Roma era il sogno de' miei giovani anni, l'idea-madre nel concetto della mente, la religione dell'anima; Cv'entrai, la sera, a piedi, sui primi del marzo [1849], trepido e quasi adorando. Per me, Roma era - ed è tuttavia malgrado le vergogne dell'oggi - il Tempio dell'umanità; da Roma escirà quando che sia la trasformazione religiosa che darà, per la terza volta, uni- tà morale all'Europa!. Così, nel 1864, Mazzini ricordava il proprio ingresso nella città poco dopo che vi era stata proclamata la repubblica; e, insieme a ciò,ribadival'importanza cheRomaavevanellasuavisionepolitica, secondo la quale l'unità e l'indipendenza d'Italia si collegavano a una missione universale di liberazione dei popoli e a una vera e pro- pria riforma religiosa. Dopo la Roma dei Cesari e la Roma dei Papi, affermava in tono profetico Mazzini, sarebbe nata la Roma del Po- polo, centro della nuova religione dell'umanità. Si trattava di una. concezione peculiare, in cui confluivano tuttavia vari elementi .dell!! cultura dell'epoca: dall'enfasi con cui il romanticismo aveva predi- cato l'idea della particolare missione di ciascun popolo, al posto che l'istruzione scolastica riservavaalla storia greco-romana, alimentan- do indirettamente la passione per le idee di libertà e di repubblica. È indicativo che anche in un uomo dalla cultura piuttosto approssi- mativa come Giuseppe Garibaldi avesserolargo spazio concetti fon- dati su reminiscenze classiche, in primo luogo romane, da cui deri- torità moderatrice del pontefice»; inoltre il «primato» italiano veni- va fatto dipendere proprio dalla presenza di quella Roma «cattolica e poqtificale» che Mazzini voleva invece distruggere. Tuttavia era anch'esso un modo di'legare inscindibilmente Roma all'Italia. Non era sempre stato così. Nei primi decenni del secolo - ha scritto Federico Chabod - «Roma era stata relegata sullo sfondo e, in sua vece, entusiasmi e affetti s'eran riversati verso l'Italia medie- vale, l'Italia dei Comuni, di Pontida, della' Lega Lombarda e di Legnano, l'Italia di Gregorio VII e di Alessandro II!, o, ancor più su, l'Italia di Arduino, nella quale s'eran visti gli albori della nazione italiana»2.Dopo la Repubblica romana del 1849,invece, il richiamo a Roma divenne centrale nel processo di indipendenza nazionale, per l'aura di gloria che aveva accompagnato la sconfitta e anche per il particolare ruolo di traino che su questo argomento svolsero Mazzini e i democratici. Ma l'importanza di quel richiamo dipende- va, in fondo, dalle peculiarità stesse dell'idea nazionale italiana, che s'era fondata e costruita su richiami al passato e alla tradizione cul- _.. turale che ben difficilmente avrebbero potuto prescindere da Roma. L <<Rompaer me è l'Italia», scrisse Garibaldi nelle sue memorie3. E non diversamente pensava un democratico pur così lontano dal profetismomazzinianocomeCarloCattaneo.AncheCavourebbe a riconoscere quel nesso strettissimo, affermando nel famoso discor-. ì'- sodel25marzo1861che<<Romasoladeveesserelacapitaled'Ita- L. lia»4.Dopo la spedizione tentata da Garibaldi nel 1862, <<Romao Cmorte» divenne la ~arola .d'~rdine de~~e~~~~E~.!:!c~i),I~trog~)Verni che parevano loro dimentichi àel comploo-supremodi riCongIunge- re la città all'Italia. Gli uomini della Destra, in realtà, eranoimpe- gnati ad affrontare le grandi e gravi questioni legate alla costruzione del nuovo Stato e, per la soluzione del problema di Roma, confida- vano soprattutto nel formarsi di condizioni internazionali favorevo- li (ciò che avvenne appunto nel 1870). Anche i moderati tuttavia, benché estranei alla concezione eroicizzante della politica comune a tanta parte della Sinistra, erano partecipi a modo loro del mito di Roma. La presenza nell'Urbe, in quanto centro della cattolicità, di un'idea universale induceva infatti, nei democratici come nei mode- rati, la convinzione che da Roma italiana avrebbe dovuto irradiarsi ~- 2F. Chabod, Storia della politica estera italiana dal 1870 al 1896, Bari, Laterza, 1965, p. 234. J Cito in P. Treves, Videa di Roma e la cultura italiana del secolo XIX, Milano- Napoli, Ricciardi, 1962, p. 78. 4 C. Benso di Cavour, Discorsi parlamentari, a cura di D. Cantimori, Torino, Einaudi, 1962, p. 224. TIfascino dell'idea di Roma andava ben oltre l'area di influenza del mazzinianesimo. Si irradiava infatti anche negli ambienti neoguelfi,sullasciadelgiobertianoPrimatomoraleeciviledegliIta- liani, del 1843. Certo, quest'opera si collocavaper molti aspetti agli antipodi del disegno mazziniano: contro l'idea di ridurre l'Italif-lad un unico Stato Gioberti proponeva una confederazione «sotloTiìu- '." l G. Mazzini, Note autobiografiche, Milano, Rizzoli, 1986, p. 382. . " 'I I I ~messa~&!o anch'esso universale: la nuova religione dell'umanità f p r MazzInl,la libertà religiosa (cioè la separazione tra Stato e Chie- sa) per molti esponenti della Destra, oppure il trionfo dd libero pensiero e della scienza sulle rovine dell'«oscurantismo clericale», secondo quanto auspicavano soprattutto gli esponenti della Sini- stra5. I sogni d'una missione che la nuova Roma ayrebb~ ~ovuto an- vunciareàl-morido-stndèvano'piùes'eÌnéntecon1a reaIiJiai uno"Sfa- to'debole e arretrato, e di modesta caratura internazionale. Così il mito mazziniano della terza Roma si dissolse presto, e analoga sorte toccò alle speranze di un rinnovamento religioso che si irradiasse dalla nuova capitale o alla visione di una missione di Roma quale centrouniversalediscienza.Tuttavia,Romaavevarappresentato un «mito animatore» dd Ri~rgimento (secondo una definizitJhe di Gioacchino Volpe)6,era ormai troppo connessa con l'idea italiana, perché i fantasmi romani, tanto lungamente evocati, potessero dav- vero dileguarsi. L'invito, che pure qualcuno formulò, a «dimentica- re il passato» dovevadunque rimanere disatteso, e il richiamo a Roma avrebbe influenzato a lungo il modo in cui gli italiani consideravano se stessi e il proprio paese. i I Ii I I i I l I ! I j j ! ~ j guerriera e con,qui~tatrice,cara soprattutto ai nazionalisti, sensibili .per parte loro anChe al fascino che emanava dalla Roma cristiana, alla.Roma laica e anticlericale cdebrata da democratici e massoni nei' cotilizi dd 20 settembre. Ma proprio questo è una conferma dellapervasivitàdd tema,dellasuaineliminabilitàdaldiscorsopub- blico dell'epoca. Ciò non toglie che nelle evocazionidd mito di Roma (e di molteplici e diversi miti, anzi) ci fosse molto artificio e un sen- tore, spesso, di imparaticcio ginnasiale;questo non dipendeva però - come a molti è sembrato - da una co!maturata propensione degli italiani agli eroismi verbali e alla retorica magniloquente, ben- sì dall~particolare storia dd nostro paeserlSenzagli ideali «romanh> non V]sarebbero state molte delle tragedie che hanno segnato la storia dell'Italia unita; <<ma,probabilmente - osservava Rosario Romeo-, non ci sarebbe stata neppure l'Italia»8. La permanenza e diffusione dei miti romani dipese anche dal- l'insegnamento di una scuola che fu in larga misura di impronta carducciana. Carducci, infatti, ebbe un ruolo essenziale nd diffon- dere gli ideali risorgimentali tra le nuove generazioni, ma anche, per ciò stesso, nd tener deste aspirazioni e mitologie romane che a que- gli ideali erano inscindibilmente connesse. Cdebrò la <,deaRoma» in tanti versi famosi, mandati a memoria da generazioni di italiani; !masoprattutto alimentòilriferimentQaRomacomebasediuncon- fronto tra la viltà dd presente, da un lato, e, dall' altro, l'antica gran- , dezza e l'eroismo «romano» degli uomini dd Risorgimento. In so- , stanza, Carducci tradusse e diffuse in poesia un giudizio formulato da Mazzini. Questi aveva stigmatizzato che l'Italia fosse andata in Roma «codardamente»; e il poeta, da parte sua, cantò l'epopea risibile dell'Italia che sale in Campidoglio tra lo starnazzare delle oche. Mazzini riservò parole di fuoco a un'Italia unita «corrotta in sul nascere e diseredata d'ogni missione», a uno Stato cui mancava «l'ali- to fecondatore di Dio, l'anima della Nazione»9.E Carducci fissò in versi assai noti 1'opposizione tra 1'aspirazioneitaliana a rinnovare la gloriadiRomaelarealtàmeschirtadiunanUOVB!lisanzio.Così,nd mito di Roma rivisitato da Carducci, si materializzavaun demento di fondo della cultura politica dell'Italia unita, una specie - po- tremmo dire - di bovarismo nazionale, c.onsistentenella difficoltà acommisurareimezziaifini,nd rimproverocostantedd sognoalla realtà, nella oscillazione perenne tra sentimenti di superiorità e un senso amaro di inadeguatezza. 8R Romeo, Vitadi Cavour,Bari, Laterza.1984, p. 5l7. 9M~, Note autobiografiche,cit., pp. 89 e 5-6 (da una lettera dell'agostd 1871). . Nell'ultimo tratto dell'Ottocento, cioè nell'epoca dell'impe- J, rialismo e deIcolonialismo, ~Q~~ venne invocata a giustificazione ! di un particolare diritto italiano all'espansione e della necessità che il..n.1JQv~'.Regengouagliassela grandezza dei suoi progenitori roma- ni. Questo, ad esempio, proclamò Crispi, che in gioventù era stato mazziniano. E in effetti di questo spostamento dd mito della terza Roma dalla emancipazione dei popoli alla espansione della propria nazione si trova qualche traccia già nell'ultimo Mazzini, che rilevava nd 1871come,nd <<motoinevitabilechechiamal'Europa aincivili- re le regioni Mricane», Tunisi dovesse spettare per contiguità geo- graficaall'Italia.«Esullecimedell'Adante- proseguiva- svento- lò la bandiera di Roma quando, rovesciata Cartagine, il Mediterra- neo si chiamò Mare nostro. Fummo padroni, fino al V secolo, di tutta quella regione. Oggi i Francesi l'adocchiano e l'avranno tra non molto se noi non l'abbiamo»7. Certamente, nell'Italia liberale i riferimenti a Roma ebbero vari, e spesso opposti significati:si andava dalla cdebrazione dell'Urbe .( I , Su tutto ciò resta fondamentale Chabod, Stona della poli#ca estera italiana, . ciL 7 G. Mazzini, Politica internazionale, in Scritti editi ed inea#hImollt, 1941, voI. XCII, pp. 167-168. 6G.Volpe,ItaliamodernaF,irenze,Sansoni,1973,voI.I,p.26.... .-."', "... Galeati,
Friday, April 1, 2022
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