Dividerò e tratterò in "varii punti la quintuplice forma di Logica enunciata nel titolo. Il primo punto è che questa quintuplice forma di Logica si riattacca nel modo più intimo al mio scritto già pubblicato ed intitolato: L'Essere evolutivo finale come tentamento di una nuova concezione ed orientazione del pensiero filosofico uscente dal- l' Hegelianismo. E si riattacca in guisa che la concezione, la posizione e la soluzione delle indicate forme logiche dipendono in tutto e per tutto dal medesimo. Il secondo punto concerne la importanza della trattazione delle enunciate forme logiche. La importanza, quanto alla Lo gica aristotelica, è addirittura imm ensa, in quanto sì fatta Logica conta ormai 24 secoli di esis tenza, di ammirazione e di attuazione nel pensiero umano in genere e nel pensiero filosofico in ispecie. Per ciocché concerne la importanza della Logica kantiana, benché questa, rela- tivamente al tempo, conti poco più di un secolo di esistenza, pur la sua importanza è assai grande, in quanto, da una parte, continua ed ulteriormente esplica la Logica aristotelica, dall'altra, prepara la via, l'indirizzo e la stessa materia alla susseguente Logica di Hegel. Quanto poi alla Logica hegeliana, se la sua importanza rispetto al tempo è immensamente minore della aristotelica, e, relativamente, della stessa kantiana, con- tando appena circa un secolo di vita, pur non di meno, considerata come entit à del fatto logico in se stesso, è grandissima anch' essa. Giacché, la Logica hegeliana, da una parte ; riattaccandosi e contrapponendosi com e_ reale od ontolog ica alla aristotelica ritenuta e detta formale, e, dall'altra, sviluppando, integrando e realizzando in un compiuto organismo dialettico il tentativo ontologico kantiano, è divenuta il più impor- tante fatto e pensiero logico de' tempi nostri. 102 PASQUALE D'ERCOLE 2 Quanto alla importanza della cosi detta Logica matematica, tale importanza rispetto al tempo è di bel nuovo assai minore non solo della 24 volte secolare ari- stotelica, e della poco più che secolare kantiana, ma della stessa secolare hegeliana. Giacche la Logica detta matematica conta soltanto pochi decennii di vita, ed anzi, nella sua ultima determinata forma, appena una ventina d'anni. E da ultimo, per ciocche concerne la importanza della Logica indiana, tale impor- tanza è grandissima anch'essa; in primo luogo, perchè la Logica indiana è una reale e vera forma logica distinta dalle altre, e pensata ed esercitata da un popolo anti- chissimo tuttora pensante e logicante con essa; in secondo luogo, perchè, rispetto alla universale evoluzione della Logica in genere, la Logica indiana è la prima ma- nifestazione, avente ragion di essere come le altre. A queste ragioni essenziali potrei aggiunger l'altra di opportunità ; ed è che essa è assai poco conosciuta, ed è invece degnissima di esserlo, il che avverrà coll'accenno mentovato della medesima. Un'ultima considerazione rispetto alle predette forme logiche, e specialmente rispetto alla sequela storica delle medesime, è la seguente. Che, cioè, benché la indiana sia la prima in ordine di tempo, pur non nuoce, anzi giova di esporla, e trat- tarla in ultimo, perchè essendo essa di un tipo abbastanza dissimile dalle altre enun- ciate, sarà più agevole di intenderne ed apprezzarne la natura dopo aver esposte quelle che rappresentano lo sviluppo maturo e razionale rispetto ad essa. Il terso punto concerne lo scopo della trattazione delle predette Logiche. Il quale scopo è quello di determinare quale è la vera natura di ciascuna di esse, consi- derandole sì dal punto di vista storico, epperò evolutivo, sì dal punto di vista teoretico. Di tutti questi punti dunque tratterò separatamente, cominciando dalla Logica aristotelica. I. La Logica aristotelica. Aristotele è stato detto il Padre della Logica. Sorge subito la quistione : Ma non_cI è_ un' altra_ L ogica prima _della sua ? e se ce n'è un'altra, in qual relazione sono quest'altra e la aristotelica, da una parte, dal punto di vista della anteriorità e della posteriorità, dall'altra, dal punto di vista della evoluzione storica dall'una all'altra ? La risposta a tal quistione sarà più opportunamente fatta e compresa dopo la trattazione e giudicazione di tutte le predette Logiche. E veniamo alla Logica ari- stotelica. Innanzi tutto è bene di allegare le Fonti della nostra esposizione e trattazione. Tutti intendono che la prima ed essenzial Fonte è Aristotele stesso e questa noi avrem sempre presente nel testo originale. Aggiungiamo solo che, come Aristo- tele, specialmente attraverso del Medio evo e del Rinascimento, è stato ripensato e riferito nella famosa traduzione latina " interpretibus variis „, riconosciuta come LA LOGICA ARISTOTELICA, LA LOGICA KANTIANA ED HEGELIANA, ECC. 103 giusta interpretatrice del grande filosofo greco, cosi noi ci serviremo anche di questa, allegandola persino ordinariamente accanto al testo greco. La edizione de' due testi che noi abbiam presente e seguiamo è quella della « Academia Regia Borussica, Berolini, 1831-1836 „ fatta da Emanuele Becker e da Cristiano Augusto Brandis. Altre Fonti importantissime sono le seguenti: Severino Boezio (l'infelice e insigne filosofo, condannato a morte e fatto uccidere dal re Teodorico). Egli è uno de' più benemeriti della Logica aristotelica come tradut- tore e illustratore degli scritti logici di Aristotele: Arist. Stag., Organimi, Boethio Sever. interp. età, Venetiis, 1547. Geschichte der Logik etc, von D/ Cari Prantl, che è un'opera addirittura mo- numentale nel suo genere. System der Logik und Geschichte der Logischen Lehren von D. r Friedrich Ueberweg, 4 e Àufl., Bonn, 1874: opera eccellente anche questa, dovuta al merito e alla giusta fama di quell'uomo, che ha lasciato durevole traccia di sè anche nella Storia della Filosofia. Aristotelis Organon etc, edidit Theodorus Waitz Philos. Dr. Lipsiae, MDCCCXL1V: importantissima e stimatissima opera in due volumi contenenti il testo greco e il commento di lui al medesimo. D. r Eduard Zeller, Die Philosophie der Griechen etc, nella quale (zweiter Theil, zweite Abtheilung) vi è un volume speciale, di quasi un migliaio di pagine, trattante di Aristotele. Dello stesso Zeller è fonte anche preziosa il suo Grundriss der Geschichte der griechischen Philosophie, specialmente nella 10 a edizione del 1911 (Leipzig) elaborata (bearbeitet) dal D. r Franz Lortzing. Trendelenburg, Elemento logìces Arist., Berolini, 1836, 9* ediz. 1892 : notissima e importante operetta. Barthélemy Saint-Hilaire, Logique d'Aristote, traduite, ecc. 4 voi. Alle Fonti già indicate, che son le più importanti, aggiungerò quella del nostro Galluppi che ha due' opere sulla Logica, luna quella degli Elementi di Filosofia, in cui ha- una lunga trattazione della Logica pura; l'altra, amplissima, quella delle Lezioni di Logica e metafisica; e, occasionalmente, forse anche qualche altra Fonte, per esempio quella di Ruggiero Bonghi. E ora vengo alla indicazione ed esposizione degli scritti logici aristotelici. Gli scritti logici o V Organo (tò òqyavov) della filosofia aristotelica. È opportuno riferire una osservazione che fa il Waitz [Arist. Org., II, 293 ss.), e che accoglie e riferisce anche il Zeller (nel suo terzo volume precitato, pag. 187, nota 3), sulle denominazioni di Logica ed Organo. Questi cioè dice che 8 presso gli « espositori greci fino al sesto secolo „ non si trova ne l'una nè l'altra di queste deno- minazioni come l'espressione tecnica e generalmente accettata degli scritti logici di Aristotele : ma che però più tardi questi vengono " già denominati organici {òqya- « vmd), perchè essi si riferiscono all' òqyavov (ovvero sM'ÒQyavixòv fiégog) tpOo- ■ aotplag ». 104 PASQUALE D'ERCOLE 4 Ciò posto, gli scritti logici costituenti l'Organo sono: 1° Le Categorie (KaziqyoQiaì); 2° De Interpretatione {LTeoì c EQH7]vslag) ; 3° I Primi Analitici (due libri) : 'AvaÀvzixà nqózEQa ; 4° 1 Secondi (o Posteriori) Analitici: 'AvaXvzmà vazEqa; 5° I Topici (8 libri): Tomxd; 6° 8U Elenchi Sofistici (De Sophisticis elenchis): Uocpiozixoì "EÀsyxot. Le Categorie. Questa prima parte degli scritti logici aristotelici è importantis- sima, perchè essa costituisce come un anello di congiunzione tra la Logica e la Me- tafisica di Aristotele. Il lor significato e la loro estensione appartengono e si allar- gano ad entrambe queste parti del pensiero filosofico aristotelico. Il significato è che essi esprimono i supremi pensabili, cioè, i supremi concetti sotto cui cadono e si aggruppano nel nostro pensiere gli ogge tti della universale realtà. Il numero di tali supremi pensabili, ovvero delle categorie, secondo Arist., è, notoriamente, di dieci: infatti, egli dice (Kateg., cap. 4, all'inizio): zwv xazà firjóe- filav ovfMiÀoxrjv Xeyofièvoìv è'xaozov tfzoi oiaiav ar\\iaivu ?} noaòv ^ noìbv fj tiqóq zi f} nov ^ note f} xeìo&cu è'xEiv fj noietv ^ nda%Eiv. La traduzione latina men- tovata di questo luogo suona : " Eorum quae sine coniunctione dicuntur, unumquodque " aut substantiam significat aut quantum aut quale aut ad aliquid aut ubi aut quando " aut situm esse aut habere aut agere aut pati „ ■ Il predetto numero e la denominazione delle Categorie son anche riferiti in modo chiaro e preciso nei Topici (I, 9, al principio) come segue: è'azi óè zavza (scilic. zà yévrj %&v xazr}yoQiùv) %òv àoid-fiòv déxa, zi èazi, noaòv, noiòv, JiQÓg zi, nov, nozè, xeìo&at, e%eiv, noisìv, nào%siv (1). Per lo scopo che io mi propongo non posso entrare in tutte le particolarità, nelle quali entra la maravigliosa mente analizzatrice di Aristotele. Ma come rias- suntivo dell'essenziale a tal riguardo allegherò il seguente luogo del Zeller (loc. cit., pag. 267). " Fra le singole Categorie, dice questo, la più importante è di gran lunga la * SQstg^za, della quale in seguito dovrà parlarsi più diffusamente. La Sostanza, in " senso stretto, è sostanza singola. Ciocche si lascia dividere in parti è un Quanto " (ein Quantum) ; se queste parti son divise (getrennt), il Quantum è discreto, una ■ Moltitudine (Menge); se esse sono insiem congiunte, il Quantum è una Grandezza; " se sono in una determinata posizione (&éoig), la Grandezza è spaziale; se poi le " parti son soltanto in un ordine (zd^ig) senza posizione, allora la Grandezza non e (1) Vedi pei due luoghi greci Zeller, 3° voi, citato, pag. 259; e nel testo greco stesso, vedi Arist., KaTijy., cap. 4° e Tonino, al luogo indicato. » Secondo il gusto e l'uso de' versi memoriali, queste 10 Categorie furono espresse dal seguente distico : Àrbor sex servos calore refrigerat ustos ; Cras ruri stabo, sed tunicatus ero. LA LOGICA ARISTOTELICA, LA LOGICA KANTIANA ED HEGELIANA, ECC. 105 spaziale (ist eine unràumliche). L'Indiviso (das Ungetheilte) o l'Unità, per mezzo di cui vien conosciuta (erkannt) la Grandezza, è la Misura della Grandezza stessa; ed è questa appunto la nota distintiva della Grandezza, che essa è misurabile, che ha una Misura. Come la Quantità spetta (zukommt) al Tutto sostanzialmente di- visibile, così la Qualità esprime le distinzioni mediante le quali vien diviso il Tutto. Giacché per Qualità in senso stretto Aristotele non intende altro che la nota distin- tiva, o la determinazione più vicina, in cui si specifica un dato Generale. E come le due specie principali delle Qualità egli designa quelle che esprimono una deter- minazione essenziale, e quelle altre che esprimono un movimento od attività. In altro luogo egli novera quattro determinazioni qualitative come le principali; ma - queste però si lasciano sottordinare a quelle due. Siccome nota propria della Qua- ■ lità vien considerato il contrapposto di Simile e Dissimile. Del resto, l'istesso Ari- * stotele è imbarazzato nel conterminare questa Categoria verso altre. Al Relativo " appartiene tutto ciò, la cui propria natura o essenza (Wesen) consiste in un deter- « minato comportarsi verso altro; e come tale il Rektivp_è quella. Categoria cui * corrisnonde la minima realtà. Aristotele distingue di esso tre specie, le quali però « si lasciano" ridurre a due. Ma in ciò egli non rimane eguale a sè stesso ; ed ancor * meno sa evitare più di una miscela (Vermischung) con altre Categorie, ovvero ot- * tenere una nota sicura di quella costituente il Relativo. Le altre Categorie furono * da Aristotele sì brevemente trattate nello Scritto delle Categorie, che anche noi " non possiamo trattarne più diffusamente „. E basti di ciocche concerne le Categorie, e passo a dire del secondo scritto del- l'Orbaco, cioè del " IIeqì èqiirivtiac, „, o De Interpretatiom. Rispetto al tempo in cui fu composto questo scritto, è bene di rilevare, che esso fu composto dopo gli Analitici, come lo stesso Aristotele dice chiaramente ed esplicitamente al cap. 10 di questi. L'oggetto di questo piccolo trattato dell' Ermemia è la £rojosizione, e non . nel senso di pura e semplice pr oposizione grammatica le, ma di proposizione logica od esprimente un pensiere logico. Aristotele, analizzatore per eccellenza, comincia coll'esaminare e stabilire ^li elementi della proposizione stessa, i quali non sono altro che i nomi delle cose. E comincia a farlo con una osservazione importantissima intorno al nome (tò ovo/ia) e al verbo (tò §fj/ta), la quale è che i nomi prima della loro unione, sia tra loro sia col verbo, non esprimono nulla di vero e di falso. Ed anzi, secondo lui, quando si dice nome (dvo/ia) in senso lato, vi si comprende anche il verbo IIzqì yàg (die' egli al Capo I dell' Ermeneia) oév&EOiv k<xì òia'iQEoiv èan tò ipsvóog xal tò àAy&és (nella corrispondente traduzione latina: * nam in compositione et divisione est ve- " ritas aut falsitas „). Quando poi col collegamento e colla divisione delle parole,, Qffàa d<jLnomi, co- mincia la verità e la falsità, allora il noma, come specificamente logico, è propria- mente Uyog. Uno scrittore che ha rilevata bene la differenza di òvofia e di Myog e il Biese {Die Philosophie des Aristoteles, Berlin, 1835, I Bd., p. 55 e 90), dicendo che " Uyog designa la parola in quanto è espressiva del pensiere „. In altri termini, kóyog è la parola logica per eccellenza. 2 . D'Ercole. 106 PASQUALE D'ERCOLE 6 Altra cosa notevolissima è che, secondo Aristotele (IIeqì 'Eq^veiag, c. 4), ogni discorso, Àóyog, è significativo di alcun che (arjfiavxixóg) ; ... ma non ogni discorso è enunciativo, giudicativo (dnotpavxixóg), sì bene quello che ha che fare {imdq%£i) col vero e col falso. E soggiunge, ad esempio, che la preghiera {eb%<t\, deprecatio) è certamente un discorso, ma non è nè vera nè falsa. Son dunque la verità e la falsità che costituiscono la proposizione logica, o il giudizio, il quale senza di esse non sorgerebbe nè verrebbe ad esistenza. Che il g iudizio sia da Aristotele così concepito, ha una importanza straordinaria rispetto alla quistione della Logica formale e della Logica reale od ontologica. Comunemente si dice che la Logica di Aristotele è formale. Ciò è vero in certi limiti e non in tutto e per tutto. Infatti, il dire che un giudizio è tale soltanto rispetto alla verità ed alla falsità, vai tanto quanto dire che un giudizio è vero o falso se- condo che esso è conforme o non conforme alle coso, ossia alla realtà. Per forma che un giudizio non potrebbe neppure aver luogo, se, a così dire, non sorgesse ed anzi non fosse prodotto dalle stesse cose reali. Il Trendelenburg, autorevolissimo in tal materia, dice (1): " Senza un tal rap- " porto alle cose non v'è alcun giudizio ». E, conformemente a ciò, lo stesso Tren- delenburg ne' suoi Ehm. logie. Arisi., p. 63, aggiunge: Aristotelem, qui quidem enun- ciationis naturam in rerum peritate positam esse voluit etc. Del resto, già in antico aveva pensato ed espresso lo stesso Boezio (nel cit. Arisi. Stag. Organum, etc. pag. 6) dicendo: " Sed denominationes istae (seilic. categoriae) ex rebus pendent etc. „ Ciò posto, passiamo a dire del giudizio, o, che vale lo stesso, della proposizione' logica. E per l'esposizione di questo punto, ne' limiti dello scopo che ci proponiamo, ci varremo degli stessi Analitici, i quali furon composti prima dell'Ermeneia, e nei quali Aristotele ne aveva appunto trattato. La Proposizione (Ilqóxamg) (2). La definizione che ne dà Aristotele è la seguente : Ilqóxamg [tèv odv èaxl Zóyog xaxatpaxixòg fj dnocpaxixòg xivòg xaxd xivog : cioè: " La ; proposizione è un discorso affermante o negante alcunché di alcunché „. E la fa- mosa traduzione latina ha: " Propositio igitur est oratio affirmans vel negans aliquid " de aliquo „. Subito appresso, determinando l'estensione e la specifica natura della proposi- zione, o del predetto discorso, dice: otixog de f xa&óÀov $ èv fiéqei j} dòióqiaxog. Àéyo) de xad-óÀov fiev xò navxì i) (irjóevì fmaq%£iv, èv fiéqei de xò xivl % (irj navxì iindqxeiv, àdióqiaxov òh xò Ò7iàq%eiv | fifj vnàq%eiv dvev xov xa&óAov, 1} xaxà fiéqog, oìov xò xCùv èvavxiav slvai xrjv ctvxrjv èniax^firjv $ xò xrjv ^dovijv fifj eìvai dyadòv. Cioè, nella traduzione latina: " Haec (scilic. oratio) autem aut est universalis, aut " in parte (particolare), aut indefinita, universale appello omni aut nullo inesse, in * parte vero, alicui aut non alicui aut non omni inesse, indefinitum autem, inesse " aut non inesse absque universali aut particulari nota, veluti contrariorum eandem t esse scientiam, aut voluptatem non esse bònum „. (1) In Erlauterungen zu den Elementen d. aristot. Logik, 2 e Aufl. Beri., 1861, pag. 6. (2) In Waitz, Aristotelis Organon etc, voi. I, pag. 368, vi è una interessante nota sulla voce jiQÓiuais e le corrispondenti in Cicerone, negli Stoici ecc. „ T ™< T* *ma*m Tf ATJTTANA ED HEGELIANA, ECC. 107 7 LA LOGICA ARISTOTELICA, LA LOGICA K.AIS IIAJNìv E qtì ad ulteriore intelligenza della eosa, debbo ricordare al lettore la famosa finzione dello quattro forme di posizioni ohe rappresen ano una parte „ levan e nella funzione del Sillogismo, cioè la Svenale affermativa, la umversaU nevai m la 7er 9 ouóle colle uote iniziali di a, e, i, o, prendendo « ed i da afnrnro ed e ed o da "^Urliamo egualmente l'attenzione del lettore su di un'alt» parlar ^ricor- rente poco appresso nel luogo stesso e riattaccante* a ciocche e teste detto che ZTu dire di una cosa ohe è interamente in un'altra vai tanto quanto due che essa interamente attribuita ad un'altra «-** -W*? « «• ohe il re che una cesa non è in alcun modo frrt nHj B ™ lta °' uanto dire che essa non è in alcun modo attribuita all'altra. Tott, ricenoscerann TelTe due espressioni de. e del «* la ^ oorrisnondente espressione latina del Didum de amni et de nullo (2). . Tvendo testò detto che nel trattare della Logica aristotelica m sare, limitato ai punti fondamentali, Ve *V^SJS!^^^^^1 tale e che non posso a meno di riferire. Onesto concerne le regole della conversione t esse e ricorre (ibid.) al paragrafo secondo; e per migliore intelligenza ed appre - zam nt'o le allego nella sua integrità. Però nell'allegarie, s> perche e comunemente neTa la lingua Francese, si per la grande autorità che ha un traduttore delle opere aristoWi'he, quale è il B~mv ok S^-H^rna, mi valgo della tradu- ZÌ °" Oomte tonte proposition (eoa, quest'ultimo) exprime quo la obese est sim- ■ moment ou quelle est nécessairement, en qu'elle peut étre; et que dans tonte •I pTee d'attributien, les prepesitions sont afflrmatives ou negative*: comme, de - plus les prepesitions afflrmativee et négatives sont tant6t nmverselles, tentot par • Mières tantot indéterminées, il y a necessitò ,ue la proposto simple umver- • et privative pnisse se eonvertir en ses prepres termes; par exemple, s, neon ■ nWsir Test un bien, il faut nécessairement anssi qu'aucun bien ne soit un plaisir. ■ Crepo tion afiirmative doit anssi se convertir, non pas en umverselle, ma, • L narticulière; si, par exemple, tout plaisir est un bien, il faut anssi quo qnelqne . U sl un piparmi les prepesitions particella, ,'afnrmative se cenver • nécessairement en particulière ; car si quelqne plars.r est un • „ue quelqne bien soit un plaisir. Mais il n'y a pas de couversion necessaire peur • a prTpositien privative: en effet, si homme n'est pas attrihnable qnelqne animai, . il ne s'ensnit pas qne animai ne soit pas attribuable à qnelqne homnie. ■ La règie (cosi ibidem, al paragrafo terzo) sera la meme encore pour les p.o (1) Notoriamente in queste Ufiene delle Scolo, si esprime™ ciò, dicendo: A.serit a, no B »t «, veruni universiditer «mbo: Aisorit i. nogut o, Ter™ particulantei ambo. (2) Il si.eiao.to di „..t. ».'*. & — « * "»» 6 <* e """" PASQUALE D'EECOLE " positions nécessaires, c'est-à-dire que l'universelle privative se convertii en uni- ! vergelle, et que chacune des deux affirmatives se convertit en parti culière... Quant ' à la P r oposition particulière privative elle ne peut ici non plus se convertir, par " la mème raison que nous avons dite plus haut. ■ Pour les propositions contingentes, comme contingent se prend dans bien des " sens, puisque nous disons que le non-nécessaire et le possible sont contingente, * la conversion de toutes les propositions affirmatives se fera ici de la mème ma- 8 niòre... La règie change pour la conversion des négatives; mais elle est encore la * mènie P° ur les Propositions où les choses sont dites contingentes, soit parce que " nécessairement elles ne sont pas, soit parce qu'elles ne sont pas nécessairement. *! Par exemple, si l'on dit que l'homme peut ne pas ètre cheval, et que la blancheur [ peut a ' étre à aucun vètement, de ces deux choses lune nécessairement n'est pas, " l'autre n'est pas nécessairement. Ici donc la convertion a lieù de la mème ma- " mete. En effet, si ètre cheval peut n 'appartenir à aucun homme, ètre homme peut * n'appartenir aussi à aucun cheval; et si blancheur peut n'ètre à aucun vètement, ' vétem ent aussi peut n'ètre à aucune blancheur. Autrement, s'il n'y a nécessité que '• vétemen t soit à quelque blancheur, blancheur aussi sera nécessairement à quelque * véfcemen t- C'est ce qu'on a démontré plus haut. Au contraire, pour les choses que " l'on dit contingentes, parce qu'elles sont le plus habituellement et naturellement " de telle facon, ce qui est la définition que nous donnona de contingent, il n'en * sera plus de mème pour les conversions négatives. Ainsi la proposition unìversèlle " privative ne se convertit pas, et la proposition particulière se convertit. Ceci de- ! viendra évident quand nous traiterons du contingent. Bornons-nous ici à constater, " a P rès tout ce <l ui précède, que pouvoir n'ètre à aucune chose ou pouvoir n'ètre' " pas à quelque chose, ont la force d'affirmation. C'est que le verbe pouvoir est " place dans la proposition comme le verbe ètre; et que le verbe ètre, à quelques * attributions qu'on l'ajoute, forme toujours et absolument une affirmation : par * exemple, ceci est non bon, ceci est non blanc; ou, d'une manière toute generale, « ceci est non cela. Du reste cotte théorie sera reprise et confirmée plus loin. Mais, " quant aux conversions, ces propositions contingentes seront comme les autres pro- " positions „. E ciò basti per lo scopo propostomi, delle proposizioni, e passo a dire dell'ele- mento del termine. Il Termine (8qo S ). Questo è definito da Aristotele (ibidem), così: "Ogov óè xalib rig ov diaAvztai $ 7tQÓ%aai Sì oìov %ó re xaTiryoQoépevov xal %ò xaWoi xait]yoQel-rcu f] nQoa'uèefiévov % òuuQovftévov %ov elvai mei elvai. Ossia: Io chiamo termine quello in cui la proposizione si scioglie, cioè l'attributo, e quello a cui si attribuisce, sia che si aggiunga sia che si separi Tessere o il non essere (nella traduzione latina: « Terminum vero appello in quem dissolvitur propositio, ut attributum et id cui at- ■ tribuitur, sive adiiciatur sive separetur verbum esse vel non esse „). L'attributo e quello a cui si attribuisce sono ciocche comunemente chiamiamo il predicato ed il soggetto. Ciocche è qui allegato intorno al termine concerne il concetto e la definizione del medesimo. Ma vi sono altre particolarità essenziali che si riferiscono ad esso. LA LOGICA ARISTOTELICA, LA LOGICA KANTIANA ED HEGELIANA, ECC. 109 Se non che, come queste si riferiscono più direttamente al Sillogismo, e si inten- dono meglio dopo aver detto di questo, così io passo a dir prima di questo. Il Sillogismo (avUoy^óg). - Prima di venire ad Aristotele stesso, è bene ricordare un importante luogo di Boezio, il qual luogo è tanto più importante, m quanto si riferisce alla natura non solo del Sillogismo, ma anche degli Analitici, che sono la teoria del Sillogismo stesso. " Duo sunt, dice Boezio (1), in syllogismo, tamquam in homine corpus et animus. « In corpore est materia et dispositio ac ordo partium: in animo vis et vita et « actio. In superiorità Analyticis (Primi Analitici) Aristoteles velut de syllogismi « praecipit corpore, hoc est, de partibus, deque illarum nexu et compostone : ideoque « priora nominantur. In his autem posterioribus, hoc est, interionbus, et magis re- « conditis de anima ipsa syllogismi, nempe de demonstratione , de vi et efficacia « rationis. Analytici libri sub Aristotelis nomine multi olim circumferebantur, sed hi « quatuor ex orationis filo, totiusque praecipiendi rationis modo ac facie, Aristoteli " sunt adiudicati, caeteris reiectis „. _ Veniamo ora ad Aristotele stesso, e primamente alla stupenda definizione che egli dà del Sillogismo, la quale è e rimarrà sempre una delle più belle, più precise e più espressive della vera natura del medesimo. SvUoyiOfiòg èé hon Xóyog (2) èv § Ts&évwv tivùv foeqóv fi wv ^ifiévcov ég àvdyxyg ov^aivzi *$ mvw rfvai. Cioè (in italiano): Il Sillogismo è un discorso, nel quale, posto alcun che, segue necessariamente qualcosa d'altro da quel che e posto, perciò solo che è posto. E la corrispondente traduzione latina ha: " Syllo- « gismus autem est oratio, in qua quibusdam positis aliud quiddam diversum ab us " quae posita sunt, necessario accidit eo quod haec sunt „. A spiegar meglio il modo e la necessità della consecuzione, Aristotele (nella predetta traduzione) soggiunge subito in continuazione: '< Dico autem eo quod haec " sunt, propter haec evenire, ac propter haec evenire intelligo, nullo esterno ter- " mino opus esse ut sit necessaria consecutio Il caso della consecuzione necessaria senza bisogno di altro termine esteriore è poi quello che costituisce il Sillogismo perfetto (léAeiog ovXXoyiafióg), come Aristotele lo appella. Che il Sillogismo imperfetto (cheftfc) si possa poi ridurre al perfetto coi mezzi da Aristotele indicati, è cosa a tutti nota, che occorre appena di rilevare. Invece è bene di rilevare intorno al concetto aristotelico del Sillogismo alcune cose degnissime di attenzione. La prima è che il rapporto delle proposizioni o de* -iudizii sillogistici ed il procedimento de' medesimi son tali che costituiscono una necessaria connessità. Il che importa che il Sillogismo non è un fatto accidentale, ma è tale che ha una necessaria ragion di essere. La seconda è che la conclusione non è una ripetizione e riproduzione delle due premesse, ma esprime altro da quel che è espresso da esse: insomma, esprime un principio nuovo. Questa seconda cosa è tanto più importante, in quanto in tempi posteriori ad Aristotele è stata messa (1) In Abist. Stag., Organum, già mentovato, pag. (2) Dic'egli subito all'inizio dei Primi analitici. 110 PASQUALE D'ERCOLE 10 innanzi la opinione (1) che nella conclusione non si contenga un novello principio, ma soltanto la ripetizione del contenuto delle premesse. Una terza cosa è che la parola conclusione è a prendere ed intendere nel vero" significato di inclusione di uno de' termini negli altri due : per forma che la conclusione esprime addirittura il vero chiudersi de' termini l'un nell'altro. E giacche si è accennato al concetto del Sillogismo, è hene di accennare anche al concetto del Sofisma, il cui concetto è proprio l'opposto di quello del Sillogismo. Infatti, il concetto di quest'ultimo, come si è visto, è costituito da ciò, che le due premesse conducono ad una necessaria conclusione. Il concetto del Sofisma (tò oó- <piafia) (2), al contrario, è costituito da ciò, che la conclusione è in contraddizione colle premesse, che, cioè, queste non concludono rettamente, e però concludono fal- samente. Ma del Sofisma si dirà più ampiamente in seguito. Ora è opportuno di ritornare alla esposizione dei Termini, ad integrazione di ciocche di questi è stato teste detto. I Termini di un Sillogismo son tre, e non pos- sono essere più di tre (Sqol tQsìc;). I quali tre hanno un contenuto od estensione diversa; e sono il termine maggiore (fist^ov àxqov), il minore (è'Àanov) e il medio (%ò \ièaov). Aristotele li designa anche puramente e semplicemente coi nomi di primo (tò TiQ&'cov), ultimo (tò ia%a%ov) e medio (tò [aégov). Il numero di soli tre termini non vien contradetto neppure dal caso del Poli- sillogismo, nel quale vi possono essere più medii. Perchè i più medii son ciascuno sempre il medio di un solo Sillogismo nei varii Sillogismi costituenti il Polisillo- gismo stesso, cominciando dal cosidetto Prosillogismo e terminando coll'Episillogismo. Indicata la denominazione e l'estensione de' Termini, la maravigliosa e precisa mente aristotelica passa alla definizione di essi, che è la seguente: * Aèyoy de fisl^ov \iev àxqov èv tò fièaov èativ, e'àccttov de tò imo tò fièaov òv... KaÀà) óè fièaov fièv o xal aèxò èv àÀÀ(p xal écÀAo èv to-ùto) èativ, 8 xal %f\ &éoei yiyvEtai fièaov. axqog oh tò aè%ó te èv dAÀq> ov xal èv & àXXo èaiiv (3). Cioè (in italiano): Chiamo (termine) maggiore quello in cui è (contenuto) il medio; e (termine) minore quello che è accolto nel medio Chiamo termine medio quello il quale è esso stesso in un altro, e nel quale è alla sua volta un altro, che divien medio anche per posizione. Chiamo poi estremi sì quello che è in altro, sì quello in cui è altro. E la nota traduzione latina ha : " Maius extremum appello, in quo medium " est, minus autem quod est sub medio... Voco autem medium quod et ipsum est " in alio, cum aliud in ipso sit, et positione quoque sit medium. Estrema autem " appello et id quod est in alio, et id in quo est aliud „. L'esser medio per posizione vuole uno schiarimento, che fa comprendere come questa espressione aristotelica nella dizione greca è perfettamente esatta. Infatti, nella prima Figura sillogistica (che è quella del Sillogismo perfetto) noi diciamo: B (l'uomo) è A (mortale); C (Pietro) è B: dunque C è A. Aristotele, invece, nella dizione greca dice: A vale di B; B vale di C; dunque A vale di C. (1) Opinione già espressa dagli antichi scettici, e poi ripetuta ne' tempi moderni. (2) Amst, Top., 8, 11. (3) Ibid., paragr. 4. Sicch, dna,a, U medio -» nt .a vera Ma questa popone medtana non e q»> ^ ^ come la conclusione. ; Qfflntfismo Aristotele ne fa cadere Però, ooanto a -amerò * che ne. Sillogismo non tatto il poso «olle promesse, e penano m p u» Ae e dimostraai(m e ed ogni vi sono ohe A» proposizioni. E dopo aver dette ^consta, e ogn Siilogismo di soli tre termini (nella tradazmne '^^Zm^J^,: ■ 8 iCplan.mestotiams y llo S ismnmoe„stareexdaabas propos t,on » ^ p preponi ohe 4 »i sono indahhiamen e ^ ^ adsu . • mini sunt doae propomtiones (o. yaQ r?«S »v » 3ec nndnm pria- ■ ma t„r, at i„i,i.dictnmest,adper a eiendos «J**»^^^^, Lia ■ eipa.es pro^ositiones ^ * -^J^TlC^ » — : ffs :^^r^ti~ - *U-r + — - ? dimidia pars propositionum „. _ . . , , q:ii ft „i Bm0 la Logica aristo- ::' "re S?- " — ""• seguenti otto (ricorrenti in tutte le Logiche delle Scuole). Termina esto triple*, medius, maiorque, minorque; Latius hos quam praemissae concludo non vult; Nequaquam medium capiat concludo oportet; Jtot semel, mot iterum medi™ generalità esto; Utraque si praemissa neget, mail inde sequetur; Ambae affirmantes nequeunt generare negantem; Nil sequitur geminis ex particulanbus unquam; Peiorem sequitur semper conclusio partem. ki igiene di ,neste rogo.e si a^ «ohe ^ le cosi dette diverse forme di Sillogismo, cerne sono 1 Enhmema, V pag. 95 seg.), ne allego £££££ oviaiano: . SOTV are potai: perderò Dd»~~ _«* ^^tldolo .11. forma sillogistica di tre prepo- " an possim, rogas „ ? & lo spiega, nuu taPP itit:::v:c: o u^^ 112 PASQUALE D'ERCOLE 12 lettore ne trova in tutte le Logiche che vanno per le Scuole; e passo a dire delle Figure sillogistiche pur ricorrenti negli Analitici, e intimamente connesse col Sil- logismo. Le Figure (%à affiliata) sillogistiche. Secondo Aristotele il Sillogismo è di tal natura che si distingue in tre Figure sillogistiche, delle quali la prima {o%i\fia jiqùxov) poggia sul Sillogismo perfetto, la seconda e la terza (axVP® devtegov e o%ruia tohov) poggiano sul Sillogismo im- perfetto. E qui è necessario di rilevare una cosa, che a primo aspetto pare di poco mo- mento, ma che è invece importantissima. Ed è che Aristotele nella esposizione e dimostrazione delle predette tre Figure si serve come simboli delle lettere dell'Al- fabeto greco, specialmente delle prime tre del medesimo a, /?, y. Il significato dell'adoperamento di tali simboli, specialmente per l'applicazione di queste alle Matematiche, sarà detto tra poco. Tornando alle Figure, è bene avvertire che Aristotele per esse si vale in com- plesso degli stessi esempi allegati per triplicità di termini, dovendo ciascun di questi rappresentare uno de' tre termini sillogistici. Così, per darne una idea, nella prima Figura (ove adopera i simboli alfabetici a, p, y) si vale de' termini piacere - bene - animale ; animale - uomo - cavallo ; scienza - linea - medicina; bene - abito - sapienza ; bene - abito - ignoranza; bianco - cigno - neve. Nella seconda Figura (ove adopera i simboli alfabetici <5, e, £, ecc.) si vale di questi esempi, animale - cavallo - uomo ; animale - inanimato - uomo ; animale - scienza - animale selvaggio; corvo - neve - bianco. Nella terza Figura (ove adopera i simboli alfabetici n, q, o) si vale di bel nuovo degli stessi esempi, che ricorrono nella prima e nella seconda. E, per essere quanto è possibile esatti, soggiungo che nelle stesse due Fi- gure seconda e terza, oltre agli indicati simboli alfabetici, si vale anche dei primi tre a, /?, y. La conclusione cui giunge Aristotele nelle indicate operazioni è che " tutti i * sillogismi imperfetti diventan perfetti mediante la prima Figura (nel famoso testo * latino : perspicuum est omnes imperfectos syllogismos perfici per primam figuram) „ . La maravigliosa analisi di Aristotele intorno al Sillogismo non si arresta a ciò, ma si estende alla considerazione e determinazione di altre forme del medesimo, quali sono il Sillogismo per Analogia, il Sillogismo per Riduzione all'impossibile, quello per Induzione, per Ipotesi, per Verisimiglianza, ecc. Ma noi non possiamo entrare anche nella considerazione di queste forme speciali sillogistiche, e passiamo a consi- derare la seconda delle tre predette cose. Questa seconda è quella concernente la diretta relazione delle Scienze matema- tiche colla prima Figura, o, che vale lo stesso, col Sillogismo perfetto : il qual punto è da Aristotele trattato nel Primo degli Analitici Posteriori. Prima di riferire da questi ciocche concerne le Matematiche, rilevo che Aristo- tele anche per queste, come ha fatto per le altre discipline, si vale di esempi per chiarire e determinare la cosa. Se non che gli esempi che egli arreca per esse sono 13 LA LOGICA ARISTOTELICA, LA LOGICA KANTIANA ED HEGELIANA, ECC. 113 sopratutto di natura matematica. Infatti (nel paragrafo 5 ibid.) allega i seguenti esempi tratti dal punto, dalla linea, dal triangolo, ecc.: K Triangulo, dio'egli nella ■ famosa traduzione latina, inest linea et lineae punctum; ed anche: Triangulo, * qua est triangumm, insunt duo recti, quia per se triangulum est aequale duobus " recti s, etc. ». Ed è, inoltre, oltremodo importante per la determinazione della natura delle Scienze matematiche, che per lui (ibid., paragr. 13) Me Scienze matematiche versano " intorno alle forme, perchè le cose matematiche non sono in alcun soggetto „ (" etenim " scientiae mathematicae circa formas versantur, quia res mathematicae non sunt in * ullo subiecto „) (1). Ciò posto, venendo alla considerazione della diretta relazione delle Scienze mate- matiche col Sillogismo e colle Figure sillogistiche, dice (ibid., paragr. 14): « Delle 8 Figure la prima è attissima a produrre la scnenza; imperocché le Scienze matematiche \ " effettuano le dimostrazioni .mediante tal Figura, come V aritmetic a, la geometria^ e | « l'ottica „ (nel testo latino: " Ex figuris autem prima est ad scientiam gignendam * aptissima ; nam mathematicae scientiae per hanc figuram demonstrationes afferunt * ut arithmetica et geometria et optice Passo alla terza ed ultima delle tre cose predette, a quella, cioè, concernente la formazione della conoscenza. La qual formazione è dal grande filosofo (al paragr. 19, ultimo degli Analitici Posteriori) espressa come segue: " Dal senso si genera la " memoria Ma dalla memoria, formatasi dalla ripetuta riproduzione della stessa * cosa, si genera l'esperienza; giacche molte memorie costituiscono una sola esperienza. * Se non che, dalla esperienza si genera il principio dell'arte e della scienza; ' dell'arte, se spetta alle cose della generazione (2); della scienza, se spetta a ciocche «è,; (nella traduzione latina: " ex sensu igitur fit memoria ex memoria vero * saepe eiusdem rei facta fit experientia; multae enim memoriae numero sunt una * experientia; at vero experientia fit principium artis et scientiae, artis, si per- * tineat ad generationem, scientiae, si pertineat ad id quod est „) (3). La considerazione dell'arte è ciocche con stupenda designazione poco appresso è denominato <5ófa, mentre la considerazione della scienza è appellata Àoyiafióg (4). Ed ora è tempo che veniamo a determinare quale è in Aristotele il significato dell'adoperamento dei simboli alfabetici come espressione del Sillogismo e delle Figure sillogistiche. Ebbene, tal significato, brevemente indicato nella sua genericità, è che le proposizioni del Sillogismo (le premesse e la illazione) in tutte le Figure sillogi- stiche di questo vengono intese e adoperate in Forma universale, ossia in forma estensibile ed applicabile a tutti gli elementi della Realtà. Ora, questi elementi sono tre, il quantitativo, il qualitativo, e l'unità di entrambi, ossia il modale (il modo, la misura). Che questo triplice elemento sia costitutivo (1) E subbie tto ...vai. qui obbietta, cioè, singola e determinata ,_cosa_del_la realtà. (2) La generazione concerne il sorgere e perirò delle cose. (3) " Id qnod est „ nel corrispondente greco rò.Sv, e ciocche nell'Hegelianismo, e propriamente nella Logica hegeliana, è stato designato come das Sein an und fiir sich. (4) Anche questa denominazione di Àoyurpós è degna della più grande considerazione, perche Aristotele ha già con essa additato e determinato l'elemento logico come elemento scientifico per eccellenza, lasciando all'arte il carattere di elemento soltanto opinativo. D'Ercole. 3 114 PASQUALE D'ERCOLE 14 della Realtà, emerge indirettamente dalla stessa tavola aristotelica de' giudizii, cioè de' giudizii quantitativi, qualitativi e modali, come più chiaramente si sono appellati nelle posteriori Logiche aristoteliche delle Scuole. Qui basti l'avere accennato di ciò; le importanti applicazioni che ne derivano rispetto alla Scienza matematica e alla voluta corrispondente Logica matematica le faremo, quando giungeremo alla esposizione e giudicazione di quest'ultima; e ritor- niamo per ora all'argomento delle Figure sillogistiche, per prendere in considerazione, da una parte, i Modi, dall'altra, il Numero di esse. Quanto ai Modi, è di bel nuovo il caso di dire che essi sono comunemente al- legati e discussi in tutte le Logiche aristoteliche delle Scuole. Fra i tanti uomini autorevoli che potrei citare a tal riguardo, rimando il lettore alla citata Logica e Storia della dottrina logica di Friedrich Ueberweg, che ne tratta ampiamente a pp. 296-344. Ma, per un breve ricordo di questo punto della Sillogistica, mi varrò invece del nostro insigne Galluppi, il quale, nelle Lezioni di Logica e Metafisica, Milano, Voi. I, pp. 358-385, espone tal dottrina con la solita sua lucidezza e preci- sione. Della sua esposizione e discussione di questa materia, io riferirò brevemente 1 essenziale. " Il Modo del sillogismo (dice egli, p. 36) consiste nella disposizione delle tre * proposizioni secondo le loro quattro differenze A, E, I, 0 „. Ora, * secondo la dottrina delle combinazioni, quattro termini quali sono A, E, " I, 0, venendo presi tre a tre, non possono diversamente disporsi in più di 64 ma- * niere ; ma di queste 64 maniere, 54 sono escluse dalle regole generali sillogistiche „ che sono state innanzi allegate: " restano perciò soli dieci Modi concludenti „. Ma ciò non vuol dire " che solo dieci sieno le specie de' Sillogismi, perchè un " solo di questi Modi può formare diverse specie „, secondo la varia disposizione de' tre termini innanzi detta. E qui il nostro Galluppi dispone addirittura i tre termini secondo le possibili combinazioni, e ne risulta una tavola di 64 Modi, emergenti dalle quattro Figure sillogistiche, delle quali egli indica anche brevemente le diverse regole. A questo breve cenno aggiungo però volentieri due cose: l'una, alcuni versi memoriali dei Modi delle quattro Figure: l'altra, un esempio di Sillogismi secondo i predetti Modi. I versi memoriali, fra i tanti, li allega Federico Ueberweg, loc. cit., p. 343 seg., come segue: Barbara, Celarent primae, Darii Ferioque. Cesare, Camestres, Pestino, Baroco secundae. Tertia grande sonans recitat Darapt, Felapton, Disamis, Datisi, Bocardo, Ferison. Quartae Sunt Bamalip, Caleraes, Dimatis, Fesapo, Fresison. Dinanzi a queste parole stranissime e non additanti per se stesse alcun senso, il buon Galluppi fa la seguente sensata osservazione: " Queste formole (dic'egli, " ibid., p. 368), di cui la prima cominciava infelicemente con barbara, sembreranno in " effetto oggi molto barbare. Esse hanno ricevuto più ingiurie in un secolo, che onore " in mille anni; esse hanno terminato col cadere in un intiero obblio; coloro che 15 LA LOGICA ARISTOTELICA, LA LOGICA KANTIANA ED HEGELIANA, ECC. 115 * oggi le volgono in ridicolo non si hanno sempre dato la pena di meditarle... Il filo- * sofo che riflette con attenzione sulle regole dell'antica Logica è sorpreso nel vedere " sino dove gli autori avevano portato l'analisi del ragionamento. Colla più severa * imparzialità alcuno non può impedirsi di convenire che ciascuna di queste regole * era di una rigorosa esattezza, e che il loro insieme era sì completo che una sola ■ delle forme possibili del ragionamento non era loro sfuggita. Aristotele, senza dubbio u non aveva sovente il soccorso dell'esperienza : era questa la disgrazia del secolo, nel * quale egli nacque; ma egli è stato forse il pensatore più profondo, il genio più * eminentemente didattico che si sia mostrato sull'orizzonte della filosofia. Io dubito 8 che siensi innalzate dopo teoriche sì belle come quelle di cui egli ci ha lasciato il * modello „. Quanto alla profondità e genialità di Aristotele, il Galluppi ha perfettamente ragione, e queste due doti spiccano di tale luce e verità proprio nella sillogistica aristotelica e ne' Modi della medesima, che i posteri non hanno avuto ad aggiungervi nulla, o nulla d'importante. Solo che, contrariamente al Galluppi, che accoglie il pensi'ere, da non pochi seguito, delle quattro Figure, il grande Stagirita non ne ammette che tre con tre soli corrispondenti Modi (1). Ma del Numero delle Figure e de' Modi fra poco. Un esempio, intanto, del ragionare e concludere secondo le quattro Figure, è pel Galluppi il seguente: (1) La tavola aristotelica dei Modi, quale ricorre in Waitz, Arisi. Organon, voi. I, pag. 385 (rilevando le espressioni tecniche di nata navtòg, **** m óevòg ecc., sia colle corrispondenti De omm et de nullo ecc., sia colle note quattro iniziali A, E, I, 0), è la seguente: I. a', tò A xatà jiavTÒg tov B, tò B %mà navTÒg tov P, tò A narà navtòg tov P. IL tì'. TÒ A xatà fAfi&svòg zov B, tò A xatà navzòg zov P, rò B xazà fiydevòg zov P. y'. tò A xatà /^ijóevòg zov B, zò A xazà Tivòg tov P, zò B xatà Tivòg tov P ov. III. tò A xazà navzòg tov P, tò B xazà navzòg zov V, zò A xazà zivòg zov B, y' . zò A xazà zivòg zov P, zò B xazà navzòg tov P, zò A xazà Tivòg zov B. e', zò A xazà zivòg tov P ov, tò B xazà navTÒg zov P, tò A nata zivòg tov B oli §. tò A nata ^ijóevòg zov B, tò B xarà navTÒg tov P, tò A xazà /^tjdevòg tov P. /5'. rò A xazà navzòg tov B, tò A %aTà j^rjÒEVÒg zov P, tò B naia fA,t]devòg zov P. 5'. tò A xazà navzòg tov B, zò A xazà zivòg zov P off, tò B xazà zivòg zov P oi!. zò A xazà [A,t]Sevòg tov P, tò B xazà navzòg tov P, tò A xarà zivòg tov B ov. ò". tò A nata navTÒg zov P, zò B xazà zivòg tov P, tò A xazà Tivòg tov B. zò A xarà fifiòsvòg zov T, tò B xazà zivòg tov P, tò A xatà tivòg tov B oil. 116 PASQUALE D'ERCOLE 16 I Figura (avente il medio come sogg. del magg. e predio, del minore) Ogni sostanza pensante è semplice, L'anima umana è sostanza pensante, L'anima umana è dunque semplice. II Figura (avente il medio come predicato de' due estremi) Niun corpo è una sostanza pensante, L'anima umana è una sostanza pensante, L'anima umana dunque non è corpo. Ili Figura (avente il medio come soggetto de' due estremi) Ogni sostanza pensante è semplice, Ogni sostanza pensante è indistruttibile, Dunque qualche sostanza indistruttibile è semplice. IV Figura (avente il medio come predio, del maggiore e sogg. del minore) Qualche essere semplice è sostanza pensante, Ogni sostanza pensante è attiva, Dunque alcune sostanze attive sono esseri semplici. Il numero delle Figure e de' Modi. — Il lettore ha visto a pie' di pagina le tre Figure e i tre corrispondenti Modi aristotelici allegati dal Waitz. Del Waitz riferisco volentieri una osservazione concernente la seconda e la terza Figura, nelle quali ei dice (loc. cit.): " ultimum modum secundae et quintum tertiae Figurae non demonstrari nisi 8 deductione facta ad absurdum „. Galluppi, come si è visto, ha opinato doversi ammetter come valida anche la quarta figura e i corrispondenti Modi. Ma, francamente detto, il Sillogismo, ch'egli ne arreca ad esempio, da una parte, cammina stentatamente, dall'altra, è di difficile comprensione. In generale, potrebbe dirsi che la mente umana nel suo naturale proce- dimento logico non ragiona in quel modo. E un ragionamento logico che contraria la natura nè può considerarsi come il migliore, nè deve ammettersi come buon proce- dimento logico. À conferma di tale osservazione rilevo che in generale i grandi filosofi si son tenuti alla aristotelica triplità di Figure e di Modi. Notoriamente, è stato il famoso medico Claudio Galeno di Pergamo (1) quello che ha così " legato il suo nome alla Dottrina del Sillogismo (2), che apparisce in " quasi tutti i compendii della Logica, anche ne' più triviali. Galeno, cioè, secondo * l'espressione comune, ha accresciuto il numero delle tre Figure aristoteliche del Sillo- " gismo categorico coll'aggiunzione di una quarta, nella quale il concetto (o termine) " medio è predicato della maggiore e soggetto della minore „. Soggiunge che " la * notizia di tale innovazione „ " non si trova in tutta la Letteratura greco-romana „, (1) Zellek, Grundriss d. Gesch. d. Griechischen Phiìosophie, nella citata 10" ediz. del 1911 del Loktzing, pag. 298, come anni di nascita e di morte 131-201 d. C. (2) Così Prantl, Gesch. der Logìlc, età, I Bd., pag. 570 s. ECC. 117 17 LA LOGICA ARISTOTELICA, LA LOGICA KANTIANA ED HEGELIANA, e che proviene da fonte arabica, e propriamente da Averroe. Il quale Averroe, per Giunta ne fa menzione proprio nella confutazione che fa della quarta Figura. Alcune altre particolarità importanti tanto rispetto ai Modi, quanto rispetto alle Figure sono le seguenti. Quanto ai Modi, Aristotele, per ognuna delle tre Figure da lui ammesse e cor- rispondentemente alle possibili combinazioni delle loro proposizioni secondo le indi- cate lettere A E I 0, ha trovato che i Modi valevoli, perchè non contrarli alle otto regole sillogistiche, sono 4 per la prima Figura, 4 per la seconda e 6 per la terza, in tutto dunque quattordici. Galluppi, che (con Galeno) ha ammesso la quarta Figura, ha anch'egli esaminato le combinazioni e Modi che son possibili e valevoli in questa; ed ha trovato che, accanto ai molti Modi contrarli alle otto regole sillogistiche, ve ne sono però 5 validi; sicché il nostro filosofo napoletano, invece di 14, ammette 19 Modi validi. Quanto poi alle Figure, va considerato un ultimo punto importante, cioè, quello della riduzione della 2* e 3 a Figura, che danno sillogismi imperfetti, alla l a che sola li dà perfetti. , Ora, tal riduzione, secondo Aristotele, avviene per mezzo di conversione: Azi yaq ytyvstai òià %fjs dvvunqof^g ovUoyiGfióg, dic'egli, Anal. Pr., I, cap. 7. Inoltre, la conversione può avvenire in due modi, cioè, o estensivamente, ovvero per riduzione all'assurdo òemtix&$ % tov àòvvàiov). E da ultimo, secondo lui, " tutti i sillogismi, quando sono rettamente convertiti, « si riducono a sillogismi universali della prima figura „ {tpaveQÒv ovv fot 7zdv%eg àva%Sf\aov%ai eig rovs & %<$ nqcbto? oxfipan xa&óXov ovMoyiopovg). Di quest'ultimo punto, a maggior intelligenza e a complemento della cosa, allego la solita traduzione latina non soltanto de' passi corrispondenti a quelli da me alle- gati in greco, ma anche della rimanente parte, che è dimostrativa e illustrativa dei medesimi La traduzione suona così: « Semper enim fit syllogismus per conversionem, « praeterea manifestimi est pronuntiatum indefinitum prò attributivo particulari « acceptum efficere eundem syllogismum in omnibus figurili, item perspicuum est « omnes imperfectos syllogismos perfici per primam figuram. aut enim demonstratione " aut per impossibile perficiuntur omnes: utroque autem modo fit prima figura, ac « demonstratione quidem si perficiantur, fit prima figura, quia sic omnes perficie- « bantur per conversionem: conversio autem efficiebat primam figuram. si vero per « impossibile confirmentur, adhuc fit prima figura, quia posito quod falsum est, syl- " logismus conficitur in prima figura, ut in postrema figura si tò a ac tò p omni y, « probatur tò a inesse alicui p. nam si tò a insit nulli 0 ac tò § omni y, tò a « inerit nulli y. sed antea positura erat omni inesse, similiter fit etiam in alns. licet • etiam reducere omnes syllogismos ad syllogismos universales primae fìgurae. nam » qui fiunt in secunda figura, sine dubio per illos perficiuntur, non tamen omnes « eodem modo, sed universales converso pronuntiato privativo, particularmm autem « uterque per deductionem ad impossibile, particulares autem primae fìgurae perfì- » ciuntur quidem per se ipsos, sed licet etiam secunda figura eos confirmare ducendo « ad impossibile, ut si tò a inest omni |3 ac tò p alicui y, tò a inerit alieni y. nam » si nulli insit, omni autem fi insit, certe nulli y tò § inerit: hoc enim scimus per « secundam figuram. similiter enim in privativo syllogismo erit demonstratm. nam 118 PASQUALE D'ERCOLE 18 * si zò a nulli | ac %b 0 alicui y inest, tò a alicui y non inerit. etenim si omni ■ insit ac nulli § insit, zò § nulli y inerit: hoc enim erat media figura, itaque cum " omnes sillogismi mediae figurae reducantur ad syllogismos universales primae 1 figurae, particulares autem primae ad syllogismos secundae, perspicuum est etiam " syllogismos particulares primae figurae reduci ad syllogismos universales primae " figurae. qui vero fiunt in tertia figura, terminis quidem universaliter acceptis statim " per eos syllogismos perficiuntur, terminis autem in parte sumptis perficiuntur per " syllogismos particulares primae figurae. hi vero ad illos reducti sunt: quapropter " ad eosdem reducentur etiam syllogismi particulares tertiae figurae. perspicuum " igitur est omnes reduci ad syllogismos universales primae figurae „. E ora, ritenendo di aver detto a sufficienza della Sillogistica aristotelica, passo a dire del quinto scritto dell'Organo, cioè di quello de' Topici. I Topici {Tonino). — Di questo scritto del grande Stagirita Boezio (loc. cit., p. 7) dà la seguente notevole informazione e giudicazione: " Topica: hoc est, loci, unde " ducuntur argumenta. Opus est octo voluminibus distinctum, varium sane, hoc est, " multae eruditionis et observationis rerum diversarum. Sed ut illa omnia primus " ipse pariebat, non potuit tam multa simul edere, simul expolire : itaque relieta est " velut ingens quaedam materia et dives, ad extruendum pulcherrimum aedificium Questo giudizio di Boezio, primamente, è vero, come il lettore stesso se ne convincerà dal cenno che noi faremo de' Topici; secondamente, ha grande importanza anche per l'influenza da Boezio esercitata nell'insegnamento logico delle Scuole cri- stiane medioevali (1). Accanto al giudizio di Boezio debbo riferirne un altro vera- mente acuto e profondo di Trantl {Gesch. d. Logik im Abendlande, t** Bd., 1855, Leipzig, pag. 341) sulla grandezza speculativa della mente di Aristotele. Prantl dice che ■ la superiorità {Ueberlegenheit) della mente di lui era capace di esaminare secondo " il concetto {begrifflich) e di costruire teoricamente secondo concetti adeguati anche ■ campi (Gebiete) ed aspirazioni che sono al di sotto della speculazione propriamente " detta », come sono il campo e la materia de' Topici. Rispetto a' Topici riferisco volentieri anche una circostanza rilevata dal Zeller (2), che cioè, ■ il 5° libro de' Topici rimastoci non provenga da Aristotele, come dimostra " Pplug, de Ar. Topicorum libro V (1908) „. Ma, ciò nonostante, noi ne accenneremo egualmente. Cominciando dal Libro I, Aristotele subito nel primo paragrafo indica lo scopo de' Topici in genere, il quale scopo è quello di trovare il metodo di argomentare di ogni problema proposto dajrobabili je£ èvóófrv), e disputarne in guisa da non dir nulla di ripugnante. Nella traduzione latina il predetto scopo è indicato così: * Propositum huius tractationis est invenire methodum per quam possimus argumentari (1) Tale influenza viene attestata da tutte le parti; la confermano, tra gli altri, Friedrich Ueberweg-Heinze nel Grundriss d. Gesch. d. Philosoph., 8° Aufl., das Alterthum, Beri., 1894, p. 213. (2) Nel Grundriss d. Gesch. d. GriecMsohen Philosophie della citata ediz. 10% 1911 del Loetzino, pag. 174. 19 LA LOGICA ARISTOTELICA, LA LOGICA KANTIANA ED HEGELIANA, ECC. 119 « de omni proposito problemate ex probabilibus, et ipsi disputationem sustinentes " nihil dicamus repugnans „ (1). _ E soggiunge doversi innanzi tutto dire " che cosa sia il Sillogismo „, estenden- dosi intorno a questo ed indicarne le diverse specie, ecc. E non ha torto di dire del Sillogismo, della sua natura, delle sue specie, ecc.; perchè, se lo scopo della tratta- zione de Topici è quello di trovare il metodo di argomentare, foss'anche da' probabili, l'argomentare è un sillogizzare, e quindi bisogna conoscere come si sillogizza, ecc. Ed in generale il lettore vedrà che in questi Topici si tratta di una grande quantità di cose di cui si è già trattato nelle Categorie, nell'Ermeneia e negli Analitici tanto Primi quanto Secondi. Intanto Aristotele, sempre preciso, dice subito ivi stesso che cosa debba inten- dersi per probabile. E lo determina dicendo (nella traduzione latina): " Probabile « autem sunt ea quae videntur omnibus vel plerisque vel sapientibus, atque his vel « omnibus vel plerisque vel maxime notis et claris „. Nel secondo paragrafo investiga e determina « a quante e quali cose sia ntite « questa trattazione , de' Topici. E statuisce che ella sia " utilis ad tna, ad exerci- « tationem, ad congressi, ad philosophicas scientias. quod igitur ad exemtationem « sit utilis, ex his perspicuum est, quoniam hanc methodum habentes facile de omni « re proposita poterimus argumentari, ad congressi autem, quia multorum opmiombus » enumerata, non ex alienis sed ex propriis singulorum sententns poterimus cum « eis a-ere refellentes quod non recte dicere nobis videtur. ad philosophicas autem « scientias, 'quia cum poterimus in utramque partem dubitare, facile in smgulis per- " spiciemus veruni et falsum „. Il predetto metodo, soggiunge egli nel terzo paragrafo, sarà perfettamente pos- seduto, quando lo si adoprerà nella retorica e nella medicina, come fanno l'oratore e il medico. Ho rilevata volentieri questa circostanza della retorica e dell oratore, perche tutti sanno come questa materia trattata ne' Topici è passata realmente, se non m tutto certo in buona parte nella Retorica: Retorica, che specialmente noi vecchi abbiamo studiata, con qualche profitto sì, ma anche con non poca pedanteria d'in- \ segnanti e d'insegnamento. Sono stato piuttosto diffuso nella indicazione di queste generalità del 1° Libro de' Topici per dare una idea della trattazione e del modo di trattazione de' mede- simi. Ma ora procederò più speditamente e più brevemente, fermandomi però alquanto di più ne' punti di maggiore importanza. Nel paragrafo 4 continua ad occuparsi di sillogismi e di proposizioni, ma con riguardo ai principii comuni ad entrambi, come sono il genere, il proprio, l'accidente, Indifferenza, la definizione, ecc.; e nei seguenti paragr. 5 e 6 determina e illustra siffatti principii. Nel paragr. 7 pone il quesito: 11 Quot modis idem dicatur , ; e lo risolve dicendo: (1) Quanto alla materia de' problemi proposti, anch'essa, secondo l'uso delle Scuole, fu espressa nel seguente verso memoriale: Quis? quid? ubi? quibus auxilds? cur? quomodo? quando? 120 PASQUALE D'ERCOLE 20 ' Videri autem possit idem, ut typo expìicem, tripertito distributum esse, aut enim ■ numero aut specie aut genere idem soliti sumus appellare, etc. Più avanti al paragr. 9 si propone di definire i generi delle Categorie, e di indi- carne il numero, che è di dieci; e il relativo luogo è stato già riferito. Nei paragr. susseguenti determina la natura della proposizione dialettica, del sillogismo dialettico, della tesi (determinata al paragr. 11 come " sententia alieuius * nobihs philosophi , ut dicebat Antisthenes ,). Nel seguente paragr. 12 si propone di " esplicare quot sint rationum dialecti- « «tram species „; e in seguito si occupa ancora de 3 generi delle proposizioni, per quindi occuparsi nel paragr. 17 della somiglianza (e propriamente della « similitudo ■ consideranda in iis quae sunt in diversis generica „). E con ciò si chiude la consi- derazione del 1° Libro. Il lettore che consideri bene la trattazione aristotelica deve convenire nell'acu- tezza e giustezza del giudizio di Boezio intorno ai Topici. Libro II. Nel primo paragrafo di questo, Aristotele torna ad occuparsi de' pro- blemi, in quanto « alia (scilic. problemata) sunt universali», alia particularia „ ; e si fa a considerarli ne' diversi rispetti della generalità e della particolarità. Nei paragrafi immediatamente susseguenti torna a considerare i varii modi secondo cui alcunché si dica, sia quantitativamente sia qualitativamente. Ma nel paragr. 7 passa a considerare un punto importantissimo, e propriamente quello concernente: La Opposizione e il Principio di contraddizione: il qual punto è da lui considerato ne più minuti casi ed aspetti, con relative distinzioni, suddistinzioni ecc.; e noi ne riferiremo con qualche ampiezza. ' Q uoniam au * em contraria (dic'egli, nella traduz. latina) sex modis inter se * coniunguntur, contrarietatem autem efficiunt quattuor modis coniuncta, oportet " accipere contraria prout expedit evertenti et adstruenti. sex igitur modis ea coniungi " manifestum est. aut enim utrumque utrique contrariorum iungitur, atque hoc bi- " fariam, ut de amicis bene mereri et de inimicis male, vel contra de amicis male ■ et de inimicis bene, autem ambo de uno, et hoc quoque bifariam, ut de amicis ' bene mereri et de amicis male, vel de inimicis bene mereri et de inimicis male. " aut autem de ambobus, et hoc quoque bifariam, ut de amicis bene et de inimicis • bene, vel de amicis male et de inimicis male, primae igitur duae coniunctiones " quas dixi, non faciunt contrarietatem : de amicis enim bene mereri et de inimicis " male non sunt contraria, cum ambo sint optabilia et eorundem morum effectus „ (badi il lettore alla circostanza e corrispondente espressione del morum effectus, che net testo greco suona: d/upóreQa yÙQ aÌQ£%à Hai zoì) av%ov ij9ov S ). « neque item contraria ■ sunt de amicis male et de inimicis bene mereri. nani et haec sunt ambo fugienda " et eorundem morum effectus „. E Aristotele nelle dette distinzioni e suddistinzioni non si arresta neppur qui, ma procede ad altre, che noi omettiamo di riferire. N Se non che, continuando a parlare de' contrari!, passa a considerarli da quel rispetto, che è stato appellato i\ principio di contraddizione, sostenendo: " fieri nequit " ut contraria simul eidem subiecto insint „ (cioè, nel corrispondente testo greco: àòvvaiov yàq tàvavxia djia t$ ai>%$ òndgxeiv). 21 LA LOGICA ARISTOTELICA, LA LOGICA KANTIANA ED HEGELIANA, ECC. 121 E trattandosi di un principio tanto importante, che, per giunta ha avuto poste- riormente una rigida e non sempre bene intesa applicazione, voglio allegarlo anche nella forma più compiuta in cui ricorre in Metaph. Iti, 3; cioè: xò yàg afixò djm ■bjia,Q%Eiv xe xal [ir] vnaQxeiv àóvvaxov %(p avxòì uaì xaxà xò avx ó (nella traduzione latina: " idem enim simul inesse et non inesse eidem et secundum idem impossibile " est „). E soggiunge poco appresso che questo è il più certo di tutti i principii: avxr\ ài] naa&v èaxl ^E§aioxdxmj xcov àq%(àv (traduz. latina : " hoc autem est omnium prin- " cipiorum certissimum „). Noti però il lettore che, per non fraintendere il principio aristotelico di contrad- dizione, si deve aver presente ciocche Aristotele ha detto teste, che, cioè gli opposti non sono contraddittorii, epperò non escludentisi (poniamo, come amici e nemici) quando siffatti opposti sono morum effectus, ossia effetto della natura di essi. L'uomo, per chiarire ancor meglio l'esempio, ha nella propria natura umana l'essere amico ed anche l'essere nemico, come per sua natura può esser buono e può essere anche cattivo. Non sarà l'una e l'altra cosa ééfia, nel medesimo tempo; ma l'uomo è però pur sempre il medesimo soggetto, che .ora è amico ora nemico, ora buono ora cat- tivo: ed inoltre, è amico e buono ne' tali e tali uomini, ed è nemico e cattivo ne' tali e tali altri uomini. E basti di questo importantissimo punto. Ne' paragrafi immediatamente susseguenti si continua a parlare dell'opposizione, si accenna anche alle simiglianze, e non ricorre altro di rilevante. Passo a dire del Libro III. Aristotele apre questo Libro col quesito di ciocche sia migliore e più desiderabile, e, per giunta, di esaminare e a tal riguardo " sermonem instituere * (paragr. 1) non de iis quae longe inter se distant et magnam differentiam habent..., " sed de iis quae vicina sunt „. E risolve la quistione dicendo che " quod est diuturnius * et constantius, magis est eligendum quam quod est minus tale „. E nella elezione è certo anche di peso " quod eligat vir prudens, aut lex recta..., ■ aut ii qui in uno quoque genere scientes sunt „. Ne' due seguenti paragrafi continua in grosso l'esame e soluzione dell'istesso quesito, per poi venire, ne' paragrafi 4 e 5, a prendere in considerazione i luoghi utili a conoscere ciocche debba eleggersi e ciocche fuggirsi. E statuisce (paragr. 5): * Sumendi sunt loci de eo quod magis vel maius est quam maxime universales. sic ■ enim sumpti ad plura problemata utiles erunt „. E questa è la sostanza della ricerca e soluzione del quesito proposto in questo Libro. Passo al Libro IV. E qui posso essere ancora più breve di quel che sono stato nell'an- tecedente Libro. Giacche in questo IV si torna a discorrere " de iis quae ad genus " et proprium pertinent „, colla considerazione di differenze, specie, distinzioni e suddistinzioni di casi, di esempii, di applicazioni (anche al principio di contraddizione), che servono ad illustrare e confermare il proposto quesito. E si giunge così al Libro V (che, come è detto innanzi, non proverrebbe da Aristotele). Ma in questo stesso Libro V non vi sono altri argomenti veramente nuovi, ma si torna a trattare di quelli antecedentemente trattati. Infatti questo Libro comincia così: " Utrum autem proprium sit necne id quod * est propositum, ex his locis quos deinceps exponemus considerandum est „. E D'Ercole. 4 122 PASQUALE D'eBCOLE 22 prosegue dicendo: * Proponitur autem proprium vel per se et semper, vel per com- " parationem cum altero et interdum „. E passa ad investigare e determinare, quando il proprio è per sè, quando per comparazione, ecc. E ne' seguenti paragrafi 2, 3 e 4 continua ancor sempre il discorso intorno al proprio ne' suoi più diversi aspetti e rapporti : ne' quali aspetti e rapporti non manca la considerazione de' principii contrarii (fatta nel paragrafo 6), e de' principii con- trarli relativamente al proprio, per scorgere " an contrarium sit contrarii proprium „ etc. In grosso è lo stesso nel paragrafo 7, in cui " ex casibus refellitur, si ille casus " non est illius casus .proprium „ etc. E finalmente, nel nono ed ultimo paragrafo, " refellitur, si quis potestate proprium " tradidit, etiam ad id quod non est rettulit illud potestate proprium, cum potestas " rei quae non est, inesse nequeat „ etc. Rispetto alla predetta opinione di Pflug accennata dal Zeller, dico rispetto a tale opinione, non contro ad essa, mi permetto di fare una personale osservazione. Ed è che, leggendo e considerando attentamente questo V Libro, la materia, il modo di pensarla, ordinarla, distinguerla e suddistinguerla ne' suoi varii rispetti e rapporti, si mostra, da una parte, interamente simile a quella degli antecedenti Libri topici, dall'altra, interamente conforme alla mente di Aristotele. Ed ora vengo al Libeo VI. Questo si inizia coll'argomento delle definizioni, e si continua tutto con esse ; ma queste stesse vengono di bel nuovo considerate ed esaminate con rife- rimento al proprio, al genere, alle differenze, ecc. Trattandosi di un argomento che ha della importanza, e che si addentra nella natura delle definizioni e nelle diverse parti costitutive di esse, allegherò un lungo luogo, in cui ciò è effettuato. Della trattazione dunque * quae ad definitiones pertinet quinque sunt partes. " vel enim definitio reprehenditur, quia omnino non vere dicitur, de quo nomen, 14 etiam oratio, quandoquidem oportet hominis definitionem de omni homine vere " dicitur. vel quia cum sit aliquod genus, non collocavit rem definitam in genere " aut non collocavit in proprio geuere, quoniam debet is qui definit, cum in genere " definitum collocaverit, differentias adiungere, si quidem eorum quae in definitione " ponuntur, maxime genus videtur rei definitae essentiam declarare ; vel quia oratio " non est propria (nam oportet definitionem propriam esse, quemadmodum et supra u fuit); vel quia, cum omnia quae dixi perfecerit, tamen non definivit, nec dixit " quidditatern rei definitae. reliquum est praeterea definitionis vitium, si definivit " quidem, non tamen recte definivit. an igitur de quo nomen dicitur, non etiam " oratio vere dicatur, ex locis ad accidens pertiuentibus considerandum est. nam ibi 8 quoque omnis consideratio in eo consistit ut intelligatur utrum sit verum an non " verum. cum enim disserendo ostendimus accidens inesse, dicimus esse verum. cum " autem ostendimus non inesse, dicimus non esse verum. an autem non in proprio " genere posuerit, vel non propria sit oratio tradita, ex dictis locis, qui ad genus " et ad proprium pertinent considerandum est. reliquum est ut dicamus quomodo " disquiri debeat an non sit definitum, vel an non recte sit definitum, etc. „. Nel susseguente paragr. 2 vien la considerazione dell' omonimo, del simmetrico, con le corrispondenti definizioni. Qui stesso Aristotele si fa a considerar la definizione in rapporto al sillogismo, e se in tal rapporto essa sia fatta chiaramente od oscuramente ecc. 23 LA LOGICA ARISTOTELICA, LA LOGICA KANTIANA ED HEGELIANA, ECC. 123 Ne' paragrafi 3 e 4 continua sempre l'argomento delle definizioni. Nel para- grafo 5 si considera la definizione del corpo, determinandolo (come si è poi sempre ripetuto e si ripete tuttora, meno il caso presentemente considerato da Zollner ed altri, della cosi detta 4 a dimensione) siccome « id quod habet tres dimensiones „. Nel paragr. 6 Aristotele fissa l'attenzione alle differenze, in quanto in esse ' considerandum est an generis differentias dixerit „. Se tali differenze non sono state indicate e precisate, non vi sarebbe stata vera definizione. Nei susseguenti paragrafi continua sempre lo stesso argomento delle definizioni, con esemplificazioni intorno all'abito (paragr. 9), alla simigliala (paragr. 10), e si termina con la considerazione della composizione delle cose, della quale, per avere una giusta definizione, bisogna indicare tutti gli elementi che la costituiscono. E così si passa al Libro VII. — Gli argomenti di questo Libro sono anch'essi suppergiù i medesimi di quelli trattati negli antecedenti Libri con speciale riguardo all' Oratoria, la quale naturalmente vien congiunta coi modi e forme di sillogizzare, obbiettare, ecc., col consueto riguardo ai generi, specie, differenze, opposizioni, casi tali o tali altri. Ecco, infatti, come al principio del Libro è enunciata la materia da considerare in essa : " Utrum autem id de quo agitur sit idem an diversum, secundum eum modum * qui inter modos supra de eodem expositos est maxime proprius, nunc dicendum « est. dicebatur autem maxime proprie idem esse quod est numero unum, considerare « autem oportet atque argumenta sumere ex casibus et coniugatis et oppositis. nam « si iustitia est idem quod fortitudo, etiam iustus est idem quod fortis, et iuste idem " quod fortiter. similis ratio est oppositorum etc. J. Qui stesso vien la volta di pren- dere in considerazione anche il sorgere e perire " ortus et interitus „ delle cose. Poco appresso ricorre un riferimento anche alle cose che accadono : " nam quae " alteri accidunt, etiam alteri accidere debent „. E ciò vien messo ivi stesso in rela- zione anche colle Categorie, in quanto " videre oportet an non in uno categoriae ' genere ambo sint, sed alterum qualitatem, alterum quantitatem vel ad aliquid * relationem declaret „. Al paragrafo 3 vien la considerazione della definizione e del sillogismo, pur con riferimento ai generi, alle specie, alle differenze, non che ai contrarii, alle diffe- renze contrarie, ecc. Al paragrafo 4 si ritorna sui luoghi atti a disputa, oratoria, ecc., ma con riferi- mento all'aiuto della memoria. Infatti statuisce : " Maxime autem locorum omnium » apti sunt ii quos nunc dixi, necnon ex casibus et coniugatis. Ideoque maxime me- « moria tenere et in promptu habere oportet hos locos (utilissimi enim sunt ad « plurima problemata), atque etiam ex ceteris eos qui sunt maxime communes, quo- " niam inter reliquos sunt efficacissimi „. Nel seguente ed ultimo paragrafo 5 ricorrono ulteriori considerazioni pur attinenti a definizione, sillogismo, a genere, proprio, ecc.; e con esse si chiude il Libro. Libro Vili. — L'argomento principale di questo Libro de' Topici è la disposi- zione della materia del discorso, con riguardo speciale ad interrogazioni, risposte, e ritrovamento (inventio) di quegli argomenti che spettano ed importano al dialettico, al filosofo. E quale argomento conduce naturalmente Aristotele a connettervi, come d'ordinario, i modi di argomentare, sillogizzare, ecc. Ma sentiamo Aristotele stesso. 124 PASQUALE D'ERCOLE 24 Egli indica (nella traduzione latina) lo scopo e la materia della trattazione con queste parole : " Post haec de dispositene, et quomodo interrogare oportet, dicendum " est. primum autem debet is qui interrogaturus est, locum invenire ex quo argu- s mentetur, deinde interrogare et disponere singula ipse per se, tertio et postremo " haec dicere contra alterum. ac loci quidem inventio aeque ad philosophum et ad " dialecticum pertinet, eorum autem quae inventa fuerunt dispositio et interrogatio " dialectici est propria, quoniam hoc totum adversus alterum est : philosopho autem " et ei qui ipse secum veritatem inquirit, curae non est, si vera sint et nota ea ex " quibus efficitur syllogismus, nec tamen ea ponat is qui respondet, propterea quod " propinqua sint quaestioni ab initio propositae ac provideat quod eventurum sit. " quin immo fortasse dat operam ut axiomata sint maxime nota et problemati pro- * pinqua, quandoquidem ex his Constant syllogismi qui scientiam pariunt ,, Sillogismo senza proposizioni intanto non si dà ; perciò Aristotele rivolge la sua attenzione a queste. Di queste ve n'ha di necessarie ed anche di non necessarie. " Necessariae autem „, dic'egli, * dicuntur eae ex quibus syllogismus conficitur. quae ■ vero praeter has sumuntur, quattuor sunt : vel enim sumuntur inductionis causa, " ut detur quod est universale, vel ut amplificete oratio, vel ut celetur conclusio, " vel ut magis perspicua sit oratio etc. „. Nell'anzidetto si contiene il pensiere aristotelico di questo Libro, e s'intende che ciocche segue non può essere che l'ulteriore e più ampia esplicazione di ciò con applicazione a singoli casi e quesiti ed a singole corrispondenti soluzioni. A conferma di ciò, nel paragrafo 2 si pone che nel dissertare " utendum syllo- " gismo apud dialecticos potius quam apud multos ; contra inductione apud multos " potius „. Si fanno di ciò, ad illustrazione, applicazioni a casi vari, poniamo al caso della salute, valetudo, della malattia, morbum, ecc. Quanto alla natura della proposi- zione dialettica e al corrispondente elemento dialettico, si dice poco appresso : " Pro- " positio enim dialectica est, ad quam respondere licet etiam aut non „. Al paragrafo 3 si prendono in considerazione le hypoiheses, le captiosae argu- mentationes con riferimento ai principia ultima, da cui tutte le dimostrazioni e tutti i principi subordinati traggono origine e ragione probativa. " Nam cetera (scilic. " principia) per haec probantur, ipsa vero per alia probari non possunt „. Nel paragrafo 4, riferendosi all'interrogare e rispondere, dice: " De responsione " autem primun determinandum est, quod eius sit officium qui recte respondet, quemad- " modum eius qui recte interrogai est autem interroganti^ ita disputationem deducere, " ut respondentem cogat maxime incredibilia dicere ex iis quae praeter thesim sunt ■ necessaria ; respondentis vero, ne sua culpa videatur evenire quod absurdum vel ■ praeter opinionem est, sed propter thesim „. L'istesso argomento dell'interrogare e rispondere viene svolto nei paragrafi 5, 6 e seguenti con ulteriori considerazioni di altri casi e rispetti. Ma più innanzi nel paragrafo 11, a proposito della reprehensio argumentationis, ricorre l'accenno ad argomentazioni false e vere nel senso ed intendimento di ciocche si è discorso ed esposto negli Analitici ; e il corrispondente luogo, relativo a molti modi di argomentazione, è degno di essere riferito e suona così : " Qui vero „, dice Aristotele, " ex falsis verum concludunt, non possunt iure reprehendi, quoniam falsum " quidem semper necesse est ex falsis concludi, sed verum licet interdum etiam ex 25 LA LOGICA ARISTOTELICA, LA LOGICA KANTIANA ED HEGELIANA, ECC. 125 " falsis concludere : hoc autera est perspiciram ex Analyticis. quando autem argu- ■ mentatio quae dieta est, alicuius rei est demonstratio, si quid aliud sit quod nihil * cum conclusione probanda commune habeat, profecto non erit ex eo syllogismus. * sin autem videatur, sophisma erit, non demonstratio. est autem philosophema syllo- * gismus demonstrativus, epicheirema vero syllogismus dialecticus, sophisma syllo- * gismus contentiosus, aporema syllogismus dialecticus contradictionis „. Per ragione del tecnicismo di queste ultime espressioni della Logica aristotelica, allego quest'ultima parte del luogo nel testo greco, il quale suona così : "Eati òe (piloaócprifia (lèv ovÀÀoyiafiòg ànoòeimixóg, km%eiqrnia òè avlkoyiofiòg òiaXemmóg, oóqjiofia òè cvAZoyiofiòg ègiormóg, ànóqrifia òe ovZAoyiofiòg òialemwòg àvwpdoewg. Nel seguente paragrafo 12 si stabilisce come massima che 8 argumentatio est " perspicua uno modo, eoque maxime vulgari, si ita concludat ut nihil amplius opor- " teat interrogare „. E dopo altre consimili considerazioni si conclude il Libro Vili con quest'altra massima di carattere generale : - oportet paratas argumentationes " habere adversus eiusmodi problemata, in quibus cum paucae argumentationes " suppetant, adversus plurima problemata utiles erunt. hae vero sunt argumenta- " tiones universales, et quas assumere ex rebus passim obviis difficile est „. Dopo siffatte, se non diffuse, certo sufficienti indicazioni sulla materia, sullo scopo e sul modo di trattazione de' Topici, passo a dire degli Elenchi Sofistici. JUeqì t&v ooyiauxwv èÀéy%ù)v. — Anche per questa parte, come ho fatto per le altre, della Logica aristotelica comincio coll'allegare un notevole giudizio di Boezio, il quale (loc. cit., p. 7) dice: * Elenchus multa significai sed hoc loco prò redar- 14 gutione sumitur. Libri sunt duo, ad cavendas sophisticas captiones, et ne in disse- " rendo falsa prò veris per ignorationem colligamus, aut admittamus. Huic operi * initium dedit Plato in Euthydemo : ostenduntur illic pauci quidem doli disputatoris " captiosi : Aristoteles autem rem omnem, ut solet, a primis initiis complexus, " digessit in ordinem et formulas „. A questo giudizio di Boezio si unisce Prantl. il quale colla sua autorità in tal materia, lo allarga ed integra con altre importanti osservazioni. La qual cosa egli fa nella pagina 346 della sua citata opera Gesch. d. Logik, età, voi. I, primamente, osservando come questi Elenchi Sofistici si colleghino intimamente ai Libri topici in genere ed al Libro Vili in ispecie ; e secondamente, esponendo in un breve e succoso cenno la materia e lo scopo de' medesimi. Ma vi è stato in Italia un uomo, che, riattaccandosi ai due nominati scrittori, ha fatta una traduzione eccellente de' primi 14 capitoli degli Elenchi, facendovi pre- cedere un elaborato ed illustrativo proemio, corredando i capitoli stessi di sommarli ragionati abbastanza diffusi, estendendosi a dar sommarli anche de' rimanenti venti capitoli, e, per giunta, a confermare ed illustrare il tutto con note amplissime e dottissime, nelle quali è abbracciata tutta la parte storica dell'argomento, fino al secolo XIII inclusivamente. Quest'uomo, veramente sommo e a tutti noto, è Buggero Bonghi, il quale non solo mostrò vastità di dottrina in questo speciale argomento della Logica aristotelica, ma ha allargato ed approfondito i suoi studi nella traduzione e illustrazione delle opere di Platone e della Metafisica di Aristotele, traducendo ed illustrando quasi tutte le opere del primo, e i primi sei Libri della Metafisica del secondo. E, per giunta, 126 PASQUALE D'ERCOLE 26 fortificò i suoi studi filosofici, oltre che collo studio della Storia della Filosofia fino agli ultimi tempi inclusivamente, anche colle sue amplissime conoscenze di Storia di tutti i tempi, e con un'ampia erudizione nelle altre discipline dello scibile. La esposizione che io, per assolvere il mio scopo e compito, farò di questi Elenchi, consisterà in tre diversi cenni : il primo, quello di valermi della traduzione italiana stessa e delle corrispondenti illustrazioni del Bonghi ; quale migliore e più sicura guida nell'adempimento del mio scopo ? il secondo, nell'allegamento di un brevissimo luogo del Boezio, riportato in nota dallo stesso Bonghi, luogo che ser- virà alla indicazione delle espressioni latine de' sofismi trattati da Aristotele ; il terzo, nell'allegamento di un luogo importantissimo dell'Ueberweg, nel quale, in breve e succoso cenno, sono distinti e illustrati tutti i sofismi con le relative denominazioni greche. E vengo alla esposizione. Cominciando dal Bonghi, è bene ed utile di rilevare alcune importanti afferma- zioni e considerazioni di lui in riattaccamento a Boezio, a Prantl, allo stesso sorgere e costituirsi della Sofistica, ed anche a Socrate, Platone ed Aristotele in quanto riferentisi alla medesima. Per ciocche concerne il sorgere e costituirsi della Sofìstica, benché egli ricordi cose note, pur voglio ricordar le parole di lui. Prodico, Gorgia e Protagora (dic'egli nella prima parte dell'Introduzione alla traduzione dell' Eutidemo, pag. 15) " per i " primi accettarono i nomi di sofisti e fondarono la sofistica „. E, come essa 8 è il " principio e il fondamento dell' 'eloquenza e il più grande stimolo e sprone di coltura, " essi furono maestri di eloquenza, e diffonditori di cultura in tutta la Grecia ». Senonchè, pur troppo la sofistica degenerò in eristica. Ora, Platone (ibid., pag. 18) " si oppose a questa perversione di giudizii „ : tanto più che " non si sarebbe potuto " mai far intendere il valore di Socrate, fino a che questa confusione avesse preoccu- " pato le menti „. Si aggiunga a ciò, che quando " in Grecia si moltiplicò il numero " di quei professori o maestri che si ripromettevano d'insegnare al cittadino la miglior " maniera di condursi per se e per gli altri nello stato „, nacque una gran " contra- " rietà d'opinioni ne' nuovi metodi d'insegnamento „. E da questa, e dal " nome di 8 uno degli Eristici che vi discorre „ trasse origine YEutidemo di Platone. Vengo ora alle Confutazioni Sofistiche. Nell'avvertenza alle Confutazioni Sofistiche, come Bonghi traduce il trattato jieqì %ùv oocpMmxcòv èÀéyx<op (1), egli dice di essere stato indotto alla traduzione * dal " pensiero, che avrebbe potuto riuscire di molto interesse e utilità il vedere come una " mente così sottile, investigatrice, sistematica (come quella di Aristotele) abbia per " la prima volta messo ordine e luce in una materia per sè così complicata e buia, " com'è questa del ragionamento usato a inganno altrui. Neil' Eutidemo Platone aveva " rappresentata l'arte ; nelle Confutazioni Sofistiche Aristotele, che vi ricorda tante volte " l' Eutidemo e Platone, ne dette la teorica „. Soggiunge, Aristotele " non esser facile in nessuno suo scritto; e questo è uno " di quelli ne 1 quali è più difficile „. Indicando la ragione, i limiti e il modo come ha (1) Vedi Dialoghi di Platone, trad. da Ruggero Bonghi, voi. IV (continuaz.), Eutidemo, 2* ediz.; Aristotele, il primo Libro Delle Confutazioni Sofistiche, ecc. Torino-Roma-Firenze, Fratelli Bocca, 1883. 27 LA LOGICA ARISTOTELICA, LA LOGICA KANTIANA ED HEGELIANA, ECC. 127 condotto la propria opera, dice essergli • mancato il tempo „ di condurre a termine la traduzione ; ma che, ciò non ostante, " la trattazione teorica de' sofismi è ne' primi " (14 capitoli) compiuta „ essendo 8 nei seguenti (venti capitoli) solo indicate le vie « praticamente utili a cavarsene fuori „ ; e che, per giunta, come si è detto, anche per questi ultimi ha aggiunto " lunghi sommari! „ ; sì che il lettore finisce per aver conoscenza di tutta la materia dell'ultimo trattato logico di Aristotele. Ora ecco i punti sostanziali di questo. Aristotele nel Primo Capitolo, paragrafo 1, di questo dice che "prende a • discorrere.... delle Confutazioni Sofistiche e di quelle che paiono bensì confutazioni, " ma sono paralogismi e non confutazioni , . E nel seguente paragrafo 2 fonda questo suo giudizio con questa osservazione : " Che de' sillogismi alcuni son veramente tali, altri paiono e non sono, è manifesto ; " chè come questa apparenza ha luogo nelle altre cose per una cotal simiglianza, • così accade ancora nei ragionamenti. E difatti, la persona, che altri hanno aitante, ■ altri col gonfiarsi e acconciarsi.... paiono averla.... E delle cose inanimate è del " pari ; chè di queste quale è argento e oro davvero ; quale non lo è, ma pare al « senso ; per mo' d'esempio, d'argento quelle di stagno e di piombo ; d'oro quelle * tinte di giallo „. E allo stesso modo, sillogismi e confutazioni, quali sono, quali non sono, ma paiono per l'imperizia. « Dappoiché (continua egli nel paragrafo 3, indicando la ragione dottrinale della * differenza di sillogismo e confutazione, ossia di sofismo) il sillogismo si compone " di alcune premesse per modo, che di necessità per via di esse proposizioni dica ■ qualcosa di diverso dalle proposizioni ; e confutazione è sillogismo in cui si con- " traddice la conclusione „. Nel paragrafo 4, cominciando ad enumerare le cause, dice che di queste « una " fonte è più copiosa e comune di tutte, quella per via di vocaboli I vocaboli « sono finiti di numero e i ragionamenti altresì ; dove gli oggetti sono infiniti ; sicché " è necessario che un solo ragionamento e un unico nome significhi più oggetti „. Nel paragrafo 5 fa ulteriori esemplificazioni sulla sofistica, che si intendono e spie- gano con ciocche è detto innanzi. Ma nel seguente Capitolo Secondo, passando ad indicare ,! le specie de' ragiona- menti sofistici „ Aristotele, nel paragrafo 2, dice che di quelli " che occorrono nel ■ conversare, v'ha quattro generi: didascalici, dialettici, pir astici ed eristici. Sono: « Didascalici (insegnativi) quelli che si sillogizzano da' principi propri di ciascuna " disciplina e non dalle opinioni di chi risponde ; (chè chi impara, deve credere) : " Dialettici (discorsivi) quelli che da proposizioni probabili sillogizzano la con- " tradittoria: " drastici (tentativi) quelli che lo fanno da proposizioni ammesse da chi risponde " e necessarie a sapere da chi ha la scienza (e in che modo si è chiarito altrove): " Eristici (contenziosi) quelli che sillogizzano o paiono sillogizzare da proposi- " zioni ammesse solo in apparenza, ma non in realtà », Nel paragrafo 3, ricordando che " de' ragionamenti apodittici (dimostrativi) s'è " discorso negli Analitici, de' dialettici e de' pirastici altrove „, dice doversi " discorrere " al presente degli agonistici (garosi) e degli eristici „. E ciò fa nel Capitolo III. — Aristotele, proponendosi in questo " di fermare quante sono le 128 PASQUALE D'ERCOLE 28 " mire di quelli che gareggiano e si puntigliano nel ragionare „ , dice che queste * son cinque di numero : confutazione, falsità, paradosso, solecismo, e quinto il far " cianciare chi conversi teco (e questo è il costringerlo a dire più volte il medesimo) ; " o non la realtà, ma l'apparenza di ciascuna di queste cose „. E, spiegando nel paragrafo 3, le predette cinque cose, dice che * quello che " sopratutto si propongono, è di parere di confutare ; in secondo luogo, di mostrare " che uno dica il falso in qualcosa ; terzo, di tirarlo a un paradosso ; quarto, di " fargli commettere un solecismo ; e questo è, il fare che chi risponde, per effetto " del ragionamento, barbarizzi; per ultimo, il fargli dire più volte la stessa cosa „. Capitolo IV. — In questo Capitolo, venendo alla indicazione " dei modi di con- " futare „ , dice esservene " di due sorte ; gli uni stanno nella dizione, gli altri fuori " della dizione „. Nel paragrafo 2, indicando 8 i motivi che per effetto della dizione generano un " falso vedere „, dice che di essi * ve n'ha sei; e sono l'equivocazione, l'anfibologia, " la composizione, la divisione, l'accento, la figura della dizione. E la prova di ciò s'ha " per induzione „. E ne' susseguenti paragrafi chiarisce e illustra con esempi i pre- detti sofismi della dizione. Capitolo V. — In questo Capitolo passa il nostro filosofo alla designazione de'" paralogismi fuori della dizione „ e ne novera " sette specie, una dell'accidente, " la seconda dal dirsi una cosa in assoluto o non in assoluto^ ma per un certo modo " o posto o tempo o rispetto ; la terza dall'ignoranza della confutazione ; la quarta dal " susseguente ; la quinta dalla petizion di principio ; la sesta dal porre la, non causa " come causa ; la settima dal fare di più interrogazioni una sola „ . E anche per questi paralogismi Aristotele fa nei seguenti paragrafi illustrazioni ed esemplificazioni. Notevole è in questo Capitolo ciocche Aristotele statuisce, al paragr. 11, intorno all'ultimo de' sette paralogismi allegati, cioè intorno a quelli che * nascono dal fare * di due interrogazioni una sola „. Rispetto a questi, " quando resti nascosto che son " più, e come se fossero una sola, le si dia una unica risposta „ ; benché rispetto a tal caso riconosca che " in alcune è facile scorgere che son più, .... ma in altre meno Capitolo VI. — In questo Capitolo, al paragrafo 1, pone l'alternativa che " o " s'hanno a distinguere così i sillogismi e confutazioni apparenti „, come si è detto e fatto negli antecedenti paragrafi, " o a ridurre tutti all'ignoranza della confuta- * zione, ponendo per principio questa : che v' è modo di risolvere tutti i modi che " se ne son detti, nella definizione della confutazione „. E l'alternativa e corrispon- dente soluzione proposta vien discussa a proposito degli altri ultimi paralogismi allegati. Capitolo VII. — In questo Capitolo si continua a prendere in considerazione altri degli allegati paralogismi, come quelli dall'equivocazione, dall'anfibolia, dalla composizione e dalla divisione, dall'accento e dalla figura della dizione, dall'accidente, ecc., e si indica il modo di conoscerli e confutarli. Capitolo VIII. — 8 Poiché sappiamo (si dice nel paragrafo 1) per quante vie " si generino i sillogismi apparenti, sappiamo altresì per quante si possano generare " i sillogismi e le confutazioni sofistiche „. " E dico (paragrafo 2) sillogismo e confutazione sofistica non solo il sillogismo 29 LA LOGICA AKISTOTELICA, LA LOGICA KANTIANA ED HEGELIANA, ECC. 129 * o la confutazione che appare e non è, ma anche quello che è bensì, ma proprio della * cosa appare soltanto. E cotesti sono quelli che non confutano secondo la cosa, e * non mostrano che altri l'ignora, che era il caso della Pirastica. Ora, la Pìrastica " è parte della Dialettica; e questa può sillogizzare il falso per ragione dell' igno- * ranza di chi rende ragione. Invece, le confutazioni sofistiche, quando anche siilo- * gizzino la contradizione, non fanno manifesto se altri ignora ; poiché anche chi sa, * impacciano con siffatte argomentazioni „. " E che gli otteniamo (paragrafo 3) collo stesso metodo, è chiaro ; dappoiché * per quante vie appare a chi ascolta, che si siano sillogizzate appunto le proposi- * zioni di cui gli s'era fatta interrogazione, per altrettante potrebbe altresì parere * a chi risponda ; sicché per queste, o tutte o alcune, verran fuori sillogismi falsi, " che quello che uno non interrogato crede d'aver conceduto, interrogato lo conce- * derebbe. Eccettochè in alcuni paralogismi succede insieme che si dimandi quello * che manca, e la falsità si chiarisca, come in quelli dalla dizione e dal solecismo „. Si fanno, ne' paragrafi seguenti, consimili considerazioni intorno ad altri para- logismi, come quelli risultanti dall'accidente, dal conseguente, ecc. Capitolo IX. — In questo Capitolo, nel paragrafo 1, Aristotele statuisce che * da quanti luoghi si traggano confutazioni di quelli che son confutati, non bisogna « provarsi a determinarlo senza la cognizione delle cose tutte. Ora, ciò non è di * nessun'arte ; stantechè le scienze sieno infinite forse, sicché è chiaro che anche " le dimostrazioni son tali „. " E di confutazioni ve n'ha anche di vere; stantechè quante cose v'ha luogo " a dimostrare, tante v'ha luogo a confutare a chi asserisca il contraddittorio del " vero ; p. es., se uno ha asserito commensurabile il diametro, altri lo confuterebbe col * dimostrare eh' è incommensurabile. Sicché bisognerà essere scienti d'ogni cosa, ecc. „. " Però (paragrafo 2) , anche le confutazioni false saranno del pari infinite ; chè * v'ha secondo ciascuna arte il sillogismo falso; p. es., secondo geometria il geo- 8 metrico, secondo medicina il medico ; e dico secondo ciascun'arte quello secondo* " i principi di essa ,. E ne' seguenti paragrafi, su questi stessi principi stabiliti, si fanno consimili considerazioni. Capitolo X. — In questo Capitolo si pone in discussione e si risolve la seguente importante quistione intorno a ragionamenti relativi al vocabolo e al pensiero : " Non * v' ha ; dic'egli, tra i ragionamenti la differenza che taluni dicono ; alcuni ragiona- * menti riferirsi al vocabolo, altri al pensiero ; chè è assurdo il pensare, che altri " sono i ragionamenti che si riferiscono al vocabolo, e altri quelli al pensiero, e * non già i medesimi „. " Poiché (paragrafo 2) , che è egli mai il non riferirsi al pensiero se non quando * uno non usi del vocabolo nel senso cui l'interrogato ha consentito, credendo che * fosse quello che avesse nella interrogazione? Ora, questo stesso è riferirsi al voca- * bolo. E riferirsi al pensiero è, quando l'altro pensi quello cui egli ha consentito, ecc. „. E ne' paragrafi immediatamente seguenti viene confermando ciò con ulteriori non meno acute illustrazioni ed applicazioni, delle quali voglio rilevare l'applicazione che ne fa alle Matematiche, che attirano in modo speciale la nostra attenzione per la trattazione della così detta Logica matematica. " I ragionamenti nelle matematiche, * dice infatti Aristotele al paragrafo 7, si riferiscono al pensiero o no ? E se ad uno D'Ercole. c 130 PASQUALE D'ERCOLE g „ I t " ang03 ° SÌgDÌfichÌ PÌÙ C0S6 ' 6 non ha che esso sia la figura flì della quale s'è concluso, che son due retti rnWn , ■ ! tì g ura 0)> " al pensiero di questo o no? ' '«Wonamento s'è egli diretto =' a ™a (Paragrafo 2) ,1 comune a piii cose secondo ciascuna è dialettico- eh «ut 71 m aPPa T a ' è ^ - D °" d6 " » ritornare suìl' TZ a h W * ^conducono , so/fe « stessi, ehe . preflggm(Iosi vinler a „ S ni ■nodo, sappiano a tatto „ come appunto • fauno gli eristici 8 SousUcTche "f T" Ò SOt ' ile, Se,Tat °' ""-*»■*' » mesta m at"eria degli Elenchi ci : lc n T' ° ^ *S C, ' eata SÌCC ° m8 ** * "' Ksta ^ r te 8 log I ' ehe alcuno di! f!l , P m08trare (dic ' e S li . iafatti, al paragrafo 1) cacca adatta a co ; che quelli che parlano a caso, errano di più ' e parlano a caso, quando non si siano proposto nulla P P & • e il" TJIZTJ''J!T S ^° " a "' abbatteraÌ 1 " na Wsita ° a » paradosso ' dir r„Zo s are ' er v 7 T°" Pr ° P0SM0M 0gge "° ^ mt.rroga.iene, ma • d'attacco ! ' S ° ,mParare ; daF P° Ì<!hè ^ acquisizione dà „,„do di £ r:i n ~:ir che A " istotek abbk ~— « -** • lnog„ A Lelirr t (COntÌ , n ° a ArÌ8t ° tele " Paragraf ° 4 » Cle "no dica falso, è proprio luogo quello aojsfco, ,1 menare a tali cose, che s'abbia contro osse copia di aL m „ta z ,o„, ; e ,„esto vi sarà modo di farlo bene e non bene, seconTs l So ed ™2 Z deÌTuak 8 ; £S* '"T ** *" relali ™ alla ' luto f, i " '' lJeVa " lat ° Paradossastico come segue - ■ Il (1) La qual S gu ,a, se lo noti i, lettore, rappresenterebbe qui Trento del vocabolo. 81 LA LOGICA ARISTOTELICA, LA LOGICA KANTIANA ED HEGELIANA, ECC. 131 * essere cosa bella secondo legge, ma secondo natura non bella. Sicché bisogna chi * parla secondo natura, affrontarlo secondo legge ; e chi secondo legge, menarlo alla a natura; giacche vi sia luogo a dir paradossi ne' due modi „. Capitolo XIII. — In questo Capitolo si tratta di un argomento che par futile, cioè quello del cianciare; eppur questo dà luogo a una acuta e teorica disamina della sofìstica da parte di Aristotele. Prima di allegare le parole del grande filosofo, allego una osservazione inter- pretativa che fa il Bonghi in proposito, e che è questa : Col cianciare, cioè, dice quest'ultimo, " si passa al quarto fine del sofista, che è il forzare l'avversario a dir " più volte la stessa cosa, che torna al cianciare o infilzar parole senza senso. Il ■ presupposto di tali sofismi è che il vocabolo è tutt'uno colla sua definizione e quello " non differisce in nulla da questa, sicché si può in una proposizione surrogare l'uno * all'altra. P. es. doppio si definisce doppio di metà : ora, se la definizione può essere 8 surrogata al definito, noi possiamo definirlo : doppio di metà di metà ; e da capo 41 doppio di metà di metà e così in infinito „. Ciò posto, ecco ciocche dice Aristotele (al paragrafo 2) intorno al discorrere per puro cianciare : * Tutti i siffatti discorsi vogliono far questo ; se non differisce " per nulla il dire il vocabolo o la definizione, doppio e doppio di metà è tutt'uno; se adunque è doppio di metà, sarà doppio di metà di metà ; e di novo, se in luogo " di doppio, si ponga doppio di metà si sarà detto tre volte : doppio di metà di metà " di metà(l). Ed evvi egli il desiderio del piacevole? Ora, questo è appetito del * piacevole; dunque, desiderio è appetito del piacevole del piacevole, ecc. „. Capitolo XIV. — L'argomento di questo Capitolo è il Solecismo e la sofistica- zione in cui può incorrersi con esso. Aristotele (al paragrafo 2) parla e ragiona in questo modo : 8 Questo (cioè il Solecismo) v'è luogo a farlo e a parere senza farlo, e a non parere facendolo; " siccome diceva Protagora, se ò fiijvig e ò s**Pff sono un mascolino ; giacché chi " dice oi)Aofiévt]v solecizza secondo lui, ma agli altri non pare ; chi ovÀó/ievov pare ■ bensì, ma non solecizza „ (Si noti che firjvig e JvfjÀrji son propriamente femminili). " Sicché è chiaro (paragrafo 3) che uno potrebbe ad arte far questo ; per il che molti ragionamenti pur non sillogizzando un solecismo paiono di sillogizzarlo, sic- * come nelle confutazioni „. * I solecismi apparenti (paragrafo 4) hanno occasione pressoché tutti dal vóde, * e quando la desinenza non manifesta né maschio nè femmina, ma il di mezzo. Difatti ofirog significa maschio ed a%%r\ femmina ; ma tomo vuole bensì significare il di " mezzo, pure spesso significa anche l'uno o l'altro di quelli : p. es. , che è %ov%o ? Calliope, legno, Corisco. D'altronde, del maschile e del femminile le desinenze de' casi (1) Qui mi par di vedere Aristotele (senza menomare la fina osservazione e interpretazione del nostro Bonghi) riferirsi al famoso dialettico Zenone eleate, del quale uno degli argomenti famosi, quello cioè del non potersi andare da un punto all'altro dello spazio, era pensato e condotto appunto in tal guisa: cioè, di non potersi percorrere l'intero spazio senza giungere alla metà di questo, non potersi giungere a questa metà senza percorrere la metà di questa metà, e così non potersi giungere a questa seconda senza percorrere la metà della metà della metà, ecc. in infinito, il che era impossibile a fare in un tempo finito. 132 PASQUALE D'EtiCOLE 32 " differiscono tutte, ma del genere di mezzo quali sì, quali no. Ed ecco che spesso, " essendosi lor concesso %ov%o, sillogizzano, come se fosse stato detto %ov%ov ; e del " pari una desinenza in luogo d'un' altra. E il paralogismo si genera perchè il tóóe * è comune a più desinenze ; giacche tomo significa quando ovzog quando zovxov. 8 Però deve significare quando l'uno e quando l'altro ; con è oixog, con essere iqviqv, 8 per es., è KoQioxog, essere Koqioxov. E nei vocaboli femminili del pari ; e in quelli, " che son bensì d'utensili, ma però hanno appellazione femminile o maschile. Dap- 8 poiché tutti quelli che terminano in o e in v, hanno soli l'appellazione da utensili, 8 come ^vkov, o%oiviov ; ma quelli che non così, l'hanno maschile o femminile, di 8 cui applichiamo alcuni agli utensili ; p. es. daxòg è vocabolo maschile, xÀhrj fem- " minile. Per il che anche rispetto a questi differirà del pari l'è e l'essere „. " E in un certo modo (paragrafo 5) il solecismo è simile alle confutazioni tratte 8 dal prendere per simili cose non simili. Giacché come a queste accade di sole- 8 cizzare sulle cose, così a quello su' vocaboli ; chè uomo e bianco sono e cosa e 8 vocabolo „. 8 Sicché è manifesto (paragrafo 6) che da simili desinenze bisogna sforzarsi di " sillogizzare il solecismo. " Le specie, dunque, de' discorsi contenziosi e le parti delle specie e i modi son 8 quelli che si son detti „. Con questi quattordici Capitoli finisce la parte teorica degli Elenchi Solistici, e che, come si è detto, nei seguenti venti Capitoli si espone e fa l'applicazione dei primi quattordici. Io ometto di esporre anche questa parte applicativa, ritenendo suffi- ciente pel mio scopo la conoscenza della teoria. Passo perciò al secondo punto del triplice cenno che io voleva fare degli Elenchi predetti, cioè alla indicazione latina de' paralogismi o sofismi, secondo la indicazione di Boezio. Questi infatti (vedi Bonghi, nota 129 alle Confutazioni Sofistiche, pag. 529) indica le tredici denominazioni sofistiche di Aristotele così : 1° Aequivocatio ; 2° amphi- bolia; 3° compositio; 4° divisto; 5° accentus; 6° figura dictionis; 7° propter accidens; 8° propter id quod simpliciter vel non simpliciter ; 9° propter redargutionis ignorantiam ; 10° propter consequens ; 11° propter id quod est in principio sumere ; 12° propter id quod non est causa ut causam ponere, ovvero, propter non causam ut causam; 13° propter phires interrogationes unam facere. In questa stessa nota 129 il Bonghi ha un notevole accenno ad Alberto Magno, che pure scrisse degli Elenchi Sofistici. E altri accenni non meno notevoli ha nella nota 160 per Alfarabi ; nella nota 161 per S. Tommaso ; e nella nota 163 per Duns Scotus, il cui tractatus logicae è l'ultimo nella Scolastica, e che è intitolato De sillo- gismo sophistico sive fallaciis. Ed ora pongo termine alla mia esposizione coll'allegamento dello stupendo e comprensivo luogo dell'TJEBERWEG (Syst. d. Logik u. Gesch. d. Logischen Lehren, citato, pag. 370), che suona come segue: " Aristotele nel suo scritto tisqì xtbv ao(pia%iKù>v èXèy%(àv si è fatto guidare 8 nelle diverse parti del medesimo dallo speciale riguardo ai sofismi molto disputati " al suo tempo. Egli definisce (Top. Vili, 11) il oócpiofia come avÀÀoyia/iòg EQiatixóg, " e divide i Sofismi in due Classi principali : naqà tìjv As^iv e è'^co vrjg Àé^ecog. " Alla Prima Classe principale novera (De Soph. Elench., c. 4) come appartenenti 33 LA LOGICA ARISTOTELICA, LA LOGICA KANTIANA ED HEGELIANA, ECC. 133 " sei specie: ófihìvvfila (aequi vocatio), àfMpifioXia (ambiguitas) , ovv&soig (fallacia a 8 sensu diviso ad sensum compositum), diaigeoig (fallacia a sensu composito ad sensum " divisum), jiQoacpòia (accentus), a%f[na vf/g Aé^sojg (figura dictionis) : de' quali Sofismi " però il terzo ed il quarto (la confusione del senso distributivo e del collettivo, " ovvero la confusione di ciocche vale in modo speciale di tutti i singoli od in ogni " singolo rapporto, e di ciocche vale della generalità come tale), in quanto appar- " tenenti alle fallaciis secundum dictionem, si lasciano aggruppare (subsumere) sotto " il concetto dell'anfibolia nel senso indicato di sopra. (Per ayfifiaza zfjg Aé^scog " Aristotele intende qui le forme grammaticali de' nomi e de' verbi, e, secondo " Poet. c. 19, in modo speciale le proposizioni grammaticali fondate sui diversi rap- 8 porti di Predicato con Soggetto : proposizioni grammaticali, alla cui espressione " servono in parte i Modi verbali, come Comando, Preghiera, Minaccia, Enunciazione, " Domanda e Risposta). " Alla Seconda Glasse principale, cioè ai Sofismi è'^oy xfjg Àé^eag, Aristotele novera " come appartenenti le seguenti sette specie : naqà tò avfi^s^rjìióg (fallacia rationis " ex accidente), tò ànX&g fj [lì] àicl&g (a dicto simpliciter ad dictum secundum quid), " fj tov èXéy%ov àyvoia (ignoratio elenchi), naqà tò èuó/À,evov (fallacia rationis ex * consequente ad antecedens), tò èv àQ%fj Aafifiàveiv, aheìa&ai (petitio principii), " tò /li] ahiov Ti&épai (fallacia de non causa ut causa), tò tó tiàeiù) èqo)%fji4,ma ev " noielv (fallacia plurium interrogationum). Se non che questi errori sono in parte errori di dimostrazione (Beweisfehler ; " ved. appresso paragr. 137). Degli errori indicati adduce Aristotele stesso esempi " nel suo scritto tieqì %<òv ao<pianxò)v èXéy%(av ; si può paragonare con esso il Dialogo " di Platone (o di un platonico) Eutidemo. Antiche e moderne esemplificazioni, però * in gran parte già fatte, dà il Fries {System der Logik, paragr. 109). Una diffusa ed * esatta disamina di Sofismi si trova in Mill, Log. trad. da Schiel, 2 (e 3) Ediz., " pag. 398-432. Rispetto al carattere nebuloso e confuso di parecchie moderne spe- * culazioni, e rispetto ad innumerevoli sofismi, per mezzo de' quali, dato l'insolvibile " compito di derivare il pieno dal vuoto, si è creduto di ottenere l'apparenza di una * soluzione, ha detto il Trendelenbtjrg (Eri. su den Ehm. der Arisi. Log., 1842, p. 69) " con ragione : * Sarebbe tempo di tradurre secondo il tempo moderno (iris Moderne) " lo scritto aristotelico degli Elenchi Sofistici „. Questo compito è stato risolto sol- " tanto in modo unilaterale mediante Y Antibarbarus logicus von Cajus, 1851 ; 2 a Ediz., " 1° fase, 1853, comunque il suo autore nel campo del pensiero filosofico sappia " esercitare con destrezza di Polizia certe funzioni (polizeiliche) di vigilanza s . Chiudo la mia considerazione ed esposizione della Logica aristotelica, e concludo dicendo che questi punti fondamentali del pensiero logico aristotelico e la corrispon- dente legislazione del medesimo sono addirittura una immortale creazione, che non i soli 24 secoli passati han già confermata e glorificata, ma che continueranno a confermare e glorificare anche i secoli venturi. Una più specificata illustrazione e determinazione di tal giudizio verrà data in seguito. Ed ora vengo alla Logica kantiana.
Monday, April 4, 2022
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