Annunzio (Pescara). Filosofo. Grice: “I will call him a philosopher.” D’Annunzio e il fascismo è una storia italiana. I Contemporanea. L’Illuminismo oscuro Il rapporto
tra il vate e il fascismo è molto più complesso e burrascoso di quanto si pensi: un
poeta buono nell'infondere emozioni e a forgiare l’immaginario collettivo, ma
che poco ha a che spartire con Mussolini e la dottrina fascista.
Difficile trovare un personaggio più divisivo di Annunzio. O lo si ama o lo si
odia. Chi lo ama, solitamente, sa vagamente perché. Chi lo odia, il più delle
volte, non ha idea della ragione. Pochi si addentrano nel personaggio, nelle
opere, nella biografia, nella sua filosofia, e finiscono per apprezzarlo per le
sue magnificenze e contraddizioni, senza amarlo né odiarlo. L’uomo presenta
slanci superbi e difetti inemendabili, che si elidono e restituiscono
l’immagine di una persona straordinaria. Propaganda Filippo Tommaso Marinetti.
Come si seducono le donne Manuale di seduzione futurista. Coraggio, coraggio,
coraggio: ecco l’afrodisiaco supremo della donna! Una celebre contraddizione di
Annunzio fu l'adesione al fascismo. La questione viene spesso relegata a una
semplicistica organicità del vate al regime e alla sua dottrina politica, cosa
che lo rende – come se interventismo, erotomania, morosità, dissolutezza e
tossicodipendenza non bastassero – inviso e disprezzato dai più. Dire che
Annunzio fosse un antifascista sarebbe un’esagerazione fuori luogo, dire però
che fosse un fascista fatto e finito è altrettanto un errore, perché ben poco
condivideva di quella dottrina e certo non fu amico di Mussolini. Il
personaggio e le sue scelte sono figli di quel tempo complesso, e della lacerante
crisi che l’Italia vive. Proiettiamoci allora con l'anima in quegli anni
terribili. Cartolina disegnata da E. Anichini per il centenario
dantesco. Si vede l’Italia tra Dante e Annunzio, in una specie di simbolico
passaggio di consegne. Il vate, nella mano destra un fascio curiosamente
capovolto, è rappresentato come la più illustre personalità d’Italia: colui
che, come Dante unifica linguisticamente lo Stivale, lo unifica con la forza
della parola e delle mani. È una cartolina pubblicata per conto dei fascisti,
in cui di Mussolini non si fa la minima menzione. Per tutti, se un duce ci è non può che essere Annunzio. È finita la Grande Guerra e l’Italia è
sull’orlo di un altro conflitto, una guerra civile. I reduci sono delusi e
arrabbiati, sia i cosiddetti interventisti democratici – quelli che intendeno
portare il popolo in armi alla liberazione dei compatrioti sotto dominio
straniero –, sia gli interventisti nazionalisti – coloro che auspicano che
l’Italia, sconfiggendo lo storico rivale dispotico e arrogante, potesse sedere
al tavolo delle grandi potenze – si trovano a stringere un pugno di mosche:
alle trattative per la pace l’Italia ottiene ben poco ed è trattata con
sufficienza. Tre anni di combattimenti, 600 mila caduti e la vittoria sul campo
non garantiscono quanto era stato promesso nel Patto di Londra -- è la vittoria
mutilata. I nazionalisti insorgono. Annunzio ha occupato Fiume e la tiene fino
a quando lo stesso governo italiano bombarda la città mettendo fine
all’avventura della Reggenza Italiana del Carnaro. Come se non bastasse, in
Italia scoppiano scioperi e rivolte. Gl'operai si ribellano, occupano le
fabbriche, erigono barricate. Scioperano gli agrari, i sindacati si mobilitano,
le piazze sono in tumulto, il Partito Socialista si agguerrisce: si compie il
biennio rosso, che culminerà, almeno simbolicamente, nel Congresso di Livorno,
quando la corrente massimalista del Partito Socialista secede, dando vita al
Partito Comunista. I fascisti seminano violenza in tutta la Val Padana e anche
oltre. Si scagliano contro i socialisti e le loro sezioni, contro gl'operai, i
contadini, i comuni amministrati dalla sinistra. Sono il primo antidoto
repressivo al biennio rosso. Obiettivo prestabilito: i rossi, la canaglia
bolscevica, i pacifisti traditori. Uniti nella lotta, socialisti, comunisti e
anarchici fronteggiano un nemico comune, le squadre di camicie nere.
La classe dirigente liberale è impotente, il parlamento litigioso e
inconcludente, i politici non hanno consenso: le trattative di pace sono state
condotte con scarsa convinzione e l’amministrazione pubblica è allo sbando. La
gestione dell’ordine pubblico è quasi inesistente, tanto che frange
dell’esercito, delle forze dell’ordine e alcuni prefetti iniziano a
simpatizzare coi fascisti: almeno loro riescono a garantire un minimo di
ordine, seppure in maniera inadeguata a uno stato di diritto. Qui si
incastra una doppia illusione. Da un lato, parte della borghesia industriale e
agraria foraggia i fascisti in funzione anti-rivoltosa, contro i propri stessi
lavoratori indisciplinati. Dall’altro, la classe politica *liberale* ritiene
che queste squadre di *incolti picchiatori* siano utili a mantenere ordine e a
prevenire una possibile rivoluzione socialista, e che spariranno a breve come
tutti i fenomeni pittoreschi, capeggiate come sono da cinici opportunisti,
violenti agitatori e da un parolaio magico. Gl'uni e gl'altri credono di
potersi servire di questo movimento finché lo si farà durare, per i propri
comodi. Annunzio legge nella Capponcina -- è noto per le opere
letterarie, i saggi filosofici decadentisti, le avventure amorose e per il suo
gusto nel bel vivere. La guerra, Fiume e le folle sono di là da venire. A
questa età, Mussolini si appresta a diventare capo del governo. In tutto ciò Annunzio
*è l’italiano più famoso all’estero* e più influente in patria. La parola del
Poeta non è quella di uno scrittore o un politico normale. Annunzio è un *eroe
di guerra*, è l’artefice dell’Impresa di Fiume. Occupa le prime pagine dei
giornali di tutto il mondo -- è uno scrittore acclamato, il più tradotto, il
più amato e il più odiato. Ha un seguito enorme, migliaia di sostenitori
appassionati, reduci di guerra e ammiratori comuni, e centinaia di legionari
fiumani legati a lui da giuramento -- è un uomo che può raccogliere attorno a
sé migliaia di fedeli, persone che tra le altre cose conoscono le armi. È un
uomo pericoloso. Quando arringa, unisce; quando dileggia, divide. È bipartisan
il Vate, piace a tutti e non appartiene a nessuno -- è inserito fino al collo
nell’ALTA SOCIETÀ, piace agl'ARISTOCRATICI -- è un fervente patriota, beniamino di tanti
nazionalisti. Ha incassato la stima di Lenin e in alcuni momenti pare davvero
un rivoluzionario, per questo lo osservano diversi proletari. Lo
vorrebbero con loro anche molti fascisti. Ma Annunzio non ricambia il favore ai
demagoghi che credono di aderire alla realtà e non aderiscono se non alla loro
camicia sordida. È un ottimo momento, ma il Vate temporeggia. Stanco,
disilluso, disgustato dalla politica e dal governo *liberale* che gli ha tirato
addosso le granate, a lui che, *monarchico* e patriota, vanta sette medaglie al
valore. Si è ritirato nella villa di Gardone, sul Lago di Garda, e sostiene
che non c’è oggi *in Italia* nessun movimento politico sincero, condotto
da un’idea chiara e diretta. Perciò è necessario che noi facciamo parte di *noi
stessi*, immuni da ogni mescolanza e contagio. Annunzio osserva il caos in cui
l’Italia versa e decide di non gettarsi nella mischia. Lui ha già combattuto,
non è questo il suo terreno. Spera in fondo che un giorno non lontano tutta
Italia lo richieda a gran voce come paciere, novello *dittatore romano* che
scongiura la guerra civile. Ha tutte le carte in tavola ma non le sfrutta. Dice
di sé. Mi auguro di essere la persona alla quale un giorno si penserà dicendo:
Avanti! Non resta che lui! I fascisti credono sia arrivata la loro ora,
ma manca un vero condottiero. Mussolini è l’ideologo, l’*inventore* del
movimento, ben lontano dal diventare il *duce degli italiani*. Colui che in
questo momento viene acclamato come *duce dalla gioventù* è Annunzio, il
condottiero che deve portare al potere *la giovane Italia* nata nelle trincee,
scalzando la pletora di politici vecchi e mercanteggianti che hanno vinto la
guerra non per merito loro e hanno svenduto la patria allo straniero. Annunzio
ha il carisma, il seguito, la statura culturale per trascinare i giovani e i
reduci a Roma, compiendo quella rivoluzione italiana che *nulla ha a che fare
con la rivoluzione bolscevica*. Ci sperano i suoi seguaci, meno lo agogna lui.
Annunzio è però anche un cialtrone, un oratore capace di trascinare le folle
nei momenti bui ma del tutto inadeguato alla politica intesa come mediazione e
governo quotidiano. Ciononostante vanno in molti a bussare alla sua
porta. Contemporanea Nicola Maiale In Fiamme Violenza politica in Italia
dalla belle époque alla marcia su Roma. Mussolini sigla il patto di
pacificazione coi socialisti, che prevede la rinuncia bilaterale alla violenza
e la *costituzionalizzazione* del movimento fascista, e all’interno dello
stesso movimento le polveri esplodono. "Chi ha tradito, tradirà" si
legge sui manifesti affissi dagli stessi fascisti a Bologna. L’ovvia
implicatura è al tradimento del Mussolini socialista. La massa fascista, le
squadre e i rispettivi ras, ripudiano la guida di Mussolini, che ricambia con
le dimissioni (rigettate) e affermando che quello che era un movimento ideale
si è trasformato in una banda armata al servizio del capitale. Mussolini è
politicamente fuori gioco e i ras invocano il duce che è tornato da Fiume da
pochi mesi. Dino Grandi e Italo Balbo si incaricano dell’ambasciata a Gardone
per offrirgli la guida del fascismo. Annunzio rifiuta nettamente, senza
rispetto, e i due se ne vanno sdegnati. Anche Gramsci compie il pellegrinaggio!
Non si sa quale sia la proposta perché Annunzio rifiuta di incontrarlo poiché,
dice, non posso lasciarmi imporre i colloqui. Forse Gramsci vuole
trascinare il poeta nel Partito Comunista, più probabilmente proporgli di unire
i suoi legionari alla resistenza antifascista. Perché si sa che Annunzio non
ama i fascisti, seppure con una certa ambiguità, e il disprezzo è ancor più
motivato dai toni che in quel momento Mussolini assume nei riguardi del Vate,
quando smette la riverenza e dice apertamente che le iniziative politiche di
Annunzio sono irrilevanti, che egli è inaffidabile e capriccioso, inservibile e
intrattabile. Non ha tutti i torti. Annunzio sarà anche stato l’eroe di guerra,
il condottiero che prende Fiume in armi e la tiene per un anno e mezzo, ma è
pur sempre un poeta, un dandy *narcisista* e *dissoluto*, uomo adatto alle
arringhe, a infondere emozioni e volontà, a forgiare l’immaginario collettivo,
ma di cosa sia la politica non ne ha idea e non vuole saperne nulla, disgustato
com’è da tutto e tutti, desideroso solo di crogiolarsi nella sua solitudine e
tornare ad essere quel che era, un operaio della parola, come ama sempre
definirsi. I due personaggi appaiono quanto mai diversi. In questa
immagine si ritraggono un Mussolini primo *deputato* fascista, *sguardo severo*
e *abbigliamento scuro*, minaccioso nell’espressione, e un Annunzio in
uniforme, gli occhi persi nel vuoto, indubbiamente più affascinante, ma *meno
granitico*. Nel periodo precedente la marcia su Roma Annunzio mostra
particolare ostilità al fascismo. Dopo il fallito tentativo di Gramsci, sono
ricevuti i capi della CGIL e persino Čičerin, commissario sovietico agli Affari
esteri, tutti per attrarlo nell’orbita antifascista. Ma le parole faticano a trasformarsi
in fatti. Di agire stivali sul terreno non se ne parla. Si fa vivo addirittura
Nitti, il Cagoja, l’odiato primo ministro dei tempi fiumani, che gli
scrive: bisogna unire tutte le forze per finire questo regime di
stupidità e di violenza, per riportare l’Italia ai suoi ideali di democrazia,
di libertà e di lavoro. Non m’importa di me. Tu vedi il pericolo e puoi agire
sulla *gioventù*, infiammandola e riportandola al buon sentiero.
Francesco Saverio Nitti Il momento di Annunzio è giunto, può mettere finalmente
d’accordo le forze in lotta e prendere le redini di un paese nel caos. Viene
organizzato un incontro tra Nitti, D’Annunzio e Mussolini. Due giorni prima il
poeta cade da una finestra della stanza della musica, dal primo piano del
Vittoriale. Sul volo dell’arcangelo, come lo chiama, vede fatta molta
*dietrologia* e qui la storia fatta con i “se” potrebbe sbizzarrirsi. Chissà
cosa sarebbe successo se si fossero incontrati e Annunzio avesse espresso la
sua terzietà e l’opposizione rispetto a un governo fascista. Fatto è che
l’incontro viene annullato. Il poeta non lo sa ancora, ma è definitivamente
uscito di scena. La foto ritrae Mussolini come tutti lo conoscono.
Non veste ancora l’uniforme ma già fa mostra di tutto il suo stile: attorniato
da *camicie nere*, posa con lo sguardo arcigno, la mascella prominente e le
mani sui fianchi. Pittoresco e quasi ridicolo all’apparenza, conquista
nonostante ciò le folle, armato della retorica altisonante e aggressiva,
trionfale e accattivante, che ha in parte imparato da Annunzio. Mussolini va a
trovarlo ma non viene ricevuto. Si incontrano ugualmente ma senza risultati
tangibili. Ormai i tempi sono maturi, i fascisti vogliono il potere e vanno a
prenderselo. Ricorre l’anniversario della vittoria e Annunzio è invitato nella
capitale per presenziare le celebrazioni, per questo la marcia su Roma viene
anticipata di una settimana. Mussolini teme che il Vate possa effettivamente
convogliare alcune correnti in favore del governo e compromettere l’iniziativa
fascista. Le squadre imperversano per le strade di Roma. Vittorio Emanuele III
rifiuta di firmare lo stato d’assedio e convoca Mussolini. Annunzio è
ormai un relitto della politica. L’uomo che poteva fare non ha fatto, colui che
aveva forze vive, uomini, consenso e autorevolezza, non aveva né l’idea né
l’ambizione. Obnubilato dalla sua stessa grandezza, si è rimpicciolito fino
all’inutilità. Forse l’aveva proprio cercata questa inutilità, non gli
interessava praticare la politica quanto ritrovare se stesso e la sua arte, in
solitudine, se è vero che confidò a un amico pochi mesi prima. "Ho voluto
ri-entrare nel silenzio, ho voluto essere un capo senza partigiani, un
*condottiero senza seguaci*, un *maestro senza discepoli*. Gabriele
D’Annunzio Mesi dopo, uno che per vivere la Grande Guerra ha falsificato la
carta d’identità e si è qualificato come giornalista, che aiuta l’esercito
italiano in Veneto nel servizio ambulanze, uno scrittore di nome Ernest
Hemingway, scrive di Mussolini come del più grande bluff d’Europa. Aggiunge
che sorgerà una nuova opposizione, anzi si sta già formando, e sarà
guidata da quel rodomonte vecchio e calvo, forse un po’ matto, ma profondamente
sincero e divinamente coraggioso che è Annunzio. Purtroppo per l’Italia,
cui nei successivi anni non verranno risparmiate sofferenze e costrizioni, la
previsione di Hemingway non si rivela esatta. Un’opposizione è effettivamente
incarnata dal Comandante, ma rimane silente, sepolta nelle mura del Vittoriale
e dell’incombente vecchiaia. Comunismo d'annunzio fascismo fiume Gabriele
D'Annunzio Italia Mussolini prima guerra mondiale seconda guerra mondiale
Socialismo socialisti italiani. La costituzione più bella del
mondo. Quella sì, fu davvero “la più bella costituzione del mondo” e non per
modo di dire. Per i contenuti, lo stile, la prosa, l’idealità che sprigionava.
La Carta del Carnaro non fu scritta da pur insigni costituzionalisti e rivista
da politici, come la nostra costituzione. Fu scritta da un grande sindacalista
e rivista da un grande poeta-soldato. Parlo di Alceste De Ambris e di Gabriele
d’Annunzio. Fu animata dal confluire di tre grandi energie: l’amor patrio, lo
slancio poetico e lo spirito sindacalista rivoluzionario. All’articolo 2 della
parte generale, scritta da De Ambris sono condensate tutte le parole chiave
della carta: democrazia -- diretta, sociale, organica, fondata sulle autonomie,
sul lavoro produttivo e sulla sovranità collettiva di tutti i cittadini. È
d’Annunzio a parlare nella sua stesura della volontà popolare, del fato latino,
e d'evocare il Carnaro di Alighieri, l'estremo confine della civiltà romana, e
il culto della lingua. È d'Annunzio a sostituire 'repubblica' con quella più classica 'reggenza' --
intesa come governo del popolo. Fu Annunzio a richiamarsi ai produttori e
agl'ottimi. E fu Annunzio a indicare nella bellezza della vita, del lavoro e
della virtus, la credenza religiosa collocata sopra tutte le altre, che guida
lo Stato. La forte impronta sociale e popolare della carta non impede il
culto aristocratico dell’eccellenza e la tutela delle arti e delle discipline
più nobili, del corpo e dell'anima. Nella carta è garantita ogni libertà dei cittadini, il voto universale -- è poi ribadita la funzione sociale della proprietà privata ed era disegnato
l’assetto delle corporazioni di arti e mestieri. Nove corporazioni
raccoglievano i lavoratori nelle loro articolazioni (terra; mare, operai,
impiegati, liberi professionisti, intellettuali); la decima corporazione era
enigmaticamente riservata alla forze misteriosa del popolo in travaglio e in
ascendimento, al genio ignoto, all’uomo novissimo, a colui che fatica senza
fatica -- è risolto il dilemma tra parlamentarismo e presidenzialismo,
riconoscendo centralità al lavoro e sovranità al popolo dei produttori -- è introdotta la figura di un comandante, inteso come il dictator
romano, con pieni poteri ma limitati a un breve arco di tempo. Elementi
costitutivi della carta sono l’auto-decisione del popolo, la possibilità di
indire referendum, la tutela dei sacri confini nazionali e della civiltà
italiana-latina-romana, l’istruzione e l’educazione del popolo come il più alto
dei doveri della repubblica, la musica riconosciuta nella costituzione come
un’istituzione religiosa e sociale. Nel linguaggio d’oggi dovremmo dire che
sovranismo, amor patrio e populismo furono i cardini ideali della carta del
Carnaro. La fusione tra poesia, trincee e sindacalismo è il suo timbro
originale. Veniva poi costituita una Lega di Fiume che une in un solo fascio la
forze sparsa di ogni. Cerca l’adesione della Russia Bolscevica ma si rivolge anche
ai paesi islamici. Annunzio esalta il risveglio dell’Islam, auspice Italia,
dispensatrice di diritto e giustizia. Memorabili i discorsi fiumani d'Annunzio
che prepararono il terremo alla reggenza del Carnaro e al suo statuto. Da
L’orazion piccola in vista del Carnaro a l’Hic manebimus optime. E a Fiume vi
rimane davvero. La carta del Carnaro non è il sogno proibito di una città-utopia separata dalla
storia e non è nemmeno il frutto di un’avventura velleitaria d'un eroe
disoccupato a caccia di emozioni, come l’ha sbrigativamente liquidata Emilio
Gentile -- èinvece la visione più lucida e ardita della politica e della società di
combattenti che la guerra la fano sul serio. Così De Ambris sintetizzò la carta
ad Annunzio. Diamo al mondo l’esempio di una costituzione
aristotelico-vichiana-nietzscheiana che in sé accolge ogni libertà e ogni
audacia di Platone, facendo rivivere la più nobile e gloriosa tradizione della
nostra stirpe italica. Esempio perfetto di rivoluzione conservatrice.Annunzio.
Keywords: Alighieri, quarnaro, reggenza, non repubblica, musica, dictator
romano, commandante, il fiume, il fiumenismo, sindacalismo, utopia, dystopia, revoluzione
conservatrice. Refs.: Luigi Speranza, “Grice ed Annunzio” – The Swimming-Pool
Library.
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