Il Ceretti fino a pochi anni fa era un uomo quasi del tutto sconosciuto. Io mi consolo immensamente a vedere come egli mano mano venga non solo conosciuto ma anche apprezzato, giacchè merita davvero e l'uno e l'altro. È probabile che parecchi di quelli, cui capiti nelle mani questa Sinossi dell' enciclopedia speculativa conoscano ancor poco, o fors’anche men di poco, l'autore della medesima. Io non posso certamente in questa Introduzione entrare nelle particolarità della sua persona e degli scritti suoi, si perché la natura e i limiti di uno scritto introduttivo non lo permetterebbero, si perchè ho già pubblicata intorno a lui un'opera abbastanza voluminosa (1), alla quale chi voglia può avere ricorso. Ciò non ostante, non posso a meno di pur riferirmici brevemente, e riferirmi sopratutto al suo general pensiere, ed ai suoi scritti; perchè, essendo egli passato (1) Notizia degli scritti e del pensiero filosofico di PIETRO CERETTI, accompagnata da un cenno autobiografico del medesimo, intitolato: < La mia celebrità » per PASQUALE D'ERCOLE, Torino 1886, pp. ccccx-187. per diverse fasi di si fatto pensiere, non si potrebbe, senza tal ricordo, convenientemente collocare e giudicare questa sua Sinossi. Quanto alla persona, tanto da invogliare a conoscerla chi ancora non la conosca, mi limiterò a ricordarla con pochissime parole. Nato ad Intra nel 1823, educato nella puerizia e nell'adolescenza da preti e gesuiti, usci, dall'educazione e istruzione loro, l'uomo meno informato allo spirito de'medesimi. Più che coll'opera altrui si è istruito coll'opera propria: sì che può dirsi ch'egli è stato il vero autodidattico. In giovinezza viaggiò, e per anni, quasi tutta l'Europa a piedi, da una parte, studiandone le diverse genti ne’loro costumi e prodotti scientifici e letterari, dall'altra, vedendone la natura nelle sue diverse forme e manifestazioni. Ed è, certo, da tal visione ch'egli acquistò un grande amore agli studi naturali, ne'quali riesci a procacciarsi vaste e profonde conoscenze. I predetti viaggi gli furono tanto più fruttuosi, in quanto egli, accanto allo studio de'costumi e delle scienze e lettere de'moderni popoli europei, ne studiava, apprendeva e parlava anche le lingue. Le quali lingue moderne, congiunte ad antiche è classiche, ch'ei pure conobbe (sanscrito, ebraico, latino e greco), divenner poi una mirabile, solida e fruttuosa base pe'suoi studi d'ogni sorta, specialmente filosofici. Ebbe mente assai varia, cioè poetica, filosofica e letteraria, e fu indubbiamente un'alta e cospicua individualità, segnatamente dal lato del pensiero filosofico. Egli è stato, infatti, un fortissimo pensatore e ad un tempo un fecondissimo scrittore. Ha scritto una quantità veramente sorprendente di opere (1), appunto di contenuto filosofico, poetico e letterario. Nel letterario comprendo anche un certo numero di opere sociali, le quali son tra filosofiche e letterarie, e sotto forma di romanzi, commedie, biografie, ecc., propugnano una riforma sociale basantesi su principii filosofici. In una dozzina d'anni, dal 1854 al 1866 circa cominciò a pubblicar qualcuna di tali opere, e propriamente, di contenuto poetico, un poemetto intitolato: Il Pellegrinaggio in Italia ed alcune Liriche, e di contenuto filosofico, i tre primi volumi di un'opera scritta in latino intitolata : Pasaelogices specimen. Gli scritti poetici pubblicò sotto il pseudonimo di Alessandro Goreni, lo scritto filosofico sotto il pseudonimo di Theophilus Eleutherus; e, quel che più importa, si de' primi che del secondo non ne mise in pubblico (così comincia a comprendersi l'oscurità del Ceretti) che pochissimi esemplari, quasi a scandagliar primamente con essi la pubblica opinione. De' primi qualche giudizio, e abbastanza favorevole, venne fuori, e poi non se ne parlò più; del secondo, che io sappia, non se ne parlò punto, e credo che non lo lesse nessuno. L'autore stesso, in una sua umoristica autobiografia, riferendosi specialmente a questa (1) L'elenco compiuto di esse si trova nella mia citata Notizia, ecc., p. xxvi SS., e tra grandi e piccole non sono meno di una quarantina. opera filosofica, dice: « Tuttochè questi volumi non fossero letti da nessuno, furono però variamente interpretati, e da taluni supposti essere inintelligibili pel proprio autore; perciò mi guadagnarono la fama della madre notte, che non lascia vedere cosa veruna » (1). Dopo questa prima, quasi ignorata pubblicazione, non pubblico, anzi non volle pubblicare più nulla; e cosi si finisce di spiegare la predetta oscurità. Singolare uomo! rispetto a quest'ultima, più che dispiacersene, egli n'era contentissimo, e quasi ne gioiva, avendosela persin proposta per scopo, secondo l'adagio (che sovente ripeteva): Bene vive chi bene si nasconde. E meglio di lui veramente non si era nascosto nessuno; giacchè nel suo oscuro e silenzioso recesso ei volgeva ed agitava nella mente tutto un mondo vastissimo di idee poetiche, filosofiche, storiche, sociali, umane. E, lavoratore infaticabile e costante, queste idee veniva solertemente scrivendo, finchè ha potuto scrivere egli stesso, e dettando, quando non potè più scrivere. Giacchè, colto nel 1874 da una paralisi, da prima leggera, ma pur spietatamente progressiva, dovette a poco a poco smettere lo scrivere e ridursi a dettare i pensieri, che ancor sempre l'occuparono fino alla morte, avvenuta nel 1884. Quanto agli scritti, omettendo di allegare i poeticoletterari, che non è qui il luogo e l'intento, ricordo i principali filosofici. La citata opera latina doveva essere (1) La mia celebrità, pag. 101, allegata alla mia citata opera. di otto volumi, ma egli non ne scrisse che propriamente cinque e non ne pubblicò che tre soli. Oltre ad essa e ad un'altra opera filosofica, intitolata : Idea circa la natura e la genesi della Forza, e rimasta incompiuta, scrisse questa Sinossi dell' enciclopedia speculativa; Sogni e Favole (il titolo par letterario, ma è opera filosofica e voluminosa); Considerazioni circa il sistema generale dello spirito e circa il sistema della natura entro i limiti della riflessione; Insegnamento filosofico; Stramberie filosofiche, e parecchie altre minori. Nella gran massa de'suoi scritti il pensiere del Cerelti non rimase stazionario e inalterato, ma si mutò anzi non poco, e passò per diverse fasi. Le quali (comprendendovi anche il pensiero poetico, sociale e letterario) si possono riassumere in quattro o cinque, e sono la fase poetica; la fase filosofica hegeliana; la fase filosofica di transizione; la fase utopistica e riformativa sociale; e finalmente la fase detta del sistema contemplativo (filosofica anch'essa). La fase poetica fu la prima della mente del Ceretti, e la prima si per aspirazioni che per studi e produzioni. Ciocchè si è notato rispetto alla generale evoluzione della sua mente, va notato anche di questa specifica fase poetica, in quanto egli passò per varii stadii e varie maniere di concezione e corrispondente produzione poetica, cominciando dalla leopardiana e foscoliana, passando un po' per quella di Giusti e finendo con una concezione e forma poetica umoristicofilosofica. Quanto alla fase filosofica hegeliana, ella è dalla sua propria designazione indicata chiarissimamente da se stessa. Il Ceretti ne' suoi svariati, larghi e profondi studi filosofici giunse ad accogliere come risultato finale di essi la filosofia hegeliana; e nell'alta Italia è stato, credo, il solo hegeliano, o certamente il solo notevole hegeliano. Tanto più che egli non si limitò alla pura e semplice riproduzione dell'hegelianismo, ma si allargò ed elevò ad una propria produzione sotto il nome di riformazione del medesimo (1). Ma ecco che il Ceretti nella fase filosofica in genere subisce di bel nuovo una evoluzione, la quale passa per diversi stadii, ognuno de'quali è una specifica fase filosofica. Egli stesso crede che questi stadii o queste specifiche fasi sien due, l'una hegeliana, ch'egli designa come « speculazione hegeliana», l'altra di allontanamento da essa, ch'egli designa come di « divorzio dalle idee hegeliane » 2). Io però (come ho ampiamente mostrato nella mia citata Notizia), modificando e integrando l'istesso pensiere dell'autore, dico che queste fasi specifiche del suo [ocr errors] (1) Nella prefazione alle Grullerie poetiche, pubblicate in Torino in questi giorni pei tipi di Bona, alla pag. ix, riferendosi ai suoi studi filosotici nella storia filosofica passata e recente, dice: « Le ultime fasi della filosofia ellenica, del neoplatonismo, dell'idealismo germanico, e soprattutto dell'hegelianismo, guadagnarono il mio spirito, che indi prese le mosse per un ulteriore sviluppo speculativo, e si costituì in proprio sistema ». (2) Vedi La mia celebrità, pag. 92 e 107. pensiere filosofico son tre, cioè la hegeliana, una seconda, che ho appellata di transizione, e finalmente quella del sistema contemplativo. Or la Sinossi, che si pubblica presentemente, è un'opera che cade appunto nella fase di transizione del pensiere filosofico di Ceretti; e di ciò fra poco. Quanto al così detto sistema contemplativo cerettiano, che non entra neppur esso nella considerazione e nei limiti della mia Introduzione, rimando il lettore a ciocchè ne ho scritto nella mia Notizia, segnatamente a pagina cccxxix ss. Qui mi limito a dir solo che esso è un complesso di idee stoiche, pessimistiche e subbiettivistiche, ed il subbiettivismo poi (già cominciato nella fase di transizione) è spinto a tale estremo da essere un subbiettivismo più immaginativo che pensivo. In filosofia il Ceretti cominciò coll’Idealismo assoluto hegeliano, procedè, attraverso l'Idealismo obbiettivo di Schelling, verso l'Idealismo subbiettivo di Fichte (fase di transizione); e questo Idealismo subbiettivo esagerò poi verso il sistema contemplativo nel senso predetto. La fase utopistico-sociale è pure in grosso e chiaramente designata dalla sua denominazione stessa. Infatti, il Ceretti in essa propugna uno stato sociale e una relativa costituzione, che non sono lontani da quelli della repubblica di Platone, ossia da una società civile addirittura utopistica. Poste queste generalità, vengo allo scopo principale di questa Introduzione, cioè quello di riferirmi in modo [ocr errors] particolare alla Sinossi da me edita. Senonchè, come questa non s'intenderebbe ed apprezzerebbe bene, se non mi riferissi all'antecedente pensiere filosofico cereltiano, del quale ella è, in parte, continuazione, in parte, deviazione, cosi comincerò da quest'ultimo. L'antecedente pensiere, che fu anche il primo, come è detto, è stato l'hegeliano. Però è stato parimenti detto che il Ceretti non accolse l'hegelianismo come un semplice riproduttore di esso, ma come un riformatore del medesimo. Ora, che cosa pensava egli dell'hegelianismo? pensava che, nella storica evoluzione filosofica il pensiere hegeliano rappresentasse il momento culminante, il pensiere speculativo più puro, però non ancora tanto puro, quanto è richiesto dal Logo assoluto (1). Da questo modo di apprezzare il pensiere hegeliano, da lui accolto, seguivano due cose. L'una che, benchè rispetto a tutto il rimanente pensiere, il pensiere hegeliano fosse il più elevato e il più compiuto, pur non era interamente compiuto, era ancora difettivo. L'altra, che bisognava correggerne i difetti ed integrarlo. La correzione e la integrazione sono appunto la riforma dell'hegelianismo, quale il Ceretti la intende; e la esecuzione di ciò costituisce un proprio sistema filosofico, che è il sistema panlogico cerettiano. [merged small][ocr errors][ocr errors][ocr errors] (1) Logus hegelianus (aveva egli detto nella citata opera latina, vol. I, pag. 685) est cogitationis cogitatio magis pura quam omnis hactenus a philosophia prolata logica cogitatio, nondum vero quantum logus absolutus requirit. Chi non ha l'edizione latina confronti la traduzione italiana, vol. I, Prolegomeni, pag. 875.I difetti, che il filosofo intrese trovava nel filosofo di Stoccarda si estendevano a tutte le tre parti della filosofia di quest'ultimo, alla Logica, alla Natura ed allo Spirito. Rispetto alla Logica ei trovava i seguenti. Primo: la Nozione (ossia l'Idea) hegeliana si genera dialetticamente in sè stessa in modo inconscio. Ora, il Ceretti trova giusto che la Nozione si generi dialetticamente in sè e da sè; ma ritiene però vizioso ed irrazionale il prodursi dialettico di una Nozione che non si conosce Nozione (di un'Idea che non si conosce Idea). Secondo: la trattazione logica, nel suo processo dialettico, è una astratta semplice esplicazione delle categorie, mentrechè, per essere vera e concreta, dovrebb' essere, secondo il Ceretti, un processo di esplicazione ed implicazione. Terzo: la predetta trattazione costituisce piuttosto un logo astratto, che si esplica e riassume astrattamente in un risultato, anzichè affermarsi in tutti i momenti del corso esplicativo. Se questi difetti si guardino nel loro complesso e si esprimano in linguaggio più comune, essi si riducono alla rimproverata incoscienza e astrazione (non concretezza) del processo dell'Idea logica hegeliana. Il rimedio a questi vizii (e questo è uno de' punti della riforma hegeliana) è per lui, primamente che la Nozione o l'Idea logica sia accompagnata da coscienza, secondamente che il processo dialettico logico fosse esplicativo ed implicativo ad un tempo, in terzo luogo, che tal processo logico non lo si vedesse ed esprimesse in un semplice risultato, ma che si veda, affermi e verifichi in ogni singolo momento del suo corso. Rispetto alla Natura (e corrispondente filosofia), ei trova il general difetto che il processo dialettico, che Hegel segue in questa, è anche astratto (come nella Logica) e non locca le concretezza della Natura istessa. La filosofia della Natura pel Ceretti non dev'essere, come per Hegel, un’Idea raccoglientesi in sè stessa dal suo Esser-altro, ossia dalla sua esteriorità, ma dev'essere anche e piuttosto un veramente naturare l'Idea logica. L' emendazione a tal difetto s'intende bene che pel Ceretti consista nell'effettuare il processo naturale della Nozione o dell'Idea in guisa che questa realmente si obbiettivi e concreti nell'esteriore realtà. Finalmente, rispetto allo Spirito, il filosofo intrese trova, lasciando da banda qualche vizio secondario, due vizii principali. Il primo è che, nel processo dialettico hegeliano, lo Spirito sorga in ultimo come un risultato, invece di sorgere e costituirsi in tutta la serie evolutiva dello Spirito stesso. Il secondo è che lo Spirito non raggiunga quella libertà, nella cui essenza il filosofo tedesco lo fa massimamente consistere. Anche qui l'emendazione consiste nel rimuovere i notati difetti, e però far sì che lo Spirito si costituisca tale nella suc: cession graduale della sua evoluzione e raggiunga veramente la libertà. lo qui allego senza discutere: qualche vizio rilevato anche a me è parso reale, altri no: rimando per questo il lettore alla mia opera sul Ceretti e lì, in una discussione piuttosto ampia in proposito (1), veda e giudichi da sè stesso. Come effettua ora il Ceretti la emendazione dei predetti vizii e la conseguente riforma dell'hegelianismo? Come segue. Va innanzi tutto notato che egli nella riforma non vuole uscire dall'hegelianismo istesso; e qui ha ragione, e mostra uno sguardo filosofico veramente speculativo e profondo. Giacchè ei pensa, e giustamente, che i sistemi filosofici tutti costituiscono e debbono costituire tanti singoli, ma pur necessari momenti di un solo universale Principio, di una sola universale Idea, di un solo universale Pensiere. L'hegeliano è stato l'ultimo pensiere e l'ultimo principio, comprensivo di Tutti gli antecedenti. Chi vuole, ora, seguire la catena storica della filosofia deve riattaccarsi a quest'ultimo, e questo stesso, pur accogliendolo, ulteriormente sviluppare in sè stesso. E cosi fa egli. Di fatto, oltre al pensiere hegeliano or rilevato e da lui accolto del significato della storia filosofica e de' sistemi che lo compongono, ha accolto anche il principio, pur hegeliano, di tre generali forme di sistemi, vale a dire il sistema dommatico, lo scettico e l'idealistico. Ha, inoltre, accolto il pensiere hegeliano fondamentale della triplice forma del principio assoluto, forma logica, naturale e spirituale, non che la conseguente triparti (1) Citata Notizia, pag. ex ss. Vi troverà anche i corrispondenti luoghi latini dell'opera del Ceretti, zione e trattazione di tutta la materia filosofica. Ha parimenti accolto il concetto enciclopedico della filosofia, il metodo dialettico con la nota tricotomia che lo accompagna, ed altri principii. Ma, ciò non ostante, egli sviluppa ulteriormente, modifica e riforma l'hegelianismo. Punti importanti della riforma son primamente l'Assoluto ed il Logo: e chi è a notizia delle cose hegeliane, intende bene che con essi il Ceretti non si colloca punto fuori dell'hegelianismo, ma si pone anzi nel cuore del medesimo. Imperocchè l'Assoluto (già importantissimo in tutta la filosofia tedesca) è, notoriamente, l’un capo della filosofia hegeliana, mentre, d'altra parte, l’Idea, segnatamente logica (il Logo, insomma), ne è l'altro. Assoluto e Logo dunque, ossia riunendo, e giustamente, i due, il Logo assoluto diviene in Ceretti il Principio e pernio di tutta la sua concezione riformativa. Questa concezione, s'intende, vien da lui sistematicamente disegnata ed effettuata; e il sistema che ne risulta è un Panlogismo, ossia una universale considerazione speculativa del Logo. Il Logo è cosi il nuovo principio, che il filosofo intrese pone innanzi, modificando l'Idea hegeliana e specialmente allargando, anzi addirittura universalizzando l'Idea logica di Hegel. Se non che, accanto al Logo troviamo in Ceretti una seconda designazione di tal nuovo principio, ed è quella di Coscienza. Come questa seconda designazione comincia già ad essere importante nella prima fase filosofica del Ceretti (nella hegeliana) e divien poscia prevalentemente determinante nella seconda (in quella di transizione, in cui cade la Sinossi); cosi vuol essere chiarito come la stia con questi principii, che apparentemente paion due (Logo e Coscienza) e realmente sono il solo principio novello cerettiano. Si noti che uno de' punti cardinali cerettiani della riforma è che l'Idea o la Nozione logica sia non già inconscia, come in Hegel, ma conscia. Si pensi, d'altra parte, che il principio cerettiano (sorgente dall'hegeliano e modificante l'hegeliano istesso) è, come s'è visto, il Logo assoluto. Ora, tal Logo assoluto (secondo il vizio antecedentemente rilevato e la relativa emendazione) il Ceretti lo vuol conscio; ed allora è un passaggio più che naturale, è una naturale esigenza che il Logo assoluto conscio sia e divenga in lui Coscienza (non certo subbiettiva od obbiettiva, ma assoluta). In tal guisa Logo assoluto e Coscienza pel filosofo intrese costituiscono in fondo un sol principio, e sono il suo novello principio emergente dall'hegeliano. Dico emergente dall'hegeliano, anche perchè, notoriamente, in Hegel, accanto all'Idea, che è posta come principio assoluto, spicca come tale anche lo Spirito (der Geist). Or lo Spirito è l'Idea conscia. Quando si vede la cosa cosi, può dirsi che si in Hegel che in Ceretti spiccano due principii, almeno due speciali denominazioni di un sol principio, che son poi in fondo un sol principio. Cioè, in Hegel spiccano Idea e Spirito, che son poi (l'unico principio) l'Idea spirituale, ossia conscia; e in Ceretti spiccano il Logo e la Coscienza, che son poi (pur un unico principio) il Logo conscio, o puramente e semplicemente la Coscienza. Che poi e come poi il Ceretti colla Coscienza crede di porre innanzi un principio diverso dallo Spirito di Hegel, o almeno più largo dello Spirito, lo vedremo più innanzi. Ora, pel progresso del discorso, è necessario rilevare primamente un'altra cosa: ed è che dei predetti due principii cerettiani (che in fondo son poi uno), il primo o Logo assoluto è quello che dà più specialmente denominazione, concezione e sistemazione alla fase hegeliana del Ceretti, ossia al Panlogismo: ed il secondo, o la Coscienza (pur già appariscente nella predetta prima fase), è quello che dà più specialmente l'intonazione, la concezione e la sistemazione della seconda fase, cioè di quella di transizione, in cui cade la Sinossi. Il che vuol dire, in altri termini, che il Logo informa prevalentemente il sistema panlogico dell'opera latina, Pasaelogices specimen (prima fase), e la Coscienza informa più particolarmente la presente opera italiana della Sinossi. Diamo ora brevemente uno sguardo al sistema panlogico, che per me costituisce ancor sempre il più poderoso, più originale e più speculativo pensiere (1) (1) Per veder ciò, naturalmente, non bisogna limitarsi al fuggevolissimo e magrissimo cenno che ne fo qui; ma bisogna leggere l'opera cerettiana, alla quale un buon aiuto, mi lusingo di dirlo, è la mia citata Notizia. del Ceretti: il quale sguardo ci agevolerà l'entrata nel pensiere della presente opera sinottica. Il Logo per lui è tutto, è l'universale realtà, è l'assoluta realtà; e la filosofia è la scienza che considera appunto il Logo nella sua universalità ed assolutezza. Il Logo ha tre forme di esistenza, cioè è Logo in sé, Logo fuori di sè, Logo per sè; forme, che pel Ceretti hanno anche il significato e valore di essere il Logo nella sua Subbiettività, il Logo nella sua Obbiettività (obbiettivazione, estrinsecazione), il Logo nella unità di Subbiettività e Obbiettività. Si consideri l'Idea hegeliana e le sue note forme, e si troverà che il Ceretti attribuisce al suo Logo quelle stesse forme di esistenza che Hegel attribuiva alla sua Idea. Si pensi un'altra cosa. L'Idea di Hegel è Pensiere ed Essere insieme: può dirsi però che essa è prevalentemente Pensiere nella Logica, prevalentemente Essere nella Natura, prevalentemente Coscienza nello Spirito. Il Logo di Ceretti è pur Pensiere ed Essere, ma, starei per dire, colla prevalente anzi colla essenziale caratteristica di Pensiere: il Logo é essenzialmente pensivo (senza cessare di essere essente), e però è essenzialmente conscio, è essenzialmente Coscienza. L'Idea logica di Hegel non è conscia; l'Idea naturale del medesimo non è neppure conscia; conscia è soltanto la sua Idea spirituale. Il Logo cerettiano invece è sempre Pensiere ed è sempre Coscienza in tutte le sue forme di esistenza, che, come fondamentali, sono le tre predette. Queste tre forme di esistenza, speculativamente considerate, costituiscono poi tre parti della filosofia, ciascuna delle quali è una speciale considerazion del Logo. Le quali parti, designate con nomi un po' singolari, ma, in fondo, pur veri, sono la Esologia (da eis, és dentro), o dottrina del Logo in sè, del Logo considerato dentro di sė, la Essologia da (85w, fuori) o dottrina del Logo fuori di sè, e finalmente la Sinautologia (da cúv e aviós, con, stesso) o dottrina del Logo con sè (1). A maggiore intelligenza di queste tre parti, rilevo che il concetto e il relativo obbietto di esse son dal loro autore espressi in una maniera, che è pur degna di considerazione, e che, del resto, discende dall'anzidetto. Si è già visto come il Logo cerettiano, benchè genericamente contenga in sè gli elementi dell'essere e del pensiere, pure prevalentemente e più specificamente è pensiere. Conformemente a ciò, il filosofo intrese designa il concetto e obbietto delle tre mentovate parti appunto dal lato del pensiere, e dice che la Esologia è la considerazione speculativa del pensiere del pensiere; la (1) Lo dice Logo con sè, ma la espressione ha quel medesimo significato che ha in Hegel quella (del terzo momento) di in sè e per sè. Qui il lettore può intender meglio ciocchè si è detto innanzi del significato ed estensione del Panlogismo cerettiano. Infatti, queste tre parti, che sono tutte, e le sole, dottrine del Logo, nel loro complesso costituiscono la Panlogica (Pasaelogice o Pasalogice: titolo dell'opera latina); onde il Panlogismo. Intende anche un'altra cosa, cioè, la relazione intima di queste tre parti con le hegeliane, in quanto la Esologia corrisponde alla Logica (Logik) di Hegel, la Essologia corrisponde alla filosofia della Natura (Naturphilosophie) e finalmente la Sinautologia corrisponde alla filosofia dello Spirito (Geistesphilosophie) del medesimo. Essologia, un'altrettale considerazione del pensiere del pensato, e finalmente la Sinautologia è la considerazione speculativa del pensiere del pensante. Sempre dunque considerazion del pensiere: Il pensiere del pensiere esprime il pensiere nella sua subbiettività; il pensiere del pensato è la considerazione pensiva del pensiere come obbiettivato; e l'ultima è la considerazion del pensiere come unità di subbietto e obbietto (di pensiere subbiettivo e pensiere obbiettivo). Ciò posto, ecco ora come l'autore pensa e determina la materia di queste tre parti: nel dir delle quali, dirò qualche cosa di più della prima od Esologia, perchè essa nella susseguente Sinossi apparisce poco o punto. Esologia. Questa è la logica cerettiana, nella quale la coscienza logica, come Coscienza del Logo in genere, è essenzialmente pensante (essentialiter cogitativa, come egli dice). La Coscienza logica è da lui definita quale Coscienza di sè e di altro non ancora esteriore a sè stessa, cioè, non ancora estrinsecata (non ancora divenuta Logo naturale, Natura). Ei distingue ora l’Esologia in tre parti, che (sempre dal Logo, che è in fondo ad esse) appella Prologia, Dialogia e Autologia. La prima considera il Logo esologico nella astratta identità del pensiero; la seconda lo considera nella differenza del pensiero istesso, la terza lo considera come sintesi della identità e della differenza del pensiero. Queste tre ultime, ragguagliate alle parti della Logica hegeliana, corrispondono alla sfera del Concetto, a quella dell'Essere e a quella dell’Essenza. Il Concetto in Hegel tien l'ultimo posto; invece, tiene il primo il Ceretti col nome di Prologia. La Prologia cerettiana (vicinamente alla dottrina hegeliana del Concetto) è dottrina della Proposizione, del Giudizio e del Sillogismo. Il Ceretti comincia dalla Prologia, ed in questa dalla Proposizione, in quanto pensa che il Primo prologico (come dice egli; noi diremmo in generale il Primo logico) non è nè l'Essere di Hegel e Rosmini, nè l'Io di Fichte, nè la schellinghiana Identità dell'Ideale e del Reale; ma è la Proposizione, ch'ei pensa come qualcosa di più semplice e primitivo del Giudizio stesso. Non entro nelle particolarità nè nell'apprezzamento della cosa; mi limito a far risaltare soltanto il pensiero cerettiano. Non posso però a meno di richiamare l'attenzione del lettore sulla triplicità che pervade (come già in Hegel) la trattazione filosofica cerettiana, la quale triplicità, come si scorge qui, cosi segue in tutta la susseguente trattazione. È inutile dire che, trattando di questa parte, l’autore entra nelle particolarità della teoria si della proposizione, si specialmente del giudizio e del sillogismo. La Dialogia è la dottrina dell'Essere e considera questo (come già Hegel) siccome distinto ne' subordinati principii o momenti di Qualità, Quantità e Modalità (1), ne'quali, alla lor volta, vengono suddistinti e (1) La Modalità è la misura hegeliana (das Maas): già Rosenkranz l'avea appellata anche Modalità.speculativamente considerati altri principii subordinati, come qualcosa, il limite, il quanto, la realtà, la sostanza, la essenza, la necessità, ecc. Chi è pratico delle cose hegeliane, si accorge che il Ceretti anche in questa seconda parte ha fatto degli spostamenti, trasportando e trattando sotto la sfera dell'Essere principii (e persin l'essenza stessa), che in Hegel ricorrono sotto quella dell'Essenza. La cagion di ciò, a mio credere, è che il Ceretti tratta tutta la materia logica (anzi tutta la materia filosofica) secondo i tre momenti della Posizione, della Riflessione e della Concezione. Così facendo, ha potuto accogliere i principii o momenti hegeliani dell’Essenza (la quale, notoriamente, è la sfera della riflessione) sotto il proprio Essere, considerato appunto secondo il momento della riflessione; ossia ha potuto accoglierli sotto l'Essere riflesso. L'Autologia finalmente, che è pensata come unità della Prologia e della Dialogia, tratta de'tre principii del Sapere, Volere, Agire. S'intende bene che anche in questi vengono distinti, rilevati e trattati altri momenti subordinati come Sapere immediato, mediato e assoluto, Volere subbiettivo, obbiettivo, ecc. I tre principii predetti pur ricorrono nella Logica hegeliana, ma in una guisa e sfera subordinata, mentre qui abbracciano una intera sfera logica per sè, e costituiscono il punto culminante ed unitivo di tutto il pensiere esologico (ossia logico). Questa parte del sistema panlogico cerettiano non rimane poi così magra ed astratta, come potrebbe sembrare, ma si addentra nella storia, e viene additata in questa la evoluzione di tutte le categorie logiche (esologiche) trattate. Io qui naturalmente non posso entrare nelle particolarità: di più ho detto nella mia Notizia degli scritti e del pensiere filosofico di Ceretti; ma anche in questa fui piuttosto scarso. Ora si è pubblicata in italiano questa parte della filosofia cerettiana sotto il nome di Esologia, ed essa sola comprende ben mille e dugento pagine. Io cercherò un'altra occasione in cui discorrere più lungamente di quest'opera e paragonarla con la Logica hegeliana, dalla quale prende il general pensiere e il generale andamento, ma della quale vuol essere, e in parte è, una modificazione. EssOLOGIA. La Natura è il Logo obbiettivato: però la dice anche Non-Logo, ossia l'opposto (il negativo) del Logo subbiettivo. La designa parimenti come Coscienza in forma d'Incoscienza, ossia, in fondo, di Coscienza ancora inconscia. Che la dice Coscienza, dopo tutto l'anzidetto, s'intende benissimo; perchè la Coscienza non è che il Logo conscio in genere, salvo poi a passare per diversi gradi della Coscienza, cominciando dalla incoscienza. Questo stato ancora inconscio della Coscienza della Natura è incluso nella mentovata designazione, che, cioè, questa sia Coscienza in forma di incoscienza. Qualche cosa di consimile egli esprime, quando la designa anche come Coscienza dormente. Distingue la Natura (alla hegeliana) in meccanica, fisica, organica o, come anche si esprime, in Logo meccanico, Logo fisico e Logo organico; e la tratta speculativamente in queste tre forme. Il punto culminante della Natura è la Vita, il cui Logo supremo, dice egli, è l'organo sensorio. Col senso poi (che è funzione e manifestazione di quest'organo) si esce dalla sfera della Natura propriamente detta e si entra in quella dello Spirito, ossia della Coscienza del Logo conscio, e però del pensiero del pensante, la cui speculativa trattazione è la SINAUTOLOGIA. Il concetto della sinautologia dall'anzidetto è chiarissimo e si riassume in questo, che il pensiero del pensante da essa considerato esprime la concretezza del pensiero istesso, cioè la Coscienza altuosa di quello Spirito (di quel Pensiero), che nella Esologia e nella Essologia era ancora inconscio. Le parti in cui si suddivide la Sinautologia sono l'Antropologia, l’Antropopedeutica e l'Antroposofia. Queste stesse tre parti sono ulteriormente divise in altre subordinate, trattandosi in ciascuna in grosso quei principii che nell' hegelianismo fan parte dello Spirito e della filosofia dello Spirito. Nelle particolarità io rinunzio di entrare, tanto più che la maggior parte di esse entrano nella Sinossi, che si presenta ora al pubblico. Con ciocchè è detto, che io lascio senza apprezzamento, è stato certo il lettore messo nel caso di conoscere quelle antecedenze, delle quali la Sinossi, da una parte, è continuazione, dall'altra, ulteriore modificazione, e veniamo dunque alla presente opera sinottica. Rispetto a questa vi sono due punti a cui mi riferirò: l'uno è quello dell'opera da me prestata nella pubblicazione di essa: l'altro è quello di dare una idea generica del suo contenuto e di rilevare alcune cose che mi paiono degne di nota. Per ciò che concerne il primo punto, il manoscritto che mi fu consegnato, di indicazioni del contenuto e dello scopo dell'opera non portava che soltanto il titolo generale di essa, cioè Synossi dell'Encyclopedia speculativa. Non aveva prefazione od altra indicazione di sorta, ma cominciava subito col primo paragrafo, e così senz'altro continuava in sussecutivi paragrafi fino all'ultimo. Or bene, io ho creduto utile di fare innanzi tutto due piccole innovazioni: primamente, di ammodernare l'ortografia dell'autore; secondamente di fornire l'opera di intestazioni. Quanto all'ortografia, il Ceretti era un uomo, dirò cosi, stampato sul classico, e però rispetto ad essa ha ancora ritenuto le forme latine e greche. Gli è per ciò che, conformemente al saggio ricorrente nel titolo predetto, egli scriveva analysi, systema, sympathia, philosophia, abysso, e via dicendo. Adduceva anche le ragioni di ciò, e, in una scrittura umoristica (1), riferendosi a questo punto, pregava che lo « si lasciasse spropositare a suo agio, perchè la sua crassa ignoranza di orthographia italiana non gli permetteva di fare altrimenti ». Senza che io mi distenda su questo punto, il lettore intenderà che al nostro tempo una tale ortografia non poteva trovar favore presso il pubblico. L'autore stesso, (1) Nella Prefazione ai Sogni e Favole (ancora inediti, ma che si pubblicheranno fra non molto). del resto, non l'aveva seguita neppur egli in tutte le sue scritture italiane. Per esempio, non l'aveva seguita nè in una sua prima opera filosofica italiana, rimasta incompiuta (intitolata Idea circa la genesi e la natura della Forza), nè in qualche opera letteraria de' primi tempi (poniamo, nelle Lettere d'un profugo): in generale poi non l'ha mai seguita nelle sue opere poetiche italiane. Io poteva dunque senza scrupoli innovarla. Quanto alle intestazioni, mi sono parse utilissime anch'esse. Il Ceretti è uno scrittore molto difficile, è sovente oscuro. Leggere una sua opera senza intestazioni di sorta, tranne quella del titolo generale, è una cosa che non invoglia il lettore. Gli è perciò che, ad agevolare a questo l'intelligenza e la lettura della medesima, ho diviso innanzi tutto l'opera nelle grandi e generali parti che la costituiscono, e ho dato loro le rispettive intestazioni; poscia ho fatto lo stesso coi paragrafi, dando, sia ad un solo sia a più insieme, la intestazione corrispondente al pensiere da essi espresso. Per la giusta lezione del testo mi son dato tutta la cura possibile. Non una, ma ben molte volte sono intoppato in difficoltà: tanto più che il manoscritto era scritto da un amanuense. Nelle difficoltà ho fatto fare scrupolosi raffronti coll'originale, nei quali la figlia dell'illustre filosofo, tuttora amorosamente intenta alla pubblicazione delle opere paterne, mi ha prestato valido aiuto (1). Ma, (1) Ad onor del vero, mi piace di far noto che l'opera della figlia verso il padre non è soltanto di riconoscenza filiale, ma di intelligente ad onta del buon volere e degli aiuti, mi è rimasto qualche scrupolo, che in questo o quel luogo qualche mancamento od inesattezza vi sia rimasto. Quanto a mancamento, mi cade in acconcio di potere affermare siccome una verità, che, per chi conosce le opere filosofiche cerettiane, quelle che susseguono l'opera latina in genere si risentono un po' tutte di qualche mancamento rispetto all'ordinamento e all'integrità del pensiere. Questo, secondo me, proviene da più cagioni: l’una, che, avendo ogni scrittore un momento culminante nella sua attività intellettiva, il Ceretti lo ha avuto nell'opera latina: l'altra che, avendo egli, dopo la pubblicazione de' tre primi volumi di questa, fermamente deliberato di non pubblicar più nulla, ha creduto che le sue opere rimanessero inedite; e con tal credenza la cura di esse è minore: una terza, che negli ultimi dieci anni di vita (in cui cadono quasi tutte le opere filosofiche italiane, compresa la Sinossi) egli fu travagliato dalla mentovata infermità. Continuando a dire dell'opera da me prestata, rilevo che, per l'accennata difficoltà e talvolta anche oscurità del pensiere dell'autore, vi ho pure aggiunto delle note illustrative, ove mi son parse necessarie od almeno utili. E finalmente, un po' per la ragione ora detta, un po' per continuare a far conoscere la persona é gli scritti del Ceretti, un po' per agevolare al lettore l'entrata nel prestazione, come ha anche dimostrato, benchè ella lo abbia taciuto, nella mentovata pubblicazione delle Grullerie poetiche, non che delle Poesie giovanili, apparse contemporaneamente ad esse. pensiere della Sinossi, vi ho preposta la Introduzione che sta ora leggendo. Per ciocchè concerne il secondo punto, quello del contenuto, comincio col richiamare innanzi tutto l'attenzione del lettore sul principio costitutivo della Sinossi, cioè, la Coscienza; principio, come ho già detto innanzi, che l'autore crede distintivo della propria filosofia da quella di Hegel, il quale, invece, pone in genere l’Idea, e più specificamente l'Idea conscia, ossia lo Spirito. Ebbene, dal poco che ho detto, antecedentemente e da altro che ho qui taciuto, posso affermare che la differenza che il Ceretti vuol vedere tra la sua Coscienza e lo Spirito di Hegel a me non pare così essenziale, certo, non così grande, come egli pensa. E che la cosa sia cosi lo voglio confermare con le stesse parole dell'autore. Nella sua Autobiografia, opera interessante e ricca di notizie sul corso de'suoi pensieri, egli stesso dice: « In quel tempo io seppi (1) che l’Assoluto è la Coscienza, e la Coscienza nel suo svolgimento è, correttamente parlando, una storia, ma fui lontano dal distinguere la Coscienza dallo spirito e considerare lo spirito come un momento storico della Coscienza. Per me la Coscienza era un ente, piuttosto che il termine generale, la cui distinzione costituisce gli enti ». È chiaro dunque che una distinzione vera dei due principii non l'aveva ancor fatta. Però qualche cosa di (1) La mia celebrità citata, pag. 89. Il tempo di cui parla è verso il 1870, certo, dopo la pubblicazione de' tre primi volumi dell'opera latina, pubblicazione che cessò il 1867, distintivo cominciava ad andargli pel capo. Di fatto, egli afferma in altro luogo dell'opera, che verso quel tempo di cui si sta parlando « principiava a balenargli l'idea di una Coscienza più generale dello spirito, Coscienza, della quale lo spirito fosse uno storico momento. Quest'idea gli era balenata molto tempo prima, ma piuttosto come un'imagine dell'idealità che come una categorica avvertenza, la quale avvertenza principiò in questo tempo ed ebbe il suo categorico fondamento anzitutto nell'infinito nulla, sopra il quale riposa la nostra cogitabilità » (1). Da questo luogo, che conferma il primo, non solo emerge ulteriormente che la distinzione ei non l'aveva ancor veramente fatta nell'opera latina, ma fa capire che in questa (ov'egli pure aveva cominciato a parlare di tal distinzione) la distinzione era come un primo baleno di pensiere presentatosi alla mente e intraveduto, non però ancora veramente visto, compreso' e consciamente fermato. È questo veramente un punto, che io non aveva neppur nella mia Notizia così determinatamente ancora indicato e, sopratutto, documentato; son lieto, che mi si è presentata l'occasione di farlo qui. Ora, è nella Sinossi che il Ceretti è veramente conscio di tal distinzione, ed è in essa che la Coscienza predomina e spicca come l'universale e fondamentale principio (1) Loc. cit., pag. 104. Può parere strano che il Ceretti faccia poggiare la cogitabilità sull'infinito nulla. Lo strano sparisce, quando si pensa che per lui l'infinito nulla è uno de' modi di designare l'essere indeterminato. Ora, il pensiere è appunto o una determinazione dell'essere indeterminato, o una ulteriore determinazione dell'essere già determinato. di tutto l'Essere e di tutto lo Scibile (Pensiero). E la ragion principale della distinzione, come si scorgerà dalla lettura dell'opera, consiste per lui specialmente in ciò: Che, giusto perchè la Coscienza è l'universale ed assoluta realtà, l'unico universale essere, ella accoglie sotto di sè l'istesso spirito come uno de' propri momenti, una delle proprie manifestazioni e forme di esistenza (1). Ad intendere ciò, e in generale la larghezza della Coscienza cerettiana, allego volentieri il seguente luogo, nel quale ei dice che il filosofo speculativo « considera l'animale come un momento definito nel sistema della Natura, la Natura come un momento nel sistema spirituale, e lo Spirito come un sistema nel sistema della Coscienza » (2). Ora può meglio comprendere il lettore, perchè io, nel dividere la Sinossi in Tre Parti e nel dare a ciascuna di esse la relativa intestazione, ho sempre fatto entrare la Coscienza. Del resto, l'istesso autore dice che: « la Coscienza, sendo il termine più generale, che possibilita l'essere e l'esistenza, deve necessariamente essere il termine più generale, nella cui distinzione si distingue logicamente l'Enciclopedia speculativa » (3). Volendo ora con un breve cenno introdurre il lettore nel contenuto della Sinossi, rilevo innanzi tutto che le tre grandi Parti, nelle quali ella è divisa, sono la Coscienza universale, ossia i Principii logici o logico-metafisici, che (1) Vedi in questo stesso volume appresso $ 21, pag. 10. (2) Si confrontino specialmente il g 164 e la mia relativa nota, non che il S 203. (3) Sinossi, $ 163, pag. 124, voglian dirsi (Logica); la Coscienza naturale, ossia i Principii naturali (Natura); e la Coscienza spirituale o Principii spirituali (Spirito). Quanto alla Coscienza universale e ai corrispondenti principii logici, l'autore non entra in particolarità, anzi non ne espone addirittura la dottrina. Si limita soltanto ad indicare innanzi tutto le forme dello scibile e le corrispondenti verità; poscia a designare alcune verità logiche supreme; indi ad accennare in genere la natura della speculazione logica; e finalmente ad una divisione del pensiere sistematico logico. Rispetto alle forme dello scibile (ch'ei distingue in a) scibile estetico e religioso; b) scibile empirico-induttivo, e c) scibile speculativo), pone che la forma speculativa, che è l'unica e vera filosofica, è quella « che non con: tiene se non verità necessitate dal pensiero in sè stesso, indipendente da qualsivoglia autorità esteriore ». Queste verità necessitate poi ricorrono propriamente, od almeno in modo speciale, nella Logica. E delle tre indicate Parti e corrispondenti discipline filosofiche ei pensa che « la scienza veramente speculativa è la Logica, e le discipline della Natura e dello Spirito non possono contenere verità speculative, ossia necessarie, se non in quanto siano ridotte alla loro radicalità logica », vale a dire, alla forma o tipo logico. Quanto alle verità logiche supreme, elle si concentrano nel mentovato principio della Coscienza. E, di fatto, ei pone come verità prima e radice di tutte le altre verità, e ad un tempo come « verità generalis sima della speculazione », questa, che a è contenuta nella proposizione: L'assoluto è coscienza ». E pone quindi come a verità più particolare, ma non meno necessaria », quest'altra, « la quale è nella proposizione: La verità assoluta è nella coscienza pensante » (1). A queste due proposizioni se ne può aggiungere una terza, che, benchè ricorra in fin dell'opera, pure è con esse intimamente legata; ed è che a nulla è e nulla può essere fuori della Coscienza » (2). Quanto alla natura della Logica, ei l'indica, e mi pare eccellentemente, siccome il « sistema generale della cogitabilità », o, come anche dice, « della pura cogitabilità ». Finalmente l'autore, non entrando nelle esposizioni di tal sistema, ma limitandosi alla partizione di esso in tre cicli, designa il primo siccome « la categoria pura dell'Essere indefinito, l'essere generale qualitativo e quantitativo v: il secondo come « l'Ente, ossia l'Essere finito, per il quale il pensiero si definisce in pensieri particolari reciprocamente differenziati ed opposti »: il terzo come a l'unità del pensiero infinito col pensiero finito, nella quale unità il pensiero s'individualizza » (3). Questa individuazione, soggiunge, estrinsecandosi, genera la Natura. (1) La Coscienza pensante è per lui la Coscienza razionale o concettiva, com'ei la dice, a differenza delle forme inferiori di Coscienza, cioè la Coscienza riflessa e la Coscienza sentimentale (quest'ultima abbraccia la Coscienza estetica e si estende alla religiosa). (2) Sinossi, S 203, pag. 218. (3) Vedi Sinossi, pag. 1-12. [blocks in formation] Passando a trattare della Coscienza naturale o Natura, ne dà una definizione, in cui si sente l'influsso fichtiano, definendola, cioè, siccome «l'Idea scissa in due termini, che hanno l'apparenza della separazione », e che sono a l’lo e il Non-Io » (1). Quanto alla partizione però, divide ancora hegelianamente la Natura in a) meccanica, b) fisica, c) biologica (organica). Cominciando a dir della prima, tocca innanzi tutto della considerazione estetica della Natura istessa, di quella considerazione, che attribuisce ai corpi celesti vita e persin coscienza. Tocca parimenti della considerazione riflessa (o empirico-induttiva), la quale, oppostamente alla prima, considera la Natura come disanimata e puramente meccanica. Son due considerazioni ch'ei tiene per egualmente false, ritenendo invece per unicamente vera la considerazione speculativa. Conformemente a quest'ultima, piglia le mosse da’ principii primitivi e condizioni prime della Natura, che sono lo Spazio, il Tempo, il Movimento, la Forza; quattro principii che nella loro unità costituiscono poi la Materia. Questi principii ei riunisce in guisa da ricordare addirittura la consimile unione di Spencer, la quale, del resto, prima che spenceriana, è stata già hegeliana. Si addentra poscia vieppiù nella Natura, e la considera nella vita e nel movimento dei corpi celesti. Ribatte la considerazione estetica, che attribuisce a « Vita e Coscienza analoga all’umana », siccome questi (1) Sinossi, $ 28, pag. 13. [ocr errors] fantastica. Rispetto alla Vita di essi, rileva egli, la speculazione (e considerazione speculativa) a ritiene giusto » che « i corpi celesti.... debbano possedere necessariamente la propria vita, dalla quale abbiano il proprio movimento, la propria forza e le proprie fasi formali ma respinge interamente che « detta vita possa essere analoga all'animale ed alla vegetale » (1). Passa quindi a considerare, secondo la speculazione, la Coscienza nei corpi celesti; e, anche qui, pur ammettendo una generica coscienza ne' medesimi, dice che « la Coscienza propria de' corpi celesti non può sotto verun rapporto somigliare a quella degli animali e delle piante ». Ritiene però che « l'armonia generale de’loro rapporti cinematici e induttivamente anche dinamici prova evidentemente che sono regolati non solo dalla coscienza, ma anche dalla coscienza pensante e razionale » (2). Allontanandosi, ciocchè qui dice l'autore, non poco dalle comuni intuizioni, è bene di rilevare e determinare ulteriormente il suo pensiere e la ragione del suo pensiere, non che la ragione, per la quale egli respinge anche la considerazione riflessa della Natura (che è poi in grosso la considerazione delle scienze naturali). Riattaccandosi a quest'ultima, dice che, se la considerazione estetica attribuisce vita e coscienza agli astri, sbagliandosi nel modo dell'attribuzione, la riflessione spegne (1) Sinossi, § 41, pag. 22 e seg. (2) Sinossi, $ 42, pag. 23. addirittura l’una e l'altra. Imperocchè essa, nella concezione e considerazione della natura, è dominata « dalla cardinale irrazionalità » di considerare il pianeta terrestre « come un ente meccanico e fisico, e non mai come un organismo planetario vivente e cosciente di vita e coscienza propria, altra dalla vegetabile ed animale » (1). L'autore attribuisce alla riflessione l'errore della « diremzione (scissione) della Natura e della Coscienza », per cui « deve necessariamente considerare i singoli fenomeni come altri da quelli della Vita e della Coscienza o (2). Diversa poi, a senso dell'autore, è la speculativa considerazione si della Natura in genere, che dell'ordine terrestre. In quanto che « la speculazione, ponendo il principio generale, che la Natura e l'Idea della Natura sono reciproci fattori, deve conchiudere necessariamente che una Natura qualsivoglia non può esistere se non come viva e cosciente. Le diverse specifiche nature sono appunto differenziate dalle differenze specifiche della loro vita e coscienza ». E, conformemente a ciò, rileva i diversi gradi di vita e coscienza de' corpi celesti, de' minerali, delle piante, degli animali. « La speculazione (aggiunge egli) concepisce che nessuna esistenza è possibile se non in quanto sia Coscienza, e nessuna Coscienza è possibile se non come un sistematico svolgimento dall’una nell'altra determi (1) Sinossi, $ 49, pag. 30. (2) Sinossi, $ 52, pag. 32. nazione, locchè è Vita ». Mette però in rilievo che « Vita e Coscienza nella speculazione non sono menomamente limitate all'analogia del processo vegeto-animale; epperciò, dicendo che i corpi celesti, il globo terrestre e le materie terrestri sono vive e coscienti, non intendiamo dire che un numero finito di organismi componga un tale organismo, ma semplicemente che tutta la natura è organica, viva e cosciente, e conseguentemente ogni organismo è principio e fine di altri organismi, cosi nel proprio totale, come in ciascuna minima particella divisibile all'infinito » (1). Non men lontano dalle comuni intuizioni è ciocchè segue sotto il titolo di anatomia, fisiologia e psicologia del globo. Si badi però che a si fatte denominazioni il Ceretti non attribuisce il significato che lor comunemente corrisponde. La ragione, per la quale egli ha adoperate le predette denominazioni è ch'ei considera il globo siccome un organismo vivo e cosciente. Di fatto ei dice: « Considerando il globo come un individuo organico vivo e cosciente, si conchiude necessariamente che vi sia un'anatomia, una fisiologia ed una psicologia del globo ». Avverte però ch'egli « usa questi vocaboli in un significato più generale che non in quello della vita vegeto-animale » (2). E quanto all'espressione di psicologia del globe, che è quella che più delle altre urta le comuni intuizioni, egli ne giustifica e chiarisce (1) Sinossi, $ 53, pag. 29 e seg. (2) Loc. cit., $ 59, pag. 36. il significato come segue. « Dobbiamo per prima cosa notare, dic'egli, che non intendiamo parlare di psicologia nel significato analogo a quello dell'animalità, ma usiamo questo vocabolo nel significato amplissimo di coscienza vivente. Cosi, per es., la bestia pratica, nell'uso della sua facoltà locomotiva, esattamente le regole matematiche della statica; ma questo non vuol dire che la bestia possegga qualche nozione di matematica e di meccanica razionale; ella non possiede veruna nozione riflessa, ma semplicemente il senso regolativo della statica, requisito della pratica della locomozione; ma non è una regola teorica; ossia una Coscienza riflessa della medesima. In questo significato generalissimo di coscienza la terra possiede la sua psicologia, non altrimenti che ogni individuo vivente » (1). Da tutto ciocchè il Ceretti dice intorno a coscienza degli astri in genere e a coscienza e corrispondente psicologia della terra in ispecie, se ne deduce ch'egli attribuisce sì ai primi che alla seconda quella coscienza ch'egli nel luogo ultimamente allegato chiama coscienza vivente, cioè una coscienza che si caratterizza e risume nella vita, una coscienza che potrebbe chiamarsi inconscia. E questa è quella coscienza che antecedentemente io stesso ho designata come generica, non già come specificata e molto meno come individuata. Ad intender ciò, si pensi che per Ceretti il principio universale della realtà (qui nella Sinossi) è appunto la (1) Sinossi, $ 74, pag. 47. Coscienza come universale ed assoluta. In quanto la Coscienza è universale ed assoluta, è già Coscienza la Natura stessa, che è una delle forme di manifestazione ed esistenza della Coscienza. Se è così, è ben naturale ch'ei pensi come cosciente (genericamente, non individuamente gli astri tutti, anzi le cose tutte. Ma la Coscienza della Natura, nelle formazioni siderali della medesima, non si è ancora individuata, soggettivata , ossia è una coscienza che non è ancora presente a sè stessa, non è consapevole di sè stessa, è una Coscienza ancora inconscia. Ora, il Ceretti pensa che tutto il processo della Coscienza naturale o, come comunemente diciamo, della Natura, consiste appunto nella graduale individuazione e soggettivazione di questa Coscienza. Nella terra ed in genere nella natura minerale tale individuazione, almeno tal vera e reale individuazione non è ancora avvenuta e ne cerca e segua i relativi gradi evolutivi. « Il primo esordio, secondo lui, della Coscienza verso una propria individuazione, oltre l'individuazione planetaria, appare nella vita vegetativa» (1). E questo esordio è, a tal riguardo, si poca cosa, chè, benchè la pianta abbia « un'individualità distinta dall'individualità planetaria, quest'individualità si manifesta tuttavia equivocamente nella vita vegetabile » (2). E di questa equivocità arreca varie ragioni. (1) Sinossi, $ 80, pag. 52. ' (2) Sinossi, $ 85, pag. 55. Additata l'individuazione nella pianta, passa ad additarla nella ulteriore e superiore forma di esistenza della animalità. È primamente nell'organismo animale che, secondo il Ceretti, avviene la compiuta individuazione, la quale, si noti, non è ancora soggettivazione in tutta l'animalità. La soggettivazione, che è il grado supremo dell'individuazione, da una parte, « si palesa progressivamente nelle specie superiori », dall'altra, si manifesta nella sua vera compiutezza soltanto nell’uomo; il quale nella serie zoologica è a l'ultimo frutto, ossia il massimo sviluppo psichico dell'animalità » (1). « Quando l'animale, dic'egli, arriva definitivamente alla soggettivazione della propria Coscienza, ossia al suo Io distinto categoricamente dal Non-Io, entra categoricamente nella Coscienza spirituale. Questo passaggio costituisce la creazione dell'uomo, e solamente questo passaggio colla propria manifestazione può significare un soggetto umano » (2). Con l'antecedente esposizione il Ceretti, nella Evoluzione della Coscienza, esce dalla Coscienza naturale ed entra nella Coscienza spirituale, cioè nella terza parte dell'opera. In questa, cominciando colla distinzione di senso e pensiero, vien subito all'additamento delle forme, 0, com'ei le dice, fasi dello spirito, le quali per lui sono il sentimento, l'intelletto ed il concetto. Il concetto è la facoltà razionale, a distinzione della intellettiva, secondo (1) Loc. cit., $ 96, 106, 107, pag. 61 e seg. (2) Sinossi, $ 115, pag. 76. che ciò s'intende nell'hegelianismo. Il sentimento è da lui inteso in senso più largo del senso, tanto che designa come momenti del sentimento l'attenzione, la memoria e l'immaginazione. Così inteso, il sentimento viene ad esser come una funzione media tra il senso e l’intelletto, quella funzione che costituisce come il passaggio dalla coscienza senziente alla cogitante (1), e che perciò somiglia quella che i tedeschi chiamano facoltà rappresentativa (Vorstellungsvermögen). Segue l'evoluzione della Coscienza spirituale in quelle forme che, secondo la terminologia hegeliana, fan parte dello spirito soggettivo, come linguaggio e suoi stadii; stato primitivo dell'uomo (primitiva coscienza umana); sonno, sogno e veglia ; temperamento; specifiche disposizioni mentali, tra le quali piglia di mira anche il genio nella sua distinzione dall'ingegno; carattere e criterio. Dopo di ciò passa alla considerazione di quei principii che possono designarsi come costitutivi della Coscienza oggettiva (oggettivata), che corrispondono a quelli del cosi detto spirito oggettivo hegeliano, e che il Ceretti in questa Sinossi risume ne' tre di Morale, Diritto, Ragione. La Morale regola i rapporti sociali degl'individui consociati, ma soltanto siccome regola interiore alla Coscienza. Il Diritto, facendosi indipendente dalla interiorità della Coscienza morale, statuisce (1) Ei dice di fatto: « La Coscienza che dalla sensazione si svolge nella mentalità si sistematizza in un sentimento pressochè comune alla umanità ». Sinossi, S 128. una legge che divien comune e normativa nei rapporti esteriori del corpo sociale. La Ragione concilia le esigenze della Morale e del Diritto, cioè dell'elemento soggettivo e dell'elemento oggettivo della civile società (1). Continuando, l'autore segue l'evoluzione della Coscienza spirituale nella sua costituzione sociale. Da prima rileva e determina i gradi evolutivi di questa ultima nel regime patriarcale, strategico (militare) e politico. Poscia viene alla determinazione della ragione, la quale è « come il fattore essenziale del buono e del giusto contenuto » nelle organizzazioni sociali. Alla ragione disposa la coltura, in quanto l'una e l'altra si suppongono e svolgono insieme. « La ragione, com’ei si esprime, reclama un libero svolgimento della coltura e la coltura è il corpo della ragione; questa e quella sono reciproche esigenze, epperciò non si possono reciprocamente realizzare se non in quanto concorrono nell'unità del proprio sistema » (2). Termina questa parte con la distinzione, la determinazione ed il rapporto dello scibile delle discipline finite e dello scibile speculativo. Assolta questa parte della Coscienza spirituale, passa all'ultima e suprema della medesima, che è quella che si riferisce all'Arte, alla Religione ed alla Filosofia, o, che vale lo stesso, alla Coscienza artistica, religiosa, filosofica. Ciascuna di queste tre ei considera non solo (1) Sinossi, § 139, pag. 96 e seg. (2) Sinossi, S 134, pag. 113. nel suo principio, ma anche nella sua storica evoluzione. Gli stadii di si fatta evoluzione sono in genere l'asiatico, il pagano, il cristiano; e quindi arte, religione e filosofia asiatica; arte, religione e filosofia pagana; arte, religione e filosofia cristiana. Quanto all'arte, egli accenna non solo all'arte in genere, ma anche alle diverse forme di arte, additandone l'evoluzione appunto ne' predetti stadii asiatico, pagano e cristiano. Il medesimo fa per la religione, e qualificando la religione e le religioni asiatiche per naturalistiche, la religione e le religioni pagane per antropomorfistiche, la religione e le diverse forme religiose cristiane per spiritualistiche. E finalmente, quanto alla filosofia, rilevato il generale concetto di essa e il suo legame coll'arte e colla religione, viene a toccare della sua storica evoluzione. Comincia dalla filosofia asiatica, nella quale dà importanza alla filosofia indiana, essendo questa nell’Asia « la sola che si possa considerare come un tentativo di speculazione esordiente. Ella si distingue in tre grandi periodi, di cui il primo è teologicamente ortodosso, epperò armonizza colla religione costituita; il secondo ed il terzo consistono di sistemi teoretici, che però non negano il principio fondamentale della religione, alla quale contradicono » (1). Passa alla filosofia pagana, la quale si risume essen (1) Sinossi, S 191, pag. 188 e seg. zialmente nella greca, e nella quale la speculazione non s'ispira, come l'indiana, alla teologia, ma « si sente perfettamente libera da ogni prestatuto, da ogni estrinseco alla speculazione » stessa. E ciò si mostra fin dall'inizio della filosofia greca, nella quale « i primi filosofi furono fisici non teologi ». Ella « si distingue in tre grandi cicli. Nel primo è speculazione naturalistico-noologica. Nel secondo è speculazione etica. Nel terzo è speculazione pneumatologica » (1). Termina colla filosofia cristiana, nella quale, secondo lui, « le speculazioni dei teologi, la così detta filosofia scolastica, non appartengono positivamente alla filosofia, ma piuttosto a quello che si direbbe teologia speculativa », Più vicina al punto di vista filosofico própriamente detto, come poggiante sulla ragione, è la a nuova speculazione », o quella del Rinascimento. Questa « esordi con una semplice rinnovazione della ellenica filosofia ); ma in alcune speculazioni« si distingue per la forma delle nuove filosofie », come in Giordano Bruno, in Giacobbe Böhm e in qualche altro. Quello però che fonda la filosofia cristiana propria mente detta è Cartesio, al quale poi si riattaccano i posteriori moderni filosofi per ulteriormente svilupparla. « La filosofia cristiana differisce dall’ellenica; perocchè questa si svolse nel piano dell'Idea fisica o metafisica e della sua identità realizzata nel mondo, quella si svolge nel piano dello Spirito concreto, ossia (1) Sinossi, $ 195, pag. 192 e seg. unità distinta dell'Idea in sè stessa (metafisica) colla Idea fuori di sè stessa (Natura). Questa concreta unità prima è realizzazione dei suoi termini separabili, che astrattamente si svolgono in astrazioni fisiche o metafisiche; poscia è concreta unità dei suoi termini indirimibili e distinti » (1). Questa è la tela del pensiere filosofico della Sinossi dell'enciclopedia speculativa. Ora, a complemento della cosa, credo ancora utile di rilevare alcuni punti ed alcune opinioni dell'autore, che mi sembrano degni di nota. Primamente mi riferisco al punto concernente le idee cerettiane sugli astri in genere e sulla terra in ispecie, e propriamente riguardo all'animazione e persin coscienza che l'autore ha vedute in essi. Innanzi tutto allego un luogo di un'altra opera di lui: in questo si dice chiaramente come egli intende l’evoluzione planetaria, la quale poi non è altro che l'evoluzione di ciocchè si nella Sinossi, si in questa mia Introduzione si è appellata la Coscienza naturale. « La mia astronomia, dic'egli, ossia perlustrazione de' corpi celesti, non somiglia punto alla disciplina finita (cioè all'astronomia de' naturalisti) di questo nome, ma si riferisce semplicemente alle più arrischiate ipotesi circa la genesi di quei corpi. L'idea fondamentale è che le varie età di un corpo celeste corrispondono alle varie qualificazioni di nebulosa, sole, pianeta, e cosi oltre, e conseguentemente anche i vari fenomeni sulla superficie di esso appartengono a (1) Sinossi, $ 199, pag. 204 e seg. vari momenti della sua età. Cosi, per es., la vita fitozoica e la storia umana sarebbero una fenomenale momentaneità della vita planetaria sopra il globo, che oggidi dagli uomini si chiama Terra » (1). Or qui si dice che la vita non solo vegetale ed animale, ossia vegeto-sensitiva, ma la stessa vita pensiva umana è una manifestazione planetaria, che si concreta sulla terra: il che è come dire in altri termini che nella terra vi sono fenomeni sensitivi e pensivi. In conseguenza di ciò il Ceretti ha parlato di vita e coscienza degli astri, vita e coscienza del pianeta terrestre; come, d'altra parte, conformemente a ciò, ha parlato di anatomia, fisiologia e psicologia della terra. È indubitato che queste ultime espressioni suonano un po'stranamente, e più stranamente ancora suonavano alcuni decennii addietro. Però, a misura che si fa strada nella scienza il realismo e l'evoluzione, quelle espressioni van mano mano perdendo non poco della loro stranezza. Siam giunti a tale, che leggiamo, e senza meraviglia (io almeno non me ne meraviglio, (simiglianti cose in libri seriissimi, che veggono la luce negli stessi nostri giorni. Uno di siffatti libri (che io credo seriissimo e raccomando a chi no'l conosce ancora), è, per esempio, il « Cosmos die Wellentwickelung nach monistisch-psychologischen Principien auf Grundlage der exakten Naturforschung dargestellt von D. Hermann Wolff. Leipzig 1890. Zwei Bände ». (1) La mia celebrità già citata, pag. 66 e seg. Ebbene, il Wolff parla anch'egli non solo di psicologia animale, ma anche di psicologia della pianta e psicologia della cellula. Notoriamente, di quest'ultima ha parlato e scritto Ernesto Haeckel, seguito poi da altri. Ma con ciò siamo nella natura organica. Il Wolff va ancora più innanzi e parla anche di fisiologia della natura inorganica (si badi bene, inorganica) (1). E non si arresta neppur qui: parla persino di segni di manifestazioni psichiche nella natura inorganica: e, dopo avere additati questi segni, anche coll'appoggio di Copernico, Herschel, Haeckel, Schopenhauer, viene alla conclusione che nella natura inorganica c'è un fondo psichico (einen psychologischen Hintergrund der anorganischen Natur) (2). Siffatte manifestazioni, secondo il Wolff, « non sono però segni di una esistenza individuale animata, ma comuni manifestazioni di specie » o generi (3). Anche il Ceretti pensa la cosa in grosso allo stesso modo; giacchè la sua Coscienza degli astri e della terra non è individuale, ma generica come ho fatto innanzi rilevare. Fo considerare, inoltre, come ora si parli non poco di Panpsichismo: chi è a notizia della recente letteralura filosofica, lo sa. Lo spirito universale di Hegel (der Weltgeist), lo spiritualismo assoluto del medesimo sono imparentati con si fatte intuizioni. Non vi è meno imparentato l'Inconscio del vivente filosofo Eduardo di Hartmann; giacchè l'Inconscio contiene in sè un ele (1) Vedi dell'Opera citata del Wolff, vol. I, pag. 239 e seg., 245 e seg, (2) Loc. cit., specialmente a pag. 334. (3) Al secondo volume di detta Opera, pag. 145, mento pensivo e spirituale che, foss’anche inconsciamente (e, del resto, nella natura dev'essere cosi), si manifesta ed agisce nel mondo materiale. Altra intima parentela con queste intuizioni ha l'attuale e assai generale Monismo; perchè col Monismo si ha un solo principio superiore, che è spirituale e materiale, conscio ed inconscio insieme, e che è presente ed agente così nell'animale e nell'uomo, come anche nella pianta e nel minerale. Sicchè dunque bisogna guardare e giudicare con sentimenti amichevoli ed indulgenti ciocchè il Ceretti dice intorno all'animazione e coscienza degli astri. L'aver testè ricordato il nome di Eduardo di Hartmann accanto a quello di Hegel, mi fa andar per la mente, che accanto a questi due va collocato immediatamente il Ceretti, e propriamente, da una parte, come contrapposto a quello, dall'altra, come unito a quello nella comune provenienza da Hegel. È indubitato che entrambi provengono da questo, ma si noti, che vi provengono, propugnando ciascuno un principio opposto a quello dell'altro: Eduardo di Hartmann, propugnando l’Inconscio, Ceretti la Coscienza, ossia il Conscio. È questo un punto assai degno di considerazione, ma che meriterebbe uno sviluppo, il quale non può entrare in questa Introduzione. Prego però che gli rivolgano la mente coloro che ora conoscono il Ceretti, fino a poco fa sconosciuto. Cercherò un'altra occasione, nella quale ritornerò su di ciò. Un altro punto, che si collega ai precedenti e pure degno di rilievo da parte del Ceretti è il dichiarare e ribatter ch'ei fa come assurda la « supposizione d'una natura meramente inorganica, cieca e macchinale » (1). Con questa dichiarazione egli si fa, sia direttamente, sia indirettamente, oppugnatore del Positivismo e dell'Evoluzionismo, in quanto meccanici. E in ciò bisogna unirsi interamente a lui. Io non ispregio punto, anzi pregio moltissimo le dottrine positivistiche ed evoluzionistiche: e persin dichiaro novellamente (l'ho già fatto altra volta) che accolgo l'evoluzionismo disposato all'hegelianismo sotto il generale concetto e processo di evoluzione finale. Ma ritengo immensamente irrazionale l'evoluzionismo meccanico, col quale non solo non si possono spiegare i prodotti superiori della realtà, l'arte, la religione, la scienza, la vita domestica e sociale ecc., ma neppure la vita animale e vegetale, e diventano inesplicabili gli stessi prodotti minerali nelle ordinate formazioni dei medesimi. Già l'antichità al meccanismo atomistico e in genere naturalistico aveva giustamente contrapposta la finalità, specialmente nelle scuole platonica ed aristotelica. Il principio finale, che fu accolto ne' tempi e filosofi posteriori, è stato nell'ultima filosofia accentuato specialmente da Schelling ed Hegel, che han visto ed affermato nella natura un finale, razionale e progressivo organizzarsi della medesima in tutte le sue maravigliose forme. L'evoluzionismo con Spencer ha assai progredito a [blocks in formation] riguardo de’due grandi filosofi tedeschi in moltissimi rispetti; ma, d'altra parte, col meccanismo ha immensamente regredito rispetto ad essi. Chi sarà l'uomo ragionevole che potrà pensare che la scienza si possa costituire meccanicamente ed automaticamente? Ebbene è proprio cosi che dee pensarne la costituzione e formazione chi accetta il meccanismo comtiano e spenceriano; giacchè da’principii comtiani e spenceriani riguardo alla scienza non ne discende altra conseguenza. Innanzi a una tale assurdità o debbon cadere senz'altro il Positivismo e l'Evoluzionismo, o bisogna, come io penso, integrarli colla finalità. Per ciocchè concerne questo mio pensiere, sono lieto d'incontrarmi nella stessa idea con un uomo assai rispettabile e favorevolmente noto nella scienza, col Vacherot. Il quale, pur movendo dall'hegelianismo, è giunto (nel Nouveau spiritualisme) per altra via a quella conclusione (all'Évolution finale), cui songiunto anch'io(1). Altro punto che voglio rilevare è quello dell'opinione del Ceretti rispetto all'origine e natura della specie; e lo fo volentieri, perchè si tratta di cosa oggi tanto dibattuta. Rispetto a questo punto parrebbe che egli si discostasse tanto da Hegel quanto da Darwin; ma a me sembra che, in fondo, ei riesca alla stessa idea di quest'ultimo. Il Ceretti dice: «È assurdo supporre che una specie si (1) Vedi Le nouveau spiritualisme del VACHEROT, Paris 1884, specialmente il capitolo intitolato l'Évolution finale, pag. 359. Nell'istesso anno 1884, nel mio Teismo filosofico cristiano, senza che io sapessi nulla del filosofo francese, ho sostenuto (vedi pag. 414 in nota) lo stesso principio, con la stessa espressione di evoluzione finale. tramuti in un'altra come tale, perocchè le specie sono mere distinzioni teoriche del nostro intelletto. La natura, come disse un sommo naturalista, non facit saltum » ecc. Con ciò parrebbe quasi quasi che non ammettesse vere specie di sorta e non si accordasse col darwinismo. Ma, d'altra parte, ei soggiunge: « La vera trasformazione della specie non si deve investigare nelle specie come lali, ma piuttosto ne'minimi termini della specie, ossia nelle variazioni individuali. Queste variazioni, tuttochè lentissime, modificano col volgere de' secoli le specie » (1). Ora a me pare che l'opinione cerettiana si converta colla darwiniana: perchè secondo i darwinisti le modificazioni alle specie provengono e non possono d'altronde provenire che dagl'individui. Un altro punto non meno dibattuto e controverso è ai di nostri quello della religione; e mi piace di rilevare l'opinione cerettiana in proposito. Innanzi tutto egli è contrario ad ogni religione filosofica o scientifica che voglia dirsi. « Provate, dic'egli, a istituire un culto, ossia una pubblica credenza filosoficamente ragionata; e voi fallirete senza dubbio al vostro scopo, perocchè la Coscienza pubblica non è disposta a un filosofico sistema ». E per tal rispetto può dirsi ch'ei si oppone al positivismo, a dir vero, non a quello del fondatore del medesimo, perchè Comte ammetteva la ragion di essere della religione, ma al comunale positivismo, che vuol sostituita la religione colla scienza. E, venendo poi ad esprimere (1) Sinossi, $ 185, pag. 174 e seg. il suo pensiere su tale importante argomento, ei dice: « La religione che conviene al nostro tempo e alla nostra civiltà non può essere una religione di miti e di misteri. Non può essere una rivelazione miracolosa d'un tempo e d'un luogo, epperciò non può essere una religione autorizzata da un codice e da una tradizione. Il solo fondamento religioso, tuttavia reale del nostro spirito, è l'idealismo trascendentale, per es., la credenza in una Coscienza e Ragione generale che governa il mondo: è questa il nostro Dio superstite come Dio, possibile oggetto d'una credenza religiosa » (1). Probabilmente il lettore troverà che anche questa religione proposta dal Ceretti (e che abbastanza generalmente, e da un pezzo, la si propone ed anche coltiva da filosofi, scienziati e uomini colti) senta un po' del filosofico anch'essa. Io, per parte mia, penso lo pensava anche il filosofo intrese) che la religione in genere sorge dalla coscienza popolare. E siccome questa non è nè può essere mai filosofica o scientifica che dir si voglia; così una religione scientifica, quale la vogliono i predetti comunali positivisti, è una chimera e, per giunta, assolutamente contraria alla coscienza del popolo, che costituisce qualitativamente e quantitativamente la larga base e la gran massa de' credenti. Questi sono i punti principali e le relative opinioni dell'autore, che io voleva in ispecial modo rilevare: altri tralascio. (1) Sinossi, $ 108, pag. 71 e seg. Prima di terminare questa già lunga Introduzione, non posso a meno di rivolgere ancora l'attenzione del lettore sulla posizione della Sinossi nel complesso e nel corso del pensiere filosofico dell'autore, non che sulle ragioni che hanno consigliata la pubblicazione dell'opera. Quanto alla posizione, ho già detto che essa rappresenta una fase o momento di transizione dall'idealismo assoluto hegeliano (già accolto dall'autore ed espresso, pur già con modificazione, nella sua opera latina) ad un assoluto idealismo subbiettivo, o ad un assoluto subbiettivismo, assai vicino a quello di Fichte. Ho pur già detto che tal passaggio segue attraverso dello schellinghianismo, del quale son visibili alcuni vestigi nella presente opera. Il lettore che leggerà attentamente questa ultima, scorgerà la cosa da sè stesso. Se non che io voglio ulteriormente rilevare che questo punto io l'ho già rilevato nella mia opera sul Ceretti, e, per non tornare a dir lo stesso, rimando il lettore a questa (1). Quanto alle ragioni della pubblicazione (oltre al desiderio, anzi volere della figlia del filosofo, la quale crede dovere filiale di cooperare a far conoscere e pregiare il suo genitore), elle son varie. L'una è che, benchè ella sia un'opera indubbiamente inferiore alla latina, ciò non di meno, con tutta la stessa sproporzione che ha nelle tre parti che la costituiscono, è pur sempre tale da meritare di essere conosciuta. Una seconda è che, (1) Alla più volte citata notizia, e propriamente alle pagine clxxx e seg., CXCIII e seg. siccome essa rappresenta una delle fasi di transizione del pensiere filosofico cerettiano, cosi, per conoscer questo tutto intero, era necessaria la pubblicazione di essa ; tanto più che essa, tra le opere filosofiche che si riferiscono a tal fase, è una delle migliori. Una terza ragione è questa, che, accanto all'Enciclopedia filosofica latina, è bene che se ne conosca di lui anche una italiana. Una quarta è che, essendo rimasta incompiuta l'opera latina, specialmente per la parte che concerne la filosofia dello spirito, era opportuno di pubblicare la Sinossi, che si estende anche a questa parte. A dir vero, le idee sulla filosofia dello spirito nell'opera latina sarebbero state più vicine alle hegeliane, ma un generico fondo hegeliano v'è in grosso anche nella Sinossi. Un'ultima ragione è questa che, come nella pubblicazione dell'opera latina in traduzione italiana, assai probabilmente non si andrà più in là del secondo volume (dell’Esologia, o logica del Ceretti), perchè il terzo (la Essologia o filosofia della natura) è rimasto incompiuto, così la Sinossi si adatta ad esser come la continuazione della stessa opera latina tradotta. E si adatta tanto più, in quanto questa giunge, come abbiam detto, fino alla logica, che è trattata ampiamente; e la Sinossi, invece, appena accennando la logica, tratta più estesamente la filosofia della natura e quella dello spirito, specialmente quest'ultima. E non è improbabile che il Ceretti stesso, per avere appunto largamente trattata la logica nell'opera latina, ne abbia poi fatto appena un piccolo cenno nella Sinossi, che fu scritta dopo. Termino esprimendo il voto, che una così eminente individualità filosofica, poetica e letteraria, quale fu il Ceretti, venga sempre più conosciuta ed apprezzata. Per conoscerla però ed apprezzarla degnamente, non bisogna arrestarsi ad una sola delle sue opere, ma bisogna abbracciarle tutte; giacchè, essendo stata la sua individualità assai varia e complessa, bisogna vederla e conoscerla nella varietà e nel complesso delle sue opere.
Monday, April 4, 2022
Subscribe to:
Post Comments (Atom)
No comments:
Post a Comment