici non giovava per le questioni interne, nè per arrestare la decomposizione sociale di quell'immane gigante,cui ilcristianesimo tentava invano di risanguare con forti e pratiche dottrine di virtù e sagrificio. La fede operava al certo nel segreto delle coscienze una im portantissimarivoluzionemorale;ma nonostanteglisforzidi Costantino, il mondo amministrativo si era tenuto in disparte dalla influenza e dalle istituzioni cristiane.Infatti sotto Valen tiniano, già confessor della fede avanti all'Apostata, il governo continuava colle massime e coi costumi dell'antica Roma pa gana;l'imperatore proseguiva a chiamarsi divino ed eterno; (1)Lactant.,Instit.lib. V,cap.18.   aveva assunto i titoli e le insegne di pontefice massimo; m a n teneva ai sacerdoti degli idoli privilegi e sovvenzioni a carico dell'erario; mentre l'altare della Vittoria eretto nel mezzo del senato,attestava la politica incerta ed equivoca del regnante cristiano.Idue elementi opposti edinconciliabilierano invero tuttora di fronte e disponevano di forze eguali ; più popo lareediffuso,massimeinoriente,ilcristianesimo;più po tente per ricchezze ed aderenze,in ispecie in occidente e fra le famiglie aristocratiche, il paganesimo , considerato da esse come simbolo e palladio dell'antica gloria romana. Valenti niano I reputò pertanto abilità politica il mettere lo Stato nel mezzo, come neutrale e paciere fra le due nemiche correnti. Enorme fallo politico, che si ripete continuamente ogni volta che nella società scendono in campo ad aperta battaglia i due eterni nemici, la materia e lo spirito, l'errore e la verità, la città degli uomini e la città di Dio ! Dall'errore nasce l'errore:un governo che esita e teme decidersi fra il cristianesimo e le superstizioni gentilesche, per quanto spiritualizzate dal neoplatonismo,fra Cristo e Satana,un tal governo non può reggersi che con una serie di ripieghi, so v e n t e c o n t r a d d i t t o r i i ; p e r e s s o il p r i n c i p e c r i s t i a n o n o n p o r t e r à che colpi troppo prudenti a quelle antiche istituzioni pagane, che rimanevano sempre incarnate nel diritto civile dell'impero. Quante questioni giuridiche, di cui ilprogresso introdotto dal cristianesimoreclamavauna prontaeradicalesoluzione,re stavano perciòsenza una risposta.Eppure necessitàstringeva, se l'impero voleva salvarsi ! La società era tuttora divisa fra una minoranza di opu lenti, che si chiamavano liberi e cittadini,ed una immensa maggioranza di uomini , cui il cristianesimo diceva fratelli dei superbi padroni,ma che la Roma conquistatrice aveva classificati fra gli utensili d'agricoltura ed industria e fra gli oggetti di commercio (1); gli schiavi reclamavano in nome della natura e della religione idiritti dell'uomo e del cristiano. Un'altra schiavitù legale era stata recentemente introdotta dal fisco rapace,che in nome della divinitàdiRoma,padrona del mondo,non solospogliava ma distruggeva;icoloni ed icu riali protestavano,io nome di una assennata economia politica, per un mutamento radicale nei principii che regolavano sia la proprietà,che l'esazione delle imposte. Il padre verso ifigli,  442 3. AMBROGIO E IL DIRITTO ROMANO (1)Ulpian.Inst.I,tit.8.   il padrone verso gli schiavi, e perfino il creditore verso il d e bitore,anchedopolesaggiecostituzioni diCostantino,con servavano diritti, che si assomigliavano troppo a quelli che la ferrea mano dei decemviri aveva scolpiti nel bronzo;la carità cristiana, la quale ne andava sbandendo dai costumi l'atroce e s e r c i z i o , e s i g e v a c h e il l e g i s l a t o r e s c i o g l i e s s e i s u d d i t i d a q u e l l e pastoje dell'antico servaggio,con cui ilgiudice per rispetto ad una formulistica e sacrilega legalità conculcava l'equità e la g i u s t i z i a . C h e p i ù ; il m a t r i m o n i o f o n d a m e n t o d e l l a s o c i e t à e la donna che ne è il cuore , erano sempre 'all'arbitrio di una legislazione,che sanzionava,col divorzio e colla tutela perpetua, una incredibile corruzione di costumi , massimo fra i pericoli dell'impero;or bene le vergini e martiri cristiane volevano,che un sesso santificato dalla Vergine madre di Dio, fosse ricollo cato nel posto assegnatogli dal Creatore e che il matrimonio, pei cristiani elevato a Sacramento , fosse anche pei pagani cosa seria e rispettata. Queste ed altre questioni,che travagliavano lasocietà ro mana nelSecoloIV,sisarannoessepresentateallavastae profonda intelligenza ed al cuore nobile e passionato del gio vine Consolare, in quel primo giorno che in Milano prese pos sesso dell'importante sua carica ? Le parole e le gesta del m a gistrato divenuto Vescovo dimostrano, che S. Ambrogio le aveva comprese , e già risolte in quella, che tutte le compen diava:la cristianizzazione del governo e del diritto romano.  S. AMBROGIO E IL DIRITTO ROMANO 443 II. S. Ambrogio vi si adoperò con quel tatto pratico carat- teristico dellaRoma conquistatrice del mondo,che ora è pas sato nella Roma capitale del cattolicismo.Cauto,prudente e piuttosto lento,l'antico romano taceva, meditava ed operava a colpo sicuro; non guidandosi a vivaci teorie più o meno ulo pistiche esso studiava ed aspettava, non preveniva gli avveni menti ;e perciò mentre le colte e filosofiche repubbliche greche sparivano fra l'olezzo dei fiori ed il canto dei loro inimitabili poeti,il tardo romano si impossessava dell'universo. Questa impronta si ravvisa negli scritti e più nelle opere del grande Metropolita di Milano; perchè se ilcuore ardente di Vescovo cattolico lo moveva a parlare al suo popolo,a scrivere lettere e volumi, a portarsi alla corte e trattar cogli imperatori, la severa prudenza del magistrato romano gli dava quella calma e quella saggezza, onde isuoi detti ricevevansi come oracoli.   Suo primo atto fu volgersi a Valentiniano I, la cui indole buona ma violenta era stata esasperata da malattie e da cor tigiani e satelliti sanguinarii, per cui si riempiva l'occidente di gemiti e di lamenti.Cosa disse Ambrogio all'imperatore dagli storici contemporanei non ci è riferito; ma la risposta del so vrano e più il mutamento totale di sua politica dopo quel col loquio,ci dimostrano la prima vittoria sul dispotismo cesareo, Valentiniano lodò la franca indipendenza del vescovo e ne volle pe'suoi peccati conveniente rimedio (1).Cosa inaudita e fin allora creduta impossibile!La divinità imperiale, cui la legisla zione romana,anche dell'età classica,asseriva sciolta dalle leggi (princeps solulus a legibus),anzi legge vivente, e libero senza ombra di ritegno a dichiarar lecito ciò che jeri era illecitoed ingiusto (2), il dio di R o m a , riconosce d'aver errato ; ed i s u d diti,senza essere costretti,come era d'uso,a sgozzare e poi celebrar l'apoteosi dell'imperatore,possono ormai fargliperve nireleloroquerelepermezzodei Vescovi,rappresentanti la co mune madre, la S. Chiesa. Se ad alcuno però non piace questo progresso,perché introdottodaVescoviepreti,riservipure l'ammirazione per Ulpiano e Paolo, fra i più grandi giurecon sulti al certo dell'epoca degli Antonini,iquali celebravano la clemenzaelasaggezza diquelmostrochesichiamavaComodo! Un altro passo tuttavia rimaneva a fare: non solo la per sona,ma la stessa dignità imperiale doveva ripudiare official m e n t e il c u l t o n a z i o n a l e d i R o m a . U n a c e r i m o n i a r i d i c o l a e r a stata introdotta da Augusto e ripetevasi infallantemente ogni volta era assunto un nuovo principe all'impero;lo stesso Co stantino non aveva osato di rinunciarvi.L'offerta però del ti t o l o e d e l l e i n s e g n e d i p o n t e f i c e m a s s i m o , c h e il s e n a t o f a c e v a all'imperatore,inchiudeva un gravissimo significato, poichè era la conferma di quel vecchio diritto pagano e teocratico, del quale igiureconsulti non ardivano acora distruggere l'autorità tante volte secolare e che isenatori,in parte ancora idolatri, facevano studiosamente rivivere appena se ne presentasse l'oc casione.Rigettare quelle insegne era dunque sconfessare l'as soluta sovranità dello Stato sopra i beni, sulla vita e, ciò che più importa ai despoti,sulle anime e sulle coscienze dei sud diti. Quale fra i moderni vantatori di liberalismo in simile circostanza ascolterebbe la voce della ragione e della fede, par  444 S. AMBROGIO E IL DIRITTO ROMANO (1) Theodor. Hist. Eccl. Lib. IV ,c. VI. (2) Digest. Const. Lib. I, tit. 4.   S. AMBROGIO E IL DIRITTO ROMANO 4.45 lante per bocca di Ambrogio ? Lo stato attuale d'Europa ce ne è testimonio.Ben diversamente pensava però quel caro figlio s p i r i t u a l e d i A m b r o g i o , c o m e e s s o c h i a m a v a il g i o v a n e G r a z i a n o , il primo che alla deputazione del senato rispose:sè essere cristiano. Ottenuta questa seconda vittoria,se ne richiedeva una terza, perché il cristianesimo potesse lusingarsi di vedere ilgoverno dei Cesari informatodisue caritatevolidottrine.Ragion logica voleva che l'ara della Vittoria,simbolo delle antiche superstizioni, s g o m b r a s s e il s e n a t o , m o l t o p i ù o r a c h e l ' i m p e r a t o r e , a s s o c i a t o s i Teodosio,avevavintiiGoti,invirtùnondiGiovemadiGesù Cristo.Ilregalealunno d'Ambrogio,che primadipartirper la guerra , gli aveva chiesti consigli ed istruzione a conferma della propria fede, mostrossi coerente. Un mattino adunque i senatori entrando nella Curia,stupirono vedendo scomparsa l'ara e la statua d'oro,tolte quella notte per ordine sovrano (1). Il colpo inaspettato commosse la fazione pagana fino nell'ultime fibre : molti senatori tuttora partitanti per i vieti riti di N u m a edeiFabii,siradunarono inquietieminacciosiperstendere una querela all'imperatore.Ma ai fianchi di Graziano vegliava Ambrogio,chegli parlòinnome deglialtrisenatori,delPonte ficeDamaso,dellasedecristiana.Invanopertanto ladeputazione instò; il giovine principe si dichiarò irremovibile e neppur volle ammetterla all'udienza. Graziano era allora nel fiore dell'età,nell'auge della gloria, gioconda speranza della Chiesa e dell'impero: e invece per uno di que'misteriosi decreti della Divina Provvidenza,che scon certano tutti gli umani ragionamenti e non lasciano luogo che all'umiltà ed alla adorazione, l'imperatore viddesi abbandonato dalle sue truppe e cadde vittima di infame tradimento.Il pa ganesimo erasi vendicato; e risorgevano le speranze degli ido l a t r i, i q u a l i r a p p r e s e n t a t i d a A u r e l i o S i m m a c o P r e f e t t o d i R o m a e ricco sfondato, credettero di approfittarsi delle circostanze e del favore della corte, per fare pressione sull'animo sbigot titodel fanciulloValentinianoIedellasuperba,ma insieme d e b o l e , G i u s t i n a . S t a t i s t a e l e t t e r a t o , f i l o s o f o e s c r i t t o r e , il d i scepolo d'Ausonio esauri tutte le risorse del brillante suo in gegno e stese una supplica,vero capolavoro di rettorica; se natore poi e pootefice, e caro al popolo,cui non lasciava m a n carepanéecircesi,impiegò perilpoliteismo,alquale esso  (1) Baanard, Vita di S. Ambrogio, pag. 128.   stesso non prestava più credenza , tutta l'influenza della per sona e degli impieghi ; e si riteneva sicuro della riuscita. In fattigià stavasi preparando il decreto che ristabiliva l'ara della Vittoria,allorchèS.Ambrogio sopragiunse dalleGallie,ove alla corte dell'usurpatore Massimo aveva, con finezza di diplo matico consumato ed intrepidezza di vescovo cattolico,patro cinata e vinta la causa del pupillo imperiale. Benchè un rigoroso segreto presiedesse alla congiura dei senatori pagani ed ai consigli del Concistoro imperiale,geloso dell'influenza del Vescovo di Milano, tuttavia esso ne penetrò le macchinazioni ; e presa la penna scrisse, non più all'Eterno, I n v i n c i b i l e , G e r m a n i c o , P a r t i c o e c c ., m a a l f e l i c i s s i m o e c r i s t i a nissimo imperatore Valentiniano I I. In quella magnifica lettera, incui isentimenti più elevatideiDottore e Ponteficecattolico si alternano e vestono la forma della più commovente tene rezza paterna , si trova già completamente tracciata la nuova politica cristiana, che fa i principi non padroni dei popoli, sib bene ministri di Dio e suoi luogotenenti sulla terra. Valenti niano perciò ode ricordarsi, che come tutti gli altri suoi sud diti, egli stesso è soggetto al Re dei Re ; che un altro potere è sorto nell'impero a regolare le coscienze,al quale pertanto, c i o è a i V e s c o v i , s p e t t a il g i u d i z i o i n m a t e r i a r e l i g i o s a : i n c a s o contrario,come indegno della professione cristiana,venendo l'imperatore alla chiesa,vi avrebbe trovato Ambrogio alla porta ad impedirgliene l'ingresso. Bisogno cedere:S.Ambrogio ebbe lasupplicadiSimmaco e riprese la penna. In quel giorno il profondo giurista, il de stro avvocato,ilsaggio magistrato rivisse nello scritto del V e s c o v o e d e l s a n t o . Il M e t r o p o l i t a m i l a n e s e n o n b a d a a c o n tendere coll'avversario in lenocinio di eleganze irreprensibil mente classiche: esso mira alla sostanza : perciò non allegorie, non scappatoje, non esitazioni,non dottrine incerte e,dirò, fosforescenti,tutto è massiccio;gli argomenti procedono ser rati, come le legioni romane, e la verità che appare evidente, abbatte, frantuma e disperde perfin la polvere degli annientati sofismi pagani.Simmaco s'appoggiava a tre argomenti:Roma disonorata per l'abbandono degli dei;le vestali reclamanti;la patria sfortunata e pericolante per la nuova politica cristiana degli imperatori.S. Ambrogio prende questi tre sofismi,li spoglia delle vesti affascinanti, li osserva, li analizza e li trova non altroche un accozzo difrasireboanti,vuotedisenso.Che parla Simmaco della dea Vittoria? La vittoria è un nome  446 S. AMBROGIO E IL DIRITTO ROMANO   S. AMBROGIO E IL DIRITTO ROMANO 447 astratto : esso si realizza nel numero e nel valore delle legioni romane:Scipionevinse sfondandolefittecoortidiAnnibale, non ardendo incenso alla statua di Giove. Chiedono i pagani privilegiedentrateperisacerdotidegliidoli?Dunque con fessano che senza essi non possono reggersi: ma noi, dice S.Ambrogio,crescemmo fra leingiurie,le miserie,lemapnaje; e d e i n o s t r i b e n i f a c c i a m o il t e s o r o d e i p o v e r i . L e v e s t a l i ? O h ! quante immunità,privilegi ed entrate per sette fanciulle pro fessanti continenza temporanea fra il lusso e gli onori ; il cri stianesimo invece ne presenta migliaja e migliaja, che si conse crarono a perpetua verginità nel nascondimento e nelle pri vazioni. Volete privilegi ed entrate alle vostre vergini? Le a b biano in misura eguale anche la moltitudine quasi innumerabile delle cristiane:non è secondo giustizia l'accordar preferenze: otutte,onessuna.Ilcristianesimocagione deidisastri del l'impero e della recente carestia d'Italia ? I cristiani nemici della patria? — Avanti all'antica e sempre calunnia nuova il discendente degli Ambrogii , che aveva testė salvato l'Italia e l'imperatore, credė di imporre silenzio all'indegnazione del suo cuore romano: esso rispose con fina ironia, riscontrando le allegazioni enfatiche ed immaginarie di Simmaco colla reale prosperità di quell'anno, quale presentavasi agli occhi di tutti. Era un seppellire l'elegante declamazione sotto il peso della più terribile delle confutazioni, un meritato ridicolo. Ciò falto, S. Ambrogio non si arresta a riguardare il prostrato nemico e piglia l'offensiva.Allo scetticismo pagano confessatoda Sim maco,e che supplicava per una tolleranza,non solo pratica ma teorica,dituttiiculti,essocontraponelachiaraevidenza della fede e le forti convinzioni dei cristiani,Ritorce poi l'ar gomento; richiama la gloriosa ed ancor recente memoria di quel tempo,in cui ipagani non ammettevano l'indifferenza dello Stato per ogni culto,ma perseguitavano e massacravano; fa osservare che non è giusto imporre ai senatori cristiani i riti pagani e conclude dichiarando,che la natura stessa vuole ilprogresso:essere ormaitempo,che letenebre cedano,al sole,l'errore allaverità.La causa fu vinta:quel soffioche già spirò dal cenacolo nelgiorno di Pentecoste,portò via l'ultimo avanzo del paganesimo officiale, il quale invano una terza volta sipresenterà a Teodosio.L'alleanza secolare fra l'impero romano e l'idolatria è rotta ; non solo, m a sono abbandonate le illusioni di una politica anfibia e contraddittoria, che voleva separato lo S t a t o d a l l a C h i e s a , il c o r p o d a l l ' a n i m a s o n g e t t a t e ; d a q u e l p u n t o    le basi del nuovo Diritto Pubblico della Chiesa e delle genti cristiane. Graziano infatti, continuando l'opera di Costantino, aveva dall'anno 379 al 382 pubblicati varii decreti, sia in favore della Chiesa che contro gli eretici e manichei e contro gli apostati recidivi al paganesimo:ci giunsero nelle raccolte di leggi c o m pilatepiùtardipercomando diTeodosioilgiovine,econo sciuta sotto il nome di Codice Teodosiano.Frattanto Teodosio il Grande promulgava in Costantinopoli (anno 380) quella sua memorabile costituzione, in cui dichiarava la fede cristiana religione dell'impero, e fra le varie sette che ne disputavano il nome, osservava, intender esso quella sola, la quale profes. sata ed insegnatadalPontefice Romano,allora Damaso,aveva con sé le note caratteristiche ed esclusive della verità. Qual rivoluzione nei principii legali e nelle massime di governodelDirittoromano!Ma nonbastavachel'imperatore facesse decreti,esso stesso doveva conformare le proprie azioni alle dottrine, che andavano informando la nuova legislazione. Se pertanto Giustina vuol favorire i suoi ariani e intima sia loro ceduto un tempio dei cattolici, S. Ambrogio si offre pronto a donare all'imperatore le proprie sostanze private, a sacrifi care lavita stessa,non mai ilpatrimonio della Chiesa.Se anche il grande Teodosio , illuso da una fantasmagoria di tolleranza religiosa, patrocinata ardentemente dall'indifferentismo ed i m moralità dei cortigiani, vorrà costringere il vescovo di Callinico a rifabbricare la distrutta sinagoga degli Ebrei, vedrà giun gersi una lettera rispettosissima, ma conquidente del Vescovo di Milano,nella quale l'equità,la giustizia, la fede cristiana ed anche i dettami di una saggia politica impongono a Teodosio direvocareilmalconcepitodecreto.Teodosiosimostra esi tante;ma Ambrogio insisteevince.Evincerà finoal punto di persuaderlo a promulgare una legge, con che il troppo vio lento principe impone agli altri giudici,e prima a sè stesso, di soprasedere ventiquattro ore dall'esecuzione d'ogni sentenza capitale; non solo, ma in abito da penitente lo vedremo con fessare ed espiare in faccia alla Chiesa ed all'impero le fatali conseguenze della impetuosa sua ira contro i Tessalonicesi. Magnanimo principe, degno dell'ammirazione di tutta la posterità! Esso fu grande quando sul campo di battaglia tre volte sgomino le legioni degli usurpatori e due volte ruppe e disperse le immense orde dei barbari; ma fu più grande allor chè nel vestibolo della Basilica milanese riconobbe, esser nes  448 S. AMBROGIO E IL DIRITTO ROMANO   S. AMBROGIO E IL DIRITTO ROMANO 449 suno,fuorché Dio,padrone della vita degli uomini.Circadue centoquarant'anni prima un altro imperatore romano,sommo unicamente perlibidiniécrudeltà,avevaespressoildesiderio che il senato e Roma stessa avesse una sola testa,onde poterla spiccare d'an colpo.A quell'imperatore,cui Seneca fu maestro, if sénato e l'impero si prostravano e ne placavano la divina cle menza con statue e sacrificii. Ora un altro principe grande per'mente, per cuore e per braccio, è in ginocchio avanti ad un Vescovo Cattolico, domandando penitenza per esser troppo trascorso nell'esercizio della giustizia contro alcunisudditi. Chisceglieremo,Teodosio oNerone?A chidovrà ascriversi il cambiamento totale nei principii che reggevano l'impero? I fattirivelanoilloroautore:seipregiudiziimoderni impedi scono a'molte intelligenze di leggerne il nome,è solo, come osserva uno scrittore francese (1) di principii esso stesso tut. t'altro che cattolici , perchè il cristianesimo è troppo poco stu diato e'meno compreso. S.Ambrogio,come tuttiglialtripadridellaChiesa,si occupava delle questioni sociali e politiche per lo più solo in direttamente : la sua cura cotidiana, il pensiero della sua vita era la santificazione del suo gregge ; e le sue azioni e i suoi scritti tendevano unicamente a questo scopo.Ilsuo stesso libro degli Officii, quell'opera scritta ad imitazione di Cicerone , la quale,come rappresentante dei secoli cristiani,sebbene segni unqualcheregressonelleforme,locompensaconunimmenso progresso,nelle idee non mira che ad offrire al suo clero saggi precetti di santa vita.Ma si può egli sanar l'anima senza gio varealcorpo?Ecco pertantoS.Ambrogio,por professando osservanza dei canoni,che intimavano a pruti e vescovi una operosa residenza fra il popolo (2), togliersi da Milano , c o m parire alla corte, intraprendere disastrosi viaggi,ogni volta lo richiedeva la necessità della cosa pubblica . Teodosio gli affida i suoi due figli; e quando il grande Arcivescovo stava per entrare nell'eternità,Stilicone,ilreggente dell'impero,lo mando a scongiurare, che volesse pregar Dio per un po'd'altri anni, poiché l'Italia, lui morendo, pericolava (3).  III. ( 1) Il signor Cousin citato da Troplong, De l'influence du christianisme sur le Droit civil des Romains, pag. 368. 29 (2)Epist.LXXXV,n.2. (3)Paulin, Vit.Ambros.n.45. Scuola Catt.Anno II.Vol.III.Quad.XVII.   450 S. AMBROGIO E IL DIRITTO ROMANO Non è perciò meraviglia, se negli scritti e più nelle azioni del Consolare romano divenuto Vescovo cattolico troviamo , sebbene quasi per incidente e per lo più solo in germe, accen nate e risolte le principali questioni di diritto, la cui completa trasformazione doveva esser l'opera dei secoli avvenire. La clemenza di Teodosio verso i vinti, gli sforzi di lui per siste mare l'esazionedelleimposte,cuiibarbari,glierroridell'impero e più l'interna corruzione dei costumi rendevano intollerabili, dimostrano che l'influenza di S. Ambrogio si stendeva dovunque eravi un ministero di carità da esercitare (1).Irrompono iGoti, mettono a ferro ed a fuoco l'Illirico e ne conducono gli abi tanti inservitù?S.Ambrogio spogliatosidituttoperredimerli, spezza e vende ivasi preziosi della Chiesa :essendochè più preziose, dicealsuopopolo,sonoleanimeredentedaCristo,chenon l'oro e l'argento consecrati al culto divino.Era lo scioglimento pratico per mezzo della carità di quella questione della schia vitù,cui Ulpiano e Pomponio dicevano di assoluto diritto delle genti (2) e che la nuova religione professante la fratellanza universale degli uomini, voleva sbandita dalla terra.Il cristia nesimo infatti ogni volta che vedea aperto ilcampo all'azione, viene attuando gradualmente l'affrancamento degli schiavi,con quella prudenza però che prepara prima la libertà delle anime e delle intelligenze , avanti di procedere alla liberazione dei corpi;poichè questa,se troppo repentina ed ispirata solo da passioni politiche,riesce in pratica egualmente fatale agli schiavi stessi ed alle nazioni che la compiono:gli Stati Uniti d'Ame rica ne vanno ora facendo l'esperienza. Era tuttavia principalmente nell'udienza episcopale,che S. Ambrogio rivelava nelle sue sentenze ilmagistrato cristiano e santo . Costantino, approvando ciò che di fatti già trovava nei costumi cristiani, donò alle decisioni dei Vescovi il medesimo valore giuridico,che ilsenso pratico degli antichi romani aveva ottenuto agli editti del pretore. Con ciò lo stretto diritto civile consecratodalleleggidelleXIITavole,ilqualegià ritiravasi davanti al diritto di natura più ampiamente propugnato dai giureconsulti dell'età classica, cessava totalmente, o meglio si trasformava in quel codice,cui S. Agostino chiamava divina ( 1 ) P a r e c c h i e l e t t e r e d e l s a n t o v e r s a n o s u g l i o f f i c i i, c h e e i s o v e n t e a s s o m e vasi di intercedere presso l'imperatore per le vittime delle enormità fiscali.  (2)... quae potestas (servorum)juris gentiumest;(Ulpian,Insl.I, tit.8)e Pomponio conchiudeva che chi cadeva nelle mani del nemico gli re stava per diritto delle genti suo schiavo.(Tit.49. V. ff.De captivis).   S. AMBROGIO E IL DIRITTO ROMANO 451 mente emanato per bocca dei principi (1); e che fatto pubbli care da Giustiniano, mentre l'impero d’occidente era distrutto e quello d'oriente minacciato,conserva all'antica Roma la gloria di dominare eternamente,se non coll'armi,col migliore primato delle leggi. Di fianco al diritto civile romano nasceva il diritto ca nonico. La proprietà è resa universale : non vi sono più distinzioni di res mancipi o nec mancipi, di dominio quiritario o per pre scrizione ; non si possiede più secondo S. Ambrogio , in forza della cittadinanza romana, la quale comunichi il diritto di proprietà proveniente dalle conquiste;la fonte d'ogni diritto è Dio, di cui tutti gli uomini sono figli; e che unico padrone della terra, ne dà l'uso a chi legittimamente lo acquista (2). Scompajono egualmente le legillimae nuptiae come contra posto alle justae nuptiae ed al concubinato legale :non si parla più né di confarreazione, né di co -emptio, nè di usus per aqui stare alla donna idiritti matronali e la successione,come figlia al m a r i t o : n o n v i è p e i c r i s t i a n i c h e il m a t r i m o n i o S a c r a m e n t o d e l l a NuovaLegge,simbolodell'unionediGesùCristocollaChiesa:la legge ecclesiastica de determina gli impedimenti,ne prescrive i riti; ed il marito e la moglie si trovano eguali nell'obbligo di vicendevole fedeltà ed amore e nella santa emulazione del bene.«Nessuno,predicava S.Ambrogio,silusinghiappoggian dosi alle leggi umane... non è lecito al marito ciò che non è permesso alla donna (3).» Per misurare ilprogresso introdotto dal cristianesimo,bisogna ricordare ciò che scriveva Tertulliano: * al giorno d'oggi chi si sposa ha già concepito il progetto d i r i p u d i a r s i e il d i v o r z i o è c o m e u n f r u t t o d e l m a t r i m o n i o ( 4 ) . ” La lettera(LX)delsantoarcivescovoscrittaadun talPe tronio ci introduce a contemplare ilsegreto lavoro della Chiesa costituente gli impedimenti dirimenti, per la sempre maggior santificazione della società matrimoniale,cui invano avevan tentato di mettere in onore le Leggi Giulie e Pappia Poppea. S. Ambrogio infatti dissuade con parole severe l'amico dal progetto di contrarre colla nipote:cosa contraria,egli dice, alla legge divina (5). Si crede anzi che la costituzione civile (1) Leges Romanorum divinitus per ora principum emanarunt,cit.dell'Oza- ' nam.Ilquinto secolo,vol.1,pag.188. (5) L'impedimento di consanguineità in linea collaterale è di natura eccle siaslica:S. Ambrogio parla dellelogge divina considerata nelle sae dedazioni.  (2)De Nabuthe Jezraelita,cap.I,III,etalibipassim. (3)D:Abraham.Lib.I,n.26. (4) Apolog. $ 6.   pubblicata da Teodosio il grande circa ilmatrimonio fra i con giunti(1),glifosseispiratadalsantosuo amico,consigliere e padre spirituale.Isuccessori del grande imperatore spaven tati dall'opposizione che l'impudicizia pubblica recava all'ese cuzione di simili leggi,si mostrarono incerti e indietreggiarono ; ma l'impulsoeradatoeilcristianesimo,trionfandodell'immo ralità,si impose poi pienamente anche alla legislazione. Il diritto di vita e di morte, che le leggi delle XII Tavole concedevano al padre sul figlio, era già stato abolito durante ilperiodo,in cui la filosofia stoica,piegandoalsoffio spi rato dal Golgota, moderò tutta l'antica giurisprudenza (2). Costantino arrivò a decretare la pena del parricidio contro il genitore che uccidesse il proprio figlio. M a quanto cammino rimaneva tuttora a fare anche in questa materia per giungere a stabilire un pieno accordo colle imprescrittibili leggi di na tura!Nonsoloilpadre conservava,comegiudicedomestico, ildiritto diinfliggere pene,benché moderate alfiglio;ma esse stesso dettava al magistrato lasentenza, che nei casi più gravi era reclamata dalla disciplina paterna (3).Arroge che l'esere dazionedimorava intattafralesuemani,senzachelacrea zione,fattadaCostantino,delpeculio quasi-castrensee laparte concessa nella eredità della madre, bastasse a sottrarre ilfiglio di famiglia ad una autorità, che, sebben giusta, dee avere essa pure i proprii confini. Che più ? Perseverava ancora il barbaro diritto nei padri di vendere i propri figli: S. Girolamo (4) ci ha conservati i lamenti di una misera vedova,cui ilmarito per supplire all'ingordigia del fisco, dovette vendere i tro figliuoli; S. Ambrogio stesso flagellando l'atroce crudeltà de gliusuraj,introduceunpoveropadreche«usandodellaau toritàconferitaglidallalegge,ma negataglidallanatura» per pagare l'usurajo , da cui ebbe il pane, conduce all'asta i proprii figli ; e con sanguinosa ironia esclama : « o miei figli, pagate le spese della mia gola, soddisfate il prezzo della mense paterna. Voi divenite il mio riscallo eil vostro servaggio ricom pėra la libertà mia (5). » Quai diritti, buon Dio, e quali ese crabili cause li facevano esercitare! Ben a ragione S. Ambrogio prosegue,narrando,chein uncaso simile,all'usurajo,ilquale (1)Leg.5,C. Deincestisnuptiis. (2) Troplong, op. cit. pag.264. (3) Lec. 3. C. lust. de patria potest. (4) In vito Paphnutii (5)De Tobia,cap.VIII,n.20.  452 8. AMBROGIO E IL DIRITTO ROMANO   S. AMBROGIO E IL DIRITTO ROMANO 453 voleva approfittarsi della legge ed ostava ai funerali di un cre ditoreimpotente,avevaordinato:siprendessein casailca davere in garanzia del proprio debito ; e ve lo fece traspor tare dal popolo. Con simile legislazione però chi avrebbe osato farsi mediatore per riconciliare coll'inflessibile autorità pa terna un figlio , il quale aveva ardito menare in isposa una donzella, non trasceltagli dal padre? Il diritto romano riguar dava taleatto,comeunattentatocontro natura;poichéla nuora, secondo la legge, diveniva figlia del capo di casa. Ma lacaritàcristianasilasciaguidare da istintidivini:fra Je lettere di S. Ambrogio, la 83.a è appunto diretta a un tal Si sinnio,onde persuaderlo non solo a perdonare ma a ricevere incasaun talfiglioeduna talnuora;eviriusci.Sublime cat tolicità della Chiesa ! Dopo undici secoli circa, fu riproposta ai padri del Concilio di Trento la scabrosa questione del matri monio contratto dai figli di famiglia senza il consenso del pa dre : e lo spirito del santo vescovo di Milano ricomparve nella prudentissimarisoluzionedelSinodoEcumenico.Quella lettera a Sisinnio invero rivela in S. Ambrogio un tatto pratico squi sito:ma insieme qual profonda conoscenza del cuore umano, quanta delicatezza e soavità di sentimenti in quel grande av vezzo a moderar l'animo degli imperanti e a stringer le redini dello Stato;il miele,giusta l'enigma di Sansone,gocciava di nuovo dalla bocca del leone. Le leggi che regolavano le successioni richiedevano pari menti importantimodificazioni.L'antica legislazione era il ca polavoro dell'aristocrazia; esaminando quella ferrea catena di eredi suoi, agnatizii, gentilizii, in fine alla quale non manca vano mai le spalancate fauci del fisco, non si può a meno di ammirare con un senso di sacro terrore quel vigore di con cetto, quella intrepida inflessibilità di logica, con cui per con s e r v a r e i b e n i e d i s a c r i f i z i i n e l l e f a m i g l i e , il l e g i s l a t o r e r o m a n o non indietreggiava davanti alle più inique violazioni dei di ritti di natura. L'equità pretoria vi aveva già portato al certo qualche cambiamento coll'editto:unde liberi;ma ohime!di qnanto poco accontentavasi la sapienza di Cajo e degli altri giureconsulti della setta stoica (1)! Prima però cheGiustiniano si preparasse una imperitura e giusta gloria con quelle leggi sulle successioni, che ancora ( !) A a e j u r i s i n i q u i t a t e s e d i c t o p r a e t o r i s e m e n d a t a e s u n t. ( C a p . I I I . C o m . 2 5 ). Troplong,op.cit.pag.323.    C h e p i ù ? s c r i v e n d o al g i u d i c e S t u d i o (X X X ), il q u a l e lo a v e v a consultato sul modo di comportarsi,quando dovesse pronun ciar sentenze capitali, il prudente ed amoroso vescovo gli in culca con ogni maniera di ragioni l'esercizio dalla clemenza, che deve giungere, esso dice, fin dove vi è giusta speranza di emenda del reo. Lungi però dalle moderne utopie, le quali in nalzando a principio l'abolizione della pena capitale per qual siasi grande malfattore, riescono in pratica a disarmare e con danpare gli innocenti,il santo giurista pone per base la giustizia della pena di morte e raccomanda all'amico la custodia delle leggi, « poichè mentre si leme la spada dei giudici, si reprime e non si stimola il furore dei delilli (3). » La stessa procedura criminale è lucidamente delineata nelle duelettere(VeVI)aSiagriovescovo di Verona.S.Ambro gio lo rimprovera d'aver troppo superficialmente ricevuto l'ac cusa contro la vergine Indicia ; gli fa osservare che nel suo processo trascurò quasi tutti gli argomenti che potevano far prova giuridica in favore dell'accusata ; mentre illegalmente aveva avuto ricorso a testimoniaoze ed atti quanto obbrobriosi altrettanto insufficienti; e gli descrive il modo da sè tenuto per riveder quella causa e cassarne l'ingiusta sentenza.Leggendo quelle lettere scritte nel secolo IV,l'animosicompiace riscon trando i medesimi principii tracciati dal nostro santo, seguirsi 11)Ep.LXXXII cit.n.3. (2 ) C o n f. L i b . V I . c a p . I V . (3)Ep.XXX cit.n.9.VediancheBagnard,op.cit.pag.140eseg.  454 S. AMBROGIO E IL DIRITTO ROMANO al presente sono la base di tutti i codici moderni , S. Ainbro gio l'aveva non solo preceduto, ma superato con un giudizio, la cui equità sembra oltrepassare i confini di una soverchia condiscendenza.Nella letteradifatti (LXXXII)al Vescovo Mar cello, pel cui testamento eransi fratello e sorella a lui appellati, il santo ci descrive collocate di fronte le due opposte influenze, che si disputavano allora ilcampo delle leggi. La procedura ci vile avanti al magistrato ci appare da una parte irta di inter minabili acontroversie,azioni,recriminazionimolteplici,istanze, cavilli da curiale (1); » la procedura canonica del vescovo dal l'altra tien l'occhio alla giustizia e non alle forme legali, e la stessa giustizia tempera e corregge colla carità. Cosi S. A m b r o gio applicava al diritto civile quella sua massima,che come ci attesta S. Agostino (2), soleva ripetere al suo popolo : la let tera uccide, ma lo spirito vivifica. 1   S. AMBROGIO E IL DIRITTO ROMANO 455 tuttora dalla S. Congregazione del Concilio,quando trattansi certe questioni, le quali come quella giudicata da S. Ambro gio, richiedono la più dilicata prudenza. Di tal modo l'influenza del Consolare romano si stese su tutti irami della scienza e pratica legale,donando loro.la vitael'amore,che provengono dallacroce diGesù Cristo. Non ci sarà perciò lecito di conchiudere,che il sommo Arcive scovo il quale nelle immense occupazioni del suo apostolato quasi mondiale, trovò tempo e mezzi da gettare le basi di un intera ristaurazione del diritto pubblico e privato, deve essere salutato,come la personificazione del genio cristiano nella se conda metà del secolo IV ? S. Ambrogio infatti ben diverso dai grandi uomini volgari dell'epoca moderna , non studiò gli er rori ed ipregiudizii dell'età in cui visse se non per combat terli:gli avvenimenti stessi più fortunosi non lo scossero: non segui ma trascinossi dietro uomini ed istituzioni, informan doli del suo spirito di forza e di carità":esso pertanto è a tutto rigor di storia,l'uomo del suo tempo. Ritorna quest'anno il quindicesimo centenario , da che il Consolare fu eletto e consecrato Vescovo di Milano.L'impero romano,di cui S.Ambrogio avanti di chiuder gli occhi alla vita vidde le prime strette di morte,è sparito;ed ibarbari che lo distrussero,avendo prestato orecchio più docileallelezioni la sciate dal santo,crearono le nazioni cristiane.A qual punto però siamo noialpresente?Lasocietàprogredisceoretrocede? Immense innovazionionoranoalcertolospiritoumano,che in questi ultimi tempi percorse e scrutò tutti i regni della n a tura, sorprendendone preziosi segreti:esso obbligo il fuoco a servire alle sue industrie , lo aggiogó al carro e traverso la terra;diede leggi al fulmine e lo costrinse a trasmettere ad immense distanze il proprio pensiero.Tuttavia nonostante que ste meraviglie, quale è il diritto pubblico e privato d'Europa e del mondo in quest'anno 1874 ? D i a m o u n o s g u a r d o i n g i r o : il D i o - s t a t o b a r i a l z a t o o v u n que i suoi altari e non vi è governo che non gli abbruci in censo e sacrifichi vittime : e quali vittime ! Sono diverse le forme sotto cui si presenta ilredivivo paganesimo;ma è in forza deimedesimi principii,che essoristaural'anticabattaglia, sperando che il maggior progresso delle scienze fisiche e la maggior forza che ne proviene ai governi,gli daranno di po  IV.   ter questa volta abbattere l'indipendenza della Chiesa , ri durla a servaggio e prepararla alla morte.Dietro al diritto pubblico vien necessariamente trasformandosi il diritto privato ; il matrimonio, qual fu consacrato e reso indissolubile dalla fede cristiana, l'istruzione della gioventù, che deve sottrarsi all'er rore,l'inviolabilità della proprietà sia privata che collettiva, e cento altre conquiste dei secoli cristiani vanno ritirandosi in faccia ad altre conquiste, per antifrasi dette moderne.Si grida progresso: ma basta gridarlo? Frattanto le popolazioni moyon lamenti,simili a quelli che si udivano nel secolo IV,reclamando contro isempre crescenti balzelli;una febbre di ricchezzadi vora gli uomini creati pel cielo; e nello sfondo di un non lon tano orizzonte vediamo avanzarsi il Comunismo , ultima fase del paganesimo,ilquale viene a prender possesso del mondo in nome della logica e della Giustizia di Dio. È in questi frangenti che ilvecchio campione del secolo IV si scosse nella tomba de'suoi quindici secoli e volle rivedere lasuaMilano. Non spetta certamente all'umana ignoranza di indovinare i d i s e g n i m i s t e r i o s i d e l l ' a l t i s s i m o : E s s o c e li m a n i f e s t e r à c o m e e quando crederà meglio.Ma è egli possibile che questo gi gante di santità ritorni fra noi senza una missione degna di sua grandezza ? Il consolante dogma dell'intercessione dei santi ci dà diritto alle più soavi speranze ; poiché la S. Chiesa,e que sta nostra in ispecie,è la vigna già lavorata da S. Ambrogio ; e la sua visita perciò non può portare che frutti di benedizione e di pace alla Chiesa ed alla società.

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