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Tuesday, April 5, 2022

GRICE E DORIA: ROMOLO E COMPAGNIA

 fondatore di Roma e primo  » re de' romani.    Romolo fu il primo re de' romani ,  e padre della romana republica; uo-  mo primieramente d' ardentissimo a-  nimo e per le armi grande : e così fatto  certamente l' aveva disposto la for-  tuna a quello che dovea seguire. Per  la cui opera, in tra tante minaccie di  vicini , di spinose montagnie surgesse  il fondamento dello 'mperio che do-  vea crescere infino al cielo. Perchè  non si potea porre sicuramente tanta  grandezza in debole fondamento, sì  gran cosa richiedea terra salda e duca  d' alto animo. E così fu : che dove  prima a pena fu assai erba per lo   armento d' Ercole , e dove prima a  pena solea essere assai fronde per le  capre di Faustulo, in quello luogo  puose la fortezza di tutte le terre e  la somma signoria delli uomini. Dun-  que costui con Remo suo fratello ( e  insieme con Rea Silvia, la quale fu  chiamata Ilia , madre senza dubio )  creduto o fitto figliuolo di Marte, in-  contanente com' elio nacque provò la  crudeltà di Amulio re delli albani , e  non solamente contro alla madre, ma  eziandio contro a sé e contro al suo  fratello. Dal quale Amulio fu coman-  dato eh' ellino fossero gittati in Te-  vere: e a caso elli furono liberati, o  che fosse per divina provedenzia, la  qual cosa è lecito di credere dello  imperio che dovea essere sì grande,  quella provedenzia apparecchiante non  sperato cominciamenlo alle grandis-  sime cose. Soperchiando il fiume a  caso le ripe e non potendosi andare  a quello , furono gittati quelli fanciulli  presso alla ripa ; e, partendosi li fami-   gliari del re, i quali li avevano git-  tati, rimasono salvi. A questo luogo,  tratta dal pianto di questi fanciulli,  venne una lupa ( o eh' ella fosse vera  o ch'ella fosse cosa finta, dell'una  e dell' altra è nominanza ), e , com'  ella avesse compassione, venne a que-  sto luogo: del cui latte elli furono  nutricati , traendo con li labri il latte  delle tette della detta fiera, infino  che furono trovati da Faustulo pas-  tore del re, il quale di sopra ave-  mo nominato, e la lupa similmente,  essendo discresciuto il fiume; e in  fino agli anni della pubertà coli' amore  del padre furono nutricati. Ma allora  più di dì in dì il suo vigore si mo-  strava e per effetto diventava famoso ;  già erano cari da ogni parte e am-  piamente erano terribili , ogni cosa ar-  divano; già il suo notricatore, per le  opere informato, cominciava a fer-  marsi in quella openione ch'egli aveva  pensalo, cioè quelli essere figliuoli  del re. Questo celato per alcuno tem-    pò, finalmente apparve: preso Remo  da' famigli del re e datogli pena, per  consolare la ingiuria fu dato a Numi-  tore suo avolo per parte di madre ,  nel cui terreno tramendue i frategli  avevano fatte correrie. Il quale vedu-  to, non mosso ad ira, com'è usan-  za, per l' ingiuria ricevuta, ma mosso  verso di quello con una nascosa dol-  ciezza, e udito ch'elli erano due, consi-  derato da l'una parte l'etade di quelli,  da l' altra l' aspetto nobile e non di  pastori, vennegli a memoria i suoi  nipoti ; e , dimandando pianamente  delle,, circostanzie, avea trovato poco  meno che costui era l' uno de' suoi  nipoti , e di questo non dubitava : però  elio il teneva in più libertà, e non  come preso ma come suo , come ve-  ramente elio era. E questa era più  diritta via a distruzione del re, per-  chè manifestato a Romolo non sola-  mente la condizione del presente stato  del fratello, ma la nazione di tramen-  due nascosta infino a quello tempo;     ammonendoli colui, ch'era tenuto pa-  dre, ch'elli non erano suoi figliuoli  ma erano di schiatta reale ; e, spostali  per ordine l' ingiuria di quegli e con  questa l'ingiuria di suo avolo e di  sua madre, fatto Romolo più animo-  so , conosciuto il fatto , dispuosesi non  solamente a liberare il fratello, ma  vendicare sé e '1 fratello e l'avolo e  la madre, non manifestamente perchè  era dispari in possanza , ma piana-  mente mandati alcuni giovani di qua  e di là, i quali si trovassono a una  ora nella casa del re. Così disposti gli  agguati, e a tempo accorrendo Remo,  corsono contra Amulio, il quale non  si guardava e non pensava sì fatto  pericolo. Morto Amulio, Numitore fra-  tello di quello, e innanzi cacciato da  lui, fu ristituito nel regno, essendo  allegro, non meno per la condizione  de'trovati nipoti, che per avere acqui-  stato il nonne sperato regnio. Da poi,  perchè elli erano di grande animo, e '1  regno di suo avolo gli pareva piccio-   lo, lassarono Alba all'avolo; e, aman-  do il luogo della sua puerizia ovvero  del suo pericolo , procurarono di fon-  dare nuova terra in quello luogo. E  così, per buono agurio, edificarono  aspera e, acciò ch'io dica più pro-  priamente, pastorale casa in sul monte  Palatino; e fu posto alla terra il no-  me di Romolo solamente, essendo  vinto il fratello nello agurio: il quale  nome fu temuto poi al mondo da li  popoli e dai re. Poi , o che tra quelli  fosse nata discordia, o che fosse per-  chè egli avesse dispregiato il coman-  damento del fratello, Remo, avendo  passato il nuovo muro, fu morto; o  che fosse per cupidità della signoria,  o per rigore di giustizia , la credenza  è varia nelle cose antiche. Romolo,  avendo presa la signoria, ordinò sa-  crifici della patria e forestieri, e prese  abito di re e ornamenti, e ordinò  dodici littori, e compuose nuove leggi.  Solo a fermezza del popolo e fonda-  mento di pace e di concordia tre cose     sommamente li pareva di provedere :  il consiglio , e io accrescere della co-  minciata città, e la durabilità; per-  chè era in picciola terra pochi abi-  tatori , e per questo gli era speranza  di brevissimo tempo , mancando la  cagione del generare de' figliuoli. Dun-  que primieramente furono eletti cento  antichi al Senato (chiamando questo  ordine dalla etade, perchè il nome  de' padri fu detto dallo amore e da la  cura della republica); secondo, intra  due boschi fu posto uno tempio chia-  mano asilo ( i greci il chiamano San-  to), il quale stando aperto, grande  turba incontanente venne di vicini  paesi; la terza cosa parea che si do-  vesse fare con matrimoni ( perchè soli  i maschi non poteano durare se non  una etade); la qual cosa , perchè era  negata da' vicini superbamente e vi-  tuperosamente, fecesi per forza e per  ingegnio. Perchè in questo mezzo,  non mostrando l'ira e il dolore d'es-  sere rifiutato, il re apparecchiò di fare solenni giuochi a Nettunno , e coman-  dò di fare dinunziare il dì per li po-  poli vicini. II quale poi che sopra-  venne, molti maschi e femmine delle  terre vicine a Roma vennero per ve-  dere i giuochi, e non meno per cu-  pidità di vedere quella nuova terra  quasi nata di subito. Nel mezzo de'  giuochi, essendo ogni uomo attento  con gli occhi e con l'animo, dilibera-  tamente furono prese tutte le fanciulle,  non a fine di sua vergognia, ma di  tenerle per mogliere e per avere fi-  gliuoli. Dunque confortate con buone  parole, tra lo isdegno e le lacrime, pel-  le lusinghe di quegli li quali l'aveano  prese, prima Romolo, e poi gli al-  tri , una per uno ne tolseno per mo-  glie: e questo fu cagione e comin-  ciamento di molte battaglie. I padri e  i parenti di queste fanciulle, lamen-  tatisi della forza e della malvagità de'  suoi osti, dai quali ellino, invitati a  giuochi , erano stati offesi per gravis-  sima ingiuria, incontanente uscirono   fuori della terra e tornarono a casa;  e, moltiplicando le lamentanze, aggra-  varono l'offesa, e pigliarono l'arme  e apparecchiaronsi di fare la vendetta.  E di lutti i popoli si fece una rau-  nanza a Tito Tazio re de' sabini, per-  chè questi avevano più possanza e  aveano ricevuto più ingiuria. Ma per-  chè la presuntuosa ira non può indu-  giare né ricevere consiglio , e perchè  l'apparecchiamento alla guerra parea  pigro per rispetto dello ardore dell'ani-  mo, ciascheduno, non aspettando l'uno  l'altro, andarono alla battaglia. E in-  nanzi a tutti i ceninesi con l' oste cor-  sero nel terreno de' romani : contro  ai quali venendo Romolo, mise in  rotta i nimici, e uccise Acrone, re  di quelli , venuto alle mani con lui in  singolare battaglia; e, con lieve as-  salto, prese la terra di quelli , la quale  era impaurita per la morte del re e  per la fuga del popolo. E, tornando  a Roma vincitore, portò in Campido-  glio l'armi del re. e edificò lo primo   tempio in Roma e sacrificollo sotto  il nome di Giove Feretrio ( dove  i capitani de' romani non portavano,  quando erano vincitori, se non la  preda de' capitani vinti in singolare  battaglia, la quale elli chiamavano  « grassa robarìa» ) ; dunque in quello  luogo egli appiccò l'armi del morto  re, per esempio del tempo da venire,  rado ma grande dono di quelli che  venieno dietro. I secondi che corsono  nel terreno de'romani furono gli aten-  nati; e questi furono vinti e perde-  rono la terra: ma per prieghi.di Er-  silia, moglie di Romolo, la quale era  una di quelle sforzate che portava a  gli orecchi del re i prieghi e i desi-  deri dell'altre, ricevuti a misericor-  dia, vennero ad abitare a Roma. Da  poi i crustumini , movendo elli la  guerra , furono vinti leggiermente ,  crescendo ogni dì la virtù di Romo-  lo; e, venuti a Roma quelli ch'erano  vinti, crescendo Roma per li danni  de'nimici. Fu più a fare colli sabini,   i quali quanto più tardi tanto più  maturamente si moveano: presa la  rocca di Campidoglio, per tradimento  d'una donzella figliuola di Spurio Tar-  peo ( il quale era castellano della delta  rocca, dal quale ancora è nominato  quel monte in mezzo di Roma), fu  dubiosa battaglia, combattendo quelli  dal luogo di sopra. Nella quale bat-  taglia mancando Osto Ostilio , il quale  fue arditamente per la parte de' ro-  mani infino ch'elio potè, la gente de'  romani tutta si cessò in dietro, cac-  ciando indietro eziandio Romolo il  quale li contrastava. E elli, non speran-  do già più della forza umana, dirizzan-  do al cielo le armate mani, chiamando  Giove com' elio fosse presente, pre-  gando o che gli togliesse la vergo -  gaia del fuggire vilmente, o eh' elli  fortificasse gli abbattuti animi de' suoi  con celestiale aiutorio, fece voto di  fare in Roma uno secondo tempio a  Giove Statore , secondo che piace agli  scrittori; e, quasi ricevuta la promis-  sione dal cielo, fatto più ardito ri-  storoe con sollecita mano la battaglia  già caduta, dicendo a'suoi chiaramente  che Giove comandava così. Per questo  la sua gente, seguendo lo esempio  del suo re e il comandamento di Gio-  ve, tornò contro a'nimici, da' quali  non speravasi ch'egli tornassino; e  combattendo innanzi a gli altri aspra-  mente Romolo , essendo già mutata la  condizione della battaglia, quelli che  incalzavano cominciarono a fuggire.  Intra i quali Mezio Curzio (secondo  dopo il re de' sabini , uomo famosis-  simo e in quello di 'nanzi a tutti gli  altri in fatti e in virtù molto ardito)  non sostenne il furore. Una palude,  ch'era presso, fu pericolo e salute a  lui, nella quale spaurito il suo ca-  vallo furiosamente saltò con grande  paura de' suoi, ma confortandolo elli  e mostrandogli la via, uscì fuori: e  di questo nacque il nome di quella  palude, cioè «lago Curzio». Uscitone  fuori costui, gli animi crebbono a'   suoi, e ancora, bene che con varia  fortuna contro a' sabini, corsono in-  sieme. E, sendo in questo stato, la  pietà trovò via di non sperata pace.  Combattendo dall'una parte i mariti,  da l'altra parte i padri, vennero tra  questi quelle eh' erano state sforzate;  e , non considerando sé essere femmi-  ne , non temendo il pericolo, con prie-  ghi pieni di lagrime e misero abito,  pregarono che fosse posto fine alla  guerra ; e se voleano pure andare  dietro , volgessono le spade più tosto  contro a quelle, le quali erano ca-  gione della guerra , che, uccidendosi  insieme , bruttassono se di presente  e per lo tempo a venire bruttassero  li figliuoli di quelle (dall'una parte  essendo i figliuoli, dall'altra essendo  i nipoti) e dessono eterna infamia a  quelli che ancora non poteano pecca-  re. Dall' una parte e dall' altra si pie-  garono gli animi e l'ira s'abbattè e,  che maraviglia è a dire, subitamente  nell'una oste e nell'altra fu arrestato   il romore dell'armi e il gridare de'  combattitori, sì umile ammirazione  era intrata per quelle rabbiose menti!  E non potè lungamente stare nasco-  sta: le affezioni mutate incontanente  uscirono fuori , e lo riposo seguì  a la pietà , e la pace seguì al si-  lenzio; la concordia fu fatta toccan-  dosi i re le mani, e Roma maravi-  gliosamente crescette per lo venire  de' sabini. E non meno crebbe Y amo-  re dell'una parte e dell'altra verso di  quelle valenti donne, e innanzi a gli  altri di Romolo, il quale rendè loro  grandi e debiti Onori. Ancora restano  due guerre. L' una colli fìdenati li  quali, temendo la potenzia della si-  gnoria di Roma , la quale cresceva ,  e avendola sospetta , per sé fecero la  pruova che gli altri aveano fatta. En-  trando elli nel terreno de'romani come  nimici , Romolo li andò incontro , e  puose il campo non lungi dalla terra  de' nimici ; e , mostrando maliziosa-  mente temere , condusse i nimici nelli   agguati : e di questo fu una non pro-  veduta paura e uno subito fuggire,  in tanto che , mischiati insieme i vinti  e i vincitori, le guardie delle porte  appena discerneano i suoi cittadini da'  nimici; e, entrati dentro , fu presa la  terra. L'altra guerra fu con quelli da  Veio, li quali si mossono per amore  de'fìdenati e per odio de' romani, e  questi, vinti in campo, e guasto il  paese, dimandando pace, fecero trie-  gua per cento anni, perdendo parte  del suo terreno. Questi furono i co-  minciamenti di Romolo , questo fu il  corso di sua vita e l' ordine de' suoi  fatti ; per li quali, appresso quella sal-  varla generazione d' uomini e non  ancora assai ammaestrati animi del  vulgo, egli meritò essere creduto ave-  re alcuna divinità per lo padre e per  se. Uomo al quale non mancò animo  né ingegnio-, in battaglia glorioso, in  casa savio: ordinò centurie del po-  polo e di cavaglieri, acciò che in ogni  tempo di pace e di guerra elio fosse   niuno nega ch'elio non fosse inolio  amato. Le opinioni di questa cosa sono  varie. Alcuni dicono ch'elio fu por-  tato in cielo e posto nel concilio delli  dei, ma questo è gran salto a uno  uomo armato e gravato di peccati,  bagniato di sangue e ignorante del  vero Iddio e della via del cielo; ma  lo ardente e non temperato amore sì  fa credere ogni cosa. Dunque, ache-  tata la tempesta, essendo risposto da'  senatori ( eh' erano stati d'intorno ) al  popolo ( disideroso di vedere il suo  re e a pruova cercandolo ) eh' elio  era andato in cielo, affermando uno  eh' e' lo aveva veduto, fu creduto. E  quello fu Giulio Proculo (uomo di  grande nominanza appresso a' suoi ,  secondo che si trova, e di grande san-  titade e, che manifesto è, di gran no-  bilitade, come colui che, nato di re  albani, venne a Roma con Romolo e  fue cominciamento della giente de'  Giuli); il quale, ardito di venire in  palese, diede parola d'allegrezza al    popolo eh' era in tristizia , dicendo che  in quello medesimo dì Romolo, di-  scéso da cielo in abito più che d'uo-  mo , era stato con lui, affermando eh'  3II0 aveva comandato a lui (con gran-  de tremore non ardito di guardare  la sua faccia ) questo , cioè eh' egli  dicesse a' suoi cittadini che onorassi-  no l'arti delle battaglie, essendo certi  che ogni potenzia umana è diseguale  alla sua in fatti d'arme; e che la sua  città, così piace alli dei, sarà capo  e donna di tutte le terre: e, dette  queste parole, levatosi da gli occhi  montò in cielo. E queste cose furono  credute a Giulio il quale le contava  e giurava, e lo dolore della morte  fue mitigato con lo consolamento della  divinità, e l'ira, la quale il popolo  aveva concetta per la morte di sì caro  re, fue umiliata: così ogni uomo cre-  de leggiermente quello ch'elli desi-  dera. Ma altri pensano che fosse morto  da' senatori , veduto il buon destro  per la tempesta del tempo, e ch'elli   il nascosono nel pantano della palude,  acciò che non apparisse alcuno segnio  della sua morte. Questa, chente dice  Livio , è oscura fama , ma , come  piace a chiarissimi scrittori, certamen-  te è vera; bene che, come dice quello  nel medesimo luogo , quell' altra fu  nobile per l'ammirazione dell'uomo  e per la presente paura. Puossi forse  credere ancora quello che alcuni hanno  pensato , eh' elio non fu portato per  divinità in cielo né in terra morto  come uomo, ma eh' elio fu morto per  la lempestade e per lo furore della  saetta (la cui forza è ineffabile, e  l' operazione è nascosa ) ; e questo es-  sere avvenuto a tutti quegli erano  con lui, i quali, quanto elli erano più  presso , tanto erano smarriti più e  impauriti. E la libertà è di molte ma-  ni nelle cose dubbiose , ma la verità  è una sola, e questa è profondamente  nascosta della morte di Romolo come  in molte altre cose. 

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