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Tuesday, July 28, 2020

Grice e Gentile

Giovanni Gentile (Castelvetrano, 29 maggio 1875 – Firenze, 15 aprile 1944) è stato un filosofo, pedagogista, politico e accademico italiano.  Fu insieme a Benedetto Croce uno dei maggiori esponenti del neoidealismo filosofico e dell'idealismo italiano, nonché un importante protagonista della cultura italiana nella prima metà del XX secolo, cofondatore dell'Istituto dell'Enciclopedia Italiana e, da ministro, artefice, nel 1923, della riforma della pubblica istruzione nota come Riforma Gentile.[1] La sua filosofia è detta attualismo.  Inoltre fu figura di spicco del fascismo italiano. In seguito alla sua adesione alla Repubblica Sociale Italiana, fu assassinato durante la seconda guerra mondiale da alcuni partigiani comunisti dei GAP. «Era un omone che ispirava grande simpatia; con la pancia incontenibile, i bei capelli brizzolati sopra un faccione rosso acceso, di carnale cordialità. Tutto fuorché un filosofo: così mi apparve, benché fossi pieno di entusiasmo per i suoi Discorsi di religione, freschi di lettura. Bonario, familiare (paternalista), mi fece l'impressione di un vigoroso massaro siciliano, che fonda la sua autorità sull'indiscusso ruolo di patriarca. [...]»  (Geno Pampaloni, Fedele alle amicizie, 1984[2]) Gli studi e la carriera accademica Ottavo di dieci figli, Gentile nasce nel 1875 a Castelvetrano, nel trapanese, da Giovanni Gentile senior, farmacista, e Teresa Curti, figlia di un notaio. Frequenta il ginnasio/liceo "Ximenes" a Trapani. Vince quindi il concorso per quattro posti di interno della Scuola normale superiore di Pisa, dove si iscrive alla facoltà di lettere e filosofia: qui ha come maestri, tra gli altri, Alessandro D'Ancona, professore di letteratura, legato al metodo storico e al positivismo e di idee liberali, Amedeo Crivellucci, professore di storia, e Donato Jaja, professore di filosofia, hegeliano seguace di Spaventa, che influirono molto sul suo pensiero filosofico da adulto.  Dopo la laurea nel 1897, con massimo dei voti e ottenimento del diritto di pubblicazione della tesi, ed un corso di perfezionamento a Firenze, Gentile ottiene una cattedra in filosofia presso il convitto nazionale Mario Pagano di Campobasso. Nel 1900 si sposta al liceo Vittorio Emanuele di Napoli.  Nel 1901 sposa Erminia Nudi, conosciuta a Campobasso: dal loro matrimonio nasceranno Francesca (1902), Federico (1904), i gemelli Gaetano e Giovanni junior (1906), Giuseppe (1908) e Tonino (1910).  Nel 1902 ottiene la libera docenza in filosofia teoretica e l'anno successivo quella in pedagogia. Ottiene poi la cattedra universitaria all'Università degli Studi di Palermo (1906-1914, storia della filosofia), dove frequenta il circolo "Giuseppe Amato Pojero" e fonda nel 1907 con Giuseppe Lombardo Radice la rivista Nuovi Doveri. Nel 1914 all'università di Pisa (fino al 1919, filosofia teoretica) ed infine alla Sapienza di Roma (già dal 1917 professore ordinario di Storia della filosofia, e nel 1926 professore ordinario di Filosofia teoretica).   Giovanni Gentile nel 1910 È stato professore ordinario di Storia della filosofia all'Università di Palermo (27 marzo 1910), professore ordinario di Filosofia teoretica all'Università di Pisa (9 agosto 1914), professore ordinario di Storia della filosofia all'Università di Roma (11 novembre 1917), professore ordinario di Filosofia teoretica alla Università di Roma (1926), commissario della scuola normale superiore di Pisa (1928-1932), direttore della Scuola Normale superiore di Pisa (1932-1943) e vicepresidente dell'Università Bocconi di Milano (1934-1944).  Durante gli studi a Pisa incontra Benedetto Croce con cui intratterrà un carteggio continuo dal 1896 al 1923: argomenti trattati dapprima la storia e la letteratura, poi la filosofia. Uniti dall'idealismo (su cui avevano comunque idee diverse), contrastarono assieme il positivismo e le degenerazioni, a loro dire, dell'università italiana. Insieme fondano nel 1903 la rivista La Critica, per contribuire, in base alle loro idee, al rinnovamento della cultura italiana: Croce si occupa di letteratura e di storia, Gentile, invece, si dedica alla storia della filosofia. In quegli anni Gentile non ha ancora sviluppato il proprio sistema filosofico. L'attualismo avrà configurazione sistematica solo alle soglie della prima guerra mondiale. Sarà inoltre dal 1915 che Gentile divenne membro del Consiglio superiore della pubblica istruzione, fino al 1919.  Il primo dopoguerra e l'adesione al fascismo All'inizio della prima guerra mondiale, tra i dubbi della non belligeranza, Gentile si schiera a favore della guerra come conclusione del Risorgimento italiano. In quel tempo rivelò a sé stesso la passione politica che gli stava dentro e assunse una dimensione che non era più soltanto quella del professore che parla dalla cattedra, ma quella dell'"intellettuale" militante, che si rivela al grande pubblico attraverso i giornali quotidiani.  Nell'immediato dopoguerra partecipa attivamente al dibattito politico e culturale. Nel 1919 è, insieme a Luigi Einaudi e Gioacchino Volpe, tra i firmatari del manifesto del Gruppo Nazionale Liberale romano, che, insieme ad altri gruppi nazionalisti e di ex combattenti forma l'Alleanza Nazionale per le elezioni politiche, il cui programma politico prevede la rivendicazione di uno «Stato forte», anche se provvisto di larghe autonomie regionali e comunali, capace di combattere la metastasi burocratica, i protezionismi, le aperture democratiche alla Nitti, rivelatosi «inetto a tutelare i supremi interessi della Nazione, incapace di cogliere e tanto meno interpretare i sentimenti più schietti e nobili».[3]  Nel 1920 fonda il Giornale critico della filosofia italiana. Sempre nel 1920 diviene consigliere comunale al Municipio di Roma, mentre l'anno successivo viene nominato anche assessore supplente alla X Ripartizione, A.B.A., ovvero alle Antichità e alle belle Arti, sempre del Municipio di Roma[4]. Nel 1922 diviene socio dell'Accademia dei Lincei.  Fino al 1922 Gentile non mostra particolare interesse nei confronti del fascismo. Fu solo allora che prese posizione in merito, dichiarando di vedere in Mussolini un difensore del liberalismo risorgimentale nel quale si riconosceva:  «Mi son dovuto persuadere che il liberalismo, com'io l'intendo e come lo intendevano gli uomini della gloriosa Destra che guidò l'Italia del Risorgimento, il liberalismo della libertà nella legge e perciò nello Stato forte e nello Stato concepito come una realtà etica, non è oggi rappresentato in Italia dai liberali, che sono più o meno apertamente contro di Lei, ma per l'appunto, da Lei.»  (Da una lettera del 31 maggio 1923 rivolta a Benito Mussolini, cit. in G. Gentile, La riforma della scuola in Italia, Firenze, Le Lettere, 1989, pp. 94-95) Il 31 ottobre, all'insediamento del regime viene nominato da Mussolini ministro della Pubblica Istruzione (1922-1924, per dimissioni volontarie), attuando nel 1923 la riforma Gentile, fortemente innovativa rispetto alla precedente riforma basata sulla legge Casati di più di sessant'anni prima (1859). Il 5 novembre 1922 diviene senatore del Regno[5]. Nel 1923 Gentile si iscrive al Partito Nazionale Fascista (PNF) con l'intento di fornire un programma ideologico e culturale. Dopo la crisi Matteotti, date le dimissioni da ministro, Gentile viene chiamato a presiedere la Commissione dei Quindici per il progetto di riforma dello Statuto Albertino (poi divenuta dei Diciotto per la riforma dell'ordinamento giuridico dello Stato). Gentile resta fascista e nel 1925 pubblica il Manifesto degli intellettuali fascisti, in cui vede il fascismo come un possibile motore della rigenerazione morale e religiosa degli italiani e tenta di collegarlo direttamente al Risorgimento. Questo manifesto sancisce l'allontanamento definitivo di Gentile da Benedetto Croce, che gli risponde con un contromanifesto. Nel 1925 promuove la nascita dell'Istituto Nazionale di Cultura Fascista, di cui è presidente fino al 1937.  Per le numerose cariche culturali e politiche, esercita durante tutto il ventennio fascista un forte influsso sulla cultura italiana, specialmente nel settore amministrativo e scolastico. È il direttore scientifico dell'Enciclopedia Italiana dell'Istituto Treccani dal 1925 al 1938, e vicepresidente di tale istituto dal 1933 al 1938 dove accolse numerosi "collaboratori non fascisti" come il socialista Rodolfo Mondolfo[6]. A Gentile si devono in gran parte il livello culturale e l'ampiezza della visione dell'opera: invitò infatti «a collaborare alla nuova impresa 3.266 studiosi, di diverso orientamento»[7], poiché «nell'opera si doveva coinvolgere tutta la migliore cultura nazionale, compresi molti studiosi ebrei o notoriamente antifascisti, che ebbero spesso da tale lavoro il loro unico sostentamento».[7] Egli riesce in tal modo a mantenere una sostanziale autonomia, nella redazione dell'enciclopedia, dalle interferenze del regime fascista.  Nel 1928 diventa regio commissario della Scuola Normale Superiore di Pisa, e nel 1932 direttore.  È coinvolto nell'istituzione del Giuramento di fedeltà al fascismo del 1931 che causerà l'allontanamento di alcuni illustri accademici dall'Università italiana.  Nel 1930 diventa vicepresidente dell'Università Bocconi. Nel 1932 diventa Socio Nazionale della Reale Accademia Nazionale dei Lincei. Lo stesso anno inaugura l'Istituto Italiano di Studi Germanici, di cui diviene presidente nel 1934. Nel 1933 inaugura e diviene presidente dell'Istituto italiano per il Medio ed Estremo Oriente. Nel 1934 inaugura a Genova l'Istituto mazziniano. Fu direttore della Nuova Antologia e accolse "collaboratori non fascisti" come il socialista Rodolfo Mondolfo[6]. Nel 1937 diventa regio commissario, nel 1938 presidente del Centro nazionale di studi manzoniani e nel 1941 è presidente della Domus Galilaeana a Pisa.  Rapporti con la cultura cattolica Non mancano comunque i dissensi col regime: in particolare il suo pensiero subisce un duro colpo nel 1929, alla firma dei Patti Lateranensi tra Chiesa cattolica e Stato Italiano: sebbene Gentile riconosca il cattolicesimo come forma storica della spiritualità italiana, ritiene di non poter accettare uno Stato non laico. Questo evento segna una svolta nel suo impegno politico militante; è inoltre contrario all'insegnamento della religione cattolica nelle scuole medie e superiori, mentre riteneva giusto - avendolo inserito nella sua riforma - quello nelle scuole elementari, in quanto lo riteneva una preparazione alla filosofia adatta ai bambini. Nel 1934 il Sant'Uffizio mette all'indice le opere di Gentile e di Croce, a causa del loro riconoscimento, nel solco dell'idealismo, del cristianesimo cattolico come mera "forma dello spirito", ma considerato inferiore alla filosofia, come Gentile spiega nel discorso del 1943 La mia religione, in cui vi sono anche alcune velate critiche al papato storico, ispirate da Dante, Gioberti e Manzoni.[8] Degna di nota anche la sua difesa di Giordano Bruno, il filosofo eretico condannato al rogo dall'Inquisizione nel 1600, al quale dedica un saggio[9], impegnandosi anche presso Mussolini perché la statua del pensatore nolano - eretta in Campo de' Fiori nel 1889 e opera dello scultore anticlericale Ettore Ferrari - non fosse rimossa, come richiesto da alcuni cattolici.[10] Nel 1936 comincia una lunga polemica contro il nuovo ministro dell'Educazione Nazionale Cesare Maria De Vecchi, che Gentile accusa di «inquinare la cultura nazionale».[11]  Gentile, personalmente, non condivise le leggi razziali del 1938, come si evince da un carteggio con Benvenuto Donati durato per tutto il periodo tra il 1920 ed il 1943. Già il 21 dicembre 1933, nel corso della giornata inaugurale dell'Istituto italiano per il Medio ed Estremo Oriente prese posizione contro le teorie razziste che si stavano propagando nella Germania nazista[12]:  «Roma non ebbe mai un'idea che fosse esclusiva e negatrice… Essa accolse sempre e fuse nel suo seno, idee e forze, costumi e popoli. Così poté attuare il suo programma di fare dell'urbe, l'orbe. La prima e la seconda volta, la Roma antica e la Roma cristiana: volgendosi con accogliente simpatia e pronta e conciliatrice intelligenza a ogni nazione a ogni forma di vivere civile, niente ritenendo alieno da sé che fosse umano. Sono i popoli piccoli e di scarse riserve quelli che si chiudono gelosamente in se stessi in un nazionalismo schivo e sterile»  (Giovanni Gentile nel discorso inaugurale dell'Istituto italiano per il Medio ed Estremo Oriente il 21 dicembre 1933[12]) Benché sia stato indicato da taluni[13] come uno dei firmatari del Manifesto della razza, si tratta di una diceria, in quanto Gentile non lo firmò mai, come dimostrato dallo studioso Paolo Simoncelli.[14][15]  Soprattutto dopo la promulgazione delle leggi razziali in Italia, si susseguirono gli interventi di Gentile a favore di colleghi ebrei come Mondolfo[16], Gino Arias[17] e Arnaldo Momigliano[18].  Il Discorso agli Italiani  "Il discorso agli Italiani" del 24 giugno 1943 Gli ultimi interventi politici sono rappresentati da due conferenze nel 1943. Nella prima, tenuta il 9 febbraio a Firenze, dal titolo La mia religione, in cui dichiarò di essere cristiano e cattolico, sebbene credente nello Stato laico.  Nella seconda, molto più importante, tenuta il 24 giugno su proposta di Carlo Scorza[19], nuovo segretario nazionale del PNF al Campidoglio a Roma, dal titolo Discorso agli Italiani, esortò all'unità nazionale, in un momento difficile della guerra. Dopo questi interventi si ritirò a Troghi[20] (Fi), dove scrive la sua ultima opera, uscita postuma, Genesi e struttura della società, nella quale recupera l'antico interesse per la filosofia politica[21], e nel quale teorizzò "l'Umanesimo del lavoro".  Gentile considerò questa sua ultima opera il coronamento dei suoi studi speculativi tanto che all'amico antifascista Mario Manlio Rossi, mostrandogli il manoscritto, scherzando disse: "I vostri amici possono uccidermi ora se vogliono. Il mio lavoro nella vita è concluso"[22].  La caduta di Mussolini il 25 luglio 1943 non preoccupò particolarmente Gentile che intese il tutto come un avvicendamento al governo[23]. Inoltre la nomina nel primo governo Badoglio di alcuni ministri che precedentemente erano stati suoi collaboratori come Domenico Bartolini e Leonardo Severi lo confortava[24]. In particolare la vecchia amicizia con il ministro Severi spinse Gentile ad inviargli una lettera di auguri per la nomina e a sottoporgli alcune questioni rimaste in sospeso con il governo precedente[24].  Il 4 agosto Severi rispose a Gentile lanciandogli un duro e inatteso attacco[25]. Travisandone volontariamente i contenuti evitando però di renderli noti avvalorò l'idea che Gentile gli si fosse proposto come consigliere ponendolo quindi in obbligo a respingerne la proposta[26]. Gentile replicò al ministro e rassegnò le dimissioni da direttore della Scuola Normale di Pisa, Gentile respinse in un primo tempo la proposta di Carlo Alberto Biggini che nel frattempo era divenuto ministro, di entrare al Governo, dopo un incontro avvenuto il 17 novembre 1943 con Benito Mussolini sul lago di Garda si convinse ad aderire alla Repubblica Sociale Italiana. Nel novembre 1943 divenne presidente della Reale Accademia d'Italia, con l'obiettivo di riformare la vecchia Accademia dei Lincei che fu assorbita dall'Accademia. Così Gentile alla figlia Teresa raccontò l'evento:  «Venne qui tempo fa un amico ministro a cercarmi, ed io dissi francamente i motivi personali e politici per cui desideravo restare in disparte. Ma egli mi assicurò che io potevo benissimo restare in disparte: ma dovevo fare una visita al mio vecchio amico che desiderava vedermi ed era addolorato di certe manifestazioni recenti, ostili alla mia persona. Negare questa visita non era possibile. Feci comodamente il viaggio con Fortunato. Ebbi il giorno 17 un colloquio di quasi due ore, che fu commoventissimo. Dissi tutto il mio pensiero, feci molte osservazioni, di cui comincio a vedere qualche benefico aspetto. Credo di aver fatto molto bene al paese. Non mi chiese nulla, non mi fece offerta. Il colloquio fu a quattr'occhi. La nomina fu poi combinata col ministro amico e portata qui da me da un Direttore generale. Non accettarla sarebbe stata suprema vigliaccheria e demolizione di tutta la mia vita.»  (Giovanni Gentile in una lettera indirizzata alla figlia Teresa[27]) Sostenne la chiamata alle armi e la coscrizione militare[senza fonte] dei giovani nell'esercito della RSI, auspicando il ripristino dell'unità nazionale sotto la guida ancora una volta di Mussolini.  Intanto il figlio Federico, capitano d'artiglieria del Regio Esercito, dopo l'8 settembre era stato internato dai tedeschi in un campo di prigionia a Leopoli in condizioni particolarmente severe: era l'unico ufficiale italiano del campo a non ricevere la posta di ritorno. Federico Gentile aveva aderito alla RSI ma non aveva accettato l'arruolamento nell'Esercito Nazionale Repubblicano, preferendo tornare in Italia da civile.[28] Gentile, in un discorso del 19 marzo 1944, elogiò pubblicamente per la prima volta Adolf Hitler, definendolo il "Condottiero della grande Germania", e lodando l'alleanza italiana con le Potenze dell'Asse; pochi giorni dopo il figlio venne trasferito in un campo meno duro e infine gli fu permesso il ritorno.[29]  Assassinio da parte dei GAP  L'ingresso nella Basilica di Santa Croce a Firenze della salma del filosofo Giovanni Gentile 18 aprile 1944 Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Uccisione di Giovanni Gentile. Il 30 marzo 1944, per il suo appoggio dichiarato alla leva per la difesa della RSI, ricevette diverse missive contenenti minacce di morte[30]. In una in particolare era riportato: "Tu come esponente del neofascismo sei responsabile dell'assassinio dei cinque giovani al mattino del 22 marzo 1944". L'accusa era riferita alla fucilazione di cinque giovani renitenti alla leva rastrellati dai militi della RSI il 14 marzo dello stesso anno (fucilazione orchestrata dal maggiore Mario Carità, che detestava Gentile, ricambiato; il filosofo aveva infatti minacciato di denunciare le eccessive violenze del suo reparto allo stesso Mussolini).[31] Gentile non era assolutamente collegato con tale evento. Il governo fascista repubblicano gli offrì quindi una scorta armata[30] che però Gentile declinò: "Non sono così importante, ma poi se hanno delle accuse da muovermi sono sempre disponibile"[30].   Lapide nei pressi della tomba di Giovanni Gentile, Basilica di Santa Croce Considerato in ambito resistenziale come uno dei principali teorici e responsabili del regime fascista, "apologo della repressione" e di "un regime ostaggio di un esercito occupante", fu ucciso il 15 aprile 1944 sulla soglia della sua residenza di Firenze, la Villa di Montalto al Salviatino, da un gruppo partigiano fiorentino aderente ai GAP di ispirazione comunista. Il commando gappista, composto da Bruno Fanciullacci, Elio Chianesi[32], Giuseppe Martini "Paolo", Antonio Ignesti e la staffetta Liliana Benvenuti Mattei "Angela"[33] come appoggio[34][35] e con Teresa Mattei e Bruno Sanguinetti nell'organizzazione logistica[36][37], si appostò alle 13:30 circa nei pressi della villa al Salviatino e, appena il filosofo giunse in auto, Fanciullacci e Martini gli si avvicinarono tenendo sotto braccio dei libri per nascondere le armi e farsi così credere studenti. Il filosofo abbassò il vetro per prestare ascolto, ma fu subito raggiunto dai colpi della rivoltella di Fanciullacci. Fuggiti i gappisti in bicicletta, l'autista si diresse all'ospedale Careggi per trasferirvi il filosofo moribondo, ma Gentile, colpito direttamente al cuore e in pieno petto, in breve spirò.[38]  Fu un episodio che divise lo stesso fronte antifascista e che ancora oggi è al centro di polemiche non sopite, venendo infatti già all'epoca disapprovato dal CLN toscano con la sola esclusione del Partito Comunista, che rivendicò l'esecuzione[39].[40]  Il 18 aprile fu sepolto, per iniziativa del ministro Carlo Alberto Biggini[41] e con decreto di approvazione da parte di Mussolini stesso, nella basilica di Santa Croce a Firenze, il foscoliano tempio dell'itale glorie.  Dopo l'attentato le autorità della RSI - dopo aver sospettato all'inizio lo stesso Mario Carità[42] - promisero mezzo milione di lire in cambio di informazioni sui responsabili, mentre venne disposto l'arresto di cinque docenti, indicati dal capo della provincia Raffaele Manganiello come i mandanti morali dell'agguato[43]: Ranuccio Bianchi Bandinelli (che aveva forse approvato l'uccisione), Renato Biasutti, Francesco Calasso, Ernesto Codignola, Enrico Greppi; ma gli ultimi due sfuggirono alla cattura[44]. Grazie al diretto intervento della famiglia Gentile gli arrestati scamparono alla consueta rappresaglia che i fascisti eseguivano in seguito alle azioni gappiste (meno di due settimane prima, il 3 aprile, a Torino erano stati fucilati cinque prigionieri per l'uccisione del giornalista Ather Capelli), venendo rimessi in libertà.[45]  In occasione del decennale della morte, tra il 15 e il 17 aprile 1955, all'interno della basilica fu inaugurato il primo di una serie di convegni di "studi gentiliani". Di tanto in tanto si sono levate isolate voci contro la presenza della tomba del "filosofo del fascismo" in Santa Croce, ma senza seguito.[46] La filosofia di Gentile fu da lui denominata attualismo o idealismo attuale, poiché in esso l'unica vera realtà è l'atto puro del «pensiero che pensa», cioè l'autocoscienza, in cui si manifesta lo spirito che comprende tutto l'esistente; in altre parole, solo quello che si realizza tramite il pensiero rappresenta la realtà in cui il filosofo si riconosce.[47]  Il Pensiero è attività perenne in cui all'origine non c'è distinzione tra soggetto e oggetto. Gentile avversa pertanto ogni dualismo e naturalismo rivendicando l'unità di natura e spirito (monismo), cioè di spirito e materia, all'interno della coscienza pensante, assieme al primato gnoseologico ed ontologico di questa. La coscienza è vista come sintesi di soggetto e oggetto, sintesi di un atto in cui il primo (il soggetto) pone se stesso e pone il secondo (autoconcetto): in ciò consiste l'autoctisi. Non hanno quindi senso orientamenti solo spiritualisti o solo materialisti, come non ne ha la divisione netta tra spirito e materia del platonismo, in quanto la realtà è Una: qui è evidente l'influsso del panteismo rinascimentale e dell'immanentismo, più che dell'hegelismo.[48]  Di Hegel, a differenza di Benedetto Croce, che era fautore di uno storicismo assoluto (o idealismo storicista), per cui tutta la realtà è storia e non atto, in senso aristotelico, Gentile non apprezza tanto l'orizzonte storicista, quanto l'impianto idealistico relativo alla coscienza: la coscienza è considerata come fondamento del reale. Anche secondo Gentile vi è un errore in Hegel nella formulazione della dialettica, ma questo non consiste unicamente, come aveva affermato Croce, nella sistemazione scolastica hegeliana di Logica, Filosofia della natura e Filosofia dello Spirito. In proposito Croce aveva infatti sostenuto, contro questa tripartizione hegeliana,che "tutto è Spirito". Pur essendo condivisibile la critica crociana, non è assolutamente sufficiente, in quanto Gentile sostiene ne La riforma della dialettica hegeliana (1913) che Hegel avrebbe infatti confuso la dialettica del pensare (che ha individuato correttamente) con la dialettica del pensato: avrebbe pertanto lasciato forti residui della dialettica del pensato,cioè quella del pensiero determinato e delle scienze.[48] Gentile inoltre non accetta la crociana dialettica dei distinti, che Croce (in base al principio che "non ogni negazione è opposizione") ha introdotto e posto accanto alla hegeliana "dialettica degli opposti"; infatti il filosofo siciliano la ritiene un'aggiunta arbitraria, che snatura la dialettica hegeliana medesima. Questa invece si esplica in un attualismo, in cui Gentile utilizza la dialettica hegeliana degli opposti all'interno della teoria dell'atto del pensiero come atto puro: questa dialettica si esplica quindi nel rapporto dialettico tra logica del pensare e logica del pensato.[49].  Recuperando Fichte (in particolare la Dottrina della scienza del 1794), il filosofo siciliano afferma che lo spirito è fondante in quanto unità di coscienza ed autocoscienza, pensiero in atto; l'atto del pensiero pensante, o «atto puro», è il principio e la forma della realtà diveniente. Secondo Gentile la dialettica dell'atto puro si attua nell'opposizione tra la soggettività rappresentata dall'arte (tesi) e l'oggettività rappresentata dalla religione (antitesi), cui fa da soluzione la filosofia (sintesi).[48]  L'atto puro si fonda sull'opposizione della «logica del pensiero pensante» e la «logica del pensiero pensato»: la prima è una logica filosofica e dialettica, la seconda una logica formale ed erronea.[48]  Gentile dedica la sua attenzione al tema della soggettività dell'arte e al suo rapporto con la religione e la filosofia, ovvero l'intera vita dello spirito; se da un lato l'arte è il prodotto di un sentimento soggettivo, dall'altro essa è un atto sintetico, che coglie tutti i momenti della vita dello spirito, acquistando dunque alcuni caratteri del discorso razionale.[48]  Sviluppando fino in fondo l'hegelismo di Bertrando Spaventa, l'attualismo gentiliano, per il quale ogni realtà esiste solo nell'atto che la pensa, è stato interpretato come un idealismo soggettivo (una forma di soggettivismo), sebbene il suo autore tendesse a respingere tale definizione,[50] non essendo quell'atto preceduto né dal soggetto né tantomeno dall'oggetto, bensì coincidente con l'Idea stessa, e a differenza di Fichte, in cui l'Infinito (come aveva già affermato Hegel) è un "cattivo infinito" è in realtà immanente all'esperienza, proprio perché creatore dell'esperienza.[51] Gentile fu il primo e più importante ideologo del fascismo, assieme a Mussolini stesso. La sua è una filosofia politica fortemente attivista e attualista (cioè vuole trasporre l'attualismo nel campo civile e sociale), che coniughi «prassi e pensiero», che sia insieme «azione a cui è immanente una dottrina».[52] Essendo insoddisfatto di fronte alla realtà, in Gentile troviamo il primato del futuro, ma, allo stesso tempo, un recupero della concezione romantica della Ragione intesa come Spirito universale che tutto pervade, avversa al materialismo e alla ragione meramente strumentale.[53] Per Gentile, ad esempio, il «modo generale di concepire la vita» proprio del fascismo è di tipo «spiritualistico».[52]  Il fascismo non è la sola qualificazione politica che dà della propria filosofia, Gentile infatti vuole essere anche liberale, nonostante sembri respingere quasi in toto il liberalismo ottocentesco ne La dottrina del fascismo.[52] Difatti la sua concezione politica riprende la concezione hegeliana dello Stato etico, per cui libero non è l'individuo atomisticamente e materialisticamente inteso, ma soltanto lo Stato nel suo processo storico.[54]  L'individuo può essere libero ed esplicare la sua moralità esclusivamente nelle forme istituzionali dello Stato, come chiarisce nella voce «Fascismo» dell'Enciclopedia italiana.[55] L'individuo può maturare la sua libertà individuale solo all'interno dello Stato ("libertà nella legge"), con ciò a dire in un contesto istituzionale organizzato. Un esempio di questa concezione lo si può trovare nella Destra storica, la quale governò i primi anni dell'Unità d'Italia: impostò un governo autoritario (concezione ereditata poi dalla Sinistra storica di Francesco Crispi) che riuscì a moderare l'individualità dei singoli, quella che Gentile definisce come la spinta alla disgregazione; questo modello di governo forte è giusto per Gentile, in quanto lo Stato deve essere Stato etico, definito mazzinianamente come "educatore".[52] Se Gentile voglia uno stato totalitario vero e proprio è questione invece incerta, di certo nella sua fase prettamente fascista egli fa riferimento allo "Stato totale", l'organismo che accoglie tutto in sé.[55]   Giovanni Gentile negli ultimi anni Con il fascismo si può avere vero "liberalismo" in quanto riporta ai valori primigeni del Risorgimento:[56] Gentile dimostra qui un forte approccio storicistico, secondo il quale il fascismo trarrebbe la sua legittimazione dalla storia, sarebbe appunto una fase storica, non un'ideologia politica.[52]  Il Risorgimento non fu solo un'operazione politica, ma un "atto di fede":[56] il campione di suddetto atto di fede fu Mazzini: anti-illuminista e romantico, anti-francese, spiritualista e nemico dei principi materialistici.[57]  Lo Stato giolittiano rappresentò invece, secondo Gentile (concezione che lo divide radicalmente da Croce), un tradimento dei valori risorgimentali: per rompere questo status quo degenerativo del processo italiano fu necessario il ricorso all'illegalità e alla violenza del fascismo movimento: una violenza rivoluzionaria, perché portatrice di un nuovo assetto, ma anche statale, perché va a colmare le lacune che vigono nel sistema statale.[58] Gentile insiste molto sulla novità del fascismo: è un modo nuovo di concepire la nazione, ha una consapevolezza mistica di ciò che sta compiendo.[58]  Benito Mussolini viene perciò dipinto come un vero eroe idealistico. La missione del fascismo, secondo Gentile, è quella di creare l'Uomo nuovo: un uomo di fede, spirituale, anti-materialista, volto a grandi imprese.[58] Questo nuovo tipo di uomo sarà antitetico al carattere che Giolitti tentò di imprimere alla nazione e che connotava l'Italia come scettica, mediocre e furbastra.[52]  Egli, in quanto ideologo, sostiene che il fascismo si dovesse istituzionalizzare: ciò avverrà nei fatti attraverso l'istituzione del Gran Consiglio del Fascismo.[52] Il fascismo si deve inoltre far assorbire dall'italianità (e non il contrario): il fine è che nella società non vi siano più contraddizioni, nessuna differenza tra cultura italiana e cultura fascista.[58]  Bisogna arrivare ad una comunità omogenea e compatta anche in ambito lavorativo: attraverso l'istituzione della corporazione, la quale deve sanare la frattura sindacati-datori di lavoro tramite la collaborazione di classe; anche qua egli riprende le teorie mazziniane, oltre che il distributismo.[52] Il corporativismo (di cui le estreme realizzazioni saranno la democrazia organica e la socializzazione dell'economia, progettate nella RSI) permetterà di giungere ad uno stato di fatto in cui i problemi economici si risolveranno all'interno della corporazione stessa, senza provocare fratture all'interno della società, ed evitando la lotta di classe, grazie alla terza via fascista.[52]  Negli ultimi anni di vita Gentile sostenne, opponendosi all'ala estrema e intransigente del fascismo, l'idea una riconciliazione, la più ampia possibile, di tutti gli italiani, sia fascisti che antifascisti: pur riconoscendosi nella RSI, invitò pubblicamente il “popolo sano” ad ascoltare “la voce della Patria”, esortandolo alla pacificazione e ad evitare una “lotta fratricida"[59], di cui comunque non vedrà la fine.  Il gentilismo fu, assieme al fascismo di sinistra "rivoluzionario" (Malaparte, Maccari, Bottai, Marinetti), al fascismo clericale, alla mistica fascista (Giani, Arnaldo Mussolini) e al neoghibellinismo paganeggiante (Julius Evola), una delle principali correnti culturali del regime fascista. Per l'idealista Gentile, a differenza di Croce, che riteneva il pensiero di Marx solo "passione politica", causata da uno sdegno morale a causa delle ingiustizie sociali, il marxismo è una filosofia della storia derivata da Hegel. Nella Filosofia di Marx (1899) Gentile afferma infatti che questa filosofia della storia (come concezione materialistica della storia) è costruita da Marx sostituendo la Materia - la struttura economica - allo Spirito. Per Hegel lo Spirito è l'essenza di tutta la realtà, che comprende la materia (all'interno della Filosofia della natura), come momento del suo sviluppo; secondo Marx invece, avendo scambiato il relativo con l'assoluto, si finisce con l'attribuire a un mero momento (la materia, cioè il fatto economico) la funzione dell'Assoluto - che per Hegel si sviluppa dialetticamente ed è determinato a priori - rendendo così determinato a priori l'empirico: la struttura economica. Nonostante che la filosofia della storia marxiana sia pertanto una errata filosofia della storia hegeliana "rovesciata", però la filosofia di Marx possiede ugualmente un pregio: è una "filosofia della prassi". Nelle Tesi su Feuerbach (che Gentile tradusse per primo in italiano) il "Moro" infatti critica il materialismo volgare: questo concepisce metafisicamente l'oggetto come dato e il soggetto come mero ricettore dell'essenza-oggetto. Nonostante ciò, secondo Gentile, Marx,attribuisce alla prassi, considerata come attività sensibile umana,la funzione di far derivare a torto il pensiero medesimo: il filosofo di Treviri infatti considera il pensiero una forma derivata dell'attività sensitiva e non un atto che ponga l'oggetto. Il filosofo siciliano, fondatore dell'attualismo, sostiene invece (contro Marx e il Marxismo) come sia l'atto del pensiero,come atto puro a porre l'oggetto, e quindi, in ultima istanza, a crearlo.[60]  Teorie pedagogiche  Primo piano di Giovanni Gentile Gentile riflette a lungo sulla funzione pedagogica e unisce la pedagogia con la filosofia, avviando una rifondazione in senso idealistico della prima, negandone i nessi con la psicologia e con l'etica.[61]  L'educazione deve essere intesa come un attuarsi, uno svolgersi dello spirito stesso che realizza così la propria autonomia. L'insegnamento è spirito in atto, di cui non si possono fissare le fasi o prescrivere il metodo: «il metodo è il maestro», il quale non deve attenersi ad alcuna didattica programmata ma affrontare questo compito sulla scorta delle proprie risorse interiori. Programmare la didattica sarebbe come cristallizzare il fuoco creatore e diveniente dello spirito che è alla base dell'educazione. Al maestro è richiesta una vasta cultura e null'altro, il metodo verrà da sé, perché il metodo risiede nella Cultura stessa che si forma continuamente da sé nel suo processo infinito di creazione e ri-creazione.[61]  Il dualismo scolaro-maestro deve risolversi in unità attraverso la comune partecipazione alla vita dello spirito che tramite la cultura muove l'educatore verso l'educando e lo riassorbe nell'universalità dell'atto spirituale. «Il maestro è il sacerdote, l'interprete, il ministro dell'essere divino, dello spirito».[61]  Il maestro incarna lo spirito stesso, l'allievo deve allora entrare in sintonia nell'ascolto col maestro, proprio per partecipare anche lui dell'attuarsi dello spirito, per farsi libero ed autonomo, e in questa relazione arriva ad auto-educarsi, facendo del tutto propri i grandi contenuti presentati.[61]  Questi concetti ispirano la riforma scolastica del 1923 attuata da Gentile in veste di ministro della Pubblica istruzione, anche se solo una parte furono applicati secondo i suoi desideri. Altri principi della filosofia di Gentile presenti nella riforma scolastica sono in particolare la concezione della scuola come membro fondamentale dello Stato (viene infatti istituito un esame di Stato che sancisce la fine di ogni ciclo scolastico, anche se gli studi sono effettuati in un istituto privato) e il predominio delle discipline del gruppo umanistico-filologico.[61] Gentile fu ministro della pubblica istruzione e nel 1923 mise in atto la sua riforma scolastica, elaborata assieme a Giuseppe Lombardo Radice e definita da Mussolini "la più fascista delle riforme", in sostituzione della vecchia legge Casati.[62]  Essa era fortemente meritocratica e censitaria; dal punto di vista strutturale Gentile individua l'organizzazione della scuola secondo un ordinamento gerarchico e centralistico. Una scuola di tipo piramidale, cioè pensata e dedicata «ai migliori» e rigidamente suddivisa a livello secondario in un ramo classico-umanistico per i dirigenti e in un ramo professionale per il popolo. I gradi più elevati erano riservati agli alunni più meritevoli, o comunque a quelli appartenenti ai ceti più abbienti. Furono istituite borse di studio perché gli studenti dotati di famiglia povera potessero proseguire gli studi.[63]  Le scienze naturali e la matematica furono messe in secondo piano, poiché secondo Gentile erano materie prive di valore universale, che avevano la loro importanza solo a livello professionale. Questa svalutazione, tuttavia, non avvenne nelle Università,[64] in quanto luoghi delle formazioni specialistiche; difatti Giovanni Gentile, a differenza di Croce che sosteneva l'assoluta preponderanza sociale delle materie classiche sulla scienza[65], pur criticando gli eccessi del positivismo e considerando anch'egli le materie letterarie come superiori, intrattenne anche rapporti, improntati al dialogo, con matematici e fisici italiani (come Ettore Majorana, collaboratore di Enrico Fermi nel gruppo dei "ragazzi di via Panisperna", che divenne anche amico del figlio Giovanni jr., coetaneo del Majorana) e cercò di instaurare un confronto costruttivo con la cultura scientifica.[62][66]  L'obbligo scolastico fu innalzato a 14 anni e fu istituita la scuola elementare da sei ai dieci anni. L'allievo che terminava la scuola elementare aveva la possibilità di scegliere tra i licei classico e scientifico oppure gli istituti tecnici. Solo i due licei permettevano l'accesso all'università (il secondo solo alle facoltà scientifiche), in questo modo però veniva mantenuta una profonda divisione tra classi sociali (questo vincolo fu rimosso completamente solo nel 1969).[62]  Per diminuire l'iscrizione al sovraffollato Istituto magistrale, e per mantenere la separazione tra i sessi nei licei dove prevaleva una maggioranza maschile, fece creare un apposito liceo femminile,[67] favorendo l'accesso delle donne all'insegnamento, ritenuto particolarmente adatto a loro[67], ma escludendole dall'insegnamento delle materie di Storia, Filosofia ed Economia politica nei licei, nonché Materie letterarie, Diritto ed Economia politica nelle scuole e negli istituti tecnici[68][69]. Ciò andava incontro alla visione patriarcale di Mussolini che intendeva spingere le donne a dedicarsi alla famiglia e ad avere più figli, distogliendole dal lavoro e dallo studio[70]. Anche Gentile nel complesso mostrò posizioni poco ricettive verso il femminismo ("il femminismo è morto" dirà nel 1934[71]), sebbene più sfumate, sostenendo che i licei dovessero formare i "futuri capi" guerrieri, mentre le donne (sulla scia di un'interpretazione lombrosiana) avevano una capacità di "comprensione dello Spirito imperfetta"[72] e perciò dovevano dedicarsi ad attività non politiche e non scientifiche, "terreno di battaglia dell'uomo", studiando in una «scuola adatta ai bisogni intellettuali e morali delle signorine», in cui erano privilegiate la danza, la musica e il canto. Tuttavia non venne vietata alle donne la frequentazione dell'università.[73]  Il liceo femminile sarà soppresso già nel 1928, per lo scarso successo ottenuto. Per Victoria De Grazia, la riforma della scuola femminile esprimeva la contraddittoria visione della donna nel regime: «come riproduttrici della razza le donne dovevano incarnare i ruoli tradizionali, essere stoiche, silenziose, e sempre disponibili; come cittadine e patriote, dovevano essere moderne, cioè combattive, presenti sulla scena pubblica e pronte alla chiamata».[74]  Fra gli scopi dichiarati della riforma vi era anche la riduzione della popolazione scolastica delle scuole medie e superiori:  «L'esclusione di un certo numero di alunni dalla scuola pubblica era stato il proposito ben chiaro della nostra riforma (...) Non si deve trovare posto per tutti (...) La riforma tende proprio a questo: a ridurre la popolazione scolastica[75].»  (Giovanni Gentile) Ribadisce che non esiste un metodo nell'insegnamento, ogni argomento è metodo a sé stesso, cioè non è una nozione astratta da memorizzare ma atto di ricerca attiva e creativa.[62] L'insegnante può adoperare delle indicazioni di metodo per preparare le fasi che precedono l'insegnamento.[62] La riforma Gentile fu sostituita dalla riforma Bottai del 1940, che però non entrerà mai completamente a pieno regime a causa della guerra, e sarà definitivamente archiviata dal 1962. Gran parte della suddivisione ideata da Gentile con la riforma del 1924, tuttavia, come la scuola elementare, media e superiore comprendente i licei, è rimasta formalmente in vigore fino a oggi nonostante vari tentativi di modificarla, mentre venne eliminata la cosiddetta "scuola di avviamento". Verrà però permesso, dopo il 1968, l'accesso universitario da tutte le scuole superiori.[62]  L'insegnamento della religione cattolica La religione è insegnata obbligatoriamente a livello primario, introdotta anche per le altre scuole con il Concordato, ma con parere contrario di Gentile. Nella riforma è prevista però la richiesta di esonero, per chi professi altre fedi.[76]. Gentile riteneva che tutti i cittadini dovessero possedere una concezione religiosa e che la religione da insegnare fosse la religione cattolica in quanto religione dominante in Italia.[62] Nel triennio dell'istruzione classica veniva poi introdotta, in sostituzione, la filosofia, adatta alle classi dominanti e alla futura classe dirigente, ma non al popolo minuto.  Gentile e la cultura successiva  Emissione filatelica dedicata dalla Repubblica Italiana a Gentile nel cinquantesimo anniversario della morte (1994) Con l'uccisione di Gentile - il 15 aprile 1944 - e la fine del regime fascista che egli sino all'ultimo appoggiò, iniziò nei suoi confronti non tanto una forma di ostracismo, quanto di rimozione, attenuatasi però negli ultimi decenni grazie all'opera di studiosi spesso in polemica tra loro. Secondo il filosofo cattolico Augusto Del Noce, uno dei suoi principali rivalutatori[77], Gentile è un pensatore della secolarizzazione e della risoluzione della trascendenza in prassi - in ciò accomunato a Marx -, determinante addirittura per lo stesso comunismo italiano attraverso la ripresa che ne fece Antonio Gramsci. Da sottolineare che già sulla rivista L'Ordine Nuovo, Piero Gobetti nel 1921 scrive che Gentile «ha veramente formato la nostra cultura filosofica».[78]  Di tutt'altro avviso Gennaro Sasso[79], secondo il quale a dover essere rivalutata non è affatto la disastrosa prassi politica di Gentile, la cui «passionale» adesione al fascismo «fu filosofica, forse, a parole [...] ma nelle cose no». Ciò che merita ancora di essere studiato, sostiene Sasso, è invece «la filosofia dell'atto in atto», e tra essa «e il fascismo non c'è, né ci può essere, alcun nesso». Secondo Martin Beckstein, invece, proprio la filosofia di Gentile rappresenta la «fascistizzazione dell'attualismo» e pertanto una «deformazione dell'idealismo»[80]. Al di là della sua appartenenza politica, lo storico Leo Valiani attribuisce comunque a Gentile un notevole spessore filosofico:  «Giovanni Gentile fu fascista e pagò con la vita la sua fedeltà al fascismo. Ma fu anche profondo pensatore. Lo riconobbero, nel primo dopoguerra, persino Gramsci e Togliatti.»  (Leo Valiani, articolo sul Corriere della Sera del 12/09/1975) Per approfondire gli studi sull'opera del filosofo sono nati negli anni '80 l'Istituto di studi gentiliani di Roma, presieduto da Antonio Fede[81] e la "Fondazione Giovanni Gentile", la cui sede, dal 1982, è presso la Facoltà di Filosofia dell'Università di Roma "La Sapienza", e presieduta da Gennaro Sasso[82].  La filosofia gentiliana è stimata anche dal filosofo laico Emanuele Severino,[83][84][85][86] che ravvisandovi una condivisione del sostrato filosofico tecno-scientifico del nostro tempo la considera «uno dei tratti più decisivi della cultura mondiale»,[87] mentre per Nicola Abbagnano, «Gentile era certamente un romantico, forse l'ultima più vigorosa figura del Romanticismo europeo».[88]  Nel 1994 gli venne dedicato un francobollo delle Poste italiane, unico tra le personalità di primo piano del regime fascista ad avere questa celebrazione da parte della Repubblica Italiana.  In una lettera scritta nel 2000 a Chicco Testa e resa nota dal Riformista, la giornalista e scrittrice fiorentina Oriana Fallaci, nonostante si fosse sempre autodefinita una partigiana (fu staffetta delle brigate Giustizia e Libertà) non risparmia critiche sull'assassinio di Giovanni Gentile. Scrive infatti che «l'assassinio di Gentile fu una carognata ingiusta e vigliacca. Gentile non era fascista». Che gli antifascisti furono dei «cacasotto» perché «uccisero un grande e inerme filosofo mentre non ebbero il coraggio di sminare i ponti di Firenze che i tedeschi avevano minato».[89]  Onorificenze Cavaliere di gran croce insignito del gran cordone dell'ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di gran croce insignito del gran cordone dell'ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro — Roma, 2 giugno 1937 Cavaliere di gran croce insignito del gran cordone dell'ordine della Corona d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di gran croce insignito del gran cordone dell'ordine della Corona d'Italia — 30 dicembre 1923 Cavaliere di II classe dell'Ordine dell'Aquila Tedesca (Germania nazista) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di II classe dell'Ordine dell'Aquila Tedesca (Germania nazista) — luglio 1940. Opere Di carattere filosofico o generale L'atto del pensare come atto puro (1912) La riforma della dialettica hegeliana, Firenze, Sansoni, (1913) La filosofia della guerra (1914) Teoria generale dello spirito come atto puro, Firenze, Sansoni, (1916) I fondamenti della filosofia del diritto (1916) Sistema di logica come teoria del conoscere (1917-1922) Guerra e fede (1919, raccolta di articoli scritti durante la guerra) Dopo la vittoria (1920, raccolta di articoli scritti durante la guerra) Discorsi di religione (1920) Il modernismo e i rapporti tra religione e filosofia (1921) Frammenti di storia della filosofia (1926) La filosofia dell'arte (1931) Introduzione alla filosofia (1933) Genesi e struttura della società (postumo 1946) L'attualismo a cura di V. Cicero e con introduzione di E. Severino, Bompiani, Milano 2014 Di carattere storiografico Delle commedie di Antonfrancesco Grazzini detto il Lasca (1895) Rosmini e Gioberti (1898, tesi di laurea) La filosofia di Marx (1899) Dal Genovesi al Galluppi (1903) Bernardino Telesio (1911) Studi vichiani (1914) Le origini della filosofia contemporanea in Italia (1917-1923) Il tramonto della cultura siciliana (1918) Giordano Bruno e il pensiero del Rinascimento (1920) Frammenti di estetica e letteratura (1921) La cultura piemontese (1922) Gino Capponi e la cultura toscana del secolo XIX (1922) Studi sul Rinascimento (1923) I profeti del Risorgimento italiano: Mazzini e Gioberti (1923) Bertrando Spaventa (1924) Manzoni e Leopardi (1928) Economia ed etica (1934) Giovanni Gentile un filosofo scomodo (2019) Di carattere pedagogico L'insegnamento della filosofia nei licei (1900) Scuola e filosofia (1908) Sommario di pedagogia come scienza filosofica (1912) I problemi della scolastica e il pensiero italiano (1913) Il problema scolastico del dopoguerra (1919) La riforma dell'educazione, Bari, Laterza, (1920) Educazione e scuola laica (1921) La nuova scuola media (1925) La riforma della scuola in Italia (1932) Sul fascismo Manifesto degli intellettuali del fascismo (1925) Che cos'è il fascismo (1925) Fascismo e cultura (1928) Origini e dottrina del fascismo (1929) La mia religione (1943, discorso tenuto a Firenze) Discorso agli Italiani (1943, discorso tenuto a Roma). L’essenza del fascismo (1928-29, la prima parte si trova nella Civiltà Fascista, Torino U.T.E.T., del 1928: la prima e la seconda si trovano in l’Essenza del Fascismo, Libreria del Littorio, Roma, 1929; un'altra opera in cui si trova questo testo è in Origini e dottrina del fascismo, istituto nazionale fascista di cultura, Roma, 1929; altro testo in cui si trova si intitola Lo stato etico corporativo). La filosofia del fascismo (1941 o 1928, in Origini e dottrina del fascismo; si trova in Politica e Cultura, cit., Vol II, pagg 165-181; oppure lo si può trovare le libro intitolato L’Identità fascista op. cit. pp 217–232; un altro libro in cui si trova si chiama, Italia d’oggi, edizioni de Il libro italiano del mondo, Roma, 1941) Che cosa è il fascismo-discorsi e polemiche (Firenze, 1925, Vallecchi). Fascismo al governo della scuola (1924) Giovanni Gentile Scritti per il Corriere 1927-1944. Note ^ Vi è chi attribuisce al neoidealismo di Gentile e Croce il motivo che avrebbe posto l'istruzione scientifica in un ruolo subordinato rispetto a quella filosofico letteraria ( 1911-2011: l'Italia della scienza negata, in Il Sole 24 ORE. URL consultato il 9 giugno 2017.), altri invece respingono questa interpretazione, ricordando che durante l'egemonia gentiliana nacquero numerosi enti scientifici ( Croce e Gentile amici della scienza, in Corriere della Sera. URL consultato il 10 giugno 2017.). ^ Cit. di Geno Pampaloni tratta da Nicola Abbagnano, Ricordi di un filosofo, a cura di Marcello Staglieno, § III, pag. 26, Milano, Rizzoli, 1990. ^ Manifesto cit. in Eugenio Di Rienzo, Storia d'Italia e identità nazionale. Dalla Grande Guerra alla Repubblica, Firenze, Le Lettere, 2006, p. 71-72 ^ Cfr. Vito de Luca, Un consigliere comunale di nome Giovanni Gentile. Attività amministrativa a Roma e linguaggio politico (1920-1922), "Nuova Storia contemporanea", a. XVIII, n. 6, 2014, pagg. 95-120. Dello stesso autore,cfr. "Giovanni Gentile. Al di là di destra e sinistra. Il linguaggio politico del filosofo, dell'assessore e del ministro (1920-19249)", Chieti, Solfanelli, 2017, pp. 464. ^ Scheda senatore GENTILE Giovanni  Paolo Simoncelli, p. 41.  Amedeo Benedetti, "L'Enciclopedia Italiana Treccani e la sua biblioteca", Biblioteche Oggi, Milano, n. 8, ottobre 2005, p. 41 ^ Testo qui ^ Ripubblicato nel 1991 come Giordano Bruno e il pensiero del Rinascimento, ed. Le Lettere, collana La nuova meridiana. S. saggi cult. cont. ^ Giordano Bruno. III. LE VICENDE DELLA STATUA ^ «De Vecchi, Cesare Maria», Treccani  Paolo Simoncelli, p. 207. ^ La scelta di campo di Gentile Archiviato il 24 settembre 2015 in Internet Archive. ^ Marco Bertoncini, Giovanni Gentile, la razza e le bufale, l'Opinione, 30 marzo 2013 ^ Paolo Mieli, Gentile criticò in pubblico l'antisemitismo del regime. Uno sforzo vano ^ Paolo Simoncelli, p. 43. ^ Paolo Simoncelli, p. 40. ^ Paolo Simoncelli, p. 34. ^ Francesco Perfetti, Assassinio di un filosofo, p. 13. ^ "Giovanni Gentile" di Gabriele Turi (p. 501), Google libri. ^ Giovanni Gentile in “Il Contributo italiano alla storia del Pensiero – Filosofia” – Treccani ^ Francesco Perfetti, Assassinio di un filosofo, p. 23. ^ Francesco Perfetti, Assassinio di un filosofo, p. 24.  Francesco Perfetti, Assassinio di un filosofo, p. 25. ^ Luciano Canfora, La sentenza. Concetto Marchesi e Giovanni Gentile, Palermo, Sellerio, 1985, pp. 49-64. ^ Francesco Perfetti, Assassinio di un filosofo, p. 26. ^ Vittorio Vettori, Giovanni Gentile, Editrice Italiana, Roma, marzo 1967, pp. 151-152 ^ Simonetta Fiori, dirigere la casa editrice Sansoni e – secondo la testimonianza dell'ex interermania.html Io, italiano prigioniero in Germania, in La Repubblica, 12 marzo 2005. ^ Antonio Carioti, Quando Gentile s'inchinò a Hitler per salvare il figlio, in Corriere della Sera, 9 giugno 2005.  Renzo Baschera, "Chiese la grazia per molti partigiani ma non riuscì a salvarsi", articolo su "Historia", febbraio 1974, N° 194, p. 135. ^ Raffaello Uboldi, Vigliacchi perché li uccidete?, Storia Illustrata nº 200, luglio 1974, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, p. 56: "Gentile, sdegnato, ha minacciato di denunciarlo a Mussolini" ^ Elio Chianesi, su anpi.it. URL consultato il 25 luglio 2010. ^ La Benvenuti non volle mai raccontare i precisi particolari, dal suo punto di vista: «Questa è una cosa che non dirò mai. Perché potrei fare rovesciare tutte le cose. Perché non è come è stato detto. Come è andata l’azione dei Gap io non lo voglio dire. Me l’hanno chiesto in tanti ma non l’ho rivelato mai a nessuno». Vedi un intervento della Benvenuti anche in M. C. Carratù (2016). ^ Paolo Paoletti, "Il Delitto Gentile" esecutori e mandanti, Ed. Le Lettere, 2005, pp. 21-25 par. 1.6 " L'omicidio raccontato da Giuseppe Martini "Paolo" uno dei due esecutori materiali"...Sicuramente (Fanciullacci l'altro esecutore) gli chiese se era il professore e subito dopo gli sparammo insieme dalla stessa parte, non attraverso i due finestrini posteriori..." ^ Resistenza: "Angela", la ragazza col fiore rosso ^ Antonio Carioti, Sanguinetti venne a dirmi che Gentile doveva morire, in Corriere della Sera, 6 agosto 2004, p. 29. URL consultato il 12 marzo 2013 (archiviato dall'url originale il 7 dicembre 2013). ^ «Per fare in modo che i gappisti incaricati dell'agguato potessero riconoscerlo, alcuni giorni prima li accompagnai presso l'Accademia d'Italia della Rsi, che lui dirigeva. Mentre usciva lo indicai ai partigiani, poi lui mi scorse e mi salutò. Provai un terribile imbarazzo.»  (Teresa Mattei) ^ Luciano Canfora, "Giovanni Gentile nella RSI" in La Repubblica Sociale Italiana 1943-1945, a cura di P. P. Poggio, Annali della Fondazione Luigi Micheletti, Brescia, 1986, pp. 235-243 ^ Antonio Carioti, Sanguinetti venne a dirmi che Gentile doveva morire, sul Corriere della Sera del 6 agosto 2004, p. 29: "L'omicidio di Gentile, anziano e inerme, suscitò una forte impressione e fu disapprovato dal CLN toscano, con l'astensione dei comunisti. Tristano Codignola, esponente del Partito d'Azione, scrisse un articolo per dissociarsi." ^ Maria Cristina Carratù, E dopo 70 anni nuovi scenari dietro l'esecuzione di Giovanni Gentile, La Repubblica, 24 aprile 2016 ^ Renzo Baschera, "Chiese la grazia per molti partigiani ma non riuscì a salvarsi", articolo su "Historia", febbraio 1974, N° 194, p. 136. ^ Ecco le carte che assolvono l'archeologo ^ Romano, p. 302. ^ Gabriele Turi, "Giovanni Gentile" (pagina 522) ^ Così Gaetano Gentile ricordò nel 1954 il suo intervento presso la prefettura: «Quella sera stessa [del 15 aprile], per desiderio di mia Madre, io mi recai dal capo della Provincia e gli parlai della voce [di rappresaglie] diffusasi in città, esprimendogli la ferma e calda preghiera di mia Madre che quel proposito, se effettivamente esisteva, venisse abbandonato e anzi gli arrestati rilasciati. Dissi anche, naturalmente, come a me sembrasse in fondo superfluo dover esprimere tale preghiera proprio in quella stanza in cui ancora quella mattina la voce di mio Padre si era levata […] a deplorare la tragica inutilità di un metodo, dal quale non poteva seguire che il ripetersi indefinito di una crudele successione di attentati e rappresaglie. Era ovvio poi che, indipendentemente dalla eventuale giustificazione politica o militare di atti simili, nulla del genere poteva aver luogo in occasione della morte di mio Padre, alla quale si doveva da parte del Governo e delle autorità fiorentine questo gesto di rispetto delle sue convinzioni e del suo costante atteggiamento». ^ Firenze: due consiglieri, via tomba Giovanni Gentile da Santa Croce, su liberoquotidiano.it. URL consultato il 15 novembre 2017 (archiviato dall'url originale il 16 novembre 2017). ^ «Attualismo», Enciclopedia Treccani  Diego Fusaro (a cura di), Giovanni Gentile ^ Sull'importanza della riforma della dialettica idealista di matrice hegeliana in Gentile, si veda quest'intervista a Gennaro Sasso. L'intervista è compresa nell'Enciclopedia Multimediale delle Scienza Filosofiche. ^ Bruno Minozzi, Saggio di una teoria dell'essere come presenza pura, pag. 114, Il Mulino, 1960. ^ Gentile quindi contestava a Fichte la trascendenza dell'Io assoluto rispetto al non-io, e di restare così in un dualismo,che non viene mai superato dall'attualità del pensiero, ma solo da un agire pratico dilatato all'infinito ("cattivo infinito"), fermo alla contrapposizione fra teoria e prassi, per la quale Fichte «s'irretisce in un idealismo soggettivo in cui invano l'Io si sforza di uscire da sé» (Giovanni Gentile, Discorsi di religione, pp. 53-55, Firenze, Sansoni, 1935).  Giovanni Gentile, Benito Mussolini, La dottrina del fascismo. ^ Nicola Abbagnano, Ricordi di un filosofo, a cura di Marcello Staglieno, § III, Nella Napoli nobilissima, pag. 37, Milano, Rizzoli, 1990. ^ Vito de Luca, Giovanni Gentile e il liberalismo, su libertates.com, 26 giugno 2014 (archiviato dall'url originale il 13 settembre 2014).  Benito Mussolini, Gioacchino Volpe, Giovanni Gentile, Fascismo, Enciclopedia Italiana.  Augusto Del Noce, L'idea del Risorgimento come categoria filosofica in Giovanni Gentile, in "Giornale Critico della Filosofia Italiana", a. XLVII, Terza serie, vol. XXII, n. 2, aprile-giugno 1968, pp. 163-215. ^ Giovanni Belardelli, Il fascismo e Giuseppe Mazzini  Giovanni Gentile, Manifesto degli intellettuali fascisti ^ Giovanni Gentile, "Ricostruire" in Corriere della Sera, 28 dicembre 1943 ^ Cfr. Libertà e liberalismo ("Conferenza tenuta all'Università fascista di Bologna la sera del 9 marzo 1925"), in Scritti Politici, tratti da Politica e Cultura a cura di H.A. Cavallera, Firenze, Le Lettere, 1990 (Opere complete XLV).  Il pensiero pedagogico di Giovanni Gentile  La riforma Gentile, su pbmstoria.it. 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Boffi, 1924, p. 331.) ^ Giuseppe Spadafora, Giovanni Gentile: la pedagogia, la scuola: atti del Convegno di pedagogia e altri studi, Armando Editore, 1997, p. 261. ^ Enrico Galavotti, La filosofia italiana e il neoidealismo di Croce e Gentile, Homolaicus. ^ Il mistero di Ettore Majorana  Eleonora Guglielman, Dalla scuola per signorine alla scuola delle padrone: il Liceo femminile della riforma Gentile e i suoi precedenti storici, in Da un secolo all'altro. Contributi per una "storia dell'insegnamento della storia" (a cura di M. Guspini), Roma, Anicia, 2004, pp. 155-195. Una parte del lavoro è stata in precedenza pubblicata, con alcune varianti, sulla rivista "Scuola e Città" con il titolo Il liceo femminile 1923-1928 (a. LI, n. 10, ottobre 2000, pp. 417-431). ^ Manacorda 1997, p. 81. ^ D'Amico 2016, p. 342. ^ Katia Romagnoli (a cura di), Donne, la Resistenza "taciuta". L'esclusione delle donne nella società fascista ^ G. 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Modifica su Wikidata Giovanni Gentile, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata Giovanni Gentile, su accademicidellacrusca.org, Accademia della Crusca. Modifica su Wikidata Giovanni Gentile, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana. Modifica su Wikidata Opere di Giovanni Gentile, su Liber Liber. Modifica su Wikidata Opere di Giovanni Gentile, su openMLOL, Horizons Unlimited srl. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Giovanni Gentile, su Open Library, Internet Archive. Modifica su Wikidata (EN) Opere di Giovanni Gentile, su Progetto Gutenberg. Modifica su Wikidata Bibliografia italiana di Giovanni Gentile, su Catalogo Vegetti della letteratura fantastica, Fantascienza.com. Modifica su Wikidata Giovanni Gentile, su Senatori d'Italia, Senato della Repubblica. Modifica su Wikidata Sito su Giovanni Gentile (a cura di Edizioni Le Lettere), su giovannigentile.it. Sito Fondazione Gentile, su dfilosofia.uniroma1.it. Biografia di Giovanni Gentile, su lastoriasiamonoi.rai.it. URL consultato il 23 novembre 2017 (archiviato dall'url originale il 1º dicembre 2017). Lettera a Mussolini in occasione dell'adesione al partito fascista (31 maggio 1923), su lovatti.eu. Predecessore Ministro della Pubblica Istruzione del Regno d'Italia Successore Flag of Italy (1861–1946).svg Antonino Anile 30 ottobre 1922 - 1º luglio 1924 Alessandro Casati Predecessore Direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa Successore SNS.jpg Luigi Bianchi 1928 - 1936 Giovanni D'Achiardi I Giovanni D'Achiardi 1937 - 1943 Luigi Russo II Predecessore Presidente della Reale Accademia d'Italia Successore Luigi Federzoni 1943 - 1944 Giotto Dainelli V · D · M Giovanni Gentile V · D · M Governo Mussolini (31 ottobre 1922 - 25 luglio 1943) V · D · M Liberalismo Controllo di autorità VIAF (EN) 66486311 · ISNI (EN) 0000 0001 0910 3055 · SBN IT\ICCU\CFIV\011212 · LCCN (EN) n79056070 · GND (DE) 118716840 · BNF (FR) cb120536314 (data) · BNE (ES) XX1208909 (data) · NLA (EN) 35118287 · BAV (EN) 495/73082 · NDL (EN, JA) 00544320 · WorldCat Identities (EN) lccn-n79056070 Biografie Portale Biografie Fascismo Portale Fascismo Filosofia Portale Filosofia Istruzione Portale Istruzione Categorie: Filosofi italiani del XX secoloPedagogisti italianiPolitici italiani del XX secoloNati nel 1875Morti nel 1944Nati il 29 maggioMorti il 15 aprileNati a CastelvetranoMorti a FirenzeGiovanni GentileGoverno MussoliniDirettori della Scuola Normale SuperioreAccademici italiani del XX secoloStudenti della Scuola Normale SuperioreProfessori dell'Università degli Studi di PalermoProfessori dell'Università di PisaProfessori della Sapienza - Università di RomaSepolti nella basilica di Santa CroceFilosofi della politicaIdealistiPolitici del Partito Nazionale FascistaPersonalità dell'Italia fascistaPersonalità della Repubblica Sociale ItalianaMinistri della pubblica istruzione del Regno d'ItaliaAccademici dell'Accademia d'ItaliaAnticomunisti italianiPolitici assassinatiAssassinati con arma da fuocoSenatori della XXVI legislatura del Regno d'ItaliaCritici letterari italiani del XX secoloScrittori italiani del XX secoloMembri dell'Accademia delle Scienze di Torino[altre]

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