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Sunday, September 26, 2021

Grice ed Anceschi: implicatura non ermetica, mercuriale

 Sembra proprio che studiare una nozione letteraria voglia dire rendersi conto di ciò che essa ha voluto significare; studiare l'ermetismo vorrà dire vedere come l'ermetismo stesso, in quanto movimento letterario e culturale, ha inteso presentarsi per se stesso nell'attenzione ai motivi di coerenza, ma anche alle interne variazioni e differenze. Qualche considerazione va fatta, per altro, in limine intorno al nome. È noto: l'uso della nozione di ermetismo è frequente nel discorso della cultura per indicare quei movimenti, quelle manifestazioni, quelle situazioni del pensiero e della letteratura, in cui maniere oscure, ardue, chiuse e di comunicazione non diretta esigono, per esser partecipate, e anche solo intese, il possesso di una chiave che pochi sono in grado di adoperare. Il termine ha un'origine storica abbastanza ben definita e che istituisce subito il destino dei suoi significati. Dal nome di  Ermes Trismegisto si disse ‛ermetica' una dottrina di tarda età ellenistica in cui motivi oscuramente mistici di sincretismo filosofico-religioso si fusero con ipotesi di fantastica alchimia, in un tessuto linguistico segreto, ricco di allusioni, di difficile partecipazione. Si consideri anche che a Ermes Trismegisto si attribuisce l'aver chiuso (si disse, appunto, ‛ermeticamente') un'ampolla di vetro mediante la fusione dei bordi delle aperture. Oscurità, chiusura, tono di rivelazione sacra, un insieme di difficili connessioni tra mistica e alchimia, una presentazione immaginosa e immediata di oggetti intellettuali e riflessivi: ecco alcuni caratteri degli scrittori che per primi furono detti ‛ermetici'; ed ermetici, poi, vennero chiamati talora quei movimenti di pensiero occulti, misteriosofici, iniziatici, che spesso si posero in antitesi al pensiero dominante nel secolo, che costituiscono una ormai ben definibile tradizione secolare, continua, e che talora affiorano nella cultura essoterica con singolari sollecitazioni e insorgenze. Con intenzioni inizialmente screditanti, ma il nome venne poi accettato da molti scrittori, ermetismo si disse anche una tendenza della letteratura italiana tra le due guerre, che, venuta dopo l'esperienza dei crepuscolari e gli esperimenti dei futuristi, si distinse nettamente dal rondismo, come corrente dell'ultimo gusto neoclassico, e da ogni genere di ritornante realismo; ed è ciò di cui qui dobbiamo parlare. Ci sono opinioni molto diverse su questo movimento. C'è chi, in una ben definita prospettiva letteraria militante, vede in esso il momento più alto della poesia e del pensiero poetico del secolo nel nostro paese; e c'è chi, movendo da un particolare orizzonte sistematico, accusa la ricerca ermetica di ‛perdita della immediatezza' fino a vedervi intellettualismo e, al limite, una distrazione di giochi verbali; c'è anche chi, secondo un'ispirazione fortemente ideologica, vede in essa un pericoloso e condannabile momento di evasione rispetto al dovere della partecipazione e dell'impegno. Solo un'indagine diretta e particolare potrà definire  il diritto e il torto di considerazioni come queste; e, tuttavia, è difficile disconoscere che si trattò di un movimento influente, complesso, articolato in diverse disposizioni dottrinali e di poetica, con varie stratificazioni di momenti interni secondo una tradizione breve e intensa. Il movimento ebbe vita difficile negli anni in cui si manifestò, trovò una sua forza contro molti oppositori e reali resistenze, giunse fino ad operare sul costume e a cadere in un nuovo Kitsch, si dissolse alla fine della  seconda guerra mondiale, ma lasciò un'impronta viva, e anche un impulso nella cultura della poesia e della critica che, da un lato, è continuato per anni nel lavoro degli epigoni, e che, dall'altro, ha condizionato indubbiamente i modi in cui si manifestarono i movimenti che seguirono. Quanto alle strutture della poesia, forse è riduttivo il considerare l'ermetismo solo come una tendenza della letteratura italiana contemporanea, che, riallacciandosi alle correnti simboliste non soltanto francesi, anzi europee, intende la poesia come esercizio assoluto di linguaggio che in tanto vale in quanto riesce a esprimere l'intuizione lirica nella sua originaria purezza, escluso l'intervento di preoccupazioni didattiche, moralistiche, dottrinali e speculative in una volontà attentamente coltivata e resolutamente diretta al risalto di momenti di intensità e di innocenza; ma è anche riduttivo parlare dell'ermetismo solo come dell'espressione di una rivolta in cui si concreta l'appello orfico-cristiano, religioso, metafisico, negatore della storia, di una storia che si appiattisce di fronte all'assoluto, libero dalle strutture rettoriche, e inteso a propositi soprattutto di rinnovazione radicale dell'uomo. Ritorneremo su queste differenze di pronunzia e sul loro significato; ma, a questo punto, occorrerà ormai rendersi conto e giustificare l'uso della nozione di ermetismo nel contesto della situazione letteraria italiana tra le due guerre e nella individuazione del significato interno del movimento. L'ermetismo va considerato come un movimento europeo o italiano, o puramente ‛fiorentino'? Certo, ci furono aspetti, e li considereremo, della poesia e della poetica d' Europa che si potrebbero dire ermetici o che hanno avuto rapporti con ciò che diciamo ermetismo, anche tali che senza di essi l'ermetismo non sarebbe stato possibile. Uno dei connotati dell'ermetismo è certo quello di aver tenuto aperti i rapporti - se pure in modo limitato secondo una lettura pregiudicata - con l'Europa in tempi difficili; ma una situazione, un movimento di cultura che si siano collocati sotto quel nome si ebbero solo in Italia; trovarono caratteri particolari e individuati; determinarono una singolare, e un poco astratta, cultura della poesia per certi aspetti di rara intensità e inquietudine. Il tentativo di ridurre il movimento solo al gruppo dei ‛fiorentini' dà nel sofistico, o nel riduttivo; non è certo facile tagliar con il coltello una situazione tanto compatta quanto varia; molti fatti si diedero contemporaneamente nella convergenza di letture e di interessi comuni; il ‛gruppo fiorentino' fu certo autonomo per suoi caratteri, ma nella misura in cui portò certi motivi di una generazione nuova in un contesto comune. In realtà, nella prima generazione ermetica in Italia la prima voce fu quella di  Giuseppe Ungaretti.

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